2 ottobre
2 ottobre
Preghiamo
Guarda, o Padre, al tuo popolo,
che professa la sua fede in Gesù Cristo,
nato da Maria Vergine,
crocifisso e risorto,
presente in questo santo sacramento
e fa' che attinga da questa sorgente di ogni grazia
frutti di salvezza eterna.
Per Cristo nostro Signore. Amen
BENEDIZIONE EUCARISTICA
Laudate omnes gentes, laudate Dominum.
Laudate omnes gentes, laudate dominum
AFFIDAMENTO A MARIA
Ave Maria, Ave.
Ave Maria, Ave.
Donna dell’attesa e madre di speranza. Ora pro nobis.
Donna del sorriso e madre del silenzio. Ora pro nobis.
Innamoramento
Amore
Donna di frontiera e madre dell’ardore. Ora pro nobis.
Donna del riposo e madre del sentiero. Ora pro nobis.
Ave Maria, Ave.
Ave Maria, Ave.
Donna del deserto e madre del respiro. Ora pro nobis.
Donna della sera e madre del ricordo. Ora pro nobis.
Donna del presente e madre del ritorno. Ora pro nobis.
Donna della terra e madre dell’amore. Ora pro nobis.
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E se l’Amore avesse Ragione?
2 ottobre 2014
Materiali per la preghiera
e la catechesi
E se l’Amore avesse Ragione?
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2 ottobre
Qui spezzi ancora il pane in mezzo a noi
e chiunque mangerà non avrà più fame.
Qui vive la tua chiesa intorno a te
dove ognuno troverà la sua vera casa.
Verbum caro factum est...
Prima del tempo
quando l'universo fu creato
dall'oscurità
il Verbo era presso Dio.
Venne nel mondo
nella sua misericordia
Dio ha mandato il Figlio suo
tutto se stesso come pane.
Dal Cantico dei Cantici (2, 8-14)
8Una
voce! L'amato mio!Eccolo, viene saltando per i monti,
balzando per le colline.
9L'amato mio somiglia a una gazzella o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta dietro il nostro muro;
guarda dalla finestra, spia dalle inferriate.
10Ora l'amato mio prende a dirmi: «Àlzati, amica mia,
mia bella, e vieni, presto! 11Perché, ecco, l'inverno è passato, è cessata la
pioggia, se n'è andata;
12i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna.
13Il fico sta maturando i primi frutti e le viti in fiore spandono profumo.
Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!
14O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave, il tuo viso è incantevole».
Silenzio
Laudate omnes gentes, laudate Dominum.
Laudate omnes gentes, laudate dominum.
Padre nostro
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E se l’Amore avesse Ragione?
E se l’Amore avesse Ragione?
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I TUOI RAPPORTI CON LE COSE
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“Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”. (Lc 12,34)
Sono troppo attaccato alle cose, ai soldi, ai vestiti, alle comodità?
Ho sprecato denaro in lusso esagerato e inutile?
Penso anche agli altri? Cosa faccio per i poveri?
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“Non abbiamo portato nulla in questo mondo
e non potremo portar via nulla.” (1 Tim 6,7-8)
Mi accontento di ciò che ho o sono avido e invidioso di chi sta meglio?
Ho rubato?
Ho pagato i servizi pubblici (tram, treno)?
“La fine di tutte le cose è vicina.
Siate dunque moderati e sobri per dedicarvi alla preghiera.” (1 Pt 4,7)
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Spreco il tempo e le cose? Rispetto la natura?
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Mi controllo nel cibo, negli alcolici, nel fumo?
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Faccio uso di droghe di qualsiasi tipo?
2 ottobre
1. ACCOGLIENZA
CANTO
Vieni Santo Spirito, manda a noi dal cielo,
un raggio di luce, un raggio di luce.
Vieni Padre dei poveri, vieni datore dei
doni, luce dei cuori, luce dei cuori.
Consolatore perfetto, ospite dolce dell'anima,
dolcissimo sollievo, dolcissimo sollievo.
Nella fatica riposo, nel calore riparo,
nel pianto conforto, nel pianto conforto.
Luce beatissima, invadi i nostri cuori,
senza la tua forza nulla, nulla è dell'uomo.
Lava ciò che è sordido, scalda ciò che è gelido,
rialza chi è caduto, rialza chi è caduto.
3. ADORAZIONE
Verbum panis
Prima del tempo
prima ancora che la terra
cominciasse a vivere
il Verbo era presso Dio.
Venne nel mondo
e per non abbandonarci
in questo viaggio ci lasciò
tutto se stesso come pane.
Verbum caro factum est
Verbum panis factum est.
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E se l’Amore avesse Ragione?
E se l’Amore avesse Ragione?
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PREGHIERA PER LA FAMIGLIA
(Papa Francesco -27 ottobre 2013)
sol. 1
tutti
sol. 2
tutti
4
Gesù, Maria e Giuseppe
a voi, Santa Famiglia di Nazareth,
oggi, volgiamo lo sguardo con ammirazione e confidenza;
in voi contempliamo
la bellezza della comunione nell’amore vero;
a voi raccomandiamo tutte le nostre famiglie,
perché si rinnovino in esse le meraviglie della grazia.
Santa Famiglia di Nazareth,
scuola attraente del santo Vangelo:
insegnaci a imitare le tue virtù
con una saggia disciplina spirituale,
donaci lo sguardo limpido
che sa riconoscere l’opera della Provvidenza
nelle realtà quotidiane della vita.
Santa Famiglia di Nazareth,
custode fedele del mistero della salvezza:
fa’ rinascere in noi la stima del silenzio,
rendi le nostre famiglie cenacoli di preghiera
e trasformale in piccole Chiese domestiche,
rinnova il desiderio della santità,
sostieni la nobile fatica del lavoro, dell’educazione,
dell’ascolto, della reciproca comprensione e del perdono.
Santa Famiglia di Nazareth,
ridesta nella nostra società la consapevolezza
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
bene inestimabile e insostituibile.
Ogni famiglia sia dimora accogliente di bontà e di pace
per i bambini e per gli anziani,
per chi è malato e solo,
per chi è povero e bisognoso.
Gesù, Maria e Giuseppe
voi con fiducia preghiamo, a voi con gioia ci affidiamo.
E se l’Amore avesse Ragione?
I TUOI RAPPORTI CON IL PROSSIMO
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Amatevi come io vi ho amati.(Gv 13,34)
Sono capace di affetto, di fiducia, di amicizia, di gentilezza, di comprensione, di fedeltà? (e fedeltà è dedicare la propria vita, è il dono di sé!)
In famiglia so accettare, ascoltare, rispettare e amare gli anziani? Aiuto
i malati, i deboli?
Chi non vuole lavorare neppure mangi. (2 Ts 3,10)
Sul lavoro o nello studio sono stato pigro?
Ho perso tempo? Sono sleale e arrivista?
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Beati i puri di cuore. (Mt 5,8)
Credo che, con la grazia di Dio, posso vivere puro e casto?
Sono puro di cuore e negli affetti?
Ho coltivato pensieri o desideri non buoni? Ho fatto discorsi cattivi?
Ho commesso atti impuri da solo, con altri? Ho letto o guardato riviste
pornografiche? Come uso la televisione, internet, ecc.
Su tutto questo mi confesso con sincerità o non ho mai detto nulla?
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Chi odia il proprio fratello è omicida (1 Gv 3,15)
Ho sentimenti di odio, rancore, gelosia?
Sono mite o violento, autoritario, prepotente?
Ho sempre perdonato?
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Non mentitevi gli uni gli altri. (Col 3,9)
Ho giurato il falso? Ho detto bugie?
Ho mormorato, calunniato, detto male degli altri?
Ho giudicato, criticato, condannato?
Voglio avere sempre ragione? Sono testardo?
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2. CATECHESI
UN AIUTO PER
LA TUA CONFESSIONE
ESAME DI COSCIENZA
I TUOI RAPPORTI CON DIO
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Senza la fede è impossibile essere grati a Dio. (Eb 11,6)
Ho fame di santità nella mia vita?
Sono rassegnato ad essere mediocre, tiepido?
Leggo la Parola di Dio contenuta nella Bibbia?
Pregate incessantemente. (Ef 6,18)
Penso a quello che dico? Prego con attenzione?
Dedico ogni giorno un po’ di tempo (10-15 minuti) a Dio, oppure me la
sbrigo in fretta magari quando sono già a letto?
Prego solo quando ne ho bisogno o so pregare anche quando non ci provo
alcun gusto e non ne sento la necessità?
Non pronunciate invano il nome del Signore. (Es 20,7)
Ho detto bestemmie?
Ho nominato invano il nome di Dio, della Madonna o dei Santi?
I primi cristiani erano assidui nell’ascoltare gli insegnamenti degli Apostoli, nella frazione del pane e nelle preghiere. (At 2,42)
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Vado a Messa la domenica? Vi partecipo con attenzione? Ricevo la Santa
Comunione in grazia di Dio? Mi confesso con regolarità?
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Chi si vergognerà di me, io mi vergognerò di lui. (Lc 9,26)
Professo con coraggio e dovunque la mia fede cristiana?
E se l’Amore avesse Ragione?
L’innamoramento: la grazia e il compito
Iniziamo il percorso delle nostre catechesi sull’amore affrontando il tema
dell’innamoramento. L’argomento ha di che apparire immediatamente
interessante, non solo perché riguarda una delle esperienze più rilevanti
della giovinezza, ma anche perché è uno dei pochi elementi antropologici che riesce, almeno in parte, a resistere al «disincanto» funzionalistico
della cultura dell’Occidente. Per quanto, infatti, l’ambito del rapporto
affettivo tra l’uomo e la donna subisca nella comunicazione pubblica non
poche banalizzazioni, esso rappresenta pur sempre una delle esperienze
fondamentali e condivise, che redimono il vivere quotidiano dalla ripetitività produttiva e dalla banalità. Per questo, anche in un clima culturale
fortemente appiattito sull’immediato, i simboli della tenerezza e dello
stupore, della scoperta dell’altro e della dedizione innamorata mantengono un’insostituibile capacità evocativa del senso del vivere.
Questa sopravvivenza dell’«incanto» che circonda l’innamoramento, a
differenza per esempio del matrimonio, non significa però che la cultura
diffusa fornisca ai giovani gli elementi sufficienti per discernere la grazia
e la provocazione che questa esperienza racchiude. Assistiamo così a
molti innamoramenti che rimangono fuochi di paglia, perché l’incapacità
di assumere il dono di quel momento impedisce che si generi un solido
cammino di maturazione, mentre d’altra parte storie già sigillate dall’impegno matrimoniale, quando non tornano ad alimentarsi alla grazia di
quell’inizio, diventano incapaci di perseverare. È dunque importante che
i giovani siano aiutati a discernere bene nei loro vissuti affettivi, perché
non si limitino puramente a registrare una risonanza affettiva di straordinaria intensità e a «consumarla», ma imparino a decifrare nei simboli di
quest’emozione privilegiata una promessa e un compito ineludibile per
la loro libertà. Accompagnarli e sostenerli in questo cammino è un’azione pastorale straordinariamente rilevante, non soltanto per il sostegno
che si offre ad una crescita più consapevole, ma anche per la possibilità
di illuminare il legame originario che esiste tra l’innamoramento e il mistero di Dio, perché, come dice il Cantico dei Cantici, l’amore è una
«fiamma di Jahwè».
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Alzati amica mia e vieni
«Una voce! Il mio diletto. Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per
le colline. Ora parla il mio diletto e mi dice: “Alzati, amica mia, mia tutta
bella e vieni!”» (Ct. 2, 8.10). Questi versetti notissimi del Cantico dei Cantici ci rivelano, con estrema finezza espressiva, alcuni tratti fenomenologici fondamentali del tema che vogliamo accostare, descrivendo l’innamoramento come (1) un sussulto che risveglia le energie più profonde, (2) il
richiamo di una voce uguale a nessun’altra, (3) l’avvicinarsi impetuoso di
un incontro e (4) l’invito ad alzarsi e a celebrare la gioia dell’intimità.
Si tratta, indubbiamente, di tratti pertinenti, perché davvero l’innamoramento ha la forma di (1) un paradossale sussulto del desiderio che per un
verso avviene a monte di ogni intenzione, ma per l’altro esaudisce un’attesa profonda. In questa condizione, l’innamorato/a ha allo stesso tempo
l’impressione di scoprire qualcosa di nuovo, che lo fa essere come «fuori
di sé» per la gioia, ma anche quella di trovare finalmente ciò per cui è fatto, come se finalmente arrivasse «a casa propria»; ha la sensazione di entrare in una specie di mondo «da sogno», ma anche quella di «svegliarsi»
finalmente alla vita. E tutto questo accade per la presenza di un altro/
un’altra, di fronte a cui ci si scopre in modo nuovo un «io».
L’immagine del (2) richiamo di una voce che è come nessun’altra, mette
bene in luce l’inconfondibilità di quest’esperienza con le altre relazioni
affettive, amicali e parentali, rispetto a cui questa si caratterizza per un
preciso tratto di esclusività. Mentre i legami significativi che sostengono e
accompagnano l’esistenza sono molteplici, «quello» si distingue per il fatto di apparire con una destinazione specifica e unica «a me». In forza di
questa destinazione, l’altro/a appare creato/a appositamente per me, così
che il mio desiderio e la sua presenza realizzano una corrispondenza determinante non solo a riguardo di uno degli aspetti della vita (come quando si
trova un lavoro che piace), ma a riguardo della vita nella sua globalità.
Per questo nell’apparire dell’altro/a si avverte un richiamo rivolto a tutto il
proprio essere, che attraverso il sussulto delle emozioni, mette in movimento le energie della mente e della volontà, la tensione a progettare e a
decidere, la disposizione a guardare con nuova determinazione il futuro,
perché esso si prospetta finalmente abitato da una presenza decisiva in
vista di una vita degna e felice. L’avvicinarsi impetuoso dell’innamorato
(3), «saltando per i monti e balzando per le colline», coincide così in certo
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SPAZIO PER APPUNTI...
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modo con l’avvicinarsi del proprio futuro, che improvvisamente non appare più una stagione remota da attendere, ma un avvenimento immediato in cui entrare. Di qui la sensazione di ricevere un (4) invito ad alzarsi,
cioè ad uscire dalla situazione di attesa della prima giovinezza, e a venire, incamminandosi insieme verso la comunione.
L’esperienza del dono e il senso del vivere
Questi tratti fenomenologici, e molti altri che potrebbero essere aggiunti,
convergono fondamentalmente nel configurare l’esperienza dell’innamoramento come un momento di grazia: qualcosa che si può soltanto ricevere come un dono, senza poterlo in alcun modo produrre o programmare. Questo carattere sintetico riveste un ruolo di eccezionale importanza,
che mentre spiega il lieto spaesamento in cui si trova l’io innamorato,
offre una chiave di accesso privilegiata all’individuazione del senso del
vivere. Nella situazione dell’innamoramento, infatti, appare con particolare evidenza che il volto più promettente del reale non è riconducibile
all’esercizio della nostra iniziativa, ma soltanto alla logica di un dono
che ci precede e, rivelandosi, ci sorprende.
In una cultura molto sbilanciata verso una razionalità calcolante, che assume come criterio di valutazione più diffuso il rendimento e la funzionalità, il recupero di un approccio alla vita segnato da questa logica del
gratuito costituisce una sfida educativa di notevole rilievo. E, coerentemente, l’introduzione nei cammini giovanili della tematica affettiva esattamente come vettore di «questa» intuizione, anziché come cifra di un
romanticismo vago o di un moralismo ansioso, rappresenta un imperativo urgente per la pastorale: non soltanto per correggere un difetto epocale, ma prima di tutto per rispettare ciò che gli affetti sono.
È urgente, infatti, propiziare in ogni modo la riscoperta di ciò che a proposito degli affetti la tradizione cristiana ha sempre saputo e custodito,
anche se non sempre proposto con uguale chiarezza, ovvero il fatto che il
loro referente originario, il grembo sacro in cui si istituiscono e a cui rimandano, è Dio. Il mondo delle emozioni e dei sentimenti, che culturalmente è divenuto appannaggio quasi esclusivo di un accostamento psicologico, è infatti per eccellenza il luogo sacro di una risonanza che si impone come ciò che ci apparenta a Dio e ci rivela di esser creati a sua immagine.
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E se l’Amore avesse Ragione?
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L’origine e la grazia
Cerchiamo di approfondire brevemente questa intuizione, riferendoci alla
coppia delle origini: l’Adam e la donna tratta dalla sua costola, di fronte a
cui, in un grido di stupore, risuona la prima parola umana della Bibbia:
«Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa» (Gn.
2,23). In queste parole dell’Adam originario sentiamo risuonare allo stato
puro la meraviglia per la differenza che, distinguendo l’uomo dalla donna,
dà finalmente un senso a tutte le altre differenze del creato. Prima della
creazione di Eva, infatti, secondo il racconto genesiaco, l’Adam si trovava
in mezzo ad un mondo molteplice, che egli ordinava con la sua parola, ma
in cui non riusciva a trovare integrazione. Solo di fronte ad Eva, invece,
egli scopre un’alterità che gli fa sperimentare la propria finitezza non più
come un limite, ma come destinazione e complementarità. In Eva e solo in
lei, l’Adam riconosce la «propria» carne: non puramente perché si trova
davanti ad una persona paritaria, ma perché in lei si trova davanti a un dono, non programmato e non meritato. E per questo, pur senza poter dominare l’Origine di quella differenza, che è sorta mentre era nel torpore del
sonno, egli è subito disposto a riceverla come una benedizione, in cui l’Origine divina si riflette.
Dio non è dunque una presenza ostile che si sovrappone dall’esterno alla
tenerezza degli innamorati, ma è invece il mistero amico che personalmente si annuncia nel sussulto del loro innamoramento e si comunica nella letizia del loro incontro, a perenne ricordo per ogni coppia della storia. Le parole dell’io innamorato di Adamo sono dette non soltanto di fronte all’apparire di Eva, ma anche al cospetto di Dio; come d’altra parte le parole che
Dio sceglie nella Bibbia per annunciare agli uomini il suo amore sono infinite volte quelle dell’innamoramento e della nuzialità.
La gratitudine, scuola degli affetti
Le riflessioni che abbiamo fin qui svolto si prestano ad offrire numerosi
spunti pastorali, tanto a livello di intelligenza credente di ciò che avviene in
due giovani che si innamorano, quanto a livello di suggerimenti pratici per
accompagnarli ed aiutarli. Sarà appena il caso di rilevare che ciò non vale
soltanto per i giovani che praticano i luoghi e le forme del discepolato del
Signore, ma anche per quelli che non si riconoscono in un’appartenenza
religiosa: il risvegliarsi del desiderio affettivo rimane per tutti un chairos
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E se l’Amore avesse Ragione?
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apre ad un confronto esterno, fatto di ascolto e discernimento. Il rischio
è che il senso dell’innamoramento sia cercato soltanto all’interno della
coppia, come se la verità dell’amore si esaurisse nel guardarsi dentro o
nel guardarsi l’un l’altro. Sarà dunque particolarmente necessario aiutare i giovani a superare l’ingenuità, che porta a credere che ciò che li riguarda più da vicino sia allo stesso tempo anche ciò su cui «solo loro»
possono dire qualcosa; perché è vero proprio il contrario: il nome più
autentico del nostro «io» e la verità più profonda di ciò che viviamo ci
può essere soltanto «rivelato». In questo senso il confronto cordiale con
la Parola biblica, la parola del magistero ecclesiale, la parola dell’esperienza matura non apparirà più un’intrusione dall’esterno, ma l’unica via
di accesso per arrivare davvero alla «propria» identità.
Un secondo aspetto molto importante riguarda l’integrazione tra la relazione affettiva degli innamorati con le altre relazioni privilegiate che
essi vivono, in modo particolare quelle parentali. Si assiste infatti spesso
al fenomeno per cui gli innamorati tendono a vivere la relazione con il
ragazzo o la ragazza semplicemente come alternativa, quando non addirittura compensativa, rispetto alle relazioni familiari. Anche se ci possono essere situazioni delicate, che rendono comprensibile questa dinamica, non ci si può nascondere però il suo orientamento involutivo, che,
anziché favorire la maturazione della donazione gratuita, rischia semplicemente di creare l’illusione di un’isola felice, in cui rifarsi dei traumi
relazionali della vita. Sarà dunque importante aiutare i fidanzati a integrare nel loro cammino di crescita la ripresa riflessa delle loro relazioni
familiari, all’insegna della gratitudine per i doni ricevuti e della rigenerazione realistica delle situazioni ferite. Proprio la volontà di affrontare
questo cammino, talora anche complesso, ma sempre proficuo, aiuterà
tra l’altro a distinguere l’esperienza di un vero innamoramento, dalle sue
non rare contraffazioni (l’infatuazione episodica, la possessività egoistica, la ricerca di compensazioni) e a maturare un dono di sé fatto non
solo di enfasi emotiva, ma di una consegna realistica alle esigenze
dell’amore.
Andrea Bozzolo
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rileggere tutta la storia precedente come una «preparazione» a questo
momento: tutte le cose imparate, le esperienze vissute, le persone incontrate vengono reinterpretate nella prospettiva di questa relazione che ora
diventa tendenzialmente totalizzante (seppur non assoluta). E questo,
prima che sul piano della consapevolezza teorica, avviene nelle forme
pratiche della vita quotidiana. Le amicizie di prima, il rapporto con i genitori, l’atteggiamento di fronte allo studio o al lavoro cambiano, prima
ancora che nella forme esterne, che comunque di solito trovano un nuovo
assetto, nell’atteggiamento e nella disposizioni interiori. Magari si mette
più impegno per finire l’università o si sta più attenti a non sprecare i
primi soldi che si guadagnano, cambiano i temi discussi tra amici e si
vedono con occhio diverso i genitori.
Questo complesso processo, propiziato dal sorgere del nuovo legame,
segna in maniera determinante il futuro, perché fa assumere al giovane
quegli atteggiamenti e quelle decisioni che per lo più caratterizzeranno la
sua vita adulta. Se tutto questo avviene ascoltando davvero la Parola che
attraverso quell’esperienza vuole farsi accogliere dagli uomini, ne nascerà uno splendido consegnarsi alla logica dell’amore; ma se quella Parola
rimane inascoltata, uno dei momenti esistenziali decisivi in cui si gioca il
destino assoluto dell’uomo rischia di essere sprecato e frustrato. Di qui
l’esigenza di un accompagnamento pastorale, che faccia fiorire al meglio
una stagione della vita così propizia.
Attenzioni pastorali
A proposito di questo accompagnamento molte sarebbero le cose da dire.
Alcune certamente risultano in maniera intuitiva da quanto abbiamo fin
qui esposto e possono essere opportunamente esplicitate in un dialogo tra
educatori. Tra quelle che rischiano di restare implicite, ne consideriamo
due, a cui attribuiamo particolare rilievo.
La prima riguarda la necessità di aiutare i giovani a capire che il segreto
del loro amore e il senso del loro rapporto non è accessibile semplicemente nel dialogo reciproco. Oggi la difficoltà dei giovani a sentire interpretata la loro esperienza da forme storiche e modelli comportamentali di
portata più universale è decisamente accresciuta dall’esasperato pluralismo culturale della nostra società, che facilmente conduce ad esiti relativistici. Questo favorisce il ripiegamento verso un consumo delle esperienze che si limita alla valutazione dell’immediato e più raramente si
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E se l’Amore avesse Ragione?
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prezioso e un’insostituibile intuizione della grazia e della benedizione
originaria con cui il Signore accompagna il nostro vivere.
Nell’esplicitare questa verità e nell’annunciarla, sarà forse necessario
riscoprire che la scuola in cui si impara la sacralità e la limpidezza degli
affetti è l’esercizio umile e prolungato della gratitudine e chiedersi quanto è presente questa preoccupazione nei nostri cammini educativi. Dove
infatti l’atteggiamento della gratitudine non viene sviluppato, c’è da temere che si insinui quella logica dell’autorealizzazione che finisce per
orientare la «cura di sé» anziché sulla via di un consegnarsi gratuito, su
quella di un promuoversi interessato.
Questo può suggerire di verificare se ad esempio gli itinerari degli adolescenti non siano troppo sbilanciati su una conoscenza di sé concepita
come un guardarsi dentro, senza che ci sia pari attenzione per le numerose figure della grazia e della gratuità che un giovane deve scoprire guardandosi attorno. La condizione perché nell’età dell’innamoramento il
desiderio si risvegli non come cupidigia, ma come stupore e meraviglia è
un lungo tirocinio di gratitudine, che ha insegnato che vedere un dono
non è soltanto vedere una «cosa», ma entrare in sintonia con un’intenzione. E allo stesso modo, la condizione perché l’innamoramento dei fidanzati si conservi e annunci l’Origine divina da cui ogni amore proviene,
sarà un esercizio quotidiano della gratitudine reciproca e verso il Signore, a cui bisogna pazientemente educare.
L’innamoramento e la Parola
Alla luce della breve analisi fenomenologica abbozzata nelle righe precedenti, possiamo affermare che l’esperienza dell’innamoramento può essere intesa come una sorta di parola, che l’uomo e la donna si sentono
dire e a cui devono rispondere. Essa, pur mediata dalle tante forme verbali dei loro incontri, non coincide semplicemente con ciò che essi si
dicono reciprocamente e rimane sempre al di là e al di sopra dei loro discorsi. Non è un caso, infatti, che l’intimità innamorata si nutra più di
silenzi che di parole e che l’amore autentico non riesca mai a trovare le
espressioni adeguate per dire tutto ciò che vorrebbe e, in certo senso, dovrebbe. Ciò che c’è da dire tra un uomo e una donna che si amano, infatti, è più di quanto essi stessi sono capaci di dirsi, e può essere detto soltanto da un’altra Parola: quella di Colui che è «più intimo a noi di noi
stessi» ed è il Verbo eterno del Padre. E questo perché solo in Lui l’amore appare per quello che è: dono di sé incondizionato e totale.
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L’intuizione originaria: esserci come dono
Questa Parola relativa al senso del vivere, non viene però offerta all’uomo e alla donna nel momento privilegiato dell’innamoramento per la
prima volta. Anzi, difficilmente sarebbe riconosciuta in quell’esperienza
se non fosse stata già in molti modi e in molte forme anticipata. I modi e
le forme di cui diciamo sono quelli della tante relazioni gratuite e felici,
di cui vive o dovrebbe vivere l’infanzia e la giovinezza e che, qualora
siano troppo pesantemente frustrate, rendono appunto più difficile, anche
nell’esperienza dell’innamoramento, ascoltare quella Parola e corrispondervi in modo adeguato.
Tra questi modi e queste forme, un ruolo del tutto particolare rivestono
quelle legate alla vicenda della generazione, cioè i rapporti parentali con
il padre e la madre. La generazione, infatti, costituisce per ogni uomo
non soltanto, come è ovvio, l’accesso alla vita, ma anche, come purtroppo spesso si dimentica, l’accesso al senso della vita. E il senso che la generazione lascia appunto trasparire è che la vita sorge come «dono», che
la mia libertà esiste «grazie» ad altri, che al principio di me stesso non ci
sono io, ma l’amore con cui sono stato desiderato, atteso, «portato» in
grembo e «dato» alla luce. Anche nel caso più infelice, infatti, la struttura
dell’identità dell’uomo è quella di una relatività che non è soltanto una
dimensione periferica, ma costitutiva della persona, così che il «nome»
proprio può essere soltanto collegato al «cognome» della famiglia, e così
alla storia che precede.
Solo intorno a questa intuizione originaria del carattere promettente del
vivere, mediata dall’esperienza della cura che altri si prendono di noi, si
può/si deve raccogliere tutta la vicenda della maturazione personale e
della strutturazione della personalità. Come tutti i grandi educatori cristiani hanno sempre compreso e praticato, la risorsa fondamentale per la
crescita della persona non si situa innanzi tutto nei suoi talenti e nelle sue
abilità, ma nella sua disponibilità a mettersi in gioco in una relazione in
cui «si accorge di essere amato» (d. Bosco). La fatica della crescita, tanto
sul versante dell’acquisizione di competenze, quanto su quello assai più
arduo della messa alla prova dei propri desideri nelle forme quotidiane
della relazione, può essere sostenuto esclusivamente dalla prospettiva di
una giustezza del vivere in cui l’uomo riconosce di trovarsi soltanto di
fronte all’amore.
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E se l’Amore avesse Ragione?
2 ottobre
La provocazione dell’innamoramento: decidersi come dono
Se questa dinamica si realizza in molti modi e forme nei primi tempi
della vita, essa, per così dire, esplode proprio negli anni della giovinezza, quando, completato il bagaglio delle acquisizioni fondamentali per
affrontare il futuro, l’uomo e la donna sono sotto ogni profilo sulla soglia del decidere di sé nella forma adulta. Ed è proprio in questa stagione che la Parola originaria, attestata all’inizio della vita dal complesso di
rapporti legato alla generazione, e negli anni dell’infanzia dalle forme
riuscite della relazione educativa, trova una sua nuova e dirompente possibilità di ascolto proprio nella vicenda dell’innamoramento.
La Parola è la stessa, ma non si tratta affatto di una sua semplice ripetizione. L’annuncio di una logica del dono che fa da grembo a tutto ciò
che esiste, raggiunge gli innamorati in una forma del tutto particolare,
perché dopo aver lungamente nutrito la loro crescita e sostenuto le loro
fatiche chiede adesso di prendere liberamente e definitivamente dimora
nei loro corpi e nelle loro decisioni. L’esperienza dell’aver avuto
«inizio» da una famiglia, diventa ora la possibilità e la chiamata a diventare un nuovo inizio, quello stesso inizio della vita in me e in lei. La
consapevolezza di esserci «per» dono, diventa la possibilità e la necessità di decidersi «come» dono per altri: non chiudendosi nello «splendido
isolamento» di una coppia, ma aprendosi a diventare una famiglia.
Il che, contro l’intimismo tardoromantico e l’individualismo di coppia
postmoderno, proietta immediatamente l’emozione dell’innamorarsi
verso la responsabilità per altri, non in nome di un precetto morale
estrinseco, ma in nome della verità umana di quell’affetto. Così che la
prospettiva dei figli, come ha gelosamente e tenacemente custodito la
tradizione credente, non rappresenta un’appendice eventuale del matrimonio, ma un’apertura originaria dell’innamorarsi (umano!).
Tempo propizio e momento di svolta
Quanto abbiamo detto finora ci può illuminare sul particolare rilievo che
viene ad avere la decisione che si prende a proposito dell’innamoramento, mostrando come essa sia di fatto una sintesi di tutte le esperienze
precedenti e un pronunciarsi, ormai irrimandabile, di fronte alla Parola
del dono.
Di fatto, la prospettiva del costituirsi di un rapporto sponsale conduce a
E se l’Amore avesse Ragione?
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