infosanità 33
Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Alleanze e strategie per
raggiungere l’obiettivo
EDIZIONI PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
ASSESSORATO ALLE POLITICHE PER LA SALUTE
Trento 2004
Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
© copyright Giunta della Provincia Autonoma di Trento. 2004
Collana
infosanità
numero 33
Assessorato alle politiche per la salute
Servizio Innovazione e Formazione per la salute
Via Gilli,4 - 38100 Trento
tel. 0461/494037, fax 0461/494073
e-mail:[email protected]
www.trentinosalute.net
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Atti del Seminario” Promuovere l’attività fisica nell’anziano - Alleanze e strategie per
ragggiungere l’obiettivo”, Trento, 30 gennaio 2004.
A cura di Enrico Nava
Servizio Educazione alla Salute - Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari
Coordinamento editoriale:
Vittorio Curzel
Impaginazione:
Giovanna Forti
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Presentazione
Le malattie croniche rappresentano in tutti gli Stati dell’Europa il maggior
carico di mortalità e di morbosità. I determinanti che predispongono gli
individui a sviluppare malattie non trasmissibili sono di tipo genetico, biologico,
comportamentale ed ambientale.
La riduzione e il controllo dei fattori di rischio comportamentali e ambientali
costituisce l’aspetto fondamentale per diminuire l’incidenza delle malattie
croniche e per modificarne il decorso.
La continua crescita e diffusione delle malattie croniche pone una sfida di
grande portata alla sanità pubblica e suggerisce la necessità di adottare
strategie integrate per il loro contenimento.
I fattori di rischio più significativi sono pochi e ben precisati: l’ipertensione,
l’ipercolesterolemia, lo scarso consumo di frutta e verdura, il sovrappeso e
l’obesità, la sedentarietà e l’abitudine al fumo.
Cinque di questi fattori di rischio sono strettamente legati all’alimentazione
e all’attività fisica e stanno alla base dell’insorgenza delle più gravi malattie
croniche e invalidanti (malattie cardiovascolari, diabete di II tipo e alcuni tipi
di tumori).
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, in uno dei 21 obiettivi di salute
per il 21° secolo, propone che entro l’anno 2020 debbano essere ridotte ai
minimi livelli possibili la morbosità, la disabilità e la mortalità precoce attribuibili
alle più diffuse malattie croniche. Tali obiettivi sono peraltro ripresi dalla
programmazione sanitaria nazionale e da quella provinciale.
È scientificamente dimostrato che l’attività fisica, se praticata con regolarità,
incide in modo significativo sulla qualità della vita migliorando lo stato di salute
e riducendo il rischio di mortalità generale. I benefici su malattie cardiovascolari,
obesità, diabete, e alcuni tipi di tumore e malattie osteo-articolari sono correlati
alla attività fisica.
Healthy People 2010, l’iniziativa del Governo statunitense che definisce
gli obiettivi di salute ed individua i principali rischi prevenibili per la salute,
considera l’attività fisica tra i maggiori indicatori di salute.
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Ritengo dunque che sia stata di estrema importanza l’ organizzazione
di un incontro seminariale che ha visto la partecipazione delle componenti
istituzionali del settore sanitario e sociale, ma anche le componenti della
società civile e del volontariato che, nel settore dell’attività fisica, possono
svolgere, attraverso iniziative mirate, sinergiche e coordinate, un’azione
preziosa per aumentare nella popolazione la consapevolezza di come stili di
vita sani possano dare un contributo significativo e sostanziale non solo alla
salute ma anche al benessere degli individui.
Sulla base di questi presupposti l’Assessorato provinciale alle Politiche
per la Salute intende investire sulla salute della popolazione del Trentino,
sostenendo iniziative per promuovere l’adozione di stili comportamentali in
grado di migliorare la qualità della vita delle persone.
Remo Andreolli
Assessore provinciale
alle Politiche per la salute
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Anche in Trentino l’invecchiamento della popolazione caratterizza
l’evoluzione della struttura demografica. Ciò comporta la necessità di rivedere
e calibrare le politiche sociali e sanitarie in modo da renderle flessibili e adatte
a sostenere questa modificazione.
Dobbiamo partire dalla riflessione fondamentale che la vecchiaia va
considerata non come una forma di sopravvivenza ma come una forma di vita,
e che è dunque necessario uscire dagli stereotipi comuni che sottolineano
solo gli aspetti negativi della vecchiaia. È vero che l’invecchiamento è un
processo connotato da problematicità, è vero che il corpo cambia, è vero che
la forza diminuisce, è vero che aumentano i rischi di malattia, ma è altrettanto
vero che i progressi sociali, scientifici ed economici hanno contribuito ad
aumentare di molto le aspettative medie di vita e quindi le opportunità per
una vita migliore.
Puntare quindi l’attenzione e gli interventi conseguenti a stimolare
un’immagine positiva dell’anziano, anche dell’anziano in difficoltà, diventa
uno degli obiettivi da perseguire.
Si insiste su questo aspetto proprio perché spesso si sottovaluta la possibilità
che l’uomo, se anziano, possa condurre una vita piena e attiva. Questi
pregiudizi alimentano, negli anziani, una perdita di fiducia in se stessi e, quindi,
anche un indebolimento delle loro potenzialità (”si lasciano andare”).
Molti studi dimostrano, infatti, che l’attività motoria nella persona anziana,
anche disabile, può contribuire al suo benessere sotto diversi punti di vista.
Perché essa sia effettivamente una fonte di benessere, è però necessario
che venga realizzata seguendo criteri specifici che si traducono in prestazioni
compatibili con l’età dei destinatari. E’ anche necessario che questa esperienza
abbia una valenza non solo di benessere fisico ma anche psicologico,
favorendo la socializzazione e la condivisione del tempo con altri.
I risultati sarebbero così duplici: da una parte ci sarebbe il recupero di un
rapporto positivo con la loro fisicità, proprio perché il corpo non sarebbe più
vissuto solo come legato ad uno stato di malattia e, dall’altra, si favorirebbe
la costruzione di relazioni significative all’interno del gruppo che condivide la
stessa esperienza.
In questa ottica l’attività motoria faciliterebbe una modificazione della
vecchiaia senza negarla e senza sovrapporvi un modello di altre generazioni
(quelle più giovani), favorendo un recupero di dimensioni che spesso gli stessi
anziani rifiutano di accettare (il corpo che cambia, lo stare insieme ad altri, il
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movimento non legato a necessità terapeutiche, ecc.).
Per rafforzare questa considerazione è necessario individuare maggiori
sinergie tra i soggetti, istituzionali e non, responsabili della salute delle persone,
salute intesa nella sua accezione più ampia di benessere fisico, mentale e
sociale, al fine di creare occasioni di incontro, scambio, comunicazione, per
poter concretizzare azioni efficaci rispondenti all’obiettivo fissato.
La Provincia, attraverso il Servizio per le Politiche Sociali, sta muovendosi
in questa direzione, proprio perché ritiene che l’attività motoria sia uno degli
strumenti che può contribuire a migliorare la qualità di vita degli anziani,
a favorire il mantenimento di uno stile di vita attivo, nel proprio ambiente,
a contatto con altri per evitare forme di isolamento e paura che spesso
accompagnano questa età.
Marta Dalmaso
Assessore Provinciale
alle Politiche Sociali
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Vorrei attirare l’attenzione sul sottotitolo di questo seminario: “Alleanze e
strategie per raggiungere l’obiettivo”.
Il concetto di alleanza tra i vari settori della società sanità, università,
ricerca, volontariato e della pubblica amministrazione è un tema centrale e
fondamentale se si vuole dare impulso alla promozione della salute.
Solo attraverso le alleanze si ottiene la capacità per fornire i mezzi alle
persone per controllare la salute.
L’attività fisica rappresenta un fattore molto importante di promozione della
salute, uno stile di vita.
Siamo stati portati a considerare l’attività fisica come un problema delle
giovani generazioni e dell’età di mezzo. Siamo anche portati a considerare
gli anziani come persone malate, ma in realtà moltissimi di questi godono di
una salute soddisfacente, si muovono autonomamente e costituiscono una
quota rilevante della nostra economia, non solo italiana.
È chiaro che in queste persone l’attività fisica serve per mantenere e
migliorare la salute.
La promozione della salute rappresenta la prima linea strategica della
nostra azienda e quindi l’iniziativa odierna è di assoluto rilievo, così come
di assoluto interesse è il contributo a questa iniziativa con solo dei partner
degli Assessorati alle politiche per la salute e alle politiche sociali, ma anche
dell’Università, dell’IRSRS (Istituto Regionale di Studi e Ricerca Sociale),
della UISP (Unione Italiana Sport per tutti) e di tutte le associazioni coinvolte
Carlo Favaretti
Direttore Generale Azienda Provinciale
per i Servizi Sanitari
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Indice
Presentazione ..................................................................................... 5
Introduzione ........................................................................................13
1. Promuovere salute è un obiettivo inetersettoriale ......................16
2. L’attività motoria nell’anziano nell’ambito delle politiche sociali...............................................................................21
3. Progettare per la riattivazione nell’ambito delle
politiche sociali...............................................................................24
4. Modelli efficaci di promozione della salute attraverso
l’attività motoria nella terza età .....................................................28
5. L’attività fisica come fattore di socializzazione per
l’anziano ..........................................................................................32
6. Esperienze di educazione motoria dell’Università
della terza età ..................................................................................35
7. L’offerta di attività fisica organizzata alla popolazione
anziana del Trentino .......................................................................38
8. Ruolo dei determinanti sociali ed ambientali per i
programmi di attività motoria ........................................................51
Tavola Rotonda...................................................................................61
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Introduzione
Alberto Betta
In questa breve introduzione ai lavori di oggi vorrei richiamare alcuni aspetti
di carattere generale per tracciare il contesto in cui è stato organizzato questo
Seminario.
L’interesse scientifico per l’attività fisica è del tutto recente: basti pensare
che due terzi degli studi sulle relazioni tra attività fisica e stato di salute della
popolazione sono stati condotti dopo il 1991. Il maggiore impulso alla ricerca si
è avuto in seguito al pronunciamento, nel 1992, dell’associazione dei cardiologi
americani che, sulla base degli studi internazionali fino ad allora condotti sulla
associazione tra sedentarietà e patologia cardiaca, ha concluso riconoscendo
formalmente che la sedentarietà rappresenta il quarto fattore indipendente
di rischio di malattia cardiovascolare.
Le evidenze scientifiche sui rischi per la salute sono rapidamente divenute
sufficientemente forti da far ritenere alla comunità scientifica americana che
era necessario organizzare attività di prevenzione rivolte a tutta la collettività,
strutturate in veri e propri programmi di sanità pubblica (Consensus on public
health reccomandations for physical activity, 1995). E già nel 1996 nel Surgeon
General’s Report on Physical Activity venivano richiesti più fondi non solo per
incrementare la ricerca ma anche per valutare l’efficacia dei metodi utilizzati
o da utilizzare per aumentare il livello di attività motoria nella popolazione.
Una volta dimostrata sotto il profilo scientifico la prevenibilità di un problema
sanitario, spesso si mettono in campo svariate attività per (potrei aggiungere
anche “pur di”) fare prevenzione.
L’impulso alla ricerca dovuto all’incremento dei finanziamenti ha permesso
certamente di capire meglio dal punto di vista scientifico quali aspetti della
salute dell’uomo sono positivamente influenzati dall’attività fisica (tabella 1),
ma anche quali metodi possano essere considerati più efficaci per promuovere
l’attività motoria della popolazione.
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Tab. 1
Per noi ovviamente è molto importante comprendere quali sono i metodi più
efficaci da mettere in campo in un intervento rivolto alla popolazione (tab.2).
Tab. 2
Ad esempio, è efficace fare campagne di comunicazione rivolte alla 14
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
comunità?
La risposta che deriva dall’analisi critica delle campagne messe in atto è:
sì, se fatte bene e su larga scala. Il 5% della popolazione in presenza di una
campagna ben articolata aumenta l’attività fisica. Il dato in valore assoluto
sembra molto modesto, ma se rapportato all’intera popolazione si può
facilmente capire come i numeri in gioco siano molto rilevanti.
È però molto interessante osservare come anche l’esistenza o la creazione
di una rete sociale (il supporto sociale negli ambienti di comunità) si è
dimostrata un fattore assai rilevante ed efficace nella promozione di questo
specifico aspetto legato alla salute della popolazione. La revisione critica delle
esperienze condotte internazionalmente dimostra non solo che il supporto
sociale condiziona sia l’incremento di attività fisica (+20%) sia il tempo dedicato
ad essa (+44%), ma che tale supporto risulta molto efficace in condizioni
molto differenziate tra loro: in ambienti anche diversi l’uno dall’altro (lavoro,
università, quartieri residenziali e così via), in età diverse (sia giovani che
anziani) , in sedentari e in persone già attive.
Proprio a questi ultimi aspetti può essere collegata la giornata odierna, il cui
obiettivo è quello di individuare un percorso che, a partire dalle conoscenze
scientifiche, possa concretamente promuovere l’attività motoria nella terza età
in maniera diffusa a tutta la popolazione, attraverso la condivisione di finalità
e strategie da parte della pubblica amministrazione (Provincia autonoma,
Azienda sanitaria, Comuni) e da enti e associazioni operanti sul nostro
territorio.
Riferimenti bibliografici
1. www.eufic.org/it/quickfacts/physical_activity.htm
2. www.thecommunityguide.org
3. www.ctfphc.org
4. Dunn A.L., BLAir S.n. – Translating Evidence-Based Physical Activity Interventions
into Practice – Am.J.Prev.Med. 2002; 22(4S)
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
1. Promuovere salute è un obiettivo intersettoriale
Enrico Nava
Pensare, solo qualche decennio fa, che il servizio sanitario avrebbe potuto
distogliere parte delle risorse economiche ed umane finalizzate alla lotta
contro le malattie o all’attuazione del recupero psico-fisico reindirizzandole
su fattori non direttamente connessi alle patologie, avrebbe probabilmente
suscitato perplessità.
Infatti l’organizzazione dei sistemi sanitari è sempre stata concepita per
il controllo delle malattie e finalizzata a creare le migliori condizioni per
curare.
Chi pensa ad un medico o ad un infermiere immagina un professionista che
si occupa di persone malate attraverso azioni di diagnosi e cura.
In tempi più recenti si è potuto però osservare che una sanità orientata
esclusivamente all’assistenza e quindi alla ricerca della qualità delle prestazioni
e alla razionalizzazione improntata a criteri di equità nell’uso dei servizi sanitari
non è sufficiente a migliorare il livello di salute di una popolazione.
Se ad esempio prendiamo l’indicatore mortalità e valutiamo le ricadute che
possono derivare da interventi su fattori biologici, fattori ambientali, sugli stili
di vita o sul miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia dei sistemi sanitari,
si rileva come il contributo alla longevità di questi ultimi sia molto limitato a
fronte di una spesa cospicua.
Ciò rende conto di come anche i sistemi sanitari maggiormente efficienti,
in grado cioè di dare una risposta adeguata alle condizioni di malattia, ben
poco possano fare nell’affrontare la questione della salute intesa nella sua
globalità e complessità.
I determinanti della salute, cioè quei fattori che la influenzano direttamente
in senso positivo o negativo, vanno oltre il controllo delle politiche sanitarie
(Graf.1).
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Graf.1
Valga per tutti, e a solo titolo di esempio, quanto recentemente accaduto in
Russia dove, a seguito della crisi economica che ha investito il paese nel 1998,
l’aspettativa di vita è crollata a 58,9 anni negli uomini e a 71,8 nelle donne.
Questa variazione, che ha interessato prevalentemente persone giovani o di
mezza età, è stata dovuta prevalentemente a malattie cardiovascolari, suicidi,
omicidi, avvelenamenti accidentali e incidenti del traffico ed è stata messa
in relazione ad un importante decadimento del livello socio-economico e in
parte legata ad un incrementato consumo di alcol. Ciò non si è verificato in
paesi limitrofi quali Finlandia o Repubblica Ceca.
Quanto rilevato in Russia, fatte salve le debite proporzioni, accade anche
nelle società più ricche: le persone svantaggiate e meno abbienti hanno una
aspettativa di vita sostanzialmente inferiore e il loro grado di salute è più
scadente rispetto ai gruppi più fortunati.
Un recente studio condotto da Domenighetti nel Canton Ticino mette in
evidenza che i soggetti appartenenti alle “classi socio-economiche inferiori”
hanno percezione di uno stato di salute meno buono, sono maggiormente
affetti da problemi psichici, insonnia, obesità, consultano il medico più
frequentemente, hanno un maggiore tasso di ospedalizzazione e consumano
più farmaci.
L’OMS ha recentemente pubblicato la seconda edizione di un opuscolo sui
determinanti sociali di salute (The Solid Facts). Rimandando al documento
integrale per una lettura più accurata dei contenuti, vogliamo qui solo elencare
i gruppi di determinanti fondamentali rappresentati da: differenze sociali
(direttamente connesse all’impiego), fattori psicologici che determinano
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
stress, supporto alle famiglie con bambini in tenera età, esclusione e la
discriminazione sociale, lavoro usurante, disoccupazione, reti delle relazioni
sociali, l’uso di sostanze, l’alimentazione, le modalità di spostamento delle
persone (direttamente connesse all’esercizio dell’attività fisica e all’incidentalità
da traffico).
Viene immediata la considerazione che su questi fattori il ruolo che può
essere giocato dalla sanità è limitato ma non per questo sottovalutabile; risulta
altrettanto evidente che i soggetti che possono avere interessi e potenzialità
di intervento sono molteplici e sono connessi a contesti di politiche sociali,
del lavoro, dell’economia, della casa, dell’ambiente del territorio.
L’approccio a queste problematiche è evidentemente intersettoriale e
rappresenta un vero e proprio investimento che si può realizzare attraverso
programmi e politiche condivise: i primi verso i comportamenti e gli stili di vita
della popolazione e le seconde verso i contesti sociali e sulle condizioni di
vita. Ciò spiega anche perché l’approccio ai determinanti della salute avvenga
con modelli teorici e strategie sostanzialmente diversi da quelli utilizzati per
la prevenzione delle malattie, passando da una visione patogenetica ad una
salutogenetica (Graf. 2).
In ambito di prevenzione la strategia è progettata per ridurre i fattori di
rischio o per intensificare i fattori protettivi anche agendo sui comportamenti
degli individui o di gruppi selezionati, in promozione della salute si investono
fattori economici, sociali, culturali e ambientali.
Graf. 2: approccio della sanità pubblica centrato sulla salute
La carta di Ottawa per la Promozione della salute, sotto questo aspetto, rappresenta una pietra miliare essendo orientata alla trasformazione in senso favorevole alla salute di tutte queste condizioni, anche attraverso il rinforzo 18
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
di conoscenze, ma non solo.
Si tratta prima di tutto di un processo che deve:
- far emergere le ragioni dell’interesse collettivo (politico, economico, sociale,
ambientale) per difesa della salute e del benessere dei cittadini;
- rendere le persone competenti ad operare le scelte per la propria salute;
- agire a livello intersettoriale affinché a livello dei decisori e dei portatori di
interesse si raggiungano momenti di forte condivisione e partecipazione
in tema di salute.
Si evince ancora una volta l’intersettorialità delle responsabilità al cui livello il
rinforzo dell’azione della comunità rappresenta uno degli obiettivi più importanti
e stimolanti, soprattutto per il servizio sanitario, assolutamente legittimato
quindi a porre in essere tutte le azioni di empowerment collettivo.
La sfida consiste proprio nel promuovere, proteggere e migliorare la salute
e il benessere agendo con interventi che superino i confini del settore sanitario
e coinvolgano l’intera società civile.
Così, la nuova sanità pubblica si trova ad operare tramite alleanze che
coinvolgono in modo orizzontale i vari ambiti disciplinari, professionali e
organizzativi; essa fonda in questa collaborazione lo sviluppo e la traduzione
nella pratica di politiche basate su prove di efficacia in quei settori che hanno
impatto sulla salute.
La prima importante traccia del mutamento di pensiero e della ricerca di
modelli sanitari ispirati a questa nuova strategia si ritrova nel piano sanitario
nazionale 1998-2000 dove per la prima volta si cita il patto di solidarietà per
la salute sostenuto dalla collaborazione dei diversi livelli di responsabilità sia
delle istituzioni preposte alla tutela della salute che di una pluralità di soggetti: i
cittadini, gli operatori sanitari, le istituzioni, il volontariato, i produttori, il mondo
della comunicazione, la comunità nella sua globalità. Questa visione olistica
della salute peraltro è andata un po’ affievolendosi nel nuovo strumento
di programmazione sanitaria nazionale 2003-2005 che tuttavia conserva
perlomeno negli obiettivi strategici le principali tematiche di promozione della
salute, tra le quali emerge quella dell’attività motoria.
L’obiettivo sanitario delle promozione dell’attività motoria è stato per la prima
volta dichiarato nel citato piano sanitario nazionale 1998-2000, ma ben prima
in un documento OMS denominato “Linee Guida di Heidelberg” appariva
molto chiaramente l’importanza di investire in questo settore, identificando
come target di riferimento la popolazione anziana. Il limite inferiore di età
era stabilito in 50 anni, presumibilmente intendendolo come età nella quale
possono iniziare a svilupparsi nell’individuo atteggiamenti predisponenti ad
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
un comportamento da attuare con regolarità negli anni successivi, avendo
ben chiaro il concetto che l’attività fisica regolare giova comunque in tutto
l’arco della vita.
Questo obiettivo è stato riconfermato nel più recente piano sanitario
nazionale e anche nel documento di piano sanitario provinciale 2002-2004.
Su quest’ultimo documento vengono espressamente citati i principali settori
interessati: associazionismo, società sportive, trasporti, urbanistica, ambiente,
turismo, solo per elencane alcuni.
Si evince subito che si tratta quindi di un obiettivo di salute pubblica
intersettoriale per il raggiungimento del quale è indispensabile un pluralismo
di concorrenti.
Gli elementi di facilitazione prima citati in una generalizzazione
esemplificativa di iniziative di promozione della salute, di nuovo ricorrono nello
specifico: le politiche per la salute (o la sanità politica), la creazione di contesti
ambientali e strutturali (ambienti favorevoli) fruibili dai cittadini, l’educazione
e l’informazione al cittadino, rappresentano i cardini sui quali deve poggiare
una strategia di azione.
Quindi il percorso intrapreso si è fondamentalmente basato su approccio
sistemico che privilegiasse un modello interpretativo proprio delle organizzazioni
finalizzato alla creazione di un’alleanza per la salute nella quale i partecipanti
si ritrovassero negli obiettivi e potessero condividerne le strategie.
È stato così possibile concentrare attorno a questo nucleo di interesse
soggetti diversi o con diverse responsabilità organizzative: le politiche sociali,
l’università, le associazioni che promuovono sport e le associazioni che tu
telano i diritti degli anziani, la sanità infine che ha posto la promozione della
salute come valore primario nel proprio programma di sviluppo strategico.
Riferimenti bibliografici
1. T. Men, P. BrennAn, P. BoffeTTA, D. ZAriDZe. Russian mortality trends for 1991
2001: analisys by cause and region. British Medical Journal 2003; 327:964 (25
october).
2. The Solid Facts: social determinants of health. Second edition WHO Europe
2003
3. G. Domenighetti. Determinanti socio-economici della salute. Punto Omega anno
V, n. 11/2003 21:28.
4. Carta di Ottawa per la Promozione della Salute. In Punto Omega, 5/6, Trento
20
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
2001.
5. Linee Guida di Heidelberg per la promozione dell’attività fisica nelle persone
anziane. Quarto Congresso internazionale su attività fisica, invecchiamento e sport.
Heidelberg (D), agosto 1996 (www.who.int/hpr/ageing/heidelberg_eng.pdf)
2. L’attività motoria nell’anziano nell’ambito delle politiche sociali
Paolo Weber
Il problema odierno, come accennato in introduzione riguarda vasti ambiti di
intervento e molteplici sono i fattori in gioco.
L’attività motoria è certamente uno dei fattori che possono concorrere a
rendere l’invecchiamento meno traumatico.
Nel piano sociale 2002-2003 non c’è uno specifico riferimento all’attività
motoria per gli anziani, tuttavia si possono individuare due obiettivi dell’area
anziani strettamente connessi: l’adozione di iniziative per contrastare
l’isolamento dell’anziano attraverso la promozione di iniziative che ne
favoriscano l’integrazione sociale e la partecipazione ad attività ricreativo
culturali offerte dai centri di servizio e da altre strutture sul territorio. Il secondo
obiettivo riguarda il sostegno e lo stimolo del protagonismo dell’anziano
attraverso la promozione di una cultura che ne valorizzi il ruolo e l’incontro
tra le generazioni, la promozione di iniziative che consentano di abbattere gli
stereotipi nei confronti della vecchiaia, nonché la valorizzazione dell’anziano
come risorsa ai fini di aiuto e solidarietà nei confronti di altri anziani e di altre
fasce della popolazione.
Negli scorsi anni è stata avviata una campagna di promozione
dell’invecchiamento, esplicatasi attraverso vari strumenti informativi, con
l’obiettivo di superare lo stereotipo che circonda il concetto di vecchiaia, che
non è sinonimo di malattia e dipendenza, precarietà e inutilità, e per dare un
giusto peso agli aspetti qualitativi della vecchiaia. Si deve considerare infatti
non solo ciò che manca, ma anche ciò che resta focalizzando l’attenzione
sulle capacità residue e sulle potenzialità, sull’idea che anche a fronte di
gravi difficoltà vi sono soluzioni che possono aiutare l’anziano a far fronte
ai suoi problemi. Un secondo momento di questa campagna ha focalizzato
l’attenzione a promuovere l’immagine positiva dell’anziano anche se non
bisogna farla coincidere con l’anziano che sta bene, ma bisogna rappresentare
la condizione anziana in tutta la sua gamma: all’interno di questa varietà vanno
poi individuate tutte le iniziative possibili.
Vale la pena dare qualche dato per contestualizzare la dimensione del
fenomeno. In provincia di Trento gli ultra65nni sono circa 86.000, gli ultra75enni
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
40.000 e gli ultra85enni 12.000. Se andiamo a vedere gli utenti dei servizi
socio-assistenziali, la percentuale di persone che hanno la necessità di
accedere ad un qualche servizio è limitatissima.
Gli utenti del servizio di assistenza domiciliare e dei servizi complementari
nella popolazione ultra65enne sono poco più del 5%; ad essi è però da
aggiungere una quota, certamente inferiore a questa, che viene assistita
direttamente dai familiari.
Tra gli ultra75enni la percentuale sale di poco, sino al 9%.
I centri diurni per anziani non sono sufficientemente diffusi sul territorio e
ad essi accede meno dell’1% della popolazione afferente a queste fasce di
età.
Anche per i centri di servizi, per i quali l’accesso è più libero e meno legato
alle condizioni di non autosufficienza, il dato è molto limitato e stimato nell’1.5%
della popolazione ultra65enne.
Il dato sulla gravità dello stato di salute di questa fascia di popolazione
può essere derivato dalle indennità di accompagnamento che, non essendo
correlate al reddito, possono essere un indicatore della situazione generale.
In Provincia sono circa 9.600 i soggetti che beneficiano di questa indennità
(8.6% della popolazione ultra65enne). Con il salire dell’età questa proporzione
aumenta: ultra75enni 15%, ultra85enni 33%, ultra95enni 80%.
Come si può osservare è elevata la quota delle persone che rimangono
in possesso delle loro capacità anche dopo i 65 anni e questo fenomeno
aumenterà nel corso del tempo.
Forse il concetto statistico di persona anziana ultra65enne è un po’
vecchio e andrebbe rivisto in quanto l’anziano oggi conserva ancora grandi
potenzialità.
L’invecchiamento è anche un fenomeno soggettivo e differenziato da
persona a persona, anche in funzione del contesto sociale, culturale ed
economico che li caratterizza: condizioni migliori favoriscono, infatti, un
invecchiamento migliore.
In ogni caso è possibile intervenire creando condizioni di carattere
preventivo che contrastino situazioni di rischio di disabilità e di sofferenza e,
sostanzialmente, consentano alle persone di mantenersi il più a lungo possibile
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
in condizioni di buona salute.
L’attività preventiva si deve caratterizzare con la promozione di stili di vita
sani e la prevenzione di fattori di rischio: l’attività fisica può certamente essere
uno dei fattori che aiutano in questa direzione diminuendo i rischi di malattie
croniche e ritardando il declino funzionale.
L’esercizio fisico può essere un modo per prendersi cura di sé migliorando
la qualità della vita.
Vi deve però essere una stretta sinergia tra la sanità e chi concretamente
esercita l’attività motoria (insegnanti di educazione fisica e scienze
motorie).
La palestra è anche l’occasione per stabilire buone relazioni tra le persone
e consente di uscire dalla solitudine con benefici di tipo psicologico.
Per sensibilizzare e promuovere una cultura dell’attività motoria nella maggior
parte della popolazione anziana, la Provincia ha finanziato un’indagine sulle
abitudini motorie degli anziani nel Trentino con il supporto del CeBiSM; essa
prevede due fasi coordinate e successive. La prima è la validazione di uno
strumento adottato a livello internazionale per la determinazione condivisa e
comune dei livelli di attività fisica nella popolazione. La seconda riguarda lo
svolgimento di un’indagine vera e propria sulla attività motoria degli anziani
nel Trentino.
Inoltre è stata realizzata una collaborazione con l’IRSRS (Istituto Regionale
di Studi e Ricerca Sociale), conclusasi a dicembre 2003, per un progetto
formativo per referenti di attività motorie in ogni ente gestore.
Sono state finanziate iniziative di attività motoria specifiche per anziani
organizzate dagli enti gestori (le organizzano 7 enti su 13) che hanno coinvolto,
nel periodo 2002-2003, circa 1.300 anziani per complessive 5.000 ore.
Vi è stata poi la partecipazione al gruppo di lavoro sull’attività motoria
insediatosi presso il Servizio Educazione alla Salute dell’Azienda sanitaria.
Queste iniziative testimoniano che è nostro impegno lavorare per
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
promuovere l’invecchiamento attivo nella convinzione che non è mai troppo
tardi per cambiare abitudini. Si intende quindi sensibilizzare gli enti gestori
sull’importanza dell’attività motoria, nonché sostenere, sotto il profilo
finanziario, queste attività con piena adesione alla creazione di alleanze e
strategie per raggiungere l’obiettivo.
3. Progettare per la riattivazione nell’ambito delle politiche sociali
Andrea Imeroni
Negli anni ‘80 la nostra associazione utilizzò i seguenti slogan: “autonomia e
libertà richiedono gambe forti e menti creative” - “mantenere il proprio corpo
nella condizione migliore è un diritto/dovere di ogni anziano”.
Ancora oggi colpisce il significato profondo di queste due frasi che
comunicano messaggi precisi.
Il primo: nella vecchiaia il problema prioritario è mantenere il proprio stato
di salute che è il presupposto per un’effettiva autonomia nella società.
Il secondo: la salute in sé non è solo assimilabile ai diritti, ma deve essere
sorretta da comportamenti e da scelte; è dunque un dovere perseguirla da
parte del singolo.
Terzo: non si può parlare di salute prescindendo dalla corporeità
individuale.
Ho voluto iniziare così perché di fatto il problema del corpo delle persone
è molto sentito soprattutto per un’associazione come la UISP, che conta oggi
1.031.000 soci rappresentando così la più grande associazione europea di
sport per tutti; essa conta anche 70.000 anziani in movimento praticanti che
iniziarono nel ‘77 l’attività motoria.
In questi anni ci siamo resi conto che ci sono politiche parlate, politiche
urlate e politiche praticate.
Pare che questo convegno voglia andare un po’ al di là. Mentre si
dipaneranno molti dubbi sulle ragioni e l’utilità del praticare attività motoria
nell’anziano, in realtà è orami noto che l’attività fisica fa bene. Il problema è
passare dal parlare al fare.
Se quanto detto in precedenza è vero, ne risulta che l’attività preventiva per
eccellenza è la promozione dell’attività motoria per gli anziani.
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Ma un anziano che attualmente si iscrive ad un corso di motricità paga tutto:
affitti delle palestre, istruttori, attrezzi, i certificati medici.
La prima idea che mi viene è: rendiamola gratuita e se uno crede a tutte
le cose che ci siamo detti, allora dovremo intervenire anche sull’aspetto
finanziario.
Secondo aspetto: qual è l’anziano di cui parliamo?
Io quando parlo di ginnastica o attività motoria dolce parlo di una persona
anziana che è un neofita di queste attività, non sto parlando dell’anziano che
va a sciare la domenica. Sotto questo aspetto c’è anche una forte differenza
tra regione e regione.
Quando andai a Bologna negli anni ‘80 per promuovere l’utilizzo della
bicicletta tutti sorrisero perché l’uso della bicicletta è molto diffuso, vi sono
dei posteggi giganteschi per biciclette, le persone nascono e muoiono sulla
bicicletta.
Immaginiamoci invece altre realtà, quali le grandi metropoli dove la bicicletta
sarebbe davvero rivoluzionaria.
L’anziano a cui ci rivolgiamo è invece quello che deve essere ancora
“stanato”.
Perché è una persona che pensa al suo corpo come qualcosa da difendere,
deve stare attento.
Un esempio: Norberto Bobbio ha fatto con noi ginnastica in casa negli ultimi
tre anni della sua vita e la ginnastica l’ha voluta sempre mantenere fino alla
fine dei suoi giorni; era riuscito anche a rialzarsi dal letto e uscire di casa:
era rinato.
Stiamo quindi parlando di un anziano che deve continuare a mantenere
la sua salute partecipando anche dal punto di vista corporeo; non stiamo
parlando di quelli che già stanno facendo queste attività.
Questo riconduce ad un dato importante che sono le politiche degli
investimenti.
Gli stili di vita sono influenzati dalle politiche che si espletano con
campagne.
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Questo convegno secondo me vuole restituire il corpo alle parole perché
si tratterà di costruire delle cose reali.
Otto anni fa il comune di Settimo Torinese fece una proposta di prescrizione
di queste attività da parte dei medici di base; dopo due anni di attività tutto
cessò perché ce se ne era scordati.
Le campagne non sono un sostegno alla parola nel momento, sono qualcosa
che continua nel tempo e che si verifica su lunghi periodi.
La Regione Piemonte ha fatto una ricerca dell’incidenza sulla salute
dell’attività motoria prescrivendo ad anziani in precarie condizioni di salute ma
che potessero beneficiare dell’attività motoria, sostenendo economicamente
dei corsi organizzati da associazioni presenti sul territorio. Nel 2001 è però
finito tutto.
La regione Toscana ha fatto una cosa importante per la tasca degli anziani
affermando che l’attività motoria è un’attività ludico-ricreativa e quindi non è
richiesto il certificato medico che è oneroso (fino a 35 euro per certificato a
fronte del costo per corso che si aggira sui 100).
Quale programma?
Abbiamo un progetto che parla di formazione e aggiornamento, di informare,
uniformare e coordinare gli interventi, mettere in rete le varie iniziative e corsi,
dare un corpo di coordinamento a tutte le iniziative estemporanee che tutte
le associazioni mettono in campo; spesso mal organizzate anche a livello di
aziende sanitarie.
Per una campagna ci voglio indirizzi, indicazioni.
I corsi vanno potenziati anche attraverso l’abbattimento dei costi ad iniziare
dalla Provincia e dai Comuni che devono assicurare una copertura finanziaria
delle iniziative, badando a non parlare di gratuità. Nulla deve essere dato
come elemosina: gli anziani si conquistano.
La prescrizione della motricità operata dai medici di base, con indicazione
dei luoghi i quali a fianco della prescrizione terapeutica potrebbero associare
quella di attività motoria diffondendo l’informazione con adeguato materiale
e incentivando la gente ad andare per altri anziani nella grande età l’hanno
fatto e si sono trovati bene.
La campagna di sensibilizzazione deve essere una campagna di rete che
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
dice anche delle cose nuove.
Il ministero ha recentemente approvato la domiciliarizzazione dell’attività
motoria attraverso un notevole stanziamento finanziario. Infatti ci sono anziani
ancora più difficilmente raggiungibili: quelli che se ne stanno chiusi in casa
con l’intento di preservare e difendere il proprio corpo e poi si arriva alla
patologia.
Noi invece vogliamo agire sul poco prima e poco dopo, cioè gli anziani che
verranno attivati per questa campagna potranno darci informazioni su loro
coetanei che stanno in casa senza muoversi.
Lo Stato attraverso le due grandi associazioni che hanno aderito all’iniziativa
sosterrà l’ingresso a domicilio degli anziani con attività di ginnastica dolce,
proprio come Bobbio, con l’obiettivo di far alzare le persone e riportale verso
una meta: che non è tanto il fare movimento quanto scoprirne le ragioni, il
perché. Il nostro obiettivo è quello di riportare gli anziani sul territorio a vivere
situazioni costanti.
Al progetto che cosa manca? La verifica! È uno dei grandi problemi del
nostro Paese dove cioè una carenza di verifica del buon fine delle risorse
investite.
Se vogliamo verificare l’efficacia di un’attività a qualche anno distanza,
i canali sono vari:il gradimento delle persone, inteso soprattutto come
cambiamento di interesse per l’iniziativa da parte degli utenti, la valutazione
sulle motivazioni e la sua transizione da un iniziale indicazione da parte del
medico per stare meglio in salute ad una motivazione di stare insieme con
gli amici.
Questo è rivoluzionario perché questa è la vera meta: è il gruppo che
sorregge nel costante mantenimento della salute.
Penso che l’incrocio tra la presente iniziativa che sta partendo qui a Trento
e la domiciliarizzazione dell’attività motoria possa portare a fatti veramente
concreti.
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
4. Modelli efficaci di promozione della salute attraverso l’attività motoria
nella terza età
Federico Schena
Quando si approccia all’attività fisica in generale, ma in particolare nella fascia
di età degli anziani da una parte ci si trova di fronte ad un’evidenza fortissima,
travolgente. Non c’è quasi più limite alle situazioni che trovano beneficio
dall’attività fisica. Il Ministro della salute ha recentemente dichiarato che la
prima risorsa per controllare il diabete è il movimento.
Il problema è che non è stato detto quale movimento fare e come farlo,
dove farlo e chi si deve far carico di organizzare queste attività.
Come trasformare le parole in fatti? Quali modelli adottare?
Il problema è anche culturale.
Si parla di salute come problema di sanità ma la sanità è inadeguata
culturalmente, almeno nel passato, nell’affrontare il problema dell’attività
motoria.
Questa è stata negli anni passati ed è tuttora la situazione di partenza sulla
quale si sono innestate alcune esperienze rilevanti svolte in modo encomiabile
in varie parti del mondo e alle quali noi qui anche in Trentino abbiamo cercato
di dare un piccolo contributo.
Il CEBISM si occupa di fare ricerca e formazione. Una delle prime esigenze
in cui si siamo imbattuti al momento del nostro insediamento a Rovereto è
stata quella essere presenti sul territorio rispondendo ad una richiesta del
Comune di dare un aiuto sull’attività motoria per gli anziani.
È nata così l’esperienza della “Salute nel movimento” che è uno slogan
nel titolo.
La filosofia è quella che cerca di mediare e comprendere due aspetti già
citati oggi egualmente rilevanti: la frequenza delle patologie direttamente
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
correlata con l’età, la salute non solo assenza di malattia. I due aspetti sono
assolutamente collegati.
Il modello sperimentato ha considerato gli aspetti sociali correlati alle fasi
avanzate della vita che si è molto allungata negli ultimi anni (il concetto è
molto diverso da quello che sostiene che ci sono molti più anziani) molto più
positivo. Si tratta di valutare cosa fare in questa vita allungata.
La dimensione sociale va quindi collegata con la dimensione fisica con
interventi in grado di incidere in modo significativo sulle patologie. Dimensione
fisica a sua volta strettamente intesa come momento di educazione.
Quattro sono i punti fondamentali del progetto.
Il primo è la filosofia del miglioramento piuttosto che del mantenimento.
Ormai tutti sanno oggi che a qualsiasi età il nostro organismo è in grado di
migliorare, di adattarsi agli stimoli.
Secondo: l’iniziativa deve esser rivolta alla promozione della salute. Quindi
attività fisica non solo come momento esclusivamente ricreativo o sociale, ma
come attività per la salute ivi compresi gli aspetti psicologici.
Terzo: si tratta di un momento educativo collegato a momenti di
consapevolezza della propria condizione e alla consapevolezza di invecchiare
compatibilmente con il migliore stato di salute possibile. Posso star bene anche
se ho una malattia e fino alla morte
Quarto e più rilevante per questo convegno: la forte necessità che vengano
messe insieme e condivise le competenze delle tre realtà che girano attorno
alla promozione dell’attività fisica. Le amministrazioni che hanno la necessità
di gestire il territorio e la responsabilità amministrativa. La competenza psico
socio-motoria che devono avere quelli che propongono queste attività sul
territorio. Infine il mondo sanitario, la terza gamba di questa alleanza che
non può essere lasciato fuori, così come non può essere coinvolto solo per
la certificazione, che non serve se si vuole fare attività fisica, ma solo sportiva
dove invece l’attività motoria è portata al massimo.
Eventualmente quello che serve è la valutazione sia per chi la programma
che per chi la pratica in questo caso per avere un’informazione sulla propria
condizione fisica di partenza.
Spostare l’attenzione dalla certificazione alla valutazione è un caposaldo
fondamentale.
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
In Trentino è stato avviato un progetto di educazione motoria nella città di
Rovereto arrivato oggi al settimo anno con una serie articolata di iniziative:
quindi non solo corsi per la popolazione della terza età ma anche corsi
all’interno del centro diurno, delle conferenze di educazione sanitaria, attività
di formazione e aggiornamento degli insegnanti e istruttori per condividere
il percorso formativo, i risultati e anche i problemi. Anche perché non
esiste ancora una consolidata esperienza in questo campo, una letteratura
voluminosa. Le facoltà di Medicina non insegnano questi aspetti, quelle di
scienze motorie ci si avvicinano un po’ di più ma sino a 10 anni or sono non
si sentiva parlare di attività fisica per gli anziani.
Nell’esperienza di Rovereto che anche la dimensione di chi non è sano e
vive in situazioni di difficoltà come ad esempio negli alloggi protetti dove ci
siamo inseriti quest’anno e dove non esisteva alcuna attività organizzata né
gli spazi. Dopo soli 4 mesi di attività l’iniziativa ha attratto molti utenti, anche
per la dimensione sociale dell’evento.
Correlata all’attività dei corsi di Rovereto c’è anche la ricerca.
La nostra attività è stata anche estesa a collaborazioni con quattro
comprensori (Fiemme e Fassa, Bassa Valsugana, Giudicarie e Rendena, Alto
Garda e Ledro) nei centri servizi per quelle fasce di popolazione fragile, che
vive più isolata ma dove i risultati sono anche più eclatanti.
È stata in questi casi sviluppata attività motoria utilizzando anche
attrezzature da palestra nella convinzione che alcuni risultati vadano ricercati
con immediatezza, quali ad esempio l’incremento della forza muscolare.
Anche nella casa di riposo di Trento sono stati utilizzati attrezzi con risultati
eccellenti.
L’aumento della forza in una casa di riposo può ripercuotersi sui tempi di
percorrenza a piedi di un corridoio con acquisizione di autonomia ad esempio
per recarsi in bagno da soli con indubbio miglioramento della qualità della
vita.
Altre due dimensioni importanti, non ancora attinenti alla realtà trentina,
ma a Verona.
La prima è un’iniziativa di formazione dei medici di base e qui ci si aggancia
alla precedente relazione che evidenziava una carente continuità nell’azione
dei medici di base, in parte legata alla formazione universitaria che non ha
mai privilegiato l’importanza del corpo fisico in movimento. Questa iniziativa
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
ha riguardato 120 medici ed è stata molto importante; si è articolata in tre
mattine con un percorso abbastanza lungo che però non è servito a cambiare
il modo di operare ma è servito a dare informazioni sulle risorse disponibili
per l’attività motoria. A tale proposito mi trovo d’accordo sulla necessità che
le iniziative proposte dalle associazioni siano efficaci, valide e verificabili.
La seconda iniziativa, svoltasi sempre a Verona, non ha riguardato il
gruppo, ma il singolo in quanto è risaputo che la gran parte dell’attività fisica
non è praticata in gruppo ma in forma individuale. È stato così identificato
un classico percorso di cammino attraente per la popolazione anziana.
Posti per camminare ce ne sono molti ma la gente non li frequenta perché
non li trova attraenti, senza informazioni su come fare esercizio fisico (ben
diversamente dai percorsi salute che a volte sono pazzeschi e impraticabili
da chi ha limitazioni funzionali). Assieme a Lega Ambiente e al Comune sono
stati individuati 8 percorsi cittadini.
Credo per finire che ci siano 2 aspetti cruciali per sviluppare modelli efficaci:
puntare sulla qualità degli interventi attraverso iniziative formative specifiche e
di alto livello per chi deve coordinare, rivolgersi a quelle fasce di popolazione
che si sentono emarginate da queste attività. In alcuni corsi di Rovereto il
progetto si intitola “almeno 80” significando gli anni che ci vogliono per iscriversi
a questi corsi molto selettivi. Corso di 30 ore (inferiori alle 45 proposte negli
altri) al termine del quale gli iscritti hanno richiesto un aumento del monte ore,
sentendosi discriminati rispetto agli altri.
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
5. L’attività fisica come fattore di socializzazione per l’anziano
Paola Gottardi
Mi riallaccio subito ad una considerazione precedente: “a casa è meglio”.
Questo è molto bello, ma le istituzioni vanno sensibilizzate in modo che
vengano date agli anziani le opportunità di poterlo fare; spesso infatti aspetti
di carattere burocratico ne ostacolano di fatto la realizzazione.
L’associazione per i diritti dell’anziano (ADA) è di livello nazionale ed è nata
da 6 anni, nel 1998.
Cerchiamo sempre di migliorare impegnandoci nella promozione di iniziative
ed eventi nonché nella routinaria, ma importantissima, attività di segretariato
sociale mettendo la persona al centro dell’attenzione. L’associazione investe
sempre più energie e risorse aspirando in questo modo a raggiungere traguardi
sempre più ambiti. Il successo della nostra associazione è sicuramente
dimostrato dal costante aumento del numero dei soci che ha permesso,
in breve tempo, di arrivare a quota 1.144 iscritti in provincia di Trento. Ciò
rappresenta il riscontro diretto della soddisfazione dei nostri iscritti e ci da’
l’energia per proseguire sempre più attivamente lungo la strada intrapresa,
quella di essere presenti e dinamicamente attivi su tutto il territorio attraverso
la progettazione e la realizzazione di corsi di attività motoria, di formazione,
convegni e incontri informativi su problematiche che interessano il vivere
dell’anziano.
A questo proposito, ho sentito da un precedente intervento, che ci sono stati
dei finanziamenti di cui non abbiamo potuto sinora beneficiare.
Per quanto riguarda l’attività motoria, come associazione abbiamo
monitorato, all’interno dell’indagine progettuale, gran parte dei comuni e
delle associazioni presenti sul territorio al fine di capire dove si può migliorare
o addirittura iniziare questa prevenzione di attività motori che riteniamo
estremamente importante sia per i soggetti che per la società stessa.
L’ADA in tutte le attività di cui si fa promotrice cerca di prestare attenzione
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
a tutti i bisogni che l’anziano presenta, esigenze che necessitano della giusta
dose di sensibilità e sensibilizzazione per poter trovare adeguate o perlomeno
soddisfacenti risposte.
È per questo che crediamo molto nel progetto proposto dall’Azienda
sanitaria.
Da quattro anni inoltre, in collaborazione con la UISP, la nostra associazione
sta portando avanti il protocollo sulle cadute effettuando dei corsi di ginnastica
dolce, di acquagym e, da quest’anno anche il nuoto. I corsi maggiormente
frequentati sono quelli di ginnastica mentre quelli in acqua si stanno
imponendo solo recentemente; oggi abbiamo 18 anziani tutti sopra i 65 anni
che frequentano in corsi in acqua profonda organizzati sia in primavera che
in autunno.
Devo nuovamente sottolineare che solo uno di questi corsi è stato finanziato
dal comune e si deve tenere conto che spesso i frequentatori godono di
pensioni minime per cui vi sono difficoltà oggettive nel sostenere le spese di
iscrizione che coprono esclusivamente i costi degli impianti e degli istruttori,
mentre l’attività organizzativa dell’associazione è completamente gratuita.
La sedentarietà, l’alimentazione troppo ricca che induce al sovrappeso,
porta le persone ad adagiarsi, quindi cause di invalidità, di depressione e
quant’altro.
Proprio per questo l’ associazione si fa promotrice di questi corsi che oltre
al beneficio indubbio dell’attività fisica, favorisce la creazione di rapporti di
relazioni amicali, di socializzazione che vanno al di fuori del rapporto che
si instaura nei vari corsi. Sappiamo dalla letteratura e dalle informazioni
dirette come le cadute negli anziani possano divenire cause invalidanti;
non sempre chi si è “infortunato” per una caduta è in grado di riprendere
una vita autonoma e questo fatto può ingenerare depressione, tristezza e
autocommiserazione.
I dati che riportano l’incidenza numerica delle cadute negli individui anziani ci
informano che nella fascia di età tra i 70 e 75 anni, le cadute sono circa il doppio
nelle donne rispetto agli uomini e questo dato tende a livellarsi nelle fasce di
età successive. Inoltre nella popolazione che frequenta l’attività motoria dolce
(come i corsi di Area Anziani), circa l’85 % è rappresentato dal sesso femminile,
il che evidenzia l’importanza di mettere a punto ed applicare dei protocolli
che abbiano come obiettivo specifico la prevenzione delle cadute oltre che
l’attivazione, il mantenimento delle facoltà motorie globali e il rallentamento
dell’osteoporosi che troppo spesso colpisce il sesso femminile. Questi dati si
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
riferiscono alla popolazione che vive nel proprio domicilio, mentre in quella
che vive in vari tipi di residenza per anziani, il valore tende a raddoppiarsi. Ciò
si spiega essenzialmente col fatto che gli ospiti di residenze (assistite o no),
hanno un’età media notevolmente più elevata, vi accedono sotto la spinta di
situazioni gravi, di scarsa o nulla autonomia e vi si adagiano ulteriormente
non dovendo provvedere personalmente alle cure del quotidiano. Inoltre, chi
è soggetto ad una o più cadute valutate come “accidentali”, tende a divenire
soggetto a rischio di cadute dovute a cause “funzionali” cioè causate da
situazioni d’equilibrio precario, di ridotta sensibilità sensoriale; tali problemi
sono più frequenti negli individui inattivi e affetti da qualche patologia, mentre
i dati delle cadute si abbassano di molto nelle fasce degli individui attivi e
che fanno attività fisica permanente. È opportuno sottolineare lo stato di chi in
seguito a malattia , trauma, depressione, si trova in situazioni di precarietà e
che, molto spesso, può essere aiutato a rimontare lo svantaggio con interventi
mirati.
Sono numerosi gli esempi di nostri iscritti affetti da forme depressive anche
gravi che hanno potuto giovarsi in modo straordinario dei benefici dell’attività
fisica di gruppo riacquistando funzionalità organica e un accettabile livello di
salute sotto il profilo psicologico.
Osserviamo quindi quanto sia importante mantenere il corpo tonico,
soprattutto dopo gravi traumi e quando la riabilitazione motoria è insufficiente.
Molte persone potrebbero riprendere la mobilità pressoché totale se potessero
partecipare agli interventi qui proposti.
Ben sappiamo che le conseguenze delle cadute incidono sul sistema
sanitario di ogni Paese per decine di miliardi (cioè il costo di cure, fisioterapia,
recupero, ausili, ecc.). La prevenzione sicuramente costa meno e consente a
tanti individui di vivere molto più a lungo in autonomia con evidente risparmio
per il servizio sanitario e la collettività.
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
6. Esperienze di educazione motoria dell’Università della terza età
Laura Antonacci
L’Università della terza età non si occupa solo di attività motorie ma più in
generale di un progetto di educazione degli adulti centrato sulla persona in
senso globale.
Alle persone, attraverso la conoscenza, viene offerta l’occasione di formarsi
per migliorare la qualità della vita. Tale obiettivo si concretizza in cinque
percorsi centrati sulla persona e il primo dei quali si intitola “la persona, psiche
e corpo”.
Di questo percorso fanno parte argomenti vari: la medicina sia convenzionale
che non ufficiale in tutti i suoi aspetti, la scienza dell’alimentazione, la
psicologia, le tecniche di rilassamento e l’educazione motoria. Infatti la persona
che accetta di iscriversi all’Università della terza età e del tempo disponibile
(UTED) accetta di percorrere un sentiero di promozione al benessere e quindi
anche alla salute e in questo senso si colloca l’educazione motoria.
La nostra educazione motoria si sviluppa in modi diversi.
Ci sono 70 sedi sul territorio di cui quella di Trento con 1.600 iscritti e le
altre 69 sedi sul territorio provinciale con circa 5.000 iscritti.
In 58 sedi si organizzano interventi di educazione motoria, ma l’obiettivo è
quello di poterla estendere in tutte le sedi.
A Trento le attività sono varie e la persona può scegliere quella che più
le aggrada: ci sono corsi di ginnastica formativa (6 con 136 iscritti), 4 corsi
di ginnastica dolce, 2 di nuoto, 5 di ginnastica in acqua che ultimamente sta
avendo notevole successo, un corso di yoga, un corso di Thai Chi e un corso
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
di Shiatzu.
Nelle sedi locali invece, nelle quali il numero di iscritti è molto inferiore,
grazie al contributo delle amministrazioni comunali che si sono rese disponibili
a finanziare le attività culturali e anche le attività motorie, non possiamo invece
garantire una varietà troppo estesa di corsi con il rischio vederli frequentati
da poche persone a fronte di oneri eccessivi.
Nelle sedi locali, assieme ai docenti dei corsi, abbiamo cercato di costruire
iniziative che rispondano alle aspettative più varie di persone comprese in
una fascia di età che va dai 40 agli 80 anni.
L’età media nelle sedi locali e a Trento è di 65 anni.
Esistono corsi di ginnastica formativa nei quali l’attività è più vivace e corsi
di ginnastica dolce nei quali l’attività è più tranquilla e più adatta a quelle
persone che possono avere piccole disabilità, ricordando infatti che alla UTED
si iscrivono persone autosufficienti.
Nelle sedi locali, solo il 43% frequenta attività di educazione motoria di cui
il 92.5% sono donne.
Questo è un problema rilevato a livello internazionale in quanto è consolidato
che le donne sono più aperte e più disponibili a mettersi in gioco sia da un
punto di vista culturale che da un punto di vista motorio. Da uno studio condotto
in collaborazione con l’università della terza età di Roma, emerge che l’uomo
fa attività motoria in luoghi ricreativi in senso stretto.
Nella nostra esperienza si è creata sul territorio una rete caratterizzata
da una forte interdisciplinarietà. Quando il docente di medicina va in aula e
spiega il ruolo dell’attività fisica, svolge un’attività di promozione e altrettanto
l’esperto in scienza dell’alimentazione che spiega il ruolo dell’attività fisica nel
controllo del diabete fa sensibilizzazione.
Il problema da tenere presente è che non si riesce a convincere tutti gli
iscritti a fare attività motoria anche se si fanno grandi interventi di informazione;
soprattutto nella fascia di età anziana non è facile convincere la persona a
volersi bene.
I docenti dei corsi, tutti forniti di competenze specifiche nel campo dell’attività
motoria, sono dotati di particolare sensibilità acquisita con anni di esperienza.
Essi hanno rilevato che vi è una generale scarsa cultura rispetto all’attività
fisica e alla tipologia di movimenti da fare.
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Lavorare con gli anziani è molto difficile in quanto sono molto critici, esigenti
e se non apprezzano un’iniziativa o non traggono piena soddisfazione delle
loro aspettative abbandonano il corso senza problemi.
I corsi di ginnastica dolce sono stati proprio istituiti perché si è visto che
con l’avanzare dell’età le persone abbandonavano i corsi di educazione
motoria.
Alla ginnastica dolce però ci sono solo 481 iscritti che rappresentano il 22%
del totale in quanto c’è una sorta di ritrosia a riconoscere le proprie limitazioni
fisiche. E’ come se all’attività dolce, è più blanda venisse riconosciuto il ruolo
di sancire una disabilità di qualche genere o la perdita di vigore.
Ci rendiamo conto di avere un organizzazione che può fare leva sul
convincere le persone anziane a fare attività motoria.
Un problema è anche quello delle sedi. Vengono utilizzati gli impianti messi a
disposizione dai comuni spesso in orari tardo pomeridiani che non si addicono
agli orari di vita degli anziani e non sono frequentabili in determinate stagioni
come quella invernale, soprattutto nei paesi di montagna. Quindi ci sarebbe
esigenza di poter disporre delle strutture in orari più favorevoli al regime di
vita delle persone anziane.
Relativamente alla certificazione, di cui si è discusso nelle precedenti
relazioni, il nostro orientamento è più spostato verso una sua utilità e sono
gli stessi docenti che, a fronte di un’ampia eterogeneità di soggetti, chiedono
notizie più approfondite sullo stato di salute dei partecipanti ai corsi. Il dibattito
è ancora aperto.
In conclusione ci associamo all’auspicio che sul piano politico vengano
assunte decisioni che possano agevolare realizza questo tipo di iniziative in
modo che possa essere coinvolto il maggiore numero di persone possibile.
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
7. L’offerta di attività fisica organizzata alla popolazione anziana del
Trentino
Pirous Fateh Moghadam
L’attività fisica regolare è associata ad una aspettativa di vita più sana e
più lunga [2]. Le persone fisicamente attive presentano una riduzione del
rischio di ammalarsi e morire per malattie cardiovascolari [3;4], ipertensione
[5], cancro del colon [6], obesità [7], diabete del II tipo [8], osteoporosi [9] ed
alcuni disturbi mentali, quali la depressione e l’ansia [10]. La promozione
dell’attività fisica è pertanto considerata un’azione di sanità pubblica di provata
efficacia [11-13].
Per una corretta impostazione della promozione dell’attività fisica per la
popolazione anziana è di fondamentale importanza conoscere le iniziative di
attività motoria organizzata presenti sul territorio, pur con la consapevolezza
che l’attività motoria strutturata rappresenta solo una tra le tante forme possibili
di attività.
Nel contesto di un obiettivo assegnato dalla Provincia Autonoma di Trento
all’Azienda provinciale per i servizi sanitari, è stato condotto uno studio
esplorativo per conoscere l’offerta di attività motoria organizzata nei comuni
del Trentino. Per la raccolta dei dati è stato utilizzato un questionario, elaborato
da un gruppo di studio intersettoriale che - coordinato dal Servizio Educazione
alla salute dell’Azienda - ha visto la partecipazione dell’Osservatorio
Epidemiologico, del Servizio di Igiene Pubblica, dei distretti sanitari di
Trento-Valle dei Laghi, Giudicarie e Rendena ed Alto Garda e Ledro, delle
associazioni del settore sportivo, delle associazioni di tutela dei diritti degli
anziani, del CeBiSM (Università di Trento) e del Servizio Politiche Sociali
della Provincia.
Prima di dare inizio alla fase di rilevazione dei dati, è stato inviato per
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
posta il questionario a tutti i comuni, con l’invito a raccogliere le informazioni
richieste. Successivamente, i comuni sono stati contattati telefonicamente per
la somministrazione vera e propria del questionario. I dati così raccolti sono
stati informatizzati ed elaborati con il software Epi-Info 2000.
La quasi totalità dei comuni della provincia di Trento ha preso parte
all’intervista: 221 comuni su 223. La prima domanda del questionario mirava
ad indagare la presenza, sul proprio territorio, di iniziative di promozione
dell’attività motoria nel corso dell’anno 2002/2003. Complessivamente 102
comuni, pari al 46,1%, hanno risposto affermativamente. Tra questi, 11 comuni
hanno dichiarato di gestire direttamente le iniziative, mentre tutti gli altri
hanno dichiarato di aver delegato l’organizzazione dei corsi ad associazioni
esterne (Tab.3). Due tra i comuni intervistati non hanno fornito informazioni
in proposito. Tra gli 11 comuni che organizzano in modo diretto le iniziative
di attività motoria, è da segnalare il comune di Rovereto, che presenta al suo
interno una struttura – l’Università dell’Età Libera – per la gestione diretta del
settore.
Dei 102 comuni che organizzano iniziative di attività motorie, 94 realizzano
attività aperte anche alla popolazione anziana.
Tab. 3. Associazioni a cui il comune delega la gestione della promozione
dell’attività fisica.
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Le diverse tipologie di attività offerte sono riassunte in Tab. 4 e Graf. 3
Tab. 4. Tipologia di attività offerte
1) ed. motoria, educazione lucido-motoria, ginnastica generale, ginnastica a corpo libero,
ginnastica con piccoli attrezzi;
2) presciistica, preparazione atletica per vari sport;
3) ginnastica posturale, formativa, over 70, over 80, stretching;
4) aerobica, step, body bulding/pesi;
5) danza movimento-terapia, ballo, ballo sportivo;
6) riabilitazione funzionale motoria, attività motoria antalgica, corsi di ginnastica compensativa
e correttiva, ginnastica respiratoria
Graf.3 Distribuzione percentuale delle diverse attività offerte (per la legenda
vedasi Tab. 4).
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Il Graf.3. evidenzia che le attività più diffuse sono l’attività motoria in palestra,
la ginnastica dolce e l’aquagym. La percentuale complessiva è maggiore di
100 dato che i comuni possono offrire più di una tipologia di attività.
La distribuzione dell’offerta di attività è stata valutata per i singoli
comprensori. Come indice per confrontare l’offerta dei singoli comprensori,
si è scelto di calcolare la proporzione tra popolazione residente nei comuni
che organizzano attività e popolazione totale residente nel comprensorio. A
livello provinciale tale percentuale risulta del 77,6%, il che equivale a dire che
più dei tre quarti della popolazione trentina abita in comuni che offrono attività
motorie aperte anche agli anziani.
Tab. 5. Percentuale di comuni che organizzano corsi rispetto al totale dei
comuni presenti nel singolo comprensorio; percentuale di popolazione
residente in comuni che organizzano corsi rispetto alla popolazione
totale residente nel singolo comprensorio.
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Graf. 4 Distribuzione territoriale dell’offerta di attività motoria organizzata
aperta agli anziani.
- Grigio chiaro bassa offerta (meno del 30% dei comuni e meno del 50%
della popolazione)
- Grigio media offerta (30%-70% dei comuni e dal 45%-80% della
popolazione)
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
- Grigio scuro alta offerta(oltre il 90% dei comuni e oltre il 90% della
popolazione)
Nel corso dell’anno 2002/2003 sono stati organizzati complessivamente 341
corsi, per un totale di 7278 ore ed una durata media di 21,3 ore per corso.
Complessivamente hanno partecipato 2.556 persone.
Solo nel 6,7% dei casi la frequenza ai corsi è risultata gratuita. La quota
di partecipazione presenta ampie variazioni in base al tipo di attività con un
intervallo che va dai 10 ai 90 euro.
Nell’80% dei casi è richiesto un certificato medico, anche se esistono
differenze tra le diverse tipologie di attività.
Le strutture utilizzate (Graf.5) sono rappresentate soprattutto da palestre
scolastiche e comunali; gli istruttori (Graf.6) sono nell’83,7% laureati in
scienze motorie o diplomati ISEF; l’ente finanziatore (Graf.7) prevalente è
il comune (72,9%); il tipo di finanziamento (Graf.8) consiste nel 39,2% dei
casi nella copertura delle spese per gli istruttori, mentre nel 33,8% dei casi è
rappresentato dalla messa a disposizione degli impianti sportivi e per il 21,5%
consiste nella copertura della spesa per l’uso degli impianti.
Graf. 5 Struttura utilizzata (valori percentuali)
Graf. 6 Qualifica degli istruttori. (valori percentuali)
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Graf. 7 Enti finanziatori (valori percentuali)
Graf. 8 Tipo di finanziamento (valori percentuali)
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Analisi delle singole attività
a) Attività motoria in palestra
L’attività motoria in palestra rappresenta l’attività più diffusa (51,8%), e nel
5,6% dei casi risulta dedicata in modo specifico a soggetti di età superiore
ai 64 anni.
Complessivamente sono stati organizzati 124 corsi con una media 1,7 corsi
per comune, anche se nel 66,2% dei comuni era presente un solo corso (il
range va da 1 a 15). Il numero totale di ore è risultato essere pari a 3306, con
una media di 47,9 ore per corso.
I partecipanti ai corsi di attività motoria sono stati in totale 2123.
La tassa di iscrizione è stata richiesta nel 91,5% dei casi, con un costo
medio di 28,1 euro e variazioni dai 10 ai 124 euro. Nell’81,7% dei casi è stato
richiesto un certificato medico.
La struttura utilizzata è nel 60,5% dei casi una palestra scolastica, nel 25,0%
una palestra comunale, nel 5,3% una palestra privata e nel 9,2% “altro”.
Gli istruttori sono per l’88,7% laureati in scienze motorie o diplomati ISEF, per
il 4,2% sono fisioterapisti mentre nel 7,0% dei casi la qualifica non è nota.
Gli enti finanziatori sono in ordine decrescente di importanza: il comune
(75,3%), il comprensorio (20,5%), “altro” (2,7%) e la provincia (1,4%). Con
i finanziamenti così ottenuti nel 36,8% dei casi viene pagato l’istruttore, nel
39,6% vengono messi a disposizione i propri impianti, nel 17,9% sono utilizzati
per la copertura delle spese per gli impianti e nel 5,7% è “altro”.
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b) Ginnastica dolce
I corsi di ginnastica dolce rappresentano il 30,7% delle attività organizzate
dai comuni. Rispetto alle altre tipologie di attività, i corsi di ginnastica dolce
presentano la maggiore percentuale di corsi esclusivamente dedicati agli
anziani (14,6%). In totale sono stati organizzati 75 corsi per un numero
complessivo di ore pari a 1.980 e un numero totale di partecipanti pari a
843.
La tassa di iscrizione è stata richiesta nel 83,3% dei corsi e risulta
mediamente di 27,3 Euro con variazioni da 10 a 124 euro. La percentuale di
richiesta del certificato medico sale, per questa tipologia di corsi, all’87,5%.
La struttura utilizzata è rappresentata da palestre scolastiche (43,6%),
comunali (43,6%) e nel restante 12,6% dei casi la risposta è “altro”.
Per quanto riguarda la qualifica degli istruttori la percentuale di laureati in
scienze motorie e diplomati ISEF (83,3%) è leggermente più bassa rispetto
all’attività motoria in palestra, quella dei fisioterapisti (11,1%) invece è
significativamente più alta. In due casi la qualifica non è nota.
Gli enti finanziatori sono in ordine decrescente di importanza il comune
(84,2%), il comprensorio (5,3%), “altro” (5,3%) e la provincia (2,6%) In un
caso, l’ente finanziatore è un istituto di credito.
Con i finanziamenti così ottenuti nel 38,7% dei casi viene pagato l’istruttore,
nel 37,1% il finanziamento consiste nella messa a disposizione dei propri
impianti, nel 21,0% i soldi servono per la copertura delle spese per gli impianti
e nel 3,2% è “altro”.
c) Aquagym
L’aquagym rappresenta il 10,2% delle attività offerte a livello comunale. Nessun
corso di aquagym è dedicato in modo specifico agli anziani. Complessivamente
sono stati organizzati 35 corsi, per un totale di 672 ore e 274 partecipanti.
Tutti i corsi prevedevano una tassa di iscrizione: il costo medio era di 41,1
euro, con una variazione tra i 10 e gli 80 euro. Nell’85,7% dei casi è stato
richiesto il certificato medico.
L’attività si è svolta per il 76,9% dei casi in una piscina comunale, in un
caso in una piscina privata, ed in un caso la struttura viene dichiarata “altro”.
La qualifica degli istruttori è nell’85,7% quella di laureato in scienze motorie o
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
diplomato ISEF, mentre nei due restanti casi (14,3%) la qualifica non è nota. Il
finanziamento è nel 86,7% comunale, nel 7,1% provinciale e in un altro 7,1%
(1caso) “altro”. Il finanziamento viene utilizzato nel 46,2% per la paga degli
istruttori, nel 23,1% per la copertura della spesa degli impianti, in un altro 23,1%
consiste nella messa a disposizione degli impianti e nel 7,7% è “altro”.
Graf. 9 Struttura utilizzata per tipologia di attività (valori percentuali per ciascun
gruppo)
Graf. 10 Qualifica degli istruttori per tipologia di attività (valori percentuali per
ciascun gruppo)
Graf. 11 Enti finanziatori per tipologia di attività (valori percentuali per ciascun
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gruppo)
Graf. 12 Tipo di finanziamento per tipologia di attività (valori percentuali per
ciascun gruppo)
In conclusione, l’organizzazione dei corsi di attività motoria in provincia di
Trento risulta delegata ad associazioni di anziani e, soprattutto, all’Università
della Terza Età, che da sola realizza oltre tre quarti delle attività. Una situazione
particolare è quella rappresentata dal comune di Rovereto che gestisce
direttamente l’organizzazione dei corsi sul suo territorio tramite una specifica
struttura (Università dell’Età Libera).
Dal punto di vista della distribuzione territoriale la disponibilità di corsi
accessibili alla popolazione anziana risulta disomogenea con gradiente
decrescente NE-SO.
Le tipologie di attività più importanti sono rappresentate dall’attività motoria
in palestra, dalla ginnastica dolce, e dall’aquagym.
La qualifica degli istruttori risulta elevata con un 83,7% di laureati in scienze
motorie e diplomati ISEF ed un 8,1% di fisioterapisti.
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
L’ente finanziatore più importante risulta il comune, seguito dal comprensorio
che finanzia parte delle iniziative di attività motoria e di ginnastica dolce.
Il finanziamento consiste sia nella concessione dei propri impianti e nella
copertura delle spese per gli istruttori, soprattutto per i corsi di aquagym.
La spesa sostenuta dal cittadino per accedere ai corsi varia molto, sia tra
le diverse tipologie di attività, sia tra i singoli corsi all’interno della stessa
tipologia .
Infine, vi è una certa disomogeneità nella richiesta del certificato medico,
che risolleva l’interrogativo sul valore preventivo di tale pratica.
Occorrono ulteriori studi centrati su campioni di popolazione per valutare
il livello di attività fisica effettivamente esercitata dagli anziani, prendendo
in considerazione anche le attività non organizzate e lo stile di vita in
generale.
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cardiovascular disease: an epidemiological perspective. Sports Med 2001;
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[3] WAnnAMeThee SG, ShAPer AG. Physical activity in the prevention of
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[6] BroWnSon rC, ChAnG JC, DAviS Jr, SMiTh CA. Physical activity on the job
and cancer in Missouri. Am J Public Health 1991; 81(5):639-642.
[7] BArLoW Ce, KohL hW, iii, GiBBonS LW, BLAir Sn. Physical fitness, mortality,
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
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[13] WeinSTein LB. Exercise: a beneficial activity for older adults. Activ Adapt
Aging 1988; 11:85-93.
La presente indagine è stata condotta dal seguente gruppo di lavoro:
Piffer S., Fateh-Moghadam P., Kaisermann D., (Osservatorio Epidemiologico)
Nava E., Moretti AM., Leo F. (Servizio Educazione e promozione della salute)
Zanin A., Gentilini L. (Servizio Igiene Pubblica) Vareschi L. (Distretto di Trento)
Favaro A. (Distretto Giudicarie) Scalise A., Fellin S. (Distretto Alto Garda e
Ledro) Gottardi P. e coll. (ADA) Andalò B. e coll. (UISP) Zotta G. e coll. (Servizio
Politiche Sociali PAT) Schena F., Ciddio P. (CeBiSM)
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
8. Ruolo dei determinanti sociali ed ambientali per i programmi di attività
motoria
Paola Ciddio
Uno stretto rapporto lega il concetto di attività motoria a quello di prevenzione
delle malattie e di promozione della salute. I risultati ottenuti dalla ricerca
scientifica non lasciano dubbi circa la possibilità di ottenere grandi vantaggi
per la salute attraverso la pratica di attività fisica [1-3]. D’altronde, se è vero
che il binomio attività fisica–benessere si è guadagnato una posizione centrale
nel campo della promozione della salute, è altrettanto vero che tale binomio
si arricchisce di nuovi ed ulteriori significati se riferito agli anziani.
È noto che l’invecchiamento della popolazione rappresenterà uno dei più
importanti fenomeni sociali dei prossimi decenni. Tra le molteplici conseguenze
di questo fenomeno, una in particolare è carica di implicazioni: l’aumento
delle aspettative di vita sarà accompagnato da un sostanziale incremento del
numero di individui a rischio per malattie croniche e disabilità [3-5]. Da qui
nasce il bisogno che tali maggiori aspettative non debbano per forza tradursi
in un mero prolungamento del numero di anni da vivere - spesso in cattive
condizioni di salute - ma possano prospettarsi come anni da trascorrere nel
pieno dell’autonomia funzionale, liberi da disabilità e senza gravi scadimenti
della qualità della vita. L’aumento delle attese di vita pone dunque in primo
piano l’urgenza di una pianificazione delle politiche sociali e sanitarie volte a
preservare l’autonomia funzionale dei singoli e la loro permanenza nell’ambito
della comunità di riferimento.
La grande attenzione suscitata dal problema dell’invecchiamento ha fatto sì
che il tema della salute dell’anziano trovasse ampio e giustificato spazio tra le
politiche socio-sanitarie. In questo contesto, gli indubbi vantaggi derivanti da
uno stile di vita attivo, in termini di benessere psicofisico ma anche in termini
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
sociali ed economici, hanno fatto dell’esercizio fisico uno strumento prezioso
e, teoricamente, alla portata di tutti. Non esistono età in cui non si possano
trarre benefici dall’essere fisicamente attivi e, cosa ancor più bella, non è poi
così impossibile riuscire ad immaginarsi impegnati in un’attività che, oltre a
fare bene al proprio fisico, possa al tempo stesso assecondare i propri gusti
e le proprie preferenze.
Posto in questi termini, il problema sembrerebbe di facile soluzione.
Calandosi però nella realtà dei fatti, la situazione tende a complicarsi. Il
semplice e legittimo desiderio di muoversi, scontrandosi con ostacoli di varia
natura, si trasforma con grande facilità in un obiettivo complesso, specie per
chi si trova avanti con gli anni.
Un rapido sguardo ai dati sulla diffusione della pratica motoria e sportiva
può essere sufficiente per comprendere l’urgenza a promuovere stili di vita
attivi. Uno studio europeo condotto nel 2003 assegna all’Italia una percentuale
di sedentari pari a circa il 70% della popolazione [6]. Considerando che,
all’avanzare dell’età, la quota di persone attive diminuisce, ne deriva che la
percentuale di anziani inattivi sia da ritenersi ben superiore al 70%.
È anche vero che i risultati di questo studio differiscono molto da quelli
forniti di recente dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), il quale indica
intorno al 45% la percentuale di inattivi nella fascia anziana della popolazione
[7;8]. Molta della discrepanza esistente tra i due studi è da ricercarsi nelle
diverse strategie adottate per distinguere gli attivi dai sedentari. La definizione
di soggetto attivo data dall’ISTAT appare piuttosto generosa, nel senso che,
occorre davvero un certo impegno per essere classificati come sedentari: il
vero sedentario non dovrà mai camminare per più di un chilometro e guai
a lui se rinuncia all’ascensore! Viceversa, nello studio europeo prima citato,
sedentario è colui che dedica meno del 10% del tempo libero in attività fisiche
di almeno 4 MET di intensità, ossia in attività fisiche d’intensità pari a quella
di una camminata veloce.
Se per l’Italia la situazione è quella appena descritta, non bisogna però
credere che si tratti di un caso isolato: tutti i paesi economicamente avanzati
mostrano elevati tassi di inattività e, parallelamente, in tutti i paesi avanzati i
livelli di inattività crescono al crescere dell’età [9].
Sulla base di queste evidenze, una parte della ricerca scientifica si è sforzata
di capire come mai tante persone, pur avendo ben chiari i vantaggi di uno
stile di vita attivo, si mostrano così restie nel tradurre i loro migliori propositi in
azioni e comportamenti. I risultati di questi sforzi hanno portato ad identificare
un variegato insieme di fattori in grado di facilitare od ostacolare la decisione
di muoversi di più.
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Questi fattori, noti anche come determinanti dell’attività fisica, sono
generalmente raggruppati in [9;10]:
- fattori intra-personali: biologici, demografici, psicologici;
- fattori inter-personali: quali il supporto sociale, il modelling, l’isolamento
sociale, la rete sociale di appartenenza;
- fattori socio-culturali: quali le norme sociali, le barriere culturali, i modelli
culturali;
- fattori fisico-ambientali: insieme di opportunità e barriere, reali o percepite,
derivanti dall’ambiente circostante, sia esso naturale o costruito [9-11];
- fattori relativi alle caratteristiche dell’attività motoria/sportiva praticata.
Ciascun gruppo di fattori o livello di analisi raccoglie in sé una grande
quantità di variabili. Tra queste, le ricerche hanno evidenziato quelle che
– nell’ambito dei rispettivi livelli di analisi – mostrano relazioni statisticamente
significative con la pratica di attività fisica [10]. In altre parole, le variabili
evidenziate dalla ricerca sono quelle in grado di influenzare - accrescendola
o viceversa diminuendola - la probabilità che una persona faccia o non faccia
del movimento. Il punto fondamentale è che tali determinanti, oltre ad avere
un’influenza diretta, interagiscono fra loro e da questa loro interazione dipende
in larga misura la probabilità di praticare dell’attività fisica. A complicare
ulteriormente la situazione è il differente peso che ciascun determinante
sembra avere in funzione dell’età. Lo stimolo che può spingere un ragazzo a
fare dell’attività fisica può essere di nessuna efficacia per una persona anziana,
e viceversa. Ciò significa che - nel momento in cui si decida di tuffarsi nel
vasto campo della promozione dell’attività motoria - occorre sempre avere
bene in mente a chi ci si rivolge e quali siano gli strumenti più opportuni a
disposizione.
Provando a scendere nel dettaglio, partendo dai livelli micro verso quelli a
più ampio raggio, troviamo il piano dei fattori intrapersonali, comprendente i
determinanti biologici, demografici e psicologici. Tra i primi, risultano correlati
con l’attività fisica i fattori genetici, l’alto rischio per i disturbi cardiaci, lo stato
di salute, l’anamnesi patologica prossima o remota. Tra i fattori demografici,
alte correlazioni si hanno con il genere, l’età, lo stato civile, lo status socio
economico ed i livelli di istruzione. Ad esempio, esistono chiare evidenze
sul rapporto tra età ed attività fisica: al crescere dell’età, diminuisce la
disponibilità e l’interesse a fare del movimento [12]. Rispetto al genere, molti
studi segnalano livelli più elevati di pratica tra i maschi di tutte le età [12].
Passando infine all’ambito dei determinanti psicologici, tantissime sono le
variabili correlate con l’attività fisica. Volendo citarne solo alcune, troviamo
le attitudini, la percezione delle barriere, il divertimento, le aspettative sui
benefici per la salute, l’intenzione ad esercitarsi, la percezione soggettiva
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
del proprio stato di salute, la salute psicologica, le motivazioni a muoversi, la
predisposizione al cambiamento ed il senso di auto-efficacia.
Nel caso della percezione soggettiva del proprio stato di salute, le ricerche
hanno evidenziato l’alto valore predittivo di questa variabile: chi sente di poter
contare su una buona salute ha maggiori probabilità di essere anche fisicamente
attivo. Se però andiamo a controllare cosa accade nelle diverse fasce d’età,
scopriamo che per i più giovani il non sentirsi in forma rappresenta un ostacolo
maggiore rispetto a quanto non accada tra gli anziani [13;14]. Al contrario,
tra questi ultimi è il senso di autoefficacia a fare la differenza. Con questo
termine si intende la personale convinzione di saper svolgere un dato compito
con successo. Nel campo dell’attività motoria, l’autoefficacia rappresenta
dunque la fiducia personale nelle capacità di eseguire un determinato compito
motorio. Per l’anziano, tale fiducia si è dimostrata un fattore cruciale sia nella
fase di avvicinamento all’attività fisica sia nella fase di mantenimento [13;15].
Inoltre, l’importanza dell’autoefficacia risulta ulteriormente accresciuta dalla
sua trasferibilità: la sensazione di essere in grado di fare un certo esercizio
può essere - e di fatto viene - istintivamente trasferita ad altre attività della vita
quotidiana [16]. Ciò significa, ad esempio, che la partecipazione ad un corso
di attività motoria può regalare, come premio aggiuntivo, un accrescimento
della convinzione di poter svolgere compiti analoghi nella vita di tutti i giorni,
andando così ad incrementare i livelli di autonomia personale.
Sempre nel campo dei determinanti psicologici, un altro importante incentivo
a muoversi è rappresentato dalle aspettative circa i vantaggi derivanti dalla
pratica di attività fisica. Anche in questo caso, le differenze d’età giocano un
ruolo importante: ad esempio, per i più anziani questo fattore sembra di minor
peso e, superata una certa età, la speranza di ottenere dei reali benefici per
la salute appare molto stemperata [14]. Scoprire simili risultati rappresenta un
esempio paradigmatico delle possibili applicazioni pratiche di questo campo
della ricerca. Se, infatti, scopriamo che gli anziani accettano con difficoltà l’idea
di poter migliorare la propria salute attraverso il movimento e se, viceversa,
noi sappiamo con ogni certezza che si tratta di un’errata convinzione, è
chiaro il compito che ci aspetta: lavorare su queste false convinzioni al fine
di aumentare la probabilità che anche le persone più anziane pratichino
regolarmente dell’attività motoria.
Infine, è d’obbligo il richiamo all’importanza di far sperimentare situazioni
di successo, quale fonte inesauribile di motivazione. In vista di questo
obiettivo, quando si pianificano iniziative rivolte agli anziani, occorre fare
molta attenzione sul fatto che le proposte siano adeguate alle possibilità dei
singoli partecipanti e, al tempo stesso, abbastanza impegnative da risultare
stimolanti. In altre parole, un’attività adeguata non deve essere sinonimo di
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
attività leggera o facile – come fin troppo spesso accade - bensì di attività
impegnativa al punto giusto, tanto da garantire sia motivazione che possibilità
di sperimentarsi con successo.
Spostandosi al successivo livello d’analisi incontriamo il piano dei
determinanti interpersonali, ossia quell’insieme di fattori che nascono ed
agiscono nell’ambito delle relazioni interpersonali. Tra questi, risultano
particolarmente correlati all’attività fisica il supporto sociale, il modelling e la
rete sociale di appartenenza. Con il termine di supporto sociale ci si riferisce
all’insieme di risorse sulle quali un individuo può contare all’interno della propria
rete sociale di appartenenza e, soprattutto, alla percezione che l’individuo
ha di tali risorse [17]. Rispetto alla possibilità/probabilità di praticare attività
fisica, un ruolo importante spetta dunque al grado di supporto che un individuo
riceve o sente di poter ricevere [10;18]. Il fatto di sapere che le persone vicine
approvano e sostengono il nostro desiderio di muoverci è risultato un fattore
capace di influenzare positivamente la probabilità di essere attivi. Esistono
diverse forme di supporto sociale: si va dalla semplice approvazione fino al
vero e proprio sostegno che, tramite azioni concrete, rende possibile al singolo
lo svolgimento dell’attività prescelta. Diverse sono anche le fonti del supporto:
familiari, amici, colleghi di lavoro, vicini, personale sanitario, insegnanti,
compagni di palestra rappresentano tutte possibili fonti di supporto [17]. La
ricerca ha fortemente sottolineato il ruolo del supporto sociale tra gli anziani,
in particolare quello proveniente dal personale sanitario, dalla famiglia e dai
compagni di corso [19]. In effetti, se consideriamo i pregiudizi culturali che
ancora circondano il binomio attività fisica/anziano, non è difficile immaginare
come mai il supporto sociale appaia così rilevante per questo settore della
popolazione.
Senza dilungarci oltre, va ricordata l’importanza del modelling [20] e della
rete sociale di appartenenza [12]. Con il primo termine si intende la possibilità
di frequentare, conoscere o semplicemente vedere persone fisicamente
attive da prendere come modelli. In questo senso, possono divenire modelli
di riferimento sia familiari ed amici che vicini ed abitanti della propria zona
di residenza. Con tipologia delle reti sociali di appartenenza ci si riferisce
alla tipologia prevalente di contatti sociali: in seno alla famiglia, nel gruppo
di amici, nel vicinato, in entrambi questi ultimi o in nessuno dei gruppi citati.
La tipologia di rete che più influenza i livelli di attività fisica è risultata essere
quella mista, composta da frequenti e significativi contatti con gli amici e con
il vicinato [21].
Passando ai fattori socioculturali, il richiamo va innanzitutto ai molti pregiudizi
che ancora circondano la relazione anziano, corpo e movimento. L’idea di un
anziano attivo, attento alla cura del proprio corpo ed interessato alla propria
55
Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
forma fisica, stenta ancor oggi a farsi spazio nell’immaginario collettivo. Molto
spesso, quel supporto sociale di cui si parlava tende a trasformarsi in un
supporto al negativo, in un freno più che in un sostegno [22]. In effetti, anche
senza il bisogno di prendere la forma esplicita del divieto, la sola idea che
l’attività fisica possa non essere un’attività adeguata per chi è avanti negli anni
può rappresentare un forte ostacolo alla pratica. Allo stesso modo, movendoci
su un diverso piano, una carente sensibilità politica rispetto al tema dell’attività
motoria quale strumento per la promozione della salute, può ostacolare e
rallentare la messa punto di politiche, programmi, strategie di intervento volti
a stimolare l’interesse verso stili di vita più attivi. Va però immediatamente
aggiunto che l’attenzione verso i benefici dell’esercizio fisico unita all’attenzione
per il fenomeno dell’invecchiamento fanno di quello presente un momento
particolarmente propizio per avviare studi, approfondimenti e progetti. L’attuale
situazione socio-demografica unita ai risultati provenienti dall’ambiente
scientifico rappresentano dunque dei determinanti socio-culturali a favore
della promozione dell’attività fisica per gli anziani, capaci di influenzare - in
modo più o meno indiretto – i livelli di pratica.
Un altro ambito di studio è rappresentato dall’ambiente, sia esso fisico o
costruito. Il clima, le stagioni, la disponibilità di spazi verdi, di marciapiedi ben
curati, di strutture sportive, di piste ciclabili, di parchi attrezzati, l’accessibilità a
tali strutture come anche il traffico ed i tassi di criminalità sono tutti elementi in
grado di incidere sugli stili di vita dei singoli cittadini. In particolare, una facilità
di accesso alle strutture e una disponibilità di marciapiedi puliti, sicuri e ben
curati possono essere di forte impatto sui livelli di attività motoria [23].
Infine, un ultimo campo d’analisi è rappresentato dalle caratteristiche
dell’attività praticata. Come dicevamo più sopra, perché un’attività abbia
successo è necessario che sia adeguata alle capacità dei singoli. Come
per qualsiasi altro settore, sperimentare situazioni stimolanti e di successo
costituisce il segreto per accrescere la fiducia nelle proprie capacità, l’interesse
per quello che si fa e il desiderio di perseverare nel proprio impegno. Di
conseguenza, il primo elemento che deve caratterizzare un’attività, a
prescindere dalle altre caratteristiche, è che l’intensità e le abilità richieste
siano adeguate alle esigenze dei singoli.
Altro elemento da considerare è quello relativo alla distinzione tra attività
individuali e di gruppo. Non esiste una classificazione a priori che possa dirci
quale sia la scelta migliore: tornando a quanto detto poc’anzi, l’attività da
privilegiare sarà quella che meglio si adatta ai gusti, alle preferenze, ai bisogni
ed alle aspettative del singolo. Un punto però può essere sottolineato senza
timore di essere smentiti: per una persona anziana che non abbia mai praticato
alcuna forma di attività motoria può risultare fondamentale la partecipazione
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
ad attività strutturate, per poter imparare e conoscere i propri limiti e le proprie
risorse senza rischi ed insuccessi. In questo modo può avere luogo quel
graduale trasferimento di conoscenze ed abilità verso altre forme di attività
motoria e verso altri ambiti della vita quotidiana. Inoltre, il fatto di trovarsi in
un gruppo garantisce la possibilità di condividere difficoltà e timori, rendendo
così più agevole il loro superamento. In altri termini, il gruppo può divenire
fonte di quel supporto sociale, che abbiamo visto essere così importante negli
anziani [20;24].
Un’attenta valutazione di tutti i fattori considerati non è ancora sufficiente
per spiegare in modo esaustivo i motivi alla base di uno stile di vita attivo.
Per ricercare una spiegazione soddisfacente è importante non farsi attrarre
dal solo versante dei fattori individuali o, al contrario, dal solo versante dei
fattori sociali ed ambientali. Le ricerche hanno ampiamente dimostrato che
la comprensione dei comportamenti degli individui, come anche il successo
degli interventi mirati alla promozione dell’esercizio fisico, dipendono sì in
larga misura dalle caratteristiche del singolo individuo ma, su questo livello
micro, operano fattori di più ampio respiro che non possono essere dimenticati
qualora si vogliano maggiori garanzie di successo e di durata. Solo attraverso
la costruzione di modelli capaci di considerare l’influenza di ciascun livello di
analisi entro un unico contesto teorico di riferimento è possibile mirare alla
piena comprensione dei fattori alla base di uno stile di vita attivo. Per questo
motivo, la ricerca si è attualmente indirizzata verso la costruzione di un modelli
di tipo socio-ecologico [25].
Secondo le indicazioni di tale modello teorico, il primo passo da compiere
qualora si progetti un intervento di promozione dell’attività motoria, è quello di
comprendere se dare priorità “all’individuo o all’ambiente” [23]. Ad esempio,
una campagna di sensibilizzazione per l’adozione di stili di vita attivi potrebbe
sortire un effetto boomerang se l’ambiente circostante non dovesse garantire
la possibilità di svolgere ciò che, a parole, viene proposto. Diversamente, in un
ambiente già ricco di opportunità e strutture appaiono più appropriate azioni
di tipo educativo, intese a diffondere in modo capillare l’esigenza ed il valore
di una vita fisicamente attiva.
Per questo motivo, il lavoro di mappatura delle risorse esistenti sul
territorio rappresenta uno strumento fondamentale per orientare le strategie
d’intervento. Conoscere lo stato della situazione, i punti di forza e di debolezza
del proprio territorio appare dunque un elemento irrinunciabile per indirizzare
ed implementare le politiche d’intervento. Guardando poi alla questione dal
punto di vista di chi usufruisce dei servizi e delle strutture, la conoscenza
delle risorse disponibili può servire da strumento per trovare risposta ad ogni
singola e specifica esigenza.
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Un ultimo punto resta da specificare. Il lavoro di mappatura ha concentrato
la sua attenzione in particolar modo sulle proposte di attività motoria. Perché
occuparsi di attività strutturate, lasciando in secondo piano l’ampio ventaglio
delle attività non organizzate? Non sono forse salutari anche quelle? La
risposta merita qualche riga. Non si vuole certo negare il valore delle cosiddette
attività non organizzate, ma alcune prerogative rendono l’attività strutturata
particolarmente indicata, specie per i soggetti anziani. Infatti, oltre ai vantaggi di
tipo cardio-respiratorio, che di norma caratterizzano le attività non organizzate,
le attività strutturate hanno il merito di occuparsi di innumerevoli altri aspetti,
quali la respirazione, la postura, la mobilità articolare, fondamentali per il
raggiungimento di un completo stato di benessere psico-fisico. Ma non è tutto
qui. Come dicevamo sopra, il fatto di prendere parte ad un’attività organizzata
può mettere al riparo dal rischio di impegnarsi in lavori non adeguati, mentre
la presenza di un insegnante e dei compagni di corso può rappresentare
una fonte sicura da cui trarre motivazione e sostegno [24]. Infine, i risultati
delle ricerche hanno mostrato chiaramente come gli anziani che partecipano
ad attività organizzate tendano ad avere livelli di pratica mediamente più alti
rispetto a chi fa solo dell’attività libera, in quanto per i primi diviene un’abitudine
il sommare attività strutturate ed attività libere [20].
Per tutte queste ragioni è apparso corretto - nell’impostare il lavoro di
mappatura delle risorse di attività motoria sul territorio - dedicarsi in primo
luogo all’attività strutturata, in quanto possibile volano per incrementare i livelli
generali di pratica.
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Tavola Rotonda
Enrico Nava
Per quanto riguarda il servizio sanitario partiamo da una situazione favorevole.
Come abbiamo potuto ascoltare l’attività fisica è positiva per la salute ed
esistono prove di efficacia che testimoniano che lavorare in questa direzione
promuove la salute e migliora la qualità della vita.
Sempre più spesso oggi muoviamo le nostre attività di sanità pubblica
cercando di orientarle verso azioni utili cercando di abbandonare quelle che,
sotto il profilo scientifico, risultano documentate come meno efficaci. A tale
proposito il punto della certificazione, precedentemente dibattuto, rappresenta
un problema sul quale è necessario intervenire.
Un altro aspetto importante è che abbiamo il supporto degli strumenti di
programmazione.
Il Piano sanitario nazionale a più riprese ha dato indicazioni per la
promozione dell’attività fisica. Nel 1998 in modo molto più enfatico e orientato
sulla popolazione, mirato sulle reti e con un patto di solidarietà sulla salute, si
metteva l’accento sull’attività fisica per la popolazione generale e si fissava
l’obiettivo di un incremento nella misura del 10%, pur ammettendo che non
si conosceva con precisione la base di partenza.
Tra l’altro, i dati derivati dall’indagine Multiscopo dell’ISTAT si riferiscono
all’attività sportiva della popolazione italiana che non coincidono con quelli di
attività fisica. Ci sono infatti tutta una serie di attività domiciliari che vanno dal
camminare, al fare giardinaggio o all’occuparsi dei lavori domestici le quali,
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
pur non essendo strutturate, contribuiscono efficacemente al mantenimento
del benessere.
Anche il Piano sanitario 2003-2005 pone quella fisica come un’attività
prioritaria anche se, a differenza del precedente strumento, le responsabilità
per la sua effettuazione sono poste più in carico dei soggetti che attribuite ad
una modificazione dei contesti; si parla cioè più di empowerment collettivo
che non di un intervento di sistema.
In ogni caso come azienda sanitaria fin dallo scorso anno abbiamo colto
l’importanza di realizzare questo progetto individuando come strategica
l’esigenza di creare una rete tra i vari soggetti interessati, cosa che crediamo
di aver realizzato.
Per quanto riguarda il prosieguo delle azioni, durante il corrente anno gli
investimenti saranno orientati alla sensibilizzazione sia a livello di popolazione
generale che di operatori strategici. Si parlava precedentemente dei medici di
medicina generale e a questo proposito si può citare l’importante esperienza
condotta dall’azienda sanitaria di Verona in collaborazione con il CeBiSM.
L’iniziativa che ci accingiamo a compiere parte da una situazione
di conoscenza dell’offerta territoriale molto buona e che ha dovuto
necessariamente precedere la programmazione delle successive azioni.
L’obiettivo 2004 quindi sarà quello descritto anche se risulta evidente che
l’azione si articolerà su un livello poliennale come accade per altre iniziative
come ad esempio nel campo del fumo o dell’alimentazione.
Il ruolo dell’azienda avrà certamente un ruolo prioritario nel rafforzamento
delle alleanze appena costituite cercando, in collaborazione con i due
assessorati di riferimento per le Politiche per la Salute e per le Politiche
Sociali, di trovare la giusta collocazione di queste azioni nelle strategie di
promozione della salute.
Massimiliano Colombo
Credo che l’incontro di oggi rappresenti una tappa fondamentale di un percorso
di confronto e di co-progettazione intrapreso da istituzioni diverse per uno
sviluppo coordinato dell’attività fisica diretta alle persone anziane.
Per alimentare questo lavoro comune vorrei mettere sul tavolo alcune
riflessioni che nascono dall’esperienza istituzionale maturata in seno
all’Università della Terza Età e del Tempo Disponibile. Possiamo ritenere di
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
essere in un territorio caratterizzato da una significativa presenza di attività
motoria per persone anziane e da una relativa vivacità delle istituzioni che
operano in questo campo. L’Università della Terza Età e del Tempo Disponibile
ha rapporti convenzionali con 70 amministrazioni comunali e comprensoriali e
questi numeri evidenziano una notevole sensibilità degli enti locali. La stessa
Provincia Autonoma di Trento sostiene iniziative di educazione motoria per gli
utenti dei servizi socio-assistenziali e anche la realtà del mondo associativo
è molto fertile.
Non mancano tuttavia i motivi di insoddisfazione e di preoccupazione. Ci
sembra che quanto si va facendo in questo campo trovi collocazione in un
contesto di mercato non sufficientemente regolamentato. Consideriamo il caso
dell’Istituto Regionale di Studi e Ricerca Sociale, gestore dei servizi di attività
motoria per anziani dell’Università della Terza Età e del Tempo Disponibile.
L’Istituto è un ente privato senza finalità di lucro che deve chiudere in pareggio
il proprio bilancio.
Le attività motorie per anziani sono finanziate in parte dai comuni attraverso
l’erogazione di contributi ed in parte dalle quote di iscrizione versate dagli
iscritti, ma queste entrate non sono sufficienti a coprire tutti i costi di gestione,
che in parte rimangono quindi a carico dell’Istituto.
Questa gestione economica è sostenibile solo grazie ad un contributo che
l’Istituto riceve per il proprio funzionamento dalla Provincia, ma risulta essere
ormai al limite della sostenibilità. In altre parole se si volesse sviluppare
ulteriormente il servizio sul territorio si dovrebbe modificare il modello di
gestione economica dello stesso, aumentando i costi a carico degli iscritti o
degli enti locali. Inoltre, vista la posizione dominante dell’Università della Terza
Età e del Tempo Disponibile su questo mercato, un’associazione privata che
volesse promuovere e gestire interventi di educazione motoria per anziani
mantenendo il pareggio di bilancio dovrebbe richiedere quote di iscrizione
probabilmente non competitive con quelle offerte dall’Università della Terza
Età.
L’obiettivo di sviluppare e qualificare l’attività motoria per anziani richiede
perciò una diversa regolamentazione di questo mercato, una definizione di
politiche di sostegno e di regole che assicurino la qualità del servizio ed una
adeguata distribuzione territoriale dell’offerta.
Ci sono poi altri problemi, quale ad esempio il fatto che gli anziani oggi
pagano il certificato medico per accedere all’attività fisica in misura superiore
alla quota di iscrizione e questo dato di realtà segnala una contraddizione.
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Da un lato nei livelli essenziali di assistenza sanitaria non è ricompreso il
rilascio di questo certificato medico, e dall’altro tra gli obiettivi di promozione
della salute affidati all’Azienda Sanitaria viene privilegiato proprio quello
relativo alla promozione dell’attività fisica.
Ma il problema di fondo riguarda a mio parere l’identità istituzionale da
attribuire all’attività che si intende proporre alle persone anziane. Stamattina
abbiamo usato linguaggi diversi: nel titolo del convegno si parla di “attività fisica”,
nell’ambito dell’Università della Terza Età preferiamo il concetto di “educazione
motoria”, in altri contesti regionali si è legiferato introducendo il concetto di
“attività ludico ricreativa”. Non c’è ancora un nome che ci metta d’accordo
ed una cosa che non ha un nome stabilizzato non può avere un’identità
istituzionale. Nella nostra esperienza i comuni finanziano l’educazione
motoria per anziani a volte attraverso l’assessorato alla cultura, ritenendola
un’attività di educazione degli adulti, altre volte attraverso l’assessorato alle
attività sociali, attribuendole una valenza socioassistenziale.
Qual è l’interlocutore istituzionale competente su questa materia? La
Provincia? I comuni? L’assessorato alla cultura, alle politiche per la salute o
alle politiche sociali? Quale ordinamento giuridico identifica le competenze,
le responsabilità e le politiche pubbliche in questo campo? Queste domande
indicano nodi di fondo che vanno sciolti per definire il contesto nel quale
operare, ciascuno con le proprie specificità. Evidentemente va costruita una
politica e sono lieto che l’assessore provinciale Dalmaso abbia trovato il tempo
per essere qui a testimoniare il suo interessamento ed il suo impegno. Ritengo
sia condivisa da tutti l’idea di non far rientrare l’attività fisica per anziani nel
campo dei servizi di welfare garantiti ai cittadini. È auspicabile che da un
lato l’ente pubblico assicuri una regolazione al mercato e dall’altro offra un
sostegno economico ad alcune attività private particolari: soprattutto quelle
che hanno lo scopo promuovere la capacita dell’anziano di gestire in modo
autonomo l’attività fisica, oppure quelle previste per particolari segmenti di
popolazione. L’ente pubblico dovrebbe inoltre sostenere in forme diverse le
attività private a valenza sociale in possesso di determinati requisiti di qualità
(svolte per esempio da docenti che dimostrino di avere una professionalità
specifica nell’educazione motoria per anziani) ed attivare politiche equitative
con le quali favorire l’accesso delle persone meno abbienti.
Va quindi costruita una politica di sostegno all’educazione motoria per
anziani, attraverso un processo di consultazione e di concertazione che
veda coinvolti tutti i soggetti interessati e valorizzando le esperienze e le
competenze disponibili.
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Federico Schena
Tra ricercatori del CeBiSM ci siamo occupati in questi anni di implementazione
sul territorio di alcune esperienze. Per i partner con i quali abbiamo avuto il
modo di collaborare in questi anni il messaggio è stato sempre quello che la
struttura universitaria dovesse essere considerata a termine. Lo scopo non
è quindi quello di essere gestori di iniziative sul territorio quanto quello di
sperimentare lo sviluppo di modelli efficaci e sostenibili e utilizzare queste
opportunità per attuare una ricerca applicata.
La nostra struttura è considerata a livello europeo come laboratorio in
progetti di analisi dell’attività fisica come testimoniato anche dall’intervento
della dottoressa Ciddio che faceva riferimento a studi sulle politiche che in
Italia sono ancora sulla carta.
Mettiamo a disposizione la nostra esperienza svolta per stimolare chi ha
la responsabilità delle azioni a prendere determinate strade e mi pare che
la strada sia quella in cui siano ben contemperati gli aspetti psico-socio
fisici relativi all’attività fisica; questo termine racchiude tutto anche nelle
dimensioni educativa e sportiva. Anche nell’attività di divulgazione siamo
molto impegnati.
La realtà trentina si cala in un contesto di un’indagine multiscopo prima
citata che difetta un po’ di qualità in quanto le domande che sono state poste
non erano adatte a definire come sta realmente la situazione e una grande
vivacità delle associazioni che operano sul territorio.
Crediamo che in questa realtà vada comunque fatto un forte tentativo di
migliorare la qualità e in questo il CeBiSM può contribuire.
Qualità che dovrebbe e potrebbe essere trovata attraverso strade che
non siano già consolidate e studiate come quelle dei contesti di palestra e di
piscina; non è attraverso questa strada che raggiungiamo quella parte della
popolazione che non si muove. Notiamo ad esempio la discrepanza tra quanto
osservato a livello nazionale e internazionale circa la maggiore motricità
del sesso maschile a fronte di una partecipazione a iniziative strutturare
esclusivamente di sesso femminile.
In realtà ci molte altre attività che vanno seguite e innovate in modo più
ampio. Ci sono altre strategie per incrementare l’attività sportiva che non
siamo quelle di implementare il numero di palestre e impianti, così come il
benessere di un turismo di montagna non si implementa inserendo le saune
negli alberghi.
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Nel trovare strade diverse, dove la ricerca e la formazione hanno grande
importanza, il CebiSM potrà sicuramente lavorare perché cresca una
consapevolezza che si tratta di iniziare percorsi locali o incrementare quelli
esistenti che devono essere legati poi al territorio. È evidente che sono gli enti
pubblici e le associazioni che devono sviluppare le idee, ma noi vorremmo che
queste idee seguissero una strada di ricerca della qualità. In questa ricerca
della qualità un ruolo rilevante lo ha la formazione del personale sanitario
ma non solo sanitario. Ma anche la ricerca ha la sua importanza. Quando
si parlava prima del dibattito sull’utilità o meno del certificato medico, noi a
Rovereto abbiamo sostenuto che non serve in quanto non migliora il livello di
sicurezza di chi partecipa alle iniziative, né esiste un vero e proprio obbligo
di legge. Qui la ricerca può dare un contributo importante nel sostenere la
decisione dell’amministrazione comunale di non richiedere il certificato; e così
anche nel campo nella valutazione degli effetti, quali parametri valutare, quali
tipologie di attività da proporre, e la sfida di incrementare l’attività fisica nelle
popolazioni svantaggiate.
Paolo Weber
Abbiamo aderito a questo progetto con molta convinzione e riteniamo di
continuare. Indubbiamente i nodi evidenziati da Colombo vanno affrontati
dall’amministrazione provinciale per giungere ad un coordinamento territoriale
degli interventi.
È importante individuare quali sono le tipologie di iniziative di attività mo
toria che andiamo a riconoscere e a implementare così come è importante
moltiplicare le occasioni di attività motoria.
Dobbiamo pensare a quella fisica come un’attività ordinaria e non
straordinaria per non interessare un numero esiguo di persone, non informa
di costrizione ma convinti che questo rappresenti anche un piacere.
Nell’esperienza della SAT ad esempio vi sono persone in età avanzata che
vanno in montagna proprio per il piacere di farlo.
Per quanto riguarda l’assessorato alle politiche sociali, l’impegno e quello
di potenziare la presenza dell’attività motoria nei servizi socio-assistenziali e
ad estenderla nelle realtà dove non è ancora presente.
Teniamo poi conto che è possibile fare attività motoria anche a domicilio e
intervenire sugli operatori dell’area socioassistenziale che vanno a domicilio
(più di 3.000 persone sono seguite in provincia) può rappresentare una nuova
funzione che va a migliorare la situazione delle persone che possono avere
carenze nella capacità fisica.
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Provincia Autonoma di Trento - Infosanità n. 33
Promuovere l’attività fisica nell’anziano
Vogliamo quindi agire sulla formazione degli operatori, lo sviluppo e la
qualificazione degli interventi cercando anche nuove strade per implementare
e moltiplicare le occasioni di attività motoria.
Alberto Betta
Si ha l’impressione che in Italia, come peraltro in altri paesi, nei piani sanitari
gli obiettivi strategici siano a volte ben delineati senza che venga poi definito
attraverso quali risorse e con quale organizzazione tali obiettivi possono
essere raggiunti.
Il citato piano sanitario fissava l’obiettivo di promuovere attività fisica.
Allora la programmazione nazionale e quella regionale devono individuare
risorse e organizzazione.
Se ciò non entra nelle politiche sociali e per la salute, anche gli aspetti di
cui parlava prima Colombo avranno difficoltà ad essere implementati.
Anche con la buona volontà degli operatori, se tali concetti non entrano
nella programmazione politica i risultati saranno insoddisfacenti.
Stabilite le politiche, il ruolo di governo consiste anche nel porre “paletti”
sullo spontaneismo: l’attività che si fa è accreditata per raggiungere determinati
obiettivi?
Senza programmazione, senza organizzazione e senza risorse si corre il
rischio che l’obiettivo rimanga sulla carta.
Abbiamo tuttavia garanzie che questi aspetti entrino in modo sistematico
e articolato nelle politiche sociosanitarie.
Massimiliano Colombo
Nell’ambito di questa tavola rotonda consideriamo le condizioni di sviluppo
dell’attività fisica per le persone anziane da un punto di vista politico
istituzionale.
Il problema politico e tecnico-amministrativo della programmazione,
dell’individuazione delle risorse e dello sviluppo di un modello d’offerta è
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Promuovere l’attività fisica nell’anziano
sicuramente centrale.
L’obiettivo di sviluppare l’attività fisica per le persone anziane comporta il
misurarsi con problemi complessi, poiché è un obiettivo che mette in gioco
competenze di enti, assessorati e servizi diversi e mette quindi alla prova la
capacità della politica e delle organizzazioni di trovare intese e risorse.
Credo che difficile sarà trovare un unico interlocutore istituzionale a cui
affidare la regia del complesso e articolato sistema educazione motoria
per anziani che si vorrebbe qualificare e potenziare. Sarà forse più facile
ricercare accordi tra i diversi soggetti pubblici e privati operanti nel settore
ed interessati ad un programma comune che assegni ad ognuno un ruolo
specifico. Attraverso un accordo di programma potremmo aggirare i problemi di
identificazione di un unico soggetto competente e finanziatore e valorizzando
le diverse competenze potremmo identificare la parte che ogni soggetto
istituzionale è chiamato a sviluppare e presidiare.
Se l’esigenza è sensibilizzare i medici di medicina generale, questo rientra
nelle competenze dell’Azienda sanitaria, se l’esigenza è invece fare formazione
continua ai docenti di educazione motoria questo rientra nelle competenze di
un centro di formazione e ricerca quale può essere per esempio il CeBiSM,
se l’esigenza è costruire un’offerta di educazione motoria che risponda a
determinati requisiti di qualità, questa è una competenza degli enti gestori,
tra i quali l’Università della Terza Età e del Tempo Disponibile.
Attraverso un accordo di programma ogni partner mette a fuoco un
ruolo coerente con la propria identità istituzionale e d’intesa con gli altri
partner lo esercita per favorire le condizioni di sviluppo del progetto nel suo
complesso.
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