AGONIA DELLA MISTICA NELL'ATTUALE
CONGIUNTURA ECCLESIALE?
di INNOCENZO COLOSIO
Queste pagine non vogliono essere una vera e propria
dissertazione, ma piuttosto un appassionato grido d'allarme: la
Mistica cristiana nell'ambito della Chiesa cattolica sta correndo
un gravissimo pericolo di morte.
Ovviamente non intendiamo parlare delle vere e proprie grazie
mistiche segretamente infuse dallo Spirito Santo nelle anime,
perché esse sfuggono ad ogni controllo di carattere culturale.
Il nostro esame verte invece esclusivamente sulla Mistica dal
rigoroso punto di vista socio-culturale; cioè si tratta di indagare
sul posto che la Mistica occupa oggi nell'insegnamento della
Chiesa, nel la predicazione, nella direzione delle anime, nella
pubblicistica in tutto il suo arco. In concreto, si tratta di sapere:
oggi l'ideale mistico come è studiato, considerato, valutato,
perseguito? Ma, prima di tutto, per ideale mistico, che cosa
intendiamo di preciso?
In queste pagine per Mistica si vuole significare sia lo studio
teoretico sia l'aspirazione pratica alla vera e propria
contemplazione infusa e all'amor puro di Dio uno e trino;
giacché usiamo il termine esperienza mistica nel suo significato
forte, volendo appunto con esso esprimere una intuizione
affettiva soprannaturale della presenza di Dio nel fondo
dell'anima, al di là delle facoltà discorsive, percepito come
bontà somma e assoluta. In altre parole per Mistica intendiamo
lo stato teopatetico descritto dai grandi e classici mistici a
cominciare dallo Pseudo-Dionigi Areopagita, il quale appunto
qualifica il suo Ieroteo come patiens divina.
Questo stato teopatetico, così amorosamente studiato e
perseguito nel primo dopoguerra, ora è molto trascurato sia sul
piano della ricerca scientifica sia sul piano pratico della
parenetica. Si deve invece constatare che esso viene tuttora, e
forse più di prima, studiato nel campo storico e viene sempre
meglio illustrato dalle molteplici edizioni critiche di testi dei
grandi spirituali.
Ora domandiamoci: quali sono le cause di questa crisi teoricopratica dell'ideale mistico?
Si potrebbe dare al quesito una risposta sintetica e un po'
generica: essendo la Mistica la fase suprema e culminante della
vita cristiana, essa subisce fatalmente i contraccolpi di tutte le
attuali crisi che oggi travagliano il Corpo mistico: crisi della
fede, crisi della morale, crisi del celibato, del sacerdozio, della
mortificazione... Ma è necessario cercare una risposta più
profonda, più scientifica, ossia bisogna tentare una soluzione
più specifica del problema, più dedotta ex propriis.
A nostro modo di vedere si potrebbero ridurre le cause della
decadenza teorico-pratica dell'ideale mistico a questi tre capi,
procedendo dall'esterno all'interno, dal generico allo specifico:
1) negazione della metafisica da parte di quasi tutte le filosofie
oggi dominanti, e infiltratesi anche nel tessuto intimo
dell'insegnamento ecclesiastico;
2) il grave travaglio critico che investe tutte le norme e i
metodi dell'Ascetica tradizionale;
3) l'attuale impostazione antropologico-storica di tutta la
teologia.
Questa indagine eziologica la proponiamo qui come ipotesi di
lavoro, senza poterla documentare ampiamente — ciò che però
ci ripromettiamo di fare in articoli successivi —. Queste
succinte pagine vogliono solo essere introduttori e ad una
futura analisi; perciò qui elencheremo brevemente, seguendo la
triplice divisione sopra data, i virus che in ciascun settore più o
meno direttamente intaccano la vitalità dell'organismo mistico.
1. Crisi filosofica
Metafisica e Mistica sono... sorelle siamesi, o per lo meno
amiche molto strette: ambedue, infatti, aspirano alla conquista
dell'Assoluto, anche se con mezzi assai diversi, anzi
apparentemente contrari. La Metafisica è la sorella
storicamente più anziana che aiuta la Mistica a mettere le ossa,
offrendole, aiutata e sorretta dalla Rivelazione, l'alimento
grezzo, la base con la sua speculazione su Dio e i suoi attributi
e perfezioni, e su Cristo, immagine perfetta del Padre. Ora tutti
sappiamo come oggi la Metafisica sia negata, derisa, dichiarata
assurda, impossibile, morta e seppellita. E i necrofori sono tutte
le varie filosofie imperanti: il marxismo materialista, il
neopositivismo, le varie filosofie analitiche del linguaggio, lo
strutturalismo, lo stesso esistenzialismo nella sua linea
nichilista.
Tutte queste correnti, in maniera più o meno subdola, hanno
invaso parzialmente anche l'area cristiana, in cui è facile
trovare scrittori e insegnanti che inconsciamente rinnovano il
principio della doppia verità: per un verso credono più o meno
fideisticamente all'esistenza di Dio uno e trino, ma per un altro
verso negano ogni possibile speculazione razionale sulla natura
divina, che invece nella grande tradizione medievale è stata
considerata quale remota pronuba del mistico matrimonio,
come risulta anche dalla stessa storia della spiritualità ebraica,
induista e musulmana. Notisi anche che la stessa speculazione
metafisica sull'Essere supremo tende naturalmente a sfociare in
una specie di mistica contemplazione naturale, certo ben
diversa dalla contemplazione infusa, ma che comunque
presenta con la medesima non poche analogie, come bene ha
dimostrato Th. Philippe O.P. nel suo ampio articolo:
Spéculation métaphysique et contemplation chrétienne, pubblicato su
Angelicum 1937, pagine 223-263.
2. Crisi ascetica
Se la Metafisica autentica è una sorella della Mistica, l'Ascetica
ne è addirittura una parte vitale, intrinsecamente incorporata
alla Mistica, tantoché anche il mistico più sublime non può e
non deve distaccarsi completamente dagli indispensabili
esercizi ascetici. Infatti la ortodossia della Mistica viene
misurata dalla sua buona simbiosi teorica e pratica con
l'Ascetica. Senza previa preparazione ascetica niente mistica
esperienza, almeno in via ordinaria.
Ora è noto a tutti come la classica Ascetica cristiana sia
osteggiata con violenza non più o non tanto dai nemici esterni
quanto dal di dentro della Chiesa stessa. Recente prova ne sia
l'articolo, a dire poco scandaloso, del sacerdote spagnolo
Fernando Urbina pubblicato sul n. 9 del 1975 della rivista
Concilium. Il titolo è già un chiaro programma: La vita spirituale
come tentazione (pp. 124-146). L'Autore mette sotto accusa la
spiritualità, specialmente dei primi decenni del nostro secolo —
e per esemplificare cita, la Vita interiore del Tissot, L'anima di
ogni apostolato dello Chautard e Le tre età della vita interiore del
P. Garrigou-Lagrange — come responsabile di aver scisso
l'unità operativa del cristiano, e specialmente del sacerdote,
privilegiando la vita di preghiera su quella dell'azione
apostolica e sociale, e facendo correre così il pericolo per molte
coscienze, di una falsificazione psicologica e di una complicità
politica. Secondo la strana ermeneutica storica di questo
autore, la Chiesa oggi ha perduto terreno su tutti i campi per
colpa di quella tipica spiritualità, la quale narcotizza l'asceta
cristiano timoroso e gli fa perdere il senso della concreta
conflittualità sociale, chiudendolo in sé stesso!
Qui non intendiamo affatto confutare la sua complessa e sottile
diagnosi della dissociazione della vita spirituale dalla vita
sociale reale, di cui si è resa colpevole quella tale spiritualità,
giacché abbiamo intenzione di sottoporre quell'articolo ad una
puntuale e precisa critica in un futuro numero della Rivista.
Recentemente lo stesso Papa durante l'udienza dello scorso
mercoledì delle ceneri ha lanciato un accorato appello affinché
non si trascuri lo sforzo ascetico, di cui con chiarissime parole
ne delinea la struttura:
Esso consiste in uno sforzo abituale della buona volontà, una
tensione morale vigilante e perseverante della coscienza sopra
il dominio delle proprie azioni, una attitudine normale di
autogoverno, di padronanza di sé, nell'intento di unificare il
complesso meccanismo psicologico dei propri istinti, delle
proprie passioni, dei propri interessi, dei propri sentimenti,
delle proprie reazioni interiori ed esteriori, dei propri pensieri,
sotto un unico comando direttivo, l'amor di Dio e del prossimo,
norma suprema e vitale della personalità cristiana.
(Osservatore Romano, 4 marzo 1976)
Lo stesso Pontefice ricorda come oggi questo sforzo ascetico
non sia gradito:
Sappiamo tutti benissimo che questo capitolo del programma
rinnovatore della vita cristiana non gode il favore dell'opinione
pubblica, e nemmeno talvolta il dovuto rispetto di certi maestri
che pur si qualificano moralisti e per di più cristiani.
##Assistiamo infatti a continui assalti indiretti, ma alle volte
anche molto diretti, contro ogni forma di mortificazione, la
quale costituisce appunto il fulcro centrale di ogni ascetica.
Si parte dalla esaltazione della spontaneità come valore
irrinunciabile, dalla gelosa difesa di tutto ciò che è naturale, in
base ad una diffusa concezione ottimistica dell'uomo, oramai
dichiarato guarito dalle vecchie ferite del peccato originale, sia
perché esso non è affatto quello che si credeva, sia perché la
permanente efficacia della potenza redentrice di Cristo risorto,
tramite la fede (di marca protestante) continuamente lo
rintuzza, anche se rispunta sempre come i peli della barba,
secondo una tipica espressione dello stesso Lutero.
In modo particolare gli attacchi sono rivolti contro il valore
della verginità, considerata come intrusione in campo cristiano
di un mito pagano, o per lo meno di idee neoplatoniche e
manichee, ignote al vero senso delle Sacre Scritture. Lo stesso
dicasi della lotta tra carne e spirito.
L'obbedienza poi è stata praticamente nullificata sia per la
instaurazione del metodo democratico a tutti i livelli, sia per la
elevazione della coscienza individuale ad unico insindacabile
criterio delle nostre azioni.
Conseguentemente lo stato religioso è stato intaccato alla base
e declassato dal suo ruolo di scuola specifica e paradigmatica di
perfezione evangelica; e per di più è stato in sede pratica
gettato in un incredibile marasma a causa del programmato
aggiornamento obbligatorio, che fatalmente — com'era facile
prevedere — si è risolto in una colluvie di discussioni,
esperienze, scissioni, turbamenti di ogni genere, legislazioni
ambigue, frutto naturale del compromesso, storico anche
questo, tra progressisti e tradizionalisti. Il colpo mortale
all'Ascetica classica è stato inferto dalla nuova teoria,
convalidata dall'alto, tendente alla super-esaltazione dei
cosiddetti valori terrestri, o umani, o sociali, quasicché la sana
dottrina cattolica non abbia sempre favorito nei giusti limiti la
scienza, l'arte, la famiglia, i doveri sociali. Un'altra grave ferita
alla prassi e alla dottrina ascetica tradizionale è stata causata
dall'aver sostituito e quasi contrapposto allo stato di perfezione
la perfezione degli stati, spaccando così l'unità vitale dell'unica
ascetica evangelica che trovava nel radicale rinnegamento di
noi stessi tramite i tre voti la legge suprema, uguale per tutti
come ideale, ma in concreto applicabile, caso per caso, persona
per persona, in re o solo in voto (ossia nel desiderio), secondo le
rispettive vocazioni.
Nel campo poi delle spiritualità dei singoli ordini religiosi, è
avvenuto questo strano fenomeno, che mentre a priori si è
canonizzato il pluralismo dei carismi, a posteriori si è caduti in
una monocorde e piatta uniformità, come appare evidente dalla
semplice lettura delle varie regole aggiornate; cosicché le
singole famiglie monastiche sono state private delle loro
spicciole pratiche ascetiche, che avevano un loro valore
speciale, come frutto di secolari esperienze di quel determinato
istituto con quella determinata finalità. Si pensi, per portare un
solo esempio, alla importanza della "sacratissima silentii lex"
per l'Ordine domenicano, ora praticamente inesistente.
A tutto questo si aggiunga la decadenza pratica in cui sono
cadute la direzione spirituale, la orazione discorsiva o
meditazione, e l'esame di coscienza particolare e la stessa
confessione sacramentale.
3. Crisi teologica
Vitale e intimissima è la dipendenza della Mistica dalla
Teologia generale, tantoché come dottrina non si dovrebbe
distinguere da essa, cioè tutta la Teologia è spirituale, quindi
almeno tendenzialmente mistica.
Se è vero che la Teologia è il consapevole ripensamento della
fede rivelata per incarnarla nella mente e nel cuore umani,
svilupppandone le virtualità e traducendole in pratica nella
nostra progressiva deificazione (la quale consiste nella grazia
santificante e cristiforme evolventesi via via in una sempre più
intima unione con Dio, di cui qui in terra la contemplazione
mistica e l'amor puro infuso rappresentano il grado supremo,
preludio alla visione beatifica) ne consegue che la speculazione
teologica è di suo ordinata alla esperienza mistica.
Ma c'è, storicamente parlando, teologia e teologia. Ora l'attuale
Teologia, non avendo più per suo oggetto formale proprio:
Deus sub ratione Deitatis consideratus in se ipso et in suis
partecipationibus formalibus, ma Dio come protagonista della
storia della salvezza umana, essa non è certo indirizzata a
fomentare la contemplazione mistica e l'amor puro, sua fonte e
suo termine, che hanno appunto come oggetto primario Dio, la
sua vita trinitaria, le sue perfezioni entitative più che operative.
A ciò si aggiunga la fatale mutazione del metodo conseguente
allo spostamento dell'oggetto proprio. Il nuovo metodo
teologico, invece di essere speculativo e partire dall'alto, ha
assunto in pieno la dimensione antropologica e si è fatto
storico-genetico. A ciò si aggiunga ancora la eccessiva
preoccupazione ecumenica, per cui la nostra teologia in questi
ultimi anni è diventata scandalosamente succube di quella
protestante, che come è risaputo, è piena di riserve e di
prevenzioni contro la Mistica, e si capirà facilmente perché il
divorzio tra teologia dogmatica e teologia mistica sia stato
consumato in misura così radicale.
Prova ne sia l'emarginazione del classico trattato dei doni dello
Spirito Santo, fagocitati dai carismi (che sono pero un'altra
cosa); l'accento posto quasi esclusivamente sull'amore del
prossimo a detrimento del primato dell'amore a Dio; il
sociologismo e l'orizzontalismo considerati come la vera e più
genuina dimensione del cristianesimo che vede in Cristo
soprattutto "l'uomo per noi" e non il vertice della religiosità
teocentrica, il "religioso" per eccellenza; l'accentuazione sulla
nascita laicale e non sacerdotale di Cristo; la difesa teologica
della secolarizzazione, con lo specioso pretesto che l'autonomia
del profano è voluta da Dio espressamente nella Sacra
Scrittura; la spiritualità escatologica immanentizzata, ma resa
in questo modo evanescente, al posto della classica dottrina sui
Novissimi e sulla visione beatifica; la esagerata divisione, per
non dire, contrapposizione tra religione e fede, tutta a beneficio
della seconda e a detrimento della prima; la esasperata
esaltazione della preghiera liturgica o comunitaria con relativo
deprezzamento di quella intima e privata; la parola di Dio nella
Bibbia considerata come più efficace e nutriente della stessa
Eucarestia; la grazia santificante concepita non più
tomisticamente come una realtà entitativa informante l'essenza
dell'anima ed evolventesi in un dinamico organismo, ma come
un semplice benevolo affettuoso sguardo divino che accarezza
l'anima. E si potrebbero facilmente enumerare molti altri
aspetti e atteggiamenti della attuale corrente teologia, i quali
certo non concorrono a potenziare la nostra spinta verso la
intimità divina.
Molti teologi moderni non vogliono neppure sentire nominare
la Mistica, perché secondo loro si tratta di una parola e di un
contenuto ellenici e quindi pagani, subdolamente penetrati nel
tessuto del pensiero cristiano, dal quale vanno espulsi come
elementi eterogenei.
Ancora una volta Louis Bouyer in un denso e illuminante
libretto, il cui titolo non fa minimamente sospettare la tematica
di fondo ivi svolta, Religioni e preti contro Dio (trad. italiana di
B. Marenco, Ed. Rusconi, Milano, pp. 120, L. 2.000) ha
spezzato da pari suo una lancia contro la tesi dell'origine
pagana del nome e del contenuto della Mistica cristiana.
Da quelle stringate e persuasive pagine vogliamo offrirvi qui
alcuni stralci molto persuasivi specialmente se riposti nel
contesto.
Egli considera Alberto Ritschl (1822-1889) come primo e
maggiore responsabile nel protestantesimo moderno della
diffidenza, anzi del ripudio più radicale della Mistica cattolica.
Secondo questo celebre teologo protestante:
il cattolicesimo manifesterebbe la propria infedeltà al vero
cristianesimo e all'ispirazione della Bibbia appunto perché teso
al misticismo con tutto il suo orientamento profondo. Il
misticismo non sarebbe che il frutto supremo del paganesimo,
la ricerca illusoria di un falso dio estraneo alla creazione e
indifferente alla sua salvezza. Esso viene contestato da tutto il
profetismo biblico mentre il Vangelo di Gesù, il Vangelo del
regno di Dio da stabilire sulla terra, ne è la condanna
definitiva... (p. 75).
Al seguito di Ritschl, l'opposizione tra Mistica e Bibbia è stata
sempre più elaborata fino a diventare come un assioma per i
teologi protestanti, seppure appartenenti alle più opposte
tendenze. Ai nostri giorni essa trova un'espressione
particolarmente imperiosa in Ebeling, ma è diffusa dappertutto,
tanto fra i protestanti " ortodossi " come fra i liberali (p. 76).
Detta concezione protestante della Mistica come elemento più
o meno pagano è purtroppo rimbalzata in campo cattolico,
dove con molta faciloneria è stata recepita anche da specialisti.
Non fa meraviglia, anche se la cosa è paradossale, che i cattolici
ricalchino oggi le torme di tali speculazioni che hanno voluto e
vogliono essere espressamente anticattoliche. Ed è curioso che
esse affascinino anche certuni che una migliore informazione
avrebbe presumibilmente dovuto trattenere dall'accettare
giudizi tanto semplicistici, come fa padre Festugière ne
L'Enfant d'Agrigente (p. 77).
Proprio recentemente le pagine qui criticate del domenicano
Festugière sono state ripubblicate a parte sotto il titolo molto
significativo: Le sage et le saint nella collezione Foi Vivante,
Parigi, Plon, 1974, pp. 98.
Ma il Bouyer dimostra come il nome e il contenuto della Mistica
cristiana sono di pretta origine vitale interna al cristianesimo
stesso.
La Mistica vera, lungi dall'opporsi alla linea autentica di sviluppo
della spiritualità biblica, ne segue perfettamente la trama. Bisogna
alla fin fine riconoscere il tatto macroscopico contro cui urtano e
si infrangono le speculazioni dualistiche che abbiamo discusso e
cioè, il fatto che la nozione stessa della mistica è un frutto
dell'ispirazione biblica e solo di essa, è comparsa non al di fuori
del cristianesimo o sotto influssi estranei ad esso bensì nel suo
seno e per una derivazione spontanea e irresistibile (pag. 91-92).
Dopo averci brevemente detto l'uso che del termine mystikos
fanno Clemente, Origene e i Padri Cappadoci, così prosegue e
conclude:
Infine san Gregorio di Nissa sarà il primo a chiamare
mistica l'esperienza cristiana per eccellenza, cioè la
percezione della presenza divina che si comunica a noi
con la mediazione delle scritture e la partecipazione ai
sacramenti. Tuttavia il primo a usare sistematicamente
l'aggettivo in questo senso sarà lo Pseudo-Dionigi, però
con una tipica insistenza sul contesto della fede nelle
scritture e della celebrazione sacramentale in tale fede. (p.
94).
Concluderemo anche noi questo terzo paragrafo con un
pensiero del medesimo autore: Non si dà Teologia valida se
non nella fede e in una fede autentica come quella che tende a
superarsi nella Mistica, e più precisamente nella Mistica
dell'amor di Dio diffuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo che
ci è stato donato.
4. Obiezioni
A parte le osservazioni critiche di dettaglio che il lettore
potrebbe fare direttamente alla nostra diagnosi dell'agonia
della Mistica, ciascuno, leggendola, avrà pensato che a quei
sintomi evidenziati pessimisticamente da chi scrive queste
pagine, si potrebbero contrapporre ottimisticamente altri
fenomeni; p. es. i seguenti: oggi vi è molto interesse per la
mistica induista, per lo yoga, per lo zen; si parla e si scrive
molto sulla contemplazione; vi sono un po' dappertutto
cenacoli di intensa preghiera; e soprattutto il movimento
carismatico pentecostale non è una macroscopica risposta alla
prognosi di una imminente morte della mistica nella Chiesa di
oggi? Risponderemo brevemente e provvisoriamente a queste
obiezioni: a) il nostro discorso è un discorso all'interno della
Chiesa; riguarda cioè la Mistica cristiana. E del resto il fatto
che tra questi fautori delle mistiche esoteriche ci siano anche
dei cattolici starebbe a dimostrare la nostra tesi, e cioè che
costoro non trovando nella Chiesa per le ragioni anzidette lo
slancio mistico, lo vanno a cercare altrove. b) E' vero, sulla
contemplazione anche in questi ultimi anni si è scritto non
poco, pero nella maggior parte dei casi il termine è stato usato
per lo più in senso lato e generico di intima preghiera, di
meditazione, di vita raccolta, e così via, ma non nel senso
tecnico di contemplazione infusa; c) La diffusione di centri
specialmente giovanili dediti alla preghiera specialmente
comunitaria fa ben sperare; ma siccome questi giovani spesso
non sono allenati metodicamente allo sforzo ascetico
collaterale, non sarà facile che la loro preghiera raggiunga le
vette della esperienza mistica; d) La medesima risposta vale
anche per i pentecostali, benché di essi chi scrive non abbia una
conoscenza diretta. Da quanto abbiamo letto ci è venuto il
sospetto che quell'entusiasmo, produce sì un sensibile
miglioramento spirituale, ma forse non riuscendo a creare una
armoniosa e solida unità interiore, abitualmente frutto solo di
un lungo e metodico esercizio ascetico, sia destinato ad
attenuarsi e pian piano a sparire. Comunque chi vivrà, vedrà.
Ripetiamo, anche per non essere fraintesi, noi non neghiamo
affatto che oggi esistano delle anime autenticamente mistiche,
cioè a dire, veramente sante, molto più che noi sosteniamo che
è impossibile la vera santità senza un diretto intervento divino
per purificare fino alle radice il cuore dall'innato egoismo e
introdurvi quindi l'amore puro infuso, generalmente connesso
in modo vitale con qualche bagliore di contemplazione infusa—
quindi non si dà santità perfetta senza esperienza mistica. E la
santa Chiesa cattolica ha sempre dei santi che nella unità
profonda della loro vita interiore — Fernando Urbina
permettendolo — bruciano tutte le antitesi tra vita interiore e
vita sociale, tra orizzontalismo e verticalismo.
Per rendere più tangibile quanto diciamo porteremo una
testimonianza attuale, desumendola dall'opuscolo "Fatima e
Balazar celeste gemellaggio". Premettiamo che Balazar è la patria
di Alexandrina Da Costa (1904-1955), autentica mistica, morta
vittima per la salvezza delle anime. E' un sacerdote che parla:
"una sera ebbi l'idea di partecipare a una tavola rotonda. La
discussione era tenuta da un pretino coi capelli arruffati, da tre
ragazzi muniti di barba e da alcune ragazze conciate in maniera
eccentrica. I termini che ricorrevano più frequentemente erano
orizzontalismo, alienazione, spiritualità di evasione, comodo
misticismo. La sostanza del discorso fu questa: il rapporto con
Dio può costituire un alibi per non occuparsi dei fratelli. Lo
sguardo rivolto al cielo distrae dal compito di costruzione del
mondo. Meno misticismo e più disponibilità alle sofferenze
altrui ". (p. 42). E' la tesi di Urbina. Ecco ora la risposta...
esistenziale di una vera mistica, cioè Santa:
"Il suo cuore [di Alexandrina], proprio perché unito sempre al
Cuore di Gesù fino alla mistica identificazione con Lui, si è dilatato
a dismisura e abbracciava tutti si commoveva per tutto si
immedesimava di tutto quello che era del prossimo e donava
sempre e si donava completamente.
I compaesani alla sua morte vestirono a lutto per un mese e
commentavano: E' morta la mamma di Balasar!" (p. 43).
Altro che alibi, altro che isolamento!
5. Conclusione
Se la nostra diagnosi — del resto molto sommaria e
sbrigativa — è vera, per salvare la Mistica dalla sua agonia,
bisogna ritornare alla metafisica classica, all'ascetica classica, alla
teologia classica, non certo materialmente e meccanicamente, ma
con tutte le finezze, le correzioni, gli apporti validi di
quest'ultimi decenni, vitalmente assimilati per opera di qualche
sublime genio che sia anche un grande santo.
Speriamo che la misericordia divina agli infiniti miracoli del
passato aggiunga anche questo nuovo, prima che la Mistica, in
senso socio-culturale, passi dall'attuale convulsa agonia ad una
squallida morte, che del resto sarebbe la necessaria
conseguenza della presunta e tanto proclamata morte di Dio. Il
fatto pero che questa blasfema e assurda espressione non
susciti l'orrore e l'indignazione nel nostro campo, ma anzi una
benevola e positiva considerazione perché si presume che
contribuirebbe a purificare il nostro concetto di Dio, è la prova
provata che oramai la nobile razza dei mistici puri, dei paladini
dell'Assoluto, è già morta e seppellita. Preghiamo perché Dio la
risusciti!
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