Verso una sanità aperta al sociale
A cura di Studio Come srl
15 maggio 2009
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La Provincia di Roma, Assessorato alle politiche sociali e per la Famiglia, ha affidato allo Studio
Come la realizzazione del Progetto “Verso una sanità aperta al sociale. Esperienze della
Provincia di Roma.” La Provincia sta sviluppando da tempo un percorso di riflessione
sull’integrazione socio-sanitaria e in questo ambito ha affidato a Studio Come una ricerca sulle
forme di cooperazione che distretti socio-sanitari, ospedali stanno sperimentando con le risorse,
malati, familiari, volontari e associazioni presenti nei territori.
Per saperne di più
Provincia di Roma
Assessorato alle politiche sociali e per la famiglia e ai
rapporti istituzionali
Studio Come s.r.l.
Patrizia Di Santo
Paola Toniolo Piva
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Indice
ASL RME Distretto 19-XIX Municipio, Porta di accesso ai servizi socio-sanitari...........................8
Associazione "Città Visibile", La Rete Penelope...........................................................................14
Provincia di Roma, Polo Provinciale Malattie Rare........................................................................18
ASL RMG, Casa della Salute Palombara Sabina............................................................................21
Ospedale S. Eugenio già S. Giacomo, Nefrologia e dialisi .............................................................26
Ospedale S. Andrea, SPDC e Associazione “Insieme con te”.........................................................32
S. Camillo Forlanini, Ambulatorio Salute riproduttiva ...................................................................36
ASL RM A, Coordinamento tutela salute migranti.........................................................................39
Istituto Nazionale per la Promozione della salute delle Popolazioni Migranti e il Contrasto delle
Malattie della Povertà....................................................................................................................46
Ospedale Bambino Gesù, Scuola e gioco per i bambini ricoverati..................................................49
Associazione Alzheimer Uniti Roma .............................................................................................52
ASL RM F, Distretto 3, Socialità e benessere per gli anziani assistiti a domicilio ..........................54
ALBA, associazione contro la leucemia dei bambini e degli adulti ................................................56
A.R.Co. 92, Associazione per la Riabilitazione del Comatoso........................................................57
Associazione Malati di Reni ..........................................................................................................59
Associazione Italiana Pazienti BPCO ............................................................................................62
A.V.O............................................................................................................................................64
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Presentazione
La Provincia di Roma da alcuni anni è impegnata a promuovere l’integrazione tra distretti sanitari e
servizi sociali. All’interno di questa linea rientra il programma “Verso una sanità aperta al sociale”
che si propone di valorizzare le risorse messe in campo da cittadini, associazioni di volontariato,
malati, curanti informali attivi nel territorio provinciale. A tal fine La Provincia ha affidato a Studio
Come una ricerca su alcune esperienze significative che testimoniano quali vantaggi possono
ottenere sia gli assistiti che il sistema sanitario, quando entrano in campo le risorse della comunità.
Si tratta di innovazioni molto diverse tra loro, che tuttavia nell’insieme suggeriscono la strada della
sanità condivisa: rispondere alla crescente domanda di salute, attivando non solo le risorse
professionali interne ai servizi sanitari, ma lavorando con quelle esterne, presenti nella collettività,
offerte da volontari, gruppi, associazioni, istituzioni scolastiche, biblioteche e tutti coloro che si
mobilitano per obiettivi di salute.
Tensione tra domanda e offerta di salute
Molti fenomeni concomitanti stanno ampliando in modo esponenziale la domanda di salute. Lo
sviluppo delle scienze mediche, che procede a grandi passi, innalza di generazione in generazione le
aspettative di cura, migliora le speranze di vita, conduce l’idea stessa di salute verso un benessere
complessivo.
Aumentano le persone con malattie che durano tutta la vita. Bimbi nati prematuri, disabili adulti,
persone con HIV, anziani ultra centenari e tante persone che fino a una generazione fa sarebbero
morte, oggi possono vivere a lungo, se dispongono di un’assistenza intensiva. Perciò si tratta di
spostare il centro d’attenzione dalla cura all’autonomia dei soggetti, qualunque siano le risorse
residue di cui dispongono, e in parallelo investire sul contesto urbano, ambientale, lavorativo.
Inoltre, molte malattie oggi richiedono processi terapeutici che travalicano le mura dei servizi:
persone traumatizzate, dializzati, cardiopatici, malati di tumore hanno bisogno di essere
accompagnati dentro e fuori i servizi e imparare ad auto-gestirsi periodi invalidanti. Non ultima, la
varietà di culture di cui si colora la nostra società sta complicando la relazione tra servizi pensati e
gestiti da personale italiano; le persone che coltivano altri approcci alla salute, al parto, alla malattia
fisica e mentale chiedono ai sanitari nuovi approcci, linguaggi, competenze di mediazione.
Tutti questi cambiamenti, nella misura in cui arricchiscono i compiti del sistema sanitario,
costituiscono una minaccia per le risorse interne, sovraccaricate di compiti e spesso organizzate
secondo modelli obsoleti. Dal punto di vista degli utenti, la sanità si presenta sovente come un
labirinto in cui è difficile orientarsi, denso di regole, nomi, sigle poco comprensibili, rigidamente
burocratico, che nei fatti scoraggia i pazienti “sprovveduti” e accoglie solo quelli “esperti”, che
sanno come muoversi e come ottenere le cure. Da qui il divario di salute tra soggetti forti e fragili,
istruiti e non, accompagnati e soli; la discriminazione nell’accesso alle opportunità di cura è un
fenomeno che sta allarmando anche la Comunità europea.
Per far fronte a queste sfide, alcuni servizi sanitari stanno adottando modelli d’intervento nuovi, che
valorizzano la forza dei malati e dei curanti informali e – con loro - investono sulle possibilità di
vita normale. La ricerca ha selezionato, tra i tanti esempi positivi presenti nel territorio provinciale,
alcuni casi che vanno nella direzione della sanità condivisa e puntano sulle energia che provengono
dalle associazioni di volontariato in sanità. Si tratta di esperienze più o meno note al grande
pubblico, alcune consolidate altre recenti; la scelta dei casi ha puntato su Asl, Ospedali, Distretti e
presidi sanitari che si impegnano nel spianare la strada all’iniziativa dei cittadini. Dalla ricerca
emerge chiaramente che l’innovazione non è a costo zero. Infatti, per lavorare insieme a malati,
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familiari, associazioni, gruppi sociali e volontari che non hanno una professionalità sanitaria
formale, ma - proprio per questo - possono aggiungere valore ai servizi, occorrono nuovi
investimenti e soprattutto un uso diverso delle risorse, riconversione del personale, cambiamenti di
cultura e modelli organizzativi.
La ricerca mette sotto osservazione alcune strategie che per ragioni espositive vengono accorpate
lungo due direttrici:
- modelli operativi che avvicinano i servizi agli utenti e agevolano l’auto-cura
- iniziative di collaborazione tra associazioni e servizi sanitari.
Il sistema sanitario si fa prossimo
Accorciare le distanze tra sanità e territorio è una linea di cambiamento necessaria per facilitare
l’accesso ai servizi e l’uso appropriato delle cure. Rientrano in questo gruppo le esperienze che
intendono affrontare il disorientamento prodotto sui cittadini da un sistema sanitario troppo
complicato, disperso in una miriade di unità organizzative (Ospedali, Distretti, Dipartimenti,
consultori, ambulatori, medici di base, ecc.) dislocate in sedi diverse. Molti malati e i familiari
oberati da compiti di assistenza quotidiana sono scoraggiati dalle procedure che non forniscono la
cura, ma sono soltanto propedeutiche all’inizio di un programma terapeutico; le persone più fragili
spesso rinunciano a curarsi. La ricerca ha analizzato varie strategie sanitarie di prossimità.
Accesso agevolato
Rinforzare l’informazione, semplificare le procedure, sostituire le sigle con termini comprensibili,
accorpare sportelli filtro (computo ISEE, pagamento tiket, prenotazioni, ecc), unificare le tante
“porte” oggi compresenti nel territorio (sociali, sanitarie, educative, sportelli dedicati a target
specifici, ecc.) è quanto si propongono la porta unica di accesso socio-sanitaria, che la Regione
Lazio intende costruire in ogni Distretto sanitario e Comune capofila di Distretto sociale.
A questa linea si ricollega l’iniziativa dell’associazione “Città Visibile” che ha investito risorse
della cooperazione sociale per realizzare in 10 Municipi di Roma lo sportello Penelope, servizio
gratuito di orientamento ad ampio spettro sulle possibilità di aiuto a cui i cittadini possono
rivolgersi nel loro territorio.
Per le persone affette da malattie rare la Provincia di Roma ha organizzato con propri finanziamenti
uno sportello che collega il soggetto all’associazione che si occupa della sua specifica patologia. Le
associazioni, mettendo in rete malati ed esperti, agiscono con una tempestività che sarebbe
impraticabile se i servizi sanitari lavorassero da soli; aiutano le persone affette da patologie poco
note a capire esattamente la natura del problema; segnalano i centri specialistici più attrezzati,
facilitano il contatto con altri pazienti che soffrono degli stessi problemi con cui condividere paure e
speranze.
ASL RME e Municipio XIX, Porta d’accesso socio-sanitaria
Associazione “Città Visibile”, Rete di sportelli Penelope
Provincia di Roma, Polo per le malattie rare
Servizi primari sotto un unico tetto
La Casa della salute sviluppa un’idea molto semplice: concentrare i servizi primari in un luogo ben
riconoscibile, possibilmente al centro dell’abitato e, in questo modo, far risparmiare tempo ai
cittadini. Molti sono i servizi di uso corrente che è utile trovare in un’unica sede: informazione,
assistenza burocratica, medicina di base, pronto intervento, guardia medica, diagnostica, assistenza
domiciliare, riabilitazione, interventi ambulatoriali che non richiedono ricovero (piccola chirurgia,
ecc.), specialistica territoriale e, infine ma non da ultimo, spazi per le associazioni dei malati.
Questa formula variamente denominata si sta diffondendo nei paesi europei come strategia che da
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un lato migliora l’accesso alle cure (equità) e dall’altro alleggerisce la pressione di domande che
impropriamente arrivano ai poli ospedalieri di alta specializzazione (appropriatezza).
Casa della Salute Palombara Sabina
Continuità terapeutica tra ospedale, ambulatorio, casa
La continuità terapeutica interessa tutti quei pazienti che transitano tra casa e ospedale, devono
imparare le pratiche di auto-cura e/o convivere con situazioni invalidanti. Persone trapiantate,
traumatizzate, in dialisi, malati oncologici, sofferenti di depressione sono solo alcuni esempi del
bisogno sempre più diffuso di percorsi guidati, che da un lato accompagnino il paziente all’interno
della filiera di servizi che riguardano la sua specifica patologia, dall’altro favoriscano scambi di
informazioni tra pazienti che vivono esperienze analoghe.
Ospedale S. Eugenio, Nefrologia e Dialisi
SPDC Ospedale S. Andrea e l’associazione Insieme con te: gruppi auto-mutuo-aiuto
Mediazione culturale
Gli stranieri che provengono da tante e varie culture sfidano la sanità con richieste nuove. Modi
diversi di intendere il pudore e le relazioni familiari; approcci tradizionali alla cura e alla malattia
mentale; usanze tribali vietate nel nostro paese vengono praticate di nascosto (es. infibulazione), ma
in caso di complicanze richiedono l’intervento di sanitari esperti; malattie diffuse in paesi lontani
vengono importati da viaggiatori e immigrati. Nei consultori italiani c’è un’alta affluenza di donne
straniere, come pure nei presidi legati a gravidanza, nascita, allevamento dei bambini (ginecologia,
neonatalità, pediatria, ecc.). Rimane aperto il problema dei pazienti irregolari e rifugiati in attesa di
riconoscimento. Di qui la necessità di rafforzare la figura del mediatore inter-culturale, oggi
necessaria non più soltanto per fare da tramite tra il singolo immigrato e l’operatore sanitario, bensì
anche per attivare un dialogo costruttivo con le numerose comunità etniche; coinvolgere le famiglie;
mediare conflitti nel territorio tra abitanti di insediamenti avvenuti in epoche diverse.
Azienda S. Camillo – Forlanini
RM A, Coordinamento tutela salute migranti
Istituto Nazionale Promozione della salute delle popolazioni migranti.
Le risorse della comunità entrano in gioco
Il fatto che la scienza aumenti la speranza per malati un tempo incurabili fa sì che cresca il desiderio
di guarigione e l’attivismo dei pazienti, indotti a cercare vie d’uscita nuove e chiedere sempre di più
al sistema sanitario. Questo fenomeno, coniugato con la divulgazione scientifica, sviluppa nei
cittadini la voglia di capire, conoscere, dialogare con la sanità in modo competente. Una minaccia
per quella parte del sistema che fonda il proprio “potere” sul monopolio dei saperi, un’opportunità
per quei servizi che invece puntano sulla condivisione della cura.
Negli ultimi anni va crescendo in modo esponenziale l’associazionismo per la salute e il benessere.
I cittadini si aggregano attorno a problematiche emergenti, quali concepimento, parto, puerperio,
dipendenza da alcol, droghe, anoressia, bulimia, depressione, alzheimer, tumore, lutto, malattie rare.
Si mobilitano per scopi diversi, quali denunciare la mala sanità, tutelare gli utenti, creare servizi
alternativi, affiancare il lavoro dei sanitari con attività complementari. Alcune associazioni
raggiungono dimensioni ragguardevoli, di livello nazionale e internazionale, come le associazioni
“ombrello”, federazioni, reti europee; altre si radicano in un territorio e mantengono un carattere
comunitario.
Oltre all’assistenza rivolte a singoli e famiglie, si stanno moltiplicando forme di auto-mutuo-aiuto,
scambi di esperienze, apprendimento di gruppo, tutte pratiche che arricchiscono la sanità e hanno
effetti moltiplicatori, realizzando molteplici vantaggi per la collettività (produzione di “capitale
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sociale”). Infatti, le persone che vivono esperienze simili sviluppano tra loro un legame basato su
empatia, voglia di raccontarsi, condivisione, fiducia. Quando l’aiuto viene da qualcuno che conosce
personalmente la malattia, è più facile ascoltarlo, dargli credito, lasciarsi guidare. Le comunità di
esperienza generano effetti positivi; da un lato rafforzano la persona sofferente, rompono il suo
isolamento, creano un potente sostegno alla motivazione; dall’altro arricchiscono le conoscenze dei
sanitari e li aiutano nell’elaborare terapie più efficaci.
Nella logica della sanità condivisa, il servizio non delega alle forze sociali ciò che spetta ai
professionisti, piuttosto mette in gioco gli strumenti utili per potenziare l’attivismo diffuso: spazi
per le riunioni, formazione dei volontari, opuscoli rivolti ai familiari e ai malati per l’autogestione
della cura, coordinamento operativo. Dai casi esaminati nella ricerca emerge quanto siano
importanti due accorgimenti:
- mantenere ben distinti i ruoli dei professionisti e dei volontari, valorizzando i diversi approcci di
ognuno
- iscrivere queste collaborazioni nello statuto e nei regolamenti del servizio sanitario, convertendo
le sperimentazioni in una linea strategica ufficiale
- investire nel lungo periodo, evitando che progetti a termine interrompano un processo di
accumulazione di saperi, energie, disponibilità all’aiuto.
Associazione Alzheimer Uniti Roma
Ospedale “Bambin Gesù” con scuole e volontariato
Assistenza domiciliare agli anziani, ASL RM F, Distretto 3
Alba, associazione bambini leucemici con l’Ospedale San Camillo
Arco, con RM C
Associazione Malati di reni
Associazione Malati BPCO
AVO, associazione volontari ospedalieri
Conclusione
Là dove queste riforme sono in atto (la buona sanità) non c’è da aspettarsi un calo quantitativo di
pazienti, bensì una trasformazione qualitativa dei loro comportamenti. Quando i cittadini nutrono
maggiore fiducia nel sistema sanitario, riducono gli sprechi. Il cittadino fiducioso fa minore ricorso
a interventi inutili (analisi e ricoveri impropri, sprechi di farmaci, cure apparenti, migrazione in altre
regioni, ricorso a sanità privata, ecc.). Il cittadino fiducioso diventa collaborativo, offre risorse
preziose, moltiplicano l’offerta e arricchiscono i saperi dei professionisti sanitari.
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ASL RME Distretto 19-XIX Municipio, Porta di accesso ai servizi socio-sanitari
Il contesto
L’importanza di facilitare l’accesso al sistema dei servizi sanitari e socio-sanitari soprattutto per i
malati gravi e cronici è stata identificata negli ultimi anni come una priorità irrinunciabile nel
delinerare un sistema integrato di servizi.
L’ultimo rapporto di Cittadinanza Attiva1 - ad esempio - individua proprio nella difficoltà di
accesso ai servizi uno degli elementi critici del nostro sistema. Criticità che di fatto riduce
l’esigibilità dei diritti previsti dalla nostra Costituzione, quale il diritto alla salute universale ed
equo.
Dai dati pubblicati dall’ISTAT nell’Annuario Statistico Italiano 2008 relativi alla soddisfazione dei
cittadini per i servizi di sportello ASL, emerge che per ottenere l’erogazione dei servizi i cittadini
devono attendere mediamente più tempo di quanto aspettano gli utenti dell’anagrafe: il 47,5% di
coloro che si sono recati in queste strutture ha dichiarato di aver atteso più di 20 minuti, rispetto al
17,5% degli utenti dell’anagrafe.
Ma il problema non è il tempo di attesa allo sportello, quanto piuttosto la difficoltà e la complessità
delle procedure di accesso ai servizi che emergono come le principali cause di violazione del diritto
d’accesso. Il Rapporto indica infatti che il 76,6% delle Associazioni di malati di malattie croniche e
rare segnala le procedure burocratiche come l’ostacolo all’accesso alle prestazioni socio-sanitarie, il
66,6 % il mancato accesso a diagnosi tempestive, il 56,6% il mancato accesso ai benefici socio
socio-economici (invalidità civile, handicap, indennità di accompagnamento, contrassegno auto ed
esenzione pagamento del bollo), il 56,6% il mancato accesso ai supporti assistenziali e la relativa
necessità di aiuti esterni a proprie spese (assistente familiare), il 56,6% lo scarso accesso ai servizi
del territorio (ADI, RSA, Lungodegenza, riabilitazione, ecc….).
Informazione diffusa e semplificazione delle procedure sembrano quindi due elementi strategici di
cambiamento organizzativo da introdurre nel sistema sanitario; se ne discute da anni, leggi e
delibere ne parlano ma, puntualmente ad ogni rilevazione emerge il problema e anzi ne aumenta la
rilevanza.
Il cambiamento organizzativo
Nell’Asl RME la necessità di facilitare l’accesso del cittadino ai servizi socio-sanitari è stata una
delle prime preoccupazioni della Direzione Aziendale
L’apertura di un Punto di Accesso che accolga la prima domanda dei cittadini in ambito sanitario e
socio-sanitario è stato uno dei primi obiettivi del “Cantiere delle Cure primarie” e ha rappresentato
un obiettivo fondamentale nella costruzione partecipata del Distretto.
La Regione Lazio, infine, nella Delibera-quadro n. 433 (giugno 2007) indicava concretamente come
obiettivo per ASL ed Enti Locali la “progressiva organizzazione del “Punto unico di accesso
integrato sanitario e sociale”, inteso quale funzione del Distretto, in grado di fornire informazioni e
orientamento al cittadino, risolvere problemi semplici e rinviare i casi di maggior complessità verso
le sedi adeguate”.
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Il prezzo dei diritti – VIII rapporto di Cittadinanza Attiva sulle politiche per la cronicità - 2008.
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Nel mese di marzo 2007 sono state avviate le azioni necessarie per l’attivazione della prima Porta di
Accesso ai Servizi Socio-sanitari (di seguito indicata con l’acronimo PASS-PUA).
Nel mese di novembre 2007 è stata avviata la sperimentazione.
Nel mese di maggio 2008 è stato inaugurato presso il Padiglione 26 del Comprensorio di S. Maria
della Pietà, in locali adiacenti al Segretariato Sociale del Municipio 19.
Nel progetto dell’ASL RME, l’esperienza pilota del Distretto 19 ha la finalità di facilitare,
attraverso un’attività di supporto e di supervisione, il percorso di attivazione dei PUA/PASS negli
altri 3 Distretti (17, 18 e 20) .
Nella PASS confluiscono tutte le procedure relative ai servizi offerti e, attraverso l’informazione e
l’orientamento, viene facilitato l’accesso e l’utilizzo appropriato del sistema dei servizi.
Il “Servizio” è costituito dalla Porta unitaria di Accesso della ASL Roma E e dal Segretariato
Sociale del Municipio 19 che operano congiuntamente in locali adiacenti all’interno del Padiglione
26 del Complesso di S. Maria della Pietà.La sede è ben collegata e raggiungibile con i mezzi
pubblici di trasporto da tutte le zone del Municipio. L’orario di apertura è dal lunedi al venerdi dalle
9 alle 13 e il giovedì dalle 14.30 alle 17.30.
La Porta Unitaria di Accesso del Distretto è il primo riferimento per l’utenza che, attraverso
l’offerta di informazioni dettagliate, l’orientamento e la consulenza viene accompagnata
all’utilizzo dei servizi e delle prestazioni complessi.
Per raggiungere questo obiettivo l’integrazione tra il punto informativo distrettuale (ASL) e il
servizio di Segretariato Sociale del Municipio è una condizione essenziale per garantire l’accesso a
tutta la rete dei servizi socio-sanitari.
Attualmente il PUA -PASS offre al cittadino: accoglienza e ascolto, decodifica della domanda di
assistenza e di cura, informazione e orientamento su tutta l’offerta dei servizi socio-sanitari
distrettuali; facilita l’accesso anche attraverso la distribuzione e la compilazione della modulistica
necessaria per richiedere l’accesso alle principali procedure, corredata dalla lista dei documenti da
presentare. Nei casi particolarmente critici e complessi, l’operatore accompagna l’utente: contatta
direttamente l’operatore del servizio responsabile della prestazione, presenta e anticipa la richiesta
dell’utente o prende un appuntamento con un operatore di riferimento che farà da tutor o da
facilitatore all’utente nella realizzazione della procedura o nell’erogazione del servizio.
Gli utenti (cittadini e operatori) possono accedere al PASS-PUA recandosi direttamente presso lo
sportello distrettuale di front-office o il segretariato sociale nella stanza adiacente, o attraverso il
telefono (linea telefonica dedicata), o via posta elettronica. Il servizio offre informazioni anche a
Medici di Medicina Generale, Pediatri di Famiglia e altre Istituzioni che operano nel settore sociosanitario (Scuole, Parrocchie, ecc.).
In sintesi il PASS –PUA del 19 Distretto:
- opera come “filtro” ai servizi territoriali e concorda con essi le procedure che agevolano
l’accesso, organizza un invio appropriato e, se necessario, “accompagna” l’utente ai servizi
stessi
- effettua una prima analisi della domanda e una prima valutazione dei bisogni.
- a regime avrà inoltre la funzione di effettuare una “prevalutazione integrata per l’avvio della
presa in carico attraverso la definizione dei percorsi assistenziali”
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Il gruppo di lavoro
Il gruppo di lavoro è costituito da 10 Assistenti Sociali, una Infermiera Professionale e 2 Operatori
Amministrativi, provenienti da tutti i settori del Distretto e dal DSM.
Per tutto il 2008 i “volontari” del Servizio Civile hanno affiancato gli operatori nell’esercizio delle
funzioni di “accompagnamento e facilitazione” dell’utenza.
Ogni turno è coperto da due operatori, assistenti sociali che operano in servizi sanitari distrettuali
dell’ASL RME e da 3 operatori del Servizio di Segretariato Sociale Municipio. Ogni 15 gg c’è una
riunione di back-office separata, mentre una volta al mese c’è una riunione congiunta tra la ASL, il
Segretariato Sociale e il Servizio Sociale del Municipio 19. Il Servizio di Segretariato Sociale del
Municipio è esternalizzato e si avvale dell’équipe fornita da un Organismo Accreditato (Consorzio
CLIO).
La strumentazione
Il servizio ha a disposizione un data base che contiene informazioni su tutte le procedure di accesso
ai servizi (Tabella 1 )
Tab.1 – Schermata data base informativo
Agevolazioni fiscali per disabili
Alzheimer
Assistenza sanitaria
Carta di soggiorno
Certificati di medicina legale
Dichiarazione di volontà alla donazione
Diritto alla salute e assistenza sociale
Disturbi del comportamento alimentare
Invalidi di guerra
Handicap
Medicina sportiva
Mobbing
Patente speciale
Provvidenze economiche
Salute mentale
Scuola
Terapia radiante
Tutela legale
Aids
Broncopneumatologia –TBC
Cecità
Danni trasfusioni e vaccini
Dipendenze
Distretti (strutture del territorio )
Allo sportello gli operatori operano con un computer collegato ad una stampante laser che permette
di stampare moduli per l’ accesso, liste di documenti, indirizzi dei servizi etc.
Il servizio è inoltre dotato di:
- collegamento Internet e intranet con il Portale Aziendale
- linea telefonica dedicata ed E-.mail specifica per offrire informazioni anche via telefono e via
mail
- Archivio dati
Risultati della sperimentazione
(13 novembre 2007 al 30 aprile 2008)
Nel corso della sperimentazione hanno utilizzato lo sportello circa 400 utenti, di cui 76 inviati dai
servizi ASL, 176 dal Municipio; 148 sono arrivati direttamente allo sportello.
Dopo una prima fase, durante la quale è stata avviata la formazione congiunta degli operatori del
distretto e del Municipio sulle procedure di accoglienza e di attivazione dei servizi, a Novembre si è
realizzata ed ufficializzata l’integrazione operativa tra i due servizi con la finalità di:
- dare risposte unitarie ai bisogni di salute complessi
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effettuare la presa in carico congiunta
definire il percorso assistenziale attraverso il coinvolgimento di tutte le risorse presenti sul
territorio.
Il PASS-PUA è il punto di riferimento dei cittadini per avere informazioni ed orientamento sul
sistema dei servizi, ma nello stesso tempo è uno strumento operativo del Distretto, che integra e
mette in rete tutti i punti di accesso presenti nelle strutture territoriali.
Gli operatori di front- office, che hanno lavorato insieme sull’analisi delle procedure d’accesso e
hanno effettuato un percorso specifico di formazione, ruotano e turnano nel servizio con la funzione
di garantire lo stesso livello di informazione presso tutti i punti di accesso, attivando punti di
accoglienza periferici. (sono previsti interventi di aggiornamento periodico). Inoltre, grazie alla
raccolta di dati sulla domanda, il servizio può costituire un osservatorio dei bisogni: raccogliere le
segnalazioni e i reclami dei cittadini, contribuire alle funzioni di monitoraggio e verifica del
funzionamento del sistema dei servizi.
Secondo il progetto iniziale, nel 2009, consolidate le funzioni di informazione, orientamento e
filtro, il PASS –PUA doveva iniziare ad operare come unità funzionale di pre- valutazione integrata
(Distretto ASL - Municipio), garantendo una valutazione multidimensionale di primo livello, con
utilizzo di strumenti di valutazione semplificati e invio alla Centrale Operativa Distrettuale o
Servizio accesso e presa in carico assistenziale dei casi complessi. E’ di questi giorni un ulteriore
passo avanti nella strutturazione della Porta di Accesso: da lunedi 11 maggio essa accoglie anche
tutte la domanda relativa alle richieste di RSA
Elementi che hanno facilitato la realizzazione del progetto
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Coordinamento e formazione congiunta di tutti gli operatori del territorio
Dal 2004 è attivo nel territorio del 19° Municipio un Coordinamento Tecnico di tutti gli
Assistenti Sociali. Tale coordinamento ha coinvolto gli operatori sociali che operano in tutti i
servizi sanitari e sociali del territorio, pubblici e privati con l’obiettivo di fondare un “servizio
sociale professionale di zona”. Nel corso della prima fase del lavoro sono state analizzate le
modalità di accoglienza e le procedure e di accesso dei diversi servizi territoriali e definite linee
guida per l’accoglienza.
Presenza dello Sportello di Segretariato Sociale del Municipio Roma 19 nella sede di S. Maria
della Pietà dal settembre 2004.
Consuetudine al lavoro comune tra servizi diversi ed in particolare tra servizio sociale
Municipale e servizi ASL: ad esempio esperienza di protocolli operativi per le Dimissioni
Protette e la gestione della patologia dell’Alzheimer
Esperienza pluriennale di lavoro integrato “di secondo livello” tra i vari Servizi ASL e quelli del
Municipio ( G.I.L. /U.I.M., DSM, ecc.)
Ulteriori obiettivi a medio e lungo termine
-
Formalizzazione del protocollo tra Asl e Municipio per la gestione integrata del servizio Pua PASS
Collegamento con la Centrale Operativa della presa in carico e accoglimento delle richieste di
assistenza domiciliare e semiresidenziale a gestione integrata (Centri diurni anziani fragili, ecc.)
Gestione dell’agenda e supporto all’attività amministrativa dell’U.V.D.
Osservatorio socio-sanitario dei bisogni e delle risorse del territorio
Unitarietà nella rilevazione dei bisogni e nella lettura della domanda
Supporto alla Pianificazione Sanitaria e Sociale ed alla programmazione dei Servizi
Promozione della partecipazione degli utenti
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Il percorso dei “Cantieri”
La DGR 433 del 19.06.2007 “Indicazioni e interventi per la realizzazione di iniziative tese ad
integrare le attività sanitarie e sociosanitarie. Incentivazione dei processi di de-ospedalizzazione
nella Regione Lazio”, ha segnalato due aspetti: “la necessità di riorientare e potenziare le attività
territoriali, attraverso il rafforzamento della struttura organizzativa del Distretto e l’attribuzione
della responsabilità sugli esiti di salute, superando l’attuale organizzazione verticale
dipartimentale; …. Il Piano di rientro regionale porta a ri-orientare l’offerta dei servizi a tutela
della salute dall’ospedale al territorio e si traduce nella necessità di avviare una riqualificazione
delle attività in regime di ADI. Essa deve passare in primo luogo per una riorganizzazione dei CAD
a partire dal mandato stesso del servizio.”
Per rispondere a queste necessità, la ASL RM E ha attivato negli anni 2006 -2007, diversi Cantieri
aziendali, gruppi di lavoro interprofessionali con la finalità di affrontare in maniera condivisa ed
integrata le criticità organizzative. In particolare, il “Cantiere Cure Primarie” ha avuto l’obiettivo di
sviluppare e garantire percorsi di continuità assistenziale per utenti con malattie croniche e
degenerative che richiedono lungo-assistenza. All’interno del Cantiere, si è sviluppato un sub
cantiere con un gruppo di lavoro dedicato allo sviluppo dell’assistenza servizio domiciliare e
all’informazione e all’ accoglienza (Sportello PUA –PASS).
L’intero progetto è nato dalla constatazione che la popolazione affetta da cronicità, disabilità e
fragilità (intesa nel senso più ampio e trasversale) ha un impatto crescente sull’attività dei servizi
territoriali ed ospedalieri e più in generale sul sistema socio-sanitario con un progressivo
assorbimento di risorse. Le strategie della ASL si sono quindi orientate al superamento del sistema
di offerta sanitaria di tipo ospedaliero, ri-orientando risorse e progettazione verso i servizi del
territorio per intercettare il bisogno sanitario e sociale, garantire una presa in carico globale dei
bisogni del paziente “cronico”, multiproblematico e fragile attraverso un nuovo modello di cure
domiciliari e nuovi strumenti di integrazione multidisciplinari e multi-professionali coerenti con i
mutati scenari demografici e sociali. Il modello di cure primarie e di assistenza domiciliare
sviluppato nel corso dei Cantieri ha successivamente costituito il perno della nuova organizzazione.
Con l’Atto Aziendale del 2008 la Direzione Aziendale ha rafforzato la struttura organizzativa del
distretto e, con i successivi provvedimenti (Delibere D.G. 750 e 751 del 6.08.08) rivisitato l’assetto
organizzativo delle Strutture Complesse. All’interno del Distretto è stata individuata l’unità
organizzativa Percorsi di Continuità Assistenziale alla quale afferiscono lo Sportello Medicina di
base e il Servizio per l’accesso e la presa in carico assistenziale, all’interno del quale è compreso
l’ex CAD, Centro di assistenza domiciliare. La struttura organizzativa evidenzia l’attenzione alla
costruzione di percorsi di continuità assistenziale che richiedono l’interazione e la collaborazione di
diverse figure professionali per rispondere in modo equo, efficace ed appropriato al bisogno di
salute del cittadino.
Un gruppo di lavoro costituito da MMG, Direttori di Distretto e operatori dei 4 CAD ha avuto
l’incarico di ridefinire gli strumenti operativi (scheda di segnalazione, cartella domiciliare, ….) ed
ha approfondito il modello organizzativo del Servizio in base alle indicazioni del documento del
Ministero della Salute “Nuova caratterizzazione dell’assistenza territoriale domiciliare e degli
interventi ospedalieri a domicilio” e dalla normativa regionale, fino alle più recenti indicazioni
(DD.GG.RR. n. 325 e n. 326 del 2008). Il gruppo è partito dalla definizione di mission, obiettivi,
target, contratto assistenziale e attori dell’Assistenza Domiciliare Integrata, prestando particolare
attenzione al percorso di presa in carico, esplicitando in dettaglio le tappe (segnalazioneaccettazione, valutazione multidimensionale del bisogno, presa in carico e definizione del piano
assistenziale, svolgimento delle attività, dimissione), anche in relazione ai diversi livelli di intensità
assistenziale. E’ stato inoltre affrontato il tema della valutazione multidimensionale e dei
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professionisti e servizi da coinvolgere, anche in base alla normativa regionale: medico di medicina
generale, medico del distretto oltre che infermiere e assistente sociale. Si è individuata infatti la
necessità di aprire il processo di valutazione del bisogno assistenziale al contributo del medico di
medicina generale e degli altri servizi (Disabilità, Riabilitazione, Salute Mentale, Dipendenze,
Consultori, ecc.) in relazione ai bisogni assistenziali e di cura prevalenti dei cittadini.
Il mandato del Servizio Accesso e presa in carico nella prima parte del lavoro, si è concentrato sulle
cure domiciliari per arrivare poi a comprendere tutti i percorsi territoriali, anche le cure intermedie e
la continuità ospedale-territorio e intrecciarsi con il percorso di attivazione dei PUA-PASS nei
Distretti. Il Punto Unico di Accesso integrato è infatti il luogo deputato ad effettuare la prima
valutazione del bisogno, l’orientamento del cittadino e l’eventuale presa in carico; il PUA-PASS
dovrà operare come filtro – triage – pre-valutazione e presa in carico iniziale, effettuati in sinergia
con il Servizio per l’accesso e la presa in carico e lo Sportello per la medicina di base.
Per preparare questo passaggio i Direttori di Distretto hanno chiesto agli operatori del PUA-PASS
di predisporre la scheda di segnalazione, individuando le informazioni da raccogliere per
accompagnare l’invio. Inoltre alcuni operatori del Servizio per l’accesso e la presa in carico sono
stati formati alla valutazione multidimensionale utilizzando lo strumento della scheda RUG,
(previsto dalla DGR 40/2008).
Secondo il nuovo disegno organizzativo, a conclusione del percorso, il Distretto potrà avvalersi di
due strumenti per governare i percorsi del cittadino fragile e multiproblematico:
- PUA/PASS, che costituisce il canale rivolto all’utenza, con compiti di orientamento e
accompagnamento e, successivamente, di pre-valutazione;
- la unità organizzativa Servizio per accesso e presa in carico assistenziale che, sostenuta dalla
funzione di pre-valutazione realizzata dagli operatori del PUA/PASS, effettua la valutazione del
caso e attiva, quando occorre l’UVD, e i percorsi territoriali semplici e complessi.
In previsione, nei 4 Distretti della ASL RM E, verranno attivate 4 UVD con personale sanitario e
sociale con un impegno indicativo tra i 15 e 18 casi / settimana per UVD; una stima dei casi
prevalenti evidenzia almeno 3500 pazienti/anno, includendovi circa 2000 pazienti in ADI, 550
assistiti in Lungodegenza post acuzie, 400 in RSA, 500 in Hospice (sia residenzialità sia
domiciliare).
Protocollo d’intesa
Il Protocollo d’intesa tra la ASL RME-Distretto 19 e il Municipio 19 è stato firmato ed è diventato
operativo in questi giorni. Esso farà compiere un successivo passo avanti all’esperienza di
integrazione, dalla Porta di Accesso Unitaria alla gestione delle dimissioni protette, dai servizi per
l’Alzheimer alla gestione dei casi multiproblematici che attraversano i Servizi sanitari e Sociali.
Gli operatori della Asl e quelli del SS Municipale a partire dall’esperienza integrata quotidiana
convoglieranno tutte le procedure e gli interventi in una rete di servizi che offre ai cittadini le
risposte ai loro bisogni compatibilmente con le risorse a disposizione. Successivi protocolli di
intesa, quando e se necessari, completeranno il percorso assistenziale integrato.
Riferimenti
Dott.ssa Maria Rosaria Romagnuolo
Direttore Distretto 19 Asl RME
S. Maria della Pietà – pad. 26
Tel. 06.68.28.40
[email protected]
[email protected]
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Associazione "Città Visibile", La Rete Penelope
La Rete Penelope nasce come idea progettuale tra il 2000 e il 2001, ed è attiva per i cittadini
dall’estate del 2002.
L’idea entro la quale si inscrive la Rete Penelope è la promozione di un sistema di welfare capace di
dare valore alla territorialità e dunque calibrato sui bisogni reali della popolazione.
Il nuovo quadro delineato dalla Legge 328/2000 (la Legge quadro di riforma dei servizi sociali) dà
assoluto spazio e importanza al ruolo di informazione, comunicazione e orientamento dei cittadini
sul sistema dei servizi e delle opportunità offerte. La Rete Penelope, in linea con l’art. 22 della L.
328/20002, non è un insieme di sportelli informativi tra i tanti, ma una rete di Centri in grado di
qualificare la presenza territoriale delle cooperative sociali che promuovono il progetto in funzione
della crescita del benessere della collettività, favorendo l'incontro tra la domanda sociale
proveniente dal cittadino e le diverse risorse formali e informali del territorio.
Ad oggi la Rete Penelope è costituita da 11 Centri Informativi attivi nel territorio di 10 diversi
Municipi della città di Roma (I, II, III, IV, V, VIII, X, XIII, XV e XVIII). Stiamo comunque
lavorando per estendere la presenza del servizio a tutti i Municipi romani.
Ogni Centro Informativo Penelope si rivolge alla cittadinanza tutta ed è aperto al pubblico almeno
quattro giorni settimanali, in un orario articolato nella fascia oraria antimeridiana e pomeridiana.
Nei Centri lavorano operatori specificatamente formati attraverso un corso regolarmente
riconosciuto dalla Regione Lazio ("Corso per Operatore di sportello a valenza sociale"), oltre a
possedere titoli formativi di alto livello (psicologi, educatori professionali, assistenti sociali, ecc.) e,
tra l’altro, una notevole esperienza lavorativa nelle cooperative di appartenenza. Il lavoro degli
operatori di Penelope è orientato all'ascolto, all'analisi e alla decodifica della domanda con
l'obiettivo di offrire al cittadino informazioni accuratamente selezionate idonee per fornirgli
indicazioni sulle diverse risorse informali territoriali e sui criteri di accesso e l'iter procedurale per
usufruire di specifici servizi pubblici.
Per garantire un'informazione aggiornata, connotata da esattezza ed estensione, nei mesi antecedenti
l'apertura dei Centri gli operatori hanno realizzato un'attività di mappatura e classificazione delle
diverse strutture, pubbliche e private, presenti nei territori municipali e che operano nelle aree
sociali, sanitarie e culturali.
Le schede raccolte sono dunque state inserite in un database elettronico presente su una rete virtuale
che permette di visualizzare velocemente le risorse presenti e le modalità per usufruirne. Tale
database, essendo accessibile da Internet, può essere consultato e aggiornato in contemporanea da
tutti i Centri Penelope. Il lavoro di mappatura dei territori è un’attività costante svolta in ogni
territorio municipale dai Centri Penelope, tale da fornire sempre ai cittadini dati aggiornati sui
servizi (che infatti possono, nel tempo, cambiare recapiti, sedi, attività, e così via).
È inoltre parte integrante dell'attività dei Centri Penelope l'organizzazione di iniziative di diffusione
dell'informazione sociale nei luoghi significativi della comunità, con l'obiettivo di realizzare un
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Art. 22 (Definizione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) (...)
2. Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale in materia di prevenzione, cura e riabilitazione,
nonché le disposizioni in materia di integrazione socio-sanitaria di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e
successive modificazioni, gli interventi di seguito indicati costituiscono il livello essenziale delle prestazioni sociali
erogabili sotto forma di beni e servizi secondo le caratteristiche ed i requisiti fissati dalla pianificazione nazionale,
regionale e zonale, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, tenuto conto delle risorse
ordinarie già destinate dagli enti locali alla spesa sociale: (...)
i) informazione e consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi e per promuovere iniziative
di auto-aiuto.
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servizio capillare che si muove verso le persone e dunque capace di raggiungere fasce diversificate
della popolazione.
La Rete Penelope non intende sovrapporsi alle realtà informative preesistenti ma, attraverso la
decodifica della domanda e l'aggancio di fasce di popolazione più ampie, si propone di potenziarne
le funzioni.
La finalità della Rete Penelope è di rappresentare un nodo di interscambio che favorisca il dialogo e
il coordinamento tra le diverse realtà municipali: i cittadini, le risorse del mondo informale e noprofit e la Pubblica Amministrazione.
L'obiettivo è di creare un sistema di comunicazione tra i diversi attori, interessati sia ad attivare
forme di protezione e promozione sociale che impegnati a migliorare la qualità della vita delle
persone.
Tali elementi ci hanno guidato ad avviare momenti di incontro con il Comune di Roma e in
particolare gli Assessorati impegnati nel lavoro sociale e nella comunicazione con il cittadino, a
seguito dei quali l'Assessorato alle Politiche Sociali e Promozione della Salute del Comune di Roma
ha riconosciuto la rilevanza sociale dell'iniziativa e dato il proprio patrocinio al progetto Penelope.
Una delle principali caratteristiche di innovazione del progetto Penelope è che esso è stato avviato e
tuttora sostenuto dall’autofinanziamento delle 11 cooperative sociali che vi hanno aderito (Cotrad,
San Saturnino, Prassi e Ricerca, Il Brutto Anatroccolo, Osala, Iskra, Cecilia, Assistenza e Territorio,
Futura, Magliana Solidale e Eureka I).
L'Associazione di imprese sociali “Città Visibile Onlus” (a cui le cooperative suddette aderiscono e
il cui sito Internet è www.cittavisibile.it) è la risorsa unitaria in grado di offrire il supporto
formativo, ma anche organizzativo e di coordinamento necessario a garantire criteri di omogeneità
tra i singoli Centri; le cooperative sociali, attraverso l'operatività pluriennale nei diversi territori
municipali, sono la risorsa che permette una conoscenza approfondita della realtà sociale e consente
la realizzazione di un servizio informativo capillare e inserito nella comunità locale.
Seppur in maniera sintetica, forniamo alcune importanti evoluzioni di sviluppo operativo del
progetto Penelope:
- i Centri della Rete Penelope hanno accolto, dall’avvio nell’estate 2002, diverse migliaia di
cittadini, fornendo loro informazioni e azioni orientative sulla base delle richieste espresse;
- a livello locale - vale a dire in ogni territorio municipale - ogni singolo Centro Penelope attiva
numerose reti e partnership finalizzate ad un miglioramento e ad un incremento dell’attività
informativa e di sensibilizzazione. Tali reti sono attivate con Patronati, parrocchie, Municipi,
ASL, farmacie, associazioni, cooperative, sportelli tematici (lavoro, handicap), servizi per
migranti, ecc.;
- gli operatori e il coordinamento della Rete Penelope sono costantemente impegnati nel lavoro di
rilevazione del lavoro svolto dai centri in favore dei cittadini, sia dal punto di vista dell’analisi
delle richieste espresse, sia per quanto concerne la mappatura dei servizi territoriali;
- il database informatico della Rete Penelope contiene più di 2.000 schede-servizi, frutto del
costante lavoro di mappatura nei vari territori di competenza dei Centri Penelope;
- la Rete Penelope è partner, sin dal suo avvio, del progetto “Porte Sociali” del Comune di Roma
– V Dip.to (www.portesociali.org). Tale progetto comunale, in linea col Piano Regolatore
Sociale della città di Roma e con la L. 328/2000, prevede l’istituzione – a regime – di 100 Porte
sociali in tutto il territorio cittadino con l’obiettivo di garantire ai cittadini l’informazione e
l’accesso ai servizi sociali promossi dalla Pubblica Amministrazione. Il Comune di Roma ha da
subito identificato nella Rete Penelope un partner qualificato nello sviluppo progettuale delle
Porte Sociali; altri partner sono la Caritas Diocesana di Roma, i Patronati Ital Uil, Inca Cgil,
Acli. Sono direttamente coinvolti nel progetto, inoltre, l’Ipab I.S.M.A. e i servizi sociali dei
Municipi romani. Il 12 marzo 2007 è stata inaugurata ufficialmente l’attività delle Porte Sociali
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nei Municipi in cui è stata avviata la I fase sperimentale. La Rete Penelope, in quanto partner, è
coinvolta con i propri Centri che svolgono, quindi, anche la funzione di Porta sociale comunale,
partecipando al Tavolo di coordinamento cittadino del progetto;
la Rete Penelope ha effettuato – con un finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di
Roma – una mappatura delle risorse informali nei Municipi romani in cui non sono ancora attivi
Centri Penelope, vale dire nel VI, VII, IX, XI, XII, XVI, XVII, XIX e XX. Tale lavoro di
rilevazione permetterà di avere – a breve – un database completo sui servizi per quanto
concerne l’intera città di Roma;
la Rete Penelope ha stipulato nel 2004 un protocollo d’intesa con i Centri di Orientamento al
Lavoro (COL) del Comune di Roma – Dip.to XIV. Tale protocollo ha sancito una
collaborazione già attiva tra diversi Centri Penelope e diversi COL territoriali sul piano dello
scambio informativo, dell’invio reciproco di cittadini con bisogni relativi al lavoro e/o sociali,
dell’informazione e sensibilizzazione sui temi di rispettiva competenza;
la Rete Penelope ha collaborato con il Programma Integra del Comune di Roma – V Dip.to,
nell’ambito specifico del progetto IntegRARsi, che prevede una serie di azioni formative e
operative rivolte in particolare ai richiedenti asilo e rifugiati e, più in generale, ai migranti;
la Rete Penelope ha recentemente stipulato un protocollo d’intesa con il progetto Mediazione
Sociale (promosso dalle coop. sociali in ATI Eureka I, Parsec e Magliana 80) e con l’ass.
AGISA (sportelli antiusura). L’accordo prevede scambi informativi, invio reciproco di cittadini
con bisogni legati a multiproblematicità vissute a livello familiare e sociale, iniziative su temi di
interesse comune;
la Rete Penelope è prossima alla pubblicazione della “Carta dei Servizi”, strumento privilegiato
di comunicazione e di interazione pro-positiva con i cittadini. La Carta è stata ideata e redatta
dagli operatori della Rete Penelope in seguito ad un percorso formativo e di accompagnamento
svolto in seno all’associazione Città Visibile, che ha permesso di focalizzare lo stato attuale e i
possibili sviluppi ideali e operativi della Rete Penelope;
la comunicazione e la divulgazione della Rete Penelope prevedono costantemente un
aggiornamento ed un miglioramento che, recentemente, hanno significato l’avvio di azioni
conseguenti. Tra queste, il rinnovo dell’immagine della Rete stessa, con il relativo sviluppo di
nuovi depliant e locandine, una nuova progettualità di lungo respiro per il sito Internet
www.retepenelope.it, oltre che la nostra partecipazione, il 16 maggio 2007, ad una trasmissione
dedicata alla Rete Penelope presso l’emittente televisiva Roma Uno.
Riferimenti
Coordinamento Rete Penelope
Associazione "Città Visibile" - Via dell'Amba Aradam, 20 – 00184 Roma
[email protected]
Tel. E fax: 0677590722
Municipio I
Coop. Sociale "Cotrad" - Via Urbana, 19 - tel. 06.47.82.64.35
[email protected]
Orario Lun/Mer/Ven 09.30-12.30 Giov 14.30-17.30
Municipio II
Coop. Sociale "S. Saturnino" Viale Regina Margherita, 157 - tel. 06.85.40.928
[email protected]
Orario: Lun/Mer/Ven 9.30 - 12.30 Giov 15.30-18.30
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Municipio III
Coop. Sociale "Prassi e Ricerca" - Via Lorenzo il Magnifico, 65 - tel. 06.440.2001
[email protected]
Orario: Mar e Mer 9.30 - 12.30; Giov 15.30-18.30
Municipio IV
Coop. Sociale "Il Brutto Anatroccolo" - Via della Bufalotta, 13/B tel. 06.87.18.50.93
[email protected]
Orario: Lun/Mer/Ven 09.30-12.30 Mar/Gio. 15.30-18.30
Municipio V
Coop. Sociale "O.sa.la." - Via Pio Briziarelli, 17 - tel. 06.86.89.54.73
[email protected]
Orario Lun/Mer/Ven 09.30-12.30 Giov. 15.30-18.30
Municipio VIII
Coop. Sociale "Iskra" - Via Marco Emilio Scauro, 18- tel. 06.23.15.216
[email protected]
Orario Lun/Mer/Ven 09.30-12.30 Giov. 15.30-18.30
Municipio X
Coop. Sociale "Cecilia" - Via Licinio Murena, 82- tel. 06.76.74.107
[email protected]
Orario dal Lun. al Sab. 09.00-13.00 Mar e Giov. 15.00-19.00
Municipio XIII
Coop. Sociale "Assistenza e Territorio" Via dei Fabbri Navali, 16/18 - tel. 56.30.50.51
[email protected]
Orario Lun./Mer/Ven 9.30-13.00 Giov. 14.30-18.30
Municipio XV
Coop. Sociale "Magliana Solidale" V. P.Baffi, 28 tel. 06.55.26.39.04
[email protected]
Orario Lun./Mer./Ven. 09.30-12.30 Giov. 15.30-18.30
Municipio XVIII
Coop. Sociale "Eureka I" - V. Ettore Stampini, 10 tel. 06.39.74.56.00
[email protected]
Orario Lun./Mer/Ven. 09.30-12.30 Giov. 15.30-18.30
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Provincia di Roma, Polo Provinciale Malattie Rare
La Provincia di Roma, sollecitata dalle associazioni dei malati, ha promosso nel 2001 un’indagine
conoscitiva per rilevare consistenza e caratteristiche del fenomeno delle malattie rare nel territorio.
Dai risultati dell’indagine è emerso che per i malati di malattie rare è difficile ottenere una diagnosi
certa in tempi brevi: un malato impiega un tempo medio di circa 3 anni. I medici di medicina
generale non hanno sufficienti informazioni sul fenomeno, né conoscono le sue dimensioni. I malati
non hanno informazioni sui centri di eccellenza, che sembrano essere troppo distanti dal sistema
delle cure primarie.
A questo si aggiunge il difficile accesso alle informazioni utili di tipo
sanitario, sociale, amministrativo.
Si è quindi rivelata l’esigenza di promuovere iniziative facilmente comunicabili ai malati e ai
familiari, ai medici di medicina generale, alle associazioni di malati e ai servizi sociali, per
agevolare percorsi terapeutici e di inserimento sociale, nel rispetto dei diritti dell’individuo e delle
normative nazionali e regionali.
Ruolo della Provincia
In questo quadro, la Provincia può giocare un ruolo fondamentale per facilitare il raccordo tra gli
interventi sanitari e quelli sociali in base a quanto previsto dalla L. 328/2000. L’amministrazione
regionale ha il compito di programmare e regolamentare i servizi sanitari e, nel caso specifico, deve
garantire ai malati presidi specializzati in accordo con il Centro Nazionale Malattie Rare- Istituto
Superiore di Sanità; la normativa corrente affida alla Provincia il compito di coordinare la rete
territoriale dei servizi socio-sanitari attraverso la programmazione dei Piani Sociali di Zona e i PAT
La maggiore e capillare capacità informativa della Provincia, attraverso sportelli informativi
territoriali, con la collaborazione dei servizi sociali comunali, può costituire un prezioso strumento
per la tutela dei diritti dei malati. La Provincia di Roma, Assessorato alle Politiche Sociali e per la
Famiglia, nel 2004 ha promosso e sostenuto la costituzione del Polo Provinciale per le Malattie
Rare, con l’apertura di uno sportello presso l’Ospedale SS. Salvatore di Palombara Sabina, ASL
RMG, azienda dove è attiva la Commissione Aziendale Malattie Rare; l’ente attuatore è l’Istituto
Psicoanalitico per le Ricerche Sociali, partner l’Istituto Superiore di Sanità.
Il progetto iniziale prevedeva l’apertura di più sportelli, in aree diverse del territorio provinciale:
Palombara Sabina ASL RMG nel 2004 e a Ciampino ASL RMH, nel 2005. Problemi istituzionali e
organizzativi hanno reso difficile dare continuità all’esperienza. Lo sportello di Ciampino è stato
chiuso, mentre l’attività dello sportello di Palombara è stata sospesa il 28-2-2008 in attesa di un
nuovo finanziamento e dell’ insediamento nella sede dell’ex Ospedale S. Giacomo a Roma.
Servizi
Obiettivo del Polo è sostenere i malati di malattie rare che subiscono una situazione di massimo
svantaggio sociale, cercando di assicurare una migliore tutela del diritto alla salute, come previsto
dalla Costituzione e riaffermato dalla Legge n. 648 del 1996. e dal Decreto Ministeriale 279 del
2001.
All’interno del Polo, lo sportello ha l’obiettivo specifico di:
- dare ascolto agli utenti;
- individuare e raccogliere le esigenze informative e assistenziali;
- “fare da ponte” tra le istituzioni sanitarie, le associazioni, i medici di famiglia, i pediatri di libera
scelta e i servizi sociali territoriali;
- sensibilizzare la popolazione sul tema delle malattie rare.
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Nei primi dieci mesi di attività sono stati segnalati allo Sportello più di sessanta casi di malattie
rare, con un afflusso generato principalmente dal semplice passaparola.
Le richieste presentate dai malati sono di diversa natura: dalla mancanza di diagnosi alla carenza di
informazioni sui centri di cura, dalla richiesta di esenzione dei farmaci in fascia C al riconoscimento
dell’invalidità, dai problemi di assistenza sociale alla consulenza legale, dalla necessità di relazioni
sociali all’assistenza di un servizio psicologico specializzato.
Le difficoltà relative a molte richieste, derivano dal fatto che solo un numero limitato di malattie è
incluso nell’elenco approvato dal Ministero della Salute (D.M.279/2001); un’ulteriore complessità
nel trattamento terapeutico della quasi totalità dei malati, dipende dall’assenza di cure specifiche e
dal ricorso a trattamenti sperimentali, spesso con farmaci off label o in fase di studio o non
commercializzati nel nostro paese.
Lo sportello ha assistito molti cittadini nel raggiungimento della visibilità necessaria per ottenere gli
opportuni riconoscimenti, in ottemperanza alle norme già citate.
Anche dal punto di vista sociale numerosi sono i problemi: spesso, l’assistenza domiciliare non
viene riconosciuta per mancanza di informazione corretta o per carenze di organico dei servizi
sociali territoriali; nella maggior parte dei casi, i cittadini con malattia rara manifestano bisogni e
condizioni, che i servizi sociali non sono preparati ad affrontare. Gli esempi più frequenti in tal
senso, sono rappresentati dalle famiglie, in cui la malattia rara di un figlio obbliga ad una serie di
rinunce: dal lavoro almeno per uno dei due coniugi, ad una normale vita sociale per tutti se i
bambini non ottengono un adeguato sostegno a scuola e, almeno per alcune ore, a casa. Il Polo si
impegna a informare le istituzioni territoriali di questi bisogni. Nel caso di pazienti adulti, il
problema è ancora più grave, soprattutto quando non esiste una rete di sostegno familiare. Per
questo lo sportello promuove il coinvolgimento di volontari disponibili ad intervenire nelle
situazioni più difficili.
L’attività dello sportello si esprime grazie allo sviluppo di una rete di contatti e di collaborazioni
con le Istituzioni e le Associazioni di malati, spesso strutture informate e di vasta competenza. Le
associazioni di malati dialogano direttamente con i Centri di Ricerca e si prestano alle necessarie
verifiche dell’efficacia farmacologia di nuovi medicinali, come richiede la sperimentazione di ogni
singolo protocollo diagnostico-terapeutico nelle malattie rare.
Grazie a questa rete attiva, lo sportello riesce, a volte, a mettere in contatto il malato senza diagnosi
o senza adeguata terapia con le Associazioni competenti e con i medici di centri specializzati, in
Italia o in Europa, favorendone la più opportuna presa in carico.Questa metodica consente ai malati
di vedere notevolmente ridotti i tempi di attesa della diagnosi.
Lo sportello, come detto, fornisce anche ai medici di famiglia e ai pediatri di libera scelta
informazioni sui problemi relativi alle malattie rare e sulle normative vigenti: questo è un fatto
particolarmente importante ed utile soprattutto in un’ottica integrata di prevenzione. Il Polo
Provinciale per le Malattie Rare, con la sua attività è diventato un punto di informazione valido per
tutto il Centro Sud del paese e si è accreditato su tutto il territorio nazionale.
Struttura organizzativa
Il Polo è gestito da un’équipe di professionisti: il responsabile scientifico, dr. Raffaele Bracalenti,
medico, è il presidente dell’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali. Responsabile dello
sportello è la dott.ssa Marta De Santis, che collabora anche con il Centro Nazionale Malattie Rare Istituto Superiore di Sanità; allo sportello presta aiuti e consulenze uno staff di medici, psicologi e
professionisti in altre discipline (es. avvocati). Il responsabile del Progetto è il dott. Pietro De
Santis, psicologo. Il fatto che a coordinare le attività non sia direttamente un medico, ha creato
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inizialmente qualche diffidenza tra gli operatori sanitari, ma è stata la chiave del successo nel
servizio: gli operatori coinvolti, infatti, piuttosto che prestare attenzione “solo” ai protocolli medici,
hanno privilegiato l’ascolto delle esigenze dei malati e quindi hanno potuto fornire risposte
appropriate.
Risultati
Hanno contattato lo sportello circa 300 persone e sono stati affrontati con successo alcune situazioni
drammatiche anche grazie alla collaborazione con i servizi sociali territoriali.
Numerosi sono i malati che richiamano lo sportello, anche se non manifestano bisogni immediati,
perché la presenza di un servizio adeguato ai propri bisogni rappresenta un punto di riferimento
importante.
Sviluppi ulteriori
Con il rinnovo della convenzione, il Polo è ospitato nell’ambulatorio di Via Canova di fronte all’ex
Ospedale S. Giacomo. La nuova sede, al centro di Roma, risulta più facilmente raggiungibile. Il
nuovo sportello è già attivo e risponde ai numeri:
numero verde - tel. 8000.84.525
cellulare di servizio - tel. 340.0536564
ambulatorio via Canova - tel. 06.7730.6100
L’inaugurazione ufficiale sarà accompagnata da una campagna pubblicitaria.
Criticità su cui convogliare le energie
La disponibilità di nuovi farmaci e di cure ha aumentato l’aspettativa di vita dei malati di malattie
rare, oggi adolescenti, giovani ed adulti devono studiare, lavorare, avere relazioni sociali. E’
necessario dunque che i servizi del territorio si attrezzino per garantire a questi malati la qualità
della vita: attualmente invece i servizi sanitari e sociali non sono preparati ad affrontare il crescente
numero di questi bisogni di assistenza.
E’ necessario:
- pensare servizi innovativi per rispondere alle accresciute esigenze
- investire sulla formazione degli operatori , assistenti sociali, assistenti domiciliari, terapisti della
riabilitazione per informarli sui bisogni specifici di questi malati.
Riferimenti
Dott. Pietro De Santis
IPRS
Tel. 0632652401
[email protected]
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ASL RMG, Casa della Salute Palombara Sabina
La Casa della Salute parte da un’idea molto semplice: concentrare i servizi distrettuali in un luogo
ben riconoscibile ai cittadini, possibilmente al centro dell’abitato, dove fornire tutta l’informazione
necessaria, assistenza burocratica, medicina di base, guardia medica, specialistica territoriale,
diagnostica, assistenza domiciliare, riabilitazione, pratiche ambulatoriali che non richiedono
ricovero (piccola chirurgia, ecc.), spazi per le associazioni dei malati.
Nel progetto pilota, la Casa della Salute è una struttura fisica e contemporaneamente rappresenta il
“centro e il volano” per la riorganizzazione dei servizi territoriali. E’ un presidio strategico del
distretto sociosanitario per fronteggiare alcune criticità evidenti nel rapporto tra il SSN e il
cittadino e per garantire i livelli essenziali di assistenza socio-sanitaria propri del distretto:
prevenzione, cura e riabilitazione.
E’ una struttura che può essere realizzata ad hoc, ovunque nel distretto, in particolare in aree urbane
e quartieri di nuova costruzione o in contesti preesistenti poveri di servizi socio-sanitari. In molti
casi può rappresentare una risposta alle esigenze e alle preoccupazioni della popolazione dei vari
comuni dotati di una struttura ospedaliera che deve essere riconvertita in conseguenza della
riorganizzazione e razionalizzazione della rete ospedaliera regionale. La Casa della Salute può
essere quindi una delle possibili risposte al bisogno di salute e di sicurezza dei cittadini.
Il progetto sperimentale realizzato nella ASL RMG si colloca all’interno del processo di revisione e
riorganizzazione del Sistema Sanitario Regionale ed in particolare nel Piano di rientro della
Regione, (accordo ai sensi dell’art. 1 della L. 30 dicembre 2004, n. 311), che prevede una riduzione
dell’offerta ospedaliera sia nelle strutture di ricovero pubbliche che in quelle private. Le difficoltà
storiche in cui si dibatte il Servizio Sanitario Regionale del Lazio possono essere superate, secondo
la Direzione Generale dell’ASL RMG, se diventano un’occasione per introdurre innovazione sia
nella tecnostruttura amministrativa che nel modello assistenziale.
In questa ottica va l’ultimo piano strategico aziendale, su cui la Direzione ha aperto il confronto e
ha cercato la condivisione con le istituzioni locali e i cittadini, nel quale viene individuata la
necessità di concentrare e riqualificare l’offerta ospedaliera.
Nel territorio della ASL RMG si è passati da 8 a 4 ospedali più uno montano a Subiaco.
Quest’ultimo rappresenta una delle novità del nuovo assetto ospedaliero aziendale ed ha la
funzione di offrire una risposta ospedaliera specifica e flessibile ad un territorio che presenta
caratteristiche di marginalità riconosciute anche a livello regionale3.
Le altre innovazioni riguardano gli ospedali di Valmontone, Zagarolo, e Palombara che, attraverso
in processo di riconversione, sono stati trasformati centri di attività territoriali determinando così un
diverso rapporto tra ospedale e territorio verso il quale, secondo la Direzione Aziendale, va
orientato il sistema assistenziale regionale.
Questo indirizzo strategico, richiede una complessiva revisione organizzativa e funzionale, che si
realizza con il potenziamento del sistema delle cure primarie e intermedie.
Secondo la Direzione Generale, la riconversione dall’ospedale in servizi di cura territoriali è un
intervento strategico che richiede il coinvolgimento e la condivisione di tutti i livelli del sistema :
del livello politico e istituzionale Enti Locali , del livello organizzativo e professionale dirigenti e
operatori , dei cittadini. Ma è un passaggio irrinunciabile perché in un sistema fortemente centrato
3
Regione Lazio, Piano Sanitario Regionale 2009-2011, Cap. 4 Linee programmazione per l’ammodernamento della rete
ospedaliera.
21
sulla persona e sulla sua domanda di salute, la presa in carico in termini di garanzie di salute, è una
responsabilità del sistema nel suo complesso e non solo di una specifica componente.
In questa ottica, l’ospedale è solo uno dei diversi tasselli di un sistema che condivide con la rete dei
servizi territoriali la responsabilità di garantire la salute dei cittadini. E’ necessario dunque spostare
l’investimento economico e culturale dall’ospedale ai servizi territoriali e riconvertire le strutture
ospedaliere esistenti in nuovi servizi per il territorio e la comunità.
Questa trasformazione rimette al centro del sistema sanitario il distretto, luogo deputato a farsi
carico di necessità assistenziali attualmente soddisfatte impropriamente dalle strutture ospedaliere
per acuti. Per far questo, il distretto deve assumere il pieno governo delle cure intermedie, attivando
tutti i diversi servizi assistenziali (Assistenza domiciliare integrata, Residenze sanitarie, Hospice,
Presidi territoriali di prossimità) che consentono di affrontare e gestire, in un’ottica di continuità dei
percorsi assistenziali, i problemi di salute collegati alla condizione di cronicità.
Contestualmente alla realizzazione delle strutture di prossimità è necessario lavorare al
cambiamento culturale delle modalità di approccio al bisogno di salute che riguarda ancora una
volta gli amministratori locali, i professionisti sanitari, medici - infermieri – tecnici,e soprattutto i
cittadini.
La Direzione Generale della ASL RM G ha disposto nel tempo la chiusura di 3 presidi ospedalieri
che avevano utenza sufficiente. L’Ospedale di Palombara è stato riconvertito in Casa della Salute
con l’obiettivo di ottimizzare i servizi già presenti nel territorio e ampliare la filiera dei servizi
territoriali. A partire dalla struttura ospedaliera esistente, è stato costituito un presidio territoriale,
come nodo strategico di connessione tra la rete dei servizi territoriali e l’ospedale. All’interno
della Casa della Salute, hanno trovato posto una serie di ambulatori e servizi che offrono ai
cittadini servizi diversi ed integrati.
La Casa della Salute, inoltre, mette a disposizione la propria sede e per la realizzazione di campagne
regionali di prevenzione e screening.
Strutture presenti nella Casa della Salute
-
Cup
Primo soccorso
Day hospital chirurgico
Day Hospital medico
Day service
Diabetologia
Ecografie
Farmaceutica territoriale
Gastroenterologia
Ginecologia ed ostetricia
Immunoematologia asp
Ipertensione arteriosa
Laboratorio analisi
Oculistica
Oncologia
Otorino
Pneumologia e fisiopatologia respiratoria pneumologia e fisiopatologia respiratoria primo
soccorso
Radiologia
Senologia
Urologia
Unita' Operativa Infermieristica
22
L’impegno assunto dalla direzione aziendale è garantire ai cittadini gli stessi servizi offerti
dall’Ospedale cercando anzi di aumentarli migliorando quando possibile anche la qualità
dell’offerta (Tav.1)
Tav 1- Confronto tra servizi ospedalieri e offerta della Casa della Salute
Servizi
Ospedale
Casa della salute
Pronto soccorso
X
Cup
X
Chirurgia generale
Oncologia
Centri disturbi
comportamenti alimentari
---------Day surgery otorino
Sportello malattie rare
Farmacia
U.O. Infermieristica
Ambulatori
X
X
Ortopedia
Neurologia
Dentista
Ginecologia e ostetricia
Reumatologia Cardiologia
Endocrinologia
Diabetologia
Terapia
anticoagulante orale
Otorino
Epatologia
Endoscopia digestiva
Ambulatorio Cittadini
extra comunitari
Urologia
Pneumologia emogas
analisi
Geriatria
X
X
X
X
X
X
X
Primo soccorso
Cup appuntamenti cassa ticket
Scelta medico di base
Esenzione patologie
Vaccinazioni
Corsi di preparazione al parto ambulatori c.d.s.
Day surgery
Day hosdpital Oncologico
Centro disturbi comportamenti alimentari
Ambulatorio adolescenti
Consultorio
Centro di Salute mentale
Riabilitazione audio vestibolare
No
Si
Si
Ambulatori
Ambulatorio infermieristico (assistenza
infermieristica, medicazioni, educazione
sanitaria,anche di sabato e di domenica)
Ortopedia
Neurologia
Dentista
Ginecologia e ostetricia
Si anche prove da sforzo e holter
SI
SI
X
Attività Incrementata
X
X
X
X
attività Incrementata
Si – Medicina generale
Attività incrementata
No
Si e allo studio rilascio STP
attività incrementata con riabilitazione pav. pelvico
X
---------------
Attività incrementata
Si
23
Cup
Al primo piano della Casa è operativo uno sportello Cup dove è possibile prendere appuntamenti
per tutti gli ambulatori e, grazie alla presenza della cassa, pagare il ticket. E’ inoltre possibile
avviare alcune procedure amministrative per accedere ai servizi sanitari:
- iscrizione al servizio sanitario
- scelta medico di base
- riconoscimento esenzione patologie
- vaccinazioni
- prenotazione corsi di preparazione al parto
- ambulatori c.d.s.
Non è invece possibile avviare le procedure per il riconoscimento di invalidità né per la richiesta di
richiedere patenti e visite per la detenzione delle armi.
Sportello Accesso Socio Sanitario
Presso la Casa verrà inaugurato a breve uno sportello per favorire l’accesso integrato ai servizi
socio-sanitari. Due giorni a settimana sarà presente presso la Casa della Salute un’assistente sociale
del Comune di Palombara coadiuvata da un infermiere della Casa della Salute.
Laboratorio analisi
Presso il laboratorio della Casa della Salute è attivo un centro prelievi dove è possibile effettuare
tutti esami ematici, il personale assicura in media circa 90 prelievi al giorno.
Day service
All’interno del day service è possibile ottenere prestazioni ambulatoriali, il paziente attraverso la
richiesta del medico curante ha accesso ad un pacchetto di servizi complessi (PAC), che comprende
tutti gli esami diagnostici necessari con il pagamento di un solo ticket (15-max 40,15 euro).
Sono previsti i seguenti PAC:
- anemia
- asma bronchiale
- bronchite cronica ostruttiva con insufficienza respiratoria
- diabete neodiagnostico non complicato
- diag. celiachia
- diag. dolore toracico
- dig. Perdita transitoria coscienza
- ipertensione
- somministrazione controllata dei farmaci
- nodulo tiroideo
L’ammontare del ticket dipende dal livello di reddito, dal limite di età. Sono previste esenzioni per
tutte le forme di invalidità. Il Medico responsabile del Day Service dopo aver visitato il paziente,
apre il PAC (che prevede tutto il percorso diagnostico), dopo aver fatto la diagnosi, prescrive la
cura ed invia una relazione al Medico di Medicina Generale. L’apertura del PAC dura in media un
mese, periodo entro il quale di norma vengono effettuati tutti gli esami ed effettuata la diagnosi.
Day surgery e One Day Surgery
Due volte al mese i pazienti che hanno subito interventi chirurgici e necessitano di restare sotto
osservazione anche di notte possono restare sotto il controllo del chirurgo e dell’anestesista.
24
Presidio territoriale di Prossimità
Servizio degenza a gestione infermieristica per le cure intermedie ad alta intensità infermieristica in
pazienti stabili che non presentano caratteristiche di acuzie, come snodo fondamentale della rete di
assistenza territoriale e della continuità assistenziale. Circa 15 posti letto per la degenza nelle 24
ore, a gestione infermieristica (con presenza h 24) e assistenza medica accesso programmata
prestata durante il giorno dai medici della Casa della salute, medici di Medicina Generale che
vogliono seguire il proprio paziente, l’assistenza medica notturna per le emergenze è garantita dal
medico di Primo Soccorso grazie ad un accordo stipulato tra i servizi.
Il presidio è collegato con il CAD per garantire continuità assistenziale ai pazienti dimessi
dall’Ospedale. L’UVM (Medico, Infermiere Assistente sociale) effettua in ospedale una valutazione
multidimensionale del caso per verificare l’elegibilità. Valutata la necessità di stabilizzazione, si
programmano le dimissioni. Viene inviata una lettera al medico curante del paziente con la quale si
trasmettono informazioni sulle condizioni di salute e sulle dimissioni. Se il paziente ha bisogno di
riabilitazione o di assistenza domiciliare il coordinatore dell’UOI prende accordi e accompagna il
paziente al CAD o invia indicazioni al responsabile del CAD per la predisposizione del PAI.
Ambulatorio Infermieristico
Presso la Casa della Salute di Palombara Sabina è attivato il primo Ambulatorio Infermieristico del
territorio.L’attività attualmente opera su altre sei sedi territoriali della ASL “Distretto di Colleferro,
Carpineto Romano, Olevano Romano, Cave, Zagarolo, Distretto di Tivoli. Si prevede di attivare
ulteriori sedi nel territorio, in particolare un ambulatorio infermieristico pediatrico per cittadini
extracomunitari presso il territorio di Monterotondo, dove la popolazione immigrata risulta essere la
più cospicua rispetto alla globalità del territorio ASL.
Criticità
-
Non tutti i Medici di Medicina Generale partecipano e collaborano con la Casa della Salute
Gli ambulatori sono situati sui diversi piani, questa struttura della Casa impedisce l’utilizzazione
ottimale del personale infermieristico, con i lavori in corso c’è la possibilità di ripensare l’intera
struttura
- Limitatezza delle funzioni del CUP- Impossibilità di effettuare tutte le procedure di accesso ai
tutti i servizi della ASL RMG, esenzioni etc. allo sportello di Palombara
- Mancanza di collegamento con le associazioni di volontariato che operano nel territorio.
Il Direttore del Distretto sta realizzando in questo periodo incontri con le associazioni più
rappresentative del territorio per diffondere informazioni sulla Casa della Salute e creare
collaborazioni.
Riferimenti
Dott.ssa Piera Lippi
Dir. Sanitaria Casa della Salute cell 335/ 6197997
P.zza Salvo D'Acquisto - Palombara Sabina
Tel. 0774.65 41 Fax 0774.65 032
25
Ospedale S. Eugenio già S. Giacomo, Nefrologia e dialisi
Il reparto di nefrologia del S.Giacomo e ora del S. Eugenio è una creazione del Dott. G. Ruggieri,
Primario che lo ha progettato e organizzato ed è diretto dal Dott. Filippini.
Nel mese di ottobre, dopo la chiusura dell’Ospedale S. Giacomo decisa dalla Regione Lazio, il
gruppo di lavoro è stato trasferito, con le stesse funzioni dal S. Giacomo al S. Eugenio: dei 10
medici che costituiscono l’équipe dell’Unità Complessa Nefrologia 8 sono stati trasferiti al S.
Eugenio. I 22 infermieri hanno invece aderito al trasferimento su base volontaria o attraverso
incentivazione economica ed attualmente solo 3 di questi fanno parte dell’equipe.
Il trasferimento, voluto dalla Regione Lazio all’interno del piano regionale di rientro e
riorganizzazione della sanità regionale, ha generato un grande conflitto tra Amministrazione
Regionale, operatori sanitari, malati e cittadinanza.
Servizi
Il gruppo di lavoro che opera nel reparto offre una serie articolata di servizi che accompagnano il
malato lungo tutto il percorso di cura: dalle visite e analisi iniziali per la scoperta dell’insufficienza
renale, alla dialisi fino al trapianto.
Ambulatorio
L’Ambulatorio è il centro di tutta l’attività; è infatti dalle visite ambulatoriali e dall’ analisi degli
esami che vengono definiti e orientati i diversi percorsi di cura. Vengono effettuati visite e controlli
periodici per :
- persone con insufficienza renale latente o conclamata
- persone in dialisi in attesa di trapianto
- persone che hanno già affrontato il trapianto
E’ attraverso l’attività ambulatoriale che il gruppo di lavoro prende in carico il paziente e lo segue
garantendo l’appropriatezza delle cure.
Il paziente acuto scopre di avere insufficienza renale spesso in modo casuale ma può tornare in
condizioni di normalità, magari con una o più dialisi. Per questo il gruppo di lavoro ha organizzato
nel reparto di degenza una stanza ad hoc di bed-side per i pazienti acuti che hanno bisogno di
trattamenti immediati ed urgenti.
Nel caso del paziente cronico, attraverso i controlli periodici viene monitorato lo stato di salute e
modificata la terapia in base all’andamento della patologia.
Centro emodialisi ambulatoriale
Il servizio di emodialisi ambulatoriale è molto diffuso sul territorio ed è spesso gestita da
strutture private convenzionate. Nei servizi dialisi hanno operato a lungo prevalentemente urologi e
chirurghi: la nefrologia è una specializzazione recente. La Regione Lazio ha fatto molto per
regolare il settore (L.R. L. 1650/94) e definire i requisiti per l’accreditamento.
Degenza
S. Giacomo Pl 4 + 4 + 3 +1 , S. Eugenio Pl 2+2, per :
- nefrite
- ins. renale acuta e cronica
- preparazione dell’accesso dialitico
- trattamento delle complicanze da dialisi
Il reparto ha avuto a disposizione posti letti per la degenza nefrologica, una rarità nel nostro paese,
dove nella maggior parte dei casi i pazienti nefrologici che necessitano ricoveri vengono appoggiati
in altri reparti. La Regione Lazio ha legiferato in merito stabilendo un numero minimo di posti di
26
degenza per abitanti (1/20.000), ma purtroppo tale indicazione è applicata solo a metà (1/40.000)
come ha segnalato il Dott. P. Simeoni all’assemblea annuale della’Associazione Malati di reni del
2009. Secondo il direttore del Reparto, dott. Filippini, la degenza è strategica sia per i pazienti in
fase acuta che per i cronici. In particolare oggi visto che il paziente nefropatico è sempre più
anziano; è in crescita infatti il numero dei pazienti che iniziano a fare dialisi a 82 – 90 anni.
Pazienti sempre più anziani in condizioni di salute complicate che richiedono risposte più
complesse e diversificate, sia per gli accessi dialitici vascolari e peritoneali sia per le complicanze
legate alla dialisi o ad altre concomitanti comorbidità.
Nella nuova sede del S. Eugenio, i posti letto per le degenze sono temporaneamente ridotti a 4, e
molte urgenze di pazienti nefrologici vengono affrontate in reparti diversi, con la consulenza del
nefrologo. Purtroppo, in questo modo, il nefrologo può impostare la cura in collaborazione con i
colleghi dei reparti responsabili della presa in carico, ma non riesce a creare con il paziente, il
rapporto fiduciario che è centrale per garantire appropriatezza ed efficacia della cura. Secondo il
dott. Filippini, infatti, per il paziente è fondamentale avere la certezza che qualcuno competente si
occupi di lui. Questa opinione è confermata dalla sua lunga esperienza: per il paziente la
consapevolezza che in qualsiasi momento del giorno e della notte, nei giorni feriali e in quelli
festivi, c’è sempre qualcuno dell’équipe in grado di prendersi cura di lui, ha un effetto terapeutico
alleviando il senso di frustrazione e sofferenza correlato alla cronicità della malattia.
Queste considerazioni riportano alla necessità di garantire al nefrologo autonomia di gestione nel
trattamento dei pazienti perché chi è affetto da questa patologia ha necessità specifiche di cura, ed
anche interventi apparentemente meccanici come quelli delegabili al chirurgo, ad esempio il
confezionamento di una fistola artero-venosa per emodialisi, sono efficaci solo se chi le effettua ha
una conoscenza specifica della cura e soprattutto delle finalità di utilizzo.
Anche i tempi di gestione dei percorsi di cura sono fondamentali e richiedono autonomia del gruppo
di lavoro che deve essere messo in grado di:
- programmare tutta l’attività
- utilizzare la sala operatoria
-gestire le urgenze
La conoscenza dei tempi dei diversi decorsi, dell’insorgere delle possibili complicazioni permette
secondo il direttore di consumare le degenze in modo appropriato.
Servizio guardia nefrologica ed emergenze 24 h/24
Consulenze nefrologiche
I Nefrologi del reparto offrono consulenza a numerosi reparti, in particolare Rianimazione, Unità
coronariche, ortopedia, ematologia e sono in grado di effettuare trattamenti dialitici o di
plasmaferesi direttamente al letto del paziente.
Dialisi
Dialisi ambulatoriale - Emodialisi
Dialisi domiciliare - Peritoneale
Chirurgia della dialisi
La sala operatoria dell’ospedale è utilizzata per effettuare interventi chirurgici preparatori per
dialisi
- preparazione all’emodialisi (fistole A-V o cateteri vascolari)
- preparazione dialisi peritoneale (catetere peritoneale)
27
Attività di controllo dei Centri privati accreditati e U.D.D.
Il reparto effettua supervisione delle attività dei centri privati accreditati della Asl RM A e dispone
di due Unità di Dialisi Decentrata a gestione mista pubblico-privato effettuando controlli di
supervisione clinica in collaborazione con i nefrologi della struttura su un totale di circa 110
pazienti.
Centro di ricerca su malattie renali e dialisi peritoneale.
Ha organizzato corsi di aggiornamento per medici e infermieri e ha pubblicato lavori scientifici e
abstract anche su riviste internazionali di nefrologia. Ha formato specializzandi della 1 Scuola di
specializzazione dell’Università di Roma La Sapienza in particolar modo sulla dialisi domiciliare
(peritoneale)
Metodologia di lavoro
Il gruppo di lavoro ha sviluppato la metodica della dialisi peritoneale;
con questa metodica il sangue, invece di essere filtrato attraverso una membrana al di fuori del
corpo, viene "depurato" direttamente nel corpo del paziente attraverso la membrana naturale del
peritoneo. Introducendo nella cavità peritoneale il liquido di dialisi attraverso il catetere di Tenckoff
e quindi drenandolo fuori nuovamente, le tossine vengono filtrate dal sangue.
Esistono essenzialmente due differenti tipi di dialisi peritoneale:
-
-
CAPD - Continuous Ambulatory Peritoneal Dialysis - viene effettuata durante il giorno, a casa o
al lavoro, mentre il paziente continua a svolgere la propria normale vita. Tre quattro volte al
giorno circa 1.5-3 litri di liquidi vengono scambiati; il trattamento dura circa 30-40 minuti per
scambio.
APD - Automated Peritoneal Dialysis - nella quale la soluzione dializzante è scambiata
automaticamente da una macchina durante la notte mentre il paziente dorme.
Secondo uno studio realizzato dalla Società Italiana Malati di Reni su tutto il territorio nazionale,
solo il 10 % per cento dei pazienti in trattamento dialitico accede alla peritoneale, trattamento più
diffuso al nord, dove la sanità pubblica è più avanzata. Accedere al trattamento dovrebbe essere
una libera scelta dei pazienti che dovrebbero poter scegliere con il supporto del medico specialista.
L’equipe dei medici specialisti e la struttura sanitaria hanno infatti il compito di accompagnare il
paziente alla scelta della terapia più adatta e più appropriata alla sua condizione specifica: il medico
dopo la valutazione clinica offre al paziente le indicazioni tecniche necessarie per la scelta che è
maturata direttamente dal paziente che deve immaginare cosa sarà la sua vita con una terapia che
entra nella sfera personale.
La terapia peritoneale prevede una gestione autonoma del trattamento da parte del paziente, il
trattamento è semplice e può essere effettuato a casa direttamente dal paziente o, in caso di non
autosufficienza, con l'aiuto di un partner che di solito è un familiare.
La collaborazione attiva del malato e della sua famiglia è fondamentale, il paziente deve essere in
grado di prendersi cura di sé e dei suoi bisogni. Nonostante questo, i contatti con il personale
medico ed infermieristico sono molto frequenti così come i controlli ambulatoriali. Il personale
infermieristico addestra il malato ad effettuare il trattamento, in maniera corretta e soprattutto
sterile.
La terapia è più naturale dell’emodialisi perché viene effettuata a intervalli più brevi ed utilizza una
membrana naturale (peritoneo). Queste caratteristiche rendono la peritoneale, quando è possibile,
preferibile in vista del trapianto, nonostante il rischio di invecchiamento e logoramento del
peritoneo sollecitato dalle soluzioni introdotte. Può inoltre essere praticata in due diverse modalità
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a seconda delle condizioni ed esigenze del paziente: manuale e automatizzata durante le ore
notturne.
Per favorire la diffusione di questo trattamento anche tra gli anziani autosufficienti e non
autosufficienti il reparto, nel 2006 ha avviato un progetto per la realizzazione di un servizio di
assistenza dialitica domiciliare con personale infermieristico del Centro impegnato nell’effettuare:
prelievi per gli esami periodici di controllo, connessione e deconnessione del paziente al ciclatore,
rilevazione dei parametri dialitici, misurazione della pressione arteriosa e frequenza cardiaca,
eventuali medicazioni necessarie.
L'efficacia della dialisi peritoneale
La dialisi peritoneale è efficace ma necessita di una continua attività di monitoraggio ed
accompagnamento da parte del personale sanitario.
Va effettuata quotidianamente ed interrotta solo in circostanze occasionali.
Il personale infermieristico e medico deve valutare l'efficacia del trattamento monitorando ed
adeguando il volume della soluzione da infondere, i tempi di sosta e la quantità di liquidi da
rimuovere.
Nel caso in cui non si riesca ad ottimizzare il trattamento deve essere valutato attentamente il
passaggio alla emodialisi.
Piccoli problemi si possono avere soprattutto i primi giorni dopo l'impianto del catetere.
I maggiori rischi sono legati alle infezioni a carico della cavità peritoneale stessa dando luogo a
peritoniti (dolori addominali, febbre, raccolte liquide addominali); è necessario in caso di comparsa
di questa sintomatologia contattare al più presto i medici per poter istituire celermente un
trattamento idoneo, in genere con antibiotici introdotti nella soluzione dialitica utilizzata per la
dialisi (a volte, ma raramente, deve essere rimosso il catetere)
In questo caso spesso il trattamento va modificato e si deve passare all'emodialisi.
L'intervento di posizionamento del catetere viene effettuato chirurgicamente in anestesia locale o,
in alcuni casi, in anestesia generale. In genere, dopo il posizionamento del catetere, comunque,
devono trascorrere almeno 2 settimane prima di poter essere utilizzato.
Il gruppo di lavoro ha sviluppato nel tempo legami organizzativi e interorganizzativi per facilitare e
accompagnare il malato lungo tutto il percorso assistenziale. Ad ogni paziente viene assegnato un
medico di riferimento che effettua i controlli periodici e individua analisi ed esami specifici da
fare, mentre gli infermieri si occupano di prendere appuntamenti per le analisi, gli accertamenti
medici prescritti, fare i prelievi, ecc.
Nel reparto che lavora in rete con tutti i Centri per i Trapianti del Paese, viene effettuata
direttamente l’iscrizione del malato nelle liste di attesa.
I costi
Da una analisi dei costi economici complessivi (costi diretti + costi indiretti) evidenziati dallo
studio Censis del 2009 sui trattamenti sostitutivi della funzione renale, il trattamento peritoneale ed
in particolare la CAPD risulta essere il più vantaggioso (CAPD 490 Euro/sett vs HDB 669
Euro/sett). Tale differenza tra la dialisi peritoneale e l’emodialisi diviene ancora più significativa se
si considerano anche i costi sociali.
La terapia peritoneale è dunque meno costosa dell’emodialisi ed ha il vantaggio di promuovere lo
sviluppo di capitale sociale: il paziente resta a casa, continua la propria vita lavorativa e sociale e
viene aiutato, quando necessario, dalla propria famiglia o rete di riferimento.
La multinazionale farmaceutica che produce e distribuisce le sacche per la dialisi peritoneale ha
sviluppato un progetto regionale per diffondere il servizio domiciliare anche tra i pazienti
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emofiliaci. “Home care” ha l’obiettivo di mettere a disposizione dei malati non autosufficienti
personale per effettuare la cura peritoneale.
Il Piano regionale per la Nefrologia del 1998 D.G.R. 619 auspicava, anche in virtù dei costi ridotti,
un maggior ricorso alla dialisi peritoneale con un obiettivo da raggiungere in 5 anni del 30% dei
pazienti prevalenti in terapia dialitica.
Purtroppo però la dialisi peritoneale è ancora poco diffusa nel nostro paese rappresentando circa il
10% e con grosse differenze tra nord e sud (nel Lazio rappresenta il 6%).
In generale tale terapia è meno diffusa dove sono più numerosi i centri privati convenzionati. Anche
nel pubblico prevalgono centri di emodialisi che non hanno esperienza nella gestione della
peritoneale, o che preferiscono erogare prestazioni più remunerative quali l’emodialisi e altre
tecniche extracorporee per il maggior rimborso erogato.
In generale, la gestione del paziente in terapia peritoneale è più complicata per il Sistema sanitario,
perché richiede:
- un rapporto fiduciario con il medico senza la mediazione della macchina
- una cultura medica e sanitaria orientata fortemente al lavoro di équipe
- una struttura sanitaria attrezzata per le emergenze e forti legami interorganizzativi
Organizzazione interna
Il medico di riferimento assegnato stabilisce per ciascun paziente le analisi cliniche da effettuare; gli
infermieri oltre a svolgere le pratiche burocratiche e amministrative per avviare il percorso di cura,
fissano gli appuntamenti per le analisi e gli accertamenti medici necessari. Per ciascun paziente
viene stabilito un calendario con le scadenze per le analisi di routine e gli approfondimenti clinici da
effettuare.
L’equipe dei medici, a seconda degli esiti delle analisi provvede ad impostare e modificare la cura a
seconda delle necessità.
Vengono inoltre garantiti interventi e assistenza continua 24 h/24.
I medici effettuano incontri periodici per scambiare informazioni sui malati in carico, confrontarsi
sulle terapie, prendere decisioni.
I malati hanno numeri diretti di:
- Sala medici- attiva 24 h /24, con funzioni di guardia nefrologica e medicina di emergenza.
- Approvvigionamenti- ( materiali e medicinali vengono inviati direttamente a casa del malato o
in luoghi diversi dal domicilio in caso di vacanze)
- Ambulatorio- per prelievi e visite di controllo
- Infermieri- per informazioni, assistenza infermieristica, medicazioni, addestramento alla pratica
peritoneale.
- Il servizio dà inoltre informazioni e disposizioni su arredi e suppellettili da tenere nella camera
riservata alla cura.
Gruppo AMA
Costituito da un massimo di 10 pazienti in dialisi peritoneale, è condotto da professionisti: una
psicologa, è presente il primario, un medico nefrologo e un tirocinante.
L’obiettivo è far socializzare i pazienti tra loro, favorire la condivisione di dubbi, paure, necessità di
informazioni sulla malattia e su eventi collegati alla malattia da quelli più banali a quelli più
importanti. Superare le paure non dette.
La psicologa avvia la discussione e la presenza dei medici è finalizzata a dare informazioni
medico-sanitarie corrette. L’approccio è orientato a far sentire la “normalità” della malattia, o
meglio a far vivere la malattia con normalità. Tutte le segnalazioni di emergenze e anomalie da
30
parte dei malati vengono analizzate con l’aiuto del medico per verificarne la connessione con la
malattia.
I professionisti lasciano rispondere ai quesiti e alle domande i malati in base alla loro esperienza,
cosa e come hanno vissuto in quelle circostanze, cosa sentono o hanno sentito. Tra gli esempi degli
eventi che si trovano ad affrontare: immagine corporea (catetere perit. soluzione in addome) e
abbigliamento, attività fisica in palestra, costumi idonei e medicazione del catetere dopo il bagno al
mare o in piscina, sessualità, viaggi all’estero, etc. Il gruppo, che si riunisce di norma una volta al
mese, è temporaneamente sospeso per il trasferimento dell’équipe dal S. Giacomo al S.Eugenio.
Rapporto medico paziente
In emodialisi il rapporto tra il medico e il paziente è molto sbilanciato verso il medico che, grazie
all’utilizzo della macchina e della tecnologia, mantiene il controllo della cura.
La dialisi peritoneale è invece una metodica di cura che rompe il paradigma del paziente e mette al
centro il paziente e la sua capacità di cura e la relazione fiduciaria tra medico e paziente. I malati
vanno convinti, informati e al medico è richiesta la capacità di impostare un sistema organizzativo
che li ascolti, li sostenga, li informi e li accompagni nel percorso di cura dalla scoperta
dell’insufficienza renale, alle varie fasi e tipologie di dialisi fino al trapianto e dopo ancora. Il
medico deve quindi essere capace di ascoltare, addestrare il paziente all’auto terapia, capire quanta
autonomia e responsabilità lasciare al paziente.
Ruolo delle associazioni
Le due associazioni principali che raccolgono i malati di reni, l’Associazione Malati di reni e
Associazione Nazionale emodializzati non offrono servizi diretti agli associati ma svolgono un
ruolo di advocacy. In particolare l’Associazione Malati di reni ha sostenuto una battaglia per la
gratuità dei cibi aproteici, ha sollecitato le Aziende sanitarie al miglioramento dei centri di dialisi
pubblici, anche per contrastare la concorrenza dei centri privati, e alla soluzione del trasporto dei
malati per effettuare le dialisi, ha stipulato convenzioni per facilitare la diffusione dei macchinari
per la dialisi anche nelle navi da crociera, ha ottenuto bonus per sostenere le spese di energia
elettrica per effettuare la dialisi a casa.
Risultati
L’équipe segue attualmente circa 120 pazienti emodializzati tra il S. Eugenio e le due Unità di
Dialisi Decentrate e circa 40 pazienti in dialisi peritoneale.
Criticità
Resta critico il rapporto con i MMG che hanno una formazione insufficiente sulla malattia renale.
Su questo aspetto bisognerebbe fare di più a partire dal livello regionale per offrire informazioni e
collegare maggiormente la medicina territoriale di primo livello alla medicina specialistica e all’
attività dei centri specialistici di riferimento. Ricreare le condizioni strutturali, strumentali e di
risorse umane per riattivare quanto cessato con la chiusura dell’Ospedale S. Giacomo e necessario
al sostegno dell’utente nefropatico.
Riferimenti
Dott. Armando Filippini Tel 06/51002491
Ospedale S. Eugenio
[email protected]
31
Ospedale S. Andrea, SPDC e Associazione “Insieme con te”
L'Unità Operativa Complessa di Psichiatria dell’Ospedale S. Andrea si rivolge a una popolazione di
380.000 abitanti in parte della ASL RM A: CSM di via Monte Tomatico 9 e CSM di via Laplache 4
– intero IV° Municipio; in parte del IV° Distretto della ASL RMF con i 18 Comuni della Valle del
Tevere
L’associazione “Insieme con te ” si è costituita a Roma nell’ aprile 2004 (registro Regione Lazio
con determinazione n.°D3201 ) per offrire un sostegno socio-sanitario a persone che soffrono di
depressione, ansia, disturbi dell’umore. Tutti i servizi sono gratuiti e gestiti da volontari.
L’associazione ha un Comitato Scientifico composto da 13 membri: Psichiatri, Psicologi,
Psicoterapeuti, Esperti di Comunicazione.
Servizi
Le persone sofferenti e i familiari vengono aiutati a prendere coscienza del problema, avere
fiducia nella possibilità di affrontarlo, aumentare i desiderio di fare qualcosa per se stessi, avere
informazioni corrette sulle terapie possibili e i servizi per la salute mentale presenti sul territorio.
L’associazione opera mediante:
- Sportello telefonico: informazione, sostegno immediato, continuità di ascolto
- Incontri e colloqui con gli interessati ed i familiari
- Gruppi di Auto-Aiuto (G.A.A.)
Queste attività sono condotte da volontari, che hanno seguito almeno un corso di formazione tenuto
da esperti e un severo tirocinio guidato. Sono volontari anche i facilitatori dei Gruppi di auto-aiuto,
secondo il metodo anglosassone delle comunità d’esperienza, che distingue nettamente le funzioni
affidate ai professionisti della sanità e quelle svolte da persone simili, prossime ai soggetti aiutati.
Formazione di potenziali volontari
I corsi sono tenuti da psichiatri, psicologi e psicoterapeuti delle Università e strutture ospedaliere.
Gli stessi specialisti sono poi referenti della Associazione, fanno parte del Comitato Scientifico,
attuano un monitoraggio costante sul lavoro svolto. Sono stati realizzati finora 2 corsi per circa 70
potenziali volontari. Tematiche: malattie mentali, depressione, disturbi di personalità, stati psicotici,
metodi di collaborazione col servizio sanitario, conduzione di gruppi di auto-aiuto. Percorso:
accesso tramite colloquio; nella selezione vengono considerate le attitudini, qualità emozionali,
disponibilità a mettersi in gioco pur restando in secondo piano rispetto al richiedente aiuto, interesse
per lo studio delle materie del corso :
- lezioni e letture individuali (dispense)
- testo di esame preparato dal comitato scientifico
- compito scritto al termine del corso [ed esame orale]
- per chi è pronto ad assumersi responsabilità il percorso continua con
- tirocinio come uditore in un gruppo guidato da volontari esperti dell’associazione e letture per
approfondire lo studio.
Volontari
In un corso con 40 partecipanti diventano volontari attivi non più di 5-8 persone. Il “guadagno” per
gli altri è un plus di conoscenza e sensibilità, che alimenta la crescita e diffusione della
associazione. Oggi sono una ventina i volontari disponibili per le attività, ma contemporaneamente
32
non sono più di 6-8. Le attività sono faticose sia sul piano fisico che emotivo, perciò i volontari
hanno bisogno di pause di respiro; poi tornano disponibili. Sono 35 i soci iscritti con tessera nel
2008 (50/euro).
Collaborazione con Ospedale S. Andrea
La collaborazione sistematica con la sanità romana è cominciata nel maggio 2006 con l’Ospedale S.
Andrea, in particolare con il Servizio Diagnosi e Cura (delibera n.° 245 del 28.02.2006 ); è durata
12 mesi (22 maggio 2006, 21 maggio 2007); alla fine del 2008 è stata rinnovata una nuova
convenzione annuale ( delibera n.° 464 del 08.08.2008 ). Percorso:
- volontari di “Insieme con te” a gruppi di 2 si recano in ospedale 2 volte a settimana per due ore
dove incontrano i soggetti ricoverati in SPDC per fare conoscenza, [sostenerli in piccole
necessità quotidiane ] e mettere le basi per l’incontro fuori, quando saranno dimessi
- i volontari partecipano una volta a settimana alla riunione di equipe medica, dove ascoltano le
riflessioni cliniche sui ricoverati e ricevono indicazioni su coloro che si apprestano a tornare a
casa
- la struttura segnala le persone che sono nelle condizioni di poter beneficiare dell’aiuto da parte
dell’associazione
- quando la persona interessata viene dimessa, l’associazione è pronta a seguirla con telefonate e
incontri.
Se il malato è in famiglia, di solito l’associazione aspetta qualche giorno prima di proporsi; se
invece è una persona sola l’esperienza suggerisce di chiamarla al più presto, in quanto le prime ore
in solitudine sono dense di panico, scoraggiamento e senso di abbandono. Il ricovero infatti tende a
ridurre l’autonomia del soggetto che fuori dalle mura dell’ospedale percepisce maggiore fragilità;
spesso coltiva una sfiducia profonda sia in sé stesso che nei sanitari e preferisce lasciarsi andare per
cancellare il ricordo del ricovero.
Il volontario allora telefona, [si reca a casa,] propone un incontro in sede; come persona ben
diversa dal medico, può mettersi al suo fianco, in modo tranquillo, normale. Si esaminano le prime
difficoltà concrete, alimentazione, pulizie, farmaci. Poi vengono le proposte di fare gruppo (risocializzazione).
L’Ospedale rimborsa ai volontari le spese di trasporto per partecipare alle riunioni in reparto (dove
occorre andare con auto privata per scarsità di collegamenti pubblici). Il resto è offerto in totale
gratuità. L’associazione ha sede nel Municipio IV; è in grado di replicare questo modello in altre
strutture della città e può aprire gruppi di mutuo-aiuto là dove viene richiesto.
Metodologia dell’aiuto non professionale
Nell’ arco dei 12 mesi, all’interno del reparto si sono alternati sei volontari con grande esperienza
per due giorni a settimana, per quattro ore complessive. Obiettivo: entrare in contatto con le
persone ricoverate volontariamente o con ricovero obbligatorio (TSO), che stanno vivendo una crisi
e sofferenza grave. Con loro i volontari hanno dovuto far uso di molte capacità comunicative, per
conquistare la fiducia di persone chiuse in se stesse a causa della malattia. Certe resistenze
cadevano quando i volontari spiegavano chi erano, perché erano lì, ma soprattutto facevano capire
che non appartengono alla classe medica e riuscivano a farsi percepire simili, vicini, come loro.
Questo passaggio aiutava i ricoverati a sentirsi accettati, non giudicati, premessa per aprirsi a
confidenze. Dopo i primi incontri, tra i ricoverati è cominciato il passa – parola; nei pomeriggi
prefissati, gli “amici” aspettavano i volontari seduti attorno al tavolo del soggiorno, pronti a
raccontarsi e a fare gruppo, anche con i nuovi arrivati. Nel reparto psichiatrico infatti c’è un alto via
vai di persone e la fiducia verso il volontario deve passare tra i malati, sono loro che si incoraggiano
vicendevolmente ad aprirsi. Le due ore non bastavano mai: ben presto all’ interno del reparto è
33
nato un clima di condivisione che si è esteso nei confronti dei medici e degli infermieri, con
evidenti effetti positivi nel clima sia tra pazienti che tra operatori.
Il lavoro dei volontari ha consentito una maggiore accettazione delle terapie, spiegando ai ricoverati
come conviene relazionarsi con i medici, per ottenere il massimo beneficio possibile. Determinante
è sentirsi trattare alla pari, con attenta considerazione da persone cosiddette “ normali” e per ogni
specifico problema (secondo il detto: la qualità sta nei dettagli…); riconoscere persone che
sceglievano spontaneamente di dedicarsi a loro, pronte a condividere le difficoltà anche dopo il
ricovero, ha fatto rinascere in molti la speranza e la voglia di guarire.
Nei primi giorni dopo le dimissioni, per ogni ex-paziente del S. Andrea e specialmente per
quelli che vivevano soli o privi di una famiglia partecipativa, l’associazione ha messo in atto un
intervento personale; la disponibilità dei volontari è stata quotidiana, anche al di fuori delle
riunioni di gruppo. Si è trattato di:
- essere sempre vicini nei momenti di sconforto
- evitare che la persona ricada nell’isolamento
- garantire l’adesione alle terapie e la collaborazione con i medici di riferimento
- segnalare al medico sintomi di ricaduta
- favorire un processo di autonomia e responsabilità personale
- incoraggiare uno stile di vita adatto al proprio stato di salute
Come si vede, il lavoro dei volontari facilitatori è impegnativo, richiede grande empatia e
attenzione affinché:
- all’interno del Gruppo, ciascuno partecipi a uno scambio reciproco di sostegno, abbia la
sensazione di essere capito, possa, senza timore raccontarsi; questo lo aiuterà in tempi brevi a
prendere coscienza della propria situazione, ottenere le informazioni utili sulla propria malattia
e sulle possibilità di aiuto accessibili;
- nello stesso tempo la rete di solidarietà ed alleanza che si stabilisce all’ interno di un
Gruppo, poco alla volta, riuscirà a cancellare quei sentimenti di chiusura, di vergogna,
di auto-esclusione; il confronto porterà ogni partecipante ad una visione più obiettiva
della realtà e di conseguenza ad una migliore conoscenza di sé, alla riscoperta delle
proprie capacità ; l’ individuo riprenderà a credere in se stesso, sarà stimolato a far uso
di tutte le proprie risorse: questo porterà invariabilmente alla volontà di recuperare quella
autonomia che credeva persa per sempre;
- l’assenza di medici all’ interno del Gruppo consente lo scambio su base di reciprocità, cioè ogni
partecipante riceve qualcosa per sé nello stesso tempo in cui dà aiuto; di qui l’esperienza di
essere portatore di risorse vitali e preziose, recupero di autostima e fiducia nella relazione;
- il facilitatore aiuta la persona ad abbandonare il ruolo passivo di ammalato, diventare membro
di una micro-comunità, operativa e capace;
- una volta recuperate le energie positive, fiducia nelle proprie possibilità, un sufficiente
equilibrio clinico, la persona sarà motivata a recuperare i rapporti con i familiari e l’ambiente
sociale.
In questa operazione di risocializzazione, il Gruppo è di estrema importanza e in genere riesce a
dare una forte accelerazione
alla accettazione del cambiamento e alla fase di
riconoscimento e rivalutazione delle proprie capacità e dei propri interessi. L’associazione
opera, quindi, con l’ obiettivo di creare così una continuità di assistenza per i pazienti
psichiatrici, fino al riappropriarsi di se stessi e della propria vita.
Risultati in 12 mesi
In sintesi
- la totalità dei ricoverati (150 persone) ha beneficiato durante il ricovero dell’appoggio dei
volontari
34
-
poco meno del 50% dei ricoverati (70 persone) ha avuto contatti dopo la dimissione, di questi
32 sono inseriti in gruppi di auto-aiuto (30% ricoverati)
- per il restante 50%: un 30%, a giudizio della struttura, non è in grado di beneficare dell’autoaiuto, mentre il 20% abita fuori Roma, vive in provincia e anche in altre regioni; a questi
l’associazione, una volta dimessi, è in grado di dare solo assistenza telefonica. Va segnalato
inoltre che sono in aumento gli stranieri con sofferenze psichiatriche.
Tra i soggetti aiutati, cresce la percentuale dei giovani, che più degli adulti sono affranti quando si
scoprono malati, capiscono che dovranno convivere con farmaci, procedere diversamente dai loro
coetanei. Per loro risulta utile il gruppo di auto-aiuto, dove gradiscono tanto l’incontro con giovani
che con gli anziani, che possono ricordare i nonni, più accoglienti e comprensivi rispetto alle figure
dei genitori.
Anche questa esperienza, nuova per Roma, conferma i benefici dell’auto – aiuto ampiamente
comprovati per coloro che subiscono più ricoveri in SPDC e poi restano per mesi nelle cliniche
convenzionate. Nessuno dei 32 soggetti inseriti nei gruppi dell’associazione ha subito nuovi ricoveri
immediati, né pubblici né privati. Dunque, in rapporto alla qualità nella Assistenza, l’ attività
dei Gruppi di Auto-Aiuto per le persone affette da Disturbi Mentali, si pone come
essenziale strumento aggiuntivo ai sistemi di cura tradizionali.
Riferimenti
Prof. Roberto Tatarelli, Ospedale S. Andrea, Unità Operativa Complessa di Psichiatria
Direttore Prof. Paolo Girardi, Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura ( S.P.D.C.)
Prof. Andrea Cittadini, Responsabile Servizio di Auto - Aiuto per i pazienti ricoverati: Dirigente
medico U.O.C. di Psichiatria
Via di Grottarossa 1035 – 1039 - 00189 Roma
Tel. 06 / 33.77.1
www.ospedalesantandrea.it
INSIEME con TE
Presidente Anna Giuliano
V. le Adriatico 1 - 00141 Roma
Tel. 06 / 855.29.25.
Fax 06 / 810.73.78
[email protected]
www.insiemeconte.org
35
S. Camillo Forlanini, Ambulatorio Salute riproduttiva
L’ambulatorio Salute riproduttiva Day Hospital IVG dell’Azienda Ospedaliera S. Camillo –
Forlanini, che afferisce al Dipartimento Materno infantile, oltre ad accompagnare le donne che
intendono effettuare l’interruzione di gravidanza, svolge un’importante attività di informazione
volta a favorire la scelta consapevole della maternità e la diffusione dell’utilizzo dei contraccettivi.
E’ l’unico reparto della Regione Lazio ad accettare pazienti con solo test di gravidanza e
documento di riconoscimento
La responsabile è ginecologa presso la maternità del San Camillo dal 2000 ed ha avuto l'incarico
dalla Direzione Sanitaria per dirigere il servizio, da allora ha promosso l’approvazione di un
protocollo interno per limitare al massimo i tempi di attesa per l’IVG. Dal 2000 è stato introdotto il
servizio di mediazione culturale attraverso la stipula di un protocollo con il Comune di Roma , gli
operatori hanno un contratto annuale finanziato dal Comune.
Nel reparto sono compresi tre servizi
- IVG –L.194/78
- Ambulatorio di contraccezione/salute riproduttiva
- Centro regionale di riferimento per il trattamento e la prevenzione delle mutilazioni genitali
femminili
Obiettivi
-
offrire alle donne italiane e straniere informazioni per affrontare in modo consapevole l’IVG e
attuazione di quanto previsto dall legge 194 sull’IVG
prevenire l’IVG tra le donne straniere attraverso la mediazione linguistico-culturale,
l’informazione e l’accompagnamento all’utilizzo dei servizi sanitari
informare le donne, italiane straniere sull’utilizzo dei metodi contraccettivi per evitare
gravidanze indesiderate
informare e sensibilizzare le donne per contrastare le mutilazioni genitali femminli e
trattamento chirurgico per la deinfibulazione.
Attività
All’interno dei servizi viene effettuata:
- presa in carico delle pazienti che afferiscono al day hospital per effettuare l’Interruzione
Volontaria di Gravidanza
- tutela della maternità consapevole attraverso l’informazione corretta sull’utilizzo dei metodi e
mezzi contraccettivi
- visite ginecologiche ambulatoriali
- ecografie ostetriche
- esami emato-chimici
- ECG
- visite di controllo post IVG
- mediazione linguistica e culturale
- presa in carico di pazienti con mutilazioni genitali femminili
- Informazione e promozione della salute riproduttiva femminile su tutta la popolazione afferente.
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Al reparto accedono donne che intendono interrompere la gravidanza, le donne immigrate
extracomunitarie sono numerose e molte in possesso del STP. Nel 2007 sono state praticate circa
2436 IVG (Tav.1).
L’IVG viene eseguita sia in anestesia locale che totale per un totale di circa 30 IVG settimanali.
Tav.1 IVG praticate anni 2005-2007
Anno
Totale IVG
N. minori 18 anni
Straniere
2005
2006
2007
2794
2807
2436
76
94
107
1516
1559
1259
La maggioranza di donne che accedono al Day hospital sono straniere (1200 all’anno), tra le
straniere il 50% sono romene, poi italiane molto giovani (20-24 anni).
Alcune delle straniere sono prostitute (ora più nascoste di prima, a causa dell’inasprimento della
legislazione) e molte sono le donne che provengono dai centri di raccolta della croce rossa per i
rifugiati.
Dai dati raccolti dalle operatrici le motivazioni principali che inducono le donne all’IVG sono la
mancanza di sostegno economico, la mancanza di un partner affidabile e la paura di perdere il
lavoro. Tra le giovani prevale l’insufficiente educazione sessuale e la mancanza di informazioni sui
metodi contraccettivi.
Il reparto è riferimento Regionale per il trattamento delle mutilazioni genitali femminili.
Nel reparto (IVG e Centro Mutilazioni Genitali) opera una équipe multi professionale e multietnica:
- 1 Caposala
- 12 Infermiere (6 in day hospital ivg e 6 in ambulatorio)
- 10 medici (di cui 4 uomini)
- 4 mediatrici (una polacca, una romena, una cinese e una marocchina, in servizio tutti i giorni
dalle 10.00 alle 13.00)
- 1 amministrativa
- 1 psicologa
Le mediatrici sono state formate dall' azienda ospedaliere su: salute riproduttiva, contraccezione,
sistema dei servizi sanitari.
Le donne che arrivano presso l’ambulatorio sono accolte dalle infermiere che raccolgono i dati
personali e compilano le schede di accesso. Vengono poi eseguite l’ECG, l'ecografia e gli esami
ematici ed in seguito il colloquio
con la mediatrici e con la psicologa per individuare la
motivazione all’IVG.
Attraverso il colloquio le mediatrici svolgono una funzione di informazione e counselling, sui
metodi contraccettivi e sui servizi sanitari e di accompagnamento alla tutela della salute.
Ambulatorio mutilazioni genitali
L’attività consiste nella deinfibulazione e nella realizzazione di progetti informativi e
per contrastare le mutilazioni genitali femminili promossi da associazioni, enti o altro.
formativi
E’ in atto un allargamento del servizio e l’allestimento di uno spazio dedicato alla deifibulazione e
all’accoglienza dei pazienti. E’ in corso di realizzazione un protocollo con la comunità islamica
sulla salute dei migranti, sono stati promossi progetti di cooperazione sanitaria e promozione della
37
pace tra l’Azienda Ospedaliera S. Camillo Forlanini con ospedali nei paesi del Corno d'Africa, che
prevede la formazione al personale sanitario locale e l’assistenza ai malati.
Collaborazione/partecipazione e coinvolgimento delle comunità migranti del territorio
Il Servizio, oltre a lavorare in rete con i Consultori di tutte le ASL romane, con la Società Italiana
Medicina delle Migrazioni e INMP ha sviluppato numerose collaborazioni con Associazioni di
donne, Comunità di stranieri, con la Caritas e altre associazioni di volontariato: No.di, Rete della
mediazione culturale per la sensibilizzare sui servizi sanitari e la tutela della maternità consapevole,
anche attraverso la distribuzione di materiale informativo in diverse lingue e per sensibilizzare sulle
problematiche delle mutilazioni femminili.
Criticità
Sviluppare maggiormente la rete di collaborazione tra servizi socio-sanitari, volontariato sociale,
Enti e Istituzioni che lavorano col mondo dei migranti
Il lavoro dei mediatori culturali è legato a progetti annuali, la loro presenza nei servizi sanitari
dovrebbe essere regolarmente inserita nei ruoli per poter ottimizzare il loro operato.
Aumentare l' informazione sull'accesso ai servizi sanitari .
Aumentare l'informazione sui metodi contraccettivi .
Riferimenti
Dott.ssa Giovanna Scassellati
Tel 06/5870 4538-4449
[email protected]
38
ASL RM A, Coordinamento tutela salute migranti
Nell’anno 2008, è proseguita l’attività del gruppo di coordinamento “tutela salute migranti”,
relativamente alle aree d’intervento individuate dalla programmazione sanitaria regionale :
- accesso all’assistenza sanitaria
- valutazione dei bisogni
- programmi
Per garantire a tutti gli immigrati l’accesso all’assistenza sanitaria e per rimuovere gli ostacoli alla
fruizione delle prestazioni, sono state promosse iniziative di orientamento all’utilizzo dei servizi
sanitari, rivolte ai cittadini immigrati in particolare sulle modalità di iscrizione al SSR, di mediazione
culturale e di formazione specifica rivolta al personale dell’azienda sui temi della medicina
transculturale.
Sono state individuate, nell’ambito territoriale dell’azienda , aree critiche per la salute degli
immigrati:
- Salute della donna
- Salute del minore
- Condizioni sociali particolari
- richiedenti asilo, rifugiati e vittime di tortura
- rom e sinti
- persone straniere detenute
- Cittadini neocomunitari in condizioni di fragilità sociale
Le iniziative volte al miglioramento del grado di accessibilità e di fruibilità dei servizi sanitari sono
state promosse anche attraverso la partecipazione a tavoli di lavoro e di coordinamento: Gruppo di
lavoro per la promozione e la tutela della salute degli immigrati (Assessorato alla Salute - Regione
Lazio) ; Gruppo Immigrazione e Salute (GrIS – Lazio) , network regionale di strutture pubbliche e
associazioni del privato sociale, aderente alla Società Italiana di Medicina delle Migrazioni.
L’incontro e il confronto tra servizio pubblico e privato sociale ha permesso lo sviluppo di percorsi
comuni di riflessione e di coprogettazione sulle criticità, passando da un lavoro di rete informale
(rapporti di conoscenza personali, occasionali, fondati sulla motivazione, sulla disponibilità
reciproca) a un lavoro di rete integrata (accordi tra soggetti istituzionali, protocolli d’intesa).
Sono stati organizzati e realizzati programmi di prevenzione e assistenza, orientati alla tutela della
salute di gruppi particolarmente a rischio :
“Prevenzione Salute Donna Migrante”: un progetto di prevenzione e di cooperazione
Consultorio familiare via San Martino della Battaglia ASL RMA – I° Distretto
Il progetto “Prevenzione Salute Donna Migrante” è stato elaborato e attuato da un gruppo di lavoro
composto da volontari del poliambulatorio di Via Marsala, Area Sanitaria Caritas di Roma, e da
operatori del Consultorio Familiare di Via San Martino della Battaglia, ASL RMA.
L’idea di sperimentare un progetto finalizzato alla promozione ed alla tutela della salute della donna
migrante “radicato ” nel territorio di riferimento dei due servizi nasce dalla collaborazione
sviluppata tra gli operatori sul campo e dal clima favorevole di collaborazione istituzionale.
Nel 2001 la ASL RMA ha firmato un protocollo d’intesa con la Caritas di Roma, che recepisce le
indicazioni regionali (DGR n.5122/97) e propone un modello cooperativo tra servizio pubblico e
privato sociale/volontariato, per rispondere ai bisogni di salute della popolazione migrante.
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Il progetto nasce dall’analisi dei dati epidemiologici relativi alle donne immigrate, dai quali emerge
che le cause di ricovero più frequenti potrebbero essere contenute con adeguati programmi di
prevenzione, focalizzati in contesti e popolazioni target maggiormente esposti al rischio. In
particolare, nonostante le leggi del nostro paese garantissero la copertura sanitaria attraverso il
rilascio del tesserino STP, si riscontrava tra le donne straniere un elevato ricorso all’interruzione
volontaria di gravidanza e un ritardo nell’accesso ai controlli sanitari nel periodo di gravidanza.
La collocazione dei due servizi nel centro di Roma ed in particolare nella zona della Stazione
Termini, dove vivono e gravitano molte donne straniere, richiedeva strumenti e competenze
specifiche per rispondere alle nuove esigenze del territorio. Non è casuale che la USL RM1, ora
ASL RMA, sia la prima Azienda sanitaria romana ad avviare nel 1994 un percorso di medicina
transculturale.
Si è quindi costituito un gruppo di lavoro e un coordinamento tra operatori, è stato realizzato un
percorso formativo, è stata promossa la costituzione di una rete regionale (GrIS Lazio).
All’interno di un programma più vasto, che prevede numerosi interventi mirati all’accoglienza nei
servizi, il progetto “Prevenzione Salute Donna Migrante” ha la finalità di contribuire alla
promozione e alla tutela della salute della donna immigrata tramite attività di prevenzione primaria
e secondaria, con una metodologia di offerta attiva sul territorio.
Il gruppo promotore del progetto, operatori della ASL RM/A e volontari dell’Area Sanitaria della
Caritas, interdisciplinare (medici, assistenti sociali, infermieri, ostetriche, psicologi, tirocinanti del
servizio sociale), ha realizzato la fase di progettazione utilizzando una metodologia partecipativa,
che ha valorizzato esperienze e competenze diverse ed ha consentito di focalizzare l’attenzione al
rilevamento dei bisogni di salute e dei nodi critici di accesso.
Obiettivi specifici
-
Facilitare l’accesso all’informazione sui diritti acquisiti
Realizzazione di programmi aziendali di offerta attiva
Azioni
-
Informare donne e familiari sul diritto alla salute e sui servizi sanitari esistenti nel territorio
Orientarle / i verso l’offerta attiva prevista dal progetto
Offrire risposte di carattere preventivo al bisogno specifico di salute espresso dalle donne e dalle
famiglie sensibilizzate attraverso il progetto;
Registrare e sistematizzare i dati delle attività, al fine di monitorare, valutare ed eventualmente
estendere o riformulare il progetto.
Il progetto attivo fino al 2008, ha previsto il contatto diretto con la popolazione target (donne
immigrate) raggiunte nel territorio compreso tra Via Marsala (Poliambulatorio Caritas), Piazza dei
Cinquecento, Via Cernaia (Centro“Tra Noi”), Piazza Indipendenza, Via San Martino della Battaglia
(Consultorio Familiare ASL RMA).
In questa area tra i due servizi sono stati individuati luoghi privilegiati di aggregazione di alcuni
gruppi di donne e famiglie immigrate e organizzate uscite il giovedì pomeriggio per incontrare le
donne del territorio ed invitarle direttamente (visite di controllo e incontri per la contraccezione).
E’ stata elaborata una brochure pieghevole, con messaggi brevi e molti disegni, con le indicazioni
dei servizi e degli orari di apertura (la mappa del territorio).
Il progetto che ha avuto finalità e obiettivi che rientrano nei compiti istituzionali propri dei
Consultori e dell’Area Sanitaria della Caritas ha utilizzato personale, strutture ed attrezzature già
disponibili, non ha richiesto allocazione aggiuntiva di risorse umane e finanziarie (esclusa la stampa
del pieghevole).
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Risultati
Dalla valutazione dei risultati è emerso che riorientare i servizi, abbassando la soglia di accesso e
aumentando portata relazionale e funzione di orientamento verso i servizi sanitari utilizzando
metodologie di comunicazione innovative specifiche per le diverse tipologie di utenti (provenienza,
età, condizione socio-lavorativa), ha una ricaduta positiva non solo sulla popolazione migrante, ma
più in generale su tutta la popolazione.
Le donne e i familiari incontrati nel corso delle attività, degli incontri esterni, nei gruppi spontanei e
informali o presso spazi più strutturati, hanno manifestato un forte interesse al progetto specifico e
all’utilizzo dei servizi offerti dal consultorio dopo essere state sensibilizzate e informate sul
progetto). Inoltre hanno richiesto informazioni sull’accesso e la fruibilità dei servizi sanitari,
comunicando agli operatori le loro difficoltà a raggiungerli sia per carenze di informazione, che per
i tempi e le condizioni legate agli impegni di lavoro.
Il progetto ha previsto l’organizzazione di alcuni gruppi tematici, sulla base delle richieste e della
tipologia delle persone incontrate: contraccezione per le giovani, menopausa per le donne nella
fascia di età 50 anni. Prevenzione e affettività sono stati invece temi affrontati in modo trasversale
da tutte le fasce di utenza.
Tutte le azioni previste, ma soprattutto le occasioni di incontro, possono diventare, se
opportunamente preparate ed accompagnate, interessanti laboratori interculturali (ambienti di
mediazione in cui si avviano percorsi che, dall’integrazione di gruppi culturali diversi nel nostro
sistema di cura, possano iniziare a delineare un sistema di cura transculturale integrato, capace di
mettere in dialogo e valorizzare le differenze).
In questo senso “Prevenzione Salute Donna Migrante” ha dato un contributo allo sviluppo di
modalità di promozione di interventi di prevenzione, attente ai diversi modi di vivere e ai diversi
sistemi culturali, per contribuire a migliorare gli indicatori epidemiologici, attraverso percorsi di
tutela della salute della donna, che considerino la persona migrante non come un fattore di rischio o
di debolezza, ma come una opportunità di promuovere e mantenere la salute per tutti.
Riferimenti
Stefania Tonetti
Assistente sociale Consultorio Familiare di via Salaria
[email protected]
Filippo Gnolfo
Dirigente medico I° Distretto ASL RM A
Responsabile Coordinamento tutela salute migranti ASL RM A
[email protected]
Il Centro SAMIFO - Salute migranti forzati
Poliambulatorio di via Luzzatti ASL RMA – I° Distretto
Nel 2006, la ASL Roma A ha sottoscritto un protocollo d’intesa con il Centro Astalli (sede italiana
del Jesuit Refugee Service), associazione con la mission di sviluppare iniziative e progetti concreti
per i migranti forzati (richiedenti asilo, rifugiati, titolari di protezione umanitaria), persone costrette
a lasciare il proprio paese, per fuggire da persecuzioni e conflitti. Il rapporto di collaborazione
pluriennale nell'ambito della rete locale, in ambito formativo e assistenziale, ha spinto gli operatori
ad elaborare un progetto di promozione e di tutela della salute dei migranti forzati da attuare
attraverso una attività di cooperazione, all’interno di un presidio territoriale del I° Distretto - via
Luzzatti - al fine di pianificare e rafforzare le collaborazioni già esistenti, estendere i campi di
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intervento, mirare ad una maggiore continuità nel servizio. La proposta è stata quella di integrare
l’esperienza decennale dell’ambulatorio di via degli Astalli con i servizi territoriali distrettuali. I
servizi medici specialistici e amministrativi sono stati implementati con l’attività di operatori e
mediatori culturali, volontari esperti nella materia, medici specializzati nella cura di pazienti vittime
di violenza intenzionale (torture, abusi sessuali).
Obiettivi specifici
-
Promuovere e agevolare l’iscrizione al SSR
Facilitare l’accesso all’informazione sui diritti acquisiti
Formare il personale sanitario e amministrativo della ASL sui temi della medicina delle
migrazioni
Promuovere un servizio di mediazione culturale atto a superare gli ostacoli comunicativi e
relazionali
Realizzare percorsi interdisciplinari di cura e/o di sostegno appropriati alla sofferenza fisica,
mentale e sociale dei richiedenti asilo e delle vittime di tortura
Azioni
-
-
-
-
Promuovere iniziative di orientamento all’utilizzo dei servizi:
• modalità di iscrizione al SSR
• accesso e funzionamento dei servizi
• tipologie di prestazioni erogate con il coinvolgimento del volontariato sociale e di
strutture pubbliche territoriali
Realizzare una rete integrata intersettoriale, multidisciplinare e multiculturale:
• intersettoriale: operatori del servizio pubblico/operatori privato sociale (Centro Astalli e
Medici contro la tortura), operatori professionali/operatori volontari
• multidisciplinare: attività sociali, cliniche, di prevenzione, di formazione, di ricerca
scientifica, di documentazione
• multiculturale: operatori italiani e stranieri
Integrare il livello sanitario (interventi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione) e il livello
sociale (orientamento, mediazione linguistico-culturale, assistenza legale, inserimento socioeconomico)
Promuovere reti territoriali in sostegno dei migranti forzati (CARA di Castelnuovo di Porto,
servizi di accoglienza e tutela del SPRAR)
Promuovere interventi negli stabili occupati dai migranti forzati (Collatina, Romanina)
Il Centro SAMIFO è articolato in diversi servizi:
- Sportello di accoglienza e orientamento socio-sanitario
- Servizio di mediazione linguistico - culturale (farsi, tigrino, amharico, inglese, francese)
- Ambulatorio di medicina generale
- Ambulatorio di psichiatria transculturale
- Ambulatorio di medicina legale
- Ambulatorio di psicologia transculturale
- Ambulatorio di ginecologia e ostetricia
Risultati
Nel corso del progetto, che si è articolato nell’arco di 18 mesi (gennaio 2007 - giugno 2008),
operatori dell’Associazione Centro Astalli (7), dell’Associazione Medici contro la tortura (1), della
ASL RM/A (1), Medici di Medicina Generale (2), supportati da volontari e tirocinanti della Facoltà
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di Scienze della Comunicazione – “La Sapienza” Università, hanno realizzato l’avvio del Centro
SAMIFO - Salute migranti forzati .
I contatti documentati attraverso schede di registrazione sono stati complessivamente 1600: gli
utenti hanno avuto almeno un accesso al servizio, tutti sono iscritti al Servizio sanitario regionale ed
in possesso di regolare permesso di soggiorno. Di questi oltre la metà gode dello status di
protezione umanitaria, circa il 25 % dello status di rifugiato e il restante 25% sono richiedenti asilo.
Le nazioni di provenienza maggiormente rappresentate sono state le seguenti: Eritrea, Afghanistan,
Etiopia, Costa Avorio, Guinea., Togo. Duecentocinquanta persone avevano subito diverse forme di
torture (fisiche, psichiche, sessuali). La medicina di base, fruibile all’interno del servizio, ha
permesso di far emergere bisogni sanitari che non riuscivano a trovare risposte adeguate in altri
servizi. Inoltre molti richiedenti asilo o rifugiati sono stati informati del loro diritto/dovere
all’iscrizione al SSR e quindi della possibilità di scegliere il MMG. La medicina legale
(Associazione medici contro la tortura) ha seguito e certificato gli esiti di tortura in 200 utenti, ai
fini del riconoscimento dello status di rifugiato.
Il servizio di psicologia con funzioni prevalentemente di orientamento e sostegno è stato garantito
dal personale del Centro Astalli così come il servizio di mediazione linguistico-culturale, il front
office e l’accompagnamento a particolari visite specialistiche (ambulatorio di malattie infettive per
le persone che hanno subito abusi sessuali in seguito ai quali hanno contratto malattie trasmesse
sessualmente, quali infezioni da HIV, HBV e HCV). Personale della ASL RMA ha garantito i
servizi di salute mentale e di salute dellla donna. Il servizio di psichiatria ha seguito le conseguenze
di eventi psicotraumatici nelle vittime di tortura. 300 sono state le visite psichiatriche. Il servizo di
ginecologia ha seguito in particolare le donne che hanno subito abusi sessuali. L’attività del centro
SAMIFO ha garantito la tutela della salute dei richiedenti protezione internazionale e delle vittime
di tortura soprattutto nella prima fase del riconoscimento dello status, quando le difficoltà legate
alle diversità culturali si sommano alla condizione di estraniamento forzato rendendo altamente
probabile la mancata risposta al diritto alla salute di cui godono.
E’ stato istituito un Comitato Scientifico , composto da operatori della ASL Roma A, del Centro
Astalli e di Medici contro la tortura e da professionisti di Laziosanità – Agenzia di Sanità Pubblica,
Istituto Superiore di Sanità, Dipartimento di Scienze di sanità Pubblica - “La Sapienza” Università,
Società Italiana Medicina delle Migrazioni, per pianificare gli obiettivi, le strategie e le azioni del
Centro SAMIFO. E’ stata costituita una Unità Valutativa, nell’ambito del Comitato Scientifico, con
il compito di monitorare e verificare la coerenza degli obiettivi e dei risultati. Sono state adottate la
scheda di accoglienza e le schede cliniche di medicina generale, psichiatria, medicina legale,
psicologia. E’ stato adottato il documento programmatico per l’anno 2009, con particolare
attenzione ai percorsi formativi.
Riferimenti
Pietro Benedetti Responsabile Ambulatorio Centro Astalli
[email protected]
Giancarlo Santone Dirigente medico DSM ASL RM A
[email protected]
Filippo Gnolfo
Dirigente medico I° Distretto ASL RM A
Responsabile Coordinamento tutela salute migranti ASL RM A
[email protected]
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Sportello Interculturale Informasalute
Poliambulatorio di via Luzzatti ASL RMA
Il Poliambulatorio di via Marsala, della Caritas di Roma, da venticinque anni si rivolge a pazienti di
diverse culture e provenienze cercando di assicurare il diritto alla salute e all’assistenza sanitaria
soprattutto di coloro che sono più svantaggiati. Questa attività ininterrotta ha funzionato nel tempo
come un osservatorio privilegiato utile al rilevamento e al monitoraggio dei bisogni di salute
specifici ed anche inespressi della popolazione multietnica della città di Roma.
Negli ultimi anni si sono sviluppate, all’interno dell’Area Sanitaria della Caritas, alcune attività
progettuali che hanno visto le comunità migranti sempre più partecipi nei processi di trasformazione
dei servizi attraverso la formazione specifica di alcuni referenti delle comunità e il lavoro di rete.
Il Progetto Informasalute – Sportello Interculturale nasce come risultato di questa lunga esperienza
e della collaborazione tra ASL RMA e Area sanitaria della Caritas di Roma, formalizzata nel 2001
con uno specifico protocollo di intesa. La finalità di questo progetto è di migliorare l’accessibilità
e la fruibilità dei servizi sanitari pubblici da parte della popolazione migrante. Il progetto,
realizzato all’interno di un presidio territoriale del I° Distretto - via Luzzatti - intende promuovere
un modello organizzativo gestito direttamente da referenti delle comunità etniche e da volontari.
Obiettivi specifici
-
Migliorare l’accesso e la fruibilità del Poliambulatorio ASL di via Luzzatti per la popolazione
migrante con particolare attenzione per quella cinese.
Migliorare le conoscenze degli operatori socio-sanitari sulle problematiche di salute e sulle
difficoltà amministrative dei pazienti delle diverse comunità etniche.
Sensibilizzare la popolazione cittadina sulle problematiche e sulle potenzialità della comunità
cinese presente a Roma
Identificare nella comunità cinese le principali problematiche correlate al disagio comunicativo
e alla difficoltà o discriminazione nell’accesso ai servizi sanitari.
Prevenire le conseguenze sulla salute della distanza socio-culturale tra strutture assistenziali e
popolazione cinese attraverso percorsi di comunicazione reciproca e di prossimità.
Azioni
-
-
Mappatura delle associazioni cinesi e centri che si occupano dei migranti presenti nel quartiere
Esquilino.
Rilevamento dei bisogni e informazione sui diritti e sui percorsi per la salute rivolto
specificamente ma non esclusivamente alla comunità cinese.
Progettazione ed attivazione di un percorso di formazione per gli operatori dei servizi sociosanitari sul tema dell’approccio alla salute nella comunità cinese con la partecipazione di
docenti cinesi
Attivazione di uno sportello in grado di comunicare in lingua cinese all’interno del servizio.
Realizzazione di microprogetti di Educazione Sanitaria per la prevenzione (es. tubercolosi,
ipertensione, patologie femminili)
Riferimenti
Maria Lourdes Landeo
[email protected]
Bianca Maisano
[email protected]
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Equipe Aziendale Territoriale Interdistrettuale in favore dei rom e dei sinti
U.O. Medicina Preventiva Età Evolutiva – IV° Distretto
Al termine della Campagna per l’accessibilità dei servizi sociosanitari e l’educazione alla salute in
favore di rom e dei sinti presenti a Roma, gli operatori delle equipe multidisciplinari hanno
presentato la proposta di istituire una equipe aziendale permanente interdistrettuale per proseguire
in modo continuo e sistematico l’attività nei confronti dei campi rom di via del Foro Italico e di via
della Cesarina.
Obiettivi specifici
-
Analisi dei bisogni e monitoraggio delle condizioni di vita e dello stato di salute della
popolazione rom
Analisi dei bisogni e monitoraggio delle condizioni di vita e dello stato di salute della
popolazione immigrata presente all’interno dei campi e negli insediamenti spontanei limitrofi
Interventi di orientamento attivo ai servizi, di offerta attiva di educazione alla salute e di
prestazioni sanitarie nei presidi territoriali
Collaborazione con municipi, NAE e associazioni del privato sociale che lavorano nel progetto
di scolarizzazione dei bambini rom (ARCI Solidarietà, Opera Nomadi)
Azioni
-
Accesso ai campi rom per incentivare e motivare l’accesso al centro vaccinale nelle giornate
dedicate
“Vaccination days”, giornate dedicate alla vaccinazione delle popolazioni rom
Monitoraggio della copertura vaccinale dei minori censiti nei campi nomadi
Incontri di educazione alla salute nei campi, abitazione per abitazione
Riferimenti
Antonietta Spadea
[email protected]
Filippo Gnolfo
[email protected]
A. S. L. Roma / A
Direttore Dr. Carlo Saponetti
[email protected]
Direttore Sanitario Dr. Stefano Pompili
[email protected]
Gruppo di Coordinamento Tutela salute migranti
Filippo Gnolfo – I° Distretto
Giulio Cosa – UO Statistico-epidemiologica
Stefano De Luca - DIP
Pierluigi Guiducci – UO Comunicazione
Maria Clara Pentella – I° Distretto
Giancarlo Santone – DSM
Antonietta Spadea – IV° Distretto
Paolo Tarantino – Servizio Infermieristico
Stefania Tonetti – Servizio Sociale
Lauretta Tribuzi – I° Distretto
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Istituto Nazionale per la Promozione della salute delle Popolazioni Migranti e il
Contrasto delle Malattie della Povertà
L’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle
malattie della Povertà, è un ente di diritto pubblico posto sotto la vigilanza del Ministero della
Salute, istituito nel 2006. L’Istituto rappresenta il consolidamento del lavoro scientifico, clinico, di
ricerca e formazione che ha preso avvio all’inizio degli anni ottanta con l’attività della Struttura
Complessa di Medicina Preventiva delle Migrazioni, del Turismo e di Dermatologia Tropicale
dell’Istituto dermosifilopatico Santa Maria e San Gallicano – IRCCS presso gli Istituti Fisioterapici
Ospitalieri di Roma.
In questo pluriennale percorso la Struttura Complessa del San Gallicano ha svolto attività di
accoglienza, cura, ricerca scientifica e formazione specializzata nelle condizioni di salute delle
popolazioni migranti, richiedenti asilo, vittime della tratta, senza fissa dimora e nomadi, e del
contrasto delle patologie della povertà.
Problemi
I servizi dell’Istituto si rivolgono in particolare ad immigrati regolari e irregolari, persone senza
fissa dimora, nomadi, vittime della tratta, minori non accompagnati, vittime di tortura e richiedenti
asilo, e comunque a rischio di emarginazione, spesso non in regola con l’iscrizione al S.S.N.
Le sfide a cui l’Istituto cerca di rispondere sono:
- fronteggiare le nuove emergenze sociali dovute alla rilevante presenza di immigrati regolari ed
irregolari e all’aumento di fasce povere della popolazione italiana;
- tutelare la salute delle fasce più fragili della popolazione
Metodologia di risposta
-
-
Strategie multidisciplinari (medici, antropologi, psicologi, assistenti sociali, mediatori culturali)
integrate per promuovere la salute delle popolazioni migranti, richiedenti asilo, vittime della
tratta, persone in stato di disagio, senza fissa dimora e nomadi, attraverso interventi clinici di
prevenzione, diagnosi precoce e cura delle patologie più diffuse
Attività di formazione specialistica degli operatori socio-sanitari e dei mediatori linguistico
culturali integrata nella rete di strutture del sistema sanitario regionale e nazionale
Attività di ricerca e progettazione, in sinergia con associazioni, enti locali, agenzie
internazionali
Istituzione di una rete delle Organizzazioni italiane ed internazionali, pubbliche, del privato
sociale e del volontariato che si occupano della promozione della salute delle popolazioni
migranti e del contrasto delle malattie della povertà
La pratica clinica adottata è caratterizzata da tre principi fondamentali:
- facilitazione e tempestività dell’accesso ai servizi socio-sanitario per tutte le persone
- sperimentazione di un modello a basso costo e ad alta efficacia attraverso l’adozione di
prestazioni sanitarie appropriate
- efficacia dei risultati in termini diagnostici e terapeutici correlata alla compatibilità con
l’identità socio culturale dei diversi gruppi di popolazione
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Organizzazione operativa
La struttura si articola in diverse aree di attività e competenza:
- Ambulatorio medico – aperto tutte le mattine e tre pomeriggi (martedì, mercoledì e giovedì)
- Servizio di etnopschiatria clinica;
- Servizio interdisciplinare integrato di patologie della vulva;
- Servizio richiedenti protezione internazionale, rifugiati e vittime di tortura;
- Sportello per le donne vittime di violenza;
- Sportello di consulenza legale in collaborazione con l’associazione “Avvocati di strada”
- Servizio minori stranieri non accompagnati;
- Attività di ricerca, progettazione e formazione
Modalità di accesso
A tutte le visite si accede senza prenotazione telefonica.
Prima di effettuare la visita è necessario presentarsi agli sportelli amministrativi per il pagamento
della quota ticket o dell’accertamento dello stato di indigenza e quindi di esenzione.
Nel caso di immigrati non regolari e, pertanto, non in regola con l’iscrizione al S.S.N., viene
rilasciato il tesserino STP, (Straniero Temporaneamente Presente) che ha validità di 6 mesi ed è
rinnovabile (secondo quanto previsto dal DL 286/98, dal Regolamento di Attuazione DPR 394/99, e
dalla circolare n. 5 del 24/03/2000 del Ministero della Sanità). Tale codice è equipollente, dal punto
di vista delle prestazioni sanitarie, alla tessera sanitaria ASL.
Esempi
Annualmente, circa 8.000 persone (immigrati, senza fissa dimora, rom, vittime di tratta, minori
abbandonati, rifugiati, persone in stato di disagio, ecc.) ricevono visite mediche e/o consulenze
psicologiche.
La sfida di oggi è quella di una completa integrazione sociale di questi nuovi cittadini e, per quel
che riguarda la sanità, garantire loro una reale fruibilità dei servizi e delle prestazioni. Pensare a una
organizzazione adeguata, a una capacità comunicativa efficiente, a una compatibilità culturale, alla
formazione specifica del personale è ancora una volta un'occasione per il nostro sistema di ripensare
se stesso e renderlo più fruibile e attento anche alla popolazione italiana.
Il consenso è pressoché unanime sul fatto che i più importanti determinanti dello stato di salute
siano rappresentati proprio dai fattori socio-economici, in grado di influenzare non solo lo stile di
vita e le condizioni di lavoro, ma anche le possibilità di accesso ai servizi socio-sanitari. Le
disparità nella salute si fanno particolarmente evidenti nelle grandi città, dove la povertà può
assumere caratteri estremi e hanno assunto particolare rilevanza, soprattutto negli ultimi anni, con
l’avvento degli immigrati.
In assenza di una normativa specifica in materia di diritto alla salute e di un’organizzazione
adeguata dell’assistenza sanitaria, una parte significativa della popolazione immigrata, stabilmente
presente nel nostro paese, per anni si è trovata esclusa dalla possibilità di poter accedere ai servizi
socio-sanitari.
In generale i problemi principali che caratterizzano la condizione di salute delle popolazioni
migranti sono i seguenti:
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-
-
Maggiore frequenza, in confronto alla popolazione italiana, dei ricoveri causati da traumatismi:
5,7% negli stranieri contro il 4,8% negli italiani (Dati ASP Lazio).
Tasso di incidenza degli infortuni tra gli stranieri sensibilmente più elevato rispetto agli italiani:
55,6% contro 43,2% ogni 1.000 lavoratori.
La percentuale dei casi di tubercolosi in persone straniere è in costante aumento: dall’21,7% nel
1999 al 39,4% nel 20044.
Per quanto riguarda l’infezione da HIV/AIDS, i dati dell’ISS evidenziano un costante e rapido
aumento nel tempo della proporzione dei casi AIDS notificati in stranieri: (dal 3,0% nel 1982‘93 al 17,9% nel 2005).
Il fenomeno della prostituzione è rilevante, con una stima di prostitute immigrate in Italia per
l’anno 2000 compresa tra circa 35.000 e 50.000 esseri umani.
Per quanto riguarda la salute della donna immigrata, si ricordano: l’alto tasso di abortività, la
scarsa informazione sanitaria, la presenza di mutilazioni genitali femminili.
Riferimenti
Prof. Aldo Morrone Direttore Generale INMP
morrone@in
www.inmp.it
Sede
Via di San Gallicano, 25/A
00153 Roma
Tel. 06/58543714
Fax. 06/45503114
4
Questa tendenza è confermata anche da altri studi epidemiologici europei effettuati dall’International Centre for
Migration and Health dell’OMS. Questa patologia colpisce pazienti irregolari che vivono in condizioni igienicoabitative peggiori sia rispetto alla popolazione generale, sia rispetto agli stranieri con regolare permesso di soggiorno.
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Ospedale Bambino Gesù, Scuola e gioco per i bambini ricoverati
L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù è un punto di riferimento a livello internazionale per la
ricerca e per la salute dei neonati, dei bambini e degli adolescenti. Dalla sua fondazione, quasi un
secolo e mezzo fa ad oggi, è passato dagli originari 12 posti letto ai circa 600 attuali, articolati su 3
sedi Roma, Palidoro e S. Marinella e con una capillare attività di missioni internazionali che
investono i cinque continenti e che hanno visto, negli ultimi 15 anni, coinvolti più di 40 Paesi.
All’interno dell’organizzazione, la Direzione Sanitaria ha il compito di verificare sistematicamente
la qualità dell’assistenza in termini di appropriatezza, efficacia ed efficienza dei processi
organizzativi ed assistenziali, e degli esiti, inclusa la qualità percepita dall’utente. Dalla Direzione
Sanitaria dipendono L’URP, il Servizio sociale e le due ludoteche della sede di Roma e di
Palidoro. La Direzione Sanitaria si occupa inoltre di coordinare anche le attività delle associazioni
di volontariato e le iniziative formative.
Nella filosofia di intervento dell’Ospedale scuola e gioco sono elementi fondamentali del percorso
di cura perché attraverso l’impegno scolastico e lo svago il bambino mantiene le sue abitudini, le
relazioni sociali ed affettive e mantiene il distacco dalla malattia. Nella Carta dei Diritti dei
Bambini ricoverati, l’Ospedale si impegna a garantire continuità del percorso educativo scolastico
e la presenza di aree di gioco dedicate ai bambini ricoverati e i loro fratelli.
Il gioco
Nelle due ludoteche di Roma e Palidoro operano educatori professionali e assistenti all’infanzia. Il
gioco è utilizzato sia per affrontare le problematiche del bambino ricoverato che per favorire il
recupero di funzionalità.
Nella sede di Palidoro, dove opera l’unica unità di neuro-riabilitazione unicamente pediatrica
italiana, il gioco è parte integrante dei programma di recupero di funzionalità.
Le attività di animazione nei reparti vengono realizzate dagli educatori in collaborazione con le
Associazioni di volontari, vengono organizzati corsi di attività manuali e pittura. Sono inoltre
programmati spettacoli ed eventi speciali, come ad esempio incontri con personalità dello sport e
dello spettacolo (es. astronauta, etc) che intrattengono bambini e genitori raccontando la loro vita e
le loro esperienze.
La scuola
Il servizio scolastico interviene in Ospedale per garantire contestualmente due diritti costituzionali:
quello della salute e quello dell'istruzione. Ma la scuola assume anche una funzione inedita: diventa
parte integrante del processo terapeutico. ià dagli anni '70 presso gli ospedali pediatrici e i reparti
specialistici di ospedali pediatrici sono state istituite, per le situazioni di lunga degenza, sezioni di
scuola. Inizialmente il loro funzionamento era garantito da docenti di scuola primaria, attualmente
sono presenti docenti di ogni ordine e grado, per fornire un sufficiente livello di conoscenze agli
alunni ospedalizzati e/o seguiti in regime di day-hospital. Presso il Bambin Gesù di Roma scuola
elementare e media operano dal 1975; oggi l’Ospedale collabora con l’Istituto Comprensivo
Virgilio per elementari e medie, e con un team di insegnanti di scuola secondaria superiore.
Gli alunni seguiti sono oltre 2500 all’anno. In Ospedale è possibile anche effettuare gli esami di
stato.
Attraverso la procedura “posti di letto on- line” i Caposala dei diversi reparti segnalano agli
insegnanti con una scheda i bambini o ragazzi da inserire nella programmazione scolastica.
L’insegnante trova la scheda nella cassetta postale.
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La scuola in ospedale ha una funzione particolarmente rilevante per tutti i pazienti, ma è
fondamentale per coloro che devono affrontare lunghi periodi di ospedalizzazione.
Le attuali tendenze sanitarie (diminuzione dei tempi di ricovero, day-hospital e day surgery e
assistenza domiciliare quando possibile) richiedono una maggiore flessibilità di intervento della
scuola: per la scuola media, oltre l’orario fisso, è stato organizzato un monte ore di insegnamento
che viene attivato su segnalazione dei reparti che solo saltuariamente presentano situazioni di
ricovero prolungato. Spesso vengono inoltre attivati, in collaborazione con le scuole di provenienza,
servizi di insegnamento domiciliare.
Per rispondere meglio a queste esigenze di flessibilità, l’Ospedale ha partecipato, con le due sedi di
Roma e Palidoro, al progetto Hospital School Home @ Network, realizzato e coordinato dal MIUR,
nonché al progetto e-care, in collaborazione con il Comune di Roma, Intel e Mondo Digitale.
Recentemente l’Ospedale ha avviato il progetto “Smart Inclusion Teledidattica” che, attraverso
l’utilizzo di un semplice PC polivalente, permette il dialogo tra il paziente e la scuola, gli amici e i
compagni di scuola, i familiari a casa.
Questo progetto, che integra l’intervento della scuola tradizionale, è particolarmente utile nel caso
di bambini sottoposti a trapianti (ad esempio trapianto di midollo) che devono affrontare lunghi
periodi di isolamento in camere sterili. L’utilizzo delle tecnologie facilita la comunicazione
continua tra il ragazzo ospedalizzato e la scuola di appartenenza (docenti e compagni), arricchisce
contemporaneamente il ragazzo ricoverato permettendo di mantenere rapporti amicali e i compagni
che imparano a sviluppare relazioni solidali con chi è temporaneamente in difficoltà. L’utilizzo
delle tecnologie aiuta inoltre a ridurre la complessità organizzativa necessaria ad organizzare il
servizio scolastico all’interno dell’ospedale, attraverso l’eliminazione di inutili passaggi e la
semplificazione dei rapporti tra i diversi attori coinvolti:
- scuole di provenienza
- polo scolastico
- famiglie
- strutture ospedaliere
Il Volontariato
L’Associazione Volontari Ospedale Bambino Gesù, presso la Sede di Roma, e l’Associazione
Volontari Ospedalieri, presso quella di Palidoro, sostengono costantemente le attività dell’Ospedale.
Gli angeli rosa
L’integrazione con il volontariato nasce nel 1969, anno in cui la Direzione dell’Ospedale promuove
la costituzione dell’Associazione Volontari dell’Ospedale Bambino Gesù, con l’obiettivo di
affiancare al personale medico ed infermieristico persone formate e qualificate in grado di offrire
aiuto e compagnia ai bambini ricoverati e fornire sostegno ai genitori.
Dal 2002, i volontari oltre a svolgere le consuete funzioni (accoglienza, ascolto e supporto per le
famiglie, gestione delle case accoglienza per le famiglie che vengono da fuori Roma, fornitura di
televisori, buoni pasto, abbigliamento etc. ai bambini) hanno ampliato il proprio impegno anche in
aree critiche di intervento.
Nell’assetto organizzativo dell’Ospedale i volontari sono considerati un tramite insostituibile tra
paziente, familiari e operatori sanitari; per questo la Direzione investe nella loro selezione,
formazione e organizzazione con la finalità di garantire ai malati e ai familiari un intervento
integrato con quello degli operatori sanitari e di qualità elevata.
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Selezione e Formazione dei Volontari
Lo Statuto delle Associazioni definisce alcuni criteri per la selezione dei volontari. La domanda di
ammissione deve essere presentata alla Segreteria della Direzione Sanitaria (è necessario essere
maggiorenni, avere un diploma di scuola superiore; sono esclusi gli studenti di medicina, medici e
infermieri). La Direzione Sanitaria ha il compito di valorizzare, anche attraverso l’attività
formativa, l’intervento di tutte le risorse informali e formali chiamate a diverso titolo ad intervenire
in Ospedale. Dopo un colloquio informativo attitudinale, i volontari frequentano un corso
formativo di una giornata con il duplice obiettivo di informare e motivare i volontari e facilitare il
rapporto con i professionisti sanitari.
Destinatari del corso, di cui vengono organizzate tre edizioni all’anno, sono: insegnanti, mediatori
culturali, volontari e tutto il personale non strutturato presente a qualsiasi titolo in Ospedale.
I temi affrontati sono: salute e sicurezza del lavoro, malattie infettive, paziente immunocompromesso, psicologia e comunicazione con la famiglia, medicina legale, pazienti con malattie
croniche. Il corso prevede un esame finale e un test di comprensione.
Le attività e i servizi
Su richiesta dei medici, i Volontari sono presenti in quasi tutti i Reparti, secondo un orario definito
che prevede una disponibilità minima di due volte a settimana
I Volontari assistono i bambini anche durante le analisi e le terapie e nei momenti di attività ludica.
Assistono le famiglie aiutandole nelle pratiche burocratiche necessarie per il ricovero, mostrano
loro come muoversi agevolmente nell’Ospedale, sostengono i genitori dei bambini operati in attesa
della fine dell’intervento. Gestiscono il” Negozietto”, punto vendita di giocattoli e articoli di prima
necessità. Presso il ” Negozietto”, curano l’assegnazione, ai genitori che ne hanno necessità, di posti
letto nelle Case – Famiglia di Via della Lungaretta e via degli Aldobrandeschi.
Le Volontarie dell’Unità Operativa di Oncologia e di Ematologia organizzano all’interno
dell’Ospedale il tradizionale Mercatino dei lavori fatti dalle mamme dei ricoverati: i fondi raccolti
sono devoluti al sostegno delle iniziative finalizzate alla Terapia del dolore per i piccoli pazienti.
Associazioni Genitoriali
L’Ospedale mantiene rapporti costanti con le Associazioni rappresentative dei familiari dei pazienti
che hanno dato vita a numerose iniziative spontanee, quale ad esempio la produzione di calendari
curati dai bambini o pubblicazioni, in collaborazione con il personale dell’Ospedale.
L’Associazione Peter Pan continua a sostenere l’Ospedale, accogliendo nella propria Casa Famiglia
bambini oncologici di fuori Roma.
L’associazione Davide Ciavattini ha recentemente collaborato al riassetto del Dipartimento di
Ematologia della sede di Roma fornendo pannelli colorati di materiale non tossico per
l’arredamento del reparto. Nella sede di Palidoro l’Associazione svolge attività di gioco e di
animazione con i bambini e offre servizi ai genitori.
Riferimenti
Dott.ssa Lucia Celesti
Direzione Sanitaria
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
[email protected]
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Associazione Alzheimer Uniti Roma
L’associazione Alzheimer Uniti Roma, costituita da familiari e operatori del settore, ha sviluppato
con Asl RMC, Comune di Roma un modello socio-assistenziale integrato per la presa in carico del
malato e della sua famiglia che comprende UVA, Day Hospital Geriatrico, Centro Diurno
Alzheimer, Assistenza Domiciliare.
Il modello sperimenta strategie innovative di assistenza, per migliorare la qualità di vita dei malati
e delle loro famiglie e sviluppa con il contributo di tutte le parti interessate una metodologia di
lavoro per progetti, mirati al mantenimento per il più lungo tempo possibile dell’autonomia dei
pazienti, valorizzandone le capacità conservate. Inoltre parte importante del modello è la
formazione a tutti i livelli e l’offerta di servizi di sostegno ai familiari, che costituisce la prima fase
di ogni approccio integrato.
Il percorso assistenziale integrato è iniziato nel territorio dell’ASL RMC , che comprende quattro
Municipi romani: VI, IX, XI, XII, ma si è allargato anche al XVI Municipio nel territorio ASL
Roma D.
Sportello di ascolto telefonico
L’Associazione gestisce il call center Alzheimer Oggi per conto del Comune di Roma, e il proprio
sportello telefonico con la finalità di :
- dare informazioni sulla malattia e il suo decorso ai familiari in difficoltà
- orientare ai servizi attivi e presenti sul territorio
- dare aiuto ai familiari nello svolgimento delle pratiche di accesso ai servizi e alle pratiche di
riconoscimento invalidità
- dare consulenza legale gratuita, anche in merito all’amministratore di sostegno
Gruppi di supporto per i familiari
L’Associazione, oltre che nella sede storica dell’Ospedale S. Eugenio, tiene gruppi di sostegno in
alcuni ospedali romani, aperti ai familiari di malati di Alzheimer o di altro tipo di demenza. Nel
gruppo i familiari raccontano la loro esperienza, presentando le proprie difficoltà e trovano
risposte importanti, sia sul trattamento della malattia che sulle modalità di relazione con la persona
malata. Dal confronto tra i familiari emergono indicazioni su percorsi e strategie per affrontare
situazioni di crisi. Si facilita così la comprensione, l’accettazione, e la condivisione tra i
partecipanti.
Corsi di formazione per familiari, operatori socio-sanitari e volontari
L’Associazione organizza periodicamente corsi destinati a familiari di persone affette dalla malattia
di Alzheimer, operatori sociali e sanitari, volontari e negli ultimi anni, con l’emergenza del
fenomeno delle cosiddette badanti, anche per le assistenti familiari.
Negli incontri si affrontano aspetti medici legati all'epidemiologia e alla clinica, in particolare ai
disturbi cognitivi e comportamentali che accompagnano la patologia.
Gli aspetti psicologici sono centrati sulle problematiche inerenti al carico familiare, alla gestione
del paziente, a tutti i risvolti emotivi dell'assistenza. In questi incontri i partecipanti possono
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presentare la loro esperienza descrivendo i problemi e le difficoltà pratiche, esprimendo il vissuto
emotivo personale legato alla relazione con il paziente.
La parte assistenziale è concentrata sull'offerta che la rete dei servizi rivolge ai malati di Alzheimer
e alle famiglie, illustrando ai partecipanti le principali attività rivolte al malato e al suo ambiente di
vita. Si affrontano anche gli aspetti legislativi correlati all'assistenza, dalle procedure relative al
riconoscimento della malattia come invalidità, al tema della tutela, e dell'amministrazione di
sostegno.
Nel 2008, per 12 mercoledì consecutivi, l’Associazione ha organizzato il Corso per assistenti
familiari, dedicato in particolare all'assistenza dei malati di Alzheimer, effettuato con il contributo
del Soroptimst Club Roma Tiber. Il Corso è accreditato dal Comune di Roma con Delibera
Dirigenziale n.3490 del 19/09/2007.
Riferimenti
Prof.ssa L. Bartorelli
[email protected] oppure [email protected]
Sede
Via Poerio n°100
00152 Roma
06/58899345
[email protected]
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ASL RM F, Distretto 3, Socialità e benessere per gli anziani assistiti a domicilio
Il CAD (centro assistenza domiciliare) del Distretto F3 sta collaborando con alcune realtà sociali
per dare compagnia e allargare le occasioni di benessere per gli anziani assistiti. Sono circa 900 gli
anziani che ricevono assistenza domiciliare dal distretto sanitario; sono fragili, con perdita di
autonomia, confinati in casa e tendono ad avere rapporti solo con i famigliari più stretti e il
personale del CAD. Due iniziative vanno nella direzione di allargare gli incontri con altre persone e
stimolare il piacere per la vita.
Gruppo Scout di Anguillara
Il progetto è stato elaborato insieme dal CAD e dal Gruppo Scout di Anguillara. Il CAD offre ai
giovani volontari (già coperti dal punto di vista assicurativo) un percorso formativo mirato al
compito; agli anziani assicura l’affidabilità dei volontari, selezionati in base a qualità personali e
sensibilità; i volontari sviluppano capacità di comunicazione con persone anziane e imparano cose
nuove. Infatti, con la sua esperienza, ricordi e fragilità, l’anziano permette al giovane di coltivare
l’empatia e maturare una personalità attenta al vissuto di persone fragili. Il dialogo tra generazioni è
fonte di soddisfazione per entrambi e talvolta fa nascere un’amicizia duratura.
Modalità di svolgimento
- selezione di un gruppo di giovani Scout (firma del consenso dei genitori alla partecipazione al
progetto);
- breve formazione, svolta dalla Specialista Geriatra e dalla Responsabile del CAD F3, dei
ragazzi relativamente alla comunicazione con l'anziano (firma da parte dei ragazzi di un
impegno alla partecipazione al progetto e alla riservatezza);
- selezione, a cura del personale del CAD F3 degli anziani a cui proporre il progetto;
- primo contatto telefonico per fissare un appuntamento a casa dell'anziano con personale del
CAD e giovani;
- primo incontro, dei ragazzi e del personale del CAD, a casa di ciascun anziano selezionato,
volto alla reciproca conoscenza e all'individuazione di un programma individuale (firma, da
parte dell'anziano, del consenso alla partecipazione al progetto e firma del programma da parte
del ragazzo, dell'anziano e del care giver);
- due ragazzi, con cadenza settimanale, effettuano incontri a casa dell'anziano per lo svolgimento
del programma previsto;
- monitoraggio sull'andamento del progetto con verifica, da parte dei Dirigenti del Gruppo Scout,
dei vissuti dei ragazzi e, da parte della Responsabile del CAD dei vissuti dell'anziano e dei suoi
famigliari;
- incontri mensili, tra Dirigenti del Gruppo Scout, Responsabile del CAD F3 e ragazzi, per
verificare l'efficacia dell'intervento ed apportare eventuali correzioni;
- somministrazione, all'anziano e ai suoi famigliari, di un questionario finalizzato a saggiare il
gradimento dell'intervento.
Collaborazione con il sistema bibliotecario Ceretano - Sabatino
In molti persone l’interesse per la lettura non si affievolisce con gli anni e, quando diventa sempre
più difficile uscire di casa, è questo un tramite fondamentale per continuare a mantenere vivi i
rapporti con il mondo esterno. Tuttavia, l'insorgenza della presbiopia o di altre patologie che
limitano l'acuità visiva, riducono il tempo che l'anziano riesce a dedicare alla lettura e, in alcuni casi
la inibiscono totalmente, inoltre una parte non indifferente del piacere consiste nella possibilità di
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commentare e di discutere con altri ciò che si è letto e questo, all'anziano, risulta quasi impossibile.
Così la televisione finisce per diventare l’unica fonte di svago.
Nella consapevolezza di quanto sia importante “restituire vita al tempo degli anziani”, il CAD F3 e
la biblioteca hanno attivato alcuni volontari che, dopo un breve percorso di formazione alle tecniche
di lettura a voce alta e comunicazione con persone anziane, si recano a casa degli anziani ovvero
presso le RSA e le Comunità Alloggio del territorio, per leggere e commentare con loro un brano di
un libro, un racconto, un articolo di giornale. Obiettivi:
-
mantenere l'interesse per la lettura
mantenere le capacità di attenzione e di concentrazione
stimolare le capacità di approfondimento
consentire l'espressione di idee e opinioni
favorire la nascita di un rapporto interpersonale
favorire lo scambio intergenerazionale
Modalità di svolgimento
- selezione di un gruppo di lettori volontari;
- formazione alla lettura ad alta voce a cura del Sistema Bibliotecario Ceretano-Sabatino
- breve formazione ai volontari, svolta dalla specialista geriatra e dalla responsabile del CAD F3,
relativamente alla comunicazione con l'anziano
- selezione, a cura del personale del CAD F3 degli anziani a cui proporre l'attività
- primo contatto telefonico per fissare un appuntamento (a casa dell'anziano o in Comunità) con
personale del CAD e volontari;
- primo incontro, del volontario e del personale del CAD, a casa di ciascun anziano selezionato o
presso la Comunità con il gruppo di anziani selezionati, volto alla reciproca conoscenza e
all'individuazione degli specifici interessi;
- scelta, a cura dei dirigenti del Sistema Bibliotecario Ceretano-Sabatino e dei volontari, del testo
più indicato;
- ulteriori incontri, con cadenza bisettimanale, a casa dell'anziano o presso la Comunità per
leggere e commentare brani tratti dal testo prescelto;
- incontri mensili, tra dirigenti del Sistema Bibliotecario Ceretano-Sabatino, Responsabile del
CAD F3 e volontari, per verificare l'efficacia dell'intervento ed apportare eventuali correzioni;
- somministrazione, all'anziano e ai care giver, di un questionario finalizzato a saggiare il
gradimento dell'intervento.
Riferimenti
Dott.ssa Maria Teresa Floris – Direttore di Distretto
Dott.ssa Patrizia Farina
[email protected]
Sede
Distretto F/3
Via Del Lago, 1
00060 Bracciano (RM)
Tel. 06/99890434
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ALBA, associazione contro la leucemia dei bambini e degli adulti
Un’associazione giovane che ha scelto questo nome per significare la speranza di un futuro radioso
per i malati di leucemia e coltiva l’idea di offrire ai malati ed alle loro famiglie calore e solidarietà.
Costituita nel 2002 presso l'Unità Operativa di Ematologia dell‘Ospedale S. Camillo - Forlanini,
svolge attività di volontariato come ONLUS.
Obiettivi
-
Organizzare e migliorare i servizi e l’assistenza socio-sanitaria in favore dei pazienti emopatici
e delle loro famiglie
Sostenere i genitori sul piano pratico ed emotivo, mediante l’incontro con persone che hanno
vissuto la loro stessa esperienza
Cooperare con organizzazioni sanitarie attive nei paesi del terzo mondo per accogliere malati
leucemici bisognosi di cure avanzate
Operare per lo sviluppo e la diffusione delle ricerche scientifiche sulle emo-linfopatie
Servizi
Sala giochi
IL Laboratorio "Tommaso Forti" è un ambiente scolastico dove i ragazzi, soprattutto stranieri,
vengono seguiti durante le terapie in Day Hospital
Accompagnamento ammalati
Offrire la possibilità di essere accompagnati al Centro Ematologico per fare le terapie.
Progetto Hospitality
Un progetto coordinato di aiuto, umanizzazione delle cure e collaborazione internazionale dedicato
ai piccoli pazienti ematologici. La Casa di accoglienza in via Mentegazza, 24 può ospitare fino a tre
nuclei familiari di tre persone ciascuna.
Formazione volontari
Curare la formazione di volontari che intendono impegnarsi attivamente nell’assistenza ai pazienti
sia all‘interno delle strutture sanitarie che a domicilio.
Corsi di aggiornamento e borse di studio per la ricerca
Contribuire alla ricerca con corsi di aggiornamento e borse di studio, perché con la ricerca, in soli
dieci anni, la leucemia è diventata una malattia da cui si può guarire nella maggioranza dei casi e
può diventarlo per tutti.
Collaborazione internazionale con varie associazioni tra cui Medici senza frontiere
Riferimenti
Lorenzo Siviglia
Sede
Azienda Ospedaliera San Camillo - Forlanini
Circonvallazione Gianicolense, 87 00152 – Roma
n° verde : 800.090.730
[email protected]
www.albasancamillo.it
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A.R.Co. 92, Associazione per la Riabilitazione del Comatoso
L’associazione nasce e si sviluppa a Roma nel 1992 su iniziativa di alcune persone provate dal
dramma di un parente ricoverato in coma a seguito di un grave trauma cranico. Si tratta di un campo
di intervento molto particolare; infatti il paziente che ha subito un coma, per incidente stradale,
ictus, aneurisma e altri eventi traumatici, presenta bisogni specifici che non si limitano alla
riabilitazione dei deficit neuromotori e cognitivo- comportamentali . La personalità di tali pazienti
viene spesso alterata e trasformata dal coma e la soprattutto va riorganizzata la vita quotidiana,
insieme alle relazioni coi familiari, con la casa e il lavoro. Su questo fronte i volontari
dell’associazione hanno acquisito col tempo grande esperienza, in un rapporto di costruttiva
sinergia con strutture di riabilitazione.
L’A.R.Co 92 Onlus opera per colmare - almeno parzialmente - i grandi vuoti del Servizio Sanitario
Nazionale nel settore dell’assistenza ai post-comatosi. La mortalità dei neurolesi è, infatti,
notevolmente diminuita grazie a tecniche di rianimazione sempre più efficaci e, progressivamente, è
andato aumentando il numero delle persone - soprattutto giovani - che necessitano di una lunga ed
attenta riabilitazione. Tuttavia, in Italia le strutture specialistiche non sono state adeguate alle nuove
esigenze terapeutiche di questi pazienti. In troppi casi è quindi necessario rivolgersi a strutture
straniere, con costi eccessivi per la maggior parte dei malati e dei loro familiari. Arco 92 è
impegnata a:
- sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi del coma e del post-coma
- fornire supporto volontario agli operatori dei servizi pubblici e privati di Rianimazione e di
Riabilitazione; assistere i familiari del malato durante e dopo il suo ricovero
- prestare assistenza a domicilio per i pazienti dimessi dalle strutture di ricovero e bisognosi di
terapie motorie e neuropsicologiche
- reperire fondi per l’acquisto di apparecchiature, ausili e medicinali necessari per migliorare la
qualità della vita del malato.
Accanto alle attività di carattere sociale, Arco 92 si adopera per promuovere lo sviluppo delle
conoscenze scientifiche per la prevenzione e il trattamento dello stato di coma attraverso:
- l’istituzione di borse di studio per l’aggiornamento di medici ed infermieri;
- il sostegno alla ricerca sull’epidemiologia del trauma cranico; l’organizzazione di convegni,
congressi e giornate di studio
Nel dicembre del 1999 l’associazione insieme alla Fondazione Santa Lucia (I.R.C.C.S.) e l’Istituto
San Michele, con il contributo della Regione Lazio, ha inaugurato a Roma Casa Dago: una
struttura demedicalizzata in grado di accogliere il paziente post-comatoso e un suo congiunto nel
delicato momento della dimissione dall’ospedale di riabilitazione ed assisterlo concretamente nella
reintegrazione familiare, sociale e lavorativa. Obiettivo: promuovere le potenzialità e le capacità
residue di un paziente post-comatoso affinché possa essere comunque attivo, pur con un deficit
neuromotorio o neuropsicologico.
La permanenza nella struttura è temporanea; accoglie dimessi dalla riabilitazione per il periodo
necessario a preparare il rientro a casa. Dal primo aprile del 2009 Casa Dago è convenzionata con
la Asl RM C. L’associazione dispone di un’equipe professionale composta da psicologo, assistente
sociale, educatore professionale, terapista cognitivo che forniscono sostegno al paziente e ai suoi
familiari nel delicato passaggio dalla riabilitazione al ritorno in famiglia. All’interno di Casa Dago
inoltre, si tengono attività pomeridiane quali: informatica, ortofrutticultura, laboratorio di pittura e
artigianato e pet therapy.
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La realizzazione di programmi mirati di riqualificazione lavorativa, reinserimento sociale,
familiare e scolastico, l’assistenza psicologica individuale e di gruppo rendono il Progetto Casa
Dago un importante servizio territoriale per tali soggetti e nuclei familiari che vivono una
situazione di notevole complessità e disagio
Riferimenti
Maria Elena Villa
Responsabile Scientifico: Dott.ssa Rita Formisano
www.arco92onlus.it
Sedi
ROMA: Via A. Serpieri, 7 - 00197 Roma Tel. e Fax 06/ 3220135
CASA DAGO: Via della Fotografia, 90 - 00147 Roma Tel. 06/ 51592921 - 926
[email protected]
MESSINA: c/o Centro Studi Neurolesi
Via Principale Palermo, Contrada Casazza - 98124 Tel. 090/ 3656727 Fax 090/ 3656750
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Associazione Malati di Reni
Nata a Roma nel Gennaio del 1995, da un gruppo di pazienti nefrologici e familiari per affrontare i
problemi relativi alla malattia, l’Associazione ha lo scopo di :
- contribuire a migliorare la prevenzione, diagnosi e terapia delle nefropatie e la qualità della vita
dei neuropatici
- approfondire e diffondere la conoscenza ed incidere positivamente sui problemi fisici e
psicologici dei pazienti affetti da nefropatie in terapia conservativa o sostitutiva mediante dialisi
o trapianto
- contribuire alla diffusione della cultura della donazione degli organi ed alla organizzazione dei
trapianti
- partecipare e organizzare campagne ed eventi per la diffusione della cultura alla donazione degli
organi
- favorire e raccogliere il consenso e la collaborazione da parte di coloro che, nella società civile,
nel mondo della scienza o della produzione condividono gli obiettivi associativi.
L'Associazione è particolarmente attiva nel Lazio, dove collabora in modo stabile con la Regione
contribuendo alla formulazione di norme atte a migliorare la qualità della vita dei nefropatici e di
quanti sono in attesa di un trapianto di organo.
Offre servizi e consulenza agli iscritti per problemi psicologici e legali, per le pratiche burocratiche
relative al riconoscimento dell'invalidità civile, legge 104 e alle pensioni.
Attualmente l’Associazione partecipa alle seguenti commissioni e coordinamenti:
- Commissione Regionale di Vigilanza sull’emodialisi (legge regionale 39/79).
- Consulta regionale per i problemi della disabilità e dell'handicap (legge regionale 36/03).
- avolo regionale delle Associazioni per la diffusione della cultura della donazione degli organi.
- CNAMC, Coordinamento Nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici, organismo di
Cittadinanza Attiva.
In ambito regionale, collabora con numerose associazioni di nefropatici e di volontariato ed è socia
fondatrice della Confederazione Forum Nazionale della associazioni dei dializzati trapiantati e di
volontariato.
Dal '95 pubblica un giornale bimestrale TI INFORMO ... inviato a tutti gli iscritti e alle autorità
regionali, nel quale vengono segnalate e commentate tutte le normative utili alla gestione della
malattia e l'attività svolta dall'Associazione nel bimestre. Dal marzo 2002 è in rete un sito
costantemente aggiornato che ha raggiunto indici di accesso impensati al momento della diffusione
in rete (circa 2.000 richieste giornaliere soddisfatte, statistiche web server).
Attività e risultati ottenuti
L’associazione svolge un’importante azione di advocacy sia presso gli Ospedali e i servizi dialisi
che presso la Regione. In particolare ha promosso l’approvazione di importanti provvedimenti
legislativi regionale che regolamentano le cure nefrologiche :
- Delibera di Giunta Regionale 1650 del 14 Marzo 1995. Criteri e i requisiti tecnici obbligatori
per tutti i centri dialisi pubblici e accreditati. Nella Delibera sono definiti i requisiti tecnici che
devono possedere le strutture che, tra l'altro devono consentire l'accesso alle associazioni di
volontariato.
- Piano Regionale per la Nefrologia e Dialisi, Delibera di Giunta Regionale n. 619 del 3 Marzo
1998. Cambiamento fondamentale nella cura dei nefropatici, la Regione Lazio si allinea alle
regioni più avanzate del nord Italia riconoscendo il ruolo fondamentale della nefrologia nella
medicina.
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Delibera di Giunta Regionale n. 1437 del 28 Aprile 1998- Coordinamento regionale delle liste
di attesa per i trapianti e accordo per il coordinamento interregionale delle attività di prelievo e
trapianto di organi e tessuti tra 7 regioni del centro sud: Lazio, Umbria, Abruzzo, Molise,
Basilicata, Calabria, Sardegna.
Delibera di Giunta regionale 1614 del 30 ottobre 2001 “Disposizioni per i soggetti affetti da
nefropatia in trattamento dialitico”- la norma riunisce in un testo organico tutte le circolari e le
delibere che negli anni si sono succedute, aggiornando le disposizioni contenute alle nuove
esigenze sociali.
Deliberazione del Consiglio Regionale dl 31 luglio 2002, n. 114 “Indirizzi per la
programmazione Sanitaria Regionale per il triennio 2002/2004 Piano Sanitario Regionale”, nel
capitolo dedicato alla insufficienza renale cronica viene garantita l’erogazione dei farmaci e dei
prodotti aproteici necessari per prolungare la funzionalità renale, e la presenza del medico
referente per le problematiche degli accessi vascolari in ogni centro dialisi della Regione.
Legge R. n. 41 del 2002 “Norme a favore dei soggetti in attesa di trapianto d’organo, dei
trapiantati e dei donatori” che consente a quanti sono costretti a recarsi in altre regioni o
all’estero per ottenere un trapianto d’organo, di avere il sostegno economico della Regione per
le spese non sanitarie quali viaggi e soggiorni. La legge affronta inoltre i problemi relativi a:
donatori viventi, trasporto delle salme dei donatori e dei trapiantati, dei cittadini stranieri
residenti nella regione.
Delibera di Giunta Regionale 1322 del 2003"Finanziamento alle Aziende USL, per l'erogazione
dei prodotti aproteici per i pazienti con insufficienza renale cronica, in trattamento conservativo.
Delibera di Giunta Regionale 424 del 2006"Legge regionale n. 4/2003 - Requisiti minimi per il
rilascio delle autorizzazioni all'esercizio di attività sanitarie... "dove, per la parte riguardante la
terapia dialitica ambulatoriale è stata rivista ed aggiornata la Delibera 1650 del 1995.
Delibera 403 del 2008"Legge 1 aprile 1999, n. 91 "Disposizioni in materia di prelievi e di
trapianti di organi e di tessuti". Percorso assistenziale al trapianto di rene - Approvazione linee
guida regionali".
Nel 2008 l'inserimento tra i beneficiari del Bonus Energia previsto dal Decreto del Ministero dello
Sviluppo Economico del 28 dicembre 2007 per quanti effettuano la dialisi domiciliare riconosciuta
tra le apparecchiature elettromedicali salvavita.
Il problema dei trapianti è stato fin dall'inizio un pensiero fisso, infatti fin dalla nascita
l'Associazione ha intrapreso degli incontri con il mondo della scuola, ha partecipato a
manifestazioni sportive, politiche e culturali dove ha diffuso della documentazione con gli aspetti
del trapianto e della donazione.
Il più importante risultato raggiunto con il FORUM Nazionale è stato la legge 91 del 1 aprile 1999
“Disposizioni in materia di prelievi e trapianti di organi e tessuti” che ha creato una nuova
sensibilità per le istituzioni e i cittadini in materia di donazioni di organi, contribuendo a portare
l’Italia, tra le ultime nazioni in Europa per le donazioni, ai primi posti con il 20% di donazioni dal
2004. La legge, detta norme per creare una rete nazionale dei centri trapianto, la realizzazione del
Centro nazionale trapianti, e la possibilità per i cittadini di manifestare la propria volontà alla
donazione degli organi dopo la morte.
Dal 2003 il FORUM aderisce alla campagna nazionale donazione e trapianto del ministero della
Salute. Con la frammentazione del Sistema Sanitario Nazionale in 20 sistemi regionali, anche la
struttura della confederazione nazionale sembra uno strumento da rivedere, in quanto a seconda del
problema appare più adeguato organizzarsi con le associazioni interessate con un vincolo di
rispettiva fiducia.
L’associazione ha avuto un ruolo rilevante nel dibattito creato dalla chiusura dell’Ospedale S.
Giacomo, dove era attiva l’Unità operativa complessa di Nefrologia e dialisi , Centro rdi riferimento
60
Regionale attiva dal 1977. Nella vicenda l’Associazione Malati di Reni ha inteso rappresentare i
malati di reni in cura presso l’Ospedale cercando il dialogo con la Regione e con le Direzioni
Sanitarie interessate per il trasferimento e la realizzazione di una nuova unità operativa in un
ospedale privo di nefrologia e dialisi (S. Filippo Neri).
Preso atto che la Regione ha deciso, senza consultazione il trasferimento presso il S. Eugenio, dove
già era attiva una Unità di Nefrologia e dialisi, si è battuta affinché le due UOC non venissero
unificate, con un ulteriore danno ai malati di Roma che avrebbero così perso una struttura
ospedaliera.
Alla fine il buon senso è prevalso e siamo nella attesa della realizzazione della nuova Unità di
nefrologia e dialisi presso il l’ospedale CTO, dove verrà ridata dignità alla ex Unità del S. Giacomo.
Riferimenti
Roberto Costanzi
Tel 06/68352552/1 – 338/3417734
Sede
Ospedale S. Spirito - U.O. di Nefrologia e Dialisi
Lungotevere in Sassia, 1 00193 ROMA
[email protected]
www.malatidireni.it
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Associazione Italiana Pazienti BPCO
L’Associazione è stata costituita il 24 giugno 2001 allo scopo di unire i pazienti BPCO
(Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva) in una lotta determinata ad ottenere una maggiore
attenzione da parte delle Istituzioni e dell'opinione pubblica nei confronti del malato cronico
respiratorio e, di conseguenza, più adeguati interventi di tutela e misure per una migliore qualità
della vita. E’ iscritta presso l’Anagrafe unica delle ONLUS dal 4 ottobre 2007.
La broncopneumopatia cronica ostruttiva è una malattia molto diffusa e sottovalutata, in crescita
soprattutto nelle persone adulte e anziane, che causa sofferenze e preoccupazioni a coloro che ne
sono colpiti e alle loro famiglie. Secondo le stime Istat del 2005 sarebbero quasi 3 milioni gli
italiani affetti da malattie respiratorie, che il piano Sanitario Nazionale 2006-2008 ha incluso tra le
grandi patologie, insieme alle malattie cardiovascolari, ai tumori e al diabete. Questa decisione
storica, riconoscendo il crescente peso epidemiologico e socio-economico delle malattie
respiratorie, rappresenta una risposta agli obiettivi di ridurre la prevalenza e la mortalità e di fornire
servizi e strutture maggiormente adeguate ai reali bisogni dei pazienti.
Uno dei compiti principali dell’associazione è stato quello di operare per ottenere il riconoscimento
della BPCO nella lista delle malattie croniche invalidanti del Ministero della Salute (D.M. del 28
maggio 1999, pubblicato nella G.U. n° 226 del 25-09-1999 e successive modifiche). Il traguardo è
stato raggiunto con il governo Prodi che ha firmato il DPCM del 23 aprile 2008 concernente i nuovi
Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) erogati dal Servizio Sanitario Nazionale. Purtroppo la
mancata pubblicazione di tale Decreto ritarda in modo del tutto incomprensibile la correzione di un
errore commesso dieci anni fa. La BPCO è, infatti, cronica per definizione ed esistono numerose
evidenze scientifiche concernenti la progressiva invalidità, che nelle forme più gravi induce
all’insufficienza respiratoria e richiede ossigenoterapia o ventilazione assistita. E’ necessario
adottare misure e interventi finalizzati alla prevenzione, alla diagnosi precoce e corretta che
comportino meno riacutizzazioni e una riduzione delle forme più gravi e del ricorso
all’ossigenoterapia con una conseguente migliore qualità di vita per il paziente e i familiari.
Obiettivi
L’Associazione ha lo scopo di accrescere sulla base delle più recenti acquisizioni scientifiche la
conoscenza della malattia e della sua gestione da parte dei pazienti e dei loro familiari, al fine di
migliorarne le condizioni di salute e la qualità della vita. Si rende interlocutore delle istituzioni, per
conseguire interventi, anche di tipo legislativo, mirati a migliorare la tutela del paziente cronico
respiratorio, a promuovere campagne di informazione, di educazione e di prevenzione e a sostenere
la ricerca scientifica medica e farmacologica.
Una delle iniziative a favore dei malati è stata la redazione di un Dizionario del Respiro in più
lingue (arabo, bulgaro, francese, greco, inglese, norvegese, olandese, ungherese): è uno strumento
utile per i malati che vanno all’estero, in quanto ci sono termini facilmente intuibili e altri più
complessi ed è fondamentale che il paziente possa spiegare la propria condizione di salute nella
maniera più corretta, soprattutto in caso di riacutizzazione dei sintomi. Il Dizionario racchiude i
termini essenziali in poche pagine da portar con sé in valigia, comunque tutti facilmente
memorizzabili.
L’Associazione segnala, inoltre, un importante evento: la Prima Conferenza Mondiale dei
Pazienti BPCO dal titolo “Un mandato globale per il trattamento della BPCO”, che si terrà Roma il
14 giugno 2009 presso l’Holiday Inn Rome-EUR Parco dei Medici, Viale Castello della Magliana
65 ed organizzata dall’International COPD Coalition-ICC e dall’EFA, in collaborazione con
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L’Associazione Italiana Pazienti BPCO Onlus, l’Australian Lung Foundation, l’Asian Pacific
Society of Respirology, il Progetto Mondiale GOLD (Global Initiative for Chronic Obstructive
Lung Disease), l’International Primary Care Respiratory Group (IPCRG) e la World Organization
of Family Doctors (Wonca). L’evento si terrà subito dopo l’Assemblea della GARD (Global
Alliance against Chronic Respiratory Diseases), un’alleanza volontaria, nazionale ed internazionale,
comprendente organizzazioni, istituzioni ed agenzie che lavorano per il comune obiettivo di
migliorare la salute respiratoria globale. La Conferenza ha l’obiettivo di definire la Carta Mondiale
dei Diritti del Paziente BPCO e promuovere la sua attuazione in tutti i paesi. E’ un primo
decisivo incontro, che vede impegnati Associazioni dei pazienti, Istituzioni sanitarie, Società
Scientifiche e esperti BPCO per il riconoscimento dei diritti dei pazienti e la predisposizione di un
piano di tutela in tutti i paesi del mondo.
Riferimenti
Dott.ssa Mariadelaide Franchini
Cell. 340/6622919
Numero Verde: 800 961 922
[email protected]
[email protected]
Sedi
Via Cassia 605 - 00189 Roma
Tel 06 33253020
Fax: 06 33259798
c/o Unità Operativa Complessa di Pneumologia
Azienda Complesso Ospedaliero S.Filippo Neri
Via G.Martinotti 20, 00135 Roma
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A.V.O.
L’A.V.O. nasce nel 1974 per l’intuizione di un medico, Erminio Longhini, primario presso
l’ospedale di Sesto S. Giovanni (MI). Il prof. Longhini, basandosi sulla sua personale esperienza
ospedaliera, sentì l’esigenza di umanizzare la vita all’interno dei reparti nei quali diminuiva
l’attenzione al malato come persona, a vantaggio della moderna tecnologia. Propose allora il
coinvolgimento di persone che, spontaneamente e soprattutto gratuitamente, si inserissero nelle
strutture ospedaliere per riempire quei vuoti nel rapporto malato operatori sanitari. Nasce così
l’A.V.O. che rapidamente si diffuse in tutta l’Italia e che oggi conta più di 30.000 volontari.
Nel 1981 si costituisce la federazione dei volontari ospedalieri “FEDERAVO” con lo scopo di
coordinare e mantenere i collegamenti con tutte le AVO sorte nel frattempo sull’intero territorio.
Per diventare volontario è necessario:
- seguire un corso di preparazione previo un colloquio preliminare
- effettuare il successivo tirocinio presso un ospedale affiancato da un volontario al quale
succederà un’altro colloquio.
- offrire un minino di due ore alla settimana e frequentare le riunioni di gruppo
- essere maggiorenni ed in buone condizioni fisiche e psichiche
- essere in grado di mantenere gli impegni presi con se stessi e gli altri
Visto il poco tempo a disposizione che non mi permette di controllare i dati, preferisco omettere il
numero effettivo di volontari e i reparti, per non trasmettere imprecisioni (ho a disposizione solo
quelli del Santo Spirito ove opero)
Attività nella sanità Romana
Santo Spirito in Sassia
Responsabile AVO nell’Ospedale: Pierpaola Parrella
Nuovo Regina Margherita.
Responsabile AVO nell’Ospedale: Maria Rosaria Checchi
Policlinico Umberto I
Responsabile AVO nell’Ospedale: Giuseppina Stumpo
C.T.O. - Centro Traumatologico Ortopedico.
Responsabile AVO nell’Ospedale: Claudia Muccioli
Casa di Cura Villa Betania .
Responsabile AVO nell’Ospedale: Paola Dadaglio
Centro Salute Mentale di Via Monte Santo
Comunità Terapeutica Riabilitativa
Responsabile AVO nell’Ospedale: Anna Maria Galantini
Comunità Terapeutica Riabilitativa - Castel Di Giudo
Responsabile AVO nell’Ospedale: Maria Civita Penge.
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Ospedale S.Eugenio
Responsabile AVO nell’Ospedale: Maria Rosaria Vito
Ospedale S.Giovanni
Responsabile AVO nell’Ospedale: Demetria Auletta
N.S. Sacro Cuore
Responsabile AVO nell’Ospedale: Clelia Stoppa
R.S.A. Villa Giulia
Responsabile AVO nell’Ospedale: Pasquale Federici
Ospedale Forlanini
Responsabile AVO nell’Ospedale: Agnese Faccin
Riferimenti
Gina Pitascio, Presidente AVO Regione Lazio
Giandomenico Mortara, Presidente AVO Roma
Pierpaola Parrella, Responsabile Volontari Ospedale Santo Spirito
[email protected]
[email protected]
Sede
Via di Grotta Pinta, 14 / A
00186..R O M A
Tel. e Fax: 06 68809839
www.avoroma.it
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Verso una sanità aperta al sociale