A12 170 Stefania Tescaroli Il diritto elettorale nell’Unione Europea Profili costituzionali comparati ARACNE Copyright © MMVII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, 133 A/B 00173 Roma (06) 93781065 ISBN 978–88–548–1483–7 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: dicembre 2007 PRESENTAZIONE Sono ben lieto di presentare questa opera di Stefania Tescaroli dal titolo: “Il Diritto Elettorale nell’Unione Europea – Profili Costituzionali Comparati” che è frutto di un intenso e proficuo lavoro di ricerca svolto in Italia e all’estero. Il volume ha ottenuto il patrocinio della Commissione dell’Unione Europea e l’autorizzazione alla stampa del “LOGO dell’Unione Europea” . Il profilo del lavoro non è meramente elencativo dei sistemi elettorali vigenti in ciascun Paese facente parte dell’Unione Europea (ad oggi ben 27 Stati) e dei sistemi elettorali di ciascun Paese per l’elezione del Parlamento dell’Unione. L’opera ricostruisce, attraverso il concorso dei sistemi elettorali, le varie forme di Stato e di governo vigenti in ciascun Paese dell’Unione e si propone il peculiare obiettivo d’offrire una visione d’insieme dei presupposti che potrebbero aprire la strada alla realizzazione dell’Unione Politica dell’Europa, come era nell’aspirazione dei redattori del “Trattato Costituzionale” che non ha potuto essere ratificato in seguito alla bocciatura dei referendum confermativi in Francia e nei Paesi Bassi. La Conferenza intergovernativa, convocata per predisporre un nuovo trattato, sembra aver superato questa impasse per cui molte delle soluzioni tracciate dal progetto precedente potranno trovare attuazione sulla base del testo che è in via di elaborazione. In buona sostanza, attraverso l’esame dei profili costituzionali comparati dei sistemi elettorali dei Paesi facenti parte 5 6 Presentazione dell’Unione Europea l’Autore giunge alla ricostruzione delle loro vicende politiche, sociali ed istituzionali ed alla valutazione della democraticità degli ordinamenti vigenti in ciascuno di tali Stati. La fitta trama dell’opera si sviluppa attraverso quattro titoli: il primo si occupa dei <<Sistemi elettorali, partiti politici e loro rilevanza ai fini delle forme di Stato e di Governo>> con particolare riguardo agli ordinamenti liberali e democratici contemporanei, al loro rapporto con lo stato sociale, ai partiti politici di massa, alle costituzioni moderne, all’asseto istituzionale dell’Unione Europea, ai principi democratico e di sussidiarietà presenti nell’Unione Europea, ai profili di teoria generale delle elezioni, alla nozione e funzione dei partiti politici, alla loro influenza sulle forme di governo, ai sistemi e formule elettorali” e alla definizione del procedimento elettorale. Il secondo illustra l’elezione del Parlamento dell’Unione Europea dall’Assemblea di rappresentanti designati da ciascun Stato membro all’elezione diretta dei membri del Parlamento dell’Unione Europea, illustrando i sistemi elettorale utilizzati dai singoli Stati per l’elezione dei propri parlamentari europei e soffermandosi in particolare sulle <<Azioni positive in materia elettorale in favore della pari opportunità delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea>>. Il terzo tratta dei <<Sistemi elettorali presenti nei 27 Stati dell’Unione Europea e del loro raffronto con i sistemi di elezione del Parlamento europeo>>, dando particolare rilevanza alle <<Scelte operate, sotto il profilo costituzionale, dai vari Paesi dell’area Centro- Presentazione 7 Orientale dell’Europa>> e alle <<Elezioni del 10-13 giugno 2004 del Parlamento europeo nei 25 Paesi dell'Unione>>. Il quarto affronta le attuali tematiche relative all'allargamento dell’Unione, all’elezione diretta del Parlamento europeo e alle prospettive future partendo dall’Idea dell'Europa unita con l’analisi delle varie tappe fondamentali del percorso (dalle Comunità europee all’Unione Europea, agli Stati candidati per entrare nell’Unione) per ridare vigore all’elezione diretta ed unitaria del Parlamento europeo e consentire all’Europa di riprendere il cammino verso il consolidamento dell’alleanza politica sempre più stretta tra i popoli europei. GIOVANNI CORDINI Professore ordinario di diritto pubblico comparato Università degli studi di Pavia RINGRAZIAMENTI L’autore dell'opera ringrazia la Commissione dell’Unione Europea per il patrocinio concesso e per l’autorizzazione ad utilizzare il “LOGO” dell’Unione europea. Prezioso e determinante è stato l'apporto scientifico ed il coordinamento forniti, con la massima disponibilità dal prof. Giovanni Cordini, ordinario di Diritto Pubblico comparato nell’Università degli studi di Pavia, al quale viene rivolto uno speciale ringraziamento. Un sentito ringraziamento va rivolto all'On. Iles Braghetto deputato al Parlamento europeo, attualmente in carica, che si è prodigato presso le istituzioni comunitarie per ottenere il patrocino e l'utilizzo del logo dell'Unione europea. Desidero ringraziare, infine, l'assessore della Regione Veneto Renzo Marangon, il presidente della Provincia di Rovigo Comm. Federico Saccardin, il Sindaco del Comune di Rovigo prof. Fausto Merchiori ed il Sindaco del Comune di Adria prof Antonio Lodo per la collaborazione ed il patrocinio concessi. 9 10 Ringraziamenti Il logo (bandiera) dell’Unione Europea rappresenta non solo il simbolo dell'Unione Europea ma anche quello dell'unità e dell'identità dell'Europa. La corona di dodici stelle dorate, tradizionalmente il simbolo di perfezione, completezza ed unità, indica la solidarietà e l'armonia tra i popoli d'Europa. Le dodici stelle resteranno invariate a prescindere dal numero di Stati che faranno parte dell'Unione europea. INDICE CAPITOLO I - Sistemi elettorali, partiti politici e loro rilevanza ai fini delle forme di Stato e di Governo ........................................................................... 18 1. Gli ordinamenti liberali e democratici contemporanei e loro rapporto con lo stato sociale.............................................................................................................18 1.1 Considerazioni generali ....................................................................................18 1.2 Forme di Stato, forme di Governo, forze sociali, partiti politici.......................22 1.3 La nozione di rappresentanza politica nello Stato liberale e nello Stato democratico pluralista.............................................................................................27 1.4 Tipologie di parlamentarismo ...........................................................................29 1.4.1 Il Parlamentarismo maggioritario ..................................................................29 1.4.2 Il parlamentarismo compromissorio ..............................................................31 1.4.3 Il sistema presidenziale..................................................................................31 1.5 Partiti politici di massa e costituzioni moderne ................................................34 1.5.1 Il partito di massa, intermediario fra il popolo e il corpo legislativo .............34 1.5.2 Il carattere borghese del regime parlamentare ...............................................37 1.5.3 La costruzione borghese del regime parlamentare.........................................38 1.5.4 Crisi nei sistemi parlamentari nati dopo il 1919 ............................................43 1.5.5 Legittimità del sistema parlamentare e introduzione del sistema proporzionale.....................................................................................................................44 1.5.6 Prevalenza del Parlamento sull’Esecutivo .....................................................46 1.5.7 I fattori nazionali e loro condizionamento sui sistemi politici .......................46 1.5.8 Riflessi costituzionali della crisi dei partiti....................................................48 1.6 Assetto Istituzionale dell’Unione Europea .......................................................49 1.6.1 La “Vita democratica dell’Unione” ed il problema della democrazia nelle organizzazioni politiche sovranazionali e/o postnazionali..................................49 1.6.2 Il principio democratico nell’UE e il principio di sussidiarietà .....................53 1.6.3 Le scelte del Trattato Costituzionale in ordine alla definizione del “quadro istituzionale” dell’Unione Europea ..................................................................57 1.6.4 Il deficit democratico nell’Unione Europea...................................................61 CAPITOLO II – Profili di teoria generale delle elezioni........................................63 1. Il diritto elettorale generale.................................................................................63 1.1 Il significato del termine “Elezioni” .................................................................63 1.2 Società civile, partiti politici, ed istituzioni ......................................................69 1.3 Nozione e funzione dei partiti politici ..............................................................73 1.4 I sistemi di partiti e loro influenza sulle forme di governo ...............................75 1.5 La crisi dei partiti politici..................................................................................79 2. Democraticità delle elezioni nell’ordinamento giuridico italiano ed in quello degli altri stati .........................................................................................................83 3. Elezioni, sistemi elettorali e votazioni ................................................................87 3.1 Elezioni sotto il profilo tecnico e funzionale ....................................................87 3.2 Funzione delle elezioni .....................................................................................89 11 12 INDICE 3.3 Sistema elettorale e procedimento elettorale ....................................................92 3.4 Le votazioni......................................................................................................93 3.5 Sistemi elettorali e formule elettorali ...............................................................97 3.6 Il sistema maggioritario....................................................................................101 3.7 Il sistema elettorale proporzionale (non maggioritario)....................................106 3.8 Caratteristiche del sistema elettorale proporzionale .........................................110 3.9 Formule elettorali e loro rapporti con i sistemi elettorali .................................112 3.10 Le formule maggioritarie................................................................................118 3.11 Formule proporzionali (non maggioritarie) ....................................................119 3.12 Sistemi elettorali e formule correttivi del proporzionale ................................122 3.13 Gli arrotondamenti..........................................................................................123 3.14 Gli indici di potere..........................................................................................124 3.15 Soglie di sbarramento: sistemi elettorali e comportamento degli attori partitici ...................................................................................................................126 3.16 Ingegneria politica e ingegneria elettorale......................................................130 3.17 Attitudine “ingegneristica” del sistema elettorale e sua democraticità...........133 3.18 Determinazione del potenziale di proporzionalità ..........................................138 3.19 Teorema del “Gerry Mandering” e modifica degli ambiti territoriali delle circoscrizioni elettorali ...........................................................................................143 3.20 Rapporti tra sistemi elettorali e sistemi partitici .............................................146 3.21 Conseguenze delle formule elettorali sui sistemi di partito e sul quadro politico-istituzionale...............................................................................................154 CAPITOLO III - Il procedimento elettorale...........................................................161 1. La democrazia diretta e gli istituti della democrazia indiretta ............................161 2. La democrazia partecipativa...............................................................................166 3. Il referendum di indirizzo sull’Unione Europea .................................................169 4. Esercizio della funzione elettorale......................................................................170 5. Le elezioni come atto collettivo collegiale .........................................................174 6. Il popolo ed il corpo elettorale............................................................................176 6.1 Nozione di “Popolo” e suoi rapporti con lo stato ............................................176 6.2 Il popolo ed il corpo elettorale nell’ordinamento giuridico italiano .................178 6.3 L’esercizio della sovranità popolare in generale ..............................................181 7. Il voto elettivo nelle sue varie espressioni..........................................................184 8. Il collegio e le sue dimensioni ............................................................................189 9. I vari tipi di elezioni ...........................................................................................192 10. Presupposti della partecipazione alle elezioni nazionali e del Parlamento dell’Unione Europea...............................................................................................192 CAPITOLO IV – Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea...............195 1. Elezione del Parlamento Europeo.......................................................................195 1.1 La democrazia liberale come ispirazione ideologica ........................................195 2. La previsione dei trattati CECA, EURATOM e CE...........................................198 3. L’Unione Europea ..............................................................................................201 4. Dall’assemblea di rappresentanti designati all’elezione diretta dei membri del Parlamento Europeo .........................................................................................203 INDICE 13 4.1 L’assemblea di rappresentanti designati al Parlamento Europeo......................203 4.2 L’allargamento del Parlamento Europeo ..........................................................205 5. Fonti normative e principi generali dell’ordinamento comunitario ....................209 5.1 La nuova Costituzione dell’Unione Europea, trattati ed atti comunitari...........209 5.2 I principi generali e fondamentali dell’ordinamento comunitario ....................213 5.3 I principi dell’uguaglianza democratica (articolo 1-45), della democrazia rappresentativa (articolo 1-46) e della democrazia partecipativa (articolo 1-47)....217 5.4 La legittimazione diretta nell’Unione Europea.................................................218 6. Elezione del Parlamento Europeo.......................................................................221 6.1 Progetti per l’elezione diretta ed unitaria del Parlamento Europeo ..................221 6.2 Direttiva 93/09/CE del Consiglio del 6 Dicembre 1993 relativa all’esercizio di voto e di eleggibilità dell’Unione residenti in uno stato membro di cui non sono cittadini ...................................................................................................224 6.3 Disposizioni derogatorie e transitorie ...............................................................228 6.4 Relazione della Commissione sull’applicazione della direttiva 93/109/CE .....229 6.5 Predisposizione di un modello di procedura elettorale uniforme (PEU)...........230 6.6 Decisioni del Consiglio del giugno e settembre 2002 relative all’elezione dei membri del Parlamento Europeo a suffragio universale diretto........................234 6.7 Definizione di una procedura elettorale uniforme (PEU) dopo l’approvazione della nuova Costituzione dell’Unione Europea .........................................237 7. Partiti politici e gruppi politici nel Parlamento Europeo ....................................241 7.1 Disciplina per la formazione dei gruppi parlamentari.......................................241 7.2 Finanziamento dei partiti politici a livello europeo: illegittima esclusione dei partiti politici minori.........................................................................................245 8. Direttiva 94/80/CE del Consiglio del 19 dicembre 1994: modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali.................................252 8.1 Presupposti della direttiva.................................................................................252 8.2 Modalità esercizio diritto di voto dei cittadini dell’Unione in Stato membro di cui non hanno la cittadinanza .......................................................................254 8.3 Considerazioni sull’applicazione della direttiva 94/80/CE...............................256 CAPITOLO V - Elezione dei membri dell’Italia nel Parlamento dell’Unione Europea...................................................................................................................258 1. Il sistema elettorale .............................................................................................258 2. Elettorato attivo ..................................................................................................261 3. Legittimazione passiva ed elettorato passivo......................................................265 4. Il procedimento elettorale ...................................................................................267 5. Votazione e proclamazione degli eletti...............................................................271 6. Esercizio del voto degli italiani residenti nei paesi della Comunità ...................274 7. Espressione del voto degli elettori ammessi a votare..........................................276 8. Ammissione al voto di elettori appartenenti ai paesi della Comunità presenti in Italia....................................................................................................................278 9. Surrogazione e contenzioso concernente le operazioni elettorali .......................278 10. Giudizi relativi alle condizioni di eleggibilità e di compatibilità .....................280 11. Disposizioni penali ...........................................................................................282 14 INDICE CAPITOLO VI - Elezione membri degli altri 14 stati nel Parlamento dell’Unione Europea..............................................................................................283 1. Le fonti normative dei 15 stati dell’Unione........................................................283 2. Principi comuni per elezione del Parlamento Europeo.......................................283 3. elezione parlamentari europei da parte dei 14 stati dell’Unione Europea ..........286 3.1 Austria ..............................................................................................................286 3.2 Belgio ...............................................................................................................289 3.3 Danimarca ........................................................................................................292 3.4 Finlandia...........................................................................................................295 3.5 Francia..............................................................................................................297 3.6 Grecia ...............................................................................................................299 3.7 Germania ..........................................................................................................302 3.8 Irlanda...............................................................................................................304 3.9 Lussemburgo ....................................................................................................307 3.10 Paesi Bassi......................................................................................................308 3.11 Portogallo .......................................................................................................311 3.12 Regno Unito ...................................................................................................313 3.13 Spagna ............................................................................................................315 3.14 Svezia .............................................................................................................320 4. Caratteristiche dei sistemi elettorali dei 15 paesi dell’Unione Europea .............324 4.1 Sistemi elettorali, elettorato attivo e passivo, soglia di sbarramento, circoscrizioni elettorali, modalità esercizio diritto di voto e assegnazione seggi ...........324 4.2 Le circoscrizioni elettorali ed i collegi elettorali ..............................................328 CAPITOLO VII - Azioni positive in favore delle pari opportunità delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea .................................................................329 1. Nozione di “azione positiva” e fonti normative comunitarie..............................329 2. Parità, pari opportunità e accesso alle cariche elettive delle donne alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità italiana e del novellato titolo V della Costituzione italiana ......................................................................................331 3. Le “azioni positive” nei paesi dell’Unione Europea...........................................335 4. La nuova Costituzione Europea e ed azioni positive attuative in materia elettorale da parte dei singoli paesi dell’Unione ......................................................339 5. Azioni positive a tutela delle minoranze nelle elezioni politiche .......................341 5.1 L’esercizio dei diritti elettorali delle minoranze nei 15 stati membri dell’Unione Europea...............................................................................................341 5.2 Partecipazione politica e tutela delle minoranze nelle nuove democrazie dell’Europa dell’est ................................................................................................345 CAPITOLO VIII - Sistemi elettorali negli stati dell’Unione Europea e loro raffronto con i sistemi di elezione del Parlamento Europeo ...................................349 1. Sistemi elettorali in Italia....................................................................................349 1.1 Considerazioni di carattere generale.................................................................349 1.2 Sistemi elettorali vigenti prima della riforma del 1993 ....................................351 1.3 Caratteri dei sistemi elettorali di Camera e Senato dopo la riforma del 1993........................................................................................................................353 INDICE 15 1.4 Legge 21 dicembre 2005, n. 270 “Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica” .........................................356 1.4.1 Introduzione del sistema proporzionale .........................................................356 1.4.2 Elezione Camera dei Deputati .......................................................................356 1.4.3 Elezione del Senato della Repubblica............................................................357 1.4.4 I contenuti della modifica del sistema elettorale............................................357 1.5 Le elezioni politiche del maggio 2006..............................................................359 1.5.1 Considerazioni generali .................................................................................359 1.5.2 Gli schieramenti a confronto..........................................................................361 1.6 Riforma della Costituzione Italiana ..................................................................377 CAPITOLO IX – Sistemi elettorali utilizzati dai 15 paesi dell’Unione Europea e loro raffronto con i sistemi di elezione del Parlamento dell’Unione Europea .....381 1. sistemi elettorali e partecipazione al voto ...........................................................381 2. Il voto “strategico”..............................................................................................387 3. Finalizzazione dei sistemi elettorali utilizzati dai 15 paesi dell’Unione Europea .......................................................................................................................391 3.1 Note introduttive...............................................................................................391 3.2 Paesi che utilizzano il sistema proporzionale ...................................................391 3.3 Paesi con sistema maggioritario .......................................................................393 4. Analisi dei 14 paesi facenti parte dell’Unione Europea prima dell’allargamento ..............................................................................................................394 4.1 Austria ..............................................................................................................394 4.2 Danimarca.........................................................................................................398 4.3 Francia ..............................................................................................................402 4.3.1 Il sistema elettorale francese: il doppio turno di collegio ..............................402 4.3.2 Gli schieramenti politici.................................................................................405 4.3.3 Differenze con elezioni parlamentari europei ................................................406 4.4 Grecia ...............................................................................................................407 4.5 Paesi bassi.........................................................................................................409 4.6 Svezia ...............................................................................................................411 4.7 Spagna ..............................................................................................................414 4.8 Belgio ...............................................................................................................416 4.9 Germania ..........................................................................................................420 4.9.1 Considerazioni generali .................................................................................420 4.9.2 Sistema parlamentare.....................................................................................422 4.10 Finlandia .........................................................................................................428 4.11 Irlanda.............................................................................................................431 4.12 Lussemburgo ..................................................................................................435 4.13 Portogallo........................................................................................................437 4.14 Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord .........................................440 4.14.1 Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ...................................440 4.14.2 L’ordinamento giuridico nazionale Scozzese e Gallese...............................445 4.14.3 Le elezioni amministrative in Inghilterra del maggio 2007 ........................447 5. I sistemi elettorali nei nuovi 10 paesi dell’UE....................................................448 16 INDICE 5.1 Scelte operate sotto il profilo costituzionale dai vari paesi dell’area centroorientale dell’Europa ..............................................................................................448 5.2 Sistemi elettorali nazionali nei nuovi paesi dell’UE.........................................452 5.3 Nomina osservatori al Parlamento Europeo dei nuovi stati..............................455 6. Analisi ordinamenti e sistemi elettorali dei nuovi 10 paesi dell’Unione Europea .......................................................................................................................455 6.1 Repubblica di Cipro..........................................................................................455 6.1.1 Ordinamento dello stato e sistemi elettorali nazionali...................................455 6.1.2 nomina dei 6 membri del Parlamento Europeo .............................................457 6.2 Repubblica di Malta .........................................................................................459 6.2.1 Ordinamento dello Stato ed elezione del Parlamento nazionale....................459 6.2.2 Elezione dei 5 membri del parlamento Europeo............................................460 6.3 Repubblica di Estonia.......................................................................................461 6.3.1 Ordinamento dello Stato ed elezione del Parlamento nazionale....................461 6.3.2 Elezione dei 5 membri del Parlamento Europeo ...........................................463 6.4 Repubblica di Lettonia .....................................................................................465 6.4.1 Ordinamento dello Stato ed elezione del Parlamento nazionale....................465 6.4.2 Elezione membri del Parlamenti Europeo .....................................................466 6.5 Repubblica di Lituania .....................................................................................467 6.5.1 Ordinamento dello Stato ed elezione del Parlamento nazionale....................467 6.5.2 Elezione dei 13 membri del Parlamento Europeo .........................................469 6.6 Polonia..............................................................................................................470 6.6.1 L’ordinamento dello Stato .............................................................................470 6.6.2 Elezione del Parlamento nazionale................................................................473 6.6.3 Elezione dei 54 membri del Parlamento Europeo .........................................477 6.7 Repubblica Ceca...............................................................................................478 6.7.1 Ordinamento dello Stato................................................................................478 6.7.2 Elezione membri del Parlamento nazionale ..................................................479 6.7.3 Elezione dei 24 membri del Parlamento Europeo .........................................482 6.8 Repubblica di Slovacchia .................................................................................483 6.8.1 Ordinamento dello Stato................................................................................483 6.8.2 Elezione del Parlamento nazionale................................................................485 6.8.3 Elezione 14 dei membri del parlamento Europeo.........................................488 6.9 Repubblica di Slovenia....................................................................................488 6.9.1 Ordinamento dello Stato................................................................................488 6.9.2 Il Parlamento nazionale .................................................................................490 6.9.3 Elezione dei 7 membri del Parlamento Europeo ...........................................492 6.10 Repubblica di Ungheria..................................................................................493 6.10.1 Ordinamento dello Stato..............................................................................493 6.10.2 Elezione del Parlamento nazionale..............................................................495 6.10.3 Elezione dei 24 membri del parlamento Europeo........................................496 CAPITOLO X - Rinnovo del Parlamento Europeo nei 25 Paesi dell’Unione: Elezioni del 10-13 giugno 2004..............................................................................499 1. Considerazioni sui risultati delle recenti elezioni del giugno 2004 per INDICE 17 l’elezione del Parlamento dell’Unione Europea .....................................................499 2. Risultati elezioni membri dell’Italia nel Parlamento Europeo ............................501 3. Risultai delle elezioni nei 25 stati nel Parlamento Europeo................................504 4. Valutazione risultati delle elezioni del giugno 2004...........................................508 4.1 Per i 15 paesi prima dell’allargamento .............................................................508 4.2 Per i nuovi 10 paesi entrati nell’Unione Europea .............................................512 CAPITOLO V - Allargamento dell’Unione Europea, elezione diretta del Parlamento Europeo.....................................................................................................515 1. Dalla Comunità Europea all’Unione Europea ....................................................515 1.1 L’idea dell’Europa ...........................................................................................515 1.2 Dai conflitti alla cooperazione..........................................................................516 1.3 Tappe fondamentali del percorso dall’idea dell’Europa unita: dalle Comunità europee all’Unione Europea ............................................................................517 1.4 Criteri per entrare nell’Unione Europea e aiuti ai programmi per i paesi candidati .................................................................................................................521 2. Gli Stati candidati a far parte dell’Unione Europea ............................................522 2.1 Allargamento ulteriore dell’Unione Europea....................................................522 2.2 La Repubblica di Romania ...............................................................................525 2.2.1 L’ordinamento costituzionale ........................................................................525 2.2.2 Influenza dei partiti sul sistema democratico della Romania.........................530 3. Repubblica di Bulgaria .......................................................................................534 3.1 L’ordinamento costituzionale ...........................................................................534 3.2 L’assemblea nazionale......................................................................................537 4. La Turchia...........................................................................................................538 4.1 Parlamento ed altri organi costituzionali ..........................................................538 4.2 Ruolo dei partiti politici, dei gruppi organizzati e dei loro leader ....................542 4.3 L’accesso all’Unione Europea ..........................................................................549 4.4 Elezioni amministrative del 2004 .....................................................................551 5. La repubblica di Croazia.....................................................................................552 5.1 L’ordinamento costituzionale ...........................................................................552 5.2 Adesione all’Unione Europea...........................................................................555 6. La Repubblica di Macedonia ..............................................................................556 6.1 La nascita delle Repubbliche dopo la dissoluzione della Jugoslavia ................556 6.2 L’ordinamento dello stato.................................................................................558 6.3 Lo status di Paese candidato ad entrare nell’Unione Europea ..........................560 6.4 Le elezioni politiche del luglio 2006 ................................................................561 6.5 Le elezioni presidenziali del 2004 ....................................................................562 7. La nuova Costituzione dell’Unione Europea e prospettive future ......................563 7.1 Il processo costituente dell’Unione Europea ....................................................563 7.2 Costituzione europea ed equilibrio istituzionale ..............................................572 7.3 L’elezione diretta ed unitaria del Parlamento Europeo secondo la vigente normativa ................................................................................................................579 8. Prospettive future................................................................................................584 INDICE DEGLI AUTORI......................................................................................587 Capitolo 1 Sistemi elettorali, partiti politici e loro rilevanza ai fini delle forme di Stato e di Governo 1. Gli ordinamenti liberali e democratici contemporanei e loro rapporto con lo stato sociale 1.1 Considerazioni generali Forma di Stato, forma di Governo e sistemi politici sono termini tra loro intimamente collegati. che devono essere interpretati non singolarmente, ma nel contesto di un sistema politico di cui essi costituiscono parte integrante e sostanziale1. 1 Per le tematiche relative alle forme di Stato (democratico pluralista, socialista, post-socialista, autoritario, totalitario), tipi di Stato (accentrato, regionale, federale) e forme di governo (presidenziale, parlamentare, semipresidenziale, direttoriale) e all’ordinamento politico costituzionale dei principali ordinamenti stranieri v. G. Morbidelli, L. Pegoraro, A. Reposo, M. Volpi, Diritto costituzionale italiano e comparato, Monduzzi Editore, Bologna, 1997, pp. 341-558. Degli stessi autori: Diritto pubblico comparato, Giappichelli, Torino, 2004; G. Morbidelli, Lezioni di Diritto pubblico comparato, Monduzzi, Bologna 2001; G. Falcon, Lineamenti di diritto pubblico, IX ed., Padova, Cedam, 2003; P. Caretti, U. De Siervo, Istituzioni di diritto pubblico, Giappichelli editore, Torino 2001 (quinta edizione); R. Bin ,G. Pitruzzella, Diritto costituzionale, Giappichelli editore, Torino 2002 (seconda edizione); A. Barbera – C. Fusaro, Corso di diritto pubblico, Il Mulino, Bologna 2001 (prima edizione); T. Martines – G. Silvestri, Diritto costituzionale, Giuffrè, Milano 2001 (dodicesima edizione). P. Caretti – U. De Siervo, Istituzioni di Diritto Pubblico, Torino, Giappichelli, 2004; R. Bin – G. Pitruzzella, Diritto costituzionale, Torino, Giappichelli, 2004. Una prima distinzione riguarda le forme di Stato (classificazione di tipo orizzontale) ed i tipi di Stato (classificazione verticale). La prima si occupa del modo di esercizio del potere e, quindi, della separazione o meno dei poteri dello Stato centrale; la seconda concerne l’analisi del rapporto tra i poteri centrali o di vertice dello Stato e quelli intermedi esercitata da vari Enti (regioni, enti locali etc.) riguardati in posizione di autonomia rispetto allo Stato apparato. V.C. Mortati, Le forme di Governo, Padova, 1973; G. De Vergottini, Diritto costituzionale comparato, 5 ediz. Padova, 1999; G. U. Rescigno, Forme di stato e forme di governo, in Encicl. Diritto, Treccani, XIV, Roma, 1989; F. Cuocolo, Forme di Stato e Forme di Governo, in Dir. Pubblico, 4^ ediz. Torino 1991, p. 492; G. Amato, Forme di Stato e forme di Governo, in G. Amato – A. Barbera (a cura di), Manuale di Diritto Pubbli18 Sistemi elettorali, Partiti politici 19 L’esame, sotto il profilo giuridico e politologico nella ricerca comparatistica, delle tematiche delle forme di Stato e di Governo, induce a ritenere che l’indagine sulle soluzioni adottate nei diversi ordinamenti in materia di organizzazione e funzionamento delle istituzioni parlamentari e di governo siano debitrici alle culture, alle ideologie e alle tradizioni proprie di ogni paese2. La dottrina più attenta evidenzia come risulti poi inadeguato uno studio delle varie forme di Governo negli stati contemporanei che prescinda, quale criterio utilizzato nella comparazione, dall’aspetto politico, Il Diritto pubblico generale, 5 ediz. Bologna, 1997 pp. 23 e ss.; .F. Lanchester, Sistemi elettorali e forme di governo, Il Mulino, Bologna, 1981; A. Pizzorusso, Sistemi giuridici comparati, 2 ediz. Milano, 1998, pag. 182°; A. Barbera–C. Fusaro, Corso di diritto pubblico, Bologna, Il Mulino, ed. 2004. Bassani, Italia, Traverso, Leggi fondamentali del diritto pubblico, Giuffrè, Milano 2001. 2 Il lavoro scientifico viene riguardato sia dalla scienza sociale che dalle discipline normative. Con la prima si evidenzia il metodo con cui vengono regolati i rapporti tra individui e gruppi sulla base delle esigenze sia di mantenimento dell’ordine che del raggiungimento dei fini dei gruppi nei quali gli individui si ricomprendono; con la seconda si tende ad accertare il modo di essere dei singoli e dei gruppi nonché le prescrizioni e le sanzioni in caso di violazioni dei comportamenti obbligatori dettate dalle singole norme giuridiche. Per l’analisi dei problemi di metodo nella ricerca comparatistica, sotto il profilo giuridico-normativo, esiste una copiosa fonte bibliografica; rimane interessante in materia l’analisi compiuta da L. Elia (Governo e forme di), in Enciclopedia del Diritto, vol. XIX. pp. 634 – 675; V. F. Lanchester, Stato (forme di), Enciclopedia del Diritto, vol. XLIII, pp. 796-815, 1990; A. Pizzorusso, Sistemi giuridici comparati, Giuffrè, 1995; M. Mazziotti di Celso, Lezioni di diritto costituzionale, pt. I. Nozioni generali sul diritto e sullo Stato, 1985; P. Biscaretti di Ruffìa, Introduzione al diritto costituzionale comparato. Le forme di Stato e le forme di governo. Le costituzioni moderne, Milano, 1988, cap. III, pp. 375 ss.; Morbidelli, L. Pegoraro, A. Reposo, M. Volpi, Diritto costituzionale italiano e comparato, cit, pp. 207-415.V. inoltre: R. David, J. Jauffret,Spinosi, I grandi sistemi giuridici contemporanei, Padova, Cedam, 1994; G. De Vergottini, Diritto costituzionale comparato, Padova, Cedam, 1999; A. Pizzorusso, Carlo Lavagna, La comparazione giuridica nel volume (a cura di F. Lanchester, il pensiero giuridico di Carlo Lavagna, Milano, Giuffré 1996), pp. 176 ss.; R. Scarmiglia, F. Padovini (a cura di), Diritto e Università, Comparazione e formazione del giurista nella prospettiva europea, Padova, Cedam 2003. Per la scienza e sociologia politica si veda: G. Sartori, Ingegneria costituzionale comparata: strutture, incentivi ed esiti, Bologna, Il Mulino, 1998; M. Dogan. D. Pelassy, Sociologie politique comparative: problèmes et perspectives, Paris, Economica, 1980. Capitolo I 20 co-partitico con particolare riguardo al numero dei partiti presenti nella vita politica, dalla qualità rappresentativa, dall’esistenza di una leadership autorevole all’interno degli schieramenti politici-partitici, dall’impatto sulla stabilità, funzionalità ed autorevolezza del Governo. Appare scontato per i costituzionalisti comparatisti che il sistema politico incida sulla forma di governo, intendendo per sistema politico l’insieme dei soggetti politici che rappresentano gli interessi sociali di una comunità organizzata, interessi che si propongono di far valere presso il potere politico, conquistandolo direttamente o influenzandolo indirettamente. È chiaro che talvolta bisogna chiedere ausilio alla scienza politica. Ad esempio se ci si chiede “quale sia il sistema dei partiti”, si fa riferimento alle classificazioni di Duverger e di Sartori o a quelle di Farneti (il sistema italiano come sistema a pluralismo centripeto) o di Galli (bipartitismo imperfetto); classificazioni che oggi è più difficile effettuare. Alcuni giuristi suggeriscono di guardare ai risultati raggiunti dalla politologia ben sapendo che vi è un’influenza reciproca e che, quindi, anche l’assetto della forma di governo è in grado di incidere notevolmente sui sistemi politici. Inoltre il sistema politico è certamente influenzato sia dal sistema elettorale che dalle regole costituzionali, scritte e non, che attengono alla modalità di derivazione dei diversi poteri, alle funzioni e poteri attribuiti ai partiti politici ed alle altre aggregazioni sociali. Esiste una reciproca influenza tra diritto costituzionale comparato e scienza della politica per cui conviene prendere le mosse dalla scienza della politica e integrare, secondo Leopoldo Elia, i risultati della politologia in una classificazione di diritto costituzionale comparato3, distinguendo tra forme di governo parlamentare a bipartitismo rigido, a multipartitismo estremo, a multipartitismo temperato. Critico verso questa impostazione è stato il prof. Volpi, il quale ritiene che esista il rischio che la classificazione di derivazione politologica si sovrapponga a quella giuridica e da ausiliaria diventi prevalente e determinante, con la conseguenza di rendere la classificazione congiunturale e descrittiva. Da ciò consegue che i singoli modelli di 3 cit. V. L. Elia, la voce “Governo (forme di)” nell’Enciclopedia del diritto, vol. XIX Sistemi elettorali, Partiti politici 21 forma di governo si allarghino e si restringano più o meno a piacere. Così il termine “presidenzialismo” è ricollegato a tutti i casi in cui c’è un’elezione di diritto o di fatto del Presidente della Repubblica o del Consiglio dei Ministri. Il concetto di presidenzialismo, precisa Volpi, si allarga così a dismisura. Al contrario avviene per la forma di governo “semi-presidenziale”, che viene individuata sulla base di due elementi e precisamente: il rapporto di fiducia ed elezione diretta del Presidente della Repubblica. Molti politologi espongono dalla categoria tutti i casi in cui prevale l’elemento parlamentare su quello presidenziale e giungono al punto di ritenere semi-presidenziale solo la V Repubblica francese. Lo studioso “costituzional comparatista” non può comportarsi in questo modo. Egli deve individuare dei “sottotipi”, delle “sottocategorie” in ogni tipo di forma di governo: ad esempio nella forma parlamentare si possono distinguere vari sottotipi, quali quelli stabilizzati, non stabilizzati, maggioritari e similmente avverrà nella forma presidenziale. Oppure si possono individuare fasi diverse nell’evoluzione di una forma di governo, che non rappresenta un concetto astratto ed immutato nel tempo, basti pensare alla storia italiana repubblicana: il tipo resta sempre lo stesso (forma di governo parlamentare), ma il sottotipo muta4. Lo studioso deve individuare dei “sottotipi”, delle “sottocategorie” in ogni tipo: ad esempio in quella parlamentare si possono distinguere in vari modi (stabilizzata, non stabilizzata, maggioritaria…..) egualmente in quella presidenziale. Oppure si possono individuare fasi diverse nell’evoluzione di una forma di governo, poiché la forma di governo non è un concetto astratto ed immutato nel tempo, basti pensare alla storia italiana repubblicana: il tipo resta sempre lo stesso (forma di governo parlamentare), ma il sottotipo muta. A diversa conclusione giungono gli studi di Ceccanti che estende la qualificazione di “forma di governo neoparlamentare”a tutti i casi in cui il Primo Ministro, di fatto o di diritto, viene eletto dal Popolo. Se- 4 V. Mauro Volpi, Lezione su “Il metodo giuridico e il metodo politologico nello studio delle forme di governo”, Siena, Collegio S. Chiara, 17 dicembre 2002 (Resoconto di Pier Luigi Petrillo). 22 Capitolo I condo tale giurista viene originato un nuovo rapporto che intercorre tra il corpo elettorale e il Governo. In conclusione il costituzional-comparatista deve avere come oggetto del proprio studio principalmente le regole costituzionali, non necessariamente tutte giuridiche in senso stretto. E deve, poi, per capire il funzionamento del sistema, conoscere quelle che Ruggeri ha chiamato le “regolarità” della politica, mantenendo, però, la relativa autonomia che esiste tra lo studio del diritto pubblico comparato e le altre scienze, senza mai confonderle. 1.2 Forme di Stato, forme di Governo, forze sociali, partiti politici Nel corso della presente trattazione si fa riferimento ai termini: forme di Stato, forme di Governo, Stato sociale, Stato ordinamento, Stato apparato, partiti politici dei quali conviene dare la corrispondente nozione. È ormai acquisito che per “forma di Stato” si intende, seguendo il sistema classificatorio tradizionale, il complesso di regole che disciplinano i rapporti tra lo Stato apparato (o Stato ordinamento o Stato istituzione) e la comunità dei cittadini. La nozione di forma di Stato va distinta dalla forma di Governo, che riguarda l’organizzazione dello Stato apparato e delle relative istituzioni; mentre per “forma di governo” si indica il sistema in base al quale in uno Stato viene organizzato ed esercitato il potere di direzione politica. Lo “Stato ordinamento” non indica solo il complesso delle norme derivanti dall’ordinamento stesso, ma rappresenta l’unità concreta che rappresenta sia l’unità politica che l’ordinamento sociale di una determinata comunità. La nozione di “Stato apparato” comprende il complesso delle istituzioni autoritative che tendono a soddisfare da un lato i bisogni della società civile e dall’altro a garantire la pacifica convivenza e la regolazione dei rapporti tra le varie istituzioni previste dall’ordinamento ed i rapporti tra l’autorità ed i cittadini. Per “regime politico” si intende, invece, quel complesso di norme, di valori, di regole e di strutture autoritarie dirette agli attori politicamente rilevanti. Sistemi elettorali, Partiti politici 23 Per definire lo “Stato democratico” si rende necessario, in via preliminare, dare la nozione di “modello democratico”, che vuole significare la corrispondenza tra gli atti di governo e le aspirazioni dei soggetti che sono i destinatari degli atti stessi, considerati sul piano dell’uguaglianza sostanziale5. Lo “Stato democratico” viene qualificato anche come Stato sociale o Stato del benessere (Welfare State) per le mutate finalità che esso si propone di perseguire. Sul terreno politico e sociale nascono organismi intermedi tra i cittadini e lo Stato tra i quali assumono rilevanza particolare i partiti politici che si pongono quale struttura necessaria tra comunità sociale ed istituzioni6. Per queste ragioni, secondo Kelsen, Triepel, Leibholz, i partiti politici vengono a costituire elemento della stessa forma di Stato e della democrazia tanto che lo Stato democratico contemporaneo si qualifica anche come “Stato di partiti”7. Lo Stato democratico, contrariamente a quello liberale, è anche “Stato rappresentativo”, “pluralistico” o “pluriclasse” e ciò deriva dal riconoscimento del suffragio universale e dall’uguaglianza del voto, indipendentemente dal censo, dalla religione o dalla classe di appartenenza. Da ciò discende che cambia volto anche il principio della rappresentanza politica, che viene estesa ad una pluralità di classi e di gruppi sociali prima esclusi da essa. Si sviluppa un legame più stretto tra elettori ed eletti anche in prospettiva della manifestazione dell’indirizzo politico che viene sottoposto agli elettori prima dell’espressione del voto durante la campagna elettorale. Vengono valorizzati e regolamentati gli istituti di democrazia diretta, come i refe- 5 V. J. D. May, Conditions and Measures of Democracy, General Larning Press, Morris-tovn (NY), 1973, p. 18. 6 Per un recente contributo all’analisi delle forme di governo e dei sistemi elettorali, in un’ottica volta alle riforme istituzionali, si veda G. Sartori, Ingegneria costituzionale comparata, Strutture, incentivi ed esiti, 1994, trad. it., Il Mulino, Bologna 1995 e quello di S. Gambino, Democrazia e forme di governo, Rimini, 1997. 7 V. H. Kelsen, Essenza e valore della democrazia (1929), trad. It. in La Democrazia, Bologna, 1984, pp. 55 ss.; H. Triepel, Die Staatsverfassung und die politichischen Parteien, Berlin, 1930; G. Leibholz, Strukturprobleme der moder Demokratie, Karlsruche, 1958. Capitolo I 24 rendum e la possibilità della presentazione di progetti di legge da parte dei cittadini e con l’informazione che deve essere libera e pluralistica. Lo Stato democratico è caratterizzato da due novità; la prima concerne l’intervento dello Stato nei rapporti economici e sociali; la seconda riguarda l’integrazione di nuove classi sociali alle quali ha dato origine il movimento operaio, divenuto ormai forza organizzata e il moderno partito di massa, caratterizzato da una forte centralizzazione e da un’organizzazione fondata su un rilevante numero di componenti e dotata di una struttura organizzativa e apparato professionale stabili. Si afferma inoltre il “principio di maggioranza” in base al quale la manifestazione della volontà del Parlamento avviene a maggioranza assoluta, relativa e/o rinforzata nel rispetto dei diritti dell’opposizione e delle minoranze cui deve essere conferito il potere di controllo della maggioranza attraverso l’investitura delle Presidenze di Commissioni e/o di controllo ovvero la possibilità di sottoporre a referendum abrogativo di leggi particolarmente di parte o contrarie agli interessi delle minoranze stesse8. Secondo Roberto Dahl i presupposti per qualsiasi ordinamento democratico rappresentativo sono di due ordini, il primo consistente nel potere di tutti i cittadini di poter esprimere liberamente il diritto di voto e di poter indicare le preferenze per i candidati in modo uguale. Perché tali condizioni si possano avverare è necessario che le istituzioni garantiscano: - libertà di associazione ed organizzazione di pensiero e di espressione; - capacità di accedere al diritto di voto e al diritto di essere eletti (elettorato attivo e passivo); - diritto dei leaders politici di concorrere per il sostegno elettorale; - esistenza di fonti alternative di informazione; - elezioni libere e corrette; - esistenza di istituti che rendano la politica del governo dipen- 8 V.E. Ruffini, La ragione dei più, Bologna, 1977 e A. Pizzorusso, Minoranze e maggioranze, Torino, 1993. Sistemi elettorali, Partiti politici 25 dente dal voto o da altre espressioni di preferenze9. Alla base di un ordinamento democratico devono coesistere simultaneamente: un sistema sociale articolato dove i soggetti possano liberamente associarsi ed articolarsi, secondo i modelli democratici che consentano di dar vita a comunità intermedie provviste di adeguati poteri; un mercato economico in cui operino soggetti in condizioni di libero mercato ed infine un pluralismo politico–istituzionale, che consenta a tutti cittadini di designare, in condizioni di parità mediante libere elezioni, propri rappresentanti all’interno delle istituzioni previste dall’ordinamento10. Secondo Lanchester riesce assai difficile stabilire se un determinato ordinamento sia o meno democratico. Alcuni politologi hanno cercato di quantificare la democraticità dei vari sistemi politici sulla base di numerose variabili mentre i giuspubblicisti hanno preferito operare esami più individualizzati. Lanchester ha cercato di classificare gli ordinamenti statuali oggi esistenti in democrazie pluralistiche (DP), democrazie di facciata (DF), caratterizzate dall’assenza dell’alternanza al potere ed in ordinamenti non democratici (ND), inserendo in essi le monarchie tradizionali, le dittature personali e ordinamenti totalitari basati su un unico partito. Lanchester classifica, poi, le democrazie sulla base di parametri 9 V. R. Dahl, Poliarchia, Partecipazione e opposizione, Angeli, 1980. Con tale prospettazione viene abbandonato il modello classico tradizionale della democrazia che prevede la partecipazione diretta dei cittadini. v.v Mura, Rappresentanza politica, in Il Mondo contemporaneo, vol. IX, Politica e società, 2, Firenze, Le Monnier, 1979 pp. 707 ss. Fishkin prospetta la possibilità di ricorrere a sondaggi diretti della popolazione per l’adozione di decisioni all’interno degli ordinamenti (V. J.H. Fishkin, Democracy and Deliberation: New Directions for Democratic Reform, Yale University Press 1991 e The Voice of the People, Yale University 1995). G. Sartori analizza la nozione di rappresentanza (quella originaria di tipo giuridico, quella politica e quella sociologica). V. G. Sartori, Representation, in Enciclopedia of the Social Sciences; v. anche D. Nocilia–L. Ciaurro, Rappresentanza, in Enciclopedia dir. vol. XXXVIII pp. 543 ss. Per il superamento della concezione della rappresentanza politica basata sulla responsabilità di chi più ha con l’avvento del suffragio universale e dei partiti, v. L. Carlassare (a cura di), Democrazia, rappresentanza, responsabilità, Padova, Cedam 2001; N. Zanon–F. Biondi (a cura di), Percorsi e vicende attuali della rappresentanza e della responsabilità politica, Giuffrè, Milano, 2001. 10 V. P. Ridola, Democrazia pluralistica e libertà associative, Giuffré, Milano, 1987 Capitolo I 26 che, combinandosi tra loro, corrispondano percentualmente ad un modello teorico di democraticità; partendo da tali presupposti lo studioso citato afferma che esistono democrazie ad alto o a minor rendimento e che l’inserimento nell’una o nell’altra categoria riesce difficile ed a volte controverso11. Per quanto attiene alla determinazione della varie forme di Stato vengono utilizzati i seguenti criteri: la natura del rapporto che si instaura tra le istituzioni statali e la società civile e, quindi, tra la sfera privata e pubblica, che resta quest’ultima fortemente condizionata dalle ideologie presenti nella comunità; l’individuazione del titolare del potere politico e del modo di esercizio ripartito o accentrato del potere politico stesso; il riconoscimento o meno dei diritti di libertà e delle garanzie della loro effettività; il ruolo svolto dalle norme costituzionali nella regolazione dei rapporti tra Stato apparato e società civile nonché tra i poteri pubblici12. Sulla base di tali criteri le forme di Stato si suddividono in: Stati assoluti, Stati liberali e Stati contemporanei (di quest’ultima categoria fanno parte gli Stati democratici – pluralistici, gli Stati autoritari, gli Stati socialisti e gli Stati in via di sviluppo). 11 V. F. Lanchester, Gli strumenti della democrazia (Lezioni di diritto costituzionale comparato), Giuffrè, Milano, 2004 p. 95. 12 V. E. Crosa, Sulla teoria delle forme di Stato, in Riv. it. fil. dir., 1931; G. U. Rescigno, voce Forme di Stato e forme di governo, in Enc. Giur. Treccani, XIV, 1989 (al quale si devono annotazioni critiche sull’uso del termine “Forma di stato”; F. Lanchester, voce Stato (forme di) in Enc. Dir. XLIII, 1990; G. Amato, Forme di stato e forme di governo, in G. Amato e A. Barbera, Manuale di diritto pubblico (a cura di), 4 edizione, Il Mulino, Bologna 1994; F. Cuoculo, voce Forme di Stato e di governo, in Dig. Pubbl., VI, 1991. Sistemi elettorali, Partiti politici 27 1.3 La nozione di rappresentanza politica nello Stato liberale e nello Stato democratico pluralista La crisi dello Stato assoluto è stata determinata da varie cause la più importante delle quali è costituita dalla borghesia che ha conquistato il potere politico anche con il ricorso a mezzi coercitivi per gestirlo a proprio favore13. Lo stato liberale sul terreno politico–sociale determina la soppressione degli ordinamenti corporativi e degli organismi intermedi che erano presenti nello Stato assoluto. In tale contesto i partiti politici assumono carattere elitario e interprivato. Titolare della sovranità diviene la Nazione (in luogo della Corona), intesa come entità unitaria ed indivisibile che trascende la volontà dei singoli; la nozione di Nazione non comprende l’intero popolo, ma solo 13 Lo Stato liberale nasce in Inghilterra a seguito delle due rivoluzioni condotte vittoriosamente dal Parlamento contro la dinastia degli Stuart; la prima si conclude nel 1649 con la decapitazione di Carlo I, la seconda meglio conosciuta come “Glorious Revolution” nel 1688/89 con lo spodestamento di Giacomo II e l’affidamento del trono a Guglielmo d’Orange. La borghesia trasforma con leggi del Parlamento gli antichi privilegi in diritti e pone numerosi limiti al potere del monarca. Si ricordano: l’Habeas corpus Act (1679) che riconosce e garantisce la libertà personale, il Bill of rights (1689) che sancisce i diritti individuali ed i poteri del Parlamento ed infine l’Act of Settlement (1701) con il quale si sancisce che il potere del re e dei suoi funzionari debba essere esercitato in conformità alle leggi e si dispone la ratifica di tutte quelle leggi approvate in precedenza. In Francia il passaggio allo Stato liberale avviene in forma traumatica con la rivoluzione francese mediante l’approvazione delle costituzioni del 1791 e 1793. In Italia e Germania lo Stato liberale, in assenza della rivoluzione industriale e con la presenza di una forte aristocrazia terriera e militare, nasce come frutto di un compromesso e di una rivoluzione imposta dall’alto e realizzata grazie all’espansione progressiva rispettivamente del Regno di Sardegna e dello Stato prussiano. In questi due paesi il fattore politico viene subordinato a quello economico e lo Stato mantiene una sua completa autonomia nei confronti della società. Lo stato detiene il monopolio della forza legale, utilizzata sia all’interno per garantire la “pace sociale” che all’esterno con il ricorso alla guerra e all’espansione coloniale, e sottopone ad una serie rigorosa di limitazioni i diritti civili quando ciò sia ritenuto indispensabile ai fini della salvaguardia dell’interesse generale della classe borghese. Grande conquista dello Stato liberale è la Costituzione quale atto fondamentale che assicura la garanzia dei diritti dei cittadini e la separazione dei poteri attraverso norme superiori alle quali le leggi ordinarie devono restare soggette. Capitolo I 28 la borghesia considerata alla stregua di soggetto capace di esprimere l’interesse generale. La separazione dei poteri diviene uno dei principi cardine dello Stato liberale (triplice ripartizione tra potere legislativo, esecutivo e giurisdizionale, operata dal Montesquieu nel famoso trattato “L’esprit des lois”). Viene affermato il principio della rappresentanza politica con la conseguenza che la Nazione può operare solo per il tramite dei rappresentanti provenienti dal suo interno ed eletti attraverso elezioni (di carattere censitario alle quali possono partecipare solo quanti posseggono determinati requisiti) il cui scopo è quello di designare “i migliori” cui viene affidato il compito di manifestare l’interesse generale. Lo stato liberale è, quindi, rappresentativo ma “monoclasse” in quanto basato sul censo o sul reddito degli elettori e perché esclude dal voto la grande maggioranza del popolo ed in particolare delle donne. Una volta consolidato il potere, l’autorità statuale ostacola il pieno riconoscimento dei diritti civili e soprattutto l’esercizio del potere politico alle classi meno abbienti ai cui componenti non viene riconosciuta la qualità di soggetti di diritto, ma di soggetti sottoposti al diritto. Lo stato liberale può essere considerato come Stato legislativo in quanto la legge diviene l’atto fondamentale con il quale viene garantito un equilibrio variabile nei vari ordinamenti giuridici tra l’autorità dello Stato ed i diritti dei singoli cittadini. Dalle ceneri dello Stato liberale nasce, come è già stato detto, lo Stato democratico–pluralistico che consente l’integrazione, a livello politico–sociale, di nuove classi sociali attraverso il vasto movimento operaio con l’affermazione degli odierni “partiti di massa” che giocano un ruolo fondamentale non solo nelle forme di governo ma nelle istituzioni statuali e intermedie. Lo Stato democratico ha origine dal superamento dello Stato liberale del quale costituisce però una necessaria continuità in quanto fa propri principi ed istituti di origine liberale, che vengono estesi a strati più larghi della società e a ceti sociali che prima ne erano esclusi14. Sul terreno politico–sociale vedono la luce organismi intermedi tra 14 V. H. Kelsen, Essenza e valore della democrazia (1929), trad. it., in La democrazia, Bologna, 1984, pp. 50 ss. Sistemi elettorali, Partiti politici 29 i cittadini e lo Stato. Tra questi particolare importanza assumono i partiti politici, che costituiscono il principale collegamento tra comunità locale e soggetti pubblici e svolgono numerose funzioni in prospettiva di assicurare la partecipazione politica dei cittadini, l’organizzazione del corpo elettorale, la selezione dei pubblici amministratori, l’aggregazione degli interessi attorno ad un programma politico generale da realizzare dalle strutture pubbliche. 1.4 Tipologie di parlamentarismo 1.4.1 Il Parlamentarismo maggioritario Attraverso la comparazione dei singoli ordinamenti sono state individuate tipologie e sottotipologie di parlamentarismo, le quali tuttavia appaiono diversamente distinte e contrapposte poiché diversi sono i criteri con cui possono combinarsi le caratteristiche dei sistemi a confronto (ad es. unicità o pluralità degli organi di direzione politica; organo competente a tracciare l’indirizzo politico generale; carattere rappresentativo o non rappresentativo del Capo dello Stato; ruolo svolto dai partiti politici per il funzionamento concreto del sistema). I vari criteri, poi, oltre ad intersecarsi fra loro, possono intrecciarsi e sovrapporsi con quelli utilizzati per identificare, classificare e differenziare le "forme di Stato", cosicché, se in linea generale nelle sistemazioni della scienza costituzionalistica la ricostruzione delle forme di Stato fonda quella delle forme di governo e viceversa, le singole tipologie non appaiono univocamente ricomprese nell’una o nell’altra categoria, essendo le stesse fortemente condizionate dalla presenza ed organizzazione delle forze politiche apparse sulla scena politica fin dal primo novecento e dai sistemi elettorali adottati per l’elezione del Parlamento e del Governo. Il “parlamentarismo maggioritario” (o a prevalenza del Governo) si caratterizza per la presenza di un sistema politico bipolare, dove si contrappongono due partiti o poli, ciascuno formato da più partiti, tra loro alternativi. In questo modo il sistema elettorale permette di dar vita ad una maggioranza politica il cui leader assume la carica di primo ministro, che gode della forte legittimazione politica che deriva dall’investitura popolare con la conseguenza che il governo, godendo Capitolo I 30 della fiducia parlamentare di cui è espressione, resta di norma in carica per tutto il mandato. In questo sistema l’elettore nel proprio collegio vota sia per i candidati al parlamento che per il Primo ministro, che è il leader di ciascun partito o coalizione di partiti e che, in caso di vittoria, sarà a capo dell’esecutivo. Il Governo dispone della fiducia parlamentare, che consente l’approvazione delle leggi proposte dal governo per la presenza di una maggioranza filo-governativa che si contrappone all’opposizione. Quest’ultima trova fondamento normativo o consuetudinario ed in qualche Stato viene istituzionalizzata al punto di dar vita, come avviene in Inghilterra, ad un Gabinetto ombra (Shadow Cabinet) che si contrappone a quello governativo ed in cui siedono i leader destinati a divenire ministri nel caso in cui alle successive elezioni l’opposizione prevalga (principio dell’alternanza). Il “parlamentarismo maggioritario” (con prevalenza del Parlamento) è caratterizzato, invece, da un sistema politico che opera seguendo un modulo multipolare, in presenza di numerosi partiti che, a volte, non sono tra loro affini, ma rappresentano varie ideologie politiche tra loro non omogenee15.Il sistema elettorale non consente all’elettore di scegliere direttamente il Capo dell’esecutivo o Primo ministro e neppure la maggioranza di governo. Sono i partiti, dopo le elezioni, a concludere, attraverso apposite intese, la maggioranza in Parlamento; si individua la composizione dell’esecutivo e la persona che dovrà assumere la carica di Primo ministro. Il Governo può essere composto da rappresentanti di tutte le forze politiche della coalizione che rappresenta la maggioranza parlamentare oppure può avere l’appoggio esterno dei partiti che gli votano la fiducia in Parlamento, provenendo i Ministri da una sola o da alcune forze politiche. La stabilità del Governo dipende dal mantenimento degli accordi tra i partiti di maggioranza, ciascuno dei quali conserva il potere di pressione e di ricatto. Questo sistema (proprio dell’Italia fino alla ri15 Nel corso della terza Repubblica (1875 – 1940) in Francia si afferma la prevalenza del Parlamento sul governo; è questa un forma di evoluzione della forma di governo parlamentare monistica. Sulle istituzioni della Terza Repubblica v. J. Giquel, Droit constitutionnel et institutions politiques, 16^ Paris, 1999, pp. 421 ss. Sistemi elettorali, Partiti politici 31 forma del 1992) si caratterizza per la debolezza e l’instabilità dei Governi, mentre predominante appare il ruolo del Parlamento e delle segreterie politiche che possono dar vita a diverse coalizioni, secondo le opportunità politiche e gli accordi di indirizzo politico e del programma delle coalizioni. 1.4.2 Il parlamentarismo compromissorio Il “parlamentarismo compromissorio” (proprio di alcuni Paesi europei, quali il Belgio, l’Olanda e la Danimarca) comporta la garanzia del pluripartitismo e la competitività tra i partiti durante la campagna elettorale. Dopo le elezioni essi tendono all’accordo compromissorio sull’indirizzo politico e sulle leggi di programma ciò che comporta, di norma, l’assenza di una vera e propria opposizione. In tale sistema si nota una netta prevalenza dei partiti che sono in grado di determinare in ogni momento le sorti dell’esecutivo. 1.4.3 Il sistema presidenziale Di tipo presidenziale viene definita la forma di Governo allorché il Capo dello Stato, dotato del potere di nominare, presiedere e dirigere il Governo venga nominato mediante elezione diretta da parte del corpo elettorale. Per tale precipua caratteristica il Capo dello Stato ed i Ministri non possono mai essere sfiduciati dal Parlamento durante il mandato di durata prestabilita. Vi è una netta separazione tra il potere esecutivo ed il potere legislativo con correlata autonomia del Parlamento rispetto al Capo dello Stato. I Ministri sono responsabili solo nei confronti di quest’ultimo al quale viene, di norma, riconosciuto il potere di nomina e di revoca dell’intero esecutivo e dei singoli Ministri. Tale sistema ha il pregio di consentire lunga durata dei Governi mentre il principale inconveniente, rilevato da alcuni studiosi, consiste nella tendenziale rigidità che può condurre a divergenze tra la maggioranza che ha espresso il Capo dello Stato e quella che si è formata nel Capitolo I 32 Parlamento sempre per effetto di voto popolare16. Per quanto riguarda la collocazione geografica, la forma presidenzialista ha la sua culla negli Stati Uniti, e si è sviluppata soprattutto in America Latina, dove assai di frequente è degenerata nello strapotere dei caudillos o è stata brutalmente sostituita da governi dittatoriali. In Europa i regimi parlamentari più significativi sono quelli di Germania, Gran Bretagna, Italia, Spagna, Svezia. Le varianti del modello sono molteplici, e spesso significative. Il cancellierato tedesco è diverso dal governo del Premier inglese: entrambi, a loro volta, si distinguono dal sistema istituzionale italiano. La caratteristica comune, però, è il ruolo centrale che il Parlamento occupa nel sistema. La forma parlamentare si è diffusa di recente in alcuni dei paesi dell'ex blocco comunista17; le forme ibride, infine, hanno per modelli 16 Tradizionalmente si considera una forma di governo presidenziale quella vigente da oltre due secoli nella costituzione degli Stati Uniti d’America. L’elezione del Presidente USA non può a rigore definirsi di tipo diretto “puro” dal momento che i cittadini, con il loro voto, scelgono con votazione diretta in base ad un sistema elettorale maggioritario i “grandi elettori”, che a loro volta, mediante elezione diretta a scrutinio segreto e a maggioranza assoluta, scelgono il Presidente, che dura in carica 4 anni e può essere rieletto per una sola volta. Il sistema giuridico costituzionale degli USA, che prevede la separazione rigorosa dei poteri, non è altrettanto rigido per quanto riguarda le funzioni. Infatti il Presidente (cui non è riconosciuto il potere di sciogliere il Parlamento) ha il modo di poter influire sulla funzione legislativa attraverso vari istituti, quali ad esempio “l’iniziativa indiretta”, “il message” ed in particolar modo con l’esercizio del “diritto di veto” in base al quale le proposte di legge approvate dal Parlamento, ma non avvallate dal Presidente, acquistano efficacia soltanto in forza di una nuova votazione del Congresso adottata a scrutinio palese e con una maggioranza qualificata dei due terzi dei presenti. Il Congresso ha il potere di revocare il Presidente ed i Ministri, tuttavia i Ministri (scelti dal Presidente), che non facciano parte del Congresso stesso, devono ottenere la preventiva “conferma” del Senato. Al Congresso è riservato il potere di avviare nei confronti del Presidente, solo ed esclusivamente per gravi reati aventi rilevanza penale, la procedura di “impeachment” (la procedura viene promossa dalla Camera e terminata al Senato). Vedi: G. Bagnetti, Lo spirito del costituzionalismo americano, voll. I e II, Giappichelli editore, Torino 1998, M. Krasner e S. Claberski, Il sistema di governo degli Stati Uniti d’America – profili istituzionali, Giappichelli editore, Torino 1994; F. Sciola, Lineamenti del sistema istituzionale degli Stati Uniti d’America, in Nuova Rassegna n. 8 – 2000. 17 V. M. Ganino, Transizioni democratiche e costituzionali negli Stati postcomunisti, Giuffrè, Milano, 2004, pp.25. Sistemi elettorali, Partiti politici 33 la Quinta Repubblica francese, per quanto concerne il semipresidenzialismo; la Repubblica Federale Tedesca e il Regno Unito per quanto concerne il semi-parlamentarismo18. La caratteristica tipica che distingue queste forme di governo è il diverso rapporto che intercorre tra potere esecutivo e potere legislativo: nel sistema presidenziale i due poteri sono separati; nel sistema parlamentare sono uniti; nei sistemi intermedi sono in parte divisi e in parte uniti. Naturalmente in ciascuna di esse le "funzioni" dei poteri legislativo ed esecutivo restano sempre separate. Quando si parla di distinzione o unione dei poteri ci si riferisce, infatti, da una parte al modo in cui l'organo legislativo e quello esecutivo vengono eletti, dall'altra al potere e all'influenza che l'uno può esercitare nei confronti dell'altro. Quando si afferma che nel presidenzialismo i due poteri sono divisi, mentre nel parlamentarismo sono uniti, s'intende dire in primo luogo che nel sistema presidenziale la "funzione" del potere esecutivo viene conferita al titolare del potere stesso, vale a dire al presidente, con una elezione popolare diretta, distinta da quella con cui viene eletto l'organo legislativo; mentre nel sistema parlamentare entrambi i poteri traggono origine da un’unica elezione a suffragio diretto da parte degli elettori e cioè quella del parlamento. Solo successivamente viene conferita dal Parlamento stesso legittimità democratica al governo attraverso il voto di fiducia. In secondo luogo si deve precisare che nel sistema presidenziale il presidente, titolare del potere esecutivo, non può venire destituito dall'organo legislativo se non attraverso la complessa procedura “dell'impeachment”, e quindi resta in carica per tutta la durata del suo mandato anche nel caso in cui la maggioranza parlamentare sia mutata o gli sia ostile, mentre nel sistema parlamentare, poiché resta legato al "voto di fiducia", il titolare del potere esecutivo può essere destituito e/o sostituito dal parlamento in qualsiasi momento attraverso il voto di sfiducia. Le due questioni centrali sono quindi quelle dell'origine e della sopravvivenza del potere esecutivo, entrambe indipendenti dal potere legislativo nel caso del presidenzialismo, entrambe dipendenti dal pote18 V. S. Gambino, Forme di governo e sistemi elettorali, Cedam 1995; AA.VV., Enciclopedia del diritto, Garzanti, 1993 34 Capitolo I re legislativo nel caso del parlamentarismo. Questa differenza si ripercuote sulle caratteristiche e le modalità di gestione dei due poteri. 1.5 Partiti politici di massa e costituzioni moderne 1.5.1 Il partito di massa, intermediario fra il popolo e il corpo legislativo Nei secoli XIX e XX, e con la graduale estensione del suffragio universale diretto, hanno origine i partiti organizzativi di massa, di cui sono esempio tipico i partiti socialisti, il più delle volte sorti da organizzazioni inizialmente estranee o avverse alla logica parlamentare, ma che -a un certo punto -intravvedono sia la possibilità di inseminare germi di socialismo per via legislativa, che, soprattutto, le potenzialità di azione sulla "coscienza politica" delle masse fornite dal loro inquadramento elettorale. Nello Stato liberale i partiti politici già esistevano, ma si identificavano per lo più sotto forma di circoli d’opinione o comitati elettorali, ed erano formati da ristretti gruppi di persone legate da un’omogeneità economica e culturale. Con l’introduzione del suffragio universale, nascono i moderni partiti di massa, dotati di una struttura organizzativa che attraverso le elezioni, previa modifica dei vari sistemi elettorali (con l’avvento in particolare del sistema proporzionale), hanno condizionato i sistemi parlamentari e politici vigenti negli Stati europei. Con l’aumentare delle proprie attività, questi si liberano dalle istituzioni e gruppi parlamentari, acquistando un’ampia autonomia decisionale e funzionale. Addirittura si arriva ad un rovesciamento, giungendo alla prevalenza dei partiti sui gruppi parlamentari. I partiti erano visti come intermediari tra la società, le istituzioni e le assemblee elettive venivano considerate come sede privilegiata in cui la sovranità della Nazione poteva materializzarsi attraverso le libere volontà dei rappresentanti, non più vincolati dal mandato degli elettori (divieto di mandato imperativo). Scriveva alla fine degli anni venti Hans Kelsen: <<un'evoluzione irresistibile porta in tutte le democrazie ad un'organizzazione del popolo in partiti>>. Nel corso del novecento, definito anche da alcuni Sistemi elettorali, Partiti politici 35 eminenti studiosi "secolo breve"19 e da altri "il secolo dei partiti"20, i partiti politici di massa hanno condizionato l’organizzazione dei sistemi democratici dei Paesi europei e sono stati parti determinanti nell’innovazione dell'organizzazione degli Stati, ponendo finalmente a contatto i cittadini con quelle istituzioni che lo stato liberale aveva per lungo tempo precluso. Essi -come ricorda Leibholz -hanno reso possibile <<l'integrazione politica del popolo (nella sue diverse componenti politiche, culturali, sociali) nella vita dello Stato21, la nascita delle nuove costituzioni contemporanee, il radicamento dei partiti nella vita sociale e politica, consentendo finalmente di poter coniugare “popolo e governo”, “rappresentanza e rappresentazione”, “partecipazione e decisione politica”>>. La struttura interna di questi nuovi soggetti politici, rudimentale nel caso dei partiti di notabili, si fa complessa per le nuove forme di aggregazioni partitiche soprattutto per quelle di stampo socialista. I partiti non socialisti si strutturano pure in partiti elettorali di massa, che perseguono solo la conquista di suffragi elettorali: non si rivolgono perciò a classi particolari, ma all'intera popolazione, spesso con programmi vasti e flessibili, elaborati sulla base delle istanze di base delle comunità. Con il partito di massa, intermediario fra il popolo e il corpo legislativo, si realizza una cerniera così costruita: l'eletto dal popolo nelle liste del partito, mentre mantiene la sua indipendenza nei riguardi dell'elettorato, a cui lo lega un mandato sempre più ampio e sempre meno diretto, è legato da un mandato sempre più ristretto e imperativo nei confronti del partito. Le segreterie dei partiti politici divengono il luogo di sintesi della presunta volontà generale mentre il Parlamento rimane solo il luogo in cui tale elaborazione viene registrata dando luogo all’adozione delle corrispondenti leggi o norme regolamentari. Le elezioni perdono ogni residuo carattere di scelta dei rappresentanti degli elettori, legittimando un personale politico mandatario non del paese ma dei partiti. 19 L’espressione, com’è noto, è di E.J. Hobsbawm, Il secolo breve, Milano, 1995. H. Kelsen, Essenza e valore della democrazia (1929), in Id., La democrazia, Il Mulino, Bologna, 1984 21 G. Leibholz, Strukturprobleme der Modernen Demokratie, Karlsruhe, 1958, 90 20 Capitolo I 36 La sfera della politica è monopolizzata dai partiti, ognuno dei quali rivendica il ruolo di espressione della volontà generale, in un clima di competizione a volte ideologica serrata: maggiore è infatti la componente ideologica di un partito, più esso vede nei partiti rivali non puri competitori, ma avversari del proprio programma da contrastare anche con mezzi a volte poco ortodossi. Non deve perciò stupire che uno dei possibili esiti del sistema dei partiti di massa possa essere la nascita del partito unico, che rivendica la rappresentanza della volontà generale della popolazione. Ma, anche in assenza di tale esito, il partito, in grado di esigere l'ubbidienza dei rappresentanti eletti, viene a costituire il punto di saldatura del potere esecutivo, del potere legislativo e -in un quadro di positivismo giuridico qual è quello moderno –anche del potere giudiziario, rendendo illusoria quella divisione dei poteri correntemente considerata come la principale garanzia della libertà politica. Quando un singolo partito, o la coalizione di partiti, ha anche il pratico monopolio della formazione dell'opinione pubblica, si verifica quella crisi dei partiti, tuttora in atto, che può incidere sulla democrazia di un Paese e sull’organizzazione delle istituzioni e delle costituzioni contemporanee22. 22 Per approfondire: vedi: Domenico Fisichella, Lineamenti di scienza politica, NIS, Roma 1988; molto utile dal punto di vista storico Paolo Pombeni, Introduzione alla storia dei partiti politici, Il Mulino, Bologna 1985; fondamentale, per quanto riguarda la struttura dei partiti e i sistemi di partito, Maurice Duverger, I partiti politici, trad. it., Edizioni di Comunità, Milano 1980; vedi pure, sinteticamente, Giovanni Cantoni, Riflessioni in tema di partito dopo il "crollo delle ideologie". Verso una politica limitata e forte, in Cristianità, anno XXIV, n. 258, ottobre 1996, pp. 3-6. Sistemi elettorali, Partiti politici 37 1.5.2 Il carattere borghese del regime parlamentare Le monarchie di diritto divino si reggevano sul potere aristocratico, le monarchie costituzionali si caratterizzavano per un equilibrio relativo tra aristocrazia in declino e borghesia in ascesa. Le lotte tra aristocrazia e borghesia proseguirono anche all’interno di regimi parlamentari sotto forma di lotta tra partiti, liberali e conservatori, o di rivalità tra le due Camere del Parlamento: il bicameralismo, spesso ritenuto lo strumento perfetto di una democrazia parlamentare, rappresenta invece piuttosto un residuo della struttura sociale precedente. In tale prospettiva si spiegano sia l’indebolimento progressivo della Camera Alta all’inizio del secolo (Gran Bretagna e Francia), sia la sua scomparsa (Scandinavia), sia, ancora, la sua trasformazione in senso più democratico (Italia, Belgio). La connotazione borghese del sistema parlamentare implica che esso poggi su una classe politica ristretta, caratterizzata principalmente dal suffragio ristretto (la Gran Bretagna, raggiungerà il suffragio universale solo nel 1918, l’Italia nel 1912); solo in Francia il suffragio universale esisteva fin dal 1848, ma durante i primi vent’anni della Terza Repubblica i partiti operai furono impotenti perché il fallimento della Comune parigina nel 1870 aveva distrutto i loro quadri e, pertanto, ogni mezzo di azione politica rimaneva saldamente nelle mani della borghesia. Il parlamento non è tuttavia borghese solo per i suoi elettori, che sono tali in base al censo, ma anche per i suoi quadri politici composti da notabili, ovvero dalle elite espresse dalla borghesia stessa: banchieri, industriali, uomini d’affari, notai, procuratori, medici, avvocati. etc. I partiti non sono di massa, ma si configurano piuttosto come “club” o “salotti” o “associazioni” che raccolgono gruppi di notabili e gli alti prelati. Le caratteristiche dei partiti, sorti alla fine dell’800, si fondano sul parlamentarismo che è decisamente borghese, che tende a difendere il liberalismo economico, l’individualismo, il rispetto della proprietà e Capitolo I 38 della libertà concepita, quest’ultima, sotto il profilo meramente politico di difesa della classe borghese23. 1.5.3 La costruzione borghese del regime parlamentare I proprietari terrieri e gli imprenditori di condizioni economiche agiate o medie facevano parte della borghesia e costituivano un ponte tra essa e gli agricoltori più poveri ed i piccoli imprenditori. Nei paesi europei prima del 1914 la piccola e media proprietà occupa un posto di rilievo, il che assicura la preponderanza di tale borghesia agricola sul mondo agricolo; classe operaia e borghesia sono, invece, divise da una barriera netta. Inoltre parte del mondo contadino era già integrato nel paese legale censuario, al contrario delle masse proletarie che ne restavano completamente escluse. La ferrea costruzione borghese del regime parlamentare è stata travolta dall’irrompere delle masse popolari nel tessuto sociale e nella scena politica. Tra il 1900 e il 1914 si innesca un processo che, se non cancellerà lo sfruttamento economico del proletariato, tuttavia gli consentirà di ottenere parte del potere politico: in sostanza in questo periodo il regime parlamentare di cui faceva parte la borghesia comincia un lento ma continuo declino a causa di due fatti determinanti: l’avvento del suffragio universale e la formazione dei partiti di stampo ed ispirazione socialista. Il primo, ponendo la borghesia in una situazione di minoranza, tenta di distruggere la fonte del suo potere; il secondo mira alla costituzione di quadri che consentano al proletariato ed agli operai di designare propri rappresentanti nelle varie istituzioni del Paese a cominciare da quelle parlamentari. I partiti di massa sono caratterizzati da forte connotazione ideologica, struttura burocratica e gerarchizzata, disciplina degli attivisti, controllo dei deputati. Con tale forma, che raggiunge la sua manifestazio23 In senso lato, i partiti sono organizzazioni stabili e strutturate miranti alla conquista e all'esercizio del potere politico. In termini più analitici: cfr. K. von Beyme, I partiti politici nelle democrazie occidentali, 1982, it. 1987, dove si afferma che i partiti sono organizzazioni che assolvono a quattro funzioni tipiche: la definizione degli obiettivi (ideologie e strategie); l'articolazione e l'aggregazione degli interessi in domande politiche; la mobilitazione e la socializzazione dei cittadini, specie con riferimento alle elezioni; il reclutamento delle élite e la formazione dei governi. Sistemi elettorali, Partiti politici 39 ne estrema nei “partiti-stato”, i partiti politici assumono definitivamente la figura di protagonisti della mobilitazione politica e della nazionalizzazione delle masse, trasformandosi, sia nei regimi democratici che in quelli totalitari, in organi costituzionali e in organizzazioni interclassiste, fondate su una tendenziale autonomizzazione della società civile24. Le istituzioni, abituate ad una classe politica poco numerosa, a legami personali elettore-candidato, vengono messe di fronte, con l’avvento dei partiti di massa, a nuovi problemi mentre il sistema parlamentare, imperniato sull’egemonia della borghesia, viene messo in crisi ed inizia la costruzione dello stato democratico moderno. In quanto strutture stabili, che svolgono principalmente la funzione politica di aggregazione degli interessi, i partiti politici rappresentano un fenomeno storico relativamente recente, distinguendosi da preesistenti strutture politiche similari (clientele, sette, fazioni) per lo più occasionate da periodi di crisi o da eventi eccezionali e tendenti a obiettivi particolari25. 24 G. Sivini (a c. di), Parlamento e governo, Il Mulino, Bologna 1979; P. Pombeni, Introduzione alla storia dei partiti politici, Il Mulino, Bologna 1985; M. Brigaglia (a c. di), L'origine dei partiti nell'Europa contemporanea, Il Mulino, Bologna 1985. 25 La genesi dei partiti in senso proprio s'intreccia con quella dello stato moderno e in particolare con le guerre di religione europee dei secoli XVI e XVII, che conferirono per la prima volta alle "parti" in lotta connotati ideologici: le diverse aggregazioni si fecero allora portatrici di una concezione del mondo e dei rapporti fra gli uomini che condizionò anche la formazione degli schieramenti politici, come avvenne per esempio durante la guerra civile inglese (L. Stone, Le cause della rivoluzione inglese 1529-1642, 1972, ed. it. 1982). Solo dopo il compimento della “Glorious Revolution in Inghilterra” e la vittoria delle due grandi rivoluzioni settecentesche, in America e in Francia, che abbatterono il monopolio monarchico della sovranità e crearono nuove forme costituzionali, i neonati partiti politici si videro assegnata una funzione centrale nella formazione della volontà nazionale. In Gran Bretagna i Whigs e i Tories si caratterizzarono sin dall'inizio come schieramenti interni al parlamento, in competizione per determinare gli indirizzi governativi. A essi mancò tuttavia il requisito fondamentale dell'organizzazione, che si ritrova invece in alcune espressioni della sociabilità politica della Francia rivoluzionaria, soprattutto nel movimento giacobino. Dalla fine del Settecento in poi i partiti hanno assunto un'importanza sempre maggiore, diventando elemento essenziale della storia politica dei diversi paesi e interagendo con le trasformazioni delle società contemporanee. Mentre lo sviluppo dei partiti politici attraversa tutto l'Ottocento, la riflessione teorica e me- 40 Capitolo I Avvalendosi delle tipologie elaborate dalla sociologia e dalla politologia gli storici hanno delineato l'evoluzione dei partiti politici secondo una sequenza alquanto articolata. Una prima categoria è rappresentata dal partito di notabili individuato da M. Ostrogorski26. Tale struttura, a carattere informale e individuale, è per lo più espressione dell'egemonia dei proprietari terrieri e borghesi e dell'organicità pressoché completa tra società civile e società politica caratterizzante la prima metà dell'Ottocento nell'Europa continentale. Una forma ulteriore è costituita dai partiti macchina o d'opinione a base tendenzialmente di massa, diretti, secondo l'espressione di M. Weber, da «imprenditori politici» capaci di controllare apparati di consenso più complessi27 e tipici del secondo Ottocento negli Stati uniti e in Gran Bretagna. Un'altra categoria è quella dei partiti di classe e dei partiti confessionali, pure di fine Ottocento, espressione di gruppi separati della società in lotta per il riconoscimento dei diritti politici e sociali, il cui prototipo è rappresentato dal Partito socialdemocratico tedesco, studiato da R. Michels28. In queste organizzazioni, definite di «integrazione sociale» (S. Neumann) o di «integrazione negativa» (G. Roth), e culminate nel modello leninista-bolscevico, si incontrano i caratteri passati poi ai partiti di massa del Novecento. Il primato dei partiti nella vita politica delle società contemporanee spiega l'interesse mostrato dagli studiosi ad approfondire le vicende dei singoli partiti, interesse che ha dato luogo spesso a vere e proprie storiografie di partito. Gli approcci sono numerosi e riguardano la ritodologica sulle loro caratteristiche e sui loro meccanismi di funzionamento risale al Novecento. Classiche al riguardo sono l'analisi di M. Weber su Parlamento e governo nel nuovo ordinamento della Germania (1918, ed. it. 1919), sfociata in un primo abbozzo di classificazione in base alla variabile organizzativa (Economia e società, 1922, ed. it. 1968), e quella sul «mercato politico» dei partiti nei sistemi democratici, proposta da J.A. Schumpeter (Capitalismo, socialismo, democrazia, 1942, ed. it. 1964). Nel secondo dopoguerra uno studio classico è quello di M. Duverger (I partiti politici, 1951, ed. it. 1970), che prospetta un sistema classificatorio a carattere strutturale. 26 V. M. Ostrogorski, La démocratie et l'organisation des parties politiques, 1904. 27 Es. il caucus di Birmingham studiato da Ostrogorski. 28 V. R. Michels, La sociologia del partito politico nella democrazia moderna, 1912, ed. it. 1966. Sistemi elettorali, Partiti politici 41 costruzione delle tradizioni ideali e di pensiero tipica della storiografia etico-politica (B. Croce, G. De Ruggiero), ripresa da quella marxista, l'analisi delle vicende interne (congressi, lotte per la dirigenza ecc.) nonché la loro proiezione esterna (strategie di governo e di opposizione, dialettica con gli altri partiti ecc.), compresi i rapporti con la società e i suoi movimenti (sindacati, associazioni confessionali, gruppi di pressione ecc.)29. Andando al di là di queste "storie di partito", utili ma sovente influenzate da opzioni ideologiche, la riflessione storico-teorica più recente ha cercato di inserire la vicenda dei partiti politici in quella più ampia dell'evoluzione delle società moderne e contemporanee e delle forme di governo dei vari Paesi. Un filone di studi ha privilegiato il nesso modernizzazione-sviluppo politico, collegando la nascita dei partiti all'avvento della società industriale, con le sue spinte trasformatrici (passaggio da ceto a classe, da famiglia a stato, da locale a sovralocale, dall'individuo alla massa, dal tradizionale al razionale) e i suoi conflitti. Così per S. Rokkan gli schieramenti partitici riflettono le «fratture» aperte nella società dallo sviluppo dello stato moderno e delle attività produttive soprattutto industriali. Altri, e fra gli italiani specialmente G. Sivini e P. Pombeni, ispirandosi a categorie più giuridico-politiche come quelle di rappresentanza (O. Hintze), legittimazione (J. Habermas) e sovranità (C. Schmitt), hanno presentato i partiti come gli eredi degli organismi di autodifesa di cui si sono dotati i gruppi sociali in Europa sin dal Medioevo. Le diverse modalità di organizzazione della rappresentanza politica (lo “Stand” corporativo, l'associazione notabiliare, il partito politico) corrispondono ai mutamenti nell'esercizio della sovranità e della sua legittimazione: si passa così dall'individuo dello stato liberale al cittadino organizzato dello stato sociale. I partiti di massa sono i principali portatori della forma contemporanea dello stato, ponendosi come mediatori tra questo e la società civile uscita dalle trasformazioni economiche degli ultimi due secoli. 29 Per quanto riguarda l'Italia i lavori di riferimento del dibattito storiografico sono quelli di G. Arfè, G. Manacorda, M.L. Salvadori e P. Spriano sui partiti di sinistra (Pci e Psi), quelli di G. De Rosa, P. Scoppola e P. Pombeni sul cattolicesimo politico (Ppi e Dc), le ricerche di F. Gaeta, R. De Felice, E. Gentile e ancora Pombeni su nazionalismo e fascismo. Capitolo I 42 Sul versante teorico-sociologico si segnala una ripresa delle analisi circa la loro caratterizzazione organizzativa. Così Panebianco30 ha suggerito di portare l'attenzione sui rapporti di potere interni ai partiti in quanto essi condizionano e prefigurano le risorse di potere della leadership al potere; leadership, la cui posizione di predominio deriva dal controllo sulle zone cruciali dell’organizzazione partitica, e a cui si contrappongono coalizioni alternative, generando ad un tempo sia i continui conflitti per il controllo dell'organizzazione tipici della vita interna dei partiti, che il particolare «ordine negoziato» a cui danno luogo. La centralità del fattore organizzativo insieme con la tendenza alla "elettoralizzazione" dei partiti e la loro invadenza nelle sfere delle attività pubbliche hanno riacceso l'originaria polemica contro il "governo dei partiti", più di recente tradottasi nella critica alla cosiddetta “partitocrazia”. A un livello più analitico si colloca O. Kirchheimer31 che ha messo per primo in luce la tendenziale riduzione delle distanze ideologiche tra partiti, l'affermarsi al loro interno dei leader sugli iscritti, la loro prevalente trasformazione in macchine elettorali dominate dai leader parlamentari, l'indebolimento dei riferimenti ai tradizionali serbatoi sociali che ne giustificavano l'esistenza: tutte trasformazioni del vecchio modello del partito di massa che hanno di fatto dato vita a un nuovo, inatteso modello di partito, capace di influenzare l’organizzazione dello Stato ed il sistema parlamentare e di governo dei vari Paesi del continente europeo. Per tale studioso ad essere fortemente condizionato risulta il rapporto tra partiti e democrazia. 30 A. Panebianco, Modelli di partito, 1982 O. Kirchheimer, La trasformazione dei sistemi politici in Europa occidentale, 1966, ed. it. 1979. 31 Sistemi elettorali, Partiti politici 43 1.5.4 Crisi nei sistemi parlamentari nati dopo il 1919 La crisi dei sistemi parlamentari dell’Europa occidentale, nati dopo il primo conflitto mondiale, fu determinata soprattutto dall’immaturità della borghesia, ancora debole e fortemente condizionata dal predominio dell’aristocrazia ancora molto forte in ogni Paese. Il suffragio universale non poteva incidere in modo determinante almeno nel periodo considerato poiché il voto, seppure esteso a tutti i cittadini, costituiti in buona parte da contadini, fortemente inquadrati dai proprietari terrieri, finiva per essere destinato a favore dei proprietari terrieri o agli altri notabili del Paese. Se in un caso, dunque, il sistema parlamentare non funzionava bene perché la borghesia stava perdendo potere politico, nell’altro il potere non era ancora stato conquistato dalla classe operaia con il risultato che il sistema parlamentare non funzionava ed era entrato in una crisi irreversibile. A partire dal 1919 gli Stati si evolvono verso un semiinterventismo statale nella società e nell’economia. Certamente la necessità di far funzionare durante il conflitto un’economia di guerra, quindi un’economia controllata, promuove tale trasformazione precipitando la fase finale del capitalismo, anche se essa si sarebbe realizzata comunque e, in tal senso, l’influenza della grave crisi economica degli anni ‘30 è stata certo più determinante della guerra. I problemi di governabilità dei Paesi, compreso quello italiano, si fanno necessariamente più complessi, troppo per essere risolti solo dalla classe politica in sede parlamentare e di governo; si assiste all’ingresso e all’utilizzo di esperti in numero sempre più crescente soprattutto nel sistema di governo e nelle altre istituzioni pubbliche. Per tali considerazioni il Parlamento non è più centro di decisione, ma un organismo dove si discute senza quasi mai giungere a votazioni decisive e che recepisce le influenze esterne più dei notabili che dei nuovi partiti di massa. Tale situazione veniva aggravata dall’ingresso nella vita politica e nelle istituzioni parlamentari e di governo delle masse operaie che, fin dal primo momento, si sono dichiarate ostili al liberismo e favorevoli a forme di socialismo sempre più marcate con interventi legislativi nel sociale e di sostegno alle classi lavoratrici, ai disoccupati e alle classi più deboli della società nel disegno dell’avvento dello “Stato sociale". 44 Capitolo I 1.5.5 Legittimità del sistema parlamentare e introduzione del sistema proporzionale Un sistema parlamentare si definisce legittimo se è conforme all’opinione almeno della maggioranza dei cittadini. La diffidenza verso i parlamentari conservatori da parte dei partiti politici di ispirazione socialista, l’utilizzo sempre più frequente dello sciopero generale per risolvere i conflitti sociali e di lavoro, l’ideologia rivoluzionaria, il divieto di partecipazione a coalizioni con partiti borghesi, l’adesione al marxismo, le lotte operaie contro la polizia governativa mostrano chiaramente l’opposizione al sistema parlamentare a quel tempo vigente, ancora detenuto formalmente dalla borghesia, ma sostanzialmente monopolizzato dall’aristocrazia e da altri potentati economici. Paradossalmente la messa sotto accusa, da parte dei movimenti operai, della legittimità del parlamentarismo borghese provoca una reazione anche da parte della borghesia, che si oppone all’aggressione di determinati movimenti operai, staccandosi essa stessa dal parlamentarismo e rivolgendosi a mezzi più efficaci per proteggere i propri interessi. Anche tale esigenza costituisce la concausa della nascita e dell’affermarsi del regime autoritario in Italia ed in altri Paesi dell’Europa. Già negli anni venti la paura del comunismo e l’esempio italiano cominciano a segnare la via per l’utilizzo di sistemi forti in difesa della governabilità fino ad arrivare agli anni trenta, che segnano l’avvento ed il diffondersi dei movimenti fascisti e nazisti in molti Paesi europei. L’utilizzo del sistema di rappresentanza proporzionale per l’elezione dei membri dei Parlamenti nazionali è stato ritenuto da alcuni studiosi uno dei più gravi errori commessi nell’assetto dei regimi parlamentari. Introdotto tale sistema nel 1899 e nel 1909 rispettivamente in Belgio e in Svezia, esso si estese, dopo la prima guerra mondiale, a tutto il continente, con esclusione della Francia che, dopo l’introduzione di un sistema misto, tornò al maggioritario nel 1928. La rappresentanza proporzionale ha l’inconveniente di non porre alcun ostacolo alla proliferazione dei partiti politici, mentre lo scrutinio maggioritario, secondo parte della dottrina, tende a coagularli in due grandi blocchi contrapposti. Le maggioranze governative si costitui- Sistemi elettorali, Partiti politici 45 scono e si mantengono con difficoltà, aggravando l’instabilità e l’impotenza dei governi, già punto debole del parlamentarismo; inoltre il sistema proporzionale è molto sensibile alle infatuazioni passionali dell’opinione pubblica che può consentire di accentrare il potere e le sorti di un Paese nelle mani di una sola coalizione o, peggio, di un sol uomo; il metodo proporzionale è stato ritenuto da alcuni studiosi sistema non idoneo soprattutto in quei Paesi dove centro e centro-destra erano deboli e disorganizzati e si disperdevano all’interno di numerosissime formazioni con tendenza a raggrupparsi attorno a una personalità forte. Se difficilmente si può attribuire la responsabilità dell’affermarsi del fascismo all’utilizzo del sistema proporzionale, da poco affacciatosi sulla scena politica, il peso di questo fattore è innegabile nel caso del nazionalsocialismo. A tale sensibilità corrisponde, d’altro canto, in momenti normali, una tendenza all’immobilismo che cristallizza le posizioni elettorali dei partiti; tuttavia è necessario distinguere tra i paesi parlamentari di antica tradizione dai "nuovi Paesi" in cui tale sistema viene utilizzato a partire dal 1919, che presentano effetti diametralmente opposti. In un giovane Stato, con un’opinione pubblica ancora instabile, senza tempo per costituire tradizioni politiche, i voti variano molto da uno scrutinio all’altro, dunque l’instabilità di governo si complica a causa dell’instabilità politica. Al contrario, dove la democrazia è piuttosto antica e radicata, l’opinione pubblica è solitamente stabile per cui la ripartizione dei seggi varia poco da uno scrutinio a quello successivo con legislature che si susseguono praticamente senza variazioni. Tale stabilità parlamentare provoca, però, paradossalmente, un’instabilità di governo ancora più grave poiché, mentre nel maggioritario chi ha avuto la maggioranza forma il governo, nel proporzionale nella maggior parte dei casi nessun partito riesce ad ottenere la maggioranza; pertanto la maggioranza governativa sarà un puro gioco parlamentare, orchestrato dai vari partiti, senza possibilità di intervento da parte dell’elettore. 46 Capitolo I 1.5.6 Prevalenza del Parlamento sull’Esecutivo Il sistema parlamentare presuppone la nascita di un rapporto tra la maggioranza del Parlamento ed il governo che ne deriva: quest’ultimo governa sotto il controllo e l’indirizzo del primo di cui deve avere la fiducia. Tuttavia le assemblee parlamentari hanno sempre avuto nel periodo di tempo considerato la tendenza a superare il ruolo istituzionale loro spettante per sostituirsi progressivamente al governo. In molti sistemi parlamentari, formatisi dopo il 1919, la preponderanza assembleare era voluta dai costituenti stessi per la diffidenza verso i governi troppo forti, al potere prima del 1914, e per timore di vederli rinascere; in tal modo veniva indebolito il tessuto politico delle giovani nazioni dove, invece, l’autorità governativa necessitava di una certa saldezza. Tale tendenza si affermò tuttavia nei paesi di tradizionale parlamentarismo, anche se non sancita costituzionalmente, ma nell’evoluzione dei fatti. Ciò va imputato in parte per la difficoltà di costituire una maggioranza governativa, con la conseguente instabilità ministeriale, in parte per il diffondersi dei partiti socialisti che rovesciarono i tradizionali equilibri, rendendo più difficile il costituirsi di maggioranze stabili e in parte per l’accrescersi del senso democratico per effetto soprattutto dell’estensione del suffragio universale. I Parlamenti hanno cercato di sostituirsi ai governi proprio nel momento in cui l’evoluzione economica e politica rendeva le assemblee sempre meno in grado di esercitare la direzione dello Stato, con il risultato di indebolire ulteriormente l’autorità politica. Di fronte all’impotenza del parlamentarismo sono nate forme più o meno dittatoriali che hanno minato il sistema democratico vigente. 1.5.7 I fattori nazionali e loro condizionamento sui sistemi politici Nell’Europa centrale, specie in Jugoslavia e Cecoslovacchia, le rivalità nazionali hanno contribuito notevolmente ad indebolire il sistema politico. In Austria esse presero l’aspetto della rivendicazione di unificazione con la Germania; dovunque divisioni politiche per gruppi etnici si sovrapposero a divisioni politiche per classi sociali e a ideologie di governo, moltiplicando ulteriormente i partiti, rendendo ancor più difficoltosa la formazione di maggioranze stabili. Anche alcuni Sistemi elettorali, Partiti politici 47 paesi dell’Europa occidentale hanno subito difficoltà provocate da esasperati nazionalismi, come ad esempio il Belgio. Dopo il 1914 il movimento Fiammingo ebbe un grande sviluppo, provocando di conseguenza la crescita di un movimento, il Vallone. I Fiamminghi più estremisti inclinarono ben presto al fascismo, ma, all’interno di ogni partito politico, si manifestò costantemente la rivalità tra Fiamminghi e Valloni, specie in seno al partito cattolico, dove culminò, nel 1939, in una vera scissione che si ricompose solo nel 1945. Il partito è ancora oggi organizzato in due ali distinte aventi ciascuna pari rappresentanza nelle istanze comuni. I diversi gradi di coscienza civile in ciascuno Paese condizionano il sistema parlamentare, che ha sempre funzionato meglio nei Paesi nordici e protestanti, più disciplinati, che nei Paesi latini e cattolici, più anarcoidi; un ruolo determinante ha però avuto l’organizzazione della destra: in Italia, Francia e Germania la destra è sempre stata divisa in vari partiti, e/o gruppi poco organizzati e instabili, che riflettevano la scarsa fiducia di aristocrazia e borghesia nei confronti del sistema parlamentare vigente. Tale situazione ha reso praticamente impossibile il costituirsi di stabili maggioranze di destra o centro-destra, contribuendo all’instabilità ministeriale e d’altra parte un vasto settore d’opinione è rimasto sostanzialmente non integrato nel sistema stesso e, pertanto, assai sensibile a ogni appello di un salvatore, fenomeno che porterà alla costituzione di governi autoritari. Simile, ma molto aggravata, è la situazione nelle democrazie balcaniche, costituitesi dopo il 1919, dove tuttavia si riscontra anche una sostanziale inadeguatezza sociale, la mancanza di una vera e propria classe media e l’assenza di organizzazioni partitiche e di sistemi elettorali democratici, capaci di inserirsi nel tessuto sociale, politico ed istituzionale per arrestare le scelte di tipo autoritaristico. Caso a parte è quello della Gran Bretagna in cui la crisi del parlamentarismo ha assunto tra 1920 e 1935 una forma particolare, dovuta alla rottura del tradizionale bipartitismo, sostituito da un tripartitismo estraneo alle tradizioni; il Regno Unito non aveva ceduto alla tentazione proporzionale, ma il sistema maggioritario può funzionare solo se vi sono due schieramenti contrapposti e, inoltre, il sistema governativo britannico richiede che un solo partito, con una maggioranza assoluta, formi un governo omogeneo: l’improvvisa ascesa del partito 48 Capitolo I laburista, dopo la prima guerra mondiale, trasformò per quindici anni la tradizionale rivalità tra conservatori e liberali in un confronto triangolare da cui risultarono una continua instabilità e grandi sperequazioni nella rappresentanza dei partiti in rapporto alle percentuali di voto ottenute. 1.5.8 Riflessi costituzionali della crisi dei partiti La crisi dei partiti di massa, iniziata verso la fine degli anni ottanta, investe non solo il sistema politico, ma a partire dagli anni novanta, si ripercuote direttamente anche sull'assetto costituzionale sia sul piano storico e giuridico che su quello politico-sociale. Sul piano storico perché, assieme ai partiti di massa, è improvvisamente venuta meno la rete politica di sostegno della Repubblica, il tramite tra popolo e Costituzione, la cui scrittura e sua (parziale) attuazione è dovuta ai partiti politici di massa. Sul piano giuridico, perché alcuni istituti di garanzia previsti in Costituzione e modellati sulle dinamiche di un sistema proporzionale, subiscono con l'introduzione del sistema maggioritario, un inevitabile processo di indebolimento (riserva di legge, poteri delle minoranze parlamentari, ruolo delle istituzioni e delle procedure di garanzia della Costituzione, possibilità di nomina diretta del Capo dello Stato etc.). Sul piano politico-sociale perché smantellare i "partiti dell'assistenzialismo" vuole significare anche cancellare "lo stato sociale", patrimonio indiscusso della generalità delle Costituzioni europee.. La crisi politica nel nostro Paese mette in discussione la Costituzione democratica ed i vincoli da essa stessa posti al dominio del capitale e alla sovranità del popolo, entrambi intesi come fonti originarie ed autentiche di libertà, che non sopportano vincoli di alcun genere. Gli appelli al popolo (spesso evocato anche nelle vesti di potere costituente) si trascinano per tutto il decennio. Una pratica inedita che coinvolge anche la Presidenza della Repubblica (nel 1991 il Presidente della Repubblica Cossiga, in un messaggio inviato alle Camere, si abbandonerà ad una inconsueta apologia della sovranità popolare, collocandone il fondamento oltre la stessa Costituzione). L'evocazione del popolo sovrano è altresì parte integrante della (fallimentare) esperienza delle commissioni bicamerali, delle modalità di approvazione del nuovo titolo V della Costituzione, sottoposto - per volontà con- Sistemi elettorali, Partiti politici 49 giunta di maggioranza e opposizione - al voto popolare nell'ottobre 2001 e della stagione referendaria degli anni novanta. A partire dalla fine degli anni ottanta, l'istituto referendario, valicando i confini della sua naturale funzione di stimolo e di integrazione del governo parlamentare, tenderà progressivamente ad assumere, nel nostro Paese, una forza di rottura nei confronti del sistema rappresentativo. Non è un caso che il sistema referendario, nel corso degli anni novanta, si indirizzi sulla validità del sistema elettorale proporzionale e sulla disciplina del finanziamento pubblico dei partiti. Si consolida, in questi anni, il c.d. mito della sovranità referendaria, da più parti considerata alla stregua di autentico e genuino modello di democrazia, perché diretta espressione dell’intero corpo elettorale. Ma la democrazia referendaria degli anni novanta, a nostro modo di vedere, tutto è stato tranne che una democrazia immediata e diretta. Anch'essa, infatti, al pari della democrazia rappresentativa, è stata caratterizzata da modelli di mediazione e di direzione della domanda politica, seppure in forme alquanto diverse da quelle classiche, imperniate sul rapporto di rappresentanza e sulla presenza democratica dei partiti politici. D'altronde è difficile negare che, nel corso del passato decennio, l’utilizzo del popolo sia stato strumentalizzato dai mezzi di informazione e di condizionamento dell'opinione pubblica.. 1.6 L’ asseto istituzionale dell’Unione Europea 1.6.1 La “vita democratica dell’Unione” ed il problema della democrazia nelle organizzazioni politiche sovranazionali e/o postnazionali Nel Preambolo del Trattato, che approva la costituzione europea, viene solennemente affermato: “Il testo della costituzione è permeato dal principio ispiratore, costituito dalle eredità culturali, religiose e umanistiche dell'Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, e dello Stato di diritto”. Si afferma poi in modo solenne all’art. I – 1 Cost. europea che <<L’Unione coordina le politiche degli Stati membri dirette al conseguimento di tali obiettivi ed esercita sulla base del modello comunitario le competenze che essi le attribuiscono. L'Unione è aperta a tutti Capitolo I 50 gli Stati europei che rispettano i suoi valori e si impegnano a promuoverli congiuntamente>>. L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti alle minoranze; questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini. Il titolo VI della prima parte del Trattato, che approva la Costituzione dell’Unione Europea, dedicato alla “vita democratica dell’Unione”, affronta la dibattuta questione della legittimazione democratica degli assetti istituzionali dell’Unione Europea, incardinandola nella dialettica fra il principio della democrazia rappresentativa (art. I-46) e quello della democrazia partecipativa (art. I-47). Particolare rilievo viene conferito (punto 4 dell’art. 1-46) ai partiti politici a livello europeo i quali hanno il compito di contribuire a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volontà dei cittadini dell'Unione. Viene poi solennemente affermato che l’Unione riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali a livello comunitario, tenendo conto della diversità dei sistemi nazionali, facilitando il dialogo tra le parti stesse, nel rispetto della loro autonomia (articolo I-48). Il tema della legittimazione democratica dell’UE, e, più in generale, delle organizzazioni sovranazionali richiama una questione assai dibattuta e controversa sin dagli albori del costituzionalismo democratico del Novecento, e cioè quella dell’adeguatezza o meno della forma politica dello stato ad assicurare la piena realizzazione del principio democratico. È un interrogativo, risalente anche nella riflessione della cultura politica sull’unificazione europea, quello che ruota intorno al punto se sia plausibile, ed entro quali limiti, trasferire “modelli” di democrazia elaborati nel corso della evoluzione costituzionale degli ordinamenti statali su di un piano più ampio ed in una dimensione sopranazionale che trascende i confini degli Stati32. 32 V. Paolo Ridola, Il principio democratico fra stati nazionali e Unione Europea, in Selbstverwaltung und Demokratie in Europa. Festschrift für Dian Schefold, a Sistemi elettorali, Partiti politici 51 Il tema dei rapporti fra democrazia e legittimazione della sovranità si è imposto come un profilo centrale nell’analisi delle trasformazioni della statualità nel ventesimo secolo, in conseguenza dell’allargamento della base sociale sulla quale si fonda il potere sovrano. La sottrazione crescente di compiti che erano monopolio esclusivo dello Stato ha posto con forza l’esigenza di nuove procedure e modalità di azione della politica e l’imperativo sulla legittimazione democratica delle organizzazioni politiche sovranazionali. Lo sviluppo di nuove organizzazioni politiche ha comportato una diversa configurazione del sistema democratico e parlamentare e si è, per conseguenza, posto il problema della legittimazione democratica di tali nuovi soggetti di diritto. In breve, rispetto alla forma storicamente assunta dalla statualità nell’arco del suo sviluppo, sembra oggi entrato in crisi l’ambito della sovranità statale e la dimensione della comunità politica, che ha fatto da tramite al processo di consolidamento dello stato costituzionale democratico. Per quanto riguarda poi il quadro dell’Unione Europea, si sono profilati due ulteriori aspetti problematici: il primo riguarda le difficoltà alle quali si va incontro, ripercorrendo la storia delle esperienze costituzionali europee del XX secolo, quando si tenti di collocare il principio democratico all’interno del patrimonio costituzionale europeo e di individuarne un percorso costitutivo delle tradizioni costituzionali comuni in Europa. Nella storia europea e, quindi, nel suo patrimonio costituzionale, si riscontra una molteplicità di modelli di democrazia, quali ad esempio il rapporto fra democrazia procedurale e democrazia sostanziale, cui si riconnette la questione sull’adeguatezza della parlamentarizzazione come via del superamento del deficit democratico e poi la relazione fra i modelli di democrazia rappresentativa e democrazia plebiscitaria, che si inserisce nella prospettiva dell’assetto complessivo delle forme di governo europee alla luce dell’ultimo allargamento. cura di A. Bovenschulte, H. Grub e M. Schwanenfügel, Baden Baden 2001, 207 ss. L’approfondimento più completo dei problemi teorici delle istituzioni europee può leggersi in M. Kaufmann, Europäische Integration und Demokratieprinzip, Baden Baden 1997. Per una rassegna dei numerosi aspetti problematici del deficit democratico comunitario. V poi. M.G. Schmidt, Demokratietheorien, III ediz., Opladen 2000, 424 ss. Capitolo I 52 Un secondo gruppo di problemi riguarda il controverso sviluppo del processo politico a livello delle istituzioni europee. Su questo terreno si sono profilati indirizzi e valutazioni non univoci. Il sistema comunitario, secondo un primo orientamento, non avrebbe dato vita ad una democrazia, quanto meno alla luce delle prevalenti teorie democratiche contemporanee. I principali argomenti addotti a sostegno di tale indirizzo si fondano sul modo del tutto imperfetto attraverso cui sono stati utilizzati gli elementi fondamentali delle costituzioni democratiche e precisamente: la legittimazione, il controllo, la trasparenza del potere sovrano, la partecipazione popolare fino al punto da lasciare intravvedere un “notevole divario” esistente fra i detentori ed i destinatari dei poteri comunitari; la circostanza che, nonostante la crescita dei suoi compiti e l’elezione diretta, il Parlamento Europeo non abbia ancora oggi un ruolo paragonabile a quello dei parlamenti nazionali; il sistema legislativo e quello di governo, che nelle democrazie parlamentari ha un valore centrale e costitutivo della forma di governo, sia ancora sostanzialmente irrealizzato negli assetti di governo dell’Unione Europea. La tendenza spiccata ad una “forma di governo” europea di tipo burocratico ha dato vita ad un modello “consociativo” di strutture e di procedure verso agenzie di esperti, autorità indipendenti, burocrazie etc, con esiti conseguenti della deparlamentarizzazione e della degenerazione oligarchica dei processi decisionali. Tale forma di governo, a differenza di quello elaborato da Lijphart, sarebbe stato realizzato attraverso un intreccio intricato di consigli e di sedi di decisione specializzate, che ha natura più burocratica piuttosto che democratica33. A ciò si devono aggiungere le questioni derivanti dal deficit democratico imputabile agli assetti istituzionali dell’Unione, dal sistema politico assai diverso da quello degli Stati facenti parte dell’Unione, dal tessuto sociale, dai limiti del processo di “europeizzazione” dell’opinione pubblica europea; dalla irrealizzata partecipazione e liberalizzazione del processo politico. Infine si deve evidenziare la de33 Sulle trasformazioni della “forma di governo” europea v. A.A. Cervati, Elementi di indeterminatezza e di conflittualità nella forma di governo europea, in Annuario dell’Associazione italiana dei costituzionalisti. La Costituzione europea, Padova 1999, pp.73 ss.; S. Mangiameli, La forma di governo europea, in Questioni costituzionali del governo europeo, a cura di G. Guzzetta, Padova 2003, pp. 67 ss. Sistemi elettorali, Partiti politici 53 bolezza del sistema politico- partitico europeo, a causa dell’assenza di istituzioni intermedie, nonostante il richiamo del TCe (art. 191). La democrazia del sistema europeo, caratterizzata dalla legittimazione “mediata” democratica degli assetti comunitari, la democraticità degli assetti costituzionali degli stati membri e del processo politico all’interno degli stati membri, sono fattori condizionanti sugli assetti dell’UE, conferendo indirettamente carattere democratico all’investitura dei suoi organi ed ai relativi processi decisionali. La democraticità del sistema dell'Unione Europea risulta depotenziata dal rapporto fra processo politico democratico e principio di maggioranza, a causa dei “diritti di veto” degli stati e della limitazione del voto a maggioranza. Va ancora rilevato che nello sviluppo storico delle istituzioni europee, a partire dal 1979, esistono svariati indicatori di una crescita progressiva degli elementi di democrazia presenti nei Trattati, ed elementi riconducibili alla tendenza alla parlamentarizzazione degli assetti istituzionali. Si è osservato peraltro che, nell’evoluzione dei Trattati, il problema della democrazia nel sistema comunitario, non è rimasto circoscritto al campo della “forma di governo”. 1.6.2 Il principio democratico nell’UE e il principio di sussidiarietà È fuor di dubbio che il principio democratico si presenti oggi nell’UE con una forza che trascende i confini della “forma di governo”. Sia sufficiente ricordare le tematiche della costruzione di un’Europa delle regioni, le potenzialità di sviluppo derivanti dal principio di sussidiarietà; le aperture in senso democratico-sociale implicate dall’ampliamento degli obiettivi della Comunità Europea dopo l’Atto Unico del 1986 ed il piano Delors34. Tali tematiche hanno assunto completa visibilità a partire dalle riforme di Maastricht in poi nei preamboli e nelle disposizioni dei Trattati che hanno fissato le finalità e gli obiettivi fondamentali delle Comunità europee prima e dell’UE successivamente, e che sono stati ri34 V. P. Ridola, Il principio di sussidiarietà e la forma di stato di democrazia pluralistica, in A.A. Cervati - S.P. Panunzio-P. Ridola, Studi sulla riforma costituzionale, Torino 2001, 247 ss. Capitolo I 54 presi e sviluppati dal trattato costituzionale. Nel preambolo di questo, ad esempio, dopo aver menzionato la “democrazia” fra i “valori universali” che sono il prodotto dell’identità culturale europea, si fa un riferimento esplicito al “carattere democratico e trasparente della vita pubblica” ed al processo di integrazione dei popoli facenti parte dell’Unione. E successivamente, nel definire gli obiettivi dell’UE, il richiamo al “valore” della democrazia viene associato con l’immagine di “una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini (art. I-2)”. Si tratta di affermazioni di principio di grande interesse, poiché esse collocano il funzionamento democratico delle istituzioni europee entro l’ambito più vasto di un’Europa in cui le decisioni devono essere prese il più vicino possibile ai cittadini, e, più in generale, pongono la democrazia fra i valori fondanti dell’UE e i fattori di riconoscimento di un’appartenenza comune. Si tratta di un fattore fondamentale di un processo di integrazione, nel senso tracciato dal principio dell’integrazione europea. Nell’ordinamento europeo il principio di democrazia si è gradualmente sviluppato a partire dal Trattato di Maastricht, che contiene disposizioni sui diritti politici e sulla cittadinanza, sui partiti politici europei come fattori di integrazione, di formazione di una “coscienza europea” e della “volontà politica dei cittadini dell’Unione” (art. 191 Tce), la quale ha trovato sviluppo nell’ordinamento del Parlamento Europeo, in particolare nell’individuazione dell’affinità politica come criterio base nella formazione dei gruppi, destinato a prevalere su quello territoriale (art. 29 Reg. PE.). Più accidentato, per converso, il percorso della penetrazione del principio democratico negli assetti istituzionali35. Il peso concorrente 35 Cfr. sul problema della democrazia delle organizzazioni politiche postnazionali: J. Habermas, La costellazione postnazionale, Milano 1999, 105 ss. e, nell’amplissima letteratura, vedi: O. Höffe, Demokratie im Zeitalter der Globalisierung, München 1999; A. Baldassarre, Globalizzazione contro democrazia, BariRoma 2002; U. Volkmann, Setzt Demokratie den Staat voraus?, in Archiv des öff. Rechts 2002, 575 ss.; Weltrepublik. Demokratisierung und Demokratie, a cura di S. Gosepath e J.C. Merle, München 2002. Con riferimento all’Europa, v. P. C. Schmitter, Come democratizzare l’Unione Europea e perché, Bologna 2000; C. Gusy, De- Sistemi elettorali, Partiti politici 55 dell’istanza intergovernativa e di quella funzionalistica hanno, infatti, esercitato una resistenza accentuata rispetto alla tendenza, peraltro, in atto già dal 1979 dopo l’introduzione dell’elezione diretta del Parlamento Europeo, mirante al rafforzamento della democrazia parlamentare, tendenza di cui è stato possibile cogliere indicatori significativi nella crescita dei poteri di controllo sulla Commissione (voto di approvazione sulla designazione dei membri della Commissione: art. 214.2 TCE; mozione di censura: art. 201 TCe; potere di inchiesta: art. 193 TCe) e nell’estensione delle procedure di codecisione (art. 251 TCe). Occorre osservare tuttavia che, sebbene questi indicatori pongano Parlamento e Consiglio su di un piano di parità, che ricalca le esperienze del bicameralismo negli ordinamenti federali, questi sviluppi non hanno mancato di evidenziare profili problematici. Si rende necessario valutare con attenzione le ricadute in termini di democrazia della moltiplicazione dei processi deliberativi e decisionali esistente a livello istituzionale. Come hanno evidenziato gli studi sul nesso fra democrazia e procedimento e sul ruolo del contraddittorio in democrazia, il “labirinto decisionale” può oscurare il principio della trasparenza dei processi decisionali, fortemente condizionati dal Consiglio, diretta espressione delle volontà individuali dei Paesi facenti parte dell’Unione Europea. Le perplessità, a lungo protrattesi sul terreno della forma di governo, spiegano il tentativo, in parte riuscito, di introdurre nella Costituzione dell’UE le tematiche riguardanti il legame fra “democrazia” e “trasparenza” e la necessità che la democrazia si sviluppi il più vicino possibile ai cittadini, non soltanto come prefigurazione di una nuova “dimensione” della democrazia europea”, ma soprattutto in prospettiva di ridurre il “deficit di democrazia” delle componenti istituzionali36. mokratiedefizite postnationaler Gemeinschaften unter Berücksichtigung der Europäischen Union, in Globalisierung und Demokratie, a cura di H. Brunkhorst e M. Kettner, Frankfurt a.m. 2000, 133 ss.; A. Negri, L’Europa e l’impero, Roma 2003; G. Bronzini ed altri, Europa, costituzione e movimenti sociali, Roma 2003; E. Balibar, Nous, citoyens d’Europe? Le frontières, l’Etat, le peuple, Paris, 2001. 36 Per un quadro aggiornato del dibattito sul deficit democratico dell’Ue v. ora D. Santonastaso, La dinamica fenomenologica della democrazia comunitaria. Il deficit democratico delle istituzioni e della normazione dell’Ue, Napoli 2004. Capitolo I 56 D’altra parte, una volta delineata una configurazione così estesa del principio democratico, vengono in evidenza i nodi irrisolti del rapporto fra la democrazia e le aperture dei Trattati ai nuovi obiettivi in campo economico-sociale, questioni ben conosciute nelle esperienze costituzionali del Novecento, nello sforzo compiuto per la realizzazione della democrazia sociale. In tale ottica si pone il problema dell’integrazione fra la democrazia come metodo e la democrazia orientata da valori diretti ad assicurare la promozione e l’effettività dei diritti e l’eguaglianza sostanziale nei confronti dei cittadini comunitari, valori che sono stati intesi anche come condizioni imprescindibili della piena realizzazione della democrazia politica. Sotto questo profilo resta confermato che l’attenzione dell’UE ai temi dello sviluppo equilibrato e sostenibile, della coesione economico-sociale, e dell’impegno, solennemente espresso (art. I.3.3 cost.), della lotta all’esclusione sociale ed alle discriminazioni, della promozione della giustizia e della protezione sociale e della solidarietà, vengono da lontano e sono, nel patrimonio costituzionale dell’UE, il retaggio di un legame fra sviluppo della democrazia e dilatazione dei “diritti di cittadinanza”, fattosi sempre più stretto nelle costituzioni europee del XX secolo. Questa direttrice non è, peraltro, priva di zone d’ombra. a causa, anzitutto, dei contrasti e delle incertezze sul tema dei “diritti sociali e civili europei”, che sono tutt’altro che sopiti, nonostante le aperture della Carta costituzionale37. Le diffuse tendenze recessive delle politiche dei governi sul terreno dello “stato sociale” rendono più accidentato il cammino dalle “politiche” comunitarie verso i “diritti sociali” a livello europeo, intrapreso a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, e più arduo il passaggio della fissazione di obiettivi dell’UE in campo economico-sociale e della loro trasformazione in diritti europei. Ulteriore ostacolo a tale passaggio è costituito anche dalle incertezze che ancora accompagnano la giurisprudenza della Corte di giu37 V. B. Conforti e A. Tizzano , in Il diritto dell’Unione Europea, 2004, 1-7. Fra le opere più significative del dibattito sulla costituzionalizzazione dell’Ue cfr.: Peter Häberle, Europäische Verfassungslehre, II ediz., Baden Baden 2004; D.T. Tsatsos, Die europäische Grundordnung, Baden Baden 2001; N. Mac Cormick, La sovranità in discussione. Diritto, stato e nazione nel “Commonwealth” europeo, Bologna 2003; J.H.H. Weiler, La Costituzione dell’Europa, Bologna 2003. Sistemi elettorali, Partiti politici 57 stizia, il cui ruolo resta, in questo campo, determinante ai fini dello sviluppo del principio democratico in ogni direzione, comprese quelle del decentramento del potere economico e del pluralismo dell’informazione e della comunicazione. 1.6.3 Le scelte del Trattato Costituzionale in ordine alla definizione del “quadro istituzionale” dell’Unione Europea Le resistenze alla emersione di un autonomo livello di democrazia sul piano delle istituzioni europee sono derivate per gran parte dal timore che alla crescita della legittimazione democratica del processo politico a livello europeo corrispondesse parallelamente l’erosione del processo politico svolgentesi a livello dei singoli Stati. Nella storia del processo di integrazione europea, i governi degli Stati membri sono stati gli attori che hanno svolto un ruolo da protagonisti nell’affermazione del principio democratico nelle Comunità e nell’Unione Europea38. Il problema della democrazia nell’UE resta ancora in larga misura irrisolto; ciò dipende anzitutto dai condizionamenti storici posti dai singoli Stati, riluttanti a spogliarsi di parte delle loro sovranità in prospettiva di creare un sistema parlamentare autonomo, capace di trasformare l’Unione in soggetto giuridico sopranazionale autonomo con istituzioni indipendenti e non condizionate dalle volontà dei singoli Stati aderenti. Alla luce di queste considerazioni di ordine generale, è ora possibile procedere ad una prima valutazione delle scelte di fondo del Trattato Costituzionale. Da esso emerge, attraverso tutta una serie di indicatori, il rafforzamento della tendenza alla parlamentarizzazione degli assetti istituzionali. In primo luogo, nella definizione del “quadro istituzionale” dell’Unione, il Parlamento è collocato in posizione prioritaria (art. I-19.1). Ciò non vuol dire che il Parlamento sia configurabile 38 Il principio democratico fra stati nazionali e Unione Europea, in Selbstverwaltung und Demokratie in Europa. Festschrift für Dian Schefold, a cura di A. Bovenschulte, H. Grub e M. Schwanenfügel, Baden Baden 2001, 207 ss. L’approfondimento più completo dei problemi teorici del deficit democratico delle istituzioni europee può leggersi in M. Kaufmann, Europäische Integration und Demokratieprinzip, Baden Baden 1997. Capitolo I 58 anche come organo di vertice del quadro istituzionale in quanto si colloca in un sistema complesso ed inedito di checks and balances che non solo ne condiziona il ruolo complessivo nella forma di governo europeo, ma sopratutto introduce non trascurabili elementi di ambiguità nel processo di parlamentarizzazione. Si tratta, però, di un elemento di novità, non soltanto nominalistico e formale, ma anche sostanziale. Il Parlamento viene qualificato, almeno sotto il profilo formale, come organo di rappresentanza dei “cittadini dell’Unione” (art. I-20.2) e non più dei “popoli degli Stati”. Si delinea così la tendenza al superamento della ambiguità della posizione rappresentativa del PE, che la versione oggi vigente del TCe (art. 189) colloca fra rappresentanza politica generale e rappresentanza su base statuale - territoriale. In questo contesto, lo stesso principio che “la rappresentanza dei cittadini è garantita in modo regressivamente proporzionale, con una soglia minima di sei deputati per ogni Stato membro”, configura l’istanza di tutela degli stati piccoli come mero correttivo di un sistema di rappresentanza che è ora ispirato, in linea di principio, all’eguaglianza del voto dei cittadini europei. Si delinea più nettamente, poi, l’avvio di un” bicameralismo di tipo federale”, nel quadro del quale a funzione legislativa e la funzione di bilancio sono esercitate “congiuntamente” dal Parlamento e dal Consiglio (artt. I-20.1, I-34.1), e la procedura di codecisione viene assunta come “procedura legislativa ordinaria” per l’adozione delle leggi europee. Infine, va precisato che la tendenza alla parlamentarizzazione degli assetti istituzionali si estende fino a prevedere dispositivi di raccordo fra il Parlamento Europeo ed i parlamenti nazionali. Sotto questo profilo, i due Protocolli sul ruolo del parlamenti nazionali nell’Ue e sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità contribuiscono a delineare la struttura di un “parlamento nazionalcomunitario”39, come fulcro e sopratutto come metodo di decisione e di lavoro della democrazia parlamentare nell’Unione. Va segnalata al riguardo la codificazione del principio della “cooperazione interparlamentare” (punto 9 del protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali), 39 La formula del “parlamento nazional-comunitario” si deve a V. Lippolis, Il parlamento nazional comunitario, in Quad. costituz.1991, 319 ss. Sistemi elettorali, Partiti politici 59 in base al quale “il Parlamento Europeo ed i parlamenti nazionali definiscono insieme come organizzare e promuovere in modo efficace e regolare la cooperazione interparlamentare in seno all’UE”.Vanno poi evidenziate le modalità della procedimentalizzazione del principio di sussidiarietà fissate dal secondo dei due protocolli, che coinvolgono, come attori, Parlamento Europeo e Parlamenti nazionali, che sono articolate in una serie di passaggi, che vanno dall’invio delle proposte legislative dalla Commissione ai parlamenti nazionali all’obbligo di motivazione della proposta con riguardo alla sussidiarietà, alla facoltà dei Parlamenti nazionali di esprimere pareri, alla previsione dell’effetto paralizzante del procedimento (obbligo di riesame) dei pareri negativi, quando essi provengano da Parlamenti che rappresentino almeno un terzo dei voti attribuiti ai Parlamenti nazionali40. In tale contesto rientra, infine, la previsione di obblighi diretti (di trasmissione, di informazione, di comunicazione etc.) delle istituzioni europee nei confronti dei Parlamenti nazionali. Vanno, peraltro, evidenziate alcune carenze genetiche del sistema parlamentare dell’Unione Europea, la più importante delle quali va ravvisata nell’inattitudine del Parlamento stesso ad essere partecipe della formazione dell’indirizzo politico. Da un lato, infatti, gli stati, per il tramite del Consiglio europeo, mantengono il potere di proporre il candidato alla Presidenza della Commissione, che viene poi eletto dal Parlamento Europeo ed è dinanzi ad esso che il presidente, insieme a tutta la Commissione, è politicamente responsabile (art. I-26.8). Inoltre il presidente del Consiglio europeo non è responsabile verso il Parlamento, nei confronti del quale sussiste un mero obbligo di informazione, (art. I-22), ed il Consiglio riveste una posizione centrale nella forma di governo europea, giacché esso, definendo “gli orientamenti e le priorità politiche generali” dell’Unione (art. I-21.1), è il vero motore dell’indirizzo politico, mentre al suo presidente è attribuita la rappresentanza esterna dell’UE (art. I-22.2). Inoltre la legittimazione e la leadership politica del presidente del Consiglio è in certo qual modo concorrente con quella del presidente 40 Il principio democratico fra stati nazionali e Unione Europea, in Selbstverwaltung und Demokratie in Europa. Festschrift für Dian Schefold, a cura di A. Bovenschulte, H. Grub e M. Schwanenfügel, Baden Baden 2001, 207 ss. Capitolo I 60 della Commissione, insieme alla quale egli è eletto dal Parlamento ed è legato con questo da un rapporto fiduciario (art. I-26.8). L’indirizzo politico dell’UE si forma attraverso un circuito che vede il Parlamento in un ruolo di controllo, ma dalla cui fase decisionale esso resta sostanzialmente tagliato fuori mentre l’equilibrio del circuito dell’indirizzo politico resta affidato ad un vertice triadico, costituito dal presidente del Consiglio, dal presidente della Commissione e dal ministro degli Esteri (art. I-28)41, che il Parlamento può, in vario modo, condizionare, ma la cui operatività dipende in sostanza da meccanismi volti a impedire che uno dei tre soggetti possa prevalere sugli altri. Quanto poi alla parlamentarizzazione della forma di governo europeo, va notato che il trattato costituzionale, in una linea di continuità con gli indirizzi già radicati nella genesi del processo di integrazione, non ha sostanzialmente modificato i congegni della governance economica ed in particolare non ha dotato il Parlamento di funzioni idonee a farne il veicolo della democratizzazione di questa istituzione. Il governo economico dell’UE resta completamento estraneo alla “pressione popolare” mentre la ricerca del bene comune si attua attraverso l’applicazione delle regole del liberismo, contraddistinte dalla massima libertà economica, limitando allo stesso tempo le libertà politiche e cioè “la capacità degli elettori di influenzare le sue scelte”. Si è dell’avviso che il sistema democratico non si deve limitare alla manifestazione del voto per l’elezione del Parlamento Europeo, ma deve comprendere a codeterminare le linee di indirizzo politico delle istituzioni comunitarie; sul punto il Trattato costituzionale ha fotografato la situazione esistente senza alcun processo innovativo. 41 Il ministro degli affari esteri dell'Unione è nominato dal Consiglio europeo con l'accordo del presidente della Commissione. Il Consiglio europeo può porre fine al suo mandato mediante la medesima procedura. Il ministro degli affari esteri dell'Unione guida la politica estera e di sicurezza comune dell'Unione; contribuisce con le sue proposte all'elaborazione di detta politica e la attua in qualità di mandatario del Consiglio. Egli agisce allo stesso modo per quanto riguarda la politica di sicurezza e di difesa comune. Sistemi elettorali, Partiti politici 61 1.6.4 Il deficit democratico nell’Unione Europea La parlamentarizzazione ha rappresentato un passaggio decisivo nella democratizzazione del processo di integrazione europea mentre altri aspetti della legittimazione democratica dell’Ue, presenti da tempo, non hanno trovato espressa soluzione nei lavori della Convenzione e nel testo del trattato costituzionale. Il tema dell’integrazione della democrazia politica attraverso la democrazia sociale ed economica, (dalle problematiche relative ai diritti sociali come fattore fondamentale di sviluppo della democrazia europea ed al collegamento fra democrazia ed autonomie territoriali) non sono entrati a determinare il processo politico europeo se non in modo del tutto marginale. Il titolo VI, della parte prima del trattato costituzionale sulla “vita democratica dell’Unione” offre indicazioni sufficienti al problema connesso al deficit democratico dell’UE42. Vi si individuano due principi basilari della vita democratica dell’Unione, collocati in una tensione dialettica che privilegia il primo, quello della “democrazia rappresentativa”, sul secondo, quello della “democrazia partecipativa”. Mentre infatti il funzionamento dell’UE si fonda sul principio della democrazia rappresentativa (art. I-46.1), tale principio assume, invece, autonomo rilievo solo come costitutivo di un impegno rimesso alle istituzioni dell’UE di favorire il dialogo fra le articolazioni del tessuto pluralistico, la trasparenza, le consultazioni da parte delle istituzioni dell’Unione (art. I-47). Lo stesso diritto dei cittadini europei di partecipare alla vita democratica dell’Ue viene inquadrato e, in definitiva, funzionalizzato, nella cornice del principio rappresentativo, così come in essa trovano collocazione i partiti politici europei, configurati come strumento della democrazia rappresentativa piuttosto che in chiave 42 V. L’approfondimento più completo dei problemi teorici del deficit democratico delle istituzioni europee può leggersi in M. Kaufmann, Europäische Integration und Demokratieprinzip, Baden Baden 1997. Per una rassegna dei numerosi aspetti problematici del deficit democratico comunitario v. M.G. Schmidt, Demokratietheorien, III ediz., Opladen 2000, 424 ss. Per un quadro aggiornato del dibattito sul deficit democratico dell’Ue v. ora D. Santonastaso, La dinamica fenomenologica della democrazia comunitaria. Il deficit democratico delle istituzioni e della normazione dell’Ue, Napoli 2004. 62 Capitolo I democratico - plebiscitaria. Il Parlamento Europeo è luogo di rappresentanza diretta dei cittadini europei, mentre gli stati membri sono rappresentati nel Consiglio europeo e nel Consiglio dei ministri dai rispettivi governi, che sono essi stessi responsabili dinanzi ai Parlamenti nazionali, eletti dai loro cittadini (art. I-46.2). Risulta chiaro da ciò che il “principio parlamentare” fa il suo ingresso con forza nell’ordinamento costituzionale dell’Unione, e che esso trae alimento dal complesso equilibrio fra legittimazione diretta del Parlamento Europeo, che ha storicamente rappresentato uno dei punti di forza delle battaglie federaliste, e la “democrazia mediata dagli Stati”, che è l’eredità del precedente Trattato di Maastricht. Tale assetto lascia tuttavia sostanzialmente aperto, ed irrisolto, il problema dell’equilibrio fra le componenti rappresentative e le componenti plebiscitarie della democrazia; equilibrio indispensabile, poiché in una democrazia pluralistica (quale è quella europea), la rappresentanza deve trarre alimento da un’investitura che proviene dal basso, e, per converso, la previsione di elementi plebiscitari, che hanno acquistato maggiore risalto negli assetti costituzionali degli Stati membri e che sono riflessi con visibilità ed immediatezza dal Consiglio europeo, non può far sì che l’investitura democratica travolga le articolazioni del tessuto pluralistico della società. Questo resta, il problema di fondo della natura della democrazia nell’UE, che si colloca nel quadro delle tradizioni costituzionali comuni, retaggio delle esperienze costituzionali delle democrazie nel XX secolo. Capitolo 2 Profili di teoria generale delle elezioni 1. Il diritto elettorale generale 1.1 Il significato del termine “elezioni” Ogni ordinamento positivo moderno è, di norma, caratterizzato dalla presenza di un tipico sistema di elezioni. Il concetto di “elezioni” assume vari significati e gli studiosi si sono sforzati di definirne la nozione, cercando di approdare al risultato di delimitarne gli ambiti temporali e spaziali senza mai arrivare ad un’elaborazione giuridica unitaria e a formulare, per conseguenza, una regola chiara sulla teoria generale delle elezioni 43. È innegabile, infatti, che le elezioni, in funzione di rappresentanza, assumono connotazioni e significati diversi in relazione ai fini che si prefiggono; esse possono avere, infatti, come obiettivo, ad esempio, la costituzione delle rappresentanze di governo degli ordini professionali o degli istituti scolastici ovvero la costituzione di una comunità territoriale intermedia (regioni, province, comuni etc.) oppure essere indirizzate a fini generali, come avveniva, ad esempio, nell’ordinamento repubblicano romano o in ordinamenti barbarici dell’Alto Medioevo. Esse possono, inoltre, riguardare l’organizzazione giuridica di grandi strutture o di Enti, come le organizzazioni internazionali, gli Stati, le Chiese e Comunità vaste. Riesce difficile, se non addirittura impossibile, ricondurre ad unità e definire una teoria generale unitaria di un istituto, che assume connotati diversi a seconda dei principi organizzativi nei quali si inquadra 43 Enciclopedia del Diritto, voce “Elezioni” pp. 606 e ss.; H. Kelsen “Teoria generale del diritto e dello Stato”, Milano, pp. 1952, 1999-2000; G. Guarino “deliberazione – nomina – elezione”, in Risg. , 1954, pp. 1973 ss.; T. Martines “La designazione ai pubblici uffici nella Costituzione italiana”, in Il Politico, 1962, 840 ss.; G. Cordini “Il voto obbligatorio”, Quaderni dell’Archivio di legislazione elettorale comparata, 1988, pp. 133 ss. 63 Capitolo II 64 e della diversità delle forme di rappresentanza che le elezioni sono chiamate ad esprimere44. Deve essere, quindi, limitato il campo della ricerca non essendo possibile ricondurre ad unità l’istituto delle elezioni di cui ci si occupa, che, secondo le prevalenti dottrine, può riguardare: la Rappresentanza Politica di determinate comunità organizzate di cui le elezioni costituiscono diretta espressione; le varie organizzazioni amministrative e gli uffici che si servono delle elezioni per la scelta delle persone chiamate e ricoprire le più alte cariche nelle istituzioni di vertice; gli organi deliberativi collegiali di rilevanza politica (organi direttivi dei partiti politici, dei sindacati, delle organizzazioni professionali); gli organi elettivi delle corporazioni non politiche (organi collegiali della scuola, organi tecnici di consulenza, commissioni giudicatrici dei concorsi universitari, comunali, provinciali, regionali e statali); gli organi collegiali deliberativi di natura privatistica, (società di capitali e di persone, cooperative ed assemblee di condomini). La ricerca, pertanto, deve essere limitata alla trattazione della sola rappresentanza politica di cui le elezioni costituiscono, non solo ai tempi nostri, diretta espressione. Si osserva, in via preliminare, che, sotto tale profilo, non è ancora presente in dottrina e giurisprudenza una chiara definizione del concetto di “elezioni”. In dottrina si è sempre dato poca rilevanza alla definizione di tale nozione e all’esigenza di definire la relativa teoria sotto il profilo generale e cioè di costruire il genus e più precisamente quella cornice all’interno della quale possano essere collocate le varie “species” dei sistemi elettorali esistenti. Dall’esame della letteratura giuridica sia antica che moderna si avverte come tale concetto non sia mai stato compiutamente definito, essendo stata spostata la ricerca sulle nozioni 44 Il concetto di “elezione” è stato utilizzato per designare sia i “procedimenti elettivi veri e propri” che i procedimenti deliberativi del corpo elettorale, come nel caso del referendum e del plebiscito senza tener conto della diversa configurazione dei due istituti. Profili di teoria generale delle elezioni 65 di “Democrazia diretta”, “Democrazia rappresentativa”, “Democrazia semidiretta o mista”, “Rappresentanza politica o istituzionale”, dando per scontata l’esistenza delle regole o della figura generale dalle quali tali nozioni derivano il loro significato peculiare. Dall’esame della normativa settoriale vigente in Italia si cercherà di formulare principi a contenuto generale sul sistema delle elezioni e dell’espressione del voto45. Si tratta di un tentativo non facile quello di ricondurre ad unico sistema i vari istituti che l’ordinamento appresta per l’elezione alle più alte cariche dello Stato e dell’Unione Europea. La normativa elettorale è portatrice di principi generali che lo studioso rinviene dall’esame dei singoli testi normativi nazionali, internazionali e comunitari e che talvolta può ricavare dall’esame comparato delle varie fonti normative. L’orientamento di parte della dottrina, che nega l’esistenza di un corpus unico di disposizioni costituenti il diritto elettorale generale, si spiega con l’esistenza di normative di settore di diseguale valore regolanti specifiche elezioni 46. Infatti le normative elettorali non solo non risultano raggruppate in unico testo unico che raccoglie la normativa comune, ma anche perché nel sistema delle fonti le varie disposizioni elettorali si trovano tra loro in posizioni differenziate. Accanto a norme costituzionali si rinvengono leggi ordinarie statali e regionali e norme comunitarie internazio45 V. T.U. delle leggi per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e revisione delle liste elettorali, approvato con DPR. 23 marzo 1967, n. 223 e successive modifiche e integrazioni; concessione del diritto di voto per gli italiani residenti all’estero, disposta con legge costituzionale 17 gennaio 2000, n. 1; modalità ed esercizio diretto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali per i cittadini dell’Unione Europea residenti in uno stato membro, disciplinata con D. Lgs. 12 aprile 1996, n. 197; introduzione della tessera elettorale, disposta con DPR 8 settembre 2000, n. 299; i vari sistemi elettorali astrattamente considerati; i sistemi elettorali vigenti nei paesi dell’Unione Europea; T.U. per elezioni politiche della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, approvato con legge n. 361/1957; normativa sulle elezioni amministrative dei Consigli regionali, comunali e provinciali; disposizioni elettorali comunitarie etc. 46 Si citano al riguardo: la legge 6 febbraio 1948, n. 29 (adottata dall’Assemblea costituente, ai sensi dell’art. 17, comma 1 dispos. transitorie della costituzione) per l’elezione del Senato della Repubblica e la legge n. 1058 sulla disciplina dell’elettorato attivo, pure approvata dall’Assemblea costituente in regime di legge ordinaria. Capitolo II 66 nalmente garantite47. Dall’esame delle singole normative e dei principi generali si tenterà di formulare, per quanto possibile, la teoria generale sulle elezioni che possa costituire il punto di riferimento di questioni elettorali controverse o non espressamente normate dalle varie discipline di riferimento. Si può, quindi, ritenere che, accanto alle singole leggi di settore (disciplinanti le elezioni politiche, le elezioni comunitarie, le elezioni regionali, provinciali e comunali) esista un complesso di norme e principi che fanno parte del diritto elettorale generale, che disciplina la materia nella sua visione unitaria e che soccorre allorché le singole leggi di settore siano carenti o addirittura non facciano alcun riferimento a determinate procedure per lo svolgimento delle singole corrispondenti elezioni. Come approccio metodologico si deve dare conto delle parti comuni da ricondurre a sistema generale delle elezioni e di differenziare quelle parti speciali corrispondenti alle singole elezioni. Va subito detto che tale impostazione secondo la quale è possibile configurare un diritto generale elettorale non sembra condivisa né dal legislatore, né dalla giurisprudenza e non è avvalorata neppure dalla letteratura giuridica. Frequenti sono le pronunce delle magistrature di merito e di legittimità nelle quali si afferma che un sistema è rappresentato dalle elezioni politiche ed un altro sistema è costituito dalle elezioni amministrative, sistemi che sono retti da principi e regole loro proprie e non da principi generali elettorali. Si tratterebbe di due rami del diritto elettorale (quello politico e quello amministrativo) che navigano nel mondo giuridico come parallele, percorse da forze distinte e aventi origine da punti diversi tra loro che non possono mai incontrarsi ed in47 Vedi al riguardo: la Convention de Sauvegarde, firmata a Roma il 4 novembre 1950 ed il relativo protocollo aggiuntivo del 1952, recepiti dall’Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848 nonché l’accordo De Gasperi – Gruber del 5 settembre 1956, all. 4 al Trattato di pace tra le potenze alleate le cui norme devono essere collocate nell’ambito del diritto internazionale. Con tali accordi le parti hanno assunto l’impegno di “organizzare ad intervalli ragionevoli libere elezioni a scrutinio segreto” e di garantire i diritti di libertà d’espressione, di riunione e di associazione, il divieto di discriminazione etc. Profili di teoria generale delle elezioni 67 tegrarsi tra loro e, quindi a non comporsi mai in un superiore e più ampio sistema, comune ad entrambe le discipline48. La necessità di una codificazione della materia elettorale, tendente ad eliminare “molti dubbi, inevitabili errori e diversità di pareri, garantendo la tanto necessaria certezza del diritto e le diverse discriminazioni tra un tipo di elezione e l’altra a proposito in particolare delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche elettive, più dure e penetranti per le elezioni amministrative rispetto a quelle politiche”, è da più parti avvertita e soprattutto dagli organi comunali tenuti a dare applicazione alle varie leggi di settore in presenza delle singole elezioni.49 Si tenterà, quindi, di verificare se sia possibile formulare una teoria generale sulle elezioni e costruire un “Corpus unico di diritto elettorale”, partendo dall’esame delle fonti normative vigenti con specifico riferimento ai regolamenti e direttive comunitarie emanate sul punto, “Corpus” valido, quanto meno, a livello di Unione Europea. Le diverse ed eterogenee fonti normative sembrano congiurare per l’impossibilità di un approccio siffatto, ma il ripetersi di normative identiche in ciascuna legge elettorale consente di pervenire ad una soluzione positiva soddisfacente. Non contraddice a tale visione unitaria, anzi la rafforza, la presenza nell’ordinamento giuridico italiano di norme comuni ad ogni tipo di elezione quali quelle sulla propaganda elettorale e sull’elettorato attivo. Si ravvisa una certa evoluzione in senso unitario del sistema se si considera che, in passato, tali istituti erano regolamentati distintamente per le elezioni politiche e per quelle 48 Afferma sul punto la Corte di Cassazione italiana (sez. I^ sentenza 10 giugno 1958, n. 1918 in Foro it. stesso anno): <<Né per sostenere il contrario è possibile richiamarsi, come pure fa il ricorrente, all’art. 10 del TU. n. 361 cit. riguardante i casi di ineleggibilità a deputato perché i criteri ispiratori della disciplina legislativa riflettenti tali ineleggibilità non si identificano con i criteri cui si ispira il regolamento delle ineleggibilità a consigliere comunale (T.U. 203 cit.), per la stessa diversità di natura e di sfera di applicazione delle due cariche politiche e soprattutto per la diversità degli interessi con le dette leggi tutelati>>. Lo stesso orientamento è seguito dalla giurisprudenza francese: si veda in Rev. Dir. Publ. 1957, 605 ss. ove si legge che la <<Distinction des élections politiques constitue, au contraire, la summa divisio à la quelle se réfère la jurisprudence>>. 49 Per la necessità di codificazione della materia elettorale si veda Nuova Rassegna 1957, p. 739 ss. Capitolo II 68 amministrative e ciò testimonia il disegno di dare avvio all’unificazione del sistema elettorale o, quanto meno, di quelle parti che sono comuni. Si rappresenta poi che i vari testi normativi delle leggi elettorali vigenti nel sistema italiano sono tra loro intimamente legati dalle caratteristiche in forza delle quali l’elezione alle supreme cariche parlamentari e amministrative deve rispettare la “democraticità” nonché la natura dell’elettorato che si configura sempre come espressione della sovranità popolare e del suffragio universale. Inoltre i concetti di democrazia postulano necessariamente la libertà del voto, la parità, la segretezza ed eguaglianza del voto stesso. Da ciò discende che l’area comune a tutte le elezioni, anche con riferimento alle figure giuridiche soggettive private e pubbliche, appare considerevolmente ampia ed è identica per ogni tipo di elezione (si pensi alle operazioni di votazione, ai tempi di indizione dei comizi elettorali, alla nomina dei rappresentanti di lista, ai partiti politici ed al loro ruolo nello svolgimento delle elezioni, alla presentazione delle liste di candidati, ai poteri del Magistrato nella veste di Presidente della Commissione Elettorale mandamentale di nominare direttamente un Commissario al Comune nel caso di irregolare distribuzione dei certificati elettorali) 50. Quanto alle fonti normative in materia elettorale, non va sottaciuto che l’art. 72, ultimo comma Cost. parla di disegni di legge “in materia elettorale”; si tratta di una locuzione che assume valore meramente lessicale, non potendosi mettere in discussione che tutte le elezioni sia politiche che amministrative possano formare oggetto di delegazione legislativa nonché di approvazione dei disegni di legge con procedimento decentrato. Per questi ultimi deve essere sempre adottata la procedura normale di esame ed approvazione diretta da parte della Camera, come peraltro per i disegni di legge in materia costituzionale, per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali e di approvazione dei bilanci preventivi e consuntivi dello Stato. 50 Così, ad esempio l’art. 20 T.U n. 570 cit. (per le elezioni comunali) è identico agli artt. 34-35 T.U. n. 361 cit. (per le elezioni politiche); l’art. 19 del primo agli artt. 27 e 28 del secondo; l’art. 21 al 36, il 22 al 37. Profili di teoria generale delle elezioni 69 I sostenitori dell’impossibilità di ammettere il diritto elettorale generale comune prendono spunto dal citato art. 72 cost. il quale parlando espressamente di “materia elettorale” anziché di “leggi elettorali” politiche o amministrative, definiscono equivoca la terminologia “materie analoghe” del codice civile51. Altri studiosi rilevano che “materia elettorale” significa il tutto mentre le “leggi elettorali” corrispondono ad una parte del tutto per cui queste ultime, riguardate nel loro insieme, danno vita ad un settore autonomo del diritto positivo elettorale più ampio ed organico rispetto a quello disciplinato dalle leggi particolari. A conclusione della presente disamina sembra possibile ritenere che “la materia elettorale” costituisca la sintesi delle singole leggi elettorali indipendentemente dalla loro collocazione nella gerarchia delle fonti e di ogni altra norma ad essi affine, come le varie specie di referendum ed il plebiscito. 1.2 Società civile, partiti politici ed istituzioni Società civile, costituita da un insieme di persone che hanno deciso convenzionalmente di vivere assieme, ed istituzioni dello Stato sono due termini che spesse volte vengono analizzati in contrapposizione tra di loro, altre volte si presentano in forma strettamente collegata ed inscindibile quando si tratti, ad esempio, di definire i rapporti di potere esistenti tra le due componenti, che caratterizzano le istituzioni statuali, comunitarie ed internazionali. Tenteremo di definirne, sotto il profilo del diritto giuspubblicistico (tralasciando l’aspetto sociologico, economico, religioso e di altre discipline), la natura ed i rapporti genetici che esistono tra loro, pur nella consapevolezza che siffatto tentativo, in presenza di una vasta e non sempre uniforme dottrina, non è certamente facile52. 51 V.L. Caiani in Enciclopedia del diritto, II, p. 349. Il termine “società civile” risale ai Greci e ai Romani; modifica il suo significato attraverso i secoli ed il pensiero di autori quali Hobbes e Locke, Adam Smith e Adam Ferguson, Kant, Hegel e Marx, Tocqueville, Gramsci. Recentemente è avvenuta una riscoperta del concetto. In Occidente essa ha acquisito rilievo in conseguenza delle controversie circa il supposto declino nella partecipazione civica e politica. In America Latina, essa appariva ai pensatori quale mezzo potenziale di unifi52 70 Capitolo II Con il primo termine, che ha assunto nel tempo vari significati, si indica la sfera dei rapporti esistenti tra individui, gruppi, classi sociali, che si svolgono al di fuori dei rapporti di potere che caratterizzano le istituzioni politiche (statuali, regionali, enti locali etc.53. Elemento costitutivo della società civile è considerato l’individuo, cui vengono riconosciuti diritti per sua stessa natura e non in virtù dello stato; l'individuo era considerato l'unità fondamentale della società e l'individualismo aveva una dimensione morale che, in passato, in presenza dello Stato liberale, era assente in Europa. I principi di libertà ed uguaglianza, antitetiche in Europa, in America erano integrate "fino a diventare uno dei tratti distintivi della società civile". Con il secondo, sotto il profilo giuridico, si intende l’organizzazione di persone, di cose, di fatti retta da un sistema di norme, dotata di una certa autonomia con la possibilità di influire sulla società civile stessa54. In tale accezione la società civile detiene il potere di fatto che incide su quello legittimo manifestato dalle istituzioni. La natura della società civile assume caratteri diversi e viene condizionata dalla presenza di fattori etnico-linguistici, religiosi, economici, di classe, di cultura e tali peculiarità non possono che riflettersi, come ritiene Lanchester, sulla classe politica e sulle istituzioni di un Paese.55 cazione di intenti di gruppi religiosi, imprenditori e movimenti di lavoratori nell’opposizione al regime; essa, inoltre, quale forza sociale si poneva al di fuori dei partiti e dello stato, largamente screditati. In Europa centro-orientale, nel contesto di stati totalitari, in cui la distinzione tra interessi della gente ed interessi dello stato era virtualmente soppressa, i dissidenti cominciarono a credere che concepire una società civile quale associazione tra persone fosse un modo per cominciare a resistere allo stato totalitario. Inoltre, sia nel contesto latino - americano che in quello dell’Europa orientale, pensatori ed attivisti furono anche influenzati dall’idea dei diritti umani, che costituivano, insieme alla società civile, il complemento e la garanzia per una democrazia effettiva. 53 V. N. Bobbio, Società Civile, in Dizionario di politica, a cura di Bobbio, Matteucci, Torino, UTET, 1976, pp. 952 ss. 54 V. P. Farneti, Il sistema politico italiano, Bologna, Il Mulino, 1973 55 V. F. Lanchester, Gli strumenti della democrazia, Giuffré, Milano, 2004, cit., pp. 35 – 55. Profili di teoria generale delle elezioni 71 All’interno della società civile, con la quale interagisce, si colloca la “società politica”, che ha dato origine alla costituzione dei “partiti politici”56. Alla domanda se ed in quale modo società ed istituzioni si condizionino reciprocamente, si è data una triplice risposta: alcuni hanno sostenuto la mera dipendenza della società dalle istituzioni; - altri hanno ritenuto che la società sia potenzialmente in grado di determinare o quanto meno di condizionare la volontà delle istituzioni; altri, infine, hanno ritenuto che si tratti di due soggetti che non possono condizionarsi vicendevolmente. Il rapporto tra società civile ed istituzioni si riflette innegabilmente nelle costituzioni, che regolano autoritativamente la società civile nel56 Alcuni studiosi fanno risalire la data di nascita dei partiti nel 1641 in Inghilterra in concomitanza con la riapertura del "Lungo Parlamento" nell'ottobre 1641, quando presero forma ordinata i due partiti Whig e Tories che, da allora in poi, si avvicendarono al governo. Altri studiosi, in particolare M. Duverger, affermano che non si ebbero partiti negli altri stati europei prima del 1850. È comunque certo che lo sviluppo dei partiti moderni è strettamente legato a quello della democrazia parlamentare, e solo nella seconda metà dell'Ottocento, con l'estensione del suffragio popolare, si ebbe una graduale trasformazione delle precedenti associazioni e gruppi parlamentari e il passaggio dai "comitati elettorali", privi di una stabile organizzazione, ai moderni partiti organizzati. Inoltre, solo attraverso una lunga evoluzione essi hanno assunto struttura ed organizzazione attuali. La costituzione di comitati elettorali, ad iniziativa della sinistra prima e della destra poi, era direttamente collegata all'estensione del suffragio popolare che rendeva necessario l'inquadramento dei nuovi elettori. Primi a costituirsi furono i partiti radicali e socialisti e il socialismo parlamentare si sviluppò soprattutto: in Gran Bretagna, Scandinavia, Francia, dove più radicate erano le tradizioni e le istituzioni della democrazia liberale. In Italia nel 1861 non esistevano partiti organizzati, ma solo gruppi che sostenevano i due raggruppamenti, liberal-conservatore l'uno e liberal-radicale l'altro, espressi da un ristretto corpo elettorale di carattere censitario (la riforma elettorale del 1882 portò gli elettori da seicentomila a poco più di due milioni, corrispondenti al 7% della popolazione). Con la costituzione del Partito socialista nel 1892 si ebbe la nascita in Italia del primo partito moderno. Le prime elezioni a suffragio universale maschile e a sistema proporzionale, svoltesi nel 1919, modificarono profondamente la rappresentanza parlamentare, dimezzando la vecchia maggioranza liberale, mentre i socialisti si affermavano come partito di maggioranza relativa (156 deputati), seguiti dai cattolici (Partito popolare) con un centinaio di deputati. Capitolo II 72 le sue varie accezioni e, per quanto ci riguarda, nella società politica e partitica. La determinazione dei contenuti delle costituzioni in ordine alla regolazione dei rapporti tra istituzioni e società civile risultano importanti in relazione alla funzione di indirizzo politico (forma di governo) ed al rapporto tra Stato apparato e comunità dei cittadini (forma di Stato)57. La presenza negli Stati contemporanei di libere elezioni elettive e deliberative rappresenta il presupposto necessario della forma di Stato di democrazia pluralista58. All’interno di esse devono essere comprese non solo la fase costitutiva della scelta da parte dell’elettore, ma anche le fasi preparatorie e successive, costituite rispettivamente dalla campagna elettorale59 nonché dallo scrutinio, dal controllo dei risultati delle votazioni e dall’eventuale contenzioso. Negli ordinamenti pluralistici contemporanei assumono rilievo, quali componenti necessarie ed intimamente collegate con l’espressione del voto, sia i partiti politici, le associazioni la cui attività sia in grado di condizionare il corpo elettorale ed il procedimento (elettorale) di selezione della classe politica che la dinamica della forma di governo. Elezioni libere presuppongono la libertà di scelta non solo da parte degli aventi diritto al voto di poter votare, ma anche il diritto di partecipare alle elezioni quali candidati e ai candidati e sostenitori di partecipare al procedimento elettorale senza il timore di condizionamenti e/o di pericolo per la propria ed altrui incolumità ed in condizione di sostanziale parità60. 57 V. G. Morbidelli – L. Pegoraro – A. Reposo – M. Volpi, Diritto Costituzionale Italiano e Comparato, II edizione, Monduzzi editore, Bologna 1995, pp. 341 ss.; F. Lanchester, Gli strumenti della Democrazia, Giuffré Editore, Milano 2004, cit., pp. 35 ss. 58 V. F. Lanchester, Voto: diritto di (dir. Pubblico), in Enciclopedia del diritto, vol. XLVI, pp. 1107 ss. 59 Tale termine comprende l’insieme delle azioni mirate all’effettuazione della scelta; al suo interno si inseriscono vari tipi di attività quali quello di propaganda volta alla cattura del voto. Per una approfondita trattazione della materia:V. F. Lanchester, Propaganda elettorale, in Enciclopedia del diritto, vol. XXXVII, pp. 126 ss. 60 V. W.J. Machenzie, Free Elections: An elementary Textbook, London, Allen & Unwin, 1958, pp.11 ss. Profili di teoria generale delle elezioni 73 A tale teoria si contrappongono quelle il cui consenso si basa su principi e valori che negano il pluralismo61. 1.3 Nozione e funzione dei partiti politici È dato generalmente acquisito che, per poter intendere correttamente la forma di governo di una Nazione, si renda necessario rispondere alla domanda se e quanto i partiti politici siano in grado di poter influenzare la scelta della forma stessa e la nascita e composizione delle istituzioni62. È indispensabile, prima di fornire la risposta a tale domanda, dare la nozione di “partito politico”, che costituisce ormai una componente necessaria ed essenziale del sistema politico vigente in un determinato paese. I partiti politici si caratterizzano come l’insieme dei soggetti che, volontariamente, si organizzano in funzione di conquistare ovvero di influenzare il potere politico con il compito precipuo di mediare tra gli interessi particolari di cui sono portatori e l’interesse generale della popolazione. Questa peculiarità li differenzia dai movimenti o da altre organizzazioni, che tendono ad influenzare il governo dall’esterno e, di norma, in determinati momenti storici. Originariamente nello stato liberale i partiti hanno avuto un ruolo di scarso rilievo in quanto le istituzioni erano occupate dai notabili che erano in grado di influenzare direttamente le scelte politicoistituzionali. L’affermarsi delle organizzazioni sindacali e la presa di coscienza delle masse che, con la loro azione a volte anche rivoluzionaria, hanno gradualmente abbattuto “l’ancien régime” e la borghesia che per lungo tempo ha monopolizzato il potere statuale nell’Europa occidentale 61 Negli ordinamenti caratterizzati dall’ideologia marxista dell’Est europeo, le elezioni non competitive, quando venivano effettuate, servivano solo per mobilitare le masse da parte del partito al potere o del gruppo di formazioni da esso egemonizzato per un loro coinvolgimento nei programmi e nei fini dello Stato senza possibilità di interferire su scelte anche programmatiche. 62 V. S. Rokkan, A. Campbell, P. Torsvik. H. Valen, Citizens, Elections, Parties, Universitetsforlaget, Oslo, 1970 (Ed. Italiana: Stein Rpkkan, Cittadini, Elezioni, Partiti, Il Mulino, Bologna, 1982). 74 Capitolo II nonché l’ingresso nelle scenario ordinamentale dei singoli paesi dello Stato democratico – pluralistico contemporaneo, hanno imposto l’esplicito riconoscimento giuridico dei partiti. Il rapporto partiti politici con lo Stato ha subito un’evoluzione rilevante e le costituzioni europee non hanno potuto far a meno di riconoscerli e di dettare una compiuta regolamentazione del rapporto stesso. Le costituzioni degli Stati europei riconoscono i partiti come manifestazione di un diritto dei cittadini (artt. 49 cost. italiana e 51 cost. portoghese); o come strumento di espressione della volontà popolare (artt. 4 cost. francese, art. 6 cost. spagnola, art. 10 cost. portoghese) o ancora come soggetti che agiscono nell’ambito dell’organizzazione dello Stato (artt. 21, cap. III cost. tedesca, 7 cost. svedese, 29 cost. greca, 117 cost. portoghese). Le stesse costituzioni disciplinano natura e competenze dei partiti politici propedeutiche alla loro partecipazione della politica nazionale (Italia, Polonia) o alla determinazione politica della volontà del popolo (Germania, Spagna, Portogallo, Romania, Bulgaria, Ungheria) o alla presentazione delle candidature e all’espressione del voto o alla ripartizione dei seggi (Francia, Portogallo, Svezia) o al funzionamento degli organi costituzionali, come nel caso del Portogallo, la cui costituzione (art. 117) riconosce il diritto dei partiti politici di essere preventivamente interpellati dal governo <<sull’andamento dei principali affari di interesse pubblico>> e della Grecia la cui costituzione (art. 37) prescrive l’obbligo di interpello dei partiti nel procedimento di formazione del governo. Le costituzioni prevedono norme tese a limitare o ad escludere l’iscrizione a partiti politici di determinate categorie di cittadini investiti di pubbliche funzioni elettive, onorarie e burocratiche come magistrati, forze di polizia, militari ovvero dichiarano incostituzionali determinati partiti (XII disposizione transitoria e finale cost. it.; art. 46, comma 4 cost. portoghese; partiti che attentano all’ordine democratico e all’esistenza dello Stato - art. 21, comma 2 cost. tedesca. È prevista la dichiarazione di incostituzionalità da parte del Tribunale costituzionale federale e quindi la nascita di una “democrazia protetta”). Tali disposizioni sono in via generalizzata recepite nei paesi ex socialisti. Inoltre le costituzioni europee prevedono principi la cui osservanza limita l’attività ed il funzionamento interno dei partiti, come ad esem- Profili di teoria generale delle elezioni 75 pio il metodo democratico (art. 49 cost. italiana), i principi della sovranità nazionale e della democrazia (art. 4 cost. francese e 10. comma 2 cost. portoghese), i principi fondamentali della democrazia (art. 21 cost. tedesca), la democraticità della struttura interna dei partiti (art. 6 cost. spagnola; art. 49 cost. italiana). Oltre alle previsioni costituzionali, alla consuetudine e alla prassi, numerosi paesi europei hanno adottato apposite leggi (alcune di rango costituzionale) per la disciplina dell’attività dei partiti, per il loro finanziamento e per il rimborso delle spese elettorali di partiti e di candidati alle elezioni (Francia, Germania, Italia etc.), per la regolamentazione della propaganda elettorale, per il controllo sui bilanci dei partiti relativamente alla gestione dei finanziamenti pubblici e alle sovvenzioni di privati (Gran Bretagna, Francia, Italia Spagna, Germania) e per la previsione di sanzioni elettorali, penali ed amministrative. 1.4 I sistemi di partiti e loro influenza sulle forme di governo Per sistema di partiti si intende l’insieme delle regole (anche non scritte e quindi consuetudinarie) che disciplinano la natura, il numero dei partiti ed i loro rapporti con le istituzioni dello Stato e di altri enti intermedi (Regioni, Province e Comuni). Varie sono le classificazioni dei partiti. Una prima tipologia è rappresentata dal polipartitismo dove sono presenti vari partiti, dal bipartitismo dove sono presenti solo due partiti e monopartitismo dove è presente un solo partito63. Il polipartitismo è caratteristico delle democrazie dell'Europa occidentale, con esclusione della Gran Bretagna dove tradizionalmente vige un sistema bipartitico. In tale tipologia nessun partito possiede una solida maggioranza assoluta e si tende all’utilizzo di governi di coalizione, in cui più partiti si alleano per formare la necessaria maggioranza di governo mentre altri costituiscono assieme e non una forte 63 Tra gli esempi storici di monopartitocrazia si possono succintamente ricordare: il Partito comunista dell'Unione Sovietica, il Partito repubblicano del popolo, promosso in Turchia da Kemal Ataturk; il Kuomintang (Partito nazionale del popolo), creato in Cina da Sun Jatsen; il Partito nazionale fascista italiano; l'Unione nazionale portoghese, creata per sorreggere la dittatura di Salazar; il Partito nazionalsocialista tedesco; il Falangismo spagnolo; il Partito rivoluzionario istituzionale messicano. Capitolo II 76 opposizione. È questo il sistema in cui più frequenti si manifestano le crisi di governo. I sistemi bipartitici sono caratteristici dei paesi anglosassoni, che hanno adottato il modello tradizionale inglese. Il partito di maggioranza detiene stabilmente il governo, mentre l'altro esercita l'importante funzione di critica e controllo, attraverso l'attività di opposizione (in Inghilterra si è giunti a riconoscere ufficialmente l'istituto dell'opposizione che costituisce il c.d. "governo ombra"). Il sistema bipartitico, tuttavia, non esclude la presenza di partiti minori, come il partito liberale inglese64. Il partito unico è una tipica istituzione del nostro secolo, e riguarda in particolar modo l’attuazione dell’idea marxista di un solo partito, quale espressione della volontà del proletariato. Notevoli differenziazioni si riscontrano nei sistemi politici a partito unico. Storicamente importante è la distinzione tra partiti di opinione e partiti di massa: i primi caratteristici del XIX sec. e i secondi del XX sec. A questa classificazione restano estranei, anche se per dimensioni sono partiti di massa, i partiti laburista e conservatore inglesi e democratico e repubblicano d'America65. 64 Si distinguono poi, con riferimento alla loro struttura e funzionamento interno, partiti democratici e partiti autoritari. Altra classificazione viene fatta tra partiti a struttura diretta, in cui il rapporto tra partiti e affiliati è diretto, e partiti a struttura indiretta in cui, come nel caso del laburismo inglese, oltre agli affiliati a titolo personale, aderiscono istituzioni collettive, come sindacati, cooperative, mutue e associazioni varie. Più comuni sono le distinzioni tra partiti conservatori, riformisti e rivoluzionari; tra partiti di destra, di centro e di sinistra, con le varianti di centro-destra e centro-sinistra; tra partiti costituzionali e anti-costituzionali 65 All’interno dell’organizzazione dei vari partiti di massa si notano i capi-partito, i membri attivi e non attivi di partito, questi ultimi mobilitati durante le campagne elettorali e in situazioni eccezionali di lotta per il potere. La presenza di mecenati del partito rappresenta una peculiarità dei partiti borghesi. L'organizzazione di grandi partiti di massa ha consentito a un numero crescente di persone di partecipare al confronto politico. Contestualmente si è assistito alla costituzione di complessi apparati di partito, cioè di strutture burocratiche che tendono a facilitare il collegamento tra i partiti e il corpo elettorale che li esprime. I partiti di massa costituiscono tuttora gli organismi più rappresentativi di una società democratica in quanto ciascun cittadino può partecipare per mezzo di essi attivamente alla vita pubblica. Negli ultimi anni si è assistito al distacco dai partiti maggiori, sia di governo che di opposizione, di una parte dei loro iscritti e simpatizzanti ed una scarsa adesione da parte Profili di teoria generale delle elezioni 77 Nello stato contemporaneo di democrazia pluralista il sistema dei partiti è in grado di influenzare direttamente le forme di governo al punto che il rapporto esistente tra gli organi costituzionali ha subito un’inversione di tendenza collocando al centro dell’ordinamento politico – costituzionale i partiti o loro coalizioni mentre le Assemblee legislative sono divenute soggetti istituzionali che registrano i risultati degli accordi intervenuti tra i partiti stessi66. Da ciò discende che l’influenza sulle istituzioni e sulla loro stabilità esercitata dai partiti politici assume connotati diversi e resta condizionata dalle scelte che si intendono fare e dalla legislazione vigente. La forma di governo britannica scaturisce dalle scelte di un vigente sistema bipartitico rigido in cui si contrappongono conservatori e laburisti. Alcuni studiosi da tempo suggeriscono di modificare il sistema elettorale che consenta il passaggio da un sistema bipolare puro ad una forma di coalizione diversa od anche bipolare mediante la costituzione di un terzo polo. Il sistema bipolare è vigente anche in Germania ed è caratterizzato dalla presenza di coalizioni di governo nelle quali è sempre stato presente uno dei due grandi schieramenti politici (la CDU/CSU o partito socialdemocratico) o la FDP o i Verdi che svolgono il ruolo di “ago della bilancia” o “perno” della coalizione. Negli ordinamenti caratterizzati dalla presenza del multipartitismo le coalizioni tra i partiti si rendono necessarie per costituire il governo anche se non sempre si raggiunge l’obiettivo di garantire la governabilità e la stabilità. Da tali sistemi partitici hanno origine forme di governo “immediate”o dirette e forme “mediate”; per le prime, oltre alla scelta diretta dei dei giovani per iniziativa dei quali si è avuta una rilevante nascita di circoli, associazioni politico-culturali, gruppi extraparlamentari, alcuni dei quali, anziché proporsi come alternativa, hanno assunto una funzione destabilizzante per le istituzioni. 66 V. L. Elia, Governo (forme di) cit. pp. 640 ss; C. Mortati, Note introduttive ad uno studio dei partiti politici, in Scritti giuridici in memoria di V. E. Orlando, Padova, Cedam 1957 pp. 114 e 141 e Le forme di governo, Padova, Cedam, 1973, pp. 1645 ss.; T. Martines, Contributo ad una teoria giuridica delle forze politiche, Milano, Giuffré, 1957 pp. 99 ss, 149 e 168; M. Duverger, Sociologie des régimes politiques, in G. Gurtvicht, Traité de sociologie, Paris, Puf vol. 2 pp. 8 ss e Les partis politiques, Paris, Colin, 1951 p. 388; F. Lanchester, Gli strumenti della democrazia, Giuffré, Milano 2004, cit., pp. 108 ss. Capitolo II 78 candidati alle elezioni, vengono pure formulate le linee di indirizzo politico ed il programma elettorale direttamente dalle forze politiche in lizza per affermarsi nelle elezioni; nelle seconde la funzione di manifestazione di volontà del corpo elettorale per la costituzione del governo avviene per il tramite di accordi stipulati dalle segreterie politiche ad elezioni avvenute67. Diverse sono state le critiche mosse a tale classificazione; tra le critiche merita di essere ricordata quella che, nell’ambito delle forme di governo a democrazia immediata (che consentono agli elettori di esprimere una precisa opzione sul governo), sostiene che si deve sempre distinguere tra forme di governo parlamentare, presidenziale o semipresidenziale a dimostrazione che la distinzione proposta non sostituisce le tradizionali classificazioni giuridiche precedentemente esposte. Nella forma presidenziale o semipresidenziale la scelta del governo risulta pesantemente condizionata a motivo della scelta diretta del Presidente della Repubblica; in tal caso il ruolo dei partiti assume rilevanza determinante con l’impostazione preventiva del programma di governo che viene fatto proprio dal candidato proposto per l’elezione diretta (democrazia di investitura). Nella forma di governo parlamentare il titolare dell’esecutivo (che ha vinto le elezioni) e la compagine ministeriale vengono eletti indirettamente dal corpo elettorale, ma ricevono formale investitura dal Parlamento ed entrano in carica dopo aver ottenuto il voto di fiducia dal Parlamento stesso. Il ruolo dei partiti in questo caso diviene fondamentale sia per la scelta del leader del partito o della coalizione che per la predisposizione del programma di governo e dell’indirizzo politico. L’investitura popolare dell’esecutivo si verifica in presenza di sistemi di partito bipolari e di sistemi elettorali selettivi e riguarda la maggioranza dei paesi democratici. La seconda deriva da sistemi di 67 V. L. Basso, Il principe senza scettro; democrazia e sovranità popolare nella Costituzione nella realtà italiana, Milano, Feltrinelli, 1958; G. Pasquino, Restituire lo scettro al principe: proposta di riforma costituzionale, Bari. Laterza, 1985; M. Duverger, La République des citoyens, Paris, 1982. Profili di teoria generale delle elezioni 79 partito multipolari e con sistemi elettorali protettivi (Italia, Belgio, Paesi Bassi e Israele). Una recente tipologia, teorizzata anche da Lijpart, tende a contrapporre i sistemi “maggioritari” (definiti dalle democrazie immediate) ai sistemi “consensuali” (identificati nelle democrazie mediate)68. 1.5 La crisi dei partiti politici L'esperienza dei partiti politici ha costituito, nel corso del Novecento (definito da Obsbawm “Il secolo breve”, ma più conosciuto con il nome di “secolo dei partiti”), l'approdo politico più avanzato nell'organizzazione dei sistemi democratici. Ad essi va riconosciuto il merito di aver reso possibile <<l'integrazione politica del popolo>> nella vita dello Stato e di aver disegnato le costituzioni contemporanee, operando quale insostituibile anello di congiunzione tra potere costituente e potere costituito69. Grazie all’opera dei partiti, i cittadini sono stati messi in contatto con le istituzioni che lo stato liberale aveva per lungo tempo loro precluso sia come singoli che come gruppi organizzati. Scriveva alla fine degli anni venti Hans Kelsen: <<un'evoluzione irresistibile porta in tutte le democrazie ad un'organizzazione del popolo in partiti>>. La frase di Kelsen merita di essere sottolineata proprio per la sua distanza dalla realtà politica odierna e per gli interrogativi che essa inevitabilmente pone. Il millennio appena iniziato deve prendere atto che la crisi dei partiti si trova in una fase avanzata e che vi è il tentativo di sostituirli con altre forme che possono avere importanti implicazioni sulla democrazia e sulla sovranità popolare. Nell'ultimo decennio si è venuto affermando” in Paesi di lunga tradizione democratica come la Francia, l’Austria, l’Italia e la stessa Germania il fenomeno del “populismo”70. Tale invasiva alterazione 68 V. A. Lijpart, Le democrazie contemporanee, 1984, trad. it., Bologna, 1988 ; V. G. Leibholz, Struktureprobleme der Modernen Demokratie, Karlsruhe, 1958, p. 90; L’espressione, com’è noto, è di E.J. Hobsbawm, Il secolo breve, Milano, 1995; H. Kelsen, Essenza e valore della democrazia (1929), cit.; id., La democrazia, Bologna, Il Mulino, 1984, pp. 63 ss. 70 V. Daniela Giannetti, Introduzione a William H. Riker, Liberalismo contro populismo, Milano, Edizioni di Comunità, 1996, pp. I - XXXIV 69 Capitolo II 80 delle dinamiche democratiche risulta, di norma, contrassegnata dalla simultanea presenza di tre fattori sintomatici: // a) trasformazione del sistema politico; // b) personalizzazione del potere; // c) influenza dei media. Secondo alcuni si manifesta questo nuovo sistema di presa sulle masse quando si è in presenza di leader che sono in grado di costituire e di governare partiti, gruppi o coalizioni attraverso l’ausilio dei media e della persuasione.71 Contrariamente a quanto sostenuto da parte della letteratura giuridica, la crisi della democrazia dei partiti non può ritenersi esclusivamente riconducibile in Italia a Tangentopoli72. La dissoluzione per via giudiziaria del "vecchio" sistema partitico ha costituto l'epilogo di quella crisi dei partiti da molto tempo in atto e la sua manifestazione più appariscente ed esteriore. La crisi dei partiti, a partire dalla fine del secondo millennio, deve essere interpretata come crisi della loro egemonia e della loro impossibilità ad esprimere e a rappresentare la complessa articolazione dei bisogni e delle istanze sociali. Come si vede si tratta di un fenomeno che ha le sue origini molto tempo prima di Tangentopoli e che ha quale “data significativa” quella del convegno della Trilateral e nella critica rivolta alle democrazie complesse73. 71 M. Calise, Il partito personale, Roma-Bari, Laterza, 1998. Fra gli altri A. Predieri, Potere giudiziario e politiche, Firenze, 1994, p. 34 che, a tal proposito, scriveva: finalmente <<è stato travolto con movenze rivoluzionarie tutto il sistema politico. La magistratura è apparsa come portatrice di cahiers de doléances, portavoce e portabandiera di sentimenti diffusi, strumento, organo di una società civile che non si riconosceva nei suoi rappresentanti e nella classe politica>>. 73 La Commissione Trilaterale, che riunisce il Council on Foreign Relations e del Bilderberg Club, è chiamata Trilaterale dal numero dei partecipanti fondamentali: USA, Europa e Giappone. Ha sede negli USA (345 East 46th Street, New York). Fu fondata nel luglio 1973, a seguito della decisione presa nel consiglio riservato del novembre 1972 dal presidente della Chase Manhattan Bank David Rockefeller (leader del Bilderberg Club ed ispiratore del Council on Foreign Relations), da Max Konigt (vice presidente del Comitato per l’integrazione dell’Europa ‘Jean Monnet’) e George Franklin, formalmente capo del CFR La conferenza della Trilateral, tenuta negli Usa nel 1984, si è occupata del problema mondiale: "La democrazia deve funzionare", che interessa anche la riforma elettorale di cui si sta discutendo nel nostro Paese sia a livello istituzionale che dottrinale. Cfr. Claudio de Fiores, Partiti politici e Costituzione. Brevi riflessioni sul decennio* di Claudio De Fiores Intervento svol72 Profili di teoria generale delle elezioni 81 Si prendeva atto, in quella riunione, che la cd. "partitocrazia" non rappresentava -a differenza di quanto ancora oggi sostenuto dalla politologia corrente- l'essenza della democrazia dei partiti, ma solo la sua estrema degenerazione prodotta dal tentativo di mantenere inalterata la propria presa sulla società attraverso le pratiche clientelari e il malaffare. È vero che in Italia l’avvento di Tangentopoli ha provocato la dissoluzione dei vecchi partiti quali la Democrazia Cristiana, i partiti Socialista, Repubblicano, Socialdemocratico e Liberale, ma si è assistito altrove anche alla caduta del Partito comunista e alla trasformazione di altri partiti in chiave democratica e più moderna nell’Est europeo con abbattimento del sistema marxista leninista. La fotografia che ne esce nel nostro Paese con la fondazione della seconda repubblica ed in altri paesi europei è quella di un sistema partitico nuovo che sembra abbandonare le metodiche del passato74. Si tende a teorizzare un nuovo sistema politico, oltre i partiti e un nuovo modello di rappresentanza. Sull’influsso dei nuovi poteri (la grande impresa, i media, la società civile, il trasversalismo referendario) si teorizza l’avvento della democrazia, fondata sul sistema elettivo maggioritario e non più su quello proporzionale75. Si ritiene da alcuni che la democrazia delle Nazioni europee, per funzionare efficacemente, debba immediatamente liberarsi di quell'insopportabile diaframma posto fra governati e governanti e costituito dai partiti politici e porre così implicitamente le condizioni per procedere all'elezione diretta del Capo del governo, del Capo dello Stato e di altri organi costituzionali di vertice direttamente da parte del popolo sovrano76. to nel corso del Seminario interno organizzato dalla Rivista in data 23 giugno 2004 a Roma sul tema "1993/2003, un decennio di storia costituzionale", In Riv. Osserv. Elettorale, 4/11/2004. 74 V. G. Ferrara, Istituzioni, lotta per l’egemonia e sistema politico, in "Pol. dir.", 1992, id., L’altra riforma, nella Repubblica, Roma, Manifestolibri, 2002, 91 ss.P. Ingrao, La “questione democratica”, in "Dem. dir.", 1988, p. 23. 75 V. E. Bettinelli, Partiti politici, senza sistemi dei partiti, Accademia Nazionale dei Lincei (a cura della), lo Stato delle istituzioni italiane, Milano 1994, p. 167 76 V. G. Pasquino, La repubblica dei cittadini ombra, Garzanti, Milano, 1991; Id, Come eleggere il governo, Anabasi, Milano, 1992; S. Fabbrini, Per una democrazia 82 Capitolo II In realtà, a nostro avviso, l'introduzione del sistema maggioritario più che risolvere i problemi delle democrazie italiana ed europee tenderà ad esasperarli ulteriormente: l’uso della personalizzazione della competizione elettorale, l’uso sistematico dei sondaggi, il crescente peso della politica spettacolo, la democrazia del "gradimento" non sono idonei a soffocare i partiti politici, che sono i soli a poter rappresentare gli interessi delle masse. Si punta, in questo modo, a sostituire quella che era stata la mediazione politica dei partiti con la immedesimazione istintiva e spontanea tra governanti e governati77. È nostra convinzione che debba essere abbandonata l’idea della sostituzione dei partiti, che ha costituito il sostegno dei Paesi europei dell’area occidentale e, a partire dagli anni 90, anche di quelli dell’area Centro – orientale che si sono affacciati alla democrazia e allo Stato democratico pluralistico. I partiti di massa hanno costituito il perno sia del sistema politico che dell'assetto costituzionale italiano e di altri Paesi europei sia sul piano storico e giuridico che su quello politico-sociale. Secondo alcuni la nozione costituzionale di popolo subisce una repentina alterazione in senso schumpeteriano, trasformandosi da popolo plurale "organizzato in partiti" (secondo il modello kelseniano) in una massa indistinta di <<individui legittimamente autointeressati, a cui occorre restituir voce>>78. Nel nuovo corso populismo e mercato tendono a relegare in soffitta i partiti politici, mettendo così in discussione la Costituzione democratica ed i vincoli da essa posti al dominio del capitale e alla sovranità popolare intesa come “illimitata libertà”, che non sopporta alcun argine giuridico o istanze sovraordinate79. È nostra personale convinzione che sia le istituzioni dei Paesi europei che le forze sociali e politiche si devono impegnare per la conservazione, eventuale trasformazione e valorizzazione dei partiti, ai quali deve essere restituito il ruolo di intermediari diretti e necessari maggioritaria, in Micromega", 1990, pp. 188 ss.; G. Sartori, Le riforme istituzionali tra buone e cattive, in "Rivista italiana di scienza politica", 1991, pp. 21 ss. 77 V. M. Luciani, Il voto e la democrazia, Roma, Editori Riuniti, 1991, p. 62. 78 V. M. Dogliani, Costituzione e antipolitica, in C. De Fiores (a cura di), Lo stato della democrazia, Franco Angeli, Milano, 2002, p. 31. 79 V. G. Zagrebelsky, Il “crucifige!” e la democrazia, Torino, Einaudi, 1995, p. 118. Profili di teoria generale delle elezioni 83 tra corpo elettorale ed istituzioni, sulla base delle trasformazioni che hanno caratterizzato la società civile e delle nuove sopraggiunte esigenze sociali. L’importante è che siano sempre i cittadini a decidere in un sistema democratico effettivo e non solo formale, fermo restando che deve essere osservata scrupolosamente la divisione dei poteri (legislativo, esecutivo e giurisdizionale) di cui la costituzione deve restare pur sempre garante. 2. Democraticità delle elezioni nell’ordinamento giuridico italiano ed in quello degli altri Stati. Quasi mai negli ordinamenti degli Stati europei e degli altri continenti esiste una precisa disposizione che assicuri la democraticità delle elezioni politiche ed amministrative per cui la relativa nozione si deve ricavare dalle fonti scritte di ciascun ordinamento. Conviene prendere le mosse, per cercare di definire tale nozione da utilizzare per ogni fattispecie che verrà toccata nella presente trattazione, dall’esame delle fonti scritte dell’ordinamento italiano. La democraticità delle elezioni non trova alcun fondamento diretto nella costituzione della Repubblica Italiana, ma si ricava principalmente dagli artt. 49 e 52, comma 3 cost.- che affrontano il tema delle elezioni nell’ambito dei rapporti politici, affermando rispettivamente che: <<Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale>> (cost. 18; 98, comma 3; XII dispos. trans. finale) e <<L’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica>> (art. 52, comma 3 Cost.). Il metodo non può che avere valore strumentale in una determinata organizzazione, nella specie l’organizzazione delle elezioni. Nella sua accezione dinamica tale organizzazione si attua attraverso un procedimento elettorale democratico. Possiamo, quindi, ritenere che il “metodo democratico” si possa realizzare mediante un’azione ed una struttura che si pone alla base non solo del procedimento elettorale ma anche dell’ordinamento costituzionale, politico ed amministrativo dello Stato. Quanto allo “spirito democratico” dell’ordinamento giuridico considerato nel suo insieme ed in ogni sua singola parte, compresa quella delle elezioni, è un attributo non solo esponenziale di una ten- 84 Capitolo II denza e di un obiettivo, ma rappresenta un valore cogente da cui le disposizioni di legge e di regolamento non possono prescindere dall’esserne permeate. Le indicazioni che si ricavano dalla Costituzione Repubblicana italiana del 1948 nelle formule: “metodo democratico”, “spirito democratico” e “base democratica” consentono di poter ritenere che le elezioni sono solo quelle cui partecipa tutto il popolo e cioè quelle che si svolgono secondo il metodo democratico ed il cui metodo si informa allo spirito democratico. Elezioni (politiche ed amministrative) democratiche non possono essere che quelle a base universalistica la cui organizzazione e procedimento devono essere disciplinati da norme e da principi caratterizzati dal metodo e dalla spirito democratico, che costituiscono i principi basilari ed inalienabili dell’intero ordinamento giuridico italiano e delle sue varie parti. Quando si afferma che le elezioni sono democratiche significa che il predicato “democratiche” non deve essere inteso alla stregua di una mera affermazione di principio, ma che tra sostantivo ed aggettivo deve esserci un rapporto reale che consente di valorizzare il carattere di democraticità inteso nel senso prima chiarito. Allora ben si comprende come la locuzione cardine dei principi costituzionali recata dall’art. 1 cost. secondo cui <<L’Italia è una Repubblica democratica>> significhi da una parte che l’Italia deve avere una forma di governo repubblicana e dall’altra che tale forma di governo non possa che essere democratica. Dal secondo attributo della democraticità discende come la sovranità appartenga al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Repubblica e democrazia sono elementi tra loro inscindibili e non separabili per cui la “forma repubblicana” caratterizza la democrazia italiana, intesa come governo di estrazione popolare mentre la “democraticità” è elemento necessario della Repubblica italiana. Entrambe le locuzioni “Repubblica” e “Democrazia” confermano l’elettività delle più alte cariche dello Stato su base popolare attraverso un procedimento elettorale che non può che essere “democratico” nell’ambito della forma repubblicana, che l’art. 139 cost. dichiara solennemente non soggetta a “revisione costituzionale”. Elettività democratica e democrazia repubblicana costituiscono Profili di teoria generale delle elezioni 85 principi e valori dell’ordinamento italiano che non possono essere disattesi dal sistema elettorale vigente che la costituzione si premura di affidare solo ed esclusivamente a legge Parlamento nazionale. A questo punto si possono dedurre dal sistema positivo italiano così delineato gli elementi essenziali che caratterizzano il concetto di “elezioni democratiche” e di “regime rappresentativo democratico” di uno Stato80. Il voto con cui il corpo elettorale designa propri rappresentanti a ricoprire le più alte cariche dello Stato e degli altri enti minori è l’espressione del consenso o del dissenso in una società democratica81. Il ruolo del processo elettorale è quello di consentire una libera espressione della manifestazione di volontà da parte del corpo elettorale. Da tali affermazioni discende la “nozione di legittimità” che, in termini generali, si può definire come la proprietà che ha il sistema elettorale di essere visto e accettato liberamente come il più idoneo da parte di una determinata comunità82. Sulla nozione di legittimità e sulla sua crisi democratica non vi sono teorie e soluzioni univoche e su di essa si è divisa la dottrina. In questa sede è sufficiente ricordare che la democrazia moderna si regge sul consenso, sulla partecipazione diretta e sulla rappresentanza83. 80 Vedi Arend Lijphart, Typologies of Democratic System, in “Comparative Political Studies”, 1968, n. 1 pp. 3 – 44. L’autore affronta il tema del modello consociativo fuori dall’Europa ed indica il Libano (1943 – 1975) e la Malaysia (1955 – 1969) nella sua opera dal titolo “Democracy in Plural Societies, A comparative Exploration. New Haven London, Yale University Press, 1977 pp. 147 – 157. In tale libro si citano altri casi di elementi consociativi in democrazie non consociative. 81 V.M. Seymour Lipset, L’uomo e la politica, Milano, Comunità, 1963, p. 28; James Frederik Stanley Ross, Elections and electors, Studies in democratic representation, Eyre & Spottiswoode, London, 1955. 82 V. Leonardo Morlino, Come cambiano i regimi politici, Milano, strumenti di analisi, Angeli 1980, pag. 148; Denitch Bogdan (a cura di), Legittimation of Regimes, Beyerly Hilss, Dage, 1979; 83 Sulla partecipazione vedi: Giovanni Sartori, Democratic Theory, New York, Praeger, 1965, spec. pp.. 250-277 e J. Roland Pennock e John W. Chapman (a cura di) Participation in Politics, New York, Lieber – Atherton, 1975, Alessandro Pizzorno, Introduzione allo studio della partecipazione politica, in “Quaderni di Sociologia”, 1966, n. 3-4, pp. 235-287 e Maurizio Cotta, Il concetto di partecipazione politica: linee di un inquadramento teorico, in “Rivista Italiana di Scienza Politica”, 1979, n. 2 pp. 193-227. Capitolo II 86 Per regime rappresentativo “democratico” di uno Stato, si può intendere ogni sistema politico, caratterizzato dalla presenza di un’Assemblea (almeno una) quale istituzione permanente elettiva su basi competitive, includente stabilmente, accanto alla maggioranza, un’opposizione, entrambe democraticamente elette84. Questa definizione indica le condizioni necessarie e sufficienti perché possa esistere un sistema democratico rappresentativo, che può ritenersi un “genus” con varie “species” e cioè: sistema di gabinetto all’inglese, democrazia parlamentare eurocontinentale, democrazia parlamentare assembleare, cancellierato tedesco, presidenzialismo all’americana, semipresidenzialismo alla francese, forme miste ed altre ancora85. La democrazia consociativa, compresa tra le forme miste, è una species che deriva dalle fondamentali regole del gioco democratico, riferibili alle istituzioni del governo costituzionale e rappresentativo. Proprio per il ruolo determinante che viene svolto dalle elite è una ulteriore conferma del rapporto tra cultura e struttura posto che le lite ed i loro strumenti di azioni si ricomprendono nel contesto strutturale in cui le regole del gioco democratico vengono accettate e generalmente condivise con un atteggiamento di deferenza delle masse verso i “Capi”86. Il modello interpretativo della “democrazia consociativa”, presente nel sistema politico italiano della Prima Repubblica, deriva, ai giorni no84 Vedi F. Lanchester, Stato (forme) in Enciclop. Diritto XLIII, cit., 1990, pag. 814; G. De Vergottini, Diritto costituzionale comparato, cit. pp. 126 ss.; D. Fisichella, Sviluppo democratico e sistemi elettorali, Sansoni, Firenze, 1970. 85 Vedi Arend Lijphart,, The Politics of Accomodation Pluralism and Democracy in The Netherlands, Berkeley, University of California Press, 1975, pp. 124, 125; Eric A. Nordlinger, Conflict Regulation in Divided Societies, Center for International Affairs, Harvard University Occasional Paper, n. 29, 1972 pp. 24, 25.; Adriano Pappalardo, Le condizioni della democrazia consociativa, una critica logica ed empirica, in Rivista Italiana di Scienza Politica,1979, n. 3 pp. 367 – 445. Per un tentativo di applicazione del modello al caso italiano, vedi Luigi Graziano, Compromesso storico e democrazia consociativa: verso una “nuova democrazia?”, in Luigi Graziano e Sydney Tarrow (a cura di), La Crisi Italiana, Torino, Einaudi 1979 pp. 719 – 767. Per la confutazione di tale tesi vedi Adriano Pappalardo, La Politica Consociativa nella Democrazia Italiana, in Rivista Italiana di Scienza Politica, 1980, n. 1 pp. 73 – 123. 86 Sul sistema di comportamento delle masse nelle democrazie consociative, vedi Adriano Pappalardo, Le condizioni della democrazia consociativa, una critica logica ed empirica, in Rivista Italiana di Scienza Politica, 1979, n. 3 pp. 426, 427. Profili di teoria generale delle elezioni 87 stri, dal sistema politico presente in tre nazioni: Austria, Belgio e Olanda87. Tali nozioni e principi applicati su scala nazionale hanno dato risultati non confortanti in ordine alla presenza della democraticità negli Stati dei vari continenti. Appare, quindi, necessario che gli organismi internazionali intervengano per assicurare i diritti di elettorato attivo e passivo a tutti i cittadini e la rappresentatività democratica degli organi istituzionali in tutti i Paesi del mondo. 3. Elezioni, sistemi elettorali e votazioni 3.1 Elezioni sotto il profilo tecnico e funzionale Il problema elettorale, che deve essere riguardato sotto il duplice profilo tecnico e funzionale, rappresenta il momento centrale della democrazia politica. In una democrazia rappresentativa le regole del gioco politico consistono in una serie di convenzioni e di leggi tra le quali assumono valore pregnante quelle elettorali. L’elezione è una procedura, riconosciuta dalla legge o da altre fonti normative, attraverso la quale vengono scelte alcune persone per rivestire cariche autoritative all’interno dello Stato o di altre organizzazioni pubbliche e/o private. Possiamo ritenere che le elezioni in senso tecnico siano uno strumento tipico atto a prendere decisioni in modo indiretto attraverso l’intermediazione di persone dotate di una maggiore o minore autonomia88. L’elezione in senso qualitativo considera anche il contenuto della scelta e cioè il fatto che si possa liberamente scegliere (libertà elettorale) senza alcuna pressione proveniente dal sistema culturale e sociale in atto nel Paese, che in vario modo può essere in grado di influenzare il suffragio. 87 Per un’ampia analisi dell’esperienza consociativa in tali Paesi e per la sua collocazione nel tempo, vedi Adriano Pappalardo, Le condizioni della democrazia consociativa cit. pp. 367-445. 88 Al concetto di elezioni in senso stretto si contrappongono il plebiscito ed il referendum, che sono strumenti di democrazia a partecipazione diretta alla scelta. Capitolo II 88 L’esistenza di elezioni libere e “competitive” aiuta in modo notevole a classificare i sistemi politici vigenti nei vari Paesi89. Ciò presuppone l’esistenza di una sostanziale libertà per il singolo di poter operare una scelta tra più candidati in competizione in prospettiva di poter determinare con il proprio suffragio l’indirizzo politico generale del Governo ed il ricambio della classe politica.. Le elezioni non competitive sono inseribili solo nel concetto tecnico di elezione e non su quello funzionale che considera anche e soprattutto il profilo costitutivo della scelta operata dall’elettore. In dottrina viene fatto ricorso al c.d. livello di democrazia che si ottiene negli stati a democrazia pluralista dall’esame dell’esistenza di determinate guarentigie tra le quali primeggiano le garanzie di libertà (di partecipazione al voto, di essere eletti, di esprimere il suffragio in condizioni di assoluta indipendenza senza alcuna costrizione interna o esterna ed anche di non dover partecipare obbligatoriamente al voto), di universalità del voto e dell’eguaglianza del suo peso. I tentativi di misurare il livello di “democrazia e libertà” esistente nei vari sistemi politici sono assai numerosi e non sono mai approdati a risultati scientificamente certi90. Nei paesi occidentali si notano soddisfacenti livelli di significatività del processo elettorale all’interno delle norme che regolano con sufficiente chiarezza e democraticità le varie competizioni elettorali politiche e amministrative. Le elezioni costituiscono un metodo pacifico di successione alle cariche potestative e di individuazione dell’indirizzo esistente all’interno della comunità e sono strumenti idonei a risolvere in modo democratico i contrasti ed i conflitti esistenti all’interno dei gruppi, delle classi sociali e dei partiti politici. 89 V. G. Schepis, Profilo della sociologia elettorale, in Amministrazione civile, II (1959), n. 9, pp. 10 ss.; M. Duverger, I sistemi politici, Bari Laterza, 1978, p. 100; A. Hauriou – G. Gicquel, Droit constituzionnel et Institutions politiques, Paris, Montchrestien, 1980, pp. 252 ss; F. Lanchester, Gli strumenti della democrazia, Giuffré, Milano 2004, cit., pp. 158 ss. 90 V. L. Morlino, Come cambiano i regimi politici, strumenti di analisi, Milano, Angeli, 1980, cit., pp. 235 ss. Profili di teoria generale delle elezioni 89 3.2 Funzione delle elezioni Le elezioni possono essere generali e parziali, secondo che riguardino l’intero organo collegiale o monocratico ovvero parte di esso; si hanno poi elezioni suppletive quando si debba provvedere alla copertura di seggi rimasti vacanti che man mano si verifichino nel corso della legislatura.91. Si distinguono poi le elezioni a suffragio o voto diretto o primarie dalle elezioni a suffragio o voto indiretto; con le prime gli eletti ricevono la loro investitura direttamente dal corpo elettorale nel suo plenum; con le seconde l’investitura avviene con un collegio di elettori più ristretto e selezionato che, a sua volta, è pur sempre espresso dall’intero corpo elettorale. Da qui viene in evidenza la distinzione tra elettori primari (o di primo grado) ed elettori secondari (o di secondo grado) cui corrispondono rispettivamente le “elezioni primarie” e le “elezioni secondarie”. Deve essere ricordato che mediante le elezioni vengono eletti i componenti delle Assemblee parlamentari dell’Unione Europea e del Parlamento nazionale, dei Consigli regionali, provinciali e comunali ed i titolari di altre cariche elettive di organi collegiali e monocratici (Capo dello Stato, Capo del Governo, Sindaco del Comune, Presidente della Provincia e della Regione). L’incidenza delle elezioni varia a seconda del ruolo rivestito dal Parlamento all’interno del sistema politico92. Nel periodo dello Stato liberale i Parlamenti assunsero importanza predominante rispetto agli altri poteri dello Stato. Il monarca viene privato del potere assoluto ed il potere esecutivo viene sempre più ad essere condizionato dal Parlamento fino alla creazione dell’istituto della sfiducia che costringe l’esecutivo alle dimissioni. Le elezioni del Parlamento erano finalizzate alla scelta delle persone più in vista che 91 L’art. 25, comma 2 della legge 8 marzo 1951, n. 122 prevedeva per i Consigli provinciali elezioni suppletive; tale norma è stata abrogata dall’art. 11 della legge 10 settembre 1969, n. 962. 92 V.K. Cluxen, Koln Kiepnheurer & Witsc, 1976, pp. 91 ss; C. Rossano, Partiti e Parlamento nello Stato contemporaneo, Napoli, Novene, 1972 pp. 65 ss; G. Burdeau, La democrazia, Essai Synthétique, Bruxelles, Office de publicité, 1956, pp. 23 ss. Capitolo II 90 avevano il compito di emanare le leggi e le norme attuative, interpretando l’interesse generale. L’estensione del suffragio universale e lo sviluppo economico fanno mutare notevolmente la funzione del Parlamento che, divenuto il centro del sistema politico, resta influenzato in modo determinante dai partiti e dai gruppi di pressione. I partiti ed i gruppi politici assumono sempre più il ruolo di pressione sulle Assemblee parlamentari che subiscono una metamorfosi riduttiva della centralità dell’ordinamento. Le elezioni parlamentari si trasformano da mero atto di preposizione di rappresentanti dei cittadini in strumenti idonei a determinare gli indirizzi politici alternativi, rappresentati dai partiti organizzati su scala nazionale e dai leader delle coalizioni in lizza per l’elezione. All’interno dei sistemi politici di democrazia pluralista le elezioni sono permeate da una serie complessa di funzioni che si proiettano anche sulla determinazione dei vari sistemi elettorali, considerati alla stregua di meccanismi capaci di trasformare i voti in seggi93. I sistemi elettorali sono gli strumenti tecnici dotati di valenza politica capaci di incidere sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo sulla rappresentanza politica. Si vota sia per deliberare su un determinato oggetto che per eleggere, attraverso un determinato procedimento, una o più persone a ricoprire cariche elettive. Le elezioni politiche svolgono una importante funzione che è quella di legittimare il sistema politico nel suo complesso per cui si considera “legittimo” o “democratico” quel governo che basi la propria attività sul consenso popolare, stabilito dal ricorso al sistema elettivo a suffragio universale, che abbia una durata limitata nel tempo e che l’indirizzo politico sia determinato dalla società politica direttamente oppure attraverso suoi rappresentanti collocati nei ruoli supremi del governo stesso94. Nella tipologia prima descritta si tende a far rientrare altre tre funzioni: la prima è quella di formare all’interno delle forze politiche in competizione elettorale una maggioranza stabile capace di governare 93 V.N. Bobbio, La teoria delle forme di governo nella storia del pensiero politico, Torino, Giappichelli, 1976, pp 3 – 8. 94 V. S.M. Lipset, Political Man, the Social Bases of Politics, New York, Doubleday, 1960 pag. 46; A Pizzorno, I soggetti del pluralismo, Classi, partiti, sindacati, Bologna, Il Mulino, 1980, pp. 19 ss. Profili di teoria generale delle elezioni 91 per tutto il periodo del mandato ed una opposizione idonea a svolgere un civico controllo sulla maggioranza. Ove ciò non fosse possibile le elezioni perderebbero la loro originaria primaria funzione95. Tale indirizzo dottrinale ha alle sue spalle l’esperienza parlamentare anglosassone, che si arricchisce di quella del Wolkstaat tedesco ed in cui si confrontano, di norma, solo due coalizioni o due partiti che si contrappongono sia per l’ideologia che per l’indirizzo politico. In questa ipotesi la democrazia rappresentativa si trasforma in democrazia di investitura, caratterizzata da ideologie dell’elettorato e da leaderships poco differenziate96. È difficile pensare di esportare tali esperienze in altre realtà che non hanno la storia ed una cultura profondamente democratica come quelle inglesi e tedesche. Altra funzione delle elezioni in presenza di un sistema politico pluripartitico è quella della formazione del governo non in base ad accordi predeterminati, ma solo dopo le elezioni. Alla democrazia di investitura si sostituisce la democrazia comunemente chiamata “mediata”, caratterizzata dall’accordo scaturito tra le forze politiche investite dalla fiducia degli elettori, che può mutare dando luogo a nuove forze coalizzate che siano in grado di assicurare la stabilità del governo, che deve godere della fiducia del Parlamento. Tale situazione diviene precaria nelle democrazie c.d. “difficili” dove non si riesce a raggiungere accordi che siano in grado di garantire la governabilità del Paese nonostante la paziente opera di mediazione esercitata dalla forze politiche di maggioranza relativa. Non si può negare che in presenza di tali fattispecie esista una democrazia pluralista, pur nella certezza che occorra recuperare standards di efficienza e funzionalità che ne elimino i difetti. 95 V. C. Mortati, art. 1, Principi fondamentali. Commentario della Costituzione, a cura di C. Branca, Bologna, Zanichelli, 1975, pp 36,37, Non è di tale avviso G. Ferrara, il Governo di coalizione, Milano, Giuffrè, 1973, pp. 26,27. 96 Sulla questione esposta si è acceso un ampio dibattito non ancora sopito per la difficoltà di analizzare vari elementi compresenti di difficile ponderazione. V. L. Elia, Governo (forme di) cit., vol. XIX pp. 646,647;. M. Galizia, Fiducia parlamentare, in Enc. Dir. Vol. XVII, pag. 390. Si cerca di dimostrare che l’atto elettorale tende ad assumere tre significati: preposizione di un candidato ad una determinata carica; adesione ad un programma, fiducia nei confronti di un leader. Capitolo II 92 Alla domanda sui “good purposes” per cui le elezioni sarebbero state istituite, Lakeman e Lambert le hanno enucleate in questi elementi: un Parlamento capace di recepire le tendenze d’opinione presenti nell’intero elettorato; un governo conforme ai voleri della maggioranza dell’elettorato; elezione di rappresentanti in possesso dei requisiti per poter governare; un forte e stabile governo. Si tratta di un concetto di democrazia assai ristretto, che peraltro racchiude la pluralità di scopi che con le elezioni si intendono raggiungere97. 3.3 Sistema elettorale e procedimento elettorale La dottrina politologica solo di recente ha posto l’attenzione sulle nozioni di sistema elettorale e procedimento elettorale; il primo comprende le norme relative al procedimento elettorale che possono essere chiamate “leggi sulle elezioni” ed il secondo i mezzi tecnici apprestati dal legislatore per la suddivisione e l’attribuzione dei seggi ai partiti politici concorrenti. La dottrina dal canto suo ha distinto tra metodo elettivo, costituito dal complesso di tecniche giuridiche che attengono all’organizzazione elettorale e al procedimento elettorale, e sistema elettorale, costituito dal complesso di norme che attengono alle fasi dello scrutinio e all’attribuzione dei seggi alle liste dei concorrenti98. 97 V. E. Lakeman e J. D. Lambert, Voting in Democracies. A Study of Majority an Proporzional System, Londra, Faber and Faber, 1955, pp. 25 ss. 98 V.G. Ferrari, Elezioni (teoria generale), in Enc. Diritto, vol. XIV, pp. 621 ss.; C. Lavagna, il Sistema elettorale nella Costituzione italiana, in Riv. Trim. dir. Pubbl. 1962, pp. 849 e 854. Per quest’ultimo autore per sistema elettorale si deve intendere il <<particolare tipo di procedura elettiva: cioè il sistema di ripartizione del Corpo elettorale in collegi, il modo di votazione ed i criteri di scrutinio>>; G. Schepis, I sistemi elettorali, Teoria – tecnica – legislazioni positive, Empoli, Caparrini, 1955, p. XXI; W Douglas Rae, The Political Consequence of Electoral Laws, New Haven, Yale University, Press, 1971. Profili di teoria generale delle elezioni 93 Qualsiasi tipo di classificazione dei sistemi elettorali – ad avviso di Rokkan – deve partire dall’esame di sei aree diverse d’analisi e precisamente: //1 – il soggetto che vota; //2 – il peso di ciascun elettore; //3 – la standardizzazione delle procedure e la libertà di scelta; //4 – il tipo e l’ampiezza della circoscrizione; // 5 – i livelli di scelta offerti all’elettore; //6 – le procedure e modalità di calcolo di trasformazione dei voti in seggi. I primi tre elementi si riferiscono ai contenuti della legislazione elettorale mentre gli altri tre attengono al sistema elettorale in senso stretto99. 3.4 Le votazioni Le preposizioni di individui a cariche autoritative di tipo pubblicistico presuppone, come del resto qualsiasi designazione di persone in organi collegiali anche privati, la manifestazione della volontà dei soggetti che concorrono alla relativa designazione. Le designazioni collettive risultano dalla sommatoria di quelle individuali e, in campo pubblicistico, le decisioni elettive si manifestano attraverso l’espressione del voto mediante un sistema procedimentale disciplinato dalla legge. Per “votazione” si deve intendere, quindi, la manifestazione della volontà del singolo o del gruppo all’interno di un procedimento appositamente strutturato avente lo scopo di pervenire a decisioni collettive di tipo deliberativo o elettivo100. 99 V. S. Rokkan, Elections: Electoral System, in International Encyclopaedia of The Social Sciences, New York. Crowell – Collier – Macmillan (1968), vol. 5 pp. 6 ss. Sistema elettorale in senso stretto viene definito da una pluralità di variabili di cui la formula costituisce solo un elemento che agisce in correlazione con le altre. L’insieme degli elementi risponde dal punto di vista formale e sostanziale a determinate finalità politico – ideologiche che restano influenzate dal sistema politico esistente in un determinato Paese. Sul punto vedi: L. D’Amato, Sull’interdipendenza tra regimi politici e sistemi elettorali, in Studi in onore di G. Chiarelli, tomo I, Milano, Giuffré 1973 pp. 391.392; A. Colombo, La dinamica storica dei partiti politici, Milano - Varese, Cisalpino, 1970, pp. 29 ss. 100 Sulla nozione di voto vedi F. Lanchester, Votazioni, sistema politico e riforme istituzionali, Roma, Bulzoni, 1987, pp. 177 ss. .Sul concetto di voto vi sono diverse prese di posizione della dottrina. Per F. Bettinelli, nell’opera “Diritto di vo- 94 Capitolo II Strettamente connessa con la manifestazione della volontà si pone sia la questione del diritto del singolo alla partecipazione alle decisioni all’interno di un collegio o seggio con poteri formalmente incisivi che sull’espressione del voto e sugli effetti della decisione presa dal collegio e/o dal seggio elettorale. Le votazioni possono coinvolgere in modo diretto, mediato o addirittura virtuale i componenti del collegio ed anche altri individui. In questa sede vengono prese in esame solo le votazioni politiche che coinvolgono il Corpo elettorale101. Per l’adozione di decisioni sia elettive che deliberative di tipo pubblicistico si ricorre all’utilizzo di quorum strutturali e funzionali predeterminati mentre si utilizza prevalentemente il principio maggioritario temperato e/o proporzionale negli ordinamenti democratici102. La votazione individua non solo la manifestazione di volontà all’interno di un organo collegiale di coloro che ne hanno diritto, ma anche il procedimento all’interno del quale lo stesso voto si manifesta. Il relativo concetto viene a porsi alla base degli attuali ordinamenti moderni a democrazia pluralista, pur costituendo anche un momento fondamentale per le altre forme di Stato e per gli stessi collegi di natura privatistica103. Esiste un concetto tecnico ed uno qualitativo di votazione; solo in quest’ultimo caso l’espressione formale della scelta del singolo avente diritto si manifesta come un vero atto di libera volontà e come tale deve corrispondere a specifici requisiti. Sotto l’aspetto giuridico si preto…”, p. 217 si intende “come voto quella manifestazione di volontà che consente ad un soggetto di concorrere all’assunzione di una decisione politica”. 101 V. JC. Masclet, Droit électoral, Paris, Puf. 1989, pp. 12 ss.; F.T. Martines, Indirizzo politico, in Enc. Dir. XXI, pp. 134 ss.; A. Manzella, Il Parlamento, Bologna, Il Mulino, 1991, pp. 57 ss. 102 V. F. Lanchester, Votazioni, sistema politico e riforme istituzionali, Roma, Bulzoni, 1987, cit. pp. 177 ss.; dello stesso autore: Rappresentanza, responsabilità e tecniche di espressione del suffragio, Roma. Bulzoni, 1990, pp. 213 ss. e Elezioni e automazione. Tutela della regolarità del voto e innovazione tecnologica, in collaborazione con Agosta e Spreafico, Milano, Angeli, 1989, p. 210. 103 V. J. R. Pennock, Political , Democratic Political Theory, Princeton U.P. 1979, p. 6. È la volontà e la sua espressione autonoma nel procedimento il collegamento che unisce dal punto di vista soggettivo votazioni pubblicistiche e votazioni privatistiche Profili di teoria generale delle elezioni 95 tende il rispetto di criteri minimi di tutela dell’autonomia nella formazione e nell’espressione della volontà. Da ciò discende che il criterio di valutazione degli standards di democraticità di una votazione elettiva e deliberativa non possa limitarsi alla fase costitutiva della votazione in senso stretto, ma debba tener conto di ogni fase della relativa procedura (fase preparatoria, fase della votazione, comunicazione risultato della votazione, proclamazione degli eletti). Negli ordinamenti contemporanei la votazione individuale si svolge all’interno di un determinato collegio con effetti che si riflettono sullo Stato apparato104. Democratica può ritenersi una votazione che presenti, oltre agli elementi formali richiesti, la garanzia di essere informati e di informare nell’ambito di una competizione pluralistica e di poter esprimere il suffragio nella certezza che venga valutato in modo corretto e nel rispetto delle regole democratiche vigenti.. Nel campo delle votazioni elettive di tipo pubblicistico per l’esistenza del requisito della democraticità deve essere garantito ai soggetti che partecipano alla competizione sia in qualità di elettori che di eligendi un piano di sostanziale parità o quanto meno uguaglianza tendenziale delle chances. Sotto altro punto di vista per il riscontro della democrazia nelle elezioni si deve garantire assoluta regolarità del procedimento da parte dell’ordinamento in ogni sua fase a partire dall’iscrizione nelle liste elettorali degli aventi diritto al voto fino a quella dello scrutinio e della proclamazione dei risultati delle votazioni stesse105. La natura del diritto di partecipazione alle votazioni di tipo pubblicistico è stata variamente intesa dalla dottrina, secondo che essa derivi da un singolo individuo, dalla comunità ovvero da entrambi. Secondo alcuni studiosi la capacità di votare rappresenta un diritto naturale di cui sono titolari tutte le persone; da ciò discende che la capacità elettorale attiva resta collegata al territorio come il diritto di 104 V. Sull’espressione della volontà in senso tecnico e valutativo G. Ferrari, Elezioni (teoria generale), cit.; T. Martines, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Le Camere, tomo 1 (art. 55 – 63), Bologna, Roma 1984, sub artt. 56 – 58, pp. 43 ss.; Guido Legnante, La personalizzazione del voto. Come la vedono i parlamentari italiani, in Quaderni dell’osservatorio elettorale n. 50 (dicembre 2003). 105 V. P. Farneti, Introduzione al sistema politico italiano, Bologna, Il Mulino, pp. 12 ss. Capitolo II 96 proprietà. Tale diritto, secondo la concezione, che è rimasta in vigore fino ai primi anni dello scorso secolo, resta collegato al possesso di un diritto reale o di un particolare “status” o “censo”. I possessori di uno di tali requisiti hanno titolo per occuparsi e gestire la cosa pubblica mentre le altre persone rientrano nel novero di persone amministrate106. Per altra parte della dottrina la capacità di partecipare alle votazioni di tipo pubblicistico si ricollega ad una pubblica funzione esercitata nell’interesse della comunità (concezione totalizzante). Rilevanza centrale non viene assunta dal singolo individuo, ma da un’entità astratta costituita dallo Stato o dalla Nazione ai quali è riconosciuto il potere originario di decisione suprema107. La teoria dualistica prospetta una soluzione che tiene conto sia del diritto dell’individuo all’espressione del voto che della funzione di quanti sono investiti di una funzione pubblica. Ai tempi nostri, in presenza di democrazie pluraliste (almeno con riferimento agli Stati facenti parte dell’Occidente europeo), tali teorie si devono intendere superate in quanto non si tratta più di stabilire chi abbia la capacità elettorale che è generalmente riconosciuta al corpo elettorale che si identifica con la popolazione con i soli limiti del possesso della capacità elettorale, ma di come debba essere manifestata tale capacità108. 106 V. A. Ein, Eléments de droit constitutionnel français et comparé, ed. riveduta par H. Nezard, Paris, Sirey, 1921, vol. I, p. 308; L. Duguit, Traité de droit constitutionnel, vol. II, La théorie generale de l’Etat, Paris, Boccard, 1928, pp. 577 ss. 107 L’argomento è di vastissima trattazione. Per tutti vedi: G.G. Bluntshli, La politica come scienza, Napoli, Vallardi, 1879, p. 346 (l’autore sviluppa la posizione statalista della dottrina tedesca e afferma che la capacità elettorale non rappresenta un diritto naturale ma solo politico). Per G. Jellinek, System der Subjektiven öffentlichen Rechte, Freiburg, Mohr, 1892, p. 138 (sostiene che l’elettore agisce come organo dello Stato). 108 V. P.L. Zampetti, Dallo Stato liberale allo Stato dei partiti, La rappresentanza politica, Milano, Giuffré, 1965; G. Capograssi, La democrazia diretta, in Opere, Milano, Giuffré, 1959, p. 468 ss.; F.A. Hermens, The Representative Republic, Notre Dame, University of Notre Dame Press., 1958, pp. 152 ss.; M. Fedele, Teoria e critica della liberaldemocrazia, Bari, De Donato, 1972, pp. 23 ss.; id. Classi e partiti negli anni settanta, Roma, editori Riuniti, 1979, pp. 16 ss. Profili di teoria generale delle elezioni 97 In questa interpretazione l’espressione del voto deve passare attraverso i meccanismi sia della democrazia diretta che della rappresentanza politica 3.5 Sistemi elettorali e formule elettorali Il sistema elettorale è uno strumento complesso che, per la sua stessa natura, per l’insieme delle sue regole e delle sue procedure, per la sua collocazione in un sistema politico, istituzionale e sociale, influenza, più o meno significativamente, le modalità con le quali gli elettori esprimono il loro consenso. È opinione comune che il sistema elettorale costituisca un vero e proprio filtro tra la società, la politica e le istituzioni. Per queste ragioni i sistemi elettorali sono strumenti di notevole rilevanza per il funzionamento dei sistemi politici, per la stessa dinamica della forma di governo e di garanzia della democrazia109. Lanchester lo definisce quale meccanismo per la trasformazione dei voti in seggi110. Suoi elementi costitutivi sono: // 1 - il tipo di strutturazione dei modi di scelta che l’elettore può operare nell’esprimere la sua volontà mediante la “scheda elettorale”; // 2 - l’ampiezza e i disegni delle circoscrizioni elettorali; // 3 - la formula usata per la trasformazione dei voti in seggi. Le tipologie dei sistemi elettorali derivano dalla combinazione di questi tre fattori ed è proprio per questo motivo che la dicotomia sistema maggioritario – sistema proporzionale appare inadeguata a coglierne le differenze sostanziali111. 109 V. M. Duverger, L’influence des systèmes électoraux sur la vie politique, A. Colin, Paris, 1950; George Lachapelle, Les régime électoraux, Paris, 1934. 110 V. F. Lanchester, Sistemi elettorali e forme di governo, Il Mulino, Bologna 1981, pp. 85 ss.; dello stesso autore: Gli strumenti della democrazia, cit, pp.176,177; G. Scheèis, I sistemi elettorali: Teoria, tecnica, legislazioni positive, Ed. Caparrini, Empoli, 1955; Gaspare Ambrosini, I sistemi elettorali, Sansoni, Firenze 1946; Jean Marie Cotteret et Claude Emeri, I sistemi elettorali, ed. Puma, Milano 1979, che propongono una diversa classificazione. Per sistemi che consentono la rappresentanza delle minoranze, vedi: G. Schepis, I sistemi elettorali: Teoria, tecnica, legislazioni positive, op. cit. pp. 51 ss. 111 V. Jean Marie Cotteret, Claude Émeri, I sistemi elettorali, Ed. Puma, Milano, 1979; G. Ambrosini, Sistemi elettorali, Sansoni, Firenze, 1946 cit.; George Van den Bergh, Unity in Diversity: A Rewiew of Electoral System, London, 1956; 98 Capitolo II Una specificazione necessaria attiene alla distinzione tra formula elettorale e sistema elettorale. La prima riguarda soltanto il meccanismo di traduzione di voti espressi dagli elettori in seggi attraverso formule precostituite (maggioritario semplice o secco, maggioritario a doppio turno, sistema proporzionale e sue notevoli varianti). Il secondo concerne soprattutto il disegno delle circoscrizioni, la regolamentazione dell’attribuzione o meno delle preferenze ai vari candidati, l’eventuale introduzione delle primarie, la disciplina dell’informazione politica e della propaganda elettorale, un controllo efficace accompagnato da sanzioni sulle modalità di finanziamento dei partiti e sul loro stato patrimoniale, oltre che sulle campagne dei singoli candidati. Il ritaglio dei collegi è importante in quanto può garantire una maggiore equità nella ripartizione dei seggi o determinare palesi iniquità. Anche l’ampiezza dei collegi, intesa come numero dei seggi o di elettori attribuiti a ciascuno di questi, è importante; infatti, più i collegi sono ampi meno selettiva è la formula elettorale, in quanto occorre una minore percentuale di voti per ottenere un seggio, e viceversa. I sistemi elettorali moderni e democratici si fondano sul principio della sovranità popolare. È importante tenere presente che qualsiasi sistema elettorale “distorce”, in maggiore o minore misura, quello che sarebbe in teoria il risultato perfetto, ovvero la conquista di un numero di seggi esattamente proporzionale al numero di voti ottenuto. Ogni sistema elettorale implica dunque inevitabilmente un fattore distorsivo, ovvero la discrepanza che ciascuno di essi produce tra il peso numerico degli orientamenti politici dei cittadini, espresso in percentuale dei voti complessivamente raccolti dai singoli partiti, e il numero dei parlamentari attribuiti effettivamente a ciascuno di questi. L’indice distorsivo può essere di tre tipi o misure: basso, medio o alto. Solitamente i valori alti corrispondono ai sistemi elettorali maggioritari, i valori bassi ai sistemi proporzionali e i valori medi, anche se non sempre, ai sistemi misti. La distinzione di fondo, che continua ad essere operata dagli studiosi e dal legislatore è quella tra formule maggioritarie e formule proporzionali. Tale distinzione affonda le radici nel passaggio dallo Stato liberale oligarchico allo Stato democratico- pluralistico, ovvero Profili di teoria generale delle elezioni 99 dal suffragio ristretto a quello universale. In questa fase in vari Paesi dell’Europa continentale il sistema maggioritario ha ceduto il passo a quello proporzionale, ritenuto più in grado di garantire l’accesso di nuovi partiti o coalizioni di cittadini alla rappresentanza e di esprimere la pluralità e la consistenza reale delle varie forze politiche. Fin dalla seconda metà del secolo scorso si è sviluppata una polemica tra sostenitori della superiorità del sistema proporzionale o di quello maggioritario. Sostanzialmente pregi e difetti delle varie formule sono soltanto tendenziali e non esiste un sistema elettorale in assoluto “superiore”, ma solo il sistema più adeguato al contesto politico- istituzionale nel quale deve operare e al raggiungimento dell’obiettivo che si intende conseguire. In realtà, ogni sistema elettorale ha la sua storia, strettamente legata alla storia politica di un Paese e dei partiti ivi presenti. Numerosi sono gli aspetti della problematica dei sistemi elettorali e chiari gli interessi dei partiti alla prevalenza di un sistema sugli altri. Per converso le leggi elettorali si dividono in due grandi famiglie: maggioritarie e proporzionali. Al primo gruppo appartengono quei sistemi in cui il punto focale è la “persona-candidato", che viene eletta nel "collegio elettorale" essendo sostenuta da uno o più partiti. L'elezione può avvenire attraverso una maggioranza relativa al primo turno (modello inglese ad un turno) oppure in un secondo turno di ballottaggio a cui accedono soltanto i candidati più votati. Il modello ad un turno conduce ad un sistema bipartitico ossia, salvo casi peculiari, con questo sistema solo due coalizioni si contendono l’investitura popolare per la guida del governo, che non può mai essere un governo di coalizione. Invece il sistema a due turni, tipico del regime politico francese della V Repubblica, conduce ad un sistema bipolare, ossia si assiste allo scontro tra due coalizioni partitiche che si contendono la guida del governo. I sistemi elettorali proporzionali, invece, si basano sulla "circoscrizione elettorale" in cui ogni singolo partito elegge tanti candidati in proporzione alla percentuale di voti ottenuti. Il sistema proporzionale conduce a situazioni pluripartitiche che favoriscono la nascita di governi di coalizione. Poiché molto spesso sono i sistemi proporzionali a favorire la frammentazione politica, si è 100 Capitolo II pensato di ovviare a ciò assicurando al partito meglio piazzato un cospicuo premio di maggioranza perché possa essere assicurata la possibilità di poter governare. Esistono, inoltre, sistemi "misti", che comprendono regole sia del sistema maggioritario che di quello proporzionale in prospettiva di assicurare stabilità al governo (grazie all'incentivo maggioritario) e, nel contempo, di poter garantire adeguata rappresentanza ai partiti minori (grazie alla correzione proporzionale), come ad esempio è avvenuto in Italia con la legge elettorale in vigore dal 1992. Tra i vari sistemi elettorali, presenti nell’ordinamento comunitario e nei vari Paesi che fanno parte dell’Unione Europea, vengono in rilievo due gruppi fondamentali e cioè quelli maggioritario e proporzionale. In realtà questa è una grande contrapposizione attorno alla quale ruotano sottosistemi e modalità di elezione dei Parlamentari dei vari Paesi che fanno parte dell’Unione Europea e del Parlamento Europeo. I sistemi elettorali influenzano le forme di governo in due modi: in via diretta in quanto condizionano i rapporti tra gli organi costituzionali ed in via indiretta in quanto incidono sul sistema dei partiti. Con l’espressione “sistemi elettorali” si indicano anche le diverse tecniche utilizzabili per ricavare dai voti espressi dagli elettori l’indicazione dei candidati che devono essere chiamati a ricoprire i posti cui l’elezione si riferisce112. Il sistema elettorale si fonda su due presupposti: <<L’estensione del suffragio e la tecnica di traduzione dei voti in seggi>>. Per “suffragio” si intende la composizione del corpo elettorale che esprime il voto, che può essere ristretto (quando solo determinate categorie sono ammesse all’espressione del voto) oppure può essere allargato (quando il diritto di voto viene esteso gradualmente a tutti i cittadini). Quanto al secondo elemento la tecnica di traduzione dei voti in seggi occorre specificare che il voto è l’espressione della volontà politica, che si manifesta attraverso la scelta libera di una persona in luogo di altra. Il seggio corrisponde al soggetto che viene eletto all’interno di un preciso ambito territoriale denominato “collegio elettorale” ed il nu112 V. F. Lanchester , Gli strumenti della democrazia cit pp. 175 ss.. Profili di teoria generale delle elezioni 101 mero dei seggi, attribuito, di norma, al collegio, dipende dalla sua estensione geografica e dal numero degli elettori in essa compresi. I collegi sono di due tipi: uninominale quando viene attribuito al collegio un sol seggio con elezione di un solo candidato; vi è poi il collegio plurinominale quando l’elezione si presenta multipla. La scelta dell’uno o dell’altro collegio dipende esclusivamente dalla legge e, quindi, indirettamente dalla volontà politica. Il sistema elettorale può, quindi, essere definito come <<un complesso di norme giuridiche e di una combinazione di diverse procedure che sono dirette a consentire la traduzione dei voti espressi dagli elettori in seggi e, quindi, in cariche elettive>>. Il sistema elettorale per la sua stessa natura e per la sua collocazione nel sistema politico, istituzionale e sociale, influenza in maniera più o meno significativa le modalità con le quali gli elettori esprimono il loro voto. Al tempo stesso delinea anche le modalità con le quali i partiti presentano i candidati e creano alleanze nonché le modalità con le quali i voti vengono tradotti in seggi. Il sistema elettorale si configura alla stregua di un “filtro” tra la società e le istituzioni, assumendo un ruolo chiave nel funzionamento del sistema politico- istituzionale e per la stessa dinamica della forma di governo113. Raramente i sistemi elettorali, in prospettiva di consentire una loro duttilità e flessibilità al mutare delle condizioni socio-politiche della popolazione, risultano “costituzionalizzati” ossia ricompresi nelle costituzioni formali114. 3.6 Il sistema maggioritario Elementi costitutivi in senso stretto di ogni sistema elettorale sono: la dualità di espressione della preferenza sulla scheda in favore di uno o più candidati, l’ampiezza delle circoscrizioni elettorali e la formula matematica di trasformazione dei voti in seggi. I sistemi elettorali sono gli strumenti apprestati dal diritto per determinare la corrispondenza fra i voti espressi nelle elezioni e i seggi 113 Gianfranco Pasquino, Elezioni in Politica e società, p. 372 In Italia un tentativo di costituzionalizzazione della rappresentanza proporzionale è stato effettuato in sede di Assemblea costituente; tale tentativo non è però riuscito ed è stato tradotto poi in un apposito ordine del giorno. 114 102 Capitolo II attribuiti nelle assemblee elettive ai candidati. Fra i metodi di espressione del consenso politico, quello proprio delle democrazie contemporanee è costituito dal confronto elettorale. Esso, infatti, se fondato sul rispetto dei requisiti essenziali all'esercizio del diritto elettorale (la libertà, la segretezza, l’universalità, l’identico peso e la periodicità del voto), permette non soltanto di trasferire temporaneamente la sovranità dal popolo ai suoi rappresentanti, ma anche d'incidere sulle linee fondamentali dei programmi di governo, sulla rappresentazione degli interessi e dei valori e sulla selezione della classe dirigente. I sistemi elettorali sono numerosissimi, ma si possono ricondurre a due grandi gruppi: il modello maggioritario e quello proporzionale115. L’importanza dell’adozione di un sistema elettorale maggioritario o proporzionale non è irrilevante ai fini delle forme di governo, anzi ne costituisce presupposto determinante116. Sugli effetti dell’uno o dell’altro sistema le opinioni degli studiosi non sono omogenee ed anche nel nostro Paese vi è stato un serrato confronto dottrinale ed è attuale il dibattito sulle riforme elettorali che si vorrebbero attuare. Alcuni ritengono che l’espressione della vera democrazia sia costituita dall’introduzione nell’ordinamento giuridico di un sistema proporzionale per dare spazio anche ai partiti minori. Altri ritengono che debba essere adottato sistema elettorale misto con l’introduzione dell’elezione diretta del Capo del Governo, previo rafforzamento delle sue competenze e del suo ruolo rispetto agli altri poteri117. I sistemi maggioritari si suddividono in due grandi gruppi: quelli a 115 V. M. Duverger, I partiti politici, Edizioni di Comunità, Milano 1961; Dizionario di politica, a. c. di N. Bobbio, N. Matteucci, Utet, Torino 1976, ad vocem; S. Rokkan, Cittadini, elezioni, partiti, Il Mulino, Bologna 1982. 116 V. Autori vari (a cura di S. Gambino). Forme di governo e sistemi elettorali, Cedam, “voce Regole elettorali, sistema politico e forma di governo: il caso italiano” di S. Gambino e G. Moschella pp. 27 ss. e voce “Forma di governo, riforme elettorali e garanzie costituzionali in Italia” di G. Moschella pp. 89 ss. 117 V. Stefano Ceccanti Il sistema politico italiano tra cambiamento e apprendimento, con Salvatore Vassallo, nel volume curato da entrambi “Come chiudere la transizione,” Il Mulino, Bologna, 2004, pp. 15-68. Profili di teoria generale delle elezioni 103 “turno unico” (o plurality)118 e quelli a “doppio turno” (o majority). Nei sistemi maggioritari a turno unico “first past the post” vince il candidato che nel collegio uninominale ottiene anche solo la maggioranza relativa. In ogni collegio, dunque, chi arriva primo vince e gli altri perdono e non vengono eletti119. Si intuisce che questo sistema non "fotografa" il paese come il proporzionale: gli elettori che votano un candidato arrivato secondo o classificatosi oltre, non vengono rappresentati. Paradossalmente, se in tutti i collegi si presentassero cinque candidati e sempre quello di uno stesso partito ottenesse il 20% +1 di voti, quel partito avrebbe il 100% di seggi. Alcuni dicono che tale sistema comporta una riduzione dei partiti presenti nell'arena politica, e questo è, in una certa misura, vero; però è altrettanto vero che "può vincere" il candidato avversato dalla maggioranza dei cittadini, purché gli elettori abbiano frammentato il loro voto fra altri due o più contendenti. Il sistema maggioritario a doppio turno permette, se non di cancellare, almeno di ridurre notevolmente il lamentato inconveniente. Con questo sistema viene eletto al primo turno chi ottiene la maggioranza assoluta dei consensi (50% +1 dei voti validi), altrimenti, se nessuno supera questa soglia, si va ad un secondo turno. Questo si può avere con diverse caratteristiche (stabilite dalla legge). È luogo comune che il doppio turno preveda il ballottaggio, al secondo turno, fra i due candidati più votati, come avviene per l'elezione del presidente della Repubblica francese. Questa ipotesi è vera, ma è solo una delle possibilità che si possono stabilire per il secondo turno e, generalmente, non viene presa in considerazione per le elezioni dei parlamenti perché punirebbe drasticamente tutte quelle forze che non possano aspirare al primo o al secondo posto. Sempre in Francia, il parlamento viene eletto con un sistema a doppio turno tale per cui accedono al secondo turno i partiti o le coalizioni che abbiano precedentemente superato la soglia del 12,5% dei voti ottenuti, calcolato sul totale degli aventi diritto al voto. 118 V. O. Massari. “Gran Bretagna: un sistema funzionale al governo di partito responsabile”, in O. Massari e G. Pasquino (a cura di), Rappresentare e governare, Bologna, Il Mulino, 1994, p.25. 119 V. E. Lakeman e J. D. Lambert, Voting in Democracies. A Study of Majority an Proportional System, Londra, Faber and Faber, 1955, cit. pp. 25 ss. 104 Capitolo II Col passare del tempo i sistemi maggioritari favoriscono il formarsi delle coalizioni di partiti che, trovandosi d'accordo su un programma comune, si presentano uniti alle competizioni elettorali. I principali sistemi elettorali maggioritari competitivi ed ad un solo turno sono attualmente vigenti in Gran Bretagna, Canada, Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda (fino al 1993). I primi tre Paesi utilizzano il sistema del plurality system mentre il quarto il quarto ha utilizzato la formula del majority system. Se si vuole affrontare l’analisi del rapporto tra sistema elettorale e sistema partitico occorre chiarire in via preliminare il problema sotto il profilo del sistema elettorale adottato e dalle leggi elettorali vigenti. L’analisi sarà limitata per il primo gruppo (dove vige il sistema del plurality system) alla Gran Bretagna, che presenta una meccanica di tipo bipartitico; in ben ventitré elezioni svolte a partire dal 1918 al 2001 un partito ha ottenuto per 20 di esse la maggioranza assoluta della Camera dei Comuni (tredici volte per i conservatori e 7 per i laburisti; soltanto in 3 tornate elettorali non è stata raggiunta la maggioranza assoluta da parte di un partito). Relativamente all’esperienza dell’Australia dove vige il sistema bipolare, si nota che uno dei due poli (partito laburista) è in grado di ottenere la maggioranza assoluta dei seggi mentre l’altro polo dove sono coalizzati due partiti (coalizione anti-laburista, composta dai liberali e la cui formazione, nel corso del tempo, ha più volte cambiato nome) non ha la forza elettorale sufficiente per vincere le elezioni.120 In tema di meccanica le conseguenze di questa articolazione del sistema partitico australiano sono che il sistema di rotazione non dà luogo a “governi alternativi” di tipo propriamente bipartitico, ma non dà nemmeno luogo a “coalizioni alternative”. Vediamo ora il formato di tali partiti, vale a dire di quanti partiti si compone ciascuno di questi sistemi. Il sistema inglese ha in linea di massima un formato bipartitico con attribuzione di seggi ai due partiti che tocca in numerose competizioni elettorali punte complessive superiori al 98% dell’intera Camera, pur essendoci dei periodi in cui il numero dei partiti in competizione dan120 V. V. Lesile F. Crisp, The Parliamentary Government of the Commonwealth of Australia, New York, Longmans, 1961. Profili di teoria generale delle elezioni 105 no luogo ad un pluralismo limitato. L’Australia presenta un formato riconducibile alla classe del pluralismo limitato da cui si può dedurre la proprietà funzionale di questo sistema partitico. Dall’analisi dei sistemi elettorali suddetti si ricava una correlazione tra sistemi elettorali a collegio uninominale e bipartitismo, pur non esistendo una variabile indipendente che si possa far derivare dal raffronto tra sistemi elettorali e sistemi partitici. Dall’analisi dei risultati elettorali nei sistemi bipartitici si constata che quasi mai un partito ottiene la maggioranza assoluta dei voti. Per la Gran Bretagna nelle sedici consultazioni elettorali svoltesi nel secondo dopoguerra (fino al 2001 incluso) nessun partito ha mai superato la maggioranza assoluta dei voti anche se uno di essi ha conquistato la maggioranza assoluta dei seggi. Se l’attribuzione dei seggi dovesse dipendere dai suffragi ottenuti il sistema inglese ben difficilmente potrebbe comprendersi nel “tipo bipartitico”, non riuscendo un solo partito a governare e altrettanto difficile sarebbe l’avverarsi delle condizioni per un’alternanza di governo. Per tali considerazioni si può ritenere che il collegio uninominale debba essere considerato come condizione necessaria al funzionamento del sistema politico secondo la logica operativa del tipo bipartitico. Nei sistemi maggioritari si attribuiscono, di regola, i seggi ai candidati che abbiano ottenuto la maggioranza assoluta dei voti. Vengono, di norma, praticati in collegi uninominali (che assegnano un unico seggio), anche se si possono eccezionalmente avere sistemi maggioritari in collegi plurinominali, come avviene per esempio negli Stati Uniti per l’elezione nei singoli Stati degli elettori presidenziali. Il sistema maggioritario viene tradizionalmente criticato in quanto è antidemocratico, emargina le opposizioni e privilegia le persone rispetto ai partiti. Per quanto riguarda il primo punto, se si parte dal presupposto che in una società democratica il sistema elettorale serve non solo a rappresentare, ma anche a garantire la formazione di una maggioranza in grado di prendere decisioni e di assumere le relative responsabilità, è indubbio che, di regola, le formule maggioritarie, pur essendo meno democratiche sul versante della rappresentatività, lo sono di più su quello della governabilità e della responsabilità dei governi. Non rappresentano infatti fedelmente gli orientamenti del corpo 106 Capitolo II elettorale, ma consentono più facilmente a questo di scegliere una maggioranza e un programma. Quanto all’opposizione, il sistema maggioritario emargina indiscutibilmente le minoranze più esigue, ma può premiare l’opposizione più forte e può anzi consentirle più facilmente di diventare maggioranza, in quanto amplifica l’effetto, in termini di seggi, di spostamenti di voti. Infine le formule maggioritarie personalizzano la competizione elettorale, ma determinano l’ascesa dei notabili solo in presenza di un sistema dei partiti non strutturato a livello nazionale e con debole radicamento di massa (situazione che si verifica negli Stati Uniti), mentre in un sistema di partiti strutturato la scelta della persona non è più importante di quella del partito e del suo programma (come dimostra l’esperienza inglese). Col passare del tempo i sistemi maggioritari favoriscono il formarsi delle coalizioni di partiti che, trovandosi d’accordo su un programma comune, si presentano uniti alle competizioni elettorali. 3.7 Il sistema elettorale proporzionale (non maggioritario) Il dibattito sui sistemi elettorali si è concentrato sul problema della formula che ha finito per essere l’elemento centrale delle discussioni politiche, ideologiche, costituzionali degli ultimi cento anni. L'elemento unificante dei diversi sistemi di rappresentanza proporzionale consiste nel cercare di avere una corrispondenza percentuale fra i voti ottenuti dai diversi partiti ed i seggi che vengono loro assegnati. Questo permette di far sì che il parlamento sia la "fotografia" (distorta il meno possibile) della situazione reale del paese. Appare subito evidente che un tale sistema serve a tutelare le minoranze, che si garantiscono, in tal modo, una rappresentanza in Parlamento. Il maggior difetto del sistema è quello di favorire la frammentazione politica, con conseguente necessità di governi di coalizione, composti, cioè, da più partiti. Per ridurre la frammentazione partitica vengono utilizzati principalmente tre strumenti: // 1 - la dimensione delle circoscrizioni, // 2 - le clausole di accesso alla distribuzione dei seggi, // 3 - il numero dei parlamentari da eleggere. La dimensione della circoscrizione dipende dal numero dei parlamentari da eleggere: circoscrizioni grandi, che eleggono più di 15-20 rappresentanti, hanno un alto livello di proporzionalità: si può essere Profili di teoria generale delle elezioni 107 eletti con una bassa percentuale di voti. (è il caso delle circoscrizioni di Roma e di Milano, che eleggevano 50 rappresentanti quando in Italia era vigente il sistema proporzionale). Soglie di esclusione precludono l'accesso ai partiti minori: in Spagna ed in Grecia occorre, ad esempio, ottenere il 3% su scala nazionale, mentre in Germania un partito deve avere almeno il 5% oppure tre deputati eletti nei collegi uninominali (per capire quest'ultima clausola occorre approfondire la conoscenza della legge elettorale tedesca). Anche in Italia, nella quota proporzionale, vi era una soglia di esclusione del 4%. Il numero dei parlamentari, infine, è inversamente proporzionale al grado di proporzionalità del sistema: se un parlamento ha pochi membri, questi devono ottenere un vasto consenso. Due soli partiti possono essere gli attori principali di una determinata coalizione o gruppo di partiti, ma si può ritenere che il bipartitismo puro, salvo in casi eccezionali e numericamente tangibili, non esista. Quindi, quando si parla di bipartitismo ci si riferisce a due coalizioni contrapposte che si confrontano in un sistema elettorale (per lo più in collegi uninominali) per l’elezione dei Parlamenti nazionali (tipico quello inglese). La nascita del bipartitismo si può ascrivere alla riforma del 1885 (avvenuta con l’entrata in vigore del noto provvedimento “Redistribution of Seats Acts” del sistema elettorale inglese e precisamente mediante la ridistribuzione dei collegi elettorali (la cui ampiezza viene ridotta) e di una nuova formula elettorale. Fino a tale data il sistema elettorale in uso in quel Paese era quello del voto multiplo il quale attribuiva a ciascun elettore un numero di voti pari a quello dei rappresentanti da eleggere nel collegio121 ed il cui potenziale di proporzionalità era diverso da quello del plurality system. Dopo tale data quest’ultimo viene introdotto nel contesto della riforma del 1885 che rende nominali i collegi elettorali. In buona sostanza il dato più importante che discende dalla riforma citata è la sostituzione del voto multiplo con il plurality system il cui scopo principale era quello di consentire la rappresentanza di terzi partiti rispetto ai due principali. Si può ritenere, nel contesto di una serrata disputa sorta in dottrina 121 43 V. J. Cadart, Régime électoral et régime parlementaire en Grande Bretagne, p. 108 Capitolo II in ordine alla premeditata sottorappresentazione dei terzi partiti o alla loro reale rappresentazione nei collegi uninominali dopo l’entrata in vigore della riforma del 1885, che l’utilizzo del sistema del plurality system assuma la funzione di strumento per il mantenimento della struttura bipartitica e di rappresentazione di partiti terzi nei collegi uninominali inglesi122. A comprova che l’intenzione non fosse quella di creare ostacoli alla minoranze esistenti risulta, altresì, dalle riforme precedenti del 1868, 1874 e 1880 che prevedevano l’introduzione del voto limitato in luogo di quello plurimo123. È opinione diffusa che le formule maggioritarie abbiano l’effetto di produrre un formato bipartitico mentre le formule proporzionali abbiano quello di moltiplicare il numero dei partiti. Possiamo ritenere che gli effetti per i due tipi di formule citate siano del tutto opposti. Partendo dal presupposto che, nell’ambito della circoscrizione, maggiore è il potenziale di proporzionalità del sistema elettorale, minore è la sua operatività e dis-rappresentatività manipolativa. La formula proporzionale, in linea di principio, produce la distribuzione delle preferenze elettorali e minimizza gli scarti percentuali tra i voti ed i seggi di ciascuna lista in competizione senza possibilità di alcuna dis-rappresentazione e, quindi, senza alcun condizionamento del sistema elettorale. Le formule proporzionali presentano scale di proporzionalità differenziate: alcune sono meno proporzionali delle altre e ciò per l’influenza del sistema elettorale adottato che può mutuare, ad esempio, alcune regole del sistema maggioritario in presenza di elementi distorsivi con inevitabili conseguenze dis-rappresentative. Douglas Rae ha calcolato che in dieci elezioni generali, che hanno avuto luogo nel secondo dopoguerra in alcuni Paesi europei con il sistema proporzionale, i partiti che hanno ottenuto maggioranze relative di voti hanno conquistato la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari (quattro volte in Norvegia, e una volta in Austria, Belgio, Germa- 122 123 V. Jennings, Party Politics, I: Appeal to the People, p. 28 V. Ivor Jennings, Party Politics, I: Appeal to the People, cit. pp. 258,259. Profili di teoria generale delle elezioni 109 nia Federale, Irlanda, Italia e Lussemburgo)124. Di contro in Italia durante la Prima Repubblica i seggi dei piccoli partiti quali quelli repubblicano e liberale avevano un costo di voti quasi doppio di quello della Democrazia Cristiana o del Partito Comunista. Nei Paesi che hanno introdotto nei loro sistemi elettorali il sistema proporzionale, fin dall’origine veniva utilizzato nelle competizioni elettorali il doppio turno. In vigenza di tale sistema si sono affermate varie classi di “formato partitico strutturato”, che hanno però poca rilevanza sull’affermarsi, sulla riduzione o estensione dei partiti politici. L’efficacia distributiva dei seggi nel sistema elettorale del doppio turno sarà diversa a seconda della formula elettorale utilizzata e soprattutto se il secondo turno si svolga in presenza di un partito antisistema. In tal caso la sottorappresentazione colpirà prevalentemente il partito anti-sistema indipendentemente dalla consistenza elettorale a meno che la sua forza non sia tale da sovrastare gli altri partiti del sistema. In assenza di partiti anti-sistema le tendenze dis-rappresentative del doppio turno vengono di molto attenuate in quanto viene massimizzata la libertà delle alleanze da cui discende un arco ampio di possibilità per il gioco delle sovra o sotto rappresentazione. Nel caso del doppio turno, riservato ai due partiti o coalizioni di partiti che nel primo turno abbiano ottenuto i maggiori consensi elettorali, si assiste ad una manipolazione ex lege dei voti in quanto l’elettorato “orfano” è costretto a votare per candidati o gruppi di partiti diversi dal proprio. In tal caso il socialista voterà preferibilmente il candidato radicale anziché il liberale o il candidato con il quale il suo gruppo si è alleato attraverso convergenze e alleanze concordate. La conseguenza di tale sistema è che i partiti minori possono essere sovrarappresentati come è più volte accaduto in Francia ed in altri Paesi europei125. 124 V.W. Douglas Rae, The Political Consequences of Electoral Law, New Haven, Yale University Press, 1971, cit. p. 76. 125 V. Stefano Bartolini, Riforma istituzionale e sistema politico, La Francia gollista, Bologna, Il Mulino 1981, pp. 199-204 110 Capitolo II 3.8 Caratteristiche del sistema elettorale proporzionale La caratteristica più significativa dei diversi sistemi di rappresentanza proporzionale dei parlamentari cui si affida il mandato di esprimere la volontà popolare nella sua massima espressione di stabilire le regole di condotta (comandi, precetti, creazione di diritti etc.) di una comunità organizzata, è rappresentato da una corrispondenza percentuale fra i voti ottenuti dai diversi partiti nelle elezioni ed i seggi che vengono loro assegnati. Il principio comune alle formule proporzionali è che i seggi debbono essere distribuiti ai partiti in proporzione alla percentuale di voti ottenuti. La formula proporzionale è prevalentemente applicata in circoscrizioni plurinominali (in circoscrizioni cioè che eleggono contemporaneamente più rappresentanti). In alcuni casi tali formule vengono utilizzate anche per la distribuzione dei seggi in collegi uninominali. Si tratta di un sistema che consente di far sì che nel parlamento vi sia un’esatta rispondenza tra la volontà del corpo elettorale ed i membri che tale volontà sono destinati a rappresentare in Parlamento. Appare subito evidente che un tale sistema serve a tutelare le minoranze, che si garantiscono, in tal modo, una rappresentanza (col proporzionale non si vince tutto, ma non si perde neppure tutto). A questo vantaggio, però, fa da contraltare il maggior difetto del sistema, che è chiaramente visibile anche solo osservando la nostra storia politica fino a tempi recenti: il sistema favorisce la frammentazione politica, con conseguente necessità di governi di coalizione, composti, cioè, da più partiti che si fanno la guerra al momento del voto (per massimizzare i propri consensi) e che vanno al governo per raggiungere determinati obiettivi, che possono non coincidere con gli obiettivi degli alleati. Conseguenza logica è l'instabilità dei governi, con riduzione della loro efficienza. Si è già detto in precedente paragrafo che per ridurre la frammentazione partitica vengono utilizzati principalmente tre strumenti: la dimensione delle circoscrizioni, le clausole di accesso alla distribuzione dei seggi ed il numero dei parlamentari da eleggere. Negli ordinamenti moderni sono maggiormente diffusi i sistemi di rappresentanza delle minoranze che tendono a rispecchiare nelle assemblee elettive le forze politiche in misura proporzionale alla loro ef- Profili di teoria generale delle elezioni 111 fettiva rappresentatività nel paese allo scopo di consentire che possano concorrere con il peso che loro spetta alle supreme decisioni politiche. Si contesta da alcuni il fondamento teorico dei procedimenti elettorali proporzionali partendo dall’affermazione che nel diritto moderno la rappresentanza politica non è più rappresentanza di interessi particolari a date collettività di elettori, bensì rappresentanza integrale di tutti gli elementi e interessi del popolo. Da altri si eccepisce che, in presenza di una pluralità di partiti politici, riesce difficile garantire la governabilità per cui si rende necessario ricorrere ad espedienti per rafforzare le liste che ottengono i maggiori consensi, attribuendo loro, ad esempio, i resti per eleggere altri candidati di tali liste o dando loro il cosiddetto “premio di maggioranza”. Tali espedienti possono attenuare il pericolo dell’instabilità di governo e dell’indirizzo politico. In ogni caso tali inconvenienti, che si possono attenuare o eliminare grazie alla maturità dei vari partiti politici che possono preventivamente coalizzarsi, non sono idonei a minare alla base la validità di tale sistema che offre il vantaggio di far sedere in Parlamento anche i rappresentanti delle minoranze in proporzione al loro grado di rappresentatività. I congegni ai quali si è fatto ricorso per realizzare le finalità proporzionalistiche superano il centinaio. I più rilevanti possono inquadrarsi in due gruppi principali secondo il sistema di votazione prescelto nel senso che la votazione avvenga su una lista di candidati preformata oppure che se ne prescinda, lasciando all’elettore la libertà di scelta dei nomi sui quali far convergere il proprio voto. Il procedimento seguito per l’attribuzione dei seggi si snoda per lo più attraverso i seguenti passaggi: a) il punto di partenza è il numero dei voti validamente espressi nella circoscrizione elettorale e, non quello dei votanti le cui schede sono bianche o annullate: tale numero viene definito cifra elettorale circoscrizionale; b) tale cifra elettorale viene divisa per il numero dei seggi da ricoprire, ottenendo così il quoziente elettorale, che rappresenta, per così dire, il titolo quantitativo per conseguire un seggio; c)si determina la cifra elettorale di lista, cioè il numero di voti ottenuto da ogni lista o dalle liste eventualmente collegate o apparentate; 112 Capitolo II d) si verifica, con varie tecniche, quante volte il quoziente elettorale si rapporta alla cifra elettorale; e) possono venire utilizzati i voti non risultati utili per la conquista di un seggio (che vengono definiti resti). La determinazione del quoziente elettorale, il modo come rapportare quoziente elettorale e cifra elettorale di lista, la distribuzione dei resti costituiscono l’operazione di distribuzione dei seggi. Tale operazione viene effettuata attraverso quattro varianti attualmente in vigore nelle formule proporzionali, ognuna con una sua storia, con sue caratteristiche specifiche, con sue conseguenze determinabili. Si tratta: // 1) delle formula d’Hondt; // 2) della formula di Sainte-Laguë; // 3) della formula Hare; // 4) della formula dei resti più alti. Le prime due formule elettorali proporzionali sono molto simili nel loro formato, ma l’elemento che le differenzia ha avuto rilevanti effetti sul sistema partitico: si tratta della formula d’Hondt della media più alta e della formula Sainte-Laguë dei divisori dispari. In entrambi i casi la “media” si riferisce al rapporto fra voti validamente espressi e seggi per i partiti. Poiché in partenza nessun partito ha seggi, il primo denominatore nel caso della formula d’Hondt è 1, poi sale a 2,3, e così via. La variante introdotta dalla formula SainteLaguë è costituita dal fatto che il primo denominatore è più elevato: 1,4 e che la distanza fra i denominatori (o divisori) successivi è più ampia di quella dei denominatori nel caso della formula d’Hondt. 3.9 Formule elettorali e loro rapporti con i sistemi elettorali Il nucleo centrale del dibattito sui sistemi elettorali verte sulla distinzione tra i sistemi elettorali (maggioritario e proporzionalistico) e sulla formula elettorale, che è divenuta la questione più interessante nelle dispute politiche, ideologiche e costituzionali. Il confronto avviene sul campo ideologico e teorico su cui si fonda l’adozione dei vari tipi di formule e pratico che verte sulla descrizione e sul contenuto di ogni singola formula.. La disputa sulla rappresentanza proporzionale e sul sistema maggioritario non è ancora sopita ed ancor oggi le conseguenze sul piano politico, che si vogliono ricavare, non aiutano certo a dissipare i dubbi Profili di teoria generale delle elezioni 113 e le perplessità esistenti sui due principali sistemi (maggioritario e proporzionale) e sulle relative formule applicative126. Nella disamina ci si deve avvalere degli approfonditi studi politologici esistenti in materia in quanto specificamente volti a mettere in luce questa problematica. La formula assolve alla funzione principale della trasformazione dei voti in seggi con interpretazione e conteggio delle preferenze espresse dagli elettori in favore dei vari candidati nell’ambito di un collegio o di una circoscrizione elettorale. Esiste in dottrina un generale accordo sull’esistenza di tre tipi di formule elettorali, ognuna di esse con le sue varianti. I tre tipi sono: x formule che richiedono la maggioranza assoluta dei suffragi espressi per l’attribuzione del seggio; x formule che prevedono la maggioranza relativa; x formule che attribuiscono i seggi sulla base di un determinata proporzionalità con i voti espressi. Sinteticamente si può parlare di formule a maggioranza assoluta (majority), a maggioranza relativa (plurality)127 e proporzionali. Le prime due nel linguaggio corrente vengono accomunate con l’espressione “formule maggioritarie”, che sono, di norma, strettamente associate con l’esistenza di circoscrizioni uninominali e con scheda elettorale che porta il nome e, spesso ma non necessariamente, l’appartenenza partitica del candidato. Le seconde definite non maggioritarie prevedono la rappresentanza delle minoranze e l’adozione delle corrispondenti formule distributive dei seggi in forma proporzionale sulla base dei risultati ottenuti da ciascun partito o coalizione di partiti128. Particolare rilevanza assumono gli adempimenti concernenti la ripartizione del corpo elettorale in circoscrizioni territoriali, l’assegnazione dei seggi parlamentari (uno o più) alle circoscrizioni, il metodo di computo dei voti espressi. Le circoscrizioni elettorali sono 126 V. J.F.S. Ross, The Irish Election system, London, Pall Mall Press, 1959, p. 59; B. Grofman, A Review of Macro Election System, in Sozial - wissenschaftliches Jahrbuch fur Politik, Band 4 (1975), pp. 308-308. 127 V. J. Cadart, Institutions politiques et droit constitutionnel, cit. fa notare come per il referendum l’unica formula adottabile sia il majority 128 V. F. Lanchester, Gli strumenti della democrazia, cit. p. 193 114 Capitolo II ripartizioni territoriali da definirsi razionalmente in modo da dividere il territorio nazionale in quote equilibrate di votanti per non creare discriminazioni nel numero di voti necessario all’elezione dei candidati. Viene prevista la competenza del Parlamento, del Governo o di Commissioni indipendenti per procedere a revisioni periodiche delle circoscrizioni, per aggiornare le liste elettorali alle variazioni demografiche e alle eventuali migrazioni interne ed esterne di popolazione. Le tecniche per la distribuzione dei seggi, secondo un determinato orientamento dottrinale, sono le seguenti: definizione della cifra elettorale circoscrizionale; determinazione del quoziente elettorale; determinazione cifra elettorale di lista; distribuzione dei resti. Tale operazione può venire individuata secondo quattro varianti riscontrabili nelle formule proporzionali: 1. Formula del metodo d’Hondt: opera in un sistema organizzato in collegi plurinominali, con liste contrapposte. Tale tecnica, è stata introdotta in Belgio dal belga Victor d’Hondt alla fine del secolo scorso. Il sistema prevede la suddivisione del territorio nazionale in collegi, ad ognuno dei quali è assegnato un numero variabile di parlamentari da eleggere secondo la densità abitativa. I partiti devono presentare le liste aperte o chiuse in cui compaiono i nomi dei candidati scelti da ogni singolo partito per la competizione elettorale e l’elettore è chiamato a votare la lista preferita e, se è previsto dalla legislazione, ad esprimere un determinato numero di preferenze. La tecnica per la traduzione dei voti in seggi, elaborata dal proponente, prevede l’individuazione di un quoziente per ogni singolo collegio, dipendente direttamente dall’andamento delle elezioni nel collegio stesso. La determinazione del quoziente di ripartizione è influenzata da due variabili: il numero degli elettori votanti e la distribuzione dei voti tra le diverse liste129. 2. Formula Sainte – Laguë: ha sostituito la formula d’Hondt nel 129 V. Victor d’Hondt, La représentation proportionnelle des partis, Muquardt, Russel, 1882, Profili di teoria generale delle elezioni 115 1952 in Svezia, in Norvegia e in Danimarca nel 1953.130 3. Formula Hare: si tratta di una tecnica inventata dall’inglese Thomas Hare. Questo sistema si fonda su tre principi: un voto, un quoziente, un collegio. È un sistema proporzionale macchinoso che permette di valorizzare la scelta personale del candidato senza la mediazione dei partiti e la garanzia che gli eletti siano espressione della volontà dell’elettorato. 4. Formula dei resti più alti: nella sua versione originale il quoziente era dato dalla divisione del totale dei voti espressi per il numero dei seggi131. La formula elettorale della proporzionale con i più alti resti era adottata in Italia per l’elezione del Senato. L’applicazione del sistema proporzionale non consente di assegnare, di norma, tutti i seggi che la competizione elettorale deve attribuire in quanto nella pratica raramente il numero dei voti ottenuti da una lista è multiplo esatto di un quoziente. Per l’assegnazione dei resti sono stati escogitati diversi meccanismi dei quali vanno ricordati: 1. i “maggiori resti”: i seggi non assegnati nella circoscrizione vengono attribuiti a quelle liste i cui resti più si avvicinano al quoziente (sistema che in generale agevola i partiti più deboli); 2. la “maggiore media”: i seggi residui sono assegnati alla lista per cui il totale dei voti riportati diviso per il numero dei seggi da assegnarsi nella circoscrizione dà il risultato più elevato oppure alla lista che ha ottenuto la maggioranza relativa nella circoscrizione (sistema che in genere agevola i partiti più forti); 3. il “quoziente rettificabile” (metodo di Hagenbach-Bischoff): si aggiunge al numero dei seggi da assegnare una unità in modo che, fa- 130 V.A. Saint Lague, La représentation proportionnelle et la méthode des moindres carrées. Accadémie de Science, in: “Comptes rendus hebdomadaires”, 151, pp. 377-378, Paris 1910. 131 La formula elettorale della proporzionale era adottata in Italia per l’elezione del Senato, mentre una sua variante era utilizzata per l’elezione della Camera dei Deputati. In quest’ultimo caso il totale dei voti ottenuti da ciascun partito nella circoscrizione elettorale, diviso per il quoziente, dava il numero dei seggi attribuiti a ciascuna lista concorrente. I voti non utilizzati, detti resti, venivano sommati e destinati per la ripartizione tra le liste concorrenti al Collegio Unico Nazionale. 116 Capitolo II cendo la divisione dei voti per il numero corretto dei seggi, si ottiene un quoziente più piccolo, facilitando l’assegnazione dei seggi; 4. la “circoscrizione nazionale” in cui far confluire i resti riportati dalle liste nelle varie circoscrizioni dove non è stato possibile conseguire quozienti. La somma dei voti residui forma la cifra elettorale nazionale; tale cifra divisa per i seggi rimasti scoperti forma un quoziente nazionale; le singole cifre di lista vengono divise per il quoziente in modo da assegnare i seggi ad ogni lista. Il ricorso alla circoscrizione nazionale non esclude, ovviamente, il preventivo ricorso a meccanismi di utilizzazione di resti a livello locale. Per l’utilizzo dei resti ai fini dell’assegnazione dei restanti seggi vacanti alle liste concorrenti vanno ricordate le procedure più ricorrenti: a) metodo “d’Hondt” (dal nome del suo propugnatore)132 o del comune divisore in modo da evitare i resti; con tale metodo si divide la cifra elettorale di ogni lista successivamente per 1, 2, 3, 4, 5… cioè tante volte quanti sono i candidati da eleggere alle cariche elettive interessate. I quozienti così ottenuti si dispongono in ordine decrescente indipendentemente dalla lista cui appartengono. Se i seggi da coprire sono 50 il quoziente che si trova al cinquantesimo posto costituisce il divisore elettorale ed ogni lista avrà diritto a tanti rappresentanti quante volte il divisore elettorale è contenuto nella cifra elettorale; b) recupero dei resti mediante costituzione di un collegio nazionale o comunque di una circoscrizione comprendente più collegi; consiste nel riversare i voti, non utilizzati nelle singole circoscrizioni, che non raggiungono il quoziente, nelle liste nazionali di candidati corrispondenti ai vari partiti cui sono andati i voti stessi o alle liste apparentate (apparentamento avvenuto con patto stipulato prima delle elezioni) per la distribuzione dei resti. Per la ripartizione si determina la cifra elettorale nazionale risultante dalla somma dei voti non attribuiti nelle varie circoscrizioni; successivamente si determina il “quoziente nazionale” dividendo i voti 132 Victor d’Hondt propose e poi perfezionò nel 1882 il suo sistema teso a superare le incongruenze del metodo del quoziente attraverso la teoria delle proporzioni (Vedi: Systém pratique et raisonné de représentation proportionnelle, Bruxelles, Muquardt, 1882). Il comune divisore costituisce il minimo di voti necessario per ottenere l’assegnazione di un seggio. Profili di teoria generale delle elezioni 117 predetti per il numero dei seggi non ancora attribuiti; infine si dividono le singole cifre elettorali di lista per il quoziente predetto, ottenendo così il numero dei seggi spettanti ad ogni lista nazionale. Per evitare un’eccessiva polverizzazione dei gruppi parlamentari si può stabilire (come avviene ad esempio in Olanda) di procedere al recupero dei resti nei confronti di quelle liste che abbiano ottenuto almeno il 75% del quoziente circoscrizionale o almeno uno o due seggi nello scrutinio effettuato per singoli collegi. Tale sistema può essere semplificato mediante attribuzione dei seggi, senza precostituzione del collegio nazionale di candidati, ai primi dei non eletti nelle liste circoscrizionali cui competono i seggi non attribuiti Per quanto riguarda la scelta dei candidati da ritenere eletti in ciascuna lista cui sono attribuiti dei seggi, sono state adottate varie soluzioni le più note delle quali sono: a) quella della “lista bloccata” o “rigida” i cui candidati sono iscritti dal gruppo presentatore secondo un ordine di preferenza, sicché eletti sono i primi iscritti, senza che l’elettore possa in alcun modo influire sulla scelta; b) quella del “voto di preferenza” che consente, nella maggior parte dei casi, all’elettore di esprimere, due voti: uno per la lista e l’altro facoltativo per il candidato o i candidati preferiti, contribuendo così alla scelta degli eletti. La preferenza può essere espressa dall’elettore per i candidati della lista votata od anche per candidati di altre liste (sistema c.d. del “panachage”); c) metodo di Hagenbach–Bischoff o del quoziente corretto. Si aumenta di uno, due o tre il numero dei seggi da assegnare, adoperato come divisore con l’effetto di ridurre l’entità del quoziente e, quindi, di aumentare la possibilità della copertura di tutti i seggi; d) premio alla maggioranza o alle liste con i più alti resti. L’attribuzione dei resti con questi sistemi viene disposto direttamente nei confronti delle liste che hanno ottenuto le maggiori cifre elettorali (premio alla maggioranza) oppure alle liste che hanno ottenuto i resti più alti e che, quindi, si sono avvicinate maggiormente al quoziente. 118 Capitolo II 3.10 Le formule maggioritarie Le principali formule maggioritarie sono due, a seconda che per essere eletti sia richiesta la maggioranza relativa (plurality system) o la maggioranza assoluta dei voti (majority system). Il sistema maggioritario più diffuso è quello che si realizza nel “collegio uninominale” che, nella sua forma pura, cioè senza ballottaggio, conduce all’elezione del candidato sul cui nome si sia riversato il maggior numero di voti (maggioranza relativa) Tale formula è la più selettiva in quanto, attribuendo in ogni collegio uninominale il seggio al candidato più votato, disperde tutti gli altri voti e può provocare gravi disparità nella rappresentanza. Tale formula è utilizzata in Canada, Nuova Zelanda, Stati Uniti e, all’interno dell’Unione Europea, in Gran Bretagna fino alle elezioni del giugno 2004. La seconda formula prevede necessariamente meccanismi destinati ad entrare in funzione qualora nessun candidato ottenga la maggioranza assoluta dei voti nel primo turno. Il più noto di questi correttivi è quello del “doppio turno”: nei collegi nei quali al primo turno nessuno ha raggiunto la maggioranza assoluta si svolge un secondo turno elettorale, detto anche “di ballottaggio” in quanto a rigore dovrebbe essere limitato solo ai due candidati più votati, e viene proclamato eletto chi ha ottenuto più voti. Questo sistema viene utilizzato in Francia (dove per l’elezione dell’Assemblea nazionale è adottato un sistema maggioritario a doppio turno che combina il majority al primo turno con il plurality al secondo) e, per la parte dei seggi attribuiti con sistema maggioritario, in Albania, Bulgaria, Russia e Ungheria. Una formula a maggioranza assoluta è anche quella del voto alternativo, utilizzata in Australia per l’elezione della Camera. Ogni elettore deve indicare nella propria scheda tutti i candidati del collegio meno uno in ordine decrescente di preferenza. Se, sulla base delle prime preferenze, nessuno raggiunge la maggioranza assoluta, si elimina il candidato che ha ottenuto il minor numero di prime preferenze e si distribuiscono i suoi voti agli altri in base alle seconde preferenze. Si continua a procedere in questo modo, con l’eliminazione del candidato meno votato, finché un candidato, sommando le sue prime preferenze Profili di teoria generale delle elezioni 119 alle seconde recuperate dai voti di quelli eliminati, ottenga la maggioranza assoluta. Nei sistemi maggioritari a turno unico “first past the post”, vince il candidato che, nel collegio uninominale, ottiene anche solo la maggioranza relativa. In ogni collegio, dunque, chi arriva primo vince e gli altri perdono e non vengono eletti (in Italia questo principio viene scavalcato da un recupero proporzionale). Già a prima vista si capisce che questo sistema non "fotografa" il paese come il proporzionale: gli elettori che votano un candidato arrivato secondo non vengono rappresentati. 3.11 Formule proporzionali (non maggioritarie) In questa categoria vengono comprese tutte le formule che tradizionalmente sono classificate come proporzionali. Esse sono numerosissime; per questo vale la pena di considerare solo le varianti principali. Tali formule presuppongono la presenza di collegi plurinominali e possono essere divise in tre gruppi: // 1 – metodi del quoziente; // 2 metodi del divisore; // 3 – metodi automatici133. I metodi maggiormente applicati sono: a) Metodo del quoziente automatico. Metodo caratterizzato da una forte proporzionalità, in base al quale è stabilito un numero fisso di voti per ottenere un seggio e, quindi, i seggi spettanti ad ogni lista risultano dalla divisione tra la sua cifra elettorale, pari al totale dei voti ottenuti, e il quoziente prestabilito. Questo metodo ha valore storico, in quanto era praticato nella Repubblica di Weimar. b) Metodo del quoziente. Si ottiene dividendo prima il numero totale dei voti per i seggi da distribuire e poi quello di ciascuna lista per il quoziente così ottenuto. c) Metodo del quoziente naturale o esatto. È un metodo utilizzato in alcuni Paesi (in Italia per il riparto della quota proporzionale per l’elezione della Camera dei deputati, e nei Paesi Bassi), ma nel quale, 133 V.M. Gimenez Fernandez, Estudios de derecho electoral contemporaneo, Sevilla. Universidad de Sevilla, 1977 (prima edizione 1925) p. 149 (metodo definito come “quoziente fisso”); J. Cadart, Institutions politiques et droit constitutionnel, cit. p. 240 (definisce il metodo come « quoziente nazionale approssimato”). 120 Capitolo II come avviene in quello del quoziente automatico, si produce il fenomeno dei “resti” che non consente di distribuire immediatamente tutti i seggi. d) Metodo del quoziente rettificato o metodo Hagenbach-Bischof. Metodo, utilizzato in Austria e in Svizzera, che permette di limitare l’inconveniente dei “resti”. Consiste, qualora risultino dei seggi non attribuiti, nel dividere ulteriormente il totale dei voti per il numero dei seggi aumentato di un’unità, in modo da ottenere un quoziente più basso e poi eventualmente di un’altra unità. Variante di questo metodo è il metodo Imperiali. In generale il problema dei resti o non viene affrontato, o viene risolto mediante un’ulteriore distribuzione a favore delle liste che hanno ottenuto più voti o di quelle con i resti più alti o applicando il metodo del quoziente in un collegio nazionale nel quale confluiscono tutti i voti residui e i seggi non attribuiti.134 e) Metodo d’Hondt (dal nome del matematico belga Victor d’Hondt che lo ideò) o della media più alta. Formula che consente la distribuzione di tutti i seggi. I voti ottenuti da ogni partito vengono divisi per 1, 2, 3 fino al numero pari a quello dei seggi assegnati al collegio, dopodiché i seggi vengono attribuiti ai quozienti più alti. Questo metodo veniva utilizzato in Italia, prima della riforma, per la ripartizione della quota proporzionale di seggi attribuiti al Senato. La formula d’Hondt, introdotta in Belgio alla fine del secolo scorso, continua ad essere utilizzata colà, ed è inoltre applicata, fra l’altro, in Austria, Finlandia, Repubblica Federale Tedesca, Olanda, Svizzera ed in altri Stati. I sistemi elettorali di questi paesi presentano, peraltro, differenze che incidono significativamente sulla distribuzione dei seggi e sulla proporzionalità dei voti ai seggi. I due casi più interessanti sono costituiti dall’ Olanda e dalla Repubblica Federale Tedesca. L’Olanda è un caso di rappresentanza proporzionale estrema. Infatti, pur essendo il paese diviso in 18 circoscrizioni, i partiti possono collegare le loro liste e i seggi sono assegnati in base alla percentuale 134 V. Alessandro Chiaramonte, Il ruolo del correttore nei casi di applicazione del metodo del quoziente, in Quaderni dell’Osservatorio elettorale n. 30 – luglio dicembre 1993. Profili di teoria generale delle elezioni 121 di voti ottenuti su scala nazionale. La clausola di esclusione, ampiamente dibattuta, è rimasta bassissima: 2/3 dell’1%. f) Metodo Sainte-Laguë. Variante del metodo d’Hondt, introdotta dopo il 1952, da alcuni Paesi nordici al fine di ottenere un risultato meno sfavorevole alle piccole liste. Si basa sulla divisione del totale dei voti di ciascuna lista per divisori diversi e più distanziati. La formula Sainte-Laguë ha sostituito la formula d’Hondt in Svezia, nel 1952, in Norvegia e in Danimarca (per le elezioni della Camera bassa, il Folketing) nel 1953. Nel caso svedese essa è utilizzata unitamente ad una clausola di esclusione che impone ai partiti di superare il 4% se vogliono ottenere seggi a livello nazionale e il 12% se vogliono partecipare alla distribuzione dei seggi in una specifica circoscrizione. Queste clausole furono introdotte nel 1970 unitamente ad un provvedimento che assegnava 310 seggi alle singole circoscrizioni e 40 ad un collegio nazionale (39 dopo le elezioni del 1973). g) Metodo del voto singolo trasferibile o metodo Hare. La terza variante delle formule di rappresentanza proporzionale è nota come “formula Hare” del voto singolo trasferibile. Inventata dall’inglese Thomas Hare e perfezionata da H.R. Droop, la formula del voto singolo trasferibile è utilizzata in Irlanda, a Malta, in Sud Africa per l’elezione del Senato, in Australia per le elezioni del Senato e in Tasmania per la Camera dei Rappresentanti. Gli elettori indicano in ordine decrescente di preferenza i vari candidati. Nel collegio plurinominale risultano eletti i candidati che superano il quoziente, ottenuto dividendo il numero dei voti per il numero dei seggi più uno e aumentando il risultato di un’unità. I voti in eccedenza rispetto al quoziente ottenuti dal candidato più forte vengono distribuiti, in proporzione alle seconde preferenze espresse dai suoi elettori, tra i candidati rimasti in lizza. Se nessun candidato risulta eletto, si elimina il meno votato e si distribuiscono agli altri i suoi voti in base alle seconde preferenze. Si procede così, recuperando i voti in eccedenza dei candidati eletti o quelli del candidato meno votato, finché il quoziente elettorale risulta superato da un numero di candidati pari al numero dei seggi da distribuire. È un sistema ingegnoso, ma di notevole complessità tecnica. All’interno dell’Unione Europea il metodo è utilizzato dall’Irlanda. Questo sistema, al contrario del metodo 122 Capitolo II d’Hondt, che privilegia i partiti più forti, avvantaggia i partiti numericamente minori. Dall’esame delle formule proporzionali si desume che queste presentano sempre un certo grado di selettività. Tale selettività può essere accentuata dal ricorso a correttivi che riducono la proporzionalità del sistema, i principali dei quali consistono o nella fissazione di una soglia di sbarramento, al di sotto della quale non si ottiene alcun seggio (il 5% dei voti in Germania, Polonia e Russia, il 4% in Albania, Bulgaria, Svezia e Ungheria), oppure nell’attribuzione di un premio di maggioranza in seggi al partito o alle coalizioni che superino una certa percentuale. Rimane la formula elettorale, la quarta delle varianti sopra indicate, nota come formula dei “resti più alti”. Nella sua versione quasi pura (con la piccola clausola di esclusione dell’1% del voto nazionale e in un collegio unico nazionale, con lista fissa) di massima proporzionalità, ma anche di massima rigidità, è stata utilizzata per l’elezione dei 120 membri del Knesset (Parlamento) israeliano dal 1951 al 1973 (dal 1973 è in vigore la formula d’Hondt della media più alta). Il quoziente è dato dalla divisione del totale dei voti validi per il numero dei seggi. Una volta così ottenuto il quoziente, i voti conseguiti da ciascun partito vengono divisi per il quoziente e danno il numero di seggi di cui ciascun partito ha diritto. 3.12 Sistemi elettorali e formule correttivi del proporzionale I più noti sistemi elettorali correttivi del proporzionale sono: // a) il sistema individualistico (proposto dall’Irlandese Tommaso Hare 1837); // b) il sistema delle liste concorrenti. Il primo prevede la divisione del numero dei votanti del collegio per il numero dei seggi ad esso assegnati; il risultato ottenuto (quoziente) si assume come unità di rappresentanza nel senso che si considerano eletti i candidati i quali hanno ottenuto un numero di voti uguale al quoziente. L’elettore scrive nella sua scheda elettorale più nomi di candidati nell’ordine di preferenza da lui deliberatamente determinati nel rispetto del numero massimo di candidati preventivamente fissato dalla legge. Si consente, di norma, che l’elettore possa votare anche candidati Profili di teoria generale delle elezioni 123 di altre liste diverse da quella prescelta. In presenza di grande dispersione di voti si ricorre alla rettifica del quoziente aumentando di uno il divisore ciò che porta a rendere il quoziente più piccolo e, quindi, più facilmente raggiungibile. Tale sistema, che mira a conciliare la scelta individuale del candidato propria del collegio uninominale con lo scrutinio di lista, presuppone la capacità nell’elettore di scrivere i nomi di candidati. Il meccanismo diventa di difficile applicazione quando esista nel paese interessato all’elezione forte analfabetismo. Con il secondo sistema (liste concorrenti) devono essere definiti: // 1 – il modo di ripartizione dei seggi fra le liste concorrenti; // 2 – il modo di scelta dei candidati compresi nelle liste cui vengono attribuiti seggi. Elemento comune ai vari metodi, che si applicano al sistema delle liste concorrenti, è la determinazione della proporzionalità attraverso la ricerca del “quoziente elettorale”, che si ottiene dividendo il numero complessivo dei voti validamente espressi in tutto il collegio (cifra elettorale generale) per il numero dei seggi assegnati al medesimo. Altra caratteristica comune è la determinazione della “cifra elettorale di lista”, costituita dal totale dei voti validi ottenuti da ciascuna lista di candidati presentate nel collegio. Tale cifra deve essere divisa per il quoziente elettorale ed il risultato di questa seconda operazione determina il numero dei parlamentari spettanti a ciascuna lista che ha raggiunto il quoziente elettorale. 3.13 Gli arrotondamenti Se si considera un organismo politico composto di tre partiti, che hanno ricevuto in un'elezione 23 voti totali così suddivisi: 11, 10 e 2 ed in numero di tre i seggi da assegnare, i seggi andrebbero dati in teoria 1.4 seggi al primo, 1.3 al secondo e 0.3 al terzo. Per rendere interi i seggi si devono effettuare degli arrotondamenti, tenendo conto di ragionevoli criteri di equità: ad esempio a voti uguali dovrebbero corrispondere seggi uguali, a voti maggiori dovrebbero corrispondere seggi non inferiori ecc. Il soddisfacimento di questi e di altri criteri, che sembrerebbero a prima vista irrinunciabili, può peraltro essere irrealizzabile. Ad esempio, se i partiti sono due e ricevono lo stesso nume- 124 Capitolo II ro di voti, è impossibile assegnare un numero dispari di seggi senza violare il criterio della proporzionalità (pura). Diamo ora un'illustrazione dei due metodi di arrotondamento più noti (gli altri sono, per lo più, ritocchi di questi). Secondo il sistema proporzionale, o di Hamilton, a ciascun partito viene inizialmente assegnata la parte intera dei seggi teorici (nel nostro caso 1, 1, 0). I seggi residui (in questo esempio uno solo) vengono assegnati ai partiti con parte frazionaria più alta (nel nostro caso al primo partito, la cui parte frazionaria è 0.4). La distribuzione risultante è quindi 2, 1, 0. Secondo il metodo proporzionale dei massimi divisori, o di Hondt, si procede, ai fini della ripartizione, come segue: si dividono i voti ricevuti dal primo partito per 1, poi per 2, per 3 ecc. finché la procedura lo renderà necessario. Si effettuano analoghe divisioni nel caso dei voti ricevuti dagli altri partiti. Si considerano allora i più alti quozienti (tanti, quanti sono i seggi da assegnare) e si attribuisce un seggio a ciascuno dei partiti corrispondenti a tali quozienti. La ripartizione dei seggi secondo il metodo dei massimi divisori è simile a quella del sistema proporzionale, ma in generale può portare a risultati diversi. In entrambi i sistemi, in caso di parità (fra le parti frazionarie residue o fra i quozienti più alti) si ricorre ad ulteriori metodi: età dei candidati, sorte ed altre numerose tecniche. Un nuovo metodo di arrotondamento, basato sugli indici di potere di cui si parlerà nel successivo paragrafo, è stato recentemente proposto da Gianfranco Gambarelli135: tale metodo appare di scarsa applicazione per gli effetti distorsivi che esso comporta in tema di rappresentanza proporzionale. 3.14 Gli indici di potere Tra gli esperti si pone l’ulteriore problema di coalizione ed in particolare di determinare gli indici di potere. Si consideri un Paese ove vi siano tre soli partiti politici, A, B e C, con la seguente ripartizione di seggi: 40% ad A e 30% a B e C. È facile constatare che, se non vi sono 135 V. G. Gambarelli , 1999, Minimax Apportionments, Group Decision and Negotiation, 8, 6, pp. 441-461. Profili di teoria generale delle elezioni 125 particolari propensioni od avversioni per certe alleanze, tutti e tre sono sullo stesso piano agli effetti delle possibili coalizioni di maggioranza semplice. Possiamo quindi assegnare un "potere coalizionale" paritetico, cioè del 33,3% a ciascuno. La stessa situazione si presenterebbe se A e B avessero il 49% dei seggi ciascuno e C il 2%: quest'ultimo partito avrebbe infatti, pur con un potere nominale molto basso, un potere reale uguale a quello degli altri. Se invece A avesse da solo il 51% dei seggi, il suo potere sarebbe del 100% (cioè 1). Se la ripartizione dei seggi è 50% per A, 30% per B e 20% per C. Qui A non possiede da solo la maggioranza; d'altra parte ciascuno degli altri due partiti ha bisogno di coalizzarsi con A, in quanto l'unione fra B e C non è maggioritaria. È intanto facile intuire che questi ultimi, pur avendo diverse quantità di seggi, sono in ugual posizione di potere; è anche presumibile che A abbia un potere maggiore, data la sua posizione prioritaria. A risolvere il problema vi è la formula, chiamata "indice di Martin-Banzhaf-Coleman" (o più semplicemente "indice di Banzhaf") che si basa sul concetto di "crucialità". Si dice che un giocatore è cruciale per una coalizione se essa è maggioritaria con lui e minoritaria senza di lui. Nel caso dell'ultimo esempio, A è cruciale per tre coalizioni (AB, AC e ABC), mentre B è cruciale solo per una (AB), analogamente per C (cruciale per AC). Ripartendo il potere in proporzione di tali crucialità, si ottiene 3/5 per A e 1/5 per B e C. L'indice di Banzhaf è il più utilizzato nelle applicazioni politiche, per via della stretta proporzionalità con le coalizioni per cui i partiti sono cruciali. Sono stati elaborati altri indici di potere, per lo più per applicazioni finanziarie. Tali indici portano in alcuni casi a risultati molto simili (ad esempio il più noto, quello di Shapley-Shubik, che perviene a soluzioni che si discostano da quelle sopra riportate). I principali studi sulle variazioni dei poteri in relazione a propensioni ed avversioni sono opera di Guillermo Owen136. 136 V. G. Gambarelli - G. Owen., 1994, Indirect Control of Corporations, International Journal of Game Theory, 23, 4, pp. 287-302. Per chi desidera approfondire questi ed altri argomenti di Teoria dei Giochi segnaliamo G. Gambarelli, 1997, Giochi competitivi e cooperativi, Cedam, Padova; G. Gambarelli, G. Pederzoli, 1992, Metodi di decisione, Hoepli, Milano; G. Owen, 1995, Game Theory, III ed. Academic. Lo studioso lavora nella Naval Postgraduate School di Monterey e collabora 126 Capitolo II 3.15 Soglie di sbarramento: sistemi elettorali e comportamento degli attori partitici Nei sistemi elettorali le variabili più importanti con maggiore influenza sul sistema proporzionale sono l’ampiezza della circoscrizione e le soglie di sbarramento. La soglia di sbarramento viene comunemente definita come la minima percentuale di voti che una lista concorrente deve raggiungere per poter partecipare alla distribuzione dei seggi; più la soglia è elevata più è difficile per i partiti minori ottenere direttamente seggi nelle varie competizioni elettorali per cui devono aggregarsi con altri partiti per evitare di correre invano. Le soglie di sbarramento possono essere esplicite se previste dalla legge (esempio lo sbarramento del 4% in Italia per l’assegnazione alla Camera dei 155 seggi proporzionali) o implicite. Le soglie esplicite possono agire a livello di circoscrizione locale (livello inferiore) o a livello nazionale (superiore). La scelta del legislatore tra questi due livelli diviene determinante per alcune formazioni politiche. Un partito fortemente concentrato in una determinata area territoriale (ad esempio presenza di minoranze linguistiche) può agevolmente affermarsi superando lo sbarramento di un ipotetico 5% a livello locale, ma non può raggiungere la percentuale del 5% a livello nazionale. Tra i Paesi che utilizzano soglie esplicite di livello inferiore si possono ricordare: la Svezia la cui legge elettorale prevede il raggiungimento dei vari concorrenti di almeno il 4% dei voti dell’intera nazione o almeno il 12% in una circoscrizione, il Giappone 2% nella proporzionale, la Spagna il 3%. La maggior parte dei sistemi elettorali dei vari Stati adotta, invece, soglie di sbarramento a livello nazionale, come ad esempio la Sperrklausel tedesca, la Nuova Zelanda e la Polonia 5%, lo sbarramento del 4% per Austria, Norvegia, Svezia, Italia nella parte proporzionale e del 10% per la Turchia. da anni con l'Università di Bergamo anche per applicare tali risultati alle scalate azionarie. Profili di teoria generale delle elezioni 127 Per le seconde (le soglie implicite) si ricavano attraverso l’analisi di alcuni dati quali l’ampiezza della circoscrizione, la formula elettorale adottata, il numero dei partiti in competizione dai quali si può ricavare quale sia la percentuale minima di voti che un partito deve raggiungere in una determinata circoscrizione elettorale per ottenere almeno un seggio (sistema che può essere usato ad esempio per il modello elettorale del Senato italiano, che assegna 83 seggi per la quota proporzionale). Il valore approssimativo della soglia implicita può essere determinato attraverso indici elaborati da vari studiosi tra cui vanno ricordati quelli di Taagepra137 – Shugart (1989), Lijpart (1994) e Callagher (1991)138. Il mutamento della soglia implicita si ottiene ad esempio riducendo l’ambito delle circoscrizioni, influendo così sul grado di proporzionalità dell’esito elettorale e sul numero dei partiti che otterranno seggi139. Lo studio delle soglie implicite è iniziato con Rokkan, che ha elaborato una prima nozione di soglia di rappresentanza (Threshold of representation), definita come la minima percentuale di voti necessaria ad un partito per ottenere il suo primo seggio in una circoscrizione elettorale nelle condizioni più favorevoli140. 137 V. R. Taagepera e M.S. Shugart., Seats and Votes: The Effects and Determinants of Electoral System, New Haven, Yale University, Pree, 1989. L’indice del numero effettivo dei partiti, elaborato da Laakso e R. Taagepera (1979) nell’opera “Effective Number of Parties: A Measure with Application to West Europe, in “Comparative Political Studies, (pagg. 3 – 27), fornisce un valore intuitivo del numero dei partiti in un dato sistema politico, tenendo conto dei rispettivi pesi relativi percentuali. Si calcola utilizzando apposita formula matematica. 138 V. M. Gallagher, Proportionality, Disproportionality and Electoral Systems, in “Electoral Studies”, pp. 33 – 51, 1991; dello stesso autore: Comparing, Proportional Representation Electoral System: Quotas, Thresh, Paradoxes olds and Majorities, in “British Journal of Political Sciences”, n. 4 pp. 469-496. 139 Michael Gallagher ha inventato il metodo denominato “Least – Squares Index” per misurare la corrispondenza tra la percentuale di voti ottenuti e percentuale di seggi conquistati dai partiti attraverso apposita formula (aumentando la corrispondenza tra percentuale di voti e di seggi aumenta e contemporaneamente diminuisce il valore della proporzionalità). 140 V. S. Rokkan, Elections: Electoral System, in International Encyclopaedia of The Social Sciences, New York. Crowell – Collier – Macmillan (1968), cit.; vedi anche dello stesso autore, Cittadini, Elezioni e Partiti, Bologna, Il Mulino, 1982. 128 Capitolo II Il lavoro di Rokkan è stato completato da Rae, Loosemore ed Hanby 141che hanno introdotto la nozione di soglia di esclusione (threshold of representation), definita come la massima percentuale di voti che un partito può ottenere senza riuscire a conquistare alcun seggio in una circoscrizione nelle circostanze più favorevoli in presenza della formula d’Hondt. Successivamente tali studiosi hanno calcolato gli indici della soglia di rappresentanza e della soglia di esclusione anche per le formule elettorali del quoziente naturale (Hare) e Saint Laguë. Tali formule presentano però degli errori negli indici della soglia di esclusione per le formule del quoziente (Saint Laguë), che sono stati corretti da Lijpart e Gibberd con le soglie “minima” e “massima”142. Per le formule Hare, Hagenbach – Bischoff e Imperiali i rispettivi quozienti rappresentano la soglia di esclusione; se il partito raggiunge il quoziente otterrà un seggio. La soglia implicita è in ogni caso inferiore al quoziente, dato che i seggi residui vengono assegnati con il metodo dei resti più alti. La soglia di sbarramento non sempre è definita come una percentuale di voto, ma può riferirsi ad una certa quantità di voti o a voti intesi come una frazione di un quoziente o ad un certo numero di seggi ottenuti al primo livello (quando ad esempio vi è recupero di resti). Le soglie esplicite sono, infine, efficaci quando operano in circoscrizioni nazionali o di grande ampiezza (esempio Germania); soglie del 3% o del 5% in collegi con limitata ampiezza circoscrizionale vengono vanificate in quanto la soglia (implicita o effettiva) da raggiungere per conquistare un seggio è molto più alta. Sulla scorta delle considerazioni che precedono riesce facile argomentare come ogni partito abbia come obiettivo quello di massimizzare il proprio risultato elettorale con l’ottenimento del maggior numero 141 V. W. Douglas .Rae, The political Consequences of Electoral Laws, New Haven, Yale University, Press, 1971, cit. . 142 Cfr. A. Lijpart, . Electoral System and Party System: a Study of TwentySeven Democracies 1945 – 1990, New York, Oxford University, Press, 1994; dello stesso autore Degrees of Proportionality of Proportional Representation Formulas, in B. Grofman e A. Lijpart (a cura di), Electoral Laws and Their Political Consequences, New York, Aghaton Press, pp. 171 – 179, 1986; infine A. Lijpart e B. Grofman (a cura di), Choosing and Electoral System: Issues and Alternatives, New York, Praeger, 1984. Profili di teoria generale delle elezioni 129 di seggi possibile in ciascuna circoscrizione o collegio elettorali. Si è riscontrato che ciascun sistema elettorale consente la possibilità di ricorrere ad aggregazioni e alle autonomie dei partiti. I sistemi proporzionali che operano in un’unica circoscrizione elettorale nazionale, senza alcun tipo di sbarramento formale, consentono anche ai partiti più piccoli di competere autonomamente e di ottenere almeno un seggio (con 100 seggi da ripartire con la formula di Hare può bastare lo 0,5% dei voti per avere un seggio). Se il sistema elettorale prevede l’introduzione di soglie di sbarramento o l’innalzamento della soglia implicita, che si ottiene, ad esempio, con la riduzione dell’ampiezza della circoscrizione, la soluzione per le piccole formazioni politiche è di due tipi: o la scomparsa o l’aggregazione con altre liste. Si vengono così a formare dei cartelli elettorali che raccolgono più partiti anche non solo minori con l’unico scopo di superare lo sbarramento (esplicito o implicito). È questa la finalità che ha visto il sorgere di alcune aggregazioni, come la Margherita, il Biancofiore ed il Girasole in Italia e cioè l’esigenza di raggiungere e superare nella quota proporzionale lo sbarramento del 4% per poter ottenere alcuni seggi dai voti dell’elettorato della coalizione. Per quanto attiene al sistema maggioritario, che presenta un meccanismo elettorale più selettivo, è necessario, nei collegi uninominali, superare la soglia implicita che è molto alta (varia solitamente dal 35 al 50% dei voti). In Italia il partito della maggioranza relativa si attesta nell’ordine del 28-30% dei consensi elettorali, per cui diviene necessaria l’alleanza tra varie formazioni partitiche (recentemente Centro– destra e Centro–sinistra). Poiché per conquistare nei vari collegi o circoscrizioni un seggio basta un sol voto in più di scarto, si cerca di far entrare nell’alleanza anche i partiti più piccoli che, con i loro voti, possono consentire il successo della lista coalizzata nei vari collegi elettorali (esercizio del potere di ricatto dei partitini, peraltro giustificato, che riescono ad ottenere un numero maggiore di seggi rispetto alla loro percentuale di rappresentatività). I partiti riescono ad adattarsi alle varie situazioni che si presentano ed in Italia è stato dimostrato che, pur in presenza di leggi mirate, non si è potuta evitare la frammentazione partitica in presenza di un comportamento strategico degli attori partitici, capaci di adeguarsi a qual- 130 Capitolo II siasi normativa elettorale ed al conseguente premio offerto dagli elettori. Il tanto criticato Mattarellum143 ha permesso, nella penultima tornata elettorale politica in Italia, il formarsi di solide maggioranze sia al Senato che alla Camera ed i calcoli dei partiti si sono rivelati errati nella quota proporzionale (solo 5 liste hanno infatti superato la soglia di sbarramento del 4%, ottenendo tutti i 155 seggi proporzionali. Le microformazioni (Il Biancofiore (Ccd e Cdu), il Girasole (Verdi e Sdi) ed il terzo polo (Italia dei Valori e Democrazia europea) hanno subito una imprevista sconfitta. 3.16 Ingegneria politica e ingegneria elettorale L’analisi del processo elettorale è stata sviluppata in via principale nella prospettiva di definire il rapporto tra la struttura politica da una parte e l’utilizzo dei sistemi elettorali dall’altra. La struttura politica non può essere considerata come un sistema unitario, ma la sintesi di sottosistemi ciascuno dei quali interagisce con gli altri sotto-sistemi in un sistema complesso denominato “procedimento elettorale”. Al complesso sistema operativo, che sottende alla scelta dei candidati, viene generalmente attribuito il nome di “ingegneria elettorale”, che può essere considerata come l’attitudine dei sottosistemi della struttura politica ad intervenire sia l’uno sull’altro che nei vari settori della trama politica. I sistemi elettorali costituiscono un elemento cardine del sistema politico e della forma di governo nonché della cosiddetta “Ingegneria elettorale”; tale fatto è noto da oltre un secolo e mezzo e si pone all’attenzione della dottrina anche ai nostri giorni. Basti citare, al di là delle teorie sui sistemi elettorali, sostenute da Montesquieu e da Hamilton, il contributo offerto da Jonh Stuart Mill 143 Dal nome di Mattarella suo proponente. In Italia la riforma elettorale, approvata con legge 4 agosto 1993, n. 277, a seguito del referendum sul finanziamento pubblico dei partiti e sulla riduzione delle preferenze alla Camera dei Deputati, ha dato origine ad un sistema misto (75% dei deputati eletti con il sistema maggioritario in collegi uninominali e 25% dei seggi attribuiti con il sistema proporzionale e voto di lista), che è stato definito “mattarellum” dal politologo Giovanni Sartori. Profili di teoria generale delle elezioni 131 in ordine al progetto di riforma elettorale elaborato da Thomas Hare con il quale si proponeva di modificare il sistema elettorale inglese di stampo maggioritario mediante l’introduzione di un sistema proporzionalistico di voto singolo trasferibile. A prova del vivace dibattito dottrinale sviluppatosi in passato basti citare la veemente polemica condotta da Walter Bagehot, convinto sostenitore del sistema maggioritario, contro la teoria di Mill144. Entrambi però affermano che l’adozione di un tipo di sistema elettorale in luogo di un altro produce effetti sia sul funzionamento del sistema politico che su quello di Governo. In particolare il primo (Mill) rileva nei seguenti punti le principali conseguenze politiche nel caso di adozione del progetto di sistema elettorale di tipo proporzionale proposto da Hare. Prima di tutto lo studioso osserva che questo sistema elettorale è idoneo a favorire la rappresentanza in sede parlamentare di tutte le forze politiche, economiche, culturali e lavorative del paese e non solo gli interessi di due schieramenti <<insieme forse in alcuni luoghi con talune grandi minoranze di frazione, ma di qualsivoglia minoranza esistente in tutto il Paese, la quale si componesse di un numero di individui abbastanza esteso per avere diritto, secondo i principi di un’equa giustizia, ad un rappresentante>> .145 In secondo luogo Mill afferma che il sistema proposto da Hare consente il formarsi di maggioranze parlamentari qualitativamente migliori di quelle espresse da altre formule elettorali.146 Da ultimo il sistema elettorale proporzionale propugnato – precisa Mill – agisce come fattore di responsabilizzazione politica in una duplice direzione in quanto libera <<il rapporto tra elettore ed eletto dalle interferenze opprimenti delle macchine politiche>> per cui la <<chiamata a rispondere>> rivolta al rappresentante può cogliere direttamente nel segno; in secondo luogo in quanto consente lo sviluppo di quegli antagonismi di posizioni plurime sopra i quali si fonda larga 144 V. Walter Bagehot, The English Constitutions, 1867, London Oxford University Press, 1968, pp. 130 ss. 145 V. John Stuart Mill, Il Governo rappresentativo (1861), Torino UTET 1886, vol. II, p. 1056. 146 Ibidem, p. 1057. 132 Capitolo II parte delle funzioni di controllo politico nelle democrazie moderne147. Bagehot rileva, invece, che il sistema proporzionale sostenuto da Mill esige un prezzo funzionale maggiore di quello del sistema maggioritario e non può essere applicato al sistema elettorale e costituzionale inglese, non adattandosi ad un governo parlamentare che si vorrebbe introdurre in Inghilterra148. È opinione del citato autore (Bagehot) che cinque debbano essere le funzioni di un parlamento rappresentativo: // 1- eleggere un governo, // 2 - legiferare, // 3 - educare la nazione, // 4 - esprimerne la volontà, // 5 - sottoporre all’ attenzione del Parlamento i problemi politici. Un sistema proporzionale – evidenzia l’autore – non è in grado di eleggere un Parlamento che sia in grado di assicurare queste cinque funzioni in quanto una Camera pluripartitica ed ideologizzata non può costituire un governo stabile ed efficiente, un’attività legislativa organica, l’assolvimento della funzione espressiva e delle funzioni di educazione e di informazione dell’opinione pubblica. Il richiamo storico di Mill e Bagehot, sostenitori il primo della validità del sistema proporzionale ed il secondo di quello maggioritario, serve per dimostrare che la teoria politica ha ormai da tempo assunto la consapevolezza del ruolo del sistema elettorale come strumento di 147 Successivamente molti argomenti sostenuti da Mill a sostegno del sistema proporzionale vengono invocati da Giuseppe Maranini ed altri per riforme elettorali contrassegnate dal sistema maggioritario. 148 V. W. Bagehot, The English Constitution, cit. pag. 135. Non è vero – egli afferma - che un sistema proporzionale affranca il rappresentante dalla schiavitù del partito; è vero, invece, sostiene il citato autore, il contrario e cioè che si verrebbe a potenziare la dipendenza dell’eletto dal partito di cui è espressione. Inoltre non va sottaciuto il fatto – stigmatizza Bagehot- che il sistema maggioritario impedisce la moltiplicazione dei partiti in quanto penalizza le scissioni e non offre spazio alla nascita di nuovi partiti. Oggi, scrive l’autore citato, i dissenters costituiscono una componente agguerrita del partito liberale e con l’introduzione del sistema proporzionale essi non sarebbero più una corrente di partito, ma assumerebbero il ruolo di partito indipendente. Questo aumento dei partiti porterebbe ad una svolta ideologica alla competizione politica perché le ideologie non possono non essere il fulcro primario attorno a cui sviluppare e distinguere i nuovi partiti, che introdurranno perciò nel parlamento “la somma di tutti gli “ismi”che circolano in Inghilterra.”. Con la conseguenza che un’Assemblea di uomini disposti alla moderazione e alla ragionevolezza, si trasformerebbe – precisa lo studioso – in un compendio variopinto di ogni sorta di estremismo dogmatico. Profili di teoria generale delle elezioni 133 “Ingegneria politica”. Molte sono le variabili del processo elettorale che si sono venute affermando nel corso di quasi un secolo e mezzo da quando si sono confrontati i due sistemi maggioritario e proporzionale prima descritti (pregnanti solo per il sistema elettorale inglese) in relazione al sistema partitico che si è venuto affermando in molti stati europei ed in quelli degli altri continenti ed all’estensione del suffragio per cui si è dovuto allargare il campo di osservazione. Ciò consente di definire modalità e limiti della <<capacita ingegneristica del sistema elettorale mediante l’analisi comparata, vero e proprio surrogato della verifica sperimentale ad uso delle scienze storico – sociali>>149. 3.17 Attitudine “ingegneristica” del sistema elettorale e sua democraticità. In riferimento alle Assemblee elettive il sistema elettorale deve essere riguardato come un meccanismo per trasformare i voti in seggi. Secondo Ferdinand Hermes, prima della guerra 1914-1918, erano conosciute oltre 300 varietà di sistemi elettorali derivanti dal maggioritario o dal proporzionale. Data la vastità dei sistemi, indipendentemente dall’esattezza numerica rilevata, non è possibile farli derivare, secondo il citato autore, o dall’uno o dall’altro dei sistemi prima descritti. Tra i vari sistemi elettorali, presenti nell’ordinamento comunitario, vengono in rilievo due gruppi fondamentali e cioè quelli maggioritario e proporzionale. La caratteristica più significativa dei diversi sistemi di rappresentanza proporzionale dei parlamentari cui si affida il mandato di esprimere la volontà popolare è rappresentata da una corrispondenza percentuale fra i voti ottenuti dai diversi partiti nelle elezioni ed i seggi che vengono loro assegnati. Si tratta di un sistema che consente di far sì che nel Parlamento vi 149 V. J. M. Wiliam. Mackenzie, Polities and Social Sciences, Hammondsworth, Penguin Books, 1967, p. 51; Giovanni Sartori (a cura di) Leonardo Morlino, la comparazione nelle Scienze Sociali, Bologna, Il Mulino, 1991. Sui vari aspetti metodologici ed epistemologici vedi Domenico Fisichella Metodo Scientifico e Ricerca Politica, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1985; dello stesso autore Epistemologia e Scienza Politica, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1994. 134 Capitolo II sia un’esatta rispondenza tra la volontà del corpo elettorale ed i membri che tale volontà sono destinati a rappresentare in Parlamento. Appare subito evidente che un tale sistema serve a tutelare le minoranze, che si garantiscono, in tal modo, una rappresentanza in Parlamento (col proporzionale non si vince tutto, ma non si perde neppure tutto). A questo vantaggio si contrappone, però, il maggior difetto del sistema, che è chiaramente visibile anche solo osservando la nostra storia politica fino a tempi recenti: il sistema favorisce la frammentazione politica, con conseguente necessità di governi di coalizione, composti, cioè, da più partiti e dalla loro instabilità. Per ridurre la frammentazione partitica vengono utilizzati principalmente tre strumenti: // 1 - la dimensione delle circoscrizioni, // 2 le clausole di accesso alla distribuzione dei seggi // 3 - ed il numero dei parlamentari da eleggere nelle circoscrizioni o nei collegi. Circoscrizioni vaste, che eleggono più di 15-20 rappresentanti, hanno un alto livello di proporzionalità e si può essere eletti con una bassa percentuale di voti (è il caso delle circoscrizioni di Roma e di Milano, che eleggevano 50 rappresentanti quando in Italia vigeva il sistema proporzionale puro). Soglie di esclusione precludono l'accesso ai partiti minori: in Spagna ed in Grecia occorre, ad esempio, ottenere il 3% su scala nazionale, mentre in Germania un partito deve avere almeno il 5% oppure tre deputati eletti nei collegi uninominali. Anche in Italia, nella quota proporzionale, c'era nel previdente sistema una soglia di esclusione del 5%. Il numero dei parlamentari, infine, è inversamente proporzionale al grado di proporzionalità del sistema: se un parlamento ha pochi membri, questi devono ottenere un vasto consenso. I sistemi maggioritari si suddividono in due grandi famiglie: quelli a turno unico (o plurality) e quelli a doppio turno (o majority). Nei sistemi maggioritari a turno unico (first past the post) si afferma il candidato che nel collegio uninominale ottiene anche solo la maggioranza relativa. In ogni collegio, dunque, chi arriva primo vince e gli altri perdono e non vengono eletti. Col passare del tempo i sistemi maggioritari favoriscono il formarsi delle coalizioni di partiti che, trovandosi d'accordo su un programma comune, si presentano uniti alle competizioni elettorali. Profili di teoria generale delle elezioni 135 Si rende però necessario approfondire le teorie che si sono confrontate in dottrina in ordine all’applicazione dell’uno o dell’altro sistema elettorale, cercando di riassumere in termini omogenei o se, possibile, in regole o principi, le loro differenziazioni e le conseguenze in ordine alla scelta dei candidati che si presentano nelle varie competizioni elettorali. Esistono, al riguardo, quanto al sistema maggioritario, due formule interpretative, riassunte da Maurice Duverger in “due leggi”, secondo le quali (leggi di Duverger) <<lo scrutinio maggioritario ad un solo turno tende al dualismo dei partiti; al contrario lo scrutinio maggioritario con ballottaggio o la rappresentanza proporzionale tendono ad un sistema di partiti molteplici, rigidi ed indipendenti>>150. Secondo Duverger è possibile individuare nell’influenza che lo scrutinio maggioritario ad un solo turno esercita sulla vita politica, la convergenza di due distinti fattori, uno di tipo meccanico e l’altro di tipo psicologico. Per il primo tale influenza si risolve nella “sovrarappresentazione” di alcuni partiti mediante l’attribuzione di più seggi rispetto a quanti sarebbero spettati con la proporzionalità dei voti ottenuti e nella “sotto rappresentazione” di altri partiti o coalizioni151. Le conclusioni generali riassunte nelle “due leggi” di Duverger si prestano a varie critiche; l’autore ha però il merito di aver indicato, sia pure non in forma limpida, i tre diversi livelli mediante i quali può essere affrontato il problema del “ruolo ingegneristico” del sistema elettorale. Ciascuno di essi si riferisce ad uno dei tre possibili ordini di operazioni in cui si articola l’ingegneria elettorale: 150 V. Ferdinand Hermens, Europe Democracy and Anarchy, Notre Dame, Ind. University of Notre Dame, 1951, p. 8. Per le vicende elettorali nel XIX secolo di 12 Paesi europei, vedi Andrew McLaren Carstairs, A Short History of Electoral System in Western Europe, London Allen & Unwin, 1980. 151 È agevole dimostrare che le conclusioni di Duverger circa gli squilibri fra distribuzione dei voti e attribuzione dei seggi come risultato dell'azione del “fattore meccanico” sono scarsamente fondate. Infatti, non è provato che “in un regime maggioritario a due partiti”, il partito che conquista meno voti si trovi sempre sottorappresentato rispetto al partito più votato: per citare un solo caso contrario, nel 1951 i laburisti inglesi ottengono 296 seggi, pari al 47,2%, pur avendo conseguito 13.986.000 voti (48,8%), mentre i conservatori con 13.880.000 voti (48%) conquistano 321 seggi, pari al 50,5% del totale. V. Maurice Duverger , “ Cinquième République”, in Duhamel –Meny, Dictionnaire constitutionnel, Paris 1992 136 Capitolo II 1) manipolazione delle scelte dell’elettore; 2) sotto o sovra - rappresentazione dei partiti; 3) influenza sul numero dei partiti. In considerazione di ciò, i quesiti relativi al “ruolo ingegneristico” del sistema elettorale vertono su come agisce in questi tre settori il sistema elettorale. Più specificamente si tratta di rispondere al quesito: a) se e quanto il sistema elettorale manipoli le scelte dell'elettore; b) se e quanto il sistema elettorale sotto- o sovra-rappresenti i partiti; c) se e quanto il sistema elettorale incida sul numero dei partiti e sulla democraticità del sistema elettorale.. Ad avviso di Robert A. Dahl, si può ragionevolmente parlare di sistema democratico solo se esistono almeno otto garanzie istituzionali: 1. libertà di istituire organizzazioni e di aderirvi; 2. libertà di espressione; 3. diritto al voto; 4. eleggibilità alle cariche pubbliche; 5. diritto dei capi politici di competere per il consenso e per i voti; 6. fonti alternative di informazione; 7. elezioni libere e corrette; 8. istituzioni che rendano il governo dipendente dal voto e dalle altre forme di preferenza politica. Per poter soddisfare il processo democratico, sempre secondo Dahl, esistono, per il caso che qui interessa, almeno 4 criteri: 1. partecipazione effettiva. Prima che una strategia venga adottata dall’associazione, tutti i membri devono avere pari ed effettive opportunità per comunicare agli altri le loro opinioni; 2. parità di voto. Al momento di prendere la decisione, ogni elettore deve avere un’opportunità di voto effettiva e di egual peso rispetto agli altri;. 3. diritto all’informazione. Entro ragionevoli limiti di tempo, ciascun membro deve avere pari ed effettive opportunità di conoscere le principali alternative strategiche e le loro probabili conseguenze. 4. universalità del suffragio. La totalità, o almeno la maggior parte, degli adulti che risiedono in permanenza nel territorio devono godere Profili di teoria generale delle elezioni 137 pienamente dei diritti indicati ai precedenti criteri152. Con riferimento a due argomenti canonici della scienza politica contemporanea (instabilità governativa e presenza di partiti antisistema), sappiamo che non basta votare perché ci sia un regime democratico, e se in molti Paesi si vota, non in tutti si vota seguendo e rispettando certe regole, all'interno di certe condizioni e conferendo al voto certe funzioni. Studi successivi hanno dimostrato che quelle prima descritte sono tendenze generali ed approssimate. Infatti se notevole è la corrispondenza tra sistema maggioritario ad un turno e bipartitismo in quanto il primo tende, di norma, a premiare i primi due partiti nazionali e a sottorappresentare il terzo, come si è storicamente verificato, ad esempio, in Gran Bretagna, questa può anche mancare quando vi siano importanti minoranze geograficamente concentrate e i maggiori partiti abbiano un radicamento fortemente differenziato. Tale situazione può portare all’elezione di tre o quattro partiti importanti dislocati su più di due poli. Così con le elezioni tenutesi in Canada nell’ottobre del 1993 si è superato il tradizionale bipartitismo dando vita ad un sistema tripartito con due partiti fortemente localistici. Il sistema maggioritario a due turni non favorisce tendenzialmente il bipartitismo, ma è idoneo a produrre un sistema di tipo bipolare, basato su due coalizioni alternative con esclusione dalla rappresentanza di partiti che non si coalizzano, come dimostra l’esperienza della quinta repubblica francese. Ciò si verifica quando non vi sono partiti nazionali abbastanza forti capaci di imporsi nella maggioranza dei colle152 V. Robert Dahl Sulla democrazia, Bari 2000. Sulla base di queste analoghe indicazioni, è stato osservato che agli inizi degli anni ottanta del secolo scorso, i Paesi democratici erano 51 su 158, ma soltanto ventuno di essi erano caratterizzati da una persistenza costante del regime democratico dalla fine della seconda guerra mondiale. Nel 2000, messi nel conto il crollo del Muro di Berlino nonché le vicende africane nell'area subsahariana e l'America Latina, i regimi democratici nel mondo risultano essere 119 e costituiscono il 62 per cento degli Stati, mentre regimi parzialmente democratici (a suffragio limitato, con partito dominante che controlla le leve del potere, inclusi i mass media, impedendo una competizione politica aperta e trasparente) esistono in altri sedici Paesi. Poco più di 50 Stati sono viceversa autocratici e rappresentano il 30 per cento dei Paesi e il 37 per cento della popolazione mondiale. 138 Capitolo II gi senza necessità di allearsi con altre forze politiche. I sistemi elettorali basati sui collegi uninominali producono tendenzialmente effetti di tipo dualistico, bipartitico o bipolare solo sui partiti di massa e sul carattere nazionale o plurinazionale della competizione. In sistemi di partito non strutturati l’effetto semplificatore si verifica collegio per collegio ma non su scala nazionale Il sistema proporzionale è, di norma, associato ad un sistema di partiti frazionato e viene utilizzato in forme ed entro limiti molto variegati. Si suole operare una distinzione tra sistemi proporzionali non selettivi o protettivi e sistemi selettivi o manipolativi; i primi favoriscono la moltiplicazione dei partiti mentre i secondi, a seconda della formula adottata, dei correttivi maggioritari utilizzati e della ridotta ampiezza dei collegi, producono effetti riduttivi sul numero dei partiti rappresentati. Vi sono Stati che, pur adottando un sistema proporzionale, hanno sistemi politici bipolari come la Grecia, la Germania e la Spagna. Inoltre il rapporto tra sistema elettorale e sistema dei partiti può restare pesantemente influenzato da fattori storici, tradizionali, ideologici e sociali che possono condizionare l’effetto moltiplicatore di sistemi proporzionali protettivi, come avviene ad esempio in Austria dove il sistema dei partiti è restato bipartitico nonostante l’adozione di un sistema elettorale proporzionale153. 3.18 Determinazione del potenziale di proporzionalità Non è sufficiente affermare che i sistemi elettorali esercitano diretta influenza sulla vita politica di un Paese, ma occorre determinare a priori, con l’utilizzo di sistemi oggettivi, la portata di tale influenza e va approfondito se, sulla questione all’esame, esistano strumenti o regole generali per determinare il livello di tale influenza. Il potenziale di proporzionalità o, secondo altri studiosi, il grado di 153 Cfr. il pregevole lavoro di G. Sartori, Ingegneria costituzionale comparata, strutture, incentivi ed esiti, Il Mulino, Bologna, 1998, cit. Profili di teoria generale delle elezioni 139 proporzionalità 154 va misurato nell’ambito di ciascuna circoscrizione elettorale sulla base della formula elettorale utilizzata ovvero della relazione esistente tra questa formula ed il numero dei seggi da assegnare nella circoscrizione stessa, tenendo conto di altre possibili variabili che contribuiscono a tale determinazione. Per “formula” si intende il criterio assunto dal sistema elettorale per l’interpretazione dei dati elettorali e per l’assegnazione dei seggi ai candidati o alle liste di candidati. Per “ampiezza della circoscrizione elettorale” o del “collegio” si intende quello spazio in cui confluiscono i singoli elettori per determinare con il loro voto l’attribuzione di definito numero di candidati ad una determinata carica pubblica elettiva (europarlamentare, deputato nazionale, consigliere regionale, provinciale e comunale etc.). Vi sono sistemi elettorali il cui potenziale di proporzionalità si determina in virtù della sola “formula” ed altri sistemi, invece, per i quali si richiede uno specifico rapporto tra formula e numero di seggi (ampiezza) della circoscrizione o del collegio elettorale. Definite le nozioni di “formula” e “ampiezza della circoscrizione elettorale”, si deve stabilire il potenziale di proporzionalità dei sistemi elettorali maggiormente utilizzati e cioè: il majority system ed il plurality system. Nel primo caso poiché la “formula” prevede, di norma, l’attribuzione del seggio al candidato che abbia ottenuto la maggioranza assoluta (50 per cento più uno) dei votanti espressi nel collegio, il sistema elettorale avrà un potenziale di proporzionalità tale che l’eletto rappresenta la metà più uno dei votanti nel collegio. Nel secondo caso (plurality system) il seggio viene attribuito al candidato che ottiene la maggioranza relativa dei suffragi: il potenziale di proporzionalità, nella simulazione con almeno tre candidati (poiché con due si avrebbe la stessa percentuale del majority system per cui la maggioranza assoluta e la maggioranza relativa verrebbero a coincidere) sarà rappresentato percentualmente dai voti espressi dagli elettori che hanno votato. Con la presenza di tre candidati nel collegio 154 Vedi Arend Lijpart, Degrees of Proportionality of Proportional Representation Formulas, in Grofman e Lijpart Electoral Laws and Their Political Consequences, pp. 170 - 179 140 Capitolo II la maggioranza assoluta nell’ipotesi di 100 votanti sarà di 51 mentre quella relativa sarà di 34 con la conseguenza che gli altri 66 voti (attribuiti in ragione di voti 33 agli altri due candidati) rimarranno privi di rappresentanza nel collegio. Nel sistema a doppio turno possono convivere le formule sia del majority system che del plurality system. Nel primo turno l’attribuzione del seggio avviene, di norma, sulla base della formula maggioritaria assoluta (salva diversa determinazione che aumenti il potenziale di proporzionalità nel caso sia richiesto dal sistema elettorale utilizzato). Ad esempio nel sistema elettorale francese si richiede per il passaggio al primo turno non solo la maggioranza assoluta dei voti ma anche che questa rappresenti almeno un quarto degli iscritti nel collegio. Se in un seggio gli iscritti sono 2.000 ed i votanti sono 800 per l’attribuzione del seggio un candidato deve ottenere almeno tanti voti che rappresentino almeno un quarto degli iscritti e cioè almeno 500 voti e non, quindi, 401 voti che rappresentano la maggioranza assoluta dei votanti. In questo caso il potenziale di proporzionalità sarà molto elevato poiché corrisponderebbe al 63% (arr.) dei votanti e l’eletto rappresenterebbe distributivamente altrettanti votanti. La formula maggioritaria assoluta dei votanti opera al secondo turno se il sistema elettorale prevede il ballottaggio (competizione limitata solo a due candidati più votati al primo turno, come avviene per la nomina dei Sindaci dei Comuni e dei Presidenti di Provincia in Italia). Se la partecipazione al secondo turno non è limitata, l’attribuzione del seggio avviene secondo la formula del plurality system; nella formula simulata di tre candidati otterrà il seggio colui che avrà ottenuto la maggioranza relativa di suffragi. Supposto che l’eletto abbia ottenuto 400 voti su 800 votanti il potenziale di proporzionalità sarà rappresentato dal 50% dei votanti nel collegio. Sia la formula del voto multiplo che quella del voto limitato introducono correttivi proporzionalistici nella regola maggioritaria del plurality system. Nel caso del voto multiplo in funzione di circoscrizioni elettorali binominali, che sono le più comuni, i 400 elettori dispongono almeno di 800 voti. Anche in questo caso, in presenza della regola maggioritaria relativa, per misurare la proporzionalità potenziale occorre simulare la presenza di tre candidati. Supposto che il candidato più votato, Profili di teoria generale delle elezioni 141 cui viene attribuito il seggio, abbia ottenuto 400 voti il potenziale di proporzionalità sarà del 50% dei votanti e tale sarà il grado di rappresentatività degli elettori 155. Nei sistemi di rappresentanza proporzionale i seggi si distribuiscono in proporzione ai voti ottenuti dai vari candidati. Pur nella diversa posizione della dottrina, e assumendo come piede di partenza il massimo di proporzionalità potenziale e la regola “coeteris paribus”, possono essere così elencate le quattro principali formule della rappresentanza proporzionale nell’ordine di proporzionalità decrescente: // 1 voto singolo trasferibile; // 2 - metodo del resto più alto; // - 3 metodo d’Hondt della media più alta; // 4 - metodo Sainte – Laguë della media più alta 156 L’elemento che occorre evidenziare a questo punto riguarda l’ampiezza della circoscrizione elettorale. Va premesso che i sistemi elettorali proporzionali operano, di norma, in distretti plurinominali (circoscrizioni). In alcuni paesi (ad esempio in Israele ed Olanda) l’intero territorio nazionale costituisce un’unica circoscrizione nella quale sono eletti i componenti dei Parlamenti nazionali. Occorre determinare la relazione esistente tra l’ampiezza della circoscrizione ed il potenziale di proporzionalità, che è crescente a seconda dell’ampiezza della circoscrizione stessa. Il numero dei seggi attribuito ad una circoscrizione elettorale ha un impatto sulla proporzionalità più forte ed ogni altro fattore, quale la scelta delle formule (Saint – Lagüe o d’Hondt), ferma restando la possibile influenza di altri fattori come le clausole di esclusione o di determinate maggioranze riguardanti l’elezione. può condizionare il potenziale di proporzionalità. L’ampiezza del Collegio non ha influenza sul potenziale di proporzionalità sui sistemi maggioritari fissi non solo quando si prevede che il collegio sia attribuito ad un solo candidato come fanno il plurality o 155 V. Domenico Fisichella, Elezioni e Democrazia un’analisi comparata, Il Mulino, 2003 pp. 188 ss. 156 Se viene ignorata la regola del coeteris paribus e siano applicati fattori di differenziazione dalla regola generale la proporzionalità va misurata caso per caso. Sulla “proporzionale rinforzata” in Grecia vedi Antonio Agosta, Le elezioni del 1977 e le prospettive della nuova democrazia in Grecia in “Rivista Italiana di Scienze Politiche”, 1979, n. 1 pp. 116-119; F. Lanchester, Sistemi elettorali e forma di governo, Bologna, Il Mulino 1981, p.. 121. 142 Capitolo II il majority system, ma anche quando si predetermini l’attribuzione dei seggi sulla base di percentuali fisse, come ad esempio, due terzi alla lista più votata e l’altro terzo alla seconda lista più votata. Viceversa se il sistema maggioritario è di tipo flessibile e cioè mutua alcune formule di quelli proporzionali allora l’ampiezza della circoscrizione o del collegio avrà un peso sul potenziale di proporzionalità commisurato alla dimensione di proporzionalità insita nella formula applicata157. Si può, quindi, ritenere che la determinazione del potenziale di proporzionalità per i sistemi maggioritari di tipo rigido avvenga sulla base della sola formula mentre per tutti gli altri sistemi proporzionali, proporzionali corretti e maggioritari di tipo flessibile sulla base della formula più l’ampiezza della circoscrizione elettorale. Sono maggioritari di tipo rigido il plurality system, il majority sytsem, il sistema argentino della lista incompleta ed il doppio turno in collegi uninominali. Appare possibile classificare i sistemi elettorali in una scala di proporzionalità crescente nella circoscrizione o collegio; al posto più basso si colloca il plurality system per il quale sono sufficienti 34 seggi su 100 per essere eletti. Seguono nell’ordine: il sistema di doppio turno la cui formula racchiude metodi e sistemi del plurality system e del majority system (occorrono 51 suffragi su 100 per eleggere un candidato); il voto multiplo e la formula argentina della lista incompleta (68 voti su 100 sono sufficienti a garantire alle due liste concorrenti l’assegnazione di tutti i seggi della circoscrizione); 157 Nell’area latino – americana esistono due sistemi elettorali che ben si prestano a chiarire il concetto. Il sistema della lista incompleta (adottato in passato in Argentina) rappresenta un sistema maggioritario di tipo rigido in quanto predetermina i due terzi dei seggi della circoscrizione a favore della lista più votata ed un terzo per la seconda lista. Il sistema usato in Paraguay attribuisce i due terzi alla lista più votata (maggioranza relativa) mentre l’altro terzo viene distribuito proporzionalmente tra tutte le altre liste concorrenti. Poiché in questo Stato esiste un’unica lista elettorale il terzo dei 60 seggi elettorali e cioè 20 verrà distribuito tra tutte le liste concorrenti in misura proporzionale ai voti ottenuti, fermo restando che gli altri 40 seggi vengono attribuiti alla lista che ha ottenuto la maggioranza relativa. Ciò influisce ovviamente sulla proporzionalità potenziale del sistema elettorale. Profili di teoria generale delle elezioni 143 il voto limitato; la formula paraguaiana della lista incompleta; il sistema boliviano del doppio quoziente; il sistema proporzionale con clausola di esclusione. Nel posto più alto della scala di proporzionalità si collocano i sistemi di rappresentanza proporzionale operanti in circoscrizioni di ampiezza vasta. Esiste un rapporto inversamente proporzionale tra proporzionalità potenziale del sistema elettorale e sue attitudini manipolative e disrappresentative nel senso che, nell’ambito della circoscrizione, maggiore è il potenziale di proporzionalità del sistema elettorale, minore è la sua operatività manipolativa e dis-rappresentativa. 3.19 Teorema del “Gerry Mandering” e modifica degli ambiti territoriali delle circoscrizioni elettorali Il Gerry Mandering è un meccanismo158 che consiste nel modificare i confini territoriali di collegi contigui in modo tale da raggiungere un maggior grado di rappresentatività della coalizione o del gruppo più forte in uno di tali collegi dove è prevalso o può prevalere altro partito o gruppo di partiti contrapposti. Si tratta di una manipolazione di adattamento dell’ambito territoriale di due o più collegi (contigui) in modo tale che la forza numerica di un determinato partito, gruppo o coalizione possa riuscire ad ottenere tutti o il maggior numero di seggi nelle competizioni elettorali159. 158 La pratica del Gerrymandering trae la propria denominazione dal nome del Governatore del Massachusetts, Elbridge Gerry che la adottò nelle elezioni del 1812 dai risultati a lui favorevoli. Tale sistema consiste nell’aver ridisegnato i collegi elettorali tanto da far assumere loro la caratteristica forma a salamandra. V. N. Saripolos, La Démocratie et l’élection proportionnelle, Paris, Rousseau, 1899, vo. I, pp. 376 ss.; R.A. Diamone, Guide US Election, Washington, Congressional Quarterly Inc., 1975, pp. 519 ss. Tale sistema non è uno strumento solo Nordamericano, ma risulta utilizzato anche in ambito europeo molto spesso in funzione antisocialista e anticomunista. Tipici sono i casi tedesco dopo il 1871 e francese dopo 1958. 159 Tale sistema venne utilizzato in Francia nelle elezioni del 1958 per sottorappresentare le sinistre. Negli USA invece, a seguito del Voting Rights Act del 1968, venne usato per finalità di riequilibrio. La Corte suprema ha considerato incostituzionale tale sistema nel 1993 per aver cercato di favorire minoranze etniche nel 144 Capitolo II Tale pratica esige la contiguità dei collegi elettorali in cui esista un collegio tradizionalmente appannaggio di una determinata forza politica con largo scarto di voti e di altro collegio marginale dove tale rappresentanza è assai scarsa e questo sia appannaggio di altra coalizione partitica. Vediamo come opera tale sistema: due partiti A e B devono presentarsi in due collegi contigui x ed y; nel collegio x il partito A abbia ottenuto nella precedente competizione elettorale 10.000 voti ed il partito B solo 2.500 voti. Nel collegio y il partito A abbia ottenuto 2.000 voti ed il partito B 3.500. Se il partito A è nelle condizioni di poter modificare l’ambito territoriale di tali due collegi in modo tale da trasferire, ad esempio, 4000 elettori dal collegio x al collegio y potrà ottenere i suffragi necessari per affermarsi in entrambi i collegi. Infatti con il nuovo assetto si hanno nel collegio x per il partito A 6.000 voti e per il partito B 2.100 mentre nel collegio y il partito A avrà 6.000 voti ed il partito B 4.500 voti. Con tali nuovi numeri derivanti dalla modifica dell’ambito territoriale dei due collegi il Partito A si aggiudicherà nella competizione elettorale tutti e due i seggi. Tale metodo può essere utilizzato in circoscrizioni elettorali contigue ovviamente solo se i partiti sono nelle condizioni di poter modificare gli ambiti territoriali delle circoscrizioni elettorali (e cioè se sono al Governo del Paese). La tattica dello “status quo” è invece fenomeno contrario da parte del gruppo che detiene il potere contro la modifica degli ambiti territoriali dei collegi o circoscrizioni che avvantaggerebbero i partiti di opposizione. Nell’esempio sopra illustrato se detentore del potere fosse il partito B questo si guarderebbe bene dal modificare gli ambiti territoriali dei due collegi contigui per non avvantaggiare il partito A e perdere, così un collegio. Tali problematiche rientrano nella logica dell’ingegneria elettorale dei partiti che si inquadra nel sistema dei partiti e, più in generale, nel procedimento elettorale (sentenze Brown/Thompson (462, U.S. 835, 1983) e Shav/Reno (509 U.S. 630 1993) Profili di teoria generale delle elezioni 145 ruolo dei partiti nel sistema elettorale di un Paese160. Tale sistema distorsivo configge con il principio di uguaglianza della rappresentanza e viene utilizzato per favorire determinati partiti vuoi per fini etnici e religiosi che per privilegiare determinate aree territoriali soggette a sviluppo industriale ed economico161. Per evitare il “gerry mandering” le legislazioni elettorali di numerosi Stati hanno stabilito specifici criteri per il disegno delle circoscrizioni elettorali sulla base dell’equilibrio di popolazione, della contiguità, della compattezza, del rispetto dell’integrità delle unità politiche162. 160 V. Ivor Jennings, Party politics, I: Appeal to the People, cit., pag. 39. In Inghilterra, dopo le modifiche al sistema elettorale operato con alcuni Acts tra il 1945 e il 1949, gli elettori sono stati suddivisi in 511 collegi con la presenza di numerosi e rilevanti scarti tali da annullarsi a vicenda. 161 Il “malaportionment” può essere originario o derivato. In Italia le elezioni politiche del 1972 si tennero speciosamente sulla base della popolazione risultante al censimento del 1961 e non a quello del 1971 per cui alcune regioni meridionali ottennero una maggiorazione della rappresentanza a sfavore del Lazio e delle regioni del triangolo industriale Il sistema italiano prevede l’assegnazione dei seggi ai singoli collegi “sulla base dei risultati dell’ultimo censimento generale della popolazione (art.3 del DPR 30.3.1957, n. 361). Cfr. V.A. Spreafico, Risultati elettorali ed evoluzione del sistema partitico, in un sistema politico alla prova a cura di Caciagli – Spreafico, Bologna, Il Mulino, 1975, p. 30. In Francia nel 1973, 26 circoscrizioni su 488 avevano meno di 40.000 elettori, 43 più di 85.000; ciò significa che mentre una metà del corpo elettorale eleggeva nel territorio metropolitano 193 deputati, l’altra metà ne votava 280 con 77.562 e 53.478 elettori per seggio. V. F. Bon, Les élections en France, cit., pp. 114 ss. In Spagna sono favorite attraverso una prima distribuzione automatica le circoscrizioni minori. nella Germania Federale i collegi elettorali sono delimitati secondo il parametro della popolazione all’interno di ciascun Land da parte di un’apposita Commissione per le circoscrizioni elettorali, nominate dal Presidente federale e composta dal Presidente dell’Istituto centrale di Statistica, da un giudice del TAR federale e da altri 5 membri. Nell'Irlanda del Nord. gli anni compresi tra il 1921 e il 1969 sono caratterizzati da una pressante discriminazione politica e sociale nei confronti dei cattolici. Il sistema elettorale è basato sul meccanismo del "gerrymandering", congegnato per nuocere appositamente alla rappresentanza cattolica, favorendo l’elettorato protestante. Esemplare il caso della città di Londonderry, nella quale circa 15.000 elettori cattolici eleggono a Stormont 8 deputati, mentre poco meno di 9.000 protestanti portano nella stessa assemblea 12 membri. 162 Vedi, ad esempio, l’art. 7 della legge n. 277/1993 che ha delegato il Governo alla determinazione dei collegi uninominali sulla base: della coerenza del bacino ter- 146 Capitolo II Nella Germania Federale, ad esempio, i collegi elettorali sono delimitati secondo il parametro della popolazione all’interno di ciascun Land da parte di un’apposita Commissione per le circoscrizioni elettorali, nominate dal Presidente federale e composta dal Presidente dell’Istituto centrale di Statistica, da un giudice del TAR federale e da altri 5 membri. Per la modifica delle circoscrizioni è necessaria la predisposizione di rapporto da parte di tale Commissione che deve essere poi approvata dal Bundestag.163 In Austria il numero dei mandati da attribuirsi a ciascuno dei 9 collegi e delle due grandi circoscrizioni viene calcolato sulla base del parametro popolazione a cura del Ministro degli Interni. In Belgio l’art. 63 della Cost. stabilisce la ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni in relazione al numero degli abitanti al censimento generale. In Francia i limiti delle circoscrizioni, per effetto della legge 23 dicembre 1977, n. 77–1409, devono corrispondere con quelli dei corrispondenti dipartimenti amministrativi. In Gran Bretagna funzionano 4 Boundary Commissions mentre in Svezia prima di ogni consultazione elettorale vengono operate le opportune compensazioni all’interno dei collegi (art. 6 cap. 3 Cost.). In Danimarca le circoscrizioni coincidono con le suddivisioni amministrative ed il numero dei seggi viene diviso in base al peso demografico delle circoscrizioni stesse, al numero degli elettori. Il sistema viene complicato dall’esistenza di mandati compensativi. 3.20 Rapporti tra sistemi elettorali e sistemi partitici La variabile partitica ha una notevole influenza soprattutto quando l’analisi sul potenziale di proporzionalità del sistema elettorale si sposta dalla circoscrizione alle circoscrizioni. Tradizionalmente la dottrina mette a fuoco due fattispecie e preciritoriale e di norma della sua omogeneità economico – sociale e storico – culturale, autorizzando uno scostamento massimo del 10% della popolazione della circoscrizione. 163 V. B. Verf. G.E., tomo 16, p. 140. La popolazione di ciascuna circoscrizione non deve discostarsi in più o in meno del 25% della media. I principi stabiliti si connettono con la giurisprudenza della Corte Federale (vedi sentenza 22 maggio 1963). Profili di teoria generale delle elezioni 147 samente: il collegamento del bipartitismo ai sistemi elettorali a collegio uninominale e ad un solo turno (collegio nominale con le formule del plurality system e del majority system); quella che collega il pluripartitismo al sistema elettorale di rappresentanza proporzionale. Nel lungo dibattito, iniziato nell’ottocento e non ancora esauritosi sui criteri distintivi dei vari sistemi partitici, è stato affrontato in particolare il problema sull’influenza del bipartitismo e del pluripartitismo all’interno dei sistemi pluralisti, basato sulla differenza di funzionamento delle istituzioni democratiche164. Analoga classificazione dei sistemi partitici in bipartitici e pluripartitici viene sostenuta da Almond165, che suddivide la seconda categoria in due sottoclassi e cioè: sistemi partitici funzionanti nell’area Scandinava e dei Paesi Bassi; e sistemi multipartitici “immobilisti” propri della Francia e dell’Italia. Per differenziare tra loro i vari sistemi partitici e per coglierne le specifiche peculiarità si ricorre a tre metodi fondamentali e cioè al criterio numerico, al criterio funzionale – istituzionale e talvolta al criterio geografico. Va subito precisato che sulle nozioni di bipartitismo e pluripartitismo la dottrina è ancora profondamente divisa. Per il bipartitismo si confrontano varie teorie che partono da quella di Ross 166per arrivare a quella di Galli167. Per il primo anche nel sistema britannico dove vige il sistema bipartitico classico tale sistema è in larga misura un mito. Il secondo accosta alla nozione di bipartitismo quella di bipartitismo imperfetto, citando, ad esempio, la situazione italiana durante una lunga 164 V. M. Duverger, Sociologie des régimes politique, cit., p. 371. Maurice Duverger, Duverger’s Law, Wears Later in Grofman e Liphart, Electoral Laws and Their political Consequences, pp. 69-84. 165 V. A. Almond, Functional Approach to Comparative Politics, in Almond e Coleman, The Politics of the Developing Areas, p. 40 166 Vedi J.E.S. Ross, Elections and Election, London, Eyre & Sportiswoode, 1955, p. 174 167 Vedi Galli, Il bipartitismo imperfetto, cap. III 148 Capitolo II fase contrassegnata dalla cosiddetta Prima Repubblica. Per uscire da questa strettoia è necessario affrontare il problema in termini diversi da quelli fino ad ora usati. Innanzi tutto va osservato che ci troviamo di fronte a due problemi se pur collegati, ma distinti: il primo concerne il computo dei partiti ed il secondo il funzionamento dei sistemi partitici. Per sviluppare la ricerca dei sistemi partitici si rende indispensabile definire le questioni relative a: a) criterio numerico e cioè come contare i partiti e con quali grandezze metterli a raffronto nei vari sistemi; b) criterio funzionale, tenendo conto di alcune variabili al criterio numerico quali la variabile culturale che contraddistingue il funzionamento dei partiti. Quanto al criterio numerico va rilevato: la riflessione politologica ci induce a ricordare la teoria sostenuta da Arend Lijparth il quale ritiene che la maniera più corretta per comparare il numero e la grandezza dei partiti nei diversi sistemi consista nell’esaminare le percentuali cumulative della forza dei partiti ovvero determinarne la forza in percentuale secondo un ordine decrescente di grandezza, partendo dal partito più votato, poi la percentuale del voto ricevuto dai due partiti più votati e così via168. L’autore verifica il suo assunto comparando sulla base del criterio delle percentuali cumulative i risultati delle competizioni elettorali politiche di cinque Paesi: Italia e Svizzera (elezioni del 1963); Olanda e Danimarca (1964) e Norvegia (1965). Da tali percentuali l’autore stabilisce che il sistema partitico italiano va classificato nella stessa categoria dei sistemi olandese e svizzero e che non esiste alcuna precisa connessione tra la stabilità democratica ed il numero dei partiti. L’autore chiama però in causa altre caratteristiche (la più importante delle quali è quella del tipo di cultura politica presente in ciascun Paese) per stabilire, ad esempio, che la Norvegia rientra tra le democrazie centripete, l’Olanda tra le democrazie consociative e l’Italia tra 168 V. Arend Lijparth, Typologies of Democratics System, in “Comparative Political Studies”, 1968, p. 33. Profili di teoria generale delle elezioni 149 le democrazie centrifughe169. Successivamente Lijparth ha preferito impostare la distinzione tra democrazie in chiave dicotomica, distinguendo un modello Westminser ed un modello consensuale, precisati sulla base di dieci differenze fondamentali. Per il primo modello si possono citare: sistemi bipartitici, sistemi elettorali maggioritari, maggioranza monopartitica. Per il modello consensuale: sistemi multipartitici, rappresentanza proporzionale, coalizioni multipartitiche170. Più oggettiva appare la proposta “contabile” di Douglas W. Rae, che si propone di misurare le “relazioni competitive tra partiti”, utilizzando allo scopo una variabile denominata “frazionalizzazione” che serve a misurare la forza competitiva o dispersa di un partito o di una coalizione. Si tratta di un sistema di un certo valore in quanto l’autore si serve di formule di probabilità statistiche171. Va citato Fulco Lanchester il quale, applicando le tematiche di Rae, presenta in due tabelle i risultati delle competizioni elettorali politiche di ben 21 paesi che abbracciano un arco temporale che va dal 1871 (Germania imperiale) al 1979 (Italia e Svezia)172. Tuttavia le tabelle si limitano a distinguere tra formule maggioritarie e formule non maggioritarie, senza ulteriori specificazioni; i risultati delle tabelle vanno interpretati alla luce di tale impostazione. Deve essere ricordata la configurazione tipologica dei sistemi partitici sostenuta da La Palombara e Weiner, che prende le mosse dalla constatazione della tradizionale distinzione tra modelli bipartitici e pluripartitici, ma che non ha dato significativi risultati173. Tali autori si occupano in particolare delle caratteristiche di egemonia e rotazione dei sistemi politici. “Egemonico” viene ritenuto quel sistema in cui 169 V. Arende Lijparth, Typologies of Democratics System, cit. pag. 35. V. Arend Lijparth,, Patters of Democracy. New Haven, Yale University Press, 1999. Trad it. Le Democrazie contemporanee, Bologna, Il Mulino, 2001 pp. 19 – 68. 171 V. Douglas W. Rae, The Political Consequences of Electoral Law, New Haven, Yale University Press, 1971, pp. 47-54. 172 V. F. Lanchester, Sistemi elettorali e forma di Governo, Bologna, Il Mulino 1981, cit, pp. 166, 167. 173 Vedi: The Origin and Development of Political Parties, in La Palombara e Weiner, Political Parties and Political Development, cit. pag. 34-35; sui sistemi non competitivi vedi: D- Fisichella Lineamenti di Scienza Politica. cit, pp. 194,195. 170 Capitolo II 150 per una periodo di tempo abbastanza lungo un determinato partito o coalizione di partiti dominante detiene il potere governativo. “Sistema a rotazione” è, invece, quello che muta con una certa rapidità. Tali autori prendono in esame particolari situazioni di “turnover”, soffermandosi ad illustrare le esperienze di rotazione al governo come quella canadese del XX secolo e quella francese della Quarta Repubblica174. Sartori, poi, propone di sostituire alla dicotomia bipartitismopluripartitismo (che ritiene inadeguata), la classificazione ed una tipologia dei sistemi partitici competitivi in cinque voci: Classificazione Tipologia 1 Sistema a partito predominante 2 Bipartitismo 3 Pluralismo limitato 4 Pluralismo estremo 5 Atomizzazione 1 Sistema a partito predominante 2 Bipartitismo 3 Pluralismo moderato 4 Pluralismo polarizzato 5 Atomizzazione Sartori si sofferma in particolare sul concetto di “pluralismo moderato”, che è un sistema bipolare con la differenza che, al posto di avere a ciascuno dei due poli un solo partito, in esso si trovano, di norma, allineamenti bipolari di coalizioni alternative175. Il citato autore si sofferma poi sul “pluralismo polarizzato”, rappresentato dall’emergenza di una o più opposizioni irresponsabili, che dà luogo a schieramenti di centro – destra e di centro – sinistra con la peculiarità data dal partito di centro che è comunque sempre presente nella coalizione governativa. Quanto al caso del sistema partitico atomizzato l’autore si pone il problema della conta dei partiti il cui numero (15, 20 30 o più) non ha particolare importanza; esso rappresenta lo stadio che precede il consolidamento strutturale dei partiti con la conseguenza della stabilità 174 Vedi opera citata al punto precedente, pp. 33 – 36. Vedi le dispense, Partiti e sistemi di partito (Firenze Editrice universitaria, 1964,1965). 175 Profili di teoria generale delle elezioni 151 governativa e di “nazionalizzazione del sistema partitico rappresentato”. Nei paesi progrediti occidentali tale stadio non ha significativa rilevanza; lo ha invece per i sistemi politici in via di sviluppo e per i Paesi di “nuova democrazia”, come nel caso dei Paesi dell’Est e di quelli passati dalla dittatura o da altri sistemi autoritari alla democrazia176. Il sottotipo di bipolarismo nel quale il sistema partitico italiano è tuttora coinvolto nel corso della quattordicesima legislatura si caratterizza ancora da una certa frammentazione nonostante i partiti tendano a confluire ancora nei due sistemi contrapposti del Centro-destra e del Centro-sinistra177. Tale situazione consente di registrare il rischio non superato di destrutturazione del sistema partitico e, in particolare, delle sue ali poiché si sta perdendo o risulta parzialmente compromesso il <<rapporto di rappresentanza tra politica e società che i partiti mantenevano prima della transizione e che li legittimava a sostenersi su coalizioni collaudate, e al tempo stesso a guidare interessi, identità, appartenen176 V. Pietro Grilli di Cortona, Nuovi conflitti e nuovi sistemi partitici all’EST, Verso un modello esplicativo, in “Rivista Italiana di Scienza Politica”, 1994, n. 2 pp. 203-235; nonché dello stesso autore il volume Da uno a molti, Democratizzazione e rinascita dei partiti in Europa orientale, Bologna, Il Mulino, 1997; e Juan J. Linz e Alfred Stepan, L’Europa postcomunista, Bologna, Il Mulino 2000. 177 Per quanto riguarda il sistema politico italiano si ricorda che, intorno agli anni sessanta, si forma il “Bipartitismo imperfetto” che vede originariamente contrapporti due schieramenti: la Democrazia Cristiana e il Partito comunista, che da soli non possono dar vita ad una rotazione di potere in quanto il partito comunista viene recepito per lo più come partito anti-sistema. Si passa poi, nel quindicennio che va dal 1977 al 1980, al “pluralismo centripeto” e cioè in un periodo caratterizzato dalla tendenza del formarsi di un sistema partitico di tipo bipolare che impone ai partiti il problema di un loro cambiamento, nonostante la posizione di centro rimanga necessaria per il funzionamento del sistema. Si arriva poi alla svolta degli anni 1994 – 2001 dove si assiste al capovolgimento dei risultati delle urne con l’affermarsi di forze nuove o parzialmente nuove come Forza Italia, Alleanza Nazionale, La Lega etc. (fondazione Seconda Repubblica dopo gli scandali degli anni 90 che hanno coinvolto ed eliminato dalla scena politica i tradizionali partiti della Democrazia Cristiana, del PSDI, del Partito Repubblicano e del PSI). Quanto al formato dei partiti si assiste ad una notevole frammentazione dei partiti anche se si deve dare atto che il numero dei partiti che hanno superato la soglia di sbarramento del 5% non sono poi molti. Si continua, comunque, a registrare l’effetto della pianificata spartizione preventiva dei collegi uninominali, ciò che attribuisce spazio anche a formazioni minori e persino assai piccole. 152 Capitolo II ze diffusi>>178. Nello scorso di fine millennio e di inizio del terzo si sono affermate in Europa (dal Belgio alla Danimarca, dall’Austria alla Germania, dalla Svizzera all’Olanda, dalla Russia alla Romania) formazioni politiche che sono raggruppate sotto la comune etichetta di “Populismo”, che è un concetto polisenso (Margaret Canovan classifica 7 tipologie diverse di populismo).179 Si tratta di definire una summa divisio di tale nozione e cioè quella tra populismi agrari e populismi politici. Nella prima si ricomprendono tre tipi:// 1 - radicalismo degli agricoltori (esempio quello degli Stati Uniti), // 2 - movimenti contadini (la “rivolta verde” dell’est europeo), // 3 - il socialismo agrario intellettuale (esempio i narodniki russi). Nella seconda vengono raggruppate quattro diverse fattispecie e precisamente: // 1 - dittatura populista (es. Juam Domingo Peròn), // 2 - democrazia populista (per la quale è previsto referendum e partecipazione), // 3 - populismo reazionario (l’uomo politico americano descritto da George Fallace) // 4 - e populismo dei politici.180 Un breve cenno merita il “partito personale” (che si pone in alternativa con il partito – dinosauro), basato sulla personalità del leader, sulla sua capacità di comunicare e sull’ascendente che può avere con i suoi elettori181. Tale partito (personale) si basa essenzialmente sulla 178 V. Adriano Pappalardo, Il Sistema Partitico Italiano fra bipolarismo e destrutturazione, in “Rivista Italiana di Scienza Politica”, 2001, n. 3 pp. 588-596. 179 In questo scorcio di fine millennio e di inizio del terzo millennio si sono affermati ed hanno acquisito notevole spazio elettorale e politico in molti Paesi europei (Belgio, Danimarca, Austria, Germania, Svizzera, Olanda, Russia, Romania, Italia con la Lega Nord, Francia con il Fronte Nazionale del francese Jean Marie Le Pen) formazioni partitiche che, sovente, vengono etichettate con il nome di “populismo” e che si schierano in tutto l’arco politico (destra, sinistra, centro etc.). Alcune di queste nuove formazioni sono sicuramente rispettose della legalità e della democraticità. Altre, invece, si dichiarano appartenenti alla destra o alla sinistra radicale. Talune formazioni si presentano con il connotato anti-sistema. Tutte restano però accomunate dal comune denominatore di cambiare il sistema politico esistente, indipendentemente dal fatto che partecipino o meno a coalizioni governative, opponendosi al fenomeno migratorio, alla corruzione del sistema, al paternalismo politico ed amministrativo, al sistema di governo di partito etc. Vedi sul Punto Domenico Fisichella, Elezioni e Democrazia, Un’analisi comparata, Il Mulino, 2003 pp. 237 e ss. 180 V. M. Caovan, Populism, New York, Harcourt Brace Jovanovich, p. 198. 181 V. Mauro Calice, Il partito personale, Roma - Bari, Laterza, 2000, p. 13. Profili di teoria generale delle elezioni 153 figura carismatica del Leader, sulla sua capacità di comunicare, di saper utilizzare al meglio i mezzi di comunicazione moderni (televisione, stampa, relazioni etc.), capace di trasformare la normale e tradizionale competizione elettorale in altra nuova e moderna incentrata sulle figure dei candidati, capaci di calamitare voti da ogni parte dell’elettorato. Questo potrebbe comportare il declino dei partiti politici “vecchia maniera” e l’affermazione di coalizioni “populiste”, capaci di attrarre l’elettorato con la forza persuasiva del Leader e dei nuovi sistemi messi a disposizione della tecnica più avanzata. Tale mutamento di sistema, che si può inquadrare in un nuovo modo di pubblicizzazione (lecita) di nuove formazioni politiche o di gruppi di potere tra loro contrapposti, non costituisce materia relativa alla tipologia dei sistemi partitici o la loro classificazione delle quali si occupa la politologia. La conflittualità tra i partiti, secondo Blondel182, è irrilevante rispetto alla competizione elettorale ed ai sistemi partitici ed investe caso mai le interazioni tra i partiti183. Tra queste interazioni figura in primo piano la competizione elettorale.184 Le diverse unità politiche, indipendentemente dalla loro configurazione strutturale e dalla loro collocazione, ispirazione ideologica, piattaforma programmatica, funzione della cornice costituzionale, possono esercitare influenza sulla competizione elettorale per ottenere il voto dai cittadini per la composizione delle assemblee elettive. La scienza politica studia le ragioni per le quali un sistema partitico può passare dalla meccanica x alla meccanica y185. Ciò non investe la tipologia e la funzionalità dei sistemi partitici; l’importante, dal punto di vista della compiutezza esplicativa, è che in tale tipologia- precisa Domenico Fisichella – siano comprese sia la casella x che la casella y e, in generale, che vi sia inclusa una varietà di caselle tali da lasciare meno scoperti possibile i casi di fuoriuscita da una casella e di ingresso in un’altra. 182 V. Jean Blondel, Political Parties, AA Genuine Case for Discontent, London, Wildwood House, 1978. 183 V. Domenico Fisichella, Lineamenti di scienza politica, cit. pp. 157-159. 184 V. Domenico Fisichella, Elezioni e Democrazia, Un’analisi comparata, Il Mulino, 1993,cit., pp. 244 e ss. 185 V. Domenico Fisichella, Elezioni e Democrazia, Un’analisi comparata, Il Mulino, cit. pp. 245 e ss. 154 Capitolo II 3.21 Conseguenze delle formule elettorali sui sistemi di partito e sul quadro politico-istituzionale. Nell’ambito del sistema politico la struttura del sistema partitico ha un ruolo fondamentale; il numero dei partiti ed il modo con cui essi si rapportano influiscono sul sistema politico – istituzionale nel suo complesso. Tali rapporti restano peraltro condizionati dalla legislazione elettorale vigente nei vari Paesi sulla quale il ruolo del sistema partitico dominante ha un peso determinante186. Secondo alcuni studiosi si sostiene che se le leggi elettorali influenzano il sistema partitico, quest’ultimo è in grado di condizionare la legislazione sul sistema elettorale. Esiste, quindi, sul punto un’influenza biunivoca; il problema concernente il grado di influenza dei sistemi elettorali sui sistemi partitici è stato oggetto di grande attenzione e riflessione in prospettiva di ricercare formule idonee a stabilire i rapporti tra sistema elettorale e sistema partitico187. Punto di partenza comune sono le leggi di Duverger, commentate in precedente paragrafo, secondo le quali <<la rappresentanza proporzionale tende ad un sistema di partiti multipli, rigidi ed indipendenti; quella proporzionale ad un solo turno, al dualismo dei partiti>>. Secondo alcuni autori, a partire da Rae, si ritiene che l’ampiezza delle circoscrizioni elettorali sia in grado di incidere sulla proporzionalità dell’esito elettorale e sulla possibilità che i partiti minori hanno di ottenere rappresentanze in Parlamento. Un rapporto diretto esiste poi tra i sistemi elettorali, i sistemi di partito e le forme di governo; vi è un nesso inscindibile tra formule elettorali e sulle modalità di investitura dei candidati a ricoprire le più alte cariche dello Stato nonché sulle forme di governo. Il sistema elettorale non è mai neutrale e la scelta di una formula in luogo di altra non è indifferente rispetto alla determinazione dei rapporti di forza politici e, per conseguenza, anche rispetto all’effettiva 186 187 V. Carlo Fusaro, Le regole della transizione, Il Mulino, 1995. V. Gianfranco Pasquino, I sistemi elettorali, Il Mulino, 1994. Profili di teoria generale delle elezioni 155 configurazione della forma di governo188. Ogni riforma elettorale favorisce alcune forze politiche, ne danneggia altre ed è intimamente legata alle trasformazioni delle alleanze partitiche. Il lungo dibattito che, di norma, accompagna le riforme o le modifiche del sistema elettorale, è la testimonianza che aderire all’uno o all’altro sistema elettorale o più precisamente di pervenire alla scelta di determinate formule elettorali che privilegino o il sistema maggioritario o quello proporzionale con le loro numerose varianti, comporta conseguenze determinanti sul sistema partitico e politico di un Paese. Ogni sistema elettorale ha la sua storia, che è strettamente legata alla storia politica di un Paese e dei partiti presenti. Ad esempio la fedeltà britannica al sistema maggioritario uninominale è sorretta, senza dubbio, dal fatto che esso consente ai due partiti più rappresentativi di mantenere la loro egemonia sull’elettorato, pur con il principio dell’alternanza al potere e con un ruolo assai modesto per i partiti minori. Un cambiamento del sistema elettorale è guardato con sospetto in quanto gli inglesi sono poco inclini ad abbandonare una tradizione che ha consentito ai partiti maggiori di mantenere il potere per un lungo periodo di tempo. La fedeltà tedesca al suo sistema, che vede una convivenza di sistema maggioritario relativo con proporzionale, è diretta conseguenza dell’esigenza dei due partiti maggiori, che si alternano al potere, di mantenere una situazione di nuocere il meno possibile ai partiti minori e di evitare che possa costituirsi una terza forza partitica in grado di competere alla pari con le altre due forze partitiche, utilizzando allo scopo i partiti o coalizioni minori. Il sistema maggioritario è adottato dai sistemi politici in cui domina un solo partito (caso giapponese) o due partiti (caso britannico e americano) o dove si vuole trasformare un multipartitismo esistente in un bipartitismo o in un bipolarismo (caso francese e in parte quello italiano). Il caso tedesco in particolare dimostra che un sostanziale bipartitismo può essere conservato anche con il sistema elettorale proporzio- 188 V. Silvio Gambino (a cura di), Forme di governo e sistemi elettorali, CEDAM, 1995. 156 Capitolo II nale, purché adeguatamente protetto con accorgimenti nel sistema stesso (sbarramento al 5%, al 6%). La predominanza di due partiti non è solo l’effetto del sistema elettorale, ma ne è anche la causa: è il suo supporto fino a quando non intervengano profondi avvenimenti che siano in grado di travolgere sia il sistema politico che quello elettorale. Inoltre si può ritenere che il sistema elettorale, da solo, non può determinare gli orientamenti politici, ma li amplia o eventualmente li riduce e la sua vera natura resta quella di essere un mezzo per conseguire obiettivi politici. Il sistema elettorale è parte dell’intero sistema istituzionale di un Paese e della logica che lo sostiene. Gli obiettivi, che più comunemente si tende a perseguire con una legislazione elettorale, sono duplici e precisamente: creazione di un Parlamento che rappresenti il più fedelmente possibile i rapporti di forza tra i partiti e, quindi, di garantire la maggiore rappresentatività possibile; garantire il più possibile la stabilità dei Governi. I diversi sistemi elettorali per l’elezione del Parlamento, esistenti in alcuni paesi Europei, sono: Regno Unito: maggioritario a collegio uninominale ad un solo turno; Francia: maggioritario uninominale a due turni; Germania: proporzionale personalizzato; Spagna: proporzionale ma con effetti maggioritari; Italia: secondo il previghente sistema: maggioritario 75%; proporzionale 25% (per elezione della Camera dei Deputati), trasformato di recente in proporzionale, con sbarramenti molteplici189. Le formule ispirate al principio proporzionalistico tendono ad essere più sensibili agli spostamenti di opinione del corpo elettorale, grazie, ad esempio, alla minor difficoltà delle formazioni politiche, anche di piccole dimensioni, di accedere in Parlamento. 189 Legge 21 dicembre 2005, n.270 Modifiche alle norme per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Profili di teoria generale delle elezioni 157 Queste formule permettono anche una più precisa realizzazione nella rappresentanza parlamentare, risultando il Parlamento una “carta geografica” piuttosto fedele delle differenze politico – ideologiche presenti nel corpo elettorale. Inoltre sono idonee a dar luogo a sistemi multipartitici, anche di tipo multipolare, rendendo necessaria la formazione di Governi di coalizione o l’alternanza delle maggioranze al Governo. Le formule ispirate al principio maggioritario appaiono, invece, meno sensibili a registrare spostamenti d’opinione del corpo elettorale e meno precise nel rappresentare le differenziazioni politico – ideologiche presenti nel Paese. Di contro esse tendono a favorire la formazione o la permanenza di assetti bipartitici o bipolari e l’alternanza al potere di questi nonché la costituzione di governi di elezione popolare diretta, formati dal polo, che si è affermato nella competizione elettorale. Di seguito si riportano i dati relativi al numero di elezioni e di governi che hanno caratterizzato il periodo che va dalla seconda guerra Mondiale ai tempi nostri con la durata media dei governi: Capitolo II 158 Paese Numero elezioni Durata media effettiva della legislatura su quella teorica Regno Unito 15 (quindici) Francia 11 (undici) 47 mesi e mezzo su 60 previsti Germania 15 (quindici) 43 mesi su 48 previsti Italia 13 (tredici) 42 mesi e mezzo su 60 previsti Spagna 8 (otto) 35 mesi su 48 previsti 44 mesi su 60 previsti Numero governi Durata media Governi 16 governi (8 a guida laburista e 8 a guida conservatori) e 8 con premier diversi 26 governi (16 di centrodestra e 10 di centrosinistra) e 16 premier diversi 7 governi (4 a guida CDU e 3 a guida SPD) e 7 premier diversi 23 premier diversi (di cui 16 DC, incluso Prodi, e 7 non DC) e 52 governi complessivi 3 anni e mezzo 2 anni e 7 mesi 7 anni e 8 mesi Poco più di 11 mesi 8 governi (di cui 4 con- 3 anni e secutivi presieduti da mezzo Gonzales e 2 consecutivi circa presieduti da Aznar) e 4 premier diversi (di cui Gonzales dal 1982 al 1996 e Aznar dal 1996 ad oggi) Se si considera che una formula elettorale è chiamata non solo a rappresentare le articolazioni politico – ideologiche del corpo elettorale, ma anche a favorire la formazione di una maggioranza di governo il più omogeneo possibile, non appare corretto affermare, tout court, che le formule elettorali di tipo proporzionalistico sono più democratiche di quelle di tipo maggioritario190. Queste ultime privilegiano alcuni valori a danno di altri, ma non si può sostenere che i valori maggiormente tutelati dalle formule di tipo 190 V. Guido Neppi Modona (a cura di), Stato della Costituzione, Il Saggiatore, Milano, 1995, pp. 240 ss.. Profili di teoria generale delle elezioni 159 maggioritario non siano funzionali al buon andamento di un regime democratico. Appare discutibile la posizione di quanti considerano il maggior pregio delle formule proporzionalistiche, la capacità di esse di dar voce politica agli interessi presenti nella società e come costituisca elemento funzionale alla governabilità dei sistemi democratici. Numerosi sono gli aspetti della problematica dei sistemi elettorali e chiari risultano gli interessi dei partiti al prevalere di un sistema piuttosto di un altro. Tutti i sistemi, in varia misura, alterano la “fotografia” degli orientamenti politici dei cittadini e il fattore della stabilità governativa; il sistema elettorale è fondamentale in alcune soluzioni e secondario in altre. Tuttavia è in una visione globale dei rapporti esistenti tra le istituzioni che un sistema elettorale ha un ruolo, considerando anche l’influenza del fattore di distorsione, di stabilizzazione e di orientamento di tutto il sistema politico. Si deve considerare che il sistema elettorale, da solo, non ha effetti miracolosi e la sua reale funzionalità dipende dalla volontà e dalla cultura della classe politica e dei cittadini. E proprio la classe politica deve offrire un sistema elettorale semplice, coerente con i principi di sovranità popolare e di uguaglianza di tutti i cittadini, contenendo il più possibile il naturale e inevitabile fattore di distorsione insito in ogni sistema elettorale. Capitolo 3 Il procedimento elettorale 1. La democrazia diretta e gli istituti della democrazia indiretta La partecipazione popolare è astrattamente realizzabile in due modi: il primo mediante conferimento ai cittadini del potere di esprimere direttamente e con effetto immediato la volontà dello Stato o dell’Unione di Stati, si è in presenza in tal caso della tipica “democrazia diretta”. Il secondo mediante riconoscimento al popolo del potere di preporre alla carica mediante elezione coloro cui compete di manifestare la volontà popolare ed in questo caso si ha la cosiddetta “democrazia rappresentativa o indiretta”. La democrazia '”diretta” diversamente da quella “rappresentativa” consiste nella possibilità per cittadini di autogovernarsi direttamente senza intermediazioni. Questo significa che ogni componente della comunità, rappresentata dal corpo elettorale, ha il diritto di contribuire direttamente col proprio voto alle decisioni generali, all’emanazione delle leggi, senza alcun intermediario; in una democrazia diretta ciascun componente del corpo elettorale ha il diritto di: - esprimere direttamente le proprie opinioni e pensieri, di associarsi liberamente in associazioni, partiti ed altre organizzazioni (purché non abbiano scopo sovversivo o si pongano direttamente o indirettamente in contrasto con la costituzione, votata dal corpo elettorale); - di autocandidarsi per essere eletto alle cariche elettive previste dall’ordinamento giuridico e di eleggere i candidati; - di controllare direttamente che le decisioni prese vengano eseguite correttamente, senza alcun intermediario che non sia il sistema burocratico previsto per tale compito; - di delegare parte o tutto il proprio potere ad uno o più membri che lo rappresentino; la delega, oltre ad avere un limite di tempo, è sempre revocabile in qualsiasi momento; 161 162 Capitolo III - essere compreso nel corpo elettorale purché in possesso dei necessari requisiti costituzionalmente previsti. La partecipazione diretta, che consiste nel far giungere agli altri membri del corpo elettorale il proprio pensiero, le proprie proposte e volontà decisionale con il voto e di ricevere dagli altri membri analoghi atti partecipativi nonché nel potere di poter controllare che le relative decisioni vengano eseguite dai soggetti espressamente delegati, costituisce la centralità di un sistema democratico. Gli istituti di “democrazia diretta” sono per la verità assai pochi e si manifestano, di norma, con i referendum (abrogativi e costitutivi) e con la presentazione di disegni di legge (funzione meramente propositiva non legata all’obbligo per il Parlamento di trasformarli in legge) e con il plebiscito; essi assumono scarso rilievo nei vari Paesi anche se le costituzioni formali prevedono l’esercizio della sovranità popolare in forma diretta con apposite specifiche norme1. 1 Si tratta di forme tipiche che non trovano quasi mai o solo raramente attuazione integrale e che assumono poi aspetti e funzionalità sostanzialmente diversi in relazione sia al numero di cittadini politicamente attivi che ai sistemi di voto adottati. Nella democrazia la sovranità risiede nel popolo che la esercita direttamente (democrazia diretta) o per mezzo delle persone e degli organi eletti per rappresentarlo nelle apposite sedi parlamentari ed assembleari (democrazia rappresentativa). Secondo questa definizione, quasi tutti gli stati contemporanei, non escluse le superate democrazie socialista e i regimi autoritari, dovrebbero essere considerati democratici. Una definizione più ristretta e rigorosa prevede che i sistemi rappresentativi siano elettivi e basati sul suffragio universale (con il solo vincolo di età minimo per l'elettorato). Anche questa caratteristica però non è sufficiente. Secondo un'opinione più diffusa, perchè un regime politico possa essere definito democratico, deve basarsi, oltre che sul vincolo delle elezioni universali, su alcune condizioni formali e materiali: la divisione tra potere legislativo, esecutivo e giudiziario (già enunciata da Montesquieu), il ricambio e la possibilità di revoca dell' esecutivo, la collegialità del governo, il primato del potere civile su quello militare. Il primo sistema (democrazia diretta) ha avuto le sue espressioni più significative soprattutto nelle città-stato dell’antichità classica o dell’età dei comuni in qualche fase di essa ed altresì in alcuni cantoni montani della Svizzera. La patria del concetto in esame è l'Atene "democratica" del VI eV secolo a.C., ma la prima che effettivamente ci sia nota è quella che sorse nel corso del VII secolo a. C. a Chio. È la prima volta in cui il popolo ebbe il riconoscimento degli attributi della sovranità. Solone, nella creazione degli ordinamenti ateniesi, ebbe presente il modello della costituzione di Chio. Secondo le definizioni più o meno neutrali di Aristotele e quelle più polemiche di Platone, del sofista Trasimaco e dell'oligarca noto come pseudo - Senofonte, la democrazia ateniese Il procedimento elettorale 163 era caratterizzata dal coinvolgimento dei dêmoi nella gestione del potere politico. Benché dêmos indicasse in origine ogni distretto (urbano o rurale) in cui era suddivisa Atene, in seguito, con la riforma antioligarchica di Clistene, il termine indicò genericamente "il popolo che agisce congiuntamente". Con Clistene, la partecipazione dei cittadini alle deliberazioni dell'assemblea ateniese e alle funzioni esecutive divenne indipendente dal censo. Atene (città che contava circa 50.000 abitanti) realizzò il primo esempio storico di partecipazione politica estesa ai ceti meno abbienti (come i contadini poveri, i marinai della flotta), anche se dal novero siano stati esclusi gli schiavi e gli stranieri. La democrazia era perciò una forma di democrazia diretta in cui era possibile, in ogni momento della giornata udire la voce dell' araldo che chiamava i cittadini alle pubbliche deliberazioni. La forma rappresentativa pura si riscontra nelle prime costituzioni liberali inglesi e nelle successive dell’800 del continente nelle quali era esclusa e, in ogni caso, ostacolata dal divieto di organizzazioni sociali intermedie, ogni possibilità di intervento dei cittadini in funzioni diverse da quelle elettive. Tali forme tipiche sono state possibili vuoi a causa del ristretto ambito territoriale vuoi a motivo del limitato diritto di elettorato attivo e passivo concesso alle persone appartenenti ad una determinata classe sociale. Infatti i diritti politici erano riconosciuti solo ai nobili e successivamente alla borghesia in possesso di determinati censi. V. G. Sartori, Democrazia e definizioni, Il Mulino, Bologna 1957; W. Schlangen, Democrazia e società borghese, Il Mulino, Bologna 1979; H. Kelsen, La democrazia, Il Mulino, Bologna 1981; Dizionario di politica, a c. di N. Bobbio e N. Matteucci, Utet, Torino 1990. La democrazia dei moderni si configura come una democrazia di tipo rappresentativo per ragioni sia storiche (superamento dello Stato assoluto ed affermazione dei principi liberaldemocratici) che pratiche (correlata alla grande estensione territoriale degli Stati – nazione ed ancor di più degli organismi sovranazionali che dal carattere sempre più complesso delle decisioni politiche che fanno della rappresentanza la tecnica normale e più adeguata di governo). A queste si accompagnano altre ragioni tecniche che derivano dalla natura pluralistica ed eterogenea delle democrazie contemporanee, dalla restrizione della partecipazione popolare diretta che viene compensata dall’enorme estensione qualitativa e quantitativa dei diritti dei cittadini, dall’affermarsi del ruolo dei partiti e degli organismi intermedi. Un gruppo di studiosi (che contestano la superiorità della democrazia diretta) ritiene che il sistema rappresentativo sia indispensabile per garantire l’esistenza di una comunità organizzata e che costituisca il solo sistema di organizzazione del potere capace di garantire l’uguaglianza politica ad uno Stato nazionale di grandi e medie dimensioni (Dahl) e di trasformare la volontà di tutti o della maggioranza in “volontà generale” capace di risolvere situazioni complesse. Vedi: N. Bobbio, Democrazia rappresentativa e democrazia diretta, in Il futuro della democrazia; G. Zagrebelsky, Il Crucifige! e la democrazia, Torino 1995, cit.; E. Fraenkel. La componente rappresentativa e plebiscitaria nello Stato costituzionale democratico, 1958, trad. it., Torino 1994. Una sintetica monografia sul tema del referendum abrogativo previsto dall’art. 75 Cost. italiana è quella di Giangiulio Ambrosini: Referendum, Torino, Bollati Boringhieri, 1993, nella quale l'autore prima rico- 164 Capitolo III Il referendum abrogativo (tralasciamo volutamente il referendum consultivo) di iniziativa popolare è stato variamente definito dalla dottrina e viene ricollegato a molteplici e differenziate motivazioni di carattere istituzionale e, quindi, a diverse ricostruzioni giuridiche. Analogo ed affine istituto al referendum è considerato il plebiscito che appartiene ad una specifica forma di consultazione popolare che ha avuto luogo in Italia a partire dal 1848, per l’annessione al regno di Sardegna e successivamente a quello d’Italia delle varie circoscrizioni territoriali in cui era suddiviso il nostro Paese. Referendum e plebiscito fanno parte dello stesso “genus” della consultazione attraverso la quale il popolo (corpo elettorale) si pronuncia con voto deliberativo in ordine ad un determinato argomento2. struisce il dibattito in seno all'Assemblea Costituente e le principali tappe che portarono nel 1970 all'effettiva introduzione del referendum nell'ordinamento italiano. Poi spiega il funzionamento dell'istituto referendario (tipologie, procedure e conseguenze giuridiche). Il limite di Ambrosini (1993) è il mancato aggiornamento sulle vicende referendarie della seconda metà degli anni Novanta, che hanno visto in crisi tale istituto di democrazia diretta in seguito alla forte astensione (il mancato raggiungimento del quorum del 50% comporta l'invalidazione del risultato e dunque la sconfitta dei sostenitori del sì). Un'analisi in chiave comparata del fenomeno referendario in Italia (1946-93), alle pp. 390-429 si trova nel volume Democrazie e referendum, a cura di Mario Caciagli e Pier Vincenzo Uleri, Roma - Bari: Laterza, 1994. Quest'ultimo raccoglie gli Atti di un convegno svoltosi a Siena: interventi di taglio sia teorico che storico riguardanti varie nazioni; la parte quarta (pp. 287 ss.) è dedicata al caso italiano. Di più ampio respiro storico è la ricostruzione di Anna Cimenti: Storia dei referendum. Dal divorzio alla riforma elettorale. Roma - Bari, Laterza, 1999 (prima ediz. 1993) che racconta "come i referendum dal 1974 ad oggi hanno cambiato l'Italia". L'autrice mette in evidenza le strategie politiche che hanno puntato sull'uso spregiudicato del referendum per contrapporre la cosiddetta società civile al sistema partitico-parlamentare. Per un inquadramento di taglio tecnico-giuridico sulle problematiche poste dall'istituto referendario si può vedere il commento all'art. 75 della Costituzione firmato da Stefano Sicari: "Il referendum abrogativo. Democrazia rappresentativa e democrazia diretta", in Guido Neppi Modana (cur.): Stato della Costituzione, Milano: Il Saggiatore, 1995, pp. 240-245, con relativa bibliografia (a p. 258). Vedi inoltre: Massimo Luciani – Mauro Volpi (cur.): Referendum, Roma - Bari: Laterza, 1992. 2 Su tale nozione appare concorde la dottrina italiana, seppure con varie sfumature dipendenti dalla diversa distinzione accolta tra le due figure. Vedi: C. Lavagna, Istituzioni di diritto pubblico, Torino 1985, p. 500 dove il plebiscito viene affiancato al referendum di cui viene a costituire una sua “varietà” o “sottospecie”. Per l’approfondimento dell’istituto del plebiscito vedi: A. Chiappetti, Plebiscito, in En- Il procedimento elettorale 165 Il referendum entra nel nostro ordinamento con la costituzione repubblicana mentre negli altri Paesi tale istituto è sempre stato di largo utilizzo3. Dal concetto di sovranità popolare e di mandato imperativo è derivata la nozione di referendum quale duplice manifestazione di volontà facente parte di un procedimento amministrativo definito quale atto complesso interorganico che si svolge prima dall’organo secondario dello Stato (Parlamento, Assemblea elettiva) e poi dal corpo elettorale4. Nella costituzione italiana il termine referendum viene utilizzato in diverse forme di consultazione popolare e precisamente per: a) l’abrogazione di legge statale o di atto ad essa equiparato (referendum abrogativo ex art. 75 Cost.); b) l’approvazione di legge di revisione della Costituzione o di altra legge costituzionale(referendum costituzionale ex art. 138 Cost.); c) la modificazione delle circoscrizioni degli enti locali territoriali (referendum territoriali ex art. 132 Cost.); d) l’abrogazione di leggi regionali (referendum ex art. 123 Cost.)5, ciclopedia del Diritto XXXIII Milano 1988, pp. 952 ss. Vedi anche G.M. Salerno, Referendum, in Enciclopedia del Diritto XXXIX, Milano 1988, pp. 201 ss.; F. Lanchester, Votazioni, sistema politico e riforme istituzionali, Bulzoni, Roma, 1987, cit., p. 14. Nella dottrina straniera vedi la distinzione nella raccolta di studi comparati sul referendum: F. Delpérée, Referendum, Bruxelles, 1985, p. 10. La consultazione referendaria va nettamente distinta dal plebiscito romano il quale era una deliberazione normativa proveniente dai comizi della plebe e vincolante (almeno dalle origini) per le istituzioni. Vedi al riguardo: H. Mommsen, Le droit public romain, VI, Paris, 1989, pr. 1 p. 168 e R. Orestano, I fatti di normazione nell’esperienza romana arcaica, Torino, 1967, pp. 268 ss. 3 Per la Francia vedi: Sicari, Référendum et plébiscites dans l’histoire de France, in Rev. Fr. sc. pol. 1964, febbraio – marzo, pp. 85 ss.; per gli Stati Nordamericani vedi: Munro, Iniziative and referendum, in Enciclopedia of the Social Sciences, diretta da E.R.A.; Seligman e A. Johnson, VIII New York, 1932, pp. 50 ss. 4 V. G. Jellinek, Allgemeine Statastsleehre, Berlin, 1905, p.532. 5 Per le problematiche del referendum popolare nell’ordinamento regionale e sui limiti della potestà normativa regionale in materia referendaria e sulle modalità di attuazione del referendum si veda:. M. Scudiero, Il referendum nell’ordinamento regionale, Napoli, 1971, pp. 11 ss. e da P. Barbera, Il referendum negli ordinamenti regionali e locali, Napoli, 1992. 166 Capitolo III e) la costituzione di nuovi comuni o la modificazione delle circoscrizioni o delle denominazioni di questi ultimi (referendum consultivi ex art. 133 Cost.)6. 2. La democrazia partecipativa Tra la democrazia diretta e la democrazia rappresentativa si inserisce la “democrazia partecipativa” che, secondo alcuni studiosi, consente la manifestazione diretta della sovranità popolare7. Il giurista più attento a cogliere la novità e importanza degli istituti di democrazia partecipativa fu Crisafulli. Si legge, infatti, nelle primissime righe del saggio sulla sovranità nella Costituzione (risalente, come è noto, al 1954 e ripubblicato in Stato, Popolo, Governo. Illusioni e delusioni costituzionali), che lo stacco tra la Costituzione repubblicana e lo Statuto albertino è radicale soprattutto perché la Costituzione riconosce ai cittadini <<poteri di iniziativa e di direzione diretta (referendum abrogativo e referendum costituzionale; iniziativa legislativa; referendum consultivo in materia di ordinamento degli enti locali)>>8. L’autore precisa che, per quanto più propriamente si riferisce al principio della sovranità popolare, <<esso determina, nel sistema delineato, l’accoglimento degli accennati istituti di democrazia diretta, concretatisi nei diversi tipi di referendum>>. Il referendum, cioè, in tanto deve essere messo in correlazione con il principio della sovranità popolare, rivelandone o confermandone l’accoglimento in sede di diritto positivo, precisa il citato autore, <<in quanto attraverso di esso il 6 V. la legge 25 maggio 1970, n. 352 e ss. mm. recante norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo. La storia parlamentare dei disegni di legge in materia referendaria è offerta da G. Azzariti, L’istituto del referendum nel nostro sistema giuridico, in Arch. Giur., 1974, n. 3 – 4, II nt. 7. 7 V. F. Lanchester, Nota su: S. Furlani, Le tecniche della rappresentanza. Cinquant’anni di ricerche sul diritto elettorale in Italia e all’estero, Reggio Calabria, Falzea, 1996, vol. 2, in Rassegna Parlamentare, 1996, fasc. 4 (dicembre), pp. 977 – 986. 8 V. Vezio Crisafulli, “La sovranità popolare nella Costituzione italiana”, ora in Stato, popolo, Governo, Milano, 1985, pp. 92, 107 ss.. Più di recente, e fra gli altri, vedi C. Carlassare, “Forma di Stato e diritti fondamentali, in atti Convegno A.I.C. (Genova 9.10.dicembre 1994, Forma dello Stato e revisione costituzionale. Il procedimento elettorale 167 popolo sia posto in grado di esprimere, nell’ambito dell’ordinamento dato, una volontà preminente, alla quale sia dunque attribuita efficacia prevalente su ogni altra e in ultima analisi decisiva>>. Secondo Crisafulli <<l’accoglimento in sede di diritto positivo del principio della sovranità popolare non può non riflettersi anche su taluni problemi connessi tra l’altro alle istituzioni rappresentative, che vengono infatti ad essere integrate e corrette da istituti di democrazia diretta>> 9. Infine deve essere ricordata la suggestiva tesi crisafulliana, che ravvisa nei partiti uno strumento di esercizio della sovranità popolare, uno strumento (quando essi sono rigidamente organizzati) del trasfe9 In particolare il referendum abrogativo e gli altri istituti di democrazia partecipativa determinano un’alterazione dei meccanismi tipici della rappresentanza, incidendo addirittura sullo stesso rapporto di fiducia. Si dice, infatti, nel fondamentale saggio sugli Aspetti problematici del sistema parlamentare vigente in Italia (esso pure ripubblicato in Stato. Popolo. Governo), che “dipenderà dalla natura e dalla maggiore o minore rilevanza, ai fini dell’indirizzo politico governativo, della legge (abrogata) o del disegno di legge costituzionale (di cui vengono preclusi l’ulteriore perfezionamento e l’efficacia), se in tale fenomeno dovrà di volta in volta ravvisarsi un più generale dissenso programmatico, sopravvenuto dopo le ultime elezioni, tra maggioranza parlamentare e maggioranza popolare (nel qual caso, il risultato del referendum avrà anche significato di voto di sfiducia diretto, provocando le dimissioni del Governo e lo scioglimento delle Camere); ovvero l’episodico ed eccezionale degradare della maggioranza parlamentare in effettiva minoranza nel Paese, limitatamente ad una singola e specifica questione e senza ulteriori ripercussioni, perciò, sulla situazione parlamentare” (p. 204). Come si vede, si tratta di osservazioni che riproducono le più attente riflessioni della dottrina della prima metà del Novecento, in particolare quelle sviluppate da Carré de Malberg in La loi expression de la volonté générale. Peraltro lo stesso Crisafulli era reticente sull’effettiva capacità di trasformazione del sistema rappresentativo e di rafforzamento della democrazia ad opera degli istituti partecipativi. A tal proposito nelle riflessioni sviluppate nelle Lezioni del 1970 (vol. I, 85) osservava che “Nemmeno nell’ipotesi estrema di massima diffusione del potere, quale potrebbe aversi in un sistema di assoluto e diretto autogoverno della collettività (oggi, praticamente impensabile), si realizzerebbe quella piena coincidenza [tra governanti e governati]…… “. Da ciò si ripropone “il grande problema, sempre riproposto dalla storia della democrazia, la quale postula come suo punto terminale e culminante l’identificazione di governanti e governati, Stato e popolo, ossia il pieno (ed impossibile) risolversi senza residui dell’autorità nella libertà 168 Capitolo III rimento <<del centro di gravità del sistema, dalle Assemblee rappresentative al corpo elettorale, ed anzi, più largamente, al popolo, come insieme dei cittadini viventi>> (Aspetti problematici, p. 153), ma anche uno strumento per trasformare il Governo da comitato della maggioranza in comitato del partito di maggioranza, nel contesto di un rapporto diretto fra popolo e Governo, che <<passa sopra alla intermediazione delle Assemblee>>. Si è discusso se la democrazia diretta possa essere compatibile con la democrazia rappresentativa. Dal confronto tra i sostenitori della coesistenza e di coloro che hanno negato l’incompatibilità tra forma di governo parlamentare e referendum, si può ritenere che la democrazia diretta sia compatibile con quella rappresentativa a condizione che la prima sia intesa come un insieme di istituti di integrazione, di correzione, di stimolo o eccezionalmente di legittimazione di importanti scelte politico-istituzionali che consentono un miglior funzionamento della democrazia e della stessa forma di governo parlamentare. Si può ritenere che la democrazia diretta sia compatibile con quella rappresentativa anche quando venga concepita come istituto capace di manifestare ed imporre un indirizzo politico generale integrativo e/o superiore a quello del Governo e del Parlamento, capace di far finire anzitempo l’investitura popolare dei rappresentanti eletti alle più alte cariche dello Stato, quale autentica manifestazione della sovranità popolare. Gli istituti di democrazia rappresentativa consentono la designazione di rappresentanti del popolo nel governo dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni nonché negli altri enti locali minori e nel Parlamento dell'Unione Europea, essendo regola generale nei Paesi democratici che gli organi costituzionali rappresentativi sia a livello legislativo che esecutivo vengano eletti tramite l’esercizio del voto popolare. Il procedimento elettorale 169 3. Il referendum di indirizzo sull’Unione Europea A seguito della legge costituzionale 3 aprile 1989, n. 2, è stato indetto il 18 giugno 1989, in concomitanza con il rinnovo del Parlamento Europeo, il referendum di indirizzo sull’Unione Europea. Il quesito referendario era soltanto uno e consisteva nella risposta alla domanda se la Comunità europea poteva essere trasformata in Unione Europea, dotata di un governo effettivo responsabile di fronte al Parlamento Europeo e nell’affidamento allo stesso Parlamento Europeo del mandato <<di redigere un progetto di costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunità>>. Sulla natura giuridica di tale referendum sotto il profilo oggettivo si sono avute varie interpretazioni. Secondo alcuni studiosi è stato considerato come un referendum <<sui poteri sovrani>>, rientrante nella categoria dei referendum costituzionali, pur nella considerazione come esso fosse privo di ogni efficacia giuridica non potendo ovviamente vincolare il Parlamento Europeo. Da altri studiosi è stato definito come referendum consultivo in considerazione della sua inattitudine ad esprimere qualsiasi indirizzo giuridicamente vincolante.10 Sotto il profilo formale la legge n. 2/1989 è stata ritenuta come una tipica ipotesi di rottura della costituzione in quanto non ha introdotto in forma permanente il referendum consultivo nell’ordinamento giuridico, ma solo una ipotesi singola avente carattere dell’eccezionalità e della singolarità. Si è poi discusso in dottrina se per indire un referendum consultivo fosse necessaria una legge ordinaria ovvero una legge costituzionale. La corte costituzionale, con sentenza n. 256/1989, ha ritenuto che i referendum consultivi, anche se giuridicamente non vincolanti, sono tipica espressione della volontà popolare che trova fondamento negli articoli 2 e 3 della Costituzione e che dal loro esito possono restare con- 10 V. B. Caravita di Toritto, Il referendum sui poteri del Parlamento Europeo: riflessioni critiche, in Pol. Dir. 1989. 170 Capitolo III dizionati gli atti da compiersi dagli organi istituzionali e le scelte discrezionali che spettano a determinati organi centrali. 4. Esercizio della funzione elettorale Il meccanismo elettorale rappresenta il più importante dei canali tipici di esercizio della sovranità da parte del popolo e consente l’investitura diretta dalla base popolare dei titolari degli uffici dell’apparato pubblico, realizza la selezione dei governanti da parte dei governati mediante la ricorrente competizione di gruppi politici organizzati, e, infine, traduce in atto il principio di rappresentanza politica nella versione classica di democrazia occidentale. In questa ottica assumono rilievo fondamentale sia l’esercizio della funzione elettorale espletata dal popolo mediante il voto, sia la scelta dei rappresentanti della comunità nelle istituzioni pubbliche che i partiti politici, considerati alla stregua di strutture associative di mediazione tra fra il corpo elettorale e gli organi costituzionali. La funzione svolta dal popolo con l’espressione del voto propedeutico alla designazione dei propri rappresentanti alla supreme cariche elettive (sia del potere legislativo che del vertice del potere esecutivo), assume rilievo centrale nella forma di stato liberale 11e nei suoi derivati. In tale direzione assumono giuridica rilevanza le scelte relative alla definizione dei concetti di “elezione”, “voto” e “votazione”. La parola “elezioni” esprime più significati che non si escludono, anzi, si integrano e si completano. Il sostantivo “elezioni”, sotto il pro11 Sulla partecipazione popolare vedi: A. Savignano, La partecipazione politica nell’ordinamento costituzionale italiano, Napoli, 1979; G. Rizza, La partecipazione popolare: lineamenti costituzionali, DS, 1979, pp. 717 e ss; M. Lesage, Pouvoir, Participation, in Pouvoirs, 6, 1978, pp. 17 e ss.; N. Bobbio, Democrazia rappresentativa e democrazia diretta, in G. Quazza , Democrazia e partecipazione, Torino, 1978; M. Ramirez., La partecipazione politica, Madrid, 1985; A. Savignano., Partecipazione politica, ed. D, XXXII, Milano 1982; F. Delpérée, La participation directe du citoyen, vie politique et administrative, Bruxelles, 1986. Si è parlato da alcuni studiosi di un vero e proprio potere elettorale del popolo alla pari con gli altri poteri dello Stato. In tal senso vedi: J.M. Aubi, La Théorie du pouvoir de suffrage du droit constitutionnel français, in Politique, 1958, pp. 203 e ss; I.P Charnay., L’évolution du pouvoir de suffrage, RDPSP, 1970, pp. 1187 e ss. Il procedimento elettorale 171 filo giuridico, indica sia il complesso procedimento amministrativo composto di più atti l’uno all’altro coordinati, finalizzati all’emanazione dell’atto finale di investitura ad una carica pubblica elettiva (parlamentare europeo, parlamentare nazionale, consigliere regionale, provinciale, comunale, sindaco di Comune, presidente di Regione e Provincia, consigliere di circoscrizione comunale) che l’atto elettivo che ne costituisce l’oggetto12. La parola elezione è stata utilizzata per designare indifferentemente sia “i procedimenti elettivi” che quelli deliberativi del corpo elettorale, come nel caso del referendum e del plebiscito, senza considerare la diversa configurazione dei due istituti13. In questa sede viene preso in 12 Vedi G. Ferrari, Elezioni (teoria generale), in Enc. Diritto, vol. XIV, cit., pp. 608 ss. Per quanto concerne la nozione di procedimento vedi: E. Fazzalari, Introduzione alla giurisprudenza, Cedam, Padova 1984, pp. 76 e ss.; dello stesso autorete: Procedimento (teoria generale), voce dell’Enciclopedia del diritto, vol. XXXV, Milano, 1986, pp. 819 e ss. 13 Per la distinzione tra voto elettivo e voto deliberativo, vedi: A. Esmein, Eléments de droit constitutionnel français et comparé, 2 vol. Sirey, Paris pp. 343,344; G. Guarino, Deliberazione, nomina, elezione, cit., pp. 73 e ss.; G. Carcaterra. La votazione, pp. 553, 554; S. Tosi, Diritto parlamentare, Giuffré, Milano, 1974, pp. 107 e ss. Per una ricostruzione storica della distinzione, vedi: E. Ruffini, La ragione dei più, Bologna, 1977, cit., pp. 247 e ss.. La linea di demarcazione tra referendum e plebiscito non appare in dottrina ancora chiara. Per Battelli il plebiscito avrebbe un carattere di autonomia ancora più marcata rispetto al referendum perché la decisione popolare non deve raccordarsi a quella di un altro organo dello Stato, ponendosi quale immediata e diretta emanazione della volontà popolare. La distinzione è però determinata in base ai caratteri che assume il referendum nell’esperienza cantonale svizzera e può risultare debole se applicata in ambito federale, in particolare al referendum costituzionale. Vedi M. Battelli, Les institutions de démocratie directe et droit suisse et comparé moderne, pp. 5 e ss.; AA.VV. Commentario sistematico della costituzione italiana (diretto da P. Calamandrei e A. Levi), Barbera, Firenze, 1950, II, agg. pp. 61 e ss. Chiappetti ritiene che la tesi tragga spunto da una nozione troppo ristretta del referendum sicché, al di fuori della stessa, le altre figure delineate quali istituti della democrazia diretta: voto popolare, iniziativa popolare e plebiscito non assumono caratteri differenziali sufficientemente precisi. Vedi: A. Chiappetti, Plebiscito, voce Enciclopedia del Diritto, XXXIII, Milano, 1983, p. 949. Per il citato autore plebiscito e referendum apparterrebbero a fattispecie distinte in quanto il primo potrebbe essere definito come istituto “non regolato in via preventiva da norme sulla costituzione dell’ordinamento (opera citata, pp. 952,953). Questa distinzione si contrappone a quella oggi prevalente in dottrina, fondata sull’oggetto della deliberazione popolare diretta che, nel caso del referendum, riguarderebbe atti normativi, 172 Capitolo III considerazione soltanto il concetto di elezione ristretto alla sola espressione di voto da parte del corpo elettorale. La dottrina ha variamente definito il concetto di “elezioni” sia sotto il profilo contenutistico sia quale atto collegiale sotto il profilo soggettivo che come atto d’investitura sotto il profilo funzionale14. Ogni elezione è di per sé un fenomeno giuridico complesso. Da un lato il meccanismo elettorale si concreta in un atto di manifestazione di volontà del collegio, composto dal corpo elettorale, dall’altro ha per destinazione funzionale di essere inteso ai fini della copertura di uffici dell’apparato pubblico e, quindi, si connota come atto organizzativo; esso dà infine vita ad un articolato procedimento e ad una struttura organizzativa, e comporta il ricorso a sistemi elettorali variamente conformati per la selezione dei candidati e l’assegnazione dei seggi. Nel procedimento elettorale hanno rilievo i seguenti specifici subprocedimenti, atti o provvedimenti amministrativi: // 1 - la fase preparatoria dell’elezione, // 2 - le operazioni elettorali concernenti l’elettorato attivo e passivo,// 3 - la convocazione dei comizi elettorali, // 4 - la tenuta e l’aggiornamento delle liste elettorali, // 5 - l’attività preparatoria delle operazioni di voto, // 6 - le candidature, // 7 - la campagna elettorale,// 8- lo svolgimento delle elezioni,// 9- il risultato di quest’ultima, // 10- le operazioni di voto, lo spoglio delle schede depositate nell’urna elettorale, lo scrutinio e l’interpretazione del voto,// 11- la proclamazione e la convalida degli eletti, // 12-l’assunzione della carica pubblica, // 13- la verifica del possesso dei requisiti di eleggibilità e delle cause di incompatibilità, // 14 – le rinunce, la surrogazione degli eletti ineleggibili e/o incompatibili,// 15- la conservazione della carica pubblica, // 16 - i ricorsi elettorali ecc. Nel concetto mentre il plebiscito avrebbe per oggetto una “decisione popolare” relativa a fatti e persone. Vedi sul punto: C. Schmitt, Dottrina della Costituzione, Giuffré, Milano, 1984, pp. 342,343.Vedi, inoltre, sulle contrapposizioni in dottrina in ordine agli istituti in esame (referendum, plebiscito): G. Quadri, La forza di legge, Giuffré, Milano, 1970, pp. 116 ss.; C.. Mortati, Istituzioni di Diritto pubblico, Padova, CEDAM, 1976, II, pp. 837 ss; G. Berlia, Le problème de la constitutionalité du referendum du 28 octobre 1962, in Revue du droit public et de la science pol., 1962, pp. 936 e ss.; G. Gicquel, Essai sur la pratique de la Vème République, Paris, 1968, pp. 132 e ss.; Duval LeBlanc Dechoisay Mindu, Referendum et plébiscite, Paris, 1970; F. Mercadante, La Democrazia plebiscitaria, Giuffré, Milano, 1974, pp. 68 e ss. 14 V. U. Prosperetti, L’elettorato attivo politico, Milano, 1954, p. 138. Il procedimento elettorale 173 di “elezioni” vengono dunque inclusi sia il procedimento elettorale e l’organizzazione elettorale - aventi natura formale e strumentale - che l’atto elettivo rappresentante la sostanza del fenomeno ed il punto terminale del relativo ciclo. È opportuno, a questo punto, delineare il significato tecnicogiuridico dei termini “voto” e “votazione” in base al diritto positivo, partendo dall’esame della disciplina costituzionale e dalla legislazione elettorale. Il “voto” costituisce parte del procedimento inteso alla stregua della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni, e rappresenta la manifestazione di volontà degli elettori che consente l’investitura dei candidati alla carica per la quale si tiene la competizione elettorale. Esso non rappresenta l’atto terminale del procedimento amministrativo che culmina con l’investitura formale dell’eletto alla carica elettiva cui il voto è preordinato, ma costituisce elemento sostanziale e determinante per l’attribuzione della relativa funzione da parte degli organi previsti dall’ordinamento giuridico.15 Sulla distinzione tra voto elettivo e voto deliberativo esiste una copiosa letteratura cui si fa espresso rinvio. In questa sede ci si occupa solo del voto elettivo Il voto risulta così un atto giuridico singolare sia elettivo, in funzione cioè di investitura popolare che deliberativo in funzione cioè di una decisione popolare diretta16. Per Lanchester l’analisi dei sistemi elettorali non può essere limitata solo agli aspetti tecnici, presentando una ordinata classificazione dei meccanismi adottati per la trasformazione dei voti in seggi, in diversi ordinamenti ed in diverse epoche. Secondo l’autore citato, occorre cogliere per ciascun modello il “significato e la funzione reale”. 15 V. H. Kelsen, Teoria generale ecc. cit., p. 200. V. A. Origone, Democrazia diretta e democrazia rappresentativa, in Studi economico-giuridici dell’Istituto economico - giuridico dell’Università di Cagliari, Giuffré, Milano, 1937, p. 132: “I cittadini attivi di una democrazia diretta sono quelli che hanno la facoltà di concorrere col loro voto alle deliberazioni popolari; praticamente sono gli stessi cittadini elettori, sicché possiamo valerci anche qui dell’espressione “corpo elettorale”. 16 174 Capitolo III I sistemi elettorali sono, infatti, strumenti tecnici dotati di valenza politica e capaci di incidere profondamente sia da punto di vista qualitativo che di quello quantitativo sulla rappresentanza17. 5. Le elezioni come atto elettivo collegiale Si è già detto che il sostantivo “elezioni”, sotto il profilo giuridico, indica il complesso procedimento amministrativo, composto di più atti l’uno all’altro coordinati, finalizzati all’emanazione dell’atto finale di investitura ad una carica pubblica elettiva (parlamentare europeo, parlamentare Nazionale, Consigliere regionale, provinciale, comunale, Sindaco di Comune, presidente di Regione e Provincia, consigliere di circoscrizione comunale). La dottrina ha variamente definito il concetto di “elezioni” sia sotto il profilo contenutistico, sia quale atto collegiale sotto il profilo soggettivo che come atto d’investitura a tempo sotto il profilo funzionale attraverso l’esercizio diretto della sovranità popolare18. Sotto il profilo soggettivo per “elezione” si intende l’atto collegiale prodotto dal corpo elettorale (costituito da una pluralità di soggetti, elettori, unitariamente considerati), che resta soggetto alla disciplina degli atti collegiali e che consiste nell’esercizio della potestà di preposizione di alcuni candidati alle cariche elettive, attraverso la competizione elettorale. Si deve necessariamente parlare di investitura ad “tempus” atteso che l’investitura a vita si pone al di fuori della democraticità in quanto viene sottratta al corpo elettorale ogni possibilità di sindacato sugli eletti e sulla loro attività, sindacato che resta integro quando la permanenza nella carica elettiva viene limitata nel tempo. Da alcuni studiosi si ravvisa nella mancata rielezione di candidati il risultato sfavorevole 17 V. F. Lanchester., Sistemi elettorali e forme di governo, Il Mulino, Bologna, 1981, cit., pp. 14 e ss.. Si tratta di aspetti che hanno trovato particolare attenzione anche da parte della recente letteratura politologica, vedi al riguardo: D. Fisichella, Sviluppo democratico e sistemi elettorali, Sansoni, Firenze, 1970, cit.; id. Elezioni e democrazia. Un’analisi comparata, Il Mulino, Bologna, 2003, cit. ; M. Stoppino, Comportamento elettorale e sistema partitico, in AA.VV., Il comportamento elettorale in Lombardia (1946-1980), Le Monnier, Firenze, 1983, pp. 215 e ss. 18 V. U. Prosperetti, L’elettorato politico attivo, Milano, 1954, cit. p. 138. Il procedimento elettorale 175 di tale sindacato sul modo con cui è stato espletato il mandato conferito. Inoltre non si ha investitura democratica solo quando l’investitura non avvenga dal basso verso l’alto, ma anche nel caso inverso quando questa avvenga dall’alto verso il basso indipendentemente dal fatto che essa avvenga mediante votazione collegiale. Eleggere, nel normale significato, si rivela come un tipico strumento della democrazia rappresentativa attraverso l’intermediazione di rappresentanti eletti a cariche autoritative previste dall’ordinamento giuridico. Le elezioni, in una democrazia rappresentativa servono, quindi, a legittimare il sistema e determinare gli orientamenti politici fondamentali dello Stato; contribuiscono ad esprimere la domanda politica, rappresentando le opinioni e gli interessi esistenti. I rappresentati che costituiscono il corpo elettorale devono essere posti in grado di poter esercitare un’importante funzione di controllo sui rappresentanti, sulle strutture e sugli organi costituzionali dello Stato19. Il metodo elettivo viene poi considerato da alcuni studiosi nel suo valore di espressione rappresentativa dell’organizzazione elettorale e del procedimento elettorale; tali interpretazioni non spostano la nozione di “elezioni” che si è sopraesposta, anzi la rafforza e completa. Sembra così possibile giungere ad una sintesi che consente di definire “le elezioni”, ai fini del procedimento elettorale, alla stregua di atti giuridici, consistenti in una scelta o serie di scelte attraverso le quali il popolo, costituito in collegio (o corpo) composto dall’universalità dei cittadini aventi diritto al voto, esercita la sua potestà “sovrana” di investitura a cariche elettive supreme ed a tempus dell’organizzazione dell’Unione Europea. dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni e di altri soggetti previsti dall’ordinamento; più brevemente si tratta di “atti elettivi collegiali con funzione di investitura”. 19 Vedi sulla nozione di elezioni: T. Martines, voce: Indirizzo politico, in Enciclopedia del Diritto, vol. XXI, cit., pp. 134 ss.; M. Galizia, Studi sui rapporti tra Parlamento e Governo, Milano, Giuffré 1972, pp. 186 ss; C. Mortati, Istituzioni di Diritto pubblico, Padova, CEDAM, 1976, cit., pp. 643 ss.; A. Mannino, Indirizzo politico e fiducia nei rapporti tra Governo e Parlamento, Milano, Giuffré, 1973, pp. 47 ss. 176 Capitolo III Tale definizione, che si adatta ad ogni tipo di elezione sia di primo che di secondo grado, deve essere distinta dalla nomina che proviene, di norma, da una singola persona o, comunque, nel caso del concerto, da due o più persone e che la caratteristica della “scelta” può anche mancare, come nel caso degli atti vincolati. Le figure giuridiche soggettive tipiche della comunità, considerata nel suo ruolo di esercizio del potere sovrano di designare propri rappresentanti nelle cariche elettive, sono il corpo elettorale, i collegi elettorali, i partiti (o gruppi di candidati), i delegati da questi, i rappresentanti di lista, i presentatori/sottoscrittori delle candidature e di candidati. 6. Il popolo ed il corpo elettorale 6.1 Nozione di “popolo” e suoi rapporti con lo Stato Soggetti del rapporto elettorale sono gli elettori e gli eleggibili cui viene fatta corrispondere, di norma, la ripartizione sistematica della materia in elettorato attivo e passivo. Su tali figure giuridiche, che vengono utilizzate indifferentemente per qualsiasi competizione elettorale, si mostra generalmente concorde la dottrina. Il popolo può essere riguardato sotto l’aspetto sociale, filosofico e giuridico e la sua nozione ,sotto questo ultimo profilo, non è univoca. Da un lato, secondo alcuni studiosi, si indica una pluralità di soggetti costituita da tante singole unità, riunita in gruppi o sottogruppi in relazione a vari fattori o interessi (spirituali, di razza, di lingua etc.) Da un altro punto di vista il popolo, secondo altri giuristi, rappresenta un’unità costituita da una pluralità di persone che possono essere riguardate sotto il profilo unitario in presenza di vari interessi o finalità che essi intendono perseguire, quali ad esempio la coesistenza in una determinata località, la comunanza di interessi (culturali, sociali, umanitari e simili)20. Pluralità ed unità sono peraltro le facce di una stessa 20 Sulla nozione di “popolo” cfr. H. Kelsen, Essenza e valore della democrazia, Bologna, 1969, pp. 19 ss; G. Lavagna, Considerazioni sui caratteri degli ordinamenti democratici, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 1956, p. 395 in nota dove si afferma che la “nozione di popolo” e di governo sono, infatti, sul piano tecnico, sostanzialmente pacifiche ed univoche; Damiano Nocilla, in Enciclopedia del Diritto, vol. XXXIV, Il procedimento elettorale 177 medaglia e, ai fini che qui interessano; il popolo va riguardato sotto il profilo del suo rapporto con lo Stato e del modo di manifestazione della sovranità popolare negli ordinamenti delle democrazie contemporanee.21 Plura - Prem, Giuffré 1985, alla voce “popolo”, pp. 341 ss; Sul significato etimologico della voce “popolo” si ritiene da alcuni studiosi che esso derivi da comunità in armi (esercito) nel momento del saccheggio; da altri giuristi dal Greco ȆoȜįȢ che riguarda la contrapposizione tra populus e plebs (intesa quest’ultima come quale moltitudine indifferenziata). Presso i Romani vi era identificazione tra Stato e popolo (teoria di H. Mommsen: Römisches Staatsrecht, III, I, Leipzig, 1887, I e passim; cfr, anche R. Orestano, Il “problema delle persone giuridiche” in diritto romano, Torino, 1968, pp. 185 ss.). V. C. Lavagna, Diritto costituzionale cit. p. 91; G. Nocera, Res publica, in Ann. Perugia, 1947-1948, II; G. Lombardi, Concetti fondamentali del diritto pubblico romano, Roma, 1942, II; M. Coli, Civitas in Nss. D.I., III, 1959, p. 338. 21 Il rapporto tra popolo e Stato è stato risolto dalla scienza giuridica mediante l’utilizzo della bipolarità quando ha affrontato il problema di tale rapporto in senso lato (rapporto tra popolo e Stato - persona, tra popolo e Stato - Comunità, tra popolo e Stato – società, tra popolo e Stato -ordinamento) ed anche quando si è trovata di fronte al rapporto tra popolo e Stato in senso stretto (cioè lo Stato apparato o Stato – governo), identificato con il complesso dei governanti. Cfr. per la distinzione di questi due concetti di Stato: Arangio Ruiz, La persona giuridica come soggetto strumentale, Milano, 1952, pp. 82 ss.; V. Crisafulli, Stato e società nel pensiero di Gramsci, in Società, 1951, pp. 58 ss.; V. Crisafulli – Nocella, Nazione, in Enciclopedia del Diritto, XXVII, pp. 808 ss.; G. Berti, Il modello di Stato nella costituzione repubblicana italiana, in Stato e senso dello Stato in Italia (Atti del 51° corso di aggiornamento culturale dell’Università cattolica di Pescara, 20 – 25 settembre, 181, Milano, 1981, pp. 90 ss.; B. De Jouvenel, La sovranità, trad. it., Milano 1971, pp. 213 ss. Quando si parla di rapporto tra popolo e Stato – comunità vuol dire considerare il popolo alla stregua di una comunità che riceve la propria unità in virtù delle regole autoritativamente imposte dai governanti , rapporto che si è formato nell’ambito di tale comunità e per volere di quest’ultima. Cfr. T. Martines, Diritto costituzionale, Milano, 1984, pp. 170 ss.; V. Crisafulli, Lezioni di diritto costituzionale, I, Padova,. 1970, pp. 60 ss. (che distingue il concetto dogmatico da quello teoretico di popolo). In tale ambito si confrontano le teorie realiste (riducono il popolo al complesso di coloro che sono soggetti all’autorità dello Stato) e le teorie normativiste (non escludono la possibilità di ridurre il popolo ad una pluralità di centri di imputazione di norme giuridiche, di ammettere che anche una pluralità di mere persone giuridiche, indipendentemente dal fatto che queste ultime siano o meno persone fisiche, possa qualificarsi “popolo). Cfr.: R. Quadri, La sudditanza nel diritto internazionale, Padova, 1936, pp. 29 ss.; id. Cittadinanza, in Noviss. Dig. It., III, 1956, pp. 308 ss.; G. Balladore – Pallieri, I limiti di efficacia dell’ordinamento italiano, in 178 Capitolo III 6.2 Il popolo ed il corpo elettorale nell’ordinamento giuridico italiano Nel nostro ordinamento giuridico il mezzo concreto attraverso il quale il popolo può esercitare la propria sovranità è costituito dallo Jus, 1949, pp. 25 ss; G. .Jellinek, La dottrina generale dello Stato, I (trad. it. dell’edizione del 1913), Milano, 1921, p. 346; M. Duverger, Institutions politiques et droit constitutionnel, Paris, 1966, p. 60. Per la questione relativa all’identificazione tra popolo e Stato in senso largo, cfr. V. Crisafulli e D. Nocella, Nazione cit., p. 791 ss. e passim. Per la questione relativa all’affermarsi della sovranità del popolo e le democrazie governate, Cfr. V. Crisafulli, La sovranità popolare nella costituzione italiana, in Scritti giuridici in memoria di V. E. Orlando, I, Padova, 1957, pp. 407 ss.; G. Balladore – Pallieri, La crisi della personalità dello Stato, in La crisi del diritto, Padova, 1953, pp. 140 ss. Il problema della democrazia governata (costituzioni nate dalla determinazione delle masse popolari attraverso un’Assemblea costituente dove si affermava che la sovranità appartiene alla Nazione o al Popolo, ovvero emanava da quest’ultimo dove lo Stato – apparato diveniva lo strumento ideale del popolo, dove l’elettorato era però costituito dalle classi dominanti per censo e per cultura. Cfr. H. Kelsen, La giustizia costituzionale, Milano, 1981, pp. 215 ss.; V. Chiarelli, Popolo in Noviss. Digesto It., XIII, 1966, p. 286 (diversamente avviene in quei sistemi dove si ritiene che nella legislazione sia presente “il popolo”: vedi Carré de Malberg, La garanzia giurisdizionale della Costituzione, trad. it. della nota apparsa in Annuire international de droit publique, 1929, in H. Kelsen, La giustizia costituzionale, Milano, 1981, pp. 220 ss.; sostiene che in questi sistemi sia ammissibile prevedere l’autolimitazione del popolo fino al sindacato di costituzionalità delle leggi. Il divieto di mandato imperativo, malgrado l’investitura popolare, rappresenta il cardine del sistema in quanto i Parlamentari rappresentano la Nazione ovvero il popolo nella sua interezza: cfr. per tutti Codacci – Pisanelli, Il dogma della sovranità popolare, in Scritti di diritto pubblico, Città di Castello, 1900, pp. 15 ss. L’esercizio della sovranità del popolo si afferma con l’estensione del suffragio universale diretto. Gli ordinamenti introducono specifici istituti di democrazia diretta mediante i quali il popolo esercita la possibilità di decidere senza alcun intermediario su alcuni problemi importanti e fondamentali per la democrazia e per il governo del Paese. Gli Stati passano dalla democrazia governata alla democrazia governante nella quale il popolo, unitariamente inteso e che assume una propria soggettività giuridica, decide del proprio destino. Il diritto elettorale assume il ruolo di diritto di cui ciascun elettore è portatore fin dalla nascita.. Cfr. V. Zangara, Configurazione giuridica dell’elettorato politico attivo, in Studi di diritto costituzionale in memoria di L. Rossi, Milano, 1952, pp. 609 ss.; Per un esame del voto vedi: D. Sternberger, Über die, Wahl, das Wahlen und das Wahlverfahren, in “ Der Walhler” die Haautperson in der Demokratie (Autori vari). Heildeberg, 1947, pp. 7 ss. (sviluppa la teoria anglosassone denominata “The manhood suffrage”). Il procedimento elettorale 179 Stato–persona o Stato–apparato attorno al quale ruota l’esercizio del potere. Accanto allo Stato la costituzione prevede il “corpo elettorale” al quale affida l’esercizio diretto di alcuni poteri (referendum, previsto dall’art. 138 Cost., plebiscito, proposte di leggi trattati in precedenza)22. In tale ottica Stato–persona e corpo elettorale divengono organi del popolo e non i suoi rappresentanti istituzionali per cui gli effetti delle leggi e degli altri atti dello Stato- persona vengono imputati direttamente al popolo. Da ciò è possibile ritenere che la volontà dello Stato – persona sia volontà del popolo; che il soggetto giuridico “popolo” abbia due mezzi per agire, costituiti dal “corpo elettorale” e dalla “persona giuridica statale”23. La nozione di corpo elettorale non è pacifica. Da alcuni studiosi viene definito quale organo dello Stato; da altri viene considerano alla stregua di figura soggettiva autonoma rispetto allo Stato; altri ancora lo considerano come organo collegiale anomalo24. La relativa nozione viene ripresa nel paragrafo successivo. Possiamo ritenere che il corpo elettorale, per effetto della cd. “immedesimazione organica” dello Stato – persona nel popolo in quanto a quest’ultimo sono imputabili gli atti del primo e non solo i loro effetti, possa essere considerato “organo collegiale del popolo” con funzione di prepositura alle cariche elettive. 22 V. Democrazia semidiretta e democrazia plebiscitaria, in Individuo, Collettività e Stato (Atti del convegno internazionale di studio di Palermo 9 – 12 marzo 1983, I Palermo, 1983, pp. 112 ss.. Il popolo rappresenta il totale di tutti gli individui che lo compongono e che, in quanto tali, sono titolari di una frazione uguale di sovranità. V. V. Crisafulli, La sovranità popolare nella Costituzione italiana, in Scritti giuridici in memoria di V.E. Orlando, I, Padova, 1957, pp. 155 ss.; id. Lezioni cit. , II, 1976, pp. 72 ss.; G. Amato, La sovranità popolare cit., pp. 88 ss. 23 V. C. Esposito, Lo Stato e la nazione cit, pp. 454 ss.; sulla possibilità di configurare lo Stato-persona come organo del soggetto giuridico “popolo” cfr. E. Tosato, Sugli aspetti fondamentali dello Stato, Appunti in Studi in memoria di C. Esposito, III, Padova, 1973, pp. 5 ss..; Santi Romano, Organi, in Frammenti di un dizionario giuridico, rist. Milano, 1953, pp. 149 ss.; V. Crisafulli, La sovranità cit. pag. 55 ss. 24 V. V. Jellinek, Sistema dei diritti pubblici subiettivi, Milano, 1912, pp. 175 ss.; P. Virga, Diritto costituzionale, Palermo, 1955, p. 131; C. Tesauro, Istituzioni di diritto pubblico, I, Torino, 1960, p. 232. 180 Capitolo III Indipendentemente dalla qualificazione giuridica, il corpo elettorale è destinatario, in via principale, dei compiti volti a determinare l’organizzazione governativa democratica, la scelta democratica dell’indirizzo politico e la designazione dei componenti degli organi elettivi costituzionali. Altro elemento importante da prendere in considerazione è la capacità elettorale. Come il diritto all’esercizio della funzione è una conseguenza della posizione giuridica di elettore, così la capacità elettorale ne è il presupposto. Nell’elettorato attivo capacità giuridica e capacità d’agire coincidono: la capacità giuridica elettorale è l’attitudine alla titolarità delle situazioni soggettive proprie della sfera elettorale e, prima ancora, all’assunzione della qualità di elettore, mentre la capacità elettorale di agire è l’attitudine allo svolgimento delle situazioni generate dalla posizione giuridica di elettore25. Il Popolo può essere inteso non solo come l’universalità dei cittadini intesa come “unità”, ma anche nel modo in cui esso si presenta quale collettività complessa, costituita da aggregati e da articolazioni nella quale esistono gruppi o comunità settoriali o intermedie nei quali si confrontano opinioni diverse e passioni in conflitto26. Dal riconoscimento della volontà popolare (art. 1 Cost. italiana) deriva non solo che i singoli membri del popolo ma anche loro gruppi, formazioni sociali o comunità intermedie siano titolari di diritti (fondamentali o non) nei confronti dello Stato. Tale estensione dei diritti fondamentali segna il passaggio dallo Stato borghese di diritto allo Stato pluralista27. Da ciò deriva che al pluralismo sociale si estendono non solo le specifiche garanzie che sottraggono questo articolo dalla possibilità di revisione costituzionale, ma anche i principi fondamentali codificati 25 V. G. Prosperetti, opera citata, pp. 100 ss V. V. Crisafulli, La sovranità popolare nella Costituzione italiana cit., p. 35; F. Sartori, Democrazia cit, pp. 80 ss.; G. Galeotti, Parlamento, Presidente della Repubblica e Governo del disegno originario della Costituzione, in La Costituzione italiana: il disegno originario e la realtà sottostante al concetto di popolo; G. Lavagna, Considerazioni sui caratteri degli ordinamenti democratici cit. pp. 403. 27 V. N. Bobbio, Libertà fondamentali e formazioni sociali, Introduzione storica, in Pol. dir, 1975 pp. 431 ss.; V. Pace, Problematica delle libertà costituzionali, Padova, 1983, p. 13;. 26 Il procedimento elettorale 181 nei primi 12 articoli della Costituzione italiana.28 Il concetto di popolo può essere definito come quella parte dell’elemento personale di uno Stato o di un’Unione di Stati, fornito di poteri di partecipazione all’attività politica istituzionale quale si svolge nel suo più elevato grado attinente alla determinazione e allo svolgimento della direzione politica. Si tratta di poteri che, per poter riuscire ad assolvere tale funzione, devono assumere carattere istituzionale e richiedere regolarità di esercizio secondo cadenze periodiche, oppure in concomitanza al verificarsi di determinati eventi essenziali quale quello, ad esempio, dell’elezione dei componenti del Parlamento e delle altre istituzioni più importanti di un Paese. 6.3 L’esercizio della sovranità popolare in generale La partecipazione popolare, come si è già chiarito, è astrattamente realizzabile in due modi: il primo mediante conferimento ai cittadini del potere di esprimere direttamente e con effetto immediato la volontà dello Stato o dell’Unione di Stati; si è in presenza in tal caso della tipica “democrazia diretta”29. 28 Purusa, Sovranità popolare e autonomie locali nell’ordinamento costituzionale italiano, Milano, 1983, pp. 99 ss.; V. Crisafulli, in Pluralismo (appunti) – AA.VV.), Roma, 1976, pp. 101 ss.; N. Bobbio, Pluralismo, in Dizionario di politica diretto da N. Bobbio, e N. Matteucci, Torino, 1976, pp. 717 ss. 29 Sulla partecipazione vedi A. Savignano, la partecipazione politica nell’ordinamento costituzionale italiano, Napoli, 1979 e Partecipazione politica, ed D XXXII, Milano 1982, pp. 1 e ss.; G Rizza., La partecipazione popolare: lineamenti costituzionali, DS, 1979, cit., pp. 717 e ss.; M. Lesage, Pouvoir e participation, in Pouvoirs, 6, 1978, cit.; N. Bobbio, Democrazia rappresentativa e democrazia diretta, in G. Guazza, Democrazia e partecipazione, Torino 1978; M. Ramirez, La partecipazione politica, Madrid, 1985, cit. ; F. Delpérée, La participation directe du citoyen a vie politique et administrative, Bruxelles, 1986, cit.,; Giovanni Sartori, Democratic, Theory, New York, Praeger, 1965, spec., cit., pp. 250-277; J. Roland Pennock e John W. Chapman (a cura di), Participation in Opolitics, New York, Lieber - Atherton, 1975, cit.; Alessandro Pizzorno, Introduzione allo studio della partecipazione politica, in “Quaderni di sociologia”, 1966, n. 3 – 4, cit., pp. 235-287; Maurizio Cotta, Il concetto di partecipazione politica, linee di un inquadramento teorico, in “Rivista italiana di Scienza Politica, 1979, cit., n. 2, pp. 193-227; Sidney Verba, Norman H. Nie e Jae – on Kim, Participation and Political Equality. A Seven 182 Capitolo III Il secondo con riconoscimento al popolo il potere di preporre alla carica pubblica mediante elezione coloro cui compete di manifestare la volontà popolare ed in questo caso si ha la cosiddetta “democrazia rappresentativa o indiretta”. Si tratta di forme tipiche che non trovano quasi mai o solo raramente attuazione integrale e che assumono poi aspetti e funzionalità sostanzialmente diversi in relazione sia al numero di cittadini politicamente attivi che ai sistemi di voto adottati. Tali forme tipiche sono state possibili sia a causa del ristretto ambito territoriale che a motivo del limitato diritto di elettorato attivo e passivo concesso alle persone appartenenti ad una determinata classe sociale. Infatti i diritti politici erano riconosciuti solo ai nobili e successivamente alla borghesia in possesso di determinati requisiti (censi). Nel corso dei secoli sono stati introdotti nei vari ordinamenti degli Stati europei e degli altri continenti oltre tremila diversi sistemi elettorali la maggior parte dei quali si ispira ora a quello maggioritario ora a quello proporzionale. I cittadini che hanno titolo per esercitare il diritto di partecipare alle elezioni quali candidati e di eleggere propri rappresentanti vengono compresi nel cosiddetto “Corpo elettorale” sulla cui configurazione e natura giuridica la dottrina è profondamente divisa. Alcuni studiosi rappresentano il corpo elettorale quale soggetto privato, che attua l’esercizio di pubbliche funzioni; tale teoria, che non trova largo credito, considera solo gli elettori nel momento in cui che esprimono la volontà di eleggere a cariche elettive alcuni loro rappresentanti e non già il corpo elettorale nella sua unitarietà e capacita giuridica riconosciuta dall’ordinamento30. Scarso rilievo assume la teoria che considera il corpo elettorale quale soggetto di autotarchia poiché tale requisito contraddice con Nation Comparison, Cambridge, Cambridge University, Press, 1978, trad. it. In Partecipazione e eguaglianza politica, Bologna, Il Mulino, 1987; Ivor Jennings, Party politics, I: Appeal to the people, Cambridge, Cambridge University Press, 1960, cit., pp. 42 –61. 30 V. E. Presutti, Istituzioni di diritto costituzionale, Napoli, 1923, pp. 151 e ss.; V. Zangara, Configurazione giuridica dell’elettorato politico attivo, in studi di diritto costituzionale in memoria di Luigi Rossi, Milano, 1952, cit., pp. 614 e ss. Il procedimento elettorale 183 l’attributo di sovranità di cui il corpo elettorale viene investito dall’ordinamento giuridico, che non tollera alcun controllo neppure indiretto.31 Maggiori consensi riscuote la teoria che qualifica l’istituto in esame quale organo, salvo poi rimanere oscillante in ordine alla qualità di organo, ritenendosi da alcuni studiosi che si tratti di organo dello Stato e da altri che si tratti di organo del popolo. Sotto il profilo di organo dello Stato si può richiamare l’eccezione costituita dalle elezioni di tipo diverso da quelle politiche (quelle regionali, provinciali e comunali) dove appare difficile sostenere, secondo alcuni studiosi, la teoria di cui ci si occupa, a meno che non si consideri il corpo elettorale quale organo regionale, provinciale e comunale32. La tesi che si tratti di organo dello Stato è corroborata dal fatto che quest’ultimo organizza il corpo elettorale in via esclusiva e del quale si appropria degli effetti derivanti dagli atti emanati dal corpo stesso. Si può, quindi, opinare per la confutabilità della tesi appena esposta e ritenere che il corpo elettorale abbia una sua propria soggettività giuridica autonoma, che deriva direttamente dal popolo, detentore della sovranità. Quindi si può aderire alla teoria che lo considera quale organo collegiale anomalo in quanto composto da tutti gli elettori a livello nazionale, regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale, secondo il tipo di elezione da svolgere. Ad esso si applicano tutti i principi previsti per gli organi collegiali, anche se si caratterizza per alcune anomalie che sono ininfluenti rispetto al profilo strutturale della collegialità. Le anomalie riguardano la duplice carenza di un’Assemblea e di un ufficio di Presidenza e la composizione aperta dell’organo nonché l’assenza di discussione al suo interno. Per tali carenze si tratta di collegio imperfetto, caratterizzato dalla presenza di un quorum strutturale (numero minimo di voti per rendere valida la competizione elettorale) e funzionale (numero di voti necessari per l’elezione dei candidati, che 31 V. C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Padova 1960, pp. 361-362; E. Tosato, Sovranità del popolo e sovranità dello Stato, in Riv. Trim. Diritto Pubblico, 1957, pp. 13-14. 32 C. Mortati aderisce a tale specificazione. Vedi: C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Padova 1960, cit., p. 706 ss.. 184 Capitolo III può essere la maggioranza assoluta dei votanti, degli elettori assegnati, la maggioranza relativa etc.)33. Un’ultima considerazione attiene ai collegi o alle circoscrizioni elettorali che sono da considerare alla stregua dell’esigenza del decentramento funzionale del corpo elettorale. A tale riguardo i caratteri dell’unitarietà e collegialità del corpo elettorale rimangono integri anche nel caso in cui esso venga suddiviso in più raggruppamenti di elettori, conosciuti con il nome di “collegi elettorali” o “circoscrizioni elettorali”. 7. Il voto elettivo nelle sue varie espressioni In precedenza sono state fornite le nozioni di “elezione, voto e votazione”, sia quali istituti della democrazia diretta (referendum e democrazia partecipativa) che della democrazia indiretta (rappresentativa), che la dottrina qualifica in vario modo. Votare significa che ciascun componente del corpo elettorale esprime il proprio parere nell’ambito di una procedura anche sommariamente strutturata da parte dei componenti di un gruppo ed implica, di norma l’accettazione del principio maggioritario”34. L’espressione della volontà del corpo elettorale viene compresa all’interno della relativa procedura elettorale, necessita di garanzie e di standard minimi di libertà e correttezza. In qualsiasi tipo di votazione si rende necessario determinare l’ambito entro cui essa si debba svolgere, la natura pubblicistica o privatistica della stessa ed il gruppo chiamato ad esprimere tale volontà. All’interno delle votazioni di tipo 33 Cfr. V. Crisafulli, Stato e popolo nella costituzione italiana, in Studi sulla Costituzione, II, Milano 1958. 34 V. M. Usteri, Ausubüng des Stim – und Wahlrechtes nach frebeitsstaatlichen Prinzipien, in Rivista di “diritto Svizzero”, 1959, n. 5 e la voce Abstimmung, in “Handwörterbuch der Rechtswissenschaft, vol. I; F. Lanchester, Votazioni, sistema politico e riforme istituzionali, Bulzoni editore, Roma, 1987, cit., pp.11 ss.; F. Galgano, Il principio maggioritario nelle società personali, Padova, Cedam, 1960; P. Favre, La décision de majorité, Paris PFNSP, 1976. Per i limiti di applicazione del sistema maggioritario v. G. Sartori, Tecniche decisionali e sistemi dei comitati, in “Rivista italiana di scienza politica”, 1974, n. 1 pp. 5 ss.; N. Bobbio, La regola di maggioranza, limiti e aporie, in N. Bobbio – C. Offe – S. Bombardini, “Democrazia, maggioranza e minoranza”, Bologna, Il Mulino, 11981, pp. 33 ss. Il procedimento elettorale 185 pubblicistico la differenziazione più importante si concentra tra quelle che investono il corpo elettorale e quelle dei collegi costituzionali e amministrativi, che possono essere più o meno ampi35. La designazione degli organi rappresentativi ad opera dell’espressione della sovranità popolare (art. 1, comma 2 Cost. italiana) si attua attraverso “votazioni elettive”, che coinvolgono il corpo elettorale, costituito necessariamente secondo parametri democratici (art. 48, comma 1 Cost. italiana), funzionante con il rispetto delle garanzie di personalità, uguaglianza, libertà e segretezza per l’espressione della volontà (art. 48, comma 2 Cost. italiana) e con il concorso di strumenti di canalizzazione della stessa da parte dei partiti politici e di altre componenti del tessuto sociale di cui ci si siamo diffusamente occupati36. Analizziamo ora il voto elettivo, che può essere universale o ristretto. Nello stato liberale della oligarchia il voto era ristretto in quanto limitato da motivi censitari, culturali, di sesso (riservato ai soli uomini con esclusione delle donne) e razziali. Progressivamente le limitazioni all’esercizio del voto si sono attenuate fino a sparire con l’introduzione del voto universale prima maschile e poi femminile37. Vari sono i sistemi di classificazione delle votazioni secondo il tipo di scelta, il tipo e le dimensioni del collegio (unico- plurimo; uninominale – plurinominale) e la formula adottata (maggioritaria o proporzionale). I sistemi di deliberazione si basano sempre su scelta di tipo categorico, collegio unico e formula maggioritaria (a maggioranza relativa, o assoluta, con o senza quorum) mentre quelli elettorali ammettono anche la scelta ordinale: il collegio plurimo e plurinominale, la formula 35 V. F. Lanchester, Voto (diritto di), Diritto pubblico, in “Enciclopedia del diritto”, vol. XLVI, pp. 1107-1133 36 V. G. Ferrari, voce Elezioni (Teoria generale), in “Enciclopedia del diritto”, vo. XIV pp. 607 ss. 37 Il suffragio universale maschile venne introdotto in Francia nel 1848, in Germania nel 1887, in Spagna nel 1890, in Belgio nel 1893, in Austria nel 1907 e in Italia solo nel 1912. Il voto femminile venne introdotto per la prima volta nello Stato dello Wyoming (USA) nel 1869 e, quindi, in Nuova Zelanda e Australia (1901; successivamente fu riconosciuto in altri Stati: Italia (1946) , Francia (1945) Svizzera (1971, San Marino (1974). 186 Capitolo III basata sul principio proporzionalistico o maggioritario. Le decisioni deliberative vengono prese all’interno di un unico collegio sulla base di un’alternativa semplice, rappresentata, di norma, dall’espressione di un sì o di un no: vince, di norma, chi abbia conseguito la maggioranza assoluta o relativa38. Per quanto attiene ai sistemi di votazione applicati alla preposizione di soggetti alle cariche elettive si rileva che, allorquando venga utilizzata la formula maggioritaria, è ammessa la scelta di tipo ordinale (ad esempio con voto alternativo trasferibile o di tipo australiano) mentre in quelle dei collegi amministrativi e costituzionali si utilizza la scelta individuale o per lista con voto limitato. Esistono al riguardo varie classificazioni concernenti il modo di manifestazione della volontà dell’elettore. È preferibile riferirsi ai criteri di classificazione formulati da Rae il quale differenzia le schede di votazione in due categorie: “quelle categoriche” o “nominali” che impongono all’elettore di decidere inequivocabilmente o per il partito o per il candidato prescelto; “quelle ordinali” dove all’elettore è riconosciuta la possibilità di esprimere una scelta articolata tra partiti e candidati in competizione. I sistemi per le votazioni elettive si basano su un complesso di fattori che possono essere ordinati sia secondo criteri di tipo statico che secondo parametri di tipo dinamico, capaci di tenere conto del grado di selettività dei singoli sistemi39. Nel caso della scheda categorica il votante deve esprimere una precisa opzione indicando il nominativo di un solo candidato (simple candidate ballot), come avviene nelle elezioni politiche in Gran Bretagna, in Canada, negli Stati Uniti d’America e in Francia (V repubblica) ovvero una determinata lista (simple party – list – ballot), come in Spagna, Germania Federale, Olanda, Belgio, Austria ed in altri Paesi40. 38 Vedi al riguardo la sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 13.2.1981 V. F. Lanchester, Sistemi elettorali e forma di governo, Bologna, Il Mulino, 2004 pp. 179 ss. 40 In Francia si vota anche per il supplente, ma la scelta ed il metodo sono unici. La scheda riporta solo il nome della coppia ed è fornita dai candidati , secondo il Code Electoral (I art. 58). Dal punto di vista della lista questa può essere rigida, semirigida ed aperta. Nel primo caso la lista resta “bloccata” ovvero non si possono 39 Il procedimento elettorale 187 Nel caso, invece, di sistemi elettorali con utilizzo di formula proporzionalistica la votazione assume fini di tipo statistico per l’assegnazione dei seggi ai diversi candidati o a gruppi concorrenti. Nel caso di scheda ordinale l’elettore ha la possibilità di attribuire ai candidati ed ai partiti una serie di preferenze in ordine di priorità,come avviene nella Repubblica Irlandese e a Malta ovvero in Australia con il voto alternativo. All’elettore è data, inoltre, facoltà di attribuire i suoi voti discrezionalmente tra le liste o tra i candidati, nel caso del sistema del voto cumulativo, di quello frazionario e del voto aggiunto41. La scelta dell’uno o dell’altro tipo di scheda ha conseguenze sia sul piano tecnico che su quello politico. Nel caso di utilizzo di scheda ordinale l’elettore è costretto a dare la sua preferenza in una direzione obbligata mentre nel caso di scheda ordinale la sua scelta è discrezionale per cui può spaziare all’interno delle varie liste e dei vari candidati potendo così condizionare con la sua scelta il risultato delle votazioni in misura determinante42. Il voto può essere diretto o indiretto; nel primo caso gli elettori esprimono il loro consenso per la nomina dei candidati senza alcun intermediario. Il voto indiretto comporta, invece, uno o più gradi di elezione, come ad esempio nelle elezioni senatoriali francesi in cui i senatori vengono eletti in ogni dipartimento in un collegio senatoriale composto da deputati, consiglieri generali e delegati dei consigli municipali; nelle elezioni del Consiglio federale austriaco i cui membri sono eletti dalle Assemblee dei Lander; nella elezione del Senato irlandese e della seconda camera olandese in cui operano complessi collegi elettorali per le rispettive scelte. operare scelte al suo interno (Austria 1945, Germania di Weimar 1918 e 1924 e Francia 1945 – 46); nel secondo è data l’opportunità all’elettore di esprimere preferenze tra i candidati all’interno della lista (Italia, legislazione vigente, Belgio 1894 – 1899, Olanda 1951); nel terzo l’elettore può scegliere tra lista e candidato (Svizzera 1919, Lussemburgo 1924, Norvegia 1920, Svezia 1920). 41 Col voto aggiunto l’elettore esprime preferenze per candidati non inseriti nella lista prescelta; è questa una forma di applicazione della regola del panachage che significa poter integrare la lista con nomi di altre liste o anche assenti. 42 Per l’incidenza della posizione del candidato o del partito all’interno della scheda cfr: H.M. Bain e D.S. Hecock, Ballot Position and Voters Choice, Detroit, Wayne State University Press 1957. 188 Capitolo III Il voto può essere uguale o diseguale a seconda che il peso del voto per ogni elettore sia identico o vari in quanto possa essere computato più volte. Il voto plurimo si ha nel caso in cui la legge riconosca ad ogni elettore la possibilità di esprimere voti in più collegi, come ad esempio avveniva in Gran Bretagna fino al 1951. Il voto è, invece, multiplo quando la legge riconosce a determinati elettori un voto equivalente a più voti, come avveniva in Belgio (fra il 1893 e il 1921) dove per il capo famiglia il voto si moltiplicava per il numero dei figli. Le modalità di espressione del voto variano da ordinamento ad ordinamento. L’esercizio del diritto di voto può essere libero o obbligatorio43. Il voto deve essere espresso con la garanzia del segreto e tutelato da disposizioni che mirano ad assicurare l’elettore da qualsiasi forma di intimidazione o di condizionamenti psichici e fisici. Il voto è di regola personale e può essere espresso anche per corrispondenza o per procuratore. La legge prevede i casi in cui il voto può essere espresso da persona diversa dall’elettore, come nel caso, ad esempio, degli elettori non vedenti o fisicamente impediti, che possono farsi accompagnare nella cabina elettorale da altro elettore di fiducia soltanto al fine di compiere l’operazione materiale di votazione, seguendo le indicazioni e la volontà dell’elettore impedito. Il voto può essere palese o segreto: nel caso delle elezioni del Parlamento dell’Unione Europea o nazionale, dei consiglieri regionali, provinciali e comunali, del Presidente della provincia o del Sindaco del Comune, dei consiglieri di circoscrizione comunale il voto è sempre segreto; nelle elezioni per gli enti di secondo grado il voto è, di norma, palese (per acclamazione, per appello nominale etc.). Particolare attenzione va riservata al voto di fiducia con il quale si verifica da parte del Parlamento se il Governo goda ancora dell’appoggio della maggioranza; se la verifica dà esito negativo con l’espressione del voto di sfiducia, è prassi che il Governo si dimetta. 43 Il voto è obbligatorio in Australia, in alcuni Lander austriaci e in alcuni Cantoni svizzeri, in Belgio, in Francia, in Italia. Sulla obbligatorietà del voto vedi: H. Triepel, Vahrlrecht und Wahlpflicht, Dresden, 1910; J. Barthélemy., Le vote obligatoire, RDPSP, 1923, pp. 101 ss. Sul’obbligatorietà del voto e sull’applicazione di sanzioni vedi: V. F. Lachester, Il voto obbligatorio da principio a strumento. Un’analisi comparata, in Il Politico, 1983, 1, pagg. 31 e ss.; G Cordini., Il voto obbligatorio, Roma 1988, pp. 42-77. Il procedimento elettorale 189 Il presupposto per l’esercizio del diritto di voto è quello di possedere i diritti politici, che si ha con l’iscrizione nelle liste elettorali, periodicamente aggiornate. 8. Il Collegio e le sue dimensioni Il secondo elemento capace di incidere sulla trasformazione dei voti in seggi è costituito dal collegio elettorale e precisamente dalla sua grandezza e dalla sua conformazione. I collegi sono delimitati dalle aree territoriali all’interno delle quali si svolgono le votazioni e dove le preferenze degli elettori consentono di trasformare i voti in seggi parlamentari. Il Collegio può anche non essere di tipo territoriale, ma essere costituito con altri parametri quali quello razziale, religioso, catastale, professionale o di reddito44. È controverso se il collegio elettorale sia “una collettività, una circoscrizione o ripartizione, o un elemento componente di un organo complesso” La concezione territoriale del Collegio è di origine medioevale laddove il privilegio della rappresentanza veniva assegnato alle contee ed ai borghi (come avveniva in Inghilterra). La concezione teorico–giuridica moderna identifica i collegi elettorali quali strutture aventi il compito di scegliere i rappresentanti del corpo elettorale per gli organi costituzionali od a rilevanza costituzionale. Il criterio di scelta del collegio avviene su base demografica e su dati storici45. Valore determinante assume, all’interno di ciascun collegio, il numero di seggi che devono essere assegnati tra i concorrenti. In tal caso la dimensione delle circoscrizioni influisce in modo determinante sul meccanismo di trasformazione dei voti in seggi con effetti importanti sulle formule adoperate. Ad esempio la proporzionalità potenziale del 44 In Austria dal 1867 al 1907 è stato applicato il sistema del 4 (poi 5) classi per una medesima unità territoriale, comprendenti: grandi proprietari terrieri, elettori di città, membri delle Camere di Commercio, elettori dei distretti rurali, lista residuale comprendente le categorie non comprese in quelle precedenti. In Moravia esistevano collegi nazionali per boemi e tedeschi; in Bucovina per polacchi e tedeschi. 45 V. S. Furlani, in Noviss. Digesto it. Vol. III, pp. 473 – 475; E. Gatta, in Nuovo Digesto, vol. III. 190 Capitolo III meccanismo aumenta o diminuisce in stretta relazione con la grandezza dei collegi. Nel caso di sistema maggioritario la disproporzionalità della formula viene accentuata dal numero crescente dei seggi da assegnare nel collegio mentre si assiste a fenomeno inverso in quei sistemi che utilizzano formule non maggioritarie46. Si ritiene che in piccole circoscrizioni (non più di 5 seggi) gli effetti delle formule proporzionali non siano molto dissimili da quelli prodotti da un sistema maggioritario uninominale47. In medie circoscrizioni (da 6 a 10 seggi) vengono lasciate alcune opportunità anche ai piccoli partiti o raggruppamenti di minoranze etniche. In grandi circoscrizioni (da 11 a 30 seggi) c’è spazio per una trasformazione sufficientemente precisa dei voti in seggi (Weimar, Brasile, Italia); tale fenomeno si verifica in modo maggiore in quei sistemi caratterizzati da collegi nazionali (Olanda, Israele). È solo in presenza di meccanismi automatici di assegnazione dei seggi o di circoscrizioni uniche a livello nazionale che la grandezza dei collegi non assume l’influenza prima accennata, In tale ipotesi deve essere valutata la presenza più o meno massiccia di partiti o coalizioni di partiti e al loro numero48. I criteri con cui possono essere costituite le circoscrizioni sono assai diversi e devono rispondere al requisito di una “astratta equità” allo scopo di poter considerare “democratico” il sistema elettorale vigente in un determinato Paese. I collegi (o le circoscrizioni) devono avere le medesime caratteristiche, devono essere cioè omogenei e omologhi fra loro, e ciascuno di essi deve essere armonico al proprio interno. Inoltre i collegi (o le circoscrizioni) elettorali devono presentare le medesime caratteristiche demografiche e territoriali. 46 Violli, Le variazioni delle circoscrizioni territoriali e la consultazione delle popolazioni interessate nella nuova interpretazione della Corte, in Giur. Cost. 2000. 47 È questo il caso dell’Irlanda e della Spagna 48 Collegi non troppo ampi rispetto agli indici demografici si hanno in Italia (90.904, Francia (100.519), Olanda (102.800), Spagna (115.600), Gran Bretagna (9.195), Cechia (99.534), Polonia (83934). Nella categoria con basso rapporto abitanti per seggio possono essere annoverati: Belgio (67.600), Austria (46.448), Svezia (44.187), Grecia (34200), Danimarca (29.138), Norvegia (226.480). Il procedimento elettorale 191 La variabile indipendente è data preferibilmente dalla popolazione e non dal territorio: se, infatti, si tenesse ferma la dimensione del territorio, accadrebbe che i cittadini delle circoscrizioni meno densamente popolate godrebbero di un “eccesso di rappresentanza” rispetto a quelli delle circoscrizioni più popolose. Ogni collegio deve, di norma, essere formato da un uguale numero di elettori, che possono tuttavia risiedere in circoscrizioni elettorali di diversa dimensione territoriale. Omogeneità dei collegi al loro interno significa che i residenti devono essere accomunati dal condividere un territorio dalle medesime caratteristiche socioeconomiche. In alcuni ordinamenti, al fine di ottenere il rispetto del disposto costituzionale che impone l’uguaglianza del voto, in sede di judicial review, si è affermato che i collegi (le circoscrizioni) elettorali devono caratterizzarsi per la medesima natura storico-culturale e socio-economica e non devono avere elettori eccedenti un rapporto oscillante tra il 15% e il 25%. In mancanza di ciò si verifica il c.d. malapportionement cioè la cattiva determinazione dei collegi (delle circoscrizioni) elettorali; se poi la cattiva determinazione fosse frutto di un’azione consapevole, operata dalle forze di Governo per assicurarsi la vittoria elettorale (manipolazione), si verificherebbe il c.d. gerrymandering, cioè il disegno dei collegi (delle circoscrizioni) elettorali ad uso e consumo di chi detiene il potere per conquistare tutti i seggi o la maggior parte di essi. Sotto il profilo formale i collegi (le circoscrizioni) elettorali possono essere: uninominali o plurinominali, a seconda che ad essi spetti di eleggere un solo candidato o più candidati; all’interno del collegio (della circoscrizione) elettorale la scelta del candidato o dei candidati e l’assegnazione del seggio o dei seggi può essere effettuata con metodo maggioritario (se il seggio o i seggi sono attribuiti al candidato o al gruppo di candidati che ottiene la maggioranza dei voti validi) o con metodo proporzionale (se il seggio o i seggi sono attribuiti al candidato o ai candidati in ragione dei voti validamente ottenuti)49. 49 V. A. Russo, Collegi elettorali ed eguaglianza del voto. Un’indagine sulle principali democrazie stabilizzate, Milano, 1998. 192 Capitolo III 9. I vari tipi di elezioni Convenzionalmente le elezioni si sogliono distinguere in “elezioni politiche” (per la formazione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, nonché del Parlamento dell’Unione Europea) ed in “elezioni amministrative” (elezioni dirette alla costituzione degli organi collegiali deliberanti di Comuni, Province e Regioni). La diversa qualificazione non muta il concetto indicato dal sostantivo, che esprime una realtà giuridica sempre identica per la natura e per i principi fondamentali che ne sono alla base, anche se differente per il piano su cui si svolge e per la normativa che di volta in volta la governa. Dalle elezioni vengono formati diversi organi collegiali. A seconda che questi si rinnovino integralmente o parzialmente, si hanno “elezioni generali” o “parziali”. Si possono avere “elezioni suppletive” quando con esse si provvede alla copertura delle vacanze che si verificano nel corso della legislatura o del mandato amministrativo. È molto importante ricordare anche le “elezioni ad unico grado”, o “a suffragio (o voto) diretto”, e le “elezioni a doppio (o multiplo) grado”, o “a suffragio (o voto) indiretto”, che si distinguono tra loro, secondo che gli eletti ripetano la loro investitura direttamente dal corpo elettorale nel suo plenum, oppure da un collegio più ristretto e selezionato di elettori, a sua volta comunque espresso dall’intero corpo elettorale. Nasce così la distinzione tra elettori primari, o di primo grado, ed elettori secondari, o di secondo (o addirittura terzo) grado, a cui corrispondono le “elezioni primarie e le “elezioni secondari”. 10. Presupposti della partecipazione alle elezioni nazionali e del Parlamento dell’Unione Europea. Presupposto della partecipazione alle elezioni è, nell’ordinamento italiano e di gran parte dei Paesi che fanno parte dell’Unione Europea, l’iscrizione nelle liste elettorali, che sono uniche e hanno carattere permanente. La formazione delle liste è preceduta da una lunga e complessa preparazione. Si ha inizialmente una fase istruttoria, rappresentata innanzitutto dal lavoro di supporto all’operato della commissione comunale elettorale, consistente nella predisposizione e tenuta dello schedario elettorale. Su base semestrale vengono effettuate la Il procedimento elettorale 193 verifica della regolare tenuta dello schedario e la revisione delle liste. Al termine della fase istruttoria, che si chiude con la predisposizione a carattere ancora propositivo, da parte della C.E.C. (commissione elettorale comunale), di due elenchi finali per iscrizioni e cancellazioni, separatamente per sessi, si apre una fase di partecipazione funzionale, resa possibile dalla pubblicità- notizia mediante affissione di appositi manifesti in spazi pubblici a firma del Sindaco di ciascun comune italiano. Il procedimento per la formazione delle liste si chiude infine con la fase di deliberazione. Un’ulteriore attività organizzativa di carattere preparatorio è l’articolazione del comune in sezioni elettorali. La fase introduttiva del procedimento elettorale è rappresentata dalla convocazione dei comizi elettorali. La seconda fase del procedimento elettorale consiste nell’individuazione delle candidature degli eligendi. L’interpretazione giurisprudenziale delle norme in tema di presentazione delle candidature è abbondante, ma è possibile affermare che principio generale è il favore verso l’ammissione delle forze politiche alla competizione elettorale. Vi è poi l’attività preparatoria delle operazioni di voto. Si tratta di un’attività piuttosto complessa e articolata. Consta principalmente di tre fasi: la stampa e la diffusione delle liste elettorali di sezione; la consegna delle schede, ovvero dei certificati di iscrizione nelle liste elettorali, solitamente recapitate a domicilio e la costituzione in ciascuna sezione di un ufficio elettorale composto da un presidente, un segretario e cinque scrutatori, uno dei quali, a scelta del presidente, assume le funzioni di vice-presidente. L’ulteriore fase è contrassegnata dalla “campagna elettorale”. Non rientra propriamente nel procedimento elettorale e neppure nel procedimento preparatorio, ma è tradizione degli ordinamenti di democrazia occidentale disciplinare le modalità di svolgimento della campagna elettorale. La giurisprudenza in materia è carente. Le fasi finali sono rappresentate dalle “Operazioni di voto”, dallo “scrutinio” e “dall’interpretazione del voto”. Tali operazioni sono minuziosamente disciplinate allo scopo di garantire il rispetto dei caratteri di personalità, libertà e segretezza del voto. Le norme di legge che le regolamentano prendono in considerazione un numero consistente di aspetti e di situazioni particolari. 194 Capitolo III La fase di scrutinio, volta all’accertamento del risultato della consultazione elettorale, si apre immediatamente dopo la chiusura della votazione, il riscontro del numero dei votanti, la vidimazione delle liste e la trasmissione di queste ultime e delle schede inutilizzate al Tribunale e si svolge senza interruzioni. Questa fase consiste nello spoglio, la lettura, effettuata dal presidente, e l’annotazione dei voti. Lo svolgimento delle operazioni deve essere attestato nel verbale, che assume la valenza di atto pubblico. In tema di espressione del voto, è principio generale che l’interpretazione debba essere finalizzata alla ricostruzione della volontà effettiva dell’elettore; di conseguenza la validità deve essere presunta ogni volta che la volontà sia desumibile, mentre la nullità può essere stabilita solo in caso di assoluta incertezza di interpretazione o di contraddittorietà, limitatamente a casi eccezionali e tassativamente individuati dalla legge. La fase terminale del complesso procedimento in cui consistono le operazioni elettorali è rappresentata dalla proclamazione dei risultati e dalla convalida degli eletti. La proclamazione ha natura di atto di esternazione formale delle risultanze elettorali. La convalida costituisce la fase conclusiva del procedimento elettorale, ma anche, allo stesso tempo, il primo adempimento del collegio neoeletto. La convalida include la potestà di dichiarare l’ineleggibilità e/o l’incompatibilità degli eletti, di annullare l’elezione e di provvedere alle sostituzioni. Capitolo 4 Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 1. Elezione del Parlamento Europeo 1.1 La democrazia liberale come ispirazione ideologica Gli stati dell’Unione Europea possiedono un “patrimonio comune di democrazia liberale” che non viene espresso nella stessa maniera. Appare più corretto parlare di un certo numero di “tradizioni di Stato” di “famiglie di stati”, quali l’anglosassone, la germanica, la francese (o napoleonica) e la scandinava.1 Ciascuna di queste tradizioni concepisce lo stato in modo del tutto soggettivo e non univoco, avendo origine da diverse tradizioni e culture politiche ed amministrative, forme organizzative e tipi di rapporti stato – società non identiche. All’interno di ciascuna di queste “famiglie” si registrano distinte tradizioni nazionali. Negli Stati europei meridionali, sebbene esista un patrimonio comune derivante dallo Stato Napoleonico (la cosiddetta cultura politica mediterranea)2, si registrano differenze per quanto riguarda lo sviluppo storico, la cultura politico – amministrativa e la stessa concezione di democrazia. Le stesse osservazioni valgono per le altre famiglie che vengono riportate nella tabella seguente nella quale, in sintesi, sono indicate le notevoli differenze di forme istituzionali e di stili politici esistenti tra i vari stati dell’Unione Europea3. Le diversità e le tradizioni di Stato vengono evidenziate nella se1 V. K. Dyson, The State Tradition in Western Europe: a study of and Institution, Oxford: Martin Robertson, 1980; J. Loughlin and B.G. Peters, State traditions, Administrative Reform and Regionalization, in M. Keating and J. Loughlin (eds.), The Political Economy of Regionalism, Londra, 1997. 2 V. J. Loughlin, Southern Europe Studies Guide, Londra (ed. 1994): Bowker – Saur. 3 V. J. Richardson, Policy Styles in Western Europe, Londra (1982): Allen & Unwin. 195 Capitolo IV 196 guente tabella: Tabella Tradizioni di Stato Fonte: Loughlin e Piters (1997) Caratteristica o stato ha una base legale ? Rapporto Stato - società Forma di organizzazione politica Base di stile politico Anglosassone no Germanica sì Francese sì Scandinava sì pluralistico organicistico antagonistico Stato Unione/ Federalismo limitato Incrementalista, pragmatico Potere dello Stato (US) Federalista integrale/ organicistico Legale corporatistico Giacobino Unitario decen“uno e indivi- tralizzato sibile” Legale tecno- consensuale cratico Federalismo cooperativo Regionalizzato, stato unitario Diritto pubblico Forte autonomia locale Francia, Italia, Spagna (ante 1978), Portogallo, Quebec, Grecia, Belgio (pre 1988) Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia Forma di decentralizzazione Approccio do- Scienze politiminante di re- che/sociologia golamentazione dell’amministra zione pubblica Paesi R.U., Canada (escluso Quebec), Irlanda Diritto pubblico USA, Germania, Austria, Paesi Bassi, Spagna (post 1978), Belgio (post 1988) organicistico Diritto pubblico (Svezia), teoria organizzazione (Norvegia) Differenze fondamentali si riscontrano anche nella pratica della democrazia con modi diversi per la scelta ed organizzazione dei partiti politici e molteplice è la varietà dei ruoli e funzioni degli stessi partiti nei sistemi politici, come diversa risulta essere la capacità di evoluzione e di cambiamento4. In alcuni paesi si ricorre spesso all’utilizzo del referendum come strumento di partecipazione diretta del cittadino. Infine una grande varietà di sistemi viene utilizzata per eleggere i 4 V. D. Broughton e M. Donovan, Champing Party System in Western Europe, Londra, 1999, Pinter. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 197 rappresentanti politici nel Parlamento, il Capo dello Stato, il Primo ministro ed i rappresentanti nelle elezioni amministrative. Esistono poi due diverse forme di Stato: quello federale e quello unitario, che possono essere ulteriormente differenziate5. Nel sistema federalistico si distinguono: “il federalismo duale”in cui i vari livelli della federazione agiscono indipendentemente, come il Belgio o Stati Uniti ed “il federalismo cooperativo” in cui i vari livelli operano in stretta cooperazione, come in Germania6. Anche gli Stati unitari presentano differenze sostanziali. Il Regno Unito viene definito come Unione di Stati piuttosto che uno stato unitario, visto che alla sua formazione, sancita da una serie di leggi di Unione (Acts of Union), hanno contribuito con l'Inghilterra, il Galles, la Scozia e l’Irlanda7. Inoltre tra gli Stati unitari si distinguono vari modelli, come: l’unitario centralizzato, l’unitario decentralizzato, l’unitario regionalizzato8. Da ciò derivano differenziazioni notevoli della democrazia esistente sia a livello nazionale che subnazionale dei Paesi facenti parte dell’Unione Europea. L’Unione pone particolare cura al requisito del sistema democratico vigente in un determinato Paese per poter far parte dell’Unione stessa. La Comunità prima e l’Unione dopo hanno sempre cercato di rafforzare il sistema democratico dei Paesi Membri con particolare riguardo alla Spagna, Portogallo e Grecia e dell’Europa centro - orientale, che erano passati attraverso esperienze non democratiche. Nonostante queste disposizioni e controlli si rileva che la Comunità prima e l’Unione Europea dopo sono caratterizzate da sistemi a “de5 V. J. Loughlin, Representing Regions in Europe: the Committee of The Regions’, Regional and Federal Studies 6/2, 1996, pp.147 ss.. 6 V S. Hic, Elections’, Parties and Institutional Design: a Comparative Perspective on European Union Democracy’, West European Politics, 1998, 21/3, pp.. 19 – 52. 7 V. D. Urwin, Territorial Structures and Political Developments in the United Kingdom, in S. Rokkan e D. Urwin, The Politics of Territorial Identity, Londra, 1982: Sage Publications. 8 V. U. Bullmann, The Politics of the Third European Union: Conceptual Lenses and the Integration Process., Londra, Routdledge, 1997; J. Loughlin, Europe, of the Regions and the Federalization of Europe, 1996, Publius 26/4 198 Capitolo IV mocrazia deficitaria.”, atteso che gli organi istituzionali di entrambi tali soggetti non sono direttamente responsabili nei confronti dei Paesi dell’Unione. Il sistema europeo non ha ancora quella legittimità democratica di Stato Nazione che è invece riscontabile nei Paesi che la compongono. È facilmente constatabile come il cammino dell’Unione non sia diretto verso questa soluzione e neppure verso la soluzione di uno Stato federale (quali quelli esistenti in Germania, in Austria, in Svizzera etc.), che sarebbe possibile attuare senza alcun mutamento delle costituzioni dei Paesi membri. La soluzione che pare possibilista è quella di rafforzare i poteri del Parlamento Europeo mediante conferimento del potere di emanare leggi aventi efficacia diretta nell’ambito territoriale europeo sia pure limitato ad alcune materie in cui è meno evidente l’indice di sovranità, quale quella dell’elezione diretta del Parlamento Europeo9. La questione verrà ripresa e sviluppata in successivi capitoli. 2. La previsione dei Trattati CECA, EURATOM e CE Nel maggio del 1950 il Ministro degli esteri francese Robert Schuman propose di mettere in comune le risorse europee nella produzione dell’acciaio e del carbone e di gestirle attraverso istituzioni diverse da quelle dei governi nazionali dei vari paesi europei10. La proposta Schuman ottenne l’immediata adesione dell’Italia, del Belgio, dell’Olanda e del Lussemburgo mentre la Gran Bretagna non aderì subito a tale iniziativa, timorosa di alterare gli equilibri all’interno del Commonwealt e per la sua innata avversione a qualsiasi limitazione di sovranità nazionale11. 9 V. S. Hic, Elections’, Parties and Institutional Design: a Comparative Perspective on European Union Democracy’, West European Politics, 1998, 21/3, pagg. 19 – 52; H. Mendras, L’Europe des européens; Parigi, 1997: Gallimard. 10 Il cosiddetto Piano Schuman si inseriva nel concetto della politica europeista, ispirata dalle ideologie dello Stato liberale nel campo economico, sostenuta anche dal cancelliere tedesco Adenauer e dal Presidente del Consiglio dei Ministri italiano Alcide De Gasperi. Per la verità tale iniziativa venne intrapresa anche per fini politici consistenti nel riavvicinamento di Germania e Francia, che erano stati due dei principali protagonisti delle due guerre mondiali. 11 Il 18 aprile 1951 i sei paesi aderenti firmarono a Parigi vari atti comprendenti anche il Trattato istitutivo della Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio (CE- Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 199 Dopo il fallimento CED (costituzione Comunità europea di difesa) il 30 maggio 1956 i ministri degli esteri dei sei paesi della CECA firmano a Venezia il rapporto SPAAK e il 25 marzo dello stesso anno vengono firmati a Roma i due Trattati istitutivi della CEE e dell’Euratom.12 Le fonti normative, a livello di Comunità Europea e dell’Unione Europea e di specifiche leggi elettorali degli Stati membri, sono costituite da: - articoli 19 (8 B) e 189-191 (137-138 A) del TCE.; - direttiva 93/109/CE sulle elezioni al Parlamento Europeo; - direttiva 94/80/CE sulle elezioni comunali; - atto sull'introduzione dell'elezione a suffragio universale diretto per i rappresentanti del Parlamento Europeo del 20 settembre 1976; - leggi elettorali degli Stati membri. Ciascuno dei 3 Trattati istitutivi della CECA, dell’EURATOM e della CE prevede che le tre Comunità europee siano organizzazioni internazionali, che agiscono attraverso organi comuni dotati di competenze specifiche loro attribuite da norme contenute nei Trattati stessi e negli altri atti internazionali successivamente emanati. Tra gli organi era prevista l’istituzione di un’Assemblea Parlamentare, composta da rappresentanti degli Stati facenti parte delle Comunità. Il Trattato CECA (art. 10) prevede l’istituzione di un’Assemblea composta da 78 membri in rappresentanza dei popoli degli Stati membri con poteri di controllo; i Trattati CEE (art. 137) e CEEA (art. 107) prevedono la costituzione di due Assemblee, composte anch’esse da rappresentanti dei popoli degli Stati membri con limitati poteri deliberativi e di controllo. CA) e due protocolli concernenti rispettivamente la costituzione della Corte di Giustizia europea e la definizione delle relazioni con il Consiglio d’Europa. Da tale associazione di Stati partì l’avventura della Comunità europea prima e dell’Unione Europea dopo. La nascita della CECA ha costituito un punto di equilibrio tra i sostenitori dell’integrale unificazione del continente europeo e coloro che non tolleravano una eccessiva ingerenza nella propria sfera di sovranità nazionale (come Francia e Germania). 12 Nel luglio del 1967 entrò in vigore il Trattato di Bruxelles sulla fusione degli esecutivi (firmato nell’aprile del 1965) che prevedeva l’istituzione di un Consiglio e di una Commissione unici per tutte e tre le Comunità europee. Con tale protocollo si fece un passo avanti nel processo di integrazione europea. 200 Capitolo IV Con la firma del Trattato di Roma (1957) viene prevista la costituzione di un’Assemblea unica per le tre Comunità con il compito di esercitare le competenze assegnate da ciascuno dei 3 Trattati. L’Assemblea si riunì per la prima volta nel Palazzo d’Europa di Strasburgo nel 1958 (19 marzo) e la denominazione “Parlamento Europeo” venne definitivamente sancita il 30 marzo 1962 dall’art.3 dell’Atto Unico13. All’Aia viene adottato il 28 febbraio 1986 l’Atto Unico europeo contenente modifiche ai Trattati con il quale si rafforza la cooperazione politica tra gli Stati membri14. L'articolo 19 (8 B) del trattato CE prevede il diritto di voto e di eleggibilità nelle elezioni al Parlamento Europeo e in quelle comunali per ogni cittadino dell'Unione residente in uno Stato membro, indipendentemente dal fatto che ne abbia o meno la cittadinanza, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato di appartenenza. Tali diritti costituiscono un'applicazione del principio di uguaglianza e di non discriminazione tra cittadini e non cittadini dell'Unione, nonché un corollario del diritto di libera circolazione e di soggiorno sancito all'articolo 18 (8 A) dello stesso trattato. Tale articolo mira essenzialmente a sopprimere il requisito della cittadinanza, che era precedentemente prescritto dalla maggior parte degli Stati membri ai fini dell'esercizio del diritto di voto e di eleggibilità. Ciò serve a realizzare una migliore integrazione dei cittadini dell'Unione nel paese ospitante. 13 Tale articolo così dispone: <<L’Assemblea, secondo i trattati istitutivi, è composta dai delegati designati direttamente dai Parlamenti nazionali con ampia possibilità di scelta da parte di ciascun Stato membro>>. L’elezione dei parlamentari europei avveniva in secondo grado e potevano essere designati soltanto coloro già investiti di un mandato parlamentare nazionale. 14 L’Atto Unico Europeo, ratificato da tutti gli Stati membri, è entrato il vigore il 1 luglio 1987. Vedi: J. De Ruyt, L’Acte Unique Européen, Université de Bruxelles, Bruxelles, 1986. p.62 ; H. J. Glaesner, L’Acte unique européen, in RMC, 1986, p. 307. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 201 3. L’Unione Europea Con il Trattato di Maastricht del 1993, come modificato con gli atti adottati ad Amsterdam il 2 ottobre 1997, viene costituita l’Unione Europea con la conferma delle previsioni dei Trattati prima citati per quanto attiene all’elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea.15 Con tale Trattato viene introdotta la cittadinanza dell’Unione Europea, più volte manifestata in passato e viene esteso, anche se fortemente contrastato per la massiccia presenza di extracomunitari negli Stati dell’Unione, il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni europee ai non nazionali purché residenti in uno degli Stati membri.16. Tale Trattato possiede una specifica valenza federale o, secondo alcuni studiosi, parafederale che distingue tale fattispecie rispetto ad ogni altra simile istituzione internazionale.17 15 Il Trattato di Maastricht venne firmato il 7 febbraio 1992 ed entrò in vigore il 1 novembre 1993. V. R. Quadri, R. Monaco, A Trabucchi, Trattato istitutivo della Comunità economica europea, commentario, 4 vol., Milano, 1965. AA. VV., Trent’anni di diritto comunitario, Bruxelles, Lussemburgo, 1983; A.A. VV., Storia dell’integrazione europea, Roma, 1997; AA. VV., L’Unione Europea. Istituzioni, ordinamento e politiche, Bologna, 1998. 16 L’introduzione della cittadinanza europea è stata preceduta dal noto Accordo di Schengen (firmato il 14 giugno 1985 e ratificato dall’Italia con legge 30 settembre 1993, n. 388), con il quale si è posto fine ai controlli da parte degli Stati membri delle Comunità sui passaggi interni della popolazione mediante eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni degli Stati comunitari. Vedi: B. Nascimbene, Da Schengen a Maastricht, Milano, Giuffré, 1995; A. Pauly, (sous la direction de), De Schengen a Maastricht: voie royale et course d’obstacles, Maastricht, European inst. Of Public Administration, 1996; E. Adabati Schengen: non è stata rispettata la data del 1 febbraio 1994 per la soppressione dei controlli alle frontiere fra i “nove Paesi”, in Diritto del commercio internazionale, 1994, pp. 247 ss.; dello stesso autore, La libera circolazione delle persone, in Elementi di diritto comunitario, parte speciale, Il diritto sostanziale della Comunità europea, Milano, 1995; S. Bellocci, Schengen, L’avvio di un’Europa senza frontiere, Roma, 1995. 17 V. F. Sorrentino, Profili costituzionali dell’integrazione comunitaria, Torino, Giappichelli, 1994 p. 53, anche se manifesta un orientamento un po’ scettico sulla tematica affrontata.; M. P. Chiti, La meta dell’integrazione europea: Stato, Unione internazionale o “mostro simile”?, In Riv. It. Dir. Pubbl. Comun. 1996, pp. 591 ss. Per quanto riguarda i costituzionalisti: G. De Vergottini, L’attualità del modello fe- 202 Capitolo IV Con la nascita dell’Unione Europea si è assistito ad un inconsueto indebolimento delle sovranità statuali degli Stati membri dell’Unione e all’integrazione del regionalismo nell’area comunitaria non solo nel campo dei settori economici, della difesa e di attività ad essi complementari, ma soprattutto nei riguardi delle comunità presenti all’interno dell’area comunitaria con il riconoscimento della cittadinanza europea e con l’introduzione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione18. Le radici ottocentesche di salvaguardia delle sovranità statuali dei singoli Paesi membri sono state difese mediante la conservazione del principio di sussidiarietà degli interventi statali rispetto a quelli autonomistici di altri soggetti sia pure limitata ad alcuni particolari settori19. Non è stato, però, ancora definitivamente eliminato il fenomeno del deficit di democraticità dell’Unione in quanto il Parlamento Europeo non è stato investito del potere costituzionale di emanare leggi in forma diretta quale tipica espressione della volontà popolare, essendo tale potere ancora ripartito tra Parlamento e Consiglio e pesantemente derale, in Relazioni internazionali. Scritti in onore di G. Vedovato, Biblioteca della rivista di Studi politici internazionali, Roma, 1997, vol. II, pp. 229 ss.: A. Predieri, Il diritto apicale meta statale. Analogie fra diritto comunitario e diritto islamico, in Il diritto dell’Unione Europea, 1996 pp. 671 ss. (viene fatto riferimento al diritto religioso nelle comparazioni). 18 V. F. Lanchester, L’erosione della sovranità nazionale (Relazione al Convegno dell’ISLE sul tema: <<L’erosione della sovranità>>, 27 novembre 1997), Rassegna Parlamentare, 1998, fasc. 2 (giugno), pp. 413 – 429.; dello stesso autore: I costituzionalisti italiani tra Stato nazionale e Unione Europea, in “Rivista trimestrale di diritto pubblico”, 2001, n. 4, pp. 1079 – 1104. 19 V. E. Tosato, Sul principio di sussidiarietà dell’intervento statale (1959), ora in Persona, società internazionale e Stato. Saggi, Milano, Giuffré 1988, pp. 85 ss. e, ora, A. D’Atena, il Principio di sussidiarietà nella Costituzione italiana, in Riv. it. dir. pub. comun., 1997 pp. 154 ss. Vedi anche: R. Hofman, Il principio di sussidiarietà. L’attuale significato nel diritto costituzionale Tedesco ed il possibile ruolo nell’ordinamento dell’Unione Europea, RIDPC, 1993, pp. 23 – 41; K. V. Lenaerts, P. Ypersele, Le principe du subsidiarité et son contexte: étude de l’article 3B du Trait, CE, CDE 1 – 2/1994, pp. 3 – 85; P. Langlois, Europe sociale et principe de subsidiarité, DS, 1993, pp. 792-800; P. Caretti, Il principio di sussidiarietà e suoi riflessi sul piano dell’ordinamento comunitario e dell’ordinamento nazionale, QC 1/1993. pp. 7-31. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 203 condizionato da quest’ultimo e, quindi, dagli Stati membri. Non va dimenticato che le limitazioni di sovranità operate a partire dal secondo dopoguerra riguardano specificatamente i settori economico (agricoltura, economia, finanza, commercio, fisco, moneta unica, trasporti) e della difesa, con conseguente rinuncia a parte dei poteri sovrani nazionali. 4. Dall’Assemblea di rappresentanti designati all’elezione diretta dei membri del Parlamento dell’Unione Europea 4.1 L’Assemblea di rappresentanti designati al Parlamento Europeo Prima dell’elezione diretta, i membri del Parlamento Europeo erano designati in seno ai rispettivi parlamenti nazionali e, pertanto, avevano tutti un doppio mandato. La Conferenza al vertice di Parigi del 1974 stabilì che si sarebbero dovute tenere elezioni dirette a partire dal 1978. Nel gennaio 1975 il Parlamento Europeo approvò un nuovo progetto, sulla base del quale i capi di Stato e di governo raggiunsero un accordo il 12 e 13 luglio 1979. La decisione e l’Atto relativo alle elezioni europee a suffragio universale diretto furono firmati a Bruxelles il 20 settembre 1976. Dopo la ratifica di tutti gli Stati membri, il testo entrò in vigore il 1 luglio 1978. L’art. 7, comma 2 di tale Atto prevede che:<<Fino all’entrata in vigore di una procedura elettorale uniforme…..la procedura elettorale è disciplinata da ciascun Stato membro dalle disposizioni nazionali>>20. L’allegato 5 del regolamento del Parlamento Europeo, approvato nel maggio del 1983 e relativo alle attribuzioni delle Commissioni parlamentari permanenti, devolve alla Commissione politica la competenza per la <<elaborazione di un progetto di procedura elettorale uniforme, mentre la Commissione giuridica per i diritti dei cittadini ha il compito di esprimere il proprio parere sul progetto stesso>>. 20 V. F. Lanchester, Rappresentanza, responsabilità e tecniche di espressione del suffragio – Nuovi saggi sulle votazioni, Quaderni, n. 5, Bulzoni ed. Roma, 1990, pp. 137 ss 204 Capitolo IV Le prime elezioni hanno avuto luogo il 7 e il 10 giugno 1979 sulla base delle legislazioni nazionali dei singoli Stati membri della CE, che erano funzionali alle diverse tradizioni e sistemi nazionali. Mentre l’Italia si avvalse di un sistema speculare con voto di preferenza, Francia e Germania Federale approvarono sistemi con liste nazionali bloccate e clausole di esclusione del 5%. La Gran Bretagna utilizzò il classico sistema maggioritario ed i restanti Stati utilizzarono sistemi fondati su formule proporzionali21. L’adesione alla Comunità della Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito (primo ampliamento) comportò un adeguamento del numero di seggi del Parlamento Europeo che, il primo gennaio 1973, furono portati a 198. In occasione del secondo ampliamento (adesione della Grecia dal 1981), 24 deputati furono delegati al Parlamento Europeo dal Parlamento Ellenico. Essi furono in seguito sostituiti da deputati eletti a suffragio universale. Le seconde elezioni dirette hanno avuto luogo il 14 e il 17 giugno 198422. Il primo gennaio 1986 il numero di seggi è passato da 434 a 518 per l’arrivo di 60 deputati spagnoli e 24 deputati portoghesi (terzo ampliamento), nominati dai loro Parlamenti nazionali e poi sostituiti da deputati eletti a suffragio diretto. Le terze elezioni dirette si sono svolte dal 15 al 18 giugno 1989. A seguito dell’unificazione tedesca, la composizione del Parlamento Europeo è stata adeguata all’evoluzione demografica. Il numero dei parlamentari europei, eletti nel giugno 1994 (quarte elezioni), è passato da 518 a 567. Prima dell’ampliamento il Parlamento Europeo era composto da 626 membri. In seguito al quinto ampliamento dell’Unione, coincidente con la firma del Trattato di adesione all’UE di 10 Stati: Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Slovacchia e Slovenia, avvenuta il 10 aprile 2004 (entrato in vigore il primo maggio 2004), nelle elezioni del Parlamento dell’UE del 2004 sono stati 21 V. F. Lanchester, Rappresentanza, responsabilità etc. ult. citato, pp. 137 ss. V. F. Lanchester, Rappresentanza, responsabilità etc. ult. citato, pp. 139 ss.; id. La legge elettorale europea del 1984. .Seminario internazionale, Milano, Giuffrè,1981,pp.4 - 33; 57-63; 131-137; 22 Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 205 eletti 732 parlamentari europei; nella successiva elezione (2009) i seggi saranno 786, in vista dell’ingresso anche di Bulgaria, Romania e Turchia23. L'ingresso di dieci nuovi Paesi ha comportato anche una ridistribuzione dei seggi disponibili. Secondo quanto accordato nel Trattato di Nizza, firmato nel 2000 ed entrato in vigore il primo febbraio 2003, solo Germania e Lussemburgo, il primo e l'ultimo Paese dell'Unione in ordine di popolazione, hanno mantenuto intatto il numero dei loro membri, rispettivamente di 99 e 6. Gli altri grandi e precisamente Italia, Francia e Regno Unito, hanno perso invece ben 9 membri ciascuno, che sono passati da 87 a 78. I nuovi entrati hanno trasformato in seggi i posti attualmente destinati ai loro rispettivi osservatori. 4.2 L’allargamento del Parlamento Europeo Il cambiamento più importante che riguarda il Parlamento Europeo, dopo le prime elezioni europee con 25 Paesi membri, riguarda la variazione del numero dei seggi per ciascun Paese. Il numero dei seggi dei 15 Paesi membri diminuisce a favore dei parlamentari dei nuovi Stati membri allo scopo di mantenere una proporzionalità tra i seggi al Parlamento e la popolazione degli Stati membri e per assicurare che le diverse correnti politiche siano rappresentate anche negli Stati meno popolati. Inoltre si è stabilito che il numero totale di parlamentari non superi una certa soglia per non nuocere all'efficacia dei lavori del Parlamento. La modifica del numero massimo dei parlamentari a 732 è stata fissata dal Trattato di Nizza (2001) il cui obiettivo più importante è stato per l'appunto quello di preparare l'allargamento dei membri del Parlamento Europeo. 23 Sono più di 450 milioni le persone che sono state chiamate a votare, tra il 10 ed il 13 giugno 2004, i loro membri al Parlamento Europeo. I cittadini dei dieci nuovi Paesi che dal 1° maggio 2004 sono entrati ufficialmente a far parte della nuova Europa rappresentano quasi un terzo della popolazione totale, e faranno sentire per la seconda volta la loro voce, dopo aver ampiamente espresso il loro consenso all'adesione nei referendum nazionali che si sono tenuti (con l'eccezione di Cipro) nel corso del 2003. 206 Capitolo IV In particolare con tale Trattato si è stabilito di non superare, con successivi allargamenti dell’Unione, un determinato numero di membri del Parlamento e le relative disposizioni sono state inserite nel Trattato di adesione dei 10 nuovi Stati membri, firmato ad Atene il 16 aprile 2003. La ripartizione dei seggi è il risultato dei negoziati d'adesione durante i quali si è attribuito alla Repubblica Ceca e all'Ungheria lo stesso numero di seggi di Grecia, Belgio e Portogallo. A Copenaghen, durante i negoziati di adesione di Romania e Bulgaria, è stato invece fissato il numero di eurodeputati di questi due Paesi che sono entrati nell'Unione Europea il primo gennaio 2007: 33 per la Romania e 17 per la Bulgaria. Nella 7^ legislatura, con 27 paesi nell’Unione Europea, il numero dei parlamentari europei viene fissato in 736. La nuova Costituzione europea all’art. 1 – 20, comma 2 indica in 750 il numero massimo dei membri del Parlamento dell’Unione anche in previsione di nuovi allargamenti oltre a quelli prima indicati24. 24 Trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa" Art. 1 – 20 Il Parlamento Europeo ... 2. Il Parlamento Europeo è composto dai rappresentanti dei cittadini dell’Unione. Il loro numero non può essere superiore a settecentocinquanta. La rappresentanza dei cittadini è garantita in modo degressivamente proporzionale, con una soglia minima dei sei membri per Stato membro. A nessuno stato membro sono assegnati più di novantasei seggi. Il Parlamento è eletto a suffragio universale diretto dai cittadini europei, con uno scrutinio libero e segreto, per un mandato di cinque anni. Con sufficiente anticipo rispetto alle elezioni del Parlamento Europeo del 2009, e in seguito se necessario, per successive elezioni, il Consiglio europeo adotta all'unanimità, sulla base di una proposta del Parlamento Europeo e con l'approvazione di quest'ultimo, una decisione che stabilisce la composizione del Parlamento Europeo, nel rispetto dei principi summenzionati. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 207 Distribuzione seggi al Parlamento Europeo Seggi al Parlamento Europeo VI Legislatura (2004-2009) VII Legislatura UE 15 Paesi UE 25 Paesi UE 27 Paesi UE 27 Paesi Germania 99 99 99 99 Francia 87 78 78 72 Italia 87 78 78 72 Regno Unito 87 78 78 72 Spagna 64 54 54 50 Paesi Bassi 31 27 27 25 Belgio 25 24 24 22 Grecia 25 24 24 22 Portogallo 25 24 24 22 Svezia 22 19 19 18 Austria 21 18 18 17 Danimarca 16 14 14 13 Finlandia 16 14 13 13 Irlanda 15 13 13 12 Lussemburgo 6 6 6 6 Paesi Capitolo IV 208 Seggi al Parlamento Europeo VI Legislatura (2004-2009) Paesi UE - 15 Paesi UE 25 Paesi UE 27 Paesi VII Legislatura UE 27 Paesi PAESI ADERENTI Polonia -- 54 54 50 Rep. Ceca -- 24 24 22 Ungheria -- 24 24 22 Slovacchia -- 14 14 13 Lituania -- 13 13 12 Lettonia -- 9 9 8 Slovenia -- 7 7 7 Estonia -- 6 6 6 Cipro -- 6 6 6 Malta -- 5 5 5 PAESI CANDIDATI Romania -- -- 36 33 Bulgaria -- -- 18 17 TOTALE 626 732 786 736 Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 209 5. Fonti normative e principi generali dell’ordinamento comunitario 5.1 La nuova Costituzione dell’Unione Europea, Trattati ed atti comunitari. Le fonti normative primarie dell’ordinamento comunitario derivano innanzi tutto dalla nuova Costituzione dell’Unione di recente approvata25, dai Trattati istitutivi delle Comunità europee e dell’Unione Euro25 La costituzione dell’Unione Europea, composta dal Trattato e dall’Atto finale è stata sottoscritta Roma nella sala degli Orazi e Curiazi del Campidoglio dai Capi di Stato e di Governo e dai Ministri degli affair Esteri dei 25 Stati membri dell’Unione Europea. Si tratta della stessa sala dove i sei Paesi fondatori (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo) firmarono il 25 marzo 1957 i Trattati istitutivi della Comunità economica europea (CEE) e della Comunità europea per l’energia atomica (Euratom) da cui il nome ancora in uso di “Trattati di Roma”. I Paesi candidati Turchia, Bulgaria e Romania hanno firmato solo l’Atto finale mentre la Croazia era presente in veste di osservatore. Gli Stati membri sono tenuti a ratificare Trattato e Atto finale con le procedure stabilite dai singoli ordinamenti. Il processo di ratifica del testo sarà aperto fino al giugno del 2006. L’europarlamento ha approvato la nuova Costituzione dell’Unione nella seduta del 12 gennaio 2005. A settembre 2005, i Paesi che hanno già ratificato la "Costituzione europea" (tutte con procedura parlamentare) sono: Italia, il 7 aprile 2005, con legge n. 57 (G. U. n. 92 del 21 aprile 2005 Suppl. Ordinario n.70); Lituania, l'11 novembre 2004; Ungheria, il 20 dicembre 2004; Slovenia, il 1° febbraio 2005; Grecia, il 19 aprile 2005; Slovacchia, l'11 maggio 2005; Germania, il 27 maggio 2005; Lettonia, il 2 giugno 2005; Cipro, il 30 giugno 2005; Malta, il 6 luglio 2005. A questi si aggiunge la Spagna, il cui Senato il 18 maggio 2005 ha ratificato il risultato della consultazione referendaria del 20 febbraio 2004 che ha visto pronunciarsi favorevolmente i cittadini spagnoli sulla Costituzione europea e il Lussemburgo che ha ratificato la "Costituzione europea", il 10 luglio 2005, con procedura referendaria. In Francia e in Olanda , invece, rispettivamente il 29 maggio 2005 e il 1° giugno scorso, gli elettori francesi ed olandesi hanno scelto di dire no alla ratifica del Trattato costituzionale. Gli Stati che ancora devono ratificare, Danimarca, Polonia, Portogallo e Repubblica Ceca hanno dichiarato che sottoporranno il testo a consultazione popolare, mentre Regno Unito e Paesi Bassi hanno optato per una doppia procedura, che prevede referendum e ratifica parlamentare. Le tappe importanti per la firma della Costituzione sono iniziate con l’approvazione della “Dichiarazione di Laenken” nel dicembre del 2001 che istituisce la “Convenzione” incaricata di elaborare una bozza di Costituzione europea. La Convenzione inizia il lavoro sul futuro dell’Unione ed adotta lo stesso modus operandi che il Parlamento utilizzò per l’approvazione della Carta dei diritti fondamentali. Il 28 feb- 210 Capitolo IV braio del 2002 hanno inizio i lavori della Convenzione. Il 20-21 giugno del 2003 al vertice del Consiglio europeo di Salonicco viene presentato il progetto del Trattato costituzionale elaborato dalla Convenzione. Il 10 luglio del 2003, la Convenzione conclude i suoi lavori e adotta il testo completo. Il 18 luglio 2003 viene consegnato il testo discusso e definitivo dalla Conferenza intergovernativa. Il 12-13 dicembre 2003 i Capi di Stato e di governo, riuniti a Bruxelles, non raggiungono un accordo sul testo della nuova Costituzione proposto. Il 25-26 marzo 2004 i leader dei Paesi dell’UE, riuniti a Bruxelles, si impegnano formalmente a dare all’Unione una Costituzione entro giugno del 2004. Il 17-18 giugno si concludono i punti aperti del testo ed i venticinque rappresentanti raggiungono un compromesso finale sul testo discusso. Il processo di ratifica del testo sarà aperto fino al giugno del 2006. V. G. Amato., La Convenzione Europea. Primi approdi e dilemmi aperti, in Quad. Cost. 2002, n. 3, pp. 449 ss.; Associazione Italiana dei Costituzionalisti, Annuario 1999. La Costituzione europea, Cedam, Padova, 2000; F. Bassanini, G. Tiberi (a cura di), Una Costituzione per l’Europa; dalla Convenzione europea alla Conferenza Intergovernativa, Quaderni di ASTRID, Il Mulino, Bologna, 2003; G. Bonacchi (a cura di), Una Costituzione senza Stato. Ricerca della Fondazione Lelio e Lisli Basso - Issoco, Il Mulino, Bologna, 2001; A. Celotto, L'efficacia delle fonti comunitarie nell'ordinamento italiano, normativa, giurisprudenza e prassi, Utet, Torino, 2003; G. Della Cananea, L’Unione Europea. Un ordinamento composito, Laterza, Roma - Bari, 2003; S. Della Valle, La costituzione europea alla luce delle concezioni del popolo come potere costituente, Giuffrè, Milano, 2002; U. De Siervo (a cura di), Costituzionalizzare l’Europa ieri e oggi, Il Mulino, Bologna, 2001; U. De Siervo (a cura di), La difficile Costituzione europea, Il Mulino, Bologna, 2001; G. Floridia, Il cantiere della nuova Europa. Tecnica e politica nei lavori della Convenzione europea, Il Mulino, Bologna, 2003; A.M. Petroni, Modelli giuridici ed economici per la Costituzione europea, Il Mulino, Bologna, 2001; A. Pizzorusso, Il patrimonio costituzionale europeo, Il Mulino, Bologna, 2002; G. Bonacchi (a cura di) Una Costituzione senza Stato, Bologna, Il Mulino, 2001; S. Della Valle, Una Costituzione senza popolo? La Costituzione Europea alla luce delle concezioni del popolo come “potere costituente”, Giuffrè, Milano, 2002; L. S. Rossi (a cura di) Carta dei diritti fondamentali e Costituzione dell’Unione Europea, Milano, Giuffrè, 2002;E. Scoditti E., La Costituzione senza popolo. Unione Europea e Nazioni, Bari, Dedalo, 2001. A. Tizzano, Una costituzione per l’Europa. Testi e documenti relativi alla Convenzione europea, Giuffrè, Milano, 2003; J.H.H. Weiler, La Costituzione dell’Europa, Il Mulino, Bologna, 2003; G. Zagrebelsky, Diritto e costituzione nell’Unione Europea, Laterza, Roma - Bari, 2003; P. Ziller, La nuova costituzione europea, Il Mulino, 2003. Tra gli studi più recenti sulla costituzione europea vedi: Il Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa; dalla Convenzione alla Conferenza, in F. Bassanini, G. Tiberi (a cura di), “La Costituzione europea. Un primo commento”, Bologna, Il Mulino, 2004; “La Costituzione europea vittima di (anti-storiche) “guerre di religione”, in F. Arcelli – S. Savona, Le radici giudaico – cristiane nella costituzione europea?”, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004, pp. 31 ss.; il “semi passaggio” delle competenze Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 211 pea e da tutte le successive modifiche ai Trattati stessi. Altre fonti derivano dai principi generali elaborati dalla Corte di dell’Unione, in A. Lucarelli – A. Patroni Griffi, “Contributi sulla Costituzione europea. Percorsi e ipotesi”, Napoli, Jesi, 2003, numero speciale della “Rassegna di diritto pubblico europeo”, pp. 245 ss.; per un percorso nei lavori della Convenzione attraverso la lettura di alcuni testi rilevanti, in “Roma, la convenzione e il futuro dell’Europa”, a cura della Fondazione Roma europea, Roma Voices, 2003, pp. 139 ss.; la Convenzione sull’avvenire dell’Europa: il mandato, l’organizzazione, i lavori, in f. Bassanini – G. Tiberi (a cura di), “Una Costituzione per l’Europa. Dalla convenzione europea alla Conferenza intergovernativa”, prefazione di R. Prodi e introduzione di G. Amato, Bologna, Il Mulino, 2003, pp. 23 ss.; verso la Costituzione europea: un testo innovativo, in “Dossier Europa. Semestrale della Commissione europea”, n. 32, settembre 2003, pp. 62 ss.; la Convenzione europea e i costituzionalisti italiani: tra processi di riforma e problemi di metodo, in S. Ceccanti, in “Nomos” Le attualità nel diritto”, n. 3, 2002, pp. 111 ss.; la posizione dei costituzionalisti italiani riguardo alla Convenzione europea: né aderire né sabotare?, S. Ceccanti, in “Cite”, rivista di diritto costituzionale diretta dal prof. Domique Rousseau, 2004; verso la Costituzione europea: essenziale bibliografia di riferimento e siti internet, in G. Tognon (a cura di), “La tela di Prodi. Una Costituzione per l’Europa più democratica”, Milano, Baldinio & Castaldi, 2003, pp. 379 ss.; A. Biagini, Introduzione, in Europa: il nuovo continente. Presente, passato e futuro dell’Unione Europea, Roma, Relazioni Internazionali, 2003; C. Joerges, Y. Mény, J.H.H., Weiler, What Kind of Constitution for What Kind of Policy? Responses to Joschka Fischer, Firenze, Robert Schuman Centre for Advanced Studies, 2003; F. Mastronardi F., La Convenzione sul futuro dell’Europa. Prove di Costituzione europea, Napoli, Simone, 2003; Baldini & Castoldi, 2003; G. Vacca (a cura di), L’unità dell’Europa. Rapporto 2003 sull’integrazione europea, Bari, Dedalo, 2003;J. H.H. Weiler, La Costituzione dell’Europa, Il Mulino, Bologna, 2003, cit; ''A kick to Blair and his Union''. Il ritorno dello spirito isolazionista in Gran Bretagna, in B. Caravita di Toritto (a cura di), “Le elezioni del Parlamento Europeo del 2004”, Milano, Giuffrè, 2004. Patroni Griffi, “Contributi sulla Costituzione europea. Percorsi e ipotesi”, Napoli, Esi, 2003, numero speciale della “Rassegna di diritto pubblico europeo”, pp. 245 e ss.; R. Savino, Da un constitution – making ad un constitution – making process? Principi generali di diritto comunitario, principi costituzionali comuni agli Stati membri e costituzione europea, in Riv. Diritto pubblico comparato ed europeo, Bibl. Università di Ferrara, L5, I, 2004, pp. 57 ss. Contributi on line su riviste telematiche registrate: Electoral manifesto: urge prompt adoption of European Constitution, nel sito della Rivista “Federalismi.it Osservatorio sul Federalismo e processi di governo”, n. 13, 2004 – numero speciale sulle elezioni europee: (http:www.federalismi.it/federalismi/index.cfm?ARTID=2072). 212 Capitolo IV Giustizia nello svolgimento della sua funzione giurisdizionale26. Infine rivestono importanza primaria anche gli atti (direttive, regolamenti) emanati dagli organi delle Comunità e dell’Unione Europea e dai Trattati internazionali conclusi dalle Comunità. Tra le fonti suindicate esiste una certa gerarchia nel senso che un atto comunitario del Parlamento, della Commissione e del Consiglio non può in alcun modo derogare dalla Costituzione dell’Unione, dai Trattati e dai principi generali dell’ordinamento comunitario. Inoltre gli atti della Commissione non possono derogare dalle deleghe conferite dal consiglio e gli organi comunitari non possono violare il principio delle competenze previste dai Trattati e loro modifiche ed integrazioni (art. 3 B Trattato CE). Le Comunità europee, non essendo strutturate secondo il principio della separazione dei poteri, non è possibile seguire la tradizionale classificazione tra atti normativi ed atti amministrativi per cui gli atti stessi devono essere considerati in funzione degli effetti che producono nell’ordinamento giuridico, indipendentemente dal loro “nomen iuris” La Costituzione dell’Unione Europea ed i Trattati costitutivi, comprensivi delle successive modifiche ed integrazioni, rappresentano la fonte primaria dell’ordinamento comunitario in quanto sono diretta espressione della volontà degli Stati che fanno parte dell’Unione27. Nella stessa categoria rientrano gli accordi raggiunti dagli Stati mem26 V. F. Mancini, Il contributo della Corte di Giustizia allo sviluppo della democrazia nella Comunità, RDE, Milano, 1993; dello stesso autore, La Corte di Giustizia: uno strumento per la democrazia nella Comunità europea, Bologna, 1993; AA.VV. Il sistema delle fonti fra ordinamento interno e comunitario, in Riv. Diritto pubblico comunitario, Biblioteca Università di Ferrara, 2000 DA pp. 923 ss.; A. Anzon, La costituzione europea come problema, in Riv. Diritto pubblico comunitario, Biblioteca Università di Ferrara, 2000 DA pp. 629 ss.; AA.VV., The EU constitution, national constitutions and sovereignty: an assessment of a “European constitutional order”, in “European law review”, Biblioteca Università di Ferrara, dicembre 2004, pp. 741 ss.; P. Ponzano, La riforma delle istituzioni europee nel nuovo “trattato costituzionale”, in Riv. Democrazia e Diritto, Biblioteca Università di Ferrara, n. 1/2004, pp. 179 ss.; D. Vespasiani, La dottrina costituzionale europea nell’era post ontologica del diritto comparato, in Riv. Diritto pubblico comparato europeo, Biblioteca Università di Ferrara, L5, n. 1/2004, pp. 547 ss. 27 V. F. Lanchester, I costituzionalisti italiani tra Stato nazionale e Unione Europea, in “Rivista trimestrale di diritto pubblico”, 2001, pp. 1079 – 1104; dello stesso autore La Carta europea dei diritti fondamentali tra aspirazioni e realtà, in AA.VV., Sfera pubblica e costituzione europea, Roma, Carocci, 2002. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 213 bri in sede comunitaria i quali vanno considerati come Trattati conclusi in forma semplificata. In questa categoria si ricomprendono anche le decisioni prese per l’elezione dei membri del Parlamento Europeo. Questo primato deve essere inteso nel senso che le norme in essi contenute non possono essere modificate o derogate da alcuna altra fonte di diritto comunitario, che va considerata alla stregua di fonte secondaria. La Corte di Giustizia che, ai sensi dell’art. 164 del Trattato CE, assicura <<il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione>> del Trattato stesso, ha individuato alcuni principi generali, non espressamente formulati nei Trattati costitutivi sia come criteri interpretativi delle norme dei Trattati che come limiti di legittimità di tali norme28. 5.2 I principi generali e fondamentali dell’ordinamento comunitario I “principi generali comuni degli Stati membri”, ricavati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia attraverso una comparazione degli ordinamenti giuridici e delle costituzioni degli Stati membri, ovvero utilizzando criteri deduttivi, analogici e di pura logica giuridica, hanno colmato i vuoti lasciati dalla normativa comunitaria. Vanno ricordati in questa sede i principi generali relativi ai diritti fondamentali, ivi compresi quelli della persona umana, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950 cui tutti gli Stati membri hanno aderito ed ai cui principi l’Unione, creata dal Trattato di Mastricht, espressamente si uniforma29. La carta dei diritti fondamentali 28 V. F. Mancini, Il contributo della Corte di Giustizia allo sviluppo della democrazia nella Comunità, RDE, Milano, 1993, cit.; dello stesso autore, La Corte di Giustizia: uno strumento per la democrazia nella Comunità europea, Bologna, 1993 cit. 29 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea , firmata a Nizza il 7 dicembre 2000, enuclea una serie di diritti da riconoscere a coloro che erano considerati stranieri e trova la sua massima espressione nell’istituzione della cittadinanza dell’Unione Europea in favore delle persone residenti in uno Stato membro dell’Unione stessa. La Carta non è mai stata proclamata ed approvata dal Parlamento Europeo per l’opposizione di Gran Bretagna e Danimarca, ma i suoi principi sono ampiamente condivisi dagli Stati membri dell’Unione e largamente recepiti nella nuova Costituzione europea. Nell’ultimo trimestre dell’anno 2004 la 214 Capitolo IV figura inserita nella parte II della Costituzione europea intitolata “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione il cui preambolo afferma solennemente che <<L’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà; essa si basa sui principi di democrazia e dello Stato di diritto. Pone la persona al centro della sua azione, istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio 30 di libertà, sicurezza e giustizia>> . Nei principi fondamentali spiccano: Convenzione si è riunita più volte ed ha concluso il 2 ottobre i suoi lavori, adottando il progetto di Carta che è stato sottoposto al Consiglio europeo informale di Biarritz del 13 e 14 ottobre 2004. V. J. Habermas, Cittadinanza politica e identità nazionale, in Morale, diritto, politica, Torino, Einaudi, 1992; M. C. Baruffi, Alla ricerca della tutela dei diritti fondamentali nel sistema comunitario, in Rivista di diritto pubblico comparato ed europeo, 1999B. Nascimbene, La tutela dei diritti fondamentali, sanzioni e controllo della Corte di Giustizia, Verso il Trattato di Amsterdam, DUE, 1997; E. Pagano, I diritti fondamentali dopo Maastricht, DUE, 1996; S. Giubboni - I diritti sociali fondamentali nell'ordinamento comunitario. Una rilettura alla luce della Carla di Nizza in Il Diritto dell'Unione Europea, 2003, fasc. 2-3, pp. 325-356; Jaque Jean Paul, Editoriale - Charte des droits fondamentaux et droit à un recours effectif - Dialogue entre le juge et le "constituant", in Il Diritto dell'Unione Europea, 2002, fasc. 1, pp. 1-16; L. Azzena, L’integrazione attraverso i diritti: dal cittadino italiano al cittadino europeo, Giappichelli, Torino, 1998 ; R. Bifulco, M. Cartabia, A. Celotto (a cura di), L’Europa dei diritti. Commento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, Il Mulino, Bologna, 2000; A. Manzella, P. Melograni, E.O. Paciotti, S. Rodotà, Riscrivere i diritti in Europa. Introduzione alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, Il Mulino, Bologna, 2001; L.S. Rossi (a cura di), Carta dei diritti fondamentali e costituzione dell'Unione Europea, Milano, Giuffrè, 2002, cit.; E. Cannizzaro, Dossier - Appunti sul Trattato di Nizza External relations after the Treaty of Nice, in Il Diritto dell'Unione Europea, 2002, fasc. 1, pp. 182-19; I. Díez Perra I, Dossier - Appunti sul Trattato di Nizza - Il Parlamento Europeo nel Trattato di Nizza, in Il Diritto dell'Unione Europea, 2002, fasc. 2, pp. 368-382; Alberto Lucarelli, Diritti sociali e principi costituzionali europei, in Rivista Democrazia e Diritto, fasc. n. 2 2003; F. Lanchester, La carta europea dei diritti fondamentali tra aspirazioni e realtà, in AA.VV., Sfera pubblica e Costituzione europea, Roma,, Carocci, 2002, cit.; Mario Dogliani, Può la costituzione europea non essere una costituzione in senso moderno? In Rivista Democrazia e Diritto, fasc. 2, 2003. 30 V. G. Gaia, Aspetti problematici della tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento comunitario, RDI, 1988, pp. 585 ss; dello stesso autore, L’adesione della Comunità europea alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo: obiettivi e problemi, 1994, pp. 29 – 40; Peter Häberle, La cultura giuridica europea, in La Costituzione europea tra cultura e mercato (a cura di P. Ridola); La Nuova Italia scientifica, Roma, 1997; AA.VV., Sovranità diffuse e diritti umani nella prospet- Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 215 la libertà di espressione e di informazione (II - 71); la libertà di riunione e di associazione (II-72) nella quale si ricomprende << il diritto di ogni individuo alla libertà di riunione pacifica e alla libertà di associazione a tutti i livelli, segnatamente in campo politico, sindacale e civico; in particolare si afferma che ogni individuo ha il diritto di fondare sindacati assieme con altri e di aderirvi per la difesa dei propri interessi>>. Si afferma poi che: <<I partiti politici, a livello europeo, contribuiscono a esprimere la volontà politica dei cittadini dell’Unione>>. Tali principi in parte già annunciati nei Trattati CE e dell’Unione ed ora ricompresi nella Costituzione europea riguardano in particolar modo l’istituto della cittadinanza (II-99), condizione giuridica da cui deriva il riconoscimento dei diritti civili e politici, ivi compreso il diritto di elettorato attivo e passivo31. L’attribuzione dei tiva comunitaria, in Rivista Diritto europeo, Biblioteca Università di Ferrara, DA 144, n. 2 aprile – giugno 1999, pp. 3 – 44. 31 Cfr l’art. II-193, par. 1 e 2 del Trattato di Amsterdam che stabilisce: “L’azione dell’Unione sulla scena internazionale si fonda sui principi che ne hanno informato la creazione, lo sviluppo e l’allargamento e che si prefigge di promuovere nel resto del mondo: Democrazia, stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principi di uguaglianza e di solidarietà e rispetto dei diritto internazionale conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite. L’Unione si adopera per sviluppare relazioni e istituire partenariati con i paesi terzi e con le organizzazioni internazionali, regionali o mondiali, che condividono tali valori. Promuovere soluzioni multilaterali ai problemi comuni, in particolare nell’ambito delle Nazioni Unite. L’Unione definisce e attua politiche comuni e azioni e opera per assicurare un elevato livello di cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali al fine di: a) salvaguardare i valori, gli interessi fondamentali, la sicurezza, l’indipendenza e l’integrità dell’Unione, b) consolidare e sostenere le democrazie, lo stato di diritto, i diritti dell’uomo e i principi del diritto internazionale, c) preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite…………omissis.”. Vedi: J. Habermas, Cittadinanza politica e identità nazionale, in Morale, diritto, politica, Torino, Einaudi, 1992, cit. ; R. Dahrendorf, “Cittadinanza: una nuova agenda per il cambiamento”, Sociologia del diritto, XX, 1993, n. 1; G. Cansacchi, La cittadinanza comunitaria e i diritti fondamentali dell’uomo, St. Sperduti, pp. 433 – 447; F. Cuocolo, La cittadinanza europea (prospettive costituzionali), in PD, 1991, pp. 659-668; P.V. D’Astoli, Europa senza frontiere?, Bologna, 1989; G. Lippolis, La cittadinanza europea, Bologna. Ed. Universale Paberbachs, 1994; V. Lippolis, La cittadinanza europea, prevista dal Trattato 216 Capitolo IV diritti politici in base al criterio della residenza, indipendentemente dalla nazionalità, è un principio che viene applicato in tutti gli Stati dell’Unione Europea. Il riconoscimento del diritto elettorale anche ai cittadini, che abbiano la loro residenza in uno degli Stati dell’Unione, rappresenta un passo importante nel riconoscimento dei diritti civili e politici anche agli extracomunitari. La Carta afferma il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento Europeo nei confronti di <<Ogni cittadino dell’Unione nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato>> e che <<i membri del Parlamento Europeo sono eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto (II-99)>>. Il diritto di petizione al Parlamento Europeo o di denunciare al Mediatore europeo casi di cattiva amministrazione, tipica espressione di democrazia partecipativa, è stato esteso ai cittadini extracomunitari. Inotre alcuni stati dell’Unione (Irlanda, Svezia, Olanda) hanno riconosciuto l’elettorato attivo e passivo nelle elezioni comunali a tutti i cittadini legalmente residenti e, quindi, anche a quelli extracomunitari, senza richiesta di acquisire la cittadinananza o la nazionalità del luogo di residenza. Dall’affermazione del principio che tutti gli uomini, indipendentemente dalla loro nazionalità, sono uguali per quanto riguarda l’esercizio dei loro diritti, rappresenta il primo passo per l’estensione di questo principio a livello mondiale. È possibile condividere il pensiero di Daherendorf che, in sintonia con Kant, sostiene che la <<cittadinanza non sarà mai completa fino a quando non esisterà una cittadinanza mondiale>> o, secondo alcuni studiosi, “cosmopolitica”>>32. sull’Unione Europea e l’ordinamento europeo e costituzionale italiano, SPCR, ¾ del 1992, pp. 55 – 73. 32 V. Daherendorf , « Cittadinanza: una nuova agenda per il cambiamento », Sociologia del diritto, XX, 1993, n. 1, cit. pp.16 ss.; G. Lippolis, La cittadinanza europea prevista dal Trattato sull’Unione Europea e l’ordinamento costituzionale italiano, SPPC, 3 – 4/1992, cit.. pp. 55-73; dello stesso autore, La cittadinanza europea, Bologna, Edizione universale Paperbachs, 1994. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 217 5.3 I principi dell'uguaglianza democratica (articolo 1-45), della democrazia rappresentativa (articolo I-46) e della democrazia partecipativa (articolo 1-47) Nella Costituzione dell’Unione vengono solennemente codificati i principi dell’uguaglianza democratica, della democrazia rappresentativa e partecipativa. Secondo il principio dell'uguaglianza democratica l'Unione rispetta, in tutte le sue attività, il principio dell'uguaglianza dei cittadini, che beneficiano di uguale attenzione da parte delle sue istituzioni, organi e organismi. Nella carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea si affermano solennemente i principi di uguaglianza e di non discriminazione33. Nella costituzione viene solennemente affermato che il funzionamento dell'Unione si fonda sul principio della democrazia rappresentativa in forza del quale i cittadini sono direttamente rappresentati, a livello dell'Unione, nel Parlamento Europeo mentre gli Stati membri sono rappresentati nel Consiglio europeo dai rispettivi capi di Stato e di governo e nel Consiglio dei ministri dai rispettivi governi, a loro volta democraticamente responsabili dinanzi ai loro parlamenti nazionali o ai loro cittadini. Per effetto di tale principio ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell'Unione e le decisioni delle istituzioni dell’Unione sono prese nella maniera il più possibile aperta e vicina al cittadino. 33 La carta afferma che “tutte le persone sono uguali davanti alla legge” (principio di uguaglianza: art. 20). Inoltre la carta stabilisce che: “È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali” (principio di non discriminazione: art. 21, comma 1). Nell’ambito d’applicazione del Trattato che istituisce la Comunità europea e del Trattato sull’Unione Europea “è vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, fatte salve le disposizioni particolari contenute nei trattati stessi” (art. 21, comma 2). 218 Capitolo IV Infine particolare ruolo è stato attribuito ai partiti politici a livello europeo il cui compito è quello di contribuire a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volontà dei cittadini dell'Unione. Il principio della democrazia partecipativa prevede l’obbligo delle istituzioni di dare ai cittadini e alle associazioni rappresentative, attraverso gli opportuni canali, la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell'Unione. Le istituzioni dell'Unione mantengono un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile. Al fine di assicurare la coerenza e la trasparenza delle azioni dell'Unione, la Commissione procede ad ampie consultazioni delle parti interessate. Cittadini dell'Unione, in numero di almeno un milione, che abbiano la cittadinanza di un numero significativo di Stati membri, possono prendere l'iniziativa d'invitare la Commissione, nell'ambito delle sue attribuzioni, a presentare una proposta appropriata su materie in merito alle quali tali cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell'Unione ai fini dell'attuazione della Costituzione. La legge europea determina le disposizioni relative alle procedure e alle condizioni necessarie per la presentazione di una iniziativa dei cittadini, incluso il numero minimo di Stati membri da cui devono provenire. L'Unione riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali al suo livello, tenendo conto della diversità dei sistemi nazionali. Essa facilita il dialogo tra tali parti, nel rispetto della loro autonomia. Il vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione contribuisce al dialogo sociale (articolo I-48). 5.4 La legittimazione diretta nell’Unione Europea La legittimazione politica dell'Unione Europea si basa su due fondamentali presupposti atti ad identificarne le fondamenta e precisa- Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 219 mente: la “legittimazione diretta” (input-oriented) e “quella indiretta” (output-oriented)34. Da un lato, la teoria della cosiddetta “legittimazione indiretta”, secondo la teoria di Scharpf, la c.d. “legittimazione per il popolo”, prevede che l'UE sia legittimata dal consenso degli stati membri ed originata dalla loro autorità cui corrispondono gli istituti della “democrazia rappresentativa” e della “democrazia partecipativa”35. Dall'altro lato, la “legittimazione diretta” o la c.d. “legittimazione dal popolo” - secondo la teoria di Scharpf, - considera la legittimazione dell'Unione come sovranazionale e, quindi, direttamente derivata dal grado di apprezzamento manifestato da popolo europeo; in quest'ultima ipotesi, le istituzioni comunitarie poggiano le loro basi sul fondamentale requisito di una stabile e radicata “identità comune” europea. In passato ed ai tempi nostri l'UE ha avuto, ed ha tuttora, serie difficoltà nell'identificare la “nazione europea”. Recenti studi hanno chiarito che i cittadini europei sentono di appartenere prima ai loro Paesi, regioni, città e soltanto dopo, ed in via meramente residuale, dimostrano un certo interesse per l'Europa, sicché il legame europeo appare come il più debole36. 34 V. D. Beetham, The Legitimisation of Power, London, Macmillan, 1991; D. Beetham, and C. Lord, C. Legitimacy and the European Union. Harlow. Longman, 1998. 35 V. I. Scharpf’s theory of "legitimacy by the people". The process of theoretical research for the EU legitimacy considers two fundamental approaches to legitimacy identification: direct ("input-oriented") and indirect ("output-oriented") legitimacy (Beetham & Lord, 1998 and Scharpf, 1999). On one hand, the indirect legitimacy approach - Scharpf’s "legitimacy for the people" - views the legitimacy of the EU as domestically authorised by, and originated from, the popular authority of member states, rather then directly from the - yet unidentified - European citizenry. On the other hand, the direct legitimacy approach - Scharpf’s "legitimacy by the people" views the legitimacy of the EU as supranational directly derived from the degree of appreciation of the EU by the European public. Under this approach, it is necessary to have a stable and serious "common identity" to justify institutionalised supranational structures of the EU. 36 At this regard, the European Union had - and still has - serious difficulties with the identification of the European "nation". Recent empirical assessments of the legitimacy sources have demonstrated that the people of the European Union do have a multi-tiered sense of belonging, including in order of importance: town, region, 220 Capitolo IV Lo spostamento di potere dai singoli stati membri all'UE e la carenza di un pieno consenso popolare hanno, dunque, prodotto il cosiddetto “deficit democratico” delle istituzioni europee - ovvero una serie di mancanze di responsabilità, di trasparenza e di politica pubblica (Dehousse, 1998) - che è divenuto uno dei punti cruciali della crisi di legittimazione dell'Unione (Blondel 1998)37. Così la “legittimazione diretta” pone in evidenza la crescente importanza del Parlamento Europeo e l'inevitabile leadership che lo stesso dovrà assumere nel colmare il deficit democratico e di legittimità politica dell'Unione Europea38. country and EU, but that the "European tier" remains the weakest (Beetham & Lord, 1998). Thus, the shift of power from member states to the EU level and the lack of a EU-based popular consent have produced the so-called "democratic deficit" of the EU institutions, a set of deficits of accountability, transparency and public policy (Dehousse, 1998). 37 V. D. Beetham, and C. Lord, (1998) Legitimacy and the European Union. Harlow. Longman, 1998. J. Blondel, R. Sinnott, and P. Svensson, (1997) Representation and Voter Participation, European Journal of Political Research 32 (2), 243-72. J Blondel,., R. Sinnott, and P. Svensson, People and Parliament in the European Union: Participation, Democracy and Legitimacy, Oxford, Clarendon Press, 1998. 38 V. M. Leonard, Europe’s Legitimacy Gap. Understanding the EU’s cultural deficit, Demos Collection , 1998 p. 13; S. Neidermayer, and R. Sinnot, Democratic Legitimacy and the European Parliament, in S. Neidermayer, and R. Sinnot (eds) Public Opinion and Internationalised Governance, Oxford, Oxford University Press., 1995; P. Norris, Representation and the Democratic Deficit, European Journal of Political Research, 1995, pp.32 , 273-282: W. Wessels, and M. Deidrichs, The European Parliament and the EU Legitimacy, in T. Banchoff and M. Smith (eds) Legitimacy and the European Union: The Contested Polity, London, New York., 1999; M. Zelditch, and H. Walker, Legitimacy and the Stability of Authority, in J. Berger and M. Zelditch Jr. (eds.) Status, Power and Legitimacy: Strategies and Theories, New Brunswick and London. 1998. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 221 6. Elezione del Parlamento Europeo 6.1 Progetti per l’elezione diretta ed unitaria del Parlamento Europeo Originariamente l’Assemblea del Parlamento Europeo era formata dai delegati che i Parlamenti nazionali inviavano con le procedure e modalità fissate dai singoli Stati membri. L’elezione dei parlamentari europei avveniva in secondo grado e potevano essere designati soltanto coloro in possesso di mandato parlamentare nazionale. Le designazioni potevano anche prescindere dal rispetto dei criteri di proporzionalità tra le varie forze politiche rappresentate nel Parlamento nazionale39. Si trattava di modalità di designazione poco rispondenti tanto che la normativa di riferimento è stata considerata del tutto provvisoria.. Conformemente all'articolo 190, paragrafo 4 (articolo 138, paragrafo 3) del trattato CE, il Parlamento Europeo è incaricato di elaborare progetti intesi a permettere l'elezione a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri. Fino a tale momento la procedura elettorale è stata disciplinata in ciascuno Stato membro dalle disposizioni nazionali. L'elaborazione di una procedura elettorale uniforme per le elezioni al Parlamento Europeo mira a rafforzare l'autorità politica dell’Unione, a consolidare la sua legittimità democratica in vista dell'attuazione di una vera e propria Unione Europea e a radicare la consapevolezza dei cittadini di appartenere a una società comune europea. Venne allo scopo costituito fin dal 1958 un gruppo di lavoro sotto la presidenza dell’on.le Dehousse che nel 1960 presentò un progetto di convenzione sull’elezione a suffragio diretto universale del Parlamento Europeo40. Tale progetto, approvato dal Parlamento il 17 maggio 1960, non si 39 Alcuni Stati designarono in passato i loro delegati seguendo criteri diversi da quello proporzionale; l’Italia, ad esempio, solo dal 1969 fu rappresentata nell’Assemblea da esponenti di tutti i gruppi parlamentari nazionali mentre la Francia escluse dalle designazioni alcune forze politiche che non facevano parte della maggioranza governativa. V. Fausto Pocar, Diritto dell’Unione e delle Comunità europee, Giuffré, Milano, 1997 pp. 123 ss. 40 V. AA.VV., Les élections européenne au suffrage directe. Colloque des 14 et 15 avril 1960. 222 Capitolo IV inserisce nella procedura di cui all’art. 138 del Trattato CE, ma nella procedura ordinaria disciplinata dall’art. 236 del Trattato stesso. La riluttanza ad eleggere direttamente dal corpo elettorale un Parlamento, privo di effettivi poteri, era condivisa dalla maggioranza dei Paesi facenti parte delle Comunità e soltanto dopo il Trattato di Lussemburgo del 22 aprile 1970 con il quale venivano ampliati i poteri del Parlamento stesso, riprese il cammino il progetto della elezione diretta del Parlamento stesso. Finalmente i capi di governo, nel vertice di Parigi del 1974, assunsero l’impegno di voler realizzare al più presto l’obiettivo dell’elezione diretta del Parlamento Europeo41. Il Parlamento elaborò il relativo progetto nella seduta 14 gennaio 1975 ed il Consiglio adottò la decisione con atto allegato del 20 settembre 1976 concernente l’elezione a suffragio universale diretto del Parlamento Europeo con la procedura dell’art. 138 del Trattato CE. L'atto di Bruxelles del 1976 regola determinati aspetti concernenti le elezioni al Parlamento Europeo, quali, ad esempio, un periodo unico per le elezioni e certi requisiti o incompatibilità per l'eleggibilità a rappresentante del Parlamento Europeo. Anche il TCE contempla alcune disposizioni: l'articolo 190 (138), paragrafo 2, primo capoverso del TCE fissa il numero dei seggi degli Stati membri al Parlamento Europeo42. 41 Elezione del Parlamento Europeo a suffragio universale diretto, progetto di convenzione e motivazione, opuscolo speciale sulla base della relazione Patijn (doc. 368/74), Uff. di documentazione delle Comunità europee, 1975, p. 17, 53, 57. La ripartizione dei seggi venne approvata nel luglio- settembre 1976 ; Wofgang Birke, European Election by Direct Suffrage, A. W. Sythoff, Leyden, 1961. 42 V. W. Birke, European election by Direct Suffrage, Leiden, 1971; A Cocatre – Zilgien, De l’élection du “Parlement européen” au suffrage universel direct. La décision et l’acte du Conseil des Communautés européennes du 20 septembre 1976, in Annuaire français, 1976, pp. 785-804 ; M. Capurso, La decisione del Consiglio delle Comunità europee per l’elezione dei componenti dell’Assemblea a suffragio universale, in Riv. trim. dir. pubbl., 1977, pp. 1577-1603 ;G. Troccoli, L’elezione a suffragio universale diretto del Parlamento Europeo, cit., pp. 1535, 1576 ; S. Traversa, L’elezione del Parlamento Europeo a suffragio universale e la legge elettorale italiana, in Riv. trim. dir. Pubbl., 1977, pp. 1577- 1633 ; F. Pocar, Evoluzione storica del problema delle elezioni a suffragio universale diretto del Parlamento Europeo dal 1957 ad oggi, in Dir. comunitario, 1978, pp. 349-369 ; E. Grabitz – Th Läufer, Das Europäische Parlament, Bonn, 1980, pp. 233 – 292. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 223 Il Parlamento Europeo ha ripetutamente preso posizione su questioni di diritto elettorale e precisamente sulla procedura elettorale uniforme comune e presentato proposte conformemente all'articolo 138 del trattato CE. A tale scopo il PE ha approvato tre risoluzioni nel 1991, 1992 e 1993. Il Consiglio non ha considerato queste tre risoluzioni come un progetto ai sensi dell'articolo 138 TCE e, comunque, ha adottato soltanto la proposta riguardante la ripartizione dei seggi fra gli Stati membri43. La nozione di PEU (procedura elettorale uniforme) fu accostata, già nei Trattati istitutivi, al principio di suffragio universale per l’elezione del Parlamento Europeo, ritenendola un requisito essenziale per la creazione di un’assemblea realmente rappresentativa dei popoli europei. In occasione dell’Atto di Bruxelles del 1976, la nozione di PEU fu scissa dal principio di suffragio universale, rinviando la sua definizione ad un progetto specifico da elaborare dal Parlamento Europeo. Ciò attribuisce alla materia una grande rilevanza istituzionale, poiché la PEU è l’unica occasione in cui viene affidato al Parlamento il potere d’iniziativa normativa44 nel processo legislativo comunitario45. La definizione di una procedura elettorale uniforme è però alquanto complessa e delicata, con ampie implicazioni giuridiche e politiche. La sua rilevanza è connessa al concetto stesso di democrazia del sistema comunitario. Infatti non è sufficiente che il Parlamento Europeo sia eletto direttamente dai cittadini, ma occorre che ogni elettore abbia le stesse opportunità di scelta dei rappresentanti, in modo tale che vi sia un’equa espressione della volontà popolare46. L'articolo 190, paragrafo 4 TCE, quale risulta modificato dal tratta43 V. U. Villani, Osservazioni sull’elettorato passivo al Parlamento Europeo, in Dir. Comunitario, 1989, pp. 349 – 355. 44 V. S. Tescaroli, Diritto delle Comunità e dell’Unione Europea, Cedam, Padova, 2000 pp. 242 ss. 45 Osservazioni critiche su una proposta di sistema elettorale europeo, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1980, fasc. 3 (settembre), pp. 956-962. La legge elettorale europea del 1984 - .Seminario internazionale,Milano,Giuffrè,1981, pp.433;57-63;131-137; 46 V. F. Lanchester, Osservazioni critiche su una proposta di sistema elettorale europeo, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1980, fasc. 2 (giugno), pp. 956 – 962; dello stesso autore: la legge elettorale europea del 1984. Seminario internazionale, Milano, Giuffré, 1981, cit., pp. 4, 33, 57, 63, 131 e 137. 224 Capitolo IV to di Amsterdam e come recepito nella nuova Costituzione europea (art 1-20, comma 3), prevede che il Parlamento elabori un progetto volto a permettere l'elezione a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri o secondo principi comuni a tutti gli Stati membri. La commissione per gli affari istituzionali del PE ha deciso nel settembre 1997 di predisporre una relazione per facilitare l'attuazione di questa nuova disposizione. Il Parlamento Europeo ha approvato, sulla base di tale relazione, una risoluzione sull'elaborazione di un progetto di procedura elettorale uniforme nella quale propone un progetto di atto relativo alle elezioni dirette del Parlamento Europeo47. L’art. 7 dell’atto allegato alla decisione stabilisce che: <<L’Assemblea elabora un progetto di procedura elettorale uniforme>> e che fino alla data di entrata in vigore di tale procedura il sistema di elezione <<è disciplinato in ciascun Stato membro dalle disposizioni nazionali>>48. Ciascun Stato membro ha approvato una apposita legge nazionale elettorale per l’elezione diretta del Parlamento Europeo, ispirata per lo più ai vigenti sistemi elettorali nazionali. 6.2 -Direttiva 93/109/CE del Consiglio del 6 dicembre 1993 relativa all’esercizio del diritto di voto e di eleggibilità per i cittadini dell'Unione residenti in uno Stato membro di cui non sono cittadini. La direttiva 93/109/CE del Consiglio, del 6 dicembre 1993, stabilisce le modalità per l'esercizio del diritto di voto e di eleggibilità. Sono fatte salve le disposizioni di ciascuno Stato membro in materia di requisiti per l'esercizio del diritto di voto e di eleggibilità da parte dei propri cittadini in occasione dell'elezione dei rappresentanti di tale 47 V. A. Cocatre – Zilgien, De l’élection du “Parlement européen” au suffrage universel direct. La décision et “l’acte” du Conseil du Communautés du 20 sept. 1976, cit., pp. 785 ss.; F. Pocar, Diritto dell’Unione e delle Comunità europee, Milano, Giuffré, 1997, pp.123 ss. cit.; Piero Ignazi (ed altri), Voto europeo e costituzione, 2004; Innes Casciaro, I sistemi elettorali del Parlamento Europeo, in Quaderni dell’Osservatorio elettorale n. 24, luglio – dicembre 1990. 48 V. Parlamento Europeo: il progetto di procedura elettorale uniforme,in "Quaderni costituzionali",1987,n.1,pp.148-154. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 225 Stato al Parlamento Europeo, anche se tali persone risiedono al di fuori del territorio elettorale dello Stato stesso49. I requisiti richiesti per essere titolari del diritto di voto e di eleggibilità nello Stato membro di residenza sono: x la cittadinanza dell'Unione; x la residenza nello Stato membro ove si trova il luogo di voto o di candidatura; x la conformità alle disposizioni dello Stato di residenza in materia di diritto di voto e di eleggibilità, applicabili ai cittadini di tale Stato (principio di uguaglianza tra elettori nazionali ed elettori comunitari). Spetta a ogni Stato membro indicare, se necessario, quali siano le persone che devono essere considerate come “propri cittadini”. Vige un divieto di doppio voto e di doppia candidatura. L'elettore comunitario può essere iscritto nelle liste elettorali dello Stato membro di residenza solo se ne ha preventivamente manifestato 49 La direttiva fornisce le nozioni di: - “elezioni al Parlamento Europeo”: si deve intendere le elezioni a suffragio universale diretto dei rappresentanti al Parlamento Europeo conformemente all'Atto del 20 settembre 1976; - « territorio elettorale»: è costituito dall’ambito territoriale in cui i membri del Parlamento Europeo sono eletti dal popolo di ciascun Paese dell’Unione Europea; - “Stato membro di residenza”, « Stato membro d'origine », e Stato membro di cui il cittadino dell'Unione ha la cittadinanza. Particolare rilevanza assume la nozione di « elettore comunitario », cui appartiene ogni cittadino dell'Unione che abbia il diritto di voto alle elezioni per il Parlamento Europeo nello Stato membro di residenza. «Cittadino eleggibile comunitario », viene definito ogni cittadino dell'Unione che abbia il diritto di eleggibilità al Parlamento Europeo nello Stato membro di residenza; tale diritto appartiene ad ogni cittadino dell’Unione che abbia il diritto di eleggibilità a Parlamentare europeo. La direttiva in esame definisce poi i concetti di “lista elettorale” (costituita dal registro ufficiale di tutti gli elettori che hanno il diritto di votare in una determinata circoscrizione o in un determinato ente locale, compilato e aggiornato dalle competenti autorità secondo le leggi elettorali dello Stato membro di residenza oppure dal registro della popolazione, se indica la qualità di elettore), “giorno di riferimento” , (il giorno o i giorni in cui i cittadini dell'Unione devono soddisfare, a norma della legislazione dello Stato membro di residenza, le condizioni richieste per essere ivi elettori o cittadino eleggibile), “dichiarazione formale” (l'atto rilasciato dall'interessato, la cui inesattezza è passibile di sanzioni, conformemente alla legge nazionale applicabile). 226 Capitolo IV la volontà. L'elettore che opta per tale scelta rinuncia ad esercitare il proprio diritto di voto nello Stato d'origine. Negli Stati membri in cui il voto è obbligatorio, gli elettori comunitari iscrittisi nelle liste elettorali di tali Stati sono soggetti a quest'obbligo. Per quanto concerne l'ineleggibilità: x il principio applicabile è quello del cumulo dei regimi di ineleggibilità dello Stato membro di residenza e dello Stato membro d'origine; x la prova della condizione di eleggibilità deve essere prodotta in occasione del deposito della candidatura e fornita dallo Stato membro d'origine50. Per l’incapacità elettorale: lo Stato membro di residenza è libero, a propria discrezione, di tenere conto o meno della perdita del diritto di voto intervenuta nello Stato membro d'origine. Per l’iscrizione nelle liste elettorali: x l'elettore comunitario deve obbligatoriamente produrre le prove documentali a sostegno della propria domanda di iscrizione, alle stesse condizioni degli elettori nazionali; x l’elettore deve, altresì, produrre le prove supplementari richieste dagli Stati. La direttiva in esame ha stabilito i seguenti principi secondo cui i cittadini dell’Unione possono esercitare i loro diritti di elettorato attivo e passivo nello Stato membro di residenza, purché soddisfino le condizioni imposte dalla legge elettorale di tale Stato ai suoi cittadini: 50 Le cumul des mandats et des fonctions : une réforme au cœur de la modernisation de la vie politique: contributions de la Journée d'études organisée à Montpellier, le 27 février 1998/ Centre de recherche et d'études administratives de Montpellier (CREAM). – 1998; Marília Crespo, Nichtwählbarkeit und Inkompatibilität bei Wahlen zum Europäischen Parlaments: Nationale Vorschriften Allen in Zusammenarb mit den Korrespondenten of des EZPWD, Europäisches Zentrum für Parlamentarische Wissenschaft und Dokumentation; EU, Europäisches Parlament. – 1997; id. National provisions concerning ineligibility and incompatibility with regard to the European Parliament / Allen in collab. with the correspondents of the ECPRD, European Centre for parliamentary Research and Documentation; EU, European Parliament. – 1997; Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 227 - libertà di scelta: i cittadini dell’Unione sono liberi di esercitare i loro diritti elettorali nello Stato membro d’origine di cui detengono la cittadinanza o nello Stato membro di residenza; - unicità del voto e della candidatura: nessuno può votare o presentarsi candidato in più di uno Stato membro nel corso delle stesse elezioni del Parlamento dell’Unione Europea. Scegliendo di votare o presentarsi come candidato in uno Stato membro, un cittadino perde automaticamente la possibilità di esercitare lo stesso diritto negli altri Stati membri. Per evitare i doppi voti o le doppie candidature, gli Stati membri scambiano informazioni sui loro cittadini che esercitano i diritti elettorali in un altro Stato membro. La prima iscrizione sulle liste elettorali nello Stato membro di residenza avviene soltanto previa domanda da parte dei cittadini dell’Unione che intendono esercitare il loro diritto di voto nello Stato membro di residenza; - parità d’accesso ai diritti elettorali: in base al principio di non discriminazione, i cittadini dell’Unione devono beneficiare dei diritti elettorali alle stesse condizioni dei cittadini dello stato membro nel quale risiedono. Inoltre, una volta iscritto nelle liste elettorali, il cittadino dell’Unione vi rimane alle medesime condizioni dei cittadini nazionali. Ciò suppone che i cittadini dell’Unione possano partecipare pienamente alla vita politica dello Stato membro di residenza, in particolare per quanto riguarda l’affiliazione ai partiti politici esistenti o la fondazione di nuovi partiti o aggregazioni politiche; - effetto extraterritoriale delle norme relative all’esclusione dei candidati: il cittadino che è decaduto dal diritto di eleggibilità in forza del diritto dello Stato membro d’origine non può essere eletto al Parlamento Europeo nello Stato membro di residenza; - dovere d’informazione: affinché gli elettori comunitari, che vivono in uno Stato membro diverso da quello di origine, conoscano i loro nuovi diritti, la direttiva dispone che lo Stato membro di residenza <<è tenuto ad informarli in tempo utile e in maniera adeguata>> in merito alle condizioni e modalità di esercizio di tali diritti.ҏ 228 Capitolo IV Tutti gli Stati membri hanno recepito, in modo soddisfacente, la direttiva in tempo utile per permetterne l’applicazione al l Giugno 199451. 6.3 Disposizioni derogatorie e transitorie Se alla data del 10 gennaio 1993 la percentuale dei cittadini (in possesso del diritto di elettorato attivo) dell'Unione residenti in uno Stato membro, senza averne la cittadinanza, supera il 20 % di tutti i cittadini elettori dell'Unione ivi residenti, tale Stato può riservare il diritto di voto agli elettori comunitari e agli eleggibili residenti in tale Stato membro rispettivamente da almeno 5 e 10 anni. Le disposizioni limitative all’esercizio dell’elettorato attivo e passivo dei cittadini residenti sono state considerate illegittime. Entro il 31 dicembre 1997 e, successivamente, diciotto mesi prima di ciascuna elezione al Parlamento Europeo, la Commissione presenta al Parlamento Europeo e al Consiglio una relazione nella quale verifica il persistere dei motivi che giustificano la concessione agli Stati membri interessati di una deroga all’esercizio del diritto di voto ai residenti ed ai motivi che la giustifichino. Per le quarte elezioni dirette al Parlamento Europeo, si applicano le seguenti disposizioni specifiche (articolo 15): a) i cittadini dell'Unione che, al 15 febbraio 1994, hanno già il dirit51 Per quanto attiene alle leggi nazionali per l’elezione a suffragio universale diretto del Parlamento Europeo si rinvia alla raccolta: Parlamento Europeo, Direzione generale della ricerca e documentazione, Testi delle leggi ratificate dai parlamenti nazionali di Danimarca, Francia, Irlanda del Nord, 2 agosto 1978, PE 54.254; id. per Repubblica Federale di Germania e Regno Unito, PE. 11 settembre 1978, 54.757; id. per Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi, 26 marzo 1979, PE, pp. 57.047. Vedi anche: Marília Crespo Dispositions nationales en matière d'inéligibilités et d'incompatibilités concernant le Parlement européen / Allen en collab. avec les correspondants du CERDF, Centre européen de recherche et documentation parlementaire; UE, Parlement européen, Direction générale des Etudes. – 1997;. Martine Chariot, Les lois électorales pour les élections européennes; UE, Parlement Européen, Direction Générale des Etudes. – 1997. [http://www.europarl.eu.int/workingpapers/poli/w13/default%5Ffr.htm]. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 229 to di voto nello Stato membro di residenza e figurano su una lista elettorale di tale Stato, non sono tenuti ad espletare alcuna formalità per l’espressione del voto e per la presentazione di proprie candidature; b) gli Stati membri nei quali le liste elettorali sono state formate anteriormente al 15 febbraio 1994 adottano le disposizioni necessarie per consentire agli elettori comunitari, che intendono esercitarvi il diritto di voto, di iscriversi nelle liste elettorali entro un termine adeguato prima del giorno della consultazione elettorale; c) gli Stati membri nei quali il voto non è obbligatorio possono ammettere all’esercizio dei diritti elettorali gli elettori residenti che abbiano manifestato la volontà di esercitare in tale Stato i diritti stessi. 6.4 Relazione della Commissione sull’applicazione della direttiva 93/109/CE. In data 7 gennaio 1998 è stata adottata la relazione della Commissione sull'applicazione della direttiva 93/109/CE. In tale documento la Commissione rammenta che la prima applicazione della direttiva in tutti gli Stati membri si è avuta a giugno del 1994, in occasione delle elezioni europee, mentre in Svezia, Austria e Finlandia la direttiva è stata applicata in occasione delle elezioni indette nel 1995 e 1996 dopo l'adesione all'Unione. La relazione evidenzia: - l’inadeguatezza dell'informazione relativa ai nuovi diritti dei cittadini europei, una percentuale estremamente bassa dei candidati non nazionali (una sola candidata presentatasi al di fuori del proprio Stato membro è stata eletta nello Stato di residenza); l'affluenza media alle urne di cittadini di altri Stati membri ha raggiunto il 5,87%. La Commissione reputa che in questa fase la direttiva non debba essere modificata e raccomanda agli Stati membri di adottare ulteriori provvedimenti per la sua integrale applicazione. In data 20 dicembre 2000, la Commissione ha adottato una Comunicazione [COM (2000) 843 def.] nella quale valuta l'applicazione poco soddisfacente della direttiva 93/109/CE. La comunicazione rileva 230 Capitolo IV che il tasso di partecipazione alle elezioni europee dei cittadini dell'Unione, che non risiedono nel proprio paese d'origine, non ha segnato un sensibile aumento nel 1999 (in Germania si è addirittura registrato un calo). Tuttavia, la percentuale (9%) di cittadini dell'Unione Europea, residenti in uno Stato membro di cui non sono cittadini che si sono iscritti sulle liste elettorali per le elezioni europee del 1999, costituisce comunque un miglioramento rispetto alle elezioni europee del 1994. Quanto al diritto di eleggibilità, esso risulta ancora più aleatorio, dato che i candidati originari di altri paesi membri, nelle elezioni del 1999, erano solo 62, di cui 4 sono stati effettivamente eletti (2 in Belgio, 1 in Francia e 1 in Italia). Questi dati denotano un'informazione inadeguata, mentre la direttiva, pur lasciando agli Stati membri ampia libertà di manovra, impone loro di organizzare campagne specifiche per i cittadini di altri Stati membri dell'UE che risiedono sul loro territorio52. 6.5 Predisposizione di un modello di procedura elettorale uniforme (PEU) A seguito di una lunga serie di progetti atti a stabilire un modello elettorale uniforme per tutti, le posizioni divergenti che avevano assunto gli Stati membri vennero superate soltanto nel 1976. La soddisfazione per il conseguimento di un obiettivo così significativo traspare dalle parole dell’allora Presidente del Parlamento Europeo Spénale: <<Non può esistere un’Europa unita senza democrazia, senza il consenso popolare. A partire dalle elezioni del 1978, saranno i popoli europei a testimoniare la loro ferma volontà di costruire l’Europa della democrazia, della 52 V. Pierre Garrone, Le patrimoine électoral européen : une décennie d'expérience de la Commission de Venise dans le domaine électoral, 2000; Gijs de Vries, La procédure électorale uniforme du Parlement européen: un pas pour rapprocher l'Europe des citoyens, 1996. Report from the Commission the European Parliament and the Council on the application of Directive 93/109/EC: Voting rights of EU citizens living in a Member State of which they are not nationals in European Parliament elections / EU, European Commission. – 1997; Rapport de la Commission au Parlement européen et au Conseil sur l'application de la directive 93/109/CE: Droits de vote et d'éligibilité aux élections au Parlement européen pour les citoyens de l'Union résidant dans un pays membre dont ils ne sont pas ressortissants / UE, Commission européenne. - 1997 Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 231 solidarietà, della speranza. Le costruzioni di vertice hanno fatto il loro tempo, occorre l’adesione dei cittadini per portare avanti un processo, quale quello comunitario, che si rivela essere determinante per la storia dell’Europa di quest’ultimo quarto di secolo>>53. Il Consiglio dell'Unione Europea ha più volte considerato opportuno procedere ad una modifica dell'atto di Bruxelles del 1976 relativo all'elezione dei membri del Parlamento Europeo allo scopo di consentire l'elezione a suffragio universale diretto, conformemente a principi comuni a tutti gli Stati membri, pur lasciando a questi ultimi la possibilità di applicare le rispettive disposizioni nazionali per gli aspetti non disciplinati dalla normativa comunitaria. Pur tuttavia queste linee di riforma, più volte espresse, si sono fermate davanti alla puntigliosa difesa di esigenze di sovranità e di indipendenza di ciascun Stato membro dell’Unione54. Tali esigenze nazionali hanno costituito un baluardo insuperabile verso l’elezione diretta del Parlamento Europeo con una procedura diretta ed uniforme gestita dagli organi comunitari55. 53 V. F. Lanchester Parlamento Europeo: il progetto di procedura elettorale uniforme, in “Quaderni costituzionali”, 1987, n.. 1, cit., pp. 148-154; dello stesso autore: La procedura elettorale uniforme tra prospettiva europea ed interessi nazionali (2000) in Scritti in onore di Emilio Romagnoli Milano, Giuffré, 2001; Antonia Andollina Un sistema elettorale uniforme per le elezioni a suffragio diretto del Parlamento Europeo. Atti della Quindicesima Tavola Rotonda, Lussemburgo, 21-22 mag. 1987. – 1989. 54 V. Electoral reform of the European Parliament: proposals for a uniform electoral procedure of the European Parliament to the intergovernmental conference of the European Union 1996 = Réforme électorale du Parlement européen: propositions pour une procédure électorale uniforme du Parlement Européen à la conférence intergouvernementale de l'Union Européenne de 1996 / Rapporteur: Andrew Duff. – 1996. 55 V. M. Sironi Mariotti, Il Parlamento Europeo, la sua elezione, I suoi poteri, Milano, 1979; Wolfgang Birke, European Election by Direct Suffrage, AA.VV.: WW Sythoff, Leyden 1961; Relazione Patijn (doc. 368/74), Parlamento Europeo, 1974, opuscolo base della “Relazione” sulla Elezione del Parlamento Europeo a suffragio universale diretto, Progetto di convenzione e motivazione; Parlamento Europeo, Direzione Generale della ricerca e della documentazione, voce “Elezioni del Parlamento Europeo a suffragio universale diretto”, Lussemburgo, 1977; Jacques Georgel, Geoffrey Hand Cheristhoph Sasse, European Electoral System Handbook, Butterworth, London, 1979: Harald G. Kundhoch, Bürger wählen europäisch: 20 232 Capitolo IV Tuttavia, a causa dei problemi posti dalla Gran Bretagna, si stabilì di comune accordo di posticipare la data delle elezioni dal 1978 al 1979. Secondo l’art. 189, comma III, del Trattato CE, era prevista una procedura di elezione uniforme a tutti i Paesi membri, ma le differenze tra i vari sistemi elettorali erano un ostacolo insormontabile. Basti pensare al Regno Unito, in cui era in vigore un sistema maggioritario, mentre negli altri Stati era prevista la rappresentanza proporzionale. Inoltre, non tutti i Paesi si basavano su un sistema bicamerale: Danimarca e Lussemburgo erano dotati, infatti, di una sola Camera e il peso della Camera Superiore variava da Stato a Stato56. Per effetto di tali differenze, non si è ancora giunti all’auspicata unificazione delle regole elettorali; le leggi elettorali nazionali che disciplinano i sistemi elettorali dei Paesi dell’Unione Europea giocano tuttora un ruolo fondamentale nell’elezione dei parlamentari europei. In ogni Paese membro, vengono però rispettati alcuni fondamentali principi democratici comuni tra cui il diritto di voto a 18 anni, la segretezza del voto e la parità tra uomini e donne. In taluni Stati (Belgio, Grecia e Lussemburgo) il voto è obbligatorio. Le elezioni del Parlamento Europeo si svolgono per tutti i Paesi membri in una settimana fissata di comune accordo, tra il giovedì e la domenica. Lo spoglio delle schede viene effettuato dopo la chiusura di tutti i collegi elettorali. Dal 1979 (data della prima tornata della elezione diretta), ogni cinque anni i deputati europei sono eletti a suffragio universale diretto, secondo un sistema elettorale proporzionale realizzato o su base regionale (Belgio, Italia e Regno Unito), o su base nazionale (Austria, Danimarca, Francia, Lussemburgo, Spagna ecc.), ovvero con un sistema misto (Germania)57. Fragen zur Direktwahl, Institut für Europäische Politik, Bonn, Europa Union Verlag, Bonn 1975. 56 V. Antonia Andollina, Un sistema elettorale uniforme per le elezioni a suffragio diretto del Parlamento Europeo. Atti della quindicesima tavola rotonda, Lussemburgo, 21 – 22 maggio 1987, 1989; Gjis de Vries, La procédure électoral uniforme du Parlement européenne: un pas pour approcher l’Europe des citoyens, 1996, cit.; 57 V. “A Kich to Blair and bis Union”, Il ritorno dello spirito isolazionista in Gran Bretagna, in B. Carovita (a cura di), Le elezioni del Parlamento Europeo del 2004, Milano, Giuffré, 2004. Contributi on line su riviste telematiche registrate, ve- Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 233 Nel luglio 1998, il Parlamento Europeo ha presentato al Consiglio un progetto in merito a una procedura uniforme per le elezioni al PE58. Punto centrale e nodale del progetto è l'elezione dei rappresentanti (ora membri) del Parlamento secondo il sistema proporzionale sulla base di liste presentate in ciascuno Stato membro. A partire dal 2004 gli Stati membri erano tenuti a costituire circoscrizioni elettorali per fornire un contatto migliore tra rappresentanti (membri) ed elettori, senza tuttavia ledere il principio delle elezioni con il sistema proporzionale, in quanto chi viene eletto in base a questo criterio è rappresentante di tutto il popolo dell’Unione Europea e non solo della propria circoscrizione elettorale. Anche la soglia minima per l'esclusione non può essere superiore al 5% dei suffragi espressi. Dal 2009, il 10% del numero globale dei seggi del PE deve essere assegnato in un'unica circoscrizione elettorale dell'Unione59. Non sarà più possibile essere membro, al contempo, del parlamento nazionale e del Parlamento Europeo60. di: A Kich to Blair and bis Union. Il ritorno dello spirito isolazionista, nel sito della Rivista “Federalismi. It. Osservatorio sul federalismo e processi di governo”, n. 13, 2004 – numero speciale sulle Elezioni europee (http:// www.federalismi.it/federalismi/index.cfm?Artid=2050); 58 V. Parlamento Europeo, documenti di seduta 1981 – 1982, Documento 1 – 988/81/A, B e C del 10 e 26 febbraio 1982, voce “ Relazione on. Jean Seitlinger, su un progetto di procedura elettorale uniforme per l’elezione dei Deputati al Parlamento Europeo”, Comunità europee, Bruxelles, 1982; Verso una procedura elettorale uniforme per il Parlamento Europeo. I sistemi elettorali negli Stati della Comunità, numero 18 – 19 di: L’Italia e l’Europa (a cura di Gianpiero Orsello), Le Monnier, Firenze 1981; Georgios Anastassopoulos, Report on a proposal for an electoral procedure incorporating common principles for the election of Members of the European Parliament / EU, European Parliament, Committee on Institutional Affairs. Rapporteur, 1998 59 Gijs de Vries, La procédure électorale uniforme du Parlement européen : un pas pour rapprocher l'Europe des citoyens, 1996; Andrew Duff, Electoral reform of the European Parliament: proposals for a uniform electoral procedure of the European Parliament to the intergovernmental conference of the European Union 1996; F. Lanchester, Parlamento Europeo: il progetto di procedura elettorale uniforme, in Quaderni costituzionali 1987, n. 1, pp. 148-154; dello stesso autore, La procedura elettorale uniforme tra prospettiva europea ed interessi nazionali (2000), in Scritti in onore di Emilio Romagnoli, Milano, Giuffrè, 2001cit. . 60 V. Neil Carter, Mixed fortunes : the Greens in the European Parliament election, 2004. Electronic version 234 Capitolo IV 6.6 Decisioni del Consiglio del giugno e settembre 2002 relative all'elezione dei membri del Parlamento Europeo a suffragio universale diretto. Il Consiglio dell'Unione Europea, con decisione del 25 giugno 2002 e del 23 settembre 2002, ha ritenuto opportuno procedere ad una modifica dell'atto relativo all'elezione dei membri del Parlamento dell’Unione Europea a suffragio universale diretto allo scopo di consentire tale elezione conformemente a principi comuni a tutti gli Stati membri, pur lasciando a questi ultimi la possibilità di applicare le rispettive disposizioni nazionali per gli aspetti non disciplinati dalla decisione stessa61. Le modifiche più significative riguardano la sostituzione del termine"rappresentante del Parlamento Europeo" con quello di "membro del Parlamento Europeo" e l’adozione, in via generalizzata, del sistema proporzionale e la possibilità per gli Stati membri di consentire il voto di preferenza secondo le modalità da essi stabilite. La decisione in commento stabilisce che l'elezione “si deve svolgere a suffragio universale diretto, libero e segreto" e precisa che, in funzione delle loro specificità nazionali, gli Stati membri possono costituire circoscrizioni elettorali per le elezioni al Parlamento Europeo o prevedere altre suddivisioni elettorali, senza pregiudicare complessivamente il carattere proporzionale del voto. Inoltre consente che gli Stati membri possano prevedere la fissazione di una soglia minima per l'attribuzione dei seggi, che non può superare a livello nazionale il 5 % dei suffragi espressi. Per quanto concerne la formula elettorale la decisione lascia agli Stati la facoltà di optare tra una delle varianti dello scrutinio di lista o di adottare il sistema “uninominale preferenziale” con riporto di voti di tipo proporzionale (comunemente chiamato come “voto singolo http://www.swetswise.com/link/access%5Fdb?issn=0964-4016; G. Vigevano, Parlamento Europeo: una nuova procedura elettorale uniforme, in Quaderni costituzionali, 2003, Biblioteca Università di Ferrara, L 5, cit., pp. 175 ss. 61 La decisione, che modifica l’Atto relativo all’elezione dei rappresentanti del Parlamento Europeo a suffragio universale diretto del 1976, è stata pubblicata nella GUCE del 21 ottobre 2002. Le nuove norme entrano in vigore con le elezioni del 2004 sempre che i singoli Paesi l’abbiano recepita con apposita legge nazionale. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 235 trasferibile” nell’intesa che le norme nazionali non devono nel complesso pregiudicare il carattere proporzionale del voto. Ciascuno Stato membro può, inoltre, fissare un massimale per le spese dei candidati relative alla spese elettorali62. I membri del Parlamento Europeo beneficiano dei privilegi e delle immunità loro applicabili in virtù del protocollo dell'8 aprile 1965 sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee. Si stabilisce inequivocabilmente che, a partire dall'elezione del Parlamento Europeo del 2004, la carica di membro del Parlamento Europeo è incompatibile con quella di membro del parlamento nazionale. In deroga a tale norma si precisa che: - i membri del Parlamento nazionale irlandese eletti al Parlamento Europeo in una votazione successiva possono esercitare il doppio mandato fino alle elezioni successive del Parlamento nazionale irlandese; - i membri del Parlamento nazionale del Regno Unito, che siano anche membri del Parlamento Europeo nel periodo quinquennale che precede le elezioni del Parlamento Europeo del 2004, possono esercitare il doppio mandato fino alle elezioni del 2009 per il Parlamento Europeo. La procedura elettorale è disciplinata in ciascuno Stato membro dalle disposizioni nazionali, che possono eventualmente tener conto delle peculiarità dei singoli Stati membri a condizione che non venga pregiudicato il carattere proporzionale del voto63. 62 V. Giulio Enea Vigevano, Parlamento Europeo: una nuova procedura elettorale uniforme, in Quaderni costituzionali, 1/2003, cit., pp. 175 ss. Cfr. inoltre: Federica Ameglio, Una proposta per l'Europa: una procedura elettorale uniforme per l'elezione del Parlamento Europeo. SCD-1986/39-C/0171, Anno 14. No. 2. 1986. p. 6574. [Periodical]. N.B. La necessità di un nuovo sistema elettorale, e la decisione del Consiglio in data 20 settembre 1976. Le difficoltà insite nel tentativo di armonizzare i vari sistemi adottati dai paesi della Comunità; l'inconciliabilità fra sistema elettorale maggioritario e rappresentanza proporzionale. Due proposte alternative: il sistema misto ed il single transferable vote. SCAD summary. 63 L’introduzione del sistema proporzionale come metodo obbligatorio è affermazione del tutto pleonastica in quanto gli Stati membri avevano già adottato il sistema proporzionale per l’elezione dei membri del Parlamento Europeo. Il Regno Unito, con l’European Parliamentary Election Act del 1999, aveva optato per il sistema proporzionale di lista a base regionale. 236 Capitolo IV Il Consiglio non ha affrontato le scottanti tematiche concernenti il “principio di prossimità” tra cittadini e membri del Parlamento Europeo nonché quelli di “transnazionalità” e della “rappresentanza proporzionale dei due sessi”. Se un seggio si rende vacante in corso di mandato quinquennale (per dimissioni, decesso o decadenza) ciascuno Stato membro stabilisce le opportune procedure per coprire i seggi, resisi vacanti, per la restante durata del mandato parlamentare. Una prima notazione riguarda la rappresentatività del Parlamento Europeo che il progetto di nuova costituzione contenuto nella convenzione sottoscritta prevede che i parlamentari rappresentino i cittadini dell'Unione64. Una seconda peculiarità è costituita dalla riduzione della discrezionalità della disciplina statale sul sistema elettorale. Mentre sulla base dell’atto del 1976 erano stati adottati sistemi elettorali nazionali per l’elezione del Parlamento Europeo molto diversi tra loro, la decisione del 2002 pone vincoli ben precisi ai legislatori nazionali. I membri del Parlamento sono, infatti, eletti <<a scrutinio di lista o uninominale preferenziale con riporto di voti di tipo proporzionale>> mentre i singoli Paesi <<possono consentire il voto di preferenza secondo le modalità da essi stabilite>>65. La maggiore omogeneità del sistema si è resa possibile dalla posizione assunta dalla Gran Bretagna che ha deciso di rinunciare al sistema maggioritario uninominale in favore di quello proporzionale. Altre novità riguardano la previsione di una disciplina più rigida sulle questioni delle ineleggibilità e/o incompatibilità rispetto a quanto previsto nell’atto di Bruxelles del 1976. La decisione del 2002 ha previsto l’incompatibilità tra la carica di parlamentare nello Stato mem64 L’art. 1-20, comma secondo, recita: “Il Parlamento Europeo è eletto a suffragio universale diretto dai cittadini europei, con uno scrutinio libero e segreto, per un mandato di cinque anni (…). La rappresentanza dei cittadini europei è garantita in modo regressivamente proporzionale, con la fissazione di una soglia minima di sei membri del Parlamento Europeo per Stato membro. 65 V. Pasquale Scaramozzino, Il voto di preferenza nelle elezioni europee 1979 – 1999, 2003; Luciano Bardi, Voto di preferenza e competizione intra-partitica nelle elezioni europee. Prospettive per una armonizzazione della legge elettorale (avec tableaux et annexe), 1988. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 237 bro e nell’organo comunitario; tale incompatibilità si aggiunge alle altre presenti nell’atto del 1976 tra le quali si ricordano: quella tra membro del PE e membro del Governo di uno Stato membro, della Commissione e della Corte di Giustizia (ed ora anche del Tribunale di I grado). Il Parlamento italiano ha ritenuto la decisione di cui ci si occupa non direttamente vincolante, ma da considerare come una direttiva da attuare con legge statale. Infatti sono state approvate due leggi: la prima n. 78 del 2004 recante: “Disposizioni concernenti i membri del Parlamento Europeo eletti in Italia” con la quale ha modificato la legge n. 18 del 1979. La seconda n. 90 del 2004 delle quali ci occupiamo in successivo paragrafo. 6.7 Definizione di una procedura elettorale uniforme (PEU) dopo l’approvazione della nuova Costituzione dell’Unione Europea. La nuova Costituzione dell’Unione Europea afferma il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento Europeo nei confronti di <<Ogni cittadino dell’Unione nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato>>. Inoltre essa dispone che i membri del Parlamento Europeo “sono eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto (II-99)”. La definizione di una procedura elettorale uniforme, in carenza di espressa formale previsione del dettato costituzionale europeo, è alquanto complessa e delicata, con ampie implicazioni giuridiche e politiche. La sua rilevanza è connessa allo stesso concetto di democrazia del sistema comunitario. Infatti non è sufficiente che il Parlamento Europeo sia eletto direttamente dai cittadini, ma occorre che ogni elettore abbia le stesse opportunità di scelta dei rappresentanti, in modo tale che vi sia una equa espressione della volontà popolare, se si vuole limitare, almeno in parte, il cosiddetto deficit democratico comunitario. Inoltre questa è una delle poche disposizioni dei trattati che ancora attende una completa attuazione. Ormai le modalità tecnico-giuridiche a cui si deve far riferimento sono state ampiamente individuate. Il continuo compromesso tra le diverse posizioni ed interessi presenti nella Comunità non può portare all’adozione di una PEU imprecisa nei suoi Capitolo IV 238 contenuti ed inadeguata allo scopo che gli Stati membri si sono prefissati. . Qui di seguito si riportano due tabelle che contengono i sistemi elettorali dei 25 Paesi Membri del Parlamento dell’Unione Europea. Stato Sistema elettorale Numero delle circoscrizioni Voto di preferenza Soglia di sbarramento Elettorato Attivo/Passivo Austria Proporzionale 1 Si 4% 18 19 Belgio Proporzionale 3 Si No 18 21 Danimarca Proporzionale 1 Si No 18 18 Finlandia Proporzionale 1 Si No 18 18 Francia Proporzionale 1 No 5% 18 23 Germania Proporzionale 1 No 5% 18 18 Grecia Proporzionale 1 No No 18 21 Irlanda Proporzionale 4 Si, trasferibile No 18 21 Italia Proporzionale 5 Si No 18 25 Lussemburgo Proporzionale 1 Si No 18 21 Olanda Proporzionale 1 Si No 18 18 Portogallo Proporzionale 1 No No 18 18 Regno Unito Ulster Proporzionale Proporzionale 78 1 Uninominale Si, trasferibile No 18 21 Spagna Proporzionale 1 No No 18 18 Svezia Proporzionale 1 Si 4% 18 18 Tabella 1: previsione delle leggi elettorali nazionali dei 15 Stati per le elezioni del Parlamento Europeo Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea Stato Sistema elettorale Cipro Proporzionale con metodo d’Hondt Malta Estonia Proporzionale con formula di HagenbachBischoff Proporzionale d’Hondt con serie distributiva 1, 2, 3, 4 ecc Lettonia Proporzionale con il metodo Sainte-Laguë (divisione in base ai numeri dispari consecutivi). Lituania Polonia Proporzionale sistema misto del membro aggiunto: ballottaggio Formula Hare Proporzionale con il metodo d’Hondt con formula Hare Niemeyer Repubblica Proporzionale con metodo HaCeca genbachBischoff Età per Numero delle Voto di Soglia elettorato circoscrizioni preferenza di attivo sbarramento collegio unico nazionale (80 Una sola No 18 seggi ripartiti preferenza in 6 collegi) un solo distretto eletto- voto unico No 18 rale nazionale trasferibile (con 65 seggi) Un solo collegio nazionale, comprendente 101 Una sola seggi ed 11 5% 18 collegi pluri- preferenza nominali (composti da 8 ed 11 seggi).. Sono previsti 100 seggi, distribuiti in 5 collegi pluri- Una sola 5% 18 nominali. preferenza È previsto un solo collegio a livello nazionale con più sottosezioni 239 Età per elettorato passivo 25 18 21 21 Una sola preferenza 5% 18 21 I seggi vengono attribuiti alle liste conUna sola correnti nei preferenza 13 collegi elettorali (voivodati). 5%. 18 21 5% 18 21 unico collegio elettorale na- Una sola zionale preferenza Capitolo IV 240 Stato Sistema elettorale Numero delle circoscrizioni Slovenia proporzionale Ungheria Proporzionale con metodo d’Hondt unico collegio elettorale nazionale Voto di preferenza Una sola preferenza no Soglia di sbarramento Età per elettorato attivo Età per elettorato passivo No 18 18 5% Maggiore età Maggiore età Tabella 2: previsione delle leggi elettorali nazionali dei nuovi 10 Stati per le elezioni del Parlamento Europeo Dall’analisi delle due tabelle si può notare che le variabili più significative sono rappresentate dal numero delle circoscrizioni elettorali, dall’espressione del voto di preferenza e dalle soglie di sbarramento. È possibile prevedere una procedura elettorale uniforme per le prossime elezioni del 2009 del Parlamento dell’Unione, in attuazione delle nuova Costituzione europea mediante un unico sistema proporzionale (con applicazione del metodo d’Hondt e con formula d’Hondt od altra) che preveda l’elezione dei membri del Parlamento dell’Unione Europea da parte del corpo elettorale comunitario in tante circoscrizioni (o collegi) elettorali nazionali (quali risultanti dai singoli ordinamenti degli Stati membri) che vengano rese omogenee ed omologhe in modo che l’elettorato europeo venga proporzionalmente rappresentato. È necessario che i partiti o quanti intendano partecipare a tali elezioni si organizzino a livello europeo in modo da consentire la presentazione delle singole liste nei Paesi interessati in un contesto europeo e che venga adottata apposita direttiva comunitaria da formulare sulla base dei principi comuni, generali e fondamentali dell’ordinamento comunitario66. 66 Atti della XV giornate europee di Perugia, Un sistema elettorale uniforme per le elezioni a suffragio diretto del Parlamento Europeo, Lussemburgo 21-22 Maggio 1987, Edizioni Scientifiche Italiane, 1987. Atti del Convegno, La riforma istituzionale per l’Italia e per l’Europa. Il sistema elettorale per il Parlamento Europeo, organizzato dall’Ufficio per l’Italia del Parlamento Europeo e dall’Università La Sa- Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 241 7. Partiti politici e Gruppi Politici nel Parlamento Europeo 7.1 Disciplina per la formazione dei gruppi parlamentari Il numero di deputati per ciascuno Stato membro è stabilito dai Trattati e dalla nuova Costituzione europea. Dal primo luglio 2004, all'indomani delle elezioni europee, la costituzione dei gruppi politici presenti al Parlamento Europeo è modificata per dare all'UE dei 25 una struttura politico-parlamentare rappresentativa e compatta. A partire da questa data per la creazione di un gruppo politico sono necessari almeno 19 deputati eletti in almeno 1/5 degli Stati membri. Fino al luglio 2004 invece il numero minimo di deputati richiesto per costituire un gruppo politico è stato il seguente: x almeno 23 se appartengono a 2 Stati membri x almeno 18 se appartengono a 3 Stati membri x almeno 14 se appartengono a 4 o più Stati membri. In aula, la ripartizione dei seggi non si basa sulle delegazioni nazionali bensì sul gruppo politico di appartenenza. Attualmente vi sono sette gruppi politici in cui si contano più di cento partiti nazionali (cfr. le due tabelle di seguito riportate). Non tutti i parlamentari appartengono ad un gruppo politico: questi sono classificati come “non iscritti” (NI). Molti gruppi politici sono legati a partiti organizzati a livello europeo, riconosciuti dal Trattato in quanto fattori di integrazione che <<contribuiscono a formare una coscienza europea e ad esprimere la pienza, Roma 6 Marzo 1998. F. Attinà, - F. Longo,. – S. Panebianco, Identità, partiti ed elezioni nell’Unione Europea, Cacucci Editore, Bari, 1995. GUCE 87/1982, Relazione Jean Seitlinger, Documento 1-988/81/A, approvato al Parlamento Europeo il 10 Marzo 1982. GUCE 115 del 26/4/1993, Relazione De Gucht, Documento A30152/93, approvato al Parlamento Europeo il 10 Marzo 1993. F. Lanchester, Votazioni elettive e innovazioni istituzionali: il dibattito nell’Unione Europea ed in Italia, relazione al Convegno: La riforma istituzionale per l’Italia e per l’Europa. Il sistema elettorale per il Parlamento Europeo, Roma, 6 Marzo 1998. Parlamento Europeo, Le leggi elettorali per le elezioni europee, documento di lavoro, Serie politica 13/riv.2,1997. 242 Capitolo IV volontà politica dei cittadini dell'Unione>>. Ciascun gruppo politico dispone di un presidente, di un ufficio di presidenza e di una segreteria67. Prima che avvenga la votazione durante la seduta plenaria, i gruppi politici analizzano quanto presentato dalle commissioni parlamentari e, se necessario, propongono gli emendamenti del caso. I deputati europei percepiscono la medesima indennità parlamentare dei deputati nazionali dei rispettivi paesi. Su iniziativa del Parlamento Europeo, il Trattato di Amsterdam prevede uno statuto comune a tutti i deputati europei che mira ad uniformare le differenze di trat67 V. Lucio Levi – Sergio Pistone – David Coombes, L’influenza dell’elezione europea sul sistema dei partiti, Fondazione Agnelli. Quaderno 19/1978, Ed. Fond. Agnelli, Torino, 1978; Dusan Sidianski (a cura di), Les parties politiques et les élections européennes, Dossier n. 2, Décembre, 1979, Dossiers de l’Institut Universitaire d’Etudes Européennes, Genève, 1979; Maria Valeria Agostini, Europa comunitaria e partiti europei, Le Monnier, Firenze, 1979; Antoine Boisson, Les parties politiques à l’Assemblée Commune de la communauté Européenne du Charbon et de l’Acier, European Yearbook, vo, V, Den Haag 1959; Gianni Bonvicini, Saverio Solari, (a cura di), I Partiti e le elezioni del Parlamento Europeo, Istituto Affari Internazionali, Roma, editrice Il Mulino, Bologna, 1979; François Borella, Les parties politiques dans l’Europe des Neuf, Ed. Du Seuil, Paris, 1979; Sebastiano Corrado,Elezioni e partiti in Europa, Feltrinelli, Milano, 1979; dello stesso autore, Gli euro partiti, Speciale in: Comunità europee, n. ¾ 1989, Roma 1980; Rudolf Dadder, Die Parteien in der Europäischen Gemeinschaft, Pongtes Verlag, Andernach, 1978; J. 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Tabella 1 - I gruppi politici presenti nel Parlamento Europeo - 5a legislatura: 1999 – 2004 GRUPPI POLITICI : PPE-DE 232 Gruppo del Partito popolare europeo (Democratico-cristiano) e Democratici europei PSE 175 Gruppo del Partito del socialismo europeo ELDR 54 Gruppo del Partito europeo dei liberali, democratici e riformatori GUE/NG Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica 50 Verts/AL Gruppo Verde/Alleanza libera europea E 45 UEN 22 Gruppo "Unione per l'Europa delle nazioni" EDD 17 Gruppo per l'Europa delle democrazie e delle diversità NI 31 Non iscritti 626 deputati - situazione al 6 gennaio 2003 prima dell’ampliamento dell’Unione a 25 membri 244 Capitolo IV Tabella 2 – Distribuzione dei partiti in gruppi - 6a legislatura 2004- 2009 Gruppi politici: PPE-DE 268 PSE 202 ALDE 88 Verts/ALE 42 GUE/NGL 41 Gruppo del Partito popolare europeo (Democraticicristiani) e dei Democratici europei Gruppo socialista al Parlamento Europeo Gruppo dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa Gruppo Verde/Alleanza libera europea Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica IND/DEM 36 Gruppo Indipendenza/Democrazia UEN 27 Gruppo "Unione per l'Europa delle nazioni" NI 28 Non iscritti Totale 732 deputati Situazione all’8 dicembre 2004 Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 245 Dall’analisi del confronto fra i risultati delle elezioni della V e VI legislatura emerge che il Gruppo del Partito Popolare Europeo passa da 232 a 268 parlamentari con un incremento del 15,52% mentre il Gruppo socialista registra un incremento del 15,43%. Sostanzialmente i maggiori gruppi politici presenti in Parlamento nelle due legislature si equivalgono. I raggruppamenti non rispecchiano la volontà dell’elettorato dei singoli paesi facenti parte dell’Unione: ciò significa che il sistema deve essere opportunamente modificato, impedendo accorpamenti in gruppi di europarlamentari che rispecchino i partiti tradizionali presenti in ciascun Paese68. 7.2 Finanziamento dei partiti politici a livello europeo: illegittima esclusione dei partiti politici minori L’Unione Europea contribuisce alle spese dei gruppi politici presenti nel Parlamento per l’organizzazione delle campagne elettorali e per le varie spese di rappresentanza dei partiti stessi69. Il Parlamento ed il Consiglio dell'Unione Europea - sul dichiarato presupposto che i partiti politici a livello europeo sono un importante fattore per l'integrazione in seno all'Unione e contribuiscono a formare una coscienza europea e ad esprimere la volontà politica dei cittadini dell'Unione – emanavano in data 04/11/2003, ai sensi e per gli effetti dell'art. 191 TCE, e deliberando secondo la procedura di cui all'art. 251 TCE, il Regolamento (CE) n. 2004/2003 relativo allo Statuto ed al finanziamento dei partiti politici a livello europeo70. Tale regolamento, nella parte concernente le disposizioni relative alla definizione dei presupposti previsti per la concessione del finan68 V. L. Bardi, Parties, and Party System in the European Unione National and Supranational Dimension, in R. Luther, F. Müller – Rommel (a cura di), Political Parties in the New Europe, Political and Analytical Challenges, Oxford University Press, Oxford, 2002, pp. 293-321. 69 V. Morgan Larhant, Le financement des campagnes électorales européennes, 2004 cit.; Michel Verpeaux, Le financement des partis politiques : la loi nationale et l’Europe (a propos de l’arrêt du Conseil d’Etat, 8 dicembre 2000, cit. Parti nationaliste basque ERI- PNB, 2002 ; ACE project : administration and cost of elections : the user's guide to the ACE project electronic resources. - 1999 [http://www.aceproject.org/.]. 70 Pubblicato sulla G.U.C.E. in data 15/11/2003 246 Capitolo IV ziamento dei partiti politici a livello europeo, definisce come tali solo quei partiti che risultino quantitativamente presenti in un certo numero di Stati membri, e giunge a fissare una soglia minima di presenza (meramente numerico-quantitativa) al di sotto della quale qualsivoglia partito o movimento o credo politico non potrà essere considerato "di livello europeo". Il combinato disposto degli artt. 3§1, lett. b) primo e secondo periodo, lett. d), e 4§1,2 lett. a) statuisce, infatti, che:"Per beneficiare di un finanziamento a carico del bilancio generale dell'Unione Europea, un partito politico a livello europeo deve: - essere rappresentato, in almeno un quarto degli Stati membri, da membri del Parlamento Europeo o nei Parlamenti nazionali o regionali o nelle assemblee regionali; - aver ricevuto in almeno un quarto degli Stati membri, almeno il 3% dei voti espressi in ognuno di tali Stati membri in occasione delle ultime elezioni del Parlamento Europeo; - aver partecipato alle elezioni del Parlamento Europeo o averne espresso l'intenzione. Conseguentemente, tutti i partiti non dotati della prevista rappresentatività (pur se presenti in seno al PE) non verrebbero giuridicamente considerati di "livello europeo" e risulterebbero, pertanto, esclusi dalla concessione del finanziamento. Tale esclusione risulta contraria alle disposizioni dei Trattati71 in quanto l'Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri (art. 6§1 TUE). L'Unione rispetta i diritti fondamentali garantiti dallo Costituzione nella quale è stata recepita la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 04/11/1950, che sono patrimonio comune delle tradizioni costituzionali degli Stati membri. 71 V. F. Lanchester, Finanziamento della politica ed uguaglianza delle opportunità, in Quaderni costituzionali, 1999, fasc. I (aprile), pp. 126 – 132, (pubblicato anche come Das – Gesetz zur freiwilligen Finanzierung von Parteien und politischen Bewegungen in Italien in Jahrbuch des offenticlen Rechts der Gegenwart – 46 (1998), pp. 475 – 481. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 247 Nell'esercizio dei propri poteri e nel perseguimento dei propri obiettivi l'Unione si è impegnata al rispetto di tali diritti, che costituiscono principi generali dell’ordinamento comunitario72. L'Unione non può ammettere provvedimenti incompatibili coi propri principi e coi diritti fondamentali comunemente riconosciuti dalle costituzioni degli Stati membri. Il disposto regolamentare costituisce palese violazione del principio di non discriminazione che vieta che situazioni analoghe siano trattate in maniera diseguale o che situazioni diverse siano trattate in maniera uguale73. Orbene, la previsione della concessione dei fondi dell'Unione in capo a quei soli partiti politici che siano <<rappresentati, in almeno un quarto degli Stati membri, da membri del Parlamento Europeo o nei Parlamenti nazionali o regionali o nelle assemblee regionali>> o che <<abbiano ricevuto in almeno un quarto degli Stati membri, almeno il 3% dei voti espressi in ognuno di tali Stati membri in occasione delle ultime elezioni del Parlamento Europeo>>, è indubbiamente lesiva e discriminante nei confronti dei partiti (e dei loro rappresentanti eletti) che, pur non rispondendo ai menzionati criteri quantitativi, hanno comunque ricevuto un mandato popolare di rappresentanza politica in seno al Parlamento Europeo. La dichiarazione n. 11 relativa all'art 191 del Trattato che istituisce la Comunità europea, allegato all'atto finale del Trattato di Nizza, escludendo la concessione di finanziamenti ai soli partiti politici di livello nazionale, prevede che le disposizioni sul finanziamento dei partiti politici a livello europeo si applichino, su una stessa base, a tutte le forze politiche europee rappresentate in seno al Parlamento Europeo. I rappresentanti europei non rientranti nei limiti di cui all'art. 3 si vedono riservare un trattamento ingiustificatamente ed illegittimamente discriminatorio rispetto ad altri rappresentanti europei, detentori di un eguale mandato di rappresentanza politica, raggruppati in schieramenti territorialmente più diffusi e quantitativamente più ampi. 72 Dichiarazione comune del PE, del Consiglio e della Commissione, 5 aprile 1977 (Gu 103, 27/04/1977). 73 Vedi, in particolare, sentenza della Corte 28 giugno 1990, causa C-174/89, Hoche, Racc. pag. I-2681, punto 25, e la giurisprudenza ivi citata. 248 Capitolo IV Gli atti adottati dalle istituzioni comunitarie debbono essere opportuni e necessari per conseguire lo scopo prefisso, fermo restando che, qualora si presentasse e si imponesse una scelta tra più misure appropriate allo scopo, si imporrebbe il ricorso alla misura meno restrittiva e meno lesiva dei diritti costituzionali74. Orbene, non risulta affatto caratterizzato da proporzionalità il tenore di una disposizione regolamentare che esclude in toto i rappresentanti dei partiti politici, pur presenti in seno al Parlamento Europeo ma non rientranti nei limiti quantitativi di cui all'art. 3, dal godimento di qualsivoglia minimo finanziamento, invece riconosciuto in notevole e sproporzionata misura ai rappresentanti di altre organizzazioni politiche territorialmente più diffuse. La previsione di una pur minore, modica e proporzionata quota di ristoro ai rappresentanti di tutte le forze politiche presenti in seno al Parlamento Europeo, sarebbe certo più rispettosa del rilevato principio, ed eviterebbe che alcuni tra i membri del Parlamento Europeo vedano compromesse - in misura maggiore rispetto a quanto necessario per la realizzazione degli obiettivi prefissi dal Regolamento 2004/2003 - le prerogative finanziarie per l'esercizio del mandato parlamentare democraticamente conferito. Quando interviene nell'ambito dell'affermazione di un principio politico (ovverosia l'istituzione di partiti politici a livello europeo), l'Unione non può permettere il verificarsi di un vulnus al principio di proporzionalità. La regolamentazione del finanziamento dei partiti politici, applicabile <<su una stessa base a tutte le forze politiche europee rappresentate in seno al Parlamento Europeo>>, non può non essere realizzata senza il rispetto di tale fondamentale principio. La norma contestata appare per più versi non sorretta da sufficienti ragioni sotto il profilo della proporzionalità, al quale ogni restrizione di diritti costituzionali deve ubbidire. 74 Vedi, in particolare, sentenze della Corte di Giustizia 17 maggio 1984, causa 15/83, Denkavit Nederland, Racc. p. 2171, punto 25, e 11 luglio 1989, causa 265/87, Schräder, Racc. pag. 2237, punto 21. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 249 Nel caso di specie si ravvisa, inoltre, la violazione del “principio di uguaglianza” che negli Stati membri e nell’Unione viene ricompresso tra i principi fondamentali. Il Regolamento in discussione, accordando sostegno finanziario ai partiti maggiormente diffusi ed escludendo i partiti dotati di minore rappresentatività territoriale, si pone su un piano di palese violazione del principio di uguaglianza. Deve essere ricordato che i membri del Parlamento Europeo sono tutti investiti di un mandato che è stato loro conferito democraticamente dagli elettori e assumono la stessa funzione di rappresentanza politica a livello europeo. La minore o maggiore rappresentatività di una forza politica giustifica senza dubbio la differenziazione anche sensibile nella determinazione dei finanziamenti da concedere, ma non certo la totale esclusione. La limitazione dei finanziamenti costituisce per i rappresentanti di una forza politica una limitazione della libertà d'opinione e d'espressione, mentre le opinioni e l'immagine esterna nella conduzione della vita politica si realizzano e si diffondono solo mediante l'impiego di mezzi finanziari. Ogni cittadino che adempie i requisiti costituzionali e che risulta eletto in seno al Parlamento Europeo deve, quindi, poter proporzionalmente usufruire di pari opportunità nell'ambito della contesa elettorale. Un intervento delle Istituzioni che dovesse favorire le opportunità delle forze esistenti a scapito di quelle degli altri partecipanti sarebbe illecito. Con l'esclusione dal finanziamento dei rappresentanti dei partiti politici non rientranti nei limiti quantitativi previsti si favorisce illegittimamente chi già può disporre di cospicui mezzi propri e di un'organizzazione consolidata con maggiori capacità di spesa. La limitazione prevista finirebbe quindi per accentuare la già esistente ed originaria discrepanza tra la capacità finanziaria dei candidati dei vari gruppi politici e, quindi, anche le loro opportunità nell'ambito della contesa elettorale (violazione del “principio delle pari opportunità”). 250 Capitolo IV Risulta violato, poi, anche il “ principio di democrazia”, che è comune agli Stati membri e che rientra fra i fondamenti della costruzione comunitaria. Tale principio implica che i popoli partecipino all'esercizio del potere per il tramite di un'assemblea rappresentativa e che venga garantito il collegamento diretto tra rappresentanti e rappresentati75. La strutturazione dell’Unione e delle Comunità in partiti politici di livello europeo risponde a una serie di obiettivi legittimi, dettati al tempo stesso dalla realtà sociopolitica propria delle democrazie parlamentari, dalle sue specificità nei confronti delle assemblee parlamentari nazionali e dalle funzioni e responsabilità previste dal Trattato dell’Unione. È innegabile, però, che alla realizzazione di tali obiettivi contribuiscono grandemente anche i partiti politici territorialmente meno diffusi sulla scena politica europea, ma dotati di spiccati e ben precisi programmi ed orientamenti europei. L'esclusione di questi ultimi dal finanziamento previsto rappresenta un grave vulnus alla democrazia, intesa nell'affermazione del senso di garanzia del rapporto diretto e costante tra eletti ed elettori. Il divieto di accedere ai finanziamenti comunitari priverebbe un rappresentante parlamentare appartenente ad una forza politica minore, delle prerogative riservate ad altre forze politiche solo territorialmente più diffuse, ed ostacolerebbe gravemente l'esercizio del mandato che è stato democraticamente conferito. Tale divieto incide anche sulla rappresentanza politica degli elettori. La competizione politica è, infatti, libera e democratica unicamente se lo è pure la possibilità di accedervi, nel senso che il costo delle indispensabili spese previste per la campagna elettorale e la diffusione dei programmi politici non escluda a priori taluni candidati o talune formazioni politiche. Ancora, il principio di libertà di associazione, sancito dall'art. 11 della CEDU e dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, peraltro riaffermata dal preambolo dell'Atto unico eu75 Sentenza del Tribunale 17 giugno 1998, causa T-135/96, UEAPME/Consiglio, Racc. p. II-2335, punto 88 Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 251 ropeo e dall'art. 6, n. 2, UE, sono oggetto di tutela nell'ordinamento giuridico comunitario76. Tale principio consta anche della libertà di non aderire ad alcuna associazione o di aderirvi liberamente e senza alcuna costrizione. L'impugnata disposizione regolamentare, invece, laddove coartasse la volontà dei rappresentanti di un partito politico non rientranti nei limiti di cui all'art. 3 e li inducesse a confluire in unità con altre formazioni politiche per non vedersi estromessi e privati dei finanziamenti comunitari (talvolta indispensabili per la stessa sopravvivenza del partito), si rivelerebbe lesiva della spontaneità della decisione, con evidente pregiudizio della libertà di associazione e con grave danno per la stessa vita democratica dell’Unione, che sarebbe rappresentata da forze politiche già esistenti che verrebbero in certo qual modo potenziate. Per la fattispecie in esame si può, inoltre, configurare, secondo costante giurisprudenza, lo sviamento di potere quando risulta che l'atto impugnato sia stato adottato allo scopo determinante di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati77. La dichiarazione n. 11/3 relativa all'art. 191 TCE, allegata all'atto finale del Trattato di Nizza, rileva che <<le disposizioni sul finanziamento dei partiti politici si applicano, su una stessa base, a tutte le forze politiche rappresentate nel Parlamento>>. Da tali condivisibili premesse, il Regolamento 2004/2003 avrebbe dovuto estendere le garanzie finanziarie previste a tutte le forze politiche rappresentate nel Parlamento (con l'esclusione di quelle a mero livello nazionale), su basi di parità. Il Regolamento impugnato, invece, vede la propria stessa adozione basata su finalità del tutto differenti ed avulse rispetto a quelle originarie. Infatti, l'apposizione dei limiti quantitativi lamentati e la conseguente esclusione dal finanziamento anche di quelle forze politiche rappresentate in Parlamento (quale quella di appartenenza del ricor76 Vedi, in particolare, sentenze della Corte di Giustizia 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman e a., Racc. p. I-4921, punto 79, e 8 luglio 1999, causa C-235/92 P, Montecatini/Commissione, Racc. p. I-4539, punto 137. 77 Vedi, in particolare, sentenze della Corte di Giustizia 25 giugno 1997, causa C-285/94, Italia/Commissione, Racc. pag. I-3519, punto 52, e del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-143/89, Ferriere Nord/Commissione, Racc. p. II-917, punto 68. 252 Capitolo IV rente) a tutto vantaggio delle forze politiche maggiori, testimoniano ex se il perseguimento palese di uno scopo diverso e opposto rispetto alla prevista applicazione del finanziamento a tutte le forze politiche europee rappresentate in seno al PE. 8. Direttiva 94/80/CE del Consiglio del 19 dicembre 1994: modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali 8.1 Presupposti della Direttiva Il Consiglio ha adottato la Direttiva in esame, su proposta della Commissione e dopo aver acquisito i pareri del Parlamento Europeo, del Comitato Economico e Sociale, del Comitato delle Regioni e nel presupposto che il trattato sull'Unione Europea costituisce una nuova tappa nel processo di creazione di un'unione sempre più stretta fra i popoli dell'Europa78. Al riguardo le disposizioni del titolo II del trattato sull'Unione Europea prevedono l’istituzione di una cittadinanza dell'Unione di cui beneficiano tutti i cittadini degli Stati membri da cui discendono un complesso di diritti e di doveri. Il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro di residenza rappresenta un'applicazione del principio di uguaglianza e di non discriminazione fra cittadini e non cittadini, nonché un corollario del diritto di libera circolazione e di soggiorno, san- 78 V. Service Central de Législation de Luxembourg, Recueil de la législation sur le élections législatives, communale et européennes, 1999; Lewis .Jeffrey, Is the ‘Hard Bargaining’ Image of the Council Misleading? The Committee of Permanent Representatives and the local Elections Directive, 1998; Jean Marie Pontier, Le vote des citoyens de l’Union Européenne aux élections municipales, 1998; Rapport de la Commission au Parlement européen et au Conseil sur l'application de la directive 94/80/CE du Conseil fixant les modalités de l'exercice du droit de vote et d'éligibilité aux élections municipales/UE, Commission européenne – 2002 ; Report from the Commission to the European Parliament and the Council on the application of Directive 94/80/EC on the right to vote and to stand as a candidate in municipal elections / EU, European Commission. – 2002; Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 253 cito dall'articolo 8 A del trattato dell’Unione79. Tale norma ha lo scopo di consentire a tutti i cittadini dell'Unione, siano essi o meno cittadini dello Stato membro di residenza, di esercitare nell'Unione il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali alle stesse condizioni dei cittadini residenti. Ai cittadini di altri Stati membri non dev'essere poi imposto il possesso di requisiti speciali, a meno che, in casi eccezionali, circostanze specifiche giustifichino un trattamento differenziato. La norma citata riconosce il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali dello Stato membro di residenza senza però sostituire tale diritto al diritto di voto e di eleggibilità nello Stato membro di origine. Nella nozione di “elezione comunale” rientrano le elezioni a suffragio universale e diretto a livello degli enti locali di base e delle loro suddivisioni nonché delle assemblee o degli organi rappresentativi comunali, ivi comprese anche le elezioni dei membri dell'organo esecutivo locale. Le attribuzioni dell'organo esecutivo degli enti locali di base possono comportare una partecipazione all'esercizio di potestà pubbliche e alla tutela di interessi generali. È pertanto opportuno consentire agli Stati membri di riservare queste funzioni ai propri cittadini e di attribuire agli Stati membri la facoltà di prendere a tal fine misure adeguate, le quali non possono violare la “par condicio”. Qualsiasi deroga alle norme generali della direttiva in esame dev'essere giustificata da problemi specifici di uno Stato membro, come nel caso in cui la percentuale di cittadini di altri Stati membri dell'Unione che vi risiedono senza averne la cittadinanza e che hanno raggiunto l'età del voto superi molto significativamente la media. Una quota superiore al 20% di questi cittadini rispetto al totale dell'elettorato potrebbe giustificare la previsione di disposizioni derogatorie che si basino sul criterio della durata della residenza. Il Regno del Belgio presenta caratteristiche ed equilibri propri, 79 V. G. Ferrari, “Elezioni” (teoria generale), in Encicl. Dir., XIV, Milano, 1965, pp. 607 ss.; G. Palma, Elezioni (elettorato e liste elettorali), in Enc. Del diritto, XIV, Milano, 1965, pp. 972 ss.; Jean-Marie Pontier, Le vote des citoyens de l'Union européenne aux élections municipales, 1998, cit.; André Fanton, Elections municipales: vers une participation des résidents communautaires?, 1994 254 Capitolo IV connessi al fatto che la sua costituzione contempla tre lingue ufficiali ed una ripartizione in regioni e comunità e, quindi, l'applicazione integrale della direttiva in taluni comuni potrebbe avere effetti tali da rendere opportuno prevedere una possibilità di deroga alle disposizioni della direttiva stessa per tener conto di tali specificità ed equilibri. 8.2 Modalità esercizio diritto di voto dei cittadini dell’Unione in Stato membro di cui non hanno la cittadinanza La direttiva in esame stabilisce le modalità secondo cui i cittadini dell'Unione, residenti in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza, possono esercitarvi il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali80. In sintesi ha il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali nello Stato membro di residenza ogni persona che: a) sia cittadino dell'Unione; b) pur non essendone cittadino possieda, tuttavia, i requisiti cui la legislazione dello Stato membro di residenza subordina il diritto di voto e di eleggibilità dei propri cittadini81. 80 Ai sensi dell’art. 2 della direttiva in esame, si intendono per: - «Elezioni comunali», le elezioni a suffragio universale diretto volte a designare i membri dell'organo rappresentativo e, se del caso, a norma della legislazione di ciascuno Stato membro, il capo e i membri dell'organo esecutivo dell'ente locale di base”. - «Stato membro di residenza» lo Stato membro in cui il cittadino dell'Unione risiede senza averne la cittadinanza; - «Stato membro d'origine» lo Stato membro di cui il cittadino dell'Unione ha la cittadinanza; - «Liste elettorali», il registro ufficiale di tutti gli elettori che hanno il diritto di votare in un determinato ente locale di base o in una delle sue circoscrizioni, compilato ed aggiornato dall'autorità competente secondo la legge elettorale dello Stato membro di residenza, oppure il registro della popolazione residente se vi è indicata la qualità di elettore; - «Giorno di riferimento», il giorno o i giorni in cui il cittadino dell'Unione deve possedere, a norma della legislazione dello Stato membro di residenza, i requisiti prescritti per essere ivi elettore o eleggibile; - «Dichiarazione formale», la dichiarazione rilasciata dall'interessato, la cui inesattezza è passibile di sanzioni a norma della legge nazionale applicabile. 81 V. S. Furlani , “Elettorato attivo”, in NN. D. I., VI, Torino, 1960, pp. 453 ss.; Sull’elettorato e sulle liste, vedi: G.B. Rizzo, perdita e riacquisto del diritto Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 255 Qualora ai cittadini dello Stato membro di residenza, per essere elettori o eleggibili, sia prescritto il compimento di un periodo minimo di residenza nel territorio nazionale, chiunque sia elettore o eleggibile è considerato in possesso di tale requisito se ha risieduto in altri Stati membri per un periodo equivalente82. Gli Stati membri possono disporre che l'eleggibilità alle funzioni di capo dell'organo esecutivo di un ente locale di base, di supplente o di membro dell'organo direttivo collegiale sia esclusivamente riservata ai propri cittadini. Possono parimenti disporre che sia riservato ai propri cittadini l'esercizio delle funzioni di capo, di supplente o di membro dell'organo direttivo collegiale esecutivo di un ente locale di base, anche se svolte solo a titolo transitorio e interinale. I cittadini dell'Unione, che sono eletti membri di un organo rappresentativo locale, non possono partecipare alla designazione degli elettori di un'assemblea parlamentare né all'elezione dei membri di tale assemblea. Gli Stati membri possono disporre che la qualità di membro del consiglio comunale nello Stato membro di residenza sia incompatibile anche con l'esercizio, in altri Stati membri, di funzioni equivalenti a quelle che, nello Stato membro di residenza, determinano una incompatibilità. L'elettore esercita il suo diritto di voto nello Stato membro di residenza qualora ne abbia espresso la volontà. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per consentire all'elettore, cittadino di altro Stato membro, di essere iscritto nelle liste elettorali in tempo utile prima della consultazione elettorale a condizione che fornisca le stesse prove dell'elettore cittadino dello Stato in all’elettorato attivo, NR., 1983, pp. 342 ss.; per questioni attinenti al rigetto della domanda di iscrizione nelle liste elettorali, vedi: Il ricorso gerarchico improprio in materia elettorale, Al, 1983, pp. 70 ss.; G.B. Rizzo, Natura giuridica e impugnazione delle deliberazioni adottate dalla Commissione elettorale mandamentale, nr, 1984, pp. 924 ss.; F. Finocchiaro, Impugnazione della cancellazione dalle liste elettorali, GIC, 1985, I, p. 2200; G. Coscia, Problemi dell’elettorato attivo: la natura del contenzioso, A1, 1980, p. 233. 82 V. Andrea De Guttry, Elettorato attivo e passivo dei cittadini dell’Unione Europea residenti in Italia nelle consultazioni per l’elezione dei consigli comunali, in Quaderni dell’Osservatorio elettorale n. 36 (dicembre) 1996. 256 Capitolo IV cui si svolge la consultazione elettorale.83 Lo Stato membro di residenza può, inoltre, esigere la presentazione di un documento d'identità valido e una dichiarazione formale che indichi la sua cittadinanza e il suo indirizzo nello Stato membro di residenza84. 8.3 Considerazioni sull’applicazione della direttiva 94/80/CE La direttiva 94/80/CE sulle leggi elettorali nelle elezioni comunali concede a ogni cittadino il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali dello Stato membro di residenza senza però sostituire tale diritto al diritto di voto e di eleggibilità nello Stato membro di origine, ampliando in tal modo le possibilità d'azione dei cittadini dell'Unione. A tutela dei propri interessi sovrani, gli Stati membri possono stabilire che solo i propri cittadini siano eleggibili alle funzioni dell'organo esecutivo dell'ente locale di base. Secondo alcune leggi elettorali na83 V. Parlamento Europeo: il progetto di procedura elettorale uniforme, ult. citato, pp.148-154; 84 All'atto del deposito della dichiarazione di candidatura, l’elettore di cui ci si occupa deve fornire le stesse prove richieste ai candidati cittadini dello Stato in cui si svolge la consultazione elettorale. Lo Stato membro di residenza può esigere che presenti una dichiarazione formale che indichi la sua cittadinanza e il suo indirizzo nello Stato membro di residenza. Inoltre, lo Stato membro di residenza può esigere che la persona avente titolo: a) indichi, all'atto del deposito della propria candidatura, di non essere decaduto dal diritto di eleggibilità nello Stato membro di origine; b) in caso di dubbio sul contenuto della dichiarazione o quando la legislazione di uno Stato membro lo esiga, presenti, prima o dopo le elezioni, un attestato nel quale le autorità amministrative competenti dello Stato membro di origine dichiarino che l'interessato non è decaduto dal diritto di eleggibilità in tale Stato, ovvero che ad esse non consta tale decadenza; c) presenti un documento d'identità in corso di validità; d) indichi nella dichiarazione formale di non esercitare alcuna delle funzioni incompatibili ed il suo ultimo indirizzo nello Stato membro di origine. Lo Stato membro di residenza informa in tempo utile l'interessato dell'esito della sua domanda d'iscrizione nelle liste elettorali o della decisione relativa alla ricevibilità della sua candidatura. Contro la non iscrizione nelle liste elettorali, il rifiuto della domanda di iscrizione nelle liste elettorali o di rigetto della sua candidatura, l'interessato può presentare gli stessi ricorsi che la legislazione dello Stato membro di residenza offre, in casi analoghi, ai suoi cittadini elettori e eleggibili. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 257 zionali rientrano in tale partecipazione agli organi esecutivi anche le votazioni di singole decisioni cittadine, da distinguere rispetto alle elezioni comunali generali. Non si deve tuttavia limitare all'estremo la possibilità dei cittadini di altri Stati membri di esercitare il diritto di eleggibilità. Trattandosi dell'accesso alle elezioni comunali, sempre in virtù di tale direttiva, tutti i cittadini dell'Unione sono considerati fondamentalmente come cittadini nazionali. Gli Stati possono adottare disposizioni derogatorie – come ad esempio un periodo minimo di residenza più elevato quale condizione per l'accesso all'elezione comunale – qualora la percentuale dei cittadini dell'Unione che in essi risiedano senza averne la cittadinanza superi la percentuale del 20%. Si possono citare i casi del Lussemburgo, e del Belgio che, per un numero limitato di comuni, tengono conto di talune specificità e dell'equilibrio dei vari gruppi della popolazione di tale nazione. Si tratta di limitazioni all’esercizio del diritto di elettorato attivo e passivo che si giustificano con il carattere di elezione interessanti gli enti locali che peraltro devono restare limitate a tali elezioni senza alcuna possibilità di essere estese all’elezione dei Parlamentari europei. Capitolo 5 Elezione dei membri dell'Italia nel Parlamento dell’Unione Europea 1. Il sistema elettorale Le fonti normative sono costituite dalla legge 24 gennaio 1979, n. 181, come modificata dalla legge 9 aprile 1984, n. 612, dalla legge 18 gennaio 1989, n. 93, dal D.L. 24 giugno 1994, n. 408, dalla legge n. 78 del 27 marzo 2004 4e dalla legge n. 90 del 20045. Salvo quanto disposto dalla legge suindicata, per l'elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento Europeo, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni6. I lavoratori dipendenti da enti pubblici o da privati datori di lavoro che siano stati ammessi come candidati per l'elezione a rappresentanti al Parlamento Europeo, possono chiedere di essere collocati in aspettativa non retributiva fino al giorno della votazione7. Con riferimento a tali fonti normative sono state emanate le circolari del Ministero dell'interno 17 dicembre 1998, n. 110/98 e del Ministero delle finanze 26 settembre 1997, n. 257/E. I rappresentanti dell'Italia al Parlamento Europeo sono eletti a suffragio universale con voto diretto, libero e segreto attribuito a liste di 1 Gazz. Uff. 30 gennaio 1979, n. 29. Gazz. Uff. 11 aprile 1984, n. 101. 3 Gazz. Uff. 23 gennaio 1989, n. 18. 4 Gazz. Uff. 29 marzo 2004 ,n. 74 5 V. F. Lanchester, La legge elettorale europea del 1984. Seminario internazionale, Milano, Giuffré, 1981, cit., pp. 4, 33, 57, 131 e 137. 6 V. Celso Chini, La partecipazione italiana all’elezione del Parlamento Europeo, in Quaderni dell’Osservatorio elettorale, n. 3, luglio 1978. 7 Ai dipendenti dello Stato e di altre pubbliche amministrazioni, ai magistrati, nonché ai dipendenti degli enti ed istituti di diritto pubblico sottoposti alla vigilanza dello Stato, che siano eletti rappresentanti del Parlamento Europeo, si applicano le disposizioni dell'articolo 4 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261. 2 258 Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 259 candidati concorrenti8. Il sistema elettorale è a rappresentanza proporzionale senza soglia di sbarramento9. Il conteggio dei voti e la ripartizione dei seggi si fanno a livello nazionale. L’Italia dispone di 78 (contro i precedenti 87) seggi. Il territorio nazionale è suddiviso in 5 circoscrizioni elettorali (Nord-Ovest, 22 seggi; Nord-Est, 15 seggi; Centro, 16 seggi; Sud, 19 seggi; Isole, 19 seggi). Il complesso delle circoscrizioni elettorali forma il collegio unico nazionale. L'assegnazione del numero dei seggi alle singole circoscrizioni è effettuata, sulla base dei risultati dell'ultimo censimento generale della popolazione, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'Interno, da emanarsi contemporaneamente al decreto di convocazione dei comizi elettorali. La ripartizione dei seggi si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica per il numero dei rappresentanti spettante all'Italia e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti10. I seggi vengono assegnati ai candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di voti di preferenza, che può essere espresso a favore di 3 candidati nella circoscrizione del Nord-Ovest, di 2 candidati nelle circoscrizioni del Nord-Est, del Centro e del Sud, e di 1 candidato nella circoscrizione delle Isole. I seggi vacanti vengono assegnati ai primi candidati non eletti delle liste. Se in una circoscrizione una lista non ha raccolto il numero sufficiente di voti per l’assegnazione di un seggio, questi voti vengono riportati nella circoscrizione in cui la lista del partito in questione ha ottenuto la maggioranza relativa dei voti. Le funzioni delle elezioni non possono essere valutate in maniera astratta e prescrittiva, ma attraverso un’analisi concreta che deve dar conto del contesto in cui queste si inseriscono 8 V. Roberto Barzanti, Un sistema elettorale uniforme per il Parlamento Europeo: tentativi europei e anomalie italiane, cit. pp.21 ss. 9 V. F. Lanchester, I partiti nel sistema politico italiano, in Nord e Sud, 1975, fasc. 3 (aprile), pp.106 – 118. 10 Art. 1, L. 9 aprile 1984, n. 61 in Gazz. Uff. 11 aprile 1984, n. 101, che ha abrogato tutte le disposizioni con essa incompatibili. 260 Capitolo V Le elezioni devono servire, in una democrazia rappresentativa, a legittimare il sistema, a determinare gli orientamenti politici fondamentali ed a preporre alla loro attuazione le persone (candidati) scelti dagli elettori. Le elezioni hanno il compito principale di legittimare il <<sistema politico nel suo complesso ed in particolare a designare i soggetti11 cui viene affidata l’investitura per esercitare il potere di suprema “direzione politica”>>12. Se si tiene conto che il potere di direzione politica non è affidato al Parlamento ma al Consiglio, che la maggioranza degli elettori preferiscono disertare le votazioni e che gli europarlamentari, dopo l’elezione, si inseriscono in gruppi disomogenei rispetto ai voleri degli 11 V. F. Lanchester, Osservazioni critiche su una proposta di sistema elettorale europeo, in Rivista trim. di diritto pubblico, 1980, fasc. 3 (settembre), pp. 956 – 962; dello stesso autore: Rappresentanza, responsabilità e tecniche di espressione del suffragio, Roma, Bulzoni, 1990, cit. p. 213; Gli strumenti della democrazia, Lezioni di diritto costituzionale comparato, Milano, Giuffré 2004, cit p. 547,.; Quale riforma della rappresentanza politica?, Milano, Giuffré, 1985, p. 143, cit.; Partecipazione e rappresentanza (in collaborazione con F. Cazzola), in “La società contemporanea, diretta da V. Castronovo e L. Gallino, Torino, UTET, 1987, pp. 761 – 788; Rappresentanza e sistemi elettorali in Gaspare Ambrosini Nomos, 2000. fasc. 1 (1 maggio), pp. 7 – 20; 12 La specificazione dell’indirizzo politico nelle società contemporanee a democrazia pluralista ha luogo con la predisposizione dei programmi elettorali dei partiti e/o delle coalizioni che partecipano alle varie competizioni elettorali e con l’espressione delle scelte elettorali da parte degli elettori. Vedi sul punto: T. Martines,, voce: “Indirizzo politico, in Enciclopedia del diritto, vol. XXI, pp. 134 ss, cit..; M. Galizia, Studi sui rapporti tra Parlamento e Governo, Milano, Giuffré, 1972, pp. 186 ss, cit. .; C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, cit, pp. 643 ss., cit. ; A. Manzella, Il Parlamento, Bologna, Il Mulino, 1977, pp. 261 ss.; A. Mannino, Indirizzo politico e fiducia nei rapporti tra Governo e Parlamento, Milano, Giuffré, 1973, pp. 47 ss, cit..; P. A. Capotosti, Accordi di Governo e Presidente del Consiglio dei Ministri, Milano, Giuffré, 1975, pp. 19 ss.; A. Pizzorno, I soggetti del pluralismo. Classi, partiti, sindacati, Bologna, Il Mulino, 1989, pp. 19 ss. La molteplicità dei soggetti che partecipano alle scelte politiche attraverso le elezioni sottende anche la possibilità di poter effettuare un controllo da parte dei rappresentati nei confronti dei rappresentanti e sulle strutture dello Stato apparato comunitario. Nello stato democratico, caratterizzato dalla presenza di una pluralità di partiti e dall’alternanza al governo, la burocrazia, pur non essendo eletta ma nominata secondo precise procedure (concorsuali e non) dipende direttamente dalle formazioni politiche che si alternano al potere per cui indirettamente il voto popolare influisce in modo determinante sulla composizione e sulla conduzione delle strutture burocratiche dell’Unione. Europea. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 261 elettori, non può che convenirsi sulla necessità di modificare il sistema attualmente vigente. Il sistema di elezione dei rappresentanti dei vari Paesi nel Parlamento dell’Unione Europea è carente di democrazia rappresentativa in quanto se è vero che esso è idoneo ad eleggere i membri del Parlamento Europeo mediante libere elezioni, è altrettanto vero che la volontà popolare è solo formale, ove si pensi che gli europarlamentari confluiscono, dopo le elezioni, in gruppi che accomunano maggioranza ed opposizione rispetto ai governi nazionali, come nel caso di europarlamentari eletti nelle liste di Forza Italia e di quelli eletti nelle liste della Margherita e di altri schieramenti, che confluiscono nel gruppo del PPE-DE Gruppo del Partito popolare europeo (Democraticocristiano) e Democratici europei (232 componenti), disattendendo le indicazioni degli elettori13. 2. Elettorato attivo Soggetti del rapporto elettorale sono gli elettori e gli eleggibili cui viene fatta corrispondere, di norma, la ripartizione sistematica della materia in elettorato attivo e passivo. Su tali figure giuridiche, che vengono utilizzate indifferentemente per qualsiasi competizione elettorale, si mostra generalmente concorde la dottrina. I soggetti del rapporto elettorale, che si suole rappresentare come sub procedimento essenziale del procedimento elettorale per la nomina alle cariche elettive, sono gli elettori (o corpo elettorale) e gli eleggibili (o candidati), a cui viene fatta corrispondere solitamente la ripartizione in elettorato attivo e passivo. L’elettorato attivo resta condizionato dalla delineata configurazione del corpo elettorale, considerato quale organo collegiale del popolo con funzioni di preposizione alle cariche elettive pubbliche. Per quanto riguarda il problema della natura giuridica dell’elettorato attivo è possibile, in estrema sintesi, affermare che esso può essere ad un tempo una potestà, con riferimento al corpo elettora13 V. F. Lanchester, Gli strumenti della democrazia: il dibattito sul sistema elettorale in Gran Bretagna e in Francia, in “Quaderni costituzionali”, 1981, n. 3, pp. 1235–1253. 262 Capitolo V le, un diritto soggettivo, con riferimento ai soggetti eleggibili, ed una funzione pubblica con riferimento allo svolgimento della potestà ed all’oggetto del diritto soggettivo14. La maggioranza degli studiosi sono concordi nel ritenere che l’elettorato attivo si configuri quale diritto soggettivo pubblico in quanto la possibilità di esprimere il voto è tutelata dal diritto oggettivo e rientra, a pieno titolo, nello schema delle situazioni giuridiche soggettive di vantaggio considerate. Il diritto di voto spetta a tutti i cittadini, salvo i casi di esclusione previsti dalla legge, in ossequio al principio generale dell’universalità del voto accolto dalle costituzioni democratiche dei Paesi europei e di altri continenti. L’elettorato attivo costituisce un diritto soggettivo di ogni persona in possesso dei requisiti prescritti (positivi e negativi) previsti dall’ordinamento giuridico (art. 48 Cost.) e cioè un diritto spettante a 14 V. E. Presutti, Istituzioni di diritto costituzionale, Napoli, 1923, pagg. 151 e ss. cit.; V. Zangara, Configurazione giuridica dell’elettorato politico attivo, in Studi di diritto costituzionale in memoria di Luigi Rossi, Milano, 1952, pp. 614 ss. cit.; Romano Santi, Principi di diritto costituzionale generale, Milano, 1947, pp. 102 ss.; M. Siotto Pintor,Le riforme del regime elettorale e la dottrina della rappresentanza e dell’elettorato nel secolo XX, Roma, 1912; Solazzi, Diritto elettorale politico, Torino – Roma, 1916; L. Rossi, Sulla natura giuridica del diritto elettorale politico, in Scritti di diritto pubblico, V, Milano, 1941; U. Prosperetti, L’elettorato politico attivo, Milano, 1954 pp. 64 ss. e 79-81; L. Rovelli, Osservazioni sulla natura dell’elettorato politico attivo, in Rivista trim. diritto pubblico, 1955, 15 ss.; E. Conte, l’elettorato attivo e la tenuta delle liste elettorali, Empoli, 1958; dello stesso autore, L’ordinamento elettorale italiano. L’elettorato politico, Empoli, 1963; C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1960, p. 359 cit.. Sulla qualifica di diritto pubblico soggettivo, cfr. G. Forti, Appunti sul diritto di voto, ora in Studi di diritto pubblico, Roma, 1937, pp. 234 ss.; R. Carré de Malberg, Contribution a la théorie génerale de l’Etat, II, Paris, 1922, pp.412 ss.; H. Kelsen, Vom, Vert, und Wesen der Demokratie, Tübingen, 1929, pp. 88ss. e 298-299. Sulla nozione di figura soggettiva composita, cfr. Romano Santi, op. cit., p. 108-109. Per la nozione di elettorato attivo come potestà, cfr. Romano Santi, op. cit. p. 111; id., Frammenti di un dizionario giuridico, Milano, 1947, p. 17 ss; V. Zangara, op. cit, pp. 643 ss.; M.S. Giannini, Lezioni di diritto amministrativo, Milano, 1950, p. 265; G. Sperduti, Contributo alla teoria delle situazioni giuridiche soggettive, Milano, 1944, pp. 10 ss. Sulla qualificazione di funzione pubblica, cfr. F. Benvenuti, Funzione amministrativa, procedimento amministrativo, processo, in Riv. Trim. diritto pubblico, 1952, p. 122. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 263 tutti cittadini che abbiano raggiunto la maggiore età e che per tale fatto sono chiamati appunto “elettori”15. All’organizzazione periodica elettorale appartengono i collegi elettorali che costituiscono il corpo elettorale nelle sue tipiche ripartizioni organizzative con funzione di preposizione alle cariche elettive16. Presupposto per la partecipazione alle elezioni è l’iscrizione nelle liste elettorali senza la quale non può essere esercitato il diritto di voto. La disciplina dell’elettorato attivo è comune a qualsiasi tipo di elezione diretta o indiretta. Le liste elettorali sono uniche e risultano regolamentate dal T.U. approvato con DPR. 20 marzo 1967, n. 23317. Sono elettori i cittadini che, entro il giorno fissato per la votazione nel territorio nazionale, abbiano compiuto il 18° anno di età e siano iscritti nelle liste elettorali compilate a termini delle disposizioni contenute nel testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, approvato con D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223 e successive modificazioni. Sono, altresì, elettori i cittadini degli altri Paesi membri dell'Unione che, a seguito di formale richiesta presentata entro e non oltre il novantesimo giorno antecedente la data fissata per le elezioni, abbiano ottenuto l'iscrizione nell'apposita lista elettorale del comune italiano di residenza. Sono eleggibili alla carica di rappresentante dell'Italia al Parlamento Europeo gli elettori che abbiano compiuto il 25° anno di età entro il giorno fissato per le elezioni. 15 V. G. Forti, Appunti sul diritto di voto, ora in Studi di diritto pubblico, I, Roma, 1937, cit. pp. 234 ss.; R. Carré de Malberg, Contribution à la théorie génerale de l’Etat, II, Paris, 1922, pp. 412 ss.; H. Kelsen, Vom Wert un Wesen der Démocratie, Täublingen, 1929, cit. pp. 88 e pp. 298.299; U.. Prosperetti, L’elettorato politico attivo, Milano, 1954, cit. pp. 91 ss.; P. Biscaretti di Ruffia, Diritto costituzionale, Napoli, 1962, p. 268. 16 V. G. Ferrari, in Enciclopedia del Diritto, vo. XIV, voce elezioni, Giuffré, Milano pp. 619 ss.; L. Casertano, Il diritto di voto, Napoli, 1911; Ferraccio, Sulla natura giuridica dell’elettorato politico, in Riv. Dir. Pubbl. , 1909, pp. 73 ss. 17 V. S. Furlani, Elettorato attivo, in NN.D.I., VI, Torino, 1960, pp. 453 ss.; E. Conti, L’elettorato attivo e la tenuta delle liste elettorali, Empoli, 2 vol., pp. 19631964; B. Palma, Elezioni (elettorato e liste elettorali), in Enciclopedia del Diritto, XIV, Milano, 1965, cit. pp. 972 ss. 264 Capitolo V Sono, inoltre, eleggibili alla medesima carica i cittadini degli altri Paesi membri dell'Unione che risultino in possesso dei requisiti di eleggibilità al Parlamento Europeo previsti dall'ordinamento italiano e che non siano decaduti dal diritto di eleggibilità nello Stato membro di origine. La carica di rappresentante dell'Italia al Parlamento Europeo è incompatibile, secondo l’art. 3 della legge n. 78/2004, con quella di: a) parlamentare nazionale (deputato o senatore); b) componente del Governo di uno Stato membro dell’Unione; c) membro della Commissione, della Corte dei Conti, di mediatore, del Comitato economico e sociale della CE, del Comitato esecutivo della Banca Centrale europea, del Comitato delle Regioni; d) giudice, avvocato generale o cancelliere della Corte di Giustizia o del Tribunale di primo grado delle Comunità europee; e) membro dei Comitati od organismi istituiti in virtù o in applicazione dei trattati che istituiscono la Comunità economica europea e la Comunità europea dell’energia atomica per provvedere all’amministrazione di fondi delle Comunità o all’espletamento di un compito permanente e diretto di gestione amministrativa; f) funzionario o agente, in attività di servizio, delle istituzioni delle Comunità europee o degli organismi specializzati che vi si ricollegano o della Banca Centrale Europea. Particolarmente interessanti sono le incompatibilità introdotte con legge n. 90/2004. Esse riguardano aspetti normativi non disciplinati dalla normativa comunitaria. È prevista l’incompatibilità tra l’ufficio di parlamentare europeo e quello di consigliere regionale, Presidente di Provincia e di Sindaco di Comune con più di 15.000 abitanti. Tale incompatibilità risulta già prevista da norma cogente della Costituzione (art. 122, comma 2) che vieta la contemporanea copertura del ruolo di membro del PE e di componente del Consiglio regionale o della Giunta. Tale legge prevede, in regime transitorio, che gli eletti locali in carica, alla data di entrata in vigore della legge stessa che non “siano immediatamente rieleggibili alle medesime cariche”, mantengano le loro cariche nei rispettivi enti locali fino alla conclusione del mandato in essere anche in concomitanza con quello di parlamentare europeo. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 265 La legge in esame (art. 3) prevede che in ciascuna lista concorrente alle elezioni (2004 e 2009) <<nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati>>18. Quando si verifichi una delle incompatibilità di cui al comma precedente, il rappresentante risultato eletto deve dichiarare all'ufficio elettorale nazionale, entro trenta giorni dalla proclamazione, quale carica sceglie. Qualora il rappresentante non vi provveda, l'ufficio elettorale nazionale lo dichiara decaduto e lo sostituisce con il candidato che, nella stessa lista e circoscrizione, segue immediatamente l'ultimo eletto19. 3. Legittimazione passiva ed elettorato passivo L'elettorato passivo viene definito come “capacità giuridica” di accedere alle cariche elettive da parte dei cittadini purché in possesso dei requisiti soggettivi di eleggibilità previsti dai singoli ordinamenti giuridici20. Si tratta di un sub procedimento che permette ai soggetti di ricevere l’investitura della candidatura per la carica elettiva (legittimazione passiva); consta di tre fasi fondamentali: la designazione, l’accettazione e il deposito della candidatura. È dunque proprio a partire da quest’ultimo elemento (la candidatura), e per virtù di esso e della sua operatività, che esistono i soggetti passivi del rapporto elet- 18 Per i partiti che non osservino tale preclusione è prevista la sanzione della riduzione dei rimborsi elettorali <<fino ad un massimo della metà, in misura direttamente proporzionale al numero dei candidati in più rispetto a quello massimo consentito>>. In ogni caso sono <<inammissibili le liste circoscrizionali, composte da più di un candidato che non prevedono la presenza di candidati di entrambi i sessi>>. 19 Il rappresentante dichiarato decaduto, ai sensi del precedente comma, può proporre ricorso contro la decisione dell'ufficio elettorale nazionale avanti la corte di appello di Roma. Il ricorso deve essere proposto, a pena di decadenza, entro venti giorni dalla comunicazione della decisione. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui agli articoli 44, 45, 46 e 47 della legge in esame. 20 V. Ugo Villani, Osservazioni sull’elettorato passivo al Parlamento Europeo (la legge italiana n. 9 del 18 gennaio 1989), 1989, 266 Capitolo V torale, ovvero i candidati, gli eleggibili. Infatti solo ed esclusivamente su di essi può cadere la scelta del corpo elettorale21. In passato si è voluta vedere una coincidenza dell’elettorato attivo con quello passivo, dando così veridicità all’enunciato secondo il quale sono elettori quei cittadini che sono eleggibili. In realtà basta un semplice esempio per dimostrare quanto questo non sia vero nemmeno da un punto di vista quantitativo. In Italia, infatti, sono elettori tutti i cittadini che abbiano raggiunto 18 anni per la Camera e per il Parlamento Europeo e 25 per il Senato; mentre nella prima fattispecie sono compresi, quanto agli eleggibili, solo i cittadini che abbiano compiuto 25 anni; nella seconda solo quelli che abbiano raggiunto i 40 anni. Risulta chiara la differenza tra elettori ed eleggibili. L’esclusione della coincidenza dell’elettorato passivo con quello attivo comporta l’impossibilità dell’adattabilità all’uno dello stesso schema dogmatico e sistematico disegnato per l’altro. L’elettorato passivo va dunque a costituire un istituto a sé del complesso sistema elettorale, la cui elaborazione procede in modo autonomo22. Nell’attuale ordinamento italiano i requisiti soggettivi generali che il soggetto deve possedere perché gli sia riconosciuta la capacità elettorale passiva in ordine a tutte le consultazioni popolari, sono l’elettorato attivo, l’età e l’alfabetismo, a cui, ma solo con riferimento alle elezioni regionali, provinciali e regionali, si deve aggiungere il domicilio elettorale23. Le ineleggibilità ed incompatibilità sono di norma esaminate congiuntamente dalla dottrina, così come congiuntamente sono disciplinate dalla legislazione. Si tratta di due serie di situazioni previste dalle normative elettorali, che precludono la possibilità di essere candidato. C’è differenza tra le due: se la violazione delle regole relativa alle incompatibilità non rende nulla un’eventuale elezione ma obbliga solo a 21 V. F. Carnelutti, Teoria generale del diritto, Roma, 1951, p. 325. V. P. Virga, ultima op. cit. p. 154; Grasso, Le norme sull’eleggibilità nel diritto pubblico italiano, in Riv. Trim. Diritto pubblico, 1957, p. 735 23 V. G. Ferrari, in Enciclopedia del Diritto, Giuffré. Milano, vol. XIV, pp. 639 ss. Per la designazione e l’accettazione della candidatura, cfr. A. Sandulli, Il procedimento amministrativo, Milano, 1959, pp.153 ss; per la considerazione dell’illegittimità di un procedimento amministrativo derivante dall’ineleggibilità di candidati, cfr. F. Carnelutti, Teoria generale del diritto, Roma, 1952, p. 235. 22 Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 267 scegliere tra due cariche incompatibili tra loro, il non rispetto delle norme sulle ineleggibilità rende nulla e/o annullabile l’elezione. Esistono casi di ineleggibilità assoluta, quando il cittadino non può essere candidato in nessuna parte del territorio nazionale; in queste situazioni il cittadino è considerato ineleggibile per motivi legati alla sua persona. Di altro tipo sono invece le ineleggibilità relative, ovvero quelle che dipendono non dalla persona del candidato, ma dalla carica rivestita. Per quello che riguarda l’incompatibilità, lo scopo di questo istituto giuridico è quello di impedire che la professione del candidato, pubblica o privata che sia, interferisca e venga a falsare il suo ruolo una volta eletto24. 4. Il procedimento elettorale I comizi elettorali per la elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento Europeo sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri. La data e l'orario per la votazione degli elettori italiani residenti nei Paesi membri della Comunità europea, che devono possibilmente coincidere con quelli fissati per le elezioni che hanno luogo nel territorio nazionale, nonché la data e l'orario per le conseguenti operazioni di scrutinio sono determinati, per ciascun Paese, dal Ministro dell'interno, previe intese con i Governi dei Paesi stessi, che sono assunte dal Ministero degli affari esteri. Le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane presso i Paesi della Comunità europea danno avviso dell'avvenuta pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi elettorali e della data della votazione nei rispettivi Paesi alle comunità italiane del luogo a mezzo di manifesti da affiggere nella sede della rappresentanza nonché a mezzo degli organi di stampa e di trasmissione audiovisiva e con ogni altro idoneo mezzo di comunicazione. 24 V. W. Gasparri, Incapacità e incompatibilità relative alle cariche parlamentari, in Studi in onore di F. Betti, V, Milano 1962, pp. 139 ss.; Consiglio di Stato, sez. I sent. 22 maggio 1962, n. 1018. 268 Capitolo V Presso la Corte di Cassazione è costituito l'Ufficio elettorale nazionale, composto da un presidente di sezione e da quattro consiglieri nonché da magistrati supplenti, nominati dal primo Presidente. L'Ufficio elettorale nazionale è costituito entro tre giorni dalla data di pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi ed esercita le funzioni fino alla costituzione di quello successivo. Presso la Corte d'appello nella cui giurisdizione è il capoluogo della circoscrizione, è costituito entro cinque giorni dalla data di pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi l'ufficio elettorale circoscrizionale composto da tre magistrati, e da magistrati supplenti dei quali uno con funzioni di presidente, nominati dal presidente della Corte d'appello. Presso il Tribunale nella cui circoscrizione è compreso il comune capoluogo della provincia è costituito, non prima del decimo e non oltre il quinto giorno antecedente la data della votazione, l'ufficio elettorale provinciale composto da tre magistrati, da magistrati supplenti dei quali uno con funzioni di presidente, nominati dal presidente del tribunale. Il deposito del contrassegno di lista presso il Ministero dell'interno deve essere effettuato non prima delle ore 8 del quarantanovesimo giorno e non oltre le ore 16 del quarantottesimo giorno antecedente quello della votazione25. Il Ministero dell'Interno: a) comunica a ciascun ufficio elettorale circoscrizionale, entro il quarantunesimo giorno antecedente quello della votazione, le designazioni di un rappresentante effettivo e di uno supplente incaricati di ef- 25 Ai fini delle comunicazioni e delle notificazioni previste dall’articolo 166 del T.U. suindicato, il depositante deve eleggere domicilio in Roma. Nel caso che l'Ufficio elettorale nazionale respinga l'opposizione avverso l'invito del Ministero dell'interno a sostituire il contrassegno, quello ricusato non può più essere sostituito. All'atto del deposito del contrassegno presso il Ministero dell'interno, i partiti o i gruppi politici organizzati, con unico atto autenticato da notaio, debbono designare: // a) un rappresentante effettivo ed uno supplente incaricati di effettuare il deposito della lista presso ciascun ufficio elettorale circoscrizionale; // b) un delegato effettivo ed uno supplente, per ciascun Paese membro della Comunità europea, incaricati di effettuare le designazioni previste dall'articolo 31del Testo Unico suindicato. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 269 fettuare il deposito della lista presso ciascun ufficio elettorale circoscrizionale; b) rilascia per ciascun delegato effettivo e supplente attestazione dell'avvenuta designazione26. Il meccanismo elettorale rappresenta il più importante dei canali tipici di esercizio della sovranità da parte del popolo e consente l’investitura diretta dalla base popolare dei titolari degli uffici dell’apparato pubblico, realizza la selezione dei governanti da parte dei governati mediante la ricorrente competizione di gruppi politici organizzati, e, infine, traduce in atto il principio di rappresentanza politica nella versione classica di democrazia occidentale. È innanzitutto importante rilevare che, benché si parli di procedimento elettorale, si tratta in realtà di un numero notevole di subprocedimenti che si innestano in quello centrale, accompagnando l’attività elettorale in qualsiasi momento. All’interno di questo procedimento possiamo distinguere quattro fasi principali o subprocedimenti: a) Fase dell’iniziativa. L’apertura del procedimento, la messa in moto cioè della macchina elettorale, è segnata dal decreto presidenziale di indizione delle elezioni (convocazione dei Comizi elettorali). Tale decreto dà vita ad un ambito temporale qualificato, che si denomina periodo elettorale e che va dalla data di pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi alla proclamazione degli eletti. 26 L'ufficio elettorale circoscrizionale, entro il trentaseiesimo giorno antecedente quello della votazione, decide in ordine all'ammissione delle liste dei candidati e delle dichiarazioni di collegamento. Assegna un numero progressivo a ciascuna lista ammessa, mediante sorteggio da effettuare alla presenza dei delegati di lista appositamente convocati. Le liste assumono il numero progressivo immediatamente successivo a quello sorteggiato dalla lista alla quale sono collegate. I contrassegni delle liste saranno riportati sulle schede di votazione e sui manifesti contenenti le liste dei candidati secondo l'ordine risultato dal sorteggio. Le decisioni sono comunicate, nello stesso giorno, ai delegati di lista che possono ricorrere, entro ventiquattro ore dalla comunicazione, all'Ufficio elettorale nazionale. Per le modalità relative alla presentazione dei ricorsi nonché per le modalità ed i termini per le decisioni degli stessi e per le conseguenti comunicazioni ai ricorrenti ed agli uffici elettorali circoscrizionali, si osservano le norme di cui all'articolo 23 del testo unico 30 marzo 1957, n. 361 e successive modificazioni. 270 Capitolo V b) Fase preparatoria. Non appena pubblicato il decreto di convocazione dei comizi, scattano i termini rigorosi, che costellano tutto il procedimento elettorale. Tale fase preparatoria riguarda la costituzione degli uffici elettorali, l’attrezzatura degli uffici e il materiale elettorale, l’elettorato attivo, l’elettorato passivo e la presentazione delle liste dei candidati e delle candidature individuali. c) Fase della votazione. Conclusasi la fase preparatoria con la costituzione degli uffici, consegnati i certificati elettorali e depositate le candidature, l’apparato elettorale è completo in tutti i suoi elementi, personali e materiali, perché la funzione elettiva possa esplicarsi nel tempo, nel luogo e secondo le modalità stabilite. Ci sono, dunque, norme che regolano il tempo e il luogo della votazione ed altre specificamente stabilite a presidio della universalità, personalità, libertà, uguaglianza e segretezza del voto. È importante anche accennare alle modalità di espressione del voto. Le elezioni moderne ripudiano la votazione orale e prescrivono in suo luogo la forma scritta o meccanica. Nell’ordinamento italiano, in cui il voto si esprime per iscritto, la preoccupazione di evitare la perdita dei voti degli elettori analfabeti ha indotto a sostituire, in ambito elettorale, alla scrittura alfabetica, la scrittura per emblemi e per segni (chiamata scrittura emblematico-signitiva), la quale, essendo accessibile a tutti, si rivela lo strumento più idoneo ad assicurare concretamente il rispetto del suffragio universale. d) Fase dello scrutinio. Il procedimento elettorale è caratterizzato dalla più rigorosa continuità, principio che si applica soprattutto allo scrutinio, che, come avviene per le elezioni amministrative, deve svolgersi senza interruzioni immediatamente dopo la chiusura dei seggi elettorali. Allo scrutinio vero e proprio deve precedere un accertamento contabile, consistente nel rilevare se il numero dei votanti, quale risulta dalle varie liste, coincide con quello dei tagliandi staccati dai certificati elettorali, e, inversamente, se il numero delle schede rimaste nella cassetta e non utilizzate coincide con quello degli elettori iscritti che non hanno votato. Dopo lo scrutinio segue l’adempimento più importante relativo alla proclamazione degli eletti, che deve avvenire sempre <<n conformità Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 271 ai risultati delle votazioni>>, salvo che qualche candidato eletto non risulti ineleggibile o incompatibile27. 5. Votazione e proclamazione degli eletti L'elettore può manifestare non più di tre preferenze in ogni circoscrizione (art. 5 legge n. 90 del 2004)28. Le schede, di colore diverso per ciascuna circoscrizione, devono avere le caratteristiche essenziali del modello descritto nelle tabelle B e C allegate alla legge stessa e devono riprodurre in fac-simile i contrassegni di tutte le liste ammesse secondo il numero progressivo attribuito dall'ufficio elettorale circoscrizionale. Accanto ad ogni contrassegno sono tracciate le linee orizzontali in numero pari a quello dei voti di preferenza che l'elettore ha facoltà di esprimere per i candidati della lista votata. Le operazioni di voto hanno inizio subito dopo la apposizione del bollo sulle schede, e devono avere termine alle ore 22 del giorno stabilito per la votazione. Dopo che gli elettori hanno votato, il presidente dà immediatamente inizio alle operazioni di scrutinio, che si svolgono senza interruzioni e si devono concludere entro 12 ore dal loro inizio29. Successivamente, sulla base dei verbali di scrutinio trasmessi dagli uffici di sezione di tutti i comuni della provincia, l’ufficio elettorale provinciale, facendosi assistere, ove lo creda, da uno o più esperti scelti dal presidente, procede alle seguenti operazioni: 1) somma i voti ottenuti da ciascuna lista nelle singole sezioni della provincia; 27 Vedi: S. Pergolesi, Diritto costituzionale, 1, Padova, 1962, p. 477; P. Virga, , Diritto costituzionale, Palermo, 1955, p. 131 e ss. 28 Una sola preferenza può essere espressa per candidati della lista di minoranza linguistica che si collega ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 18/1979. 29 Il presidente dell'ufficio elettorale di sezione provvede ad inviare al sindaco del comune, per il successivo inoltro all'ufficio elettorale provinciale, il plico chiuso e sigillato contenente un esemplare del verbale con le schede e tutti i plichi e documenti di cui al terzo comma dell'articolo 72 del testo unico suddetto, nonché, qualora non siano state completate nei termini le operazioni di scrutinio, la cassetta, l'urna, i plichi e gli altri documenti di cui all'articolo 73 del citato testo unico. 272 Capitolo V 2) somma i voti di preferenza riportati da ciascun candidato30. L'Ufficio elettorale nazionale, ricevuti gli estratti dei verbali da tutti gli uffici elettorali circoscrizionali, facendosi assistere, ove lo creda, da uno o più esperti scelti dal presidente, compie le seguenti operazioni: 1) determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. Tale cifra è data dalla somma dei voti riportati nelle singole circoscrizioni dalle liste aventi il medesimo contrassegno e, per le circoscrizioni nelle quali sono stati costituiti, a norma dell'articolo 12, gruppi di liste, dei voti riportati dal gruppo nel quale è collegata la lista del partito o gruppo politico presente in tutte le circoscrizioni con lo stesso contrassegno; 2) procede al riparto dei seggi tra le liste in base alla cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. A tal fine divide il totale delle cifre elettorali nazionali di tutte le liste per il numero dei seggi da attribuire, ottenendo così il quoziente elettorale nazionale. Nell'effettuare la divisione trascura la eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide, poi, la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista per tale quoziente. Attribuisce quindi ad ogni lista tanti seggi quante volte il quoziente elettorale nazionale risulti contenuto nella cifra elettorale nazionale da ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle liste per le quali le ultime divisioni hanno dato maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle liste che abbiano avuto la maggiore cifra elettorale nazionale; a parità di cifra elettorale nazionale si procede a sorteggio. Si considerano resti anche le cifre elettorali nazionali che non hanno raggiunto il quoziente elettorale nazionale; 3) procede alla distribuzione nelle singole circoscrizioni dei seggi così assegnati alle varie liste. A tal fine divide la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista per il numero dei seggi attribuiti alla lista stessa, ottenendo così il quoziente elettorale di lista. Nell'effettuare la divisione trascura l'eventuale parte frazionaria del quoziente. Attribuisce, poi, 30 Di tutte le operazioni dell'ufficio elettorale provinciale viene redatto, in duplice esemplare, apposito verbale. Uno degli esemplari deve essere inviato, a mezzo di apposito corriere, all'ufficio elettorale circoscrizionale, che ne rilascia ricevuta. Il secondo esemplare, con i documenti annessi, con gli eventuali reclami presentati avverso le operazioni elettorali e con i verbali delle sezioni ed i relativi atti e documenti ad essi allegati sono depositati presso la cancelleria del tribunale. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 273 alla lista, sia essa singola che formata da liste collegate nelle varie circoscrizioni, tanti seggi quante volte il rispettivo quoziente elettorale di lista risulti contenuto nella cifra elettorale circoscrizionale della lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono assegnati, rispettivamente, nelle circoscrizioni per le quali le ultime divisioni hanno dato maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle circoscrizioni nelle quali si è ottenuta la maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parità di cifra elettorale circoscrizionale, si procede a sorteggio. Si considerano resti anche le cifre elettorali che non hanno raggiunto il quoziente elettorale di lista. Se alla lista in una circoscrizione spettano più seggi di quanti sono i suoi componenti, restano eletti tutti i candidati della lista e si procede ad un nuovo riparto dei seggi nei riguardi di tutte le altre circoscrizioni sulla base di un secondo quoziente ottenuto dividendo il totale dei voti validi attribuiti alla lista nelle circoscrizioni stesse, per il numero dei seggi che sono rimasti da assegnare. Si effettua, poi, l'attribuzione dei seggi tra le varie liste, con le modalità sopra previste. L'ufficio elettorale nazionale provvede a comunicare ai singoli uffici elettorali circoscrizionali il numero dei seggi assegnati a ciascuna lista31. Quando in una circoscrizione sia costituito un gruppo di liste con le modalità indicate nell'articolo 12 della legge in esame, ai fini della assegnazione dei seggi alle singole liste che compongono il gruppo, l'ufficio elettorale circoscrizionale provvede a disporre in un'unica graduatoria, secondo le rispettive cifre individuali, i candidati delle liste collegate. Proclama quindi eletti, nei limiti dei posti ai quali il gruppo di liste ha diritto, i candidati che hanno ottenuto le cifre individuali più elevate. Qualora nessuno dei candidati della lista di minoranza linguistica collegata sia compreso nella graduatoria dei posti ai quali il gruppo di liste ha diritto, l'ultimo posto spetta a quel candidato di mi31 Di tutte le operazioni dell'Ufficio elettorale nazionale viene redatto, in duplice esemplare, apposito verbale: un esemplare è rimesso alla segreteria del Parlamento Europeo, la quale ne rilascia ricevuta; l'altro esemplare è depositato nella cancelleria della Corte di cassazione. L'ufficio elettorale circoscrizionale, ricevute da parte dell'Ufficio elettorale nazionale le comunicazioni di cui al penultimo comma del precedente articolo, proclama eletti i candidati, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto. 274 Capitolo V noranza linguistica che abbia ottenuto la maggior cifra individuale, purché non inferiore a 50.000.L'ufficio elettorale circoscrizionale invia, quindi, attestato ai rappresentanti proclamati eletti32. 6. Esercizio del voto degli italiani residenti nei Paesi della Comunità. L’entrata in vigore della legge n. 18/1979, come modificata dalle leggi 9 aprile 1984, n. 6133 e 27 marzo 2004, n. 78, resta condizionata dalle preventive intese di ciascun Paese della Comunità atte a garantire le condizioni necessarie per l'esercizio del voto degli italiani residenti nei Paesi della Comunità34. Tali intese devono garantire le condizioni necessarie per la concreta attuazione delle norme della legge in esame, nel rispetto della parità dei partiti politici italiani e dei principi della libertà di riunione e di propaganda politica, della segretezza e libertà del voto. Nessun pregiudizio dovrà derivare per il posto di lavoro e per i diritti individuali degli elettori e dei cittadini italiani in conseguenza della loro partecipazione alla propaganda elettorale o ad operazioni previste dalla legge stessa35. Le intese di cui al comma precedente dovranno essere rag32 Comma così modificato dall'art. 2, L. 27 marzo 2004, n. 78. I nominativi dei candidati eletti sono portati a conoscenza del pubblico, a cura dell'Ufficio elettorale nazionale, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. 33 Pubblicata in G.U. 11 aprile 1984, n. 101 34 È stata scelta la modalità di voto per corrispondenza con scrutinio in Italia. Il sistema elettorale prescelto suscita non poche perplessità. Si tratta, infatti di un sistema formalmente proporzionale con scrutinio di lista e attribuzione dei seggi secondo la tecnica del quoziente intero e dei più alti resti. Si prevede, inoltre, la possibilità di esprimere non più di due preferenze (ricalca il sistema vigente per la Camera prima del 1993 sia per l’assenza di collegi elettorali maggioritari che per la diversa tecnica utilizzata per la determinazione dei singoli eletti dopo l’assegnazione dei seggi alle diverse liste). Tali elementi contribuiscono a differenziare la rappresentanza dei cittadini residenti all’estero da quella di tutti gli altri cittadini italiani. Cfr. Enrico Grosso, Riflessioni a prima lettura della nuova legge in materia di voto dei cittadini all’estero, inedita, Enrico [email protected] 35 V. F. Lanchester, Libertà, personalità, uguaglianza e segretezza quali standard di espressione del suffragio, in "Esercizio del diritto di voto degli italiani all'estero",a cura del Ministero degli Affari esteri - CNEL,Roma,Palombi,1988, pp. 8671. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 275 giunte tra il Governo italiano e quelli di ciascun Paese della Comunità, e dovranno risultare da note verbali trasmesse dai singoli Governi al Governo italiano36. Il Ministero degli affari esteri, con comunicato 3 giugno 200437, ha reso noto che sono state raggiunte, con i singoli Paesi dell'Unione Europea, le intese atte a garantire le condizioni richieste dalla legge per l'esercizio del voto ai cittadini italiani ivi residenti. Il Governo è stato autorizzato ad effettuare, anche anteriormente alla pubblicazione del comunicato suindicato, le operazioni preparatorie del procedimento elettorale per l’elezione dei Parlamentari europei. Gli elettori residenti nei Paesi membri della Comunità europea38 possono votare per la elezione dei rappresentanti italiani in seno al Parlamento Europeo presso sezioni elettorali appositamente istituite nel territorio dei Paesi stessi39. Possono esprimere il voto presso le suddette sezioni anche gli elettori per i quali nelle liste elettorali non sia stata apportata l'annotazione indicata al comma precedente e che si trovino nel territorio dei Paesi membri della Comunità europea per motivi di lavoro o di studio, nonché gli elettori familiari con essi conviventi. A tale fine essi devono fare pervenire, improrogabilmente entro il sessantesimo giorno precedente l'ultimo giorno del periodo fissato dal Consiglio della Comunità a norma dell'articolo 10 dell'Atto di Bruxelles del settembre 1976 al consolato competente, apposita domanda diretta al sindaco del comune nelle cui liste elettorali sono iscritti40. 36 V. F. Lanchester, Il voto degli italiani all’estero, Roma, Bulzoni, 1998, pp. .9 ss e 155 ss. 37 Pubblicato in G.U. 3 giugno 2004, n. 128 38 Elettori per i quali, a norma dell'ultimo comma dell'articolo 11 del testo unico 20 marzo 1967, n. 223, nel testo sostituito dall'articolo 1 della legge 7 febbraio 1979, n. 40, è stata annotata nelle liste elettorali la condizione di residente all'estero. 39 Tali sezioni devono essere istituite presso i consolati d'Italia, gli istituti di cultura, le scuole italiane e altri locali messi a disposizione dagli Stati membri della Comunità. Qualora tali locali non risultino in misura sufficiente, la scelta di ulteriori sedi per l'istituzione delle sezioni elettorali deve cadere su locali utilizzati dallo Stato italiano o su altri locali idonei alle operazioni di voto, escludendo che i seggi stessi siano ubicati presso sedi di partiti politici o di organismi sindacali, italiani o stranieri, ovvero in edifici destinati al culto o ad attività industriali o commerciali. 40 Il periodo di votazione fissato dal Consiglio della Comunità ed il termine indicato al precedente comma sono pubblicati a cura del Ministro dell'interno nella Gazzetta Ufficiale e vengono portati a conoscenza degli elettori dalle rappresentanze diplomatiche e consolari presso i Paesi della Comunità europea con le modalità previ- 276 Capitolo V 7. Espressione del voto degli elettori ammessi a votare Gli elettori, per essere ammessi a votare nelle sessioni istituite devono esibire il certificato elettorale e le attestazioni precisate al punto precedente. Ha, inoltre, diritto di votare chi si presenta munito del certificato elettorale e dell'attestazione dalla quale risulta che è assegnato alla sezione, anche se non è iscritto nel relativo elenco degli elettori. Tali elettori, all'atto della votazione, sono iscritti, a cura del presidente, in calce all'elenco degli elettori della sezione e di essi è presa nota nel verbale. ste all'ultimo comma dell'articolo 7della legge in esame. Nella domanda devono essere indicati il cognome, il nome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e l'indirizzo postale esatto del richiedente nonché i motivi per i quali lo stesso si trova nel territorio della circoscrizione consolare; detti motivi devono essere confermati ad opera del consolato. Qualora la richiesta pervenga oltre il termine ovvero se non ricorrono le condizioni ivi previste, il consolato provvede ad avvisare l'elettore che potrà esprimere il voto presso la sezione del comune nelle cui liste è iscritto. Entro il ventesimo giorno precedente la data della votazione i comuni provvedono a spedire a tali elettori, che abbiano fatto pervenire tempestiva domanda, con plico raccomandato, il certificato elettorale ed apposita attestazione del sindaco che autorizza l'elettore a votare secondo le modalità della legge in esame, dando notizia del giorno e degli orari della votazione nonché della località della votazione. Della spedizione del certificato elettorale agli elettori è data comunicazione alla commissione elettorale mandamentale perché apporti apposita annotazione sulle liste sezionali in possesso. Gli elettori che, entro il quinto giorno precedente quello della votazione, non hanno ricevuto a domicilio il certificato elettorale e l'attestazione del sindaco, possono farne richiesta al capo dell'ufficio consolare della circoscrizione, che, accertato preventivamente l’inclusione del nominativo dell’elettore negli elenchi trasmessi dal Ministero dell'interno o, in caso negativo, chiesta e ricevuta assicurazione telegrafica da parte del comune competente che il richiedente ha titolo per essere ammesso al voto, rilascia apposita certificazione per l'ammissione al voto e provvede ad includere i nomi degli elettori interessati in appositi elenchi aggiunti, distinti per sezione, da consegnare ai presidenti delle sezioni alle quali gli elettori stessi sono assegnati, allegando a tale scopo la certificazione telegrafica del comune. Gli elettori che, per qualsiasi motivo siano stati omessi da detti elenchi, devono essere immediatamente segnalati dal comune nelle cui liste risultano iscritti all'ufficio consolare della circoscrizione in cui si trovano per il rilascio della certificazione di ammissione al voto e per la conseguente inclusione dei relativi nominativi negli elenchi stessi. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 277 Uno dei componenti del seggio accerta che l'elettore ha votato apponendo la propria firma, accanto al nome dell'elettore, nell'elenco in possesso del seggio elettorale. Le schede votate sono immesse nell'unica urna di cui il seggio è dotato. Il presidente, gli scrutatori ed il segretario del seggio votano nella sezione presso la quale esercitano il loro ufficio anche se siano iscritti come elettori in altra sezione, costituita all'estero. Dopo che gli elettori hanno votato, il presidente procede alle operazioni di spoglio dei voti separatamente per ogni circoscrizione elettorale. Successivamente, nell'ora che sarà stabilita con decreto del Ministro dell'interno, il presidente del seggio elettorale suddivide le schede votate per circoscrizione elettorale. Il presidente, qualora abbia accertato che i votanti di una circoscrizione elettorale siano inferiori a 20, chiude le relative schede in un plico che, sigillato con il bollo della sezione, viene recapitato ad altra sezione della circoscrizione consolare, che sarà indicata dal capo dell'ufficio consolare, presso la quale hanno votato elettori appartenenti alla stessa circoscrizione elettorale.41 Il presidente dà, quindi, inizio alle operazioni di spoglio dei voti seguendo l'ordine con il quale le circoscrizioni elettorali sono elencate nella tabella A allegata alla legge in esame. Durante lo spoglio dei voti di una circoscrizione elettorale, le schede relative alle altre circoscrizioni devono essere custodite in apposite buste, sigillate con il timbro della sezione42. 41 Delle operazioni di cui ai commi precedenti deve farsi menzione nel verbale delle sezioni interessate. 42 Se, per causa di forza maggiore, l'ufficio non può ultimare le operazioni di scrutinio entro il termine di 12 ore dall'inizio delle medesime, si applicano le disposizioni dell'articolo 73 del testo unico 30 marzo 1957, n. 361. Le schede votate e non spogliate vengono incluse in apposite buste. Il presidente dell'ufficio elettorale di sezione provvede a far redigere, in duplice esemplare, apposito verbale, nel quale deve essere presa nota di tutte le operazioni prescritte dalla legge e deve farsi menzione di tutti i reclami e proteste presentati. Il presidente provvede, altresì, a far compilare un estratto del verbale, per ciascuna circoscrizione elettorale, contenente i risultati della votazione e dello scrutinio. L'estratto del verbale deve essere compilato anche quando, per una circoscrizione, non risulti votata alcuna scheda ovvero le schede siano state assegnate per lo scrutinio ad altro ufficio elettorale di sezione. I plichi, formati a norma dell'articolo 67 del testo unico 30 marzo 1957, n. 361, per ognuna delle circoscrizioni elettorali, devono essere consegnati, contemporane- 278 Capitolo V 8. Ammissione al voto di elettori appartenenti ai Paesi della Comunità presenti in Italia. Per l'elezione dei rappresentanti al Parlamento Europeo, è consentito che gli elettori appartenenti ai Paesi della Comunità europea, che si trovano in Italia al momento della votazione, votino per candidati del Paese di cittadinanza, nel rispetto delle intese allo scopo intervenute fra i detti Paesi ed il Governo italiano. A tal fine il Governo italiano, su base di reciprocità bilaterale, accorderà ai cittadini di ciascun Paese, della Comunità garanzie e facilitazioni corrispondenti a quelle che sono state accordate ai cittadini italiani residenti nei Paesi stessi. Le misure di volta in volta necessarie a tale scopo sono disposte dal Ministro dell'interno, previe intese con quello degli affari esteri. 9. Surrogazione e contenzioso concernente le operazioni elettorali Il rappresentante, che risulta eletto in più circoscrizioni, deve dichiarare all'Ufficio elettorale nazionale, entro otto giorni dall'ultima proclamazione, quale circoscrizione sceglie. Mancando l'opzione, l'Ufficio elettorale nazionale supplisce mediante sorteggio. Il presidente dell'Ufficio elettorale nazionale provvede, quindi, a proclamare eletto in surrogazione il candidato che segue immediatamente l'ultimo eletto nella lista della circoscrizione che non è stata scelta o sorteggiata. Il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa durante lo svolgimento del mandato, è attribuito dall'Ufficio elettorale nazionale al amente, da appositi incaricati, prima che inizino le operazioni di scrutinio, al capo dell'ufficio consolare, che ne rilascia ricevuta. I plichi contenenti un esemplare del verbale e gli estratti per ognuna delle circoscrizioni elettorali devono essere recapitati, con tutti gli atti dello scrutinio, al termine delle operazioni del seggio, dal presidente o da apposito incaricato per delegazione scritta, al capo dell'ufficio consolare, il quale provvederà ad inoltrare i plichi contenenti gli estratti e gli atti dello scrutinio, ai competenti uffici elettorali circoscrizionali presso i quali resteranno depositati. Il plico contenente l'elenco degli elettori e quello contenente l'esemplare del verbale dovranno essere inoltrati alla Corte d'appello di Roma. Il secondo esemplare del verbale e degli estratti deve essere depositato presso la sede dell'ufficio consolare, perché ogni elettore possa prenderne conoscenza. Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 279 candidato che, nella stessa lista e circoscrizione, segue immediatamente l'ultimo eletto. Contro gli atti di proclamazione degli eletti, per motivi inerenti alle operazioni elettorali successive alla emanazione del decreto di convocazione dei comizi, qualsiasi cittadino elettore può proporre impugnativa davanti al tribunale amministrativo regionale del Lazio. L’impugnativa è proposta con ricorso, che deve essere depositato nella segreteria entro il termine di giorni trenta dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'elenco dei candidati proclamati eletti. Il presidente, con decreto in calce al ricorso medesimo, fissa l'udienza di discussione della causa in via di urgenza e provvede alla nomina del relatore. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato, a mezzo di ufficiale giudiziario a cura di chi lo ha proposto, alla parte che può avervi interesse, entro dieci giorni dalla data del provvedimento presidenziale43. Contro le sentenze emesse in primo grado dal tribunale amministrativo regionale del Lazio, la parte soccombente può proporre appello al Consiglio di Stato entro il termine di giorni cinque decorrenti dalla lettura del dispositivo della sentenza, mediante dichiarazione da presentare presso la segreteria del tribunale predetto. L'atto di appello contenente i motivi deve essere notificato entro il termine di giorni venti dalla ricezione dell'avviso di pubblicazione della sentenza che va in43 Nei successivi dieci giorni dalla notificazione il ricorrente dovrà depositare nella segreteria del tribunale la copia del ricorso e del decreto, con la prova dell'avvenuta notificazione, insieme con gli atti e documenti del giudizio. La parte contro interessata deve depositare nella segreteria le proprie controdeduzioni entro quindici giorni dalla ricevuta notifica. Tutti i termini di cui sopra sono perentori e devono essere osservati sotto pena di decadenza. All'udienza stabilita, il tribunale, udita la relazione del magistrato all'uopo delegato, sentite le parti se presenti, nonché i difensori se costituiti, pronuncia la sentenza la cui parte dispositiva è letta immediatamente all'udienza pubblica dal presidente. Qualora ritenga necessari adempimenti istruttori, il tribunale provvede con ordinanza e fissa in pari tempo la nuova udienza di discussione. La sentenza è depositata in segreteria entro dieci giorni dalla pronuncia e, ove non sia stato proposto appello ai sensi del successivo articolo 43 della legge in esame, deve essere trasmessa in copia, a cura del segretario, al presidente dell'ufficio elettorale nazionale. I voti delle sezioni le cui operazioni sono state annullate non hanno effetto. Per tutto quanto non previsto sulla disciplina del procedimento, si applicano le norme di procedura dinanzi ai tribunali amministrativi regionali. 280 Capitolo V viato alle parti anche se non costituite. Per quanto qui non disposto, si applicano le norme dell'articolo 29 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 istitutiva dei TAR 10. Giudizi relativi alle condizioni di eleggibilità e di compatibilità Per i giudizi relativi alle condizioni di eleggibilità e di compatibilità, stabilite dalla legge n. 18/1979 e ss. mm. in relazione alla carica di rappresentante dell'Italia al Parlamento Europeo, è competente, in primo grado, la Corte d'appello; la competenza per territorio si determina con riguardo all'ufficio elettorale che ha proclamato l'elezione o la surrogazione44. L'azione si propone da parte di qualsiasi cittadino elettore con ricorso sul quale il presidente fissa, con decreto, l'udienza di discussione della causa in via di urgenza e provvede alla nomina del giudice relatore45. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato, a cura di chi lo ha proposto, entro dieci giorni dalla data della comunicazione del provvedimento presidenziale, agli eletti di cui viene contestata la elezione; e nei dieci giorni successivi alla data di notificazione, deve essere poi depositata alla cancelleria, sempre a cura del ricorrente, la copia del ricorso e del decreto con la prova dell'avvenuta notifica giudiziaria, insieme con tutti gli atti e documenti del processo46. 44 Comma così modificato dagli artt. 3 e 3 della lehhe 27 marzo 2004, n. 78. Il ricorso deve essere depositato, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei nominativi degli eletti a norma dell'articolo 24 della presente legge. 46 La parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante controricorso, da depositare in cancelleria, coi relativi atti e documenti, entro quindici giorni dalla data della ricevuta notificazione. I termini di cui sopra sono perentori e devono essere osservati sotto pena di decadenza. All'udienza stabilita, il collegio, udita la relazione del giudice all'uopo delegato, sentiti il pubblico ministero nelle sue orali conclusioni e le parti, se presenti, nonché i difensori se costituiti, subito dopo la discussione, decide la causa in camera di consiglio, con sentenza il cui dispositivo è letto immediatamente all'udienza pubblica dal presidente. Qualora il collegio ritenesse necessario disporre mezzi istruttori, provvede al riguardo con ordinanza, delegando per tali adempimenti e per qualsiasi altro accertamento il giudice relatore; fissa, quindi, la nuova udienza di trattazione sempre in via di urgenza. Nel 45 Elezione diretta del Parlamento dell’Unione Europea 281 Le sentenze sono depositate in cancelleria entro dieci giorni dalla data della decisione e, ove non sia stato proposto ricorso per Cassazione a norma del successivo articolo 45 della legge in esame, devono essere immediatamente trasmesse in copia, a cura del cancelliere, al presidente dell'ufficio elettorale nazionale, per l'esecuzione. Le sentenze pronunciate dalla Corte di appello possono essere impugnate con ricorso per Cassazione, dalla parte soccombente e dal procuratore generale presso la Corte d'appello, entro cinque giorni decorrenti dalla lettura del dispositivo della sentenza all'udienza pubblica mediante dichiarazione da presentare presso la cancelleria della Corte d'appello. Il ricorso contenente i motivi deve essere depositato presso la cancelleria stessa entro il termine di giorni venti dalla ricezione dell'avviso del deposito della sentenza. Il presidente della Corte di cassazione, con decreto steso in calce al ricorso medesimo, fissa in via di urgenza, l'udienza di discussione. Per quanto qui non disposto, nel giudizio di Cassazione si applicano le norme del codice di procedura civile; tutti i termini del procedimento sono però ridotti alla metà. La sentenza è immediatamente pubblicata e trasmessa, a cura del cancelliere, per l'esecuzione al presidente dell'Ufficio elettorale nazionale. L'Ufficio elettorale nazionale comunica alla segreteria del Parlamento Europeo le surrogazioni disposte in base alle sentenze che abbiano deciso irrevocabilmente le controversie sulla incompatibilità ed ineleggibilità degli eletti. L'Ufficio predetto, preso atto delle sentenze che abbiano deciso irrevocabilmente le contestazioni sulle operazioni elettorali, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo, dandone comunicazione agli interessati ed alla segreteria del Parlamento Europeo47. giudizio si applicano, ove non diversamente disposto dalla presente legge, le norme del codice di procedura civile; tutti i termini del procedimento sono però ridotti alla metà. 47 Per i giudizi di cui ai precedenti articoli è obbligatorio il patrocinio di avvocato secondo le norme generali. Gli atti relativi ai procedimenti sono redatti in carta libera e sono esenti dall'obbligo di registrazione e dalle spese di cancelleria. 282 Capitolo V 11. Disposizioni penali Il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero taluno dei reati previsti dalla legge in esame o dal testo unico delle leggi per la elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, è punito secondo la legge italiana. Le norme di cui agli articoli 8 e 9, secondo comma, del codice penale, concernenti la richiesta del Ministro di grazia e giustizia, non si applicano al cittadino italiano48. 48 Chi, in occasione della elezione dei rappresentanti al Parlamento Europeo, partecipa al voto per l'elezione dei rappresentanti italiani e per l'elezione dei rappresentanti di altro Paese membro della comunità senza averne titolo è punito con la reclusione da 1 a 3 anni e con la multa da L. 100.000 a L. 500.000. Capitolo 6 Elezione membri degli altri 14 Stati nel Parlamento dell’Unione Europea 1. Le fonti normative dei 15 Stati dell’Unione L'articolo 19 (8 B) Trattato CE dispone: <<Ogni cittadino dell'Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento Europeo nello Stato membro in cui risiede>>. Le modalità di esercizio di questo diritto sono state stabilite il 6 dicembre 1993 con la direttiva 93/0109/CE. I quindici Stati membri applicano ormai un sistema di rappresentanza proporzionale. Nella Repubblica federale di Germania e in Francia, le liste che non abbiano ottenuto il 5% dei voti sono escluse dalla ripartizione dei seggi. Tale soglia è del 4% in Austria e Svezia. Fino alle elezioni del 1994, il Regno Unito aveva applicato il sistema dello scrutinio maggioritario (eccetto per l'Irlanda del Nord, nella quale veniva applicato il sistema della rappresentanza proporzionale)1. 2. Principi comuni per elezione del Parlamento Europeo Nell'ottica delle elezioni del Parlamento dell’Unione Europea del 10-13 giugno 1999 e di quelle del 2004 e del 2009, il PE (Parlamento Europeo) ha inteso definire i principi comuni indispensabili ed ha adottato il 15 luglio 1998, a grande maggioranza (355 voti a favore, 146 contrari e 39 astensioni), la relazione dell'on. Georgios Anastassopoulos (PPE, GR)2. 1 Recueil de la législation sur les élections législatives, communales et européennes / Service central de législation du Luxembourg. – 1999; Antoine Pantélis et Stéphanos Koutsoubinas, Les régimes électoraux des pays de l'Union européenne, 1998; Carlota Jackisch,sistemas electorales y sus consecuencias políticas, 1997 2 V. Rapport sur l'élaboration d'un projet de procédure électorale comprenant des principes communs pour l'élection des membres du Parlement européen, UE, Parlement européen, Commission institutionnelle. Rapporteur: Georgios Anas283 284 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea Se il dibattito europeo ha ruotato per molto tempo intorno a un'ipotetica "procedura elettorale uniforme", l'articolo 190 del trattato di Amsterdam ha introdotto il concetto di "principi comuni" a tutti gli Stati membri. In effetti, le discussioni svoltesi per molti anni hanno dimostrato la difficoltà di pervenire a un accordo generale e pertanto è prevalsa la soluzione di individuare almeno i principi comuni cui debbano restare soggetti gli stati membri dell’Unione Europea in tema di elezione dei propri rappresentanti nel Parlamento dell’Unione Europea3 . Sullo scacchiere istituzionale la responsabilità del PE, nella sua funzione di "pilastro democratico", è basata fra l'altro sulla sua capacità di "europeizzare" le istituzioni comunitarie. È evidente che uno dei modi di raggiungere tale obiettivo consiste nell'avvicinare l'elettore all'eletto. Ne deriva l'impegno del PE a favore di un sistema elettorale di matrice proporzionale, il che non significa che tale sistema debba essere identico in tutti gli Stati membri. Nel giugno 1999, per la prima volta dall'elezione del PE a suffragio universale diretto, i Quindici hanno introdotto sistemi proporzionali comuni4. Se per il PE le disposizioni relative al diritto di voto in sé, all'eleggibilità, allo svolgimento delle campagne elettorali, alle modalità d'esercizio del diritto di voto (facoltativo od obbligatorio, ecc.), alle incompatibilità nazionali diverse da quelle contenute nell'atto del 20 settembre 1976, non fanno parte dei principi comuni, diverso è il discorso per gli altri ambiti del processo elettorale. Nel suo progetto di atto, infatti, il PE precisa che i deputati europei sono eletti <<a scrutinio di lista di tipo proporzionale>>. Gli Stati membri devono costituire "delle circoscrizioni", limitatamente per gli tassopoulos. – 1998 ; Céline Belot, Christine But de l’An,Les élections européenne 2004 en Europe,2004; 3 Les lois électorales pour les élections européennes / CE, Parlement européen. – 1989; De kieswetten voor de Europese verkiezingen / EG, Europees Parlement. 2^ gerev. opl. – 1989; As leis eleitorais para as eleições europeias / CE, Parlamento Europeu. 2ª ed. rev. 1989; Legislacion electoral para las elecciones europeas / CE, Parlamento Europeo. 2^ ed. rev. - 1989; Le leggi elettorali per le elezioni europee / CE, Parlamento Europeo. 2^ ed. riv. – 1989;Electoral laws for European elections / EC, European Parliament. – 1989. 4 V. Andrea De Guttry, I nuovi diritti in materia elettorale del cittadino dell’Unione Europea, in Quaderni dell’Osservatorio elettorale, n.31 (giugno), 1994 Capitolo VI 285 Stati aventi popolazione superiore a 20 milioni di abitanti (Germania, Spagna, Francia, Italia, Regno Unito, Polonia). L'Italia, per prima, ha applicato tale sistema. La Germania propone una scelta fra liste federali e liste nei singoli Länder. Il Regno Unito ha proceduto a una suddivisione del territorio in 12 regioni5. D'altro canto, e in un'ottica risolutamente europea in vista del 2009, il PE ha deciso che una certa percentuale del totale dei suoi seggi venga assegnata in una <<circoscrizione unica formata dal territorio degli Stati membri>>. Quanto alla soglia di voti necessaria per ottenere un seggio, il PE prevede che gli Stati membri possano stabilirla a livello nazionale, ma che essa non possa superare il 5% dei suffragi espressi (5 Stati membri la praticano, pur con delle varianti: Germania 5%, Francia 5%, Grecia 3%, Austria 4%, Svezia 4%). Il PE si è pronunciato, altresì a favore del voto di preferenza che gli Stati membri <<autorizzano… secondo le modalità da essi stabilite>> (attualmente esso è praticato da 9 Stati membri: Belgio,Danimarca, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Finlandia e Svezia). Il Parlamento Europeo ha stabilito, inoltre, che il mandato di parlamentare europeo debba essere dichiarato incompatibile con il mandato di membro di un parlamento nazionale. Attualmente solo 5 Stati membri (Belgio, Grecia, Spagna, Austria e Italia) vietano totalmente il doppio mandato; l’Italia, per effetto della recente legge 27 marzo 2004, n. 786. L'Irlanda lo fa parzialmente. In Portogallo, si pratica la sospensione del doppio mandato.Al 18 gennaio 1999 i titolari di un doppio mandato erano 3 in Francia, 5 in Italia e 3 nel Regno Unito7. 5 V. Ines Casciaro, I sistemi elettorali del Parlamento Europeo, in Quaderni dell’Osservatorio elettorale, n. 24 (luglio dicembre) 1990. 6 Con legge 27 marzo 2004, n. 78 sono statedettate disposizioni concernenti i membri del Parlamento Europeo eletti in Italia, in attuazione della decisione del Consiglio dell’Unione Europea 2002/772/CE del 25 giugno 2002 e del 23 settembre 2002, che modifica l’atto relativo all’elezione dei rappresentanti al Parlamento Europeo a suffragio universale diretto, allegato alla decisione 76/787/CECA, CEE, Euratom. 7 V. Marília Crespo Allen en collab. avec les correspondants du CERDF, Centre européen de recherche et documentation parlementaire; UE, Parlement européen, Direction générale des Etudes. Dispositions nationales en matière d'inéligibilités et d'incompatibilités concernant le Parlement européen - 1997; Martine Charriot, Les 286 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea Inoltre, in un altro ambito di grande importanza per il carattere europeo dello scrutinio, già dal 1994 tutti i cittadini dell’Unione Europea che ottemperano alle condizioni richieste possono essere elettori ed eleggibili nel paese in cui risiedono. 3. Elezione parlamentari europei da parte dei 14 Stati dell’Unione Europea 3.1 Austria (elezione membri del Parlamento Europeo) Si applica la legge costituzionale della Federazione austriaca (1929), modificata dalla legge federale 1013 (1994) e dalla legge per l'elezione al PE adottata il 21 gennaio 1996 (legge 117/96), modificata dalle leggi federali 201/96, 162/98, 90/2003 e 132/2003. L’Austria dispone per la prossima 7 legislatura del 2009di 17 (prima 21 e attualmente 18) seggi. Il territorio federale costituisce una circoscrizione elettorale unica per l’elezione del Parlamento Europeo. Il sistema elettorale è quello proporzionale su scala nazionale, secondo il metodo d’Hondt della media più forte. L’elettore può votare per una lista unica oppure dare dei voti di preferenza ad un candidato di una lista. Ogni elettore ha a disposizione un voto. La soglia per ottenere la rappresentanza è del 4% dei suffragi. Le liste che non abbiano raggiunto tale limite sono escluse dalla ripartizione dei seggi.Si divide la cifra elettorale di ciascuna lista (voti validi ottenuti) per 1,2,3,4,5,6,etc. fino al numero dei seggi da assegnare. I risultati ottenuti (quoziente) vengono disposti in ordine decrescente tanti quanti sono i seggi da assegnare. Ogni lista ottiene tanti seggi quanti sono i quozienti che le appartengono compresi nella graduatoria. I seggi sono attribuiti in base al numero di voti di preferenza ottenuto dai candidati. Non sono presi in considerazione i candidati che non abbiano ottenuto almeno il 7% dell’insieme dei voti ottenuti dal partito. lois électorales pour les élections européennes/; UE, Parlement Européen, Direction Générale des Etudes, 1997 : [http://www.europarl.eu.int/workingpapers/poli/w13/default%5Ffr.htm.]. Capitolo VI 287 Le incompatibilità sono quelle previste dall’Atto elettorale europeo del 20 settembre 1976. Il mandato di deputato europeo è incompatibile con le funzioni di membro del Gabinetto, membro della Corte costituzionale, membro del Tribunale amministrativo, Presidente e vicepresidente della Corte dei Conti, Mediatore, direttore di società per azioni in accomandita, società bancarie, commerciali, industriali o di trasporto privato, istituti provinciali di credito, mutue e assicurazioni. Le spese per la campagna elettorale sono rimborsate fino a 130 scellini, come disposto per le elezioni nazionali. Dopo la pubblicazione dei risultati sul “Amtsblatt zur Wiener Zeitung”, i ricorsi possono essere presentati presso il Tribunale costituzionale federale. Sono elettori tutti i cittadini di uno Stato membro dell’Unione Europea che: x abbiano compiuto 18anni di età prima del 1° gennaio dell'anno in cui hanno luogo le elezioni; x siano iscritti nell'apposita lista per le elezioni al Parlamento Europeo presso il loro comune di residenza in Austria; x non siano decaduti dal diritto dell'elettorato attivo e passivo né in Austria né nel loro Stato di origine dell'Unione. Sono eleggibili alla carica di parlamentare europeo tutti gli elettori che abbiano compiuto 19 anni di età prima del 1° gennaio dell'anno in cui hanno luogo le elezioni. Nessuno può votare o presentarsi come candidato in più di uno Stato membro nel corso delle medesime elezioni. I cittadini dell'Unione Europea possono presentare, in qualsiasi momento, una domanda d'iscrizione nelle liste elettori europee nel loro comune di residenza principale. Il termine ultimo per l'iscrizione nelle liste elettorali europee è di 65 giorni prima della data delle elezioni. Il modulo per la domanda d'iscrizione nelle liste elettorali europee è disponibile in tutti i comuni e comprende una dichiarazione formale in cui il cittadino dell'Unione Europea deve indicare: x la sua cittadinanza e il suo indirizzo in Austria; x la lista elettorale dello Stato membro d'origine in cui è stato eventualmente iscritto per l'ultima volta; x il possesso della capacità elettorale nello Stato membro d'origine; 288 x Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea la volontà di esercitare il diritto di voto esclusivamente in Au- stria. Va inoltre presentato un documento d'identità valido. Non sono richiesti altri documenti. Il ventunesimo giorno prima della data limite, la lista elettorale viene chiusa temporaneamente ed i cittadini dell'Unione possono prenderne visione nel loro luogo di residenza durante i dieci giorni successivi. Durante questo periodo essi possono chiedere al comune di residenza la rettifica delle iscrizioni erronee o presentare ricorso se la loro domanda d'iscrizione è stata respinta. I cittadini dell'Unione Europea, che non possono recarsi o essere trasportati al seggio elettorale, devono chiedere, oralmente o per iscritto, il rilascio di un certificato elettorale al comune d'iscrizione nella lista elettorale. La domanda per il rilascio del certificato elettorale può essere presentata dagli elettori a partire dal giorno in cui sono indette le elezioni e al più tardi tre giorni prima della data delle elezioni. A seguito di tale domanda, il giorno delle elezioni europee l'elettore sarà visitato nel proprio alloggio da un ufficiale appositamente incaricato, a cui consegneràla scheda del proprio voto. Entro tre giorni prima della data delle elezioni i comuni con più di 1000 abitanti devono inviare all'indirizzo di tutti i cittadini dell'Unione aventi diritto di voto un'informazione ufficiale sulle elezioni, che indichi la circoscrizione elettorale, il numero progressivo di registrazione nella lista degli elettori, nonché il giorno, l'ora e il seggio presso cui potranno votare. Per evitare il doppio voto, il ministro federale degli Interni comunica alle autorità degli Stati di origine dell'Unione i nominativi dei loro cittadini che intendono esercitare il diritto di voto in Austria. L'iscrizione nella lista elettorale europea rimane valida finché l'elettore è in possesso dei requisiti necessari per l'esercizio del diritto di voto. In caso di trasferimento di residenza in altro comune, il cittadino viene iscritto automaticamente nella lista elettorale europea del nuovo comune di residenza. Se l'interessato ha lasciato l'Austria, il suo nominativo deve essere soppresso dalla lista elettorale europea del comune. Entroil ventiquattresimo giorno prima della data delle elezioni, l'autorità elettorale federale chiude le liste elettorali e le pubblica nell' "Amtsblatt zur Wiener Zeitung". Capitolo VI 289 Per evitare le doppie candidature, il ministro federale degli Interni comunica allo Stato membro d'origine i nominativi dei cittadini che hanno presentato la propria candidatura in Austria. Si può presentare ricorso contro il conteggio elettorale dell'autorità elettorale del Land o dell'autorità elettorale federale entro tre giorni dalla data di pubblicazione dei risultati. Entro una settimana dalla pubblicazione dei risultati elettorali, l'accertamento dell'autorità elettorale federale può essere impugnato per vizi nella procedura elettorale presso la Corte costituzionale, che decide entro il termine massimo di quattro settimane. 3.2 Belgio (elezione membri del Parlamento Europeo) Le elezioni dei membridel Belgio al Parlamento Europeo sono disciplinate dalla legge 23 marzo 1989, modificata dalla legge 16 luglio 1993 relativa alla struttura federale dello Stato. La legge elettorale è entrata ufficialmente in vigore il 26 aprile 1994. Altre fonti normative sono costituite dalla legge 5 aprile 1995 e dalle leggi federali 11 marzo 2003 che assegna il 50% delle liste agli uomini e alle donne e 5 marzo 2004 che riduce a 24 il numero dei membri da eleggere al Parlamento Europeo8. Elementi peculiari della normativa citata sono: a - Mandati e circoscrizioni elettorali In seguito alla nuova organizzazione federale dello Stato, le elezioni dei 22 membri al Parlamento Europeo per la prossima 7 legislatura(25 prima ed attualmente 24)hanno luogo sulla base delle quattro circoscrizioni seguenti: 8 John Fitzmaurice, Belgium (the European Elections),1989; Michel Collinge, Elections européennes en Belgique: géographie des voix de préférence, 1990;Marjorie Gassner,Représentations proportionnelles. Système électoral belge ou délégations biproportionnelles. 1993; Pascal Delwit, Jean-Benoît Pilet. Regional and European election in Belgium: the Greens still at low tide / - 2005 [http://www.swetswise.com/link/access%5Fdb issn=0964-4016] ; CE, Commissione europea, Europe: an information society for all, Bruxelles Censis Autonomie con l’Europa. Città e Regioni verso l’integrazione europea, Milano,2002; A. Leton, A. Miroir,(1999), Les conflits communautaires en Belgique, Paris Lobet-Maris, C., Guichet unique, réalité plurielle, Namur, 2001. 290 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea - Fiamminga, che comprende i dipartimenti amministrativi, appartenenti alla regione fiamminga, fatta eccezione per il dipartimento amministrativo di Hal-Vilvorde; - Vallona, che comprende i dipartimenti amministrativi della regione Vallona, fatta eccezione per i comuni appartenenti alla regione di lingua tedesca nonchédella regione Bruxelles-Hal-Vilvorde di cui fanno parte i dipartimenti amministrativi di Bruxelles-Capitale e di Hal-Vilvorde; - germanofona,che comprende i comuni della regione di lingua tedesca. Inoltre ci sono tre collegi elettorali: francese, neerlandese e germanofono. Le persone iscritte nella lista degli elettori della circoscrizione elettorale della regione Bruxelles-Hal-Vilvorde, appartengono o al collegio elettorale francese, oppure al collegio elettorale neerlandese, in base alla loro scelta. Durante le elezioni del 12 giugno 1994, su 25 deputati belgi, 14 sono stati eletti dal collegio elettorale Neerlandese (Friadre + una parte della regione di Bruxelles), 10 dal collegio elettorale Francese (Vallona + una parte della regione di Bruxelles ), 1 dal collegio elettorale Germanofono. b - Sistema elettorale Ciascun elettore dispone di un solo voto che può attribuire o ad una lista oppure a un candidato di una lista. Il “panache” o combinazione di liste elettorali è vietato. La ripartizione dei seggi avviene in base al sistema della rappresentanza proporzionale e il conteggio dei voti avviene secondo il metodo d’Hondt (metodo dei divisori). c - Diritto di voto, eleggibilità e modalità di voto Oltre ai cittadini belgi di 18 anni compiuti, possono assumere lo status di elettori al Parlamento Europeo ed essere ammessi ad esercitare il loro diritto di voto in favore dei candidati delle liste belghe: - i cittadini belgi che abbiano la residenza effettiva in un altro Stato membro della Comunità europea; - i cittadini degli altri Stati membri della Comunità europea che abbiano compiuto i 18 anni, che abbiano la residenza abituale in Belgio e che non siano stati privati del diritto di voto nel loro Paese d’origine. Inoltre, per essere eleggibile, occorre essere iscritti su una lista di elettori belgi e possedere i seguenti requisiti: Capitolo VI 291 -aver compiuto 21 anni; - essere di madrelingua francese se ci si presenta nel collegio elettorale francese, di madrelingua tedesca se ci si presenta nel collegio elettorale germanofono, oppure di madrelingua neerlandese se ci si presenta nel collegio elettorale neerlandese. La partecipazione allo scrutinio è obbligatorio e sono previste delle penalità per coloro che non vi partecipano. Si può votare per procura e per corrispondenza. d - Modalità per la candidatura La presentazione dei candidati necessita della firma di 5 parlamentari belgi della stessa appartenenza linguistica dei candidati; oppure di 5.000 elettori francofoni per il collegio elettorale francofono, o di 5.000 elettori neerlandesiper il collegio elettorale neerlandese; oppure di 200 elettori germanofoni per il collegio elettorale germanofono. e - Ripartizione dei seggi La ripartizione dei seggi si effettua in base ai principi della rappresentanza proporzionale, valutando ilnumero dei voti di preferenza ottenuti da ciascuna lista e da ciascun candidato. I seggi vacanti sono assegnati ai candidati aggiunti (supplenti) della stessa lista. f - Incompatibilità Il mandato europeo è incompatibile con un mandato nazionale, con la qualità di membro di un esecutivo federale o regionale e con una carica di deputato permanente. Inoltre sono applicate le incompatibilità previste dall’Atto elettorale europeo del 1976 e dalla direttiva comunitaria del 6 dicembre 1993. Esiste, altresì, incompatibilità con la carica di membro di un collegio di agglomerazione nonché con la carica di borgomastro, assessore o presidente del Centre Public d’Aide Sociale di un comune con più di 50.000 abitanti. g - Disposizioni che regolano la campagna elettorale Non esistono disposizioni particolari riguardanti le elezioni europee. Inoltre numerose disposizioni emanate dal codice elettorale sono applicate alle elezioni del Parlamento Europeo. h - Verifica dello scrutinio Lo scrutinio è verificato dal Consiglio di Stato. La Camera dei Rappresentanti ha competenza sulla validità delle operazioni elettorali riguardanti sia gli eletti effettivi, che i loro supplenti, nonché suireclami presentati in base alla legge elettorale. 292 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea 3.3 Danimarca (elezione membri del Parlamento Europeo) La legge elettorale del 2 dicembre 1977 concernente il diritto di voto e di eleggibilità per i cittadini dell’Unione è stata modificata dalle leggi adottate dal Folketing il 22 giugno 1983, il 7 dicembre 1988 e il 22 dicembre 1993. Il recepimento delle disposizioni della direttiva comunitaria 93/100/CE è avvenuto con legge del 4 marzo 1994, modificata dalle leggi adottate dal Folketing il 22 maggio 1996, il 13 gennaio 1997 e il 4 maggio 1998. Si applica il sistema elettorale a rappresentanza proporzionale su scala nazionale (le isole Faer Øer e la Groenlandia non fanno parte dell'Unione Europea). L'elettore può votare per una lista nel suo insieme oppure attribuire preferenze a singoli candidati di varie liste. Si noti che taluni partiti indicano all'elettore quali sono i candidati da essi preferiti sulle liste. Ciascun elettore dispone di un voto. La ripartizione dei seggi avviene con il metodo d'Hondt. Per il computo sono sommati tutti i suffragi espressi nei vari distretti elettorali a favore dei candidati e delle liste. Sono eletti i candidati che hanno ottenuto in totale il maggior numero di voti9. Le peculiarità di tale legge possono essere così rappresentate: a - Mandati e circoscrizioni elettorali Il territorio nazionale costituisce una circoscrizione elettorale unica nella quale per la prossima 7 legislatura sono eletti i 13 (prima 16 ed attualmente 14) deputati assegnati. La Danimarca riprende il mandato che la legislazione precedente (legge n.619 del 14 dicembre 1977) attribuiva alla Groenlandia. Le isole Faer Øer e la Groenlandia non fanno parte del territorio elettorale. La popolazione vota negli stessi distretti elettorali delle elezioni legislative. b - Elettorato attivo epassivo Sono elettori i cittadini dell'Unione Europea che abbiano compiuto 18 anni, siano iscritti all'anagrafe, risieda stabilmente in Danimarca e disponga della pienezza del diritto di voto. Il voto non è obbligato9 Jørgen Elklit, Anne Birte Pade,Parliamentary Elections and Election Administration in Denmark; Danish Ministry of the Interior. – 1995 [http://www.folketinget.dk/] Capitolo VI 293 rio.Nessuno può votare o presentarsi candidato contemporaneamente in Danimarca e nel paese d'origine. Ogni cittadino danese residente in uno Stato membro dell'UE, che non sia stato privato dei suoi diritti elettorali da una decisione giudiziaria in Danimarca, può votare all’estero alle elezioni europee. Il voto per corrispondenza deve essere emesso nelle tre settimane precedenti l'elezione, ma almeno due giorni lavorativi prima del giorno dell'elezione stessa. c - Eleggibilità e modalità di voto È eleggibile ogni cittadino dell'Unione Europea che abbia compiuto 18 anni e disponga della pienezza del diritto elettorato attivo nel suo paese d'origine. Almeno sei settimane prima della data delle elezioni, gli interessati devono chiedere di essere iscritti nelle liste elettorali del comune presso l'anagrafe del quale sono iscritti. Normalmente il ministero dell'Interno invia i moduli di richiesta di partecipazione alle elezioni ai cittadini europei residenti in Danimarca; questi devono compilarli ed inviarli all'amministrazione interessata entro i termini prescritti. Se tali moduli non sono pervenuti in tempo utile, ci si deve rivolgere al ministero dell'Interno per chiederne l'invio10. Ogni cittadino dell’Unione Europea, intenzionato a partecipare alle elezioni del Parlamento Europeo, deve presentare la domanda d’iscrizione nelle liste elettorali e farla pervenire al comune sei setti10 Le richieste, che devono essere datate e firmate dal richiedente stesso, devono contenere le seguenti indicazioni: nominativo completo del richiedente; numero personale danese (o, in mancanza, la data di nascita); cittadinanza; indirizzo in Danimarca, eventuale ultimo indirizzo nello Stato d'origine;circoscrizione elettorale o comune nelle cui liste elettorali l'interessato era eventualmente iscritto per le precedenti elezioni del Parlamento Europeo. Almeno venti giorni prima della data delle elezioni, le autorità comunali comunicano al richiedente eventuali errori che possono essere corretti dietro sua indicazione, dopo di che prendono le disposizioni necessarie per iscrivere il richiedente nelle liste elettorali. Le autorità comunali informano contemporaneamente lo Stato d'origine del richiedente, in modo che si possano adottare le disposizioni necessarie per evitare la possibilità di un doppio diritto di voto e di candidatura. L'iscrizione alle liste elettorali è valida fino a quando l'interessato soddisfa le condizioni per esercitare il diritto di voto. La comunicazione di un depennamento dalle liste elettorali deve essere inviata almeno venti giorni prima della data delle elezioni. 294 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea mane prima del giorno delle votazioni. I cittadini danesi, residenti in uno Stato membro dell’UE, possono votare presso le rappresentanze consolari o per corrispondenza. I cittadini stranieri residenti in un Paese non facente parte della Comunità europea non dispongono del diritto di voto. d - Modalità per la presentazione delle candidature Per essere accettate, le liste dei candidati devono essere presentate dai partiti politici rappresentati in Parlamento nazionale o al Parlamento Europeo, oppure devono essere sostenute da una percentuale di elettori corrispondente almeno al 2% del numero globale dei voti validamente espressi in occasione delle precedenti elezioni del Parlamento. Un cittadino europeo, iscritto in una lista di candidati, deve fornire, insieme alla lista dei candidati, una dichiarazione formale su apposito modulo, rilasciato dal ministero dell'Interno, nella quale deve indicare: x la sua cittadinanza ed il luogo di residenza in Danimarca, x di non presentarsi contemporaneamente come candidato alle elezioni del Parlamento Europeo inaltro Stato membro dell'Unione Europea, x la circoscrizione elettorale o il comune dello Stato d'origine nelle cui liste elettorali è stato iscritto in occasione delle precedenti elezioni del Parlamento Europeo. L'interessato deve fornire, inoltre, un attestato delle competenti autorità dello Stato d'origine, da cui risulti che non ha perso il suo diritto all'eleggibilità alle elezioni del Parlamento Europeo nel paese d'origine oppure che le autorità competenti non sono a conoscenza di tale circostanza. Il ministero dell'Interno deve comunicare al candidato se la sua candidatura è stata accettata e deve inoltre informarne il paese d'origine del candidato, in modo da evitare che l'interessato si presenti candidato anche in tale Stato. e - Incompatibilità: sono applicate le incompatibilità previste dall’Atto europeo del 1976 e quelle previste dalla direttiva comunitaria 93/109/C.E. del 6 dicembre 1993. f - Campagna elettorale: nessuna disposizione particolare per le elezioni europee. g - Verifica dello scrutinio: lo scrutinio è verificato dal Parlamento danese. Capitolo VI 295 h - Assegnazione dei seggi: i seggi vengono assegnati secondo il metodo d’Hondt in funzione delnumero di voti raccolti dai diversi candidati o dalle diverse liste. Non vi è una soglia disbarramento. I seggi sono ripartiti in base al numero di voti che i vari candidati o le varie liste hanno ottenuto. I seggi vacanti sono assegnati ai candidati non eletti della stessa lista. i - Condizione delle persone sprovviste di cittadinanza danese: le persone sprovviste di cittadinanza possono fondare nuovi partiti politici o aderire a quelli esistenti. Non esistono restrizioni particolari. 3.4 Finlandia (elezione membri del Parlamento Europeo) Le fonti normative sono costituite dalla legge elettorale del2 ottobre 1998 (n. 714/1998) che sostituisce tutte le precedenti leggi. Di tale legge elettorale vengono illustrate le parti più significative: a - Sistema elettorale:Rappresentanza proporzionale:. I candidati si presentano su scala nazionale e il conteggio dei voti avviene su base nazionale. È previsto il voto di preferenza. b - Ripartizione dei seggi: metodo d'Hondt. Una volta stabilito il numero dei seggi cui ha diritto ciascun partito, ciascuna alleanza elettorale e ciascuna lista comune, i candidati figuranti sulle liste sono classificati in funzione del totale dei voti di preferenza ottenuti. c - Modalità: possono presentare candidati le seguenti organizzazioni: - i partiti politici. Due o più partiti politici possono altresì formare alleanze elettorali; - le associazioni di elettori. Ciascuna associazione può presentare un candidato. Occorrono almeno 2.000 membri fondatori che dispongano del diritto di voto per creare un'associazione di elettori. (è richiesto l'accordo scritto di ciascun membro fondatore). Le associazioni di elettori possono costituire liste comuni. - ciascun partito politico, alleanza elettorale o lista comune può presentare un massimo di 20 candidature. d - Incompatibilità: quelle previste dalla legge del 1976 relativa alle elezioni al Parlamento Europeo e, ai sensi della legge elettorale finlandese (2 ottobre 1998), le seguenti persone: i membri del governo finlandese; i funzionari che, ai sensi della Costituzione, non possono 296 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea candidarsi al Parlamento finlandese (personale militare, Cancelliere della giustizia, Vicecancelliere della giustizia, membri della Corte suprema e della Corte amministrativa suprema, Mediatore e Mediatore aggiunto del Parlamento finlandese). e - Diritto di voto: Ogni cittadino finlandese che abbia compiuto 18 anni e disponga della pienezza del diritto di voto; ogni cittadino degli altri Stati membri dell'UE, che abbia compiuto 18 anni e disponga della pienezza del diritto di voto, se è domiciliato in Finlandia e se ha chiesto di esercitare il diritto di voto entro il 25 marzo 1999; ogni cittadino degli altri Stati membri che si sia iscritto nelle liste elettorali per le precedenti elezioni al Parlamento Europeo, svoltesi in Finlandia e che sia sempre domiciliato in Finlandia. I cittadini dell'UE, che abbiano perso il loro diritto di voto nello Stato membro d'origine, non possono esercitare tale diritto alle elezioni europee in Finlandia. Gli elettori possono votare anticipatamente negli uffici postali, negli ospedali e in talune altre istituzioni. È altresì possibile votare nelle missioni diplomatiche finlandesi o nei loro uffici. Il conteggio di tali voti anticipati avviene il giorno della votazione.Il voto non è obbligatorio. f - Eleggibilità: ogni cittadino finlandese o di un altro Stato membro dell'UE che abbia compiuto 18 anni e disponga della pienezza del diritto di voto, salvo le persone poste sotto tutela. g - Campagna elettorale: per il finanziamento non esiste alcuna specifica disposizione.Il progetto di bilancio nazionale può prevedereuna dotazione specifica per il finanziamento delle campagne elettorali.Apertura ufficiale della campagna: nessuna disposizione o restrizione specifica. h -Accesso ai mezzi d'informazione: nessuna disposizione o restrizione specifica. In applicazione della legge sui partiti, l'Ufficio finlandese di radiodiffusione (impresa nazionale pubblica) è tenuto a rispettare la parità di trattamento fra i partiti politici nei programmi dedicati alle elezioni, in funzione di criteri giornalistici. i – Sondaggi: nessuna disposizione o restrizione specifica. Capitolo VI 297 3.5 Francia (elezione membri del Parlamento Europeo) La Francia è stato il primo Paese ad aver ratificato e adottato la legge elettorale per le elezioni dirette del Parlamento Europeo. Le due Camere del Parlamento, infatti, ratificarono l’Atto del 20 settembre 1976 conlegge n. 77-729 del 7 luglio 1977 cui ha fatto seguito il decreto n. 79-160 del 28febbraio 1979. Particolare attenzione deve essere riservata alla legge n. 493/2000 del 6 giugno 2000 con la quale sono state introdotte alcune misure specifiche volte a favorire l’uguale accesso delle donne e degli uomini ai mandati elettorali ed all’esercizio delle correlate funzioni elettive11. La legge 5 Febbraio 1994 ha corretto le precedenti leggi sull’esercizio del diritto di voto per le elezioni al Parlamento Europeo dei cittadini dell’Unione residenti in Francia e sulla loro candidatura. La Francia per la 7 legislatura avrà 72 seggi elettorali (prima 87, attualmente 78), che rappresentano l’intero territorio nazionale, compresi i dipartimenti oltremare e i territori. Le fonti normative sono costituite anche dalla legge 5 febbraio 1994 relativa all’esercizio del diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento Europeo per i cittadini dell’Unione Europea residenti in Francia (legge 94-104)12. Le peculiarità di tali fonti normative vengono, qui di seguito, elencate: a - Sistema elettorale Il sistema elettorale prevede per le elezioni europee una rappresentanza proporzionale in una sola circoscrizione, formata dall’intero territorio nazionale; allo stesso modo, i seggi vengono distribuiti tra le varie liste per l’intero territorio.Non vi è più la divisione in numerose circoscrizioni, come avviene per le elezioni nazionali. Il computo dei voti e la ripartizione dei seggi avvengono a livello nazionale. La ripartizione dei seggi tra le varie liste avviene secondo il metodo d’Hondt con la regola della media più forte. Il voto si esprime perlista bloccata e, di conseguenza, sussiste il divieto di voto di preferenza e di "panachage", ovvero combinazione di liste elettorali. Il computo dei 11 V. Mauro Mazza, Francia: modifiche della legislazione elettorale, in Diritto Pubblico comparato ed europeo, n. 3/2000, pp.1034 ss. 12 V. Pierre Bréchon, Sonia Tebbalk, Le élections européennes en France, 2004 . 298 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea voti avviene a livello nazionale. Le liste che non abbiano ottenuto il 5% dei suffragi non partecipano alla ripartizione dei seggi. b - Mandati e ripartizioni elettoral La Francia dispone ora di solo 72 seggi per le elezioni parlamentari europee del 2009. I parlamentari europei francesi rappresentano l’intero territorio della Repubblica (compresi i dipartimenti e i territori d’oltre mare). c - Diritto di voto, eleggibilità e modalità di voto Hanno il diritto di voto i cittadini francesi che abbiano compiuto 18 anni. I cittadini francesi che risiedono all’estero possono votare per procura o presso i “centres de vote” situati nei consolati e nelle ambasciate. Il diritto di voto per i cittadini della Comunità europea, che non hanno la residenza francese, è riservato alle sole persone residenti in via continuativa in Francia. Questi, per esercitare il loro diritto di voto, devono iscriversi su domanda nelle liste elettorali complementariI cittadini europei, residenti in Francia ma senza nazionalità francese, possono votare solo nel caso in cui la Francia sia la residenza principale. Sono eleggibili i cittadini francesi che abbiano compiuto i 23 anni, oppure i cittadini di altri Stati membri dell’Unione Europea che abbiano domicilio reale o residenza permanente in Francia e che abbiano compiuto 23 anni. È consentito il voto per procura. Le incompatibilità dei Parlamentari europei con le altre cariche elettive sono elencate nel codice elettorale francese e nella direttiva comunitaria del 6 dicembre 1993. d - Modalità per la candidatura La lista deve essere presentata dal capolista (o dal suo mandatario). Per quanto concerne la formazione delle liste elettorali è stato disposto con la legge n. 2000-493 del 6 giugno 2000 che, fermo restando lo scarto non superiore ad 1 tra il numero dei candidati di sesso maschile e di sesso femminile, le liste debbano essere composte alternativamente da un candidato di ciascun sesso. Ogni lista deve depositare 100.000 FF (che vengono restituiti alle liste che ottengano almeno il 5% dei suffragi espressi). e - Disposizioni che regolano la campagna elettorale Solo i partiti politici francesi e le liste avverse possono partecipare alla campagna elettorale che inizia 15 giorni prima della votazione. Vengono accordate facilitazioni per l’accesso ai mezzi d’informazione; Capitolo VI 299 f - Assegnazione dei seggi I seggi vengono assegnati seguendo l’ordine dei candidati sulle liste. Ogni elettore dispone di un voto che deve dare ad una sola lista. È esclusa qualsiasi modifica dell’ordine dei candidati sulle liste. Le liste che non ottengono il 5% dei voti sono escluse dalla ripartizione dei seggi. I seggi vacanti sono assegnati ai candidati non eletti delle stesseliste. g - Verifica dello scrutinio Il Consiglio di Stato (e non il Consiglio costituzionale come è previsto per le elezioni nazionali) decide nei casi di contestazione dei risultati dello scrutinio nonché nei casi relativi all’applicazione della legge elettorale per le elezioni al Parlamento Europeo. 3.6 Grecia (elezione membri del Parlamento Europeo) La legge elettorale del 20 luglio 1981, comemodificata dalle leggi n. 1443/1984 en. 2623/98, fissa le modalità di elezione dei membri greci nel Parlamento Europeo. Si ha in Grecia un sistema di rappresentanza proporzionale integrale su scala nazionale. L’elettore vota a favore di una sola lista. Il “panachage” o combinazione di liste elettorali e il voto di preferenza sono vietati. Le tipicità di tali fonti normative possono essere così rappresentate: a - Elettorato attivo e passivo Ha diritto di voto ogni cittadino dell'Unione Europea che abbia compiuto 18 anni e disponga della pienezza del diritto di voto nel suo paese d'origine. Il voto è obbligatorio per i cittadini greci che abbiano compiuto 18 anni. I cittadini greci residenti in un altro Stato membro dell'UE possono votare presso i consolati. Agli elettori residenti in un altro comune rispetto a quello di cui sono originari, la legge n. 2623/98 permette di votare nel loro luogo di residenza, a condizione di averne fatto richiesta scritta al Sindaco della loro città di residenza al più tardi 2 mesi prima delle elezioni. I cittadini greci residenti all'esterno dell'Unione non possono votare, a meno che non facciano ritorno in Grecia o si rechino a votare presso un consolato greco in uno Stato membro dell'UE. 300 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea Tutti coloro che siano in possesso dei requisiti previsti per l'esercizio del diritto di voto e che abbiano compiuto il venticinquesimo anno di età hanno anche il diritto di essere eletti. Non è possibile votare o presentarsi come candidato contemporaneamente in Grecia e nel proprio Stato membro di origine nel corso delle stesse elezioni13. b - Presentazione delle candidature 13 Gli interessati sono tenuti a presentare una domanda di iscrizione nell'apposita lista elettorale del comune di residenza. La domanda, recante la data e la firma autografa del richiedente, deve contenere una dichiarazione sull'onore con le seguenti informazioni: - cognome e nome del richiedente, cognome e nome del coniuge (per le donne coniugate), data di nascita, sesso, professione, cittadinanza, il possesso della capacità elettorale nello Stato membro di origine, il luogo di residenza in Grecia in cui l'elettore desidera esercitare il diritto di voto (circoscrizione amministrativa, comune, parrocchia, via e numero),- di non essere iscritto in liste elettorali di altri comuni in Grecia; eventualmente circoscrizione elettorale, comune ecc. nello Stato membro di origine nelle cui liste elettorali era iscritto per le ultime elezioni del Parlamento Europeo; - dichiarazione che eserciterà il diritto di voto esclusivamente in Grecia. La domanda deve essere corredata di: - una fotocopia della carta d'identità, due fotografie recenti formato tessera;attestato della polizia, se e in quanto le liste elettorali siano istituite per parrocchia, da cui risulti l'indirizzo di residenza (via e numero) e la parrocchia di appartenenza.Lo stesso certificato è richiesto anche per gli elettori greci. Le domande degli elettori comunitari sono da presentarsi al sindaco (del demo o del comune) o al prefetto del luogo di residenza durante tutto l'anno, eccettuato il periodo compreso tra la data in cui sono indette le elezioni e la data della votazione. Le domande devono essere presentate personalmente dall'elettore oppure per il tramite di altra persona di sua scelta munita di apposita delega legale. Il Ministero degli Interni, dell'Amministrazione pubblica e del Decentramento informa lo Stato membro di origine del richiedente dell'avvenuta presentazione della domanda in modo da permettere a tale Stato di adottare i provvedimenti necessari ad evitare il doppio voto o la doppia candidatura. L'iscrizione nelle liste elettorali resta valida per tutto il periodo di residenza del richiedente in Grecia, a condizione che sia in possesso dei requisiti previsti per l'esercizio del diritto di voto. Poiché in Grecia vige l'obbligo di voto, dal momento in cui sono iscritti nelle liste elettorali i cittadini dell'Unione Europea sono tenuti ad esercitare il diritto di voto esattamente come i cittadini greci. La domanda di cancellazione dalle liste elettorali deve essere presentata per iscritto personalmente dal richiedente al competente ufficio della Prefettura per tutto l'arco dell'anno, eccettuato il periodo compreso tra la data di indizione delle elezioni e la data della votazione. La domanda di cancellazione deve contenere i dati che permettono l'identificazione del richiedente, il motivo per cui richiede la cancellazione e l'indicazione della lista elettorale e del numero di iscrizione. L'ufficio della Prefettura informa l'interessato per lettera in merito alla cancellazione. Capitolo VI 301 Le candidature devono essere presentate almeno 20 giorni prima delle elezioni. La Corte di cassazione approva le liste dicandidati almeno 14 giorni prima della votazione e ne comunica i nomi al Ministero dell'Interno. Per essere ammessi, i candidati devono essere proposti da partiti politici o coalizioni di partiti. Ogni lista di candidati non può contenere più di 25 candidati. Per ciascuna proposta- coalizione è richiesto il deposito di una cauzione di 1.000.000 di dracme (pari a 3.000 euro). Tale importo viene restituito se il partito politico o la coalizione di partiti politici ottengono almeno il 3% dei voti validi o almeno un seggio di rappresentanza14. c - Incompatibilità Sono quelle previste dall'Atto elettorale europeo del settembre 1976 nonché quelle contenute nella direttiva del Consiglio delle Comunità europee del 6 dicembre 1993.. In base alla legge greca del 1981, il mandato europeo è incompatibile con il mandato di parlamentare nazionale. Tuttavia, la legge n. 1443/84 ha introdotto un'eccezione (collegata a una clausola relativa alla percentuale dei voti ottenuti) che autorizza il doppio mandato per i primi due candidati delle liste elettorali. Non possono presentarsi come candidati, a meno che abbiano abbandonato la loro carica, i sindaci, i funzionari pubblici, gli ufficiali 14 Il cittadino comunitario figurante nella lista dei candidati è tenuto a presentare, insieme alla lista, una dichiarazione sull'onore in cui indica:// - la cittadinanza e l'indirizzo in Grecia; //- di non essere candidato contemporaneamente per le elezioni del Parlamento Europeo in un altro Stato membro dell'Unione Europea; // - e, in Grecia, di non figurare iscritto nella lista di un altro partito o coalizione di partiti; // - il comune o circoscrizione dello Stato membro di origine in cui era iscritto in occasione delle ultime elezioni del Parlamento Europeo; // la data a partire dalla quale possiede la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione; // un nulla osta rilasciato dalle autorità competenti dello Stato di origine, attestante che non vi sono ostacoli per l'eleggibilità al Parlamento Europeo nel territorio di detto Stato o che tali autorità non sono a conoscenza di un'eventuale decadenza da tale diritto. La candidatura è dichiarata irricevibile in mancanza di tale certificato; Deve poi allegare fotocopia di un documento d'identità in corso di validità (carta d'identità rilasciata dalla polizia o passaporto). I candidati presentati legalmente vengono dichiarati membri di una coalizione elettorale entro il quattordicesimo giorno precedente la data delle votazioni dalla prima sezione della Corte di Cassazione. Non è prevista alcuna procedura di ricorso da parte del candidato la cui candidatura non sia stata ammessa. 302 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea dell'esercito e della polizia, i governatori o i presidenti di persone giuridiche di diritto pubblico o di imprese pubbliche. d - Mandati e circoscrizioni elettorali Il territorio nazionale costituisce una circoscrizione elettorale unica nella quale vengono eletti i22 membri(prima 25, attualmente 24 membri) delParlamento Europeo. e - Ripartizione dei seggi I seggi sono attribuiti secondo l’ordine dei candidati sulla lista. I seggi vacanti sono attribuiti ai candidati supplenti della stessa lista. Se sulla lista non ci sono candidati sufficienti, si organizzanoelezioni suppletive parziali. f - Contenzioso I risultati dell’elezione possono essere contestati davanti al Tribunale costituzionale. g – Finanziamento Pubblico: lo 0,5 per mille delle entrate del bilancio nazionale, a titolo di finanziamento elettorale straordinario in occasione delle europee, viene ripartito sulla base dei voti ottenuti, fra i partiti che ottengono almeno un deputato europeo o l'1,6% del totale dei voti espressi. h - Partecipazione di cittadini di altri stati membri dell'unione all'attività politica I cittadini comunitari diversi da quelli greci non possono fondare partiti politici; possono, invece, aderire a partiti o gruppi politici esistenti. 3.7 -Germania (elezione membri del Parlamento Europeo) La legge elettorale tedesca del 16 giugno 1978 è stata modificata da ultimo dalla legge 11 novembre 1993, nonché dalle leggi del 13 marzo 1994 e del 18 giugno 1997.relative alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità per i cittadini dell’Unione Europea15. 15 V. Klaus Gaspers, Vierte Direktwahl zum Europäischen Parlament in der Bundesrepublik Deutschland am 12. Juni 1994; Dieter Fuchs-Robert Rohrschneider, Postmaterialism and Electoral Choice before and after German Unification,1998; Giovanni Capoccia, The political consequences of electoral laws: the German system at fifty, -2002; James, Peter, Germany United : The 1990 All-German elections, 1991; Warnfried Dettling, Eckhard Fuhr, Thomas Wittke, (et al.), Dossie: Die Par- Capitolo VI 303 Tali fonti normative prevedono: a - Sistema elettorale: rappresentanza proporzionale. Ogni elettore dispone di un voto. Il conteggio dei voti viene fatto a livello federale secondo il metodo di Hare-Niemeyer. Se un partito ha presentato in un Land, tutti i seggi che ha ottenuto sono ripartiti tra le varie liste di Land. Il computo dei voti ha luogo a livello federale. Le liste sono bloccate. b - Mandati e circoscrizioni: l’elezione dei 99 membri viene fatta sia a livello di liste dei Lander (Stati federati) che a livello di liste federali. c - Diritto di voto, eleggibilità e modalità di voto Dispongono della pienezza del diritto di voto: - i cittadini tedeschi che abbiano compiuto 18 anni e siano residenti nel territorio federale, in un altro Stato membro della CE e del Consiglio d’Europa, o in qualunque altro paese, a patto che vi risiedano da almeno 10 anni e siano iscritti nelle liste elettorali tedesche; - i cittadini dell’Unione Europea che abbiano compiuto 18 anni, che risiedano abitualmente in Germania e che abbiano vissuto in Germania o in un altro Stato membro della CE durante gli ultimi tre mesi precedenti le elezioni; - i cittadini che abbiano ottenuto da più di un anno la cittadinanza di uno degli Stati membri dell’Unione Europea e che dispongano della pienezza del diritto di eleggibilità in Germania. Ogni elettore può votare personalmente o per corrispondenza. Le incompatibilità e le ineleggibilità sono quelle previste dall’Atto elettorale europeo del 20 settembre 1976, dalla legge elettorale federale (Bundeswahlgesetz), e dalla direttiva comunitaria relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto passivo ed attivo per i cittadini dell’Unione Europea. Il titolare di un certificato elettorale può partecipare all'elezione votando personalmente o per corrispondenza. Sono eleggibili i candidati che abbiano compiuto i 18 anni di età e che pos- teienlandschaft in Deutschland vor den Wahlen, 1994;Hartmut Schramm,Die 'Berliner' Abgeordneten im Europäischen Parlament, 1987; Jesse, Eckhard,The West German electoral system : The case for reform, 1949-87, 1987 304 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea siedano il diritto elettorale pieno. I candidati eletti possono essere contemporaneamente membri del Bundenstag. d - Modalità per la presentazione delle candidature Le candidature delle liste possono essere presentate per ogni singolo Land o essere raggruppate su una lista unica, comune a tutti i Länder. Possono presentare le liste di candidati i partiti politici e le associazioni politiche, basate sull’affiliazione (ad esempio, le federazioni europee di partiti). Se un partito non dispone di almeno 5 rappresentanti al Bundenstag o alla Dieta di un Land, occorre raccogliere 4.000 firme per poter presentare una lista federale e 2.000 firme per una lista in un Land. e - Disposizioni che regolano la campagna elettorale Ciascun partito si vede attribuito dopo le elezioni un rimborso, proveniente da un fondo che copre le spese elettorali, in proporzione dei suffragi ottenuti. Ciascuna lista percepisce 1,30 marchi per ciascun voto per i primi 5 milioni di voti raccolti, e un marco per ciascun voto oltre tale cifra. Hanno diritto al rimborso tutte le liste che abbiano ottenuto almeno lo 0,5% dei voti. Si prevede un limite delle spese per la campagna elettorale in base ad un accordo tra i partiti. f - Assegnazione dei seggi I seggi sono ripartiti in base all’ordine dei candidati indicati sulle liste. I seggi vacanti sono assegnati ai supplenti, i quali possono essere designati parallelamente a ogni candidato della lista. In mancanza di sostituti, il seggio è assegnato al primo candidato non eletto della lista. Non sono ammesse alla ripartizione dei seggi le liste che raccolgono meno del 5% dei voti a livello federale. g - Verifica dello scrutinio La verifica dello scrutinio è effettuata dal Bundenstag. I ricorsi contro la decisione del Bundenstag possono essere presentati presso il Tribunale costituzionale federale (Bundesverfassungsgericht). 3.8 -Irlanda (elezione membri del Parlamento Europeo) Per le elezioni al Parlamento Europeo si applicano l’European Assembly Election Act del 1977, l’European Assembly (rappresentanti irlandesi) Act del 1979, l’European Assembly Elections Act del 1984 (Acts of the Oireachtas del 1977, 1979, 1984), l’Electoral (Amen- Capitolo VI 305 dment) Act 1986, l’Electoral Act 1992 e l’European Parliament Election Act 1993. Si applicano, inoltre, la legge elettorale (emendamento del 1998) e le disposizioni (bollettini) relativi alle elezioni al Parlamento Europeo del 1998. La direttiva sul diritto di eleggibilità dei cittadini dell’Unione è stata recepitadall’European Parliament Elections (voti e candidature), Regulations 199416. Da tali fonti normative si ricavano le seguenti caratteristiche: a - Sistema elettorale È stato adottato un sistema elettorale quasi proporzionale, che prevede un sistema di voto semplice trasferibile. I nomi dei candidati figurano in ordine alfabetico sulla scheda elettorale. L’elettore vota per un candidato e indica inoltre l’ordine di preferenza dei candidati ai quali il suo voto deve andare nel caso in cui il candidato designato per primo abbia già ottenuto il numero dei voti necessari per essere eletto, oppure venga escluso per non aver raccolto un numero sufficiente di voti. Si tratta di un sistema elettorale tradizionale di scrutino uninominale, ma preferenziale. b - Mandati e circoscrizioni elettorali I 12 (prima 15, attualmente 13) membri irlandesi del Parlamento Europeo sono eletti in quattro circoscrizioni: Dublino, Munster, Leinster e Connacht/Ulster. c - Diritto di voto, eleggibilità e modalità di voto Dispongono della pienezza del diritto di voto i cittadini irlandesi e i cittadini dell’Unione Europea che abbiano compiuto 18 anni e che siano domiciliati in Irlanda. Coloro che risiedono all’esterno della Comunità europea, per esercitare il loro diritto di voto, devono presentare la domanda d’iscrizione sulle liste elettorali. La legislazione elettorale irlandese prevede il voto personale e per corrispondenza. Gli irlandesi iscritti nel registro postale di una circoscrizione possono votare per posta. Gli irlandesi residenti all’estero non potendo essere iscritti nel suddetto registro, non possono votare per i candidati irlandesi. 16 Mary Robinson , Il ruolo del Parlamento irlandese , I Parlamenti della comunità europea, 2001. 306 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea Dispongono del diritto di eleggibilità i cittadini dell’Unione Europea che abbiano compiuto 21 anni. d - Modalità per la candidatura I candidati possono presentarsi a titolo individuale o essere designati da terzi. Al momento della presentazione di ogni candidatura, devono essere versate 1.000 lire irlandesi. La cauzione è restituita qualora il candidato ottenga almeno un terzo del numero di voti necessario ad essere eletto. e- Incompatibilità Oltre alle incompatibilità previste dall’Atto elettorale europeo del 20 settembre 1976, la qualità di membro del PE è incompatibile con la carica di Attorney General o di Presidente o vicepresidente del Dail o del Seanad. La qualità di membro del Dail o del Seanad è, invece, compatibile con quella di deputato al Parlamento Europeo. Inoltre sono applicate le incompatibilità previste dalla direttiva comunitaria del 6 dicembre 1993. f - Disposizioni che regolano la campagna elettorale Non ci sono disposizioni specifiche riguardanti la campagna elettorale. g - Verifica dello scrutinio È prevista la consegna di un processo verbale (che descrive l’avvenuta applicazione della procedura elettorale e che garantisce la validità dei risultati) da parte del presidente di ogni circoscrizione nelle mani del ministro competente. Gli elettori o i candidati possono affiggere i risultati delle elezionipresso la High Court. h -Assegnazione dei seggi L’ordine alfabetico in base al quale i nomi dei candidati appaiono sulla scheda elettorale, non è preso in considerazione per l’attribuzione dei seggi. Un candidato, per essere eletto, deve ottenere un numero prestabilito di voti (“quota”), che si ottiene dividendo il numero totale dei suffragi espressi per il numero di seggi + 1 e aggiungendo al risultato della divisione il numero 1. I seggi vacanti sono assegnati ai candidati delle altre liste il cui numero dei voti ottenuti superi il quorum, a seconda delle preferenze espresse dall’elettore. Capitolo VI 307 3.9 – Lussemburgo (elezione membri del Parlamento Europeo) Si applicano due leggi del 25 febbraio 1979, modificate da altre due leggi del 14 marzo 1984 e successivamente dalla legge del 28 gennaio 1994 relativa alle elezioni dei rappresentanti del Granducato del Lussemburgo al PE. Le peculiarità di tali fonti normative vengono di seguito illustrate. a - Sistema elettorale Rappresentanza proporzionale nazionale (circoscrizione unica). b-Ripartizione dei seggi: metodo d'Hondt. Ogni elettore dispone di tanti voti quanti sono i seggi da assegnare (sei). È ammesso il "panachage" o combinazione di liste elettorali. L'elettore ha cioè la possibilità di assegnare la totalità dei suffragi in blocco a una sola lista o di ripartirli tra i vari candidati delle diverse liste, o ancora di ripartirli tra i candidati di una stessa lista. Qualora l'elettore voti per un'intera lista composta da meno di sei candidati, a quest'ultima sono assegnati tanti voti quanti sono i suoi candidati. Una lista non può comprendere più di 12 candidati. I seggi sono assegnati in funzione del numero di voti ottenuti dai vari candidati e dalle varie liste. Il computo dei voti avviene in base al metodo d’Hondt. c - Diritto di voto, eleggibilità e modalità di voto Hanno il diritto di voto i cittadini lussemburghesi cha abbiano compiuto 18 anni di età. I cittadini dell’Unione Europea non lussemburghesi devono iscriversi nelle liste elettorali, devono esseredomiciliati nel Granducato e vi abbiano risieduto per almeno 10 anni nel corso degli ultimi 12 anni. Inoltre, gli altri cittadini dell'Unione devono disporre della pienezza del diritto di eleggibilità nel proprio paese. Il voto è obbligatorio per tutti gli elettori iscritti nelle liste elettorali. È consentito il voto per corrispondenza ai cittadini lussemburghesi residenti all’estero. Dispongono della pienezza del diritto di eleggibilità i cittadini lussemburghesi che abbiano compiuto 21 anni di età. Dispone della pienezza del diritto di eleggibilità ogni cittadino dell’Unione che sia domiciliato nel Granducato e vi abbia risieduto per almeno 10 anni nel corso degli ultimi 12 anni. 308 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea Ogni deputato eletto al Parlamento Europeo che poi ha ricoperto un incarico nel governo lussemburghese ed ha quindi dovuto rinunciare al suo mandato europeo, è re iscritto d'ufficio come primo supplente sulla lista dove era stato eletto. d - Modalità per la candidatura Le liste devono essere presentate da 250 elettori o da un deputato europeo o nazionale. Ogni lista non può comprendere più di 12 candidati e non può essere composta in maggioranza da candidati che non hanno la cittadinanza lussemburghese. e - La campagna elettorale Non vi sono particolari disposizioni f - Finanziamento pubblico: alle liste che ottengano almeno il 5% dei voti vengono rimborsate le spese di affrancatura postale di una sola comunicazione inviata agli elettori sotto forma di stampato. Dal 1° gennaio 1999, alle liste che ottengano almeno il 5% dei voti alle elezioni europee vengono rimborsate una parte delle spese elettorali sotto forma di un’indennità forfettaria. Questo importo forfettario viene calcolato in maniera scaglionata proporzionalmente ai risultati ottenuti, l'importo massimo è di 3 milioni di luf per i partiti che abbiano ottenuto almeno il 25% dei voti. Un importo supplementare di 500.000 luf è previsto per ogni deputato europeo eletto. g - Assegnazione dei seggi I seggi sono assegnati in base al numero di voti ottenuti dai vari candidati e dalle varie liste. I seggi rimanenti sono assegnati ai successivi candidati delle varie liste. h - Verifica dello scrutinio Lo scrutinio è verificato dalla Camera dei rappresentanti lussemburghesi. 3.10 -Paesi Bassi (elezione membri del Parlamento Europeo) I Paesi Bassi hanno ratificato l’Atto del settembre 1976, quasi all’unanimità, il 23 giugno 1977 e la legge elettorale che ne deriva è stata adottata nel settembre 1978. La legge elettorale neerlandese del 13 dicembre 1978 (Staatsblad 652) è stata abrogata dalla legge del 28 gennaio 1993 (Staatsblad 75). Quest’ultima è stata poi integrata nel codice elettorale neerlandese (Kieswet 423, del 28 settembre 1989, Capitolo VI 309 capitolo Y). Il 4 febbraio 1994 sono state fissate le disposizioni relative al diritto di voto e di eleggibilità per i cittadini dell’Unione. Le fonti normative testé citate così rappresentano il sistema elettorale per l’elezione dei membri del Parlamento Europeo nei Paesi Bassi: a - Sistema elettorale Rappresentanza proporzionale integrale su scala nazionale. Nessun quorum. Si noti, altresì, che vi sono 19 circoscrizioni, le quali, tuttavia, hanno soltanto valore amministrativo, dato che i voti sono sommati a livello nazionale.Per il computo dei voti si utilizza il metodo d'Hondt con voto di preferenza b - Mandati e circoscrizioni elettorali I Paesi Bassi dispongono di 25 (prima 31, attualmente 27) mandati. Il territorio neerlandese costituisce una circoscrizione elettorale unica. c - Diritto di voto, eleggibilità e modalità di voto Dispone della pienezza del diritto di voto ogni cittadino olandese che abbia compiuto 18 anni. I cittadini olandesi residenti in un altro Stato membro dell’Unione possono votare personalmente, per procura o per corrispondenza. Sono elettori i cittadini di uno Stato membro dell'Unione Europea che: x alla data delle elezioni abbiano compiuto 18 anni d'età ; x abbiano la residenza principale nei Paesi Bassi e siano residenti in un comune di tale paese; x non abbiano perso i diritti elettoraliné nei Paesi Bassi, né nel paese d'origine. È eleggibile ogni cittadino dell'Unione Europea che abbia compiuto 18 anni e disponga della pienezza del diritto di eleggibilità nel suo paese di origine. Il cittadino dell'UE non deve essere stato privato della sua eleggibilità da un giudice olandese. Nessuno può votare o presentarsi come candidato in più di uno Stato membro nel corso delle medesime elezioni. I cittadini europei devono presentare domanda d'iscrizione al registro elettorale del comune di residenza non più tardi di 42 giorni prima della data delle elezioni. Per le elezioni del 1994 tutti gli elettori comunitari che, alla data di presentazione della lista dei candidati risultavano iscritti al registro della popolazione del comune, sono stati automaticamente invitati a 310 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea votare. All'invito era allegato un modulo sul quale l'elettore poteva indicare se intendeva votare nei Paesi Bassi o nel paese d'origine. Gli elettori, che hanno dichiarato di voler votare nei Paesi Bassi o che non hanno rinviato il modulo, sono stati iscritti sulla lista elettorale olandese. L'iscrizione ha carattere permanente. Ciò significa che una volta iscritto nel registro elettorale nei Paesi Bassi, l'elettore comunitario potrà restarvi iscritto. Gli elettori iscritti ricevono, in tempo utile prima delle elezioni, un certificato elettorale che indica il seggio nel quale dovranno votare. In caso di cambiamento di residenza all'interno dei Paesi Bassi l'elettore deve comunicare il nuovo indirizzo affinché il certificato elettorale possa essere spedito al nuovo indirizzo. Se trasferisce il suo domicilio o residenza fuori dalterritorio dei Paesi Bassi, deve darne comunicazione al comune. Le decisioni in materia d'iscrizione nelle liste elettorali sono passibili di ricorso presso la sezione amministrativa del Consiglio di Stato. Al fine di prevenire il doppio voto il Borgomastro (sindaco) comunica alle autorità degli altri Stati membri dell'Unione Europea i nominativi dei loro cittadini che hanno espresso l'intenzione di esercitare nei Paesi Bassi il proprio diritto di voto attivo. d - Modalità per la candidatura Le candidature sono presentate dai partiti politici (sono necessarie 30 firme). Le liste con più di 15 seggi possono presentare 80 candidati, le altre liste non più di 30. I partiti che non sono rappresentati al Parlamento Europeo devono versare una cauzione di 25.000 fiorini (1.000 fiorini per distretto). Lo Stato restituisce tale cauzione solo se il partito ottiene almeno i tre quarti del "quorum elettorale". Le liste dei candidati vengono depositate dai partiti politici o da dieci elettori. Il cittadino della Comunità, che vuole candidarsi alle elezioni, deve presentare all'atto della candidatura una dichiarazione formale in cui: x dichiara la propria nazionalità e il proprio indirizzo nei Paesi Bassi; x comunica, se del caso, il comune dello Stato membro d'origine nelle cui liste è stato iscritto da ultimo; x dichiara di non essere contemporaneamente candidato alle elezioni del Parlamento Europeo in un altro Stato membro Il candidato Capitolo VI 311 deve, inoltre, presentare un certificato dell'autorità competente dello Stato d'origine, attestante di godere dell'elettorato attivo e passivo. Per evitare le doppie candidature l'ufficio elettorale centrale comunica agli altri Stati membri, tramite il ministero olandese degli affari esteri, i nominativi dei loro cittadini che si sono candidati nei Paesi Bassi. e - Incompatibilità Le incompatibilità sono le stesse valide per il Parlamento olandese (legge del 13 dicembre 1978, Staatsblad 653, modificata dalla legge del 24 giugno 1992, Staatsblad 350). Sono inoltre applicate le cause di incompatibilità previste dalla direttiva comunitaria relative all’esercizio del diritto di voto e di eleggibilità dei cittadini dell’Unione Europea. f - Disposizioni che regolano la campagna elettorale Non sono previste disposizioni particolari per la campagna elettorale. g - Assegnazione dei seggi Ogni elettore dispone di un voto che può assegnare o a una lista o a un candidato. Inoltre è possibile cambiare l’ordine dei candidati nella lista. I seggi vacanti sono assegnati ai successivi candidati delle varie liste. h - Verifica dello scrutinio La verifica dello scrutinio è effettuata dall’Ufficio di voto centrale. i - Partecipazione di cittadini di altri stati membri dell'Unione all'attività politica preliminare alle elezioni Le persone sprovviste di cittadinanza possonofondare muovi partiti o aderire ai partiti o gruppi politici esistenti. Non esistono altre restrizioni. 3.11 -Portogallo (elezione membri del Parlamento Europeo) La legge elettorale relativa alle elezioni del Parlamento Europeo è stata approvata dall’Assemblea della Repubblica portoghese il 29 aprile 1987 (legge n.14/87). Tale legge è stata ulteriormente modificata e integrata dalla legge n. 3 del 9 marzo 1994 relativa alle modalità di esercizio di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento Europeo per i cittadini dell’Unione Europea che risiedono in Portogallo. 312 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea Tali fonti normative prevedono: a - Sistema elettorale È vigente un sistema proporzionale. I seggi vengono ripartititi tra le varie liste in base al metodo d’Hondt, conformemente alle disposizioni del sistema elettorale generale. La camera portoghese - Assemblea della Repubblica - è eletta con il medesimo sistema in uso per l’elezione dei membri delParlamento Europeo. Il voto è bloccato senza preferenza; non vi è alcun sbarramento. b - Mandati e circoscrizioni elettorali Il Portogallo dispone di 22 (prima 25, attualmente 24) mandati. Il territorio portoghese costituisce una circoscrizione elettorale unica nazionale. c - Diritto e modalità di voto Dispongono del diritto di elettorato attivo e passivo i cittadini portoghesi e i cittadini dell’Unione Europea che abbiano compiuto 18 anni. I cittadini di un altro Stato membro dell’UE devono, per poter esercitare il loro diritto di voto e di eleggibilità, risiedere abitualmente sul territorio nazionale, essere iscritti sulle liste elettorali prima del 15 marzo 1994 e disporre della pienezza del diritto di eleggibilità nel loro paese di origine. I cittadini portoghesi che risiedono in un altro Stato membro dell’Unione possono votare presso i consolati del Portogallo. d - Incompatibilità Sono prese in considerazione le cause di incompatibilità previste dall’Atto del 20 settembre 1976. Le cause generali di incompatibilità previste dalla legge elettorale per l’Assemblea della Repubblica portoghese nonché le cause di incompatibilità contenute nella direttiva comunitaria del 1993 relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento Europeo per i cittadini dell’Unione Europea. Il mandato di europarlamentare è incompatibile con un mandato nazionale all’Assemblea della Repubblica. Non possono essere eletti i membri di alcune istituzioni locali, amministrative e giudiziarie. e - Modalità per la candidatura Le liste dei candidati, che devono contenere un numero parial numero dei membri di spettanza da eleggere e tra i tre e gli otto supplenti, sono depositate presso la Corte costituzionale.Finanziamento: è Capitolo VI 313 effettuato dai partiti. Tuttavia, i partiti non possono spendere per ogni candidato un importo superiore a 15 volte il salario minimo mensile. f - Assegnazione dei seggi I seggi sono ripartiti seguendo l’ordine dei candidati di lista. In caso di decesso, d’invalidità o di dimissioni di un membro, il seggio sarà assegnato al candidato o, eventualmente, al supplente della stessa lista seguendo l’ordine dei candidati della lista. g - Verifica dello scrutinio La verifica dei risultati elettorali è effettuata a livello dei distretti e delle regioni autonome da una commissione di verifica. Le disposizioni previste per le elezioni nazionali si applicano alla verifica generale dei risultati generali delle elezioni e la nomina dei candidati sono effettuate da un’assemblea di verifica generale istituita a Lisbona. La Corte costituzionale è la sola competente in caso di ricorsi contenziosi elettorali. 3.12 - Regno Unito (elezione membri del Parlamento Europeo) Il Regno Unito ha adottato la legge elettorale per le elezioni europee nel maggio 1978 (European Parliamentary Elections Act). Tale legge è stata modificata e integrata dall’European Elections Act del 1981, dal Representation of People Acts del 1983 e 1985, dalle normative del 1986 relative alle elezioni al Parlamento Europeo in Irlanda e in Scozia nonché dall’European Parliamentary Elections Act del 1993. Inoltre, l’emendamento relativo all’esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento Europeo dei cittadini dell’Unione Europea residenti nel Regno Unito, è entrato in vigore il 16 febbraio 1994 con l’European Parliament Elections Regulation 1994. La legge elettorale del 5 maggio 1978 è stata modificata e integrata il 15 febbraio 1994 con l'adeguamento del numero dei deputati. In virtù della legge del 14 gennaio 1999, è stato applicato per la prima volta in Inghilterra, Scozia e Galles nelle elezioni del 2004 un sistema elettorale di rappresentanza proporzionale. Da tali fonti normative è possibile ricavare il seguente procedimento elettorale: a - Sistema elettorale 314 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea Vige il sistema di rappresentanza proporzionale basata sullo scrutinio di liste regionali bloccate in 11 regioni: Easter (8 seggi), East Midlands (6 seggi); Londra (10 seggi); North East England (4 seggi); North West England (10 seggi); South East England (11 seggi); South West England (7 seggi); West Midlands (8 seggi); Yorkshire e Humberside (7 seggi); Scozia (8 seggi); Galles (5 seggi). b -Ripartizione dei seggi Per le regioni summenzionate viene applicato il metodo d'Hondt. Rappresentanza proporzionale, basata sul voto unico trasferibile, per i 3 seggi attribuiti all'Irlanda del Nord. I tre rappresentanti dell’Irlanda del Nord sono eletti secondo il sistema irlandese, vale a dire in base alla rappresentanza proporzionale, in un’unica circoscrizione elettorale che deve eleggere tre rappresentanti e dove è in vigore il sistema di scrutinio uninominale con resto di voti. b - Mandati e circoscrizioni elettorali Il Regno Unito dispone di72 (prima 87, attualmente 78) mandati ripartiti tra Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord. c - Diritto di voto, eleggibilità e modalità di voto È elettore ogni cittadino del Regno Unito e degli Stati membri dell'UE che abbia compiuto 18 anni e disponga della pienezza del diritto di voto nel suo paese d'origine. I membri della Camera dei Lord hanno anch'essi diritto di votare, contrariamente a quanto avviene per le elezioni nazionali. Per poter votare i cittadini britannici residenti all'estero nonché gli appartenenti alle forze armate devono rilasciare una dichiarazione di eleggibilità. È eleggibile ogni cittadino dell'Unione Europea che abbia compiuto 21 anni e disponga della pienezza del diritto di eleggibilità nel paese di origine. Le ineleggibilità e le incompatibilità sono quelle previste dall’Atto del 20 settembre 1976, nonché quelle contenute nella legge del 16 febbraio 1994. La qualità di membro del PE è compatibile con quella di membro della Camera dei Comuni e della Camera dei Lord. d - Modalità per la candidatura I candidati non devono essere obbligatoriamente designati da un partito politico. Nelle circoscrizioni elettorali, ogni candidatura deve essere sostenuta da almeno 30 elettori. Inoltre, deve essere versata una Capitolo VI 315 cauzione di 5.000 sterline per lista e per regione e 5.000 sterline per candidato indipendente (rimborsabili). e - Assegnazione dei seggi In Inghilterra, in Scozia e in Galles, sono eletti i candidati che ottengono il maggior numero di voti in ogni circoscrizione, chiamata a eleggere un solo deputato. Nella circoscrizione dell’Irlanda del Nord, chiamata ad eleggere 3 deputati, sono eletti i candidati che hanno ottenuto un numero sufficiente di voti di preferenza della categoria 1, essendo i seggi restanti assegnati in base al numero di voti della categoria 2, della categoria 3, etc. I seggi vacanti sono assegnati tramite elezioni secondarie. Non vi è alcuna soglia di sbarramento. f - Disposizioni che regolano la campagna elettorale A differenza delle elezioni nazionali, nessuna disposizione specifica viene applicata per le elezioni europee. Vi èperò limitazione delle spese della campagna elettorale che non gode di alcun finanziamento pubblico. Le spese sono limitate a 10.000 sterline con un importo addizionale di 4,3 pence per elettore. g - Verifica dello scrutini Il Presidente della commissione elettorale di ogni circoscrizione è responsabile per il computo dei voti e la proclamazione dei risultati. I risultati delle elezioni possono essere contestati davanti alla High Court. 3.13 -Spagna (elezione membri del Parlamento Europeo) La legge organica del 19 giugno 1985 sul regime elettorale generale in Spagna, è stata modificata e integrata dalle leggi2 aprile 1987, 13 marzo 1991,2 novembre 1992 nonché dalla legge30 marzo 1994 sul recepimento delle disposizioni della direttiva comunitaria 93/100/CE. Le elezioni al Parlamento Europeo sono, inoltre, disciplinate dal decreto reale n 421/1991 che raccoglie le disposizioni relative alla procedura elettorale del 5 aprile 1991 nonché dal decreto reale 2118/1993 del 3 dicembre 1993 (BOE n.290 del 04.12.9317. 17 José R.Montero.- Francisco J Llera, Mariano Torcal,Sistemas electorales en España : una recapitulación. – 1992; Richard Gunther, Leyes electorales, sistemas de 316 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea Le peculiarità del sistema elettivo spagnolo si possono così riassumere: a - Sistema elettorale Vi è un sistema elettorale proporzionale con ripartizione dei voti secondo il metodo d’Hondt conformemente alle disposizioni riguardanti la legge elettorale generale. b - Mandati e circoscrizioni elettorali Il numero dei seggi per la 7 legislatura sarà di 50 (prima 64, attualmente 54) da assegnare in unica circoscrizione nazionale. c - Diritto di voto, eleggibilità e modalità di voto Incompatibilità: quelle previste dall'Atto del 1976. Il mandato europeo è incompatibile con il mandato presso le Cortes (Parlamento nazionale) e presso l'Assemblea legislativa di una Comunità autonoma: Andalusia, Aragona, Asturie, Baleari, Cantabria, Catalogna, Canarie, Castiglia - La Mancha, Castiglia - León, Ceuta, Estremadura, Galizia, La Rioja, Madrid, Navarra, Province Basche, Valencia e Murcia o di una città autonoma (Ceuta e Melilla). Ogni cittadino dell’Unione Europea, che abbia compiuto 18 anni e che sia domiciliato in Spagna, dispone della pienezza del diritto di voto. La legislazione elettorale spagnola prevede soltanto il voto personale e per corrispondenza. Il voto per procura non è consentito. I cittadini spagnoli, residenti all’estero e iscritti nel registro speciale dei residenti all’estero, possono votare solo per corrispondenza, essendo il diritto di voto personale e diretto. Sonoeleggibili i cittadini di uno Stato membro dell'Unione Europea che abbiano compiuto i 18 anni di età e che, senza possedere la nazionalità spagnola, siano residenti in Spagna. Nessuno può votare o canpartidos y elites: el caso espanol – 1989; Jose Elizalde,El regimen electoral del Parlamento Europeo: Quiebra el la primacia del derecho comunitario? – 1989; J. MarioBilbao Arrese,Ley Electoral y sistema de partidos en España,. 1994; Angel Manuel Abellan, Los representantes y el derecho de participación en el ordenamiento jurídico español,1994Mangas Martín, La Constitución y la Ley ante el Derecho Comunitario (Comentario a la sentencia del Tribunal Constitucional español 28/1991, de 14 de febrero, sobre la Ley Orgánica del Régimen Electoral General y el Acta relativa a las elecciones al Parlamento Europeo), Araceli. – 1991; Da Silva Ochoa, Juan Carlos, La legislación española sobre elecciones al Parlamento Europeo: la cuestión del doble mandato. 1988 Capitolo VI 317 didarsi in Spagna e nel proprio Stato membro di origine nel corso delle medesime elezioni. Coloro che intendono esercitare il diritto di voto alle elezioni del Parlamento Europeo in Spagna devono iscriversi nella lista elettorale "ad hoc" istituita di volta in volta per questo tipo di elezioni. I cittadini dell'Unione Europea non spagnoli residenti in Spagna figurano automaticamente nello schedario elettorale generale spagnolo in quanto, essendo tenuti ad iscriversi presso il comune di residenza, tale comune informa l'ufficio dello schedario elettorale della loro residenza in Spagna. Tuttavia per iscriversi nella lista elettorale "ad hoc" predisposta per ciascuna elezione del Parlamento Europeo, gli interessati dovranno manifestare tale volontà in forma scritta. Per ogni elezione al Parlamento Europeo, l'ufficio dello schedario elettorale invierà ai cittadini dell'Unione Europea non spagnoli, residenti in Spagna, una comunicazione in cui vengono informati del loro diritto di votare con invito: x a manifestare la loro volontà di esercitare in Spagna il diritto di voto attivo nella elezione al Parlamento Europeo; x e, qualora desiderino votare in Spagna, a indicare il comune o la circoscrizione del loro paese di origine nella cui lista elettorale risultano compresi. Le persone che non risponderanno a tale invito o che risponderanno negativamente allo stesso non saranno iscritte nella lista elettorale "ad hoc" per l'elezione europea e, di conseguenza, non potranno votare in Spagna. Esse potranno tuttavia votare nel loro paese d'origine. Coloro che risponderanno affermativamente alla comunicazione saranno iscritti in tale lista elettorale "ad hoc" per l'elezione al Parlamento Europeo. Nella risposta dovranno indicare: x nome e cognome; x provincia e comune di residenza; x indirizzo in detto comune, sesso, luogo e data di nascita, livello d'istruzione, estremi del documento d'identità; x nazionalità. L'iscrizione nello schedario elettorale resterà invariata finché l'elettore non chiederà di esserne radiato o siano cambiate le circostanze o condizioni personali dell'elettore stesso. A questo scopo l'elettore deve comunicare al sindaco del comune di residenza tutti i suoi cambi 318 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea di residenza. Se l'elettore cambia comune, dovrà iscriversi al nuovo comune di residenza. L'elettore resterà iscritto nello schedario elettorale finché risiederà in Spagna e potrà esercitare il diritto di voto in Spagna alle elezioni del Parlamento Europeo che hanno luogo durante il suo periodo di residenza18. Per evitare il doppio voto, l'identità degli elettori di tutte le nazionalità dell'Unione Europea, che hanno optato per il voto in Spagna, è comunicata dall'ufficio elettorale spagnolo all'amministrazione elettorale del paese corrispondente, tramite la rappresentanza diplomatica in Spagna. d -Voto per corrispondenza Se l'elettore prevede che il giorno delle elezioni non sarà presente nella località in cui deve votare o che non potrà recarsi al suo seggio elettorale,può manifestare il suo voto per corrispondenza dopo averne 18 In base alle informazioni comunicate dalle amministrazioni comunali, le delegazioni provinciali dell'ufficio dello schedario elettorale elaborano le liste elettorali, che saranno a disposizione degli interessati i quali potranno consultarle in qualsiasi momento presso gli uffici comunali e presso la delegazione provinciale competente. In qualsiasi momento gli interessati possono presentare un reclamo in merito ai dati iscritti nelle liste elettorali, indirizzandolo alla delegazione provinciale dell'ufficio dello schedario elettorale, che delibererà nel termine di cinque giorni. Inoltre, in vista delle elezioni al Parlamento Europeo, a partire dal sesto giorno dopo che le elezioni sono state indette, le liste elettorali sono esposte al pubblico presso gli uffici comunali per la durata di otto giorni, in modo che entro tale termine qualsiasi cittadino dell'Unione Europea non spagnolo residente in Spagna possa inoltrare ricorso alla delegazione provinciale dell'ufficio dello schedario elettorale competente contro l'erronea o incompleta iscrizione o il diniego d'iscrizione nella lista elettorale. I reclami possono essere inoltrati direttamente alle delegazioni provinciali o tramite le amministrazioni comunali. Entro il termine di tre giorni la delegazione provinciale dell'ufficio dello schedario elettorale deciderà in merito ai reclami presentati e ordinerà le rettifiche pertinenti. Contro tale decisione può essere presentato ricorso al giudice di prima istanza entro il termine di cinque giorni dalla notifica. La sentenza dovrà essere pronunciata entro il termine di cinque giorni. Una volta che le liste elettorali affisse al pubblico sono state modificate conformemente alle decisioni prese in merito ai reclami presentati, si ottengono le liste definitive in cui figurano gli elettori che potranno votare il giorno delle elezioni; ogni elettore iscritto nelle liste riceverà al suo domicilio un certificato elettorale che indicherà, oltre ai dati della sua iscrizione, l'indirizzo del seggio elettorale presso il quale deve votare. Capitolo VI 319 fatto domanda alla delegazione provinciale dell'ufficio elettorale competente della sua provincia d'iscrizione. La domanda deve essere compilata personalmente su un formulario che può essere richiesto presso qualsiasi ufficio postale fino al decimo giorno prima delle votazioni. In caso di malattia o incapacità di compilare personalmente la domanda di voto per corrispondenza, questa può essere fatta, a nome dell'elettore, da un'altra persona autorizzata in forma notarile mediante un documento rilasciato individualmente per il singolo elettore senza la possibilità di includere nello stesso documento più elettori. e - Modalità per la presentazione della candidatura Presentazione: la scadenza è fissata al momento della pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi elettorali (la legge organica precisa che la presentazione delle candidature per le elezioni va fatta fra 15 e 20 giorni dopo la pubblicazione del decreto). Modalità: possono presentare le candidature in liste bloccate i partiti, le coalizioni, le federazioni e i raggruppamenti di elettori che abbiano raccolto le firme di 15.000 elettori o di 50 persone che ricoprono cariche elettive (compresi gli eletti ai consigli municipali). Oltre ai documenti richiesti ai cittadini spagnoli, un cittadino comunitario che figura in una lista di candidati accluderà alla sua dichiarazione di candidatura: x un certificato delle autorità competenti dello Stato di cui è cittadino attestante che gode dell'elettorato passivo o non risulta decaduto da tale diritto in tale Stato; x un documento d'identità valido; x una dichiarazione individuale scritta in cui dovrà dichiarare: 1. la sua cittadinanza e il suo indirizzo in Spagna; 2. di non essere allo stesso tempo candidato alle elezioni del Parlamento Europeo in un altro Stato membro dell'Unione Europea; 3. il comune o la circoscrizione dello Stato di origine nelle cui liste è o è stato eventualmente iscritto da ultimo. Se la candidatura è respinta potrà essere presentato un ricorso contenzioso amministrativo entro due giorni dalla pubblicazione delle candidature ammesse. Per evitare le doppie votazioni, la giunta elettorale centrale trasmette alle autorità competenti dello Stato membro il nominativo dei suoi cittadini che si presentano come candidati in Spagna. f - La campagna elettorale 320 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea Lo Stato si fa carico delle spese sostenute per le attività elettorali in ragione di 3 milioni di pesete per ogni seggio ottenuto e di 100 pesete per ogni voto ottenuto. Il massimale delle spese elettorali è fissato in 20 pesete per ogni elettore iscritto nei distretti elettorali in cui si presentino i partiti, le federazioni e gli altri candidati. g - Incompatibilità Sono applicate le incompatibilità previste dall’Atto del 20 settembre 1976. Il mandato europeo è incompatibile con il mandato presso le Contes (Parlamento nazionale) e presso l’Assemblea legislativa di una Comunità autonoma. h - Ripartizione dei seggi I seggi sono assegnati seguendo l’ordine dei candidati iscritti nelle liste. Per le elezioni al Parlamento Europeo non sono escluse le candidature che non abbiano ottenuto almeno il 3% dei voti. In caso di decesso, d’incompatibilitào di dimissione di un parlamentare europeo, il seggio sarà assegnato ad altro candidato o, all’occorrenza, al suo supplente, tenuto conto della posizione che occupa sulla stessa lista. i - Verifica dello scrutinio Il collegio elettorale centrale procede alla verifica generale dello scrutinio dopo che i collegi elettorali provinciali hanno terminato le verifiche parziali entro 20 giorni dopo le elezioni. La Corte suprema è l’unica competente nel caso di ricorsi contenziosi elettorali. l - Partecipazione di cittadini di altri stati membri dell'unione all'attività politica preliminare alle elezioni Le persone, sprovviste di cittadinanza, possono fondare nuovi partiti o aderire a quelli esistenti (la leggeche riconosce talediritto soltanto ai cittadini spagnoli, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima). Non esistono altre restrizioni in quanto la Costituzione stabilisce che la struttura interna ed il funzionamento delle parti sono libere per tutti (art. 6 della Costituzione). m -Cauzione: nessuna. 3.14 - Svezia (elezione membri del Parlamento Europeo) La legge elettorale del 1972 col.620, che ha portato all’elezione del Riksdag, è stata modificata ed integrata dalle leggi del 20 aprile 1995 Capitolo VI 321 e del 17 aprile 1997 per l’elezione al Parlamento Europeo. Tali fonti normative così delineano il sistema elettorale per l’elezione dei membri svedesi nel Parlamento dell’Unione Europea: a - Sistema elettorale Rappresentanza proporzionale su scala nazionale. L'elettore deve votare per un partito politico e può esprimere la preferenza per uno dei candidati della lista prescelta (voto di preferenza). Ripartizione dei seggi: metodo St. Lagüe modificato. Possono partecipare all'assegnazione dei seggi solo i partiti che abbiano ottenuto un minimo pari al 4% dei voti validi. L'elettore può votare per i candidati indipendentemente dall'ordine presentato dal partito. Ciascun candidato deve, però, ottenere almeno il 5% dei voti ottenuti dal suo partito per essere nelle prime posizioni. In tale contesto, il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti figura al primo posto nella lista e via di seguito. b - Mandati e circoscrizioni elettorali La Svezia per la 7 legislatura con votazioni nel 2009 dispone di 18 (prima 22, attualmente 18) mandati. Il Paese non è diviso in circoscrizioni elettorali ai fini dell’elezione al Parlamento dell’Unione Europea. c - Elettorato attivo e passivo Ha diritto di elettorato attivo e passivo chiunque: x sia cittadino di uno Stato membro dell'Unione Europea, x abbia compiuto 18 anni o li compia il giorno delle elezioni; x sia iscritto nei registri dell'anagrafe svedesi alla data di riferimento; x non abbia perso il proprio diritto a votare ed a presentarsi candidato in Svezia e nel suo Stato membro d'origine. Nessuno può votare o presentarsi candidato in più di uno Stato membro in occasione della stessa elezione. Per poter votare in Svezia un cittadino dell'Unione deve risultare iscritto nel registro dell'anagrafe della sua località di residenza alla data di riferimento, che è il 1° luglio di ogni anno. Le persone iscritte all'anagrafe devono esprimere la volontà di venir registrate nelle liste elettorali. Una richiesta in tal senso va indirizzata al pubblico erario (Riksskatteverket) entro un determinato ter- 322 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea mine precedente all'elezione mediante un formulario apposito ottenibile dall'erario stesso. In tale occasione il cittadino dell'Unione deve dichiarare per iscritto: x il nome completo e la nazionalità,l'indirizzo in Svezia; x all'occorrenza la circoscrizione elettorale del paese d'origine in cui è stato registrato per l'ultima volta in una lista elettorale, nonché il proprio impegno ad esercitare il diritto di voto unicamente in Svezia. L'erario appronta le liste elettorali. I cittadini dell'Unione in esse registrati ricevono al proprio indirizzo un certificato elettorale al più tardi 30 giorni prima della data delle elezioni. Tale certificato elettorale li informa della loro avvenuta registrazione nelle liste elettorali nonché della data e del luogo dell'elezione. Qualora il certificato elettorale sia stato smarrito se ne può ottenere un altro dall'erario. Oltre che presso i seggi elettorali, gli uffici postali, determinate autorità svedesi all'estero e sulle navi battenti bandiera svedese, la votazione può avvenire per mezzo di un messo o postino. La possibilità di votare tramite un messo è prevista per chi, a causa di una malattia, di un handicap ovvero dell'età avanzata, non possa recarsi presso il seggio elettorale. Per questo tipo di votazione viene utilizzata una busta speciale, ottenibile alla posta e presso i seggi elettorali, sulla quale è indicato il nome di chi fungerà da messo. L'elettore dovrà inoltre firmare sul suo onore una dichiarazione scritta di non potersi presentare per l'elezione presso il seggio elettorale per uno dei motivi summenzionati19. 19 Chi si sia vista rifiutare la registrazione nelle liste elettorali ha facoltà di richiedere per iscritto entro il 25 agosto una rettifica dei dati che lo riguardano. Questa domanda di rettifica viene esaminata dall'erario, la cui decisione può essere oggetto di un ricorso presso l'Ufficio elettorale soltanto qualora questo sia concomitante con un ricorso contro l'esito dell'elezione per la quale è stata approntata la lista elettorale. Per impedire che qualcuno possa votare due volte l'erario comunica allo Stato d'origine il nome dei suoi cittadini che desiderano esercitare il diritto di voto in Svezia. L'elettore figura nelle liste elettorali fino a quando soddisfa le condizioni per potere esercitare il proprio diritto di voto in Svezia; le persone che siano già state registrate in tale lista non hanno quindi bisogno di presentare una richiesta ad ogni elezione. Se un cittadino dell'Unione lascia la Svezia non occorre che richieda di venir cancellato da tale lista: ciò avviene infatti automaticamente poiché tale persona sarà stata registrata come emigrata all'anagrafe quando si organizza l'elezione successiva. Capitolo VI 323 Il voto per corrispondenza è autorizzato presso l’ufficio postale del Posten Aktiebolag, nei locali delle rappresentanze diplomatiche o su una nave in viaggio all’estero. d - Procedureper la presentazione delle candidature In virtù del principio di libera nomina, i partiti e i candidati non hanno l’obbligo di raccogliere un numero determinato di firme, né devono versarecauzioni per potersi presentare. Chiunque goda del diritto di voto può anche presentare la propria candidatura al Parlamento Europeo. In Svezia vige la regola della nomina libera; ciò comporta che tanto la procedura di nomina dei candidati quanto la scelta di un nome sulla scheda elettorale da parte degli elettori siano in larga misura non disciplinate in forma scritta. Un partito, che voglia proteggere il suo simbolo da impieghi impropri, può domandarne la registrazione all'erario; perché ciò sia possibile tale partito deve presentare da 4 a 15 candidati. Questa presentazione deve avvenire con un certo anticipo rispetto all'elezione. Oltre ai documenti richiesti a un candidato nazionale, un cittadino dell'Unione deve inoltre presentare una dichiarazione scritta da cui risultino: x la sua nazionalità e l'indirizzo in Svezia, all'occorrenza la circoscrizione elettorale dello Stato d'origine in cui è stato registrato per l'ultima volta in una lista elettorale; x la non presentazione della propria candidatura all'elezione per il Parlamento Europeo in un altro Stato membro. Il candidato deve inoltre presentare un certificato delle competenti autorità del suo Stato d'origine da cui risulti che non ha perso l'eleggibilità in tale Stato o che le autorità non sono al corrente di motivi che giustifichino il decadimento da tale diritto. Non sono richiesti altri documenti. L'esame dell'eleggibilità di una persona viene effettuato dall'erario quando, dopo l'elezione, le autorità devono presentare i nomi dei membri svedesi del Parlamento Europeo. e - Assegnazione dei seggi Ogni seggio spettante ad un partito è assegnato ad un candidato eletto o ai suoi supplenti. I candidati sono classificati in base al numero di voti di preferenza ottenuti dopo la raccolta delle schede che comprendono un voto nominativo. 324 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea Sono presi in considerazione soltanto i candidati che abbiano ottenuto un voto di preferenza pari almeno al 5% dell’insieme dei voti ottenuti dai partiti. I seggi vacanti sono assegnati ai candidati che hanno ottenuto il punteggio personale più alto in relazione al numero dei voti ottenuti dal partito. Nel caso in cui un seggio resti vacante durante il corso della legislatura, si fa ricorsoai supplenti eletti nello stesso tempo dei titolari nella stessa lista. g - Incompatibilità ed ineleggibilità Sono quelle previste dall’Atto elettorale del 1976 e dalla direttiva 93/109/CE. g - La campagna elettorale La legge elettorale nazionale nonprevede nessuna disposizione particolare sul finanziamento dei partiti politici. h - Verifica dello scrutinio La Commissione di verifica e di validità dello scrutinio è competente per conoscere del contenzioso elettorale. La Commissione ha il potere di ordinare l’annullamento dello scrutinio e l’organizzazione di nuove elezioni. 4 Caratteristiche dei sistemi elettorali dei 15 Paesi dell’Unione 4.1 Sistemi elettorali, elettorato attivo e passivo, soglia di sbarramento, circoscrizioni elettorali, modalità esercizio diritto di voto e assegnazione seggi. Gli Stati membri utilizzano sistemi proporzionali; otto applicano il sistema d'Hondt per il computo dei voti e la ripartizione dei seggi (Austria, Belgio, Danimarca, Spagna, Finlandia, Francia, Paesi Bassi e Portogallo). In Germania si applica il sistema Hare-Niemeyer e in Lussemburgo una variante del sistema d'Hondt, cioè il sistema "Hagenbach-Bischoff". In Italia, i seggi sono attribuiti secondo il metodo dei quozienti elettorali interi e dei resti più elevati, in Irlanda secondo il sistema della preferenza unica trasferibile, in Grecia secondo il sistema proporzionale cosiddetto rafforzato, l'"Enischimeni Analogiki" e in Svezia secondo il metodo Sainte Laguë modificato (metodo dei numeri dispari in cui il massimo comun divisore è riportato a 1,4). Capitolo VI 325 In relazione all’ineleggibilità, non tutti gli Stati membri hanno recepito le ineleggibilità ed incompatibilità indicate nell’Atto elettorale del 1976 e dalla direttiva 93/109/CE. Il principio in vigore è quello del cumulo dei regimi di ineleggibilità dello Stato membro di origine e dello Stato membro di residenza. La prova della condizione di eleggibilità deve essere prodotta in occasione del deposito della candidatura e fornita dallo Stato membro di origine20. In tutti gli Stati membri l’età prevista per esercitare il diritto di elettorato attivo (diritto di voto)èdi18 anni21. L’età minima per l’esercizio dell’elettorato passivo è di 18 anni in Danimarca, Finlandia, Germania, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Svezia; di 19 anni in Austria; di 21 in Belgio, Irlanda, Lussemburgo e Regno Unito; di 23 anni in Francia; di 25 in Italia eGrecia,. Per le modalità dell’esercizio del diritto di voto alle elezioni del Parlamento Europeo (PE), si fa riferimento alla direttiva 93/109/CE del 6 dicembre 1993, come modificata con altra decisione del Consiglio del 2002. Esiste libertà di manovra di ciascun Stato membro in materia di requisiti per l’esercizio del diritto di voto e di eleggibilità da parte dei proprio elettorato in occasione dell’elezione dei membri del Parlamento Europeo, anche se i candidati risiedono al di fuori del territorio elettorale degli Stati dell’Unione. Ogni cittadino dell'Unione, che risiede in uno Stato membro, pur non essendone cittadino, ha ormai [articolo 19 (8 B) CE] il diritto di voto nello Stato membro di residenza in occasione delle elezioni al Parlamento Europeo alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato in cui risiede. Le leggi elettorali degli Stati membri sono ancora molto diverse in ordine alla nozione di residenza e alla sua normazione: alcuni richiedono che si abbia il domicilio o la residenza abituale sul territorio elettorale (Finlandia e Francia) o che vi si soggiorni abitualmente (Germania, Lussemburgo, Belgio, Grecia, Spagna, Portogallo, 20 V. M. André Fanton La proposition de directive du Conseil fixant les modalités de l'exercice du droit de vote et d'éligibilité au Parlement européen pour les citoyens de l'Union résidant dans un Etat membre dont ils n'ont pas la nationalité (no E 143). 1993. 21 Comma così modificato dall’art. 2 della legge 27 marzo 2004, n. 78. I membri del Parlamento Europeo spettanti all’Italia sono eletti a suffragio universale con voto diretto, libero e segreto. 326 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea Italia); altri ancora che si sia iscritti all'anagrafe (Austria, Danimarca, Regno Unito, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia). Inoltre, nel Lussemburgo, il diritto di voto per i cittadini comunitari è subordinato a un periodo minimo di residenza. Nel Regno Unito i cittadini che risiedono all'estero hanno diritto di voto soltanto se sono pubblici dipendenti, membri delle forze armate o se hanno lasciato il paese da meno di cinque anni, purché ne abbiano fatto dichiarazione alle autorità competenti. L'Austria, la Danimarca, il Portogallo e i Paesi Bassi accordano il diritto di voto unicamente ai cittadini che risiedano in uno Stato dell'Unione. La Svezia, il Belgio, la Francia, la Spagna, la Grecia e l'Italia riconoscono il diritto di voto ai propri cittadini qualunque sia il loro Paese di residenza. La Germania accorda il diritto di voto ai cittadini che risiedono in un altro Paese da meno di dieci anni. In Irlanda il diritto di voto è riservato ai cittadini dell'Unione Europea domiciliati sul territorio nazionale. L’elettore comunitario può essere iscritto nelle liste elettorali dello Stato membro di residenza solo se ne ha preventivamente manifestato la volontà. L’elettore che opta per il diritto di voto nello Stato membro di residenza rinuncia ad esercitare il proprio diritto di voto nello Stato d’origine. Negli Stati membri in cui il voto è obbligatorio, gli elettori comunitari, iscrittisi nelle liste elettorali del proprio Stato di residenza, sono soggetti a quest’obbligo. Lo Stato membro di residenza è libero, a propria discrezione, di tenere conto o meno di una perdita del diritto di voto intervenuta nello Stato membro d’origine (incapacità elettorale). Inoltre in alcuni Stati (ad esempio Svezia) vige il divieto del doppio mandato (gli elettoriche hanno presentato la loro candidatura alle elezioni del Parlamento Europeo nel giugno del 1994 e che siano stati eletti, non sono rieleggibili). Affinché l’elettore comunitario possa venire iscritto nelle liste elettorali, deve obbligatoriamente produrre un elenco di prove a sostegno della propria domanda di iscrizione, alle stesse condizioni degli elettori nazionali e, eventualmente, un elenco di prove supplementari che possono essere richieste dagli Stati interessati dove l’elettore risiede22. 22 Michel Verpeaux. Elections au Parlement européen et contrôle de l'établissement des listes électorales complémentaires,1997 Capitolo VI 327 In cinque Stati membri (Germania, Spagna, Francia, Grecia e Portogallo), gli elettori non possono modificare l'ordine dei candidati sulla lista. In otto Stati (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Svezia), l'ordine dei candidati può essere modificato con l'attribuzione di voti di preferenza. Nel Lussemburgo è possibile votare per più candidati appartenenti a diverse liste. In Svezia, gli elettori possono, inoltre, aggiungere o sopprimere dei nomi sulle liste. In Irlanda e nel Regno Unito non esistono liste. In cinque Stati membri (Danimarca, Grecia, Germania, Paesi Bassi, Svezia) la presentazione delle candidature è riservata ai partiti e alle organizzazioni similari. Negli altri Stati, per la presentazione della candidatura, occorre raccogliere un certo numero di firme o raggruppare un certo numero di elettori. In taluni casi (Francia, Irlanda, Paesi Bassi, Regno Unito) è obbligatorio il pagamento di una cauzione. In Irlanda i candidati possono presentarsi a titolo individuale. La verifica dello scrutinio da parte del Parlamento è prevista in Danimarca, in Germania e in Lussemburgo. La verifica da parte di un organo giurisdizionale è prevista in Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Italia, Irlanda e Regno Unito e, in aggiunta al controllo parlamentare, in Germania. In Spagna la verifica è operata dalla "Junta Electoral Central". In Portogallo e in Svezia tale compito è demandato a una commissione di controllo. In otto Stati membri (Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo), i seggi resisi vacanti (in seguito a dimissioni, morte o ad altra causa) sono assegnati ai primi candidati non eletti delle liste (eventualmente previa permutazione sulla base dei voti raccolti dai vari candidati). In Belgio, Irlanda, Germania e Svezia i seggi vacanti sono attribuiti ai supplenti. In Spagna e Germania, in caso di assenza di supplenti, si tiene conto dell'ordine dei candidati sulle liste. Nel Regno Unito sono indette elezioni suppletive. In Grecia i seggi vacanti sono attribuiti ai supplenti della stessa lista; se il numero dei candidati in lista è insufficiente, si procede all'indizione di elezioni suppletive. 328 Elezione membri degli altri Stati nel parlamento dell’Unione Europea 4.2 Le circoscrizioni elettorali ed i collegi elettorali In undici Stati membri (Germania, Austria, Danimarca, Spagna Finlandia, Francia, Grecia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, e Svezia) il territorio nazionale costituisce un'unica circoscrizioni elettorale. In quattro Stati membri (Belgio, Irlanda, Italia, Regno Unito), il territorio nazionale è suddiviso in varie circoscrizioni e/o collegi elettorali. In Germania i partiti hanno facoltà di presentare liste di candidati a livello di Länder o nazionale; in Finlandia ciò è possibile sia per la circoscrizione elettorale che per l'intero territorio nazionale. La suddivisione del territorio comunitario all’interno dei singoli Paesi membri in un’unica o in più circoscrizioni elettoralicomporta una rappresentatività delle forze politiche in seno al Parlamento dell’Unione disomogenea e, quindi, non corrispondente alle indicazioni del corpo elettorale europeo. Fortemente avvertita è la necessità di una legge elettorale “comune”, applicabile direttamentea tutti gli Stati membri per l’elezione, a suffragio diretto da parte del corpo elettorale dell’Unione, dei membri del Parlamento dell’Unione Europea23. 23 V.L. Bardi, Voto di preferenza e competizione intra-partitica nelle elezioni europee. Prospettive per un’armonizzazione della legge elettorale, in “Rivista italiana di Scienza politica, XVIII, 1, 1988, pp. 105-135; dello stesso autore: I partiti e il sistema partitico dell’Unione Europea, in S. Fabbrini (a cura di). L’Unione Europea, Le istituzioni e gli attori di un sistema sopranazionale, Laterza, Roma – Bari, 2002, pp. 249 – 276. Capitolo 7 Azioni positive in favore delle pari opportunità delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea 1. Nozione di “azione positiva” e fonti normative comunitarie Due secoli fa un liberale come John Stuart Mill propugnava la necessità della revisione del diritto elettorale attivo e passivo nei confronti delle donne, sostenendo che la riforma si imponeva per superare una risalente classificazione che le includeva tra gli incapaci e gli interdetti. Questa nota introduttiva si impone perché ai tempi nostri poco è mutato rispetto a quanto evidenziava l’eminente studioso, essendo tuttora in atto una vera e propria discriminazione nei confronti delle donne per le più svariate ragioninei settori del lavoro, delle attività professionali e sociali e soprattutto in quello dell’elettorato passivo. Con specifico riferimento alla questione relativa all’accesso alle cariche elettive le motivazioni sono prive di fondamento, a volte speciose ed offensive e nascondono il solito recondito disegnodi conservare per l’altro sesso con ogni mezzo le più importanti cariche elettive (in Italia mai si è vista donna proposta dai partiti per la nomina a Capo dello Stato, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro degli Esteri, Ministro della Difesa; a mala pena può accedere ai Ministeri di secondo livello etc., contrariamente a quanto è avvenuto in altri Stati europei e non a democrazia pluralistica più avanzata di quella italiana). Si ritiene da parte della dottrina, avallata da una costante giurisprudenza affermatasi sia in Italia che negli altri Paesi dell’Unione Europea, che la donna risulti inaffidabile nella gestione della cosa pubblica in riferimento a motivi connessi alla sensibilità femminile. Questa sensibilità, declinata in negativo, è invece, un valore aggiuntivo nelle cariche rappresentative di massimo livello istituzionale che consente l’esercizio della funzione in modo quanto meno paritario se non superiore a quello dell’uomo. Gli attuali vertici istituzionali italiani non hanno voce pari a quella degli altri stati (come Francia, Regno Unito e Germania) nel contesto dell’Unione Europea e le azioni 329 330 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea dell’Italia risultano in questo periodo alquanto svalutate, non certo per cause imputabili alle donne. Azione positiva può essere definita “la misura“ che, derogando al principio di uguaglianza in senso formale, intende riequilibrare le situazioni sociali di fatto svantaggiate tramite la previsione di misure particolari per determinate categorie di persone oggetto di discriminazioni1. La presenza delle donne nell’ambito della rappresentanza politicaè nettamente inferiore a quella degli uomini. Il problema dell’ingresso in politica delle donne si è manifestato negli ordinamenti europei e comunitari con la proposizione di specifiche normative elettorali volte ad agevolare le candidature femminili mediante la fissazione della percentuale massima di candidati dello stesso sesso nelle liste ovvero mediante la presentazione di candidature in ordine alternato2. Il Consiglio dell’Unione Europea, con raccomandazione del 2 dicembre 1996, nel dimostrare particolare attenzione al problema della discriminazione del sesso femminile in politica ed in particolare della scarsa presenza della donna nelle istituzioni comunitarie, ha invitato gli Stati dell’Unione ad <<adottare una strategia integrata complessiva volta a favorire la partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini al processo decisionale e a sviluppare o istituire misure ade- 1 L’utilizzo dell’azione positiva è di derivazione americana ed era finalizzata a consentire alle minoranze una adeguata rappresentanza politica, ma non sono in grado di analoga applicazione per favorire la parità tra i sessi per la quale si rende necessario ricorrere ad altri strumenti. Vedi: M. Ainis, Azioni positive e principio di uguaglianza, in Giur. Cost. 1992, pp. 582 ss. 2 Sulla rappresentanza femminile nei vari ordinamenti contemporanei vedi: L. Balbo, Rappresentanza e non rappresentanza, in G. Pasquino (a cura di), Rappresentanza e democrazia, Roma, Laterza, 1998, pp. 65 ss.. Con riferimento ai Paesi dell’Unione Europea ed in particolare alla Francia ed ai Paesi scandinavi vedi: Pari opportunità tra donne e uomini nell’Unione Europea – Relazione annuale 1997, COM (1998) 302 def., 25 – 29, D. Dahllerup, Da una piccola a una grande minoranza – il caso delle donne nella vita politica scandinava, in M.L. Boccia Peretti, cit,pp. 185 ss.; M. Sineau, Les femmes politiques sous la Ve République, in Pouvoir, 1997, pp. 45 ss. Capitolo VII 331 guate quali eventualmente misure legislative e/o regolamentari e/o di promozione, per realizzare tale obiettivo3>>. 2. Parità, pari opportunità e accesso alle cariche elettive delle donne alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità italiana e del novellato titolo V della Cost. Italiana La sentenza della Corte costituzionale italiana n. 109 del 1993 ha dettato i criteri ispiratori dell’azione positiva come misura derogatoria e temporanea finalizzata ad assicurare quell’attività promozionale di fini pubblici ritenuti validi e da perseguirsi da parte dell’ordinamento legislativo in favore delle donne (nel caso di specie si trattava dell’imprenditoria femminile). Nella sentenza viene affermato il principio della possibilità per la donna di poter godere di azioni positive del legislatore ordinario <<dirette a colmare o, comunque, ad attenuare un evidente squilibrio a sfavore delle donne che, a causa di discriminazioni accumulatesi nel corso della storia passata per il dominio di determinati comportamenti sociali e modelli culturali, ha portato a favorire le persone di sesso maschile nell’occupazione di imprenditore e di dirigente>>. Per il giudice delle leggi nessun dubbio sussiste per la legittimità costituzionale della legge n. 215 del 1992 concernente la disciplina delle <<azioni positive per l’imprenditoria femminile>>, finalizzata a concedere agevolazioni a soggetti deboli come devono essere considerate le imprenditrici donne. La questione risolta dalla Corte può essere utilmente utilizzata con riferimento ad un tema di attualità dopo la recente revisione costituzionale del titolo V della Costituzione italiana. Si tratta di affrontare la questione relativa ai rapporti tra il diritto all’eguaglianza sostanziale ed ildiritto delle donne a godere diazioni positive in materia elettorale. Le revisioni costituzionali, approvate nel corso del 2001, hanno introdotto un vincolo del tutto nuovo per le leggi regionali: la parità di accesso tra i sessi nelle cariche elettive. Esplicitamente <<al fine di 3 Raccomandazione 96/694 del Consiglio del 2,12,1996 riguardante la partecipazione delle donne e degli uomini al processo decisionale in GU L n. 319 del 10.12.1996, 11. 332 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea conseguire l'equilibrio della rappresentanza dei sessi>>, la legge costituzionale n. 2/2001 ha inserito nei cinque statuti speciali la previsione secondo cui la legge elettorale regionale <<promuove condizioni di parità di accesso alle consultazioni elettorali>>; analogamente, la legge costituzionale n. 3/2001 dispone per tutte le regioni a statuto ordinario che <<le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini nelle cariche elettive4. >> È ora previsto, quindi, un vincolo costituzionale per le leggi regionali, che invece non è stato ancora espressamente stabilito per le leggi nazionali. Il novellato art. 117, comma VII Cost. italiana prevede che la legge elettorale regionale promuove la parità di accesso tra donne e uominialle cariche elettive; si tratta di “norma promozionale” che integra la previsione dell’art. 51 cost. laddove si dispone <<la piena uguaglianza dei soggetti, uomini e donne, in tutte le condizioni giuridicamente rilevanti5.>> Dall’analisi effettuata da alcuni esperti si ricava che la pari opportunità delle donne nell’accesso alle cariche elettive è sicuramente garantito attraverso misure organizzatorie e finanziarie nel campo della promozione dell’accesso alle campagne elettorali, ma essa risulta garantita solo se e nella misura in cui alle donne sia consentito di concorrere, in modo pienamente paritario, nella fase del procedimento e4 V. P. Barile, Leggi e regolamenti discriminatori per motivi di sesso, in Giur. cost. 1958, 1243 a commento della sentenza della Corte costituzionale 3 ottobre 1958, n. 56, ivi, 861 con osservazioni di V. Crisafulli e C. Esposito; Cfr. i più recenti contributi di L. Carlassare, La rappresentanza femminile: principi formali e effettività, in F. Bimbi-A. Del Re (a cura di), Genere e democrazia, Torino, 1997, p. 81 ss.; L. Ferrajoli, Differenze di genere e garanzie di uguaglianza, ivi, p. 93; L. Gianformaggio, Eguaglianza formale e sostanziale: il grande equivoco, in Foro it. 1996, I 1964; A. Barbera, L'eccezione e la regola, ovvero l'eguaglianza come apologia dello status quo, in B. Beccalli (a cura di), Donne in quota, 1999, p. 91; N. Lupo, Nel nuovo Titolo V il fondamento costituzionale della potestà regolamentare del governo?, in www.unife.it/forumcostituzionale; G. Chiara, La "pari opportunità" elettorale dei sessi nella riforma degli statuti regionali speciali, in Giur. cost., 2001, pp. 839 ss., p. 840. 5 V. Silvio Gambino, Verso la democrazia Paritaria….cavalcando le lumache, relazione del 26.2.2005, pp. 16 ss. Capitolo VII 333 lettorale relativo alla presentazione delle candidature nel quale soltanto è consentito assicurare le pari opportunità uomo – donna6. Alcune regioni hannoadottatospecifiche leggi elettorali nelle quali il modello di riferimento per la garanzia delle pari opportunità è mutuato da un’analoga previsione contenuta negli artt. 2 e 7 della deliberazione legislativa della regione Valle d’Aosta del 25 luglio 2002 secondo la quale la Regione <<promuove l’equilibrio della rappresentanza tra i sessi e condizioni di parità per l’accesso alle consultazioni elettorali […] Ogni lista di candidati all’elezione del Consiglio regionale deve prevederela presenza di candidati di entrambi i sess7.i>> Sulla scora di tale nuova giurisprudenza la regione Calabria ha adottato una legge simile a quella della regione Valle d’Aosta che il Governo non ha ritenuto di dover impugnare innanzi alla Corte costituzionale8. Il Giudice delle leggi, con le mutate norme costituzionali, ha ritenuto, con sentenza n. 49 del 13 febbraio 2003, costituzionalmente legittima tale legge elettorale della regione Valle d’Aosta, impugnata dal Governo,sulle pari opportunità alla luce delle recenti modifiche del novellato titolo V della Costituzione e con riferimento allapiù recente giurisprudenzain materia di azioni positive a favore delle donne in materia elettorale. Con tale sentenza la Corte ha statuito che la misura prevista dalla legge impugnata non può qualificarsi come una di quelle "misure legislative, volutamente diseguali", che <<possono certamente essere adottate per eliminare situazioni di inferiorità sociale ed economica, o, più in generale, per compensare e rimuovere le disuguaglianze materiali tra gli individui (quale presupposto del pieno esercizio dei diritti fondamentali)>>. Non è qui prevista, infatti, alcuna misura di "disuguaglianza" allo scopo di favorire individui appartenenti a gruppi svantaggiati, o di 6 V. L. Carlassare, L’integrazione della rappresentanza: un obbligo per le Regioni”, in AA.VV., La rappresentanza democratica nelle scelte elettorali delle Regioni, Padova 2002. 7 Vedi: A. Defeanu, Regioni, diritto di voto e parità tra i sessi: limiti costituzionali e tecniche di legislazione elettorale, in Diritto Pubblico, 2001. 8 V. M. Montalti, La rappresentanza del genere femminile. “Riflessioni comparative”, in Dir. Pubblico comp.ed europeo, 2000. 334 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea "compensare" tali svantaggi attraverso vantaggi legislativamente attribuiti. Non vi è, insomma, ha spiegato la Corte, nessuna incidenza diretta sul contenuto dei diritti fondamentali dei cittadini, dell’uno o dell’altro sesso, tutti egualmente eleggibili sulla base dei soli ed eguali requisiti prescritti. La Corte precisa nella motivazione di tale sentenza: <<il vincolo imposto dalla legge regionale impugnata opera soltanto nella fase anteriore alla vera e propria competizione elettorale, e non incide su di essa. La scelta degli elettori tra le liste e fra i candidati, e l’elezione di questi, non sono in alcun modo condizionate dal sesso dei candidati. [….] A sua volta, la parità di chances fra le liste e fra i candidati della stessa lista non subisce alcuna menomazione. Non può, d’altronde, dirsi che la disciplina così imposta non rispetti la parità dei sessi, cioè introduca differenziazioni in relazione al sesso dei candidati o degli aspiranti alla candidatura: sia perché la legge fa riferimento indifferentemente a candidati "di entrambi i sessi", sia perché da essa non discende alcun trattamento diverso di un candidato rispetto all’altro in ragione del sesso. Neppure, infine, è intaccato il carattere unitario della rappresentanza elettiva che si esprime nel Consiglio regionale, non costituendosi alcuna relazione giuridicamente rilevante fra gli elettori, dell’uno e dell’altro sesso e gli eletti dello stesso sesso. Il vincolo che la normativa impugnata introduce alla libertà dei partiti e dei gruppi che presentano le liste deve essere valutato oggi anche alla luce di un quadro costituzionale di riferimento che si è evoluto rispetto a quello in vigore all’epoca della pronuncia di questa Corte invocata dal ricorrente a sostegno dell’odierna questione di legittimità costituzionale>>. In definitiva- precisa la Corte – <<la legge regionale impone un vincolo legale a coloro che presentano le candidature da comprendere nelle liste, imponendo loro l’obbligo della presenza femminile in misura paritaria, vincolo che non incide in alcun modo sui diritti dei cittadini, sulla libertà di voto degli elettori e sulla parità di chances delle liste e dei candidati e delle candidate nella competizione elettorale e neppure sul carattere unitario della rappresentanza elettiva>>. È vero ed inconfutabile che la Costituzione si è arricchita di nuove e pregnanti disposizioni a favore della parità tra uomo e donna e per le pari opportunità nell’accesso alle cariche elettive, ma è altrettanto vero che la realtà politica e istituzionale è tuttora protesa ad assicurare il “monopolio maschile” della rappresentanza nelle forme e nella misura consolidate nell’ultima metà di secolo, nonostante la legislazione re- Capitolo VII 335 gionale e la giurisprudenza abbiano riconosciuto la piena legittimità delle azioni positive in materia elettorale in favore delle donne9. La presenza delle donne in Parlamento raggiunge appena il dieci per cento e la percentuale si riduce ulteriormente a livello regionale, provinciale e comunale (circa il nove per cento), ma in relazione alle percentuali riscontrabili nei paesi dell’UE l’Italia si colloca alnono postoe scende addirittura al 69° tra i paesi ONU, molti dei quali definiti sottosviluppati. Solo quando si esaminano i dati relativi all’elettorato attivo la proporzione tra i sessi cambia, e a favore delle donne: nel 1999 le donne elettrici erano più di 24 milioni, gli uomini circa 22 milioni10. 3. Le “azioni positive” nei Paesi dell’Unione Europea La previsione di normative elettorali finalizzate ad incrementare la presenza delle donne negli organi politici elettivi è caratterizzata da forti dissensi, manifestatisi sia in dottrina che ingiurisprudenza anche a livello comunitario. 9 V. ASTRID, “Pari opportunità. La modifica dell’art. 51 della Costituzione e le leggi elettorali”. Roma, 2003, id.“L’attuazione del nuovo primo comma dell’art. 51 della Costituzione: pari opportunità e leggi elettorali, Roma 29.3.2004; A. Falcone, Le pari opportunità fra revisione del tit. V Cost. e nuovo art. 51 Cost., in S. Gambino (a cura di), Diritto regionale e degli enti locali, Milano, 2003; Morris Montalti, La rappresentanza dei sessi in politica diviene rappresentanza protetta. tra riforme e interpretazione costituzionale in Le regioni n. 2/3 /2003 p. 491-532; Antonio Soda, La “democrazia paritaria” inIl Ponte n. 8/9 /2002 p. 68-79. 10 Nel mondo la presenza delle donne nei parlamenti vede la Svezia al 42, 7 per cento seguita in ordine decrescente da Danimarca, Finlandia, Olanda, Norvegia, Islanda, Germania, Nuova Zelanda, Mozambico, Sud Africa, Spagna, Cuba, Austria, Grenada, Argentina, Bulgaria, Turkmenistan, Vietnam, Ruanda, Namibia, Australia, Seychelles, Belgio, Svizzera, Tanzania, Monaco, Cina, Laos, Canada, Croazia, Corea del Nord, Costa Rica, Dominica, Portogallo, Guyana, Perù, Regno Unito, Estonia, Suriname, Botswana, Latvia, Lussemburgo, San Marino, Senegal, Repubblica Domenicana, Messico, Angola, Bahamas, Repubblica Ceca, Eritrea, Ecuador, Burundi, Andorra, Slovacchia, Stati uniti d’America, Israele, Giamaica, Saint Kitts and Navi, Repubblica di Moldova, Tagikistan, Mali, Slovenia, Uruguay, Congo, Irlanda, Colombia, Bolivia, Tunisia, Capo Verde, Santa Lucia, Trinidad e Tobago, Francia, Cile, Barbados, Cipro, Romania, Lituania, Azerbaijan, Mongolia, Kazakhistan, Malaysia, Siria, Belarus, Zambia, Kirghizistan, Zimbabwe, Panama e solo dopo l'Italia. 336 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea L’Assemblea nazionale francese ed il Senato, riuniti in Congresso, hanno approvato (con 741 voti favorevoli e soltanto 42 contrari) il 28 giugno 1999 un progetto di legge costituzionale relativo all’uguaglianza tra i sessi, comportante una modifica alla Costituzione francese, finalizzata al riequilibrio della rappresentanza femminile nelle assemblee elettive. Con questa legge costituzionale si tende a <<favorire l’uguale accesso delle donne e degli uomini ai mandati elettorali e alle cariche elettive>> (art. 3 cost.).Nel solco di tale legge molti Stati europei si stanno muovendo cercando di dare analoga soluzione al problema di parità formale e sostanziale tra uomo e donna nelle competizioni elettorali edi accesso alle cariche elettive. Le esperienze francesi, italiane e belga appaiono illuminanti, in presenza di chiare decisioni giurisprudenziali, sul terreno delle previsioni di modifiche costituzionali finalizzate a prevedere nelle liste dei candidati un’equa presenza di persone dei due sessi11. La promozione di una maggiore partecipazione femminile alla vita politica del Paese, se si esclude la via della legislazione costituzionale e/o ordinaria, può essere quella di riservare una quota dei candidati nelle liste elettorali ai partiti politici i quali dovrebbero sottomettersi al principio di uguaglianza (tra i sessi) da loro predicato con tanta disinvoltura. In tale direzione si sono mossi da tempo i Paesi scandinavi. In Svezia, Norvegia e Danimarca si assiste ad una forte presenza femminile sulla scena politica al di fuori di programmi legislativi di azioni positive, in virtù dell’introduzione di sistemi di quote per ogni tipo di elezione pubblica, effettuata volontariamente dai partiti e raggruppamentipolitici a partire dagli anni settanta12. 11 V. M. Verdussen, La participation des femmes aux élections en Belgique, in Rv. Fr. Dr. const. 1998,pp. 799 ss.; dello stesso autore: La Partie sexuelle sur les listes des candidates, in Rev. belge dr. const., 1999, pp. 33 ss.; M. Lyttendaele – J. Schier, Les quotas féminins en dropait électoral ou les paradoxes de l’égalité, in J. Tribunaaux, 1995, pp. 252 – 255. 12 V. D. Dahlerup, Da una piccola a una grande minoranza – il caso delle donne nella vita politica scandinava, in M.L. Boccia Peretti, cit, pp. 202 – 203. La Svezia nelle elezioni del 1998 ha registrato la più alta percentuale di donne che siedono in Parlamento e, a partire dal 1994, la metà del Governo è costituita da persone di sesso femminile (vedi: Ministry od Industry, Employment and Communications, Shared Power – Women and Men, in Decision Making, aprile 1999). Le sole azioni positive presenti in tali ordinamenti, costituite da leggi,sono raccolte inEqual Opportunities Capitolo VII 337 Il Belgio ha dimostrato la sua apertura nei confrontidelle pari opportunità destinando il 50% delle liste elettorali al sesso femminile nelleelezioni del giugno 2004 dei propri membri al Parlamento Europeo. In Italia vi è stata una forte avversione della dottrina nei confronti di interventi legislativi atti ad assicurare la riserva di percentuali in favore delle donne nelle varie competizioni elettorali. L’art. 3 della legge sul finanziamento pubblico dei partiti del 3 giugno 1999 prevede che sia destinata una quota non inferiore al 5% del contributo dello Stato per interventi volti ad accrescere la partecipazione attiva delle donne alla vita politica13. Va ricordata l’importante raccolta di saggi volta ad accrescere la partecipazione femminile alla politica dal titolo:“Donne in quota. È giusto riservare posti alle donne nel lavoro e nella politica?”14 Barbera si pone sulla linea di parte della dottrina francese e si dichiara non favorevole alla soluzione del problema con azioni positive per eliminare la sottorappresentazione femminile in politica, ritenendo che l’esser donna non costituisca un gruppo di interesse fra gli altri, bensì un modo di essere della persona umana15. Act (SFS 1991, p. 433), entrato in vigore il 1 gennaio 1992 e finalizzato esclusivamente al raggiungimento di una effettiva parità tra i sessi nel settore del lavoro. 13 Legge 3 giugno 1999, n. 157 (in G.U. n. 129 del 4.6.1999). 14 V. B. Beccalli (a cura di), Donne in quota: è giusto riservare posti alle donne nel lavoro e nella vita politica?, Milano, Feltrinelli, 1999 15 V. A. Barbera, L’eccezione e la regola, ovvero l’uguaglianza come apologia dello status quo, in B. Beccalli (a cura di) opera, cit. pp. 115 e ss. 338 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea L’obiezione espressa dai giudici delle leggi16 secondo cui le quote da riservare alle donne non sarebbero mirate a rimuovere gli ostacoli che si frappongono al raggiungimento della parità tra i sessi, ai sensi della costituzione italiana,ma ad attribuire direttamente i risultati, sembra facilmente aggirabile- secondoRossi e Pizzorusso - ove si consideri che <<nell’ambito del procedimento elettorale il risultato non è quello di entrare in lista, quanto piuttosto quello di essere eletto>>. Tali autori, pur in presenza dell’orientamento della Corte costituzionale francese e di quella italiana di dover addivenire alla modifica della 16 Si fa riferimento per l’Italia alle sentenze della Corte costituzionale n. 438/1993 e n. 233/1994con le quali si è affermatoche la normativa contenuta nella Costituzione non autorizza una fonte subordinata quale la legge ordinaria ad introdurre un’obbligatoria rappresentanza di una minoranza linguistica in un’Assemblea elettiva, quale ad esempio quella prevista dallo Statuto speciale della Regione Trentino – Alto Adige in base alla quale, per le elezioni dei consiglieri dellaProvincia di Bolzano, il candidato ladino con cifra elettorale più alta prende il posto dell’ultimo degli eletti nella medesima lista. Vedi:sent. 13/14.12.1993, n. 438, in Giur. Cost. 1993,, 3575 ss., 424 ss., con nota di S. Bartole e in Regioni, 1994,1701 ss. con nota di P. Carrozza; Corte Cost., sent. 6/10 – 6 – 1994, n. 233, in Giur, cost. 1994, 1932 ss., con nota di A. Pizzorusso, ivi305 ss. e di S. Bartole, ivi 4095. Va, inoltre, ricordata la sentenza della Corte costituzionale n. 422/1995, con la quale si è stabilito che l’art. 51 cost. <<non può avere significato diverso da quello della indifferenza del sesso>> e che <<l’appartenenza all’uno o all’altro sesso non può mai essere assunta come requisito di eleggibilità […] altrettanto deve affermarsi per quanto riguarda la candidabilità>> in quanto la possibilità di essere presentato candidato <<non è che la conditio per beneficiare quindi in concreto del diritto di elettorato passivo sancito dal comma 1 dell’art. 51 Cost>> e pregiudizialenecessaria per poter essere eletto. In tale sentenza la Corte apre uno spiraglio per l’esercizio di azioni positive in favore delle donne laddove precisa che le riserve di quote “pur costituzionalmente illegittime” in quanto imposte per legge <<possano essere, invece, valutate positivamente ove liberamente adottate da partiti politici, associazioni o gruppi che partecipano alle elezioni, anche con apposite previsioni dei rispettivi statuti o regolamenti concernenti la presentazione delle candidature>>. È auspicabile, secondo la Corte, <<una intensa azione di crescita culturale che porti partiti e forze politiche a riconoscere la necessità improcrastinabile di perseguire l’effettiva presenza paritaria delle donne nella vita pubblica e nelle cariche rappresentative in particolare>>. Le motivazioni della decisione della Corte in commento hanno suscitato numerosi commenti in dottrina: tra gli altri;V.U. De Sievro, La mano pesante della Corte “sulle quote” nelle liste elettorali, in Giur. Cost. 1996, pp. 3268 ss.; L. Carlassare, Parere sulla legittimità costituzionale della previsione di una quota del 50% riservata alle candidature femminili in www.Iandtagt-bz.org/Parere_Carlassare.htm. Capitolo VII 339 costituzione per introdurre la possibilità di azioni positive in materia elettorale, ritengono di poter fare affidamento in quelle azioni che Ainis definisce “Virtualità espansive” del principio di uguaglianza sostanziale17. I citati autori non ritengono auspicabileil ricorso a misure indirette consistenti nell’affidamento ai partiti, ai gruppi politici, alle associazionidi ciò che non è concesso al legislatore costituzionale e/o ordinario18. 4. La nuova Costituzione europea ed azioni positive attuative in materia elettorale da parte dei singoli Paesi dell’Unione L’evoluzione del diritto positivo (costituzionale e legislativo) in materia di azioni positive a favore delle donne nell’accesso alle cariche elettive deve essere valutato anche sotto il profilo degli effetti prodotti sul diritto interno degli Stati membri dall’intervenuta approvazione della nuova Costituzione europea, sottoscritta a Roma il 29 ottobre 2004. Dopo le ratifiche in corso da parte degli Stati membri e dopo che la Costituzione europea sarà divenuta operante, sarà compito dei singoli Stati membri dare concreta attuazione al precetto solennemente affermato nell’art. 1 -3, comma 3, seconda parte dellaCostituzione per quanto concerne le azioni positive in materia elettorale19. L’art. 1 – 3 della Costituzione europea stabilisce che <<L’unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini20...>> 17 V. M. Ainis, I soggetti deboli nella giurisprudenza costituzionale, in studi in onore di Leopoldo Elia, Milano, Giuffré, 1999, pp. 11 ss. 18 V. A Pizzorusso, E. Rossi, Le azioni positive in materia elettorale in Italia, in B. Beccalli (a cura di), opera cit. p. 1181. 19 V. Andrea Defeanu, La parità tra i sessinelle legislazioni elettorali di alcuni paesi europei, in Dir. Pubblico, n. 2, pp. 609 - 652 2001 20 La Corte di Giustizia europea, con sentenza 17 ottobre 1995, n. 450/93, ha ritenuto legittime le riserve di quote in favore delle donne nelle competizioni elettorali dell’Unione Europea in quanto le riserve non si propongono di rimuovere gli ostacoli che impediscono alle donne di raggiungere determinati risultati, bensì di attribuire loro quei risultati medesimi”. Claudia Antonimi, La rappresentanza politica femmi- 340 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Originariamente si è tentato di raggiungere lo scopo della parità tra i sessi nell’accesso alle cariche elettive mediante la previsione di sistemi di azioni positive in leggi ordinarie. Successivamente, a seguito del rilevato inevitabile contrasto delle fonti normative ordinarie con i diversi valori delleCostituzioni da parte della giurisprudenza costituzionale, si è dischiusa la via per l’inserimento nelle Costituzioni stesse di disposizioni volte a favorire la partecipazione femminile ai processi politici e istituzionali di ogni singolo Paese. Da parte di alcuni studiosi si è pensato di prevedere disposizioni derogatorie eccezionali al fondamentale principio della neutralità dell’elettorato passivo derivante dal carattere generale della rappresentanza politica o, più precisamente, di inserire il principio della <<pari opportunità tra i sessi quale correttivo alla regola dell’uguaglianza formale21.>> Si è dell’avviso che una delle vie da seguire possa essere costituita dall’esperienza dei Paesi scandinavi e cioè quella di delegare ai Partiti politici e alle altre associazioni di scopo il dovere di creare per la donna la stessa parità di diritti di quella dell’altro sesso nelle competizioni elettorali. Sembra percorribile anche la via dell’enucleazione nelle Costituzioni dei Paesi aderenti all’Unione Europea di una norma che tuteli il sesso femminile con presenza paritaria sia nelle competizioni elettorali che nelle rappresentanze istituzionali. Va ricordata la legge n. 2000 – 493 del 6 giugno 2000 con la qualela Francia ha stabilito che le liste elettorali per l’elezione dei membri del Parlamento Europeo, fermo restando lo scarto non superiore ad uno tra il numero dei candidati di sesso maschile e di sesso femminile, le liste debbano essere composte alternativamente di un candidato di ciascun sesso. Deve essere ricordata la proposta di risoluzione del Parlamento Europeo sulle elezioni del 2004 2003/2108 (INI) con la quale si riconosce che l’azione positiva <<è una componente indispensabile per raggiungere una rappresentanza equilibrata tra uomini e donne. Il nile, a cura di - Biblioteca del Consiglio regionale Emilia Romagna, aggiornamento: 13 gennaio 2005. 21 V. M. Rodano, Il genere femminile nei sistemi politici europei, inM. L. Boccia, I.Peretti (a cura di), Il genere della rappresentanza, Suppl. A Dem e dir. 1988, n.1. Capitolo VII 341 fatto è che,anche se alle donne sono stati concessi gli stessi diritti rispetto agli uomini, tracce della loro precedente inferiorità continuano ad essere presenti nel modo di pensare e nell’atteggiamento di molti. Le istituzioni e il comportamento sociale continuano a riflettere tale atteggiamento, ragion per cui sono necessari sforzi particolari per dare alle donne una reale pari opportunità>>. La proposta di risoluzione prevede espressamente la possibilità di azioni legislative a livello di Unione e dei singoli Stati membri volte a potenziare il numero delle candidate alle elezioni del Parlamento Europeo e di quelli dei singoli Stati membriattraverso un ruolo determinante dei partiti politici. Infine va ricordata la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni concernente “Strategia quadro comunitaria per la parità tra donne e uomini (2001 – 2005) avente come scopo di promuovere la parità dei sessi in tutte le politiche comunitarie. Tale comunicazione prevede specifiche azioni positive per inserire le donne nel processo decisionale politico nell’Unione Europea, nei singoli stati membri e nel concerto internazionale. 5. Azioni positive a tutela delle minoranze nelle elezioni politiche 5.1 L’esercizio dei diritti elettorali delle minoranze nei 15 Stati membri dell’Unione Europea Gli Stati membri delle Iniziative Centro europeo (CEI – Central European Iniziative) hanno sottoscritto in data 19 novembre 1994 a Torino una convenzione per la tutela dei Diritti delle Minoranze nella quale si definisce “minoranza nazionale” un gruppo di persone numericamente inferiore al resto della popolazione di uno Stato i cui componenti, essendo cittadini dello stesso Stato, hanno caratteristiche etniche, religiose e linguistiche diverse dal resto della popolazione e che sono guidati dalla volontà di salvaguardare la loro cultura, tradizione, religione o lingua. Nella stessa convenzione si prevede che: <<Gli Stati consentiranno agli individui appartenenti a minoranze nazionali il diritto di partecipare senza discriminazioni, alla vita politica, economica, sociale e 342 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea culturale della società dello Stato di cui sono cittadini e favoriranno le condizioni per l’esercizio di tali diritti (art. 20) 22.>> 22 Vasta è la letteratura giuridica sulla tutela delle minoranze. Per l’approfondimento delle relative tematiche cfr.: Sulle minoranze in genere: A. Pizzorusso, Le minoranze nel diritto pubblico interno, Milano, Giuffrè, 1967; Id., Minoranze etnico-linguistiche, in Enc. giur., XXVI (1976), pp. 527-58; Id. Minoranze e maggioranze, Torino, 1993, cit.; C. Zanghì, Minoranze etnico-Iinguistiche, in Enc. giur., XX (1990); AA . VV. Atti del convegno "Giornate biennali di studio in onore di Lelio Basso. Popoli, minoranze e Stato-nazione", Roma, Fondazione Lelio Basso, 1991; C. Zanghì, Le minoranze: storia semantica di un'idea, in Riv. intern. diritti dell'uomo, V (1992), pp. 46-62; A. Cerri, Libertà, eguaglianza, pluralismo nella problematica della garanzia delle minoranze, in Riv. trim. dir. pubbl., XLIII (1993), pp. 289-314; E. Rossi., Minoranze etnicolinguistiche, in Arch. giur., 1993, pp. 263-296;G. De Vergottini, Verso una nuova definizione del concetto di minoranza, in Regione e governo locale, 1995, nn. 1-2, pp. 9-26; R. Toniatti, Minoranze, diritti delle, in Enc. scienze sociali, V (1996), pp. 701-09; S. Ceccanti, Tra tutela delle minoranze e rischi etnistici, in Giur. cost., XLVIII (1998), pp. 2744-54; E. Palici di Suni Prat, Intorno alle minoranze, Torino, Giappichelli, 1999, spec. pp. 131-71. Sul problema del rapporto tra nazionalismo e rapporti internazionali:J.G. Kellas, Nazionalismi e etnie, Bologna, Il Mulino, 1991, spec. pp. 199-214.Sulla protezione internazionale delle minoranze:F. Capotorti, Il regime delle minoranze nel sistema delle Nazioni Unite e secondo l'art. 27 del patto sui diritti civili e politici, in Riv. intern. diritti dell'uomo, V (1992), pp. 102-112Sulla tutela internazionale dell'identità culturale delle minoranze straniere:P. Fois, Il rispetto dei diritti delle minoranze: un limite all'autodeterminazione dei popoli?, ivi, pp. 165-66; F. Capotorti, La disciplina internazionale per la tutela delle minoranze: traguardi recenti, in“I diritti dell'uomo”, III (1993), n. 1, pp. 19-20;J. Duffar, La protection internationale des droits des minorités religieuses, in Rev. dr. public et de sc. pol. en France et a l'étranger, 1995, n. 6, pp. 1495-530;G. Gilber, Religious minorities and their rights: a problem of approach, in International Journal of Minority and Group Rights, V (1997), n. 2, pp. 97-134. Sulla tutela delle minoranze in Europa:G. Barberini, Le minoranze nel sistema della CSCE, in Riv. intern. diritti dell'uomo, 1992, pp. 135-47; ivi, M. De Salvia, Minoranze storiche e "nuove" minoranze. Diritti, doveri e spirito di tolleranza nella giurisprudenza della Commissione e della Corte europea dei diritti dell'uomo, pp. 148-58; ivi, anche, G. Malinverni, Il progetto di convenzione per la protezione delle minoranze elaborato dalla Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto, pp. 113-34; C. Zanghì, Un progetto di convenzione europea per la tutela delle minoranze, in I diritti dell'uomo, IlI (1993), n. 1, pp. 27-28; AA. VV., The legal status of religion minorities in the Countries of the European Union, Milano, Giuffrè, 1994; P. Fois, La protezione internazionale delle minoranze: il caso dell'Europa, in M. Pinna (a cura di), L'Europa delle diversità. Identità e culture alle soglie dei terzo Capitolo VII 343 In tale convenzione si prevede inoltre che: <<Gli Stati consentiranno agli individui appartenenti a minoranze nazionali di creare partiti politici>>. Alla legislazione degli Stati membri è stato affidato il compito di dare attuazione ai principi contenuti nella predetta convenzione per quanto riguarda l’esercizio dei diritti elettorali che consentano adeguata rappresentanza alle minoranze nei Parlamenti nazionali ed in quello dell’Unione Europea nonché nelle altre istituzioni internazionali, comunitarie e nazionali. L'art. 5 della "Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale" (New York, 21 dicembre 1965) statuisce - con particolare riguardo alle minoranze etniche - che: "<<[…] Gli Stati contraenti si impegnano a vietare e ad eliminare la discriminazione razziale in tutte le sue forme ed a garantire a ciascuno il diritto all’eguaglianza dinanzi alla legge senza distinzione di razza, colore ed millennio, Milano, F. Angeli, 1994, pp. 11-18; ivi, P. Carrozza, Popoli, nazioni, minoranze, prassi e teoria giuridica alla prova dell'Europa post 1989, pp. 19-34; A.M. Del Vecchio, La tutela delle minoranze nei sistemi di cooperazione internazionale, in Riv. intern. diritti dell'uomo, VII (1994), pp.557-77; E. Palici di Suni, Minoranze, in Dig. IV, Disc. Pubbl., IX (1994), Torino, pp. 546-59; G. Panayotis (a cura di), Questions de minorités en Europe, Bruxelles, Presses Interuniversitaires Européennes, 1994; H. Hartig, Le Conseil de l'Europe et la protection des minorités nationales. Action normatives et misures de confiance, in L.A. Sicilianos, Nouvelles formes de discrimination. New form of discrimination, Paris, Pedone, Unesco, 1995, pp. 258-67; V. Piergigli, Diritti dell'uomo e diritti delle minoranze nel contesto internazionale ed Europeo: riflessioni su alcuni sviluppi nella protezione dei diritti linguistici e culturali, in Rass. parl., 1996, pp. 33-105; G. Barberini, Sicurezza e cooperazione da Vancouver a Vladivostok, Introduzione allo studio dell'organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), Torino, Giappichelli, 1999, spec. pp. 155-81 e pp. 214-15; Id. (a cura di), Bibliografia Osce, n. 3/1999, RomaIstituto di studi giuridici sulla comunità internazionale; S. Bartole, N. Olivetti Rason, L. Pegoraro, La tutela giuridica delle minoranze, Padova, Cedam, 1998, ed ivi S. Bartole, La convenzione-quadro del Consiglio d'Europa per la protezione delle minoranze nazionali, pp. 11-30, F. Pocar, Note sulla giurisprudenza del Comitato dei diritti dell'uomo in materia di minoranze, pp. 1-40, e G. Barberini, L'Osce e le minoranze nazionali, pp. 41-58; P. Haberle, Per una dottrina della Costituzione europea, in Quad. cost., XIX (1999), n. 1, pp. 3-30, spec. pp. 28-29; M.A. Martin Estébanez, Minority Protection and the Organization for Security and Co-operation in Europe, in P. Cumper, S. Wheatley (a cura di), Minority rights in the'New' Europe, The Hague/London/Boston, Martinus Nijhoff, 1999. 344 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea origine nazionale o etnica, nel pieno godimento dei seguenti diritti: c) Diritti politici ed in particolare il diritto di partecipare alle elezioni, di votare e di presentarsi candidato in base al sistema del suffragio universale ed uguale per tutti...>>. Statuizioni analoghe sono contenute anche nell'art. 14 della "Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali" (Roma, 4.11.1950), integrato dall'art. 3 del 1° Protocollo addizionale alla Convenzione stessa (Parigi 20.3.1952). La tutela delle minoranze linguistiche locali nella Provincia autonoma di Bolzano è espressamente compresa fra gli interessi nazionali dall'art. 4 dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige, e del resto laCorte costituzionale ha ricordato trattarsi <<di un principio costituzionale che, affermato in via generale dall'art. 6 della Costituzione, ha nello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige un significato particolarmente pregnante>> (cfr. sent. n.242 del 1989). Tale principio, poi non può non estendere la propria efficacia anche nei confronti del diritto all'elezione della rappresentanza politica23. La Provincia autonoma di Bolzano, con ricorso notificato il 4 settembre 1993, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 5 della legge 4 agosto 1993, n. 277, recante "Norme per l'elezione della Camera dei deputati24." 23 Lo speciale regime che ne deriva è ulteriormente rafforzato dal fatto che esso costituisce l'esecuzione di un accordo internazionale, intervenuto fra il governo italiano ed il governo austriaco il 5 settembre 1946, (comunemente noto come l'accordo De Gasperi-Gruber), richiamato a sua volta dal Trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947. Tale accordo trovò immediata attuazione nello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (articolata nelle due province autonome), approvato dalla Costituente il 26 febbraio 1948. Vedi: A. Cerri, Il diritto elettorale e la sua storia nel Trentino Alto Adige con riferimento alla tutela delle minoranze, in Reg., 1997; T.E. Frosini, Il diritto elettorale della minoranza linguistica ladina, in Giur. Cost. , 1998. 24 La legge n. 277 del 4 agosto 1993 ha radicalmente modificato il sistema elettorale previgente, fondato sullo scrutinio di lista con l'attribuzione proporzionale dei seggi. Con la legge citata il legislatore ha praticamente esteso all'elezione della Camera dei deputati il sistema messo a punto per il Senato dalla legge 4 agosto 1993, n. 276, con la quale è stata data attuazione in sede legislativa alla radicale riforma scelta direttamente dal corpo elettorale attraverso il referendum abrogativo di alcune parti della legge elettorale del Senato. Capitolo VII 345 La ricorrente riteneva che la ripartizione del 25% dei seggi in sede di Ufficio Centrale Nazionale,attribuiti secondo il metodo proporzionale, escludesse automaticamente i partiti di minoranza a motivo dello sbarramento del 4%, soglia che tali partiti non potevano raggiungerematematicamente. La Corte costituzionale ha ritenuto infondate le questioni sollevate dalla Provincia Autonoma di Bolzano in quanto, di fronte ad una ipotetica illegittimità costituzionale, la Corte non potrebbe in alcun modo, secondo la propria costante giurisprudenza (cfr. sentt. nn. 194 del 1984, 109 del 1986, 1107 del 1988, 205 del 1992), sostituirsi al legislatore in una scelta a lui riservata. 5.2 Partecipazione politica e tutela delle minoranze nelle nuove democrazie dell’Europa dell’Est. l’UE sottolinea che le elezioni in tutta Europa sono divenuteparticolarmente importanti nell’ambito dell’ECPRD (Centro europeo per la Ricerca e Pratica Parlamentare)25 e dei suoi paesi membri. L’impegno dell’UE nel promuovere i principi e gli ideali della democrazia moderna è stato espresso al vertice di Copenhagen nel 1993, durante il quale è stato creato un memorandum delle condizioni fondamentali da rispettare per poter diventare un paese candidato all’UE. Prima di tutto si è ravvisata la necessità di abbracciare gli ideali democratici per gli ex Paesi comunisti: si è detto che <<ogni Paese candidato doveva raggiungere una stabilità nelle istituzioni, garanti di democrazia, nella legge, nei diritti umani e nel rispetto e salvaguardia delle minoranze>>. Questo impegno, intrapreso a Copenhagen, è stato ribadito successivamente nel Trattato di Amsterdam del 1997, ma già allora si rifletteva sulla riforma istituzionale che si stava concretizzando nei Paesi dell’Europa centrale ed orientale. 25 L’ECPRD (Centro Europeo per la Ricerca e Pratica Parlamentare) è stato costituito nel 1977 dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee parlamentari Europee, che ha incaricato i Presidenti del Parlamento Europeo e dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa della sua formazione e gestione. Ben67 camere parlamentari cooperano con l’ECPRD, il quale conta 41 stati membri e 7 stati con lo status di ospiti. 346 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea L’ECPRD ha redatto un documento nell’ottobre del 200026 con il quale sono stati trattati i principali sistemi elettorali (proporzionali, maggioritari e misti), le liste partitiche e le formule più utilizzate. Nel documento si evidenziache il metodo della formula di Saint - Lagüe sia il più idoneo per consentire adeguata rappresentazione ai partiti politici minori e alle minoranze. Tale metodo, secondo Arend Lijphart, tratta in modo uniforme sia i grandi che i piccoli partiti, facendoliavvicinare alla proporzionalità. Invece di dividere i voti ottenuti per una serie di numeri cominciando da 1 (come avviene per la formula d’Hondt), li si divide per i numeri dispari. I seggi vengono assegnati ai partiti con le medie più alte. Viene riportato il seguente esempio con 5 seggi da assegnare e con 4 partiti in lizza: Partito Voti Diviso per1 Diviso per3 Diviso per5 Diviso per7 Seggi ottenuti 100 A B C D 50 32 13 5 50 32 13 5 16,7 10,7 4,3 1,7 10 6,4 2,6 1 7,1 4,6 1,8 0,7 ------------------------------2 2 1 0 Con la Formula di d’Hondt27 il numero dei voti ottenuti da ogni lista partitica viene diviso per 1, 2, 3, …, finché tutti i seggi non sono assegnati. Le quote ottenute sono elencate in ordine di grandezza, partendo dalle maggiori, ed i seggi sono assegnati alle liste con le medie più alte. Un esempio: se 4 partiti ( A, B, C, D)si contendono 5 posti, il risultato è il seguente: 26 Tale documento è stato pubblicato in lingua solo inglese a cura di SimonMeGe con la supervisione di Adam Isaacs, editore Dick Toornstra ECPRD c/o Parlamento Europeo B – 1047, Bruxelles (Belgio). 27 Prende il nome da Victor d’Hondt. Capitolo VII Partito Voti 100 Diviso per 1 Diviso per 2 Diviso per 3 Diviso per 4 Seggi ottenuti 347 A B C D 50 32 13 5 50 32 13 5 25 16 6,5 2,5 16,7 10,7 4,3 1,6 12,5 8 3,3 1,3 -------------------------------3 2 0 0 Questa variante è la meno proporzionale del sistema delle liste partitiche, perché favorisce notevolmente i partiti maggiori. È uno dei sistemi più impiegati in Europa. Con la formula del metodo d’Hondt il partito C non avrebbe ottenuto alcun seggio. Di tali varianti del sistema proporzionale non si è tenuto conto nello stabilire i sistemi elettorali del Paesi facenti parte dell’Unione Europea. Dalla dissoluzione della Federazione Jugoslava sono nati gli Stati di Slovenia, Croazia e Macedonia e di quelli succeduti alla federazione Ceca e Slovacca. Per effetto delle nuove costituzioni o delle vecchie costituzioni novellate, l’esercizio della sovranità appartiene al popolo. I membri dei vari parlamenti rappresentano l’intero popolo e, quindi, anche i cittadini che godono della cittadinanza di un determinato Stato, i gruppi di diversa cittadinanza, gli apolidi e coloro che sono presenti nella comunità a diverso titolo. I componenti delle minoranze nazionali ed etniche devono concorrere, a giusto titolo, all’esercizio dei poteri sovrani di cui il Parlamento è la massima espressione. L’art. 2.2 della costituzione ungherese stabilisce che <<Il potere appartiene al popolo>>, che esercita la sua sovranità o in modo diretto o mediante i suoi rappresentanti democraticamente eletti. La garanzia della partecipazione collettiva delle minoranze alla vita pubblica è assicurata dall’adozione di misure atte a garantire la loro rappresentanza e l’autogoverno locale e nazionale (art. 68). La costituzione Slovena prevede che le minoranze nazionali autoctone possono dar vita a comunità autogovernate e di essere rappresentate in Parlamento e nel governo locale (artt. 5 e 64). 348 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Nella costituzione Slovacca sono previste limitazioni alle libertà diassociazione in partiti delle minoranze (art. 34 cost.).Vige il divieto di ogni esercizio dei voti minoritari che possa condurre a minacce alla sovranità ed all’integrità territoriale dello Stato ovvero determinare la discriminazione di altri cittadini. È prevista in tali casi la possibilità di scioglimento o di sospensione dei partiti delle minoranze (art. 129.4). Sistemi elettorali dei Paesi europei e confronto con l’elezione del P. E. Capitolo 8 Sistemi elettorali negli Stati dell’Unione Europea e loro raffronto con i sistemi di elezione del Parlamento Europeo 1. Sistemi elettorali in Italia 1.1 Considerazioni di carattere generale L’Italia (stima al 31 dicembre 2004 ab. 58.462.375) è una Repubblica parlamentare con sistema parlamentare bicamerale (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica). Le lingue parlate sono l’italiano, il tedesco, il francese e lo sloveno per la presenza di minoranze nel Paese. Il cammino del suffragio elettorale dal 1848 ai nostri giorni ha percorso tappe significative quali l'allargamento della base elettorale del 1882, il suffragio universale maschile del 1913, la proporzionale del 1919, i meccanismi plebiscitari voluti dal fascismo, il suffragio universale del 1946 (esordio del voto femminile in Italia), la nuova proporzionale del 1948 ed infine la riforma in senso maggioritario del 19931. Va evidenziata la ricorrente illusione, da parte delle classi politichedi poter risolvere le crisi istituzionali, che di volta in volta si presentano,attraverso una modificazione dei sistemi elettorali e dei correlati procedimenti e leggi elettorali2. 1 V. Maria Serena Piretti, Le elezioni politiche in Italia dal 1848 a oggi. Roma Bari: Laterza, 1995. L'analisi, compiuta dall’autrice, ripercorre i mutamenti dei meccanismi di voto ed evidenzia le ragioni ideologiche e politiche che - di volta in volta - hanno motivato le nuove strategie elettorali.Pier Luigi Ballini, Le elezioni nella storia d'Italia dall'Unità al fascismo. Profilo storico-statistico. Bologna, Il Mulino, 1988. Altre indicazioni bibliografiche: AA VV, Elezioni in Italia. Struttura e tipologia delle consultazioni politiche,ed. 1988. Bologna: Il Mulino, 1996 (sulle elezioni politiche dal 1948 al 1987, analizzate dal punto di vista della struttura del voto e dei flussi elettorali); Maria Virginia Rizzo, I nostri primi 50 anni. Cronache della Repubblica italiana dal 1946 al 1996 attraverso le elezioni politiche. Simboli, immagini, risultati, Gorle (BG), CEL, 1996 (comprende anche le politiche del 1996). 2 Vedi inoltre, prima della riforma elettorale del 1993, Gianfranco Pasquino, Come eleggere il governo. Milano,1992. Il volume costituisce ancora oggi un validissimo supporto alla disamina teorica e pratica dei nodi di problematica funziona349 350 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea In Italia la formula elettorale ed il sistema elettorale non sono né direttamente né indirettamente disciplinati dalla Costituzione per cui in tali materie esiste un certo grado di flessibilità. Tuttavia la Costituzione all’art. 48 rubricato: “Il diritto di voto”,afferma il principio del suffragio universale, del voto diretto, personale, segreto e come dovere civico3. I vigenti sistemi elettorali sono differenziati per quasi ogni tipo di elezione: abbiamo un sistema proporzionale per le elezioni circoscrizionali (dei quartieri), un sistema maggioritario a turno unico per l'elezione del sindaco e del consiglio comunale nei paesi fino a 15.000 abitanti, un sistema maggioritario a doppio turno per l'elezione del sindaco nei paesi con più di 15.000 abitanti, con premio di maggioranza al secondo turno nell'elezione del consiglio comunale e possibilità di voto disgiunto (nella stessa scheda si può votare un sindaco ed una lista che non lo appoggia), analogo sistema per la provincia, ma senza voto disgiunto; per le elezioni regionali è prevista l'elezione diretta del presidente della regione e un premio di maggioranza per la coalizione vincente: Sonoprevisti, infine, un sistema misto per le elezioni di Camera e Senato ed un metodo proporzionale con voto di preferenza per lità politica, per risolvere i quali si sono proposte modificazioni alla legge elettorale: la governabilità e l'alternanza, l'elezione diretta del primo ministro, il (semi) presidenzialismo, il cancellierato e in generale il rapporto tra elettori ed eletti, ovvero i modi per collegare il voto dei cittadini con la formazione del governo. Vedi anche dello stesso autore: Restituire lo scettro al principe. Proposte di riforma istituzionale. Roma - Bari: Laterza, 1986.Una panoramica circa il dibattito sulle riforme elettorali in chiave internazionale è presentata dal volume diMassimo Luciani- Mauro Volpi (cur.): Riforme elettorali, Roma - Bari: Laterza, 1995. Vi sono raccolti gli Atti del Convegno "Riforme elettorali e forme di governo", tenutosi a Perugia il 20-22 ottobre 1994: interventi spesso molto tecnici, di giuristiitaliani e stranieri, sui sistemi elettorali in vigore nei rispettivi paesi. Per altre indicazioni bibliografiche: Augusto Barbera,Una riforma per la Repubblica. Roma: Editori Riuniti, 1991; Gianfranco Miglio, Come cambiare. Le mie riforme. Milano: Mondadori, 1992; Sebastiano Messina, La Grande Riforma. Uomini e progetti per una nuova repubblica. Roma Bari, Laterza, 1992 (chiara sintesi delle varie proposte di riforma messe in campo da partiti e singoli leader); Giovanni Sabbatucci, (cur.): Le riforme elettorali in Italia (1848-1994). Milano: Unicopli, 1995 (raccolta di saggi sulle varie riforme della legge elettorale attuate in passato fino al 1993). 3 Vedi sul punto Giovanni Cordini, Il voto obbligatorio, Bulzoni editore Roma, 1988. Capitolo VIII 351 il Parlamento Europeo. 1.2 Sistemi elettorali vigenti prima della riforma del 1993 Nella storia italiana si sono avute due leggi elettorali che hanno introdotto sistemi misti in funzione di un determinato risultato elettorale per l’elezione del Parlamento nazionale. Si tratta delle leggi del 1923 (sistema proporzionale con premio alla maggioranza) e del 1953 (sistema proporzionale con eventuale premio alla maggioranza, che scattava solo se il partito avesse ottenuto la maggioranza assoluta dei voti (50 + 1); in tal caso avrebbe ottenuto il 65 per cento dei seggi ed i partiti di minoranza si sarebbero ripartiti i restanti seggi con il sistema proporzionale. Tali leggi sono conosciute con il nome di legge “Acerbo” e di “legge truffa4.” Prima della riforma del 1993 le leggi per l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica configuravano due formule elettorali di tipo proporzionale, caratterizzate da una corrispondenza tra la percentuale dei voti ottenuti da ciascun partito e la quota di seggi ricevuti. Si registrava una forte omogeneità per quanto riguarda la loro composizione mentre differivano i sistemi elettorali. 4 La legge del 1923 è stata pensata per garantire una maggioranza assoluta alla Cameraper la forza politica allora al Governo (Partito nazionale fascista). La sua approvazione è stata favorita dalla crisi socio-economica del Paese e da altre circostanze volute dal Governo. La legge del 1953 non fu mai operativa e venne successivamente abrogata. Per la storia delle elezioni vedi: Maria Serena Piretti,Le elezioni politiche in Italia dal 1848 a oggi. Roma - Bari: Laterza, 1995; Pier Luigi Ballini,Le elezioni nella storia d'Italia dall'Unità al fascismo. Profilo storico-statistico. Bologna,IlMulino, 1988, cit. 352 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Tabella 1. Peculiarità dei sistemi elettorali di Camera e Senato Camera dei DeputatiSenato della Repubblica Elettorato attivo Diritto voto: cittadini maggio- diritto voto: renni (18 anni di età) cittadini che hanno compiuto i 25 anni di età Elettorato Si può essere eletti a 25 anni Per essere eletti occorre aver passivo di età compiuto i 40 anni di età Formula Competizione tra liste Competizione tra candidature elettorale nell’ambito di circoscrizioni uninominali in 238 collegi con con una media di 20 deputatie attribuzione proporzionale dei attribuzione proporzionale dei seggi su base regionale seggi nella circoscrizione di recupero dei resti su base nazionale 630 deputati suddivisi in 32 Territorio nazionale era riparNumero dei com- circoscrizioni con presenta- tito in 238 collegi uninominali, zione di liste dai partiti o da ma il quorum dell’elezione nel ponenti collegioelevato al 65% dei voti delle due gruppi di candidati espressi, permetteva istituzioni l’attribuzione del seggio diretelettive e tamente nel collegio sistema dell’elezio ne Modalità L’elettore esprimeva il voto L’elettore non aveva a dispodi espres- scegliendo il simbolo del par- sizione alcunvoto di preferensione del tito prescelto, scrivendo il za nome del candidato. Con il revoto ferendum del 1991 si era eliminata la possibilità di esprimere i voti di preferenza . Ripartizio- La ripartizione dei seggi av- La ripartizione dei collegi avne dei seg- veniva su base circoscriziona- veniva su base regionale e vigi le conil sistema del quoziente geva l’impossibilità di utilizcorretto, chiamata anche zare voti residui oltre l’ambito regionale “formula degli imperiali” Capitolo VIII 353 1.3 Caratteri dei sistemi elettorali di Camera e Senato dopo la riforma del 1993 Il sistema elettorale del 1993, preceduto dal referendum abrogativo della legislazione elettorale del Senato (legge18 aprile 1993) e della Camera dei Deputati (legge 4 agosto 1993), è stato fortemente innovativo rispetto alle precedenti leggi5. Infatti l’esito delle elezioni politiche del 1994 ha portato ad un radicale cambiamento della classe politica del Paese, il cui governo era formato da persone che solo in minoranza sono state protagoniste della precedente stagione politica. I nuovi sistemi elettorali di Camera (sistema maggioritario uninominale secco con clausola di sbarramento del 4% per elezione di 475 deputati su 630; i restanti 155 vengono eletti con il sistema proporzionale dei quozienti interi) e Senato (elezione parte con il sistema maggioritario 5 Numerosi sono i saggi di taglio teorico sui sistemi elettorali e sulle riforme possibili e/o auspicabili per il Parlamento italiano. Tra gli studi recenti spicca per accuratezza e chiarezza espositiva quello diMaria Serena Piretti: La fabbrica del voto. Come funzionano i sistemi elettorali, Roma - Bari: Laterza, 1998. L'autrice spiega in termini generali le caratteristiche, i vantaggi e gli svantaggi del sistema elettorale proporzionale e di quello maggioritario (secco e a doppio turno). Un capitolo riguarda poi i cosiddetti sistemi elettorali misti, con una parte di maggioritario ed una di proporzionale, quale quello vigente in Italia per le elezioni politiche dal 1993. Va segnalato inoltre il saggio diC. Fusaro,Le regole della transizione. La nuova legislazione elettorale italiana: Bologna, Il Mulino, 1995, che ritrae con precisione la crisi del sistema proporzionale e ricostruisce le tappe della discussione che hanno portato alle modificazione in senso maggioritario del 1993. Un sintetico inquadramento giuridico a partire dall'articolo 48 della Costituzione è quello di Alfonso Di Giovine "Il diritto di voto e i sistemi elettorali", in Guido Neppi Modona, (cur.): Stato della Costituzione, Milano, Il Saggiatore, 1995, pp. 165-175. Sono messe a fuoco questioni di principio quali il diritto di voto; sono poi paragonati i principali sistemi elettorali e il discorso si conclude con una chiara descrizione della legge elettorale del ‘93. Vedi inoltre, prima della riforma elettorale del 1993, Gianfranco Pasquino,Come eleggere il governo. Milano: Analisi, 1992; tale ricerca costituisce ancora oggi un validissimo supporto alla disamina teorica e pratica dei nodi di problematica funzionalità politica, per risolvere i quali si sono proposte modificazioni alla legge elettorale: la governabilità e l'alternanza, l'elezione diretta del primo ministro, il (semi) presidenzialismo, il cancellierato e in generale il rapporto tra elettori ed eletti, ovvero i modi per collegare il voto dei cittadini con la formazione del governo. Vedi anche: Gianfranco Pasquino: Restituire lo scettro al principe. Proposte di riforma istituzionale. Roma - Bari, Laterza, 1986, cit. 354 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea e parte con sistema proporzionale, si svolge a turno unico) sono entrambi misti con un forte elemento maggioritario, ma con aspetti non trascurabili di proporzionalità e sono caratterizzati da una logica distributiva assai diversa da quella del passato. I caratteri comuni dei sistemi elettorali di Camera e Senato possono così riassumersi: 1 -entrambe hanno adottato il sistema misto6; 2 - il rapporto tra numero di seggi assegnati in collegi uninominali e seggi assegnati con meccanismo proporzionale è identico; 3 - la formula adottata per l’assegnazione dei seggi nei rispettivi collegi uninominali è identica; 4 - in entrambi i sistemi misti c’è convivenza del maggioritario con il proporzionale. Si può parlare, in sintesi, di riequilibrio nella direzione della logica proporzionale: questo significa che in entrambi i sistemi la quota di seggi assegnati su base proporzionale premia coloro che non hanno successo nella parte maggioritaria: per il Senato sono premiati i gruppi di candidati che hanno avuto meno eletti nei collegi; per la Camera le liste collegate a candidati non eletti nei collegi. Nelle due leggi in esame sono previste delle soglie di accesso alla parte proporzionale: il 4% per la Camera; per il Senato il numero dei seggi da ripartire con metodo proporzionale su base regionale è limitato. 6 V. Carlo Fusaro, Le regole della transizione, Il Mulino, 1995. Capitolo VIII 355 Tabella 1 - Caratteri distintivi: Camera dei Deputati Senato della Repubblica La presentazione di una candidatura in- Si possono presentare candidature indidividuale deve essere collegata ad una viduali e svincolate dai sistemi dei partilista, secondo il c,d, obbligo di collega- ti mento È prevista una soglia del 4% Il recupero proporzionale non è vincolato ad una soglia, in quanto il riparto seggi avviene su base solo regionale L’attribuzione dei seggi nella parte pro- L’attribuzione dei seggi nella parte proporzionale avviene con la formula del porzionale avviene con la formula del quoziente naturale divisore d’Hondt La volontà dell’elettore si esprime attraverso due distinte schede e altrettanti voti. Le connessioni tra i due voti sono determinate da tre elementi: 1il sistema dello scorporo dai voti per la parte proporzionale di un certo numero di voti in realtà ottenuti nella parte maggioritaria. 2Il collegamento obbligatorio fra i candidati nel collegio e le liste; 3Il ricorso eventuale a candidati non eletti nella parte uninominale ai fini della proclamazione di eletti sulla base dei voti conquistati con la seconda scheda. La volontà dell’elettore si esprime, sia per la parte maggioritaria che per quella proporzionale, attraverso una sola scheda ed un’unica manifestazione di volontà I candidati uninominali possono affian- La scheda è caratterizzata dalla presenza care il proprio nome a più simboli. Que- di un unico contrassegno a fianco del sto favorisce, nella parte maggioritaria, nome del candidato. aggregazioni tendenzialmente provvisorie che poi si scindono nella parte proporzionale “a difesa dell’identità di forze politiche”. 356 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea 1.4 Legge 21 dicembre 2005, n. 270 “Modifiche alle norme per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.7” 1.4.1 Introduzione del sistema proporzionale A fine legislatura del governo Berlusconi, il Parlamento italiano ha approvato, con legge 21 dicembre 2005, n. 270e con i soli voti della maggioranza di Centro – Destra, un nuovo sistema elettorale che modifica il precedente sistema maggioritario misto. Tale legge modifica il precedente meccanismo maggioritario in direzione di un sistema proporzionale8. La nuova legge si può considerare in controtendenza con l'esito del referendum del 18 aprile 1993, il quale, con un consenso dell'82,7% dei voti e un'affluenza del 77%, portò all'abrogazione di alcuni articoli della vecchia normativa elettorale. 1.4.2 Elezione Camera dei Deputati L’art. 1 della legge n. 270/2005 prevede che “1. La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale, con voto diretto ed uguale, libero e segreto, attribuito a liste di candidati concorrenti. Il territorio nazionale è diviso nelle circoscrizioni elettorali indicate nella tabella A allegata al Testo Unico delle leggi elettorali. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero, la ripartizione dei seggi viene effettuata in ragione proporzionale, con l'eventuale attribuzione di un premio di maggioranza, a norma degli articoli 77, 83 e 84, e si effettua in sede di Ufficio Centrale Nazionale". Il voto è un dovere civico e un diritto di tutti i cittadini, il cui libero esercizio deve essere garantito e promosso dalla Repubblica. Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista ai fini dell'attribuzione dei seggi in ragione proporzionale, da esprimere su un'unica scheda recante il contrassegno di ciascuna lista. 7 GU n. 303 del 30-12-2005- Suppl. Ordinario n.213 La legge (approvata con 160 sì, 119 no e 6 astenutie, quindi, con 41 voti di scarto) ha abrogato le precedenti leggi nn. 276 e 277 del 1993 edha introdottoun sistema elettorale sostanzialmente diverso dal precedente. 8 Capitolo VIII 357 1.4.3 Elezione del Senato della Repubblica L’art. 4 di tale legge prevede che: <<Il Senato della Repubblica è eletto su base regionale>>. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero, i seggi sono ripartiti tra le regioni a norma dell'articolo 57 della Costituzione sulla base dei risultati dell'ultimo censimento generale della popolazione, riportati dalla più recente pubblicazione ufficiale dell'Istituto nazionale di statistica, con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare, su proposta del Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, contemporaneamente al decreto di convocazione dei comizi (comma 1). L'assegnazione dei seggi tra le liste concorrenti è effettuata in ragione proporzionale, con l'eventuale attribuzione del premio di coalizione regionale (comma 2). La regione Valle d'Aosta è costituita in unico collegio uninominale (comma 3). La regione Trentino Alto Adige è costituita in sei collegi uninominali, definiti ai sensi della legge 30 dicembre 1991, n. 422 (comma 4). La restante quota di seggi spettanti alla regione è attribuita con metodo del “recupero proporzionale". 1.4.4 I contenuti della modifica del sistema elettorale Il punti più qualificantidella nuova legge sono: x Abolizione dei collegi uninominali: l'elettore, anziché votare direttamente su due schede separate il candidato prescelto nel proprio collegio uninominale (parte maggioritaria) e la listapreferita, da cui eventualmente scegliere un candidato (parte proporzionale), si limita a votare la lista stessa. Le liste dei candidati saranno chiuse e le graduatorie indicate direttamente dai partiti stessi. x Premio di maggioranza: viene garantito alla coalizione vincente un minimo di 340 seggi alla Camera dei Deputati. Da notare che 12 seggi, assegnati alla circoscrizione Esteri, sono contemplati a parte, come anche il seggio della Valle d'Aosta. Per quanto concerne il Senato, tale premio è invece garantito su Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea 358 x x x x 9 base regionale, in modo da assicurare alla coalizione vincente in una determinata regione almeno il 55% dei seggi ad essa assegnati. Capo della forza politica: tale denominazione è usata per identificare il principale rappresentante o leader di una coalizione. La nuova legge elettorale non prevede l'elezione diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri (che viene designato dal Presidente della Repubblica, in base alla possibilità che ha di riscuotere la fiducia del Parlamento), ma richiede l'indicazione formale di un capo della coalizione, ruolo che viene assegnato dalla Casa delle Libertà a Silvio Berlusconi. Soglie di sbarramento: per ottenere seggi alla Camera, ogni coalizione dovrà ottenere almeno il 10% dei voti nazionali; per quanto concerne i partiti, la soglia minima corrisponderà al 4% se non coalizzati, o al 2% se parte di una coalizione. Per il riparto dei seggi all'interno della coalizione, vengono contemplati solo i voti di tutti i partiti che hanno raggiunto tali soglie minime, più eventualmente il maggior partito a non aver superato il 2% dei voti nazionali; al Senato le soglie sono da superare a livello regionale, rispettivamente: il 20%, l'8% e il 3%. Minoranze linguistiche: Le liste delle minoranze linguistiche riconosciute, coalizzate o non, potranno comunque accedere al riparto dei seggi per la Camera dei Deputati ottenendo almeno il 20% dei voti nella circoscrizione in cui concorrono. Per il Senato della Repubblica è stato previsto che 6 dei 7 seggi spettanti al Trentino Alto Adige/Sud Tirolo siano assegnati tramite collegi uninominali. Si tratta di un sistema elettorale diverso da quello precedentemente in vigore Mancata previsione di istituti a salvaguardia della pari opportunità Nella nuova legge non sono state riservate quote di seggi alle donne. Contrariamente a quanto previsto dagli articoli 3 e 51 della Costituzione, le donne italiane vengono ancora una volta discriminate9. Poche, sintetiche parole nel comunicato del Comitato, costituitosi per raccogliere l'associazionismo femminile e femminista, tra cui la Fondazione Belisario, Capitolo VIII 359 1.5 Le elezioni politiche del maggio 2006 1.5.1 Considerazioni generali Le elezioni politiche del 2006 per il rinnovo dei due rami del Parlamento Italiano - Camera dei Deputati e Senato della Repubblica - si sono tenute il 9 e il 10 aprile dello stesso anno. In Italia, negli ultimi sette anni, sono stati indetti ben quattro referendum elettorali a rettifica dei vigenti sistemi elettorali,sia per l’elezione della Camera dei Deputati che per quella riguardante i Consigli regionali. Il dibattito sulla legge elettorale non è mai cessato in questi anni e si è acceso ancor più con l'indizione del referendum elettorale del 21 maggio 2000. Da una parte i promotori del referendum per l'abolizione della quota proporzionale dichiarano che il referendum ha lo scopo di promuovere l'introduzione del sistema maggioritario puro sul modello del sistema britannico. Dall'altra parte, il fronte dei proporzionalisti si oppone all'abolizione della quota proporzionale e mira a reintrodurre il sistema proporzionale puro, il solo ritenuto garante di una rappresentazione popolare in seno alla Camera dei Deputati. Il fronte degli uni e degli altri spacca trasversalmente i due schieramenti di centro-destra e di centro-sinistra. Peraltro, il dibattito sul sistema elettorale non può e non deve ridursi ad una semplice opzione tra il modello maggioritario e quello proporzionale. L'uno o l'altro modello non è buono o cattivo in se stesso, dovendosi invece il sistema prescelto adattare alle condizioni storiche e politiche del paese in cui viene adottato. In una democrazia liberale, il sistema elettorale deve soddisfare una duplice esigenza: da un lato, garantire una adeguata rappresentanza alle diverse formazioni politiche esistenti e alle diverse istanze territoriali; dall'altro, assicurare la governabilità del paese e la stabilità dei governi nello spazio temporale compreso tra una votaziol'Udi romana e l'Arcidonna nazionale - di generazioni ed estrazioni politiche diverse - <<che hanno denunciato l'inadeguatezza e l'anacronismo di questa legge elettorale cheriportano indietro il percorso delle donne italiane nelle istituzioni e l'intero Paese di almeno dieci anni>> A questo proposito il Forum di Davos ha registrato l'Italia al 52esimo posto nel mondo quanto alla parità dei sessi. 360 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea ne e l'altra. In linea di massima si può ritenere che il sistema proporzionale assicuri meglio la prima esigenza; quello maggioritario la seconda. L'ingegneria elettorale ha messo a punto un'infinità di correttivi all’una e all’altra opzione per evitare un eccessivo sacrificio di una delle due esigenze di cui si è appena fatto cenno. Così, anche nei sistemi proporzionali puri, la ripartizione dei seggi è sempre accompagnata da metodi (Hagenbach-Bischoff, Hondt, St. Laguë, etc...) che assicurano comunque un vantaggio alle formazioni maggiori; nei sistemi maggioritari, si tende ad introdurre un doppio turno o una quota di seggi da assegnare con il sistema proporzionale. Si può affermare che in Italia esiste un groviglio tale di sistemi elettorali, con differenze a voltemarginali, che può indurre in errore persino gli "addetti ai lavori" di talché sarebbe auspicabile una urgente rivisitazione legislativa per renderli tra loro omogenei e più rispondenti alla rappresentatività delle minoranze e alla governabilità sia per quanto attiene al Parlamento (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica) che ai Consigli regionali ed agli altri organismi previsti dalla costituzione10. 10 Elezioni regionali. Per le elezioni regionali è in vigore dal 1995 un sistema particolare che prevede l'elezione diretta del presidente della regione e un premio di maggioranza per la coalizione vincente. Vedi: Alessandro Chiaramonte – Roberto D'Alimonte (cur.): Il maggioritario regionale. Le elezioni del 16 aprile 2000, Bologna: Il Mulino, 2001. L’opera raccoglie approfondimenti di vari studiosi sulle elezioni regionali svoltesi nell'aprile 2000, che hanno rappresentato un'importante verifica dei rapporti di forza tra le coalizioni e, all'interno di ciascuno schieramento, tra i singoli partiti. Le analisi confermano due elementi importanti: la tendenza ad assegnare valore politico nazionale ai vari appuntamenti delle elezioni amministrative (il governo presieduto da Massimo D'Alema si è dimesso subito dopo la sconfitta elettorale che il centrosinistra ha registrato nella maggior parte delle regioni in cui si era votato); e anche la sostanziale stabilità dell'elettorato dal 1994 al 2000, con prevalenza numerica dell'area di centrodestra, che conquista i collegi quando si presenta compatta, ovvero insieme alla Lega Nord. Per definire il quadro politico-elettorale gli autori utilizzano l'etichetta di "bipolarismo frammentato": un bipolarismo in cui i terzi poli non riescono a trovare spazio, ma dove i partiti continuano a proliferare. Elezioni amministrative degli anni Novanta. Anche per designare i sindaci delle grandi città dal 1993 è in vigore un nuovo sistema: l‘elezione diretta del sindaco, e l'eventuale doppio turno con ballottaggio. Tale meccanismo sembra avere incontrato un certo gradimento popolare. Vedi:Franco Angeli, 1999, “Votare in città. Capitolo VIII 361 1.5.2 Gli schieramenti a confronto La Casa delle Libertà: si tratta di coalizione di centrodestra, guidata da Silvio Berlusconi; si ripresenta con i suoi quattro partiti che hanno costituito l'alleanza principale nelle precedenti elezioni politiche: Forza Italia, il movimento di Silvio Berlusconi (Presidente del Consiglio uscente); Alleanza Nazionale, guidato da Gianfranco Fini (Vicepresidente del Consiglio uscente); Lega Nord, guidata da Umberto Bossi; UDC, partito nato successivamente all'alleanza di cinque anni prima del Biancofiore, riunente il CDU di Rocco Buttiglione e il CCD di Pierferdinando Casini11. Riflessioni sulle elezioni amministrative in Italia”, Milano. Raccoglie vari contributi che analizzano, sulla base delle elezioni comunali tra il 1993 e il 1997, il funzionamento legislativo del nuovo ordinamento e gli effetti che ne sono scaturiti: rapporto più stretto tra cittadini ed eletti, rilancio della dimensione locale della vita politica, rafforzamento delle identità civiche, nascita di nuove opzioni elettorali (come le liste civiche o le cosiddette liste del sindaco) per stemperare la supremazia dei partiti. Nella seconda parte del volume sono analizzati i casi specifici di Roma, Genova e di alcuni centri del Piemonte. Sulle nuove dinamiche elettorali (strategie delle coalizioni, scelta delle candidature, comportamento dell'elettorato etc.) riflettono anche Gianfranco Baldini - Guido Legnante: Città al voto. I sindaci e le elezioni comunali. Bologna,Il Mulino, 2000, che si concentrano sulla tornata elettorale del triennio 1997-99. 11 A questi si aggiungono una serie di partiti e movimenti, come il Nuovo PSI di Gianni De Michelis, confermando l'alleanza della precedente appuntamento elettorale, ma subendo la scissione di Bobo Craxi, questa volta insieme alla Nuova DC di Gianfranco Rotondi, partito che in precedenza non si era schierato per una delle due principali coalizioni. Lo stesso per il Partito Repubblicano Italiano di Giorgio La Malfa, con la differenza che il Movimento Repubblicani Europei, nato a causa del cambio di alleanza operato da La Malfa nel 2001, ora è parte integrante della coalizione avversaria di Romano Prodi. Apparentato è il Movimento per l'Autonomia fondato di recente da Raffaele Lombardo e attivo soprattutto nel meridione d'Italia, richiamante le idee della Lega Nord. Dalla scissione verificatasi nel Partito Radicale a causa della sua decisione di schierarsi e di favorire la vittoria del centrosinistra, sono nati i Riformatori Liberali, guidati da Benedetto Della Vedova, in appoggio alla coalizione di Berlusconi. Anche Alternativa Sociale si collega alla Casa delle Libertà, il partito di Alessandra Mussolini, che nelle precedenti politiche era stata eletta con Alleanza Nazionale, ora a guida di una sua coalizione che raccoglie anche l'appoggio di Forza Nuova di Roberto Fiore e del Fronte Sociale Nazionale di Adriano Tilgher. Altre formazioni apparentate sono: 362 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea L'Unione: è il nome assunto dalla coalizione del centrosinistra, già precedentemente presentatasi alle elezioni regionali del 2005, nella quale l'alleanza precedente dell'Ulivo viene estesa ad altre forze politiche, innanzitutto a Rifondazione Comunista. La coalizione è guidata da Romano Prodi, già Presidente del Consiglio dei Ministri nel 1996-1998 (XIII legislatura), in un governo dell'Ulivo, appoggiato soltanto esternamente da RifondazioneComunista, e Presidente della Commissione europea nel periodo 1999-2004. La sua designazione come candidato dell'Unione alla presidenza del Consiglio è avvenuta, per la prima volta, in seguito ad elezioni primarie che si sono tenute il 16 ottobre 2005. Nella competizione interna si sono voluti misurare contro Prodi altri leader di partito come Clemente Mastella, Fausto Bertinotti, Alfonso Pecoraro Scanio e Antonio Di Pietro. Prodi ha riscosso un consenso pari al 74% dei 4.300.000 voti espressi. I partiti della coalizione, che hanno già partecipato in alleanza alle precedenti politiche, sono: i Democratici di Sinistra, guidati da Piero Fassino; La Margherita, guidata da Francesco Rutelli (che nelle precedenti politiche era soltanto una lista elettorale unente quattro formazioni politiche distinte, ed ora invece rappresenta un soggetto politico unitario nato dall'unione del Partito Popolare Italiano, dei Democratici e di Rinnovamento Italiano); i Popolari-UDEUR, con la guida di Clemente Mastella, la Federazione dei Verdi, di Alfonso Pecoraro Scanio; i Socialisti Democratici Italiani, di Enrico Boselli; i Comunisti Italiani, con segretario Oliviero Diliberto, il Südtiroler Volkspartei. Bertinotti questa volta ha portato Rifondazione Comunista all'interno della coalizione di centrosinistra, similmente Antonio Di Pietro con Italia dei Valori. Presente sin dalle europee, l'alleanza con il nuovo Movimento Repubblicani Europei di Luciana Sbarbati e, dalle regionali, quella con la Lista Consumatori (che si presentano in quattro regioni)12. Ambienta Lista (Verdi), No Euro, S.O.S. Italia, Pensionati Uniti, Patto Cristiano Esteso, Nuova Sicilia, Patto per la Sicilia. 12 I Socialisti Democratici Italiani, che nelle precedenti politiche avevano costituito una lista comune con i Verdi, hanno formato un'alleanza, sempre apparentata con L'Unione, con i Radicali Italiani, guidati da Daniele Capezzone, Emma Bonino, Marco Pannella e l'Associazione Luca Coscioni, guidata da Marco Cappato, con anche la Federazione dei Giovani Socialisti, prendendo il nome di Rosa nel Pugno. Al Capitolo VIII 363 I Democratici di Sinistra, La Margherita e i Repubblicani Europei alla Camera dei Deputati si sono presentati in una lista unica utilizzando il simbolo della coalizione dell'Ulivo. la coalizione si sono aggiunti anchei Socialisti di Bobo Craxi, i socialdemocratici di Giorgio Carta, il Partito Pensionati di Carlo Fatuzzo e altre formazioni minori. 364 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Risultati elettorali del 9-10 Aprile 2006. Camera dei Deputati Partiti dentro la coalizione dell’ULIVO Voti % Seggi 19.001.684 49,805 340 L'Ulivo x Democratici di Sinistra x Democrazia è Libertà - La Margherita x Movimento Repubblicani Europei 11.928.362 31,265 220 Partito della Rifond. Comunista 2.229.604 5,844 41 Rosa nel Pugno x Socialisti Democratici Italiani x Radicali Italiani 991.049 2,597 18 Partito dei Comunisti Italiani 884.912 2,319 16 Italia dei Valori 877.159 2,299 16 Federazione dei Verdi 783.944 2,054 15 Popolari-UDEUR 534.553 1,401 10 Partito Pensionati 333.983 0,875 0 Südtiroler Volkspartei 182.703 0,478 4 I Socialisti 115.105 0,301 0 Lista Consumatori 73.720 0,193 0 Lega per l'autonom. All. Lombarda 44.580 0,116 0 Liga Fronte Veneto 0,057 0 22.010 Capitolo VIII Partiti dentro la coalizione della CASA DELLE LIBERTÀ 365 Voti % Seggi 18.976.460 49,739 277 Forza Italia 9.045.384 23,709 137 Alleanza Nazionale 4.706.654 12,336 71 UDC 2.579.951 6,762 39 Lega Nord-MPA x Lega Nord x Movimento per l'Autonomia 1.748.066 4,581 26 DC-Nuovo PSI x Democrazia Cristiana per le 285.744 Autonomie x Nuovo PSI 0,748 4 Alternativa Sociale x Azione Sociale x Fronte Sociale Nazionale x Forza Nuova 255.410 0,669 0 Fiamma Tricolore 231.313 0,606 0 No Euro 58.757 0,154 0 Pensionati Uniti 28.317 0,074 0 Ambienta-Lista-Ecologisti Democratici 17.574 0,046 0 Partito Liberale Italiano 12.334 0,032 0 S.O.S. Italia 6.956 0,018 0 366 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Altri Partiti Voti % Seggi Progetto Nordest 92.079 0,241 0 Die Freiheitlichen 17.167 0,044 0 Terzo Polo 16.287 0,042 0 IRS 11.649 0,030 0 Sardigna Natzione 11.000 0,028 0 Solidarietà 5.877 0,015 0 Movimento Democratico Siciliano5.176 Noi Siciliani 0,013 0 Per il SUD 5.130 0,013 0 Movimento Triveneto 4.518 0,011 0 Dimensione Christiana 2.447 0,006 0 Destra Nazionale 1.086 0,002 0 Lega Sud 847 0,002 0 Capitolo VIII 367 Risultati elettorali del 9-10 Aprile 2006 per la Camera dei Deputati Collegio uninominale Valle d'Aosta Partito Voti % Seggi Autonomie Liberté Democratie 34.167 43,437 1 Vallée d'Aoste Autonomie - Progrès Fédéralisme 24.118 30,662 0 FI-AN 13.372 17 0 UDC 2.282 2,901 0 Alternativa Sociale 1.587 2,017 0 Lega Nord Vallée d'Aoste 1.566 1,990 0 Partito Pensionati 1.135 1,442 0 Fiamma Tricolore 430 0,546 0 368 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Risultati elettorali del 9-10 Aprile 2006. Camera dei Deputati Circoscrizione Estero Partiti dentro la coalizione dell’Ulivo Voti % 459.454 47,102 L'Unione x Democratici di Sinistra x Democrazia è Libertà - La Margherita x Movimento Repubblicani Europei 422.330 43,297 x Rifondazione Comunista x Partito dei Comunisti Italiani x Verdi x Rosa nel Pugno Seggi 7 6 Italia dei Valori 27.432 2,812 1 Popolari-UDEUR 9.692 0,993 0 Capitolo VIII Partiti dentro la coalizione della Casa delle Libertà Forza Italia 369 Voti % 369.952 37,925 Seggi 4 202.407 20,750 3 Per l'Italia nel Mondo con Tremaglia 73.289 7,513 1 UDC 65.794 6,745 0 Lega Nord 20.227 2,073 0 Alternativa Sociale 7.102 0,728 0 Fiamma Tricolore 1.133 0,116 0 Altri Partiti Associazioni Italiane in Sud America Voti % 146.008 14,967 Seggi 1 102.780 10,537 1 USEI 14.283 1,464 0 Partito degli Italiani nel Mondo 11.274 1,155 0 L'Altra Sicilia - Per il Sud 10.848 1,112 0 Alternativa Indipendente Italiani all'Estero 3.474 0,356 0 Amare l'Italia 3.349 0,343 0 370 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Risultati elettorali del 9-10 Aprile 2006 Senato della Repubblica Partiti dentro la coalizione dell’Unione Voti % Seggi 16.725.077 48,958 148 Democratici di Sinistra 5.977.313 17,497 62 Democrazia è libertà – La Margherita 3.664.622 10,727 39 Partito della Rifondazione Comunista 2.579.951 6,762 39 Insieme con l’ Unione x Partito dei Comunisti Italiani x Federazione dei Verdi x Consumatori Uniti 1.423.226 4,166 11 Italia dei Valori 986.046 2,886 4 Rosa Nel Pugno x Socialisti democratici Italiani 851.875 x Radicali Italiani 2,493 0 Popolari - UDEUR 340.279 0,996 0 Lega Alleanza Lombarda 90.943 0,266 0 Lista Consumatori 72.139 0,211 1 L’Ulivo 59.499 0,174 1 Partito Socialista Democratico Italiano 57.339 0,167 0 Movimento Repubblicani Europei 51.001 0,149 0 Liga Fronte Veneto 23.209 0,067 0 Democratici Cristiani Uniti 5.399 0,015 0 Capitolo VIII Partiti dentro la coalizione della Casa delle Libertà 371 Voti % Seggi 17.153.256 50,212 153 Forza Italia 8.201.688 24,008 78 Alleanza Nazionale 4.234.693 12,396 41 UDC 2.309.174 6,759 21 Lega Nord – Movimento per l’Autonomia Alternativa Sociale x Azione Sociale x Fronte Sociale Nazionale x Forza Nuova 1.530.366 4,479 13 214.617 0,628 0 Fiamma tricolore 204.473 0,598 0 190.724 0,558 0 61.824 0,180 0 Partito Repubblicano Italiano 45.133 0,132 0 Ambienta-Lista – Ecologisti Democratici Nuova Sicilia 37,656 0.11 0 33.437 0,097 0 No Euro 30.515 0,089 0 Patto per la Sicilia 20.833 0,060 0 Patto Liberale Italiano 15.762 0,046 0 Patto Cristiano Esteso 9.730 0,028 0 Riformatori Liberali 7.668 0,022 0 S.O.S. Italia 4.963 0,014 0 DC – Nuovo PSI x Democrazia Cristiana per le Autonomie x Nuovo PSI Pensionati Uniti 372 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Altri Partiti Voti % Seggi Progetto Nordest 93.159 0,272 0 Alleanza Siciliana 36,160 0.10 0 Partito Comunista Italiano Marxista-Leninista Pensioni e Lavoro 26.029 0,076 0 19.765 0,057 0 Partito Sardo d’Azione 16.735 0,048 0 Terzo Polo 13.338 0,039 0 Forza Roma 13.320 0,038 0 IRS 10.693 0,031 0 Per il Sud 9.993 0,029 0 Sardigna Natzione 8.409 0,024 0 Movimento Triveneto 7.433 0,021 0 Movimento Democratico Siciliano – Noi Siciliani Solidarietà 6.589 0,019 0 5.425 0,015 0 Patto Donne d’Europa 4.213 0,012 0 Movimento Idea Sociale 3.030 0,008 0 Lega Sud 2.496 0,007 0 Dimensione Christiana 2.435 0,007 0 Italia Moderata 2.080 0,006 0 Unione Federalista Meridionale 1.969 0,005 0 Capitolo VIII 373 Risultati elettorali del 9-10 Aprile 2006 Senato della Repubblica. N° 6 collegi uninominali Trentino Alto Adige Partiti dentro la coalizione dell’Unione Voti % Seggi 359.688 62,690 5 L’Unione – SVP 198.153 34,538 3 Südtiroler Volkspartei 117.500 20,479 2 L’unione 27.629 4,814 0 Partito Pensionati 16.406 2,859 0 Italia dei Valori 986.046 2,886 4 Partiti dentro la coalizione della Casa delle Libertà Voti % Seggi 189.955 30,526 2 Casa delle Libertà 175.137 30,526 2 Fiamma Tricolore 14.818 2,582 Altri Partiti Voti 0 % Seggi Die Freiheitlichen 16.746 2,918 0 Unione Popolare Autonomista 7.327 1,277 0 374 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Risultati elettorali del 9-10 Aprile 2006 Senato della Repubblica. Collegio uninominale Valle d’Aosta. Partito Voti % Seggi 459.454 47,102 7 Autonomie Liberté Democratie 32.553 44,160 1 Vallée d'Aoste Autonomie - Progrès Fédéralisme 23.573 31,978 0 FI - AN 11.505 15,607 0 UDC 2.274 3,084 0 Lega Nord Vallée d'Aoste 1.573 2,133 0 Partito Pensionati 1.046 1,418 0 Alternativa Sociale 775 1,051 0 Fiamma Tricolore 416 0,564 0 Capitolo VIII 375 Risultati elettorali del 9-10 Aprile 2006 Senato della Repubblica. Circoscrizione Estero. Partiti dentro la coalizione dell’Unione Voti % Seggi 426.544 48,473 4 L'Ulivo x Democratici di Sinistra x Democrazia è Libertà - La Margherita x Movimento Repubblicani Europei x Rifondazione Comunista x Partito dei Comunisti Italiani x Verdi x Rosa nel Pugno 387.145 43,997 4 Italia dei Valori 26.134 2,969 0 Popolari - UDEUR 13.265 1,507 0 Partiti dentro la coalizione della Casa delle Libertà Voti % Seggi 369.952 37,925 1 Forza Italia 185.438 21,074 1 Per l’Italia nel Mondo con Tremaglia 63.474 7,213 0 UDC 57.200 6,500 0 Lega Nord 18.455 2,097 0 Fiamma Tricolore 8.433 0,958 0 376 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Altri Partiti Voti % Seggi Associazioni Italiane in Sud America 84.507 9,603 1 USEI 12.271 1,394 0 Partito degli Italiani nel Mondo 10.791 1,226 0 L’Altra Sicilia – Per il Sud 9.512 1,080 0 Alternativa Indipendente Italiani all’Estero 3.308 0,375 0 Fonte: Ministero degli Interni, Votes, Seats Tale legge ha mostrato di non aver risolto i problemi di governabilità ed è carente in molte sue parti. Il Governo attualmente in carica sta già penando ad una nuova legge elettorale con il coinvolgimento di tutte le forze politiche presenti in Parlamento. Capitolo VIII 377 1.6 Riforma della Costituzione Italiana La legge di revisione costituzionale, approvata a maggioranza assoluta dei membri del Parlamento, per quanto previsto dall'art. 138 della Costituzione concernente: “Cambiamenti nell'assetto istituzionale nazionale della seconda parte della Costituzione italiana”, aveva aperto la possibilità alla richiesta di conferma da parte di uno dei tre soggetti previsti dall'articolo. Tale richiesta è pervenuta da più di un quinto dei membri di una Camera, da più di cinquecentomila elettori, e da più di cinque Consigli regionali. La modifica alla II parte della Costituzione interessava ben 53 articoli concernenti l’intero assetto costituzionale e precisamente: x Parlamento (Camere e formazione delle leggi e Ruolo del Parlamento); x Presidente della Repubblica; x Governo (Consiglio dei Ministri, Pubblica amministrazione); x Magistratura (composizione del Consiglio superiore della magistratura); x Regioni, province e comuni; x Composizione e ruolo della Corte costituzionale; Le modifiche prevedevano in particolare: 1. Devoluzione alle regioni della potestà legislativa esclusiva in alcune materie come organizzazione scolastica, polizia amministrativa regionale e locale, assistenza e organizzazione sanitaria;alcune materie quali la sicurezza del lavoro, le norme generali sulla tutela della salute, le grandi reti strategiche di trasporto, l'ordinamento della comunicazione, l'ordinamento delle professioni intellettuali, l’ordinamento sportivo nazionale, la produzione strategica dell'energia, che, a seguito della riforma del 2001 erano regolati con leggi di principio statali e leggi di dettaglio regionali, sarebbero tornati di esclusiva competenza della legislazione statale; 2. Suddivisione del potere legislativo tra Camera dei deputati e Senato Federale. La Camera avrebbe discusso, in linea di principio, leggi di ambito nazionale (bilancio, energia, opere pubbliche, valori fondamentali, trattati internazionali, etc), il Senato leggi che interessano materie a competenza regionale esclusiva o concorrente con lo Stato. Riduzione del numero di deputati (da 630 a 518) e senatori (da 315 a 378 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea 252), con decorrenza tra due legislature. I senatori sarebbero stati nominati su base regionale contestualmente all'elezione dei consigli regionali; i senatori a vita sarebbero diventati "deputati a vita", sarebbe diminuita l'età minima per essere eletti alla Camera (da 25 a 21 anni) e al Senato (da 40 a 25 anni). Con il monocameralismo si decretava la finedel bicameralismo perfetto; 3. Premierato. Era previsto l’aumento dei poteri del Primo Ministro, con il cosiddetto "Premierato"; Al Capo del Governo veniva riconosciuto il potere direvocare i ministri, dirigere la politica degli stessi non più coordinando l'attività dei ministri ma determinandola; avrebbe potuto sciogliere direttamente la Camera (potere solitamente affidato al Presidente della Repubblica, non esercitabile però incondizionatamente, potendo indire elezioni anticipate - secondo la migliore prassi - solamente ove riscontri l'impossibilità di una qualsiasi maggioranza); 4. Governabilità. Era stata introdotta dalla legge la clausolacontro i cambi parlamentari di maggioranza, i cosiddetti ribaltoni. Era previsto l’obbligo di nuove consultazioni popolari in caso di caduta del governo, salvo la sfiducia costruttiva con indicazione di un nuovo Premier e senza cambi di maggioranza; la Camera avrebbe potuto, quindi, sfiduciare il Primo Ministro, con obbligo di indicazione di altro Primo Ministro nel termine di venti giorni: Senza tale indicazionela Camera sarebbe stata automaticamente sciolta con la necessità di andare a nuove elezioni. La Camera sarebbe stata sciolta anche se la mozione di sfiducia fosse stata respinta con il voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni (norma c.d. Antiribaltone). 5. Clausola di Interesse nazionale, espunta dalla riforma del 2001. Nel caso il governo avesse ravvisato in una legge regionale elementi in contrasto con l'interesse nazionale, entro quindici giorni dalla promulgazione, avrebbe invitato la regione ad eliminare le disposizioni pregiudizievoli. Qualora entro i successivi quindici giorni il Consiglio regionale non avesse rimossola causa del pregiudizio, il Governo, entro ulteriori quindici giorni, avrebbe potuto sottoporre la questione al Parlamento in seduta comune che, entro il termine di quindici giorni, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei propri componenti, avrebbe potuto annullare la legge o sue disposizioni. Capitolo VIII 379 6. Clausola di supremazia: lo Stato avrebbe potuto sostituirsi alle Regioni in caso di mancata emanazione di norme essenziali; 7. Ruolo del Presidente della Repubblica: sarebbe divenuto garante dell'unità federale della Repubblica. Avrebbe nominato i presidenti delle autorità indipendenti, sentiti i presidenti delle Camere, e fino ad un massimo di 3 deputati a vita. Avrebbe nominato Primo Ministro chi risultasse candidato a tale carica dalla maggioranza uscita dalle elezioni, senza più la libertà di scelta contemplata dall'art. 92 cost. L'età minima per essere eletto alla carica di Presidente sarebbe scesa da 50 a 40 anni. 8. Corte Costituzionale: avrebbe visto aumentare i giudici di nomina parlamentare da 5 a 7, mentre sarebbero diminuiti i giudici nominati dal Capo dello Stato e eletti dalla Cassazione, dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei Conti. Il secondo Referendum costituzionale si è svolto il 25 e 26 giugno 2006. La maggioranza dei votanti ha espresso parere contrario alla riforma costituzionale varata nella XIV legislatura inerente cambiamenti nell'assetto istituzionale nazionale della seconda parte della Costituzione italiana. Il testo del quesito referendario recitava: «Approvate il testo della Legge Costituzionale concernente “Modifiche alla Parte II della Costituzione”,approvato dal Parlamento e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 269 del 18 novembre 2005?». L’affluenza alle urne è stata del 52,30%. I voti validi sono stati 25.753.641 (su 47.160.264)con percentuale del 52,30%: A favore dell’abrogazione si sono espressi 15.791.293 elettori, pari al 61,32%. I voti favorevoli al mantenimento della legge sono stati9 962 348, pari al 38,68%. Captolo 9 Sistemi elettorali utilizzati dai 15 Paesi dell’Unione Europea e loro raffronto con i sistemi di elezione al Parlamento dell’Unione Europea 1. Sistemi elettorali e partecipazione al voto Nei sistemi elettorali si riflettono il numero o tipo dei partiti o di gruppi sociali, la partecipazione al voto degli aventi diritto, le regole determinate dalle formule applicate, l’ampiezza delle circoscrizioni elettorali o dei collegi, le soglie di sbarramento ed altre variabili di cui ci siamo in precedenza occupati1. Il sistema elettorale viene definito da Giovanni Sartori, in suo rinomato lavoro, come <<il più specifico strumento manipolativo della politica>>2. Il citato autore mette in rilievo il sistema manipolativo riscontrato nell’analisi di 21 democrazie nel secondo dopoguerra ed i loro effetti sulla partecipazione al voto. La dottrina politologica prevalente ritiene che sia il sistema proporzionale che quello maggioritario sono in grado di produrre effetti meccanici e psicologici di pari intensitàed effetti. L’effetto psicologico entra in gioco ed influenza gli elettoriprima dell’espressione del voto; infatti l’elettore stabilisce prima se andare o meno a votare in una certa tornata elettorale e solo quando la competizione elettorale faccia nascere il suo interesse per votare vuoi per i partiti o per le coalizioni dipartiti in competizione che per i candidati indicati da ciascunalista adotta la corrispondente decisione di esprimere il voto. Possiamo ritenere che l’elemento psicologico condizioni la partecipazione del corpo elettorale alla votazione mentre gli effetti meccanici influiscono sul modo di espressione del voto e, quindi, su effetti suc1 Bernard Owen, Le système électoral et son effet sur la représentation parlementaire des partis: le cas européen, Paris, 2002 ; Bruno Cautères, L’Europe aux urnes: une abstention, vote sanction, confusion, 2004. 2 V. G. Sartori, Political Development and Political Engineering, in “Public Policy”, XVII, 3, pp. 261-298; dello stesso autore: Ingegneria costituzionale comparata. Strutture, incentivi ed esiti, Il Mulino, Bologna, 1996,II ediz. 381 382 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea cessivi all’espressione del voto e spessoindipendenti dalle scelte degli elettori3. I sistemi elettorali, secondo Bogdanor, vanno riguardati sullo sfondo dello sviluppo storico della società, influenzato, a sua volta, in modo determinante da scelte politiche4.A questi e ad altri autori hanno ribattuto Duverger5e successivamente Riker6 per cui regna sul punto un netto disaccordo. L’ambiguità delle posizioni viene spiegata da Sartori il quale ritiene che i sistemi elettorali sono “causati”, ma ciò non implica che ad un certo momento la catena delle cause si spezzi in quanto i sistemi elettorali divengono “fattori causanti” che producono determinate conseguenze che non sono necessariamente la non partecipazione al voto7. Il sistema elettorale, secondo Baldini e Pappalardo, o è privo di conseguenze ovvero può avere un ruolo secondario e non determinante sul numero e sul tipo di fratture sociali (cleavages) che sono, invece, addebitabili in massima parte ai vigenti sistemi partitici8 Secondo i puristi della scuola i tradizionali sistemi multipartitici europei riflettono altrettanti profondi “cleavages” i quali sarebbero affiorati comunque anche con il maggioritario ad un turno; i modelli di bipartitismo, di antica tradizione, derivano, invece, o da un intrinseco 3 V. A. Blais – R.K. Carty, The PsychologicalImpact of the Electoral Law Measuring Duverger’s Elusive Factor, in “British Journal of Political Science”, 1990,. XXI, 1 pp.79-93; F. Lanchester, Il voto obbligatorio da principio a strumento. Un’analisi comparata, in Il Politico, 1983, fasc. 1 (marzo) pp. 31-53, pubblicato anche in “Il voto di chi non vota. L’astensionismo elettorale in Italia e in Europa”, a cura di M. Caciagli e P. Scaramozzino, Milano, Comunità, 1983 pp. 105 – Domenico Fruncillo, L’astensionismo elettorale in Italia, Il Mulino, Bologna, 2004. 4 V. V. Bogdanor, Conclusion, in V. Bogdanor, D. H. (a cura di), Democracy and Elections: Electoral system and the Political Consequences, Cambridge University Press, Cambridge,1983, pp.254 – 261 e 322 – 341. 5 V. M. Duverger, Political Parties: Their Organisation and Activity in the Modern State, Wiley, New York. 1954. 6 V. W. H. Riker, The Two –Party System and Duverger’s Law An Essay on the History of Political Science , in American Political Science Review”, LXXVI, 3, 1982, pp. 753–766. 7 V. G. Sartori, Ingegneria costituzionale comparata. Strutture, incentivi ed esiti cit, pp. 41 ss. 8 V. G. Baldini – A. Pappalardo, Sistemi elettorali e partiti nelle democrazie contemporanee. Ed. Laterza, 2004, pp.70 ss. Capitolo IX 383 dualismo sociale secondo alcuni autori9 o da divisioni sociali o ideologiche relativamente moderate secondo altri10. Di contro il fronte “istituzionalista” precisa che il concetto di “cleavages” si presenta quanto meno nebuloso e difficilmente trattabile in termini empiricamente verificabili. È verificabile che nella società esistono più cleavages che partiti politici e che il passaggio da una categoria ad un’altra avviene attraverso un processo politico di mobilitazione e da regole istituzionali, comprese quelle elettorali11. Dagli studiosi sono state riscontrate ben 16 variabili indipendenti negli attuali sistemi partecipativi o meno alle votazioni, oltre la metà delle quali sono originate da variabili mute (dummy) per aree geografiche che non sono in grado di spiegare i motivi per cui, in costanza di sistemi elettorali simili, la partecipazione sia particolarmente alta o bassa in determinate aree geografiche. Sono idonei, secondo alcuni, ad aumentare il tasso di partecipazione: l’obbligatorietà del voto, il voto postale o elettronico, il voto domenicale e la decisività delle elezioni soprattutto quelle politiche mentre determinano diminuzione di partecipanti al voto l’abbassamento dell’età di voto ed il prolungamento dell’apertura del seggio per due o tre giorni12. Alcuni ritengono che il sistema proporzionale assicuri una maggiore competitività e sia in grado difavorire una maggiore partecipazione alle votazioni per una serie di ragioni quali l’equità con cui vengono premiate le liste concorrenti o la capacità del sistema di assicurare un 9 V. V.O.Ir. Key,Southern Politics in State and Nation, Knopf, New York, 1964 pp. 229 ss. 10 V. L. Lipson, The Two System in British Politics, in “American Political Science Review”, XLVII, 3, 1953, pp. 337-358; L. Hartz, The Liberal Tradition in America: An Interpretation of American Political Thought since the Revolution, Harcourt Brace, New York, 1955. 11 V. S.M. Lipset – R. Rokhan, (a cura di), Party System and Voter Alignment: Cross National Perspectives, Free Press, New York, 1967. 12 V. G.B. Powel Contemporary Democracies: Participation, Stability and Violence, Harvard University, Press, Cambridge, 1982; A. Blais – R.K. Carty, Does Proportional Representation Foster Voter Turnout?, in “European Journal of Political Research”, XVIII, 2, 1990, pp. 167 – 181; M. N. Franklin, Electoral Participation, in L. LeDue, R.G. Niemi, P. Norris (a cura di)Comparing Democracies Elections and Voting in Global Perspective, Sage, London 1996,pp. 216 – 235. 384 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea maggior numero di seggi da assegnare a più liste concorrenti anche minoritarie. Tali peculiarità sono ritenute le più idonee per favorire la mobilitazione dei partiti e dei fiancheggiatori, finalizzata astrappare con il voto il maggior numero di seggi13. Gli assunti testé esposti meritano attenta valutazione in quanto non sono del tutto plausibili e condivisibili. In primo luogo si rileva che la preparazione dell’elettore medio non consente di poter scegliere tra i molti partiti in competizionetra loro a volte molto simili. Sovente l’elettore preferisce disertare la votazione piuttosto che partecipare ad una elezione per la quale nutre scarso interesse. Poi non è assolutamente dimostrato che il sistema proporzionale sia più competitivo di quello maggioritario. L’elettore sa, ad esempio, che nel sistema maggioritario il suo voto può essere decisivo per l’affermazione di uno dei due partiti o della coalizione di partiti in lizza per cui si sente maggiormente spinto ad esprimere il suo voto che può risultare determinante. Possiamo dunque ritenere che la stimolazione alla partecipazione al voto poggia su incentivi diversi in sistemi elettorali diversi.Recenti studi hanno dimostrato che nei sistemi maggioritari gli elettori si rechinopiù numerosi alle urnein quanto la loro scelta si articola fra pochi partiti espressi in simboli nella scheda di votazione ed in quanto consapevoli che il risultato della votazione porterà all’elezionedi una maggioranza monopartitica o di una coalizione di pochi partiti, che saprà governare il Paese per il periodo preventivamente determinato dalle leggi elettorali. Nei sistemi proporzionali, invece, la partecipazione al voto degli elettoripuò essere stimolata dalla possibilità di poter eleggere rappresentanti di partiti minori e di essere adeguatamente rappresentati nel Parlamento Europeo e nei Parlamenti nazionali. La partecipazione non è, quindi, necessariamente influenzata dal sistema elettorale, essendo stato dimostrato da analisi e statistiche compiute da G. Baldini e A. Pappalardo,che l’affluenza alle urne è risulta13 V. A. Blais – R.K. Carty, Does Proportional Representation Foster Voter Turnout?, cit., pp. 167 – 181; A. Blais – A. Dobrynska, Tournout in Electoral Democracies, in “European Journal of Political Research”, XXXIII, 2, 1998,pp. 239 – 261. Capitolo IX 385 ta elevata sia in presenza di sistema maggioritario che proporzionale. Diversi sono gli incentivi a votare: nel maggioritario (con il bipartitismo) gli elettori tendono a premiare, con una massiccia partecipazione al voto, l’offerta politica che consente le scelte più semplici e decisive; con il sistema proporzionale la partecipazione è maggiore quanto più bassa è la soglia di rappresentanza che consente anche ai partiti più piccoli di essere proporzionalmente rappresentati nei parlamenti nazionali e comunitari14. Per la verifica in concreto della validità della tesi sopraespostasi riportano, qui di seguito, le tabelle dell’evoluzione delle percentuali dei votanti nelle elezioni, a suffragio universale diretto, dei membri del Parlamentoeuropeo. Evoluzione della percentuale dei votanti alle Elezioni europee Anni 1979 – 1999 14 V. G. Baldini – A. Pappalardo, Sistemi elettorali e partiti nelle democrazie contemporanee, ed. Laterza, Roma – Bari, 2004, cit. pp. 79 ss 386 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Percentuale dei votanti per ogni singolo Paese membro Member 1979 States DE 65.7 FR 60.7 BE 91.4 IT 84.9 LU 88.9 NL 57.8 UK 32.2 IE 63.6 DK 47.8 EL ES PT SE AT FI CZ EE CY LV LT HU MT PL SI SK Average 63 EU 1984 1987 1989 1994 1995 1996 1999 2004 56.8 56.7 92.2 83.4 88.8 50.6 32.6 47.6 52.4 77.2 61 68.9 72.4 62.3 48.7 90.7 81.5 87.4 47.2 36.2 68.3 46.2 79.9 54.6 51.2 60 52.7 90.7 74.8 88.5 35.6 36.4 44 52.9 71.2 59.1 35.5 45.2 46.8 91 70.8 87.3 30 24 50.2 50.5 75.3 63 40 41.6 38.8 67.7 49.4 60.3 31.4 / 58.5 56.8 / / 49.8 19/07/2004 15:06 - Collaboration EP - Eos Gallup Europe. 43 42.76 90.81 73.1 89 39.3 38.83 58.8 47.9 63.22 45.1 38.6 37.8 42.43 39.4 28.32 26.83 71.19 41.34 48.38 38.5 82.37 20.87 28.3 16.96 45.7 Capitolo IX 387 I risultati delle votazioni dimostrano come i votanti non siano numerosi nelle competizioni elettorali per l’elezione dei membri del Parlamento dell’Unione Europea e si sono spiegate le ragioni del disinteresse dei partiti e degli elettori per la costituzione di un Parlamento Europeo senza effettivi poteri in quanto le istituzioni di vertice non sono protette dal principio della divisione dei poteri e inquanto un ruolo essenziale nell’emanazione delle direttive e regolamenti vincolanti per gli Stati membri viene svolto dal Consiglio che esprime direttamente la volontà dei singoli Paesi facenti parte dell’Unione Europea. Nel Regno Unito si registra una percentuale di votanti che oscilla dal 32% al 36% circa in vigenza del sistema maggioritario mentre, dopo l’adesione alle direttive comunitarie, con il sistema la percentuale dei votanti si è stabilizzata al24% e al 38% Si attestano su percentuali assai elevate: l’Italia, il Belgio ed il Lussemburgo (70/90%); su percentuali medie gli altri Stati. La percentuale media dei votanti, in presenza di sistemi elettorali proporzionalistici sia pure con qualche adattamento nei singoli paesi è scesa dal 63% del 1979 al 49,8% del 1999, segno evidente degli effetti prodotti dall’elemento psicologico. Nei Parlamenti nazionali, invece, si assiste a percentuali di votanti elevatissime che varcano le soglie dell’80 o del 90% del corpo elettorale, pur in presenza di sistemi elettorali di tipo maggioritario e/o proporzionale. Ciò conferma la validità delle teorie le quali sostengono che la partecipazione al votonon è necessariamente determinata dal sistema elettorale adottato nei vari Paesi15. Nei dieci nuovi Stati la percentuale dei votanti è stata molto bassa (inferiore al 50%), pur in presenza di sistemi elettorali proporzionali. 2. Il “voto strategico” Nella parte generale sono state trattate due leggi formulate da Duverger, così chiamate successivamente da Riker16, secondo le quali 15 V. G. Baldini – A. Pappalardo, Sistemi elettorali e partiti nelle democrazie contemporanee, ed. Laterza, Roma – Bari, 2004, cit. pp. 86. 16 V. W. H. Riker, The Two – Oarty System and Duverger’s Law: An Essay on the History of Political Science, cit., 1982, pp 753 ss. 388 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea <<lo scrutinio maggioritario ad un solo turno tende al dualismo dei partiti; al contrario lo scrutinio maggioritario con ballottaggio o la rappresentanza proporzionale tendono ad un sistema di partiti molteplici, rigidi ed indipendenti>>. Si è anchedetto che le critiche mosse da una qualificata dottrina hanno portato alla revisione delle due leggi Duverger e alla formulazione di correttivi dei quali ci siamo già occupati. Si può ritenere, condividendo le acute osservazioni di Fisichella17, di Sartori18,di G. Baldini e A. Pappalardo19, che l’associazione fra maggioritario ad un turno e bipartitismo è l’eccezione anziché la regola e che non corrisponde alvero che il sistema proporzionale o il doppio turno “moltiplichino i partiti”. Alcuni critici traggono la conclusione che le leggi Duverger dovrebbero essere abbandonate <<perché sprovviste di qualunque utilità>> e viepiù perché le scienze sociali sono troppo complesse per consentire efficaci generalizzazioni comparate e perché il numero dei partiti non dipende dai sistemi elettorali o dalle formule elettorali, ma da altri fattori. La posizione che più sipresta ad essere accettata, sulla base dei risultati delle analisi effettuate su un gruppo di campioni assai vasto, appare quella intermedia che maggiormente si avvicina al pensiero diSartori e di altri autori,secondo la quale il numero dei partiti viene determinato dalle istituzioni, dalle leggi elettorali nonché dalla volontà delle associazioni e di gruppi che tendono, attraverso la politica, a soddisfare bisogni emergenti nella comunità (governata). Vediamo in dettaglio la problematica posta a partire dal comportamento degli elettori che tendenzialmente dovrebbe comportare la riduzione del numero dei partiti. Si tratta del cosiddetto “voto strategico” 17 V. D. Fisichella, Sviluppo democratico e sistemi elettorali, Sansoni, Firenze, 1970; dello stesso autore: Elezioni e Democrazia. Un’analisi comparata, Il Mulino, Bologna, IV ediz, 2003: 18 V. G. Sartori, “Le leggi” dell’influenza dei sistemi elettorali, in “Rivista italiana di Scienza Politica”, XIV”, XIV, 1, pp. 3 . 40; dello stesso autore: Ingegneria costituzionale comparata, Strutture, incentivi ed esiti, Il Mulino, Bologna, II ediz.. 19 V. G. Baldini – A. Pappalardo, Sistemi elettorali e partiti nelle democrazie contemporanee, ed. Laterza, 2004 cit., p.p. 86 ss Capitolo IX 389 a favore di uno dei due concorrenti con maggiori possibilità di affermazione in un determinato collegio della competizione elettorale. La legge di Duverger e di altri (ritenuta universale) con la quale si sosteneva che il voto viene sprecato se assegnato a partiti minori per cui la necessità dell’elettore di convergere su uno dei due partiti vincenti, è stata demolita da un’accurata analisi effettuata da Cox20 secondo la quale, accanto al comportamento razionale degli elettori di finalizzare il voto ad un risultato utile senza doverlo sprecare in partiti o coalizioni non vincenti, si contrappone quel numero di elettori, spesse volte assai rilevante e determinante nell’espressione dei suffragi, la cui mobilitazione viene attivata dalla classe, dall’etnia, dalla religione, dall’identificazione ideologica o dai temi della campagna elettorale che prescindono dalla razionalità del “voto utile”. Il sistema maggioritario ad un turno non appare condizione sufficiente ed idonea per assicurare il bipartitismo. Il sistema maggioritario a doppio turno comporta la discriminazione ovvero la sottorappresentazione o, al limite, rende irrilevanti i partiti di estrema destra o sinistra o isolati (partiti antisistema) in quanto soggetti non inclini alla formazionedi coalizioni o alleanzeper il successivo secondo turno21. Per potersi affermare e conseguire seggi in Parlamento (obiettivo quasi sempre mancato dai candidati antisistema o estremisti isolati) nel decisivo secondo turno della competizione elettorale i candidati dovrebbero ottenere, se ammessi, consensi assai elevati. Ed anche se ammessi la loro affermazione sarà sicuramente inferiore a quella dei candidati moderatiin quanto per vincere le alleanze dovranno ottenere consensi eccezionali. Si può, quindi, ritenere che il maggioritario ad un turno non potrà eliminare il multipartitismo se la legislazione consente le coalizioni (il c.d. cross-endorsement); se le coalizioni sono ammessesi avrà un esito simile ad un maggioritario con doppio turno. In Italia, ad esempio, l’introduzione del maggioritario in un contesto multipartitico e gli incentivi (anziché disincentivi) hanno favorito 20 V. G. W. Cox,Making votes Count. Strategic coordination in the World’s Electoral System, Cambridge University, Press Cambridge, 1997, cap. 4. 21 Per quanto riguarda la sottorappresentazione del PCF e del FN cfr. D. Fisichella, Elezioni e democrazia. Un’analisi comparata, cit. pp. 336-337. 390 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea il formarsi di alleanze dalle quali è stato escluso, per una serie di fatti attribuibili in massima parte ai suoi dirigenti che si sono autoesclusi dalla trattativa, il partito di Rifondazione comunista solo nel 2001 mentre prima anche tale partito ha partecipato alle alleanze con gli altri partiti nelle elezioni del 1994 e del 1996. Peraltro anche tale partito ha potuto entrare in Parlamento a motivo del sistema elettorale misto e cioè per i seggi conquistati nel sistema proporzionale previgente. Diverso è il caso del PCF francese la cui esclusione dalle coalizioni è da imputarsi ad altre cause. In entrambi i casi gli effetti non ricadono sul numero dei partiti e le diverse formule elettorali hanno scarsa influenza sul numero dei partiti. Èquesta la tesi dell’effetto nullo sostenuta da Sartori ed altri. Sartori scrive: <<È intuitivo chein collegi uninominali il doppio turno ottiene gli stessi effetti riduttivi di tutti i sistemi maggioritari…. e che in piccoli collegi plurinominali opererà come un sistema proporzionale fortemente impuro. Tale studioso distingue, nell’ordine, tra doppio turno forte (associato a collegi uninominali e ballottaggio),forte – debole (quando si deve superare un’alta soglia di sbarramento per superare il turno) e debole – forte (se non esiste soglia o i collegi sono plurinominali)22. È nostra convinzione che siano le regole elettorali e le relative formule applicate nonchél’organizzazione dei partiti che condizionano psicologicamente i voti e meccanicamente i seggi nonché il tipo di maggioranze al governo. Inoltre le decisioni degli elettori restano condizionate dalla struttura dei cleavages, dall’identificazione partitica, dalla combinazione di interessi a breve e lungo termine. Questi sono i fattori che influenzano il sistema dei partiti, il loro aumento o la loro diminuzione e, in definitiva, l’indirizzo del “voto” strategico”. 22 V. G. Sartori, Ingegneria costituzionale comparata. Strutture, incentivi, esiti, cit. pp. 81 ss. Capitolo IX 391 3. Finalizzazione dei sistemi elettorali utilizzati dai 15 Paesi dell’Unione Europea 3.1 Note introduttive Il sistema elettorale deve da un lato garantire una adeguata rappresentanza alle diverse formazioni politiche esistenti e alle diverse istanze territoriali, salvaguardando i diritti delle minoranze; dall'altro,deve tendenzialmente assicurare la governabilità del paese e la stabilità dei governi nello spazio temporale compreso tra una votazione e l'altra. Il sistema proporzionale assicura meglio la prima esigenza; quello maggioritario la seconda. L'ingegneria elettorale ha messo a punto un'infinità di correttiviper evitare un eccessivo sacrificio di una delle due esigenze. Così, anche nei sistemi proporzionali puri la ripartizione dei seggi è sempre accompagnata da metodi che assicurano comunque un vantaggio ai partiti o gruppi di partiti che hanno maggiore rappresentatività (Hagenbach-Bischoff, Hondt,St. Laguë, etc..). Nei sistemi maggioritari, si tende ad introdurre ildoppio turno o si stabilisce che una quota di seggi venga assegnata con metodo proporzionale. Nei15 paesi dell'Unione Europeaesistonosistemi elettorali diversie in nessuno di essi esiste un sistema elettorale e/o formula elettorale identici. Abbiamo quindi Paesi con sistemi elettorali proporzionali, maggioritari emisti e con formule elettorali dissimili. 3.2 Paesi che utilizzano il sistema proporzionale In Germania i 183 membri Consiglio Nazionale vengono eletti con il sistema proporzionale in 43 circoscrizioni elettorali di 9 collegi regionali (Länder). I seggi spettanti a ciascuna circoscrizione vengono ripartiti proporzionalmente tra le liste di candidati con il metodo Hagenbach-Bischoff, con recupero dei resti in sede regionale. I partiti che non raggiungono la soglia del 4% su base nazionale non partecipano alla ripartizione dei seggi. I 64 membri del Consiglio Federale vengono eletti dalle Diete regionali. 392 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea In tale Paese il sistema elettorale, conosciuto come sistema proporzionale con sbarramento, è, invece, un sistema misto. Infattimetà dei deputati viene eletta a livello circoscrizionale tra quelli più votati individualmente, mentre l'altra metà viene attribuita inproporzione ai voti di lista, purché il partito o coalizione di partiti abbia ottenuto almeno il 5% dei voti di lista su tutto il territorio nazionale. Non è necessario raggiungere tale sogliase il partito abbia avuto almeno tre deputati eletti individualmente. I 328 membri del Budestang vengono eletti in 16 circoscrizioni elettorali regionali (Länder) con sistema misto di maggioranza semplice e di rappresentanza proporzionale. Il Belgio (150 membri eletti in 20 circoscrizioni provinciali), la Finlandia (199 dei 200 membri sono eletti in 14circoscrizioni elettorali provinciali) e Lussemburgo (60 membri eletti in 4 circoscrizioni elettorali con sistema proporzionale su liste di partito contenenti un numero di candidati non superiore agli eligendi della circoscrizione) adottano un sistema proporzionale puro, i primi due con il metodo d’Hondt, mentre il Lussemburgo ha adottato il metodo di HagenbachBischoff. Il Portogallo, contrariamente a Belgio, Finlandia e Lussemburgo, non prevede il voto di preferenza. Tutti e quattro i Paesi prevedono, invece, la ripartizione dei seggi solo in sede circoscrizionale senza recupero dei resti in sede nazionale. Vi sono poi 6 paesicon sistema elettorale proporzionale con sbarramenti che possono operare a livello circoscrizionale o nazionale. Lo sbarramento opera a livello circoscrizionale in Grecia (2%), Olanda (0,67), Spagna (3%); opera a livello nazionale in Austria (4%) e Danimarca (2%); in Svezia opera sia a livello circoscrizionale (4%), che a livello nazionale (12%) per la quota di seggi della circoscrizione unica nazionale. Lo sbarramento operante solo a livello circoscrizionale è più idoneo a garantire le rappresentanze locali e le minoranze presenti,come peri partiti regionalisti Baschi e Catalaniin Spagna e per i partiti autonomisti di Valle d'Aosta, Trentino Alto-Adige, Friuli, Sardegna. In Irlanda per l’elezione dei 166 membri della Camera dei Deputati, pur in presenza disistema proporzionale, il voto non viene dato alle liste, ma ai singoli candidati in numero esecondo l'ordine di preferenza scelto dall'elettore. Si tratta del meccanismo della trasferibilità progressiva dei voti dei candidati con il peggior risultato nella "prima pre- Capitolo IX 393 ferenza" a quelli meglio piazzati, fino al raggiungimento del "quorum" richiesto. 3.3 Paesi con sistema maggioritario Gran Bretagna, Francia ed Italia sono ricorse al sistema maggioritario per l’elezione dei loro Parlamenti nazionali con peculiarità diverse. In Italia tale sistema è stato sostituito nel dicembre 2005 con il sistema proporzionale corretto. In Gran Bretagna vige un sistema maggioritario puro a turno unico con659 piccoli collegi che eleggono i 659 membri per la Camera dei Comuni. Sono presenti, come del resto in ogni paese anglosassone, tre forze politiche tradizionali che si sono contese da secoli il potere,la socialista, la liberale e la conservatrice. Il partito laburista e quello conservatore, nello scorso secolo, si sono alternati al governo come forze di maggioranza. Solo il partito liberale è sempre stato rappresentato in Parlamento, sia pure con un numero di seggi (oggi sono 47)non adeguato rispetto alla percentuale dei voti ottenuti (circa il 20% alle ultime elezioni). In Francia vige il maggioritario a doppio turno: tutte le forze politiche possono presentarsi al primo turno: il loro candidato viene eletto al primo turno se consegue la maggioranza assoluta dei voti; diversamente si fa luogo al ballottaggio tra i candidati che hanno superato la soglia del 12,5% dei voti (possono essere anche più di due); se un solo candidato supera la soglia, accede al ballottaggio il secondo candidato meglio piazzato. Il sistema favorisce gli accordi tra forze politiche in vista del ballottaggio. La peculiarità consiste nella possibilità da parte deipartitidi indurre propri candidati a non partecipare al ballottaggio per favorire i candidati di altri partiti con i quali sono stati presi analoghi accordi in vista di una maggioranza pluripartitica in parlamento. In Italia i 630 membri della Camera dei Deputati venivano eletti con sistema elettorale maggioritario misto: una quotapari al 25% (175 membri) con il sistema proporzionale da liste di partiti presentate in circoscrizioni regionali. I restanti 475 parlamentari (75%) venivano eletti con il sistema maggioritario "bipolare" in altrettanti collegielettorali uninominali. Tale sistema ha consentito il proliferare di numerosi partiti per cui si è pensato alla sostituzione del sistema con altro 394 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea proporzionale corretto, che consenta una maggiore rappresentatività dei partiti minori. Sempre in Italia i315 senatori venivano eletti in venti circoscrizioni elettorali regionali, suddivise in 232 collegi uninominali. Nei singoli collegi uninominali venivanoeletti i candidati che avevanoriportato il maggior numero di voti. Gli altri 83 seggi, distribuiti tra le singole circoscrizioni regionali, venivano coperti da candidati non risultati eletti nei collegi uninominali con il metodo di Hondt in proporzione dei voti ottenuti nella circoscrizione regionale da tutti i candidati appartenenti al medesimo partito, dopo aver detratto i voti conseguiti dai candidati eletti nei collegi uninominali. Tale sistema è stato sostituito nel 2005 da un sistema proporzionale corretto con premio di maggioranza a base regionale 4. Analisi dei 14 paesi facenti parte dell’Unione prima dell’allargamento 4.1 Austria L’Austria è una repubblica federale parlamentare,composta di nove Länder autonomi. La lingua parlataè il tedesco. In Austria (8,2 milioni di abitanti nel 2004) il Parlamento è composto da due Camere: il Nationalrat (Consiglio Nazionale) con 183 membri, eletti per quattro anni con il sistema proporzionale e sbarramento del 4 per cento; il Bundesrat (Consiglio Federale), composto da 64 membri, eletti per un periodo da cinque a sei anni dai parlamenti provinciali23. 23 La Costituzione austriaca, la più vecchia tra quelle europee vigenti, nasceva nel 1920 “come soluzione provvisoria”, senza dettare una compiuta disciplina di taluni ambiti materialmente costituzionali: pure configurando l’Austria come una Repubblica federale, articolata in nove Länder, il criterio di ripartizione delle competenze tra i livelli di governo è divenuto efficace solo successivamente, con la prima novella costituzionale del 1925, ispirata da istanze fortemente centralistiche. L’assenza di una specifica normativa dei diritti fondamentali ed il richiamo ai diritti di matrice liberale, enunciati nella legge del 1867 (art. 149 B-VG), trovano una ragione storica nel mancato accordo, in sede costituente, tra le forze politiche cristiano sociali, da una parte, e socialdemocratiche, dall’altra [Pernthaler 1998, 8]. Quanto alla forma di governo, la seconda novella costituzionale del 1929, introducendo Capitolo IX 395 I membri della Camera sono eletti dai Parlamenti regionali per la durata della legislatura in base ai rapporti di forza politici che emergono da ciascuna elezione regionale. Accanto allo Stato federale la costituzione garantisce altri principi fondamentali quali:la democrazia, la forma repubblicana e lo stato di diritto24. Sul piano costituzionale il federalismo austriaco è comparativamente poco sviluppato rispetto ad altri paesi. Lo dimostra anche laconfigurazione della Camera dei Länder (Bundesrat) che dispone di minori competenze rispetto al suo omologo tedesco. A livello locale fino alla metà degli anni ’80 l’Austria ha rappresentato un classico esempio di sistema tripartitico, corrispondente in larga misura ai tradizionali schieramenti politici sorti verso la fine delXIX secolo. L'organizzazione dei partiti politici si è sviluppata dal dopoguerra nel senso di partiti cd. avocazione "catch-all", caratterizzati da un forte densità organizzativa cui si riconducono innumerevoli iniziative di orl’elezione diretta del Presidente della Repubblica, cui vengono attribuiti importanti poteri, modificò profondamente il parlamentarismo radicale originariamente configurato nella Costituzione del 1920. Dal 19 dicembre 1945, conclusa la parentesi nazionalsocialista, è entrata nuovamente in vigore la Costituzione del 1920/29. I rapporti tra Parlamento e Governo si spiegano, dunque, secondo i canoni della forma di governo parlamentare e, quanto all’esercizio della funzione normativa, al principio di legalità sostanziale (art. 18, I e II co. B-VG). Tuttavia, l’estrema stabilità del sistema dei partiti e la persistenza di governi di coalizione, sostenuti da ampie maggioranze – che per lunghi periodi hanno superato i due terzi dei deputati – ha inciso profondamente sul funzionamento degli istituti del governo parlamentare, irrigidendo il circuito fiduciario, rendendo difficoltoso l’utilizzo degli strumenti del controllo parlamentare e consentendo alla maggioranza di rimanere al potere per lunghi periodi. Anche per giungere ad un assetto più spiccatamente federale dello Stato, nel 2003 si è avviato un processo di “riscrittura” della Costituzione federale, attraverso l’istituzione di una “Convenzione costituzionale” annunciata dai Presidenti delle due Camere il 15 gennaio del 2003. Ciò corrisponde anche al primo punto del programma di governo presentato a marzo al Nationalrat dalla coalizione di governo di popolari (ÖVP) e liberali (FPÖ). 24 Vedi: J. Marko, Die Verfassungs- Systeme der Bundsländer: Institutionen und Verfahren repräsentativer unddirekter Demokratie, in:H. Dachs et alter. (a cura di) and buch des Poolitishen System Österreichs, 2 ediz.1992,Wien: Europaverlag. A. Oelinka, Sas Politische System Österreichs, in W. Ismayr, (a cura di) Die Politische Systeme Westeuropas, Opladen: Leske und Budrich. 396 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea ganizzazione e gestione del tempo libero, di interessi culturali, attività sportive, e da una intensa collaborazione con le organizzazioni sindacali e corporative, con cui vengono condivisi organi, strutture e personale. A partire dagli anni novanta si è assistito ad un fenomeno sempre più spiccato di cd “personalizzazione della politica” e ad una ridefinizione più flessibile della struttura interna dei partiti. Tra i fattori che contribuiscono al fenomeno possono essere annoverati la riforma della legge elettorale nazionale del 1992, che ha elevato da 9 a 43 il numero delle circoscrizioni elettorali per l’elezione del Nationalrat, la modifica dell'articolo 117 della Costituzione che consente ai Länder di adottare un sistema di elezione diretta per i Sindaci, e l’abbandono del criterio proporzionale nella formazione dei governi regionali in alcuni Länder. In Austria, i partiti presentano una struttura spiccatamente federale. Solamente i quattro maggiori partiti federali (ÖVP, SPÖ; FPÖ, Die Grünen) sono rappresentati nei consigli regionali, con una eccezione nel Land Salzburg. Anche a livello comunale, la composizione dei consigli cittadini riflette il sistema partitico nazionale: solo il 5% circa dei membri dei consigli cittadini afferisce a schieramenti diversi. La scena politica è dominata dai due grandi partiti SPÖ e ÖVP, ai quali si è aggiunta una terza coalizione, seppure di modeste proporzioni. (la FPÖ)25. Alla fine del ventesimo secolo è avventa una radicale trasformazione del sistema politico austriaco che ha ridotto (ma non eliminato) la secolare partitocrazia statale. Il sistema elettorale adottato dalla Repubblica parlamentare austriaca per l’elezione dei deputati del Nationalrat (il Consiglio Nazionale) è il proporzionale con clausola di sbarramento del 4%. Per l’elezione del Consiglio Nazionale invece l’Austria viene suddivisa in 9 distretti elettorali, corrispondenti ai 9 Stati (Länder), che comprendono 43 distretti a livello regionale (collegi elettorali regionali); i 183 seggi del Consiglio vengono ripartiti in tre tempi: prima ven25 V. S. De Battisti, L’influenza dei fattori normativi e istituzionali sulla partecipazione elettorale: un riscontro empirico su 19 Paesi, in “Quaderni dell'osservatorio elettorale”, Semestrale della Giunta elettorale toscana, n. 45, 2001, pp. 81ss. Capitolo IX 397 gono presi in esame i voti a livello regionale, poi a livello statale e in una terza fase i seggi vengono assegnati su base nazionale secondo il metodo d’Hondt. È previsto anche il voto di preferenza: l’elettore può votare il partito ed esprimere 2 preferenze, una relativa al distretto regionale e una a quello di Stato. Tale prassi vige anche in relazione al voto europeo: l’elettore deve votare per una lista e può esprimere un voto di preferenza a favore di un candidato su tale lista. Anche in quest’ambito i seggi (prima 21 ed ora 18) sono ripartiti utilizzando il metodo d’Hondt, e le liste che non abbiano ottenuto il 4% sono escluse dalla ripartizione. I seggi sono attribuiti in funzione del numero di voti ottenuto da ciascuna lista. Per le elezioni parlamentari nazionali, il requisito fondamentale per godere del diritto di voto, oltre ai 19 anni di età, è la nazionalità austriaca. Differenza fondamentale tra i due modelli elettorali nazionale e parlamentare è il fatto che a livello nazionale, in virtù del principio delle elezioni personali, l’atto del voto deve essere espresso dipersona da chi è titolare del diritto divoto di fronte alla commissione elettorale competente.In base a una sentenza della Corte costituzionale suprema austriaca, il voto postale è incompatibile con il principio delle elezioni personali e con la segretezza del voto. Alle elezioni legislative del primo ottobre 2006 in Austria la coalizione al governo ÖVP – BZÖ ha perso la maggioranza in parlamento. Il Forum Liberale ha deciso di non prendere parte a queste elezioni, a causa dei suoi problemi economici e dell'assenza di un leader convincente. Tuttavia il 3 settembre 2006 il SPÖ ha annunciato un accordo elettorale con il LIF (diversi esponenti liberali sono stati candidati nelle liste socialdemocratiche, in questo modo il presidente del partito Alexander Zach è potuto entrare in parlamento). L'ÖVP ha perso gran parte dei voti strappati al FPÖ nelle elezioni del 2002. Il SPÖ, pur riconquistando la maggioranza relativa, ha fatto segnare una lieve flessione di voti. Il FPÖ ha aumentato leggermente i propri consensi, pur perdendo la posizione di terzo partito; la BZÖ che è nata nel 2005 da una scissione del FPÖ, ha superato lo sbarramento del 4% ed è, quindi rappresentata in parlamento. I Verdi hanno superato l'11%, ottenendo così il miglior risultato della loro storia, addirittura sorpassando il FPÖ. Il Partito Comunista d'Austria (KPÖ) è arrivato all'1% dei voti; 398 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea la Lista Dr. Martin avendo ottenuto solo il 2,8% dei voti non ha rappresentanza parlamentare. Nel mese di gennaio 2007, subito dopo l’accordo governativo tra SPÖ e ÖVPil presidente Alfred Gusenbauer (SPÖ), nuovo premier, ha formatoil nuovo governo. In Austria anche i Parlamentari europei sono eletti tramite elezioni universali dirette basate sul sistema della rappresentanza proporzionale; quanto alla soglia di voti necessaria per ottenere un seggio, il PE prevede che gli Stati membri possano stabilirla a livello nazionale, ma che essa non possa superare il 5% dei suffragi espressi; anche in questo caso il paese adotta una soglia di sbarramento del 4%. Vi è un’unica circoscrizione elettorale ed è ammesso il voto di preferenza per due candidati. 4.2 Danimarca Il Regno di Danimarca è il più piccolo stato della Scandinavia, oltre ad essere quello situato più a sud. Si trova a nord dell'unico stato confinante via terra, la Germania, a sud-ovest della Svezia e a sud della Norvegia. La Danimarca è considerata come facente parte dei paesi scandinavi anche se in effetti non si trova sulla penisola scandinava. Il Regno di Danimarca (Danmarks Rige) comprende la Danimarca vera e propria, le Isole Fær Øer e la Groenlandia26. I due territori della Groenlandia e delle isole Fær Øer, pur facendo parte del Regno di Danimarca, godono di ampia autonomia e sono regolate da varie leggi particolari secondo un sistema federale. La Danimarca (popolazione5.447.084 al 1-1-07 abitanti, dei quali almeno un quinto risiede a Copenaghen o nell'area urbana della capitale; religioni Protestanti 86%, cattolici 1%, musulmani 3%, altri 3%, atei 7%) è unaMonarchia Costituzionale)27; dal 1953 ha un Parlamento monocamerale con sistema elettorale di tipo proporzionale. 26 La Danimarca è diventata una monarchia costituzionale nel 1849 dopo che, sin dal 1660, era stata una monarchia assoluta. Dal 1901 è una democrazia parlamentare. Con oltre mille anni di durata la monarchia danese è la seconda più antica del mondo, seconda soltanto a quella giapponese. 27 Il monarca ha funzioni prevalentemente di rappresentanza. Il potere legislativo è affidato al Parlamento monocamerale (Folketing), composto da 179 membri, due Capitolo IX 399 La Danimarca figura senza dubbio tra gli ordinamenti non federali dotati del maggior grado di decentramento delle potestà amministrative28. È attualmente divisa in 13 Contee, con le città di Copenhagen e Frederiksberg e l’isola di Bornholm dotate di un duplice status di autorità locale e “Contea”. Non esiste una precisa disciplina legislativa della ripartizione di competenze tra Stato centrale ed enti locali: il Parlamento nazionale dispone di una “competenza delle competenze”. Verso la metà del XIX secolo la Danimarca ha registrato importanti cambiamenti in quanto un sistema di governo, fondato su una costituzione moderna, ha sostituito l’autocrazia monarchica che per ben due secoli è stata continuamente presente in tale Stato. A partire dal 1849 è iniziato un nuovo gradualecammino verso la democrazia che è durato per circa un secolo. La Danimarca presenta le caratteristiche principali tipiche del modello politico e sociale nordico, ma allo stesso tempo, ne rappresenta l’avamposto più meridionale29. Il parlamento è monocamerale e si compone di 179 membri eletti. Le elezioni legislative si tengono ogni quattro anni, ma rientra nei poteri del primo ministro indire, se lo ritiene necessario, elezioni anticipate. In caso esprima un voto di sfiducia, il parlamento ha il potere di costringere l'intero governo alle dimissioni. Per l’elezione viene utilizzato unsistema proporzionale con soglia di sbarramento del 2% dei voti. Tale sistema ha favorito il formarsi di dei quali eletti in Groenlandia e nelle isole Far Oer. La legislatura dura quattro anni ed il sistema elettorale è di tipo proporzionale. 28 La tradizionale ripartizione di competenze su tre gradi dell’apparato di governo rappresenta una tradizione consolidata dell’organizzazione amministrativa danese, tant’è che il termine “Amt” (Contea) risale al 1662, mentre le Contee in quanto enti di amministrazione del territorio furono istituite nel 1841 come parte del sistema di autonomie locali delle aree rurali, e successivamente mantenute. La suddivisione territoriale, sorta nel medioevo tra città e borghi, estranei alla giurisdizione dei consigli regionali, rimase in vigore fino al 1970. 29 A partire dalla seconda metà del XX secolo la società danese è stata parzialmente caratterizzata dall'adozione del cosiddetto “Modello sociale scandinavo”, basato su di un'ampia diffusione dei servizi pubblici. Secondo uno studio pubblicato dall'UNESCO, la Danimarca può fregiarsi del titolo di "paese più felice" della terra. 400 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea numerosi partiti politici con la conseguente instabilità del Parlamento e deigoverni di coalizione che si sono via via succeduti30. La disciplina elettorale adottata tra il 1915 ed il 1920, di tipo prettamente proporzionale corretta da un sistema di mandati regionali, ha indotto tutti gli otto partiti principali danesi ad adottare una struttura organizzativa corrispondente ai diversi gradi dell’assetto amministrativo. Essi si sono cioè dotati di organi operanti a livello nazionale, regionale, di collegio elettorale (constituency) - in cinque casi su otto - e locale. L’uniformità e la gerarchia, che caratterizzano anche i livelli inferiori ed intermedi di tale struttura, non sono comunque stati imposti da discipline statali, ma sono piuttosto il frutto di un modello organizzativo liberamente scelto e sviluppato dai partiti nel corso degli anni31. Negli anni ’80 è stato introdotto un nuovo sistema di parlamentarismo danese. In prospettiva di ridurre il numero dei partiti si sono studiate nuove prassi parlamentari, che consentono di mantenere in carica il governo anche in presenza di diminuzione di consensi elettorali. Tutti gli aventi diritto al voto nelle elezioni del Folketing (Parlamento) sono ancheeleggibili a membri del Folketing stesso, purché non abbiano subito condanne penali che, <<secondo l’opinione pubblica, li rendano inadatti a ricoprire tale carica>>. Così si esprime l’Atto Costituzionale danese, in base al quale <<ogni suddito danese con domicilio permanente nel regno e che abbia già compiuto 18 anni il giorno di riferimento (in cui sono indette le elezioni parlamentari nazionali) ha diritto ad esprimere il proprio voto>> nell’elezione del Folketing. 30 V. Jean – Jacques Foi, Les pays nordiques aux 19 el 20 siècles, Presses Universitaire de France, Paris, 1978; Kenneth E. Muller, Government and Politics in Denmark, Houghton Mifflin, Boston, Mass, 1968;Mogen N. Perdsen, Preferential voting in Demark: the voters? Influence on the election of Folketing candidates in Scandinavian political studies, I,Helsinki 1966, pp. 167 – 180. 31 V. E., Rose, L., Stromberg, L., K. Stålberg, C.A. Larsen, Municipal Size and Democracy: A Critical Analysis of the Argument of Proximity based on the Case of Denmark, in “Scandinavian Political Studies”, n. 4, 2002, pp. 317-332; H. Baldersheim, Ståhlberg, From Guided Democracy to Multi-Level Governance: Trends in Central-Local Relations in the Nordic Countries, in “Local Government Studies”, 2002 Vol. 28.3, pp. 74-90. Capitolo IX 401 Il requisito della residenza esclude però dal voto i cittadini danesi all’estero: tra questi, alcune categorie sono comunque ammesse al voto, purché la loro permanenza all’estero non sia definitiva. Per l’assegnazione dei seggi del Folketing si utilizzano due distinte modalità di scrutinio: una quota pari a 135 seggi “territoriali” è ripartita in 17 circoscrizioni elettorali plurinominali mediante un adattamento della formula di Saint - Laguë, mentre i restanti 40 seggi “compensativi” sono ripartiti solo tra le liste che abbiano riportato a livello nazionale almeno il 2% dei voti validi o che abbiano conquistato almeno un seggio nelle circoscrizioni plurinominali oppure superato la soglia minima di voti in due delle tre regioni. Le elezioni legislative del novembre 2001 hanno portato alla formazione di un governo di centro-destra sostenuto da una coalizione tra il Partito Liberale (che conserva la maggioranza anche in Europa) ed il Partito Conservatore. Tale successo, al quale hanno senz'altro contribuito fattori molto sentiti dalla popolazione (quali l'attacco terrorista dell'11 settembre ed il fenomeno dell’immigrazione) e la voglia di cambiare, ha spezzato la continuità di oltre di 50 anni di governo da parte di coalizioni socialdemocratiche32. Nelle elezioni europee invece, sono elettori i cittadini dell’UE che abbiano compiuto 18 anni, siano iscritti all’anagrafe (risiedano cioè stabilmente in Danimarca) e non abbiano perso il diritto di voto in Danimarca e/o nello stato di origine. Tutti coloro che soddisfano le condizioni per esercitare il diritto di voto sono anche eleggibili. Il sistema elettorale utilizzato dalla Danimarca per le elezioni europee si basa sulla rappresentanza proporzionale su scala nazionale, a differenza del proporzionale per le elezioni nazionali che prevede 17 circoscrizioni plurinominali (collegi elettorali)33. Per la ripartizione dei14 (prima 16)seggi al Parlamento Europeo, la Danimarca utilizza il metodo d’Hondt senza alcun sbarramento; per il computo sono sommati tutti i suffragi espressi nei vari distretti elettorali a favore dei candidati e delle liste. Risultano eletti i candidati che 32 Per quanto riguarda la Groenlandia, facente politicamente parte alla Danimarca, la popolazione, nel febbraio 1982, si è pronunciata a scarsa maggioranza contro l'adesione dell'isola all'UE 33 V. H.A. Thomas, Danish Policy-Making, Regionalism and the European Union, in The European Union and the Regions, Jones, B. & Keating, 1995. 402 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea hanno ottenuto in totale il maggior numero di voti. Rispetto alle elezioni nazionali, quelle europee si differenziano più che in altri paesi soprattutto per la presenza ed il rilievo di partiti caratterizzati dal programma anti-europeo (per esempio, il Movimento di Giugno).Dal punto di vista della struttura, anche se si contano tre partiti maggiori sopra il 16%, 5, leforze hanno una consistenza tra il 5 e il 10% e solo in un caso (verdi e radicali) queste confluiranno in un medesimo gruppo. Il sistema appare quindi multipolare. 4.3 Francia 4.3.1 Il sistema elettorale francese: il doppio turno di collegio34 La Francia (abitanti – stima al 2005 ab.60.561.000) è una Repubblica presidenziale. Il parlamento è costituitoda due camere: la Camera Bassa e l’Assemblea Nazionale, composta quest’ultima da 577 deputati eletti a suffragio universale35. Lingue parlate sono: francese (ufficiale), provenzale, bretone, alsaziano, catalano, basco, corso, fiammingo. La Francia si suddivide in 100 Dipartimenti: 96 nazionali e quattro d’oltre mare. Nell’ordinamento costituzionale francese vigente il Presidente della Repubblica diviene sostanzialmente e formalmente il punto centrale dell’ordinamento giuridico. Veniva eletto prima da un Collegio indiretto di circa 75.000 grandi elettori ed ora, a seguito della riforma costituzionale del 1962,direttamente dal Corpo elettorale (art. 7 Cost.). Il Capo dello Stato possiede una competenza generalizzata in materia di in politica estera e nella difesa, può indire referendum ed esercita competenze che non abbisognano della controfirma ministeriale; può esercitare, in periodo di emergenza poteri eccezionali (art 16 Cost.). Il 34 Il sistema elettorale francese (ballottaggio, triangolazioni, desistenza). Dossier a cura di Francesco Marcelli. Classificazione Teseo: Stati esteri. Sistemi elettorali. Elezioni politiche. senato della repubblica, servizio studi, ufficio ricerche nel settore giuridico e storico-politico. Vedi: Fabrice Larat, “Histoire politique de l’intégration européenne”, documentationfrançaise, Paris, July 2003. 35 V. A. Stevens, The Government and Politics of France, 2 ed. 1996, (London,: Macmillan); V. Wright, The Government and Politics of France, 2 ed. 1996, (London, Macmillan) Capitolo IX 403 Governo (bicefalo) non deve chiedere la fiducia preventiva, ma può essere censurato dall’Assemblea nazionale (art. 49 Cost.)36. Le elezioni dell’Assemblea Nazionale si svolgono con un sistema a due turni su base circoscrizionale. Un candidato è eletto se ottiene il 50% dei voti al primo turno. Al secondo turno si aggiudica il seggio se ottiene la maggioranza relativa dei voti. Nel 1986 il governo socialista ha introdotto un sistema di rappresentanza proporzionale nell’intento dipoter evitare una sconfitta elettorale. Le elezioni hanno portato al governo la maggioranza di centro – destra, che ha subito reintrodotto il precedente sistema elettorale37. La formula elettorale del sistema francese per l’Assemblea nazionale è quella dello scrutinio maggioritario a due turninell'ambito di 577 collegi (circonscriptions) uninominali (555 per il territorio metropolitano, 17 per i dipartimenti d’oltremare e le collettività territoriali e 5 per i territori d’oltremare). Solo le elezioni del 16 marzo 1986 si svolsero con lo scrutinio proporzionale ad un turno: la legge del 10 luglio 1985 fu sostituita, infatti, con la legge 11 luglio 1986 che ripristinò per la grandissima parte il precedente sistema,tuttora in vigore. I candidati, che abbiano ottenuto al primo turno, la maggioranza assoluta dei voti validi (50% + 1) sono subito proclamati eletti, a condizione che i voti conseguiti siano pari ad almeno un quarto (25%) del numero degli elettori iscritti nelle liste dei collegi. Ove tale quorum non sia raggiunto, si fa luogo, la domenica successiva, ad un secondo turno, al quale possono concorrere i soli candidati che abbiano conseguito al primo turno almeno il 12,5per cento del totale degli iscritti del collegio. Va sottolineato come il 12,5% degli iscritti corrisponda sostanzialmente ad una percentuale ben più alta dei voti validi: in concreto può essere necessario aver conseguito più del 20% dei voti. Se un solo candidato ha superato tale soglia, passa al ballottaggio anche il candidato classificato secondo, senza riguardo alla percentuale di voti ottenuti. Se nessun candidato ha superato tale 36 V. J. L. Quermonne, Le gouvernement de la France sous la V^ République, Paris, Dalloz, 1980; per l’art. 39 Cost. Cfr. G. Cvonac (sous la direction), La Constitution de la république français, Paris, ParisEconomica, 1987. 37 V. A. Stevens, The Government and Politics of France, London, Palgrave, 1996, cit.. J.D Huber, RationalizingParliament. Legislative Institutions and Party Politics in France, Cambridge, Cambridge University Press , 1996. 404 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea soglia, passano al ballottaggio i due candidati più votati, senza riguardo alla percentuale di voti ottenuti. Chi consegue al secondo turno la maggioranza dei voti viene eletto e, in caso di parità, viene eletto il più anziano di età38. La disciplina elettorale riproduce nelle linee essenziali il modello elettorale introdotto nel 1958, dopo ilreferendum di approvazione della Costituzione della V^ Repubblica. Un sistema simile era stato in vigore fra il 1928 ed il 1940, senza riuscire ad impedire l'avvento di una forma di governo a multipartitismo estremo. Nell’esperienza della V^ Repubblica, invece, l'effetto sulla rappresentanza parlamentare operò in un primo tempo attraverso la marginalizzazione del peso relativo delle forze politiche poste all'estremità dello schieramento politico. Ad esempio, alle elezioni del '58, il PCF si vide attribuire - avendo riportato mediamente il 19 per cento dei voti al primo turno ed il 20 per cento al secondo - soltanto il 2 per cento del totale dei seggi. In prosieguo di tempo, la formula elettorale maggioritaria a due turni prese ad espletare i suoi effetti anche nel senso della bipolarizzazione del sistema dei partiti. Con l'emergere di un partito conservatore (cioè quello gollista) capace di conquistare da solo la maggioranza, le opposizioni di sinistra si trovarono costrette a concludere intese elettorali per non essere drasticamente penalizzate nell'attribuzione dei seggi. Si andò così delineando quel sistema della "disciplina repubblicana" alla stregua del quale la forza politica che, nell'ambito dello stesso schieramento, ha sostenuto il candidato meno votato al primo turno, fa convergere i propri voti sul candidato risultato più forte, privilegiando l'obiettivo del conseguimento di una rappresentanza parlamentare rispetto alla riaffermazione della propria identità. Nel contempo, le formazioni politiche che avevano, sotto la IV Repubblica, rappresentato 38 Il codice elettorale prevede (art. R 98) che le candidature siano ricevute dalle prefetture a partire dal quarto lunedì antecedente il primo turno e, per il secondo turno, a partire dalla proclamazione dei risultati del primo turno. Le candidature devono essere depositate – per il secondo turno – entro il martedì a mezzanotte (art. L. 162: le elezioni si svolgono tra due domeniche successive, una domenica per ogni turno); un ritardo nel conteggio provoca lo spostamento del termine al mercoledì. Il ritiro della candidatura può avvenire entro lo stesso limite posto alla candidatura stessa ed è, come quest’ultima, registrato (art. R100). Capitolo IX 405 il centro di matrice cattolica e liberale, si trovarono costrette a schierarsi sull'uno o sull'altro dei poli in via di aggregazione. Il Senato è formato da 321 membri che rappresentano i poteri locali della Francia; la circoscrizione elettorale è il dipartimento ed il collegio elettoraleè composto dai Deputati, dai consiglieri generali (cioè il dipartimento), dai sindaci e dai “grandi elettori” didipartimento. Il Senato riveste primaria importanza dal punto di vista della democrazia locale perché rappresenta gli interessi delle autonomie locali e può influire sul processo legislativo, anche se non ha poteri di veto completi. 4.3.2 Gli schieramenti politici Il sistema elettorale delineato con il doppio turno è alquanto complesso ed impone determinati schieramenti iniziali al primo turno ed alleanze diverse dalle prime iniziali al secondo turno. Va premesso che le forze facenti parte dello schieramento di sinistra presentano – salvo talune eccezioni, talvolta di carattere locale - propri distinti candidati al primo turno elettorale. Nello schieramento di destra, invece, i candidati dei maggiori partiti non si presentano, salvo eccezioni sempre possibili, singolarmente39. Nelle elezioni del 1997 pochissimi candidati sono stati eletti al primo turno: solo 12 (otto socialisti e quattro comunisti) contro gli 80 del 1993. Il maggioritario a doppio turno, dopo essere stato il sistema elettorale più diffuso prima dell’introduzione del metodo proporzionale, si può dire che sia oggi in vigore solo in Francia. È caratterizzato dalla necessità di preventive alleanze tra i partiti in competizione se si vuole l’affermazione della coalizione soprattutto nel secondo turno. 39 Nel 1997 il secondo turno si è effettuato in 565 collegi su un totale di 577. I candidati passati al secondo turno sono stati 1997, molti dei quali, come meglio si vedrà in seguito, hanno “desistito”, vale a dire non si sono poi presentati al secondo turno per considerazioni di opportunità politica. La gran parte (409) di questi ballottaggi ha visto di fronte un candidato UDF o RPR, da una parte, e uno di sinistra dall’altra (socialista in 334 collegi, comunista in 19, altri candidati di sinistra nei restanti collegi). 406 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Con tale sistema possono venire penalizzati partiti minori, come nel caso del Partito di Rifondazione comunista che, rimasto isolato nelle elezioni del 2001, è rimasto in Parlamento, grazie al sistema misto e cioè per i pochi seggi conquistati nel comparto proporzionale. Gli elettori hanno riversato i loro voti su altri candidati del centrosinistra, ottenendo in cambio altri favori40. Il sistema maggioritario a doppio turno francese pone una serie di problemi quali la sottorappresentazione delle minoranze e delle opposizioni estreme nonché la carenza di democraticità e la scarsa affluenza alle urne dell’elettorato i cui effetti, a nostro parere, vengono a collidere con i principi affermati dalla costituzione francese41. 4.3.3 Differenze con elezioni parlamentari europei Per le elezioni europee è previsto un sistema elettorale conrappresentanza proporzionale in una sola circoscrizione, formata dall’intero territorio nazionale; allo stesso modo, i seggi vengono distribuiti tra le varie liste per l’intero territorio. Non vi è più la divisione in numerose circoscrizioni, come avviene per le elezioni nazionali. Il computo dei voti e la ripartizione dei seggi avvengono a livello nazionale. La ripartizione dei seggi tra le varie liste avviene secondo il metodo d’Hondt.La ripartizione dei seggi avviene con la regola della media più forte. Il voto si esprime perlista bloccata e, di conseguenza, sussiste il divieto di voto di preferenza e di "panachage", ovvero combinazione di liste elettorali. Il computo dei voti avviene a livello nazionale. 40 Nel 1994 e nel 1996i candidati del Rc. hanno partecipato al gioco delle coalizioni. Vedi sul punto: D. Fisichella, Elezioni e democrazia. Un’analisi comparata, Il Mulino, Bologna, IV ed., 2003, cit.pp. 316 ss.; G. Sartori, Ingegneria costituzionale comparata. Strutture, incentivi ed esiti, Il Mulino, Bologna, II ed. 1996, cit.pp. 92 ss.; A. Pappalardo, Il sistema partitico italiano fra crisi e trasformazione, in G. Di Palma, S. Fabbrini, G. Freddi (a cura di), Condannata al successo. L’Italia nell’Europa integrata, Il Mulino, Bologna, 2000, pp. 79-111; dello stesso autore: Il Sistema partitico italiano tra bipolarismo e destrutturazione, in “Rivista italiana di Scienza politica”, XXXI, 3, 2001, pp. 561-600; G. Baldini, A. Pappalardo, Sistemi elettorali e partiti nelle democrazie contemporanee, ed. Laterza, Roma – Bari, 2004, pp. 100 ss. 41 V. G. Baldini - A. Pappalardo, Sistemi elettorali e partiti, ult. Cit., pag. 100 ss. Capitolo IX 407 Le liste che non abbiano ottenuto il 5% dei suffragi non partecipano alla ripartizione dei seggi. 4.4 Grecia La Grecia (in lingua greca è ǼȜȜȐȢ = Ellás; popolazionestima al 2004 10.665.989 ab.) è una Repubblica democratica parlamentare in base al referendum del 8 dicembre 1974. La costituzione dell’11 giugno 1975, emendata nel Marzo 1986 e nella primavera del 2001, include specifiche garanzie delle libertà civili;la sovranità appartiene al popolo che la esercita nei modi previsti dalla Costituzione42. Il Governo determina e dirige la politica generale del Paese; il Primo Ministro ed il Capo dello Stato esercitano il potere esecutivo. L’appartenenza all’Unione Europea ha avuto l’effetto di incoraggiare la creazione di un livello amministrativo regionale e la democratizzazione del sistema molto accentrato (con particolare riguardo alle Prefetture)43. Dei 300 membri della Bulé, il Parlamento greco, 12 sono eletti con metodo maggioritario in un collegio unico nazionale. I restanti 288 membri vengono ripartiti nei 56 collegi circoscrizionali da eleggere con sistema proporzionale detto “rinforzato” (vale a dire “corretto”), in tre livelli per la ripartizione dei seggi: il primo riguarda i dipartimenti, il secondo concerne le circoscrizioni più grandi e il terzo, che considera come un’unica circoscrizione l’intero territorio nazionale, si suddivide in due fasi: la prima ha carattere maggioritario, la seconda utilizza invece il metodo Hagenbach-Bischoff per assegnare i seggi 42 E. Venizélos, , La Constitution hellénique révisée de 2001 et l’actualité du phénomène constitutionnel, in “Revue française de Droit constitutionnel”, 5/2003. 43 V: P. Christoflopoulou, Decentralization Policy Post Dictatorial Greece, Local GovernmentStudies, vol. 13, n. 6, Novembre/Dicembre 1987; E. Mahaira – Odoni, Government and Politics, en E. Curtis (ed.), Greece: a country study (Library of Congress, Federal Research Division), Washington D.C., 1995; M. Tsinitsizelis M y D Chrussochou, Images of Greece and European Integration: Case of Uneasy Interdependence? Synthesis: Review of Modern Greek Studies, 1996, Vol., 1, n. 2 pp. 22 – 23; Verney, S. y F. Papageorgiu, Prefecture Councils in Greece: Decentralization in the European Community Context, Regional Politics and Policy, vol. 2, n. 12, 1992, pp.. 109-137; Jean Catsiapis, La Grèce, deuxième membre de la Communautés européennes, Documentation française, n. 4593 – 94, Paris 1980. Constitution de la Grèce, Chambre del deputes, Athènes, 1975. 408 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea restanti. La legge elettorale del 1990 ha inoltre disposto che la formazione politica o il candidato indipendente che non ottengano almeno il 3% dei suffragi validi non hanno diritto ad alcun seggio parlamentare. I greci eleggono i membri del Parlamento monocamerale del paese (Vouli ton Ellinon) con suffragio universale e scrutinio elettorale segreto dai maggiorenni di 18 anni d'ambo i sessi; per un massimo di quattro anni, ma le elezioni possono accadere a intervalli più frequenti. La Grecia usa un complesso sistema elettorale a rappresentanza proporzionale rinforzato, che prevede uno sbarramento al 3%, che svantaggia i partiti minori specialmente il secondo partito alle elezioni. Il Capo dello Stato deve affidare l’incarico di formare il nuovo Governo al capo del partito che ha vinto le elezioni parlamentari. Per l’elezione del Parlamento dell’Unione Europea è stato varato un sistema di rappresentanza proporzionale integrale su scala nazionale. L’elettore vota a favore di una sola lista. Il “panachage” o combinazione di liste elettorali e il voto di preferenza sono vietati. La Grecia ha un sistema multipartitico dominato da due partiti politici che sono: Nuova democrazia (greco: ȃİĮ ǻȘµȠțȡĮIJȚĮ) - ND (Destra conservatrice - attualmente al governo) Movimento socialista panellenico (greco: ȆĮȞİȜȜȘȞȚȠ ȈȠıȚĮȜȚıIJȚțȠ ȀȚȞȘµĮ) - PA.SO.K(Socialisti). Altri partiti sono: - Unione di Centro(greco: DzȞȦıȘ ȀİȞIJȡȫȦȞ) EK (UC) (Centristi Socialdemocratici) // - Movimento socialdemocratico (greco: ǻȘµȠțȡĮIJȚțȠ ȀȠȚȞȦȞȚțȠ ȀȚȞȘµĮ) - DI.K.KI// - Ecologisti greci (greco: ȅȚțȠȜȩȖȠȚ ǼȜȜȐįĮȢ) - EG (Verdi) // - Ecologisti verdi (greco: ȅȚțȠȜȩȖȠȚ ȆȡȐıȚȞȠȚ) - OP (Verdi) // - Marxisti - leninisti partito comunista di Grecia (Greek: ȂĮȡȟȚıIJȚțȠ - ȁİȞȚȞȚıIJȚțȠ ȀȠµµȠȣȞȚıIJȚțȠ ȀȠµµĮ ǼȜȜĮįĮȢ) - M-L KKE (Sinistra maoista) // - Fronte radicale di sinistra (greco: ȂİIJȦIJȠ ȇȚȗȠıʌĮıIJȚțȘȢ ǹȡȚıIJİȡĮȢ)- MERA (Estrema Sinistra). Partiti presenti attualmente in parlamento (Parlamento Europeo): // - Coalizione della sinistra, di Movimenti e Ecologia (greco: ȈȣȞĮıʌȚıµȠȢ) - SYN (Partito di Sinistra) // - Partito comunista di Grecia (in greco ȀȠµµȠȣȞȚıIJȚțȠ ȀȠµµĮ ǼȜȜĮįĮȢ) - KKE (Partito Comunista) // Raduno popolare ortodosso (greco: ȁĮȧțȩȢ ȅȡșȩįȠȟȠȢ ȈȣȞĮȖİȡµȩȢ) LA.O.S. (presente solo nel Parlamento Europeo). Capitolo IX 409 4.5 Paesi Bassi I Paesi Bassi sono uno stato unitario e non uno Stato federale (popolazione di 16.295.000, stima al 1/1/2005).Il sistema di governo è una monarchia costituzionale. Il Parlamento olandese consta di due Camere, ma solamente per la Seconda Camera si ricorre alle elezioni dirette, mentre i 75 membri della Prima Camera vengono eletti indirettamente dai membri dei 12 Stati Provinciali suddivisi in 4 collegi, con metodo proporzionale. La ripartizione dei seggi della Prima Camera avviene attraverso una procedura piuttosto complessa, nella quale si fa ricorso anche al “voto diseguale”. In questo sede verranno evidenziate le analogie e le eventuali differenze nel quadro delle elezioni parlamentari per la Seconda Camera e delle elezioni al Parlamento Europeo44. Secondo la Costituzione olandese, ogni cittadino dei Paesi Bassi può votare ed essere a sua volta votato; il diritto di voto è dunque connesso al concetto di cittadinanza. Per legge tuttavia, sono esclusi dal voto i minori di 18 anni, tutti coloro che vengono privati del diritto di voto a seguito di una sentenza giudiziaria e coloro che, a causa di un handicap psichico e in base ad una sentenza giudiziaria, risultino incapaci di effettuare il negozio giuridico. In occasione delle elezioni comunali e municipali (elezioni locali), il diritto di voto attivo e passivo è concesso a chi non è cittadino olandese ma a certe condizioni: hanno diritto al voto nelle elezioni comunali, alle stesse condizioni dei cittadini olandesi, coloro che, in corrispondenza del giorno della candidatura, abbiano risieduto per almeno 5 anni in Olanda ininterrottamente. I cittadini di un altro paese membro dell’Unione Europea hanno, alle stesse condizioni dei cittadini olandesi, diritto di voto nelle elezioni comunali. Questo a differenza, 44 Anderson, C. J. E Guilory C.A., Political Institution and Satisfaction with Democracy: A. Cross National Analysis of Consensus and Majoritarian System, da: American Political Science Review, vol. 91, no. 1, 1997, pagg. 66-81; Dentiers S.A.H., Urban Democracies in the Netherland: Social and political change, institutional continuities?, scritti non pubblicati; Duyvendak, Jan Willem, De souplesse van stroperingheid, da: Hendriks Frank e Toonen Theo, Schikken en Plooien, Van Gorcum, 1998. 410 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea per esempio, di ciò che accade in Austria: ricordiamo che il requisito fondamentale per esprimere il proprio voto alle elezioni per l’Assemblea Nazionale, per i Parlamenti dei Länder e per eleggere i Consigli locali è proprio la cittadinanza austriaca. La Seconda Camera è eletta con il sistema elettorale della rappresentanza proporzionale in 18 circoscrizioni elettorali: questo sistema prevede che il numero totale dei voti espressi venga diviso per il numero dei seggi. Il risultato di tale divisione è definito quoziente elettorale. Il numero di seggi ottenuto da un partito che abbia conseguito lo 0.67% dei voti a livello nazionale, viene calcolato dividendo il numero di voti per quel partito per il quoziente elettorale, e arrotondando poi la cifra risultante per difetto. Di conseguenza un partito che ottiene un numero di voti inferiore al quoziente elettorale non otterrà alcun seggio e non verrà preso in considerazione al momento della ripartizione dei “seggi residui”, quei seggi cioè che non possono essere immediatamente ripartiti. La ripartizione avviene col metodo d’Hondt della media più alta. Il sistema elettorale olandese prevede anche il voto di preferenza: se un candidato ottiene un numero di preferenze pari al 25% del quoziente elettorale, risulterà eletto alla Seconda Camera. Il Sistema elettorale utilizzato per l’elezione al Parlamento Europeo è ugualmente basato sulla rappresentanza proporzionale integrale, ma su scala nazionale: il territorio nazionale costituisce cioè un collegio unico, un’unica circoscrizione elettorale. Non è previsto alcun quorum o alcuna soglia di sbarramento. Si noti comunque che vi sono 19 circoscrizioni che tuttavia hanno un mero valore amministrativo, dato che i voti sono sommati a livello nazionale. Per il computo dei voti e la ripartizione dei 31 seggi è utilizzato il metodo d’Hondt ed è inoltre previsto il voto di preferenza, come per le elezioni della Seconda Camera, e quindi l’elettore può modificare l’ordine dei candidati sulla lista. Per quei partiti, che non sono rappresentati al PE,la presentazione della lista prevede una cauzione di 25.000 fiorini che lo Stato restituirà solo se il partito ottiene almeno i ¾ del ”quorum elettorale”. Per poter essere presentata una lista deve raccogliere almeno 30 firme di elettori che risultino iscritti nelle liste; le liste rappresentate al PE con più di 15 seggi possono presentare 80 candidati, le altre liste non più di 30. Sono elettori i cittadini di uno Stato membro dell’Unione Europea che, alla data delle elezioni, abbiano compiuto18 anni, che abbiano la Capitolo IX 411 residenza principale nei Paesi Bassi, siano residenti di un comune in tale paese e che non siano stati privati del proprio diritto di voto da un giudice olandese. I cittadini europei devono presentare domanda d’iscrizione al registro elettorale del comune di residenza. I cittadini olandesi residenti all’estero possono votare per procura o per corrispondenza. Il voto non è obbligatorio. Sono eleggibili tutti i cittadini dell’Unione Europea che abbiano compiuto 18 anni e che dispongano della pienezza del diritto di eleggibilità nel proprio paese di origine; non devono inoltre essere stati privati della loro eleggibilità da un giudice olandese. Le incompatibilità sono quelle previste dall’Atto elettorale europeo del 1976 nonché quelle valide per il Parlamento olandese (in pratica, rifiuto del doppio mandato). 4.6 Svezia La Svezia (popolazione: ab. 9.082.995 al 2005) è una monarchia costituzionale con un Parlamento monocamerale, eletto con il sistema proporzionale con sbarramento del 4% dei suffragi per poter essere rappresentati in Parlamento. I rapporti tra Governo e Parlamento seguono i principi della democrazia parlamentare; per lungo tempo la democrazia svedese è stata di tipo corporativistico, che presupponeva l’esistenza di organizzazioni centralizzate e dominanti volte a tutelare gli interessi degli affiliati ai partiti politici dominanti, ai sindacati e al mercato del lavoro45. Il modello svedese ha visto un ruolo predominante dei partiti politici. La scena politica dall’inizio del ventesimo secolo è stata dominata da cinque partiti raggruppati in due blocchi contrapposti (Destra e Sinistra). Il partito Socialdemocratico ha svolto un ruolo determinante sulla scena politica, avendo fatto parte dei Governi per 60 dei 77 anni trascorsi dall’introduzione in quel Paese del suffragio universale diretto, ed ha contribuito in modo determinante e durevole allo sviluppo del Welfare State Svedese (Milner, 1989). Taluni osservatori stranieri 45 In questo Paese il controllo democratico delle istituzioni politiche è avvenuto senza traumi e senza scontro tra le classi dominanti e la maggioranza senza potere,contrariamente a quanto è avvenuto in numerosi stati europei. Sul punto vedi: Stein Rokkan,Citizens, Election, Parties, Oslo, 1970, Universitetsforlaget. 412 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea hanno studiato a fondo gli effetti dell’egemonia di tale Socialdemocrazia (Kesselmann et. A., 1978) sullo sviluppo del Paese46. Ruolo importante nella democrazia svedese hanno svolto le autonomie locali con l’autogoverno rurale e urbano. Nonostante il centralismo (che ha imposto severi controlli agli enti locali) largo spazio è stato lasciato alla formazione collettiva di decisioni indipendenti a livello locale (Peterson)47. I partiti politici hanno subito una radicale trasformazione ed il quintetto tradizionale (con particolare riguardo alla Socialdemocrazia, divisa al suo interno anche sulla permanenza nell’Unione Europea)48, ha subito attacchi da ogni parte e segnatamente dall’emergere di nuovo forze politiche moderne, quali il Partito Cristiano – democratico, il Partito Ecologista e Nuova democrazia. Inoltre è moltopreoccupante la disaffezione di numerosi cittadini nei confronti delle tradizionali forze politiche cui si rimprovera la difesa di interessi corporativistici rispetto all’interesse generale (Gilljam & Holmberg)49. Il Riksdag, Parlamento svedese, è composto da 349 membri eletti con sistema proporzionale in 29 circoscrizioni. Di questi seggi 310 sono fissi, distribuiti tra le circoscrizioni in base alla popolazione ed assegnati ai partiti con metodo proporzionale sulla base della “formula di Sainte-Laguë”. I rimanenti 39 seggi sono “compensativi”, ripartiti 46 Vedi: Henry Milner, Sweden: Social Democracy in Practice, Oxford, 1989: Oxford University Press.; Kesselman Marck, European Politics in Transition, Lexington, 1987, Mass.: DC Heath & Co; Arnold J Hidennheimer et al., Comparative Public Policy, 2end ed. London, 1983: Macmillan. 47 Vedi: Olof Peterson, Kommunalpolitik, 2 suppl..Stockholm, 1994: Publica; dello stesso autore: Swedish Government and Politics, Stockholm, 1994: Publica; e Demokrati Över gränser. Democratirådets rapport, Stockholm 1997, SNS Förlag. 48 La Svezia,membro dall'UE dal 1995,non partecipa attualmente alla moneta unica europea. Lo scarso entusiasmo di tale Paese in materia europea, in particolare per quanto riguarda il consenso popolare sull'Unione Europea, è stato recentemente confermato in occasione dell’attentato al Ministro degli Esteri Anna Linth, convinta promotrice dell'ideale europeo, e soprattutto dal "no" ribadito a gran voce dal 56% all'entrata del paese nella zona euro, in occasione del referendum del settembre 2003. Tale atteggiamento deriva probabilmente dall'ottima posizione che il Paese riveste in molte delle politiche comunitarie, quali le politiche sociali, l'occupazione, l'educazione e l'economia in genere, fino a rappresentare quasi un modello sociale ed economico, essendo uno tra gli Stati Membri dal reddito pro-capite più elevato. 49 V. Nikael Gilljam& Sören Holmberg, Väljaarnas val.Stockholm: Fritses, 1995. Capitolo IX 413 tra i partiti che abbiano superato il 4% dei voti nazionali e il 12% dei voti circoscrizionali. Pur essendo un sistema a liste bloccate, gli elettori possono esprimere una preferenza per un candidato della lista: se il candidato ottiene almeno l’8% delle preferenze della lista circoscrizionale, ha diritto ad essere eletto scavalcando gli altri candidati della lista che abbiano riportato meno preferenze. Nel corso di elezioni recenti è stato possibile aggiungere e cancellare candidati sulla scheda elettorale; ora le cancellature vengono ignorate al momento del conteggio dei voti e vigono condizioni severe che regolano l’aggiunta dei nomi. Le elezioni parlamentari sono aperte a tutti i cittadini svedesi che sono o che sono stati ufficialmente domiciliati in Svezia e che abbiano già compiuto 18 anni al giorno dell’elezione. Per avere diritto di voto bisogna risultare iscritti alle liste elettorali. Molti emigrati svedesi hanno comunque diritto di voto. Il suffragio si basa sul principio “una persona, un voto”. Gli elettori possono votare presso il seggio elettorale locale nel giorno dell’elezione o scegliere il voto per posta da un ufficio postale o da un centro di servizio postale. L’elettore, residenteall’estero, può votare all’Ambasciata svedese o in un Consolato adibito al voto.È possibile votare anche per posta da altri paesi o da navi in acque straniere. Nel giorno dell’elezione vengono, inoltre, aperte molti seggi speciali per il voto negli ospedali, case di riposo, prigioni e altre istituzioni a favore di coloro che non hanno la possibilità di recarsi al seggio elettorale. La regola fondamentale è che il voto di ogni individuo sia personale, ma è permesso anche il voto per procura; gli anziani, i malati e i disabili possono votare attraverso l’interventodi un parente o di una badante. Possono essere investiti da procura coniugi, partner o un prossimo dell’elettore. Si è eleggibili a 18 anni e chiunque intenda candidarsi alle elezioni deve aver diritto di voto nelle elezioni generali e deve essere candidato da un partito politico. È importante essere membro di un partito poiché, inizialmente, i voti in un’elezione vengono distribuiti tra i partiti. Quando il seggio viene chiuso, i funzionari elettorali eseguono un primo, preliminare scrutinio dei voti. Ogni scrutinio è aperto al pubblico. Per le elezioni al Parlamento Europeo si utilizza il sistema della rappresentanza proporzionale su scala nazionale con soglia di sbarramento al 4%. Il territorio nazionale costituisce quindi un’unica circo- 414 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea scrizione elettorale. Per la ripartizione dei 22 seggi al Parlamento Europeo, è utilizzato il metodo Saint - Laguë modificato (metodo dei numeri dispari in cui il massimo comune divisore è riportato a 1.4). Particolarmente interessante per quanto riguarda il sistema elettorale svedese è il fatto che esso preveda la possibilità di votare per posta sia per le elezioni al Riksdag che per le elezioni europee. 4.7 Spagna La Spagna (popolazione: stima al 2003 ab: 42.717.000), monarchia costituzionale,è una democrazia giovane, sorta nel 1978 dopo quarant’anni di governo franchista, che aveva portato lo Stato all’estremo accentramento50. Il Parlamento spagnolo (Las Cortes Generales) di tipo bicamerale si articola in Congresso dei deputati (Congreso de los Diputados), composto da 350 membri, e inSenato (Senado), formato da 252 membri. I 350 membri del Congresso vengono eletti in 52 circoscrizioni elettorali, corrispondenti alle province. Ciascuna provincia ha un numero fisso di seggi, pari a 2, tranne alcune minori che ne hanno solo uno. Gli altri seggi sono attribuiti in ragione della popolazione. Le circoscrizioni elettorali sono 52, più i territori di Ceuta e Melilla in territorio marocchino. Il sistema elettorale è il proporzionale a scrutinio di lista bloccata con metodo d’Hondt. Ciascuna provincia ha un numero fisso di seggi pari a 2, tranne alcune minori che ne hanno solo 1; gli altri seggi sono attribuiti a livello provinciale proporzionalmente ai voti conseguiti da liste bloccate di candidati (senza voto di preferenza) con il metodo d’Hondt e a condizione che la lista abbia conseguito almeno il 3% nella circoscrizione provinciale. Gli elettori non 50 Con la Costituzione del 1978 la Spagna si è dotata di un sistema fortemente decentralizzato con 18 regioni autonome - dette Comunità - a cui è riconosciuto l'autogoverno negli affari locali. Le Comunità eleggono propri parlamenti che, a loro volta, nominano i governi locali. Il potere legislativo è esercitato dalle Cortes (Camera dei deputati, 350 membri eletti con sistema proporzionale, e il Senato, 252 membri, dei quali 48 rappresentanti regionali). Cfr. R. Blanco Valdes, Introduzione alla costituzione spagnola del 1978, Torino, 1999; José Ramon Montero, Vent’anni di elezioni democratiche in Spagna(1977 – 1996), in Quaderni dell’Osservatorio elettorale n. 36 (dicembre), 1996. Capitolo IX 415 possono modificare l’ordine di presentazione dei candidati né esprimere preferenze per candidati appartenenti a liste diverse da quella votata. Le liste che, nell’ambito della circoscrizione, non ottengano almeno il 3% dei voti validi sono escluse dall’assegnazione dei seggi. È un sistema fortemente selettivo a causa della clausola di sbarramento e del ridotto numero di seggi assegnati alle circoscrizioni51. L’utilizzo di circoscrizioni di dimensioni ridotte (le più piccole in Europa), con lista chiusa senza espressione di preferenze, con soglia legale del 3% a livello circoscrizionale, con l’utilizzo della formula elettorale proporzionale con il metodo del divisore d’Hondt, ne fanno il sistema i cui effetti sono più vicini al maggioritario che al proporzionale. Si tratta di un sistema sufficientemente rappresentativo e tutto sommato democratico52. Anche per quanto riguarda il Senato, le circoscrizioni elettorali sono 52, di cui 50 province amministrative e due “enclaves” in Marocco. Inoltre le 17 comunità autonome in cui è ripartito il territorio nazionale costituiscono ciascuna una circoscrizione elettorale supplementare. I 208 senatori attribuiti alle province sono eletti a suffragio universale diretto, mentre i rappresentanti delle comunità autonome, dalle rispettive assemblee legislative. I 208 dei 252 senatori vengono eletti in 52 circoscrizioni provinciali su liste di candidati di numero pari agli eligendi; vengono eletti tutti i candidati della lista che ha riportato la maggioranza dei voti. I restanti 51 senatori vengono eletti indirettamente dai consigli delle province autonome. Sono elettori i cittadini che abbiano compiuto 18 anni Gli Spagnoli residenti all’estero possono votare per corrispondenza. Condizione per l’ammissione all’esercizio del diritto di voto è l’iscrizione nelle liste elettorali tenute dai comuni, che avviene d’ufficio per i residenti in Spagna, mentre, per essere iscritti nella lista dei residenti-assenti che vivono all’estero, occorre presentare domanda presso il Consolato territorialmente competente. L’eleggibilità è fissata al compimento dei 18 anni. 51 V. Mario Caciagli, Spagna 1982: le elezioni del cambio, in Quaderni dell’Osservatorio elettorale, n. 7 (dicembre), 1980 52 V. G. Baldini, A. Pappalardo, Sistemi elettorali e partiti, cit, pp. 45 ss.; M. Luciani e M. Volpi, Riforme elettorali, Bari, 1995, pp. 362 – 391; 416 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea In ambito europeo la Spagna ha adottato invece un sistema elettorale proporzionale a livello nazionale, in base al quale il territorio nazionale costituisce un’unica circoscrizione elettorale e non è suddiviso in collegi regionali. Proprio come per l’elezione del Congresso, l’elettore non può esprimere la propria preferenza per un candidato (lista bloccata) e quindi l’ordine dei candidati sulla lista non può essere modificato. Per il computo dei voti e la ripartizione dei 54 (prima 64) seggi al Parlamento Europeo viene utilizzato il metodo d’Hondt. 4.8 Belgio Il Belgio (stima al 2004 ab.: 10.396.000) è una monarchia Costituzionale (Stato Federale) con modello di democrazia consensuale53. È uno dei sei paesi fondatori dell'Unione Europea esi caratterizza per la sua piena e convinta partecipazione al processo di integrazione europea54. La sua struttura federalista di tipo cooperativo ne fa anche uno dei principali promotori, assieme a Paesi Bassi e Lussemburgo, di un approccio federalista per la futura Europa55. La sovranità viene esercitata 53 Vedi: A. Lijphart, Democracies: Patterns of Majoritarian and Consensus Government in Twenty – One Countries, New Haven, 1984, Conn.: Yale University, Press.; R. Louvin,Legami federativi e declino della Sovranità. Quattro percorsi costituzionali emblematici, Torino, 2001. 54 F. Debuyst, La fonction parlementaire en Belgique, CRISP, Bruxelles, 1967; N. Delsulle, R. Evalenko, W Fraeys, Le comportement politique des électeurs belges, Edition de l’Institut de Sociologie, Bruxelles, 1970. 55 V. AA. VV. Les réformes institutionnelles de 1993 vers un fédéralisme achevé? Actes du colloque de Bruxelles 23-27 mars 1993, Bruxelles, 1994; P. Biscaretti di Ruffìa, M. Ganino, Uno stato europeo progressivamente trasformatosi da “unitario” in “federale”, introduzione al testo della Costituzione belga, in Costituzioni straniere contemporanee. Vol.” (a cura di P. Biscaretti di Ruffìa), Milano, Giuffré, 1996; P. De Bruycker, N. Lagasse, Belgique. Achèvement du fédéralisme et décentralisation, in La décentralisation dans les Etats de l’Union Européenne, a cura di Delcamp A., Loughlin J., Paris, 2002; L. Domenichelli, Le garanzie costituzionali per i gruppi linguistici: Canada e Belgio a confronto, ne “Le Istituzioni del Federalismo”, n. 6, 1998; G. Guiglia, G. Peccolo, R. Orrù, R., L’ordinamento giuridico federale del Regno del Belgio, Torino, 2000. Capitolo IX 417 a tre livelli politici: lo Stato centrale, le regioni e le comunità linguistiche. Esistono tre Comunità linguistiche: francofona, neerlandofona e di lingua tedesca, che dispongono di potere legislativo e di un proprio governo. Esistono, inoltre, tre regioni: la Fiamminga, la Vallona e la regione di Bruxelles, ciascuna con proprio Parlamento, con poteri legislativi e con proprio governo56. Le regioni e le Comunità sono state create in risposta alle diverse priorità politiche nel Nord e nel Sud del Paese. Le Comunità sono state concepite per venire incontro alle esigenze fiamminghe di autogoverno; le regioni come desiderio dei francofoni di una maggiore autonomia economica. I tre pilastri dello stato federale belga soggiacciono alla logica della democrazia parlamentare nel senso che non solo lo stato centrale, ma anche le comunità e le regioni dispongono di organi legislativi ed esecutivi propri. A livello federale il potere legislativo, che viene esercitato dal Parlamento, è di tipo bicamerale moderato ed è costituito dalla Camera dei Rappresentanti e dal Senato, che collaborano con il Re. La Camera, composta di 150 membri, eletti ogni 4 anni direttamente dal popolo (detentore della sovranità), esercita il potere politico di controllo sul Governo e sulle finanze pubbliche. Per l’elezione si applica il sistema proporzionale in 20 circoscrizioni provinciali. I seggi, spettanti a ciascuna circoscrizione, vengono ripartiti proporzionalmente tra le liste di candidati con il metodo d’Hondt con recupero dei resti in sede circoscrizionale. Il Senato, composto da 71 membri57 svolge il ruolo di Camera di riflessione ed è il luogo di incontro tra governo federale e gli altri enti federali. Di questi 40 membri vengono eletti con sistema proporzionale e con metodo d’Hondt in tre circoscrizioni regionali, una di lingua vallone ed una di lingua fiamminga; altre 21 membri sono designati 56 V. P. Bouchard,F. Vézina, Les minorités nationales flamande et québécoise: Comparaison entre les instruments servant à la sauvegarde de leur spécificité, Bruxelles, y 2000. 57 di cui 40 eletti direttamente dal popolo, 20 distaccati dal Consiglio fiammingo e dal Consiglio delle Comunità francofona, uno distaccato dal Consiglio delle Comunità di lingua tedesca ed i restanti 10 senatori vengono cooptati. 418 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea dai consigli municipali, tra i loro membri, nel rispetto dei risultati relativi alle effettuate designazioni. I restanti 10 membri sono cooptati in base alla loro nazionalità (vallone o fiamminga). Entrambe le Camere hanno potere legislativo e sono responsabili in ugual misura della legislazione istituzionale e del controllo sul governo federale, sulle Comunità e sulle Regioni. I membri delle istituzioni regionali e comunitarie sono eletti ogni cinque anni, mentre le elezioni delle istituzioni comunali e provinciali si tengono ogni sei anni. Per espressa disposizione della legge speciale dell’8 agosto 1980, i principi fondamentali del sistema elettorale federale (suffragio universale diretto, rappresentanza proporzionale, carattere obbligatorio, personale, eguale e segreto del voto e regole sulle operazioni elettorali) si applicano anche alla disciplina elettorale regionale. Tuttavia, con decreto regionale speciale è possibile modificare la suddivisione delle circoscrizioni elettorali (a condizione di non fuoriuscire dai limiti territoriali della Regione) e stabilirne i capoluoghi. La Costituzione belga si limita a garantire il diritto di associazione, senza contemplare espressamente il diritto dei cittadini di associarsi in partiti politici. A livello federale la legislazione elettorale si limita a disciplinare la limitazione ed il controllo delle spese elettorali dei partiti politici: l’unica definizione legislativa di partito politico, infatti, è quella contenuta nella legge sul finanziamento pubblico dei partiti (tale definizione, comunque, non ha valore generale, giacché individua esclusivamente i partiti che operano a livello federale, unici soggetti aventi diritto al finanziamento pubblico). A livello regionale la disciplina dei partiti è contenuta nella legge relativa alla limitazione e al controllo delle spese dei consigli regionali. I principali partiti politici belgi a struttura nazionale sono organizzati da tempo sulla base di un decentramento territoriale particolarmente forte, tanto da riconoscere larghi margini diautonomia alle federazioni operanti a livello regionale. Questo tipo di articolazione interna dei partiti è dovuto non soltanto alla struttura federale dello Stato, ma anche al sistema elettorale. Col progredire del processo di evoluzione in Stato federale, comunque, alle trasformazioni nella struttura interna dei partiti tradizio- Capitolo IX 419 nali si è aggiunto un processo di scomposizione delle relative componenti su base locale tanto chenegli ultimi anni diversi dei principali partiti nazionali si sono scissi e riorganizzati su base regionale58. L’elettorato attivo è concessoai cittadini che abbiano compiuto i 18 anni di età mentre per poter godere dell’elettorato passivo è necessario aver compiuto l’età di anni 21. Alle elezioni politiche del 2003, MR ha ottenuto l’11,4% dei voti alla Camera ed il 12,1 al Senato, eleggendo 24 deputati e 5 senatori. Alle elezioni regionali (2004) in Vallonia si è attestato sul 24,3% dei voti, eleggendo 20 deputati, perdendone uno. Nella Regione di Brussel ha conquistato il 32,5% dei consensi ed ha eletto 25 seggi, 2 in meno. Alle elezioni politiche del 2007 MR è passato al 12,5% dei voti, con un incremento dell'1,1%, anche se i seggi sono passati da 24 a 23. Con il 31% dei consensi, i Riformatori si sono confermati il primo partito di lingua francese in Belgio. FN ha mantenuto il 2% dei consensi, confermandol'unico seggio in Parlamento59. 58 La scena politica fiamminga ha subito nei primi mesi del 2003 un notevole riassetto, dal momento che il Partito socialista Spo ha cambiato il proprio nome in Partito socialista alternativo (Sp.a) e il Partito popolare cristiano (Cvp) si è trasformato nel Partito democratico cristiano fiammingo (Cd&v), rafforzando la propria identità fiamminga, mentre l’ex presidente del Partito popolare cristiano Johan Van ecke ha creato una nuova formazione, la Nuova democrazia cristiana (Ncd). Nella Vallonia l’unica formazione prettamente regionale è l’unione Vallona (Rw), la quale tuttavia ha subìto una forte flessione a partire dagli anni ’80, fino a perdere la propria rappresentanza in seno al Consiglio della Regione. 118. 59 MR è una federazione centrista nata dall'incontro di quattro partiti: x Partito Riformatore Liberale (Parti Réformateur Libéral, PRL), liberale; x Fronte Democratico dei Francofoni (Front Démocratique des Francophones, FDF), federalisti francofoni; x Movimento dei Cittadini per il Cambiamento (Mouvement des Citoyens pour le Changement, MCC), cristiano democratico; x Partei für Freiheit und Fortschritt (PFF), il ramo di lingua tedesca del PRL. MR può essere considerato l'incontro tra il movimento liberale, quello cristiano moderato e quello federalista belga. In Europa aderisce al Europeo. Il FN è lo speculare francofono di Interesse Fiammingo, il partito di estrema destra delle Fiandre, che si impegna per l'indipendenza della regione di lingua olandese. Il Fn sia nel nome che nel simbolo (simile a quello del Movimento Sociale Italiano) si richiama apertamente al Fronte Nazionale francese di Jean-Marie Le Pen. Il Fronte Nazionale (Le Front National, FN) è un partito politico belga; è stato fondato nel 1985 da Da- 420 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Il Belgio per l’elezione dei propri membri in seno al Parlamento dell’Unione Europea ha adottato, con legge del 1989 e successive modificazioni e integrazioni,il sistema proporzionale. Il territorio è suddiviso in tre circoscrizione elettorali60. 4.9 Germania 4.9.1 Considerazioni generali La Repubblica federale di Germania (stima al 2005 ab.: 82.504.000)61 è una democrazia parlamentare il cui governo viene coniel Féret, che ha mantenuto la presidenza fino al 2006. Il FN è nato dalla fusione di tre piccoli movimenti di estrema destra: x Mouvement Social Nationaliste (Movimento Sociale Nazionalista); x Union pour une nouvelle Démocratie (Unione per una Nuova Democrazia); x Groupe Delta (Gruppo Delta). Il movimento liberale è rappresento in Belgio dal Partito Liberale, fondato nel 1846, un partito unitario, comprendente cioè sia valloni che fiamminghi. Il PL si caratterizzò per posizioni alquanto anti-clericali e per una politica attenta nei confronti delle classi meno abbienti, in particolare quella operaia. Il Fronte Democratico dei Francofoni (FDP) viene fondato nel 1964 per tutelare i diritti dei francofoni della provincia di Bruxelles. Nome originario era Front démocratique des Bruxellois francophones (FDBF). Il FDBF è nato quale risposta dei francofoni di Bruxelles alla legislazione linguistica nazionale del 1962-1963. Ben trecento docenti universitari diedero vita al Raggruppamento per il Diritto e la Libertà, che insieme al Blocco per la libertà linguistica, sarà la base su cui nascerà il FDBF. Non solo, Jan Duveusart, già primo ministro per il Partito Cristiano Sociale (oggi CDH) decise di sostenere dall'esterno il FDBF (Da Wikipedia, l'enciclopedia libera). 60 V. L. Hooge,Il Belgio: missione per eccellere in Europa. Federalizzazione e integrazione europea, in Governare con il federalismo, (a cura di B. Dente e al.), Torino, 2002. 61 Il 23 maggio 1949, unendo le tre zone d'occupazione occidentali, venne fondata la Repubblica federale di Germania quale democrazia parlamentare. A suo fondamento venne posta la "Legge fondamentale", della cui elaborazione erano stati incaricati, dalle potenze occidentali, i primi ministri tedeschi dell'ovest. La nuova costituzionecontiene il concetto che vieta qualsivoglia tentativo di abrogare l'ordinamento democratico e liberale dello Stato. Al consolidamento della democrazia della Repubblica federale contribuirono in misura decisiva politici come il primo Presidente federale Theodor Heuss (FDP, Partito liberal-democratico), il primo Cancelliere federale Konrad Adenauer (CDU, Unione democratico-cristiana), Ludwig Capitolo IX 421 stituito dalla maggioranza del Bundenstag (Camera dei Deputati)62. Il crollo del muro di Berlino del 1990 (costruito nel 1961 per evitare deflussi di popolazione dalla zona orientale a quella occidentale) segnò una delle più significative crisi di regime, certificata dalla legge per la modifica e l’integrazione della Costituzione della Repubblica Democratica tedesca del 17 giugno 199063. La Repubblica Federale di Germania il 3 ottobre del 1990 ha ricevuto l'adesione dei Länder orientali, già province della Repubblica Democratica Tedesca. La forma di governo è costituita da un governo parlamentare di tipo monistico a prevalenza del Cancelliere con sostituzione di quella semipresidenziale della Repubblica di Weimar64. Nell’ordinamento politico della Repubblica federale di Germania il potere dello Stato proviene dal popolo (principio della sovranità popoErhart (CDU) quale Padre del "miracolo economico", ma anche le grandi figure dell'opposizione dell'SPD (Partito social-democratico) come Kurt Schumacher, Erich Ollenhauer e Carlo Schmidt. Il 3 ottobre 1990 fu ripristinata l'unità della Germania. In seguito all'unificazione dei due Stati e agli enormi cambiamenti geopolitici verificatisi dopo il crollo del modello statale dell'est, la Germania e i suoi partner si sono trovati di fronte a sfide del tutto nuove: - ricostruzione dei Länder nuovi e completamento dell'unità interna; - ulteriore sviluppo dell'Europa verso l'unione politica; - costruzione di un'architettura globale per la pace e la sicurezza. V. R. Mussgnug, L’evoluzione del federalismo nella Repubblica federale tedesca, In Istitut. Fed., 1998, p. 889 62 È uno dei sei padri fondatori dell'Unione Europea che firmarono il Trattato a Roma nel 1957. Maggiore per popolazione e per numero di seggi al Parlamento (99), la Germania è oggi uno degli attori principali sulla scena politica europea ed internazionale. 63 V. F. Bartolomei, La Carta costituzionale della Repubblica Federale di Germania, Milano, 2000; P.G. Lucifredi, Appunti di diritto costituzionale comparato, Milano, 1990 64 La Repubblica di Weimar si costituisce nel 1919, e la forma di governo stabilita dalla costituzione ha anticipato il semipresidenzialismo (forma di governo adottata attualmente in Francia). L'art. 22 della Costituzione di Weimar stabilisce il principio proporzionale per l'elezione del parlamento tedesco (il Reichstag). V. Gerard Lebbholz, La dissoluzione della democrazia in Germania e lo Stato autoritario, Milano, Giuffré, 1996, a cura di F. Lannchester) p. XLIV e 101;J. Luther,La dottrina tedesca in tema di forma di governo, In Dir. Pubb. Comparato europeo, 1999, pp. 1126 ss.; L. Mezzetti, La dottrina tedesca in tema di forma di governo,, in Dir. Pubb. Comparato europeo, 2000, p. 1022;V. F. Palermo, J. Woelk, La dottrina tedesca in tema di forma di Stato, In Dir. Pubblico comp. Europeo, 2000, p. 470 422 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea lare, che viene esercitata mediante le elezioni ed il voto). I partiti, in quanto attori, che consentono l’espressione della volontà popolare, sono formalmentericonosciuti dalla costituzione. I parlamentari tuttavia non hanno alcun vincolo di mandato e dipendono esclusivamente dalla loro libera coscienza. 4.9.2 Sistema parlamentare In Germania vige un sistema parlamentare bicamerale, in cui i due rami del parlamento sono costituiti da Bundenstag e Bundesrat. Il Bundenstag (Dieta Federale), con 670 deputati , è la camera rappresentativaeletta con suffragio universale diretto, ogni quattro anni dal corpo elettorale; il sistema elettorale si riferisce dunque esclusivamente a questa camera. Il Bundesrat è la camera dei Länder i cui componenti sono designati dai singoli governi federali. Dei 670 deputati di cui si componeil Bundenstag,328 membri vengono eletti in 16 circoscrizioni elettorali regionali (Länder) con un sistema misto di maggioranza semplice e di rappresentanza proporzionale. Ogni elettore può esprimere due voti: il primo voto per un singolo candidato della circoscrizione elettorale; il secondo voto per una delle liste di partito presentate nella circoscrizione elettorale. Metà dei deputati attribuiti alla circoscrizione regionale vengono eletti tra i candidati più votati individualmente; l’altra metà viene eletta in proporzione ai voti riportati dalle liste di partito e tra i candidati delle stesse che hanno riportato il maggior numero di preferenze personali con il primo voto. I seggi vengono attribuiti alle singole liste proporzionalmente secondo il metodo Hare/Niemeyer e tenendo conto dei seggi già conquistati dai singoli candidati con il primo voto65. 65 Per l’analisi delle modifiche al sistema elettorale tedesco cfr: S. Scarrow, Germany: The Mixed – Member System as a Political Compromise, in M. S. Shugart. M.P. Wattenberg (a cura di), Mixed – Member Electoral System, The Best Both Words? Oxford University Press. Oxford, 2001, pp. 55 – 69; G. Cappoccia, The Political Consequences of Electoral Law: The German System at Fifty, in “West European Politics, XXV, 3. 2002, pp. 171 – 201; A. Missiroli, Germania. Proporzionale personalizzata e cancellierato, in O. Massari, G. Pasquino (a cura di), Rappresentare e governare, Il Mulino, Bologna, 1994, pp. 155 – 180; V. Losco, Considerazioni sul sistema elettorale tedesco alla luce della consultazione del 27.9.1998, Capitolo IX 423 I deputati vengono eletti per la metà nelle circoscrizioni e per l’altra metà in base alle liste presentate dai partiti politici. Vengono esclusi i partiti che non abbiano ottenuto almeno il 5% dei suffragi. Se un partito ha 3 candidati eletti direttamente non è più sottoposto alla clausola del 5%. Il sistema elettorale è in sostanza proporzionale, vale a dire che se il30% di elettorisi esprimono per un partito, ciò significa che questo partito avrà (circa) il 30% dei seggi in Parlamento. Per evitare un frazionamento del mosaico politico è stata introdotta la "clausola di sbarramento del cinque per cento": per entrare in parlamento un partito deve ottenere almeno il 5% dei voti. Si riscontrano, però, nel sistema elettivo anche elementi maggioritari. L'elettore ha, infatti,due voti a disposizione. Un voto è per il partito, e questo voto determina (in modo proporzionale) il numero dei seggi che questo partito avrà in parlamento (voto più importante). L'altro voto è, invece, per un candidato del collegio elettorale; viene eletto (a maggioranza semplice) chi ha ottenuto il maggior numero di voti. L’elettorepuò votare, con il primo voto, per un partito e con il secondo voto per un candidato di un altro partito. Un candidato che ha ottenuto la maggioranza semplice entra comunque in parlamento, anche se il suo partito non ha ottenuto il 5% a livello nazionale (vedi il caso della PDS). Il sistema elettorale è selettivo e si fonda sulla convenzione proporzionalistica e su una legislazione contro i partiti antisistema. Il modello è stato creato per assicurare la stabilità delle istituzioni costituzionali nel ricordo delle esperienze autoritative di un recente funestopassato66. in Diritto Pubblico, 2000, p. 627; L. Mezzetti, La dottrina tedesca in tema di forma di governo, in Diritto Pubb. Comp. Europeo, 2000, cit. p.1022. 66 V. F. Lanchester, Crisi di governo e crisi di legittimazione nella RFT: il ruolo del Tribunale costituzionale federale, in Quad. Cost. 1984, n. 1 pp. 83 ss.; D. Schefold,Sviluppi attuali del sistema parlamentare della Repubblica Federale di Germania, in Giurispr. Costituzionale, 1987, n.2, pp. 263 ss.; Mauro Volpi, Sistema elettorale tedesco e riforma elettorale in Italia, in Diritto pubblico comparato ed europeo, n. 3/2001, pp. 1387 ss.; C.S. Allen. (a cura di), Transformation of the German political system: institutional crisis of democratic renewal?, New York, Oxford, Berghahn Books, 1999; D.P Conradt., The German polity, White Plains, NY, Longman,2001; G.K. Roberts, German politics today, Manchester, Manchester University Press., 424 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Il meccanismo di trasformazione dei voti in seggi si fonda su un sistema proporzionale personalizzato (personalisierte Verhältniswahl) che unisce alla ripartizione proporzionalistica dei seggi, l’individuazione in collegio maggioritario uninominale per parte di essi con clausola di sbarramento del 5%. Gli effetti sul sistema partitico sono stati di tipo psicologico e meccanico che hanno consentito una generale semplificazione del sistema67. La classificazione del sistema elettorale tedesco non è pacifica nell’ambito degli studi elettorali; tecnicamente il sistema prevede due formule elettorali: la prima maggioritaria ad un turno (plurality system) per eleggere metà dei deputati (299 nelle elezioni del 2002) e quella proporzionale per l’elezione dell’altra metà (299). Si deve ritenere che si tratti non di un sistema misto, ma solo proporzionale in quanto la distribuzione dei voti viene determinata a partire dal voto di lista68. La maggioranza costituitasi nel Bundenstag, di solito come risultato della coalizione, elegge il Cancelliere federale. Aseguito delleelezioni del Bundenstag (settembre 2002) è stato confermato alla guida del Paese il governo di centro-sinistra, costituito dalla coalizione tra i socialdemocratici del Premier Schroeder (Spd, che ha ottenuto il 38,5% dei voti) e i Verdi del Ministro degli Esteri Fischer (8,6% dei suffragi). Il principale partito di opposizione è costituito dalle Unioni cristiano democratiche (CDU, rappresentata in tutto 2000. Per una ricostruzione storica del diritto elettorale tedesco, a partire dai sistemi vigenti negli Stati della Confederazione germanica, vedi: T. Würtenberger, Allemagne, in A. Pantélis, S. Koutsoubinas (sus la direction de), les régimes électoraux des pays de l’Union Européenne, London, Esperia Publications Ltd., 1998,, pp. 21 ss. La tesi che attribuiva al sistema proporzionale le tragiche vicende della Germania(repubblica di Weimar) a partire dagli anni ‘920 fu sostenuta da F.A. Hermens, Democracy v. Anarchy. A Study of Proportional Representation, Notre Dame UP, 1941;sul ruolo dell’opposizione cfr. M Friedrich., “Opposition im Deutschen Bundestag“, in Zeitschrift für Parlamentsfragen, 2, 1973, pp. 392 ss. 67 V. F. Lanchester, Il sistema elettorale in Germania e la discussione sulle riforme istituzionali in Italia, Parlamento, 1988, fasc. 5 – 7 (luglio), pp. 17-24. 68 Per l’analisi del sistema elettorale esistente in Germania con applicazione di due formule per un effetto proporzionale cfr.:G. Baldini- A. Pappalardo, Sistemi elettorali e partiti nelle democrazie contemporanee”, ed. Laterza, Roma – Bari, 2004, cit. pp. 40 ss. Capitolo IX 425 il paese e CSU, presente solo in Baviera), che hanno ottenuto alle legislative complessivamente il 38,5% dei voti. Secondo partito di opposizione è la Fdp (liberali) col 7,4%. Assenti i post-comunisti (Pds), non avendo raggiunto la soglia minima del 5%. In Germania, dopo le elezioni politiche per il rinnovo del Bundenstag del 10 ottobre 2005, è stato raggiunto un accordo politico che ha permesso ad Angela Merkel di essere il nuovo cancelliere della Repubblica Federale di Germania. Nelle elezioni Angela Merkel, leader della Cdu, ha ottenuto397 voti su 614 edè stata la prima donna della storia della Germania ad occupare questa importantissima carica. È l'ottavo cancelliere del dopoguerra e il primo ad essere cresciuto nella Germania comunista. La Merkel, neo cancelliere,guida una "grande coalizione" fra Cristiano democratici e Socialdemocratici. Per essere eletta Angela Merkel aveva bisogno della maggioranza assoluta. CduCsu e Spd disponevano insieme di 448 seggi (226 i conservatori, 222 i socialdemocratici). L'opposizione aveva, invece, 166 mandati (61 la Fdp, 54 la nuova sinistra, 51 i Verdi). Nell'elezione suindicata 51 deputati della maggioranza non hanno votato per la Merkel, come ha dichiarato il presidente del Bundenstag Norbert Lammert (Cdu), annunciando il risultato della votazione. In totale i voti contrari per Angela Merkel sono stati 202, dodici le astensioni, un voto è stato dichiarato non valido. La percentuale di preferenze per la Merkel è stata pari al 64,65% del totale di 614 deputati. L'elezione di Angela Merkel era pressoché scontata, ma vista l'insoddisfazione di molti deputati dello Spd espressa sia per la candidata che per il programma di governo, c'era molta attesa per vedere quale sarebbe stata l'ampiezza del consenso. E l'esito del voto ha dimostrato che una parte dei no per la nuova cancelliera è arrivata anche dal campo della maggioranza di Grosse Koalition, in particolare dalla Spd. Dopo l’elezione la neoeletta cancelliere si è recatadal presidente della repubblica Horst Koehler per l’investituraufficiale69. 69 Prima di lei, nel dopoguerra, la cancelleria tedesca è stata guidata da tre esponenti della Cdu: nell'ordine Konrad Adenauer, dal 1949 al '63; Ludwig Erhard dal 1963 al '66; e da Kurt Georg Kiesinger, dal 1966 al '69. Poi è stata la volta di due esponenti della Spd: Willy Brandt, dal 1969 al '74 ed Helmut Schmidt, dal 1974 all'82. Quindi è arrivata l'era di Helmut Kohl, il leader storico della Cdu, cheha governato dal 1982 al '98. Infine Gerhard Schroeder, Spd, dal 1998 al 2005 426 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea La Merkel ha formato il nuovo Governo con l’assegnazione di 8 ministeri alla SPD Socialdemocratici) e di 7 ministerialla CDU-CSU (Unioni cristiane). La seconda camera, il "Bundesrat", è invece una rappresentanza delle regioni, ha soli 68 deputati che non sono eletti direttamente dal popolo, ma sono delegati dai governi delle regioni. Dato che questa "Camera delle regioni" deve essere coinvolta nella legislazioni in tutti i casi in cui una legge tocca gli interessi regionali (che è il 60-70% dei casi), le regioni, in questo modo, hanno una notevole influenza sugli affari dello stato70. La politica a livello di Länder rappresenta per tutti i partiti un fertile terreno di reclutamento per funzioni di livello federale. Essi rivendicano il loro diritto a partecipare all’elaborazione della politica federale soprattutto per mezzo del Consiglio Federale (Bundesrat) il cui compito principale consiste nel collaborare alla preparazione della legislazione federale. A livello di Land si sono formati sistemi elettorali di tipo maggioritario, che hanno tentato un rinnovamento programmatico della politica regionale, operando un decentramento importante rispetto al governo federale. Alcuni studiosi hanno indirizzato al federalismo alla tedesca severe critiche in quanto nasconderebbe “uno Sta70 I Länder della Germania occidentale, risultati dalla seconda guerra mondiale sono formazioni artificiali, fatta eccezione della Baviera ed in certa misura dell’Assia la cui storia territoriale è abbastanza recente. I cinque Länder della Germania EST, ricostituiti nel 1990 nelle loro frontiere del 1946, poggiano invece su salde tradizioni storiche e geografiche. La superficie, la popolazione e la potenza di tali istituzioni divergono sensibilmente nei 16 Länder, il più grande e importante è quello della Renania – Westfälia (17 milioni di abitanti). Tre Länder: Berlino, Amburgo e Brema (il più piccolo con 680.000 abitanti) rientrano nella categoriadelle città – Stato. Lo Stato federale detiene attualmente il principale potere legislativo. La costituzione tedesca (Grundgesetz) presuppone in linea di principio una competenza legislativa a livello di Länder e prevede una competenza esclusiva dello Stato federale solamente per un certo numero di settori ristretti, quali la politica estera e la difesa. Il potere centrale è riuscito a cambiare tale linea di tendenza affermando una potere codecisionale globale sulla restante legislazione federale (più della metà delle leggi federali necessitano dell’approvazione esplicita del Consiglio federale (Bundesrat, diretta espressione dei Länderper poter entrare in vigore). Cfr. F. Lanchester, I sistemi di rappresentanza neiLänder e nei comuni tedeschi, in G. Riccamboni (a cura di). Cittadini e rappresentanza in Europa, Milano, Franco Angeli, pp. 55-74. Capitolo IX 427 to unitario camuffato” nel quale le politiche regionali non avrebbero più il potere di differenziare la propria politica71. Nel quadro della ratifica del Trattato di Maastricht e della conseguente necessariamodifica della costituzione che esso ha imposto (per la quale è richiesta la maggioranza dei due terzi al Bündesrat), i Länder sono riusciti a migliorare sensibilmente la loro posizione nella politica europea. Lo Stato Federale non può trasferire competenze all’Unione Europea senza l’approvazione del Bündesrat. Il Governo federale si trova ormai nella necessità di tener conto, nella propria politica comunitaria, della posizione dei Länder, in relazione alla loro competenza nelle relazioni Stato federale – Länder. Nei casi in cui entrano in gioco lecompetenze legislative esclusive dei Länder, la rappresentanza della Repubblica federale, nell’ambito degli organi dell’Unione Europea,passa ad un membro del Governo di unLänd, ai sensi dell’art. 23 della Costituzione. Nel Comitato delle Regioni, i Länder e i comuni tedeschi sono rappresentati da 24 membri, 21 dei quali appartengono ai primi che, nella maggioranza dei casi, inviano membri dei loro governi e talvolta dei parlamentari; gli altri 3 seggi vanno ai raggruppamenti comunali, organizzati nell’associazione federale delle organizzazioni centrali comunali (“Bundersverband der kommunalem Spitzenverbände.”)72 L'affluenza alle urne nelle elezioni per il parlamento nazionale è, in 71 Vedi: Heidrum Abromeit, Der verkappte Haihetsstaat. Editore: Leke und Budrich, 1992; R. Mussgnug, L’evoluzione del federalismo nella Repubblica federale tedesca, in Ist. Fwed. 1998, p. 889; K. Shubert e J. Wagner, Federalismo e riordino territoriale: la fallita fusione di Berlino e del Brandeburgo ovvero le particolarità del federalismo tedesco, in Quad. cost., n. 1, 1998; J. Woelk, Quale futuro per il federalismo tedesco? Sviluppi istituzionali in Germania nell’ultimo decennio, in Ist. Fed. 2000, p. 247; F. Corvaja, Fondamento e limiti dell’autonomia costituzionale dei Länder nella Germania Federale, in Re. 2001, p. 267. 72 Tutti i governi dei Länder della Germania, nonché quelli di numerosi comuni dispongono a Bruxelles di un proprio ufficio di contatto e di rappresentanza. Il potere legislativo esclusivo di tali istituzioni riguarda essenzialmente i settori dell’insegnamento e della politica culturale, la radio, latelevisione, le questioni comunali, la polizia, l’ordine pubblico, le strade etc. In tutti gli altri settori della politica interna i Länder sono invitati ad elaborare le proprie politiche in sintonia con gli indirizzi del sistema politico federale mediante una legislazione complementare, nonché mediante il raggruppamento delle proprie risorse finanziarie ed amministrative. 428 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea media,intorno al 80%, mentre nelle elezioni comunali e regionali oscilla intorno al 70%; negli ultimi anni è comunque in discesa, come in Italia. L’elezione dei 99 membri nel Parlamento Europeo viene fatta sia a livello di liste dei Lander (Stati federati) che a livello di liste federali Nel Parlamento Europeo, al contrario di quanto si riscontra a livello nazionale, la maggioranza di deputati tedeschi é rappresentata da membri del PPE-DE (53 tra esponenti della CDU e della CSU), mentre solo 35 appartengono al partito al governo, come risulta dalla tabella seguente. Il sistema elettorale per l’elezione dei membri del Parlamento dell’Unione Europea rappresenta esponenzialmente un maggior grado di rappresentatività rispetto a quello per l’elezione del Parlamento nazionale. 4.10 Finlandia La Finlandia (stima al 2004 ab.5.220.000) è una Repubblica parlamentare con sistema definito originariamente “semipresidenziale”73, 73 Il potere legislativo era originariamente incentrato su un Parlamento monocamerale – l’Eduskunta – eletto con sistema proporzionale, che legava a sé il Governo attraverso il rapporto fiduciario. In tale singolare semipresidenzialismo finnico, la chiave di lettura in senso presidenzialista era quella dell’art. 33 della “Forma di governo”, che attribuiva al solo Presidente la facoltà di stabilire i rapporti dello Stato con gli Stati esteri. La carica presidenziale era, altresì, corredata da un’ampia e discrezionale potestà di emanazione di decreti con forza di legge, di apposizione di veti sospensivi a leggi parlamentari e di scioglimento anticipato del Parlamento. Questo impianto normativo, aperto peraltro a divergenti interpretazioni, non poté impedire per lungo tempo un’evoluzione del sistema in direzione parlamentare, con il Capo dello Stato in ruolo di mediatore. A circoscrivere le funzioni di quest’ultimo contribuivano del resto le modalità della sua elezione da parte di un collegio ristretto di trecento “grandi elettori”, che non gli consentivano di stabilire un rapporto diretto con il popolo. La più efficace leva a favore di una possibile interpretazione presidenzialista dei poteri del capo dello Stato restava semmai la sfera dei rapporti con l’estero, come fu constatato a partire dal secondo dopoguerra. Le autonomie locali trovanole proprie radici in una dimensione comunitaria dei villaggi rurali dove l’autogoverno risale ad una fase preistorica, che non è stata pienamente violata neppure in seguito ai successivi sconvolgimenti storici. Durante un lungo secolo trascorso sotto la sovranità russa, pur tra fasi alterne in merito all’autonomia delle es- Capitolo IX 429 anche se tale Paese è caratterizzato da una combinazione di presidenzialismo e di parlamentarismo74. La nuova Costituzione del 2000, che ha trasformato definitivamente il sistema politico finlandese da semipresidenziale a parlamentare (completando le riforme avviate dall’ex presidente Mauno Koivisto negli anni ’80), prevede che non sia il Presidente della Repubblica a guidare le consultazioni per formare i governi. Il primo tentativo spetta invece al leader del partito che ha ottenuto i più alti consensi. Le elezioni in Finlandia sono di quattro tipi: elezioni presidenziali, elezioni politiche, elezioni municipali e elezioni europee. Il capo dello stato viene eletto mediante elezioni che si svolgono ogni sei anni; il primo turno si svolge sempre nella seconda domenica di gennaio. Se un candidato raggiunge il 50% dei voti al primo turno diventa automaticamente presidente della repubblica, altrimenti si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ricevuto più preferenze. Il presidente, dopo le recenti modifiche costituzionali, non può essere rieletto per più di due mandati consecutivi. Attualmentepresidente è la socialdemocratica Tarja Halonen, che ha vinto le elezioni presidenziali del 15gennaio 2006 ed è stata riconfermata al termine del ballottaggio con l’esponente dei conservatori. Il Parlamento monocamerale della Finlandia (in finlandese Eduskunta, in svedese Riksdag) è composto da 200 deputati eletti su base proporzionale ogni 4 anni. Di tali membri 299 sono eletti in 14 circoscrizioni elettorali provinciali con il sistema proporzionale. L’attribuzione dei seggi è effettuata con il metodo d’Hondt alle singole liste di partito o gruppi di partiti coalizzati. Un seggio è riservato alle isole Aland e viene di fatto attribuito al partito che ha ottenuto il maggior numero di voti. La democrazia finlandese e la ricerca del consenso devono essere intese anche in relazione alla posizione geosenziali decisioni di governo, la Finlandia riuscì a conservare una propria organizzazione amministrativa centrale, fondata a sua volta su una tradizione giuridica modellata su quella svedese precedente.Solo in seguito al crollo dell'Unione Sovietica agli inizi degli anni ’90, la Finlandia è riuscita ad uscire dall'ombra della guerra fredda, e sciogliere gli stretti vincoli che, anche dopo l'indipendenza ottenuta nel 1917, ancora la legavano al "gigante rosso". 74 Vedi: Davids Arter, Politics and Policy – Mahing in Finland, Brighton, 1987: Wheatsheaf Books. 430 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea politica del Paese, situato tra Est ed Ovest che ha imposto rigide costrizioni alla politica estera della Finlandia75. Il sistema partitico presenta divisioni profonde sulle quali ha influito non poco la divisione linguistica (finlandese e svedese). Dopo le elezioni del 1999 nel Parlamento erano rappresentati dieci partiti e nelle elezioni del 2003 i partiti rappresentati sonoformalmente otto76. Il sistema elettorale proporzionale consente agli elettori la possibilità non solo di scegliere tra i partiti in lizza per conquistare seggi in Parlamento, ma anchetra i singoli candidati contrassegnati da numeri sui quali l’elettore scrive la propria preferenza. Va notata una certa disaffezione dell’elettorato verso i partiti che vanno per la maggiore e la tendenza dei giovani a votare per singoli candidati anziché per i partiti77 Dal 1995, per due legislature, il governo finlandese si è basato sulla collaborazione tra un ampio gruppo di partiti, dagli orientamenti assai diversi: Socialdemocratici (SDP), Conservatori (Partito della Coalizione Nazionale, KOK), Alleanza di Sinistra (ex comunisti), Partito del Popolo Svedese (espressione della minoranza di lingua svedese) e Lega dei Verdi. Le elezioni politiche del 16-17 marzo 2007 hanno visto l’affermazione del Partito di Centro, principale forza d’opposizione e dei socialdemocratici del premier Paavo Lipponen. Questo evento segna anche l'anniversario dei cento anni dalle prime elezioni politiche finlandesi, che vennero celebrate il 16 e 17 marzo 1907, e furono le prime elezioni a suffragio universale, sia maschile che femminile, in Europa. Queste elezioni hanno anche registrato il record di donne elette nel Parlamento finlandese: 84 su 200 (42%). Dopo una serie di col75 La situazione politica è mutata dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica nel 1991 e la chiara tendenza di questo Paese a muoversi indirezione dell’occidente ed in seguito al divenire membro dell’Unione Europea. Vedi: Lindtröm, Bjarne, Hedegaard, Lars & Veggeland, Noraly, 1996, Regional Policy and Territorial Supremacy, Stockholm: Nord REFO. 76 Vedi: Sten Berglund, Finland in a Comparative Perspective, in Sundberg Jan & Berglund, Sten, Finish Democracy. Helsinki, 1990: The Finish Political Science Association. 77 Vedi: Olof Peterson, The Government and Politics of the Nordic Countries, Stockholm, 1994; Tilastokeskus, Soumen tilòastollinen vuosikirj/statistical Yearbook of Finland, 1995; Capitolo IX 431 loqui con tutti i partiti, la premier designata Anneli Jaatteenmaki, leader dei centristi, è giunta alla decisione di formare una coalizione tra il suo partito, i socialdemocratici ed il Partito del Popolo Svedese. Si tratta della riedizione, dopo 16 anni, del centro-sinistra, che tra il 1966 ed il 1987 aveva dominato il panorama politico finlandese. Nessun paese europeo occidentale ha mai sperimentato, in tempi di ordinaria amministrazione, una collaborazione tra forze politiche così diverse e, apparentemente inconciliabili. L'adesione all'UE è avvenuta nel 1995, ed è coincisa, insolitamente, anche con l'entrata nella zona euro, unico esempio tra i tre Stati Membri scandinavi. Diversamente dai vicini svedesi e danesi la Finlandia dimostra un entusiastico approccio alla visione europea78. Il vigente sistema proporzionale dà agli elettori la possibilità di scegliere non solo tra i partiti, ma anche tra i singoli candidati. L’elettore può votare un candidato mediante apposizione sulla scheda del numero con cui esso è contraddistinto. Per l’elettorato la scelta del partito è più importante di quella dei candidati, anche se per i giovani elettori vale il contrario79. 4.11 Irlanda La Repubblica d’Irlanda (stima al 2006 ab.: 4.200.000) è una democraziaparlamentare che ricalca ilmodello britannico, ma, a differenza del Regno Unito, dispone di una Costituzione scritta80. Il Capo dello Stato viene eletto direttamente dal popolo, con mandato settennale. Ha compiti essenzialmente rappresentativi81. Il potere 78 La Finlandiacostituisce attualmente un importante punto di riferimento per la cooperazione con i Paesi del Baltico, (specialmente l'Estonia per la vicinanza linguistica e culturale), soprattutto nei settori dell'ambiente, del commercio, dei trasporti e dell'energia. 79 Vedi: Pertti Pesonen, The voters? Choice of Candidate, In Borg, Sami & Sänkiaho, Risto, The Finnisk Voter. Helsinki, 1995: Associazione finlandese di scienze politiche. 80 Nel 1973 l’Irlandaha aderito alla Comunità Economica Europea e nel 1991 ha ratificato il trattato di Maastricht. Dal 2002 l'euro ha sostituito la sterlina irlandese. 81 Negli ultimi anni, la figura politica irlandese più nota nel mondo è stata Mary Robinson, presidente dal 1990, la prima donna a rivestire tale carica. Da notare che 432 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea esecutivo è esercitato dal governo, guidato da un Primo Ministro (Taoiseach), nominato dal Presidente su raccomandazione della Camera dei Deputati. Il Parlamento (Oireachtas), eletto ogni cinque anni con sistema proporzionale, è composto da due Camere: Dáil Aireann (la Camera Bassa dei deputati, 166 membri eletti) e Seanad Aireann (il Senato o Camera Alta del Parlamento), composto da 60 membri nominati: 11 dal Primo Ministro all’atto dell’insediamento; sei dalle università e quarantatre scelti da un collegio ristretto che comprende gli 83 consiglieri delegati (ciouncillors) delle contee e delle città del Paese) i cui poteri e funzioni derivano dalla Costituzione approvata dal popolo nel 1937 e dai successivi emendamenti, sempre sottoposti a referendum popolare. Il regime parlamentare irlandese deriva dalla tradizione anglosassone ma possiede della distintive caratteristiche, che sicuramente ne innovano la portata fino a stravolgere l’idea di ‘rule of law’ che è propria del sistema anglosassone. La Camera bassa ha poteri nettamente superiori all’altra; infatti le leggi sono approvate da entrambe le camere e firmate dal presidente ma, in caso di mancata approvazione del Senato, c’è comunque la possibilità per il Dail di emanarle ugualmente attraverso speciali procedure.82 Il sistema elettorale è proporzionale con la variante, rispetto agli altri sistemi proporzionali,del “single transferable vote” ordinale (il voto la Repubblica d'Irlanda nel 2011 (scadenza del mandato presidenziale in corso) avrà un Presidente della Repubblica donna da 21 anni ininterrotti. 82 V.P. Biscaretti Di Ruffia, La Costituzione dell’Irlanda (EIRE), Testi Costituzionali, 1946; James Casey, Constitutional law in Ireland, Sweet & Maxwell, London, 1992; Basil Chubb, The constitution and constitutional change in Ireland, Dublin Institute of Public Administration,1978; Desmond M Clarke., The role of Natural Law in Irish Constitution, 1982, 17 IJ, 187; Declan, Costello The natural law and the Irish Constitution, Studies, (winter 1956); Brian Doolan, Constitutional law and Constitutional Rights in Ireland, Gill & Macmillan, Dublin 1994;V Grogan., Constitution and natural law, Christus Rex ,1954; Richard Humphreys, Constitutional Interpretation, Dulj, 1993; J. Anthony Foley and Stephen Lalor (ed), Gill & Macmillan Annotated Constitution of Ireland (Gill & Macmillan, 1995) (ISBN 071712276X); Alan J. Ward, The Irish Constitutional Tradition: Responsible Government and Modern Ireland 1782-1992 (Irish Academic Press, 1994) (ISBN 0716525283). Capitolo IX 433 singolo trasferibile) ideato da Hare, che associa la scelta ordinale dei candidati ad un'alta proporzionalità. Gli irlandesi apprezzano molto questo sistema elettorale: ne sono prova i due fallimenti di abolizione per via referendaria.. Si tratta dell’unico sistema non di lista, che non prevede cioè una lista di candidati, sottoposta dai vari partiti al giudizio degli elettori. La distribuzione dei seggi viene effettuata attraverso il calcolo di un quoziente, superato il quale i restanti voti affluiscono ad altri candidati della stessa lista rimasti in lizza in modo proporzionale alle preferenze ottenute fino all’assegnazione di tutti i seggi. Si nota poi che in questo sistema, unico nel suo genere, non prevede liste di candidati sui quali deve convergere la volontà dei votanti in quanto i singoli candidati si presentano in competizione tra loro anche a livello intrapartitico83. Per capire meglio la dinamica politica irlandese, si deve guardare alle caratteristiche del sistema dei partiti irlandese che si differenzia abbastanza da quello dei principali paesi europei.Il sistema irlandese non si inserisce in un modello generale di sistema di partiti e non è strutturato sulla tradizionale e inequivocabile divisione sociale tra sinistra e destra. Piuttosto, i due partiti principali, Fianna Fáil e Fine Gael, sono il risultato della scissione all’interno dell’originale partito Sinn Fein durante gli anni venti84. Fianna Fáil ha vinto le elezioni politiche irlandesi del 24 maggio 2007. Il suo leader, Bertie Ahern, ha formato il suo terzo governo consecutivo.Ci sono principalmente due ragioni che giustificano il successo elettorale di Ahern: il primo è l’andamento fortemente positivo dell’economia irlandese, il secondo è la pace in Nord Irlanda. Bertie 83 Per il funzionamento del voto singolo trasferibile e per i relativi conteggi cfr.: la tabella di pag. 38 dell’opera di G. Baldini e A. Pappalardo, Sistemi elettorali e partiti nelle democrazie contemporanee, ed. Laterza, Roma - Bari, 2004, cit. pp. 38 ss. 84 Durante la guerra civile del 1922-23, Fine Gael faceva parte della fazione che sosteneva il Trattato Anglo-Irlandese del 1921 e Fianna Fáil sosteneva la fazione anti-Trattato. Nel panorama politico moderno i due partiti tendono a convergere verso posizioni di centro, oppure si collocano inter-scambiabilmente su posizioni di centro-sinistra e di centro-destra, e altre volte occupano simultaneamente le stesse posizioni, da destra o da sinistra. Durante gli anni venti e trenta, e fino ai tempi più recenti, il partito Laburista ha svolto il ruolo di terzo partito del sistema politico irlandese. 434 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Ahern è stato alla guida di un paese che ha sperimentato, più di ogni altro paese d’Europa, una forte crescita economica negli ultimi 10 anni, ed ha svolto un ruolo cruciale nell'assicurare la pace in Irlanda del Nord. Questi due fattori hanno certamente contribuito ad assicurargli il terzo mandato di Taoiseach (Primo Ministro). I deputati da eleggere alla Camera bassa del parlamento (the Dáil Éireann) sono 166, Fianna Fáil, ha ottenuto 78 deputati (il 41.6% dei voti), circa lo stesso risultato delle elezioni politiche del 2002. Il principale partito di opposizione, Fine Gael, ha guadagnato qualcosa, ma non abbastanza per superare Fianna Fáil, e far eleggere il suo leader, Enda Kenny. Fine Gael ha ottenuto 51 deputati (il 27.3% dei voti) con un aumento del 5% rispetto alle elezioni del 2002. Il terzo partito, il partito Laburista ha confermato il suo consenso ottenendo 20 deputati (10.1% dei voti); il Partito dei Democratici Progressisti al contrario ha visto scendere pesantemente il suo consenso, ottenendo solo due deputati (1.2% dei voti). I Verdi hanno ottenuto 6 deputati (il 4.7% dei voti); infine Sinn Féin ha ottenuto 4 deputati (6.9% dei voti). La vittoria dei “no” nel giugno 2001 nel referendum sul Trattato di Nizza, (approvato poi in un secondo referendum tenuto nell'ottobre del 2002), è tuttavia testimonianza di un sottile euroscetticismo85. Al Parlamento Europeo ben 10 dei 15 membri (ora 12) appartengono ai due partiti principali (con un rapporto di 6 a 4 per il partito di governo), mantenendo il peso della delegazione spostata verso il centro destra. I due sistemi elettorali di stampo proporzionale, vigenti per l’elezione del Parlamento nazionale e dei membri del Parlamento dell’Unione Europea, si equivalgono e rappresentano un elevato livello didemocraticità essendo rappresentati proporzionalmente anche i partiti minori. I cittadini comunitari possono votare alle elezioni europee ed amministrative; tutti i residenti, poi, indipendentemente dalla cittadinanza, possono partecipare alle elezioni amministrative86. 85 Alle ultime consultazioni del maggio 2002, il Fianna Fail del premier uscente Bertie Ahern ha ottenuto 81 dei 166 seggi. Ahern è stato confermato Primo Ministro alla guida di una coalizione composta dal Fianna Fail e dai Democratici Progressisti (8 seggi). Il principale partito d'opposizione, il Fine Gael, ha perso consensi ottenendo solo 31 seggi, 23 in meno rispetto a quelli detenuti nella precedente legislatura.. Capitolo IX 435 4.12 Lussemburgo Il Granducato (unico al mondo) di Lussemburgo (stima al 2006 ab.: 465.000) è uno Stato unitario con un’unica Camera legislativa e un solo ordine di enti territoriali (i comuni in numero di 118); è una monarchia costituzionale parlamentare ereditaria con un Parlamento unicamerale (camera dei Deputati), composto da 60 rappresentanti eletti direttamente dal popolo per cinque anni con sistema proporzionale; esso ha la funzione di approvare i disegni di legge che l'esecutivo propone dopo una consultazione con i 21 membri del Consiglio di Stato87. I seggi alla Camera dei Deputati sono attribuiti in base alle regole della rappresentanza proporzionale ed al principio del quoziente elettorale più piccolo. Il Paese è diviso in quattro circoscrizioni elettorali ed i 60 seggi vengono così distribuiti: //23 deputati eletti nel Sud; //21 deputati eletti al Centro; //9 deputati eletti nel Nord;8 deputati eletti nell’Est. Ogni elettore lussemburghese può esprimere tante preferenze quanti sono i deputati da eleggere nella sua circoscrizione. Si può votare con il sistema delle liste di partito o su base nominale. Chi vota col sistema delle liste non può esprimere alcun altro voto, pena l’annullamento della scheda, a meno che la lista scelta non contenga un numero di candidati inferiore a quello dei deputati da eleggere in quella data circoscrizione. L’elettore che vota su base nominale può scegliere candidati della stessa lista o di liste diverse, facendo però at- 86 CEC, Europese Commissie, 1996, Eurobarometer: De pubblieke opinie in de Europese Unie, nr. 44, voorjaar, 1996. 87 Il Lussemburgo è fra i Paesi fondatori della Comunità Europea. Anche in ragione della sue piccole dimensioni, (poco più di 2500 kmq), la politica estera è sempre stata caratterizzata da una grande attenzione alla cooperazione internazionale: in campo politico ed economico attraverso l'appartenenza all'Unione Europea e ai rapporti con gli altri Stati membri, in primo luogo Paesi Bassi e Belgio (Benelux) e, sul lato della difesa, con l'adesione alla NATO. Il Lussemburgo è diviso in tre aree amministrative, o distretti:// 1 - Diekirch // 2 - Grevenmacher // 3 - Lussemburgo.Questi distretti sono ulteriormente divisi in 12 cantoni, a loro volta ulteriormente divisi in 116 comuni. Di questi, 12 hanno lo status di città. 436 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea tenzione a non esprimere più preferenze dei seggi disponibili88. È ammesso il cumulo delle cariche (è frequente che i deputati siano anche sindaci di Comuni). Un secondo organo, il "Conseil d'Etat" (Consiglio dello Stato), composto da 21 cittadini ordinari nominati dal Granduca, consiglia la Camera dei Deputati nella stesura delle legislazioni Il Paese, sebbene si sia da sempre adoperato per la causa europea, non nasconde in alcune occasioni un certo atteggiamento protezionista, volto a difendere le proprie peculiarità. soprattutto fiscali e finanziarie. A livello politico, le elezioni legislative del 13 giugno 1999 hanno portato alla formazione di un governo di coalizione composto dal Partito cristiano-sociale (Csv) e dal Partito democratico (Dp), sotto la guida del primo ministro Jean-Claude Juncker (Csv). Esiguo è numero di membri chiamati al Parlamento Europeo (6). Per questo motivo la delegazione lussemburghese è anche l'unica a non dover subire ulteriori tagli in vista di allargamenti. Non permette naturalmente a nessuno degli schieramenti politici di avere quella maggioranza che può fare peso in campo europeo. I cristiano democratici del CSV ed i socialdemocratici del LSAP hanno infatti entrambi 2 rappresentanti, cui si aggiungono un membro dei Verdi ed un liberale. Il sistema elettorale è proporzionale conunica circoscrizione nazionale. I seggi vengono ripartiti con metodo d'Hondt. Ogni elettore dispone di tanti voti quanti sono i seggi da assegnare (sei). È ammesso il "panachage" o combinazione di liste elettorali. L'elettore ha cioè la possibilità di assegnare la totalità dei suffragi in blocco a una sola lista o di ripartirli tra i vari candidati delle diverse liste, o ancora di ripartirli tra i candidati di una stessa lista. Ai cittadini comunitari è concesso il diritto di voto con un periodo minimo di residenza nelterritorio lussemburghese (almeno 10 anni nel corso degli ultimi 12 anni). Inoltre, gli altri cittadini dell'Unione devono disporre della pienezza del diritto di eleggibilità nel proprio paese. 88 Vedi: Majerus P.& J. M.Goerens, The Institutions of The Grand Duchy of Luxembourg, Lussemburgo, 1995. Capitolo IX 437 . 4.13 Portogallo Il Portogallo (stima al 2004 ab.: 10.475.000)è una Repubblica parlamentare con una sola camera di 230 deputati, eletti ogni quattro anni a suffragio universale diretto. Il presidente è eletto con voto diretto dai cittadini, per un periodo di cinque anni89. È un Paese di contrasti rispetto agli altri membri dell’UE.. Infatti, pur essendo uno degli Stati più centralizzati, tuttavia dispone di una delle democrazie locali più partecipative e moderne90. La Costituzione portoghese del 1976 si fonda sui principi della democrazia rappresentativa e della libertà politica. È una Costituzioneche si preoccupa di affermare i diritti fondamentali dei cittadini e dei lavoratori e la divisione dei poteri. Sorta dopo la lunga dittatura fascista di Salazar, nel pieno della crisi industriale, e sotto l'influenza di diverse tendenze, la Costituzione del '76 si propone di favorire la realizzazione dell'eguaglianza sostanziale, la partecipazione e la socializzazione. L'art. 2, intitolato "Stato di diritto democratico" recita:<<La Repubblica portoghese è uno Stato di diritto democratico, fondato sulla sovranità popolare, sul pluralismo di espressione e di organizzazione politica democratica, sul rispetto e la garanzia di effettività dei diritti e delle libertà fondamentali e sulla separazione e indipendenza dei poteri, che si propone la realizzazione della democrazia economica, sociale e culturale ed il rafforzamento della democrazia partecipativa>>. Il Portogallo è suddiviso in due regioni autonome (Azzorre e Madera) e in 18 distretti sul territorio continentale. L'intero territorio, sia continentale che insulare, è diviso in 308 municipi e questi a loro volta sono divisi in oltre 4.000 freguesias. La Costituzione prevede la creazione sul territorio continentale di Regioni amministrative (att. 225-234) e la contestuale scomparsa dei Distretti (art. 291). 89 V. G. De Vergottini, Le origini della Seconda Repubblica portoghese, Giuffrè 1976; C. Decaro., “Sviluppi della forma di governo in Portogallo (1974-1982)”, in Quaderni costituzionali, 2, 1983, pp. 323 ss. 90 V. W.C. Oppello Jr., Portugal’s political development. A comparative approach, Westview Press, Boulder; M Soarez., L’opposizione democratica in Portogallo, Milano 1974. 438 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea La Costituzione ha previsto un Parlamento unicamerale, composto da 230 membri, che vengono eletti in 22 circoscrizioni elettorali in base a liste chiuse di partito con assegnazione dei seggi seguendo il sistema della rappresentanza proporzionale d’Hondt. Secondo la Costituzione i deputati rappresentano l’intero paese e non la circoscrizione in cui sono stati eletti. La camera portoghese - Assemblea della Repubblica - è eletta con il medesimo sistema in uso per l’elezione dei membri delParlamento Europeo. Il voto è bloccato senza preferenza; non vi è alcun sbarramento. Il territorio portoghese costituisce una circoscrizione elettorale unica. La verifica dei risultati elettorali è effettuata a livello dei distretti e delle regioni autonome da una commissione di verifica. Il sistema partitico è bipolare con due grandi partiti che si avvicendano al potere: a sinistra troviamo il Partito socialista che rappresenta gli interessi dei lavoratori; e al centro - destra il Partito socialdemocratico che rappresenta gli interessi del capitale ed è ideologicamente favorevole al libero mercato. Ai margini dei due grandi partiti si attestano raggruppamenti più estremisti. Il partito comunista portoghese a sinistra e i conservatori del Partito popolare (Partido Popular- PP), prima denominato Centro democratico e sociale e il partito popolare monarchico (PPM)91. Il Partito Social Democratico (PSD) portoghese, di centro destra, membro del Partito Popolare Europeo, ha vinto le elezioni politiche del 17 marzo 2002. Le elezioni politiche anticipate, svoltesi in Portogallo il 20 febbraio 2005, hanno provocato la sconfitta della coalizione di destra al governo (formata dal PSD, il “Partito socialdemocratico”, e dal 91 Confermando il trend europeo, nelle elezioni politiche del marzo 2002, vinte dal Partito Socialdemocratico (Psd, 105 seggi) la destra portoghese ha superato il partito socialista che era al governo. Il suo leader Durao Barroso ha formato una coalizione di governo, che può contare complessivamente su 119 seggi, con il Centro Democratico Sociale/Partito Popolare (Cds/Pp) del vicepremier e ministro della Difesa, Paulo Portas. L'opposizione, che in Parlamento non costituisce una forza coesa, è composta dal Partito socialista, dalla Coalizione Democratica Unita e dal Blocco delle Sinistre. Cfr. G De Vergottini., Lo Shadow cabinet. Saggio comparato sul rilievo costituzionale dell’opposizione nel regime parlamentare britannico, Giuffrè 1973. Capitolo IX 439 CDS/PP, “Centro democratico sociale/Partito popolare”), responsabile di una politica antisociale. Insieme alla schiacciante vittoria (45,04% dei voti, 119 seggi, la maggioranza assoluta) del Partito Socialista (PS), che peraltro sembra fautore di una politica di stampo “blairiano”, va segnalato il grande successo ottenuto dai partiti della sinistra comunista e alternativa: il Partito Comunista Portoghese (PCP) alla testa della cosiddetta “Coalizione Unitaria Democratica” (CDU) comprendente, tra gli altri, il “Partito Verde Ecologista”; il “Blocco di Sinistra” (BE), storica formazione di estrema sinistra”. Se consideriamo le altre marginali formazioni di estrema sinistra, presenti alle elezioni, emerge che le formazioni della sinistra comunista e radicale sfiorano il 15% dei consensi, con la CDU al 7,57% e 14 deputati e il Blocco di Sinistra al 6,38% con 8 seggi. A nostro avviso, la vera sorpresa della consultazione non è tanto l’affermazione del BE (comunque inferiore alle aspettative, visto che i sondaggi prevedevano che questa formazione avrebbe sorpassato i comunisti), quanto invece lo smagliante successo ottenuto dalla CDU. I comunisti con oltre il 7,5% smentiscono clamorosamente tutti quei pronostici (accreditati anche da settori della sinistra “alternativa” italiana) che, considerando puramente residuale il forte carattere identitario e di classe del PCP, ne prevedevano l’inesorabile declino. I comunisti e i loro alleati, grazie anche al saldo radicamento delle loro organizzazioni tra le masse lavoratrici, conquistano voti (anche tra le giovani generazioni) e, aggiudicandosi 14 seggi (+3), superano il CDS/PP, diventano la terza forza politica nazionale e si confermano una delle più influenti forze comuniste del panorama europeo. Domenica 22 gennaio 2006 si sono tenute le elezioni presidenziali in Portogallo, a poco meno di un anno dalle politiche anticipate (20 febbraio 2005) ed a soli tre mesi dalle amministrative (9 ottobre 2005). La crisi politica del Partito socialista, già diviso a pochi mesi dall’insediamento del suo nuovo governo, favorisce la vittoria di Aníbal Cavaço Silva nelle elezioni presidenziali del gennaio 2006. Alle presidenziali, il candidato ufficiale dei socialisti, Soares (778.389 voti e 14,34%), è statosuperato non solo dal candidato della destra, uscito vittorioso al primo turno (2.745.491 voti e 50,59%), ma anche 440 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea dall’indipendente di area socialista Alegre (1.124.662 voti, pari al 20,72%)92. Per l’elezione dei membri del Parlamento dell’Unione Europea è vigente un sistema proporzionale. I seggi vengono ripartititi tra le varie liste in base al metodo d’Hondt, conformemente alle disposizioni del sistema elettorale generale. La camera portoghese - Assemblea della Repubblica - è eletta con il medesimo sistema in uso per l’elezione dei membri delParlamento Europeo. Il voto è bloccato senza preferenza e senza alcun sbarramento. 4.14 Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord 4.14.1 Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord Il Regno Unito di Gran Bretagna93 e Irlanda del Nord (in ingl.: United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland) (stima al 2006 ab. 60,2 milioni)94, è una Monarchia costituzionale (la più antica), che si 92 A sinistra Jerònimo de Sousa, Segretario Generale del Partito Comunista Portoghese, ha ottenuto il miglior risultato nell’ultimo quindicennio per un candidato comunista alle presidenziali: 466.428 voti, pari all’8,6% (contro i 433.369 voti, corrispondenti al 7,6%, ottenuti dalla Coalizione Democratica Unita, formata da comunisti, verdi ed indipendenti di sinistra, alle elezioni politiche del 20 febbraio 2005), confermando così l’avanzata ottenuta alla tornata amministrativa del 9 ottobre. A fronte di questo risultato ottenuto dal PCP, fortemente critico tanto dell’attuale processo generale di integrazione europea quanto del Partito della Sinistra Europea, il Blocco di Sinistra (BE), formazione politica che annovera tra le proprie fila trotzkisti, ex maoisti ed esponenti della nuova sinistra e che costituisce il riferimento portoghese della Sinistra Europea, ha subito, nonostante sondaggi interessati riguardanti la “competizione” aperta all’interno della sinistra anticapitalista preconizzassero il sorpasso ai danni del PCP, il primo rallentamento dopo anni di lento avanzamento (alle presidenziali il BE ha ottenuto 288.224 voti, 5,3%, contro i 364.971, 6,4%, delle politiche). 93 Gran Bretagna è il nome geografico dell'isola comprendente Inghilterra, Galles e Scozia che spesso viene impropriamente utilizzato per considerare l'intero stato. Isole britanniche è il nome geografico dell'arcipelago comprendente la Gran Bretagna, l'Irlanda, l'Isola di Man, l'Isola di Wight, le isole Orcadi, le isole Ebridi, le isole Shetland, le Isole del Canale e altre. 94 È uno stato che comprende l'Inghilterra, il Galles, la Scozia e l'Irlanda del Nord nelle Isole Britanniche. Il Regno Unito comprende inoltre alcuni altri territori, talvolta in regime post-coloniale. Capitolo IX 441 fonda su una democrazia parlamentare rappresentativa nella quale la sovranità suprema spetta al Parlamento, comprendente: il Sovrano, La Camera dei Comuni e la Camera dei Lords95.La Costituzione non è codificata e si ricava da convenzioni costituzionali, leggi ed altre fonti. Alcuni poteri sono stati devoluti alla Scozia, al Galles e all'Irlanda del Nord. 95 V. C. Decaro (a cura di), Parlamenti e devolution in Gran Bretagna, Luiss University Press, 2004; C Himsworth., “Gli effetti della devolution britannica sul Parlamento di Westminster”, in C. Decaro (a cura di), Parlamenti e devolution in Gran Bretagna, Luiss University Press 2004; P.L., Petrillo “Il Parlamento di Edimburgo tra innovazione e tradizione parlamentare britannica”, in C. Decaro (a cura di), Parlamenti e devolution in Gran Bretagna, Luiss University Press 2005. G. Caravale, Devolution scozzese e nuovi assetti costituzionali in Gran Bretagna, in Rassegna parlamentare, 3, 2000, 659-705;W. Bagehot, La costituzione inglese, Bologna, Il Mulino, 1995 (trad. it. dell’opera originale del 1867), 114; P. Lucifredi, Appunti di diritto costituzionale comparato, il sistema britannico, Milano, Giuffré, 1986; A. Torre, Interpretare la costituzione britannica: itinerari culturali a confronto, Torino, Giappichelli, 1997; G. Caravale, Il bicameralismo britannico nel duemila, in Quad. cost., 2000, 54;Posizioni che P. Norton, The Constitution in Flux, Oxford, Basil Blackwell, 1982, sintetizza nel metodo delle quattro “R”: «to retain, to remove, to reform, to replace». A. Torre, Riformare Westminster?, In Diritto pubblico comparato europeo, 1999, 252 e ss. A differenza degli anni ottanta, nel corso dei quali il “quadro riformista” era stato maggiormente variegato, nel corso degli anni novanta il dibattito politico si è polarizzato intorno all’approccio tradizionalista ed a quello liberale (in questi termini, cfr. P. Norton, La réforme de la chambre des Lords, in Pouvoir, 2000, 47 e ss.). Relativamente al ruolo dell’opposizione cfr.: G De Vergottini, Lo Shadow cabinet. Saggio comparato sul rilievo costituzionale dell’opposizione nel regime parlamentare britannico, Giuffrè 1973; A. Missiroli, “I “governi” dell’opposizione: Gran Bretagna e Repubblica federale tedesca”,inG. Pasquino (a cura di), Opposizione, governo ombra, alternative,Laterza 1990, cit.; APotter, “Great Britain: Opposition with capital O”, in R.A. Dahl, Political Opposition in. Western Democracies, Yale University Press 1969. Relativamente al tema della Costitutio libertatis si vedano: Convegno di Bari,gli interventi di P. Jackson, The judiciary and protection of rights e di M. Patrono, Dalla rule of Law allo Human Rights Act 1998; G. Caravale, Il Bicameralismo britannico nel duemila, in Quad. cost. 2000, p. 54. Le riforme avviate dal governo di Blair hanno indotto a riflettere sulla reale possibilità nel Regno Unito di introdurre riforme di rilievo costituzionale e tali da modificare la stessa forma di governo attraverso la procedura legislativa in virtù del carattere flessibile della costituzione britannica. In talsenso si è ipotizzata la possibilità di inserire stabilmente leggi di rilievo costituzionale tra le materie di competenza della seconda Camera. 442 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Il Sistema politico del Regno Unito è composto da un complesso insieme di parlamentarismo, monarchia e democrazia, che convivono in un sistema pluripartitico. Il Primo ministro è capo del governo. Il potere esecutivo è esercitato dal governo, quello legislativo sia dal governo che dalle due camere del Parlamento, la House of Lords e la House of Commons. Quello giudiziario è indipendente da esecutivo e legislativo96. Il parlamento del Regno Unito è diviso in due Camere (o Houses): la Camera dei Lord (House of Lords), non elettiva, e la Camera dei Comuni (House of Commons) a cui spetta il potere legislativo. In entrambi i rami del parlamento vi sono rappresentanti dell'Inghilterra, della Scozia, del Galles e dell'Irlanda del nord. La Camera dei Comuni è composta da 659 membri, eletti con il sistema maggioritario puro, che rimangono in carica per un massimo di 5 anni. La camera dei Lords è composta da 689 membri di cui 92 ereditari, 545 a vita, 27 giudici dell'Alta Corte e 25 Vescovi. Il sistema maggioritario a turno unico ha origine in Gran Bretagna nel XV secolo per l’elezione dei rappresentanti della Camera dei Comuni (House of Commons)97. Il territorio nazionale viene suddiviso in tanti collegi uninominali in ciascuno dei quali viene eletto un solo rappresentante quanti sono i seggi parlamentari da assegnare. All’interno di ogni collegio vince il candidato che ottiene il maggiore numero di voti indipendentemente dall’ottenimento della maggioranza assoluta dei voti (sistema conosciuto con il nome di “first past the post” che significa primo al traguardo). Il vincitore anche per un sol voto prende tutto e gli altri concorrenti perdono tutto senza alcuna compensazione da far valere per un eventuale recupero di voti98. In questo sistema si affermano i partiti o coalizioni di partiti più forti, come avviene per i tradizionali schieramenti in Gran Bretagna e 96 Il sistema di governo del Regno Unito, noto come Sistema Westminster è stato adottato anche da altri paesi, come Canada, India, Australia, Nuova Zelanda, Singapore, Malaysia e Giamaica, che un tempo facevano parte dell'Impero Britannico. 97 V. O. Massari, Come le istituzioni regolano i partiti. Modello Westminster e partito laburista, Il Mulino, Bologna, 1994. 98 Come avviene nei sistemi misti, ivi compresa l’Italia. Capitolo IX 443 cioè tra i laburisti ed i conservatori che esercitano la loro influenza su vaste aree del Paese. Il maggioritario a turno unico presenta dei forti effetti di “disproporzionalità”, basti pensare alle elezioni britanniche del 1983: con oltre il 25% dei voti l’alleanza tra partito liberale e partito socialdemocratico ottenne solamente il 3,5% dei seggi in quanto la coalizione non godeva di una forte concentrazione a livello locale99. L’elettorato britannico è attento ai risultati del governo in carica che, se non soddisfa, vienesostituito all’appuntamento elettorale. Viè, inoltre,un rapporto diretto tra elettore e deputato del collegio100. Si tratta di un sistema senza dubbio penalizzante nei confronti dei partiti minori e da tempo si sta pensando di introdurre il sistema proporzionale. Un’apposita Commissione, costituita dal governo laburista nel 1997, ha concluso i propri lavori, proponendo un sistema elettorale maggioritario misto, che difficilmente potrà essere introdotto nell’ordinamento costituzionale per l’avversione dei conservatori e di parte dei liberali, gelosi della propria tradizione101. 99 V. J. Curtice, The electoral System: biased to Blair?, in “Parliamentary Affairs”, LIV. 2001, pp. 803-814. 100 V. B. Wesselss Klingemann, The political Consequences of Germany’s Mixed – Memberg System: Personalization at the Grass Roots?, in M.S. Shugart, M.P. Wattenberg (a cura di), Mixed – Memberg Electoral System, The Best of Both Words? Oxford University Press Oxford, 2001, pp. 293 ss.; D. Farrel, Comparing Electoral System, London, 1997. 101 I conservatori sono contrari alla modifica dell’attuale sistema mentre parte dei liberali sono favorevoli alla modifica del sistema elettorale vigente. La Commissione ha concluso i lavori, ma non sembra che le proposte di un sistema elettorale misto possano essere accolte nel breve periodo anche se la proposta consiste nell’introdurre un sistema maggioritario in cui assuma peso preponderante il voto dell’elettore. Una variante a tale sistema è stata applicata per l’elezione diretta del Sindaco di Londra con voto supplementare; questo sistema viene considerato come possibile alternativa per la riforma del plurality in Gran Bretagna. Cfr. D. Farrel, Electoral system. A Comparative. Palgrave, Basingstoche, 2001; dello stesso autore, The United Kingdom Comes of Age: The British Electoral Reform “Revolution” of the 1990 (s), in M.S. Shugart, M.P. Wattenberg (a cura di), Mixed – Member Electoral system. The Best of Both Words?, Oxford University Press, Oxford, pp. 521 – 41; F. Lanchester, Gli strumenti della democrazia: il dibattito sul sistema elettorale in Gran Bretagna e in Francia, in “Quaderni costituzionali”, 1981, n. 3, pp. 535 559. 444 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Con le elezioni del giugno 2001 il Paese ha riconfermato la sua fiducia al Partito Laburista del premier Tony Blair, con una maggioranza simile a quella che, nel maggio 1997, portò il partito al governo dopo 18 anni di opposizione. Durante il primo governo Blair sono stati introdotti numerosi cambiamenti costituzionali102. II partito laburista ha vinto uno storico terzo mandato alle elezioni politiche del 2005 con la percentuale più bassa della storia di tutte le competizioni elettorali britanniche, il 36%. dei voti. Il commento più diffuso è quello di aver sconfitto i rivali conservatori che sono stati relegati all’opposizione. Dall’analisi dei risultati è possibile ritenere che la fiducia in Tony Blair sia scesa ai minimi storiciper la politica interna, comunitaria ed internazionale del governo blariano, ma che i tempi non siano ancora maturi per l’alternativa di un governo conservatore, considerato come soluzione peggiore. I conservatori hanno avuto un significativo recupero, inevitabile dopo i minimi storici del ’97 e del 2001, ma non sufficiente per il sorpasso nonostante il programma incentrato sul diritto di asilo politico, sull’immigrazione etc. I conservatori si sono ripresi però i loro elettori che, nelle elezioni europee dell’anno prima (2004), avevano votato UKIP (Partito dell’indipendenza del Regno Unito, populista, euroscettico e liberista) che non è riuscito a ripetere quel successo. L’estrema destra, in generale, ha visto molti dei suoi voti pescati nella base dei conservatori;però il gruppo di estrema destraBNP (Partito nazionale britannico) è riuscito a prendere un po’ di voti a Keighley, nel nord dell’Inghilterra ed a Barking, nel sud. 102 La legge elettorale britannica è stata approvata dalla Camera dei Comuni nel 1978 (16 febbraio) e dalla Camera dei Lords il 4 maggio 1978; è entrata in vigore il 5 maggio 1978;Rapporto sul Regno Unito, in Comitato delle Regioni, “Il rafforzamento della democrazia regionale e locale nell'Unione Europea”, (Studi CdR E1/2004), Bruxelles, 2004, pp. 333 e ss.; O. Massari, “Gran Bretagna: un sistema funzionale, il governo di partito responsabile”, in O. Massari, G. Pasquino (a cura di), Rappresentare e governare, Il Mulino 1994, pp. 25 ss. Capitolo IX 445 4.16.2 L’ordinamento giuridico nazionale Scozzese e Gallese Nonostante l'appartenenza al Regno Unito, la Scozia ha conquistato un sistema giuridico autonomo, ed una certa autonomia legislativa per i più importanti problemi riguardanti il territorio scozzese. Dopo il referendum del 1997 sulla c.d. devolution, è stato anche ricostituito il Parlamento scozzese (era stato fuso con quello inglese nel 1707), con diverse competenze legislative nelle materie di interesse nazionale scozzese. A seguito dei referendum sulla devolution approvati in Scozia e Galles nel 1997, è stato concesso un limitato autogoverno a queste due nazioni. Il Parlamento del Regno Unito a Westminster continua però ad avere il potere di emendare, espandere, ridurre oppure abolire gli ambiti di autonomia devoluti a Scozia e Galles e, quindi, il Parlamento scozzese non si può definire pienamente sovrano. Peraltro, sul piano pratico, è piuttosto improbabile che il Parlamento britannico voglia (e, volendolo, possa politicamente) abolire in maniera unilaterale i parlamenti ed i governi di Scozia e Galles senza indire prima un referendum in tal senso tra le popolazioni interessate. Il Parlamento scozzese è monocamerale ed è composto da 129 membri, 73 dei quali rappresentano singoli collegi e sono eletti con un sistema maggioritario a turno unico. Gli altri 56 sono eletti con il sistema proporzionale. La Regina, su indicazione del Parlamento, nomina uno dei parlamentari First Minister. Gli altri ministri, nominati con lo stesso procedimento, assieme al First Minister formano il Governo scozzese (Scottish Executive). A seguito della devolution, riguardo a certe materie d'interesse locale, il potere di fare leggi e di applicarle è stato delegato al Parlamento e al Governo scozzesi. Il Parlamento del Regno Unito mantiene la competenza su certe materie, anche se riguardanti la Scozia, come quelle fiscali, il sistema di sicurezza sociale, la difesa, le relazioni internazionali, le comunicazioni e altre, che sono elencate in via tassativa nello Scotland Act come "materie riservate". Il Parlamento scozzese ha potere legislativo in tutte le altre materie riguardanti la Scozia, oltre ad avere un potere limitato di variare l'imposta sui redditi. Nel caso ritenga opportuno che una certa decisione sia presa dal Parlamen- 446 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea to del Regno Unito, il Parlamento scozzese può restituire a quest'ultimo la facoltà di legiferare su determinate materie devolute. La Scozia è rappresentata da 59 deputati alla Camera di Comuni. Alla Camera dei Lord, i Pari scozzesi hanno potuto sedere fino al 1999. Nel Governo del Regno Unito esiste un dicastero specifico per gli affari scozzesi, lo Scotland Office. Guidato dal Segretario di stato per la Scozia,prima della devolution, aveva responsabilità su tutto il sistema di governo scozzese. Ora rimangono allo Scotland Office un numero limitato di materie, come le relazioni con gli altri ministeri che mantengono competenze settoriali riguardanti la Scozia. In Scozia e Galles nessuno dei rispettivi partiti nazionalisti è stato capace di capitalizzare il grande malcontento, seguito al fallimento della linea del governo blariano. I nazionalisti hanno vinto le elezioni in Scozia, conquistando nel maggio del 2007 al parlamento un seggio più dei laburisti, che per la prima volta in 50 anni perdono il dominio nella regione. Una vittoria importante per il partito che vuole l'indipendenza dal Regno Unito, e che scuote il Labour ed il governo di Tony Blair. Sono 47 i seggi andati allo Scottish National Party, uno in più dei 46 che ha ottenuto il partito laburista al parlamento, che ha 129 membri. "È un momento storico" ha detto Alex Salmond, leader dello Snp. Le prospettive di governo dei nazionalisti guidati da Alex Salmond -e quindi del referendum sull'indipendenza scozzese che lo Snp ha detto di voler tenere entro il 2010- sono però incerte: non ha una maggioranza indipendente, e se dovrà coalizzarsi con i liberaldemocratici, questi hanno già detto di non aver alcuna intenzione di promuovere il referendum secessionista. Tra l'altro, i sondaggi dicono che la maggioranza degli scozzesi non vuole uscire dal Regno Unito. Nel 1999 fu formata l'nazionale Gallese, che ha solo poteri locali ed autonomia legislativa relativa, che nel corso del 2007 dovrebbe essere incrementata. Un po' meglio che altrove è andato il voto del maggio 2007 per l’Assembleadel Galles, dove i laburisti mantengono la maggioranza relativa con 26 seggi ma ne perdono 3, mentre i nazionalisti del Plaid Cymru passano a 15 seggi (+3). Capitolo IX 447 Nel 2007 alle elezioni per il Parlamento Scozzese e per L'Assemblea Gallese, i Lib-Dems mantennero sostanzialmente inalterati i propri seggi, rispettivamente 16 (1 meno) e 6. 4.14.3 Le elezioni amministrative in Inghilterra del maggio 2007 Il dato più preoccupante sono state, invece, le contemporanee amministrative in Inghilterra. I Lib-Dems hanno ottenuto2126 consiglieri, ben 246 in meno, con un calo del 10%. A ciò si aggiunse il controllo di 23 consigli, contro i 27 precedenti. Il dato però, si offre ad una duplice interpretazione. Da un lato i Lib-Dems perdono consensi a vantaggio dei conservatori, soprattutto nel Sud dell'Inghilterra, a causa della campagna ambientalista condotta dai Tories. Dall'altro lato i LibDems superano i Laburisti in termini di consiglieri (2126 contro 1865) e vi si avvicinano molto in termini percentuali, 26 contro 27%. In tal modo, i Lib-Dems confermavano il proprio ruolo di terza forza del paese, con un consenso di almeno il 20% dei voti. Tony Blair, in presenza di un avvertito malumore contro la sua politica, ha presentato in data 27 giugno 2007, dopo dieci anni di permanenza al governo, le dimissioni dalla carica di primo Ministro del governo britannico. Il suo successore è il cancelliere dello Scacchiere Gordon Brown che, ricevuto il mandato dalle mani della Regina, ha immediatamente preso possesso di Downing Street, iniziando a svolgere le sue funzioni nel segno di un profondo cambiamento rispetto ai governi del suo predecessore per riacquistare la fiducia della Regina, del proprio elettorato e del Paese, in parte compromesso dalla sfortunata guerra in Iraq e dalla lotta al terrorismo103. 103 Agli Esteri è andato David Miliband, il "delfino" dell'ex capo di governo, finora titolare di Ambiente, Alimentazione e Affari rurali, che sostituirà Margaret Beckett, uno dei pilastri dell'era Blair. Il nuovo Cancelliere dello ScacchiereèAlistair Darling, un tecnocrate che è stato uno stretto collaboratore sia di Blair (quale ministro dell'Economia)chedello stesso Brown, al posto di John Reid va Jacqui Smith,la prima donna a diventare ministro dell'Interno in Gran Bretagna. La Smith, 44 anni, ex ministro dell'Istruzione e capo del gruppo parlamentare laburista ai Comuni, si è detta "enormemente orgogliosa" di essere stata scelta da Gordon Brown. Con lei ci saranno altre due donne nel nuovo esecutivo: Ruth Kelly ai Trasporti e la nuova 448 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea Con le elezioni del 2004 il Regno Unito ha deciso di applicare per l’elezione dei membri del Parlamento dell’Unione Europea il sistema proporzionale in via generalizzata. In particolare si applica il sistema di rappresentanza proporzionale basata sullo scrutinio di liste regionali bloccate in 11 regioni I tre rappresentanti dell’Irlandadel Nord sono eletti secondo il sistema irlandese, vale a dire in base alla rappresentanza proporzionale, in un’unica circoscrizione elettoraledove è in vigore il sistema di scrutinio uninominale con resto di voti.Al Parlamento Europeo le forze politiche sono piuttosto equilibrate, con un'esigua maggioranza di membri dell'opposizione rispetto a quelli del partito di governo (36 a 28) ed una buona rappresentanza di liberali (11), grazie all’applicazione del sistema proporzionale. 5. I sistemi elettorali nei 10 Nuovi Paesi dell’UE 5.1 Scelte operate sotto il profilo costituzionale dai vari Paesi dell’area Centro-Orientale dell’Europa. Intorno agli anni 80 il modello di forma di Stato di democrazia pluralista si era esteso, dopo la fine dei regimi autoritari, in Europa e negli altri continenti. Dopo circa 15 anni da tali avvenimenti si registrano i primi bilanci dei mutamenti avvenuti nell’Europa Centrale ed Orientale (ex sovietica) a livello istituzionale e socio-economico104. "Commons Leader", Harriet Harmann, ministro per i rapporti con il Parlamento. Sorpresa alla Giustizia, dove approda Jack Strow, che, sotto Tony Blair, era già stato ministro degli Interni, degli Esteri, e poi "Commons Leader". Tra i nuovi ministri anche Alan Johnson alla Sanità, Peter Hain, nuovo ministro del Lavoro e Douglas Alexander, finora titolare dei Trasporti, neo-responsabile della cooperazione internazionale, in sostituzione di Hilary Benn, che è andata all'Ambiente, uno dei ministeri più "caldi" e pesanti, di questi tempi. A Des Browne è andato invece il Ministero della Difesa, competente sulle questioni militari, e quindi chiamato subito in causa per un cambio di rotta rispetto al governo precedente sulla guerra in Iraq e al terrorismo. 104 Vedi Fulco Lanchester, Gli Strumenti della Democrazia, Lezioni di Diritto costituzionale Comparato, Milano, 2004, pp. 438 e ss.; S. Ceccanti, Prove di razionalizzazione. La forma di Governo parlamentare tra passato e futuro, Roma, il bianco e il rosso, 1995, pagg. 125 e ss; dello stesso autore: Legislazione elettorale degli Capitolo IX 449 Dopo il crollo del socialismo realesi è passati da una fase di transizione, durata fino alla fine degli anni 2000, a precise scelte operate sotto il profilo costituzionale dai vari Paesi dell’area centro-orientale dell’Europa105. Dal punto di vista formale per quanto riguarda le normative costituzionali, nella quasi totalità degli ordinamenti presi in considerazione, è stata adottata una nuova Costituzione (in Bulgaria, Romania, Slovenia e Macedonia nel 1991; in Cechia, Slovacchia, Estonia, Lituania nel 1992; in Russia nel 1993, in Moldavia nel 1994). L’Ungheria, la Polonia e la Lettonia hanno mantenuto la costituzione tradizionale,incrementandola con modifiche parziali ma significative (nel 1989 è stata introdotta la più importante modifica della costituzione del 1949; nel 1992 in Polonia è stata abrogata una parte della Costituzione del 1952 ed è stata approvata una legge costituzionale Stati dell’Europa centro-orientale, Giuffré, Milano, 1995; C. Flores Juberias, Parlamentarismo vs. Presidencialismo en las nuevas constituciones de la Europa oriental, in Revista de las Cortes generales, 1995, n. 2 pagg. 241 e ss; V. AA.VV. (a cura di Fulco Lanchester), Legislazione elettorale degli stati dell'Europa centro-orientale: (giornate "Amedeo Giannini"),1995. 105 La transizione democratica è la fase che va dalla fine o dal crollo di un precedente regime autoritario o totalitario allo svolgimento delle prime elezioni libere. L’instaurazione è quella immediatamente successiva nella quale si erigono istituzioni del nuovo corso democratico negli ex paesi comunisti. Nell’arco considerato si assiste allo sviluppo dei partiti. È in questa fase che prendono forma gli assetti organizzativi delle nuove formazioni politiche e partitiche, che si affermano i primi leader democratici e che si viene affermando il pluralismo politico per molti anni costretto al silenzio e alla clandestinità. Nel corso delle “tavole rotonde” il ruolo dei partiti è ancora debole e di norma gli accordi che vengono raggiunti restano condizionati dal grado di adesione al rinnovamento da parte degli ex comunisti. Cfr. S. Tarrowm, “Aiming at a Moving Target”: Social Science and the Recent Rebellions in Eastern Europe, in “PS Political Science and Politics”, 24, pp. 12-20; Pietro Grilli di Cortona, Le crisi politiche nei regimi comunisti, Milano, Franco Angeli, 1989 e “Dal comunismo alla democrazia in Europa centrale: Ungheria e Cecoslovacchia, in Rivista italiana di Scienza Politica, 21, 2/1991, pp. 281 – 313;L. Csaba, Systemic Change and Stabilization in Eastern Europee, Ladershot, Darmouth, 1992; F. Fejto, La fin del démocraties populaires, Les chemins du post – communisme, Paris, Seuil, 1992; M. Granat, L’essence des transformations politiques et constitutionnelles dans les pays d’Europe centrale et orientale, in Les problèmes institutionnels de la transition en Europe centrale et orientale, in Revue d’études comparatives est – ouest, éditions du CNRS, n. 4 pp. 5 ss., 1992. 450 Azioni in favore delle donne e delle minoranze nell’Unione Europea innovativa; nel 1993 in Lettonia è stata riadattata con modifiche la costituzione del 1922)106. Per quanto riguarda il sistema elettorale negli ordinamenti che hanno realizzato una transizione alla democrazia con la negoziazione nei confronti delle forze del regime comunista, come nel caso della Polonia, Cecoslovacchia, la RDT e l’Ungheria, la formulazione della normativa elettorale è stata uno dei maggiori problemi che si è dovuto affrontare e risolvere con pesanti negoziati (fuori dal Parlamento). Nella fase di transizione i rappresentanti del vecchio regime proposero un sistema di rappresentanza maggioritaria nella convinzione che la gente preferisse votare non per i partiti ma per i singoli candidati. Con la nascita dei partiti politici a livello nazionale e mutati i rapporti di forza tra conservatori e uomini nuovi, si è passati al sistema pluralista nella maggior parte dei casi con l’adozione di sistemi elettorali basati su formule proporzionalistiche e con clausole di esclusione per la presentazione delle candidature e per l’accesso alla distribuzione dei seggi. Nei sistemi elettorali si utilizzano alcuni meccanismi che assicurano una distribuzione della rappresentanza utilizzando i classici metodi del quoziente, del divisore e quello automatico dei quali si è fatto cenno in precedenti paragrafi. In Ungheria è stato adottato un sistema compensatorio; in Albania, in Estonia, in Lituania ed in Bulgaria sono stati individuati sistemi di tipo misto in cui convivono il collegio uninominale maggioritario e quota di ripartizione proporzionalistica, secondo l’esempio del cosiddetto Graben system.Tale sistema viene adottato in Croazia, Lituania, Russia e dal 1993 anche in Giappone per effetto della legge 18 novembre 1993. Come abbiamo già visto in precedenza, il sistema misto più noto è quello di Siegfried Geyerhahn nel 1902 che si utilizza nei sistemi elettorali in numerosi ordinamenti dell’Europa orientale e dal quale derivalo stesso sistema della fossa (Grabensystem). Con tale sistema si prevede di assegnare i 106 Per quanto riguarda il tipo di Stato negli ordinamenti dell’Europa centroorientale il modello federale è stato oggetto di scelte non sempre omogenee. La Cecoslovacchia e la Jugoslavia si sono dissolte in maniera diversa mentre il cosiddetto Stato federale sovietico si è riarticolato nel Polo russo., perdendo parti di territori esterni. Il bicameralismo viene adottato in Cechia, Polonia, Croazia, Romania e Slovenia; in Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria e Slovacchia hanno adottato un sistema monocamerale. Capitolo IX 451 seggi in due gruppi separati senza che vi possano ess