Parrocchia di Fogliano
25° campeggio
estivo!!
tu dici non ho niente…
Arvés j oc!!
3-13 LUGLIO 2009
S. GIACOMO (Valle Aurina)
“Meraviglioso”
E’ vero
il bene di una donna
credetemi è accaduto
che ama solo te
di notte su di un ponte
meraviglioso
guardando l’acqua scura
La luce di un mattino
con la dannata voglia
l’abbraccio di un amico
di fare un tuffo giù uh
il viso di un bambino
D’un tratto
meraviglioso
qualcuno alle mie spalle
Meraviglioso…
forse un angelo
ah!…
vestito da passante
Ma guarda intorno a te
mi portò via dicendomi
che doni ti hanno fatto:
così ih:
ti hanno inventato
Meraviglioso
il mare eh!
ma come non ti accorgi
Tu dici non ho niente
di quanto il mondo sia
Ti sembra niente il sole!
meraviglioso
La vita
Meraviglioso
l’amore
perfino il tuo dolore
meraviglioso
potrà guarire poi
La notte era finita
meraviglioso
e ti sentivo ancora
Ma guarda intorno a te
Sapore della vita
che doni ti hanno fatto:
Meraviglioso
ti hanno inventato
Meraviglioso
il mare eh!
Meraviglioso
Tu dici non ho niente
Meraviglioso
Ti sembra niente il sole!
Meraviglioso
La vita
Meraviglioso
l’amore
Meraviglioso
(Negramaro)
2
Come dice la canzone, tante volte non ci accorgiamo di quanti motivi abbiamo
per sentirci fortunati, e quindi, felici. Anzi, ormai è diventato ovvio e quindi un
po’ retorico dire che noi siamo fortunati, una di quelle cose che si dicono in
classe o a catechismo per fare bella figura. In tutti gli altri momenti, invece,
siamo più bravi a lamentarci che a ringraziare: e non per cattiveria, ma perché
il più delle volte neanche ci accorgiamo di quello che di buono, di bello o di
giusto fanno gli altri per noi. Per sbadataggine. Perché non c’è tempo. Perché
siamo abituati: e l’abitudine è il contrario esatto della capacità di meravigliarsi
di fronte alle cose. Quello che ho intorno, allora, non è più meraviglioso, è solo
normale, accettabile, il minimo. Tutto mi è dovuto, e oltretutto non è mai
abbastanza, e io mi sento l’ultimo al mondo quando mi manca anche solo una
piccola cosa, dimenticando tutte le altre che ho.
Ma noi che siamo qui siamo doppiamente fortunati: oltre a quello detto prima,
a tutto quello che abbiamo, siamo anche “qui”, appunto, in campeggio. In
mezzo ad una natura meravigliosa, con i nostri amici, con tanto tempo a
disposizione, gli scherzi, i giochi, la fatica, il confronto, è più facile toccare con
mano i numerosi doni di Dio. Vogliamo pensarci un po’ su, in questo 10 giorni,
perché siamo sicuri di una cosa: noi che siamo cristiani abbiamo il dovere di
accorgerci della meraviglia che Dio continuamente ci regala, per testimoniare
in primo luogo con la nostra gioia che Gli siamo grati. Questo è il primo passo
per poter poi, grazie a questi doni, “portare frutto”, usare le nostre forze per
cambiare quello che non ci piace.
1Pietro 2, 9-10
Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il
popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere
meravigliose di Lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile
luce.
3
Sabato 4 luglio 2009
Meravigliosa . . . la mia
famiglia!
Le mamme, con tutte le loro mille raccomandazioni; i papà, che quando
sgarriamo qualcosa si fanno sentire forte e chiaro; i fratelli e le sorelle, che
rompono e non si fanno mai i fatti loro. A volte pensiamo che i nostri genitori ce
l’abbiano con noi senza un motivo, che ci sgridino e che ci chiedano di fare
delle cose o di comportarci in un certo modo di darci degli ordini, perché loro
sono i genitori e noi i figli… Ma non è così. Quello che i nostri genitori dicono e
fanno, lo dicono e lo fanno perché ci vogliono bene. Poi, a volte, possono anche
sbagliare (sono esseri umani anche loro!), ma tutti loro, mamma, papà, fratelli
e sorelle, ci vogliono un sacco di bene e ce lo dimostrano ogni giorno in 100
modi diversi.
Dal Vangelo (Lc 2, 41-52)
I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di
Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la
consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la
via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i
genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva,
fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i
conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a
Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo
ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano
erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo
restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto
questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose
loro: «Perché mi cercavate? Non sapete che io devo occuparmi delle cose
del Padre mio? ». ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua
madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in
sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Il personaggio di oggi
Javier Zanetti
Javier Zanetti è il capitano dell’inter. È argentino e in un’area estremamente
povera dell’Argentina ha fondato, con sua moglie Paula, la Fondazione PUPI,
uno spazio dove i bambini socialmente più svantaggiati e diversamente abili
ricevono, fin dalla prima infanzia, le attenzioni e l’istruzione necessarie in ogni
momento della loro vita. Oggi la fondazione assiste ottantotto bambini
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appartenenti a cinquantanove famiglie che vivono in condizioni di estrema
povertà, emarginazione e che sono escluse dal sistema a causa della profonda
crisi che sta attraversando l’Argentina, ma che, con la Fondazione PUPI,
ricercano attivamente il cammino verso il loro sviluppo.
"Quando mi guardo indietro, e penso alla mia infanzia, mi vengono in mente
tante immagini, sia belle che brutte. Ho avuto un'infanzia difficile, e anche se
oggi non vivo nel mio paese, sono al corrente della situazione che sta
attraversando e dell'effetto che questo ha sui bambini più poveri.
Ho sempre pensato che ognuno di noi deve darsi da fare e considerare che ha
una certa responsabilità sociale all'interno della sua comunità. Per questo si
deve cercare di mettere tutto l'impegno e gli sforzi per raggiungere un
obiettivo comune, proprio come si fa in una squadra di calcio. Da questa
convinzione è nata l'idea di costituire una Fondazione che, raccogliendo degli
aiuti, potesse mirare principalmente a soddisfare dei bisogni fondamentali
come l'alimentazione, l'educazione, l'igiene e la cura dei bambini e di
conseguenza aiutare le loro famiglie e la comunità in cui essi vivono. " J. Zanetti
Domande stuzzicapensieri
•
Quando i miei genitori mi sgridano, non mi fanno uscire o, in generale, si
comportano in modo “ingiusto” nei miei confronti, cosa penso di loro?
Penso solo alle mie ragioni o provo anche a mettermi nei loro panni e a
cercare di capire perché mi hanno detto no?
•
Riesco a cogliere quei 100 modi in cui, ogni giorno, la mia famiglia mi
dimostra che mi vuole bene, o “registro” in memoria solo i momenti
negativi di scontro e incomprensione?
•
E io? Dimostro ogni giorno alla mia famiglia il bene che le voglio? Come?
•
È sempre giusto lamentarsi dei genitori? Preferirei dei genitori che dicono
sempre sì?
5
Domenica 5 luglio 2009
Meraviglioso . . . il coraggio!
Vogliamo essere persone di qualità, che non riempiono spazi, ma che
completano un progetto, grande e unico. Per questo è opportuno cercare
dentro di noi, anche con l’aiuto dei nostri amici, il coraggio necessario per
scegliere e soprattutto il coraggio per “stare” nella scelta.
Scegliere non è facile, è qualcosa che ci tiene svegli, che ci costringe a
pensare, a riflettere. Ma scegliere è proprio libertà, è esprimere se stessi, è
rispondere in prima persona di ciò che facciamo e che siamo.
Scegliere è coraggio! Coraggio di testimoniare, coraggio di dire NO laddove non
ci sentiamo “veri”, dove non si vivono i valori in cui crediamo; scegliere è
coraggio di dire SI. Si alla famiglia, SI all’accoglienza, SI all’essere cittadino
attivo, SI al saper attendere, SI alla speranza, SI alla vita. Anche quando gli altri
non la pensano come noi. Anche quando quel SI, o quel NO, ci tolgono qualche
comodità.
Dal Vangelo (Mt 14, 22-33)
Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a prenderlo
sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla,
salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava
lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era
agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli
andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul
mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono
dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non
abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami
di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese
dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma,
vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare,
gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli
disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla
barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti
a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
Il personaggio di oggi
Don Giuseppe Puglisi
Don Giuseppe Puglisi nasce nella borgata palermitana di Brancaccio il 15
settembre 1937, figlio di un calzolaio e di una sarta, e viene ucciso dalla mafia
nella stessa borgata il 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno.
Sin dai primi anni segue con attenzione i giovani e si interessa delle
problematiche sociali dei quartieri più emarginati della città. Don Giuseppe
Puglisi è stato docente di matematica e poi di religione presso varie scuole.
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Il 29 settembre 1990 è nominato parroco della Parrocchia S. Gaetano di
Brancaccio. La sua attenzione si rivolse al recupero degli adolescenti già
reclutati dalla criminalità mafiosa, riaffermando nel quartiere una cultura della
legalità illuminata dalla fede. Questa sua attività pastorale, come è stato
ricostruito dalle inchieste giudiziarie, ha costituito un movente dell’omicidio, i
cui esecutori e mandanti sono stati arrestati e condannati.
Nel ricordo del suo impegno, scuole, centri sociali, strutture sportive, strade e
piazze a lui sono state intitolate a Palermo e in tutta la Sicilia.
"Ognuno di noi sente dentro di sé una inclinazione, un carisma. Un progetto
che rende ogni uomo unico e irripetibile. Questa chiamata, questa vocazione è
il segno dello Spirito Santo in noi. Solo ascoltare questa voce può dare senso
alla nostra vita".
Don Puglisi.
Domande stuzzicapensieri
•
Cosa c’entro io con il coraggio? Cosa vuol dire “coraggio” alla mia età?
•
C’è qualche scelta che ho fatto, non per forza grande, ma di cui vado
particolarmente fiero?
•
Nel mio modo di pensare e nella vita di tutti i giorni sono io che scelgo e
decido, oppure valgono i consigli di altri compagni, della televisione, della
pubblicità?
•
Sono capace di fidarmi del Signore, di prendere le mie piccole croci e
continuare a camminare anche nelle difficoltà?
7
Lunedì 6 luglio 2009
Meravigliosi . . . i miei amici!
Quante volte ci lamentiamo dei nostri amici? Se non ci chiamano, allora sono
dei menefreghisti, quando ci sono, ci stanno troppo addosso… e ci
dimentichiamo che anche loro, come tutte le persone che ci stanno accanto,
sono un dono di Dio; e come tutti i Suoi doni va coltivato a dovere perché dia i
frutti giusti.
Dare per scontati i nostri amici, pensare che il loro affetto sia dovuto, è il modo
migliore per perderli. Dio sa che da solo nessuno di noi riuscirebbe a muovere
un dito, e mette sulla nostra strada persone preziose: anche Gesù, che era
Figlio di Dio, ha avuto bisogno di amici per portare a termine il suo compito, e
non ha avuto paura a fidarsi di loro, anche se erano “solo” uomini.
Dal Vangelo (Gv 15, 9-17)
Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio
amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore,
come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo
amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra
gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli
altri come io ho amato voi. Nessuno ha amor più grande di questo: dare
la vita per i propri amici. Voi siete miei amici , se farete ciò che io vi
comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il
suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal
padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho
scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro
frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio
nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.
Il personaggio di oggi
David Rialdone
È un ragazzino di 13 anni. È figlio di un operaio e di una casalinga e abita a san
Giacomo, uno dei quartieri di Gela (Caltanissetta) ad alto rischio mafioso. Da
mesi David accudisce un compagno down di 14 anni; entrambi frequentano la
terza media. Un giorno, durante la lezione di educazione fisica, David
accompagna l’amico down nei gabinetti, come fa da molti mesi perché lui è
l’unico con cui il disabile riesce a comunicare. In bagno il ragazzo down se la
cava da solo, ma quel giorno sta male, ha un attacco di dissenteria e si sporca.
Chiede aiuto al suo compagno che invece di avvertire i bidelli, si rimbocca le
maniche: lo spoglia, lo pulisce, lo lava e lo asciuga.
(Articolo di giornale di febbraio 2009)
8
Domande stuzzicapensieri
•
Tutti pensano a trovare un amico però sono pochi quelli che cercano di
fare gli amici…
•
Essere amici significa stare vicino alle persone in modo sincero, anche
quando costa. Ho il coraggio di dire ai miei amici la verità? Riesco ad
essere duro quando serve e capisco quando bisogna essere buoni e
gentili?
•
Sono capace di fare qualche sacrificio per i miei amici?
•
Gesù è un amico leale e sincero. Ci credo? Mi affido a Lui?
9
Martedì 7 luglio 2009
Meraviglioso . . . io!
Questa è forse la parte più difficile: riconoscere che, oltre a tanti difetti, ho
anche dei pregi. In certi giorni, mi sembra di avere tutto di sbagliato: dal taglio
dei capelli alle orecchie troppo a sventola alle gambe troppo corte. Per non
parlare del fatto che non ci capisco niente di matematica, che sono stato
antipatico con il mio amico, che faccio schifo a calcio….. ci mettiamo 2 secondi
a fare l’elenco dei nostri difetti, ma ci metteremmo più di un’ora ad elencare 5
nostre qualità. Eppure tutto quello che siamo e ci appartiene è un dono del
Signore: il nostro aspetto fisico (che ci causa tante paranoie..!), il nostro
carattere, la storia che ci portiamo dietro.
Attenzione però: come nella parabola dei talenti, se Dio ci ha dato tante
qualità, vuole che le usiamo per qualcosa di buono, non che ci “risparmiamo”
per la fatica o per la paura. Rifugiarsi dietro un “tanto non sono capace di fare
niente…!!” oltre che sbagliato e deprimente è spesso una scusa per non
sporcarsi le mani e per non rischiare di fare figuracce. E se “non sei capace di
fare niente”, beh….. impara!
Dal Vangelo (Mt 25, 14-30)
Avverà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i
suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un
altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne
guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne
guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò
a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. dopo
molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con
loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri
cinque dicendo: «Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho
guadagnati altri cinque». «Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo
padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte
alla gioia del tuo padrone». Si presentò poi colui che aveva ricevuto due
talenti e disse: «Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho
guadagnati altri due». «Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo
padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte
alla gioia del tuo padrone». Si presentò infine anche colui che aveva
ricevuto un solo talento e disse: «Signore, so che sei un uomo duro, che
mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto
paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che
è tuo». Il padrone gli rispose: «Servo malvagio e pigro, tu sapevi che
mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti
dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato
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il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i
dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza;
ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile
gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti».
Il personaggio di oggi
•
•
•
•
•
Domande stuzzicapensieri
•
Cosa vuole Gesù da me? Cosa pensava quando ha scelto i talenti per me?
•
Perché bisogna darsi da fare? Per che cosa/Per quali persone vale la pena
usare le proprie qualità?
•
Sono uno che si “dà” o uno che “si risparmia”?
•
Quali sono le paure che mi bloccano, nel mostrarmi agli altri con tutti i
miei pregi e i miei difetti?
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Mercoledì 8 luglio 2009
Meraviglioso . . . crescere!
Crescere, volenti o nolenti, si deve: gli anni vanno avanti comunque, cambiano
le classi, le compagnie di amici, il rapporto con i genitori…. Il problema sta nel
“come” si cresce e “dove”: si cresce nel corpo, è naturale, ma sto crescendo
nella testa? Nel prendere le responsabilità, nel farmi carico di quello che ho
attorno? Nel pormi dei problemi riguardo a quello che vedo, nel non dare tutto
per scontato, nel provare a prendere strade nuove se mi sembrano giuste? Sto
crescendo nella fede? Insomma il problema è crescere in quelle parti che sono
più difficili da far crescere e da coltivare, in quelle parti che spesso risultano
anche scomode, come la coscienza, il nostro “grillo parlante”: in poche parole
fare come Gesù che, dice il Vangelo, cresceva in “età, sapienza e grazia”. Non
solo in età, che quello sono capaci tutti.
Crescere è “meraviglioso”, però dobbiamo stare attenti: attenti a non lasciare
passare gli anni rimanendo “piccoli”: piccoli nella capacità di voler bene ai
nostri amici, nel fare delle scelte, piccoli nell’accontentarsi, nel pretendere
tutto per noi come fanno, appunto, i bambini piccoli.
Dal Vangelo (Mt 20, 25-28)
Gesù disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di
esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare
grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi,
sarà vostro schiavo. Come il figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi
servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Il personaggio di oggi
San Francesco d’Assisi
San Francesco nacque ad Assisi circa nel 1182 e morì nel 1226. Era figlio di un
ricco mercante di stoffe, e quindi molto istruito. Da giovane condusse una vita
spensierata, dissoluta e mondana; partecipò alla guerra tra Assisi e Perugia, e
venne tenuto prigioniero per più di un anno, durante il quale patì per una grave
malattia che lo avrebbe indotto a cambiare radicalmente lo stile di vita: tornato
ad Assisi nel 1205, Francesco si dedicò infatti a opere di carità.
Un giorno, mentre passava vicino alla chiesa di San Damiano, fu ispirato a
entrarvi e iniziò a pregare davanti all'immagine del Crocifisso, che gli parlò con
commovente bontà: «Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va'
dunque e restauramela». Tremante e stupefatto, il giovane rispose: «Lo farò
volentieri, Signore» e cominciò a impegnarsi nel restauro di edifici di culto in
rovina (solo dopo capì che il Signore si riferiva alla Chiesa).
Il padre di Francesco, adirato per i mutamenti nella personalità del figlio e per
le sue sostanziose offerte, lo diseredò; Francesco si spogliò allora dei suoi ricchi
abiti dinanzi al vescovo di Assisi, e si incamminò verso una vita di preghiera e
12
di obbedienza a "Sorella Povertà". Dedicò i tre anni seguenti alla cura dei
poveri e dei lebbrosi nei boschi.
Gli inizi sono stati molto difficili in quanto le idee di San Francesco sulla povertà
e sulla semplicità della vita non erano comprese né dalla gente, né dal clero.
Francesco, che è patrono d'Italia, viene spesso rappresentato nell'iconografia
tradizionale nell'atto di predicare agli animali o con le stigmate.
Domande stuzzicapensieri
•
In cosa sono adesso diverso rispetto agli scorsi anni? (ad es. in questo
campeggio rispetto allo scorso?)
•
Quali persone mi hanno fatto crescere? Senza di chi sarei diverso oggi?
•
Quali sono le parti di me che voglio far crescere e aumentare, e quali
invece vorrei veder sparire?
•
Cosa
significa
convertirsi
e
annunciare
il
Vangelo?
convertirmi? Sono testimone del Vangelo o mi vergogno?
13
Io
cerco
di
Giovedì 9 e venerdì 10 luglio 2009
Meravigliosa . . . la natura!
Ci aspettano i due giorni del rifugio: due giorni preziosi per renderci conto della
bellezza e della grandezza di uno dei doni più “scontati” e dimenticati: il mondo
attorno a noi. Quello che abbiamo visto e che vedremo durante le camminate,
Dio lo ha messo lì non perché sia “nostro”, ma “per” noi, come un segno
visibile e “toccabile” del Suo Amore; essere in mezzo alla sua natura non da
soli ma in tanti, con i nostri nuovi e vecchi amici, è un dono ancora più grande.
La semplicità della natura ci deve ricordare che basta poco per essere felici (e
in un certo senso le giornate del campeggio ne sono la prova…), che di tanti
degli oggetti che abbiamo potremmo fare senza ma non dei doni che Dio ci ha
fatto.
Gli alberi, le montagne, gli animali, rimangono Suoi e non sono beni
“consumabili” come un vestito o un cellulare, perché una volta sprecati, noi
non riusciremo a procurarcene dei nuovi. Non dimentichiamoci che il “rispetto
della natura”, l’ “eco compatibilità”, la “protezione dell’ambiente” sono sì
parole molto di moda, ma non sono una questione di “civiltà”, sono una
questione di sopravvivenza, per noi. E, che ci piaccia o no, non dipende dai
politici, ma da ognuno di noi.
Dal Vangelo (Mt 6, 25-34)
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che
mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la
vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli
uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai;
eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi
di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria
vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i
gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche
Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio
veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non
farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque
dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa
indosseremo?” Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre
vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto,
il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in
aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si
preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena.
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Il personaggio di oggi
i Rio
I Rio sono il gruppo musicale che ha scritto il gigante. Il gigante è il progresso
incurante della natura, che calpesta tutto e tutti pur di procedere nel suo
cammino. E il brano aderisce anche al progetto impatto zero: l’impatto
ambientale generato in fase di produzione (18.300 kg di anidride carbonica per
l’esattezza) è stato compensato con una riforestazione di 8000 mq in Costa
Rica!
“Vogliamo creare la consapevolezza che il problema ambientale esiste. Certo
la vita moderna non può retrocedere alle abitudini preistoriche, ma produrre in
armonia con l’ambiente è possibile e va fatto. Questo è il nostro contributo per
aiutare la Terra. Nel mondo siamo miliardi: se ciascuno fa un piccolo gesto
(dalla raccolta differenziata al pannello solare all’auto ecologica) moltiplicato
per
tutti
diventa
qualcosa
d’importante.”
Marco Ligabue
Domande stuzzicapensieri
•
Sono disposto a cambiare il mio stile di vita per migliorare il creato (ad
esempio meno spreco di carta, di acqua, di bagnoschiuma,…)? Riesco
solo a parole o anche nei fatti?
•
Riesco
a fare piccolo gesti di civiltà come la raccolta differenziata,
o
evitare di usare lo scooter per fare pochi passi? Li ritengo importanti o
no?
•
Sono capace di stare in silenzio in mezzo alla natura? Mi viene in mente
di ringraziare Dio?
•
Mi preoccupo un po’ troppo dei vestiti, di seguire la moda, di apparire…?
Sono consapevole che ogni vestito “in più” è uno spreco di risorse? Che
non possono essere solo per me?
15
Sabato 11 Luglio 2009
Meraviglioso . . . l’amore!
Forse è il più prezioso tra i doni che ci ha fatto Dio. Anzi, senza forse: ce lo ha
detto Gesù. Lo ha detto e lo ha dimostrato incessantemente per tutta la sua
vita: l’amore è il primo comandamento, l’amore verso se stessi e verso gli altri.
Dall’amore che abbiamo, ha detto Gesù, gli altri devono vedere che noi siamo
suoi amici. L’amore, insomma, deve essere il segno distintivo dei cristiani,
quello che rende la nostra vita vissuta davvero, e intensamente, alla maniera di
Gesù. Non è facile essere sempre capaci di affetto verso gli altri: i nostri amici, i
nostri familiari, anche il nostro innamorato/a sono pieni di difetti e ci vuole
molta pazienza per far crescere i rapporti. L’amore e l’affetto, così come
l’amicizia, la stima, la fiducia, il rispetto, hanno bisogno di tempo per nascere e
consolidarsi, di tempo e di cura, perché non si mantengono da soli.
Ci vuole poco perché non ci sentiamo amati da nessuno (delle volte basta che
per un pomeriggio intero nessuno ci mandi un messaggio…): nessuno mi vuole
bene, non importo a nessuno, mi sento solo…. Chi non l’ha pensato? Eppure ci
preoccupiamo meno di far sapere agli altri che vogliamo loro bene, di
dimostrare loro il nostro affetto.
Tutti i legami che abbiamo, tutto il “bene” che c’è nella nostra vita, è un regalo
di Dio: di più, è il segno di un “bene” più grande che non viene mai meno, che
è prima di quello delle altre persone, il Suo.
Dal vangelo (Mt 22, 34-40)
Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei,
si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per
metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande
comandamento?». Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo
cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande
e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo
prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta
la Legge e i Profeti».
Il personaggio di oggi
Rita Coruzzi
Rita Coruzzi è una ragazza di 21 anni. Abita a Reggio Emilia e fa la scrittrice. Da
11 anni è costretta a vivere su una sedia a rotelle, perché ha dei problemi alle
anche, a causa della nascita prematura. Per accettare la sua condizione è
andata a Lourdes e si è posta in ascolto dei dolori degli altri, perchè se rimani
fermo alla tua sofferenza il tuo mondo sarà sempre limitato. La sofferenza non
è inutile, ma serve. A lei è servita per amare davvero la vita!
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“Accettare la nuova condizione non è stato facile, né indolore, ma era
necessario che riuscissi ad accettare questa situazione se volevo continuare a
vivere, ma erano andate in crisi tutte le mie certezze e il mondo mi era crollato
addosso. Un giorno ero in macchina con la mamma e le ho chiesto: “Mamma,
perché Dio mi ha abbandonato?” Lei mi diede una risposta che mi ha salvato:
“Dio non ti ha abbandonato, se ti è accaduto questo significa che Lui ha
progetti per te sulla carrozzina, gli servi così.” Questa frase mi aperse gli occhi
a una nuova prospettiva, e anche ad una nuova fede. Bisogna avere fede e
credere che Dio fa sempre il meglio per noi. Da allora ho cominciato a vivere,
per questo dico sempre che per me quello è stato il momento della mia
rinascita. E in questa nuova vita ciò che desidero maggiormente è vivere ogni
momento totalmente, in modo assoluto e profondo, come se fosse l’ultimo.
Adesso mi piace la mia vita, e sono soddisfatta di quello che ho raggiunto, e
spero di poter arrivare alle mete che mi sono prefissata. Il mio sogno è
diventare giornalista e scrittrice. Vorrei comunicare a tutte le persone che la
vita può essere bella in qualsiasi situazione ci si trovi, basta solo trovare la
forza di accettarla così com’è”.
Rita
Domande stuzzicapensieri
•
Dico “ti voglio bene” a quelli a cui voglio bene? Dimostro il mio affetto
alle persone a cui tengo, o penso che, tanto, loro lo sanno già? (E come
fanno a saperlo, poi?)
•
Da cosa vedo l’amore che Dio ha per me?
•
Con quali persone sono riuscito a parlare seriamente e profondamente di
amicizia, di amore?
•
Amo la vita? Accetto anche i momenti brutti?
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Domenica 12 luglio 2009
Meravigliosa . . . la mia fede!
Senza quest’ultimo dono, sarebbe difficile riuscire a vedere tutti gli altri come
regali del Signore. È difficile fermarsi a riflettere sulla propria fede, anche per la
vergogna di passare per “sfigato” se qualcuno se ne accorge. Con quante
persone abbiamo il coraggio di parlare di fede? E quale parte ha la fede nella
nostra vita, è un accessorio che si tira fuori giusto la domenica?
A volte, uno si preoccupa di “quanta” sia la sua fede, grande o piccola, per poi
scoprire che in effetti è difficile misurarla. In realtà non è questo il punto: non
quanto, ma “come”. Anche la fede è un dono di Dio, e Lui ce ne dà quanta ne
vogliamo: appunto, quanta ne vogliamo? Anche Gesù ha visto la sua fede
messa a dura prova durante la sua vita, e anche in quei momenti non ha
smesso di pregare il Padre. Ha detto ai suoi discepoli: “Se avrete fede quanto
un granellino di senapa…”; non ci chiede la fede di una montagna, ma di un
piccolo semino. Ha perdonato Pietro che lo aveva rinnegato, ha concesso a
Tommaso una “seconda occasione”: chissà quanto è disposto a perdonare a
noi!
Mi devo ricordare che la mia fede è un dono; come tale rende più ricca la mia
vita.
Dal Vangelo (Mt 17, 19-21)
Allora i discepoli si avvicinarono a Gesù, in disparte, e gli chiesero:
«Perché noi non siamo riusciti a scacciare il demonio?». Ed egli rispose
loro: «per la vostra poca fede. In verità io vi dico: se avrete fede pari a un
granello di senape, direte a questo monte: “spostati da qui a là”, ed
essosi sposterà, e nulla vi sarà impossibile!».
Il personaggio di oggi
Rolando Rivi
Rolando Rivi nacque il 7 gennaio 1931 a San Valentino, un piccolo borgo vicino
a Castellarano, in provincia di Reggio Emilia. A 11 anni entrò nel Seminario di
Marola. Quando nel 1944 i tedeschi occupano il seminario di Marola, tutti i
ragazzi dovettero rientrare alle loro case, portando con sé i libri per poter
continuare a studiare. Rolando continuò a sentirsi seminarista: oltre a studiare,
frequentava quotidianamente la Messa e la Comunione, recitava il rosario,
pregava, faceva visita al Santissimo Sacramento. Nonostante fosse stato
consigliato diversamente, non smise mai di portare il suo abito religioso.
Diceva Rolando: «Io studio da prete e la veste è il segno che io sono di Gesù».
Allora i partigiani, per lo più anticattolici, lo catturarono. Venne spogliato della
veste talare che li irritava, insultato, percosso con la cinghia sulle gambe e
schiaffeggiato. Rimase per tre giorni nelle mani dei suoi aguzzini, ascoltando
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bestemmie contro Cristo, insulti contro la Chiesa e contro il sacerdozio. Poi,
venerdì 13 aprile 1945, venne ucciso. Rolando aveva quattordici anni e tre
mesi.
Domande stuzzicapensieri
•
A cosa serve pregare? A cosa serve andare a Messa?
•
Ci sono persone o avvenimenti che hanno aumentato o in parte
“cambiato” la mia fede? Quanti anni avevo?
•
Essere cristiano ha un peso nella mia vita o sarei comunque la stessa
persona? Mi pesa? Mi piace? Mi lascia indifferente?
•
Il campeggio ha un ruolo nella mia fede?
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Deserto
Oltre ai brani qui sotto, puoi usare per le tue riflessioni tutti i brani di Vangelo
letti e discussi durante questi 10 giorni!
“Bisogna che tutti noi troviamo il tempo di restare in silenzio e di
contemplare, soprattutto se viviamo nelle metropoli come Londra o New
York, dove tutto si muove tanto in fretta. Ecco perché ho deciso di aprire
la prima casa per le sorelle contemplative (la cui vocazione e’ pregare
per buona parte della giornata) a New York anziché sull’Himalaya:
ritenevo che silenzio e contemplazione fossero più necessari nelle città
del mondo. Comincio sempre la mia preghiera in silenzio, perchè e’ nel
silenzio del cuore che Dio parla. Dio e’ amico del silenzio: dobbiamo
ascoltare Dio perchè ciò che conta non e’ quello che diciamo noi, ma
quello che Egli dice a noi e attraverso di noi”
Madre Teresa di Calcutta
“Cari amici,
che cosa siete venuti a cercare? O meglio, Chi siete venuti a cercare?
Cari giovani e ragazze, non permettete che il tempo che il Signore vi
dona trascorra come se fosse un caso.
Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Aprite i
vostri cuori, le vostre vite, i vostri dubbi, le vostre difficoltà, le vostre
gioie ed i vostri affetti alla forza salvifica e lasciate che Egli entri nei
vostri cuori: Cristo sa cosa c’é dentro l’uomo. Solo Lui lo sa!
Sì, lasciate che Cristo regni sulle vostre giovani esistenze, servitelo con
amore. Servire Cristo è libertà!
E’ Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta
quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che
tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non
vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le
maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le
decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E’ Gesù che suscita in
voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di
seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il
coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi
stessi e la società, rendendola più umana e più fraterna.
E’ importante rendersi conto che, tra le tante domande affioranti al
vostro spirito, quelle decisive non riguardano il “che cosa”: la domanda
di fondo è “chi”, verso “chi” andare, “chi” seguire, a “chi” affidare la
propria vita. Sì, cari amici, Cristo ci ama e ci ama sempre!
Ci ama anche quando lo deludiamo, quando non corrispondiamo alle sue
attese nei nostri confronti.
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Guardando a voi, voglio esprimere, dal profondo del cuore, un grazie
sentito a Dio per il dono della giovinezza, che per mezzo vostro permane
nella Chiesa e nel mondo”.
Giovanni Paolo II
Cari amici, la vita non è governata dalla sorte, non è casuale. La vostra
personale esistenza è stata voluta da Dio, benedetta da lui e ad essa è
stato dato uno scopo (cfr Gn 1,28)! La vita non è un semplice succedersi
di fatti e di esperienze, per quanto utili molti di tali eventi possano
essere. È una ricerca del vero, del bene e del bello. Proprio per tale fine
compiamo le nostre scelte, esercitiamo la nostra libertà e in questo, cioè
nella verità, nel bene e nel bello, troviamo felicità e gioia. Non lasciatevi
ingannare da quanti vedono in voi semplicemente dei consumatori in un
mercato di possibilità indifferenziate, dove la scelta in se stessa diviene il
bene, la novità si contrabbanda come bellezza, l’esperienza soggettiva
soppianta la verità.
Cristo offre di più! Anzi, offre tutto! Solo lui, che è la Verità, può essere la
Via e pertanto anche la Vita.
Cari amici, a casa, a scuola, all’università, nei luoghi di lavoro e di svago,
ricordatevi che siete creature nuove. Come cristiani, voi siete in questo
mondo sapendo che Dio ha un volto umano, Gesù Cristo. Il compito di
testimone non è facile. Vi sono molti, oggi, i quali pretendono che Dio
debba essere lasciato “in panchina” e che la religione e la fede, per
quanto accettabili sul piano individuale, debbano essere o escluse dalla
vita pubblica o utilizzate solo per perseguire limitati scopi pragmatici.
Il culto dei beni materiali, il culto dell’amore possessivo e il culto del
potere spesso portano la gente a “comportarsi da Dio”: cercare di
assumere il controllo totale, senza prestare nessuna attenzione alla
sapienza o ai comandamenti che Dio ci ha fatto conoscere. Questa è la
via che conduce alla morte. Al contrario, l’adorazione dell’unico vero Dio
vuol dire riconoscere in lui la sorgente di tutto ciò che è bene, affidare
noi stessi a lui, aprirci alla forza risanatrice della sua grazia e obbedire ai
suoi comandamenti: questa è la via per scegliere la vita.
Cari giovani amici, il messaggio che oggi rivolgo a voi è lo stesso che
Mosè formulò tanti anni or sono. “Scegli dunque la vita, perché tu e la
tua discendenza possa vivere, amando il Signore tuo Dio”. Il suo Spirito vi
guidi sulla via della vita, per obbedire ai suoi comandamenti, seguire i
suoi insegnamenti, abbandonare le scelte sbagliate che portano solo alla
morte, e impegnarvi per tutta la vita nell’amicizia con Gesù Cristo. Con la
forza dello Spirito Santo, scegliete la vita e scegliete l’amore, e siate
testimoni davanti al mondo della gioia che ne scaturisce.
Papa Benedetto XVI –Sidney 2008
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Il Silenzio è quella condizione nella quale io riesco ad ascoltare
veramente una persona. Quando ascolto davvero me stesso, allora
comincio a capire che cosa è il silenzio.
Quando ascolto davvero un altro, senza sovrapporre lo mie parole o i
miei pensieri, allora comincio a capire cos’è il silenzio.
E ancora di più, comincio a capire cos’è il silenzio quando mi metto ad
ascoltare Dio.
Il silenzio ci affascina, ma suscita paura.
Noi abbiamo paura ad ascoltare veramente noi stessi, ciò che c’è dentro
di noi, e abbiamo paura ad ascoltare veramente gli altri, nel timore che ci
dicano cose spiacevoli o ci rivelino che i nostri rapporti non sono
autentici.
Card. Martini
Appunti
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1 maggio 2009 – Gita a Riccione