Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Laboratori NEGRIBERGAMO 1984 - 2009 25 anni di Scienza a Bergamo NEGRIBERGAMO: 25 ANNI DI SCIENZA A BERGAMO Un po’ di numeri… che riflettono la nostra attività di questi anni 1.250 lavori scientifici, in lingua inglese, pubblicati su riviste e testi internazionali 970 congressi, corsi di formazione, workshops, seminari organizzati 11.067 casi di malattie rare segnalate al centro 2.400 pazienti sottoposti ad analisi genetica 1.680 relazioni su invito a congressi internazionali, tenute da ricercatori dell’Istituto 232 scienziati, medici e ricercatori provenienti da oltre 60 nazioni (Nepal, Bolivia, Perù, Bulgaria, Moldavia, Cile, Cina, Mongolia, Messico, Panama, Brasile, Grecia, Polonia, Russia, Francia, Olanda, Inghilterra, Germania, Giappone, Australia, Stati Uniti, Canada, …) hanno trascorso periodi di studio e ricerca presso i nostri laboratori 80 studi clinici coordinati dall’Istituto, di cui 20 coinvolgono anche centri esteri 160 Istituzioni italiane e straniere con cui abbiamo collaborato in attività di ricerca 35 Unità Operative e 151 medici dell’Ospedale di Bergamo con cui sono stati stabiliti rapporti di collaborazione Oltre 1000 ricercatori, tecnici, collaboratori che in questi anni hanno lavorato con noi L’impegno del centro di ricerche cliniche per le malattie rare “Aldo e Cele Daccò” 14.356 richieste di informazioni da parte di pazienti e medici a cui il centro ha dato una risposta 887 malattie rare codificate 170 modificazioni genetiche trovate 41 geni studiati Nella tradizione del Mario Negri abbiamo svolto un lavoro di formazione per i giovani: 240 giovani diplomati e laureati, che grazie a una borsa di studio hanno potuto frequentare presso l’Istituto un corso triennale di specializzazione in ricerca farmacologica nell’ambito di un programma regionale di formazione post-laurea 258 frequentatori e studenti che hanno collaborato alle varie attività di ricerca preparando la loro tesi di laurea 19 studenti in dottorato di ricerca (PhD) 107 frequentatori e studenti per corsi estivi 91 infermieri professionali che hanno partecipato al corso biennale di formazione per infermieri di ricerca clinica presso il Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare Aldo e Cele Daccò “Tutto questo grazie all’impegno di tanti che hanno dedicato la loro vita alla ricerca e a coloro che hanno permesso che questo cammino, talvolta faticoso, potesse essere realizzato” NEGRIBERGAMO: 25 ANNI DI SCIENZA A BERGAMO La progressione delle malattie renali Molte malattie renali “progrediscono” col tempo verso l’insufficienza renale, e si rende necessaria la dialisi. Da sempre la nostra ricerca ha come obiettivo principale capire perché questo avviene e soprattutto come impedirlo. Il lavoro di anni di ingegneri, fisici, medici e biologi, ha portato a scoperte in laboratorio che hanno aperto la strada a studi sull’uomo. Come evitare la dialisi Il nostro lavoro – condotto in collaborazione con molti centri di Nefrologia italiani – ha dimostrato che si può rallentare la progressione delle malattie renali con un farmaco che abbassa la pressione, studio che poi ha portato a idearne altri. Con queste ricerche abbiamo messo a punto una terapia che è in grado di rallentare e talvolta addirittura arrestare la progressione delle malattie renali. Dal rallentamento alla regressione delle malattie renali croniche progressive Cardine di questa terapia sono farmaci che contrastano l’effetto di un ormone, l’angiotensina. Abbiamo voluto capire meglio come agiscono sul rene. In animali affetti da una malattia renale abbiamo dimostrato che questi farmaci aiutano a mantenere integro o a ripristinare il filtro renale. Fino a poco tempo fa si riteneva che le cellule del rene che formano questo filtro avessero scarse capacità di riprodursi e, una volta danneggiate, non si potessero rigenerare. Da qui la perdita della funzione renale. I risultati dei nostri studi dimostrano che alcuni farmaci aiutano il rene a ripararsi da solo. Succede perché certe cellule staminali si mobilizzano per effetto di questi farmaci e riparano alcuni danni. Una nuova cura per la nefropatia membranosa La nefropatia membranosa è una malattia renale con perdita di proteine nelle urine che porta spesso alla dialisi. Fino ad oggi cortisone e altri farmaci che bloccano il sistema immunitario sono stati i farmaci più usati, ma i risultati di queste cure sono spesso insoddisfacenti e gli effetti collaterali gravi. Noi abbiamo messo a punto una nuova terapia con un farmaco, il rituximab, che agisce in modo più selettivo dei farmaci fin qui usati. Abbiamo curato così quasi 100 pazienti: abbiamo visto che il rituximab riduce la perdita renale di proteine, la elimina completamente in un caso su tre e fa sparire le alterazioni renali che si vedono al microscopio. Guariscono anche i pazienti già curati senza successo in altro modo. Il modo per insegnare all’organismo a tollerare l’organo trapiantato senza la necessità di farmaci antirigetto Il trapianto è il modo migliore per sostituire la funzione di organi vitali (cuore, fegato, rene, pancreas) quando le terapie mediche non sono state efficaci. Però l’organo trapiantato tende a essere rigettato dall’organismo del ricevente che lo percepisce come “estraneo”. Per questo chi ha un organo trapiantato deve assumere per tutta la vita farmaci antirigetto che sono efficaci, ma purtroppo anche molto tossici. I risultati delle nostre ricerche nel campo dei trapianti hanno dimostrato che, almeno negli animali da laboratorio, è possibile evitare la crisi di rigetto senza dover ricorrere ai farmaci antirigetto. Tale condizione, definita tolleranza immunologica, è stata ottenuta agendo a diversi livelli. Uno modo per indurre la tolleranza è generare cellule “regolatrici”, che hanno la funzione di limitare l’aggressione del sistema immunitario verso l’organo trapiantato. Le cellule staminali isolate dal midollo osseo sono in grado di svolgere questo compito e l’abbiamo dimostrato con esperimenti di trapianto negli animali, in cui le cellule staminali hanno evitato il rigetto dell’organo senza ricorrere ai farmaci. Un altro modo per ottenere cellule regolatrici, si basa sulla modificazione genetica di particolari cellule del sistema immunitario che si occupano di difenderci dai germi, ma che provocano anche il rigetto del trapianto d’organo. La modificazione di queste cellule negli animali provoca uno stato di tolleranza, per cui non c’è rigetto, anche senza farmaci. Gli studi negli animali aprono la strada alla sperimentazione nell’uomo. Abbiamo ideato uno studio nei pazienti, che è appena cominciato e da cui ci aspettiamo risultati importanti. Una via per aumentare il numero di trapianti In tutto il mondo la carenza di donatori rappresenta il limite principale all’attività di trapianto. Per giunta, la maggiorparte dei possibili donatori sono anziani, o hanno il diabete, o la pressione alta, per cui i loro reni vengono scartati perché da soli non sono considerati adeguati alle esigenze del ricevente. Se al micro- NEGRIBERGAMO: 25 ANNI DI SCIENZA A BERGAMO scopio questi reni non apparissero troppo danneggiati, se ne potrebbero però trapiantare due (anziché uno come si é sempre fatto) nello stesso ricevente. Abbiamo visto che se si selezionano in questo modo i reni da trapiantare, il 90% degli organi ottenuti da donatori anziani è ancora funzionante a due anni dal trapianto. Questi risultati sono simili a quelli che si possono ottenere utilizzando reni da donatori più giovani. Esaminare al microscopio un frammento di rene prima di trapiantarlo è una prassi entrata nella pratica clinica ed è servita ad aumentare il numero di organi disponibili e le possibilità di trapianto per molte migliaia di pazienti la cui sopravvivenza è legata oggi solo alla macchina di dialisi. Una strategia per prevenire le complicanze del diabete Il diabete è in aumento in tutto il mondo, e costituisce un vero pericolo per la salute per via delle complicazioni al cuore e alle arterie, al sistema nervoso, alla vista e ai reni. Un diabetico su tre infatti si ammala di reni e corre il rischio di andare in dialisi. Inoltre, i diabetici ammalati di reni corrono un rischio ancora maggiore di avere un infarto o altre malattie circolatorie. È importante prevenire la malattia renale nel diabete prima che appaiano i primi segni, per evitare l’evoluzione della malattia verso l’insufficienza renale e la dialisi, ma anche per proteggere il sistema circolatorio. Il nostro impegno in questo campo si è concretizzato in uno studio, che abbiamo chiamato BENEDICT, che ha coinvolto 1200 pazienti, tutti della provincia di Bergamo, in collaborazione con 9 centri antidiabetici e che ha dimostrato che con dei farmaci che abbassano la pressione, si dimezza il rischio di avere un danno renale. Abbiamo avuto l’opportunità di studiare anche il DNA dei pazienti che hanno partecipato allo studio e abbiamo visto che in alcuni pazienti portatori di una certa forma di un gene da cui dipende la sensibilità delle cellule all’azione dell’insulina, l’intervento, se iniziato precocemente, può dare i risultati migliori. Un modo per trasferire geni negli organi solidi: la terapia genica Abbiamo portato a termine con successo i primi studi sperimentali di trasferimento di materiale genetico allo scopo di diminuire il pericolo di rigetto. Abbiamo per prima cosa individuato delle proteine che bloccano il processo di rigetto e abbiamo isolato i geni che le producono. Questi geni sono stati trasferiti nel rene di un animale donatore, utilizzando come “veicolo” per il trasferimento un virus in cui abbiamo appunto inserito i geni in questione. Il rene del donatore, dopo il trattamento, aveva acquisito la capacità di produrre le proteine che proteggono dal rigetto. Quando questo rene è stato trapiantato in un altro animale incompatibile non c’è stato alcun rigetto, e senza terapia. In altre parole, questo trasferimento di geni ha “insegnato” al rene del donatore a difendersi da solo dal rigetto. Prevediamo che in futuro queste tecniche verranno impiegate in molti altri campi di interesse, quali la cura delle malattie renali progressive e per impedire il rigetto del trapianto di altri organi oltre al rene, come fegato, cuore, pancreas. Le cause di una malattia del sangue rara ma gravissima Una malattia rara di cui ci siamo molto occupati è la sindrome emolitico uremica. Questa malattia molto rara, che colpisce soprattutto i bambini, è per lo più dovuta a una infezione, ma talvolta la causa è un difetto genetico. Negli ultimi anni, abbiamo studiato più di 200 bambini e in molti abbiamo individuato il difetto genetico. Questo difetto (diverso da paziente a paziente) altera la funzione di diverse proteine, che regolano il modo con cui ci difendiamo dalle infezioni. I bambini che hanno questi difetti sviluppano una forma molto severa della malattia che porta a morte o dialisi nella metà dei casi. Conoscere la specifica alterazione genetica aiuta a scegliere la terapia più adatta: per esempio nei malati con certe modificazioni di una di queste proteine, che viene prodotta dal fegato, è necessario fare trasfusioni di plasma per fornire il fattore mancante, mentre nei malati con altre modificazioni genetiche, questa cura con il plasma è poco efficace. Questi pazienti possono essere trapiantati quando perdono la funzione del rene, mentre nei malati con alterazioni nelle proteine prodotte dal fegato, una soluzione potrebbe essere trapiantare nel ricevente oltre al rene anche il fegato. Il nostro lavoro ha aperto la strada a una cura specifica per questa malattia. Infatti, è ora disponibile un farmaco specifico per alcune forme di sindrome emolitico uremica. Alcuni bambini sono già stati curati con successo e ci aspettiamo di confermare i risultati positivi nei prossimi anni. NEGRIBERGAMO: 25 ANNI DI SCIENZA A BERGAMO Le cause di una malattia renale ereditaria rarissima per capire le malattie più comuni C’è una malattia renale ereditaria che porta alla perdita della funzione renale e alla dialisi. Il suo nome è glomerulopatia con depositi di fibronettina, perché al microscopio si osserva un accumulo di una proteina particolare, la fibronettina appunto. Ad oggi si conoscono solo 16 famiglie in tutto il mondo con questa malattia. Abbiamo scoperto che la causa sono mutazioni di un gene e abbiamo dimostrato come queste mutazioni provocano il danno al rene. Lo studio di queste mutazioni è importante perché serve a capire malattie molto più comuni nelle quali pure si osserva un eccessivo deposito di questa proteina, come ad esempio nella malattia renale causata dal diabete. Quindi studiare i meccanismi che regolano questa malattia rara, aiuta a capire cosa succede nelle malattie comuni. Le immagini medicali, nuove fonti di informazione Il progresso tecnologico nel campo della diagnostica per immagini ha aperto nuove frontiere per la ricerca medica. Presso il Dipartimento di Bioingegneria, in collaborazione con gli Ospedali Riuniti di Bergamo, sono stati sviluppati nuovi metodi per misurare in modo preciso come progrediscono le malattie renali. Con l’aiuto di analisi al calcolatore, è stato possibile studiare in modo nuovo la malattia del rene policistico e valutare nuove possibilità terapeutiche per questa malattia ad oggi senza cura. Tecniche simili si possono applicare allo studio delle malattie delle arterie, in particolare agli aneurismi cerebrali e alle lesioni aterosclerotiche. Le cellule staminali come cura per l’insufficienza renale acuta L’insufficienza renale acuta è una perdita improvvisa della funzione renale causata da traumi, gravi infezioni, complicazioni di interventi chirurgici. È una malattia molto grave, anche se è possibile guarire completamente se il rene ha il tempo di rigenerarsi. Abbiamo studiato un modello di insufficienza renale acuta nel topo, ottenendo la rigenerazione del tessuto renale con le cellule staminali mesenchimali, che sono in grado di trasformarsi nelle stesse cellule del rene e sostituirsi a quelle danneggiate. Le cellule staminali iniettate in animali in cui era stata provocata una forma di insufficienza renale si sono localizzate nel rene danneggiato, si sono trasformate in cellule renali e hanno favorito una rapida rigenerazione dell’organo e il recupero della funzione in tempi molto più rapidi di quanto ci sarebbe voluto seguendo il decorso naturale. Anche le staminali umane isolate dal midollo osseo e dal sangue del cordone ombelicale sono risultate efficaci nel trattamento dell’insufficienza renale acuta da cisplatino. Sulla base di questi risultati abbiamo iniziato uno studio per verificare se questo metodo di cura è efficace anche nell’uomo. Una via per bloccare le metastasi dei tumori Con 3,2 milioni di nuovi casi e 1,7 milioni di morti l’anno, in Europa i tumori sono un’emergenza sanitaria che coinvolge l’intera società. La cura dei tumori ha fatto enormi passi avanti. Resta tuttavia da risolvere il problema delle metastasi, cioè la diffusione del tumore ad altre parti del corpo, anche dopo che questo è stato asportato dal chirurgo. Il tumore cresce e si diffonde, grazie anche alla formazione di nuovi vasi che lo nutrono e che ne favoriscono la disseminazione. Di recente sono entrati nella pratica clinica nuovi farmaci che agiscono contro i vasi sanguigni dei tumori e la nostra ricerca ha dato un contributo in questo campo. Abbiamo anche studiato il modo migliore di usarli in combinazione coi farmaci antitumorali tradizionali, per potenziarne l’efficacia e ridurne gli effetti collaterali. Ci occupiamo inoltre di capire meglio le anomalie delle pareti dei vasi dei tumori per identificare nuovi bersagli e nuovi farmaci più specifici e mirati. La ricerca in terapia intensiva La nostra ricerca si occupa anche di migliorare l’assistenza sanitaria nel nostro Paese. Un campo in cui siamo molto attivi è la terapia intensiva dove coordiniamo uno dei primi e più grandi network di ricerca operanti al mondo. Fulcro di questa attività è il progetto Margherita, un progetto per la valutazione continua dell’assistenza basato su un programma informatico appositamente sviluppato da noi. Giunto al suo 8° anno di attività il progetto coinvolge 225 reparti di terapia intensiva, dei circa 450 esistenti in Italia, che hanno curato più di 72.000 pazienti nel corso del 2008. Il progetto Margherita consente anche di accorciare grandemente i tempi di realizzazione di un progetto di ricerca, assicurandone al contempo una larga partecipazione di centri. Proprio su questa base stiamo conducendo la sperimentazione di un NEGRIBERGAMO: 25 ANNI DI SCIENZA A BERGAMO nuovo trattamento per i pazienti con gravi infezioni in terapia intensiva. Partendo dal software Margherita abbiamo poi sviluppato una vera e propria cartella clinica elettronica per i reparti di Terapia Intensiva, che abbiamo chiamato MargheritaTre. Si tratta di una cartella clinica “intelligente”, che è anche in grado di assistere il medico in alcune decisioni e avvisarlo di possibili errori o situazioni problematiche o pericolose. L’obiettivo è di avere uno strumento utile sia alla pratica clinica medica e infermieristica, sia alle esigenze della ricerca scientifica, per migliorare la cura dei pazienti. Abbiamo anche avviato il progetto PROSAFE per diffondere Margherita in Brasile, Cipro, Germania, Gran Bretagna, Polonia, Slovenia e Ungheria. Quattro realizzazioni significative per Bergamo, per l’Italia, per l’Europa, per i Paesi emergenti Dipartimento Pubblico-Privato tra Istituto Mario Negri e Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo Perché le scoperte fatte in laboratorio abbiano un ritorno nella cura del paziente in tempi rapidi è necessaria una forte interazione tra ricercatori e clinici. Considerati i rapporti di collaborazione che si sono stabiliti in questi venticinque anni fra l‘Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi dell’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo e l’Istituto Mario Negri che si sono progressivamente sviluppati specialmente nei settori delle malattie immunologiche e della medicina del trapianto, l’Istituto e l’Ospedale (con provvedimento deliberativo n. 785 del 10/08/1995) hanno dato vita al Dipartimento Pubblico-Privato di Immunologia del Trapianto. Il Dipartimento é destinato ad aumentare le occasioni formali di interazione tra i due enti con l’obiettivo finale di contribuire ad accrescere le conoscenze nel campo della terapia antirigetto e della cura delle complicanze del trapianto di organi solidi. Una scuola europea di Medicina Tutti i Paesi avanzati hanno appieno compreso che la via dello sviluppo sociale ed economico passa attraverso il miglioramento dell’istruzione superiore. Questo è tanto più vero in Medicina. Abbiamo pensato che Bergamo, con una prestigiosa Università, un grande Ospedale ad alta specializzazione e un Istituto di ricerca tra i primi in Italia, fosse la sede ideale per realizzare un modello nuovo di educazione in medicina. Per questo, Università, Ospedale e Mario Negri hanno stipulato un accordo con l’Università di Maastricht per offrire l’opportunità a giovani laureati in Medicina e in altre discipline biomediche di specializzarsi con appositi corsi post-laurea. L’Istituto Mario Negri collabora inoltre con l’Università di Groningen per la formazione di dottorandi in ricerca biomedica. Il nostro impegno per le malattie rare Quando quasi venti anni fa abbiamo cominciato a occuparci di malattie rare, di questo problema pochissimi sapevano e le autorità sanitarie lo ignoravano. La nostra intuizione fu che occuparsi di malattie rare voleva dire rispondere a un bisogno negletto ma presente e vivo nella società. Voleva anche dire studiare le malattie di pochi anche per capire meglio quelle di molti. A distanza di anni il numero di iniziative a ogni livello a favore dei pazienti con malattie rare dimostra che si trattava di una felice intuizione. In questi anni abbiamo risposto a migliaia di quesiti di pazienti, familiari, medici. Abbiamo collaborato con ricercatori di diverse discipline, abbiamo lavorato con le associazioni dei pazienti, che in alcuni casi abbiamo aiutato a nascere. Collaboriamo con istituzioni italiane ed europee, e stiamo lavorando insieme a loro a un modello di assistenza ai pazienti con malattie rare comune a tutti i Paesi dell’Unione Europea. Il nostro Centro per le malattie rare è stato scelto dalla Regione Lombardia per coordinare le attività a favore dei pazienti affetti da malattie rare nei 31 ospedali della rete regionale. Infine, insieme agli altri ricercatori dell’Istituto studiamo le basi molecolari delle malattie rare del rene. Il progetto COMGAN Oggi ci sono nel mondo circa 2 milioni di persone che, avendo avuto una malattia renale che ha distrutto i loro reni, continuano a vivere grazie alla dialisi o al trapianto. Più dell’80% di queste persone vive in Europa, America del Nord, Australia e Giappone, cioè nei Paesi ricchi. Nei Paesi emergenti ci sono meno risorse disponibili per la Sanità: in questi Paesi non tutti quelli che hanno bisogno di dialisi possono averla. Nei Paesi veramente poveri, questa possibilità è del tutto inesistente. Dunque, chi ha una malattia renale non ha speranze per il futuro. Occorre fare uno NEGRIBERGAMO: 25 ANNI DI SCIENZA A BERGAMO sforzo internazionale per ridurre questo divario drammatico tra Paesi poveri e Paesi ricchi. La Società Internazionale di Nefrologia ha istituto una commissione, COMGAN, che ha l’obiettivo di favorire la prevenzione e la cura precoce delle malattie renali nei Paesi emergenti o poveri, con mezzi relativamente semplici ed economici. Anche noi stiamo contribuendo a questo sforzo in vari modi: prepariamo persone – medici e infermieri – di quei Paesi ad affrontare tutti i problemi della prevenzione e cura delle malattie renali; li assistiamo con un continuo supporto, sia culturale che materiale, quando tornano nel loro Paese; organizziamo registri per raccogliere informazioni sui principali fattori di rischio delle malattie renali perché i Ministeri della Salute di questi Paesi possano pianificare interventi mirati ed efficaci; promuoviamo e coordiniamo programmi di prevenzione e remissione delle malattie renali nei Paesi più poveri con metodi poco costosi; lavoriamo nelle istituzioni internazionali, come la Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, perché riservino maggiore attenzione e finanziamenti ai programmi di assistenza per le malattie renali nei Paesi poveri. Il futuro Questo è quanto abbiamo fatto in venticinque anni di ricerche. Non sarebbe stato mai possibile realizzare tutto ciò senza il sostegno continuo e generoso di tanti, tantissimi concittadini, di enti pubblici e privati, associazioni e imprese a cui abbiamo sentito il dovere di dare conto di come abbiamo utilizzato le risorse che ci hanno messo a disposizione. A tutti va la nostra profonda gratitudine. I progetti che abbiamo realizzato sono anche i loro. Ma i ricercatori non si accontentano mai e quanto hanno realizzato è comunque sempre troppo poco: le scoperte non sono mai definitive, fanno sempre intravedere che c’è dell’altro da scoprire. Dunque ci rivolgiamo a tutti quelli che ci hanno sostenuto fino ad ora chiedendo loro di continuare a farlo con la stessa fiducia e generosità. Perché con il loro aiuto potremo realizzare nei prossimi anni altri progetti. La nostra ricerca ha questi obiettivi fondamentali: – Evitare il più possibile di dover ricorrere alla dialisi a coloro che hanno una malattia renale croni- – – – – – – – – ca. Abbiamo iniziato con le malattie con perdita di proteine nelle urine, ma cominciamo ad avere dati interessanti anche nelle malattie genetiche, come nel rene policistico, una malattia ereditaria in cui si sviluppano col tempo delle cisti che distruggono il rene. Gli studi in corso ci fanno prevedere che, anche per queste malattie, riusciremo a rallentare e forse un giorno a eliminare del tutto la dialisi. Vogliamo riuscire a indurre tolleranza al trapianto, così da evitare il ricorso ai farmaci antirigetto che sono tossici. Abbiamo risultati incoraggianti sulla capacità delle cellule staminali di indurre la risposta immune e prevenire il rigetto. Vogliamo provare a costruire organi in laboratorio e partiremo dal rene utilizzando cellule indotte a essere pluripotenti (cellule cioè che sono in grado di trasformarsi in qualunque tipo di cellula) così da evitare di ricorrere agli embrioni. Dagli studi sulle alterazioni genetiche delle malattie rare ci auguriamo di poter arrivare presto a correggere i difetti con studi di ingegneria genetica. Continueremo a lavorare perché le tecnologie informatiche più avanzate migliorino la nostra capacità di condurre studi clinici raccogliendo tutte le informazioni che aiutino il medico nella sua attività di tutti i giorni. Troveremo delle soluzioni perchè dalle indagini diagnostiche nell’animale e nell’uomo, fatte con TAC e Risonanza Magnetica, si possano ottenere tutte le informazioni che oggi richiedono procedure invasive. Continueremo le attività di documentazione e ricerca sulle malattie rare collaborando con centri di ricerca, istituzioni pubbliche italiane e straniere e soprattutto associazioni di pazienti. Contribuiremo a migliorare l’assistenza sanitaria nel nostro Paese, in particolare nel campo della terapia intensiva, aiutando gli operatori a usare al meglio le risorse disponibili e collaborando a produrre nuove conoscenze per la pratica clinica. Proseguiremo nello studio delle cause del processo di diffusione delle metastasi dei tumori e dei geni coinvolti nella crescita del tumore, per poter scoprire nuovi farmaci più selettivi. Da 25 anni a servizio degli ammalati Grazie a tutti quelli che ci hanno aiutato, che hanno creduto in noi e ci hanno sostenuto Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Dopo 25 anni trascorsi nella storica sede del Conventino, il NegriBergamo si trasferirà e potenzierà le proprie attività di ricerca presso il Parco Scientifico Tecnologico Kilometro Rosso. – – – – – 4.400 mq superficie totale su 4 piani 41 laboratori di ricerca 31 uffici 1 sala conferenze con collegamento telematico e 3 sale riunioni oltre 100 ricercatori impiegati Per maggiori informazioni sul progetto: http://negribergamo.marionegri.it/ I contributi versati all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri sono interamente deducibili dal reddito d’Impresa delle Aziende (Legge 23 Dicembre 2005 n. 266) mentre, per le persone fisiche sono deducibili dal reddito dichiarato per un importo fino al 10% del reddito stesso, con un massimo di 70.000 euro (Decreto Legge 14 Marzo 2005 n. 35). 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