ELEZIONI 2001
Ragionamenti per la
campagna elettorale
- Aprile 2001 -1-
Ecco in sintesi il Programma Elettorale della Lega Nord Padania:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
Economia
Famiglia
Ambiente
Agricoltura - mucca pazza
Devoluzione
Giustizia
Droga
Clandestini
Non è, logicamente, tutto quello che servirebbe ma è una traccia importante che individua l’indirizzo di un nostro eventuale Governo e, quindi, il
senso del voto.
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1. ECONOMIA
1.a. SPESA PUBBLICA
In Italia i soldi di tutti sono trattati come se fossero i soldi di nessuno: c’è una faciloneria inconcepibile nel Consiglio di Amministrazione di una azienda privata.
Per di più, le scelte di bilancio (e quelle politiche) sono condizionate da gruppi di
interesse per cui non c’è buona amministrazione.
Gli apparati pubblici non aiutano le persone oneste e quelle che ne hanno bisogno: le ostacolano. Va quindi ripensato lo Stato, anche perché sta perdendo poteri
verso le burocrazie e i grandi poteri finanziari che si nascondono dietro l’Europa,
lasciando maggiore spazio al popolo, ai suoi eletti, all’associazionismo della società
civile, alle famiglie, come vuole la democrazia.
Una politica che causa una forte spesa pubblica non può in nessun modo essere
definita “sociale” perché mina le basi dell’economia. Essa produce:
1.
2.
3.
basso sviluppo
aumento della disoccupazione
perdita di competitività delle imprese
Spesa Pubblica rispetto al PIL - Disoccupazione
Spesa Pubblica
1990
Disoccupazione
ora
ora
Italia
41.9%
52.7%
10.5%
Nuova Zelanda
47.0%
42.3%
6.1%
Regno Unito
44.9%
43.7%
5.3%
U.S.A.
33.7%
34.6%
3.9%
La Tatcher e Reagan hanno arrestato la crescita della spesa pubblica. Da noi il
bilancio statale è fuori controllo, producendo aumenti della tassazione e del debito.
Cioè, non c’è stato ravvedimento.
PER RIDURRE LA SPESA PUBBLICA
Occorre eliminare:
· sprechi
· privilegi
· logiche assistenziali
Per realizzare ciò, occorrono riforme strutturali e la riforma principale è quella federalista.
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Cioè, lo Stato centrale deve concentrare la sua attenzione su poche cose come:
·
ordine pubblico
·
giustizia
·
solidarietà verso i più deboli
·
difesa dei confini
·
interessi nazionali nel mondo
Altri settori trovano migliori soluzioni dall’iniziativa dei singoli, dei gruppi, di associazioni, di imprese, degli Enti Locali e delle Regioni.
APPARATO STATALE
L’apparato statale deve imparare a servire la società, eliminando ogni forma di
parassitismo clientelare. Oggi è nemico del cittadino. Dispone di organi sovradimensionati in cui spesso mancano figure professionali di alto livello. Bisogna puntare ad un ridotto numero di dipendenti statali, ma più qualificati e retribuiti.
PRIVATIZZAZIONI
Il trasferimento al privato delle imprese pubbliche deve servire a:
·
ridurre il debito pubblico;
·
creare spazi di libera iniziativa, più concorrenza in settori inefficienti a
causa del monopolio statale;
·
dare i beni demaniali (oggi male amministrati) agli enti locali
VOLONTARIATO
Finora lo statalismo ha considerato le associazioni del volontariato come un’area
da finanziare e privilegiare allo scopo di formare un universo totalmente dipendente
dalla politica. Oggi occorre facilitare le donazioni private con adatte norme fiscali.
1.b. FISCALITA’
Il fisco italiano ha due grandi difetti:
1. Assorbe la metà di quanto il Paese produce, voracità che:
a. impoverisce le famiglie
b. impoverisce il sistema produttivo
2. E’ complicatissimo e in continuo cambiamento, per cui occorre sempre ricorrere al commercialista. E’ un ostacolo per ogni iniziativa imprenditoriale, perché le
previsioni sugli oneri tributari sono sempre incerte.
Per avere più sviluppo e più occupazione, occorre diminuire la tassazione. L’alta
tassazione produce anche:
a. maggiore evasione
b. lavoro nero per non fallire
Ma l’economia sommersa sviluppa concorrenza sleale per le imprese che rispettano la legge. Oltre ai rischi dell’illegalità si ha quindi una spirale perversa causata
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dall’alta tassazione.
In U.S.A. c’è il Tax Free Day, che è il giorno in cui il cittadino smette di lavorare per
lo Stato e comincia a disporre del reddito per sé e per la sua famiglia. Oggi in Italia
cade a metà luglio: bisogna farlo cadere progressivamente sempre prima.
MINORI TASSE DANNO CRISI DEL BILANCIO DELLO STATO?
Da tempo si è superata la soglia oltre la quale l’aumento dell’imposizione fiscale
produce maggiori entrate pubbliche, perché provoca difficoltà al sistema produttivo.
· Diminuzione della base imponibile
· Diminuzione delle entrate
L’aumento del prelievo fiscale:
· Disincentiva il lavoro
· Disincentiva gli investimenti, perché i capitali italiani vanno all’estero e i
capitali stranieri non vengono da noi.
Occorre quindi ridurre la spesa pubblica per ridurre l’imposizione fiscale.
SFOLTIMENTO DELLE IMPOSTE
È necessario passare dalle oltre cento imposte e tasse statali, concessioni governative, ecc, ad un sistema basato su otto tasse (Tremonti).
Occorre abolire:
·
la tassa di successione;
·
le imposte che costano per la loro riscossione più di quanto rendono,
con beneficio sia per i cittadini, sia per i conti pubblici;
·
la tassazione sui tabacchi che è all’origine del contrabbando, cioè una
fonte di finanziamento per la criminalità organizzata.
FEDERALISMO FISCALE
Come in U.S.A. e in Svizzera, la creazione di una vera autonomia fiscale delle istituzioni locali mette in moto:
- meccanismi competitivi
- meccanismi di responsabilità
Le aree più povere (che costano poco e che possono tassare di meno), grazie al
federalismo fiscale, potranno sviluppare imprese ed investimenti.
1.c. OCCUPAZIONE
L’Italia ha numerosi disoccupati anche a causa di un grave ritardo tecnologico, con
la conseguenza di lavori di qualità scadente e male retribuiti.
In U.S.A., dal 1991 ad oggi, si sono creati venti milioni di nuovi posti di lavoro (la
maggior parte a tempo pieno e con un reddito sopra la media). Le politiche stataliste della sinistra hanno spesso difeso posti di lavoro improduttivi, distruggendo
risorse che potevano essere impiegate per creare impieghi veri e duraturi.
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All’origine della disoccupazione italiana c’è una crescita economica troppo bassa.
Occorre che l’economia entri in una fase di espansione che oggi non è possibile
per il dilatarsi della spesa pubblica.
Soluzioni:
· diminuire le tasse per attrarre capitali;
· togliere l’uniformità salariale fortemente voluta dalla CGIL e dalle sinistre, che è alla base della diffusa disoccupazione giovanile del Mezzo
giorno (gabbie salariali);
· introdurre l’uniformità nazionale infragenerazionale (apprendistato, sala
rio d’ingresso).
COSA FARE PER RILANCIARE L’OCCUPAZIONE
1. ripristinare la Legge Tremonti con la detassazione degli utili reinvestiti
2. nelle aree povere:
a. ridurre la pressione fiscale, quindi creare sviluppo
b. superare la contrattazione nazionale con quella locale, tenendo
conto del costo della vita
DISOCCUPAZIONE MERIDIONALE
È giunta a livelli altissimi. È un segno del fallimento storico delle politiche assistenzialiste. L’economia del Sud ha bisogno di mercato, di concorrenza, di libertà di
impresa.
All’interno di una logica federale, bisogna permettere alle imprese ed ai governi
locali strategie di bassa tassazione. Minor costo del lavoro che attiri investimenti.
OCCUPAZIONE PER I PENSIONATI
È stato un errore disincentivare quei pensionati che hanno ancora il desiderio di
lavorare. Ci sono sessantenni dinamici, creativi, in salute. Non ha alcun senso
immaginare che il lavoro delle persone anziane distrugga il lavoro giovanile, come
sostengono le sinistre e i sindacati. Occorre adottare soluzioni part-time o simili,
con benefici per le entrate fiscali e per i conti previdenziali.
OCCUPAZIONE GIOVANI
Occorre un processo di liberalizzazione del mercato del lavoro con soluzioni contrattuali diverse rispetto a quelle a tempo indeterminato. Occorre una scuola meno
slegata dal mondo del lavoro. La scuola, però, è un monopolio statale e fino a che
non ci sarà competizione tra scuole pubbliche e scuole private non funzionerà.
SICUREZZA NEL LAVORO
Aumenta il numero degli incidenti sul lavoro. Le cause sono:
- gravi ritardi tecnologici in funzione altrove
- inoltre le politiche sulla sicurezza (Legge 626) sono improntate a logiche dirigiste,
burocratiche, in cui l’effettiva responsabilità personale è sostituita dal rispetto di
nuove norme nazionali che hanno messo a dura prova le piccole imprese senza
dare un chiaro risultato.
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2. LA FAMIGLIA
2.a. CAUSA PRIMARIA DELLA CRISI
L’individualismo è responsabile di una concezione solo intimistica e sentimentale
della famiglia che, in questo modo, è scollegata dalla società. Da una parte si
riconosce la dignità delle relazioni dell’affetto incarnate nella famiglia, dall’altra l’individualismo ha sviluppato il riconoscimento dei membri della famiglia in quanto
individui (uomo, donna, bambino) e non in quanto membri del nucleo familiare
(sposo, sposa, madre, padre, figli). La società individualista ha posto l’enfasi sui
diritti individuali e non sui diritti di relazione familiare per cui ne deriva una irrilevanza sociale e civile della famiglia.
Praticamente oggi prevale la libera volontà di ciascun membro sulla responsabilità
di stabilità del nucleo familiare.
Dalla vittoria della filosofia positivista dell’individualismo, deriva la realtà attuale
fatta di nuove forme di convivenza diverse dalla famiglia tradizionale civile o religiosa: si dice che anch’esse siano espressione di esigenze di amore e di mutuo
sostegno e quindi c’è chi sostiene che hanno una funzione sociale come le famiglie
tradizionali; se, però, chiedono riconoscimento e autorizzazione, allora devono sottoporsi al giudizio sulla loro rilevanza sociale e civile in riferimento al bene comune
e cioè:
·
·
·
·
funzione sociale
progetto
impegno di stabilità
fecondità
La coppia omosessuale è, come minimo, priva di fecondità che è la base della sussistenza della società stessa, a differenza delle famiglie di fatto che possono aprirsi
alla fecondità ma che hanno un deficit radicale di stabilità per assunzione di impegno, per cui possono gettare sulla società i problemi derivanti dal loro fallimento,
cioè:
·
·
·
precaria credibilità relazionale
incerta funzione sociale
costi umani ed economici
2.b. PRECARIETA’ ECONOMICA
A) Politiche familiari: adeguare i tempi e l’organizzazione del lavoro in relazione
ai bisogni di vita familiare (ad esempio, famiglie con figli minori quando entrambi
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i genitori lavorano. Ultimamente sono stati introdotti i congedi parentali fruibili da
entrambi i coniugi).
B) Misure a sostegno della famiglia, sono di vario tipo:
1. economiche - monetarie Gli aiuti sono irrisori rispetto al costo dei figli, un po’
maggiorati ultimamente: vengono erogati soprattutto per detrazioni fiscali con lo
svantaggio che sono uguali per tutti o, addirittura, aiuti inutili per chi non ne ha
bisogno; meglio sarebbero gli assegni familiari che, però sono diminuiti ma che
permettevano la selettività fra famiglie destinatarie.
2. servizi nell’ambito delle politiche di welfare, cioè:
servizi per l’infanzia: Enti Locali e Regioni devono fornire una adeguata rete di
servizi sociali con la collaborazione di
a) volontariato
b) famiglie che si autorganizzano.
I servizi toccano il problema scuola e della libertà di scelta della scuola delle
famiglie.
3. aiuti ulteriori
a) politica della casa (un immigrato extracomunitario qualsiasi ha un
punteggio più elevato di una nostra famiglia);
b) azione per favorire il lavoro giovanile (la cui carenza rinchiude i
giovani nel familismo, senza una propria famiglia).
2.c. SOCIETA’ MULTIRAZZIALE E MULTIRELIGIOSA
Genera casi che toccano in maniera rilevante l’istituto della famiglia e quello del
matrimonio. Va considerato che civiltà e diritto propri di tradizioni religiose e civili
diverse si mescolano.
Diritto positivo derivato da istanze religiose differenti. Ci può essere disparità di
diritti e di doveri tra uomini e donne, disparità di status giuridico coniugale e famigliare.
Ad esempio, nel diritto musulmano c’è:
· il diritto del marito ad avere più mogli
· il diritto del marito al ripudio unilaterale della moglie
· il diritto solo del marito di esercitare la potestà sui figli
Specificatamente legati alla fede musulmana ci sono i seguenti diritti:
· lo scioglimento automatico del matrimonio per conversione del coniuge
ad altra religione;
· la possibilità di sottrarre la custodia dei figli alla madre se si sospetta
che li possa crescere in altra religione;
· l’impedimento di successione per differenza di religione
Come si vede, nascono molteplici elementi di contrasto con il nostro codice civile.
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2.d. FAMIGLIA E CIVILTA’
Il matrimonio e la famiglia sono il cuore stesso di una civiltà.
Lì è custodito il nucleo più profondo, più intimo della cultura e della tradizione che
è tutt’uno con la nostra identità collettiva. Valore, quest’ultimo, che noi dobbiamo
difendere pena la nostra morte, la scomparsa delle tradizioni occidentali.
Ne emergerebbe un individuo sradicato da ogni patrimonio culturale, in balia dei
più diversi modelli di convivenza. Quindi no allo stato etico delle comunità blindate
che assolutizzano i loro modelli, ma no anche al pressappochismo presuntuoso e
ignorante della sinistra.
Il contrasto tra illuminismo e cristianesimo che aveva trovato una sintesi nella
“Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo” con perno sulla dignità della persona umana e sui suoi diritti fondamentali, è ora forzato dalle scelte della sinistra. I
valori salvaguardati e forzati sono:
-
il principio di uguaglianza uomo-donna
la pari dignità sociale uomo-donna
In verità occorre raggiungere l’integrazione giuridica per realizzare l’integrazione
sociale. Ciò è tutto molto difficile, se non impossibile.
Inoltre la famiglia non è solo un istituto di tipo confessionale, ma ha grande rilevanza sociale.
·
·
·
·
·
E’ la sede dove si sviluppano gesti personali di responsabilità interindividuali.
Qui i bambini toccano la sfera degli altri in una atmosfera di amore e fedeltà.
E’ una scuola di donazione i cui prodotti si rovesciano sulla società diminuendone la conflittualità.
È il luogo dove il costume sociale filtra nella persona e viene fissato nella
coscienza, diventando abitudine o ethos attraverso l’amore prima che per obbligatorietà della legge. “Socializza l’uomo privato e interiorizza i costumi”.
È la cellula del popolo in senso intergenerazionale verticale e di umanità (orizzontale).
La famiglia è un crocevia di fatti di natura e di cultura: c’è l’amore biologico,
l’amore di mutua solidarietà, l’amore dei genitori per i figli, l’amore dei fratelli e
l’amore coniugale.
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DOCUMENTO DEL P.P.E. SULLA FAMIGLIA
Paragrafo 102 del Testo adottato dal XIVmo Congresso
del PPE tenutosi in data 11-13 January 2001 a BERLIN
NTO
UME
DOC
Paragrafo 102
La famiglie in cui i padri e la madri assumono la responsabilità
dei loro figli sono il fondamento della nostra società. Noi constatiamo l’esistenza di altre forme di vita in comune e dei loro bisogni. Tenuto conto della priorità dei bisogni dei figli e del rispetto
della parità tra uomini e donne, debbono essere adottate misure
legislative ed economiche che consentano ai genitori un appropriato equilibrio tra gli impegni della famiglia e del lavoro. Il Partito
appoggia tutte lemisure che migliorano le condizioni dei figli.
COMMENTI AL DOCUMENTO DEL P.P.E. SULLA FAMIGLIA
Il documento del Congresso ha suscitato un aspro dibattito. Noi riconosciamo l’esistenza di nuove tipologie di famiglie ed altre forme di vita comune e le loro esigenze. Speriamo che il PPE non si riferisca alle coppie gay su cui puntano le
sinistre, ma piuttosto alle coppie di fatto, ai conviventi con figli, al nucleo familiare
costituito da un solo genitore separato o divorziato (famiglie monogenitoriali, in
forte aumento).
In questo caso sarebbe un discorso comprensibile, anche se la Lega individua nel
matrimonio il vincolo più importante per dare vita ad una famiglia.
In Europa è più alto il numero delle coppie di fatto (dei conviventi) mentre da noi la
convivenza è ancora residuale rispetto alla famiglia fondata sul matrimonio civile o
religioso.
Il matrimonio dà maggiori garanzie per una vita felice dei figli poiché c’è un sistema
di diritti e di doveri che ha valenza positiva sui minori.
Noi sosteniamo norme a tutela della famiglia e del minore che non pensiamo in
nessun modo possa essere tutelato all’interno di una famiglia omosessuale. Cioè
la famiglia per noi è quella naturale e tradizionale.
Garanzie ai figli ma anche alla collettività: chi accede ad un beneficio e ad una
sussidio deve dare garanzie di stabilità del nucleo familiare.
Le politiche sociali vanno calibrate sulle famiglie italiane e non sui clandestini.
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DOCUMENTO DEFINITIVO FONDAZIONE ”OFFICINA”
CASA DELLE LIBERTA’
Elaborato per la Lega Nord - Padania dalla dott.ssa Francesca Martini
UME
DOC
FAMIGLIA
La Costituzione italiana nei suoi articoli 29, 30 e 31 solennemente
si esprime nei confronti della famiglia quale società naturale fondata
sul matrimonio, rispetto al sistema di garanzie relative alla funzione
genitoriale e alla protezione dei figli, nonché in ambito di tutela
economica dei nuclei familiari. La realtà dei fatti ci pone invece un
quadro legislativo nazionale estremamente carente ed in gravissimo
ritardo rispetto ad altri paesi europei, dove da anni vengono strutturati interventi specifici in materia di famiglia. I governi succedutisi,
al di fuori dei proclami, poco o nulla sono intervenuti sulla materia,
sino all’aperta spinta contrastante nei confronti della famiglia messa
in atto dalla sinistra. La famiglia infatti costituisce il primo nucleo fondante delle comunità, anche locali, e consente di vivere l’attuale tendenza alla globalizzazione con la propria identità culturale e con le
proprie radici.
La Casa delle Libertà pone pertanto tra i punti fondamentali del proprio programma la valorizzazione ed il sostegno della famiglia, proponendosi di dare finalmente corpo ai dettami costituzionali, creando
il quadro entro cui la famiglia italiana possa al meglio liberare le energie che le sono proprie, nel rispetto del principio di sussidiarietà nei
confronti dello Stato.
Un processo di siffatta importanza e peso politico per divenire efficace e per dare segnali positivi su temi che ci stanno fortemente a
cuore come il rilancio della natalità, il sostegno alle giovani coppie ed
il supporto ai nuclei familiari con particolari problemi,deve necessariamente passare attraverso una identificazione del soggetto famiglia
come interlocutore delle istituzioni a qualsiasi livello ed in qualsiasi
campo del vivere civile. Va riconosciuta pertanto la famiglia come
entità sovrapersonale per il contributo essenziale che dà alla società
nel suo complesso e poiché è proprio attraverso l’investimento sulla
famiglia che si costruiscono le basi del nostro futuro.
Il primo punto è pertanto quello di mettere in atto specifiche e precise politiche familiari, un’azione che non può prescindere dall’approvazione attraverso i vari governi regionali di provvedimenti ad hoc
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NTO
che si indirizzino all’insieme delle famiglie, così come costituzionalmente garantito, e che tocchino i settori cardine delle fasi della vita
di una famiglia con agevolazioni finanziarie alle famiglie e alle giovani coppie, agevolazioni finanziarie per l’acquisto della prima casa,
lo sviluppo di capillarizzati servizi per la prima infanzia sul territorio
all’insegna della flessibilità, la promozione di servizi particolari come
i nidi famiglia e le madri di giorno, servizi educativi e ricreativi pomeridiani per bambini ed adolescenti, promozione dell’inserimento lavorativo per i giovani e per i soggetti deboli, tutela del lavoro di cura nei
confronti delle persone non autosufficienti e del lavoro domestico,
oltre alla piena rappresentanza dell’associazionismo familiare.
E’ chiaro che un processo di questo tipo, che peraltro stiamo
seguendo passo dopo passo nelle Regioni da noi guidate, debba
trovare un quadro statale favorevole, affinché al meglio tutti i livelli
istituzionali possano far sentire la loro azione positiva sul benessere
delle famiglie. In questo va sottolineato che riteniamo imprescindibile
che, a partire dal bilancio di previsione dello Stato sino a quello del
Comune, sia predisposto un apposito stanziamento indirizzato specificatamente alle politiche familiari.
Partendo quindi dal riconoscimento a pieno titolo della famiglia come
soggetto privilegiato ed ambito dove al meglio i propri membri trovano protezione e possibilità di realizzare le proprie aspettative,
ogni settore dell’organizzazione civile riteniamo debba evidenziare al
meglio specifici ambiti di tutela. Fortunatamente, nonostante i grandi
stravolgimenti sociali, i modelli consumistici e le spinte individualiste
che hanno pervaso la nostra storia degli ultimi decenni, la famiglia in
Italia è ancora sostanzialmente una struttura che tiene ed un punto di
riferimento per le nuove generazioni. Soprattutto in questi ultimissimi
tempi si percepisce un ritorno al desiderio del matrimonio e di famiglia e si evidenzia un dato sostanziale nel tasso di divorzi (0,5 per
mille abitanti), notevolmente più basso rispetto alla media europea
(1,9) e statunitense (4,6).
In questo senso pensiamo pertanto che tra le iniziative della Casa
delle Libertà debbano rientrare specificatamente alcuni provvedimenti mirati:
- revisione della materia fiscale al fine di riconoscere alla famiglia
le funzioni di cui si fa carico rispetto al numero ed alla tipologia
dei componenti (cospicue detrazioni per figlio a carico sul modello
tedesco, eventualità dell’applicazione del quoziente familiare, sgravi
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-
per chi mantiene i soggetti anziani all’interno del nucleo familiare,
differenziazione del trattamento fiscale dei costi familiari);
una efficace tutela della maternità e paternità, sia attraverso l’incentivazione dei servizi per l’infanzia, sia tramite il sostegno specifico
delle situazioni di difficoltà che potrebbero sfociare in un’interruzione della gravidanza;
uno sviluppo di politiche a favore dell’acquisto della prima abitazione e la sua detassazione;
l’abolizione della tassa di successione, attualmente vissuta come
una intollerabile gabella dello Stato sui nuclei familiari;
lo sviluppo attraverso i livelli locali di servizi consultoriali alla famiglia con specifico riferimento alla mediazione familiare al fine di
contenere la conflittualità;
un’organizzazione dei servizi sociali che prenda come punto di riferimento i bisogni e le capacità di risposta del nucleo familiare per
indirizzarsi poi efficacemente alle specifiche categorie di disagio;
uno snellimento delle pratiche burocratiche ed una valorizzazione
dell’istituto dell’adozione;
una promozione dell’affido familiare in alternativa al ricovero
urgente dei minori in istituto;
una promozione dell’affido ad entrambe i genitori in caso di scioglimento del matrimonio, ogniqualvolta possibile;
l’istituzione di contributi alle aziende e agli enti pubblici o privati
che organizzano al loro interno servizi per l’infanzia indirizzati alle
madri lavoratrici;
l’istituzione di un assegno educativo alle madri lavoratrici (autonome o dipendenti) che lascino il lavoro alla nascita del figlio sino al
compimento del terzo anno d’età, collegato a parametri di reddito
del nucleo familiare;
azioni volte a garantire la libertà di scelta educativa in tema di istruzione scolastica;
la possibilità dell’utilizzo anticipato del TFR per l’acquisto della
prima casa;
una netta differenziazione delle categorie di disabilità in base ai
livelli di non autosufficienza che vada a modulare sia le provvidenze economiche, che gli interventi assistenziali a favore della
persona disabile e del suo nucleo familiare.
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3. AMBIENTE
Lo stato in cui versa la natura è deplorevole. Il degrado cresce di anno in anno,
squilibrando l’ambiente naturale e mettendo a rischio la vita dei cittadini. La cattiva
gestione dell’ambiente provoca incendi estivi, alluvioni, frane, cioè il risultato di politiche stataliste che hanno allargato la proprietà pubblica e l’irresponsabilità che ne
deriva.
L’IRI e le imprese proprietà dello Stato hanno avuto un ruolo primario nell’aggressione dell’equilibrio naturale.
Si pensi a Genova e alle sue devastazioni: le imprese erano, nel dopoguerra, di
proprietà pubblica.
Si pensi al porto di Marghera, alla Val Bormida, dove l’inquinamento da scorie è
spaventoso.
Si pensi a Venezia che continua a sprofondare, mentre i politici litigano sulle soluzioni da adottare.
Alla radice del disastro ambientale c’è il fatto che i beni ambientali non sono nelle
mani degli Enti Locali o delle comunità interessate, ma di statalisti raramente interessati alla loro tutela.
Cosa fare
Incendi estivi: riguardano sempre aree di proprietà pubblica (parchi statali, boschi
demaniali), non certo i giardini privati dove i proprietari assicurano un futuro alla
loro proprietà. Lo statalismo, invece, fa trionfare la logica dell’irresponsabilità.
Troppa pianificazione statalista del Ministero dell’Ambiente si è risolta, a volte, in
una sorta di esproprio che ha spinto le popolazioni rurali ad emigrare con danni
anche ambientali. A volte sembra riemergere una opposizione al modello occidentale, il liberismo e l’industrialesimo, specie nel governo di sinistra, come se il
comunismo potesse essere un antidoto all’inquinamento. La tradizione giuridica
occidentale riconosce l’esigenza di ostacolare ogni azione che leda i diritti altrui sull’ambiente a causa di fumi, odori, inquinamenti. Oggi si sono fissati degli standards
che finiscono per rappresentare favori a questo o a quel gruppo di pressione.
C’è una propaganda antiindustrialista e antiliberista di chiara origine marxista che
vorrebbe “economia e ambiente” sempre in conflitto.
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4. AGRICOLTURA
MUCCA PAZZA
1. E’ la prima malattia derivante dalla globalizzazione dei mercati e dell’economia;
2. ed è, pare, la prima malattia genetica dell’umanità non derivante da materia
vivente (la causa non è un virus). È un esempio di mutazione genetica lenta ed
inarrestabile da una specie animale all’altra (ovini, bovini, uomini, ecc).
Il male arriverebbe dall’Inghilterra, dalla trasformazione irresponsabile in farine animali di ovini infetti che hanno invaso il continente, senza le restrizioni doganali (che
non ci sono più) e senza le precauzioni sanitarie.
I cittadini sono spaventati, incerti, disinformati e ne hanno il motivo, tanto più che
altri alimenti geneticamente modificati stanno invadendo in massa il nostro Paese,
la nostra agricoltura, le nostre tavole.
Tutto questo spinge la gente a rifugiarsi nella tradizione, negli usi e costumi della
nostra agricoltura.
Il problema della “mucca pazza” è però vecchio di una decina di anni e nel 1995 Luc
Montagner, che è lo scopritore dell’HIV virus, nel convegno di Erice, invitò autorità
e scienziati a non ricercare solo cure per l’AIDS ed altre gravi malattie, ma ad indagare anche sulla pazzia delle vacche: 1) malattia poco studiata 2) per la quale non
si conoscono antidoti, per cui, se si diffondesse sarebbe gravissima.
La causa del nuovo flagello è l’allevamento intensivo di vitelli, vacche, manze,
imbottiti di antibiotici, ormoni, farine animali, sui cui rischi gli scienziati avevano già
informato (alimentazione drogata).
Non si tratta di una maledizione piovuta dal cielo, al contrario:
1. ci sono gli enormi interessi delle multinazionali che distribuiscono le farine animali, ecc;
2. ci sono gli allevamenti intensivi che mettono al primo posto il profitto;
3. c’è la poca determinazione dell’autorità politica a dare soluzioni accettabili al
problema.
Oggi “mucca pazza” la pagano tutti, onesti e disonesti:
1. imprenditori zootecnici a dimensione industriale;
2. piccoli allevatori;
3. chi ha saputo regolamentarsi e chi, invece, ha smerciato porcherie.
Siamo davanti ad una catastrofe economico-produttiva.
L’emergenza ed il danno patrimoniale potranno essere recuperati solo con il ritorno
alla qualità ed ai sani principi etico-morali che dovrebbero essere alla base di ogni
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attività umana. Il blocco delle frontiere da parte degli allevatori padani va letto
anche in questo modo.
Gran parte della produzione di carni padane deriva da vacche da latte a fine carriera, che nell’ambito dei disciplinari di produzione di formaggi tipici, sono state
rigorosamente controllate proprio nell’alimentazione.
1/10/2002: tracciabilità delle carni di ciascun singolo bovino.
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5. DEVOLUZIONE
Il Governo Amato ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale la richiesta di
referendum delle Regioni del Nord. La via d’uscita è quella di avviare un progetto
di legge costituzionale, fin dalla prima riunione del nostro Governo, inserendo nell’art. 117 dell’attuale Costituzione (competenze delle Regioni) anche le materie da
devolvere alle Regioni.
COTROFEDERALISMO DELLA SINISTRA
Vedendo come vanno le cose, si è portati a pensare che la democrazia non riuscirà mai ad espandersi in Italia. Il federalismo è decantato ma per ora sono
parole vuote. Alla sinistra non passa neppure per l’anticamera del cervello che
la partecipazione della gente alla gestione delle decisioni e della spesa pubblica
potrebbe essere il migliore antidoto al malaffare. Violante, ad esempio, sosteneva
poco tempo fa di essere contro il federalismo perché il malaffare sarebbe meno
controllabile e così tutti i centri decisionali e di spesa la sinistra li tiene ben protetti
al centro, nelle sue mani. Di federalismo è lecito parlarne, ma non attuarlo. Infatti la
cosiddetta riforma federalista della sinistra è stata fatta esclusivamente per ingessare la Costituzione storica tuttora in vigore, spostando le competenze descritte
dalle Regioni allo Stato in modo da impedire ogni referendum di devoluzione che
trasferisca poteri dello Stato alle Regioni. Con la nuova versione della Costituzione
i referendum che chiedono di spostare competenze dallo Stato diventano anticostituzionali.
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A) FEDERALISMO (competenze)
COSTITUZIONE ATTUALE
Articolo 117.
La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei
principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse
non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre Regioni:
* ordinamento degli uffici e degli * turismo ed industria alberghiera;
enti amministrativi dipendenti dalla * tramvie e linee automobilistiche d’interesse regionale;
Regione;
* circoscrizioni comunali [cfr. art. 133 * viabilità, acquedotti e lavori pubblici
di interesse regionale;
c.2];
* navigazione e porti lacuali;
* polizia locale urbana e rurale;
* acque minerali e termali;
* fiere e mercati;
* beneficenza pubblica ed assistenza * cave e torbiere;
* caccia;
sanitaria e ospedaliera;
* istruzione artigiana e professionale * pesca nelle acque interne;
* agricoltura e foreste;
e assistenza scolastica;
* artigianato. Altre materie indicate da
* musei e biblioteche di enti locali;
leggi costituzionali.
* urbanistica;
Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione.
CONTRO-RIFORMA DELL’ULIVO
Articolo 3.
1. L'articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 117 - La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni
nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato
con l'Unione Europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di
Stati non appartenenti all’Unione Europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza;
sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione
delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione
del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti
pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa
locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia
- 18 -
amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull’istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di
Comuni, Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo, coordinamento informativo
statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e
locali; opere dell'ingegno;
s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela
e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale;
professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno dell'innovazione per
i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo;
protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di
trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare
ed integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali
e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di
risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di
credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione
concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la
determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello
Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non
espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie
di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli
atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli
accordi internazionali e degli atti dell’Unione Europea, nel rispetto delle
norme di procedura stabilite dalla legge dello Stato, che disciplina le modalità
di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione
esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle
Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane
hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e
dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità
degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e
promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per
il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di
organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con
Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme
disciplinati da legge dello Stato”.
- 19 -
B) FEDERALISMO FISCALE
COSTITUZIONE ATTUALE
Articolo 119.
Le Regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da
leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle
Provincie e dei Comuni.
Alle Regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi erariali, in relazione
ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro
funzioni normali.
Per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il
Mezzogiorno e le Isole, lo Stato assegna per legge a singole Regioni
contributi speciali.
La Regione ha un proprio demanio e patrimonio, secondo le modalità
stabilite con legge della Repubblica.
RIFORMA DELL’ULIVO
Articolo 5.
1. L’articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente:
”Art. 119. - I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno
autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse
autonome.
Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la
Costituzione e secondo i principi di coordinametno della finanza pubblica e
del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi
erariali riferibile al loro territorio.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di
destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai
Comuni, alle le Province, le Città metropolitane e alle Regioni di finanziare
integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale,
per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo
esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal
normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed
effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città
metropolitane e Regioni.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio
patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge
dello Stato. Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese
di investimento. E’ esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi
contratti”.
- 20 -
6. GIUSTIZIA
Accanto al problema del tipo di Stato conviene mettere il problema della giustizia
perché sulla base del tipo di giustizia si ha un certo tipo di Stato e viceversa. Non è
lo Stato che fonda l’attività giudiziaria ma, al contrario, è la presenza di quest’ultima
che giustifica lo Stato.
In altre parole è importante capire quale figura di magistrato prevede lo Stato: punta
sul giudice o sull’inquisitore? Va ricordato, a questo proposito, che lo Stato è nato
col programma di eliminare imperatori o tiranni e inquisitori, la coppia contro cui si
scaglia il pensiero liberale.
Ma da noi la giustizia sembra avere soltanto l’aspetto repressivo, cioè del Pubblico
Ministero. Mentre la giustizia ha il compito essenziale nella società di trovare:
a) la soluzione a controversie tra privati;
b) la soluzione alle controversie tra privati ed amministrazioni.
Questo è il maggior rilievo della giustizia. Nel nostro Paese però prevale il Pubblico
Ministero, cioè l’inquisitore e ciò deve subito farci tenere d’occhio il problema della
democrazia.
E’ necessario che prevalga il giudice e non il pubblico ministero, perché ogni atto
dell’accusa deve restare l’atto di una parte e non l’atto di un potere che si proclama
rappresentante degli interessi generali. E’ il giudice che deve essere imparziale di
fronte alle parti, cioè terzo e neutrale.
Purtroppo prevale il Pubblico Ministero; il fatto che i giudici non siano famosi, ma
che lo siano i Di Pietro, i Papalia, è la prova provata che l’inquisizione è imperante e
che lo statalismo prevale sulla giustizia. Non esisterebbe tiranno senza un giudice
che colpisca per lui.
Tutto questo fa capire come giustizia e forma di Stato siano due facce della stessa
medaglia.
Combattere le lungaggini processuali.
Una delle più gravi anomalie che colpiscono la giustizia del nostro Paese è la
eccessiva durata dei processi, in particolar modo di quelli civili: il nostro Paese
è ripetutamente stato ed è tuttora oggetto di condanne da parte dei tribunali dell’Unione Europea per le proverbiali lungaggini processuali.
Le cause troppo spesso durano più di dieci anni, a volte anche quindici o più.
Tutto ciò si traduce in un diniego di giustizia, nonché in una grave perdita di tempo
e denaro per il cittadino, anche indipendentemente dall’esito finale della controversia.
Il principio della concentrazione della causa in poche udienze ravvicinate era tra
quelli che presiedevano al codice di procedura civile quando questo fu approvato.
Tuttavia alcune modifiche delle norme processuali, successivamente intervenute,
- 21 -
hanno dilatato all’inverosimile la durata dei processi, e soprattutto qui, la Lega Nord
interverrà rapidamente, principalmente sul regime dei termini (attraverso la definizione di termini seri, che impongano degli obblighi precisi e le relative sanzioni),
che devono essere realmente applicati, e quindi precisati dalla legge e non lasciati,
in alcun modo, alla discrezionalità dei giudici.
E’ necessario porre dei limiti oggettivi alla allucinante durata dei processi civili e
penali, ad esempio imponendo la durata massima di un anno dall’inizio del procedimento alla sentenza in ogni grado, che in definitiva porterebbe ad una sentenza
definitiva entro tre anni al massimo.
Un altro importante obiettivo del nostro Movimento nella di battaglia alle lungaggini
processuali è la limitazione alla ricorribilità delle sentenze escludendo le liti temerarie, in quanto il ricorso diventa spesso una manovra esclusivamente dilatoria.
I gravami proposti allo scopo esclusivo di perdere tempo dovranno quindi essere
sanzionati nella sentenza che li definisce, non solo con la previsione delle spese,
ma anche con una vera e propria sanzione pecuniaria. E’ infatti necessario scoraggiare l’impugnazione di atti senza che vi siano vere ragioni e, d’altra parte, bisogna
limitare i casi di ricorribilità in appello.
Per quest’ultimo aspetto , sarebbe necessario attribuire alla Corte d’appello un vero
e proprio potere di delibazione preventiva dei ricorsi presentati, al fine di stabilire
la presunta fondatezza dei motivi addotti e di non perdere tempo su controversie
evidentemente indubbie.
La stessa cosa dovrebbe essere prevista per la Corte di Cassazione. L’attività di
quest’ultimo organo deve essere ricondotta alla sua vera natura di giudice di legittimità. Negli ultimi anni, infatti, il giudizio della cassazione si è trasformato in un
vero e proprio terzo grado anche di sovvertimento delle norme dell’ordinamento
giudiziario.
Si tratta di riforme che possono essere approvate in tempi rapidi e che senz’altro
riporteranno l’apparato della giustizia al vero ed unico ruolo cui è preposto: fare
giustizia!
- 22 -
7. DROGA
Abbiamo ascoltato il Ministro della Sanità, Umberto Veronesi, e il Ministro delle
Politiche Sociali, Livia Turco, dichiarare che anche l’alcool e il tabacco sono droghe,
nel senso che inducono dipendenza e producono effetti non meno devastanti delle
sostanze psicotrope. In realtà, la dipendenza è una dipendenza diversa, meno forte
e meno pericolosa. E’ facile comprendere come certe aperture alla liberalizzazione
o anche solo all’abbassamento della guardia provichino danni enormi nella mente
dei ragazzi. Se gli adulti, addirittura ministri, auspicano la liberalizzazione non deve
essere così negativo farsi una pastiglia di Ecstasy o uno spinello.
Probabilmente spingono le proposte di liberalizzazione da parte della sinistra
anche i frequenti appelli dei cittadini scossi dal grave e squallido spettacolo di morti
per le strade o sulle panchine dei giardini pubblici e la microcriminalità diffusa dei
tossicodipendenti in cerca dei quattrini per acquistare la dose quotidiana. Ma non
possiamo scegliere la via proposta dalla sinistra di far diventare lo Stato spacciatore di droghe che portano all’assuefazione. Di fatto, alla sinistra, non interessa
nulla del drogato e del suo recupero. Noi pensiamo:
1) occorre la prevenzione nelle scuole, perché se è giusto curare è ancora più
importante prevenire, operando nella testa con delle idee, perché è più produttivo
che agire nel corpo con dei farmaci che trasformano gli uomini in zombie. Per lo
Stato della sinistra, invece, è più facile, piuttosto che prevenire la droga, rinchiudere
il tossicodipendente in attesa della soluzione del problema che, di solito, arriva con
un collasso cardio-circolatorio che è certamente meno traumatico e meno disdicevole socialmente della vecchia overdose. Si dice che il pericolo arrivi ora dall’LSD
e dall’Ecstasy, derivati da sostanze prodotte largamente e legalmente nelle industrie farmaceutiche. Se oggi si arriva alla somministrazione della droga di Stato per
combattere l’acquisto sul libero mercato dell’eroina, prima o dopo si arriverà anche
a distribuire gratuitamente l’Ecstasy con le stesse modalità.
Per la sinistra, quindi, la scelta è quella della droga di Stato. Per noi, quella della
prevenzione, della lotta dura alle mafie e al giro dei clandestini che dirigono questo
traffico di morte.
- 23 -
8. IMMIGRATI
REGOLARI E CLANDESTINI
Nel nostro Paese ci sono oltre 1.200.000 immigrati che hanno il permesso di soggiorno. Sono in gran parte ex clandestini regolarizzati grazie alle sanatorie ripetute.
Si sente dire, quotidianamente, che c’è bisogno di immigrati per lavorare nelle fabbriche, ma la realtà è che solo il 31% degli immigrati regolari lavorano e versano
qualche contributo. Le liste di collocamento sono piene di immigrati che dovrebbero
essere venuti per lavorare, chiamati e garantiti dalle varie associazioni di sinistra
e dalla CARITAS. Questi immigrati che non fanno niente, vivono grazie agli aiuti
dello Stato. Si dice anche che gli immigrati salveranno le nostre pensioni, ma non è
vero e vogliamo dimostrarlo con i numeri che chiariscono che le entrate contributive
assommano a 1.807 miliardi all’anno e le uscite, a vario titolo, sono più alte delle
entrate.
Vedere tabella “COSTI DEGLI IMMIGRATI REGOLARI” a pag. 25
Le immigrazioni di massa costituiscono in realtà una invasione programmata per
scardinare la nostra società. C’è una vera e propria “catena di montaggio” che parte
con gli accordi tra Governo Italiano e i Governi del Medio Oriente per sostenere il
traffico di clandestini; arrivano nel nostro Paese con in tasca un indirizzo che, di
solito, è quello della Caritas che li aiuta a sopravvivere durante la fase di clandestinità, dopodichè il Governo, con le sanatorie, li regolarizza e concede loro il permesso di soggiorno, avviando il processo che li porterà a diventare cittadini italiani.
Tutto questo è fatto illegalmente e contro la volontà popolare: inoltre, se i clandestini venissero fermati dalla polizia privi di documenti e di permesso di soggiorno
potrebbero, in via del tutto ipotetica, essere tradotti nei centri di accoglienza come
quello di via Corelli a Milano, in attesa di accertamento della loro identità, ma trascorsi 20 giorni, se la loro identità non fosse emersa, sarebbero posti in libertà con
l’obbligo di andarsene dal nostro Paese. E’ chiaro che tutto è stato studiato perché
siano liberi di restare a casa nostra. Inoltre, ultimamente, tre magistrati di Milano
si sono messi contro la legge Turco-Napolitano che prevede, per i clandestini, il
fermo di 20 giorni presso i centri di accoglienza, sostenendo che è competenza
del Giudice Ordinario sia il provvedimento di fermo che quello di espulsione perché
sono provvedimenti che restringono la libertà personale.
Sono i magistrati di sinistra che intervengono dopo 4 anni dall’entrata in vigore della
Legge Turco-Napolitano, a pochi mesi da una nuova legislatura che vedrà la loro
parte politica soccombere. Questi fatti devono allertare: è un segnale, a mio parere,
che i magistrati di sinistra e le procure vogliono mettersi di mezzo sul problema
dell’immigrazione. E’ evidente che dietro a tutto questo c’è una regia politica che
mira ad impedire che il Paese possa difendersi dall’ondata migratoria attivata dalla
sinistra.
La sinistra sostiene che solo la magistratura, e non il Prefetto, può agire contro i
- 24 -
clandestini perché il fermo e l’espulsione sono provvedimenti giurisdizionali e non
possono essere considerati provvedimenti amministrativi, così come prevede la
Legge Turco-Napolitano. E’ evidente che la sinistra, mettendo di mezzo la magistratura sul provvedimento di espulsione dà modo al clandestino di fare vari ricorsi fino
al Tribunale della Libertà, portando di fatto la legge in una palude paralizzante. La
sinistra impone in questo modo la sua volontà che si compendia nel garantirsi i voti
del domani: su questo punto sono prevedibili gravi scontri per il prossimo Governo
della Casa delle Libertà. Utilizzando la magistratura la sinistra intende espropriare il
futuro Ministro dell’Interno del Governo della Casa delle Libertà. Dopo la pronuncia
dei tre magistrati milanesi contro la Legge Turco-Napolitano qualcuno ha esultato,
anche il Ministro Livia Turco, ma Napolitano che comprende meglio ha dichiarato
giusta la “non sottraibilità al giudice”. E’ evidentemente un passo in avanti per rendere i clandestini simili ai cittadini italiani.
Ed infatti, sollevata l’eccezione di incostituzionalità, i clandestini sono stati liberati.
Creare il reato di immigrazione clandestina significa quindi rendere più difficile
l’espulsione.
Scotti, Ministro dell’Interno dieci anni fa, concentrò 10.000 albanesi a Lampedusa,
li tenne per un mese nei campi di accoglienza e poi, con un blitz, li aviotrasportò al
loro Paese, applicando un provvedimento di respingimento alla frontiera, ma non di
espulsione per non chiamare in causa la magistratura con la paralisi conseguente.
La via che la Lega deve seguire è quella di mantenere la clandestinità quale illecito amministrativo, in modo da poterli espellere chi non dà le generalità va invece
trattenuto senza limiti di tempo, come in America, nei centri adatti sino a che non
venga espulso.
La crisi della famiglia e il conseguente venire meno del cemento sociale ha indebolito la nostra società sulla quale le ondate immigratorie possono avere effetti
devastanti fino alla sua totale trasformazione e distruzione.
La resistenza della Lega inizia però ad aprire varchi anche in Europa, come si può
capire dal documento della CDU bavarese di seguito riportato.
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COSTI DEGLI IMMIGRATI REGOLARI
ENTRATE
- Lavoratori domestici
- Lavoratori dipendenti
- Lavoratori autonomi
n. 103.441
n. 210.000
(artigiani, commercianti, imprenditori, agricoli)
Gettito contributivo 164 mld
“
“
1.600 mld
“
“
43 mld
TOTALE 1.807 mld
USCITE
per prestazioni:
- pensioni di invalidità
- pensioni di vecchiaia
Spesa
n. 3.324
n. 1.238
45 mld
bastano 5 anni di contribuzione per ottenerle. Si possono inoltre riscattare i contributi
versati (capitalizzati al tasso del 5%) per abbandono del Paese da parte dell’immigrato.
per sostegno al reddito:
- cassa integrazione
- disoccupazione
- mobilità
Spesa
109 mld
per assegni al nucleo familiare
Spesa
100 mld
TOTALE
254 mld
A tutto questo lo stato deve aggiungere i costi relativi a:
SCUOLA - SANITA’ - SUSSIDI PER ABITAZIONI - GIUSTIZIA
Inoltre dobbiamo tenere presente che su 1.250.000 immigrati, lavorano,
anche saltuariamente, solo 390.000 ovvero solo il 31%
per cui il 69% vive alle spese dello stato
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TO
MEN
U
DOC
Fondamenti per il lavoro della Commissione
immigrazione della C.D.U. - Germania.
Preambolo.
Una valida politica per l’immigrazione e l’integrazione non può
essere attuata senza la consapevolezza della propria identità
nazionale e culturale. Il nostro atteggiamento di fondo è a un
tempo patriottico e aperto al mondo. L’identità della nazione tedesca nasce dal nostro ordinamento costituzionale, così come dalla
storia, dalla lingua e dalla cultura che abbiamo in comune. La
nostra cultura comprende la tradizione sviluppatasi nel corso della
storia, così come le diverse espressioni della vita degli uomini e
delle donne del nostro tempo. Nel corso della storia e sulla base
della civiltà europea, abbiamo sviluppato un’identità e una cultura
nazionali che si riflettono nella nostra lingua, nelle arti, negli usi
e costumi così come nella nostra concezione del diritto e della
democrazia, delle libertà e dei doveri dei cittadini. La Germania è
partecipe dei valori comuni dell’Occidente cristiano, e appartiene
pertanto alla comunità culturale europea.
In quanto nazione, portiamo collettivamente la responsabilità del
nostro passato, così come quella della costruzione del nostro
futuro. La condivisione del nostro retaggio storico e culturale e la
nostra comune volontà di libertà e unità sono espressione della
nostra identità nazionale e costituiscono la condizione fondamentale per il rinsaldarsi dei vincoli tra gli individui che compongono il
nostro popolo e il nostro Stato riunificati. La coscienza nazionale,
intesa in senso democratico, promuove la disponibilità ad assumersi le responsabilità e gli oneri collettivi.
Siamo consapevoli che i fondamenti spirituali dai quali la nostra
collettività trae la sua linfa vitale non possono essere dati per
scontati, nè considerati come garantiti una volta per tutte. Abbiamo
quindi l’obbligo specifico di assicurare la difesa, il rafforzamento
e l’ulteriore sviluppo dei valori fondamentali, di ispirazione cristiana, della nostra libera democrazia. E’ questo l’elemento che
ci distingue sostanzialmente dalla concezione liberale, così come
da quelle socialista e nazionalista. Le basi e l’orientamento del
nostro agire politico si ravvisano nella concezione cristiana del-
- 27 -
l’uomo e nei valori fondamentali di libertà, solidarietà e giustizia
che da essa discendono.
Sosteniamo il diritto di ciascuno alla libera espansione della
persona, che ha come presupposto la pluralità delle esigenze,
delle opinioni e degli interessi dei cittadini. E’ questa la base
della nostra democrazia nella libertà. Solo una società libera,
solidale e giusta, con uno Stato che assuma questi valori fondamentali a orientamento della sua azione, può rendere giustizia alla dignità dell’uomo. Questi convincimenti costituiscono la
base per la convivenza di tutti i cittadini, siano essi tedeschi o
di nazionalità diverse, sul territorio della Repubblica Federale
Tedesca. Sono queste le linee guida sulla cui base è stata elaborata la nostra posizione in materia di immigrazione e integrazione.
I
L’immigrazione è dovuta a diversi motivi. La Germania può attirare glI stranieri sia come localizzazione di attività economiche, come terra ove cercare rifugio, ma anche a motivo della
sua rete di sicurezza sociale. L’accoglienza che la Germania
ha offerto agli immigrati in questi ultimi decenni non trova paragoni in nessun altro paese. Dal 1973 (blocco delle chiamate)
ad oggi, il numero degli stranieri che vivono nella Repubblica
Federale Tedesca è più che raddoppiato (da 3,5 milioni a 7,3
milioni).
Nessuna società è in grado di assorbire un’immigrazione illimitata senza mettere in gioco la propria stabilità interna e la
propria identità. La RFT ha quindi lo stesso diritto che deve
poter essere rivendicato da qualsiasi altro paese sottoposto
ad un’analoga pressione migratoria: quello di regolamentare e
limitare l’afflusso degli immigrati. La domanda da porre non è
se dire sì o no all’immigrazione; dobbiamo invece chiederci se
sia il caso di consentire che questi arrivi proseguano senza
alcuna regola, o se si debba regolarli e limitarli.
L’immigrazione deve essere oggetto di una regolamentazione
complessiva, che prenda in considerazione tutte le diverse
categorie di immigrati.
- 28 -
II
In questo campo abbiamo bisogno di una politica razionale,
che tenga conto degli interessi del nostro paese e di quelli
dei suoi cittadini. Non possiamo trascurare nè tacere i rischi
di un’immigrazione incontrollata e priva di regole, e neppure i
conseguenti oneri e problemi per la nostra collettività. Ma non
possiamo neppure dimenticare che per una società l’immigrazione rappresenta sotto molti aspetti una grande opportunità di
arricchimento, non soltanto nel senso economico del termine.
Dobbiamo quindi sgombrare il campo dai timori eccessivi di
chi, per svariati motivi, vede nell’immigrazione un pericolo per il
futuro del nostro paese e ovviamente anche per il proprio personale destino.
Ma una concezione politica complessiva di gestione dei flussi
migratori non basta da sola a risolvere tutti i problemi che da
essi derivano. E’ necessario porre in atto una serie di misure di
integrazione, in aggiunta a quelle attualmente esistenti. Ammettere ulteriori contingenti o nuove categorie di immigrati senza
affrontare questi problemi sarebbe irresponsabile non soltanto
verso la popolazione della RTF, ma anche nei confronti degli
stessi immigrati. Le prospettive di integrazione dovranno costituire il parametro in base al quale si procederà a determinare
l’entità del flusso migratorio.
III
I provvedimenti sull’immigrazione sono in parte soggetti a
norme dettate dal diritto europeo o dal diritto internazionale,
quale ad esempio la Convenzione di Ginevra sull’immigrazione.
La Germania intende mantenere anche in futuro la propria
posizione di apertura ai flussi migratori dovuti a ragioni umanitarie, ed è disposta a far fronte ai relativi impegni senza limitazioni di sorta. Tuttavia, almeno finche non vi sarà una giusta
ripartizione degli oneri sul piano europeo, l’attuazione di questa
politica non dovrà pregiudicare la facoltà della Germania di
gestire questa problematica a livello nazionale. Nella misura del
possibile, l’immigrazione dovrà essere regolata in base ai legittimi interessi del paese, sia sul piano economico che su quello
- 29 -
sociale e della convivenza civile.
Qualora non si riuscisse a coprire il fabbisogno di manodopera
qualificata,
anche in alcuni settori chiave, attingendo alle riserve di forza
lavoro interne o assumendo lavoratori provenienti dagli altri
paesi dell’UE, e se nonostante i maggiori sforzi delle imprese
per promuovere la formazione e l’impegno degli organismi
competenti per la riqualificazione o la riconversione dei lavoratori, molti posti di lavoro rimanessero vacanti, il nostro paese
andrebbe sicuramente incontro a conseguenze negative per il
suo sviluppo economico. Pertanto, l’ingresso regolato di immigrati in grado di fornire una forza lavoro qualificata è senz’altro
nell’interesse della nostra economia, e quindi del paese nel suo
complesso.
Se vogliamo garantirci un livello scientifico di prim’ordine, un
potenziale di innovazione elevato e un’economia dinamica,
dobbiamo quindi aprire le porte all’afflusso di imprenditori,
scienziati e prestatori d’opera qualificati provenienti da altri
paesi. L’apertura verso il mondo è la premessa per raggiungere
i livelli di punta, non soltanto in campo sportivo ma in tutti i settori dell’attività.
Se in futuro vogliamo avere successo nella gara mondiale per
attirare “i migliori cervelli”, non possiamo accontentarci di un
programma vago, fatto di mezze misure e di norme speciali
di corto respiro. Disposizioni come quelle dell’iniziativa Green
Card rischiano di portarci più danni che vantaggi. Chi vuole
conquistarsi “i migliori” deve accoglierli con le loro famiglie a
braccia aperte, senza remore di sorta, e offrire loro non soltanto un lavoro stabile e attraente nella Repubblica Federale
Tedesca, ma anche una prospettiva di vita.
E’ inoltre il caso di chiedersi se e in quale misura l’immigrazione
regolata possa contribuire a risolvere i problemi demografici
che si vanno delineando.
E’ necessario mantenere un rapporto proporzionale equilibrato
tra l’immigrazione basata su legittimi motivi di interesse nazionale, e quella motivata da ragioni umanitarie.
- 30 -
Non si tratta qui di prospettare due opzioni politiche contrapposte, e neppure di chiedersi se il nostro paese intenda accogliere immigrati per ragioni umanitarie, o piuttosto in nome delle
proprie esigenze economiche. Ciò che occorre è trovare un
rapporto equilibrato tra le diverse categorie di immigrati, con
le loro rispettive motivazioni, per poter servire gli interessi del
nostro paese tenendo conto anche degli aspetti umanitari legati
all’immigrazione.
IV
Ogni Stato e ogni società deve costituirsi una determinata base
comune fondata sul senso di appartenenza, sulla reciproca
fiducia; ciò comporta anche l’accettazione di un comune ordine
di valori, senza la quale una collettività in cui siano rappresentate le più diverse concezioni individuali della vita non può
rimanere stabile. Se venisse a mancare la lealtà verso i valori
fondamentali dello Stato di accoglienza, con la coscienza dell’identità comune che ne deriva, la nostra collettività si troverebbe nell’impossibilità di far fronte ai propri compiti, e non
potrebbe farsi carico dei propri cittadini in nome del bene
comune.
Pertanto, l’integrazione esige, oltre all’apprendimento della
lingua tedesca, un’adesione univoca al nostro ordinamento
costituzionale e statuale. E richiede altresì la disponibilità ad
inserirsi nel nostro contesto di vita sociale e culturale e ad
accettare, in Germania, i valori della nostra cultura cristiana e
occidentale, nati dal cristianesimo, dall’ebraismo, dalla filosofia
antica, dall’umanesimo, dal diritto romano e dall’illumismo
Tutto questo non implica la rinuncia alle proprie specificità culturali e religiose, ma esige un atteggiamento positivo, così
come la disponibilità ad adeguarsi all’ordinamento e ai valori
che regolano la nostra convivenza.
L’integrazione così intesa non è assimilazione unilaterale, ma
neppure una coesistenza senza coesione, anche nel lungo
periodo. Un multiculturalismo sotto forma di coesistenza di
società parallele non rappresenta un modello accettabile per
il futuro. Il nostro obiettivo deve essere una cultura della tolle-
- 31 -
ranza e della vita comunitaria basata sui nostri valori costituzionali, nella consapevolezza della propria identità. E’ in questo
senso che in Germania il termine “cultura di riferimento” designa il rispetto dei suddetti valori.
Per ridurre al minimo i rischi legati alla presenza di stranieri
scarsamente integrati, cogliendo al tempo stesso le opportunità di un’immigrazione proficua per il nostro paese, è necessario attuare in questo campo una politica coerente.
Innanzitutto, per un’integrazione rapida e positiva degli stranieri
che vivono stabilmente in Germania è indispensabile un adeguato apprendimento della lingua. Solo chi conosce sufficientemente il tedesco potrà avere buone opportunità sul mercato
del lavoro e nella società del paese. Una buona conoscenza
della lingua dovrebbe quindi essere considerato come fattore
positivo, sia per l’accettazione delle domande di ingresso nel
paese che per la concessione del permesso di lavoro o di un
altro titolo per poter soggiornare stabilmente in Germania.
D’altra parte, quando un immigrato viene a trovarsi in condizioni
di dipendere dalle prestazioni dell’assistenza sociale pubblica,
si dovrebbe poter rendere obbligatoria la sua partecipazione
a un corso finalizzato all’integrazione, con particolare accento
sull’insegnamento della lingua. Di fatto, attualmente esistono
svariati corsi di tedesco per stranieri, ma in genere non c’è
alcun obbligo di far uso di questa offerta. Un sistema basato sia
su sanzioni che su incentivi, volti a creare un impegno concreto
a partecipare ai suddetti corsi, potrebbe contribuire ad accelerare al massimo l’apprendimento della lingua da parte degli
stranieri autorizzati a rimanere in Germania, creando così le
basi per la riuscita del processo di integrazione.
Gli immigrati regolari che desiderano ottenere un permesso di
soggiorno di lunga durata devono essere tenuti a partecipare
a un programma di inserimento. Questi programmi dovranno
riguardare in particolare lo studio della lingua tedesca, dei fondamenti dell’ordinamento giuridico della Repubblica Federale,
della storia e della cultura del nostro paese, e comprendere
anche nozioni di educazione civica ed elementi di orientamento
- 32 -
professionale. Uno sforzo tempestivo in questo senso potrà
contribuire ad evitare la tendenza alla separazione e la conseguente formazione di società parallele.
V
Il ricongiungimento familiare, ormai istituzionalizzato, non è
messo in discussione. E’ necessario però che la legge sia formulata in modo da escludere ogni abuso, assicurando che il
familiare immigrato per motivi di ricongiungimento sia disponibile a integrarsi e ne abbia la possibilità, soprattutto sotto il profilo delle nozioni linguistiche.
L’età dei figli ammessi al ricongiungimento familiare deve essere
nettamente abbassata, soprattutto ai fini di una valida integrazione. I genitori che vivono in Germania devono decidere per
tempo il ricongiungimento con i figli che avevano lasciato nel
paese d’origine; se il loro arrivo avviene tardivamente, questi
giovani hanno scarse possibilità di completare il ciclo scolastico, e difficilmente potranno accedere ad una formazione professionale.
VI
Gli immigrati irregolari riescono ad entrare nel paese soprattutto attraverso i meccanismi del diritto fondamentale di asilo.
Nel 90% dei casi, i richiedenti asilo non possono dimostrare
di essere effettivamente perseguitati “politici”. Eppure, anche
quando le richieste d’asilo vengono respinte, questi stranieri
rimangono per lo più stabilmente in Germania, per ragioni
diverse.
Di conseguenza, il dibattito sull’impostazione generale di una
politica dell’immigrazione adeguata alle esigenze della società
di oggi deve estendersi anche alla tematica del diritto d’asilo.
Dobbiamo discutere di una riforma di questo istituto senza pregiudizi di sorta. Desideriamo garantire anche in futuro la protezione dei rifugiati politici; ma a lungo andare, potremo ottenere
per questo impegno l’indispensabile consenso della popolazione soltanto a condizione che il diritto d’asilo sia garantito
esclusivamente a chi è effettivamente vittima di persecuzioni
politiche.
- 33 -
Noi vogliamo che il diritto d’asilo continui ad essere garantito.
Ma chiunque sia veramente deciso a garantire questo diritto ai
perseguitati politici nel lungo periodo deve essere anche disposto a riformarlo in maniera tale da evitare qualsiasi distorsione.
Il nostro scopo prioritario dovrebbe essere la lotta contro ogni
abuso
TOin questo senso. E’ necessario quindi snellire l’iter ammiMEN
U
C
O
nistrativo
e giudiziario affinche le procedure non superino la
D
durata di un anno, eliminando nel contempo gli ostacoli che si
frappongono alle espulsioni.
Sosteniamo l’esigenza di armonizzare il diritto d’asilo a livello
europeo. Con la libera circolazione all’interno dell’UE e le
misure di sicurezza ai suoi confini esterni, una politica nazionale del diritto d’asilo appare infatti sempre più priva di senso.
Nella prospettiva di un’armonizzazione e unificazione europea
anche sul piano giuridico, la trasformazione del diritto fondamentale d’asilo in garanzia istituzionale non può rimanere un
tabù politico. Sarebbe illusorio aspettarsi che un’armonizzazione europea del diritto d’asilo, e più in generale della politica
in questo campo, possa realizzarsi esclusivamente sulla base
del diritto tedesco.
VII
E’ praticamente impossibile stabilire quote rigide per i flussi
migratori in fuga da una guerra civile. La paura e il terrore ricordiamo le immagini disperate dei profughi kosovari - difficilmente si possono inquadrare in quote. D’altra parte, una regolamentazione complessiva del numero degli immigrati non può
non tener conto dell’incidenza dei flussi migratori determinati
da una guerra civile.
In linea di principio, questi profughi dovrebbero far ritorno in
patria non appena le condizioni lo consentono. Gli immigrati
entrati in Germania per cercare rifugio da un conflitto interno al
loro paese non hanno titoli per chiedere di rendere permanente
il loro soggiorno. Tuttavia, le procedure di rimpatrio dovrebbero
essere applicate in maniera flessibile e differenziata.
Il problema della “ripartizione degli oneri” sul piano europeo, per
un’equa distribuzione dei flussi migratori determinati da guerre
- 34 -
civili, è ancora irrisolto. Gli “oneri” che ne derivano dovrebbero
essere ripartiti tra tutti i paesi dell’UE secondo criteri di equità;
e lo stesso criterio dovrebbe essere applicato ai richiedenti
asilo. Non è ammissibile che un singolo paese sl faccia carico
della parte maggiore degli oneri, anche percèh verrebbe meno
il consenso della popolazione a questo tipo di aiuti.
VIII
Dato che la libera circolazione dei cittadini dell’Unione è parte
integrante delle libertà costitutive dell’UE, si deve escludere
qualsiasi tipo di limitazione attraverso quote o altre misure di
regolamentazione.
Nella prospettiva della futura libertà di circolazione, le domande
di immigrazione degli stati candidati a un prossimo ingresso
nell’Unione dovrebbero avere la precedenza rispetto a quelle
degli altri stati.
IX
E’ necessario intensificare, soprattutto ai confini esterni dell’Unione europea, la lotta contro l’immigrazione clandestina e
contro le bande internazionali di trafficanti di esseri umani, che
agiscono spesso con metodi di inaudita crudeltà. Per adempiere a questi compiti tanto importanti è necessario migliorare
al massimo il servizio di vigilanza ai confini della Repubblica
Federale, sia dal punto di vista degli addetti che sul piano tecnico.
X
Sarà compito della Commissione elaborare, sulla base delle
indicazioni sopra formulate, un progetto di normativa sull’immigrazione complessivo e concreto. In particolare si dovranno
discutere le questioni seguenti:
* In considerazione di tutti gli interessi in gioco, quali sono i termini quantitativi proponibili in materia di immigrazione?
* Quale rilevanza si deve attribuire all’immigrazione in vista
degli sviluppi demografici prevedibili?
* Come determinare un rapporto di proporzionalità tra i singoli
gruppi di immigrati?
* Di quali strumenti possiamo disporre per la regolamentazione
- 35 -
Per sostenere l’impalcatura comunista-massonica sull’immigrazione, è stato costituito l’Osservatorio Europeo sul Razzismo e
sulla Xenofobia, i cui membri sono a maggioranza di sinistra, di
cui allego una breve scheda informativa.
_________________
DOCUMENTO ALLEGATO
SCHEDA OSSERVATORIO EUROPEO
SUL RAZZISMO E XENOFOBIA
L’Osservatorio è un’organismo dell’Unione Europea ed è stato
creato nel 1998.
Esso è realmente operativo dal 1999 con sede a Vienna.
E’ composto da un Consiglio di Amministrazione formato da
18 membri nominati dai Governi e dalle istitituzioni europee
(un rappresentante per ogni stato membro, più tre nominati
rispettivamente da Parlamento Europeo, Consiglio d’Europa
e Commissione Europea). Il rappresentante italiano è il Prof.
Francesco Margiotta Broglio, ordinario dell’Università di Firenze
(area PDS) titolare della cattedra di “storia delle istituzioni religiose” e dell’insegnamento su “la nuova azione dell’Unione
Europea contro ogni forma di discriminazione” (cattedra Jean
Monnet finanziata dall’Unione Europea).
Il Presidente è Jean Kahn, il quale presiede altresì il congresso
ebraico europeo.
Il centro è sovvenzionato dalla Commissione Europea dalla
quale riceve 3.750.000 Euro all’anno. I funzionari sono circa
una ventina.
Obiettivi ed attività
L’obiettivo principale dell’osservatorio consiste nel trasmettere
- 36 -
alla comunità ed agli Stati Membri informazioni attendibili e
comparabili su razzimo, xenofobia ed antisemitismo a livello
europeo. Esso raccoglie informazioni ed elabora studi e ricerche. Il Centro può anche formulare conclusioni e pareri per la
Comunità e gli Stati Membri.
L’Osservatorio gestisce anche la costituenda rete RAXEN,
composta da organismi governativi e privati, dei differenti Stati
Membri, la quale raccoglie dati ed informazioni su razzismo e
xenofobia. Il centro di Vienna propone la firma della “carta europea dei partiti politici contro il razzismo”, nella quale i partiti si
impegnano a non fare campagne contro l’immigrazione, inserendo nel contempo nelle loro liste elettorali e nei loro organi
direttivi dei cittadini extracomunitari.
Durante l’audizione di ieri 23 novembre davanti alla commissione per le libertà pubbliche, la direttrice Winkler ha sostenuto
che “l’Europa deve prepararsi ad accogliere milioni e milioni
di persone” ed a considerato un buon esempio da seguire la
legislazione belga adottata l’anno scorso, la quale prevede la
sospensione dei finanziamenti pubblici ai partiti che fanno propaganda contro l’immigrazione.
Nel corso del medesimo dibattito l’Osservatorio è stato fortemente criticato dal liberale danese Haarder. Secondo l’eurodeputato l’intromissione dell’Osservatorio negli affari interni
danesi è stata una delle principali ragioni della vittoria danese
nel referendum contro l’euro.
Haarder ha contestato anche il carattere istituzionale dell’Osservatorio proponendo la sua trasformazione in una ONG privata.
- 37 -
PROGRAMMA PER L’ATTUAZIONE CONCRETA
DEL FEDERALISMO
Programma promosso e sottoscritto
dai Candidati Presidenti delle Regioni del Nord
Milano 17 febbraio 2000
1. Il percorso storico del federalismo si sta finalmente compiendo. Uno
degli ideali del Risorgimento, il federalismo può ora realmente concretarsi,
nell’interesse ed al servizio dei cittadini. Ci impegniamo a realizzarlo nella
fase “costituente” che si apre, nelle nostre Regioni, dopo queste elezioni.
2. Il federalismo è parte strutturale essenziale dei programmi delle forze
politiche che compongono la nostra alleanza.
3. Il federalismo che vogliamo, e che ci impegniamo a realizzare, è essen-
zialmente reazione a quell’eccesso di centralismo che, in un crescendo
negativo, ha caratterizzato, soffocandola, la vita del Paese.
Dalla fiscalità alla criminalità, dall’immigrazione alla libertà economica, le
grandi questioni del Paese non possono essere risolte solo dal centro. Si
badi che non vogliamo la dissoluzione dello Stato.
Ma, all’opposto, la sua concentrazione sugli obiettivi centrali fondamentali,
che dello Stato costituiscono la ragione d’essere fondamentale.
Lo statalismo, la diffusione pervasiva e paralizzante dell’intervento statale,
non è lo Stato, ma la sua negazione.
Per questa ragione, il nostro federalismo prende la forma della devoluzione, dallo Stato alle Regioni, delle competenze relative alle materie che,
nell’interesse dei cittadini, crediamo possano gestire meglio, in forma nuova
e più vitale, proprio dalle Regioni.
E’ in specie nella forma della devoluzione, che il nostro federalismo integra
perfettamente il “secondo pilastro” su cui si basa l’unione europea: il pilastro
della sussidiarietà.
4.
In concreto, le competenze che riteniamo possano (e debbano)
essere oggetto di devoluzione prioritaria alle nostre Regioni (le altre competenze seguiranno) sono: sanità ed istruzione.
Sono infatti queste le materie in cui si sono manifestati, e con una fortissima
accelerazione negli ultimi anni, i limiti di una gestione centralista e pirami- 38 -
dale. Ed in cui, per contro, può essere con la maggiore efficacia possibile
sviluppata l’azione positiva delle Regioni.
E poi sicurezza dei cittadini e tutela della loro proprietà sul territorio. Per
questo ci impegniamo a chiedere subito la devoluzione di:
a) Sanità.
Tutta la competenza in materia di sanità è trasferita alle Regioni, sotto
l’esclusivo vincolo dei principi costituzionali e delle Direttive comunitarie;
b) Istruzione e formazione.
La legislazione statale definisce l’ordine degli studi, gli standards di insegnamento, le condizioni per il conseguimento e la parificazione dei titoli
di studio. Le Regioni acquistano competenza in materia di organizzazione scolastica, di offerta dei programmi educativi, di gestione degli istituti scolastici. Il massimo grado possibile di libertà di insegnamento, e
la più elevata possibile retribuzione del personale, saranno considerate
dalle nostre Regioni come la forma prioritaria di investimento in modernizzazione;
c)Polizia locale.
Ciò per una più efficace azione di prevenzione e repressione, sul territorio, dei cosiddetti “piccoli crimini”. Che per la povera gente sono, in realtà,
grandi crimini.
5. La devoluzione non è solo “politica”, ma anche “economica”. Perciò
postula e presuppone un federalismo fiscale, reale e non illusorio. Per
questa ragione, il sistema fiscale che ci impegniamo a chiedere e realizzare
dovrà articolarsi, su base regionale, secondo il modello tedesco. In merito
al demanio statale, lo Stato conserva soltanto la titolarità dei beni demaniali di cui abbia assoluta necessità ed essenziali allo svolgimento delle sue
funzioni. Gli altri beni sono oggetto di devoluzione ai Governi locali.
Programma promosso e sottoscritto dai Candidati
Presidenti delle Regioni del Nord:
Lombardia - Roberto Formigoni
Piemonte - Enzo Ghigo
Veneto - Giancarlo Galan
Emilia Romagna - Gabriele Canè
Liguria - Sandro Biasotti
- 39 -
- aprile 2001 -
- 40 -
ciclostilato in proprio
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