Sezione
anai
Emilia Romagna
Comune di Fiorano Modenese
Assessorato alle
Politiche Culturali
Soprintendenza
Archivistica
per l’Emilia Romagna
Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici
vite consacrate. gli archivi
delle organizzazioni
religiose femminili
Atti dei convegni
di Spezzano (20 settembre 2006)
e di Ravenna (28 settembre 2006)
a cura di Enrico Angiolini
mucchi editore
ISBN 978-88-7000-479-3
Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici
Fiorano modenese
Comitato scientifico:
Enrico Angiolini, Gianna Dotti Messori, Euride Fregni, Nina Maria Liverani,
Maria Parente, Giuseppe Rabotti, Gilberto Zacchè
Segreteria:
Alessandra Alberici
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pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra
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iscritta all’AIE e all’USPI
Pubblicato in Modena nel Settembre 2007
Presentazione
Con la presente pubblicazione, che riunisce gli atti dei convegni del
2006, inizia l’undicesimo anno di attività del Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici. Le giornate di studio, tenutesi a Fiorano (al Castello
di Spezzano il 20 settembre) e a Ravenna (presso il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna - Sede di Ravenna il 28 settembre) sono state accompagnate dai «festeggiamenti» per un evento di singolare importanza: il decennale di attività del Centro studi, con la presentazione del decimo
volume della collana. L’aver raggiunto tale traguardo è stato, per tutti quanti hanno dedicato tempo e risorse a questa iniziativa culturale, motivo di indubbia soddisfazione.
E il mio ricordo, ancora molto ben vivo e nitido, è corso a quel ormai
lontano settembre 1996, allorché con Euride Fregni, allora presidente della
Sezione ANAI Emilia Romagna, e Maria Parente, ambedue funzionarie della Soprintendenza Archivistica per l’Emilia Romagna, insieme alla sottoscritta, allora assessore ai Servizi e Beni Culturali del Comune di Fiorano Modenese, si pensò di costituire questo centro. «Altro grande risultato, di cui come
presidente sono molto orgogliosa», scriveva Euride Fregni nell’introduzione
al primo volume della collana, uscito nel settembre 1997, «è stato l’aver dato
vita insieme all’Assessorato alla cultura del Comune di Fiorano ad un Centro
Studi sugli Archivi Parrocchiali, che ha tra le sue finalità quella di organizzare
un incontro annuale su tematiche specifiche, di volta in volta individuate, ma
che sia soprattutto occasione di incontro e di scambio informativo per gli studiosi e gli operatori del settore. Questo volume, che raccoglie i contributi dei
due incontri in cui è maturata l’idea dell’istituzione del Centro, e che esce appunto sotto l’intestazione del nuovo Centro, dovrebbe essere, nelle nostre intenzioni, solo il primo di una lunga collana in cui raccogliere anno dopo anno
i frutti dei prossimi incontri».
E così è stato. Il Centro studi si è evoluto e nel 2002, in considerazione
dei notevoli risultati scientifici conseguiti, veniva resa ufficiale anche la variazione dell’intitolazione quale Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici, che già negli anni precedenti aveva ampliato il proprio campo
d’indagine dagli archivi parrocchiali a tutte le varie tipologie di archivi ecclesiastici, con conseguente arricchimento dei programmi di studio e con prospettive di sviluppo dell’attività ben oltre le iniziali aspettative. E per questo è doveroso ringraziare, in primis, l’Amministrazione comunale di Fiorano Modenese, nella persona dell’attuale assessore Maria Paola Bonilauri, che
ha messo a disposizione del Centro studi risorse finanziarie e umane, e l’Ufficio Cultura, nella persona di Alessandra Alberici, per la sempre puntuale ed
esemplare organizzazione dei convegni; un ringraziamento particolare si ri
volge alla Soprintendente Archivistica per l’Emilia Romagna, Euride Fregni,
per il costante appoggio e supporto culturale e organizzativo offerto a tutti gli
studiosi, ricercatori e soci ANAI che hanno collaborato con noi, ma soprattutto al gruppo di studio, o meglio, alla Commissione che, in seno all’ANAI e di
concerto con la Soprintendenza Archivistica, opera per la valorizzazione (nel
senso più lato del termine) degli archivi ecclesiastici e questo in modo del tutto disinteressato (puro e semplice «volontariato»). Quindi vorrei ringraziare
Gilberto Zacchè, Presidente della Sezione regionale dell’ANAI, Maria Parente, Enrico Angiolini, che per undici anni ha curato la pubblicazione degli atti,
Nina Liverani, Giuseppe Rabotti e, con lui, tutta la Società di Studi Ravennati, che da diversi anni lavora con noi per l’attività del Centro studi. Ma un caloroso e sentito ringraziamento va anche a tutte le diocesi ed arcidiocesi dell’Emilia Romagna che, con il loro patrocinio e il loro avvallo, sono state un
indispensabile ausilio nella prosecuzione della nostra attività. Rivolgo infine,
un ringraziamento all’Arcivescovo di Ravenna-Cervia Monsignor Giuseppe
Verrucchi e a Monsignor Adriano Tollari, delegato arcivescovile per i beni
culturali dell’arcidiocesi di Modena-Nonantola, sempre disponibili e presenti ad ogni nostro convegno.
Le giornate di studio del convegno del 2006, delle quali vengono ora editi gli atti, sono state dedicate alle organizzazioni religiose femminili, proseguendo il tema avviato l’anno scorso sugli archivi degli enti monastici e conventuali. Fin dall’inizio eravamo coscienti che ci stavamo addentrando in un
argomento non facile, trattandosi di un mondo innanzitutto estremamente variegato, il più delle volte quasi inesplorato dal punto di vista archivistico, e
del quale non si aveva un’esatta fotografia di quanto si avrebbe potuto rilevare; ma si trattava anche di un mondo non sempre aperto a siffatto tipo di richieste, e non sempre sensibile o cosciente del proprio patrimonio documentario. Le «sorprese», comunque, nei due anni di lavoro su questa tipologia archivistica, sono state notevoli, se pensiamo che, allorché si parla di ordini e
corporazioni religiose, il pensiero corre alle famose soppressioni napoleoniche e del 1866 e al conseguente incameramento di quegli archivi negli Archivi di Stato. Si riteneva, quindi, che la documentazione esistente e conservata nei monasteri o conventi sopravvissuti datasse a partire solo dalla fine dell’Ottocento; invece tantissimi e preziosi, per le ricerche non solo sulla storia
della vita e del pensiero religioso ma sui tanti aspetti della società del tempo,
sono gli archivi conservati presso questi enti, che datano il più delle volte a
partire dalla loro antica fondazione.
È stato veramente difficile, ma alla fine i risultati sperati si sono avuti,
anche se siamo coscienti che il panorama offerto non è certamente esaustivo.
«I contributi presentati», come ha sottolineato Giuseppe Rabotti, «hanno rivelato una realtà varia e frastagliata, relativa ora ad archivi importanti ora ad
altri minori e sin qui sconosciuti, spesso frammentari, la cui illustrazione storica e l’inventariazione archivistica presentano difficoltà non sempre risolte
sotto un esauriente profilo tecnico. Ma questo fa parte degli ostacoli emergenti nel lavoro di reperimento di fonti complesse come gli archivi, ricchi di forme e di aspetti sempre nuovi ed inediti, la cui conoscenza è conseguita solo
tramite un processo di avvicendamento, che ha tempi e modi di appropriazione graduali».
Il tema proposto dal Centro studi ha inoltre sollecitato il confronto con
altre realtà in Italia che stanno operando in questa direzione e che ci hanno
contattato: dall’Archivio Storico Diocesano di Cagliari in Sardegna, alla Biblioteca Apostolica Vaticana, all’Istituto Teologico di Assisi, alla suore francescane di questa famosa città, all’Istituto Storico Lucchese. Dall’Associazione Archivistica Ecclesiastica, poi, nella persona del suo Presidente, Monsignor Salvatore Palese, ci sono pervenuti gli incoraggiamenti a continuare
su questa strada: «Appena ricevuta la notizia dell’XI Convegno di studi sugli
archivi delle organizzazioni religiose femminili del prossimo settembre», ha
scritto al Centro monsignor Palese nell’agosto 2006, «mi preme esprimerLe
le più vive congratulazioni per l’iniziativa e i più fervidi auguri per il suo migliore risultato. È davvero ammirevole la continuità dell’impegno nella riscoperta di tanti archivi ecclesiastici. La memoria ravvivata di tante vite consacrate agli ideali evangelici illuminerà sulle radici cristiane della gente di codeste province e contribuirà a definire storicamente la loro identità culturale e religiosa».
La sessione fioranese del convegno si è poi conclusa con la visita al Monastero della Visitazione di Santa Maria di Modena, grazie alla squisita disponibilità e accoglienza della madre superiora suor Maria Daniela Campanale,
che colgo l’occasione per ringraziare. Infine voglio rivolgere ancora un ringraziamento a Gino Badini, Direttore dell’Archivio di Stato di Reggio Emilia, a Gilberto Zacchè, a Giuseppe Rabotti, quale Presidente della Società di
Studi Ravennati e a Mario Fanti, Soprintendente dell’Archivio arcivescovile
di Bologna, per aver presieduto le varie sessioni del convegno.
Gianna Dotti Messori
Responsabile della Commissione sugli archivi ecclesiastici
della Sezione ANAI Emilia Romagna
Sezione
anai
Emilia Romagna
Comune di Fiorano Modenese
Assessorato alle
Politiche Culturali
Soprintendenza
Archivistica
per l’Emilia Romagna
Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici
vite consacrate. gli archivi
delle organizzazioni
religiose femminili
Atti della giornata di studi
di Spezzano (20 settembre 2006)
e di Ravenna (28 settembre 2006)
a cura di Enrico Angiolini
mucchi editore
Gian Paolo Bustreo
Gli archivi degli Ordini mendicanti fra Medioevo ed età moderna.
Considerazioni d’insieme e spunti comparativi
Premessa 1
Prima di tutto, voglio ringraziare gli organizzatori del convegno per
l’onore che mi è stato assegnato di inaugurare il convegno su Gli archivi delle organizzazioni religiose femminili, convegno che porta a compimento il
progetto – iniziato lo scorso anno – di indagare lo svolgimento complessivo
della pratica archivistica così come la concepì e la mise in pratica il clero regolare in Italia fra Medioevo e età contemporanea. Non si tratta, a ben vedere, di un onore trascurabile, considerati il rilievo e la portata di tale scelta, sia
in assoluto, sia, come fra poco si approfondirà, in relazione allo studio dell’archivistica degli Ordini monastici e mendicanti.
Ci sono anche altri motivi per soffermarsi a celebrare l’evento e l’anniversario, visto che il Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici – formato dal comune di Fiorano Modenese, dalla Soprintendenza Archivistica emiliano-romagnola e dall’Associazione nazionale archivistica italiana nella sua articolazione pure emiliano-romagnola –, organizzatore di questo convegno, ha celebrato i suoi primi dieci anni di attività con un’iniziativa
di grande rilievo di cui abbiamo tra le mani, fresco di stampa, proprio il primo dei due volumi che ne costituiscono l’esito editoriale e che raccoglie degli
atti del decimo convegno dello scorso anno 2. L’una e l’altra evenienza meritano, allora, qualche considerazione. Beninteso, non è certo mio compito od
obiettivo tracciare bilanci; questo va ben al di là delle mie competenze e dei
miei compiti: tuttavia, sia lecito esprimere la mia considerazione per proposte
come questa che coniugano capacità di continuità, organizzazione di un progetto culturale rilevante, abilità nel suscitare un progressivo e allargato inte Il testo riproduce quasi del tutto fedelmente la relazione letta in occasione del convegno.
L’apparato delle note è stato volutamente contenuto per non appesantire il testo. Desidero
ringraziare Francesca Cavazzana Romanelli per i preziosi consigli e per il materiale che mi
ha messo a disposizione con pronta e prolungata gentilezza.
Cum tamquam veri. Gli archivi conventuali degli Ordini maschili, Atti dei convegni di
Spezzano (16 settembre 2005) e di Ravenna (30 settembre 2005), a cura di E. Angiolini, Modena 2006 (Atti dei convegni del Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici, 10).
resse calamitando risorse e «pubblico», sensibilità nell’intessere fecondi rapporti con il territorio e le sue rappresentanze, curiosità verso esperienze storiche e di ricerca originali e di primaria rilevanza.
1. Gli archivi dei mendicanti, un tema recente
Entro adesso nel merito del mio discorso, consapevole che il titolo della
relazione necessita di qualche chiarimento preliminare. Credo sia indispensabile innanzitutto delineare un inquadramento storiografico e quindi spiegare
la specificazione «mendicanti» che ho usato a proposito di archivi.
La ricostruzione del passato scrittorio degli Ordini religiosi, perlomeno
fino a questi ultimi anni, ha considerato solo gli archivi dei benedettini, per
motivi che peraltro sono comprensibilissimi. I monaci e le monache infatti
nascono con il Medioevo e ne contrassegnano un periodo molto ricco di trasformazioni che in parte contribuirono ad innescare. Due fra tutte: la salvaguardia, la riproduzione e la diffusione del patrimonio culturale che ora chiamiamo classico e l’impulso decisivo all’agrarizzazione del suolo tramite un
lungo e articolato sforzo che culminò nell’organizzazione di grandiose proprietà fondiarie ben condotte di cui i loro archivi, per restare in tema, raccontano adeguatamente.
E i Mendicanti, invece? Gli archivi dei frati pauperes sono viceversa un
tema molto più recente e meno conosciuto ma che, con tutto ciò, non offre
grandi elementi di novità rispetto all’archivistica monastica; anzi, si potrebbe
dire che gli archivi mendicanti mostrano le stesse caratteristiche degli archivi monastici, solo con meno ricchezza e sistematicità, ovvero con meno varietà e organicità. Mi si obietterà che così viene meno il motivo fondamentale
della mia scelta. Io credo tuttavia che valga la pena di saggiare la possibilità
di approfondire un tema che non esiterei a definire indispensabile per la piena comprensione della vicenda storica complessiva dei Mendicanti, vicenda
entro la quale la loro attitudine documentaria va collocata. Non si tratta solo
di questo, però: la ritrosia all’indagine dei giacimenti archivistici degli Ordini
apparsi nel Duecento ha sofferto in passato anche di pastoie di natura teorica
che si sono riflesse poi in determinate impostazioni storiografiche. La potenza del carisma iniziale dei fondatori e la dirompente energia delle opzioni dei
loro successori, infatti, hanno messo in sordina tutti gli altri temi. Di conseguenza, in una prospettiva non accogliente la dimensione documentata del fenomeno, la storiografia dei e sui Mendicanti si è sforzata per lo più nel tempo
di misurare il grado di adesione degli Ordini e dei conventi, perlomeno quelli
analizzati, a quel carisma originario e a quelle opzioni fondanti che tanta presa ebbero sul mondo urbano e finanche ecclesiastico, tanto da condizionarne
10
in parte la fisionomia. È certo, questa, una lettura molto schematica; ciò nondimeno, non occorre certo essere degli specialisti di storia dei Mendicanti per
sapere che i temi estranei alla spiritualità e allo sviluppo delle idealità originali hanno avuto fino ad ora attenzione molto marginale. Non sarà difficile
comprendere allora come siano stati finora trascurati aspetti altrettanto importanti per la storicizzazione degli Ordini; ad esempio e senza pretese di completezza, ma con un occhio rivolto al focus del mio intervento, le conseguenze del loro insediamento in termini di economia di scambio – spirituale non
meno che materiale –, gli effetti della loro presenza patrimoniale sul mercato locale e altre varie questioni, non ultima quella dei loro archivi che di questi aspetti economici sono, appunto, diretta e funzionale derivazione. Un’ultima precisazione: ho dato alla parte iniziale del mio discorso una collocazione temporale alle spalle, per così dire, del periodo scelto dal convegno dello
scorso anno e di quello odierno, una collocazione che mi permette di leggere
la vicenda complessiva degli archivi mendicanti su un piano diacronico, evolutivo. Se, da una parte, questa scelta vincola a un procedimento espositivo
piuttosto rigido, per un altro verso offre alcuni vantaggi nella definizione della storia e della geografia del fenomeno qui preso in considerazione.
Vengo ora a definire con maggiore precisione qual è l’obiettivo della mia
relazione. Il traguardo massimo sarebbe di stabilire un’archivistica mendicante, ovvero di mettere a fuoco le principali caratteristiche storiche degli archivi degli Ordini mendicanti dai loro inizi e sino all’età moderna. L’obiettivo minimo, cercare di identificare alcuni dei tratti distintivi della cultura archivistica mendicante nell’età considerata. Ho detto Mendicanti e quindi intendo i cinque Ordini che superarono il vaglio del secondo Concilio di Lione
del 1274, i Predicatori, i Minori, gli Eremiti di sant’Agostino, i Servi di Maria
e i frati del Carmelo e i loro secondi rami femminili. Peraltro, le precisazioni
non finiscono qui: credo infatti sia importante dire che quando si dice archivi
dei Mendicanti non è possibile parlare di un fenomeno organico, bensì si deve
fare attenzione alle specificità di ciascuno di essi, anche se per forza di cose
bisognerà quasi unicamente soffermarsi sull’accostamento fra Predicatori e
Minori, le istituzioni più importanti, che produssero di più a livello di documentazione organizzata e che di conseguenza sono stati i più esaminati dall’esile storiografia disponibile, come si rileverà anche dalle esemplificazioni
che ho incentrato soprattutto sulla situazione trevigiana, ricca di documentazione, di studi e di strumenti di consultazione e che, in ragione di questo profilo, può essere assunta anche come termine di confronto per altre realtà.
Per iniziare, bisogna comprendersi su che cosa si intenda per archivi degli Ordini mendicanti. Si tratta dell’organizzazione, variabile nel corso del
tempo, compiuta da parte di frati o esterni, in luoghi deputati al bisogno oppure no, di tutta la documentazione a qualsiasi titolo ricevuta ossia autonoma11
mente prodotta, redatta su qualsiasi tipo di supporto materiale, relativa a tutti
gli aspetti della vita del convento ovvero ad esso del tutto estranea, ma in ogni
caso materialmente conservata nel deposito delle sue carte. Si tratta, in un’ottica più storica, delle scritture nate nell’incontro fra i conventi e i loro interlocutori (o rivali) e di tutto ciò che la presenza dei mendicanti nella società medievale ha generato in termini di produzione documentaria.
2. La formazione degli archivi
Gli archivi, dunque. Che cosa sappiamo degli archivi dei Mendicanti,
siano essi maschili, femminili o del terz’ordine? Non molto in realtà. Il bagaglio storiografico, fatto di iniziative delimitate, sparpagliate, di valore assai diverso, non consente una prospettiva comparativa 3. Nella quasi generalità, gli studi sugli archivi sono in realtà quasi sempre delle cornici costruite
attorno al contenuto scrittorio – soprattutto quando si tratta di ricchi corpora
di pergamene risalenti ai primi secoli della storia mendicante e perciò bullae e
privilegia – piuttosto che strumenti per studiare in modo più completo la storia di una comunità nella misura in cui è stata ente produttore di documentazione. Queste operazioni, che talvolta hanno preceduto o seguito vere e proprie eversioni dagli esiti irreparabili, sono state legittimate da una particolare
concezione storica che trattava l’archivio alla stregua di un thesaurum e che
vedeva in primo luogo nella pergamena il supporto materiale da valorizzare e
conservare, un supporto che trascendeva perciò il significato storico del contenuto. Come si comprenderà, dunque, questo pensiero astorico non permette
di comprendere le ragioni pratiche che indussero le comunità religiose a pensare un’attività scrittoria e ad organizzare una sistemazione per i prodotti.
Torniamo così al focus del mio intervento. Perché i Mendicanti organizzarono degli archivi all’interno dei loro conventi? E quando?
Cominciamo con il rispondere alla seconda domanda. Bisogna dire subito che non ci sono molte notizie a riguardo: prima della metà del Trecento 4 mancano del tutto notizie di un luogo specificamente destinato alla con A dire il vero, in Italia soprattutto, qualche passo in avanti è stato fatto, sia in termini di singoli archivi che di quadro generale. Qualche esempio trascelto dalla bibliografia disponibile:
A. Piazza, I frati e il convento di San Francesco di Pinerolo (1248-1400), Pinerolo 1993, pp.
46-51; su un piano più generale: A. Bartoli Langeli, N. D’Acunto, I documenti degli Ordini mendicanti, in Libro, scrittura, documento della civiltà monastica e conventuale nel basso medioevo (secoli xiii-xv), a cura di G. Avarucci, R. M. Borraccini Verducci e G. Borri,
Spoleto 1999, pp. 381-415.
A Vicenza, i privilegi e le indulgenze organizzate in codice negli «ultimi decenni del xiv
secolo», erano conservati in deposito del convento, come stabilisce: F. Lomastro Tognato, I
12
centrazione delle chartae. Fino a quel momento, il sito deputato era di solito la sacrestia 5. Con l’andare del tempo e il moltiplicarsi delle necessità e
delle relazioni le comunità si videro costrette ad approntare dei loci chartarum 6 ove ordinare le scritture che andavano accumulando e che si riferivano
in modo pressoché unico, è opportuno anticiparlo, all’ambito economico 7,
precisazione che ci porta a rispondere alla prima domanda. Le fraterne religiose organizzarono i propri archivi quando divennero anche produttori e non
solo ricettori di documentazione. Quando avvenne questo? I frati iniziarono a
produrre documentazione a partire dal secondo o terzo decennio del Trecento. In precedenza, si limitavano a ricevere documentazione prodotta da altri
od ospitavano le registrazioni dei notai locali 8. Queste ultime, in particolare, erano l’originario esito materiale dei contatti fra pauperes e le società cittadine e sono alla base della successiva produzione interna al convento. Gli
instrumenta notarili, in primis i testamenti 9, infatti, permettono di conoscere le primissime mosse delle fraterne religiose mentre si accostavano al dinamico mondo delle città 10, ovvero rendono chiaro i legami che si venivano intessendo, donazioni e lasciti che obbligarono i frati e le monache a gestire paMonumenta reliquiarum di S. Corona di Vicenza, Padova 1992 (Fonti per la storia della terraferma veneta, 6), pp. XVI e 44.
Silvestro Nessi, introducendo l’Inventario e regesti dell’archivio del sacro convento d’Assisi, Padova 1991 (Fonti e studi francescani, 3), traccia alle pp. X-XI una sommaria storia
dell’archivio conventuale datandone l’inizio al 1335 (p. X) e collocandolo nella sacrestia.
Francesco d’Assisi. Documenti e archivi – Codici e biblioteche – Miniature, Catalogo della
mostra di Perugia per l’VIII centenario della nascita di Francesco d’Assisi, a cura di A. Bartoli Langeli e C. Cutini, Milano 1982, pp. 47-58.
A. Bartoli Langeli, G. P. Bustreo, I documenti di contenuto economico negli archivi conventuali dei Minori e dei Predicatori nel XIII e XIV secolo, in L’economia dei conventi dei
frati Minori e Predicatori fino alla metà del Trecento, Atti del XXXI convegno internazionale della Società internazionale di studi francescani (Assisi, 9-11 ottobre 2003), Spoleto 2004,
pp. 126-129.
A. Bartoli Langeli, Le carte duecentesche del sacro convento di Assisi (Istrumenti, 11681300), in collaborazione con M. I. Bossa e L. Fumi, Padova 1997 (Fonti e studi francescani,
5), pp. XXXIII-XXXVII. Inoltre, Francesco d’Assisi..., cit., pp. 15-18 e 25-30.
A. Bartoli Langeli, Nota introduttiva, in Nolens intestatus decedere. Il testamento come
fonte della storia religiosa e sociale, Atti dell’incontro di studio (Perugia, 3 maggio 1983),
Perugia 1985, pp. IX-XVII; C. Cenci, Le Costituzioni come fonti per studiare l’evoluzione
della storia dei frati Minori. I francescani esecutori di testamenti nei secoli XIII-XIV, «Antonianum», 75 (2000), pp. 365-372.
10
D. Rando, Minori e minoritismo nella società e nelle istituzioni, in Ead., Religione e politica nella Marca. Studi su Treviso e il suo territorio nei secoli XI-XV, I, Verona 1996, p. 137;
13
trimoni fondiari e immobiliari che proprio nel Trecento conobbero i maggiori
e spesso spettacolari incrementi. Questi sviluppi, di conseguenza, vincolarono i religiosi a conservare la certificazione dei possessi non meno che la documentazione che testimoniava lo sfruttamento del patrimonio.
Prima di giungere a delle prime, provvisorie, conclusioni, proviamo a ricapitolare quanto si è finora esposto: verso la metà del Trecento, non dovunque e non nello stesso tempo – non sembri un’ovvietà ricordare che si propone un «modello» –, le comunità religiose che si rifacevano all’universo della
mendicanza erano stabilmente insediate nelle città, nelle quasi città e nei borghi più importanti del territorio della penisola, e però con una maggiore predilezione verso il centro nord. Avevano instaurato con le società cittadine e soprattutto con la parte economicamente più vivace di esse profondi legami di
natura spirituale che producevano ciò nondimeno frutti materiali tali da rendere i frati e le monache dei proprietari, dei proprietari che però si dimostrarono tutt’altro che impreparati. A questo proposito, dobbiamo tenere conto che
buona parte dei frati e delle monache provenivano dalle fila dello strato più
dinamico e colto che animava le città e che di conseguenza essi non dovevano essere a digiuno di documentazione e di economia, di scritture e di scambi. Le comunità religiose risultarono infatti del tutto a loro agio nel contatto
con le forme codificate dell’instrumentum notarile. Ben presto, in aggiunta,
esse non si limitarono a restare destinatarie dei prodotti scrittori provenienti
dall’esterno ma cominciarono a divenire committenti e, contestualmente, produttrici di scritture. Finiva così l’archivio di relazione, cioè l’archivio che accatastava le cose ricevute in un ordine indefinito e in un luogo non specifico
e cominciava l’archivio di produzione, le cui destinazione e disposizione divennero oggetti di riflessione e di progressivi assetti 11.
Questo è, a mio parere, un passaggio fondamentale, sia dal punto di vista
archivistico sia tout court dal punto di vista della storia dei Mendicanti. Provo ad azzardare una definizione che renda la portata del cambiamento: la radice storica degli archivi dei pauperes italiani nel Medioevo è nel rapporto simbiotico che si era creato fra singole comunità e società urbane. I frati divennero proprietari e dovettero pertanto gestire i cespiti della loro sussistenza; dovettero inoltre dimostrare al laicato devoto che utilizzavano effettivamente
terre, case e soldi avuti in beneficenza per la salvezza dell’anima dei donatori
A. Rigon, Frati Minori e società locali, in Francesco d’Assisi e il primo secolo di storia francescana, Torino 1997, pp. 260-262.
11
Qualche riflessione sugli attuali orientamenti in: F. Cavazzana Romanelli, Sistemi informatici archivistici. Quale messa in forma della memoria documentaria?, «Scrinia. Rivista di
archivistica, paleografia, diplomatica e scienze storiche», II, 2/3 (2005), pp. 19-34.
14
con messe e preghiere e, si tratta di un elemento non trascurabile 12, dovettero inoltre dare prova alle autorità laiche e religiose di come amministrare proficuamente beni e denari. Apro a questo proposito una breve parentesi: il nesso così creatosi fra religiosi e laici, rafforzato per di più da annuali contribuzioni e appoggi di origine istituzionale, produsse i suoi effetti, nel senso che
i conventi cittadini divennero fra l’altro anche fattori di coagulo dell’identità
civica, quasi incapsulati nel repertorio costituente l’honor e il decus urbani 13,
tanto che le magistrature si sentivano in dovere di vigilare sulla sufficienza
dei mezzi di sussistenza e sulla correttezza delle pratiche gestionali, una reciprocità che generò a sua volta documentazione.
Riprendiamo però il filo principale del nostro ragionamento. Se è vero
cioè che gli archivi nacquero e si svilupparono quando le comunità divennero
proprietarie in conseguenza di un pronunciato o meno radicamento nell’ambiente cittadino, ne deriva allora che le comunità più ricche diedero vita agli
archivi maggiori – fatta eccezione forse per gli archivi «fondativi», Assisi per
i Minori e Bologna per i Predicatori, che fanno storia a sé – quanto a quantità
e qualità dell’archivio. Seconda conseguenza: sia per il primo periodo degli
accumuli di chartae, sia dalla metà del XIV secolo in poi, le scelte dei frati 14
in ordine alla conservazione di materiale da destinare all’archivio si indirizzarono soprattutto verso il materiale di natura eminentemente giuridica costi Anche dalle autorità centrali degli Ordini provenivano indicazioni che andavano nel senso del controllo e della gestione documentale: la provincia domenicana di Lombardia previde sin dal 1259 la scrittura di documenti atti a certificare i movimenti patrimoniali dei conventi, in: T. Kaeppeli, Acta capitulorum provinciae Lombardiae (1254-1293) et Lombardiae
inferioris (1309-1312), «Archivum fratrum Praedicatorum», XI (1941), p. 141.
13
Certo, non tutte le preoccupazioni dei comuni nei confronti dei conventi erano di questo
segno, ma è indubbio che la maggioranza dei casi vide i poteri urbani schierati a fianco dei
frati. Alcuni esempi: Lomastro Tognato, I Monumenta reliquiarum di S. Corona di Vicenza..., cit., pp. VII-IX; A. Rigon, Vescovi e Ordini religiosi a Padova nel primo Duecento, in
Storia e cultura a Padova nell’età di S. Antonio, Padova 1985, pp. 144-145; V. Koudelka,
La fondazione del convento domenicano di Como (1233-1240), «Archivum fratrum Praedicatorum», XXXVI (1966), pp. 395-427. Per la particolare situazione veneziana: F. Sorelli,
Gli Ordini mendicanti, in Storia di Venezia. L’età del comune, vol. II, a cura di G. Cracco e
G. Ortalli, Roma 1995, pp. 915-922. Quasi superfluo ribadire che l’altro grande pilastro che
sostenne l’espansione delle religiones novae fu il cosiddetto «ceto mercantile», come provano ad esempio per Lucca: V. Tirelli e M. Tirelli Carli, Le pergamene del convento di S.
Francesco in Lucca (secc. XII-XIX), Roma 1993 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato, Fonti, XV), pp. XXIV-XXXV.
14
Per un piccolo catalogo delle tipologie documentarie conservate in pergamene si vedano
le schede in: Francesco d’Assisi. Documenti e archivi..., cit., p. 73.
12
15
tuente il basamento spirituale e materiale della loro esistenza 15 e quindi verso i prodotti originati dalla gestione e dallo sfruttamento dei patrimoni. Ma la
realtà degli archivi risponde a questi profili? In effetti la ricerca archivistica
conforta queste supposizioni e permette una scansione del contenuto degli archivi che proverò ad organizzare in un elenco cronologico al fine di fornire in
modo tridimensionale l’involucro storico degli archivi mendicanti.
3. La struttura degli archivi
Quali furono i risultati della prima stagione di produzione documentaria
dei Mendicanti? Senza pretese di accuratezza, propongo ora una classificazione piuttosto larga delle categorie documentarie stratificate in successione nel
corso dei secoli che vanno dal Trecento al Settecento.
In un primo momento i conventi riversarono le carte sciolte degli instrumenta in codici pergamenacei che la storiografia ci ha insegnato a chiamare cartulari, mutuandone forme e modelli dai precedenti esempi di produzione comunale che in modo altrettanto convenzionale vengono definiti libri iurium 16, ovvero la raccolta degli atti concernenti la sfera dei diritti patrimoniali ed economici del comune medievale. All’interno dei cartulari conventuali, il primato apparteneva ai pezzi provenienti dalle gerarchie ecclesiastiche 17. Di seguito si collazionarono e si raccolsero gli atti recanti i diritti di
proprietà e quei diritti che col passare del tempo correvano il rischio di essere
messi in discussione 18: testamenti contenenti trasferimenti di possesso, donazioni, acquisti, permute, atti di volontà recanti lasciti perpetui e altro ancora. In questo settore i cenobi femminili – e qui entro en passant nell’aspetto
più specifico del convegno – si dimostrarono, in modo simile ai loro predecessori benedettini, molto più precoci e accorti dei confratelli dai quali rice Ibidem, pp. 36-37 e 47-58.
D. Puncuh, Cartulari monastici e conventuali: confronti e osservazioni per un censimento, in Libro, scrittura, documento..., cit., pp. 347-348.
17
E destinate a costituire il Bullarium del convento; per un caso ben delineato si veda: C.
Carbonetti Vendittelli, Le carte del convento domenicano di Tivoli conservate nell’archivio della provincia romana dell’Ordine (secoli XIII-XVIII), «Archivum fratrum Praedicatorum», LVIII (1988), pp. 87-103 e: Piazza, I frati e il convento di San Francesco di Pinerolo..., cit., pp. 46-51.
18
Le rimanenti erano conservate sciolte e conobbero nel prosieguo del tempo la più spettacolare pluralità di vicende e di tregende, tuttavia sufficientemente note; per l’analisi di un’area
specifica si veda: F. Cavazzana Romanelli, Archivi monastici e illuminismo: catastici e ordinamenti settecenteschi in area veneziana, «Studi veneziani», n. s., XX (1990), pp. 133-162.
15
16
16
vevano peraltro sostegno finanziario e gestionale, del resto in modo analogo
a quanto faceva il laicato urbano. Tali precocità ed accortezza derivavano da
una maggiore instabilità economica e giurisdizionale che rendeva i monasteri
femminili più permeabili di fronte alle pretese dei poteri cittadini 19, ma nondimeno di fronte ai potentes laici. Questa tendenza fu comune e diffusa, come
la veloce disamina che mi accingo a proporre permetterà di cogliere. Il monastero domenicano milanese di Santa Maria della Vittoria 20 e quello salernitano di Sant’Anna di Nocera 21, del medesimo ordine, già nel corso del XIII
secolo provvidero a travasare in un cartulario pratico e funzionale tutti i titoli che garantivano loro la proprietà dei beni provenienti dai laici sensibili al
messaggio delle monache. Ancora più lampante l’esempio delle domenicane
di San Paolo di Treviso 22. Su commissione della badessa Beatrice da Castelbarco, un notaio ricopiò nell’ultimo decennio del Duecento in un registro 23
tutti i documenti recanti notizie dei beni del monastero. In realtà dire «ricopiò» non è esatto. Si trattava dell’audace rielaborazione dei documenti notarili al fine di creare una scheda per ciascun bene, organizzata per la gestione
e quasi senza legami con gli instrumenta di origine. Spicca clamorosamente,
ad esempio, l’assenza dell’autentica del notaio che era l’unico segno incontestabile ai fini della determinazione della proprietà in caso di controversie legali. Le monache organizzarono il registro mettendo in successione i loro fondi con le estensioni, le costruzioni, i nomi dei lavoratori e quanto dovevano di
canone annuale. Quello che sembra rilevante in questa singolare operazione
è la libertà di fronte all’instrumentum, la volontà di saggiare le opportunità di
Si veda ad esempio il caso delle monache clarisse, già benedettine, di Sant’Angelo Magno nel Piceno e delle persecuzioni che ebbero a soffrire da parte del comune di Ascoli in:
A. Rigon, Conflitti tra comuni e Ordini mendicanti sulle realtà economiche, in L’economia
dei conventi..., cit., pp. 347-348; per un altro caso, sempre riguardante un monastero femminile anche se non mendicante: G. Cagnin, Storie di mulini, storia della città. Per una conoscenza della società trevigiana nel Medioevo, «Atti e memorie dell’Ateneo di Treviso», n. 16
(1998-1999), pp. 115-123.
20
C. Anfossi, Una tradizione di imprenditrici. Umiliate e domenicane a S. Maria della Vittoria (secoli XIII-XIX), «Archivio storico lombardo», CXXI (1995), pp. 103-104 e 106-116.
21
G. Ruggiero, Il monastero di Sant’Anna di Nocera, «Memorie domenicane», 20 (1989),
pp. 67-76.
22
Bartoli Langeli, Bustreo, I documenti di contenuto economico..., cit., p. 131; G. P. Bustreo, Scritture di conventi, scritture di città. La documentazione economica dei mendicanti
trevigiani fra Tre e Quattrocento (in corso di pubblicazione).
23
Biblioteca Comunale di Treviso, manoscritto 1128. Presenti inoltre copie di contratti di
locazione di beni fondiari del convento dal 1312 al 1327; infine, un inventario aggiornato dei
beni del 1354 col quale si conclude la prima parte del codice composito.
19
17
una gestione del patrimonio più attenta e ad un tempo più efficace, la consapevolezza del ruolo di proprietarie esibito dalle monache mendicanti.
La seconda ondata di documentazione prodotta nei conventi a partire
dalla seconda metà del XIV secolo consiste in registri pensati e prodotti per
servire ruoli particolari dell’organigramma conventuale, ma comunque pertinenti la sfera economica 24. Queste cariche, le declino al maschile, sono il
procuratore, il sindaco o sindico, il bursario, il sacrista (le cui funzioni possono essere facilmente intuite dai nomi); questi frati avevano il compito di gestire la sfera economica e finanziaria del convento e perciò producevano documentazione che serviva come base per la rendicontazione nei confronti della comunità così come di appoggio per i frati che avrebbero rivestito la carica in seguito. Si trattava, a ben vedere, e questa è un’altra novità, di registri
pensati per essere continuati, senza limiti di tempo. Ad ogni carica corrispondeva, insomma, una nuova scrittura che collegava le entrate e le uscite – organizzate in ordine quotidiano – relative ad una delle dimensioni economiche
del convento o, nel caso di conventi con una organizzazione di gestione più limitata, a quasi tutto il volume economico e finanziario delle comunità.
In questo settore i conventi maschili ebbero il predominio sia in termini cronologici sia in termini quantitativi. Il motivo risiede essenzialmente nel
fatto che le comunità femminili, oltre ad avere patrimoni minori già definiti e
quindi gestiti per tempo, non avevano ancora sufficiente peso specifico per affrancarsi del tutto dall’aiuto o dalla tutela dei confratelli o dei laici.
Verso la fine del Trecento e con una diffusione evidente in tutta la Penisola all’aprirsi del Quattrocento, fanno la loro apparizione altri tipi di fascicoli, quelli che sono stati chiamati «registri di gestione e contabilità» 25. Di
che si tratta? Al pari delle scritture adesso considerate alle quali si affiancarono, erano serie documentarie, del pari distribuite fra collettività maschili e
femminili, predisposte per il controllo minuzioso e tendenzialmente totale dei
flussi monetari in entrata e uscita. Nel corso del tempo, inoltre, si moltiplicarono, vista la complessità crescente dell’economia dei conventi, secondo una
progressione che teneva conto delle necessità delle numerose comunità, delle
spese relative all’inizio e alla continuazione di grandiosi cantieri edilizi, delle richieste da parte del fisco, della gestione di patrimoni fondiari estesi anche
un migliaio di ettari, dell’ospitalità verso i forestieri, dei contributi all’Ordine di appartenenza 26. In che cosa invece si differenziavano rispetto alla pro Bartoli Langeli, Bustreo, I documenti di contenuto economico..., cit., pp. 137-139.
Ibidem, pp. 137 e 139-142.
26
Per l’analisi di una situazione cittadina. E. Orlando, Civiltà monastica e archivi: la documentazione a registro dei monasteri e conventi trevigiani fra Tre e Quattrocento, «Rassegna
degli Archivi di Stato», LXI (2001), 1-2-3, pp. 129-164.
24
25
18
duzione precedente? Come si sarà intuito, queste serie non erano legate ad
incarichi personali quanto invece a settori o ad aspetti delle attività materiali
o spirituali del convento che avevano rilevanza economica e monetaria e, di
conseguenza, archivistica. Ecco quindi, in un breve elenco che non tiene conto della fioritura, anche terminologica, delle apparizioni: i libri del granaio, i
registri della caneva (magazzino, cantina) o del frumento ricevuto, delle spese edilizie, i campioni, le vacchette dei prestiti piuttosto che delle messe celebrate, gli inventari degli ex-voto depositati presso le tante chiese dei conventi
che richiamavano fedeli pur non rivestendo funzioni di parrocchia, quanto invece un ruolo che adesso definiremmo di santuario urbano 27.
All’aprirsi del Cinquecento si osserva un rinnovato attivismo degli Ordini
mendicanti, a causa del diminuito favore dei laici che appuntano altrove – leggasi le comunità degli Osservanti nate dai medesimi Ordini mendicanti con intenti restauratori e le «nuove» congregazioni fondate da preti secolari che meglio intercettavano i bisogni della società di allora – la loro attenzione benefica, con la conseguenza del lento ma inesorabile inaridirsi delle fonti che avevano permesso loro di fiorire. A questo quadro bisogna aggiungere l’aumento dei controlli esterni e una difficoltà propria dei Mendicanti, ovvero la fatica
ad interpretare e assecondare le trasformazioni del settore agrario – soprattutto in termini di concentrazione della proprietà e di razionalizzazione della gestione – che determinò scarsi investimenti e che per un altro verso li rese deboli di fronte al mercato della terra. Le conseguenze documentarie ed archivistiche furono di natura diversa ma in gran parte riconducibili alla volontà di
affidare ai vincula scripturae una volta di più la tutela di diritti e proprietà ora
maggiormente in pericolo 28. È questa che fiorisce poi nel Seicento la stagione
dei Libri aurei, spesso iniziative splendide e sfarzose dal punto di vista «editoriale», oltre che molto complesse dal punto di vista della struttura, visto che
non di rado si proponevano addirittura la collazione e la trascrizione di tutte le
pergamene possedute dal convento. Sintetizzando, si può dire che si trattò di
imprese fondamentali, non sembri ovvio sottolinearlo, poiché presupponevano
da parte dei frati una coscienza archivistica non solo selettiva, ma anche organica e congrua al loro ruolo economico. In ragione di questo, tali iniziative ci
permettono di avere una panoramica completa del profilo economico dei conventi e, infine, ci consentono più banalmente di renderci conto della consisten-
Per un’analisi incentrata su un solo convento, quello dei Predicatori di Treviso, si rinvia a:
G. P. Bustreo, L’archivio di San Nicolò: note in margine, in I frati Predicatori nel Duecento, «Quaderni di storia religiosa», III (1996), pp. 135-158.
28
Per un quadro d’insieme cittadino ben delineato anche nelle sue premesse cinque-secentesche: Cavazzana Romanelli, Archivi monastici e illuminismo..., cit., pp. 133-162.
27
19
za del giacimento documentario conventuale all’epoca della redazione delle
sillogi, delle acquisizioni posteriori e dell’ammontare delle perdite.
Il Settecento porta novità fondamentali per i ricoveri delle carte di frati e
monache pauperes. Scende in campo una nuova generazione di priori, guardiani e superiori che formati in una temperie culturale affatto nuova e vivace
– quella, per capirci, che riconduciamo all’influenza illuminista ed erudita – e
sensibili alla legislazione dei propri Ordini 29, nonché incalzati da una recente e finalmente efficace serie di disposizioni pontificie 30, mettono le mani sugli archivi e ne sconvolgono gli apparati creando allo scopo anche nuovi strumenti di repertoriazione e di consultazione. È anche l’epoca dei colti notai
che dietro mandato di questi personaggi redigono imponenti inventari di documenti, danno vita a smisurate e talora sontuose epitomi di documenti, scrivono enormi cronache storiche degli enti, compilano sintesi degli innumerevoli scontri che le comunità dovettero sostenere nel corso dei secoli per difendere i loro diritti – puntellate da estratti documentali –, censiscono e «cartografano» i beni dei religiosi e così via 31. Al di là della denominazione di tali
prodotti, che però assumono quasi sempre carattere compilativo e riepilogativo ovvero di palinsesto o ancora ordinatorio quando sono Catastici e di controllo economico globale quando invece assumono il nome di Campione, ciò
che vorrei rilevare adesso è che si trattò anche della più imponente e diffusa
opera di riconfigurazione degli archivi, una conformazione per la prima volta
pensata in base a criteri archivistici provenienti anche dall’esterno e non più
solo dagli «edificatori» originari dell’archivio. Era, insomma, l’inizio dell’archivio per così dire «astratto» e la fine dell’archivio aderente all’ente organizzatore, specchio esatto dell’organigramma conventuale e delle sue attività.
4. Conclusioni
È opportuno mettere fine a queste breve disamina all’altezza di questo
secolo, giacché nel prosieguo di tempo, come è ben noto, intervennero altre
Tale legislazione, per la verità, era presente e puntuale sin dagli esordi duecenteschi; sul
versante storiografico manca una disamina della legislazione degli Ordini mendicanti in riferimento ai temi della produzione documentaria e della conservazione archivistica; accenni sparsi in: Bartoli Langeli, Bustreo, I documenti di contenuto economico..., cit., pp. 119-150.
30
Si veda la raccolta: Enchiridion archivorum ecclesiasticorum. Documenta potiora de archiviis ecclesiasticis a concilio Tridentino usque ad nostros dies, Città del Vaticano 1966.
31
F. Cavazzana Romanelli, «Distribuire le scritture e metterle a nicchio». Controversie archivistiche ed erudizione ecclesiastica a Treviso nel secolo XVIII, in Amicitiae causae. Scritti
in memoria di mons. Luigi Pesce, a cura di P. Pecorari, Treviso 2001, pp. 257-284.
29
20
e ben più eversive evoluzioni, quelle napoleoniche per intenderci. Passo ora
alle riflessioni conclusive che mi sembrano sortire da quanto ho detto finora.
Dal punto di vista documentario e archivistico, richiamandomi all’obiettivo iniziale e come avevo anticipato, credo di poter affermare che i Mendicanti nel corso della loro storia medievale e moderna non abbiano espresso
una cultura documentaria e archivistica peculiare e originale: tutt’altro. Essi
furono soprattutto grandi debitori della cultura scrittoria del ceto mercantile urbano medievale. Quali furono, allora, le caratteristiche dell’archivistica
mendicante? Procedo con un elenco:
1. in primo luogo una concezione puramente strumentale della produzione
scrittoria e della sua organizzazione;
2. la completa adesione ai modelli produttivi e organizzativi del mondo urbano di riferimento e, in particolare, al gruppo sociale dei mercanti, dei
commercianti e degli artigiani;
3. una notevole capacità di rielaborare l’insieme documentario e archivistico di partenza per necessità di adattamento ambientale, economico ed
archivistico;
4. una disposizione fisica del materiale che prevedeva il primato per l’archivio di relazione (documenti delle gerarchie ecclesiastiche e dell’Ordine, instrumenta notarili) e quindi per i prodotti dei redattori interni (cartulari, registri...).
Sul versante dell’archivistica compresa nella storia degli Ordini, invece,
storia alla quale ho tentato di rifarmi continuamente per dimostrare la necessità di una visione «olistica» delle loro vicende, non c’è dubbio che la propensione alla scrittura da parte degli Mendicanti fu indotta dall’insorgente onere di proprietari e di elementi attivi nell’economia urbana e non solo. Credo,
insomma, che la parabola storica – anche, ovviamente, nelle sue declinazioni economiche e quindi archivistiche – dei Mendicanti dal Medioevo sino al
Settecento sia la storia di una funzione sociale, ovvero quella di «fornitori» di
servizi spirituali in cambio dei mezzi di sussistenza, una simbiosi che fu decisiva per il successo dei Mendicanti stessi, almeno fino all’avvento delle Osservanze. Si trattò, insomma, per il periodo preso in considerazione, della per
così dire remunerazione della virtù, una remunerazione sempre meglio certificata che fu stornata altrove quando cambiarono i punti di riferimento delle società locali, sancendo così l’inizio di quel lunghissimo crepuscolo sociale, economico, archivistico, dei conventi e degli Ordini che si completerà fra
Sette e Ottocento e culminerà con le soppressioni napoleoniche. Ma questa è
un’altra storia e alcune parti di essa, alcune premesse ed alcuni esiti, sono nei
titoli delle prossime relazioni che ora ci accingiamo a leggere.
21
Giuseppe Rabotti
Gli archivi ecclesiastici nei convegni di studio annuali di
Fiorano Modenese e di Ravenna. Dopo un decennio 1
Sembra utile cogliere l’occasione della dilazione della stampa del volume di «Ravenna Studi e Ricerche» del 2005 per delineare l’attività nel concluso decennio del «Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici» costituito a Fiorano Modenese nel 1996, al quale la Società di Studi Ravennati ha
contribuito assiduamente, cooperando con l’organizzazione a Ravenna, ogni
anno (salva la parentesi del 1997 e 1998), di una giornata di studi archivistici
del Centro medesimo dedicati specificamente agli archivi ecclesiastici.
I convegni avevano avuto origine a Fiorano Modenese in concomitanza
all’effettuato censimento degli archivi parrocchiali della provincia di Modena
e alla pubblicazione dei dati del rilevamento 2. Il convegno del 1996 ebbe subito una doppia sede di svolgimento e di verifica, Fiorano Modenese appunto e Ravenna, qui con la collaborazione anche della Curia diocesana, prestata
dall’arcivescovo monsignor Luigi Amaducci.
Il Centro, promosso dall’Associazione Nazionale Archivistica Italiana
(ANAI) - Sezione Emilia Romagna, organizzato dall’Assessorato ai Servizi
e Beni Culturali del Comune di Fiorano Modenese – e con il patrocinio della Soprintendenza Archivistica dell’Emilia Romagna –, con base territoriale regionale e con la denominazione «Centro studi sugli archivi parrocchiali», oltre ad articolarsi in due sedi, site in due ben definite regioni storiche,
nel giro di pochi anni ha attirato l’attenzione e la collaborazione di studiosi
di altre regioni e ha quindi assunto, anche nella sua intitolazione, l’assetto di
un «Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici», per corrispondere
alle istanze rapidamente affermatesi di ampliare l’indagine a un settore di archivi che in Italia corrisponde ad una gamma di istituzioni regolari, secolari e
laiche quanto mai variata.
Ogni convegno ha trovato una sollecita forma di pubblicità nel volume
dei suoi atti che sono sempre stati stampati entro l’anno successivo. Così è
stato del 10° volume della serie, ultimo frutto di un percorso decennale che si
Si ripropone qui il testo edito anche in: «Ravenna Studi e Ricerche», XII (2005), pp. 299304.
Gli archivi parrocchiali della provincia di Modena. Censimento, a cura di F. Baldelli, Modena 1994 (Centro di documentazione per la storia contemporanea, Fonti e documenti, 1).
*
23
è via via espanso per quanto riguarda le tipologie istituzionali [archivi parrocchiali (nn. 1-3); dei santuari (n. 4); dei capitoli cattedrali (n. 5); delle chiese
collegiate (n. 6); delle diocesi aggregate, decentrate e soppresse (n. 7); dei Seminari (n. 8)]; e che ha visto ad ogni convegno l’aggregazione di collaboratori
di altre regioni. Sono stati anche affrontati argomenti al di fuori della tematica consueta, ma che sono risultati parimenti conseguenti, come nel convegno
del 2004 dedicato ai nuovi problemi derivanti dalla digitalizzazione dei documenti d’archivio e massimamente delle pergamene (n. 9).
Così, sempre nell’ambito degli interventi straordinari, nel volume degli atti del 2005 compare la relazione di Francesca D’Agnelli e di Assunta di
Sante, dell’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici, sul progetto
elaborato presso la Conferenza Episcopale Italiana per gli archivi ecclesiastici, intorno ad un importantissimo programma informatico per il censimento degli archivi diocesani (siglato CEIAr). Il programma ha obbiettivi di valorizzazione non solo culturale, ma di approfondimento pastorale e tematico.
Nell’intervento, ricco di contenuti e di novità, è altresì configurato il progetto
ECUMENE, in corso di studio, che si prefigge di realizzare i mezzi tecnologici per la fruizione integrata dei contributi conoscitivi su uno stesso soggetto provenienti dai diversi settori disciplinari – e quindi dai relativi programmi informatici per Archivi, Biblioteche, Beni storici e artistici, Beni architettonici.
Il tema del convegno del 2005 è stato diverso, com’è consuetudine, da
quello degli anni precedenti 3, e reca elementi di novità perché gli archivi
presi in esame sono tuttora conservati presso gli enti che li hanno prodotti o,
comunque, non si annoverano tra quelli concentrati negli Archivi di Stato a
seguito delle soppressioni del 1798 e del 1866: sono quindi in gran parte poco
o nulla conosciuti, essendo spesso i loro riferimenti contenuti in pubblicazioni specializzate non facilmente accessibili.
Senza ripercorrere minutamente questo 10° volume (così come potrà farlo il lettore secondo le sue proprie curiosità culturali), va notato che la totalità dei contributi pubblicati concerne gli archivi dell’ordine francescano, salva l’eccezione dell’archivio dell’abbazia benedettina imolese di Santa Maria
in Regola. Di questa ha trattato Andrea Ferri, ponendo in evidenza la non comune recente vicenda della sua valorizzazione. L’archivio, trasferito in due
riprese nel 1927 e nel 1945 a Roma presso la Congregazione di Propaganda
Fide, negli anni dal 1974 al 1981 è stato microfilmato integralmente e quindi,
grazie alle copie fotografiche raccolte in Imola, riordinato e ne è stato redatto
Cum tamquam veri. Gli archivi conventuali degli ordini maschili, Atti dei convegni di
Spezzano (16 settembre 2005) e di Ravenna (30 settembre 2005), a cura di E. Angiolini, Modena 2006 (Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici, 10).
24
l’inventario, che Ferri riporta e che segue lo schema elaborato prima del 1927
sugli originali dal padre Serafino Gaddoni. Siamo di fronte ad un importante
recupero: è stato infatti restituito agli studiosi, sul luogo di produzione, questo importante archivio, nel quale si trovano, tra l’altro, pergamene dal secolo XI; è stato riordinato ed inventariato; sono stati onorati la memoria e i meriti di quell’insigne studioso che fu padre Gaddoni.
Per gli archivi dell’Ordine Francescano sono da segnalare i lavori su due
fondamentali fondi archivistici per la storia dell’ordine, di Andrea Maiarelli e
Cristina Roccaforte. Il professor Maiarelli espone (con una appendice di Tiziana Nandesi) i complessi problemi sorti nell’ambito del riordinamento degli archivi della Provincia Serafica di San Francesco d’Assisi e della basilica di Santa Maria degli Angeli (o della Porziuncola). Di Cristina Roccaforte possiamo gustare un elaborato intervento sull’archivio del Sacro Convento di Assisi, studiato sia sotto l’aspetto storico-istituzionale sia sotto il profilo storico-archivistico, bene documentati con un ricco apparato di fonti e bibliografico. La Roccaforte opportunamente riprende la definizione di Bartoli Langeli dell’archivio di Assisi quale «archivio di città», in quanto nella sacrestia del Sacro Convento di Assisi nel Medio Evo erano depositati atti del
Comune. Era infatti prassi diffusa da parte delle Comunità il deposito di salvaguardia presso i Frati Minori dei documenti più importanti, come si trova
ad esempio, attestato in Romagna per Faenza, e come risulta stabilito in vari
statuti cittadini.
Sugli archivi dei conventi emiliano-romagnoli, va posto in evidenza il
cospicuo fenomeno della loro concentrazione effettuato in epoca moderna a
Bologna, nell’archivio della Provincia di Cristo Re dei Frati Minori Osservanti e Riformati (contributo di Riccardo Pedrini), e a Bologna e a Parma
per gli archivi provinciali dei Frati Minori Cappuccini (contributo di Andrea
Maggioli). Il primo raccoglie ben 42 archivi storici di conventi soppressi di
tutta l’Emilia-Romagna, nel secondo si è operato nello stesso senso, anche se
è da lamentare la scomparsa dell’archivio storico provinciale di Bologna nel
corso del secolo XIX a seguito delle soppressioni.
Su archivi di singoli conventi vertono invece le comunicazioni di Bruno
Monfardini (Villa Verrucchio, Cesena e Imola), di Gianna Dotti Messori (San
Cataldo di Modena, e della Santissima Annunziata di Parma), e di Alfonso
Garuti (San Nicolò di Carpi). Da questo contesto emergono alcune considerazioni che meritano di essere prese in esame.
La prima è l’ampiezza delle notizie storico-istituzionali sui conventi contenute nelle relazioni, e sulla storia dei singoli archivi attraverso i secoli (con
dati su riordinamenti, inventari, disposizioni di carattere normativo).
Eccezionale è poi l’interesse che suscita il fenomeno delle concentrazioni, sulle quali riferiscono Pedrini e Maggioli, che ha determinato il salvatag25
gio di gran numero di archivi, altrimenti destinati alla dispersione, specie nel
caso dei conventi soppressi. Risulta peraltro che non sempre tali archivi ci
siano pervenuti nella loro unità, ché molti sono stati gli smembramenti: talora uno stesso archivio è finito in parte nei superfondi delle Corporazioni Religiose Soppresse formatisi negli Archivi di Stato, in parte è stato concentrato a Bologna o a Parma, in parte è rimasto in loco.
Altri fatti significativi sono la commistione che si riscontra tra archivi e
biblioteche, tra documenti tout court e manoscritti di carattere dottrinario, religioso, letterario etc., e la diversa cura che è stata spesa nel tempo per le due
entità, geneticamente ben separate: si veda, ad esempio, l’imbarazzante inventario del materiale giacente presso la Biblioteca Comunale di Carpi. È un
fenomeno noto e diffuso che si manifesta in modi diversi: dal semplice «appoggio» dell’archivio ad una istituzione bibliotecaria, per assicurarne la conservazione, all’incuria cronica della quale troppo spesso nel corso dei secoli
XVIII-XIX le vecchie carte d’archivio sono state oggetto, e che ancora oggi
è palese nella presenza di fondi non ordinati e/o privi di inventario; alla sussistenza di solide raccolte bibliotecarie sorte e sviluppatesi accanto agli Studi
di Teologia e Filosofia presso i conventi maggiori (ancora Bologna e Parma)
con forti motivazioni di carattere pedagogico-religioso.
Nel contributo di padre Berardo Rossi, Gli archivi conventuali dei Frati Minori nell’Emilia-Romagna, è messa in evidenza l’importanza della formazione dei complessi librari per la diffusione dell’istruzione e della cultura nella lotta contro l’eresia, per la predicazione, per la stessa diffusione dell’Ordine e per la condotta delle scuole per i giovani novizi. È ricordata la normativa delle Costituzioni generali per le biblioteche (1827) e per gli archivi
(1897), attenzione che in seguito, nelle più recenti Costituzioni, è rimasta disattesa, con gravi conseguenze per gli archivi, specialmente i periferici, più
soggetti a dispersioni.
Un ulteriore fenomeno che appare rilevante è la presenza in molti archivi, e in biblioteche, di documenti provenienti da altri conventi: possono essere solo pezzi estravaganti, ma si tratta talora di veri archivi aggregati. Presenze fin qui sconosciute per lo più, che rappresentano per l’archivista e per lo
studioso inattese scoperte e recuperi culturali e istituzionali.
Ci troviamo di fronte a nuove conoscenze di aspetto problematico, in
quanto segnali di quanto ancora lo stato materiale e la storia degli archivi debbano essere indagati, per accertarne lo stato delle sistemazioni, delle consistenze, della possibilità sopravveniente di conoscere le loro strutture. In questa prospettiva si pone lo studio di padre Maggioli. Nell’esaminare gli archivi dei Cappuccini, egli concentra dapprima la sua attenzione sulla serie dei
cosiddetti Campioni, veri libri delle memorie di ogni convento, fonti primarie delle vicende storiche e degli stati patrimoniali, e sulla prassi consolidata
26
della presenza di questa tipologia documentaria in tutti gli archivi dell’Ordine, redatta secondo un uniforme schema in «capitoli». Passa quindi a descrivere lo schema di ordinamento dei vecchi archivi dei Cappuccini, e dei titolari degli archivi provinciali di Bologna e Parma. Un ampio paragrafo è infine
dedicato a esporre il contenuto di quanto ci è pervenuto dell’archivio dei padri Cappuccini di Ravenna, conservato anche questo a Bologna.
L’11° convegno svoltosi al castello di Spezzano (MO) e a Ravenna il 16
e il 30 settembre 2006 ha presentato una serie di studi sugli archivi delle comunità religiose femminili. Per il 12° convegno del 2007 il tema previsto sarà
quello degli archivi diocesani: non sono stati sin qui trattati nell’ambito del
Centro e, a circa un decennio dalla pubblicazione della Guida degli archivi
diocesani d’Italia, curata dalla Associazione Archivistica Ecclesiastica, è apparso interessante proporli.
27
Anna Riva – Elena Stendardi
Per un censimento degli archivi delle congregazioni
religiose femminili di Piacenza. Primi risultati 1
Quando all’inizio della primavera del 2006, nel corso di un incontro
presso l’Archivio di Stato di Piacenza, Gilberto Zacché ha presentato il tema
scelto per il convegno, è sembrato naturale individuare come punto di partenza l’esame dell’archivio delle Dame Orsoline di Piacenza, uno fra gli enti religiosi di maggior prestigio della città.
Fin dai primi passi, però, è andata emergendo in modo evidente la presenza di altri enti ugualmente radicati nel territorio e significativi per la vita
non solo religiosa di Piacenza; l’indagine è stata così estesa e si è dato avvio
ad un primo censimento degli archivi delle congregazioni femminili attive,
con lo scopo di dar conto di una realtà ancora poco studiata.
Nella città di Piacenza sono stati, dunque, individuati otto monasteri tuttora presenti, comprendenti sia istituti di antica fondazione sia comunità di
più recente istituzione. Non si sono, invece, presi in esame i monasteri soppressi o non più esistenti, la cui documentazione è perlopiù conservata nell’Archivio di Stato di Parma e in alcuni fondi dell’Archivio di Stato di Piacenza, che comprendono però materiale in gran parte non riordinato e di difficile consultazione 2.
I monasteri contattati sono stati i seguenti:
Un sentito ringraziamento va a tutte le suore che con entusiasmo hanno collaborato con
noi: madre Elisabetta Simoni, delle Suore Orsoline di Maria Immacolata, suor Bruna Bidollo e suor Giuliana Bosini delle Suore Scalabriniane di San Carlo Borromeo, suor Prisca Maria delle Suore Carmelitane di Santa Teresa. Grazie alla disponibilità della superiora generale è stato possibile effettuare un sopralluogo presso l’archivio della casa generale dell’ordine
a Roma di cui si dà conto nell’Appendice II.
Si tratta, in particolare, della documentazione raccolta nella serie Culto dell’Archivio Storico del Comune di Piacenza, e nell’Archivio Storico degli Ospizi Civili; anche l’esame dei
numerosi fondi familiari conservati in Archivio di Stato potrebbe offrire interessanti spunti
di ricerca. Si pensi, a questo proposito, ai documenti di tipo amministrativo relativi alla costituzione delle doti per l’entrata in convento o alle raccolte poetiche dedicate alle monacazioni delle giovani appartenenti alle migliori famiglie cittadine.
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Figlie di Gesù Buon Pastore: l’istituto del Buon Pastore viene fondato a
Piacenza nel 1869 su progetto di Giulia Colbert marchesa di Barolo, per
l’assistenza e l’attività di prevenzione nei confronti delle giovani pericolanti e per il recupero di quelle pericolate; non si tratta solo di offrire un
sussidio economico o un lavoro alle giovani in difficoltà, ma si mira alla
loro completa riabilitazione tentando fra l’altro una forma più efficace di
convivenza familiare. A Piacenza infatti le suore e le «figlie», come vengono chiamate le ragazze, vivono sotto lo stesso tetto formando una comunità. La prima sede è in via San Nazzaro, poi in una casa in via Campagna e dal 1952 nel palazzo in via Mazzini.
Suore orsoline di Maria Immacolata: il monastero è fondato dalla beata Brigida Morello nel 1649 e ha sede in via Roma, in Palazzo Landi. Vi
sono annessi anche la scuola elementare, la scuola media e il liceo linguistico parificati.
Suore missionarie scalabriniane: ordine istituito dal beato Giovanni Battista Scalabrini; il monastero piacentino è aperto nel 1936 e trova sede
nell’ex convento di San Savino. Oggi è casa madre della Provincia italiana.
Monache benedettine di San Raimondo: monastero di antica tradizione
a Piacenza; nel 1414 chiesa e monastero sono affidati alle monache cistercensi, fino alle soppressioni napoleoniche, quando le monache sono
costrette a rifugiarsi nelle proprie famiglie o in case di privati. Nel 1827
madre Teresa Maruffi, monaca benedettina del convento di Santa Maria
della Neve di Piacenza, compra gli edifici, li restaura e li riapre, affiancando anche una casa di educazione per ragazze e postulanti. Nel 1835
la comunità viene eretta e aggregata alla congregazione benedettina cassinese. Oggi è monastero di clausura e centro liturgico diocesano.
Figlie di Maria Santissima dell’Orto (Gianelline): congregazione fondata nel 1829 a Chiavari allo scopo di provvedere valide maestre ed educatrici per le orfanelle della città; fondatore è sant’Antonio Maria Gianelli insieme a madre Caterina Podestà, co-fondatrice e prima superiora generale dell’Istituto. Nel giro di pochi anni le Gianelline assumono molti
impegni, come la direzione degli ospedali di Chiavari, La Spezia e Ventimiglia, l’apertura di un educandato per le ragazze povere, la rieducazione di ragazze di malcostume e alcuni asili in diverse città, anche all’estero. La casa piacentina è aperta nel 1901; oggi le Gianelline gestiscono la
scuola materna e un servizio di accoglienza per minori in difficoltà, con
doposcuola e mensa 3.
Si tratta delle Comunità educative «il Gabbiano» e «L’Arcobaleno».
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Figlie di Sant’Anna: congregazione fondata a Piacenza nel 1866 da Rosa
Gattorno e dal co-fondatore padre Giovanni Battista Tornatore, per l’assistenza gratuita degli infermi a domicilio giorno e notte e la cura delle
giovani pericolanti. Già sul finire del 1867 molte giovani chiedono di entrare nel nuovo Istituto e arrivano richieste per l’apertura di nuove case,
che nel 1872 sono già sei. Oggi le Figlie di Sant’Anna sono presenti anche in America Latina, Africa, Asia e Australia. La fondatrice è stata proclamata beata il 9 aprile del 2000.
Suore della provvidenza per l’Infanzia abbandonata (Monsignor Torta): congregazione fondata da monsignor Francesco Torta nel 1921 sotto
il patrocinio di san Giuseppe per offrire assistenza specializzata presso i
vari enti caritativi da lui fondati e, in particolare, per la cura dell’infanzia abbandonata. Le costituzioni della congregazione sono approvate nel
1927, mentre nel 1934 vicino al sacello di Santa Maria della Bomba, fatto erigere dallo stesso monsignor Torta, si dà avvio alla costruzione della Casa madre per le suore e dell’Istituto per le bambine.
Suore carmelitane di Santa Teresa: monastero di clausura fondato nel
1673; il primissimo monastero è posto nella parrocchia di Santo Stefano
e intitolato al Santissimo Nome di Maria, ma si rivela quasi subito troppo
piccolo e insano, per cui si avviano i lavori per una nuova sede. Il nuovo
convento, intitolato a San Giuseppe e Santa Teresa in parrocchia di Sant’Anna, si trova sullo Stradone Farnese e le monache vi si trasferiscono
nel 1690. I danni subiti durante la seconda Guerra mondiale, a seguito
della caduta di un aereo nel 1943, portano alla perdita di buona parte della
documentazione e, soprattutto, rendono necessaria la costruzione di una
nuova sede, quella attuale, dove le monache si trasferiscono nel 1964.
Per quanto concerne le modalità di approccio ai diversi enti, ad una prima
lettera informativa sono seguite alcune telefonate; alla fine, hanno aderito all’iniziativa tre istituti, mentre i restanti sono stati successivamente sollecitati a
compilare la scheda in vista degli atti, purtroppo senza riscontro. Resta, infatti,
da superare una sorta di diffidenza rilevata nei confronti dell’iniziativa, sentita,
forse, più come un’ispezione che come una semplice ricognizione.
La scheda elaborata per il rilevamento dei dati, molto semplice e, probabilmente, suscettibile di perfezionamenti, si presenta divisa in tre aree; nella prima area, dedicata all’ente, si raccolgono i dati generali dell’istituto, il
nome del referente per l’archivio e alcune indicazioni sommarie sulla storia
dell’Ordine e del monastero, con particolare riferimento alle vicende che potrebbero aver riguardato anche la documentazione, come ad esempio trasferimenti o eventi calamitosi.
La seconda area riguarda in modo più dettagliato l’archivio di cui si rilevano l’esatta ubicazione, la consistenza in metri lineari e gli estremi cronologi-
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ci della documentazione. In questa parte della scheda si raccolgono anche notizie sulla organizzazione delle carte, con osservazioni sulla partizione della documentazione e sull’individuazione di eventuali serie originali, ma anche sulla
presenza di archivi aggregati, relativi ad esempio alle carte della fondatrice o
di altri personaggi importanti per l’ente in esame; si rileva infine l’esistenza o
meno di strumenti di corredo, quali inventari, repertori o anche semplici elenchi della documentazione e si segnalano le condizioni di consultabilità.
L’ultima area permette di raccogliere nelle note i dati relativi alla presenza o meno all’interno del convento di biblioteche, centri di documentazione
o piccole raccolte di oggetti appartenuti al fondatore o a personaggi importanti per la storia dell’ordine o del monastero. Completano infine questa area
l’eventuale bibliografia relativa all’ente, alla sua storia e ai personaggi più rilevanti, la data di compilazione e i nomi degli schedatori.
Da un primo bilancio dei dati raccolti emergono con molta chiarezza alcune considerazioni. La prima riguarda le figure, nello specifico le suore, che
nei diversi enti gestiscono con cura e passione il patrimonio documentario
loro affidato e che hanno collaborato con noi con grande entusiasmo e disponibilità; si tratta di persone con solida formazione e molto competenti, che
non solo mostrano un profondo interesse per la storia dell’Ordine cui appartengono o per le vicende del loro monastero, ma che sono anche propense ad
utilizzare strumenti informatici che consentano una gestione più funzionale
dell’archivio corrente o ad affrontare in modo corretto i difficili problemi relativi allo scarto della documentazione 4.
Una seconda osservazione riguarda la ricchezza del patrimonio documentario, che può ben essere intuita anche solo scorrendo le indicazioni sul
dorso dei faldoni. I monasteri di più antica fondazione, così come quelli più
recenti, intrecciano le loro vicende con la storia di Piacenza e operano in
modo attivo in città. Si può solo immaginare il contributo che, a titolo di
esempio, la documentazione di questi enti potrebbe offrire in merito alla storia della beneficenza e dell’assistenza in città, ma anche, più in generale, alla
storia della società piacentina.
Infine un’ultima considerazione riguarda le biblioteche presenti nei monasteri; sono piccole biblioteche, destinate alle suore e alla loro formazione,
ordinate e spesso catalogate. Esse raccolgono fondi bibliografici interessanti,
in cui a volte sono confluite donazioni di biblioteche private, come nel caso
In occasione del sopralluogo presso il monastero di clausura delle Suore Carmelitane si
è, a questo proposito, instaurata una collaborazione «professionale»: in particolare ci è stato chiesto di fornire materiali per la tenuta dell’archivio e una tabella con gli obblighi di legge per la tenuta di alcune tipologie documentarie (fatture fornitori, bollette delle utenze, dichiarazioni dei redditi, ecc.).
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della biblioteca dell’ingegnere Ettore Martini donata alle Suore Scalabriniane. All’interesse dei libri, in rapporto anche alla loro destinazione, si aggiunge in questi casi la stimolante possibilità di disporre di uno spaccato sugli interessi e i gusti culturali di una persona e, in parte, di un’epoca.
Alla luce di quanto esposto in queste poche righe, non si può concludere
se non augurandosi che l’indagine avviata possa essere al più presto completata; nella prima appendice diamo conto dei dati raccolti con le schede per i
tre monasteri che hanno aderito, mentre nella seconda proponiamo il titolario
dell’archivio della Casa generale romana delle Suore missionarie di San Carlo Borromeo Scalabriniane. La speranza è che il rilevamento si possa estendere a tutte le realtà individuate a Piacenza.
Appendice I
Schede
Scheda n. 1
1. Denominazione ente
Indirizzo
Telefono
Referente archivio
Suore Orsoline di Maria Immacolata
Via Roma 42, Piacenza
0523 338020
Suor Elisabetta Maria Simoni, archivista
diplomata alla Scuola Vaticana di paleografia,
diplomatica e archivistica
Storia dell’ente
Il 17 febbraio del 1649, per volere della duchessa Margherita de’ Medici Farnese, vedova di Odoardo Farnese, apre a Piacenza una Casa di Orsoline
per l’educazione delle giovani. L’attenzione della nobildonna per queste religiose è motivata dalla preoccupazione del suo casato per l’educazione delle
ragazze della nobiltà e della borghesia benestante, completamente trascurate
dalle famiglie e dalla società.
La nuova Congregazione nasce sotto la direzione di Brigida Morello, poi
Brigida di Gesù, beatificata da papa Giovanni Paolo II il 13 marzo 1998. Inizialmente la fondatrice non vuole essere eletta priora, ma accetta di ricoprire il ruolo di economa e di soprintendente delle cose spirituali; straordinaria
la sua dedizione all’educazione e alla formazione delle giovani, come emerge dalla lettura di diciotto lettere indirizzate ad una ex educanda, Maria Cristiana Malaspina, rinvenute nella Biblioteca dell’Università di Genova, che
documentano la capacità della Morello di essere guida anche nei più delicati problemi familiari.
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Fra le prime suore della comunità piacentina si ricordano Laura Masi,
Brigida Veronica Arcelli Chiapponi, Laura Medici, Lucia Morando, Barbara Maria Anguissola 5. A differenza delle Orsoline di Parma, le suore di Piacenza, nate solo settant’anni dopo nel medesimo contesto storico, ammettono
tra di loro non solo fanciulle patrizie, ma anche ragazze di famiglie distinte,
dette «cittadine» nel linguaggio dell’epoca. Piacenza del resto è vivace centro di scambi commerciali e punto di incontro di gente di provenienza diversa, come conferma anche il fatto che la stessa Brigida Morello appartiene a
una nutrita colonia di genovesi, presente da tempo in città.
Fra i momenti più difficili vissuti dalla comunità vi è il maggio 1866,
quando per un ordine di sgombro le monache sono costrette a lasciare il convento e sono ospitate presso le madri del Sacro Cuore in San Girolamo, oggi
Buon Pastore. L’allontanamento ha fortunatamente durata breve; già l’anno
successivo infatti le monache possono tornare nel «Casone», come viene affettuosamente chiamato il convento, grazie all’interessamento di persone influenti che si rivolgono direttamente a Bettino Ricasoli a favore della Congregazione.
Nel 1879 le celebrazioni per il secondo centenario della morte sono tenute a Piacenza dal vescovo Scalabrini, che nel 1883 porterà a Roma la vita
di Brigida di Gesù per poter procedere ai processi canonici in ordine alla beatificazione.
Fino al 1882 l’Istituto è tutto nella sola Casa di Sant’Orsola di Piacenza;
poi viene aperta la prima Casa «filiale» in Borgo San Donnino, oggi Fidenza.
Nel 1910, in occasione del terzo centenario della nascita della Morello, viene
inaugurata la sede di Rapallo, città natale della Beata. Venti anni più tardi è la
volta di Roma, poi, nel 1934, della prima casa in India, nello stato del Kerala, missione oggi fiorente nel Nord, Centro e Sud dell’India e aperta alle molteplici necessità della gente in campo educativo, socio-pastorale e medico-sanitario. Nel 1957 le Orsoline arrivano nel Veneto, poi in Sardegna. È il 1967
quando aprono a Borno, nella diocesi bresciana, una casa per le vacanze estive e invernali. Attualmente le Orsoline operano in Italia, in Brasile e soprattutto in India, dove hanno avviato importanti attività nel settore sanitario ed in
quello socio-educativo; a Piacenza hanno la casa madre, che è anche casa provinciale, in via Roma e gestiscono una scuola elementare e media e, ad esaurimento, un liceo linguistico.
2. Sede dell’archivio L’archivio storico amministrativo del monastero è conservato in locale al primo piano del convento in un armadio, e la documentazione è raccolta in cartelle numerate progressivamente che riportano sul dor Fra il 1649 e il 1679 sono registrate in convento 91 educande e 42 orsoline.
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so indicazione del contenuto e degli anni. La documentazione relativa alla
fondatrice è invece conservata presso l’ufficio di madre Elisabetta Simoni,
che si occupa della pubblicazione delle carte della beata Brigida.
32 metri lineari complessivi
Consistenza
Estremi cronologici
della documentazione 1649-...; con atti dal 1565
Storia della documentazione
Fin dalla fondazione la documentazione comprende oltre all’archivio
amministrativo del monastero, gli atti che riguardano la vita e le opere della
fondatrice Brigida Morello. Nel 1866, quando la casa viene requisita e assegnata ad uso militare, l’archivio viene messo in salvo presso persone amiche
e solo l’anno successivo, con la restituzione dell’edificio alle suore, la documentazione torna nella propria sede.
Gli atti della fondatrice vengono sistemati da madre Teresa Filomena Casati in occasione del secondo anniversario della morte della Morello (1879);
vengono organizzati i diari spirituali, le lettere, la regola e sono raccolte in fascicoli le carte sciolte; Brigida infatti scriveva su foglietti volanti che chiamava «cartucce» e che, poi, affidava al padre. Successivamente questa documentazione è stata custodita e studiata da madre Imelda Bianchedi e, in tempi più
recenti, da madre Elisabetta Maria Simoni.
L’archivio del monastero è stato diviso da quello della fondatrice solo a
partire dalla metà del secolo scorso, quando la priora in carica ha raccolto tutte le carte antiche riguardanti la vita e l’amministrazione dell’Istituto e ne ha
iniziato il riordino.
Serie originarie
Sulla base delle indicazioni riportate sul dorso dei faldoni, si possono individuare alcune serie come quella dei mandati, delle eredità e degli affitti.
Molto interessante è anche la serie relativa ai possedimenti che riguarda numerosi poderi del territorio piacentino come si può rilevare dai titoli dei faldoni:
«Albiano e luoghi annessi. S. Savino. Cà bosco»; «Possessioni in S. Giorgio»;
«Permute e acquisti»; «Carte diverse riguardanti Maria Luigia e i beni restituiti. 1818»; «Occupazione del collegio e restituzione 1866-1867»; «Tempio
grande e Tempio piccolo». Altre serie sono: liste saldate, giornali delle spese,
vacchette delle messe e documenti relativi alla scuola professionale.
Accanto poi all’archivio della fondatrice beata Brigida Morello vi è anche un altro archivio aggregato, relativo ai diversi istituti scolastici amministrati e gestiti dalle Suore orsoline; fin dall’inizio è prevista l’istruzione delle
monache, che devono imparare a leggere e scrivere, oltre che ricevere qualche nozione di musica e ricamo. Viene istituito anche un educandato per le
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fanciulle a partire dai sei anni fino ai venticinque; nel 1808 è aperta anche
una scuola esterna gratuita per famiglie povere o famiglie nobili decadute,
che, dopo la soppressione, sarà riaperta nel 1878 sotto l’amministrazione dell’Opera della Santa Infanzia. In seguito, la scuola sarà organizzata secondo le
direttive ministeriali, prevedendo l’insegnamento elementare e complementare, poi l’avviamento professionale. Dal 1930 viene trasformato in istituto
magistrale e successivamente liceo magistrale e liceo linguistico. Attualmente la documentazione è stata depositata presso le scuole statali di pertinenza.
Strumenti di corredo
Repertorio degli strumenti esistenti nell’archivio del collegio di S. Orsola, redatto nel 1724 e rilegato nell’Ottocento da madre Teresa Filomena Casati
Inventario, redatto intorno al 1960 da suor Giuseppa Luisa Sozzi che ha
così completato il lavoro di riordino delle consorelle precedenti; l’inventario
riguarda la documentazione dell’archivio storico e riporta anche indicazioni topografiche sulla collocazione del materiale sui ripiani dell’armadio della stanza dell’archivio.
Consultabilità
L’archivio non è consultabile
3. Note È presente una biblioteca con testi antichi, in alcuni dei quali sono
presenti annotazioni autografe della fondatrice; sono presenti cataloghi antichi a registro, mentre in tempi più recenti i libri sono stati raccolti per formato.
Nei locali del convento è allestita una significativa esposizione di oggetti appartenuti alla beata Brigida Morello, beatificata da Giovanni Paolo II il
15 marzo 1998.
Bibliografia
I. Bianchedi, Un’anima sposa all’amor crocifisso: vita della Madre Brigida
di Gesù fondatrice delle dame orsoline di Piacenza: 1610-1679, Piacenza 1925
I. Bianchedi, La serva di Dio Madre Brigida di Gesù: fondatrice delle religiose Orsoline di Maria Immacolata di Piacenza, Piacenza 1955
E. M. Simoni, Storia breve di Brigida Morello detta Brigida di Gesù, Piacenza 1976
E. M. Simoni Breve sintesi della storia dell’istituto fondato dalla venerabile
Brigida Morello, Piacenza 1979
E. M. Simoni, Una bimba fatta così. Brigida Morello, Piacenza 1983
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E. M. Simoni, Quando missione è stile di vita: profilo della venerabile madre
Brigida Morello Brigida di Gesù donna di preghiera educatrice missionaria e dell’Istituto da lei fondato le Orsoline di Maria immacolata di
Piacenza attraverso i secoli, Piacenza 1984
Brigida Morello (1610-1679), del Capitanato di Rapallo (Genova), Madre e
fondatrice del Collegio di Sant’Orsola di Piacenza (Orsoline di Maria
Immacolata) 1649: storia in stampe, immagini e breve racconto, a cura
del Comune di Rapallo, Piacenza 1989
G. Papa, Imelda Bianchedi: orsolina di Piacenza a cento anni dalla nascita,
Piacenza, ottobre 1990, S. n. t. 1991
Brigida Morello di Gesù (1610-1679) beata: miscellanea, a cura della Congregazione delle Suore Orsoline di Maria Immacolata di Piacenza, Postulazione, Roma 1997
A. Morando, Vita della Venerabile Serva di Dio, La Madre Brigida di Gesù,
Eletta con singolare Provvidenza di Dio, per Fondatrice Madre e Maestra della Casa di S. Orsola, eretta in Piacenza l’anno 1649, trasposizione in lingua corrente e annotazioni al testo di E. M. Simoni, Roma 2000
B. Morello, Diario spirituale 1642-1648, a cura di G. Mongini, trascrizione
del manoscritto di M. Catto, trasposizione in italiano corrente di suor E.
M. Simoni, Piacenza 2005
Schedatore
Data compilazione
A. Riva - E. Stendardi
Luglio 2006
Scheda n. 2
1. Denominazione ente
Indirizzo
Telefono
Referente archivio
Suore carmelitane di Santa Teresa
Via Spinazzi 36, Piacenza
0523 614832 Fax 0523 571746
Sorelle bibliotecarie (suor Prisca)
Storia dell’ente
Nella seconda metà del Seicento l’iniziativa di far sorgere un Carmelo a
Piacenza trova i suoi promotori nel ceto aristocratico piacentino, frutto della
fioritura spirituale alimentata dal Concilio di Trento. La contessa Vittoria Marocca Anguissola Scotti, e in modo particolare Caterina Tedeschi Landi, destinano parte dei loro beni per la costruzione del monastero delle Carmelitane. Sostenitrice della fondazione è la Duchessa Margherita de’ Medici, la cui
figlia Maria Caterina, monaca a Parma con il nome di suor Teresa Margherita dell’Incarnazione, era morta nel 1689 in concetto di santità. Margherita ot37
tiene da papa Clemente X un Breve in data 10 dicembre 1670 con cui si autorizza il vescovo di Piacenza, monsignor Giuseppe Zandemaria, ad erigere
il nuovo Carmelo sotto la Regola di Santa Teresa e la direzione dei frati dell’Ordine, che sono in città dal 1627.
Lo storico Cristoforo Poggiali ricorda con queste parole la fondazione
del primo monastero nel Tomo XII delle sue Memorie storiche della città di
Piacenza: «Appartiene all’anno 1673 l’introduzione e lo stabilimento delle Carmelitane Scalze in Piacenza, la fondazione cioè di un chiostro di sacre
vergini, che, dello spirito eredi, del fervore, e della pietà dell’immortal loro
Istitutrice Santa Teresa di Gesù, sono tuttavia lo specchio, il decoro, e dirà anche la tutela e il sostegno della nostra città» 6.
La mattina del 19 marzo 1673, infatti, partono dal Carmelo di Parma per
giungere in serata a Piacenza tre Carmelitane Scalze del monastero di Modena; si tratta di madre Anna dell’Ascensione, madre Vittoria di Santa Teresa della famiglia Bottigella di Pavia e madre Francesca del Santissimo Sacramento
degli Scotti di Piacenza. Al loro arrivo, dato che la sede stabilita non è ancora
pronta, le monache sono ospitate per alcuni giorni presso le Dame Orsoline, accolte con grande cordialità dalla fondatrice, Madre Brigida di Gesù,. Da qui, lei
in persona e con gran pompa di dame, cavalieri ed ecclesiastici, il giorno 23 le
accompagnò al monastero, posto nell’allora parrocchia di Santo Stefano 7.
La fondatrice e prima priora del monastero è madre Anna dell’Ascensione, al secolo contessa Ippolita Francesca Chiozzi, cremonese, entrata nel
maggio 1627 nel monastero di Cremona e negli anni successivi molto attiva
come maestra delle novizie e priora a Parma, a Modena e infine a Piacenza
dove muore il 18 luglio 1680; le sue ceneri si trovano dal 1974 nella sala del
capitolo del monastero di via Spinazzi.
Il primo monastero, intitolato al Santissimo Nome di Maria, comprende
una piccola chiesa e due piccole casette, secondo le caratteristiche tipiche dei
primi carmeli teresiani; ben presto però si rivela insufficiente ad accogliere le
numerose fanciulle che chiedono di entrare. Si rende dunque necessaria la costruzione di un secondo monastero sullo Stradone Farnese, i cui lavori sono
avviati il 2 luglio 1684, sotto la direzione del capomastro e ingegnere piacentino Paolo Cerri, e proseguono per circa due decenni, finché l’11 settembre
1690 la comunità può trasferirsi nel nuovo convento. La chiesa sarà invece
terminata nel 1701 e dedicata ai santi Giuseppe e Teresa.
Nella sede dello Stradone Farnese la comunità vive per circa 270 anni;
nel 1810 il governo napoleonico sopprime tutti i monasteri femminili della
C. Poggiali, Memorie storiche della città di Piacenza, Piacenza, 1757-1766, 12 voll. (rist.
anast.: Piacenza 1980), vol. XII, pp. 90 e segg.
Ibidem.
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città e, quindi, anche la clausura, mantenendo aperti solo due monasteri a Parma e due a Piacenza, tra i quali il monastero teresiano. Vengono qui accolte
le monache Agostiniane e Benedettine, mentre le Teresiane devono lasciare
l’abito di carmelitane e sono secolarizzate. Nel 1822 Maria Luigia permette
alle monache di riprendere l’abito e di accogliere nel monastero altre giovani,
ma impone l’apertura di una scuola esterna nei locali della foresteria a favore
di ragazze povere, che verrà chiusa nel 1868. Le due grandi guerre non risparmiano prove di ogni genere alle suore, dal dover ospitare le truppe, adibendo
la chiesa a magazzino, durante la prima guerra mondiale, fino alla distruzione
di una parte del monastero il 28 aprile 1943, quando un aereo tedesco partito
dalla base di San Damiano si schianta proprio sullo Stradone Farnese.
Nel 1962 iniziano i lavori per la costruzione dell’attuale monastero in
zona San Lazzaro Alberoni, su progetto dell’ingegnere Cesare Schiaffonati
e indicazioni della priora madre Maria Metilde della Croce. La nuova sede è
inaugurata il 22 aprile 1964.
2. Sede dell’archivio
Consistenza
Estremi cronologici
della documentazione
L’archivio ha sede in un locale al primo piano
del convento e la documentazione è collocata
in due armadi
20 metri lineari
1673-...
Storia della documentazione
Una parte consistente della documentazione è andata distrutta nell’aprile del 1943 per l’incendio avvenuto in seguito alla caduta di un aereo sullo
stradone Farnese, dove aveva sede il convento prima del trasferimento in via
Spinazzi.
Serie originarie
La documentazione, che non è stato naturalmente possibile vedere perché conservata nella zona di clausura, è organizzata rispecchiando la vita del
monastero e delle suore; sono presenti quindi alcune serie che riguardano proprio l’ingresso delle monache e la loro vita nella comunità:
Cronistoria giornaliera tenuta dalle consorelle: è annuale e il primo volume, che riguarda gli anni dal 1673 al 1980, è stato ricostruito, per la
parte che riguarda le vicende più antiche, sulla base dell’opera del Poggiali;
Atti capitolari;
Libro delle professioni: ad esempio si conserva un «Libro dove si notano
le professioni delle religiose», relativo agli anni dal 1674 al 1918;
39
-
Libri delle messe;
Libro dei necrologi: dal 1680 fino ad oggi viene registrata la storia delle
singole monache in forma di racconto (ad esempio «Libro delle defunte
e dell’ordine della nostra provincia», 1841-1950);
«Mappe e disegni»: contiene mappe e disegni anche del vecchio monastero sullo Stradone.
Vengono anche conservate alcune fotografie relative al monastero sullo
Stradone Farnese.
Strumenti di corredo
Repertorio generale di tutti i documenti che si trovano in archivio del
Monastero dei santi Giuseppe e Teresa. 1791, libro indice dove sono registrati per cartelle tutti i documenti (cartelle, volume, numero); contiene anche
l’elenco delle proprietà costituite dalle doti e dalle donazioni.
Istruzioni per l’archivio, tabella ottocentesca con indicazioni sulla tenuta dell’archivio.
Elenco delle scritture, libri e registri di amministrazione [...], sorta di inventario dei beni mobili e dei documenti redatto nella seconda metà dell’Ottocento.
Elenco documenti (1949), elenco redatto dopo l’incendio in cui sono registrati i documenti superstiti, diviso in «documenti storico religiosi» e «documenti amministrativi»; è vistato durante le visite canoniche ogni tre anni
dal padre provinciale.
Consultabilità
Non è consultabile
3. Note È presente una biblioteca con qualche testo antico, che comprende testi di spiritualità e carmelitani; il materiale bibliografico è in fase di catalogazione informatica.
Bibliografia
Culla di mistici e di vescovi, «La Madonna di Concesa», periodico a cura dei
Padri Carmelitani di Concesa, Trezzo d’Adda, giugno-agosto 1968, pp.
12-13.
La munificenza dei duchi Farnese, «La Madonna di Concesa», periodico a
cura dei Padri Carmelitani di Concesa, Trezzo d’Adda, giugno-agosto
1968, pp. 32-33.
Schedatore
Data della compilazione
A. Riva - E. Stendardi
Luglio 2006
40
Scheda n. 3
1. Denominazione ente
Indirizzo
Telefono
Referente archivio
Provincia italiana delle suore missionarie di
San Carlo Borromeo scalabriniane
Piazzetta San Savino 29, Piacenza
0523 317426
Suor Giuliana Bosini
E-mail: [email protected]
Storia dell’ente
Il 25 ottobre 1895 monsignor Giovanni Battista Scalabrini accoglie nel
palazzo vescovile di Piacenza le prime quattro suore missionarie di San Carlo scalabriniane, che inizialmente prendono il nome di «Ancelle degli orfani e
dei derelitti all’estero». Negli intenti del fondatore, coadiuvato da padre Giuseppe Marchetti, la missione dell’Ordine consiste nell’assistenza agli emigranti dal momento della partenza dai maggiori porti d’Italia, fino alle destinazioni finali.
Dopo l’iniziale aggregazione alle Suore Apostole del Sacro Cuore di San
Paolo del Brasile, nel 1907 la Congregazione fondata da Scalabrini diventa
autonoma e prende il definitivo nome di Congregazione delle Suore missionarie di San Carlo Borromeo Scalabriniane. È a partire dagli anni Trenta che
inizia a delinearsi il progetto di riportare le suore in Italia, secondo le parole
dello stesso Scalabrini: «Andate fiduciose, figliole, vi manderò poi altre consorelle, e voi ritornerete per formarvi e consolidarvi nello spirito religioso».
L’8 dicembre 1936 madre Lucia Gorlin giunge dal Brasile con altre due
sorelle per aprire il Noviziato a Piacenza e le suore si stabiliscono nella sede
dell’ex convento di San Savino di proprietà dell’ingegnere piacentino Ettore
Martini, figura destinata a svolgere un importante ruolo a sostegno della Congregazione, mettendo largamente a servizio dell’ordine le sue capacità professionali.
Negli anni immediatamente successivi vengono aperte case in Italia Roma nel 1938, Bassano del Grappa (VI) nel 1939, Ponte dell’Olio (PC) nel
1945, Presina (PD) nel 1950 - ma anche all’estero, come: Hayange (Francia)
nel 1947, Lucerna (Svizzera) nel 1950, Maastricht (Paesi Bassi) nel 1951,
fino all’Albania nel 1994. La casa madre di Piacenza coordina la Provincia di
San Giuseppe, che comprende tutta l’Europa.
Attualmente il servizio evangelico e missionario delle Suore scalabriniane evidenzia la crescente vitalità dell’Istituto e la presenza femminile del carisma scalabriniano fra i migranti e i rifugiati, concretizzandosi soprattutto nell’educazione cristiana, nella pastorale della salute e nella pastorale sociale, in
25 paesi di quattro continenti.
41
2. Sede dell’archivio
L’archivio è situato in due locali al primo
piano del convento
Consistenza
50,5 metri lineari + due schedari
Si rileva la presenza di stampe e rilievi del
convento e dell’abbazia di San Savino (1903,
1996), appesi sulle pareti
Estremi cronologici
della documentazione1936-...
Organizzazione della documentazione
La documentazione è raccolta in cartelle collocate in un armadio e viene divisa in archivio morto e archivio corrente. Le cartelle delle suore della
Provincia di San Giuseppe (viventi, defunte, che non hanno preso i voti) sono
raccolte negli schedari e costantemente aggiornate; è in corso l’informatizzazione dei dati attraverso il data base ALBA.
Serie originarie
La documentazione è organizzata per materie, in base alla tipologia degli atti e le diverse serie sono individuate tramite lettere alfabetiche latine: A,
B, C e D.
A - Atti relativi alla fondazione, documentazione storica della Provincia di San Giuseppe (III provincia dell’Ordine comprendente Piacenza, l’Italia e l’Europa);
B - Rapporti con i superiori e le istituzioni, con le altre province dell’Ordine, con le novizie; contiene anche materiale relativo alla formazione e gli
atti relativi ai capitoli (ad esempio la busta B21 contiene la corrispondenza
della superiora provinciale con i governi delle altre province);
C - Corrispondenza con le case dell’Ordine sparse nel mondo (ad esempio: C.I. contiene la corrispondenza con le comunità della Provincia di San
Giuseppe e ad ogni comunità è assegnato un numero progressivo; C.I.57 è
la busta dedicata alla comunità di Hayange-Serenange, comunità aperta nel
1947 in Francia fra le famiglie dei minatori; C.I.83 è dedicata alla comunità di Fontenay-Tresigny nella banlieue di Parigi, aperta nel 1954 e chiusa nel
1994, come ospizio per le emigranti italiane senza famiglia; C.III. contiene la
documentazione di convegni e corsi; C.IX. contiene documentazione relativa
all’attività del Centro congressi);
D - Corrispondenza con le autorità ecclesiastiche (Santa Sede, vescovi),
memorie e testimonianze delle consorelle, iniziative diverse (centenario della Congregazione).
Si può individuare poi la serie delle cronache della Casa di Piacenza (dal
1936) che comprende i diari stilati giornalmente dalla Madre Superiora, oltre
42
alle serie riguardanti i registri di protocollo e la contabilità, quest’ultima conservata a parte.
Sono raccolte in archivio anche le pubblicazioni e le relazioni su capitoli,
incontri di formazione e incontri di studio, le tesi delle suore, mentre nel Centro di studi e documenti delle migrazioni (CEDOMIS) sono depositate le tesi
dedicate all’Ordine. Infine si conservano anche gli importanti documenti relativi alla causa di beatificazione di Giovanni Battista Scalabrini e al riconoscimento del miracolo di guarigione di una suora (1987-1997).
Strumenti di corredo
Nessuno; è probabile che esista una tabella
di classificazione
Consultabilità
L’archivio non è organizzato per la
consultazione
3. Note Il convento conserva la biblioteca e alcuni oggetti personali donati
dalla famiglia dell’ingegnor Ettore Martini (divisa ufficiale, libreria, poltrona); è allestita anche una piccola esposizione di oggetti appartenuti al vescovo Giovanni Battista Scalabrini, raccolti e donati dal suo assistente personale.
È in fase di allestimento anche una piccola esposizione di oggetti e fotografie
riguardanti madre Lucia Gorlin, fondatrice della casa piacentina.
Inoltre il CEDOMIS, Centro di documentazione missionaria, dispone di
una biblioteca di oltre 2.000 volumi sulle migrazioni moderne e contemporanee e sulla storia e la cultura dei diversi paesi del mondo con accesso ai materiali attraverso un programma di ricerca per parole chiave e possibilità di consultazione on line sul sito: <www.cedomis-scalabriniane.org>.
Bibliografia
Costituzioni delle suore missionarie di San Carlo Borromeo (scalabriniane),
Roma [1948?]
F. Molinari, Sulla strada della fede e della speranza, Borgonovo Val Tidone 1978
Costituzioni delle suore missionarie di San Carlo Borromeo (scalabriniane),
Roma 1977
Francesconi M., G. B. Scalabrini vescovo di Piacenza e degli immigrati,
Roma 1985
L’ingegnere Ettore Martini (1870-1960): un galantuomo fra due secoli, a
cura di don F. Molinari e delle Suore Scalabriniane, Piacenza 1986
A. Bianchin, Una vita che non muore: Madre Lucia Gorlin 1879-1958, Borgonovo Val Tidone 1992
A. Bianchin, Per le vie del mondo: il carisma scalabriniano sulla strada della fede e della speranza, Borgonovo Val Tidone 1995
43
Un finese nel mondo: nel centenario della Suore Scalabriniane, a cura di F.
Monti e E. Orsenigo, Borgonovo Val Tidone 1995
Giovanni Battista Scalabrini 1839-1905, Roma 2005
Suore missionarie di San Carlo Borromeo scalabriniane: centodieci anni a
servizio dei migranti e dei rifugiati 1895-2005, Roma 2006
G. Corrao, Lucia Gorlin, Piacenza 2006
Schedatore
Data compilazione
A. Riva - E. Stendardi
Luglio 2006
Appendice II
L’archivio generale della Congregazione delle Suore Missionarie
di San Carlo Borromeo Scalabriniane 8
Nel 1961 l’archivio generale della congregazione arrivò dal Brasile, dove
era conservato presso l’orfanotrofio Cristoforo Colombo a San Paolo. In quell’anno, infatti, la casa generalizia venne trasferita da San Paolo del Brasile ad
Acilia nei pressi di Roma. Poco più di dieci anni dopo gli spazi si rivelarono
già insufficienti per la documentazione.
Un nuovo trasferimento venne effettuato nel 1982 con l’apertura della
casa generalizia in via Monte del Gallo, 68 a Roma, dove si trova tuttora. Originariamente l’archivio era sistemato al III piano, dal 1997 la documentazione si trova nella sede attuale, al piano terra della casa generalizia, in locali ristrutturati ad hoc. Fino al 1975 la responsabile dell’archivio era la segretaria
generale che cambiava ogni sei anni; in seguito venne nominata una archivista, una suora diplomata alla scuola Vaticana. Nel 2000 suor Ivone Scopel,
archivista generale, ha redatto una guida all’archivio 9 dalla quale si pubblica
di seguito il titolario dell’archivio storico 10:
Grazie alla disponibilità della madre generale, suor Maria de Rosário Onzi, il 24 e 25 agosto 2006 è stato possibile visitare l’archivio generale della congregazione. Un sentito ringraziamento va anche a suor Ivone Scopel, archivista generale, che si occupa tuttora della gestione dell’archivio.
Edizione orientativa ed organizzativa dell’archivio generale della Congregazione delle
suore missionarie di San Carlo Borromeo scalabriniane, Roma 2000.
10
La documentazione passa in archivio storico ogni sei anni, quando termina il governo della madre generale.
44
1.Generale
1.1.
Fondatore
1.2.
Co-Fondatore
1.3.
Co-Fondatrice
1.4.
Storia dell’istituto
1.5.
Governi generali
1.6.
Capitoli generali
1.7.
Assemblee generali
1.8.
Animazione generale: formazione e apostolato
(Incontri e progetti congregazionali)
1.9.
Centri congregazionali di studi e di pastorale dei migranti
1.10. Comunicazione
1.11. Documentazione riservata
1.12. Libri degli atti
1.13. Scritti e pubblicazioni delle sorelle
1.14. Celebrazioni del Giubileo della Congregazione:
Cinquantenario e Centenario
1.15. Album e messaggi
1.16. Fototeca
1.17. Audiovisivi
1.18. Amministrazione e economia
2.
2.1.
2.2.
2.3.
2.4.
2.5.
2.6.
2.7.
2.8.
Provinciale
Governi provinciali
Capitoli provinciali
Assemblee provinciali
Formazione
Apostolato
Centri di studi e di pastorale dei migranti
Storia delle province
Celebrazioni del Giubileo delle province
3.
3.1.
3.2.
3.3.
3.4.
Comunità
Storia delle singole comunità
Comunità aperte
Comunità chiuse
Celebrazioni del Giubileo delle comunità
4.
4.1.
4.2.
4.3.
4.4.
Personale
Sorelle della congregazione
Sorelle attive
Sorelle defunte
Sorelle uscite
45
Monsignor Guido Agosti
Monasteri femminili nella Diocesi di Reggio Emilia
Premessa
L’argomento di questo studio è assai vasto; per questo mi limiterò ad
esporre una sintesi delle ricerche fatte sui molti monasteri che esistevano in
Diocesi prima del periodo napoleonico, come attestano le 96 grosse filze di
documenti religiosi, discretamente ordinate negli anni Settanta del secolo
XIX, conservate nell’Archivio Vescovile.
Nel 1783 vi erano a Reggio-città 3 monasteri di Benedettine, 4 di Francescane, 2 di Domenicane, 2 di Carmelitane, 2 di Agostiniane, 3 di altre comunità ed un’altra ventina nel resto della Diocesi. A causa delle soppressioni, sia
ducali che napoleoniche, molta documentazione di tipo patrimoniale ed economico è custodita negli Archivi di Stato di Reggio Emilia, Modena e Milano. Una relazione più ampia, ma priva delle note archivistiche, è stata pubblicata sul «Bollettino Storico Reggiano», n. 133.
A - I monasteri benedettini
Le monache benedettine avevano in città i monasteri di San Tommaso,
San Raffaele e Santa Maria Maddalena. Solo per il terzo si conosce l’origine, per gli altri due si hanno solo pochissimi documenti risalenti ai secoli bui
dell’Alto Medio Evo.
Monastero di San Tommaso
Il primo documento in cui si fa menzione di questo cenobio è il lascito
della regina Cunegonda, vedova di Bernardo, re d’Italia – o meglio di Longobardia –, nipote di Carlo Magno. Nell’anno 835 la regina fondò a Parma un
monastero dedicato a sant’Alessandro, dotandolo con i beni di altri due cenobi preesistenti: San Bartolomeo di Parma e San Tommaso di Reggio. La preesistenza di questi due conventi è stata oggetto di varie ricerche sulla loro origine e dotazione patrimoniale. Anzitutto dovevano essere pervenuti alla regina dall’eredità del marito, morto nell’818, ed è opinione di vari studiosi
47
che fossero sorti già da vari decenni. Infatti gli inventari delle proprietà che
ci sono giunti potrebbero essere copie di documenti dell’VIII secolo, quindi
l’origine dei due monasteri risalirebbe al periodo precarolingio. Dal testo della donazione risulta che la regina ne conservava la proprietà anche per i suoi
eredi e ciò giustificava l’azione del tardo pronipote Maginfredo, il quale nel
948 pretendeva di rientrare in possesso di San Tommaso per poterne sfruttare i beni di cui era dotato.
La dipendenza del nostro monastero dal Sant’Alessandro di Parma ebbe
breve durata, poiché le scorrerie degli Ungari dell’899 distrussero, insieme
con la cattedrale, anche il cenobio, arrivando persino ad uccidere il vescovo
Azzo. Forse alcune monache riuscirono a salvarsi rifugiandosi in una proprietà presso la «basilica» dei Santi Vito e Modesto (ora Buco del Signore) ove
più di cent’anni dopo nel 1015, per impulso del vescovo Tenzone, si ricostituì
provvisoriamente la comunità monacale. Dodici anni dopo la badessa Liuza
ottenne dallo stesso vescovo il permesso di riutilizzare la chiesa di San Tommaso, già in fase di restauro, e ricostruire il monastero, ciò avvenne nel triennio 1028-1030. Alla primitiva dotazione vescovile di quattro «mansi» nella
zona di Scanzano, ora Buco del Signore, si aggiunsero varie donazioni di privati e dei vescovi Sigifredo II, Conone, Gandolfo ed Alberio, formando un
patrimonio assai vistoso come risulta dall’inventario prediale del 1295.
La storia di questo istituto si concluse nel «secolo dei lumi» con la soppressione voluta dal duca Rinaldo III il 3 maggio 1783. Il 21 maggio le 44
monache furono trasferite a Santa Eufemia di Modena, i beni aggregati alle
opere pie e con essi anche l’archivio che custodiva più di 600 pergamene. Disgraziatamente verso il 1875 un disonesto impiegato ne sottrasse una ottantina tra quelle anteriori al 1200 e le vendette ad un antiquario di Firenze. Solo
una quarantina sono state ricuperate e con le altre si trovano all’Archivio di
Stato di Reggio Emilia. Il vasto fabbricato fu aggregato al convento del Corpus Domini, poi dal 1798 adibito a carcere, tribunale, stazione della posta fino
ai nostri giorni 1.
Monastero di San Raffaele
Assai incerta è l’origine del monastero di San Raffaele. Se nel 1030
c’era già in città un monastero benedettino, come mai all’inizio del XII seco Dall’Inventario in Archivio Vescovile: «San Tommaso, monastero di monache in Reggio.
Copia dei privilegi concessi alla Abbadessa e alle monache nel 1225, vestizioni, professioni
e cariche dal 1541 al 1635 filza n. 66, dal 1636 al 1668 f. n. 67, dal 1669 al 1702 f. n. 68 con
mappe della nuova fabbrica, dal 1703 al 1740 f. n. 69, dal 1741 al 1783 con le costituzioni a
stampa del 1770 f. n. 70».
48
lo (anno 1100) ne sorse un altro a 200 metri o poco più di distanza? Non può
trattarsi di una figliazione perché alla ricchezza del primo si oppone la povertà del secondo. Il Saccani nel suo Schedario ha registrato il nome delle prime badesse: Ermengarda dal 1100 al 1124, Agnesia dal 1126 al 1159, Matilda dal 1161 al 1165.
La prima dotazione fu fatta probabilmente dal vescovo Bonseniore
(1098-1118) con beni dell’eredità di Everardo di Antisica e di altri ricevuti
dall’episcopio nel 1058, poiché a tale data risale la prima pergamena del suo
archivio (ora presso l’Archivio di Stato di Reggio Emilia). Come a San Tommaso, anche a San Raffaele fu assegnata in gestione una parrocchia, quella di
San Vitale, la cui chiesa nel 1443 fu venduta alla Confraternita di San Girolamo. Nel secolo XV il numero delle monache era molto scarso e per interessamento del vescovo Bonfrancesco Arlotti (1477-1508) vi furono trasferite altre
benedettine distaccate dal monastero di Sant’Antonio di Ferrara.
La cosa non diede buoni frutti: vent’anni dopo scoppiò una lite furibonda
tra la badessa ferrarese Eufrosia Signorelli, parente dei Bebbi di Leguigno, e
la ricca figlia degli Scaioli. Le due famiglie, invece di calmare le parenti presero parte, e ne nacque una faida che insanguinò la città per oltre vent’anni.
Fin dall’inizio (1505) il Senato reggiano cercò di separare le contendenti: trasferendo la ferrarese e le sue seguaci, sostenute dai Benedettini di San Prospero, prima in un locale presso Santo Stefano, poi costruendo un nuovo monastero nella canonica di Santa Maria Maddalena. Rimasero a San Raffaele le
partigiane della Scaioli, sostenute dai Domenicani.
Passarono quasi tre secoli poi il 3 aprile 1783 il duca Ercole III obbligò
le monache della Maddalena a tornare al San Raffaele e ne demolì il convento per adibire quello spazio a piazza del Mercato, ora Piazza Fontanesi. Quindici anni dopo i giacobini reggiani soppressero anche il San Raffaele e rimandarono le monache alle loro famiglie; furono demoliti chiesa e parte del monastero e il rimanente adattato a case popolari.
Nel 1776, prima della riunione con le Maddalene, al San Raffaele vi erano 31 professe e 15 converse, badessa era Vittoria Coronata dei conti Gabrietti 2.
Dall’Inventario c. s.: «San Raffaele, monastero di monache in Reggio. Esami, vestizioni,
professioni e atti diversi dal 1500 al 1630 f. n. 59, dal 1631 al 1650 f. n. 60, dal 1651 al 1680
f. n. 61, dal 1681 al 1720 f. n. 62, dal 1721 al 1757 con processo manoscritto per causa civile
col Consorzio della vicinia (parrocchia) di San Raffaele f. n. 63, dal 1758 al 1797 e stampati sulla causa di cui sopra f. n. 64, Inoltre vedi San Raffaele, chiesa già parrocchiale in Reggio, ora soppressa (nel 1769) e demolita (dopo il 1798). Atti diversi relativi alla medesima ed
al monastero che ne aveva la cura e giurisdizione vedi nella sezione “Parrocchie” f. n. 43, ivi
sono anche gli Stati delle Anime, libri dei Morti e Matrimoni».
49
Monastero di Santa Maria Maddalena
Questo terzo monastero benedettino si è formato, come si è detto, dalla scissione del San Raffaele e cominciò a funzionare nella nuova sede dal
1515: così risulta dagli atti della Curia vescovile. La chiesa a cui si appoggiò
era della più antiche del centro cittadino, risaliva forse al XII secolo poiché se
ne conosce il rettore dal 1207. Era stata ricostruita dal 1445 al 1458, e dopo il
1505 la casa canonica fu ampliata e adattata a monastero da Pietro Ancini. Il
patrimonio del monastero fu arricchito nel 1598 da Dionisio e Alfonso Bonzagni che eressero un beneficio legato alla cappella della Samtissima Trinità
della chiesa conventuale.
I rapporti del monastero con i superiori ecclesiastici non furono sempre
esemplari: nel 1530 i benedettini dovettero rinunciare alla direzione spirituale, nel 1535 il vescovo Ugo Rangone diede un nuovo assetto alle regole della
comunità. Ritornati i Benedettini si stabilì una eccessiva familiarità, pertanto il 22 settembre del 1607 il vescovo Claudio Rangone fece un’improvvisa
ispezione e ne mandò il rapporto a Roma. Nel 1620 una bolla del papa Paolo
V sottrasse di nuovo la direzione ai Benedettini e l’affidò al vescovo. Ancora
nel 1721 le monache si ribellarono al vescovo ed ai superiori e furono sospese dai sacramenti per ben due mesi!
Nell’anno 1779, quattro anni prima della soppressione, alla Maddalena
vi erano 35 monache che il 23 marzo 1783 furono inviate al San Raffaele 3.
B - I conventi femminili dei Francescani
All’inizio del XIII secolo, provenienti da Bologna, vennero a predicare nella nostra città sia i Francescani che i Domenicani. Sembra che i primi a
raggiungere Reggio siano stati i Frati Minori, poiché nel 1218 Guido da Canossa, assunto come pretore a Bologna, offrì ai frati il colle boscoso di Montefalcone (Quattro Castella) per stabilirvi un eremitaggio. Il nostro storico
Saccani ipotizza una chiamata a Reggio intorno al 1220 voluta dal padovano
Nicolò Maltraversi, vescovo dal 1211 al 1243. Infatti già nel 1222, prima del
grande terremoto, un frate Giovanni da Carpineti era entrato nell’ordine dei
Minori (come riporta Salimbene). Quasi coetanea, ma un po’ più documenta Dall’Inventario c. s.: «Santa Maria Maddalena, monastero di monache in Reggio. Libro di
memorie, cartolario di entrate e spese, permessi di vestizioni e professioni dal 1515 al 1660
f. n. 42, dal 1661 al 1700 f. n. 43, dal 1701 al 1750 con libro di accettazioni dal 1720 al 1770
f. n. 44, dal 1751 al 1787 con libro di messe celebrate dal 1766 al 1781 e giornale di entrate
e spese 1783-1784 con soppressione del 1783 f. n. 45».
50
ta, è la venuta dei Frati Predicatori, i quali furono visitati in Reggio dal loro
fondatore san Domenico alla metà di luglio del 1221, poche settimane prima
della sua morte, avvenuta a Bologna il successivo 6 agosto.
Lo stabilirsi in città degli uni e degli altri determinò la formazione di
gruppi di «devote» che poi si raccolsero nei conventi di Santa Chiara nel 1256
e del Corpus Domini dopo il 1264 4.
Convento di Santa Chiara, detto poi di Sant’Antonio
Dalle cronache modenesi risulta come primo convento emiliano quello
di Parma, sorto certamente fra il 1225 e il 1227. Qui si rifugiò alla vigilia delle nozze, la «nobile donzella» Giovanna degli Adelardi, «mossa dalle prediche di fra Gherardo Boccabadati». Anche il convento di Reggio è una filiazione di quello di Parma.
Per studi e ricerche sui conventi femminili francescani si consiglia la Guida alla documentazione francescana in Emilia-Romagna, a cura di G. Badini, Padova 1999 (Fonti e Studi
Francescani, IX). Nell’Introduzione di tale opera, a pag. XVII, viene ricordata l’origine dei
conventi di Clarisse di Reggio Emilia: Santa Chiara prima del 1256, Santa Maria della Misericordia dal 1519, Santa Chiara di Correggio dal 1711 e il Santissimo Crocifisso di Guastalla dal 1643.
Qui si segnalano alcune collocazioni e i fondi archivistici elencati nella suddetta Guida. Nelle
pp. 217-221 sono presentati i documenti delle Clarisse ed altre monache di Reggio:
1°: Archivio di Stato di Milano, Sezione Culto, Conventi, Comuni, cass. 1970, n. 2, Fascicolo: Soppressione dei conventi femminili nel territorio di Reggio Emilia; cc. non numm.,
1798 dicembre 17.
2°: Archivio di Stato di Modena, Sezione Carte delle Soppressioni, n. 2275; Mazzo: Miscellanea, Inserti: fascc. 6 non numm., dal 1594 luglio 10 al 1798 giugno 8: Rapporti con il governo di Modena e Reggio, Elenchi di monache.
3°: Archivio di Stato di Modena, Sezione Carte delle Soppressioni, n. 2276; Mazzo: Rogiti,
Inserti: fascc. e cc. non numm. dal 1605 febbraio 16 al 1793 dicembre 17.
Poi, sempre in Archivio di Stato di Modena, Sezione Carte delle Soppressioni: mazzi, libri, registri amministrativi numerati dal 4° al 16°; in Sezione Giurisdizione Sovrana ed Ecclesiastica
per soppressioni e traslocazioni: mazzi 17°, 18°, 19°; in Sezione napoleonica: I.G.B.C.A.E:
serie 64, nn. 2462, 2504, 2523, 2530 corrispondenti ai mazzi: 20°, 21°, 22°, 23°.
In Archivio di Stato di Reggio Emilia, Sezione Carte delle Soppressioni e Opere pie, Mazzi e fascc. 24°, 25°, 26°, 27°, 28°; Sezione Turri, fascc. 29°, 30°; Sezione Bocconi, fasc. 31°.
Seguono nella p. 221 le carte di Santa Chiara di Sassuolo, e nelle pp. 301-307 carte degli altri conventi francescani di Reggio Emilia (Da gentile comunicazione dei Professori F. Anceschi e A. Fresta).
51
Prima badessa fu suor Caracosa de Adam, già vedova e sorella del noto
cronista fra Salimbene da Parma, la quale nel 1256 ottenne dai Francescani il
loro convento, quando essi si trasferirono nel palazzo «imperiale», ora sede
dei Civici Musei. Il primo locale francescano era al margine della città, stretto
fra le mura e la Cittadella; per questo in tempo di guerra e di lotte civili spesso
le suore dovettero abbandonare il convento e rifugiarsi in locali provvisoriamente concessi da altre monache. Così nel 1320 erano ospitate dalle Benedettine di San Tommaso, e nel 1453 dalle Domenicane di San Pietro Martire.
Il cardinal Cervini, vescovo di Reggio (1540-1544), inviò il gesuita padre Pascasio Broet a Santa Chiara perché riformasse e riconducesse le monache all’osservanza delle regole. Esse però rifiutarono, specialmente il voto
di povertà poiché «tutte tenevano in proprio denari, possessioni o bestiame»,
e pertanto il riformatore negò loro la Comunione finché non si persuasero a
porre ogni cosa in comune.
Frattanto gli Anziani della città procurarono un locale nuovo per la comunità, ottenendo il priorato di Sant’Antonio Abate nel 1545, che, opportunamente adattato, fu occupato dalle Clarisse il 30 ottobre 1548 (ora è caserma
dei Finanzieri). Neppure il trasloco persuase le monache a cambiar vita, perciò il cardinal protettore Rodolfo dei Pio di Carpi chiese ai Gesuiti un nuovo
intervento per la riforma. Uno degli scandali più evidenti era la «visita» non
autorizzata ai conventi, nonostante che già dagli anni Quaranta fosse comminata la scomunica ai visitatori non autorizzati. Un altro tentativo di riforma
di Santa Chiara fu compiuto da san Carlo Borromeo nel periodo 1563-1572,
quando assunse l’incarico di Protettore dei Frati Minori.
Dopo il Concilio di Trento i vescovi ebbero maggiore autorità anche sui
conventi, che diressero coi migliori sacerdoti secolari. Il 1° maggio 1783,
per ordine ducale, Santa Chiara dovette ospitare le Terziarie Francescane del
convento dell’Ascensione (dette le Convertite) a cause della soppressione del
loro cenobio. Il 20 giugno 1798, per ordine dei giacobini, dovettero ospitare
anche le Cappuccine, finché nel 1810 si ebbe la soppressione napoleonica 5.
Dall’Inventario in Archivio Vescovile c. s.: «Santa Chiara, convento delle Clarisse di Sant’Antonio Abate di Reggio. Atti di vestizione, professione, esami, nomine e cariche dal 1532
al 1660 f. n. 13, dal 1661 al 1720 f. n. 14, dal 1721 al 1796 e convenzione col priorato di Sant’Antonio Abate f. n. 15». Vi erano poi conventi di Clarisse anche a Correggio, a Sassuolo
e a Mirandola (San Lodovico).
Dall’Inventario c. s.: «Convento di Santa Chiara di Sassuolo. Regole, licenze di vestizioni
e di professioni, nomine di superiore dal 1601 al 1650 f. n. l6, dal 1651 al 1720 f. n. 17, dal
1721 al 1760 f. n. 18, dal 1761 al 1797 f. n. 19. Altri atti relativi ad esso monastero sono nella filza della parrocchia di San Giorgio di Sassuolo, con rogiti di censi f. n. 158».
52
Terziarie francescane o suore del «guasto»
Il 10 gennaio 1290 i Reggiani, stanchi di lotte civili, si diedero a Obizzo d’Este, già signore di Ferrara e di Modena. A questo tiranno, venuto come
pacificatore, succedette nel 1292 il figlio Azzo, ancor più malvagio del padre,
il quale per assicurarsi il dominio della città costruì nel 1298, vicino alla porta di San Pietro, un castello munito di torri e fossati. Ciò nonostante Reggio
si ribellò, il 27 gennaio 1307 riuscì a cacciare dalla città Azzo e i suoi seguaci
e, in poco più di cinque giorni, i cittadini distrussero il castello e alla spianata rimase il nome di «Guasto», che perdura tuttora in una stradetta trasversale di Via San Martino (si cfr. il Balletti).
In quel luogo viveva una comunità di pie donne, che seguivano la regola del Terzo Ordine francescano, ma senza clausura. Avevano assunto come
protettrice santa Elisabetta d’Ungheria, ma volgarmente venivano chiamate
«beghine» come nelle Fiandre o, come dal 1244 in Toscana, «pinzochere» dal
colore bruno dell’abito, nomi che assunsero poi un significato dispregiativo
come anche quello dei Terziari detti «frati del parolo» (paiolo), da cui esse dipendevano.
Nel 1516 queste religiose erano rimaste solo in otto e il convento fu sciolto: quattro accettarono la regola delle Clarisse Osservanti (dette Zoccolanti)
e le altre ricevettero una dote dal Comune per rientrare in famiglia 6.
Santa Maria della Misericordia
L’ordine francescano ha subito nei secoli passati una serie di divisioni tra
rigoristi e moderati: la più incisiva fu quella fra i Conventuali e gli Osservanti. La divisione si verificò anche a Reggio e forse fu dovuta a san Bernardino da Siena, venuto a predicare nel 1427 per quaranta giorni consecutivi (!),
come è documentato nel libro delle Provvigioni del Comune.
Lo storiografo Gaetano Rocca ricorda fra Bernardino Sassi, che nel 1518
fece una grande predicazione e questua per la ricostruzione della basilica di
Dall’Inventario c. s.: «Convento di Santa Chiara di Correggio. Atti sulla erezione del monastero e sulle Terziarie di San Francesco, esami, permessi di vestizioni e di professioni dall’anno 1712 al 1760 f. n. 11, dal 1761 a1 1797 f. n.12».
Dall’Inventario c. s.: «Convento di San Lodovico di Mirandola. Monastero di monache Clarisse, esami, vestizioni, professioni e cariche dal 1657 al 1685 f. n. 37, dal 1686 al 1705 f. n.
38, dal 1706 al 1740 f. n.39,dal 1741 a1 1770 f. n. 40, dal 1771 al 1796 f. n. 41».
Dall’Inventario c. s.: «Convento delle Terziarie di San Francesco di Reggio. Regole ed alcune carte senza data esterna f. n. 71»
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San Pietro di Roma: «avendo esso raccolto una somma ingente, ottenne dal
papa Leone X di trattenerne una parte per costruire la chiesa della Misericordia nel luogo ove avevano una casa le Terziarie francescane, dette come in
Toscana Pinzochere». Lo scopo era di erigere un convento del loro ordine.
Liquidarono quattro delle Terziarie con cento scudi del Pubblico e convinsero
le altre a farsi Clarisse Osservanti. In breve chiesa e convento furono adattati
e il 19 marzo 1519 fecero venire undici suore dal convento del Corpus Domini di Cremona. Per parecchi anni vissero di lavoretti e di questua, poiché non
avevano clausura, finché nel 1662 Gerolamo Resti le dotò e poi le fece eredi
di tutto il suo patrimonio.
Nel 1779 nel convento vi erano 35 suore e 15 converse, ma anche questo
fu soppresso il 21 maggio 1783. Le religiose avrebbero dovuto andare a Mirandola, esse però chiesero ed ottennero di unirsi alle Clarisse di Carpi, ove
restarono fino al 1797 7.
Convento della Ascensione o del Rifugio
Fu istituito dalla Comunità come casa per le «convertite», dopo un quaresimale del 1549. Queste si raccolsero in una casa privata il 26 dicembre
1557 nella vicinia di San Raffaele e adottarono come regola quella delle Terziarie francescane. Nel 1604 ampliarono la casa e costruirono una chiesetta
dedicata alla Ascensione di Nostro Signore, nell’angolo di Via Fontanelli (ex
Via di Pontelevone) e Via San Martino. Nel 1760 ampliarono il loro locale acquistando dal Pubblico la Pia Casa degli Orfani presso la chiesa di San Martino adiacente alla loro. Erano 36 le suore (24 professe e 12 converse) quando il
1° maggio 1783 ricevettero l’ordine di sgombero e il 18 luglio si trasferirono
nel convento vuoto della Misericordia, già delle Clarisse Osservanti. Un altro trasloco dovettero subire nell’ottobre del 1786: ridotte di numero, vennero concentrate nell’Ospitale degli Esposti. Il Balletti afferma che questo convento era privo di opere d’arte e fu ridotto a case private 8.
Dall’Inventario c. s.: «Convento di Santa Maria della Misericordia di Reggio, monastero di Clarisse Osservanti (dette Zoccolanti). Atti diversi, licenze di vestizioni, esami, professioni e nomine dall’anno 1519 al 1680 f. n. 46, dal 1681 al 1730 f. n. 47, dal 1731 al 1797 f.
n. 48».
Dall’Inventario c. s.: «Convento dell’Ascensione di Reggio, monache francescane dette “le
convertite”. Atti diversi, nomine, licenze, esami, accettazioni dall’anno 1549 al 1670 f. n. l,
dal 1671 al 1720 f. n. 2, dal 1721 al 1782 f. n. 3, poi furono soppresse dal governo estense».
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Convento delle Cappuccine di Reggio
L’ordine dei Frati Minori Cappuccini ebbe principio nell’anno 1528 per
opera del marchigiano padre Matteo da Bascio, già Minore Osservante, per
la evangelizzazione dei più poveri. I Cappuccini vennero a Reggio dopo una
supplica fatta al Comune il 28 novembre 1571; ottenuto un orto da Orazio
Malaguzzi presso Porta Santa Croce, vi costruirono chiesa e convento, ove
entrarono il 6 gennaio 1574. L’esempio fu contagioso e, quasi spontaneamente, sorse la comunità femminile. Animatrice ne fu Lucia Ferrari, che poi
fondò conventi anche a Guastalla e a Parma. Si è conservata una preziosa lettera del 16 dicembre 1636 di padre Giovanni Battista d’Este (già duca Alfonso III) al vicario vescovile per ringraziarlo di avergli comunicato il permesso
di vestire madre Lucia Ferrari, «della quale ha sentito molto gusto». La comunità come prima abitazione ebbe una casa vicina al convento dei Cappuccini, poi nel 1704 acquistò un locale in fondo alla Via dell’Abate, adiacente alla
chiesa della Misericordia. Solo nel 1772 le Cappuccine poterono erigere una
chiesa propria dedicandola alla Beata Vergine della Consolazione.
Nel 1789, dopo la soppressione dei Canonici Lateranensi del 13 giugno 1783 per decreto del Sovrano, traslocarono nel convento delle Grazie con
l’ordine di far scuola alle ragazze povere ed ospitare vedove e malmaritate.
La loro odissea non era finita: il 20 giugno 1798 il governo rivoluzionario le
obbligò a sloggiare e ad unirsi alle Clarisse nel monastero di Sant’Antonio,
finché nel 1810 il governo napoleonico soppresse tutti i conventi 9.
C - Le monache Domenicane: origine e sviluppo
Convento del Corpus Domini
Secondo un antico cronista domenicano, riportato dall’Affarosi e seguito
dallo storico Balletti, i Frati Predicatori si stabilirono a Reggio verso il 1220 e
furono così bene accolti che tutti i cittadini si impegnarono nella costruzione
della loro chiesa dedicata dapprima a Gesù, poi a san Domenico. Stessa dedi Dall’Inventario c. s.: «Convento delle Cappuccine di Reggio. Costituzioni, rogiti, domande per vestizioni e professioni, carteggio ed atti diversi dall’anno 1640 al 1796 f. n. 5, atti relativi a fabbriche, conteggi e ricevute mazzo senza data esterna f. n. 6. Nello stesso inventario nell’Aggiunta alla lettera M f. n. 96».
Dall’Inventario c. s.: «Convento delle Cappuccine di Correggio. Atti sull’erezione del nuovo convento, inventari, vestizioni, professioni dall’anno 1824 in avanti f. n. 4. Tuttora esistente».
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cazione ebbe anche il loro convento, mentre quello femminile, sorto qualche
tempo dopo, venne intitolato al «Corpus Domini». Poiché la festa del Corpus
Domini fu istituita da Urbano IV nel 1264, è a tale data o a pochi anni prima
che si costituì in Reggio la confraternita delle suore domenicane che edificò
la chiesa di San Pietro Martire, ora inglobata nel Palazzo della Prefettura. La
trasformazione delle confraternite femminili in Secondo Ordine Domenicano
avvenne dopo il 1285, con la regola redatta dal Maestro Generale dei Predicatori Muñoz di Zamora.
Nel secolo XIV si perdettero tante memorie, tuttavia è documentata la
presenza di suore domenicane di San Pietro Martire nel 1430, le quali, essendo ridotte a poche, cedettero il convento alle agostiniane Canonichesse Lateranensi, trasferendosi nel vicino ambiente di San Lorenzo. Successivamente
si spostarono a San Cosmo finché l’abate Filippo Zoboli, nel 1466, volle dar
loro una dignitosa residenza più vicina alla chiesa di San Domenico. Ottenuto
– a fatica – parte dell’orto ed alcune casette del monastero di San Tommaso,
nel 1476 fece costruire dall’architetto Casotti il nuovo convento del Corpus
Domini, ove le Domenicane si stabilirono nel 1489. Dell’edificio, poi ridotto
a carcere, resta il muro di cinta ornato da un fregio in cotto con una bella fila
di calici.
Le cronache non registrano fatti particolari riguardanti questo convento fino al 1779 quando il Governo estense, in previsione delle soppressioni,
volle conoscere il numero e i nomi delle suore residenti sia al Corpus Domini di Reggio che nei conventi domenicani dello stesso nome: quello di Correggio, esistente già da prima del 1549, e l’altro di Castelnovo di Sotto, con
documenti dal 1657. A Reggio, secondo il Fantuzzi che ne trascrisse anche
i nomi, vi erano 32 monache e 17 converse nel 1780, con madre priora suor
Teresa Maioli.
Avvenuta la soppressione del monastero benedettino di San Tommaso, il
7 giugno 1783 il priore di San Domenico fu autorizzato a prendere possesso
del locale per unirlo al Corpus Domini. Ivi furono sistemate le domenicane di
Correggio, trasferite a Reggio dal 12 aprile, e quelle del Santa Caterina, qui
traslocate dopo il 7 giugno dello stesso anno. Più tardi, in data imprecisata
del 1797, si aggiunsero anche quelle di Castelnovo di Sotto. Nel 1798 si ebbe
poi la soppressione finale per opera del governo repubblicano giacobino, che
adibì i locali a tribunale, carcere e stazione con alloggio della posta 10.
Dall’Inventario c. s.: «Convento del Corpus Domini di Reggio. Esami, licenze di vestizione e di professione, cariche ed altri atti dal 1563 al 1650 f. n. 26, dal 1651 al 1690 f. n. 27, dal
1691 al 1740 f. n. 28, dal 1741 a1 1796 f. n., 29».
Dall’Inventario c. s.: «Convento del Corpus Domini di Correggio. Licenze di vestizione e di
professione, cariche, educande ed altri atti dal 1549 al 1650 f. n. 21, dal 1651 al 1680 f. n. 22,
10
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Convento di Santa Caterina da Siena
Fu eretto dalla nobildonna Giulia Corradi, vedova del conte Claudio
Fontanelli. Nel 1611, dopo la morte del figlio Vincenzo, prese l’abito del
Terz’Ordine di san Domenico ed indusse alcune giovani nobili sue parenti ad unirsi a lei trasformando la propria casa in convento. Questa casa, posta
nell’angolo di Via San Filippo con Via Zeffirino Jodi, fu poi donata dalla Corradi ai Padri dell’Oratorio, o Filippini. Il nuovo convento fu benedetto il 26
settembre 1626 dal vescovo Paolo Coccapani (1624-1650), che ne approvò la
regola stabilendo la clausura; la direzione spirituale fu affidata ai Domenicani
e la amministrazione sottoposta a due canonici e a due laici, scelti dal vescovo pro tempore.
Nel 1778 la comunità comprendeva 39 suore: 27 professe e 12 converse,
ma il 15 maggio 1783 il governo ducale decretò la soppressione del convento,
e le suore dopo il 7 giugno dovettero trasferirsi al Corpus Domini - San Tommaso. Convento e chiesa furono parzialmente demoliti nel 1807 e trasformati in case civili 11.
D - Gli Agostiniani a Reggio Emilia
Dopo i «frati mendicanti» approdarono in Diocesi anche gli Agostiniani, con due ordini: Canonici ed Eremiti. Avevano regole diverse, ma ambedue ispirate alle norme di vita prescritte nel V secolo da sant’Agostino ai suoi
chierici di Ippona.
Canonichesse Agostiniane Lateranensi
I cronisti reggiani non hanno registrato l’origine della comunità agostiniana femminile che, probabilmente, ebbe inizio nel secolo XIV per ispirazione
dei Canonici Regolari di Santo Spirito, poi trasferitisi a San Marco nel 1440.
dal 1681 al 1705 f. n. 23, dal 1706 al 1746 f. n. 24, dal 1747 al 1782 f. n. 25. Dal 1783 aggregate al Corpus Domini di Reggio».
Dall’Inventario c. s.: «Convento del Corpus Domini di Castelnovo di Sotto. Libro per le educande, vestizioni, professioni e funerali, ed un altro per le congregazioni, atti diversi e carteggio dal 1657 al 1797 f. n. 20».
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Dall’Inventario c. s.: «Convento di Santa Caterina da Siena di Reggio. Recapiti sull’erezione del monastero, esami, licenze di vestire l’abito, professioni e cariche dal 1617 al 1700
f. n. 9, dal 1701 al 1782 f. n. 10».
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Solamente il Panciroli ricorda che nel 1453 «le suore Agostiniane, le
quali, atteso la loro moltitudine, abitavano angustamente presso il portico di
San Lorenzo, mutarono il convento con le monache di San Pietro Martire,
ch’erano poche». Da questa comunità in seguito sciamarono due gruppi di
suore per dare origine ad altri conventi. Nel 1491 un gruppo si ritirò nella canonica di Sant’Ilario, adiacente al convento degli Eremitani, e diede origine
al monastero agostiniano osservante, ossia di stretta clausura.
Per molto tempo le Canonichesse vissero sotto la direzione spirituale dei
vescovi reggiani, passarono poi sotto l’abate pro tempore dei Canonici Lateranensi di Santa Maria delle Grazie: da qui furono dette «Lateranensi». Nel
1783, un mese prima della soppressione dei Lateranensi, il Duca obbligò il
13 maggio le Canonichesse a sgomberare il convento e ad unirsi alle Agostiniane di Sant’Ilario. Le differenze di regole ed usanze resero impossibile la
convivenza delle due comunità, per cui dopo cinque anni di suppliche le Canonichesse ottennero di trasferirsi nel 1789 nel locale della Misericordia da
cui erano state espulse le Clarisse osservanti (le Zoccolantesse) e mandate a
Carpi. Nel 1773 al San Pietro Martire risiedevano 22 suore e 15 converse: non
sappiamo quante si sistemarono alla Misericordia, ma anche da questo convento furono cacciate dai giacobini il 28 giugno 1798 e costrette a tornare alle
loro famiglie. L’ampio locale di San Pietro martire fu subito adattato dal 1784
a Palazzo del Governatore, ora serve alla Prefettura e all’Amministrazione
Provinciale 12.
Monastero di Sant’Ilario
Nel 1491 il vescovo Bonfrancesco Arlotti, dietro istanza del rettore Paolo
Caselli, eresse nella canonica di Sant’Ilario un monastero per le suore agostiniane che provenivano dal convento di San Pietro Martire. Erano chiamate
«Suore di San Paolo», probabilmente perché, staccatesi dalle Canonichesse,
avevano trovato una prima accoglienza presso la chiesa di San Paolo. Il possesso della chiesa e del convento di Sant’Ilario alle suore venne confermato
dalla bolla di papa Innocenzo VIII del 1492. Con un breve di papa Giulio II
nel 1507 le monache furono sottoposte per la direzione spirituale ai Frati Eremitani del vicino convento di Sant’Agostino.
Dall’Inventario c. s.: «Monastero di San Pietro Martire delle Canonichesse Lateranensi.
Accettazioni, vestizioni, professioni ed altri atti dal 1539 al 1650 f. n. 55, dal 1651 al 1680
f. n. 56, dal 1681 al 1730 f. n. 57, dal 1731 al 1783 f. n. 58. Nota: soppresse nel 1783 passarono nel monastero di Sant’Ilario e nel 1789 a quello della Misericordia, vedi dopo tali epoche i monasteri suddetti».
12
58
All’inizio del XVIII secolo il Sant’Ilario ospitava 50 suore professe e 18
converse, le quali per ampliare il convento acquistarono la chiesa ed i fabbricati di San Leonardo, presso Porta Castello. Nel 1783, per ordine ducale, le
Agostiniane dovettero ospitare le 36 Canonichesse qui traslate dal San Pietro
Martire, poi, partite quelle per sistemarsi nel locale della Misericordia, il 20
giugno 1798 ricoverarono le Carmelitane «Bianche» espulse dal loro convento di Via Campomarzio per l’improvviso arrivo di tremila (!) soldati francesi. Infine il 3 novembre dello stesso anno 1798 i giacobini reggiani soppressero anche il Sant’Ilario, che restò chiuso fino alla fine del periodo napoleonico.
Solamente nell’agosto del 1816 le suore rientrarono in possesso del loro convento che riprese a vivere ospitando anche un educandato femminile.
Nel 1885 trovarono ospitalità al Sant’Ilario anche le Suore Mantellate dei
Servi di Maria, che poi si trasferirono a Montecchio al Santuario della Madonna dell’Olmo. Oppresse dalle leggi eversive del 1866 e dall’amministrazione
anticlericale del Comune, le suore Agostiniane, rimaste solo in dieci, abbandonarono il monastero nel 1901 e si ritirarono come ospiti a Montecchio ove
la comunità si spense 13.
E - Suore dell’ordine Carmelitano
Le Carmelitane Bianche della beata Giovanna Scopelli
Il primo convento di Carmelitane è sorto in Reggio per iniziativa d’una
giovane devota, Giovanna Scopelli, nata in città nel 1439 da una famiglia
modesta ma benestante. Decima fra dodici fratelli, di cui solo sei raggiunsero
la maturità, la Scopelli fin dall’infanzia sentì una forte vocazione per la vita
religiosa. Il padre Simone e vari parenti esercitavano il mestiere di macellai
(beccai), e ciò consentiva loro una discreta agiatezza, come risulta da rogiti
per acquisti di case e dal testamento col quale il genitore fece lasciti di cento
Dall’Inventario c. s.: «Monastero di Sant’Ilario in Reggio, delle monache Agostiniane Osservanti. Esami, licenze di vestizione, di professione, cariche ed atti diversi dal 1544 al 1650
f. n. 30, dal 1651 al 1680 f. n. 31, dal 1681 al 1730 f. n. 32, dal 1731 al 1760 contiene due registri di capitoli per le educande, vestizioni, professioni e morti (dal 1641 al 1779) f. n. 33,
lo stesso dal 1761 al 1770 con copia manoscritta e varie copie a stampa delle costituzioni del
1769 f. n. 34, lo stesso dal 1771 al 1796 con memoria sulla soppressione del convento nella sera del 27 ottobre 1798 f. n. 35, Costituzioni del 1816 dopo la riapertura del monastero,
atti sulla contestazione del Mei, certificati diversi, esami, permessi di vestizioni, professione
e cariche f. n. 36, Soppressione italica (1866?). Per i rapporti fra le Agostiniane e le Mantellate (Serve di Maria) nel 1826 vedi f. n. 89».
13
59
lire, cifra allora notevole, per ciascuna delle quattro figlie. L’essere cresciuta in una casa di commercianti diede alla giovane una notevole esperienza di
vita economica, che l’aiutò nella fondazione del convento, senza però distrarla dalla sua vocazione. Aveva scelto come direttori spirituali i Carmelitani
«Mantovani»: essi la sostennero nel suo proposito accogliendola nel loro ordine dapprima come terziaria, ossia «mantellata» con voti semplici, continuando però a vivere in famiglia. Alla morte dei genitori rinunciò all’eredità in
favore delle sue sorelle e si ritirò in preghiera e penitenza presso un’amica che
condivideva il suo ideale. Successivamente, tra il 1480 e il 1484, fu accolta
dalla vedova Isabetta de’ Castelli, che desiderava farsi monaca insieme con le
sue due figlie. Nel 1485, con l’aiuto dell’abate e vescovo Filippo Zoboli, acquistò dagli Umiliati la chiesetta di San Bernardo con canonica e orto posta in
Via Campomarzio (area ora occupata dalla Palazzina Terrachini). Qui si stabilirono le cinque monache, le quali, portando un mantello bianco sul saio e
scapolare marrone, vennero chiamate le «Bianche», o «Albe».
La chiesetta venne ricostruita e fu intitolata a Santa Maria del Popolo.
Ben presto la comunità raggiunse il numero di 22 religiose, a cui nel 1487
il capitolo della congregazione assegnò come confessore padre Giacomo da
Palazzolo, e nel 1490 padre Angelo da Chiavari. Cinque anni dopo l’erezione
del convento, la priora e fondatrice morì in odore di santità il 9 luglio 1491,
assistita dal vescovo Bonfrancesco Arlotti. Il fiorire di grazie e prodigi, dopo
la morte della Scopelli, indussero il vescovo ad intraprendere il processo per
la sua beatificazione e il 1° dicembre 1492 ne autorizzò il culto, dichiarandola beata. Dopo il decreto di papa Urbano VIII del 1625 circa il culto dei santi
e beati non confermati dalla Santa Sede, l’ordine carmelitano iniziò un nuovo
processo che si concluse favorevolmente il 29 settembre 1771.
Il governo giacobino cacciò le suore Bianche dal loro convento il 20 giugno 1798 per accasermarvi truppe francesi, poi vendette il complesso ai Bolognini che demolirono la chiesa e adattarono il resto ad abitazioni private. La
spoglia della beata fu portata in Cattedrale, ove si venera tuttora nella Cappella Rangone. Le monache Bianche furono ospitate dalle Agostiniane di Sant’
Ilario fino alla totale soppressione degli istituti religiosi del 1810 14.
Dall’Inventario c. s.: «Convento delle Monache di Santa Maria del Popolo (conosciute
come «le Bianche»), già esistenti in Reggio. Carte delle accettazioni, vestizioni, professioni e
cariche dal 1553 al 1630 f. n. 49, dal 1631 al 1690 f. n. 50, Libro delle congregazioni dal 1619
al 1679 f. n. 51, carte dal 1691 al 1720 f. n. 52, dal 1761 al 1796 con libro di entrate e spese
dal 1652 al 1693 con altro portante acquisti, censi, fabbriche dal 1657 al 1729 f. n. 54».
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Le Carmelitane Scalze
Dopo l’insediamento a Reggio dei Carmelitani Scalzi nel 1685 la duchessa Laura Martinozzi volle fondare anche un monastero femminile dello stesso
ordine, che venne costruito nei pressi della Cittadella con una chiesa dedicata allo Sposalizio della Beata Vergine. Fu dotato dalla fondatrice con beni che
davano una rendita di 4.000 scudi romani, come prescritto dalla Sacra Congregazione dei Religiosi. Il 26 maggio 1689 due cortei di carrozze ducali partirono da Modena e da Piacenza portando dai conventi delle due città alcune
suore «professe» e quattro «novizie» di nobili famiglie per dar vita alla nuova
comunità. Questo monastero fu favorito anche dalla duchessa Carlotta Aglae,
moglie di Francesco III, che morì a Parigi il 19 gennaio 1761. Per sua volontà dalla salma furono estratti i precordi e portati a Reggio nella chiesa delle
«Scalze», da qui nel 1783 trasferiti al monastero del Corpus Domini.
Il 15 marzo 1783 anche le Scalze furono costrette a lasciare il loro convento e si unirono al Carmelo di Modena. Il loro locale fu assegnato al «Conservatorio delle putte», o Zitelle della Immacolata Concezione. Queste religiose insegnavano gratuitamente alle ragazze povere e la loro scuola nel
1910 fu resa comunale per le Scuole Elementari. Queste scuole per decenni vennero chiamate «della Concezione». Ora l’antico edificio, di cui rimane
uno scalone settecentesco, è sede dell’Istituto d’Arte «Gaetano Chierici» 15.
Bibliografia
Per il carattere divulgativo di questo lavoro si indicano le pubblicazioni
e gli scritti più utilizzati nella compilazione.
Agosti G. e Borziani Bondavalli G., Beata Giovanna Scopelli, Reggio Emilia 2006.
Balletti A., Storia di Reggio nell’Emilia, Reggio Emilia 1925 (rist. anast.,
Roma 1968).
D’Amato A., L’Ordine dei Predicatori, Roma 1983.
Id., I Domenicani a Bologna, Bologna 1988.
Enciclopedia Cattolica, voll. 1-12, Città del Vaticano 1949, alle voci.
Iriarte L., Storia del francescanesimo, Napoli 1982.
Lindner C., La riforma del Monastero di Santa Chiara in Reggio Emilia da
S. Ignazio a S. Carlo Borromeo, «Atti e memorie della Deputazione di
Dall’Inventario c. s.: «Monastero di Santa Teresa delle Carmelitane Scalze in Reggio. Licenze per vestizioni, professioni, facoltà, nomine delle priore dal 1689 al 1783 f. n. 7».
15
61
storia patria per le antiche provincie modenesi», s. IX, vol. II (1962), pp.
96-114.
Monducci E. e Nironi V., Arte e storia nelle chiese reggiane scomparse, Reggio Emilia 1976.
Pignagnoli W. e Zagni A., San Bernardino da Siena a Reggio, Carpi e
Guastalla, Brescia 1980.
Rocca G., Storie di Reggio, estratto di P. Fontanesi, ms. presso la Biblioteca
Municipale «A. Panizzi».
Id., Diari Sacri, Reggio 1825-1829.
Rombaldi O., Hospitale Sanctae Mariae Novae, Reggio Emilia 1965.
Id., Saggi sui monasteri di San Prospero, San Tommaso, San Raffaele.
Saccani G., I vescovi di Reggio: cronotassi, Reggio Emilia 1902.
Id., Opuscoli francescani, Reggio Emilia, 1921 e 1927.
Id., Schedario, ms.: Sezioni Franciscalia, Monasteri e Conventi.
Salimbene da Parma, Cronaca, traduzione di B. Rossi, Bologna 1987.
Scurani P., Le chiese di Reggio Emilia, voll. 1-5, ms. presso l’Archivio Vescovile di Reggio Emilia.
Id., La chiesa di Sant’Agostino di Reggio Emilia, Reggio Emilia 1922.
Tincani A., Il monastero di San Tommaso di Reggio, Reggio Emilia 2002.
Ringrazio la signora professoressa Ester Ficarelli Agosti e l’amico Arnaldo Tincani per l’aiuto e i consigli dati.
62
Enrico Angiolini
L’archivio del monastero di Santa Chiara di Carpi
La storia spirituale, culturale e materiale del monastero delle Clarisse di
Santa Chiara di Carpi, fondato da Camilla Pio († 1504), è stata oggetto, nei
tempi più recenti, di un ampio ventaglio di studi, con la biografia della fondatrice curata da Mariafiamma Faberi, Camilla Pio contemplativa in azione 1, e con
i due fondamentali volumi di Saggi 2 e di Fonti 3 su Le Clarisse in Carpi, editi a cura di Gabriella Zarri e di Anna Maria Ori. Qui si ricorderà soltanto come,
dopo che Camilla Pio, esponente di rilievo della famiglia principesca di Carpi,
ne promosse la costruzione dal 1490-1491, vi entrò come professa a sessanta
anni di età nel 1500 e ne costituì il patrimonio con i suoi cospicui beni, questo
monastero diventò un importante centro spirituale e caritativo come pure una
delle sedi predilette dalle famiglie nobili modenesi – compresi gli Estensi – per
avviare alla monacazione le loro figlie. Pur avendo subito ben due soppressioni, quella rivoluzionaria del 1798 e quella postunitaria del 1866, le Clarisse di
Carpi riuscirono sempre tenacemente a rifondare il loro monastero e a salvaguardare la maggior parte del loro patrimonio librario e documentario.
Infatti l’archivio delle Clarisse di Carpi è un esempio manifesto di come
non ci si debba appiattire sull’opinione che le soppressioni giurisdizionaliste,
rivoluzionario-napoleoniche ed eversive postunitarie degli enti religiosi abbiano condotto senza eccezioni all’indemaniazione di tutte le carte e le pergamene possedute dalle confraternite e dalle case di regolari: le lacune nell’azione dei nuovi governi e la possibilità di trovare ospitalità e connivenza
all’occultamento delle documentazioni presso il clero secolare e i privati hanno consentito che molto rimanesse in mani ecclesiastiche e potesse ritornare
alle case regolari quando, in seguito, vennero ripristinate.
Se sicuramente anche presso il monastero di Santa Chiara di Carpi la sedimentazione della documentazione fu interrotta dall’indemaniazione di una
parte della carte, che ora si conservano presso l’Archivio di Stato di Modena 4, ciò non di meno l’archivio nel suo complesso è rimasto un cospicuo in M. Faberi, Camilla Pio contemplativa in azione, Perugia 2001.
Le Clarisse in Carpi. Cinque secoli di storia (XVI-XX). Volume primo. Saggi, a cura di G.
Zarri, Reggio Emilia 2003.
Le Clarisse in Carpi. Cinque secoli di storia (XVI-XX). Volume secondo. Fonti, a cura di
A. M. Ori, Reggio Emilia 2003.
Cfr. Guida generale degli Archivi di Stato italiani, II, Roma 1983, p. 1071.
63
sieme che nel corso dell’anno 2006, grazie al finanziamento riconosciuto dal
Ministero per i Beni e le Attività Culturali alla Soprintendenza Archivistica
per l’Emilia Romagna, è stato oggetto – ad opera di chi scrive – di inventariazione analitica condotta sulla base dei correnti standard internazionali di descrizione archivistica 5. Va da sé che in tale occasione l’intervento si è limitato all’archivio propriamente storico, con esclusione della documentazione
costituente l’archivio «corrente» del monastero nel termine cronologico più
esteso, cioè del settantennio dall’oggi. Grazie poi all’impegno scientifico dell’Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, che ha promosso la catalogazione della ricca biblioteca posseduta dal
monastero affidandola all’esperta cura di Zita Zanardi, è stato possibile giungere alla pubblicazione congiunta del catalogo della biblioteca e dell’inventario dell’archivio conservati pressi il monastero, corredata anche di saggi storici di Anna Maria Ori e di Gabriella Zarri, nonché dell’edizione dei documenti più rilevanti a cura di Simona Busani 6.
La consistenza e la struttura dell’archivio, descritta analiticamente nell’inventario in questione, è risultata essere la seguente 7:
Archivio storico del monastero di Santa Chiara di Carpi
1443 ottobre 11 - 2005 aprile 16...
bb. 5 (con pergg. 29), vol. 1, regg. 15, fascc. 8, pari a 2 m. l.
Costituzioni e regolamenti, 1637 - 1954 e s. d., vol. 1, reg. 1, fascc. 2
Documenti membranacei, 1443 ottobre 11 - 1579 dicembre 19, pergg. 27 in bb. 2
Documenti cartacei, 1460 novembre 28 - 1866 agosto 5, fascc. 90, con pergg. 2, in b. 1
Miscellanea d’amministrazione, 1748 - 1868, b. 1
Lettere delle monache, 1609 novembre 27 - 1840 e s. d., b. 1
Indulgenze, privilegi e facoltà, 1612 ottobre 21 - 1874 marzo 12, fasc. 1
Cataloghi delle reliquie, S. d. [ma post 1798 novembre 12], fasc. 1
Vestizioni, professioni e morti, 1684 febbraio 13 - 2005 aprile 16..., regg. 6
Approvazioni di vestizioni e professioni, 1819 dicembre 9 - 1966 agosto 12, regg. 2
Memoriali, 1546 dicembre 28 - 2000, b. 1, regg. 6, fascc. 4
Per cui cfr. ora: ISAD(G): General International Standard Archival Description. Second
Edition, «Rassegna degli Archivi di Stato», a. LXIII - n. 1 (gen./apr. 2003), pp. 59-190.
Il monastero di Santa Chiara in Carpi. Le carte e i libri, a cura di E. Angiolini e Z. Zanardi, Bologna 2007 (Istituto per i Beni Artisti Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, Soprintendenza per i beni librari e documentari, Emilia Romagna Biblioteche Archivi,
64).
E. Angiolini, L’archivio storico e il suo inventario, in Il monastero di Santa Chiara in Carpi..., cit., pp. 21-47.
64
Particolare rilevanza hanno qui naturalmente le serie delle Costituzioni
e regolamenti, contenenti le fonti normative generali e particolari definite nel
corso del tempo per regolare la vita comune delle monache, come anche i Documenti membranacei e i Documenti cartacei, il caratteristico thesaurus dei
documenti di memoria e di garanzia per i diritti ed i privilegi del monastero,
per la gestione dei suoi beni immobili e per le donazioni testamentarie ed i lasciti pii compiuti a suo favore; ma soprattutto i Memoriali, già definiti il vero
«cuore» spirituale dell’archivio 8, in cui si trovano i «Campioni» che tramandano gli eventi più significativi della vita della comunità monastica delle Clarisse carpigiane.
Dopo di ciò, rimaneva da dar conto di quella «quota» dell’archivio di
Santa Chiara di Carpi che, indemaniato insieme ai beni mobili e immobili del
monastero all’atto della prima soppressione, quella rivoluzionaria compiuta nel 1798, è poi appunto confluito a far parte dell’odierno fondo delle Soppressioni napoleoniche presso l’Archivio di Stato di Modena 9; l’inventario
analitico di questi documenti sarà oggetto a breve termine di pubblicazione in
separata sede sempre ad opera di chi scrive 10. Tali carte, che sono una manifesta espressione dei criteri di «selezione» della documentazione propri dei
funzionari del Demanio del nuovo potere statale, interessati a tenere in vista
soprattutto la delimitazione e la gestione del patrimonio immobiliare dei beni
che venivamo indemaniati, sono perciò principalmente costituite da rogiti ancora riconoscibili come estratti dalle «Filze di istrumenti» con segnature alfabetiche di cui tanta parte si reperisce ancora nell’archivio tuttora conservato a
Carpi, e a cui si possono riconnettere attraverso affascinanti – per quanto forzatamente virtuali – riordini.
L’archivio del monastero di Santa Chiara di Carpi, nelle sue diverse sedi
e consistenze, è quindi tuttora una delle più alte testimonianze della continuità di fede e di devozione delle monache di Santa Chiara di Carpi, che con piena consapevolezza si applicano alla difesa e alla valorizzazione di questo patrimonio: a tutte le Sorelle Clarisse carpigiane vanno perciò i più sentiti ringraziamenti.
Ibidem, p. 41.
Archivio di Stato di Modena, Corporazioni religiose, Soppressioni napoleoniche, Santa
Chiara di Carpi, 2111-2126 (filze 7 - con regg. 9 e fascc. 308, contenenti pergg. 21 -, regg.
9). Cfr.: Guida generale degli Archivi di Stato italiani..., cit., p. 1071.
10
E. Angiolini, Le carte del monastero di Santa Chiara di Carpi nel fondo delle Soppressioni napoleoniche presso l’Archivio di Stato di Modena, «Pagani e Cristiani. Forme ed attestazioni di religiosità del mondo antico in Emilia», vol. VI (2007), in corso di stampa.
65
Mariagiulia Sandonà
Gli inventari di soppressione dei beni mobili di Santa Chiara in Carpi
in epoche napoleonica e sabauda 1
Le soppressioni degli ordini religiosi
Nel lungo excursus storico della vita del monastero di Santa Chiara in
Carpi si apre un capitolo doloroso: quello delle soppressioni degli ordini religiosi. È stato possibile esaminare attraverso i documenti alcune delle conseguenze di tale fenomeno repressivo sul piano delle trasformazioni e della riorganizzazione della comunità monastica. In particolare, sono stati studiati gli
Inventari dei beni mobili delle soppressioni napoleonica e sabauda conservati nell’archivio del monastero.
È noto che nel corso di tutto il Settecento gli interventi a danno della
Chiesa cattolica furono più di uno ad opera dei sovrani e dei loro governi, intenzionati a smantellare i secolari privilegi di cui ancora godeva: dal diritto di
asilo, al foro ecclesiastico, alle esenzioni fiscali. Il colpo più duro venne inflitto dal governo napoleonico, con il quale si arrivò alla generale soppressione
degli ordini religiosi, delle parrocchie, delle confraternite in genere.
Nei domini estensi, i provvedimenti antimonastici furono adottati già da
Francesco III (1737-1780), tra i quali il divieto imposto alla costruzione di
edifici di culto, cappelle e oratori, con l’ordine di rimozione delle immagini sacre e votive dalle pubbliche strade, affidati all’azione di controllo della
Giunta di Giurisdizione Sovrana, già «Congregazione degli affari ecclesiastici e misti». Volta alla difesa della potestà sovrana contro le invadenze ecclesiastiche, la Giunta di Giurisdizione sovrana agiva in qualità di organo di controllo con pieni poteri sul clero regolare e secolare (Tabella 1).
Questo atteggiamento di chiaro spessore anticlericale viene ripreso da
Ercole III (1780-1796), con la regolamentazione delle processioni e delle rogazioni, il divieto del suono delle campane, la soppressione di alcune festività solenni. Le conseguenze di queste misure repressive non tardarono a manifestarsi in tutto lo Stato estense. Tragici furono gli esiti a danno di numerose
Relativamente alla tematica del presente intervento, rimando alla pubblicazione che in alcuni passaggi citerò quasi integralmente: M. Sandonà, Dalle soppressioni alla ricostituzione
dell’ordine (secc. XVIII-XIX), in Le Clarisse in Carpi. Cinque secoli di storia XVI-XX. Volume primo. Saggi, a cura di G. Zarri, Reggio Emilia 2003, pp. 393-430.
*
67
comunità monastiche il cui destino fu generalmente quello di passare al clero secolare e dedicarsi alla cura pastorale o all’insegnamento. Non mancarono casi di abbandono e altrettanto gravi furono le conseguenze per l’intera comunità civile, che dovette affrontare l’emergenza dei frequenti affollamenti di
poveri e assistiti a seguito della chiusura degli istituiti religiosi.
Nell’Ottocento, la Restaurazione estense dimostrò grande disponibilità
nei confronti degli enti ecclesiastici. Francesco IV fautore della ripristinazione del monastero di Santa Chiara viene celebrato come «sagace nocchiero che dopo la procella rimette sollecito le antenne spezzate, le vele infrante e tutto ricompone il percosso naviglio» 2. Spinto, probabilmente, più dalla volontà di riconquistarsi la benevolenza dei sudditi che da dichiarati intenti religiosi, il duca dà prova della sua generosità anche nei confronti del monastero carpigiano.
Successive nuove leggi di soppressione del 1855 nel Regno Sardo, estese
a tutta la penisola tra il 1866 e il 1873, inflissero un colpo durissimo agli istituti, monasteri e congregazioni (25.000 enti ecclesiastici distribuiti sul suolo nazionale), che subirono così la terza o la quarta soppressione in meno di
un secolo.
Le conseguenze sul piano delle trasformazioni e della riorganizzazione del monastero di Santa Chiara, unitamente alle numerose spoliazioni degli
edifici sacri e dei patrimoni ecclesiastici cittadini all’arrivo dei francesi a Carpi nel maggio del 1796, sono narrate dallo storico carpigiano Giuseppe Saltini. La legge napoleonica concedeva ai consacrati di restare nei conventi pagando un regolare affitto. Nel capoluogo di ogni Dipartimento saranno destinati uno o due conventi rimasti vuoti, dove le monache secolarizzate poterono
trovare alloggio a condizione che non avessero alcuna forma di corporazione,
«né clausura, parlatori, rote o grate e vi vivano come una famiglia» 3.
Il 2 novembre 1798 fu soppressa la comunità religiosa di Santa Chiara che annoverava 18 monache dell’Ordine dei «Servi di Maria» provenienti dal locale monastero di San Sebastiano avvenuta il 30 giugno 1798 e altre
provenienti dal monastero della «Misericordia» di Reggio Emilia, soppresso
il 12 giugno 1783. Oltre alla perdita di un enorme patrimonio fondiario e immobiliare, ve ne era uno mobiliare rappresentato dalle opere d’arte, dagli arredi sacri, dal patrimonio librario, come risulta dagli Inventari di soppressione, la fonte principale per comprendere il mutamento degli aspetti della vita
comunitaria (Tabella 2).
Archivio Storico Comunale di Carpi (= ASCC), Archivio Guaitoli, b. 1 9/6, cc. 23-27. Allocuzione recitata da Monsignore Canonico Bonaventura Bernardi, Carpi, 4 ottobre 1817.
ASCC, Stampe, 1797, Estratto de’ Registri del Direttorio Esecutivo. Seduta del 27 Pratile Anno VI.
68
Al momento della ricostituzione dell’ordine, nel 1817, sono presenti 22
monache provenienti da ben 8 ordini religiosi e fu prioritaria l’accettazione
della Regola, primo fra tutti il capitolo dell’osservanza della clausura, che assicurava un ruolo protettivo e garantiva una funzione cautelativa, seguita dalla regolamentazione della vita comunitaria documentata nelle serie dei «Regolamenti», «Capitoli», «Ufficiature» conservati nell’archivio del monastero.
Francesco Benincasa, primo vescovo della diocesi di Carpi, trovò conveniente imporre la Regola e l’abito di Santa Chiara a tutte le monache, «pur
concedendo a ciascuna nell’interno del proprio cuore, anche sotto l’abito di
santa Chiara di venerare la loro particolare Fondatrice e Madre. Poverette,
ciascuna ama la propria madre e i consigli di quella, piuttosto che quella e
quelli di un’altra!» 4.
Quello che seguì alla ripristinazione dell’ordine fu un lungo periodo di
assestamento, caratterizzato dall’impegno della chiesa nel contrastare il progressivo processo di secolarizzazione della società, rappresentato dal ruolo
educativo tradizionalmente vantato e dalle manifestazioni della devozione
popolare. È noto che le leggi di soppressione napoleoniche esentavano le istituzioni religiose che svolgevano un servizio utile alla società, esercitando una
spinta a favore dell’impegno sociale esterno delle religiose.
Si è riflettuto sul probabile ruolo educativo svolto dalle Clarisse a Carpi.
Ad oggi, manca una documentazione attestante l’istituzione e la conduzione
di un educandato nel monastero di Santa Chiara, inteso come luogo separato dalla clausura. All’esame della Sacra Congregazione è pervenuta la richiesta avanzata dal monastero di Santa Chiara di Carpi nel 1742 di accettare capitolarmene con votazione segreta le educande, nel pieno rispetto della Regola. Tra gli spazi censiti nel 1797 si menziona una «prima camera dell’Educandato» e nel successivo Inventario del 1866 si attesta la presenza di un teatro, che fu ad uso delle educande all’interno del monastero. È documentata la
permanenza delle contessine Maria e Maddalena Bonasi in qualità di educande nel monastero carpigiano, dal 1784 al 1796. Resta difficile, tuttavia, distinguere nella fattispecie tra educanda e professa «senza voto di castità, obbligo
Archivio del Monastero di Santa Chiara Carpi (= AMSCC), b. 8, fasc. 1/3 (vecchia segnatura; ora: AMSCC, Memoriali, 10, per cui cfr.: E. Angiolini, L’archivio storico e il suo
inventario, in Il monastero di Santa Chiara in Carpi. Le carte e i libri, a cura di E. Angiolini e Z. Zanardi, Bologna 2007 (Istituto per i Beni Artisti Culturali e Naturali della Regione
Emilia-Romagna, Soprintendenza per i beni librari e documentari, Emilia Romagna Biblioteche Archivi, 64), pp. 21-47, a p. 43): E. Muzzioli, Brevi notizie storiche riguardanti la comunità delle Monache Clarisse di Carpi, 17 gennaio 1952 (ds. dall’originale di suor Ancilla D’Altan).
69
di clausura, e perfetta obbedienza, né distinzione di vestito». È probabile che
alcune di queste giovani educande fossero piuttosto serventi accettanda gratis, come imponeva l’autorità civile in un decreto del 3 ottobre 1782 5.
Gli inventari di soppressione
L’Inventario del Mobilare del Convento di Santa Chiara di Carpi del
1797 fu redatto nell’arco di otto giornate, dal 19 al 27 ottobre, circa un anno
prima della soppressione del monastero avvenuta il 12 novembre 1798. Il documento manoscritto si presenta rilegato a registro cartaceo, di carte 45 scritte
recto e verso, senza indicazioni di pagine, vergato da un’unica mano a inchiostro nero, in una grafia nitida molto accurata, armoniosa e regolare 6.
Rispondente a ragioni prevalentemente patrimoniali ed amministrative,
l’Inventario riporta tutte le registrazioni accompagnate dalla nota di apertura
e chiusura degli estensori, il notaio Giulio Cesare Ferrari, assistito da Giuseppe Meloni e dal canonico Bernardino Papotti.
È ipotizzabile che il documento fungesse da atto preparatorio alla compilazione dell’Inventario Generale del soppresso Monastero di Santa Chiara
in Carpi del 1798 e registra, unitamente ai beni mobili presenti nel monastero
prima delle spoliazioni francesi, l’elenco dei documenti conservati nell’archivio del monastero al momento della sua compilazione (dal n. 1638 al n. 1757,
pp. 130-189); alla carta 191v, Epilogo de’ Beni Stabili di sta soppressa corporazione, un elenco delle possessioni escluse le rendite degli immobili 7.
Archivio di Stato di Modena (= ASMo), Archivio napoleonico, Corporazioni soppresse, n.
2118: Santa Chiara di Carpi, Dozena per le educande (1782-1798).
Per una trascrizione degli inventari si rimanda alla citata pubblicazione: Inventari di soppressione, Trascrizione di M. Sandonà, in Le Clarisse in Carpi. Cinque secoli di storia XVIXX. Volume secondo. Fonti, a cura di A. M. Ori, Reggio Emilia 2003, pp. 169-236. AMSCC,
b. 3, fasc. 3, n. 30 (vecchia segnatura; ora: AMSCC, Documenti cartacei, 77, per cui cfr.: Angiolini, L’archivio storico e il suo inventario..., cit., p. 37): Copia dell’Inventario del Mobilare rag[ion]e del Convento di S. Chiara di Carpi, ms., s. i. pp., 19 ottobre 1797.
ASMo, Archivio napoleonico, Corporazioni soppresse, n. 2126: Inventario Generale del
soppresso Monastero di Santa Chiara in Carpi, 1798. «Questo giorno 27 Frimale anno VII
Repubblicano [...] si è dato principio all’Inventario di S. Chiara di Carpi coll’incominciare
dalla descrizione dei fondi stabili per poscia passare a quella dei Mobili allorché sarà evacuato il Monastero». Il documento ha la consistenza di pp. 1-191, scritte su recto e verso, di cui
3 bianche, per un totale di 1757 voci, suddivise in XXV paragrafi; si presenta nel formato registro rilegato in cartone, ed è vergato dalla stessa mano in inchiostro chiaro leggibile.
70
Non compaiono descritti i beni privati delle monache, i generi alimentari ed i capi di bestiame. Sulle possessioni del monastero così come sono state
descritte nelle Stime Nuove dell’estimo degli ecclesiastici del 1751, rimando
al saggio di Dora Anna Barelli pubblicato all’interno della già ricordata opera su Le Clarisse in Carpi 8.
Di particolare interesse sono le descrizioni degli arredi sacri e degli oggetti di culto, per i quali si indicano le rappresentazioni e dedicazioni, la fattura, i materiali, la stima ed il valore, accompagnati dalla voce «antico» 9. Il
censimento del vasto patrimonio mobiliare, unitamente a quello documentario e librario, 122 titoli di libri di argomento sacro e agiografico presenti in
più tomi per un totale di 186 unità, testimonia la ricchezza e il prestigio che
ha ricevuto nei secoli il monastero di Santa Chiara di Carpi, e rende ancor più
evidenti le perdite subite. Molti lavori di arricchimento dell’arredamento, della chiesa esterna e del monastero risultano corrisposti direttamente da alcune
monache benefattrici, che vi fanno fronte con denari propri (Tabella 3).
Il documento funziona, anche, da inventario topografico dell’intero complesso monastico, utile per la ricostruzione storico-urbanistica, oltre che conoscitiva, del monastero prima delle trasformazioni. La mancanza di precisi elementi documentari non permette, ad oggi, di recuperare con certezza la
consistenza originaria del monastero al momento della sua costruzione, che
pur è identificabile nelle parti strutturali, ma che porta i segni di vistosi ampliamenti, adattamenti, demolizioni succedutesi nel tempo, fino ai più recenti interventi.
L’aumento della popolazione monastica, a partire dagli inizi del secolo
XVII, determinò la necessità di provvedere alle prime definitive trasformazioni al nucleo originario, con la chiesa interna dotata di un nuovo coro, struttura di primaria importanza per le liturgie comunitarie, tuttora conservato nella sua originaria integrità, e le trasformazioni dell’area adibita ad appartamento della principessa suor Angela Caterina d’Este. Sono ancora oggi visibili i
segni dell’abbellimento dell’edificio, oltre all’ampliamento, verso Nord, dei
giardini e orti di pertinenza della clausura 10.
Una fonte indiretta: le possessioni delle monache di Santa Chiara di Carpi nelle Stime
Nuove dei beni Ecclesiastici del 1751, a cura di D. A. Barelli, in Le Clarisse in Carpi. Cinque secoli di storia XVI-XX. Volume secondo..., cit., pp. 129-167.
ASCC, 1798. Dal 1° maggio al 9 giugno, n. 383. l’Inventario degli Argenti di ragione del
Monastero di S. Chiara.
10
ASMo, Mappario Estense, Fabbriche, nn. 17-18. 17: Pianta del convento delle monache
(di S. Chiara) di Carpi. Pianta del piano terreno e del primo piano, e pianta del terzo e quarto
piano di una parte del fabbricato. S. a, s. d. (ma sec. XVII); 18: Fabrica per la signora prin
71
Il piano terra risulta quasi tutto destinato alle necessità della vita quotidiana, e il lungo elenco dei beni censiti all’interno delle singole pertinenze conferma un utilizzo degli spazi estremamente articolato: Orto grande,
Ufficio delle Portinare, Camera dei Serventi, Camera della Rota, Noviziato,
Claustro superiore, Scaldatorio, Fienile, Stalla, Torre. Sono descritti gli arredi relativi ai luoghi adibiti alle mansioni d’uso quotidiano, come: Lavatoio,
Camera del Pane, Camera del Forno, Camera della Dispensa, Cantine, Cucina della Canevara, Tinazzara, Fassinara, Distilatojo, Bugadara, Granaio,
Spezieria, Magazzeno dei Legnami; così come i beni necessari allo svolgimento della vita spirituale, gli arredi sacri e le suppellettili presenti in: Sagristie, Camerino del Confessionario, Camera detta della Madonna, Cappella
dell’Orto detta della Beata Vergine di San Luca, Oratorio detto della Croce,
Altare di Santa Chiara, Altare della Madonna del Rosario, dove si annovera
la presenza di numerose opere d’arte descritte da Alfonso Garuti 11.
Sul chiostro originario, fulcro e centro della vita comunitaria, insistono gli spazi utilizzati per la vita collettiva: Chiesa interna o coro, Refettorio,
Parlatori, Sala capitolare, Prima camera dell’Educandato; sul piano del loggiato superiore sono i Dormitori, l’Infermeria, i Laboratori.
Unitamente alle singole partizioni presenti nel monastero, sono censite le proprietà adiacenti: l’Appartamento dell’Abbadessa, la Casa annessa al
Convento, la Casa del Servente, la Casa dell’Ortolano e la lontana possessione detta la Cassina 12.
Analogamente alla varietà dei luoghi, compaiono descritte tipologie di
oggetti rappresentativi dei vari momenti della vita all’interno del monastero;
dalle masserizie agli attrezzi da lavoro, dagli arredi sacri e oggetti di culto ai
libri di devozione. Alcuni esempi dell’attrezzatura, in dotazione al monastero, oggi scomparsa, colpiscono il lettore per la loro curiosità: una cassetta per
le vipere, censita nella Spezieria, numerosi vetri e boccaline di terra cotta ad
uso di distillare, una macchina [...] con ruota che serve per radere il pane,
cipessa Monica in S. Chiara de Carppe. Pianta del pian terreno, del primo, del secondo piano. S. a, s. d. (sec. XVI, ma XVII).
11
A. Garuti, Lo sviluppo architettonico e le vicende artistiche del monastero, in Le Clarisse
in Carpi. Cinque secoli di storia XVI-XX. Volume primo..., cit., pp. 95-149.
12
Sulla proprietà della Cassina si veda il saggio di D. A. Barelli, I beni immobili e la proprietà fondiaria fino alla soppressione, in Le Clarisse in Carpi. Cinque secoli di storia XVIXX. Volume primo..., cit., pp. 355-389. A testimonianza dell’enorme patrimonio fondiario di
proprietà del monastero, si veda: Epilogo de’ beni stabili di q[ues]ta sopressa Corporazione,
in: ASMo, Archivio napoleonico, Corporazioni soppresse, n. 2126; Inventario Generale del
soppresso Monastero di Santa Chiara in Carpi, 1798, p. 191.
72
una mulinella da filar la lana, una macchina con grande ruota per tirar su i
sacchi nel granaio, il crivello da passare la China.
Le leggi di soppressione degli ordini religiosi del 1866 imposero un nuovo Inventario di tutti i beni mobili e degli oggetti diversi di ragione e proprietà delle Monache Clarisse di Carpi al fine del loro incameramento statale 13. Non più rispondenti ad un criterio topografico, i beni e gli oggetti sono
raggruppati e descritti per tipologie e l’Inventario manoscritto fotografa ciò
che rimane di un patrimonio mobiliare molto esiguo, la maggior parte in precario stato di conservazione. Sono elencate 338 registrazioni, con l’aggiunta di 34 voci relative a «Ciò che trovasi attualmente nella Chiesa esterna, Sagrestia, e Camere attigue», contro le 1757 presenti nel censimento napoleonico del 1798 14.
Il monastero ripristinato nel 1817 non rientrò in possesso né dei suoi beni
immobili, né dell’intera area precedentemente di pertinenza, che subì pesanti trasformazioni nel corso del secolo XIX: ricovero per indigenti, locali scolastici, alloggi militari, con la cessione infine dell’immobile al Municipio di
Carpi 15.
L’Avvertenza conclusiva all’Inventario descrive le condizioni di vita in
cui versa la comunità ridotta nel numero e costituita, prevalentemente, da una
popolazione anziana, non più in grado di garantire l’integrità delle doti monastiche, tanto da rendere necessaria da parte degli estensori una giustificazione
relativa alla scarsità dei beni riscontrati nel documento.
L’indice delle sostanze mobili pertinenti al Monastero registra numerosi pezzi di biancheria da letto, da cucina, e da tavola, mobili di ogni genere e qualità, utensili di Cantina, Bucataja, Cucina, suddivisi per materiale di
fabbricazione, in genere povero, al quale si aggiunge la quantità, la stima o il
valore. Colpiscono, ad una prima lettura, le frequenti annotazioni sullo stato
complessivo dei beni: pessimo, cattivo, mediocre, logoro, privo di valore, in AMSCC, b. 3, fasc. 3, n. 42 (vecchia segnatura; ora: AMSCC, Documenti cartacei, 90, per
cui cfr.: Angiolini, L’archivio storico e il suo inventario..., cit., p. 39).
14
ASMo, Archivio napoleonico, Corporazioni soppresse, n. 2126. Inventario Generale del
soppresso Monastero di Santa Chiara in Carpi, 1798.
15
ASCC, Monastero di S. Chiara, Filza in Evidenza n. 33: «Copia autentica del notaio Rossi Giuseppe 20 marzo 1907». L’Amministrazione del fondo per il culto a senso della Legge
del 7 luglio 1866 cede al Comune di Carpi il fabbricato del soppresso Monastero delle Clarisse in Carpi e le adiacenze redditizie annesse. Cfr. AMSCC, b. 7, n. 4 (vecchia segnatura;
ora: AMSCC, Memoriali, 9, per cui cfr.: Angiolini, L’archivio storico e il suo inventario...,
cit., p. 43): Brevi notizie storiche riguardanti la Comunità delle Monache Clarisse di Carpi,
di A. D’Altan, Seconda parte storica di questa nostra Comunità di Clarisse dell’anno 1935,
ds., cit., pp. 1-23.
13
73
servibile, relative non solo ai capi di biancheria da cucina, da letto e da tavola, ma anche al mobilio e agli arredi sacri.
Il documento prosegue con l’elenco degli Oggetti di Culto, Paramenti
da Chiesa, Argenteria di Chiesa presenti nel coro, nella chiesa esterna e nella sagrestia, all’interno della quale compare l’indicazione di diversi quadri in
tela, in carta, in legno quasi tutti senza cornice e vetro, in gran parte logori
ed anche irriconoscibili perché affumicati. Il riferimento è relativo ad un incendio avvenuto il 3 settembre 1790 nella casa del fattore, attigua alla chiesa
e alla sagrestia e annotato nel Libro e Memoriale dell’ingresso, professione e
morte delle Monache di Santa Chiara.
Unitamente alla descrizione dei beni mobili, ci è pervenuta l’indicazione generica di «Vari Libri ascetici, vite di Santi, e Libri di devozione usatissimi», purtroppo senza elementi descrittivi e quantitativi utili.
L’Inventario procede con la Distinta del Corredo che ciascheduna Corista e Conversa ha portato, dopo aver esplicitato il diritto incontestabile a ciascuna monaca corista o conversa di riprendersi il corredo qualora dovesse abbandonare il chiostro. Ad una lettura comparativa delle singole distinte, non
compaiono differenze sostanziali, fatta eccezione per le quantità, dimezzate,
e per l’esclusione della dotazione dei libri sacri dal corredo della conversa:
Breviario, Diurno Francescano e Ufficio della Settimana Santa. È implicito
il riferimento alla diversità dei ruoli e delle mansioni che le converse, suore
di vita attiva, ricoprivano all’interno della vita comunitaria.
In entrambe le distinte sono riportare le indicazioni della biancheria e
degli arredi: un Comò, un Genuflessorio, un piccolo tavolino e quattro sedie,
un bacile con relativo porta bacile, un calderino di rame, uno spergolo d’ottone, scaldapiedi e lanternino, che ritroviamo descritti nella sezione Mobili
d’ogni genere e qualità. Alle monache, sia coriste che converse, era richiesto
l’occorrente per consumare i pasti: posata, d’osso ordinario, bicchiere, bottiglia, sottobottiglia.
Dalla trascrizione dei Mobili d’ogni genere e qualità, si ha la conferma dell’impoverimento dello stato patrimoniale del monastero, a seguito delle numerose e ripetute spoliazioni, comune a molte delle realtà monastiche e
conventuali oggi sopravvissute sul territorio.
74
Tabella n. 1
Distinta delle Immagini stata levate dalla vista del Popolo
ed esistenti nelle Contrade di questa Città
Descrizione delle immagini sacre e votive coperte o divelte dagli edifici
e dalle pubbliche strade della città di Carpi per disposizioni emanate dal Ministro di Polizia 16.
N. Descrizione del bene
1 Effige della B. V. del
Carmine dipinta nel
muro
2 Effige della B. V. di Loreto dipinta nel muro
3 Effige della B. V. di S.
Luca con altri Santi dipinti nel muro
4 Effige del SS. Crocefisso dipinto in tavola
5 Diverse pitture significanti Santi
6
7
8
9
10
Ubicazione
Angolo della muraglia
dell’orto
Proprietà
Galasso Rossi Conti
Intervento
Turata
Sotto il portico di S.
Francesco
Al capo di Borgonuovo
[C.so M. Fanti]
Bertacchini
Turata
Domenica Mazzi
vedova Ferrari
Turata
In Canteranna [V. Bren- Vellani Sebastiano
nero]
Sotto il portico detto de’ Gualdi Bernardino
Borghi di S. Antonio e
nelle pareti dell’Oratorio
di detto Santo
Effige della B. V. Della
Michelangelo Poli
Rosa ed altri Santi
Immagine della B. V.
Contrada Cavallina [V.
Antonio Lugli
Assunta in Cielo
A. Manuzio] e sopra la
porta d’ingresso dell’abitazione
Immagine della B. V.
In vicinanza della porGiovanni Palazzini,
ta maggiore dell’Albergo Custode
de Mendicanti
Effige della B. V. di S. Contrada delle Grazie [V. Giuseppe Carnevali
Luca dipinta in muro
G. Bruno], sotto l’abitazione
Effige della B. V. detta In faccia alla contrada di Monastero di S.
di Reggio
Belvedere [V. C. BattiChiara
sti] e nel muro delle Monache di S. Chiara sopra
il canale
ASCC, 1798. Dal 10 giugno all’11 agosto, c. 549.
16
75
Asportato
in S. Chiara
Levati
Levati
Levata
Levata
Turata
Turata
11 Statuetta di S. Antonio
da Padova in un nicchio
12 Immagine della B.V.
Addolorata appesa al
muro
S. Pasquale dipinto
13 Effige del Crocifisso e Santi Bernardino e
Paolo
14 Immagine della B. V.
dell’Annunziata
15 Immagine di S. Bartolomeo di marmo bianco
16 Immagine di S. Agostino Busto di marmo
bianco
In vicinanza della porta Domenico Saltini
maggiore dell’abitazione
Cappella in faccia al portico di S. Nicolò
Levata
Parete
Dipinto con
bianco
Dipinto con
bianco
In faccia alla «Carcere
comune»
In faccia al portico dello Fratelli Tagliani
«Spedale»
Fuori di «Porta Mantova»
Fuori di «Porta Modena»
precisamente nella facciata verso la strada del
Baluardo di
S. Agostino [V. Aldrovandi]
Turata
Dipinto con
bianco
Levata
Levato
Tabella n. 2
Inventario degli argenti di ragione del Monastero di Santa Chiara
Il documento descrive il patrimonio sacro in dotazione al monastero di
Santa Chiara di Carpi, prima delle spoliazioni subite.
N.
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Descrizione del bene con indicazione del possessore*
Un Calice con Patena
Altro parimenti con Patena
Altro pur con Patena
Turibolo con navicella
Ostensorio con anima di legno al piede fermata da una vite di ferro, e
due cristalli
Il cosiddetto Razionale lavorato
Una Pisside piccola
Altra grande con picciolo diamante, ed una perla
Una Tazza dorata nel didentro
Due Corone in capo all’immagine della Madonna di S. Luca, ed al
Bambino; asserite di ragione della * Cittadina M. Angela Teresa Tassi
76
Peso Once
20
6.1/2
17
51
67
5.1/5
10
39.1/8
5.6/8
10 Un Ornato di sottile lamina traforato, e sovrapposto ad altra lamina di
rame dorato, il quale serve di contorno all’Ancora portante l’Immagine suddetta. Si riconosce esso di leggerissimo peso, e viene annunziato di proprietà di diverse * Monache viventi
11 Altro Ornato lavorato in Lamina, ed apposto al davanti d’un ostenso- 16.5/8, 10/[2]
rio di Legno a custodia di Reliquie
12 Uno Spillone in petto dell’Immagine della Madonna di S. Luca con
piccioli diamanti, e rubini del valore di lire cento Modenesi a Sentimento del già Orefice Cittadino Sebastiano Vellani, come da sua unita dichiarazione 16
Tabella n. 3
Elenco delle Monache Benefattrici di questo
Convento dopo la Ripristinazione 17
Elenco delle 22 monache benefattrici del monastero di Santa Chiara
compilato in occasione della vestizione avvenuta il 4 ottobre 1817 e successiva ratifica dei voti il 24 marzo 1818 alla presenza di monsignor vicario generale Bonaventura Bernardi e Pietro Ori confessore.
Le monache sono ordinate in base all’ordine monastico professato in origine e sono annotate la provenienza e l’età anagrafica.
Monaca
benefattrice
Madre Maria
Marianna
Chiapelli
Descrizione della donazione
Apparato di damasco bianco guernito di cappetta d’oro
fino, che consisteva in una pianeta, due tonicelle, e piviale. Offerse ancora una piccola pisside di argento che
serve per dare il Santo viatico alle inferme, come può vedersi nel fondo del piede della medesima, che è marcato colle Lettere iniziali del suo nome, e cognome, cioè M.
M. C. Poi un Presepio col suo telaro, e finalmente una
Madonna di gesso, o pietra rappresentante la Concezione; offerse ancora una scatola d’argento per consacrare l’Ostia.
Ordine monastico e località
Ex cappuccina
di Carpi già
ex agostiniana
di «S. Paolo»
di Modena
Ibidem. Dal 1° maggio al 9 giugno, dal n° 379 al n° 425. Inventario. Degli Argenti [...] n°
383.
17
Tratto da AMSCC, b. 11, fasc. 4 (vecchia segnatura; ora: AMSCC, Vestizioni, professioni e
morti, 2, per cui cfr.: Angiolini, L’archivio storico e il suo inventario, cit., p. 40): Elenco delle
Monache Benefattrici di questo Convento dopo la Ripristinazione, cc. 178-179.
16
77
Madre Maria
Costanza
Moreali
Suor Maria
Lucia Cattini
Madre Suor
Maria Luigia
Fortunata
Varini
Età 80
Madre
Francesca
Fedele
Serri
Età 81
Suor
Giuseppa
Teresa
Malagoli
Paglio giallo di seta, un paglio piccolo pel finestrino della Comunione col fondo bianco ricamato in seta a varj
colori con alcuni simboli della Passione del Signore, un
Bambino di stucco in piedi col suo nicchio, ed un quadretto, che rappresenta la Madonna del Buon Consiglio.
Fece anche riattare, e salciare per metà il Dormitorio
grande 18.
Legato di tremila lire di Modena, perché fosse celebrata coi frutti annui con decoro la Festa della Madre Santa Chiara, come dal suo testamento si rileva. Poi sborsò trenta zecchini per compimento di una dote monastica ad una conversa povera.
Legato di tremila lire di Modena, perché col frutto si celebrasse la Festa del Cuor di Gesù, nonché i primi venerdì d’ogni mese come costa da Rogito del Signor Avvocato Giulio Franciosi del 1819. Fece l’offerta di varie pianete di Damasco, e ricamate, fornite di guernizione buona, come pure di tre pagli, il primo col fondo rosso ricamato in argento, il secondo bianco ricamato in
seta, ed oro, il terzo violaceo parimente ricamato in oro,
come pur anche una cornice di legno inargentata, che
serve d’ornamento ai pagli suddetti. Un Calice d’argento che col piede del medesimo, col frapporvi una raggiata di argento, serve d’Ostensorio, e finalmente una Pisside pur anche d’argento, con una Chiave da Tabernacolo pure di Argento, con altri Arredi Sacri, e specialmente
un apparato nero in terzo Amoardo guarnito di spinone
di seta giallo. Queste ultime offerte erano comuni ad altre due Compagne, cioè la Madre Francesca Fedele Serri e Suor Giuseppa Teresa Malagoli. In seguito offerse
varie Portiere fatte a punto Francese.
Depositò 100 Zecchini per la dotazione di due Converse, come pure altri 16 Zecchini, e 20 Lire a compimento
d’una terza Dote, come pure un Canopico giallo ricamato con altri Arredi Sacri, che offerse unitamente alla Madre Verrini, e Suor Giuseppa Malagoli. Finalmente fece
la spesa di un bucato nuovo, una Tavola lunga per fare il
pane, ed altre cose simili, e poco dopo due Lampade di
legno inargentate. [Finalmente Instituì Erede il Convento di £.30.000 Modenesi]
Fece rifabbricare l’infermeria, offerse molti Arredi Sacri unitamente alla Madre Verrini, e Suor Francesca
Fedele Serri, e specialmente un Toribolo d’argento con
sua Navicella, si distinse ancora per altre spese di riattamento, come pure in molte Elemosine alle Monache
più povere.
Ex clarissa di
Sassuolo, poi
di Fanano
Ex clarissa
di Correggio
Ex clarissa della
«Misericordia»
di Reggio
Ex clarissa della
«Misericordia»
di Reggio
Ex clarissa di
S. Chiara di
Carpi
Si noti che oltre alle donazioni si provvede ai necessari lavori di ristrutturazione del monastero.
18
78
Suor
Cherubina
Lotti e
Suor Veronica
Pietrolini
Madre
Giuseppa
Teresa
Aldrovandi
Suor Adeodata
Marchi 19
Suor Maria
Angiola
Giovannini 20
Madre Maria
Maddalena
Ghiacci
Suor Maria
Teresa Ratti
Età 70
Suor Maria
Teresa
Margherita
Raffaeli
e Suor Maria
Domenica
Zeni
Madre Suor
Maria
Gaetana
Fontanesi
Madre Suor
Maria
Scolastica
Lomeni
Pianete due violacee guarnite di spigone di seta giallo, una bianca, il mezzo della quale ricamata in oro, e le
parti laterali ricamate di fiori di seta, e offersero ancora
un Piviale di seta rigato, un Missale Francescano, vari
capi di biancheria per la Chiesa, ed altre cose simili.
Offerse 40 Zecchini circa per la Dote Monastica di una
Conversa
Ex terziarie di
«S. Francesco»
di Palagano
Fece fare la Scatola dell’Olio Santo di argento coll’interno dorato, e si rileva anche dal suo nome, e cognome
di sotto colle Lettere S. M. A. M.
Offerse un Paglio nuovo fatto colle proprie mani, di seta
a fiamma fatto col punto francese, uno Stratto da morto,
e altre cose per la Sagristia.
Fece fare sei Candellieri nuovi inargentati colla sua
Croce, Vasetti, e Palme, e benché la spesa delle suddette cose non fosse tutta sua, corrispose però in gran parte. Offerse altre 6 Palme nuove, come pure due fiocchi di
Lampade composti di tanti fiori.
Offerse un Canopeo bianco di Damasco simile all’apparato bianco guarnito di Cappetta d’oro bono, ed altre
cose alla comunità.
Offersero alla occasione della Represtinazione varie
Botti, molti capi di rame, con sei piatti di peltro, con un
Cassone pieno di farina, ed altre cose. La Zeni Suor Domenica fece del suo una Tenda fiorata, che gira d’intorno alla Cassa della Beata Camilla.
Ex clarissa di
Sassuolo
Ex agostiniana
di S. Paolo
di Modena
Ex clarissa di
S. Chiara
di Carpi
Ex clarissa di
S. Chiara
di Carpi
Ex clarisse di
S. Chiara
Offerse un Canopeo fiorato guarnito di Cappetta d’oro,
una Lampada di ottone, che serve nella Chiesa interiore, e fece fare la Cornice alla Madre Santa Chiara , che
trovasi in coro.
Offerse un Messale nuovo, della Cappetta d’oro per ornare una Continenza ricamata, come pure varj Pizzi per
la Chiesa, oltre la spesa per il riattamento di una Camera, ed altre cose.
Ex clarissa del
Monastero di
S. Chiara di
Reggio
Ex benedettina
di Santa
Conegonda di
S. Prassede di
Milano
Lasciò un Fondo di mille, e cinquecento lire incirca di Ex cappuccina
Modena.
di Carpi
Madre Suor
Maria Rosa
Mazzacani
Madre Suor
Offerse 70 Zecchini per una Dote Monastica d’una Con- Ex clarissa di
Maria Metilde versa, come pure un Fondo di circa 50 Zecchini riser- S. Chiara di
Timolini
bandosi l’usufrutto sua vita naturale durante.
Correggio21
Ritiratasi dal Rettore di San Martino di Correggio vivendo come in Monastero.
[Angela Serrafina Caritosa].
21
Soppresso nel giugno del 1799.
19
20
79
Suor Maria
Maddalena
Mezzani
Età 65
Suor Maria
Illuminata
Moruzzi
Età 59
Suor Maria
Eufrosia
Feretti
Età 66
Suor Maria
Catterina
Chiesi
Madre Suor
Maria
Serafina
Sarzenti
Offerse un Credito di mille lire di Modena, perché con i Ex terziaria
frutti si facesse la novena del Santo Natale.
di Palagano
Ricamò una Continenza, un piccolo Baldacchino, ed un Ex mantellata
piccolo Paglino pel finestrino della Comunione, come di Reggio
pure ricamò l’usciolino del Tabernacolo, e nel 1838 ricamò un Paglio in Seta, ed oro coll’Effiggie della Santa Madre.
Lascia un Credito di tremila Lire di Modena riserbandosi l’usufrutto vita naturale durante. Fece fare i Vasi di
pietra a proprie spese nella Camera del Bucato.
Fece a sue spese il giuoco dell’acque per il Bucato
Offerse un Credito di 40 Zecchini, che tiene contro il
Rettore di Rovereto il Signor Don Clemente Bassetti, col
frutto del qual Credito ogni Anno si facesse la Festa della Madonna della Presentazione esponendo una Statua
nel Coro col suo Baldacchino, Piedestallo, e Manto, e in
tal giorno fossero celebrate sei Messe [a £. 3], e vi fossero accesi varj lumi d’intorno.
[Il credito dei 30 Zecchini fu lasciato non dalla Madre
Sarzenti, ma dalla fu Madre Gaetana Frigieri]
Un altro fondo di Zecchini 30 perché siano celebrate col
frutto in Santa Chiara ogni anno 18 Messe.
I suddetti Fondi, o Capitali intende di lasciarli al Nostro
Convento semprecchè non si represtinasse il Convento
di San Lodovico della Mirandola, che intende, e vuole,
che siano retrodatati al suddetto Convento di San Lodovico. Inoltre offerse un Calice d’argento colla sua Patena, un Ostensorio parimenti d’argento colla sua custodia di legno, ed un Ioritolo di rame inargentato, e molti
Capi di Biancherie per uso della Chiesa; ma questi Vasi
sacri, e Biancherie, intende di farne una vera offerta al
nostro Convento senza obbligazione di retrodarli al Monistero di San Lodovico della Mirandola, ancorché ritornasse in piedi. Come pure i sei Candeglieri nuovi di legno inargentati, e quattro vasetti simili per uso di questa
Nostra Infermeria.
Suor Maria
Hanno offerto un Piviale di drappo rigato, e fiorito con
Colomba
una Pianeta, e un piccol Paglio simile ma con guerniCeleste Bassi. zione falsa. Inoltre 6 palme nuove, 4 per l’Altare dell’InEtà 86 e
fermeria, e due per la Madonna del Carmine in ChieSuor
sa fuori.
Giovanna
Pozzi. Età 74
80
Ex cappuccina
di Spilamberto
Ex clarissa di
San Lodovico
di Mirandola
Ex carmelitane
di Novellara
Suor Maria Eugenia Giglioli 1
L’archivio dell’Istituto delle Figlie della Provvidenza per le
Sordomute, tra memoria e profezia
«L’uomo è frutto della storia
e contemporaneamente l’uomo fa storia»
(Dario Fridel, La cultura: valore o pericolo?
Inscindibilmente consumatori, costruttori e interpreti)
Premessa
Attualmente, per vicende storiche, l’Istituto e la Congregazione sono due
enti con personalità giuridica distinta, con la stessa denominazione e finalità, per cui l’archivio è unico per quanto riguarda la conservazione dei documenti relativi alle origini e al percorso storico degli anni precedenti al 1976.
In tale anno la Congregazione ha esteso il suo Carisma e servizio a tanti altri
sordi, prima nell’America Latina poi in Asia e Africa, dando vita ad una raccolta di altri documenti, di recente datazione, che ci permettono di ben coniugare memoria e profezia.
Ci presentiamo
Siamo una Congregazione religiosa di fondazione e fondatore modenese, Don Severino Fabriani, che ha le sue origini nel 1828, con il sostegno del
Sovrano modenese dell’epoca, il duca Francesco IV. La Congregazione, che
gode dell’approvazione ecclesiastica ed è di Diritto Pontificio, conserva nel
tempo il suo Carisma fondazionale: l’Educazione, l’Istruzione e il Servizio ai
Sordi, sancito da un quarto voto, che ogni giovane, che intenda far parte della
nostra famiglia religiosa, emette al momento della Professione dei tre Consigli Evangelici. La Congregazione, nata a Modena, come già detto, nel 1828,
continua, come scelta missionaria, per le strade del mondo e precisamente: in
Brasile con due comunità e scuole, una alla periferia di San Paolo, l’altra a
Palmas in Tocantins; in Sri Lanka con due comunità e relative scuole, una in
Segretaria generale e Archivista della Congregazione delle Figlie della Provvidenza per le
Sordomute: Corso Cavour, 54 - 41100 Modena. E -mail: <[email protected]>.
81
Diocesi di Colombo, l’altra in Diocesi di Chilaw; in Nigeria con una comunità e due scuole nell’ex Biafra - Obodo Ahiara, Diocesi di Mater Ecclesiae.
Questa scelta missionaria determina la presenza di notevole materiale archivistico e pertanto si è costituito un altro archivio in rapporto a questa novità, che reca in tutte le religiose gioia e speranza per un Carisma che rinverdisce e si espande in altri continenti, per accogliere, educare e istruire tanti sordi
e donare loro la parola per inserirsi nella società, ma ancor più per comprendere e vivere la Parola di Dio.
Sede dell’archivio
Il nostro archivio si trova presso la Casa Madre, sede di Modena, in Corso Cavour 54, al secondo piano della casa religiosa.
Condizioni attuali dell’archivio
Tutto il materiale archivistico venne riordinato e correttamente inventariato dal Reverendo Monsignor Guido Vigarani, archivista del Capitolo della Cattedrale, del Seminario metropolitano nonché della Curia arcivescovile
di Modena.
Le varie sezioni sono distinte fra loro e il materiale in filze e faldoni è debitamente collocato dentro a contenitori, numerati e ordinati secondo le più
recenti norme, per cui tutto il materiale risulta facilmente consultabile anche
con la guida dell’inventario e delle etichette, poste sul frontespizio di ogni
contenitore-cassetta.
Documenti conservati in archivio
In archivio si conserva tutta la documentazione relativa alla storia della
Congregazione, ma vi si trovano anche documenti precedenti i primordi dell’Istituzione, quando nella parte più antica dell’Istituto avevano sede i Carmelitani e i Teatini.
Elenco sommario del principale materiale documentario (dal 1828 ad oggi
con precedenti dal secolo XVII)
a)
b)
Documenti religiosi e civili della Congregazione;
Documenti riguardanti le fanciulle sordomute, accolte per l’Educazione e Istruzione;
82
c)
Documenti relativi ai Direttori e ai Sacerdoti nominati dall’Autorità diocesana e civile con precisi incarichi;
d) Certificati di varia natura;
e) Cronistoria dell’Istituzione;
f) Lettere di diversi argomenti e destinatari;
g) Materiale fotografico;
h) Mappe;
i) Trattati;
j) Discorsi;
k) Disegni;
l) Corrispondenza;
m) Elenchi;
n) Prontuari per rappresentazioni specialmente di Storia Sacra, tanto cari al
Fabriani;
o) Miscellanea: legati, rogiti, conti, registri-protocollo, inventari e altri carteggi.
Una sezione importante dell’archivio è dedicata alla vita, opera e numerosi scritti del nostro Fondatore, Don Severino Fabriani, fonte ricchissima, che a coronamento di un convegno di studi e relativi Atti, in occasione
del Bicentenario della sua nascita, il 16 e 17 ottobre 1992, ha fornito prezioso materiale per la pubblicazione di un epistolario, che porta il titolo: Severino Fabriani - Un ecclesiastico ed educatore nella Modena della restaurazione, una raccolta di eccezionale interesse, curata dal Professor Roberto Sani e
dalla Dottoressa Paola Saladini, che hanno consultato vari archivi, fornendo
così anche la possibilità di rinvenimento di altri originali.
Il volume di 888 pagine, edito da Città Nuova, oltre all’epistolario di 401
lettere datate e 49 non datate, presenta il Fabriani nella Chiesa e nella società
modenese della restaurazione, dove viene messa in dovuta luce la sua formazione culturale e spirituale, la nascita dell’Istituto e la bibliografia degli scritti editi e inediti e degli studi e ricerche sulla biografia e sull’opera educativa.
Il volume si chiude con un interessante catalogo della biblioteca, consultato
dai curatori dell’epistolario.
Come nota riassuntiva possiamo dire che la raccolta del materiale, ordinata e selezionata, parte dai documenti delle origini della fondazione, estendendosi alla biografia e agli scritti del Fondatore, alla presenza e storia di religiose e alunne, ai rapporti con le autorità civili e religiose, alle valutazioni
scolastiche, al personale laico che collabora nelle strutture scolastiche e non,
e alle missioni.
83
E così la memoria continua con la profezia, che trova la sua origine «nella polvere d’archivio», ma che ogni giorno si arricchisce di una documentazione giovane, che conserva fedeltà alla memoria, ma si riveste di tanti colori, lingue, culture e tradizioni.
Una fondazione che cresce e si espande, parla di passato, presente e futuro, quindi di memoria e profezia.
Un’immagine dell’archivio dell’Istituto delle Figlie della Provvidenza per le Sordomute
presso la Casa Madre di Modena.
84
Suor Maria Cristina Marani o.s.a.
Il monastero del «Corpus Domini» di Cento
1. Cenno storico
Il monastero del «Corpus Domini» nasce in via Saragozza a Modena nel
1537, costituito grazie al lascito di 10.000 lire modenesi di Lodovico Colombi e al concorso di altri cittadini modenesi. Non sappiamo chi e quante furono le prime monache che vi entrarono il 3 gennaio 1538 1, ma fin dall’inizio
il cenobio viene indicato di Regola Agostiniana.
Crescendo il numero delle monache, anche lo spazio occupato fu progressivamente ampliato giungendo a confinare con i monasteri, anch’essi
agostiniani, di San Geminiano e di San Paolo. La vita scorre tranquilla per la
comunità, che apre anche un educandato per signorine. Non sappiamo quando esattamente ciò sia avvenuto, ma così deve essere stato se in un promemoria del 29 agosto 1794 il vescovo di Modena, monsignor Tiburzio Cortese,
comunicava al ministro estense Giambattista Munarini che praticamente tutti
i monasteri della diocesi avevano aperto un proprio educandato, pur ammettendo che spesso i programmi educativi erano ancora poco organici, o, addirittura, assai confusi e lacunosi 2.
La fine del 1700 vede lo scoppio della bomba napoleonica che fa sentire i suoi effetti su tutta l’Europa. Anche Modena viene investita dall’onda
d’urto e le monache partecipano, con tutti i loro oggetti d’argento, alla colletta cittadina per pagare il pesante riscatto imposto da Napoleone. Infatti, se
non vuole vedere distrutta la città, Federico Benedetto, fratello del duca Ercole III fuggito a Venezia dopo averlo nominato reggente, deve sborsare dieci milioni di tornesi 3.
Vengono inoltre attuati i decreti soppressivi delle comunità religiose. Il
«Corpus Domini» viene chiuso ufficialmente il 21 gennaio 1799 e le mona Le notizie riguardanti gli inizi del monastero del «Corpus Domini» fino alla soppressione
napoleonica sono tratte, dove non indicato diversamente, da: G. Soli, Le chiese di Modena,
I, Modena 1974, pp. 331-343.
A. Barbieri, A. Leonelli, G. Montanari, Storia dell’Arcidiocesi di Modena - Nonantola,
II, Modena 1997, p. 72.
Ibidem, p. 60. Il tornese era una moneta d’argento coniata a Tours in Francia da Luigi IX
nel 1266 e molto imitata in Italia e altrove.
85
che, ridotte allo stato laicale, ricevono una pensione dallo Stato che incamera tutti i beni.
È a questo punto che la storia del «Corpus Domini» si intreccia indissolubilmente con quella del San Geminiano. Fondato nel 1448, incorporando
forse anche le monache di un romitorio esistente in Modena fin dal 1320 4,
aveva dato vita nel 1534 al monastero di San Lorenzo. Non sappiamo per
quale motivo, nel 1777 le 24 religiose del San Lorenzo furono nuovamente
riunite al San Geminiano.
Soppresso anch’esso nel dicembre 1798, sei monache ricevono dal governo imperiale il permesso di abitare in una parte dei suoi locali, pagandone l’affitto e figurando come secolari. Guidate da Madre Giovanna Francesca Morgani (1757-1835), vicaria del monastero di San Geminiano, sono tre
Agostiniane e tre Clarisse. Queste ultime provenivano dal monastero di Santa Chiara di Modena, la cui comunità era stata unita a quella delle Agostiniane nel giugno 1798. Pur con tutti i disagi immaginabili della nuova situazione, esse continuano la loro vita di consacrate sostenute dall’aiuto materiale
dei familiari e da quello spirituale del vescovo, monsignor Cortese, del vicario vescovile e del canonico della Cattedrale don Edoardo Cavani. A quest’ultimo il vescovo, che nel frattempo viene nominato dall’autorità civile responsabile dell’edificio monastico 5, affida la cura anche amministrativa dello stabile come suo referente.
Intanto la notizia della presenza delle monache si diffonde e numerose
religiose di diverse provenienze chiedono di poter far parte di questa comunità clandestina. Per mantenersi economicamente ed evitare di essere allontanate, il vicario vescovile, monsignor Zerbini consiglia alla comunità di aprire
un educandato. Al parere favorevole del vescovo corrisponde l’accettazione
dello Stato. Il 18 febbraio 1803 monsignor Cortese riceve il permesso scritto e le monache possono occupare per questa loro attività tutto lo stabile del
«Corpus Domini» e parte del San Geminiano. L’educandato rimarrà in funzione fino al 1888.
Sconfitto definitivamente Napoleone a Waterloo, a Modena tornano gli
Estensi e la città ritrova il suo volto. Il 6 ottobre 1815 il duca Francesco IV
emana un decreto con il quale costituisce ufficialmente in una sola comunità
i monasteri del «Corpus Domini» e di San Geminiano. Il 19 novembre le religiose riprendono l’abito monastico e riaprono la chiesa al pubblico, e l’8 di Archivio del Monastero del «Corpus Domini» di Cento (FE) (d’ora in poi: AM), Notizie storiche concernenti il principio e progressi dell’odierno monastero di San Geminiano di
Modena estese dal signor canonico Giuseppe Antonio Lotti l’anno 1752.
AM, Lettera indirizzata al vescovo dal Consigliere Amministrativo di Economia, del 25 novembre 1799.
86
cembre rinnovano i voti nelle mani del vescovo. Madre Morgani, eletta Superiora, stila le costituzioni per la comunità, approvate da monsignor Cortese 6.
La vita della comunità riprende il proprio ritmo nell’offerta a Dio della
quotidianità fatta di preghiera, lavoro, vita comune. Ma un’altra prova è all’orizzonte. Nel 1866, infatti, il nuovo Regno d’Italia emana la legge di soppressione degli ordini religiosi presenti sul territorio. Anche le monache del
«Corpus Domini» vengono colpite ma, data l’età avanzata di molte, viene
loro concesso l’uso di una parte del monastero, anche se sempre più ristretta
e malsana. Possono comunque ospitare altre Sorelle meno fortunate: le Cappuccine di Guastalla (RE), dal 26 aprile 1866 al 28 novembre 1872, quando si
trasferiscono a Carpi (MO), e le suore Terziarie Francescane di Modena, dal
14 ottobre 1892 al 4 novembre 1899.
Intanto il Comune, avendo ottenuto i locali monastici dal Demanio regio,
cerca di strappare alle monache uno spazio sempre maggiore per la scuola che
ha impiantato nell’edificio, ancora oggi sede dell’Istituto Magistrale «Carlo
Sigonio», finché il 28 novembre 1901 le tredici religiose del «Corpus Domini» lasciano per sempre via Saragozza, ospitate dalle Domenicane di corso
Belle Arti, sempre in Modena, che mettono gratuitamente a loro disposizione
una parte della propria casa. Nonostante la situazione precaria i membri della
comunità agostiniana aumentano e si cerca di trovare una soluzione più soddisfacente. La Provvidenza viene in aiuto tramite un padre gesuita. Egli riferisce alla superiora, Madre Fedele Molinari (1857-1919), che le Serve di Maria
di Galeazza stanno lasciando la casa che occupavano a Cento (FE). In breve
l’affare riceve l’approvazione del vescovo e viene concluso. Il 2 agosto 1905
le Agostiniane lasciano Modena alla volta di Cento e si sistemano nell’edificio al n. 60 di via Ugo Bassi.
La storia dell’ultimo secolo è costellata di vari episodi importanti. Ricordiamo qui:
le visite alla comunità del cardinale Giacomo Della Chiesa, futuro Benedetto XV, allora arcivescovo di Bologna, sotto la cui giurisdizione si trovava il monastero. Si narra che nell’ultimo incontro Madre Fedele gli abbia predetto il pontificato 7;
AM. Il testo delle costituzioni fu presentato al Vescovo e da lui approvato il 30 novembre
1815, con registrazione presso la Cancelleria vescovile modenese il 10 febbraio seguente. Il
volume si articola in 47 capitoli e reca in fondo l’elenco dei nomi delle monache che sottoscrissero l’originale: sono presenti le 17 monache coriste che rinnovarono i voti l’8 dicembre
1815 e le altre cinque che lo fecero entro quell’anno. Queste costituzioni sono state seguite
dalla comunità fino al 1948.
Nell’Archivio del Monastero si conserva una lettera autografa di papa Benedetto XV dell’8
dicembre 1915 alla Madre Fedele Molinari con la quale concede l’Indulgenza Plenaria in occasione del I centenario della ricostituzione del monastero modenese.
87
-
il passaggio dall’autorità del vescovo diocesano a quella del priore generale dell’Ordine Agostiniano, avvenuto nel maggio 1948;
la nascita nel 1953 della Federazione dei monasteri Agostiniani d’Italia «Madre del Buon Consiglio», a cui la comunità del «Corpus Domini» aderisce subito;
l’Adorazione Eucaristica diurna quotidiana, solennemente iniziata il 1°
ottobre 1955 e che ormai caratterizza la comunità centese;
l’unione con le sei Sorelle del monastero di Sant’Agostino di Vicopelago (LU), avvenuta il 24 giugno 1999.
2. L’Archivio
L’archivio del monastero del «Corpus Domini» di Cento ha indubbiamente risentito delle traversie storiche vissute dalla comunità monastica, e
non poteva essere altrimenti. Così quasi tutti i documenti precedenti la soppressione napoleonica (1799) sono assenti. Felici eccezioni sono i registri
delle Vestizioni e professioni dei monasteri di San Geminiano e di San Lorenzo, alcuni libri corali del monastero di Santa Chiara, due fascicoli a carattere storico del monastero di San Geminiano del 1752 e 1778, alcune lettere e
contratti di affitto.
Il materiale archivistico è custodito in 22 cartelle, ciascuna contrassegnata da una lettera dell’alfabeto (A-F; H-Z; la lettera L è doppia; mancano G,
K, W, Y); una sola cartella non ha contrassegno. I documenti più recenti sono
conservati in 7 nuove cartelle divise per argomento: ad es.: Federazione, Curia Arcivescovile, e così via.
Inoltre nell’archivio del «Corpus Domini» è confluito, dal 1999, l’archivio del monastero di Sant’Agostino di Vicopelago, sorto nella città di Lucca
nel 1330 sotto il titolo di San Nicolao e trasferito a Vicopelago con il nuovo
nome nel 1887 in seguito alla legge di soppressione emanata dal Regno d’Italia. Attualmente il materiale è ancora da riordinare; comprende documenti
che vanno dal XVII al XX secolo.
Inventario
Regola (1818)
Regola di Sant’Agostino, coll’esposizione del canonico regolare don Ugo
da San Vittore, destinato alle Novizie del monastero «Corpus Domini», fatta
stampare dalla Madre Giovanna Francesca Morgani, 1818
88
Costituzioni (1617-1946)
Monastero di Santa Cristina di Bologna, 1826
Monastero di Santa Maria Maddalena di Cento, 1769 (ms. originale, e stampa)
Monastero del «Corpus Domini» e San Geminiano, 1815
Costituzioni dell’Ordine degli Eremitani di Sant’Agostino, adattate alle monache, 1946
Costituzioni del monastero della Beata Vergine di Modena, 1723
Costituzioni del monastero di Santa Monica di Cremona, 1617
Libri liturgici (1751-1967)
Corale della Messa per la festa di Santa Chiara, del monastero di Santa Chiara, ms., Modena 1792
Corale della Messa del Sabato Santo, del monastero di Santa Chiara, ms.,
Modena 1790
Antifonario corale, del monastero di San Geminiano, ms. 1786
Antifonario corale per annum, del monastero di San Geminiano, ms. 1751
Messale Romano, 1841 e ss.
Messale, con orazioni diverse, 1887
Messale proprio della diocesi di Bologna, 1917
Canone Romano, Bologna, 1941
Messale proprio per la Settimana Santa, 1956
Messale proprio Agostiniano, 1967
Rituali (s. d. - ma anteriori al 1800, in quanto provenienti dal monastero di
San Geminiano soppresso nel 1799 - e 1930)
Inizio del noviziato del monastero di San Geminiano, s. d.
Per la professione religiosa, s. d.
Preghiere recitate dal vescovo alla consegna della Regola e delle chiavi del
monastero alla Superiora eletta da parte del vescovo, del monastero di San
Geminiano, in latino e in italiano, s. d., voll. 2
Formula di obbedienza al Vescovo, sia presente che assente, s. d.
Della visita pastorale al monastero di San Geminiano, s. d.
Rituale dell’Ordine Agostiniano, 1930 e ss.
Capitoli (1901-1959)
Verbali dei Capitoli della Comunità, 1901-1905 e dal 1959
Verbali del Consiglio della Comunità, dal 1948
Vita di comunità (1606-1969)
Distribuzione degli uffici comunitari, 1790-1798; 1804-1902; 1908-1969
89
Promemoria per la rinuncia alla carica di Superiora al termine del triennio di
governo, s. d.
Lista con il necessario per l’elezione della Superiora, s. d.
Lista del mobilio e vestiario occorrente per entrare in monastero per le educande, le postulanti e le professe, 1606 e s. d.
Note di spese per le Quarantore, 1835-1861
Orario durante gli esercizi spirituali, 1869
Associazioni (1914)
Associazione del Santissimo Sacramento, istituita il 4 dicembre 1914 con
l’autorizzazione rilasciata nel luglio dall’arcivescovo di Bologna cardinal
Della Chiesa
Vestizioni e Professioni (1534-1999)
Registro delle vestizioni e professioni del «Corpus Domini», 1815-1999, reg. 1
Copia del decreto ducale inviato al vescovo di Modena con le prescrizioni per
le vestizioni e professioni, 16 novembre 1821
Licenze del vescovo di Modena per ingressi e vestizioni, 1818-1903
Licenze per professioni religiose del vescovo di Modena, 1822-1904
Licenze per ingressi, vestizioni e professioni dell’arcivescovo di Bologna,
1906-1935
Circolare del Tribunale di giurisdizione di Modena per lo stabile regolamento
da osservarsi nelle vestizioni e professioni di monache del monastero di San
Geminiano, 1794 (in copia)
Registro delle novizie, 1815-1933
Registro delle vestizioni e professioni del monastero di San Lorenzo di Modena, 1534-1775, reg. 1
Registro degli ingressi, vestizioni e professioni in San Geminiano, 15901798, reg. 1
Lettere inviate al duca per ottenere permesso di vestizione, 1789-1793
Doti - Eredità - Testamenti (1590-1883)
Impegni dei genitori per doti monastiche, 1790-1844
Doti monastiche, 1590 e 1773-1883
Eredità ricevute, 1836 e ss.
Testamenti, 1838-1882
Memorie delle consorelle (1769-1979)
Registro delle defunte, 1817-1949
Registro delle sepolte, 1840-1903
Memorie storiche delle defunte, 1817-1843; 1949-1979
90
Profilo biografico ed elogio funebre di Madre Giovanna Francesca Morgani, 15 dicembre 1835; di suor Maria Elisabetta Forni del monastero di Santa
Chiara di Modena, 1769-1800; di suor Maria Giuseppa Lucchi; di suor Teresa Margherita Gandolfi e suor Maria Monica Gotti, 1946
Educandato e scuola di carità (1803-1888)
Copia delle autorizzazioni del ministro degli Affari Interni e del prefetto al
vescovo per aprire un educandato nei locali del monastero di San Geminiano
e «Corpus Domini», 11 gennaio-18 febbraio 1803
Lettere di incoraggiamento del vescovo e assegnazione degli uffici nella comunità, 16 maggio-18 luglio 1803
Lettere del prefetto e del podestà riguardanti l’educandato, 1804-1884
Estratto dell’esenzione dell’affitto annuo allo Stato per l’opera dell’educandato, 7 novembre 1809
Indice e rubrica delle educande, s. d.
Licenze arcivescovili per ingresso ed uscita delle educande, 1860-1888
Stampati per il necessario all’ammissione delle educande, s. d.
Regolamento della Scuola di Carità, con elenco e certificati di nascita e battesimo delle iscritte, 1864-1868
Devozioni (1732-1907)
Via Crucis di Girolamo Baruffaldi, arciprete di Cento, 1732
Permesso del vescovo di erigere le stazioni della Via Crucis in varie zone del
monastero, 1799-1894; 1907
Turni di adorazione per le Quarantore, 1820-1850
Messe (1835-1967)
Sacerdoti che hanno celebrato durante le Quarantore, 1835-1846
Registri delle Messe celebrate in suffragio delle monache defunte, 18391967, regg. 2
Messe celebrate nella chiesa della Comunità, dal 1961, regg. 9
Memorie storiche (1646-1969)
«Promemoria del ritrovamento delle reliquie del beato Giacomo da Modena
ad opera delle religiose del monastero di San Geminiano il 25 febbraio 1663
e visita del vescovo che le ripone il 5 marzo successivo. Libretto in cui si trascrive un libro della metà del 1400 presente nell’archivio del monastero con
la biografia del Beato citato e alcune note biografiche di santa Chiara da Montefalco», 6 giugno 1758
«Notizie storiche concernenti il principio e progressi dell’odierno monastero di San Geminiano di Modena estese dal signor canonico Giuseppe Antonio Lotti l’anno 1752»
91
«Stato del monastero di San Geminiano presentato con le notizie della fondazione del medesimo ed altre all’illustrissima Deputazione sopra li monasteri», 1778
Storia del monastero del «Corpus Domini» di Modena e trasferimento a Cento, di suor Maria Giuseppa Lucchi, sec. XIX ex.
Diari di suor Maria Giuseppa Lucchi, 1883-1903
Due piccoli diari di anonimo, 1904-1928
Iscrizioni delle tombe della chiesa esterna ed elenco degli Estensi sepolti nel
monastero del «Corpus Domini», 1646 e 1656
Copia del decreto ducale riguardo l’unione dei monasteri del «Corpus Domini» e di San Geminiano, 6 ottobre 1815
Memorie storiche del monastero del «Corpus Domini», 1817-1867 e 19451969
Memorie storiche della soppressione del monastero della Visitazione «Santa
Maria» di Soresina (Cremona) e biografie di alcune Sorelle defunte nel 18671868
Carteggi (1700-2005)
Sommo Pontefice
Concessione di Benedetto XIV per la celebrazione dell’ottava del Corpus Domini, 1752
Indulgenze pontificie di Clemente XIII, Pio VI, Pio VII, Leone XII, Gregorio
XVI, Pio IX, 1762-1893
Permesso di Clemente XIV di celebrare l’ufficio delle Cinque Piaghe di nostro Signore alle monache di San Geminiano, 2 aprile 1774
Richieste della dispensa per poter accogliere in monastero religiose di altri
Ordini, accordate dal Santo Padre, 1815-1818
Concessione del privilegio da parte del Papa di poter ricevere la Santa Comunione la notte di Natale, 1816
Lettera autografa del cardinal Mariano Rampolla che trasmette un assegno
del Santo Padre alle monache che gli si erano rivolte per avere un aiuto tramite il cardinale stesso, 1° luglio 1884
Lettera autografa del papa Benedetto XV alla Madre Fedele Molinari, per
concessione dell’indulgenza plenaria in occasione del I centenario della ricostituzione del monastero, 8 dicembre 1915
Lettera di papa Benedetto XV a un monsignore non identificato, con la quale
comunica di voler acquistare per la Biblioteca Vaticana un manoscritto della
Regola agostiniana inviatogli dalle monache di Cento, 25 marzo 1916
92
Santa Sede
Prescrizione della Sacra Congregazione dei Riti di usare il lino o canapa per
la confezione degli arredi sacri, 15 maggio 1819
Circolare della Pia Opera di Propagazione della Fede di Modena, 27 settembre 1849
Decreto della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari circa il divieto ai
Superiori dei monasteri di indurre i sudditi alla manifestazione della coscienza e la riserva ai soli confessori di vietare di accostarsi alla Santa Comunione,
17 dicembre 1890; comunicazione del vescovo di Modena, 17 marzo 1891
Vescovo
Indulgenze vescovili, 1799-1844
Lettera del vescovo per comunicare il divieto del Governo di mendicare nelle chiese, 17 gennaio-6 maggio 1817 e 26 luglio 1836
Il vescovo alle sorelle converse del monastero di San Geminiano, 1796
Permesso del vescovo di ricevere la Santa Comunione tutti i giorni durante
l’ottava del Corpus Domini, 11 giugno 1816
Concessione del vescovo di ricevere la Santa Comunione quotidiana per turno (3 religiose estratte a sorte oppure designate dalla Superiora), 22 dicembre 1816
Lettera del vescovo per la costruzione di un cimitero interno, 13 agosto 1830
Lettera del vescovo che definisce papale e non episcopale la clausura del
«Corpus Domini», riportando anche un decreto del 23 febbraio 1829 della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, 26 luglio 1850
Decreto del vescovo in applicazione della legge civile che impedisce la sepoltura nei monasteri, 10 ottobre 1866
Nomine confessori e medici, 1821-1842
Nomine confessori ordinari e straordinari, 1906-1915
Conferme delle elezioni delle Superiore, 1822-1836 e 1852
Lettera pastorale alla diocesi di Modena, 1838
Visite pastorali e quesiti, 1891-1927
Richieste al vescovo di Modena, 1901-1904
Comunicazioni dell’arcivescovo di Bologna, 1912-1958
Richieste di autorizzazioni all’arcivescovo, 10 dicembre 1937
Lettere e licenze della Curia arcivescovile di Bologna, dal 1950
Federazione dei monasteri Agostiniani d’Italia
Lettere circolari e assemblee federali, dal 1971
Ordine Agostiniano e Provincia
Concessione dei privilegi e indulgenze dell’Ordine di Sant’Agostino, 19 maggio 1856
93
Permesso del priore generale dell’Ordine al confessore della comunità di dare
l’assoluzione generale, 13 luglio 1867
Privilegio concesso dal priore generale dell’assoluzione generale nei giorni
prescritti dal calendario dell’Ordine, 13 novembre 1909
Passaggio sotto la giurisdizione del priore generale dell’Ordine Agostiniano,
1945-1948
Lettera del priore generale per il I centenario del monastero a Cento, 2005
Soppressione del 1866
Carteggio relativo alla presa di possesso del monastero da parte del governo
del Regno d’Italia e successiva cessione dello stabile al Comune di Modena,
3 dicembre 1866-1900
Carteggio col Demanio su cessione di locali e rapporti con la pubblica amministrazione, 1867 e ss.
Lettera del Demanio sulla soppressione del monastero delle Salesiane di Modena che vengono mandate al «Corpus Domini», copia del decreto di soppressione e accettazione delle Agostiniane, 26 febbraio 1873
Estratto riassuntivo delle cose trovate nel monastero alla presa di possesso
e contratto di vendita delle stesse dal Demanio alle monache, 14 febbraio
1898
Verbale del riscontro dei mobili del monastero, 8 aprile 1897
Carteggio relativo alle Cappuccine di Guastalla, ospitate al «Corpus Domini»
dal 1866 al 1872, ed elenco delle medesime
Certificati di esistenza della Direzione generale del Fondo per il Culto, 18901897
Certificati di assegnazione di pensione vitalizia, marzo 1867
Dichiarazioni della Superiora dell’esistenza in vita delle pensionate, 1891,
1892, 1898
Relazione dell’ingegnere Bernabei su possibili acquisti di case: «San Rocco»
di Carpi e Campogalliano, 6 ottobre 1900
Avviso d’asta per «San Rocco», 7 maggio 1904
Trasferimento presso le monache Domenicane di Modena: accordo del 23 novembre 1901, elenco delle Domenicane, lettere della Madre Fedele al vescovo per permessi, note di spese varie per trasloco e lavori, 1901-1902
Richieste del Comune di Modena di sgombero dei locali monastici, 19011903
Lettere di suor Giulia Enrichetta Puccini, superiora del monastero di Vicopelago (LU), 25 gennaio 1904 e 20 febbraio 1905
94
Miscellanea
Attestato di partecipazione ai benefici spirituali dell’Ordine francescano firmato da Luca De Carlo, ministro provinciale di Bologna, 13 gennaio 1700
Lettera del duca che non concede autorizzazione a tumulare in monastero le
Educande decedute durante la loro permanenza, 14 marzo 1825
Lettera del podestà con la quale si ribadisce che la sepoltura nei monasteri è
soltanto per coloro che hanno professato i voti religiosi, 14 maggio 1830
Richieste di permessi per tumulazioni al sindaco di Modena, 3 ottobre 1864,
e al podestà, 26 settembre 1856. Richiesta al vescovo di autorizzazione per la
tumulazione di ossa trovate durante lavori in monastero, 23 febbraio 1858
Autorizzazioni alla tumulazione, dal 1839
Lettere del podestà per autorizzazione a curare in monastero una monaca e
una educanda colpite da vaiolo, 25 settembre e 16 ottobre 1809
Comunicazioni ai sindaci e presidenti del monastero da parte del Governo
estense e viceversa, 1817-1833
Decreto del ministro Munarini sulle concessioni livellarie, 15 settembre
1788
Richiesta di consegna di locali e affido del fabbricato al vescovo, 1799-1800
Lettere del podestà e del Comune per censimenti, 1811-1881
Manifesto anticolera del prefetto, 24 agosto 1884
Licenze edilizie e richieste di forniture pubbliche, dal 1932
Dichiarazione di personalità giuridica del monastero, dal 1964
Amministrazione (1833-1890)
Contratti d’affitto di appartamenti e locali, 1833-1888
Contratti di mezzadria su fondi rustici, 1843-1895
Contratto con l’ortolano e altri dipendenti, dal 1858
Relazioni di ingegneri su fondi rustici e locali, 1844-1890
Libri di amministrazione (dal 1815)
Conti Consuntivi annuali su fogli singoli (non consecutivi), dal 1859
Conti Consuntivi triennali, 1863-1871
Registri di cassa (non consecutivi), dal 1897
Recapiti di spesa, 1815-1878
Inventari (1817-1860)
Inventari tra cui: Sacrestia 1855-1856; Biancheria consegnata da coriste e
converse, 1817-1860; di vari uffici, 1840-1842
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Gianna Dotti Messori
Il Monastero della Visitazione di Santa Maria di Modena
e il suo archivio: quattro secoli di storia 1
Premessa: l’Ordine della Visitazione
Il Monastero di Santa Maria di Modena appartiene all’Ordine della Visitazione, fondato da san Francesco di Sales e da santa Giovanna Francesca
Chantal nel XVII secolo 2. Infatti il 24 maggio 1610 san Francesco di Sales
scriveva al padre Pollien: «sapendo quante giovani desiderano ritirarsi dal
mondo e non possono realizzare questo loro ideale nelle famiglie religiose già
fondate, [...] io apro la porta di una piccola congregazione». Il successivo 6
giugno, festa della Santissima Trinità, la madre Giovanna Francesca di Chantal e le sue due prime figlie entravano nella piccola casa della Galleria ad Annecy (una città della Francia sud-orientale): la Visitazione era così fondata.
Dal 1° luglio 1610 san Francesco di Sales volle che la sua piccola congregazione si chiamasse «Visitazione di Santa Maria» perché, egli diceva,
«trovava in questo mistero mille caratteristiche spirituali, che gli offrivano
una cognizione singolare dello spirito che desiderava stabilire nel suo Istituto» e, inoltre, «perché era un mistero nascosto: nella Chiesa non era celebrato così solennemente come gli altri, lo fosse almeno nella nostra congregazione».
Lione fu la prima città di Francia che accolse le figlie di san Francesco
di Sales; l’arcivescovo di quella diocesi le ricevette con gioia e ne ammirò lo
Colgo l’occasione per ringraziare la madre superiora del Monastero della Visitazione di
Modena, suor Maria Daniela Campanale, per la squisita disponibilità e la preziosa collaborazione.
La storia dell’Ordine della Visitazione e del monastero di Modena, di cui si riportano in
queste pagine solo alcuni cenni orientativi, è stata tratta dalle carte dell’archivio del monastero modenese e dalla seguente bibliografia essenziale, a cui si rimanda: Suor F. Marchi, Il
monastero della Visitazione di S. Maria in Modena, Modena 1981; G. Soli, La Chiesa della Visitazione ed il Monastero delle Salesiane, in Chiese di Modena, riedizione a cura di G.
Bertuzzi, Modena 1974, vol. III, pp. 381-393; C. Giovannini, L’organo di Domenico Traeri
del Monastero della Visitazione di Maria a Baggiovara, Modena 2004; sito internet: <www.
monasterovisitazione-baggiovara.org>; per la storia dell’Ordine, si veda anche: P. Fernandez Rodriguez, Il Cuore di San Francesco di Sales nel monastero della Visitazione di Treviso, Treviso 2002.
1
97
stile di vita, ma la stima che ne provava lo convinse che quella congregazione meritasse di essere innalzata alla dignità di ordine religioso. E così il 2 febbraio 1616 il santo fondatore accondiscese che la sua congregazione venisse
eretta in «religione formale» sotto la Regola di sant’Agostino, con i voti solenni e la clausura perpetua.
Il papa Paolo V, poi, il 23 aprile 1618 approvò, con il breve Sacri Apostolatus, la fondazione dell’Istituto della Visitazione come Ordine religioso formale, retto dalla Regola di sant’Agostino e dalle Costituzioni nuovamente redatte ed adattate da san Francesco di Sales quello stesso anno. Detta legislazione entrò in vigore con l’autorità del santo fondatore ad Annecy il 16 ottobre 1618.
L’Ordine mantenne, quindi, il nome di Visitazione, l’appellativo tratto
dal mistero della Visitazione della vergine Maria a santa Elisabetta. Il titolo
si rifaceva alla scena evangelica di Maria «in visita alla cugina Elisabetta»:
portando in sé il Figlio di Dio, Maria si era fatta portatrice di salvezza; quindi come Maria, animate dal suo spirito di grazia e di lode gioiosa, le monache erano esortate dal loro Fondatore a portare spiritualmente ai fratelli il Cristo Salvatore e lasciar trasparire la gioia e la soavità di cuore che Dio dona a
quanti camminano con Lui.
L’Ordine della Visitazione di Santa Maria dalla Savoia iniziò così il suo
cammino nel resto della Francia seguendo il corso del Rodano, per estendersi
poi dalla Francia in Europa e nel mondo. E così ritroviamo, quasi sessant’anni dopo, le Visitandine anche a Modena, a partire dal 1669, anno della fondazione del monastero. La storia di questo monastero fu, nei secoli, strettamente legata alla casa estense, la quale operò per ottenere la presenza di queste
monache in Modena e ne fu costante protettrice, dando sempre prove di particolarissima benevolenza.
La fondazione del monastero
L’istituzione di questa comunità monastica si deve soprattutto alla duchessa Laura Martinozzi, moglie del duca Alfonso IV d’Este, la quale usò
ogni mezzo a sua disposizione per estendere la devozione a san Francesco di
Sales e fondare un monastero della Visitazione nella capitale del suo ducato.
Laura aveva avuto modo di conoscere le Visitandine durante il suo viaggio in Francia, chiamata, insieme alla madre e alla sorella, nel 1652 (aveva allora solo 16 anni) dallo zio materno, il cardinale Mazzarino, a Parigi. Proprio
durante quel viaggio, aveva sostato per ben sei mesi ad Aix in Provenza, ottenendo dal Papa il permesso di entrare nel monastero della Visitazione di quella città. A soli 26 anni, ormai vedova e reggente per il figlio Francesco II, no98
nostante il peso del governo dei suoi stati, ella si adoperò per vedere attuato il
suo grande desiderio, quello di portare le Visitandine di Aix a Modena.
Ottenuti dal papa Clemente IX i brevi necessari alla fondazione del monastero, la duchessa scrisse all’arcivescovo di Aix per ottenere delle Visitandine di quella città, in particolare la madre superiora, che aveva conosciuto a
suo tempo e a cui era rimasta profondamente legata, Francesca de Monceau.
Tutte le sue richieste vennero esaudite, la Madre, seppure di età avanzata ed
inferma, venne a Modena nell’aprile 1669, in qualità di supranumeraria, insieme ad altre otto religiose, tra le quali madre Maria Margherita de Balland,
che fu la prima madre superiora del monastero di Modena. Nata nel 1612, era
entrata nel 1622 nel monastero di Chambery, capitale della Savoia, fondato
da soli tre anni da Santa Giovanna Francesca de Chantal, per divenire, dopo
molteplici esperienze in altri monasteri, nel 1663 madre superiora del monastero di Aix. La madre morirà nel 1707 alla veneranda età di 95 anni, e le sue
spoglie tuttora riposano nel monastero modenese.
Le suore, al loro arrivo a Modena (quasi trionfale, come ci raccontano le
cronache conservate nell’archivio del monastero), vennero accolte in un primo tempo presso la chiesa di San Giovanni del Cantone, per poi trasferirsi (la
comunità contava allora già 20 religiose) nel settembre 1672 nel nuovo monastero eretto accanto al palazzo ducale (tra gli odierni Corso Cavour e Corso Vittorio Emanuele, su parte dei giardini ducali 3) e a questo collegato mediante un cavalcavia (che è tuttora esistente).
La vita nel monastero
Non solo un cavalcavia univa il monastero delle Salesiane, come furono
anche denominate le suore della Visitazione, alla casa estense. Le Visitandine
furono sempre molto legate alla corte estense e questa in ogni tempo predilesse le Salesiane sulle altre conventuali, come ci attestano le carte dell’epoca;
tante furono le giovanette provenienti dalle famiglie nobili modenesi che vestirono l’abito delle Visitandine; di esse si hanno nell’archivio del monastero
diverse memorie e carteggio (solo per citare alcune delle casate più importanti, ricordiamo Molza, Carandini, Levizzani, Calori, Rangoni, etc.).
Nel cuore della loro capitale, congiunto, come si diceva, con il palazzo
ducale da un cavalcavia costruito dalla duchessa Laura allo scopo di potervi
accedere direttamente dai suoi appartamenti, il monastero visse, con la casa
estense, tutte le vicende di quel piccolo ducato e spesso anche quelle più stret Ancora oggi è ben distinguibile la facciata della chiesa del monastero, con le tre arcate del
porticato (murato nella seconda metà dell’Ottocento) antistante l’accesso alla chiesa stessa.
99
tamente familiari e personali dei suoi principi. E la storia proprio del ducato
estense, della vita economica e sociale della Modena di quel tempo vengono
alla ribalta attraverso le carte del monastero.
I rapporti stretti tra la casa estense e le Salesiane furono ancora più evidenti allorché il duca Ercole III, apprezzando l’opera educativa che già da
tempo veniva svolta verso le giovanette dalle monache della Visitazione, decise di costruire per l’Educandato un nuovo edificio, che sorse tra il 1787 e il
1790. «Lo ammobilia con larghezza», si evince dalle cronache e dalle circolari conservate nell’archivio del monastero, «lo fornisce di tutto il necessario
e stabilisce una pensione annua per il mantenimento delle persone di servizio,
per le spese di manutenzione e per le eventuali riparazioni». Non solo, ma il
duca stesso fece sì che da tre monasteri della Francia fossero inviate, una per
ciascuno, le religiose educatrici. Conforme al volere ducale, l’educandato divenne il centro di formazione delle figlie delle migliori famiglie della città e
raggiunse nel 1814 un massimo di 34 allieve. Infatti, fin dall’origine dell’Ordine, i fondatori avevano ammesso qualche fanciulla accanto alle religiose;
erano nate così le «Sorelline del piccolo abito» (si conservano ancora in archivio immagini di queste bimbette vestite da suore visitandine), sorelline che
però dovevano limitarsi al numero di tre, quattro o cinque al massimo, non
essendo mai stata intenzione dei fondatori fare delle Visitandine delle suore
educatrici. Su trenta o quaranta religiose, erano state solo tre o quattro quelle che si erano dedicate alle bimbe, mentre tutta la comunità aveva continuato
a seguire lo stile monastico di vita. I duchi di Modena, però, avevano capito
l’importanza e il vantaggio dell’educazione salesiana delle fanciulle nobili e
l’educandato raggiunse, in tal modo, il suo apice proprio con Ercole III.
Il nuovo edificio, considerato per l’epoca un «educandato-modello», divenne meta di sopralluoghi e visite da parte di duchi e duchesse, le quali accompagnavano nobili dame provenienti anche da altri stati; l’Educandato,
quindi, accolse giovanette di varie città italiane oltre che del ducato di Modena. Oltre alle normali materie, comuni ai programmi scolastici, nell’istituto si insegnava, ovviamente, il francese e, a richiesta delle famiglie, la musica, il disegno e il ricamo.
L’epoca delle soppressioni
Con la creazione dell’Educandato (il quale venne chiuso definitivamente nel 1898), il monastero visse realmente l’apice della sua esistenza; infatti si
avvicinavano gli anni difficili, per tutti gli ordini religiosi, delle soppressioni,
dalle quali neppure la Visitazione di Modena andò indenne.
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Nell’ottobre 1797 giunse l’ordine del «Direttorio» di Milano che fossero inventariati i mobili di tutti i monasteri di Modena e nell’anno seguente il
governo fece sapere alla Visitazione, con foglio stampato, che tutti i beni delle «Corporazioni» erano stati riconosciuti di legittimo diritto della Nazione.
«Cinque mesi dopo tutto era fuori di casa», come si legge nelle carte dell’archivio, «dai sacri arredi e quadri di valore, al frumento e perfino agli animali domestici: tutto era sequestrato e venduto, comprese le terre appartenenti
al monastero». La madre superiora era riuscita comunque a mettere in salvo
quanto non era inventariato (e quindi anche l’archivio) e quanto fu permesso
tenere come necessario per l’Educandato.
Nonostante l’ufficiale soppressione avvenuta il 31 ottobre 1798, le Visitandine (giunte nel 1796 al numero di 49), vestite di abiti semi-secolari, ottennero di rimanere nel loro monastero e di accogliervi altre religiose soppresse (pochissimi infatti erano stati gli istituti che erano riusciti a sopravvivere e
molte le religiose disperse che cercavano asilo), e neppure l’Educandato venne loro tolto. Poterono in tal modo rimanere unite con le loro 33 educande,
svestendo l’abito religioso e trasformando totalmente il monastero in Educatorio, che permise a loro quindi la sopravvivenza. Nonostante le vicissitudini del periodo, le monache, dopo quindici anni, nel 1814 riuscirono a rivestire l’abito religioso e a riaprire al culto la loro chiesa esterna. Solo dopo otto
giorni dal suo ritorno in Modena, il duca Francesco IV volle recarsi in visita al monastero, accompagnato dall’arciduchessa sua sposa e dal fratello l’arciduca Massimiliano, e in quell’occasione egli assicurò, come si legge nella
cronaca del convento, alle religiose il suo interessamento e la sua protezione;
infatti l’11 gennaio 1815 le Visitandine ricevettero il chirografo ducale di ripristino e l’assegnazione della pensione, accordata per l’Educandato a condizione che fossero accolte dalle religiose almeno 28-30 giovanette, affidate alle loro cure.
Nel 1866 4, però, ritornarono le difficoltà, come per gli altri ordini religiosi, anche per le monache Salesiane di Modena. Prima della nuova soppressione, tra religiose ed educande alla Visitazione vivevano ben una settantina
Regio Decreto «per la soppressione degli Ordini e Corporazioni religiose», n. 3036 del 7
luglio 1866. All’art. 1: «Non sono più riconosciuti nello Stato gli Ordini, le Corporazioni e le
Congregazioni religiose regolari e secolari, ed i Conservatorii e Ritiri, i quali importino vita
comune ed abbiano carattere ecclesiastico. Le case e gli stabilimenti appartenenti agli Ordini,
alle Corporazioni, alle Congregazioni ed ai Conservatorii e Ritiri anzidetti sono soppressi».
All’art. 24: «I libri e manoscritti, i documenti scientifici, gli archivi, i monumenti, gli oggetti
d’arte o preziosi per antichità che si troveranno negli edifici appartenenti alle Case religiose e
agli altri enti morali colpiti da questa o da precedenti Leggi di soppressione, si devolveranno
a pubbliche biblioteche od a musei nelle rispettive Provincie, mediante decreto del Ministro
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di persone! Nel maggio 1866 avvenne la prima requisizione del monastero
che doveva essere destinato per le truppe militari; l’ordine di sgombero prevedeva che i locali fossero resi liberi nell’arco di sole 24 ore. E qui le cronache manoscritte, conservate in archivio, ci narrano con dovizia di particolari
quei momenti estremamente convulsi, l’affrettato trasloco e infine il trasferimento temporaneo delle suore nei locali del Seminario. Pur potendo rientrare dopo pochi mesi nel loro monastero, il decreto di soppressione, reso ufficiale alle Visitandine il 12 settembre 1866, le obbligava a lasciare il convento
nuovamente, ma la presenza dell’Educandato, che veniva considerato per la
collettività «un’utilità sociale», ancora una volta, rallentò la chiusura del convento. Venne, però, alfine il temuto decreto del 16 febbraio 1873, con il quale veniva ordinato alla comunità religiosa lo sgombero completo del monastero entro 30 giorni. La scuola militare, stabilita nel Palazzo Ducale, era stata dichiarata scuola centrale del Regno, ed avendo quest’ultima assoluta necessità di ampliare i locali aveva ottenuto dal Ministero della guerra il monastero delle Visitandine. Lo sgombero in pratica iniziò solo il 16 luglio e durò
quindici giorni. Le Sorelle furono ricoverate intanto nella villa dei conti Forni
a Cognento e le più anziane ed inferme, con alcune Sorelle adatte a servirle,
in Seminario. Subito, incominciarono le ricerche e le trattative per una nuova sede. Questa, acquistata all’asta per la somma di 25.000 franchi, era allora situata fuori città, nell’attuale Via Carlo Sigonio: era un semplice fabbricato, un tempo «ricovero di mendicità» e certamente non aveva nulla a che vedere con il monastero costruito e perfettamente arredato dalla liberalità della duchessa Laura.
Mediante la caritatevole operosità del padre spirituale don Giovanni
Biondini, la cui bontà per la provata famiglia religiosa superava ogni espressione, le Visitandine poterono occupare, alla fine dell’ottobre 1873, il nuovo
locale, che si stava ampliando ed adattando a monastero. Nel 1874 fu completata la costruzione delle ali del fabbricato, fu riaperta la chiesa al pubblico
e venne ristabilita finalmente la clausura. Nel 1885 si iniziarono i lavori per la
costruzione del nuovo altare, opere che furono completamente terminate solo
nel 1890. Nel 1909, grazie al generoso contributo di più benefattori, fu collocata nel centro del giardino, con solenne cerimonia, la bella statua dell’Immacolata: tutta bianca, le mani giunte, gli occhi al cielo (poi trasferita nel giardino del nuovo convento).
dei culti, previi gli accordi col Ministro della pubblica istruzione. I quadri, le statue, gli arredi
e mobili inservienti al culto saranno conservati all’uso delle chiese ove si trovano».
Per le leggi di soppressione, si veda anche: Regio Decreto «che approva il Regolamento sulla soppressione delle Corporazioni religiose e sull’asse ecclesiastico», n. 3070 del 21 luglio
1866, e la «Legge per la liquidazione dell’asse ecclesiastico», n. 3848 del 15 agosto 1867.
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La storia recente
La Prima Guerra Mondiale, tra 1915 e 1918, portò anche alle Visitandine i comuni disagi, tenendole in continua apprensione nel timore di dover
nuovamente cedere il monastero per le necessità belliche. Fiorì però in quegli anni la carità fraterna: il monastero offerse il suo asilo alle Madri Canossiane di Venezia e ad un istituto di orfanelle che vennero ad occupare i locali
del già chiuso Educandato.
Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale le difficoltà economiche costrinsero a riprendere la politica delle vendite: vennero alienati gli
ultimi appezzamenti di terreno adiacenti al monastero, oggetti di antiquariato e suppellettili varie. Con il ricavato vennero costruiti appartamenti in luogo della vecchia casa colonica: il loro affitto dava ossigeno all’economia della comunità religiosa.
Tuttavia i superiori (in quegli anni anche la Visitazione si era federata)
decisero che era giunto il momento di trasferire la comunità in un luogo migliore. Incominciarono gli incontri e le trattative. Il dottor Pietro Marazzi,
grande benefattore delle Salesiane, donò 18.000 metri quadrati di terreno in
Baggiovara con la precisa condizione di fabbricarvi sopra il monastero. Nell’estate del 1959 le Visitandine iniziarono a vuotare il vecchio convento da
mobili, statue, quadri, libri e documenti, che trovarono collocazione temporanea in sedi diverse, mentre le Salesiane furono ospitate nella casa detta Villa
Santa Maria, messa loro a disposizione da Pietro Marazzi.
Il 1° settembre 1963 le monache presero possesso del nuovo monastero per continuare, in ambiente più salubre e funzionale, la loro vita contemplativa. La comunità religiosa conta oggi undici suore stabili, che trascorrono le giornate in meditazione e preghiera, sotto la guida della madre superiora suor Maria Daniela Campanale. Dal 1° dicembre 2006, presso il monastero (in un’ala non più ad uso delle religiose e, quindi, completamente separata dalla clausura) è stata istituita dalle Visitandine, la Casa d’Accoglienza; infatti essendo il monastero situato in prossimità del nuovo polo ospedaliero di Modena, la Casa d’Accoglienza è stata progettata per ospitare familiari e parenti di persone degenti, ma anche chiunque desideri fermarsi per
esercizi spirituali.
Le Visitandine di Modena fondatrici di altri monasteri
Dal monastero di Modena, nel corso dei secoli, partirono diverse suore
che andarono a fondare altri cenobi dello stesso Ordine. Primo, fra gli altri,
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fu il monastero della Visitazione di Massa di Valdinievole 5: il primo di quell’Ordine in Toscana. Costituito nel 1693, con la vestizione delle prime quattro ragazze, solo nel 1714, in ottemperanza alla norma in base alla quale una
casa salesiana doveva ricevere due suore provenienti da altro monastero visitandino (dette perciò «suore fondatrici»), avvenne la fondazione ufficiale
con l’arrivo a Massa di due religiose del monastero di Modena: madre Maria Vittoria Tarini e madre Maria Margherita dei marchesi Livizzani di Modena, alla quale venne affidata, in un primo momento, l’amministrazione della
casa e poi, alla morte di madre Maria Vittoria Tarini, il compito di madre superiora di quel convento e maestra delle novizie. Nel 1736, poi, madre Maria Margherita venne chiamata a fondare il monastero della Visitazione di Pistoia, di cui rimase madre superiora per diversi anni e in cui morì nel 1757,
all’età di 78 anni.
La madre superiora Maria Geltrude Bassoli, invece, con sei sorelle tutte
del monastero della Visitazione di Modena, venne chiamata nel 1819 dall’arcivescovo di Bologna cardinale Oppizzoni a fondare una nuova comunità religiosa in quella città; il monastero bolognese venne arricchito, come già per
quello modenese, dell’Educandato (il decreto di istituzione come pure il carteggio si conservano nell’archivio della Visitazione di Modena).
Ancora il monastero di Modena fu origine di un altro a Padova; fondatrice fu madre Maria Ludovica dei conti Boschetti di Modena. Eletta madre superiora a Modena nel 1832, iniziò il lavoro preparatorio per la fondazione patavina e nel 1839 venne chiamata in quella città a dar vita al monastero della Visitazione, insieme ad altre tre consorelle del monastero modenese, suor
Maria Francesca Bianchi, suor Maria Rosa Monsignani e suor Maria Eleonora Gollini. Per sei anni suor Maria Ludovica rivestì il ruolo di madre superiora nel monastero di Padova, quindi fu eletta «maestra delle novizie». Morì a
Padova nel 1855, all’età di 78 anni.
La «mobilità» delle suore visitandine favorì tra l’altro, oltre al diffondersi
della cultura e dello spirito religioso, anche la conoscenza e lo scambio culturale fra diverse entità territoriali e, a livello storico, permette oggi, seguendo i percorsi di vita religiosa delle Salesiane, di ricostruire aspetti inediti della storia locale attraverso le fonti documentarie conservate in altri monasteri dell’Ordine.
I. Corradi, Il Monastero della Visitazione di Massa. Origine e sviluppo della comunità salesiana e del complesso architettonico, in Memorie del chiostro. Vita monastica femminile in
Valdinievole in età moderna e contemporanea, Lucca 2006, pp. 107-108 e 155-161. Si ringrazia per questa segnalazione Vincenza Papini Franchi, direttrice della sezione «Storia e storie al femminile» dell’Istituto Storico Lucchese di Buggiano Castello, la quale ha permesso
il contatto e lo scambio culturale tra il centro di studi lucchese e il nostro Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici.
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L’archivio del monastero modenese
Questa in sintesi la storia plurisecolare della Visitazione modenese, che
è riuscita a sopravvivere nei secoli nonostante le soppressioni e le vicissitudini dei tempi. E con le Visitandine è potuto «sopravvivere» anche il loro archivio 6, per mezzo del quale è possibile oggi ripercorrere la storia di queste
Salesiane.
La ricchezza della documentazione conservata ha permesso di realizzare nel 1981, a cura di suor Maria Francesca Marchi (morta nel 1989), un volume dedicato non solo alla storia del monastero in quanto tale, ma alla vita
delle suore che lo abitarono e del contesto storico-sociale in cui svolsero la
loro azione. Ad esempio, nell’archivio del monastero, si conserva, tra le altre,
una relazione minuziosa sulle vicende degli otto giorni che tennero in stato di
guerra la città di Modena, assediata dagli austriaci dall’8 al 16 maggio 1849:
«Per otto giorni rimbomba, a intervalli, il cannone; la comunità si rifugia nei
sotterranei; palle di cannone arrivano anche contro il fabbricato, sui tetti, nell’orto, ma non recano alcun danno alle persone [...]. Si susseguono trattative
e inviti ad arrendersi, si barricano le porte usando i banchi delle chiese, anche
quelli delle Salesiane. Finalmente l’interposizione del vescovo Luigi Ferrari
fa concludere la resa». O ancora è possibile ricostruire la personalità, ma anche le vicende di Maria Beatrice d’Este, la tanto eroica e provata regina d’Inghilterra, la quale, educata proprio dalle Visitandine di Modena, continuerà a
tenere con la madre superiora Balland una fitta corrispondenza anche nel momento in cui salirà sul trono d’Inghilterra: le lettere si conservano nell’archivio del monastero. E una fonte storica inestimabile è, come viene definito, Il
libro del convento, una cronaca manoscritta che prosegue, ininterrotta, dalla
fondazione ad oggi.
L’archivio data a partire dal 1613, quindi è precedente all’effettiva fondazione del monastero modenese; si tratta di documentazione (decreti, brevi
pontifici, etc.) portati dalle suore francesi al momento del loro trasferimento
da Aix in Provenza a Modena. L’archivio, che da una prima ricognizione effettuata, appare costituito da circa 250 unità archivistiche (tra cartelle e registri), è parzialmente ordinato, dotato di un inventario sommario (sono tre quaderni manoscritti) e articolato sostanzialmente in cinque serie.
La prima è costituita dagli atti istitutivi e dal carteggio relativo al monastero; sono 24 buste, ordinate con un sistema alfanumerico, e datano dal 1613
al 1974. In questa serie si trovano i decreti di clausura e sui voti (con la dichiarazione del 1672 di clausura del nuovo monastero da parte del vescovo
In Archivio di Stato di Modena, Corporazioni religiose soppresse, dell’archivio della Visitazione di Modena si conservano solo 3 filze e 3 registri (1611-1797).
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Ettore Molza), i riconoscimenti giuridici, i brevi pontifici (con il breve in pergamena del 1668 di papa Clemente IX per la fondazione del monastero) e i
decreti vescovili, le nomine dei padri spirituali e confessori, le visite e gli esami canonici, le indulgenze, gli accordi con i vari ordini e istituti, le memorie
delle visite dei papi Pio VII e Pio IX, i documenti sulle sorelle defunte e tutto il carteggio inerente alle soppressioni, alle varie sedi del monastero (di cui
appunto si è detto), all’educandato e alle eredità Rossi Verratti (con documenti e alberi genealogici della famiglia dal XVII secolo e con anche una splendida laurea dottorale miniata del 1686) e Pignatti Morano.
Una seconda serie, che data dal 1665 fino al 1990, è costituita da 11 buste, ordinate cronologicamente; in particolare nella prima busta, si conserva, all’anno 1665, la Memoria di un altare fatto erigere dalla duchessa [Laura Martinozzi] ad Aix e, al 1669, la Storia del viaggio [durato quaranta giorni] delle fondatrici da Aix a Modena e la Storia della fondazione del Monastero di Modena.
La terza serie riunisce materiale vario, accorpato per argomento in circa
10 cartelle, relativo alla Devozione al sacro Cuore di Gesù (dal 1804), all’Immagine della Maria Vergine Madre di Provvidenza e di Consolazione, venerata nella chiesa del monastero modenese (dal 1682), alle memorie relative a
san Francesco di Sales (con bolle, relazioni, pastorali e circolari, dal 1665), a
suor Giovanna Francesca Carandini (con decreti per la causa di beatificazione, circolari, etc., dal 1717), a santa Margherita Maria Alacoque (con lettere,
atti di beatificazione, canonizzazione, decreti, dal 1689) e di altre madri dell’Ordine (dal 1669), alla casa estense (con lettere autografe, memorie, relazioni manoscritte e a stampa, dal 1646).
A questa documentazione, segue la serie delle Circolari, rilegate in volume, dal 1669 per un totale approssimativo di 170 unità archivistiche e 15 volumi delle circolari di Elezioni (dal 1878).
L’ultima serie riunisce, dal 1669, i Libri dei voti, le cronache manoscritte del convento, i verbali delle elezioni, professioni e vestizioni, l’inventario
generale della casa, i Verbali del Consiglio, il Libro del Capitolo e un libro di
conti (dal 1782). Quindi si conservano oltre 300 documenti (inventariati) relativi alle autentiche delle sacre reliquie (dal 1665).
Presso l’archivio si trova pure una splendida raccolta di immagini su pergamena, su cartolina, a stampa e in medagliette e una raccolta di circa 66 libri manoscritti, con preziose incisioni.
L’archivio è collocato in clausura, ma è possibile la consultazione, dietro
richiesta alla madre superiora, nel locale destinato a parlatorio.
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1. Archivio del Monastero della Visitazione di Modena,
serie Circolari dell’Ordine (dal 1669).
2. Archivio del Monastero della Visitazione di Modena,
registro della serie Cronache del Monastero (dal 1669).
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3. Archivio del Monastero della Visitazione di Modena, particolare di uno degli armadi.
4. Archivio del Monastero della Visitazione di Modena,
registro della serie Cronache del Monastero (dal 1669).
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5. Archivio del Monastero della Visitazione di Modena,
due registri della serie Libri del Convento (manoscritti riccamente rilegati, dal 1669).
6. Archivio del Monastero della Visitazione di Modena,
laurea dottorale di Filippo Nicelli (1688, in Carteggio Eredità Rossi Verratti).
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7. Archivio del Monastero della Visitazione di Modena,
copertina della laurea dottorale di Filippo Nicelli (1688, Ibidem).
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8. Archivio del Monastero della Visitazione di Modena,
registro della serie Libri del Convento (manoscritti riccamente rilegati, dal 1669).
9. Monastero della Visitazione di Modena, La Vergine Santissima con le educande
della Visitazione di Modena (miniatura della prima metà dell’Ottocento).
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Paulo Frederico Bebiano Alunni Serra
L’archivio del monastero delle Clarisse di Santa Rosa di Viterbo
Cenni storici
L’attuale monastero di Santa Rosa dalla sua fondazione è rimasto nel suo
luogo di origine. Il complesso monastico si è sviluppato lungo i secoli e il suo
ampliamento è terminato nel secolo XII. La sua origine risale all’inizio del
secolo XII, quando una pia signora radunò delle giovinette e gradualmente le
educò alla vita monastica. Alla venuta in città dei primi compagni di san Francesco le sorelle viterbesi si rivolsero a loro per avere una forma di vita, cosi
adottarono quella di Chiara di Assisi, tanto da assumerne il nome dello stesso monastero, Santa Maria in San Damiano: infatti le sorelle vennero chiamate damianite.
Nel 1235 Gregorio IX visitò il monastero e le esentò dalla giurisdizione vescovile e dal pagamento delle decime: in quest’epoca le suore erano già
una ventina. Nel 1258 papa Alessandro IV, dopo una solenne liturgia in onore
della piccola Rosa terziaria francescana, consegnò loro il suo corpo incorrotto perché lo custodissero lungo i secoli, e ne stabili la festa da celebrarsi ogni
anno il 4 settembre.
Alla sua ombra sbocciarono fiori dì santità e di opere caritative ma anche
di fede, come l’Azione Cattolica Italiana per opera di Mario Fani; il culto della piccola santa si è esteso nel mondo intero e la presenza delle figlie di Chiara è stata continua lungo i secoli, fino ad oggi. Ben ventisette sommi pontefici lo hanno visitato e hanno avuto speciale cura, compreso Paolo VI che tanto
fece per il riscatto del monastero e del santuario avvenuto nel 1971.
L’inventario dell’archivio del monastero delle Clarisse di Santa Rosa da Viterbo
Fondo Antico
Il Fondo Antico, oltre ai registri cartacei, è anche costituito da circa 320
pergamene che vanno dal 1235 al 1288 - delle quali è in corso l’inventariazione. Nel 1873, con la soppressione nel Lazio delle corporazioni religiose, le
pergamene più antiche, risalenti al 1204 e oltre, furono sottratte al monastero
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dal Demanio e consegnate all’Archivio di Stato di Roma: esse recentemente
hanno fatto ritorno a Viterbo, presso l’Archivio di Stato. Attualmente sono in
corso trattative per far sì che tornino a far un corpo unico con le restanti presenti presso il monastero.
Sono presenti bolle pontificie, lettere graziose, testamenti, atti notarili,
cause, esenzioni del monastero dalla giurisdizione vescovile e dalle gabelle.
Le pergamene che sono presso l’Archivio di Stato di Viterbo sono 48. Fra di
esse la più importante è la seconda parte della bolla di papa Alessandro IV, la
prima parte è conservata presso l’archivio del monastero. Delle origini si conservano tre pergamene del papa Gregorio IX, che è il primo pontefice a visitare il monastero; ne seguono altre di Alessandro IV, di Innocenzo IV fino ad
arrivare all’ultima di Giovanni Paolo II del 1984, bolla con la quale dichiarava santa Rosa patrona dei fiorai del Lazio.
Lungo i secoli si sono susseguite lettere e bolle pontificie che riguardano
non solo il monastero, ma tutto l’Ordine delle Clarisse, del Terzo Ordine Regolare e delle altre istituzioni Francescane. Sono conservate anche lettere di
porporati illustri della Chiesa e di altri personaggi.
Dopo questa breve premessa, che vuole colmare in parte un inventario
particolareggiato di tutto il Fondo Antico, segue l’elenco dei registri cartacei
e delle buste.
Numero del registro o della busta:
1 - Badessato di suor Teresa Rosa Trifogli, 1829-1832
2 - Badessato di suor Vittoria Felice Ceciliani, 1677-1679
3 - Badessato di suor Maria Lilia Savini, 1826-1829
4 - Badessato di suor Rosa Margherita Polidori, 1835-1838
5 - Badessato di suor Maria Maddalena Calabresi, 1713-1725
6 - Badessato di suor Innocenza Stagnari, 1790-1793
7 - Badessato di suor Rosa Margherita Polidori, 1841-1844
8 - Badessato di suor Anna Maria Caterina Veltri, 1793-1795
9 - Badessato di suor Felice Orsetti, 1738-1741
10 - Badessato di suor Efigenia Cavicchioni, 1705-1707
11 - Badessato di suor Giacinta Vittoria Romanelli, 1700-1712
12 - Badessato di suor Maria Lucida Benedetti, l644-1675
13 - Badessato di suor Chiara Isabella De Vecchis, 1817-1820
14 - Badessato di suor Maria Rosa Margherita Polidori, 1769-1771
15 - Badessato di suor Giacinta Vittoria Romanelli, 1709-1722
16 - Badessato di suor Felice Celeste Felici, 1690-1694
17 - Badessato di suor Rosa Margherita Polidori, 1775-1777
18 - Badessato di suor Eugenia Rosa Cecilia Bussi, 1737-1738
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19 - Badessato di suor Anna Maria Nuti, 1663-1665
20 - Badessato di suor Maria Rosa Margherita Polidori, l760-1763
21 - Badessato di suor Maria Maddalena Polione, 1647-1649
22 - Badessato di suor Maria Maddalena Polione, 1638-1640
23 - Badessato di suor Maria Angela Innocenti, 1654-1656
24 - Badessato di suor Maria Vittoria Mussi, 1671-1673
25 - Instrumentum C del Monastero di Santa Rosa, 1705
26 - Badessato di suor Maria Maddalena Polioni, 1651-1653
27 - Badessato di suor Teresa Costante Trifogli, 1832-1835
28 - Badessato di suor Aura Celeste Lozzi, 1685-1688
29 - Badessato di suor Maria Felice Giosin, 1649-1650
30 - Badessato di suor Maria Ifigenia Filagia Cavicchioni, l710-1712
31 - Badessato di suor Maria Vittoria Mussi, 1668-1670
32 - Badessato di suor Maria Dianora Vanni, 1641-1642
33 - Badessato di suor Maria Maddalena Polioni, 1630-1631
34 - Badessato di suor Maria Giulia Bussi, 1776-1778
35 - Badessato di suor Maria Aura Celeste Lozzi, 1695-1699
36 - Badessato di suor Maria Lilia Savini, 1823-1826
37 - Badessato di suor Teresa Marianna Capalti, 1787-1789
38 - Badessato di suor Giacinta Teresa Polidori, 1796-1798
39 - Badessato di suor Maria Innocenza Stagnari, 1784-1786
40 - Badessato di suor Anna Maria Caterina Veltri, 1781-1783
41 - Badessato di suor Maria Angelica Innocenti, 1666-1668
42 - Badessato di suor Maria Rosa, 1657-1659
43 - Badessato di suor Maria Orsola Rosolini, 1636-1637
44 - Badessato di suor Maria Maddalena Polioni, 1643-1644
45 - Badessato di suor Anna Caterina Angelica Bussi, 1683-1685
46 - Badessato di suor Maria Margherita Polidori, 1763-1765
47 - Camerlengato di suor Maria Lilia Savini, 1805-1807
48 - Badessato di suor Anna Maria Caterina Veltri, 1772-1774
49 - Badessato di suor Maria Vittoria Mussi, 1680-1684
50 - Badessato di suor Rosa, 1808-1810
51 - Badessato di suor Efigenia Filagia Cavicchioni, 1731-1733
52 - Badessato di suor Chiara Isabella De Vecchis, 1820-1823
53 - Badessato di suor Chiara Isabella De Vecchis, 1802-1804
54 - Badessato di suor Maria Maddalenna Polioni, 1634-1635
55 - Badessato di suor Maria Lucida Benedetti, 1674-1676
56 - Badessato di suor Maria Rosa Polidori, 1838-1841
57 - Badessato di suor Maria Rosa Margherita Polidori, 1838-1841
58 - Badessato di suor Maria Vittoria Mussi, 1695-1697
59 - Badessato di suor Brigida Celeste Scarinci, 1706-1708
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60 - Badessato di suor Chiara Francesca Rosa Nuti, 1680-1695
61 - Badessato di suor Caterina Guicciardi, 1645-1646
62 - Badessato di suor Giacinta Vittoria Romanelli, 1703-1705
63 - Badessato di suor Giulia Bussi, 1748-1750
64 - Badessato di suor Maria Innocenza Stagnari, 1778-1780
65 - Badessato di suor Felice Maria Orsetti, 1719-1721
66 - Badessato di suor Efigenia Cavicchioni, 1715-1718
67 - Libro dei depositi delle monache di Santa Rosa, 1612
68 - Camerlengato di suor Rosa Angela Moltoni, 1759-1763
69 - Libro delle licenze per l’ingresso al monastero degli estranei, 1701
70 - Instrumentum del venerabile monastero di Santa Rosa, 1784
71 - Spartiti di musica [all’interno anche l’Inno al papa Pio IX], 1861
72 - Libro del legato Canori, 1867
73 - Libro del ristretto dei conti e sentenze analoghe all’esercizio di ciascuna
badessa del venerabile monastero di Santa Rosa, 1862-1890
74 - Giornale delle spese del venerabile monastero di Santa Rosa di Viterbo,
1867-1870
75 - Giornale delle spese del venerabile monastero di Santa Rosa, 18511857
76 - Giornale delle riscossioni del venerabile monastero di Santa Rosa, 1852
77 - Libro delle riscossioni del venerabile monastero di Santa Rosa nel badessato III di suor Marianna Geltrude Savini, 1852-1862
78 - Libro degli eredi di messer Giuliano Giuliani, 1622-1628
79 - Libro dell’educandato, 1844-1889
80 - Libro delle riscossioni del venerabile monastero di Santa Rosa, 18571862
81 - Giornale delle spese del monastero di Santa Rosa, 1857-1862
82 - Libro del ristretto dei conti e decreti di uscite del venerabile monastero
di Santa Rosa di Viterbo, 1891-1906
83 - Giornale delle spese del venerabile monastero di Santa Rosa, 18441851
84 - Libro delle riscossioni del monastero, 1862-1870
85 - Libro degli eredi di Pietro Magliolini, 1624-1654
86 - Libro di compra dei luoghi dei monti, 1624-1654
87 - Cabreo [con planimetrie a colori], 1839
88 - Libro di deposito e rinvestimenti del monastero, 1844-1858
89 - Libro di amministrazione del monastero, 1848-1858
90 - Giornale di spese del venerabile monastero di Santa Rosa, 1861-1867
91 - Libro di amministrazione del monastero di Santa Rosa, 1865
92 - Libro delle pensioni vitalizie delle suore dopo la soppressione del monastero, 1873
116
93 - Sommario delle rendite del monastero di Santa Rosa di Viterbo, 18471848
94 - Sommario delle rendite del monastero di Santa Rosa di Viterbo, 1846
95 - Sommario delle rendite del venerabile monastero di Santa Rosa, 1845
96 - Sommario delle rendite del venerabile monastero di Santa Rosa, 18411851
97 - Sommario delle rendite del venerabile monastero di Santa Rosa, 18481849
98 - Libro di amministrazione del venerabile monastero di Santa Rosa,
1901-1911
99 - Sommario delle rendite del monastero di Santa Rosa, 1846-1870
100 - Sommario delle rendite del monastero di Santa Rosa, 1847
101 - Sommario delle rendite del monastero di Santa Rosa, 1874
102 - Libro di acquisto e delle entrate e uscite della campagna e della vigna,
1876-1904
103 - Registro mastro del venerabile monastero di Santa Rosa, 1899-1900
104 - Libro delle entrate del dottor Francesco Soldati, 1700
105 - Libro delle ricevute del medico del monastero, 1824
106 - Inventari dei beni del monastero [con miniature], 1727
107 - Memorie antiche del monastero, 1403
108 - Memorie segrete del monastero [frontespizio con grande miniatura],
1612
109 - Memorie della badessa suor Rosa Margherita Polidori, 1700
110 - Esazioni dei beni del monastero, 1796
111 - Inventario della sacrestia del monastero e santuario (chiesa monastica), 1862
112 - Preparazione alla Santa Messa, 1800
113 - Libro delle orazioni, 1890
114 - Libro degli uffici del monastero, 1745
115 - Libro delle entrate della sacrestia, 1746-1796
116 - Libro dei capitoli conventuali per l’accettazione delle educande, 1853
117 - Catasto del monastero, 1758
118 - Libro dei capitoli conventuali, 1670
119 - Libro delle entrate ed uscite, 1805-1807
120 - Registro dove si annotano la professione religiosa delle suore e la loro
morte, sec. XVIII
121 - Registro delle indulgenze, 1390
122 - Registro dell’Instrumentum e atti notarili, 1400-1500
123 - Registro delle ricevute dei professori dell’educandato, 1859
124 - Registro delle ricevute dei confessori e cappellani del monastero, 1850
125 - Registro della visita del cardinal Tiberio Muti, 1612
117
126 - Registro delle ricevute del macellaro, 1861
127 - Registro delle ricevute, 1880
128 - Registro dello stato attivo di Giacomo Croce, 1804-1817
129 - Particelle del Cabreo, 1786
130 - Registro delle ricevute del monastero, 1869
131 - Registro degli oneri delle Sante Messe, 1862-1873
132 - Registro di amministrazione del monastero, 1799-1801
133 - Catasto del venerabile monastero di Santa Rosa, 1780
134 - Registro di amministrazione del monastero, 1800
135 - Registro di amministrazione del monastero, 1799-1800
136 - Catasto del venerabile monastero di Santa Rosa, 1780
138 - Registro di amministrazione del monastero, 1800
139 - Registro Instrumentum del monastero, 1551
140 - Registro del badessato camerlengato di suor Maddalena Spinedi, 1557
141 - Registro di amministrazione del fondo per il culto per il monastero di
Santa Rosa, 1873
142 - Catasto del monastero di Santa Rosa, 1672
143 - Registro di amministrazione del monastero, 1748-1752
144 - Badessato di suor Barbara Rosalba Costante Pettirossi, 1734-1736
145 - Badessato di suor Angela Caterina Renzoli, 1751-1753
146 - Badessato di suor Chiara Maria Maddalena Calabresi, 1722-1724
147 - Badessato di suor Maria Agnese Celeste Delfini, 1739-1742
148 - Badessato di suor Maria Giulia Bussi, 1754-1756
149 - Badessato di suor Maria Giulia Bussi, 1745-1747
150 - Camerlengato di suor Gomesinda Maria Lancetta e suor Chiara Colomba Polidori, 1744-1776
151 - Camerlengato di suor Maria Vincenza Nelli durante il badessato di
suor Rosa Margherita Polidori, 1769-1773
152 - Registro di amministrazione dell’educandato, 1752-1759
153 - Registro di atti notarili e istrumenti del monastero, 1257-1400
154 - Lettere e trattazioni di atti notarili del monastero, 1785-1809
155 - Registro di amministrazione del Patrimonio di suor Maria Teresa Croce del fu Giacomo Croce, 1825
156 - Messa miniata di santa Rosa, 1510
157 - Registro delle spese per il restauro della chiesa del monastero, 1632
158 - Registro del processo di santa Rosa sotto il papa Callisto III, 1457
159 - Registro di atti notarili e di ricordi del notaio Honorato Ser Mattia
1598
160 - Registro di amministrazione della sacrestia del monastero, 1825-1847
161 - Catasto e ricordi del monastero, 1672
162 - Registro delle entrate e uscite del monastero, 1624-1640
118
163 - Registro delle procurazioni della campagna del monastero, 16301670
164 - Registro delle entrate e delle uscite del monastero, 1891-1901
165 - Progetto per l’ampliamento della chiesa: architetto Federici, 1845
166 - Registro Instrumentum del monastero, 1550-1560
167 - Registro delle entrate e uscite del Comitato per l’ampliamento della
chiesa, 1895
168 - Registro delle lettere riguardanti il processo di santa Rosa indetto dal
papa Callisto III, sec. XV
169 - Registro dei ricordi dei procuratori del monastero, 1457
170 - Registro degli atti notarili, sec. XIII
171 - Libro dei luoghi dei monti, sec. XVII
172 - Registro delle polizze di carte antiche raccolte dalla badessa suor Rosa
Vittoria, 1762
173 - Registro cartaceo del processo di canonizzazione di santa Rosa ordinato dal papa Callisto III, 1457
174 - Registro riguardante Santa Maria dell’Edera, 1588
175 - Registro delle memorie storiche delle visite al monastero dei sommi
pontefici e dei personaggi regali, 1798-1804
176 - Registro dei miracoli operati da santa Rosa nella città di Fabriano sotto il pontificato del papa Clemente XII, 1730
177 - Piccolo officium liturgico in onore di santa Rosa, 1520
178 - Orazioni per il triduo di santa Chiara e in preparazione alla festa del
transito di santa Rosa che si celebra ogni anno il 6 di Marzo 1800
179 - Triduo in preparazione alla festa del transito di santa Rosa, 1890
180 - Novena in preparazione del Santo Natale propria del monastero di
Santa Rosa, 1800
181 - Triduo in preparazione alla festa del padre san Francesco, 1800
182 - Officium Sanctae Rosae Virginis Viterbiensis, 1530
183 - Officium Beate Rosae Virginis di suor Chiara Bencivenni [con miniature], sec. XVI
184 - Inventario A e B - Atti notarili di acquisto e donazioni fatte al Monastero - Pergamene, fine sec. XIV
185 - Officium Sanctae Rosae Virginis Viterbiensis ad uso di suor Ursula
Russolino, 1590
186 - Orazioni per ben disporsi a ricevere l’olio santo, 1799
187 - Vita di santa Rosa di Girolamo Vittori, 1612
188 - Cabreo dei beni del monastero redatto con tutte le piante dal perito
agrimensore, sec. XVII
189 - Inventario redatto al tempo della Repubblica Romana, 1810
190 - Libro delle probande, 1890
119
191 - Libro delle monache del monastero di Santa Rosa di Viterbo - Il loro
monacato, professione e morte, 1843-1899
192 - Libro dei capitoli per le vestizione e professione, 1844-1906
193 - Busta 1
Delegazione dei cardinali e vescovi per il processo di canonizzazione
di santa Rosa - Bolle pontificie, 1457
194 - Busta 2
Lettere di amministrazione e polizze, sec. XVIII
195 - Busta 3
Ricette della spezieria del monastero, sec. XVIII
196 - Busta 4
Lettere di amministrazione di Giuliano Bindi, sec. XVIII
Lettere di Alessandro principe Orsini e del conte Cioffi, secc. XVII-XIX
Lettere di Scarinci per il signor Anselmo Orsini, 1806
Lettere del fratello della badessa suor Anna Maria Caterina Veltri alla
medesima, 1783
Lettere di Giovanni Battista Bussi al monastero, 1748, 1765, 1806
197 - Busta 5
Corrispondenza con il monastero di Giuseppe Serafini, sec. XIX
Lettere del padre Raffaele Salini con il monastero e la sorella suora del
monastero, sec. XIX
Corrispondenza di suor Maria Teresa Croce riguardo al suo patrimonio
lasciatele da suo padre Giacomo Croce e del suo passaggio al nostro
monastero dopo la soppressione della Repubblica Romana, sec. XIX
Dichiarazione della badessa suor Chiara Isabella De Vecchis, sec. XIX
Miscellanea di lettere, secc. XVII-XIX
198 - Busta 6
Miscellanea di lettere, secc. XVI-XVIII
199 - Busta 7
Miscellanea di lettere, secc. XVI-XVII e XIX
200 - Busta 8
Lettere di amministrazione, secc. XVII-XVIII
201 - Busta 9
Miscellanea di lettere, secc. XVI-XVIII
202 - Busta 10
Spartiti di musica proprie del monastero, sec. XIX
203 - Busta 11
Testamenti - Quietanze, secc. XVI-XVIII
204 - Busta 12
Atti notarili rogati sotto i badessati di suor Ricci, suor Capalti, suor
Pettirossi, suor Savini, secc. XVII-XIX
120
Istrumenti, 1600
Ricevute della badessa contessa suor Maria Innocenza Gentili, 1870
Scritti di suor Maria Teresa Croce
Visita dell’abate Damiano Stella
Atto pubblico del signor Bertarelli
Ricevute del medico Di Marco, sec. XIX
Lettere del signor Pinieri, sec. XVII
Lettere del signor Sante Starnini, sec. XVII
Polizze, sec. XVII
205 - Busta 13
Lettere di amministrazione, secc. XVI-XIX
206 - Busta 14
Lettere di amministrazione sec. XVII
207 - Busta 15
Atti notarili, secc. XVI-XVIII
Lavori della cucina, 1870
Lavori eseguiti nella chiesa e nel monastero, 1800
Atti notarili rogati durante la Repubblica Romana, 1810
Ricordi dei benefìci concessi al monastero dai sommi pontefici, cardinali e vescovi, secc. XIII-XV
Cappellania Filippo Canori, 1867
Lettere, testamenti, ricognizioni dei legati delle Sante Messe, post 1870
Lettera e relazione del vescovo di Sulmona Francesco Sanlazzaro e
dei vescovi presenti al Concilio di Trento, 1546
Legati delle Sante Messe, post 1870
Lavori eseguiti nel monastero, secc. XVIII-XIX
208 - Busta 16
Particelle del catasto del monastero di Santa Rosa, 1787-1828
Particelle dell’inventario dei beni del monastero di Santa Rosa, 1653
Particelle di note sull’indulgenze, benefici e altre cose particolari concesse al monastero di Santa Rosa dai sommi pontefici
Ricordi del monastero di Santa Rosa 1500
209 - Contenitore 17
Lettere riguardanti l’educandato del monastero, 1783
Lettere del signor Raffaele Giovanni di Montalto della Marca, 1858
Corrispondenza del monastero di Santa Rosa con il monastero di
Roma e con le suore della Congregazione delle Filippine, 1863
Corrispondenza del monastero con la signora Francesca Verdesi, 1862
Corrispondenza del monastero con il signor Pietro Castori, 1873
Corrispondenza del monastero con la madre suor Agnese della Nascita di Gesù, 1636
121
Supplica del monastero di Santa Rosa a sua santità il papa Benedetto XIII perché concedesse loro l’acqua della Mazzetta, s. d. ma 17251730 ca.
Lettere di Filippo Fantungheri di Orbetello al monastero di Santa
Rosa, 1786
Corrispondenza del monastero di Santa Rosa con la signora Francesca
Viti, 1865
Corrispondenza del monastero con il signor Pietro Dumas
Corrispondenza con il monastero del signor Pietro Pietrigi, 1786
Corrispondenza con il monastero del signor Giuseppe Polidori, 1806
Supplica di suor Maria Diomira della Santa Croce superiora del monastero di Santa Maria Egiziaca di Viterbo, sec. XIX
Certificati rilasciati dai parroci al monastero di Santa Rosa e da esso
richiesti delle aspiranti monache, 1764-1854
Corrispondenza varia, secc. XVIII-XIX
Licenza rilasciata dal vescovo di Viterbo per l’ingresso al monastero
di Santa Rosa per visitare il corpo incorrotto della santa, alla signora
Bancadori Geltrude e suo seguito
Lettere di amministrazione, sec. XVIII
Corrispondenza del signor Vannuzzi con il monastero di Santa Rosa,
1581-1593
Corrispondenza con il monastero di Santa Rosa del signor De Sanctis,
1763-1798
Corrispondenza tra il monastero di Santa Rosa e il signor Filippo Martellacci, 1806
Corrispondenza tra il Frate Pietro Donini di Senigallia e il monastero
di Santa Rosa, 1827
Corrispondenza del canonico Benedetto Rampiccia con il monastero
di Santa Rosa, 1673
Corrispondenza con il canonico Filippo Ambrosi di Ascoli e con suor
Maria Chiara Isabella De Vecchis, 1802-1821
Corrispondenza del vescovo Filippo di Montalto della Marca con suor
Maria Lilia Savini
Corrispondenza tra le monache del monastero di Santa Caterina di Viterbo e il monastero di Santa Rosa
122
Fondo Moderno
Il Fondo Moderno raccoglie in maggioranza documentazione e materiale
d’archivio di vario genere che copre soprattutto i secoli XX e XXI e, in alcuni
casi, i secoli precedenti. È ancora in corso l’ordinamento del Fondo Moderno:
segue comunque un inventario sommario della documentazione archivistica relativa al monastero e al santuario, nell’intento di dare uno sguardo il più
ampio possibile sulla vita delle monache all’interno dello stesso monastero.
Numero dell’unità archivistica:
1
2
Carteggio da e per suor Primetta - Padre D’Ostilio - Monsignor Luigi
Boccadoro - Paolo Cenci - Carteggio per retrocessione monastero e santuario - Casa della fattora
Rapporti con le suore Sacra Famiglia - Convenzioni e locazioni - Riconsegna della rettoria - Abitazione del cappellano - Planimetria della parte più
antica del monastero e abitata un tempo dalle suore della Sacra Famiglia Retrocessione e consegna della rettoria da parte dello Stato Italiano
3 - Monastero di Santa Rosa:
Acqua della Mazzetta - Codice fiscale monastero - Fognatura monastero
e tubazione fontana - Passo carrabile - Casa di Santa Rosa - Tombe delle suore presso il cimitero di San Lazzaro - Barbacane - Telegrammi Case di Santa Rosa (Viterbo - Vitorchiano - Soriano) - Ostie - Tipografìe
e case editrici - Riapertura antica porta San Marco - Pozzo romano e pozzo artesiano - Riscaldamento - Nulla osta celebrazione matrimoni nella
casa di Santa Rosa
4
A - Casa del Pellegrino
B - Convenzione per l’uso pastorale del santuario - Opuscolo per la costruzione della chiesa 1845 con uno studio di Padre D’Ostilio
C - Acquisto della casa della fattora
D - Sala del Pellegrino
5 - Fatture:
Tipografia Agnesotti - Acquisto detersivi - Lavastoviglie Zanussi - Forno Sala del Pellegrino - Casa di accoglienza - Autotrasportatori - Istitu123
to di Vigilanza Privata - Telefoni e citofoni monastero - Falegname - La
Nuova Tecnica - Lux Votiva
6 - Monastero di Santa Rosa:
Cartelle personali suore - Contributi erogati alle suore
7 - Monastero di Santa Rosa:
Registri dei verbali elezioni badessa e relative relazioni
8 - Monastero di Santa Rosa:
Registri del Consiglio del monastero - Capitoli conventuali - Registro
dei permessi - Registro uffici
9 - Monastero di Santa Rosa:
Registri dei capitoli, delle vestizioni e delle professioni monastiche
10 - Monastero di Santa Rosa:
Corrispondenza: Sorelle Minori - Mofra - O.F.S. - T.O.R. - Conferenza
Francescana
11 - Album foto:
Celebrazioni solenni - Liturgie - Festa di santa Rosa - Signori cardinali
La Fontaine, Bracci, Micara, Piovanelli, Pompedda, Saraiva Martins
12 - Album fotografico della visita al monastero e santuario di Giovanni Paolo II - Incontro con i religiosi [1984]
13 - Monastero di Santa Rosa:
Album di foto: convegni della Federazione di Santa Chiara d’Assisi
14 - Santuario di Santa Rosa:
Album di foto: celebrazione liturgiche dei vescovi diocesani
15 - Monastero di Santa Rosa:
Album di foto: ricognizioni del corpo di santa Rosa
16 - Monastero di Santa Rosa:
Album di foto: ambienti del monastero
17 - Monastero di Santa Rosa:
Album di foto: Azione Cattolica Italiana e incontri vari
124
18 - Monastero di Santa Rosa:
Album di foto: corteo storico di santa Rosa e boccioli di santa Rosa
19 - Album di foto: visite personaggi illustri e presidenti della Repubblica Italiana.
20 - Santuario di Santa Rosa:
Album di foto: matrimoni celebrati nella nostra chiesa
21 - Monastero di Santa Rosa:
Società artigiane di sartoria e maglieria: Scontrini e fatture - Ricevute di
acquisto - Vidimazione bolla - Registri di carico e scarico delle fatture
dei corrispettivi
22 - Monastero di Santa Rosa:
Società Artigiane di maglieria e sartoria: Dichiarazione dei redditi I.V.A. - I.N.P.S. - Numeri di codice fiscale e di partita I.V.A.
23 - Monastero di Santa Rosa:
Personale del monastero
24 - Copie di documenti relativi al monastero e santuario [1926-1972] - I
25 - Copie di documenti relativi al monastero e santuario [1973-2002] - II
26 - Bollette:
Telecom Italia - Sicea - Enel
27 - Bollette:
Camuzzi
28 - Contratti:
Telecom Italia - Camuzzi - Sicea - Enel
29 - Caldaie a metano - Parafulmini - Assicurazioni - Campioni cartoline della chiesa e del monastero - Impronta timbri monastero - Fiat 127 - Ape
50
30 - Abbonamenti a periodici e associazioni
31 - Fatture:
Ricordini - Cera - Beni e prodotti in omaggio
125
32 - Monastero di Santa Rosa:
Fatture alimentari
32 - Monastero di Santa Rosa:
Lavori urna contenente il corpo di santa Rosa
34 - Monastero di Santa Rosa:
Provincia Romana dei Frati Minori Conventuali: Circolari del ministro
provinciale - Cartelle frati / clarisse - Necrologi - Servo di Dio Padre
Quirico Pignalberi - Varie
35 - Decreti Liturgici - Messa - Antifone - Inni in onore di santa Rosa - Facoltà messa votiva - Altare e coro - Organo e Concerti
36 - Monastero di Santa Rosa:
Suor Dolores: Documenti personali - I.V.A. - Redditi
37 - Monastero di Santa Rosa:
Suore: Dichiarazione dei redditi - I.N.P.S. - Cassa Mutua Malattia Artigiani, pensioni artigiani
38 - Santuario di Santa Rosa:
Riscaldamento - Campane - Confessori - Cappellani - Scalinata - Loculo
del vescovo Adelchi Albanesi - Via Crucis - Organo - Scala aerea Svelt
- Vetri istoriati
39 - Monastero di Santa Rosa:
Federazione di Santa Chiara delle monache Clarisse d’Italia: Circolari Decreti Santa Sede
40
A.
B.
C.
D.
E.
F.
Dichiarazione del monastero di Santa Rosa a Monumento Nazionale
Legali rappresentanti
Carteggio da e con il generale signor Giuseppe Grispigni
Riconoscimento della personalità giuridica al monastero
Riconoscimento della personalità giuridica al santuario
Iscrizione dell’ente monastero nel registro delle persone giuridiche del
Tribunale di Viterbo
G. Iscrizione dell’ente santuario nel registro delle persone giuridiche del
Tribunale di Viterbo
H. Creazione dell’ente monastero ed estinzione dell’ente santuario
I. Prefettura di Viterbo: rilevazione degli enti cattolici
126
41 - Monastero di Santa Rosa:
Federazione di Santa Chiara delle monache Clarisse d’Italia: Corsi Convegni - Circolari presidente federale
42 - Santuario di Santa Rosa:
Lavori di consolidamento della chiesa di Santa Rosa - Rinnovamento
della copertura della cupola con lastre di piombo [1931-1935]
43 - Monastero di Santa Rosa:
Legati: Palmira Maria Francesca Giannasi - Bianca Maria Pollini - Fidalma Taurchini - Cardinale Francesco Bracci - Luciano Corati - Maria
Armani Vedova Oberziner - Anna Rosetto - Angela Guerci - Rosa Grossi - Maria Gargana - Cesare Giustini - Angela Maria Carletti Duri - Suor
Maria Gabriella Grispigni - Valtieri Duri - Anna Mognetti - Maria Luisa
Mercanti Vedova Gentili - Marsilia Gatti Vizzardelli
Rinunce a legati: Rosa Zanobbi Vedova Viale - Suor Rosa Giacinta Di
Francesco
44 - Monastero di Santa Rosa:
Beni Immobili - Via San Marco, Via Chiusa, Via Casa di Santa Rosa: Acquisti - Sfratti - Alienazioni [con visure e planimetrie]
45 - Monastero di Santa Rosa:
Planimetrie varie monastero - Planimetrie catastali Visure catastali
46 - Monastero di Santa Rosa:
Corrispondenza del monastero con monasteri situati nelle varie parti del
mondo e con vescovi, laici e religiosi all’estero
47 - Monastero di Santa Rosa:
Leggende e storia del monastero - Cronistoria
48 - Monastero di Santa Rosa:
Cronistoria del monastero
49 - Monastero di Santa Rosa:
Beati, Venerabili, Servi di Dio, scritti e testimonianze: Venerabile suor
Maria Lilia del Santissimo Crocefisso, Venerabile Armida Barelli, Giandomenico Lucchesi, Olga Biesta, Beata Elisabetta Canori Mora
50 - Monastero di Santa Rosa:
Campi-scuola vocazionali: Programmi - Nominativi - Foto - Collaboratori
127
51 - Monastero di Santa Rosa:
Noviziato: Cartelle postulanti - Novizie - Professe temporanee - Relazioni madre maestra
52 - Monastero di Santa Rosa:
Album immagini sacre antiche
53 - Monastero di Santa Rosa:
Album immagine sacre antiche
54 - Monastero di Santa Rosa:
Album immagini sacre secolo scorso
55 - Monastero di Santa Rosa:
Album foto riguardanti il monastero
56 - Album foto circostanze varie
57 - Monastero di Santa Rosa:
Album immagini di Santa Rosa del passato e del presente
58 - Album foto varie
59 - Album foto varie celebrazioni e avvenimenti
60 - Monastero di Santa Rosa:
Album foto processione del cuore di santa Rosa in città
61 - Monastero di Santa Rosa:
Album di cartoline e biglietti antichi
62 - Monastero di Santa Rosa:
Album foto aspiranti
63 - Monastero di Santa Rosa:
Album foto ambienti interni del monastero
64 - Album foto dei lavori eseguiti nel santuario e nel monastero
65 - Santuario di Santa Rosa:
Foto incontro delle religiose con Giovanni Paolo II nel santuario di Santa Rosa [1984]
128
66 - Foto manifestazione varie nel santuario e nel monastero
67 - Monastero di Santa Rosa:
Articoli di giornali: Pro Orantibus - Gemellaggio Suore Serve di Maria
Riparatrice - Osservatore Romano - Concordato tra Stato Italiano e Chiesa Cattolica
68 - Santuario di Santa Rosa:
Matrimoni celebrati nel santuario - Nulla osta per la celebrazione dei
matrimoni nel santuario - Nulla osta per la celebrazione dei battesimi nel
santuario - Convenzione con il Comune di Viterbo per la custodia e la
pulizia dei bagni del santuario
69
A. Inventario fotografico santuario e monastero elaborato dalla Regia Sovrintendenza (con nota del 1983)
B. Inventario fotografico descrittivo del santuario e della casa di Santa Rosa
elaborato dalla Regia Sovrintendenza
C. Inventario fotografico descrittivo del santuario e della casa di Santa Rosa
elaborato dalla Regia Sovrintendenza
D. Inventario fotografico dipinti su tela e suppellettili liturgiche
E. Inventari cartacei e fotografici ex-voto e arredi chiesa
70 - Azione Cattolica Italiana:
Mario Fani - Relazioni del monastero con l’Azione Cattolica Italiana e
i suoi presidenti e assistenti ecclesiastici - Tomba di Mario Fani nel santuario
71 - Santuario di Santa Rosa:
Area presbiterale - Altare - Riscaldamento - Beni mobili - Altare ligneo
coro - Confessionali - Ostensorio grande d’argento - Tabernacolo con 2
porticine - Ostensorio mariano - Statua lignea Madonna di Loreto - Quadro da riscattare - Pulpito in legno - Incisione presso urna - Banchi chiesa
72 - Anno Santo:
Celebrazioni nel santuario dei pellegrini di passaggio e sua nomina a
chiesa giubilare - Anno Santo 1933, 1950, 1975, 1983, 2000
73 - Monastero di Santa Rosa:
Beato Giovanni XXIII: Benedizione autografa - Il Concilio Vaticano II
e i suoi discorsi
129
74 - Monastero di Santa Rosa:
Documenti e stampati pontifici e vescovili: Encicliche - Messaggi Istruzioni - Criteri direttivi - Costituzioni Apostoliche - Discorsi - Lettere apostoliche - Indulgenze plenarie - Esortazioni apostoliche - Orientamenti - Lettere pastorali - Testamenti spirituali
75 - Monastero di Santa Rosa:
Corrispondenza varia: Carteggio con i sommi pontefici - Carteggio con
vescovi, arcivescovi, cardinali - Carteggio con Anna Maria Vacca - Ufficio Diocesano per la Vita Consacrata - Congregazione per gli Istituti di
Vita Consacrata - Questionario della Segreteria di Stato Vaticano - Conferenza Episcopale Italiana
76 - Monastero di Santa Rosa:
Articoli di giornali, fotografie, cartoline: Papa San Pio X - Papa Paolo
VI - Papa Giovanni Paolo I - Papa Giovanni Paolo II - Arcivescovo Luigi Bentivoglio - Cardinale Francesco Bracci
77 - Monastero di Santa Rosa:
Don Alceste Grandori - Mario Fani - Cardinale Pietro La Fontaine - Madonna della Quercia - San Crispino da Viterbo - Azione Cattolica Italiana
78 - Monastero di Santa Rosa:
750o anniversario della morte di Santa Chiara - VIII centenario della nascita di Santa Chiara - Iniziative varie per il pellegrinaggio della reliquia
della Santa nella nostra città
79 - A - 750o anniversario della nascita di santa Rosa [1983] - 750o anniversario della morte di santa Rosa - Bolla pontificia della proclamazione di
santa Rosa a patrona dei fiorai del Lazio - Manifestazioni e celebrazioni
nella città e diocesi - Processione per la città con il corpo di santa Rosa e
sua ostensione nel santuario di santa Rosa
80 - B - 750o anniversario della nascita di santa Rosa [1983] - 750o anniversario della morte di santa Rosa - Bolla pontificia della proclamazione di
santa Rosa a patrona dei fiorai del Lazio - Manifestazioni e celebrazioni
nella città e diocesi - Processione per la città con il corpo di santa Rosa e
sua ostensione nel santuario di santa Rosa.
81 - Monastero di Santa Rosa:
Badessato [1988-1994, 1997-2000]
130
82 - Monastero di Santa Rosa:
Badessato [1994, 1997-2000]
83 - Documenti a stampa:
Visita Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro [13 dicembre
1994]
84 - Santuario di Santa Rosa:
Registri di celebrazione delle Sante Messe - Registro delle firme dei celebranti
85 - Monastero di Santa Rosa [I]:
Documentazione retrocessione monastero
86 - Monastero di Santa Rosa [II]:
Documentazione retrocessione monastero
87 - Archivio del monastero e santuario di Santa Rosa - Rapporti con l’Archivio di Stato di Viterbo e Ministero dei Beni Culturali
88 - Registro delle firme dei visitatori dei vescovi e padri conciliari al tempo
del Concilio Ecumenico Vaticano II
89 - Monastero di Santa Rosa:
Registro delle firme dei visitatori della casa di Santa Rosa
90 - Santuario di Santa Rosa:
Registri delle firme dei visitatori del santuario
91 - Santuario di Santa Rosa:
Registri delle firme dei visitatori del santuario
92 - Santuario di Santa Rosa:
Registri delle firme dei visitatori del santuario
93 - Monastero di Santa Rosa:
Registri delle firme dei visitatori della casa di Santa Rosa
94 - Monastero di Santa Rosa:
Cliché su Santa Rosa
131
95 - Monastero di Santa Rosa:
Autentiche dei vescovi Adelchi Albanesi, Luigi Boccadoro, Fiorino Tagliaferri per le reliquie di santa Rosa
96 - Stampo in metallo del particolare del volto di santa Rosa dello scultore
Francesco Messina e sua documentazione - Donazione della figlia dello
scultore della statua marmorea della santa al monastero
97 - Monastero di Santa Rosa:
Foto di Santa Rosa - Campionario immagini e cartoline
98 - Monastero di Santa Rosa:
Campioni immagini piccole di Santa Rosa - Vecchie cartoline
99 - Monastero di Santa Rosa:
Teline stampate della fine del sec. XIX con l’immagine di santa Rosa
100-Monastero di Santa Rosa:
Medaglie grandi e piccole in cera con immagini in bassorilievo di vario
tipo - i cosiddetti Agnus Dei
101-Monastero di Santa Rosa:
Velo, soggolo, cuffia e misura del corpo di santa Rosa
102-Monastero di Santa Rosa:
Misura della mano e dei piedi di santa Rosa con autentiche antiche in uso
delle badesse dell’epoca [1770-1890]
103-Monastero di Santa Rosa:
Diapositive della vita di santa Rosa e di alcune opere pittoriche nel mondo
104-Monastero di Santa Rosa:
Autentiche per reliquie ex-abito, ex-velo di santa Rosa ad uso delle badesse
105-Monastero di Santa Rosa:
Antiche autentiche per i cuscinetti e l’abito di santa Rosa
106-Monastero di Santa Rosa:
Zucchetti dei sommi pontefici Pio XII e Giovanni Paolo II
132
107-Monastero di Santa Rosa:
Misura in rame delle mani e dei piedi di santa Rosa
108-Monastero di Santa Rosa:
Cuscinetti e rose di santa Rosa
109-Santuario di Santa Rosa:
Registri delle firme dei visitatori del santuario
110-Materiale documentario relativo alla visita di Giovanni Paolo II al monastero e al santuario [1984]
111-Fotocopie riguardanti documenti vari sulla chiesa e il monastero dopo il
1870 - Traduzione dal latino delle pergamene del Consiglio dei Ventiquattro e dei Quaranta fatto dal Comune di Viterbo con giuramento per
la luminaria e la festa religiosa di santa Rosa [1512] - Offerta della cera
al monastero in detta festa
112-Monastero di Santa Rosa:
Articoli di giornali riguardanti la festa di santa Rosa, patrona della città di Viterbo
113-Monastero di Santa Rosa:
Vari spartiti di musica in uso nel monastero
114-Lavori effettuati nel santuario e nel monastero.
115-Monastero di Santa Rosa:
Amministrazione - Registri entrate e uscite - Matrici libretti assegni Poste Italiane, Ca.Ri.Vit., Banco di Brescia - Consigli sull’amministrazione dei beni ecclesiastici
116-Monastero di Santa Rosa:
Immagini e foto al laser su santa Rosa
117-Monastero di Santa Rosa:
Autorizzazioni varie e stampati riguardanti santa Rosa
118-Monastero di Santa Rosa:
Articoli di giornali e stampati relativi alla festa di santa Rosa
133
119-Monastero di Santa Rosa:
Festa di santa Rosa 4 Settembre: Lettere varie - Attività da svolgersi in
tale circostanza - Audio cassette per la processione - Inni di santa Rosa
per banda musicale
120-A - Monastero di Santa Rosa:
Ricognizione del corpo di santa Rosa [1998]
120-B - Monastero di Santa Rosa:
Studio effettuato sul corpo di santa Rosa durante la ricognizione del 1998
- Diapositive dell’endoscopia e radiografie - Foto e documenti vari
121-Monastero di Santa Rosa:
Festa del 6 Marzo: Lettere da redigersi in tale circostanza - Festa dei boccioli e di tutti i bambini
122-Monastero di Santa Rosa:
Attività varie ricreative e non in uso nel monastero
123-Monastero di Santa Rosa:
Monografia di santa Rosa del professor Mario Signorelli [1962] - Lettera autografa del professor Mario Signorelli - Fotocopie di biografie antiche della santa - Pergamene e partiture del Mistero di Santa Rosa di Albino Varotti
124-Monastero di Santa Rosa:
Biografie di santa Rosa (in fotocopia)
125-Monastero di Santa Rosa:
Biografie di santa Rosa e panegirici antichi (in fotocopia)
126-Monastero di Santa Rosa:
Biografie antiche di Santa Rosa (in fotocopia)
127-Monastero di Santa Rosa:
Liturgia delle ore in onore di santa Rosa - Articoli di giornale e opuscoli
vari riguardanti santa Rosa - Dischi sulla vita di Santa Rosa
128-Monastero di Santa Rosa:
Tavole sulla vita di santa Rosa dei signori Soffiantini, Cenci e Conti
134
129-Monastero di Santa Rosa:
Registri delle ricognizioni fatte sul corpo di santa Rosa [1921, 1962,
1983, 1991, 1998]
130-Monastero di Santa Rosa:
Biografie antiche di santa Rosa (in fotocopia)
131-Monastero di Santa Rosa:
Stralcio del diario della fondatrice delle Suore Serve di Maria Riparatrice - Lettera sulla visita alla santa di Silvio Pellico e della contessa di Barolo
132-Monastero di Santa Rosa:
Biografie antiche di santa Rosa (in fotocopia)
133-Monastero di Santa Rosa:
Libro dei miracoli di santa Rosa di padre Ernesto Piacentini - Discorsi
della presentazione del libro - Foto, veline e testo
134-Monastero di Santa Rosa:
Minifacchini: Opuscoli e articoli di giornale
135-A - Monastero di Santa Rosa:
Facchini di santa Rosa e macchina di santa Rosa: Foto, libri e francobolli sulla macchina e sui facchini
136-Monastero di Santa Rosa:
Santa Rosa patrona dei fiorai del Lazio - Documenti vari - Lettere dei floricultori e fiorai
137-B - Monastero di Santa Rosa:
Facchini di santa Rosa e macchina di santa Rosa: Disegno originale Volo
d’Angeli di Giuseppe Zucchi - Riviste, foto e libri
138-A - Monastero di Santa Rosa:
Corteo storico di santa Rosa: Registro di amministrazione - Lettere varie
139-A- Monastero di Santa Rosa:
Boccioli di santa Rosa: Concorso - Disegni e temi
135
140-B - Monastero di Santa Rosa:
Boccioli di santa Rosa: Articoli di giornale - Disegni - Varie - Biografie
della santa per bambini
141-C - Monastero di Santa Rosa:
Boccioli di santa Rosa: Concorso scolastico - Temi, disegni e poesie
[1988]
142-B - Monastero di Santa Rosa:
Corteo storico: Domande contributi - Parte artistica, storica e religiosa
143-C - Monastero di Santa Rosa:
Corteo storico di santa Rosa: Tavole e disegni originali dei figuranti del
corto storico - Architetto Alberto Stramaccioni
144-Monastero di Santa Rosa:
Origine del monastero - Relazioni - Statistiche - Cronistoria del riscatto del monastero - Decreti - Adesione alla Federazione - Corrispondenza con vari monasteri
145-Monastero di Santa Rosa:
Regolamento interno - Registro dei verbali dei Consigli del monastero
anno [1967-1978]
146-Monastero di Santa Rosa:
Regola - Costituzioni - Direttorio - Statuti dell’Ordine di santa Chiara
147-Monastero di Santa Rosa:
Noviziato - Regolamento - Rituali liturgici
148-Monastero di Santa Rosa:
Frati Minori Conventuali: Missioni - Corrispondenza con i frati di Malta
- Missione Indiana - Missioni italiane all’estero
149-Monastero di Santa Rosa:
Registro dei Consigli del monastero - Capitoli Conventuali - Orario del
monastero
150-Monastero di Santa Rosa:
Federazione Italiana Santa Chiara d’Assisi: Necrologi - Federazione
136
151-Monastero di Santa Rosa:
Legati - Lasciti
152-Monastero di Santa Rosa:
Ordine delle Clarisse: Statistica Generale - Album Clarisse - Manuale di
preghiere - Stampa
153-Monastero di Santa Rosa:
San Massimiliano Kolbe: Materiale riguardante il santo - Padri Conventuali - Basilica di San Francesco alla Rocca in Viterbo
154-Santuario di Santa Rosa:
Restauri eseguiti nel santuario - Foto dei lavori e degli affreschi - Restauro della cupola del santuario e di tutti gli affreschi [1996-1997]
155-Monastero di Santa Rosa:
Federazione di Santa Chiara d’Assisi: Circolari con breve biografia delle sorelle defunte della Federazione
156-Monastero di Santa Rosa:
Federazione di Santa Chiara d’Assisi: Foto delle suore in varie manifestazioni
157-Monastero di Santa Rosa:
Federazione di Santa Chiara d’Assisi: Statistica Generale - Statuti Federali - Atti e convegni - Cenni storici dei monasteri - Direttorio [19691971]
158-A - Monastero di Santa Rosa:
Cartelle delle sorelle defunte del monastero - Circolari - Cenni biografici
158-B - Monastero di Santa Rosa:
Cartelle delle sorelle defunte del monastero - Circolari - Cenni biografici - Piccoli scritti personali
159-Monastero di Santa Rosa:
Assistente religioso e delegato della Federazione e dell’Ordine - Corrispondenza - Circolari
137
160-Monastero di Santa Rosa:
Frati Minori Conventuali: Corrispondenza - Circolari della Curia Generale - Curia Provinciale - Convento di Viterbo - Stampa francescana
161-Monastero di Santa Rosa:
Federazione di Santa Chiara d’Assisi: Noviziato - Cartelle personali delle novizie - Orari - Programmi formativi e giornalieri - Rituali - Vestizione - Professione religiosa - Corrispondenza con i superiori e con i monasteri di origine delle Novizie - Relazioni madre maestra
162-Monastero di Santa Rosa:
Federazione di Santa Chiara d’Assisi: Corsi di Formazioni - Convegni Assemblea Federale
163-A - Monastero di Santa Rosa:
Suor Maria Immacolata Virdis - Diario
163-B - Monastero di Santa Rosa:
Suor Maria Immacolata Virdis - Lettere - Altri scritti - Piccola biografia
164-Monastero di Santa Rosa:
Progetto e lavoro nuova cucina [2002]
165-Monastero di Santa Rosa:
Registro delle entrate e delle uscite del monastero [1998-2000]
166-Monastero di Santa Rosa:
Progetto e lavori casa di accoglienza [1995]
167-Monastero di Santa Rosa:
Registro delle entrate ed uscite del monastero [1957-1958]
168-Monastero di Santa Rosa:
Amministrazione - Registro del badessato di suor Maria Innocenza Ferri [1923]
169-Monastero di Santa Rosa:
Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [1962]
170-Santuario di Santa Rosa:
Registro delle celebrazioni delle Sante Messe [1954]
138
171-Monastero di Santa Rosa:
Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [19561957]
172-Monastero di Santa Rosa:
Registro di amministrazione del monastero entrate e uscite [1960-1962]
173-Monastero di Santa Rosa:
Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [l974-1978]
174-Monastero di Santa Rosa:
Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [19581960]
175-Monastero di Santa Rosa:
Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [19781986]
176-Monastero di Santa Rosa:
Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [19701974]
177-Monastero di Santa Rosa:
Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [19661970]
178-Monastero di Santa Rosa:
Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [19621966]
179-Monastero di Santa Rosa:
Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [19841994]
180-Monastero di Santa Rosa:
Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [19951997]
139
Appendice
Inventario delle pergamene del monastero delle Clarisse di Santa Rosa
di Viterbo, attualmente ospitate presso l’Archivio di Stato di Viterbo
Pergamene n. 52 (1204 agosto 21 - 1452 marzo 12)
Numero della pergamena:
1 - 1204 agosto 21, Viterbo - mm. 133 x 349
Alcune donne vendono due pezzi di terra al prete di Sant’Angelo in Spatha,
in località Mura Materna, per 42 libbre di denari senesi.
2 - 1255 agosto 11, Anagni - mm. 647 x 744
Papa Alessandro IV prende sotto la sua protezione il monastero di Santa Maria (Santa Rosa).
3 - 1259 marzo 27, Viterbo - mm. 203 x 327
Letizia e Pisana, e altri, cedono alla madre, a titolo di restituzione della di lei
dote, la metà di un campo in località Valle di Castiglione.
4 - 1278 gennaio 9, Viterbo - mm. 185 x 508
Giordano vende a Pietro un pezzo di terra in località Celleno.
5/A - 1285 marzo 21, Viterbo - mm. 197 x 376
Pietro di Vico, d’intesa con fra’ Angelo da Rieti OFM, vende a Mattarozzo di
Giovanni da Viterbo terreni confiscati a Burgundione eretico.
5/B - 1289 ottobre 17, Viterbo - mm. 167 x 435
Mattarozzo di Giovanni da Viterbo vende a Gerardo di Giovanni di Oriente
terreni confiscati a Burgundione.
6/A - 1287 giugno 11, Viterbo - mm. 260 x 574
Ponzardo de’ Pulci, podestà di Viterbo, d’intesa con altri (due frati minori inquisitori), vende beni di Guldetto di Pietro.
6/B - 1288 maggio 27, Viterbo - mm. 300 x 360
Pietro del fu Angelo della Valle vende ad altri i beni dell’eretico Guldetto.
7 - 1295 aprile 6, Viterbo - mm. 375 x 667
Vendita di un campo in Pian del Salice (Rivo Merlo). Nomina di un procuratore e di un nuntius.
140
8 - 1295 giugno 16, Viterbo - mm. 96 x 319
Protesta per la mancata vendita di un fondo in località Riona.
9 - 1296 febbraio 21, Viterbo - mm. 249 x 531
Vendita di una casa in località San Biagio.
10 /A - 1296 marzo 6, Viterbo - mm. 287 x 611
Vendita di beni immobili ereditali posseduti in comunione pro indiviso.
10/B - (s. d., ma post 1296 marzo 6), Viterbo - mm. 192 x 541
Vendita di beni immobili in comunione pro indiviso con il precedente.
11 - 1296 ottobre 6, Viterbo - mm. 143 x 484
Due fratelli e un terzo costituiscono proprietario di immobili fra’ Simone [Offreducci], già vescovo di Assisi.
12 - [1296] dicembre 11, Viterbo - mm. 162 x 240
Un affittuario deposita il rispettivo canone di una vigna presso il notaio, perché il proprietario rifiuta di riceverlo.
13 - 1298 ottobre 9, Viterbo - mm. 293 x 420
Si riceve denaro per dote.
14 - 1299 febbraio 18, Viterbo - mm. 357 x 524
Vendita di un terreno.
15 - 1299 marzo 23, Viterbo - mm. 209 x 549
Vendita di una vigna.
16 - 1307 agosto 1, Viterbo - mm. 189 x 283
Conferimento di una casa in località Orto Sant’Angelo.
17 - 1316 settembre 20, Viterbo - mm. 313 x 818
Testamento di Benencasa, detto anche Casella (con lasciti in denari paparini,
suppellettili, immobili).
18/A - 1317 maggio 2 - 1317 maggio 25, Viterbo - mm. 170 x 865
Istanza contro terzi per ricevere pagamento di affitto e restituzione di casa.
Procedimento penale relativo.
18/B - 1317 maggio 4, Viterbo - mm. 170 x 560
Contestazione di un’istanza per il possesso di una casa.
141
18/C - 1317 maggio 30, Viterbo - mm. 160 x 281
Esposizione dei fatti dell’istanza precedente.
19 - 1319 luglio 14, Viterbo - mm. 331 x 700
Vendita di una vigna.
20 - 1328 febbraio 19, Viterbo - mm. 276 x 614
Vendita di un pezzo di terra in località Montegiberto.
21 - 1328 maggio 4, Viterbo - mm. 215 x 495
Ricevuta di dote.
22 - 1329 dicembre 24, Viterbo - mm. 202 x 287
Divisione di beni immobili fra tre fratelli.
23 - 1333 aprile 25, Viterbo - mm. 267 x 527
Vendita di un terreno in località Campolungo.
24 - 1334 giugno 1 - 1334 giugno 7, Viterbo - mm. 135 x 556
Ingiunzione del console di Viterbo di restituire quattro scodelle di grano (misura di Montefiascone), dieci mediali e mezzo (misura di Viterbo) e otto soldi in denari paparini.
Autorizzazione per atti esecutivi e su beni per mancato pagamento.
25 - 1339 marzo 13, Viterbo - mm. 414 x 627
Divisione di beni fra eredi.
26/I - 1344 maggio 14, Viterbo - mm. 157 x 667
Ingiunzione di tre giorni per presentare ragioni in causa per beni di un minore.
26/II - 1344 maggio 21, Viterbo - mm. 160 x 556
Presentazione di eccezioni.
26/III - 1344 maggio 26, Viterbo - mm. 170 x 655
Sono respinte.
27 - 1344 giugno 23, Viterbo - mm. 400 x 625
Vendita di una casa in Viterbo.
142
28 - 1345 novembre 22, Avignone - mm. 435 x 317
Il cardinale Bertrando de Deaux, per ordine di Clemente VI, dispensa le Clarisse di Santa Rosa dal pagamento delle decime e delle contribuzioni per i legati e nunzi apostolici, fino a quando non avrà esaminato i privilegi in base ai
quali esse hanno fatto tale richiesta.
29 - 1346 marzo 12, Viterbo - mm. 193 x 528
Concessione in soccida di un bovino per tre anni (dietro pagamento).
30 - 1348 agosto 6, Viterbo - mm. 180 x 319
Testamento contenente lascito al vescovo di Viterbo e ad altro erede.
31 - 1360 dicembre 19, Viterbo - mm. 160 x 767
Vendita di un terreno con nomina di un procuratore.
32 - 1369 giugno 12, Viterbo - mm. 175 x 493
Ricorso in appello alla Santa Sede contro sentenza del vescovo di Viterbo.
33 - 1378 febbraio 24, Viterbo - mm. 174 x 757
Dote al futuro marito.
34/A - 1388 gennaio 28 - 1388 gennaio 29 - 1388 gennaio 31, Viterbo - mm.
218 x 700
Autorizzazione ad una vedova di vendita all’asta per conto di minore.
Acquisto di un terreno.
Riferimento sempre allo stesso acquisto.
34/B - 1388 febbraio 1, Viterbo - mm. 233 x 660
La stessa vende un terreno del minore.
35 - 1388 novembre 4, Viterbo - mm. 234 x 698
Vendita per conto di parenti di un pezzo di terra in Pian delle Sterpaglie.
36 - 1392 gennaio 5, Viterbo - mm. 212 x 491
Testamento di una vedova con lasciti vari (in fiorini, denari, paparini, beni immobili).
37 - 1403 novembre 19 - mm. 249 x 606
Vendita di casa in San Luca.
143
38 - 1406 ottobre 15, Roma - mm. 395 x 436
Inhibitio extra curiam emessa in causa tra un prete da una parte e priore e capitolo di Sant’Angelo in Spatha dall’altra.
39 - 1429 agosto 17, Viterbo - mm. 260 x 434
Testamento di vedova con lascito ad altra donna e al vescovo di Viterbo.
40 - 1452 marzo 12, Viterbo - mm. 396 x 490
Vendita di casa in Santa Maria in Poggio e suo trasferimento ad altro da parte del nuovo proprietario.
144
Sezione
anai
Emilia Romagna
Comune di Fiorano Modenese
Assessorato alle
Politiche Culturali
Soprintendenza
Archivistica
per l’Emilia Romagna
Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici
vite consacrate. gli archivi
delle organizzazioni
religiose femminili
Atti della giornata di studi
di Ravenna (28 settembre 2006)
e di Ravenna (28 settembre 2006)
a cura di Enrico Angiolini
mucchi editore
Claudia Baldini
Gli archivi delle comunità religiose femminili delle
Diocesi di Ravenna e Faenza-Modigliana
Ringrazio per l’invito rivoltomi a parlare in questa sede di un argomento tanto interessante qual è il contenuto degli archivi delle comunità religiose
femminili: si tratta infatti di un mondo di storia, di curiosità anche tenere, di
drammi, di santità il più delle volte nascosta.
Dico subito che sugli archivi di molti monasteri regnerà ancora il silenzio, il mistero, dal momento che le monache hanno timore che notizie riservate vengano portate all’esterno della loro comunità. Chiamate ed educate al silenzio e alla separazione dal mondo, esse ritengono che il più assoluto riserbo
sia doveroso, indipendentemente dall’interesse storico del loro patrimonio.
Di fatto, in molti archivi, non c’è separazione fra le notizie storiche, per
così dire istituzionali, del singolo monastero e le notizie riguardanti le persone delle monache e le loro vicende personali, per cui si vogliono tutelare dall’esposizione al pubblico le vicende interne. Negli stessi necrologi che normalmente vengono diffusi nell’Ordine alla morte delle religiose, la loro storia
viene epurata e ridotta ai dati fondamentali, a meno che non si tratti di persone morte in concetto di santità, per le quali possa ritenersi possibile l’apertura di un processo canonico.
Poiché in genere le monache non sono in grado di ordinare i loro archivi, e non desiderano affidarli a mani esterne, il problema resta spesso insoluto. Alcuni archivi sono stati esaminati e parzialmente ordinati da un religioso
del medesimo ordine che, con autorità, se ne è assunto il compito.
Ricordiamo che gran parte del materiale è andato disperso nelle varie
soppressioni degli Ordini Religiosi, e, nel migliore dei casi, si ritrova, mutilo, presso gli Archivi di Stato.
Archivio del monastero delle Monache Clarisse Cappuccine di Ravenna
È un archivio di tutto rispetto, ma non accessibile. Per ammissione delle
stesse monache, esso contiene documenti manoscritti dalla fondazione (secolo XVII) in poi, salvati dalle dispersioni; essi rivestono una particolare importanza: nelle notizie del monastero che si attingono dalle carte giacenti presso
l’Archivio di Stato e l’Archivio Storico Arcivescovile di Ravenna non si tro147
vano i cognomi delle monache ma solo i nomi religiosi, per cui non si risale
alle famiglie d’origine.
I documenti conservati in monastero concernono la fondazione, avvenuta nel 1675, per opera di Giulia Pascoli, professa con il nome di suor Chiara, nella casa materna di via Cattaneo (allora detta Degli Stregoni, e poi Delle Cappuccine Vecchie). Il chiostro, soppresso nel 1810, venne poi ricostituito nel 1823 presso la chiesa di Sant’Apollinare in Veclo, per il lavoro di suor
Teresa Miani.
Archivio del monastero di Santo Stefano delle Monache Carmelitane di Ravenna
Le monache possiedono documenti risalenti all’erezione del convento
(intitolato a santa Maria Maddalena de’ Pazzi), fondato nel secolo XVII, a
monastero di clausura papale, avvenuta nel secolo XIX: le Carmelitane si trovavano allora nel monastero di Santo Stefano degli Ulivi, già appartenuto alle
Domenicane, sito in Piazza Mameli. In seguito alle successive traversie legislative, le Carmelitane vennero sloggiate e, nel ricostituire la comunità in via
Guaccimanni, portarono seco il titolo di Santo Stefano. L’archivio non è ordinato e contiene documenti che la comunità considera strettamente privati,
per cui non è accessibile.
Archivio dell’Istituto Tavelli, convento di Ravenna della Congregazione delle Vergini di san Giuseppe
Anche questo convento ha subito le conseguenze delle soppressioni, per
cui molti documenti sono andati dispersi. Sorto in via Mazzini, angolo via
Cerchio, nella casa della fondatrice, suor Andreana Tavella, l’Istituto venne
trasferito nei Chiostri Francescani e successivamente nel Palazzo Lovatelli,
sua odierna sede. Sorto come istituto di preghiera e ritiro, il convento fu configurato come Congregazione dalla madre Serafina Cardoni, che, dopo le vicende napoleoniche, accettò l’Educandato e ricevette dall’Arcivescovo monsignor Codronchi, nel 1821, il convento «già francescano nella Parrocchia
di S. Maria Maddalena in S. Francesco, in prima s. Pietro Maggiore» (cfr.
Archivio Storico Arcivescovile di Ravenna, Sacra Visita n. 34, carpetta 3).
Pare che il convento sia in possesso solo di una brevissima storia dell’Istituto, scritta da un sacerdote alla fine del secolo XIX.
148
Archivio dell’Istituto delle Suore Serve di Maria Addolorata «G. Ghiselli»
Monsignor Giorgio Ghiselli, insieme a Margherita Zamara e ad alcune
giovani, volle fondare un’istituzione per l’istruzione religiosa delle ragazze
povere; le giovani si fecero religiose assumendo il nome di Figlie dell’Addolorata. Sorto nel 1852 come Educandato per fanciulle non agiate, ed elevato a
scuola privata esterna femminile per l’istruzione elementare e l’insegnamento
dei lavori muliebri nel 1860, Margherita Zamara di Domenico, nata nel 1823
e morta nel 1880, ne fu superiora a vita. Pochi i documenti conservati.
Archivio del monastero di San Giovanni Battista delle Clarisse Cappuccine
in Bagnacavallo
Il monastero, sorto nel secolo XVIII, ebbe presto notorietà come luogo di
educazione (termine con cui si indicava uno stato di incertezza sulla destinazione delle giovani che vi erano messe, con possibilità di monacazione); lì fu
posta «in educazione» a soli quattro anni Allegra, figlia del poeta Byron, che
presto vi morì senza più rivedere alcun parente.
Nato con il titolo di San Gerolamo, il monastero ebbe varie vicissitudini
con le soppressioni napoleoniche e con le leggi Siccardi: nel tentativo di farlo sopravvivere, le monache si diedero sia a compiti educativi e di istruzione,
sia a servizi ospedalieri. Infine, la comunità si sdoppiò, e si ebbero così il monastero di San Girolamo e il monastero di San Giovanni Battista, eretto negli
edifici del soppresso monastero Camaldolese maschile. Il monastero di San
Girolamo, contando un numero esiguo di monache venne accorpato al monastero dell’Immacolata Concezione di Brescia, che conserva alcuni importanti
documenti. Del monastero di San Giovanni Battista si conoscono le vicende
della fondazione, a opera di suor Marianna del Sacro Cuore (al secolo Francesca Cavalli) e della rifondazione, dopo le soppressioni, a opera di suor Marianna Fabbri.
L’archivio è una miniera, esplorata nel 1935 dal frate minore cappuccino
padre Luigi da Gatteo, che ha riassunto le notizie essenziali in una pubblicazione dal titolo: Un’oasi nel deserto (Faenza 1935).
L’archivio del monastero contiene:
12 buste di documenti manoscritti;
Libri di vestizioni e monacazioni;
Biografie delle monache defunte;
Registri di capitoli.
149
Archivio del monastero di Santa Chiara delle Clarisse Francescane in Faenza
L’archivio conteneva in passato 8 pergamene, citate dal Tonduzzi nel secolo XVII, e libri di memorie, citati dall’agiografo faentino Magnani; erano
anche presenti bolle e brevi pontifici importanti, citati dal padre Minore conventuale Sbaraglia nella seconda metà del secolo XVIII (cfr. Bullarium Franciscanum, 1149; II 9). Le preziose carte andarono perdute, dopo che furono
consegnate all’abate G. B. Tondini.
L’archivio contiene:
Libri delle vestizioni, professioni e morti delle religiose;
Libri d’amministrazione, dal secolo XVII;
Applausi poetici per monacazioni, del secolo XVIII.
Le pergamene date all’abate Tondini vennero da lui elencate, ma non furono restituite: parte di quelle copiate dallo stesso, pare con diverse inesattezze, sono alla Biblioteca Comunale di Faenza; alcune si trovano all’Archivio
di Stato di Roma. Libri sequestrati nel 1805 sono consultabili presso l’Archivio di Stato di Faenza.
Le notizie più rilevanti della storia del monastero sono raccolte nel libro:
Memorie storiche del Convento e del Collegio di S. Chiara di Faenza (Francesco Lanzoni, a cura di Carlo Mazzotti, Bologna 1939).
Archivio del monastero di Santa Umiltà delle Monache Benedettine Vallombrosane in Faenza
Questo antico monastero, fondato da santa Umiltà nel medioevo, ha un
archivio esiguo, a motivo delle tante traversie subite dal secolo XVI in poi,
con relativi trasferimenti. Non ci sono i documenti relativi ai secoli XIV e
XV. Altre perdite si ebbero con le soppressioni.
Restano:
2 libri di Ricordanze («A», dal 1562 al 1695; «C» dal 1756 al 1797);
Vari libri di Memorie relative al secolo XIX;
10 volumi di Miscellanea;
Il Libro delle Educande;
Il libro delle monache defunte.
L’archivio è stato esaminato nel 1937-1938 da Piero Zama e da Bruno
Nediani, come si vede dal volume: Il monastero e l’educandato di S. Umiltà di Faenza (1266-1938) (Faenza 1938). Otto libri dell’amministrazione del
monastero si trovano presso la Sezione di Archivio di Stato di Faenza.
150
Archivio del monastero di San Maglorio delle Monache Benedettine Camaldolesi in Faenza
È presente nell’archivio di questo antico monastero, la cui sede originaria nel centro della città è stata abbandonata e distrutta, qualche antica pergamena in parte non decifrata e vi sono anche pregiate cinquecentine. Diversi
fondi relativi a San Maglorio si trovano alla Sezione di Archivio di Stato di
Faenza; i Regesti sono raccolti nelle «Carte Rossini» della Biblioteca Comunale di Faenza, e sono citati da B. Calati e A. Savioli in: Il Monastero camaldolese di S. Maglorio in Faenza (Faenza 1989).
Archivio del monastero di Santa Caterina delle Monache Camaldolesi in
Faenza
L’archivio è completo, dalla fondazione, avvenuta in Forlì nel secolo
XVI, al trasferimento forzato a Faenza nel 1862, prima in via Cavour, poi in
San Maglorio. In seguito ai provvedimenti governativi degli anni 1881 e 1888,
la comunità attraversò pesanti difficoltà e si stabilì poi in via Bondiolo.
Risultano presenti:
5 buste di documenti con centinaia di fascicoli;
Libri delle Vestizioni;
Libri delle monache defunte;
Memorie.
L’archivio è stato visto da Carlo Mazzotti nel 1960, che ha citato alcuni
documenti nel volume: Il Monastero di S. Caterina a Forlì e a Faenza - Memorie storiche (Faenza 1963).
Archivio del monastero della Santissima Trinità delle Monache Domenicane
in Castelbolognese
L’archivio non è accessibile: contiene carte relative alla fondazione e alla
vita della comunità dall’anno 1613.
Archivio del monastero di Santa Maria Maddalena delle Monache Agostiniane in Modigliana
L’archivio contiene un’interessante documentazione dalla fondazione,
avvenuta nel 1548, ai nostri giorni, in cui notizie riservate sono mescolate a
151
quelle più generali della storia del monastero. Le carte originali non sono state ordinate.
Purtroppo, ho potuto comunicarvi dei contenitori con scarse indicazioni dei contenuti, per i motivi che ho esposto all’inizio, per cui la brevità era
inevitabile.
152
Mariafiamma Faberi o.s.c. – M. Giovanna Cereti o.s.c.
L’archivio del monastero delle Clarisse in San Biagio di Forlì
1. Le Clarisse a Forlì
In questo fazzoletto di terra, compreso tra la piazzetta San Biagio, ora
denominata Don Pietro Garbin, e la rumorosa circonvallazione, vivono da
centoquindici anni le Sorelle Povere di santa Chiara: più di un secolo di vita
clariana incastonato nella plurisecolare e molteplice presenza francescana a
Forlì. Il monastero infatti è costituito dall’accorpamento, non poco disagevole e forzato, dei resti del distrutto convento di San Girolamo, dove per secoli hanno vissuto i Frati Minori. Qui le Clarisse approdarono nel 1892, dopo
instabili soggiorni in altri luoghi e dopo che, in nome della libertà, i governi napoleonico prima e sabaudo poi le avevano cacciate dai loro antichi monasteri di Santa Chiara e della Ripa, occupati militarmente. Romanticamente,
le chiamavano le «sepolte vive», ma la loro presenza orante e discreta ha seguito lo sviluppo della città e delle generazioni forlivesi fin dai tempi di santa
Chiara cioè fin dall’inizio dello sviluppo dell’Ordine Francescano nella Chiesa nel secolo XIII. La nascita delle Clarisse a Forlì avviene mentre è ancora
in vita santa Chiara, non molti anni dopo il loro sorgere in Assisi, presso San
Damiano.
Il primo monastero clariano a Forlì è il monastero di Santa Chiara
Le memorie più antiche delle Clarisse di Forlì sono in alcune pergamene
dell’archivio della Cattedrale. La prima è del 26 dicembre 1256: le suore di
San Damiano, capitolarmente unite in numero di 40, vendono alcuni beni all’ospedale di Santa Croce. L’altra è del 27 giugno 1257: il papa Alessandro IV
esorta il Capitolo di Forlì a non impedire che le suore di San Damiano passino da Paderno (nel rione di San Pietro) al luogo detto Gualdo (presso San Biagio) dove rimase per molti secoli il Monastero di Santa Chiara.
Santa Chiara compatrona della città di Forlì
Del periodo successivo si ha una notizia importante: Il Novacula, nella
sua cronaca, narra che
153
«nell’anno 1483 alli 11 di agosto, vigilia di S. Chiara, la città, ad un’ora
di notte venne scossa orribilmente dal terremoto [...]. Siccome le scosse continuarono per un mese circa, i cittadini, considerando che il terremoto era cominciato la vigilia di S. Chiara, invocarono la santa per essere liberati dal flagello, e risolsero di andare ogni anno in processione
il dì della festa nella chiesa del monastero, dove si sarebbe cantata solennemente la Messa» 1.
Da quel momento, santa Chiara fu eletta compatrona della città di Forlì
insieme a san Mercuriale.
Il monastero presso San Biagio fu soppresso nel 1810 e non fu più ripristinato. Nel 1484 era sorto a Forlì un altro monastero, di Santa Maria della
Ripa o della Torre, in cui erano riuniti tre gruppi di suore del Terz’Ordine:
«Dovette tal monastero la sua erezione alla serva di Dio suor Margherita Tramorti Aliotti, che impiegò in quel grandioso lavoro il suo ricco patrimonio, e a Pino Ordelaffi, che con munificenza adoperò le pingui eredità della madre e della sua seconda moglie, lasciategli appositamente
per la fabbrica di un monastero» 2.
Poiché queste suore desideravano passare al Secondo Ordine, chiesero di
fare venire alcune Clarisse dal monastero di Ferrara, che le aiutassero a seguire la regola di santa Chiara:
«La grazia fu ottenuta probabilmente anche perché era ancora in vita o
era morta da poco tempo donna Leonarda dei principi Ordelaffi, signori di Forlì (la quale era abbadessa nel monastero del Corpo di Cristo nel
1456 quando S. Caterina di Bologna fu ricercata dai magistrati di quella città...). Dieci furono le religiose inviate a Forlì e giuntevi circa il 22
marzo 1484» 3.
Archivio del monastero delle Clarisse in San Biagio di Forlì, Un secolo di vita della Comunità delle Religiose Clarisse di Forlì, p. 6. Altre notizie per gli anni 1348, 1390, 1401,
1412, 1427, 1460, 1472 e 1709 sono reperibili tramite lo Schedario Zaccaria, conservato
presso l’Archivio di Stato di Forlì, ai nn.: 6176, 6261, 6313-6315, 6345-6346.
Archivio del monastero delle Clarisse in San Biagio di Forlì, Un secolo di vita della Comunità delle Religiose Clarisse di Forlì, p. 9.
Ibidem, p. 10.
154
Suor Serafina Scanelli, clarissa di rilievo
Dopo alcuni secoli molto fiorenti, come in tutti gli altri monasteri, la
situazione cominciò a diventare critica, in seguito alle monacazioni forzate. Una nuova svolta fu data dalla serva di Dio suor Angela Serafina Scanelli (1712-1730):
«Anima ardente di zelo per la gloria di Dio, si adoperò per la riforma
del monastero, e l’avrebbe compiuta se il demonio, permettendo Iddio
per santificarla nelle contrarietà, non le avesse mosso le più aspre guerre. Ma quello che non poté fare con l’azione lo fece con la virtù; poiché dopo la sua morte immatura, commosso dalla sua ammirabile vita,
il monastero cambiò molto d’aspetto» 4.
Con la soppressione napoleonica anche queste monache, che avevano
mantenuto il nome di Francescane della Ripa per distinguersi dal già esistente monastero di Clarisse, dovettero lasciare il monastero e quasi tutte si riunirono in San Domenico, con altre monache di Ordini diversi, nel 1824:
«questa importante notizia ce la fornisce mons. Bratti il quale, pochi
mesi dopo la riapertura di S. Domenico, nella relazione della sua visita
a Roma, fatta il 19 luglio 1824, ecco come si esprime riguardo alle nostre suore: “Esiste poi un terzo che appena può dirsi monastero, poiché
solo da 3 mesi - compiuti i restauri - le monache hanno cominciato ad
entrarvi. Sono poi queste pervenute da diversi istituti e anche da diverse diocesi. Tuttavia fra loro vivono in pace e la maggior parte sono per
abbracciare la stessa regola [...] e la regola da professarsi sarà quella di
S. Chiara, a norma delle Costituzioni di Urbano IV”» 5.
Papa Pio IX visita il monastero
Le difficoltà che le monache dovettero sostenere negli anni successivi, a
causa di questa promiscuità, non furono poche, ma furono superate anche e
sopratutto con l’aiuto dei superiori. Un avvenimento degno di nota, nel 1857,
fu la visita del papa Pio IX. Ecco come una monaca, suor Matilde Mengozzi, descrive la visita:
Ibidem, p. 13.
Ibidem, pp. 26-27.
155
«Sua Santità si prese da Palazzo per venire da noi appositamente, a suono di banda. Degnossi dunque la Sua Beatitudine entrare in questo nostro
convento delle Clarisse in S. Domenico, e sull’ingresso trovò la porta
della clausura spalancata e le suore tutte inginocchiate a due ali [...]» 6.
Cacciate dal monastero di San Domenico in ventiquattro ore
Dopo questo avvenimento lieto, nel 1860 se ne registra uno molto più
doloroso: la cacciata dal monastero di San Domenico. Le forze militari del
Regno d’Italia, appena costituitosi con l’annessione dei territori dello Stato
pontificio, requisirono l’edificio per trasformarlo in caserma:
«l’improvvisa disgrazia, il dolore della partenza, la preoccupazione di
dover sgombrare in ventiquattro ore il vastissimo locale, erano cause
più che sufficienti a produrre nelle monache il più grande smarrimento, eppure, con la forza che viene dall’alto, quelle deboli creature dettero prova di coraggio e sangue freddo. Invece di perdersi in lamenti,
accettarono il colpo dalle mani di Dio, si misero attivamente al lavoro
dello sgombero con l’aiuto di operai e facchini chiamati in fretta; ma se
il loro dolore fu coraggioso non fu, per questo, meno intenso. Ignoriamo l’ora della partenza: con certezza sappiamo solamente che partirono il 18 marzo 1860, nelle vetture inviate dai nobili della città che compassionavano il caso pietoso. La sera erano tutte nel conventino dei Romiti, ristretto in pochi ambienti [...], lontano per sempre dal loro amato monastero» 7.
Pellegrine accompagnate dalla «Madonna della Ripa»
Da questo momento iniziarono una vera e propria peregrinazione per la
città. Una nota importante in questo triste momento è l’avere sperimentato
quanto era forte il legame che le univa alla Madonna, rappresentata su un affresco murale proveniente dal già citato Monastero della Ripa:
«in questo affrettato sgombero non riuscirono a far togliere l’affresco
della Madonna della Ripa, e quando più tardi cercarono di riaverlo, non
c’era più, e nessuno sapeva o voleva dire chi l’avesse tolto» 8.
Ibidem, p. 57.
Ibidem, p. 66.
Ibidem, p. 83.
156
Ma per singolare prodigio attribuito dalle Clarisse alla Vergine l’affresco
fu fortunosamente ritrovato e ridonato alle Sorelle:
«le suore ne aspettavano piene di consolazione l’arrivo, genuflesse presso il portone del monastero, e l’accolsero con lacrime di tenerezza, benedicendo e ringraziando Maria del suo pegno d’amore e di protezione
[...]. L’immagine della Vergine rimase a custodia delle sue figlie e fu il
loro rifugio e il loro conforto in quegli anni di prova» 9.
Ospitate dalle suore del Buon Pastore...
Cacciate da San Domenico, dapprima le Clarisse furono ospitate per volontà del vescovo monsignor Pier Paolo Trucchi nell’edificio in via Monsignani, già sede da qualche anno delle suore del Buon Pastore, accanto alle
quali dimorarono; l’edificio era ristretto e malsano, la sistemazione precaria
e poco idonea, quasi certamente anche la convivenza con una congregazione
di vita attiva non facile:
«il repentino passaggio da S. Domenico a questo tetro luogo, dovette
parere in principio, alle nostre suore, un brutto sogno, fu invece l’inizio di quella dolorosa Via Crucis che doveva terminare solo nel 1892.
Esse rimasero la prima volta, quasi diciannove anni, e furono tutti anni
di dolore. Quanto patissero così ristrette e sacrificate in un luogo tanto
malsano, lo dimostra il fatto che in questo periodo morirono circa trenta suore, nella maggior parte giovanissime» 10.
...poi a Faliceto
Poi esse trovarono posto nel locale demaniale presso Faliceto, un tempo
occupato dalle suore Terziarie Francescane e intitolato a santa Elisabetta:
«il nuovo monastero, posto in via Camaldolesi, era un piccolo locale
senza alcuna bellezza, ma il suo aspetto quieto ed umile dette alle pie
religiose l’idea di Nazareth, e perciò lo dedicarono alla Sacra Famiglia
[...]. In questo piccolo convento le Clarisse rimasero appena otto anni,
e neppure questi furono privi di pene. Le suore continuavano a mori Ibidem, p. 84.
Ibidem, p. 82.
10
157
re con frequenza, sebbene un po’ meno che al Buon Pastore; le giovani
che entravano erano poche» 11.
Quindi esse furono di nuovo costrette a tornare al Buon Pastore:
«Sembrava che la Comunità dovesse disfarsi, e tutti lo pensavano: nelle
medesime proposte del Vescovo (che naturalmente agiva in buona fede,
secondo il concetto che s’era formato), esse comprendevano le sue intenzioni di dividerle per sempre [...] oppure unirle alla comunità del
Buon Pastore [...]. Se avessero voluto seguire la natura, parecchie suore
avrebbero preferito la prima proposta, ma per l’amore che si portavano
tra loro, sacrificarono i particolari sentimenti al bene comune» 12.
Nell’attuale convento di San Girolamo in San Biagio
Finalmente, dopo molta sofferenza, per interessamento del vescovo Domenico Svampa, nel 1892 esse poterono trovare stabile dimora presso l’antico convento di San Girolamo dei Frati Minori Osservanti, ora detto di San
Biagio. Qui aveva tenuto una delle sue prediche san Bernardino da Siena, qui
avevano predicato pure fra Giacomo da Bologna e san Giovanni da Capestrano, e queste memorie parlavano al cuore delle Clarisse:
«se il monastero non è bello, se è povero, se bisogna assoggettarsi a
qualche mortificazione abitandolo, le Clarisse sono contente per la sicurezza che così com’è esso piace di più al loro Padre poverello del regale
convento della Ripa e di quello sontuoso di San Domenico. Lo amano
molto poi, perché è stato amorosamente preparato per loro dalla Provvidenza del buon Dio ed è stato acquistato a prezzo di dolore da tante
loro virtuose consorelle» 13.
La bomba del 10 dicembre 1944
Da questo momento cominciò per la Comunità un cammino sereno, interrotto però dai momenti tragici delle due guerre mondiali; la prima non portò disagi molto forti, mentre la seconda ebbe delle conseguenze piuttosto gra Ibidem, p. 94.
Ibidem, p. 97.
13
Ibidem, p. 101.
11
12
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vi, in quanto il monastero subì pesanti danni a conseguenza dello spostamento d’aria causato dalla bomba caduta sulla chiesa di San Biagio completamente devastata:
«questa sera, 10 dicembre 1944, alle 4,30, dopo qualche secondo di segnale della contro-aerea, tre apparecchi nemici, sorvolando la città a
bassissima quota, hanno lanciato in diversi punti della città tre bombe
ad aria compressa. Una è caduta sulla chiesa di S. Girolamo in S. Biagio, distruggendola completamente e trascinando nella rovina la canonica, il loggiato e locali annessi e tutta l’ala del convento rivolta ad est
ed adiacente alla chiesa che per lo spostamento ha ricevuto il peso della chiesa in rovina [...]. Quanta desolazione e quanto spavento! La nostra casa è tutto uno squarcio e una ferita» 14.
Successivamente vennero ricostruite, nell’arco di parecchi anni e a prezzo di grandi sacrifici, le parti del monastero andate distrutte, Anche la chiesa di San Biagio fu ricostruita, con una struttura diversa, negli anni del dopoguerra.
L’aiuto della Federazione
Negli anni Settanta la Comunità dovette affrontare una nuova prova: in
pochi anni vide morire parecchie Sorelle, senza un adeguato incremento di
nuove vocazioni. Si rivolse perciò per chiedere aiuto alla Federazione dei
Monasteri delle Clarisse (le Federazioni fra i monasteri di clausura erano da
poco istituite per esprimere una piena comunione tra i monasteri); ed essa, stimolata anche dall’intervento premuroso del vescovo di Forlì, monsignor Giovanni Proni, chiese la disponibilità di almeno due Sorelle degli altri monasteri federati. Così il 29 giugno 1980 madre Assunta Mauri, presidente della Federazione Veneto-Emilia Romagna, proveniente dal monastero di Fanano, e
suor Alessandra Tolomio, del monastero di Contarina - Porto Viro, si unirono
alle Sorelle. Contestualmente giunsero a maturazione due forti desideri della comunità:
1. il passaggio dalla giurisdizione del Vescovo a quella dei Frati Minori,
per poter esprimere con più autenticità il carisma francescano. La Sacra
Congregazione, in data 24 maggio 1980, approvava tale passaggio.
2. la comunità, che dalla fondazione aveva sempre professato la regola di
Urbano IV, chiese alla Santa Sede di poter professare la regola di santa
Dal libro delle Cronache del monastero, anno 1944, 10 dicembre.
14
159
Chiara, approvata da Innocenzo IV, che concede di non possedere nulla
nemmeno in comune. La Santa Sede, con documento datato il 28 aprile
1981, accettò la richiesta.
Di grande impulso e beneficio per una rinnovata vitalità di tutta la comunità si è rivelata anche l’esecuzione di numerosi lavori di ristrutturazione dello stabile, che tuttora stanno proseguendo, con lentezza per la mancanza di
fondi, ma con fiduciosa speranza.
2. L’archivio storico del monastero
Come si evince da questi cenni storici, il monastero delle Clarisse in San
Biagio di Forlì ha, nel suo assetto e nella sua sede attuale, una storia relativamente recente, e questo non manca di riflettersi sulla consistenza del suo archivio.
Non è in possesso del monastero alcuna documentazione diretta relativa ai secoli precedenti la soppressione napoleonica: né per quanto riguarda il monastero delle Clarisse «nel luogo detto Gualdo presso S. Biagio», né
per quanto riguarda il monastero di Santa Maria della Ripa delle Francescane, e neppure per il convento di San Girolamo in San Biagio, dei frati Minori Osservanti. Si ipotizza la possibilità di intraprendere ricerche in proposito
presso l’Archivio di Stato e presso l’Archivio Vescovile, per integrare le informazioni esistenti desunte dalla documentazione della Provincia Minoritica e dalle cronache degli storici forlivesi Novacula, Calletti, Baccarini, Bratti, Bagattoni.
I documenti cominciano con il secondo decennio del 1800. La dispersione vissuta nel corso del XIX secolo e soprattutto i diversi traslochi - di cui almeno due forzati e realizzati in tempi assai rapidi - rendono certamente ragione della frammentarietà della documentazione conservata. Lo stimolo del
presente convegno ha fornito l’occasione di intraprendere un lavoro di ricognizione e di riordino che era da lungo tempo auspicato ma, come facilmente
accade in comunità piccole, era stato finora procrastinato.
L’archivio si presentava in discrete condizioni di conservazione: i documenti, contenuti in nove raccoglitori (quasi certamente della metà del 1800),
erano custoditi nell’armadio dell’archivio, al riparo dall’umidità e dalla polvere. La sovrapposizione di etichette e scritte sul dorso dei medesimi già lasciava intuire, tuttavia, una situazione di notevole disordine. L’indice esistente non permetteva più di conoscere il contenuto, per la non corrispondenza del
materiale elencato nei fascicoli con i fascicoli esistenti, il che rendeva praticamente impossibile la fruizione dei documenti. Non c’era ormai più distinzione tra archivio storico e archivio corrente.
160
Alcuni faldoni erano fermi ad una opera di inventariazione risalente probabilmente agli anni Cinquanta del secolo scorso, testimoniata dall’uso, al
loro interno, di fascicoli con titolo manoscritto e contenuto omogeneo, che
aveva però escluso gran parte dei documenti relativi al periodo precedente
l’arrivo nella sede attuale (1892), relegandoli nel primo faldone sotto il titolo generico di «Memorie storiche», senza ordine apparente. Aveva inoltre privilegiato la documentazione istituzionale (rescritti, relazioni di visita, etc.) rispetto a quella amministrativa e contabile, e alle testimonianze interne della
vita della comunità, conservate in numero decisamente scarso.
Diversi fascicoli avevano poi continuato a ricevere documenti fino alla
soglia degli anni Ottanta, senza tuttavia che il materiale aggiunto fosse sempre omogeneo con la denominazione originaria del fascicolo. Gli ultimi faldoni contenevano materiale assai vario, degli anni Cinquanta - Settanta, accumulato in modo confuso, spesso presente in numerose copie e scarsamente significativo.
Data l’esiguità del tempo a disposizione si è pertanto deciso in primo
luogo di operare la distinzione fra «archivio storico», comprendente la documentazione fino all’anno 1940 incluso, di cui si è avviata la ricognizione, e
«archivio di deposito-corrente», al cui riordino si provvederà in un momento successivo.
All’interno dell’archivio storico si è poi scelto di operare una ulteriore
distinzione in due sezioni, corrispondenti a due periodi ben identificabili e distinti nella storia del monastero:
la Sezione I, per la quale si è mantenuto il titolo «Memorie Storiche»
presente sul primo faldone del vecchio archivio, che raccoglie il materiale relativo al periodo precedente l’arrivo delle Clarisse nella sede attuale nel 1892;
la Sezione II, che sotto la denominazione «Il monastero delle Clarisse in
San Biagio» raccoglie il materiale relativo agli anni 1892-1940.
Per quanto concerne l’archivio di deposito-corrente, alla cui organizzazione e inventariazione - come si è detto - si potrà provvedere solo in un secondo tempo, si può forse già ipotizzare la possibile ulteriore periodizzazione:
1941-1980, anno del passaggio dalla giurisdizione dell’Ordinario a quella del Ministro Provinciale dei Frati Minori, data che ha segnato una nuova significativa svolta nella vita della fraternità clariana portandola alla
sua attuale configurazione giuridica;
dal 1981 ad oggi.
Si fornisce di seguito una breve rassegna del tipo di documenti presenti in ciascuna delle sezioni già esaminate e delle scelte fatte in ordine alla sua
catalogazione, insieme ad alcuni spunti di riflessione che ne sono scaturiti.
161
3. Sezione I: «Memorie Storiche»
L’esame dei documenti «miscellanei» relativi al XIX secolo è stata l’operazione che ha suscitato maggiore interesse, pur essendo quella che ha richiesto un tempo più lungo.
La discontinuità che le soppressioni ottocentesche hanno portato nella
storia e nella vita quotidiana di congregazioni religiose, conventi e monasteri,
rende a tutt’oggi poco accessibile la storia di quei decenni, a meno che qualcuno dall’interno ne abbia curato la ricostruzione nei primi decenni del XX
secolo. Questo è avvenuto nel nostro caso solo parzialmente, con il decisivo
contributo di monsignor Bagattoni e di monsignor Adamo Pasini, Vicario della diocesi, che hanno sollecitato e sostenuto la conservazione della memoria
delle «peripezie» del secolo precedente, anche attraverso la parallela consultazione dell’Archivio Vescovile e la trascrizione-traduzione di numerosi atti.
Importante è la cronaca Un secolo di vita della Comunità delle Religiose Clarisse di Forlì. Si tratta di un testo di circa 150 pagine dattiloscritte rilegate in quaderno, presente in copia unica nell’archivio del monastero. Non
è datato né reca l’indicazione dell’autore, ma il fatto che la narrazione giunga fino alle celebrazioni centenarie del 1924 fa ragionevolmente supporre che
sia stato compilato in quell’occasione, utilizzando materiale preso dalle Cronache del Monastero, con la collaborazione del Vicario della diocesi monsignor Adamo Pasini e di altri storici dei Frati Minori e del clero diocesano.
Le annotazioni sul margine alto di numerosi documenti, nonché il tentativo di raccoglierne alcuni puntandoli insieme, rivelavano inequivocabilmente che era stata anche realizzata una qualche forma di riordinamento. Purtroppo i successivi numerosi (e forse talora maldestri) rimaneggiamenti hanno
reso impossibile ricostruirlo, anche solo in modo congetturale.
I documenti di questa prima sezione sono pertanto stati schedati foglio
per foglio. Dopo aver provveduto alla schedatura dei documenti si è optato
per un ordinamento differenziato. Le prime sei posizioni, indicate con le lettere da A ad F, riuniscono documenti eterogenei, del tipo più vario, e costituiscono una Miscellanea ordinata cronologicamente:
nella posizione A sono stati raccolti alcuni appunti sulla presenza delle
Clarisse e dei Minori Osservanti a Forlì: sono presumibilmente testi compilati all’inizio del XX secolo, ma sono stati collocati qui perché riguardano la storia dei secoli che hanno preceduto la soppressione napoleonica;
nella posizione B e C sono raccolti i documenti relativi alla comunità che
si riunì nel 1824 nel monastero di San Francesco in Santa Maria già delle
Domenicane (detto comunemente «di S. Domenico»), rimanendovi per
36 anni, fino al 1860 (rispettivamente: in B le carte dal 1823 al 1840; in
C le carte dal 1841 allo «sfratto» del 1860). La varietà delle denomina162
zioni con cui il monastero e le monache in esso accolte vengono indicati
testimonia - in modo più eloquente di tante parole - la faticosa ricerca di
una fisionomia precisa per questa comunità che era derivata dalla riunione di suore provenienti da vari monasteri e osservanze diverse. Tuttavia
esistono degli indicatori che il periodo del San Domenico fu anche epoca di assestamento in un luogo preciso, che via via veniva plasmandosi
in modo più funzionale alle esigenze della vita che in esso si svolgeva (si
vedano le note di spese di vari artigiani per lavori di ristrutturazione eseguiti anche in muratura). E fu pure epoca di incremento della comunità
con l’ingresso di numerose vocazioni (si vedano i moduli stampati indicanti la composizione del corredo e l’ammontare della dote richiesta per
educande, coriste e converse). Stretti appaiono i rapporti con l’Ordinario
e la Curia Vescovile, regolari le visite pastorali;
nella posizione D sono stati collocati i documenti relativi al primo periodo trascorso al Buon Pastore, dopo la requisizione dell’edificio del San
Domenico per scopi militari operata dal Governo nel 1860. La documentazione è scarsa e, da un certo punto in poi, rivela la situazione venutasi a
creare a seguito della soppressione del 1866: le monache non sono più indicate come tali, ma con il loro nome civile; le ricevute dell’affitto pagato
per i locali occupati alludono alla situazione logistica precaria; le ricevute
di «pensione» dicono quale fosse la fonte di sostentamento della comunità, che conobbe in questi anni una cospicua riduzione di numero;
nella posizione E sono riunite le carte relative al periodo 1878-1886, in
cui le monache restanti si trasferirono nel locale demaniale di Faliceto,
già monastero di Santa Elisabetta, e poi al periodo 1886-1891, in cui fecero ritorno al Buon Pastore. Non occorre altro indicatore che l’assenza
pressoché totale di documenti e la tipologia dei pochissimi esistenti (ad
esempio: nota di spese per trasloco, richiesta di proroga per lo sfratto da
Faliceto, elenco degli oggetti lasciati in consegna al parroco di Ravaldino, etc.) per comprendere quanto debba essere stata ridotta al minimo e
vicina ad interrompersi per sempre la vita della comunità;
nella posizione F sono riunite alcune carte degli anni 1891-1892 che testimoniano i preliminari, le trattative e la realizzazione dell’acquisto del
complesso di San Girolamo, già convento dei Minori Osservanti, che da
circa mezzo secolo era stato venduto dal Demanio e adibito a privata abitazione.
Seguono poi tre serie di documenti omogenei relativi a tutto il periodo
1824-1891:
le relazioni delle visite pastorali realizzate dai vescovi;
i rescritti di dispense chieste e ottenute per diverse circostanze;
alcune carte relative a pratiche di pietà e indulgenze.
163
4. Sezione II: Il monastero delle Clarisse in San Biagio, 1892-1940
Per questa sezione si è scelto di mantenere almeno nelle sue grandi linee
la catalogazione realizzata negli anni Cinquanta. Pertanto non si è proceduto
alla schedatura foglio per foglio (che potrà forse realizzarsi in seguito, qualora si decidesse di procedere alla informatizzazione dell’archivio) ma solo fascicolo per fascicolo, con l’indicazione del numero di carte contenute; l’ordine cronologico è stato conservato o, in molti casi, ripristinato all’interno delle singole posizioni:
nella posizione «Abbadesse» sono conservati due tipi di carte: le conferme delle nomine ad opera dell’Ordinario, con le eventuali dispense per
età o numero di anni di professione da parte della Sacra Congregazione;
e i resoconti di gestione, annuali o triennali di tutte le abbadesse del periodo in oggetto. Una lettura attenta di queste ultime darebbe interessanti informazioni sugli orientamenti e gli intenti perseguiti da chi aveva in
quegli anni la responsabilità del governo del monastero e anche di quella che, con termine certo più recente, potrebbe essere definita «animazione della fraternità»;
nella posizione «Clausura» sono conservati i permessi e le autorizzazioni in merito, rilevanti soprattutto trattandosi di un edificio non pensato
come monastero, cosa che ha richiesto continui adattamenti;
nella posizione «Confessori» sono riunite le nomine dei confessori ordinari e straordinari, funzione che ha visto avvicendarsi in queste funzioni, nel periodo considerato, i rappresentanti più significativi del clero forlivese;
la posizione «Dispense» ha contenuto omogeneo con l’analoga serie presente nella sezione I; lo stesso vale per le posizioni «Opere di pietà e Indulgenze» e «Relazioni S. Visita», per le quali è stata mantenuta la stessa denominazione;
la posizione «Liturgia e culto divino» raccoglie materiali eterogenei riguardanti la celebrazione dell’Ufficio e permessi relativi alla custodia
del Santissimo Sacramento;
la posizione «Rapporti con il parroco di S. Biagio» raccoglie un carteggio relativo ad un contenzioso sorto negli anni 1908-1909 per la tutela
della separazione e la sicurezza sul lungo confine che il monastero ha in
comune con l’adiacente chiesa parrocchiale;
la posizione «Amministrazione» raccoglie la peraltro esigua documentazione di tipo contabile, in particolare quella relativa alla vendita di alcune proprietà e all’acquisizione dell’orto attiguo;
la posizione «Lavori» riunisce in alcuni fascicoli le carte riguardanti lavori di ristrutturazione e ammodernamento di alcuni locali del monastero, particolarmente l’infermeria e il noviziato;
164
-
la posizione «Legati e vitalizi» contiene fascicoli relativi ad alcuni legati e alle loro modificazioni successive;
la posizione «Corrispondenza» raccoglie corrispondenza varia; di particolare interesse quella con alcuni missionari dei Frati Minori, che testimonia una apertura alla dimensione missionaria, alla quale si partecipava anche con un supporto concreto;
la posizione «Elenchi» raccoglie una serie abbastanza completa degli
elenchi delle Ufficiali (indicanti gli incarichi assegnati a ciascuna sorella in sede di capitolo) e alcuni elenchi dei membri della comunità in anni
diversi.
Il periodo 1892-1940 si rivela, attraverso le carte che ha prodotto, portatore di una sostanziale (e chissà quanto sospirata!) stabilità nella vita delle
Clarisse del monastero in San Biagio; e se a tratti non mancarono difficoltà di
ordine economico (testimoniate ad esempio dalla richiesta di autorizzazione a
vendere qualche oggetto di valore), tuttavia si può dire che i documenti rivelano una comunità costituita e stabile, retta per periodi significativi da alcune
abbadesse, in dialogo costante e fecondo con il Vescovo e la Chiesa forlivese
(si veda per esempio il contenuto e soprattutto il tono degli scambi epistolari con monsignor Raimondo Jaffei per tutto il corso del suo lungo episcopato,
1895-1932). Una comunità capace di intraprendere la ristrutturazione di parti
significative dello stabile (si pensi alla fabbrica del noviziato), in risposta all’aumento del numero delle sorelle.
Di lì a poco, con il coinvolgimento del monastero nel bombardamento
della chiesa di San Biagio, si sarebbe inaugurato un nuovo periodo di travaglio e dolorosa precarietà di cui ancora sentiamo le conseguenze.
Indice dell’Archivio storico
Sezione I. «Memorie Storiche»
Faldone 1:
A. Notizie storiche
B. Il monastero in San Domenico, 1823-1840
C. Il monastero in San Domenico, 1841-1860
Faldone 2:
D. Al Buon Pastore, 1860-1878
E. A Faliceto, 1878-1886, e ritorno al Buon Pastore, 1886-1891
F. Acquisto del San Girolamo, 1891-1892
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Serie:
Relazioni di S. Visita fino al 1891
Dispense fino al 1891
Opere di pietà e indulgenze fino al 1891
Sezione II. Il monastero delle Clarisse in San Biagio, 1892-1940
Faldone 3:
Abbadesse
Conferme e dispensa per età
Resoconti di gestione
Clausura
Confessori
Dispense
Sulla dote ed età
Per digiuno d’Avvento
Per la Messa della notte di Natale
Liturgia e Culto divino
Custodia del Santissimo Sacramento
Ufficio
Messa dello Spirito Santo nell’elezione dell’Abbadessa
Opere di pietà e indulgenze
Rapporti col parroco di San Biagio
Relazioni S. Visita
Faldone 4:
Amministrazione
Lavori
Legati e Vitalizi
Corrispondenza
Elenchi
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Claudio Riva
Gli archivi dei monasteri femminili cesenati
Al momento delle soppressioni francesi, a Cesena vi erano sei comunità religiose femminili: due benedettine (Spirito Santo e San Biagio), una benedettina camaldolese (Santa Caterina), una di clarisse (Santa Chiara), una
di clarisse collettine (Santa Maria delle Grazie) e una di clarisse cappuccine
(Corpus Domini) 1.
Sui monasteri e conventi femminili cesenati si vedano i seguenti manoscritti: C. A. AndreiCesena sacra dove trattasi dell’origine di tutte le sue chiese di città, che della diocesi.
Opera ricavata da manoscritti dell’illustrissimo e reverendissimo monsignore vescovo di Cesena Francesco de conti Aguselli così anche da altri monumenti antichi, ms., inizi sec. XIX
(Biblioteca Comunale di Cesena, ms. 164.33), IV, pp. 3-4 e 17-74 (Spirito Santo), pp. 79-115
(San Biagio), pp. 123-166 (Santa Caterina), pp. 170-203 (Santa Chiara), pp. 204-258 (Corpus
Domini), pp. 259-290 (Santa Maria delle Grazie); D. Nori, Descrizione di tutte le parrocchie
della diocesi di Cesena, delli monasteri, de’ conventi, delli conservatori, degli ospitali, e de’
luoghi pii, ms., 1814 (Biblioteca Comunale di Cesena, ms. 164.68.A), pp. 417-420 (Spirito
Santo), pp. 421-422 (San Biagio), pp. 423-424 (Santa Caterina), pp. 425-426 (Santa Chiara),
pp. 427-428 (Corpus Domini), pp. 429-431 (Santa Maria delle Grazie); G. Urtoller, Memorie sugli antichi monasteri di Cesena, supplemento a Storia delle parrocchie di Cesena, ms.,
sec. XIX (Archivio Diocesano di Cesena, Cancelleria contemporanea, b. 318), pp. 26-28
(San Biagio), pp. 28-32 (Spirito Santo), pp. 8-12 e 32-33 (Santa Caterina), pp. 34-35 (Santa Chiara), pp. 35-35bis (Santa Maria delle Grazie), pp. 35bis-37 (Corpus Domini); F. Zarletti, Monumenti cesenati in cui si parla dei conventi di questa città, ms., sec. XIX (Biblioteca Comunale di Forlì, ms. IV/24), cc. 607r-620v (Spirito Santo), cc. 621r-632r (San Biagio), cc. 633r-641r (Santa Caterina), cc. 648r-658v (Santa Chiara), cc. 659r-668v (Corpus
Domini), cc. 669r-674v (Santa Maria delle Grazie); G. Sassi, Ecclesiografia cesenate, ovvero descrizione delle chiese della città e diocesi di Cesena con documenti, e molte altre notizie particolari risguardanti la cattedrale, il suo capitolo, i suoi privilegi ed altro, le parrocchie con la serie dei parrochi ed altro ad esse risguardante, ms., sec. XIX (Biblioteca Comunale di Cesena, ms. 164.70.8), pp. 136-137 (Corpus Domini), pp. 199-204 (Spirito Santo);
nonché, con indicazioni di pagine successivamente e opportunamente citate all’occorrenza,
la seguente bibliografia: Non del mondo ma per il mondo. Gli istituti di vita consacrata nella Chiesa di Cesena-Sarsina, a cura di F. Bassi e B. Monfardini, Cesena 1992; G. L. Masetti Zannini, Gli ordini religiosi femminili (secc. XIII-XX), in Storia della Chiesa di Cesena, a
cura di M. Mengozzi, I/1, Cesena 1998, pp. 309-377; C. Riva, Malatesta Novello e i monaste
ni,
167
Di tutte queste 2 solo due sono state ricostituite: una di benedettine (Spirito Santo) e una di clarisse cappuccine (Corpus Domini). Nuovamente soppresse dallo Stato liberale, sono sopravvissute e rifiorite alla fine dell’Ottocento. Vediamone in breve le vicende.
Monastero dello Spirito Santo
Le origini del monastero dello Spirito Santo risalgono alla fine del Trecento. Ubicato in contrada Talamello (oggi via Strinati e via Dandini, dove
nel muro è ancora visibile la traccia d’una monofora dell’antica chiesa), gradualmente si allarga fino a estendersi alla contrada San Severo (oggi via Isei
e via Tiberti), grazie all’acquisto di edifici confinanti e al lascito di Romolo
Gennari. Dal 1692 al 1695 è costruita, su progetto dell’architetto Pier Mattia
Angeloni, oblato filippino, la nuova chiesa dalla parte della contrada San Severo (oggi via Isei).
Spogliata dei suoi beni dai rivoluzionari francesi (1797), la comunità religiosa è dapprima forzatamente accorpata a quella dell’altro monastero benedettino di San Biagio e poi soppressa. Disperse in case private, le singole
monache sono ridotte a vivere con modeste pensioni e con la carità dei fedeli. Nel contempo la chiesa è profanata a magazzino di fieno e granaglia prima e a fabbrica di nitro poi, mentre il monastero viene adibito a caserma e ad
abitazioni private.
Caduto Napoleone, don Giuliano Mami, vicario capitolare di Cesena,
supplica il Segretario di Stato, cardinale Enrico Consalvi (5 novembre 1815)
di restituire il monastero al suo primitivo stato dal momento che il complesso era rimasto di proprietà pubblica e che il ripristino, pur comportando spese, non sarebbe costato una follia.
Nel monastero, riaperto nel 1823 grazie anche ad un sostanzioso contributo del papa cesenate Pio VII, vanno ad abitare 49 monache superstiti dei
monasteri cesenati (13 dello Spirito Santo, 16 di San Biagio, 20 di Santa Cateri femminili cesenati, in Malatesta Novello nell’Italia delle Signorie. Fonti e interpretazioni, a cura di M. Mengozzi e C. Riva, Cesena 2005 (Società di Studi Romagnoli, Saggi e repertori, 32), pp. 249-267.
Si fa presente che si conservano presso la Sezione di Archivio di Stato di Cesena (= ASCe),
Fondo Corporazioni Religiose Soppresse (= CRS), gli archivi prenapoleonici di: Spirito Santo (bb. 988-1173), San Biagio (bb. 1363-1440), Santa Caterina (bb. 1174-1362), Santa Chiara (bb. 899-987), Santa Maria delle Grazie (bb. 1441-1506). L’archivio prenapoleonico del
Corpus Domini è conservato presso il monastero stesso, ad eccezione di un registro depositato presso ASCe, CRS, b. 1507, Legati (1809-1810).
168
rina) e 5 del monastero delle Sante Barbara e Caterina di Santarcangelo. Oltre
all’attività contemplativa, le monache, sebbene di clausura, aprono pure un
educandato femminile, «dove buon numero di giovanette profittano assaissimo sotto ogni rispetto». Nel 1839-1840 si procede alla ristrutturazione e all’ampliamento dell’edificio su progetto dell’architetto Mauro Pasini.
Nel 1865 il monastero viene nuovamente soppresso. Mentre il sottoprefetto ne reclama i locali per adibirli a ricovero di mendicità (come poi avverrà), le autorità civili propongono il trasferimento delle suore in Toscana, in un
altro monastero dello stesso ordine. Dal canto loro le suore, per guadagnare
tempo, impugnano il decreto, anche se contro ogni speranza, davanti al Tribunale di Forlì.
Requisiti i locali e nuovamente profanata a granaio la chiesa, le monache riparano in alcune abitazioni private fino a quando, verso il 1870, un pio
sacerdote, don Pacifico Casanova, e alcuni benefattori vengono in loro aiuto con la donazione di alcune case, site in via Isei e prontamente adattate per
un minimo di vita comune. Sebbene propri, i nuovi locali non sono però sufficienti per le occorrenze d’una comunità religiosa. Anche se molto lentamente, le monache riescono tuttavia ad acquisire, nel corso degli anni successivi
grazie alla generosità del marchese monsignor Ghino Ghini, altri fabbricati
confinanti fino ad edificare nel 1916-1917 una nuova, anche se piccola, chiesa sempre in onore dello Spirito Santo.
Reso quasi inabitabile, e costosissimo il suo adeguamento alle nuove
norme abitative, le monache intraprendono nel 1989 la costruzione di un nuovo monastero, fuori del centro urbano, in via Celincordia 185, dove poi si trasferiscono il 28 settembre 1992 3.
Ibidem, b. 1076, Monastero dello Spirito Santo, Fondazione del nostro monastero dello Spirito Santo della città di Cesena, ms., secc. XVII-XVIII; Apertura di una nuova chiesa, «Il Corriere Cesenate», 27 ottobre 1917; Non del mondo..., cit., pp. 45-48; G. L. Masetti
Zannini, Soppressioni e sopravvivenza di Benedettine in Romagna, in Il monachesimo italiano dalle riforme illuministiche all’Unità nazionale (1768-1870), Cesena 1992 (Italia Benedettina, n. XI), pp. 77-117, alle pp. 101-104; G. Conti, Una storia perduta. Il monastero dello Spirito Santo a Cesena, «La Piê», LXI (1992), pp. 12-16; Le Benedettine nel nuovo monastero, «Corriere Cesenate», 3 ottobre 1992; Le monache benedettine sono liete di annunciare la solenne dedicazione della chiesa del loro monastero in onore dello Spirito Santo, Ibidem, 21 novembre 1992; Masetti Zannini, Gli ordini religiosi..., cit., passim; Riva, Malatesta Novello..., cit., pp. 253-254.
169
L’archivio data dalla riapertura del monastero dopo la soppressione napoleonica. Costituito da registri e cartelle è privo di inventario. Si prospetta
di farlo a breve. Da una prima ricognizione si segnalano:
-
Discorsi sopra la regola di San Benedetto fatti alle monache benedettine
di Cesena dall’Eminentissimo e Reverendissimo Signor Cardinale Denof
loro vescovo l’anno 1696, ms., 1736
Forma induendi et velandi novitias moniales ordinis Sancti Benedicti,
Cesena, Eredi Biasini, 1790
Memorie tratte dai documenti esistenti nella cancelleria vescovile e da
alcuni cronisti di Cesena sulla esistenza delle monache benedettine di
Cesena ab antico e loro monastero, ms. senza data [ma sec. XIX]
Dotazione pontificia (1824), 1 fascicolo
Decreti pontifici e vescovili (secc. XIX-XX), fogli sciolti
Rescritti vescovili per la vestizione delle probande (1825-1863), fogli
sciolti
Vestizione, professione e morte (1825-1966), 2 regg.
Sedute capitolari (1839-1959), 1 reg.
Distribuzione degli uffizi (1851-1971), 1 reg.
Regolamento per la vita perfetta comune, ms., 1853
Spese e esatti (1823-1833), 4 regg.
Rendiconto (1833-1865), 12 regg.
Coloni e stalle (1850-1863), 1 reg.
Regolamento per l’educandato di Santa Scolastica diretto dalle RR. MM.
Benedettine del venerabile monastero dello Spirito Santo in Cesena, ms.,
senza data
Rescritti vescovili per l’ammissione delle educande (1826-1865), fogli
sciolti
Elenco delle zitelle educande o probande (1827-1863), 1 mazzo
Giornale delle signore educande (1850-1854), 1 reg.
Conto delle signore educande (1861-1865), 1 reg.
Documenti che riguardano la soppressione del monastero anno 1865,
fogli sciolti
Resoconto classificato (1880-1890), 1 reg.
Resoconto mensile (1880-1890), 1 reg.
Resoconto (1895-1905), 1 reg.
Eredità Vagnoni (1895-1936), 2 regg.
Carteggio (sec. XX), fogli sciolti
Posizione delle monache (sec. XX), fogli sciolti
Professioni semplici, solenni e ricorrenze giubilari (1924-2004), fogli e
pergamene sciolte
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-
Necrologi (1933-2003), 1 reg.
Verbali del consiglio (1960-1978), 1 reg.
Libro delle cronache (1961-1977), 2 regg.
Carteggio amministrativo (sec. XX), fogli sciolti
Posizione patrimoniale delle monache (1900-1936), 1 reg.
Stato patrimoniale delle monache (1909-1928), 1 reg.
Spesi e incassi (1905-1912), 1 reg.
Podere San Giorgio (1915-1917), 1 reg.
Podere San Vittore (1937-1945), 1 reg.
Mastri (1932-1941), 10 regg.
Patrimonio del monastero (1938-1939), 1 reg.
Patrimonio dotale delle monache (1938-1939), 1 reg.
Giornale (1958-1983), 9 regg.
Stato economico (1973-1981), 2 regg.
Monastero del Corpus Domini
Con bolla del 23 novembre 1615 papa Paolo V autorizza la costruzione d’un monastero per clarisse cappuccine in Cesena, sotto l’intitolazione del
Corpus Domini. Il 29 settembre 1616, alla presenza di popolo, clero e religiosi, viene dal vescovo di Cesena, cardinale Michelangelo Tonti, piantata la
croce di legno e benedetta la prima pietra in contrada Strada Fuori (oggi corso Comandini). Per tale opera aveva fatto dono di casa, terreno e denaro il nobile Lelio Locatelli «piissimo cavaliere».
A lavori ultimati le cappuccine fanno il loro ingresso solenne il 13 dicembre 1620. Per l’avvio e la formazione della comunità religiosa vengono a Cesena quattro cappuccine di Perugia. Nel 1675 due religiose di Cesena si portano a Ravenna per l’apertura di un nuovo monastero di cappuccine
in quella città.
Il 13 aprile 1681 è consacrata la chiesa dal vescovo di Cesena, cardinale
Vincenzo Maria Orsini. Nel 1728 un incendio distrugge parte del monastero.
Durante la permanenza delle truppe spagnole in Cesena (1742) le suore cappuccine vengono beneficate dai generali Pacheco e Silva, che sostengono notevoli spese per il monastero e per la chiesa.
Dopo la confisca dei beni (1797), viene decisa dai rivoluzionari francesi anche la soppressione del monastero: «Nella mattina delli 10 luglio 1810
giorno di martedì tre ore dopo la mezzanotte per il decreto dell’imperatore francese, per aver soppresso il convento, abbandonarono le cappuccine il
loro chiostro e vestite da secolare andarono ogn’una di esse alla casa de’ loro
parenti». Alla pari degli altri casi, alle monache viene concessa una pensio171
ne con il divieto di vivere in più di tre nello stesso luogo. Lo stabile passa alla
Congregazione di Carità che adibisce il monastero a ospizio per orfane e pericolanti e la chiesa a cappella interna.
Con il ripristino dello Stato Pontificio (1814) il vescovo di Cesena, cardinale Francesco Saverio Castiglioni, si adopera per la riapertura del monastero, che avviene però solo nel 1824 con il suo successore, monsignor Antonio Maria Cadolini, che scorpora dal patrimonio della Congregazione di Carità il vecchio stabile.
Con la nuova soppressione del 1866 avviene ancora una volta la dispersione della comunità religiosa. Nel 1885 le suore cappuccine vengono ospitate da una pia signora fino al maggio 1891 quando, «con tutta allegrezza loro e
consolazione», possono ritornare alla loro antica sede grazie all’acquisto fattone da alcuni benefattori.
Divenuto il vecchio monastero ormai fatiscente e non più consono alle
nuove esigenze abitative, ne viene costruito, fra il 1965 e il 1966, uno nuovo
in via Clarisse 205, davanti al Cimitero urbano, dove le cappuccine si trasferiscono il 22 dicembre 1966 4.
L’archivio data dalla fondazione del monastero. Costituito da registri, fascicoli e mazzi, è conservato e raccolto in cassetti numerati da 1 a 30 5. Dopo
la seconda guerra mondiale è stata intrapreso il lavoro di ricognizione, inventariazione e catalogazione 6, rimasto purtroppo interrotto verso il 1975. Il lavoro è stato ripreso nel 2006.
In questa sede ci si limita a riportare i titoli dei principali cassetti con la
segnalazione delle fonti più antiche e più significative.
Cassetto 1 - MEMORIE STORICHE
-
Paolo V, Bolla di erezione di un monastero di Cappuccine in Cesena, 23
novembre 1615
Registro senza titolo, ms., sec. XVII, contenente: Bolla di erezione, 23
novembre 1615 (cc. 1r-7v); Impegno dell’Ospedale del Santissimo Crocifisso per il mantenimento delle monache cappuccine, 26 giugno 1615
Terminato il primo lotto del nuovo monastero delle Cappuccine, «La Voce. Corriere Cesenate», 25 dicembre 1966; Nuovo convento delle Cappuccine, Ibidem, 8 gennaio 1967; Non
del mondo..., cit., pp. 49-52; Masetti Zannini, Gli ordini religiosi..., cit., passim.
I registri e i principali documenti sono censiti in: Guida alla documentazione francescana
in Emilia Romagna, I, Romagna, Padova 1989 (Fonti e Studi Francescani, II), pp. 282-285.
Archivio. Indice cassetti, dattiloscritto, senza data.
172
-
-
-
(cc. 8r-10r); Impegno del cav. Lelio Locatelli per il mantenimento delle
monache cappuccine, 26 giugno 1615 (cc. 10r-11r)
M. A. Veroli, Memoria della fondazione del monastero delle reverende
monache cappuccine della città di Cesena et dell’ingresso delle prime
fatto in esso et di tutto quello che in esso è successo dal anno 1616 sino
all’anno 1624, ms., sec. XVII
Memorie del monastero delle cappuccine di Cesena (1620-1810), ms.,
secc. XVII-XIX
C. Casali, Fabbrica delle celle fatta dagli ufficiali spagnoli (1744), ms.,
1744
F. M. Toni da Lugo, Libro delle memorie spettanti al convento delle cappuccine di Cesena (1620-1793), ms., sec. XIX (pp. 1-51), aggiunte 1838,
1857 (pp. 52-55)
Id., Libro della morte, e sepoltura di persone secolari, massime della
nobil casa Fantaguzzi sepolte in questa chiesa delle reverende monache
cappuccine di Cesena (1698-1801), ms., sec. XIX (pp. 1-14), aggiunte
1808, 1809, 1825, 1843 (pp. 15-20)
Id., Libro dei donativi fatti sì dalle religiose come da benefattori al convento delle cappuccine di Cesena (1646-1792), ms., sec. XIX (pp. 1-15),
aggiunte 1808, 1824, 1826, 1853, 1857 (pp. 16-17)
Dotazione pontificia, 28 luglio 1824
Raccolta di notizie storiche desunte da vari cronisti, 7 fascc. ms., sec.
XIX
Raccolta di contributi apparsi in più pubblicazioni, 3 opuscoli a stampa,
1 opuscolo dattiloscritto, sec. XX
Cronistoria del monastero delle cappuccine di Cesena (1614-1890), dattiloscritto, 1952-1956
Cronistoria del monastero delle cappuccine di Cesena (1890-1956), dattiloscritto, 1952-1956
Lettera da Montecampo (1944), ms., 1944
Promemoria Montecampo (1944), ms., 1972, aggiunta dattiloscritta,
1974
Memoria periodo bellico (19 luglio - 4 novembre 1944), dattiloscritto,
1974
Cronaca del noviziato (1957-1958), 1 reg.
Cronaca (1957-....), 4 regg.
A. Daltri, Breve storia del Monastero delle Cappuccine di Cesena
(1614-1890), dattiloscritto, 1962
Id., Breve storia del Monastero delle Cappuccine di Cesena (1890-1971),
dattiloscritto, 1971
[Fonti per la storia del monastero], dattiloscritto, 1971, contenente: M.
A. Veroli, Memoria della fondazione del monastero delle reverende mo173
-
nache cappuccine della città di Cesena et dell’ingresso delle prime fatto in esso et di tutto quello che in esso è successo dal anno 1616 sino all’anno 1624 (pp. 1-31); C. Casali, Fabbrica delle celle fatta dagli ufficiali spagnoli (1744) (pp. 1-31); Memoria istorica sull’immagine di Maria Santissima del Santo Amore che si venera nella chiesa delle reverende madri cappuccine di Cesena (pp. 1-24)
Indice analitico degli avvenimenti più salienti del monastero delle monache clarisse cappuccine di Cesena dall’anno 1614 al 1984, dattiloscritto, sec. XX
A. Daltri, Notizie delle Clarisse Cappuccine di Cesena estratte dalla
cronaca del Monastero (1890-1971), dattiloscritto, 1971
Cassetto 2 - SANTA SEDE, CURIA DELL’ORDINE , VESCOVO, AUTORITÀ CIVILI, ecc.
-
Decreti e rescritti della Sacra Congregazione dei Religiosi (1741-sec.
XX), 23 fascc.
Sacre visite pastorali (1694-sec. XX), 7 fascc.
Atti vescovili: confessore ordinario e straordinario, sindaco apostolico,
delegato vescovile, ecc. (1880-....), carte sciolte
Disposizioni vescovili (1924-....), carte sciolte
Carteggio Curia generale, Curia provinciale, Assistente generale (1934....), carte sciolte
Altare privilegiato (1742-1851), 7 carte
Erezione della Via Crucis (1745-sec. XX), 11 carte
Indulgenze e privilegi (1634-sec. XX), 27 carte
Iscrizioni e adesioni a confraternite e compagnie devozionali (1754-sec.
XX), carte sciolte
Autentiche di reliquie (1865-sec. XX), 12 carte
Autentica di Maria Bambina di Mercatello (1953,1956), 2 carte
Licenze vescovili (secc. XIX-XX), carte sciolte
Cassetto 3 - INGRESSO, VESTIZIONE, PROFESSIONE, ecc.
-
F. M. Toni da Lugo, Libro dell’ingresso e vestizione delle religiose cappuccine di Cesena (1620-1826), ms., sec. XIX (pp. 1-23), aggiunte 18281977 (pp. 23-78)
Id., Professioni delle religiose (1622-1827), ms., secc. XIX (pp. 1-20),
aggiunte 1829-1982 (pp. 21-68)
Id., Libro dell’elezione della badessa (1649-1802), ms., sec. XIX (pp. 125), aggiunte 1805-1990 (pp. 25-71)
174
-
Ingresso in postulato e noviziato (1890-....), 1 reg.
Professione semplice e professione solenne (1902-....), con allegato: Professione semplice di diverse monache fatta a Ferrara nella casa sede
della Federazione (1958-1962), 1 reg.
Capitoli: ingresso in religione, ammissione al postulato, noviziato, professione semplice e solenne (1953-....), 1 reg.
Esame canonico novizie cappuccine (1957-1967), 1 reg.
Nuovi uffici (1809-1937), carte sciolte
Elezione badessa e consiglio, nuovi uffici (1939-....), carte sciolte
Discretorio (1954-....), 8 fascc.
Delibere capitolari (1954-....), 1 reg.
Pratiche per incardinare le sei sorelle di Mondaino nella comunità di
Cesena (9 marzo 1970), carte sciolte
Capitoli (1986-....), 5 fascc.
Anagrafe monache clarisse cappuccine dalla fondazione, dattiloscritto,
secc. XX-XXI
Cassetto 4 - DOCUMENTI CIVILI
-
Carteggio (sec. XX), carte sciolte
Cassetto 5 - STATO FINANZIARIO, BENEFATTORI, INVENTARI
-
Donativi di benefattori e lavori delle monache (1882-2004), ms., secc.
XX-XXI
Inventari:
Reliquie (1865), ms., 1865
Oggetti esistenti nel monastero (1954, 1964), 2 dattiloscritti
Corredo di qualche monaca (1955-1963), ms., 1963
Quadri (1964), dattiloscritto, 1964; allegato: Carteggio (1964-....),
carte sciolte
Mobili (1969, 1986, 2007), 3 dattiloscritti
Reliquie (2006), dattiloscritto, allegato apparato fotografico
Cassetto 6 - BEATA VERGINE DEL SANTO AMORE
-
-
Memoria istorica sull’immagine di Maria Santissima, che si venera nel
monastero delle reverende madri cappuccine di Cesena: intitolata da
prima la Mamma Santa della Fondazione, ed oggi detta - Madre del
Santo Amore, ms., sec. XIX
Carteggio (secc. XVIII-XX), carte sciolte
175
-
Iconografie (secc. XIX-XX), stampe sciolte con allegati (cliché, negativi, ecc.)
Inventario ex voto (1958), ms., 1958
Cassetto 7 - NECROLOGI
-
F. M. Toni da Lugo, Morte e sepoltura delle religiose (1625-1800), ms.,
sec. XIX (pp. 1-55), aggiunte 1803-1984 (pp. 55-179)
Necrologio (1986-....), 1 reg.
Necrologi delle sorelle defunte nei singoli mesi, 12 dattiloscritti, secc.
XX-XXI
Indice delle monache defunte nei singoli semestri, 2 dattiloscritti, secc.
XX-XXI
Necrologi delle ultime sorelle di Mondaino (1940-1967), ms., 1967
Indice alfabetico per cognome, dattiloscritto, secc. XX-XXI
Indice alfabetico per nome, dattiloscritto, secc. XX-XXI
Indice analitico, dattiloscritto, secc. XX-XXI
Cassetto 8 - MISCELLANEA DI MEMORIE STORICHE
-
Carteggio (1616-....), bb. 8
Cassetto 9 - DOCUMENTI PERSONALI, CERTIFICATI, TESTIMONIALI,
TESTAMENTI, ecc.
-
Monache defunte o dimesse, b. 1
Monache viventi, b. 1
Cassetto 11 - FEDERAZIONE MONASTERI CAPPUCCINE
-
Carteggio (1955-....), bb. 9
Cassetto 12 - SUOR VERONICA FARNÉ
-
-
Corrispondenza e documenti raccolti dalla comunità (sec. XIX), carte
sciolte
Memorie di suor Veronica Farné di Castel San Pietro dell’Emilia, morta
in concetto di santità nel monastero delle monache cappuccine di Cesena (copiate da un manoscritto dell’Archivio dei padri cappuccini di Bologna, scritto forse nel 1895), ms., senza data
Memorie di suor Veronica e famiglia Farné e pratiche fatte per scrivere
brevi cenni biografici, dattiloscritto, 1958
176
-
[A. Daltri], Brevi cenni biografici di suor Veronica Farné morta in concetto di santità nel monastero del Corpus Domini delle clarisse cappuccine di Cesena l’anno 1884, dattiloscritto, 1958
Cartella 13 - REGOLA, COSTITUZIONI, COSTUMANZE
-
-
Constitutioni delle monache del secondo ordine di S. Francesco e della
prima regola di S. Chiara sotto l’institutione, et reformatione della beata
Colletta […] ad uso delle monache cappuccine di Ravenna, Roma 1693,
allegato [Aggiunte per le cappuccine di Cesena], ms., fine sec. XVIII
Costituzioni da osservarsi inviolabilmente dalle reverende madri cappuccine di Cesena, ordinate nella nuova fondazione delle celle (1744),
ms., sec. XVIII
Forma vestiendi et velandi novitias moniales ac eligendi abbatissas, ms.,
sec. XVIII
Decreti sinodali per le monache, ms., sec, XVIII
Aggiunte fatte ai decreti […] dal vescovo Aguselli, ms., 1780
Orazioni che si dicono in coro e in chiesa, ms., 1831
Orazioni che si dicono in coro e in chiesa, ms., 1862
Cassetto 14 - LEGATI
-
Ricevute di legati a favore del monastero (1733-1858), 4 regg.
Legati a favore del monastero (1749-1808), 1 reg.
Legati di messe (1824-1884), 2 regg.
Cappellania Buccioli (1825-1899), 1 reg. (con allegati)
Legato Baronio (1880-1932), 1 reg. (con allegati)
Legato Gobbi (1881-1924), 2 regg.
Legati messe (1924-....), 4 regg.
Legato Bisarnesi (1957-1960), 1 reg.
Legato Montanari (1961-1973), 1 reg.
Legato Baracchini (1963-1967),1 reg.
Legato Tesei (1966-1979), 1 reg.
Carteggio amministrazione legati (secc. XIX-XX), carte e fascc. sciolti
Cassetto 15 - AMMINISTRAZIONE
-
Chirografo del cardinale Ippolito Aldobrandini per il sale da assegnarsi alle cappuccine (1626), ms., sec. XVIII
Introito ed esito (1824-1836), 1 reg.
Entrate (1837-1888), 1 reg.
177
-
Spese (1837-1888), 1 reg.
Amministrazione (1852-1914), 3 regg.
Beni madre Sassi: conti colonici, inventario, amministrazione (19111932), 2 regg.
Beni madre Fesani: amministrazione (1941-1950), 1 reg.
Amministrazione (1942-....), 8 regg.
Amministrazione prima nota (1975-....), 3 regg.
Cassetto 16 - FABBRICA VECCHIO MONASTERO
-
Carteggio (1887-1965), carte e fascc. sciolti
Cassetto 17 - FOTOGRAFIE
-
Fotografie vecchio monastero (1882-1965), bb. n. n.
Fotografie nuovo monastero (1965-....), bb. n. n.
Fotografie comunità (sec. XX), bb. n. n.
Cassetto 18 - CENTENARI DI SANTA CHIARA
-
Carteggio (1953), carte e fascc. sciolti
Carteggio (1993), carte e fascc. sciolti
Carteggio (2003), carte e fascc. sciolti
Cassetto 19 - DEVOZIONE, CULTO
-
Carteggio (sec. XX), carte e fascc. sciolti
Cassetto 20 - PIANTE, DISEGNI, PLANIMETRIE
-
Vecchio monastero (1773-1953), b. 1
Nuovo monastero (1965-....), b. 1
Cassetto 21 - FABBRICA NUOVO MONASTERO
-
Carteggio (1965-....), carte e fascc. sciolti
Cassetto 22 - CARTEGGIO VARIO, MISCELLANEA
-
Carteggio (sec. XX), bb. n. n.
178
Gian Lodovico Masetti Zannini
Archivi di monasteri femminili di Rimini
A Rimini più che in altre città di Romagna le soppressioni di monasteri
femminili tra la fine del Settecento ed il primo decennio del secolo seguente
ebbero conseguenze assai gravi 1. Si pensi che di tali comunità religiose esistenti ormai da secoli nessuna venne ripristinata né durante la Restaurazione, ed anche in seguito, fino ai giorni nostri quando, nell’antica chiesa di San
Bernardino e nel convento già dei Frati Minori Francescani, le Clarisse rinnovarono con quello stesso spirito l’antica tradizione claustrale 2. Nemmeno gli
edifici, escluso quello di Santa Chiara, sono rimasti in piedi; gli altri durante
la dominazione francese, o dopo l’annessione del 1859, furono abbattuti oppure convertiti in altri usi, come caserme, o finalmente distrutti dai bombardamenti nella Seconda Guerra Mondiale.
Ben poco di quanto riguarda la vita claustrale si è conservato negli archivi e, salvo alcuni documenti, la maggior parte di quel che rimane riguarda gli
ultimi decenni del Settecento ed il primo dell’Ottocento, non peraltro che, per
ragioni amministrative, i funzionari del regime occupante ne dovevano tener
conto al fine di provvedere alle pensioni delle ex claustrate ed alla liquidazione del patrimonio monastico. Alcune ricerche tuttavia dimostrano come sia
possibile indagare con qualche frutto tra quanto rimane della documentazione conservata presso l’Archivio di Stato di Rimini nella serie AB, dove affio Sulla situazione degli archivi riminesi confluiti, compresi quelli dei monasteri femminili,
nella Civica Biblioteca Alessandro Gambalunga di Rimini e, dopo l’istituzione delle Sezione di Archivio di Stato di Rimini con decreto ministeriale 27 marzo 1972, ma aperta al pubblico il 1° giugno 1978, cfr.: Guida generale degli Archivi di Stato italiani, II, Roma 1983,
pp. 266-278. Quanto riguarda Rimini vi fu curato da Giordano Pedrazzini. Trattarono sia degli archivi riminesi che della biblioteca Gambalunga: L. Tonini, Storia civile e sacra riminese, voll. I-V, Rimini 1848-1888 (Ibidem, II, pp. 435, 622; III, pp. 379-723, passim); C. Tonini, Storia civile e sacra riminese, vol. VI, 2, Rimini 1888, pp. 767-979; F. Bonaini, Gli archivi delle provincie dell’Emilia e le loro condizioni alla fine del 1860, Firenze 1861, pp. 162165; G. Mazzatinti, Gli archivi della storia d’Italia, Rocca San Casciano 1897-1915, I, pp.
67-74; A. Campana, Biblioteche della provincia di Forlì, in Tesori delle biblioteche d’Italia,
a cura di D. Fava, Milano 1932, pp. 111-123.
Il monastero venne fondato nel 1986 e perciò l’archivio, come ci ha gentilmente comunicato la responsabile, suor Nella Letizia, contiene soltanto documentazione molto recente.
179
rano, per i secoli precedenti al Settecento, relitti di archivi diligentemente formati e, con le soppressioni, vandalicamente scomposti.
Con queste premesse, tenendo presente quanto rimane soprattutto dei
monasteri femminili riminesi, non possiamo ripetere quanto per altri fondi meglio conservati aveva scritto un valente archivista, Marcello Del Piazzo, nel presentare la Guida generale degli Archivi di Stato italiani, nei quali appunto confluirono tali memorie storiche ed ecclesiastiche, con «immense quantità di serie di archivio che compongono il quadro del ricchissimo sedimento documentario della storia del nostro paese» 3.
Del fondo antico delle Corporazioni religiose soppresse, per la diocesi di
Rimini, rimangono nell’Archivio di Stato locale volumi e mazzi dei seguenti monasteri: San Sebastiano delle Canonichesse di Sant’Agostino, n° 208 dal
1417 e, con varie lacune, fino al 1799; Santa Maria degli Angeli delle Clarisse, n° 51 dal 1515 (con la stessa avvertenza) fino al 1805; Santa Chiara dello
stesso ordine, n° 21 dal 1659 (come sopra) al 1805; San Matteo delle Serve di
Maria, n° 48 dal 1552 (come sopra) al 1809; Sacro Cuore di Gesù, n° 20 dal
1640 (come sopra) al 1797.
Dei due monasteri che sopravvissero in diocesi e vennero abbandonati in questi ultimi anni (le loro carte seguirono in altre sedi le ultime monache), si trovano all’Archivio di Stato di Rimini n° 54 volumi e mazzi dei Santi
Bernardino e Chiara di Mondaino, dalla fondazione, nel 1565, ed ancora con
molte lacune fino al 1809, mentre l’altro monastero, quello di Santa Chiara
di Verucchio, continuò ad esistere, solo che essendovisi concentrate le monache di Saludecio, abbandonò la regola di santa Chiara per seguire quella di
san Benedetto. Perciò distinguiamo i due fondi archivistici: San Bartolomeo
di Saludecio, con 26 volumi e mazzi dal 1668 (come sopra) al 1805, e Santa
Chiara di Verucchio, con 27 volumi e mazzi dal 1586, come sopra, al 1809.
Negli ultimi decenni del secolo scorso si chiusero i monasteri di Mondaino e
di Verucchio, dove si conservava un libro di necrologi delle benedettine di Saludecio, emigrato con le monache nel Veneto.
Se in città non rimase alcun monastero di clausura, nonostante il tentativo che fallì per ragioni logistiche di fondarvi quello della Visitazione poi trasferito in Liguria 4, vari istituti sorsero o stabilirono dimora in Rimini. Tra
essi le Maestre Pie dell’Addolorata fondate dalla beata Elisabetta Renzi di Ri-
M. Del Piazzo, [Presentazione], in Guida generale degli Archivi di Stato italiani, I, Roma
1981, pp. XI-XII, a p. XI.
Vedi il nostro: G. L. Masetti Zannini, «Monaca quasi per miracolo». Un carteggio di suor
Maria Filippina Facchinetti visitandina in Rimini ed in Liguria, (1832-1880), «Ravennatensia», XVIII (2001) pp. 51-73.
180
mini e le figlie della Immacolata Concezione della serva di Dio Angela Molari, di cui è in corso il processo di beatificazione.
Alla nostra indagine sulla consistenza degli archivi delle varie comunità
risposero soltanto i due suddetti istituti, il primo dei quali ha trasferito il suo
archivio nella Casa generalizia a Roma 5, il secondo, che ha sede nel monastero di Sant’Arcangelo (già delle Camaldolesi con poche carte antiche), possiede un archivio di cui la maggior parte riguarda la fondatrice, nata a Rimini il 24
agosto 1821 e morta ivi il 21 novembre 1887. L’archivio storico comprende 5
cassette con 31 fascicoli. Altre cassette riguardano la amministrazione, l’educandato ed altre opere delle Figlie della Immacolata Concezione 6. Altre carte e pergamene di monasteri di Rimini vennero estrapolate dai fondi originari
e trasportate a Forlì nell’Archivio ora di Stato. Si tratta di n° 85 pergamene di
San Sebastiano datate tra il 1383 ed il 1549 7. Altre pergamene provenienti da
monasteri femminili si possono rintracciare tra quelle, in numero di 5.316 (dal
1015 al 1839), possedute dall’Archivio di Stato di Rimini 8.
Di provenienza monastica riminese sono i documenti che servirono al
cardinale Giuseppe Garampi per la monumentale opera sulla beata Chiara degli Agolanti 9. La Biblioteca Gambalunga ne possiede una serie di documenti utilizzati per la conferma del culto, nonché una Vita della medesima, adespota, del secolo XVI 10. Nel Fondo Gambetti della stessa biblioteca trovia Mentre l’archivio della Congregazione, come ci venne comunicato dalla reverenda suor
Zaira Buda, fu trasferito nella Casa generalizia in Roma, la documentazione relativa alla
fondatrice fu pubblicata in: Ariminensis Beatificationis et Canonizationis Servae Dei Elisabethae Renzi fundatricis Magistrarum Piarum a Maria Virgine Perdolente († 1859) positivo
super virtutibus ex officio concinnata, Roma 1985.
L’archivio delle Figlie della Immacolata Concezione è composto in gran parte della documentazione presentata alla Sacra Congregazione delle Cause dei Santi per la causa di beatificazione tuttora in corso, riordinato e regestato dal dottor Andrea Donati. Alla intercessione
della serva di Dio, nota come «la Santa di Rimini», stigmatizzata e riconosciuta tale dal beato
Pio IX, si attribuiscono molte grazie. Ne abbiamo trattato in: G. L. Masetti Zannini, La prova della perfezione in Angela Molari, fondatrice delle Figlie dell’Immacolata Concezione di
Sant’Arcangelo - Rimini, Verucchio 1991.
Guida generale degli Archivi di Stato italiani..., cit., II, p. 254.
Ibidem, pp. 274-275.
G. Garampi, Memorie ecclesiastiche appartenenti all’istoria e al culto della Beata Chiara
di Rimini, Roma 1755; cfr. anche: Gli Agolanti e il castello di Riccione, a cura di R. Copioli,
Rimini 2003, p. 555 (indice).
10
G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia, II, Forlì 1892, p. 148,
n° 67. L’inventario della Biblioteca Gambalunga fu redatto dal professor Attilio Tambellini.
Si vedano anche: Documenti della Beatificazione di Chiara da Rimini, Ibidem, n° 63.
181
mo la Vita di suor Ercola Rinalducci (secolo XVII) 11, mentre è rimasto negli
scaffali manoscritti della biblioteca stessa il Cabreo di tutte le possessioni del
monastero di San Sebastiano, ricco di notizie e di illustrazioni 12. Ma anche in
collezioni librarie private non mancano documenti già appartenuti ad archivi monastici femminili di Rimini. A titolo di esempio citiamo quanto si conserva presso di noi, ossia due manoscritti devozionali già appartenuti al monastero di San Matteo di Rimini e, come sembra, passati poi con le ultime religiose nel monastero di Sogliano, dove molto più tardi vi furono come educande le sorelle di Pascoli. Il poeta dedicò, nelle Myricae una poesia a Le monache di Sogliano, che così inizia:
«Dal profondo geme l’organo
tra ’l fumar de’ cerei lento
c’è un brusio cupo di femmine
nella chiesa del convento» 13.
Si tratta della Novena in onore di San Pellegrino Laziosi 14 e di un altro adespota, che inizia con le parole «Imitari non pigeat quod celebrare delectat», di sant’Agostino, per analogo esercizio in onore di san Filippo Benizi 15. Entrambi risalgono al secolo XVIII.
Ibidem, p. 160, n° 10; forse di provenienza monastica riminese è il manoscritto della Vita
di suor Cecilia Nobili di Nocera Umbra: Ibidem, n° 91.
12
Cabreo di tutte le possidenze del venerabile monastero delle signore Canonichesse Lateranensi di San Sebastiano di questa città di Rimino, 1793, opera di Simone Antonio Fabbri
perito geometra e agrimensore di Gatteo; cfr. R. Paganelli, Tendenze della produzione agricola nel Riminese: i poderi del monastero di San Sebastiano nel secolo XVIII, tesi di laurea,
Università degli Studi di Bologna, Facoltà di Economia e Commercio, a. a. 1988-1989, rel.
prof. F. Cazzola. La tesi è conservata nella Biblioteca dell’Archivio di Stato di Rimini. Abbiamo riprodotto il frontespizio del Cabreo in: G. L. Masetti Zannini, Quel che passava il
convento, «Romagna arte e storia», a. XI, n. 32 (maggio - agosto 1991), p. 35.
13
G. Pascoli, Poesie, con avvertimento di A. Baldini, Milano 1943, pp. 29-30.
14
Novena in onore di San Pellegrino Laziosi dell’Ordine de’ Servi di Maria Vergine, manoscritto di ff. 70, in Biblioteca Masetti Zannini, Bologna, M. 248, acquistato a Ravenna presso la libreria antiquaria «Incipit nemo» il 17 luglio 1989. La segnatura del monastero di San
Matteo con il n° 40 è applicata al dorso del manoscritto. Vi sono riferimenti alla vita monastica femminile a ff. 13, 25, 42. Attualmente il monastero di Sogliano è sprovvisto di documenti
anteriori all’ingresso delle Carmelitane (1988), come ci viene da esse comunicato.
15
Il manoscritto inizia con il titolo: «Imitari non pigeat quod celebrare delectat». L’attuale segnatura della nostra biblioteca è: M. 249, quella antica: 41; esso venne acquistato con il
11
182
Il primo di questi manoscritti, dopo l’introduzione, propone così nove
considerazioni per altrettanti giorni del pio esercizio, al fine di esercitare le
coscienze alla imitazione di san Pellegrino, e di contrapporre alla virtù del
Santo quei difetti che più notabilmente vi si oppongono; «onde dalla considerazione dell’una e degli altri ad ognuno s’apra il campo di trarne il profitto» 16.
Nel secondo manoscritto viene meditata in otto «considerazioni» ed altrettanti «colloqui» la vita di san Filippo Benizi e si esortano le religiose «a
non sgomentarsi per essere copie troppo difformi ad un originale sì perfetto»,
ma invece a comportarsi come «un principiante di pittura» che, non riuscendo
a copiare perfettamente l’originale propostogli, si ingegna «di trarne al vivo
qualche lineamento» 17.
Entrambi i manoscritti terminano con l’esortazione a pregare per quell’autore «acciò insegnando agli altri impari [...] ad emendare e riformare se
stesso, di cui si protesta all’estremo bisognoso» 18.
precedente e proviene dall’antico monastero di San Matteo di Rimini, e quindi da quello di
Sogliano.
16
Novena..., cit., f. 4r-v.
17
Imitari non pigeat..., cit., f. 3r-v. Riferimento alla vita monastica femminile: Ibidem, f.
33r-v.
18
Novena..., cit., f. 70r-v. Nell’Imitari non pigeat..., cit., si legge a f. 56r: «Un Pater e un Ave
al Santo per chi ha scritto, acciò insegnando agli altri impari una volta ad emendare e riformare se stesso, di cui si protesta all’estremo bisognoso».
183
Suor Anna Chiara Sanulli o.s.a.
Archivio delle monache agostiniane del monastero di
San Giovanni Battista in Forlimpopoli. Inventario
Curioso è stato constatare, nel corso di questo studio, come svariati e
molteplici siano stati gli spostamenti delle religiose del monastero di San
Giovanni Battista nel corso dei secoli. Svariati e molteplici, sì, e probabilmente anche travagliati se si pensa che la comunità fu costretta a tre spostamenti significativi in poco più di un secolo!
Le prime fonti 1 che ne attestano la presenza nel territorio forlimpopolese risalgono alla fine del secolo XIII (1292-1298). Conosciute con il titolo di
«monache di San Giovanni Battista della Strada» 2, a causa della collocazione geografica del monastero, nel 1330 vivono il primo spostamento entro le
mura della città nel territorio della parrocchia di San Rufillo 3, cui segue nel
1360-1370 un ulteriore trasferimento a Forlì 4 nel convento di San Giovanni
Battista dei maceri 5, a causa dell’invasione e della distruzione della città da
parte dell’Albornoz.
Archivio di Stato di Forlì (d’ora in poi: ASFo), Notaio Giovanni Bussolini di Forlì, 10 dicembre 1298. È il primo documento che ci attesta l’esistenza delle monache di San Giovanni Battista in Forlimpopoli della fine del secolo XIII; si può ritenere che il monastero sia sorto nel periodo di tempo che va dal 1292 al 1298.
ASFo, Notaio Ruffino Vainoli di Forlì, 2 dicembre 1306. Questo documento ci fa notare
che il monastero non era situato dentro, ma «presso» Forlimpopoli e viene chiamato «monastero di San Giovanni Battista della strada» di Forlimpopoli. Lo Schedario Zaccaria alla medesima data e con il medesimo notaio porta il nome di monache di San Giovanni Battista di
Forlì dette «della Torre».
ASFo, Notaio Giovanni Alberti di Forlimpopoli, 13 agosto 1330. Dichiara che le monache
si sono trasferite dentro la città nella parrocchia di San Rufillo ove hanno anche la loro chiesa (attuale edificio delle scuole elementari).
ASFo, Notaio Nicolò De Tagliaferri di Forlì, 18 aprile 1375. Attesta che le monache si
sono trasferite a Forlì, ma continuano a chiamarsi di San Giovanni Battista in Forlimpopoli.
Dai documenti dell’Archivio di Stato di Forlì pare che il trasferimento sia avvenuto nel
1370 e che l’allora abate di San Mercuriale concesse alla Comunità una casa in Forlì per fabbricarvi una chiesa in onore di San Giovanni Battista. A tal proposito così scrive lo storico
Emilio Rosetti: «Questa volta l’Albornoz entrato in Forlimpopoli, non si contentò di presidiarla, come aveva fatto prima con Cesena e con Forlì, ma venne all’inaudita decisione di
185
Dopo questi primi balzi di 30 anni in 30 anni, la comunità vive un secolo e qualche decennio di tregua per poi rientrare nella sede di Forlimpopoli nel 1518, ma è solo nel 1525 che le Monache ottengono il riconoscimento
dell’appartenenza all’Ordine sotto la Regola di Sant’Agostino. A tale riguardo abbiamo una conferma, anche se di cinque anni più tardi, nei regesti dell’Archivio di Stato di Forlì:
«Breve di Clemente VII alle suore che vivono nel luogo dedicato a San
Giovanni Battista di Forlimpopoli col quale conferma le grazie, i privilegi, gli indulti ecc. concessi precedentemente dall’ordinario o dai legati della Sede Apostolica, il loro modo di vivere e di vestire, ma anzi che
siano considerate monache dell’Ordine di Sant’Agostino e partecipino
quindi “priorissa seu magistra ac moniales et persone omnibus et singulis privilegiis immunitatibus concessionibus gratis favoribus indulgentiis et indultis aliis monasteriis et domibus eiusdem ordinis Sancti Augustini ecc.”» 6.
Da questo momento la comunità assume una precisa fisionomia, arrivando nel 1640 ad essere costituita da 59 monache coriste e 8 monache converse. Presenza significativa nel territorio locale sia come espressione spirituale
che economica, dato che le norme ecclesiastiche del tempo prevedevano che
ciascun monastero potesse accogliere nuovi membri solo in relazione alla sua
possibilità di mantenimento e alle proprie rendite. Prosperità espressa anche
dal fatto che tra il 1703 e il 1741 la Comunità accoglie ben 49 educande molte delle quali sono poi entrate a far parte della comunità.
Questa situazione di stabilità e prosperità comincia a sgretolarsi nel
1798 7, quando il Monastero viene soppresso in parte. Sette anni più tardi,
precisamente il 19 agosto 1805 8, la Comunità è costretta a lasciare il proprio
spianarla. Infatti pubblicato un ordine ai cittadini di abbandonare al più presto possibile le
loro case, queste nel luglio del 1360 vennero barbaramente saccheggiate, incendiate ed eguagliate al suolo. Né fra tanta rovina furono rispettate le chiese o altro edifizio, chè tutto venne distrutto, seminandosi poi fra le rovine il sale, secondo il costume dei tempi» (E. Rosetti,
Forlimpopoli e dintorni. Storia e descrizione, Milano 1890).
ASFo, Schedario Zaccaria, n° 7997, 11 febbraio 1530.
Archivio Storico Comunale di Forlimpopoli, Carteggio Amministrativo, 1807, VI, 21,
prot. 456, ago. 28.
Lo storico agostiniano Gavigan nel suo studio riporta la data dell’8 luglio riferendosi al
trasferimento della Comunità a Roncofreddo e così si esprime: «Questo monastero trecentesco fu soppresso nel 1805 per - concentramento -, cioè le monache furono unite, l’8 luglio
di quell’anno, alla Comunità agostiniana di San Bartolomeo in Roncofreddo» (J. Gavigan
186
Monastero per trasferirsi nella Comunità Agostiniana di San Bartolomeo in
Roncofreddo:
«[...] Il capo dei sgheri, destinato alla vigilanza di tale traslocamento,
intimò alle religiose nella sera del 18 agosto di esser pronte all’albeggiar del giorno seguente alla intimata partenza. Abbassarono esse riverentemente il Capo alle divine disposizioni, e passando la notte nelle giuste loro amarezze, ben presto videro spuntata l’aurora della ferale
giornata dei diecinove agosto dell’anno più volte citato 1805» 9.
Sistemazione che durò ben poco, dato che nel 1810 anche la comunità
delle monache di Roncofreddo venne soppressa 10 e alle religiose non rimase
altra possibilità che essere riaccolte dalle proprie famiglie d’origine. Questa
situazione di «esilio forzato» dall’amato chiostro e dalla vita fraterna si protrasse per 18 lunghi anni, e solo il 24 giugno 1828 le religiose poterono rientrare nel monastero 11 e riprendere il velo, ma già nel 1862 il decreto di «Soppressione degli Ordini Religiosi nel regno d’Italia» privò le monache della
proprietà del monastero, che dovettero nuovamente abbandonare nel 1910.
La sorte volle che tramite l’interessamento del signor Cristoforo Fabbri,
fattore della comunità, e del signor Giuseppe Mammìni, padre dell’allora Madre Clementina, il trasferimento si sia configurato in un «attraversamento di
strada» 12. Con estremo coraggio, forza e affidamento alla divina provvideno.s.a., Le Monache Agostiniane Italiane dell’Ottocento, in Miscellanea Ordinis Sancti Augustini historica in honorem David Gutierrez o.s.a., II, Studia Moderna, p. 386).
Archivio del monastero (citato AM), F. Zanotti, Acta Monialium S. Joannis Baptiste Forumpopili, 1829, p. 24.
10
Gavigan o.s.a., Le Monache Agostiniane Italiane..., cit., II, p. 386: «Le religiose vissero
qui unanimi e concordi, fino al 25 aprile 1810, allorché anche il monastero di Roncofreddo
fu soppresso».
11
Ibidem: «Dopo anni di attesa, le monache di Forlimpopoli poterono rientrare nel loro monastero devastato, ove ripresero il velo il 24 giugno 1828. La Comunità era composta da
7 monache e 12 educande. Sotto il governo della badessa Madre Maria Nazarena Bozzoli
(1849-1855) fu abbracciata la vita comune e furono scritte e approvate le costituzioni».
12
Notizie più dettagliate circa le circostanze del trasferimento si trovano in una Cronaca monastica (AM, dal 15 giugno 1909 al 14 febbraio 1929 e dal 5 ottobre 1940 al 13 maggio 1971,
p. 1 e ss.): «In base all’art. 20 della legge del 7 luglio 1866 n° 3066, soppressione degli Ordini Religiosi nel regno d’Italia, fu confiscato anche il nostro convento insieme a tutti i beni
e i valori ivi esistenti. Alle religiose venne concessa una tenue pensione, con l’obbligo di lasciare il convento non appena fosse deceduta l’ultima religiosa pensionata, cosa che avvenne
il 15 giugno del 1909 data del transito dell’allora Madre vicaria suor Francesca Bregoli. Su-
187
za le monache cominciarono il restauro del nuovo stabile, una casa fatiscente
e abbandonata che nulla aveva a che fare con un monastero. Da subito, prolungando il lavoro anche nelle ore notturne, cercarono di raccogliere la somma necessaria per iniziare i lavori di costruzione della chiesa vero, solo e unico cuore pulsante e fonte di vita di ogni Comunità monastica e destinarono gli
ambienti più belli e ariosi all’educandato. I lavori di costruzione della chiesa
iniziarono nel 1918 e terminarono il 24 giugno 1923, festa di San Giovanni
Battista. Ancora oggi le due sedi, quella attuale e quella originale, sono l’una
di fronte all’altra nel cuore della città.
bito dopo i funerali i consiglieri comunali fecero irruzione nel convento, ispezionarono tutti i locali inventariando ogni cosa: mobili, quadri, oggetti di valore minacciando pene severe per eventuali sottrazioni, e ordinarono di liberare il convento entro 15 giorni. In attesa della nuova sistemazione alle religiose fu assegnato un limite di locali circoscritto a quelli più
indispensabili e il resto del monastero venne adibito a scuola comunale. Vista la gravità e la
precarietà della situazione in cui la Comunità era venuta a trovarsi, l’allora superiora Madre
Celeste Bernardi incaricò il fattore della Comunità, il signor Cristoforo Fabbri, affinché trovasse un luogo in cui la Comunità potesse rifugiarsi. Il fattore chiese aiuto al signor Raffaele
Righi, sindaco della città, che per timore di una reazione popolare (dato che le monache erano molto ben volute) concesse una proroga secondo la quale la Comunità avrebbe dovuto lasciare i locali solo dopo aver trovato un’altra sede in cui vivere. Tramite il signor Cristoforo
Fabbri e il signor Giuseppe Mammìni, padre della Madre Clementina, che fece compra fittizia a suo nome, le monache poterono avere l’attuale stabile. I consiglieri comunali continuarono a fare visite insistenti e minacciose alla Comunità e il 24 dicembre 1909 alle h. 15.00 entrarono di prepotenza nel monastero e misero i sigilli alla Chiesa. Tutto quello che fu trovato
dentro il monastero fu venduto all’asta pubblica a basso prezzo con l’esplicita proibizione di
non vendere alle monache Agostiniane. Il 12 ottobre 1910, alle h. 3.00 di notte, l’allora parroco di San Rufillo celebrò la Santa Messa in coro, comunicò tutte le monache, poi in devota
e mesta processione le monache lasciarono le mura del loro monastero per entrare nella loro
nuova casa restaurata e modificata per quanto possibile. Il giorno seguente il vescovo di Bertinoro monsignor Federico Polloni celebrò la Santa Messa nella cappella interna e incontrò
le religiose. Da subito le religiose cercarono di raccogliere la somma necessaria per iniziare i
lavori di costruzione della chiesa. Prolungarono il lavoro anche nelle ore notturne e destinarono gli ambienti più belli e ariosi per l’educandato. I lavori iniziarono nel 1918 e terminarono il 24 giugno 1923, festa di San Giovanni Battista».
188
Sommario dell’Archivio
Costituzioni e regole, 1671-1895
Regolamenti, 1829-1875
Rituali, 1671-1959
p. 189
p. 191
p. 193
Devozioni, 1739-1930
Autentiche di reliquie, 1714-1967
Messe, 1854-1999
p. 199
p. 202
p. 205
Capitoli, 1828-1998
Approvazioni, 1914-1968
p. 194
p. 195
Memorie storiche, 1640-1952
p. 205
Associazioni, 1825-1964
Vestizioni, 1897-1904
Memorie consorelle, 1826-1990
p. 196
p. 196
p. 197
Aggregazioni, 1840-1898
p. 212
Carteggi, 1772-1929
p. 212
Sussidi liturgici, 1619-1886
p. 197
Amministrazione, 1631-1941
p. 214
Costituzioni e Regole (1671-1895)
a. In uso nel monastero di San Giovanni Battista in Forlimpopoli
«Costituzioni per le Monache Agostiniane di S. Giovanni Battista in Forlimpopoli», 1854, ms. rilegato, pp. 37, suddiviso in paragrafi:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
Proemio
Dell’Ufficio Divino
Del coro
Delle processioni
Dell’orazione mentale e verbale
Della frequenza de SS. Sacramenti della Confessione e Comunione
Dei suffragi pei morti
Della obbedienza
Della povertà
Della castità
Della rinnovazione dei voti
Del silenzio e modo di parlare
Del digiuno ed astinenza
Della disciplina e della colpa
Dell’amore del prossimo
Delle inferme e convalescenti
Della clausura
Del parlatorio
Del refettorio
Del dormitorio
Dell’abito e del vestire
Delle entrate
23.
24.
25.
26.
27.
28.
29.
30.
31.
32.
33.
34.
35.
36.
37.
38.
39.
40.
41.
42.
43.
189
Dell’elezione dell’Abbadessa e della
Vicaria
Dell’ufficio dell’Abbadessa
Della Vicaria
Delle Discrete
Della Camerlenga
Della Maestra delle novizie
Della portinara o ruotara
Della sacrestana
Della corista
Delle panetiere
Della canevara
Delle dispensiere
Delle cucinere
Dell’ingresso delle novizie
Della professione
Delle educande
Dei Ministri della chiesa
Del Sindaco del monastero
Delle persone del secolo
Delle penitenze e castighi
Conclusione
«Comincia la Regola del gran Patriarca S. Agostino Vescovo d’Ippona e
Padre Nostro», 1861, ms., rilegato, pp. 46, suddiviso in 9 capitoli non titolati.
«Regola del Patriarca S. Agostino Vescovo d’Ippona Padre e Maestro
delle Religiose Claustrali che compongono il Venerabile Monastero delle
Monache Agostiniane di Forlimpopoli», 1861, libretto ms., pp. 22. Il contenuto pare il medesimo del ms. precedente, mentre il formato si presenta più
ridotto.
b. In uso in altri monasteri
Regole di S. Agostino et Costitutiones per le Sorelle Monache della Visitatione: e direttorio delle cose spirituali per le medesime, Torino et Forlì, per
Gioseffo Selva all’Insegna di S. Antonio Abbate, 1671, pp. 284.
Regola data dal P. S. Agostino alle Monache e qui per la loro maggiore
istruzione, e profitto spirituale, dal P. Maestro F. Paolo Richiedei de’ Predicatori volgarizzata ed esposta, Brescia, per li Rizzardi, 1675, pp. 405.
Regola di Santo Agostino Vescovo e Dottore di Santa Chiesa ad uso delle Monache, Modena, per Francesco Torri, 1745, pp. 86.
«Regula a Sancto Augustino Episcopo et Ecclesiae Doctore»; sulla copertina: «Rilegata per la seconda volta 15 Agosto 1799», testo bilingue latino-volgare, pp. 24.
Regola di Sant’Agostino ed analoghe Costituzioni ad uso delle Religiose del Ven. Monast. Della Beata Chiara di Monte Falco, con l’aggiunta del
regolamento sulla vita comune approvato dall’Emo. E Rev.mo. Mons Mario
De Baroni Ancajani Arcivescovo di Spoleto, Spoleto, nella tipografia Baffoni, 1824, pp. 22.
Costituzioni per le Monache del Monastero di S. Cristina Vergine e Martire che professano la vita comune sotto la Regola del S. P. Agostino, Bologna, Tipografia Gamberini e Parmeggiani, 1826, pp. 116.
Costituzioni date alle sorelle Agostiniane in Milano sotto il titolo della
Presentazione di Maria Vergine, Milano, coi tipi di Luigi di Giacomo Pirola, 1837, pp. 224.
Regola del Santissimo Padre Agostino con le Costituzioni de’ Superiori apposti sotto i Capitoli conforme alla materia che in essa si tratta tradotta
190
in lingua volgare al beneficio delle Monache di detto Ordine, Perugia 1614 e
Fermo 1843, pp. 36.
Regola del S. Padre Agostino volgarizzata col testo originale a fronte,
Roma, Tipografia Salviucci, 1845, pp. 79.
Regole e Costituzioni date da Sua Ecc. Reverendiss. Mons. Fr. Giulio Arrigoni Arcivescovo di Lucca alle Monache Agostiniane in S. Nicola Novello,
Lucca, Tipografia Ferrara e Landi, 1851, pp. 251.
Costituzioni per le Monache Cappuccine di S. Antonio di Padova di Forlimpopoli, Imola, Faenza, Siena e Lucca, Tipi dell’Immacolata Concezione
della stamperia di Monsignore, 1859, pp. 16. In appendice oltre alla suddivisione nominativa dei capitoli, anche l’elenco di nomi delle dieci suore Cappuccine che avevano in uso queste Costituzioni.
Regole di S. Agostino per le Monache di S. Flavia Domitilla della città
di Frascati, Roma, Tipi di Bernardo Morini, 1866, pp. 105.
Compendium Costitutionum Fratrum Ordinis Predicatorum, Parisiis,
apud Poussielgue Fratres Bibliopolas, 1873, pp. 253.
Regola e Costituzioni dell’Ordine Eremitano di S. Agostino adattate alle
Monache dello Stesso Ordine, Roma, Tipografia della Pace di F. Cuggiani,
1895, pp. 127.
Regolamenti (1829-1875)
a. Probande, Novizie, Professe
«Manuale per le Sig.re Probande e Novizie del Monastero di S. Giovanni Battista di Forlimpopoli, 1829». Collezione dei buoni usi e delle sante costumanze che si osservavano prima della soppressione e che nella maggior
parte si osservano tutt’ora dalle religiose Agostiniane di Forlimpopoli dopo
la loro ripristinazione accaduta il 29 giugno 1826, presentata a S. E. R.ma.
mons. Chiarissimo Falconieri arcivescovo di Ravenna […] l’anno 1829, ms.,
pp. 52. Indice dei paragrafi:
1.
2.
3.
Del Divino Uffizio
Della S. Comunione e pratica nell’amministrazione
Dei vari esercizi di pietà che praticavansi e si praticano da questa religiosa comunità
191
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
Della orazione mentale e serotina
Dei digiuni, della disciplina e della colpa
Del silenzio
Di altri usi santi che si praticano in questo monastero
Delle processioni
Dei funerali
Doveri delle religiose Converse
Doveri delle Novizie
Doveri delle sig.ne Educande
Della elezione delle Superiori
Della Camera del convento
Dell’Erario e del parlatorio
Degli uffici o impieghi della Comunità
Metodo che osservansi in refettorio
Ministri della Chiesa
b. Educande
14:
1.
2.
3.
4.
«Regolamento per le educande di Forlimpopoli», ms., non datato, pp.
Doveri religiosi
Doveri di scuola e di studio
Doveri comuni
Orari
«Regolamento per le Signore Educande del Ven. Monastero delle Agostiniane di S. Giovanni Battista a Forlimpopoli», ms., non datato, pp. 50, suddiviso in quattro parti:
1.
2.
3.
4.
5.
Prefazione
Parte I, Avvertimenti e regole generali in due capitoli
Parte II, Disciplina in sei capitoli
Parte III, Studi:
a. Classe infima
b. Classe media
c. Classe suprema
Parte IV, Lavori
«Regole Direttive per l’Educandato di Forlimpopoli». Direttorio da seguire di norma per la Direttrice e le Maestre dell’Educandato di San Giovanni
Battista in Forlimpopoli, ms. pp. 6, suddiviso in 10 articoli approvato dal vescovo di Bertinoro Sua Ecc.za mons. Camillo Ruggeri il 20 maggio 1875.
192
Rituali (1671-1959)
Ordine e modo di dar l’Habito, e Professare per le Monache che si vestono nel Monastero di S. Giovanni Battista della città di Forlimpopoli, Forlì, Gioseffo Selva, 1671, pp. 20, in lingua latina.
«Ordine da tenersi nella Vestizione delle Monache Converse nel Ven.
Monastero di S. Giambattista in Forlimpopoli», 1828, ms., pp. 26.
«Ordine da tenersi nella Professione delle Religiose Converse del Ven.
Monastero di S. Giovanni Battista in Forlimpopoli» ms., non datato, in lingua latina, pp. 10.
«Interrogazioni e risposte per la Vestizione delle Novizze Agostiniane di
Forlimpopoli», ms., [sec. xix/1a metà], pp. 4.
«Vestizione e professione di una conversa», ms., [sec. xix/1a metà], pp.
8, in quattro capitoli:
1.
2.
3.
4.
Vestizione delle converse
Professione di una conversa
Vestizione di una corista
Per accettare alla professione una novizza
«Forma di vestire le Novizze dell’abito monacale ad uso delle Suore
Agostiniane di Forlimpopoli», ms., [sec. xix/1a metà], in latino e in volgare,
in due parti:
1.
2.
Forma di vestire le novizze dell’abito monacale
Forma di accettare le novizze alla professione
«Forma di vestire dell’abito monacale e di accettare alla Professione le
Novizze nel Monastero di S. Giovanni Battista nella città di Forlimpopoli»,
ms., [sec. xix/1a metà], pp. 40, presenta numerose correzioni e aggiunta di pagine.
«Forma di vestire le Novizze dell’abito Monacale», ms., [sec.
metà], pp. 18.
xix/1a
«Ordine da tenersi nella Vestizione delle Monache Converse nel Venerabile Monastero di S. Giovanbattista in Forlimpopoli», Forlì 1903, ms. scritto
da Raffaele Turchetti, in due parti:
193
1.
2.
Ordine da tenersi nella vestizione, p. 1
Ordine per la professione, pp. 8
«Preparazione alla Vestizione» Forlimpopoli 26 novembre 1913, Teresa Leontini, pp. 4.
«Monastero di S. G. Battista delle Monache Agostiniane di Forlimpopoli. Rituale per la Vestizione. 1959», pp. 8.
«Monastero di S. G. Battista delle Monache Agostiniane di Forlimpopoli. Ritus admissionis postulantium ad abitum, 1959», in latino, pp. 9.
«Sacre Preci per la elezione e benedizione dell’Abbadessa delle Monache Agostiniane dell’Ordine di Sant’Agostino nel Venerabile Monastero di
San Giovanni Battista in Forlimpopoli», ms., [sec. xix/1a metà], pp. 16
Capitoli (1828-1998)
«Atti dei Capitoli», carteggi:
a. Relazioni di Capitoli dal 24 giugno 1828 al 22 settembre 1865
b. Per l’ammissione all’ingresso, postulandato, noviziato, professione:
sotto la Madre Abbadessa suor Adeodata Ghinozzi dal 30 aprile 1829 al 4
ottobre 1844, cc. 18
sotto la Madre Abbadessa suor Teresa Casini dal 15 giugno 1833 al 9 agosto 1839,
cc. 9
sotto la Madre Abbadessa suor Crocifissa Montebugnoli dal 9 giugno 1847, c. 1
c. Ammissione alla Vestizione e alla Professione solenne dal 10 giugno 1830 al 29
giugno 1834, cc. 12
d. Presentazione delle candidate da parte della Madre Maestra:
suor Teresa Casini dal 31 agosto 1829 al 5 ottobre 1844, cc. 11
suor Adeodata Ghinozzi dal 2 dicembre 1831 al 12 settembre 1839, cc. 7
e. Dichiarazioni delle candidate che venivano presentate alla comunità riunita in capitolo,
cc. 5, senza data
f. Questioni Amministrative dal 9 giugno 1837 al 25 marzo 1840, cc. 2
g. Relazioni di fine mandato per i Capitoli elettivi e relative rielezioni dei superiori dal 6
luglio 1852 al 29 ottobre 1877
h. Atto della Solenne Professione della Conversa suor Marianna Crocifissa Gioseppa
Laghi del 24 giugno 1854, e atto della solenne vestizione dell’11 giugno 1855
i. Capitoli delle colpe, b.1: 1879-1895, 10 quaderni mss.:
1. Venerdì santo 1879 al Venerdì santo 1880
2. Dall’Ascensione 1880 alla Vigilia dell’Epifania 1881
3. Primo venerdì di quaresima 1880 all’Epifania 1882
194
4. Venerdì delle ceneri - Epifania 1882
5. Vigilia dell’Assunzione 1887 - Vigilia Pentecoste 1887
6. Dal principio del 1892 a tutta la Quaresima 1893
7. Vigilia dell’Ascensione del 1894 al Venerdì santo 1894
8. Dall’Epifania del 1895 all’Ascensione
9. Avvertimenti generali per la vestizione
10. Meditazioni per la Madonna del Buon Consiglio, non datato
b. 2: 1880-1930, cc. 45
«Libro dei Capitoli delle RR.e Madri Agostiniane di San Giovanni Battista di Forlimpopoli dall’8 ottobre 1840 al 15 giugno 1841», vol. 1
«Libro dei Capitoli delle Probande e Novizie e di altre cose dal 1951 al
1967», reg. 1
«Registro Relazioni dei Capitoli dal 24 giugno 1968 al 4 giugno 1998»,
reg. 1
«Registro Relazioni del Consiglio dal 29 settembre 1969 al 2 gennaio
1992», reg. 1
Approvazioni (1914-1968)
Si intende la normale assegnazione dei compiti o lavori all’interno della comunità che un tempo necessitava dell’approvazione del vescovo, ma che
oggi è puramente vita interna della comunità.
Distribuzione degli uffici delle monache (solitamente venivano assegnati in occasione del capitolo elettivo dell’Abbadessa)
17 luglio 1914 [visto di approvazione del vescovo Federico Polloni, 19 luglio 1914]
20 luglio 1917 [visto di approvazione del vescovo Federico Polloni, 28 luglio 1917]
20 luglio 1923 [visto di approvazione del vescovo Federico Polloni, 26 luglio 1923]
1926 [visto di approvazione del vescovo Antonio Scarante]
1929 [visto di approvazione del vescovo Antonio Scarante, 3 ottobre 1929]
1° gennaio 1936 [visto di approvazione del vescovo Francesco Gardini, 3 gennaio 1936]
3 agosto 1937 [visto di approvazione del vescovo Francesco Gardini, 12 agosto 1937]
20 maggio 1944 [visto di approvazione del vescovo Francesco Gardini, 21 maggio 1944]
1° giugno 1947 [visto di approvazione del vescovo Francesco Gardini, 3 giugno 1947]
16 giugno 1951 [visto di approvazione del vescovo Mario Bondini, 18 giugno 1951]
24 luglio 1953 [visto di approvazione del vescovo Mario Bondini, 7 agosto 1953]
21 settembre 1956 [visto di approvazione del vescovo Mario Bondini, 2 ottobre 1956]
195
10 marzo 1960 [visto di approvazione del vescovo Giuseppe Bonacini, 19 marzo 1960]
28 ottobre1961 [visto di approvazione del vescovo Giuseppe Bonacini, 7 novembre 1961]
28 dicembre 1964 [visto di approvazione del vescovo Giuseppe Bonacini, 6 gennaio 1965]
1968 [visto di approvazione del vescovo Giuseppe Bonacini, 24 giugno 1968]
Associazioni (1825-1964)
Si indicano le tappe del cammino di un’aspirante monaca (dunque non
sono associazioni esterne del tipo di un terzo ordine).
«Libro primo delle sig.ne Probande, Educande e Superiore dal 1825 all’anno 1903», con elenchi riguardanti:
1.
2.
3.
4.
5.
Probande Coriste
Probande Converse
Sig.ne Educande
Madri Abbadesse e Vicarie
Servienti
«Libro secondo delle Signore Probande e Superiori dal 1947 fino al
1964»
Vestizioni (1897-1904)
«Documenti di vestizioni e professioni di varie religiose», 1897-1904,
carteggi:
25 giugno 1897, prende l’abito delle corali Anna Casoli, nata a Tolentino il 26 Luglio 1865.
26 luglio 1898, ammissione alla professione religiosa, Enrichetta Gaiba, nata a Bologna e
suor Chiara del Sacro Cuore.
10 dicembre 1901, ammissione alla vestizione religiosa, Maria Piolanti, nata a Predappio,
battezzata il 20 settembre 1883.
18 dicembre 1902, ammissione alla professione religiosa, suor Maria Rita Luisa Teresa Piolanti, al secolo Maria.
17 luglio 1903, ammissione tra le monache corali per Luisa, e tra le monache converse per
Giovanna Luisa Rossi, nata il 4 gennaio 1880, e Giovanna Osioli, nata il 17 luglio 1882,
entrambe di Forlì.
12 ottobre 1904, ammissione alla professione religiosa, Innocenza Liverani, nata a Forlimpopoli il 27 marzo 1881, e Concetta Mamini, nata al Ronco il 7 dicembre 1884.
196
Memorie consorelle (1826-1990)
«Libro terzo Narrazioni funebri ossia libro delle Religiose Defonte»,
elenchi dei decessi dal 1826 al 1956:
1.
2.
3.
Religiose Professe
Religiose Converse
Sig.re Educande
«Memorie delle Consorelle defunte»
1838-1841, vol 1
1940-1990, vol. 1
«Monache defunte»,1851-1925, carteggi riguardanti alcune monache
vissute nel monastero:
suor Giuseppa De Contarini, al secolo Elvira, nata a Milano il 31 marzo 1851
suor Giuseppa Concas, al secolo Antonietta, nata ad Arbus in Sardegna il 16 febbraio 1902 e
morta il 1° agosto 1939
suor Imelde Bandini, al secolo Maria, nata a Marradi il 4 luglio 1905
suor Maria Francesca Piras, al secolo Elisabetta, nata a Guspini il 15 marzo 1906
suor Margherita Lotti, al secolo Palma, nata a Pennabilli il 16 marzo 1913
suor Michelina Concas, al secolo Doloretta, nata a Nuragus in Sardegna, il 18 novembre
1920
suor Paola Portolani, al secolo Mafalda, nata a Montevecchio, il 12 giugno 1925
Sussidi Liturgici (1619-1886)
1.
Salteri:
Psalterium Romanum dispositum per hebdomadam ad normam Breviarii, ex
decreto Sacr. Concilij Tridentini restituti, 1619, scritto in due colori: rosso per
i titoli, la lettera maiuscola dei capoversi e delle antifone, le didascalie e i tetragrammi, e nero per i neumi e i testi delle antifone, dei salmi, dei canoni e
delle orazioni. In latino con gli accenti tonali per facilitare il canto e la lettura, vol. 1
Psalterium Romanum, dispositum per hebdomadam ad formam Breviarii Romani, 1627, vol. 1
Psalterium, Breviarii Romani, cum ordinario Divini Officii, 1912, vol. 1
2.
Messali:
Missale Romanum ex decreto Sacrosancti Concilii Tridentini, Venetiis 1765,
vol. 1
197
Messale Romano, latino-italiano, Torino 1936, pp. 2089
Oratio Dominicalis, Padova 1942, pp. 440
Messale festivo, Vicenza 1955, pp. 446
Messale Romano quotidiano, latino-italiano, Roma 1962, pp. 552
3. Breviari:
Breviarium Augustinianum ad usum Fratrum & Monialium Ordinis Eremitarum Sancti Augustini, quattro tomi:
1. 1751
2. manca la copertina, ma nella catalogazione è scritto: anno 1963
3. manca la copertina, ma nella catalogazione è scritto: anno 1241 (?)
4. 1732
Breviarium Augustinianum ad usum Fratrum & Monialium Ordinis Eremitarum Sancti Augustini, quattro tomi:
1. Pars Hiemalis, manca la copertina, ma nella catalogazione è scritto: anno
1762
2. Pars Aestiva, 1762
3. Pars Hiemalis, 1762
4. Pars Aestiva, 1762
Breviarium Augustinianum ad usum Fratrum & Monialium Ordinis Eremitarum Sancti Augustini, due tomi:
1. Pars Hiemalis, 1744
2. Pars Aestiva, 1744
Breviarium ad usum Fratrum & Monialium Ordinis Eremitarum Sancti Augustini, tre volumi:
1. Pars Aestiva, 1777
2. Pars Autumnalis, 1777
3. Pars Verna, 1777
Breviarium ad usum Fratrum et Monialium Ordinis Eremitarum Sancti Augustini, quattro volumi:
1. Hiemalis, 1828
2. Aestiva, 1828
3. Autumnalis, 1828
4. Verna, 1828
Breviarium ad usum Fratrum et Monialium Ordinis Eremitarum Sancti Augustini, quattro volumi:
1. Hiemalis, 1849
2. Aestiva, 1849
3. Autumnalis, 1849
4. Verna, 1849
198
Breviarium ad usum Fratrum et Monialium Ordinis Eremitarum Sancti Augustini, quattro volumi:
1. Hiemalis, 1886
2. Aestiva, 1886
3. Autumnalis, 1886
4. Verna, 1886
4. Officia Hebdomadae:
Officium Hebdomadae Sanctae, secundum missale et Breviarium Romanum,
1766, vol. 1
Officium Hebdomadae Sanctae, secundum missale et Breviarium Romanum,
1777, vol. 1
Officium Hebdomadae Sanctae, 1888, vol. 1
5. Officia propria et variationes:
Officia propria Sanctorum Canonicorum Regularium, 1751 vol. 1
Officia propria Sanctorum Foroliviensium, 1785, vol. 1
Officia Sanctorum Ecclesiae Anconitanae propria, 1861, vol. 1
6. Officia Propria Ordinis Eremitarum S. Augustini:
Officia Propria Sanctorum ad usum totius Ordinis PP. Eremitarum, S. Augustini, 1805, vol. 1
7. Officium Beatae Mariae Virginis et fidelium defunctorum:
Officium Beatae Mariae Virginis S. PII V. Pont. Max. iussu editum, Clementiis VIII et Urbani VIII, 1869, vol. 1
8. Ufficio della Settimana Santa
Uffizio della Settimana Santa, 1797
Uffizio della Settimana Santa e della Ottava di Pasqua, 1858
Uffizio della Settimana Santa e della Ottava di Pasqua, 1862
Uffizio della Settimana Santa e della Ottava di Pasqua, 1872
Ufficio della Settimana Santa e della Ottava di Pasqua, 1876
Uffizio della Settimana Santa e della Ottava di Pasqua, 1892
Devozioni (1739-1930)
1. A Sant’Agostino
Novena in preparazione alla festa di sant’Agostino Vescovo d’Ippona e
Dottore Massimo di Santa Chiesa, Faenza, Benedetti Stampatore, 1768, pp.
55
199
Novena Sacra per apparecchio alla festa del gran Dottore della Chiesa
Sant’Agostino Vescovo d’Ippona dedicata alle molto reverende Madri Canonichesse Lateranensi, Verona, nella stamperia Morini, 1776, pp. 96
Sacra novena da premettersi alla festa del glorioso Padre Agostino offertagli da un suo divoto, Lugo, presso Giovanni Melandri, 1807, pp. 37
Novene e meditazioni che contengono in ristretto e con ordine la vita del
gran Dottore Santo Agostino con alcuni esercizi di divozione per la sua novena, Parma, Tipografia Rossetti, 1853, pp. 168
«Litanie Sancti Patris Nostri Augustini», ms., [sec. xix/1a metà], pp. 4
«Litanie del N. S. P. Agostino», [sec. xx in.], pp. 4
Novena ad onore del nostro Santo Padre Agostino, ristampa di una edizione del 1746, in Curia Archiep. Mediolani, 1911, pp. 35
Triduo in onore di S. Agostino Vescovo d’Ippona e Dottore massimo di S.
Chiesa, [Firenze], Libreria Editrice Fiorentina, 1930, pp. 23
2. A Santi dell’Ordine Agostiniano
Novo settenario in onore di S. Niccola da Tolentino dell’Ordine Agostiniano, Forlì, 1739, pp. 72
Il sacro settenario del glorioso S. Nicola da Tolentino protettore di S.
Chiesa del sacro Ordine Agostiniano, Rimino, 1792, pp. 50
Esercizio di divozione in onore della beata Chiara Vergine di Montefalco dell’Ordine Eremitano di Sant’Agostino, Fuligno, Tipografia Campitelli,
1835, pp. 29
3. Alla Beata Vergine Maria
Novena in preparazione alla festa della B.V. del popolo protettrice della
città di Forlimpopoli, Forlì, presso Luigi Bordandini, 1839, pp. 40
«Novene in onore della Beata Vergine del Buon Consiglio la di cui festa
si celebra il 26 aprile per uso delle RR. Madri Agostiniane del ven. monastero di S. Giovanni Battista di Forlimpopoli, 1861», ms., pp. 36
200
«Novena in preparazione alla Festa dell’Assunzione di Maria Vergine
del P. Giuseppe Navarra della canzone dell’Oratorio di San Filippo Neri»,
ms., pp. 6
Corona di Dodici Novene per prepararsi divotamente alle feste della B.
Vergine Maria disposte secondo l’ordine ecclesiastico, Milano, da Giocondo
Messaggi Tipografo-Librajo, [sec. xix ex.], pp. 80
4. A San Giovanni Battista
Apparecchio di nove giorni alla festa della natività del gloriosissimo S.
Giovanni Battista protettore principale della città e diocesi di Cesena, Cesena 1828, pp. 101
«Pro Sancto Ioanne Baptista», foglietto ms. non datato
5. A San Rufillo
Esercizio divoto da praticarsi in apparecchio alla festa del glorioso S.
Rufillo primo vescovo e protettore di Forlimpopoli, Forlì, dalla stamperia Casali, 1821, pp. 24
Esercizio divoto in apparecchio alla festa del glorioso S. Rufillo primo
vescovo e protettore di Forlimpopoli da praticarsi nella Chiesa Abbaziale e
Collegiata Insigne a detto Santo, Forlì, per Antonio Barbiani, non datato, sulla prima pagina si legge «Sr Alma Regina della Torre, 1856», ma sia per il
tipo di carta che per il modo della stampa sembrerebbe più antico
Novena in preparazione alla festa del glorioso San Rofillo primo vescovo e protettore di Forlimpopoli, Forlì, dai tipi Bordandini, 1857, pp. 26
6. Varie
Novena del Santo Natale colle meditazioni per tutti i giorni dell’Avvento
fino all’ottava dell’Epifania, Bassano 1769, pp. 344
Divote preci che si recitano nella chiesa di San Giovanni Battista dalle
RR. Monache Agostiniane di Forlimpopoli, ms., non datato, con la notazione
musicale gregoriana per le parti del canto, pp. 66. Tali devozioni riguardano:
201
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
Il SS. Sacramento
Litanie Lauretane alla B. V. Maria
Orazioni varie a:
Vergine Maria
San Giovanni Battista
Santo Padre Agostino
Alla Santa Madre Monica
San Nicola da Tolentino
San Tommaso da Villanova
Per i defonti
Per la pace
Per la Chiesa
Per il Papa
Contro le tempeste
Orazioni alla B. V. del Buon Consiglio nel dì della sua festa
Novena del Santo Natale
Oratio de SS. Sacramento
Lodi contro le bestemmie
Formulario per il rinnovo dei voti
«Sermoni per il Santo Natale composti dal padre Pellegrino Pazzaglia
servita nel 1863», ms., pp. 42
«Oratione pro una, et pro pluribus defunctis Ordinis nostri, in anniversario recitanda», foglietto ms., non datato
xx
«Novena di meditazioni del Sacro Cuore di Gesù», quaderno ms., [sec.
in.], pp. 62
Autentiche di reliquie (1714-1967)
b. 1. 1714-1799
14 Agosto 1714 (?): B. Veronica de Binasco (agostiniana)
17 Giugno 1733: (?)
16 Gennaio 1749: Ignatium a Parma ordinis minorum, S. Francisci Capucinorum Lectorem
30 Giugno 1751: S. Bonaventura
22 Gennaio 1757: S. Josephi sponsi B.me Virginis Marie
20 Marzo 1758: S. Augustini
1° Marzo 1759: S. Francisci confessoris
20 Settembre 1759: Ss. Stephani, Lini martiris, Marceli pape martiris
6 Settembre 1761: Sancti Nicolai a Tolentino (agostiniano)
8 Febbraio 1766: S. Nicolai de Tolentino
202
19 Giugno 1766: S. Therese Virginis Carmelitanae
17 Marzo 1771: S. Catharine virginis et martiris
18 Marzo 1772: S. Nicolai de Tolentino confessoris
15 Gennaio 1773: sacram reliquiam ex sacratissimo Ligno Crucis N.S.J.
18 Giugno 1779: S. Emidii e S. Seraphini
18 Ottobre 1780: S. Francisci Salesij Episcopi, S. Francisci de Paula ordinis Minorum fundatoris, S. Francisco Maria Brittinorij
9 Ottobre 1783: ex sacratissimo Ligno SS.me Crucis domini nostri Jesu Christi, S. Anne matris B. Virginis Marie, S. Francisci de Paula
10 Agosto 1785: B. Clarae Agolantis fundatricis monasterii S. Mariae Angelorum
3 Dicembre 1787: S. Peregrini Latiosi
10 Agosto 1787: S. Antonii Patavii
10 Marzo 1788: S. Mariae Maddalenae de Pazzi virginis
13 Aprile 1790: (?)
4 Giugno 1792: particulam ex sacro Ligno Crucis N.S. Jesu Christi
9 Febbraio 1793: S. Mariae Magdalenae Penitentis, S. Francisci Xaverii, S. Leonardi,
S.Catharinae Virginis
20 Giugno 1793: Sanctae Margaritae Cortonensis penitentis
9 Luglio 1793: Sancti Augustini episcopi et doctoris
11 Settembre 1794: Sancti Francisci da Paula, S. Vincenti Ferrerii, S. Mariae Magdalenae de
Pazzi, S. Francisci Assisiatis, S. Camilli de Lellis
26 Settembre 1795: B. Gregorii Celli confessorum Ord. Eremitarum S. Augustini
18 Agosto 1796: S. Andree Avellini, S. Ignatii Lojole confessoris, S. Clara a Monte Falco
30 Giugno 1799: S. Francisci de Paula confessoris
b. 2. 1804-1967
15 Settembre 1804: S. Augustini episcopi Ecclesie doctoris, S. Aloysii Gonzagae, S. Ignatii Loyola, S. Francisci Xaverii, S. Francisci Assisis, S. Andrea Avellini, S. Paschali
Baylon, B. Clarae a Monte Falco Ord. S. Augustini
16 Settembre 1804: S. Thome a Villanova episcopi confessoris (Ord. S. Augustini)
1° Febbraio 1807: B. Francisci de Hieronyme
13 Giugno 1807: B. Veronica Juliani Ord. Min. Cappuccinorum
15 Novembre 1807: SS. Apostolorum Petri et Pauli, S. Ioannis Ap. et Evang., SS. Apostolorum Andrea, Iacobi Maioris, Iacobi minoris, Philippi, Bartholomei, Simonis, Thaddei,
Thome, ac Matthei.
1° Febbraio 1808: S. Joseph Sp. B.M.V.
16 Novembre 1808: S. Luca Evangelista
30 Aprile 1814 : S. Andreae Apostoli, S. Francisci Salesii episcopi, S. Francisci Assisinatis,
S. Francisci de Paula, S. Francisci Xaveri, S. Ioannis a Capistrano, S. Aloysii Gonzaga,
SS. Mariae Magdalenae penitentis, Valeriani martiris Forolivi patroni, Luci v. martiris,
Appollonia v.m., Barbara v.m., S. Mariae Magdalenae de Pazzis, S. Nicolai a Tolentino, B. Gregorii Celli a Verucchio Ord. Er. S. Aug., B. Ioannis Bono Ord. Er. S. Aug., b.
Ritae a Cassiae Ord. S. Augustini, b. Clarae a Monte Falco Ord. S. Augustini, S. Caroli Borromei Card., S. Ubaldi episcopi, S. Margarita a Cortona.
13 Aprile 1815: S. Ioannis Baptista precursoris Dei, S. Francisci Assisis, beati Iacobi Salontonii confessoris Ord. Predicatorum
203
12 Aprile 1818: S. Alessi confessoris
13 Marzo 1818: particulas ligno Crucis N.S.J.C., B.mae Virginis Mariae, S. Joseph sponsi
B.V. Mariae, Petri ap., Paoli ap., Thome, Ruphilli [...], S. Philippi Neri, b. Francisci de
Hieronymo
16 Febbraio 1824: B.mae Virg. Mariae, S. Aghatae virg. mart., S. Antonii Patavini conf.
O.Min.
13 Febbraio1827: (?)
13 Dicembre 1828: SS.um martyrum Pii, Probae, Agapitae, Niconis
13 Dicembre 1828: SS.um martyrum Tranquillae, Crescentii, Valentini, Abani et Vincentii
13 Dicembre 1828: S. Thome de Villanova
13 Dicembre 1828: SS.um martyrum Luciani, Celestini, Alexandri, Iustini, et Clarae
13 Dicembre 1828: SS.um martyrum Desiderii, Liberatae, Maximi, Emerentiane, Innocentii, Natalis
29 Maggio 1830: B.mae Virginis Mariae, S. Joseph sponsi eiusdem, S. Aloysi Gonzagae
22 Agosto 1831: Beatae Veronicae de Julianis
29 Novembre 1831: S. Ioannis Baptista precursoris Domini
27 Marzo 1833: S. Theresiae virg.
5 Maggio 1833: S. Deodati martyris, S. Aloysii Gonzagae confessoris
3 Febbraio 1838: Sancti Patris Francisci Assisiensis
27 Aprile 1839: S. Aloysii Gonzagae
27 Aprile 1839: S. Luciae virg. mart.
23 Gennaio 1843: Beatae Clarae a Monte Falco
30 Maggio 1846: B.mae Virginis Mariae, S. Joannis ap. et Evang., Ss. Petri Damiani, Pascali
Baylon e Pacifici Semptedan., S. Francisci Assisien, S. Margarita da Cortona
10 Aprile 1849: ?
25 Maggio 1849: S. Ignatii Loyole, S. Francisci Xaverii
7 Agosto 1856: SS.mae Crucis Domini Nostri Jesu Christi
8 Agosto 1856: S. Antonii, S. Augustini ep., S. Ruffilli ep., S. Vicini ep., S. Aloysii Gonz.,
S. Hylarioni
12 Giugno 1857: Virg. Mariae, S. Aloysii Gonzaga, S. Veronica de Juliani, S. Rosae Viterbiensi virg.
30 Marzo 1862: B Josephi Lobia (?) confessoris
22 Maggio 1863: particulam ex ligno Ss.me Crucis in qua mortuus est dominus noster Jesu
Christus
30 Giugno 1865: B.mae Virginis Mariae, Sancti Joseph ejus purissimi sponsi, S.tae Theresiae
virg. Carm., S.ti Augustini ep. et Eccl. doctoris, S.tae Monicae
13 Ottobre 1865: B.mae Virginis Mariae, Sancti Joseph ejus purissimi Sponsi, Sancti Nicolai
a Tolentino confessoris, Sancti Aloysii Gonzaga, Sancti Rochi confessori, Sancti Thomae a Villanova confessoris
8 Giugno 1924: B. Teresiae a Jesu Infante virginis
19 Marzo 1934: Sancti Josephi Benedicti Cottolengo
5 Ottobre 1939: S. Imeldae Virginis ord. Predicatorum
12 Maggio1950: Sancti Joannis Bosco sacerdotis confessoris
1° Maggio 1967: S. Ruphilli
204
Messe (1854-1999)
1854-1865
1857-1930, «Vacchetta per i giorni di Festa»
1858-1974, «Vacchetta per le Messe dei Defunti»
1931-1961, «Vacchetta per i giorni di Festa e di esposizione del SS.mo Sacramento»
1952-1976, «Vacchetta per segnare le Messe del defunto don Biagio»
1961-1966
1967-1972
1973-1978
1975-1990, «Vacchetta per i giorni di Festa»
1978-1989
1989-1999
Memorie storiche (1640-1952)
«Memorie del Venerabile Monastero delle molto RR. Monache di S. Giovanni Battista di questa città di Forlimpopoli, sotto la Regola di Sant’Agostino, fatte d’ordine della molto reverenda Madre Ippolita Genevra Salvolini nel terzo suo abbatissato: 1699 da me Gioseppe Focchi sindico», tomo manoscritto, contiene:
1. Catalogo delle Monache: elenco delle monache presenti nel monastero
nell’anno 1640, 49 coriste e 8 converse per un totale di 57 religiose:
Monache Coriste:
Briganti Lucia da Forlimpopoli, abbadessa
Mastri Monica da Meldola, vicaria
Agnoletti Genevra da Monte Vecchio
Amici Angela Cristina da Forlimpopoli
Amici Maria Colomba, sorella di Angela Cristina
Amiconi Caterina da Meldola
Avventurati Camilla Francesca da Meldola
Avventurati Olimpia da Meldola
Bandi Eufemia da Forlimpopoli
Bandi Marta da Forlimpopoli
Candolfi Maria Cecilia da Imola
Ceroni Alba da Casola
Ceroni Maria Chiara, sorella di Alba
Cornioli Felice da Forlimpopoli
Cornioli Maria Maddalena da Forlimpopoli
Cresci Elena da Meldola
Fantini Paola Innocentia da Budrio
205
Focchi Elisabetta da Forlimpopoli
Franchini Anna da Forlimpopoli
Franchini Gio. Battista da Forlimpopoli
Frassoni Stella Maria da Forlimpopoli
Gaddi Maria Celeste da Forlì
Gardini Laura Corona da Forlimpopoli
Gardini Veronica Francesca, sorella di Laura Corona
Guazzarini Francesca da Cervia
Guerdi Serafina da Forlimpopoli
Maioli Maria Cassandra da Ravenna
Maioli Maria Croce sorella di Maria Cassandra
Maioli Maria Regina da Ravenna
Mastri Maria Caterina da Meldola
Mattarelli Beatrice da Ravenna
Mattarelli Minerva sorella di Beatrice
Merighi Massima da Ravenna
Merlini Giustina Innocentia da Forlì
Nicoli Pulcheria da Dovadola
Pasini Antonia Eufrosina da Bologna
Pignatti Giovanna da Ravenna
Pignatti Innocentia sorella di Giovanna
Portinari Anna Lucia da Dovadola
Rasponi Eugenia da Ravenna
Salaghi Barbara Camilla da Forlimpopoli
Salaghi Maria Novella da Forlimpopoli
Salvolini Ippolita Genevra da Meldola
Santori Maria Vittoria da Roma
Santori Ortensia, sorella di Maria Vittoria
Spazzoli Girolima da Forlimpopoli
Speroni Cherubina da Bertinoro
Speroni Frebronia, sorella di Cherubina
Veroli Bartolomea da Forlimpopoli
Monache Converse:
Battistini Antonia da Forlimpopoli
Benassi Maria da Dovadola
Donati Orsola da Bologna
Franchini Dorotea da Forlimpopoli
Gaudenzi Maria Francesca da Faenza
Maldini Benedetta da Forlimpopoli
Ossi Bonaventura da Forlimpopoli
Pedri Agata di Forlimpopoli
206
2. Catalogo delle tredici Abbadesse dal 1640 al 1757:
Briganti Lucia da Forlimpopoli
Salvolini Ippolita Genevra da Meldola
Veroli Ortensia Teresa
Veroli Clementia Felice da Forlimpopoli
Golfarelli Anna Francesca Lodovica da Forlimpopoli
Mazzolini Giulia Caterina Rosalinda da Forlimpopoli
Tantardini Maria Celeste da Ravenna
Tartagli Gesualda Candida Aurora da Dovadola
Riceputi Olimpia da Casalbuono
Golfarelli Antonia Caterina
Selvi Lavinia Veneranda da Teodorano Botoli Vereconda Antonia Dorotea da Forlimpopoli Mambelli Fidalma da Meldola 1640
1699
1700; 1701
1703; 1715
1706
1709 (rinuncia)
1709; 1712; 1721
1724; 1730
1733
1736
1739; 1741
1754; 1757
1757
3. Catalogo delle quarantanove Educande che sono state accolte dalle religiose dal 1703 al 1741, alcune di queste hanno chiesto di entrare a far parte
della comunità, alcune come converse altre come novizie. In ordine cronologico:
Bonoli Francesca Antonia
Accazzani Girolama da Forlì
Tazzi Teodora da Gatteo
Franchini Andrea
Viroli Clamè, entrò in educandato il 28 settembre 1704 e si monacò il 13 aprile del 1705
Baiossi Giulia Malganza da Ravenna
Avezzani Rosa da Forlì
Voglini Alessandra da Cesena
Montanari Antonia
Mattetini Agnese
Spazzoli Isabetta, entrò in educandato il 29settembre 1707 e prese l’abito corale senza uscire dal monastero il 28 settembre del 1713
Sovicelli Antonia da Meldola
Mignati Elisabitta
Rannioli Paola da Forlì
Maseri Domenica da Forlì
Bonoli Domenica, entrò in educandato l’11 aprile 1712 e si monacò il 14 giugno dello stesso anno
Biffi Maria Agnese
Fàbij Verginia da Bertinoro
Assumia Caterina Teresa, entrò in educandato nel 1714 e prese l’abito religioso il 30 maggio del 1719
Siboni Bernardina, entrò in educandato il 6 febbraio 1715 e si monacò il 10 ottobre 1719
Baratti Giovanna da Forlì
Baratti Francesca da Forlì
207
Zaccaroni Angiola da Cesena
Zaccaroni Giulia Lucrezia
Baldazzi Maria Francesca
Baratti Antonia da Forlì
Mazzolini Maria Rosalinda da Forlimpopoli, entrò in educandato l’8 gennaio del 1719 e prese l’abito religioso nel 1726
Bolognesi Gisulina, entrò in educandato il 3 agosto del 1719 e prese l’abito di conversa nel
1720
Briganni Francesca Elisabetta
Golfanulli Assunta
Gaddi Giovanna di Forlì
Bucioli Anna, entrò in educandato il 25 aprile del 1725 e vestì l’abito di conversa il 26 aprile 1725
Laghi Giacoma da Modigliana
Gentili Giacoma, entrò in educandato nel 1726 e prese l’abito di conversa nel 1727
Mambelli Laura, entrò in educandato il 23 gennaio 1732 e vestì l’abito religioso il 16 febbraio del 1732
Baldazzi Lucia, entrò in educandato il 27 ottobre del 1726 e vestì l’abito religioso il 19 maggio 1732
Abbondanzi Laura da Bertinoro
Tassinari Laura di Rocca San Casciano
Gentili Maria, entrò in educandato il 21 novembre 1729 e vestì l’abito religioso il 16 giugno 1731
Biacchi Anna, entrò in educandato l’11 maggio 1732 e vestì l’abito religioso il 28 maggio
1733
Golfandi Anna Doniga
Serafini Catterina da Bologna
Balduzzi Elisabetta
Ricci Bonoli Avvinia, entrò in educandato il 7 ottobre del 1736 e vestì l’abito religioso il 6
ottobre 1737
Ricci Teresa del territorio di Forlì, entrò in educandato il 22 gennaio del 1937 e vestì l’abito
religioso il 6 ottobre 1737
Canussi Antonia da Forlì
Righini Joma, entrò in educandato il 10 aprile del 1739 e lo stesso giorno si monacò
Tericolli Tania da Meldola
Rozi Barbara da Bertinoro, entrò in educandato il 10 settembre del 1739 e si monacò il 23
aprile 1740
Bondi Cesarina da Forlimpopoli, entrò in educandato nel 1739 e si monacò nel 1742
Marchesi Cleopazza da Forlì, entrò in educandato il 24 ottobre del 1739 e si monacò il 7 giugno 1740
Paganelli Paola
Cagliesi Paola da Bologna
Marchesi Bianca da Forlì, entrò in educandato il 4 marzo del 1740 e vestì l’abito religioso il
23 ottobre 1740
Vitali Lucia da Forlì
208
4. Estimi di Forlimpopoli, Bertinoro, Forlì:
«Quasi tutti completi di dati relativi al tipo di coltura, alla misura, alla stima, etc. Riguardo
al Forlimpopolese si noti che il contado, analogamente alla suddivisione dell’area urbana,
era articolato in 4 Sindacati (S. Savino, Vescovo, la Villa, S. Rufillo, snodatisi in senso antiorario a partire dal primo, localizzato grosso modo a sud-ovest dell’abitato) che comprendevano diversi fondi entro cui trovavano collocazione i vari appezzamenti; è bene anche tener presente che le unità di lavoro superficiali (tornatura; pertica = 1/10 di tornatura; piede =
1/100 di tornatura; oncia =1/1000 di tornatura) avevano valori diversi nei tre territori: la tornatura forlimpopolese equivaleva a mq 2873,63, la bertinorese a mq 2435,4225 e la forlivese a mq 2383,45» 13.
5. Nota delle possessioni:
«Descrizione sintetica di tutte le terre elencate dettagliatamente nell’estimo, corredata di alcuni dati sulle colture, sui coloni ed in qualche caso sulla rendita annua. In base all’ubicazione i vari appezzamenti costituiscono dei raggruppamenti più o meno estesi, condotti a mezzadria e definiti, possessioni, luoghi e loghetti, da cui si traggono in genere grano, fava, marzatelli 14, legumi, uva, frutta, canapa, lino, foglia di moro, fascine, oltre a carne porcina e regalie 15; dalle vigne che sono tenute separate dalle altre terre, si ricavano, oltre che uva, anche fascine» 16.
6. Misure e piante dei vari terreni
«Acta Monialium S. Joannis Baptiste Forumpopili ab Anno 1805 ad 1829. Storica Narrazione degli avvenimenti accaduti nella soppressione e ripristinazione di questo venerabile Monastero delle Religiose Agostiniane di San Giovanni Battista in Forlimpopoli che serve di
preliminare al nuovo archivio di questo convento, fatta compilare dalla molto Rev.da Madre
S.r Adeodata Ghinozzi ristauratrice di questa Religiosa Comunità ed attuale Abbadessa della medesima», ms., a cura di don Francesco Zanotti. Il volume risulta strutturato in due parti. La prima corrisponde a 45 facciate manoscritte, e contiene gli avvenimenti intercorsi tra
il 1789 e il 1809:
1.
2.
3.
Idea succinta della rivoluzione Francese
Li Francesi invadono lo Stato Pontificio, loro leggi contro li Religiosi e giusti timori
dei medesimi
Elenco delle Religiose componenti il Ven. Monastero di S. Giovanni Battista nell’anno 1805.
V. Bassetti, Memorie storiche del monastero forlimpopolese di S. Giovanni Battista (secoli
XVII-XVIII), «Forlimpopoli Documenti e Studi», IX (1998), pp. 33-68, alle pp. 39-40.
14
Cereali a semina primaverile.
15
A titolo esemplificativo le regalie che il mezzadro della Possessione Grande deve versare al convento consistono nella metà di 4 porci da coltello, 5 paia di capponi, 5 paia di galline, 5 paia di galletti, 100 uova a Natale, 100 uova a Pasqua, una torta nera per la festa di San
Giovanni Battista.
16
Bassetti, Memorie storiche..., cit., pp. 64-65.
13
209
Coriste
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
†
Converse
1. sr. Candida Briganti di Forlì Abbadessa
2. sr. Cecilia Paganelli di Castrocaro Vicaria
3. sr. Rosalia Cagliepi di Bologna
4. sr. Angela Valentini di Forlì
5. sr. Rosalinda Balassi di Forlì
6. sr. Vittoria Bacilotti di Forlì
7. sr. Fedele Mazzolini di Forlimpopoli
8. sr. Anna Rosa Siboni di Forlì
9. sr. Gesualda Ranieri di Meldola
10. sr. Clementina Malaguti di Bologna
11. sr. M. Anna Pianori di Brisighella
12. sr. Angelica Benedetti di Forlì
13. sr. Adeodata Ghinozzi di Forlimpopoli
14. sr. Cherubina Rossi di Brisighella
†
†
†
†
†
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
sr. Teresa Monti di Meldola
sr. Agostina Guidi di Cesena
sr. Colomba Castellani di Ancona
sr. M. Maddalena Minghetti di Forlimpopoli
sr. Fidalma Minelli di Forlì
sr. Antonia Maldini di Forlimpopoli
sr. Catterina Amici di Forlimpopoli
sr. Paola Godoli di Forlimpopoli
sr. Anna Maria Maldini di Forlimpopoli
«Trovate in questo elenco quattordici Religiose Coriste e nove Converse [...]. Le Religiose segnate con croce, indica la lor morte accaduta in Roncofreddo o nelle rispettive lor case, dopo la soppressione generale. Quelle che
non hanno un tal segno; sono le preservate dalla Divina Provvidenza alla ripristinazione di questo Convento» 17.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
Proclamazione del decreto di concentrazione: amarezze, premure dei forlimpopolesi
a favore delle Monache, nuove disposizioni di Milano e pertinace ostinazione del prefetto
Pie operazioni dei forlimpopolesi dedotte dal mirabile avenimento accaduto nel 1796
nella chiesa di S. Pietro
Partenza e viaggio per Roncofreddo delle Religiose
Riposo accordato ai vetorali e trattamento alle Religiose
Arrivo in Roncofreddo delle Religiose di Forlimpopoli
Amarezze e timori incontrati nella notte del 19 agosto 1805
Partenza e ritorno alla patria dei sig. Forlimpopolesi
Santa emulazione nell’esercizio di virtù e morale istruzione
La seconda, consistente in 80 facciate, e comprende il ventennio compreso tra il 1810 e il 1829:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Osservazioni preliminari alla soppressione generale
Decreto di soppressione generale ed amarezze dei religiosi
Amarezze incontrate dalle nostre religiose giunte che furono in questa lor patria
Santa morte ed incorruzione del cadavere di suor Celeste Marchesi
Schiavitù, mali trattamenti e prodigiosa liberazione di Pio VII
Li Stati della Chiesa invasi dalle truppe Napoletane, partenza
Ritorno del S. Padre, e sue occupazioni a favore dei Religiosi
Zanotti, Acta Monialium..., cit., pp. 13-14.
17
210
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
Disposizioni della Divina Provvidenza a favore delle Religiose
Compendio della vita del sig. arciprete Ghinozzi
Mons. Ghinozzi tutto intento per riaprire il Convento
Morte di Mons. Ghinozzi; e trame ordite dai nemici
Mons. Matter sospende la visita, portasi in Meldola
Il Tesoriere pontificio ordina il proseguimento dei ristauri ed ingresso delle Religiose
nel loro monastero
Nuovi contrasti sulla dotazione; vestizione
«E poiché alla pagina 14 di questo mio opuscolo vi trascrissi l’elenco
delle Religiose che partirono amareggiate da questo Convento, così io credo
nel mio dovere d’inserir quivi la nota di quelle poche, che ebbero il contento
di rientrare da dove furono villanamente scacciate» 18.
Elenco delle Religiose che rientrarono in questo Convento il 29 giugno
1826:
Coriste
1. sr. Gesualda Ranieri di Meldola
2. sr. M. Anna Pianori di Brisighella
3. sr. Angelica Benedetti di Forlì
4. sr. Adeodata Ghinozzi di Forlimpopoli
5. sr. M. Teresa Capini di Cesena
Converse
1. sr. M. Maddalena Minghetti
2. sr. Fedalma Minelli
3. sr. Paola Godoli
4. sr. Anna Maria Maldini
«Cenni storici del monastero di San Giovanni Battista in Forlimpopoli
dall’anno 1805 al 1829», quaderno ms., pp. 80. Trascrizione ad opera di suor
Margherita Lotti dell’opera «Acta Monialium S. Joannis Baptiste Forumpopili» di don Francesco Zanotti con l’aggiunta di una «Nota particolare: brevi cenni biografici di sr Maria Celeste Marchesi» del 10 agosto 1875 ad opera di fra Natale di Faenza.
«Cronaca dal 15 giugno 1909 al 14 febbraio 1929 e dal 5 ottobre 1940 al
13 maggio 1971», quaderno ms., pp. 128 titolato: «Storia del vecchio monastero tramandata dalle consorelle anziane che abbiamo conosciuto» e redatta
da Suor Margherita Lotti.
Alberto Mazzanti, Vita di suor Maria Crocifissa Montebugnoli. Monaca Agostiniana nata nell’archidiocesi di Bologna il 5 novembre 1801 e morta il 23 aprile 1878 nel monastero di San Giovanni Battista di Forlimpopoli,
1884, Bologna, Tipografia Pontificia Mareggiani, 1884, pp. 180
Ibidem, pp. 105-106.
18
211
Una viola Agostiniana fiorita per il cielo. Memorie edificanti di suor
Maria Nazarena al secolo Rosa Barone monaca Agostiniana del venerabile
Monastero in Forlimpopoli. (1837-1904), scritte in occasione del primo anniversario della sua morte il 26 ottobre 1905, Castrocaro, Tipografia Moderna, 16 ottobre 1905, pp. 18
«Cenni intorno alla vita di suor Maria Paola Rouger», ms., non datato,
pp. 46, incompleto.
Brevi cenni sulla vita di suor Maria Celeste Marchesi Agostiniana (17351805), Forlimpopoli, Tipografia Camporesi, 21 agosto 1968. Testo realizzato
in accordo con il vescovo diocesano mons. Giuseppe Bonacini in occasione
della traslazione dei resti mortali di s.r Celeste nella chiesa del monastero di
San Giovanni Battista in Forlimpopoli avvenuta il 28 Agosto 1968.
«Cenni biografici di suor Francesca «Agostiniana» al secolo Elisabetta
Piras (1906-1952)», dattiloscritto realizzato in proprio, corredato di foto di s.r
Francesca e della sua famiglia, e di fotocopie di certificati di vario genere, pp.
27, non datato, ma del sec. xx.
Aggregazioni (1840-1898)
«Elenco dei confratelli e consorelle iscritti alla Confraternita della Cintura di M. V. Madre di Consolazione [...] presso le Monache Agostiniane di
questa città di Forlimpopoli nel 1840 (fino al 1898)», elenco nominativo di
227 membri.
Sommario delle indulgenze concesse alla compagnia della cintura della Beata Vergine Maria di Consolazione e di S. Agostino e S. Monica ricavate fedelmente dal breve di Clemente X, Roma 1858, pp. 63
Sommario delle indulgenze concesse alla Ven. Arciconfraternita della
cintura di Maria SS. Madre di Consolazione e di S. Agostino e S. Monica ricavate fedelmente dal breve di Clemente X, Napoli 1888, pp. 205
Carteggi (1772-1929)
1. Preghiere - Ricette - Scritti Vari, 1772-1922, b. 1
2. Richieste e permessi:
212
1.
2.
3.
4.
Richieste di autorizzazione ad accettare nuove candidate con o senza dote scritte a
nome della superiora dal Cancelliere Abbaziale, dal 27 agosto 1828 al 6 giugno 1838,
cc. 12 mss.
Permessi concessi dalla Congregazione dei Religiosi di poter accogliere educande, dal
12 novembre 1828 al 7 agosto 1880, cc. 7 mss.
Richieste presso il Sommo Pontefice di far vestire o professare giovani candidate, dal 9
ottobre 1828 al 7 ottobre 1846, cc. 15 mss.
Nulla Osta della Santa Sede per l’elezione dell’Abbadessa, dal 22 luglio 1843 al 1° settembre 1852, cc. 2 mss.
3. Contabilità:
1.
2.
3.
4.
5.
Atti di amministrazione dal 24 settembre 1829 al 17 settembre 1842
Atti notarili dal 17 dicembre 1853 al 13 luglio 1858
Inventario delle suppellettili ad opera di mons. Gian Battista Guerra durante la Sacra
Visita Pastorale del 7 ottobre 1851 e Decreto di Sacra Visita del 25 ottobre 1852
Incassi per frutti in crediti. Elenco dei debitori dei crediti e conti vari dal 1862 al 1908
Incassi e spese per suor Maria Francesca Bregoli di Forlimpopoli per la vendita e spese di una casa posta in Cesena di sua proprietà, amministrata dal parroco d. Gregorio
Vallicelli dall’anno 1887 al tutto il 30 giugno 1892. Sono 2 brogliacci, datati rispettivamente 1887-1892 e 1887-1912
4. Lettere
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
n. 2 di s.r Nazzarena Bozzoli, del 24 ottobre 1840 e 18 luglio 1850
n. 7 di diversi, dal 4 aprile 1840 al 24 marzo 1856
n. 12 al dott. Luigi Valbonesi, sindaco, dal 12 ottobre 1853 al 31 dicembre 1859
n. 9 del dott. Luigi Valbonesi, sindaco, dal 7 marzo 1853 al 1° ottobre 1854
n. 3 all’ avv. Ruffillo Bazzoli, dal 28 dicembre 1851 al 30 settembre 1854
n. 4 a s.r Maria Teresa Serafina Dandini, dal 30 gennaio 1852 al 14 agosto 1853
n. 14 di diversi, dal 20 marzo 1856 al 25 marzo 1929
della sig.ra Laura Santi all’Abbadessa, dal 20 febbraio 1889 al 31 maggio 1890
di don Giovanni Perzè a s.r Clementina, dal 2 novembre 1906 al 8 gennaio 1916
5. Varie (1856-1989)
1. Santa Sede
1856-1986 Lettere e telegrammi
1962-1970 Lettere di Cardinali
2. Sacra Congregazione
1874-1957
1874-1956 Domande e autorizzazioni per la conferma delle Superiore
3. Curia Vescovile
1911-1989
4. Tumulazione suor Celeste Marchesi
Lettere di domanda e relative risposte da parte del Comune di Forlimpopoli, dalla Curia
ecclesiastica di Forlì e dal Ministero della Sanità di Roma in merito alla richiesta di trasporto
213
dei resti mortali di suor Maria Celeste Marchesi in luogo diverso dal Cimitero (Richiesta con
esito positivo, attualmente i suoi resti mortali sono conservati nella chiesa del monastero).
5. Municipio di Forlimpopoli, 1912:
23 agosto 1863, documento del Municipio di Forlimpopoli in merito all’esposizione e tumulazione dei cadaveri
Deliberazione del Consiglio Comunale del 1900 settembre 27 sulla «concessione circa l’uso
temporaneo di alcuni ambienti conceduti alle suore Agostiniane nell’ex convento da
esse abitato»
12 gennaio 1912, documento del Municipio di Forlimpopoli in merito all’organo della Chiesa
8 agosto 1912, documento del municipio di Forlimpopoli in merito ai mobili e agli arredi sacri dell’ex Monastero Agostiniano
6. Sopraintendenza delle Belle arti di Bologna
Rilievi, stato di conservazione, caratteristiche generali delle tre tele relativamente del
1686 (Sant’Agostino in gloria e santi di scuola bolognese), del [1640-1649?] (Gesù Nazzareno, di scuola Veneta), del sec. xviii (la Beata Vergine e i Santi Nicola da Tolentino, Tommaso, Monica e Agostino di scuola forlivese) che le monache sono riuscite a salvare e a conservare fino ad oggi dopo la soppressione e il cambio di sede del monastero
7. Chiesa
1.
2.
3.
4.
5.
Progetto della costruzione della Chiesa, arch. Artusi Giovanni
Documenti dell’arch. Artusi Giovanni (essenzialmente conti per i lavori effettuati)
«Fatture per la Chiesa» (falegname)
Fatture per la Chiesa
Progetto restauro Chiesa, ing. Ravaglia Luciano
Amministrazione (1631-1941)
1. «Registro dell’attivo e del passivo»:
Attivo dal 1631 al 1688 e passivo dal 1634 al 1682. Con nominativi di monache e abbadesse, di vescovi, padri e sacerdoti, di notai e cancellieri, di persone e personaggi di Forlimpopoli; dati di case e terreni delle monache. E informazioni della cultura e/o istruzione
del tempo, della situazione sociale dell’epoca, della provenienza delle monache, notizie circa la morte delle monache, reg. 1
2. «Testamenti e donazioni» dall’ 8 dicembre 1794 al 1° settembre 1977
3. «Pratiche legali» dal 14 marzo 1780 al 2 settembre 1939
4. Libri di amministrazione (1827-1941):
«Libro I dell’amministrazione del monastero di S. Giambattista in Forlimpopoli dall’anno 1827 a tutto l’anno 1834», con sottotitolo: «Libro di amministrazione delle MM. Ago-
214
stiniane di Forlimpopoli che per benigne disposizioni sovrane rientrarono nel loro antico monastero nel dì 29 giugno dell’anno 1826»
«Vacchetta delle rev.de monache Agostiniane di Forlimpopoli alla farmacia Cortesi 1839»
«Amministrazione delle RR. Monache Agostiniane di Forlimpopoli»,
due voll. mss. (1835-1846; 1847-1861), con:
indice iniziale strutturato in ordine alfabetico
prospetto dei fondi e dei censi che compongono il capitale del monastero
«magazeno dei generi raccolti nei fondi rustici» con le entrate e uscite relative a: grano, formentone, fava, canapa, lino, semolino, fagioli, ceci, uva, miglio ecc.
prospetti delle stalle dei poderi, con delle compravendite dei bovi, tori, vacche, manzi, vitelli, maiali ecc.
tabelle della «cassa dei depositi» con note mensili dei movimenti di dare e avere e un prospetto annuale delle spese.
Inoltre, 8 volumi manoscritti:
1867-1872 (2) 19
1867-1908 (5)
1873-1888 (3)
1879-1888 (1)
1889-1908 (4)
1916-1925 (7)
1916-1927 (6)
1928-1941 (8)
«Rendite e spese della Pia Unione del Suffragio», 1907-1914, con «registro degli iscritti», reg. 1
«Libro dei patrimoni delle suore dal 1938 al 1963», reg. 1
5. Mastri (1867-1888):
«Mastro dell’amministrazione dei beni delle Monache Agostiniane di Forlimpopoli dal
1867 al 1872», reg. 1. Si riferisce alle pensioni delle monache Coriste e Converse.
Vecchia numerazione d’archivio.
19
215
Monache Coriste:
Monache Converse:
Ferri suor Candida
Amici suor Margherita
Montebugnoli suor Maria Crocefissa
Martini suor Maria Luigia
Dalla Torre suor Alma Regina
Giottoli suor Colomba
Berretta suor Celeste
Scardari suor Chiara
Barilari suor Rita
Dandini suor Maria Teresa
Monterastrelli suor Angelica
Barone suor Nazarena
Bregoli suor Francesca
Ruffilli suor Maddalena
Brunelli suor Geltrude
Gardelli suor Giovanna
Giorgini suor Veronica
Laghi suor Angela
Laghi suor Marianna
Montanari suor Anna
«Libro Mastro 1873-1888», reg. 1
6. Stati dei crediti 1827, reg. 1
«Stato dei crediti fruttiferi assegnati in dotazione al ven. monastero delle Agostiniane di
S. Giovanni Battista di Forlimpopoli con atto della R.C.A. del 26 Ottobre 1827». Contiene:
A. «Dotazione al monastero delle Agostiniane di S. Giovanni Battista di Forlimpopoli.
Elenco nominativo delle monache inscritte né ruoli delle pensioni a carico dello Stato, le quali giusta le dichiarazioni già fatte si considerano come riunite nel suddetto monastero delle
Agostiniane di S. Giovanni Battista di Forlimpopoli e vengono in esso dotate alla ragione di
£ 66 per ognuna». L’elenco è stato redatto nella residenza di Monte Citorio in data 26 dicembre 1827 dall’allora Tesoriere Generale sig. Blussaldi. Si riporta parte del prospetto:
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
Nome di battesimo
Maria Caterina
Maria Antonia
Caterina
Margherita
Teresa
Angela Maria
Rosa Colomba
Marianna
Barbara
Maria Antonia
Maria Luigia
Francesca
Antonia
Teresa
Luigia
Cognome
Ranieri
Mazzolini
Ghinozzi
Benedetti
Casini
Mazzolini
Pianori
Minghetti
Minelli
Maldini
Godoli
Castellani
Ghiselli
Versari
Partisei
Nome da religiosa
Geltrude
Fabronia
Deodata20
Angelica
Maria Teresa
Fedele
Marianna
Maria Maddalena
Fidalma
Anna Maria
Paola
Colomba
Geltrude
Maddalena
Giacinta
Provenienza
Civitella
Forlimpopoli
Forlimpopoli
Forlì
Cesena
Forlimpopoli
Brisighella
Forlimpopoli
Forlì
Forlimpopoli
Forlimpopoli
Ancona
Cervia
Meldola
Meldola
Se Coristao Conversa
Corista
Corista
Corista
Corista
Corista
Corista
Corista
Conversa
Conversa
Conversa
Conversa
Conversa
Corista
Corista
Corista
Da altri elenchi di monache sappiamo che il nome da religiosa di Caterina Ghiozzi era
Adeodata e non Deodata.
20
216
Il prospetto è preceduto da un ampio scritto introduttivo ed esplicativo del Tesoriere
Generale che così inizia: «Volendo la santa memoria di Papa Pio VII; che non si frapponesse
ulteriore ritardo alla dotazione degli Ordine Regolari dell’uno e dell’altro sesso, già prescritta con la notificazione della Segreteria di Stato del 18 agosto 1817 [...] ordinò che ad ogni
monastero di Religiose si assegnasse una dotazione di beni di provenienza ecclesiastica [...]
per la complessiva annua rendita di £66 per ogni religiosa rientrante in monastero o considerata come rientrante, etc.».
B. «Dotazione al monastero delle Agostiniane di S. Giovanni Battista di Forlimpopoli.
[…] Crediti fruttiferi provenienti dalla R. C. A. estinguibili mediante la rassegna di una rendita convalidata al 5 per cento nel termine di anni 13 incominciati a decorrere dal 1° Luglio
1826»
7. Elenco nominativo delle Pensioni, Governo Pontificio, Monte Citorio,
26 dicembre 1827, reg. 1
«Dotazione al monastero delle Agostiniane di S. Giovanni Battista di Forlimpopoli.
Elenco nominativo delle monache inscritte ne’ ruoli delle pensioni a carico dello Stato, le
quali giusta dichiarazione già fatta si considerano come riunite nel suddetto monastero delle Agostiniane di S. Giovanni Battista di Forlimpopoli e vengano in esso dotate alla ragione
di £ 66 per ognuna».
L’elenco riporta la seguente suddivisione:
1.
Numero progressivo e Numero di riferimento allo stato generale dell’assegno fatto alla
Sacra Congregazione dei Religiosi, separati da una barretta;
2.
Numero di cassa;
3.
Nome di battesimo e cognome di ciascuna monaca;
4.
Nome da religiosa;
5.
Stato (corista o conversa);
6.
Età;
7.
Patria.
Il Luogo in cui trovasi inscritta la pensione è sempre Forlì, tranne che per Rosa Colomba Pianori, suor Marianna (Ravenna) e Francesca Castellani, suor Colomba (Ancona). L’Indirizzo dell’Istituto è sempre Agostiniano, tranne che per Antonia Ghiselli, suor Geltrude
(Cappuccino). Il Luogo dell’attuale domicilio è sempre Forlimpopoli. L’Annua rendita di dotazione competente al monastero per ciascuna monaca è sempre £. 66.
1.
1/679
2/701 (?)
3/704
4/1678
5/1762
6/702
7/2800
8/705
9/1679
2.
279
226
262
40
90
209
272
210
211
3.
Maria Catterina Ranieri
Maria Antonia Mazzolini
Caterina Ghinozzi
Margherita Benedetti
Teresa Casini
Angela Maria Mazzolini
Rosa Colomba Pianori
Marianna Minghetti
Barbara Minelli
4.
Geltrude
Fabronia
Deodata
Angelica
Maria Teresa
Fedele
Marianna
Maria Maddalena
Fidalma
217
5.
Corista
Corista
Corista
Corista
Corista
Corista
Corista
Conversa
Conversa
6.
49
80
54
60
57
78
71
60
64
7.
Civitella
Forlimpopoli
Forlimpopoli
Forlì
Cesena
Forlimpopoli
Brisighella
Forlimpopoli
Forlì
40/906
41/703
42/5
43/688
44/690
45/691
212
264
122
277
334
264
Maria Antonia Maldini
Maria Luigia Godoli
Francesca Castellani
Antonia Ghiselli
Teresa Versari
Luigia Partisei
Anna Maria
Paola
Colomba
Geltrude
Maddalena
Giacinta
Conversa
Conversa
Conversa
Corista
Corista
Corista
8. Amministrazioni varie, sec. xix, fascc. 2
52
52
73
82
55
62
Forlimpopoli
Forlimpopoli
Ancona
Cervia
Eldola
Meldola
Conto introito esito a contanti
Stato del bestiame esistente all’epoca della divisione nei fondi rustici 1853
Stato di introito ed esito a generi diversi 1853
Stralcio dell’importo delle rendite dei beni ceduti dalla sig.ra contessa Laura al fratello [...]
Anselmo e delle spese incontrate dal giorno 1° dicembre 1853 a tutto maggio 1854.
Un’immagine di uno dei volumi dell’archivio.
218
Andrea Ferri 1
L’archivio generalizio della Congregazione delle Piccole Suore
di Santa Teresa di Gesù Bambino di Imola
Cenni storici sulla congregazione
La Congregazione delle Piccole Suore di Santa Teresa di Gesù Bambino
è sorta nel 1923 per l’incontro delle intuizioni carismatiche di madre Maria
Zanelli (1887-1957) e di don Giuseppe Mazzanti (1879-1954) 2.
Vice Direttore dell’Archivio Diocesano di Imola.
Sulla storia dei fondatori e della congregazione delle Piccole Suore di Santa Teresa di Gesù
Bambino cfr.: Il novello pastore. Parrocchia di S. Maria in Regola. Numero unico in occasione dell’ingresso solenne in Parrocchia del Novello Abate M. R. Don Giuseppe Mazzanti, Imola 1928; Costituzioni della Congregazione delle Piccole Suore di S. Teresa del Bambino Gesù in Imola, Gravina di Puglia 1935; Rose di S. Teresa. Bollettino mensile dell’Istituto
S. Teresa del bambino Gesù. - N. 1 (ago. 1936)-...; Rose di S. Teresa. Imola, 19 marzo 1954.
Supplemento al N. 12 de «L’Argine» Settimanale Cattolico. Numero unico edito in occasione
del Trentennio della Fondazione della Congregazione delle Piccole Suore di Santa Teresa del
Bambin Gesù e delle Nozze d’Oro Sacerdotali del Rev.mo Can. Giuseppe Mazzanti Direttore e fondatore, Imola 1954; G. Bettelli, L’apostolo della gioventù femminile imolese, Imola
1955; Costituzioni e direttorio delle Piccole Suore di S. Teresa del B. G., Faenza 1957; Note
spirituali storiche e Testamento Spirituale di Madre Maria Zanelli nel trigesimo della morte,
Imola 1958; Piccole Suore di S. Teresa del Bambino Gesù. Imola-Bologna, Imola 1963; Costituzioni ad experimentum. 30 Settembre 1969, Imola 1969; I. Cassoli, Monsignor Armando Nascetti Parroco ai S. S. Giuseppe e Ignazio in Bologna e le Piccole Apostole del S. Cuore da lui fondate (1874-1974), Bologna 1978; V. Macca, voce Mazzanti Giuseppe, in Dizionario degli istituti di perfezione, V, Roma 1978, coll. 1098-1099; Due stelle una luce: can.
Giuseppe Mazzanti e Madre Maria Zanelli, Fondatori dell’Istituto «Piccole Suore di S. Teresa del Bambin Gesù», [a cura di madre V. Martelli], Imola 1979 [Dattiloscritto]; W. Falconi, Il Canonico Giuseppe Mazzanti, Imola 1980; V. Macca, voce Piccole Suore di Santa Teresa del Bambino Gesù, di Imola (Bologna), in Dizionario degli istituti di perfezione..., cit., VI,
Roma 1982, coll. 1658-1659; Costituzioni delle Piccole Suore di S. Teresa di Gesù Bambino, Imola 1984; R. Abdo, L’Amore Misericordioso Nel Can. Giuseppe Mazzanti, Roma 1985
[dattiloscritto]; A. Ferri, La congregazione delle Piccole Suore di S. Teresa di Gesù Bambino, esercitazione presentata allo Studio teologico accademico bolognese - Sezione seminario regionale, a. a. 1985-1986; G. G. Pesenti, Apostoli Imolesi. Madre Maria Zanelli Cano
219
La prima, nata a Castel Guelfo da famiglia cattolica benestante e battezzata con il nome di Antonietta, all’età di 14 anni si ridusse in fin di vita per
una malattia refrattaria ad ogni cura, guarendo poi improvvisamente, dopo
avere promesso di consacrarsi a Dio in caso di guarigione. Sotto la guida del
parroco di Castel Guelfo don Armando Nascetti maturò la sua formazione
spirituale, aggregandosi alla pia associazione parrocchiale delle Piccole Apostole del Sacro Cuore, fondata dallo stesso don Nascetti. Nel 1919 morirono
entrambi i genitori di Antonietta, e poco dopo don Nascetti decideva di allontanarla dalle Piccole Apostole, riaccogliendola però poco dopo e destinandola all’Istituto Infanzia Abbandonata di Imola, insieme a due compagne. Qui
incontrò don Giuseppe Mazzanti, sacerdote dal 1904, impegnato in molteplici attività pastorali e di assistenza della gioventù maschile, per la quale collaborava con il canonico Angelo Bughetti, direttore dell’Istituto Santa Caterina. L’incontro tra la Zanelli e don Mazzanti fu subito di grande sintonia e sotto la sua guida ella approfondì la spiritualità di suor Teresa di Gesù Bambino, che dopo breve tempo sarebbe stata canonizzata da papa Pio XI. Nel 1920
le Piccole Apostole lasciarono l’Istituto Infanzia Abbandonata per trasferirsi
a Santa Caterina, in accordo con don Nascetti. Nel 1923 il sorgere di nuove
tensioni con le Piccole Apostole indusse la Zanelli a distaccarsene con le due
compagne Elisa Tinti e Ada Rossi. Con l’approvazione del vescovo di Imola
Paolino Tribbioli il 23 febbraio 1923 fondava nella canonica di Sant’Agata di
Imola l’associazione delle Pie Operaie del Bambino Gesù, con don Mazzanti come direttore. Il rapido accrescersi delle Pie Operaie indusse il vescovo a
conferire loro il profilo giuridico di una congregazione religiosa di diritto dionico Giuseppe Mazzanti. Fondatori delle Piccole Suore di Santa Teresa del Bambino Gesù,
Morena 1986; C. Pattacini, L’esperienza della Congregazione delle Piccole Suore di S. Teresa del B. G. Aspetti metodologici, tesi di diploma presentata alla Scuola di Servizio Sociale
della facoltà di giurisprudenza dell’Università degli studi di Parma, a. a. 1986-1987; Semi di
vita. Raccolta di pensieri dei fondatori dell’Istituto delle Piccole Suore di S. Teresa di Gesù
Bambino Imola, Imola 1989; A. Bassani, Santa Teresa. Padre Giuseppe Madre Maria. Storia della Congregazione delle piccole suore di Santa Teresa del Bambino Gesù, Imola 1992;
A. Bassani, Madre Vincenza Martelli sul sentiero di S. Teresa, Imola 1996; G. Magnani, Pagine di vita di un sacerdote, L. Vivoli, Storia del palazzo Alessandretti di Imola, Imola 1997;
C. Pattacini, La spiritualità carmelitana nella diocesi d’Imola. Il Conservatorio di Santa Teresa di Castelbolognese, Imola 1998; Madre Maria Zanelli. La figlia del farmacista di Castel
Guelfo, Imola 1998; Due stelle Una luce, Imola 20004; G. Rocca, voce Zanelli Antonietta,
in Dizionario degli istituti di perfezione..., cit., X, Roma 2003, coll. 653-654; A. Ferri, voce
Giuseppe Mazzanti, in Id.-A. Renzi, Sacerdos in aeternum. Il clero secolare della Diocesi di
Imola defunto nel secolo XX, Imola 2006 (Pubblicazioni dell’Archivio Diocesano di Imola.
Serie Documenti e Studi - V), p. 262.
220
cesano, ottenendone l’affiliazione all’ordine carmelitano come terziarie. Nel
1935 mutarono la loro denominazione in quella di Piccole Suore di Santa Teresa del Bambino Gesù, dietro suggerimento di madre Agnese Martin, sorella
della giovane santa carmelitana. Dopo un breve cambio di sede presso la parrocchia di Santa Maria in Regola, dove don Mazzanti era parroco dal 1928,
nel 1938 la congregazione si stabiliva nel palazzo Alessandretti, lungo la via
Emilia, dove ancora attualmente ha sede la casa generalizia. Dal 1949 la congregazione è di diritto pontificio. Anche dopo la morte di don Mazzanti e di
madre Zanelli, avvenute rispettivamente nel 1954 e nel 1957, la congregazione continuò ad accrescere il numero di religiose e le case da essa rette, diffondendosi in varie regioni italiane; dal 1965 sorsero case missionarie in America Latina e l’anno successivo in Africa. Dal 1983 la congregazione ottiene
i voti perpetui per le sue suore, mentre sino ad allora i voti erano temporanei e venivano rinnovati periodicamente. Dopo madre Maria Zanelli le superiore generali sono state: madre Vincenza Martelli (1958-1976), madre Maria
Rosa Novello (1976-1994), madre Agnese Zaniboni (1994-2000), madre Ritalba Sutti (2001-2007), madre Filomena Adamo, eletta nel gennaio 2007 ed
attualmente in carica.
Il riordino del fondo antico dell’archivio generalizio
Il presente contributo descrive il riordino e l’inventariazione del fondo
antico dell’archivio generalizio della Congregazione delle Piccole Suore di
Santa Teresa di Gesù Bambino, conservato presso la casa generalizia di Imola, via Emilia 233, già denominata palazzo Alessandretti. Non si tratta propriamente dell’archivio storico, ma di una parte di esso, contenente in primo
luogo carte sulla vita dei fondatori e sui primordi della congregazione, cui
però sono stati aggiunti fascicoli e carte sciolte relative agli eventi principali
della vita della congregazione anche in anni recenti. La documentazione storica residua è ancora inserita nelle serie dell’archivio generalizio corrente. La
documentazione del fondo copre un arco cronologico dal 1893 al 2006. Non
sono stati rinvenuti precedenti inventari 3.
La documentazione prima del riordino era inserita in alcune decine di buste, scatole e raccoglitori eterogenei, conservati in un armadio metallico dell’archivio generalizio, posto al piano terreno della casa generalizia. Nel corso
Pesenti, Apostoli Imolesi..., cit., p. 15, ha pubblicato un elenco sommario di documenti archivistici ed iconografici presenti nell’archivio della casa generalizia. Pattacini, La spiritualità carmelitana..., cit., p. 182, fornisce alcune indicazioni sull’archivio generalizio, presumibilmente non riferite al fondo antico.
221
del tempo le superiore generali e le segretarie generali della congregazione vi
hanno versato autografi e documenti relativi ai fondatori della congregazione,
madre Maria Zanelli (1887-1957) e don Giuseppe Mazzanti (1879-1954), e
carte relative alla vita della comunità religiosa, sorta nel 1923. Al fondo sono
inoltre aggregate alcune parti di serie archivistiche: epistolario dei fondatori, costituzioni, cronache della congregazione (redatte da entrambi i fondatori), protocolli, circolari.
Poiché ogni archivio è una sorta di impronta genetica dell’ente che lo ha
prodotto, l’opera di riordino ha avuto come obiettivo principale quello di individuare le serie corrispondenti alla vita e all’azione dei fondatori, connesse
alla genesi ed allo sviluppo della congregazione delle Piccole Suore, riaggregando le serie esistenti e costituendone ex novo nei casi in cui ciò si è rivelato necessario. Il riordino del fondo ha portato così ad individuare quattro serie: la prima riguarda la fondatrice madre Maria Zanelli, la seconda il fondatore don Giuseppe Mazzanti; la costituzione della terza serie, resa necessaria
per la peculiarità di parte delle carte rinvenute, che recavano scritti autografi
congiunti di entrambi i fondatori, o testimonianze su entrambi rese da un soggetto unico, rispecchia comunque la storia della congregazione, che ha visto i
fondatori operare in stretta simbiosi alla guida della congregazione, pure nel
rispetto degli specifici ruoli di ciascuno; la quarta serie raccoglie la documentazione sulla genesi e l’attività istituzionale della congregazione.
Le serie sopra descritte sono articolate nel modo seguente:
1.
2.
3.
4.
Madre Maria Zanelli (1893-2003), suddivisa nelle sottoserie: Scritti autografi (1893-1980), Testimonianze (1957-1999), Iconografia e Carte famiglie Zanelli, Nascetti, Acquaderni, Foresti (1922-2003).
Don Giuseppe Mazzanti (1903-1993), suddivisa nelle sottoserie: Scritti autografi (1903-1954), Effetti personali (1904-1954), Testimonianze
(1908-1993), Iconografia, Carte famiglia Mazzanti (1934-1990).
Carte Zanelli-Mazzanti (1937-1999), suddivisa nelle sottoserie: Scritti autografi (1937-1954), Testimonianze (1937-1999), Iconografia, Esumazioni e traslazioni salme fondatori (1955-1993), Comitato P. Giuseppe Mazzanti - M. Maria Zanelli (1992-1993), Corrispondenza per causa beatificazione fondatori (1985-1987), Ricerche e recensioni sui fondatori (1988-1992).
Congregazione Piccole Suore di Santa Teresa di Gesù Bambino (19252004), suddivisa nelle sottoserie: Costituzioni e regolamenti (1925-1976),
Rapporti con la Santa Sede (1925-1993), Cronache della Congregazione (1923-1977), Protocolli (1959-1961), Corrispondenza (1930-2006),
Contabilità (1923-1956), Circolari (1933-1980), Scritti di Piccole Suore (1920-1980), Personaggi (1909-2004), Iconografia, 50° della Con222
gregazione (1973), 75° della Congregazione (1998), 80° della Congregazione (2003), Giornate ex allieve (1980-1993), Canti e spartiti musicali.
Le sottoserie si suddividono complessivamente in 129 fascicoli. Ogni serie è contraddistinta da un numero arabo, al suo interno un secondo numero
arabo indica la sottoserie, un terzo il fascicolo ed eventualmente un quarto il
sottofascicolo. Ogni fascicolo è così identificato da una sequenza di tre numeri. I fascicoli sono stati ricondizionati in 24 buste d’archivio, contrassegnate
da un numero romano progressivo.
Rimane da verificare e definire il rapporto tra le serie dell’archivio corrente e quelle del fondo storico, tenendo conto delle interconnessioni e soluzioni di continuità sopra accennate. Le serie principali dell’archivio corrente
sono: Capitoli/Assemblee, Verbali di consiglio, Protocollo, Circolari, Cronache, Case chiuse, Suore defunte, Suore viventi, Libro giornale, Esercizi spirituali, Manifesti.
Inventario del fondo antico dell’archivio generalizio
della Congregazione delle Piccole Suore di
Santa Teresa di Gesù Bambino
Busta Descrizione
1 MADRE MARIA ZANELLI
I
II
1.1 Scritti autografi (1893-1980)
1.1.1 Scritti autografi (1897-1922)
1.1.2 Scritti autografi (1923-1930)
1.1.3 Scritti autografi (1931-1940)
1.1.4 Scritti autografi (1941-1950)
1.1.5 Scritti autografi (1951-1957)
1.1.6 Scritti autografi (s. d.)
1.1.7 Effetti personali (1893-1980)
1 MADRE MARIA ZANELLI
III
1.2 Testimonianze (1957-1999)
1.2.1 Condoglianze (1957-1958)
1.2.2 Funerali e anniversario (1957-1958)
1.2.3 Centenario di nascita (1987)
1 MADRE MARIA ZANELLI
1.2 Testimonianze (1895-1999)
1.2.4 Testimonianze di consorelle (1984-1999)
1.2.5 Altre testimonianze (1958-1994)
1.2.6 Rapporti con Piccole Apostole del Sacro Cuore (1895-1978)
1.2.7 Bozze inedite per pubblicazione (s. d.)
223
Busta Descrizione
1 MADRE MARIA ZANELLI
IV
V
1.3 Iconografia
1.4 Carte famiglie Zanelli, Nascetti , Acquaderni, Foresti (1922-2003)
1.4.1 Famiglia Zanelli (1923-2003)
1.4.2 Famiglia Nascetti (1922-1998)
1.4.3 Famiglie Acquaderni e Foresti (1941-1998)
2 DON GIUSEPPE MAZZANTI
VI
2.1 Scritti autografi (1903-1954)
2.1.1 Epistolario (1903-1940)
2.1.2 Epistolario (1941-1950)
2.1.3 Epistolario (1951-1954)
2.1.4 Epistolario (s. d.)
2.1.5 Omelie e scritti spirituali (1920-1930)
2.1.6 Omelie e scritti spirituali (1931-1935)
2 DON GIUSEPPE MAZZANTI
VII
2.1 Scritti autografi (1903-1954)
2.1.7 Omelie e scritti spirituali (1936-1940)
2.1.8 Omelie e scritti spirituali (1941-1953)
2.1.9 Omelie e scritti spirituali (s. d.)
2.1.10 Ricette contro vari malanni (s. d.)
2.1.11 Enigmistica e barzellette (1950)
2 DON GIUSEPPE MAZZANTI
VIII
2.2 Effetti personali (1904-1954)
2.3 Testimonianze (1908-1993)
2.3.1 Nozze d’oro sacerdotali (1954)
2.3.2 Condoglianze (1954-1955)
2.3.3 Stampe e spese funerali (1954-1955)
2 DON GIUSEPPE MAZZANTI
IX
2.3 Testimonianze (1908-1993)
2.3.4 Centenario di nascita (1979)
2.3.5 Cianografie volume (1980)
2 DON GIUSEPPE MAZZANTI
X
2.3 Testimonianze (1908-1993)
2.3.6 Testimonianze di Piccole Suore (1955-1993)
2.3.7 Altre testimonianze (1955-1993)
2.3.8 Lettere a Don Giuseppe Mazzanti (1908-1954)
2 DON GIUSEPPE MAZZANTI
2.4 Iconografia
2.4.1 Fotografie di Don Giuseppe Mazzanti
2.4.2 Disegni ed elaborati grafici di Don Giuseppe Mazzanti
2.5 Carte famiglia Mazzanti (1934-1990)
224
Busta Descrizione
3 CARTE ZANELLI -MAZZANTI
XI
XII
3.1 Scritti autografi (1937-1954)
3.2 Testimonianze (1937-1999)
3.2.1 Testimonianze di Piccole Suore (1937-1999)
3.2.2 Altre testimonianze (1986-1999)
3.3 Iconografia
3.4 Esumazioni e traslazioni salme fondatori (1955-1993)
3.4.1 Pratiche traslazione salma di Don Giuseppe Mazzanti (1955-1958)
3.4.2 Prima esumazione salme fondatori (8 gennaio 1988)
3.4.3 Seconda esumazione salma Madre Maria Zanelli (28 gennaio 1990)
3.4.4 Terza esumazione salme fondatori (12 marzo 1993)
3 CARTE ZANELLI -MAZZANTI
XIII
3.4 Esumazioni e traslazioni salme fondatori (1955-1993)
3.4.5 Stampe sui fondatori trasmesse alla prefettura di Bologna (s. d.)
3.4.6 Pratiche varie per la traslazione (1990-1993)
3.4.7 Progetto ingegner Mario Capitò per tumulazione fondatori (1992-1993)
3.4.8 Progetto scultura Enrico Manfrini per tomba fondatori (1988-1991)
3.4.9 Corrispondenza in occasione della traslazione dei fondatori (1993)
3 CARTE ZANELLI -MAZZANTI
XIV
3.5 Comitato P. Giuseppe Mazzanti - M. Maria Zanelli (1992-1993)
3.6 Corrispondenza per causa beatificazione fondatori (1985-1987)
3.7 Ricerche e recensioni sui fondatori (1988-1992)
4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE di Santa TERESA DI Gesù Bambino
XV
4.1 Costituzioni e regolamenti (1925-1976)
4.1.1 Costituzioni (1925-1949)
4.1.2 Regolamenti (1948-1971)
4.1.3 Note pedagogiche (1942)
4.1.4 Regole varie (1954-1976)
4.2 Rapporti con la Santa Sede (1925-1993)
4.2.1 Approvazione della Congregazione (1925-1948)
4.2.2 Relazioni periodiche (1945-1993)
4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE di Santa TERESA DI Gesù Bambino
XVI
4.3 Cronache della Congregazione (1923-1977)
4.3.1 Cronaca di Madre Maria Zanelli (1923-1939)
4.3.2 Cronaca di Don Giuseppe Mazzanti (1938-1954)
4.3.2.1 (1938-1948)
4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE di Santa TERESA DI Gesù Bambino
4.3 Cronache della Congregazione (1923-1977)
4.3.2 Cronaca di Don Giuseppe Mazzanti (1938-1954)
4.3.2.2 (1949-1953)
4.3.2.3 (1954)
4.3.3 Ricordi di guerra. Stralci di giornali (1945-1946)
4.3.4 Cronaca della Pia Unione di Santa Teresa del Bambino Gesù (1924-1937)
225
Busta Descrizione
XVII 4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE di Santa TERESA DI Gesù Bambino
4.3 Cronache della Congregazione (1923-1977)
4.3.5 Cronaca della Casa Madre (1932-1944)
4.3.6 Cronaca della Casa Ospedale Montesilvano Spiaggia (Pescara) (1941-1943)
4.3.7 Cronaca della Casa Madre (1946-1949)
4.3.8 Cronaca della Casa di San Carlo Ferrarese (1951-1958)
4.3.9 Cronaca della Casa di Torre Pedrera (1955-1962)
4.3.10 Cronaca della Colonia di Cesano (1957)
4.3.11 Adunanze suore professe a Casa Madre (1959-1969)
4.3.12 Confraternita della Madonna del Carmine. Rubrica iscritte (1961)
4.3.13 Appunti di Madre Vincenza Martelli sulla vita dell’Istituto (1923-1977)
XVIII 4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE di Santa TERESA DI Gesù Bambino
XIX
4.4 Protocolli (1959-1961)
4.4.1 Protocollo privato (1959-1961)
4.5 Corrispondenza (1930-2006)
4.5.1 Corrispondenza protocollata in entrata (1930-1953)
4.5.2 Corrispondenza protocollata in uscita e in entrata. Protocollo privato (1937-1961)
4.5.3 Copialettere per suore (1931-1937)
4.5.4 Copialettere generale (1932-1934)
4.5.5 Corrispondenza con la curia vescovile di Imola (1932-1959)
4.5.6 Corrispondenza Madre Vincenza Martelli (1940-1980)
4.5.7 Corrispondenza Madre Maria Rosa Novello (1989-2006)
4.5.8 Corrispondenza varia
4.5.9 Corrispondenza carmelitana (1931-1985)
4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE di Santa TERESA DI Gesù Bambino
XX
4.6 Contabilità (1923-1956)
4.6.1 Spese per la Casa (1923-1939)
4.6.2 Divina Provvidenza (1936-1942)
4.6.3 Libro giornale (1923-1956)
4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE di Santa TERESA DI Gesù Bambino
4.7 Circolari (1933-1980)
4.7.1 Circolari 1933-1940
4.7.2 Circolari 1941-1950
4.7.3 Circolari 1951-1960
4.7.4 Circolari 1961-1965
4.7.5 Circolari 1966-1970
4.7.6 Circolari 1971-1980
4.7.7 Circolari doppie e copie (1952-1967)
226
Busta Descrizione
XXI 4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE di Santa TERESA DI Gesù Bambino
XXII
4.8 Scritti di Piccole Suore (1920-1980)
4.8.1 Scritti di Suor Giovanna Tinti (1920-1980)
4.8.2 Scritti di Suor Martina Piersanti (1938-1954)
4.8.3 Scritti di Suor Giuliana Banzi (1943-1944)
4.9 Personaggi (1909-2004)
4.9.1 Elena Rocca (1951-1952)
4.9.2 Cardinale Aurelio Sabattani (1975-1990)
4.9.3 Monsignor Vincenzo Marabini (1937)
4.9.4 Monsignor Luigi Figna (1942-1943)
4.9.5 Suor Maria Pia Martini (Visitandina) (1957-1984)
4.9.6 Don Giulio Facibeni (1926)
4.9.7 Emilia Buriani (1909-1963)
4.9.8 Padre Luigi Faccenda (1980-1995)
4.9.9 Anacleto Margotti (1980-1984)
4.9.10 Enrico Manfrini (1996-2004)
4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE di Santa TERESA DI Gesù Bambino
4.10 Iconografia
4.10.1 Immagini di Santa Teresa del Bambino Gesù
4.10.2 Ricordini di professioni religiose
4.10.3 Immagini di Piccole Suore e alunne
4.10.4 Ricordini per ricorrenze della Congregazione
4.10.5 Clichès per foto dell’Oasi di Santa Teresa
4.10.6 Immagini di case della Congregazione
4.10.7 Immagini di ecclesiastici
4.10.8 Immagini devozionali
4.10.9 Immagini di ex voto
XXIII 4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE di Santa TERESA DI Gesù Bambino
4.11 50° della Congregazione (1973)
4.11.1 Corrispondenza
4.11.2 Stampe a cura della Congregazione
4.11.3 Stampa locale
4.11.4 Inni a Santa Teresa del Bambino Gesù
4.11.5 Centenario di nascita di Santa Teresa del Bambino Gesù
4.12 75° della Congregazione (1998)
XXIV 4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE di Santa TERESA DI Gesù Bambino
4.13 80° della Congregazione (2003)
4.14 Giornate ex allieve (1980-1993)
4.15 Canti e spartiti musicali
227
Cronologia essenziale dei fondatori e della Congregazione
Piccole Suore di Santa Teresa di Gesù Bambino di Imola
delle
Cronologia dei fondatori e della congregazione
Cronologia della Chiesa universale e locale
1873, gennaio 2 - Nasce ad Alençon Thérèse
Martin
1878, febbraio 20 - Dopo la morte di papa Pio IX
1879, giugno 3 - Nasce a Imola Giuseppe Maz-
è eletto papa Leone XIII
zanti
1887, giugno 17 - Nasce a Castel Guelfo Antonietta Zanelli
1887, dicembre 28 - Thérèse Martin entra nel
Carmelo di Lisieux
1890, settembre 8 - Thérèse Martin pronuncia i
voti ed assume il nome di Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo
1897, settembre 30 - Muore suor Teresa di Gesù
Bambino
1901, aprile 2 - Muore il vescovo di Imola Luigi Tesorieri
1901, aprile 15 - Monsignor Francesco Baldas-
1904, febbraio 27 - Don Giuseppe Mazzanti è or-
sarri è nominato vescovo di Imola
1903, agosto 4 - è eletto papa Pio X
dinato sacerdote
1907, giugno 7 - Antonietta Zanelli entra tra le
Piccole Apostole del Sacro Cuore, fondate a Castel Guelfo da don Armando Nascetti
1913, aprile 9 - Monsignor Paolino Tribbioli è
1913, maggio - Don Giuseppe Mazzanti è nominato vice cancelliere vescovile
1919 - Antonietta Zanelli è allontanata dalle Pic-
nominato vescovo di Imola
1914, settembre 3 - è eletto papa Benedetto XV
cole Apostole e poi riammessa
1920, febbraio 20 - Antonietta Zanelli assume
la direzione dell’Istituto Infanzia abbandonata di
Imola. Conosce don Giuseppe Mazzanti, vice assistente del circolo Silvio Pellico
1922, febbraio 6 - è eletto papa Pio XI
1923, aprile 29 - Beatificazione di suor Teresa di
Gesù Bambino
228
Cronologia dei fondatori e della congregazione
Cronologia della Chiesa universale e locale
1923, novembre 2 - Antonietta Zanelli e cinque
compagne professano i voti nella chiesa di Sant’Agata di Imola nella comunità delle Pie Operaie
del Bambin Gesù, da esse fondata, e di cui è direttore don Giuseppe Mazzanti
1925, maggio 17 - Santificazione di suor Teresa
1925, settembre 30 - Don Mazzanti consegna alle
di Gesù Bambino
Pie Operaie le prime Norme di vita
1927, giugno 2 - Le Pie Operaie del Bambin Gesù
prendono il nome di Congregazione delle Pie
Operaie di Santa Teresa del Bambino Gesù. Antonietta Zanelli prende il nome di suor Maria
1927, giugno 5 - Apertura della casa di Toscanella
1928, maggio 6 - Apertura della casa di Ponte
Santo
1928, giugno 28 - Don Giuseppe Mazzanti è nominato parroco di Santa Maria in Regola di Imola
1931, ottobre - Le Pie Operaie prestano servizio
all’asilo infantile e alla scuola di lavoro a Vado di
Monzuno (BO)
1932, giugno 6-7 - La congregazione si trasferisce dalla parrocchia di Sant’Agata alla sede di via
Cosimo Morelli
1932, settembre - Le Pie Operaie prestano servizio all’asilo infantile e alla scuola di lavoro a
San Carlo Ferrarese (FE) e a Bruscoli di Firenzuola (FI)
1933, settembre - Le Pie Operaie prestano servizio all’asilo infantile e nelle opere parrocchiali di
Gherghenzano (MO)
1933, ottobre - Le Pie Operaie prestano servizio
all’asilo infantile e alla scuola di lavoro a Recovato di Castelfranco Emilia (MO)
1935, luglio - Le Pie Operaie prestano servizio all’asilo infantile e alla scuola di lavoro a Piancaldoli di Firenzuola (FI), a Poggiorenatico (FE) e a
Scapezzano (AN) e in seguito al seminario arcivescovile di Ferrara
229
Cronologia dei fondatori e della congregazione
Cronologia della Chiesa universale e locale
1935, novembre 28 - Madre Agnese Martin, priora del Carmelo di Lisieux suggerisce il nome di
Piccole Suore di Santa Teresa del Bambino Gesù
per la congregazione
1935, dicembre 23 - Il vescovo di Imola Paolino
Tribbioli approva per un triennio le costituzioni
della congregazione
1936, maggio 4 - Il preposito generale dei carmelitani scalzi Guglielmo di Sant’Alberto aggrega la
congregazione all’ordine carmelitano
1937, giugno - Don Giuseppe Mazzanti è nominato canonico prebendato della cattedrale
1938, ottobre 16 - La sede della congregazione
passa nella sede attuale di via Emilia, nell’ex palazzo Alessandretti
1939, settembre 26 - I capitolo generale della
1939, marzo 2 - è eletto papa Pio XII
congregazione. Madre Maria Zanelli è eletta superiora generale
1940 - La congregazione inizia la sua attività a
Cesano
1941 - La congregazione inizia la sua attività all’ospedale militare di Montesilvano Spiaggia,
provincia di Pescara
1946, ottobre 2 - II capitolo generale ordinario.
Madre Maria Zanelli è rieletta superiora generale
1947, dicembre 20 - Monsignor Benigno Carrara
è nominato vescovo coadiutore cum iure succes-
1948 - La congregazione riceve le sue terze co-
sionis di Imola
stituzioni e il direttorio spirituale redatti dai fondatori
1949, dicembre 16 - La congregazione diviene di
diritto pontificio
1950, ottobre - La congregazione inizia la sua attività alla scuola materna Madonna del Carmine
della Casa del Fanciullo
1951, ottobre 1 - La congregazione ottiene la personalità giuridica civile
1952, ottobre 1 - III capitolo generale ordinario.
Madre Maria Zanelli è rieletta superiora generale
230
Cronologia dei fondatori e della congregazione
Cronologia della Chiesa universale e locale
1954, dicembre 24 - Muore il canonico Giuseppe Mazzanti
1955, febbraio 14 - Inaugurazione dell’Oasi di
Santa Teresa
1955 - La congregazione inizia la sua attività a
Torre Pedrera
1956, maggio 12 - Muore il vescovo di Imola
1957, dicembre 15 - Muore Madre Maria Zanelli
1958, febbraio 9 - IV capitolo generale straordi-
Paolino Tribbioli
nario. Madre Vincenza Martelli è eletta superiora generale
1959 - La congregazione inizia la sua attività nel-
1958, ottobre 28 - è eletto papa Giovanni XXIII
la scuola materna e parrocchia di Santo Spirito di
Imola
1960 - La congregazione inizia la sua attività a
Regoledo di Cosio (SO) e a Oniferi (NU)
1961 - La congregazione inizia la sua attività a
Monticelli di Monselice (PD)
1962 - Sorge la villa Madre Maria Zanelli a Piancaldoli
1962, ottobre 11 - Apertura del Concilio Vatica-
1963 - Sorge la villa Padre Giuseppe Mazzanti a
no II
1963, giugno 21 - è eletto papa Paolo VI
Pinarella di Cervia
1964 - La congregazione inizia la sua attività a
Orani (NU) e a Quartu Sant’Elena (CA)
1964, settembre 12 - V capitolo generale ordinario. Madre Vincenza Martelli è rieletta superiora
generale
1965 - La congregazione inizia la sua attività alla
clinica ostetrica Santa Giovanna di Ciampino
1965, novembre - La congregazione avvia la sua
attività missionaria in Brasile (São Bernardo do
Campo, stato di San Paolo; nel 1966 a Mauà
1967, aprile 22 - Monsignor Aldo Gobbi è nomi-
1967 - La congregazione inizia la sua attività alla
nato vescovo ausiliare di Imola
scuola materna e nido Culla Arnaboldi a Lugano
(CH)
231
Cronologia dei fondatori e della congregazione
Cronologia della Chiesa universale e locale
1967, febbraio - La congregazione avvia la sua
attività missionaria in Kenia (Kiirua, diocesi di
Meru)
1969, settembre 12 - VI capitolo generale speciale per la revisione delle costituzioni
1969, novembre 4 - Monsignor Aldo Gobbi è nominato amministratore apostolico sede plena del-
1970, settembre 12 - VII capitolo generale ordi-
la diocesi di Imola
nario. Madre Vincenza Martelli è rieletta superiora generale. Quarte costituzioni ad experimentum
1972 - La congregazione inizia la sua attività a
San Gioacchino di Roma, presso i padri redentoristi e presso l’istituto Santa Maria Goretti di Imola
1974, marzo 12 - Monsignor Luigi Dardani è no-
1976, settembre 4 - VIII capitolo generale ordi-
minato vescovo di Imola
nario. Madre Maria Rosa Novello è eletta superiora generale
1977 - Attività missionaria a Kanyakine, in Kenia
1978, agosto 26 - è eletto papa Giovanni Paolo I
1978, ottobre 16 - è eletto papa Giovanni Pao-
1982, settembre 1 - IX capitolo generale ordina-
lo II
rio. Madre Maria Rosa Novello è rieletta superiora generale. Sorge la casa famiglia Santa Teresa
1983 - Introduzione della professione perpetua
nella congregazione
1984 - Approvazione definitiva delle nuove costituzioni. Apertura di una casa a Palermo. Riconoscimento canonico del gruppo Amici Insieme
1988, luglio 12 - X capitolo generale ordinario.
Madre Maria Rosa Novello è rieletta superiora
generale
1989, luglio 19 - Monsignor Giuseppe Fabiani è
1991 - La congregazione inizia la sua attività a
nominato vescovo di Imola
Nogales, in Messico
232
Cronologia dei fondatori e della congregazione
Cronologia della Chiesa universale e locale
1992, febbraio 8 - Apertura della casa di formazione religiosa a Nairobi, in Kenya
1993, marzo 19 - Le spoglie dei fondatori sono
traslate nella cappella della casa generalizia
1994, luglio 20 - XI capitolo generale ordinario.
Madre Agnese Zaniboni è eletta superiora generale
1995 - Apre la casa di accoglienza Madre Vincenza Martelli
2001, gennaio 2 - XII capitolo generale ordinario.
Madre Ritalba Sutti è eletta superiora generale
2002, ottobre 18 - Monsignor Tommaso Ghirelli
2007, gennaio 2 - XIII capitolo generale ordina-
è nominato vescovo di Imola
2005, aprile 19 - è eletto papa Benedetto XVI
rio. Madre Filomena Adamo è eletta superiora generale
233
Federica Giovannini
Le pergamene del monastero di Santa Maria Maddalena
di Sant’Agata Feltria: un patrimonio da salvare 1
Nella notte del 31 luglio 1951 un grave incendio scoppiò nel coro del
monastero di Santa Maria Maddalena di Sant’Agata Feltria; il fuoco, divampato velocemente, senza per fortuna provocare vittime fra le Sorelle Clarisse,
causò invece danni ingenti alla chiesa, provocando inoltre la distruzione di arredi e suppellettili sacri e, purtroppo, anche di opere artistiche ivi conservate,
alcune delle quali di un certo pregio artistico, come il crocifisso ligneo opera
di scuola giottesca 2. Il furioso incendio, che colpì così duramente questo antico luogo di preghiera, non toccò minimamente una piccola scatola costruita
in legno comune, di fattura quadrangolare, chiusa da un coperchio dello stesso materiale e tuttora custodita all’interno del monastero santagatese; si tratta di un piccolo ma prezioso scrigno, all’interno del quale sono state conservate per secoli le 142 pergamene che costituiscono il ricco archivio delle Sorelle Povere di Santa Chiara in Sant’Agata Feltria.
Il monastero di Santa Maria Maddalena di Sant’Agata Feltria è un’istituzione antica e prestigiosa, la cui storia si intreccia con quella del borgo feretrano e del territorio circostante. La comunità clariana che vive in Sant’Agata
Feltria è oggi tornata ad essere particolarmente fiorente; nel volgere di pochi
anni infatti essa ha modificato il proprio volto, grazie all’ingresso nel monastero di numerose giovani provenienti da diverse zone d’Italia, le quali hanno scelto di consacrare la loro vita nella pienezza del Signore; ciò è avvenuto dopo anni durante i quali le vocazioni si erano interrotte, tanto che per un
quarto di secolo non si è avuto nessun nuovo ingresso nel monastero; al mo Ritengo opportuno rivolgere un ringraziamento alla comunità clariana di Sant’Agata Feltria, ricordando in particolare la madre badessa suor Chiara Elisabetta, la madre vicaria suor
Maria Letizia e suor Chiara Giovanna, che si occupa della conservazione del fondo archivistico, nonché tutte le monache che hanno permesso mi occupassi del loro prezioso archivio
aprendo le porte della loro comunità e «tollerando» la mia presenza quasi giornaliera nel monastero. Ringrazio inoltre il signor Manlio Flenghi, da tempo impegnato perché a questo fondo potesse essere data la meritata notorietà.
Attribuito a Francesco da Rimini. Cfr. A. Marchi, Il Trecento riminese a Sant’Agata Feltria, in Templari, miniere e pittori nella storia antica di Sant’Agata, Rimini 1995 (Collana di
Studi Storici Santagatesi, Atti del 1° Convegno), p. 97.
235
mento invece la comunità è costituita da sedici sorelle di cui una novizia e tre
professe temporanee 3. Nell’edificio in cui ancora oggi dimorano le Sorelle
Clarisse giunsero nel Cinquecento quale diretta filiazione di due antichi cenobi edificati nel corso del XIII secolo nel territorio feretrano, e precisamente il monastero di Sant’Antimo e quello di San Vincenzo 4. Il primo monastero in ordine di fondazione 5, il monastero di Sant’Antimo, prese il nome della località nel quale venne fondato, ed era ubicato presso il fiume Senatello
fra i castelli di Pereto, Fragheto e Caioletto, borghi ancora oggi facenti parte
del territorio santagatese. Per meglio seguire gli sviluppi della storia di questo
primo cenobio femminile rivolgiamo la nostra attenzione alle chartae conservate presso l’archivio del monastero, ed oggetto di questa trattazione, le quali attestano con sicurezza l’esistenza del monastero di Sant’Antimo dall’anno
1225 6. La carta n° 6 viene infatti rogata da «Johannes Bobienus tabellio in
Notizie tratte da un articolo apparso sul giornale: «La Rocca», 3 (2006), pp. 11-12, scritto
dalle monache Clarisse del monastero di Santa Maria Maddalena di Sant’Agata Feltria.
L’edificio che accoglie la comunità clariana si trova posizionato nella zona alta del paese,
verso nord, lungo quella che un tempo era la via di accesso al borgo, accanto alla chiesa intitolata a Santa Maria Maddalena, della quale le monache iniziarono a prendersi cura fin dal
loro trasferimento; e proprio dal nome della chiesetta deriva con tutta probabilità la nuova denominazione data al monastero delle Clarisse. La bella ed antica struttura in cui ancora oggi
dimorano le suore clarisse, risalente al 1300, comprende un ampio fabbricato di forma rettangolare, con apertura in uno dei lati lunghi a formare il chiostro del monastero; oggi uno
dei bracci più corti, che costituiva il monastero vero e proprio, rimasto disabitato per un lungo periodo a seguito dell’inagibilità della struttura, è stato completamente risanato e restaurato, ed adibito a foresteria. L’antica chiesetta, di origine romanica, risalente al 1100, è stata
più volte rimaneggiata nel corso dei secoli, fino ad assumere l’aspetto di un «timido» barocco. Danneggiata dal furioso incendio scoppiato nella notte del 31 luglio 1951, che ne ha causato un’ulteriore modifica architettonica, e pur depauperata di alcune delle importanti opere che custodiva, conserva ancora un bel coro ligneo, nonché splendide bifore della primigenia chiesa romanica.
Probabilmente appartenente all’ordine delle Damianite: si cfr. la relativa bolla.
G. Maffei, Storia del convento delle Clarisse di Sant’Agata Feltria, in Da Solona a Sant’Agata. Antologia di storia santagatese, a cura di G. Dall’Ara, Rimini 1991, p. 33. La tradizione vuole che il monastero di Sant’Agata Feltria sia stato fondato, così attesterebbe una
pergamena conservata presso l’Archivio Vescovile di Pennabilli, nel 1218 da santa Agnese,
sorella di Chiara, nella località di Sant’Antimo dove, probabilmente, Agnese sostò durante il
viaggio che la portò a fondare il monastero di Monticelli in Firenze. Accogliendo quanto detto dalla tradizione, la fraternità feretrana sarebbe così stata fondata a distanza di soli sei anni
da quella di San Damiano in Assisi. Del resto questa tradizione si accorda perfettamente con
le peregrinazioni compiute da santa Agnese, volte a fondare nuovi monasteri in vari luoghi
236
intrata de convento» 7; mentre del 1257 è la charta (perg. n° 18) in cui il monastero di Sant’Antimo appare per la prima volta come uno degli attori dell’atto notarile. Precisamente il «presbiter Venture procurator monasteri Sancti Antimi» riceve dal «dominus Guido de Billis unam petiam terre aratorie»;
altre due carte, che portano rispettivamente i numeri 29 e 39, risultano particolarmente interessanti. La prima, del 1263 (perg. n° 29), redatta «in oratorio
monasterii Sancti Antimi», alla presenza di Al[...] 8 figlio del presbitero Ventura procuratore del monastero, riporta una vendita da parte del dominus Rollando «de Monte Rotondo» e di Imuldina a favore del monastero e, precisamente, della badessa «Aghata» che partecipa all’atto a nome dell’intero capitolo e convento. E ancora la perg. n° 39 del 1270. Questa contiene un doppio atto 9: il primo stipulato «in ecclesia monasterii Sancti Antimi», presenti «domino Rigone archidiacono Sassenensi, domino Guidone canonico Feretrano», «Ranulfo familiare dicti monasterii» e «sorore Mansuete», indicata col titolo di vice badessa del monastero di Sant’Antimo dell’ordine di santa Chiara della diocesi feretrana, la quale con il consenso di tutte le sorelle e qui segue la lista di tutte le monache - conferma al presbitero Ventura il suo
mandato di procuratore e sindaco del monastero, e gli dà incarico di continuare un’azione di rivalsa nei confronti di Rainerio di Ugerio di Monte Auriolo, riguardo il pagamento della dote «domine Nicholutie et Orabele» 10, dote
del valore di 350 lire ravennati ed anconetane e di 70 casse di grano, secondo quanto stabilito nell’instrumento rogato dal notaio «Ugututio» 11. Il secondo documento, stipulato «in castro Masse, in palatio Ugerii» il giorno successivo alla presenza degli stessi testimoni, «domino Rigone arcidiacono Sassid’Italia nonché con l’opera evangelizzatrice del padre san Francesco, che nel corso di un suo
viaggio passò per le terre del Montefeltro, vi sostò e qui ricevette in dono la Verna. Ricordo
però che l’Archivio Vescovile di Pennabilli non è stato ancora ordinato, perciò non ho potuto compiervi alcun tipo di ricerca, e non ho così trovato riscontro a quanto scritto da Giuseppina Maffei.
Questo è un atto di compravendita, stipulato tra il presbitero «Belon de Capramozza» e
«Aldegunda con Ugo de Capramozza», al quale vengono ceduti appezzamenti di terreno e altri beni presso il patronato di Sant’Antimo al prezzo di 50 lire ravennati.
Parte del nome è coperto da una macchia di umidità.
Il fondo archivistico è composto di ventuno pergamene, contenenti atti doppi. Non tutti gli
atti all’interno della stessa pergamena sono collegati per argomento, anzi alcuni sono redatti
a diversi anni di distanza l’uno dall’altro. Nella maggior parte dei casi, ciò che li accomuna è
la presenza dei medesimi contraenti.
10
Troveremo le due sorelle nel monastero nel 1300 e 1312: perg. senza num. e perg. n° 91.
11
L’atto rogato dal notaio «Ugututio» a cui fa riferimento la perg. n° 39 non è presente nel
fondo archivistico delle Clarisse di Sant’Agata Feltria.
237
nensi, domino Rainerio olim domini Rigoni de dicta Massa Nichela de Perdisceto, Avvoltone filio Guidonis de Monte Aureolo», attesta l’obbligo rivolto a Rainerio di Monte Auriolo del pagamento della suddetta dote, riconoscendo valido l’instrumento rogato dal notaio «Ugututio»; mentre nello stesso atto viene specificato, da parte del presbitero Ventura, l’uso che si farà del
denaro concesso: una parte di esso sarà utilizzato per l’acquisto di un terreno, una parte per il pagamento di undici tornature e infine una parte per il pagamento «magistrorum qui laboraverunt in edificabile domorum et ecclesie
dicti monasterii».
Tutti gli atti citati dimostrano la vitalità e la prosperità del cenobio di
Sant’Antimo, e sebbene non conosciamo con certezza l’anno della sua fondazione e quello della sua soppressione, prendendo come certe le date che appaiono sul documento più antico, quello del 1225, e sull’ultimo documento
in cui il monastero viene citato, nell’anno 1331 (perg. n° 115, secondo atto),
è possibile ricostruire approssimativamente l’arco di tempo in cui questa prima comunità clariana è esistita, per l’esattezza si tratta di centosei anni. La
carta giacente presso l’archivio delle Clarisse santagatesi, e indicata con il n°
13, attesta per l’anno 1249, «aput Sancti Vincentii, ante ecclesiam», l’esistenza nel territorio santagatese di un secondo monastero appartenente all’ordine
di Santa Chiara; questo venne edificato non solo a pochi chilometri di distanza dal primo, e precisamente presso il castello di Rocca Pratiffi, ma anche ad
appena due decenni dalla probabile fondazione del primo (ventiquattro anni,
accettando come data il 1225, perg. n° 6). Invece la perg. n° 33 del 1266, contenente un testamento, corrisponde alla carta in cui per la prima volta appaiono citati assieme i due monasteri. In questo atto «Boninsegna quondam Stivivi de Monte Vecclo» donava, tramite Zanello converso, un appezzamento di
terreno ai due monasteri, a quello di San Vincenzo e a quello di Sant’Antimo.
Il monastero di San Vincenzo, in poco tempo, considerato anche l’alto numero di atti che lo riguardano conservati nel fondo, dovette assumere un ruolo
di maggior importanza rispetto al monastero di Sant’Antimo. La pergamena
n° 43, datata 9 agosto 1275, riporta la solenne consacrazione della chiesa dedicata a san Vincenzo martire ad opera di Giovanni vescovo feretrano, Enrico vescovo di Sarsina, nonché alla presenza di tre arcivescovi e ventisette altri vescovi. Dunque, sul finire del XIII secolo, è perfettamente attestata l’esistenza nel territorio santagatese di ben due monasteri appartenenti all’ordine
di santa Chiara. A questo punto è obbligo domandarsi se il secondo monastero in ordine di fondazione, cioè il monastero di San Vincenzo, sia una germinazione di quello di Sant’Antimo, oppure un nuovo nucleo a sé stante, fondato forse per volontà della nobiltà locale come luogo di preghiera, nonché di
educazione delle proprie figlie, considerando la presenza nell’archivio di atti
in cui sono citati vari signori del luogo, i quali evidentemente dovevano ave238
re frequenti rapporti con il monastero, e considerando anche la presenza nel
claustro di giovani provenienti da nobili famiglie del territorio (vedi perg. n°
39). Ma non va neppure dimenticata la tesi sostenuta fino ad oggi da storici
che si sono occupati delle vicende che coinvolsero le due comunità religiose nel corso degli anni 12, secondo la quale si rese necessaria la costruzione
di un nuovo monastero per porre rimedio alle condizioni di pericolo e di precarietà in cui vivevano le sorelle nel chiostro di Sant’Antimo, un luogo isolato nella zona bassa del torrente Senatello, rispetto all’altura digradante dove
sorgeva San Vincenzo. Sta di fatto che per tutto il XIII secolo e per parte del
XIV 13 i due monasteri sono progrediti in piena autonomia e allo stesso tempo
con una certa coordinazione e comunanza di interessi, attestate negli atti dalla presenza di uno stesso «procurator» dei loro beni (vedi perg. n° 33). L’ultima carta contenente notizia del monastero di Sant’Antimo, e oggi giacente presso l’archivio delle monache Clarisse, è, come sopra riportato, datata al
1331 (perg. n° 115); si può dunque indicare con ragionevole certezza la metà
del XIV secolo come periodo in cui le monache abbandonarono la sede primitiva del monastero di Sant’Antimo per unirsi definitivamente alle consorelle di San Vincenzo. Dalle carte in possesso della comunità odierna di Clarisse
risulta evidente che l’unione delle due comunità favorì la prosperità del monastero così costituito, sia grazie all’aumento del numero di sorelle (al 1300
sono presenti ventisei monache, vedi perg. senza numerazione), sia grazie
L. Dominici, Sant’Agata Feltria illustrata, Novafeltria 1959. Il Dominici nel suo testo sostiene che già nel 1271 si registra l’appello delle monache di Sant’Antimo al papa, in risposta al termine loro assegnato per lasciare il convento ed unirsi così alle consorelle del monastero di San Vincenzo, particolare che porta a chiedersi se il monastero di San Vincenzo fosse destinato ad assorbire quello di Sant’Antimo con tutti i suoi beni e possedimenti: su questo punto sia lo Zucchi-Travagli (Rerum Feretranarum Scriptores, Annali del Montefeltro)
che il Dominici fanno riferimento all’esistenza di un documento giacente presso l’archivio
delle Clarisse, costituito da un atto stipulato presso la chiesa di San Pietro in Messa in data
20 maggio 13[...] (le ultime cifre della data non erano più leggibili a causa della corrosione
del supporto) il quale si riferirebbe al trasferimento definitivo delle monache dal monastero
di Sant’Antimo a quello di San Vincenzo, documento che io non ho trovato tra quelli oggi lì
conservati. Nel documento suddetto si parlerebbe della «necessità dopo circa un secolo di dimora nel monastero di Sant’Antimo, da parte delle monache, di lasciare quel luogo, sia per
l’aria insalubre sia per i danni che soffrivano dai ladroni e dalle scorrerie degli armati in tempo di guerra e di civili discordie. Di maniera che, per non venire in continui timori e angustie,
lasciarono il monastero e andarono ad unirsi alle consorelle del convento di San Vincenzo, a
cui passarono i beni del monastero soppresso».
13
Gli atti inerenti questi due secoli costituiscono il corpus più numeroso dei documenti conservati presso l’archivio del monastero di Santa Maria Maddalena di Sant’Agata Feltria.
12
239
alla quantità dei beni incamerati. L’ultimo documento contenente notizie del
monastero di San Vincenzo, conservato presso l’archivio delle Clarisse, è la
charta n° 130, datata al 1409; sono dunque trascorsi centosessant’anni tra il
primo atto (perg. n° 13, 1249) in cui è comparso il nome del monastero e l’ultimo nel quale si fa menzione di esso (perg. n° 130, 1409).
Non sappiamo con certezza quando sia avvenuto il passaggio da San
Vincenzo a Sant’Agata 14, e non conosciamo neppure i motivi che hanno portato le Clarisse a lasciare questo secondo «insediamento», per spostarsi nel
borgo feretrano; si può ipotizzare che si sia ripetuto a distanza di circa un secolo, un secolo e mezzo, quello che già era accaduto fra i monasteri di Sant’Antimo e di San Vincenzo; così come San Vincenzo era stato prima fondato ed aveva poi ricevuto le consorelle dal monastero di Sant’Antimo, la stessa
cosa si ripeteva tra il monastero di San Vincenzo e quello di Sant’Agata. Molto probabilmente, ancora una volta, su questa scelta dovevano aver influito le
ragioni di un tempo: la ricerca di una maggiore sicurezza per le suore; la volontà di trovare un rifugio dalle scorrerie all’interno delle mura di un borgo.
Comunque, la scelta diede inizio ad un nuovo periodo, particolarmente fruttuoso della vita e dell’attività delle Sorelle Povere di Santa Chiara nel territorio feretrano.
Al fine di poter tracciare con più sicurezza le vicende delle monache clarisse nel borgo santagatese, è opportuno volgere l’attenzione ad alcuni documenti conservati presso l’Archivio
di Stato di Pesaro, Archivio Notarile di Sant’Agata Feltria, e precisamente ad un istrumento
compilato in data 26 novembre 1506, rogato da Giacomo Agatoni, dove nel protocollo si legge: «rogato, letto e pubblicato nella chiesa del borgo di Sant’Agata, vicino al monastero delle Clarisse», ed il testo ci dice che: «Giovanni del castello di Ugrigno si costituisce debitore
ad Elisabetta di Pietro di Simone di Sant’Agata Feltria, degnissima badessa delle monache
di Santa Chiara di Sant’Agata e di San Vincenzo di Rocca Pratiffi»; quindi un secondo atto
notarile, anche questo rogato dal notaio Giovanni Agatoni, «fatto e letto nella chiesa di San
Francesco, vicino al monastero delle monache di Santa Chiara, 30 maggio 1510». La prima
residenza delle monache Clarisse nel borgo feretrano era costituita da un fabbricato posto all’interno del paese in un luogo pianeggiante detto «il Campo», presso la chiesa di San Francesco. A seguito di un evento infausto, la «terribile rupina» (così viene chiamata nelle cronache del tempo), ovvero la frana che il 25 marzo del 1561 si staccò dal Monte Ercole, posto
proprio sopra il paese, che investì e trascinò via con sé buona parte dell’abitato di Sant’Agata nonché «il monastero delle Suore Clarisse, l’Ospizio dei P.P. Conventuali, [...] il Turrito,
l’antico municipio, splendido edificio costruito per volere di Federico da Montefeltro», la comunità clariana si trasferì in un fabbricato di proprietà dei marchesi Fregoso, signori di Sant’Agata dal 1506 al 1660, e da loro donato alla comunità monastica (cfr.: F. Dall’Ara, Sant’Agata Feltria, Arezzo 1979, pp. 24 e 67).
14
240
Descrizione del fondo
Le pergamene del monastero di Santa Maria Maddalena di Sant’Agata
Feltria sono conservate da secoli nei locali dell’omonimo monastero. Utilizzando le date presenti negli atti, si è portati a supporre un passaggio dell’intero fondo da un monastero all’altro, ovvero da quello di Sant’Antimo a quello di San Vincenzo fino al monastero di Sant’Agata Feltria 15, seguendo esso
stesso il percorso compiuto dalle monache.
Le pergamene conservate presso il monastero predetto sono in totale
142, e sono oggi depositate in due casse di legno comune. Ad un primo esame
queste si presentavano tutte poste all’interno di una cassa di legno della misura di 22 cm di altezza per 22,5 cm di larghezza e 24,5 cm di lunghezza, chiusa da un coperchio, anch’esso in legno, della misura di 3 cm di altezza per 25
cm di lunghezza. Lungo i quattro lati della scatola e sul coperchio sono ancora oggi visibili le tracce di colore scuro lasciate dai sigilli in ceralacca che dovevano chiudere il contenitore; sul coperchio della scatola vi sono poi le tracce di altri quattro sigilli, purtroppo quasi completamente cancellati; essi sembrerebbero posti lì quasi a scopo decorativo. Le pergamene erano disposte all’interno della scatola in rotoli di due, tre o quattro fino a formare sei chartae
inserite l’una all’interno dell’altra. Sulla sommità dei rotoli si trovavano piegate in tre parti quattro pergamene di più ampie dimensioni rispetto alle altre, (corrispondenti ad una bolla papale, a pergg. indicate sul verso dalle lettere «m», «l», «h», e da una perg. senza numerazione risalente al 1300) 16. Le
chartae riportano sul verso una numerazione tracciata con penna stilografica
in numeri arabi; tale numerazione va dalla perg. n° 1 alla n° 133. Quest’ultima è eseguita seguendo quanto più possibile un criterio cronologico. Cinque
delle suddette 142 pergamene sono prive di numerazione, mentre quattro riportano come indicazione appunto lettere dell’alfabeto latino: «a», «l», «m»,
ed «h». Sul verso accanto alla numerazione, sempre tracciata con penna stilografica è poi presente la datazione del documento e la sigla «D. D.», oppu Dominici, Sant’Agata Feltria illustrata..., cit., sostiene vi sia stato un ulteriore passaggio
nel cammino di trasferimento delle monache dal monastero di Sant’Antimo a quello di San
Vincenzo, e infine a Sant’Agata Feltria nella sede del monastero all’interno delle mura cittadine, passaggio avvenuto attorno al XV secolo. Egli infatti ritiene che le suore abbiano soggiornato per un certo periodo in un edificio posto presso la pieve di San Pietro in Messa, dove
le sorelle povere di santa Chiara trovarono asilo dopo che, a causa di danni alla struttura del
loro monastero, furono costrette ad allontanarsi da questo.
16
Le pergg. «l» e «m» corrispondono a due litterae gratiosae del pontefice Clemente XI. Cfr.
T. Frenz, I documenti pontifici nel medioevo e nell’età moderna, 2° ed. italiana a cura di S.
Pagano, Città del Vaticano 1998.
15
241
re la firma per esteso «D. Donati» 17; infine sulle carte vi è impresso il timbro del monastero, posizionato su due diverse zone del verso, solitamente nella zona inferiore e in quella superiore, spesso accanto alle note tergali. Il fondo si presenta composto di fogli singoli, scritti sul lato carne a piena pagina;
in numerose chartae è visibile la rigatura tracciata a secco, mentre un paio di
chartae presentano la rigatura ad inchiostro. La pergamena utilizzata per la
stesura di numerosi atti sembra essere ricavata dalle zone in prossimità delle
zampe degli animali, ciò è reso evidente dalla presenza della forma «a coda»
e da un formato spesso irregolare. In massima parte quest’ultimo risulta rettangolare con la scrittura lungo il lato breve; le dimensioni delle pergamene
poi variano a seconda dei secoli a cui appartengono, sono minori per i secoli XII-XIII, aumentano nel secolo XIV 18. Sono poi presenti difetti tipici della lavorazione, quali una raschiatura non perfetta della pelle, tanto che in alcune pergamene sono ancora visibili peli dell’animale, fori circolari, spessore
irregolare, al punto che in alcuni tratti l’inchiostro traspare sul verso. Il loro
stato di conservazione non è ottimale, soprattutto se si considera gli spostamenti che devono aver subito nel corso degli anni; sono inoltre presenti i difetti dovuti al tempo, quali erosione lungo i margini, che hanno causato ampie
cadute del supporto, fori, alcuni dei quali posizionati in zone centrali del documento che hanno causato perdite di varie righe di testo; macchie di umidità, inchiostro evanito, e piccoli grumi di polvere che si sono rappresi sul supporto, nonché alcune cuciture realizzate con spago per riparare a strappi pregressi alla scrittura. Vi sono poi alcune chartae che presentano pesanti danni
causati dai parassiti e dall’umidità; il testo di alcune di esse è oggi di difficile lettura, mentre un gruppo alquanto corposo di queste presenta una caduta
molto ampia del supporto e naturalmente del testo, purtroppo perso per sempre. L’aspetto dell’inchiostro, così come il colore del supporto, variano molto da pergamena a pergamena; in alcuni casi il primo appare molto diluito e
di colore marrone-nocciola, mentre il colore del secondo è più brunito nelle
Negli anni 1946-1948, don Luigi Donati, sacerdote della diocesi feretrana, si è dedicato
alla stesura dei regesti delle pergamene delle Suore Clarisse numerando le carte, datandole e
lasciando sul retro la sua stessa firma. Dalla testimonianza dello stesso don Donati risulterebbe che almeno tre-quattro pergamene siano state nel corso degli anni sottratte dall’archivio
delle monache; il sacerdote riferiva di aver appreso in via indiretta della loro presenza presso
una bottega antiquaria. A sostegno di questa sua testimonianza vi è il fatto che tali carte sembra riportassero tutte il timbro del monastero delle Clarisse di Sant’Agata Feltria.
18
Media delle misure delle pergamene (altezza per larghezza, con misure date in mm e suddivise per secoli): secolo XII, max. 235 x 90 e min. 172 x 90; secolo XIII, max. 963 x 241 e
min. 105 x 76; secolo XIV, max. 925 x 540 e min. 175 x 115; secolo XV, 288 x 232; secolo
XVII, 374 x 580; secolo XVIII, 362 x 480.
17
242
pergamene più antiche (XIII secolo), schiarendosi poi in quelle del XIV. Infine in una delle pergamene di più grandi dimensioni, da me indicata come
la «pergamena dei Trinitari» 19, è ancora perfettamente conservato il sigillo.
Quest’ultimo fa parte della categoria dei sigilli detti pendenti 20 ed è custodito all’interno di una teca metallica, a sua volta legata alla pergamena a doppio
filo, uno dei quali di colore rosso, l’altro dorato. Il materiale di cui il sigillo è
composto è costituito da cera colorata di rosso, e le sue dimensioni sono: 53
mm di larghezza per 60 mm di lunghezza per 15 mm di altezza. Analizzando
l’aspetto della figura impressa, il sigillo risulta appartenere al tipo araldico (è
infatti presente uno stemma), mentre la scritta che si svolge in senso orario intorno alla figura, sul bordo del sigillo, a partire dall’alto, reca il titolo del personaggio a cui il sigillo appartiene: «Sigillus Patris Generalis Ordinis Sanctissimae Trinitatis Redemptionis Captivorum». Si tratta di un ordine fondato
nel 1194 nell’eremo di Cerfroid da San Giovanni da Matha, nato nel periodo
Ho utilizzato questo titolo facente riferimento al contenuto del documento, in quanto tale
pergamena risulta essere una delle cinque prive di numerazione; era pertanto necessario, al
fine di poterla rintracciare, indicarla in modo chiaro e facilmente riconoscibile. L’ordine dei
Trinitari, o «Fratres ordinis Sanctae Trinitatis et redemptionis captivorum» (Ordine della
Santissima Trinità e redenzione degli schiavi), è appunto un ordine fondato nel 1194 nell’eremo di Cerfroid, vicino Parigi, da san Giovanni da Matha, che riceve l’approvazione apostolica nel 1198. «Nasce come istituzione inerme che si dedica al servizio della redenzione nella
fede dei fratelli che soffrono il giogo della schiavitù. San Giovanni da Matha, durante un periodo di studi compiuto presso la città di Marsiglia, compì l’esperienza che avrebbe poi cambiato la sua vita; recandosi al porto, poteva vedere gli schiavi musulmani che i crociati inviavano in Francia come bottino di guerra, e la gente che godeva nel vedere “questi maledetti”
che sarebbero passati poi sotto i colpi delle torture dei carcerieri “cristiani”. Dopo l’approvazione apostolica ottenuta da papa Innocenzo III, l’ordine comincia a diffondersi, dapprima
in tutta la Francia, quindi oltre i suo confini, operando in maniera pacifica, disarmata, povera
anche nei Luoghi Santi, liberando prigionieri (captivi) cristiani e musulmani». Oggi, l’ordine
è diffuso in varie regioni del mondo e si prende cura, secondo la vocazione cristiana, dei più
deboli, di coloro che si trovano in difficoltà e in particolar modo dei detenuti, adoperandosi
perché le loro condizioni di vita possano sempre più migliorare. I Trinitari sono costituiti in
varie famiglie che si dedicano sia alla vita contemplativa sia naturalmente all’attività sociale. Notizie tratte dai siti ufficiali dell’Ordine: <http://www.trinitari.it>; <http://trinitaridematha.it>. Ultima consultazione dei siti in data 20 febbraio 2007.
20
A. Pratesi, Genesi e forme del documento medievale, Roma 19872, p. 71: «si dicono pendenti quando sono uniti al foglio, solitamente alla parte inferiore rinforzata ripiegandone il
lembo (plica), mediante lacci di seta o canapa o lino (ed è questo l’unico modo di apposizione del sigillo di metallo) o anche con striscioline di pergamena o di carta».
19
243
delle crociate allo scopo di occuparsi della liberazione dei prigionieri cristiani caduti in mani nemiche.
Sul dorso delle pergamene sono visibili sia annotazioni che segnature archivistiche; quest’ultime possono essere suddivise in tre gruppi:
il primo gruppo è formato dalla numerazione progressiva eseguita sul
fondo da don Donati negli anni Quaranta ultimi scorsi. La numerazione è tracciata in numeri arabi (sono escluse da questa 4 pergamene che
presentano come numerazione lettere dell’alfabeto latino, e precisamente le lettere: «a», «l», «m», «h»; e cinque pergamene che risultano prive
di qualsiasi numerazione);
il secondo gruppo è costituito dalla indicazione cronologica, anche in
questo caso eseguita ad opera di don Donati; le date presenti sul verso dei
documenti sono infatti tracciate con la medesima calligrafia e con il medesimo strumento scrittorio utilizzato per eseguire la numerazione;
il terzo gruppo, infine, è costituito dai timbri ovali di proprietà del monastero di Santa Maria Maddalena di Sant’Agata Feltria, recanti la dicitura «Pax et Bonum».
In quasi tutte le chartae costituenti il fondo suddetto sono presenti annotazioni tergali che si suddividono in:
note contemporanee alla stesura del documento, nelle quali è spesso possibile riconoscere la stessa mano del recto. In massima parte indicano il
contenuto del documento o recano riferimenti di carattere geografico, segnalando l’ubicazione dei fondi, o il luogo in cui l’atto è rogato, oppure
riportano i nomi delle persone che partecipano all’atto. Sono utilizzate
frequentemente, formule fisse che riportano la dicitura «Charta [...]» poi
accompagnata da un toponimo, come ad es.: «Charta de Campo Maio»,
perg. n° 29; «Charta clisura de Canalino», perg. n° 104; «Charta dominarum sororum monasterii Sancti Antimi», perg. n° 109; «Instrumentum
monasteri Sancti Antimi», perg. n° 39; oppure semplicemente è indicato
il nome del monastero a cui l’atto fa riferimento: «Sancti Antimi», perg.
n° 92; o ancora sono indicati i nomi dei contraenti, o attori degli atti:
«Cicchi e Lippi de Caiole», perg. n° 129; «Instrumentum Nardi et Guidoni», perg. n° 128;
note più tarde rispetto alla stesura del documento, le quali si distinguono
per la differente mano e il differente inchiostro con cui sono state tracciate, rispetto a quelli che compaiono sul recto; appare spesso evidente che
questa seconda mano coincide con la scrittura di uno dei notai che hanno rogato atti successivi (vedi perg. n° 71). Tali annotazioni posteriori riguardano sempre il contenuto del documento e i nomi dei contraenti degli atti. Si riporta come esempio le seguenti diciture: «Charta de Fraseneto», ed «Instrumentum monasteri Sancti Vincenti [...] et fratre Bruno»,
244
perg. n° 115; in particolare queste due note compaiono sul verso dello
stesso documento, ma sono di due periodi differenti, scritte da due mani
diverse, con diverso inchiostro. Ancora la perg. n° 114 con le seguenti
annotazioni: «Carta de fratre Bruno» e «Chartha Bastardi cum Bentivoglo suo suocero». Si potrebbe ipotizzare che questi interventi siano tentativi di «riordinamento» dell’archivio, per rendere più facile e veloce
l’accesso alle carte, dunque con finalità pratiche; un’ipotesi che però si
scontra con il numero molto alto di pergamene che non presentano alcuna nota, circostanza che riguarda ben ottantatre pergamene sul totale di
centoquarantadue;
note di mano di don Donati: esse sono annotazioni attribuibili con sicurezza a don Donati, infatti sia la calligrafia che lo strumento scrittorio risultano essere gli stessi utilizzati per eseguire la numerazione e la datazione 21. Queste ultime annotazioni riguardano pochi documenti 22, e
per lo più riprendono le indicazioni geografiche o i nomi espressi nelle
note più antiche. In alcune di esse l’autore riporta ed emenda errori di datazione, soprattutto di calcolo dell’indizione, o nomi di pontefici sbagliati dagli scriptores. Fra le più interessanti riporto quelle presenti in perg.
n° 80, in cui don Donati inserisce una lunga nota, volta ad emendare tali
errori di calcolo e al termine di questa riporta per esteso e ben leggibile
la sua firma: «Ora si chiama =Campo Focone=; 31 dicembre 1307, compra del terreno creduto =campo focone=, alla Rocca», e in perg. n° 118:
«4 luglio 1333, compra di un terreno alla Rocca Pratiffa»; e soprattutto le annotazioni e correzioni da lui firmate in perg. n° 23: «9 settembre
1259. Non è il 9 ma il 22 settembre, perché è “die IX exeunte septembris”», «10 marzo 1260. Non è il 10, ma il 21 marzo per la ragione detta sopra. D. Donati».
Infine, per completare questo breve sunto riguardante le note presenti sul
verso degli atti che costituiscono il fondo delle monache Clarisse, si riportano due particolari esempi di annotazioni. Il primo si trova sul verso della pergamena indicata con la lettera «l». Sul retro di questa carta, oltre a varie scritte non più leggibili, sono presenti due serie di numeri incolonnati, probabilmente a formare dei conti, e seguiti dalla dicitura: «Veture che vengono da M.
Benedetto»; queste annotazioni sono posteriori allo scritto presente sul recto
(essendo tracciate con un pennino ed un inchiostro differente) ed in realtà fanno piuttosto pensare all’utilizzo di questa pergamena in un secondo momento
Sempre alla mano di don Donati appartengono sottolineature del testo dei documenti in
corrispondenza di nomi propri o toponimi. Probabilmente questi dovevano rivestire una certa importanza per le sue ricerche storiche.
22
Circa sette pergamene.
21
245
come se si trattasse di un foglio per appunti. Il secondo esempio è preso dalla pergamena n° 118, e riguarda un foglietto di carta quadrettato, puntato con
uno spillo alla parte inferiore del recto del documento. In matita colorata e in
scrittura moderna è annotato quanto segue: «Pergamena che contiene documento sulla famiglia del S. Padre, il Papa Pio XII Pacelli. Trovato dall’Ill.mo
Conte Del[.]alra [...] ottobre 1951» 23.
Notizie sugli atti
Il corpus del fondo è costituito in alta percentuale da documenti privati;
infatti, su 142 chartae è possibile distinguere solo quattro documenti pubblici, tre dei quali sono documenti pontifici; si tratta di una bolla di papa Bonifacio VIII contenete concessioni a favore del monastero (1298), e di due litterae gratiosae di papa Clemente XI (1703 e 1714) 24; quindi la pergamena detta «dei Trinitari» (1659). Gli altri atti sono costituiti da varie tipologie di contratti 25, a cui vanno aggiunti alcuni testamenti 26, un arbitrato (perg. n° 98),
un contratto matrimoniale (perg. n° 114, secondo atto), una pergamena contenente la dedicazione della chiesa di San Vincenzo, una missiva e carte con altro contenuto. La scrittura utilizzata per il maggior numero di documenti è
una minuscola notarile cancelleresca del XIII secolo con influenze gotiche,
mentre per un numero minore di essi è utilizzata una minuscola notarile della
prima metà del XII secolo. Questi atti possono poi essere ulteriormente distinti, individuando gli attori (autori o destinatari) degli atti stessi. Vi sono infatti alcuni documenti, in cui gli attori che vi figurano risultano essere le mo In realtà il documento a cui è appuntato questo foglietto contiene un atto di vendita rogato
il giorno 3 luglio 1336, nella rocca di San Leo, nelle stanze del «dominus», alla presenza del
canonico feretrano Tomaso, di Ranuzolo di Petrella e dello stesso notaio che ha rogato l’atto,
Guido di Petrella. I contraenti risultano essere i «nobiles viri Ninus et Francischus, nati olim
nobilis civi Guidonis de Petrella [...]», i quali «dederunt, vendiderunt et tradiderunt Fusti converso et procuratori sororum monasterii Sancti Vincentii [...] petiam unam terre prative» per
il prezzo di 17 lire ravennati e anconetane. Non sono riuscita a trovare notizie su questo conte, di cui purtroppo non si riesce a leggere il nome per esteso, che avrebbe dunque consultato
il fondo e secondo le sue note trovato una notizia così particolare proprio fra queste carte.
24
Entrambe contengono concessioni a favore di due chiese non direttamente collegate al
monastero di Sant’Agata; le pergamene infatti si riferiscono alla chiesa della Madonna di
Saiano (perg. «l»), e alla chiesa di Santa Mustiola (perg. n. «m»).
25
Compravendite, enfiteusi, permute e un livello.
26
In numero di nove, fra cui il testamento della badessa del monastero di San Vincenzo, «domina Honestina»: pergg. n° 41-42, 55, 64, 67, 69, 75, 92, 102.
23
246
nache dei due monasteri (come le pergg. n° 29, 62, 76, 88, 91, 96, 105, 115116 e due delle pergamene senza numerazione, la 1 e la 3) 27, o meglio i loro
procuratori o sindaci (pergg. n° 18, 21-22, 33, 39, 48, 63, 80, 86, 104, 112,
118, 124, 130 ecc.) 28; vi sono poi contratti di vendita o permute fra privati in
cui il monastero non compare come contraente, sebbene spesso i fondi oggetto di questi atti risultano essere ubicati in zone di pertinenza del monastero
(pergg. n° 72, 81, 83, 87, 120) 29. Infine un numero elevato di documenti facenti parte del fondo non risulta avere alcun apparente legame con i due cenobi 30; in particolare due fra questi, le carte n° 1 e n° 2, appartengono al XII
secolo, periodo durante il quale i due monasteri non erano ancora stati fondati. Probabilmente la loro presenza nel fondo è data dal fatto che al momento
della donazione di un bene o del suo passaggio di proprietà si verificava anche il passaggio del documento che attestava tale proprietà, e ciò senza bisogno di doversi recare ex novo dal notaio a redigere un secondo atto. In pratica il documento seguiva nel passaggio di proprietà del bene. Pertanto la proprietà dei beni di cui si parla nei documenti può essere così passata al monastero e tutti gli atti relativi ad essi sono stati conservati nell’archivio della co-
Perg. n. 29: «dominus Rollandus de Monte Rotundo et domina Imuldina [...] vendiderunt,
tradiderunt, dederunt [...] religiose et oneste domine sorori Agathe abbatisse monasterii Sancti Antimi [...]»; perg. n°. 48: «dominus Timideus de la Putrella Tibertorum [...] dedit, vendidit et tradidit [...] sorori Mansuete filie condam domini Guidonis de Billis et nunc abatisse monasterii Sancti Vincentii, et sorori Onestine filie condam domini Guidonis de la Petrella [...]»; perg. n° 76: «Blarutius de castro Pratiffi [...] dedit, tradidit, permutavit [...] religiose domine sorori Filippe abbatisse monasterii Santi Vincentii [...]»; perg. n° 96: «nobilis, religiosa et onesta domina soror Pacifica abbatissa monasterii Sancti Vincentii, de coscientia et
voluntate capituli et conventus dicti monasterii, dedit, tradidit et permutavit, iure directi dominii et plene proprietatis Cicco calzolario [...]».
28
Perg. n° 21: «Zanellus, scindicus et procurator monasterii Sancti Antimi [...]»; perg. n°
33: «presbitero Martino procuratori monasterii Sancti Vincentii, scindico procuratori domine
Agate abbatisse [...]»; perg. n° 63: «Amato de castro Pratis, comitatus Bobii, qui nunc moratur in Mercatale Casaldilci, procuratori, amministratori et gestori dominarum sororis Barbare, sororis Filippe et sororis Catterine de loco Sancti Vincentii de Pratiffi [...]»; perg. n° 86:
«presbitero Bencivenne, capellano et scindico monasterii Sancti Vincentii [...]».
29
Perg. n° 81: «duas petias terre [...] in fundo de Ceretis, latere cappella Sancti Vincentii, latere iura monasterii Sancti Vincentii [...]»; perg. n° 83: «petiam unam terre [...] a quarto latere iura monasterii Sancti Vincentii [...]»; perg. n° 87: «ad tribus lateribus iura ecchlesie monasterii Sancti Vincentii [...]».
30
Pergg. n° 10, 12, 15, 23, 25, 32, 37, 42, 46, 117, 125, 127 e molte altre.
27
247
munità 31. Molto interessanti sono poi gli atti che hanno per oggetto testamenti; anche in questo caso è possibile compiere una distinzione fra atti che
presentano un legame con i monasteri e atti che sono privi di tale legame.
Circa la presenza di questi atti all’interno del corpus archivistico del monastero clariano,
si può anche ipotizzare che l’archivio del monastero fosse stato concepito come una sorta di
luogo di deposito, cioè come un insieme di documenti il cui contenuto risulta essere estraneo
alla funzionalità del monastero ma lì depositati da privati per la loro conservazione e tutela, a
sottolineare l’importanza rivestita da queste carte e soprattutto la considerazione data a questi luoghi di clausura. Ciò può essere ritenuto probabile se si considera la presenza, quali attori di un alto numero di atti giacenti nel fondo, di signori della zona in cui si trovano i due
monasteri: cfr. perg. n° 8: «domina Giborga olim uxor domini Guilelmino de Poti»; perg. n°
9: «[Ego] Ugo de Capramoçça [...] do et cedo tibi Guido Uberti [...]»; perg. n° 18: «dominus
Guido de Billis, dedit et concessit [...] presbitero Venture de monasterio Sancti Antimi [...]»;
perg. n° 57: «vir nobilis Rainerius vocatus Lancia, filius condam Albrigi de Monterotondo»;
perg. n° 88: «nobilis vir Nerius, filius olim Lupi de castro Yllicis»; perg. n° 126: «Ribaldus
comes, filius condam Rainaldi comitis de Carpegno, et reverendus vir Guidus, archipresbiter
et filius condam Nerii comitis, fratris condam dicti Rainaldi»; perg. n° 128: «nobilis vir Loduicus, filius condam nobilis viri Sgareglini de Petragutula, de provintia Montis Feretri, et
nobilis domina domina Cia, filia condam dicti Sgareglini»; e soprattutto il fatto che numerose sono le giovani appartenenti a nobili famiglie del contado di cui si ha testimonianza (cfr.
perg. n° 48: «dominus Timideus de la Putrella Tibertorum de comitatu feretrano, dedit, vendidit, tradidit sorori Mansuete filie condam Guidonis de Billis et abbatisse monasterii Sancti Vincentii, et sorori Onestine filie condam domini Guidonis de la Petrella [...]»; perg. n° 63:
«soror Barbara filia domine Gualgrade de Pratiffi, soror Filippa filia condam nobilis viri Raynerii de Casaldilcio et soror Cattarina filia condam Fortobelli de Sancta Agatha») che decisero di prendere i voti in uno dei due monasteri, particolare da cui si può forse dedurre che esistessero stretti legami fra queste due realtà. Sempre analizzando il tema della pertinenza delle chartae con il fondo in cui sono conservate, è interessante notare la presenza di documenti
nei quali compaiono importanti luoghi di culto del territorio santagatese oggi non più esistenti, come il convento di Cerafosso, che compare citato nella perg. n° 109, assieme al suo guardiano, «Rainirolo de Burgo guardiani de Cerafusti», e nella perg. indicata con la lettera «a»:
«Cecco de Carafosti»; mentre nella perg. n° 102 «Fuschus olim Migloris de Pratiffe» stabilisce nel suo testamento di lasciare cento soldi per la sua sepoltura, da dividersi fra «presbiteri,
capelani Sancti Vincenti et fratres de Cerafuste»; in più lascia al monastero di San Vincenzo
«unam petiam terre» e dispone a favore del «locum fratum minorun de Cerafusti» un lascito
di 20 soldi ravennati; nella perg. n° 41, la quale contiene un testamento, viene lasciato «pannum de lana fratribus de Cerafossi pro tunicis»; e ancora nella perg. n° 62 compare come testimone nella stipula di un atto «fratre Iacomo de Billis de ordine Minorum, guardiano loci
fratrum de Cerafosti». A. Bartoli Langeli, Le carte duecentesche del sacro convento di Assisi (Instrumenti, 1168-1300), Padova 1997.
31
248
Esempi validi a conferma di questa seconda circostanza sono le pergg. n° 41,
69 e 75; nei predetti documenti i testatori lasciano offerte e donazioni a varie
chiese e cappelle della zona, non però ai due monasteri 32, i quali vengono citati solo se confinanti con gli appezzamenti di terreno dei quali è prevista la
vendita o concessione. Al contrario, nelle pergg. n° 55, 64, 92 e 102 i beni dei
testatori vengono lasciati a uno dei due monasteri o ad entrambi: «Jacobutius
condam Ugoli de Casaleclo» lascia 10 soldi «monasterio Sancti Antimi» e 5
soldi «monasterio Sancti Vincenti» (n° 64); oppure l’atto n° 92, in cui il testatore chiede di essere seppellito «apud ecclesiam conventi Sancti Antimi»;
mentre i due atti, più interessanti sono le pergg. n° 42 e 67. La prima pergamena corrisponde al testamento di suor Onestina («Honestina», o «Aunestina», o «soror Aunistina filia condam Guidonis de Pedrella»), la quale dispone di lasciare al monastero di San Vincenzo dell’ordine di santa Chiara, nel
quale ha preso i voti, il suo patrimonio di 250 lire ravennati e anconetane, il
quale deriva dalla dote offertale dal padre al momento del suo ingresso nel
convento 33; al contrario, nella pergamena n° 67, «Ubertinus condam Leti de
Peratiffi» nomina eredi universali dei suoi beni il nipote «Ranirolus condam
Urpitini de Pereto et Imigla» sua figlia, ora monaca nel monastero di San Vincenzo. Egli dona quindi al monastero, e precisamente nelle mani di suor Onestina badessa del monastero, una quinta parte di tutte le sue terre poste oltre il
fiume Marecchia, nonché una quinta parte dei beni, tra cui un mulino, che
possiede nel contado del castello di Pratiffi. Questo atto viene compiuto «aput
ecchlesiam Sancti Vincentii», alla presenza di vari testimoni, fra i quali il notaio «Ugututio de Sancta Aghata» e Guadagno «de Cassaldilci»; entrambi i
notai sono presenti quali firmatari in diversi documenti che costituiscono il
fondo archivistico del monastero di Sant’Agata Feltria. A questo proposito è
interessante soffermarsi sulle sottoscrizioni tracciate dai notai: risulta evidente che quasi tutti i notai dei documenti appartenenti ai secoli XIII–XIV si firmano oltre che con il proprio nome anche con quello del luogo di provenienza, accompagnato dal permesso loro assegnato da un’autorità superiore. Un
esempio è dato dalle seguenti sottoscrizioni: «Ego Ventura de Caiole imperiali auctoritate notarius», «Iohannes de Pratiffi inperiali auctoritate notarius»,
Perg. n° 69: «Ranuçolus Rubeorum de Scaulino» lascia offerte pro «ecchlesie Sancte Marie in Scaulino, plebi Sancte Mustie, ecchlesie Sancte Marie Maddalene de Seriole, Sancti
Angeli, cella de Sovanne».
33
Molto interessante anche la nota tergale. Sebbene vi sia stata la caduta di una parte del testo, è possibile ancora leggervi un riferimento al suo contenuto: «testamenti Honestine abbatisse Sancti Vincenti [...]», nonché la firma del notaio che ha aggiunto questa nota: «Gratianus notarius»; quest’ultimo non corrisponde a nessuno dei notai che hanno rogato gli atti
presenti in questo fondo.
32
249
«Ego Nardus filius condam Jhoannis de castro Sancte Agate, imperiali auctoritate notarius» 34. Un altro elemento molto interessante che riguarda le sottoscrizioni notarili, è la presenza del personale e distinguibile segno notarile
tracciato in quasi tutte le pergamene che costituiscono il fondo archivistico 35.
Generalmente tale segno è posto al di sotto della sottoscrizione vera e propria,
a chiusura dell’atto, e assume varie forme, mentre in alcune pergamene si trova ad inizio del testo, nella posizione solitamente occupata dalla invocatio
simbolica 36, la quale è presente in quasi tutte le pergamene ed è costituita da
un signum crucis, apre il protocollo seguita dall’invocatio verbale ed è espressa in genere dall’utilizzo delle classiche formule: «In nomine Domini» (pergg.
n° 1, 5, 13-16, 18-19, 21-22, 36, 38); «In nomine Sancte ed individue Trinitatis» (pergg. n° 3, 6, 9); «In Dei nomine» (pergg. n° 15, 17, 25, 32-33, 35, 37,
39, 68); «In nomine Dei eterni Domini» (perg. n° 8); «In nomine Dei nostri
Ihesu Christi» (perg. n° 24); «In Christi nomine» (pergg. n° 43, 47, 110, 124);
«In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti» (pergg. n° 64, 62) 37. Sempre nel
protocollo trovano posto quattro delle sei publicationes presenti di norma in
un documento notarile 38, a cominciare dalla datatio cronica. Lo schema al
quale si rifanno i notai per quest’ultima è in generale costituito dai seguenti
elementi: anno 39, indizione, nome del pontefice, nome dell’imperatore, gior Pergg. n°. 18, 30 e 120.
Assente nelle pergamene n°. 1 e 2.
36
Le pergg. n° 5, 7, 15, 17, 19, 24, 32, 35, 37-38, 40-41, 50, 52, 64, 66, 68, 72, al posto dell’invocazione simbolica, presentano un segno notarile. Le pergg. n° 8, 11, 21, 26, 28, 34, 45,
48, 51, 57-58, 61-63, 65, 67, 70-71, 73, 75, 77, 80, 82-83, 86-90, 93, 95, 97-128 e 130, nonché le pergg. prive di num. 1 e 3, non presentano alcuna invocazione simbolica. La perg. n°
49 e la seconda pergamena priva di numerazione presentano un segno particolare non identificabile.
37
Diversità degli incipit per i seguenti documenti: pergg. senza num. 2, 3, bolla, perg, dei
Trinitari e alcuni testamenti.
38
G. Tamba, Una corporazione per il potere. Il notariato a Bologna in età comunale, Bologna 1998, pp. 62-66.
39
Viene utilizzato lo stile della Natività in ventuno pergamene, mentre in una soltanto è utilizzato lo stile dell’incarnazione. Cfr.: Pratesi, Genesi e forme del documento medievale...,
cit., pp. 126-127: «lo stile della Natività fissa il principio dell’anno al 25 dicembre, quindi in
anticipo di sette giorni rispetto allo stile moderno e segnando il millesimo una unità in più dal
25 al 31 dicembre. Lo stile dell’Incarnazione pone l’inizio dell’anno al momento in cui Cristo sarebbe stato concepito, cioè al 25 marzo: vennero poi utilizzati due computi diversi, il pisano, che anticipa di nove mesi rispetto alla natività, per cui segna nel millesimo un’unità in
più, nei confronti del computo moderno, dal 25 marzo al 31 dicembre; il fiorentino, che ritarda di tre mesi rispetto alla natività e di un anno intero rispetto al computo pisano, per cui se34
35
250
no e mese. Questo schema generale può però subire delle variazioni o omissioni; infatti, oltre al venir meno da un certo periodo in poi il nome dell’imperatore, in alcune pergamene può mancare anche il nome del papa (perg. n°
6) 40, oppure il computo dell’indizione (pergg. n° 68, 87), o ancora ci può essere uno spostamento nell’ordine degli elementi che costituiscono la datazione stessa 41. La quarta publicatio, la datatio topica, in massima parte segue
nel protocollo quella cronica, ed è formulata in generale da indicazioni di luogo ben precise; viene infatti riportato sia il «luogo generale» (città, comune),
sia il «luogo speciale» (chiesa, parrocchia, monastero); ad esempio: «in porticu Iohannis» (perg. n° 6); «acta in foro Billi» (pergg. n° 12, 19, 25, 27, 31,
38); «apud Sanctum Vincentium de Pratiffi, ante ecchlesiam» (perg. n° 13);
«prope monasterium Sancti Antimi», «in oratorio monasterii Sancti Antimi»
(perg. n° 29); «in domo Grifolini Grufolino filius olim Uberti de Pratiffi»
(perg. n° 30); «in castrum Pratiffi, ante domum Martinelli de Laplene» (perg.
n° 37); «actum in ecclesia monasterii Sancti Antimi» (perg. n° 39); «coadunatis [...] omnibus sororibus monasterii Sancti Vincentii, iurisdictionis comunis
Sancte Agate, in capitulo dicti loci ad sonum campanelle» (perg. senza num.
3); «ante portam castri Sancte Agathe» (perg. n° 49); «in sacristia maioris ecchlesie civitatis Sancti Leonis» (perg. n° 81); «in ecchlesia monasterii Sancti
Vincentii ante gratam ferream» (perg. n° 91); «apud monasterium sororum
Sancti Vincentii ordinis Sancte Clare, Feretrane diocesis, ante cratem» (perg.
n° 96); «in platea ante domum heredum Raneroli de Burgo Fontanelle» (perg.
n° 104); mentre in alcuni casi trova posto alla fine del documento 42. Indico
gna nel millesimo, in confronto con lo stile moderno, un’unità in meno dal 1° gennaio al 24
marzo». In realtà il nome del pontefice e quello dell’imperatore non sono publicationes, ma
negli atti in cui sono presenti trovano posto nel protocollo all’interno della datazione.
40
Nel protocollo, come accade per l’imperatore, anche per il papa si possono trovare formule quali: perg. n° 37: «sede Romana vacante et nullo imperatore regnante»; perg. n° 38: «nullo papa existente»; perg. n° 40: «sede apostolica et imperio vacantibus»; perg. n° 41: «papa
nomine ignorante et nullo imperatore existente».
41
Ad es. perg. n° 6: anno, giorno, mese, indizione; pergg. n° 9 e 11: anno, giorno, mese, indizione, papato, impero; pergg. n° 24, 80: anno, papato, indizione, giorno, mese. Infine vi
sono alcune pergamene che spostano la datazione cronica, tutta o in parte, alla fine dell’atto:
pergg. n° 4, 41, 64, 69, 95, 110.
42
Cfr. pergg. n° 7-8 e 14-15: «actum in viridario plebis Sancti Petri in Missa»; pergg. n° 42,
45, 53, 57, 63, 65 e 70: «actum in mercatis de Cassaldilcio, in domo dictorum emptorum»;
pergg. n° 71, 75, 82 e 85: «actum iusta cellam del Pereto»; pergg. n° 86, 88-90 e 92: «actum
in domo famiglie monasterii Sancti Antimi»; perg. n° 97: «actum in foro Casaldilci, in orto
dicti Bacchi»; pergg. n° 98-100: «actum in Villis Rofellis, in domo heredum olim Rainiroli
olim Deutesalvi»; pergg. n° 102-103 e 107: «actum in domo mei Guadagni notarius»; pergg.
251
di seguito tre casi particolari: il primo, evidente in tre atti, e precisamente nelle pergg. n° 4, 41 e 95, nel quale parte della datatio cronica (giorno e mese)
trova posto accanto alla topica a fine documento 43; il secondo (pergg. n° 64,
69, 110), in cui datatio cronica e topica si trovano entrambe a fine documento, e il terzo (perg. n° 11), in cui la datatio topica trova posto nel protocollo,
mentre quella cronica si trova alla fine dell’atto. Infine la quinta publicatio, la
notitia testium, trova sempre posto nell’escatocollo. L’analisi della forma,
così come quella del contenuto degli atti giacenti presso l’archivio delle monache Clarisse, permette di evidenziare con maggior forza la particolarità di
questo fondo archivistico, ovvero il fatto che esso riunisca in sé documenti di
proprietà di ben tre monasteri, due dei quali operanti nello stesso periodo e all’interno di una ristretta area geografica. È interessante quindi riportare l’attenzione sul contenuto degli atti giacenti nell’archivio delle Sorelle Clarisse,
per analizzarne alcuni particolarmente utili per ricostruire la storia di questi
antichi cenobi femminili. Si tratta di sette pergamene 44 che, a partire dall’anno 1263 e fino all’anno 1320, contengono liste con i nomi delle monache costituenti il capitolo dei due monasteri. Al primo atto (perg. n° 29), datato 1263
e stipulato «in oratorio monasterii Sancti Antimi» alla presenza di testimoni,
partecipa suor Agata in qualità di badessa del monastero; nell’atto (perg. n°
33) successivo di tre anni, datato 1266, si fa riferimento al converso Zanello,
quale curatore dei beni dei due monasteri, di Sant’Antimo e San Vincenzo.
Proseguendo poi nell’analisi dei documenti, l’atto (perg. n° 39) datato 1270
presenta una richiesta da parte di suor Mansueta, vice badessa del monastero
di Sant’Antimo, al presbitero Ventura perché si occupi della riscossione della
dote spettante a due sorelle che hanno vestito il velo nel monastero predetto,
suor «Nicholutia» e suor «Orabele», dote in realtà mai versata dalla famiglia
al monastero; confrontando quanto sopra riportato con il contenuto di altri
n° 108-109 e 114-117: «actum in claustro quod est iuxta ecchlesiam monasterii Sancti Vincentii»; perg. n° 118: «actum in civitate Sancti Leonis in rocha ipsius, in camera domini»;
pergg. n° 119 e 124: «actum in via publica prope arcam monasterii Sancti Vincentii»; pergg.
n° 125-126: «actum in domo Ribaldi et Guidi de Gataria comitum de Carpegno, sita in gerone Bassci»; pergg. n° 128 e 130, perg. num. «a», bolla, perg. detta «dei Trinitari», perg. senza num. 1 e 3: Tamba, Una corporazione per il potere..., cit., p. 65.
43
Ibidem, p. 66: «le publicationes venivano poste all’inizio e al termine del documento [...].
La maggioranza [dei notai] poneva le prime tre e una parte della quarta, ossia il «luogo generale» all’inizio del documento, e le altre restanti, vale a dire il «luogo speciale» accompagnato spesso da un richiamo parziale della indicazione cronologica [...], testimoni e completio al termine del documento. E quest’ultima fu la prassi che finì per prevalere, almeno in linea generale».
44
Pergg. n° 29, 33, 39, 76, 91, 98 e 105.
252
due atti, il primo (perg. n° 76) 45 rogato nel 1300 e il secondo (perg. n° 91) 46
nel 1312, risulta che le due sorelle a queste date (1300 e 1312) facciano parte
del capitolo del monastero di San Vincenzo, presieduto nel primo atto da suor
Filippa, nel secondo da suor Pacifica, e non più di quello del monastero di
Sant’Antimo dove avevano preso i voti. Nel 1312 va però ricordato che il monastero di Sant’Antimo non era ancora stato soppresso (1328 circa), e a questo proposito risulta particolarmente interessante l’atto (perg. n° 98) rogato in
data 1312, il quale contiene un arbitrato promosso da suor «Johanna» badessa del monastero di Sant’Antimo e dall’intero capitolo formato da quattordici monache 47, nei confronti del presbitero «Pero», rettore della chiesa di San
Marino di Caiole 48. Ciò può forse far ipotizzare un primo passaggio di mo Perg. n° 76: «religiose domine sorori Filippe abbatisse monasterii Sancti Vincentii [...] sorore Pacifica, sorore Nicolutia, sorore Barbara, sorore Heugenis, sorore Clara, sorore Ysabeta, sorore Agnese, sorore Humili, sorore Iohanna, sorore Devota, sorore Bartolina, sorore
Aluminata, sorore Agata, sorore Beatici, sorore Tomasina, sorore Margarita, sorore Mansueta, sorore Albanutia, sorore Anilina, sorore Francisca, sorore Catarina, sorore Iacoma, sorore Maria, sorore Simoneta».
46
Perg. n° 91: «religiosa domina soror Pacifica abbatissa dominarum sororum monasterii
Sancti Vincentii ordinis Sancte Clare [...] sorore Honestina, sorore Catarina, sorore Aluminata, sorore Tomasina, sorore Mansueta, sorore Albanutia, sorore Angela, sorore Agata, sorore
Ugenia, sorore Humile, sorore Ahnesia, sorore Orabile, sorore Clara, sorore Agnesina, sorore Bartholina, sorore Devota, sorore Phia, sorore Barbara, sorore Margarita, sorore Iacomina,
sorore Francisca, sorore Iacoma, sorore Ellena, sorore Paula, sorore Maria, sorore Philippa,
sorore Beatrice, sorore Ymigla, sorore Lucia, sorore Nicolutia».
47
Perg. n° 98: «Iohanna abbatissa dicti monasterii, soror Francissca, soror Rufina, soror Lucia, soror Lisabetta, soror Benedicta, soror Agnes, soror Catarina de Aretio, soror Catarina de
Casaldilcio, soror Catarina de Sancta Agatha, soror Pacifica, soror Clara, soror Antonia, soror
Cecilia, soror Cristina». La stessa badessa, «soror Iohanna», si troverà ancora citata in un atto
(perg. n° 111) del 1327, il quale risulta essere precedente di un solo anno rispetto all’ultimo
documento (perg. n° 113) che contiene informazioni sul monastero di Sant’Antimo.
48
Le due parti si contendevano la proprietà di un appezzamento di terreno lasciato in eredità, secondo le monache, da un certo Nicola Salimbene di Villa Monte Rotondo al monastero; a sostegno di quanto detto portavano un instrumento (atto non più presente nell’odierno archivio). La medesima proprietà veniva nel contempo reclamata dal rettore della chiesa
di San Marino in Caiole, il quale la richiedeva a favore della chiesa stessa e a favore del suo
converso, in quanto fratello del sopraccitato Nicola Salimbene. Le persone chiamate a risolvere l’arbitrato, tra le quali figura lo stesso notaio incaricato di redigere il documento, vale
a dire il notaio Guadagno di Casteldelci, preso atto dei documenti presentati dalle sorelle di
Sant’Antimo, nonché facendo propri i suggerimenti dati loro dal vescovo feretrano, decisero a favore delle monache.
45
253
nache da un cenobio all’altro, sebbene il primo dei due monasteri fondati,
quello di Sant’Antimo, non fosse stato ancora soppresso 49. In realtà ognuno
dei documenti conservati nell’archivio delle monache Clarisse di Sant’Agata
Feltria offre ulteriori spunti di ricerca e accresce interesse per nuove scoperte
riguardanti la storia e le vicende del monastero santagatese e non solo; infatti quasi ogni documento ci conduce all’interno di altri luoghi di culto (chiese
e cappelle del territorio) o di vita contemplativa di cui il territorio feretrano è
stato ed è ancora oggi così ricco.
È mia intenzione, a conclusione di questo intervento dedicato all’archivio del monastero di Santa Maria Maddalena, esporre alcuni dei quesiti che si
sono prospettati nel procedere nel lavoro di trascrizione e di revisione di queste carte. Il primo punto su cui sarebbe interessante indagare riguarda la completezza ed integrità del fondo archivistico in questione. Utilizzando i riferimenti ad atti notarili citati in varie opere che trattano di storia locale 50, si desume l’esistenza di pergamene «denunciate» come appartenenti al fondo santagatese ma oggi non più presenti in esso; e ancora, la lettura degli atti costituenti il fondo archivistico fa emergere in alcuni casi la possibilità dell’esistenza di altri documenti ad essi collegati per argomento trattato, e dai quali le carte che sono giunte sino a noi dipendono. Ad esempio la perg. n° 39,
nella quale si ricorda l’esistenza di un contratto precedente, a firma del notaio «Ugutuzio» nel quale si garantiva il pagamento della dote alle due sorelle
«Nicholutia» e «Orabele» che prendevano il velo nel monastero di Sant’Antimo: tale documento non fa più parte del fondo suddetto; e ancora la perg.
n° 98, contenente un arbitrato fra le monache di Sant’Antimo e il rettore della chiesa di San Marino di Caiole: anche in questo caso viene ricordata l’esistenza di un testo scritto, probabilmente un atto contenente testamento, del
quale non si ha notizia nel fondo archivistico odierno. Gli esempi sopra citati
portano con sé una seconda questione sulla quale è lecito interrogarsi: le possibili e probabili manomissioni subite dall’archivio clariano santagatese. Re Quanto riportato darebbe conferma al documento del 1271 citato nell’opera del Dominici,
Sant’Agata Feltria illustrata..., cit. (cfr. supra nota 11). L’atto di cui fa menzione il Dominici conterrebbe l’appello delle monache di Sant’Antimo al papa, in risposta al termine loro assegnato per lasciare il convento ed unirsi così alle consorelle del monastero di San Vincenzo; ma il condizionale è d’obbligo non avendo avuto occasione di visionare tale documento,
e di accertarne così l’esistenza.
50
A. M. Zucchi-Travagli, Rerum Feretranarum Scriptores, Annali del Montefeltro; Dominici, Sant’Agata Feltria illustrata..., cit.; P. Benigno da Sant’Agata Feltria O.F.M., S. Agata
Feltria e la Madonna dei Cappuccini, a cura di E. Liverani, Rimini 2000 (Collana di Studi
Storici Santagatesi); Maffei, Storia del convento delle Clarisse di Sant’Agata Feltria..., cit.
49
254
lativamente a tale ipotesi partiamo da quanto riferito da don Donati circa la
presenza di pergamene provenienti dal monastero di Santa Maria Maddalena
presso una bottega antiquaria, pergamene che sembra riportassero il timbro
del monastero stesso. A questo si può aggiungere l’ampia lacuna temporale,
per quanto riguarda la documentazione conservata presso il convento, che riguarda i secoli XV-XVI, periodo questo, di grande importanza per la storia e
sviluppo della comunità clariana ormai completamente inurbata nel borgo di
Sant’Agata. Ricordo infatti che a questo periodo risale la presenza nel monastero santagatese di tre giovani appartenenti alla famiglia Fregoso delle quali abbiamo notizie grazie a documenti conservati presso l’Archivio di Stato
di Pesaro, e precisamente un atto del notaio Francesco Maffei, corrispondente ad una sorta di interrogatorio compiuto da un sacerdote inviato dal vescovo
feretrano, volto ad accertare la genuinità della loro vocazione e dunque tendente ad escludere qualsiasi sopruso compiuto nei confronti delle tre giovani dalla loro famiglia 51. Ad ulteriore sostegno della ipotesi di manomissione
del fondo, non necessariamente fraudolenta, è utile richiamare in causa la presenza di atti, denunciati in alcune opere di storia locale, riguardanti i due primi cenobi delle monache clarisse di Sant’Antimo e San Vincenzo e conservati nell’archivio vescovile di Pennabilli 52. Questo tema porta direttamente all’ultima questione: il problema delle consultazioni compiute sul fondo. Si è
certi dell’intervento compiuto sulle carte da don Donati, avendo egli lasciato ampie tracce di questo tramite la numerazione e datazione delle pergamene, mentre dalle testimonianze delle monache più anziane veniamo a cono-
Archivio di Stato di Pesaro, Archivio Notarile di Sant’Agata Feltria, notaio n° 18, Francesco Maffei, vol. III. Riporto alcuni dati particolarmente interessanti che appaiono sui documenti citati. Le tre giovani sorelle Pansifilia Fregoso, Olimpia Fregoso e Vittoria Fregoso
entrarono in monastero accompagnate da una serva proveniente dalla famiglia di Giovanni
Mattei di Rocca Pratiffi; presero i nomi rispettivamente di suor Renata, suor Cristiana e suor
Virginia, la servetta di suor Leandra. Nel 1605 venne versata da parte della famiglia la prima
rata della loro dote; al 1609 fu fissato il saldo; infatti il 28 marzo 1609 il reverendo incaricato del vescovo sottopose le tre monache ad un attento interrogatorio, riportato per intero nei
documenti citati. Informazioni su gentile concessione del signor Manlio Flenghi e delle monache del Monastero Santa Maria Maddalena di Sant’Agata Feltria.
52
A. M. Zucchi-Travagli, Rerum Feretranarum Scriptores, Annali del Montefeltro; Dominici, Sant’Agata Feltria illustrata..., cit.; i quali riportano la trascrizione parziale di documenti
un tempo appartenenti all’archivio delle Clarisse ma da loro trovati giacenti presso l’Archivio Vescovile di Pennabilli. Notizie queste che non posso confermare, in quanto l’archivio
non è stato ancora riordinato, e non può essere consultato (cfr. supra nota 5).
51
255
scenza di consultazioni compiute da altri sacerdoti 53 che si sono interessati
a queste antiche carte negli anni Sessanta-Settanta del secolo scorso; ricordo
poi la nota appuntata alla perg. n° 118 che riporta la data del 1951, consultazione questa ad opera di un certo conte del quale purtroppo non si hanno ulteriori informazioni. Tali ricerche sottolineano il costante interesse prodotto
da questo fondo pergamenaceo, ricordando infatti che anche nei secoli passati si ha testimonianza di una certa continuità nell’opera di consultazione e trascrizione, evidente nei testi di alcuni cultori di storia locale, e ciò a partire almeno dal 1700.
Desidero aggiungere ancora una nota volta a spiegare la seconda parte
del titolo: «Le pergamene del monastero di Santa Maria Maddalena: un patrimonio da salvare». Tornando a quanto accennato riguardo lo stato di conservazione delle pergamene costituenti il fondo delle Sorelle Clarisse, va sottolineato con forza che esse necessitano in grande maggioranza di un immediato intervento di restauro che possa arrestare lo stato di erosione, evidente in
modo particolare per alcune di esse, nonché permettere una migliore conservazione dell’intero fondo in appositi contenitori al fine di sottrarle ad agenti
che possano accelerare il loro degrado o aumentare la precarietà del loro stato. A tal fine le Clarisse di Sant’Agata Feltria si sono già rivolte ad un laboratorio di restauro i cui operatori sono pronti ad intervenire sul fondo. L’ultimo
e fondamentale passo che resta da compiere è la raccolta di fondi che possa
permettere la realizzazione di questo urgente intervento di restauro e conservazione, così da riportare in piena luce un patrimonio storico e culturale che
neppure vari secoli di oblio sono riusciti a far scomparire.
Si ricorda in particolare l’interesse nei confronti dell’archivio santagatese di un parroco di
una località della zona, e di un altro sacerdote, professore presso l’Università di Perugia.
53
256
1. Perg. n° 6, dell’anno 1225.
257
2. Perg. n° 13, dell’anno 1249.
258
3. Perg. n° 43 dell’anno 1275: la consacrazione della chiesa di San Vincenzo.
259
4. Perg. n° 35 dell’anno 1267: sul verso, un esempio di note
tergali e di segnature archivistiche.
260
5. La bolla papale del 1300 contenente concessioni a favore delle monache.
261
6. Perg. n° 2 dell’anno 1190.
262
7. Perg. n° 63 dell’anno 1290: un esempio di signum tabellionis.
263
8. Perg. n° 21 dell’anno 1258: un’immagine del documento
che presenta gravi danni.
264
9. Perg. n° 63 dell’anno 1290: un altro documento con gravi danni
per lacerazioni del supporto.
265
10. Perg. n° 19 dell’anno 1258: un documento con gravissimi danni.
266
11. Perg. n° 54 dell’anno 1280: un altro documento con gravi danni per macchie.
267
Suor Lucia Nespoli – Cristina Roccaforte
Dalle Terziarie del Giglio all’Istituto Suore Francescane Missionarie
di Assisi: un percorso storico archivistico dall’Assisi del ’700 ad oggi 1
Profilo storico ed istituzionale 2
L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi nasce nella città serafica nel 1702, per opera di padre Giuseppe Antonio Marcheselli, frate minore conventuale e suor Angela Maria del Giglio, terziaria francescana. Padre Marcheselli nasce a Casalmaggiore, in provincia di Cremona, nel
febbraio del 1676 e muore in Assisi il 16 maggio 1742 3. Suor Angela Maria del Giglio nasce a Vicenza il 7 febbraio 1658 e muore in Assisi il 2 novembre 1736 4.
Il padre Marcheselli, dopo aver terminato il curriculum studiorum nella sua provincia bolognese, partecipa al concorso dei Collegi dell’Ordine ed
è trasferito in Assisi al Collegio delle Stimmate del Sacro Convento 5; arriva
La relazione è divisa in due parti: la prima è stata redatta da suor Lucia Nespoli, francescana missionaria di Assisi, la seconda dalla dottoressa Cristina Roccaforte.
A cura di suor Lucia Nespoli.
Per le notizie dettagliate sulla famiglia cfr. L. Bertazzo, P. Giuseppe Antonio Marcheselli
OFMConv (1676-1742) Fondatore dell’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi, Tesi di laurea, presso la Pontificia Universitas Gregoriana, Facultas Historiae Ecclesiasticae, a.a. 1996-1997, pp. 49-52 (estr. in: Storia Ecclesiastica, Padova 2000).
Cfr. L. Nespoli, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi. Un approccio
storico-critico e teologico, Roma 2005, pp. 23-29 e 115.
Alcune memorie su padre Marcheselli ci sono state trasmesse da uno storico casalese,
l’abate Giovanni Romani, ricevute, come egli annota, direttamente da persone che l’avevano
conosciuto. G. Romani, Storia di Casalmaggiore, tt. 10, Casalmaggiore 1830 [Rist. anastatica, voll. I-IV, Cremona 1985]. Prendo le notizie dalla ristampa anastatica. Egli traccia un breve profilo del Marcheselli ritagliandolo da uno storico locale, il Porcelli, frate servita «ch’ebbe frequenti occasioni di conversare con questo illustre di lui concittadino» (Ibidem, p. 422).
Infatti Giovanni Angelo Porcelli nasce a Casalmaggiore nel 1695 ed entra tra i frati Servi di
Maria, predicando in vari pulpiti d’Italia; nel 1720 è a Roma nello stesso periodo in cui vi si
trova il Marcheselli e sicuramente i due hanno avuto modo di conoscersi. Biblioteca Comunale, Fondo Manoscritti Porcelli, Virorum illustrium Casalis Maioris Syllabus, eorumque
meritorum compendium, ms. MSL, Por (Colloc. XX-H-16). Altre notizie il Romani le ricava
269
in Assisi il 1° settembre 1701 6. Suor Angela del Giglio si trasferisce in Assisi nel 1689, presso alcune nobildonne 7 secondo la tradizione e, nel 1697 fa
la professione di terziaria francescana nel gruppo dei terziari della Basilica di
San Francesco 8.
Al padre Marcheselli è affidata la predicazione nella Basilica di San
Francesco nell’Avvento del 1701 9 ed in quest’occasione conosce la terziada alcune lettere inviategli dal pronipote di Giuseppe Antonio Marcheselli, padre Agostino
Marcheselli, che viveva in Assisi ed aveva contatto con le Terziarie del Giglio; egli scrive su
padre Marcheselli fin dal 1795 ed afferma: «Vengo assicurato che nel corrente anno 1795 vivea tuttora in quel conservatorio una casalasca col nome di Eulalia Tamacoldi di religiose virtù fornita» (Ibidem, p. 424) ed annota anche che il papà è farmacista (Ibidem, p. 430), un’attività che si è tramandata alla famiglia fino a tempi recenti, attestata da alcune fotografie che
riportavano il palazzotto con issata l’insegna: “La Farmacia Marcheselli”» (Cfr. L. Berardini, Dalle rive del Po ad Assisi. Biografia del Servo di Dio p. Giuseppe Antonio Marcheselli,
Padova 1966, pp. 16-17).
Archivio del Sacro Convento (= ASConv), Serie di registri 26/99 alla data 7 settembre: in
questo giorno è notata la celebrazione della sua prima messa in Assisi all’altare di San Francesco.
Archivio dell’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi (=ASFMA), Cenni Storici 1833. Si tratta di un libretto che raccoglie tradizioni orali trasmesse all’interno dell’Istituto, f. 2r. Nella mia tesi propongo l’ipotesi che la fondatrice sia venuta in Assisi tramite
conoscenze tra il papà farmacista e lo speziale d’Assisi e che sia stata ospitata probabilmente dalla famiglia Sperelli, con cui la del Giglio ha frequenti contatti, soprattutto con la nobil donna Leoparda Sperelli, prima benefattrice della «Pia Casa»: cfr. Nespoli, L’Istituto delle
Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 27-28.
Cfr. ASConv, Registro 112, f. 26v.
In Assisi il padre Marcheselli s’inserirà sempre di più nella vita interna del Sacro Convento, divenendo una figura di spicco della comunità ed assumendo ruoli di un certo rilievo sia
all’interno dell’Ordine sia nella piccola diocesi di Assisi: nel 1703 è baccalaureus conventus (cfr. ASConv, Miscellanea 5) ed è inserito nell’organico come maestro; nel 1704 è lector
dogmatum; cfr. Archivio della Curia generale dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali
(= OFMConv) di Roma (=AGO), Regesta Ordinis Fratrum Minorum Conventualium (= RO)
61, ff. 14v-15r, che comporta l’obbligo dell’insegnamento annuale, attraverso cui è a contatto con due figure di frati santi, san Francesco Antonio Fasani (cfr. San Francesco Antonio
Fasani ofm conv.: tra storia apostolato dottrina, a cura di F. Costa, Padova 1989) ed il beato Antonio Lucci (cfr. A. Pompei, Il beato Antonio Lucci dei Frati Minori Conventuali Vescovo di Bovino «Padre dei poveri» 1682-1752, Padova 1989). I due frati sono presenti in Assisi tra il 1704-1705, come studenti di teologia nel corso istituzionale, e tra il 1706-1707 come
collegiali del Collegio delle Stimmate; completano il triennio con l’incarico di lettore di filosofia, il Fasani nello studio di Lucera, il Lucci in quello d’Agnone (cfr. Bertazzo, P. Giusep-
270
ria, alla quale chiede collaborazione per dare un volto diverso al Terz’Ordine
Francescano, con la fondazione di una nuova comunità di terziarie «in maggior numero adunate», in modo da rinvigorire l’Ordine stesso 10.
Da quest’incontro provvidenziale nasce l’Istituto delle Suore Francescane Missionarie d’Assisi 11. Suor Angela del Giglio, accolta la proposta, affit-
pe Antonio Marcheselli..., cit., p. 143). Nel 1707 Marcheselli diviene lettore morale, incarico
che esercita fino al 1718 e che comporta un continuo aggiornamento sui problemi di morale
per sacerdoti e confessori (cfr. ASConv, Serie di registri 26/102-107, agli anni). Nel 1718 diviene definitore perpetuo della Provincia umbra di San Francesco (cfr. AGO, RO 65, f. 1v, 16
luglio 1718). Dal 1711 al 1713 è maestro dei novizi laici (cfr. ASConv, Miscellanea 5). Nel
1721 è curatus della Chiesa parrocchiale di Santa Margherita, affidata alle cure pastorali della comunità del Sacro Convento (cfr. ASConv, Serie di registri 26/108), nei mesi di giugno
e luglio. Nel 1719 è cancelliere del Sacro Convento, incarico che consisteva nella cura dell’Archivio conventuale (cfr. ASConv, Registri 166, f. 123v) ed in questa veste, forse, ha potuto coltivare la sua passione storica (cfr. Inventario e regesti dell’Archivio del Sacro Convento d’Assisi, a cura di S. Nessi, Padova 1991 (Fonti e Studi Francescani, III; Inventari - 2), pp.
XXIV-XXVII). L’attività, però, cui il Fondatore dedica la maggior parte delle sue risorse è
appunto la predicazione, non distaccandosi dalle consuetudini di questo secolo; a questo proposito ricordo, in particolare, tra le figure di spicco di questo stesso secolo che si sono dedicate a questa particolare missione, sant’Alfonso Maria de’ Liguori, che ha saputo accogliere
quanto di buono era presente nella cultura del suo secolo e rifiutare quanto incompatibile con
l’antropologia cristiana, con l’invenzione di nuove forme di annuncio evangelico attraverso
le cappelle serotine (cfr. A. Panzetta, S. Alfonso e il suo tempo, «Rivista di scienze religiose», anno XVI, n. 2 (2002), pp. 431-444) ed il beato Vincenzo Romano, parroco della Basilica di Santa Croce in Torre del Greco (Napoli), che con il desiderio di annunciare il Vangelo apre una scuola gratuita in casa propria; istituisce la predicazione agli angoli delle strade,
la nota sciabica (dal nome della rete che usavano i pescatori dell’epoca), si dedica alla cura
pastorale della popolazione abbandonata delle campagne e prende a cuore l’assistenza materiale e spirituale dei più poveri, in particolare dei pescatori di corallo (cfr. M. Sasso, Vincenzo Romano, il Vangelo della carità, Torino 1995).
10
Proprio in questo periodo il Terz’Ordine si stava riorganizzando: cfr. R. Pazzelli, Il Terz’Ordine Regolare di S. Francesco attraverso i secoli, Roma 1958; nel cap. X l’autore tratta
L’Ordine nel Settecento, pp. 253-284.
11
Sorprende che la del Giglio, quarantatreenne, si affidi al consiglio del venticinquenne
Marcheselli, lasciandosi guidare nella ricerca più precisa della volontà di Dio nella sua vita.
Un incontro «provvidenziale», intreccio di progettualità e di idealità, tra due persone amanti di Dio che, all’interno del mondo variegato della storia di questo periodo, cercano di dare
una risposta, attraverso una propria strada, alle esigenze della società e della Chiesa del loro
tempo.
271
ta una casa in via San Giacomo n. 5 e dà inizio alla nuova fondazione 12, alla
quale il padre Marcheselli prescrive la Regola di Niccolò IV, la prima scritta
per i terziari francescani secolari 13, cui aggiunge delle spiegazioni su come
vivere la stessa Regola da terziarie che vivono in comunità. Nascono così le
Istruzioni, alla stesura delle quali il Marcheselli dedicherà – a più riprese –
circa venti anni 14.
Difatti la comunità di suor Angela è sempre presentata come facente parte del Terz’Ordine
della Basilica di San Francesco. Cfr. Archivio della Cattedrale di San Rufino (= ASR), A.
Tini, Appunti storici città, vol. I, pp. 325-327; a p. 325: «Nell’anno 1689 venne in Assisi una
certa giovane di nome Maria-Angela, figlia di un tal Angelo del Giglio ed Elisabetta Cattellani di Vicenza, addetta al Terz’Ordine secolare di S. Francesco». Le Terziarie del Giglio, fin
dagli inizi, hanno fatto la Vestizione e la Professione nel gruppo dei terziari della Basilica di
San Francesco come è attestato dal relativo registro conservato nell’Archivio del Sacro Convento (ASConv, Registri 112); una consuetudine che si protrarrà fino al 1814, come fa fede
un registro conservato nell’ASFMA, Libro in cui si noteranno tutte le vestizioni e Professioni dei Fratelli e Sorelle del Terz’Ordine di s. Francesco, esistente in questa Sagra Basilica.
Comincia dell’anno 1727 di Giugno: Al tempo del Custodiato del M. R. P. M.ro Carlo Marini da Ma[lta] nel primo anno del suo governo. Questo registro, bruciato al margine esterno
(e per questo molte parole non si possono più leggere), è utilizzato nei due sensi: in uno c’è
l’incipit che abbiamo riportato, di mano del padre Marcheselli; l’altro incipit: Libro in cui si
noteranno tutte le Vestizi[oni] de’ Fratelli e Sorelle del Terz’Ordine esiste[nte] in questa Sagra Basilica: comincia dall’Anno 1727 al tempo del custodiato del M.R.P. M.ro Carlo Marini da Malta nel primo Anno del suo Governo, di mano del Tomeucci, termina proprio nel
1814 con la vestizione di un certo Domenico Bazzoffi di Assisi, di anni 25, il 25 settembre
1814, nella chiesuola delle Religiose Terziarie del Giglio; è riportata inoltre la Vestizione e
Professione di una certa Chiara Guiducci rispettivamente il 24 dicembre 1838 ed il 7 gennaio
1840, sepolta il 26 settembre 1852 nella tomba delle terziarie, Ibidem, c. 37 (56v). Non abbiamo trovato altri registri della stessa serie, per cui non ci è stato possibile verificare se questa consuetudine sia continuata anche dopo questa data. Secondo alcune tradizioni orali sappiamo che le suore hanno sempre mantenuto contatti con il gruppo delle terziarie della Basilica di San Francesco.
13
La «Supra montem» di Nicolò IV (1289): genesi e diffusione di una Regola, a cura di R.
Pazzelli, L. Temperini, Atti del 5° convegno di Studi Francescani (Ascoli Piceno, 26-27 ottobre 1987), Roma 1988; in particolare i contributi di M. D’Alatri, Genesi della Regola di Nicolò IV: aspetti storici, Ibidem, pp. 93-107.
14
Si conservano in tre manoscritti, due autografi del Marcheselli ed un terzo probabilmente
trascritto da un copista del Sacro Convento. Il primo, incompleto, risale con ogni probabilità al 1712 e porta il titolo: Istruzioni secondo la mente del Padre S. Francesco espressa nella
Regola del 3. Ordine dal medesimo istituita; è il primo manoscritto conservato nell’archivio
dell’Istituto, ma sicuramente ce n’era uno precedente, che non è giunto fino a noi. Il Marche12
272
La spiritualità dell’Istituto si fonda dunque su quella del Terz’Ordine
Francescano Secolare e le prime suore sono delle semplici terziarie che vivono in comunità 15, esperienza che, nel secolo XVIII, anticipa quella degli istituti di vita apostolica che si avrà nel XIX secolo.
Essendo delle semplici terziarie, suor Angela e le prime compagne non
emettono i tre voti di castità, obbedienza e povertà, ma semplicemente quello
di castità e perseveranza nella Casa 16.
selli infatti, all’inizio di questo testo, afferma che, dopo aver presentato un direttorio alcuni
anni prima, si accinge a rinnovarlo, visto che le terziarie lo hanno osservato nei minimi particolari. Il secondo manoscritto, intitolato Istruzioni di perfezione sopra la Regola del 3. Ordine del gran Patriarca S. Francesco, è l’unico datato dallo stesso Marcheselli ed al termine si legge: «1730. Finito dopo due anni nell’ottava del S. Padre 11 ottobre». Il terzo manoscritto porta il titolo: Regola del Padre san Francesco per il Terz’Ordine spiegata dal Padre
Maestro Giuseppe Antonio Marcheselli Minor Conventuale. Con molte sante istruzioni alle
Terziarie collegialmente adunate nella Congregazione del Giglio della Città di Assisi, e molto utili per le Terziarie del medesimo Ordine, che vivono congregate in qualunque parte del
Mondo; la stesura del testo sembra opera di un professionista, forse di un copista del Sacro
Convento, in quanto la strutturazione sembra essere quella di un testo a stampa (infatti non ci
sono differenze sostanziali tra questo manoscritto ed il testo stampato postumo a Venezia nel
1759, con il titolo: La Regola del Terz’Ordine di S. Francesco spiegata dal Padre Maestro
Giuseppe Antonio Marcheselli Minor Conventuale, e proposta alle Terziarie di esso Ordine.
Opera postuma dedicata ai Religiosissimi Padri del sagro Convento d’Assisi. Coll’aggiunta
in fine delle Verità di Nostra Santa Fede, brevemente dal medesimo Autore dichiarate).
15
Il Fondatore ha cercato di non mettere le Terziarie nella condizione di osservare la Bolla Circa Pastoralis, del 29 maggio 1566, con cui il papa Pio V obbliga anche le terziarie alla
clausura: «3. Anche le donne che si dicono Terziarie, o della Penitenza, di qualsiasi Ordine, e vivono in Congregazione, se hanno emesso un voto solenne, sono anch’esse tenute alla
clausura; se non lo avessero emesso, i loro ordinari le esortino ad emetterlo e, dopo il voto,
si sottomettano alla clausura, se poi rifiutano e si trovano che alcune vivono scandalosamente, siano punite in modo severissimo. 4. A quelle poi che volessero vivere senza emissione
della professione e senza clausura, proibiamo in perpetuo di poter ricevere alcuna candidata
al loro Ordine o Congregazione. Che se ne avessero ricevute o ammesse alcune contro questo decreto, annulliamo e irritiamo quelle professioni o recezioni»: cfr. Bullarium, Diplomatum et Privilegiorum Sanctorum Romanorum Pontificum taurinensis editio, VII, 1862, pp.
447-452; cfr. R. Pazzelli, Le suore francescane. Lineamenti di storia e spiritualità, Padova
1989, pp. 95-96.
16
Cfr. ASFMA, Regola del Padre san Francesco..., cit., pp. 3-4: «vi sono moltissime Case di
vergini, che convivono col solo voto di castità, e altre col voto di castità e perseveranza, come
fanno tante congregazioni, che fioriscono anche in Roma, come quella di Torre de Specchi;
quella di Santa Rufina, l’altra de Sette Dolori. Così in Cremona la congregazione detta: le Fi-
273
glie di Maria. In Milano la compagnia di Sant’Anna, e quella di Sant’Orsola, ed altre molte… Ora voi dovete essere una congregazione di queste, sotto la Regola di san Francesco,
detta del Terz’Ordine, confermata da Niccolò IV, e autentica­ta da tanti santi e beati, che sotto di essa si sono perfezionati». Negli altri due manoscritti non si trova l’elenco delle congregazioni che troviamo qui. Tutte le Congregazioni nominate non hanno voti pubblici, ma solo
quelli di castità e perseveranza e sono dedite all’educazione delle ragazze. Meraviglia che
tra le istituzioni indicate manchi un riferimento alle Maestre Pie fondate da santa Rosa Venerini, cui si riferisce la Fondatrice, il cui primo regolamento, sotto il titolo di Relazione degli esercizi che si praticano in Viterbo..., fu stampato nel 1714 e ristampato in maniera identica nel 1718. Cfr. G. Rocca, Maestre Pie Venerini, in Dizionario degli Istituti di Perfezione (= DIP) V (1978), coll. 835-840. Forse l’istituzione era troppo giovane e non dava credito? Non era considerata ancora una Congregazione religiosa? Non è nominata per concorrenza? Sta di fatto che nel nostro elenco non è nominata. Ripercorriamo brevemente le esperienze di alcune di queste istituzioni. Le Oblate del Monastero di Tor de’ Specchi, conosciute come «Oblate di santa Francesca Romana», furono fondate da santa Francesca Romana il
25 marzo 1433 nella casetta di Tor de’ Specchi nel rione Campitelli, con lo specifico impegno
di preghiera, di sacrificio e di opere per la diocesi di Roma e per il Vescovo di Roma. Santa
Francesca voleva che la sua congregazione, pur essendo monastica, contemperasse contemplazione ed apostolato, e per averne l’approvazione dovette rinunciare ai voti pubblici, per i
quali occorreva la clausura. Approvate il 14 luglio 1433, furono riconosciute come congregazione il 21 dicembre 1958, quando poterono esprimere la loro appartenenza alla Chiesa con
il legame giuridico dei voti (Cfr. M. B. Rivaldi, Oblate del Monastero di Tor de’ Specchi, in
DIP, VI (1980), coll. 585-586). Le Oblate Agostiniane di Santa Maria dei Sette dolori devono la loro origine alla duchessa Savelli Farnese che, non avendo prole, fece voto di fondare
un monastero nella terra di Làtera (Viterbo), feudo del marito. Ostacolata nel suo intento, riuscì a fondare un monastero a Roma, ai piedi del Gianicolo (nella attuale via Garibaldi, al n°
27), per consiglio di una sua parente, santa Giacinta Marescotti: il suo scopo era di dar modo
alle giovani di famiglia nobile, ma di salute non troppo robusta, di condurre una vita religiosa
osservando una regola mitigata. La duchessa stessa preparò le Costituzioni che sottopose all’esame del padre Francesco Quinigi, Superiore Generale dei Chierici Regolari della Madre
di Dio. Il papa Alessandro VII approvò le costituzioni e il nuovo Istituto il 16 giugno 1663.
Clemente IX, il 6 ottobre 1667, confermò l’approvazione delle Costituzioni che, dopo alcune
revisioni, furono approvate definitivamente da Clemente X il 28 marzo 1671 (Cfr. G. Rocca,
Oblate Agostiniane di Santa Maria dei Sette dolori, in DIP, VI (1980) col. 560). La Compagnia di Sant’Orsola, figlie di sant’Angela Merici, inizia ufficialmente a Brescia nel 1535; canonicamente eretta dall’Ordinario locale nel 1536, fu approvata da Paolo III con la Bolla Regimini Universalis Ecclesiae del 9 giugno 1544 ed è tra le prime forme di vita consacrata nel
mondo riconosciute dalla Chiesa. Dalla Compagnia originaria derivarono le Orsoline viventi nel mondo, senza abito distintivo, le Orsoline congregate o collegiali e le Orsoline viventi
in monasteri con stretta clausura. Attività di tutte, però, secondo l’ispirazione della fondatri-
274
La spiritualità terziaria è fondata su due pilastri principali 17:
la vita penitenziale o di conversione continua,
le opere di misericordia corporali e spirituali.
La madre Angela del Giglio aggiunge poi una concretizzazione delle
opere di misericordia, dedicandosi all’educazione delle fanciulle e fondando
la prima scuola sorta in Assisi per l’educazione delle donne 18.
ce, era la catechesi e l’educazione della gioventù (cfr. G. Rocca, Compagnia di sant’Orsola,
Figlie di sant’Angela Merici, in DIP, II (1975), col. 1362). Interessantissima è l’esperienza
di Lucia Perotti, fondatrice del Collegio della Beata Vergine di Cremona, fondato nel 1610.
Dopo aver sposato Giuseppe Somenzi ed aver avuto una figlia, Isabella, in poco tempo ella
perde la figlia ed il marito ed è costretta a rientrare nella casa paterna. Nel 1602 arriva a Cremona fra Bartolomeo Cambi da Salustìo, Zoccolante Riformato, e Lucia rimane molto impressionata dalle sue prediche; pensa di farsi Cappuccina ed espone i suoi propositi al gesuita
padre Giovanni Mellino. Questi aveva fondato in Arona un Collegio di Vergini con lo scopo
di educare cristianamente le ragazze e suggerisce alla Perotti di fare altrettanto per Cremona.
Questa idea si consolida ed il 6 maggio 1610 Lucia Perotti si ritira in una piccola casa presso la chiesa di Sant’Omobono, ottenuta dai signori Reina, con le prime compagne, le tre sorelle Reina, Costanza, Teodora ed Ottavia. Padre Mellino l’aiuterà nella stesura delle prime
regole nel 1618; il collegio è approvato dal Vescovo di Cremona, monsignor Giovanni Battista Brivio, il 2 febbraio 1612. Fatta richiesta a Roma perché il Collegio sia riconosciuto dalla Santa Sede, la risposta è affermativa purché sia posta in vigore la clausura; Lucia Perotti
vede però nella clausura la preclusione al particolare apostolato del Collegio e rinuncia al riconoscimento pontificio, accettando di rimanere sotto la giurisdizione del Vescovo di Cremona. Lo scopo del Collegio è di attendere alla propria perfezione ed all’educazione di fanciulle
«massimamente nobili, istruendole nello spirito, e nelle virtù cristiane, e negli ornamenti nobili del leggere, scrivere, cucire e buone creanze» (Ordini e Regole del Collegio delle Vergini della Beata Vergine, Palazzo Episcopale di Cremona 2 febbraio 1612). Per le notizie intorno al Collegio cfr. G. Longoni, Madre Lucia Perotti e il Collegio della Beata Vergine di Cremona, Cremona 1992, pp. 17-19.
17
Per le notizie circa la spiritualità dell’Istituto alle sue origini: cfr. Nespoli, L’Istituto delle
Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 510-542.
18
Cfr. Ibidem, pp. 100-115. Le ricerche hanno permesso di delineare meglio la cooperazione tra i due Fondatori nella fondazione della «Pia Casa»: la funzione di suor Angela del Giglio di voler rispondere alle esigenze dei tempi con un progetto educativo-formativo e quella di padre Giuseppe Antonio Marcheselli di dare a tale idea l’ispirazione francescana, capace di far superare la contingenza del concreto per una dimensione spirituale molto più ampia,
che è stata in grado di far arrivare fino ad oggi questa istituzione assisana. Ambedue svolgono un ruolo di reciproca complementarietà; suor Angela, anche se si affida totalmente al Marcheselli, non è una pura esecutrice, ma ha un suo ben preciso progetto che porta avanti, anche quando il Fondatore non sembra essere d’accordo. Ciò emerge chiaramente nella lettera
275
Il Carisma dell’Istituto può essere riassunto in queste espressioni 19:
che il padre Marcheselli invia da Roma il 15 dicembre 1723. Il Marcheselli vorrebbe mettere
ai Monti di Pietà la dote portata dalla giovane Scolastica, mentre la del Giglio vuole comprare un’altra casa per ampliare la scuola: «Quanto poi ai 200 scudi di Scolastica non so che mi
dire. Adesso hanno un scasiglione [sic!] di casa, se comprano l’altra ne avranno due di scasiglioni. Mi rimetto al parere e consiglio di monsignore. Dico bene che mi parerebbe meglio
rinvestirgli in due luoghi di Monti non vacabili. Fruttano poco, ma è frutto certo e sicuro, né
s’ha da combattere coi contadini, come si fa quando si prende terreno, né s’ha da combattere
coi debitori, come si fa ne’ censi. Onde per me stimerei bene che quei ducento di Scolastica
con quei cento del Monte si facessero due luoghi e mezzo. Fruttarebbono scudi sette e mezzo
in circa l’anno. Si raccomandi al Signore, e faccia come meglio pare a lei, e a monsignore».
ASFMA, Lettera del padre maestro Marcheselli sopra la lite [notazione del padre Tomeucci] alla molto reverenda madre padrona colendissima la madre sor Angela del Giglio, Assisi, da Roma, in data 15 dicembre 1723. Suor Angela ha la preoccupazione di avere altri locali per mettere in esecuzione il suo progetto di creare una scuola con locali diversi da quelli in
cui vivono le terziarie; una scuola per le «zitelle» nobili o civili di Assisi. Il Marcheselli stesso, nella prima stesura delle Istruzioni per spiegare la Regola di Niccolò IV alle terziarie di
suor Angela, ci fa sapere che il progetto educativo è rivolto alle zitelle nobili o civili di Assisi (cfr. Ibidem, Istruzioni secondo la mente del Padre S. Francesco espressa nella Regola del
3. Ordine dal medesimo istituita, p. 141) ma anche per quelle fanciulle che, non potendo permettersi una retta, di sera ritornano nelle proprie case. Si tratta di un progetto che ha dei precedenti in altri Istituti che portano avanti nuove forme di intervento sociale scolastico e che
in quegli anni hanno avuto un vero potenziamento da parte dell’autorità civile ed ecclesiastica. Alcuni di questi sono menzionati anche nella terza stesura delle Istruzioni del Fondatore come già abbiamo detto. La del Giglio sembra voler acquistare altri locali per avere uno
spazio adeguato per le fanciulle che frequentano la scuola, per accogliere anche quelle povere che non hanno la possibilità di pagare una retta e per dare loro un luogo separato da quello
dove vivono le terziarie, sull’esempio delle scuole portate avanti da santa Rosa Venerini, che
per l’istruzione usa locali diversi da quelli dove vivono le maestre.
19
Siamo coscienti che un carisma non si possa definire in poche espressioni e che indagare
su un fondatore implica qualcosa di più che un semplice studio su dei testi o su una storia. Si
tratta veramente di entrare in una particolare esperienza dello Spirito che non è facile decifrare con i soli strumenti scientifici e che va ben al di là del vissuto di una singola persona. Come
afferma Antonio Romano: «Non ci troviamo davanti a un testo individuale, bensì ci troviamo davanti alla lettura di un particolare dono dello Spirito in una persona, siamo di fronte a
un’esperienza dello Spirito che, nella sua interrelazione con altre persone, crea una storia di
legami interpersonali sull’onda di una stessa esperienza e uno stesso spirito» (A. Romano, I
fondatori profezia della storia. La figura e il carisma dei fondatori nella riflessione teologica contemporanea, Milano 1989, pp. 182-183). Delineare l’itinerario spirituale di un fondatore è sempre un cammino delicato. Solo lo Spirito può mediare la distanza di 300 anni che
276
1.
2.
3.
«terziarie francescane» 20,
«in maggior numero adunate» 21,
«con un servizio precipuo all’educazione della donna» 22.
I termini «terziarie francescane» implicano due esigenze insite nella loro
essenza:
ci separa dall’inizio della nostra fondazione. Però siamo sicure che lo Spirito che 300 anni fa
ha parlato al cuore di padre Marcheselli e di madre Angela è lo stesso che vibra oggi nel cuore delle loro figlie spirituali, che vogliono continuare la loro stessa esperienza: «se i fondatori sono uomini dello Spirito, docili alla sua azione creativa, noi siamo chiamati ad essere in
ascolto dello Spirito che ha parlato in loro e che continua a parlare in noi, anche attraverso gli
avvenimenti e gli uomini e donne del nostro tempo» (F. Ciardi, In ascolto dello Spirito. Ermeneutica del carisma dei fondatori, Roma 1996, p. 8). Cfr. ancora: Id., I fondatori uomini
dello Spirito. Per una teologia del carisma di fondatore, Roma 1982.
20
«Le congregate specialmente si consagravano a Dio con voti, ed altre no. Il medesimo antichissimo modo, che si tenea allora, si tiene adesso, mentre che oltre tanti monisteri di vergini, che si consagrano a Gesù Cristo con voti solenni, e con perpetua clausura, vi sono moltissime case di vergini che vivono col solo voto di castità, ed altre col solo voto di castità, e
di perseveranza... Or voi esser dovete una congregazione di questa sorta sotto la Regola del
padre san Francesco, detta del 3° Ordine, confermata da Nicolò IV, e autenticata da tanti santi, e beati, che sotto di essa si sono perfezionati. Né già esser dovete qualche nuova congregazione, ma quella medesima, che sin del mille trecento tre fu fondata nella Chiesa, ove riposa il padre san Francesco. Tanto che, siccome alcune delle sorelle di detto 3° Ordine, vivono nelle proprie case, o sole, o in poco numero adunate; così voi viver dovete in maggior
numero con fine di osservar la Regola, non in qualunque modo, ma con quella perfezione,
che desidera il santo Padre... Non v’è stata intenzione di far un monistero, né un conservatorio di fanciulle, perché non pericolino; ma di rinovare la congregazione del 3° Ordine a modello di quell’altissimo disegno, che ebbe il santo Padre, allorché istituillo, che fu di far tanti santi, e sante colla perfetta osservanza della Regola»: ASFMA, Istruzioni secondo la mente..., cit., pp. 1-3 e 19.
21
Cfr. Ibidem, p. 3: «così voi viver dovete in maggior numero con fine di osservar la Regola».
22
Suor Angela, in una lettera indirizzata a papa Clemente XI con cui chiede che il sommo pontefice intervenga per l’acquisto della prima casa (riportata integralmente in: Nespoli,
L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 96-97), afferma di aver
introdotto in Assisi una «scolla per le zitelle con molto profitto, ed esemplarità, sotto la direzione dell’oratrice [...] procedendosi secondo le regole delle altre scuole di Roma, e di Montefiascone», con un chiaro riferimento alle scuole della Venerini: Ibidem, Alla santità di nostro signore papa Clemente XI. Al Cardinale Albani secondo la mente per suor Angela del
Giglio terziaria veneta, maestra delle zittelle in Assisi.
277
-
l’aspetto della conversione-penitenza 23,
le opere di misericordia corporali e spirituali, che potremmo considerare
sotto l’aspetto di essere inserite tra la gente.
Il primo aspetto della conversione-penitenza, implica:
Intensa vita spirituale, che si attua in preghiera-silenzio-deserto, Eucaristia, devozione a Maria, fiducia nella Provvidenza, misericordia 24,
Minorità, che si attua nella vita di povertà, e nel particolare legame con
i frati minori conventuali 25.
Il secondo aspetto, quello di essere inserite tra la gente, implica:
Lavoro inteso come condivisione della vita dei poveri 26,
Condivisione del carisma con i laici, in quanto le nostre prime suore erano inserite a pieno titolo con il gruppo dei terziari della Basilica di San
Francesco 27,
Accoglienza e legame con la città d’Assisi 28,
Suor Stella Seo, nella sua tesi di licenza, dedica un intero paragrafo all’argomento: K. Seo,
Il progetto di santità della «piccola adunanza» di padre Giuseppe Antonio Marcheselli, dissertazione per la licenza, Pontificia Università Lateranense Claretianum, Istituto di Teologia
della vita consacrata, a.a. 1997-1998, pp. 85-99.
24
Cfr. Nespoli, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 499-506.
25
Cfr. Ibidem, pp. 526-531.
26
Cfr. Ibidem, pp. 531-532.
27
Cfr. Ibidem, pp. 605-608.
28
Fin dagli inizi della fondazione le terziarie hanno un forte legame con la cittadinanza assisana; questo si evidenzia soprattutto nei momenti di difficoltà, come ad esempio nella soppressione degli Ordini religiosi decretata da Napoleone: cfr. Ibidem, p. 219. La superiora della Casa, suor Marianna Fedele Guerrini, conserva con cura un foglio dove sono ricordate le
pie persone di Assisi che «ànno contribuito colle elemosine all’indigenze della Pia Congregazione del Giglio di Assisi, per aver memoria di loro, nelle communi, e private orazioni per
gratitudine del bene ricevuto», seguono i nomi delle persone. Cfr. ASFMA, carta sciolta non
inventariata, non datata il cui incipit: Elenco delle Pie Persone che ànno contribuito colle
elemosine all’indigenze della Pia Congregazione del Giglio. I nomi delle persone sono: la signora Anna Connestabile, la signora contessa Eleonora Bonaini, la signora marchesa Eleonora Rossi, la signora Chiara Canali, donna Costante Margherita degl’Oddi, donna Maria Terdelinda Patrizi, la signora contessa Lavinia Boncambi, la signora contessa Margherita degl’Oddi, la signora Orsola Guerra, il signor Cesare Meniconi, una religiosa incognita, il padre
Gian’Antonio, la signora contessa Livia Oddi, il signor don Carlo Bordoni, la signora Anna
Rossetti, la signora Teresa Meniconi, il signor Giuseppe Rosa, la signora Anna Baldella, il signor conte Giulio Cesarei Mer, la signora contessa Caterina Oddi, la signora Teresa Aggravi,
il signor arciprete Ranieri, la badessa di San Francesco Delel Don, la signora contessa Francesca Ranieri, donna Altomira Postio, raggiungendo la somma di 20.05 scudi.
23
278
Attenzione alle esigenze del tempo in cui si vive, alla società ed alla
Chiesa,
Promozione umana, missionarietà,
Audacia nell’intraprendere iniziative 29.
I termini «in maggior numero adunate» sono riferiti alla fraternità che,
per noi, è fondamentale e non un optional che può esserci o no; il Fondatore,
nei suoi scritti, si è infatti soffermato molto a considerare la vita fraterna, sottolineando uno stile di vita fraterna 30 che implica:
Carità tra le sorelle,
Dialogo-ascolto-comunicazione,
Perdono, che sottintende saper ammonire, usare misericordia e generosità nell’intraprendere iniziative,
Uno stile che implica semplicità, letizia, gioia, trasparenza nelle relazioni, amicizia.
Il terzo ambito del nucleo del nostro carisma fa riferimento all’aspetto
educativo d’istruzione delle fanciulle, il che implica 31:
Attenzione all’aspetto scolastico,
Attenzione all’ambiente educativo,
Attenzione alla donna, soprattutto nella sua emarginazione, sociale ed
intellettuale,
Studio come promozione della donna all’interno dell’Istituto, non con riferimento a titoli accademici, ma come modalità d’essere presenza attiva all’interno dell’Istituto,
Preparazione adeguata ai vari ambiti educativi, senza tralasciarne nessuno.
All’inizio l’Istituto era denominato «Pia Casa» 32 ed era una comunità di
terziarie, facendo parte della comunità dei terziari della Basilica di San Francesco; come tale esso non ha avuto nessuna approvazione da parte dell’auto-
Nella mia tesi varie volte ricordo l’audacia con cui le terziarie del Giglio hanno affrontato
le situazioni drammatiche in cui si sono trovate, soprattutto durante le due soppressioni degli Ordini religiosi decretate da Napoleone e dallo stato italiano: cfr. Nespoli, L’Istituto delle
Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 199-312.
30
Cfr. Ibidem, pp. 522-526; cfr. anche Seo, Il progetto di santità della «piccola adunanza»...,
cit., pp. 110-120.
31
Cfr. Nespoli, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi...., cit., pp. 615622.
32
Tra tutte le denominazioni che abbiamo trovato sia negli scritti del Fondatore che in quelli del Comune e dell’Archivio Vescovile di Assisi e in altri documenti conservati nell’Archivio dell’Istituto, questa è quella più usata, con cui agli inizi è caratterizzata la comunità di
suor Angela veneziana.
29
279
rità religiosa, come si evidenzia bene nella controversia che la Casa ha avuto con monsignor Ottavio dei Conti Ringhieri 33, vescovo d’Assisi, che nel
1740 chiedeva «con quale autorità dei suoi predecessori e sua fossero vestite le terziarie» 34.
A tal proposito abbiamo una lettera del padre Marcheselli a monsignor
Ringhieri che spiega con chiarezza come le terziarie «del Giglio» siano parte integrante del gruppo dei terziari della Basilica di San Francesco e, come
tali, restino sotto la giurisdizione del padre Visitatore dei Frati Minori Conventuali, sottolineando che, proprio per questo motivo, i vescovi precedenti hanno ritenuto opportuno di non dare nessuna approvazione ufficiale alla
«Pia Casa» 35.
Varie vicende hanno funestato la vita delle terziarie del Giglio nel corso dei secoli:
1.
Una carestia, alla fine del ’700, costringe le terziarie a chiedere prestiti in
denaro ai Frati Minori Conventuali del Sacro Convento 36 e ad alienare
alcuni oggetti per la propria sopravvivenza 37. Esse sono materialmente
aiutate da un prelato napoletano, don Camillo di Costanzo, ospite al Sacro Convento, il quale non permette però che si vestano altre giovani 38.
Per la controversia con monsignor Ringhieri e il problema giuridico dell’approvazione
dell’Istituto: cfr. Nespoli, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp.
132-148.
34
Cfr. Archivio della Curia Vescovile di Assisi (= AVA), AS-4, fasc. 170, la copia in: ASFMA, Terziarie del Giglio. Monsignor Ringhieri. 3.
35
Cfr. ASFMA, Lettera responsiva a monsignor Ringhieri sopra la vestizione delle Terziarie del Giglio. Una copia, unico documento settecentesco, si trova in: AGO, Serie 17.a Suore
francescane di Assisi, b. 1: Lettera responsiva all’istanza di Monsignor Ringhieri, che in termini di sei giorni saper voleva con quale autorità de’ suoi predecessori e sua fossero vestite le Terziarie del Giglio. 1740, 19 settembre. Una copia della lettera si trova anche in: AVA,
As-4, fasc. 170-171, con le aggiunte dei riferimenti precisi ai vari documenti che il Marcheselli cita.
36
Per la questione: cfr. Nespoli, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi...,
cit., pp. 152-153.
37
Ibidem, p. 154.
38
Ibidem, pp. 155-157. Nelle sue memorie suor Marianna Fedele Guerrini ricorda il prelato
napoletano: «Alli 18 di decembre del 1793 monsignor di Costanzo fece la traslazione di molte reliquie di santi, trasportandole dal suo altare esistente nel sagro convento e collocandole
nell’arca dell’altare di questa Chiesa dedicata alla presentazione di Maria santissima [...]» –
aggiungendo in un altro foglio – «Nel 1793 fu eletta Superiora suor Angela Margherita Appiani di Perugia; in tal tempo si trovò questa povera Congregazione cosi agravata da debiti
33
280
2.
3.
4.
La soppressione degli Ordini religiosi, decretata da Napoleone Bonaparte, costringe le terziarie a rinunciare all’abito religioso ed alla proprietà
delle loro case. La «Casa» non è però soppressa grazie alla scuola, considerata di pubblica utilità 39.
Nel 1822 il ministro generale dei Frati Minori Conventuali rivede le
Istruzioni del Fondatore: introduce i tre voti religiosi ed ottiene da papa
Pio VII, per la «Pia Casa», il titolo di Monastero «per suo maggior decoro» 40.
La soppressione degli Ordini religiosi decretata dallo Stato Italiano nel
1860 con regio decreto di Napoleone Pepoli, commissario straordinario
della regione Umbria, dà la possibilità alle suore di continuare la propria
vita religiosa e la direzione della scuola fino a quando non si riducano a
tre individui riconosciuti tali dallo Stato, il che avviene nel 1884 41. Nel
marzo di quest’anno le terziarie sono intimate di lasciare la casa di fon-
e mancante di tutto, che era al punto di disciogliersi, ma il misericordiosissimo Iddio suscitò
monsignor di Costanzo, prelato napoletano, e le fece tutto il bene sì per provederle il necessario sostentamento che per il consumo della Chiesa, ma questo prelato, credendo certo che dovesse chiudersi il luogo pio stante l’estrema povertà, pensò di soccorrere quelle che vi erano e
non permisse che vestissero alcuna per quante giovani si presentassero: il che era di non poca
afflizzione [sic!] alle religiose»: ASFMA, Sul principiar dello scorso secolo..., cit., p. 5.
39
Ibidem, pp. 199-224.
40
Ibidem, pp. 224-231. Riporto la lettera del ministro generale padre Giuseppe Maria De Bonis al papa Pio VII: «Beatissimo Padre, Fra Giuseppe Maria de Bonis Ministro Generale de
Minori Conventuali umilmente rappresenta alla Santità Vostra, che è oramai un Secolo, che
fu fondato nella città di Assisi un Luogo pio di religiose del terz’Ordine di S. Francesco, che
osservano perfettamente la vita comune, e premessa la prova, e l’anno del Noviziato, che fanno le giovani, vengono ammesse alla religiosa professione, ma con voti semplici. Non hanno rigorosa clausura, ma oltre la vita regolare, che menano, sono anche di molto vantaggio al
prossimo per l’educazione, che danno alle Zitelle, che vi si portano a convivere, con una discretissima dozzena. Essendo perciò le suddette religiose immediatamente soggette al Generale pro tempore de Conventuali (che, stante la lontananza, vi destina con sua patente un religioso di quel Sacro Convento per assisterle nelle loro occorrenze, in qualità di Commissario), perciò, qualora alla clemenza delle Santità Vostra cosi piacesse, bramerebbe l’Oratore
che per consolazione delle religiose, e per maggiore decoro dello stesso luogo pio detto del
Giglio avesse il titolo di Monastero»: AGO, Busta XXXIV 1, Suore Francescane Missionarie del «Giglio», B.
41
Per la questione della soppressione italiana: cfr. Nespoli, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 254-275.
281
5.
dazione e di ritirarsi nel monastero di Santa Chiara 42. Il Comune ha stabilito infatti di affidare lo stabile alla Congregazione di Carità con il fine
di instaurare in esso un orfanotrofio maschile (per le clausole di una donazione fatta dal nobile assisano Sermattei). Suor Veronica di Gesù Crocifisso, superiora della Casa, non accoglie però l’offerta di ritirarsi con le
sue suore nel monastero di Santa Chiara – perché esse non sono monache di clausura e non vogliono esserlo – e chiede una proroga per continuare l’anno scolastico già iniziato e per poter trovare una sistemazione
adeguata sia per le terziarie sia per le giovani in educazione. Lo sgombro avviene comunque nel marzo del 1887, anno in cui le terziarie sono
costrette a lasciare la casa di fondazione ed a trasferirsi in alcune case in
via Superga (poi Principe di Napoli ed oggi via San Francesco) che nel
frattempo avevano comperato e che costituiranno la nostra attuale Casa
Madre 43.
Nel 1902 la «Pia Casa» si apre alle missioni per opera del ministro generale dei Frati Minori Conventuali, padre Lorenzo Caratelli, che chiede a
suor Maddalena Martini, nuova superiora della Casa, di aprire una scuola per le ragazze a Kara-agatch 44. La Casa si trasforma in un vero Istitu-
Infatti il 20 marzo 1884 il Ricevitore dell’Ufficio del Registro di Assisi invia una lettera perentoria a suor Veronica imponendo di lasciare entro un mese il fabbricato: «Per ordine
del Ministro di Grazia, Giustizia e Culti debbo ordinare a tutte le persone religiose o secolari, che abusivamente abitano in codesto Ex Monastero, mentre non appartenevano al medesimo al momento della soppressione, di sgombrare dal locale del Chiostro entro un mese da
oggi, senza speranza d’ulteriore dilazione, diffidandole che trascorso il 20 aprile senza che
abbiano operato lo sgombro, sarò costretto ad operare il detto sgombro a mezzo della coercizione. Voglia V. S. darmi cenno di ricevuta della presente»: ASFMA, carta sciolta inventariata, Ordine di sgombro, Ufficio del Registro di Assisi, n. 334 c. VII, s. 2. Oggetto: sgombro
dal Chiostro delle persone abusivamente coabitanti, indirizzata a R.ma Madre Superiora dell’Ex Monastero del Giglio, Assisi, 1884 marzo 20.
43
Per la questione della perdita della casa di fondazione in via San Giacomo: cfr. Nespoli,
L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 275-297.
44
La lettera è del 16 febbraio 1902: «…io nella speranza di ottenere i necessari permessi dalla S. Congregazione di Propaganda Fide sono venuto alla determinazione (non senza qualche timore per l’orizzonte politico sui Balcani poco rassicurante) di fare, mediante cotesto P.
Custode, a Lei, Rev.ma Madre, e a tutte coteste nostre Suore del Giglio la proposta seguente:
Di recarsi cioè alcune di esse (due o tre oltre qualche conversa) nella detta Missione di Costantinopoli, e precisamente in Cara-agatch, nuovo centro di seimila cristiani, di cui ben seicento cattolici, presso la ferroViaria stazione di Adrianopoli, per fondarvi una piccola Casa
con una piccola adiacente Cappella pubblica di esse Suore, distante circa 300 passi dalla nostra Chiesa parrocchiale, allo scopo di tenervi un asilo diurno di bambini e bambine, e l’insegnamento, per le fanciulle, della nostra lingua italiana, senza però omettere quello della fran42
282
6.
to religioso con più case e con un ordinamento adeguato 45.
Nel 1903 si ha il primo capitolo generale in cui è eletta superiora generale la madre Martini che, recandosi in missione, lascia ad Assisi una Presidente per guidare la comunità assisana 46.
cese e tedesca. Ma per queste due lingue straniere non sarà difficile potersi, pel momento, valere dell’opera di Signore secolari»: AGO, Busta XXXIV 1 bis, Suore Francescane Missionarie «del Giglio», lettera del padre Caratelli alla Superiora del Giglio in data: Roma, SS. XII
Apostoli, 1902 16 febbraio (Si tratta di una minuta della lettera cui il padre Caratelli, di proprio pugno aggiunge delle correzioni). Copia della lettera si trova in AVA, Busta del Giglio,
dove è inserito un «N.B.» in cui la madre Martini afferma di avere eseguito quanto richiesto dal ministro generale e che, nel Capitolo, non c’è stato bisogno di nessuna urna, perché
l’opinione è da ciascuna esposta con tanta franchezza e si trova tanta spontanea adesione, che
si decide che ognuna, in fondo all’Atto, oltre al proprio nome possa mettere tutto quello che
vuole. L’accettazione è compiuta da tutte, salvo talune suore anziane che esprimono tornare
loro impossibile il recarsi in missione per l’età avanzata. La maggior parte dei documenti di
questo secolo provengono dall’Archivio della Curia Generale dei Frati Minori Conventuali;
dobbiamo però avvertire che, dopo il generalato del padre Caratelli, i documenti inerenti all’Istituto del Giglio sono stati semplicemente conservati e non adeguatamente inventariati.
Difatti si trovano sotto la denominazione «Suore del Giglio», senza specificare di quale argomento si tratti, e molte volte è riportata solo la dicitura «Lettere» e l’anno in cui sono state ricevute. Questo ci ha costretto a leggere tutti i documenti per renderci conto di quale argomento si trattava, impegnandoci per lungo tempo; molte volte la documentazione risulta
lacunosa, forse perché alcune sono state inviate senza conservare una minuta o non sempre
correttamente conservate. Alcune lettere sono protocollate ed altre no, per cui ci scusiamo se
la citazione risente di queste lacune.
45
Il 16 aprile il padre Generale invia un’ulteriore lettera alla madre Martini, in cui presenta
il progetto di riorganizzazione del monastero: da una sola casa esistente in Assisi si passa ad
avere un’altra casa in Adrianopoli e si spera che ve ne siano altre sia in Oriente sia in America, per cui c’è bisogno di un organismo più ampio, «quello cioè proprio di una nascente
Congregazione, composta da più case religiose del medesimo Istituto»: AGO, Busta XXXIV
1 bis..., cit., allegato G (minuta), lettera del padre Caratelli alla Superiora del Giglio, in data:
Roma, SS. XII Apostoli, 1902 aprile 16; copia della lettera si trova in AVA, Busta del Giglio,
inventariata come documento N. 3.
46
Dopo la lettera del padre Caratelli, le suore si radunano in capitolo e sono chiamate a votare le suore che dovranno prendere il governo della Casa e quelle che dovranno recarsi in missione. Il 9 maggio 1902 il padre generale invia a tutte le sorelle del Giglio l’esito della loro
votazione: su 14 schede spedite cinque rimettono la nomina delle cinque suore al definitorio
generale, «le nove residue, relativamente alla Superiora della Congregazione, sono distribuite così: una per Suor Angelica, una per Suora Paolina, una per Suora Ludovica. Le altre sei
sono: tre per Suora Maria Caterina Nardocci e tre per Suor Maria Maddalena Martini. Il Definitorio adunque si è trovato a scegliere tra le due ultime. E siccome Suora Caterina per una
certa sua età non potrebbe andare all’estero o altrove a grandi viaggi, come per le nuove fon-
283
7.
8.
Nel 1911, per alcune questioni sorte all’interno della comunità assisana,
la Sacra Congregazione dei Religiosi decide di affidare il governo dell’Istituto al ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali 47.
Nel 1919 c’è una nuova apertura missionaria in Romania, per richiesta
del padre Ulderico Cipolloni 48.
dazioni si esige dalla nuova Madre Superiora; perciò il Definitorio ha creduto bene di nominare Suora Maria Maddalena Martini Superiora della Congregazione, e per Suora Presidente del Giglio ha nominato Suor Maria Caterina Nardocci. Tanto più il Definitorio ha creduto bene di porre quest’ultima, come più accetta a presiedere il Giglio, in quanto che ha inoltre avuti quattro voti, cioè i più, per questo ufficio, oltre due voti per essere Vicaria. Per Suora Vicaria del Giglio dal Definitorio è stata nominata Suor Maria Angelica Rinaldi, la quale
dopo le due suddette ebbe maggiori voti; cioè due per Presidente e tre per Vicaria del Giglio,
oltre uno per Superiora della Congregazione. Per la Presidente di Adrianopoli i voti sono
estremamente divisi, posto che quelli dati alla Martini cessano pel fatto della elezione della
medesima a Madre Superiora. Quindi il Definitorio ha creduto bene nominare da sé la detta
Presidente, e l’ha nominata nella Suora Maria Teresa Ajelli; per Vicaria di Adrianopoli il Definitorio ha nominata la Suora Maria Lodovica Bindangoli, la quale per siffatto ufficio ebbe il
maggior numero di voti, cioè quattro»: Busta del Giglio..., cit., documento inventariato come
N. 5, lettera in data: Roma, SS. XII Apostoli, 1902 maggio 9. Per tutta la questione: cfr. Nespoli, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 336-344.
47
L’apertura missionaria, come prevedeva già il padre Caratelli, porta uno scompiglio nella
vita delle suore della comunità di Assisi che si sentono forse depauperate della loro identità
e un po’ anche confuse di fronte alle novità prospettate dal padre generale che, nel frattempo, sono messe in esecuzione a volte senza conoscerne bene le modalità, come accade in ogni
istituzione nuova, in cui gli inizi comportano dei tentativi non sempre ben riusciti. La madre Martini, spinta dall’entusiasmo dell’apertura missionaria, vuole imporre un quarto voto,
quello di recarsi in missione ad un cenno dei Superiori, ma la norma non è accolta da tutte le
altre suore. Per questo e per altre questioni interne la presidente della Casa di Assisi ricorre
alla Sacra Congregazione dei Religiosi che affida la questione al ministro generale dei Frati Minori Conventuali e decreta che l’Istituto sia sotto la giurisdizione del detto ministro. Per
tutta la questione: cfr. Ibidem, pp. 348-379.
48
La richiesta è fatta dal padre Ulderico Cipolloni, con il permesso del padre generale, padre Tavani, per la direzione di due orfanotrofi, uno ad Halauceşti e l’altro ad Huşi, fondati per
opera del detto frate minore conventuale durante la prima guerra mondiale poiché, nella primavera del 1917, compare tra popolazione il tifo esantematico che miete molte vittime - soprattutto tra le donne - e molti bambini restano orfani. Abbiamo trovato le notizie sull’inizio
degli orfanotrofi in una memoria scritta da padre Anton Demēter, in ASFMA, Piccola storia
delle Suore Francescane Missionarie di Assisi di Romania, 1916-1948; 1937-1991. Le memorie sono in un quaderno manoscritto (con le pagine non numerate); nell’ultima pagina c’è
l’annotazione: «Redatto oggi 13 novembre 1991 in Barticeşti da p. Anton Demēter». Questo
padre ci fa sapere che già nel 1908 i frati minori conventuali volevano portare alcune suore
284
9.
Nel 1924 il padre Tavani, ministro generale, decide di nominare una superiora generale nella persona di suor Imelde Paregger, che guiderà l’Istituto fino alla sua morte avvenuta nel 1945, anche se sempre sottoposta
alla guida del ministro generale 49.
10. Nel 1934, per proposta della Sacra Congregazione dei Religiosi, sono
approntate le nuove costituzioni dell’Istituto che sono approvate dalla
Santa Sede il 30 luglio: è la prima approvazione ufficiale dell’Istituto
con la denominazione Istituto delle Suore Francescane Missionarie del
francescane perché iniziassero delle opere di carità in loco, soprattutto nella Moldavia, dove
c’erano tante giovani desiderose di essere religiose, ma che non volevano lasciare la loro terra. Difatti fino ad allora se entravano in un Istituto venivano portate via dalla loro patria. Per
questo il padre Ulderico Cipolloni, superiore provinciale dei Frati Minori Conventuali di Romania, comincia nel 1914 a raccogliere soldi per fondare ad Halauceşti un ospedale ed un orfanotrofio, su proposta del parroco padre Francisc Matas. Viene chiamata una suora polacca,
suor Elena Jerlifaj, che si trovava nel paese a causa degli avvenimenti politici. Dopo la guerra si aprono le frontiere e suor Elena ritorna nella sua patria ed occorrono delle religiose che
prendano la direzione degli orfanotrofi e la cura della candidate alla vita religiosa. Il padre Cipolloni fa allora la proposta alle suore del Giglio nell’autunno del 1919 e sono inviate quattro suore: suor Maria Ludovica Bindangoli, suor Maria Pia Appetito, suor Maria Antonietta
Galli, suor Maria Rita Lilla. La Bindangoli è inviata come Superiora ad Huşi, mentre la Galli è Superiora ad Halauceşti, quest’ultima lavora tutti i tipi di fiori artificiali, con i quali orna
tutti gli altari delle chiese della Moldavia: cfr. Ibidem, Piccola storia delle Suore Francescane Missionarie di Assisi di Romania..., cit.
49
Il 19 febbraio 1924 il padre Domenico Maria Tavani, desideroso dell’incremento dell’Istituto (che ha ormai sei case: due in Italia, Assisi e Loreto; due in Romania; due in Oriente),
vuole che le suore, unite ed in pieno accordo, possano governarsi con una direzione propria.
Per questo, con tre mesi di anticipo, ordina che nelle singole case siano fatte preghiere speciali prima di procedere all’elezione della Superiora Generale e di quattro Assistenti: «In questo, 19 febbraio giunge una lettera circolare (che verrà conservata in Archivio) con la nomina a Superiora Generale: suor Maria Imelde Paregger, Superiora a Dédéagatch, 1ª Assistente:
suor M. Bonaventura Fiumi, Superiora in Assisi, 2ª Assistente: suor M. Lodovica Bindangoli,
Superiora a Huşi, 3ª Assistente: suor Edwige Venanzi, Superiora a Loreto; 4ª Assistente: suor
Gunegonda Politi. Tutte rimarranno in carica un intero sessennio. Alle nuove elette il Rev.mo
P. Generale, invia la Serafica Benedizione»: Ibidem, Registro Memorie Istituto, Verbali deliberazioni dal 1882- 1953, p. 100. Non si tratta di una vera e propria elezione, ma semplicemente di una nomina fatta dal ministro generale dei Frati Minori Conventuali, in modo che le
suore possano iniziare ad avere un governo proprio, rispondente anche alle Costituzioni che
sono state approvate per un esperimento ad triennium. La madre Paregger, tuttavia, continuamente si riferisce al ministro generale per qualsiasi evento della famiglia religiosa; ne fanno
fede le tante lettere inviate sia al ministro generale, sia al procuratore generale e fedelmente
custodite nell’Archivio della Curia Generale dei Frati Minori Conventuali.
285
Giglio, dal cognome della Fondatrice 50. Nel 1950, per proposta di padre Vittorio Costantini, ministro generale dei Frati Minori Conventuali,
l’Istituto si apre ad altre realtà missionarie in Australia, Giappone, Zambia, Brasile, Stati Uniti, Croazia, affiancando i frati nel servizio che svolgono in questi paesi. L’istituto si avvia ad assumere l’aspetto internazionale che lo caratterizza fino ad oggi 51.
11. Nel 1977 suor Enrica Dandolo, superiora generale, chiede ed ottiene dal
cardinale Eduardo Pironio, Prefetto della Congregazione per i Religiosi
e gli Istituti Secolari, di poter cambiare la denominazione dell’Istituto assumendone l’attuale di Suore Francescane Missionarie d’Assisi 52.
Il decreto di approvazione n. 4862/34 A.74 afferma che il papa Pio XI «nell’udienza concessa al Rev.mo Segretario della S. Congregazione dei Religiosi il giorno 30 luglio 1934, benignamente si degnò approvare e confermare in forma definitiva le dette Costituzioni, la cui
copia autentica si conserva nell’Archivio della stessa S. Congregazione, come in forza del
presente decreto tali Costituzioni vengono definitivamente approvate e confermate»: AGO,
Suore del Giglio 1934-1935, copia del decreto in data: Roma, 1934 luglio 30; copia si trova
in ASFMA, Cartella Riconoscimento giuridico, procure originali.
51
In questo periodo ci sono altre aperture anche in Italia: a Teramo, a Monselice, ad Ancona, a Capodacqua (Foligno), a Buso Sarzano (Rovigo), a Palombella (Ancona), ad Assisi
(Nido Francescano per le ragazze orfane), a Bagnoregio, a Longiano, a Rogliano in Calabria,
a Roma (collegio San Giacomo), a Faenza, a Subbiano (Arezzo), a Porto d’Ascoli, a Portici (Napoli) per l’assistenza ai Frati Minori Conventuali, a Roma per una clinica chirurgica, a
Roma alla Vigna e all’EUR per l’assistenza ai Frati Minori Conventuali, a Padova per l’orfanotrofio maschile. Si ha poi la «fusione» con quattro suore dell’Istituto Suore Adoratrici della
Croce, dimoranti ad Ottaviano: per tutta la questione cfr. Nespoli, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 439-443. Il padre Costantini, nel 1956, scrive una
lettera circolare a tutti i ministri provinciali ed ai commissari generali in cui chiede esplicitamente di curare l’Istituto del Giglio, inviare vocazioni e fare in modo che, dove sono i frati,
vi siano anche le suore del Giglio: AGO, Busta LI, Suore del Giglio 1957 «Lettere», lettera
del padre Costantini a tutti iministri provinciali e commissari generali (n. prot. 318/57, circolari del padre Generale) in data: Sydney, 1956 novembre 1 (in latino). La prima apertura missionaria è in Australia, le suore sono presenti dal 16 agosto 1957 fino al luglio 1978 (notizie
attinte dalla memoria di suor Silvana Bavetta: cfr. ASFMA, Memoria Australia, carte sciolte
non inventariate). Per la chiusura della missione australiana cfr. Ibidem, Registro dei Verbali
delle Convocazioni del Consiglio Generale dal gennaio 1974 all’11 novembre 1984, in data:
Assisi, 1978 luglio 17, verbale n. 60, pp. 134-135. Per le varie aperture nel mondo: cfr. Nespoli, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 446-469.
52
Cfr. ASFMA, Cartella Riconoscimento giuridico, procure originali..., cit., lettera della superiora generale al cardinale Pironio in data: Assisi, 1977 settembre 30, prot. n. 118/77; e cfr.
Ibidem, Decreto della Congregazione, carta sciolta in data: Roma, 1977 ottobre 21, prot. n.
42608/73, decreto prot. n. 145/77.
50
286
12. Nel 1980 si ha un’altra apertura missionaria, in Korea del Sud, per proposta dei Frati Minori Conventuali della provincia patavina 53; seguono
poi quella delle Filippine nel 1996, per proposta dei Frati Minori Conventuali della provincia napoletana 54 e quella della Russia nel 2000, per
proposta dei Frati Minori Conventuali della provincia polacca 55.
L’Istituto è adesso suddiviso in province, viceprovince, delegazioni (generali e provinciale):
Province: Brasile 56, Croazia 57, Italia 58, Korea (questa provincia si è
aperta da poco alla realtà della Cina e dell’Indonesia), Zambia 59 (questa pro Per l’apertura in Corea: cfr. Ibidem, Registro dei Verbali delle Convocazioni del Consiglio
Generale dal gennaio 1974 all’11 novembre 1984, in data: Assisi, 1979 gennaio 29, verbale n. 66, pp. 146-147; verbale n. 67, del 19 marzo 1979, p. 148; verbale n. 68, in data: Assisi,
1979 maggio 6, p. 152; Ibidem, Missione in Corea, dattiloscritto redatto dalle suore coreane
per una futura storia dell’Istituto, Seoul 1998. Ibidem, decreto erezione della provincia coreana, in data: Assisi, 2001 ottobre 20, prot. 40 bis/01.
54
Cfr. Ibidem, Registro dei Verbali delle Convocazioni del Consiglio Generale dal novembre
1994 al giugno 2003, non numerato, verbale n. 225, in data: Assisi, 1994 novembre 18; inoltre: Ibidem, Storia della missione delle Filippine, dattiloscritto redatto dalle suore delle Filippine per una futura storia dell’Istituto, Manila: 1998 marzo 31.
55
Cfr. Ibidem, Registro dei Verbali delle Convocazioni del Consiglio Generale dal novembre 1994 al giugno 2003..., cit., verbale 287 in data: Assisi, 2000 novembre 22. Cfr. Ibidem,
verbale 289, in data: Assisi, 2001 gennaio 19; cfr. Ibidem, verbale 296, in data: Assisi, 2001
agosto 24; cfr. Ibidem, verbale 306, in data: Assisi, 2002 agosto 7; cfr. Ibidem, verbale 310,
in data: Assisi, 2002 novembre 3; cfr. Ibidem, verbale 311, in data: Assisi, 2003 febbraio 6;
cfr. Ibidem, verbale 312, in data: Assisi, 2003 marzo 22; verbale 313 in data: Assisi, 2003 giugno 9 e 20; cfr. Ibidem, lettera della madre generale all’arcivescovo di Mosca, in data Assisi: 2003 giugno 24, prot. n. 31/03.
56
Il Brasile è eretto a provincia durante il capitolo generale del 1995: cfr. Ibidem, Decreto di
erezione della provincia brasiliana, in data: Assisi, 1995 luglio 13, prot. 66/95.
57
La provincia croata ha una storia particolare perché nasce per intervento di un frate minore conventuale, padre Pijo Polonio, che accoglie una giovane, Slavica Caharija, che sente il
desiderio di consacrarsi al Signore; non potendo però, per la situazione politica, trasferirsi in
Italia, è affidata al padre Mariano Zugaj, che cura la sua formazione religiosa e le fa conoscere le Costituzioni del nostro Istituto: cfr. Ibidem, La storia della fondazione della comunità
delle Suore Francescane Missionarie del Giglio, in Croazia, dattiloscritto redatto dalle suore croate per una futura storia delle missioni dell’Istituto, Zagabria 1998. È eretta a provincia nel capitolo generale del 1989: cfr. Ibidem, decreto di erezione della Provincia Croata, in
data: Assisi settembre 2, prot. 102/89.
58
L’Italia è eretta a provincia nel capitolo generale del 1989: cfr. Ibidem, decreto erezione
della Provincia Italiana, in data: Assisi, 1989 agosto 2, prot. 96/89.
59
Lo Zambia è eretto a provincia durante il capitolo generale del 1989: cfr. Ibidem, decreto
di erezione della provincia zambiana, in data: Assisi, 1989 settembre 2, prot. 101/89.
53
287
vincia ha aperto la delegazione provinciale del Kenya).
Viceprovince 60: Giappone (le suore giapponesi da poco hanno preso
contatto con alcune giovani vietnamite), Romania (le suore di questa provincia da poco hanno aperto una casa nella repubblica di Moldova in Russia),
Stati Uniti.
Delegazioni generali delle Filippine e della Russia.
Delegazione provinciale del Kenya 61.
Durante tre secoli di storia, l’Istituto delle Suore Francescane Missionarie d’Assisi ha subito molte trasformazioni: c’è stato un cammino lento e faticoso che, iniziato con l’istituzione della «Pia Casa» (una piccola esperienza
di poche terziarie dedite all’educazione delle fanciulle e con l’intento di vivere in modo perfetto gli ideali del Terz’Ordine francescano) ha portato, un
po’ alla volta, all’attuale configurazione della stessa in Istituto Internazionale. Le difficoltà, come abbiamo cercato di narrare, sono state innumerevoli sia
all’interno della comunità, sia all’esterno, dovute sia al vescovo locale, sia a
mutate condizioni sociali e politiche. Figure di religiose mai conosciute prima sono emerse nel corso della storia poiché hanno saputo accogliere il seme
gettato dal padre Marcheselli e dalla madre Angela del Giglio, hanno saputo
custodirlo e farlo fruttificare. Esse sono religiose che hanno saputo accogliere
ed interpretare, secondo le esigenze dei tempi, il progetto della Fondatrice di
creare una nuova realtà all’interno del Terz’Ordine francescano, dedita in particolare all’educazione della donna. E non possiamo qui non ricordare l’opera di suor Angelina Pani, che amplia i servizi delle terziarie a beneficio di famiglie bisognose d’Assisi e con fermezza difende la paternità dei Frati Minori Conventuali rispetto alle stesse terziarie 62; suor Eulalia Tamacoldi, che
conserva le memorie della «Pia Casa» per l’edificazione delle future suore 63;
Cfr. Costituzioni delle Suore Francescane Missionarie di Assisi, art. 186 § 2: «La viceprovincia che, per l’assenza di uno o più requisiti non può essere eretta in provincia, è un organismo equiparato alla provincia, a norma delle Costituzioni. Quanto è detto della provincia e del suo governo si applica anche alla viceprovincia e al suo governo, salvo norme diverse»: p. 135.
61
La missione keniota nasce su richiesta del padre Lanfranco Serrini che, nella qualità di
ministro generale dei Frati Minori Conventuali, fa la proposta alla madre Dandolo, superiora generale, e al suo consiglio di aprire una comunità in Kenya. Proposta che la madre generale fa alle suore dello Zambia: cfr. Nespoli, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie
di Assisi..., cit., p. 463.
62
Cfr. Ibidem, pp. 132-147.
63
Cfr. Ibidem, pp. 148-154.
60
288
suor Appiani 64 e suor Guerrini 65 che, con tenacia, superano le grandi difficoltà economiche in cui si trova la Casa nel periodo napoleonico; suor Veronica di Gesù Crocifisso 66 che, con un’audacia sorprendente e con un’umiltà
profonda, conduce la Casa lungo i difficili sentieri createsi con la soppressione degli Ordini religiosi decretata dallo Stato italiano; suor Maddalena Martini 67 che, con entusiasmo, accoglie la proposta di una prima apertura missionaria da parte del ministro generale dei Frati Minori Conventuali, padre Lorenzo Caratelli, e porta avanti con tenacia questa nuova configurazione, nonostante ingiurie e difficoltà d’ogni genere; suor Imelde Paregger 68 che dà
solidità alla «Pia Casa», portandola ad essere un Istituto religioso; suor Cleofe D’Aristotile 69 che, con l’aiuto del ministro generale dei Frati Minori Conventuali padre Vittorio Costantini, inizia la configurazione della Casa in Istituto Internazionale.
La storia della «Pia Casa» continuamente si intreccia con quella dei Frati Minori Conventuali che, durante tre secoli di vita, non hanno mai cessato di
curare la «pianticella» del padre Marcheselli e, anche grazie alla loro opera, la
«Pia Casa» è riuscita a superare periodi di grandi crisi interne ed esterne. Una
storia che non è conosciuta appieno! Sembrava quasi che l’Istituto non avesse una storia da raccontare; questa storia invece esiste e va approfondita ulteriormente per cogliere le sfumature che caratterizzano le religiose come Suore Francescane Missionarie di Assisi, in modo tale da poter essere significative nell’attuale società.
Alcune considerazioni sull’Archivio Storico 70
L’Archivio Storico delle Suore Francescane Missionarie di Assisi 71 –
già del Giglio – è fisicamente conservato in alcuni armadi nella casa madre di
Assisi, in via San Francesco: si tratta di un complesso documentario sostanzialmente intatto, che raccoglie la documentazione di tre secoli di storia dell’Istituto, dalla fondazione ai nostri giorni; una delle peculiarità di questo fondo, infatti, è che i suoi documenti sono stati prodotti, acquisiti e conservati
Cfr. Ibidem, pp. 155-156.
Cfr. Ibidem, pp. 211-223.
66
Cfr. Ibidem, pp. 240-311.
67
Cfr. Ibidem, pp. 324-394.
68
Cfr. Ibidem, pp. 395-427.
69
Cfr. Ibidem, pp. 435-469.
70
A cura di Cristina Roccaforte.
71
Archivio Storico delle Suore Francescane Missionarie di Assisi (= ASFMA).
64
65
289
sempre presso lo stesso ente 72, a differenza di numerosi archivi di altri Istituti, dispersi o incamerati a seguito delle vicende napoleoniche e delle soppressioni dello Stato italiano.
Nell’archivio sono conservate circa 850 «unità» – comprendenti fascicoli e carte sciolte («raccolti» in 31 buste), una decina di vacchette di legati ed
una ventina di registri – già schedate singolarmente con criteri che potremmo definire bibliografici piuttosto che archivistici 73. Recentemente è poi stato scoperto – o meglio riscoperto – un «archivio morto», che deve ancora essere esaminato 74. I documenti datano dalla fine del XVII secolo. La caratteristica della «continuità» nella produzione e conservazione, peculiare di questo archivio, non è stata finora opportunamente valorizzata né salvaguardata:
l’archivio non è mai stato considerato nella sua complessità, né esiste un luogo ad esso destinato ed adeguato alla conservazione; mutuando le parole di
padre Luciano Bertazzo, che questo archivio ben conosce per le ricerche specifiche sul fondatore che vi ha condotto, esso raccoglie «carte “religiosamente” conservate solo perché legate alla storia delle origini» 75.
E l’approccio a questi documenti è stato infatti finora quasi esclusivamente incentrato sui contenuti delle singole unità; finalizzato cioè alla ricostruzione storica ed erudita delle origini e delle vicende dell’Istituto 76, a pre L’archivio dell’Istituto ha subito un solo trasferimento dalla casa di fondazione in via San
Giacomo n. 5 all’attuale Casa Madre in via San Francesco n. 13. Cfr. Nespoli, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 275-297.
73
L’archivio non è mai stato riordinato né inventariato secondo adeguati criteri scientifici.
Dal 1998 vi sono stati alcuni tentativi di schedatura, al fine di avere almeno un censimento
approssimativo dei documenti conservati, da parte di padre Luciano Bertazzo OFMConv, e,
successivamente, da suor Lucia Nespoli e suor Maria Terezija Caharija. I documenti sono stati suddivisi considerando la fattispecie estrinseca, distinguendo cioè tra «carte sciolte» e generici «registri». Le «carte sciolte» sono poi state spesso schedate singolarmente, descrivendone minuziosamente i contenuti, e successivamente «raccolte», per argomento, in 31 buste:
da questa operazione di schedatura risulta, appunto, la considerevole consistenza quantitativa
- del tutto «sproporzionata» per un archivio di questo tipo - di circa 850 «unità».
74
Non siamo in grado di fornire alcun dato quantitativo né qualitativo su questo giacimento
documentario, conservato all’interno di un armadio, che le suore definiscono «archivio morto» e che non abbiamo avuto la possibilità di analizzare.
75
L. Bertazzo, I fondatori e la piccola adunanza, in Raccontando la tenerezza di Dio, Atti
del Convegno di Spiritualità (Assisi, 15-18 maggio 2003), Assisi 2004, p. 55.
76
Tra i numerosi studi specifici condotti sull’Istituto e sui fondatori ricordiamo: G. Abate
OFMConv, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie del Giglio in Assisi, Assisi 1929;
L. Berardini OFMConv, Dalle rive del Po ad Assisi. Biografia del Servo di Dio p. Giuseppe Antonio Marcheselli, Padova 1966; G. Odoardi OFMConv, Del Giglio Angela Ma72
290
scindere da ogni tentativo di comprensione delle dinamiche che articolano i
singoli documenti in complesso di documenti, legati fra loro reciprocamente
da un vincolo originario 77.
La stessa suor Lucia Nespoli rimarca questa tendenza nella introduzione alla sua tesi di dottorato, quando afferma: «La presenza di tanti documenti
ancora ripiegati e legati con un filo di cotone o di spago e che nessuno aveva
mai preso in mano, il rendersi conto della loro preziosità, della storia che potevano raccontare, ci ha spinto ad approfondirne il contenuto» per «intessere
una storia documentata dell’Istituto» 78.
Padre Luciano Bertazzo aveva notato, analizzando i primi documenti,
che «la mens di questo fondo archivistico fu il Marcheselli stesso. Sua è la
scrittura di molti registri, con la sola sottoscrizione di suor Angela del Giglio,
segno di una preoccupazione di tenere la “memoria” della vita della casa, a
scanso di equivoci e malintesi futuri, ma anche perché la preoccupazione di
una chiarezza e limpidità economica, verificabile nei registri, costituiva un
fondamento del modo con cui veniva vissuta la povertà nell’Ordine Francescano Conventuale» 79. L’archivio delle Suore Francescane Missionarie è
sorto quindi – come tutti gli archivi – in modo spontaneo, ma in un certo senso anche «pianificato» dal fondatore, che diede precise istruzioni per regola-
ria, in DIP, III (1976), coll. 423-425; G. Odoardi OFMConv, Marcheselli Giuseppe Antonio, in DIP, V (1978), coll. 898-900; G. Zaccaria OFMConv, Notizie per la biografia della
serva di Dio Angela Maria del Giglio, in Ricerche di archivio. Assisi. Pagine sparse, Assisi
1972; L. Bertazzo, P. Giuseppe Antonio Marcheselli..., cit.; L. Bertazzo, Il p. Giuseppe Antonio Marcheselli (1676-1742). Un francescano conventuale nell’Assisi del ’700 cofondatore del «Conservatorio del Giglio», «Il Santo. Rivista francescana di Storia Dottrina Arte», 39
(1999), pp. 243-395; Seo, Il progetto di santità della «piccola adunanza» di padre Giuseppe
Antonio Marcheselli..., cit.; A. Zugno, La formazione nell’Istituto delle Suore Francescane
Missionarie di Assisi dalle origini ad oggi, tesi di licenza presso la Pontificia Università Lateranense, Istituto di Teologia della Vita Consacrata, Claretianum, Roma 2000; G. De Roma,
Assisi. Incontri che si fanno storia, Padova 2001; Nespoli, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit. I manoscritti del fondatore conservati presso l’Istituto, alcuni
registri e numerose carte sono poi stati integralmente trascritti per fini di ricerca.
77
Al contrario, queste dinamiche sono state non di rado «alterate» poiché, utilizzando i documenti con finalità puramente culturali e mancando qualsiasi tipo di ordinamento e di mezzo
di corredo, essi sono spesso stati estrapolati arbitrariamente dai fascicoli originari e ri-classificati per questo fine esclusivo. Mi sembra superfluo rimandare, in questa sede, a riferimenti
bibliografici sull’ordinamento secondo il metodo storico.
78
Nespoli, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., p. 7.
79
Bertazzo, P. Giuseppe Antonio Marcheselli..., cit., p. 204, nota 110.
291
re la vita della nuova comunità di Terziarie francescane guidate da suor Angela Maria del Giglio.
Giuseppe Antonio Marcheselli, come ha spiegato suor Lucia Nespoli, arrivò ad Assisi nel 1701 80 e al Sacro Convento di San Francesco egli ricoprì,
tra le varie cariche pro tempore, proprio quella di cancelliere ed archivista 81.
Un parallelismo con l’organizzazione del Sacro Convento è quindi d’obbligo,
specialmente considerando proprio come nel Seicento e soprattutto nel Settecento si precisassero le normative per una migliore conduzione ed amministrazione di quell’ente e per una corretta gestione e conservazione dell’archivio, che avrebbe assunto quell’impianto seriale che ancora oggi gli è proprio 82. E l’impianto seriale del Sacro Convento è il modello cui si riferisce
il Marcheselli quando pianifica la creazione e la gestione dei documenti della pia Casa del Giglio.
Il fondatore ha lasciato nella Casa madre alcune Istruzioni, giunte in
quattro diverse edizioni 83, per spiegare e contestualizzare storicamente la
Regola del Terz’Ordine istituito da san Francesco, e per l’avvio ed il buon
funzionamento della nascente Congregazione. Queste istruzioni, come confermato più volte dal Marcheselli stesso e dai successivi visitatori del Ter Vale la pena, per «captatio benevolentiae», ricordare in questa sede che il fondatore della «pia Casa» del Giglio proveniva dalla «custodia parmense» della «Provincia bolognese»
e che condusse i suoi studi proprio a Ravenna, nel convento di San Francesco, dove sicuramente dimorò dal 1694 al 1699 e dove fu ordinato sacerdote dall’arcivescovo Raimondo Ferretti il 13 giugno 1699. Archivio di Stato di Ravenna, Corporazioni soppresse 1850, c. 52r;
Archivio della Curia Arcivescovile di Ravenna, Ordinationes 1692-1721, c. 56v; cfr. Bertazzo, P. Giuseppe Antonio Marcheselli..., cit., pp. 110-112.
81
Si veda, in questo testo, la nota 9. Numerose tracce rimangono a testimoniare, tra i documenti dell’Archivio Storico del Sacro Convento di Assisi a lui coevi, l’attività del Marcheselli come cancelliere ed archivista. Cfr. Bertazzo, P. Giuseppe Antonio Marcheselli..., cit., p.
146; Inventario e regesti dell’Archivio del Sacro Convento d’Assisi.., cit., pp. XXIV-XXV.
82
Cfr. almeno: Inventario e regesti dell’Archivio del Sacro Convento d’Assisi..., cit., pp. VIILI; S. Nessi, La Basilica di S. Francesco in Assisi e la sua documentazione storica, Assisi
1982 (Il miracolo di Assisi. Collana storico-artistica della basilica e del sacro convento di S.
Francesco - Assisi, 5); G. Zanotti, Assisi. La Biblioteca del Sacro Convento, Assisi 1990 (Il
miracolo di Assisi. Collana storico-artistica della basilica e del sacro convento di S. Francesco - Assisi, 8), pp. 163-175. Mi permetto inoltre di rimandare ad un mio precedente intervento sull’argomento: C. Roccaforte, L’archivio del Sacro Convento di San Francesco in Assisi: legislazione ed evidenze documentarie, in Cum tamquam veri. Gli archivi conventuali degli ordini maschili, Atti dei convegni di Spezzano (16 settembre 2005) e di Ravenna (30 settembre 2005), a cura di E. Angiolini, Modena 2006, pp. 85-103.
83
Cfr., in questo testo, la nota 14.
80
292
z’Ordine, hanno il valore di vere e proprie Costituzioni 84. In esse il frate specifica esattamente le modalità di accettazione delle fanciulle, i ruoli e la divisione dei compiti di ogni terziaria 85, l’organizzazione economica della Casa.
Il valore di costituzioni è esplicitato, ad esempio, nell’introduzione alle Istruzioni del
1730, in cui il Marcheselli afferma: «Or voi dovete essere una congregazione di queste sotto
la Regola del Padre san Francesco, detta del 3° Ordine, confermata da Nicolò IV, e autenticata da tanti santi e beati, che sotto di essa si sono perfezionati. E perché le regole fatte dai santi insegnano la strada della salute, ma per lo più non danno il modo di caminar questa strada,
siccome a tutte le regole vi sono state aggiunte le costituzioni, a questa vostra vi ho aggiunte
le presenti istruzioni, fatte a tenore del vostro desiderio di farvi sante, le quali vi serviranno,
come se appunto fossero costituzioni, se bene per sé medesime altro vigore non avranno, se
non quanto gliene darete voi coll’accettarle, e coll’osservarle, come spero». ASFMA, Istruzioni di perfezione sopra la Regola del 3° Ordine..., cit., p. 3.
85
Il Marcheselli spiega dettagliatamente la divisioni dei ruoli all’interno della Casa, indicando le funzioni spettanti ad ogni membro della comunità ed assegnando ad ogni «ufficio» il
compito di redigere (o ricevere) determinati documenti. Così, ad esempio, nelle Istruzioni del
1713, egli delinea la figura della superiora; della vicaria (cui spetta «tener una chiave della
cassetta, ove staranno i danari; scrivere il danaro, che vi si porrà, e che si leverà; registrare
tutto quello che si spende», p. 153) ; dell’assistente alle cose spirituali; delle dodici consultrici o discrete (cui spetta il compito, tra gli altri, di «accettar le giovani, che verranno per vestirsi», p. 156); della sopraintendente; della maestra delle educande; della maestra delle novizie;
della sagristana; delle ammonitrici; dell’ebdomadaria; della leggitrice; delle intuonatrici;
della svegliatrice; dell’economa (la quale «avrà la cura di tutte le provisioni, che si faranno
di grano, vino ed altri frutti venuti o dai lavori, o per carità, o per compera» e «scriverà tutto
quello, che le sarà consegnato, e così scriverà tutto quello, che le uscirà dalle mani», p. 167);
della scrivana; della depositaria («II. A lei tocchi di far l’inventario di tutte le biancherie, vesti, e di quanto mai porteranno le giovani, che verranno per star sempre in Casa. Sottoscriveranno detto inventario la giovane venuta, la superiora, e la detta depositaria. III. Vi sarà pure
l’inventario di quanto sarà a lei consegnato di lenzuola, vesti, tovaglie, salviette per rendere
conto a tempo opportuno. IV. Così questa officiale noterà quello, che sarà pattuito di darsi per
gli alimenti dell’educande. Scriverà l’anno, il giorno, in cui son venute le giovani sì educande, che quelle venute per vestirsi, di che qualità e parentela elle sieno. Così noterà i nomi de’
loro padri, e madri», p. 168); della cuciniera («finita la settimana, quella che esce consegnerà a chi entra tutti i mobili della cucina secondo l’inventario, che dovrà stare alla porta della
cucina», p. 170); della portinaia; dell’infermiera; delle serventi; dell’appuntatrice («noterà
quelle, che o non verranno al coro, o saranno negligenti in venire a tempo», p. 172); dell’ortolana; della galliniera; delle scopatrici. ASFMA, Istruzioni secondo la mente, cit., pp. 149174. Nelle Istruzioni del 1730 si aggiunge la figura della dispensiera («sarà suo ufizio il tener
in custodia olio, cacio, carne salata, e cose simili, e distribuirle secondo l’ordine della carità.
Darà sempre il solito a tutte le cuciniere. Segnerà tutto quello che verrà in sue mani, e quello
84
293
Egli raccomanda la redazione di Inventari dei beni e degli oggetti, ordina la
scrupolosa conservazione degli istrumenti notarili, e predispone la compilazione di numerosi registri.
Nelle Istruzioni del 1730 Marcheselli dichiara esplicitamente: «I. Vi sia
luogo appartato per i libri che si scriveranno dalle uffiziali. In questo luogo
si terranno anche tutte le scritture, che riguardano gli interessi della casa; tutte le fedi di battesimo, le attestazioni del buon costume che dovransi portare
le figliuole, come si è detto. E si procurerà di legar dette carte a modo di libri,
perché non si perdino. II. Oltre i detti libri delle uffiziali, vi sarà anche un libro in cui si noteranno tutte quelle, che in questa Casa moriranno, le loro virtù e bontà per esempio delle future. Un libro in cui dai notai si noteranno tutti gli istrumenti che si faranno; un altro libro, in cui si segneranno tutti i stabili che possederà la Casa, coi suoi termini, e confini; così vi si descriveranno
i censi, i luoghi dei monti. [...] IV. Di tutti i libri vi sia la lista, o inventario; e
ogni anno la superiora vegga, se nulla vi manca» 86.
In un’altra redazione delle istruzioni egli aggiunge: «II. I libri da conservarsi saranno: il libro delle giovanette, che vengono in Casa o per starvi sempre, o per educazione, e si noterà il giorno, e l’anno che son venute, il nome de
loro padri, e madri; il loro stato, e qualità. [...] III. In questo luogo pure si terranno tutti gli altri libri dell’economa, della scrivana, della dispensiera, e tutti gli altri che riguardano gli interessi della casa. Sarà luogo chiuso, e la chiave starà sempre appresso la superiora» 87.
Lo stesso fondatore compilerà di suo pugno le pagine iniziali della maggior parte dei primi registri, spiegando nel dettaglio le modalità di compilazione per l’impianto delle successive serie. Costituisce un chiaro modello, ad
esempio, il Libro di robba, e denari delle sorelle vestite, registro in cui, per
esplicita volontà e per mano del Marcheselli stesso, «si noteranno dall’economa tutte le robbe e danari che porteranno le giovani che vengono per star
in casa, cominciando dal 1702, al tempo della madre suor Angela del Giglio,
madre della casa» 88.
Un altro modello è costituito ancora dal citato Libro delle defunte, iniziato nel 1709, in cui – specifica il Marcheselli – «si noteranno le sorelle defonte
in questa Casa della congregazione del Giglio. Si noterà l’anno, il giorno del
mese, il nome della defonta, i parenti, cioè di chi fu figlia, di qual paese, in
che si consumerà, in quella forma che si è detta dell’economa»): ASFMA, Istruzioni di perfezione sopra la Regola del 3° Ordine..., cit., pp. 137-158, a p. 154.
86
ASFMA, Istruzioni di perfezione sopra la Regola del 3° Ordine..., cit., pp. 165-166.
87
ASFMA, Regola del Padre san Francesco..., cit., pp. 267-268.
88
ASFMA, Libro di robba e denari delle sorelle vestite, p. 1.
294
qual chiesa fu sepolta o in qual sepolcro, il ricevimento dei santissimi sagramenti, e le virtù in breve, se le ebbe. Comincia del 1709 e termina...» 89.
Una direttiva specifica impartita dal fondatore alle Terziarie riguarda poi
i lavori manuali 90 – sartoria, ricamo, cucito – cui tutte le suore erano tenute a
dedicarsi per il proprio sostentamento, e per i quali erano ben conosciute dalla cittadinanza di Assisi: compito della scrivana era – secondo le istruzioni –
quello di «segnar tutti i lavori che verranno di fuori. Segnerà il giorno, l’anno, il mese, la roba che si è lavorata, la veste che si è fatta, acciò non succeda, come è succeduto, che il debitore neghi quel che si è fatto, per non ricordarsi. Segnerà pure il denaro, o roba, che si riceverà a buon conto, o per compita mercede. E nel margine del libro si dirà “pagato” coll’aggiungere “roba”,
o pure “danaro”» 91.
Il nuovo istituto si riconosceva e si è sempre distinto nel tessuto sociale della città di Assisi per la sua funzione educativa 92. La del Giglio perseguì
– come abbiamo visto – la sua missione particolare di creare una nuova realtà educativa in Assisi, una «scolla per le zitelle» per usare le parole della sua
supplica autografa indirizzata a Clemente XI nel 1716 93.
Molti documenti, di entrambi i fondatori, testimoniano, per questa prima
fase, le varie, travagliate vicende dell’acquisto della prima casa e della scuola, riferendosi alle istituzioni-modello cui quest’ultima si ispirava e le caratteristiche progettuali che la scuola avrebbe dovuto avere. Si tratta soprattutto
di lettere, per lo più carte sciolte spesso estrapolate nel corso degli anni dalle pratiche originarie e successivamente riunite in fascicoli distinti per materia 94. Non è stato però conservato alcun documento – se si eccettua un picco ASFMA, Libro delle defunte del Giglio dal 1709 fino all’anno 1861, p. 1. Il successivo
Libro II° delle defunte religiose del monastero del Giglio in Assisi, contenente necrologi dal
1863 al 1946, conserva sostanzialmente l’impostazione data dal Marcheselli nel 1709.
90
Si veda ad esempio il capo II del titolo XIII delle Istruzioni del 1730, interamente dedicato ai lavori manuali. Cfr. ASFMA, Istruzioni di perfezione sopra la Regola del 3° Ordine...,
cit., pp. 162-164.
91
ASFMA, Istruzioni secondo la mente..., cit., pp. 167-168.
92
Questa realtà ha caratterizzato l’Istituto fino al 1950, data in cui si è chiusa l’ultima scuola gestita dalle suore in Assisi.
93
ASFMA, Alla santità di nostro signore papa Clemente XI..., cit.
94
Dopo la morte del padre Marcheselli, la cura della comunità del Giglio fu affidata prima
al padre Ubaldo Tebaldi OFMConv (dal 1747 al 1748), conterraneo del Marcheselli (che fu,
insieme al padre Lipsin, uno tra i più noti e solerti archivisti del Sacro Convento) e quindi al
padre Antonio Maria Tomeucci d’Anagni OFMConv, Visitatore del Terz’Ordine, che si occuperà del «Giglio» per circa venti anni (dal 1751 al 1778). La tenuta dell’archivio doveva già
costituire un problema per le suore; il Tomeucci ne tenta un riordinamento riunendo le carte
89
295
lo registro del 1819 95 – che rimanga a testimoniare direttamente dell’attività
istituzionale della scuola 96.
Nel terzo decennio del Settecento la Casa raggiunse una certa stabilità e
si precisò meglio l’identità della comunità del Giglio, cui venne riconosciuta una certa autonomia rispetto alle altre aggregate al Terz’Ordine dei Fransciolte in fascicoli, attribuendo ad essi un «argomento» ed un numero di corda (ad es. «Notizie sopra la lite della casa. 8°») ed aggiungendo dei regesti sul verso dei documenti ritenuti
più importanti. Di sua mano sono inoltre numerose altre segnature archivistiche, poste su fascicoli e registri (ad es. Libro degli Ordini. Scansia II, n° IV). Si desiderano però i mezzi di
corredo coevi a questo tentativo di riordino. La mano del Tomeucci è poi riconoscibile, ad integrare quella del Marcheselli, sulla maggior parte dei registri conservati. Nel Libro dei Bonificamenti si legge poi che suor Eulalia Tamacoldi da Casalmaggiore proprio in questo periodo, in collaborazione con il Tomeucci: «Aprile e maggio 1761. […] 4. Fece copiare nel libro tutti gl’istromenti stipolati fino dal principio che fu fondato questo conservatorio, venendo a questo mese di maggio 1761, e tuttavia si copieranno in tempo futuro nel libro nuovo recentemente comprato a tal effetto, e ciò per la necessaria notizia che dee aversi degl’interessi più rilevanti di casa» (c. 22r) e ancora: «Giugno 1761. 6. In questo mese fu fatto il nuovo
archivio per conservarvi tutti li nostri libri manoscritti, li libri dell’introito e dell’esito, le copie dell’istromenti, li requisiti delle figliuole che si vestono, ed altre scritture appartenenti al
buon regolamento in questa nostra casa» (c. 22v). ASFMA, Libro nel quale si noteranno tutti
i bonificamenti che si faranno a favore della casa e della Congregazione. Comincia dell’anno 1723, 16 novembre al tempo del governo della madre suor Angela del Giglio, fondatrice
di detta casa, e Congregazione (anche questo registro è impostato per mano del Marcheselli). Simbolo di questa solerte «sinergia» di intenti del padre Marcheselli, del padre Tebaldi e
del padre Tomeucci nella cura del conservatorio del Giglio è il manoscritto: Ventisette discorsetti, pronunciati sia in occasione di alcune speciali festività che per le funzioni domenicali, indirizzati alle Terziarie, conservato nella Biblioteca del Sacro Convento di San Francesco in Assisi. Fondo moderno, ms. 202: autografo del padre Marcheselli, esso è stato completato - dopo la sua morte - dal padre Ubaldo Tebaldi, il quale aggiunge di suo pugno l’ultimo Discorsetto, datato 19 novembre 1747, preceduto dalla nota «tutti i precedenti discorsetti
sono del padre Giuseppe Antonio Marcheselli, e scritti di suo proprio carattere. Ita est. Frater
Ubaldus Tebaldi archivista, et Tertii Ordinis visitator». Di mano di Antonio Maria Tomeucci
è invece l’Indice, inserito posteriormente sul foglio di guardia, distribuito su due colonne.
95
ASFMA, Convittrici ed educande. 1819.
96
Nella Biblioteca del Sacro Convento di San Francesco in Assisi abbiamo recentemente ritrovato un Compendio della Regola del Terz’Ordine di S. Francesco e delle Costituzioni ad
essa relative pubblicate per ordine del rev.mo p. maestro Giuseppe Antonio Marcheselli Minore Conventuale per le Terziarie del venerabile monastero del Giglio in Assisi, Assisi 1886,
all’interno del quale è contenuto un Regolamento per le educande del Monastero del Giglio
in Assisi ed un Orario per le alunne del Collegio del Giglio in Assisi (pp. 60-68).
296
cescani Conventuali. Un parziale statuto autonomo venne loro riconosciuto,
come abbiamo visto, nel 1734, quando il custode del Sacro Convento Giambattista Preti da Copertino emanò per il Giglio un regolamento, accettato e
sottoscritto da tutte le Terziarie, che rappresenta il primo atto del processo di
istituzionalizzazione della congregazione 97.
Il Libro degli Ordini dei Superiori, simmetrico all’omonima serie conservata nell’Archivio del Sacro Convento, inizia per mano del Marcheselli
proprio in questa occasione e registrerà, nel corso degli anni e fino al 1983,
l’evoluzione delle vicende istituzionali e legislative della pia Casa fino alla
trasformazione in attuale Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi 98. In esso, a tenore delle Costituzioni Urbane, i padri conventuali succeduti al Marcheselli (soprattutto padri visitatori del Terz’Ordine, ma anche custodi del Sacro Convento e ministri generali) e talvolta alcuni vescovi hanno più volte ribadito i contenuti delle Istruzioni-Costituzioni del fondatore 99
ed hanno lasciato nuove istruzioni per la conduzione e l’amministrazione dell’ente, tra le quali norme precise sulla produzione e la conservazione dei documenti.
Oggi, mentre la curia generale rimane in Assisi, numerose comunità sono
state aperte in tutto il mondo.
Mi piace allora chiudere questo intervento con le parole del vicario generale padre Gaetano Stano che, durante la visita del 25 maggio 1965, lasciava scritto nel Libro degli Ordini: «L’Archivio Generale sia sempre tenuto in
buon ordine e la documentazione, anche riguardo al passato, venga opportunamente integrata, ove vi fossero delle lacune» 100.
ASFMA, Libro delli Ordini che si osservano dalle suore Terziarie dette del Giglio. Numero 1, pp. 1-10
98
ASFMA, Libro delli Ordini..., cit. All’interno, sul foglio di guardia, si legge: «Libro degli
Ordini de Superiori fatto nel 1734, 15 aprile, sotto il governo del M. R. P. Giambattista Preti
da Copertino, custode del Sacro Convento di S. Francesco; fatto in occasione, che chiuse la
visita cominciata adì 1 aprile di detto anno e che lasciò gl’infrascritte ordinazioni, da noi accettate e sottoscritte».
99
Così ad esempio il custode del Sacro Convento frate Giuseppantonio Petrina che, nella
visita del 18 aprile 1759, lascerà scritto: «Si mantengano in esercizio le sante Istruzioni, lasciate come Costituzioni dal fondatore di detto Conservatorio padre maestro Giuseppe Marcheselli di beata memoria» (p. 32); o ancora il padre Antonio Maria Tomeucci che, in veste
di «Visitatore di tutto il Terz’Ordine de’ Minori Conventuali di San Francesco d’Assisi», il 7
maggio 1764 osserva che «nel collegio delle sorelle nostre Terziarie del Giglio [...] vi fiorisce l’adempimento delle particolari loro Costituzioni lasciate dalla fedele memoria del padre
maestro Giuseppe Marcheselli fondatore» (p. 37). ASFMA, Libro delli Ordini..., cit.
100
Ibidem, p. 142.
97
297
E più tardi, a chiudere lo stesso registro nel 1983, il padre Basilio Heiser,
allargando metaforicamente oltre quelli geografici anche gli orizzonti «archivistici» dell’Istituto, auspicava la formazione di piccoli archivi presso ogni
comunità, dove conservare accuratamente anche i documenti delle nuove fondazioni 101.
Ibidem, p. 158.
101
298
ASFMA, Istruzioni di perfezione sopra la Regola del 3° Ordine del gran Patriarca S. Francesco (1730, autografo del padre Giuseppe Antonio Marcheselli).
ASFMA, Libro di robba, e denari delle sorelle vestite (frontespizio autografo del padre Giuseppe Antonio Marcheselli, con aggiunte postume del padre Antonio Maria Tomeucci).
299
ASFMA, Libro delle defunte del Giglio dal 1709 fino all’anno 1861 (frontespizio autografo
del padre Giuseppe Antonio Marcheselli).
ASFMA, Libro dei lavori fatti alli signori Mazzichi; Lavori fatti alli signori Sermattei; Pagamenti dei signori Mazzichi; Pagamenti dei signori Sermattei.
300
ASFMA, «All’illustrissimo signore il signor abbate Alessandro Borgia governatore di Assisi»;
«Alla santità di nostro signore papa Clemente XI» (Lettere autografe di suor Angela del Giglio; il regesto e la segnatura archivistica sono di mano del padre Antonio Maria Tomeucci).
ASFMA, Libro delli Ordini che si osservano dalle Suore Terziarie dette del Giglio. N. 1 (autografo del padre Giuseppe Antonio Marcheselli).
301
Luigi Cacciaglia
L’archivio del monastero dell’Incarnazione detto
delle «Barberine» (1639-1907)
L’archivio del monastero dell’Incarnazione alla Biblioteca Vaticana
Le carte del monastero dell’Incarnazione giunsero alla Biblioteca Vaticana nel 1907. Dopo più di trent’anni passati in regime di soppressione, le suore dell’Incarnazione (dette le «Barberine»), prima di lasciare Roma per andare definitivamente a risiedere nel monastero carmelitano di Santa Maria degli Angeli di Firenze (oggi di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi), andarono in
udienza da Pio X, accompagnate dal cardinale protettore Casali Del Drago,
dal visitatore del monastero padre Simone Bernardini, ex priore generale dei
Carmelitani, e dal principe Enrico Barberini, e depositarono in Vaticano tutti
i documenti dell’archivio del monastero perché fosse unito ai documenti dell’archivio della famiglia Barberini 1.
Il monastero delle Barberine, che si trovava in via Pia (oggi via XX Settembre) era stato espropriato dal Governo Italiano nel 1871, insieme al contiguo monastero di Santa Teresa, per costruire il Ministero della Guerra (oggi
Ministero della Difesa). Le suore di Santa Teresa passarono in un primo momento al monastero di Regina Coeli, le Barberine in quello di Santa Pudenziana, dove rimasero fino al trasferimento a Firenze. Il principe Barberini promosse subito una causa contro il governo, rivendicando il monastero come
proprietà privata della famiglia Barberini, che lo aveva costruito e dotato,
mentre le monache erano soltanto beneficiarie. Ma la sentenza, emessa il 27
settembre 1871, non riconobbe valide le ragioni del principe e delle monache 2.
Firenze, Archivio del monastero delle carmelitane di Careggi (oggi monastero di Santa
Maria Maddalena de’ Pazzi, ex monastero di Santa Maria degli Angeli), Ricordi dal 1846 al
1908, pp. 136 e 139; cfr. S. Possanzini, Le Barberine. Monastero carmelitano dell’Incarnazione del verbo divino in Roma (1639-1907), Roma 1990, pp. 226-227.
Biblioteca Apostolica Vaticana (d’ora in poi: BAV), Arch. Barb., Indice II, 1813, Alcune scritture stampate e sentenza nella causa relativa all’espropriazione del monastero delle Barberine.
303
I volumi, i registri e le filze furono collocati nella Biblioteca Vaticana in
coda all’Archivio Barberini, fra i materiali da ordinare e inventariare. Solo recentemente sono stati ordinati e inventariati da chi scrive 3.
Le principali serie archivistiche
Questo l’elenco sommario dei volumi, delle filze, dei registri e delle serie
archivistiche che compongono l’archivio (in totale 200 unità archivistiche):
Memorie (Cronache) del monastero: I: «Relatione della fondazione del
venerabile monastero della SS. Incarnatione di Roma alle Quattro Fontane in
strada Pia; dei superiori che l’hanno governato, religiose in esso vestite, morte di quelle, et altro notabile. Raccolta dai manoscritti che si conservano in
detto Monastero e descritta dalla Rev.da Madre S.or Anna Geltruda della SS.
Incarnazione. Revista e fatta copiare dal P. Gio. Giacomo, Agostiniano Scalzo, Visitatore l’anno 1697 [1639-1718]»; II: «1706-1781»;
Lettere delle fondatrici, 1629-1667: raccolta di lettere e varie scritture
delle fondatrici (suor Innocenza [Camilla Barberini, 1598-1666] e suor Maria
Grazia [Clarice Barberini, 1606-1665]);
Due registri e una busta dell’archivio si conservano all’Archivio di Stato di Roma (d’ora
in poi: ASRoma), Corporazioni religiose femminili, Carmelitane «Barberine»; altre 24 buste nel monastero di Santa Maria Maddalena de’Pazzi di Careggi (Firenze): si tratta per lo
più di copie di lettere e documenti del monastero all’epoca della fondazione. Copia della prima parte degli annali del monastero si trova nell’Archivio Generale dei Carmelitani (d’ora
in poi AGC), II CO II 11, Narrazione ossia informazione della Fondazione del Ven. Monastero dell’Incarnazione del Verbo Divino di Roma dell’Ordine Carmelitano seguita l’anno
MDCXXXIX con varie notizie al medesimo spettanti, ff. 29-44. Si tratta di un manoscritto
contenente le relazioni delle fondazioni di diversi conventi carmelitani. Il racconto della fondazione del monastero dell’Incarnazione si inizia dall’anno 1639 (trasferimento delle monache da Firenze a Roma) e termina al 1645 (dopo la morte di Urbano VIII, di quella immediatamente seguita di Costanza Magalotti e il completamento della fabbrica del monastero). Diverse citazioni dall’archivio (con segnatura provvisoria) in: L. Fiorani, Monache e monasteri romani nell’età del quietismo, «Ricerche per la storia religiosa di Roma», I (1977), pp. 63111. La storia del convento, dalla sua fondazione alla soppressione, è stata ampiamente descritta, sulla scorta di un’accurata ricerca documentaria, da: Possanzini, Le Barberine..., cit.
Va notato che questo autore, al tempo della pubblicazione del suo libro, non ha potuto vedere i documenti dell’archivio dell’Incarnazione, allora non consultabile.
304
Educande, 1700-1760: domande per l’ammissione delle ragazze all’istruzione nel monastero; Novizie, 1640-1768: licenze per le prove delle novizie;
Vestizioni, 1640-1762; Professioni solenni, 1641-1743; Nomine Barberini,
1640-1770 (in virtù dello Juspatronato sul monastero il principe Barberini aveva diritto a nominare 18 monache); Confessori e predicatori, 1660-1768;
Licenze, diversi volumi per gli anni 1680-1800 («rolli»: permessi accordati dal cardinale protettore o dal vicegerente o dal vicario a persone esterne
per le visite e altre varie necessità delle monache in deroga alla clausura);
Brevi, patenti, chirografi, I: 1630-1642, II: 1643-1765, III: 1639-1705;
Istrumenti diversi, I: «1626-1662», II: «1663-1746»;
Costituzioni (il regolamento del monastero, approvato dal capitolo e dalle autorità);
«Originale del Rituale del Venerabile Monastero della Ss.ma Incarnazione del Verbo Divino, detto Le Barberine, di Roma. Impresso colla licenza
del rev.mo p.re m.ro del Sag. palazzo, dopo essere stato detto Rituale rivisto,
et approvato da Monsig. Pier Santi M.ro di Cerimonie di N.ro S.re. 1742»,
esemplare manoscritto, ff. sciolti, pp. 1-216 n.a., cm 21,5x16;
Rituale del Ven. Monastero della SS.ma Incarnazione del Verbo Divino
in Roma, e degl’altri monasteri del suo Instituto Diviso in tre Parti. Prima
parte: Riti appartenenti al Divino Officio, e Messa. Seconda Parte: Processionale Annuo. Terza Parte: Diversi Statuti Religiosi, In Roma, per Girolamo
Mainardi, 1742, pp. 288, cm 19x13;
Inventari (vari elenchi degli arredi: sagrestia, mobili quadri);
Autentiche di reliquie (certificati);
Cappella Pamphilj: obbligo della messa quotidiana perpetua secondo
l’intenzione di suor Maria Maddalena, al secolo principessa Pamphilj;
Filiazioni (documenti sul monastero di Vetralla e di Monterotondo);
Libri d’istrumenti (contratti e compravendite varie), 1639-1800;
Posizioni legali (varie cause che le religiose ebbero per controversie di
debiti, confini ed eredità);
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Posizioni diverse (vari volumi di interessi diversi);
Dichiarazione della Priora del Monastero della SS.ma Incarnazione di
aver ricevuto il Publicetur del Rituale dal signor Girolamo Mainardi stampatore camerale, agosto 1742;
Libro delle congregazioni, 1650-1658;
Decreti e risoluzioni prese nelle visite e congregazioni, 1658-1700;
Lettere delle fondatrici, 1629-1667;
Lettere e biglietti, dal 1640 al 1767;
Rubricellone dell’archivio;
Computisteria
Sono presenti al completo tutte le filze e i registri delle serie contabili del
monastero, dalla fondazione all’estinzione (1638-1870): Giornali, Dispensa,
Entrata-Uscita, Registri dei mandati, Rincontro con i banchi, Giustificazioni
(conti e ricevute), Libri mastri.
Le «Cronache» del monastero
«Relatione della Fondazione del Venerabile Monastero della SS: Incarnatione di Roma alle quattro Fontane in Strada Pia: De’ Superiori, che
l’hanno governato: Religiose in esso vestite; Morte di quelle: Et altro
notabile. RACCOLTA DA’ MANOSCRITTI, che si conservano in detto Monastero; E descritta dalla Rev.da Madre S:or ANNA GERTRUDA
della SS: Incarnazione. Revista, e fatta copiare DAL P. GIO: GIACOMO Agostiniano Scalzo, VISITATORE, l’anno 1697».
In questo manoscritto 4 sono state registrate dalle stesse monache gli
avvenimenti più salienti della vita del monastero (le domande di ammissione delle novizie, le professioni, le morti, persino alcuni «miracoli») e naturalmente la storia della sua fondazione. Prima di iniziare in forma annalistica l’esposizione degli avvenimenti del convento un’ampia premessa del padre confessore toglie ogni dubbio, se ce ne fossero stati, sugli scopi parenetici dello scritto:
BAV, Archivio del monastero dell’ Incarnazione.
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«Provocant exemplo. Imitari non pigeat quod celebrare delectat. Inspice et fac secundum exemplarium (Exodi 25). Haec est via, ambulate in
ea; ut non declinetis ad desteram, neque ad sinistram (Isaiae c. 39). Aemulamini charismata meliora (I Cor. 12). Sanctorum vita ceteris norma
vivendi est (S. Amb.).
Molto Reverende Madri.
Il buono ha due qualità, una contraria all’altra, con una ruba e tira a’ se
gl’affetti altrui, e con l’altra si diffonde in beneficiare li suoi affettionati: così segue nell’ordine della natura, e della gratia. In quello vediamo che li fiori col bello de colori, e grato odore loro tirano a’ se l’api,
ed esse danno alle medesime un suavissimo pascolo di ruggiada; ed in
questo della gratia le virtù sono la calamita che con incanto celeste tirano gli animi nobili (come rubandoli à loro stessi) alla contemplazione del loro bello, e insieme li arricchiscono di tale tesoro che basta per
comprare il cielo. Tanto essendo per verità e tanto conoscendo i cuori santamente interessati hanno per costume di lasciarsi attrahere dalle
altrui virtuose attioni, e però non perdono di vista gl’esercitij di santità praticati da altri per fornirne se stessi con l’immitatione, e de’ molti che leggiamo che così fecero basterà insinuare due (citati dal Rodriguez, parte prima, trat. primo cap. 13): il primo sia quel grande abbate
de romiti nella Tebaide S. Antonio, et il secondo S. Bernardo abbate de
monaci in Chiaravalle, quali per loro principale studio questa attentione hebbero di cogliere Da Ciascuno il Migliore e con questa diligenza
unirono in se stessi quell’ottimo di religiose virtù che già mai à bastanza
potrà lodarsi. Quello che si vede praticare da altri dà più efficaci stimoli
e maggiori impulsi al ben operare, che non fà la persuasione con molte
ragioni, attesa la facilità con che ci lusinga più l’essempio che le parole, così anche disse e ci lasciò scritto Seneca: longum esse iter per praecepta, breve atque efficax per exempla. Con un tale fine prego le RR.
vostre a rimirare nelli seguenti fogli li fiori delle virtù germogliati nel
recinto di questo monastero, giardino del nostro celeste sposo, e riconoscendo in esso la celeste manna ne andiate come api ingegnose succiando l’ottimo miele delle virtù religiose che vi hanno fabbricato con
li loro essempi le nostre sorelle già ad altra vita passate, dove ci aspettano per goderne in loro compagnia se le imiterete. Api di tale buon gusto et artificio desidero quante sono al presente e quante saranno ne futuri anni in questo sacro monastero, acciò possa conservarsi in Prato di
delizie al nostro Celeste sposo, di piacere alli Angeli, e d’ammiratione
alli huomini. Loro dunque qual api delitiandosi e nutrendosi nei virtuosi fiori delle antecedenti madri e sorelle, con stimolo d’imitare ationi di
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sante, faranno proprie l’angeliche prerogative di quelle, e resteranno all’essempio de posteri fiorita pompa di gratia e manteneranno il monastero nell’amenità, in cui da quella Grande e Venerabile Madre d’eterna memoria degna, dico sr. Innocenza Barberini, fondatrice fu piantato,
e munito di sante e belle leggi, come sono le nostre costitutioni, e delle
altre già trapassate con buona cultura nell’osservanza mantenuto; il che
per l’intima cognitione che ho del comune, e particolare spero così sarà,
ed anco più, che non dico in restituirgli questi fogli, non in altro migliorati che nel carattere e nell’ordine, quali come cosa tutta di loro propria
doveranno tenere ben cari, amare, custodire, et in essi specchiarsi, del
che non dubito per la bontà delle RR. Vostre, alle quali faccio humilissima riverenza et alle orationi loro mi raccomando.
In S. Nicola 1697, maggio.
Delle RR. vostre servitore in X.to riverentissimo, et obbl.mo
Fra Gio: Giacomo da S.Ag.no Ag.ano Scalzo».
Cominciano così le cronache (Annali, Libro delle memorie) del convento
dell’Incarnazione in Roma, dall’anno 1639, quando cioè fu fondato il monastero da Urbano VIII, e continuano fino al 1870, anno in cui il convento venne abbattuto dal governo italiano per costruire il Ministero della Guerra.
Il monastero di Santa Maria degli Angeli in Firenze e la famiglia Barberini
L’anno 1454 due o tre donne pie 5, allo scopo di vivere lo spirito del Carmelo, si raccolsero in una casa in fondo alla piazza del Carmine a Firenze. La
piccola comunità aumentò presto di numero, tanto da dover ampliare la casa
e costruire una cappella. Intorno al 1480 il priore generale concede alle monache lo scapolare, abito dell’Ordine Carmelitano, legandole alla vita claustrale, e pochi anni dopo ottengono le prime Costituzioni, derivandole da un
altro Carmelo fiorentino. E con queste Costituzioni undici religiose rinnovano la professione dei voti. Nel 1520 viene consacrata la chiesa e il monastero
di Santa Maria degli Angeli.
Negli anni successivi numerose giovani «di prima nobiltà» entreranno a
Santa Maria degli Angeli, tanto che quando farà il suo ingresso Lucrezia de’
Pazzi, la futura santa Maria Maddalena, le monache saranno un’ottantina 6.
Sul fenomeno del «bizzoccaggio» e delle «pinzochere», immediatamente precedente alle
nuove fondazioni monastiche femminili cfr.: R. Guarnieri, Pinzochere, in Dizionario degli
Istituti di Perfezione, VI, Roma 1980, coll. 1721-1749.
Possanzini, Le Barberine..., cit., p. 13.
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Pochi anni dopo la morte della santa entrarono le due sorelle Camilla e Clarice della nobile famiglia Barberini, che in religione presero il nome di suor Innocenza e di suor Maria Grazia 7. Questa famiglia aumentò nobiltà e ricchezza specialmente dopo l’elezione a Sommo Pontefice (6 agosto 1623) di Urbano VIII, che riversò sui suoi parenti un cumulo di benefici nell’intento di far
ascendere la famiglia alla più alta opulenza. Poco dopo l’elezione creò cardinale il nipote Francesco, che aveva 26 anni; l’anno dopo toccò al fratello del
papa, Antonio («cardinale di Sant’Onofrio»), e nel 1628 l’altro nipote Antonio (in seguito anche camerlengo e prefetto della Segnatura); infine creò cardinali altri due nipoti, figli di suoi cugini, Lorenzo Magalotti e Francesco Machiavelli. Il terzo nipote, Taddeo, lasciato laico per la continuazione della famiglia, divenne principe di Palestrina e s’imparentò con la famiglia Colonna.
Tutte le maggiori abbazie caddero nelle prebende cardinalizie dei due giovani porporati Francesco e Antonio, e quando Urbano VIII passò da questa vita
(1644), la famiglia Barberini era straordinariamente ricca 8.
Oggetto delle premure del papa furono anche le nipoti suor Innocenza
e suor Maria Grazia. I loro monasteri furono beneficiati dalla generosità dei
Barberini, prima quello di Santa Maria degli Angeli in San Frediano e a Borgo Pinti in Firenze, e poi quello dell’Incarnazione del Verbo Divino in strada
Pia a Roma, voluto espressamente dal papa. Queste donazioni, dobbiamo osservare, non furono solo il frutto della generosità e delle premure del papa e
dei fratelli verso suor Innocenza e suor Maria Grazia ma anche la decisa volontà di voler cautelare il patrimonio appartenente al maggiorasco e destinato alla discendenza della famiglia da ogni possibile pretesa delle suddette sorelle 9.
BAV, Arch. Barb.
La famiglia Barberini era di origine toscana e proveniva da Barberino di Val d’Elsa, abitava a Firenze e commerciava in lana e tessuti. Verso il 1540 la famiglia si trasferì ad Ancona, dove continuò il commercio dei tessuti e si arricchì. Nella seconda metà del Cinquecento Francesco Barberini fu il primo laureato e il primo ecclesiastico della famiglia, poi eletto prelato e protonotario. Lo zio Francesco fece arrivare a Roma il nipote Maffeo Barberini,
poi Urbano VIII; con la morte dello zio, Maffeo fece spostare stabilmente a Roma da Firenze la famiglia Barberini. Le tappe dell’ascesa economica e sociale della famiglia sono legate alla carriera di Maffeo, che nel frattempo aveva sostituito i tre tafani dello stemma con le
api. Cfr.: P. Pecchiai, I Barberini, «Archivi. Archivi d’Italia e rassegna internazionale degli
archivi», 1959 (Quaderno doppio, 5); G. Lutz, voce Urbano VIII, in Enciclopedia dei Papi,
III, pp. 298-321; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del medio evo, trad. di A. Mercati
e P. Cenci, voll. XXI, Roma 1911-1954, vol. XIII, pp. 263-264.
BAV, Arch. Barb., Indice II, 1707, Instrumentum declarationis factae per em:mum domn.
Cardinalem Franciscum Barberinum quod elemosina per ipsum facta ven. monasterio San
309
Il monastero di Santa Maria degli Angeli in Firenze pare che non si trovasse in un luogo felice, ragion per cui il papa e il cardinal Francesco nel 1628
fecero trasferire le monache al convento di Cestello alla porta Pinti, in Firenze, abitato dai padri cistercensi 10. Le trattative non furono facili ma alla fine
i monaci dovettero arrendersi alla volontà del papa 11.
Dopo appena dieci anni del trasferimento delle monache da Borgo San
Frediano al monastero dei cistercensi in Borgo Pinti, nel 1639, il papa Barberini fece venire a Roma le due nipoti suor Innocenza e suor Maria Grazia, insieme ad altre monache, per fondare un monastero di Carmelitane, a cui sarà
dato il titolo dell’Incarnazione del Verbo Divino, ma che il popolo chiamerà
delle «Barberine» per la famiglia che lo aveva costruito.
Le cronache 12 del monastero descrivono con ricchezza di particolari la
fondazione:
«1639. La gloriosa e santa memoria di Urbano VIII, creato Sommo
Pontefice li 6 agosto 1623, havendo due sue nipote figlie del Sig.re D.
Carlo Barberini suo fr.llo e della Sig.ra D. Costanza Magalotti Barberini, e queste monache nell’osserv.mo Monastero di S. Maria degli Anctae Mariae Angelorum Florentiae fuit per omni et toto eo quod pretendere possent in bonis
maternis et eius sororis, et cum conditione quod quandocumque in eius familia fuerint feminae et quem monacham voluerint moniales eas gratis recipere debeant, rogato 29 maii 1628
per acta Fonthia. Sull’istituto della primogenitura e sulle sue connotazioni sociologiche cfr.:
M. Piccialuti, L’immortalità dei beni. Fedecommessi e primogeniture a Roma nei secoli
XVII e XVIII, Roma 1999 (Ius nostrum, 24).
10
BAV, Arch. Barb., Indice II, 1717, Breve Urbani VIII confirmatorium permutationis monasterii S. Mariae Angelorum Florentiae cum monasterio de Cestello nuncupato monachorum
Cistercensium ac omnium inde secutorum, 5 sept. 1633; Ibidem, 1719, Breve commutationis
monasterii monialium Beatae Mariae Angelorum cum monasterio de Cestello nuncupato in
civitate Florentiae, die 6 Decembris 1636; Possanzini, Le Barberine..., cit., pp. 19-23.
11
BAV, Arch. Barb., Indice II, 1713, Stato della permuta del monastero del Borgo San Frediano con quello di Cestello, 1632; Ibidem, 1717, Breve Urbani VIII, Confirmatorium permutationis monasterii S. Marie Angelorum cum monasterio de Cestello nuncupato monachorum Cistercensium, ac omnium inde secutorum, 5 Septembris 1633; Possanzini, Le Barberine..., cit., pp. 19-23.
12
Relatione della Fondazione del Venerabile Monastero della SS: Incarnatione di Roma alle
quattro Fontane in Strada Pia: De’ Superiori, che l’hanno governato: Religiose in esso vestite; Morte di quelle: Et altro notabile. RACCOLTA DA’ MANOSCRITTI, che si conservano in detto Monastero; E descritta dalla Rev.da Madre S:or ANNA GERTRUDA della SS: Incarnazione. Revista, e fatta copiare DAL P. GIO: GIACOMO Agostiniano Scalzo, VISITATORE, l’anno 1697.
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geli, carmelitane della prima osservanza mitigata, nella città di Fiorenza, determinò nell’anno decimosesto del suo pontificato edificargli un
monastero in Roma, acciò ivi introducessero il loro santo istituto sotto
la regola carmelitana et immitatione della S.ta M.re Maria Maddalena
de Pazzi già monaca in detto monastero di Firenze, ove si venera il suo
santo et incorrotto Corpo.
Sua Santità spedì un breve diretto all’illustrissimo monsignore Passionei suo nuntio in Fiorenza, nel quale gli dava ordine che cavasse dal
loro monastero e conducesse a Roma le due madri sue nepoti, dando facoltà ad esse di eleggersi sette altre monache coriste, et una conversa.
Alli 4 Marzo l’ill.mo nuntio essequì l’ordine di S.a S.tà e si missero in
viaggio la Rev.da M.re S.r Innocenza, la M.re S.r M.a Gratia Barberini, la M.re S.r Maria Grazia Pazzi Priora in S.ta Maria degli Angeli e
Priora per la nuova fondatione (questa M.re era nipote carnale di S. M.a
Maddalena, che gli fu anche maestra nel tempo del novitiato) la S.r M.a
Franc.ca del Giccando. La quale fu similmente discepola nel novitiato
della S.ta madre, S.r Maria Puccini, S.r Catarina Eletta Lanzi, S.r Teresa Rasponi, nepote cugina delle madri Barberini, S.r Maria Minima
Strozzi, S.r Maria Arcangela Pazzi, nepote della madre Priora, novitia
non professa, e S.r Fede conversa.
Giunte in Roma li 14 Marzo furono introdotte nella casa in Strada Pia
aggiustata ad uso di monastero con tutte le suppellettili sì per il culto
divino, come per uso delle dieci religiose, a spese di Sua Santità, tutto però con somma religiosità, parsimonia e semplicità, conforme l’uso
del monastero di dove venivano.
Furono incontrate dalli tre S.ri cardinali Barberini, dal Sig.r prencipe
Prefetto, Sig.ra D. Costanza M.re, Sig.ra D. Anna Colonna cognata delle madri barberine, con tutti li altri SS.ri Cavalieri, e Dame parenti.
Il giorno seguente in carrozze ben chiuse furono menate a S. Pietro a
bagiare il piede di S. Santità, dal quale benignamente accolte, trattenute e regalate di Santa Indulgenza e gratia; di più passarono al monastero
di Sant’Egidio, ove entrate diedero l’abbraccio di pace alle madri Suor
Hippolita Maria Teresa di Giesù e suor Chiara Maria della Passione, sorelle della signora donna Anna Colonna Barberini, et a tutte le religiose, et ad hora competente ritornarono al loro monastero, di dove non ne
uscirono più, benché la clausura non vi fosse messa sino quando fu posta la prima pietra della nuova chiesa, che fu alli 16 luglio 1644, come
si dirà a carta [...].
[...] e a dì 21 maggio 1639 spedì Sua Santità il breve della donatione
fatta dall’ecc.mo principe D. Taddeo Barberini, nepote di Sua Santità e
Prefetto di Roma, di scudi 20 mila per le dieci religiose venute a fon311
dare, e con altri scudi 15 assegnati dal medesimo sig. principe D. Taddeo l’anno 1640 fanno la somma di scudi 35 mila moneta per tanto ci
sia dote per 17 monache coriste da nominarsi in perpetuo da chi succederà nel principato, et all’hora ne furono scomprati tanti luoghi di monte che fruttarono scudi 83 per monaca e di detta donatione se ne fa mentione nel suddetto breve, e nell’altro dell’eretione del monastero 13, che
fu spedito il dì prima apposta, con il nome della chiesa e monastero della Ss.ma Incarnatione; quali brevi si conservano nel monastero.
A primo settembre fu eletto e stabilito per fattore m. Gio. Batt.ta Rigaccioli; a 23 settembre per breve di Sua Santità fu profanata la chiesa
compra dalli padri dello Scole Pie.
A primo ottobre fu costituito per padre spirituale e confessore di questo
monastero il padre Geronimo Barberi fiorentino canonico di S. Maria in
via Lata; continuò tal carica sino alla morte che fu li 4 agosto 1655.
A dì 10 Dicembre monsignor Gio. Battista Altieri vescovo di Camerino,
vicegerente del cardinal Ginetti vicario di N.ro Signore consegnò per
ordine di Sua Santità alle sue nepoti, la m.re suor Innocenza e m.re suor
Maria Grazia Barberini, il tesoro de santi corpi Clemente, et Exuperantia martiri, quali furono adornati e riposti in cassette d’ebano [...].
1640. A dì primo Genaro per ordine del regnante Pontefice monsignor
Vicegerente Altieri consegnò alle due madri fondatrici le vesti dei santi
martiri Vittorino e Sinforiano, cavate dal cimitero di S. Callisto [...].
A dì [...] Aprile doppo tredici mesi e molte istanze delle religiose di S.
Maria degli Angeli in Fiorenza che richiedevano la loro madre Priora,
con le solite licenze et accompagnamenti tornarono al loro primo monastero la madre Maria Gratia Pazzi, suor Maria Puccini, suor Maria Minima Strozzi, suor Maria Arcangela novitia, e suor Fede conversa 14.
A dì 27 Maggio fu eletta per madre Priora la r.da madre Innocenza Barberini; ricevè di commissione di S. S.tà li voti l’e.mo Sig. Card.le Francesco, vicecancelliere, et in nome suo confirmata la detta, distribuì gli
altri offitii tra le 4 religiose, cioè alla madre del Giocondo appoggiò il
carico di quanto appartiene alla madre sottoposta, ma senza il titolo; la
sartaria, lana e l’accompagnare li secolari alla madre suor Maria Gratia;
la sagrestia, la porta e maestra delle zitelle prese per converse; alla madre suor Caterina Eletta l’infermeria, la spetiaria, la dispenza, il refetto Cfr. BAV, Arch. Barb., Indice II, 1765, Chirografo di Urbano VIII di donatione di ventimila scudi fatta dal principe Taddeo Barberini [...] con dichiarazione di pesi, vincoli e riserve anche di giuspatronato laicale [...].
14
AGC, II CO II 11, Narrazione ossia informazione..., ff. 32r-v (Possanzini, Le Barberine...,
cit., pp. 42-43).
13
312
rio e porta; alla madre suor Maria Teresa la sagrestia, porta, ascoltatrice e accompagnatrice 15.
In quest’anno l’ecc.ma signora d. Costanza 16 madre delle sorelle Barberini ottenne breve spedito li 13 settembre di vivere in questo monastero in abito secolare, benché di virtù religiosissima; menò seco una
sua pronipote di anni cinque, chiamata sig.ra Costanza Quarasati, fiorentina, e due damigelle, et una per servitij bassi: allora non essendovi
clausura pur elle non usciva che di rado a bagiare il piede a S. S.tà e da
signori figliuoli in casi urgenti, aiutando di portinara, mettendo le mani
a tutto, obediente alla madre Priora, e riverente alle religiose, che incontrandole si fermava e voleva che quelle pasassero, dicendo: a voi conviene che sete vergini spose di Giesù, et io no, ma sono una carogna.
A dì 10 Genaro Sua Santità costituì Protettore il suo fratello sig. cardinale Antonio S. Onofrio Capuccino, benché il Breve uscisse l’anno seguente, 1641, X Genaro 17.
A dì detto fu dato Prelato al monastero mons.r Gio: Battista Scanaroli,
vescovo di Sidonia, quale dal principio della fondazione sopraintendé
alle compre, spese che si fecero, et il casino ove fecero la prima entrata le madri che vennero da Firenze era habitato da detto Prelato, quale
era in proprietà dell’em.mo cardinale Francesco Barberini Vicecancelliere fu poi donato da S. E. alla Casa Barberini per servitio delle donne
di detta Casa che bramassero vivere retirate in clausura in habito secolare fuora de strepiti del mondo [...].
AGC, II CO II 11, f. 34v (Possanzini, Le Barberine..., cit., p.44).
Costanza Magalotti era figlia di Vincenzo Magalotti e di Clarice Capponi, proveniva da
un’antica famiglia di mercanti fiorentini. Si sposò diciannovenne con Carlo Barberini (fratello di Urbano VIII) ed ebbe 7 figli: Francesco (1596, morto a pochi mesi), Francesco (1597,
che divenne il Cardinal Nepote noto come «il cardinale Barberino»), Camilla (1598, monaca), Maria (1599, maritata), Taddeo (1603, principe di Palestrina), Clarice (1606, monaca),
Antonio (1608, cardinale). Delle figlie soltanto Maria si sposò a diciannove anni nel 1618 con
il nobile bolognese Tolomeo Duglioli. Camilla e Clarice divennero suore, sull’esempio delle
prozie Barbadori, sorelle della nonna: suor Lucrezia e suor Aurelia in Santa Felicita. Cfr. Pecchiai, I Barberini, «Archivi. Archivi d’Italia e rassegna internazionale degli archivi», serie II,
anni XI-XII (1949), fascicolo I, pp. 11-41, e altre preziose informazioni nella: Vita di donna
Costanza Magalotti, scritta da P. Francesco Leonardi della Congregazione della Madre di
Dio, nel convento di S. Maria in Campitelli il 12 febbraio 1655, dedicata alle madri Barberine suor Innocenza e suor Maria Grazia sue figlie, in: BAV, Barb. lat., 4842.
17
Cfr. anche BAV, Arch. Barb., Indice II, 1772, Il cardinale di S. Onofrio nominato Protettore del Monastero dell’Incarnazione (Possanzini, Le Barberine..., cit., p. 46).
15
16
313
1640. Adì 9 Luglio entrò a prova per prima monaca corista la sig.ra
Anna Maria Fani [di anni 16], figlia del sig.r Fabio Fani e della sig.ra
Vittoria della Riccia.
A dì 15 detto le quattro madri fondatrici cambiarono li cognomi del secolo, e la madre suor Maria Innocenza in cambio di Barberini pigliò
il cognome della Ss.ma Incarnatione, la madre suor Maria Gratia del
Ss.mo Sacramento, la madre suor Maria Francesca della Croce, la madre suor Maria Teresa della Madre di Dio.
A dì 8 Dicembre presero l’abito di sorelle converse Felice Severini e
Innocenza Antonini da Camerino dopo un anno di prova. La prima si
chiamò suor Angela Felice di S. Brigida, l’altra suor Obedientia di S.
Ignatio, e la funzione la fece il padre confessore.
A dì 14 detto venne a prova per monaca corista la sig.na Plautilla, figlia
del Sig.r Mutio Contrera spagnolo, e della si.ra Cornelia De Magistris.
Adì 17 vennero a prova [...].
1641. In quest’anno il Sig. Card.le Francesco Barberini Vice Cancelliere comprò il sito per fabricare di pianta il monastero, e il PP. Urbano
VIII venne a visitare la nepote et a vedere il sito comprato dal cardinale
Vicecancelliere e diede ordine che presto su li fondamenti, si alzasse e
compisse la fabrica a spese sue, et a tale effetto diede all’hora venticinquemila scudi, et il disegno fu opera del si.r Luigi Arrigucci» 18.
In realtà il monastero in parte fu costruito sul terreno di proprietà della famiglia Barberini, ma una parte del terreno fu acquistato dai padri delle Scuole
Pie e fu abbattuto l’edificio del loro noviziato 19. La costruzione del monastero procedeva alacremente e il nuovo edificio sarebbe stato abitato dalle monache da lì a pochi anni. Per la chiesa era stata gettata già la prima pietra, benedetta dal cardinal Francesco. Tutto era dovuto all’interessamento e alla munificenza del papa 20; egli però morì il 29 luglio 1644 e non poté vedere finita
un’opera che gli stava tanto a cuore. Ma nemmeno la morte del papa rallentò i lavori se non per il periodo di lutto. Il primo maggio 1645 «essendosi finita di accomodare quella parte di fabbrica e resa abitabile, la sera [...] andorno processionalmente tutte le monache, con candele accese in mano, cantando salmi e inni, a prendere il possesso prima nel coro e doppo per li dormito Memorie, p. 9 = AGC, II CO II 11, Memorie della fondazione, f. 37r; Possanzini, Le Barberine..., cit., p. 47.
19
BAV, Arch. Barb., Indice II, 1749, Compre fatte dalli Padri delle Scuole Pie alle Quattro
Fontane per suo Noviziato, oggi Monastero delle Barberine.
20
Il monastero fu visitato dal papa Urbano VIII, zio delle due sorelle fondatrici, con una certa frequenza.
18
314
ri; et andando ciascuna alla cella della santa obbedienza assegnata, s’inginocchiava sulla soglia della porta, domandandola alla Madre Priora per amore di
Dio insieme con l’uso di tutto quello che vi era» 21.
I monasteri a Roma nel Seicento
Numerosi gli spunti che provengono da queste carte. Negli ultimi decenni, peraltro, è fiorita un’abbondante letteratura che ha approfondito ed analizzato l’universo monacale sia nel suo insieme sia in alcuni aspetti particolari 22. Non è possibile se non dare appena un rapido sguardo ad alcuni punti salienti.
Il numero medio 23 calcolato, sulle Listae status animarum Almae Urbis Romae, è di 2.500 monache a Roma nel corso del XVII secolo, circa cinque monache ogni cento abitanti di sesso femminile, la metà se riferito alla
popolazione di entrambi i sessi. Intorno al 1650 nell’area compresa tra i rioni Trevi, Colonna e Campo Marzio si raccoglievano case religiose per un totale di 960 monache. Qui erano collocati i monasteri più fiorenti o di più ampie dimensioni, come quello delle clarisse di San Silvestro o delle benedettine di Santa Maria in Campo Marzio, che costituivano punti di riferimento
nella vita sociale circostante, o per l’educazione alle fanciulle che vi era impartita, o per via di personalità del patriziato che vi si erano monacate, o per
BAV, Arch. Barb. Indice II 1749, f. 38r. La via Pia, in cui sorge il monastero delle Barberine, rimane la strada privilegiata della zona: lungo il suo tracciato, nel corso del XVII secolo, sorgono la chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane con il convento dei Trinitari, la chiesetta di San Cajo (poi anch’essa demolita per far posto al Ministero della Guerra, unitamente
alle chiese di Santa Teresa e dell’Incarnazione con l’annesso convento). Tra la metà del XVII
secolo e la metà del XVIII gli interventi più rilevanti gravano sempre sull’asse della via Pia:
la chiesa di Sant’Andrea al Quirinale, sotto il pontificato di Alessandro VII (1655-1667), ad
opera di Gian Lorenzo Bernini, il palazzo della Consulta, terminato nel 1739, su progetto di
Ferdinando Fuga, il quale realizzerà anche la cosiddetta «Manica Lunga» quale sistemazione
del palazzo del Quirinale nella parte prospiciente la via Pia, sotto il pontificato di Clemente
XII (1730-1740). Fra il Seicento e il Settecento tutte le aree intorno alle Terme, non impegnate da edifici, mutano il loro carattere agricolo in quello di parchi o giardini annessi alle ville o
a conventi. Tale situazione è facilmente riscontrabile dalle documentazioni cartografiche dell’epoca, ed in particolar modo da quella di Giovan Battista Nolli del 1748.
22
Si veda la rassegna di G. Zarri - F. Medioli - P. Vismara Chiappa, De monialibus, «Rivista di storia e letteratura religiosa», 33 (1997), pp. 643-715.
23
Gli anni 1635-1672 sono censiti in: BAV, Barb. lat., 5075, 5076, 5077; i successivi anni
del secolo in: BAV, Chigi P.VI.8; cfr.: Fiorani, Monache..., cit., pp. 66-68.
21
315
i molteplici legami di natura economica che essi intrattenevano con i ceti sociali più elevati. Altri grossi concentramenti di fabbriche erano attestati lungo
le vie buie e malfamate della Suburra, dove erano presenti ben 16 monasteri femminili, con un totale di 662 religiose. Nel rione Pigna le monache erano 396, in Trastevere 295, 76 in Parione, 159 in Sant’Eustachio, 190 in Campitelli, 17 in Borgo. In Trastevere nuove comunità in ascesa come le carmelitane di Sant’Egidio e di Regina Coeli o le benedettine di Santa Cecilia fanno salire il contingente monastico di quel frammento di città quasi spopolato
a 340 elementi. Sicché tutta la città era stretta in una fitta rete di case religiose, che incidevano fortemente non solo sull’aspetto esteriore dei quartieri ma
anche sulla vita sociale e sui rapporti umani.
Tutto il Seicento romano è un terreno fecondo di nuove esperienze di vita
comune 24. Il secolo barocco fu contrassegnato da una fase di grande effervescenza e di espansione notevole delle fondazioni monastiche 25. Tra queste,
sebbene nella realtà romana fosse ben rappresentata quasi tutta la gamma regolare, spiccavano – costituendo più della metà dei circa quaranta monasteri
– le Domenicane, le Clarisse, le Francescane, le Carmelitane 26. Queste ultime in particolare si ponevano, sull’onda delle traduzioni degli scritti teresiani a partire dal 1599 27, come una delle più pregnanti novità del mondo monacale secentesco 28.
Ibidem.
Ibidem, pp. 68 e segg.
26
Per due liste composte nel 1660 e nel 1719, ripartite per competenza vicariale, regolare e di protettorato cardinalizio, e pressoché esaustive, cfr. rispettivamente: Archivio Segreto Vaticano (d’ora in poi: ASV), Misc., Arm. VII, 37, ff. 469-470 (citato anche da Fiorani,
Monache..., cit., p. 72. nota 22); e N. A. Cuggiò, Della giurisdittione e prerogative del Vicario di Roma, in Archivio Storico del Vicariato di Roma, Atti della Segreteria, tomo LIV, ff.
385, 393.
27
La Vita apparve in traduzione a Roma nel 1599 e le Lettere nel 1660; cfr.: E. Marchetti,
Le lettere di Teresa di Gesù. Prime traduzioni ed edizioni italiane, in Per lettera. La scrittura epistolare femminile tra archivio e tipografia. Secoli XV-XVII, a cura di G. Zarri, Roma
1999, pp. 263-284.
28
San Giuseppe a Capo le Case, primo dei sei monasteri d’ispirazione teresiana, era stato fondato nel 1598 dall’oratoriano spagnolo Francisco de Soto; nel 1610 fu la volta di Sant’Egidio del monte Carmelo; nel 1627 di Santa Teresa alle Quattro Fontane; del 1637 del monastero del Corpus Domini delle «Ginnasie», dal nome del loro fondatore e protettore, il cardinale Domenico Ginnasi, nunzio apostolico in Spagna durante il pontificato di Clemente
VIII; nel 1639 fu eretto l’esclusivissimo monastero della Santissima Incarnazione, detto delle «Barberine»; nel 1654 il monastero di Regina Coeli e infine nel 1668 quello della Concezione delle «Viperesche», dal nome della loro fondatrice Livia Vipereschi.
24
25
316
A voler appena accennare alle più significative delle nuove fondazioni
femminili, il quadro si fa subito assai gremito e articolato. Emerge tra tutte il
monastero carmelitano di Regina Coeli eretto nel 1654 dalle sorelle Anna 29 e
Vittoria Colonna (in religione Chiara della Passione) 30, segno materiale della grande espansione della mistica teresiana sul tessuto devozionale romano;
un’altra casa carmelitana era già stata eretta nel 1627 da Caterina Cesi alle
Quattro Fontane, intitolata a santa Teresa 31; nel 1641 viene fondato il monastero della Concezione al rione Monti 32, che fa perno su un’altra grande monaca del Seicento, Francesca Farnese 33; nel 1652 l’istituto delle agostiniane
Anna Colonna (1603-1647), figlia del connestabile Filippo Colonna e Lucrezia Tomacelli,
sposa nel 1627 Taddeo Barberini, primo principe di Palestrina.
30
Chiara della Passione (1610-1675) rappresenta il radicamento sul terreno devozionale
femminile dell’esperienza carmelitana. Dopo l’influsso delle opere di Teresa e di Giovanni
della Croce, a Roma fu determinante la diffusione dell’esperienza religiosa di Maddalena de’
Pazzi cui contribuì da un lato il processo di beatificazione della Congregazione dei Riti e dall’altro la divulgazione del suo pensiero per opera del padre Virgilio Cepari, che fu il suo confessore. È opera sua la prima biografia pubblicata a Roma nel 1669 dalle Carmelitane della
Santissima Incarnazione. Chiara aveva trovato il suo primo approdo monastico in Sant’Egidio, dove rimase fino al 1654, quando la grande fabbrica di Regina Coeli poté accogliere lei
e un piccolo drappello di monache. La descrizione del suo passaggio da Sant’Egidio a Regina Coeli è un pezzo che ci porta nel più fastoso barocco: «Giovedì sera [16 maggio 1654]
l’em. card. Antonio e Carlo Barberini, assieme al sig. card. Colonna e tutti li signori Colonnesi che sono hora in Roma, et altri signori e dame col seguito di 30 carrozze accompagnarono dal monastero di S. Egidio delle carmelitane scalze in Trastevere a quello fatto fabbricare
a sue spese dalla principessa donna Anna Barberini, sotto il titolo della Regina del Cielo alla
Lungara, la madre suor Chiara Maria, sorella minore di detto em. Colonna [...]» (Biblioteca
Corsiniana, ms. 1753, c. 139).
31
Abbondantissima documentazione in: ASV, Misc., Arm. VII, 37, ff. 90-463.
32
Descrizione del convento in: A. Nicoletti, Vita della venerabile madre suor Francesca
Farnese detta di Gesù Maria dell’Ordine di Santa Chiara [...], In Roma, appresso G. Dragondelli 1660, pp. 310 e segg.; O. Montenovesi, Il monastero della Concezione ai Monti,
«Archivi», pp. 313-341.
33
Sulla vicenda, umana e spirituale, della inquieta damigella destinata alla brillante vita di
corte e invece poi approdata alla disciplina conventuale e alle protezioni cardinalizie cfr.: S.
Andretta, La venerabile superbia. Ortodossia e trasgressione nella vita di suor Francesca
Farnese (1593-1651), Torino 1994. Le ragioni che alimentano la pietà della clarissa Francesca Farnese (morta a 40 anni nel 1649) si ricollegano a un francescanesimo rivissuto nella povertà e nel distacco dalle cose create. La costante preoccupazione della Farnese fu di tradurre nella concretezza della vita, sua e delle sue monache, la convinzione che la riforma della
vita monastica femminile doveva passare per la restaurazione di valori originali della tradi29
317
dei Sette Dolori, eretto alle pendici del Gianicolo da Camilla Savelli 34 con
l’intervento del Borromini che vi lascia, incompiuta, una delle sue opere più
alte; la lucchese Anna Moroni fonda il convento del Bambin Gesù nel 1661 35
per le fanciulle povere; nel 1668 sono trapiantate a Roma le suore dell’Annunciazione, fondate a Genova da Maria Vittoria Strata Fornari e guidate dal
gesuita Bernardino Zanoni: aprono un convento sull’Esquilino 36 con l’appoggio finanziario degli Orsini e regolano la loro vita ascetico-devozionale
sulla spiritualità ignaziana 37. Le Orsoline aprono una casa in Trastevere nel
zione francescana: la povertà e l’assimilazione al Cristo sofferente. Per perseguire i suoi intenti di riforma fu fondamentale la sua intesa con i Barberini, non solo nel legame con i confessori di San Lorenzo in Damaso e con il rapporto con Costanza Magalotti Barberini e le nobildonne romane orbitanti intorno a lei, ma anche direttamente con la stessa corte pontificia.
Tra la Farnese e il cardinale Francesco Barberini si stabilirono rapporti intensi, in funzione
di una reciproca commistione di ambizioni: il rigorismo della Farnese da una parte e la strategia barberiniana di fondazione e riforma dei monasteri femminili. Ad opera del cardinale
Barberini furono approvate dalla Sacra Congregazione dei vescovi (1638) le nuove costituzioni del monastero della Santissima Concezione di Albano, scritte dalla Farnese, e simultaneamente il cardinale veniva investito della protezione dei monasteri farnesiani (BAV, Arch.
Barb., Indice I, 775, Brevi del 1° aprile e 24 luglio 1638 per la protezione dei monasteri farnesiani da parte del cardinal Francesco Barberini). Con l’appoggio del cardinale, la Farnese
riformò il monastero di Santa Maria degli Angeli a Palestrina (feudo dei Barberini) e realizzò il suo ultimo progetto, e il suggello della sua vita: edificare un monastero a Roma, a due
passi da dove era stata richiusa negli anni della sua adolescenza: il monastero della Santissima Concezione ai Monti.
34
Sul convento e la sua fondatrice cfr.: M. Bosi, La serva di Dio Camilla Virginia Savelli
Farnese, fondatrice del monastero e della chiesa delle Oblate di S. Maria de’ Sette Dolori,
Roma 1953. L’ascesi praticata nel convento era stata impostata con grande moderazione «in
modo che - si legge nelle Costituzioni - possa divertire né deboli, né inferme di accolarvisi
per attendere alla perfettione» (Ibidem, p. 68, n. 1). Pochi anni dopo la sua fondazione l’istituto è popolato da 43 coriste, 10 coadiutrici, 10 converse. Altre dieci ragazze avevano inoltrato richiesta di entrare in monastero (Ibidem, p. 61).
35
Cfr. G. Vasi, Delle magnificenze di Roma antica e moderna [...], In Roma, nella stamperia
del Chracas presso San Marco al Corso, 1747-1761, p. 40.
36
ASV, Misc., Arm. VII, 36, ff. 78-79. Il loro trapianto a Roma fu consentito dietro particolari
condizioni, fra cui accogliere non meno di 12 e non più di 30 coriste e 7 converse, con la soggezione al cardinale Vicario, che doveva fissare la dote delle monacande (Ibidem, ff. 80-80v).
A. Erba, sub voce, in Dizionario degli Istituti di perfezione, I, Roma [...], coll. 668-670.
37
La loro regola, si legge in un documento dell’ASV, cit., f. 79, «moderata nell’asprezza del
vivere con eccellenza nella perfetta communità, nella puntualità dell’osservanza, nell’intiero
318
1602 (Sante Rufina e Seconda) e una presso San Carlo al Corso in strada Vittoria nel 1668.
Questi semplici dati non hanno la pretesa di esaurire il quadro dei nuovi insediamenti secenteschi a Roma, ma sono sufficienti a rendere conto della grande ricettività del contesto sociale in cui si esprimono. Nessun dubbio
che i monasteri del Seicento a Roma, al di là del fatto religioso, costituiscono
anche un fatto sociale. Essi certamente vengono incontro a esigenze di natura religiosa e devozionale, ma raccolgono pure i disordinati problemi di tutta una società. «È la città che ha bisogno di queste “isole”, che le sollecita e
le provoca, perché vi possa depositare i suoi profondi squilibri sociali e trovare in esse un’estrema riserva alla soluzione dei problemi che quegli stessi squilibri provocavano e rendevano insostenibili ai più umili» 38. Premessa strutturale dello sviluppo delle fondazioni dei monasteri femminili a Roma
e in generale in Italia, è senza dubbio, come è stato notato, l’incremento demografico e il generale aumento delle doti matrimoniali che si verifica in diverse città italiane già a partire dal secolo precedente. La concezione patriarcale della famiglia con la trasmissione dei beni patrimoniali al primogenito e
l’esclusione dall’eredità delle figlie dotate è propria delle grandi famiglie detentrici di possessi fondiari. Il diritto alla dote, la cui consistenza è computata in base alla condizione patrimoniale della famiglia, si trasforma in elemento discriminante fra i membri della stessa famiglia: alcune donne sono destinate al matrimonio e altre al convento 39. La politica familiare tende ad assicurare ad una sola delle figlie un buon matrimonio e l’uso di versare una dote
al monastero al momento della professione non è tale da far recedere le famiglie: l’entità della dote monastica infatti è di gran lunga inferiore a quella matrimoniale 40.
La memoria «costruita»: le «vite esemplari» fra pietà e disciplinamento religioso
Riportiamo, tra le tante, la biografia di una monaca dalle cronache del
monastero:
staccamento dal mondo». Molte carte amministrative del monastero si trovano in: ASRoma,
Corporazioni femminili, buste 5306-5326.
38
Fiorani, Monache..., cit., p. 70.
39
G. Zarri, Monasteri femminili e città (secoli XV-XVIII), in Storia d’Italia. Annali 9: La
Chiesa e il potere politico, a cura di G. Chittolini e G. Miccoli, Torino 1986, pp. 363-366.
40
Ibidem, p. 367.
319
«Adì 3 agosto 1642 – passò a miglior vita la v. madre sor Maria Francesca del Giocondo, venuta in compagnia con le fondatrici Barberine. Fu
figlia del q.m Amadio del Giocondo e della sig.a Lucretia Martelli nel
Giocondo. Nacque l’anno 1572 adì 7 luglio. Nel battesimo fu chiamata Ginevra, hebbe due fratelli e sei sorelle. Tre furono religiose e tre accasate. La Ginevra fu la prima e la più amata. La tenne sempre la sig.a
Honesta Federici, nonna paterna. Questa signora né il padre non volevano in conto alcuno si monacasse; accadde che una sua cugina di casa
Gondi doveva prendere l’abito in Santa Maria dell’Angeli; con tale occasione la Ginevra entrò per assistere al vestiario; con che gli si accrebbe il desiderio di monacarsi, confirmandosi nella santa vocatione che
sempre aveva avuto; tanto che, ritornata in casa, disse apertamente volersi fare religiosa in Santa Maria dell’Angioli. Suo padre faceva il sordo, ma ella tanto disse, tanto pregò, che si contentò il padre che entrasse per dieci giorni a prova in Santa Maria dell’Angioli; ma con questo
che non dicesse di volersi monacare; partito il padre, voltossi alla zitella che la serviva e disse: “lo dirò ben io alle madri, e poi se mio padre vorrà che esca, m’ha da promettere di lasciarmi fare monaca, ovvero non uscirò”.
Terminati li dieci giorni, furono tali li prighi che fece al padre, che egli
– come timorato di Dio – conoscendo essere vera vocatione quella della figlia, gli diede la licenza tanto bramata; e per essere sopranumeraria, ottenne licenza che fosse accettata e si potesse monacare adì 4 de
1586.
Avanti la Ginevra s’accettasse, la nostra santa madre stando in estasi,
vidde la detta fanciulla con due altre, che Dio l’haveva destinate ad aeterno per religiose nel suo monastero, e per piante fruttifere, e che una
era la Ginevra e tutte, a guisa di lucente stelle, dovevano risplendere
nella santa Povertà e Semplicità.
Adì 28 agosto, giorno del glorioso s. Agostino, essendo la santa in estasi
vidde che il santo prendeva li nomi di tutte le monache per proteggerle,
e quando giunse al nome di Ginevra (che era in monastero con altre accettate) disse: “pura, humile, et imitatrice dell’Agnello Immaculato”.
Altra volta la Santa Madre essendo in ratto prese un suo lavoro che non
vi riluceva la semplicità religiosa, lo trinciò e gettò via, et ella restò
mortificata et amaestrata.
Ritrovandosi la santa in estasi predisse ad alcune religiose la loro morte vicina e la nostra sor Maria Francesca gli disse: “et io, Madre, mi ho
a preparare à presto morire?”. Al che la santa gli rispose e disse: “quando io stenderò il mio dito preparati”. Così successe che alcun tempo prima della sua morte essendo in choro in quest’anno per riverire e bacia320
re il santo dito anulare già donato da papa Urbano VIII alle sue nepoti
in questo monastero; nel baciare dunque ella il santo dito sentisse interiormente: “ho steso il mio dito, preparati”, e se bene era sempre vissuta santamente, com più diligenza si preparò, et alli 3 di agosto passò la
sua anima al Signore; e riposò in età d’anni 70; di religione in Fiorenza
53; et in questo monastero di Roma anni due.
Fu sepolta nella nostra chiesa. E preghi per noi; che Dio ci dia gratia
d’imitare gl’esempi che ci ha lasciati d’humiltà, non volendo essere dichiarata sottopriora, benché esercitasse tutto quello al che l’offitio l’obbligava, et essendo di sì grave età, era sì soggetta alla madre priora e ai
suoi ordini che con l’esempio insegnava alle novizie l’humiltà et obedientia; parlava sempre di cose di Dio e delli insegnamenti uditi, et estasi vedute della Santa Madre (Maddalena); si conosceva avere appreso
il zelo che la santa haveva che si recitassero con pausa, devotione et attentione li divini officii; alle novizie insegnava il modo di salmeggiare con il canto gregoriano, in cui le feste solenni si suol cantare le messe e vesperi solenni; lei sempre era la prima in choro, al lavoro, alle fatighe; e con esempio e parole accendeva tutte ad imitare il fervore della Santa Madre.
Non vi essendo allora clausura, spesso entravano dame, ma ella quanto più poteva fuggiva dal farsi vedere; e quando pure era necessario che
vi dovesse comparire, rapiva tutte con la modesta compositione, e raggionamenti santi.
Circa la santa povertà era tanto zelante che resettava et accomodava le
sue et altrui vesti con pezze e punti, che le faceva durare molto più; e
vi faceva risplendere con la povertà la semplicità e nettezza; non stava mai all’ozio: o lavorava o filava la capicciola o trascriveva le messe
stampate di canto gregoriano, acciò per non esservene allora nel monastero supplissero al bisogno.
Lei doppo le tre della mezzanotte chiamava le altre al mattutino, accendeva il lume alle novitie e di subito correva al choro; et era la prima a
entravi e ultima a partire; era discretissima con le novitie e con le serventi, e con tutte; e se vedeva alcuna afflitta e malinconica soleva dirgli: “bambolina mia, sursum Corda”; et “in cuore tristo (cioè afflitto e
malinconico) non habita Christo”.
Le Costituzioni le stimava et osservava a puntino; e ne discorreva con
stima tale che niuna era ardita in sua presenza mostrarne retinenza o a
dirne parola in contrario; all’assistenza del SS.mo (Sacramento) stava
di continuo con le mani giunte, senza partirsene sino che non si risponeva, eccetto l’obbedienza o charità non gliel’avessero impedito; diceva spesso che noi religiose siamo le più felici del mondo, che basta che
321
camminiamo nella discreta vita che professiamo, ma con interna virtù et
esterna charità, compositione et oratione, che saremo partecipi dei meriti dei più penitenti religiosi; e che eravamo tenute a non disordinare o
a fare eccessive penitenze per mantenerci sane; e potere correre di notte
e di giorno al choro, alle fatiche e obbedienze; e questo che si è detto è
un abbozzo del suo santo operare et insegnare con parole e fatti.
Quando morse non si trovò niente di più nella sua celletta di quello che
dà la communità. Ma con la povertà vi era anche la nettezza. Fu osservato che essendo nel cataletto all’elevatione della messa comune, il suo
volto divenne allegro e bello. Il Sig.re Iddio sia sempre lodato, e ringraziato».
È evidente, in questa come nelle altre biografie delle monache, l’intento
parenetico, la stretta analogia e la perfetta rispondenza ai contenuti della tradizione agiografica, in particolare a quella del Seicento 41. Viene evidenziata l’appartenenza della monaca alla classe nobile (quando è di origini nobili). L’eventuale disprezzo della protagonista nei confronti del maggior rispetto che le deriverebbe dall’origine nobile non fa che accrescere l’esaltazione
delle sue doti di estrema umiltà: dal punto di vista strutturale la biografia spirituale possiede alcune caratteristiche particolari, obbedisce a stereotipi, secondo alcuni itinerari tipo, all’interno dei quali le singole storie individuali
vengono inserite. La successione cronologica degli eventi coincide infatti con
l’individuazione dei momenti esistenziali più rilevanti: il tirocinio religioso
sin dalla fanciullezza, il consolidarsi della vocazione e l’eventuale ingresso
nel convento, l’elencazione delle virtù morali e infine la morte edificante. In
tal modo la redazione delle varie biografie (a parte i puri e semplici dati anagrafici) appiattisce completamente l’individualità dei singoli personaggi, sacrificati e assimilati agli stereotipi di modelli esemplari.
La volontaria vocazione religiosa viene messa in evidenza, a volte anche
oltre ogni limite del verosimile (quando si tratta di giovinette o addirittura di
bambine). Il definitivo distacco dalla famiglia è tipico del percorso spirituale
della religiosa, che attraverso questa prova deve dimostrare la propria capacità di allontanamento da qualsiasi tipo di affetto terreno. Il disprezzo dei legami terreni determina la totale dedizione a Dio la massima concentrazione
nell’orazione spirituale, che conduce talvolta la protagonista a vere e proprie
estasi visionarie, decisamente irrazionali, allegoriche e mistiche.
L. Antonucci, Scrivere la santità. «Vite esemplari» di donne nella Roma barocca, in Storia d’Italia, Annali 16: Vita civile e religiosa dal giubileo di Bonifacio VIII al giubileo di
papa Wojtyla, a cura di L. Fiorani e A. Prosperi, Torino 2000, pp. 654-676.
41
322
Una sensibilità spirituale decisamente superiore alla norma determina altresì l’attribuzione delle doti di divinazione, che si manifestano nella capacità di predizione del futuro e talvolta nella realizzazione di veri e propri miracoli.
Tutte le biografie terminano descrivendo la finale tappa terrena del percorso esemplare tracciato dalla vita delle protagoniste: la morte, che spesso
sopraggiunge al termine di una dolorosa malattia. E se i tormenti delle malattie vengono dissimulati e sopportati con rassegnazione, anche la morte viene
accettata volentieri, perché dà «principio a nuova vita».
Monache e matrone a Roma
Sin dall’inizio del XVII secolo si nota un crescente protagonismo femminile nei momenti più visibili e prestigiosi della vita religiosa ed ecclesiastica, come l’«osservanza» nei monasteri oppure la costruzione di modelli agiografici, nonché nella stessa condizione laica: in entrambi i piani si segnalava
l’incessante sviluppo di un decisivo matronage aristocratico che vedeva coinvolte molte «vecchie» ma soprattutto «nuove» ed emergenti famiglie romane:
come gli Aldobrandini, i Borghese, i Ludovisi prima, i Barberini e i Chigi poi,
che andavano sopravanzando i Colonna, gli Orsini, i Farnese 42.
Le nobildonne sono parte integrante dei momenti topici della vita religiosa: accompagnano le cerimonie più solenni – ingressi, vestizioni, decessi –
e sostengono attivamente le economie, spesso precarie, dei monasteri. Le attività verso i luoghi pii furono un tassello importante nell’ambito del sostegno
assistenziale e costituirono un veicolo importante e complementare all’affermazione del prestigio sociale della famiglia. Tra l’aristocrazia femminile e i
monasteri si stabilisce un legame assai stretto, una simbiosi e una proiezione
reciproca. Per l’aristocrazia l’attenzione verso le monache e l’intrusione tra
le mura claustrali significò la condivisione di un ruolo prestigioso e insieme
di un contropotere familiare, di status e di genere. Inoltre disegnò un’identità secolare della nobildonna cristiana, che da un lato si specchiava nella condizione monacale e dall’altro diveniva complementare alla ricerca della perfezione delle altre condizioni esistenziali di figlia, sposa, madre e vedova. Per
la monaca, dall’altro lato, significò una compartecipazione alle inquietudini
del mondo femminile al di fuori dei «sacri recinti», che consentì, al di là dei
Cfr.: C. Valone, Roman Matrons as Patrons. Various Views of the Cloister Wall, in C.
A. Monson, The Crannied Wall. Women, Religion and the Arts in Early Modern Europe,
Michigan 1992; Andretta, Potere e monache..., cit., pp. 405-407.
42
323
consueti canali di mediazione del mondo religioso maschile, un’occasione di
proiezione verso l’esterno.
Nei monasteri le nobildonne trovavano un rifugio, una casa sempre pronta ad accogliere e riverire. Fossero pure case rigorosamente precluse, esse riescono a infrangerne i divieti, a superarne i cancelli senza difficoltà. Anzi per
le signore dell’aristocrazia romana era stato, per così dire, istituzionalizzato il
privilegio di poter accedere all’interno dei conventi, con tanto di corteggio al
seguito 43. Come se i corridoi silenziosi, gli orti e i chiostri monacali fossero
chiamati ad apprestare, oltre che un contesto propizio alla meditazione delle
monache, anche un salotto per nobildonne in vena di qualche originalità. Anche quando il privilegio sarà abolito almeno in un caso rimane in piedi: nella persona, cioè, di Cristina di Svezia, che troviamo indiscreta e loquace frequentatrice di monasteri romani.
Nei monasteri le nobildonne possono esercitare il potere e il fascino del
madrinaggio proprio del ruolo femminile e scongiurare i rischi di una deminutio sociale. Vedovanza e santità sono le caratteristiche di molti luoghi pii,
specialmente di quello delle Oblate di Tor de’ Specchi, fondato da santa Francesca Romana, prediletto in modo speciale dalle nobildonne romane sopravvissute al marito. Non vi è famiglia altolocata e influente in Roma che non
insegua una propria politica di un’attenta cura di vecchi ma anche di recenti
monasteri. Del resto il secolo barocco fu contrassegnato da una fase di grande effervescenza e di espansione notevole delle fondazioni monastiche 44.
L’elenco delle matrone romane coinvolte (Orsini, Tomacelli, Massimi, Borghese, Capizzucchi, Biondi, Lancellotti, Ludovisi, Peretti, Rondanini, Cesi,
Altieri, Aldobrandini, Savelli, Cesarini, ecc.) è interminabile e pervade tutta la mappa della devozione pubblica e privata. La loro influenza sempre più
frequentemente si innervava nell’intimo della vita stessa dei monasteri, specie femminili, agendo da importante elemento di mediazione tra le comunità
di religiose, la sorveglianza ecclesiastica e la città.
Negli anni centrali del Seicento si distinsero figure di grande carisma ed
energia in veste di assolute protagoniste della scena romana, Olimpia Maidalchini Pamphilj, innanzitutto. Nel principio del pontificato di Innocenzo X
Le monache se ne lamentano spesso con l’autorità. In una lettera a Clemente X Altieri,
scritta da alcuni monasteri romani, si sollecitano interventi «perché entrando frequentemente in essi, in virtù dei loro brevi apostolici, diverse dame primarie della città, e con esse introducendo moltissime persone, talvolta anche d’ogni conditione e qualità sino al numero di 50
o 60 per volta, riesce non solo di gran disordine la clausura de’ medesimi tanto taccomandata dal S. Concilio di Trento, ma di molta distrazione dalle cose spirituali» (ASV, Misc., Arm.
VII, 37, f. 341).
44
Cfr. Fiorani, Monache..., cit., pp. 68 e segg.
43
324
Pamphilj si raccomandarono a lei i deputati del popolarissimo conservatoriomonastero di San Filippo Neri, disorientati per la morte del principale benefattore, per porsi sotto la sua grazia e influenza; e donna Olimpia prese talmente sul serio la richiesta da nominare personalmente il protettore nella persona del cardinale Cristoforo Vidman 45. Successivamente Cristina di Svezia,
che costituì un’ingombrantissima presenza nei monasteri romani e accompagnò con la sua mondanità e le sue intrusioni regali tutte le insofferenze, i segni del disagio, gli aneliti di condivisione alla vita cittadina presenti nell’universo monacale 46.
Questo universo risultò altresì marcato nel corso del Seicento in modo
assai deciso dal segno barberiniano, i cui motori principali furono innanzitutto Costanza Magalotti, l’illustre cognata di Urbano VIII, esempio di virtù «in
tutti li stati di vergine, di maritata, di vedova e di monaca, et a tutti tali stati di
esempio ottimo» 47 e quindi i suoi figli, i cardinali Antonio e Francesco Barberini. La Magalotti fu protagonista nel contribuire alla fondazione del monastero delle «Convertite alla Lungara», nel compiere opere sante in occasione
della beatificazione di Maddalena de’ Pazzi e di santa Rita da Cascia e della
canonizzazione di santa Elisabetta, nel rincorrere indefessamente ogni indizio di «perfettione» monacale. Fu accanto alla Farnese quando questa si recò
a riformare il monastero di Palestrina. Raramente fu estranea alle imprese più
rilevanti del pontefice nella sfera devozionale. Decisivo fu poi il suo apporto quando Urbano VIII volle creare il monastero delle «Barberine», con suor
Maria Grazia e suor Innocenza, sue nipoti e figlie di Costanza, che erano state fatte venire espressamente con un drappello di monache dal monastero di
Santa Maria degli Angeli di Firenze. Ed esse vi si accomodarono nella veste
di fondatrici del monastero – perché non ci fossero dubbi sulla destinazione prestigiosa – e ci vissero in compagnia di nobildonne fiorentine, genovesi, romane e napoletane. Con una partecipazione corale della famiglia, l’Incarnazione del Verbo divino venne fatto edificare vicino al palazzo Barberini
e posto, con una forma mitigata, sotto la Regola carmelitana di santa Teresa.
La stessa Costanza Magalotti vi morì nel 1644 dopo essersi vestita monaca
in extremis. Sin dal suo esordio il monastero delle Barberine venne finanzia ASV, Misc., Arm. VII, 36, ff. 317-318. L’età delle «zitelle pericolose» si aggirava tra i sette
e i diciotto anni. Erano per lo più figlie di servitori, cocchieri, garzoni, falegnami, calzettari,
sarti, carrettieri, locandieri, osti, carcerati, e molte le orfane di padre. Nel 1660 poteva contare su 18 monache, cui erano affidate sessanta puellae (Ibidem, f. 345).
46
Per nuovi scorci e per un aggiornamento bibliografico sul personaggio cfr.: L. Fiorani,
Verso la nuova città. Conversione e conversionismo a Roma nel Cinque-Seicento, “Ricerche
per la storia religiosa di Roma”, 10 (1998), pp. 140-155.
47
Vita di donna Costanza Magalotti, in: BAV, Barb. lat., 4842, f. 2.
45
325
to da massicce donazioni familiari. Il prefetto di Roma Taddeo Barberini fece
un donativo di ventimila scudi in cambio di un «giuspatronato onorifico» 48
e nei libri contabili del cardinal Francesco Barberini l’Incarnazione «in strada Pia alle Quattro fontane» condivise con San Lorenzo in Damaso il primato
delle sovvenzioni più munifiche 49. Questa istituzione, tributo del potere papale alla città di provenienza e al modello mistico, esprimeva compiutamente uno spiccato esempio di monastero familiare e aristocratico: fu sempre stimato nell’opinione pubblica, insieme a quello delle clarisse di San Lorenzo in
Panisperna, uno dei più ricchi e più ambiti per le monacazioni nobiliari 50.
ASV, Sec. br., 950, Diversorum, Urbanus VIII, libr. XIV, ff. 569-579.
Nel 1639 e nel 1640 nella «fabrica» vennero impegnati rispettivamente 9.722 e 6.726 scudi (BAV, Arch. Barb., Computisteria, 51: Libro Mastro C (1635-1640), f. 365; Ibidem, 52: Libro Mastro D (1641-1647), f. 87. E ancora, verso il tramonto della sua esistenza, dal 1676 al
1679, vennero elargiti 14.035 scudi, cfr.: Ibidem, 58: Libro Mastro I, f. 87. Per avere un termine di paragone, mantenere una novizia in un normale monastero costava al cardinale non
più di 30 scudi l’anno.
50
G. Panciroli, Roma Sacra antica e moderna, Roma 1725, p. 160.
48
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Indice
Gianna Dotti Messori
Presentazione.............................................................................................. p. 3
Atti della giornata di studi di Spezzano
Gian Paolo Bustreo
Gli archivi degli Ordini mendicanti fra Medioevo ed età
moderna. Considerazioni d’insieme e spunti comparativi......................... p. 9
Giuseppe Rabotti
Gli archivi ecclesiastici nei convegni di studio annuali
di Fiorano Modenese e di Ravenna. Dopo un decennio . ........................ p. 23
Anna Riva - Elena Stendardi
Per un censimento degli archivi delle congregazioni
religiose femminili di Piacenza. Primi risultati........................................ p. 29
Monsignor Guido Agosti
Monasteri femminili nella Diocesi di Reggio Emilia................................ p. 47
Enrico Angiolini
L’archivio del monastero di Santa Chiara di Carpi ................................ p. 63
Mariagiulia Sandonà
Gli inventari di soppressione dei beni mobili di Santa Chiara
in Carpi in epoche napoleonica e sabauda ............................................. p. 67
Suor Maria Eugenia Giglioli
L’archivio dell’Istituto delle Figlie della Provvidenza
per le Sordomute, tra memoria e profezia................................................ p. 81
Suor Maria Cristina Marani o.s.a.
Il monastero del «Corpus Domini» di Cento............................................ p. 85
Gianna Dotti Messori
Il Monastero della Visitazione di Santa Maria di Modena
e il suo archivio: quattro secoli di storia ................................................. p. 97
Paulo Frederico Bebiano Alunni Serra
L’archivio del monastero delle Clarisse
di Santa Rosa di Viterbo..........................................................................p. 113
Atti della giornata di studi di Ravenna
Claudia Baldini
Gli archivi delle comunità religiose femminili
delle Diocesi di Ravenna e Faenza - Modigliana................................... p. 147
Mariafiamma Faberi o.s.c. - M. Giovanna Cereti o.s.c.
L’archivio del monastero delle Clarisse in San Biagio di Forlì............. p. 153
Claudio Riva
Gli archivi dei monasteri femminili cesenati.......................................... p. 167
Gian Lodovico Masetti Zannini
Archivi di monasteri femminili di Rimini................................................ p. 179
Suor Anna Chiara Sanulli o.s.a.
Archivio delle monache agostiniane del monastero
di San Giovanni Battista in Forlimpopoli. Inventario............................ p. 185
Andrea Ferri
L’archivio generalizio della Congregazione delle Piccole Suore
di Santa Teresa di Gesù Bambino di Imola............................................. p. 219
Federica Giovannini
Le pergamene del monastero di Santa Maria Maddalena
di Sant’Agata Feltria: un patrimonio da salvare.................................... p. 235
Suor Lucia Nespoli - Cristina Roccaforte
Dalle Terziarie del Giglio all’Istituto Suore
Francescane Missionarie di Assisi: un percorso
storico archivistico dall’Assisi del ’700 ad oggi.................................... p. 269
Luigi Cacciaglia
L’archivio del monastero dell’Incarnazione detto
delle «Barberine» (1639-1907)............................................................... p. 303
del
Atti dei Convegni
«Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici»
1) Gli archivi parrocchiali: organizzazione, gestione, fruizione e ricerca
storica, Atti dei convegni di Fiorano Modenese (4 settembre 1996) e di
Ravenna (5 ottobre 1996), a cura di E. Angiolini, Modena 1997.
2) L’amministrazione archivistica e gli archivi parrocchiali, Atti del convegno di Spezzano (18 settembre 1997), a cura di E. Angiolini, Modena
1998.
3) Libri canonici e stato civile: segretazione o consultabilità? Orientamenti legislativi e storiografici, Atti del convegno di Spezzano (4 settembre
1998), a cura di E. Angiolini, Modena 1999.
4) Le vie della devozione: gli archivi dei santuari in Emilia Romagna, Atti
dei convegni di Spezzano (3 settembre 1999) e di Ravenna (1° ottobre
1999), a cura di E. Angiolini, Modena 2000.
5) Gli archivi capitolari dell’Emilia Romagna, Atti dei convegni di Spezzano (6 settembre 2000) e di Ravenna (11 ottobre 2000), a cura di E. Angiolini, Modena 2001.
6) Gli archivi delle chiese collegiate. Problemi e prospettive, Atti dei convegni di Spezzano (4 settembre 2001) e di Ravenna (5 ottobre 2001), a
cura di E. Angiolini, Modena 2002.
7) Problemi di conoscenza e di integrazione: gli archivi delle diocesi aggregate, decentrate e soppresse, Atti dei convegni di Spezzano (4 settembre 2002) e di Ravenna (5 ottobre 2002), a cura di E. Angiolini, Modena 2003.
8) Gli archivi dei Seminari, Atti dei convegni di Spezzano (3 settembre 2003)
e di Ravenna (11 ottobre 2003), a cura di E. Angiolini, Modena 2004.
9) Le pergamene nell’era digitale, Atti dei convegni di Spezzano (3 settembre 2004) e di Ravenna (24 settembre 2004), a cura di E. Angiolini, Modena 2005.
10) Cum tamquam veri. Gli archivi conventuali degli ordini maschili, Atti
dei convegni di Spezzano (16 settembre 2005) e di Ravenna (30 settembre 2005), a cura di E. Angiolini, Modena 2006.
11) Vite consacrate. Gli archivi delle organizzazioni religiose femminili, Atti
dei convegni di Spezzano (20 settembre 2006) e di Ravenna (28 settembre 2006), a cura di E. Angiolini, Modena 2007.
Per informazioni:
Assessorato alle Politiche culturali del Comune di Fiorano Modenese
Fax: 0536 / 83 34 31
E-mail: <[email protected]>
Sito Internet: http://www.fiorano.it
Finito di stampare
presso
Mucchi Editore
nel Settembre 2007
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Vite consacrate. Gli archivi delle organizzazioni religiose femminili