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Studi e ricerche
Studi e ricerche
Temi&Strumenti
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LA CONSULENZA ORIENTATIVA PER LA CONCILIAZIONE LAVORO-VITA IL PERCORSO in.la.v.
onciliazione, equilibrio, pari opportunità, migliori condizioni di lavoro, aumento del
tempo individuale, maggiore benessere. Sempre più spesso sono queste le parole che ricorrono nei protocolli e nelle politiche per l’occupazione nazionali e comunitarie. E da cui le politiche per l’orientamento non possono prescindere.
Crediamo che i tempi siano ormai maturi per l’affermarsi di nuove prospettive che possano contribuire a ridare un nuovo senso alle pratiche di orientamento, soprattutto quando si affrontano questioni relative alle scelte e alle transizioni significative, non solo lavorative, ma anche a quelle che inevitabilmente si riverberano nei diversi ambiti del ciclo di vita delle persone e che sempre più ci impongono di rispondere alle richieste continue che la complessità del nostro mondo ci impone.
In questa cornice si inserisce il lavoro che ha portato alla realizzazione di questo volume
che – partendo dalla progettazione e dalla sperimentazione di un percorso consulenziale a finalità orientativa – ha voluto richiamare l’attenzione di un pubblico più ampio sul
tema della conciliazione tra vita di lavoro e vita personale e che si rivolge a un ampio target di persone che affrontano quotidianamente problemi di questo tipo.
Il volume si compone di due parti. Nella prima, di natura più teorica, vengono esplorati
gli assunti alla base del bisogno di conciliazione tra lavoro e vita, affrontati anche nel rapporto tra le esigenze di conciliazione e le pratiche di orientamento.
La seconda parte – dedicata alla presentazione della pratica – offre, attraverso diverse
composizioni modulari, una progettazione personalizzata, per adeguarsi alle esigenze di
un’utenza molto eterogenea. Allegato al volume è un CD su cui sono riportate tutte le schede e gli strumenti per la realizzazione del percorso; il testo del CD è riproducibile a colori ed è dunque direttamente utilizzabile dai professionisti di orientamento che vogliano
realizzare il percorso in.la.v..
Temi&Strumenti
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Unione europea
Fondo sociale europeo
LA CONSULENZA ORIENTATIVA
PER LA CONCILIAZIONE
LAVORO-VITA
IL PERCORSO in.la.v.
ISBN 978-88-543-0281-5
9
788854 302815
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Temi&Strumenti
Studi e ricerche
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ISBN 978-88-543-0281-5
L’Isfol, Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, è
stato istituito con D.P.R. n. 478 del 30 giugno 1973, e riconosciuto Ente di ricerca con Decreto legislativo n. 419 del 29 ottobre 1999, è sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. L’Istituto opera in base
allo Statuto approvato con D.P.C.M. 19 marzo 2003, nel campo della formazione, delle politiche sociali e del lavoro al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione, al miglioramento delle risorse umane, all’inclusione sociale ed allo sviluppo locale.
L’Isfol svolge e promuove attività di studio, ricerca, sperimentazione, documentazione, informazione e valutazione, consulenza ed assistenza tecnica. Fornisce
un supporto tecnico-scientifico al Ministero del Lavoro e della Previdenza
Sociale, ad altri Ministeri, alle Regioni e Province Autonome, agli Enti locali, alle Istituzioni nazionali, pubbliche e private, sulle politiche e sui sistemi della formazione ed apprendimento lungo tutto l’arco della vita, del mercato del lavoro e dell’inclusione sociale. Svolge incarichi che gli vengono attribuiti dal
Parlamento e fa parte del Sistema Statistico Nazionale. Svolge inoltre il ruolo
di assistenza metodologica e scientifica per le azioni di sistema del Fondo sociale europeo, è Agenzia nazionale Lifelong Learning Programme – Programma
settoriale Leonardo da Vinci e Struttura Nazionale di Supporto Equal.
Presidente
Sergio Trevisanato
Direttore Generale
Giovanni Principe
La collana “Temi&Strumenti” – articolata in Studi e Ricerche, Percorsi, Politiche
comunitarie – presenta i risultati delle attività di ricerca dell’Isfol sui temi di competenza istituzionale, al fine di diffondere le conoscenze, sviluppare il dibattito, contribuire all’innovazione e alla qualificazione dei sistemi di riferimento.
La collana “Temi&Strumenti” è curata da Isabella Pitoni, responsabile Ufficio
Comunicazione Istituzionale Isfol.
2007 – ISFOL
Via G. B. Morgagni, 33
00161 Roma
Tel. 06445901
http://www.isfol.it
ISFOL
LA CONSULENZA
ORIENTATIVA
PER LA CONCILIAZIONE
LAVORO-VITA
IL PERCORSO in.la.v.
ISFOL EDITORE
Il volume descrive il percorso in.la.v. (insieme lavoro vita) messo a punto e sperimentato dall’Area Politiche per l’Orientamento dell’Isfol, di cui è responsabile Anna Grimaldi. Il lavoro è stato finanziato a valere su risorse Pon Ob 3 C1
Azione 5 ed è stato realizzato con la Società Polis 2000 di Torino.
Il volume è a cura di Anna Grimaldi, Rita Porcelli e Alessia Rossi
Sono Autrici del testo:
Prima parte
Anna Grimaldi (Introduzione)
Marcella Baiunco (cap. 1)
Mara Martini (cap. 1)
Alessia Rossi (Introduzione, cap. 2)
Rita Porcelli (cap. 3)
Angela Barruffi (cap. 4)
Sabrina Marciano (cap. 4)
Seconda parte
Anna Grimaldi, Alessia Rossi, Rita Porcelli, Marcella Baiunco e Mara Martini
Le conclusioni sono di Anna Grimaldi
La prefazione è di Claudia Piccardo (Facoltà di Psicologia - Università degli Studi
di Torino)
Hanno partecipato al gruppo di lavoro coordinato da Anna Grimaldi
per Isfol: Anna Grimaldi, Marco Amendola, Angela Barruffi, Keiri Becherelli,
Angelo Del Cimmuto, Stefania Ferrari, Cristina Lolli, Antonietta Maiorano,
Sabrina Marciano, Giuseppa Montalbano e Rita Porcelli.
per Polis 2000: Alessia Rossi, Marcella Baiunco, Mara Martini e Monica
Reynaudo.
Coordinamento editoriale della collana “Temi & Strumenti”:
Piero Buccione e Aurelia Tirelli.
Con la collaborazione di Paola Piras
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INDICE
pag.
Prefazione
Introduzione
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PARTE PRIMA
Il progetto in.la.v.: una visione d’insieme
Cap. 1
Conciliare lavoro e vita: gli assunti teorici
di Marcella Baiunco e Mara Martini
1.1 Uno sguardo multidisciplinare sulla conciliazione
1.2 Le leggi in tema di conciliazione tra lavoro e resto della vita
1.3 La conciliazione da una prospettiva sociologica
1.4 La conciliazione da una prospettiva psicologica
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25
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Cap. 2
Pratiche di orientamento e bisogni di conciliazione
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Cap. 3
Il progetto dell’Isfol: in.la.v.
3.1 Origini e finalità del progetto
3.2 Gli obiettivi e le fasi di lavoro
3.3 ll progetto e le sue iniziative per un lavoro di e in rete
3.4 Dal progetto di ricerca al percorso: gli obiettivi di in.la.v.
3.5 I destinatari
3.6 I principi di base nella progettazione del percorso
3.7 Il percorso in.la.v.: le dimensioni d’analisi
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5
INDICE
Cap. 4
Il percorso in.la.v.: dalla sperimentazione alla valutazione
4.1 Gli obiettivi e le fasi della sperimentazione
del percorso in.la.v.
4.2 Le strutture coinvolte nella sperimentazione
4.3 La funzione di tutorship
4.4 La descrizione del campione
4.5 La valutazione del percorso in.la.v.
4.6 Il monitoraggio dei percorsi da parte dei consulenti
4.7 La soddisfazione dell’utenza
4.8 Il piano d’azione: alcuni dati interessanti
4.9 Il follow-up
4.10 In vista della ri-progettazione
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100
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PARTE SECONDA
Il percorso in.la.v.: moduli e strumenti
Cap. 5
La composizione modulare di in.la.v.: linee guida per una
progettazione personalizzata
5.1 Le ragioni di un percorso a moduli
5.2 L’articolazione dei moduli in.la.v.
5.3 Il piano d’azione in.la.v.: l’esito di un percorso
5.4 I punti di attenzione per una progettazione su misura
5.9 Alcune proposte di percorso: configurazioni possibili
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117
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L’accoglienza e l’analisi della domanda:
due momenti distinti
6.1 Il colloquio di accoglienza
6.2 Il colloquio di analisi della domanda
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135
Cap. 7
Storie di conciliazione: un colloquio in profondità
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Cap. 8
Sensibilizzare sui temi della conciliazione: il seminario
informativo
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Cap. 9
I moduli in.la.v.
9.1 Gioco di presentazione in avvio ai moduli di gruppo
9.2 Il modulo tematico “Tempi e spazi”
9.2.1 Il tema di fondo del modulo: la gestione del tempo
9.2.2 Lo svolgimento del modulo nella versione di gruppo:
il laboratorio
9.2.3 Lo svolgimento del modulo nella versione individuale:
il colloquio
9.3 Il modulo tematico “Risorse ed esperienze”
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152
152
Cap. 6
6
155
160
163
INDICE
9.3.1 Il tema di fondo del modulo: le competenze
per la conciliazione
9.3.2 Lo svolgimento del modulo nella versione di gruppo:
il laboratorio
9.3.3 Lo svolgimento del modulo nella versione individuale:
il colloquio
9.4 Il modulo tematico “Vincoli e opportunità”
9.4.1 Il tema di fondo del modulo: vincoli e opportunità
nella conciliazione
9.4.2 Lo svolgimento del modulo nella versione di gruppo:
il laboratorio
9.4.3 Lo svolgimento del modulo nella versione individuale:
il colloquio
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172
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Conclusioni
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Bibliografia
187
Allegati
195
7
PREFAZIONE
“… ci si trova nel labirinto, ed occorre ‘muoversi’ lungo il percorso in cui esso si distende, ‘puntando al centro’ per poter
‘risolvere il problema’ e subito dopo ‘cercando una via
d’uscita’ per sfuggire alla logica stessa di quella ricerca”.
(Corrado Bologna, Introduzione a
“Nel labirinto” di Kàroly Kerènyi)
Il progetto in.la.v. Isfol presentato in questo volume nasce dall’ipotesi, confermata in numerosi casi di studio, che il percorso di sviluppo professionale delle persone possa essere ostacolato da problemi di conciliazione tra lavoro e famiglia e non solo, tra lavoro e il resto della vita (come suggerisce il nome stesso del progetto): le esigenti e talvolta contrastanti richieste provenienti dai diversi domini di vita possono limitare quando non impedire la ridefinizione e lo
sviluppo del proprio percorso lavorativo, così come possono, se intelligentemente interpretate e rielaborate, potenziare e migliorare l’integrazione tra questi contesti.
È quest’ultima finalità quella che rende meritorio il progetto in.la.v., progetto ambizioso in quanto cerca di affrontare concretamente una condizione esistenziale di ogni uomo e ogni donna che nella ricerca di un equilibrio possono vivere la conciliazione, oltre che come un problema, peraltro non sempre consapevole, anche come una sfida interessante da sostenere, una fonte di arricchimento e completamento. Una finalità perseguita assumendo la complessità
della questione in termini positivi e interpretando correttamente i risultati
della ricerca scientifica sul tema dell’equilibrio lavoro e vita: laddove riconosce
la contraddittorietà dei dati e comunque sceglie di mettere al centro della riflessione e dell’azione di consulenza la persona, cercando di metterla in dialogo
sia con se stessa (le sue esigenze, le sue difficoltà, le sue risorse e i suoi desideri), sia con il suo contesto esterno, in termini di possibili vincoli così come di
risorse. L’intento, duplice, è infatti quello di mettere la persona in grado di fronteggiare la sua vicenda di conciliazione, alleggerendola della dolorosa sensazione di dover essere sola, consentendole di chiedere e trovare il supporto delle persone vicine e del contesto territoriale di riferimento.
Oltre che ambizioso il progetto è necessariamente complesso: esso assume
infatti la complessità che nasce dal grandissimo numero di aspetti e attori coinvolti e dai molteplici passaggi che attraversano il tema della conciliazione. Sono
i passaggi che la persona compie, nel suo andare e venire tra un contesto di vita e un altro, sono i passaggi esistenziali tra le varie fasi del ciclo di vita, ma so9
PREFAZIONE
no anche i passaggi intesi come le trasformazioni che si verificano all’interno
di ciascuno degli ambiti in cui ci si muove.
Sostenere una persona nel suo percorso di sviluppo professionale significa
perciò, da ricercatori prima, da progettisti e da consulenti poi, cercare di comprendere le molteplici questioni che attraversano i vari domini di vita, nel loro
spesso inestricabile intreccio, per poter offrire alle persone una chiave di lettura che sia di aiuto nel loro personale progetto professionale.
Significa intercettare la persona nel suo spostarsi dal mercato del lavoro, con
entrate e uscite in diversi contesti organizzativi, alla vita famigliare, caratterizzata da mutevoli esigenze a seconda della sua composizione.
Significa in ogni caso porre sempre al centro l’individuo che continuamente e ricorsivamente si muove tra un contesto e un altro, vivendo il passaggio tra
logiche temporali e valoriali diverse, tra differenti universi culturali. E in questo
passaggio può vivere tali differenze come uno scollamento insanabile, difficile, come una criticità oppure come una possibilità, a seconda della fase del ciclo di vita che attraversa e anche delle caratteristiche personali: in ogni caso agisce all’interno di una cultura e di un contesto sociale, che possono imprigionarla in norme e regole cristallizzate piuttosto che sfidarla immettendola nel corso di un’evoluzione culturale profonda cui poter soggettivamente contribuire.
Proviamo ora a enucleare le varie questioni, sciogliendole, per un breve momento, dal loro intreccio e ascrivendole a ciascuno degli ambiti in cui esse originano: il mercato del lavoro e delle organizzazioni, la famiglia, il contesto sociale e culturale.
I passaggi che segnano il mercato del lavoro riguardano sia quelli che l’individuo compie tra organizzazioni diverse, sia quelli relativi alla profonda trasformazione che le organizzazioni e lo stesso mercato del lavoro stanno vivendo al loro interno.
Le organizzazioni non sono più il luogo in cui realizzare tutta o larga parte
del proprio percorso di carriera: frequenti sono i passaggi da un contesto organizzativo a un altro o da un tipo di lavoro a un altro. Questa flessibilità che può
risultare vantaggiosa, in quanto offre l’opportunità di crescere professionalmente attraverso esperienze differenti, può rivelarsi anche rischiosa per la precarietà
che segna e rendere difficile fare progetti di vita a lungo termine: i contratti a
tempo determinato o a progetto non garantiscono né la costruzione di solide
professionalità, né la continuità di una fonte di reddito, né tutele come congedi di maternità o parentali. Anche i ritmi e i luoghi di lavoro sono segnati da una
progressiva flessibilità che si rivela di volta in volta un’opportunità piuttosto che
una “trappola” rispetto alla possibilità di dedicare tempo ed energie ad altri aspetti della propria vita: se può consentire di gestire autonomamente i propri impegni in base alle diverse esigenze, può rendere i confini tra i diversi ambiti di
vita sempre più labili, può far sì, in molti casi, che il lavoro, con le sue richieste
pressanti, vada a invadere e “assorbire” i tempi della vita personale.
In questo gioco di equilibrio le competenze richieste per entrare e muoversi nel mondo del lavoro sono sempre meno specialistiche, ma di ordine trasversale ovvero trasferite da un ambito all’altro e capaci di svilupparsi pienamen10
PREFAZIONE
te proprio nei passaggi tra un contesto e l’altro.
Le organizzazioni, dal canto loro, sono segnate da culture differenti che possono talora dare spazio e sostegno, talora non dare neppure voce alle esigenze di conciliazione di chi vi lavora. Il sostegno, per essere autentico, non può limitarsi tuttavia al dichiarato: è necessario che vi sia la reale possibilità di fare
ricorso ai benefit disponibili e che questo non penalizzi la persona. Passare da
un’organizzazione a un’altra può implicare, perciò, passare da un contesto più
family-friendly a uno meno sensibile ai bisogni di conciliazione (e viceversa):
ne può derivare il bisogno di modificare quella strategia di risposta alle esigenze famigliari e personali che l’individuo aveva sviluppato in precedenza.
Analogo può essere il caso di chi compie un passaggio di carriera. Per far fronte al crescente impegno di responsabilità professionali, avrà meno tempo ed
energie per il resto della vita. Si tratta in alcuni casi di passaggi inevitabili, obbligati, dovuti alle scelte operate da altri cui la persona deve in qualche modo
far fronte, in altri casi di cambiamenti che nascono dalle priorità della persona,
dal suo desiderio di investire maggiormente in un ambito di vita o in un altro,
mutevole anche in funzione della fase della vita che sta attraversando.
Le fasi del ciclo di vita sono ciò che in prima istanza connotano i passaggi
in ambito famigliare. Quest’ultimo può di volta in volta essere oggetto di investimento progettuale o essere privato di tempo e risorse dedicate alla sfera professionale o alla crescita personale. La famiglia stessa può avere composizione e natura differente a seconda della fase che si sta vivendo: può essere la famiglia di origine da cui ci si allontana per seguire il lavoro in altri luoghi o per
dar vita a una famiglia propria. La famiglia è il contesto da cui si parte e a cui
si torna nel quotidiano, che può offrire supporto emotivo o materiale per far fronte alla fatica e all’impegno professionale, che può talvolta divenire ricettacolo
per la stanchezza e la tensione che si portano a casa dal lavoro. Può essere anche il luogo in cui si esprimono la soddisfazione e la ricchezza di stimoli provenienti dalla vita professionale o dalle proprie attività personali.
Può essere per contro anche fonte, a sua volta, di fatica e preoccupazioni,
laddove vi siano bambini piccoli da seguire, persone anziane o malate da curare e una rete di sostegno limitata o del tutto assente. Centrali in questo senso sono non solo la composizione del nucleo famigliare, la numerosità, la presenza di bambini e anziani, di genitori single, di una coppia dual earner (e anche dual career) o in cui uno dei due è a casa, ma anche il tipo di cultura che
la caratterizza, che prevede ad esempio una condivisione dei compiti di cura tra
i partner o una divisione più tradizionale dei ruoli tra donne e uomini.
La famiglia così come il mercato del lavoro originano e si inseriscono nel contesto sociale, le cui trasformazioni si influenzano reciprocamente e influenzano i passaggi che le persone compiono da un contesto all’altro.
Anche il contesto sociale è attraversato da mutamenti profondi. Il fenomeno crescente dell’immigrazione nel nostro paese spinge a far convivere culture anche profondamente diverse, che le persone portano con sé nel mercato
del lavoro e, spesso, nelle famiglie in cui prestano la loro opera di assistenza e
cura. Il fenomeno delle cosiddette badanti straniere mette l’accento su un al11
PREFAZIONE
tro aspetto della nostra cultura sociale: l’importanza della presenza di risposte
alle esigenze di cura e assistenza cui non sempre le famiglie riescono a dare risposta in toto, a fronte di un maggiore impegno nel mercato del lavoro (non necessariamente attento ai bisogni di conciliazione di chi vi lavora), e una divisione dei compiti di cura tra i generi ancor ben lungi dall’essere equa: più che condividere i compiti di cura, gli uomini sembrano affiancare le donne, a loro volta sovente compiaciute di “essere aiutate”.
Il contesto sociale, con tutte le diversità tra aree geografiche di cui tante ricerche hanno dato evidenza, può offrire supporto alle esigenze di cura delle famiglie attraverso leggi, progetti e iniziative molteplici. Può offrire anche diversi servizi di assistenza, per quanto non sempre sufficienti a rispondere a una domanda in crescita; via via che aumenta il numero delle coppie dual earner e si
innalza l’età pensionabile, vengono meno le fonti di cura “tradizionali” (la donna nel nucleo famigliare, i nonni - o meglio le nonne - che sono stati e sono per
molti un importante riferimento per accudire i nipoti). Le risorse del contesto
possono così finire con l’essere insufficienti nel sostenere la persona nei suoi
molteplici passaggi dalla famiglia al mercato del lavoro e viceversa.
A fronte di questo articolato e complesso panorama di contesti e attori coinvolti, è evidente come il principale rischio nell’affrontare il tema sia la parzialità della prospettiva da cui lo si affronta e la parzialità delle risorse, delle strategie e degli strumenti che concretamente si adottano o che si crede di poter
adottare. Come ridurre tali rischi? Come stimolare interesse per strategie e risorse che solo sinergicamente potrebbero permettere l’adozione di strumenti realmente efficaci?
La questione della conciliazione sembra richiedere, a questo punto, di essere affrontata con una nuova logica: non più e non solo come un problema
privato e del singolo, il quale è sollecitato a trovare una soluzione unicamente attivando le sue risorse personali e familiari, ma anche come questione sociale che è possibile affrontare efficacemente solo attraverso sinergie di risorse di carattere anche organizzativo e istituzionale. La proposta sul piano concreto si volge nella direzione di sostenere e mobilitare un autentico dialogo e
dibattito tra gli attori e le istituzioni potenzialmente ed effettivamente coinvolte nella conciliazione, utilizzando tutte le leve disponibili per attivare e sostenere tale collaborazione: l’ideazione e messa in opera di progetti di sviluppo delle comunità locali, con particolare attenzione alle reti di servizi territoriali, la formazione di professionisti e consulenti della conciliazione e il supporto nel loro aggiornamento, l’attivazione di percorsi di consulenza in cui il singolo è messo nella condizione di avere maggiore consapevolezza di sé e delle risorse disponibili e utilizzabili nei vari contesti.
È in questo quadro che si inserisce il pregevole lavoro del gruppo Isfol, che
accoglie la complessità e l’unicità di cui è portatore l’individuo, ma anche la sfida legata all’attivare e sostenere la rete di servizi territoriali che a vario titolo possono sostenere la conciliazione. Un progetto che evidenzia come le pratiche di
orientamento, tramontata la loro esclusiva valenza informativa e la loro principale collocazione in momenti socialmente definiti, quali il passaggio dalla scuo12
PREFAZIONE
la al lavoro, la scelta o la crisi dell’attività professionale, debbano ora rispondere a domande e bisogni sempre più articolati e complessi, che ruotano attorno all’affermazione della centralità e unicità del soggetto nel suo contesto di vita. Tali pratiche si propongono di promuovere un processo di sviluppo delle competenze di autorientamento tra le varie istanze che provengono dai molteplici contesti che l’individuo attraversa. Pratiche sostenute dai risultati della ricerca scientifica circa le differenze e le specificità individuali nel percepire il tema
della conciliazione e nell’adottare soluzioni efficaci e soddisfacenti, valorizzando ad esempio l’ottica di genere.
Necessario risulta, in questa luce, riorientare l’attenzione quasi esclusiva alle problematiche della donna-lavoratrice, all’insieme di donne e uomini che con
crescente difficoltà riescono a conciliare i quotidiani transiti tra lavoro e vita, tra
attività professionale, da un lato, e impegni e responsabilità familiari dall’altro:
sia le donne sia gli uomini possono infatti vivere la conciliazione come un problema ma anche come una possibilità di arricchimento, manifestando bisogni
e necessità simili sul versante dell’equilibrio tra i diversi ambiti di vita. La letteratura, ma anche l’esperienza di ricerca di chi propone queste riflessioni, suggeriscono infatti che l’ipotesi di una diversa permeabilità dei confini tra le donne (maggiore invasione di pensieri e preoccupazioni familiari nel lavoro) e gli
uomini (maggiore invasione di pensieri e preoccupazioni lavorativi) non è confermata: non sempre sono le donne a far entrare le preoccupazioni e i pensieri familiari “in ufficio” in misura maggiore rispetto agli uomini. Con molta
chiarezza, inoltre, la ricerca ci fa intravedere, per uomini e per donne, accanto
allo spillover (l’influenzamento tra un ambito e un altro) negativo tra lavoro e
vita, quello positivo. Si apre la possibilità di convergenza tra i diversi ambiti di
vita; la protezione dei confini del privato rischia di venir meno per l’invasione
e l’interferenza della vita lavorativa ma la vita lavorativa può essere fonte di potenziamento e miglioramento della vita privata. Variano le differenze: a fronte
di un uguale problema di conciliazione, diversa può essere l’intensità con cui
donne e uomini vivono l’esperienza del conflitto tra lavoro remunerato e resto
della vita. Le donne, possono essere più attive nella gestione dei compiti di cura e avere maggiore difficoltà a ritagliare del tempo per sé. Di contro, gli uomini, sempre più, rivendicano un maggior tempo da destinare alla famiglia, ma possono riuscire ancora poco a “staccare” dal lavoro, essendo stati scarsamente socializzati ai compiti di cura e risultando quindi meno preparati a contenere lo
stress a essi associati. Le differenze di scelta professionale e i diversi gradi di investimento lavorativo piuttosto che familiare possono, infatti, dipendere da barriere “interne” ed “esterne” alimentate dagli stereotipi di genere.
Tradizionalmente, la divisione di genere del lavoro attribuisce all’uomo la sfera produttiva e alla donna la sfera riproduttiva, anche se oggi è in corso una controtendenza.
I cambiamenti che attraversano i ruoli e i compiti legati al genere non possono quindi essere trascurati e non presi in considerazione all’interno di un percorso di consulenza orientativa: e di fatto il progetto in.la.v. li considera pienamente. Nell’ambito della formazione rivolta agli interlocutori, attori e organiz13
PREFAZIONE
zazioni, della conciliazione, è infatti fondamentale la conoscenza teorica del tema e la capacità di utilizzo degli strumenti necessari per operare scelte consapevoli relative al lavoro, alla famiglia, alla maternità, alla paternità; affinché queste scelte siano sempre meno indotte dai risultati inconsapevoli della costruzione sociale di modelli e ruoli di genere, e siano invece il frutto di un processo decostruttivo giocato all’interno della mente dei singoli nei loro contesti familiari, sociali, istituzionali.
A fronte della molteplicità delle questioni che attraversano il tema, qui solo brevemente enunciate, non ci è dato di concludere ma solo di rinnovare l’invito, a tutti noi che studiamo e sperimentiamo, a non arrenderci dinanzi a tale complessità, continuando a studiare e sperimentare. Nei nostri diversi ruoli di ricercatori, professionisti, consulenti, interlocutori a vario titolo su questo
tema, possiamo continuare utilmente a impegnarci a sorreggere il singolo nel
suo dialogo interno, nel quale possono trovare diversa espressione le possibilità, i bisogni, i desideri così come le paure, le rinunce e i rimpianti in funzione
della nostra capacità di far riconoscere, rielaborare e ridurre il potenziale distruttivo di questi ultimi: far sostare e giocare nel labirinto ma anche aiutare a trovare la strada per uscirne per poi rientrarvi con la fiducia di poterne, ancora una
volta, uscire.
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INTRODUZIONE
In.la.v., acronimo per dire “insieme lavoro vita”. Che il lavoro sia vita, sostentamento, appagamento, realizzazione o altro, è un’affermazione condivisibile.
Che la vita sia lavoro appare oggi meno scontato. L’incertezza e l’ansia di non
trovare un’occupazione (e dunque non avere garantite alcune condizioni di vivibilità) attraversano in maniera sempre più incisiva fasce di popolazione diverse. Il messaggio augurale racchiuso nel nome scelto per questo percorso di consulenza orientativa messo a punto dall’Isfol è dunque duplice. Da un lato perché il lavoro e la vita vadano insieme, nella direzione di un buon equilibrio, e
dall’altro perché il primo possa non mancare mai.
Partiamo così dall’idea che il lavoro sia imparentato con altri aspetti della vita (famiglia, figli, studi, interessi, impegni, svaghi, ecc.), e che in quanto parte
di essa non la esaurisce completamente. Inutile quindi pensare di scindere i due
piani dell’analisi o procedere a collocare il lavoro e il resto delle cose in qualche scala di priorità, per definizione sempre soggettive e provvisorie. Anche riuscendo a esprimere una qualche forma di precedenza o di valore, la questione del tenere insieme (come ci dice efficacemente Claudia Piccardo nella prefazione al volume) è delicata e complessa.
Ci accorgiamo tutti, chi più chi meno, che di tanto in tanto siamo chiamati
a fare i conti o a venire a patti con le nostre scelte. Di lavoro e di vita. Ed è in
questo intreccio di pensieri e decisioni che si fa potenzialmente spazio il tema
della progettazione di sé, dal punto di vista personale e professionale, distintivo di ogni consulenza orientativa e di carriera, e che trova sviluppo la riflessione su come tenere insieme i diversi ambiti di vita. A questo punto non ci pare
eccessivo affermare come la dinamica del conciliare lavoro e vita appaia sempre più centrale sia nelle azioni a supporto dello sviluppo professionale, sia a
favore dell’occupabilità. Se infatti molte delle riflessioni intorno alla capacità di
conciliare diversi ruoli e responsabilità siano state tradizionalmente rivolte a target di persone con livelli culturali medio-alti, oggi è crescente l’esigenza di sensibilizzare un pubblico di donne e uomini che devono cercare un lavoro per la
prima volta o che devono trovarlo nuovamente.
15
INTRODUZIONE
In altri termini la questione della conciliazione, già interdisciplinare per vocazione teorica, diventa traversale alle culture e alle fasce d’età. Da un lato attraversa le generazioni e i generi (non solo come fenomeno di donne e per le
donne), e dall’altro attraversa le fasi e i tempi, non solo del lavoro, ma delle città
e delle organizzazioni.
Richiamandosi anche al significato etimologico del verbo conciliare che si
usa come sinonimo di unire e mettere d’accordo, non è strano accorgersi come l’uso del termine conciliazione rinvii anzitutto all’idea del conflitto tra parti e quindi alla risoluzione di controversie. La conciliazione come la si intende
qui, ovvero come armonizzazione e tensione verso un migliore equilibrio tra diverse istanze, si associa più spesso al concetto di tempo e, in generale, di vita.
Molti sono i progetti volti a favore della conciliazione tra tempi di vita e di lavoro piuttosto che tra vita lavorativa e vita personale, soprattutto nell’ambito delle politiche per le pari opportunità di genere. Se però questo è l’ambito storicamente più ricco di contributi per tematizzare la questione, è da qualche anno che gli investimenti di ricerca e di intervento associano a questo tema quello di “cura” in senso lato. Cura di sé, delle proprie emozioni e relazioni, del tempo e dello spazio di vita.
Non solo migliore conciliazione a favore delle donne e contro ogni discriminazione1, ma quasi per un’esigenza crescente di “riduzione del danno”, volendo usare una terminologia cara agli studiosi di comunità. Ovvero, si afferma l’idea che tenere insieme il lavoro e il resto della vita in modo soddisfacente produce effetti sul piano del benessere personale, del clima in ufficio e a casa, e
via via a livello socio-culturale. Autorevoli studi e ricerche principalmente nell’ambito delle scienze sociali e psicologiche evidenziano infatti nessi significativi tra il conflitto di ruolo/i, primariamente tra quello familiare e quello lavorativo e i livelli di stress che si possono generare (Bellavia, Frone, 2004). Senza
entrare nello specifico della sterminata letteratura che tratta del rapporto tra la
sfera del lavoro e l’ambito familiare è interessante sottolineare come gli studi
in questo campo si collochino in un filone sempre più ricco e ampio di contributi che va sotto il nome di benessere e qualità della vita.
La soddisfazione nella propria vita è frequentemente inclusa come un risultato o una variabile conseguente nelle ricerche tra lavoro e famiglia (Allen, Herst,
Bruck, Sutton, 2000), ma al di là della relazione diretta tra livelli di soddisfazione di vita e conflitto lavoro-famiglia, quello che è importante è come le persone si occupano di questi conflitti. Una recente lettura al fenomeno sostiene che
in realtà la partecipazione a ruoli multipli svolge effetti positivi sull’individuo e
la famiglia. Questo concetto è stato diversamente interpretato in letteratura, ma
in tutti i casi quello che viene enfatizzato è l’aspetto di arricchimento e sinergia (MacDermid, 2004; Greenhaus, Powell, 2006).
1 È un piacere presentare questo lavoro nel corso del 2007 “Anno europeo delle pari opportunità per tutti”, dedicato alla lotta contro le discriminazioni basate sul genere, sulla razza, sull’origine etnica, sulla religione, sulla diversità di opinione, sulla disabilità, sull’età e sugli orientamenti sessuali.
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INTRODUZIONE
In linea con una visione armonica tra le sfere di vita si colloca anche l’ultimo rapporto del Cisf sulla famiglia in Italia che tende a contrapporre uno scenario “lavoristico” in cui la conciliazione diventa un insieme di politiche – negoziate fra stato e mercato – volte a rendere più facile e diffuso l’accesso al lavoro, a uno scenario definito “sussidiario” nel quale la conciliazione è un insieme di misure concrete che devono rendere soddisfacente la relazione fra i due
ambiti di vita (Donati, 2005).
Tuttavia è ormai ampiamente condiviso che la questione della conciliazione non riguarda unicamente la sfera familiare, e l’interesse crescente verso questa tematica si riflette nei mass-media, nelle politiche di governance locale e
nello sviluppo di programmi comunitari ad essa dedicati.
Nonostante queste evidenze, la vita di lavoro e quella personale è più difficile conciliarle adesso di un tempo. Questa, in sintesi, è la tesi di un volume uscito in Inghilterra un paio d’anni fa basato sui risultati di un vasto programma di ricerca condotto dall’Economic and Social Research Council
(ESRC) dal titolo alquanto suggestivo “Future of work”. In questo testo, a cura di Diane Houston (2005), viene dibattuto il tema della flessibilità e delle
forme a sostegno della conciliazione anche a fronte di un dato rilevante nel
quadro delle aziende britanniche, ovvero che lo stress sul posto di lavoro e
le responsabilità familiari sono tra le cinque cause principali di assenteismo
dal lavoro.
In accordo con questo dato, l’equilibrio tra lavoro e resto della vita è un fatto importante tanto per le persone quanto per le organizzazioni, ma la maggiore parte dei testi sui comportamenti organizzativi dedicano pochi paragrafi a questi aspetti o non li include affatto. Un principio che ricorre nelle affermazioni di
molti studiosi del tema è che sia ancora difficile aderire all’idea che i bisogni e
gli interessi delle persone al lavoro non sono necessariamente in contrasto con
quelli dell’organizzazione e che, anzi, lavorare insieme per risolvere il conflitto
lavoro-vita può produrre benefici sia per chi lavora sia per l’organizzazione
(Thompson, Beauvais, Lyness, 1999; Thompson, 2002). Nel numero monografico della rivista Harvard Business Review dedicato al tema del “Work and Life
Balance” (2000) viene approfondito questo tema del “conflitto di interessi” riprendendo un contributo di qualche anno prima di Friedman, Christensen,
DeGroot (1998). In breve, la tesi di questi autori è che i manager e le organizzazioni non sono ancora preparate, o sufficientemente attente, a riconoscere
e sostenere la persona nella sua interezza. Troppe le scissioni tra i diversi piani della vita, e scarsa o accidentale è la conoscenza di quali e quanti ruoli sono giocati dalle persone al di fuori del posto di lavoro. In questa direzione si alternano alcuni approcci volti a leggere il lavoro e la vita come sfere in integrazione, e non necessariamente confliggenti (Kossek, Lambert, 2004) ad altri che
ipotizzano che dietro il mito dell’equilibrio ci sia una sfida aperta e non ancora vinta (Gambles, Lewis, Rapoport, 2006).
Dietro dunque un tema così dibattuto, quale appare oggi la ricerca di worklife balance, c’è anche chi si chiede perché proprio adesso se ne parli così tanto (Fleetwood, 2007). Interessante è a tal proposito l’idea di un forzato lega17
INTRODUZIONE
me tra le pratiche di lavoro flessibile che dovrebbero essere employee
friendly (e che tali non sono) e la possibilità di conciliare lavoro e vita. In questa direzione si collocano anche le riflessioni sull’importanza di ridefinire la
nozione di performance efficace, spesso asettica e impersonale, per incorporarvi un’ampia gamma di modi, stili e contributi individuali. In altri termini, le
organizzazioni che sostengono un “balance need” devono fare di più che sviluppare politiche family-friendly, devono ridefinire la nozione di carriera nel
rispetto di un insieme di aspirazioni individuali e di definizioni di successo
(Kofodimos, 1993). Questa stessa visione è sposata negli Usa dall’Alliance for
Work-Life Progress (AWLP)2 che definisce il work-life come: “uno specifico set
di programmi, politiche e pratiche, più una filosofia, che attivamente supporta le persone che lavorano a raggiungere soddisfazione sia nel lavoro che
a casa”.
Se tutto questo vale sul piano delle organizzazioni, spesso situate oltreoceano, ma anche in quelle di alcuni paesi europei (per i quali si rimanda ai dati di
ricerca raccolti dalla Fondazione Europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro3), l’interesse verso il tema della conciliazione tra gli ambiti di vita è di cruciale importanza anche nei servizi per il lavoro.
È frequente pensare che la ricerca di un miglior benessere organizzativo e
personale sia una questione da affrontare nel momento in cui si è inseriti in un
posto di lavoro o si è socializzati dentro una determinata cultura aziendale, e
non prima. L’ottica preventiva e di “riduzione del danno” come la si intendeva
prima è invece tipica dell’orientamento professionale, che agisce come leva trasversale sulle diverse esigenze di scelta e collocamento lavorativo. In quest’ottica il tema della conciliazione viene inteso meno nella sua accezione negativa di “soluzione tra parti contrastanti”, ma è centrale il richiamo al concetto di
empowerment e di ricerca di opportunità. Ci piace richiamare in tal senso l’ambivalenza insita nella parola “conflitto”, ben resa dagli ideogrammi cinesi che
la compongono sia con il significato di “pericolo” sia di “opportunità”, confermando appunto che il conflitto può essere considerato distruttivo o costruttivo a seconda di come viene vissuto.
Gli interventi di empowerment, soprattutto nell’ambito degli studi di genere, hanno inteso i problemi di conciliazione lavoro-vita essenzialmente come
problemi culturali e di mentalità, e secondo questo approccio lo sforzo da produrre va nella direzione di un cambiamento di usi e costumi. Accanto a questo
obiettivo certamente condivisibile e importante, le pratiche di orientamento e
sviluppo di carriera enfatizzano ancora di più l’attenzione consulenziale sul binomio interno/esterno. Dove per “interno” si fa riferimento al modo soggettivo di vivere i ruoli e le emozioni ad essi associati, e per “esterno” si intende il
2 È un centro di studi e iniziative volte a diffondere il concetto di integrazione tra lavoro, famiglia e comunità fondato nel 1996 a Scottsdale, in Arizona (http://www.awlp.org). Dal 2003 fa parte del WorldatWork (http://www.worldatwork.org) l’associazione professionale americana non profit fondata nel 1955 allo scopo di far conoscere tutti i sistemi di total rewards (premi e incentivi),
compreso il work-life.
3 http://www.eurofound.europa.eu
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INTRODUZIONE
cambiamento dei contesti che facilitano la conciliazione e la condivisione: norme, valori, informazioni, qualità degli ambienti di lavoro.
Questo duplice livello di attenzione è all’origine dell’impegno e dell’interesse promosso dall’Area per le Politiche dell’Orientamento dell’Isfol verso la tematica della conciliazione lavoro-vita.
Nell’avviare il progetto di ricerca e sperimentazione dal titolo in.la.v., di cui
il volume è il risultato complessivo, si è partiti anzitutto da un’analisi del tessuto socio-culturale del nostro paese sul fronte dell’accesso al lavoro e dei servizi a supporto. Nel capitolo 3 sono puntualmente descritte le fasi e i risultati di
questa prima attività di studio. In questa sede vogliamo invece citare solo alcuni punti di un’indagine realizzata dall’Istat nel 2005 dal titolo “Conciliazione dei
tempi di vita e denatalità” (Sabbadini, 2005) riassunta dagli stessi titoli dei paragrafi:
– la divisione dei ruoli in famiglia è ancora rigida e asimmetrica
– la rete dei servizi sociali è in crescita, ma ancora scarsa, soprattutto al Sud
– i figli sono ancora una barriera all’accesso al lavoro
– se i servizi fossero più diffusi, più donne lavorerebbero
– il part-time cresce ma l’offerta è inferiore alla media europea
– la flessibilità in entrata e in uscita è usata fondamentalmente nella p.a.
– i congedi parentali sono utilizzati soprattutto dalle donne
– ancora interruzioni del lavoro, licenziamenti, dimissioni in conseguenza
della gravidanza
– le reti di aiuto informale sono ancora il principale sostegno per le madri
che lavorano
– la crisi strutturale delle reti di aiuto informale sarà sempre più evidente:
nonne e madri, anelli di una catena in sovraccarico
– la spesa sociale per famiglie e figli è molto bassa rispetto all’Europa.
Inoltre, se da un lato si sta avviando una progressiva riduzione del gender
gap, l’inserimento femminile in ambiti per tradizione maschili, pur essendo crescente, è ancora piuttosto lento (Gherardi, 2003; Zajczyk, 2007). Così come è
noto il tipico paradosso per cui le donne italiane evidenziano tassi di attività tra
i più bassi in Europa, livelli di disoccupazione tra i più alti, e un tasso di fertilità
tra i più bassi al mondo (1,2 figli per donna).
In questo scenario difficile, ma anche stimolante, è nata l’idea di mettere a
punto un percorso di consulenza orientativa che guardasse alla questione della conciliazione lavoro-vita in chiave preventiva, ovvero che puntasse a sensibilizzare essenzialmente il pubblico che accede ai servizi per il lavoro attraverso la messa in rete di strumenti e informazioni specifiche su questo tema.
Il primo passo è stato dunque quello di costruire un network di persone e
riferimenti che potesse far dialogare le esigenze dei diversi territori e strutture
sparse a livello nazionale. Il secondo momento è stato quello di progettare e
condividere un percorso da sperimentare localmente, e da verificare sui diversi piani della fattibilità operativa. Per le ragioni che seguono consideriamo la sperimentazione del percorso in.la.v. un’occasione unica. Ovvero, molto diversa rispetto alle precedenti attività di ricerca e intervento realizzate dall’Area Politiche
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INTRODUZIONE
per l’Orientamento, e in qualche modo, irripetibile per la mole di energie e investimenti che ha richiesto.
Per evitare fraintendimenti o eccessi autoreferenziali spieghiamo per quali motivi questo progetto è stato particolarmente nuovo. Non solo per il tema
che affronta, certamente innovativo sul piano degli intrecci che richiama con l’orientamento (per i quali si rimanda al capitolo 2), ma per le modalità con cui
l’abbiamo approcciato.
Mai come in questa occasione abbiamo voluto sfidare gli spazi e i tempi delle strutture che siamo soliti coinvolgere nei nostri progetti, ma soprattutto le competenze dei professionisti che le abitano. Il percorso in.la.v. è risultato da subito agli occhi dei vari membri del gruppo di lavoro (interni ed esterni all’Isfol),
ambizioso e impegnativo. Da un lato denso, articolato e complesso, dall’altro
lungo, ridondante ed eccessivo. Diciamo spesso che in.la.v. è nato all’insegna
dell’abbondanza, ovvero con il desiderio di voler sfruttare al meglio e al massimo l’occasione di una sperimentazione così capillare e diversificata: undici infatti sono state le regioni coinvolte nel progetto attraverso servizi per il lavoro,
strutture orientative e formative. Molti sono stati i contributi in fase di ricerca e
progettazione: dai testimoni privilegiati dalla diversa provenienza istituzionale
e organizzativa ai consulenti e operatori riuniti per lavorare alla definizione del
percorso4. Molte sono state anche le discussioni vivaci e contrastanti nella difficile ricerca di un accordo su questioni di metodo e di contenuto. Tante sono
state le idee sulle attività, strumenti ed esercitazioni che hanno condotto ad articolare un percorso “ricco”, volendo giocare sul tema dell’abbondanza. Ricco
di momenti di ascolto, alternati tra quelli individuali e quelli di gruppo, e di occasioni di conoscenza da quelli seminariali a quelli di accompagnamento alla
ricerca di informazioni e documentazione. Inevitabile con queste premesse “forzare”, in qualche modo, la tenuta dei tempi dichiarati e, forse, il raggiungimento dell’obiettivo più prettamente orientativo della pratica. Come era, ed è, possibile immaginarsi, affrontare l’intreccio lavoro-vita è un continuo esercizio di
contenimento. Di ansie, paure, desideri, rimpianti e nostalgie. Labile dunque il
confine tra il sostegno alla scelta professionale e il sostegno psicologico, tra la
ricerca da parte della persona che intraprende un percorso di questo tipo di uno
spazio di conferma di sé e la tensione verso il superamento di un “vincolo”, interno o esterno che sia.
Se questo è stato il segno della progettazione e sperimentazione di in.la.v.,
e se come riteniamo ha costituito un momento ricco di spunti e di energie, è
stato difficile dire cosa premiare e a cosa rinunciare in fase di riprogettazione.
Fondamentale è stato tenere a mente l’obiettivo dichiarato del percorso, il richiamo che ha guidato la successiva revisione dell’impianto consulenziale, e che
suona così: “favorire la ri-definizione delle risorse di vita professionale e personale mettendo la persona in condizioni di avere strumenti per cercare soluzioni e prendere decisioni in vista di un progetto di sviluppo”.
4 Tutti i nomi e le rispettive strutture di riferimento sono riportati nel capitolo 3. Li ringraziamo
ancora sentitamente uno per uno.
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INTRODUZIONE
Senza anticipare quello che la seconda parte del volume illustra in modo puntuale, siamo convinte che solo una sperimentazione così animata e vissuta poteva consentire a tutto il gruppo di lavoro di ripensare in.la.v. in modo creativo e originale. E chiudiamo ricordando il titolo di un testo uscito dieci anni fa
“Tra donne e uomini. Storie d’amore e di differenze” (Mapelli, Piazza, 1997) per
richiamare l’attenzione sul senso dell’incontro con l’altro come spazio per costruire cambiamenti.
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PARTE PRIMA
Il progetto in.la.v.: una visione d’insieme
CAPITOLO 1
CONCILIARE
LAVORO E VITA:
GLI ASSUNTI TEORICI
1.1 Uno sguardo multidisciplinare sulla conciliazione
La conciliazione tra lavoro e resto della vita è un tema complesso, che mette in gioco le diverse sfere di vita delle persone e le relazioni che esistono tra
esse, che chiama in causa molteplici attori e interlocutori. È la ricerca di equilibrio tra lavoro, famiglia, tempo per sé, per le relazioni sociali, impegno politico. Riguarda e coinvolge l’individuo, la sua famiglia, il contesto di lavoro (l’organizzazione, i colleghi, i superiori), la società, le istituzioni e si gioca nelle continue transizioni da un contesto all’altro.
La complessità dell’argomento è testimoniata anche dalla molteplicità di definizioni che si sono succedute nella letteratura sull’argomento e, insieme, dalla molteplicità di dimensioni chiamate in causa e indagate. In questa sede, riportiamo tra le moltissime proposte una definizione, di Ghislieri e Colombo, che
crediamo possa ben rappresentare la complessità del costrutto: “un processo
dinamico, influenzato da variabili contestuali, relazionali e organizzative, che
conduce a un equilibrio soddisfacente – per la persona, in un momento dato
– tra le richieste (di tempo, responsabilità e impegno) dai diversi domini di vita e i desideri di investire in questi stessi domini” (2006, p. 119).
In essa risultano evidenti due aspetti significativi. In primo luogo, la conciliazione è intessuta di una duplice dimensione, di processo e di risultato. Si tratta infatti a un tempo sia del processo, che tiene conto delle richieste provenienti dai diversi ambiti di vita, delle caratteristiche di ciascuno di tali contesti, delle relazioni tra di essi e tra i vari interlocutori coinvolti, sia del risultato, di quell’equilibrio cui si può pervenire, ma che, nei passaggi che attraversano la vita
di ciascuno richiede una continua ridefinizione, anche alla luce delle diverse esigenze e dei diversi desideri di cui ciascuno è portatore.
Ed è questo il secondo aspetto su cui vale la pena soffermarsi. La conciliazione si pone al punto di incontro tra le esigenze e le richieste provenienti dall’esterno, dalla propria rete relazionale, dal mondo del lavoro, dal contesto sociale più allargato e le esigenze e i desideri di chi in quei contesti si muove, che
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CAPITOLO 1
Uno sguardo
multidisciplinare
sulla
conciliazione
CONCILIARE LAVORO E VITA: GLI ASSUNTI TEORICI
può decidere di rispondere o non rispondere a tali richieste, sulla base delle proprie possibilità e delle proprie priorità, e che può trovare in quegli stessi contesti delle risorse per far fronte alle diverse esigenze. Si tratta di un equilibrio
che non è mai raggiunto una volta per tutte, che a seconda dei mutamenti nella vita, o nel contesto di vita dell’individuo, può richiedere nuovi aggiustamenti, nuove soluzioni.
La questione della conciliazione nasce in seguito all’ingresso delle donne nel
mercato del lavoro, che ha messo in discussione il “sistema famiglia-lavoro”
(Pleck, 1977; Saraceno, Olagnero, Torrioni, 2005) organizzato attorno, da un lato, alla divisione del lavoro e delle responsabilità in base al genere, dall’altro alla domanda di lavoro (Saraceno, 2006).
Lo sforzo è quello di coniugare tra loro sfere tenute tradizionalmente distinte, anche perchè segnate da ritmi e meccanismi profondamente diversi (quelli della produzione e della riproduzione), in un contesto (quello sociale e del
mercato del lavoro) che si complica sempre di più. Su un versante, lo stato sociale fa ancora riferimento alla struttura familiare tradizionale (in cui agli uomini spettava il lavoro fuori casa per “procacciarsi” il reddito e alle donne la cura
familiare) e a un mercato del lavoro caratterizzato da posti a tempo indeterminato, stabili, in cui non si prevedono contratti a progetto, lavori interinali, e così di seguito. Sull’altro versante il mercato del lavoro è segnato da una flessibilità, che, ben lungi dal fornire risposte adeguate ai nuovi bisogni di conciliazione, ha contribuito a rendere di difficile gestione la situazione.
Riflettere sulla questione della conciliazione è, dunque, attraversarne la complessità, a partire dai molteplici approcci, prospettive disciplinari con cui ci si può
avvicinare a essa, per coglierne le diverse sfaccettature e sviluppare possibili percorsi per sostenerla.
Prendendo le mosse da uno sguardo di volta in volta giuridico, perché il dato istituzionale è il riferimento all’interno del quale si può agire, sociologico, perché è nella relazione tra le diverse sfere sociali che risiedono le difficoltà e le
possibilità di conciliazione, psicologico, perché l’individuo resta il primo soggetto della conciliazione, ci si è posti l’obiettivo di fornire alle persone (che intendono avvicinarsi o riavvicinarsi al mercato del lavoro o che vorrebbero introdurre un cambiamento nel loro stato occupazionale) strumenti per fronteggiare meglio tale complessità.
Nelle pagine che seguono si cercherà di dar conto delle ragioni per cui si è
scelto di soffermarsi in particolare su alcuni aspetti quali la gestione, soprattutto in termini di tempo, delle richieste provenienti dai diversi ambiti di vita, le caratteristiche e le competenze personali che ciascuno mette in campo per fronteggiare le esigenze di conciliazione, il contesto sociale e territoriale in cui ci si
muove, sia per ciò che esso offre (leggi, servizi,..) sia per il modo in cui ci si rapporta ad esso, vivendolo di volta in volta come fonte di vincoli o di opportunità.
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CAPITOLO 1
CONCILIARE LAVORO E VITA: GLI ASSUNTI TEORICI
1.2 Le leggi in tema di conciliazione tra lavoro e resto della vita
Le principali leggi europee
Il panorama politico europeo vede, nel 1992, la nascita dell’Unione Europea
che definisce l’unificazione politica, economica, e sociale dei primi 15 Paesi membri. L’attenzione posta dall’Europa nei confronti del tema delle pari opportunità
tra uomo e donna e, in particolare, della conciliazione tra vita lavorativa e sfera familiare e personale è chiaro da subito.
Il tema della conciliazione inizia a entrare nell’agenda europea e nei documenti ufficiali dell’UE all’inizio degli anni ‘90. Con una serie di iniziative legislative quali, la Direttiva sulle Lavoratici in Stato di Gravidanza (92/85/CEE) e la
Raccomandazione sull’Assistenza all’infanzia (92/241/CEE). In particolare, nella raccomandazione 241 del 1992, il Consiglio raccomanda agli Stati membri
di adottare e/o incoraggiare progressivamente iniziative volte a consentire alle donne e agli uomini di conciliare le loro responsabilità professionali con quelle familiari ed educative derivanti dalla custodia dei figli (Raccomandazione
92/241/CEE).
Il passo successivo è la Direttiva sul Congedo Parentale (96/34/CEE): in particolare la clausola 2.1 prevede il riconoscimento a entrambi i genitori del diritto individuale al congedo parentale per la nascita o l’adozione di un bambino, per averne cura per un periodo minimo di tre mesi sino a che non abbia superato l’età di otto anni. La legge n. 53 del 2000 è l’attuazione della direttiva comunitaria del 1996.
Nel dicembre del 2000 il principio del riconoscimento del diritto al congedo genitoriale è ribadito nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
E ancora nel 2000, il Consiglio e i Ministri europei dell’occupazione e della
politica sociale emanano una risoluzione (risoluzione 218/2000) sulla partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini all’attività professionale e alla vita familiare. In tale risoluzione, gli Stati membri sono incoraggiati ad accentuare la promozione della partecipazione equilibrata di donne e uomini alla vita professionale e familiare, alla promozione dei congedi di paternità, al rafforzamento dei servizi di sostegno alle famiglie, ad armonizzare gli orari scolastici e di lavoro, a lanciare campagne informative sul tema.
In questo modo l’Europa introduce un nuovo concetto, partendo dalla
considerazione che la conciliazione non è un tema che riguarda unicamente le
donne (come invece era affermato in passato), ma tutti i lavoratori, siano essi
uomini o donne. I singoli stati sono quindi incoraggiati ad adottare una serie
di iniziative atte a promuovere una crescente condivisione del lavoro di cura da
parte degli uomini, che garantisca anche alle donne un aumento della loro partecipazione al mondo del lavoro.
Le principali leggi italiane
La questione della “conciliazione” (il termine è una recente acquisizione in
ambito giuridico) tra obblighi e responsabilità lavorative, da una parte, e di cura familiare, dall’altra, è stata affrontata in più riprese nella legislatura italiana.
27
CAPITOLO 1
Le leggi in tema
di conciliazione
tra lavoro e resto
della vita
CONCILIARE LAVORO E VITA: GLI ASSUNTI TEORICI
In particolare la legislazione italiana, in riferimento alla Costituzione repubblicana, attraversa tre fasi prima di giungere alla normativa attuale in tema di
conciliazione. Il primo periodo legislativo è quello definito della tutela: l’intento è quello di proteggere la lavoratrice-madre. Una legge esemplare di questo
periodo è la legge n. 1204 del 1971. Tale legge ha introdotto fondamentali disposizioni sulla tutela della maternità finalizzate a proteggere la salute della donna e a difenderla da possibili discriminazioni. Il primo scopo è stato perseguito mediante l’introduzione dell’astensione obbligatoria dal lavoro nel periodo
antecedente e successivo al parto, dell’astensione facoltativa, dei riposi giornalieri retribuiti usufruibili nel primo anno di vita del bambino, del diritto per la
madre di assentarsi per la malattia del bimbo sino a tre anni di età e, infine, del
divieto di impiegare la donna in attività e lavori dannosi o faticosi durante la gestazione e sino a sette mesi dopo il parto. Il secondo scopo è stato perseguito
attraverso il divieto di licenziamento per tutto il periodo di gravidanza e fino al
termine dell’interdizione dal lavoro.
Una riflessione critica su tale legge permette di sottolineare come l’unico destinatario fosse la madre lavoratrice: il padre lavoratore non è nemmeno menzionato, e in un certo senso, anche la tutela del minore sembra essere subordinata a quella della madre. Tale legge, infatti, non estendeva la tutela alle madri adottive, né a quelle che avessero ottenuto in affidamento il bambino, con
un’evidente limitazione del diritto del figlio non biologico ad avere un’adeguata assistenza.
Nell’ambito del secondo momento, definito della parità, il legislatore si è
preoccupato di garantire la cura del minore. Con la legge n. 903 del 1977, le madri naturali sono poste sullo stesso livello delle madri adottive e affidatarie, e
anche ai padri è dato il diritto di assentarsi dal lavoro per l’accudimento della
prole. In particolare l’art. 7 di tale legge ha riconosciuto al padre il diritto di effettuare assenze con lo stesso trattamento economico previsto dalla legge n.
1.204 del 1971 per la donna: solo però in caso di affidamento esclusivo o rinuncia da parte della madre a esercitare il suo diritto all’astensione facoltativa.
Solo negli ultimi anni si è assistito a un parziale rovesciamento della prospettiva, il terzo periodo può essere definito di promozione di pari responsabilità
familiari e di conciliazione. Di recente hanno fatto la loro comparsa normative
in cui è apparso l’intento di disciplinare la materia dei rapporti tra lavoro entro
la famiglia e lavoro extrafamiliare, considerando anche l’interesse del padre lavoratore.
Il periodo attuale della legislazione sulla conciliazione è molto recente e si
sviluppa in seno al dibattito sulle pari opportunità, ma in parte ne prescinde.
La conciliazione non è solo legata alle questioni femminili, ma assume proporzioni universali. Il periodo della conciliazione può dunque essere considerato
come teoricamente successivo a quello che è stato definito come il terzo momento, tanto più che uno dei presupposti per la creazione di un sistema integrato di conciliazione è la condivisione fra i generi del lavoro familiare. Ciò implica necessariamente il superamento del modello della doppia presenza
femminile, con ricadute positive sulla parità di opportunità fra uomini e don28
CAPITOLO 1
CONCILIARE LAVORO E VITA: GLI ASSUNTI TEORICI
ne. In particolare, in Italia, a partire dal 1985 si registrano i primi processi di innovazione, uno degli interessi iniziali è legato alla dimensione del tempo.
Le politiche sui tempi nascono come azione di gender mainstreaming. Con
la legge di iniziativa popolare “Le donne cambiano i tempi” si afferma che conciliare i tempi di cura parentale, gli orari di lavoro e i tempi per sé non è un problema privato ma è un problema pubblico, politico. Sono indicate quali piste
di lavoro: l’organizzazione dei tempi delle città e del territorio, il coordinamento dei servizi di interesse pubblico e l’offerta sul territorio di servizi organizzati
in base agli orari. Alla fine degli anni ‘80 la legge di riforma della pubblica amministrazione, 142/1990, con l’art. 36 dà al sindaco l’autorità di coordinamento degli orari dei servizi pubblici con i bisogni degli utenti. In applicazione di questa legge Milano, Genova, Roma, Catania, Bolzano e Venezia hanno avviato politiche urbane dei tempi, istituito uffici, prodotto leggi di indirizzo e finanziamento per queste politiche. A Prato, Rimini e Cremona una giornata a settimana gli
uffici pubblici rimangono aperti fino al pomeriggio (la cosiddetta Giornata del
cittadino). A Modena si sperimenta il Patto per la mobilità sostenibile, studiando soluzioni come il car sharing e monitorando la mobilità individuale.
È importante tuttavia sottolineare che il legislatore italiano inizia a sviluppare vere e proprie politiche di conciliazione con la legge n. 285/97, che prevede interventi a livello centrale e decentrato al fine di promuovere i diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dell’infanzia e dell’adolescenza, privilegiando l’ambiente a esse più confacente, vale a dire, la famiglia. Tale legge prevede, in particolare, la sperimentazione di servizi socio-educativi innovativi per la prima infanzia (per bimbi da 0 a 3 anni).
Sono i primi passi importanti della conciliazione tra lavoro e famiglia relativamente alla cura dei minori in Italia. Una particolare rilevanza assume il secondo importante provvedimento a sostegno della conciliazione emanato l’8
marzo 2000, legge 53/2000 “Disposizioni per il sostegno della maternità e paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi della città”. Tale legge registra un passo deciso verso la ridefinizione dei ruoli, riconoscendo il diritto soggettivo ai congedi parentali anche agli uomini, e rafforzando inoltre la promozione della paternità.
La Legge 8 marzo 2000, n. 53 “Disposizioni per il sostegno della maternità
e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”, confluita nel decreto legislativo n. 151 del 2001 (“Testo
unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”) ha introdotto il concetto di “congedo parentale”, importante per la sua caratterizzazione di “diritto neutro” in termini di connotazione sessuale, riconoscendo formalmente la rilevanza del ruolo familiare di entrambi i genitori. Il lavoratore padre ha diritto autonomo di astensione dal lavoro per attività di cura o assistenza alla prole: tale diritto non è più sussidiario o derivato rispetto alla lavoratrice madre. Nella nuova normativa, infatti, i
diritti dei lavoratori con figli sono riferiti a ciascun genitore ed entrambi ne possono usufruire. La legge n. 53 è finalizzata alla promozione dell’equilibrio tra
tempi di lavoro, di cura, di formazione e di relazione e prevede pertanto: con29
Le leggi in tema
di conciliazione
tra lavoro e resto
della vita
CAPITOLO 1
Le leggi in tema
di conciliazione
tra lavoro e resto
della vita
CONCILIARE LAVORO E VITA: GLI ASSUNTI TEORICI
gedi per i genitori ed estensione di sostegni ai genitori di soggetti handicappati; congedi per la formazione; norme che dispongono il coordinamento dei
tempi di funzionamento delle città e all’uso del tempo ai fini di solidarietà sociale.
In conclusione è possibile evidenziare, in accordo con le riflessioni di Caielli
(2006), che il recente proliferare di normative volte a risolvere la questione della ripartizione degli oneri familiari, essenziale ai fini del raggiungimento di un’effettiva eguaglianza di condizioni nell’accesso e nello svolgimento del lavoro professionale per donne e uomini, fa definitivamente chiarezza sul significato dell’art. 37 della Costituzione italiana. In tale disposizione sono, infatti, rintracciabili due nuclei normativi: da un lato, si proclama la spettanza alla donna lavoratrice degli stessi diritti, e, a parità di lavoro, della stessa retribuzione del lavoratore; dall’altro, si afferma che le condizioni di lavoro “devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre
e al bambino una speciale adeguata protezione”.
Per lungo tempo, tale disposizione costituzionale ha dato adito a critiche e
perplessità per il fatto che si riconosceva alla sola madre la funzione familiare
rischiando con ciò di rendere illusorio l’obiettivo della parità tra i sessi nel mondo del lavoro. Sebbene già con l’approvazione della legislazione “di parità”, rappresentata innanzitutto dalla legge n. 903 del 1977 si sia effettuato un importante passo in avanti per vincere le perplessità suscitate dal contenuto dell’art.
37 della Costituzione è con la legge 53 che si pone definitivamente chiarezza
relativamente ai ruoli parentali.
Oggi che il principio della conciliazione tra vita professionale e familiare ha
trovato un adeguato riscontro normativo, che ha comportato il superamento della consolidata “distinzione tra lavoro produttivo, chiave d’accesso ad altri diritti, e lavoro riproduttivo, privo di autonoma rilevanza giuridica nell’ordinamento lavoristico” (Scarponi, 2001, p. 118), si può dare un’interpretazione dell’art.
37 in termini di equità: tale disposizione non può rallentare il cammino verso
le pari opportunità, poiché il riferimento in essa contenuto alla funzione familiare della donna deve essere letto unicamente nell’ottica del mantenimento
dell’indispensabile tutela della salute della lavoratrice madre.
Infine, le recenti normative nazionali e comunitarie hanno perseguito due
importanti scopi: il primo rappresentato dalla promozione delle pari opportunità anche attraverso una più equa ripartizione del cosiddetto lavoro di cura tra
i lavoratori di entrambi i sessi; l’altro, sul quale si è voluto insistere nel presente scritto, è stato quello di rivalutare il ruolo familiare paterno attribuendo autonomi diritti al padre lavoratore. Ora, però, è auspicabile che l’equiparazione
fra le figure della lavoratrice madre e del lavoratore padre non diventi assoluta, provocando un pericoloso “appiattimento delle differenze”, in virtù del
principio della parità di trattamento. Il riconoscimento della specificità femminile, laddove non produce alcuna discriminazione, nemmeno indiretta, della lavoratrice, non deve venir meno se non si vuole correre il rischio di una diminuzione della garanzia del diritto al lavoro femminile.
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CAPITOLO 1
CONCILIARE LAVORO E VITA: GLI ASSUNTI TEORICI
1.3 La conciliazione da una prospettiva sociologica
Il tema della conciliazione tra lavoro remunerato e resto della vita è nato come tema che riguarda le donne, in quanto è proprio il loro ingresso nel mercato del lavoro, come già si è accennato, che ha messo in discussione il grande meccanismo di conciliazione delle società industriali democratiche sia a livello micro – degli individui e delle famiglie – che a livello macro: la divisione
del lavoro remunerato e non remunerato in base al genere (Crouch, 1999). Prima
che ciò si verificasse, erano tenute separate aree di esperienza, di bisogni, relazioni, ritmi del tempo potenzialmente conflittuali: si riusciva in questo modo
a tenere insieme, nelle famiglie e nella società bisogni di cura e bisogni di reddito (Saraceno, 2006).
L’Italia non è tra i paesi che presentano i più elevati livelli di occupazione femminile, per quanto negli ultimi anni essa sia cresciuta più di quella maschile, andandosi a concentrare nei lavori cosiddetti atipici (con tutto i pro e i contro su
cui ci si soffermerà più oltre) (Zanatta, 2002). È tuttavia proprio l’incremento dell’occupazione femminile ad aver messo in luce e reso elemento di attenzione
delle politiche comunitarie e nazionali, la questione della conciliazione. Ha fatto venire meno quello che Saraceno (2006) definisce lo strumento per eccellenza di conciliazione, in quanto le donne, rispondendo interamente ai bisogni
di cura familiari, consentivano agli uomini (con o senza responsabilità familiari) di occuparsi esclusivamente dell’impegno professionale o, in altri termini, dei
bisogni di reddito.
La forte crescita della partecipazione femminile al mercato del lavoro a partire dagli anni ’60-’70 ha dato origine, soprattutto per le donne cui è attribuita
la responsabilità della cura familiare, a quella condizione che Laura Balbo (1978)
definisce “doppia presenza”. È alle donne che è chiesto di tenere insieme tali
bisogni, provenienti da mondi (famiglia e lavoro) diversi tra loro ma egualmente esigenti, tanto da richiedere, idealmente, una presenza piena e costante in
entrambi e contemporaneamente. La doppia presenza costituisce un ostacolo alla permanenza nel mondo del lavoro e, ancora più alla possibilità di avere tempo per sé, per le relazioni interpersonali al di fuori della famiglia, per la
politica e l’impegno sociale e fa emergere i bisogni di cura familiari rendendoli visibili. Non solo. I bisogni di cura entrano nel mondo del lavoro, su due livelli. Da un lato le donne, portano con sé le esigenze di far fronte agli impegni familiari, ponendo il problema all’attenzione dei datori di lavoro e delle istituzioni, dall’altro inizia a sorgere la domanda di servizi che possano rispondere alle esigenze di cura domestica.
La conciliazione da problema esclusivamente delle donne diventa così
progressivamente questione che coinvolge diversi attori sociali: le organizzazioni del lavoro, le famiglie, lo stato, le realtà territoriali. La soluzione del problema infatti deve percorrere nuove strategie, che devono muoversi secondo logiche differenti e sistemiche, coinvolgendo tutti i soggetti sociali e culturali del
contesto di riferimento.
Proprio il tempo, o meglio le richieste di tempo che si intrecciano e si sovrap31
CAPITOLO 1
La conciliazione
da una
prospettiva
sociologica
CONCILIARE LAVORO E VITA: GLI ASSUNTI TEORICI
pongono tra loro, e le relazioni tra i molteplici contesti (sociale, organizzativo,
familiare) in cui le persone si muovono sono due aspetti cardine su cui si può
sviluppare una riflessione sul problema della conciliazione tra lavoro remunerato e resto della vita secondo un approccio di tipo sociologico.
Il tempo
Il tempo costituisce il primo aspetto che intreccia la questione della conciliazione: armonizzare tempi diversi, quello del lavoro produttivo e quello del lavoro riproduttivo, tenere insieme i tempi di vita e quelli di lavoro, le diverse richieste provenienti dai vari ambiti in cui ci si muove è il nocciolo problematico. È uno degli aspetti su cui si concentra l’attenzione di diversi sociologi e sociologhe esperti di conciliazione. Patrizio Di Nicola (2006) afferma che “la conciliazione è … una soluzione. Il problema è il tempo” (p. 12).
Il problema di conciliare i tempi ha una duplice implicazione, tanto che Zajczyk
(2000), parla di conciliazione di tempi complessi. Per un verso si tratta di intrecciare efficacemente i diversi tempi, le diverse aree della vita di ciascuno, per l’altro di tenere insieme tempi segnati da ritmi e logiche differenti.
La riflessione in tema di conciliazione si è soffermata a lungo solo sui tempi per il lavoro di cura e per il mercato e si parlava, talvolta ancora si parla, infatti di conciliazione tra lavoro e famiglia o work-family balance. Negli ultimi anni, anche in seguito ai contributi di Hall (1990), Grover, Crooker (1995) e Behson
(2001) si parla più ampiamente di conciliazione tra lavoro remunerato e resto
della vita o work-life balance, andando a comprendere i tempi individuali per
lo studio e la formazione, per il divertimento e le passioni, per sé e per il tempo libero, per la vita sociale allargata e i tempi della città (Piazza, 2001).
Questa rimodulazione ha molteplici implicazioni. In primo luogo, legittimandoli, riconosce il valore e l’importanza di liberare tempo dal lavoro remunerato per altri aspetti della vita oltre alla famiglia (come evidenzia peraltro la legge 53/2000 che prevede permessi per la formazione ad esempio), per la qualità della vita e il benessere. Marina Piazza (2005) sostiene che il tempo per sé
è esso stesso uno strumento di conciliazione, perché permette di rielaborare
le esperienze della vita familiare e lavorativa e ritrovare nuove energie per muoversi in esse. In secondo luogo, ampliando la sfera delle aree d’azione evidenzia che la conciliazione è questione che riguarda tutti, non solo le donne, cui
si attribuiscono ancora troppo spesso in esclusiva le responsabilità del lavoro
familiare. In terzo luogo, sottolineando lavoro “remunerato” e resto della vita
si mette in luce che anche quello svolto in famiglia, per quanto non remunerato e spesso non visibile, è lavoro.
Vale tuttavia la pena soffermarsi brevemente sul lavoro di cura familiare e
sul lavoro remunerato che costituiscono anche i due termini del concetto di doppia presenza così definito da Laura Balbo.
Il lavoro di cura si articola in lavoro materiale per la casa, lavoro di rapporto, cura delle relazioni, lavoro materno e di accudimento degli anziani, lavoro
di manutenzione dell’apparato tecnologico domestico, di consumo, lavoro di
organizzazione e gestione complessiva. Nonostante piccoli segnali di cambia32
CAPITOLO 1
CONCILIARE LAVORO E VITA: GLI ASSUNTI TEORICI
mento, esso è ancora quasi nella totalità prerogativa delle donne: in particolare se gli uomini cominciano a occuparsi dei figli, o almeno a esprimerne il desiderio, resta ancora delle donne la responsabilità della conduzione domestica, nella sua duplice accezione materiale e organizzativa (Shelton, John, 1996;
Coltrane, 2000; Kroska, 2004; Sabbadini, 2005), come vedremo più oltre.
Il lavoro per il mercato pone sia a uomini sia a donne richieste di tempo sempre più esigenti, soprattutto per chi ricopre posizioni di responsabilità e per chi
desidera crescere professionalmente. Ancora troppo spesso il tempo di presenza o facciata (face time), la disponibilità a fermarsi a lungo sul luogo di lavoro,
più che l’effettivo conseguimento dei risultati e la qualità del lavoro prodotto,
costituiscono il parametro di valutazione del lavoro in organizzazione, secondo logiche fortemente maschili, fordiste (Bombelli, 2004).
Sarebbe perciò importante cercare di cambiare, come suggerisce Cristina
Bombelli (2006) “la cultura del tempo”, introducendo diversi criteri di valutazione e organizzando diversamente i tempi nelle aziende, evitando le riunioni
nel tardo pomeriggio o la sera, ad esempio. Per contro i cambiamenti in termini di flessibilizzazione del mondo del lavoro e le nuove tecnologie non sempre
si rivelano opportunità per sostenere la conciliazione: esse portano infatti a prolungare il lavoro nel tempo e nello spazio, invadendo la vita personale.
Non sono solo le richieste di tempo, molteplici e contrastanti, a rendere difficile il tenere insieme il lavoro di riproduzione familiare e quello di produzione per il mercato. Essi sono infatti innervati da ritmi e logiche differenti: il lavoro professionale per il mercato rimanda immediatamente alla competenza tecnica, al prodotto visibile, materiale, alla separazione dalla sfera personale o emotiva, alla “logica della prestazione” (della retribuzione); il lavoro di cura implica attività manuale, fisica, corporea, ma prima di tutto presa in carico e coinvolgimento emotivo, rimanda a una “logica del dono” (della gratuità dell’amore)
(Piazza, 20045), o con le parole di Marina Bianchi (1981) alla “logica di prodotto”, in contrapposizione alla “logica di contenuto”: il risultato non è un prodotto visibile ma piuttosto l’aspetto trasformativo dell’attività stessa, il frutto è spesso “contenuto” nell’azione.
Tenere insieme tutto ciò per una stessa persona in una stessa giornata è complesso, problematico. La riflessione teorica e tecnica è, e deve essere, perciò finalizzata non solo a un intento conoscitivo, volto a una più piena comprensione del fenomeno nelle sue molteplici sfaccettature, ma a individuare politiche
sociali, urbane, organizzative che possano sostenere l’esigenza di conciliazione dei tempi e sostenere la persona nel quotidiano compito di gestione dei diversi tempi di vita.
I contesti
Per far fronte a diversi livelli, in modo più consapevole e adeguato, al venir
5 Nel corso del seminario “Le problematiche di conciliazione tra famiglia e lavoro: donne e uomini a confronto”, 27 maggio 2004, Università di Pavia.
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La conciliazione
da una
prospettiva
sociologica
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La conciliazione
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sociologica
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meno della separazione tra il contesto familiare, privato e quello del mercato
del lavoro, così come ai cambiamenti che si sono verificati all’interno di essi si
rende necessaria una ridefinizione dei termini in cui si pone la questione della conciliazione.
Il consolidato modello di conciliazione, fondato, come si diceva su una sostanziale separazione tra lavoro e famiglia, è stato messo in crisi dai cambiamenti intervenuti sia nel mercato del lavoro, sia nelle famiglie con le reciproche influenze che essi esercitano l’uno sull’altra.
Se definiamo la conciliazione come l’equilibrio tra i bisogni di reddito e i bisogni di cura (Saraceno, 2003), le trasformazioni che si sono compiute e che
si stanno compiendo hanno fatto emergere come sempre più pressanti i bisogni di cura cui il sistema attuale di welfare non è adeguato a trovare risposta.
Esso, inteso come sistema che attraverso servizi, iniziative, sostegni di varia natura, tutela la qualità della vita dei cittadini, è pensato per garantire protezione sociale a lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e fa riferimento a un
modello familiare in cui l’uomo provvede ai bisogni di reddito e la donna a quelli di cura (male breadwinner). Troppo numerosi sono stati tuttavia i cambiamenti nel mercato del lavoro così come nelle realtà familiari perché esso possa risultare ancora adeguato (Naldini, 2006).
Il mercato del lavoro ha visto due tipi di trasformazioni che si sono, inevitabilmente andate a intrecciare tra loro. In primo luogo, come già si diceva, pur
essendo il tasso di occupazione femminile in Italia ancora molto basso rispetto al resto d’Europa, è stato l’ingresso progressivo di un elevato numero di donne a produrre profonde trasformazioni, sia sul fronte dell’offerta, sia su quella
della domanda. Come si vedrà meglio di seguito, infatti, il loro impegno professionale genera il bisogno e perciò la domanda di servizi di cura, di sostituzione del lavoro domestico, e perciò nuovi posti di lavoro.
In realtà la presenza femminile in crescita nel mercato del lavoro si è andata a concentrare soprattutto nelle attività con orari e modalità non standard, con
contratti precari, i cosiddetti lavori atipici, e nel settore terziario o sociale. Se questo consente o può consentire forse una più agevole conciliazione, produce
senz’altro una sorta di “ghettizzazione” per il lavoro femminile, nelle attività meno retribuite e meno tutelate.
In effetti la flessibilizzazione e la diffusione di forme contrattuali precarie e
atipiche è stata la seconda grande trasformazione del mercato del lavoro.
Flessibilità è la parola chiave nelle sue molteplici accezioni. Da un lato è la possibilità per i lavoratori di concordare modalità di lavoro, orari e luogo, gestione
del lavoro in base alle diverse esigenze, dall’altro è la necessità di far fronte a
richieste sempre più esigenti, pervasive e discontinue nel tempo da parte dei
datori di lavoro che rendono estremamente difficile la conciliazione.
Il sistema di welfare italiano, con le tutele ad esempio per la maternità, i congedi parentali o per la formazione, e così di seguito, non ha ancora saputo adeguarsi a questi mutamenti. In questo modo i lavoratori atipici che sono per lo
più donne, con carichi di cura familiari ancora molto onerosi, giovani o nell’età
in cui si dovrebbero poter compiere scelte di vita personali (come formare una
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CAPITOLO 1
CONCILIARE LAVORO E VITA: GLI ASSUNTI TEORICI
nuova famiglia, avere figli), non sono adeguatamente tutelati. Ma non è solo in
questo senso che il sistema di welfare non è adeguato a far fronte ai bisogni
di conciliazione, in particolare a rispondere alla crescente domanda di cura.
Nel tradizionale modello familiare male breadwinner era l’uomo a occuparsi di rispondere ai bisogni di reddito familiari, lasciando nella totalità alla donna,
non impegnata nel mercato del lavoro, la responsabilità della cura familiare.
Il progressivo impegno delle donne nel mercato del lavoro, ha fatto emergere e via via diffondere un modello familiare dual earner che vede entrambe
i partner impegnati nel lavoro professionale fuori casa per larga parte della giornata e della settimana. Insieme all’aumento dei tempi per gli spostamenti nelle città, ciò ha determinato una diminuzione del tempo da dedicare alla cura
familiare.
Se si tiene presente anche il progressivo aumento dell’età media della popolazione (dovuto all’aumento delle aspettative di vita e a una scarsa natalità)
e perciò del numero di anziani che possono aver bisogno di assistenza, è evidente un aumento, anche in prospettiva, dei bisogni di cura a fronte di una riduzione del tempo e delle risorse da dedicarvi. Questo conduce alcuni autori
(Saraceno, 2006) a parlare di possibile “deficit di cura” (p. 33). Senz’altro in alcuni casi gli anziani, spesso ancora attivi, in salute, rappresentano una risorsa
per far fronte alle esigenza di cura, accudendo i nipotini, ad esempio. Tuttavia
con l’innalzamento dell’età pensionabile questo potrà verificarsi in futuro sempre più raramente.
Purtroppo però a tale riduzione della disponibilità di tempo per la cura da parte delle donne non è corrisposto né un incremento sostanziale dei servizi a disposizione nel pubblico o nel privato, né una reale ridistribuzione del carico di
cura familiare tra i generi (Naldini, 2006). Se gli uomini hanno iniziato a dedicare, e a desiderare di dedicare, più tempo ai figli, la componente maggiormente materiale e quella organizzativa dell’attività domestica (come mostra un recente rapporto Istat6) resta ancora a carico delle donne, che continuano a detenerne la responsabilità e ad avere perciò di fatto meno tempo ed energie da
investire nell’impegno professionale. Si riduce perciò il raggio di occupazioni che
esse possono prendere in considerazione e permane il rischio di essere viste dai
datori di lavoro come lavoratrici più inaffidabili e più costose dei colleghi maschi.
Per far fronte a tale situazione è perciò necessario andare ad agire, con un
impegno sistemico e reale, ai diversi livelli in cui la questione si gioca e coinvolgere tutti gli attori implicati così da proporre e realizzare soluzioni adeguate.
Sarebbe perciò necessario agire sulle forme di regolazione del mercato del
lavoro, sull’offerta di servizi, nella modificazione dei modelli culturali e di socializzazione, in particolare nel riconoscimento del valore del lavoro di cura familiare e nella maggiore divisione tra i generi non solo delle attività di cura, ma
anche della responsabilità della cura.
I servizi offerti potrebbero essere di tipo e natura diversa, avere per destina6 Sabbadini L.L., 2005, “L’uso del tempo in Italia e in Europa: primi risultati del processo di armonizzazione”, http://www.istat.it/istat/eventi/tempivitaquotidiana/
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La conciliazione
da una
prospettiva
sociologica
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La conciliazione
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sociologica
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tari i bambini (asili nido e scuole materne, o servizi per l’infanzia in senso lato), gli anziani (strutture residenziali ma anche servizi di assistenza al domicilio), così come sportelli per esigenze varie del cittadino, banche del tempo, una
pianificazione dei tempi della città a sostegno della conciliazione di ciascuno,
uomini e donne, giovani e anziani.
Agendo a livelli differenti, si dovrebbe perciò andare a produrre un cambiamento, nella direzione di una migliore qualità della vita di uomini e donne, nella società nel suo complesso, cambiamento che possa rispondere alle trasformazioni in atto in ciascuno degli ambiti (famiglia, mercato del lavoro, società)
coinvolti e nelle relazioni esistenti tra di essi.
1.4 La conciliazione da una prospettiva psicologica
Gli elementi forniti dalle prospettive sinora affrontate permettono di cogliere i processi sociali generali e le condizioni legislative che orientano la progettazione e sostengono l’utilizzo degli strumenti di conciliazione. Tuttavia, per fornire un quadro teorico-concettuale completo e articolato in tema di conciliazione, è necessario affiancare a tali riferimenti alcune riflessioni sulle specificità
individuali che filtrano e modulano la percezione del tema e l’utilizzo delle strategie e delle soluzioni di conciliazione. Il passaggio di prospettiva teorico-disciplinare è importante e significativo, in quanto uno sguardo psicologico permette di integrare le oggettive dimensioni giuridiche, economiche, sociali e politiche che regolano la conciliazione tra lavoro e resto della vita, con la soggettività del vissuto individuale. L’approccio psicologico al tema, attento ai casi specifici e alle storie di vita e di conciliazione, permette di riflettere su percezioni,
aspettative, idee, desideri e risorse individuali e non solo. Come mettono in luce Ghislieri e Colombo (2006), pur con riferimento agli aspetti di percezione e
soddisfazione, la psicologia affronta la complessità del tema attraverso i diversi sottodomini disciplinari che chiamano in causa “diverse psicologie”:
1. la psicologia della personalità e delle differenze individuali, che si concentra sui tratti di personalità e sugli stili cognitivi prevalenti;
2. la psicologia delle differenze di genere, attenta alle diverse percezioni del
tema da parte di donne e uomini e agli stereotipi che orientano tali percezioni;
3. la psicologia della famiglia, tesa a cogliere il significato attribuito alle relazioni familiari e di coppia;
4. psicologia dello sviluppo e del ciclo di vita, interessata a cogliere le transizioni biografiche e identitarie che possono essere sia l’origine sia l’esito di processi di conciliazione;
5. la psicologia sociale e di comunità, attente agli aspetti di prevenzione e
al ruolo dei servizi;
6. la psicologia del lavoro e delle organizzazioni, interessata a cogliere gli
aspetti della cultura organizzativa che influenzano la percezione e il vissuto individuale di conciliazione (cfr. fig. 1.1).
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CAPITOLO 1
CONCILIARE LAVORO E VITA: GLI ASSUNTI TEORICI
Fig. 1.1 - Diversi approcci psicologici allo studio della conciliazione
La conciliazione
da una
prospettiva
psicologica
Le diverse “psicologie” permettono di evidenziare che la conciliazione è un
processo dinamico, influenzato da variabili personali, relazionali, contestuali e
organizzative, che richiede uno studio articolato e “sistemico” di ciò che può sostenere o ostacolare il raggiungimento di un soddisfacente equilibrio, per la persona, in un dato momento. Ma è importante sottolineare che la percezione e
il vissuto di conciliazione sono l’esito, innanzitutto, del modo in cui una situazione, un’esigenza è percepita e letta entro i riferimenti soggettivi e culturali che
ognuno possiede perché si concilia, in primo luogo, nella “propria testa”. In essa si ha la percezione dei propri limiti, delle difficoltà, dei sensi di colpa, ma anche delle risorse e dei desideri personali. È lì che si giocano le decisioni e le scelte, si accettano le rinunce, fatte sulla base delle proprie priorità, e si vivono le
soddisfazioni per le opportunità colte (Piccardo, Ghislieri, Colombo, 2006).
In queste pagine approfondiremo alcuni degli aspetti soggettivi che influenzano il modo di leggere e valutare una situazione o un’esigenza di conciliazione. In particolare, si approfondiranno da un lato, gli aspetti di personalità e le
strategie di coping, dall’altro le differenze di genere che modulano la percezione e il vissuto di conciliazione. Si ritiene fondamentale tale approfondimento
poiché alla conoscenza della normativa, dei servizi e delle opportunità fornite
dal territorio in tema di conciliazione è necessario affiancare la conoscenza e
l’affinamento delle proprie capacità di ricerca attiva di informazioni e di concreta messa in pratica di adeguate e funzionali strategie di conciliazione, rispettose dei propri tempi, valori e priorità e, il più possibile, frutto di scelte libere da
pregiudizi e stereotipi di genere. Le riflessioni teoriche che seguono, insieme
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CAPITOLO 1
La conciliazione
da una
prospettiva
psicologica
CONCILIARE LAVORO E VITA: GLI ASSUNTI TEORICI
a quelle sociologiche e giuridiche che le hanno precedute, hanno rappresentato l’ancoraggio teorico alla progettazione del percorso di consulenza orientativa in.la.v., entro il quale l’attenzione all’individuo e alle sue specifiche esigenze e l’attenzione alla rete locale dei servizi territoriali a sostegno della conciliazione sono prioritarie.
Le differenze individuali nella conciliazione
Un punto di partenza utile per inquadrare il tema delle differenze e delle singolarità/specificità individuali nella conciliazione tra lavoro remunerato e resto
della vita è fornito dagli studi psicologici, prevalentemente prodotti in ambito
organizzativo, che si interessano della percezione che gli individui hanno dell’intreccio tra le diverse sfere di vita in cui ci si muove. Secondo Zedeck e Mosier
(1990), sono cinque i principali modelli che spiegano le percezioni che le persone hanno rispetto all’influenza tra le sfere di vita, li illustriamo qui di seguito brevemente.
La Spillover theory (letteralmente spillover significa “espansione”) ipotizza
una sostanziale somiglianza tra quanto avviene al lavoro e nella vita privata
(Staines, 1980, cit. in Ghislieri e Piccardo 2003, p. 4) nella forma di una causalità lineare. L’esperienza che la persona fa a lavoro influenza ciò che fa fuori dal
lavoro (Champoux, 1978). L’effetto “espansione” è in genere in termini positivi, ma può anche essere negativo (Piotrkowski, 1978). Il secondo modello fa riferimento alla Compensation theory (Champoux 1978; Evans, Bartolome
1984; cit. in Ghislieri e Piccardo 2003, p. 4), secondo la quale esiste una relazione inversa tra contesto familiare e professionale, per cui quanto accade in
uno dei due va a compensare quanto accade nell’altro. Il terzo modello si fonda sulla Segmentation theory (Payton-Miyazaki e Brayfield 1976; Evans,
Bartolome 1984; cit. in Ghislieri e Piccardo 2003, p. 4), che considera i due contesti lavorativo e familiare come nettamente distinti tra loro per cui si ritiene che
quanto accade in uno dei due non vada a influire su quanto accade nell’altro.
Il quarto modello è relativo alla Instrumental theory (Payton-Miyazaki, Brayfield
1976; Evans, Bartolome 1984; cit. in Ghislieri e Piccardo 2003 p. 4), secondo
la quale quanto accade in uno dei due contesti è strumento per ottenere risultati nell’altro contesto.
La Conflict theory, infine, suppone che la soddisfazione e il successo in un contesto richiedano sacrifici nell’altro: i due contesti sono incompatibili perché connotati da richieste profondamente diverse (Payton-Miyazaky, Brayfield, 1976; Evans,
Bartolome, 1984; Greenhaus, Beutell, 1985), e dunque la persona si troverebbe a vivere con fatica e stress la multipla appartenenza e le differenti domande
di ruolo. Per i teorici della conflict theory, le responsabilità familiari sono causa
di assenteismo, di ritardi e di inefficienza a lavoro (Crosby, 1984).
I cinque modelli non si pongono necessariamente in alternativa tra loro: in
funzione di variabili legate alla personalità, al contesto relazionale, a quello socioculturale e storico dell’individuo essi possono anche, in momenti diversi, succedersi l’uno all’altro oppure essere compresenti, nel vissuto dell’individuo.
Tra i modelli elencati, la teoria del conflitto tra vita e lavoro, inserita nel con38
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testo più ampio della ricerca sullo stress (Lazarus, Folkman, 1987), ha contribuito, già a partire dagli anni ‘80, a fondare e consolidare la conoscenza sul tema. Per questa prospettiva di ricerca un riferimento centrale è il concetto di conflitto interruolo, definito come una forma di conflitto in cui “le pressioni associate con l’appartenenza a un’organizzazione sono in conflitto con le pressioni derivanti dall’appartenenza ad un altro gruppo” (Kahn et al., 1964, p. 20). Entro
tale definizione, le specifiche fonti di conflitto identificate sono molte, ma principalmente riconducibili alla dimensione del tempo, richiesto da ciascun ruolo e allo sforzo prodotto per soddisfare le esigenze ad esso legate (Greenhaus,
Beutell, 1985; Greenhaus, 1988).
Più in generale si può fare riferimento al conflitto che si può generare tra responsabilità, richieste, aspettative, doveri e impegni, associati a ciascun ruolo.
Il conflitto tra ruoli familiari e lavorativi può essere un forte “agente stressante” che può condurre a una diminuzione del benessere psicologico e fisico della persona e all’insorgere di stati depressivi (Burden, Googins, 1987). La ricerca si è, dunque, inizialmente concentrata sul conflitto tra ruolo lavorativo e ruolo familiare, espresso dal costrutto di work-family conflict (Thomas, Ganster,
1995), a cui è stato successivamente affiancato il costrutto opposto di familywork conflict (Netemeyer e coll., 1996), ampliando successivamente la riflessione sino a comprendere l’intera sfera di vita personale, di cui la famiglia è una
parte (work-life conflict, life-work conflict).
La ricerca più recente ha ampliato l’oggetto di studio, non solo interessandosi all’insieme complessivo delle diverse sfera di vita, ma anche concentrandosi sugli effetti positivi legati al ricoprire diversi ruoli. I correlati positivi del costrutto di conflitto tra lavoro e famiglia, sono stati definiti in diversi modi in letteratura: enrichment (Rothbard, 2001), facilitation (Grzywacs, Bass, 2003) e positive spillover (Brockwood Hammer e Neal, 2003). È da notare che gli studi legati all’arricchimento di cui beneficia l’individuo che ricopre diversi ruoli sono
ancora poco numerosi (Rothbard, 2001).
I vissuti di conflitto e arricchimento sono l’esito della valutazione soggettiva delle richieste che provengono dalle situazioni in cui è immerso l’individuo
e delle risorse che egli ritiene possedere e poter proficuamente utilizzare. Entro
tale processo, un ruolo significativo nel modulare la percezione dei vissuti è giocato anche da alcune strutture di personalità, dagli stili cognitivi prevalentemente utilizzati e dalla modalità di fronteggiare le richieste provenienti dai vari ambiti di vita. Qualche studio si è occupato di rintracciare i tratti di personalità associati al conflitto tra lavoro e vita, parte di essi (Bruck, Allen, 2003; Carlson, 1999)
si è concentrata sui tratti del Big Five (energia, amicalità, stabilità emotiva, coscienziosità, apertura mentale) e sull’affettività negativa, intesa come la disposizione individuale a esperire prevalentemente sentimenti caratterizzati da
polarità negativa (stress, depressione, nervosismo e ansia che si esprimono attraverso sentimenti di ira, disprezzo, disgusto e paura).
Contributi più recenti (Friede, Ryan, 2005), che dagli studi sopra indicati prendono avvio, confermano l’importanza dell’influenza delle disposizioni personali e ne approfondiscono le modalità. Gli aspetti di personalità possono influen39
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CONCILIARE LAVORO E VITA: GLI ASSUNTI TEORICI
zare il vissuto di conflitto o arricchimento, in tre modi distinti:
1. la personalità può influenzare il tipo e il numero di ruoli che un individuo
decide di assumersi;
2. la personalità può influenzare la percezione delle richieste associate a ogni
ruolo. Individui con strutture di personalità diverse possono percepire la
stessa situazione come conflittuale oppure arricchente, ma anche percepire una diversa intensità del conflitto e dell’arricchimento;
3. la personalità può influenzare le strategie scelte per la gestione della molteplicità dei ruoli assunti, che a loro volta influenzano il livello di conflitto o arricchimento percepito. Ciò avviene attraverso la scelta della strategia di coping da adottare e la valutazione della sua efficacia.
In primo luogo, dunque, i tratti di personalità possono influenzare il tipo e
la quantità di ruoli che una persona decide di assumere.
Ma quali sono i tratti che influenzano tali scelte? Friede e Ryan (2005) individuano nel concetto di core self-evaluation (nucleo centrale dell’auto-valutazione) l’insieme di tratti di personalità che influenzano significativamente la relazione tra lavoro e vita. Entrando più nel dettaglio, tale costrutto è caratterizzato da
quattro specifici tratti. Essi sono: l’auto-stima (self-esteem), cioè il valore complessivo che ognuno si auto-attribuisce come persona; l’auto-efficacia percepita (generalized self-efficacy) cioè la valutazione che ha di sé l’individuo rispetto alla personale capacità di fare fronte alle diverse richieste provenienti da vari ambiti; neuroticismo (emotional stability/neuroticism), inteso quale tendenza ad avere uno
stile cognitivo caratterizzato da una visione positiva o negativa che porta a focalizzarsi anche sugli aspetti positivi o negativi del proprio Sé; il locus of control, che
è letteralmente il luogo, interno a sé o esterno, in cui il soggetto colloca le cause del suo successo e del suo insuccesso e il controllo di esse.
Friede e Ryan (2005) indicano che le persone che hanno core self-evaluation positiva (caratterizzata da alti livelli di auto-stima e di autoefficacia, da presenza di stabilità emotiva e da locus of control interno) selezionano situazioni
in cui è possibile esprimere una maggiore competenza personale e in cui le relazioni sono più supportive. Per questa disposizione, che concretamente orienta le decisioni relative alle situazioni e agli ambienti in cui investire, essi possono vivere come più stimolante e arricchente la molteplicità di ruoli ricoperti.
Mentre coloro che hanno una core self-evaluation negativa, non riuscendo a
auto-valutarsi efficacemente, non sanno selezionare le circostanze in cui esprimere le loro competenze né trovare relazioni supportive, perciò creano attorno a sé un ambiente più stressante che riduce la percezione di arricchimento
derivata dalla gestione di molteplici ruoli.
In secondo luogo, i tratti di personalità influenzano la percezione delle richieste provenienti dai diversi ruoli assunti. Judge, Locke, Durham e Kluger (1998) evidenziano come il frame positivo entro cui si muovono coloro che hanno un alto concetto di sé influenza positivamente il modo in cui si valuta una situazione.
Quindi coloro che hanno punteggi alti nella core self-evaluation, non solo selezionano ambienti di vita e lavoro più supportivi, ma percepiscono anche le situazioni in modo più favorevole di coloro che hanno bassi livelli core self-evaluation.
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CAPITOLO 1
CONCILIARE LAVORO E VITA: GLI ASSUNTI TEORICI
Infine, gli aspetti di personalità possono avere effetti sia sulla scelta della strategia di coping da adottare sia sulla sua reale efficacia. Lazarus e Folkman (1987)
parlano di “stili di coping” come “l’insieme di pensieri e sentimenti che le persone mettono in atto per gestire situazioni difficili, impreviste o preoccupanti”.
L’obiettivo di un processo di coping è quello di ridurre il conflitto percepito ed
elevare il benessere personale, anche se non sempre le strategie adottate sono efficaci, nel breve o nel lungo periodo. Frydenberg e Lewis (1997) distinguono fra: coping orientato al problema, quando le azioni messe in atto sono tese ad agire sul contesto per risolvere le difficoltà; coping orientato all’emozione, quando la persona agisce non tanto per modificare la situazione, quanto per
intervenire sul proprio vissuto emotivo, contenendo le ansie. Secondo Aryee et
al. (1999) le persone che utilizzano maggiormente uno stile di coping orientato al problema, vivono meno il conflitto tra famiglia e lavoro.
La ricerca evidenzia, inoltre, come vi sia uno stretto legame tra un certo stile di coping e il locus of control. In base al tipo di locus of control, una persona può sentire di avere maggiore o minore possibilità di controllare le diverse
richieste che gli provengono dai vari contesi di vita in cui si muove. Un locus of
control interno permette di avere un maggiore controllo della situazione e di
giungere a trovare una soluzione, un equilibrio tra le diverse richieste. Il locus
of control interno e un’elevata auto-efficacia influenzano la riuscita di una strategia di coping (Anderson, 1977; Bandura, 1997). Judge, Erez e Bono (1998)
evidenziano che i soggetti con alta auto-stima, alta auto-efficacia e locus interno tendono, inoltre, a incrementare i loro sforzi per affrontare richieste complesse che provengono dai vari ambiti di vita, mentre coloro che hanno una bassa
auto-stima tendono ad abbandonare o ignorare richieste considerate troppo
complesse.
La ricerca, come abbiamo visto, permette di evidenziare l’insieme complesso e articolato di tratti di personalità in grado di influenzare, a vari livelli, il conflitto tra i diversi ruoli assunti. Sostanzialmente, essa indica che tali fattori di personalità, particolarmente quelli legati al core self-evaluation hanno una forte
e reale influenza sulla percezione individuale di conflitto o di arricchimento.
Tuttavia, la ricerca indica anche che non è possibile affermare che in ogni situazione coloro che hanno un’elevata core self-evaluation percepiranno sempre
meno conflitto interruolo rispetto a coloro che ne hanno un basso livello: un’alta core self-evaluation in una situazione su cui il controllo che l’individuo può
avere è scarso può predisporre alla frustrazione e indurre a mettere in atto strategie poco efficaci (Noor, 2002). Inoltre, avere un eccessivo livello di core selfevaluation riguardo sé stessi può condurre verso aspettative non realistiche e
verso percezioni altrettanto irrealistiche riguardo l’ambiente circostante. Una percezione non realistica di sé e della realtà può avere influenze negative sull’esperienza di conciliazione tra lavoro e vita: illudersi che tutto proceda bene, quando in realtà non è così può essere molto disadattivo. Dunque, lo studio dei tratti di personalità è informativo, ma ad esso è importante affiancare l’attenzione per il contesto e per la situazione particolare che vive l’individuo: se un alto livello di core self-evaluation ha effetti positivi sul conflitto interruolo, un li41
La conciliazione
da una
prospettiva
psicologica
CAPITOLO 1
La conciliazione
da una
prospettiva
psicologica
CONCILIARE LAVORO E VITA: GLI ASSUNTI TEORICI
vello eccessivo può, attraverso un esame di realtà falsato, rendere difficoltosa
la gestione dei diversi ruoli assunti.
Le differenze di genere nella conciliazione
La percezione di conflitto o bilanciamento tra le richieste di tempo, impegno, responsabilità legate ai diversi ruoli ricoperti nei vari ambiti di vita è filtrata, oltre che da aspetti di personalità e dagli stili cognitivi, anche dalle aspettative culturali e sociali legate al ruolo o all’insieme di ruoli da sostenere. Poiché
le aspettative legate al ruolo sono soggette alle differenze di genere, la gestione della molteplicità di ruoli assunti ha pesi e significati diversi per donne e uomini. Le aspettative di genere legate alla genitorialità sono diverse: ciò che ci
si attende da una “buona madre” è molto differente da ciò che ci attende da
un “buon padre”.
Numerosi studi indicano che il ruolo di madre è una delle principali cause
di stress per le donne (per una rassegna è possibile fare riferimento a Barnett
e Baruch, 1987). Una buona madre dovrebbe dare tutto ciò che può e riesce
a dare ai propri figli. Non rispondere efficacemente alle molteplici richieste di
cura e attenzione che provengono dai propri figli, particolarmente quando sono piccoli, può essere fonte di emozioni negative e senso di colpa per le donne, le quali sentono con maggiore forza gli obblighi e gli impegni legati al ruolo di genitore (Hays, 1996).
Non solo le richieste legate alla genitorialità risentono delle differenti aspettative di genere, ne risentono anche tutte le richieste relative alle attività domestiche. Ad esempio il tranquillo procedere del menage familiare è parte di ciò
che una donna ritiene essere un suo obbligo, come moglie, madre o semplicemente donna. De Vault (1991) sottolinea come molto spesso le donne provino vissuti di ansia in riferimento alla personale capacità e adeguatezza nel preparare i pasti per la propria famiglia: cucinare non significa solo sfamare, ma veicola dimensioni più profonde di cura, crescita e amore indissolubilmente legate alle aspettative associate al ruolo femminile. Soddisfare le aspettative legate al proprio ruolo di madre e moglie genera benessere, percepire di non essere in grado di farlo può creare ansia e stress. All’aspettativa sociale secondo
cui le donne dovrebbero rivolgere responsabilità e impegno principalmente alle attività di cura familiare e domestica, corrisponde sul piano materiale una diversa disponibilità di tempo che donne e uomini dedicano al lavoro e alla vita
privata. Numerose ricerche, condotte attraverso la stesura di diari che riportano le attività svolte e i tempi ad esse dedicate nelle diverse sfere di vita, hanno evidenziato importanti e significative differenze tra donne e uomini. Un dato trasversale che emerge da queste ricerche svolte in vari paesi e nazioni europee e nord-americane, mette in evidenza che le donne lavoratrici dedicano
complessivamente alle attività di lavoro retribuito e non, una quantità di tempo superiore al quello degli uomini. Hochschild (1989) evidenzia che, nel contesto nord-americano, le madri impiegate lavorano un mese in più all’anno composto da giornate di 24 ore, rispetto ai padri lavoratori. Ma differenze significative, oltre che nel totale delle ore di lavoro di donne e uomini, si evidenzia an42
CAPITOLO 1
CONCILIARE LAVORO E VITA: GLI ASSUNTI TEORICI
che nella tipologia di compiti a cui essi si dedicano nell’ambito domestico.
Robinson e Godbay (1997), evidenziano che le mansioni tradizionalmente
al femminile sono cucinare, pulire, avere cura dei figli e fare la spesa, mentre
quelle al maschile sono: portare nei negozi i familiari e fare piccole riparazioni in casa. I lavori domestici tradizionalmente al maschile sono caratterizzati da
un’elevata “flessibilità” nei tempi e nei modi della loro esecuzione. La percezione di conflitto tra vita e lavoro è fortemente legata alla dimensione di urgenza
e flessibilità dei compiti domestici: la cura del prato di casa o una piccola riparazione, possono attendere, mentre cucinare e lavare i piatti è un’attività che si
svolge anche più volte in una giornata (Hochschild, 1989) e ad essa è associata una più spiccata dimensione di urgenza e improrogabilità. Le attività domestiche maschili sono più discrezionali e piacevoli rispetto a quelle tradizionalmente femminili (Larson, Richards e Perry Jenkins, 1994); esse sono anche più
sfidanti e creative rispetto ai compiti femminili più ripetitivi e “sporchi”. Secondo
Robinson e Godbay (1997), proprio la natura dei compiti domestici tradizionalmente femminili, umili e da rifare quotidianamente, contribuisce a sviluppare
la percezione di sovraccarico e di conflitto.
Rilevare e conoscere come uomini e donne impiegano il loro tempo nelle
attività domestiche è, sicuramente, informativo e permette di confrontare le loro attività e i compiti, ma non permette di rilevare e quantificare la complessità
delle dimensioni di genere insite nel quotidiano lavoro domestico. Un esempio di lavoro di cura poco tangibile è la responsabilità affidata alle donne di coordinare gli aspetti strumentali ed espressivi della sfera familiare in tutti gli stadi
del ciclo di vita (DeVault, 1991).
Una parte sostanziosa del lavoro domestico relativo alla programmazione
e all’organizzazione di eventi, quali pranzi o cene collettive, o alla cura dei legami e dei contatti tra familiari è una responsabilità femminile. Dressel e
Clark (1990) evidenziano anche come molte donne impiegano tempo ed
energie ad anticipare i desideri dei propri familiari, non considerando questa,
a differenza degli uomini, un’attività da menzionare nei diari di rilevazione dei
tempi delle attività di cura familiare. Altri aspetti nell’uso del tempo che non sono catturati dai metodi tradizionali di ricerca come i diari delle attività, sono quelli relativi alla difficoltà che talvolta le donne incontrano nel pianificare le attività
giornaliere e, soprattutto, nel rispettare tale ordine, riducendo o contenendo le
interruzioni che spesso vanificano tale pianificazione (Barnett, Shen, 1997).
L’interruzione delle attività giornaliere è un’altra area poco studiata, ma capace di indurre elevati livelli di conflitto e stress. Le donne, avendo la maggiore responsabilità nella cura dei figli e degli altri membri della famiglia, sono le referenti dei piccoli e grandi imprevisti della vita familiare e domestica. Le donne hanno una maggiore esperienza in fatto di interruzioni delle loro attività rispetto a
quella degli uomini, perchè rispondono a emergenze che vanno dalla momentanea malattia di un figlio alla rottura della lavastoviglie (Hochschild, 1989;
Thompson e Walker, 1989); ciò se è fonte di stress, da un lato, dall’altro può rappresentare l’opportunità di esercitare la personale capacità di adattare le proprie
competenze da un contesto all’altro, esercitandosi nel renderle trasversali.
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La conciliazione
da una
prospettiva
psicologica
CAPITOLO 1
La conciliazione
da una
prospettiva
psicologica
CONCILIARE LAVORO E VITA: GLI ASSUNTI TEORICI
Tuttavia, al di là dei vantaggi e degli svantaggi in termini di esperienze e competenze che una diversa organizzazione di attività e di tempi apporta alla vita
di donne e uomini, è necessario rilevare che la maggiore quantità di tempo e
la tipologia dei lavori svolti delle donne a casa sottrae loro tempo da dedicare
ad altri ambiti di vita, quali il lavoro remunerato o il tempo libero. In sintesi, come mostrano le ricerche sul tema, le aspettative di genere orientano notevolmente le responsabilità e gli impegni che gli individui si assumono e ciò plasma la quantità, la qualità e l’uso del tempo che donne e uomini dedicano alla vita privata e lavorativa.
Su un altro fronte è necessario registrare che è in atto una trasformazione:
gli aspetti più stereotipati dei ruoli femminili e maschili sono oggetto di una sempre maggiore presa di distanza, particolarmente tra le nuove generazioni.
Tuttavia, malgrado i cambiamenti in corso, resta ancora complesso, per le donne particolarmente, bilanciare le responsabilità e i tempi da dedicare ai ruoli e
ai compiti relativi ai vari ambiti di vita. In particolare, la risorsa tempo acquisisce una rilevanza sempre più importante, ma al contempo sembra necessario
giungere a configurazioni nuove di esso: un tempo non più inteso e vissuto soltanto come dimensione vincolata e vincolante che invade spazi e luoghi e da
è necessario proteggersi e tutelarsi, bensì come cornice entro cui poter rivedere e ridefinire le proprie scelte e, quindi, anche il proprio progetto di lavoro e
di vita. Da tempo lineare kronos, scandito e quantificato, il tempo potrebbe diventare più proficuamente kairos, il tempo della qualità di ciò che si vive, delle opportunità e delle circostanze; un tempo per riflettere su ciò che è prioritario e scegliere di conseguenza cosa sta al centro e cosa alla periferia dell’impegno quotidiano, non definitivamente, ma secondo le circostanze e i momenti, accogliendo la complessità che si attraversa ogni giorno.
Entrare e uscire dal lavoro, per ore, giorni, periodi o stagioni di vita può liberare tempo utile per altre sfere di vita. La questione, però, è che le scelte relative a come impiegare il proprio tempo non sono sempre del tutto libere –
libere da stereotipi di genere, da modelli culturali che veicolano ruoli e compiti, spesso eccessivamente rigidi, diversi a seconda del genere cui si appartiene.
Occorre allora aiutare le persone ad acquisire gli strumenti necessari per fare
scelte consapevoli relative al lavoro, alla famiglia, alla genitorialità; e non, come ancora oggi spesso accade, scelte fondate su rappresentazioni, spesso, per
le donne consolatorie e giustificatorie per gli uomini.
È necessario, a tal fine, fare un “esame della realtà” affrontando e ragionando sui vincoli che limitano i gradi di libertà delle scelte individuali. In tal senso, gli stereotipi di genere, auspicabilmente, dovrebbero essere sempre più oggetto di una costante presa di coscienza e riflessione critica per dare modo sia
di rimuovere gli eventuali vincoli che essi pongono alla conciliazione, sia di promuovere una reale cultura di conciliazione che sostenga tutti, uomini e donne,
nella ricerca del personale equilibrio tra i diversi ruoli “giocati” nelle varie sfere di vita.
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CAPITOLO 2
PRATICHE DI
ORIENTAMENTO
E BISOGNI
DI CONCILIAZIONE
Nella fase di avvio del progetto presentato in questo volume, diverse sono state le domande che si è posto il gruppo di ricerca: perché e come l’orientamento deve tener conto della tematica della conciliazione lavoro e vita? In altri termini: quanto incide il bisogno di tenere insieme ambiti diversi
di vita nelle scelte lavorative e nella definizione del proprio progetto professionale? E ancora: come può l’orientamento sostenere un’azione finalizzata
a favorire una migliore conciliazione tra vita professionale e vita personale?
Quali caratteristiche distintive deve avere un percorso di orientamento a ciò
finalizzato? Quali differenze con altri percorsi di orientamento?
La risposta a queste domande non è stata immediata e neanche unanime. Se la letteratura sull’argomento sosteneva, a livello concettuale, la nostra convinzione di considerare la tematiche della conciliazione rilevante nel
pensare l’orientamento e indirizzarne le politiche, a livello più tecnico-metodologico, ci riusciva difficile individuare con precisione confini, intrecci e
contorni. Anche se non è questa la sede per ripercorrere le molte riflessioni che hanno animato il lavoro del gruppo, vale la pena soffermarsi sul percorso che si è andato costruendo alla ricerca di nessi e significati tra gli studi e le pratiche di orientamento da un lato e la tematica della conciliazione
dall’altro.
In un primo tempo ci dicevamo e ci dicevano che la conciliazione è un “fatto” di tutti e che pertanto può rientrare, come altri temi, nelle pratiche di consulenza che si vanno eventualmente a intraprendere. Sia che queste si chiamino di consulenza al ruolo, di mentoring, di coaching, di orientamento professionale, di consulenza orientativa, di bilancio di competenze, ecc. A ben vedere, occupandosi il mondo della consulenza di storie personali e di lavoro
e di progetti mancati o realizzati, non si può eludere la questione di come si
tengono insieme o si sono tenuti insieme i molteplici ruoli giocati negli ambiti della propria vita. L’intreccio è inevitabile e indissolubile.
Ma in un secondo tempo, procedendo con le interviste alle nostre opinion
leader, con la ricognizione sullo stato dell’arte e, anche, con il confronto con
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CAPITOLO 2
PRATICHE DI ORIENTAMENTO E BISOGNI DI CONCILIAZIONE
il tavolo di lavoro è divenuta chiara e trasparente la ragione per cui noi, come studiosi di orientamento, ci trovavamo a imbatterci nella tematica della
conciliazione. Entrambi gli ambiti di interesse si confrontano con il tema della scelta, o più propriamente del progetto, come avremo modo di spiegare diffusamente più avanti. Se come afferma Claudia Piccardo nelle righe della sua
intervista rilasciata nelle prime fasi di questo lavoro Isfol, “conciliare significa di fatto scegliere, decidere, riorganizzare le priorità in relazione ai propri
obiettivi”, questa azione si lega necessariamente alle funzioni di supporto e
di accompagnamento distintive anche di una consulenza di orientamento.
E nel guidare questa considerazione sono tre i motivi, di ordine diverso, rintracciabili nel terreno di interesse comune tra l’orientamento come area di intervento e la conciliazione come questione sociale:
1. si è trasformato il tradizionale pubblico giovanile dell’orientamento in molti diversi “pubblici” anche di adulti, così come è mutata la domanda e la
ricerca di lavoro;
2. è cresciuta un’attenzione etica e socialmente responsabile nelle imprese e nel mondo del lavoro connessa con la ricerca di una migliore qualità della vita a livello sociale, familiare e individuale;
3. si è ampliata la richiesta di interventi di accompagnamento al lavoro e sul
lavoro, al fine di promuovere una maggiore occupabilità delle persone più
svantaggiate, ma anche di sviluppare competenze diffuse di natura trasversale e gestionale.
Queste, per punti, le ragioni che vedono intrecciarsi obiettivi e pratiche tipiche dell’orientamento con problemi e bisogni legati alla conciliazione tra
lavoro e resto della vita. Di seguito si procederà ad argomentare ogni singolo punto.
1. Si è trasformato il tradizionale pubblico giovanile dell’orientamento in molti diversi “pubblici” anche di adulti, così come è mutata la domanda e la ricerca di lavoro.
Siamo tutti d’accordo nell’affermare che l’orientamento scolastico e professionale che si promuove sul campo è il frutto del suo tempo e della cultura che
vi circola. L’orientamento è sempre un fatto culturale, traduce e declina le scelte più profonde delle persone anche alla luce di alcune delle “mode” formative e professionali che entrano in scena di epoca in epoca.
Se quindi è importante considerare i contesti operativi nei quali si esplicano le diverse azioni di orientamento come risultante del quadro socio-economico e culturale del momento, è certamente un dato evidente quanto siano cambiati i soggetti cui si rivolge oggi l’orientamento. Si è passati da una prospettiva di intervento orientativo sostanzialmente rivolta al target dei giovani o degli studenti, a un pubblico massiccio di adulti. Le donne, gli immigrati e in generale gli adulti in stato di disoccupazione o di mobilità, in cerca di lavoro o in
procinto di doverlo/volerlo cambiare sono via via diventati un bacino di utenza ampio e molto eterogeneo.
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CAPITOLO 2
PRATICHE DI ORIENTAMENTO E BISOGNI DI CONCILIAZIONE
Dunque, mai come in questo periodo storico le azioni di orientamento hanno tra i loro centri di interesse la questione della conciliazione tra lavoro e resto della vita, in quanto tipica della condizione di adultità e delle transizioni che
la attraversano. È però interessante come questa esigenza si presenti come una
medaglia a due facce.
Da un lato, come affermano gli studi di molta sociologia economica e dei
consumi, ma anche del lavoro e della comunicazione, la nostra società è sempre più orientata alla ricerca del benessere, a coltivare il gusto dello stare insieme, dell’edonismo in alcuni casi e dell’effimero in quelli più estremi
(Secondulfo, 2001; Bruni, Porta, 2004). Cresce la voglia di cura del privato,
di sé e della famiglia, e di un lavoro che sia gratificante e più a misura di “uomo” e di “donna”. In questo panorama sociale non c’è da sorprendersi che
il tema di come tenere insieme lavoro e resto della vita si traduca più precisamente in come “tenerli bene insieme”, senza rinunciare all’uno o all’altro
ambito.
Dall’altro è altrettanto vero che questa domanda di “tempo” e di “cura” per
le diverse sfere della vita non si presenta con la stessa intensità e concentrazione in tutte le fasce della popolazione e delle aree geografiche. L’Italia, come si
rimarca in più parti del volume, è tra i paesi meno attenti sul piano dell’organizzazione del lavoro e sul fronte dei servizi a livello cittadino e sociale, nonostante le norme e le misure di legge a favore della conciliazione. E questo è ancora più vero nel sud del paese e nei piccoli centri.
La domanda di una migliore conciliazione si diffonde soprattutto tra le persone con un buon livello culturale e una certa sensibilità verso questo tema, presumibilmente più consapevoli, se non informate, di quello che è possibile fare o non fare su questo versante. Va da sé che questo target non rientra in prima battuta in quelli che si avvicinano ai servizi territoriali per il lavoro, ma sembrerebbe più un pubblico che chiede un aiuto psicologico, magari una psicoterapia, dentro la quale finisce anche il tema di come gestire i mille ruoli che
si vivono.
Possiamo ipotizzare dunque che non sarà nuova, o così nuova, la domanda di aiuto a meglio conciliare i propri ruoli per persone che chiedono parimenti migliore sostenibilità dei ritmi di lavoro e maggior benessere sui luoghi di lavoro. E sappiamo che questa è una domanda sociale che abbraccia questioni
di natura sindacale e contrattuale.
Nonostante queste evidenze siano più forti per un target di persone “benestanti”, è di cruciale importanza sostenere nella conciliazione tra lavoro e vita
un pubblico potenzialmente ben più vasto e in difficoltà. Questo per due ragioni. La prima è legata alla trasformazione stessa del mercato del lavoro in cui l’incrocio domanda e offerta si gioca sull’immediata disponibilità delle persone a
entrare e uscire da un contesto organizzativo all’altro senza grandi problemi o
“impedimenti”.
La seconda ragione, più profonda, va ricercata nei significati attribuiti oggi
al lavoro, soprattutto da parte delle donne. A tal proposito è emblematico il vocabolario raccolto in un piccolo libricino dal titolo: “Parole che le donne usano
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CAPITOLO 2
PRATICHE DI ORIENTAMENTO E BISOGNI DI CONCILIAZIONE
per quello che fanno e vivono nel mondo del lavoro oggi”,7 in cui si legge: “sì,
dicono le donne il lavoro mi è necessario. A essere sincera, mi piace, mi interessa. Anche se fatico a reggerne i tempi. Finisco tardi. Mi sento stressata. A cosa sono disposta a rinunciare pur di tenermelo? Ho messo al mondo un bambino. Forse ne vorrei un altro. Sono costretta a produrmi in acrobazie massacranti: un piede nella carriera e l’altro nel progetto famigliare. Devo stare attenta a non cadere più in certe trappole come la rinuncia che nasce dall’opposizione: fare la madre o lavorare. È una trappola il mito dell’autosufficienza: superdonna oppure supermadre; è una trappola creare scale di valore tra
le scelte che oggi una donna può fare” (p. 9).
In sintesi, il richiamo a una visione più ampia e complessa dei tradizionali modelli di occupazione è il messaggio forte che arriva da più parti per riuscire a rinegoziare, anzitutto tra uomini e donne ma anche tra culture diverse, i tempi e le modalità di lavoro. Una rinegoziazione che vuole puntare ad
alimentare un’etica del lavoro come diritto alla sicurezza ma anche al benessere sociale.
2. È cresciuta un’attenzione etica e socialmente responsabile nelle imprese e nel mondo del lavoro connessa con la ricerca di una migliore qualità della vita a livello sociale, familiare e individuale.
In questi ultimi dieci anni ha assunto particolare centralità il dibattito sulla
responsabilità sociale delle imprese e sulle politiche delle risorse umane cosiddette “etiche”, ovvero volte nella direzione di:
– non discriminare i dipendenti in base a sesso, razza, religione, appartenenza politica;
– realizzare prodotti e processi nel rispetto dell’ambiente;
– offrire prodotti di elevata qualità ad un prezzo appropriato;
– non testare prodotti sugli animali;
– avere a cuore i diritti umani nel mondo e il divario tra ricchi e poveri;
– cercare di ridurre problemi sociali come criminalità, povertà, analfabetismo.
Nel 2000 il Consiglio Europeo di Lisbona lanciò un appello al senso di responsabilità delle imprese nel settore sociale per ciò che riguarda le best
practices nella formazione continua, nell’organizzazione del lavoro, nelle pari
opportunità, nell’integrazione sociale e nello sviluppo sostenibile. L’obiettivo strategico dell’UE è diventare, entro il 2010, la più competitiva e dinamica economia della conoscenza (knowledge economy), in grado di affrontare una crescita economica accompagnata da un miglioramento qualitativo e quantitativo dell’occupazione e da una maggiore coesione sociale.
In questo quadro l’introduzione di politiche “work-life balance” rappresentano un segnale positivo di responsabilità sociale delle imprese che le adottano, anche in virtù del fatto che hanno dimostrato di produrre esiti favorevoli in
7 Il libro è il frutto delle interviste a un gruppo di donne che si sono riunite nella storica libreria della donne a Milano nel 2004.
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CAPITOLO 2
PRATICHE DI ORIENTAMENTO E BISOGNI DI CONCILIAZIONE
termini di miglioramento delle condizioni di lavoro e di maggior commitment
degli occupati.
È un dato già più volte citato quello relativo alle difficoltà crescenti di conciliazione, aumentate notevolmente soprattutto a causa degli importanti cambiamenti che hanno interessato la cultura del lavoro da un lato e la struttura della famiglia dall’altro.
Una delle trasformazioni più significative nelle nostre attuali società è proprio quella relativa alla famiglia: non solo sempre più famiglie sono composte
da partner che lavorano entrambi (le cosiddette famiglie dual earner o dual career) ma cresce anche il numero di persone, donne e uomini, con responsabilità di cura non solo per i figli, ma di persone anziane o disabili (Saraceno, 2003).
A testimoniare l’ampia gamma di situazioni all’incrocio tra famiglia, bisogni
sociali e ciclo di vita, a partire dai problemi dell’infanzia sino a quelli delle famiglie con anziani si colloca l’ultimo rapporto dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia (Donati, 2007). A proposito della progettazione ed erogazione di servizi e interventi di sostegno alle famiglie sono riportati in questo ultimo rapporto relativo al 2006 casi di buone pratiche nell’affidamento familiare di emergenza e nel sistema dell’audit per la conciliazione tra famiglia e lavoro, nell’uso dei
voucher nei servizi alle famiglie e nelle iniziative di welfare aziendale (corporate citizenship)8.
È certamente un dato sotto gli occhi di tutti come sia le amministrazioni pubbliche sia le imprese private stiano tentando di ricercare risposte sempre più convincenti per favorire il benessere della comunità locale e ridurre il conflitto sociale tra il mondo del lavoro e quello della famiglia. La fatica se non l’impossibilità di separare la sfera familiare da quella lavorativa può generare infatti difficili e così cattive relazioni da minacciare le stesse condizioni di sostenibilità umana di un territorio.
È diventato quindi un problema individuale, ma anche sociale e organizzativo, imparare a “contenere ed elaborare” un eventuale conflitto tra diversi domini, dedicando attenzione sia al tempo impegnato, sia alla responsabilità vissuta in ciascun “luogo” della vita. E questo aspetto assume rilevanza oggi più
che mai sia per le donne che lavorano o cercano di reinserirsi nel mondo del
lavoro sia per gli uomini, assumendo i contorni di un problema vero e proprio
in molti casi.
Il fine tuttavia non dovrebbe coincidere – anche se attualmente il problema
è spesso questo – con il rendere il lavoro familiare più funzionale al mercato
del lavoro, bensì deve consistere in un effettivo allargamento delle libertà di scelta tanto delle donne quanto degli uomini in merito alle possibili combinazioni di lavoro remunerato e famigliare di volta in volta più rispondenti alle diverse fasi di vita individuale e famigliare.
8 Per corporate ctizenship si intende il continuo impegno delle imprese a comportarsi eticamente contribuendo allo sviluppo economico e allo stesso tempo al miglioramento della qualità
della vita dei propri collaboratori e delle loro famiglie, della comunità locale e della società nel suo
complesso.
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CAPITOLO 2
PRATICHE DI ORIENTAMENTO E BISOGNI DI CONCILIAZIONE
3. Si è ampliata la richiesta di interventi di accompagnamento al lavoro e
sul lavoro, al fine di promuovere una maggiore occupabilità delle persone più
svantaggiate, ma anche di sviluppare competenze diffuse di natura trasversale e gestionale.
La storia e le politiche del lavoro, ma anche la teoria e la ricerca organizzativa, hanno portato in primo piano nuove esperienze sociali e umane che hanno profondamente segnato il passaggio da un orientamento di tipo vocazionale a un orientamento di tipo progettuale aperto ad accogliere anzitutto i temi
della diversità e della discontinuità. È anche in funzione di un cambiamento di
paradigma nella lettura di fenomeni sociali quali l’immigrazione e la femminilizzazione del lavoro che le pratiche di orientamento hanno assunto un carattere maggiormente di servizio al cittadino e meno di intervento specialistico ad
personam. Si è affermata, in altri termini, una logica di intervento nel campo dell’orientamento che ha dovuto superare una concezione classica circoscritta al
solo passaggio scuola-lavoro per aprirsi a un ventaglio di azioni dalla valenza
consulenziale e di sostegno all’occupabilità, oltre che all’occupazione.
A sostegno di quanto progettato nell’ambito del percorso Isfol è evidente in
letteratura quanto i servizi alla carriera per adulti, comunque proposti e descritti, abbiano iniziato a operare e si siano sviluppati cercando di conciliare un doppio livello: quello individuale ma anche quello socio-politico. L’ansia per il successo, la mancanza di informazione, l’incertezza diffusa, originando ruoli e posizioni di lavoro sempre più confuse e precarie, sono diventate il contenuto chiave del processo di career guidance. In questa direzione l’idea forte che si è aggiunta al classico concetto di orientamento è stata quella di ciclo di vita, e in generale di una prospettiva life-span che ha ampliato il processo orientativo verso nuovi target e obiettivi (Herr, Cramer, Niles, 2004).
Tuttavia, come scrivono Quaglino, Rossi, Ghislieri (2005) “se per consulenza di carriera si può fare riferimento ai servizi e alle attività concepite per sostenere le persone di ogni età e in qualsiasi tappa della loro vita a operare scelte educative, formative e occupazionali e a gestire il loro sviluppo professionale, la carriera cessa di essere concepita come una strada “obbligata”, o verso
cui si tende, costellata di esperienze occupazionali cumulative” (p. 46). Ed è proprio questa dimensione della molteplicità di percorsi e carriere, con i suoi risvolti positivi e negativi, a far mettere in discussione con forza e frequenza crescente il sistema di equilibrio che ogni persona raggiunge nelle diverse fasi della sua
vita. Ancora riprendendo quanto affermano gli autori sopra citati “è profondamente vero che ogni bivio che ci si trova di fronte rimette in discussione l’equilibrio che ciascuno ha costruito tra i diversi ambiti della propria vita: lavoro, famiglia, tempo per sé. E, dunque, anche questa dimensione, l’equilibrio tra i diversi contesti di vita è un elemento fondamentale per le pratiche di orientamento rivolte a soggetti in età adulta” (p. 47).
Tra gli obiettivi incrociati, più o meno esplicitamente, nelle azioni di orientamento a sostegno dell’inserimento o reinserimento lavorativo, ma anche della riprogettazione o del riposizionamento di carriera, è emerso con un livello cre50
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PRATICHE DI ORIENTAMENTO E BISOGNI DI CONCILIAZIONE
scente di importanza, se non di urgenza, quello della conciliazione tra lavoro
e vita personale. Proponendo una semplice chiave di lettura sono state dapprima le azioni di coaching e mentoring avanzate da alcune aziende “illuminate”
o ricercate a titolo individuale da manager troppo “stressati” a dare risposta a
un bisogno di conciliazione o armonizzazione tra i diversi ambiti di vita. In tal
senso sono diventate via via sempre più diffuse e popolari azioni e tecniche di
consulenza personale e al ruolo importate dai paesi anglosassoni.
In quest’ottica progettare un servizio di orientamento focalizzato sulla dimensione della conciliazione da inserire nella gamma degli interventi a sostegno del
lavoro, della sua ricerca così come del suo cambiamento o miglioramento, è
emerso come obiettivo cruciale in questo preciso momento storico.
Trasversale a tutto il processo di costruzione di competenze è il concetto di
empowerment, o meglio una visione processuale e riflessiva che privilegia un
tempo e un luogo di ascolto e attenzione al soggetto, alla sua storia e alle sue
risorse personali, di volta in volta da progettare a livello locale. In quest’ottica,
l’idea di competenza si allarga a comprendere variabili come la responsabilizzazione di sé, l’attivazione di energie positive, l’autonomia. Un individuo sarà
tanto più competente quanto più esprimerà comportamenti e atteggiamenti autonomi, flessibili, cooperativi e creativi. In questo senso più che il processo si
osserva il suo effetto in termini di risultati osservabili.
Per riprendere l’originaria impostazione dell’empowerment come intervento di comunità rivolto a persone in situazione di disagio o a rischio (immigrati, tossicodipendenti, alcolisti, disabili), è fondamentale collocarsi all’interno di un progetto senza vincoli di ruolo (nel caso della conciliazione legati alla divisione tra i generi) perché è il ruolo stesso ad essere oggetto di ricerca e
ripensamento. In linea con questa idea, per analizzare le proprie competenze
(in termini di risorse e potenzialità) occorre prima di tutto diventare consapevoli di quelle aree della propria identità personale e professionale attivabili, valutabili e utili per prefigurare un possibile futuro professionale. Il risultato auspicato sarà una crescita dell’individuo tesa a promuovere, e possibilmente a
incrementare, il livello di autoefficacia personale, ovvero il sentimento di essere empowered.
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CAPITOLO 3
IL PROGETTO DELL’ISFOL:
in.la.v.
“Più lavoro, migliori condizioni e pari opportunità sono le parole chiave della politica per l’occupazione e della politica sociale europea. L’Unione Europea
intende far sì che tutti siano in grado di adeguarsi ai mutamenti di un’economia fondata sulla conoscenza. L’occupazione e la politica sociale sono al centro della cosiddetta ‘Agenda di Lisbona’, che fissa i grandi orientamenti dell’azione dell’Unione europea diretta a favorire la crescita e la creazione di posti
di lavoro”9.
In Italia, nell’ultimo decennio, si è assistito a un incremento del tasso occupazionale e, in particolare, a un miglioramento dei livelli occupazionali relativi alle donne. Tale incidenza purtroppo non è stata tuttavia sufficiente per compensare il divario tra i tassi di attività degli uomini e quelli delle donne. Inoltre,
lo scarto tra la media italiana e la media comunitaria deve essere ancora compensato. Il Consiglio europeo di Lisbona10 ha definito che l’obiettivo generale
delle misure in materia di occupazione e mercato del lavoro è quello di aumentare il tasso di occupazione globale dell’Unione europea al 70 % e il tasso di occupazione femminile a più del 60% entro il 2010.
Tale obiettivo rappresenta per l’Italia un traguardo auspicato ma complesso da raggiungere in quanto la nostra nazione risulta essere ancora oggi caratterizzata da una ridotta crescita dell’occupazione complessiva, da un basso tasso di attività e da un alto livello di disoccupazione. Il tasso di occupazione femminile nel 2006 si attesta al 46,3% contro il 70,7% maschile. Questo dato disattende anche l’obiettivo intermedio del 57% fissato al 2005 ed evidenzia che
nel nostro paese il mercato del lavoro femminile non presenta ritmi di crescita dei tassi di attività e occupazione tali da ottemperare agli obiettivi di politica comunitaria e in termini tendenziali mostra che la crescita dell’occupazione
9 L’affermazione è presente nel sito http://europa.eu/pol/socio/overview_it.htm
10 Il Consiglio europeo ha tenuto una sessione straordinaria il 23 e 24 marzo 2000
a Lisbona
per concordare un nuovo obiettivo strategico per l’Unione al fine di sostenere l’occupazione, le riforme economiche e la coesione sociale nel contesto di un’economia basata sulla conoscenza.
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CAPITOLO 3
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
femminile avviene in funzione di una continua flessibilizzazione dei rapporti di
lavoro (Rapporto Isfol 2007).
Diverse ricerche (Bombelli, 2000, 2003; Gherardi, Poggio, 2003; Manueddu,
2004; Palomba, 1997; Leccardi, 2000; Piccardo, Martini, 2004; Barone et al.,
2005) evidenziano che, tuttora, sulle donne grava il maggior peso del lavoro di
cura, accentuato dal fatto che si registra un basso tasso di diffusione dei servizi rivolti alle persone. Da più parti viene sottolineato come donne e uomini organizzano i propri tempi di vita con modalità differenti, modalità che rendono
conto del perché le donne sentano su di loro il carico maggiore della ricerca di
strategie conciliative nella famiglia (Piccardo, Martini, 2004; Barone et. al., 2005).
Sembra infatti evidente come i retaggi culturali siano molto presenti nell’organizzazione e gestione della vita di ogni giorno: i tempi delle donne rispondono a una logica di flessibilità e di dedizione ai doveri familiari che non corrisponde allo stesso atteggiamento culturale maschile. Per gli uomini, infatti, il tempo dedicato alla propria professione risulta dilatabile ma mai comprimibile, tuttavia, una volta conclusi gli impegni di lavoro, tutto il resto del tempo è libero
(Sabbadini, Palomba, 1994). Per le donne, invece, l’organizzazione dei tempi
di vita non è affatto rigida in quanto esse strutturano le proprie attività in base alle priorità e alle scadenze che, di volta in volta, si presentano: ciò comporta una condizione secondo la quale tutto il tempo non dedicato alla professione è riservato al lavoro di cura della casa e della famiglia, fatto che rende conto della quasi totale mancanza di tempo libero e soprattutto di tempo per sé
(Palomba, 1997; Leccardi, 2000).
Tuttavia, nonostante queste differenze di genere, la conciliazione deve essere intesa «come un sistema collettivo di sostegno alla combinazione dei tempi di lavoro e degli altri tempi della vita» (Manueddu, 2004, p. 20) e, proprio per
questo, deve essere interpretata come un bisogno che investe tanto la popolazione femminile quanto quella maschile.
La azioni necessarie per favorire lo sviluppo di un sistema integrato per la
conciliazione devono agire in più direzioni: promozione di una cultura che superi stereotipi e pregiudizi, predisposizione di ulteriori misure legislative ad hoc,
attivazione di servizi dedicati sul territorio. Relativamente a quest’ultimo punto, grazie soprattutto ai fondi stanziati nella scorsa programmazione (2000-2006)
del FSE, anche nel nostro Paese c’è stato un considerevole investimento economico sebbene questo abbia assunto forme e dimensioni diverse nei territori locali. Ulteriori significativi interventi per lo sviluppo del territorio e l’attivazione di servizi alle persone che facilitino il tenere insieme i tempi di vita sono previsti nella nuova programmazione comunitaria per la significativa valenza che
essi assumono sia in termini di coesione che in termini di competitività dei territori. Va sottolineato, a questo proposito, lo scarto che esiste nel nostro paese, tra indicazioni legislative e realtà operative. Se da un lato infatti la nostra legislazione prevede una pluralità di azioni positive a favore della conciliazione
(all’organizzazione dei tempi, al piano dei servizi delle città, oltre che all’esistenza di presidi a tutela delle pari opportunità) la traduzione di tali intenti legislativi in servizi appare attualmente ancora sporadica e insufficiente. Soffermarsi
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CAPITOLO 3
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
ad analizzare le ragioni che sottendono tale discrepanza tra obiettivi dichiarati e pratiche realizzate diventa un compito prioritario per quanti operano nel settore.
La lettura integrata con i significativi cambiamenti che il mercato del lavoro sta attraversando nell’ultimo decennio, anche in tema di forme contrattuali, pone enfasi al tema della conciliazione come fulcro pregnante per le azioni
volte al potenziamento del benessere dei cittadini e in particolare di tutte le azioni che interessano lo sviluppo personale e professionale delle persone.
La riforma del mercato del lavoro ha individuato nella flessibilizzazione dei
contratti di lavoro l’obiettivo principale. Più precisamente, l’intento di fondo è
quello di mettere a disposizione delle imprese strumenti in grado di adattare
l’utilizzo del lavoro alle esigenze produttive. Se da un lato tale obiettivo porterà
dei risultati sul lungo periodo, dall’altro questa nuova organizzazione del lavoro ha contribuito a esporre le fasce meno competitive della forza lavoro (ossia
i giovani, gli over 55 e le donne) a un maggior rischio di marginalizzazione.
Questa prima fotografia della situazione nazionale evidenzia la presenza di
uno scenario lavorativo che si popola stabilmente di una pluralità di soggetti (uomini e donne, giovani ed adulti, autoctoni e immigrati) con diversi bisogni e prospettive sia sul fronte dello stesso lavoro che su quello delle aspettative di vita. In questo quadro il problema di come conciliare i tempi di vita e i tempi di
lavoro che, peraltro, vanno sempre più dilatandosi invadendo la sfera del privato delle persone, non può essere lasciato a una capacità “equilibristica” personale ma necessita dell’attenzione sociale e culturale da parte di ricercatori ed
istituzioni (Struttura Nazionale di Supporto Equal dell’Isfol, 2006, pag 10).
È proprio in questo contesto che trova collocazione il lavoro di ricerca-intervento “in.la.v.” (insieme lavoro vita) che Isfol, Area Politiche per l’Orientamento,
ha realizzato dal 2005 a oggi: in particolare, il filone di ricerca in cui si inserisce il progetto qui presentato è relativo all’ampio ventaglio di percorsi e strumenti messi a punto e sperimentati dall’Area in collaborazione con i CPI
(Centri per l’Impiego), i COL (Centri Orientamento Lavoro), i COP (Centri
Orientamento Professionale), i CIOFS-FP (Centro Italiano Opere Femminili
Salesiane – Formazione Professionale), e altre strutture che operano a livello
nazionale.
L’attenzione al coinvolgimento del territorio è sostenuta dal Ministero del
Lavoro e della Previdenza Sociale che, al fine di poter favorire una maggiore partecipazione al lavoro e un più incisivo inserimento delle categorie sottorappresentate nel mercato del lavoro (giovani, donne e over 55) individua nei CPI una
risorsa significativa in quanto rappresentano i presidi territoriali per le attività
di orientamento finalizzate all’ingresso e/o reingresso nel lavoro.
L’enfasi alle pari-opportunità di genere e all’implementazione omogenea di
azioni di orientamento si arricchisce e trova conferma nelle direzioni della nuova programmazione comunitaria. La tematica, quindi, che coniuga il bisogno di
scegliere il proprio lavoro in maniera consapevole e congruente con le proprie
capacità e con l’esigenza di conciliare i diversi tempi di vita, appare nell’attuale momento socio-economico di una rilevanza prioritaria e strategica.
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CAPITOLO 3
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
Se nella scorsa programmazione molti interventi sono stati già compiuti in
questa direzione11 la nuova programmazione punta alla valorizzazione di
quanto già realizzato e all’implementazione di nuove azioni che favoriscano la
conciliazione lavoro-vita proprio nell’ottica del benessere dei cittadini e dello
sviluppo professionale. In quest’ottica si colloca anche il tema dell’orientamento come fenomeno sempre più globale e trasversale rispetto alle diverse fasi di
vita dell’individuo.
3.1 Origini e finalità del progetto
Sono essenzialmente due le ragioni che hanno spinto l’Isfol, Area Politiche
per l’Orientamento, ad avviare un progetto di ricerca con una centratura specifica sul tema della conciliazione tra lavoro e resto della vita:
1. l’attenzione crescente verso le problematiche femminili in relazione al lavoro, e più in generale la maggiore sensibilità sui temi della conciliazione tra vita privata e vita pubblica che assume i contorni di un fenomeno
“trasversale”;
2. la convinzione che diventa sempre più centrale per chi si occupa di
orientamento leggere il legame tra le differenze di genere e il lavoro in funzione della continua trasformazione dei valori e delle culture professionali con le quali si entra in contatto nelle organizzazioni e nei contesti sociali di oggi.
In particolare, facendo seguito agli studi di genere e alle tematiche delle pari opportunità, emerge come le pratiche a valenza orientativa progettate e rivolte a un pubblico femminile siano tradizionalmente molteplici e diffuse in vari contesti. Anche nel nostro paese si è assistito, sulle sollecitazioni provenienti dalla Comunità Europea e dallo stesso Ministero del Lavoro e della Previdenza
Sociale, soprattutto in questi ultimi quindici anni, a un proliferare di progetti consulenziali per donne uscite dal mercato del lavoro e in cerca di nuove opportunità in virtù di un loro graduale ma progressivo incremento occupazionale.
In linea con questo trend socio-culturale e con i molteplici fenomeni di cambiamento e innovazione del lavoro, Isfol ha inteso puntare alla progettazione
di una pratica consulenziale a carattere orientativo per persone (donne e uomini) dalla diversa provenienza socio-professionale con un’attenzione particolare alla dimensione di genere e alla ricerca di equilibrio tra i differenti ambiti
di vita.
3.2 Gli obiettivi e le fasi di lavoro
Obiettivo principale del progetto è stato quello di mettere a punto un per-
11 Ampiamente documentati nell’ultimo lavoro, della Struttura Nazionale di Supporto Equal
dell’Isfol.
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CAPITOLO 3
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
corso di consulenza orientativa di carriera da inserire nella gamma dei servizi
territoriali per il lavoro in grado di permettere alle persone una loro ri-definizione delle risorse sia interne sia del contesto. Il tentativo è stato quello di fornire e favorire l’acquisizione di strumenti per ricercare soluzioni e prendere decisioni autonome in funzione del raggiungimento di un soddisfacente equilibrio tra vita personale e lavorativa.
Per giungere a questo obiettivo il percorso di ricerca proposto si è articolato in quattro macro-fasi:
1. fase di ricognizione e analisi dell’esistente;
2. fase di progettazione del percorso in.la.v.;
3. fase di sperimentazione del percorso;
4. fase di analisi dei risultati e di ri-progettazione.
Più precisamente, qui di seguito si procederà a descrivere le prime due fasi propedeutiche alla sperimentazione che hanno costituito le fondamenta teorico-concettuali che il gruppo di ricerca assume e promuove.
Per quanto concerne, invece, le ultime due fasi del processo di ricerca si rimanda ai capitoli successivi nei quali sarà presentata la sperimentazione, dalla descrizione del campione e del processo di lavoro alla fase di valutazione dei
risultati dai quali siamo partiti per l’ultima fase di ri-progettazione del percorso in.la.v. che viene presentato nella seconda parte del volume.
Fase di ricognizione e analisi dell’esistente
Nella primissima fase di avvio del progetto ci si è anzitutto domandato che
cosa e quanto già fosse stato realizzato nell’ambito delle attività a favore della conciliazione soprattutto nei servizi per il lavoro, e in che direzione procedere al fine di individuare ambiti innovati e originali su cui impostare il percorso
Isfol. Conoscendo, ma immaginando soprattutto, la vastità delle attività di ricerca e sperimentazione in questo campo, si è provveduto a svolgere:
– una rassegna della letteratura sulle tematiche di genere e delle pari opportunità con un’attenzione specifica alla dimensione del work-life bilance (descritta nel dettaglio nel I e II capitolo);
– tredici interviste individuali ad opinion leader del settore: cinque a studiose12 del tema per poter meglio focalizzare gli aspetti culturali indispensabili per la realizzazione del nostro progetto; tre a professioniste13 che
operano nel settore, con l’obiettivo di avviare un confronto con altri enti di rilevanza nazionale sulle tematiche oggetto del nostro studio e avvia12 Cogliamo l’occasione per ringraziare: Donata Francescato (Facoltà di Psicologia 1 - Università
“La Sapienza” Roma), Chiara Ghislieri (Facoltà di Psicologia - Università degli Studi di Torino), Barbara
Mapelli (Facoltà di Scienze della Formazione - Università Bicocca Milano), Marina Piazza (Presidente
Gender Consulenza, Formazione e Ricerca srl), Claudia Piccardo (Facoltà di Psicologia - Università
degli Studi di Torino).
13 Cogliamo l’occasione per ringraziare: Lucia Basso (Vice Presidente Commissione Pari
Opportunità Regione Veneto, Segretaria Regionale Cgil Veneto, Consigliera Regionale di Parità per
il Ministero del Lavoro); Elisabetta Cerroni dell’Enaip (Ente Nazionale ACLI Istruzione Professionale)
e Clara Bassanini della società Pari e Dispari (Ente accreditato dalla Regione Lombardia per le attività di Orientamento).
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Gli obiettivi e le
fasi di lavoro
CAPITOLO 3
Gli obiettivi e le
fasi di lavoro
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
re una comparazione ragionata delle principali esperienze in materia di
consulenza orientativa per donne; sei a consulenti14 di orientamento che
operano nei servizi territoriali al fine di esplorare la concreta rilevanza della tematica in termini di domanda e offerta di orientamento, nonché l’effettiva realizzabilità nei centri territoriali di un percorso di consulenza orientativa come quello che ci apprestavamo a progettare.
Identificato il campione e sondata la disponibilità delle nostre interlocutrici
si è proceduto alla messa a punto delle tracce di intervista che rispondessero ai
nostri obiettivi. Sono state impostate tre diverse tracce che, pur avendo dei nodi comuni, ponevano l’accento su aspetti relativi alla specificità delle professionalità e dei contesti organizzativi di appartenenza delle persone intervistate.
Nello specifico una prima griglia di intervista si proponeva di ampliare e sistematizzare il ricco panorama di input emersi dalla letteratura relativamente
al tema della conciliazione e, più nello specifico, al suo intreccio con l’ambito
della consulenza orientativa e si è focalizzata sulle seguenti aree tematiche:
– la conciliazione: definizione, target, dimensioni principali;
– le politiche di conciliazione: punti di forza e nodi critici;
– conciliazione e organizzazioni;
– orientamento e conciliazione: dimensioni pregnanti, metodologia, strumenti e figure professionali.
La seconda griglia utilizzata principalmente nelle interviste individuali con
le tre professioniste ha avuto l’obiettivo di avviare un confronto sul tema delle pratiche di consulenza orientativa rivolte alle donne. In particolare, abbiamo
voluto esplorare, grazie alla ricca esperienza professionale delle intervistate, gli
elementi che potevano essere considerati, da un punto di vista sia oggettivo sia
soggettivo, come significativi per la messa a punto del nostro percorso. Tre le
macro-aree individuate:
– la/le pratiche considerate particolarmente attinenti con l’oggetto del nostro percorso;
– il percorso Isfol: dimensioni pregnanti, metodologia, strumenti;
– il tema della conciliazione: realizzabilità del percorso nei CPI presenti sul
territorio nazionale e competenze delle figure professionali dell’orientamento.
Infine, per quanto concerne la terza griglia, ossia quella utilizzata nell’intervista individuale alle consulenti dei CPI, per poter avere una lettura del bisogno
e delle possibilità offerte all’utente, sono state individuate le seguenti aree tematiche:
– la domanda degli utenti: target e bisogni specifici;
– la conciliazione e il territorio di appartenenza: importanza del tema per il
contesto territoriale, per i CPI o servizi di orientamento specifici, per gli utenti e per gli operatori;
14 Cogliamo l’occasione per ringraziare: Antonella Barile per i COL di Roma; Piera Di Stefano
e Daniela Catania per l’IRFAP di Catania; Rita Marini (responsabile del Centro per l’Impiego della
Provincia di Campobasso), Rosaria Desiato e Adriana Rizzacasa per CPI di Campobasso.
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CAPITOLO 3
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
– esempi di percorsi già attivati;
– spendibilità del percorso Isfol: sia in termini di struttura che di professionalità presenti nei singoli servizi.
A titolo riassuntivo vengono riportati di seguito alcuni dei passi principali delle interviste realizzate al fine di poter condividere i significativi contributi che abbiamo ricevuto nel corso del progetto.
Prima di tutto riportiamo alcune definizioni di conciliazione raccolte nel corso delle interviste. In esse un dato comune e ricorrente è una visione di conciliazione che fa perno su tre elementi chiave, ovvero:
– non solo lavoro e famiglia ma lavoro remunerato e tutto il resto della vita;
– tenere insieme in modo il più armonioso possibile, non solo ridurre il conflitto;
– la conciliazione in termini di prodotto e processo.
Conciliazione è…..
Integrare i vari aspetti della propria esistenza.
Rendere meno drammatica la contraddizione tra tempo di lavoro e tempo
di vita.
Capacità di stare in armonia, come donne e uomini, nella propria identità
professionale e affettiva, emotiva, familiare.
Sia “prodotto” (riuscito o meno) sia processo dinamico di una ricerca di equilibrio tra i diversi ambiti di vita in cui la persona si muove.
“Prodotto” che porta a liberare il lavoro, più che liberarsi dal lavoro.
Far coesistere i diversi spazi vitali della persona e del suo nucleo familiare,
amicale e sociale più prossimo, senza sacrifici eccessivi per la persona e per
tutti i suoi “stakeholder”.
Un secondo aspetto che abbiamo approfondito nelle interviste è relativo ai
punti di forza e ai nodi critici delle politiche a sostegno della conciliazione. Dalle
interviste emerge che, se da un lato le misure legislative hanno dato un supporto all’avvio di questo processo molto complesso, si evidenziano ancora delle criticità e/o contraddizioni e soprattutto c’è ancora molto lavoro da fare nei
termini di cambiamento culturale. In particolare, su questo punto riportiamo uno
stralcio dell’intervista a Marina Piazza: “in Italia siamo indietro con tali politiche
in quanto lo Stato sembra dare alle donne esattamente il doppio messaggio,
ossia: dovete esserci di più nel mercato del lavoro, però ... Il sistema di conciliazione è un sistema di misure che proprio per essere trasversale taglia molte politiche … io lo chiamo ecosistema perché tutte le leve che vengono poste dovrebbero essere coerenti tra loro”.
Dal punto di vista di Claudia Piccardo: “non sempre le misure a favore dei
singoli individui hanno sortito gli effetti desiderati. Questo si verifica soprattutto in quei contesti in cui l’impegno delle organizzazioni a favore della conciliazione si è manifestato attraverso l’introduzione di iniziative formali a cui non
si è affiancato un adeguato supporto a livello informale. In questi casi le iniziative friendly per la conciliazione vengono utilizzate in misura modesta, e se
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Gli obiettivi e le
fasi di lavoro
CAPITOLO 3
Gli obiettivi e le
fasi di lavoro
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
utilizzate il loro impatto positivo sulla vita delle persone è minimo. Questo si verifica in tutti quei contesti che espongono le persone, lavoratori e lavoratrici, a
messaggi contraddittori rispetto al tema della conciliazione. Sono i contesti in
cui attorno ai servizi messi a disposizione si diffonde il timore di utilizzarli, per
paura di essere penalizzati nel lavoro o nella carriera. Sono infatti molti gli studi che recentemente sottolineano come determinante per la conciliazione, il ruolo delle relazioni con colleghi e superiori, il comportamento supportivo dei supervisori, rispetto a esigenze relative al lavoro e non, la presenza di un clima
di ascolto e collaborazione”.
In seguito a questa prima esplorazione di carattere generale abbiamo provato a definire con i nostri interlocutori quali soggetti sono maggiormente toccati
dalla problematica della conciliazione. È interessante vedere che, se da un punto di vista più teorico si è concordi nel credere che la conciliazione è un bisogno
che riguarda molteplici figure, quando poi si prova a fare un’analisi della domanda che viene portata ai servizi territoriali il bisogno di conciliazione sembra essere quasi esclusivamente femminile, come evidenziano le nostre studiose.
Sostiene Claudia Piccardo: “in generale, i soggetti interessati sono tutti quelli toccati dagli esiti di questa dinamica: le/i lavoratrici/ori, i componenti delle
loro famiglie, i datori di lavoro, le istituzioni che regolano e influiscono sulla qualità della vita, sul benessere/malessere dei cittadini (Comuni, Regioni, Sanità,
ecc.). In relazione agli ambiti che si considerano come oggetto di conciliazione può variare la tipologia di persone che la vivono come un’esigenza particolarmente pressante. La conciliazione tra lavoro e vita privata è esigenza di
tutti. Nonostante questo, accade, ancora purtroppo molto spesso, che quando
la conciliazione non è solo una tematica, ma una problematica, lo è soprattutto per le donne, impegnate oltre che nel lavoro, in compiti di cura di bambini
e/o anziani rispetto ai quali non sempre è presente un adeguato supporto all’interno della famiglia o da parte del sistema socio-assistenziale.
Concorde anche la posizione di Lucia Basso: “il bisogno di conciliazione riguarda “tutti” ma nei fatti accade che finché l’organizzazione del lavoro, l’organizzazione familiare e sociale è così invasa dalla rigida divisione sessuale
non cambieremo, non miglioreremo neanche la qualità delle nostre relazioni
prima ancora che la qualità della parità e delle pari opportunità sul lavoro”.
Della stessa opinione anche il mondo tecnico-operativo: “…le donne sono ovviamente quelle che maggiormente esprimono l’ esigenza di dover conciliare un’eventuale attività lavorativa con gli impegni familiari e i bambini.
Risulta chiara questa esigenza, viene espressa in modo esplicito…. Per quanto riguarda altre categorie di utenti più che altro viene fuori l’esigenza di non
allontanarsi molto dalla zona in cui si abita, ma non l’esigenza di conciliare
con altre problematiche relative alla famiglia” (Piera Di Stefano -IRFAP
Catania).
E ancora: “…specialmente per le donne ci sono problemi legati a come conciliare ad esempio l’accompagnamento dei figli a scuola, seguirli nei compiti. Ci sono problemi di orari e percorsi, cioè distanze rispetto a casa” (Rosaria
Desiato - CPI Campobasso).
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CAPITOLO 3
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
“….la domanda di conciliazione è presente soprattutto nelle donne dopo i
40 anni, che hanno cresciuto i figli e sono ormai grandi. Donne che hanno il
desiderio di lavorare e che chiedono però una tipologia di lavoro part-time perché devono stare anche un po’ a casa, hanno spesso anziani a cui badare. Il
problema è presente anche tra le donne immigrate che in Italia non hanno nessuno e non sanno a chi chiedere un aiuto” (Adriana Rizzacasa - CPI
Campobasso).
“…la domanda non è sempre esplicita ma viene fuori quando si va a mettere a punto il progetto operativo di inserimento a lavoro e allora bisogna fare i conti con i tempi di vita…” (Antonella Barile – Col di Roma).
Una successiva area tematica affrontata nell’ambito delle interviste riguardava l’offerta di percorsi di orientamento letti attraverso la lente della conciliazione: ciò che emerge è che a fronte di una richiesta di formazione e di lavoro
che è spesso accompagnata da difficoltà relative agli equilibri tra i tempi di vita, le pratiche professionali nei servizi pubblici per l’impiego in questa direzione sono poco diffuse e spesso assumono forme che poco assomigliano a consulenze orientative. Piuttosto la problematica è gestita, in maniera informale,
sulla base della sensibilità personale e professionale dei singoli operatori.
Sono invece frequenti percorsi volti all’incentivazione dell’imprenditoria femminile, percorsi rivolti alle donne con l’obiettivo di arrivare a un progetto operativo in campo formativo o lavorativo, consulenze di orientamento brevi, il bilancio di competenze al femminile, ecc.
Accanto a questo Elisabetta Cerroni (Enaip) ricorda che nella progettazione
in realtà: “…non si può non tener conto della tematica della conciliazione quando si fa un percorso di orientamento per le donne in modo particolare e quindi questa tematica c’è sempre in questo senso. È importante infatti sempre tener conto della fase del ciclo di vita, dei tempi di vita dell’individuo: la questione della conciliazione sui tempi di vita è fondamentale. Un conto è avere bambini piccoli da accudire, da seguire, un conto è avere persone anziane, ancora diverso è sapere che il mio tempo viene scandito anche da esigenze di formazione, di sviluppo personale di partecipazione sociale e politica”.
Un altro dato di particolare interesse che emerge dalle interviste è relativo
al coinvolgimento delle imprese/aziende nel processo di sensibilizzazione sui
temi della conciliazione. Su questo nodo fondamentale concordano tutti i nostri interlocutori. Su questo punto Clara Bassanini (Pari e Dispari) afferma: “..
è importantissimo sensibilizzare le imprese, è fondamentale dare un sostegno
agli operatori che si interfacciano quotidianamente con le richieste da parte
di imprese, società, cooperative che spesso non sono in linea con i principi di
base delle pari-opportunità per uomini e donne”.
Ancora molti i punti condivisi dalle nostre interlocutrici: (a) l’ancoraggio a
un approccio multidimensionale per un percorso come quello che ci proponevamo di mettere a punto; (b) una forte attenzione alle storie di vita degli individui; (c) un’attenzione specifica alla formazione degli operatori che devono essere messi in condizione di poter gestire tematiche così complesse; (d) il lavoro di rete sui territori.
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fasi di lavoro
CAPITOLO 3
Gli obiettivi e le
fasi di lavoro
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
Donata Francescato afferma: “…la conciliazione è un tema che tocca così
tanti aspetti diversi che può essere considerato solo attraverso un approccio multidimensionale. In un’ottica di empowerment occorre rivisitare le storie individuali, le storie culturali dei soggetti…e a seconda della tipologia di donna e di
uomo che si ha di fronte ci sarà bisogno di capire qual è la cultura che la/lo
caratterizza in modo da comprendere i significati che attribuisce alle diverse
scelte e quali sono le priorità in termini valoriali”.
La complessità del costrutto e la multidimensionalità del fenomeno pongono enfasi sulla necessità di consulenti con elevate e specifiche competenze.
Barbara Mapelli a riguardo afferma che: “al di là di quelle ovvie, insisterei sulle competenze autobiografiche, non tanto di gestione, ma quanto di competenze di lettura delle storie. Quello che manca non sono le ricerche, ma i lettori o le lettrici delle ricerche. Credo importante una parte iniziale di formazione legata a sé, cioè fare un lavoro di autobiografia su di sé, perché questa competenza si acquisisce soprattutto imparando a leggersi”.
Sempre sul piano degli investimenti per il futuro Claudia Piccardo afferma:
“credo che rispetto alla conciliazione possa essere oggi utile, alla luce delle conoscenze già accumulate, realizzare momenti di ricerca-intervento per far evolvere le culture di genere, localmente, contestualmente. Auspico un investimento innanzitutto di sensibilizzazione non tanto a livello personale, quanto a livello organizzativo, famigliare e sociale rispetto al tema. È altrettanto plausibile, però, pensare alla conciliazione come tematica che si può affrontare in un
percorso di affiancamento che si può caratterizzare come coaching o counselling, soprattutto in quei momenti in cui conciliare significa di fatto scegliere, decidere, riorganizzare le priorità in relazione ai propri obiettivi e questo è una
tematica non solo personale bensì di coppia e/o di gruppo, sia la coppia coniugale sia le tante coppie e i tanti gruppi lavorativi, familiari o sociali nei quali si opera”.
Dalle interviste alle consulenti emergono altri due elementi importanti: da
un lato l’interesse per un percorso di consulenza orientativa così come concepito da Isfol e dall’altro la necessità di sensibilizzare il territorio a questa tematica e di attivare una rete tra i servizi, le aziende e i CPI al fine di favorire un vero sistema di sostegno al benessere dei cittadini:
Rita Marini del CPI di Campobasso ritiene: “fondamentale la sensibilizzazione delle imprese, delle strutture dove la persona dovrebbe andare a lavorare,
la possibilità di avere orari flessibili, di avere asili all’interno delle aziende, intervenendo sulla responsabilità dei padri che a volte sono assenti. Chiaramente
una sensibilizzazione a tutti i livelli”.
Piera Di Stefano (Irfap-Catania) è dell’idea che “…sarebbero interessanti dei
corsi agli imprenditori. È proprio una questione di mentalità: donna uguale figli, moglie ecc. Ci sono tante donne che hanno potenzialità e sono limitate per
questo motivo; bisogna che le aziende facciano qualcosa per andare incontro
alle loro esigenze. Una campagna di sensibilizzazione alle aziende e alle strutture pubbliche, aumentare gli asili e gli orari di apertura”.
Daniela Catania (Irfap-Catania) sottolinea l’importanza di “prestare un’at62
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IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
tenzione specifica al lavoro degli operatori attraverso una formazione che cerchi di sviluppare una certa sensibilità su questo tema. È fondamentale avere
competenze di analisi della domanda, ma soprattutto saper rispondere alle domande che le persone esprimono. È altresì fondamentale che gli operatori siano liberi da pregiudizi e che sappiano trattare con i materiali narrativi che emergono”.
Alla luce di quanto emerso dai dati di ricerca raccolti in questa prima fase
esplorativa, ciò che fa della conciliazione un problema è riassumibile in questi
punti:
– esiste un modello culturale interiorizzato anche dalle donne che attribuisce loro tutta la responsabilità di cura;
– la conciliazione è intesa come somma di tempi (sembra emergere una concezione della disponibilità di energia quasi inesauribile);
– è ancora presente una discriminazione per le giovani donne all’ingresso
nel lavoro per la propria reale o presunta maternità;
– vengono dati messaggi contradditori sull’uso dei mezzi per la conciliazione: sono messi a disposizione ma possono essere possibili cause di penalizzazione nella carriera;
– esiste una contraddizione tra la richiesta di flessibilità da parte delle
aziende e servizi inadeguati.
Consapevoli che il termine conciliazione rinvia a molteplici questioni e
chiavi di lettura per la natura multi-disciplinare e inter-disciplinare del tema, si
propone nella figura 3.1 una rappresentazione sintetica di quelli che, dalla nostra indagine, sono emersi come gli aspetti da tenere in considerazione ogni volta e in ogni contesto impegnato a fare conciliazione.
In sintesi, è opinione diffusa tra i nostri testimoni che per sostenere la conciliazione occorra:
– un nuovo patto sociale di genere in cui si realizzi la sostanziale parità tra
gli uomini e le donne nel lavoro e nella vita privata;
– accettare “l’imperfezione”;
– un ecosistema in cui tutti i sistemi implicati dovrebbero essere coerenti tra
loro: relazioni familiari, rapporti organizzativi e sistema istituzionale al fine di pensare alla persona a tutto tondo nelle sue diverse sfere di vita.
Fase di progettazione del percorso in.la.v.
A valle, ma anche in parallelo, alla prima fase di rassegna teorico-concettuale e di ricognizione dell’esistente si è avviata la seconda fase di lavoro finalizzata alla messa a punto del percorso vero e proprio.
In questa seconda fase si è proceduto a:
– motivare la progettazione del percorso sia dal punto di vista teorico-concettuale sia metodologico;
– costruire una mappa delle dimensioni di interesse da avere a mente nel
lavoro consulenziale;
– istituire un gruppo di lavoro che ha seguito tutte le fasi della ricerca dalla progettazione alla sperimentazione del percorso in.la.v.;
63
Gli obiettivi e le
fasi di lavoro
CAPITOLO 3
Gli obiettivi e le
fasi di lavoro
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
Fig. 3.1 - Mappa di sintesi tratta dalle interviste
– mettere a punto una prima struttura generale del percorso articolata per
dimensioni, modalità e tempi da presentare al gruppo dei responsabili, consulenti e figure istituzionali facenti parte del tavolo di progettazione allargata;
– mettere a punto gli strumenti da inserire nei vari momenti del percorso;
– definire l’articolazione puntuale del percorso da sperimentare illustrando
fasi, strumenti e tempi;
– individuare i criteri per una prima sperimentazione del percorso.
I riferimenti a ciascuno di questi passaggi sono riportati nei paragrafi seguenti in cui sarà presentato il percorso in.la.v. così come sperimentato nei centri territoriali che hanno partecipato al progetto Isfol.
3.3 Il progetto e le sue iniziative per un lavoro di e in rete
È ormai consolidata la modalità di lavoro di ricerca dell’Area Politiche
dell’Orientamento dell’Isfol basata sul coinvolgimento, sin dalla fase di progettazione, degli attori coinvolti nelle azioni e nelle politiche di orientamento del
nostro territorio nazionale. In particolare l’Area è impegnata da anni in un filone di ricerca volto alla progettazione e sperimentazione di percorsi di orienta64
CAPITOLO 3
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
mento destinati ai servizi pubblici e privati. L’attenzione specifica in tal senso è
sia alla messa a punto di percorsi fondati su approcci metodologici consolidati ma concretamente realizzabili nei servizi del territorio, sia alla progettazione
di strumenti e materiali che arricchiscano la pratica professionale dei professionisti del settore.
Al fine del raggiungimento di tali obiettivi è convinzione di chi scrive che non
si può prescindere dell’apporto dei professionisti che operano sul territorio sin
dalle prime fasi della ricerca. Parimenti importante è la condivisione dei progetti in corso, in termini di impostazione concettuale e congruenza con i bisogni
dei diversi contesti territoriali, sia con i decisori istituzionali sia con opinion leader, provenienti da ambiti accademici e organizzativi diversi.
In relazione a queste motivazioni è stato istituito un tavolo di lavoro che ha
visto il coinvolgimento di diversi attori15 provenienti da ambiti istituzionali, scientifici e tecnico-operativi.
Il tavolo di lavoro ha costantemente monitorato il processo di ricerca attraverso diversi canali e si è riunito in tutte le occasioni decisive:
1. avvio del progetto: il primo incontro ci ha visti impegnati in un confronto relativo alla tematica della conciliazione e al suo intreccio con la domanda di orientamento e i processi di scelta professionale;
2. presentazione della prima proposta progettuale: condivisione e confronto degli assunti teorici di base; delle dimensioni individuate; delle mobilità di svolgimento del percorso, ossia individuale con momenti di
gruppo; delle caratteristiche dell’utenza; della durata del percorso, ecc.;
3. definizione dell’impianto di sperimentazione: in particolare individuazio15 Hanno partecipato al tavolo di lavoro: Vera Marincioni con Paola Patasce, Ministero del Lavoro
e della Previdenza Sociale Direzione Generale per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione;
Silvia Costa con Lucilla Di Riso, Assessorato Scuola, Diritto allo studio e Formazione Professionale
Regione Lazio; Alessandra Dori, Assessorato Provinciale alle Pari Opportunità, alla Formazione
Professionale e Lavoro della Provincia di Arezzo; Pamela Ciavoni, Tecnostruttura; Roberto Crescenzi
con Angelica Rosa, Direzione Regionale Lavoro, Pari-opportunità e Politiche Giovanili - Regione Lazio;
Francesco Girardi con Dora Hasson, Settore Orientamento Professionale - Regione Campania;
Antonvito Buccellato, ISRI (Istituto di Studi sulle Relazioni Industriali); la Rete Nazionale delle
Consigliere di Parità, e in particolare: Lucia Basso Consigliera di Parità Regione Veneto, Daniela Belotti
Consigliera di Parità Provincia di Roma, Maria Luisa Perini Consigliera di Parità Provincia di Verona,
Laura Turchetto Consigliera di Parità Provincia di Belluno, Rita Cianfrano Consigliera di Parità e
Sportello Donna CPI Frosinone, Rosanna Nichilo Consigliera di Parità Provincia di Ancona; Anna Crisà,
Dirigente VI Unità organizzativa Orientamento al Lavoro del Dipartimento XIV Comune di Roma;
Giuliana Franciosa, Centro Risorse Benevento; Gianna Rolle, Animatrice Pari Opportunità Provincia
di Torino; Amelia Andreasi, Presidente CORA Nazionale; Laura Ferrari Ruffino, CORA Roma; Silvia
Ghirlanda, CGIL Livorno Servizio Orientamento Lavoro; Maria Pace, Provincia di Cagliari; Alessandra
de Filippis, Maria Teresa Bellini e Pasqua Demarco, Cooperativa Sociale ITACA - CORA Bari; Anna
Maria Fusco, Beatrice Perticarà e Silvia De Simone, IFOLD Onlus - CORA Cagliari; Marinella Maffi,
Provincia di Piacenza – CPI; Elisabetta Cerroni, ENAIP Nazionale; Roberta Rizzi, Cooperativa
INFORMA – Bari; Augusta Compagnucci, Provincia di Pesaro Urbino; Mauro Terzoni e Elena
Gregori, Servizio Formazione e Lavoro Regione Marche; Piera Di Stefano, IRFAP sportello multifunzionale – Catania; Emma Lorrai, libera Professionista; Antonia Colasante e Francesco Rubino, IRS
EUROPEA; Paola Conti, Sintagmi; Delia Zingarelli, Antares s.r.l. Società per lo sviluppo dei Sistemi
Organizzativi; Luisa Saba, libera professionista; Suor Lauretta Valente, Ciofs Roma; Silvana Rasello
e Elisabetta Donato, Ciofs Piemonte; Giovanna Indiretto, Isfol; Lina Pierri, Conform; Daniela
Cecchetti, Comune Terni.
65
Il progetto e le
sue iniziative per
un lavoro di e in
rete
CAPITOLO 3
Il progetto e le
sue iniziative per
un lavoro di e in
rete
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
ne delle strutture territoriali e dei tempi di realizzazione della sperimentazione;
4. avvio e sviluppo della sperimentazione: sono state concordate le modalità di gestione della fase di tutorship e di avvio dei percorsi da parte degli operatori nelle singole realtà territoriali;
5. valutazione: sono stati presentati i risultati della sperimentazione. Nello
specifico i primi feedback ricevuti sia dagli operatori che dagli utenti coinvolti nella sperimentazione.
L’attenzione all’attivazione di reti funzionali ha visto l’équipe di ricerca dedicarsi anche alla costituzione e al consolidamento di sinergie efficaci tra le strutture presenti sui diversi territori locali che hanno preso parte alla sperimentazione. Uno dei principali obiettivi del percorso in.la.v. è stato, infatti, mirato a
sostenere le strutture territoriali nell’attivazione di reti funzionali al miglioramento del benessere collettivo. Proprio in quest’ottica il progetto di ricerca ci ha visti impegnati su due fronti:
1. nella messa a punto di un opuscolo informativo dal titolo “Orientarsi tra
tempi di lavoro e tempi di vita. Diritti e possibilità”16;
2. nell’impostazione di un momento strutturato di comunicazione tra i servizi e con i servizi attivi nei singoli contesti locali.
Nello specifico, l’opuscolo realizzato e diffuso nell’ambito della sperimentazione rappresenta uno strumento informativo a supporto di coloro (donne e
uomini) che stanno cercando di fare delle scelte professionali in sintonia con
le diverse esigenze di vita. In particolare, vengono diffuse informazioni relative alle diverse tipologie di strutture al “servizio” delle persone, ai principali siti in cui è possibile trovare dati sul tema della conciliazione e del lavoro anche
sul fronte normativo.
In relazione al secondo punto, l’équipe di ricerca ha investito molte energie
nella definizione e promozione di momenti informativi, da realizzarsi ad opera delle singole strutture nei propri territori di appartenenza, che avessero come obiettivo l’avvio e/o il consolidamento di sinergie efficaci per la realizzazione di veri percorsi a supporto dell’utenza. Alcune domande che hanno guidato le nostre scelte sono state di questo ordine: qual è il fine ultimo del progetto Isfol? È pensabile un percorso sui temi della conciliazione senza un lavoro
sulla rete? Come Isfol può essere di supporto all’attivazione delle singole reti
locali?
L’équipe di ricerca, grazie anche al confronto e il contributo del tavolo di lavoro, ha cercato di offrire un sostegno strutturato alle singole realtà territoriali attraverso un’azione volta principalmente al consolidamento delle reti formali, ossia delle sinergie tra le organizzazioni pubbliche e private già esistenti e che
forniscono servizi dedicati.
La decisione è stata quindi quella di inserire nel percorso un momento di
16 Orientarsi tra tempi di lavoro e tempi di vita. Diritti e possibilità. A cura dell’Area Politiche per
l’Orientamento dell’Isfol. Casa editrice Isfol, 2006
66
CAPITOLO 3
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
informazione e sensibilizzazione sul tema specifico della conciliazione dal duplice obiettivo: da un lato teso a consolidare le sinergie tra gli attori dei servizi pubblici e privati presenti nei singoli contesti locali, e dall’altro volto ad ampliare la conoscenza degli utenti. Nello specifico, si è voluto incentivare il “lavoro in rete”, tra tutti i servizi a sostegno della famiglia, dell’infanzia, degli anziani, ecc.
In relazione al secondo obiettivo, di ampliamento della conoscenza del ventaglio di servizi presenti sul territorio e di cui poter fruire, è stato avviato un lavoro volto soprattutto a sensibilizzare l’utenza sul tema degli stereotipi relativi alle possibilità presenti nel territorio di riferimento.
3.4 Dal progetto di ricerca al percorso: gli obiettivi di in.la.v.
L’obiettivo più generale del percorso sperimentato è stato quello di orientare e sostenere le scelte occupazionali e professionali, favorendo le premesse per un cambiamento rispetto ai tempi, modi e strategie per conciliare il lavoro remunerato e la vita privata. In questo caso, la definizione di vita privata
è da intendersi in un’accezione ampia che non interessa solo le dimensioni proprie della vita familiare, ma anche gli spazi e i tempi per sé.
A fronte di questo obiettivo più generale è stato individuato l’obiettivo specifico del percorso in.la.v. Isfol ossia: favorire la ri-definizione delle risorse di vita professionale e personale mettendo la persona in condizioni di avere strumenti per cercare soluzioni e prendere decisioni in vista di un progetto di sviluppo.
Il percorso ha una finalità orientativa nella misura in cui informa, forma e sostiene azioni di progettazione o riprogettazione professionale lette alla luce di
una nuova sensibilità e conoscenza sul proprio modo di “tenere insieme” vita
e lavoro.
Quindi una prima direzione di intervento nel percorso ha l’obiettivo di stimolare e sostenere la conoscenza e consapevolezza di sé attraverso l’attivazione di un processo di analisi e comprensione delle proprie modalità di gestione degli spazi e dei tempi di vita. Con la messa a fuoco delle proprie esigenze
di conciliazione, anche in modo critico rispetto a ciò che gli stereotipi di genere e il contesto culturale danno per scontato, si vuole puntare, successivamente, a riconoscere e far emergere le risorse disponibili a livello formale e informale, in termini individuali, di coppia, di nucleo familiare allargato, di vicinato,
di servizi e strutture.
Una seconda direzione di lavoro nel percorso in.la.v. Isfol, altrettanto importante e decisiva, muove verso la conoscenza e la capacità d’utilizzo delle risorse del contesto in modo che porti la persona a prendere in considerazione tutti gli “aiuti” a sostegno della conciliazione presenti in quel territorio.
67
Il progetto e le
sue iniziative per
un lavoro di e in
rete
CAPITOLO 3
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
3.5 I destinatari
Sulla base congiunta delle considerazioni emerse, e dalla rassegna e dalle
interviste agli opinion leader, ma soprattutto dalle riflessioni condivise con il tavolo di lavoro il target di utenti a cui si rivolge in.la.v. ha le seguenti caratteristiche:
1. essere portatore di una domanda non “forzata”, ma interpretata: con ciò
si intende il fatto che se è vero che l’utenza che si rivolge ai centri per l’impiego è primariamente un’utenza che richiede una collocazione professionale o una migliore collocazione professionale, allora la proposta del
percorso in.la.v. dovrà essere destinata a coloro che possono essere facilitati nel loro sviluppo professionale dal fatto di affrontare alcuni eventuali problemi di equilibrio tra ambiti di vita;
2. aver avuto almeno una esperienza professionale: con questo criterio non
si vogliono escludere le persone inoccupate, ma soprattutto porre attenzione al fatto che tale percorso non è destinato in modo prioritario a persone disoccupate da lungo periodo. Occorre ricordare che in letteratura,
la questione della conciliazione è, in genere, posta sempre nei termini della presenza di una tensione e di un conflitto tra ambito lavorativo, ambito familiare e ambito di vita privata. Ciò comporta dunque, che il percorso in.la.v. deve essere destinato a coloro che hanno avuto almeno una
esperienza lavorativa nel corso della loro vita e che essa abbia avuto una
durata significativa.
Una volta precisati questi criteri di massima per l’individuazione del target,
è stato possibile precisare una serie di ulteriori caratteristiche in base a cui definire i destinatari del percorso in.la.v.:
– il genere: se è vero che i processi connessi alla conciliazione sembrano interessare in misura crescente donne e uomini (per quanto esista ancora
una tendenza diffusa delle donne all’auto-attribuzione del problema), e
se è vero che essi richiamano direttamente il modo con cui sono costruiti e negoziati i ruoli all’interno della coppia, allora appare opportuno pensare che il percorso sia destinato sia a donne sia a uomini. Entrambi i generi possono essere, infatti, portatori di una domanda di maggiori opzioni di scelta e di conoscenza in merito a quanto è implicato nella gestione
degli equilibri tra spazi di vita;
– la condizione familiare: se è vero che spesso il conflitto tra ambiti di vita
è stato letto in prima istanza come una tensione esistente tra carichi familiari, intesi in particolare nei termini di compiti di cura, e spazi professionali, è pur vero anche che una parte della ricerca ha evidenziato che chi
non ha una famiglia può trovarsi a gestire problemi di conciliazione.
Tutto ciò risente, infatti, sia dei processi di cambiamento avvenuti nella struttura della famiglia sia nelle modificazioni delle professioni e del mercato
del lavoro. Pertanto, i potenziali utenti di questo percorso di orientamento coprono una vasta gamma di casi possibili. Essi potrebbero essere:
– donne con un compagno;
68
CAPITOLO 3
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
– donne con un compagno con un figlio o con più figli;
– donne con un figlio o con più figli, ma che non hanno necessariamente un compagno;
– uomini con una compagna;
– uomini con una compagna con un figlio o con più figli;
– uomini con un figlio o con più figli, ma che non hanno necessariamente una compagna;
– donne impegnate nella cura dei propri genitori o di altri cari (siano essi familiari o anche conoscenti o amici);
– uomini impegnati nella cura dei propri genitori o di altri cari (siano essi familiari o anche conoscenti o amici);
– donne single e uomini single che sono impegnate/i nel mondo della politica, dello sport, dell’associazionismo, ecc. o che affermano comunque
di avere una parte importante della propria vita privata dedicata ad attività che richiedono una grande quantità di energia e di tempo;
– la condizione professionale precedente o attuale: di fatto, gli utenti potenziali del percorso in.la.v. potrebbero essere in certa misura selezionati già
dal fatto che si tratta di persone che si rivolgono ai CPI. Pur tenendo conto di questa auto-selezione, tuttavia, la domanda di un percorso di orientamento quale quello che si propone potrebbe provenire da persone con
condizione professionale diversificata. Sempre considerando imprescindibile il fatto che queste persone abbiamo avuto almeno un’occupazione
con una durata significativa nel proprio passato, gli operatori potrebbero
trovarsi di fronte persone che:
– attualmente sono disoccupate e in cerca di un’occupazione, ma la cui
condizione familiare/personale rientri in uno dei casi citati in precedenza;
– attualmente sono impegnate nell’esercizio di professioni che richiedono una qualifica di livello medio-basso (operaie/i, commesse/i, ecc.) o
con mansioni artigianali;
– attualmente ricoprono ruoli di responsabilità in imprese private, pubbliche, a conduzione familiare o in associazioni;
– la fase del ciclo di vita: appare utile, anche in questo caso, tenere presente che la gamma dei portatori possibili di una domanda per questo percorso di orientamento potrebbe essere ampia. Infatti, potrebbe accadere
di avere di fronte:
– donne che rientrano nel mercato del lavoro dopo essere state in maternità o dopo aver preso un periodo di aspettativa per la cura di persone care;
– uomini che potrebbero richiedere di tornare a tempo pieno dopo una
riduzione dei carichi professionali conseguente alla scelta o necessità
di svolgere compiti di cura;
– donne e uomini che richiedono di modificare la propria condizione professionale dopo che i carichi familiari si sono ridotti (ad es. i figli sono
cresciuti, ecc.);
69
I destinatari
CAPITOLO 3
I destinatari
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
– donne e uomini che vorrebbero intraprendere percorsi di formazione
che siano coerenti con le loro aspirazioni professionali e con i loro equilibri di vita privata;
– donne e uomini che di fatto entrano per la prima volta “ufficialmente”
nel mercato del lavoro, ma che in qualche modo si presentano come
consapevoli di una complessità che potrebbe generare problemi di conciliazione (ad es., uno studente neolaureato che ha perso un genitore
e che sa che non potrà fare a meno di essere presente per il genitore
rimasto solo; una donna che viva come “invalidante” il proprio desiderio di avere figli; ecc.). Tutti questi possibili utenti presentano una domanda delicata, in quanto persone portatrici di problemi potenziali di
conciliazione.
Il percorso in.la.v. è dunque rivolto a tutti coloro, donne e uomini, che esprimono un interesse/un bisogno legato al tema della conciliazione e degli equilibri tra ambiti di vita al fine di modificare o rendere migliore il loro percorso professionale. In sintesi, i destinatari dell’intervento verranno definiti essenzialmente in base alla domanda di cui saranno portatori: persone con condizione familiare diversificata, che stanno attraversando differenti fasi del ciclo di vita e
che hanno attraversato o attraversano varie traiettorie professionali.
3.6 I principi di base nella progettazione del percorso
La progettazione del percorso ha tenuto conto di tutti gli elementi raccolti
dalla letteratura, dalla fase di campo, dalle esperienze esistenti e soprattutto dalla fase di discussione e confronto avviata con il gruppo di lavoro (cfr. cap. 1 e
2 e par. 3.3 di questo capitolo).
Alla luce di tutto ciò è importante richiamare alcune indicazioni preliminari alla messa a punto del percorso stesso che hanno guidato lo svolgimento più
puntuale:
– il percorso non deve essere proposto indiscriminatamente, ma deve essere svolto solo qualora venga portato un reale problema di conciliazione da parte della persona;
– cruciale è non fornire dei pacchetti preconfezionati di informazioni, ma partire dalla persona nella sua complessità e unicità, aiutarla a partire da sé,
dalle proprie esigenze, dai propri punti di forza come da quelli di debolezza, dai propri desideri, per collocarsi nella situazione presente, perché, diversamente, diventa molto difficile per il soggetto riferire le informazioni
e le indicazioni ricevute a se stesso/a;
– è importante partire dalla persona considerandola nella sua globalità, per
quanto portatrice di domande diverse. Uno dei primi compiti del percorso di orientamento focalizzato sulla conciliazione dovrebbe essere quello di aiutare a tenere insieme, integrare le diverse esigenze e le diverse possibilità (della persona, del contesto familiare, del mercato del lavoro, della società, del territorio in cui si muove…).
70
CAPITOLO 3
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
Entrando nel merito della progettazione tre principi di base hanno ispirato
il lavoro:
1. l’articolazione di un percorso di consulenza effettivamente realizzabile nei
CPI, che tenga conto delle risorse e dei vincoli organizzativi (competenze, tempi, costi) che sono presenti;
2. la strutturazione di un percorso con momenti individuali e momenti di gruppo (misti per genere, ma anche per condizione socio-professionale e occupazionale), nella convinzione e speranza che le persone siano accomunate dallo stesso bisogno di “bilanciare” alcune sfere della propria vita in
vista di una ricerca di lavoro, di un miglioramento occupazionale o di una
crescita di competenze. L’eterogeneità del gruppo potrebbe infatti essere un modo efficace per attivare veri e propri processi di problem solving
collettivi. In altri termini, dal confronto e dalla conoscenza di quanto altri fanno o possono fare per meglio conciliare possono emergere strategie di fronteggiamento utili a più persone. L’esempio e il racconto di situazioni può portare a rileggere le proprie vicende di conciliazione sul piano personale-familiare e su quello professionale talvolta come una priorità, talvolta come una necessità, talvolta come un vincolo, talvolta come
un desiderio.
3. l’assenza di momenti di lavoro auto-gestito tra un intermezzo e l’altro del
percorso se non in forma opzionale.
3.7 Il percorso in.la.v.: le dimensioni di analisi
Nel corso della progettazione del percorso in.la.v. ci si è interrogati a lungo
sull’insieme di dimensioni e contenuti che intrecciano gli studi sulla conciliazione tra vita di lavoro e vita personale. Consapevoli che tali studi abbracciano
diverse discipline e ambiti di intervento si è scelto di individuare, più precisamente, quelle dimensioni ritenute particolarmente centrali nei processi di
analisi della carriera professionale e, in generale, nei percorsi di progettazione
o ri-progettazione socio-lavorativa. Pur rischiando di privilegiare l’interesse
psicologico al tema si è ritenuto tuttavia fondamentale prendere in considerazione un’area piuttosto ampia di dimensioni che attengono al rapporto tra il mondo più privato della persona (sé, famiglia, tempo libero, ecc.) e quello più pubblico e sociale del lavoro.
La mappa che si è venuta a configurare è rappresentata in figura 3 e riporta un elenco di dimensioni che in ogni caso possono avere attinenza con il tema della conciliazione da diversi punti di vista.
Come si evince anche dalla mappa concettuale qui proposta, l’intreccio e i
rimandi tra alcune di queste dimensioni sono articolati e complessi. In questa
fase del progetto non si è trattato di pervenire a una mappa necessariamente
esaustiva o che rispecchiasse le molteplici aree disciplinari che possono contribuire a definire ambiti e confini degli studi in materia di conciliazione lavoro-vita. Si è, invece, optato per individuare alcuni nodi di riflessione più signi71
I principi di base
nella
progettazione del
percorso
CAPITOLO 3
Il percorso in.la.v.:
le dimensioni di
analisi
IL PROGETTO DELL’ISFOL: in.la.v.
Fig. 3. - La mappa delle dimensioni implicate nel fenomeno della conciliazione
ficativi nel campo dell’orientamento professionale, lasciando volutamente
aperta e potenzialmente arricchibile la gamma di contenuti da esplorare nello svolgimento del percorso in.la.v.. Se non tutte, molte di queste dimensioni
possono essere infatti oggetto di interesse e di riflessione nel corso della relazione consulenziale, mentre le seguenti sono direttamente trattate nei vari moduli del percorso:
– gestione del tempo e prospettiva temporale (laboratorio e/o colloquio “tempi e spazi”);
– autoefficacia letta in riferimento all’espressione e all’esercizio di alcune competenze chiave per la conciliazione (laboratorio e/o colloquio “risorse ed
esperienze”);
– valori professionali e stereotipi di genere (laboratorio e/o colloquio “vincoli e opportunità“).
72
CAPITOLO 4
IL PERCORSO in.la.v.:
DALLA SPERIMENTAZIONE
ALLA VALUTAZIONE
4.1 Gli obiettivi e le fasi della sperimentazione del percorso in.la.v.
La sperimentazione del percorso in.la.v. si è proposta di testare l’effettiva realizzabilità del percorso in.la.v. nelle strutture territoriali italiane, il raggiungimento delle finalità generali della proposta consulenziale messa a punto, nonché
di verificarne la bontà di struttura e articolazione in termini di tempo e sequenza, al fine di poter confezionare il percorso definitivo.
In concreto la sperimentazione ha coinvolto 34 strutture17 (si veda paragrafo
17 Cogliamo l’occasione per ringraziare i responsabili delle diverse strutture che hanno permesso la realizzazione della sperimentazione: Lucilla Ciravegna per il Centro per l’Impiego di Alba e Bra
(Cn); Cristina Romagnolli per il Centro per l’Impiego di Moncalieri (To); Cristina Romagnoli per il Centro
per l’Impiego di Orbassano (To); Silvana Rasello per il CIOFS - FP Piemonte Sede Regionale di Torino;
Silvana Farina per l’Associazione Idea Lavoro Onlus – Centro CORA di Torino; Paolo Grasso per
l’Assessorato di Arezzo; David Romagnani per il SOL Servizio Orientamento Lavoro – CGIL di
Livorno; Rosanna Canuti per il Ri.F.Or. di Firenze; Pietro Natale per il Centro per l’Impiego della Provincia
di Piacenza; Gabriele Marzano per il Centro per l’Impiego della Provincia di Parma; Emidio Spina per
il Centro per l’Impiego, l’Orientamento e la Formazione di Ancona; Domenico Balducci per il
Centro per l’Impiego, l’Orientamento e la Formazione di Pesaro; Ariodante Ramovecchi per il
Centro per l’Impiego, l’Orientamento e la Formazione di Fano; Stefano Raia per il Centro per
l’Impiego, l’Orientamento e la Formazione di Urbino; Danila Virili per il Comune di Terni Direzione
Servizi Scolastici e Sociali, Sistema SAL/SIL; Novella Gigli per il CFP CIOFS FP Lazio Roma; Leonardo
Caratelli del Centro per l’Impiego di Anagni (Fr); Maria Carnevale per il Centro per l’Impiego di Sora
(Fr); Nino Frioni per il Centro per l’Impiego di Frosinone; Antonio Massaro per il Centro per
l’Impiego di Cassino; Roberto Poggetti per il COL Azzolino di Roma; Massimo Carrozza per il COL Silone
di Roma; Umberto Saita per il COL Longhena di Roma; Alessandra Aguglia per il COL Corviale di Roma;
Antonia Colasante per l’IRSEUROPA Sportello c/o CPI di Roma di Dragoncello; Carla Capaldo per
l’Associazione C.O.R.A. Onlus Centro Servizi Retravailler (Na); Claudio Barletta per il Centro per l’Impiego
della Provincia di Salerno; Alessandra De Filippis per la Cooperativa Sociale ITACA – Centro CORA
di Bari; Donatella Paparella per il Centro Informa del Comune di Cerignola (Fg); Guido Leanza per
l’IRFAP Istituto Regionale per la Formazione e l’Addestramento Professionale di Catania; Marco Mulas
per il Centro Servizi per il Lavoro di Cagliari; Patrizia Castenetto per lo IAL del Friuli Venezia Giulia di
Udine e Gorizia.
73
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Gli obiettivi e le
fasi della
sperimentazione
del percorso
in.la.v.
successivo), 28 consulenti18 di orientamento, 73 utenti e 13 tutor19 e si è articolata in tre fasi fondamentali.
La prima fase è stata di formazione e avvio della ricerca. Si è proceduto, con
l’appoggio del tavolo di lavoro, a contattare i responsabili dei centri per l’impiego e delle diverse realtà di formazione e orientamento dislocate sul territorio
nazionale, per poterne valutare la disponibilità ad aderire alla sperimentazione e l’effettiva realizzabilità del percorso all’interno della struttura. Una volta accertata la fattibilità, sono stati individuati i consulenti che hanno seguito la formazione specifica al percorso in.la.v. in vista della sua sperimentazione. Nel corso del primo seminario di presentazione del progetto20 sono stati consegnati
i materiali da utilizzare per la formazione degli operatori e per la realizzazione
del percorso. Ogni struttura è stata supportata da un tutor di riferimento che,
oltre alla formazione, ha svolto un lavoro di monitoraggio accompagnando i consulenti in tutte le fasi della sperimentazione. La formazione più capillare è stata realizzata attraverso due modalità: la prima più tradizionale svolta dai tutor
nelle singole strutture territoriali, gli incontri in questo caso, a differenza del se18 Cogliamo l’occasione per ringraziare tutti i consulenti che hanno permesso la realizzazione
dei percorsi: Elena Balbi per il Centro per l’Impiego di Alba (Cn), Rossella Geremia per il Centro per
l’Impiego di Bra (Cn); Patrizia Zoppolato, Barbara Caddori, Giampiera Scagliola, Giuseppina
Breazzano per il Centro per l’Impiego di Moncalieri (To); Chiara Zavattaro, Bruna Costa, Michele Elia
per il CPI di Orbassano (To); Elisabetta Donato per il CIOFS-FP Piemonte Sede regionale di Torino;
Elisabetta Beccio, per il CIOFS - FP Piemonte CFP Novara; Armida Pollastro, Isabella Falcone per il
CFP di Novara; Carla Artusio, Kezia Barbuio per l’Associazione Idea Lavoro Onlus – Centro CORA
di Torino; Cinzia Iannaccone, Alessia Manco, Angiolo Falsini per l’Assessorato di Arezzo; Silvia Ghirlanda
per il SOL Servizio Orientamento Lavoro - CGIL di Livorno; Maria Patrizia Corsini, Susanna Newsome
per il Ri.F.Or. di Firenze; Roberta Verni, Davide Villa per il Centro per l’Impiego della Provincia di
Piacenza; Lara Bernini per il Centro per l’Impiego della Provincia di Parma; Stefania Renzi, Barbara
Avenali, Catiuscia Casavecchia, Elena Gregori per il Centro per l’Impiego, l’Orientamento e la
Formazione di Ancona; Paola Fraternale Cesaroni per il Centro per l’Impiego, l’Orientamento e la
Formazione di Pesaro; Marida Uguccioni per il Centro per l’Impiego, l’Orientamento e la Formazione
di Fano; Romina Pierantoni per il Centro per l’Impiego, l’Orientamento e la Formazione di Urbino;
Stefano Batoli, Neida Finistauri, Monia Liti, Rita Minello, Daniela Cecchetti per il Comune di Terni
Direzione Servizi Scolastici e Sociali, Sistema SAL/SIL; Roberta Segaspini, Santina Mongardini, Anna
Morelli per il CFP CIOFS FP Lazio Roma; Angela Aiello, Livia Campoli per il Centro per l’Impiego di
Anagni (Fr); Graziella Maddalena, Giuseppe Di Carlo per il Centro per l’Impiego di Sora (Fr); Maria
Colafrancesco, Nadia Zomparelli, Giuseppe Iannotta, Luigina Liliana Raggi per il Centro per
l’Impiego di Cassino (Fr); Roberto Poggetti per il COL Azzolino di Roma; Massimo Carrozza per il
COL Silone di Roma; Umberto Saita per il COL Longhena di Roma; Alessandra Aguglia per il COL
Corviale di Roma; Rosaria Gravino, Serena Cacioni per IRSEUROPA SC Centro per l’Impiego di
Dragoncello (Rm); Bruno Acconcia per il Centro per l’Impiego di Pozzuoli ASSOCIAZIONE C.O.R.A.
ONLUS Centro Servizi Retravailler prov. Napoli; Antonio De Rosa, Nunzio Cignarella e Rosalba D’Ascoli
per la Provincia di Salerno; Tiziana Manganella, Angela Bovino, Margherita Giardino per la
Cooperativa Sociale ITACA – Centro CORA-Bari; Anna Barbieri, Mattea Belpiede per il Centro Informa
del Comune di Cerignola; Piera Di Stefano, Daniela Catania, Marina Lentini, Giovanna Genovesi per
IRFAP Istituto Regionale per la Formazione e l’Addestramento Professionale di Catania; Maria Pace,
Lucia Cucca, Francesca Salis, Anna Sconamila per il Centro Servizi per il lavoro di Cagliari; Elisabetta
Boeddu, Carla Cappai, Fiora Carbone, Maria Grazia Rubanu per l’Università degli Studi di Cagliari;
Lara Mrak, Laura De Stefano per IAL Friuli Venezia Giulia di Udine e Gorizia. Ringraziamo anche tutti gli utenti che si sono avvicinati al percorso in.la.v.
19 M. Amendola, A. Barruffi, A. Del Cimmuto, K. Becherelli, S. Ferrari, A. Maiorano, S. Marciano,
G. Montalbano, C. Lolli e R. Porcelli (Area Politiche per l’orientamento dell’Isfol); M. Baiunco, M. Martini,
(Polis 2000).
20 Il seminario si è svolto a Roma il 23 giugno 2006.
74
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
minario di presentazione del percorso, sono stati realizzati in piccoli gruppi; la
seconda modalità, gestita a distanza, invece ha visto impegnate, in via sperimentale, alcune realtà territoriali (nello specifico per la regione Marche i CIOF di
Ancona, Pesaro, Fano e Urbino; per la regione Sardegna i Servizi per il lavoro
di Cagliari) a distanza21.
La seconda fase della sperimentazione è consistita nella realizzazione vera e
propria dei percorsi. Durante tale fase c’è stato comunque un continuo monitoraggio del processo e una continua supervisione da parte dell’équipe di ricerca.
L’ultima fase è stata dedicata alla valutazione dei risultati, in particolare sono stati verificati la qualità del percorso, il grado di applicabilità e replicabilità
del modello proposto e, non ultimo, l’efficacia e il livello di gradimento degli utenti che hanno svolto i percorsi. Tale attività è stata propedeutica per la ri-progettazione del percorso e quindi il confezionamento della pratica definitiva.
4.2 Le strutture coinvolte nella sperimentazione
Alla sperimentazione del percorso in.la.v. hanno partecipato diverse strutture dislocate sul territorio nazionale. Nella tabella n. 4.1 sono elencate le 29
strutture coinvolte nel progetto.
Tabella 4.1 - Strutture partecipanti al progetto suddivise per regioni
Regione
Struttura
Piemonte
• Associazione Idea Lavoro Onlus – Centro Cora (To)
• Centro per l’Impiego di Alba-Bra (Cn)
• Centro per l’Impiego di Moncalieri (To)
• Provincia di Torino CPI di Orbassano (To)
• CIOFS - FP Piemonte Sede regionale di Torino
• CIOFS - FP Piemonte CFP - Novara
Toscana
• Servizio Orientamento Lavoro SOL – CGIL Livorno
• Ri.F.Or. Firenze
Friuli Venezia Giulia
• IAL di Udine
• IAL di Gorizia
Emilia-Romagna
• Centro per l’Impiego della Provincia di Piacenza
Marche
• Centro per l’Impiego, l’Orientamento e la Formazione di Ancona
• Centro per l’Impiego, l’Orientamento e la Formazione di Pesaro
• Centro per l’Impiego, l’Orientamento e la Formazione di Fano
• Centro per l’Impiego, l’Orientamento e la Formazione di Urbino
21 Per la formazione a distanza è stata messa a punto una piattaforma on-line in cui gli operatori hanno potuto scambiarsi materiali e confrontarsi sulle tematiche pregnanti per il progetto.
75
Gli obiettivi e le
fasi della
sperimentazione
del percorso
in.la.v.
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Le strutture
coinvolte nella
sperimentazione
segue: Tabella 4.1 - Strutture partecipanti al progetto suddivise per regioni
Regione
Struttura
Umbria
• Comune di Terni Direzione Servizi Scolastici e Sociali, Sistema SAL/SIL
Lazio
• CFP CIOFS FP Lazio di Roma
• Col Silone (Rm)
• Col Longhena (Rm)
• Col Corviale (Rm)
• IRSEUROPA SC CPI Dragoncello
Campania
• Associazione C.O.R.A. ONLUS Centro Servizi Retravailler (Na)
• Centro per l’Impiego di Pozzuoli (Na)
• Centro per l’Impiego della Provincia di Salerno
Puglia
• Cooperativa Sociale ITACA – Centro CORA-Bari
• Centro Informa del Comune di Cerignola (Fg)
Sicilia
• IRFAP Istituto Regionale per la Formazione e l’Addestramento Prof.le
Sardegna
• Centro Servizi per il Lavoro di Cagliari
• Università degli Studi di Cagliari
4.3 La funzione di tutorship
Il ruolo svolto dai tutor della sperimentazione (tutti professionisti afferenti
all’équipe di ricerca con esperienza nel settore dell’orientamento e in particolar modo nella consulenza orientativa) è stato di accompagnamento e monitoraggio dell’intero processo; ruolo questo che ha avuto un risvolto strategico
per la realizzazione della sperimentazione. L’expertise professionale dei tutor,
in quanto esperti del percorso in.la.v., si è tradotta in funzione e attività formative, informative-consulenziali e di monitoraggio.
In particolare, nella prima fase del progetto i tutor si sono occupati di formare al percorso in.la.v. i consulenti di orientamento delle diverse strutture e
questo è avvenuto presso le loro sedi di lavoro. Durante tutto il percorso i tutor si sono resi disponibili a fornire informazioni e dare supporto relativamente ai percorsi che stavano svolgendo sia attraverso incontri vis à vis, sia tramite contatti telefonici e via e-mail.
Un’altra funzione importante che i tutor hanno svolto, sempre in itinere, è
stata quella di monitorare i percorsi. Il monitoraggio richiedeva di prestare attenzione ad eventuali discrepanze tra obiettivi-realizzazione-risultati, di osservare l’adeguatezza delle risorse impiegate e di verificare la validità e la coerenza interna del modello e degli strumenti utilizzati.
76
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
4.4 La descrizione del campione
La sperimentazione22 ha coinvolto nel complesso 73 utenti, che risultano in
prevalenza di cittadinanza italiana con il 91,8%; (n=56), contro l’8,2% (n=5) di
cittadini stranieri (missing23=12) con un’età media di 37,2 anni e deviazione standard di 9 mesi. Il campione proviene per il 39,1% (n=27) dal Sud ed Isole, per
il 37,7% (n=26) dal Centro e per il restante 23,2% (n=16) dal Nord (missing=4)
(grafico 4.1).
Grafico 4.1 - Distribuzione del campione per area geografica
La maggioranza dei soggetti è di sesso femminile con una percentuale pari all’87,7% (n=64) contro il 12,3% (n=9) di maschi. Il dato conferma, in linea
con gli studi e ricerche su questo tema, che sono soprattutto le donne a manifestare esigenze di conciliazione (grafico 4.2).
Grafico 4.2 - Distribuzione del campione per genere
22 I dati di seguito presentati sono frutto dell’elaborazione della “Scheda di adesione e patto
consulenziale” (somministrata nella fase di accoglienza) e della “Scheda socio-anagrafica” (somministrata nel corso del 1° colloquio).
23 I missing o dati mancanti verranno indicati per ogni elaborazione effettuata ed esclusi nel
calcolo delle percentuali.
77
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
La descrizione del
campione
Per quanto riguarda lo stato civile gli utenti risultano in prevalenza coniugati con una percentuale pari al 54,8% (n=34), un altro 21,0% (n=13) è nubile,
il 9,7% (n=6) è separato, mentre è celibe l’8,1% (n=5). La restante parte del
campione è per il 3,2% (n=2) convivente e per il 3,2% (n=2) divorziato (missing=11). In questo caso i soggetti più interessati alla questione sembrano essere i coniugati (grafico 4.3).
Grafico 4.3 – Distribuzione del campione per stato civile
Esaminando il numero di figli, il 42,4% (n=25) degli utenti risulta averne uno,
il 22,0% due (n=13), il 3,4% (n=2) tre, l’1,7% (n=1) più di quattro e nessun figlio il 30,5% (n=18) (missing=14). La maggior parte del campione risulta avere un solo figlio, questo dato è in linea con la media della popolazione italiana (tabella 4.2).
Tabella 4.2 - Distribuzione del campione per numero di figli
Numero di figli
N
%
0 figli
18
30,5
1 figlio
25
42,4
2 figli
13
22
3 figli
2
3,4
da 4 in su
1
1,7
Totale
59
100,0
Per quanto riguarda il titolo di studio risulta essere prevalente quello di scuola media superiore con una percentuale del 48,4% (n=30), seguito dalla laurea con il 30,6% (n=19), dalla licenza media con il 9,7% (n=6) e quello di li78
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
cenza elementare con l’1,6% (n=1). La restante parte (9,7%; n=6) del campione ha indicato di avere un altro titolo di studio non specificato (missing=11) (tabella 4.3).
Tabella 4.3 - Distribuzione del campione per titolo di studio
Titolo di studio
N
%
Licenza elementare
1
1,6
Licenza media
6
9,7
Diploma di scuola superiore
30
48,4
Laurea
19
30,6
Altro
Totale
6
9,7
62
100,0
Per quello che concerne la condizione lavorativa (grafico 4.4) poco più della metà, il 51,6% (n=32), risulta essere disoccupato, il 30,6% (n=19) occupato, il 9,7% (n=6) inoccupato, mentre l’8,1% (n=5) dei soggetti ha indicato altro senza ulteriori specificazioni (missing=11).
Grafico 4.4 - Distribuzione del campione per condizione lavorativa
Il 90,4% (n= 66) degli utenti risulta aver compilato le schede, mentre 7 soggetti non hanno risposto. Pertanto i dati di seguito riportati fanno riferimento
al totale di 66 soggetti.
Dall’analisi dei dati emerge che il 51,7% (n=31) degli utenti non si rivolge
al servizio per la prima volta, mentre il 48,3% (n=29) si rivolge al servizio per
la prima volta (missing=6).
Con una domanda specifica si chiedeva al soggetto di indicare le ragioni per cui
si sono rivolti al servizio gli utenti. In questo caso veniva data la possibilità di scegliere un massimo di tre risposte, pertanto le percentuali di seguito riportate si riferiscono al totale di risposte date e non al numero di soggetti.
79
La descrizione del
campione
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
La descrizione del
campione
Le ragioni più sentite (31,8%, n=21 dei sì) sono state “per trovare un lavoro”, seguono in pari percentuale (27,7%, n=18 dei sì) “per tenere meglio insieme vita e lavoro” e “per progettare meglio il mio futuro”. Con una percentuale
più bassa (16,7%, n=11 dei sì) c’è “per avviare un percorso di crescita professionale”, seguono “per conoscermi meglio” e “per affrontare l’attuale momento critico” con la stessa percentuale (12,1%, n=8 dei sì). Le altre possibilità di
risposte fornite sono state indicate con percentuali molto più basse (per dettagli vedi tabella 4.4).
Tabella 4.4 – Motivazioni dell’utenza
In questo momento per quali ragioni si rivolge al nostro servizio?
%
Si
No
Per trovare un lavoro
31,8
68,2
Per poter cambiare lavoro
10,6
89,4
Per avviare un percorso di crescita professionale
16,7
83,3
Per conoscermi meglio
12,1
87,9
Per iniziare un percorso di formazione
10,6
89,4
Per tenere meglio insieme vita e lavoro
27,7
72,7
Per avere nuove informazioni sul mondo del lavoro
4,5
95,5
Per progettare meglio il mio futuro
27,7
72,7
Per affrontare l’attuale momento critico
12,1
87,9
Altro
1,5
98,5
La maggior parte del campione, pari al 74,6% (n=47), è venuta a conoscenza del percorso tramite il personale del centro. La restante parte del campione ha indicato le altre opzioni di risposta in percentuale inferiore: “me ne hanno parlato sul posto di lavoro” il 7,9% (n=5)”; “me ne ha parlato un/una amico/a”
il 6,3% (n=4); “me ne hanno parlato in un altro servizio” il 3,2% (n=2); “ho preso e letto il dépliant illustrativo” il 3,2% (n=2); “altro” il 4,8% (n=3) (missing=3)
(tabella 4.5).
Un’altra area di interesse, indagata nella fase preliminare del percorso, è stata quella delle “rappresentazioni” interne che gli utenti hanno maturato sul percorso e che pensiamo abbiano inciso sulla loro scelta a intraprenderlo. Insieme
a queste, sono state analizzate le aspettative sui risultati e gli esiti del percorso che gli utenti stavano per avviare.
Anche in questo caso agli utenti è stata data la possibilità di scegliere un massimo di tre risposte, e le percentuali riportate si riferiscono al totale di queste
risposte.
Relativamente all’idea che l’utente si è fatto sul percorso che sta per intra80
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
La descrizione del
campione
Tabella 4.5 – Modalità di contatto dell’utenza
Com’è venuto/a a conoscenza del percorso in.la.v. Isfol?
N
%
Ho preso e letto il dépliant illustrativo
2
3,2
Me lo ha presentato il personale del centro
47
74,6
Me ne ha parlato un/a amico/a
4
6,3
Me ne hanno parlato in un altro servizio
2
3,2
Me ne hanno parlato sul posto di lavoro
5
7,9
Altro
3
4,8
Totale
63
100
prendere è emerso che la maggior parte del campione (72,7%, n=48 dei sì) lo
considera un’occasione di crescita, il 42,4% (n=28 dei sì) pensa che possa aiutarlo a conoscersi meglio, il 39,4% (n=26 dei sì) sostiene che potrebbe soddisfare alcuni suoi bisogni ed il 33,3% (n=22 dei sì) ne è incuriosito.
L’altra parte del campione ha indicato in percentuali più basse le altre risposte. Nel dettaglio (tabella 4.6) è emerso che: per il 19,7% (n=13 dei sì) sembra un modo per trovare più facilmente un lavoro, per il 16,7% (n=11 dei sì)
può essere un modo per migliorare la sua attuale situazione lavorativa, l’1,5%
(n=1 dei sì) ha sentito parlare di percorsi simili in altri servizi e la rimanente percentuale del 1,5% (n=1 dei sì) ha indicato altro.
Tabella 4.6 – “Rappresentazioni” del percorso dell’utenza
Che idea si è fatto/a di questo percorso?
%
Si
No
Mi sembra che possa rappresentare un’occasione di crescita
72,7
27,8
Mi incuriosisce
33,3
66,7
Ho sentito parlare di percorsi simili in altri servizi
1,5
98,5
Potrebbe soddisfare alcuni miei bisogni
39,4
60,6
Mi sembra un modo per trovare più facilmente un lavoro
19,7
80,3
Mi sembra un modo per migliorare la mia attuale situazione lavorativa
16,7
83,3
Mi sembra che possa aiutarmi a conoscermi meglio
42,4
57,6
0
0
1,5
98,5
Nessuna idea in particolare
Altro
Circa le aspettative che l’utente ha rispetto al percorso (tabella 4.7) è
81
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
La descrizione del
campione
emerso che il 53,0% (n=35 dei sì) pensa “di accrescere le opportunità di tenere insieme vita e lavoro”; il 43,9% (n=29 dei sì) “di imparare a gestire meglio
il mio tempo”, il 31,8% (n=21 dei sì) “di valorizzare meglio le mie competenze”, il 24,2% (n=14 dei sì) “di imparare a conoscere meglio il mio contesto esterno”; il 15,1% (n=10 dei sì) “di poter risolvere un momento di crisi”; il 13,6% (n=9
dei sì) “di potermi conoscere meglio”; il 12,1 (n=8 dei sì) “di acquisire maggiore fiducia in me”. Sostanzialmente quello che si evidenzia è una predominanza di aspettative legate alla gestione del tempo e del riuscire a tenere insieme
la vita lavorativa con gli altri ambiti di vita. Infatti la restante parte del campione ha indicato le altre opzioni di risposta con percentuali inferiori che vanno dal
9,1% (n=6 dei sì) all’1,5% (n=1 dei sì), tali risposte non risultano essere direttamente legate alla gestione del tempo.
Tabella 4.7 – Aspettative dell’utenza
Che cosa pensa di ottenere al termine di questo percorso?
%
Si
No
Di valorizzare meglio le mie competenze
31,8
68,2
Di imparare a conoscere meglio il mio contesto esterno
24,2
75,8
Di potermi conoscere meglio
13,6
86,4
Di poter risolvere un momento di crisi
15,1
84,9
Di trovare un lavoro
9,1
90,9
0
0
10,6
89,4
Di cambiare il mio modo di vedere il lavoro
4,5
95,5
Di acquisire maggiore fiducia in me
12,1
87,9
Di migliorare il mio rapporto con gli altri
6,1
93,9
D cambiare il mio modo di vedere il lavoro
6,1
93,9
Di imparare a gestire meglio il mio tempo
43,9
56,1
Di accrescere le mie opportunità di tenere insieme vita e lavoro
53,0
47,0
Di ampliare l’immagine dei ruoli maschili e femminili
6,8
93,2
Altro
1,5
98,5
Di cambiare il mio lavoro
Di trovare un percorso di formazione adeguato
4.5 La valutazione del percorso in.la.v.
A seguito della sperimentazione del percorso in.la.v. è stata avviata la fase
di valutazione del percorso stesso, articolata con modalità e obiettivi diversi. Un
primo obiettivo consisteva nel valutare l’effettiva realizzabilità del percorso al82
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
l’interno dei Centri per l’Impiego per cui era stato progettato. Un secondo obiettivo era la ri-progettazione in base al feedback fornito dai diversi attori coinvolti, ossia i consulenti di orientamento, gli utenti, i tutor, i responsabili delle strutture coinvolte. Un ulteriore obiettivo è stato la valutazione dell’impatto dei percorsi realizzati (follow-up utenti).
Di seguito riportiamo alcuni dati significativi emersi dalla valutazione.
Per quanto riguarda le modalità utilizzate nell’impianto di valutazione ci siamo avvalsi di tipologie di strumenti diversi, in particolare:
– due questionari per il monitoraggio dei percorsi rivolti ai consulenti di cui
uno relativo alla parte individuale del percorso e uno relativo alla parte
di gruppo volti a verificare la realizzabilità dei percorsi nei contesti previsti e a fornire suggerimenti utili per la ri-progettazione delle attività sia individuali che di gruppo;
– un questionario rivolto direttamente agli utenti per la valutazione della customer satisfaction allo scopo di rilevare il gradimento del percorso e la
soddisfazione dell’utenza. La soddisfazione dell’utenza è stata valutata attraverso un apposito questionario rivolto agli utenti con cui si richiedeva
di esprimere le proprie opinioni e valutazioni sull’esperienza di partecipazione al percorso in.la.v.;
– analisi del piano d’azione prodotto dagli utenti per una prima valutazione dell’impatto del percorso;
– focus group finale con i consulenti e i responsabili delle strutture teso a
raccogliere le testimonianze degli operatori che hanno realmente condotto i percorsi nelle realtà territoriali al fine di individuare punti di forza e di
debolezza che servissero alla ri-progettazione del percorso;
– un questionario di follow-up strutturato per gli utenti finalizzato a evidenziare l’impatto dei percorsi realizzati.
Prima di passare ad illustrare i risultati della valutazione descriviamo schematicamente il percorso così come è stato sperimentato (figura 4.1).
83
La valutazione
del percorso
in.la.v.
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
La valutazione
del percorso
in.la.v.
Figura 4.1 - L’articolazione del percorso sperimentato
Il percorso prevedeva delle attività di accesso quali: “Accoglienza al servizio”
di 40/50 minuti, un “Colloquio di analisi della domanda” di durata individualizzata e il “Seminario di informazione e sensibilizzazione” di 2 ore.
Il percorso vero e proprio consisteva in 3 colloqui e 3 laboratori di gruppo
per un totale di 20 ore circa. In particolare il primo laboratorio “Tempi e Spazi”
prevedeva 3 esercitazioni: “Se fossimo al circo io sarei…”, “La banca del tempo” e “L’agenda della settimana”; il secondo laboratorio 2 esercitazioni:
“L’alfabeto delle competenze” e “Oltre il lavoro…”; il terzo laboratorio 2 esercitazioni “L’edicola dei luoghi comuni” e “Mettere in comune le opportunità”.
Si ricorda al lettore che il percorso finale e le sue possibili articolazioni per future realizzazioni dell’intervento sono riportate nella seconda parte del volume.
4.6 Il monitoraggio dei percorsi da parte dei consulenti
Gli operatori che hanno partecipato alla sperimentazione del percorso
in.la.v. hanno compilato in itinere 2 questionari definiti di monitoraggio, di cui
uno relativo alla parte individuale del percorso e uno relativo alla parte di gruppo. In tal modo sono state compilate tante schede individuali per quanti erano gli utenti (n=73) e tante schede di gruppo per quanti erano i gruppi di utenti attivati per la sperimentazione (n=21).
84
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Cominceremo con il prendere in esame i questionari24 relativi alla parte individuale del percorso.
Il monitoraggio dei consulenti relativamente alla parte individuale del percorso
La scheda andava compilata al termine di ogni colloquio con ciascun utente e risultava articolata in tre sezioni:
1° colloquio: “La mia storia di conciliazione”.
2° colloquio: “Il piano del tempo”.
3° colloquio: “Il piano d’azione”25.
Per ogni colloquio veniva richiesto di valutare se la durata di svolgimento complessiva fosse adeguata rispetto ai temi da affrontare; se fossero state rispettate le consegne date nei diversi momenti del percorso (colloquio o laboratorio);
se fossero emerse difficoltà particolari legate al raccontarsi; se i tempi per svolgere i “compiti” previsti nei colloqui fossero adeguati oppure no.
Esamineremo questi temi per ciascuno dei 3 colloqui.
1° colloquio: “La mia storia di conciliazione”
Sono stati raccolti 68 questionari (missing=5) compilati dai consulenti, i quali hanno dichiarato una durata del colloquio mediamente di 2 ore e 50 minuti.
La maggioranza degli operatori con una percentuale pari al 65,7% (n=46)
ha ritenuto sufficiente la durata dei colloqui circa i temi da affrontare; il 30,0%
(n=21) eccessiva e solo l’1,4%(n=1) insufficiente. In 2 casi hanno risposto altro con una percentuale del 2,9% (missing=3) (tabella 4.8).
Tabella 4.8 – 1° colloquio: temi affrontati e durata
Rispetto ai temi da affrontare la durata di svolgimento del I colloquio è stato…
N
%
Insufficiente
1
1,4
Sufficiente
46
65,7
Eccessiva
21
30,0
Altro
2
2,9
Totale
70
100,0
Per valutare i bisogni espressi dall’utente rispetto a quanto emerso nel precedente colloquio di analisi della domanda, ai consulenti è stata data la possibilità, anche in questo caso, di scegliere un massimo di tre risposte (le per24 I questionari per il monitoraggio non vengono allegati in quanto utilizzati solo in fase di sperimentazione ai fini della ri-progettazione del percorso. A regime se i consulenti lo ritengono opportuno possono compilare un diario in cui annotano osservazioni, note, criticità, ecc.
25 L’intera strutturazione dei colloqui ri-progettata è riportata nel cap. 5.
85
Il monitoraggio
dei percorsi da
parte dei
consulenti
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Il monitoraggio
dei percorsi da
parte dei
consulenti
centuali riportate si riferiscono quindi al totale di queste risposte). A questa domanda hanno risposto 70 operatori (missing=3).
Il 68,6% (n=48) dei rispondenti valuta i bisogni espressi dalla persona come più chiari. Il 64,3% (n=45) considera i bisogni di orientamento dei soggetti come più argomentati, il 60,0% (n=42) considera i bisogni espressi più consapevoli, nel 32,9% (n=23) più pertinenti rispetto al percorso (missing=3).
Da ciò emerge che i bisogni espressi dagli utenti sembrano principalmente più chiari e argomentati rispetto alla fase precedente di analisi della domanda (tabella 4.9).
Tabella 4.9 – 1° colloquio: bisogni espressi dall’utenza
Come valuta i bisogni espressi dalla persona adesso?
%
Sì
No
Più chiari
68,6
31,4
Più argomentati
64,3
35,7
Più consapevoli
60,0
40,0
Più pertinenti rispetto al percorso
32,9
67,1
Altro
8,6
91,4
Alla richiesta fatta agli utenti di raccontare situazioni di vita personale e quotidiana il 97,1% (n=68) dei consulenti sostiene che è stata accolta positivamente contro solo il 2,9% (n=2) che pensa che non lo sia stata (missing=3). Dato
estremamente incoraggiante, poiché praticamente la totalità degli operatori percepisce che gli utenti hanno vissuto positivamente il potersi esprimere sulle proprie situazioni di vita privata.
Per l’esplorazione della storia personale il consulente aveva una check-list
di domande annessa alla guida al 1° colloquio26. Nel 95,7% (n=67)27 gli operatori dichiarano di averla utilizzata almeno in parte (contro il 4,3%, n=3). Questo
prova l’utilità della lista di domande stimolo per la conduzione del primo colloquio (missing=3) (tabella 4.10).
26 Sulla valutazione dei dati lo strumento è stato ri-progettato cfr. cap. 7.
27 Questa percentuale è data dalla somma dell’item “Si, completamente” e
bella n. 4.10.
86
“Si, in parte” cfr. ta-
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Tabella 4.10 – 1°colloquio: utilizzo check-list
Per esplorare la storia della persona ha fatto uso della check-list di domande annessa al 1°
colloquio?
N
%
Si, completamente
31
44,3
Sì, in parte
36
51,4
No
3
4,3
Totale
70
100,0
In aggiunta alla check-list di domande, la domanda successiva chiedeva se
ci fossero state altre domande di approfondimento. Il 58,6% (n=41) dei consulenti risponde di averne fatte poche altre di chiarimento e specificazione, nel
24,3% (n=17) molte di approfondimento e nel 17,1% (n=12) nessuna in particolare oltre a quelle della traccia (missing=3). Le domande presenti quindi non
erano sufficienti a chiarire e specificare meglio i concetti delle domande consigliate. Questo dato conferma l’utilità delle domande-guida.
Comunque la maggioranza (85,7%, n=60) degli operatori non ha riscontrato difficoltà particolari nel corso della narrazione da parte della persona (contro il 14,3%; n=10 dei sì, missing=3). Non emergono, quindi, particolari difficoltà nella maggior parte dei rispondenti (grafico 4.5).
Grafico 4.5 - Difficoltà dell’utenza nella narrazione
Difficoltà emerse nella narrazione da parte dell’utente
A questo punto del colloquio veniva riservato uno spazio per la compilazione del patto consulenziale. Gli operatori sono riusciti a compilare completamente il patto consulenziale insieme agli utenti nel 95,7% (n=67), solo in parte nel
4,3% (n=3), comunque in nessun caso non è stato compilato affatto (mis87
Il monitoraggio
dei percorsi da
parte dei
consulenti
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Il monitoraggio
dei percorsi da
parte dei
consulenti
sing=3). Quindi in tutti i casi è stato possibile avviare il percorso consulenziale, dato senz’altro positivo per la realizzabilità del percorso.
Al termine del primo colloquio era prevista la presentazione di una cartellina utile a raccogliere tutti i materiali e i documenti prodotti durante l’intero percorso. Il tempo rimasto in chiusura del colloquio per la presentazione della cartellina è stato sufficiente per il 71,4% (n=50) dei consulenti, per il 27,2% (n=19)
è stato sufficiente ma in modo affrettato, solo in un caso (1,4%) è stato ritenuto insufficiente (missing=3). Nella maggior parte dei casi quindi (98,6%;
n=69)28 il tempo è stato sufficiente.
2° colloquio: “Il piano del tempo”
Passiamo ad esaminare le valutazioni relative al secondo colloquio “Il piano del tempo”, tenendo conto che la scheda per il monitoraggio seguiva lo stesso schema e la stessa sequenza di domande utilizzata per il primo colloquio.
Inoltre tale colloquio seguiva il primo laboratorio e, conseguentemente, alcune valutazioni contenevano riferimenti a questa fase del percorso.
La durata del secondo colloquio è stata mediamente stimata di un’ora e 48
minuti.
I consulenti valutano i tempi del secondo colloquio in relazione ai temi affrontati come sufficienti nel 73,5% (n=50) dei casi, insufficienti nel 14,7% (n=10)
e nell’8,9% (n=6) eccessivi. Due operatori (2,9%) hanno infine indicato che il
tempo è stato appena sufficiente (missing=5) (tabella 4.11).
Tabella 4.11 – 2° colloquio: temi affrontati e durata
Rispetto ai temi da affrontare la durata di svolgimento del II colloquio è stata
N
%
Insufficiente
10
14,7
Sufficiente
50
73,5
Eccessiva
6
8,9
Altro
Totale
2
2,9
68
100,0
L’“Agenda della settimana”29 nel 1° laboratorio è stata compilata in parte dal
62,4% (n=43) degli utenti partecipanti, completamente dal 21,7% (n=15) e non
è stata compilata dal 15,9% (n=11) (missing=4).
Accorpando i sì l’84,1% è riuscita a compilare l’”Agenda della settimana” (tabella 4.12).
28
29
88
Questa percentuale è data dalla somma dell’item “Si” e “Si, in modo affrettato”.
Sulla valutazione dei dati lo strumento è stato ri-progettato cfr. Allegato n. 5 e 8.
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Il monitoraggio
dei percorsi da
parte dei
consulenti
Tabella 4.12 – 2° colloquio: completamento “Agenda della settimana”
La persona era riuscita a compilare la sua “Agenda della settimana” nel 1° laboratorio
N
%
Sì, completamente
15
21,7
Sì, in parte
43
62,4
No
11
15,9
Totale
69
100,0
Per la rilettura insieme alla persona dell’“Agenda della settimana” durante
il colloquio - relativamente all’utilizzo della check-list30 di domande annessa alla guida del colloquio - il 55,1% (n=38) degli operatori l’ha utilizzata interamente, il 37,7% (n=26) in parte e solo il 7,2 % (n=5) non ne ha fatto uso (missing=4).
Anche nel secondo colloquio, come nel primo, la lista delle domande ideata si
è confermata un utile strumento per la rilettura dell’”Agenda della settimana”.
Oltre a quella lista di domande per il 61,8 % (n=42) sono state necessarie
poche altre domande di chiarimento e specificazione; per il 26,5% (n=18) molte altre di approfondimento, per l’11,7% (n=8) non è stata necessaria nessuna domanda in particolare oltre a quelle della traccia (missing=5).
L’operatore è riuscito a comporre lo strumento “Mappa dei miei tempi”31 in
parte nel 58,0% (n=40), completamente nel 26,1% (n=18) e non è riuscito a
compilarla nel 15,9% (n=11) (missing=4) (tabella 4.13).
Tabella 4.13 – 2° colloquio: compilazione “Mappa dei miei tempi”
È riuscito/a con la persona a comporre lo strumento “Mappa dei miei tempi”?
N
%
Sì, completamente
18
26,1
Sì, in parte
40
58,0
No
11
15,9
Totale
69
100,0
Relativamente alla valutazione dello strumento “Mappa dei miei tempi” anche rispetto al lavoro fatto insieme all’utente veniva richiesto di rispondere su
una scala likert a 5 punti (da 1= per nulla a 5= del tutto) per ciascuno degli aggettivi proposti: interessante, utile, completo, chiaro, difficile ed astratto. Era prevista anche l’alternativa “altro, specificare”.
30
31
Sulla valutazione dei dati lo strumento è stato ri-progettato cfr. cap. 9.2.
Sulla valutazione dei dati lo strumento è stato ri-progettato cfr. Allegato dal 5 all’8.
89
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Il monitoraggio
dei percorsi da
parte dei
consulenti
La media più alta nella valutazione della “Mappa dei miei tempi” è sull’utilità (m=3,6), seguita dalla completezza e dall’interesse con lo stesso valore
(m=3,5), e con medie inferiori le altre opzioni (tabella 4.14) di risposta fatta eccezione per altro che presenta una media maggiore (m=4,3).
Tabella 4.14 – 2° colloquio: valutazione “Mappa dei tempi”
Anche rispetto al lavoro fatto insieme alla persona per mettere a punto la sua “Mappa dei
miei tempi” come valuta questo strumento?
N
Media
Dev. St.
Interessante
61
3,5
1,0
Utile
58
3,6
0,9
Completo
57
3,5
0,9
Chiaro
57
3,3
0,9
Difficile
61
3,0
1,0
Astratto
61
2,7
1,2
Altro
3
4,3
0,6
3° colloquio: Il “Piano d’azione”
La durata media del terzo colloquio è stata di 2 ore e 22 minuti.
La valutazione degli operatori relativa alla durata dei temi di svolgimento del
colloquio è stata positiva, infatti l’84,1% (n=53) li ha ritenuti sufficienti, solo il
9,5% (n=6) eccessivi, un altro 4,8% (n=3) insufficienti, il restante 1,6% (n=1)
ha indicato altro (missing=10) (tabella 4.15).
Tabella 4.15 – 3° colloquio: temi affrontati e temi
Rispetto ai tempi da affrontare la durata di svolgimento del colloquio è stata:
N
%
Insufficiente
3
4,8
Sufficiente
53
84,1
Eccessiva
6
9,5
Altro
1
1,6
Totale
63
100,0
Era previsto in questo colloquio la messa a punto del “Piano d’azione”32. A
questo proposito il consulente è riuscito a definire con l’utente il “Piano d’azione” completamente e per iscritto nel 56,3% (n=36) dei casi, nel 43,7% (n=28)
32
90
Sulla valutazione dei dati lo strumento è stato ri-progettato cfr. Allegato n. 17.
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
è stato possibile scriverlo solo parzialmente; in nessun caso non è stato possibile scriverlo (missing=9). Questo risultato porta a prendere in considerazione la necessità di riservare più spazio e più tempo all’elaborazione del “Piano
d’azione”.
Relativamente al “Piano d’azione” è stato chiesto all’operatore di valutare lo
schema utilizzato rispetto al lavoro fatto insieme alla persona per metterlo a punto. Anche in questo caso veniva richiesto di rispondere su una scala likert a 5
punti per ciascuno degli aggettivi proposti: interessante, utile, completo, chiaro, difficile e astratto. Era prevista anche in questo caso l’alternativa “altro, specificare”. La scala andava da 1= per nulla a 5= del tutto.
La media più elevata, come si può osservare dalla tabella 4.16, viene attribuita all’aggettivo interessante (3,9) seguita da utile (3,8) chiaro (3,5 ) e completo (3,4). I valori sono comunque superiori alla media 2,5. Le medie più basse vengono attribuite ad aggettivi sul versante negativo quali astratto (2,2) e difficile (2,0), dato anch’esso positivo.
Tabella 4.16 – 3° colloquio: valutazione schema del “Piano d’azione”
Anche rispetto al lavoro fatto insieme alla persona per mettere a punto il suo “Piano d’azione” come valuta lo schema che viene utilizzato:
N
Media
Dev. St.
Interessante
64
3,9
0,5
Utile
64
3,8
0,7
Completo
61
3,5
0,8
Chiaro
58
3,5
0,7
Difficile
64
2,0
1,2
Astratto
60
2,2
1,1
Altro
2
4,0
0,0
Gli operatori nella quasi totalità dei casi (96,9%, n=62) hanno avuto tempo di tracciare un bilancio del percorso insieme alla persona in modo narrativo. Soltanto una piccola percentuale (3,1%, n=2) non ne ha avuto modo
(missing=9) (grafico 4.6). È stato quindi possibile tirare le fila del percorso effettuate e restituire alla persona il senso di continuità tra momenti individuali
e di gruppo.
91
Il monitoraggio
dei percorsi da
parte dei
consulenti
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Il monitoraggio
dei percorsi da
parte dei
consulenti
Grafico 4.6 – 3° colloquio: fattibilità di un bilancio narrativo
È stato possibile tracciare un bilancio insieme alla persona in modo narrativo?
Il tempo rimasto in chiusura del colloquio ha reso possibile la consegna della cartellina del percorso in.la.v. nel 62,6% (n=39), nel 22,6% (n=14) è stato
possibile ma in modo affrettato e nel 14,5% (n=9) non lo è stato (missing=11). Per quanto la maggioranza dica che il tempo c’è stato è indicativo anche il dato della consegna in modo affrettato, andrebbe dedicato più tempo a
questa parte del terzo colloquio.
Il monitoraggio dei consulenti relativamente alla parte di gruppo del percorso
La scheda per il monitoraggio della parte di gruppo del percorso33 in.la.v.
chiedeva agli operatori la compilazione di una scheda per ciascuno dei gruppi svolti o dei gruppi seguiti nel corso della sperimentazione. Abbiamo raccolto un totale di 21 schede compilate. Ogni scheda era articolata in 3 sezioni, focalizzata su uno dei 3 laboratori:
1° laboratorio: “Tempi e spazi”
2° laboratorio: “Risorse ed esperienze”
3° laboratorio: “Vincoli e opportunità”34.
Per ogni laboratorio si chiedeva di valutare:
– se la durata di svolgimento complessiva fosse adeguata rispetto ai temi
da affrontare;
– se fossero state rispettate le consegne date nei precedenti momenti del
percorso (colloquio o laboratorio);
– se fossero emerse difficoltà particolari legate allo svolgimento dei vari “compiti” previsti;
– se le esercitazioni, e in generale i compiti previsti dal percorso, avessero
funzionato oppure no.
Si trattava quindi di una valutazione riferita principalmente ad aspetti metodologici, utili per apportare eventualmente delle variazioni al percorso.
33
34
92
Cfr. nota n. 26.
L’intera strutturazione dei laboratori ri-progettata è riportata nel cap. 5.
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Non si trattava di monitorare la riuscita del laboratorio o della buona relazione consulenziale attivata con il cliente/utente, ma si faceva riferimento a elementi legati alla progettazione del percorso e alla sua tenuta sul piano degli obiettivi, dei tempi e degli strumenti che venivano utilizzati.
1° Laboratorio: “Tempi e spazi”
La prima sezione della scheda di gruppo si riferiva dunque al monitoraggio
del 1° laboratorio: “Tempi e spazi”.
La durata media del laboratorio è stata di 3 ore e 3 minuti e il numero medio di partecipanti è stato di 4 utenti. Pertanto la durata risulta inferiore alle 4
ore previste (75,0%, n=16), soltanto il 25,0% (n=5) dei gruppi ha svolto il laboratorio utilizzando le 4 ore.
Rispetto ai temi da affrontare la durata di svolgimento del laboratorio è stata: per l’81,0% (n=17) sufficiente, per il 9,4% insufficiente (n=2), eccessiva per
il 4,8% (n=1), il restante 4,8% (n=1) indica altro (tabella 4.17).
Tabella 4.17 – 1° laboratorio: temi affrontati e durata
Rispetto ai temi da affrontare la durata di svolgimento del laboratorio è stata:
N
%
Insufficiente
2
9,4
Sufficiente
17
81,0
Eccessiva
1
4,8
Altro
1
4,8
Totale
21
100,0
In questo laboratorio per la presentazione di sé in gruppo è stato utilizzato
l’esercitazione “Se fossimo al circo io sarei”. Dall’analisi è emerso che ha funzionato sempre(100,0%, n=21), ciò sta a testimoniare l’effettiva utilità di questo strumento di presentazione.
Non sono emerse difficoltà particolari, a parere degli operatori, nel corso delle auto-presentazioni da parte delle persone nell’81,0%(n=17) dei laboratori,
contro il 19,0% (n=4) in cui sono state riscontrate alcune difficoltà.
Nel complesso la presentazione di sé in gruppo “Se fossimo al circo io sarei” raggiunge gli obiettivi che si propone e risulta generalmente gestibile.
L’altro strumento presente nel primo laboratorio la “Banca del tempo” viene valutato sui risultati prodotti in gruppo. In particolare si chiedeva di esprimere un parere rispetto ad alcune caratteristiche predefinite ossia quanto l’esercitazione fosse “Interessante per i contenuti”, “Utile per le persone”, “Stimolante
per il gruppo”, “Impegnativa per i tempi”, “Difficile da spiegare”, “Complessa da
gestire” su una scala likert da 1 a 5 (da 1= per nulla a 5= del tutto).
93
Il monitoraggio
dei percorsi da
parte dei
consulenti
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Il monitoraggio
dei percorsi da
parte dei
consulenti
In base ai punteggi attribuiti (tabella 4.18) dai consulenti l’esercitazione risulta quindi: interessante per i contenuti (m=3,8); stimolante per il gruppo
(m=3,7); utile per le persone (m=3,6); ma anche impegnativa per i tempi
(m=3,5): la media delle valutazioni è sempre superiore a 2,5. Tuttavia risulta anche complessa da gestire (m=3,0) anche se non particolarmente difficile da spiegare (m=2,1).
Tabella 4.18 – 1° laboratorio: valutazione la “Banca del tempo”
Per i risultati prodotti in gruppo come valuta la “Banca del tempo?
N
Media
Dev. St.
Interessante per i contenuti
20
3,8
0,9
Utile per le persone
20
3,7
0,9
Stimolante per il gruppo
20
3,7
1,0
Impegnativa per i tempi
19
3,5
1,1
Difficile da spiegare
20
2,1
1,0
Complessa da gestire
20
3,0
1,1
Il tempo per lo svolgimento dell’esercitazione la “Banca del tempo”35 nel
63,2% (n=12) dei casi è stato valutato adeguato e nel 26,3% (n=5) inadeguato. Il restante 10,5% (n=2) ha indicato altro (missing=2) (tabella 4.19).
Tabella 4.19 – 1° laboratorio: esercitazione la“Banca del tempo”
Rispetto ai temi da affrontare la durata di svolgimento dell’esercitazione la “Banca del tempo” è stata?
N
%
Adeguata
12
63,2
Inadeguata
5
26,3
Altro
2
10,5
Totale
19
100,0
Nel complesso nell’esercitazione la “Banca del tempo” sono emerse difficoltà
particolari nel 60,0% (n=12) dei casi, contro il 40,0% (n=8) dei casi che invece ha dichiarato di non averne avute (missing=1) (grafico 4.7).
Le difficoltà emerse36 hanno riguardato: il compito in sé per il 47,6%
(n=10); la compilazione dei materiali dell’esercitazione per il 33,3% (n=7); il
tempo a disposizione per il compito per il 14,3% (n=3); la numerosità del grup35
36
94
Sulla valutazione dei dati lo strumento è stato ri-progettato cfr. Allegati dal n. 5 al n. 8.
Le difficoltà sono state richieste con una domanda successiva a tutti i consulenti.
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
po per il 4,8% (n=1); nessuna preferenza per il clima tra i partecipanti e la consegna poco chiara.
Grafico 4.7 – 1° laboratorio: difficoltà emerse la “Banca del tempo”
Sono emerse difficoltà particolari nel corso dell’esercitazione la “Banca del tempo”?
I risultati prodotti in gruppo nell’esercitazione la “Banca del tempo” (scala
likert da 1 a 5 da 1= per nulla a 5= del tutto) sono stati interessanti per i contenuti (m= 3,8); stimolanti per il gruppo (m=3,7), utili per le persone (m=3,6),
ma anche impegnativi per i tempi (m=3,5). La media riportata nelle valutazioni è sempre superiore a 2,5, tuttavia l’esercitazione risulta anche complessa da
gestire (m=3) pur se non particolarmente difficile da spiegare (m=2,1) (tabella 4.20).
Tabella 4.20 – 1° laboratorio: risultati la “Banca del tempo”
Per i risultati prodotti in gruppo come valuta l’esercitazione la “Banca del tempo”?
N
Media
Dev. St.
Interessante per i contenuti
20
3,8
0,9
Utile per le persone
20
3,7
0,9
Stimolante per il gruppo
20
3,7
1,0
Impegnativa per i tempi
19
3,5
1,1
Difficile da spiegare
20
2,1
1,1
Complessa da gestire
20
3,0
1,1
All’interno di questo laboratorio veniva richiesto di compilare l’“Agenda della settimana”. I tempi per la compilazione da parte dei partecipanti risultano per
il 50,0% (n=10) dei casi adeguati, per un altro 50,0% (n=10) non sono valutati come adeguati (missing=1).
Nell’insieme l’esercitazione la “Banca del tempo” risulta difficile per il compito in sé; i tempi per la seconda parte adeguati solo in parte.
2° laboratorio: “Risorse ed esperienze”
Il 2° laboratorio “Risorse ed esperienze” ha avuto una durata media 3 ore
e 6 minuti. Vi hanno preso parte in media 3,8 partecipanti.
95
Il monitoraggio
dei percorsi da
parte dei
consulenti
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Il monitoraggio
dei percorsi da
parte dei
consulenti
Solo nel 33,3% dei casi (n=6) è durato le 4 ore previste.
In relazione all’adeguatezza dei tempi rispetto ai temi da affrontare la durata di svolgimento del laboratorio è stata giudicata: per l’80,0% (n=16) sufficiente, solo per il 5,0% (n=1) è insufficiente, il restante 15,0% (n=3) risponde
altro (missing=1) (tabella 4.21).
Tabella 4.21 – 2° laboratorio: temi affrontati e durata
Rispetto ai tempi da affrontare la durata di svolgimento del laboratorio è stata:
N
%
Insufficiente
1
5,0
Sufficiente
16
80,0
Altro
3
15,0
Totale
20
100,0
Al termine del secondo colloquio veniva chiesto di portare con sé la propria
“Mappa dei tempi”. Gli utenti l’avevano con sé nel 73,7% (n=14) dei casi mentre il 26,3% (n=5) no (missing=2).
A proposito dell’esercitazione “Oltre il lavoro” si chiedeva agli operatori di
valutare alcune caratteristiche per i risultati prodotti su una scala likert da 1 a
5 (da 1= per nulla a 5= del tutto) quanto fosse: “Interessante per i contenuti”,
“Utile per le persone”, “Stimolante per il gruppo”, “Impegnativa per i tempi”,
“Difficile da spiegare”, “Complessa da gestire”, “Altro”. L’esercitazione risulta principalmente “Utile per le persone”, con un punteggio medio di 4,2, stimolante
per il gruppo (m=4,2), interessante per i contenuti (m=4,1), impegnativa per
i tempi (m=3,1), non difficile da spiegare (m=1,9) e poco complessa da gestire (m=2,1) (tabella 4.22).
Tabella 4.22 – 2° laboratorio: risultati “Oltre il lavoro”
Per i risultati prodotti come valuta l’esercitazione “Oltre il lavoro”?
N
Media
Dev. St.
Interessante per i contenuti
19
4,0
0,6
Utile per le persone
18
4,2
0,6
Stimolante per il gruppo
18
4,2
0,8
Impegnativa per i tempi
18
3,2
1,0
Difficile da spiegare
18
1,9
0,7
Complessa da gestire
18
2,1
1,0
Altro
1
5,0
.
96
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Non sono emerse difficoltà particolari nel corso dell’esercitazione per la maggioranza (l’85,0%, n=17) degli operatori contro appena il 10,0% (n=2) che ne
ha avute (missing=1).
3° laboratorio: “Vincoli e opportunità”
Il terzo laboratorio è durato mediamente 2 ore e 51 minuti con una deviazione standard di 43 minuti. Il numero medio di partecipanti è di 3,8.
La durata di svolgimento del laboratorio rispetto ai temi da affrontare è stata per il 52,9% dei casi sufficiente (n=9) e per il 47,1% insufficiente (n=8) (missing=4). Il tempo per questa esercitazione è quindi considerato adeguato solo parzialmente (tabella 4.23).
Tabella 4.23 – 3° laboratorio : temi affrontati e tempi
Rispetto ai temi da affrontare la durata di svolgimento del laboratorio è stata . . .
N
%
Insufficiente
8
47,1
Sufficiente
9
52,9
Totale
17
100,0
Al termine del 2° laboratorio era stato chiesto agli utenti di portare alcuni giornali e riviste. Nel 50,0% (n=8) dei casi gli utenti li avevano portati, nell’altro 50,0%
(n=8) no (missing=5), quindi la metà dei partecipanti non ha rispettato la consegna.
L’esercitazione “L’edicola dei luoghi comuni”37 è stato valutata (scala likert
da 1 per nulla a 5 del tutto) in particolare stimolante per il gruppo (m=4,0), interessante per i contenuti (m=4,0) e utile per le persone (m=3,5). Moderatamente impegnativa per i tempi (m=3,0), poco complessa da gestire
(m=2,3) e difficile da spiegare (m=2,2) (tabella 4.24).
37
Sulla valutazione dei dati l’esercitazione è stata ri-progettata cfr. cap. 9.4.
97
Il monitoraggio
dei percorsi da
parte dei
consulenti
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Il monitoraggio
dei percorsi da
parte dei
consulenti
Tabella 4.24 – 3° laboratorio: valutazione “L’edicola dei luoghi comuni”
Per i risultati prodotti come valuta l’esercitazione “L’edicola dei luoghi comuni”?
N
Media
Dev. St.
Interessante per i contenuti
17
4,0
0,9
Utile per le persone
18
3,5
1,1
Stimolante per il gruppo
17
4,0
1,1
Impegnativa per i tempi
16
3,0
1,1
Difficile da spiegare
17
2,2
0,9
Complessa da gestire
17
2,3
1,2
Altro
1
5,0
.
La ricerca d’aula “Mettere in comune le opportunità”38 è stata valutata (scala likert con punteggi da 1= per nulla a 5= del tutto) dagli operatori come principalmente stimolante per il gruppo (m=4,0), quindi interessante per i contenuti (m=4,0), utile per le persone (m=3,5), relativamente impegnativa per i tempi (m=3,0), poco complessa da gestire (m=2,3) e non difficile da spiegare
(m=2,2) (tabella 4.25).
Tabella 4.25 – 3° laboratorio: valutazione “Mettere in comune le opportunità”
Come valuta la ricerca d’aula “Mettere in comune le opportunità”?
N
Media
Dev. St.
Interessante per i contenuti
17
4,0
0,9
Utile per le persone
18
3,5
1,1
Stimolante per il gruppo
17
4,0
1,1
Impegnativa per i tempi
16
3,0
1,1
Difficile da spiegare
17
2,2
0,9
Complessa da gestire
17
2,3
1,2
Altro
1
5,0
.
Per la verifica dell’adeguatezza dei tempi, rispetto allo svolgimento dell’esercitazione “L’edicola dei luoghi comuni”39 il tempo è stato adeguato per il
63,2% degli operatori (n=12) e per il 21,1% (n=4) inadeguato (missing=4) (tabella 4.26).
38
39
98
Sulla valutazione dei dati l’esercitazione è stata ri-progettata cfr. cap. 9.4.
Sulla valutazione dei dati lo strumento è stato ri-progettato cfr. cap. 9.4.
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Il monitoraggio
dei percorsi da
parte dei
consulenti
Tabella 4.26 – 3° laboratorio: valutazione tempi “L’edicola dei luoghi comuni”
Il tempo per lo svolgimento dell’esercitazione “L’edicola dei luoghi comuni” è stato?
N
%
Adeguato
12
70,6
Inadeguato
4
23,5
Altro
1
5,9
Totale
17
100,0
Per quanto riguarda le eventuali difficoltà emerse nel corso dell’esercitazione “L’edicola dei luoghi comuni” il 73,7% (n=14) dichiara di non averne avute contro il 21,1% (n=4) dei si (missing=3). Pertanto l’esercitazione risulta essere attuabile.
Gli operatori hanno valutato il collegamento tra la prima parte dell’esercitazione sugli stereotipi con la seconda “Mettere in comune le opportunità” come facile nel 75,0% (n=12) dei casi contro il 25,0% (n=4) del campione che
non l’ha ritenuto tale (missing=6).
Rispetto alla valutazione (scala likert con punteggi da 1= per nulla a 5= del
tutto) della ricerca d’aula “Mettere in comune le opportunità” è emerso che (tabella 4.27) è stata molto interessante per i contenuti trattati (m=4,1), stimolante per il gruppo (m=4,1) ed utile per le persone (m=4,0). In misura minore
(m=3,1) è stata valutata impegnativa per i tempi e, dato molto positivo, poco
complessa da gestire (m=2,0) e poco difficile da spiegare (m=1,8)40.
Tabella 4.27 – 3°laboratorio: valutazione “mettere in comune le opportunità”
Come valuta la ricerca d’aula “mettere in comune le opportunità”?
N
Media
Dev. St.
Interessante per i contenuti
15
4,1
0,8
Utile per le persone
15
4,0
0,8
Stimolante per il gruppo
15
4,1
0,9
Impegnativa per i tempi
15
3,1
1,0
Difficile da spiegare
14
1,8
0,8
Complessa da gestire
14
2,0
0,8
Altro
0
40 Gli
N relativi a ciascuna alternativa vengono riportati nella prima colonna della tabella 4.27.
99
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
4.7 La soddisfazione dell’utenza
La soddisfazione dell’utenza è stata valutata attraverso un apposito questionario41 rivolto agli utenti con cui si chiedeva di esprimere le proprie opinioni e
valutazioni sull’esperienza di partecipazione al percorso in.la.v..
Dall’analisi dei questionari è emerso che gli utenti nel 61,8% dei casi
(n=42) ritiene di sapere ora cosa significa esattamente il termine “conciliazione”, contro il 38,2% (n=26) (missing=5) (tabella 4.28).
Tabella 4.28 - Livello attuale di conoscenza del tema della conciliazione
Adesso so cosa significa il termine “conciliazione”
N
%
Si
42
61,8
No
26
38,2
Totale
68
100,0%
Solo l’1,5% (n=1) dei soggetti ritiene di conoscere il tema della conciliazione come prima della partecipazione al percorso contro il 98,5% (n=67) (missing=5). Sicuramente il percorso ha inciso sulla percezione degli utenti riguardo la propria conoscenza delle tematiche inerenti alla conciliazione (tabella 4.29).
Tabella 4.29 - Livello di conoscenza del tema della conciliazione prima del percorso
Conosco il tema come prima
Si
N
%
1
1,5%
No
67
98,5%
Totale
68
100,0%
Dal confronto tra i momenti individuali e quelli di gruppo la maggior parte
dei soggetti ossia il 56,7% (n=38) ha gradito entrambi i momenti, il 28,4%
(n=19) ha preferito i colloqui individuali, il 11,9% (n=8) i laboratori. Solo il 3,0%
(n=2) dei soggetti non ha gradito nessuno dei due momenti (missing=6) (tabella 4.30).
41
100
Vedi Allegato n. 18.
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
La soddisfazione
dell’utenza
Tabella 4.30 – Confronto momenti individuali e di gruppo
Il percorso ha previsto sia momenti individuali (i colloqui) sia di gruppo (i laboratori). Che
cosa ha preferito?
N
%
19
28,4
I laboratori
8
11,9
Entrambi
38
56,7
Nessuno dei due
2
3,0
Totale
67
100,0
I colloqui
Per la valutazione complessiva del percorso (scala likert da 1=falso a 7=vero) le dichiarazioni risultano tutte positive, con valori superiori alla media di 3,5
(grafico 4.8). In particolare gli utenti ritengono che il percorso sia particolarmente utile a livello personale (m=6,2) e interessante per i contenuti affrontati
(m=6,2), ma anche stimolante per la metodologia utilizzata (m=5,8), ben strutturato nel programma (m=5,4), corrispondente alle aspettative iniziali (m=5,3),
utile per il lavoro (m=5,2) ed infine impegnativo per gli orari (m=4,5) (missing=8).
Grafico 4.8 – Valutazione complessiva del percorso
Il clima di lavoro che si è instaurato con il proprio consulente è decisamente molto buono con una media di 6,8 su 65 rispondenti (missing=8).
Anche il punteggio medio di soddisfazione generale è risultato essere molto elevato: 6,2 su 65 rispondenti (missing=8).
101
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
La soddisfazione
dell’utenza
Infine la valutazione (scala likert da 1=“per niente soddisfatto” a 7=“completamente soddisfatto”) sulla fiducia nel poter realizzare il proprio piano d’azione ha un punteggio medio di 5,6 che ne indica una fiducia decisamente elevata (missing=7) (tabella 4.31).
Tabella 4.31 – Valutazione complessiva del percorso
N
Media
Dev. St.
Come valuta complessivamente il clima di lavoro
che si è instaurato con il suo consulente?
65
6,8
0,4
In sintesi, al termine del percorso quanto è
soddisfatto/a del percorso svolto?
65
6,2
0,8
Quanta fiducia ha di poter realizzare quanto
indicato nel suo piano d’azione?
66
5,6
1,1
Il 98,5% (n=64) dei soggetti pensa che il percorso appena svolto possa essere utile anche ad altri, contro l’1,5% (n=1) dei soggetti che invece ritiene che
non lo sia. La quasi totalità degli utenti concorda sull’utilità del percorso (grafico 4.9).
Grafico 4.9 – Utilità del percorso
Pensa che il percorso appena svolto possa essere utile anche ad altri?
4.8 Il piano d’azione: alcuni dati interessanti
Il piano d’azione42, presente nell’83,0% del campione complessivo di utenti, ci ha permesso di esaminare e procedere ad una catalogazione dei contenuti emersi in 60 su 73 dei percorsi realizzati (pertanto i dati riportatati fanno riferimento al totale di 60 soggetti). Era stato progettato inizialmente con l’obiet-
42
102
Sulla valutazione dei dati lo strumento è stato ri-progettato cfr. Allegato n. 17.
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
tivo di consentire ai soggetti di esplicitare le azioni che ciascun partecipante aveva intenzione di intraprendere per trarre vantaggio a livello professionale da una
migliore conciliazione. Per ogni azione da intraprendere era richiesta una riflessione sugli obiettivi cui tendere, con quali tempi, facendo leva su quali risorse
e tenendo conto di quali limiti, e in base a quali criteri di riferimento (familiari, professionali, personali, valoriali). In sostanza si chiedeva di riflettere e rispondere nel modo più concreto possibile alla domanda: “…e se adesso dovessi agire, farei…”. Il tutto, però, andava fatto tenendo conto di due criteri fondamentali: l’esame di realtà rispetto a se stessi, le proprie risorse personali e competenze e l’esame della realtà rispetto al contesto, ossia l’effettiva realizzabilità di
quello che ci si propone all’interno del proprio contesto di riferimento. Il piano d’azione ha quindi l’obiettivo immediato di restituire “concretezza” al lavoro svolto dall’utente in collaborazione con il consulente.
Le risposte dei 60 soggetti sono state prese in esame analiticamente attraverso un metodo intergiudice al fine di individuarne i principali nuclei tematici e categorizzate in base ai significati comuni. Successivamente si è proceduto ad una ri-classificazione delle risposte in base alle categorie emerse ed è stato possibile calcolare la frequenza delle varie tipologie di “azioni” programmate, mettendo in evidenza i temi principali presenti nel materiale prodotto dagli utenti (Losito, 2002).
Si tratta di una sintesi del materiale prodotto in termini puramente descrittivi.
L’esame dei contenuti che emergono con maggiore frequenza ci permette
una prima valutazione dell’impatto dei percorsi realizzati, pur rimanendo sul piano della “intenzionalità” delle azioni da intraprendere.
Vengono prese in considerazione tre aree principali:
1. le azioni da intraprendere comprese le motivazioni e gli obiettivi;
2. le risorse su cui il soggetto dovrebbe poter contare;
3. gli ostacoli che si potrebbero frapporre alla realizzazione delle azioni ipotizzate e le eventuali strategie per superare tali ostacoli.
Prima area del piano d’azione: le azioni da intraprendere
La prima area del piano d’azione andava ad indagare le azioni che i soggetti avevano intenzione di intraprendere con tre domande fondamentali: qual era
la prima cosa che avrebbero fatto, perché e con quali obiettivi.
Dall’ esame delle risposte alla prima domanda: “La prima cosa che voglio
fare è…” è stato possibile individuare quattro tipologie principali di risposte (figura 4.2).
La prima tipologia riguarda il cambiamento lavorativo in tutte le sue sfaccettature: cominciare o ricominciare a lavorare, riorganizzarsi, trovarne uno più adeguato alle proprie esigenze, riscontrato nel 45,5% (n=25) dei casi.
La seconda area riguarda il completamento della formazione attraverso corsi di formazione: finire o riprendere l’università, il completamento degli studi
interrotti, risposta ricorrente nel 20,0% (n=11) dei casi.
103
Il piano d’azione:
alcuni dati
interessanti
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Il piano d’azione:
alcuni dati
interessanti
Con la stessa percentuale del 20,0% (n=11) si evidenzia un’area relativa alla collocazione/sistemazione dei figli, la quarta area si inserisce invece in
un’analisi più puntuale del mercato del lavoro e il vaglio delle possibilità presenti sul territorio (14,5%, n=8) (missing=5).
La seconda domanda del piano d’azione chiedeva perché il soggetto ritenesse fondamentale intraprendere proprio quella dichiarata come prima azione,
per indagare appunto le motivazioni legate alla prima azione da intraprendere.
Si sono evidenziati 3 principali nodi concettuali (figura 4.2): al primo posto
il desiderio di realizzazione personale con lavoro più qualificato rispetto alle proprie competenze con una percentuale del 45,6% (n=26), subito dopo l’esigenza di dedicare tempo ai figli, alla famiglia ed a sè stessi con il 31,6% (n=18); infine la necessità di indipendenza economica per il 22,8% (n=13) dei casi (missing=3).
Viene fuori che il desiderio di realizzarsi è la motivazione principale, realizzarsi con i veri desideri, le reali aspirazioni con un lavoro che corrisponde maggiormente al proprio curriculum, le aspettative, l’impegno con cui si è studiato etc..
La domanda successiva chiedeva gli obiettivi che si intendevano raggiungere intraprendendo l’azione descritta.
Abbiamo individuato 5 raggruppamenti principali di obiettivi prefissati (figura 4.2). L’obiettivo maggiormente rappresentato (26,5%, n=13) rientra nella crescita professionale e nel raggiungimento di una maggiore soddisfazione
lavorativa. Al secondo posto ricorre l’obiettivo di conciliazione, riuscire a tenere insieme efficacemente studio, lavoro e famiglia (24,5%, n=12). A pari merito con il 20,4% (n=10) delle risposte abbiamo obiettivi relativi alla formazione e alla conoscenza del mercato del lavoro e dei servizi presenti sul territorio
utili per l’avvio di un’attività in proprio. Emerge anche nell’8,2% (n=4) dei casi un obiettivo molto specifico di conoscere, individuare e poter usufruire di strutture valide a cui affidare i figli (missing=11).
104
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Figura 4.2 - Le azioni da intraprendere al termine del percorso
Il piano d’azione:
alcuni dati
interessanti
IL PIANO D’AZIONE:
LE AZIONI DA INTRAPRENDERE
Seconda area del piano d’azione: le risorse su cui il soggetto può contare
La seconda area del piano d’azione poneva l’accento sulle risorse che il soggetto individua come necessarie per renderlo realizzabile. Le risorse venivano
esplicitamente suddivise in termini di competenze (conoscenze e capacità), di
risorse personali, di risorse esterne e di formazione.
In termini di competenze (conoscenze e capacità)
Le risorse che i soggetti individuano come fondamentali per la realizzazione del proprio piano d’azione sono raggruppabili principalmente in 5 catego105
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Il piano d’azione:
alcuni dati
interessanti
rie: quelle tecnico-professionali, legate in maniera specifica alla professione che
andranno ad intraprendere (42,2%, n=19), al secondo posto evidenziamo le
competenze informatiche (24,4%, n=11); al terzo posto le competenze organizzative (15,6%, n=7), di pianificazione e gestione del lavoro; al quarto posto
competenze linguistiche (11,1%, n=5), infine capacità di realizzare un buon curriculum e di sostenere un colloquio di lavoro (6,7%, n=3) (missing=15).
In termini di risorse personali
Si possono evidenziare 4 aree: nella prima confluisce la maggior parte delle risposte (77,3%, n=34) e può essere descritta come “determinazione” o “perseveranza”. Infatti vengono utilizzati termini quali “costanza”, “volontà”, “perseveranza”, “tenacia”, “disponibilità”, “impegno”, “responsabilità”. Con molto distacco una seconda area fa capo alla flessibilità (9,1%, n=4), alle capacità comunicative (9,1%, n=4) ed organizzative (4,5%, n=2) (missing=16).
È interessante notare come la percentuale più alta di risposte (77,3%)
possa essere assimilata all’insieme dei subfattori che vanno a definire il fattore di personalità “persistenza” (sottodimensione del fattore “coscienziosità”) appartenente al modello della personalità dei “Big-Five” (McCrae e Costa, 1988).
Vengono ripetutamente citate, infatti, la volontà di avere successo, la perseveranza, la scrupolosità, la responsabilità, la precisione, l’accuratezza, l’affidabilità,
caratteristiche considerate subfattori che definiscono nell’insieme, per l’appunto, il fattore “persistenza” all’interno del modello di personalità basato sui 5 fattori principali.
A tal proposito emerge ripetutamente in letteratura una significativa relazione tra “coscienziosità” e successo professionale. In particolare uno studio di meta-analisi su 117 studi pubblicati nel periodo 1952-1988 in cui veniva preso in
esame il modello dei “Big Five” su 5 differenti gruppi occupazionali si rilevava
come risultato più significativo che la dimensione “coscienziosità” risultasse un
valido predittore di successo di tutti i gruppi professionali considerati (in
Borgogni, 1998).
In termini di risorse esterne
In tema di risorse esterne si evidenziano due gruppi principali di risposte:
uno racchiude le strutture “pubbliche” di cui il soggetto può usufruire quali sportello donna, camera di commercio, centro per l’impiego, centri di orientamento, informagiovani, sindacati, servizi del comune di residenza per attività estive per i figli etc. (78,7%, n=37), il secondo racchiude le risorse di tipo più “privato” personale, legate alle conoscenze e alla propria rete di relazioni quali parenti, familiari, colleghi ed amici (14,9%, n=7).
Tre soggetti (6,4%) non individuano alcuna risposta esterna (missing=10).
La maggior parte degli utenti considera come risorsa esterna le varie tipologie di strutture pubbliche, dato congruente con il contesto in cui i percorsi sono stati condotti.
106
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
In termini di formazione
Per quanto riguarda le risorse individuate in termini di formazione sono la
percentuale maggiormente rappresentata di risposte riguarda i corsi di formazione specifici per la professionalità del singolo utente (62,5%, n=20), al secondo posto troviamo corsi di informatica (12,5%, n=4) e un gruppetto di utenti
che non sa su quali risorse contare (12,5%, n=4). Intendono finire gli studi 2
soggetti (6,3%) ed altri 2 (6,3%) effettuare un tirocinio (missing=28).
Sembrerebbe che le risorse in termini di formazione siano più difficili da individuare.
La terza area del piano d’azione: gli ostacoli che il soggetto potrebbe incontrare nell’intraprendere le azioni programmate.
Con la terza area del piano d’azione si andavano ad esplorare gli impedimenti che il soggetto poteva incontrare alla realizzazione del proprio piano d’azione attraverso un esercizio di anticipazione e prefigurazione di ostacoli ed
eventuali strategie di superamento degli stessi. Alla domanda “penso che la cosa più difficile o che potrebbe crearmi maggiori problemi potrebbe essere…”
emergono sei categorie principali di possibili ostacoli: la prima (26,1%, n=12)
comprende una serie di indisponibilità di chi aiuta il soggetto in relazione alla
gestione dei figli (parenti, baby-sitter, partner, strutture apposite). La seconda
categoria è rappresentata dagli orari di lavoro poco flessibili (23,9%, n=11) e
l’indisponibilità del datore di lavoro a dare una maggiore flessibilità. Al terzo posto l’eventualità di una malattia sia per i figli che per se stessi (17,4%, n=8). A
pari merito con la malattia troviamo una generica ansia rispetto al “non riuscire a farcela” a gestire le cose nell’insieme (17,4%, n=8). Al quinto posto troviamo la famiglia, in particolare il partner, contrario alla realizzazione degli obiettivi lavorativi (13,0%, n=6). Per finire troviamo generiche preoccupazioni finanziarie (2,2%, n=1). Da una lettura complessiva delle risposte emerge, da un lato, una tipologia di paure più “concrete” legate ad aspetti materiali dell’esistenza quali la malattia, l’indisponibilità delle persone che aiutano, gli orari di lavoro, la non collaborazione del partner, insieme a paure più generiche, indefinibili, quasi una sorta di ansia generalizzata legata alla sensazione di “non riuscire a farcela”. (missing=14).
La domanda successiva “Se questo accadesse penso che mi comporterei così…” andava ad esplorare le eventuali strategie che il soggetto si prefigurava per
superare gli ostacoli predetti.
In questo caso emergono tre tipologie principali di possibili soluzioni: la categoria più ampia (46,5%, n=20) comprende una serie di strategie che richiedono una
riorganizzazione dei fini e degli obiettivi dopo una fase di valutazione dell’andamento dei loro piani. Come seconda tipologia di soluzioni (39,5%, n=17) emerge una
serie di strategie di ricerca di supporto e/o sostegno da parte degli altri, siano essi
parenti, amici, familiari, specialisti, enti presenti sul territorio etc.. Una terza categoria può andare sotto il nome di “modifica dei mezzi”, quindi modifica nell’utilizzo del
tempo, congedi parentali, ect. per il 14,0% (n=6) dei soggetti (missing=17).
107
Il piano d’azione:
alcuni dati
interessanti
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Il piano d’azione:
alcuni dati
interessanti
Infine veniva posto il quesito: “la seconda cosa che voglio fare è…”.
Alla domanda su quale fosse la seconda azione che i soggetti avrebbero intrapreso hanno risposto solo il 64,0% dei soggetti che hanno prodotto il piano d’azione (38 su 60) quindi 22 soggetti non hanno dato risposto a questa domanda.
Emergono cinque tipologie di azioni: il 36,8% (n=14) avrebbe intrapreso azioni riguardanti la riorganizzazione del proprio lavoro, il 18,4% (n=7) si sarebbe
dedicato alla formazione, il 18,4% (n=7) avrebbe curato maggiormente i propri hobby, il 15,8% (n=6) intendeva fare una vacanza e l’10,5% (n=4) avrebbe cercato di avere o il primo figlio o un altro figlio. È interessante notare come le categorie “hobby”, “vacanza”, “tempo per se stessi” e le attività meno legate strettamente al lavoro emergano in seconda battuta, come seconda cosa
che i soggetti avrebbero voluto fare. Sembra che il desiderio di prendere più tempo per se stessi emerga dopo le esigenze più pressanti legate alla situazione economica, il bisogno di occupazione e l’esigenza di conciliazione tra vita familiare e lavorativa.
4.9 Il follow-up
Il follow-up agli utenti aveva l’obiettivo principale di evidenziare quanto i nuclei concettuali coinvolti nelle riflessioni e nelle esercitazioni realizzate all’interno del percorso in.la.v. fossero stati stabilmente attivati dalla pratica stessa.
In tutti i casi, il periodo intercorso tra la conclusione del percorso e la somministrazione del questionario di follow-up43 è stato non inferiore ai quattro mesi e non superiore agli otto mesi, come previsto dal piano della ricerca.
È stato possibile ricontattare, per la somministrazione del questionario di follow-up, l’80,8% (n=59) contro il 19,2% (n=14) dell’intero campione dei soggetti che hanno partecipato alla sperimentazione. Pertanto i dati che seguono
fanno riferimento ad un totale di 59 soggetti. È stata data l’opportunità di rispondere al questionario in due diverse modalità, ossia in formato elettronico e in
formato cartaceo, al fine di limitare il fenomeno della dispersione. Il totale di
59 questionari restituiti è risultato suddiviso in: 26 (44,1%) in formato elettronico e 33 in formato cartaceo (55,9%).
Il questionario si strutturava in due parti principali, la prima riferita ad
un’indagine generale sul percorso in.la.v., la seconda più specificatamente focalizzata sull’analisi degli effetti a lungo termine della partecipazione al percorso in termini di modificazioni avvenute nel quotidiano.
Innanzitutto si chiedeva ai soggetti se avessero seguito tutto il percorso per
intero, sia nei momenti individuali che in quelli di gruppo: l’84,7% (n=50) dei
rispondenti ha affermato di aver partecipato ad ogni incontro previsto all’inter-
43
108
Vedi Allegato n. 19.
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
no del percorso in.la.v., mentre il 15,3% (n=9) ha dichiarato di non aver seguito il percorso per intero.
Successivamente è stato chiesto ai soggetti che non hanno partecipato al percorso nella sua completezza il motivo di tale circostanza.
Soltanto 1 dei 9 soggetti ai quali era rivolto l’item non si è avvalso dell’opportunità di esplicitare i motivi della propria assenza in alcuni momenti del percorso in.la.v., tutti gli altri hanno dato una risposta e si sono distribuiti equamente su quattro tra le cinque alternative di risposta proposte dal questionario. In
particolare il 25,0% (n=2) dei rispondenti ha affermato che la propria assenza è stata causata da ragioni di lavoro, un altro 25,0% ha, invece, indicato ragioni personali, altri 2 soggetti hanno dichiarato che si è trattato di ragioni familiari, i restanti 2 soggetti hanno indicato altre motivazioni. Questo dato
sembrerebbe legarsi alle reali problematiche conciliative dei soggetti che hanno preso parte alla sperimentazione.
Con l’item successivo si chiedeva ai soggetti se avessero voluto partecipare
nuovamente al percorso. Il 67,8% (n=40) dei soggetti ha dichiarato che rifarebbe il percorso, il 28,8% (n=17) ha affermato di non sapere se partecipare oppure no, mentre il 3,4% (n=2) dei rispondenti dichiara che non vi parteciperebbe.
Dato sicuramente positivo poiché una larga maggioranza dei soggetti rifarebbe
il percorso, anche se rileviamo una certa percentuale di indecisi.
A questo punto si chiedeva ai soggetti di indicare le persone con le quali hanno avuto modo di parlare dell’esperienza vissuta all’interno del percorso. In questo caso veniva data la possibilità di scegliere più di una risposta, pertanto le percentuali di seguito riportate si riferiscono al totale di risposte date.
La risposta più frequentemente indicata dal campione è quella che vede il
partner come una delle persone con le quali condividere maggiormente l’esperienza vissuta: è stata indicata dal 47,5% dei rispondenti, pari a 28 soggetti.
Seguono le amiche e gli amici indicati dal 40,7% (n=24) dei soggetti; successivamente compaiono le colleghe ed i colleghi, segnalati dal 32,2% (n=19) del
campione e i genitori indicati dal 23,7% (n=14) dei rispondenti. Il 10,2%
(n=6) ne ha parlato con i figli, mentre l’8,5% (n=5) con altre persone e solo il
3,4% (n=2) dei soggetti non ha avuto modo od occasione di parlare di in.la.v.
con altri.
Un’altra domanda sul percorso in generale chiedeva ai soggetti se avessero consigliato il percorso ad altre persone. Dei 59 soggetti che hanno compilato il questionario di follow-up il 73,7% (n=42) dei rispondenti ha affermato
di aver consigliato ad altri di seguire il percorso, mentre il restante 26,3% (n=15)
non lo ha fatto (missing=2). Anche in questo caso troviamo un riscontro positivo sul percorso.
L’item successivo apre la seconda area di indagine del questionario di follow-up, la quale si propone di studiare le aree di cambiamento che si sono verificate nella vita quotidiana dei partecipanti al percorso. In prima battuta si chiedeva di indicare fino a due tra le più importanti aspettative che i soggetti avevano prima di seguire e concludere il percorso (quindi le percentuali si riferiscono al totale delle risposte date).
109
Il follow-up
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Il follow-up
I soggetti che non hanno dato risposta sono stati 3. Tra le undici alternative di risposta che il questionario proponeva, quella più frequentemente segnata è stata “Imparare a gestire meglio il mio tempo”, indicata dal 46,4% (n=26)
dei rispondenti. Si evidenzia che la principale aspettativa dei partecipanti sia quella di carpire delle modalità per rendere più efficace la propria organizzazione
dei tempi. Successivamente l’alternativa più indicata è stata quella che diceva
“Conoscere meglio le mie possibilità”, segnalata dal 21,4% (n=12) dei soggetti. Seguono tre alternative con la stessa percentuale del 19,6% (n=11) che sono “Imparare a conoscere meglio il contesto esterno”, “Risolvere un momento di crisi personale e professionale”, “Trovare un lavoro” (tabella 4.32).
Tabella 4.32 – Aspettative degli utenti prima del percorso in.la.v.
Quali erano le sue principali aspettative prima della realizzazione del percorso seguito?
%
Si
No
Valorizzare le mie competenze
16,1
83,9
Imparare a conoscere meglio il contesto esterno
19,6
80,4
Conoscere meglio le mie possibilità
21,4
78,6
Risolvere un momento di crisi personale e professionale
19,6
80,4
Trovare un lavoro
19,6
80,4
Cambiare il mio lavoro
10,7
89,3
Trovare un percorso di formazione adeguato
5,4
94,6
Cambiare il mio modo di vedere il lavoro
16,1
83,9
Acquisire maggiore fiducia in me
10,7
89,3
Imparare a gestire meglio il mio tempo
46,4
53,6
0,0
83,9
Altro
L’item seguente chiede di indicare su una scala likert a sette punti (da 1=“per
niente” a 7=“completamente”) quanto le aspettative iniziali siano state soddisfatte nel momento di conclusione del percorso La media di 5,21 (deviazione
standard=1,8) indica una generale soddisfazione rispetto alle aspettative iniziali (missing=1).
Il successivo item chiedeva ai soggetti di riflettere sulle effettive aree della
propria vita che hanno subito delle modificazioni sostanzialmente attribuibili
alla partecipazione al percorso in.la.v., e di indicarne fino ad un massimo di due
(le percentuali di seguito riportate si riferiscono al totale delle risposte date) (tabella 4.33).
L’alternativa di risposta, tra le nove proposte, più frequentemente indicata
è stata “La mia scala delle priorità”, segnata da 22 soggetti, pari al 37,9% del cam110
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Il follow-up
Tabella 4.33 – Cambiamenti avvenuti dopo il percorso
Che cosa pensa che si sia maggiormente modificato nella sua vita personale e professionale dopo aver seguito il percorso in.la.v.?
%
Si
No
Una certa immagine di me stessa/o
10,3
89,7
La mia conoscenza delle opportunità del contesto esterno
24,1
75,9
La mia capacità di gestire il tempo
31,0
69,0
La mia capacità di affrontare i problemi del quotidiano
31,0
69,0
La mia idea del lavoro
13,8
86,2
La mia scala delle priorità
37,9
62,1
La mia immagine della donna e dell’uomo al lavoro
8,6
91,4
La fiducia in me stessa/o
13,8
86,2
Altro
1,7
98,3
pione dei rispondenti. Riuscire a modificare la scala delle priorità e, dunque, dare ad ogni attività, impegno e ad ogni tempo il giusto peso in relazione all’importanza che ricopre nella propria vita è fondamentale per trovare un armonioso equilibrio tra ambiti di azione differenti: questa percentuale piuttosto alta di
soggetti che hanno dichiarato di aver percepito dei cambiamenti nella propria
concezione delle priorità sembra, quindi, una manifestazione tanto dell’utilità
del percorso quanto una misura di come esso possa essere realmente applicabile alla pratica della vita quotidiana degli individui. Le due alternative di risposta “La mia capacità di gestire il tempo” e “La mia capacità di affrontare i problemi del quotidiano” sono state indicate da una quota di soggetti pari al 31,0%
(n=18): come accennato anche a proposito dell’item relativo alle principali aspettative, un’efficace ed adeguata gestione del tempo è annoverata tra gli elementi che maggiormente interessano le persone con esigenze conciliative, in
quanto proprio questa sembra essere lo strumento fondamentale per costruire un equilibrio soddisfacente tra ambiti di vita differenti. Accanto a questo fattore, qui, troviamo anche l’abilità nell’affrontare le problematiche della vita quotidiana, alle quali i soggetti sentono di dover far fronte in modo continuativo:
pare, dunque, che i partecipanti al percorso siano stati in grado di acquisire delle nuove strategie di coping adatte al fronteggiamento delle situazioni in cui si
rendono necessarie un’analisi ed una valutazione attente di tutto il contesto e
delle proprie risorse. Il 24,1% (n=14) del campione ha segnato l’alternativa che
indicava “La mia conoscenza delle opportunità del contesto esterno”: ancora
una volta compare l’importanza dell’analisi del contesto esterno ed i soggetti
sembrano percepire la particolare attenzione che in.la.v. ha dedicato a tale elemento. Le altre alternative di risposta sono state indicate da meno soggetti, in
particolare tanto “La fiducia in me stessa/o” quanto “La mia idea del lavoro” so111
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
Il follow-up
no state indicate dal 13,8% (n=8) del campione; “Una certa immagine di me
stessa/o” è stata indicata da 6 soggetti, pari al 10,3% dei rispondenti; l’8,6%
(n=5) del campione ha indicato “La mia immagine della donna e dell’uomo al
lavoro”, mentre solo l’1,7% (n=1) ha indicato altre aree di cambiamento. Pare,
dunque, che i soggetti che hanno preso parte alla sperimentazione di in.la.v. vi
abbiano trovato giovamento per quel che concerne la mentalizzazione di una
scala di priorità, la gestione del tempo nonché gli strumenti atti alla valutazione delle proprie competenze e delle caratteristiche degli ambienti di azione; meno rilievo hanno avuto nei percorsi dei partecipanti le aree relative alle immagini e alle rappresentazioni mentali dei ruoli di genere, nonché quelle del lavoro e di sé: sembra legittimo, dunque, ipotizzare che la pratica consulenziale
di in.la.v. sia effettivamente in grado di attivare delle dinamiche di modificazione e di miglioramento relative da un lato alle prassi di organizzazione dei tempi di vita e dall’altro degli strumenti individuali per fronteggiare le problematiche conciliative.
Con l’ultimo item si chiedeva di indicare se e quanto il piano d’azione realizzato all’interno del percorso fosse stato effettivamente messo in pratica.
Anche in questo caso la scala presentata ai soggetti è una likert a sette punti (1= “per niente” a 7=“completamente”): con una media di 4,7 (deviazione
standard di 1,2) superiore alla metà dei valori presenti nella scala, il riscontro
è quindi senz’altro positivo anche in questo caso.
Dalla lettura complessiva dei dati del follow-up emergono, quindi, soddisfazione rispetto alle aspettative iniziali, percezione di un’effettiva modificazione
dell’organizzazione dei tempi all’interno della propria vita quotidiana e soddisfazione rispetto alla realizzazione del piano d’azione progettato.
4.10 In vista della ri-progettazione
Alla luce dell’analisi dei dati qui presentata, ma soprattutto all’interno della discussione sviluppata nel focus group finale con i consulenti e i responsabili delle strutture, è stato possibile far emergere i nodi principali su cui ci si è
basati per la riprogettazione del percorso.
In particolare, gli strumenti dai quali abbiamo tratto gli aspetti salienti per
la riprogettazione sono stati:
– le schede di monitoraggio compilate dai consulenti dalle quali è emersa
l’esigenza di riservare più spazio e più tempo ad alcune esercitazioni e passaggi di lavoro (ad esempio all’elaborazione del piano d’azione, o alla compilazione del proprio piano dei tempi nel laboratorio “tempi e spazi”), ma
anche la difficoltà rispetto al collegamento tra parti di esercitazioni (come
nel laboratorio “risorse ed esperienze”);
– il piano d’azione (prodotto dagli utenti) che in alcuni casi si è dimostrato
uno strumento “debole” sia nella sua formulazione sia nella sua fattibilità.
Gli ostacoli messi in evidenza dagli utenti che possono impedire la realiz112
CAPITOLO 4 IL PERCORSO in.la.v.: DALLA SPERIMENTAZIONE ALLA VALUTAZIONE
zazione del piano d’azione possono essere la malattia, l’indisponibilità delle persone che aiutano, gli orari di lavoro, il datore di lavoro che non consente un orario flessibile, la non collaborazione del partner, ecc.
Qui di seguito vengono elencati gli aspetti che sono stati oggetto di ri-progettazione rimandando al capitolo 5 per la presentazione della filosofia e delle modalità che l’hanno guidata:
– l’accoglienza e l’analisi della domanda devono necessariamente essere momenti distinti. Bisogna tenere conto delle esigenze delle strutture nel caso in cui non sia possibile realizzare l’accoglienza così come proposta dal
percorso in.la.v.;
– per quanto riguarda il patto consulenziale è prematuro proporlo in fase di
analisi della domanda per diverse ragioni: a) il consulente potrebbe non
essere lo stesso che prende in carico l’utente; b) è necessario l’approfondimento sulla storia prima di poter decidere la tipologia di percorso che
viene proposto; c) è necessario dare all’utente uno spazio di riflessione maggiore prima di poter aderire al percorso;
– il seminario di informazione e sensibilizzazione risulta difficile da gestire
poiché troppo complesso e carico di contenuti diversi e pertanto potrebbe essere diviso in due momenti che però vogliono raggiungere un obiettivo unico, ossia, il rafforzamento delle reti tra servizi-servizi e persone-servizi;
– in base alle esigenze dell’utente può essere proposto un percorso prevalentemente individuale o prevalentemente di gruppo. Infatti alcuni di loro hanno mostrato di gradire un approccio individuale e altri un approccio di gruppo e di ricavare maggiore utilità da un tipo di percorso piuttosto che da un altro;
– per adeguarsi alle esigenze di un’utenza molto eterogenea è possibile prevedere diverse combinazioni di moduli offrendo così la possibilità di personalizzare effettivamente il percorso in.la.v..
113
In vista della riprogettazione
PARTE SECONDA
Il percorso in.la.v.: moduli e strumenti
CAPITOLO 5
LA COMPOSIZIONE
MODULARE DI in.la.v.:
LINEE GUIDA PER UNA
PROGETTAZIONE
PERSONALIZZATA
5.1 Le ragioni di un percorso a moduli
Come già indicato nell’introduzione al volume, e come viene puntualmente illustrato nel capitolo 4, la sperimentazione del percorso in.la.v. ha consentito di procedere a una riprogettazione della proposta consulenziale messa a
punto in una prima fase, non tanto sul fronte degli strumenti e dei contenuti
che sono rimasti pressoché invariati, quanto nella struttura del percorso che assume adesso una composizione modulare che, a nostro avviso, consente un utilizzo più flessibile e più adattabile alle diverse situazioni. Di seguito vengono presentate le principali ragioni che hanno spinto il gruppo di lavoro in questa direzione, e dopo aver illustrato obiettivi e modalità di svolgimento dei singoli moduli, saranno descritte alcune configurazioni possibili di percorso da adattare
a seconda delle esigenze e delle caratteristiche dei servizi in cui viene realizzato così come della domanda dell’utenza che vi si rivolge.
Perché la scelta di concepire tanti moduli separati?
In primo luogo, gli esiti della sperimentazione ci hanno indotto a ritenere piuttosto impegnativo l’alternarsi di momenti individuali e di gruppo dedicati a oggetti di riflessione che, sebbene affrontati con un differente approfondimento,
risultavano in parte sovrapponibili, ma la ragione profonda di questa riprogettazione è da ricercarsi in una duplice attenzione: la prima rivolta ai consulenti
e agli operatori che si trovano a lavorare in strutture sul territorio molto diverse tra loro, e la seconda attenzione è posta nei confronti delle persone che accedono a questi servizi e che potrebbero beneficiare di un percorso specifico
sul tema della conciliazione. Per un pubblico potenzialmente interessato a questa tematica è infatti utile costruire proposte informative e/o consulenziali rispondenti specificamente a diversi bisogni e tempi di ascolto.
Un dato che era già parso significativo nel corso di altre sperimentazioni realizzate dall’Area Politiche per l’Orientamento dell’Isfol (ci riferiamo in particolare al percorso denominato PassoallaPratica e a Bi.dicomp.), ma che lo è stato ancora di più nel caso di in.la.v., è relativo all’eterogeneità dei servizi offerti
117
CAPITOLO 5
Le ragioni di un
percorso a
moduli
LA COMPOSIZIONE MODULARE DI in.la.v.: LINEE GUIDA
dalle strutture del nord piuttosto che del sud del paese che risulta fortemente
influenzata dalle risorse e dalle competenze disponibili. Le scelte di riprogettazione hanno tenuto conto proprio di questo, considerando fondamentale il
rispetto della realtà operativa dei nostri servizi per il lavoro e la formazione professionale, o di quello che potremmo chiamare in linguaggio più tecnico “esame della realtà”.
Senza entrare nella complessità dei motivi che ci portano a fotografare situazioni operative molto distanti e difformi tra loro, un nodo, in particolare, ci
è sembrato più che in altre occasioni di ricerca cruciale per leggere i dati della
sperimentazione. E questo nodo è rappresentato dalla domanda di “aiuto” che
i servizi raccolgono nell’ambito della loro sfera d’azione. Se la domanda prevalente è quella di avere o trovare un lavoro, cercarlo o cambiarlo, ci siamo chiesti quanto, ma soprattutto in che termini, la proposta di un percorso fortemente centrato sui temi della conciliazione possa incrociare questa domanda così
circostanziata.
In altre parole, convinti da un lato che un servizio consulenziale non è mai
la sola risposta possibile, e dall’altro che rappresenta sempre un aiuto di secondo livello specialistico e approfondito, siamo giunti all’evidenza che la tematica della conciliazione, per sua natura trasversale e “sotterranea” ad altre, rientra di per sé nella consulenza orientativa che si può offrire agli adulti. Se così
è, e molte osservazioni raccolte sul campo nel corso del progetto lo confermano, è altrettanto vero che un focus su questo tema risulta fondamentale per leggere e capire le transizioni lavorative che le persone vivono oggi. Da qui l’attenzione posta verso i diversi beneficiari dei servizi consulenziali a cui possiamo fare riferimento nel cercare di offrire loro risposte diversificate a fronte di bisogni
che vanno da quello fondamentale dell’informazione (sapere quali sono ad
esempio le politiche a favore della conciliazione), a quello della riflessione sulla gestione dei propri tempi di vita e della valorizzazione delle proprie esperienze professionali e personali.
Tre quindi le esigenze che abbiamo cercato di soddisfare attraverso una riprogettazione per moduli:
1. di alleggerimento della proposta consulenziale anche per venire incontro alle diverse realtà organizzative e operative presenti sul territorio nazionale;
2. di riarticolazione dell’intervento, secondo modalità di gruppo, individuali o miste, in funzione sia della domanda che le persone rivolgono al servizio sia delle loro caratteristiche;
3. di integrazione con altri percorsi che trattano temi vicini e affini a quelli
della conciliazione, o che già la affrontano anche se non in modo esplicito.
Le modifiche e le revisioni al percorso sono andate nella direzione di rendere in.la.v. un insieme di “possibilità” consulenziali da adattare, e in qualche
modo plasmare, alle esigenze non solo di alcuni target di utenti mirati (anzitutto le donne che entrano o rientrano nel mercato del lavoro dopo aver avuto un
figlio), ma in generale delle persone che avvertono un problema di conciliazio118
CAPITOLO 5
LA COMPOSIZIONE MODULARE DI in.la.v.: LINEE GUIDA
ne in relazione alla propria situazione professionale.
Alla luce di queste osservazioni, e in linea con un’impostazione personalizzata del servizio consulenziale, diventa più che mai centrale mettere a fuoco con
precisione la gamma di richieste che possono emergere nell’incontro con l’utenza. In altre parole, chiedersi qual è il problema su cui poter intervenire in modo prioritario, in quel momento e con quella persona, è doppiamente cruciale se vogliamo pensare di offrire risposte mirate, ovvero progettare un percorso “modulare”.
In questo senso chiediamo agli operatori, ma anche ai beneficiari dei servizi, di diventare co-progettisti della consulenza erogata. L’obiettivo dovrebbe
essere quello di proporre alla persona che incontriamo già in sede di analisi della domanda, ma più puntualmente in un colloquio dedicato a esplorare la sua
storia di conciliazione lavoro e vita, un percorso a tappe: ognuna delle quali è
un pezzo (traguardo) compiuto e finito. A fronte di questa scelta di metodo, la
struttura di un percorso del tutto “confezionato” risulta limitante in confronto
a un’opzione consulenziale da costruire insieme, a seconda delle priorità e delle “urgenze”.
Sebbene questo tipo di lavoro sia spesso complesso, sia per la tipologia di
domanda sia per i vincoli organizzativi, riteniamo che la stessa modularità a fronte di un impegno più serrato può incidere e sullo sviluppo di una maggiore consapevolezza da parte degli utenti e su una riflessione organizzativa relativamente a modalità e tempi. La filosofia di fondo è di non forzare la domanda che le
persone portano verso la ricerca di risposte facili e affrettate, ma di favorire da
subito un atteggiamento maggiormente attivo e consulenziale.
5.2 L’articolazione dei moduli in.la.v.
Quali e quanti sono i moduli pensati nell’ambito del progetto in.la.v. Isfol?
Complessivamente sono nove, di cui tre fanno parte di quella che può essere considerata una fase preliminare e propedeutica alla realizzazione del percorso consulenziale vero e proprio, tre sono moduli laboratoriali che si svolgono in gruppo, e tre sono colloqui individuali che affrontano gli stessi contenuti dei laboratori ma con modalità e strumenti differenti.
In figura 5.1 sono presentati i tre moduli propedeutici all’avvio di un percorso in.la.v. che, come avremo occasione di illustrare dettagliatamente nelle pagine a seguire, non può prescindere da questi primi momenti o addirittura esaurirsi con essi. Più precisamente, il momento di accoglienza e analisi della domanda è il primo passaggio in previsione dell’avvio di qualsiasi percorso consulenziale, e quindi ha un carattere esplorativo a 360°. Nel caso specifico, si suggerisce al consulente impegnato a svolgere questo colloquio di prestare particolare attenzione alle questioni (problemi, modalità, priorità) legate alla conciliazione tra ambiti di vita. In questo senso nel riquadro “accogliere e leggere
la domanda” è posta in parentesi, la specificazione “di conciliazione”. Questa
accortezza non va assolutamente intesa come una forzatura verso l’avvio di un
119
Le ragioni di un
percorso a
moduli
CAPITOLO 5
L’articolazione dei
moduli in.la.v.
LA COMPOSIZIONE MODULARE DI in.la.v.: LINEE GUIDA
percorso in.la.v., ma piuttosto come un primo passaggio verso la comprensione dei bisogni della persona, anche in relazione a eventuali problemi di conciliazione, da approfondire nel colloquio dedicato a “la storia di conciliazione”.
Fig. 5.1 - I tre moduli propedeutici all’avvio di un percorso in.la.v.
Il colloquio di analisi della domanda termina quindi con un’indicazione che
può abbracciare diverse possibilità e piste di intervento. Se una, tra queste, va
nella direzione di approfondire temi legati alla conciliazione tra lavoro e vita, allora può essere opportuno un momento individuale di racconto della propria
storia di conciliazione, piuttosto che un’occasione informativa in gruppo sulla
normativa e i servizi a supporto della conciliazione. Le due proposte non sono
alternative, e pertanto non si escludono a vicenda e non prevedono una sequenza stabilita. Va da sé che ciascuna ha una centratura specifica ma, come avremo modo di spiegare nei capitoli ad esse dedicati, per la natura ampia dei contenuti che affrontano e delle questioni che sollevano, possono essere spunto
o avvio per altri percorsi di consulenza, quali un bilancio di competenze o una
consulenza orientativa tout court.
Più precisamente, il modulo biografico focalizzato sulla storia di conciliazione ha un obiettivo molto specifico, in quanto ricostruisce i passaggi più importanti della vita personale e professionale di un soggetto alla luce delle modalità con cui ha affrontato le situazioni di transizione e crisi tra i diversi ambiti presi in considerazione. Se quindi la centratura è sulla storia di vita nel suo complesso, è possibile, pur a partire da un’attenzione concreta sulle strategie di conciliazione attivate di volta in volta nel corso della propria vita, considerare questo colloquio come un’apripista verso altre possibilità di approfondimento consulenziale. Come si avrà modo di illustrare nel capitolo dedicato a questo colloquio, l’approccio narrativo che lo sostanzia potrebbe prevedere tante aree di
indagine e domande di approfondimento, ma è centrale mantenere il fuoco del120
CAPITOLO 5
LA COMPOSIZIONE MODULARE DI in.la.v.: LINEE GUIDA
la relazione su alcuni oggetti rilevanti o nodi significativi per la persona, che vanno accuratamente individuati e circoscritti.
Viceversa, il modulo informativo che si è messo a punto all’interno del progetto in.la.v. è volutamente un’occasione per sensibilizzare un pubblico, di per
sé molto vasto e differenziato come può essere quello degli adulti che si avvicinano a un servizio per il lavoro o la formazione professionale, sulle questioni e le tematiche specifiche della conciliazione tra lavoro e resto della vita. In
questo caso, a differenza del modulo biografico che ha una centratura individuale e del tutto personale, la natura dell’iniziativa è legata al territorio locale
e al tessuto sociale in cui si realizza e non può prescindere da un coinvolgimento a livello organizzativo, familiare e culturale allargato.
In figura 5.2 sono riportati i titoli dei tre moduli tematici con le due opzioni di metodo: il laboratorio di gruppo o il colloquio individuale. Le due opzioni sono da intendersi come alternative, e dunque sono state progettate a seconda del tipo di setting con obiettivi e modalità di conduzione differenti.
Fig. 5.2 - Le opzioni possibili in un percorso in.la.v.
5.3 Il piano d’azione in.la.v.: l’esito di un percorso
Ogni modulo in.la.v. è stato concepito in modo da avere una sua compiutezza e autonomia sia di obiettivi sia di risultati. Questo principio, che ha portato a rivedere l’idea originaria di un percorso più articolato e pre-definito, si accompagna all’idea di dare maggiore risalto al prodotto che vorrebbe raggiungere in.la.v.: un piano d’azione individuale. Ma che cosa si intende con questo
termine?
Un piano d’azione è uno schema operativo che aiuta a fissare con chiarezza obiettivi, metodi e risorse utili a gestire un cambiamento, sia professionale,
sia personale e/o familiare. È uno strumento finalizzato all’azione, come dice
lo stesso termine, e quindi deve avere una certa semplicità e snellezza sia nel121
L’articolazione dei
moduli in.la.v.
CAPITOLO 5
Il piano d’azione
in.la.v.: l’esito di
un percorso
LA COMPOSIZIONE MODULARE DI in.la.v.: LINEE GUIDA
la formulazione sia nell’applicazione. Spesso è il frutto di un ragionamento a
tavolino o di un’analisi preventiva che ci porta a meglio pianificare e programmare tempi e attività. In questo caso, vuole essere un prodotto che si costruisce passo dopo passo nel corso di un lavoro di consulenza che potrà avere una
durata variabile e fare ricorso a modalità di lavoro differenti. In altre parole, ogni
fase e strumento che viene proposto durante il lavoro consulenziale di in.la.v.
è finalizzato a comporre e precisare il proprio piano d’azione (cfr. allegato 17)
che viene visivamente rappresentato da sei “tessere” di un esagono (cfr. fig. 5.3).
Sei, dunque, sono le potenziali aree di approfondimento o, se vogliamo, i
risultati dell’analisi da raggiungere attraverso un percorso in.la.v., a cui sono state date i nomi evocativi riportati in figura. Come si può evincere dalla formula
modulare presentata sin qui non è necessario costruire un piano d’azione in tutte le sue parti, ma si può scegliere di affrontare le aree più critiche (qualcuna
delle tessere) e su queste concentrare l’investimento di tempi e risorse.
Fig. 5.3 - Il piano d’azione in.la.v.
Concretamente il piano d’azione è un documento che si compone di tante pagine quanti sono i moduli che articolano la proposta consulenziale di in.la.v.
Isfol. Partendo dal presupposto che è possibile seguire uno o più moduli a seconda delle esigenze dell’utenza, le pagine vanno trattate come “mobili”, ovvero sganciate l’una dall’altra.
Il consulente, in avvio a un momento laboratoriale o di colloquio, illustrerà
e consegnerà le pagine del piano d’azione pertinenti, e ciascun partecipante sarà
chiamato a compilarle in chiusura come occasione per portare a sintesi il lavoro svolto. Alcune di queste tessere/pagine potranno essere completate a ritro122
CAPITOLO 5
LA COMPOSIZIONE MODULARE DI in.la.v.: LINEE GUIDA
so, una volta avviato un percorso in.la.v., anche nell’ottica di lasciare traccia del
lavoro consulenziale nel suo complesso.
Per presentare il piano d’azione il consulente può fare ricorso alla metafora del viaggio proponendo un’immagine del genere: “se un piano d’azione ci
può aiutare in situazioni di cambiamento possiamo immaginarlo come l’inizio
di un viaggio in cui occorre definire anzitutto la direzione e possedere una mappa per muoversi. Successivamente serve stabilire la tabella di marcia, preparare il proprio bagaglio e partire, sapendo che oltre a incontrare alcuni punti ristoro ci saranno anche ostacoli da trasformare in opportunità”.
Qui di seguito illustriamo le sei “tessere” di cui si compone il piano d’azione in.la.v., motivando brevemente scelta del nome e significato di ognuna in relazione ai diversi moduli progettati.
1. La direzione da prendere
Il primo passo si compie attraverso la fase di analisi della domanda (cfr. capitolo 6) dove il tema guida potrebbe essere espresso con questi interrogativi: “a che cosa punto?”, “vorrei che mi aiutassero a….?”. Lo scopo potrebbe essere quello di trovare un lavoro riuscendo a ricorrere a qualche aiuto esterno,
oppure raggiungere una certa posizione lavorativa ma nel rispetto dei propri tempi di vita personale, oppure si vorrebbe poter lavorare riuscendo a distribuire
un po’ meglio i ruoli in casa, ecc..
In tutti i casi, se prioritaria è un’esigenza di conciliazione che richiede l’avvio di un percorso consulenziale specifico è altrettanto importante riconoscere i bisogni informativi della persona.
Al termine di questa fase il dato che si concretizza sul piano d’azione è costituito dal prossimo appuntamento che potrà andare in diverse direzioni. Ad
esempio verso un approfondimento sulla storia di conciliazione della persona
o verso la partecipazione a un momento informativo più ampio, o verso altre
forme di intervento consulenziale.
2. La mappa
Il secondo passaggio importante, da realizzare più compiutamente in sede
di colloquio sulla storia di conciliazione, è capire la situazione generale di vita
in cui si trova la persona e i tratti specifici delle sue esperienze. Il tema di fondo, in questo caso, risponde a interrogativi del tipo: “a quali persone chiedo/ho
chiesto un aiuto, un supporto? A quali servizi sul territorio posso rivolgermi? Ci
sono leggi, iniziative che potrebbero aiutarmi a risolvere le mie esigenze?”. Per
realizzare un cambiamento è necessario poter ricorrere ad aiuti e risorse esterne, siano esse le persone più vicine o i servizi disponibili sul territorio, le iniziative locali, il sostegno offerto da normative esistenti, ecc.
La mappa che il piano d’azione mette “nero su bianco” è costituita da tutte le informazioni che si possono/devono acquisire (materiali, letture, opuscoli, ecc.) da quel momento in poi, in particolare in tema di conciliazione.
Al termine di questo colloquio, consulente e cliente saranno in grado di stipulare un patto di lavoro che riassume i reciproci impegni, ma soprattutto che
123
Il piano d’azione
in.la.v.: l’esito di
un percorso
CAPITOLO 5
Il piano d’azione
in.la.v.: l’esito di
un percorso
LA COMPOSIZIONE MODULARE DI in.la.v.: LINEE GUIDA
riformula la richiesta della persona (in forma scritta) in funzione della scelta di
modulo e modalità di lavoro che sarà emersa come prioritaria e di maggiore utilità (cfr. capitolo 7).
3. La tabella di marcia
Questa tessera del proprio piano d’azione risponde a una domanda fondamentale: “quali tempi ho e quali può avere il mio piano d’azione?”. Non esiste
programma che non faccia i conti con la realtà e non esiste conciliazione che
non tenga conto della dimensione temporale e spaziale delle nostre attività.
Un’azione per avere esiti concreti deve darsi dei tempi e variarli a seconda dei
carichi, momento per momento.
Se si è valutato opportuno lavorare su questo punto anche attraverso il modulo “tempi e spazi”, al termine del laboratorio o colloquio così denominato,
si sarà concretizzato un proprio piano dei tempi.
4. L’equipaggiamento
Per attivare un cambiamento è necessario tener conto delle competenze individuali, delle risorse personali, delle possibilità economiche, ma anche delle risorse che non si hanno con sé, che devono ancora essere sviluppate o che
ci si deve procurare lungo la via (il proprio patrimonio è necessariamente limitato).
Seguire il modulo “risorse ed esperienze”, sia nella versione collettiva sia individuale, può essere utile per mettere a fuoco il tema dei propri punti di forza e di debolezza. Al termine di questo lavoro la tessera, qui chiamata “equipaggiamento”, avrà assunto una forma più chiara e definita.
5. Le opportunità
Questa tessera del proprio piano d’azione risponde alla domanda: “quali elementi possono ostacolare o rallentare il mio cammino? E ancora: “posso superarli o aggirarli? Come?”. Per portare a compimento un progetto non si può non
tener conto degli aspetti che potrebbero essere di ostacolo, siano essi limiti che
ci si pone da sé o che ci vengono dall’esterno. Bisogna capire se si possono aggirare oppure se, in ragione di essi, sia necessario modificare in parte i nostri
progetti.
Il modulo “vincoli e opportunità” è specificamente rivolto a trattare questi
elementi e rappresenta un’occasione per confrontarsi sui propri “limiti” da molti punti di vista. Al termine di questo modulo si ottiene un quadro di informazioni utili per “aggirare” alcuni vincoli e riconoscere alcune opportunità presenti sia nel contesto più ristretto di tipo familiare, sia in quello sociale allargato.
6. I punti ristoro
Se la partecipazione ad alcuni moduli in.la.v. non avesse raggiunto pienamente i risultati attesi e la persona sentisse la necessità di un ulteriore supporto alla messa a punto e al perfezionamento di alcune delle tessere del proprio
piano d’azione si potrebbero individuare altri “alleati” nella propria rete di rife124
CAPITOLO 5
LA COMPOSIZIONE MODULARE DI in.la.v.: LINEE GUIDA
rimento da indicare in un elenco ulteriore di azioni e supporti. Non è da escludere il ricorso a un colloquio di approfondimento del lavoro consulenziale svolto e di accompagnamento verso altri servizi e interventi.
5.4 I punti di attenzione per una progettazione su misura
Iniziamo ad affermare che in.la.v. non costituisce un percorso con un inizio
e una fine prestabiliti, ma è una possibilità di consulenza. Un momento di riflessione su come e quanto il fatto di cercare lavoro, trovarlo o cambiarlo, sia
influenzato dal resto della vita. Piuttosto che il contrario. Abbiamo già sottolineato come i destinatari ai quali in.la.v. si rivolge siano spesso persone che non
hanno un lavoro in questo momento, o forse non ne hanno mai avuto uno remunerato, e che si trovano a dover fare i conti con una vita passata a fare altro. Cosa? In che modo? Sviluppando quali competenze? Costruendo quali relazioni?
Queste alcune delle domande cruciali alle quali dà voce una consulenza specificamente orientata a mettere sotto la lente di ingrandimento le proprie soluzioni e strategie di conciliazione per cercare un lavoro o per cambiarlo. La ricerca di risposte su questa materia sappiamo essere molto complessa e delicata, ed è per questo che in.la.v. si pone anzitutto come uno spazio di racconto dell’esperienza, e di confronto. In questa direzione i laboratori di gruppo assumono un’importanza centrale, sia presi singolarmente sia in abbinamento a
momenti individuali.
Immaginiamo ora di comporre questo spazio di riflessione e confronto, dal
nome in.la.v., allo scopo di lavorare sulle questioni legate alla propria conciliazione e di farlo a partire dai nove “moduli” qui progettati e presentati nei prossimi capitoli.
Mettiamoci nei panni di un consulente che progetta il suo intervento pensandolo a misura dei suoi clienti e a fronte delle condizioni organizzative e di
contesto dentro le quali opera. Sappiamo per esperienza che la realtà dei servizi territoriali supera di certo la rappresentazione che ne abbiamo, e pertanto
ci pare un compito impossibile poter prefigurare le innumerevoli casistiche e
combinazioni disposte che potrebbero emergere. Chiediamo però ai colleghi
che vorranno realizzare un percorso in.la.v. di fare mente locale su alcuni
punti che riteniamo preziosi e delicati in fase di progettazione, e che costituiscono le linee guida essenziali alle quali ci siamo affidati per ripensare l’intera
formula consulenziale.
Questi punti sono essenzialmente tre e fanno riferimento, seppure in modo diverso, alla spinosa questione dell’analisi della domanda iniziale, ma che
si perfeziona altresì in itinere nei momenti seguenti.
1. La domanda che la persona rivolge al servizio va esplorata anche in funzione della sua storia di conciliazione, ma è possibile approfondire questo specifico capitolo in un momento dedicato (cfr. capitolo 7).
125
CAPITOLO 5
I punti di
attenzione per
una
progettazione su
misura
LA COMPOSIZIONE MODULARE DI in.la.v.: LINEE GUIDA
In altre parole, prima di avviare un percorso in.la.v. o di pensare a quale/i
modulo/i fare riferimento è importante sciogliere un nodo che, seppure in chiave riduttiva, è condensato in questo assunto: conciliare i diversi ruoli o spazi di vita non è per tutti un problema (al massimo è una fatica), ma lo è se
non si riescono a intravedere/trovare soluzioni efficaci, ad esempio, in vista
della ricerca di un lavoro. Ed è questo punto che va approfondito nel corso
di un’analisi attenta della domanda che verte anche sui temi della conciliazione.
Nell’ottica della consulenza di carriera e orientativa dentro la quale è maturato in.la.v. vale la pena soffermarsi in sede di analisi della domanda sui fattori di criticità che limitano e vincolano la possibilità di trovare o cambiare lavoro, siano essi rappresentazioni personali o elementi di contesto esterno. In
tutti i casi, una centratura sui problemi di conciliazione che la persona sta vivendo in relazione alla sua situazione professionale è possibile in un secondo momento identificato nel colloquio narrativo in profondità. Allo scopo di
tendere verso una conciliazione più sostenibile sul piano personale e contestuale, in relazione a una scelta/ricerca di lavoro, si è optato per focalizzare un
colloquio approfondito sulla storia di conciliazione della persona in modo da
individuare alcune dimensioni specifiche, o meglio pezzi del problema, sui quali investire.
2. Per mettere a fuoco i nodi principali su cui lavorare con la persona e co-progettare, o comunque progettare uno spazio in.la.v. sotto forma di percorso più
o meno lungo, è necessario ricostruire anzitutto cosa la persona sa in materia
di servizi/politiche a favore della conciliazione e cosa ha già affrontato in altri eventuali spazi/percorsi rispetto ai nodi critici individuati (la gestione del tempo, il senso di autoefficacia, le proprie competenze, ecc.).
Un punto che si considera centrale in questo approccio modulare alla consulenza è che tutto va recuperato e salvato, non tanto nella “memoria” della persona quanto nei fatti. Ancora una volta si ribadisce che la consulenza orientativa, come altre forme di consulenza in ambito organizzativo, non svolge funzioni di “cura” in senso psicologico o psicoterapeutico, ha tempi limitati e cresce la sua efficacia se mira all’obiettivo. Pertanto occorre appurare qual è la storia di consulenza o di supporto che la persona ha già cercato sino a quel momento. In questo senso è fondamentale capire, come in ogni buon percorso di
consulenza, dove le persone si posizionano rispetto al problema in questione.
Cosa fanno e cosa hanno fatto sino ad oggi per cercare una soluzione al problema? Hanno chiesto aiuto? A chi? E con quali risultati?
3. Se è presente una domanda di “nuova/altra” conciliazione a favore, ad esempio, della ricerca di un lavoro (condizione molto diffusa tra le donne che rientrano nel mercato del lavoro o che cercano di entrarvi per la prima volta dopo aver avuto un figlio), è fondamentale affrontare il grosso tema del “vincolo” (interno prima ancora che esterno) che spesso le persone utilizzano anche
in maniera strumentale (il “non posso” è un “non voglio” implicito).
126
CAPITOLO 5
LA COMPOSIZIONE MODULARE DI in.la.v.: LINEE GUIDA
Vuoi per il tipo di contenuti che chiama in causa la questione della conciliazione, di cerniera tra il pubblico e il privato, vuoi per il rischio di sconfinare
in forme di mutuo-aiuto che il gruppo sempre attiva e che vanno ben gestite,
i momenti individuali rappresentano uno spazio più protetto soprattutto per le
persone che stentano a intravedere il cambiamento oltre la propria visione “vincolata e dipendente”.
In tutti i casi, una centratura sui problemi di conciliazione che limitano una
progettazione professionale non porta necessariamente a viverli meglio, sia perché vi contribuiscono molti più aspetti che qui non vengono presi in considerazione, sia perché la logica della personalizzazione del percorso, e quindi la scelta di alcuni moduli e non di altri, favorisce uno sguardo mirato su singoli problemi o pezzi di esso. Seguendo quest’impostazione è utile a un certo punto
rimettere in fila le questioni, i nodi della propria conciliazione anche a fronte
dei risultati raggiunti in sede di percorso. Questo passaggio può essere realizzato di volta in volta nel corso dei momenti di gruppo in fase di presentazione
iniziale, ma certamente con più agio durante i colloqui individuali che saranno stati messi in agenda.
5.5 Alcune proposte di percorso: configurazioni possibili
I tre moduli tematici con la doppia opzione di metodo si prestano a una ricca combinazione di percorsi che deve essere valutata alla luce delle esigenze
e delle priorità delle persone, ma anche sulla base della reale fattibilità organizzativa e di servizio.
Come è stato sottolineato in più parti del volume l’idea di proporre tanti moduli separati origina dalla convinzione di voler trattare il tema della conciliazione lavoro e vita come trasversale alle diverse tipologie di utenza dei servizi territoriali cui facciamo riferimento. In questo senso è utile poter disporre di alcune opzioni di lavoro consulenziale che possono consentire di mettere a fuoco
di volta in volta le principali aree di criticità sulle quali intervenire.
In queste pagine non ci si soffermerà sulla delicatezza di un’analisi della domanda che deve aiutare a centrare la migliore risposta possibile alla più pressante delle esigenze espresse dalla persona (cfr. capitolo 6). Non ci si dilungherà
neppure sull’importanza di raccogliere la storia personale e professionale dei
propri clienti alla luce delle difficoltà o delle facilitazioni che incontrano nel tenere insieme i diversi piani della vita (cfr. capitolo 7). E non si proverà a soddisfare i bisogni informativi e di conoscenza in tema di conciliazione attraverso la partecipazione a un solo momento seminariale quale è stato messo a punto nell’ambito del progetto in.la.v. Isfol (cfr. capitolo 8).
Tuttavia, tutti i tre punti precedenti - analisi della domanda, storia di vita e
bisogni informativi - sono di cruciale importanza per poter progettare una risposta consulenziale mirata e funzionale alla richiesta di aiuto della persona.
L’intento di queste poche pagine è quello di proporre, visivamente sotto forma grafica, alcune delle configurazioni possibili di percorso. Nessuna di que127
CAPITOLO 5
Alcune proposte
di percorso:
configurazioni
possibili
LA COMPOSIZIONE MODULARE DI in.la.v.: LINEE GUIDA
ste configurazioni è migliore di un’altra, e tutte necessitano di essere contestualizzate all’interno delle strutture in cui si realizzano.
Difficile quindi riassumere le ragioni che possono motivare l’adozione di un
mix di moduli piuttosto che un’altro. Sicuramente tra le motivazioni ritroviamo,
sia quelle più oggettive date dai tempi di erogazione del servizio sia quelle più soggettive legate alle competenze dei consulenti e alle caratteristiche degli utenti.
Le due configurazioni più lineari prevedono un’articolazione interamente di
gruppo o interamente individuale (cfr. figura 5.4). Nel caso dell’opzione di gruppo si tratta di prestare particolare attenzione al fatto di avere a che fare con soggetti che non compiono necessariamente un percorso, ma che si trovano insieme per svolgere un pezzo di lavoro individuale (il proprio piano d’azione).
Nel caso di un percorso completamente individuale è, invece, importante
potenziare l’attività di confronto e scambio dell’esperienza, anche attraverso momenti collettivi da individuare nell’ambito dell’offerta della propria struttura o
attraverso il seminario informativo e di sensibilizzazione di in.la.v. Isfol.
Fig. 5.4 - Possibili configurazioni di moduli in.la.v.
1a configurazione possibile: tre laboratori di gruppo
2a configurazione possibile: tre colloqui individuali
Una terza configurazione possibile, più dispendiosa sul piano dei tempi e delle risorse, fa ricorso a momenti individuali e di gruppo alternandoli tra loro.
Tuttavia, non si intende proporre alla persona di affrontare gli stessi temi di
un modulo secondo le due modalità: di gruppo o individuale. Potrebbe avere
senso invece offrire, al termine di un laboratorio, uno spazio individuale di riflessione e sistematizzazione su quanto svolto in gruppo, se questo è ritenuto
utile e possibile sia da parte del consulente sia del cliente.
Infine, una quarta possibilità di progettazione da non escludere, è quella di
prendere a prestito alcune esercitazioni o strumenti pensati per in.la.v. e adattarli eventualmente in altri percorsi più strutturati.
128
CAPITOLO 5
LA COMPOSIZIONE MODULARE DI in.la.v.: LINEE GUIDA
A tal proposito qui di seguito viene steso l’elenco degli strumenti suddivisi
secondo la fase di intervento.
Tabella 5.1 – Gli strumenti e i materiali per un percorso in.la.v.
Allegato Strumento
Modulo
1
Scheda dati socio anagrafici
Fase di accoglienza
2
Cartoncini stimolo “Ai primi posti”
Analisi della domanda
Opuscolo informativo Isfol (da richiedere presso Isfol)
Seminario di informazione e
sensibilizzazione
3
Brochure di presentazione del percorso in.la.v. Isfol
4
Scheda di adesione e di patto consulenziale
Colloquio “La mia storia di
conciliazione”
Foto personaggi e tabella per l’esercitazione “Se fossimo al
circo io sarei...” e “Se fossi alle olimpiadi io sarei…”
5
Il piano dei tempi per il piano d’azione
“Tempi e spazi”
6
Agenda settimanale per l’esercitazione “La banca del tempo”
7
Agenda per il gruppo sotto forma di tabellone
8
Agenda settimanale per il colloquio
9
“La mappa delle mie competenze” per l’esercitazione
“Risorse ed esperienze”
“Oltre il lavoro...” (versione per laboratorio)
10
Cartoncini delle competenze (versione per laboratorio)
11
“Sintesi delle mie competenze per ambiti di vita”
12
Cartoncini delle competenze (versione colloquio)
13
“La mappa delle mie competenze” (versione colloquio)
14
Rassegna stampa per l’esercitazione “L’edicola dei luoghi
“Vincoli e opportunità”
comuni”
15
Mappa complessiva dei servizi territoriali per l’esercitazione “Mettere in comune le opportunità”
16
Approfondimento sui servizi di potenziale interesse personale
17
Piano d’azione
18
Questionario valutazione in.la.v. per utenti
19
Questionario follow-up per utenti
129
Alcune proposte
di percorso:
configurazioni
possibili
CAPITOLO 6
L’ACCOGLIENZA E L’ANALISI DELLA DOMANDA:
DUE MOMENTI DISTINTI
Il tema di fondo: accogliere e leggere la domanda (di conciliazione)
Il momento dell’accoglienza e quello dell’analisi della domanda, per quanto strettamente intrecciati, rispondono a due diverse funzioni nell’ambito della consulenza orientativa: la decodifica di una richiesta esplicita di servizio o di
aiuto e l’interpretazione di un bisogno personale portato dal cliente, ma non
necessariamente esplicito.
Sebbene nella letteratura in riferimento all’orientamento venga di rado trattato il tema specifico dell’analisi della domanda (Grimaldi, Pombeni, 2007), più
presente nella letteratura psicologica in ambito terapeutico e formativo-organizzativo (Carli, Paniccia, 2004; Giusti, 1995; Schein, 1999; Piccardo, 1986), ci è parso molto importante in relazione al percorso in.la.v. dedicare ampio spazio alla definizione di questo momento, o meglio, dei due momenti dell’accoglienza
e dell’analisi della domanda, che rappresentano più che parti del percorso stesso, fasi propedeutiche al suo avvio. Potrebbe infatti rendersi evidente che la conciliazione rappresenta un tema non prioritario per realizzare il progetto di sviluppo professionale della persona o, viceversa, che è necessario una riflessione specifica che potrebbe avvenire nel colloquio dedicato alla “storia di conciliazione”.
Definire il modo in cui procedere, sulla base di quanto emerge, è esattamente l’esito previsto dalle fasi di accoglienza e di analisi della domanda che rivestono una particolare importanza per due ordini di ragioni. In primo luogo, esse costituiscono il momento durante il quale viene a definirsi sia la natura della relazione tra cliente/utente e consulente, sia, più operativamente, il tipo di
percorso che si andrà a svolgere insieme. In secondo luogo, e in questo caso
specifico, rappresentano il momento in cui si cerca di comprendere se il tema
della conciliazione costituisca per la persona una questione prioritaria in vista
di uno sviluppo professionale (nei termini di ingresso o re-ingresso nel mercato del lavoro, di cambiamento professionale o di carriera), e sia quindi opportuno o meno affrontare qualcuno dei moduli in.la.v..
131
CAPITOLO 6
L’ACCOGLIENZA E L’ANALISI DELLA DOMANDA:
La conciliazione tra lavoro e vita, come mostrano diverse ricerche (Piccardo,
2002; Colombo, Ghislieri, Piccardo, 2004), rappresenta infatti una questione che
coinvolge un ampio pubblico, ma non per tutti costituisce un ostacolo limitante. Non a tutti perciò va proposto di svolgere il percorso in.la.v., dal momento
che esso è volto a sostenere la ridefinizione delle risorse di vita professionale
e personale a fronte di difficoltà di conciliazione che interferiscono con la realizzazione di un progetto di sviluppo lavorativo.
In molti casi si tratta di far emergere una domanda inespressa, talvolta inconsapevole, talvolta semplicemente taciuta perché considerata poco pertinente. Per qualcuno può risultare infatti insolito o perfino imbarazzante portare un’esigenza che nasce nella propria sfera privata, familiare, in un servizio cui ci si rivolge per modificare il proprio stato occupazionale. Ci si può trovare dinanzi a
una reticenza o alla difficoltà a comprendere che proprio quello è l’aspetto su
cui può essere utile lavorare insieme.
Per accogliere e leggere una domanda legata a problemi di conciliazione (non
sempre esplicita o prioritaria per la persona rispetto al suo sviluppo professionale), tra i diversi approcci di consulenza possibili, particolarmente adeguato
ci è parso quello definito da Schein (1999) “di processo”. Questo approccio, ancora prima che sul risultato che si intende perseguire, pone l’accento sul percorso che consulente e cliente compiono o dovrebbero compiere insieme. Tale
percorso dovrebbe svolgersi all’interno di una relazione di aiuto e, prendendo
le mosse dall’esame e dallo sforzo di comprensione della realtà, consentire di
pervenire alla definizione degli obiettivi da raggiungere e degli strumenti necessari per realizzarli.
In questo modo il cliente dovrebbe mantenere pieno controllo del problema (che definisce insieme al consulente), della soluzione (che non riceve dall’alto, ma contribuisce a raggiungere) e, ancor più importante, del processo, così da sviluppare gli strumenti per fronteggiare autonomamente eventuali difficoltà future. Principio guida di questo approccio è l’impegno costante del consulente a sostenere il cliente nell’individuazione e definizione del problema nonché nella decisione delle strategie operative e della loro attivazione facendo in
modo che sia sempre il cliente a “possedere” e gestire il problema, così come
la soluzione. È un criterio che si fonda sul concetto di empowerment, ovvero sull’idea di rendere l’altro in grado di farcela da solo, riconoscendo e attivando le
proprie risorse personali (talvolta anche la stessa capacità di chiedere aiuto e
sostegno).
Questo è l’approccio teorico, preso a prestito dalla teoria organizzativa, al
quale si fa riferimento per collocare il processo di analisi e ascolto dei bisogni
di consulenza in linea con un’impostazione personalizzata del servizio (pur consapevoli della difficoltà di metterlo in atto in qualsivoglia realtà, e probabilmente ancora di più nelle diverse strutture territoriali alle quali ci rivolgiamo). Esso
ci è parso particolarmente adatto in relazione al percorso in.la.v. in quanto l’obiettivo non è quello di portare a un cambiamento della situazione occupazionale della persona, ma piuttosto quello di creare le condizioni per tale cambiamento.
132
CAPITOLO 6
L’ACCOGLIENZA E L’ANALISI DELLA DOMANDA:
Di queste indicazioni teoriche si è cercato di tener conto in sede di progettazione dei due momenti dell’accoglienza e dell’analisi della domanda, che per
quanto strettamente connessi tra loro, sono sostanzialmente distinti per obiettivi, durata, setting e modalità operative.
Sulla scorta delle indicazioni tra gli altri di Grimaldi e Pombeni (2007) e dello stesso “Masterplan” dei Servizi per l’impiego: Linee di organizzazione del
Ministero del lavoro e della Previdenza Sociale44, nonché dal confronto in sede di progettazione con esperti e operatori nel campo dell’orientamento professionale, si è cercato di tenere distinti questi due momenti e di metterne in
evidenza le differenze e i punti di contatto.
Qui di seguito si presentano i due colloqui che compongono quello che potremmo definire “modulo di accoglienza e analisi della domanda”, definendo
le finalità, gli obiettivi e i contenuti/strumenti che affronta.
6.1 Il colloquio di accoglienza
In generale, il momento dell’accoglienza si centra su alcune funzioni principali:
• la registrazione della richiesta espressa;
• la raccolta di alcuni dati e informazioni sul cliente, solitamente attraverso
una scheda predefinita: si vuole infatti raccogliere informazioni in modo da
renderne facile l’archiviazione e il recupero;
• l’offerta di informazioni utili pertinenti alla richiesta espressa e relative ai
servizi disponibili nella struttura, tra i quali, nel caso specifico, senz’altro informazioni rispetto alla possibilità di svolgere un percorso in.la.v.;
• l’eventuale indirizzo verso uno dei servizi attivati dalla struttura, unitamente alle informazioni necessarie per accedervi;
Per introdurre un percorso centrato sul tema della conciliazione, coerentemente con queste finalità dell’accoglienza, è importante cercare di verificare se
nella domanda portata dal cliente sono già presenti, più o meno esplicite, esigenze particolari connesse al tema dell’equilibrio tra lavoro e resto della vita.
Non è questa la sede per un approfondimento in questa direzione, che sarà oggetto dei moduli successivi del percorso: individuare tuttavia coloro che hanno o potrebbero avere particolari difficoltà di conciliazione, ostacolanti per i propri progetti lavorativi, è centrale per poter proporre, tra le diverse possibilità offerte dal servizio, di intraprendere il percorso in.la.v..
Di seguito si presenta in modo schematico la struttura del modulo nel suo
insieme definendo le sue finalità, gli obiettivi, i contenuti che affronta e gli strumenti da utilizzare.
44
http://www.abruzzolavoro.com/docs/documentazione%20SPI/masterplannazionale.pdf
133
CAPITOLO 6
Il colloquio di
accoglienza
L’ACCOGLIENZA E L’ANALISI DELLA DOMANDA:
FINALITÀ
Attivare una prima raccolta di informazioni rispetto al cliente e informare sulle possibilità offerte dal servizio
OBIETTIVI
Raccogliere dati socio-anagrafici attraverso la compilazione della scheda
di registrazione-cliente adottata dal servizio
Offrire informazioni rispetto alle varie opzioni di servizi (ad esempio in.la.v.)
offerti nella struttura e a livello territoriale
CONTENUTI/
STRUMENTI
Scheda socio-anagrafica adottata dal servizio (eventualmente da integrare con le domande della scheda proposta per in.la.v.)
Check-list di domande stimolo
Materiale promozionale e informativo
L’accoglienza, nella maggior parte dei casi si svolge allo sportello, in tempi
piuttosto contenuti e molte strutture (tra le quali certamente i centri per l’impiego, da indicazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale) dispongono di uno strumento (una scheda cartacea o informatizzata) per la registrazione dei dati del cliente.
Lo svolgimento del colloquio di accoglienza
Durata: circa 15/20 minuti
Oggetto del colloquio di accoglienza è la registrazione di alcuni dati relativi all’utente alla domanda portata al servizio, l’informazione sui servizi offerti dalla struttura e la raccolta di una prima eventuale esigenza di conciliazione.
In linea con le indicazioni della letteratura e i suggerimenti offerti dal gruppo di esperti e operatori coinvolti in fase di progettazione e nel corso della prima sperimentazione del percorso, l’accoglienza prevede un breve colloquio individuale, che si svolge di regola secondo le modalità consuete adottate dalle
diverse strutture cui si fa qui riferimento.
In questo primo momento di contatto con l’utente, si cerca inoltre, di comprendere in prima istanza e a un livello solo esplorativo se nella richiesta esplicita sia presente un problema di conciliazione che può risultare ostacolante il
suo sviluppo professionale.
Nel caso in cui emerga una domanda di conciliazione, possono essere offerte al cliente informazioni riguardo ai servizi attivati sul tema e, in particolare, si può rinviare il cliente a un momento di analisi della domanda più approfondita.
La raccolta di informazioni di base avviene attraverso la scheda utilizzata abitualmente dal servizio. Può essere tuttavia utile integrare tale scheda con le domande suggerite in quella proposta da Isfol (cfr. allegato n. 1), qualora alcune
di esse non fossero già presenti.
Per iniziare inoltre a esplorare l’esistenza di particolari esigenze relative al
134
CAPITOLO 6
L’ACCOGLIENZA E L’ANALISI DELLA DOMANDA:
tema del tenere insieme lavoro e vita, è possibile proporre, a valle della raccolta dei dati personali, alcune domande come quelle proposte di seguito:
• Quali sono le ragioni principali che l’hanno spinto/a a rivolgersi al nostro servizio? Cosa cerca in particolare in questo momento?
• Quali sono gli aspetti della sua vita che quotidianamente deve “tenere insieme” (ad es. famiglia e lavoro o lavoro e famiglia, lavoro e tempo libero…)?
• Pensando a questi aspetti da “tenere insieme” quali sono i problemi e
le difficoltà maggiori che incontra? (qualche esempio di situazione)
6.2 Il colloquio di analisi della domanda
La comprensione più profonda e l’interpretazione del bisogno, non necessariamente esplicito, portato dal cliente e l’individuazione di una possibile linea d’azione per rispondervi è oggetto del momento di analisi della domanda.
Le tre fondamentali finalità di questo momento si possono così enunciare:
– la comprensione della situazione della persona, in particolare della transizione in ambito professionale che la persona sta vivendo o si sta disponendo a vivere, per comprendere le condizioni in cui si realizza il passaggio e le caratteristiche del compito orientativo che la persona deve affrontare;
– la comprensione del tipo di sostegno di cui la persona può aver bisogno
per realizzare quel compito;
– la definizione insieme alla persona del tipo di percorso da intraprendere.
La (con-)fusione tra il momento di analisi della domanda e l’intero percorso di consulenza orientativa o di carriera che si può cogliere in letteratura, si può
ricondurre alla complessità che la caratterizza, messa in evidenza dai numerosi scritti, soprattutto in ambito psicologico (Carkuff, 1994; Carli, Paniccia, 2004;
Giusti, Proietti, 1995; Piccardo, 1986; Schein, 1999), e accentuata, nel caso del
percorso in.la.v., dalla molteplicità di aspetti che si intrecciano, dalla durata variabile e dalla molteplicità di esiti che può avere il processo di analisi della domanda.
in.la.v., per le scelte metodologiche illustrate nel capitolo 5, si può articolare in modi diversi, a seconda delle esigenze del cliente: sarebbe pertanto importante sin dal momento dell’analisi della domanda che il consulente accolga e comprenda tutti quegli elementi che potrebbero condurre verso l’avvio di
momenti specificamente rivolti ad affrontare la tematica della conciliazione.
135
CAPITOLO 6
Il colloquio di
analisi della
domanda
L’ACCOGLIENZA E L’ANALISI DELLA DOMANDA:
FINALITÀ
Esplorare a 360° la “domanda di aiuto” della persona e comprendere, in
particolare, se sia opportuno o meno approfondire la storia di conciliazione
OBIETTIVI
Approfondire l’analisi della situazione della persona e del bisogno che l’ha
condotta al servizio
Comprendere come si articola il bisogno della persona tra dimensione
professionale, di vita privata e/o familiare al fine di individuare le aree su
cui la persona potrebbe lavorare in modo più approfondito
Presentare, a seconda del bisogno emergente, le diverse possibilità offerte dal servizio tra cui il percorso in.la.v. Isfol (materiale informativo, tra
cui la brochure del percorso in.la.v., seminario di informazione e sensibilizzazione, ecc.) o altre opzioni di intervento
CONTENUTI/
STRUMENTI
Recupero dei dati socio-anagrafici riportati nella scheda compilata in fase di accoglienza, messa in relazione tra questi dati e la situazione di conciliazione lavoro-non lavoro della persona; eventuale presentazione del
percorso in.la.v. Isfol o di altre opzioni di servizi offerti a livello territoriale a seconda del bisogno emergente.
Gli strumenti proposti sono:
- check-list di domande
- cartoncini stimolo “Ai primi posti”
Lo svolgimento del colloquio di analisi della domanda
Durata: 40/50 minuti circa
Scopo di questo colloquio, in linea generale, è quello di far emergere e comprendere il bisogno che spinge una persona a rivolgersi a una determinata struttura così da individuare il percorso/risposta più adatto/a da intraprendere/fornire. Questo colloquio non rappresenta infatti un momento già inquadrato in
un percorso specifico, dal momento che si pone l’obiettivo di esplorare i temi
pregnanti per il soggetto in modo ampio e via via più approfondito.
Tuttavia, se già in fase di accoglienza è emerso qualche dato relativo a particolari esigenze di conciliazione, con l’analisi della domanda si vuole dedicare un tempo adeguato a cogliere le priorità che la persona riconosce in questo
momento in relazione al lavoro e alla sua conciliazione con il resto della vita.
Due sono i tipi di persone che il consulente può trovarsi di fronte:
– coloro che manifestano chiaramente un bisogno in tema di conciliazione
e possiedono già un certo livello di consapevolezza;
– coloro che pur provando un bisogno di un migliore equilibrio tra ambito
di vita e di lavoro non sembrano riconoscerlo come prioritario: si tratta in
questo caso di comprendere se il bisogno non sia effettivamente centrale o se esso debba essere riconosciuto e reso esplicito.
Più puntualmente, si vuole comprendere se il tema della conciliazione risulti preminente e giungere così a una focalizzazione su di esso nel colloquio “la
storia di conciliazione”, o individuare, invece, un altro tra i possibili servizi offer136
CAPITOLO 6
L’ACCOGLIENZA E L’ANALISI DELLA DOMANDA:
ti dalla struttura. In secondo luogo, si vuole cercare di far emergere quali
aspetti, relativi al complesso tema della relazione tra lavoro e vita, siano cruciali per la persona, così da iniziare a prefigurare le modalità in cui si potrà articolare il percorso in.la.v..
Il colloquio si articola in due momenti successivi:
– il primo di esplorazione della situazione attuale della persona alla luce di
quanto indicato anche nella scheda compilata in fase di accoglienza destinata alla raccolta dei dati socio-anagrafici e delle motivazioni che hanno portato la persona a rivolgersi al servizio;
– il secondo di attivazione della riflessione utilizzando un materiale visivo
come stimolo per evidenziare le aree maggiormente critiche anche rispetto al problema di conciliazione.
Primo momento del colloquio
Oggetto di un primo momento è il tentativo di raccogliere i significati dell’esperienza portata dalla persona e di rendere il più chiara ed esplicita possibile la domanda (anche in tema di conciliazione, ma non solo) che a partire dai
dati e dalle prime informazioni raccolte in sede di accoglienza è emersa.
Il colloquio segue all’incirca questi punti:
– la ricostruzione delle ragioni e dei passaggi che hanno condotto la persona al servizio e la ripresa dei contenuti del colloquio di accoglienza;
– la comprensione dei bisogni che hanno motivato la persona a rivolgersi
al servizio;
– la comprensione della relazione tra il percorso professionale della persona e i suoi altri ambiti di vita quali la famiglia, le attività del tempo libero e il suo percorso formativo, cercando di cogliere tutte le sfaccettature
di una domanda facilmente ricca e con istanze anche contrastanti tra loro.
Il consulente può facilitare la comprensione e la definizione del problema
attraverso domande stimolo analoghe a quelle proposte di seguito:
• Quali sono le ragioni per cui è giunto al nostro servizio e di cui ha già
avuto modo di parlare in sede di accoglienza?
• Quali sono le riflessioni che ha maturato a valle della fase di accoglienza? Come mai ha deciso di venire a questo colloquio?
• Mi può descrivere la sua situazione personale e professionale di oggi?
Come la definirebbe?
• Nel valutare la sua situazione professionale attuale quali sono i principali elementi di soddisfazione e di insoddisfazione?
Secondo momento del colloquio
La seconda parte del colloquio è volta a:
– approfondire il tema pregnante per la persona, tra cui potrebbe (ma non
deve necessariamente) esserci un problema di conciliazione, proponendo sollecitazioni che vadano a circoscrivere in modo più immediato i bi137
Il colloquio di
analisi della
domanda
CAPITOLO 6
Il colloquio di
analisi della
domanda
L’ACCOGLIENZA E L’ANALISI DELLA DOMANDA:
sogni importanti o sentiti come urgenti in questa fase di vita della persona: si vuole cioè giungere a una ridefinizione del problema e a una progressiva focalizzazione con il supporto di stimoli proposti dal consulente
che offrano una differente rappresentazione dei temi in oggetto;
– comprendere quali sono le aree in cui la persona vorrebbe provare a migliorare e quelle che sono fonte di difficoltà o di maggiore ostacolo per
il percorso professionale, al fine di definire degli obiettivi per fronteggiare il problema in vista dell’individuazione delle possibili azioni da intraprendere. Compito del consulente in questo momento è quello di presentare possibili percorsi attivati dal servizio, tra i quali, se è stata elaborata una domanda adeguata, il percorso in.la.v. Isfol.
I cartoncini stimolo “Ai primi posti”
Questo momento si avvale di uno strumento pensato ad hoc: una serie di
cartoncini stimolo denominato “Ai primi posti” (cfr. allegato n. 3) che riportano alcune affermazioni o espressioni relative all’ambito lavorativo, all’ambito
familiare, all’ambito di vita privata o a sfere in cui questi domini si intersecano.
Essi vengono proposti al cliente con la consegna di scegliere due dei cartoncini presentati sui quali desidera concentrare l’attenzione e di ordinarli in termini di importanza, da quello che indica il tema più importante a quello che è meno urgente. L’intento è quello di aiutare il cliente a individuare, anche visivamente, le aree che ritiene prioritarie, più problematiche e sulle quali, presentandosi alla struttura, vorrebbe andare ad agire.
Scelti i cartoncini, il consulente avvia una riflessione che, partendo dalle ragioni della scelta stessa, cerca di comprendere se e come si intrecciano i bisogni professionali e di equilibrio tra ambiti di vita e quali risorse di tempo e personali la persona sarebbe disposta a mettere in campo per migliorare le aree
problematiche.
Nel corso di questo colloquio le esigenze di un miglioramento nel proprio
equilibrio tra lavoro e vita non solo dovrebbero emergere come importanti, ma
come prioritarie rispetto a scelte e decisioni di tipo professionale. Se questo avviene, e quindi ci sono le premesse per proporre il percorso in.la.v. Isfol, il consulente prende in considerazione insieme alla persona se esistono le condizioni, soprattutto in termini di accettazione dei contenuti, delle modalità di lavoro e dei tempi perché il percorso possa realmente avviarsi. Se invece il tema della conciliazione non risultasse essere rilevante rispetto ad altre questioni legate al lavoro, il consulente procederà a presentare altre opzioni di intervento.
138
CAPITOLO 7
STORIE DI CONCILIAZIONE: UN COLLOQUIO
IN PROFONDITÀ
Il tema di fondo del modulo: narrare la storia di conciliazione
attraverso il colloquio
Se la consulenza orientativa ha la finalità di mettere le persone nella condizione di impegnarsi attivamente nel personale percorso autoformativo di ricerca e progettazione della propria identità personale e professionale, spunti
di riflessione significativi e fecondi giungono in questa direzione dall’approccio
narrativo. Sia in termini teorico-concettuali, sia in riferimento a metodi e strumenti utilizzabili nelle pratiche di orientamento, quali il racconto autobiografico e la storia di sé.
Tale approccio è particolarmente indicato a sostenere percorsi di consulenza orientativa focalizzati sul tema della conciliazione tra lavoro e resto della vita. In particolare, se la conciliazione è il processo dinamico attraverso il quale
si tende a raggiungere l’equilibrio tra i molteplici ruoli assunti nei vari contesti
di vita, allora narrare ad altri la propria esperienza può sostenere nel mettere
ordine e creare continuità e senso tra i vari “sé distribuiti” (Bruner, 2000) e permettere di decidere cosa sta al centro e cosa alla periferia dell’impegno quotidiano, non definitivamente, ma secondo le circostanze e i momenti.
Collocare le proprie azioni e percezioni all’interno di un tracciato narrativo
rappresenta per gli individui un processo di rassicurazione, non solo perché fornisce una cornice di riferimento, ma soprattutto perché permette di dare un senso agli eventi e di rendere significativa l’esperienza. Introdurre un ordine, anche attraverso il racconto, consente di affrontare la massa caotica di esperienze che, in maniera sempre maggiore, caratterizza le vite degli individui (Spence,
1982; Josselson, 1995).
Più precisamente, secondo Bruner (1990), le narrazioni concorrono a costruire e comprendere sia il proprio mondo interno sia il contesto sociale e gli scambi relazionali al suo interno. Risulta facile inferire come la mescolanza di questi
due oggetti, il “mondo interno” e il “mondo esterno”, costituisca uno dei principali mezzi attraverso cui è possibile attribuire senso e significato alla complessità del mondo contemporaneo e alla molteplicità di ruoli che l’individuo vive al139
CAPITOLO 7
STORIE DI CONCILIAZIONE: UN COLLOQUIO IN PROFONDITÀ
l’interno dei vari contesti di vita. Attraverso il racconto sono operate connessioni, costruiti schemi di interpretazione, prodotti ordinamenti e classificazioni.
Il processo riflessivo attivato dalle narrazioni autobiografiche permette,
nelle pratiche di consulenza orientativa, l’emergere di nuove dimensioni interpretative e chiavi di lettura delle proprie esperienze di vita. Ma anche di lavorare su aspetti importanti, profondi e delicati, quali l’identità personale e professionale, l’autoefficacia, l’immagine di sé, ecc.
Il consulente ha la funzione di stimolo e supporto e attraverso l’utilizzo del
colloquio, strumento formidabile nel coniugare potenzialità relazionali e riflessive, è possibile definire e “negoziare” con il soggetto i fuochi e le dimensioni
rilevanti nel contesto dell’azione di consulenza e dei relativi sviluppi progettuali (Contesini, Frega, Ruffini, Tomelleri, 2005).
In tale prospettiva gli strumenti di supporto al colloquio rappresentano, in
parte, degli “attivatori” che hanno come funzione principale quella di stimolare i soggetti in consulenza alla produzione di informazioni e riflessioni utili all’attività di progettazione (tracce di colloquio, check-list, ecc.), e in parte una sorta di “promemoria” delle aree tematiche emerse e utili alla progettazione di un
piano di azione coerente e sostenibile.
Qui di seguito si presenta lo schema di presentazione del modulo nel suo insieme definendo le sue finalità e obiettivi e i contenuti che affronta e gli strumenti da utilizzare.
FINALITÀ
Capire meglio quali sono le problematiche che la persona vive rispetto
al tema della conciliazione e quali sono le risorse o strategie che attiva
per farvi fronte. Tale approfondimento è necessario per definire quali sono gli ambiti su cui la persona necessita di un potenziamento di risorse
già esistenti o di una sensibilizzazione in quanto non possiede sufficienti conoscenze onde stipulare il patto consulenziale di adesione al percorso in modo mirato e personalizzato
OBIETTIVI
Approfondire la natura dei problemi di conciliazione che affronta la persona o che ha affrontato in passato (approfondimento della fase di
analisi della domanda)
Comprendere le modalità con cui la persona tenta di gestire le situazioni problematiche di conciliazione
Comprendere le aree su cui la persona sente il bisogno o potrebbe aver
maggiore necessità di lavorare e riflettere
Stipulare il patto consulenziale e di adesione al percorso
CONTENUTI/
STRUMENTI
Racconto degli eventi che descrivono il problema di conciliazione in riferimento a obiettivi ed esigenze professionali: check-list per la ricostruzione della storia
Analisi delle risorse personali e/o situazionali messe in campo o assenti in riferimento alla gestione del problema
Scheda di patto consulenziale, integrata dei dati raccolti in fase di accoglienza e di analisi della domanda
140
CAPITOLO 7
STORIE DI CONCILIAZIONE: UN COLLOQUIO IN PROFONDITÀ
Lo svolgimento del colloquio sulla storia di conciliazione
Se nella fase di analisi della domanda emerge come problematico l’intreccio tra i vari ambiti di vita, in funzione della ricerca o del cambiamento di lavoro, sarà possibile approfondire questi temi in un colloquio dedicato al racconto autobiografico relativo alla propria “storia di conciliazione”. Esso rappresenta il punto di partenza per altri eventuali moduli e, non a caso, in questo momento è possibile stipulare un patto consulenziale che metta al centro specifiche criticità (i tempi, le competenze, il livello di informazione, ecc).
Si è scelto di dare molto spazio alla narrazione di sé poiché l’esigenza di una
migliore conciliazione tra lavoro e resto della vita è un tema articolato e complesso del quale è sempre difficile avere piena consapevolezza. In questa direzione il racconto autobiografico è il mezzo ideale per esplorare in modo ampio il tema del lavoro, della professionalità e del resto della vita, ma anche per
iniziare a dare una maggiore coerenza e senso all’intreccio tra le varie identità
“distribuite” (Bruner, 2000) nella sfera privata, lavorativa e sociale.
Il consulente dovrebbe, anzitutto, cercare di favorire la narrazione di situazioni legate alla vita quotidiana della persona. Pertanto si può stimolare il racconto con domande inizialmente piuttosto aperte, e giungere ad approfondire i temi di interesse a valle del racconto fatto dalla persona. Una prima domanda stimolo per attivare il colloquio potrebbe risuonare così: “quali sono i suoi
impegni quotidiani? Quali sono le attività che svolge abitualmente?”.
L’approfondimento successivo può essere invece gestito attraverso una serie di domande più precise e articolate. Quanto segue è una check-list di domande da considerare come stimolo per il dialogo.
• Pensando a questi aspetti da tenere insieme quali sono i problemi e le
difficoltà maggiori che incontra?
• Come affronta questi problemi o difficoltà? O come li trasforma in opportunità?
• Mi racconta un momento particolarmente difficile in termini di conciliazione tra vita personale e professionale? In altre parole, ricorda dei momenti in cui le è venuto da dire: “Come è difficile quando è così!”. Ricorda
la situazione? Le persone coinvolte? Le sue azioni? Le sue emozioni? Le
sue strategie? Ciò che avrebbe voluto in più? Cosa l’ha aiutata in particolare? Cosa ha pensato in quel momento?
• Ricorda dei momenti in cui le è venuto da dire: “Che bello se fosse stato così…”?
Vi sono anche una serie di punti che il consulente, durante il colloquio in
profondità, dovrà avere cura di far emergere, li indichiamo qui di seguito.
141
CAPITOLO 7
STORIE DI CONCILIAZIONE: UN COLLOQUIO IN PROFONDITÀ
Alcuni punti d’attenzione:
• le strategie abituali utilizzate dalla persona per gestire i propri equilibri
famiglia/lavoro/vita privata
• la rete sociale e di affetti che la circondano
• la prospettiva temporale entro la quale si colloca
• le risorse personali attivate e quelle che appaiono assenti
• le risorse contestuali attivate o assenti
• la presenza di eventuali convinzioni “vincolanti”
• le competenze che possono essere valorizzate e quelle che sembrano
da attivare/potenziare.
Alla luce del racconto e di un’analisi congiunta della situazione di vita attuale, il consulente insieme alla persona, può procedere alla focalizzazione del percorso sulle dimensioni che appaiono reciprocamente più rilevanti e che potranno essere affrontate nel corso dei successivi momenti del percorso. È dunque
importante dedicare un momento per presentare, seppure brevemente, le possibilità consulenziali previste dai moduli in.la.v. in modo da valutare quella/e
più opportuna/e per la persona.
In funzione di questo momento il consulente presenta e legge insieme al
suo cliente il patto di adesione del percorso (vedi allegato n. 4) che viene sottoscritto da ambo le parti, per sottolineare i rispettivi impegni e responsabilità.
Il patto che si viene a configurare è di fatto molto libero, in quando in linea
con l’impostazione modulare e personalizzata del percorso è possibile comporlo strada facendo. Il documento si compone di tre parti:
1. la prima è finalizzata ad articolare il “proprio percorso” in.la.v., ovvero a
decidere quali moduli tematici approfondire e con quali modalità, se in
gruppo o individualmente;
2. la seconda ipotizza un calendario di inizio attività, anch’esso da ridefinire di volta in volta a seconda delle esigenze che potranno emergere anche a valle dei moduli già frequentati;
3. la terza, come doveroso, stabilisce il trattamento dei dati seconda le norme vigenti45.
Con la stipula del patto e la chiusura di questo colloquio prende avvio propriamente la composizione del proprio piano d’azione che verrà puntualmente presentato e consegnato a ogni partecipante ai diversi moduli.
45 Su questo punto si rinvia a quanto contenuto nel D.Lgs 196/03 sulla tutela e il trattamento dei dati personali e sensibili.
142
CAPITOLO 8
SENSIBILIZZARE SUI TEMI DELLA CONCILIAZIONE:
IL SEMINARIO INFORMATIVO
Il tema di fondo del seminario: la conciliazione lavoro-vita
Sarebbe ridondante ripetere o riassumere quello che in tema di conciliazione viene ampiamente illustrato nei vari capitoli del volume, ma è importante
precisare che questo momento seminariale fa parte a tutti gli effetti delle possibilità consulenziali che i servizi possono proporre ai loro utenti. Si caratterizza per una centratura tematica specifica: la conciliazione lavoro-vita e i servizi
a supporto.
Finalità ultima del seminario di informazione e sensibilizzazione “Nella
mia città: i servizi al mio servizio” è quello di avviare un processo di:
• miglioramento della conoscenza dei servizi;
• superamento di eventuali stereotipi o immagini sfalsate sulle possibilità offerte dagli enti pubblici e privati;
• attivazione autonoma da parte degli individui, sia nella fase di ricerca delle informazioni che di consolidamento, di modelli di azione diversi da quelli conosciuti.
Tale processo sarà trasversale a tutto il percorso ma con momenti specifici
di attenzione che sono individuabili in questo seminario e nel laboratorio “vincoli ed opportunità”. Più precisamente, il seminario si propone di raggiungere
un duplice obiettivo: da un lato consolidare le sinergie tra gli attori dei servizi
pubblici e privati presenti sul territorio, dall’altro ampliare la conoscenza degli
utenti sui servizi attivi nel proprio territorio (nel campo educativo, sanitario, ricreativo, del lavoro, ecc.) al fine di potenziare il ventaglio di possibilità di cui possono fruire.
In particolare, per quanto concerne il primo obiettivo il seminario rappresenta un momento importante per incentivare il “lavoro in rete”, per creare e/o consolidare le sinergie tra tutti i soggetti che operano nell’ambito dei servizi pubblici e privati e che offrono azioni che si collocano sia nel campo lavorativo (ad
esempio le azioni di sostegno alla scelta e le azioni relative all’incontro tra do143
CAPITOLO 8
SENSIBILIZZARE SUI TEMI DELLA CONCILIAZIONE
manda e offerta di lavoro), sia in quello extra-lavorativo (tutti i servizi a sostegno della famiglia, dell’infanzia, degli anziani, ecc.).
Intervenire sui temi della conciliazione tra i tempi di vita, nell’ottica delle pari opportunità, non può prescindere da azioni volte al consolidamento delle reti formali tra le organizzazioni pubbliche e private che hanno un’esistenza ufficiale, che sono strutturate in modo preciso e che forniscono servizi dedicati.
Nella gestione delle azioni a supporto della conciliazione svolgono un ruolo fondamentale anche, e a volte esclusivamente, le reti informali che si realizzano per iniziativa di singoli membri delle reti primarie (familiari e/o amicali di
riferimento) per rispondere ad alcuni bisogni, trovare soluzioni a difficoltà comuni, senza che esse acquisiscano uno status di natura realmente istituzionale. Questo tipo di reti sono basate sul sostegno reciproco tra i componenti attraverso scambi poco formalizzati che sono organizzati in modo piuttosto
semplice. Questa tipologia di reti, seppure molto importanti, non sono l’oggetto di questo spazio seminariale ma si farà riferimento a loro in modo più trasversale nell’ambito di tutto il percorso.
Nel seminario si farà specificamente riferimento alle reti formali rispetto alle quali si vuole sottolineare il ruolo fondamentale degli operatori che deve essere quello di avviare e/o consolidare un lavoro sul territorio, rivolto tanto alla persona quanto all’ambiente, per creare dei collegamenti “a rete” tra servizi e sistema delle risorse in esso presenti.
Per quanto concerne il secondo obiettivo: “ampliamento della conoscenza
del ventaglio di servizi presenti sul territorio di cui gli utenti possono fruire” si
vuole avviare un lavoro volto al miglioramento del benessere delle comunità
e all’aumento del senso di empowerment degli individui, dei gruppi e delle organizzazioni che in esse vivono (Amerio, 2000; Francescato, Tomai, Ghirelli, 2002).
Lavorare in questa direzione significa potenziare le risorse interne ed esterne
degli individui:
– per risorse interne si intendono le competenze esplicite e implicite;
– per risorse esterne si intendono tutte le persone, i gruppi, le organizzazioni, i servizi, ecc. che sono presenti sul proprio territorio e di cui si può fruire per migliorare la propria qualità della vita.
Per quanto concerne le risorse interne, nel percorso in.la.v. sono trattate in
più momenti e in maniera trasversale: la concezione di fondo è che le domande di orientamento che hanno in sé un problema di conciliazione necessitano
di un lavoro sulla consapevolezza delle proprie potenzialità in quanto spesso
tali domande nascono da vissuti di “impossibilità” e/o di “inadeguatezza” rispetto alle richieste del mercato del lavoro.
Il seminario, nello specifico, non si propone di affrontare il tema delle risorse interne ma piuttosto di lavorare sulla consapevolezza delle risorse esterne
considerate altrettanto importanti per i soggetti che in vista di un progetto di
sviluppo devono necessariamente conoscere i propri contesti di appartenenza e soprattutto le risorse e i vincoli in essi presenti.
Ricordiamo che tra gli elementi che determinano comportamenti considerati disempowered è possibile individuare la scarsa conoscenza delle opportu144
CAPITOLO 8
SENSIBILIZZARE SUI TEMI DELLA CONCILIAZIONE
nità presenti nel proprio territorio. È indubbio che una variabile che influisce significativamente sul benessere degli individui è la capacità di integrarsi nel proprio ambiente. Spesso accade che le donne e gli uomini non conoscano i servizi attivi nei propri quartieri e città, e anche quando vengono a conoscenza della loro presenza e funzionalità vi si avvicinano con fatica in quanto portatori di
stereotipi che condizionano le scelte.
Qui di seguito si presenta in modo schematico la struttura del seminario in
cui vengono definite periodicità, finalità, obiettivi e contenuti.
PERIODICITÀ
Si prevede la possibilità di realizzare almeno due o più momenti seminariali nel corso dell’anno al fine di mantenere attivo il contatto degli utenti con i servizi
FINALITÀ
Presentare la gamma dell’offerta consulenziale del servizio
Introdurre il tema della conciliazione vita-lavoro
Sensibilizzare i vari attori invitati al seminario sul tema della conciliazione e attivare o consolidare (laddove già attiva) la rete territoriale
OBIETTIVI
Consolidare sinergie indispensabili per un servizio integrato che sia funzionale al miglioramento del benessere della popolazione
Fornire una panoramica delle possibilità esistenti a sostegno della conciliazione
Informare il pubblico presente dell’attivazione del percorso in.la.v.
Isfol illustrandone articolazione e modalità operative
Distribuire materiale informativo
CONTENUTI/
STRUMENTI
Il nostro servizio e la rete locale
Conciliazione vita-lavoro: cosa significa?
Quali possibili sostegni per la conciliazione?
I percorsi offerti dal servizio (tra cui il percorso in.la.v. Isfol).
Opuscolo informativo Isfol “Orientarsi tra tempi di lavoro e tempi di vita. Diritti e possibilità”
Brochure informativa sul percorso in.la.v. (cfr. allegato n. 3)
Lo svolgimento del seminario informativo “Nella mia città:
i servizi al mio servizio”
La realizzazione del seminario prevede tre fasi di lavoro:
1. prima fase: mappatura dei servizi attivi sul territorio di riferimento, sia nell’ambito della sfera lavorativa che extra-lavorativa;
2. seconda fase: progettazione del seminario (possibile articolazione; definizione degli interlocutori da invitare e delle modalità di contatto);
3. terza fase: raccolta e messa a punto dei materiali da diffondere.
Per quanto concerne la prima fase: gli operatori dovranno dedicarsi alla
mappatura di tutti i servizi attivi sul territorio. Pur sapendo che questa è una conoscenza pregressa posseduta dagli stessi, crediamo che fare una fotografia ag145
CAPITOLO 8
SENSIBILIZZARE SUI TEMI DELLA CONCILIAZIONE
giornata possa essere utile e funzionale al raggiungimento degli obiettivi del progetto.
Concretamente ogni operatore dovrà compilare la propria mappa dei servizi seguendo come schema di riferimento una delle due possibilità proposte
in:
a. I servizi al tuo servizio che rappresenta la seconda parte dell’opuscolo Isfol
“Orientarsi tra tempi di lavoro e tempi di vita. Diritti e possibilità”;
b. Mappa dei servizi territoriali contenuta nei materiali predisposti per il laboratorio “Vincoli ed Opportunità” (allegato 15).
Nella compilazione della mappa gli operatori potranno sicuramente partire dai servizi della rete che sono già consolidati, lo sforzo è però quello di ampliare i contatti ed è quindi soprattutto su questo lavoro che ci soffermeremo
in questa guida.
Nello svolgimento delle attività quotidiane di lavoro ogni professionista ha
la propria rubrica formale ed informale di riferimento. È proprio grazie a questa personale mappa di indirizzi e riferimenti che nella maggior parte delle realtà
territoriali è possibile rispondere alle domande/bisogni dell’utente. Crediamo
che, a partire da questa, il lavoro principale da realizzare con il seminario sia quello di avviare e/o consolidare nuovi rapporti, in modo da incentivare nuove sinergie.
Il primo step di questo lavoro è caratterizzato da un atteggiamento che sembra un po’ “forzare” la possibilità di incontro con gli altri attori del territorio e
pertanto bisognerà valorizzare molto la ricchezza degli scambi. È necessario riuscire in tutto il processo di organizzazione e promozione del seminario a gestire le diverse richieste più o meno ufficiali al fine di poter ottenere un risultato
migliore, ma soprattutto più duraturo nel tempo.
La seconda fase, ossia la progettazione del/i seminario/i, si pone l’obiettivo di definirne l’articolazione con contenuti da affrontare, tempi e interlocutori.
Crediamo funzionale la realizzazione di più momenti informativi nel corso
dell’anno. Tali momenti avranno una struttura di base unica e si differenzieranno per l’affondo sulle tipologie di servizi che saranno presentati.
Il/i seminario/i dovrà trattare in particolare i seguenti contenuti:
– il nostro servizio e la rete locale;
– conciliazione lavoro-vita: cosa significa?;
– quali possibili sostegni per la conciliazione?;
– i percorsi offerti dal servizio (tra cui il percorso in.la.v. Isfol).
In relazione a ciascuno di questi temi sarà possibile definire un ventaglio di
attori da coinvolgere e la relativa articolazione degli interventi. Come è possibile rilevare dai contenuti individuati, il seminario vuole essere “interlocutorio”
e soprattutto si propone di fornire agli utenti una fotografia oggettiva dei servizi attivi: si consigliano pertanto degli interventi molto semplici ed immediati
che siano accessibili a tutti.
146
CAPITOLO 8
SENSIBILIZZARE SUI TEMI DELLA CONCILIAZIONE
Per la gestione della fase di contatto è necessaria un’attività di preparazione, che prevede l’utilizzo di:
– la mappa dei servizi individuati con le principali informazioni disponibili;
– una breve griglia delle principali cose da comunicare nel corso di un primo contatto: autopresentazione del proprio servizio, presentazione del seminario in oggetto e richiesta di adesione all’iniziativa (è importante in questo contatto prestare una particolare attenzione alla valorizzazione dell’iniziativa che vuole essere solo il primo passo per una collaborazione più
sostanziale e più duratura).
La fase di contatto permetterà anche di definire più dettagliatamente il tema principale del seminario e di definire l’articolazione delle due ore in quanto ci si potrà trovare di fronte a poche adesioni o a molte.
Nel primo caso, il seminario può rappresentare un momento da promuovere maggiormente se si vuole avere una risonanza tale da favorire la replica
dell’evento. Nel secondo, invece, occorre decidere di distribuire gli interventi in
diversi momenti seminariali, aggregandoli per tipologia di servizi e di percorsi
disponibili.
147
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
9.1 GIOCO DI PRESENTAZIONE IN AVVIO
AI MODULI DI GRUPPO
“Se fossimo al circo io sarei…” oppure “Se fossi alle olimpiadi
io sarei..”
In apertura di ogni laboratorio in cui si chiede ai partecipanti di presentarsi, o eventualmente si tratta di conoscere qualche nuovo partecipante a quel
modulo di gruppo, si può fare ricorso a un gioco che consenta la conoscenza
reciproca attraverso alcune immagini evocative46. In sede di progettazione del
percorso è parso particolarmente importante dedicare uno spazio, anche abbastanza consistente, a questo aspetto dal momento che, nel corso delle varie esercitazioni verranno toccate dimensioni personali sulle quali può essere
più difficile confrontarsi con persone che si sentono del tutto estranee.
Naturalmente questo momento iniziale di presentazione reciproca può
avvenire anche attraverso altri stimoli e strumenti già in uso nelle strutture o tramite un semplice “giro di tavolo”.
Presentazione del gioco
Durata: 15-20 minuti circa
Il gioco è proposto nella duplice versione “Se fossimo al circo io sarei…” op46 Le immagini sono state realizzate nell’ambito del progetto in.la.v. Isfol da Patrizia Baiunco
che ringraziamo per il prezioso contributo. La riproduzione delle immagini, contenute nel cd-rom
allegato al volume, è possibile su sua gentile concessione.
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CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
pure “Se fossi alle olimpiadi io sarei…” da scegliere sulla base delle preferenze del consulente che conduce il laboratorio.
Lo scopo del gioco è quella di consentire a ciascun partecipante, a partire
dalla scelta di un ruolo all’interno del contesto “circo” oppure di una disciplina atletica, di presentare se stesso, le proprie caratteristiche, eventualmente la
propria situazione lavorativa e/o familiare.
La scelta dell’ambientazione del circo oppure delle olimpiadi, nasce dalla molteplicità di possibilità che offrono. In particolare, dal momento che tra i numeri del circo oppure tra le discipline atletiche ne esistono molti che richiedono
capacità di controllo, di equilibrio, che richiamano alcune tra le più diffuse rappresentazioni simboliche e grafiche della conciliazione (l’equilibrista, il giocoliere, la corsa, il salto a ostacoli, ecc.) queste ambientazioni potrebbero fornire spunti utili per rappresentare le eventuali difficoltà di conciliazione tra lavoro e resto della vita dei partecipanti.
Il gioco si realizza in gruppo e dovrebbe coinvolgere tutti i partecipanti. Per
il suo svolgimento occorre un tabellone che rappresenti un tendone di circo o
uno stadio per l’atletica leggera47.
Il primo passaggio richiede di proporre l’immagine del tendone del circo o
delle olimpiadi e di domandare alle persone di pensarsi in quel contesto individuando un personaggio, un artista o un atleta tra quelli raffigurati nelle immagini proposte o tra altri che vengono loro in mente e che potrebbe rappresentarli. Qui di seguito inseriamo due immagini a titolo di esempio.
47 Le immagini del tendone del circo, dello stadio e di tutti i personaggi proposti in entrambe
le ambientazioni sono contenute nel cd-rom allegato al volume.
150
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
Si chiede poi a ciascun partecipante, dopo aver scelto il personaggio, a rotazione, di provare a presentarsi al gruppo iniziando con le parole: “Se fossimo
al circo io sarei…”/ “Se fossi alle olimpiadi io sarei…”, a seconda dell’ambientazione scelta dal consulente.
Per motivare la propria scelta (e perciò per la propria presentazione agli altri partecipanti) ciascuno può decidere di parlare di sé a sua discrezione, descrivendo la propria personalità, i propri interessi, i propri desideri, il proprio contesto familiare, la situazione che sta vivendo, la propria collocazione nel mercato del lavoro.
Ciascuno ha a disposizione circa 5 minuti. Il gioco termina quando tutti si
sono presentati.
151
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
9.2 IL MODULO TEMATICO “TEMPI E SPAZI”
9.2.1 Il tema di fondo del modulo: la gestione del tempo
In un percorso di consulenza orientativa focalizzato sul tema dell’equilibrio
tra lavoro e vita è sembrato centrale affrontare il tema del tempo, per diverse
ragioni.
In primo luogo, conciliare significa, tra le altre cose, far fronte a richieste di
tempo ed energie provenienti da ambiti differenti e sovente incompatibili tra
loro.
Riuscire perciò a ricomporre, o almeno a sviluppare gli strumenti per riuscirvi, anche creativamente e attraverso il ricorso alle proprie risorse personali e a
quelle del contesto in cui ci si muove è un passo essenziale per far fronte a un’esigenza di conciliazione.
Si tratta di un compito reso più complesso dal fatto che i diversi ambiti di
vita, oltre ad avere collocazioni spaziali diverse di cui tener conto, sono regolati da ritmi e logiche differenti. È ciò che Bombelli (2001) rende efficacemente con l’espressione di “tempo mamma” e “tempo azienda”. Il primo è il tempo della cura e degli affetti, imprevedibile, discontinuo, segnato dalle esigenze naturali, legato al ciclo di vita dell’individuo e della famiglia, caratterizzato da
una logica di contenuto (Bianchi, 1981). Il secondo è il tempo delle istituzioni
e del lavoro, pianificabile, razionalizzato, scandito da ritmi regolari, parcellizzato e perfettamente quantificabile (Freni, Giovannini, 2003), contraddistinto da
una logica di prodotto (Bianchi, 1981), in cui il rimando immediato è alla competenza tecnica, al prodotto visibile, materiale.
La difficoltà di tenere insieme ambiti diversi è quindi anche, e forse ancor
più, armonizzare logiche diverse, passare in una stessa giornata o in una stessa settimana da un contesto in cui le attività sono guidate dalle esigenze fisiologiche, naturali, a uno caratterizzato da ritmi rigidamente scanditi dall’orologio e viceversa. E la sfida (cui si è cercato di porre attenzione nel modulo) è an152
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
che quella di non svalorizzare l’uno in funzione dell’altro, di attribuire a entrambi pieno valore pur riconoscendone le diversità, per non “dimenticare” quanto ciascuno dei due richieda energie e tempo di cui occorre tener conto pianificando la propria agenda degli impegni e delle attività.
A partire dalla rivoluzione industriale e fino ai giorni nostri sono state le organizzazioni del lavoro a dettare i loro tempi, i loro ritmi, costringendo, nei fatti, la società e le famiglie ad adattarvisi, mettendo cioè le esigenze famigliari in
secondo piano (Fraccaroli, Sarchielli, 2002). Sono cioè i ritmi di produzione a
scandire il tempo della società nel suo insieme. O meglio, il tempo che scandisce la società è frutto di una costruzione collettiva, frutto dell’equilibrio tra fattori tecnici, sociali e personali. Tuttavia, se per le persone e le famiglie può essere talvolta difficile sincronizzarsi con i tempi della società in cui si vive, questo rappresenta un elemento di socializzazione, di appartenenza alla società produttiva.
In effetti chi rimane fuori dal mercato del lavoro a lungo, a causa di un prolungato periodo di disoccupazione, sembra vivere, pur con profonde differenze individuali, un‘esperienza destrutturante, una perdita dei punti di riferimento che organizzano la sequenza delle attività e della routine quotidiana, fino a
sperimentare la perdita di una finalizzazione delle proprie attività (Fraccaroli,
Sarchielli, 2002).
Ecco la ragione per cui è importante riflettere sulla scansione delle proprie
attività nell’arco della giornata, da un lato, e provare a confrontarsi con i ritmi
che segnano gli impegni e le azioni delle persone che ci circondano, dall’altro.
Se tuttavia, soprattutto per coloro che vogliono entrare o rientrare nel mercato del lavoro, è fondamentale imparare a sintonizzarsi con i ritmi della collettività, è altrettanto importante provare ad andare nella direzione di una personalizzazione del tempo socialmente costruito.
Ed è esattamente questo duplice intento che ha guidato la progettazione del
modulo che ha per oggetto il tempo e gli spazi: “stare dentro al tempo scandito dagli impegni sociali e professionali, con le proprie caratteristiche, esigenze e risorse”.
L’attenzione alla dimensione individuale è importante per una duplice ragione. In primo luogo, perché focalizzare l’attenzione sulle esigenze personali e sulle peculiarità del contesto consente alla persona di stare meglio anche nelle organizzazioni del lavoro e apre la strada a individuare soluzioni realmente percorribili, che attivano tutte le risorse effettivamente disponibili.
In secondo luogo, prendere le mosse dalle esigenze della persona, dalle sue
aspirazioni e caratteristiche è ciò che consente di porsi in un’ottica progettuale, che porta a “prendere in mano la propria vita” e il proprio progetto di sviluppo professionale e di vita facendo fronte sia al rischio di spersonalizzazione del
tempo di lavoro professionale, sia all’incertezza che caratterizza il mercato del
lavoro attuale.
La flessibilità che, in positivo e in negativo, innerva in questi anni il mondo della produzione, può portare, facilmente, a concentrarsi sul tempo presente, riducendo drasticamente i confini della prospettiva temporale e, con essi,
153
Il tema di fondo
del modulo: la
gestione del
tempo
CAPITOLO 9
Il tema di fondo
del modulo: la
gestione del
tempo
I MODULI in.la.v.
la voglia di attivare le proprie risorse per investire in un progetto di sviluppo
professionale e personale oppure può portare a un’indefinitezza nelle aspirazioni, a esprimere dei desiderata vaghi che di fatto paiono irrealizzabili e perciò frustranti.
Riflettere sui propri tempi e spazi di vita, sui propri ritmi, sulle proprie esigenze e desideri e sulle proprie reali possibilità può portare invece a sviluppare una “microprogettazione”, un ricerca attiva di strumenti per realizzare la propria aspirazione (Freni, Giovannini, 2003), che il presente modulo vuole andare a concretizzare nel piano d’azione rispetto ai tempi.
Un suggerimento tratto da Fraccaroli e Sarchielli (2002) per dare senso al
proprio progetto di sviluppo professionale, a partire dalla riflessione su di sé e
sulla scansione dei propri tempi, è quello di ricorrere al gioco, come modalità
creativa che può sviluppare modelli alternativi di azione. Con questo modulo
del percorso in.la.v., che si focalizza proprio su un’esercitazione pensata anche
sotto forma di gioco dal titolo “la banca del tempo”, si è cercato di tradurre operativamente questa indicazione.
Obiettivo del modulo è la riflessione sulla propria percezione e gestione del
tempo e la presa di consapevolezza di quello che occorre per svolgere le diverse attività nella giornata e nella settimana, anche quelle apparentemente meno visibili o quantificabili. Allo stesso modo ci si vuole focalizzare sul tempo impiegato per muoversi e spostarsi tra i vari luoghi di vita (lavoro, scuola, ecc).
L’approccio adottato per trattare questi temi è quello di non attribuire alla
persona in toto la responsabilità della gestione degli impegni e delle richieste
provenienti dai diversi ambiti di vita tra i quali si muove. Scambiare in gruppo
risorse di tempo e disponibilità a svolgere compiti per i quali ci si sente più o
meno propensi, ha il valore di far prendere coscienza alla persona che è possibile chiedere il supporto della rete interna ed esterna al proprio contesto di
vita (per quanto questo aspetto sarà poi ripreso da coloro che parteciperanno
al modulo “vincoli e opportunità”).
La riflessione sulle attività che ci si sente disponibili a svolgere vuole, inoltre, attivare una prima presa di consapevolezza delle proprie risorse e dei propri limiti, che saranno oggetto d’attenzione specifica nel modulo “risorse ed esperienze”.
Qui di seguito si propone in forma schematica l’insieme di finalità e obiettivi del modulo “tempi e spazi”.
154
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
FINALITÀ
Sviluppare una migliore gestione del tempo e degli spostamenti nell’arco della giornata e della settimana e maturare una maggiore consapevolezza delle risorse cui è possibile fare riferimento nel proprio contesto
di vita.
Avviare una prima riflessione sulle possibilità e sulle risorse personali di
cui la persona può disporre (riprese nel modulo “Risorse ed esperienze”).
Definire la parte relativa ai tempi del proprio piano d’azione personale
OBIETTIVI
Sviluppare una pianificazione efficace e più consapevole del tempo e degli spostamenti sul territorio attraverso il confronto e la contrattazione in
gruppo, con persone che possono avere esigenze analoghe alle proprie
ma anche diverse.
Utilizzare il tempo necessario per svolgere le diverse attività come moneta di scambio.
Riflettere sull’importanza del “tempo per sé”.
Riconoscere e attivare tutte le risorse disponibili nel proprio contesto di
riferimento (“Risorse e soluzioni possibili”) e iniziare a riflettere sulle proprie risorse e capacità.
9.2.2 Lo svolgimento del modulo nella versione di gruppo:
il laboratorio
CONTENUTI/
STRUMENTI
Gioco/esercitazione “La banca del tempo”:
– Agenda settimanale per La Banca del tempo + Gettoni
– Il piano dei tempi
– L’agenda per il gruppo
Il piano d’azione su: i miei tempi
Durata: 4 ore
Dopo la definizione del patto d’aula e un momento di presentazione dei partecipanti così come descritto nel paragrafo 9.1 (questo vale nel caso in cui le
persone non si conoscano ancora tutte perché impegnate in pezzi di percorso
diversi), ha avvio l’esercitazione/gioco “La banca del tempo” che prende il nome da una iniziativa che costituisce nella realtà una delle possibili strategie a
sostegno della conciliazione.
Con tale esercitazione si vogliono aiutare i partecipanti a sviluppare una gestione efficace del tempo e a maturare una maggiore consapevolezza delle proprie possibilità e delle risorse di cui si può disporre, attraverso il confronto e la
contrattazione in gruppo con persone che possono avere esigenze analoghe alle proprie, ma anche diverse.
Il tema è infatti riflettere e perciò sviluppare consapevolezza sul proprio tempo, sul tempo impegnato e su quello “libero”, sulla possibilità di dare o donare il proprio tempo, anziché farselo “prendere”, tenendo inoltre sempre presen155
CAPITOLO 9
Lo svolgimento
del modulo nella
versione di
gruppo: il
laboratorio
I MODULI in.la.v.
ti le distanze da percorrere (e perciò i tempi necessari) per sviluppare l’abitudine a una pianificazione più efficace.
Utilizzando come moneta di scambio il tempo per svolgere una qualsiasi attività, ognuna di esse è posta sullo stesso piano: il lavoro di cura nelle sue differenti sfaccettature è considerato importante al pari di altre attività di tipo più
propriamente “professionali” (es. lezioni di lingua straniera,..); ciò può contribuire a far percepire l’attività svolta in famiglia come un vero “lavoro” per cui,
tra le altre cose, si posseggono competenze specifiche.
Questo primo momento in gruppo vorrebbe, tra le altre cose, facilitare la riflessione ed elaborazione sia delle proprie risorse interne, oggetto specifico del
laboratorio “Risorse ed esperienze”, sia delle risorse disponibili nel proprio contesto di riferimento.
Nel momento conclusivo del laboratorio la persona andrà a compilare la tabella Piano dei tempi (cfr. allegato n. 5), inserendovi in forma sintetica sia le necessità di tempo che ogni partecipante prefigura (a fronte di un cambiamento nella propria situazione occupazionale) sia le risorse cui può ricorrere nel proprio contesto di riferimento reale (al di là di quello simulato dell’esercitazione
in gruppo) e tutti gli aggiustamenti nella scansione delle proprie attività, le possibili soluzioni alternative che derivano dalle riflessioni maturate durante il confronto e lo scambio in gruppo.
Questa tabella costituirà uno degli elementi che andranno a inserirsi nel proprio piano d’azione” che sarà frutto del percorso, o di una parte del percorso,
in.la.v. Isfol.
Gioco/esercitazione “La banca del tempo”: ambientazione e consegna
L’esercitazione prevede un primo momento individuale, un secondo momento da giocare in gruppo e un terzo momento nuovamente individuale.
L’ambientazione dell’esercitazione è quella di un quartiere in cui si decide di
dar vita a una “Banca del tempo” per far fronte alle diverse necessità degli abitanti e per mettere a frutto le diverse abilità e disponibilità di ciascuno di loro.
Presentazione del primo momento individuale: la preparazione
Durata: 45 minuti circa
Attraverso un momento di riflessione e lavoro individuale ciascun partecipante compila i materiali che occorrono per giocare l’esercitazione “La banca
del tempo”.
Il consulente distribuisce a ciascun partecipante:
– un’agenda settimanale per l’esercitazione da compilare con le proprie attività giornaliere più importanti (cfr allegato n. 6);
– il piano dei tempi per il piano d’azione, di cui compilare le prime due colonne (Attività “critiche” e Necessità), provando a immaginare un cam156
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
biamento nella propria situazione occupazionale, evidenziando quelle
eventuali attività che potrebbero risultare particolarmente critiche, difficili da gestire e fare insorgere perciò delle vere e proprie necessità (cfr.
allegato n. 5);
– gettoni-ora rossi da compilare con le eventuali necessità individuate: per
quale attività, in quale giorno e in quale orario: ogni gettone vale 1h per
cui, se la necessità riguarda ad esempio 3 ore pur nella stessa giornata
e per la stessa attività, si compileranno tre gettoni (il gettone-ora è infatti pensato come “moneta di scambio” della “Banca del tempo”) (cfr. allegato n. 6);
– gettoni-ora verdi da compilare con le proprie disponibilità eventuali, corrispondenti ai momenti in cui non ci sono impegni particolari: osservando i “vuoti nella propria agenda” si può decidere quali mettere a disposizione e si indicano le attività che si è disposti a svolgere, in quale giorno
e in quale orario, l’eventuale disponibilità a spostarsi sul territorio: ogni gettone vale 1h per cui, con lo stesso criterio usato in precedenza si compileranno tanti gettoni quante sono le ore disponibili (cfr. allegato n. 6);
– gettoni-ora gialli che rappresentano il tempo per sé (cfr. allegato n. 6).
Compilare i gettoni rossi e verdi per l’esercitazione ha il duplice valore di mettere l’accento sull’importanza di quantificare il tempo che si può dedicare a ciascuna attività e di prendere maggiore consapevolezza della possibilità di chiedere aiuto (o di darlo, scambiarlo) per attività legate anche alla sfera familiare
e personale, di cui ci si è sempre occupati in prima persona.
Compilare i gettoni verdi, inoltre, consente sia di prendere coscienza (quantificandolo) del tempo che si ha in realtà a disposizione, sia di attivare una prima riflessione sulle proprie competenze e risorse.
Alcune possibili indicazioni per la compilazione degli strumenti sono:
– tener conto sempre dei tempi di spostamento tra un luogo di attività e l’altro;
– prevedere almeno 1 gettone-jolly giallo “tempo per sé” per ciascuno/a.
Il consulente chiede poi a ciascun partecipante di compilare per l’intera settimana (pensando ad esempio a quella appena trascorsa) la propria Agenda
per l’esercitazione “La banca del tempo” (cfr. allegato n. 6) e il proprio Piano
dei tempi (cfr. allegato n. 5) mettendo in evidenza: le attività che svolge e gli impegni che ha abitualmente; le attività che a fronte di un cambiamento nella propria situazione occupazionale potrebbero risultare di difficile gestione; le necessità di tempo che potrebbero perciò insorgere a fronte di tali criticità. Le colonne che il partecipante andrà a compilare sono le seguenti:
Nella “Agenda settimanale per l’esercitazione”
- Orari: ciascuna colonna rappresenta un’ora della giornata. Può non
essere necessario compilare tutte le colonne, ma bisogna tener conto del
fatto che se le attività hanno una durata di diverse ore si devono compilare più colonne.
157
Lo svolgimento
del modulo nella
versione di
gruppo: il
laboratorio
CAPITOLO 9
Lo svolgimento
del modulo nella
versione di
gruppo: il
laboratorio
I MODULI in.la.v.
- Attività: si chiede ai partecipanti di indicare tutte le attività significative che vengono svolte in diversi momenti della giornata, ponendo una
particolare attenzione a quelle che vengono svolte in orari fissi o ben precisi.
Nel “Piano dei tempi”
- Attività critiche: si chiede ai partecipanti di prefigurare un cambiamento nel loro stato occupazionale (l’ingresso o il re-ingresso nel mondo del lavoro; un cambiamento di occupazione; una modifica del regime orario; …) e quindi una modifica nei propri impegni quotidiani.
Tenendo conto delle attività che attualmente svolgono nei diversi orari
e che hanno indicato in tabella, quali attività potrebbe risultare critico continuare a svolgere?
- Necessità: a fronte delle criticità indicate nella colonna precedente
quali necessità potrebbero sorgere, per quali attività, in quali orari?
A partire dalla propria agenda settimanale ciascun partecipante compilerà
quindi i gettoni verdi corrispondenti alle ore che restano libere o senza particolari impegni (indicando il tipo di attività per cui si mette a disposizione il tempo) e i gettoni rossi con le richieste per far fronte alle proprie necessità.
Presentazione dell’esercitazione in gruppo
Durata: 1h circa
Il consulente che ha il ruolo di coordinatore della banca del tempo appunterà su un tabellone chiamato “L’agenda per il gruppo” (cfr. allegato n. 7) tutte le disponibilità e tutte le richieste dei partecipanti.
Si aprirà a questo punto una fase di discussione in cui si cercherà di rispondere alle necessità di ciascun partecipante, in due modi: a) con lo scambio nel
gruppo dei gettoni verdi e rossi; b) con l’intervento del consulente e dei vari partecipanti, per scambiare suggerimenti per alcune modifiche alle varie agende
(ad esempio una diversa scansione dei diversi impegni nella giornata, una differente gestione degli spostamenti) e soluzioni alternative per far fronte alle diverse necessità, possibili persone cui chiedere un aiuto, risorse che ciascuno potrebbe attivare nel proprio contesto di riferimento, così da maturare attraverso
il confronto una più efficace e flessibile gestione del tempo.
La seconda parte dell’esercitazione si può considerare terminata quando si
riesce a ottenere una pianificazione quanto più possibile soddisfacente per tutti, quando resta il minor numero possibile di necessità insoddisfatte, tutte le disponibilità offerte sono messe a frutto e si sono individuate quante più soluzioni alternative possibili per le varie esigenze emerse.
158
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
Presentazione della riflessione individuale conclusiva: il piano dei tempi
Lo svolgimento
del modulo nella
versione di
gruppo: il
laboratorio
Durata: 45 minuti circa
La parte conclusiva dell’esercitazione si svolge individualmente e ha lo scopo di arrivare alla definizione del primo tassello del proprio piano d’azione, quello relativo alla possibilità di una diversa gestione del proprio tempo e alle molteplici risorse cui si può ricorrere nel proprio contesto di riferimento.
È importante infatti che a chiusura di ciascun laboratorio i partecipanti abbiano la percezione di aver sviluppato/maturato nuovi strumenti, ancorati alla loro esperienza personale, per definire quel piano d’azione che, senza riferimenti alla loro realtà concreta, potrebbe divenire troppo astratto o decontestualizzato.
La scheda predisposta “Il piano dei tempi” è costituito da due parti (cfr. allegato n. 6).
La prima è una tabella che va accostata alla propria agenda settimanale. Essa
prevede tre colonne che vogliono costituire una sintesi dell’agenda e delle riflessioni maturate in gruppo durante l’esercitazione.
Per preparare l’esercitazione da giocare in gruppo si sono già compilate le
prime due colonne:
– Attività critiche
– Necessità
Nella terza colonna, “Risorse e soluzioni possibili”, a partire dalle riflessioni
maturate in gruppo, dai suggerimenti scambiati durante l’esercitazione, si indicheranno invece tutte quelle risorse nel proprio contesto di riferimento, sia
relazionali sia disponibili sul territorio, cui la persona pensa (o prende coscienza) di poter ricorrere per far fronte alle necessità indicate, e tutte quelle modifiche che si potrebbero apportare alla propria organizzazione quotidiana, cui non
si era pensato in precedenza, per far meglio fronte ai diversi impegni critici.
La seconda parte è rappresentata da tre domande aperte che vogliono portare la persona a mettere maggiormente a fuoco, prefigurandoli e dando loro forma, gli elementi del proprio piano d’azione relativi agli aspetti sopra descritti.
Non è indispensabile fornire una risposta puntuale: esse possono rappresentare anche delle domande stimolo che aiutino la compilazione della tabella.
• Oltre alle persone che ha già individuato c’è qualcun altro cui potrebbe chiedere aiuto per questa attività?
• Non potrebbe chiedere aiuto a qualcuno anche per questa attività?
Perché?
• Conosce i servizi disponibili nella sua zona? Sa che esistono servizi
apposta per questo tipo di esigenze?
Al termine del lavoro per portare a sintesi quanto fatto ogni partecipante è
invitato a prendere in considerazione la pagina del proprio piano d’azione dal
titolo “i miei tempi”, sulla quale viene chiesto di allegare il prodotto del labo159
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
ratorio (“il piano dei tempi”), ma anche di esprimere dei desiderata. In termini di azione, coerentemente con l’idea di un piano che serva da guida per agire, si possono indicare ipotesi e possibili soluzioni per superare le aree critiche.
Compilazione dell’Agenda settimanale per il colloquio
Compilazione del “Piano dei tempi”
CONTENUTI/
STRUMENTI
Il piano d’azione su: i miei tempi
9.2.3 Lo svolgimento del modulo nella versione individuale:
il colloquio
Durata: 2 ore
Questo colloquio individuale, che si pone in alternativa al laboratorio di gruppo “tempi e spazi”, prevede l’utilizzo di un’agenda settimanale da compilare durante il lavoro con il consulente e che condurrà a definire, analogamente a quanto avviene nel laboratorio, “Il piano dei tempi per il piano d’azione”.
Lo svolgimento del colloquio prevede tre momenti successivi:
– Nel primo momento si riprendono gli obiettivi del percorso in.la.v. (o della parte del percorso che si svolge: arrivare a formulare il proprio piano d’azione personale) e dell’obiettivo specifico del colloquio (riflettere sulla gestione
del proprio tempo e sulla possibile attivazione di risorse nel proprio contesto
di riferimento).
– Nel secondo viene compilata insieme al consulente o individualmente l’agenda settimanale per il colloquio (cfr. allegato n. 8).
– Nel terzo, a partire dall’agenda settimanale, si compila la tabella “Il piano
dei tempi” (cfr. allegato n. 5) che sintetizza le necessità di tempo che potrebbero emergere nel corso della settimana e le risorse personali che ciascuno può
attivare nel proprio contesto di riferimento, individuate anche attraverso il confronto con il consulente.
La compilazione dell’agenda settimanale per il colloquio
L’agenda può essere compilata dal partecipante insieme al consulente, che
può sostenerlo attraverso domande stimolo (come quelle presentate di seguito) oppure può essere lasciata al partecipante che la compilerà autonomamente (per riprendere solo in seguito il lavoro con il consulente). Si può chiedere
al partecipante stesso di scegliere tra le due modalità.
Nell’agenda settimanale figurano gli Orari su ciascuna colonna e le Attività
160
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
che si svolgono di solito:
– Orari: ciascuna colonna rappresenta un’ora della giornata. Indica l’orario
in cui si svolgono le diverse attività, quelle che scandiscono la giornata.
– Attività: si chiede al partecipante di indicare tutte le attività significative che
svolge in diversi momenti della giornata, ponendo una particolare attenzione
a quelle che vengono svolte in orari fissi o ben precisi. Per le ore notturne si può
colorare la casella di nero.
La tabella non deve necessariamente essere compilata nella sua interezza.
Deve soltanto mettere in evidenza quelle attività che vengono svolte o devono essere svolte in orari precisi e che possono perciò far sorgere una necessità
di tempo a fronte, ad esempio, di un cambiamento nello stato occupazionale.
Il consulente può sostenere la compilazione degli strumenti attraverso domande stimolo come:
• Pensando alle sue giornate quali attività svolge di solito? Le svolge tutti i giorni o solo in determinati giorni della settimana? C’è qualcosa che
fa sempre alla stessa ora?
• Deve svolgere queste attività necessariamente a quell’ora? Oppure potrebbe anticiparle o posticiparle?
• Quanto tempo la impegnano queste attività?
• Immagini di trovare un lavoro / riprendere a lavorare / cambiare il suo
orario di lavoro / cambiare posto di lavoro (che può essere più vicino
o lontano, iniziare e finire prima o dopo;…): tenendo conto delle attività che ha segnato su questa agenda riuscirebbe a occuparsi di tutto?
Quali attività potrebbero risultare di difficile gestione?
• Quali necessità di tempo potrebbero perciò nascere? Per fare cosa?
• Queste necessità di tempo sarebbero quotidiane? Oppure sorgerebbero solo in certe circostanze o giornate? Quali? Perché?
• Potrebbe organizzare diversamente le sue attività per evitare che esse
si sovrappongano?
• Cosa non vorrebbe o potrebbe proprio modificare nelle sue attività attuali?
• Quali cambiamenti accetterebbe senza difficoltà? Quali le costerebbero di più?
Il piano dei tempi per il piano d’azione
Una volta completata l’agenda settimanale o, a scelta, tenendola – sul tavolo e compilandola – contemporaneamente, si passa a completare “Il piano
dei tempi”. Esso ha lo scopo di arrivare alla definizione del tassello del proprio
piano d’azione relativo alla possibilità di una diversa gestione del proprio
tempo e alle molteplici risorse cui si può ricorrere nel proprio contesto di riferimento. In particolare, la scheda che si andrà a compilare verrà allegata alla pagina del piano d’azione dal titolo: “I miei tempi”.
161
Lo svolgimento
del modulo nella
versione
individuale: il
colloquio
CAPITOLO 9
Lo svolgimento
del modulo nella
versione
individuale: il
colloquio
I MODULI in.la.v.
La scheda predisposta (cfr. allegato n. 5) è costituita da due parti.
La prima è una tabella che andrà accostata alla propria agenda settimanale e che presenta tre colonne:
– Attività critiche: si chiede al partecipante di prefigurare un cambiamento
nel suo stato occupazionale (l’ingresso o il re-ingresso nel mondo del lavoro;
un cambiamento di occupazione; una modifica del regime orario; …) e quindi una modifica nei propri impegni quotidiani: tenendo conto delle attività che
attualmente svolge nei diversi orari e che ha indicato in tabella, quali attività potrebbe risultare critico continuare a svolgere?
– Necessità: a fronte delle criticità indicate nella colonna precedente si andranno a inserire tutte le necessità emerse per quel giorno della settimana (indicando l’ora relativa) cui non si riesce a far fronte
– Altre risorse e soluzioni possibili: si indicheranno invece tutte quelle risorse nel proprio contesto di riferimento, sia relazionali sia disponibili nel territorio cui la persona pensa (o prende coscienza) di poter ricorrere (familiari, amici, parenti, conoscenti, servizi, professionisti,…) che la persona pensa di poter
attivare, quelle modifiche che potrebbero essere apportate nella scansione dei
propri impegni (es. andare la sera a fare la spesa - anziché il mattino -), quelle soluzioni alternative che si potrebbero individuare cui non si era pensato in
precedenza per far fronte alle necessità indicate.
Nella compilazione del Piano dei tempi potrebbero essere di aiuto le domande proposte nella seconda parte della scheda.
La seconda parte infatti è rappresentata da tre domande aperte che vogliono portare la persona a mettere maggiormente a fuoco, prefigurandoli e dando loro forma, gli elementi del proprio piano d’azione relativi agli aspetti sopra
descritti.
Non è indispensabile fornire una risposta puntuale: esse possono rappresentare anche delle domande stimolo a cui il consulente può aggiungere ad
esempio:
• Oltre alle persone che ha già individuato c’è qualcun altro cui potrebbe chiedere aiuto per questa attività?
• Non potrebbe chiedere aiuto a qualcuno anche per questa attività?
Perché?
• Conosce i servizi disponibili nella sua zona? Sa che esistono servizi apposta per questo tipo di esigenze?
Al termine del lavoro per portare a sintesi quanto fatto il partecipante è invitato a prendere in considerazione la pagina del proprio piano d’azione dal titolo “i miei tempi” sulla quale viene chiesto di allegare il prodotto del laboratorio (“Il piano dei tempi”), ma anche di esprimere dei desiderata. In termini
di azione, coerentemente con l’idea di un piano che serva da guida per agire,
si possono indicare ipotesi e possibilità per superare le aree critiche.
162
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
9.3 IL MODULO TEMATICO
“RISORSE ED ESPERIENZE”
9.3.1 Il tema di fondo del modulo: le competenze
per la conciliazione
Le risorse e le esperienze richiamate nel titolo di questo modulo fanno riferimento a tutte le sfere della vita, e in particolare a quella lavorativa, familiare, personale, sociale e anche sentimentale. In linea con la tematica della conciliazione tra ambiti di vita, è importante guardare a questo patrimonio come
a un ricco repertorio di competenze, in parte “vive”, ovvero in uso nella quotidianità della persona, e in parte “sbiadite” in quando non utilizzate o aggiornate.
Nonostante questa “forbice” tra competenze in uso e in disuso, in questo
modulo in.la.v. il tema delle competenze viene approcciato in modo ampio e
con obiettivi diversi da come si affronta, ad esempio, in un percorso di bilancio di competenze. La differenza più rilevante è data dal fatto che l’attenzione,
nel caso di in.la.v., è volta anzitutto al presente, più che al passato come si tende puntualmente a fare in un percorso di bilancio. In altri termini, anche se l’oggetto di indagine è lo stesso il tipo di focalizzazione è molto diversa (oltre che
ovviamente i tempi e le finalità generali). Un’altra differenza fondamentale risiede nel tipo di ricostruzione che si vuole attivare in un percorso come in.la.v.
o in un altro come il bilancio di competenze. Nel primo caso è una ricostruzione selettiva e funzionale a individuare risorse, interne ed esterne, utili a modificare una situazione di vita personale e professionale. Nel secondo caso, invece, la ricostruzione vorrebbe essere il più completa possibile per riuscire a cogliere tutti gli elementi di competenze spendibili in un progetto di sviluppo.
In entrambi i casi ci collochiamo dentro un modello che vede la competenza come un attributo delle persone in termini di risorse e caratteristiche messe a disposizione per lo svolgimento di una data attività (Sarchielli, 1996). Le
caratteristiche che il soggetto esprime sono comunque viste nell’intreccio tra
le richieste del compito e le condizioni ambientali.
Il carattere operativo delle competenze consiste nella “capacità di saper mobilitare e combinare delle risorse” (Le Boterf, 2000). Queste risorse sono di du163
CAPITOLO 9
Il tema di fondo
del modulo: le
competenze per
la conciliazione
I MODULI in.la.v.
plice natura: da una parte sono risorse personali e dall’altra sono esterne al soggetto (attrezzature e strumenti di lavoro, informazioni, reti relazionali, ecc.). Infine,
occorre sottolineare che ogni competenza è contestualizzata in rapporto a un
campo di applicazione o a una classe di situazioni, ma lo è in quanto espressa da un soggetto in grado di attivare una nuova combinazione di risorse proprie ed esterne, ovvero una ricontestualizzazione. Senza questa meta-capacità,
trasversale ai diversi contesti di vita e professionali, si sarebbe di fronte a un notevole dispendio di energie e risorse disfunzionale all’apprendimento e al
cambiamento stesso. Questo principio è alla base del lavoro di ricostruzione e
messa a fuoco di risorse, interne ed esterne all’ambiente in cui viviamo, specifico di questo modulo.
Più precisamente, nel modulo in questione si utilizzano le competenze come chiave di lettura per definire quello che facciamo nel corso delle nostre giornate, ma più in generale quello che abbiamo sviluppato nel corso della nostra
vita. Lo sforzo è dunque quello di pensare all’insieme delle nostre esperienze
per provare a focalizzare la gamma di risorse e azioni che mettiamo in campo
quotidianamente. Alcune di queste azioni si ripetono uguali in molte situazioni, altre variano a seconda degli interlocutori, altre ancora sono nuove attività
da imparare che mettono alla prova le nostre conoscenze e capacità, oppure
sono così sedimentate che non ci accorgiamo più di farle. In ogni caso ogni attività, anche la più elementare, chiama in causa un insieme di conoscenze, di
capacità e di altre risorse personali che hanno a che fare con la nostra storia,
le nostre motivazioni e i nostri stili di pensiero e di relazione. Questo mix di cose viene chiamato competenza, ma le competenze sono tante quante sono le
nostre azioni. Riconoscerle tutte sarebbe un compito impossibile oltre che particolarmente lungo e noioso. È invece importante, nel percorso in.la.v., riuscire a ricostruire le competenze che si sono consolidate nella nostra storia di vita professionale, che sono ancora vive e presenti o che hanno bisogno di essere rimesse in moto e agite, ma che in ogni caso sono per noi distintive e peculiari.
Qui di seguito si presenta lo schema di presentazione del modulo nel suo
insieme definendo le sue finalità e obiettivi.
FINALITÀ
Far emergere e valorizzare il patrimonio di competenze e risorse personali acquisite e consolidate nel corso di molteplici esperienze di vita, tenendo presenti 5 ambiti di realizzazione: vita professionale, vita personale, vita di coppia, vita familiare e vita sociale
OBIETTIVI
Ricostruire le esperienze extra-professionali più significative nelle quali
si sono consolidate competenze utili anche per il lavoro.
Elencare le competenze disponibili, quelle attivabili e quelle da acquisire per meglio affrontare la propria storia di conciliazione.
Mettere a punto una mappa delle competenze personali e professionali spendibili.
164
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
9.3.2 Lo svolgimento del modulo nella versione di gruppo:
il laboratorio
Durata: 4 ore
CONTENUTI/
STRUMENTI
Mappa delle mie competenze
Esercitazione “Oltre il lavoro….”
Cartoncini delle competenze
Sintesi delle mie competenze per ambiti di vita
Dopo la definizione del patto d’aula e un momento di presentazione dei partecipanti così come descritto nel paragrafo 9.1 (questo vale nel caso in cui le
persone non si conoscano ancora tutte perché impegnate in pezzi di percorso
diversi), si illustra e distribuisce quella parte del piano d’azione che si vuole conseguire al termine del laboratorio e che nel caso specifico è rappresentato da
una mappa di competenze suddivisa per ambiti di vita. Più precisamente, il piano d’azione in tema di competenze non è altro che il prodotto del lavoro svolto, individualmente e in gruppo, e che si riassume nel documento finale dal titolo “sintesi delle mie competenze per ambiti di vita” (allegato n. 11).
Per giungere a questo prodotto il modulo prevede due fasi di lavoro, una individuale e una di gruppo, tra loro integrate.
Come primo passo il conduttore presenta e consegna a tutti i partecipanti il
documento dal titolo “la mappa delle mie competenze” (allegato n. 9). Questo
documento costituisce lo spunto dal quale avviare una prima riflessione individuale per poi passare a una seconda fase in gruppo. Per attivare il clima tra i partecipanti il laboratorio prevede nella fase in gruppo una sorta di gioco di carte
dal titolo “Oltre il lavoro….” che verrà presentato puntualmente a seguire.
Il modulo è dunque strutturato in tre parti:
1. una prima parte dedicata alla compilazione individuale della “mappa delle mie competenze” (15’ circa. Oltrepassati i quali il consulente ferma l’attività e avvia quella in gruppo);
2. una seconda parte tesa a far arricchire la propria mappa individuale attraverso i cartoncini delle competenze distribuiti dal conduttore;
3. una terza e ultima parte di messa a punto definitiva della propria mappa di competenze e risorse e di confronto in gruppo sulle competenze e
le risorse necessarie per “tenere” meglio insieme i vari ambiti di vita.
Presentazione della riflessione individuale “La mappa delle mie competenze”
La “mappa delle mie competenze” è un primo stimolo alla ricerca delle proprie risorse e dei propri “saperi” (in termini di conoscenze e capacità). Usando
165
CAPITOLO 9
Lo svolgimento
del modulo nella
versione di
gruppo: il
laboratorio
I MODULI in.la.v.
le parole e il linguaggio comune ciascuno è chiamato a fare mente locale su quelle cose che si sanno fare bene (magari anche con soddisfazione), ma che possono apparire scontate, inutili o “strane” perché non strettamente legate all’ambito professionale. La mappa, non a caso, rappresenta cinque diversi ambiti di
vita intrecciati tra loro. L’ordine degli ambiti di vita è casuale, ma tutti sono parimenti importanti e fonte di espressione ed esercizio di competenze.
La consegna è quella di partire dall’ambito in cui la persona sente di mettere in gioco diverse e molte conoscenze, capacità e risorse, per passare via via
agli altri ambiti.
L’idea di base è quella di “forzare” le persone a indicare le competenze che
realmente si riconoscono cercando di farne emergere il più possibile, indicando una parola chiave, un verbo, un’immagine che renda conto di un sapere sottostante.
Per svolgere questa prima fase di lavoro con un certo agio di tempo e ascolto si suggerisce di chiedere di non completare tutti gli ambiti in modo dettagliato, ma di individuare per quegli ambiti che si vogliono presentare in gruppo le
competenze ritenute più forti e distintive di sé.
Ambientazione e consegna
Durata: 1 ora
A ogni partecipante si consegna il documento “la mappa delle mie competenze” (allegato n. 9) e si danno 30 minuti circa per scrivere alcune competenze che ci si riconosce nei diversi ambiti, soprattutto extra-professionali.
La consegna è la seguente: “per ogni ambito, o per quelli che vorreste trattare qui, indicate una o più cose che sapete fare bene e che dice qualcosa di
voi, di quello che riuscite e vi piace fare”.
Passati i 30’ minuti, anche se non tutte le schede degli ambiti di vita saranno completate, termina la fase individuale e si attiva quella in gruppo.
Una volta avviato il lavoro di riconoscimento di quelle cose che si sanno fare bene, che possono essere definite aree in cui si esercitano risorse e competenze personali, il conduttore distribuisce un set di cartoncini (allegato n. 10)
su ognuno dei quali è riportato un verbo che indica un’azione o attività.
L’indicazione è quella di prendere spunto da questi cartoncini per articolare e
arricchire la propria mappa individuale, anche attraverso un lavoro di scelta e
selezione di questi stessi cartoncini.
Presentazione dell’esercitazione in gruppo “Oltre il lavoro….”
L’esercitazione “Oltre il lavoro…” prosegue e alimenta la riflessione avviata
a livello individuale ed è finalizzata a ricomporre il proprio patrimonio di competenze e risorse alla luce delle esperienze maturate nei diversi ambiti di vita.
Il conduttore apre il momento di gruppo con alcune domande del tipo: che
cosa c’è da gestire al di fuori del lavoro in una settimana di vita? Quali situazio166
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
ni difficili, impreviste e complicate si possono affrontare? Quali competenze occorre avere? Quali si possono “prendere da” e” trasferire in” altri ambiti di vita?
L’obiettivo è quello di portare le persone a prendere consapevolezza di quante competenze si esercitano in modo routinario e automatico in situazioni e contesti che possono sembrare lontani dal lavoro, o che si vogliono ritenere tali, ma
che pure lo intrecciano e che possono proficuamente far mettere in gioco le stesse competenze o risorse (forse viste con occhi diversi). Con questo esercizio si
vuole, in altre parole, potenziare il senso di spendibilità e trasferibilità delle competenze maturate nei molteplici ambiti di vita e di esperienza, anche a partire
da un proprio riconoscimento di efficacia e padronanza.
Ambientazione e consegna
Durata: 2 ore
Ogni partecipante ha di fronte a sé tre tipi di materiali:
– la sua mappa delle competenze;
– i cartoncini delle competenze;
– un cartellone bianco.
Come è stato detto per ampliare e arricchire ancora di più il repertorio di competenze cui attingere per costruire la propria mappa individuale a ogni partecipante viene distribuito un set di cartoncini di competenze. Ogni partecipante avrà in mano lo stesso numero e tipo di carte.
L’esercitazione si svolge in quattro fasi. Le prime due fasi richiedono un’ora di tempo.
Prima fase individuale: ogni partecipante analizza il set di competenze che
ha ricevuto e fa due mucchietti. Un mucchietto delle competenze che si riconosce e che fanno parte del suo patrimonio di acquisizioni, e un altro mucchietto con le competenze che si vorrebbero possedere. Lo sforzo dovrebbe essere quello di pensare a che cosa si è capaci di fare anche a partire dallo stimolo contenuto nella carta stessa (Sono capace di….., in quale ambito ad esempio? Con chi? In quale situazione?).
Il primo passaggio è quindi volto a un’analisi e a un riconoscimento individuale in tema di competenze che porta anche visivamente a fare un’operazione di valutazione. Cosa trattengo e cosa lascio rispetto a questo repertorio di
capacità che mi hanno messo a disposizione? L’altro passaggio è di chiedere ai
partecipanti di scrivere sui cartoncini bianchi presenti nel mazzo quelle competenze che aggiungerebbero al mazzo stesso.
Seconda fase in gruppo: a turno ogni partecipante si alza e attacca con delle puntine su un cartellone bianco le competenze che vorrebbe possedere, ovvero quelle che non fanno parte del proprio patrimonio, ma potrebbero essere acquisite e sviluppate.
167
Lo svolgimento
del modulo nella
versione di
gruppo: il
laboratorio
CAPITOLO 9
Lo svolgimento
del modulo nella
versione di
gruppo: il
laboratorio
I MODULI in.la.v.
La terza e quarta fase richiedono un’altra ora di tempo.
Terza fase individuale: una volta conclusa l’analisi e la scelta delle competenze proprie e di quelle desiderate il conduttore distribuisce il documento “sintesi delle mie competenze per ambiti di vita” (cfr. allegato n. 11). La richiesta
è quella di provare a trasporre le diverse competenze che si sono individuate
come proprie e distintive nei diversi ambiti di vita in un’ottica prospettica nel
tempo (presente-futuro). Questo sia per evidenziare gli attuali punti forti del proprio patrimonio di competenze, sia quelli da sviluppare soprattutto per sé. I due
quadranti consentono infatti visivamente di notare alcuni “pieni” o “vuoti” di competenze. Nella prospettiva futura (l’asse del domani) i partecipanti sono invitati a prendere considerazione le competenze appese sul cartellone per immaginare di acquisirne di nuove, in alcuni ambiti piuttosto che in altri.
Quarta fase in gruppo: una volta conclusa l’operazione di ri-sistematizzazione individuale sulla mappa di sintesi, il conduttore stimola una riflessione collettiva chiedendo a ciascuno di descrivere brevemente la propria mappa di competenze individuando gli elementi distintivi, forti o deboli, delle competenze che
utilizza per tenere insieme i diversi ambiti, per star dietro ai vari impegni, per
non “svalutare” le cose che si sanno fare e che piacciono. Per attivare e facilitare il confronto in gruppo il conduttore dispone di una check-list di domande:
• In quali ambiti della sua vita dispone di maggiori competenze e risorse? In quali meno?
• Quali sono le attività che svolge con maggiore competenza ed efficacia? Ad esempio?
• Quali sono gli ambiti di vita in cui sente di non mettere in valore le sue
competenze?
• Che cosa avrebbe bisogno di imparare?
• Che cosa vorrebbe imparare? Ad esempio tra le competenze scartate
da tutti e poste sul cartellone ne ha scelta qualcuna? Quale/i?
Obiettivo e conclusione del lavoro è quello di mettere in evidenza che qualcosa dipende da noi, da chi siamo, da quale storia abbiamo e da quali competenze e risorse possediamo, ma qualcosa dipende dall’esterno, da fattori non
sempre prevedibili e pianificabili che possono essere compresi e trattati.
Al termine del lavoro per portare a sintesi quanto fatto ogni partecipante è
invitato a prendere in considerazione la pagina del proprio piano d’azione dal
titolo “le mie competenze”, sulla quale viene chiesto di allegare il prodotto del
laboratorio (“la sintesi delle mie competenze per ambiti di vita”), ma anche di
esprimere dei desiderata. In termini di azione, coerentemente con l’idea di un
piano che serva da guida per agire, si possono indicare ipotesi e possibilità per
superare le aree critiche.
Attraverso il confronto e la discussione di gruppo occorre riuscire a intravedere la modalità di stare dentro il problema di conciliazione, alle condizioni date e con le competenze e le risorse disponibili, ma anche con quelle che pos168
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
sono essere mobilitate al di fuori di sé e con l’aiuto di altri.
In altri termini, il messaggio che si vuole passare è che è possibile “chiamare a raccolta” anche risorse esterne, che fanno appello a capacità che altri possono possedere meglio di noi e che si realizzano in azioni che qualcun altro può
fare o riesce a fare più di noi. Da qui l’idea che le competenze e le risorse in gioco nei problemi di conciliazione sono tante e di molti attori diversi e che l’intreccio tra i fattori in causa ha bisogno di essere guardato con la lente della “reciprocità”.
Cosa posso fare io e cosa possono fare gli altri? Questo è l’interrogativo che
il conduttore lascia ai partecipanti come spazio di riflessione individuale a casa, per prepararsi eventualmente al modulo in cui si affronta il tema dei “vincoli e opportunità”.
9.3.3 Lo svolgimento del modulo nella versione individuale:
il colloquio
Durata: 2 ore
CONTENUTI/
STRUMENTI
Cartoncini delle competenze nella versione per il colloquio
La mappa delle mie competenze per ambiti di vita
In questo colloquio, a differenza del modulo collettivo che si fonda sul presupposto dell’attivazione dei partecipanti e per questo fa riferimento a esercitazioni basate sullo scambio e il confronto, il taglio del lavoro sulle competenze è stato ripensato.
Anzitutto, dato il setting di ascolto a due è possibile orientare il racconto della persona in modo più aperto e narrativo, quindi anche ricostruendo elementi di esperienza passata più nell’ottica di un bilancio di competenze (più difficile da realizzarsi in gruppo). Il recupero e l’analisi delle esperienze nei diversi ambiti di vita mantiene, tuttavia, un carattere selettivo e funzionale a individuare risorse, interne ed esterne, utili a modificare una situazione personale e
professionale attuale.
Il colloquio è finalizzato a mettere in luce e valorizzare il patrimonio di competenze e risorse personali (ma anche professionali) acquisite e consolidate nel
corso di molteplici esperienze di vita.
Più precisamente, nel colloquio si chiede alla persona di pensare all’insieme delle sue esperienze in vista di una focalizzazione su quelle risorse e azioni messe in campo quotidianamente che possono essere da un lato punti di forza, ma dall’altro anche aree di miglioramento. L’obiettivo, come per il modulo
di gruppo, è di riuscire a ricostruire le competenze che si sono consolidate nel169
CAPITOLO 9
Lo svolgimento
del modulo nella
versione
individuale: il
colloquio
I MODULI in.la.v.
la propria storia di vita come più distintive e peculiari. Questo nell’ottica sia di
una valorizzazione di parti di sé, sia di trasferibilità di risorse e capacità da un
contesto all’altro.
Sia che la persona abbia già incontrato il consulente in un precedente colloquio o abbia partecipato a un laboratorio di gruppo, sia che ci si incontri per
la prima volta, riceverà alcune note relative al setting del colloquio: durata, obiettivo e output atteso.
Dopo aver chiarito gli obiettivi del colloquio e il prodotto cui si vuole giungere (ovvero, come per il modulo di gruppo quella parte del piano d’azione relativa alla competenze) si propone uno stimolo visivo per dare avvio al colloquio: i cartoncini delle competenze (allegato n. 12).
I cartoncini delle competenze, nella versione per il colloquio, si pongono di
fronte alla persona invitandola a guardarli e a individuarne uno/due dai quali
partire per raccontare qualcosa su “cosa sono/non sono capace di fare”.
L’obiettivo è quello di cogliere il sentimento di auto-efficacia che i soggetti vivono in quel momento in relazione alla loro situazione di vita e su questo vissuto approfondire alcune condizioni per un cambiamento. L’oggetto di uno spazio di cambiamento può essere quello legato al sapere, a cosa si sa e a che cosa non si sa, ma si potrebbe imparare.
Avviata quest’attività di riscaldamento con i cartoncini della durata indicativamente di 40’ il consulente presenta il primo strumento di lavoro dal titolo
“la mappa delle mie competenze per ambiti di vita” (allegato n. 13). Questo documento costituisce lo spunto dal quale avviare la riflessione individuale che
percorre tutto il colloquio.
Il colloquio è dunque strutturato in due parti:
1. una prima parte dedicata alla compilazione individuale della “mappa delle mie competenze per ambiti di vita” attraverso lo stimolo dei “cartoncini delle competenze”;
2. una seconda e ultima parte di messa a punto definitiva della propria mappa di competenze e risorse per “tenere” meglio insieme i vari ambiti di vita (piano d’azione su: “le competenze”).
Presentazione della riflessione individuale “La mappa delle mie competenze
per ambiti di vita”
In linea di massima valgono le stesse indicazioni fornite per la versione laboratoriale, con la differenza che data la durata più breve e in assenza del gruppo la mappa proposta è subito quella di sintesi.
La consegna è di partire dall’ambito in cui la persona sente di mettere in gioco diverse e molte conoscenze e su questo attivare un ragionamento e un’analisi congiunta con il consulente. Gradualmente, e a seconda delle esigenze
della persona, si può procedere a fare mente locale sugli altri ambiti di vita, decidendo insieme su quali investire e quali tralasciare.
In tutti i casi il consulente è invitato a stimolare una riflessione sulla mappa che si viene a configurare individuando gli elementi di competenze più di170
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
stintivi, sia forti sia deboli.
L’idea che guida il colloquio è quella di prendere spunto dal racconto delle cose che la persona sa fare oppure no per collocare un insieme di capacità
e competenze (tenendo sempre in considerazione anche i cartoncini proposti)
nei diversi quadranti della mappa.
Come si è già detto l’obiettivo non è quello di ricostruire tutto il patrimonio
dei “saperi” della persona, ma di mettere a fuoco quello spendibile oggi, e su
cui fare affidamento per pensare a un cambiamento di rotta.
Se il problema è legato a una conciliazione tra le diverse sfere di vita troppo faticosa, o pensata come impossibile, allora si tratta di focalizzare i punti di
forza in termini di risorse trasferibili. Il colloquio si svilupperà quindi a partire
da alcune domande stimolo del tipo:
– quello che oggi le riesce così bene fare in famiglia, piuttosto che per gli amici, potrebbe essere utile anche in un posto di lavoro?
– che cosa in particolare, potrebbe portare con sé anche in altre situazioni?
– che cosa dovrebbe imparare a fare per riuscire a tenere insieme i diversi
impegni di oggi?
– chi/cosa potrebbe aiutarla a “spendere-utilizzare” meglio le cose che sa
fare oggi?
– pur riuscendo bene in quella determinata attività quale le piace di meno
fare?
– che cosa le manca maggiormente per mettere in pratica le cose che sa fare bene e che pure non ha occasione di fare?
A supporto di questo lavoro il consulente può sempre fare ricorso al set di
cartoncini di competenze prendendovi spunto per articolare e arricchire la mappa individuale, anche attraverso un lavoro di scelta e selezione di questi stessi cartoncini.
La richiesta è quella di provare a trasporre le diverse competenze che si sono individuate come proprie e distintive nei diversi ambiti di vita in un’ottica prospettica nel tempo (presente-futuro). Questo sia per evidenziare gli attuali punti forti del proprio patrimonio di competenze, sia quelli da sviluppare soprattutto per sé. I due quadranti consentono infatti visivamente di notare alcuni “pieni” o “vuoti” di competenze.
Al termine del colloquio, anche per portare a sintesi quanto svolto insieme
al consulente, la persona è invitata a prendere in considerazione la pagina del
proprio piano d’azione dal titolo “le mie competenze”, alla quale viene chiesto
di allegare il prodotto del colloquio (“la mappa delle mie competenze per ambiti di vita”), ma anche di esprimere eventuali altri desiderata. In termini di azione, coerentemente con l’idea di un piano che serva da guida per agire, si possono indicare ipotesi e possibilità per superare le aree critiche.
171
Lo svolgimento
del modulo nella
versione
individuale: il
colloquio
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
9.4 IL MODULO TELEMATICO
“VINCOLI E OPPORTUNITÀ”
9.4.1 Il tema di fondo del modulo: vincoli e opportunità
nella conciliazione
Il percorso in.la.v. Isfol approccia il tema dei vincoli e delle opportunità legate all’uso di strategie e risorse di conciliazione presenti sul territorio attraverso una riflessione sui pregiudizi e gli stereotipi che spesso orientano e, talvolta vincolano, le scelte, le decisioni e le azioni che le persone intraprendono. Errori
di valutazione che impediscono una conoscenza corretta della realtà sono, talvolta, originati da forme di pregiudizi, così come le semplificazioni spesso grossolane e quasi sempre molto rigide della realtà sono orientate da veri e propri
stereotipi. Gli stereotipi fanno parte della cultura sociale e come tali vengono
acquisiti e utilizzati per ridurre la complessità della realtà. In questo senso essi costituiscono “il nucleo cognitivo del pregiudizio” (Mazzara, 1997).
Già a partire da questi brevi accenni, emerge quanto possa essere complesso occuparsi di pregiudizi e stereotipi: la loro stretta connessione con le credenze e i valori individuali, li rende molto radicati, profondi e poco modificabili.
Talvolta, riflettere su situazioni concrete in cui gli stereotipi evidentemente sono smentiti può essere una modalità per iniziare, attraverso il senso critico, a
prendervi le distanze.
Nel modulo “vincoli e opportunità” ci si occupa di questo delicato tema attraverso due momenti distinti. In un primo momento, si stimola le persone a
riflettere sulle convinzioni che ciascuno ha sul concetto di servizio (pubblico o
privato che sia), e in particolare su quelli a sostegno della conciliazione presenti sul territorio. In questa riflessione su pregiudizi e stereotipi legati all’uso dei
servizi territoriali potrebbero emergere anche le personali credenze riguardo i
compiti e i ruoli associati all’appartenenza di genere: ad essi è opportuno dedicare spazio, senza, tuttavia dimenticare che gli stereotipi di genere non rappresentano il focus del lavoro.
In un secondo momento, i partecipanti, dopo aver riflettuto sui limiti e i vincoli posti dai pregiudizi e dagli stereotipi in riferimento all’utilizzo delle risorse
e dei servizi disponibili sul territorio, sono chiamati a condividere e ragionare
172
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
sulle loro esperienze più significative, positive e originali (non stereotipate) in
tema di strategie e risorse di conciliazione adottate. L’intento è quello di condividere e “mettere in comune” le informazioni e le opportunità di cui le persone hanno conoscenza o esperienza, riflettendo criticamente sui vincoli posti dai pregiudizi e dagli stereotipi, al fine di stimolare la loro proattività nel fare scelte, prendere decisioni e mettere in atto soluzioni di conciliazione tra vita privata e professionale più consapevoli, articolate e forse anche innovative.
L’obiettivo del modulo “vincoli e opportunità” è duplice.
In primo luogo, far riflettere sul fatto che alcune idee riguardo i servizi e le
risorse a sostegno della conciliazione presenti sul territorio possono essere stereotipate, esse sono il frutto non solo di esperienze personali, ma anche del tessuto sociale e culturale in cui si vive. Tali idee possono, concretamente, indirizzare le scelte e influenzare le decisioni, limitando e vincolando l’adozione di strategie efficaci di conciliazione e ostacolando la conoscenza e l’informazione completa della rete di servizi che il territorio offre.
In secondo luogo, quello di socializzare il racconto delle esperienze dei partecipanti in termini di soluzioni adottate o che si vorrebbero avere a disposizione, rispetto alla rete di risorse e ai servizi presenti sul territorio. Ogni persona
è così stimolata a fare un bilancio con gli altri partecipanti delle soluzioni di conciliazione percorribili sia rispetto alle proprie esigenze sia in funzione dei vincoli e delle opportunità presenti. In particolare, attraverso la condivisione di esperienze, la “Mappa dei Servizi” diventa ricca di suggerimenti, informazioni e racconti che conducono a un approfondimento (“I miei servizi”) personalizzato e
maggiormente in linea con le reali esigenze del partecipante. Al termine del lavoro per portare a sintesi quanto fatto ogni partecipante è invitato a prendere
in considerazione la pagina del proprio piano d’azione dal titolo “le opportunità”, sulla quale viene chiesto di allegare il prodotto del laboratorio (“la mappa dei servizi”, entro la quale vi è l’approfondimento “I miei servizi”), ma anche
di esprimere dei desiderata. In termini di azione, coerentemente con l’idea di
un piano che serva da guida per agire, si possono indicare ipotesi e possibilità
per superare le aree critiche.
Qui di seguito si presenta lo schema delle finalità e degli obiettivi del modulo “vincoli e opportunità”.
FINALITÀ
Riflettere sui vincoli posti dai pregiudizi e dagli stereotipi alla conoscenza
e all’uso della rete territoriale di risorse e servizi a sostegno della conciliazione. Stimolare l’assunzione di una posizione critica rispetto ad essi.
Sostenere la proattività personale mettendo in comune le informazioni
e le esperienze sui servizi territoriali a favore di una migliore conciliazione. Produrre una mappa complessiva dei servizi sul territorio, con l’approfondimento i miei servizi (cioè quelli potenzialmente utili per la persona)
OBIETTIVI
Descrivere il concetto di pregiudizio e stereotipo
Riflettere sugli stereotipi che condizionano la conoscenza e l’utilizzo dei
servizi territoriali
173
Il tema di fondo
del modulo:
vincoli e
opportunità nella
conciliazione
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
OBIETTVI
Individuare modalità critiche di confrontarsi con tali stereotipi
Attivarsi in prima persona per ricercare e mettere in comune informazioni ed esperienze sui servizi del territorio
Costruire una mappa della rete di risorse e servizi presenti sul territorio
complessiva, entro la quale si approfondisce la conoscenza dei servizi più
utili per la persona
CONTENUTI/
STRUMENTI
Stereotipi, vincoli sociali e personali
Esercitazione: “L’edicola dei luoghi comuni”
Rassegna Stampa
Ricerca d’aula:“Mettere in comune le opportunità”
Mappa dei servizi, entro la quale vi è l’approfondimento “ I miei servizi”
9.4.2 Lo svolgimento del modulo nella versione di gruppo:
il laboratorio
Durata: 4 ore
Dopo la definizione del patto d’aula e un momento di presentazione dei partecipanti così come descritto nel paragrafo 9.1 (questo vale nel caso in cui le
persone non si conoscano ancora tutte perché impegnate in pezzi di percorso
diversi) si illustra e distribuisce quella parte del piano d’azione che si vuole conseguire al termine del laboratorio e che nel caso specifico è rappresentato da
una “mappa dei servizi” territoriali complessivi. Il conseguente “I miei servizi”
rappresenta un approfondimento dei servizi che si ritengono più utili nell’immediato.
Il laboratorio prevede due grandi momenti di lavoro. In particolare:
• la prima parte è dedicata al tema dei vincoli e dei limiti nell’uso delle risorse e dei servizi a sostegno della conciliazione presenti sul territorio. In essa è previsto un focus di approfondimento dal titolo “Cosa sono i luoghi
comuni?”a cura del consulente. Il quale fornisce al gruppo un inquadramento sul tema degli stereotipi e dei pregiudizi (10 minuti) e dà l’avvio all’esercitazione chiamata: “L’edicola dei luoghi comuni”.
• la seconda parte è volta a una ricerca d’aula dal titolo: “Mettere in comune le opportunità”, in cui il gruppo è stimolato a raccontare esperienze vissute in riferimento all’uso dei servizi a sostegno della conciliazione presenti sul territorio. Il consulente sintetizza quanto emerso e invita i partecipanti a compilare la loro mappa. A valle del momento comune ogni partecipante potrà compilare individualmente o in piccoli gruppi la parte definita “I miei servizi”, individuando quelli ritenuti più utili per sé e utilizzabili nell’immediato.
174
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
Presentazione dell’esercitazione in gruppo “L’edicola dei luoghi comuni”
L’esercitazione “L’edicola dei luoghi comuni” origina dall’idea di affrontare
un tema delicato come quello dei vincoli e dei limiti che ci si pone nella conoscenza e nell’uso delle risorse e dei servizi a sostegno della conciliazione presenti sul territorio, calandolo il più possibile nella vita quotidiana e nel contesto socio-culturale della propria realtà. I servizi e le risorse presenti sul territorio possono concretamente aiutare a sostenere una migliore conciliazione tra
sfere di vita ma, talvolta, essi non sono sufficientemente noti, conosciuti e apprezzati oppure si ha di essi una conoscenza parziale e stereotipata. Visto che
con questo tema ogni partecipante è chiamato a riflettere sulle proprie convinzioni, in parte legate anche alle diverse aree di competenza e abilità di donne
e uomini, è probabile che emergano più facilmente le rispettive visioni del mondo e le diverse chiavi di lettura con cui si “interpretano” gli altri e la società mettendo i partecipanti in una situazione di tutti i giorni. Da qui lo spunto dell’edicola dei giornali. L’idea è di attivare una riflessione sui vincoli e i limiti che ci
si pone nell’uso dei servizi e delle risorse territoriali, confrontandosi in gruppo
sui principali luoghi comuni in merito a essi e utilizzando come fonte di dati su
cui discutere frasi tratte da interviste, slogan e titoli di riviste e quotidiani. È di
facile constatazione come i mass-media, spesso, veicolino una grande quantità di situazioni che contribuiscono alla strutturazione delle nostre concezioni. L’obiettivo di questa esercitazione è far emergere gli stereotipi relativi all’uso dei servizi e delle risorse del territorio, attivando uno sguardo critico su di esse, identificandoli, analizzandoli con occhi attenti e prendendo coscienza del loro peso e della loro influenza al fine di compiere scelte e prendere decisioni in
modo più consapevole e accorto.
Ambientazione e consegna
Durata: 2 ore
Il primo passo per cercare di avvicinare il tema in modo neutrale è quello
di definire cos’è un pregiudizio o luogo comune/stereotipo. Il conduttore può
decidere di leggere o proiettare una definizione del concetto che può essere ripresa e semplificata dalle seguenti.
Etimologicamente il pregiudizio è un giudizio precedente all’esperienza. Il pensiero scientifico moderno individuava nel pregiudizio errori di
valutazione che impediscono una conoscenza corretta della realtà.
Esso è in grado di orientare concretamente l’azione.
Uno stereotipo è una rappresentazione (giudizio, sentimento, opinione, immagine) semplificata e deformata di un fenomeno. Lo stereotipo
ha un carattere esemplificativo e riduttivo della realtà che ha per effetto quello di eliminare le sfumature.
175
Lo svolgimento
del modulo nella
versione di
gruppo: il
laboratorio
CAPITOLO 9
Lo svolgimento
del modulo nella
versione di
gruppo: il
laboratorio
I MODULI in.la.v.
Lo stereotipo è un “immagine nelle nostre teste” che non fa vedere
il mondo per quello che è ma per quello che crediamo sia o che vorremmo fosse.
Il conduttore dopo aver introdotto il tema degli stereotipi con una definizione e con degli esempi propone al gruppo di immaginarsi in un’edicola in cui
ci si scambia qualche idea e opinione in modo informale. Il conduttore, che ha
il compito di sostenere e stimolare le riflessioni del gruppo, consegna ai singoli partecipanti, in apertura, una breve “rassegna stampa” (allegato n. 14). Essa
consiste in una selezione di ritagli di quotidiani e riviste che contengono frasi,
slogan, stralci di interviste che esprimono una serie di luoghi comuni. A questo punto ai partecipanti, che avranno letto e visionato la “rassegna stampa” consegnata loro, è richiesto di selezionare i due ritagli che ritengono più significativi, più rappresentativi, anche più singolari per inserirli su di un tabellone che
rappresenta “L’edicola dei luoghi comuni” (riproducibile da cd rom allegato),
condividendo con il gruppo il motivo delle proprie scelte. La discussione in plenaria, guidata dal conduttore, dovrebbe orientarsi nella direzione di andare “oltre” i luoghi comuni, condividendo esempi per i quali gli stereotipi evidentemente non reggono (se per esempio si dice che un tipo di servizio non è utile, cercare un esempio in cui ciò non è confermato: un esempio contrario mostra come la generalizzazione possa essere falsa).
In sintesi, l’articolazione dell’esercitazione è:
1. Breve introduzione del conduttore al tema dei luoghi comuni, dei pregiudizi e degli stereotipi (10 minuti)
2. Distribuzione ai singoli partecipanti della “Rassegna Stampa” e selezione
da parte loro delle frasi (30 minuti). La consegna sarà: in queste frasi sono espressi dei luoghi comuni? Quali vi sembrano più significative e rappresentative? Perché rappresentano uno stereotipo?
3. Affissione al tabellone, da parte dei singoli partecipanti, dell’esito della propria selezione motivando le scelte fatte (10 minuti per partecipante)
4. Confronto in plenaria (20 minuti)
Il conduttore sintetizza quanto emerso ripercorrendo i ritagli selezionati.
Sarà importante capire, inoltre, se ci sono esempi da condividere che permettono di andare “oltre” i luoghi comuni. Perché? In che modo?
In questa fase di commenti e considerazioni anche il consulente può, se vuole, aggiungere eventuali ritagli che avrà portato con sé e che ritiene importanti e significativi.
Infine un suggerimento per il conduttore…
Dato il forte richiamo al piano valoriale e a quello delle tradizioni e convenzioni sociali presenti in un dato contesto culturale il consulente più che mai deve stimolare un clima di fiducia e di rispetto, ma anche di “sdrammatizzazione”
facilitando gli interventi di ciascuno e facendo attenzione a che tutti prendano
la parola.
176
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
Presentazione dell’esercitazione in gruppo “Mettere in comune le opportunità”
“Mettere in comune le opportunità” è pensata sotto forma di una piccola ricerca d’aula che costituisce la seconda parte del laboratorio “Vincoli e opportunità” e lo conclude. Con questo momento di ricerca in gruppo ci si pone l’obiettivo, dopo avere riflettuto sui vincoli che possono limitare l’uso dei servizi
a sostegno della conciliazione, di iniziare a far proiettare le persone in una dimensione futura portandole a esercitare la propria capacità di condividere e mettere in comune le informazioni che hanno. L’interesse, in particolare, è rivolto
a individuare le risorse presenti e potenziali e a creare una mappa comune dei
servizi che il territorio offre per venire incontro alle esigenze di equilibrio tra vita privata e professionale.
Ambientazione e consegna
Durata: 2 ore
Il consulente stimola e sostiene il racconto di storie personali legate all’uso dei servizi presenti sul territorio e a partire dalla condivisione di alcune storie di esperienze vissute.
Il racconto delle esperienze può essere guidato da semplici domande stimolo quali:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Quando avete condiviso il lavoro di cura familiare e domestico?
Come avete fatto?
È stato utile? Come lo avete vissuto? Lo rifareste?
Quali servizi a livello locale conoscete?
Cosa ne potreste dire rispetto alle vostre esperienze personali?
Lo suggerireste per sostenere la conciliazione rivolta a…
Che tipo di aiuto vi hanno offerto?
Che valutazione date del servizio erogato?
Cosa vi piacerebbe trovare una prossima volta che non avete trovato la prima?
• Quali servizi mancano oggi nel vostro contesto di vita?
• …….
Il consulente sintetizza quanto emerso dai racconti sulla lavagna a fogli mobili cercando di evidenziare le informazioni più utili e i servizi più efficaci nel soddisfare le esigenze espresse. I partecipanti, a valle di tale sintesi, sono invitati
a compilare la “Mappa dei servizi” territoriali (allegato n. 15) che potrà contenere indicazioni e indirizzi sui principali servizi sul territorio. Nella fase conclusiva del laboratorio si compila individualmente o in piccoli gruppi la parte “I miei
servizi” (compreso nella “Mappa dei servizi”) con l’obiettivo di approfondire la
conoscenza dei servizi che ogni partecipante ritiene di potenziale interesse e
177
Lo svolgimento
del modulo nella
versione di
gruppo: il
laboratorio
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
utilizzo immediato per sé.
Più nel dettaglio dunque l’articolazione del programma prevede:
1. Raccolta di storie e stimoli sulle esperienze personali legate all’uso dei servizi presenti su territorio (30 minuti)
2. Riflessione di gruppo e compilazione della complessiva “Mappa dei servizi” sul territorio (30 minuti)
3. Compilazione della parte “I miei servizi”(30 minuti)
4. Sintesi individuale o in piccolo gruppo del lavoro utilizzando “Il piano d’azione: le opportunità” (30 minuti)
9.4.3 Lo svolgimento del modulo nella versione individuale:
il colloquio
Durata: 1 ora e 30 minuti
CONTENUTI/
STRUMENTI
Stereotipi , vincoli sociali e personali
Stimoli per il colloquio:“Per riflettere sui luoghi comuni”
Rassegna Stampa
Stimoli per il colloquio:“Alla ricerca di opportunità”
Mappa dei servizi, con l’approfondimento “ I miei servizi”
Questo colloquio che si pone in alternativa al laboratorio di gruppo “vincoli e opportunità” ha in modo analogo l’obiettivo di far riflettere sul fatto che
alcune idee, riguardo i servizi e le risorse a sostegno della conciliazione presenti sul territorio, possono essere stereotipate. Esse sono il frutto non solo di
esperienze personali, ma anche del tessuto sociale e culturale in cui si vive. Tali
idee possono, concretamente, indirizzare le scelte e influenzare le decisioni,
limitando e vincolando l’adozione di strategie efficaci di conciliazione e ostacolando la conoscenza e l’informazione completa della rete di servizi che il territorio offre.
La persona è stimolata a fare un bilancio delle soluzioni di conciliazione di
cui ha conoscenza sul territorio, a partire da una riflessione sulle esperienze
personali. A valle di tale racconto, il consulente sostiene la persona nel crearsi la mappa dei servizi presenti localmente. A supporto di questo momento viene compilata la “Mappa dei Servizi” che diventa un modo per orientarsi entro
la rete territoriale, a cui segue la compilazione dell’approfondimento dal titolo “I miei servizi”, entro il quale è possibile dedicare spazio e attenzione ai servizi ritenuti potenzialmente più utili. La “mappa dei servizi” rappresenta, dunque, l’insieme delle soluzioni di conciliazione percorribili sia rispetto alle proprie esigenze personali sia in funzione dei vincoli e delle opportunità presenti localmente.
La sintesi del lavoro svolto durante il colloquio, avviene attraverso la com178
CAPITOLO 9
I MODULI in.la.v.
pilazione del personale piano d’azione dal titolo “le opportunità”, al quale si allega “la mappa dei servizi”. Il consulente, in questa fase, sostiene la persona nell’esprimere anche i propri desiderata, capaci di indicare ipotesi e possibilità per
superare le aree critiche.
Il colloquio prevede due grandi momenti di lavoro. In particolare:
1) la prima parte è dedicata al tema dei vincoli e dei limiti nell’uso delle risorse e dei servizi a sostegno della conciliazione presenti sul territorio. In
essa è previsto un focus di approfondimento “Cosa sono i luoghi comuni?” a cura del consulente nel quale si fornisce alla persona un inquadramento sul tema degli stereotipi e dei pregiudizi che dà l’avvio al colloquio:
“Per riflettere sui luoghi comuni”;
2) la seconda parte: “Alla ricerca di opportunità” prevede il racconto di esperienze vissute in riferimento ai servizi di sostegno alla conciliazione presenti sul territorio per giungere a compilare un “piano d’azione su: le opportunità”.
Presentazione della prima parte del colloquio: “Per riflettere sui luoghi comuni”
Durata: 1 ora e 30 minuti
L’idea di fondo è quella di attivare una riflessione sui vincoli e i limiti che ci
si pone nell’uso dei servizi e delle risorse territoriali, confrontandosi sui principali luoghi comuni in merito a essi e utilizzando come fonte di dati su cui discutere con il consulente frasi tratte da interviste, slogan e titoli di riviste e quotidiani. L’obiettivo di questa parte del colloquio è far emergere gli stereotipi relativi all’uso dei servizi e delle risorse del territorio, attivando uno sguardo critico su di esse, identificandoli, analizzandoli con occhi attenti e prendendo coscienza del loro peso e della loro influenza al fine di compiere scelte e prendere decisioni in modo più consapevole e accorto.
Il primo passo per cercare di avvicinare il tema in modo neutrale è quello
di definire cos’è un luogo comune o stereotipo. Il consulente può decidere di
leggere una definizione del concetto che può essere ripresa da quelle proposte per la versione di gruppo, o può cercare di stimolare la persona a dare una
sua definizione di luogo comune o stereotipo.
Per favorire la riflessione individuale il consulente può fare riferimento alla breve “rassegna stampa” (allegato n. 14) utilizzata anche nel laboratorio di
gruppo. Essa consiste in una selezione di ritagli di quotidiani e riviste che contengono frasi, slogan, stralci di interviste che esprimono una serie di luoghi comuni.
Il consulente può stimolare la persona nel rintracciare le frasi più significative, quelle che meglio rispecchiano dei vincoli nella sua esperienza.
179
Lo svolgimento
del modulo nella
versione
individuale: il
colloquio
CAPITOLO 9
Lo svolgimento
del modulo nella
versione
individuale: il
colloquio
I MODULI in.la.v.
Presentazione della seconda parte del colloquio:“Alla ricerca di opportunità”
Durata: 1 ora e 30 minuti
Con questo secondo momento ci si pone l’obiettivo di iniziare a far proiettare la persona in una dimensione futura portandola a esercitare la propria capacità di cercare attivamente le informazioni legate all’uso dei servizi a sostegno della conciliazione presenti sul territorio. L’interesse, in particolare, è rivolto a individuare le risorse presenti e potenziali e creare una mappa dei servizi
che il territorio offre per venire incontro alle esigenze di equilibrio tra vita privata e professionale.
Dopo aver riflettuto sui limiti e i vincoli posti dai pregiudizi e dagli stereotipi in riferimento all’utilizzo delle risorse e dei servizi disponibili sul territorio, il
consulente invita la persona a ragionare sulla personale esperienza in tema di
servizi. Il consulente stimola il racconto di esperienze personali attraverso una
serie di domande stimolo adattate da quelle già presentate per la versione di
gruppo.
A valle di questa riflessione, il consulente guiderà la persona nella compilazione della complessiva “mappa dei servizi” sul territorio (allegato n. 15) e dell’approfondimento relativo ai servizi che la persona ritiene maggiormente utili per sé, stimolandola anche a usare strumenti quali “pagine gialle” e, se possibile, la rete internet.
La sintesi del lavoro svolto durante il colloquio converge nella pagina del piano d’azione dal titolo “le opportunità”. In questa fase la persona può esprimere anche dei desiderata, che coerentemente con l’idea di piano d’azione, possano indicare concrete possibilità e ipotesi volte a sostenere le azioni da intraprendere in tema di servizi per un migliore equilibrio tra vita e lavoro.
180
CONCLUSIONI
“Ma se credete di misurare con le stagioni il tempo,
sappiate allora che le stagioni si
cingono l’un l’altra,
E il presente abbraccia il passato con il
ricordo, e con la speranza l’avvenire”.
(Gibran Kahlil Gibran, “Il Profeta”)
Molte le ipotesi che mi sono costruita nell’avvicinarmi alla scrittura di questa breve nota conclusiva. E tra il tracciare una sintesi del percorso di ricerca individuandone gli assi fondanti e il fil rouge, operazione che certamente aiuta
il lettore nella ri-lettura e ricostruzione continua dell’intero processo, o aprire
verso nuove mete e prospettive culturali, professionali e politico-sociali, ho scelto, in linea con lo spirito innovativo e costruttivista che ha sostenuto il progetto in.la.v., questa seconda via. Lascio quindi al lettore il compito di sintetizzare, ri-costruire, ri-formulare, ri-considerare aspetti e questioni che ritiene rilevanti e, che mi auguro, il volume abbia stimolato e sollecitato, per avviarmi a percorrere una nuova via che possa contribuire a delineare un nuovo scenario per
il futuro dell’orientamento. La complessità del nostro mondo, produttivo e sociale, l’ingresso nel mondo del lavoro di nuovi soggetti, portatori di diverse istanze culturali, l’organizzazione sempre più flessibile dei nostri luoghi di lavoro, determinano la necessità di un continuo passaggio da un contesto lavorativo all’altro, da un contesto di vita all’altro, da un ruolo sociale all’altro, che coinvolge inevitabilmente i processi decisionali e influisce sulle diverse scelte di vita,
soprattutto in relazione alle più significative transizioni, quali l’entrata nel mercato del lavoro, il matrimonio, la nascita di un figlio, ecc. Diventa importante in
tali circostanze far fronte alle diverse e continue richieste che i diversi contesti
sociali ci pongono. Questo gioco di equilibrio rende conto di competenze diverse da quelle di un tempo segnando il tramonto delle competenze specialistiche e l’aurora di quelle trasferibili da un ambito all’altro, capaci di modificarsi e adattarsi in questo continuo passaggio di ruoli, spesso acquisite in ambiti
informali secondo modalità poco strutturate. In quest’ottica la competenza si
compone e si arricchisce di fattori individuali e soggettivi configurandosi in tal
modo sempre più come la capacità di mettere insieme e organizzare le proprie
conoscenze e risorse per far fronte, in maniera efficace e innovativa, a una nuova situazione personale e/o professionale che il contesto presenta (Grimaldi,
2007, pp. 291). Questo nuovo scenario se da un lato determina un aumento e
181
CONCLUSIONI
soprattutto una diversificazione della domanda di orientamento dall’altro impone una riflessione sulle politiche che regolano questo settore e sul ruolo che
le pratiche professionali devono svolgere in futuro. In accordo, tutto ciò, con quanto sottolineato nelle linee comunitarie di orientamento per le politiche per l’occupazione 2005-2008, nel sostenere e favorire un’azione determinata in vista
di eliminare le disparità fra uomini e donne in materia di occupazione e permettere una migliore conciliazione della vita professionale e della vita familiare. Alla luce di tutte le argomentazioni riportate finora, relativamente alla complessità della vita e del tenere insieme, in equilibrio, i diversi ambiti e ruoli sociali e professionali, si consolida sempre di più una concezione di orientamento lifelong, dove l’intervento professionale deve diventare strumento strategico non solo di ri-conoscimento delle proprie conoscenze e capacità ma, anche,
di sviluppo di nuove conoscenze e competenze. Una finalità, quindi, quella dell’orientamento, maturativa (Grimaldi, 2005) che deve potenziare, nelle donne
e negli uomini, la capacità di muoversi autonomamente tra il dentro e il fuori,
tra passato e presente, tra presente e futuro. Le politiche di orientamento e la
conseguente programmazione degli interventi devono, dunque, investire nella realizzazione di servizi sensibili e qualificati che devono soddisfare alcuni requisiti di orientamento teorico, culturale, ma anche tecnico/metodologico. Per
poter favorire l’emergere di nuove chiavi di lettura e lo sviluppo di strategie comportamentali che possano sostenere le persone nell’elaborazione o ri-elaborazione del proprio progetto di vita non si può prescindere dal considerare la persona a tutto tondo, comprendendone tutte le questioni che attraversano i vari cicli di vita, spesso intrecciati in inestricabili nodi.
Nella convinzione che i destinatari finali dell’orientamento possano trovare negli interventi un servizio valido se le azioni perdono l’esclusivo carattere
informativo a favore di una connotazione più formativa, lo studio sistematico
di tali problematiche può fornire significativi suggerimenti per lo sviluppo di una
politica innovativa di orientamento. In una concezione di orientamento di questo tipo, dove fondamentale è la relazione dinamica tra individuo e contesto/i,
la conoscenza delle rappresentazioni che l’individuo formula sul proprio ambito sociale, organizzativo e professionale e del suo essere all’interno di tali contesti diventa strategico anche per individuare le pratiche professionali dell’agire orientativo e per scongiurare il rischio di un intervento troppo personalistico. Se la persona, con le proprie esigenze, con le proprie caratteristiche, con le
proprie competenze, con la propria storia di vita, è indubbiamente e indiscutibilmente il primo soggetto della sua stessa conciliazione e, quindi, un intervento di orientamento non può prescindere da quelle che sono le risorse personali, allo stesso tempo, non si può perdere di vista il contesto culturale e sociale in cui la persona, donna o uomo, si pone e con cui si relaziona. In tale ottica l’attenzione al territorio e soprattutto all’attivazione di reti, anche complesse, tra le diverse organizzazioni e i diversi attori, prevedendo adeguate competenze in termini di implementazione sia di spazi contenutistici sia di figure professionali che sappiano dialogare tra di loro alla ricerca di soluzioni innovative
diventa per l’orientamento, un’ulteriore, necessaria, pista di sviluppo. La valen182
CONCLUSIONI
za culturale e sociale che assume tale operazione sta nel considerare la conciliazione non esclusivamente una problematica personale ma, più correttamente, una problematica sociale che, per il bene collettivo e lo sviluppo economico, va adeguatamente considerata e affrontata.
Quali sono i nuclei culturali profondi di un contesto piuttosto che di un altro? Quali le concezioni sull’individuo, sul lavoro, sulle differenze di genere, sui
ruoli familiari e lavorativi? E quali gli intrecci, le implicazioni, le ricadute sulla vita dei cittadini, uomini e donne, giovani e meno giovani? E ancora, quali sono
le opportunità, le scelte sociali, i servizi che il territorio offre a donne e uomini
per favorire l’equilibrio dei diversi ruoli sociali che ognuno di loro assume nel
corso di una stessa giornata? Una politica innovativa di orientamento non può
prescindere dall’interrogarsi su questi fenomeni per ipotizzare azioni a favore
del superamento di pregiudizi culturali e di criticità operative per poter intervenire con soluzioni condivise prima ancora che innovative.
Ciò che mi preme enfatizzare, in questa sede, è che la responsabilità di sostenere la conciliazione è un dovere sociale per l’evoluzione della convivenza
civile e per il raggiungimento di un maggiore benessere collettivo. Sono implicati, quindi, diversi attori: in particolare se il riferimento principale è al territorio e alle istituzioni , sul versante più operativo il coinvolgimento riguarda necessariamente anche le organizzazioni e le aziende. E quanto alla convivenza
sui posti di lavoro, che ci vede trascorrere insieme, sempre più spesso, la maggior parte della nostra giornata, mi è inevitabile un riferimento personale.
Coordino e lavoro con un gruppo composto di donne e uomini, prevalentemente giovani donne, con numerosi bisogni, e, in molti casi, problemi di conciliazione. Questo, inevitabilmente, mette in gioco un potenziale di energie, di pensieri e di dinamiche che mi hanno dato e mi danno ogni giorno la possibilità
di vivere e costruire per e con loro strategie per affrontare le tante esigenze di
equilibrio tra ambiti di vita.
Molte le difficoltà culturali e organizzative: inevitabili anche gli scontri e i conflitti. Con molta fatica ma alla fine ce la facciamo: sperimentiamo soluzioni che
tengano conto delle richieste dell’organizzazione, dei contesti del lavoro, delle ambizioni, dei desideri e delle problematicità personali. Ma siamo, un piccolo gruppo che, quindi, si può permettere di fondare la propria organizzazione
su una cultura di tipo cooperativa, e ricorrere a soluzioni informali. Questo è tanto ma non basta. Bisogna trovare soluzioni formali. E proprio pensando al mio
gruppo di lavoro, alle differenti concezioni di vita, ai differenti sistemi valoriali, al permanere di pregiudizi e stereotipi che sono convinta che bisogna agire
in maniera precoce se si vogliono prevenire disagio e discriminazioni, a favore di un maggiore benessere e di una più funzionale convivenza sociale e questo è un ulteriore pista per il futuro dell’orientamento.
Il volume è stato ricco, spero, di sollecitazioni e considerazioni, e a conclusione di quello che è stato il tracciare la storia e il processo di un lavoro che io
credo possa offrire nuovi spunti di riflessione per il prossimo futuro dell’orientamento e, soprattutto, per l’individuazione di una nuova direzione che muova verso il benessere sociale dove le linee guida siano l’accessibilità, l’innova183
CONCLUSIONI
zione e la qualità, provo a tracciare alcune piste e prospettive future su cui, a
mio avviso, anche alla luce della nuova programmazione comunitaria (20072013), sarà doveroso investire:
– messa a punto e sperimentazione di percorsi orientativi per la promozione e lo sviluppo di una cultura della conciliazione mirata al superamento di stereotipi e pregiudizi. In questo senso sarà necessario lavorare su più
fronti, su diversi soggetti, ma soprattutto è indispensabile agire precocemente prima del consolidamento di nuclei culturali profondi che influiscono e determinano molte delle dimensioni correlate con la costruzione della identità personale. La scuola, fin dai primi anni, l’università e in generale tutti i contesti formativi rappresentano, in questo senso, i luoghi privilegiati dove l’intervento potrebbe e dovrebbe prevedere il coinvolgimento delle diverse componenti che in essi interagiscono: studenti, famiglie,
docenti;
– implementare le competenze dei servizi per il lavoro verso questa dimensione cercando di favorire anche lo sviluppo di una rete attiva sul territorio. Molto declarate ma poco praticate, le azioni orientative a favore della conciliazione rimangono caratterizzate da una valenza sperimentale ancora troppo lontane dal diventare un servizio stabile e consolidato. Un servizio che deve essere rivolto non solo alla singola persona, ma ai diversi
contesti, alle organizzazioni, e che deve prevedere una strategia comune
di intenti e soluzioni che non può prescindere dall’attivazione di una rete di servizi territoriali. Un centro servizi per la conciliazione, una sorta di
centro risorse per la conciliazione, in grado di proporre, favorire, stimolare, diffondere, coordinare e sistematizzare in una mappa territoriale coerente, le diverse, sporadiche e sperimentali iniziative patrimonio del territorio;
– messa a punto e sperimentazione di ricerche-intervento per la promozione e lo sviluppo di una cultura della conciliazione mirata a sensibilizzare
le aziende e i diversi soggetti organizzativi su questa tematica. Un’azione
mirata ad orientarsi tra tempi di vita e tempi di lavoro necessita inevitabilmente che la tematica sia assimilata e gestita all’interno delle organizzazioni lavorative e del relativo management. In questo caso, quindi, il cliente diventa l’azienda che lavora sull’esplorazione della propria cultura e struttura organizzativa alla ricerca di strategie innovative che possano, salvaguardando naturalmente gli obiettivi e la funzione stessa dell’organizzazione,
sostenere il raggiungimento di quell’equilibrio tra tempi di vita, che oggi
è considerato una grossa responsabilità sociale da cui le aziende non possono esentarsi;
– implementare le competenze dei professionisti, o almeno, di alcuni di essi tra quelli già impiegati nei servizi per l’impiego (ma non solo) in materia di conciliazione lavoro-vita, prevedendo interventi di formazione e/o
riqualificazione del personale dei servizi per l’impiego centrato oltre che
sull’approfondimento della legislazione nazionale e comunitaria sull’argomento, sul cambiamento dei modelli delle identità femminili e maschili,
184
CONCLUSIONI
sul concetto di doppia presenza (lavoro di cura e lavoro produttivo), sull’empowerment, ecc.
Potrei continuare nell’elenco ancora con molti punti, ma mi auguro di aver
allargato l’orizzonte verso nuove direzioni di sviluppo per l’orientamento, che
in quanto strumento di politica attiva, che deve favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, non può esimersi dal considerare che ogni volta che ci
si trova di fronte ad una scelta e/o un cambiamento lavorativo, l’equilibrio tra
ambiti diversi di vita viene messo in discussione e va ri-modellato alla luce dei
nuovi obiettivi. E per non annoiare il lettore termino qui questa mia breve nota, nella speranza che il progetto in.la.v. non si sia concluso con la stesura del
presente volume, ma abbia segnato l’avvio di una nuova stagione per l’orientamento.
185
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Thompson, L., Walker, A. J. (1989). “Gender in families: Women and men in marriage, work, and parenthood”, Journal of Marriage and the Family, 51, pp.
845-871.
Zajczyk, F. (2000). Tempi di vita e orari della città. La ricerca sociale e il governo delle città, Franco Angeli, Milano.
Zajczyk, F. (2007). La resistibile ascesa delle donne in Italia. Stereotipi di genere e costruzione di nuove identità. Il Saggiatore, Milano.
Zanatta, A. L. (2002). “Le aree del disagio e il lavoro di cura”, in Brazzoduro, M.,
Conti, C. (a cura di). Le città della capitale. Rapporti sociali e qualità della
vita a Roma, FrancoAngeli, Milano, pp. 166-183.
Zedeck, S., Mosier, K.L. (1990). “Work in the family and employing organization”,
in American Psychologist, vol. 45 (2), February, pp.240-251.
193
ALLEGATI
ALLEGATO 1
I DATI SOCIO-ANAGRAFICI
Scheda per la fase di accoglienza
196
ALLEGATO 1
Questa scheda è finalizzata a raccogliere alcune informazioni di carattere socio-anagrafico, ma anche a esplorare le ragioni per cui una
persona si rivolge a questo servizio.
Tali informazioni potranno essere ulteriormente approfondite e discusse insieme a un consulente.
I dati sono trattati nel pieno rispetto della riservatezza.
Cognome___________________________________________________________
Nome ______________________________________________________________
Comune di residenza_________________________________________________
1. Nazionalità
01. Italiana
02. Altro____________________________________________________________
2. Età_______________________________________________________________
3. Stato civile
01. Nubile
02. Celibe
03. Coniugata/o
04. Convivente
05. Separata/o
06. Divorziata/o
07. Vedova/o
4. Numero di figli
01. 0
02. 1
03. 2
04. 3
05. da 4 in su
5. Titolo di studio
01. Licenza elementare
02. Licenza media
03. Diploma di scuola superiore
04. Laurea
05. Altro____________________________________________________
197
ALLEGATO 1
6. Attuale condizione lavorativa
01. Inoccupato
02. Disoccupato
03. Occupato
04. Altro (specificare) __________________________________________
7. È la prima volta che si rivolge al nostro servizio?
01. Sì
02. No
03. Se, no quando_____________________________________________
8. In questo momento per quali ragioni si rivolge al nostro servizio?
01. Per trovare un lavoro
02. Per poter cambiare lavoro
03. Per avviare un percorso di crescita professionale
04. Per conoscermi meglio
05. Per iniziare un percorso di formazione
06. Per tenere meglio insieme vita e lavoro
07. Per avere nuove informazioni sul mondo del lavoro
08. Per progettare meglio il mio futuro
09. Per affrontare l’attuale momento critico
10. Altro______________________________________________________
198
ALLEGATO 2
IL COLLOQUIO DI ANALISI
DELLA DOMANDA
I cartoncini stimolo
“Ai primi posti”
199
ALLEGATO 2
I CARTONCINI STIMOLO “AI PRIMI POSTI”
200
ALLEGATO 2
I CARTONCINI STIMOLO “AI PRIMI POSTI”
201
ALLEGATO 3
202
ALLEGATO 3
203
ALLEGATO 4
SCHEDA DI ADESIONE E DI PATTO
CONSULENZIALE
204
ALLEGATO 4
PATTO DI ADESIONE
Alla luce del colloquio mi sono più chiare alcune criticità legate al “tenere insieme” le diverse esigenze e attività che mi impegnano nella vita in questo momento. Queste difficoltà lo sono ancora di più in vista della ricerca e/o di un cambiamento lavorativo.
Per questa ragione mi è stata presentata, all’interno di questo servizio, una gamma di possibilità di consulenza, ognuna delle quali è focalizzata su un tema specifico.
Le diverse possibilità sono riportate graficamente qui sotto e sono rappresentate da 8 momenti o “moduli in.la.v”, che si possono svolgere in gruppo o individualmente.
205
ALLEGATO 4
Sulla base di una valutazione congiunta tra me e il consulente vedo come più
utile e possibile in questo momento seguire i moduli che ho barrato direttamente sulla pagina precedente.
Dopo essermi stati presentati obiettivi, durata e modalità di lavoro previsti in questi diversi momenti, mi è più chiaro il grado di impegno che ognuno richiede,
e pertanto in funzione delle mie esigenze e dei miei interessi ritengo di poter
svolgere le attività richieste con puntualità.
Firma del partecipante
……………………………………………………………………………………………
Da parte mia, in veste di consulente, dopo aver illustrato la gamma delle possibilità di percorso e il tipo di lavoro previsto oltre che i tempi e i modi di svolgimento, mi rendo garante sia del rispetto della riservatezza delle informazioni fornite dalla persona sia del fatto che i prodotti finali del percorso appartengono al partecipante che deciderà come utilizzarli e se divulgarli.
Firma del consulente
……………………………………………………………………………………………
206
ALLEGATO 4
IPOTESI DI CALENDARIO
Qui di seguito vengono fissati i primi appuntamenti, con la possibilità di volta
in volta di valutare se aggiungere altri moduli in.la.v., e quindi inserire altre date.
207
ALLEGATO 4
TRATTAMENTO DEI DATI
In quanto consulente impegnato insieme a Lei nella realizzazione del percorso in.la.v. Isfol, chiedo, nel rispetto del D.Lgs. 196/93 (Codice in materia di protezione dei dati personali), di poter utilizzare i suoi dati e i materiali da Lei prodotti durante il percorso.
Dichiaro pertanto che tali dati verranno trattati garantendo l’anonimato del partecipante e, comunque, elaborati in forma aggregata.
Firma del consulente
…………………………………………………………………………………………
Firma del partecipante per accettazione uso dati
……………………………………………………………………………………………
DISPONIBILITÀ A ESSERE RICONTATTATI
In quanto consulente impegnato insieme a Lei nella realizzazione del percorso in.la.v. Isfol, chiedo la sua disponibilità ad essere ricontattato/a in un periodo compreso tra i 6 e gli 8 mesi dopo la conclusione del percorso in occasione di una fase di valutazione dei risultati raggiunti. Tale fase ha l’obiettivo di comprendere che cosa sarà successo nella sua vita professionale tra la fine del percorso e quel momento, quanto di ciò potrà essere riconducibile all’aver fatto il
percorso stesso, che cosa eventualmente l’intera esperienza Le avrà lasciato a
distanza di tempo.
Firma del consulente
…………………………………………………………………………………………
Firma del partecipante per accettazione a essere ricontattato
……………………………………………………………………………………………
208
ALLEGATO 5
“IL PIANO DEI TEMPI”
PER IL PIANO D’AZIONE
209
ALLEGATO 5
ATTIVITÀ
CRITICHE
LUNEDÌ
MARTEDÌ
MERCOLEDÌ
GIOVEDÌ
VENERDÌ
SABATO
DOMENICA
210
NECESSITÀ
(ora; per cosa)
ALTRE RISORSE
e SOLUZIONI
POSSIBILI
ALLEGATO 5
Legenda
Attività critiche = le attività che, immaginando un cambiamento nel loro stato occupazionale (l’ingresso o il re-ingresso nel mondo del lavoro; un cambiamento di occupazione; una modifica del regime orario; …) e quindi una modifica nei propri impegni quotidiani, potrebbero risultare di difficile gestione, che potrebbe essere difficile continuare a svolgere
Necessità = le necessità di tempo che potrebbero insorgere a fronte delle criticità emerse (in quali orari e per quali attività) per ciascuno dei giorni della settimana
Altre risorse e possibili soluzioni = facendo riferimento al proprio contesto relazionale e al territorio in cui vive, quali sono le possibili risorse che potrebbero essere attivate, le persone, i servizi esistenti, i punti di informazione cui rivolgersi per ottenere un aiuto che consenta di far fronte alla necessità insorte o che potrebbe insorgere, quotidianamente o in particolari momenti critici.
211
ALLEGATO 5
Tre domande per il mio piano d’azione…
1) Pensando alla scansione dei tempi nelle mie giornate, quali aspetti potrebbero cambiare? In che modo? Quali aspetti invece potrebbero, o dovrebbero, rimanere immutati?
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
__________________________________________________________________
2) Quali necessità di tempo potrebbero insorgere a fronte di tali cambiamenti?
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
3) Quali risorse potrei attivare per farvi fronte? A chi mi potrei rivolgere nel mio
contesto di riferimento? A quali servizi sul territorio potrei indirizzarmi?
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
212
ALLEGATO 6
AGENDA SETTIMANALE PER
L’ESERCITAZIONE
“LA BANCA DEL TEMPO”
213
ALLEGATO 6
AGENDA PER L’ESERCITAZIONE “LA BANCA DEL TEMPO”
6.007.00
LUNEDÌ
MARTEDÌ
MERCOLEDÌ
GIOVEDÌ
VENERDÌ
SABATO
DOMENICA
214
7.008.00
8.00- 9.00- 10.00- 11.00- 12.00- 13.00- 14.00- 15.009.00 10.00 11.00 12.00 13.00 14.00 15.00 16.00
ALLEGATO 6
16.00- 17.00- 18.00- 19.00- 20.00- 21.00- 22.00- 23.00- 24.00- 1.00- 2.00- 3.00- 4.00- 5.0017.00 18.00 19.00 20.00 21.00 22.00 23.00 24.00 1.00 2.00 3.00 4.00 5.00 6.00
215
ALLEGATO 6
Legenda
Orario = Orario in cui si svolgono le diverse attività, quelle che scandiscono la giornata. Per le ore notturne si può colorare la casella di nero.
Gettoni
216
ALLEGATO 6
Necessità: per cosa = immaginando che, in seguito all’ingresso, al reingresso nel mercato del lavoro o a un cambiamento nella propria occupazione, gli orari della propria giornata subiscano delle modifiche, per cui non si riesce più a far fronte ai diversi impegni
che si avrebbero in quella fascia oraria, si potrebbe generare una qualche necessità di
tempo, cui non si riesce a far fronte, che va indicata in questo gettone (da ripetere tante volte quante eventualmente sono le ore di disponibilità)
Disponibilità: per quale attività = attività che si è disposti a svolgere, l’eventuale disponibilità a spostarsi sul territorio in quella fascia oraria (da ripetere tante volte quante eventualmente sono le ore di disponibilità)
Tempo per sé: sarebbe opportuno inserire almeno 2 ore di tempo per sé nell’agenda
settimanale.
217
ALLEGATO 7
AGENDA DI GRUPPO PER L’ESERCITAZIONE
“LA BANCA DEL TEMPO”
218
ALLEGATO 7
NOME
PARTECIPANTI
NECESSITÀ
(per cosa;
giorno; ora)
DISPONIBILITÀ
(per cosa;
giorno; ora)
ALTRE POSSIBILI
RISORSE
_____________
_____________
_____________
_____________
_____________
_____________
_____________
219
ALLEGATO 7
Legenda
Nome partecipanti = ciascuna riga del tabellone è dedicata a uno dei partecipanti al
laboratorio
Necessità = le necessità di tempo che ciascuno dei partecipanti segnala (quelli che ciascuno ha scritto sui gettoni rossi) indicando: per cosa; in quale giorno; a quale ora /per
quante ore.
Disponibilità = le disponibilità di tempo che ciascuno dei partecipanti eventualmente
segnala (quelli che ciascuno ha scritto sui gettoni verdi) indicando: per cosa; in quale
giorno; a quale ora /per quante ore.
Altre possibili risorse = accanto e al di là del supporto che può essere offerto dal gruppo durante l’esercitazione (che è soltanto una simulazione) a quali strategie ciascuno
può ricorrere, quali sono le possibili risorse che, facendo riferimento al proprio contesto relazionale e al territorio in cui vive, potrebbero essere attivate, le persone, i servizi
esistenti, i punti di informazione cui rivolgersi per ottenere un aiuto che consenta di far
fronte alla necessità segnalate. Tali soluzioni possono essere individuate grazie alla riflessione in gruppo, ai suggerimenti che possono venire dagli altri partecipanti al laboratorio.
220
ALLEGATO 8
AGENDA SETTIMANALE PER IL COLLOQUIO
“IL PIANO DEI TEMPI”
221
ALLEGATO 8
AGENDA SETTIMANALE PER IL COLLOQUIO IL PIANO DEI TEMPI
6.007.00
LUNEDÌ
MARTEDÌ
MERCOLEDÌ
GIOVEDÌ
VENERDÌ
SABATO
DOMENICA
222
7.008.00
8.00- 9.00- 10.00- 11.00- 12.00- 13.00- 14.00- 15.009.00 10.00 11.00 12.00 13.00 14.00 15.00 16.00
ALLEGATO 8
16.00- 17.00- 18.00- 19.00- 20.00- 21.00- 22.00- 23.00- 24.00- 1.00- 2.00- 3.00- 4.00- 5.0017.00 18.00 19.00 20.00 21.00 22.00 23.00 24.00 1.00 2.00 3.00 4.00 5.00 6.00
223
ALLEGATO 8
Legenda
Orario = Orario in cui si svolgono le diverse attività, quelle che scandiscono la giornata. Per le ore notturne si può colorare la casella di nero.
224
ALLEGATO 9
IL LABORATORIO
“RISORSE ED ESPERIENZE”
“La mappa delle mie competenze”
225
ALLEGATO 9
CINQUE AMBITI DI VITA
226
ALLEGATO 9
LE MIE COMPETENZE E RISORSE
Che cosa sono capace di fare?
In famiglia che cosa mi dicono che so fare bene?
227
ALLEGATO 9
LE MIE COMPETENZE E RISORSE
Che cosa sono capace di fare?
Le/i mie/i colleghe/i che cosa mi dicono che so fare bene?
228
ALLEGATO 9
LE MIE COMPETENZE E RISORSE
Che cosa sono capace di fare?
Le/i mie/i amiche/i che cosa mi dicono che so fare bene?
229
ALLEGATO 9
LE MIE COMPETENZE E RISORSE
Che cosa sono capace di fare per me stessa/o?
A me stesso/a che cosa dico che so fare bene?
230
ALLEGATO 9
LE MIE COMPETENZE E RISORSE
Che cosa sono capace di fare?
Il/la mio/a partner che cosa mi riconosce...?
231
ALLEGATO 10
IL LABORATORIO
“RISORSE ED ESPERIENZE”
I cartoncini delle competenze nella versione per il laboratorio
232
ALLEGATO 10
AMMINISTRARE IL DENARO
Quando
COMUNICARE CON LE PERSONE
In quali situazioni
PARLARE UNA LINGUA STRANIERA
Ad esempio
SCRIVERE UNA LINGUA STRANIERA
Ad esempio
DARE FIDUCIA
Ad esempio
GIOCARE
A che cosa
233
ALLEGATO 10
INVENTARE
Che cosa
PENSARE
A chi
PROVARE
Che cosa
TROVARE
Che cosa
PREVEDERE
Che cosa
CONVINCERE
Chi
234
ALLEGATO 10
PARTECIPARE
A che cosa
PARLARE
Di cosa
OTTENERE
Che cosa
MIGLIORARE
Che cosa
PROGRAMMARE UN COMPUTER
Come l’hai imparato
CUCINARE
Ti piace
235
ALLEGATO 10
RICAMARE
Chi ti ha insegnato
ACCENDERE UN CAMINO
Ti ricordi una volta in particolare
SCRIVERE CON IL COMPUTER
Solo per lavoro
NAVIGARE IN INTERNET
Ti diverte
USARE LA POSTA ELETTRONICA
Quanto la usi
ASCOLTARE
In che modo
236
ALLEGATO 10
FOTOGRAFARE
A che livello
FARE SPORT
Quali
DIPINGERE
Hai fatto un corso
DISEGNARE
Che cosa
LITIGARE
E dopo
SCENDERE A COMPROMESSI
Ad esempio
237
ALLEGATO 10
CONOSCERE NUOVE PERSONE
Chi
BALLARE
Lo fai spesso
STARE IN SILENZIO
Quando
RISPETTARE I TEMPI DELL’ALTRO
Ad esempio
STARE IN ATTESA
In quali situazioni
LAVORARE IN GRUPPO
Quando
238
ALLEGATO 10
ANALIZZARE LE SITUAZIONI
Ad esempio
RISOLVERE I PROBLEMI
Ad esempio
TROVARE SOLUZIONI
Di che tipo
PROGRAMMARE UNA VACANZA
L’ultima che hai fatto
AGIRE IN FRETTA
In quanti casi
DECIDERE
Su cosa
239
ALLEGATO 10
VALUTARE I RISCHI
Ad esempio
RICONOSCERE GLI ERRORI
In quali casi
GESTIRE IL TEMPO
In quali situazioni
MANTENERE UN IMPEGNO
Di che tipo
SOGNARE
Quando
PROGETTARE
Che cosa
240
ALLEGATO 10
RIPARARE UN ELETTRODOMESTICO
Ti capita di farlo
DELEGARE
Che cosa
BUTTARE VIE LE COSE VECCHIE
Quali
CAMBIARE
Che cosa
PRENDERE LA VITA DAL LATO
MIGLIORE
Su quali aspetti
FARE GIARDINAGGIO
Ti rilassa
241
ALLEGATO 10
TROVARE LA PAROLE GIUSTE
Per chi
DIVERTIRMI
Quando
METTERE IN ORDINE
Ad esempio
GUIDARE L’AUTO
Ti piace
PREPARARE LE VALIGIE
Per andare dove
FARE LA SPESA
Ti piace
242
ALLEGATO 10
CONTROLLARE LO STRESS
Come
SORRIDERE
Ad esempio
RACCONTARE LE FAVOLE
A chi
DEFINIRE UN OBIETTIVO
Ad esempio
SUONARE UNO STRUMENTO
Quale
TENERE UN SEGRETO
Ad esempio
243
ALLEGATO 10
FARE UNA SORPRESA
A chi
INSEGNARE
Che cosa
PRENDERMI CURA
Di chi
AIUTARE
Ad esempio
CONSIGLIARE
Su cosa
IMPARARE
Da chi
244
ALLEGATO 11
IL LABORATORIO
“RISORSE ED ESPERIENZE”
“Sintesi delle mie competenze per ambiti di vita”*
* La versione di seguito proposta per ragioni grafiche è compattata in due pagine. Quella da
utilizzare per l’esercitazione è contenuta nel cd rom allegato.
245
ALLEGATO 11
COSA SO FARE... COSA VORREI FARE
246
ALLEGATO 11
COSA SO FARE... COSA VORREI FARE
247
ALLEGATO 12
IL COLLOQUIO
“RISORSE ED ESPERIENZE”
I cartoncini delle competenze
nella versione per il colloquio
248
ALLEGATO 12
AMMINISTRARE IL
DENARO
DEFINIRE UN
OBIETTIVO
CUCINARE
COMUNICARE CON
LE PERSONE
GIOCARE
RISOLVERE
PROBLEMI
INVENTARE
USARE INTERNET
SCENDERE A
COMPROMESSI
ANALIZZARE LA
SITUAZIONE
CONVINCERE
AGIRE IN FRETTA
249
ALLEGATO 12
CONOSCERE
NUOVE PERSONE
MANTENERE UN
IMPEGNO
ASCOLTARE
LAVORARE IN
GRUPPO
RISPETTARE I TEMPI
VALUTARE I RISCHI
DELL’ALTRO
SCENDERE A
COMPROMESSI
DECIDERE
FARE SPORT
PRENDERMI CURA
TROVARE
SOLUZIONI
RICONOSCERE GLI
ERRORI
250
ALLEGATO 12
DELEGARE
OTTENERE
INSEGNARE
AIUTARE
GUIDARE L’AUTO
VALUTARE I RISCHI
PREVEDERE
PROGETTARE
IMPARARE
251
ALLEGATO 13
IL COLLOQUIO
“RISORSE ED ESPERIENZE”
“La mappa delle mie competenze per ambiti di vita”*
* La versione di seguito proposta per ragioni grafiche è compattata in due pagine. Quella da
utilizzare per l’esercitazione è contenuta nel cd rom allegato.
252
ALLEGATO 13
CINQUE AMBITI DI VITA
253
ALLEGATO 13
COSA SO FARE... COSA VORREI FARE
254
ALLEGATO 13
COSA SO FARE... COSA VORREI FARE
255
ALLEGATO 14
IL MODULO
“VINCOLI E OPPORTUNITÀ”
“Rassegna stampa”
256
ALLEGATO 14
“Si fa riferimento alla scuola materna,
nella nostra realtà, quando le famiglie
di origine non riescono a crescere a casa i propri figli, però i bambini ne risentono… essere seguiti in famiglia è
completamente diverso”
“È un compito esclusivamente della
mamma seguire la crescita dei figli piccoli, il papà può rendersi utile ma non
ha un ruolo importante come quello
materno…”
“Mi piacerebbe molto occuparmi di
più dei miei figli, ma mia moglie non
mi dà l’opportunità. Mi sembra che,
talvolta, non abbia fiducia, mi sento
trattato come un incapace…”
“Forse un giorno entrambi i genitori saranno in grado di occuparsi della famiglia e, in particolare, dei figli nello
stesso modo, ma a oggi questo mi
sembra ancora un po’ difficile nella
pratica…”
“I bambini cresciuti a casa in famiglia,
sono più curati, coccolati e in genere
mi sembrano più creativi…”
Se vanno al nido i bambini sono sempre ammalati… Dunque a cosa serve
un servizio del genere?
257
ALLEGATO 14
“Non potrei mai portare mio figlio al
nido, vivrei la sensazione di abbandonarlo proprio quando ha più bisogno
di me!”
“Non voglio andare all’asilo! Voglio
stare a casa con la nonna e il nonno!”… Come potevo comportarmi di
fronte a questa richiesta che si ripeteva tutte le mattine? Mia figlia non è più
andata all’asilo…
“Non credo che la qualità di ciò che i
bambini mangiano all’asilo sia eccelsa… se penso a quanto paghiamo
per la retta…”
“A mio marito non potrei mai chiedere di preparare la colazione ai nostri
figli, non sa nemmeno dove tengo i cereali da mettere loro nel latte! Figuriamoci il resto…”
“Non credo che la cura di un genitore
anziano debba essere delegata a un
servizio… io lo vivrei malissimo. È un
dovere dei figli...”
Le assistenti domiciliari che vengono
a casa un paio d’ore la settimana per
occuparsi del nonno sono sempre
molto sbrigative, non hanno la delicatezza e il tatto necessario per avere a
che fare con un anziano disabile…
258
ALLEGATO 14
“Nelle case di cura gli anziani mi sembrano un po’ soli e abbandonati a sé
stessi…
Lavoratrice, mamma, compagna di
vita. Già questo triplice ruolo basterebbe, da solo, a mandare in crash il più
organizzato degli uomini. Ma non basta: alla donna viene chiesto di essere anche informata, istruita, piena
d’interessi, brava in casa, eccezionale
ai fornelli, sempre seducente, mai trascurata, alla moda…
Perché è bello essere donna?
Sei VERSATILE: in una giornata svolgi
almeno 3 lavori differenti
Sei DINAMICA: non passi la domenica
sprofondata nel divano
Sei INDIPENDENTE: sai sempre dove
sono i tuoi calzini
Perché è bello essere uomo?
Per lo stesso lavoro...
guadagni di più !!!
Sei tu che gestisci il telecomando
della TV.
Nessuno dei tuoi colleghi di lavoro è in
grado di farti piangere.
Spazio per frasi e slogan selezionate
dal consulente
259
ALLEGATO 14
Spazio per frasi e slogan selezionate
dal consulente
Spazio per frasi e slogan selezionate
dal consulente
Spazio per frasi e slogan selezionate
dal consulente
260
ALLEGATO 15
IL MODULO
“VINCOLI E OPPORTUNITÀ”
“Mappa dei servizi territoriali”
261
ALLEGATO 15
262
ALLEGATO 15
263
ALLEGATO 16
IL MODULO
“VINCOLI E OPPORTUNITÀ”
I miei servizi
Approfondimento sui servizi di potenziale interesse personale
264
ALLEGATO 16
265
ALLEGATO 16
266
ALLEGATO 16
267
ALLEGATO 16
268
ALLEGATO 16
269
ALLEGATO 16
270
ALLEGATO 16
271
ALLEGATO 16
272
ALLEGATO 16
273
ALLEGATO 16
274
ALLEGATO 16
275
ALLEGATO 16
276
ALLEGATO 17
IL MIO PIANO D’AZIONE
A FAVORE DI UNA MIGLIORE
CONCILIAZIONE
277
ALLEGATO 17
UN PIANO D’AZIONE PER……
….avere uno schema operativo sul quale fissare obiettivi, metodi e risorse utili a gestire un cambiamento, sia professionale, sia personale e/o familiare, in
funzione di una migliore conciliazione tra i diversi ambiti di vita.
Ricordiamo che il punto di partenza per agire e muoversi in una certa direzione è quello di porsi alcune domande, del tipo:
• cosa voglio ottenere?
• cos’è che so fare bene?
• quali sono le cose che dovrei migliorare o imparare a fare?
• quali strategie posso mettere in atto alla luce di questa valutazione?
• a chi mi posso rivolgere per ottenere un aiuto?
• su quali risorse esterne posso fare affidamento?
•…
Se sei impegnato in un percorso di consulenza in.la.v. Isfol, al termine di ogni
momento di gruppo o di colloquio che avrai seguito presso questa struttura riceverai una pagina per comporre lo schema del tuo piano d’azione. Ti verranno consegnate di volta in volta le pagine relative al pezzo di percorso in.la.v. (chiamati anche moduli) che stai svolgendo e ti verrà chiesto di compilarle in chiusura come occasione per portare a sintesi il lavoro svolto.
Le poche spiegazioni che trovi in ogni pagina sono da intendersi come linee guida per la sua compilazione, ma puoi chiedere ulteriori chiarimenti al consulente che ti sta accompagnando nel percorso.
L’obiettivo generale è quello di indicare, alla luce degli apprendimenti maturati o degli stimoli ricevuti nell’ambito dei diversi moduli in.la.v., quali sono le priorità o le cose da fare per trarre vantaggio a livello professionale da una migliore conciliazione.
Tutto ciò dovrebbe condurre a formulare delle scelte e a trovare delle soluzioni nel rispetto di due criteri fondamentali:
• l’esame di realtà rispetto a se stessi, onestamente rispondendo alla domanda “Che cosa sono in grado di fare alla luce delle mie risorse personali e delle mie competenze?”
• l’esame della realtà rispetto al contesto, trovando una soluzione alla domanda: “Ciò che mi propongo è possibile rispetto al contesto in cui vivo o sto cercando di muovermi?”
Qui di seguito sono illustrate le sei “tessere” di cui si compone il piano d’azione in.la.v., nel suo insieme. Ognuna di esse riporta un nome di fantasia per dare l’idea di un viaggio che si compie a tappe. Non è detto che tu stia realizzan278
ALLEGATO 17
do tutte queste tappe, ma soltanto quelle che ti servono per avere un piano d’azione utile ai tuoi bisogni.
279
ALLEGATO 17
IL MIO PIANO D’AZIONE: “UN AIUTO MIRATO”
Mi sono rivolto a questo servizio per: —————
—————————————————————————————
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Sulla base di quello che è emerso ho deciso di
avviare il seguente tipo di percorso: ——————
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—————————————————————————————
Allego il patto consulenziale stipulato (relativo a
in.la.v.)
280
ALLEGATO 17
IL MIO PIANO D’AZIONE: “SAPERNE DI PIÙ”
Sulle questioni della conciliazione tra lavoro e
resto della vita ho valutato opportuno informarmi di più, ad esempio attraverso (indicare eventi, occasioni, documentazione sul tema): ————
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Ho frequentato il seminario “Nella mia città: i
servizi al mio servizio” e ho ricavato le seguenti informazioni: ———————————————
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Allego eventuale documentazione
utile (normativa, indirizzi, ecc)
281
ALLEGATO 17
IL PIANO D’AZIONE SU: “I MIEI TEMPI”
Ho partecipato al modulo in.la.v. “Tempi e spazi”
e ho messo a punto il mio piano dei tempi che allego qui di seguito.
Sono emersi come particolarmente critici alcuni giorni/momenti della giornata, e quindi ho
valutato le seguenti possibilità/soluzioni: ——
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282
ALLEGATO 17
IL PIANO D’AZIONE SU: “LE MIE COMPETENZE”
Ho partecipato al modulo in.la.v. “Risorse ed
esperienze” e ho messo a fuoco la mappa delle
mie competenze suddivisa nei diversi ambiti di vita. La allego qui di seguito.
Sono emerse come particolarmente critiche
alcune aree di competenza in alcuni ambiti di
vita, e quindi vorrei: ————————————————
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283
ALLEGATO 17
IL PIANO D’AZIONE SU: “LE OPPORTUNITÀ”
Ho partecipato al modulo in.la.v. “Vincoli e opportunità” e ho messo a fuoco alcuni luoghi comuni
che mi porto dietro rispetto al lavoro e al modo di
gestire le altre cose della vita. In particolare, ho capito i limiti che pongo nella conoscenza e nell’uso delle risorse e dei servizi a sostegno della conciliazione presenti sul territorio. Ora mi sono più
chiare una serie di opportunità, quali: ——————
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I servizi che mi sono più utili in questo momento potrebbero essere: ———————————————
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284
ALLEGATO 17
IL MIO PIANO D’AZIONE: “ALTRE POSSIBILITÀ”
Dopo aver seguito alcuni moduli in.la.v. e aver
raccolto dati e informazioni utili per la mia situazione di conciliazione, sento di aver bisogno
ancora di: ——————————————————————
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——————————————————————————Qui di seguito riporto un elenco di persone, luoghi, servizi e siti web che possono essermi
d’aiuto in questo prossimo futuro:———————
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285
ALLEGATO 18
IL QUESTIONARIO DI VALUTAZIONE
Il questionario che Le chiediamo di compilare al termine del percorso si propone di rilevare le sue opinioni e valutazioni su quanto è avvenuto nel corso di
questa esperienza.
Ogni domanda è seguita da istruzioni per la corretta compilazione del questionario, la cui durata non dovrebbe superare i 10’.
Nel rispetto della riservatezza delle informazioni le risposte saranno trattate in
forma anonima.
Grazie per la sua collaborazione.
286
ALLEGATO 18
IL PERCORSO in.la.v. ISFOL
01. Ha partecipato al seminario di informazione e sensibilizzazione sul tema della conciliazione tra lavoro e resto della vita organizzato dal servizio?
01 Sì
02 No
02. Come ha utilizzato il libretto Isfol sul tema della conciliazione che le ha
dato il suo consulente dal titolo “Orientarsi tra tempi di lavoro e tempi di vita. Diritti e possibilità”?
01 L’ho letto attentamente
02 L’ho solo sfogliato
03 L’ho messo in un cassetto
04 Non l’ho ricevuto
05 Non me lo ricordo
06 Altro_______________________________________________________ 03. Pensando al percorso svolto e al materiale informativo che ha ricevuto come considera il suo livello di conoscenza del tema della conciliazione tra lavoro e resto della vita? (scegliere al massimo due risposte)
01 Adesso so che cosa significa il termine “conciliazione”
02 Adesso conosco meglio gli aspetti legislativi
03 Adesso so quali sono le opportunità presenti sul mio territorio
04 Conosco il tema in generale ma questo non mi basta
05 Conosco il tema come prima
06 Altro______________________________________________________
287
ALLEGATO 18
04. Ha incontrato qualche difficoltà nel seguire il percorso in.la.v. Isfol?
01 Sì
02 No
05. Se sì, quali? (indichi i motivi brevemente)
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
06. Il percorso ha previsto sia momenti individuali (i colloqui) sia di gruppo (i laboratori). Che cosa ha preferito?
01 I colloqui
02 I laboratori
03 Entrambi
04 Nessuno dei due
07. Perché? (indichi i motivi della sua scelta)
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
288
ALLEGATO 18
08. Come valuta complessivamente il percorso in.la.v. Isfol? (da 1= falso a
7= vero)
FALSO
VERO
01 Interessante per i contenuti affrontati
02 Utile per il lavoro
03 Stimolante per la metodologia usata
04 Impegnativo per gli orari
05 Utile a livello personale
06 Ben strutturato nel programma
07 Corrispondente alle aspettative iniziali
08 Altro________________________________
1
1
1
1
1
1
1
1
2
2
2
2
2
2
2
2
3
3
3
3
3
3
3
3
4
4
4
4
4
4
4
4
5
5
5
5
5
5
5
5
6
6
6
6
6
6
6
6
7
7
7
7
7
7
7
7
09. Come valuta complessivamente il clima di lavoro che si è instaurato con
il suo consulente? (da 1= negativo a 7= positivo)
NEGATIVO
POSITIVO
1 2 3 4 5 6 7
10. In sintesi, al termine del percorso quanto è soddisfatto/a del percorso
svolto? (da 1=per niente soddisfatto a 7= completamente soddisfatto)
PER NIENTE
SODDISFATTO/A
COMPLETAMENTE
SODDISFATTO/A
1 2 3 4 5 6 7
289
ALLEGATO 18
AREE DI CAMBIAMENTO E SUGGERIMENTO
01. Durante o al termine di questo percorso sono emerse aree di cambiamento nella sua vita personale e professionale?
01 Si, le principali aree di cambiamento sono indicate nel mio piano d’azione
02 Si, se n’é parlato ma non sono indicate nel mio piano d’azione
03 No, non è emersa nessuna esigenza di cambiamento in particolare 04 Altro_______________________________________________________ 02. Quanta fiducia ha di poter realizzare quanto indicato nel suo piano d’azione?
POCA FIDUCIA
MOLTA FIDUCIA
1 2 3 4 5 6 7
03. Che cosa le servirebbe di più per riuscire a realizzare il suo piano d’azione? (scegliere al massimo due risposte)
01 Più servizi nella mia città/paese
02 Più fortuna
03 Più aiuto dalla mia famiglia
01 Più facilitazioni sul posto di lavoro
02 Più aiuto dal mio compagno/a
03 Più fiducia in me stesso/a
04 Altro______________________________________________________
04. Che cosa migliorerebbe del percorso in.la.v. Isfol? (scegliere al massimo
due risposte)
01 La durata complessiva del percorso
290
ALLEGATO 18
02 La durata dei colloqui
03 La durata dei laboratori
04 Il tipo di esercitazioni utilizzate
05 La parte relativa all’informazione
06 La parte relativa alla conoscenza dei servizi e del territorio
04 Altro______________________________________________________
05. Pensa che questo percorso possa essere utile ad altri?
01 Sì
02 No
06. Se sì, a chi lo consiglierebbe?
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
291
ALLEGATO 19
QUESTIONARIO DI FOLLOW-UP
Il questionario che Le chiediamo di compilare a distanza di qualche mese dal
termine del percorso in.la.v. a cui ha preso parte si propone di rilevare che cosa è accaduto di significativo sul piano personale e professionale attribuibile anche al percorso stesso.
Ogni domanda è seguita da istruzioni per la corretta compilazione del questionario, la cui durata complessiva non dovrebbe superare i 10’.
Nel rispetto della riservatezza delle informazioni le risposte saranno trattate in
forma anonima.
Grazie per la sua collaborazione.
292
ALLEGATO 19
A. IL PERCORSO in.la.v. ISFOL
A1. Quando ha terminato il percorso in.la.v. Isfol che ha seguito presso il
servizio della sua città?
_________________________________________________________
A2. Ha seguito tutto il percorso sia nei momenti individuali sia di gruppo?
01 Sì, completamente
02 No (specificare in quale momento non ha potuto partecipare)
_________________________________________________________
A3. Se non è riuscito a seguire tutto il percorso per quali ragioni ha mancato l’appuntamento? (segnare con una X una sola risposta)
01 Per ragioni di lavoro
02 Per ragioni personali
03 Per ragioni familiari
04 Non me lo ricordo
05 Altro______________________________________________________
A4. Rifarebbe il percorso in.la.v. Isfol?
01 Sì
02 No
03 Non so
A5. Se no, per quale motivo? (indichi i motivi brevemente)
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
293
ALLEGATO 19
A6. Con chi ha avuto modo di parlare di quanto realizzato nel percorso?
(segnare con una X una sola risposta)
01 Con mio marito/moglie, compagno/compagna
02 Con amiche/amici
03 Con i miei figli
04 Con i miei genitori
05 Con colleghe/colleghi
06 Con nessuno
07 Altro______________________________________________________
A7. Ha consigliato il percorso ad altre persone?
01 Sì
02 No
A8. Se no, per quale motivo?
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
294
ALLEGATO 19
B. AREE DI CAMBIAMENTO
B1. Quali erano le sue principali aspettative prima della realizzazione del
percorso seguito? (segnare al massimo 2 risposte barrando il cerchio corrispondente con la lettera X)
01 Valorizzare le mie competenze
02 Imparare a conoscere meglio il contesto esterno
03 Conoscere meglio le mie possibilità
04 Risolvere un momento di crisi personale e professionale
05 Trovare un lavoro
06 Cambiare il mio lavoro
07 Trovare un percorso di formazione adeguato
07 Cambiare il mio modo di vedere il lavoro
08 Acquisire maggiore fiducia in me
09 Imparare a gestire meglio il mio tempo
10 Altro__________________________________________
B2. Al termine del percorso in quale misura le sue aspettative iniziali
sono state soddisfatte? (da 1=per niente a 7= completamente)
PER NIENTE
COMPLETAMENTE
1 2 3 4 5 6 7
B3. Che cosa pensa che si sia maggiormente modificato nella sua vita
personale e professionale dopo aver seguito il percorso in.la.v.? (segnare al massimo 2 risposte barrando il cerchio corrispondente con la lettera
X)
01 Una certa immagine di me stessa/o
02 La mia conoscenza delle opportunità del contesto esterno
03 La mia capacità di gestire il tempo
04 La mia capacità di affrontare i problemi del quotidiano
05 La mia idea del lavoro
06 La mia scala delle priorità
07 La mia immagine della donna e dell’uomo al lavoro
08 La fiducia in me stessa/o
09 Altro__________________________________________
295
ALLEGATO 19
B4. Quanto è riuscita/o sino ad oggi a mettere in pratica il suo piano d’azione? (da 1=poco a 7= molto)
POCO
MOLTO
1 2 3 4 5 6 7
B5. Se è ancora poco quello che è riuscita/o a fare che cosa le manca maggiormente per mettere in pratica il suo piano d’azione? (scegliere al massimo due risposte)
01 Più servizi nella mia città/paese
02 Più fortuna
03 Più aiuto dalla mia famiglia
04 Più facilitazioni sul posto di lavoro
05 Più aiuto dal mio compagno/a
06 Più fiducia in me stesso/a
07 Altro______________________________________________________
B6. In tutti i casi, penso che dovrei soprattutto….
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
296
Temi & Strumenti - Studi e ricerche
Isfol, Sviluppo locale. Prima analisi e compendium dei programmi nelle regioni dell’obiettivo 1, Roma, Isfol, 2004 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 1)
Isfol, Mobilità e trasparenza delle competenze acquisite: l’esperienza Europass
Formazione in Italia, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 2)
Isfol, Il Fondo Sociale Europeo 2000-2006. Quadro Comunitario di sostegno Ob.
3. Valutazione intermedia. 1° e 2° Parte, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti.
Studi e ricerche; 3)
Isfol, Percorsi di orientamento. Indagine nazionale sulle buone pratiche, Roma,
Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 4)
Isfol, Tra orientamento e auto-orientamento, tra formazione e auto-formazione, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 5)
Isfol, La qualità del lavoro, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 6)
Isfol, Passo alla Pratica. Una pratica Isfol di consulenza orientativa, Roma, Isfol,
2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 7)
Isfol, Investire nella progettualità delle associazioni di promozione sociale.
Compendium progetti legge 383/2000 triennio 2002-2004, Roma, Isfol, 2006
(Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 8)
Isfol, Pensare al futuro. Una pratica di orientamento in gruppo, Roma, Isfol, 2005
(Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 9)
Isfol, Accogliere e integrare. Esperienze Equal in tema di immigrazione, Roma,
Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 10)
Isfol, Consulenza alla persona e counseling: ambiti di intervento, approcci, ruolo e competenze del counselor, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e
ricerche; 11)
Isfol, Istruzione e formazione professionale: verso la costruzione di nuovi scenari e nuove competenze per gli operatori del sistema, Roma, Isfol, 2006
(Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 12)
Isfol, L’accompagnamento al successo formativo. Strategie e modelli operativi dei
centri per l’impiego, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 13)
Isfol, Bilanci pubblici ed equità di genere, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti.
Studi e ricerche; 14)
Isfol, Atlante comparato sui Servizi per l’impiego nell’Unione europea ampliata, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 15)
297
Isfol, Bi.dicomp. Un percorso ISFOL di Bilancio di Competenze, Roma, Isfol, 2006
(Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 16)
Isfol, Le dimensioni del coping e dell’attribuzione causale nell’orientamento: due
strumenti ISFOL, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 17)
Isfol, Verso il lavoro. Organizzazione e funzionamento dei servizi pubblici per
i cittadini e le imprese nel mercato del lavoro. Monitoraggio 2004, Roma,
Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 18)
Isfol, Standard delle competenze nell’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore.
Percorsi metodologici e di sperimentazione, Roma, Isfol, 2007
(Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 19)
Isfol, Esperienze di validazione dell’apprendimento non formale e informale in
Italia e in Europa, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 20)
Isfol, Il Libretto Formativo del Cittadino, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi
e ricerche; 21)
Isfol, Valutare gli interventi per l’occupabilità: le misure di inserimento al lavoro, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 22)
Isfol, Orientare l’Orientamento, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 23)
Isfol, Dall’analisi della domanda alla valutazione della consulenza di orientamento: Val.ori, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 24)
Isfol, Dialoghi sull’orientamento. Dalle esperienze ai modelli, Roma, Isfol,
2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 25)
Isfol, Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili. Monitoraggio 2004,
Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 26)
Isfol, Formazione, istruzione e lavoro. Valutazione delle politiche sostenute dal
Fondo sociale europeo 2000-2006 nell’Italia del Centro-Nord, Roma, Isfol,
2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 27)
Isfol, Conciliazione vita/lavoro: un traguardo possibile. L’esperienza di Equal,
Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 28)
Isfol, Volontariato e pianificazione sociale di zona: la partecipazione. Indagine pilota sul volontariato, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 29)
Isfol, La mobilità costretta. La mobilità geografica dei giovani italiani: caratteristiche e prospettive delle Regioni del Mezzogiorno, Roma, Isfol, 2007
(Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 30)
Isfol, Il ruolo delle città della governance multilivello delle politiche occupazionali, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 31)
298
Isfol, Terza Relazione al Parlamento sullo Stato di Attuazione della Legge
12/3/99 N.68, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 32)
Isfol, Il Label europeo uno strumento per la promozione e la valorizzazione dell’insegnamento e dell’apprendimento linguistico. L’esperienza in Italia nell’ambito della formazione professionale, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti.
Studi e ricerche; 33)
Isfol, Nuove tecnologie e promozione sociale, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti.
Studi e ricerche; 34)
Isfol, Sviluppo sostenibile e processi di partecipazione. Figure professionali per
la gestione dei conflitti socio-ambientali, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti.
Studi e ricerche; 35)
Isfol, Nomenclatura e classificazione delle unità professionali, Roma, Isfol, 2007
(Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 36)
Isfol, Dinamiche di intervento in un contesto open-learnig, Roma, Isfol, 2007
(Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 37)
Isfol, Disegni di campionamento e metodi di stima per le indagini di monitoraggio delle politiche: temi di ricerca, approfondimenti teorici e aspetti applicativi, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 38)
Isfol, La consulenza orientativa per la conciliazione lavoro-vita. Il percorso in.la.v.,
Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 39)
Temi & Strumenti - Percorsi
Isfol, Orientarsi tra tempi di lavoro e tempi di vita, Roma, Isfol, 2006
(Temi&Strumenti. Percorsi; 1)
Isfol, A scuola mi oriento, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Percorsi; 2)
Isfol, Funzioni, competenze e profili formativi, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti.
Percorsi; 3)
Isfol, Associa si racconta, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Percorsi; 4)
Isfol, Alla ricerca delle mie competenze. Una guida per orientarsi tra servizi e
pratiche di bilancio, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Percorsi; 5)
Isfol, Prossima fermata: imparare a scegliere. Guida per orientarsi, Roma, Isfol,
2007 (Temi&Strumenti. Percorsi; 6)
Isfol, Le parole dell’orientamento: un puzzle da comporre, Roma, Isfol, 2007
(Temi&Strumenti. Percorsi; 7)
299
I.G.E.R. srl
viale C.T. Odescalchi, 67/A
00147 Roma
Finito di stampare dicembre 2007
Scarica

LA CONSULENZA ORIENTATIVA PER LA CONCILIAZIONE