QUADERNI DI PSICOLOGIA GIURIDICA PUBBLICAZIONE DELLO STUDIO DI PSICOLOGIA FORENSE E ASSISTENZA GIUDIZIARIA DI MILANO Via Prina 10, Milano – tel. 02 312926 – fax 02 3451378 DIRETTORE RESPONSABILE: RENATO VOLTOLIN AUT. TRIB. MILANO N. 74 DEL 27/1/1999 QUADERNO N. 3 PEDOFILIA E GIUSTIZIA di RenatoVoltolin Introduzione Perché un saggio sulla Pedofilia sottoposto alla attenzione degli uomini di Legge? Perché questo tentativo di fornire loro conoscenze che sembrerebbero di competenza squisitamente clinica? Tempo addietro questa proposta non avrebbe forse avuto molto senso, in quanto la Pedofilia, veniva esclusivamente considerata un reato come tanti altri, anche se comunque particolarmente odioso. In altri termini, al Magistrato poteva non interessare di entrare nella sostanza della questione, né egli mostrava, in genere, una particolare curiosità di conoscere le motivazioni e le dinamiche che sono alla origine del comportamento pedofilo, come di altre degenerazioni delinquenziali del comportamento. Il reo andava semplicemente punito e possibilmente, come sempre, in maniera «esemplare». Oggi però le cose stanno cambiando; sia perché è mutato l’atteggiamento della Società civile nei confronti di certi comportamenti delinquenziali, nel senso che vi è un maggiore desiderio di conoscerne la natura, considerandoli come problemi sociali da affrontare, piuttosto che solo come problemi da cui prendere le distanze con atteggiamenti di mera esecrazione, sia perché al Giudice sono demandate decisioni che vanno al di là della sola determinazione e somministrazione della pena. Riguardo al primo aspetto, cioè alla maggiore sensibilità sociale, la prostituzione, la perversione, la violenza e gli atti di libidine perpetrati sulla donna e sul minore, tra i quali rientra il reato di Pedofilia, stanno alimentando una preoccupazione molto diversa da quella che, un tempo, esitava inevitabilmente in un giudizio morale ed in un ostracismo sociale: i delitti a sfondo sessuale stanno cioè diventando un male sociale che sembra quasi assumere connotazioni epidemiche e per il quale ci si comincia a preoccupare in termini di prevenzione oltre che di intervento; soprattutto dopo che i progressi tecnologici (video, computer ecc.) sembrano aver reso disponibili nuovi canali e nuove opportunità per i soggetti perversi, del tipo: «Perversi di tutto il mondo, unitevi!». Non essendo ipotizzabile nessuna azione preventiva né curativa, senza una adeguata messa a fuoco della natura del problema che si vuole affrontare, la conoscenza dei problemi psicologici a rilevanza giuridica, si impone come una necessità ineludibile. A questo diverso interesse per la natura di certi tipi di reato ha certamente concorso il notevole sviluppo conoscitivo raggiunto dalle scienze psicologiche, in particolare di quelle psicoanalitiche sulla struttura e sulle dinamiche mentali; tale progresso consente una più corretta valutazione della natura e delle motivazioni sottostanti ai diversi tipi di reato. Riguardo alle funzioni del Giudice, la questione può essere certamente vista sotto l’aspetto dell’esigenza di aggiornamento dei parametri di giudizio (vedi ad esempio il concetto di «comune senso del pudore»), che inoltre influiscono sulla questione delle attenuanti; tuttavia egli è anche costretto a tener conto del fatto che è mutato lo stesso modo di intendere il significato della pena, la cui funzione rieducativo-riabilitativa è passata decisamente in primo piano rispetto a quella retribuivo-punitiva. Questa nuova concezione della pena, impone di considerare oltre alle modalità del decorso riabilitativo, i provvedimenti alternativi alla carcerazione. In tal senso si muove, ad esempio, la politica penale per i minorenni, secondo la quale il Giudice è chiamato a decidere sempre più secondo una prospettiva di deistituzionalizzazione. Quello del Giudice è dunque diventato un compito oltremodo complesso e difficile a cui non corrisponde affatto un affinamento delle conoscenze. Al contrario, in ambito giudiziario regna più che mai una certa confusione sia concettuale, sia riguardo alle stesse politiche di intervento psicologico. All’interno del concetto di «ricuperabilità» mancano, ad esempio, criteri differenziali. Si riserva cioè una scarsa attenzione alla tipologia del reato, pur essendovi una alta correlazione fra disturbo di personalità e tipo di reato; il che rende inattuabile, in quanto troppo generica, gran parte della ideologia riabilitativa.Vi sono poi reati che, per loro stessa natura, «emanano» da personalità difficilmente «ricuperabili» e per le quali la umanizzazione delle condizioni di carcerazione sembra, al presente, ancora l’unica soluzione praticabile, in attesa di efficaci interventi riabilitativi che pur richiederanno, qualunque sia l’opinione in proposito, di essere attuati in regime di custodia carceraria; rimanendo quest’ultimo l’unica modalità di garanzia di fronte alla possibile reiterazione del reato. A tale riguardo vi sono addirittura casi «limite» in cui la detenzione costituisce paradossalmente l’unica salvaguardia per sé e per gli altri: un killer seriale, ma anche uno stupratore recidivo o un delinquente psicopatico o, che so io, un esibizionista coatto, possono essere più seriamente danneggiati da una misura alternativa alla detenzione, che non dalla permanenza della detenzione stessa, in quanto possono, per un lungo periodo e nonostante la più efficace delle psicoterapie, non essere in grado di sottrarsi alla compulsione delinquenziale. Questo va affermato, senza tema di smentita, qualunque sia il clamore e l’indignazione che possa provocare nei garantisti ad oltranza. Ma vi è anche un altro aspetto, peculiare al problema pedofilo e che questa volta va controcorrente rispetto ad una maggiore garanzia dei diritti dell’imputato. Le accuse di Pedofilia, anche quando sono a livello indiziario, danno spesso luogo ad interventi da parte del PM e quindi degli organi di polizia, che rischiano di essere spesso in aperta collisione con i diritti della difesa. Certamente questo dipende dal fatto che la vittima presunta o effettiva è un soggetto minore di età, ma dipende anche dal fatto che il tutore dell’ordine agisce spesso «d’istinto», o «d’intuito», che dir si voglia, sull’onda cioè di un sentimento di indignazione piuttosto che di una adeguata conoscenza del problema. 2 Se il tutore della giustizia fosse ad esempio consapevole di quanto sia a volte difficile (e persino in certi casi impossibile) distinguere, in caso di accusa di pedofilia ad opera di un bambino, tra mera fabulazione e realtà, e di quanto le conseguenze delle fabulazioni possano creare gravi danni psicologici sia all’accusato che allo stesso minore (leggi: intenso senso di colpa), forse sarebbe più guardingo nel decidere provvedimenti drastici ed immediati di natura coercitiva, che spesso arrivano all’allontanamento della vittima dallo stesso genitore innocente. E’ vero che i Pubblici Ministeri ignorano che si tratta di una questione alquanto complicata: il problema della attendibilità delle fantasie infantili di seduzione è stato uno dei più spinosi problemi affrontati dallo stesso Freud, ma questo non giustifica il loro accanimento persecutorio nei confronti di ogni presunto pedofilo, anche se a loro giustificazione hanno l’irresponsabile avallo di certi saccenti e maleaccorti psicologi. Ma di questo avrò modo di trattare più avanti. Come se tutto ciò non bastasse, vi sono altri motivi per i quali la Pedofilia deve entrare tra gli argomenti di conoscenza da parte del Magistrato. La Pedofilia appartiene a quella tipologia di patologie che hanno generalmente natura «egosintonica», nel senso che riguarda soggetti che «convivono» con questa loro tendenza in maniera compromissoria, e che non andranno probabilmente mai a chiedere un intervento psicoterapeutico per tale disturbo, salvo particolari situazioni di complicanze reali. Se si eccettuano i rari casi in cui questo comportamento perverso genera un senso di colpa intollerabile o si correla ad ansie persecutorie insostenibili (paura di essere scoperto con esiti catastrofici riguardo il lavoro, la famiglia ecc.), il pedofilo cerca di gestire il suo desiderio sessuale, la sua Perversione, «in proprio» e nel modo migliore possibile, considerandola sì anomala, ma non indice di patologia mentale. Per cui sono altri, piuttosto che lo psicologo clinico, ad aver a che fare con questo tipo di soggetti; in particolare, appunto, coloro che in funzione del loro ruolo sono chiamati a intervenire giudizialmente, a seguito di denuncia o perché costretti ad intervenire d’ufficio, quando questo problema, uscito dall’ambito di segretezza e di omertà in cui solitamente opera, diventa «percepibile» e fa «scandalo». Si crea dunque una situazione paradossale: chi, per competenza professionale, si occupa a fondo della struttura psicologica e delle dinamiche relazionali del problema, ha accesso a pochi casi e quindi non può incidere quantitativamente sulle sue dimensioni e sulla sua rilevanza sociali; chi invece ha maggiori possibilità di intervento, perché preposto istituzionalmente all’educazione e alla salvaguardia del minore, non possiede una adeguata conoscenza scientifica di orientamento. Non dimentichiamo che la situazione diventa estremamente delicata quando il pedofilo è uno dei genitori; in tali casi il giudice è chiamato a decidere anche sul nuovo assetto familiare delle vittime (di regola minori); a tale riguardo i casi di pedofilia intrafamiliare, insieme al maltrattamento del minore, stanno diventando sempre più frequenti. In breve, il problema della Pedofilia ha chiaramente anche una dimensione Forense, oltre che Clinico-Psicologica, che non può ulteriormente essere ignorata né dallo psicologo clinico, né dall’uomo di Legge, (né, ovviamente, dalle Istituzioni Educative) e che non può che essere risolto in un clima di interdisciplinarietà. 3 Per concludere questa introduzione, possiamo dunque affermare che, in particolare in materia di Pedofilia, ma non solo, un accertamento di reato sessuale, una indagine probatoria, una richiesta di «attenuanti», una decisione di provvedimento alternativo alla carcerazione, un approfondimento sulla pericolosità di un soggetto, un perdono giudiziario per un minore, ecc., sono tutti provvedimenti che oggi devono poter contare su indagini psicologiche particolarmente «affidabili». Gli scopi del presente lavoro Come si deduce chiaramente dall’Introduzione, con il presente lavoro intendo occuparmi del problema della Pedofilia cercando di metterne in evidenza tutti quegli aspetti, la conoscenza dei quali dovrebbe fornire al Giudice e all’Avvocato un più equo criterio discriminatorio nei confronti di un reato le cui fattispecie sono estremamente diverse, sia in termini di gravità che in termini di responsabilità. Inizierò trattando delle Perversioni in generale, tra le quali normalmente la Pedofilia viene nosograficamente collocata. Tratterò poi della natura e del significato specifico della Pedofilia, mostrando come anch’essa, alla stregua di ogni altro complesso sintomatico, rappresenti comunque un modo per affrontare la sofferenza e la disperazione e sia quindi doveroso mettere da parte ogni indignazione per riservarle quella attenzione e quella comprensione che sono dovute ad ogni persona malata, per quanto odiose e sgradite siano le manifestazioni della sua malattia. Come corollario di questo aspetto parlerò di quella che ho definito «pedofilia occulta»; intendo cioè mostrare come non siano molti coloro che possono permettersi, nei confronti del pedofilo, di «lanciare la prima pietra». Prenderò subito dopo in esame quello che costituisce un problema nodale della Pedofilia, quello della scarsa attendibilità delle accuse di Pedofilia mosse dal bambino nei confronti dell’adulto, quando esse costituiscano meri elementi indiziari e non siano inequivocabilmente fondate su elementi probatori oggettivi. Mostrerò anche come vi sia una tendenza a fare del pedofilo un capro espiatorio, scaricando su di lui la propria «cattiva coscienza» Natura e significato dei comportamenti perversi Per Perversione si è sempre inteso riferirsi ad un comportamento sessuale deviante, nel senso o della scelta dell’oggetto sessuale, o dello scopo finale. E’ perverso, secondo la visione più accreditata, ogni scopo diverso da quello che consiste nel ricercare il piacere finale, vale a dire l’orgasmo, nell’atto del coito (perversione dello scopo); così come è considerata perversa ogni scelta oggettuale che non sia riferita ad una persona del sesso opposto (perversione dell’oggetto), cioè ogni rapporto che non sia eterosessuale e con persone sessualmente mature (certamente quest’ultima affermazione provocherebbe oggi grande clamore nell’ambiente omosessuale). Occorre anche dire, per amore di giustizia, che anche il rapporto eterosessuale può essere di natura perversa, nella misura in cui il partner sessuale non viene considerato una persona, ma un mero oggetto di piacere. Per quanto riguarda la Psicoanalisi, che costituisce indubbiamente la scienza più 4 aggiornata in materia, Freud scoprì che la pulsione sessuale esiste già nella prima infanzia, anche se all’inizio essa ha scopi e oggetti diversi da quelli a cui il soggetto tende nella pubertà e che realizzerà più o meno compiutamente a partire dalla età adolescenziale. La sessualità infantile, secondo Freud, può avere nel corso dello sviluppo, tre possibili destini: 1) Quello di essere convogliata sotto l’egida della sessualità genitale. L’individuo può, in tal caso, soddisfare la sessualità infantile residua (che Freud chiamò «polimorfo-perversa» o anche «pre-genitale», e che comunque sopravvive in ciascuno di noi accanto alla sessualità adulta) in parte nei così detti «giochi sessuali preliminari», cioè quei comportamenti sessuali che precedono il coito vero e proprio, in parte tramite la «sublimazione», cioè la trasformazione dell’attività sessuale in forme simboliche socialmente accettate (attività creativa, lavorativa, sportiva ecc.) 2) Quello di sfociare in un disturbo mentale per il frapporsi di seri ostacoli al suo normale soddisfacimento (odio, angoscia e paura). In tal caso l’individuo diventa nevrotico (o portatore di altre patologie) con difficoltà psichiche e sessuali (impotenza, inibizioni, fobie ecc,), che oltre a impedirgli l’evoluzione sessuale normale, esitano in sintomi o inibizioni. 3) Quello di essere soddisfatta direttamente, nelle sue forme infantili pre-genitali e «parziali» (orali, anali, sadiche, voyeristiche ecc,). La sessualità infantile in tal caso sembra «imporre» le sue esigenze e le sue pretese di soddisfazione, senza accettare condizione alcuna; relegando, per così dire, la sessualità genitale ad un ruolo secondario e financo assente. Non si tratta più, in quest’ultimo caso, di una sessualità infantile utilizzata come «piacere preliminare», ma di una sessualità che si impone come una attività sessuale sostitutiva e che pretende una soddisfazione diretta e nelle forme pregenitali. E’ questa sessualità che caratterizza la categoria dei perversi, alla quale appartiene il pedofilo, anche se la natura della sessualità infantile di quest’utltimi si manifesta ed è sottesa da fantasie del tutto particolari e specifiche. Possiamo riassumere la questione della sessualità, dicendo che la sessualità infantile che sopravvive in ciascuno di noi, ha forme molteplici di espressione e di soddisfazione, e convive in modi diversi e con diversa importanza accanto alla sessualità adulta. Rispetto a quest’ultima, in certi casi vi partecipa in una sorta di collaborazione; in altri casi le contende il terreno della soddisfazione, con esiti compromissori (sintomi); in altri casi vi si sostituisce decisamente, annullando o escludendo le forme di soddisfazione adulta, sia concreta che simbolica. Ma perché, ci si può chiedere, vi è questa difficoltà da parte della sessualità infantile di farsi da parte, o meglio di evolvere, di diventare secondaria, subordinata alla sessualità adulta? Che cosa spinge il soggetto a pretendere e, in certi casi, a preferire la soddisfazione infantile a quella adulta? Che cosa porta un soggetto a preferire una concezione della sessualità così spesso associata addirittura a comportamenti sado-masochisti? «Perchè c’è del marcio in Danimarca» risponderebbe Amleto. Si tratta di vecchi attriti, vecchie ruggini, antichi risentimenti e gelosie nei confronti dei genitori, mai assopiti e tuttora attivi. Sentimenti che del resto albergano, sia pure in forme meno intense in ciascuno di noi. 5 La meccanica o, meglio, la dinamica della questione è data dal fatto che lo spazio e la considerazione che riserviamo alla nostra sessualità adulta, dipende dal corrispondente atteggiamento che abbiamo assunto nei confronti della sessualità e dell’intimità dei nostri genitori. Poiché è dalla identificazione con tali figure che dipende in gran parte il nostro senso di identità, compresa quella sessuale, ad una avversione e ad una ostilità nei confronti del loro rapporto e della loro sessualità, corrisponderà una ostilità e una avversione nei confronti della nostra stessa sessualità; ciò in funzione di un ineludibile processo di «identificazione». Non si tratta di identificazioni che hanno a che vedere con la sessualità reale dei genitori, ma con la sessualità così come la immagina il bambino; concezione immaginaria che può essere, almeno in parte, confermata o confutata dal loro effettivo comportamento. Questo ci dice quanto sia grave il fatto che a tali figure genitoriali immaginarie, spesso svalutate e denigrate in funzione del risentimento infantile dovuto alle inevitabili frustrazioni, corrispondano di fatto, genitori non adeguati o addirittura incapaci d’amore. In breve vi è in ciascuno di noi la tendenza a ripetere, a porre in essere, ciò che noi stessi abbiamo a suo tempo attribuito alle figure significative della nostra infanzia, a realizzare la stessa «trama» sessuale che abbiamo attribuito alle loro vicende interpersonali. Se scegliamo manifestazioni sessuali polimorfe e perverse al posto di quelle genitali, è come se osteggiassimo quella sessualità tanto odiata nei genitori, e volessimo dimostrare a noi stessi che la sessualità più piacevole è quella infantile o, al contrario, (in caso di perversioni sadiche) che la sessualità non è affatto piacevole o creativa, ma è intrisa di sofferenza e crudeltà. Il bambino che c’è in noi, anzi che soggiorna stabilmente in noi, vuole fare da padrone e questa volta si vendica provando la sensazione di escludere con la nostra stessa sessualità, i genitori odiati. Anche se, ovviamente, si tratta di una ben magra soddisfazione, perché è del tipo «muoia Sansone con tutti i Filistei» Il processo è alquanto più complicato e anche misterioso. Anche perché non è ancora chiaro, e in nostro possesso, un concetto univoco di «sessualità adulta», anche se al contrario abbiamo invece delle idee chiare sulla sessualità infantile e sul suo essere all’origine di relazioni sessuali infelici e conflittuali. Che si trattasse di una faccenda complessa fu costretto a constatarlo anche lo stesso Freud nella fase avanzata del suo pensiero (vedi i suoi scritti sul masochismo e sul feticismo), quando le pulsioni sado-masochiste gli apparvero in tutta la loro rilevanza. Freud, a dire il vero, fece di tutt’erba un fascio della sessualità infantile, chiamandola polimorfa-perversa. Vale a dire che Freud non distinse tra il bambino in cui, nell’inevitabile conflitto odio-amore, prevale la collera e quindi la crudeltà e il bambino che riesce invece a contenere la frustrazione e a controllare la sua rabbia, pur perseguendo forme di soddisfazione sessuale infantili. Furono altri studiosi post freudiani, che distinsero invece tra sessualità polimorfa e sessualità perversa, cioè tra sessualità infantile «buona» e sessualità infantile «cattiva» (Donald Meltzer); intendendo con la prima indicare la sessualità infantile che, pur rifiutando di valorizzare le forme adulte della sessualità, tende comunque ad una soddisfazione senza eccessi di crudeltà e con la seconda quella sessualità il cui piacere sta proprio nella realizzazione di un rapporto distorto e crudele. E’ quest’ultima visione della sessualità che caratterizza il soggetto cinico, delinquente, psicopatico, stupratore che prova, nel suo perpetrare la violenza, 6 un profondo senso di trionfo, non sempre collegato ad una soddisfazione sessuale. Spesso la scelta è infatti quella di togliere di mezzo qualsiasi interesse per la sessualità (quando, ad esempio, un uomo usa violenza ad una donna lesionando i suoi organi genitali ma non violentandola); ciò a motivo di una concezione pericolosa (persecutoria) del rapporto sessuale. Oppure la sessualità viene realizzata in un clima di costrizione (la donna legata, o schiava o sottomessa ecc) o, ancora, viene scelto un soggetto che essendo infantile permette di eludere la paura, come può essere proprio nel caso della Pedofilia, come avremo modo di considerare tra poco. La Pedofilia Prenderemo ora in considerazione la Pedofilia come oggetto specifico di indagine. Possiamo cominciare col chiederci: che cosa contraddistingue la Pedofilia dalle altre perversioni? E ancor prima: in cosa consiste specificamente la Pedofilia ? Freud, nello scritto su Leonardo da Vinci sostenne l’ipotesi che l’adulto tende, nel caso della Pedofilia, a trattare il bambino allo stesso modo e prodigandogli le medesime cure che egli stesso avrebbe voluto dalla propria madre; vale a dire che Freud sostenne che la Pedofilia si fonda sull’identificazione con la madre. Egli però non aveva ancora scritto il suo saggio sul narcisismo, né gli altri importanti saggi che mostrano come egli si rese conto che il rapporto pedofilo ha una struttura molto complicata, nella conformazione della quale (come ho gia mostrato) l’aggressività e il sadismo hanno una parte assai rilevante. Oggi sappiamo che nella Pedofilia entrano in gioco tutta una serie di elementi che potremmo così sintetizzare: a) La vittima, il bambino, rappresenta il più delle volte il soggetto stesso, ma può anche rappresentare il rivale, il bambino della madre. b) I sentimenti e le pulsioni che entrano nella libidica (sessuale) che aggressiva. relazione sono sia di natura c) Il sentimento del pedofilo può oscillare da un vero e proprio «innamoramento» a un piacere sadico così esasperato da sfociare in una azione omicida. d) Il ruolo del pedofilo nella scena di seduzione può essere molteplice ed alternarsi di continuo: cioè il personaggio rappresentato dal pedofilo nella sua azione perversa, può essere sia quello del se stesso bambino, sia quello del fratello rivale (nato o non nato che sia), sia quello materno che quello paterno. Vale a dire che il pedofilo mette in scena una rappresentazione familiare complessa. e) La personalità del pedofilo è una personalità «scissa», in cui gli aspetti positivi e quelli negativi sono mantenuti separati tra loro e tra loro estranei. Tali aspetti possono prendere alternativamente il dominio della personalità del soggetto. 7 Quello che domina prevalentemente la personalità del pedofilo che ha a che fare con la giustizia è certamente l’aspetto negativo, distruttivo, cinico; ma spesso tale aspetto è per così dire limitato ad una parte specifica della personalità del soggetto che, per il resto, vive i suoi rapporti interpersonali in un modo del tutto normale e persino socialmente bene integrato. Per quanto riguarda la vittima del pedofilo, questa può essere una vittima occasionale, episodica, vale a dire utilizzata solo per soddisfare un impulso, un desiderio del momento. Oppure può essere utilizzata come personaggio che fa parte di una rappresentazione che ha una durata nel tempo. Il pedofilo mette in scena una sorta di psicodramma nel quale egli è attore e regista. Egli può trattare per un certo periodo il bambino in maniera amorevole come farebbe una madre che si occupa amorevolmente del suo bambino; e improvvisamente rappresentare un padre con cui il figlio instaura un rapporto omosessuale o anche un padre in collera che sadicizza il bambino punendolo per la sua ostilità nei suoi confronti. Oppure il ruolo assegnato a sé e al bambino può anche essere univoco, stabile, rigido, come nei casi più gravi di schiavizzazione. I personaggi rappresentati sono dunque sempre personaggi del «mondo interno» del pedofilo (il se stesso bambino o adolescente, il padre interno, la madre interna ecc.). E’ a motivo di questa varietà di contenuti rappresentazionali che non è possibile parlare di una personalità pedofila nel senso di una precisa configurazione di personalità, né è sempre possibile individuare la parte della personalità che sta proponendo o meglio riattualizzando la sua rappresentazione inconscia, né tale rappresentazione può essere sempre intuita prima che venga posta in essere, dato che il pedofilo può emergere come tale solo in determinate situazioni od occasioni, spesso mantenute oculatamente segrete. Il protagonista di un famoso caso giudiziario, riferendosi all’omicidio della sua piccola vittima, un bambino di quattro anni, racconta: «Allora non avevo ancora l’idea di fuggire con uno o due bambini. Volevo fuggire da solo.......più tardi incominciai a pensare di fuggire con un bambino di quattrocinque anni, che avrei rapito. Fu così che cominciai a comperare anche gli indumenti e il necessario per il bambino» Il pedofilo, poi omicida, era un figlio adottivo la cui madre lo aveva abbandonato pressoché alla nascita affidandolo ad un istituto. Egli lamentò inoltre la mancanza del rapporto e la scarsa comunicazione con il padre e la madre adottivi. Egli imputava la sua solitudine ai genitori adottivi, anche se tale solitudine aveva radici ben più lontane, risalendo sia all’abbandono materno, sia alla mancanza del padre naturale. Infatti, la sua fantasia «abbandonica» includeva implicitamente anche la figura di quest’ultimo che forse, se avesse a suo tempo sostenuto adeguatamente la madre, avrebbe potuto evitargli le vicissitudini culminate nella istituzionalizzazione nel befotrofio. Se il nostro soggetto fosse stato sottoposto ad un trattamento psicoanalitico i personaggi rappresentati attraverso la sua relazione pedofila, avrebbero potuto avere un nome preciso. Il bambino con cui voleva scappare rappresentava (almeno in un primo tempo) lui stesso in una fantasia di accudimento da parte di un genitore «ritrovato». Il fatto che le pratiche effettuate sul piccolo fossero di natura orale (fellatio) richiama poi la dimensione dell’allattamento in una nuova fantasia narcisistica, anche se la sua natura, dato che si tratta di materiale «di seconda mano», non è determinabile con precisione. Poi tutto cambiò, con le tragiche conseguenze per il bambino che tutti conosciamo. 8 Quello che mi interessa far notare è che, nel caso citato, si evidenzia il fatto che la struttura pedofila ha origini molto lontane; in questo caso, come ho già detto, ha a che vedere con un abbandono materno. Inoltre la coazione ad agire può rimanere a lungo allo stato latente, anche se un osservatore esperto avrebbe potuto individuarne i segni premonitori durante il periodo adolescenziale. Questo per indurre a fare lo sforzo di considerare questo soggetto come «diventato pedofilo» in riferimento alla sua storia di bambino abbandonato pressoché dalla nascita e che si trovò isolato, una seconda volta, anche nei confronti dei genitori adottivi. Se ci rendiamo conto che si tratta di un dramma rimasto inalterato nel tempo e nella mente del soggetto anche se diventato «cronologicamente» adulto, dovrebbe essere possibile contenere la nostra indignazione entro limiti più ragionevoli, anzichè assumere la natura di giudizio senza appello e senza attenuanti, e spesso senza il minimo spazio per la pietà o la commiserazione. Non dimentichiamo poi che il padre adottivo in questione, era un professionista affermato (un medico) e la madre una insegnante, quindi persone che non avevano la scusante di appartenere ad un ambiente degradato, e che con il loro comportamento hanno riaperto ferite oltremodo profonde. La Pedofilia è dunque una situazione complessa che assume la connotazione di una vicenda umana drammatica vissuta dal soggetto dapprima solipsisticamente e successivamente rappresentata nella realtà esterna. Che si tratti di un problema antico quanto il mondo è provato poi dallo spazio che ha avuto, oltre che nella mente dei filosofi (Platone) anche nella mente degli artisti di ogni tempo. E’ nota, a tale proposito, la figura del pedofilo Humbert, il protagonista di «Lolita» di Nabokov. Humbert desidera eliminare la moglie (e il caso gli è favorevole), per poter sedurre indisturbato la di lei figlia dodicenne. Del resto egli ha sposato la donna proprio per poter stare vicino a Lolita «fuoco dei miei lombi». La bambina rappresenta in questo romanzo la parte infantile del protagonista che le permette di realizzare la inconscia fantasia di un rapporto narcisistico col padre. Le donne sono utilizzate da Humbert solo come paravento, ma sono profondamente disprezzate e considerate come prive di ogni attrattiva. Humbert è però continuamente perseguitato da un personaggio «interno» proiettato all’esterno sullo scrittore Quilty che gli porterà via Lolita, del resto abbandonandola poco dopo, e che lui sarà spinto ad uccidere finendo così in carcere quel ciclo esistenziale che sembra caratterizzare tipicamente la vita del pedofilo. Solo l’eliminazione di Quilty (l’aspetto odiato dell’immagine paterna) sembra permettere ad Humbert di rinunciare alla relazione pedofila alla quale era ricorso nel tentativo di mantenere in vita il rapporto col padre; anche se dovrà espiare il suo atto col carcere. La vicenda descritta da Nabokov è certamente più complessa e non è dato qui di trattarne compiutamente; tuttavia vorrei solo ricordare che all’inizio del romanzo veniamo a sapere che all’origine di tutto c’è un duplice abbandono: quello conseguente la morte della madre, avvenuta quando egli aveva tre anni e più tardi, quello questa volta «vissuto» nei confronti del padre. Humbert riferisce: «....Più tardi, con quella sua incantevole bonomia, mio padre mi diede tutte le informazioni che riteneva potessero essermi necessarie a proposito del sesso» In un primo momento sembra che il padre possa in qualche modo compensare della perdita della madre. La prospettiva, era infatti di trascorrere un lungo periodo con il padre (egli curiosamente sottolinea «tre inverni»), mentre invece (e qui possiamo rintracciare uno dei fattori alla origine della sua Pedofilia): 9 « ahimé, l’estate di quell’anno egli viaggiava con Madame de R. e sua figlia, e io non avevo nessuno con cui sfogarmi, nessuno a cui chiedere consiglio» E’ forse dopo questa cocente delusione che Humbert decide di risolvere narcisisticamente il suo problema, che è essenzialmente un problema di solitudine. Quello che è curioso è che il protagonista del romanzo di Nabokov muove nei confronti del padre le stesse lamentele del nostro pedofilo omicida; ma questo è dovuto alla misteriosa intuizione che ogni artista sembra possedere nei confronti delle profondità dell’animo umano. Tutto ciò solo per introdurre una visione della Pedofilia, che vada al di là della superficiale e perciò inutile descrizione che fa di questo problema mentale una quadro di mera, esecrabile, degenerazione. Il personaggio di Humbert conclamato pedofilo, sia pure indirizzato esclusivamente verso le ragazzine puberi, non è un uomo privo di sentimenti né animato soltanto da impulsi sadici. Egli vive il suo dramma come gli altri individui «normali» possono vivere il loro. Nabokov riesce a descriverne i tumulti interiori in modo che il personaggio non è meno reale di quelli che possiamo incontrare nelle aule giudiziarie. Humbert ama e soffre, e la sua sofferenza è acuita dal fatto che la sua perversione, che pur riesce a sopraffarlo, trova comunque le sue ragioni in un disperato bisogno di amore. Ad un certo punto, Humbert ha anche momenti di ribellione: protesta la dignità del suo sentimento, opponendolo al pregiudizio della pubblica opinione e si appella, sia pure in maniera patetica, alla relatività del limite posto dai diversi contesti sociali tra ragazzina pubere, suscettibile di essere considerata vittima innocente della concupiscenza adulta e ragazza idonea al matrimonio.Egli si appella alle epoche storiche nelle quali la Pedofilia non era demonizzata, ma trovava persino uno spazio di legittimità: «Lasciate che ricordi al mio lettore che il Inghilterra, con l’approvazione, nel 1933, della legge per la protezione dell’infanzia, col termine «fanciulla» si definisce una giovanetta che abbia più di otto e meno di quattordici anni (dopo questa età diventano ufficialmente ragazze).......Virgilio, che «le ninfette solea cantar in un sol tono», ma che probabilmente preferiva il perineo di un ragazzino.......... e certe spose decenni costrette a sedersi sul fascinum, l’avorio virile nei templi della cultura classica....In certe province delle Indie Orientali, il matrimonio e il concubinaggio prima della pubertà sono ancora piuttosto comuni........Dopotutto, Dante si innamorò pazzamente della sua Beatrice quando lei aveva nove anni, una fanciullina radiosa, imbellettata e adorna di gioielli, adorabile nella sua veste cremisi - e questo accadeva nel 1274, a Firenze, durante un banchetto nel lieto mese di maggio. E quando Petrarca s’innamorò pazzamente della sua Lauretta ella era una bionda ninfetta dodicenne che correva nel vento, nel polline e nella polvere, un fiore in volo sulla splendida pianura che si scorge dalle colline di Valchiusa». Le componenti in gioco sono molte: il desiderio sessuale, la paura e l’aggressività; ma anche la frustrazione, la nostalgia, la solitudine. Vi sono forme di pedofilia, che addirittura possono essere alla radice di processi artistici. Vi sono stati coinvolti artisti di grande talento e sensibilità; basti pensare a Lewis Carroll e alla sua passione per le ragazzine che amava fotografare ossessivamente (vengono in mente fatti recenti), passione che sembra aver costituito la motivazione determinante che lo indusse a scrivere «Alice nel paese delle meraviglie» ; o al comportamento pedofilo di Oscar Wilde che siamo propensi, almeno in parte, a perdonargli, al contrario di quanto fece, a suo tempo, il tribunale inglese. 10 Vi sono forme che trovano, in qualche modo, delle concause ambientali e che mostrano una certa «logica funzionale» anche se certamente non giustificabile. La Pedofilia è diffusa, ad esempio, non sempre in forme trascurabili, nelle istituzioni «monosessuali». Qualsiasi individuo che abbia trascorso un periodo in un collegio, maschile o femminile che sia, non può negare che aspetti di Pedofilia fossero frequenti nel rapporto allievo-maestro, e ciò persino in ambienti religiosi. Non credo di dire nulla di nuovo se ricordo che una delle preoccupazioni del clero è costituita dal timore di manifestazioni pedofile ed omosessuali nei seminari. Questo significa semplicemente che il comportamento pedofilo può essere causato o sollecitato anche da interferenze esterne con il normale esercizio dell’attività sessuale normale. E’ possibile che il romanzo «Nel nome della rosa» non abbia quindi, in tal senso, riferimenti esclusivamente medioevali. Credo che ciò sia sufficiente per rendere conto delle radici della Pedofilia e delle sue complessità psicologiche e per includerla nell’area della psicopatologia piuttosto che della lucida delinquenza. *** Ho trattato fin qui della natura e del significato della patologia pedofila e di come questa assuma forme e modalità di comportamento così diversificate da rendere assolutamente improponibile una definizione univoca di «pedofilo» tout court, senza altri approfondimenti. Ogni caso di Pedofilia è infatti collocabile all’interno di una spettro, una scala di gravità dagli estremi molto ampi, sia in termini di pericolosità sociale sia in termini di grado di ricuperabilità del soggetto; tale collocazione dipende dal conflitto tra amore e odio e dalle forme che esso assume nella personalità del soggetto; inoltre tutto dipende dal fatto se il problema rimane delimitato nel mondo interiore del soggetto piuttosto che imboccare la strada della esteriorizzazione ed essere quindi agito in relazioni esterne. Tutto ciò ci permette di affermare fin d’ora che un giudizio equitativo non può prescindere dall’idea che ogni caso ha le sue specifiche peculiarità, e che la conoscenza delle dinamiche che lo sottendono non può che essere di grande conforto per una adeguata discriminazione. Ma veniamo al compito più delicato della questione, quello che consiste nell’occuparsi della vittima. Sappiamo che non esiste una adeguata «cultura» giuridica della vittima, in quanto la Giustizia si occupa più di punire il reo che del risarcimento della vittima che avviene, semmai, sotto forma di indenizzo patrimoniale. Il principio fondamentale che dovrebbe entrare tra i compiti dell’Ordinamento Giudiziario è quello del restitutio in pristinum statum e questo diventa quanto mai doveroso quando la vittima è un minore. Ma il discorso sulla vittima del pedofilo è molto più ampio di quanto si possa pensare. Può trattarsi infatti di una vittima in qualche modo «designata», nella misura in cui è stata lasciata senza difesa o addirittura «esposta» alla seduzione pedofila; può trattarsi di una vittima «connivente» in quanto abbia avuto parte attiva nelle trame sessuali che hanno portato al fatto; può essere infine un «capro espiatorio» di disfunzioni familiari le cui responsabilità vengono poi dirottate sul pedofilo. Infine, e correlato con tutto ciò, vi è il delicato problema della credibilità della vittima, vale a dire della realtà e dell’attendibilità delle accuse di Pedofilia 11 Procedendo con ordine comincerò a trattare del problema che ho definito della «Pedofilia occulta». La vittima e la Pedofilia occulta Se per Pedofilia si intende una forma più o meno morbosa di comportamento a connotazione erotico-sessuale, messo in essere da un adulto nei confronti di un bambino e tale da risultare psicologicamente dannoso per quest’ultimo, è chiaro che un aspetto importante della situazione è costituito dal modo in cui la vittima, vale a dire il bambino viene indotto al coinvolgimento. A parte i casi in cui il pedofilo per ottenere il suo scopo utilizza minacce o mezzi coercitivi, vi è tutta una serie di situazioni nella quali il pedofilo riesce a raggiungere il suo scopo attraverso la seduzione. A sua volta la seduzione può essere utilizzata solo per indurre il bambino ad allontanarsi dai luoghi nei quali potrebbe essere protetto, oppure la seduzione può avere successo in funzione di una complicità del bambino stesso. Il successo della strategia del pedofilo nel caso della seduzione, dipende in maniera rilevante dalla capacità che ha il bambino di opporsi e di sottrarsi alla situazione ( il famoso «non accettare le caramelle dagli sconosciuti!»). Vi sono casi in cui il bambino non solo non è in grado di opporsi, ma addirittura può essere sensibile alla seduzione come se dovesse fare i conti con una sorta di disponibilità a lasciarsi sedurre. Che esistano queste differenziazioni rispetto alla posizione della vittima non vi è alcun dubbio: in caso contrario il pedofilo andrebbe incontro inevitabilmente al sicuro insuccesso, in quanto le sue «avances» verrebbero immediatamente respinte e denunciate ai genitori nel caso si tratti di un estraneo, o al genitore innocente qualora si tratta di pedofilia intrafamiliare. Certo si possono muovere a questa mia affermazione tutta una serie di obiezioni: si dirà che occorre che vi sia confidenza tra genitori e figli, che se si tratta di un genitore pedofilo il figlio soggiace inevitabilmente ad una posizione di potere (il padre padrone) o al ricatto affettivo, che il bambino è vittima della sua ingenuità e via dicendo. Tuttavia non si tratta di obiezioni convincenti perché accade spesso che, anche nelle situazioni più difficili, il bambino finisca con il ribellarsi. Quello che io sostengo è che molto spesso esiste nel bambino una facilità a lasciarsi sedurre che dipende dall’essere stato vittima di quella che io appunto definisco « pedofilia occulta». Con il termine «pedofilia occulta» intendo riferirmi a tutti quegli atteggiamenti e quei comportamenti posti in essere dall’adulto, direttamente o indirettamente, cioè nei confronti o in presenza del bambino, che possono costituire per quest’ultimo fattori predisponenti alla seduzione pedofila, in quanto possono abbassare nel bambino il livello di soglia della sua eccitabilità e indurlo al desiderio ed alla ricerca attiva di occasioni di intimità con l’adulto, suscettibili di essere, più o meno scopertamente, erotizzate. Anche l’ambiente sociale, oltre che il clima familiare, vale a dire gli influssi esterni, possono essere tali da produrre effetti di eccessiva erotizzazione nel bambino, che vanno al di là di quel livello di sensibilità erogena normalmente correlato al naturale processo di sviluppo psicosessuale. E’ questa erotizzazione in eccesso a rendere il bambino vulnerabile alle azioni seduttive dell’adulto. 12 Non voglio con questo assolutamente colpevolizzare i genitori (almeno non in maniera generalizzata), quanto mostrare come lo sviluppo sessuale del bambino sia un processo delicato che richiede di essere adeguatamente conosciuto proprio per poter essere salvaguardato. E’ chiaro che vi è anche un problema di responsabilità che non può essere sottaciuto: è fuori dubbio, ad esempio, che la nostra società sia diventata chiaramente «pornografa» e questo va decisamente annoverato tra le cause della recrudescenza del fenomeno pedofilo. Tuttavia la faccenda è più complicata e richiede una attenzione ed una accortezza estreme. Ma cerchiamo di prendere in considerazione quanto possa dar credito alla mia ipotesi. La prima domanda che dovrebbe venirci naturale è come mai non si parli affatto o solo raramente, di pedofilia femminile. Sembra infatti che i pedofili che vengono trascinati nelle aule dei tribunali siano esclusivamente di sesso maschile, nonostante ciò sia nettamente in contrasto con le dinamiche psicologiche che sono alla base della Pedofilia e che accomunano invece entrambi i sessi1. Dato che l’omosessualità femminile è diffusa quanto quella maschile, non vi è motivo per pensare che ciò non valga anche nel caso della Pedofilia2. Si dirà che la pedofilia femminile non ha le medesime caratteristiche violente di quella maschile, ma questo non significa che abbia effetti meno dannosi, altrimenti non ci si accanirebbe, come di fatto invece avviene, quando ci si trova di fronte ad un pedofilo non violento. Resta comunque il fatto che se un adulto si «esibisce» dinanzi ad un bambino, viene subito perseguito dalla polizia, al contrario se una madre non si perita di mettersi nuda in presenza del proprio bambino, viene considerata di «moderne vedute», così come viene contrabbandata l’idea del «nudismo». Eppure uno dei fattori che favorisce la sindrome perversa è proprio costituito dalla ripetuta visione dell’adulto nudo da parte del bambino (Meltzer). La mia esperienza clinica mi permette di aggiungere che i genitori che «vanno in giro nudi per casa», che non impongono il «rispetto della privacy» nemmeno in occasione dell’espletamento delle funzioni fisiologiche e che non proteggono adeguatamente la loro intimità sessuale (la famosa porta lasciata aperta), rivelano, piuttosto che una libertà di vedute, l’esistenza in loro di situazioni complessuali di marca edipica e di natura psicosessuale, che si ostinano a voler negare. L’incertezza dovuta alla mancanza di una solida base di giudizio è in tutto ciò estremamente evidente e può arrivare, qualora debordi in ambito istituzionale, a situazioni grottesche. Ad esempio, una recentissima sentenza della Magistratura francese ha negato che una donna possa essere accusata di stupro (si trattava della seduzione di un adolescente) in quanto lo stupro presuppone la penetrazione e quindi questo non è possibile trattandosi di una donna. E’ evidente l’assurdità di tale affermazione: la penetrazione intesa come intrusione violenta nell’intimità di un soggetto non può essere intesa semplicemente come una penetrazione «fisica» tramite il pene. Si può penetrare violentemente in un soggetto in mille modi; cosa che del resto è cosi notoria da aver permeato lo stesso linguaggio di tutti i giorni 1 Sembra che ultimamente siano sempre più frequenti i casi di mariti che accusano le loro mogli di comportamenti pedofili nei confronti dei loro bambini. 2 Sembra anzi che il fenomeno della omosessualità femminile sia in aumento e che ciò sia imputabile non solo ai problemi personologici dei soggetti ma ad una diffusa e progressiva svalutazione del maschio agli occhi della partner. 13 («mi hai ferito profondamente», mi sento violentata nella mia dignità ecc. ecc.). Inoltre sono ormai quasi cent’anni che si parla di «donna fallica». Ma vi sono altri casi più insidiosi in quanto apparentemente «innocui». Quando una madre continua a fare il bagno al proprio bambino anche se questi è alle soglie della pubertà; o se lascia che questi dorma occasionalmente nel suo letto, o se scherzando fa la lotta con lui favorendo un eccesso di contatto fisico, non si accorge che sta mettendo in essere atteggiamenti che hanno a che vedere con la pedofilia occulta. Persino quando una madre, del tutto legittimamente, copre di baci il proprio bambino o quando un genitore lo coccola in mille modi, la legittimità sacrosanta di queste manifestazioni d’amore (vorrei evitare sciocche obiezioni), può, se esagerata a seguito di necessità affettive compensatorie (inconsce), produrre quella che viene definita l’erotizzazione del rapporto. In entrambi i casi si mescola all’amore per il bambino una sorta di amore per se stessi bambini, ed anche se ciò è inevitabile, ed anche se è bene che in una certa misura ciò accada, dato che ha che fare con la capacità di comprendere i bisogni del bambino, occorre essere avvertiti di quanto ogni eccesso possa risultare dannoso. Allo stesso modo vi è sempre una rivendicazione possessiva nel tenersi stretto il bambino al petto; come se attraverso il figlio si realizzasse la esclusività possessiva della propria madre desiderata nell’infanzia. Non è un segreto che vi sono madri che, deluse dal loro rapporto coniugale, utilizzano la maternità come un’occasione per trovare una compensazione alla loro vita delusa. Del resto la questione non è nuova: lo stesso Freud riteneva che le modalità di cura e di pulizia che le madri pongono in essere nei confronti dei loro bambini fossero spesso involontariamente causa di eccessiva erotizzazione e quindi suscettibili di influire negativamente sullo sviluppo della sessualità infantile. Anche se Freud ne faceva più una questione di investimento libidico che di investimento narcisistico, egli aveva comunque ben intuito l’esistenza del problema. Masud Khan ha più recentemente mostrato come la perversione sessuale e non, tossicodipendenza compresa, abbia spesso origine in bambini «idoleggiati» dalla madre e successivamente allontanati proprio a motivo di tardivi timori di erotizzazione da parte della madre stessa. Si può inoltre già intuire fin d’ora ( anche se occorrerà trattarne compiutamente) che vi è anche da tenere in considerazione l’aspetto della connivenza del bambino con la madre e successivamente con il genitore «edipico». Vale a dire che c’è una tendenza da parte del bambino ad approfittare di questa identificazione e non soltanto di accettarla passivamente. Attraverso quella che gli specialisti chiamano «identificazione proiettiva», il bambino «induce» il genitore ad identificarsi con lui. Questo è molto importante per comprendere le diverse motivazioni che spingono il bambino ad accusare il genitore di pedofilia: tra queste, la preoccupazione eccessiva di eludere qualsiasi sospetto di partecipazione attiva alla pratica erotica può indurre il bambino a deviare i sospetti sul genitore. E’ come se attraverso l’accusa il bambino dicesse «Non è vero che nutro desideri edipici, tant’è vero che sono pronto a denunciare qualsiasi invito alla loro realizzazione». Da tutto ciò si deducono facilmente due considerazioni: innanzitutto la gravità e il danno provocato dalle manifestazioni e dagli esiti del comportamento pedofilo dipendono sì dalla dialettica psicologica amore-odio e in particolare dalla prevalenza dell’odio e dal suo grado di intensità che caratterizzano la personalità del Pedofilo, ma trovano una non indifferente complicità e quindi facilitazione, in 14 atteggiamenti pedofili «occulti» (forse sarebbe meglio dire «sommersi») posti in essere inconsciamente da coloro che sono preposti alla cura ed alla educazione del bambino. Paradossalmente si potrebbe parlare della necessità di una educazione sessuale riservata agli adulti piuttosto che ai bambini.3 Vorrei ora occuparmi di un problema estremamente delicato quello delle difficoltà probatorie dei casi di denunciata pedofilia. La vittima e il problema della veridicità nelle denunce di Pedofilia. Per quanto riguarda l’aspetto che intendo trattare e cioè quello della credibilità della vittima, vale a dire della attendibilità delle accuse di pedofilia mosse dai bambini nei confronti degli adulti, si tratta di un discorso estremamente delicato. Esso presta il fianco alle decise critiche di coloro che, a dispetto delle più accreditate conoscenze psicologiche, continuano a considerare il bambino sessualmente innocente e al di sopra di ogni sospetto; non rendendosi conto che il dar credito incondizionato alle dichiarazioni infantili, lo scambiare per realistici anche quei racconti che possono essere solo il frutto di fantasie, può creare nel bambino, dopo il senso di trionfo per la credibilità ottenuta e dopo la conseguente soddisfazione sulle figure genitoria «edipiche», sensi di colpa pesanti come macigni. Del resto non era successo lo stesso nei riguardi della sessualità infantile ? La presunta «innocenza infantile», che risultò poi essere al servizio della così detta «rimozione», ebbe l’effetto di ritardare enormemente l’acquisizione delle conoscenze sul processo di sviluppo infantile. Solo l’intuizione freudiana seguita dalla dimostrazione che il bambino è un soggetto sessualmente «polimorfo e perverso», permise di far luce sulla questione dello sviluppo sessuale, come processo che ha inizio nella primissima infanzia. Ma l’aspetto più sconcertante della faccenda deriva dalla strana posizione assunta da alcuni saccenti psicologi nei confronti del problema; posizione che non è eccessivo definire irresponsabile e che ha a che vedere con l’idea onnipotente di essere in grado di discernere inequivocabilmente tra verità e menzogna, tra fabulazione e sincerità, tra fantasia e realtà, in sintesi, tra realtà psicologica e realtà fattuale. Certamente a loro discolpa va precisato che si tratta spesso di psichiatri o di psicologi non ad orientamento psicodinamico e quindi non avvezzi ad una pratica clinica particolarmente attenta alle intricate dinamiche inconsce che caratterizzano la vita mentale degli individui, bambini compresi. Il loro essere maggiormente esposti al rischio della collusione emotiva (situazione nota con il termine psicoanalitico di «contro-transfert»), non giustifica però la loro faciloneria, dato che può sconvolgere e persino distruggere la vita di intere famiglie. Per far capire meglio di che cosa si tratta utilizzerò una lettera inviata ad un noto quotidiano da un anonimo psichiatra napoletano. Ne riporto la parte centrale che è quella che più ci interessa: «….E’ diventato così per me tragicamente abituale ascoltare gli episodi di piccole e grandi molestie sessuali che i miei pazienti mi riferiscono, magari a distanza di decenni, di aver subito da bambini. Chi più, chi meno, attribuisce a tali episodi, non importa quanto gravi o quanto eclatanti, l’inizio di un diverso modo di guardare il mondo degli adulti; non è solo la perdita dell’innocenza o l’evento traumatico dal 3 E’ per tale motivo che il nostro Studio di Psicologia Forense promuove cicli di seminari rivolti ai genitori, allo scopo di spiegare loro le dinamiche che caratterizzano il processo di sviluppo del bambino e dell’adolescente. 15 quale poi possono nascere stili di vita nevrotici, no, è la scoperta che il mondo degli adulti non rispetta i bambini ma li usa....anche per il proprio piacere sessuale. Ed è sempre con grande tristezza che vivo il racconto di questi episodi, ed è con altrettanta tristezza che ne seguo nel corso della terapia... Spesso ho rivisto in questi miei pazienti, ormai adulti, l’imbarazzo e l’impaccio del bambino che cerca disperatamente di capire anche quello che non gli è possibile comprendere, e che cerca altrettanto disperatamente di liberarsi dei sensi di colpa che ne conseguono e che troppo spesso durano tutta una vita. So che tutto questo è tragicamente banale, ma oggi la mia tristezza, per l’ennesima storia di molestie che mi viene raccontata, è stata più intensa e più dura da controllare. Gli occhi grandi, spaventati che mi chiedevano aiuto erano quelli di mia figlia undicenne, che era stata molestata in autobus da un adulto. Certo, nulla di paragonabile alle storie terribili che i giornali continuamente ci propongono, ma si è pur sempre trattato di una molestia, di un insulto ad una bambina. Queste molestie, apparentemente banali, sono per lo più le storie che ascolto dai miei pazienti…». Sono io, questa volta, a provare una profonda tristezza nei confronti di una simile fraintendimento. Questo psichiatra napoletano, di cui non metto assolutamente in dubbio la buona fede, mostra di non conoscere affatto le dinamiche mentali, dato che cade nella più tipica ed ingenua delle collusioni medico-paziente. Per chiarire la faccenda riporterò un documento «storico» della Psicoanalisi che, pur noto ad ogni psicoanalista, lo psichiatra napoletano sembra ignorare totalmente. Si tratta della famosa lettera che Freud scrisse a Fliss dopo aver subìto quella che è forse la più grande crisi di sconforto della sua carriera, cioè proprio la scoperta della natura sostanzialmente fantastica degli episodi di seduzione raccontati dai suoi pazienti e che anch’egli, come il nostro psichiatra napoletano, aveva ritenuti in un primo tempo veri e sui quali aveva costruito la sua famosa «teoria della seduzione» o del «trauma infantile». Ma ecco i passi più rilevanti della lettera di Freud a Fliss: «Lascia che ti dica direttamente [scrive Freud all’amico] il grande segreto che è spuntato lentamente in me negli ultimi mesi. Non credo più ai miei «neurotica» 4… ti racconto le ragioni che mi hanno fatto dubitare…i continui insuccessi dei miei tentativi di portare le analisi ad una conclusione… poi la sorpresa che in tutti i casi la colpa fosse sempre da attribuire alla perversità del padre, non escluso il mio, e l’accorgermi della inaspettata frequenza dell’isteria in ogni caso in cui si realizza la medesima condizione, mentre è difficile credere ad una tale diffusione delle perversioni verso i bambini (la perversione dovrebbe essere in tal caso più frequente dell’isteria...). Viene in terzo luogo la precisa convinzione che non esista «un segno di realtà» nell’inconscio, così che è impossibile fare distinzione tra realtà e finzione emozionale… Se fossi depresso, sfinito, confuso, tali dubbi potrebbero essere presi come stanchezza. Ma poiché mi trovo nello stato opposto, devo riconoscere che essi sono il risultato di un onesto ed effettivo lavoro intellettuale e sono orgoglioso di poter fare una tale critica dopo essere andato tanto a fondo…». Se consideriamo che questa lettera è del Settembre del 1897, si capirà bene quanto profonda sia la mia tristezza di fronte alla ignoranza dello psichiatra napoletano. 4 L’attenzione di Freud si era concentrata nei mesi passati sulla fantasia infantile e aveva formulato la famosa «teoria della seduzione infantile» nella quale egli sosteneva che la nevrosi isterica trovava la sua origine in un trauma sessuale infantile perpetrato nel bambino ad opera di un genitore. 16 Lo psichiatra napoletano non si è accorto della operazione subdola che stanno facendo i suoi pazienti, con i quali inconsciamente collude, quando si presentano come vittime della perversità adulta al solo scopo di apparire vittime di indegni genitori; e quindi per non assumersi la responsabilità della loro aggressività infantile. Il solo risultato è che non verranno mai a capo della loro sofferenza nevrotica. Allo psichiatra napoletano poi ovviamente sfugge anche tutta la serie di motivi per i quali una figlia undicenne, nel pieno dello sviluppo puberale e normalmente alle prese con quello che viene definito «rimaneggiamento dei complessi infantili» (i francesi parlano di «après coup»), possa trarre da questo clima da «caccia all’untore», l’occasione per avvicinarsi ad un padre tanto sensibile e vicino affettivamente alle povere vittime della perversità adulta. Tutto ciò pur non disconoscendo l’importanza della confidenza genitore-bambino. Credo che questo basti per comprendere il delicato problema che ha a che vedere con il pericolo di fare di tutt’erba un fascio, mettendo insieme il pedofilo effettivamente reo e conclamato, con colui che può essere un mero oggetto di fantasie aggressive infantili di chiara marca edipica. Non si tratta di altra questione che di quella della umiltà psicologica di fronte alla complessità della mente. Se anche un genio quale era Freud commise l’errore di dar credito ai racconti di violenza infantile dei suoi pazienti, errore che pagò con un grave momento di crisi che rischiò di compromettere l’intero edificio della Psicoanalisi, non sarebbe meglio procedere anche noi, che geni non siamo, con estrema cautela invece di dar credito «tout court» alle accuse infantili? Freud, dal canto suo, ricuperò il senso del racconto dei suoi pazienti su di un altro piano: si rese conto cioè di quanto fosse importante non tanto la realtà fattuale quanto quella psicologica, e quanto questa fosse dotata di altrettanta concretezza. Allo stesso modo, una rivelazione di un bambino riguardo all’essere stato vittima di un pedofilo, va sempre tenuta presente come un elemento psicologicamente importante, ma non in senso realistico. Ma non è tanto preoccupante la personale ingenuità dello psichiatra napoletano, quanto la rilevanza che siffatto tipo di giudizio psicologico può avere nella mente del Giudice, chiamato appunto a giudicare un’accusa di pedofilia. Sembra che una ricerca dell’Università «La Sapienza» di Roma, abbia rilevato che, in media, su quattro denunce di abuso sessuale mosse dai minori nei confronti di adulti, tre siano risultate successivamente mero frutto di fantasia. Sembra inoltre che, sempre più spesso, vi siano donne che nella prospettiva di una richiesta di separazione coniugale, e qualora il clima di ostilità sia particolarmente acceso, accusino il coniuge di perpetrare molestie sessuali o per lo meno di natura tendenzialmente tale, nei confronti dei figli. Ma mentre questo aspetto può essere facilmente evidenziato, quello della veridicità del racconto della vittima è di ben più complessa portata. Insomma, il problema della veridicità dell’accusa di abuso minorile viene ulteriormente complicato dal fatto che questa si presta ad essere utilizzata come strumento di ostilità, sia dal bambino nei confronti dei genitori, sia da un coniuge nei confronti dell’altro. 17 Certamente ciò non significa che non si debba dare credibilità al minore: ogni segnalazione di reato del tipo sopra menzionato, non va certo disattesa e impone un doveroso accertamento. Il problema è la ricerca e quindi lo studio del problema, che va condotto con urgenza evitando però qualsiasi impasse qualunquista o, al contrario, moralista. Si deve anche tenere presente che a volte non si tratta, specie nei casi intrafamiliari, di comportamenti pedofili manifesti, inequivocabili, ma ambigui e che vengono “interpretati” come tali. Questo ha a che vedere con il fenomeno della distorsione percettiva. Del resto troviamo tali distorsioni anche in molti soggetti adulti e «normali». Basti pensare a certe superstizioni, alla idea cioè del «malocchio» o della «fattura» e di come ci sia tutta una categoria pseudo-professionale che «si nutre» di tali deformazioni della realtà. Proseguendo su tale strada incontriamo altre deformazioni percettive che, questa volta, siamo più propensi a considerare con il termine «fraintendimento»; ma che hanno egualmente a che fare, e non certo in maniera irrilevante, anche con il comportamento sessuale. Come dice uno famoso studioso (Meltzer, 1989) basta che vengano superati i limiti convenzionali stabiliti implicitamente dalle regole della convivenza sociale, perché si verifichi il fenomeno della sensazione della «violazione della privacy». Se, ad esempio, mentre siamo per strada uno sconosciuto ci si avvicina un po' troppo, ci prenderà subito uno stato di apprensione, e ciò anche se si tratta di una semplice richiesta di informazioni. Se poi ci troviamo ad una festa in casa di amici, basterà che un tale si avvicini a noi ad una distanza inferiore, diciamo, di una trentina ci centimetri, perché subito questo venga percepito come un avvicinamento connotato in termini sessuali. In breve, possiamo dire che la percezione del mondo, il significato che gli attribuiamo non è oggettivo: tutto ciò che ci circonda non ha un significato in sé, ma dipende dalla nostra realtà interna, e cioè dalla natura dell’investimento psicologico di cui diventa «contenitore». La questione dell’abuso sessuale, implicando un intenso coinvolgimento pulsionale ed emotivo, è più di ogni altra soggetta a distorsioni percettive e ideologiche sia di natura conscia che inconscia, specie nel bambino in cui la dimensione fantastica e «onirica» è prevalente rispetto alla dimensione «obbiettiva». Criteri discriminatori nell’accertamento della verità nelle accuse di Pedofilia Nonostante le difficoltà finora passate in rassegna è tuttavia legittimo tentare di costruire un criterio discriminatorio per affrontare il problema dell’accertamento della verità. Occorre dire che vi sono criteri veri e criteri falsi costruiti, questi ultimi, su sostanziali pregiudizi nei confronti della realtà psicologica infantile. In una recente sentenza, un giudice dette credito ad un racconto infantile di pedofilia affermando che il bambino aveva descritto una situazione con tali dettagli da escludere che potesse essere frutto della sua immaginazione. Egli non l’avrebbe potuta descrivere, sostenne il Giudice, senza avervi concretamente partecipato. Questa motivazione, pur logica, non ha nessuna rilevanza riguardo alla realtà psicologica infantile. 18 Ho già fatto presente che la perversione deriva proprio dalla sessualità infantile di cui è inoltre la realizzazione. Se il bambino non fosse capace di avere fantasie, anche dettagliate, pur senza averne esperienza diretta, non esisterebbero le perversioni. Lo stesso Freud, nel famoso caso de «L’uomo dei lupi» si interrogò a lungo se il bambino avesse davvero assistito al «coito da tergo» dei genitori o se lo fosse solo immaginato, magari trasponendolo dopo aver assistito ad un coito tra animali. Alla fine Freud si vide costretto ad ammettere che ci poteva essere una conoscenza «filogenetica» di alcuni aspetti e forme della sessualità. Anche senza ricorrere all’ipotesi che il bambino possa aver spiato i genitori (evento pur sempre possibile) e interpretato l’esperienza a modo suo, sappiamo che i sogni infantili sono spesso popolati di strane fantasie di accoppiamento che sono, del resto, quelle simbolizzate nei giochi o rappresentate nel corso delle terapie infantili. Il bambino può ricorrere a qualsiasi fantasia, e proprio senza alcun limite in termini di stranezze e di crudeltà.. E’ anche accertato che egli possiede una conoscenza inconscia degli apparati sessuali. Non parliamo poi delle fantasie dei ragazzi pre-puberi e puberi che sono tali da far impallidire uno scaricatore di porto, e la cui crudezza è giustificata dal fatto che si tratta di una età in cui la sessualità viene considerata a livello di strumento di potere e alla stregua di un interessante esercizio sportivo dalle infinite «variazioni sul tema» . Tutto questo per dire che le descrizioni ed i contenuti ritenuti realistici e quindi «probatori» da parte di certi psicologi non hanno nessuna validazione scientifica. E allora?Allora il criterio deve avere presupposti diversi. E’ evidente che il massimo credito dovrebbe essere riservato, come ho già detto, al bambino che subito dopo il fatto corre dai genitori o dal genitore innocente a denunciare l’accaduto. Ma poiché ci troviamo di rado in tale situazione ideale, dobbiamo considerare diverse eventualità: In primo luogo occorre fare una distinzione rispetto al tempo a cui il fatto viene riferito. Tanto più lontano è il periodo a cui viene fatto risalire il comportamento pedofilo, tanto può essere maggiormente probabile il rischio di una deformazione del ricordo e quindi della descrizione dei fatti. E’ noto poi il fenomeno del così detto déjà vu5 che conta sulla confusione tra sogno e realtà, così tipica dell’infanzia. Se la seduzione avviene in un clima di ambiguità, quando cioè non consiste in un atto preciso, ma in un comportamento solitamente innocente che serve come pretesto all’erotismo o alla licenziosità, il rischio di una distorsione interpretativa è maggiore e più ardua la discriminazione tra verità e menzogna; specie quando è trascorso del tempo.. In secondo luogo occorre accertare lo stato psichico del bambino che potrebbe essere psicologicamente disturbato. In psicopatologia, tanto più facile è che il bambino fantasia; inoltre un certo tipo di racconto è da misura in cui risulta coerente o funzionale con 5 tal caso tanto più grave è la possa confondere realtà con considerare fantastico nella un corrispondente disturbo Fenomeno ben noto in Psicoanalisi che ha a che vedere appunto con la sensazione di aver già visto o provato una esperienza, pur trattandosi invece di una sorta di pseudo-allucinazione di un desiderio (o di una difesa da esso) proiettata nel passato. 19 mentale. Vale a dire che è importante verificare se l’accusa di pedofilia potrebbe avere una sua ragione di essere nel desiderio del bambino di eliminare (inconsciamente) uno dei genitori per ottenere l’esclusività dell’altro. E’ importante verificare se l’accusa è formulata direttamente o indirettamente (confidenza ad un compagno che a sua volta lo racconta ai propri genitori, situazione lasciata intendere all’insegnante ecc.). In questo caso fattori come furbizia, intenzione fraudolenta, tendenza alla svalutazione, ecc., vanno tenuti in seria considerazione. E’ importante effettuare una indagine sulla situazione familiare al momento dell’accusa, la quale può essere caratterizzata da un evento importante o traumatico. Occorre infine considerare nella sua globalità quale è il rapporto tra il bambino e il presunto pedofilo, specie se si tratta di un caso intra-familiare. Tutto questo insieme di elementi si riferisce alla attendibilità della vittima; ma è chiaro che contemporaneamente occorre effettuare un esame approfondito della personalità dell’indiziato di Pedofilia. Al riguardo debbo dire che uno psicologo esperto dovrebbe essere in grado di diagnosticare, in un soggetto adulto, una personalità perversa anche se la realizzazione di tale perversione, come ho detto, deve comunque essere oggettivamente provata. A questo punto farò una affermazione che può sembrare sconcertante e risultare in contraddizione con tutto quanto detto finora: vale a dire che quando c’è una accusa di pedofilia, anche quando è infondata, è comunque importante presupporre l’esistenza di un responsabile. La responsabilità riguarda però il motivo per cui il bambino è stato indotto a ricorrere alla fantasia pedofila. Se la fantasia pedofila è intrafamiliare, la situazione è grave ed è dovuta ad un grave conflitto bambino-genitore. Se la fantasia riguarda un personaggio esterno della famiglia, un estraneo, il conflitto è meno grave in quanto essendo «spostato all’esterno», indica che il rapporto genitore-bambino è ambivalente piuttosto che decisamente ostile; ma non per questo va sottovalutata. Questo ci porta al paragrafo finale, quello della tutela della vittima La tutela della vittima In funzione delle modalità accusatorie appena menzionate, e del livello di realtà loro attribuibile, i provvedimenti di tutela della vittima saranno diversi. Se ci troviamo nel caso di maggiore attendibilità dell’evento, quello cioè in cui il minore, una volta subito un abuso o un tentativo di violenza sessuale da parte di un adulto, corre dai propri genitori a denunciare il fatto, in preda ad uno stato emotivo (lacrime, agitazione psicomotoria, ansia, vergogna ecc.) la violenza subita, il ricupero emotivo del bambino è più agevole, perché la decisione di denunciare il fatto è per se stessa indice di «normalità». In ogni caso sarà sufficiente una presenza sollecita e comprensiva da parte dei genitori. In generale si può dire, anche se può sembrare paradossale (in quanto va contro l’opinione comune), che le conseguenze [relativamente] meno gravi, si 20 hanno quando le cose sono più chiare, il pedofilo esiste davvero e si tratta di uno sconosciuto estraneo alla famiglia. Le conseguenze sono meno gravi perché sono dovute ad un fatto reale che non ha un fondamento nella personalità della vittima, che può essere sana ed equilibrata. A meno che il soggetto vittima della pedofilia sia già psicologicamente fragile, allora il discorso è del tutto diverso e deve far concentrare l’attenzione sullo stile di vita e sul clima familiare. Altra cosa è se il pedofilo è uno dei genitori. In tal caso viene minato alle fondamenta lo stesso processo di sviluppo del bambino, anche se tale comportamento oltre a costituire un evento traumatico costituisce anche il segno inequivocabile di una situazione la cui patologica ha radici profonde. In tal caso i provvedimenti devono essere drastici: - Il genitore va allontanato - Il rapporto del bambino con il genitore innocente (dopo opportuna verifica) va salvaguardato e sostenuto. - Il bambino va curato da persona esperta. - In caso di complicità di corresponsabilità dei genitori il bambino va affidato a terzi. Se ci troviamo invece dinanzi ad una accusa che, pur veritiera, avvenga in un tempo successivo o dopo una situazione pedofila protratta nel tempo, le cose sono più complicate. Occorre in tali casi verificare se esista e a quale livello, una qualche connivenza da parte della vittima, il che rivelerebbe la presenza nel bambino di problemi psicologici. Certamente anche la natura della seduzione influisce diversamente nella connotazione della situazione. Se l’accusa di Pedofilia è falsa, i problemi che sempre ci sono, possono però essere molto diversi e riguardano il rapporto genitore-bambino, sia che l’accusa sia rivolta verso un estraneo che sia rivolta verso un genitore. Nel caso si tratti di un estraneo, il conflitto è essenzialmente inconscio e viene «spostato» verso l’esterno. Nel caso che l’accusato sia un genitore, il conflitto è esasperato; ma può anche darsi che si tratti dell’unica via di uscita per sottrarsi da uno stato di tirannia. Se la falsa accusa di pedofilia avviene «indirettamente», ciò può riguardare, come ho già detto, un bambino dalla personalità caratterizzata da astuzia e fraudolenza. Anche quando si tratta di una fantasia pedofila vi è comunque una responsabilità familiare, anche se non sempre perseguibile dalla Legge, in quanto si tratta di una famiglia che non ha assolto alle sue funzioni genitoriali fondamentali. La situazione può essere molto seria e ne può emergere una situazione di abbandono o di maltrattamenti rispetto ai quali la fantasia pedofila è una reazione difensiva. In tal caso i provvedimenti possono essere diversi, ma il punto di partenza è una attenta indagine familiare. Non è questa la sede per trattare in maniera approfondita della struttura dell’indagine e delle possibili risultanze che possono mettere in evidenza situazioni molto gravi. Tuttavia sarebbe interessante poter cercare di farsi una idea su quale potrebbe essere la famiglia a rischio; vale a dire la famiglia in cui il bambino potrebbe essere indotto ad una scelta perversa anche se non è possibile prevedere se specificatamente pedofila. Di tale famiglia si è trattato in letteratura definendola come «famiglia rovesciata» (Meltzer). 21 Conclusioni Mi sembra che a questo punto sia possibile trarre delle conclusioni. E’ fuori dubbio che nel caso della Pedofilia ci troviamo dinanzi ad un problema che non può essere liquidato semplicemente considerandolo un reato e punendo il colpevole. Da un lato abbiamo una situazione indubbiamente patologica, anche se perseguibile dalla Legge, che dovrebbe quindi essere trattata alla stregua di qualsiasi altro disturbo mentale; dall’altro un sentimento di indignazione conseguente l’aspetto odioso del comportamento pedofilo, data la sua prerogativa di implicare il coinvolgimento di soggetti in età minore. La natura incresciosa della situazione deriva proprio dal fatto che, opponendo alla Pedofilia una mera indignazione, sia pur legittima sul piano emotivo, si rischia di «buttar via il bambino con l’acqua sporca», diventando conniventi di una forma di ipocrisia sociale; nel senso che il pedofilo viene caricato di colpe e di responsabilità che dovrebbero essere invece prese in carico, proprio in occasione del manifestarsi dell’evento, sia dalle Istituzioni Educative sia da coloro che naturalmente o istituzionalmente sono preposti alla educazione del bambino. Per quanto riguarda il pedofilo, occorre poi evitare una ingiusta generalizzazione in quanto egli, nella singola fattispecie, può essere collocato all’interno di uno spettro di gravità enormemente diversificato. Questo, inutile dirlo, ha chiaro riferimento con la questione delle attenuanti. Ho anche cercato di sottolineare l’essenzialità che una ottica «custodialistica» e riabilitativa sostituisca l’imperante accanimento punitivo che sembra attualmente costituire il più diffuso atteggiamento della opinione pubblica, che si riflette inevitabilmente sui criteri equitativi ai quali è improntata l’opera del Giudice. Il problema è, in questo caso, sostanzialmente quello della salvaguardia dei diritti della difesa. Per evitare tutto ciò occorre che, oltre a perseguire la Pedofilia come reato (che, come ho detto, dovrebbe avvenire in una ottica custodialistica), il problema venga percepito come un effetto, una risultante, di una disfunzione educativa e familiare che, in una sorta di ciclo perverso, accomuna vittima ed aggressore; nel senso che la vittima di oggi potrà diventare l’aggressore di domani. Per quanto riguarda la vittima occorre tenere in seria considerazione che possa, in certi casi, trattarsi di un bambino dalla personalità fragile, esposta alla seduzione dell’adulto. Ho cercato a questo proposito di far comprendere che non ci si deve preoccupare del bambino implicato nella triste vicenda solo in quanto vittima dell’aggressione pedofila, ma anche e forse soprattutto perché vittima di una situazione familiare nella quale le funzioni educative sono state esercitate in maniera disfunzionale. In particolare si tratta di famiglie caratterizzate da comportamenti e atteggiamenti pseudo-perversi che hanno reso il bambino particolarmente vulnerabile nei confronti della seduzione pedofila. Ho cercato a questo punto di descrivere quella che ho definito come «pedofilia occulta» e che assume, a mio avviso, un ruolo non irrilevante nella triste vicenda pedofila. Certamente la situazione più tragica consiste nella Pedofilia intra-familiare in cui abbiamo a che fare con una folie à deux che coinvolge genitore e bambino, e spesso anche con una folie à trois, dato che coinvolge anche la madre quando diventa testimone inerte, e in certi casi anche complice, dell’accaduto. 22 In tal caso è l’Istituzione Pubblica che deve farsi carico d’ufficio del problema. Ma anche qui, il provvedimento più diffuso, quello di allontanare il bambino dalla famiglia, è inefficace nel tempo se non si avvia tutta una serie di accertamenti che tendano ad analizzare la struttura familiare e parentale, a verificare il grado di corresponsabilità dell’altro genitore, a trovare figure vicarie nell’ambito della stretta parentela, a pensare ad un affidamento senza perdere i contatti genitoriali, ad analizzare la personalità della vittima ecc. Con tutto ciò credo appaia evidente che l’intervento del Giudice è troppo essenziale perché possa prescindere da una adeguata conoscenza del problema, anche per meglio valutare l’affidabilità della indagine psicologica. Egli, del resto, dovrebbe predisporre obbligatoriamente l’indagine psicologica in tutti quei casi in cui i procedimenti avviati nei confronti del minore degli anni quattordici, vengono archiviati per non imputabilità; è troppo noto come questi soggetti siano molto spesso destinati a ricomparire, più tardi, nell’aula del tribunale. Riguardo il pedofilo, l’Istituzione Penitenziaria non dovrebbe limitarsi a condizionare ogni libertà vigilata ed ogni altro provvedimento alternativo alla carcerazione, al solo esame della personalità del reo; e nemmeno, anche se opportuno, è sufficiente un pur serio esame della struttura famigliare di origine o attuale. Tale fase di accertamento dovrebbe essere preceduta da un adeguato programma riabilitativo la cui struttura psicoterapica, per motivi che non è qui dato di esporre, dovrebbe essere essenzialmente «gruppale». Una cosa ancora è senz’altro importante: studiare la biografia del pedofilo allo scopo di poter, prima o poi, disporre di una analisi differenziale dei reati, almeno di quelli a sfondo perverso , certamente più invisi alla Comunità. Ciò sia che si voglia dare un valido contributo a coloro che intendono fare opera di prevenzione, sia che si preferisca limitarsi alla riabilitazione dei soggetti. Si dovrebbe prima o poi costituire una competente Commissione di Studio che si occupi dei reati della persona, in particolare quelli caratterizzati da perversione e a sfondo sessuale. Per quanto riguarda i diritti della difesa mi auguro che questo mio lavoro porti davvero a considerare ogni caso di Pedofilia alla stregua degli altri accadimenti giudiziari, laddove la presunzione di innocenza trova la sua più ampia garanzia. 23