Verso una sanità aperta al sociale A cura di Studio Come srl 15 maggio 2009 1 La Provincia di Roma, Assessorato alle politiche sociali e per la Famiglia, ha affidato allo Studio Come la realizzazione del Progetto “Verso una sanità aperta al sociale. Esperienze della Provincia di Roma.” La Provincia sta sviluppando da tempo un percorso di riflessione sull’integrazione socio-sanitaria e in questo ambito ha affidato a Studio Come una ricerca sulle forme di cooperazione che distretti socio-sanitari, ospedali stanno sperimentando con le risorse, malati, familiari, volontari e associazioni presenti nei territori. Per saperne di più Provincia di Roma Assessorato alle politiche sociali e per la famiglia e ai rapporti istituzionali Studio Come s.r.l. Patrizia Di Santo Paola Toniolo Piva Via IV Novembre 119/a – 00187 Roma Tel. 06-67.66.24.28 – 24.37 – 24.79 – 24.38 fax : 06-67.97.708 [email protected] www.provincia.roma.it Via Brescia, 16 - 00198 Roma tel. fax 06-85.41.435 - 06-85.35.52.81 [email protected] www.studiocome.it 2 Indice ASL RME Distretto 19-XIX Municipio, Porta di accesso ai servizi socio-sanitari...........................8 Associazione "Città Visibile", La Rete Penelope...........................................................................14 Provincia di Roma, Polo Provinciale Malattie Rare........................................................................18 ASL RMG, Casa della Salute Palombara Sabina............................................................................21 Ospedale S. Eugenio già S. Giacomo, Nefrologia e dialisi .............................................................26 Ospedale S. Andrea, SPDC e Associazione “Insieme con te”.........................................................32 S. Camillo Forlanini, Ambulatorio Salute riproduttiva ...................................................................36 ASL RM A, Coordinamento tutela salute migranti.........................................................................39 Istituto Nazionale per la Promozione della salute delle Popolazioni Migranti e il Contrasto delle Malattie della Povertà....................................................................................................................46 Ospedale Bambino Gesù, Scuola e gioco per i bambini ricoverati..................................................49 Associazione Alzheimer Uniti Roma .............................................................................................52 ASL RM F, Distretto 3, Socialità e benessere per gli anziani assistiti a domicilio ..........................54 ALBA, associazione contro la leucemia dei bambini e degli adulti ................................................56 A.R.Co. 92, Associazione per la Riabilitazione del Comatoso........................................................57 Associazione Malati di Reni ..........................................................................................................59 Associazione Italiana Pazienti BPCO ............................................................................................62 A.V.O............................................................................................................................................64 3 Presentazione La Provincia di Roma da alcuni anni è impegnata a promuovere l’integrazione tra distretti sanitari e servizi sociali. All’interno di questa linea rientra il programma “Verso una sanità aperta al sociale” che si propone di valorizzare le risorse messe in campo da cittadini, associazioni di volontariato, malati, curanti informali attivi nel territorio provinciale. A tal fine La Provincia ha affidato a Studio Come una ricerca su alcune esperienze significative che testimoniano quali vantaggi possono ottenere sia gli assistiti che il sistema sanitario, quando entrano in campo le risorse della comunità. Si tratta di innovazioni molto diverse tra loro, che tuttavia nell’insieme suggeriscono la strada della sanità condivisa: rispondere alla crescente domanda di salute, attivando non solo le risorse professionali interne ai servizi sanitari, ma lavorando con quelle esterne, presenti nella collettività, offerte da volontari, gruppi, associazioni, istituzioni scolastiche, biblioteche e tutti coloro che si mobilitano per obiettivi di salute. Tensione tra domanda e offerta di salute Molti fenomeni concomitanti stanno ampliando in modo esponenziale la domanda di salute. Lo sviluppo delle scienze mediche, che procede a grandi passi, innalza di generazione in generazione le aspettative di cura, migliora le speranze di vita, conduce l’idea stessa di salute verso un benessere complessivo. Aumentano le persone con malattie che durano tutta la vita. Bimbi nati prematuri, disabili adulti, persone con HIV, anziani ultra centenari e tante persone che fino a una generazione fa sarebbero morte, oggi possono vivere a lungo, se dispongono di un’assistenza intensiva. Perciò si tratta di spostare il centro d’attenzione dalla cura all’autonomia dei soggetti, qualunque siano le risorse residue di cui dispongono, e in parallelo investire sul contesto urbano, ambientale, lavorativo. Inoltre, molte malattie oggi richiedono processi terapeutici che travalicano le mura dei servizi: persone traumatizzate, dializzati, cardiopatici, malati di tumore hanno bisogno di essere accompagnati dentro e fuori i servizi e imparare ad auto-gestirsi periodi invalidanti. Non ultima, la varietà di culture di cui si colora la nostra società sta complicando la relazione tra servizi pensati e gestiti da personale italiano; le persone che coltivano altri approcci alla salute, al parto, alla malattia fisica e mentale chiedono ai sanitari nuovi approcci, linguaggi, competenze di mediazione. Tutti questi cambiamenti, nella misura in cui arricchiscono i compiti del sistema sanitario, costituiscono una minaccia per le risorse interne, sovraccaricate di compiti e spesso organizzate secondo modelli obsoleti. Dal punto di vista degli utenti, la sanità si presenta sovente come un labirinto in cui è difficile orientarsi, denso di regole, nomi, sigle poco comprensibili, rigidamente burocratico, che nei fatti scoraggia i pazienti “sprovveduti” e accoglie solo quelli “esperti”, che sanno come muoversi e come ottenere le cure. Da qui il divario di salute tra soggetti forti e fragili, istruiti e non, accompagnati e soli; la discriminazione nell’accesso alle opportunità di cura è un fenomeno che sta allarmando anche la Comunità europea. Per far fronte a queste sfide, alcuni servizi sanitari stanno adottando modelli d’intervento nuovi, che valorizzano la forza dei malati e dei curanti informali e – con loro - investono sulle possibilità di vita normale. La ricerca ha selezionato, tra i tanti esempi positivi presenti nel territorio provinciale, alcuni casi che vanno nella direzione della sanità condivisa e puntano sulle energia che provengono dalle associazioni di volontariato in sanità. Si tratta di esperienze più o meno note al grande pubblico, alcune consolidate altre recenti; la scelta dei casi ha puntato su Asl, Ospedali, Distretti e presidi sanitari che si impegnano nel spianare la strada all’iniziativa dei cittadini. Dalla ricerca emerge chiaramente che l’innovazione non è a costo zero. Infatti, per lavorare insieme a malati, 4 familiari, associazioni, gruppi sociali e volontari che non hanno una professionalità sanitaria formale, ma - proprio per questo - possono aggiungere valore ai servizi, occorrono nuovi investimenti e soprattutto un uso diverso delle risorse, riconversione del personale, cambiamenti di cultura e modelli organizzativi. La ricerca mette sotto osservazione alcune strategie che per ragioni espositive vengono accorpate lungo due direttrici: - modelli operativi che avvicinano i servizi agli utenti e agevolano l’auto-cura - iniziative di collaborazione tra associazioni e servizi sanitari. Il sistema sanitario si fa prossimo Accorciare le distanze tra sanità e territorio è una linea di cambiamento necessaria per facilitare l’accesso ai servizi e l’uso appropriato delle cure. Rientrano in questo gruppo le esperienze che intendono affrontare il disorientamento prodotto sui cittadini da un sistema sanitario troppo complicato, disperso in una miriade di unità organizzative (Ospedali, Distretti, Dipartimenti, consultori, ambulatori, medici di base, ecc.) dislocate in sedi diverse. Molti malati e i familiari oberati da compiti di assistenza quotidiana sono scoraggiati dalle procedure che non forniscono la cura, ma sono soltanto propedeutiche all’inizio di un programma terapeutico; le persone più fragili spesso rinunciano a curarsi. La ricerca ha analizzato varie strategie sanitarie di prossimità. Accesso agevolato Rinforzare l’informazione, semplificare le procedure, sostituire le sigle con termini comprensibili, accorpare sportelli filtro (computo ISEE, pagamento tiket, prenotazioni, ecc), unificare le tante “porte” oggi compresenti nel territorio (sociali, sanitarie, educative, sportelli dedicati a target specifici, ecc.) è quanto si propongono la porta unica di accesso socio-sanitaria, che la Regione Lazio intende costruire in ogni Distretto sanitario e Comune capofila di Distretto sociale. A questa linea si ricollega l’iniziativa dell’associazione “Città Visibile” che ha investito risorse della cooperazione sociale per realizzare in 10 Municipi di Roma lo sportello Penelope, servizio gratuito di orientamento ad ampio spettro sulle possibilità di aiuto a cui i cittadini possono rivolgersi nel loro territorio. Per le persone affette da malattie rare la Provincia di Roma ha organizzato con propri finanziamenti uno sportello che collega il soggetto all’associazione che si occupa della sua specifica patologia. Le associazioni, mettendo in rete malati ed esperti, agiscono con una tempestività che sarebbe impraticabile se i servizi sanitari lavorassero da soli; aiutano le persone affette da patologie poco note a capire esattamente la natura del problema; segnalano i centri specialistici più attrezzati, facilitano il contatto con altri pazienti che soffrono degli stessi problemi con cui condividere paure e speranze. ASL RME e Municipio XIX, Porta d’accesso socio-sanitaria Associazione “Città Visibile”, Rete di sportelli Penelope Provincia di Roma, Polo per le malattie rare Servizi primari sotto un unico tetto La Casa della salute sviluppa un’idea molto semplice: concentrare i servizi primari in un luogo ben riconoscibile, possibilmente al centro dell’abitato e, in questo modo, far risparmiare tempo ai cittadini. Molti sono i servizi di uso corrente che è utile trovare in un’unica sede: informazione, assistenza burocratica, medicina di base, pronto intervento, guardia medica, diagnostica, assistenza domiciliare, riabilitazione, interventi ambulatoriali che non richiedono ricovero (piccola chirurgia, ecc.), specialistica territoriale e, infine ma non da ultimo, spazi per le associazioni dei malati. Questa formula variamente denominata si sta diffondendo nei paesi europei come strategia che da 5 un lato migliora l’accesso alle cure (equità) e dall’altro alleggerisce la pressione di domande che impropriamente arrivano ai poli ospedalieri di alta specializzazione (appropriatezza). Casa della Salute Palombara Sabina Continuità terapeutica tra ospedale, ambulatorio, casa La continuità terapeutica interessa tutti quei pazienti che transitano tra casa e ospedale, devono imparare le pratiche di auto-cura e/o convivere con situazioni invalidanti. Persone trapiantate, traumatizzate, in dialisi, malati oncologici, sofferenti di depressione sono solo alcuni esempi del bisogno sempre più diffuso di percorsi guidati, che da un lato accompagnino il paziente all’interno della filiera di servizi che riguardano la sua specifica patologia, dall’altro favoriscano scambi di informazioni tra pazienti che vivono esperienze analoghe. Ospedale S. Eugenio, Nefrologia e Dialisi SPDC Ospedale S. Andrea e l’associazione Insieme con te: gruppi auto-mutuo-aiuto Mediazione culturale Gli stranieri che provengono da tante e varie culture sfidano la sanità con richieste nuove. Modi diversi di intendere il pudore e le relazioni familiari; approcci tradizionali alla cura e alla malattia mentale; usanze tribali vietate nel nostro paese vengono praticate di nascosto (es. infibulazione), ma in caso di complicanze richiedono l’intervento di sanitari esperti; malattie diffuse in paesi lontani vengono importati da viaggiatori e immigrati. Nei consultori italiani c’è un’alta affluenza di donne straniere, come pure nei presidi legati a gravidanza, nascita, allevamento dei bambini (ginecologia, neonatalità, pediatria, ecc.). Rimane aperto il problema dei pazienti irregolari e rifugiati in attesa di riconoscimento. Di qui la necessità di rafforzare la figura del mediatore inter-culturale, oggi necessaria non più soltanto per fare da tramite tra il singolo immigrato e l’operatore sanitario, bensì anche per attivare un dialogo costruttivo con le numerose comunità etniche; coinvolgere le famiglie; mediare conflitti nel territorio tra abitanti di insediamenti avvenuti in epoche diverse. Azienda S. Camillo – Forlanini RM A, Coordinamento tutela salute migranti Istituto Nazionale Promozione della salute delle popolazioni migranti. Le risorse della comunità entrano in gioco Il fatto che la scienza aumenti la speranza per malati un tempo incurabili fa sì che cresca il desiderio di guarigione e l’attivismo dei pazienti, indotti a cercare vie d’uscita nuove e chiedere sempre di più al sistema sanitario. Questo fenomeno, coniugato con la divulgazione scientifica, sviluppa nei cittadini la voglia di capire, conoscere, dialogare con la sanità in modo competente. Una minaccia per quella parte del sistema che fonda il proprio “potere” sul monopolio dei saperi, un’opportunità per quei servizi che invece puntano sulla condivisione della cura. Negli ultimi anni va crescendo in modo esponenziale l’associazionismo per la salute e il benessere. I cittadini si aggregano attorno a problematiche emergenti, quali concepimento, parto, puerperio, dipendenza da alcol, droghe, anoressia, bulimia, depressione, alzheimer, tumore, lutto, malattie rare. Si mobilitano per scopi diversi, quali denunciare la mala sanità, tutelare gli utenti, creare servizi alternativi, affiancare il lavoro dei sanitari con attività complementari. Alcune associazioni raggiungono dimensioni ragguardevoli, di livello nazionale e internazionale, come le associazioni “ombrello”, federazioni, reti europee; altre si radicano in un territorio e mantengono un carattere comunitario. Oltre all’assistenza rivolte a singoli e famiglie, si stanno moltiplicando forme di auto-mutuo-aiuto, scambi di esperienze, apprendimento di gruppo, tutte pratiche che arricchiscono la sanità e hanno effetti moltiplicatori, realizzando molteplici vantaggi per la collettività (produzione di “capitale 6 sociale”). Infatti, le persone che vivono esperienze simili sviluppano tra loro un legame basato su empatia, voglia di raccontarsi, condivisione, fiducia. Quando l’aiuto viene da qualcuno che conosce personalmente la malattia, è più facile ascoltarlo, dargli credito, lasciarsi guidare. Le comunità di esperienza generano effetti positivi; da un lato rafforzano la persona sofferente, rompono il suo isolamento, creano un potente sostegno alla motivazione; dall’altro arricchiscono le conoscenze dei sanitari e li aiutano nell’elaborare terapie più efficaci. Nella logica della sanità condivisa, il servizio non delega alle forze sociali ciò che spetta ai professionisti, piuttosto mette in gioco gli strumenti utili per potenziare l’attivismo diffuso: spazi per le riunioni, formazione dei volontari, opuscoli rivolti ai familiari e ai malati per l’autogestione della cura, coordinamento operativo. Dai casi esaminati nella ricerca emerge quanto siano importanti due accorgimenti: - mantenere ben distinti i ruoli dei professionisti e dei volontari, valorizzando i diversi approcci di ognuno - iscrivere queste collaborazioni nello statuto e nei regolamenti del servizio sanitario, convertendo le sperimentazioni in una linea strategica ufficiale - investire nel lungo periodo, evitando che progetti a termine interrompano un processo di accumulazione di saperi, energie, disponibilità all’aiuto. Associazione Alzheimer Uniti Roma Ospedale “Bambin Gesù” con scuole e volontariato Assistenza domiciliare agli anziani, ASL RM F, Distretto 3 Alba, associazione bambini leucemici con l’Ospedale San Camillo Arco, con RM C Associazione Malati di reni Associazione Malati BPCO AVO, associazione volontari ospedalieri Conclusione Là dove queste riforme sono in atto (la buona sanità) non c’è da aspettarsi un calo quantitativo di pazienti, bensì una trasformazione qualitativa dei loro comportamenti. Quando i cittadini nutrono maggiore fiducia nel sistema sanitario, riducono gli sprechi. Il cittadino fiducioso fa minore ricorso a interventi inutili (analisi e ricoveri impropri, sprechi di farmaci, cure apparenti, migrazione in altre regioni, ricorso a sanità privata, ecc.). Il cittadino fiducioso diventa collaborativo, offre risorse preziose, moltiplicano l’offerta e arricchiscono i saperi dei professionisti sanitari. 7 ASL RME Distretto 19-XIX Municipio, Porta di accesso ai servizi socio-sanitari Il contesto L’importanza di facilitare l’accesso al sistema dei servizi sanitari e socio-sanitari soprattutto per i malati gravi e cronici è stata identificata negli ultimi anni come una priorità irrinunciabile nel delinerare un sistema integrato di servizi. L’ultimo rapporto di Cittadinanza Attiva1 - ad esempio - individua proprio nella difficoltà di accesso ai servizi uno degli elementi critici del nostro sistema. Criticità che di fatto riduce l’esigibilità dei diritti previsti dalla nostra Costituzione, quale il diritto alla salute universale ed equo. Dai dati pubblicati dall’ISTAT nell’Annuario Statistico Italiano 2008 relativi alla soddisfazione dei cittadini per i servizi di sportello ASL, emerge che per ottenere l’erogazione dei servizi i cittadini devono attendere mediamente più tempo di quanto aspettano gli utenti dell’anagrafe: il 47,5% di coloro che si sono recati in queste strutture ha dichiarato di aver atteso più di 20 minuti, rispetto al 17,5% degli utenti dell’anagrafe. Ma il problema non è il tempo di attesa allo sportello, quanto piuttosto la difficoltà e la complessità delle procedure di accesso ai servizi che emergono come le principali cause di violazione del diritto d’accesso. Il Rapporto indica infatti che il 76,6% delle Associazioni di malati di malattie croniche e rare segnala le procedure burocratiche come l’ostacolo all’accesso alle prestazioni socio-sanitarie, il 66,6 % il mancato accesso a diagnosi tempestive, il 56,6% il mancato accesso ai benefici socio socio-economici (invalidità civile, handicap, indennità di accompagnamento, contrassegno auto ed esenzione pagamento del bollo), il 56,6% il mancato accesso ai supporti assistenziali e la relativa necessità di aiuti esterni a proprie spese (assistente familiare), il 56,6% lo scarso accesso ai servizi del territorio (ADI, RSA, Lungodegenza, riabilitazione, ecc….). Informazione diffusa e semplificazione delle procedure sembrano quindi due elementi strategici di cambiamento organizzativo da introdurre nel sistema sanitario; se ne discute da anni, leggi e delibere ne parlano ma, puntualmente ad ogni rilevazione emerge il problema e anzi ne aumenta la rilevanza. Il cambiamento organizzativo Nell’Asl RME la necessità di facilitare l’accesso del cittadino ai servizi socio-sanitari è stata una delle prime preoccupazioni della Direzione Aziendale L’apertura di un Punto di Accesso che accolga la prima domanda dei cittadini in ambito sanitario e socio-sanitario è stato uno dei primi obiettivi del “Cantiere delle Cure primarie” e ha rappresentato un obiettivo fondamentale nella costruzione partecipata del Distretto. La Regione Lazio, infine, nella Delibera-quadro n. 433 (giugno 2007) indicava concretamente come obiettivo per ASL ed Enti Locali la “progressiva organizzazione del “Punto unico di accesso integrato sanitario e sociale”, inteso quale funzione del Distretto, in grado di fornire informazioni e orientamento al cittadino, risolvere problemi semplici e rinviare i casi di maggior complessità verso le sedi adeguate”. 1 Il prezzo dei diritti – VIII rapporto di Cittadinanza Attiva sulle politiche per la cronicità - 2008. 8 Nel mese di marzo 2007 sono state avviate le azioni necessarie per l’attivazione della prima Porta di Accesso ai Servizi Socio-sanitari (di seguito indicata con l’acronimo PASS-PUA). Nel mese di novembre 2007 è stata avviata la sperimentazione. Nel mese di maggio 2008 è stato inaugurato presso il Padiglione 26 del Comprensorio di S. Maria della Pietà, in locali adiacenti al Segretariato Sociale del Municipio 19. Nel progetto dell’ASL RME, l’esperienza pilota del Distretto 19 ha la finalità di facilitare, attraverso un’attività di supporto e di supervisione, il percorso di attivazione dei PUA/PASS negli altri 3 Distretti (17, 18 e 20) . Nella PASS confluiscono tutte le procedure relative ai servizi offerti e, attraverso l’informazione e l’orientamento, viene facilitato l’accesso e l’utilizzo appropriato del sistema dei servizi. Il “Servizio” è costituito dalla Porta unitaria di Accesso della ASL Roma E e dal Segretariato Sociale del Municipio 19 che operano congiuntamente in locali adiacenti all’interno del Padiglione 26 del Complesso di S. Maria della Pietà.La sede è ben collegata e raggiungibile con i mezzi pubblici di trasporto da tutte le zone del Municipio. L’orario di apertura è dal lunedi al venerdi dalle 9 alle 13 e il giovedì dalle 14.30 alle 17.30. La Porta Unitaria di Accesso del Distretto è il primo riferimento per l’utenza che, attraverso l’offerta di informazioni dettagliate, l’orientamento e la consulenza viene accompagnata all’utilizzo dei servizi e delle prestazioni complessi. Per raggiungere questo obiettivo l’integrazione tra il punto informativo distrettuale (ASL) e il servizio di Segretariato Sociale del Municipio è una condizione essenziale per garantire l’accesso a tutta la rete dei servizi socio-sanitari. Attualmente il PUA -PASS offre al cittadino: accoglienza e ascolto, decodifica della domanda di assistenza e di cura, informazione e orientamento su tutta l’offerta dei servizi socio-sanitari distrettuali; facilita l’accesso anche attraverso la distribuzione e la compilazione della modulistica necessaria per richiedere l’accesso alle principali procedure, corredata dalla lista dei documenti da presentare. Nei casi particolarmente critici e complessi, l’operatore accompagna l’utente: contatta direttamente l’operatore del servizio responsabile della prestazione, presenta e anticipa la richiesta dell’utente o prende un appuntamento con un operatore di riferimento che farà da tutor o da facilitatore all’utente nella realizzazione della procedura o nell’erogazione del servizio. Gli utenti (cittadini e operatori) possono accedere al PASS-PUA recandosi direttamente presso lo sportello distrettuale di front-office o il segretariato sociale nella stanza adiacente, o attraverso il telefono (linea telefonica dedicata), o via posta elettronica. Il servizio offre informazioni anche a Medici di Medicina Generale, Pediatri di Famiglia e altre Istituzioni che operano nel settore sociosanitario (Scuole, Parrocchie, ecc.). In sintesi il PASS –PUA del 19 Distretto: - opera come “filtro” ai servizi territoriali e concorda con essi le procedure che agevolano l’accesso, organizza un invio appropriato e, se necessario, “accompagna” l’utente ai servizi stessi - effettua una prima analisi della domanda e una prima valutazione dei bisogni. - a regime avrà inoltre la funzione di effettuare una “prevalutazione integrata per l’avvio della presa in carico attraverso la definizione dei percorsi assistenziali” 9 Il gruppo di lavoro Il gruppo di lavoro è costituito da 10 Assistenti Sociali, una Infermiera Professionale e 2 Operatori Amministrativi, provenienti da tutti i settori del Distretto e dal DSM. Per tutto il 2008 i “volontari” del Servizio Civile hanno affiancato gli operatori nell’esercizio delle funzioni di “accompagnamento e facilitazione” dell’utenza. Ogni turno è coperto da due operatori, assistenti sociali che operano in servizi sanitari distrettuali dell’ASL RME e da 3 operatori del Servizio di Segretariato Sociale Municipio. Ogni 15 gg c’è una riunione di back-office separata, mentre una volta al mese c’è una riunione congiunta tra la ASL, il Segretariato Sociale e il Servizio Sociale del Municipio 19. Il Servizio di Segretariato Sociale del Municipio è esternalizzato e si avvale dell’équipe fornita da un Organismo Accreditato (Consorzio CLIO). La strumentazione Il servizio ha a disposizione un data base che contiene informazioni su tutte le procedure di accesso ai servizi (Tabella 1 ) Tab.1 – Schermata data base informativo Agevolazioni fiscali per disabili Alzheimer Assistenza sanitaria Carta di soggiorno Certificati di medicina legale Dichiarazione di volontà alla donazione Diritto alla salute e assistenza sociale Disturbi del comportamento alimentare Invalidi di guerra Handicap Medicina sportiva Mobbing Patente speciale Provvidenze economiche Salute mentale Scuola Terapia radiante Tutela legale Aids Broncopneumatologia –TBC Cecità Danni trasfusioni e vaccini Dipendenze Distretti (strutture del territorio ) Allo sportello gli operatori operano con un computer collegato ad una stampante laser che permette di stampare moduli per l’ accesso, liste di documenti, indirizzi dei servizi etc. Il servizio è inoltre dotato di: - collegamento Internet e intranet con il Portale Aziendale - linea telefonica dedicata ed E-.mail specifica per offrire informazioni anche via telefono e via mail - Archivio dati Risultati della sperimentazione (13 novembre 2007 al 30 aprile 2008) Nel corso della sperimentazione hanno utilizzato lo sportello circa 400 utenti, di cui 76 inviati dai servizi ASL, 176 dal Municipio; 148 sono arrivati direttamente allo sportello. Dopo una prima fase, durante la quale è stata avviata la formazione congiunta degli operatori del distretto e del Municipio sulle procedure di accoglienza e di attivazione dei servizi, a Novembre si è realizzata ed ufficializzata l’integrazione operativa tra i due servizi con la finalità di: - dare risposte unitarie ai bisogni di salute complessi 10 - effettuare la presa in carico congiunta definire il percorso assistenziale attraverso il coinvolgimento di tutte le risorse presenti sul territorio. Il PASS-PUA è il punto di riferimento dei cittadini per avere informazioni ed orientamento sul sistema dei servizi, ma nello stesso tempo è uno strumento operativo del Distretto, che integra e mette in rete tutti i punti di accesso presenti nelle strutture territoriali. Gli operatori di front- office, che hanno lavorato insieme sull’analisi delle procedure d’accesso e hanno effettuato un percorso specifico di formazione, ruotano e turnano nel servizio con la funzione di garantire lo stesso livello di informazione presso tutti i punti di accesso, attivando punti di accoglienza periferici. (sono previsti interventi di aggiornamento periodico). Inoltre, grazie alla raccolta di dati sulla domanda, il servizio può costituire un osservatorio dei bisogni: raccogliere le segnalazioni e i reclami dei cittadini, contribuire alle funzioni di monitoraggio e verifica del funzionamento del sistema dei servizi. Secondo il progetto iniziale, nel 2009, consolidate le funzioni di informazione, orientamento e filtro, il PASS –PUA doveva iniziare ad operare come unità funzionale di pre- valutazione integrata (Distretto ASL - Municipio), garantendo una valutazione multidimensionale di primo livello, con utilizzo di strumenti di valutazione semplificati e invio alla Centrale Operativa Distrettuale o Servizio accesso e presa in carico assistenziale dei casi complessi. E’ di questi giorni un ulteriore passo avanti nella strutturazione della Porta di Accesso: da lunedi 11 maggio essa accoglie anche tutte la domanda relativa alle richieste di RSA Elementi che hanno facilitato la realizzazione del progetto - - - Coordinamento e formazione congiunta di tutti gli operatori del territorio Dal 2004 è attivo nel territorio del 19° Municipio un Coordinamento Tecnico di tutti gli Assistenti Sociali. Tale coordinamento ha coinvolto gli operatori sociali che operano in tutti i servizi sanitari e sociali del territorio, pubblici e privati con l’obiettivo di fondare un “servizio sociale professionale di zona”. Nel corso della prima fase del lavoro sono state analizzate le modalità di accoglienza e le procedure e di accesso dei diversi servizi territoriali e definite linee guida per l’accoglienza. Presenza dello Sportello di Segretariato Sociale del Municipio Roma 19 nella sede di S. Maria della Pietà dal settembre 2004. Consuetudine al lavoro comune tra servizi diversi ed in particolare tra servizio sociale Municipale e servizi ASL: ad esempio esperienza di protocolli operativi per le Dimissioni Protette e la gestione della patologia dell’Alzheimer Esperienza pluriennale di lavoro integrato “di secondo livello” tra i vari Servizi ASL e quelli del Municipio ( G.I.L. /U.I.M., DSM, ecc.) Ulteriori obiettivi a medio e lungo termine - Formalizzazione del protocollo tra Asl e Municipio per la gestione integrata del servizio Pua PASS Collegamento con la Centrale Operativa della presa in carico e accoglimento delle richieste di assistenza domiciliare e semiresidenziale a gestione integrata (Centri diurni anziani fragili, ecc.) Gestione dell’agenda e supporto all’attività amministrativa dell’U.V.D. Osservatorio socio-sanitario dei bisogni e delle risorse del territorio Unitarietà nella rilevazione dei bisogni e nella lettura della domanda Supporto alla Pianificazione Sanitaria e Sociale ed alla programmazione dei Servizi Promozione della partecipazione degli utenti 11 Il percorso dei “Cantieri” La DGR 433 del 19.06.2007 “Indicazioni e interventi per la realizzazione di iniziative tese ad integrare le attività sanitarie e sociosanitarie. Incentivazione dei processi di de-ospedalizzazione nella Regione Lazio”, ha segnalato due aspetti: “la necessità di riorientare e potenziare le attività territoriali, attraverso il rafforzamento della struttura organizzativa del Distretto e l’attribuzione della responsabilità sugli esiti di salute, superando l’attuale organizzazione verticale dipartimentale; …. Il Piano di rientro regionale porta a ri-orientare l’offerta dei servizi a tutela della salute dall’ospedale al territorio e si traduce nella necessità di avviare una riqualificazione delle attività in regime di ADI. Essa deve passare in primo luogo per una riorganizzazione dei CAD a partire dal mandato stesso del servizio.” Per rispondere a queste necessità, la ASL RM E ha attivato negli anni 2006 -2007, diversi Cantieri aziendali, gruppi di lavoro interprofessionali con la finalità di affrontare in maniera condivisa ed integrata le criticità organizzative. In particolare, il “Cantiere Cure Primarie” ha avuto l’obiettivo di sviluppare e garantire percorsi di continuità assistenziale per utenti con malattie croniche e degenerative che richiedono lungo-assistenza. All’interno del Cantiere, si è sviluppato un sub cantiere con un gruppo di lavoro dedicato allo sviluppo dell’assistenza servizio domiciliare e all’informazione e all’ accoglienza (Sportello PUA –PASS). L’intero progetto è nato dalla constatazione che la popolazione affetta da cronicità, disabilità e fragilità (intesa nel senso più ampio e trasversale) ha un impatto crescente sull’attività dei servizi territoriali ed ospedalieri e più in generale sul sistema socio-sanitario con un progressivo assorbimento di risorse. Le strategie della ASL si sono quindi orientate al superamento del sistema di offerta sanitaria di tipo ospedaliero, ri-orientando risorse e progettazione verso i servizi del territorio per intercettare il bisogno sanitario e sociale, garantire una presa in carico globale dei bisogni del paziente “cronico”, multiproblematico e fragile attraverso un nuovo modello di cure domiciliari e nuovi strumenti di integrazione multidisciplinari e multi-professionali coerenti con i mutati scenari demografici e sociali. Il modello di cure primarie e di assistenza domiciliare sviluppato nel corso dei Cantieri ha successivamente costituito il perno della nuova organizzazione. Con l’Atto Aziendale del 2008 la Direzione Aziendale ha rafforzato la struttura organizzativa del distretto e, con i successivi provvedimenti (Delibere D.G. 750 e 751 del 6.08.08) rivisitato l’assetto organizzativo delle Strutture Complesse. All’interno del Distretto è stata individuata l’unità organizzativa Percorsi di Continuità Assistenziale alla quale afferiscono lo Sportello Medicina di base e il Servizio per l’accesso e la presa in carico assistenziale, all’interno del quale è compreso l’ex CAD, Centro di assistenza domiciliare. La struttura organizzativa evidenzia l’attenzione alla costruzione di percorsi di continuità assistenziale che richiedono l’interazione e la collaborazione di diverse figure professionali per rispondere in modo equo, efficace ed appropriato al bisogno di salute del cittadino. Un gruppo di lavoro costituito da MMG, Direttori di Distretto e operatori dei 4 CAD ha avuto l’incarico di ridefinire gli strumenti operativi (scheda di segnalazione, cartella domiciliare, ….) ed ha approfondito il modello organizzativo del Servizio in base alle indicazioni del documento del Ministero della Salute “Nuova caratterizzazione dell’assistenza territoriale domiciliare e degli interventi ospedalieri a domicilio” e dalla normativa regionale, fino alle più recenti indicazioni (DD.GG.RR. n. 325 e n. 326 del 2008). Il gruppo è partito dalla definizione di mission, obiettivi, target, contratto assistenziale e attori dell’Assistenza Domiciliare Integrata, prestando particolare attenzione al percorso di presa in carico, esplicitando in dettaglio le tappe (segnalazioneaccettazione, valutazione multidimensionale del bisogno, presa in carico e definizione del piano assistenziale, svolgimento delle attività, dimissione), anche in relazione ai diversi livelli di intensità assistenziale. E’ stato inoltre affrontato il tema della valutazione multidimensionale e dei 12 professionisti e servizi da coinvolgere, anche in base alla normativa regionale: medico di medicina generale, medico del distretto oltre che infermiere e assistente sociale. Si è individuata infatti la necessità di aprire il processo di valutazione del bisogno assistenziale al contributo del medico di medicina generale e degli altri servizi (Disabilità, Riabilitazione, Salute Mentale, Dipendenze, Consultori, ecc.) in relazione ai bisogni assistenziali e di cura prevalenti dei cittadini. Il mandato del Servizio Accesso e presa in carico nella prima parte del lavoro, si è concentrato sulle cure domiciliari per arrivare poi a comprendere tutti i percorsi territoriali, anche le cure intermedie e la continuità ospedale-territorio e intrecciarsi con il percorso di attivazione dei PUA-PASS nei Distretti. Il Punto Unico di Accesso integrato è infatti il luogo deputato ad effettuare la prima valutazione del bisogno, l’orientamento del cittadino e l’eventuale presa in carico; il PUA-PASS dovrà operare come filtro – triage – pre-valutazione e presa in carico iniziale, effettuati in sinergia con il Servizio per l’accesso e la presa in carico e lo Sportello per la medicina di base. Per preparare questo passaggio i Direttori di Distretto hanno chiesto agli operatori del PUA-PASS di predisporre la scheda di segnalazione, individuando le informazioni da raccogliere per accompagnare l’invio. Inoltre alcuni operatori del Servizio per l’accesso e la presa in carico sono stati formati alla valutazione multidimensionale utilizzando lo strumento della scheda RUG, (previsto dalla DGR 40/2008). Secondo il nuovo disegno organizzativo, a conclusione del percorso, il Distretto potrà avvalersi di due strumenti per governare i percorsi del cittadino fragile e multiproblematico: - PUA/PASS, che costituisce il canale rivolto all’utenza, con compiti di orientamento e accompagnamento e, successivamente, di pre-valutazione; - la unità organizzativa Servizio per accesso e presa in carico assistenziale che, sostenuta dalla funzione di pre-valutazione realizzata dagli operatori del PUA/PASS, effettua la valutazione del caso e attiva, quando occorre l’UVD, e i percorsi territoriali semplici e complessi. In previsione, nei 4 Distretti della ASL RM E, verranno attivate 4 UVD con personale sanitario e sociale con un impegno indicativo tra i 15 e 18 casi / settimana per UVD; una stima dei casi prevalenti evidenzia almeno 3500 pazienti/anno, includendovi circa 2000 pazienti in ADI, 550 assistiti in Lungodegenza post acuzie, 400 in RSA, 500 in Hospice (sia residenzialità sia domiciliare). Protocollo d’intesa Il Protocollo d’intesa tra la ASL RME-Distretto 19 e il Municipio 19 è stato firmato ed è diventato operativo in questi giorni. Esso farà compiere un successivo passo avanti all’esperienza di integrazione, dalla Porta di Accesso Unitaria alla gestione delle dimissioni protette, dai servizi per l’Alzheimer alla gestione dei casi multiproblematici che attraversano i Servizi sanitari e Sociali. Gli operatori della Asl e quelli del SS Municipale a partire dall’esperienza integrata quotidiana convoglieranno tutte le procedure e gli interventi in una rete di servizi che offre ai cittadini le risposte ai loro bisogni compatibilmente con le risorse a disposizione. Successivi protocolli di intesa, quando e se necessari, completeranno il percorso assistenziale integrato. Riferimenti Dott.ssa Maria Rosaria Romagnuolo Direttore Distretto 19 Asl RME S. Maria della Pietà – pad. 26 Tel. 06.68.28.40 [email protected] [email protected] 13 Associazione "Città Visibile", La Rete Penelope La Rete Penelope nasce come idea progettuale tra il 2000 e il 2001, ed è attiva per i cittadini dall’estate del 2002. L’idea entro la quale si inscrive la Rete Penelope è la promozione di un sistema di welfare capace di dare valore alla territorialità e dunque calibrato sui bisogni reali della popolazione. Il nuovo quadro delineato dalla Legge 328/2000 (la Legge quadro di riforma dei servizi sociali) dà assoluto spazio e importanza al ruolo di informazione, comunicazione e orientamento dei cittadini sul sistema dei servizi e delle opportunità offerte. La Rete Penelope, in linea con l’art. 22 della L. 328/20002, non è un insieme di sportelli informativi tra i tanti, ma una rete di Centri in grado di qualificare la presenza territoriale delle cooperative sociali che promuovono il progetto in funzione della crescita del benessere della collettività, favorendo l'incontro tra la domanda sociale proveniente dal cittadino e le diverse risorse formali e informali del territorio. Ad oggi la Rete Penelope è costituita da 11 Centri Informativi attivi nel territorio di 10 diversi Municipi della città di Roma (I, II, III, IV, V, VIII, X, XIII, XV e XVIII). Stiamo comunque lavorando per estendere la presenza del servizio a tutti i Municipi romani. Ogni Centro Informativo Penelope si rivolge alla cittadinanza tutta ed è aperto al pubblico almeno quattro giorni settimanali, in un orario articolato nella fascia oraria antimeridiana e pomeridiana. Nei Centri lavorano operatori specificatamente formati attraverso un corso regolarmente riconosciuto dalla Regione Lazio ("Corso per Operatore di sportello a valenza sociale"), oltre a possedere titoli formativi di alto livello (psicologi, educatori professionali, assistenti sociali, ecc.) e, tra l’altro, una notevole esperienza lavorativa nelle cooperative di appartenenza. Il lavoro degli operatori di Penelope è orientato all'ascolto, all'analisi e alla decodifica della domanda con l'obiettivo di offrire al cittadino informazioni accuratamente selezionate idonee per fornirgli indicazioni sulle diverse risorse informali territoriali e sui criteri di accesso e l'iter procedurale per usufruire di specifici servizi pubblici. Per garantire un'informazione aggiornata, connotata da esattezza ed estensione, nei mesi antecedenti l'apertura dei Centri gli operatori hanno realizzato un'attività di mappatura e classificazione delle diverse strutture, pubbliche e private, presenti nei territori municipali e che operano nelle aree sociali, sanitarie e culturali. Le schede raccolte sono dunque state inserite in un database elettronico presente su una rete virtuale che permette di visualizzare velocemente le risorse presenti e le modalità per usufruirne. Tale database, essendo accessibile da Internet, può essere consultato e aggiornato in contemporanea da tutti i Centri Penelope. Il lavoro di mappatura dei territori è un’attività costante svolta in ogni territorio municipale dai Centri Penelope, tale da fornire sempre ai cittadini dati aggiornati sui servizi (che infatti possono, nel tempo, cambiare recapiti, sedi, attività, e così via). È inoltre parte integrante dell'attività dei Centri Penelope l'organizzazione di iniziative di diffusione dell'informazione sociale nei luoghi significativi della comunità, con l'obiettivo di realizzare un 2 Art. 22 (Definizione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) (...) 2. Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale in materia di prevenzione, cura e riabilitazione, nonché le disposizioni in materia di integrazione socio-sanitaria di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, gli interventi di seguito indicati costituiscono il livello essenziale delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi secondo le caratteristiche ed i requisiti fissati dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, tenuto conto delle risorse ordinarie già destinate dagli enti locali alla spesa sociale: (...) i) informazione e consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi e per promuovere iniziative di auto-aiuto. 14 servizio capillare che si muove verso le persone e dunque capace di raggiungere fasce diversificate della popolazione. La Rete Penelope non intende sovrapporsi alle realtà informative preesistenti ma, attraverso la decodifica della domanda e l'aggancio di fasce di popolazione più ampie, si propone di potenziarne le funzioni. La finalità della Rete Penelope è di rappresentare un nodo di interscambio che favorisca il dialogo e il coordinamento tra le diverse realtà municipali: i cittadini, le risorse del mondo informale e noprofit e la Pubblica Amministrazione. L'obiettivo è di creare un sistema di comunicazione tra i diversi attori, interessati sia ad attivare forme di protezione e promozione sociale che impegnati a migliorare la qualità della vita delle persone. Tali elementi ci hanno guidato ad avviare momenti di incontro con il Comune di Roma e in particolare gli Assessorati impegnati nel lavoro sociale e nella comunicazione con il cittadino, a seguito dei quali l'Assessorato alle Politiche Sociali e Promozione della Salute del Comune di Roma ha riconosciuto la rilevanza sociale dell'iniziativa e dato il proprio patrocinio al progetto Penelope. Una delle principali caratteristiche di innovazione del progetto Penelope è che esso è stato avviato e tuttora sostenuto dall’autofinanziamento delle 11 cooperative sociali che vi hanno aderito (Cotrad, San Saturnino, Prassi e Ricerca, Il Brutto Anatroccolo, Osala, Iskra, Cecilia, Assistenza e Territorio, Futura, Magliana Solidale e Eureka I). L'Associazione di imprese sociali “Città Visibile Onlus” (a cui le cooperative suddette aderiscono e il cui sito Internet è www.cittavisibile.it) è la risorsa unitaria in grado di offrire il supporto formativo, ma anche organizzativo e di coordinamento necessario a garantire criteri di omogeneità tra i singoli Centri; le cooperative sociali, attraverso l'operatività pluriennale nei diversi territori municipali, sono la risorsa che permette una conoscenza approfondita della realtà sociale e consente la realizzazione di un servizio informativo capillare e inserito nella comunità locale. Seppur in maniera sintetica, forniamo alcune importanti evoluzioni di sviluppo operativo del progetto Penelope: - i Centri della Rete Penelope hanno accolto, dall’avvio nell’estate 2002, diverse migliaia di cittadini, fornendo loro informazioni e azioni orientative sulla base delle richieste espresse; - a livello locale - vale a dire in ogni territorio municipale - ogni singolo Centro Penelope attiva numerose reti e partnership finalizzate ad un miglioramento e ad un incremento dell’attività informativa e di sensibilizzazione. Tali reti sono attivate con Patronati, parrocchie, Municipi, ASL, farmacie, associazioni, cooperative, sportelli tematici (lavoro, handicap), servizi per migranti, ecc.; - gli operatori e il coordinamento della Rete Penelope sono costantemente impegnati nel lavoro di rilevazione del lavoro svolto dai centri in favore dei cittadini, sia dal punto di vista dell’analisi delle richieste espresse, sia per quanto concerne la mappatura dei servizi territoriali; - il database informatico della Rete Penelope contiene più di 2.000 schede-servizi, frutto del costante lavoro di mappatura nei vari territori di competenza dei Centri Penelope; - la Rete Penelope è partner, sin dal suo avvio, del progetto “Porte Sociali” del Comune di Roma – V Dip.to (www.portesociali.org). Tale progetto comunale, in linea col Piano Regolatore Sociale della città di Roma e con la L. 328/2000, prevede l’istituzione – a regime – di 100 Porte sociali in tutto il territorio cittadino con l’obiettivo di garantire ai cittadini l’informazione e l’accesso ai servizi sociali promossi dalla Pubblica Amministrazione. Il Comune di Roma ha da subito identificato nella Rete Penelope un partner qualificato nello sviluppo progettuale delle Porte Sociali; altri partner sono la Caritas Diocesana di Roma, i Patronati Ital Uil, Inca Cgil, Acli. Sono direttamente coinvolti nel progetto, inoltre, l’Ipab I.S.M.A. e i servizi sociali dei Municipi romani. Il 12 marzo 2007 è stata inaugurata ufficialmente l’attività delle Porte Sociali 15 - - - - - - nei Municipi in cui è stata avviata la I fase sperimentale. La Rete Penelope, in quanto partner, è coinvolta con i propri Centri che svolgono, quindi, anche la funzione di Porta sociale comunale, partecipando al Tavolo di coordinamento cittadino del progetto; la Rete Penelope ha effettuato – con un finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Roma – una mappatura delle risorse informali nei Municipi romani in cui non sono ancora attivi Centri Penelope, vale dire nel VI, VII, IX, XI, XII, XVI, XVII, XIX e XX. Tale lavoro di rilevazione permetterà di avere – a breve – un database completo sui servizi per quanto concerne l’intera città di Roma; la Rete Penelope ha stipulato nel 2004 un protocollo d’intesa con i Centri di Orientamento al Lavoro (COL) del Comune di Roma – Dip.to XIV. Tale protocollo ha sancito una collaborazione già attiva tra diversi Centri Penelope e diversi COL territoriali sul piano dello scambio informativo, dell’invio reciproco di cittadini con bisogni relativi al lavoro e/o sociali, dell’informazione e sensibilizzazione sui temi di rispettiva competenza; la Rete Penelope ha collaborato con il Programma Integra del Comune di Roma – V Dip.to, nell’ambito specifico del progetto IntegRARsi, che prevede una serie di azioni formative e operative rivolte in particolare ai richiedenti asilo e rifugiati e, più in generale, ai migranti; la Rete Penelope ha recentemente stipulato un protocollo d’intesa con il progetto Mediazione Sociale (promosso dalle coop. sociali in ATI Eureka I, Parsec e Magliana 80) e con l’ass. AGISA (sportelli antiusura). L’accordo prevede scambi informativi, invio reciproco di cittadini con bisogni legati a multiproblematicità vissute a livello familiare e sociale, iniziative su temi di interesse comune; la Rete Penelope è prossima alla pubblicazione della “Carta dei Servizi”, strumento privilegiato di comunicazione e di interazione pro-positiva con i cittadini. La Carta è stata ideata e redatta dagli operatori della Rete Penelope in seguito ad un percorso formativo e di accompagnamento svolto in seno all’associazione Città Visibile, che ha permesso di focalizzare lo stato attuale e i possibili sviluppi ideali e operativi della Rete Penelope; la comunicazione e la divulgazione della Rete Penelope prevedono costantemente un aggiornamento ed un miglioramento che, recentemente, hanno significato l’avvio di azioni conseguenti. Tra queste, il rinnovo dell’immagine della Rete stessa, con il relativo sviluppo di nuovi depliant e locandine, una nuova progettualità di lungo respiro per il sito Internet www.retepenelope.it, oltre che la nostra partecipazione, il 16 maggio 2007, ad una trasmissione dedicata alla Rete Penelope presso l’emittente televisiva Roma Uno. Riferimenti Coordinamento Rete Penelope Associazione "Città Visibile" - Via dell'Amba Aradam, 20 – 00184 Roma [email protected] Tel. E fax: 0677590722 Municipio I Coop. Sociale "Cotrad" - Via Urbana, 19 - tel. 06.47.82.64.35 [email protected] Orario Lun/Mer/Ven 09.30-12.30 Giov 14.30-17.30 Municipio II Coop. Sociale "S. Saturnino" Viale Regina Margherita, 157 - tel. 06.85.40.928 [email protected] Orario: Lun/Mer/Ven 9.30 - 12.30 Giov 15.30-18.30 16 Municipio III Coop. Sociale "Prassi e Ricerca" - Via Lorenzo il Magnifico, 65 - tel. 06.440.2001 [email protected] Orario: Mar e Mer 9.30 - 12.30; Giov 15.30-18.30 Municipio IV Coop. Sociale "Il Brutto Anatroccolo" - Via della Bufalotta, 13/B tel. 06.87.18.50.93 [email protected] Orario: Lun/Mer/Ven 09.30-12.30 Mar/Gio. 15.30-18.30 Municipio V Coop. Sociale "O.sa.la." - Via Pio Briziarelli, 17 - tel. 06.86.89.54.73 [email protected] Orario Lun/Mer/Ven 09.30-12.30 Giov. 15.30-18.30 Municipio VIII Coop. Sociale "Iskra" - Via Marco Emilio Scauro, 18- tel. 06.23.15.216 [email protected] Orario Lun/Mer/Ven 09.30-12.30 Giov. 15.30-18.30 Municipio X Coop. Sociale "Cecilia" - Via Licinio Murena, 82- tel. 06.76.74.107 [email protected] Orario dal Lun. al Sab. 09.00-13.00 Mar e Giov. 15.00-19.00 Municipio XIII Coop. Sociale "Assistenza e Territorio" Via dei Fabbri Navali, 16/18 - tel. 56.30.50.51 [email protected] Orario Lun./Mer/Ven 9.30-13.00 Giov. 14.30-18.30 Municipio XV Coop. Sociale "Magliana Solidale" V. P.Baffi, 28 tel. 06.55.26.39.04 [email protected] Orario Lun./Mer./Ven. 09.30-12.30 Giov. 15.30-18.30 Municipio XVIII Coop. Sociale "Eureka I" - V. Ettore Stampini, 10 tel. 06.39.74.56.00 [email protected] Orario Lun./Mer/Ven. 09.30-12.30 Giov. 15.30-18.30 17 Provincia di Roma, Polo Provinciale Malattie Rare La Provincia di Roma, sollecitata dalle associazioni dei malati, ha promosso nel 2001 un’indagine conoscitiva per rilevare consistenza e caratteristiche del fenomeno delle malattie rare nel territorio. Dai risultati dell’indagine è emerso che per i malati di malattie rare è difficile ottenere una diagnosi certa in tempi brevi: un malato impiega un tempo medio di circa 3 anni. I medici di medicina generale non hanno sufficienti informazioni sul fenomeno, né conoscono le sue dimensioni. I malati non hanno informazioni sui centri di eccellenza, che sembrano essere troppo distanti dal sistema delle cure primarie. A questo si aggiunge il difficile accesso alle informazioni utili di tipo sanitario, sociale, amministrativo. Si è quindi rivelata l’esigenza di promuovere iniziative facilmente comunicabili ai malati e ai familiari, ai medici di medicina generale, alle associazioni di malati e ai servizi sociali, per agevolare percorsi terapeutici e di inserimento sociale, nel rispetto dei diritti dell’individuo e delle normative nazionali e regionali. Ruolo della Provincia In questo quadro, la Provincia può giocare un ruolo fondamentale per facilitare il raccordo tra gli interventi sanitari e quelli sociali in base a quanto previsto dalla L. 328/2000. L’amministrazione regionale ha il compito di programmare e regolamentare i servizi sanitari e, nel caso specifico, deve garantire ai malati presidi specializzati in accordo con il Centro Nazionale Malattie Rare- Istituto Superiore di Sanità; la normativa corrente affida alla Provincia il compito di coordinare la rete territoriale dei servizi socio-sanitari attraverso la programmazione dei Piani Sociali di Zona e i PAT La maggiore e capillare capacità informativa della Provincia, attraverso sportelli informativi territoriali, con la collaborazione dei servizi sociali comunali, può costituire un prezioso strumento per la tutela dei diritti dei malati. La Provincia di Roma, Assessorato alle Politiche Sociali e per la Famiglia, nel 2004 ha promosso e sostenuto la costituzione del Polo Provinciale per le Malattie Rare, con l’apertura di uno sportello presso l’Ospedale SS. Salvatore di Palombara Sabina, ASL RMG, azienda dove è attiva la Commissione Aziendale Malattie Rare; l’ente attuatore è l’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali, partner l’Istituto Superiore di Sanità. Il progetto iniziale prevedeva l’apertura di più sportelli, in aree diverse del territorio provinciale: Palombara Sabina ASL RMG nel 2004 e a Ciampino ASL RMH, nel 2005. Problemi istituzionali e organizzativi hanno reso difficile dare continuità all’esperienza. Lo sportello di Ciampino è stato chiuso, mentre l’attività dello sportello di Palombara è stata sospesa il 28-2-2008 in attesa di un nuovo finanziamento e dell’ insediamento nella sede dell’ex Ospedale S. Giacomo a Roma. Servizi Obiettivo del Polo è sostenere i malati di malattie rare che subiscono una situazione di massimo svantaggio sociale, cercando di assicurare una migliore tutela del diritto alla salute, come previsto dalla Costituzione e riaffermato dalla Legge n. 648 del 1996. e dal Decreto Ministeriale 279 del 2001. All’interno del Polo, lo sportello ha l’obiettivo specifico di: - dare ascolto agli utenti; - individuare e raccogliere le esigenze informative e assistenziali; - “fare da ponte” tra le istituzioni sanitarie, le associazioni, i medici di famiglia, i pediatri di libera scelta e i servizi sociali territoriali; - sensibilizzare la popolazione sul tema delle malattie rare. 18 Nei primi dieci mesi di attività sono stati segnalati allo Sportello più di sessanta casi di malattie rare, con un afflusso generato principalmente dal semplice passaparola. Le richieste presentate dai malati sono di diversa natura: dalla mancanza di diagnosi alla carenza di informazioni sui centri di cura, dalla richiesta di esenzione dei farmaci in fascia C al riconoscimento dell’invalidità, dai problemi di assistenza sociale alla consulenza legale, dalla necessità di relazioni sociali all’assistenza di un servizio psicologico specializzato. Le difficoltà relative a molte richieste, derivano dal fatto che solo un numero limitato di malattie è incluso nell’elenco approvato dal Ministero della Salute (D.M.279/2001); un’ulteriore complessità nel trattamento terapeutico della quasi totalità dei malati, dipende dall’assenza di cure specifiche e dal ricorso a trattamenti sperimentali, spesso con farmaci off label o in fase di studio o non commercializzati nel nostro paese. Lo sportello ha assistito molti cittadini nel raggiungimento della visibilità necessaria per ottenere gli opportuni riconoscimenti, in ottemperanza alle norme già citate. Anche dal punto di vista sociale numerosi sono i problemi: spesso, l’assistenza domiciliare non viene riconosciuta per mancanza di informazione corretta o per carenze di organico dei servizi sociali territoriali; nella maggior parte dei casi, i cittadini con malattia rara manifestano bisogni e condizioni, che i servizi sociali non sono preparati ad affrontare. Gli esempi più frequenti in tal senso, sono rappresentati dalle famiglie, in cui la malattia rara di un figlio obbliga ad una serie di rinunce: dal lavoro almeno per uno dei due coniugi, ad una normale vita sociale per tutti se i bambini non ottengono un adeguato sostegno a scuola e, almeno per alcune ore, a casa. Il Polo si impegna a informare le istituzioni territoriali di questi bisogni. Nel caso di pazienti adulti, il problema è ancora più grave, soprattutto quando non esiste una rete di sostegno familiare. Per questo lo sportello promuove il coinvolgimento di volontari disponibili ad intervenire nelle situazioni più difficili. L’attività dello sportello si esprime grazie allo sviluppo di una rete di contatti e di collaborazioni con le Istituzioni e le Associazioni di malati, spesso strutture informate e di vasta competenza. Le associazioni di malati dialogano direttamente con i Centri di Ricerca e si prestano alle necessarie verifiche dell’efficacia farmacologia di nuovi medicinali, come richiede la sperimentazione di ogni singolo protocollo diagnostico-terapeutico nelle malattie rare. Grazie a questa rete attiva, lo sportello riesce, a volte, a mettere in contatto il malato senza diagnosi o senza adeguata terapia con le Associazioni competenti e con i medici di centri specializzati, in Italia o in Europa, favorendone la più opportuna presa in carico.Questa metodica consente ai malati di vedere notevolmente ridotti i tempi di attesa della diagnosi. Lo sportello, come detto, fornisce anche ai medici di famiglia e ai pediatri di libera scelta informazioni sui problemi relativi alle malattie rare e sulle normative vigenti: questo è un fatto particolarmente importante ed utile soprattutto in un’ottica integrata di prevenzione. Il Polo Provinciale per le Malattie Rare, con la sua attività è diventato un punto di informazione valido per tutto il Centro Sud del paese e si è accreditato su tutto il territorio nazionale. Struttura organizzativa Il Polo è gestito da un’équipe di professionisti: il responsabile scientifico, dr. Raffaele Bracalenti, medico, è il presidente dell’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali. Responsabile dello sportello è la dott.ssa Marta De Santis, che collabora anche con il Centro Nazionale Malattie Rare Istituto Superiore di Sanità; allo sportello presta aiuti e consulenze uno staff di medici, psicologi e professionisti in altre discipline (es. avvocati). Il responsabile del Progetto è il dott. Pietro De Santis, psicologo. Il fatto che a coordinare le attività non sia direttamente un medico, ha creato 19 inizialmente qualche diffidenza tra gli operatori sanitari, ma è stata la chiave del successo nel servizio: gli operatori coinvolti, infatti, piuttosto che prestare attenzione “solo” ai protocolli medici, hanno privilegiato l’ascolto delle esigenze dei malati e quindi hanno potuto fornire risposte appropriate. Risultati Hanno contattato lo sportello circa 300 persone e sono stati affrontati con successo alcune situazioni drammatiche anche grazie alla collaborazione con i servizi sociali territoriali. Numerosi sono i malati che richiamano lo sportello, anche se non manifestano bisogni immediati, perché la presenza di un servizio adeguato ai propri bisogni rappresenta un punto di riferimento importante. Sviluppi ulteriori Con il rinnovo della convenzione, il Polo è ospitato nell’ambulatorio di Via Canova di fronte all’ex Ospedale S. Giacomo. La nuova sede, al centro di Roma, risulta più facilmente raggiungibile. Il nuovo sportello è già attivo e risponde ai numeri: numero verde - tel. 8000.84.525 cellulare di servizio - tel. 340.0536564 ambulatorio via Canova - tel. 06.7730.6100 L’inaugurazione ufficiale sarà accompagnata da una campagna pubblicitaria. Criticità su cui convogliare le energie La disponibilità di nuovi farmaci e di cure ha aumentato l’aspettativa di vita dei malati di malattie rare, oggi adolescenti, giovani ed adulti devono studiare, lavorare, avere relazioni sociali. E’ necessario dunque che i servizi del territorio si attrezzino per garantire a questi malati la qualità della vita: attualmente invece i servizi sanitari e sociali non sono preparati ad affrontare il crescente numero di questi bisogni di assistenza. E’ necessario: - pensare servizi innovativi per rispondere alle accresciute esigenze - investire sulla formazione degli operatori , assistenti sociali, assistenti domiciliari, terapisti della riabilitazione per informarli sui bisogni specifici di questi malati. Riferimenti Dott. Pietro De Santis IPRS Tel. 0632652401 [email protected] 20 ASL RMG, Casa della Salute Palombara Sabina La Casa della Salute parte da un’idea molto semplice: concentrare i servizi distrettuali in un luogo ben riconoscibile ai cittadini, possibilmente al centro dell’abitato, dove fornire tutta l’informazione necessaria, assistenza burocratica, medicina di base, guardia medica, specialistica territoriale, diagnostica, assistenza domiciliare, riabilitazione, pratiche ambulatoriali che non richiedono ricovero (piccola chirurgia, ecc.), spazi per le associazioni dei malati. Nel progetto pilota, la Casa della Salute è una struttura fisica e contemporaneamente rappresenta il “centro e il volano” per la riorganizzazione dei servizi territoriali. E’ un presidio strategico del distretto sociosanitario per fronteggiare alcune criticità evidenti nel rapporto tra il SSN e il cittadino e per garantire i livelli essenziali di assistenza socio-sanitaria propri del distretto: prevenzione, cura e riabilitazione. E’ una struttura che può essere realizzata ad hoc, ovunque nel distretto, in particolare in aree urbane e quartieri di nuova costruzione o in contesti preesistenti poveri di servizi socio-sanitari. In molti casi può rappresentare una risposta alle esigenze e alle preoccupazioni della popolazione dei vari comuni dotati di una struttura ospedaliera che deve essere riconvertita in conseguenza della riorganizzazione e razionalizzazione della rete ospedaliera regionale. La Casa della Salute può essere quindi una delle possibili risposte al bisogno di salute e di sicurezza dei cittadini. Il progetto sperimentale realizzato nella ASL RMG si colloca all’interno del processo di revisione e riorganizzazione del Sistema Sanitario Regionale ed in particolare nel Piano di rientro della Regione, (accordo ai sensi dell’art. 1 della L. 30 dicembre 2004, n. 311), che prevede una riduzione dell’offerta ospedaliera sia nelle strutture di ricovero pubbliche che in quelle private. Le difficoltà storiche in cui si dibatte il Servizio Sanitario Regionale del Lazio possono essere superate, secondo la Direzione Generale dell’ASL RMG, se diventano un’occasione per introdurre innovazione sia nella tecnostruttura amministrativa che nel modello assistenziale. In questa ottica va l’ultimo piano strategico aziendale, su cui la Direzione ha aperto il confronto e ha cercato la condivisione con le istituzioni locali e i cittadini, nel quale viene individuata la necessità di concentrare e riqualificare l’offerta ospedaliera. Nel territorio della ASL RMG si è passati da 8 a 4 ospedali più uno montano a Subiaco. Quest’ultimo rappresenta una delle novità del nuovo assetto ospedaliero aziendale ed ha la funzione di offrire una risposta ospedaliera specifica e flessibile ad un territorio che presenta caratteristiche di marginalità riconosciute anche a livello regionale3. Le altre innovazioni riguardano gli ospedali di Valmontone, Zagarolo, e Palombara che, attraverso in processo di riconversione, sono stati trasformati centri di attività territoriali determinando così un diverso rapporto tra ospedale e territorio verso il quale, secondo la Direzione Aziendale, va orientato il sistema assistenziale regionale. Questo indirizzo strategico, richiede una complessiva revisione organizzativa e funzionale, che si realizza con il potenziamento del sistema delle cure primarie e intermedie. Secondo la Direzione Generale, la riconversione dall’ospedale in servizi di cura territoriali è un intervento strategico che richiede il coinvolgimento e la condivisione di tutti i livelli del sistema : del livello politico e istituzionale Enti Locali , del livello organizzativo e professionale dirigenti e operatori , dei cittadini. Ma è un passaggio irrinunciabile perché in un sistema fortemente centrato 3 Regione Lazio, Piano Sanitario Regionale 2009-2011, Cap. 4 Linee programmazione per l’ammodernamento della rete ospedaliera. 21 sulla persona e sulla sua domanda di salute, la presa in carico in termini di garanzie di salute, è una responsabilità del sistema nel suo complesso e non solo di una specifica componente. In questa ottica, l’ospedale è solo uno dei diversi tasselli di un sistema che condivide con la rete dei servizi territoriali la responsabilità di garantire la salute dei cittadini. E’ necessario dunque spostare l’investimento economico e culturale dall’ospedale ai servizi territoriali e riconvertire le strutture ospedaliere esistenti in nuovi servizi per il territorio e la comunità. Questa trasformazione rimette al centro del sistema sanitario il distretto, luogo deputato a farsi carico di necessità assistenziali attualmente soddisfatte impropriamente dalle strutture ospedaliere per acuti. Per far questo, il distretto deve assumere il pieno governo delle cure intermedie, attivando tutti i diversi servizi assistenziali (Assistenza domiciliare integrata, Residenze sanitarie, Hospice, Presidi territoriali di prossimità) che consentono di affrontare e gestire, in un’ottica di continuità dei percorsi assistenziali, i problemi di salute collegati alla condizione di cronicità. Contestualmente alla realizzazione delle strutture di prossimità è necessario lavorare al cambiamento culturale delle modalità di approccio al bisogno di salute che riguarda ancora una volta gli amministratori locali, i professionisti sanitari, medici - infermieri – tecnici,e soprattutto i cittadini. La Direzione Generale della ASL RM G ha disposto nel tempo la chiusura di 3 presidi ospedalieri che avevano utenza sufficiente. L’Ospedale di Palombara è stato riconvertito in Casa della Salute con l’obiettivo di ottimizzare i servizi già presenti nel territorio e ampliare la filiera dei servizi territoriali. A partire dalla struttura ospedaliera esistente, è stato costituito un presidio territoriale, come nodo strategico di connessione tra la rete dei servizi territoriali e l’ospedale. All’interno della Casa della Salute, hanno trovato posto una serie di ambulatori e servizi che offrono ai cittadini servizi diversi ed integrati. La Casa della Salute, inoltre, mette a disposizione la propria sede e per la realizzazione di campagne regionali di prevenzione e screening. Strutture presenti nella Casa della Salute - Cup Primo soccorso Day hospital chirurgico Day Hospital medico Day service Diabetologia Ecografie Farmaceutica territoriale Gastroenterologia Ginecologia ed ostetricia Immunoematologia asp Ipertensione arteriosa Laboratorio analisi Oculistica Oncologia Otorino Pneumologia e fisiopatologia respiratoria pneumologia e fisiopatologia respiratoria primo soccorso Radiologia Senologia Urologia Unita' Operativa Infermieristica 22 L’impegno assunto dalla direzione aziendale è garantire ai cittadini gli stessi servizi offerti dall’Ospedale cercando anzi di aumentarli migliorando quando possibile anche la qualità dell’offerta (Tav.1) Tav 1- Confronto tra servizi ospedalieri e offerta della Casa della Salute Servizi Ospedale Casa della salute Pronto soccorso X Cup X Chirurgia generale Oncologia Centri disturbi comportamenti alimentari ---------Day surgery otorino Sportello malattie rare Farmacia U.O. Infermieristica Ambulatori X X Ortopedia Neurologia Dentista Ginecologia e ostetricia Reumatologia Cardiologia Endocrinologia Diabetologia Terapia anticoagulante orale Otorino Epatologia Endoscopia digestiva Ambulatorio Cittadini extra comunitari Urologia Pneumologia emogas analisi Geriatria X X X X X X X Primo soccorso Cup appuntamenti cassa ticket Scelta medico di base Esenzione patologie Vaccinazioni Corsi di preparazione al parto ambulatori c.d.s. Day surgery Day hosdpital Oncologico Centro disturbi comportamenti alimentari Ambulatorio adolescenti Consultorio Centro di Salute mentale Riabilitazione audio vestibolare No Si Si Ambulatori Ambulatorio infermieristico (assistenza infermieristica, medicazioni, educazione sanitaria,anche di sabato e di domenica) Ortopedia Neurologia Dentista Ginecologia e ostetricia Si anche prove da sforzo e holter SI SI X Attività Incrementata X X X X attività Incrementata Si – Medicina generale Attività incrementata No Si e allo studio rilascio STP attività incrementata con riabilitazione pav. pelvico X --------------- Attività incrementata Si 23 Cup Al primo piano della Casa è operativo uno sportello Cup dove è possibile prendere appuntamenti per tutti gli ambulatori e, grazie alla presenza della cassa, pagare il ticket. E’ inoltre possibile avviare alcune procedure amministrative per accedere ai servizi sanitari: - iscrizione al servizio sanitario - scelta medico di base - riconoscimento esenzione patologie - vaccinazioni - prenotazione corsi di preparazione al parto - ambulatori c.d.s. Non è invece possibile avviare le procedure per il riconoscimento di invalidità né per la richiesta di richiedere patenti e visite per la detenzione delle armi. Sportello Accesso Socio Sanitario Presso la Casa verrà inaugurato a breve uno sportello per favorire l’accesso integrato ai servizi socio-sanitari. Due giorni a settimana sarà presente presso la Casa della Salute un’assistente sociale del Comune di Palombara coadiuvata da un infermiere della Casa della Salute. Laboratorio analisi Presso il laboratorio della Casa della Salute è attivo un centro prelievi dove è possibile effettuare tutti esami ematici, il personale assicura in media circa 90 prelievi al giorno. Day service All’interno del day service è possibile ottenere prestazioni ambulatoriali, il paziente attraverso la richiesta del medico curante ha accesso ad un pacchetto di servizi complessi (PAC), che comprende tutti gli esami diagnostici necessari con il pagamento di un solo ticket (15-max 40,15 euro). Sono previsti i seguenti PAC: - anemia - asma bronchiale - bronchite cronica ostruttiva con insufficienza respiratoria - diabete neodiagnostico non complicato - diag. celiachia - diag. dolore toracico - dig. Perdita transitoria coscienza - ipertensione - somministrazione controllata dei farmaci - nodulo tiroideo L’ammontare del ticket dipende dal livello di reddito, dal limite di età. Sono previste esenzioni per tutte le forme di invalidità. Il Medico responsabile del Day Service dopo aver visitato il paziente, apre il PAC (che prevede tutto il percorso diagnostico), dopo aver fatto la diagnosi, prescrive la cura ed invia una relazione al Medico di Medicina Generale. L’apertura del PAC dura in media un mese, periodo entro il quale di norma vengono effettuati tutti gli esami ed effettuata la diagnosi. Day surgery e One Day Surgery Due volte al mese i pazienti che hanno subito interventi chirurgici e necessitano di restare sotto osservazione anche di notte possono restare sotto il controllo del chirurgo e dell’anestesista. 24 Presidio territoriale di Prossimità Servizio degenza a gestione infermieristica per le cure intermedie ad alta intensità infermieristica in pazienti stabili che non presentano caratteristiche di acuzie, come snodo fondamentale della rete di assistenza territoriale e della continuità assistenziale. Circa 15 posti letto per la degenza nelle 24 ore, a gestione infermieristica (con presenza h 24) e assistenza medica accesso programmata prestata durante il giorno dai medici della Casa della salute, medici di Medicina Generale che vogliono seguire il proprio paziente, l’assistenza medica notturna per le emergenze è garantita dal medico di Primo Soccorso grazie ad un accordo stipulato tra i servizi. Il presidio è collegato con il CAD per garantire continuità assistenziale ai pazienti dimessi dall’Ospedale. L’UVM (Medico, Infermiere Assistente sociale) effettua in ospedale una valutazione multidimensionale del caso per verificare l’elegibilità. Valutata la necessità di stabilizzazione, si programmano le dimissioni. Viene inviata una lettera al medico curante del paziente con la quale si trasmettono informazioni sulle condizioni di salute e sulle dimissioni. Se il paziente ha bisogno di riabilitazione o di assistenza domiciliare il coordinatore dell’UOI prende accordi e accompagna il paziente al CAD o invia indicazioni al responsabile del CAD per la predisposizione del PAI. Ambulatorio Infermieristico Presso la Casa della Salute di Palombara Sabina è attivato il primo Ambulatorio Infermieristico del territorio.L’attività attualmente opera su altre sei sedi territoriali della ASL “Distretto di Colleferro, Carpineto Romano, Olevano Romano, Cave, Zagarolo, Distretto di Tivoli. Si prevede di attivare ulteriori sedi nel territorio, in particolare un ambulatorio infermieristico pediatrico per cittadini extracomunitari presso il territorio di Monterotondo, dove la popolazione immigrata risulta essere la più cospicua rispetto alla globalità del territorio ASL. Criticità - Non tutti i Medici di Medicina Generale partecipano e collaborano con la Casa della Salute Gli ambulatori sono situati sui diversi piani, questa struttura della Casa impedisce l’utilizzazione ottimale del personale infermieristico, con i lavori in corso c’è la possibilità di ripensare l’intera struttura - Limitatezza delle funzioni del CUP- Impossibilità di effettuare tutte le procedure di accesso ai tutti i servizi della ASL RMG, esenzioni etc. allo sportello di Palombara - Mancanza di collegamento con le associazioni di volontariato che operano nel territorio. Il Direttore del Distretto sta realizzando in questo periodo incontri con le associazioni più rappresentative del territorio per diffondere informazioni sulla Casa della Salute e creare collaborazioni. Riferimenti Dott.ssa Piera Lippi Dir. Sanitaria Casa della Salute cell 335/ 6197997 P.zza Salvo D'Acquisto - Palombara Sabina Tel. 0774.65 41 Fax 0774.65 032 25 Ospedale S. Eugenio già S. Giacomo, Nefrologia e dialisi Il reparto di nefrologia del S.Giacomo e ora del S. Eugenio è una creazione del Dott. G. Ruggieri, Primario che lo ha progettato e organizzato ed è diretto dal Dott. Filippini. Nel mese di ottobre, dopo la chiusura dell’Ospedale S. Giacomo decisa dalla Regione Lazio, il gruppo di lavoro è stato trasferito, con le stesse funzioni dal S. Giacomo al S. Eugenio: dei 10 medici che costituiscono l’équipe dell’Unità Complessa Nefrologia 8 sono stati trasferiti al S. Eugenio. I 22 infermieri hanno invece aderito al trasferimento su base volontaria o attraverso incentivazione economica ed attualmente solo 3 di questi fanno parte dell’equipe. Il trasferimento, voluto dalla Regione Lazio all’interno del piano regionale di rientro e riorganizzazione della sanità regionale, ha generato un grande conflitto tra Amministrazione Regionale, operatori sanitari, malati e cittadinanza. Servizi Il gruppo di lavoro che opera nel reparto offre una serie articolata di servizi che accompagnano il malato lungo tutto il percorso di cura: dalle visite e analisi iniziali per la scoperta dell’insufficienza renale, alla dialisi fino al trapianto. Ambulatorio L’Ambulatorio è il centro di tutta l’attività; è infatti dalle visite ambulatoriali e dall’ analisi degli esami che vengono definiti e orientati i diversi percorsi di cura. Vengono effettuati visite e controlli periodici per : - persone con insufficienza renale latente o conclamata - persone in dialisi in attesa di trapianto - persone che hanno già affrontato il trapianto E’ attraverso l’attività ambulatoriale che il gruppo di lavoro prende in carico il paziente e lo segue garantendo l’appropriatezza delle cure. Il paziente acuto scopre di avere insufficienza renale spesso in modo casuale ma può tornare in condizioni di normalità, magari con una o più dialisi. Per questo il gruppo di lavoro ha organizzato nel reparto di degenza una stanza ad hoc di bed-side per i pazienti acuti che hanno bisogno di trattamenti immediati ed urgenti. Nel caso del paziente cronico, attraverso i controlli periodici viene monitorato lo stato di salute e modificata la terapia in base all’andamento della patologia. Centro emodialisi ambulatoriale Il servizio di emodialisi ambulatoriale è molto diffuso sul territorio ed è spesso gestita da strutture private convenzionate. Nei servizi dialisi hanno operato a lungo prevalentemente urologi e chirurghi: la nefrologia è una specializzazione recente. La Regione Lazio ha fatto molto per regolare il settore (L.R. L. 1650/94) e definire i requisiti per l’accreditamento. Degenza S. Giacomo Pl 4 + 4 + 3 +1 , S. Eugenio Pl 2+2, per : - nefrite - ins. renale acuta e cronica - preparazione dell’accesso dialitico - trattamento delle complicanze da dialisi Il reparto ha avuto a disposizione posti letti per la degenza nefrologica, una rarità nel nostro paese, dove nella maggior parte dei casi i pazienti nefrologici che necessitano ricoveri vengono appoggiati in altri reparti. La Regione Lazio ha legiferato in merito stabilendo un numero minimo di posti di 26 degenza per abitanti (1/20.000), ma purtroppo tale indicazione è applicata solo a metà (1/40.000) come ha segnalato il Dott. P. Simeoni all’assemblea annuale della’Associazione Malati di reni del 2009. Secondo il direttore del Reparto, dott. Filippini, la degenza è strategica sia per i pazienti in fase acuta che per i cronici. In particolare oggi visto che il paziente nefropatico è sempre più anziano; è in crescita infatti il numero dei pazienti che iniziano a fare dialisi a 82 – 90 anni. Pazienti sempre più anziani in condizioni di salute complicate che richiedono risposte più complesse e diversificate, sia per gli accessi dialitici vascolari e peritoneali sia per le complicanze legate alla dialisi o ad altre concomitanti comorbidità. Nella nuova sede del S. Eugenio, i posti letto per le degenze sono temporaneamente ridotti a 4, e molte urgenze di pazienti nefrologici vengono affrontate in reparti diversi, con la consulenza del nefrologo. Purtroppo, in questo modo, il nefrologo può impostare la cura in collaborazione con i colleghi dei reparti responsabili della presa in carico, ma non riesce a creare con il paziente, il rapporto fiduciario che è centrale per garantire appropriatezza ed efficacia della cura. Secondo il dott. Filippini, infatti, per il paziente è fondamentale avere la certezza che qualcuno competente si occupi di lui. Questa opinione è confermata dalla sua lunga esperienza: per il paziente la consapevolezza che in qualsiasi momento del giorno e della notte, nei giorni feriali e in quelli festivi, c’è sempre qualcuno dell’équipe in grado di prendersi cura di lui, ha un effetto terapeutico alleviando il senso di frustrazione e sofferenza correlato alla cronicità della malattia. Queste considerazioni riportano alla necessità di garantire al nefrologo autonomia di gestione nel trattamento dei pazienti perché chi è affetto da questa patologia ha necessità specifiche di cura, ed anche interventi apparentemente meccanici come quelli delegabili al chirurgo, ad esempio il confezionamento di una fistola artero-venosa per emodialisi, sono efficaci solo se chi le effettua ha una conoscenza specifica della cura e soprattutto delle finalità di utilizzo. Anche i tempi di gestione dei percorsi di cura sono fondamentali e richiedono autonomia del gruppo di lavoro che deve essere messo in grado di: - programmare tutta l’attività - utilizzare la sala operatoria -gestire le urgenze La conoscenza dei tempi dei diversi decorsi, dell’insorgere delle possibili complicazioni permette secondo il direttore di consumare le degenze in modo appropriato. Servizio guardia nefrologica ed emergenze 24 h/24 Consulenze nefrologiche I Nefrologi del reparto offrono consulenza a numerosi reparti, in particolare Rianimazione, Unità coronariche, ortopedia, ematologia e sono in grado di effettuare trattamenti dialitici o di plasmaferesi direttamente al letto del paziente. Dialisi Dialisi ambulatoriale - Emodialisi Dialisi domiciliare - Peritoneale Chirurgia della dialisi La sala operatoria dell’ospedale è utilizzata per effettuare interventi chirurgici preparatori per dialisi - preparazione all’emodialisi (fistole A-V o cateteri vascolari) - preparazione dialisi peritoneale (catetere peritoneale) 27 Attività di controllo dei Centri privati accreditati e U.D.D. Il reparto effettua supervisione delle attività dei centri privati accreditati della Asl RM A e dispone di due Unità di Dialisi Decentrata a gestione mista pubblico-privato effettuando controlli di supervisione clinica in collaborazione con i nefrologi della struttura su un totale di circa 110 pazienti. Centro di ricerca su malattie renali e dialisi peritoneale. Ha organizzato corsi di aggiornamento per medici e infermieri e ha pubblicato lavori scientifici e abstract anche su riviste internazionali di nefrologia. Ha formato specializzandi della 1 Scuola di specializzazione dell’Università di Roma La Sapienza in particolar modo sulla dialisi domiciliare (peritoneale) Metodologia di lavoro Il gruppo di lavoro ha sviluppato la metodica della dialisi peritoneale; con questa metodica il sangue, invece di essere filtrato attraverso una membrana al di fuori del corpo, viene "depurato" direttamente nel corpo del paziente attraverso la membrana naturale del peritoneo. Introducendo nella cavità peritoneale il liquido di dialisi attraverso il catetere di Tenckoff e quindi drenandolo fuori nuovamente, le tossine vengono filtrate dal sangue. Esistono essenzialmente due differenti tipi di dialisi peritoneale: - - CAPD - Continuous Ambulatory Peritoneal Dialysis - viene effettuata durante il giorno, a casa o al lavoro, mentre il paziente continua a svolgere la propria normale vita. Tre quattro volte al giorno circa 1.5-3 litri di liquidi vengono scambiati; il trattamento dura circa 30-40 minuti per scambio. APD - Automated Peritoneal Dialysis - nella quale la soluzione dializzante è scambiata automaticamente da una macchina durante la notte mentre il paziente dorme. Secondo uno studio realizzato dalla Società Italiana Malati di Reni su tutto il territorio nazionale, solo il 10 % per cento dei pazienti in trattamento dialitico accede alla peritoneale, trattamento più diffuso al nord, dove la sanità pubblica è più avanzata. Accedere al trattamento dovrebbe essere una libera scelta dei pazienti che dovrebbero poter scegliere con il supporto del medico specialista. L’equipe dei medici specialisti e la struttura sanitaria hanno infatti il compito di accompagnare il paziente alla scelta della terapia più adatta e più appropriata alla sua condizione specifica: il medico dopo la valutazione clinica offre al paziente le indicazioni tecniche necessarie per la scelta che è maturata direttamente dal paziente che deve immaginare cosa sarà la sua vita con una terapia che entra nella sfera personale. La terapia peritoneale prevede una gestione autonoma del trattamento da parte del paziente, il trattamento è semplice e può essere effettuato a casa direttamente dal paziente o, in caso di non autosufficienza, con l'aiuto di un partner che di solito è un familiare. La collaborazione attiva del malato e della sua famiglia è fondamentale, il paziente deve essere in grado di prendersi cura di sé e dei suoi bisogni. Nonostante questo, i contatti con il personale medico ed infermieristico sono molto frequenti così come i controlli ambulatoriali. Il personale infermieristico addestra il malato ad effettuare il trattamento, in maniera corretta e soprattutto sterile. La terapia è più naturale dell’emodialisi perché viene effettuata a intervalli più brevi ed utilizza una membrana naturale (peritoneo). Queste caratteristiche rendono la peritoneale, quando è possibile, preferibile in vista del trapianto, nonostante il rischio di invecchiamento e logoramento del peritoneo sollecitato dalle soluzioni introdotte. Può inoltre essere praticata in due diverse modalità 28 a seconda delle condizioni ed esigenze del paziente: manuale e automatizzata durante le ore notturne. Per favorire la diffusione di questo trattamento anche tra gli anziani autosufficienti e non autosufficienti il reparto, nel 2006 ha avviato un progetto per la realizzazione di un servizio di assistenza dialitica domiciliare con personale infermieristico del Centro impegnato nell’effettuare: prelievi per gli esami periodici di controllo, connessione e deconnessione del paziente al ciclatore, rilevazione dei parametri dialitici, misurazione della pressione arteriosa e frequenza cardiaca, eventuali medicazioni necessarie. L'efficacia della dialisi peritoneale La dialisi peritoneale è efficace ma necessita di una continua attività di monitoraggio ed accompagnamento da parte del personale sanitario. Va effettuata quotidianamente ed interrotta solo in circostanze occasionali. Il personale infermieristico e medico deve valutare l'efficacia del trattamento monitorando ed adeguando il volume della soluzione da infondere, i tempi di sosta e la quantità di liquidi da rimuovere. Nel caso in cui non si riesca ad ottimizzare il trattamento deve essere valutato attentamente il passaggio alla emodialisi. Piccoli problemi si possono avere soprattutto i primi giorni dopo l'impianto del catetere. I maggiori rischi sono legati alle infezioni a carico della cavità peritoneale stessa dando luogo a peritoniti (dolori addominali, febbre, raccolte liquide addominali); è necessario in caso di comparsa di questa sintomatologia contattare al più presto i medici per poter istituire celermente un trattamento idoneo, in genere con antibiotici introdotti nella soluzione dialitica utilizzata per la dialisi (a volte, ma raramente, deve essere rimosso il catetere) In questo caso spesso il trattamento va modificato e si deve passare all'emodialisi. L'intervento di posizionamento del catetere viene effettuato chirurgicamente in anestesia locale o, in alcuni casi, in anestesia generale. In genere, dopo il posizionamento del catetere, comunque, devono trascorrere almeno 2 settimane prima di poter essere utilizzato. Il gruppo di lavoro ha sviluppato nel tempo legami organizzativi e interorganizzativi per facilitare e accompagnare il malato lungo tutto il percorso assistenziale. Ad ogni paziente viene assegnato un medico di riferimento che effettua i controlli periodici e individua analisi ed esami specifici da fare, mentre gli infermieri si occupano di prendere appuntamenti per le analisi, gli accertamenti medici prescritti, fare i prelievi, ecc. Nel reparto che lavora in rete con tutti i Centri per i Trapianti del Paese, viene effettuata direttamente l’iscrizione del malato nelle liste di attesa. I costi Da una analisi dei costi economici complessivi (costi diretti + costi indiretti) evidenziati dallo studio Censis del 2009 sui trattamenti sostitutivi della funzione renale, il trattamento peritoneale ed in particolare la CAPD risulta essere il più vantaggioso (CAPD 490 Euro/sett vs HDB 669 Euro/sett). Tale differenza tra la dialisi peritoneale e l’emodialisi diviene ancora più significativa se si considerano anche i costi sociali. La terapia peritoneale è dunque meno costosa dell’emodialisi ed ha il vantaggio di promuovere lo sviluppo di capitale sociale: il paziente resta a casa, continua la propria vita lavorativa e sociale e viene aiutato, quando necessario, dalla propria famiglia o rete di riferimento. La multinazionale farmaceutica che produce e distribuisce le sacche per la dialisi peritoneale ha sviluppato un progetto regionale per diffondere il servizio domiciliare anche tra i pazienti 29 emofiliaci. “Home care” ha l’obiettivo di mettere a disposizione dei malati non autosufficienti personale per effettuare la cura peritoneale. Il Piano regionale per la Nefrologia del 1998 D.G.R. 619 auspicava, anche in virtù dei costi ridotti, un maggior ricorso alla dialisi peritoneale con un obiettivo da raggiungere in 5 anni del 30% dei pazienti prevalenti in terapia dialitica. Purtroppo però la dialisi peritoneale è ancora poco diffusa nel nostro paese rappresentando circa il 10% e con grosse differenze tra nord e sud (nel Lazio rappresenta il 6%). In generale tale terapia è meno diffusa dove sono più numerosi i centri privati convenzionati. Anche nel pubblico prevalgono centri di emodialisi che non hanno esperienza nella gestione della peritoneale, o che preferiscono erogare prestazioni più remunerative quali l’emodialisi e altre tecniche extracorporee per il maggior rimborso erogato. In generale, la gestione del paziente in terapia peritoneale è più complicata per il Sistema sanitario, perché richiede: - un rapporto fiduciario con il medico senza la mediazione della macchina - una cultura medica e sanitaria orientata fortemente al lavoro di équipe - una struttura sanitaria attrezzata per le emergenze e forti legami interorganizzativi Organizzazione interna Il medico di riferimento assegnato stabilisce per ciascun paziente le analisi cliniche da effettuare; gli infermieri oltre a svolgere le pratiche burocratiche e amministrative per avviare il percorso di cura, fissano gli appuntamenti per le analisi e gli accertamenti medici necessari. Per ciascun paziente viene stabilito un calendario con le scadenze per le analisi di routine e gli approfondimenti clinici da effettuare. L’equipe dei medici, a seconda degli esiti delle analisi provvede ad impostare e modificare la cura a seconda delle necessità. Vengono inoltre garantiti interventi e assistenza continua 24 h/24. I medici effettuano incontri periodici per scambiare informazioni sui malati in carico, confrontarsi sulle terapie, prendere decisioni. I malati hanno numeri diretti di: - Sala medici- attiva 24 h /24, con funzioni di guardia nefrologica e medicina di emergenza. - Approvvigionamenti- ( materiali e medicinali vengono inviati direttamente a casa del malato o in luoghi diversi dal domicilio in caso di vacanze) - Ambulatorio- per prelievi e visite di controllo - Infermieri- per informazioni, assistenza infermieristica, medicazioni, addestramento alla pratica peritoneale. - Il servizio dà inoltre informazioni e disposizioni su arredi e suppellettili da tenere nella camera riservata alla cura. Gruppo AMA Costituito da un massimo di 10 pazienti in dialisi peritoneale, è condotto da professionisti: una psicologa, è presente il primario, un medico nefrologo e un tirocinante. L’obiettivo è far socializzare i pazienti tra loro, favorire la condivisione di dubbi, paure, necessità di informazioni sulla malattia e su eventi collegati alla malattia da quelli più banali a quelli più importanti. Superare le paure non dette. La psicologa avvia la discussione e la presenza dei medici è finalizzata a dare informazioni medico-sanitarie corrette. L’approccio è orientato a far sentire la “normalità” della malattia, o meglio a far vivere la malattia con normalità. Tutte le segnalazioni di emergenze e anomalie da 30 parte dei malati vengono analizzate con l’aiuto del medico per verificarne la connessione con la malattia. I professionisti lasciano rispondere ai quesiti e alle domande i malati in base alla loro esperienza, cosa e come hanno vissuto in quelle circostanze, cosa sentono o hanno sentito. Tra gli esempi degli eventi che si trovano ad affrontare: immagine corporea (catetere perit. soluzione in addome) e abbigliamento, attività fisica in palestra, costumi idonei e medicazione del catetere dopo il bagno al mare o in piscina, sessualità, viaggi all’estero, etc. Il gruppo, che si riunisce di norma una volta al mese, è temporaneamente sospeso per il trasferimento dell’équipe dal S. Giacomo al S.Eugenio. Rapporto medico paziente In emodialisi il rapporto tra il medico e il paziente è molto sbilanciato verso il medico che, grazie all’utilizzo della macchina e della tecnologia, mantiene il controllo della cura. La dialisi peritoneale è invece una metodica di cura che rompe il paradigma del paziente e mette al centro il paziente e la sua capacità di cura e la relazione fiduciaria tra medico e paziente. I malati vanno convinti, informati e al medico è richiesta la capacità di impostare un sistema organizzativo che li ascolti, li sostenga, li informi e li accompagni nel percorso di cura dalla scoperta dell’insufficienza renale, alle varie fasi e tipologie di dialisi fino al trapianto e dopo ancora. Il medico deve quindi essere capace di ascoltare, addestrare il paziente all’auto terapia, capire quanta autonomia e responsabilità lasciare al paziente. Ruolo delle associazioni Le due associazioni principali che raccolgono i malati di reni, l’Associazione Malati di reni e Associazione Nazionale emodializzati non offrono servizi diretti agli associati ma svolgono un ruolo di advocacy. In particolare l’Associazione Malati di reni ha sostenuto una battaglia per la gratuità dei cibi aproteici, ha sollecitato le Aziende sanitarie al miglioramento dei centri di dialisi pubblici, anche per contrastare la concorrenza dei centri privati, e alla soluzione del trasporto dei malati per effettuare le dialisi, ha stipulato convenzioni per facilitare la diffusione dei macchinari per la dialisi anche nelle navi da crociera, ha ottenuto bonus per sostenere le spese di energia elettrica per effettuare la dialisi a casa. Risultati L’équipe segue attualmente circa 120 pazienti emodializzati tra il S. Eugenio e le due Unità di Dialisi Decentrate e circa 40 pazienti in dialisi peritoneale. Criticità Resta critico il rapporto con i MMG che hanno una formazione insufficiente sulla malattia renale. Su questo aspetto bisognerebbe fare di più a partire dal livello regionale per offrire informazioni e collegare maggiormente la medicina territoriale di primo livello alla medicina specialistica e all’ attività dei centri specialistici di riferimento. Ricreare le condizioni strutturali, strumentali e di risorse umane per riattivare quanto cessato con la chiusura dell’Ospedale S. Giacomo e necessario al sostegno dell’utente nefropatico. Riferimenti Dott. Armando Filippini Tel 06/51002491 Ospedale S. Eugenio [email protected] 31 Ospedale S. Andrea, SPDC e Associazione “Insieme con te” L'Unità Operativa Complessa di Psichiatria dell’Ospedale S. Andrea si rivolge a una popolazione di 380.000 abitanti in parte della ASL RM A: CSM di via Monte Tomatico 9 e CSM di via Laplache 4 – intero IV° Municipio; in parte del IV° Distretto della ASL RMF con i 18 Comuni della Valle del Tevere L’associazione “Insieme con te ” si è costituita a Roma nell’ aprile 2004 (registro Regione Lazio con determinazione n.°D3201 ) per offrire un sostegno socio-sanitario a persone che soffrono di depressione, ansia, disturbi dell’umore. Tutti i servizi sono gratuiti e gestiti da volontari. L’associazione ha un Comitato Scientifico composto da 13 membri: Psichiatri, Psicologi, Psicoterapeuti, Esperti di Comunicazione. Servizi Le persone sofferenti e i familiari vengono aiutati a prendere coscienza del problema, avere fiducia nella possibilità di affrontarlo, aumentare i desiderio di fare qualcosa per se stessi, avere informazioni corrette sulle terapie possibili e i servizi per la salute mentale presenti sul territorio. L’associazione opera mediante: - Sportello telefonico: informazione, sostegno immediato, continuità di ascolto - Incontri e colloqui con gli interessati ed i familiari - Gruppi di Auto-Aiuto (G.A.A.) Queste attività sono condotte da volontari, che hanno seguito almeno un corso di formazione tenuto da esperti e un severo tirocinio guidato. Sono volontari anche i facilitatori dei Gruppi di auto-aiuto, secondo il metodo anglosassone delle comunità d’esperienza, che distingue nettamente le funzioni affidate ai professionisti della sanità e quelle svolte da persone simili, prossime ai soggetti aiutati. Formazione di potenziali volontari I corsi sono tenuti da psichiatri, psicologi e psicoterapeuti delle Università e strutture ospedaliere. Gli stessi specialisti sono poi referenti della Associazione, fanno parte del Comitato Scientifico, attuano un monitoraggio costante sul lavoro svolto. Sono stati realizzati finora 2 corsi per circa 70 potenziali volontari. Tematiche: malattie mentali, depressione, disturbi di personalità, stati psicotici, metodi di collaborazione col servizio sanitario, conduzione di gruppi di auto-aiuto. Percorso: accesso tramite colloquio; nella selezione vengono considerate le attitudini, qualità emozionali, disponibilità a mettersi in gioco pur restando in secondo piano rispetto al richiedente aiuto, interesse per lo studio delle materie del corso : - lezioni e letture individuali (dispense) - testo di esame preparato dal comitato scientifico - compito scritto al termine del corso [ed esame orale] - per chi è pronto ad assumersi responsabilità il percorso continua con - tirocinio come uditore in un gruppo guidato da volontari esperti dell’associazione e letture per approfondire lo studio. Volontari In un corso con 40 partecipanti diventano volontari attivi non più di 5-8 persone. Il “guadagno” per gli altri è un plus di conoscenza e sensibilità, che alimenta la crescita e diffusione della associazione. Oggi sono una ventina i volontari disponibili per le attività, ma contemporaneamente 32 non sono più di 6-8. Le attività sono faticose sia sul piano fisico che emotivo, perciò i volontari hanno bisogno di pause di respiro; poi tornano disponibili. Sono 35 i soci iscritti con tessera nel 2008 (50/euro). Collaborazione con Ospedale S. Andrea La collaborazione sistematica con la sanità romana è cominciata nel maggio 2006 con l’Ospedale S. Andrea, in particolare con il Servizio Diagnosi e Cura (delibera n.° 245 del 28.02.2006 ); è durata 12 mesi (22 maggio 2006, 21 maggio 2007); alla fine del 2008 è stata rinnovata una nuova convenzione annuale ( delibera n.° 464 del 08.08.2008 ). Percorso: - volontari di “Insieme con te” a gruppi di 2 si recano in ospedale 2 volte a settimana per due ore dove incontrano i soggetti ricoverati in SPDC per fare conoscenza, [sostenerli in piccole necessità quotidiane ] e mettere le basi per l’incontro fuori, quando saranno dimessi - i volontari partecipano una volta a settimana alla riunione di equipe medica, dove ascoltano le riflessioni cliniche sui ricoverati e ricevono indicazioni su coloro che si apprestano a tornare a casa - la struttura segnala le persone che sono nelle condizioni di poter beneficiare dell’aiuto da parte dell’associazione - quando la persona interessata viene dimessa, l’associazione è pronta a seguirla con telefonate e incontri. Se il malato è in famiglia, di solito l’associazione aspetta qualche giorno prima di proporsi; se invece è una persona sola l’esperienza suggerisce di chiamarla al più presto, in quanto le prime ore in solitudine sono dense di panico, scoraggiamento e senso di abbandono. Il ricovero infatti tende a ridurre l’autonomia del soggetto che fuori dalle mura dell’ospedale percepisce maggiore fragilità; spesso coltiva una sfiducia profonda sia in sé stesso che nei sanitari e preferisce lasciarsi andare per cancellare il ricordo del ricovero. Il volontario allora telefona, [si reca a casa,] propone un incontro in sede; come persona ben diversa dal medico, può mettersi al suo fianco, in modo tranquillo, normale. Si esaminano le prime difficoltà concrete, alimentazione, pulizie, farmaci. Poi vengono le proposte di fare gruppo (risocializzazione). L’Ospedale rimborsa ai volontari le spese di trasporto per partecipare alle riunioni in reparto (dove occorre andare con auto privata per scarsità di collegamenti pubblici). Il resto è offerto in totale gratuità. L’associazione ha sede nel Municipio IV; è in grado di replicare questo modello in altre strutture della città e può aprire gruppi di mutuo-aiuto là dove viene richiesto. Metodologia dell’aiuto non professionale Nell’ arco dei 12 mesi, all’interno del reparto si sono alternati sei volontari con grande esperienza per due giorni a settimana, per quattro ore complessive. Obiettivo: entrare in contatto con le persone ricoverate volontariamente o con ricovero obbligatorio (TSO), che stanno vivendo una crisi e sofferenza grave. Con loro i volontari hanno dovuto far uso di molte capacità comunicative, per conquistare la fiducia di persone chiuse in se stesse a causa della malattia. Certe resistenze cadevano quando i volontari spiegavano chi erano, perché erano lì, ma soprattutto facevano capire che non appartengono alla classe medica e riuscivano a farsi percepire simili, vicini, come loro. Questo passaggio aiutava i ricoverati a sentirsi accettati, non giudicati, premessa per aprirsi a confidenze. Dopo i primi incontri, tra i ricoverati è cominciato il passa – parola; nei pomeriggi prefissati, gli “amici” aspettavano i volontari seduti attorno al tavolo del soggiorno, pronti a raccontarsi e a fare gruppo, anche con i nuovi arrivati. Nel reparto psichiatrico infatti c’è un alto via vai di persone e la fiducia verso il volontario deve passare tra i malati, sono loro che si incoraggiano vicendevolmente ad aprirsi. Le due ore non bastavano mai: ben presto all’ interno del reparto è 33 nato un clima di condivisione che si è esteso nei confronti dei medici e degli infermieri, con evidenti effetti positivi nel clima sia tra pazienti che tra operatori. Il lavoro dei volontari ha consentito una maggiore accettazione delle terapie, spiegando ai ricoverati come conviene relazionarsi con i medici, per ottenere il massimo beneficio possibile. Determinante è sentirsi trattare alla pari, con attenta considerazione da persone cosiddette “ normali” e per ogni specifico problema (secondo il detto: la qualità sta nei dettagli…); riconoscere persone che sceglievano spontaneamente di dedicarsi a loro, pronte a condividere le difficoltà anche dopo il ricovero, ha fatto rinascere in molti la speranza e la voglia di guarire. Nei primi giorni dopo le dimissioni, per ogni ex-paziente del S. Andrea e specialmente per quelli che vivevano soli o privi di una famiglia partecipativa, l’associazione ha messo in atto un intervento personale; la disponibilità dei volontari è stata quotidiana, anche al di fuori delle riunioni di gruppo. Si è trattato di: - essere sempre vicini nei momenti di sconforto - evitare che la persona ricada nell’isolamento - garantire l’adesione alle terapie e la collaborazione con i medici di riferimento - segnalare al medico sintomi di ricaduta - favorire un processo di autonomia e responsabilità personale - incoraggiare uno stile di vita adatto al proprio stato di salute Come si vede, il lavoro dei volontari facilitatori è impegnativo, richiede grande empatia e attenzione affinché: - all’interno del Gruppo, ciascuno partecipi a uno scambio reciproco di sostegno, abbia la sensazione di essere capito, possa, senza timore raccontarsi; questo lo aiuterà in tempi brevi a prendere coscienza della propria situazione, ottenere le informazioni utili sulla propria malattia e sulle possibilità di aiuto accessibili; - nello stesso tempo la rete di solidarietà ed alleanza che si stabilisce all’ interno di un Gruppo, poco alla volta, riuscirà a cancellare quei sentimenti di chiusura, di vergogna, di auto-esclusione; il confronto porterà ogni partecipante ad una visione più obiettiva della realtà e di conseguenza ad una migliore conoscenza di sé, alla riscoperta delle proprie capacità ; l’ individuo riprenderà a credere in se stesso, sarà stimolato a far uso di tutte le proprie risorse: questo porterà invariabilmente alla volontà di recuperare quella autonomia che credeva persa per sempre; - l’assenza di medici all’ interno del Gruppo consente lo scambio su base di reciprocità, cioè ogni partecipante riceve qualcosa per sé nello stesso tempo in cui dà aiuto; di qui l’esperienza di essere portatore di risorse vitali e preziose, recupero di autostima e fiducia nella relazione; - il facilitatore aiuta la persona ad abbandonare il ruolo passivo di ammalato, diventare membro di una micro-comunità, operativa e capace; - una volta recuperate le energie positive, fiducia nelle proprie possibilità, un sufficiente equilibrio clinico, la persona sarà motivata a recuperare i rapporti con i familiari e l’ambiente sociale. In questa operazione di risocializzazione, il Gruppo è di estrema importanza e in genere riesce a dare una forte accelerazione alla accettazione del cambiamento e alla fase di riconoscimento e rivalutazione delle proprie capacità e dei propri interessi. L’associazione opera, quindi, con l’ obiettivo di creare così una continuità di assistenza per i pazienti psichiatrici, fino al riappropriarsi di se stessi e della propria vita. Risultati in 12 mesi In sintesi - la totalità dei ricoverati (150 persone) ha beneficiato durante il ricovero dell’appoggio dei volontari 34 - poco meno del 50% dei ricoverati (70 persone) ha avuto contatti dopo la dimissione, di questi 32 sono inseriti in gruppi di auto-aiuto (30% ricoverati) - per il restante 50%: un 30%, a giudizio della struttura, non è in grado di beneficare dell’autoaiuto, mentre il 20% abita fuori Roma, vive in provincia e anche in altre regioni; a questi l’associazione, una volta dimessi, è in grado di dare solo assistenza telefonica. Va segnalato inoltre che sono in aumento gli stranieri con sofferenze psichiatriche. Tra i soggetti aiutati, cresce la percentuale dei giovani, che più degli adulti sono affranti quando si scoprono malati, capiscono che dovranno convivere con farmaci, procedere diversamente dai loro coetanei. Per loro risulta utile il gruppo di auto-aiuto, dove gradiscono tanto l’incontro con giovani che con gli anziani, che possono ricordare i nonni, più accoglienti e comprensivi rispetto alle figure dei genitori. Anche questa esperienza, nuova per Roma, conferma i benefici dell’auto – aiuto ampiamente comprovati per coloro che subiscono più ricoveri in SPDC e poi restano per mesi nelle cliniche convenzionate. Nessuno dei 32 soggetti inseriti nei gruppi dell’associazione ha subito nuovi ricoveri immediati, né pubblici né privati. Dunque, in rapporto alla qualità nella Assistenza, l’ attività dei Gruppi di Auto-Aiuto per le persone affette da Disturbi Mentali, si pone come essenziale strumento aggiuntivo ai sistemi di cura tradizionali. Riferimenti Prof. Roberto Tatarelli, Ospedale S. Andrea, Unità Operativa Complessa di Psichiatria Direttore Prof. Paolo Girardi, Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura ( S.P.D.C.) Prof. Andrea Cittadini, Responsabile Servizio di Auto - Aiuto per i pazienti ricoverati: Dirigente medico U.O.C. di Psichiatria Via di Grottarossa 1035 – 1039 - 00189 Roma Tel. 06 / 33.77.1 www.ospedalesantandrea.it INSIEME con TE Presidente Anna Giuliano V. le Adriatico 1 - 00141 Roma Tel. 06 / 855.29.25. Fax 06 / 810.73.78 [email protected] www.insiemeconte.org 35 S. Camillo Forlanini, Ambulatorio Salute riproduttiva L’ambulatorio Salute riproduttiva Day Hospital IVG dell’Azienda Ospedaliera S. Camillo – Forlanini, che afferisce al Dipartimento Materno infantile, oltre ad accompagnare le donne che intendono effettuare l’interruzione di gravidanza, svolge un’importante attività di informazione volta a favorire la scelta consapevole della maternità e la diffusione dell’utilizzo dei contraccettivi. E’ l’unico reparto della Regione Lazio ad accettare pazienti con solo test di gravidanza e documento di riconoscimento La responsabile è ginecologa presso la maternità del San Camillo dal 2000 ed ha avuto l'incarico dalla Direzione Sanitaria per dirigere il servizio, da allora ha promosso l’approvazione di un protocollo interno per limitare al massimo i tempi di attesa per l’IVG. Dal 2000 è stato introdotto il servizio di mediazione culturale attraverso la stipula di un protocollo con il Comune di Roma , gli operatori hanno un contratto annuale finanziato dal Comune. Nel reparto sono compresi tre servizi - IVG –L.194/78 - Ambulatorio di contraccezione/salute riproduttiva - Centro regionale di riferimento per il trattamento e la prevenzione delle mutilazioni genitali femminili Obiettivi - offrire alle donne italiane e straniere informazioni per affrontare in modo consapevole l’IVG e attuazione di quanto previsto dall legge 194 sull’IVG prevenire l’IVG tra le donne straniere attraverso la mediazione linguistico-culturale, l’informazione e l’accompagnamento all’utilizzo dei servizi sanitari informare le donne, italiane straniere sull’utilizzo dei metodi contraccettivi per evitare gravidanze indesiderate informare e sensibilizzare le donne per contrastare le mutilazioni genitali femminli e trattamento chirurgico per la deinfibulazione. Attività All’interno dei servizi viene effettuata: - presa in carico delle pazienti che afferiscono al day hospital per effettuare l’Interruzione Volontaria di Gravidanza - tutela della maternità consapevole attraverso l’informazione corretta sull’utilizzo dei metodi e mezzi contraccettivi - visite ginecologiche ambulatoriali - ecografie ostetriche - esami emato-chimici - ECG - visite di controllo post IVG - mediazione linguistica e culturale - presa in carico di pazienti con mutilazioni genitali femminili - Informazione e promozione della salute riproduttiva femminile su tutta la popolazione afferente. 36 Al reparto accedono donne che intendono interrompere la gravidanza, le donne immigrate extracomunitarie sono numerose e molte in possesso del STP. Nel 2007 sono state praticate circa 2436 IVG (Tav.1). L’IVG viene eseguita sia in anestesia locale che totale per un totale di circa 30 IVG settimanali. Tav.1 IVG praticate anni 2005-2007 Anno Totale IVG N. minori 18 anni Straniere 2005 2006 2007 2794 2807 2436 76 94 107 1516 1559 1259 La maggioranza di donne che accedono al Day hospital sono straniere (1200 all’anno), tra le straniere il 50% sono romene, poi italiane molto giovani (20-24 anni). Alcune delle straniere sono prostitute (ora più nascoste di prima, a causa dell’inasprimento della legislazione) e molte sono le donne che provengono dai centri di raccolta della croce rossa per i rifugiati. Dai dati raccolti dalle operatrici le motivazioni principali che inducono le donne all’IVG sono la mancanza di sostegno economico, la mancanza di un partner affidabile e la paura di perdere il lavoro. Tra le giovani prevale l’insufficiente educazione sessuale e la mancanza di informazioni sui metodi contraccettivi. Il reparto è riferimento Regionale per il trattamento delle mutilazioni genitali femminili. Nel reparto (IVG e Centro Mutilazioni Genitali) opera una équipe multi professionale e multietnica: - 1 Caposala - 12 Infermiere (6 in day hospital ivg e 6 in ambulatorio) - 10 medici (di cui 4 uomini) - 4 mediatrici (una polacca, una romena, una cinese e una marocchina, in servizio tutti i giorni dalle 10.00 alle 13.00) - 1 amministrativa - 1 psicologa Le mediatrici sono state formate dall' azienda ospedaliere su: salute riproduttiva, contraccezione, sistema dei servizi sanitari. Le donne che arrivano presso l’ambulatorio sono accolte dalle infermiere che raccolgono i dati personali e compilano le schede di accesso. Vengono poi eseguite l’ECG, l'ecografia e gli esami ematici ed in seguito il colloquio con la mediatrici e con la psicologa per individuare la motivazione all’IVG. Attraverso il colloquio le mediatrici svolgono una funzione di informazione e counselling, sui metodi contraccettivi e sui servizi sanitari e di accompagnamento alla tutela della salute. Ambulatorio mutilazioni genitali L’attività consiste nella deinfibulazione e nella realizzazione di progetti informativi e per contrastare le mutilazioni genitali femminili promossi da associazioni, enti o altro. formativi E’ in atto un allargamento del servizio e l’allestimento di uno spazio dedicato alla deifibulazione e all’accoglienza dei pazienti. E’ in corso di realizzazione un protocollo con la comunità islamica sulla salute dei migranti, sono stati promossi progetti di cooperazione sanitaria e promozione della 37 pace tra l’Azienda Ospedaliera S. Camillo Forlanini con ospedali nei paesi del Corno d'Africa, che prevede la formazione al personale sanitario locale e l’assistenza ai malati. Collaborazione/partecipazione e coinvolgimento delle comunità migranti del territorio Il Servizio, oltre a lavorare in rete con i Consultori di tutte le ASL romane, con la Società Italiana Medicina delle Migrazioni e INMP ha sviluppato numerose collaborazioni con Associazioni di donne, Comunità di stranieri, con la Caritas e altre associazioni di volontariato: No.di, Rete della mediazione culturale per la sensibilizzare sui servizi sanitari e la tutela della maternità consapevole, anche attraverso la distribuzione di materiale informativo in diverse lingue e per sensibilizzare sulle problematiche delle mutilazioni femminili. Criticità Sviluppare maggiormente la rete di collaborazione tra servizi socio-sanitari, volontariato sociale, Enti e Istituzioni che lavorano col mondo dei migranti Il lavoro dei mediatori culturali è legato a progetti annuali, la loro presenza nei servizi sanitari dovrebbe essere regolarmente inserita nei ruoli per poter ottimizzare il loro operato. Aumentare l' informazione sull'accesso ai servizi sanitari . Aumentare l'informazione sui metodi contraccettivi . Riferimenti Dott.ssa Giovanna Scassellati Tel 06/5870 4538-4449 [email protected] 38 ASL RM A, Coordinamento tutela salute migranti Nell’anno 2008, è proseguita l’attività del gruppo di coordinamento “tutela salute migranti”, relativamente alle aree d’intervento individuate dalla programmazione sanitaria regionale : - accesso all’assistenza sanitaria - valutazione dei bisogni - programmi Per garantire a tutti gli immigrati l’accesso all’assistenza sanitaria e per rimuovere gli ostacoli alla fruizione delle prestazioni, sono state promosse iniziative di orientamento all’utilizzo dei servizi sanitari, rivolte ai cittadini immigrati in particolare sulle modalità di iscrizione al SSR, di mediazione culturale e di formazione specifica rivolta al personale dell’azienda sui temi della medicina transculturale. Sono state individuate, nell’ambito territoriale dell’azienda , aree critiche per la salute degli immigrati: - Salute della donna - Salute del minore - Condizioni sociali particolari - richiedenti asilo, rifugiati e vittime di tortura - rom e sinti - persone straniere detenute - Cittadini neocomunitari in condizioni di fragilità sociale Le iniziative volte al miglioramento del grado di accessibilità e di fruibilità dei servizi sanitari sono state promosse anche attraverso la partecipazione a tavoli di lavoro e di coordinamento: Gruppo di lavoro per la promozione e la tutela della salute degli immigrati (Assessorato alla Salute - Regione Lazio) ; Gruppo Immigrazione e Salute (GrIS – Lazio) , network regionale di strutture pubbliche e associazioni del privato sociale, aderente alla Società Italiana di Medicina delle Migrazioni. L’incontro e il confronto tra servizio pubblico e privato sociale ha permesso lo sviluppo di percorsi comuni di riflessione e di coprogettazione sulle criticità, passando da un lavoro di rete informale (rapporti di conoscenza personali, occasionali, fondati sulla motivazione, sulla disponibilità reciproca) a un lavoro di rete integrata (accordi tra soggetti istituzionali, protocolli d’intesa). Sono stati organizzati e realizzati programmi di prevenzione e assistenza, orientati alla tutela della salute di gruppi particolarmente a rischio : “Prevenzione Salute Donna Migrante”: un progetto di prevenzione e di cooperazione Consultorio familiare via San Martino della Battaglia ASL RMA – I° Distretto Il progetto “Prevenzione Salute Donna Migrante” è stato elaborato e attuato da un gruppo di lavoro composto da volontari del poliambulatorio di Via Marsala, Area Sanitaria Caritas di Roma, e da operatori del Consultorio Familiare di Via San Martino della Battaglia, ASL RMA. L’idea di sperimentare un progetto finalizzato alla promozione ed alla tutela della salute della donna migrante “radicato ” nel territorio di riferimento dei due servizi nasce dalla collaborazione sviluppata tra gli operatori sul campo e dal clima favorevole di collaborazione istituzionale. Nel 2001 la ASL RMA ha firmato un protocollo d’intesa con la Caritas di Roma, che recepisce le indicazioni regionali (DGR n.5122/97) e propone un modello cooperativo tra servizio pubblico e privato sociale/volontariato, per rispondere ai bisogni di salute della popolazione migrante. 39 Il progetto nasce dall’analisi dei dati epidemiologici relativi alle donne immigrate, dai quali emerge che le cause di ricovero più frequenti potrebbero essere contenute con adeguati programmi di prevenzione, focalizzati in contesti e popolazioni target maggiormente esposti al rischio. In particolare, nonostante le leggi del nostro paese garantissero la copertura sanitaria attraverso il rilascio del tesserino STP, si riscontrava tra le donne straniere un elevato ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza e un ritardo nell’accesso ai controlli sanitari nel periodo di gravidanza. La collocazione dei due servizi nel centro di Roma ed in particolare nella zona della Stazione Termini, dove vivono e gravitano molte donne straniere, richiedeva strumenti e competenze specifiche per rispondere alle nuove esigenze del territorio. Non è casuale che la USL RM1, ora ASL RMA, sia la prima Azienda sanitaria romana ad avviare nel 1994 un percorso di medicina transculturale. Si è quindi costituito un gruppo di lavoro e un coordinamento tra operatori, è stato realizzato un percorso formativo, è stata promossa la costituzione di una rete regionale (GrIS Lazio). All’interno di un programma più vasto, che prevede numerosi interventi mirati all’accoglienza nei servizi, il progetto “Prevenzione Salute Donna Migrante” ha la finalità di contribuire alla promozione e alla tutela della salute della donna immigrata tramite attività di prevenzione primaria e secondaria, con una metodologia di offerta attiva sul territorio. Il gruppo promotore del progetto, operatori della ASL RM/A e volontari dell’Area Sanitaria della Caritas, interdisciplinare (medici, assistenti sociali, infermieri, ostetriche, psicologi, tirocinanti del servizio sociale), ha realizzato la fase di progettazione utilizzando una metodologia partecipativa, che ha valorizzato esperienze e competenze diverse ed ha consentito di focalizzare l’attenzione al rilevamento dei bisogni di salute e dei nodi critici di accesso. Obiettivi specifici - Facilitare l’accesso all’informazione sui diritti acquisiti Realizzazione di programmi aziendali di offerta attiva Azioni - Informare donne e familiari sul diritto alla salute e sui servizi sanitari esistenti nel territorio Orientarle / i verso l’offerta attiva prevista dal progetto Offrire risposte di carattere preventivo al bisogno specifico di salute espresso dalle donne e dalle famiglie sensibilizzate attraverso il progetto; Registrare e sistematizzare i dati delle attività, al fine di monitorare, valutare ed eventualmente estendere o riformulare il progetto. Il progetto attivo fino al 2008, ha previsto il contatto diretto con la popolazione target (donne immigrate) raggiunte nel territorio compreso tra Via Marsala (Poliambulatorio Caritas), Piazza dei Cinquecento, Via Cernaia (Centro“Tra Noi”), Piazza Indipendenza, Via San Martino della Battaglia (Consultorio Familiare ASL RMA). In questa area tra i due servizi sono stati individuati luoghi privilegiati di aggregazione di alcuni gruppi di donne e famiglie immigrate e organizzate uscite il giovedì pomeriggio per incontrare le donne del territorio ed invitarle direttamente (visite di controllo e incontri per la contraccezione). E’ stata elaborata una brochure pieghevole, con messaggi brevi e molti disegni, con le indicazioni dei servizi e degli orari di apertura (la mappa del territorio). Il progetto che ha avuto finalità e obiettivi che rientrano nei compiti istituzionali propri dei Consultori e dell’Area Sanitaria della Caritas ha utilizzato personale, strutture ed attrezzature già disponibili, non ha richiesto allocazione aggiuntiva di risorse umane e finanziarie (esclusa la stampa del pieghevole). 40 Risultati Dalla valutazione dei risultati è emerso che riorientare i servizi, abbassando la soglia di accesso e aumentando portata relazionale e funzione di orientamento verso i servizi sanitari utilizzando metodologie di comunicazione innovative specifiche per le diverse tipologie di utenti (provenienza, età, condizione socio-lavorativa), ha una ricaduta positiva non solo sulla popolazione migrante, ma più in generale su tutta la popolazione. Le donne e i familiari incontrati nel corso delle attività, degli incontri esterni, nei gruppi spontanei e informali o presso spazi più strutturati, hanno manifestato un forte interesse al progetto specifico e all’utilizzo dei servizi offerti dal consultorio dopo essere state sensibilizzate e informate sul progetto). Inoltre hanno richiesto informazioni sull’accesso e la fruibilità dei servizi sanitari, comunicando agli operatori le loro difficoltà a raggiungerli sia per carenze di informazione, che per i tempi e le condizioni legate agli impegni di lavoro. Il progetto ha previsto l’organizzazione di alcuni gruppi tematici, sulla base delle richieste e della tipologia delle persone incontrate: contraccezione per le giovani, menopausa per le donne nella fascia di età 50 anni. Prevenzione e affettività sono stati invece temi affrontati in modo trasversale da tutte le fasce di utenza. Tutte le azioni previste, ma soprattutto le occasioni di incontro, possono diventare, se opportunamente preparate ed accompagnate, interessanti laboratori interculturali (ambienti di mediazione in cui si avviano percorsi che, dall’integrazione di gruppi culturali diversi nel nostro sistema di cura, possano iniziare a delineare un sistema di cura transculturale integrato, capace di mettere in dialogo e valorizzare le differenze). In questo senso “Prevenzione Salute Donna Migrante” ha dato un contributo allo sviluppo di modalità di promozione di interventi di prevenzione, attente ai diversi modi di vivere e ai diversi sistemi culturali, per contribuire a migliorare gli indicatori epidemiologici, attraverso percorsi di tutela della salute della donna, che considerino la persona migrante non come un fattore di rischio o di debolezza, ma come una opportunità di promuovere e mantenere la salute per tutti. Riferimenti Stefania Tonetti Assistente sociale Consultorio Familiare di via Salaria [email protected] Filippo Gnolfo Dirigente medico I° Distretto ASL RM A Responsabile Coordinamento tutela salute migranti ASL RM A [email protected] Il Centro SAMIFO - Salute migranti forzati Poliambulatorio di via Luzzatti ASL RMA – I° Distretto Nel 2006, la ASL Roma A ha sottoscritto un protocollo d’intesa con il Centro Astalli (sede italiana del Jesuit Refugee Service), associazione con la mission di sviluppare iniziative e progetti concreti per i migranti forzati (richiedenti asilo, rifugiati, titolari di protezione umanitaria), persone costrette a lasciare il proprio paese, per fuggire da persecuzioni e conflitti. Il rapporto di collaborazione pluriennale nell'ambito della rete locale, in ambito formativo e assistenziale, ha spinto gli operatori ad elaborare un progetto di promozione e di tutela della salute dei migranti forzati da attuare attraverso una attività di cooperazione, all’interno di un presidio territoriale del I° Distretto - via Luzzatti - al fine di pianificare e rafforzare le collaborazioni già esistenti, estendere i campi di 41 intervento, mirare ad una maggiore continuità nel servizio. La proposta è stata quella di integrare l’esperienza decennale dell’ambulatorio di via degli Astalli con i servizi territoriali distrettuali. I servizi medici specialistici e amministrativi sono stati implementati con l’attività di operatori e mediatori culturali, volontari esperti nella materia, medici specializzati nella cura di pazienti vittime di violenza intenzionale (torture, abusi sessuali). Obiettivi specifici - Promuovere e agevolare l’iscrizione al SSR Facilitare l’accesso all’informazione sui diritti acquisiti Formare il personale sanitario e amministrativo della ASL sui temi della medicina delle migrazioni Promuovere un servizio di mediazione culturale atto a superare gli ostacoli comunicativi e relazionali Realizzare percorsi interdisciplinari di cura e/o di sostegno appropriati alla sofferenza fisica, mentale e sociale dei richiedenti asilo e delle vittime di tortura Azioni - - - - Promuovere iniziative di orientamento all’utilizzo dei servizi: • modalità di iscrizione al SSR • accesso e funzionamento dei servizi • tipologie di prestazioni erogate con il coinvolgimento del volontariato sociale e di strutture pubbliche territoriali Realizzare una rete integrata intersettoriale, multidisciplinare e multiculturale: • intersettoriale: operatori del servizio pubblico/operatori privato sociale (Centro Astalli e Medici contro la tortura), operatori professionali/operatori volontari • multidisciplinare: attività sociali, cliniche, di prevenzione, di formazione, di ricerca scientifica, di documentazione • multiculturale: operatori italiani e stranieri Integrare il livello sanitario (interventi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione) e il livello sociale (orientamento, mediazione linguistico-culturale, assistenza legale, inserimento socioeconomico) Promuovere reti territoriali in sostegno dei migranti forzati (CARA di Castelnuovo di Porto, servizi di accoglienza e tutela del SPRAR) Promuovere interventi negli stabili occupati dai migranti forzati (Collatina, Romanina) Il Centro SAMIFO è articolato in diversi servizi: - Sportello di accoglienza e orientamento socio-sanitario - Servizio di mediazione linguistico - culturale (farsi, tigrino, amharico, inglese, francese) - Ambulatorio di medicina generale - Ambulatorio di psichiatria transculturale - Ambulatorio di medicina legale - Ambulatorio di psicologia transculturale - Ambulatorio di ginecologia e ostetricia Risultati Nel corso del progetto, che si è articolato nell’arco di 18 mesi (gennaio 2007 - giugno 2008), operatori dell’Associazione Centro Astalli (7), dell’Associazione Medici contro la tortura (1), della ASL RM/A (1), Medici di Medicina Generale (2), supportati da volontari e tirocinanti della Facoltà 42 di Scienze della Comunicazione – “La Sapienza” Università, hanno realizzato l’avvio del Centro SAMIFO - Salute migranti forzati . I contatti documentati attraverso schede di registrazione sono stati complessivamente 1600: gli utenti hanno avuto almeno un accesso al servizio, tutti sono iscritti al Servizio sanitario regionale ed in possesso di regolare permesso di soggiorno. Di questi oltre la metà gode dello status di protezione umanitaria, circa il 25 % dello status di rifugiato e il restante 25% sono richiedenti asilo. Le nazioni di provenienza maggiormente rappresentate sono state le seguenti: Eritrea, Afghanistan, Etiopia, Costa Avorio, Guinea., Togo. Duecentocinquanta persone avevano subito diverse forme di torture (fisiche, psichiche, sessuali). La medicina di base, fruibile all’interno del servizio, ha permesso di far emergere bisogni sanitari che non riuscivano a trovare risposte adeguate in altri servizi. Inoltre molti richiedenti asilo o rifugiati sono stati informati del loro diritto/dovere all’iscrizione al SSR e quindi della possibilità di scegliere il MMG. La medicina legale (Associazione medici contro la tortura) ha seguito e certificato gli esiti di tortura in 200 utenti, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato. Il servizio di psicologia con funzioni prevalentemente di orientamento e sostegno è stato garantito dal personale del Centro Astalli così come il servizio di mediazione linguistico-culturale, il front office e l’accompagnamento a particolari visite specialistiche (ambulatorio di malattie infettive per le persone che hanno subito abusi sessuali in seguito ai quali hanno contratto malattie trasmesse sessualmente, quali infezioni da HIV, HBV e HCV). Personale della ASL RMA ha garantito i servizi di salute mentale e di salute dellla donna. Il servizio di psichiatria ha seguito le conseguenze di eventi psicotraumatici nelle vittime di tortura. 300 sono state le visite psichiatriche. Il servizo di ginecologia ha seguito in particolare le donne che hanno subito abusi sessuali. L’attività del centro SAMIFO ha garantito la tutela della salute dei richiedenti protezione internazionale e delle vittime di tortura soprattutto nella prima fase del riconoscimento dello status, quando le difficoltà legate alle diversità culturali si sommano alla condizione di estraniamento forzato rendendo altamente probabile la mancata risposta al diritto alla salute di cui godono. E’ stato istituito un Comitato Scientifico , composto da operatori della ASL Roma A, del Centro Astalli e di Medici contro la tortura e da professionisti di Laziosanità – Agenzia di Sanità Pubblica, Istituto Superiore di Sanità, Dipartimento di Scienze di sanità Pubblica - “La Sapienza” Università, Società Italiana Medicina delle Migrazioni, per pianificare gli obiettivi, le strategie e le azioni del Centro SAMIFO. E’ stata costituita una Unità Valutativa, nell’ambito del Comitato Scientifico, con il compito di monitorare e verificare la coerenza degli obiettivi e dei risultati. Sono state adottate la scheda di accoglienza e le schede cliniche di medicina generale, psichiatria, medicina legale, psicologia. E’ stato adottato il documento programmatico per l’anno 2009, con particolare attenzione ai percorsi formativi. Riferimenti Pietro Benedetti Responsabile Ambulatorio Centro Astalli [email protected] Giancarlo Santone Dirigente medico DSM ASL RM A [email protected] Filippo Gnolfo Dirigente medico I° Distretto ASL RM A Responsabile Coordinamento tutela salute migranti ASL RM A [email protected] 43 Sportello Interculturale Informasalute Poliambulatorio di via Luzzatti ASL RMA Il Poliambulatorio di via Marsala, della Caritas di Roma, da venticinque anni si rivolge a pazienti di diverse culture e provenienze cercando di assicurare il diritto alla salute e all’assistenza sanitaria soprattutto di coloro che sono più svantaggiati. Questa attività ininterrotta ha funzionato nel tempo come un osservatorio privilegiato utile al rilevamento e al monitoraggio dei bisogni di salute specifici ed anche inespressi della popolazione multietnica della città di Roma. Negli ultimi anni si sono sviluppate, all’interno dell’Area Sanitaria della Caritas, alcune attività progettuali che hanno visto le comunità migranti sempre più partecipi nei processi di trasformazione dei servizi attraverso la formazione specifica di alcuni referenti delle comunità e il lavoro di rete. Il Progetto Informasalute – Sportello Interculturale nasce come risultato di questa lunga esperienza e della collaborazione tra ASL RMA e Area sanitaria della Caritas di Roma, formalizzata nel 2001 con uno specifico protocollo di intesa. La finalità di questo progetto è di migliorare l’accessibilità e la fruibilità dei servizi sanitari pubblici da parte della popolazione migrante. Il progetto, realizzato all’interno di un presidio territoriale del I° Distretto - via Luzzatti - intende promuovere un modello organizzativo gestito direttamente da referenti delle comunità etniche e da volontari. Obiettivi specifici - Migliorare l’accesso e la fruibilità del Poliambulatorio ASL di via Luzzatti per la popolazione migrante con particolare attenzione per quella cinese. Migliorare le conoscenze degli operatori socio-sanitari sulle problematiche di salute e sulle difficoltà amministrative dei pazienti delle diverse comunità etniche. Sensibilizzare la popolazione cittadina sulle problematiche e sulle potenzialità della comunità cinese presente a Roma Identificare nella comunità cinese le principali problematiche correlate al disagio comunicativo e alla difficoltà o discriminazione nell’accesso ai servizi sanitari. Prevenire le conseguenze sulla salute della distanza socio-culturale tra strutture assistenziali e popolazione cinese attraverso percorsi di comunicazione reciproca e di prossimità. Azioni - - Mappatura delle associazioni cinesi e centri che si occupano dei migranti presenti nel quartiere Esquilino. Rilevamento dei bisogni e informazione sui diritti e sui percorsi per la salute rivolto specificamente ma non esclusivamente alla comunità cinese. Progettazione ed attivazione di un percorso di formazione per gli operatori dei servizi sociosanitari sul tema dell’approccio alla salute nella comunità cinese con la partecipazione di docenti cinesi Attivazione di uno sportello in grado di comunicare in lingua cinese all’interno del servizio. Realizzazione di microprogetti di Educazione Sanitaria per la prevenzione (es. tubercolosi, ipertensione, patologie femminili) Riferimenti Maria Lourdes Landeo [email protected] Bianca Maisano [email protected] 44 Equipe Aziendale Territoriale Interdistrettuale in favore dei rom e dei sinti U.O. Medicina Preventiva Età Evolutiva – IV° Distretto Al termine della Campagna per l’accessibilità dei servizi sociosanitari e l’educazione alla salute in favore di rom e dei sinti presenti a Roma, gli operatori delle equipe multidisciplinari hanno presentato la proposta di istituire una equipe aziendale permanente interdistrettuale per proseguire in modo continuo e sistematico l’attività nei confronti dei campi rom di via del Foro Italico e di via della Cesarina. Obiettivi specifici - Analisi dei bisogni e monitoraggio delle condizioni di vita e dello stato di salute della popolazione rom Analisi dei bisogni e monitoraggio delle condizioni di vita e dello stato di salute della popolazione immigrata presente all’interno dei campi e negli insediamenti spontanei limitrofi Interventi di orientamento attivo ai servizi, di offerta attiva di educazione alla salute e di prestazioni sanitarie nei presidi territoriali Collaborazione con municipi, NAE e associazioni del privato sociale che lavorano nel progetto di scolarizzazione dei bambini rom (ARCI Solidarietà, Opera Nomadi) Azioni - Accesso ai campi rom per incentivare e motivare l’accesso al centro vaccinale nelle giornate dedicate “Vaccination days”, giornate dedicate alla vaccinazione delle popolazioni rom Monitoraggio della copertura vaccinale dei minori censiti nei campi nomadi Incontri di educazione alla salute nei campi, abitazione per abitazione Riferimenti Antonietta Spadea [email protected] Filippo Gnolfo [email protected] A. S. L. Roma / A Direttore Dr. Carlo Saponetti [email protected] Direttore Sanitario Dr. Stefano Pompili [email protected] Gruppo di Coordinamento Tutela salute migranti Filippo Gnolfo – I° Distretto Giulio Cosa – UO Statistico-epidemiologica Stefano De Luca - DIP Pierluigi Guiducci – UO Comunicazione Maria Clara Pentella – I° Distretto Giancarlo Santone – DSM Antonietta Spadea – IV° Distretto Paolo Tarantino – Servizio Infermieristico Stefania Tonetti – Servizio Sociale Lauretta Tribuzi – I° Distretto 45 Istituto Nazionale per la Promozione della salute delle Popolazioni Migranti e il Contrasto delle Malattie della Povertà L’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà, è un ente di diritto pubblico posto sotto la vigilanza del Ministero della Salute, istituito nel 2006. L’Istituto rappresenta il consolidamento del lavoro scientifico, clinico, di ricerca e formazione che ha preso avvio all’inizio degli anni ottanta con l’attività della Struttura Complessa di Medicina Preventiva delle Migrazioni, del Turismo e di Dermatologia Tropicale dell’Istituto dermosifilopatico Santa Maria e San Gallicano – IRCCS presso gli Istituti Fisioterapici Ospitalieri di Roma. In questo pluriennale percorso la Struttura Complessa del San Gallicano ha svolto attività di accoglienza, cura, ricerca scientifica e formazione specializzata nelle condizioni di salute delle popolazioni migranti, richiedenti asilo, vittime della tratta, senza fissa dimora e nomadi, e del contrasto delle patologie della povertà. Problemi I servizi dell’Istituto si rivolgono in particolare ad immigrati regolari e irregolari, persone senza fissa dimora, nomadi, vittime della tratta, minori non accompagnati, vittime di tortura e richiedenti asilo, e comunque a rischio di emarginazione, spesso non in regola con l’iscrizione al S.S.N. Le sfide a cui l’Istituto cerca di rispondere sono: - fronteggiare le nuove emergenze sociali dovute alla rilevante presenza di immigrati regolari ed irregolari e all’aumento di fasce povere della popolazione italiana; - tutelare la salute delle fasce più fragili della popolazione Metodologia di risposta - - Strategie multidisciplinari (medici, antropologi, psicologi, assistenti sociali, mediatori culturali) integrate per promuovere la salute delle popolazioni migranti, richiedenti asilo, vittime della tratta, persone in stato di disagio, senza fissa dimora e nomadi, attraverso interventi clinici di prevenzione, diagnosi precoce e cura delle patologie più diffuse Attività di formazione specialistica degli operatori socio-sanitari e dei mediatori linguistico culturali integrata nella rete di strutture del sistema sanitario regionale e nazionale Attività di ricerca e progettazione, in sinergia con associazioni, enti locali, agenzie internazionali Istituzione di una rete delle Organizzazioni italiane ed internazionali, pubbliche, del privato sociale e del volontariato che si occupano della promozione della salute delle popolazioni migranti e del contrasto delle malattie della povertà La pratica clinica adottata è caratterizzata da tre principi fondamentali: - facilitazione e tempestività dell’accesso ai servizi socio-sanitario per tutte le persone - sperimentazione di un modello a basso costo e ad alta efficacia attraverso l’adozione di prestazioni sanitarie appropriate - efficacia dei risultati in termini diagnostici e terapeutici correlata alla compatibilità con l’identità socio culturale dei diversi gruppi di popolazione 46 Organizzazione operativa La struttura si articola in diverse aree di attività e competenza: - Ambulatorio medico – aperto tutte le mattine e tre pomeriggi (martedì, mercoledì e giovedì) - Servizio di etnopschiatria clinica; - Servizio interdisciplinare integrato di patologie della vulva; - Servizio richiedenti protezione internazionale, rifugiati e vittime di tortura; - Sportello per le donne vittime di violenza; - Sportello di consulenza legale in collaborazione con l’associazione “Avvocati di strada” - Servizio minori stranieri non accompagnati; - Attività di ricerca, progettazione e formazione Modalità di accesso A tutte le visite si accede senza prenotazione telefonica. Prima di effettuare la visita è necessario presentarsi agli sportelli amministrativi per il pagamento della quota ticket o dell’accertamento dello stato di indigenza e quindi di esenzione. Nel caso di immigrati non regolari e, pertanto, non in regola con l’iscrizione al S.S.N., viene rilasciato il tesserino STP, (Straniero Temporaneamente Presente) che ha validità di 6 mesi ed è rinnovabile (secondo quanto previsto dal DL 286/98, dal Regolamento di Attuazione DPR 394/99, e dalla circolare n. 5 del 24/03/2000 del Ministero della Sanità). Tale codice è equipollente, dal punto di vista delle prestazioni sanitarie, alla tessera sanitaria ASL. Esempi Annualmente, circa 8.000 persone (immigrati, senza fissa dimora, rom, vittime di tratta, minori abbandonati, rifugiati, persone in stato di disagio, ecc.) ricevono visite mediche e/o consulenze psicologiche. La sfida di oggi è quella di una completa integrazione sociale di questi nuovi cittadini e, per quel che riguarda la sanità, garantire loro una reale fruibilità dei servizi e delle prestazioni. Pensare a una organizzazione adeguata, a una capacità comunicativa efficiente, a una compatibilità culturale, alla formazione specifica del personale è ancora una volta un'occasione per il nostro sistema di ripensare se stesso e renderlo più fruibile e attento anche alla popolazione italiana. Il consenso è pressoché unanime sul fatto che i più importanti determinanti dello stato di salute siano rappresentati proprio dai fattori socio-economici, in grado di influenzare non solo lo stile di vita e le condizioni di lavoro, ma anche le possibilità di accesso ai servizi socio-sanitari. Le disparità nella salute si fanno particolarmente evidenti nelle grandi città, dove la povertà può assumere caratteri estremi e hanno assunto particolare rilevanza, soprattutto negli ultimi anni, con l’avvento degli immigrati. In assenza di una normativa specifica in materia di diritto alla salute e di un’organizzazione adeguata dell’assistenza sanitaria, una parte significativa della popolazione immigrata, stabilmente presente nel nostro paese, per anni si è trovata esclusa dalla possibilità di poter accedere ai servizi socio-sanitari. In generale i problemi principali che caratterizzano la condizione di salute delle popolazioni migranti sono i seguenti: 47 - - Maggiore frequenza, in confronto alla popolazione italiana, dei ricoveri causati da traumatismi: 5,7% negli stranieri contro il 4,8% negli italiani (Dati ASP Lazio). Tasso di incidenza degli infortuni tra gli stranieri sensibilmente più elevato rispetto agli italiani: 55,6% contro 43,2% ogni 1.000 lavoratori. La percentuale dei casi di tubercolosi in persone straniere è in costante aumento: dall’21,7% nel 1999 al 39,4% nel 20044. Per quanto riguarda l’infezione da HIV/AIDS, i dati dell’ISS evidenziano un costante e rapido aumento nel tempo della proporzione dei casi AIDS notificati in stranieri: (dal 3,0% nel 1982‘93 al 17,9% nel 2005). Il fenomeno della prostituzione è rilevante, con una stima di prostitute immigrate in Italia per l’anno 2000 compresa tra circa 35.000 e 50.000 esseri umani. Per quanto riguarda la salute della donna immigrata, si ricordano: l’alto tasso di abortività, la scarsa informazione sanitaria, la presenza di mutilazioni genitali femminili. Riferimenti Prof. Aldo Morrone Direttore Generale INMP morrone@in www.inmp.it Sede Via di San Gallicano, 25/A 00153 Roma Tel. 06/58543714 Fax. 06/45503114 4 Questa tendenza è confermata anche da altri studi epidemiologici europei effettuati dall’International Centre for Migration and Health dell’OMS. Questa patologia colpisce pazienti irregolari che vivono in condizioni igienicoabitative peggiori sia rispetto alla popolazione generale, sia rispetto agli stranieri con regolare permesso di soggiorno. 48 Ospedale Bambino Gesù, Scuola e gioco per i bambini ricoverati L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù è un punto di riferimento a livello internazionale per la ricerca e per la salute dei neonati, dei bambini e degli adolescenti. Dalla sua fondazione, quasi un secolo e mezzo fa ad oggi, è passato dagli originari 12 posti letto ai circa 600 attuali, articolati su 3 sedi Roma, Palidoro e S. Marinella e con una capillare attività di missioni internazionali che investono i cinque continenti e che hanno visto, negli ultimi 15 anni, coinvolti più di 40 Paesi. All’interno dell’organizzazione, la Direzione Sanitaria ha il compito di verificare sistematicamente la qualità dell’assistenza in termini di appropriatezza, efficacia ed efficienza dei processi organizzativi ed assistenziali, e degli esiti, inclusa la qualità percepita dall’utente. Dalla Direzione Sanitaria dipendono L’URP, il Servizio sociale e le due ludoteche della sede di Roma e di Palidoro. La Direzione Sanitaria si occupa inoltre di coordinare anche le attività delle associazioni di volontariato e le iniziative formative. Nella filosofia di intervento dell’Ospedale scuola e gioco sono elementi fondamentali del percorso di cura perché attraverso l’impegno scolastico e lo svago il bambino mantiene le sue abitudini, le relazioni sociali ed affettive e mantiene il distacco dalla malattia. Nella Carta dei Diritti dei Bambini ricoverati, l’Ospedale si impegna a garantire continuità del percorso educativo scolastico e la presenza di aree di gioco dedicate ai bambini ricoverati e i loro fratelli. Il gioco Nelle due ludoteche di Roma e Palidoro operano educatori professionali e assistenti all’infanzia. Il gioco è utilizzato sia per affrontare le problematiche del bambino ricoverato che per favorire il recupero di funzionalità. Nella sede di Palidoro, dove opera l’unica unità di neuro-riabilitazione unicamente pediatrica italiana, il gioco è parte integrante dei programma di recupero di funzionalità. Le attività di animazione nei reparti vengono realizzate dagli educatori in collaborazione con le Associazioni di volontari, vengono organizzati corsi di attività manuali e pittura. Sono inoltre programmati spettacoli ed eventi speciali, come ad esempio incontri con personalità dello sport e dello spettacolo (es. astronauta, etc) che intrattengono bambini e genitori raccontando la loro vita e le loro esperienze. La scuola Il servizio scolastico interviene in Ospedale per garantire contestualmente due diritti costituzionali: quello della salute e quello dell'istruzione. Ma la scuola assume anche una funzione inedita: diventa parte integrante del processo terapeutico. ià dagli anni '70 presso gli ospedali pediatrici e i reparti specialistici di ospedali pediatrici sono state istituite, per le situazioni di lunga degenza, sezioni di scuola. Inizialmente il loro funzionamento era garantito da docenti di scuola primaria, attualmente sono presenti docenti di ogni ordine e grado, per fornire un sufficiente livello di conoscenze agli alunni ospedalizzati e/o seguiti in regime di day-hospital. Presso il Bambin Gesù di Roma scuola elementare e media operano dal 1975; oggi l’Ospedale collabora con l’Istituto Comprensivo Virgilio per elementari e medie, e con un team di insegnanti di scuola secondaria superiore. Gli alunni seguiti sono oltre 2500 all’anno. In Ospedale è possibile anche effettuare gli esami di stato. Attraverso la procedura “posti di letto on- line” i Caposala dei diversi reparti segnalano agli insegnanti con una scheda i bambini o ragazzi da inserire nella programmazione scolastica. L’insegnante trova la scheda nella cassetta postale. 49 La scuola in ospedale ha una funzione particolarmente rilevante per tutti i pazienti, ma è fondamentale per coloro che devono affrontare lunghi periodi di ospedalizzazione. Le attuali tendenze sanitarie (diminuzione dei tempi di ricovero, day-hospital e day surgery e assistenza domiciliare quando possibile) richiedono una maggiore flessibilità di intervento della scuola: per la scuola media, oltre l’orario fisso, è stato organizzato un monte ore di insegnamento che viene attivato su segnalazione dei reparti che solo saltuariamente presentano situazioni di ricovero prolungato. Spesso vengono inoltre attivati, in collaborazione con le scuole di provenienza, servizi di insegnamento domiciliare. Per rispondere meglio a queste esigenze di flessibilità, l’Ospedale ha partecipato, con le due sedi di Roma e Palidoro, al progetto Hospital School Home @ Network, realizzato e coordinato dal MIUR, nonché al progetto e-care, in collaborazione con il Comune di Roma, Intel e Mondo Digitale. Recentemente l’Ospedale ha avviato il progetto “Smart Inclusion Teledidattica” che, attraverso l’utilizzo di un semplice PC polivalente, permette il dialogo tra il paziente e la scuola, gli amici e i compagni di scuola, i familiari a casa. Questo progetto, che integra l’intervento della scuola tradizionale, è particolarmente utile nel caso di bambini sottoposti a trapianti (ad esempio trapianto di midollo) che devono affrontare lunghi periodi di isolamento in camere sterili. L’utilizzo delle tecnologie facilita la comunicazione continua tra il ragazzo ospedalizzato e la scuola di appartenenza (docenti e compagni), arricchisce contemporaneamente il ragazzo ricoverato permettendo di mantenere rapporti amicali e i compagni che imparano a sviluppare relazioni solidali con chi è temporaneamente in difficoltà. L’utilizzo delle tecnologie aiuta inoltre a ridurre la complessità organizzativa necessaria ad organizzare il servizio scolastico all’interno dell’ospedale, attraverso l’eliminazione di inutili passaggi e la semplificazione dei rapporti tra i diversi attori coinvolti: - scuole di provenienza - polo scolastico - famiglie - strutture ospedaliere Il Volontariato L’Associazione Volontari Ospedale Bambino Gesù, presso la Sede di Roma, e l’Associazione Volontari Ospedalieri, presso quella di Palidoro, sostengono costantemente le attività dell’Ospedale. Gli angeli rosa L’integrazione con il volontariato nasce nel 1969, anno in cui la Direzione dell’Ospedale promuove la costituzione dell’Associazione Volontari dell’Ospedale Bambino Gesù, con l’obiettivo di affiancare al personale medico ed infermieristico persone formate e qualificate in grado di offrire aiuto e compagnia ai bambini ricoverati e fornire sostegno ai genitori. Dal 2002, i volontari oltre a svolgere le consuete funzioni (accoglienza, ascolto e supporto per le famiglie, gestione delle case accoglienza per le famiglie che vengono da fuori Roma, fornitura di televisori, buoni pasto, abbigliamento etc. ai bambini) hanno ampliato il proprio impegno anche in aree critiche di intervento. Nell’assetto organizzativo dell’Ospedale i volontari sono considerati un tramite insostituibile tra paziente, familiari e operatori sanitari; per questo la Direzione investe nella loro selezione, formazione e organizzazione con la finalità di garantire ai malati e ai familiari un intervento integrato con quello degli operatori sanitari e di qualità elevata. 50 Selezione e Formazione dei Volontari Lo Statuto delle Associazioni definisce alcuni criteri per la selezione dei volontari. La domanda di ammissione deve essere presentata alla Segreteria della Direzione Sanitaria (è necessario essere maggiorenni, avere un diploma di scuola superiore; sono esclusi gli studenti di medicina, medici e infermieri). La Direzione Sanitaria ha il compito di valorizzare, anche attraverso l’attività formativa, l’intervento di tutte le risorse informali e formali chiamate a diverso titolo ad intervenire in Ospedale. Dopo un colloquio informativo attitudinale, i volontari frequentano un corso formativo di una giornata con il duplice obiettivo di informare e motivare i volontari e facilitare il rapporto con i professionisti sanitari. Destinatari del corso, di cui vengono organizzate tre edizioni all’anno, sono: insegnanti, mediatori culturali, volontari e tutto il personale non strutturato presente a qualsiasi titolo in Ospedale. I temi affrontati sono: salute e sicurezza del lavoro, malattie infettive, paziente immunocompromesso, psicologia e comunicazione con la famiglia, medicina legale, pazienti con malattie croniche. Il corso prevede un esame finale e un test di comprensione. Le attività e i servizi Su richiesta dei medici, i Volontari sono presenti in quasi tutti i Reparti, secondo un orario definito che prevede una disponibilità minima di due volte a settimana I Volontari assistono i bambini anche durante le analisi e le terapie e nei momenti di attività ludica. Assistono le famiglie aiutandole nelle pratiche burocratiche necessarie per il ricovero, mostrano loro come muoversi agevolmente nell’Ospedale, sostengono i genitori dei bambini operati in attesa della fine dell’intervento. Gestiscono il” Negozietto”, punto vendita di giocattoli e articoli di prima necessità. Presso il ” Negozietto”, curano l’assegnazione, ai genitori che ne hanno necessità, di posti letto nelle Case – Famiglia di Via della Lungaretta e via degli Aldobrandeschi. Le Volontarie dell’Unità Operativa di Oncologia e di Ematologia organizzano all’interno dell’Ospedale il tradizionale Mercatino dei lavori fatti dalle mamme dei ricoverati: i fondi raccolti sono devoluti al sostegno delle iniziative finalizzate alla Terapia del dolore per i piccoli pazienti. Associazioni Genitoriali L’Ospedale mantiene rapporti costanti con le Associazioni rappresentative dei familiari dei pazienti che hanno dato vita a numerose iniziative spontanee, quale ad esempio la produzione di calendari curati dai bambini o pubblicazioni, in collaborazione con il personale dell’Ospedale. L’Associazione Peter Pan continua a sostenere l’Ospedale, accogliendo nella propria Casa Famiglia bambini oncologici di fuori Roma. L’associazione Davide Ciavattini ha recentemente collaborato al riassetto del Dipartimento di Ematologia della sede di Roma fornendo pannelli colorati di materiale non tossico per l’arredamento del reparto. Nella sede di Palidoro l’Associazione svolge attività di gioco e di animazione con i bambini e offre servizi ai genitori. Riferimenti Dott.ssa Lucia Celesti Direzione Sanitaria Ospedale Pediatrico Bambino Gesù [email protected] 51 Associazione Alzheimer Uniti Roma L’associazione Alzheimer Uniti Roma, costituita da familiari e operatori del settore, ha sviluppato con Asl RMC, Comune di Roma un modello socio-assistenziale integrato per la presa in carico del malato e della sua famiglia che comprende UVA, Day Hospital Geriatrico, Centro Diurno Alzheimer, Assistenza Domiciliare. Il modello sperimenta strategie innovative di assistenza, per migliorare la qualità di vita dei malati e delle loro famiglie e sviluppa con il contributo di tutte le parti interessate una metodologia di lavoro per progetti, mirati al mantenimento per il più lungo tempo possibile dell’autonomia dei pazienti, valorizzandone le capacità conservate. Inoltre parte importante del modello è la formazione a tutti i livelli e l’offerta di servizi di sostegno ai familiari, che costituisce la prima fase di ogni approccio integrato. Il percorso assistenziale integrato è iniziato nel territorio dell’ASL RMC , che comprende quattro Municipi romani: VI, IX, XI, XII, ma si è allargato anche al XVI Municipio nel territorio ASL Roma D. Sportello di ascolto telefonico L’Associazione gestisce il call center Alzheimer Oggi per conto del Comune di Roma, e il proprio sportello telefonico con la finalità di : - dare informazioni sulla malattia e il suo decorso ai familiari in difficoltà - orientare ai servizi attivi e presenti sul territorio - dare aiuto ai familiari nello svolgimento delle pratiche di accesso ai servizi e alle pratiche di riconoscimento invalidità - dare consulenza legale gratuita, anche in merito all’amministratore di sostegno Gruppi di supporto per i familiari L’Associazione, oltre che nella sede storica dell’Ospedale S. Eugenio, tiene gruppi di sostegno in alcuni ospedali romani, aperti ai familiari di malati di Alzheimer o di altro tipo di demenza. Nel gruppo i familiari raccontano la loro esperienza, presentando le proprie difficoltà e trovano risposte importanti, sia sul trattamento della malattia che sulle modalità di relazione con la persona malata. Dal confronto tra i familiari emergono indicazioni su percorsi e strategie per affrontare situazioni di crisi. Si facilita così la comprensione, l’accettazione, e la condivisione tra i partecipanti. Corsi di formazione per familiari, operatori socio-sanitari e volontari L’Associazione organizza periodicamente corsi destinati a familiari di persone affette dalla malattia di Alzheimer, operatori sociali e sanitari, volontari e negli ultimi anni, con l’emergenza del fenomeno delle cosiddette badanti, anche per le assistenti familiari. Negli incontri si affrontano aspetti medici legati all'epidemiologia e alla clinica, in particolare ai disturbi cognitivi e comportamentali che accompagnano la patologia. Gli aspetti psicologici sono centrati sulle problematiche inerenti al carico familiare, alla gestione del paziente, a tutti i risvolti emotivi dell'assistenza. In questi incontri i partecipanti possono 52 presentare la loro esperienza descrivendo i problemi e le difficoltà pratiche, esprimendo il vissuto emotivo personale legato alla relazione con il paziente. La parte assistenziale è concentrata sull'offerta che la rete dei servizi rivolge ai malati di Alzheimer e alle famiglie, illustrando ai partecipanti le principali attività rivolte al malato e al suo ambiente di vita. Si affrontano anche gli aspetti legislativi correlati all'assistenza, dalle procedure relative al riconoscimento della malattia come invalidità, al tema della tutela, e dell'amministrazione di sostegno. Nel 2008, per 12 mercoledì consecutivi, l’Associazione ha organizzato il Corso per assistenti familiari, dedicato in particolare all'assistenza dei malati di Alzheimer, effettuato con il contributo del Soroptimst Club Roma Tiber. Il Corso è accreditato dal Comune di Roma con Delibera Dirigenziale n.3490 del 19/09/2007. Riferimenti Prof.ssa L. Bartorelli [email protected] oppure [email protected] Sede Via Poerio n°100 00152 Roma 06/58899345 [email protected] 53 ASL RM F, Distretto 3, Socialità e benessere per gli anziani assistiti a domicilio Il CAD (centro assistenza domiciliare) del Distretto F3 sta collaborando con alcune realtà sociali per dare compagnia e allargare le occasioni di benessere per gli anziani assistiti. Sono circa 900 gli anziani che ricevono assistenza domiciliare dal distretto sanitario; sono fragili, con perdita di autonomia, confinati in casa e tendono ad avere rapporti solo con i famigliari più stretti e il personale del CAD. Due iniziative vanno nella direzione di allargare gli incontri con altre persone e stimolare il piacere per la vita. Gruppo Scout di Anguillara Il progetto è stato elaborato insieme dal CAD e dal Gruppo Scout di Anguillara. Il CAD offre ai giovani volontari (già coperti dal punto di vista assicurativo) un percorso formativo mirato al compito; agli anziani assicura l’affidabilità dei volontari, selezionati in base a qualità personali e sensibilità; i volontari sviluppano capacità di comunicazione con persone anziane e imparano cose nuove. Infatti, con la sua esperienza, ricordi e fragilità, l’anziano permette al giovane di coltivare l’empatia e maturare una personalità attenta al vissuto di persone fragili. Il dialogo tra generazioni è fonte di soddisfazione per entrambi e talvolta fa nascere un’amicizia duratura. Modalità di svolgimento - selezione di un gruppo di giovani Scout (firma del consenso dei genitori alla partecipazione al progetto); - breve formazione, svolta dalla Specialista Geriatra e dalla Responsabile del CAD F3, dei ragazzi relativamente alla comunicazione con l'anziano (firma da parte dei ragazzi di un impegno alla partecipazione al progetto e alla riservatezza); - selezione, a cura del personale del CAD F3 degli anziani a cui proporre il progetto; - primo contatto telefonico per fissare un appuntamento a casa dell'anziano con personale del CAD e giovani; - primo incontro, dei ragazzi e del personale del CAD, a casa di ciascun anziano selezionato, volto alla reciproca conoscenza e all'individuazione di un programma individuale (firma, da parte dell'anziano, del consenso alla partecipazione al progetto e firma del programma da parte del ragazzo, dell'anziano e del care giver); - due ragazzi, con cadenza settimanale, effettuano incontri a casa dell'anziano per lo svolgimento del programma previsto; - monitoraggio sull'andamento del progetto con verifica, da parte dei Dirigenti del Gruppo Scout, dei vissuti dei ragazzi e, da parte della Responsabile del CAD dei vissuti dell'anziano e dei suoi famigliari; - incontri mensili, tra Dirigenti del Gruppo Scout, Responsabile del CAD F3 e ragazzi, per verificare l'efficacia dell'intervento ed apportare eventuali correzioni; - somministrazione, all'anziano e ai suoi famigliari, di un questionario finalizzato a saggiare il gradimento dell'intervento. Collaborazione con il sistema bibliotecario Ceretano - Sabatino In molti persone l’interesse per la lettura non si affievolisce con gli anni e, quando diventa sempre più difficile uscire di casa, è questo un tramite fondamentale per continuare a mantenere vivi i rapporti con il mondo esterno. Tuttavia, l'insorgenza della presbiopia o di altre patologie che limitano l'acuità visiva, riducono il tempo che l'anziano riesce a dedicare alla lettura e, in alcuni casi la inibiscono totalmente, inoltre una parte non indifferente del piacere consiste nella possibilità di 54 commentare e di discutere con altri ciò che si è letto e questo, all'anziano, risulta quasi impossibile. Così la televisione finisce per diventare l’unica fonte di svago. Nella consapevolezza di quanto sia importante “restituire vita al tempo degli anziani”, il CAD F3 e la biblioteca hanno attivato alcuni volontari che, dopo un breve percorso di formazione alle tecniche di lettura a voce alta e comunicazione con persone anziane, si recano a casa degli anziani ovvero presso le RSA e le Comunità Alloggio del territorio, per leggere e commentare con loro un brano di un libro, un racconto, un articolo di giornale. Obiettivi: - mantenere l'interesse per la lettura mantenere le capacità di attenzione e di concentrazione stimolare le capacità di approfondimento consentire l'espressione di idee e opinioni favorire la nascita di un rapporto interpersonale favorire lo scambio intergenerazionale Modalità di svolgimento - selezione di un gruppo di lettori volontari; - formazione alla lettura ad alta voce a cura del Sistema Bibliotecario Ceretano-Sabatino - breve formazione ai volontari, svolta dalla specialista geriatra e dalla responsabile del CAD F3, relativamente alla comunicazione con l'anziano - selezione, a cura del personale del CAD F3 degli anziani a cui proporre l'attività - primo contatto telefonico per fissare un appuntamento (a casa dell'anziano o in Comunità) con personale del CAD e volontari; - primo incontro, del volontario e del personale del CAD, a casa di ciascun anziano selezionato o presso la Comunità con il gruppo di anziani selezionati, volto alla reciproca conoscenza e all'individuazione degli specifici interessi; - scelta, a cura dei dirigenti del Sistema Bibliotecario Ceretano-Sabatino e dei volontari, del testo più indicato; - ulteriori incontri, con cadenza bisettimanale, a casa dell'anziano o presso la Comunità per leggere e commentare brani tratti dal testo prescelto; - incontri mensili, tra dirigenti del Sistema Bibliotecario Ceretano-Sabatino, Responsabile del CAD F3 e volontari, per verificare l'efficacia dell'intervento ed apportare eventuali correzioni; - somministrazione, all'anziano e ai care giver, di un questionario finalizzato a saggiare il gradimento dell'intervento. Riferimenti Dott.ssa Maria Teresa Floris – Direttore di Distretto Dott.ssa Patrizia Farina [email protected] Sede Distretto F/3 Via Del Lago, 1 00060 Bracciano (RM) Tel. 06/99890434 55 ALBA, associazione contro la leucemia dei bambini e degli adulti Un’associazione giovane che ha scelto questo nome per significare la speranza di un futuro radioso per i malati di leucemia e coltiva l’idea di offrire ai malati ed alle loro famiglie calore e solidarietà. Costituita nel 2002 presso l'Unità Operativa di Ematologia dell‘Ospedale S. Camillo - Forlanini, svolge attività di volontariato come ONLUS. Obiettivi - Organizzare e migliorare i servizi e l’assistenza socio-sanitaria in favore dei pazienti emopatici e delle loro famiglie Sostenere i genitori sul piano pratico ed emotivo, mediante l’incontro con persone che hanno vissuto la loro stessa esperienza Cooperare con organizzazioni sanitarie attive nei paesi del terzo mondo per accogliere malati leucemici bisognosi di cure avanzate Operare per lo sviluppo e la diffusione delle ricerche scientifiche sulle emo-linfopatie Servizi Sala giochi IL Laboratorio "Tommaso Forti" è un ambiente scolastico dove i ragazzi, soprattutto stranieri, vengono seguiti durante le terapie in Day Hospital Accompagnamento ammalati Offrire la possibilità di essere accompagnati al Centro Ematologico per fare le terapie. Progetto Hospitality Un progetto coordinato di aiuto, umanizzazione delle cure e collaborazione internazionale dedicato ai piccoli pazienti ematologici. La Casa di accoglienza in via Mentegazza, 24 può ospitare fino a tre nuclei familiari di tre persone ciascuna. Formazione volontari Curare la formazione di volontari che intendono impegnarsi attivamente nell’assistenza ai pazienti sia all‘interno delle strutture sanitarie che a domicilio. Corsi di aggiornamento e borse di studio per la ricerca Contribuire alla ricerca con corsi di aggiornamento e borse di studio, perché con la ricerca, in soli dieci anni, la leucemia è diventata una malattia da cui si può guarire nella maggioranza dei casi e può diventarlo per tutti. Collaborazione internazionale con varie associazioni tra cui Medici senza frontiere Riferimenti Lorenzo Siviglia Sede Azienda Ospedaliera San Camillo - Forlanini Circonvallazione Gianicolense, 87 00152 – Roma n° verde : 800.090.730 [email protected] www.albasancamillo.it 56 A.R.Co. 92, Associazione per la Riabilitazione del Comatoso L’associazione nasce e si sviluppa a Roma nel 1992 su iniziativa di alcune persone provate dal dramma di un parente ricoverato in coma a seguito di un grave trauma cranico. Si tratta di un campo di intervento molto particolare; infatti il paziente che ha subito un coma, per incidente stradale, ictus, aneurisma e altri eventi traumatici, presenta bisogni specifici che non si limitano alla riabilitazione dei deficit neuromotori e cognitivo- comportamentali . La personalità di tali pazienti viene spesso alterata e trasformata dal coma e la soprattutto va riorganizzata la vita quotidiana, insieme alle relazioni coi familiari, con la casa e il lavoro. Su questo fronte i volontari dell’associazione hanno acquisito col tempo grande esperienza, in un rapporto di costruttiva sinergia con strutture di riabilitazione. L’A.R.Co 92 Onlus opera per colmare - almeno parzialmente - i grandi vuoti del Servizio Sanitario Nazionale nel settore dell’assistenza ai post-comatosi. La mortalità dei neurolesi è, infatti, notevolmente diminuita grazie a tecniche di rianimazione sempre più efficaci e, progressivamente, è andato aumentando il numero delle persone - soprattutto giovani - che necessitano di una lunga ed attenta riabilitazione. Tuttavia, in Italia le strutture specialistiche non sono state adeguate alle nuove esigenze terapeutiche di questi pazienti. In troppi casi è quindi necessario rivolgersi a strutture straniere, con costi eccessivi per la maggior parte dei malati e dei loro familiari. Arco 92 è impegnata a: - sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi del coma e del post-coma - fornire supporto volontario agli operatori dei servizi pubblici e privati di Rianimazione e di Riabilitazione; assistere i familiari del malato durante e dopo il suo ricovero - prestare assistenza a domicilio per i pazienti dimessi dalle strutture di ricovero e bisognosi di terapie motorie e neuropsicologiche - reperire fondi per l’acquisto di apparecchiature, ausili e medicinali necessari per migliorare la qualità della vita del malato. Accanto alle attività di carattere sociale, Arco 92 si adopera per promuovere lo sviluppo delle conoscenze scientifiche per la prevenzione e il trattamento dello stato di coma attraverso: - l’istituzione di borse di studio per l’aggiornamento di medici ed infermieri; - il sostegno alla ricerca sull’epidemiologia del trauma cranico; l’organizzazione di convegni, congressi e giornate di studio Nel dicembre del 1999 l’associazione insieme alla Fondazione Santa Lucia (I.R.C.C.S.) e l’Istituto San Michele, con il contributo della Regione Lazio, ha inaugurato a Roma Casa Dago: una struttura demedicalizzata in grado di accogliere il paziente post-comatoso e un suo congiunto nel delicato momento della dimissione dall’ospedale di riabilitazione ed assisterlo concretamente nella reintegrazione familiare, sociale e lavorativa. Obiettivo: promuovere le potenzialità e le capacità residue di un paziente post-comatoso affinché possa essere comunque attivo, pur con un deficit neuromotorio o neuropsicologico. La permanenza nella struttura è temporanea; accoglie dimessi dalla riabilitazione per il periodo necessario a preparare il rientro a casa. Dal primo aprile del 2009 Casa Dago è convenzionata con la Asl RM C. L’associazione dispone di un’equipe professionale composta da psicologo, assistente sociale, educatore professionale, terapista cognitivo che forniscono sostegno al paziente e ai suoi familiari nel delicato passaggio dalla riabilitazione al ritorno in famiglia. All’interno di Casa Dago inoltre, si tengono attività pomeridiane quali: informatica, ortofrutticultura, laboratorio di pittura e artigianato e pet therapy. 57 La realizzazione di programmi mirati di riqualificazione lavorativa, reinserimento sociale, familiare e scolastico, l’assistenza psicologica individuale e di gruppo rendono il Progetto Casa Dago un importante servizio territoriale per tali soggetti e nuclei familiari che vivono una situazione di notevole complessità e disagio Riferimenti Maria Elena Villa Responsabile Scientifico: Dott.ssa Rita Formisano www.arco92onlus.it Sedi ROMA: Via A. Serpieri, 7 - 00197 Roma Tel. e Fax 06/ 3220135 CASA DAGO: Via della Fotografia, 90 - 00147 Roma Tel. 06/ 51592921 - 926 [email protected] MESSINA: c/o Centro Studi Neurolesi Via Principale Palermo, Contrada Casazza - 98124 Tel. 090/ 3656727 Fax 090/ 3656750 58 Associazione Malati di Reni Nata a Roma nel Gennaio del 1995, da un gruppo di pazienti nefrologici e familiari per affrontare i problemi relativi alla malattia, l’Associazione ha lo scopo di : - contribuire a migliorare la prevenzione, diagnosi e terapia delle nefropatie e la qualità della vita dei neuropatici - approfondire e diffondere la conoscenza ed incidere positivamente sui problemi fisici e psicologici dei pazienti affetti da nefropatie in terapia conservativa o sostitutiva mediante dialisi o trapianto - contribuire alla diffusione della cultura della donazione degli organi ed alla organizzazione dei trapianti - partecipare e organizzare campagne ed eventi per la diffusione della cultura alla donazione degli organi - favorire e raccogliere il consenso e la collaborazione da parte di coloro che, nella società civile, nel mondo della scienza o della produzione condividono gli obiettivi associativi. L'Associazione è particolarmente attiva nel Lazio, dove collabora in modo stabile con la Regione contribuendo alla formulazione di norme atte a migliorare la qualità della vita dei nefropatici e di quanti sono in attesa di un trapianto di organo. Offre servizi e consulenza agli iscritti per problemi psicologici e legali, per le pratiche burocratiche relative al riconoscimento dell'invalidità civile, legge 104 e alle pensioni. Attualmente l’Associazione partecipa alle seguenti commissioni e coordinamenti: - Commissione Regionale di Vigilanza sull’emodialisi (legge regionale 39/79). - Consulta regionale per i problemi della disabilità e dell'handicap (legge regionale 36/03). - avolo regionale delle Associazioni per la diffusione della cultura della donazione degli organi. - CNAMC, Coordinamento Nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici, organismo di Cittadinanza Attiva. In ambito regionale, collabora con numerose associazioni di nefropatici e di volontariato ed è socia fondatrice della Confederazione Forum Nazionale della associazioni dei dializzati trapiantati e di volontariato. Dal '95 pubblica un giornale bimestrale TI INFORMO ... inviato a tutti gli iscritti e alle autorità regionali, nel quale vengono segnalate e commentate tutte le normative utili alla gestione della malattia e l'attività svolta dall'Associazione nel bimestre. Dal marzo 2002 è in rete un sito costantemente aggiornato che ha raggiunto indici di accesso impensati al momento della diffusione in rete (circa 2.000 richieste giornaliere soddisfatte, statistiche web server). Attività e risultati ottenuti L’associazione svolge un’importante azione di advocacy sia presso gli Ospedali e i servizi dialisi che presso la Regione. In particolare ha promosso l’approvazione di importanti provvedimenti legislativi regionale che regolamentano le cure nefrologiche : - Delibera di Giunta Regionale 1650 del 14 Marzo 1995. Criteri e i requisiti tecnici obbligatori per tutti i centri dialisi pubblici e accreditati. Nella Delibera sono definiti i requisiti tecnici che devono possedere le strutture che, tra l'altro devono consentire l'accesso alle associazioni di volontariato. - Piano Regionale per la Nefrologia e Dialisi, Delibera di Giunta Regionale n. 619 del 3 Marzo 1998. Cambiamento fondamentale nella cura dei nefropatici, la Regione Lazio si allinea alle regioni più avanzate del nord Italia riconoscendo il ruolo fondamentale della nefrologia nella medicina. 59 - - - - - - Delibera di Giunta Regionale n. 1437 del 28 Aprile 1998- Coordinamento regionale delle liste di attesa per i trapianti e accordo per il coordinamento interregionale delle attività di prelievo e trapianto di organi e tessuti tra 7 regioni del centro sud: Lazio, Umbria, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria, Sardegna. Delibera di Giunta regionale 1614 del 30 ottobre 2001 “Disposizioni per i soggetti affetti da nefropatia in trattamento dialitico”- la norma riunisce in un testo organico tutte le circolari e le delibere che negli anni si sono succedute, aggiornando le disposizioni contenute alle nuove esigenze sociali. Deliberazione del Consiglio Regionale dl 31 luglio 2002, n. 114 “Indirizzi per la programmazione Sanitaria Regionale per il triennio 2002/2004 Piano Sanitario Regionale”, nel capitolo dedicato alla insufficienza renale cronica viene garantita l’erogazione dei farmaci e dei prodotti aproteici necessari per prolungare la funzionalità renale, e la presenza del medico referente per le problematiche degli accessi vascolari in ogni centro dialisi della Regione. Legge R. n. 41 del 2002 “Norme a favore dei soggetti in attesa di trapianto d’organo, dei trapiantati e dei donatori” che consente a quanti sono costretti a recarsi in altre regioni o all’estero per ottenere un trapianto d’organo, di avere il sostegno economico della Regione per le spese non sanitarie quali viaggi e soggiorni. La legge affronta inoltre i problemi relativi a: donatori viventi, trasporto delle salme dei donatori e dei trapiantati, dei cittadini stranieri residenti nella regione. Delibera di Giunta Regionale 1322 del 2003"Finanziamento alle Aziende USL, per l'erogazione dei prodotti aproteici per i pazienti con insufficienza renale cronica, in trattamento conservativo. Delibera di Giunta Regionale 424 del 2006"Legge regionale n. 4/2003 - Requisiti minimi per il rilascio delle autorizzazioni all'esercizio di attività sanitarie... "dove, per la parte riguardante la terapia dialitica ambulatoriale è stata rivista ed aggiornata la Delibera 1650 del 1995. Delibera 403 del 2008"Legge 1 aprile 1999, n. 91 "Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti". Percorso assistenziale al trapianto di rene - Approvazione linee guida regionali". Nel 2008 l'inserimento tra i beneficiari del Bonus Energia previsto dal Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 28 dicembre 2007 per quanti effettuano la dialisi domiciliare riconosciuta tra le apparecchiature elettromedicali salvavita. Il problema dei trapianti è stato fin dall'inizio un pensiero fisso, infatti fin dalla nascita l'Associazione ha intrapreso degli incontri con il mondo della scuola, ha partecipato a manifestazioni sportive, politiche e culturali dove ha diffuso della documentazione con gli aspetti del trapianto e della donazione. Il più importante risultato raggiunto con il FORUM Nazionale è stato la legge 91 del 1 aprile 1999 “Disposizioni in materia di prelievi e trapianti di organi e tessuti” che ha creato una nuova sensibilità per le istituzioni e i cittadini in materia di donazioni di organi, contribuendo a portare l’Italia, tra le ultime nazioni in Europa per le donazioni, ai primi posti con il 20% di donazioni dal 2004. La legge, detta norme per creare una rete nazionale dei centri trapianto, la realizzazione del Centro nazionale trapianti, e la possibilità per i cittadini di manifestare la propria volontà alla donazione degli organi dopo la morte. Dal 2003 il FORUM aderisce alla campagna nazionale donazione e trapianto del ministero della Salute. Con la frammentazione del Sistema Sanitario Nazionale in 20 sistemi regionali, anche la struttura della confederazione nazionale sembra uno strumento da rivedere, in quanto a seconda del problema appare più adeguato organizzarsi con le associazioni interessate con un vincolo di rispettiva fiducia. L’associazione ha avuto un ruolo rilevante nel dibattito creato dalla chiusura dell’Ospedale S. Giacomo, dove era attiva l’Unità operativa complessa di Nefrologia e dialisi , Centro rdi riferimento 60 Regionale attiva dal 1977. Nella vicenda l’Associazione Malati di Reni ha inteso rappresentare i malati di reni in cura presso l’Ospedale cercando il dialogo con la Regione e con le Direzioni Sanitarie interessate per il trasferimento e la realizzazione di una nuova unità operativa in un ospedale privo di nefrologia e dialisi (S. Filippo Neri). Preso atto che la Regione ha deciso, senza consultazione il trasferimento presso il S. Eugenio, dove già era attiva una Unità di Nefrologia e dialisi, si è battuta affinché le due UOC non venissero unificate, con un ulteriore danno ai malati di Roma che avrebbero così perso una struttura ospedaliera. Alla fine il buon senso è prevalso e siamo nella attesa della realizzazione della nuova Unità di nefrologia e dialisi presso il l’ospedale CTO, dove verrà ridata dignità alla ex Unità del S. Giacomo. Riferimenti Roberto Costanzi Tel 06/68352552/1 – 338/3417734 Sede Ospedale S. Spirito - U.O. di Nefrologia e Dialisi Lungotevere in Sassia, 1 00193 ROMA [email protected] www.malatidireni.it 61 Associazione Italiana Pazienti BPCO L’Associazione è stata costituita il 24 giugno 2001 allo scopo di unire i pazienti BPCO (Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva) in una lotta determinata ad ottenere una maggiore attenzione da parte delle Istituzioni e dell'opinione pubblica nei confronti del malato cronico respiratorio e, di conseguenza, più adeguati interventi di tutela e misure per una migliore qualità della vita. E’ iscritta presso l’Anagrafe unica delle ONLUS dal 4 ottobre 2007. La broncopneumopatia cronica ostruttiva è una malattia molto diffusa e sottovalutata, in crescita soprattutto nelle persone adulte e anziane, che causa sofferenze e preoccupazioni a coloro che ne sono colpiti e alle loro famiglie. Secondo le stime Istat del 2005 sarebbero quasi 3 milioni gli italiani affetti da malattie respiratorie, che il piano Sanitario Nazionale 2006-2008 ha incluso tra le grandi patologie, insieme alle malattie cardiovascolari, ai tumori e al diabete. Questa decisione storica, riconoscendo il crescente peso epidemiologico e socio-economico delle malattie respiratorie, rappresenta una risposta agli obiettivi di ridurre la prevalenza e la mortalità e di fornire servizi e strutture maggiormente adeguate ai reali bisogni dei pazienti. Uno dei compiti principali dell’associazione è stato quello di operare per ottenere il riconoscimento della BPCO nella lista delle malattie croniche invalidanti del Ministero della Salute (D.M. del 28 maggio 1999, pubblicato nella G.U. n° 226 del 25-09-1999 e successive modifiche). Il traguardo è stato raggiunto con il governo Prodi che ha firmato il DPCM del 23 aprile 2008 concernente i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) erogati dal Servizio Sanitario Nazionale. Purtroppo la mancata pubblicazione di tale Decreto ritarda in modo del tutto incomprensibile la correzione di un errore commesso dieci anni fa. La BPCO è, infatti, cronica per definizione ed esistono numerose evidenze scientifiche concernenti la progressiva invalidità, che nelle forme più gravi induce all’insufficienza respiratoria e richiede ossigenoterapia o ventilazione assistita. E’ necessario adottare misure e interventi finalizzati alla prevenzione, alla diagnosi precoce e corretta che comportino meno riacutizzazioni e una riduzione delle forme più gravi e del ricorso all’ossigenoterapia con una conseguente migliore qualità di vita per il paziente e i familiari. Obiettivi L’Associazione ha lo scopo di accrescere sulla base delle più recenti acquisizioni scientifiche la conoscenza della malattia e della sua gestione da parte dei pazienti e dei loro familiari, al fine di migliorarne le condizioni di salute e la qualità della vita. Si rende interlocutore delle istituzioni, per conseguire interventi, anche di tipo legislativo, mirati a migliorare la tutela del paziente cronico respiratorio, a promuovere campagne di informazione, di educazione e di prevenzione e a sostenere la ricerca scientifica medica e farmacologica. Una delle iniziative a favore dei malati è stata la redazione di un Dizionario del Respiro in più lingue (arabo, bulgaro, francese, greco, inglese, norvegese, olandese, ungherese): è uno strumento utile per i malati che vanno all’estero, in quanto ci sono termini facilmente intuibili e altri più complessi ed è fondamentale che il paziente possa spiegare la propria condizione di salute nella maniera più corretta, soprattutto in caso di riacutizzazione dei sintomi. Il Dizionario racchiude i termini essenziali in poche pagine da portar con sé in valigia, comunque tutti facilmente memorizzabili. L’Associazione segnala, inoltre, un importante evento: la Prima Conferenza Mondiale dei Pazienti BPCO dal titolo “Un mandato globale per il trattamento della BPCO”, che si terrà Roma il 14 giugno 2009 presso l’Holiday Inn Rome-EUR Parco dei Medici, Viale Castello della Magliana 65 ed organizzata dall’International COPD Coalition-ICC e dall’EFA, in collaborazione con 62 L’Associazione Italiana Pazienti BPCO Onlus, l’Australian Lung Foundation, l’Asian Pacific Society of Respirology, il Progetto Mondiale GOLD (Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease), l’International Primary Care Respiratory Group (IPCRG) e la World Organization of Family Doctors (Wonca). L’evento si terrà subito dopo l’Assemblea della GARD (Global Alliance against Chronic Respiratory Diseases), un’alleanza volontaria, nazionale ed internazionale, comprendente organizzazioni, istituzioni ed agenzie che lavorano per il comune obiettivo di migliorare la salute respiratoria globale. La Conferenza ha l’obiettivo di definire la Carta Mondiale dei Diritti del Paziente BPCO e promuovere la sua attuazione in tutti i paesi. E’ un primo decisivo incontro, che vede impegnati Associazioni dei pazienti, Istituzioni sanitarie, Società Scientifiche e esperti BPCO per il riconoscimento dei diritti dei pazienti e la predisposizione di un piano di tutela in tutti i paesi del mondo. Riferimenti Dott.ssa Mariadelaide Franchini Cell. 340/6622919 Numero Verde: 800 961 922 [email protected] [email protected] Sedi Via Cassia 605 - 00189 Roma Tel 06 33253020 Fax: 06 33259798 c/o Unità Operativa Complessa di Pneumologia Azienda Complesso Ospedaliero S.Filippo Neri Via G.Martinotti 20, 00135 Roma 63 A.V.O. L’A.V.O. nasce nel 1974 per l’intuizione di un medico, Erminio Longhini, primario presso l’ospedale di Sesto S. Giovanni (MI). Il prof. Longhini, basandosi sulla sua personale esperienza ospedaliera, sentì l’esigenza di umanizzare la vita all’interno dei reparti nei quali diminuiva l’attenzione al malato come persona, a vantaggio della moderna tecnologia. Propose allora il coinvolgimento di persone che, spontaneamente e soprattutto gratuitamente, si inserissero nelle strutture ospedaliere per riempire quei vuoti nel rapporto malato operatori sanitari. Nasce così l’A.V.O. che rapidamente si diffuse in tutta l’Italia e che oggi conta più di 30.000 volontari. Nel 1981 si costituisce la federazione dei volontari ospedalieri “FEDERAVO” con lo scopo di coordinare e mantenere i collegamenti con tutte le AVO sorte nel frattempo sull’intero territorio. Per diventare volontario è necessario: - seguire un corso di preparazione previo un colloquio preliminare - effettuare il successivo tirocinio presso un ospedale affiancato da un volontario al quale succederà un’altro colloquio. - offrire un minino di due ore alla settimana e frequentare le riunioni di gruppo - essere maggiorenni ed in buone condizioni fisiche e psichiche - essere in grado di mantenere gli impegni presi con se stessi e gli altri Visto il poco tempo a disposizione che non mi permette di controllare i dati, preferisco omettere il numero effettivo di volontari e i reparti, per non trasmettere imprecisioni (ho a disposizione solo quelli del Santo Spirito ove opero) Attività nella sanità Romana Santo Spirito in Sassia Responsabile AVO nell’Ospedale: Pierpaola Parrella Nuovo Regina Margherita. Responsabile AVO nell’Ospedale: Maria Rosaria Checchi Policlinico Umberto I Responsabile AVO nell’Ospedale: Giuseppina Stumpo C.T.O. - Centro Traumatologico Ortopedico. Responsabile AVO nell’Ospedale: Claudia Muccioli Casa di Cura Villa Betania . Responsabile AVO nell’Ospedale: Paola Dadaglio Centro Salute Mentale di Via Monte Santo Comunità Terapeutica Riabilitativa Responsabile AVO nell’Ospedale: Anna Maria Galantini Comunità Terapeutica Riabilitativa - Castel Di Giudo Responsabile AVO nell’Ospedale: Maria Civita Penge. 64 Ospedale S.Eugenio Responsabile AVO nell’Ospedale: Maria Rosaria Vito Ospedale S.Giovanni Responsabile AVO nell’Ospedale: Demetria Auletta N.S. Sacro Cuore Responsabile AVO nell’Ospedale: Clelia Stoppa R.S.A. Villa Giulia Responsabile AVO nell’Ospedale: Pasquale Federici Ospedale Forlanini Responsabile AVO nell’Ospedale: Agnese Faccin Riferimenti Gina Pitascio, Presidente AVO Regione Lazio Giandomenico Mortara, Presidente AVO Roma Pierpaola Parrella, Responsabile Volontari Ospedale Santo Spirito [email protected] [email protected] Sede Via di Grotta Pinta, 14 / A 00186..R O M A Tel. e Fax: 06 68809839 www.avoroma.it 65