Influenzare è semplicemente trasferire la propria personalità, un modo di cedere ciò che a noi stessi è più prezioso, e tale processo comporta la sensazione e, forse, anche la realtà di una perdita. Ogni discepolo porta via qualcosa al proprio maestro. Oscar Wilde QUALCOSA RIMANE (COLLECTED STORIES) STAGIONE 2015 2016 QUALCOSA RIMANE di Donald Margulies Libretto di sala a cura di Claudia Braida Sabato 20 febbraio 2016 Ore 21.00 “Qualcosa rimane è una commedia drammatica di Donald Margulies (Premio Pulitzer 2000).Tratta il tema dello scontro generazionale tra una scrittrice di grande talento e fama (Ruth Steiner interpretata da Monica Guerritore), che alterna la pubblicazione di romanzi di successo all’insegnamento a pochi giovani allievi dotati e una giovane scrittrice (Lisa Morrison interpretata da Alice Spisa), affamata di tutto. La donna ha un vissuto misterioso, che è allo stesso tempo dolore e nascita del suo diventare ‘scrittrice’ e che rivelerà alla sua allieva/amica solo a seguito dell’intimità che si verrà a creare tra loro: la complessa relazione affettiva, quando era una giovanissima aspirante scrittrice, con Delmore Schwartz, poeta, filosofo, scrittore, mentore tra l’altro di Lou Reed all’Università di Syracuse e protagonista del Dono di Humboldt di Saul Bellow e l’esperienza nel mondo rivoluzionario della Beat Generation (Ginsberg, Kerouac, William Borroughs…). La giovanissima Lisa percepisce la potenza di quel mondo, fatto di esperienze, ma la fretta, dominus della gioventù, le fa sembrare impossibile arrivare a tanta ricchezza creativa. Lei che ha tempo non vuole sprecarlo: vuole scrivere, vuole produrre, vuole pubblicare anche a costo di tradire… Sono i tempi e le dinamiche che viviamo: il tempo fa sì che le esperienze (quali che siano) sviluppino in noi via via radici salde e profonde. Ciò che emerge nel mondo di fuori è nutrito, alimentato da quel tessuto radicolare, che essendo però invisibile, non ha valore per chi invece vive la sua giovane età non prendendo in considerazione le fessure (squarci della coscienza) interiori (anche del pensiero). L’immaginario, l’opera creativa o di pensiero, oggi, è così facilmente replicabile attraverso la tecnica (riproduzione), che non necessità di esperienza diretta, può essere orecchiata e fatta propria. Ed ecco allora che la giovane Lisa è intelligente al punto da riconoscere il talento della sua ‘maestra’, determinata al punto di volere imparare da lei la tecnica della scrittura, sensibile al punto da percepire la pienezza della donna, ma impaziente o avida (o disillusa?) al punto da non volere aspettare che la vita lavori su di lei creando radici nel suo cuore… E ruba così ‘la vita dell’altra’…tradimento della relazione maestro-allievo, copia e incolla tipica del nostro tempo fatto di repliche o semplicemente morte a ciò che sta morendo per dare vita a ciò che sta cominciando a vivere. E non importa se ciò che comporta è il tradimento, tradire in fondo pesca il suo senso da tradurre , andare da un’altra parte. Questi sono i temi, tanti e fluidi, così come la vita insegna, che scruto con la mia mia regia, la mia visione del testo che come spesso mi accade travalicherà il testo scritto, per andare a cercare…capire…Per me il teatro è innanzitutto il “cosa”…e poi c’è il “come”…Lou Reed, Patti Smith, Leonard Cohen, allievi di quegli artisti saranno in scena con le loro stupende ballate. Ho fortemente voluto Alice Spisa, giovanissima vincitrice del premio Ubu 2013, per interpretare il complesso ruolo della giovane Lisa Morrison e a confrontarsi con me nel ruolo di Ruth Steiner. Rivedo in lei me ragazzina nei miei primi grandi ruoli e la grinta e il talento dei miei anni: sarà una dura lotta. Lunga. Che non si esaurisce in una sera in palcoscenico… Il teatro è anche questo. É faticoso ed emozionante. Al cielo si sale con le mani. Non ci sono ali (o aiutini, scorciatoie). Ci sono le mani…le nostre operose mani. Ci vediamo in palcoscenico”. Monica Guerritore Collected Stories negli USA Lo spettacolo è stato rappresentato per la prima volta dal South Coast Repertory di Costa Mesa , California, nel mese di ottobre del 1996, diretto da Lisa Peterson. Il cast prevedeva Kandis Chappell nel ruolo di Ruth Steiner e Suzanne Cryer in quello di Lisa Morrison. La produzione ha vinto il “Drama Critics Circle Award” di Los Angeles come Migliore produzione e Miglior spettacolo. E’ stato finalista al Premio “Pulitzer” nel mese di aprile del 1997. Proposto per la prima volta a New York ‘off-Broadway’ dal Manhattan Theatre Club, dal 20 maggio 1997 al 27 luglio 1997, ancora una volta diretto dalla Peterson, con Debra Messing come Lisa Morrison e Maria Tucci come Ruth Steiner. Ha ricevuto la nomination al “Drama Desk Award” come Best Play, ed è stato finalista al Dramatists Gilda and Hul Warriner Award. E 'stato poi prodotto in ‘Off-Broadway’ anche dal Lucille Lortel Theatre per 232 recite, dal 13 agosto 1998 fino al 29 febbraio 1999. Diretto da William Carden, il cast interpretato da Uta Hagen come Ruth e Lorca Simons come Lisa. Prodotto a Los Angeles al Geffen Playhouse nel maggio 1999, con la regia di Gil Cates e interpretato da Linda Lavin nel ruolo di Ruth e da Samantha Mathis in quello di Lisa, ha ricevuto il “Los Angeles Ovation Award” per la miglior produzione teatrale. Con la produzione di Shakespeare and Company, Lenox, Massachusetts, è stato rappresentato a partire dal 14 luglio 2001 al 2 Agosto 2001, con Annette Miller e Christianna Nelson. Lo spettacolo debutta a Broadway nel Manhattan Theatre Club, dal 28 aprile 2010 al giugno 2010. Questa produzione vede come interpreti Linda Lavin e Sarah Paulson, con la regia di Lynne Meadow, la scenografia di Santo Loquasto, i costumi di Jane Greenwood, e disegno luci di Natasha Katz. Ben Brantley nella sua recensione per il New York Times ha scritto "... la corrente emozionale tra gli artisti assume una forza travolgente, vita elettrica propria. Ti ritrovi a prestare meno attenzione al dialogo rispetto al codice finemente graduato di gesti e inflessioni vocali con cui queste donne tracciano l'ascesa e la caduta di un'amicizia .Può essere molto difficile riuscire dopo lo spettacolo a ricordare qualcosa di specifico che il personaggio di Ruth ha detto. Ma non si dimentica la miscela di orgoglio e vulnerabilità che lei infonde in ogni momento sul palco, il modo in cui tiene la testa per trattenersi dal piangere”. AUTORE Donald Margulies, nato a Brooklyn, New York, il 2 settembre 1954, ha frequentato il John Dewey liceo a Brooklyn, New York, e si è laureato presso il Purchase College , dove ha ricevuto un BFA in Arte Visiva. Margulies vive con la moglie, Lynn Street, un medico, e il loro figlio Miles, a New Haven, nel Connecticut. Tra i più noti drammaturghi americani, è anche docente di inglese e drammaturgia presso l'Università di Yale . Alcune delle più recenti e famose opere di Margulies sono: Country House (2014), Time Stands Still (2009) e Brooklyn Boy (2004). Sight Unseen e Collected Stories sono state finaliste al “Premio Pulitzer per il teatro”, rispettivamente nel 1992 e nel 1997; Cena con gli amici lo ha vinto nel 2000. I temi più cari all’autore sono quelli ispirati alla vita metropolitana, alla crisi dell’identità e alle difficoltà di relazione e comunicazione tra individui che pure si cercano e vogliono costruire legami. Menzogna e verità, realtà e finzione sono puntualmente problematizzate sulla scena da personaggi complessi e spesso tormentati REGIA E INTERPRETI Monica Guerritore esordisce nel 1974, a soli sedici anni, sotto la regia di Giorgio Strehler ne “Il giardino dei ciliegi” di Cechov. Nel 1981 si lega sentimentalmente e artisticamente a Gabriele Lavia e recita ne “I masnadieri” di Schiller. Lavia la dirige in ruoli complessi: Giocasta, Lady Macbeth, Ofelia, La Signorina Giulia e Marianne in “Scene da un matrimonio” di Ingmar Bergman. La coppia si separa nel 2001 : la Guerritore incontra Giancarlo Sepe ed è con lui in spettacoli di teatro/danza come “Madame Bovary”, “Carmen” e “La Signora delle Camelie”. Nel teatro Monica Guerritore trova costantemente la sua via, anche come interpreteregista e drammaturga di spettacoli di grandissimo successo: “Giovanna d'Arco”, “Dall'Inferno all'Infinito” e “Mi chiedete di parlare”, un testo su Oriana Fallaci da lei scritto e interpretato, che conquista il Festival di Spoleto (luglio 2011) e gira per due stagioni riportando l’attrice, nell'aprile del 2012, al Piccolo teatro, per la prima volta dal suo debutto nel 1974 e con il tutto esaurito. Dal febbraio 2013 è Judy Garland nel musical “End of the Rainbow” di Peter Quilter per la regia di Juan Diego Puerta Lopez; crea inoltre un sodalizio con il Maestro Giovanni Nuti, portando in scena canzoni con i testi della grande Alda Merini nel concerto “Mentre rubavo la vita”. Il 6 febbraio 2015 debutta con “Qualcosa Rimane”, di cui ha anche curato la regia. Per la televisione, nel 1977 debutta all’interno del primo sceneggiato Rai a colori, “Manon Lescaut”; i suoi ultimi personaggi di successo sono, nel 2009 Santa Monica in “Sant'Agostino”, Rosa nella commedia di Eduardo De Filippo “Sabato , domenica e lunedì” e Rosa Tomei, la serva fedele del poeta, in “Trilussa” (2012). Nel 2015 lavora nel thriller di RAI3 in 12 puntate “Non Uccidere” con la regia di Giuseppe Gagliardi. Nel cinema riscuote grande successo ne “La lupa”, insieme a Giancarlo Giannini, Raul Bova e Michele Placido, oltre che in “Un giorno perfetto”, di Ferzan Ozpetek, che conquista consensi al Festival del cinema di Venezia nel 2008. Nel 2009 gira “La bella gente” ( uscito solo nel 2015) con Antonio Catania e Elio Germano, per la regia di Ivano De Matteo. La pellicola vince il Festival di Annecy e riscuote in Francia notevole successo. Nel 2011 lavora in "La peggior settimana della mia vita" di Alessandro Genovesi e nel 2015 è nelle sale con “Parfums D'Alger”, con la regia di Rachid Benhadj e la fotografia del premio Oscar Vittorio Storaro. Nel 2011 è stata nominata , dal Presidente Giorgio Napolitano, Commendatore al Merito della Repubblica Italiana per il suo impegno nel campo delle Arti e della Cultura . Nel 2014 è stata presidente della Giuria dei Letterati del Premio Campiello. Nel 2015 “Dall'Inferno all'Infinito” è stato scelto per inaugurare le “Olimpiadi di italiano” all'Accademia della Crusca e la “Giornata di lavoro su Dante” nell'Aula Magna dell'Università la Sapienza di Roma. Alice Spisa è tra le giovani interpreti cinematografiche e teatrali italiane più promettenti. Nel cinema, si segnala la sua partecipazione a “La luna su Torino”, 2013, regia di D. Ferrario. Nel 2013 vince il “Premio UBU” come miglior nuova attrice under 30. DAL TESTO “RUTH Ho letto il tuo libro. LISA Sì. L’avevo immaginato. RUTH Beh, una buona parte, comunque. Per quel che riesco a leggere in questo momento. Mi si sta abbassando la vista. Ci sono una marea di refusi nella copia che mi hai dato, una tonnellata. LISA (Sovrapponendosi a ‘…tonnellata’) Lo so, è una copia promozionale. RUTH Spero che abbiano intenzioni di correggerli. LISA Ruth… RUTH E’ così, mia cara, è così�, lo sapevo che qualcosa bolliva in pentola: quando venivi a trovarmi, non riuscivi a guardarmi negli occhi. Credevo fosse per il mio aspetto, che stavo così da cani che non riuscivi a guardarmi negli occhi. LISA No! RUTH Mi avrebbe fatto bene la tua amicizia ma tu eri troppo occupata a rovistare tra le mie mutande, a frugare tra i miei effetti personali. LISA Non ho mai fatto una cosa del genere! RUTH E allora perché tutta questa circospezione? Perché non riuscivi a guardarmi? LISA Non lo so, io … avevo bisogno di un po’ di distanza. RUTH ‘Distanza’! Naturalmente. RUTH Comunque li ho segnati a margine. Forza dell’abitudine. Ci sono degli errori di tutto rispetto lì dentro. LISA LISA Lo so. RUTH Un’intera sezione improvvisamente si ripete. Ho pensato di aver perso quel poco di testa che mi è rimasto. O quello o ti eri messa a fare Joyce. La narrativa sperimentale, come ben sappiano tutte e due, non è proprio nel tuo stile. (Silenzio) Lisa, Lisa. Se solo mi avessi chiesto un parere. Se solo me l’avessi chiesto. LISA Dovevo separarmi da te. LISA Ruth. RUTH (Divertita) E l’hai fatto, mia cara, l’hai fatto. RUTH Ti avrei detto che stavi facendo uno sbaglio. LISA LISA Non sapevo cosa fare, non sapevo come gestirla. RUTH Stai lontana da Schwartz; non lo toccare. Lui è mio, non tuo. Inoltre, l’hanno usato tutti fino alla nausea, sfruttato da così tanti di quegli avvoltoi nel nome della letteratura, e per ultimo Bellow che lo ha fatto fuori definitivamente per tutti. Se solo me lo avessi chiesto. (Sovrapponendosi a ‘…hai fatto’) Tu non lo sai come sia, dover uscire dalla tua ombra, dalla tua influenza, non te lo immagini neanche come sia! LISA Ruth. RUTH RUTH Se solo mi avessi chiesto consiglio. Lascia perdere il mio permesso. Se solo mi avessi chiesto consiglio. Ti avrei detto di cercare qualcos’altro, di lasciarlo perdere, di starci alla larga. Ti confronteranno con Bellow e il tuo lavoro non è all’altezza, tesoro. Non lo è. Non sei abbastanza brava. Forse non sarai mai abbastanza brava. Perché richiamare l’attenzione sui tuoi limiti? Se mi avessi chiesto che ne pensavo, te lo avrei detto. Ma non me lo hai chiesto. Hai preferito, invece, aggirarti qui furtiva come una ladra. Per due anni e mezzo mi hai evitata – (Sovrapponendosi a ‘…come sia!’) Tutto quello che t’ho raccontato. Quello che ho condiviso con te. LISA Ruth… RUTH Che cretina sono stata. LISA No. LISA No, non è vero… RUTH Era solo del materiale per te! Solo questo, nient’altro. RUTH (Continuando) - hai eluso le mie domande, hai evitato di guardarmi negli occhi. LISA Non è assolutamente vero. RUTH E io qua a intrattenerti con episodi della mia vita, come la vecchia patetica in cui mi hai trasformato… RUTH Ma davvero? Sul serio? E sei andata avanti e l’hai fatto comunque! Questo sì che è ammirevole. L’hai fatto comunque. LISA (Sovrapponendosi a ‘…in cui tu mi hai trasformato…) ‘Patetica’?! No, no… LISA Me l’hai insegnato tu: mi hai insegnato tu a essere spietata. RUTH (Continuando)…mentre tu intanto prendevi appunti! RUTH Ma non Maria la sanguinaria . LISA Non è vero! Io ti ascoltavo! Apprezzavo ogni minuto! LISA RUTH Ne son sicura. LISA Se te l’avessi detto e tu mi avessi disapprovato - (RUTH le dà le spalle, finge di essere impegnata a fare qualcosa) Ascoltami: se tu mi avessi disapprovato, io non so cosa avrei fatto. Se una cosa ti cattura lo sguardo, mi hai detto, afferrala al volo. Ricordi? (RUTH la evita, LISA la insegue per il soggiorno) Te lo ricordi, Ruth? - Non scappare! - Questo mi hai insegnato! A non preoccuparmi dei sentimenti degli altri, mi hai insegnato, preoccuparsi dei sentimenti degli altri è da sentimentali, e Dio sa che non dobbiamo essere sentimentali! RUTH Però hai oltrepassato il limite, dolcezza. Hai passato il limite. RUTH Uh huh. LISA Perché, perché si tratta di te? LISA Non lo avrei potuto scrivere. Come avrei potuto scriverlo? Avrei perso te e il mio romanzo, anche. Avevo paura. RUTH RUTH Poverina. Credo che in effetti c’entri un pochino, sì! Io ero una tua collega, una scrittrice che raccontava queste cose a te, non uno scaricatore di porto o una, una cameriera, Dio Santo! Una collega scrittrice! E’ una questione di correttezza professionale, direi! Cosa avrei dovuto fare?, dichiarare le mie storie off-limits? Piantare una bandiera? Farti firmare qualcosa? Eri mia amica, per la miseria! LISA Vorrei che non usassi il passato. RUTH Sai, una volta gli scrittori inventavano le loro storie. Incredibile, no? LISA (Sovrapponendosi a ‘Incredibile, no?’) Oh, smettila. Tu le hai sempre usate le persone! Non mi rifilare queste stronzate! Tutto quello su cui riuscivi a mettere le mani, lo arraffavi. RUTH (Sovrapponendosi a ʻ…lo arraffaviʼ) Se ho usato delle persone per i miei racconti, mia cara, è perché erano persone che non avevano una propria voce, nessuna possibilità di esprimersi. LISA (Sovrapponendosi a ʻ…di esprimersiʼ) Oh! Bene! Ma senti! Quante arie di superiorità che ti dai, Ruth, veramente. Come fai a dirlo? Come lo sai? RUTH Eʼ la verità! LISA (Continuando) Stai sempre lì a sputare sentenze! Quand’è che queste marionette su cui hai costruito la tua carriera hanno scelto te come ambasciatore?! RUTH Ho dato loro una voce, quando non ce l’avevano. LISA Non sapevo che fare! Tu eri l’unica persona che poteva darmi dei consigli ma non potevo discuterne con te. RUTH E’ chiaro che ascoltavi. Hai ascoltato benissimo. Hai assorbito tutto. E poi hai messo tutto insieme affinché il mondo lo vedesse. LISA RUH LISA Che c’è, che ho fatto che un qualsiasi buon scrittore non avrebbe fatto?, che tu stessa non avresti fatto? Una storia mi ha catturato e non me la sono lasciata sfuggire. (Sovrapponendosi a ‘…sono lasciata sfuggire’) No, no, cara mia, è qua che ti sbagli: non ti ha catturato; tu l’hai carpita, non sei stata presa. Ma non ce l’hai una coscienza?! Non ce l’hai una coscienza morale?! Ce l’ho la coscienza. 23 LISA Oh, ecco, ci siamo arrivati: Tutti noi giochiamo a fare Dio. Giusto? Tutti noi mettiamo in bocca agli altri parole. Me l’hai insegnato tu questo, Ruth. RUTH (Sovrapponendosi a ‘Me l’hai insegnato tu questo, Ruth’) No, no, no, quello che hai fatto tu è diverso, è un’altra cosa. Io una voce ce l’ho. Io gli strumenti ce li ho. LISA Ruth… RUTH Usa la tua vita, cazzo! E se non è abbastanza ricca, peccato; non è un problema mio. Non cercare di scroccare un passaggio sulla mia. Autostoppista! LISA Ruth! Come mi stai dipingendo? Mi fai sembrare la più grande profittatrice del mondo. L’ultima cosa che volevo era ferirti. RUTH Ah sì? Oh, non lo so, ho l’impressione che tu stia mentendo a te stessa. LISA Come? RUTH (Continuando) Mi distruggi, ti impossessi dell’uomo che ho amato e te lo porti a letto? Io credo che tu desiderassi distruggermi. LISA E’ ridicolo. RUTH Volevi annientarmi. LISA No, no, volevo omaggiarti! RUTH Omaggiarmi?! LISA Era un regalo. RUTH Un regalo?! LISA Sì! Ti ho reso omaggio. Per tutte le cose che mi hai insegnato. RUTH Be’, io non lo voglio il tuo regalo. E adesso come la mettiamo? Mi dispiace tantissimo, non è molto cortese, lo so, ma il tuo regalo non mi omaggia. Dammi lo scontrino che lo vado a cambiare con qualcos’altro, ah, ma è vero, non c’è lo scontrino. E’ così, prendere o lasciare! LISA (Sincera) In che modo esattamente ti ho offeso? Non lo capisco. RUTH Non capisci?! LISA No. RUTH Hai rubato la mia storia, Lisa. La mia storia! E cosa sono io senza la mia storia? Non sono niente. Sono uno zero. Morta. LISA Ma non è la tua storia, Ruth. Non più. Ha smesso di essere la tua storia nel momento in cui l’hai raccontata a me. Ha cambiato la mia vita per cui come può essere semplicemente ancora la tua storia? Non è di tua proprietà! RUTH Ah no? LISA No! Tu fai parte della mia vita adesso, Ruth. Le nostre vite si intrecciano. Io sono la somma delle tue esperienze più le mie esperienze più le esperienze di tutti quelli con cui sono entrata in contatto.” Traduzione di E. Luttmann PER APPROFONDIRE: INTIMITA’, PUDORE, EREDITA’ “Secondo Scheler “il sentimento del pudore consiste in un ritorno dell’individuo su se stesso volto a proteggere il proprio sé profondo dalla sfera pubblica”. Se infatti chiamiamo “intimo” ciò che si nega all’estraneo per concederlo a chi si vuol far entrare nel proprio segreto profondo e spesso ignoto anche a noi stessi, allora il pudore che difende la nostra intimità, difende pure anche la nostra libertà. E la difende in quel nucleo dove la nostra identità personale decide che tipo di relazione instaurare con l’altro. Il pudore dunque non è faccenda di vesti, sottovesti o abbigliamento intimo, ma una sorta di vigilanza, dove si decide il grado di apertura e di chiusura verso l’altro. Si può infatti essere nudi senza nulla concedere, senza aprire all’altro neppure una fessura della propria anima. Siccome agli altri siamo irrimediabilmente esposti e, come ci ricorda Sartre, “dallo sguardo degli altri siamo irrimediabilmente oggettivati”, il pudore è un tentativo di mantenere la propria soggettività in modo da essere segretamente se stessi in presenza degli altri. E qui l’intimità si coniuga con la discrezione, nel senso che, se essere “in intimità” con un altro significa essere irrimediabilmente “nelle mani dell’altro”, nell’intimità occorre essere discreti e non svelare interamente il proprio intimo, affinché non si risolva quel mistero che, se interamente svelato, estingue non solo la fonte della fascinazione, ma anche il recinto della nostra identità, che a questo punto non è più disponibile neppure per noi. Ma contro tutto ciò soffia il vento del nostro tempo che vuole la pubblicizzazione dell’intimo, perché in una società consumistica, dove le merci per essere prese in considerazione devono essere pubblicizzate, si propaga un costume per il quale ha la sensazione di esistere solo chi si mette in mostra: il mondo è diventato un’esposizione pubblica che è impossibile non visitare perché ormai ci siamo dentro.” U. Galimberti, “L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani”. “A un livello altissimo, di questo rapporto virtuoso tra generazioni era consapevole Dante in un’opera strana e relativamente trascurata, il De monarchia, che fa vedere il principio secondo cui nella vita non bisogna soltanto prendere , ma anche (e soprattutto) rendere. Pensando forse al suo unico maestro Brunetto Latini, autore del Tesoretto (incompiuto) e del Tresor (in provenzale), egli mostra come la cultura non costituisca un tesoro privato, una proprietà individuale, che accumulo per me e che nessuno mi può togliere. Chi tesaurizza unicamente per sé senza restituire è paragonato a una voragine, che assorbe quanto ingoia e non restituisce niente: “Costui non è albero che, piantato presso un corso d’acqua, a tempo debito produce frutti, ma pestilenziale voragine, la quale sempre inghiotte e mai rende”. Da questo punto di vista, più che di giustizia commutativa, di semplice scambio di equivalenti, ci sarebbe bisogno di una giustizia redistributiva allargata, che renda a tutti, materialmente o simbolicamente, parte di quanto ciascuno ha di volta in volta ricevuto o preso da altri (persone reali, come genitori, maestri e amici, oppure personaggi storici o immaginari, interiorizzati o presi come modelli attraverso i libri, il teatro, il cinema o i più recenti media). Certo, pochissimi – Platone, Dante, Leonardo, Einstein o altre icone della storia umana – sono in qualche misura capaci di restituire più di quanto hanno ricevuto. Ognuno, infatti, apporta immensamente meno allo sviluppo della nostra specie rispetto a quanto gli è stato donato dalla lingua, dalla famiglia, dalla cultura, dalle istituzioni, vale a dire dal contributo di tutte le generazioni precedenti. Eppure, per quanto ambizioso possa apparire l’obiettivo della restituzione (poiché, come individui, non riusciremo mai a ripagare il debito che abbiamo contratto), ciascuno di noi lascia il mondo in condizioni diverse da come lo ha trovato e da come, secondo le sue capacità, avrebbe potuto cambiarlo in meglio.” R. Bodei, “Generazioni. Età della vita, età delle cose”. “Heres latino ha la stessa radice del verbo cheros, che significa deserto, spoglio, mancante. Potrà ereditare, dunque, soltanto colui che si scopra orbus, orphanos (stessa radice, infatti, del germanico Erbe). Per diventare eredi bisogna dunque attraversare tutto il lutto della perdita e dell’assenza. […] Nulla forse ci è oggi più estraneo di questa idea di eredità. Per quanto essa possa essere balenata nell’Umanesimo più filosoficamente e teologicamente avveduto, i grandi figli del Moderno non si sono riconosciuti nella sua dimensione. L’”eroico idealismo”, come lo definì Maria Zambrano, della nuova scienza e della nuova filosofia è dominato da figure di homines novi capaci di “infuturarsi da sé, sul fondamento di ciò che da sé stessi hanno scelto di essere. L’ “uomo nuovo” è un orfano, ma un orfano soddisfatto, se non felice. L’eredità non riveste per lui alcun sostanziale interesse. […] Eredità non significa affatto “caricarsi” di contenuti o “beni” già dati, presupposti, ma una ricerca in essi del proprio stesso nome. Eredità non è assumere “valori” dall’altro come materiali da costruzione da un campo di rovine, ma entrare in una relazione essenziale, non occasionale, non contingente con ciò che ci appare portante passato. E una tale relazione potrà essere voluta e cercata soltanto da chi, in quanto nudo “io”, si riconosca mancante, deserto, impotente. La chiacchiera imperante concepisce la ricerca di eredità in senso esattamente opposto, come ricerca di un fondamento che assicuri. Mille volte meglio, allora, il gesto prepotente di quei padri del Moderno che pretendevano di potersi de-cidere da ogni passato. Poter essere eredi comporta, invece, provare angoscia per una condizione di sradicatezza e abbandono e insieme porsi, sulla povertà di un tale “fondamento”, all’ascolto interrogante del “così fu”, per cogliere in esso quelle voci e quei simboli che riconosciamo come fili essenziali della trama del nostro esserci. Memoria selettiva, necessariamente, e anche creativa. E dinamica arrischiata quante altre mai, poiché il pozzo del passato è profondo, e può sempre inghiottire colui che se ne vuole fare erede.” M. Cacciari, “Re Lear. Padri, figli, eredi”. DALLA RASSEGNA STAMPA Qualcosa rimane, di N. Arrigoni, da: “Sipario”, 18.03.2015 U na scrittrice di successo, la sua allieva, un rapporto di amicizia, ma anche lo scontro fra due generazioni, lo scontro fra chi vive 'rifugiata' nel suo successo e chi quel successo vorrebbe averlo subito e senza guardare in faccia niente e nessuno: sono questi gli estremi di Qualcosa rimane di Donald Margulies con Monica Guerritore e Alice Spisa. Il sipario si apre su un interno borghese, la casa di Ruth Steiner (Monica Guerritore), scrittrice di successo che vive in solitudine e tutta dedita al suo lavoro di insegnante e romanziere. Lisa Morrison (Alice Spisa) è la sua allieva che irrompe, invitata dalla scrittrice, nell'intimità della Stein con una inattesa spavalderia. Qualcosa rimane di Donald Margulies è il racconto dello scontro fra generazioni, il punto di vista di chi ha alle spalle una vita e tanto successo e quello di chi ha un futuro davanti e fame di successo, ma soprattutto ha voglia di bruciare le tappe. Monica Guerritore veste i panni di Ruth Steiner prima con austera freddezza, poi pian piano mostrando la sua debolezza di donna affamata di maternità, donna innamorata e abbandonata, donna alle prese con l'incipiente vecchiaia. Alice Spisa nel ruolo della giovane scrittrice rampante appare inizialmente sprovveduta, poi pian piano più sfrontata, entra prepotentemente nella vita della sua maestra, lo fa proponendosi come sua assistente prima, poi legandola a sé con un'amicizia intima, omosessuale, lo fa conquistandosi il suo nume tutelare, invitandola a raccontare ciò che non ha mai svelato a nessuno: la sua relazione con il poeta maledetto della Beat Generation, Delmore Schwartz. Non ci vuole tanto a capire che la fredda e arrivata scrittrice finirà con l'essere usata e strumentalizzata dalla giovane allieva, una volta che questa ne avrà conquistato il cuore. Tutto ciò accade con linearità e prevedibilità, aspetto forse accentuato dal desiderio di Monica Guerritore, nel doppio ruolo di interprete e regista, di dire tutto, di anticipare e spiegare al tempo stesso, di cancellare un'ambiguità di punti di vista che pure si intravvede fra le righe del testo di Margulies. L'esito è quello di una storia che si fa ben seguire in cui Monica Guerritore scioglie ogni nodo e ambiguità, riportando la vicenda su un piano di realtà che non si esime dal prendere posizione: esiste una gioventù spietata e senza scrupoli che vampirizza i suoi maestri, ma forse è questo l'esito ultimo del rapporto di amore/odio fra maestro e allievo. Monica Guerritore è potente e centrata così come Alice Spisa sa essere complementare e autonoma rispetto alla grande attrice: le due mostrano una buona armonia, si sostengono l'un l'altra per conseguire il medesimo obiettivo: raccontare una storia che vuole mettere di fonte due donne, due volti antitetici di concepire l'etica della creatività. Nella scrittrice matura di Monica Guerritore c'è una sacralità dello scrivere e del creare, c'è la lentezza e la maturità dell'esperienza nata sul fuoco bruciante della passione amorosa. Nella giovane allieva di Alice Spisa c'è l'opportunismo, il vampirismo di un arrivismo senza limiti, immagine di una generazione di trentenni senza scrupoli. E se pure il taglio registico di Qualcosa rimane a tratti sembra eccessivamente manicheo e schematico l'esito è comunque uno spettacolo che si fa vedere e applaudire volentieri. Al Teatro Verdi “Qualcosa rimane” con la Guerritore, di P. Primicerio, da: “La Città di Salerno”, 13.02.2016 SALERNO. È l’attrice e regista Monica Guerritore ad aprire stasera con “Qualcosa rimane” la mini rassegna “Drammaturgia contemporanea”, che vede inoltre al suo interno Shakespea Re di Napoli di Ruggero Cappuccio e Dolore sotto chiave di Francesco Saponaro. “Qualcosa rimane”, dramma di Donald Margulies, regia di Monica Guerritore, è un viaggio nelle atmosfere e nelle note della “beat generation” americana dove si consuma il drammatico rapporto tra una scrittrice famosa, Ruth Steiner,Monica Guerritore, e la sua giovane allieva preferita, Lisa Morrison, Alice Spisa. Le due attrici, protagoniste ed antagoniste, sole a riempire la scena insieme alla colonna sonora di Patti Smith e Lou Reed di “Perfect day”, “Have you ever seen the rain” dei Creedence Clear Water Revival e “Dance me to the end of love” di Leonard Cohen, una scena prima semplice e dolce, poi via via più tesa fino a scoppiare nel dramma. Ruth e Lisa sono legate da uno speciale rapporto, quello del maestro col suo allievo prediletto, che gli succhia la linfa vitale fino a distruggerlo. Il rapporto tra le due donne prima seducente, poi e intimo scoppia infine nella rabbia e nell'odio tanto da terminare con un lungo litigio il cui esito sarà devastante per Ruth - Monica e vincente per Lisa - Alice. La maestra resterà svuotata, quasi in una trasfusione di sangue e sapere nelle vene dell'allieva pronta così ad affrontare il futuro. La giovanissima Alice percepisce la potenza di quel mondo cui appartiene Ruth, ma la fretta, tipica della gioventù e dell'inesperienza, le fa sembrare troppo difficile raggiungere la vetta camminando solo sulle proprie gambe e, per non sprecare tempo, vuole raggiungere il successo come scrittrice usando qualsiasi mezzo, anche il tradimento del suo maestro. E così si fa spazio in lei l’idea di tradire il suo maestro nel peggiore dei modi, rivelando nel suo primo lavoro letterario un segreto che le aveva confessato Ruth. Ad intrecciarsi con l'invenzione scenica è un terzo protagonista del dramma, convitato di pietra, quel Delmore Schwartz, pittore, scrittore e poeta , amante segreto di Ruth da giovanissima nella finzione, in realtà ispiratore della Beat Generation, rivoluzionario movimento americano artistico -letterario in cui musicisti e poeti hanno prodotto arte e che della loro stessa esistenza hanno fatto un'opera arte fino alla distruzione tra alcool, droghe ed eccessi. «Questi sono i temi, tanti e fluidi, così come la vita insegna, che ho voluto esplorare – scrive Monica Guerritore nelle sue note di regia - la mia visione del testo , come spesso mi accade, travalicherà il testo scritto, per andare a cercare, capire.. Per me il teatro è innanzitutto il "cosa" e poi c’è il " come"…». Replica domani pomeriggio alle 18.30. “Qualcosa rimane”: generazioni a confronto, Di M. Guidi, da: “L43 Blog”, 27.3.2015 Il motore che accende lo scontro generazionale tra una scrittrice di grande talento e fama (Ruth Steiner interpretata da Monica Guerritore) e la sua giovane allieva ed assistente (Lisa Morrison interpretata da Alice Spisa) è alimentato dalla fretta che nasce per la paura di non riuscire mai ad accumulare un vissuto pieno di eventi straordinari, emozioni, turbamenti interiori e profondi tali da fare scaturire nel cuore e nella mente argomentazioni che se narrate e scritte sono liberatorie per l’autore ed interessanti per chi le legge. Ovviamente colei che per paura e fretta “ruba“ letteralmente un evento vissuto dal suo “mentore“ ed insegnante Ruth è la giovane Lisa, ma lo scontro tra le due donne ha una sorgente di disperazione che “trabocca“ più dal cuore della famosa scrittrice che non dalla sua mente. Questo viene evidenziato da un’eccezionale messa a fuoco “fuori scena“ sul finire dello spettacolo, quando Lisa legge agli spettatori parte del libro pubblicato dove sono evidenti le tracce del vissuto giovanile di Ruth che porta il personale disappunto tra il pubblico per sottolinearne, quasi con incedere da teatro greco, la profonda disperazione umana di chi vede “il proprio sepolcro scoperto“. Ma qualcosa rimane anche a Lisa : la voglia di vivere per raccontare. Monica Guerritore è un’attrice di grande spessore, ma questa volta ha messo in evidenza una capacità narrativa dei più intimi sentimenti umani implementandoli con una significativa e geniale regia dove sia la scenografia che le basi musicali sono operosi mezzi del filo narrativo ed emozionale. Alice Spisa è brava quanto Lei : e non è facile fare lo specchio! Un grande successo scandito dalla sonorità e lunghezza degli applausi al termine della rappresentazione ma più che altro dal silenzio sacrale e rispettoso con il quale il numeroso pubblico ha seguito il confronto-scontro tra i più profondi sentimenti dei personaggi in azione.