CIL134 FOCUS Il “Piano Casa” ad un anno dalla nascita È trascorso più di un anno da quando, il 31 marzo 2009, il Governo, le Regioni e gli Enti locali, riuniti in Conferenza Unificata, hanno concordato l’adozione di “misure legislative coordinate” per rilanciare il settore edile, ritenuto uno dei più sofferenti nel panorama, comunque complesso, della grave crisi che l’intero mercato nazionale stava attraversando. L’intenzione dichiarata del Governo era quella di promuovere l’adozione di norme speciali che consentissero di incentivare il rinnovamento del patrimonio edilizio esistente, riqualificando gli immobili, sia sotto il profilo della qualità architettonica, sia sotto il profilo energetico, attraverso forme di semplificazione procedimentale e di incentivazione all’investimento, da ottenere anche attraverso incrementi straordinari della volumetria esistente. In particolare, è stata prevista la possibilità di aumentare la cubatura residenziale nel limite del 20% nel caso di edifici uni-bifamiliari o comunque di edifici caratterizzati da dimensioni non superiori a 1000 m3, con facoltà per le Regioni di “promuovere ulteriori forme di incentivazione volumetrica”. Il maggior incremento possibile, previsto a livello generale, è pari al 35% della volumetria esistente in caso di “interventi straordinari di demolizione e ricostruzione…con finalità di miglioramento della qualità architettonica, dell’efficienza energetica e utilizzo di fonti energetiche rinnovabili”. È stato, quindi, lasciato ampio spazio per consentire alle Regioni scelte attuative che fossero coerenti con le peculiarità di ciascun ambito territoriale. L’intesa raggiunta in Conferenza Unificata ha poi fissato un limite temporale di 18 mesi per l’applicazione della nuova disciplina, dando alle Regioni un termine di novanta giorni per l’adozione di norme proprie, con la precisazione che “In caso di mancata approvazione delle leggi regionali nel termine stabilito, il Governo e il Presidente della Giunta regionale interessata, congiuntamente, determinano le modalità procedurali idonee ad attuare compiutamente l'accordo, anche ai sensi dell’art. 8, comma 1, della legge n. 131/2003”. La Conferenza Unificata ha dettato anche alcune linee guida, entro le quali la normativa regionale doveva collocarsi, escludendo, in particolare, la possibilità di recuperare “edifici abusivi o nei centri storici o in aree di inedificabilità assoluta”. Di fatto, ad oggi, quasi tutte le Regioni, seppur in ritardo rispetto alla tempistica inizialmente prevista, hanno approvato norme speciali che intervengono nel settore edilizio, proponendo peraltro soluzioni assolutamente eterogenee, che vanno da una pedissequa applicazione dei principi stabiliti a livello nazionale, fino ad interpretazioni del tutto peculiari delle finalità della disciplina straordinaria, tali da consentire soluzioni progettuali che stravolgono completamente le regole di sviluppo territoriale. L’attuazione del Piano Casa al Centro Nord Il primato nell’attuazione spetta alla Toscana, che con LR 8 maggio 2009, n. 24, ha battuto sul tempo le altre Regioni, approvando però una norma molto discussa, perché ritenuta di fatto solo formalmente attuativa dei principi sanciti dalla Conferenza Unificata, in quanto le possibilità di ampliamento sono consentite unicamente là dove già gli strumenti urbanistici vigenti prevedano incrementi, anche se modesti, della volumetria esistente, nella formula della “ristrutturazione edilizia con addizioni funzionali”. Sono così esclusi dal campo di applicazione della norma derogatoria tutti gli ambiti nei quali è consentito solo il mantenimento dell’esistente, con specifico riguardo ai centri storici e agli ambiti vincolati. Dove è permesso, l’ampliamento deve essere comunque contenuto nel 20% dell’esistente, ovvero nel 35% in caso di demolizione e ricostruzione, fermo restando il rispetto delle distanze fra costruzioni, delle altezze massime dei fabbricati e la verifica della dotazione delle urbanizzazioni primarie. Anche la Provincia Autonoma di Bolzano, pur muovendo dai principi del “Piano Casa” governativo, ha elaborato alcune originali soluzioni di trasformazione del patrimonio edilizio esistente, introdotte con delibera della Giunta Provinciale 15 giugno 2009, n. 1609, formalmente attuativa della Legge Provinciale 1/2009, che è cronologicamente antecedente all’accordo Stato-Regioni. La delibera provinciale consente l’esecuzione di interventi di ampliamento in deroga, nel limite di 200 m3, per edifici a prevalente destinazione residenziale esistenti al 12 gennaio 2005 e con una “cubatura fuori terra” autorizzata di almeno 300 m3. È escluso l’ampliamento in caso di demolizione e ricostruzione integrale e vi sono limitazioni in ragione della localizzazione dell’immobile nel territorio. Alle risultanze dei lavori della Conferenza Unificata si è conformata, invece, la Regione Umbria, che ha inserito misure di incentivazione del settore edile nella nuova legge di governo del territorio, LR 26 giugno 2009, n. 13. La norma straordinaria ha efficacia per 18 mesi soltanto per gli interventi non soggetti a piano attuativo e consente l’ampliamento fino al 20% della “superficie utile coperta” (SUC) di edifici, non solo mono o bifamiliari, ma anche di diversa tipologia, purché aventi SUC non superiore a 350 m2, con un limite di ampliamento, quindi, di 70 m2 ad edificio e fermo il raggiungimento di parametri di efficienza energetica stabiliti con DGR 27 luglio 2009, n. 1063. È inoltre previsto l’ampliamento fino al 25% (incrementabile al 35% se realizzato nell’ambito di un piano attuativo) in caso di demolizione e ricostruzione di edifici a prevalente destinazione residenziale, a condizione di realizzare un fabbricato in classe energetica B. In caso di demolizione e ricostruzione, è previsto che almeno il 50% delle nuove unità sia destinato a locazione a canone concordato. Un incremento volumetrico nel limite del 20% è previsto anche per edifici produttivi, subordinatamente alla previa approvazione di apposito strumento attuativo e, comunque, con esclusione degli edifici ricettivi e di media o grande distribuzione. Restano fuori dal campo di applicazione della legge i centri storici, le aree soggette a vincolo di inedificabilità, gli edifici abusivi o non sanati al 31 marzo 2009, con esclusione, dal calcolo della SUC, della volumetria oggetto di condono. Il “Piano Casa”: ma era proprio necessario? Il “Piano Casa” proposto dal Governo ed attuato, in parte spontaneamente ed in parte coattivamente (come in Calabria), dalle Regioni è stato motivato con tre finalità ambiziose: incentivare l’economia in un momento di profonda crisi del mercato; promuovere la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente; rispondere a pretese esigenze abitative della popolazione residente. Il tutto introducendo “incisive misure” di semplificazione alle procedure edilizie. Ad un anno dalla ideazione di tale progetto, non si può fare a meno di chiedersi se le finalità indicate siano attuali e attuabili, anche in base all’interesse mostrato dal mercato nei confronti dell’iniziativa. L’esigenza di semplificazioni procedimentali in edilizia è, in realtà, ormai assai poco avvertita, dopo l’entrata in vigore del DPR 380/01. Il Testo Unico, infatti, consente già ampio ricorso alla denuncia di inizio attività (DIA) e, quindi, ad una forma di notevole snellimento della procedura finalizzata al rilascio del titolo edificatorio. Nelle leggi di governo del territorio che le Regioni hanno successivamente assunto, il ricorso alla DIA è addirittura più ampio, giungendo in molti casi ad una vera e propria piena equivalenza fra DIA e “permesso di costruire”. In diverse Regioni, poi, la specifica normativa consente, mediante semplice ristrutturazione (e quindi nel rispetto della situazione in atto), di demolire e ricostruire i manufatti esistenti anche con diversa sagoma, oltre che con diversa destinazione d’uso, assicurando così, con una semplice DIA, una notevole flessibilità edilizia. Gli obiettivi di carattere procedimentale non appaiono quindi tanto attuali. Va poi osservato che l’incentivazione del mercato, che il “Piano CIL134 FOCUS Anche l’Emilia Romagna ha approfittato dell’approvazione di una nuova disciplina di governo del territorio per introdurre, agli artt. 51 e seguenti della LR 6 luglio 2009, n. 6, le proprie “Norme per la qualificazione del patrimonio edilizio abitativo”. Si tratta di una disciplina applicabile solo fino al 31 dicembre 2010, che consente l’ampliamento secondo uno schema che ricalca quello nazionale (20% per edifici prevalentemente residenziali, con superficie fino a 350 m3, esistenti al 31 marzo 2009, e 35% in caso di demolizione e ricostruzione), con la particolarità però di poter collocare l’incremento volumetrico anche in corpi di fabbrica aggiuntivi posti “al di sotto o in adiacenza” all’esistente. Particolarmente ambiziosa è la scelta di incidere non solo sul patrimonio edilizio, ma anche sull’organizzazione del tessuto urbano, introducendo un meccanismo di “traslazione urbanistica”, che consente di procedere alla demolizione e ricostruzione, con aumento fino al 50% della volumetria esistente, di edifici definiti “incongrui o da rilocalizzare”, dei quali si prevede la realizzazione in zona diversa da quella originaria, con cessione al Comune del suolo “bonificato” dopo la demolizione. Restano esclusi dall’ambito di applicazione della norma i centri storici, le aree protette e gli ambiti specificamente indicati dai singoli Comuni e, ovviamente, gli edifici abusivi non sanati, fermo restando che la volumetria Scenario prospettico oggetto di sanatoria non può rientraAmpliamento residenziale, re nel calcolo della volumetria da Regioni a maggiore potenzialità ampliare. Ampliamenti residenziali, Nel Veneto, con LR 14 dell’8 nr. di edifici coinvolti (Istat censimento) luglio 2009, è stato consentito l’ampliamento previsto a livello nazionale, con possibilità di consentire la collocazione del nuovo volume anche in un corpo edilizio esterno all’edificio, purché in aderenza. In caso di demolizione e ricostruzione, si consente un incremento del 40%, elevabile al 50% in caso di “ricomposizione volumetrica” nell’ambito di un piano attuativo. Il bonus volumetrico del 20% è esteso anche alle strutture ricettive, turistiche e ricreative, con esclusione delle destinazioni commerciali. Particolarmente ampia è la previsione di ampliamento degli edifici esistenti contenuta nella LR 14 luglio 2009, n. 20, della Regione Piemonte, che – con disposizione efficace fino al 31 dicembre 2011 – consente ampliamenti in deroga, fino ad una volumetria complessiva dell’edificio di 1.200 m3. L’ampliamento è consentito nella misura del 20% anche in aggiunta ad Le Regioni che hanno la maggiore numerosità di “villette” potenzialmente coinvolte sono: eventuale analogo incremento, già Sicilia, Lombardia, Veneto, Puglia e Campania. Elaborazioni Prometeia su dati Istat. Censimento della popolazione (2001). previsto dallo strumento vigente. La norma piemontese contempla l’ampliamento come aumento della sagoma dell’edificio fino ad un piano in elevazione e consente il recupero dei piani pilotis degli edifici ultimati al 2008, ma esclude espressamente la possibilità di collocare la nuova volumetria in corpi di fabbrica autonomi. In caso di demolizione e ricostruzione, si può giungere fino al 35% dell’esistente. Il “Piano Casa” piemontese era applicabile anche ad edifici non abitativi, con aumenti fino al 30% dell’esistente, da sviluppare in soppalchi interni, e agli edifici alberghieri, in quanto assimilati alla residenza. Con LR 30/2009 (“finanziaria regionale”), gli edifici ricettivi sono stati assimilati al produttivo e quindi non beneficiano più degli incrementi previsti per la destinazione abitativa. Anche la Lombardia, con LR 16 luglio 2009, n. 13, ha consentito l’incremento volumetrico degli edifici esistenti di volume non superiore a 1200 m3, in misura pari al 20% o addirittura al 35% in caso di demolizione e ricostruzione, con adeguato incremento dell’equipaggiamento arboreo. Interessante è la previsione di recupero funzionale degli spazi seminterrati esistenti, nonché dei volumi edificati non utilizzati e la possibilità di intervenire anche in aree agricole. In Valle d’Aosta si è giunti all'approvazione del “Piano Casa” solo il 4 agosto 2009, con LR 24, introducendo però una disciplina non straordinaria, ma a regime, che consente un ampliamento contenuto nel 20% dell’esistente per edifici per i quali “il titolo abilitativo edilizio sia stato acquisito entro il 31 dicembre 2008”. In caso di impiego di edilizia sostenibile sotto il profilo energetico, è consentita la demolizione e ricostruzione con incremento del 35%. pagine XIII-XIV Casa” dovrebbe comportare, è in realtà rimessa alla buona volontà e, soprattutto, alla disponibilità economica delle famiglie proprietarie di unità immobiliari di dimensione medio piccola, per le quali è consentito un modesto incremento volumetrico percentuale. In un momento di difficoltà economica, è quasi un’utopia pensare che i piccoli proprietari non abbiano altra necessità che quella di aumentare le dimensioni della propria residenza, investendo ulteriore denaro in immobili per i quali sono, nella stragrande maggioranza dei casi, ancora accesi mutui tanto onerosi da richiedere interventi straordinari dei vertici degli istituti di credito per rallentarne l’irrefrenabile corsa. Si aggiunga anche che, in moltissime Regioni, è da oltre dieci anni consentito il recupero abitativo dei sottotetti in deroga alle prescrizioni urbanistiche, con la conseguenza che chi aveva necessità di soddisfare le esigenze abitative della propria famiglia, disponendo di un immobile mono o bifamiliare, ha già sfruttato tale opportunità. Di fatto, ad oggi, neppure nelle Regioni, che normalmente hanno un ruolo di trascinamento nei meccanismi economici, si è assistito ad un accesso esteso al “Piano Casa”: nella città di Brescia, le richieste di interventi da “Piano Casa” si contano in termini di unità e a Milano la situazione non è molto diversa. In Veneto, la risposta è stata tiepida. Tra l’altro, i Comuni, ai quali era rimessa la possibilità di incentivare ulteriormente l’applicazione della norma con riduzione degli oneri di urbanizzazione da applicare alle superfici in ampliamento, hanno in genere confermato gli oneri vigenti. Al di fuori delle villette mono o bifamiliari, poi, l’applicazione del “Piano Casa” è in concreto esclusa in tutti gli ambiti condominiali, perché le norme che regolano i rapporti fra i condomini limitano la possibilità di apportare modifiche ai beni comuni senza il consenso esteso a tutti i comproprietari, “ingessando” ogni prospettiva di intervento su larga CIL134 FOCUS Il Piano Casa nel Centro Sud e il “fascicolo del fabbricato” Anche nel Centro Sud della penisola si registrano soluzioni di intervento assolutamente differenziate, con alcuni spunti di originalità sulla cui legittimità è stata chiamata a pronunciarsi anche la Corte Costituzionale. La Regione Puglia, con LR 30 luglio 2009, n. 14, ha consentito ampliamenti fino al 20% e non oltre i 200 m3 per edifici residenziali o ad uso diverso di volume non superiore a 1000 m3. La sostituzione, prevista solo per edifici a destinazione residenziale prevalente, consente, invece, un incremento fino al 35% dell’esistente. Ampia è la gamma delle esclusioni (art.6). L’approvazione del “Piano Casa” è stata anche l’occasione per il legislatore pugliese di richiamare i proprietari all’obbligo di accatastamento degli edifici oggetto di ampliamento: obbligo protratto dal 3 agosto 2009 al 28 febbraio 2010 con LR 34/2009. In un primo momento sembrava che il Governo avesse intenzione di sollevare questione di costituzionalità in merito alla scelta legislativa di imporre la trascrizione del vincolo a parcheggi nei registri immobiliari a garanzia della effettiva destinazione dell’opera, ma recentemente il problema risulta essere stato superato. Diversa è stata invece la sorte della LR 25/2009 della Basilicata, che ha recepito in linea di massima i parametri fissati a livello nazionale, seppur prevedendo la possibilità di aumentare il volume fino al 40% in caso di Scenario prospettico interventi di sostituzione edilizia eseDemolizione e ricostruzione guiti con tecniche di bioedilizia e residenziale, Regioni a maggiore potenzialità con l’uso di fonti rinnovabili, consentendo il superamento delle altezze Potenziale demolizione, nr. di edifici coinvolti (edifici massime fino a 3 metri. La norma in pessimo stato e 5% edifici ha peraltro subordinato l’applicazioin mediocre stato di conservazione) ne del bonus volumetrico al fatto che l’immobile fosse dotato del cosiddetto “fascicolo del fabbricato” o “libretto casa”. Si tratta di un documento che dovrebbe riportare, nella sostanza, tutte le caratteristiche tecniche dell’edificio, oltre al quadro completo dei titoli edificatori e delle autorizzazioni e certificazioni che accompagnano la vita dell’immobile. Contro tale vincolo, interpretato come un ingiusto onere per il proprietario, oltre che come uno strumento contrario ai principi di buon andamento dell’attività amministrativa, garantiti dall’art. 97 della Costituzione, perché meramente ripetitivo di informazioni già in possesso dell’Amministrazione, si è sollevata la posizione del Governo che ha sottoposto la norma della legge regionale lucana al vaglio della Corte Costituzionale, la quale – Le Regioni che vantano la maggiore numerosità di edifici potenzialmente coinvolti sono: peraltro – aveva già contestato l’istiSicilia, Campania, Calabria, Lombardia, Piemonte e Puglia. tuto con la nota decisione n. 315 del Elaborazioni Prometeia su dati Istat. Censimento della popolazione (2001). 28 ottobre 2003. Prima ancora della pronuncia, la Regione sembra avere assunto l’impegno ad intervenire sulla norma: modifica alla quale ha, invece, già direttamente provveduto la Regione Lazio. Nel Lazio, il “Piano Casa” è stato introdotto con LR 11 agosto 2009, n.21, riguardante non solo gli edifici esistenti regolarmente licenziati, ma anche quelli per i quali venga rilasciata la sanatoria nel termine di attuazione della norma speciale. Essa consente l’ampliamento di edifici residenziali e non, ma questi ultimi solo se inferiori a 1000 m2 e nel limite del 10%. Gli ampliamenti possono avvenire in adiacenza, ma non in sopraelevazione, tranne che si utilizzi uno spazio sottotetto. La sostituzione può avvenire su edifici a destinazione prevalentemente residenziale con ampliamento entro il 35% nei limiti di altezza e delle distanze. È consentito anche il recupero di volumi accessori degli edifici residenziali, ovvero di parti accessorie degli edifici a destinazione agricola Come detto, anche la Regione Lazio, oltre alla Basilicata e alla Campania, nella formulazione originaria della legge aveva subordinato l’accesso ai benefici del “Piano Casa” alla predisposizione del “fascicolo del fabbricato”, ma, in esito ai rilievi governativi, con LR 3 febbraio 2010, n. 1, ha abrogato le norme che lo prevedevano. Con LR 19 agosto, n.16, anche la Regione Abruzzo ha aderito al “Piano Casa”, con incrementi volumetrici fino al 20%, con un limite di 200 m3 e comunque fino ad almeno 9 m3 per “edifici di modeste dimensioni”. La sostituzione edilizia consente il 35% di incremento, fermo restando il rispetto delle altezze e delle distanze previste dal DM 1444/68. In Campania, le misure di incentivazione del settore edile sono riportate nella LR 19/2009, che è giunta ad scala. Si aggiunga anche che la normativa di deroga può superare i parametri urbanistici , ma non può comportare limitazioni o restrizioni ai diritti dei proprietari confinanti, con la conseguenza che è prevedibile una reazione forte da parte di chi vedrà trasformare in modo radicale la situazione edilizia di una costruzione a confine. Le uniche ipotesi che possono destare un certo interesse economico, e che quindi possono stimolare gli investitori, imprimendo al mercato un indirizzo positivo, sono quelle che riguardano la possibilità di sostituzione edilizia, che permette la conversione residenziale di edifici a destinazione diversa e non più appetibili per il mercato. Tali interventi, dettati come detto da esigenze imprenditoriali e non da necessità di singoli nuclei familiari, si concretizzano poi nella realizzazione di nuove unità abitative, delle quali oggi è carente la domanda, anche per la mancanza di una adeguata politica di accesso al credito per i potenziali acquirenti. I benefici e tempestivi influssi del “Piano Casa” sull’economia nazionale, che il Governo auspicava con l’introduzione della disciplina di deroga, sono quindi al momento difficili da individuare. Ben evidenti, invece, sono le ripercussioni della nuova normativa sul territorio. Il “Piano Casa”, attraverso la previsione di nuovi spazi fruibili e nuovi volumi in un tessuto urbano consolidato, è destinato ad incrementare il carico urbanistico delle città, senza alcuna preventiva analisi sulla sostenibilità territoriale dell’opera. L’applicazione del “Piano Casa” in un Comune ha la stessa valenza potenziale di una variante generale al piano regolatore: ipotesi, quest’ultima, alla quale si giunge quantomeno in esito al positivo esperimento di una valutazione ambientale strategica, finalizzata a valutare la effettiva sostenibilità territoriale delle prospettive di intervento. In fase di elaborazione della nuova disciplina, invece, nessuno si è curato di prevedere se l’esercizio tanto esteso di una CIL134 FOCUS approvazione solo nel dicembre 2009 e potrà quindi essere applicata solo a partire dal 1 marzo 2010, per un periodo complessivo di 18 mesi. Sono consentiti aumenti volumetrici nei limiti imposti dalla Conferenza Unificata anche per edifici abusivi se utilizzati come prima casa e purché condonati. Anche in Campania, il “Piano Casa” è stato impostato come una occasione di riqualificazione territoriale, essendo prevista la possibilità per i Comuni di individuare zone da destinare alla sostituzione edilizia, che può beneficiare di incrementi volumetrici fino al 50% dell’esistente. Nella LR 19/09 sono inserite anche norme per il recupero abitativo dei sottotetti. Se le Marche si sono uniformate alle intese nazionali con LR 22/20099, più articolata è l’attuazione molisana. Con LR 30 del 16 dicembre 2009, la Regione Molise ha consentito anche nel proprio territorio l’applicazione del bonus volumetrico fino al 14 febbraio 2012. Oltre ai consueti ampliamenti, è stata prevista anche la possibilità Aumento di volume in un edificio residenziale (fonte: Prometeia). di riqualificare il patrimonio di edilizia sportiva. Con LR 3/2010, l’applicazione della disciplina straordinaria è stata estesa agli edifici esistenti al 17 dicembre 2009; è stata consentita anche per immobili oggetto di condono, anche se il titolo non è ancora stato rilasciato, con obbligo per il Comune di provvedere sulla richiesta. Il “Piano Casa” nelle isole e le regioni “inadempienti” Nelle isole il “Piano Casa” ha vissuto fasi tormentate, non ancora risolte. La Regione Sardegna è giunta all’approvazione della LR 4/2009 solo alla fine di ottobre 2009, introducendo possibilità di incremento volumetrico anche notevoli, addirittura fino al 45% in caso di demolizione e ricostruzione che comporti una riduzione di almeno il 20% dell’indice di prestazione energetica. È inoltre stata prevista la possibilità di incrementare la volumetria degli edifici in zona agricola e soprattutto dei complessi turistici e ricettivi. La Regione Sicilia, invece, non è ancora riuscita ad elaborare il proprio “Piano Casa”, anche a seguito della necessità di incrementare i livelli di sicurezza, alla luce dei recenti dissesti idrogeologici. Nella stessa situazione si trova la Regione Calabria, nei confronti della quale però il Governo ha attivato, nella riunione del 17 dicembre 2009, la procedura di intervento sostitutivo prevista negli accordi assunti in Conferenza Unificata. È stato, infatti, conferito incarico al Presidente della Regione Calabria di porre in essere “ogni idonea attività, anche legislativa”, con una soluzione che darà adito a un nuovo dibattito sul controverso tema dell’esercizio del potere sostitutivo del Governo nell’attività legislativa regionale. Trasformazioni edilizie e tutela del paesaggio Nella ricostruzione, necessariamente sintetica, dell’articolato sistema di declinazione regionale del “Piano Casa” governativo non ci si è soffermati su un tema molto complesso e delicato, che da solo richiederebbe una trattazione assai approfondita e cioè quello del rapporto fra le previsioni di ampliamento e di sostituzione edilizia e la tutela ambientale e paesaggistica, nella quale deve essere salvaguardato il fondamentale ruolo dei Comuni. Già la Conferenza Unificata prevedeva che le Regioni individuassero gli ambiti nei quali la normativa di incentivazione edilizia non potesse essere applicata per finalità di tutela di beni culturali e di pregio ambientale. Molte norme regionali rimandano ai Comuni la definizione degli ambiti territoriali di esclusione e, in moltissimi casi, gli enti territoriali hanno introdotto disposizioni restrittive nelle zone di centro storico e negli ambiti di maggiore rilievo paesistico. Non si tratta, però, di una condotta univoca, perché non sono mancate situazioni nelle quali la normativa in materia di “Piano Casa” ha introdotto previsioni di intervento che sono potenzialmente idonee ad alterare in modo radicale l’assetto territoriale e ciò in assenza di qualsiasi valutazione in ordine alla effettiva sostenibilità delle opere consentite. Nella sostanza, la normativa sul “Piano Casa” cala sul territorio previsioni di edificazione in deroga alle scelte di pianificazione e programmazione territoriale operate in base alle esigenze della comunità locale, aprendo a scenari di trasformazione dagli esiti Demolizione e ricostruzione con aumento di volume (fonte: Prometeia). imprevedibili sul lungo periodo. Alessandra Noli Calvi pagine XV-XVI facoltà di deroga urbanistica fosse effettivamente sostenibile, in primo luogo sotto il profilo infrastrutturale e poi dal punto di vista paesaggistico. Soprattutto per questo ultimo aspetto, è vero che le norme regionali formalmente salvaguardano gli ambiti di rilievo ambientale e paesaggistico, ma non si deve dimenticare che il concetto di paesaggio negli ambiti urbani è legato alla forma che la città ha ottenuto nel progressivo consolidamento del tessuto edificato. L’attuazione del “Piano Casa”, dunque, laddove il Comune non ne escluda l’applicazione in zona di centro storico, o nei nuclei di più antica formazione, rischia, soprattutto attraverso la sostituzione edilizia, di mutare irreversibilmente scorci o cortine edilizie che sono ormai patrimonio collettivo. Va, infine, ricordato che l'attuazione della normativa speciale di deroga è poi rimessa alla lettura che di essa daranno i singoli Comuni, molti dei quali si sono già attivati con l'emanazione di apposite circolari, come ha fatto ad esempio il Comune di Milano, con circolare 1 marzo 2010, n. 1, 2010. Spesso tali atti, che dovrebbero avere valenza unicamente interpretativa, possono aprire a letture che rafforzano l'impatto delle disposizioni sul territorio. Ad esempio, proprio in Comune di Milano si propone di considerare computabile nei volumi esistenti recuperabili anche spazi privi di qualsiasi rilevanza urbanistica originaria, come le serre o le torri di raffrescamento, creando così le condizioni per giungere a corpi di fabbrica di ingombro percepibile sicuramente maggiore rispetto all'edificio di partenza. Se , dunque, si volesse comparare l’utilità realmente perseguita dal “Piano Casa” governativo con il sacrificio che le nuove disposizioni impongono al territorio, ci si accorgerebbe che tale provvedimento, non solo non fornisce adeguata risposta alle esigenze economiche ed insediative dei cittadini, ma rischia di compromettere in modo irreversibile ambiti territoriali unici.