Influenzare è semplicemente trasferire la
propria personalità, un modo di cedere
ciò che a noi stessi è più prezioso, e tale
processo comporta la sensazione e, forse,
anche la realtà di una perdita. Ogni
discepolo porta via qualcosa al proprio
maestro.
Oscar Wilde
QUALCOSA RIMANE (COLLECTED STORIES)
STAGIONE 2015 2016
QUALCOSA RIMANE
di Donald Margulies
Libretto di sala a cura di Claudia Braida
Sabato 20 febbraio 2016
Ore 21.00
“Qualcosa rimane è una commedia drammatica di Donald Margulies (Premio Pulitzer
2000).Tratta il tema dello scontro generazionale tra una scrittrice di grande talento e
fama (Ruth Steiner interpretata da Monica Guerritore), che alterna la pubblicazione di
romanzi di successo all’insegnamento a pochi giovani allievi dotati e una giovane
scrittrice (Lisa Morrison interpretata da Alice Spisa), affamata di tutto. La donna ha un
vissuto misterioso, che è allo stesso tempo dolore e nascita del suo diventare
‘scrittrice’ e che rivelerà alla sua allieva/amica solo a seguito dell’intimità che si verrà
a creare tra loro: la complessa relazione affettiva, quando era una giovanissima
aspirante scrittrice, con Delmore Schwartz, poeta, filosofo, scrittore, mentore tra
l’altro di Lou Reed all’Università di Syracuse e protagonista del Dono di Humboldt di
Saul Bellow e l’esperienza nel mondo rivoluzionario della Beat Generation (Ginsberg,
Kerouac, William Borroughs…). La giovanissima Lisa percepisce la potenza di quel
mondo, fatto di esperienze, ma la fretta,
dominus della gioventù, le fa sembrare
impossibile arrivare a tanta ricchezza
creativa. Lei che ha tempo non vuole
sprecarlo: vuole scrivere, vuole produrre,
vuole pubblicare anche a costo di tradire…
Sono i tempi e le dinamiche che viviamo: il
tempo fa sì che le esperienze (quali che
siano) sviluppino in noi via via radici salde e
profonde. Ciò che emerge nel mondo di
fuori è nutrito, alimentato da quel tessuto
radicolare, che essendo però invisibile, non ha valore per chi invece vive la sua giovane
età non prendendo in considerazione le fessure (squarci della coscienza) interiori
(anche del pensiero). L’immaginario, l’opera creativa o di pensiero, oggi, è così
facilmente replicabile attraverso la tecnica (riproduzione), che non necessità di
esperienza diretta, può essere orecchiata e fatta propria. Ed ecco allora che la giovane
Lisa è intelligente al punto da riconoscere il talento della sua ‘maestra’, determinata al
punto di volere imparare da lei la tecnica della scrittura, sensibile al punto da
percepire la pienezza della donna, ma impaziente o avida (o disillusa?) al punto da non
volere aspettare che la vita lavori su di lei creando radici nel suo cuore… E ruba così ‘la
vita dell’altra’…tradimento della relazione maestro-allievo, copia e incolla tipica del
nostro tempo fatto di repliche o semplicemente morte a ciò che sta morendo per dare
vita a ciò che sta cominciando a vivere. E non importa se ciò che comporta è il
tradimento, tradire in fondo pesca il suo senso da tradurre , andare da un’altra parte.
Questi sono i temi, tanti e fluidi, così come la vita insegna, che scruto con la mia mia
regia, la mia visione del testo che come spesso mi accade travalicherà il testo scritto,
per andare a cercare…capire…Per me il teatro è innanzitutto il “cosa”…e poi c’è il
“come”…Lou Reed, Patti Smith, Leonard Cohen, allievi di quegli artisti saranno in scena
con le loro stupende ballate. Ho fortemente voluto Alice Spisa, giovanissima vincitrice
del premio Ubu 2013, per interpretare il complesso ruolo della giovane Lisa Morrison e
a confrontarsi con me nel ruolo di Ruth Steiner. Rivedo in lei me ragazzina nei miei
primi grandi ruoli e la grinta e il talento dei miei anni: sarà una dura lotta. Lunga. Che
non si esaurisce in una sera in palcoscenico… Il teatro è anche questo. É faticoso ed
emozionante.
Al cielo si sale con le mani. Non ci sono ali (o aiutini, scorciatoie). Ci sono le mani…le
nostre operose mani.
Ci vediamo in palcoscenico”.
Monica Guerritore
Collected Stories negli USA
Lo spettacolo è stato rappresentato per la prima volta dal
South Coast Repertory di Costa Mesa , California, nel mese di
ottobre del 1996, diretto da Lisa Peterson. Il cast prevedeva
Kandis Chappell nel ruolo di Ruth Steiner e Suzanne Cryer in
quello di Lisa Morrison. La produzione ha vinto il “Drama
Critics Circle Award” di Los Angeles come Migliore
produzione e Miglior spettacolo.
E’ stato finalista al Premio “Pulitzer” nel mese di aprile del
1997.
Proposto per la prima volta a New York ‘off-Broadway’ dal
Manhattan Theatre Club, dal 20 maggio 1997 al 27 luglio 1997, ancora una volta
diretto dalla Peterson, con Debra Messing come Lisa Morrison e Maria Tucci come
Ruth Steiner. Ha ricevuto la nomination al “Drama Desk Award” come Best Play, ed è
stato finalista al Dramatists Gilda and Hul Warriner Award. E 'stato poi prodotto in
‘Off-Broadway’ anche dal Lucille Lortel Theatre per 232 recite, dal 13 agosto 1998 fino
al 29 febbraio 1999. Diretto da William Carden, il cast interpretato da Uta Hagen
come Ruth e Lorca Simons come Lisa.
Prodotto a Los Angeles al Geffen Playhouse nel maggio 1999, con la regia di Gil Cates
e interpretato da Linda Lavin nel ruolo di Ruth e da Samantha Mathis in quello di Lisa,
ha ricevuto il “Los Angeles Ovation Award” per la miglior produzione teatrale. Con la
produzione di Shakespeare and Company, Lenox, Massachusetts, è stato
rappresentato a partire dal 14 luglio 2001 al 2 Agosto 2001, con Annette Miller e
Christianna Nelson.
Lo spettacolo debutta a Broadway nel Manhattan Theatre Club, dal 28 aprile 2010 al
giugno 2010. Questa produzione vede come interpreti Linda Lavin e Sarah Paulson,
con la regia di Lynne Meadow, la scenografia di Santo Loquasto, i costumi di Jane
Greenwood, e disegno luci di Natasha Katz. Ben Brantley nella sua recensione per il
New York Times ha scritto "... la corrente emozionale tra gli artisti assume una forza
travolgente, vita elettrica propria. Ti ritrovi a prestare meno attenzione al dialogo
rispetto al codice finemente graduato di gesti e inflessioni vocali con cui queste donne
tracciano l'ascesa e la caduta di un'amicizia .Può essere molto difficile riuscire dopo lo
spettacolo a ricordare qualcosa di specifico che il personaggio di Ruth ha detto. Ma
non si dimentica la miscela di orgoglio e vulnerabilità che lei infonde in ogni momento
sul palco, il modo in cui tiene la testa per trattenersi dal piangere”.
AUTORE
Donald Margulies, nato a Brooklyn, New York, il 2 settembre 1954, ha frequentato il
John Dewey liceo a Brooklyn, New York, e si è
laureato presso il Purchase College , dove ha
ricevuto un BFA in Arte Visiva. Margulies vive con
la moglie, Lynn Street, un medico, e il loro figlio
Miles, a New Haven, nel Connecticut. Tra i più noti
drammaturghi americani, è anche docente di
inglese e drammaturgia presso l'Università di Yale .
Alcune delle più recenti e famose opere di
Margulies sono: Country House (2014), Time
Stands Still (2009) e Brooklyn Boy (2004). Sight
Unseen e Collected Stories sono state finaliste al
“Premio Pulitzer per il teatro”, rispettivamente nel 1992 e nel 1997; Cena con gli amici
lo ha vinto nel 2000. I temi più cari all’autore sono quelli ispirati alla vita
metropolitana, alla crisi dell’identità e alle difficoltà di relazione e comunicazione tra
individui che pure si cercano e vogliono costruire legami. Menzogna e verità, realtà e
finzione sono puntualmente problematizzate sulla scena da personaggi complessi e
spesso tormentati
REGIA E INTERPRETI
Monica Guerritore esordisce nel 1974,
a soli sedici anni, sotto la regia di Giorgio
Strehler ne “Il giardino dei ciliegi” di
Cechov.
Nel
1981
si
lega
sentimentalmente e artisticamente a
Gabriele Lavia e recita ne “I masnadieri”
di Schiller. Lavia la dirige in ruoli
complessi: Giocasta, Lady Macbeth,
Ofelia, La Signorina Giulia e Marianne in
“Scene da un matrimonio” di Ingmar
Bergman. La coppia si separa nel 2001 : la Guerritore incontra Giancarlo Sepe ed è con
lui in spettacoli di teatro/danza come “Madame Bovary”, “Carmen” e “La Signora
delle Camelie”.
Nel teatro Monica Guerritore trova costantemente la sua via, anche come interpreteregista e drammaturga di spettacoli di grandissimo successo: “Giovanna d'Arco”,
“Dall'Inferno all'Infinito” e “Mi chiedete di parlare”, un testo su Oriana Fallaci da lei
scritto e interpretato, che conquista il Festival di Spoleto (luglio 2011) e gira per due
stagioni riportando l’attrice, nell'aprile del 2012, al Piccolo teatro, per la prima volta
dal suo debutto nel 1974 e con il tutto esaurito. Dal febbraio 2013 è Judy Garland nel
musical “End of the Rainbow” di Peter Quilter per la regia di Juan Diego Puerta Lopez;
crea inoltre un sodalizio con il Maestro Giovanni Nuti, portando in scena canzoni con i
testi della grande Alda Merini nel concerto “Mentre rubavo la vita”. Il 6 febbraio 2015
debutta con “Qualcosa Rimane”, di cui ha anche curato la regia.
Per la televisione, nel 1977 debutta all’interno del primo sceneggiato Rai a colori,
“Manon Lescaut”; i suoi ultimi personaggi di successo sono, nel 2009 Santa Monica in
“Sant'Agostino”, Rosa nella commedia di Eduardo De Filippo “Sabato , domenica e
lunedì” e Rosa Tomei, la serva fedele del poeta, in “Trilussa” (2012). Nel 2015 lavora
nel thriller di RAI3 in 12 puntate “Non Uccidere” con la regia di Giuseppe Gagliardi.
Nel cinema riscuote grande successo ne “La lupa”, insieme a Giancarlo Giannini, Raul
Bova e Michele Placido, oltre che in “Un giorno perfetto”, di Ferzan Ozpetek, che
conquista consensi al Festival del cinema di Venezia nel 2008. Nel 2009 gira “La bella
gente” ( uscito solo nel 2015) con Antonio Catania e Elio Germano, per la regia di
Ivano De Matteo. La pellicola vince il Festival di Annecy e riscuote in Francia notevole
successo. Nel 2011 lavora in "La peggior settimana della mia vita" di Alessandro
Genovesi e nel 2015 è nelle sale con “Parfums D'Alger”, con la regia di Rachid Benhadj
e la fotografia del premio Oscar Vittorio Storaro.
Nel 2011 è stata nominata , dal Presidente Giorgio Napolitano, Commendatore al
Merito della Repubblica Italiana per il suo impegno nel campo delle Arti e della
Cultura . Nel 2014 è stata presidente della Giuria dei Letterati del Premio Campiello.
Nel 2015 “Dall'Inferno all'Infinito” è stato scelto per inaugurare le “Olimpiadi di
italiano” all'Accademia della Crusca e la “Giornata di lavoro su Dante” nell'Aula Magna
dell'Università la Sapienza di Roma.
Alice Spisa è tra le giovani interpreti
cinematografiche e teatrali italiane più
promettenti. Nel cinema, si segnala la sua
partecipazione a “La luna su Torino”, 2013, regia di
D. Ferrario.
Nel 2013 vince il “Premio UBU” come miglior
nuova attrice under 30.
DAL TESTO
“RUTH Ho letto il tuo libro.
LISA
Sì. L’avevo immaginato.
RUTH
Beh, una buona parte, comunque. Per quel che riesco a leggere in questo
momento. Mi si sta abbassando la vista. Ci sono una marea di refusi nella
copia che mi hai dato, una tonnellata.
LISA
(Sovrapponendosi a ‘…tonnellata’) Lo so, è una copia promozionale.
RUTH
Spero che abbiano intenzioni di correggerli.
LISA
Ruth…
RUTH
E’ così, mia cara, è così�, lo sapevo che qualcosa bolliva in pentola: quando
venivi a trovarmi, non riuscivi a guardarmi negli occhi. Credevo fosse per il
mio aspetto, che stavo così da cani che non riuscivi a guardarmi negli occhi.
LISA
No!
RUTH
Mi avrebbe fatto bene la tua amicizia ma tu eri troppo occupata a rovistare
tra le mie mutande, a frugare tra i miei effetti personali.
LISA
Non ho mai fatto una cosa del genere!
RUTH
E allora perché tutta questa circospezione? Perché non riuscivi a guardarmi?
LISA
Non lo so, io … avevo bisogno di un po’ di distanza.
RUTH
‘Distanza’!
Naturalmente.
RUTH Comunque li ho segnati a margine.
Forza dell’abitudine. Ci sono degli errori di
tutto rispetto lì dentro.
LISA
LISA
Lo so.
RUTH Un’intera sezione improvvisamente si
ripete. Ho pensato di aver perso quel poco di
testa che mi è rimasto. O quello o ti eri messa a
fare Joyce. La narrativa sperimentale, come
ben sappiano tutte e due, non è proprio nel
tuo stile. (Silenzio) Lisa, Lisa. Se solo mi avessi
chiesto un parere. Se solo me l’avessi chiesto.
LISA
Dovevo separarmi da te.
LISA
Ruth.
RUTH
(Divertita) E l’hai fatto, mia cara, l’hai fatto.
RUTH
Ti avrei detto che stavi facendo uno sbaglio.
LISA
LISA
Non sapevo cosa fare, non sapevo come gestirla.
RUTH
Stai lontana da Schwartz; non lo toccare. Lui è mio, non tuo. Inoltre, l’hanno
usato tutti fino alla nausea, sfruttato da così tanti di quegli avvoltoi nel nome
della letteratura, e per ultimo Bellow che lo ha fatto fuori definitivamente per
tutti. Se solo me lo avessi chiesto.
(Sovrapponendosi a ‘…hai
fatto’) Tu non lo sai come
sia, dover uscire dalla tua
ombra,
dalla
tua
influenza, non te lo
immagini neanche come
sia!
LISA
Ruth.
RUTH
RUTH
Se solo mi avessi chiesto consiglio. Lascia perdere il mio permesso. Se solo mi
avessi chiesto consiglio. Ti avrei detto di cercare qualcos’altro, di lasciarlo
perdere, di starci alla larga. Ti confronteranno con Bellow e il tuo lavoro non
è all’altezza, tesoro. Non lo è. Non sei abbastanza brava. Forse non sarai mai
abbastanza brava. Perché richiamare l’attenzione sui tuoi limiti? Se mi avessi
chiesto che ne pensavo, te lo avrei detto. Ma non me lo hai chiesto. Hai
preferito, invece, aggirarti qui furtiva come una ladra. Per due anni e mezzo
mi hai evitata –
(Sovrapponendosi
a
‘…come sia!’) Tutto quello
che
t’ho
raccontato.
Quello che ho condiviso
con te.
LISA
Ruth…
RUTH
Che cretina sono stata.
LISA
No.
LISA
No, non è vero…
RUTH
Era solo del materiale per te! Solo questo, nient’altro.
RUTH
(Continuando) - hai eluso le mie domande, hai evitato di guardarmi negli
occhi.
LISA
Non è assolutamente vero.
RUTH
E io qua a intrattenerti con episodi della mia vita, come la vecchia patetica
in cui mi hai trasformato…
RUTH
Ma davvero? Sul serio? E sei andata avanti e l’hai fatto comunque! Questo sì
che è ammirevole. L’hai fatto comunque.
LISA
(Sovrapponendosi a ‘…in cui tu mi hai trasformato…) ‘Patetica’?! No, no…
LISA
Me l’hai insegnato tu: mi hai insegnato tu a essere spietata.
RUTH
(Continuando)…mentre tu intanto prendevi appunti!
RUTH
Ma non Maria la sanguinaria .
LISA
Non è vero! Io ti ascoltavo! Apprezzavo ogni minuto!
LISA
RUTH
Ne son sicura.
LISA
Se te l’avessi detto e tu mi avessi disapprovato - (RUTH le dà le spalle, finge di
essere impegnata a fare qualcosa) Ascoltami: se tu mi avessi disapprovato, io
non so cosa avrei fatto.
Se una cosa ti cattura lo sguardo, mi hai detto, afferrala al volo. Ricordi?
(RUTH la evita, LISA la insegue per il soggiorno) Te lo ricordi, Ruth? - Non
scappare! - Questo mi hai insegnato! A non preoccuparmi dei sentimenti
degli altri, mi hai insegnato, preoccuparsi dei sentimenti degli altri è da
sentimentali, e Dio sa che non dobbiamo essere sentimentali!
RUTH
Però hai oltrepassato il limite, dolcezza. Hai passato il limite.
RUTH
Uh huh.
LISA
Perché, perché si tratta di te?
LISA
Non lo avrei potuto scrivere. Come avrei potuto scriverlo? Avrei perso te e il
mio romanzo, anche. Avevo paura.
RUTH
RUTH
Poverina.
Credo che in effetti c’entri un pochino, sì! Io ero una tua collega, una
scrittrice che raccontava queste cose a te, non uno scaricatore di porto o
una, una cameriera, Dio Santo! Una collega scrittrice! E’ una questione di
correttezza professionale, direi! Cosa avrei dovuto fare?, dichiarare le mie
storie off-limits? Piantare una bandiera? Farti firmare qualcosa? Eri mia
amica, per la miseria!
LISA
Vorrei che non usassi il passato.
RUTH
Sai, una volta gli scrittori inventavano le loro storie. Incredibile, no?
LISA
(Sovrapponendosi a ‘Incredibile, no?’) Oh, smettila. Tu le hai sempre usate le
persone! Non mi rifilare queste stronzate! Tutto quello su cui riuscivi a
mettere le mani, lo arraffavi.
RUTH
(Sovrapponendosi a ʻ…lo arraffaviʼ) Se ho usato delle persone per i miei
racconti, mia cara, è perché erano persone che non avevano una propria
voce, nessuna possibilità di esprimersi.
LISA
(Sovrapponendosi a ʻ…di esprimersiʼ) Oh! Bene! Ma senti! Quante arie di
superiorità che ti dai, Ruth, veramente. Come fai a dirlo? Come lo sai?
RUTH
Eʼ la verità!
LISA
(Continuando) Stai sempre lì a sputare sentenze! Quand’è che queste
marionette su cui hai costruito la tua carriera hanno scelto te come
ambasciatore?!
RUTH
Ho dato loro una voce, quando non ce l’avevano.
LISA
Non sapevo che fare! Tu eri
l’unica persona che poteva darmi dei
consigli ma non potevo discuterne
con te.
RUTH E’ chiaro che ascoltavi. Hai
ascoltato benissimo. Hai assorbito
tutto. E poi hai messo tutto insieme
affinché il mondo lo vedesse.
LISA
RUH
LISA
Che c’è, che ho fatto che un qualsiasi buon scrittore non avrebbe fatto?, che
tu stessa non avresti fatto? Una storia mi ha catturato e non me la sono
lasciata sfuggire.
(Sovrapponendosi a ‘…sono lasciata sfuggire’) No, no, cara mia, è qua che ti
sbagli: non ti ha catturato; tu l’hai carpita, non sei stata presa. Ma non ce
l’hai una coscienza?! Non ce l’hai una coscienza morale?!
Ce l’ho la coscienza.
23
LISA
Oh, ecco, ci siamo
arrivati: Tutti noi giochiamo a fare
Dio. Giusto? Tutti noi mettiamo in
bocca agli altri parole. Me l’hai
insegnato tu questo, Ruth.
RUTH (Sovrapponendosi a ‘Me
l’hai insegnato tu questo, Ruth’)
No, no, no, quello che hai fatto tu
è diverso, è un’altra cosa. Io una
voce ce l’ho. Io gli strumenti ce li
ho.
LISA
Ruth…
RUTH
Usa la tua vita, cazzo! E se non è abbastanza ricca, peccato; non è un
problema mio. Non cercare di scroccare un passaggio sulla mia.
Autostoppista!
LISA
Ruth! Come mi stai dipingendo? Mi fai sembrare la più grande profittatrice
del mondo. L’ultima cosa che volevo era ferirti.
RUTH
Ah sì? Oh, non lo so, ho l’impressione che tu stia mentendo a te stessa.
LISA
Come?
RUTH
(Continuando) Mi distruggi, ti impossessi dell’uomo che ho amato e te lo
porti a letto? Io credo che tu desiderassi distruggermi.
LISA
E’ ridicolo.
RUTH
Volevi annientarmi.
LISA
No, no, volevo omaggiarti!
RUTH
Omaggiarmi?!
LISA
Era un regalo.
RUTH
Un regalo?!
LISA
Sì! Ti ho reso omaggio. Per tutte le cose che mi hai insegnato.
RUTH
Be’, io non lo voglio il tuo regalo. E adesso come la mettiamo? Mi dispiace
tantissimo, non è molto cortese, lo so, ma il tuo regalo non mi omaggia.
Dammi lo scontrino che lo vado a cambiare con qualcos’altro, ah, ma è vero,
non c’è lo scontrino. E’ così, prendere o lasciare!
LISA
(Sincera) In che modo esattamente ti ho offeso? Non lo capisco.
RUTH
Non capisci?!
LISA
No.
RUTH
Hai rubato la mia storia, Lisa. La mia storia! E cosa sono io senza la mia
storia? Non sono niente. Sono uno zero. Morta.
LISA
Ma non è la tua storia, Ruth. Non più. Ha smesso di essere la tua storia nel
momento in cui l’hai raccontata a me. Ha cambiato la mia vita per cui come
può essere semplicemente ancora la tua storia? Non è di tua proprietà!
RUTH
Ah no?
LISA
No! Tu fai parte della mia vita adesso, Ruth. Le nostre vite si intrecciano. Io
sono la somma delle tue esperienze più le mie esperienze più le esperienze
di tutti quelli con cui sono entrata in contatto.”
Traduzione di E. Luttmann
PER APPROFONDIRE:
INTIMITA’, PUDORE, EREDITA’
“Secondo Scheler “il sentimento del pudore consiste in un ritorno dell’individuo su se
stesso volto a proteggere il proprio sé profondo dalla sfera pubblica”. Se infatti
chiamiamo “intimo” ciò che si nega
all’estraneo per concederlo a chi si vuol far
entrare nel proprio segreto profondo e
spesso ignoto anche a noi stessi, allora il
pudore che difende la nostra intimità,
difende pure anche la nostra libertà. E la
difende in quel nucleo dove la nostra
identità personale decide che tipo di
relazione instaurare con l’altro. Il pudore
dunque non è faccenda di vesti, sottovesti o abbigliamento intimo, ma una sorta di
vigilanza, dove si decide il grado di apertura e di chiusura verso l’altro. Si può infatti
essere nudi senza nulla concedere, senza aprire all’altro neppure una fessura della
propria anima.
Siccome agli altri siamo irrimediabilmente esposti e, come ci ricorda Sartre, “dallo
sguardo degli altri siamo irrimediabilmente oggettivati”, il pudore è un tentativo di
mantenere la propria soggettività in modo da essere segretamente se stessi in
presenza degli altri. E qui l’intimità si coniuga con la discrezione, nel senso che, se
essere “in intimità” con un altro significa essere irrimediabilmente “nelle mani
dell’altro”, nell’intimità occorre essere discreti e non svelare interamente il proprio
intimo, affinché non si risolva quel mistero che, se interamente svelato, estingue non
solo la fonte della fascinazione, ma anche il recinto della nostra identità, che a questo
punto non è più disponibile neppure per noi.
Ma contro tutto ciò soffia il vento del nostro tempo che vuole la pubblicizzazione
dell’intimo, perché in una società consumistica, dove le merci per essere prese in
considerazione devono essere pubblicizzate, si propaga un costume per il quale ha la
sensazione di esistere solo chi si mette in mostra: il mondo è diventato un’esposizione
pubblica che è impossibile non visitare perché ormai ci siamo dentro.”
U. Galimberti, “L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani”.
“A un livello altissimo, di questo rapporto virtuoso tra
generazioni era consapevole Dante in un’opera strana
e relativamente trascurata, il De monarchia, che fa
vedere il principio secondo cui nella vita non bisogna
soltanto prendere , ma anche (e soprattutto) rendere.
Pensando forse al suo unico maestro Brunetto Latini,
autore del Tesoretto (incompiuto) e del Tresor (in
provenzale), egli mostra come la cultura non
costituisca un tesoro privato, una proprietà
individuale, che accumulo per me e che nessuno mi
può togliere. Chi tesaurizza unicamente per sé senza restituire è paragonato a una
voragine, che assorbe quanto ingoia e non restituisce niente: “Costui non è albero
che, piantato presso un corso d’acqua, a tempo debito produce frutti, ma
pestilenziale voragine, la quale sempre inghiotte e mai rende”. Da questo punto di
vista, più che di giustizia commutativa, di semplice scambio di equivalenti, ci sarebbe
bisogno di una giustizia redistributiva allargata, che renda a tutti, materialmente o
simbolicamente, parte di quanto ciascuno ha di volta in volta ricevuto o preso da altri
(persone reali, come genitori, maestri e amici, oppure personaggi storici o immaginari,
interiorizzati o presi come modelli attraverso i libri, il teatro, il cinema o i più recenti
media).
Certo, pochissimi – Platone, Dante, Leonardo, Einstein o altre icone della storia umana
– sono in qualche misura capaci di restituire più di quanto hanno ricevuto. Ognuno,
infatti, apporta immensamente meno allo sviluppo della nostra specie rispetto a
quanto gli è stato donato dalla lingua, dalla famiglia, dalla cultura, dalle istituzioni,
vale a dire dal contributo di tutte le generazioni precedenti. Eppure, per quanto
ambizioso possa apparire l’obiettivo della restituzione (poiché, come individui, non
riusciremo mai a ripagare il debito che abbiamo contratto), ciascuno di noi lascia il
mondo in condizioni diverse da come lo ha trovato e da come, secondo le sue
capacità, avrebbe potuto cambiarlo in meglio.”
R. Bodei, “Generazioni. Età della vita, età delle cose”.
“Heres latino ha la stessa radice del verbo cheros, che significa deserto, spoglio,
mancante. Potrà ereditare, dunque, soltanto
colui che si scopra orbus, orphanos (stessa
radice, infatti, del germanico Erbe). Per
diventare eredi bisogna dunque attraversare
tutto il lutto della perdita e dell’assenza. […]
Nulla forse ci è oggi più estraneo di questa
idea di eredità. Per quanto essa possa essere
balenata nell’Umanesimo più filosoficamente
e teologicamente avveduto, i grandi figli del
Moderno non si sono riconosciuti nella sua
dimensione. L’”eroico idealismo”, come lo definì Maria Zambrano, della nuova scienza
e della nuova filosofia è dominato da figure di homines novi capaci di “infuturarsi da
sé, sul fondamento di ciò che da sé stessi hanno scelto di essere. L’ “uomo nuovo” è
un orfano, ma un orfano soddisfatto, se non felice. L’eredità non riveste per lui alcun
sostanziale interesse. […]
Eredità non significa affatto “caricarsi” di contenuti o “beni” già dati, presupposti, ma
una ricerca in essi del proprio stesso nome. Eredità non è assumere “valori” dall’altro
come materiali da costruzione da un campo di rovine, ma entrare in una relazione
essenziale, non occasionale, non contingente con ciò che ci appare portante passato.
E una tale relazione potrà essere voluta e cercata soltanto da chi, in quanto nudo “io”,
si riconosca mancante, deserto, impotente.
La chiacchiera imperante concepisce la ricerca di eredità in senso esattamente
opposto, come ricerca di un fondamento che assicuri. Mille volte meglio, allora, il
gesto prepotente di quei padri del Moderno che pretendevano di potersi de-cidere da
ogni passato. Poter essere eredi comporta, invece, provare angoscia per una
condizione di sradicatezza e abbandono e insieme porsi, sulla povertà di un tale
“fondamento”, all’ascolto interrogante del “così fu”, per cogliere in esso quelle voci e
quei simboli che riconosciamo come fili essenziali della trama del nostro esserci.
Memoria selettiva, necessariamente, e anche creativa. E dinamica arrischiata quante
altre mai, poiché il pozzo del passato è profondo, e può sempre inghiottire colui che
se ne vuole fare erede.”
M. Cacciari, “Re Lear. Padri, figli, eredi”.
DALLA RASSEGNA STAMPA
Qualcosa rimane, di N. Arrigoni, da:
“Sipario”, 18.03.2015
U na scrittrice di successo, la sua allieva, un
rapporto di amicizia, ma anche lo scontro
fra due generazioni, lo scontro fra chi vive
'rifugiata' nel suo successo e chi quel
successo vorrebbe averlo subito e senza
guardare in faccia niente e nessuno: sono
questi gli estremi di Qualcosa rimane di
Donald Margulies con Monica Guerritore e
Alice Spisa. Il sipario si apre su un interno borghese, la casa di Ruth Steiner (Monica
Guerritore), scrittrice di successo che vive in solitudine e tutta dedita al suo lavoro di
insegnante e romanziere. Lisa Morrison (Alice Spisa) è la sua allieva che irrompe,
invitata dalla scrittrice, nell'intimità della Stein con una inattesa spavalderia. Qualcosa
rimane di Donald Margulies è il racconto dello scontro fra generazioni, il punto di vista
di chi ha alle spalle una vita e tanto successo e quello di chi ha un futuro davanti e
fame di successo, ma soprattutto ha voglia di bruciare le tappe. Monica Guerritore
veste i panni di Ruth Steiner prima con austera freddezza, poi pian piano mostrando la
sua debolezza di donna affamata di maternità, donna innamorata e abbandonata,
donna alle prese con l'incipiente vecchiaia. Alice Spisa nel ruolo della giovane scrittrice
rampante appare inizialmente sprovveduta, poi pian piano più sfrontata, entra
prepotentemente nella vita della sua maestra, lo fa proponendosi come sua assistente
prima, poi legandola a sé con un'amicizia intima, omosessuale, lo fa conquistandosi il
suo nume tutelare, invitandola a raccontare ciò che non ha mai svelato a nessuno: la
sua relazione con il poeta maledetto della Beat Generation, Delmore Schwartz. Non ci
vuole tanto a capire che la fredda e arrivata scrittrice finirà con l'essere usata e
strumentalizzata dalla giovane allieva, una volta che questa ne avrà conquistato il
cuore. Tutto ciò accade con linearità e prevedibilità, aspetto forse accentuato dal
desiderio di Monica Guerritore, nel doppio ruolo di interprete e regista, di dire tutto,
di anticipare e spiegare al tempo stesso, di cancellare un'ambiguità di punti di vista
che pure si intravvede fra le righe del testo di Margulies. L'esito è quello di una storia
che si fa ben seguire in cui Monica Guerritore scioglie ogni nodo e ambiguità,
riportando la vicenda su un piano di realtà che non si esime dal prendere posizione:
esiste una gioventù spietata e senza scrupoli che vampirizza i suoi maestri, ma forse è
questo l'esito ultimo del rapporto di amore/odio fra maestro e allievo. Monica
Guerritore è potente e centrata così come Alice Spisa sa essere complementare e
autonoma rispetto alla grande attrice: le due mostrano una buona armonia, si
sostengono l'un l'altra per conseguire il medesimo obiettivo: raccontare una storia
che vuole mettere di fonte due donne, due volti antitetici di concepire l'etica della
creatività. Nella scrittrice matura di Monica Guerritore c'è una sacralità dello scrivere
e del creare, c'è la lentezza e la maturità dell'esperienza nata sul fuoco bruciante della
passione amorosa. Nella giovane allieva di Alice Spisa c'è l'opportunismo, il
vampirismo di un arrivismo senza limiti, immagine di una generazione di trentenni
senza scrupoli. E se pure il taglio registico di Qualcosa rimane a tratti sembra
eccessivamente manicheo e schematico l'esito è comunque uno spettacolo che si fa
vedere e applaudire volentieri.
Al Teatro Verdi “Qualcosa rimane” con la Guerritore, di P. Primicerio, da: “La Città di
Salerno”, 13.02.2016
SALERNO. È l’attrice e regista Monica Guerritore ad aprire stasera con “Qualcosa
rimane” la mini rassegna “Drammaturgia contemporanea”, che vede inoltre al suo
interno Shakespea Re di Napoli di Ruggero Cappuccio e Dolore sotto chiave di
Francesco Saponaro.
“Qualcosa rimane”, dramma di Donald Margulies, regia di Monica Guerritore, è un
viaggio nelle atmosfere e nelle note della “beat generation” americana dove si
consuma il drammatico rapporto tra una scrittrice famosa, Ruth Steiner,Monica
Guerritore, e la sua giovane allieva preferita, Lisa Morrison, Alice Spisa. Le due attrici,
protagoniste ed antagoniste, sole a riempire la scena insieme alla colonna sonora di
Patti Smith e Lou Reed di “Perfect day”, “Have you ever seen the rain” dei Creedence
Clear Water Revival e “Dance me to the end of love” di Leonard Cohen, una scena
prima semplice e dolce, poi via via più tesa fino a scoppiare nel dramma.
Ruth e Lisa sono legate da uno speciale rapporto, quello del maestro col suo allievo
prediletto, che gli succhia la linfa vitale fino a distruggerlo. Il rapporto tra le due
donne prima seducente, poi e intimo scoppia infine nella rabbia e nell'odio tanto da
terminare con un lungo litigio il cui esito sarà devastante per Ruth - Monica e vincente
per Lisa - Alice. La maestra resterà svuotata, quasi in una trasfusione di sangue e
sapere nelle vene dell'allieva pronta così ad affrontare il futuro. La giovanissima Alice
percepisce la potenza di quel mondo cui appartiene Ruth, ma la fretta, tipica della
gioventù e dell'inesperienza, le fa sembrare troppo difficile raggiungere la vetta
camminando solo sulle proprie gambe e, per non sprecare tempo, vuole raggiungere il
successo come scrittrice usando qualsiasi mezzo, anche il tradimento del suo maestro.
E così si fa spazio in lei l’idea di tradire il suo maestro nel peggiore dei modi, rivelando
nel suo primo lavoro letterario un segreto che le aveva confessato Ruth.
Ad intrecciarsi con l'invenzione scenica è un terzo protagonista del dramma, convitato
di pietra, quel Delmore Schwartz, pittore, scrittore e poeta , amante segreto di Ruth
da giovanissima nella finzione, in realtà ispiratore della Beat Generation,
rivoluzionario movimento americano artistico -letterario in cui musicisti e poeti hanno
prodotto arte e che della loro stessa esistenza hanno fatto un'opera arte fino alla
distruzione tra alcool, droghe ed eccessi. «Questi sono i temi, tanti e fluidi, così come
la vita insegna, che ho voluto esplorare – scrive Monica Guerritore nelle sue note di
regia - la mia visione del testo , come spesso mi accade, travalicherà il testo scritto,
per andare a cercare, capire.. Per me il teatro è innanzitutto il "cosa" e poi c’è il "
come"…». Replica domani pomeriggio alle 18.30.
“Qualcosa rimane”: generazioni a confronto, Di M.
Guidi, da: “L43 Blog”, 27.3.2015
Il motore che accende lo scontro generazionale tra una
scrittrice di grande talento e fama (Ruth Steiner
interpretata da Monica Guerritore) e la sua giovane
allieva ed assistente (Lisa Morrison interpretata da
Alice Spisa) è alimentato dalla fretta che nasce per la
paura di non riuscire mai ad accumulare un vissuto
pieno di eventi straordinari, emozioni, turbamenti
interiori e profondi tali da fare scaturire nel cuore e
nella mente argomentazioni che se narrate e scritte sono liberatorie per l’autore ed
interessanti per chi le legge. Ovviamente colei che per paura e fretta “ruba“
letteralmente un evento vissuto dal suo “mentore“ ed insegnante Ruth è la giovane
Lisa, ma lo scontro tra le due donne ha una sorgente di disperazione che “trabocca“
più dal cuore della famosa scrittrice che non dalla sua mente. Questo viene
evidenziato da un’eccezionale messa a fuoco “fuori scena“ sul finire dello spettacolo,
quando Lisa legge agli spettatori parte del libro pubblicato dove sono evidenti le
tracce del vissuto giovanile di Ruth che porta il personale disappunto tra il pubblico
per sottolinearne, quasi con incedere da teatro greco, la profonda disperazione
umana di chi vede “il proprio sepolcro scoperto“. Ma qualcosa rimane anche a Lisa : la
voglia di vivere per raccontare.
Monica Guerritore è un’attrice di grande spessore, ma questa volta ha messo in
evidenza una capacità narrativa dei più intimi sentimenti umani implementandoli con
una significativa e geniale regia dove sia la scenografia che le basi musicali sono
operosi mezzi del filo narrativo ed emozionale. Alice Spisa è brava quanto Lei : e non è
facile fare lo specchio! Un grande successo scandito dalla sonorità e lunghezza degli
applausi al termine della rappresentazione ma più che altro dal silenzio sacrale e
rispettoso con il quale il numeroso pubblico ha seguito il confronto-scontro tra i più
profondi sentimenti dei personaggi in azione.
Scarica

qualcosa rimane - Teatro alle Vigne