associazione culturale Larici – http://www.larici.it Giuseppe Battaglia A Pietrogrado nei primi giorni della Rivoluzione Note di viaggio Pietrogrado, febbraio 1917 19171 1 La trascrizione è fedele al testo, anche negli errori e nei corsivi. La paginazione originale è stata riportata tra parentesi quadre e in grassetto, collocandola a fine parola quando questa risulta sillabata. Trascrizione e note: © associazione culturale Larici, 2008. 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it [3] AL LETTORE, Sollecitato insistentemente, nelle private conversazioni e in pubblico, sui giornali, a voler dire le impressioni del mio viaggio in Russia, in una conferenza che avrebbe fruttato largamente, si diceva, al Comitato di Assistenza Civile, ho pensato invece di raccogliere e ordinare le molte note del mio diario per una modesta pubblicazione, da vendersi a beneficio del Comitato di Assistenza Civile di Luino. E poichè ho avuto il piacere di avere a collaboratore nel mio lavoro l’amico G. B. Reggiori, io mi lusingo di aver fatto un’opera per molti aspetti interessante, e che in ogni modo meglio che una conferenza potrà tornare vantaggiosa al Comitato. Con questa fiducia licenzio al pubblico le mie note di viaggio. Luino, Settembre 1917. GIUSEPPE BATTAGLIA. 2 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it [5] 15 Gennaio-27 Gennaio 19172. Aveva visitato parecchie volte la Russia, ma confesso che non era mai stato così eccitato dalla curiosità e così tormentato dall’ansia di arrivare alla meta, come quando il 15 Gennaio 1917 lasciavo Torino per Pietrogrado3 assieme agli amici della Missione Commerciale Italiana. — Per quanto il nostro Itinerario non comprendesse che brevissime soste nelle capitali, a Parigi e a Londra — e per quanto dovesse parere interessantissimo un viaggio traverso la Francia e l’Inghilterra, tese nella preparazione dello sforzo bellico decisivo, tuttavia il mio pensiero non poteva staccarsi da Pietrogrado. Rivedevo la capitale russa nel suo aspetto di pochi anni prima: la cattedrale di S. Isacco4, il superbo monumento di Pietro il grande 5, le rive della Neva popolata di piroscafi, il ponte Nicolò6, i sobborghi operai, e intorno l’agitarsi della folla; funzionari, preti dall’aspetto di Nazzareni, gorodovoi7 (guardie di città), dvornik8 seduti all’ingresso delle case, isvoscik9 spingenti al trotto i cavalli colla testa incorniciata nell’arco di legno, qualche 2 Le date seguono il calendario gregoriano in uso in Occidente, avanti di tredici giorni rispetto a quello giuliano abbandonato in Russia dopo la Rivoluzione dell’ottobre 1918. 3 San Pietroburgo fu la capitale dell’impero russo dalla sua fondazione (1703) fino al 1918. Cambiò il nome in Pietrogrado allo scoppio della guerra contro la Germania (1914) e in Leningrado alla morte di Lenin (1924). Riprese il nome di San Pietroburgo nel 1991. 4 La cattedrale di Sant’Isacco (111,2 m di lunghezza, 97,6 di larghezza e 101,5 di altezza) è la quarta cattedrale a cupola più grande del mondo, dopo San Pietro a Roma, San Paolo a Londra e Santa Maria del Fiore a Firenze. Fu progettata dall’architetto francese August Montferrand (1786-1858) e costruita dal 1818 al 1858. Si tramanda che Pietro il Grande volesse che una chiesa ricordasse il santo venerato nel suo giorno natale (30 maggio), ossia il santo monaco Isacco (IV secolo). Furono innalzate almeno quattro chiese – che non ressero al tempo e agli incendi – prima dell’attuale. A causa del terreno paludoso, le fondamenta dovettero essere poggiate su 24.000 pali di pino incatramati, richiedendo l’opera di 125.000 operai per dieci anni. All’esterno, 112 colonne monolitiche (di 114 tonnellate ciascuna) di granito rosso locale reggono i quattro portici, altrettante colonne sono all’interno. Le calotte, interna ed esterna, della cupola sono in metallo, riempite da centomila vasi di terracotta con la funzione di alleggerire il peso della cupola e di migliorare l’acustica interna alla chiesa. 5 Il monumento si trova in Ploščad’ Dekabristov (Senatskaja nel 1917), verso il fiume Neva; opera del bronzista Horseman fu inaugurato nel 1782. Pëtr I Alekseevič detto il Grande (1672-1725) fu zar e imperatore di Russia dal 27 aprile 1682. 6 Vi sono due ponti Nikolskij a San Pietroburgo, vicini uno all’altro. Il ponte Novo-Nikolskij è situato sul canale Griboedov, presso la cattedrale di San Nicola, e fu il primo a essere costruito in ferro e pietra (1835-37), poi sostituito nel 1841, nel 1880 e nel 1933-1934. Il ponte Staro-Nikolskij è sul canale Krjukov, in Sadovaja ulica, ed è stato costruito intorno al 1784-86 in legno e pietra, poi sostituito in ferro nel 1906 e, parzialmente, nel 1988. 7 Le guardie comunali (gorodovoj) furono abolite dopo la Rivoluzione d’Ottobre. 8 Lo dvornik (al plurale dvornika) è colui che tiene pulito l’ingresso di una corte o un cortile (dvor), quindi, in senso generale, è un portiere. 9 Lo izvozčnik è il cocchiere. La carrozza, o la slitta, era tirata da due o tre cavalli (trojka), uno dei quali – quello guida, quindi quello in mezzo nel tiro a tre – aveva un alto archetto di legno sopra la testa, che aveva funzione soprattutto ornamentale. 3 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it bellissimo cosacco dell’ochrana imperiale10, armato fino ai denti, di moschetto, di [6] revolver, di sciabola e di pugnale. — E mi tornavano alla mente assieme a questi aspetti pittoreschi della capitale, gli spettacoli meno piacevoli offerti dai bevitori di vodka, succhianti la loro bottiglia sul marciapiede della strada, dove poi stramazzavano come morti. Come tutto doveva essere mutato! La vodka era proibita, la Russia era impegnata in una guerra formidabile! Che cosa avrei trovato di nuovo? E a questa domanda che turbinava incessantemente nel cervello io mi sforzavo invano di dare risposta, ma sentivo che qualche cosa di straordinariamente insolito doveva trovare. Un simile presentimento potrà sembrare strano, ma esso è spiegabilissimo nel mio caso, poiché aveva una certa conoscenza del paese e mi interessava vivamente alle sue sorti, con una passione e con un affetto, che io credo comuni a molti italiani. La conoscenza del paese mi diceva attraverso le sparute notizie dei giornali che un conflitto supremo doveva esservi impegnato fra il popolo e la burocrazia. Pochi giorni prima della partenza aveva letto sui giornali l’attacco del conte Bobrinski11, vicepresidente della Duma12, contro il ministro Protopopoff13. L’oratore aveva dichiarato che la Duma non poteva collaborare col ministero Trepov14-Protopopoff, il quale era riuscito soltanto a 10 La ochrana era il corpo di polizia dipendente dal Ministero degli Interni zarista dotato di poteri discrezionali: poteva incarcerare o esiliare i sospetti (soprattutto politici) senza la sanzione di alcun tribunale. Istituita nel 1881 da Alessandro III, fu sciolta nel 1917 dopo la Rivoluzione di febbraio. I Cosacchi ottennero dagli zar, nel XVII secolo, vasti territori in cambio di prestazioni militari e da allora diventarono strenui difensori dell’impero zarista e, di conseguenza, della religione ortodossa. Nel 1917 non ostacolarono la rivoluzione, ma rimasero ostili al bolscevismo, ingrossando le schiere controrivoluzionarie dei Bianchi durante la guerra civile. Con la definitiva sconfitta delle forze filozariste, molti si rifugiarono all’estero. 11 Il conte Vladimir Alekseevič Bobrinskij (1868-1927) rappresentò i nazionalisti di estrema destra nella seconda, terza e quarta Duma sostenendo una rapida russificazione delle regioni di confine. In seguito alla Rivoluzione d’ottobre, che nazionalizzò le proprietà di famiglia, emigrò in Francia. 12 La Duma di Stato era l’assemblea elettiva e rappresentativa, corrispondente alla “camera bassa” del Parlamento russo, con poteri legislativi (rimasti solo teorici) che lo zar Nicola I istituì sotto la pressione della Rivoluzione del 1905. Tuttavia, nel 1906-1907 Nicola II promulgò la Costituzione che annullò il ruolo della Duma, negandole responsabilità di governo, e riscrisse la legge elettorale per ottenere una Duma a lui obbediente. Nella quarta Duma (eletta nel 1912) ebbero la maggioranza gli oppositori del regime zarista, creando così i presupposti che portarono Nicola II all’abdicazione. La Duma fu sciolta nell’agosto 1917 quando nacque la grande assemblea nazionale formata dal soviet dei soldati e degli operai. 13 Aleksandr Dmitreevič Protopopov (1866-1918) fu membro del partito degli Ottobristi (favorevole alla monarchia costituzionale), vicepresidente della Duma dal 1914 e, grazie all’amicizia con Rasputin, ministro degli Interni dal settembre 1916. Sebbene riconosciuto folle, lo zar lo mantenne al potere, fin quando la Rivoluzione del febbraio 1917 rovesciò il governo e il Governo provvisorio ne ordinò l’arresto e la fucilazione, avvenuta il 19 dicembre 1917 (1 gennaio 1918 nel calendario gregoriano). 14 Aleksandr Fёdorovič Trepov (1862-1928), dopo essere stato ministro dei Trasporti, fu 4 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it provocare l’odio e la diffidenza dell’intera Russia. — Da tutte le parti, persino dal Consiglio dell’Impero di protestava contro il potere di forze occulte e irresponsabili, contro l’impunità dei traditori. Miliukoff15 constatava che il partito [7] nero16 aveva ristabilito la sua fronte ed era passato dalla offensiva all’attacco. Viviamo ore terribili, gridava il leader dei liberali fin dal 26 Dicembre ed occorre una ripulitura nell’intero paese. Ma a Trepov succedeva Galitzin17, uomo di destra, e il primo suo atto fu di reazione. La Duma fu aggiornata dopo lunghi colloqui fra Galitzin, Protopopoff e Pitirim18, uno dei capi religiosi di Pietrogrado e notissimo sostenitore di Rasputin19. Gli organi della burocrazia gongolavano. La Ziemcina20 cantava vittoria: «La Duma è prorogata. Così per qualche tempo questo letamaio cesserà di propagare la peste. Peccato che la chiusura non sia definitiva. E la Znamia21 inveiva contro gli zemstva22, banda di ladri, e nominato Primo ministro della Russia nel novembre 1916. Cercò di convincere lo zar Nicola II di togliersi dall’influenza di Rasputin e di concedere più poteri alla Duma, ma, sconfitto, rassegnò le dimissioni nel gennaio 1917. Morì esule a Nizza. 15 Pavel Nikolaevič Miljukov (1859-1943) fu, dal 1886, professore di Scienze politiche a Mosca, ma, costretto all'esilio per le sue idee liberali e riformatrici, emigrò a Sofia dove insegnò Storia all’università. Rientrato in Russia nel 1905, fu fondatore e leader del Partito democratico costituzionale (o dei Cadetti) della destra moderata rappresentato nella Duma. Dopo la Rivoluzione del febbraio 1917, fu nominato ministro agli Affari esteri nel primo Governo provvisorio, guidato dal principe L’vov, ma fu rimosso dall’incarico nel maggio in seguito alle dimostrazioni di massa contro la continuazione della guerra. Avversò la Rivoluzione bolscevica appoggiandosi al Movimento Bianco e, in seguito, emigrò in Francia, dove continuò l’attività politica e riprese gli studi storici. 16 Era il partito dei rurali, contrapposto al partito bianco degli aristocratici e a quello rosso degli operai urbani. Dello storico “partito nero” – l’organizzazione dei Cento Neri – l’Autore parlerà più avanti (cfr. nota 164). 17 Nicolaj Dmitreevič Galicin (1856-1925) fu l’ultimo Primo ministro nominato dallo zar nel 1916. 18 Pitirim fu metropolita di San Pietroburgo nel 1915-16, già esarca di Georgia. Fu osteggiato dai progressisti in quanto nominato su richiesta della zarina e quindi per influenza di Rasputin. 19 Grigorij Efimovič Rasputin (1869-1916), contadino siberiano, analfabeta ma di grande carisma e con presunte doti taumaturgiche, riuscì a entrare a corte nel 1905 per curare il figlio dello zar, affetto da emofilia, nonostante la presunta appartenenza alla setta orgiastica e illegale dei Chlisty. Il grande ascendente che ben presto acquistò su Nicola II e, soprattutto, sulla zarina Alessandra, gli permise di intervenire più volte negli affari di Stato. Nel 1916, in piena crisi di governo – che Rasputin stesso aveva contribuito a creare – e tra le alterne fortune degli eserciti russi sul fronte orientale, fu assassinato in una congiura ordita dal granduca Dmitrij Pavlovič, dal principe Feliks Jusupov e dal deputato conservatore Vladimir Puriškevič. Nessuno di loro fu punito severamente, sia perché erano nobili imparentati con la corona, sia perché Nicola II trovava ormai troppo ingombrante il ruolo di Rasputin a corte. 20 “Zemšcina” è il titolo di un periodico patriottico. Prendeva il nome dalla istituzione creata da Ivan IV il Terribile, retta da un Consiglio di bojari. 21 “Znamja”, ossia “Lo stendardo”, titolo di un periodico letterario. 22 Lo zemstvo (plurale zemstva) fu una forma di governatorato locale introdotto nel 1864 dallo zar Alessandro II su idea di Nikolaj Miljutin come organo di consultazione e amministrazione locale, gestito da rappresentanti di tutti i ceti. Fu abolito dalla Rivoluzione dell’ottobre 1917, ma continuò a resistere in forma illegale e segreta tra gli agrari poiché portava vantaggi in ambito scolastico e sanitario. 5 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it tesseva un elogio sperticato di Sturmer23. Protopopoff dichiarava nel Russkoye Slovo24 che la Duma doveva essere sciolta, la stampa imbavagliata, i corpi pubblici posti sotto il controllo governativo, le riunioni vietate. C’era un abisso fra la burocrazia e la Duma, fra il governo e il popolo. E questa situazione doveva apparire particolarmente grave a coloro che sapevano come dietro la Duma vigilasse realmente tutto il popolo russo. Quando Miliukoff dichiarava che occorreva una ripulitura generale all’interno del paese, egli esprimeva la volontà della Duma, cioè la volontà del popolo. Qualcuno potè ingannarsi sulla gravità di quelle minaccie ritenendo che la massa del popolo russo fosse rimasta estranea al grande movimento liberale che, traverso le lotte più aspre durante tutto il secolo XIX aveva avuto come epilogo l’istituzione della Duma il 17-30 Ottobre 1905. — [8] Ma era questa un’ipotesi inammissibile per chi ricordava la propaganda svolta dagli intellettuali russi fra il popolo e per chi ricordava la partecipazione di tutto il popolo alla vita e all’attività politica della Duma. Ogni deputato riceveva dagli elettori delle istruzioni precise, e quelle istruzioni, nakazy25, che furono pubblicate in varie occasioni, dimostravano nei contadini e negli operai russi una mentalità politica per nulla inferiore alla mentalità politica occidentale. Queste constatazioni mi turbavano. Il conflitto tra la rappresentanza del popolo e il governo era giunto a tal punto che mi pareva irresolubile. Tuttavia non osava fare alcuna previsione: lasciava che questo grande punto interrogativo oscillasse nella mia mente senza tentare una risposta che quanto prima avrei avuto giungendo sul campo della contesa. Infatti non si perdeva tempo. Il 15 eravamo partiti da Torino, il 17 da Parigi, il 20 da Londra, il 22 eravamo in vista di Bergen. Passando traverso l’Inghilterra nera, affumicata, non aveva riportato che un’impressione di buio. Poi imbarcato sullo Iupiter — guardando quel mare color di fango ripensai nostalgicamente ai riflessi verdi e azzurri e al sole del nostro Mediterraneo. — L’apparizione della costa norvegese, colle sue fantastiche rocce — lo 23 Boris Vladimirovič Štjurmer o Stürmer; 1848-1917), esponente di spicco dei conservatori, fece una lunga carriera politica alla corte degli zar Alessandro II, Alessandro III e Nicola II, che lo nominò Primo ministro (gennaio 1916), ministro degli Interni (marzo 1916) e ministro degli Affari Esteri (luglio 1916). Reazionario e germanofilo, Štjurmer era talmente impopolare che lo zar fu costretto a licenziarlo il 19 novembre 1916. Dopo la Rivoluzione del febbraio 1917, fu arrestato dal Governo provvisorio e morì nella fortezza di San Pietro e San Paolo. 24 “Russkoe Slovo” (Parola russa, ma talvolta tradotto con Mondo russo) era un quotidiano pubblicato a Mosca dal 1895. Apparentemente indipendente, aveva però un atteggiamento liberale e condiscendente verso gli interessi della borghesia russa. Nel 1917 attaccò il Governo provvisorio e il Partito dei bolscevichi e nel novembre fu chiuso dalle autorità. Nel gennaio 1918 riapparve col titolo di “Novoe Slovo” (Nuova parola) e “Naše Slovo” (La nostra parola) ma chiuse definitivamente nel luglio 1918. 25 I nakazy (singolare: nakaz) erano i documenti o istruzioni che lo zar scriveva ai funzionari, su temi amministrativi, fiscali, militari e giudiziari. 6 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it sfilare delle foreste di pini, delle piccole casette multicolori, così gaie nella grigia severità del paesaggio, — Bergen circondata dai monti, che guarda nello stretto porto col quartiere medioevale della lega Anseatica26 e che sale ad anfiteatro sulla collina, colle sue case policrome, coi tetti rossi a punta, colle [9] vetrate dipinte a fiori — costituirono la prima deliziosa distrazione del viaggio. Si sbarca la mattina, ma non si riparte che la sera traversando a tutto vapore la nordica penisola. Quanta grandiosità e quanta bellezza di montagne, di laghi, di cascate, di fiordi, di foreste, di ghiacciai! E come pittoresco il costume e le case e i negozi e i mobili! Ma ben altri richiami ci sospingono… In treno per Cristiania e per Haparanda, ultima stazione della Svezia27, abbiamo notizie del rescritto28 dello czar29 al ministro Galitzin, per la collaborazione tra Governo e Parlamento. «Io stabilisco come implicito dovere di tutte le persone che chiamo al servizio dello Stato di comportarsi con benevolenza, dirittura, dignità riguardo alle istituzioni legislative. Nella prossima attività per l’organizzazione della vita economica del paese, il Governo troverà un 26 La Lega Anseatica (o Hansa) fu un’alleanza di città che dal tardo Medioevo ebbe il monopolio dei commerci su gran parte dell’Europa settentrionale e del Mar Baltico, con capitale prima a Lubecca e poi a Danzica. Bergen, che era il principale centro religioso norvegese, entrò nella Lega nel 1360 e la sua importanza fu soppiantata soltanto nel 1850 da Cristiania (o Christiania, odierna Oslo, capitale della Norvegia). 27 Il treno collegava Cristiania (Oslo) con Haparanda, cittadina svedese situata al confine con il Granducato di Finlandia, il quale appartenne alla Russia fino al 1917. 28 Si chiamava “rescritto” (Rescriptum principis, nell’antico diritto romano) la risposta scritta di un imperatore a un quesito di natura giuridica oppure una sua ordinanza. 29 Primogenito dello zar Alessandro III e di Maria Fëdorovna, Nikolaj Aleksandrovič Romanov (1868-1918) fu incoronato nel 1894 come zar Nikolaj II. Per le mutate condizioni storiche e perché troppo mite e influenzabile, egli non riuscì a continuare la politica assolutista paterna. Pur promotore delle due conferenze dell’Aia (1899 e 1907) che istituirono la Corte permanente d’arbitrato per la soluzione pacifica dei conflitti internazionali, tentò di conquistare con le armi la Manciuria e la Corea, ma fu sconfitto nella guerra russogiapponese (1904-1905). Questa disfatta e la condanna degli zemstva, le assemblee provinciali, portarono a una pacifica manifestazione di operai e contadini per le vie della capitale, San Pietroburgo, che fu fermata col fuoco dell’esercito. Ciò causò la prima Rivoluzione russa (1905) che costrinse Nicola II a promulgare la riforma costituzionale dello Stato e ad accettare l’elezione della prima assemblea legislativa, la Duma (1906), che, tuttavia, poco tempo dopo fu molto ridimensionata per riaffermare i poteri assoluti della monarchia. Nel 1911, dopo l’assassinio del Primo ministro Pëtr Stolypin e sotto l’influenza del monaco Rasputin, Nicola II impresse un’ulteriore svolta conservatrice al governo. Nel 1914 entrò nella Prima guerra mondiale, a fianco di Inghilterra e Francia (Triplice Intesa), e in seguito alle prime sconfitte assunse il comando dell’esercito. La perdita di vasti territori a Occidente e il crollo dell’economia nazionale determinarono l’acuirsi dei conflitti sociali che sfociarono nella Rivoluzione del febbraio 1917. Su richiesta della Duma e abbandonato dalla polizia zarista, Nicola II abdicò (2 marzo 1917) a favore del fratello, il granduca Michajl, che rinunciò al trono. La famiglia imperiale fu imprigionata nel proprio palazzo di Carskoe Selo, fu poi trasferita a a Tobol’sk in Siberia e quindi a Ekaterinburg, sugli Urali, dove venne giustiziata nel timore che l’Armata Bianca, rimasta fedele allo zar, ne tentasse la liberazione. 7 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it appoggio senza uguali negli Zemstwa che col loro lavoro in tempo di pace e di guerra hanno provato di conservare pienamente le tradizioni più luminose del mio grande avo di imperitura memoria, l’imperatore Alessandro II.»30 Queste parole mi fecero una grande impressione. L’imperatore adunque con un nobile gesto si intrometteva come pacificatore fra la Duma e il Governo. La burocrazia doveva cedere innanzi alla volontà del sovrano. Noi saremmo giunti in Russia nell’ora della pacificazione. Espressi il mio più caloroso consenso per una prospettiva così confortante ai miei compagni di viaggio. Ma un viaggiatore, salito a Cristiania e diretto a Lulea31, non aveva cessato di sorridere alla [10] lettura del rescritto e ai commenti che io faceva. Compresi subito di aver di fronte un contradditore: egli infatti si spiegò. «Voi date un soverchio valore all’azione dello czar poichè vi figurate il suo prestigio ancora intatto. Nulla di più falso. La devozione illimitata del popolo russo allo czar è diventata una leggenda, dopo la settimana rossa32 e dopo che i Pobiedonostsev33 e i Rasputin hanno svalutato la religione ponendola apertamente al servizio della reazione, dell’arbitrio selvaggio, della corruzione. Una giornata indimenticabile per la Russia fu il 22 gennaio 1905. In quel giorno il prete Giorgio Gapon34, che era al servizio della polizia e che organizzava gli operai per sottrarli all’influenza dei socialisti, sopraffatto dalla volontà della massa, che egli non poteva più dominare, volle condurre 30 Aleksandr II Nikolaevič Romanov (1818-1881), figlio dello zar Nicola I, fu imperatore di Russia e duca di Finlandia dal 1855 fino alla morte. Dopo la sconfitta nella guerra di Crimea (1856), Alessandro II attuò alcune importanti riforme – come l’abolizione della servitù della gleba (1861), i nuovi codici civile e penale (1864), nuove leggi su industria e commercio – e iniziò la realizzazione di una vasta rete ferroviaria e il miglioramento dello sfruttamento delle risorse naturali. La dura repressione dell’insurrezione polacca (1863), le mire espansionistiche nei Balcani e l’intensificarsi delle tensioni all’interno del Paese e con gli alleati portarono all’attentato del marzo 1881, organizzato dalla società rivoluzionaria “Narodnaja volja” (Volontà del popolo, mirante al rovesciamento dell’autocrazia), in cui lo zar rimase ucciso. 31 La città di Luleå, capitale della Lapponia svedese, è poco più a sud di Haparanda. 32 Con “settimana rossa” si fa riferimento all’insurrezione degli operai a Mosca, che durò dal 9 al 17 dicembre 1905. L’Autore ne parlerà in seguito. 33 Konstantin Petrovič Pobedonostsev (1827-1907), giurista e politico, è considerato il principale rappresentante del conservatorismo russo negli ultimi anni del regime zarista, avendo controllato la politica di Alessandro III, suo allievo, e del figlio Nicola II. 34 Georgij Apollonovič Gapon (1870–1906), pope della Chiesa ortodossa russa, fu il popolare leader del movimento operaio d’inizio secolo prima della Rivoluzione del 1905. Fondò infatti l’Assemblea dell’Industria e degli Operai Russi di San Pietroburgo, organizzazione sovvenzionata e controllata dall’ochrana, la polizia politica russa, per difendere i diritti dei lavoratori e l’innalzamento dei valori morali e religiosi all’interno delle fabbriche. In seguito alla giornata del 22 gennaio 1905 narrata dall’Autore e ricordata come “Domenica di sangue” per il numero considerevole di morti, Gapon fuggì all’estero dove allacciò stretti legami con il Partito socialista rivoluzionario russo. Ritornato in Russia in ottobre cercò di riallacciare i contatti con l’ochrana, perciò fu sospettato dai rivoluzionari di essere un agente provocatore. Fu trovato impiccato in un cottage finlandese. 8 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it centomila operai davanti allo Zar. Il popolo si mosse dal quartiere di Narva, da Vasilievski Ostrov, dalla Peterburgskaia Storona, col ritratto dello czar in testa, e colle sacre icone tolte a forza dalle cappelle35. Camminavano tutti a capo scoperto, nonostante il freddo pungente, e cantavano. Gapon marciava cogli operai delle officine Putiloff36 e portava la petizione per l’imperatore. «Sire, noi lavoratori di Pietroburgo37, le nostre mogli, i nostri figli e i nostri vecchi genitori siamo venuti a te in cerca di giustizia e di protezione»38. Era un atto di fede e di speranza…. e voi sapete come si è risposto a questo atto. Gli operai si videro dovunque chiuso il passo da [11] minacciose file di baionette: avanzarono e furono prima caricati dai cosacchi, che traversarono due volte, innanzi e indietro, i cortei, poi furono dispersi a fucilate39. Gapon si nascose e prima di fuggire all’estero lanciò un proclama, prendendo le arie di un papa. «Contro gli ufficiali e i soldati che fanno strage dei loro innocenti fratelli, di deboli donne e bambini e contro tutti gli oppressori del popolo, io mando la mia pastorale maledizione. Sopra i soldati che aiutano la nazione ad acquistarsi la libertà invoco la benedizione e col presente atto li sciolgo dal giuramento militare di fedeltà prestato allo Zar traditore per comando del 35 Nel quartiere di Narva (dal nome della città estone), a sudovest della città vicino alla Stazione Baltijskaja, vi si svolse un importante sciopero dei lavoratori delle Filature Russe nel maggio 1896. I distretti Vasilevskij ostrov e Peterburgskaja storona (poi Petrogradskaja storona) corrispondono alle due isole maggiori nel delta del fiume Neva. Nel 1905, tutti i partecipanti – circa 200.000 persone – erano stati perquisiti e disarmati prima della manifestazione dal servizio d’ordine organizzato da Gapon. Giunsero al Palazzo d’Inverno da sei punti di raccolta, innalzando icone e cantando inni e canzoni patriottiche, tra cui l’inno nazionale “Dio, proteggi lo zar”. 36 Le officine Putilov di San Pietroburgo occupavano oltre 30.000 operai, suddivisi in settori di produzione: cantiere navale, artiglieria pesante, autoblindo, materiale ferroviario… Fu dal cantiere navale che partirono le lotte socialiste rivoluzionarie, sia nel 1905 che nella primavera del 1917. 37 Alla città di San Pietroburgo fu cambiato il nome in Pietrogrado nove anni più tardi, nel 1914. 38 Le richieste comprendevano la cessazione della guerra russo-giapponese, un suffragio più ampio, la riduzione delle ore lavorative a otto al giorno, eque retribuzioni e la condanna delle ore di lavoro straordinario che i proprietari imponevano ai sottoposti. Per ottenerle, gli operai delle fabbriche Putilov erano in sciopero dal dicembre 1904, cui si erano unite altre attività di San Pietroburgo, facendo salire il numero degli scioperanti a oltre 80.000 unità. Il 21 gennaio la capitale non disponeva più di elettricità, né di giornali e tutti gli uffici pubblici erano chiusi. 39 Le fonti ufficiali zariste parlarono di 96 morti e 333 feriti, ma quelle non governative indicarono oltre 4.000 morti. Le vittime furono provocate tanto dai proiettili quanto dal panico che portò alla morte quanti furono travolti dalla folla. Tale violenta e cruenta repressione provocò una vasta ondata di scioperi e agitazioni in tutta la Russia che sfociò nella Rivoluzione del 1905. Va detto che i manifestanti non sapevano che lo zar non si trovasse nel Palazzo, dove si recava soltanto per le occasioni ufficiali o di rappresentanza, ma a Carskoe Selo. Qui lo zar fu avvertito della manifestazione ma non della sua consistenza e tanto meno della petizione del popolo. Lo zar, pur non coinvolto direttamente, fu comunque ritenuto responsabile moralmente e politicamente dell’eccidio. 9 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it quale è stato versato il sangue del popolo innocente». Nonostante l’enfasi di questo proclama, la massa operaia e contadina si ricordò dell’appellativo di traditore lanciato contro lo Zar. Certamente il giudizio delle classi intellettuali non poteva essere così semplicista, così sommario. Ma queste classi alla loro volta conoscono l’impotenza dell’autocrate e sanno come egli sia lo zimbello delle camarille40 di corte. Guardate quello che è avvenuto dopo il manifesto sulle libertà. Il periodo delle più violente agitazioni doveva esser chiuso, finito l’assolutismo, aperta la grande strada maestra delle libertà popolari. Invece la reazione riprese il suo lavorìo e lo czar subito l’assecondò. La costituzione doveva esser opera della Duma, ed invece il governo pubblicò le leggi fondamentali dell’impero come un’ordinanza imperiale. Non ci fu la Costituente, ma la magnanima elargizione sovrana. Ciò che permise alla [12] Destra di proclamare che lo czar poteva, quando volesse, ritogliere quello che aveva dato. Infatti nel 1907 Stolipin41, coll’ordinanza del 16 Giugno emanava nuove disposizioni elettorali per cui fu ridotto il numero dei deputati a tutto detrimento delle classi popolari. Confrontate queste cifre: i contadini nominavano prima 2529 elettori delegati, poscia ne ebbero soltanto 1168; i possidenti invece da 1963 passarono a 2644. Eppure il popolo non aveva riconosciuto nemmeno nella prima e nella seconda Duma una vera rappresentanza popolare! Immaginatevi la sua delusione quando il diritto elettorale subì una modificazione in senso reazionario! L’imperatore non riusciva a far dimenticare il tradimento del 22 Gennaio 1905, nè il governo a nascondere la debolezza insita ne’ suoi metodi. Che altro rappresentava se non l’impotenza e lo smarrimento della burocrazia questa complicazione del diritto elettorale, per cui si concedeva l’elezione diretta alle grandi città di Pietrogrado, Mosca, Kiew, Odessa, Riga, Lodz42 e per tutte le altre circoscrizioni elettorali si volevano elettori di primo grado ed elettori di secondo grado, nominati dalle quattro curie — dei possidenti, dei contadini, dei cittadini, degli operai! Ma queste sono storie vecchie. Credo che nessuno in Europa ignori la debolezza dello Zar. Uomo realmente buono, cortese, onesto, ma privo di ogni forza di carattere. Questi uomini sono creati apposta per affrettare le crisi risolutive, non dominando i partiti, ma lasciandosi dominare, non 40 Una camarilla è un gruppo politico di persone che esercita influenza sugli esponenti di governo a vantaggio personale. In senso lato è equiparabile a “lobby”. 41 Pëtr Arkad’evič Stolypin (1862-1911) fu ministro degli Interni e Primo ministro dal 1906 al 1911. Oltre alla riforma citata dall’Autore, propose, nel 1911, una riforma agraria mirata allo smembramento delle comunità rurali, nel tentativo di creare una piccola classe di proprietari-contadini benestanti e indipendenti, e il risultato fu la rovina per milioni di contadini e la deportazione o l’impiccagione di chi gli era contro, tanto che le forche furono chiamate “le cravatte di Stolypin”. Feroce antirivoluzionario, morì a Kiev vittima di un attentato operato da Dmitrij Grigor’evič Bogrov. 42 Queste grandi città erano anche luoghi strategici: Pietrogrado, Mosca e Kiev (o, in ucraino, Kyiv) erano o erano state le capitali, Odessa controllava il Mar Nero e Riga (ora capitale della Lettonia) il Mar Baltico, Łódź (ora in Polonia) rappresentava il confine occidentale. 10 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it conciliandoli col freno della propria [13] autorità, ma avventandoli l’uno contro l’altro, col divenire strumento delle loro contese. La religione non è più una difesa dello czarismo, perchè ha voluto esserlo troppo. Voi sapete dell’uccisione di Rasputin. Rasputin era la degenerazione, la putrefazione clericale. Quando si pensi che alcuni anni or sono Lenin voleva sfruttare le convinzioni religiose dei contadini per la propaganda del socialismo!43 Ma il Santo Sinodo44 fu sconfitto da Tolstoi45. L’influenza del grande scrittore fu enorme. Pensate che l’attività letteraria e filosofica di questo genio è incominciata verso la metà del secolo scorso! Egli faceva parte allora assieme a Turghenieff46 e al poeta Nekrassof47 della Rivista 43 Lenin (pseudonimo di Vladimir Il’ic Ul’janov; 1870-1924) ben sapeva che il popolo russo non sopportava che l’ortodossia si fosse progressivamente degenerata verso forme di cultura, di arte e di sensibilità tipicamente occidentali e che venisse usata dall’autocrazia per sottometterlo sempre più. Per esempio, in L’agitazione politica e il “Punto di vista di classe” (“Iskra”, n. 16, 1 febbraio 1902), Lenin scrisse: «E quanto più l’istruzione si diffonderà nel popolo, quanto più i pregiudizi religiosi saranno soppiantati dalla coscienza e dallo spirito di disciplina socialista, tanto più sarà vicino il giorno della vittoria del proletariato, che libererà tutte le classi oppresse dall’asservimento, cui soggiacciono nella società moderna». 44 Il Santo Sinodo era ed è la riunione dei vescovi di una Chiesa ortodossa sotto la presidenza del loro capo (patriarca, metropolita o arcivescovo), istanza suprema dell’autorità ecclesiastica che tratta materie riguardanti la dottrina e la prassi. In Russia, fu fondato nel 1721 dallo zar Pietro I il Grande al posto dell’unica autorità del patriarca. 45 Lev Nikolaevič Tolstoj (1828-1910) fu scrittore e filosofo. Nato da una famiglia dell’antica nobiltà russa, visse tra Mosca, Kazan’ e Jasnaja Poljana, dov’era la tenuta familiare. Già noto come scrittore, nel 1851-53 partecipò alla guerra nel Caucaso, nel 1853 alla guerra russo-turca e, su sua richiesta, alla difesa di Sevastopol’ in Crimea. Seguirono anni di ricerche, di viaggi, di interesse per l’istruzione popolare, di attività di giudice di pace nelle contese tra proprietari e contadini durante il periodo delle riforme. Si sposò nel 1862 con la figlia di un medico, Sof’ia Bers, da cui ebbe tredici figli, cinque dei quali morti in tenera età. Nel 1869 pubblicò il suo capolavoro, Guerra e pace, e nel 1877 Anna Karenina. L’intreccio dei conflitti e dei problemi posti da quest’ultima opera fu alla base della crisi etico-religiosa che indusse lo scrittore a rifiutare l’arte e ingenerò una profonda riflessione sui Vangeli, da cui nacque il conflitto con la Chiesa ufficiale sfociato in una scomunica (1901, due anni dopo la pubblicazione del romanzo Resurrezione), che portò Tolstoj alla creazione di una setta religiosa. Visse gli ultimi anni in aperto contrasto con il potere, affermando principi utopici di un comunismo cristiano di tipo patriarcale, predicando la non violenza e condannando il progresso e la modernità della civiltà contadina. 46 Ivan Sergeevič Turgenev (1818-1883), originario della provincia di Orël, studiò letteratura, storia e filosofia nelle Università di Mosca, San Pietroburgo e Berlino. Tornato in Russia, si distinse per le idee occidentaliste, convinto che la Russia sarebbe progredita se avesse imitato l’Occidente e abolito tutte le istituzioni superate, come la servitù della gleba. Nel 1862 pubblicò il suo capolavoro, Padri e figli, in cui descrisse il primo diffondersi delle idee rivoluzionarie in Russia. Visse molto all’estero e morì a Bougival, presso Parigi. 47 Nikolaj Alekseevič Nekrasov (1821-1878) fu uno dei massimi rappresentanti del realismo in poesia e promotore di iniziative editoriali – tra cui la rivista “Sovremennik” (Il contemporaneo, 1847-1866) pubblicata assieme a Ivan Panaev – che gli fecero conoscere le opere dell’intelligencija radicale. Nel 1861 pubblicò il poema Gli ambulanti comprendente la famosa Canzone del vagabondo nella quale Nekrasov mostrava come il popolo non fosse per lui soltanto una «letteraria dimensione sentimentale». Del 18661877 è il suo capolavoro Chi è felice in Russia?, pubblicato postumo, in cui si narra il 11 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it Contemporanea del Panaief48, una rivista fondata da Puschkin49 nel 1836 e che al tempo della guerra di Crimea divenne il centro del movimento letterario e liberale russo. E’ vero che il suo atteggiamento ribelle è assai più recente, ma l’evangelio tolstoiano trovava un terreno fecondo nel misticismo russo, e sono moltissime le sette religiose professanti il tolstoismo. Così la setta dei Duchoborzi, o milizia spirituale50, e quella dei nemoliazi51, e quella di Sutaieff52, combattenti tutte la esteriorità del culto ufficiale, la vanità dei riti, il farisaismo53 delle funzioni religiose. Tolstoi rappresenterà per lo storico futuro il vero eroe nazionale russo, perchè tutta un’epoca della storia russa, che si avvicina al suo fatale epilogo, può essere rappresentata in sintesi dal drammatico conflitto fra lui e Pobiedonostsev. Questi fu il teorizzatore e il più aspro difensore del nazionalismo feroce, reazionario, della autocrazia [14] e dell’ortodossia. Tolstoi fu il negatore più ardente e più sicuro di queste basi del canone ufficiale russo. Nonostante i suoi errori, quale sterminata grandezza in questo genio nel quale vibrava possente l’aspirazione alla libertà! L’ortodossia e l’autocrazia furono schiacciate da Tolstoi. Da allora incominciò la loro decomposizione. Rasputin è l’ultima esalazione pestilenziale d’un regime spento. Veniva dal governatorato di Tobolsk nella Siberia. Si viaggio di sette contadini alla ricerca delle ragioni della propria infelicità. 48 Il romanziere Ivan Ivanovič Panaev (1812-1862) fu collaboratore di alcuni periodici, come “Annali Patri” in cui pubblicò, con lo pseudonimo di “Nuovo Poeta”, parodie letterarie dirette contro gli slavofili e i dilettanti. Nel 1847 fondò con Nikolaj Nekrasov la rivista “Sovremennik” (Il contemporaneo). 49 Aleksandr Sergeevič Puškin (1799-1837) fu uno dei più importanti poeti russi della prima metà dell’Ottocento. Dopo gli studi, diventò funzionario del Ministero degli Esteri a San Pietroburgo e condivise le frivolezze dell’alta società. Per la sua partecipazione alle società letterarie politiche progressiste fu mandato per due anni al confino nella Russia meridionale, al seguito del generale N.N. Raevskij, e poi a Odessa alle dipendenze di S.M. Voroncov, che per vendetta personale lo denunciò per attività sovversiva, per cui la polizia inviò Puškin in esilio presso Pskov nella tenuta materna di Michajlovskoe. Dopo tre anni, nel 1826, lo zar Nicola I annullò il provvedimento e il poeta tornò a San Pietroburgo, dove sposò Natalja Gončarova. Nel 1836 fondò un suo giornale, al cui interno pubblicò alcuni racconti dell’amico Gogol’. Nel 1837 sfidò a duello il barone francese George d'Anthès, presunto amante della moglie, e morì due giorni dopo la sfida. Tra le sue opere maggiori sono Ruslan e Ljudmila, Evgenij Onegin, La figlia del capitano. 50 I Duchoborcy (guerrieri o lottatori dello spirito) costituivano una setta sorta intorno alla metà del Settecento. Erano intolleranti verso il clero e tutti i riti e le funzioni della Chiesa ufficiale. Nel 1895, sotto l’influsso di Lev Tolstoj, rifiutarono di servire nell’esercito, distrussero le loro armi e, ridotti alla fame, emigrarono a Cipro o in Canada. 51 Nemoljaki, da ne molit’sja che significa “senza pregare”. Alcuni nomi di sette cominciavano con ne, senza, per indicare che negavano qualcosa della dottrina ufficiale (sacerdoti, sacramenti, icone…). 52 Vasilij Sutaev era un contadino che aveva formato una specie di comunità agricola e si rifiutava di pagare le tasse per non finanziare l’esercito. Conobbe e fu ospitato da Tolstoj che così lo descrisse: «un contadino analfabeta, ma la sua influenza sulle persone, sui nostri intellettuali è più grande, più significativa di quella di tutti gli studiosi e scrittori russi, di tutti i Puškin e Belinskij, presi insieme, cominciando da Tretjakovskij fino ai giorni nostri». 53 O fariseismo: ipocrisia. 12 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it improvvisò profeta. La sua dottrina era sensuale. Le sue pratiche religiose avvenivano in aperta campagna, di notte, e finivano in orgie sessuali. Fece furore: conquistò la Siberia, poi passato nella Russia europea, questo contadino fu disputato dalle dame dell’alta Società. Giunse a Pietrogrado nel 1905. In giro per la città, di salotto in salotto, col suo camiciotto abbottonato sulla spalla, serrato alla cintola, coi suoi stivaloni — questo mugik54 barbuto, dalle straordinarie qualità virili, dallo sguardo ipnotizzatore, divenne lo strumento delle forze più bieche. La Chiesa ortodossa lo proteggeva: la Polizia lo proteggeva. Era una complicità necessaria, e il ciarlatano potè giungere fino ai gradini del Trono. L’ortodossia e l’autocrazia erano ai piedi di questo stallone di Venere. Fu ucciso il 30 Dicembre scorso alle sei di mattina, in una delle case più aristocratiche, dal principe Iussupof55. Era presente anche il granduca Demetrio Paulovic56. La politica non ha nulla a che vedere in questo fatto di cronaca: è la rivolta morale che ha giustiziato il monaco Gregorio, detto Rasputin, il dissoluto. Nell’intenzione dei giustizieri l’atto non fu rivoluzionario; [15] fu un’opera chirurgica per salvare la dinastia, ma credo sia stato troppo tardi. E lo czar, che non li ha compresi, ha esiliato i suoi salvatori.» La lunga chiacchierata col signore svedese fece svanire le previsioni ottimistiche provocate dal rescritto dello czar, ma acuì ancora più la mia curiosità. 54 Mugik: contadino. La grafia esatta è mužik. 55 Il principe Feliks Feliksovič Jusupov (1887-1967), conte di Sumarokov-Elston, apparteneva a una famiglia di origine tatara che nel tempo aveva tratto enormi profitti dall’industria mineraria e nella tratta delle pelli. Studiò all’Università di Oxford in Inghilterra e, nel 1914, sposò la principessa Irina di Russia, nipote di Nicola II. Nella notte tra il 16 e il 17 dicembre 1916 nel palazzo sulla Moika appartenente alla famiglia Jusupov, partecipò all’assassinio di Rasputin con il granduca Dmitrij Pavlovič (col quale pare avesse una relazione omosessuale) e il deputato conservatore Vladimir Puriškevič. Jusupov e Rasputin si vedevano regolarmente in serate dedicate alla musica (Jusupov suonava e cantava) e alla danza, amata da Rasputin, ma quella sera Rasputin fu attratto dalla promessa di fargli incontrare la bella moglie di Jusupov. Formalmente arrestato, Jusupov e famiglia riuscirono ad arrivare in Crimea e, aiutati dai Britannici, a Malta, attraversarono l’Italia e raggiunsero Parigi e Londra. Dal 1920 si stabilirono vicino a Parigi, in rue Gutenberg a Boulogne-sur-Seine. 56 Il principe Dmitrij Pavlovič Romanov (1891-1942), figlio del granduca Pavel Aleksandrovič di Russia e della principessa di Grecia Aleksandra Georgevna, fu uno dei cinque Romanov che scamparono alla morte dopo la Rivoluzione russa. Viveva con la famiglia dello zar e quando Dmitrij si fidanzò con la figlia di Nicola II, la granduchessa Ol’ga, si pensò a lui come erede monarchico vista la cagionevole salute dello zarevič Aleksej. Dopo l’assassinio di Rasputin al quale partecipò con Feliks Jusupov (suo presunto amante), fu mandato sul fronte persiano e ciò lo salvò dallo sterminio dei Romanov. Con l’aiuto dei Britannici scappò, via Teheran e Bombay, prima a Londra e poi a Parigi dove la sorella Marie, aveva creato la società “Kitmir” specializzata in ricami. Negli anni Trenta, Dmitrij si avvicinò al movimento controrivoluzionario dei monarchici emigrati, “Giovani Russi” o “Mladorossi”, che ruotavano attorno alla figura di Aleksandr Kasembek che risultò poi essere un agente infiltrato sovietico. Malato di tubercolosi, Dmitrij morì nel sanatorio di Davos, Svizzera, per un’acuta uremia. Il figlio Paul, nato dal matrimonio con Audrey Emery, diventò sindaco di Palm Beach (Florida) negli anni Settanta-Ottanta del XX secolo. 13 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it Il 25 Gennaio eravamo ad Haparanda, in Lapponia. Dovevamo traversare il confine tra la Russia e la Svezia, segnato in quel punto dal Torneelf e la traversata avvenne colle slitte, dalla stazione svedese di Haparanda alla stazione finlandese di Tornea57. Queste due piccole città ignorate vedono ora passare a causa della guerra tutta una folla cosmopolita. Sbrigate le interminabili pratiche di confine, si riprende solo alla sera il treno e via in corsa precipitosa, affrettata dal desidero, traverso la Finlandia. Salve, o gelida terra, o regno delle acque, o santuario di purezza e di onestà! Tu sembravi dormire sotto il grande mantello di ghiaccio e di neve. Le acque de’ tuoi fiumi, de’ tuoi laghi immensi, tacevano. Ma io tendeva l’orecchio al rumore del tuo popolo laborioso, del tuo popolo di piccoli proprietari, inteso alla pesca e al taglio dei boschi, franco e sereno, orgoglioso del suo primato morale nel mondo! Non analfabeti58, non ladri, non delitti passionali, in Finlandia! Le case non si chiudono a chiave, i giardini e gli orti non sono sbarrati e difesi da punte ferrate, Paese benedetto, dove l’inverno, signore assoluto per sei mesi dell’anno, sembra che agghiacci le torbide cupidigie umane e tiene il posto, con [16] tanto maggior frutto, del carabiniere e del prete! Sta dunque per sorgere l’aurora della libertà per questo paese che ha resistito indomabile ad ogni tentativo di russificazione? Se vi sarà una Russia libera, essa non potrà essere che una federazione delle nazionalità liberate dallo czarismo. Traversammo la Finlandia ghiacciata: alla una di mattino del 27 Gennaio si giungeva a Pietrogrado. La capitale non poteva annunziarsi a noi nello splendore de’ suoi monumenti, ma io indovinava nelle ombre scure campeggianti al disopra del chiarore diffuso dalla illuminazione notturna, i profili di edifizi noti. Nel tragitto dalla stazione all’albergo, ad uno svolto, scorgemmo al di là della Neva una grande ombra oscura. La indicai ad un compagno, sussurrando: La fortezza di Petropaulosk59. Ma il mio compagno scrollò le 57 Tornio (o, in svedese, Torneå) è una cittadina della Lapponia (Finlandia) separata dalla città svedese Haparanda dal delta del fiume Tornio. Fu la città mercantile più importante del Nord fino alla guerra russo-svedese (1808-1809), quando la Finlandia fu conquistata dallo zar Alessandro I e diventò un Granducato autonomo ma facente parte dell’impero russo fino al 1917. Il fiume Tornio segnava il confine tra Svezia e Finlandia. Durante la Prima guerra mondiale la linea ferroviaria Haparanda-Tornio rappresentò l’unico collegamento che i Russi avevano con gli alleati occidentali. Nel dicembre 1917 la Finlandia dichiarò l’indipendenza. 58 In Italia, nel 1911 gli analfabeti erano il 46,7% della popolazione (il 35,80 nel 1922). Nella Russia europea (non comprensiva della Finlandia), nel 1913 gli analfabeti erano il 73% della popolazione maggiore di 9 anni, ma nella Russia asiatica si arrivava al 98%. In Finlandia il primo vero censimento è stato eseguito nel 1950, fino ad allora erano i registri delle parrocchie della Chiesa luterana a fornire il numero di nati e morti. Tuttavia, in un recente studio sul commercio e l’industria finlandese si è calcolato che nel 1900 il 50% della popolazione totale conosceva lo svedese oltre la propria lingua (finlandese o sami dei Lapponi) e che di quel 50% più di un terzo sapeva anche il russo e il tedesco. 59 La Fortezza di San Pietro e San Paolo è la cittadella edificata su progetto dall’architetto ticinese Domenico Trezzini nel 1703, per ordine di Pietro il Grande, su una piccola isola del 14 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it spalle: non vedeva nulla. Forse si stupì di quel mio sussurro misterioso. Ma io pensava che di giorno questo carcere famoso si presenta con un aspetto ridente di bianchi edifizi fra il verde, raggruppati intorno alla chiesa dove sono le tombe degli imperatori, sormontata dalla freccia d’oro che si slancia nel cielo. Di notte invece noi potevamo immaginare muraglioni massicci, tetri… E pensai alle vittime innumeri, alla lotta secolare per la rinnovazione dell’impero, e ancora una volta mi chiesi quello che stava per vedere. Astraendo dalla missione ufficiale che mi conduceva in Russia, il mio pensiero, ponendo il piede a Pietrogrado e contemplando nella notte l’ombra smisurata della Bastiglia russa, fu un pensiero di riverenza e di saluto per coloro che [17] avevano combattuto e che combattevano tuttora per la redenzione del popolo. 28 Gennaio. Sono a Pietrogrado da due giorni e la veste ufficiale mi toglie ogni libertà. Da una visita a un ricevimento, da un ministero ad un’ambasciata, da una conferenza ad un’adunanza, le ore volano, precipitano, l’argomento è unico, l’ambiente è burocratico, ufficiale, stilizzato. Non ho tempo per penetrare il segreto di questa città e di questo popolo. E tuttavia… osservo, studio, indago. Le mie prime impressioni non sono dissimili dalle antiche. C’è troppa lentezza, c’è troppa imponenza in questa pittoresca sfilata di tipi russi per sognare un prossimo movimento tumultuario. Questi popi dai lunghi capelli untuosi pioventi sulle spalle, questi signori soffocati da enormi pelliccie, da cappotti imbottiti, da mantelli di pelle, questi soldati colossali, rigidi, imponenti che marciano contando per quattro Ras, dra, tri, cetire60, — tutta questa umanità un po’ goffa, un po’ impacciata, un po’ tarda, sempre troppo lontana dalla convulsa animazione, dalla impaziente nervosità delle tragiche vigilie. Anche la città dà un’impressione di riposo e di torpore. Tutta la Russia sembra dormire pigramente sotto il manto di neve. Pietrogrado ha un aspetto fantastico, grigio, indefinibile, misterioso. Le slitte basse a due posti scivolano rapidamente, senza rumore, sul pavimento di ghiaccio, trascinate dai loro cavalli che sembrano rivestiti di un pelame di cristallo. La vita [18] fugge dalle strade e dalle piazze per rintanarsi. E nelle case, negli appartamenti ben riscaldati, guardando dalle doppie vetrate, si scorge un biancore crepuscolare sulla grande città addormentata. Poichè alle tre del pomeriggio la Russia è al buio, e poco dopo bisogna accendere le lampade… fiume Neva. Dal 1720 fu usata come comando militare per la guarnigione cittadina poi, quando non si temettero più gli Svedesi, diventò la prigione per i detenuti di alto rango e per gli oppositori politici. Il bastione Trubeckoj, costruito nel 1870, divenne il corpo centrale della prigione. 60 Raz, dva, tri, četyre: uno, due, tre, quattro. 15 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it Come diversa questa Pietrogrado invernale da quella estiva, quando il sole veste di splendore le vie e le piazze, fiancheggiate da palazzi dovuti in tanta parte all’architettura italiana61, e la Neva è solcata per ogni verso da migliaia di imbarcazioni, e il popolo si riversa giocondo verso le isole del Ladoga e verso le migliaia di dacie, villette in legno, amenissime fra il verde dei dintorni! L’estate russa è breve e fulminea: sembra donarsi con prodigalità. Ma da ottobre a maggio, quale interminabile inverno! La noia di una stagione così lunga giustifica lo sfarzo delle serate russe. Non so quel che avvenga nelle campagne, ma i ricevimenti nelle grandi città russe sono qualche cosa di indimenticabile. Mi hanno riferito oggi che a Pietrogrado nulla è cambiato. La guerra non ha diminuito il fasto e l’abbondanza. Teatri, ristoranti, salotti sono sempre affollati. Non avrò certamente l’occasione di presentarmi al ricevimento in casa di qualche amico pietrogradese, dovendomi sobbarcare alla fatica di ininterrotti ricevimenti ufficiali, ma so che cosa voglia dire per uno stomaco occidentale un ricevimento presso una famiglia russa. Dopo il baciamano alla padrona di casa e le presentazioni ad una folla elegantissima ed eccentrica, eccovi [19] spinti verso l’albero della cuccagna. E’ una camera degna dei sogni di Pantagruel62, è una catasta di trovate gastronomiche, un trionfo culinario. Bottiglie, piatti, bomboniere, cestelli, e carni e burro e panini e pesci e frutta e conserve. Scusate: vi avverto che questa è la camera dell’aperitivo. A tempo opportuno, il padrone di casa passerà invitandovi alla cena. Ebbene, queste abitudini pietrogradesi continuano. La guerra non ha 61 Tra gli architetti italiani che lavorarono a San Pietroburgo o nei dintorni si ricordano: Nicola Michetti (?-1758; fu architetto di corte di Pietro il Grande e realizzò il giardino e la cascata di Peterhof), Gaetano Chiaveri (1689-1770, completò la Kunstkamera), Bartolomeo Francesco Rastrelli (1700-1771; realizzò il primo e il secondo Palazzo d’Inverno e i palazzi Razumovkij, Stroganov e Voroncov; lavorò ai Palazzi imperiali di Carskoe Selo e Peterhof e al monastero Smol’nij), Antonio Rinaldi (1710?-1794, lavorò per Caterina II a Oranienbaum e, a San Pietroburgo, costruì il Palazzo di Marmo, il Palazzo Gatčinskij e la guglia dorata nella fortezza di S. Pietro e Paolo), Vincenzo Brenna (17411814; progettò il Michajlovskij zamok, residenza dello zar Paolo I, con Vasilij Baženov), Giacomo Quarenghi (1744-1817; realizzò, tra i suoi numerosi edifici, il Palazzo Berborodko, il Collegio degli Affari Esteri, la Banca di Stato, l’Accademia delle Scienze, il Teatro dell’Ermitage, il Palazzo Vitingov e il Palazzo inglese a Peterhof), Carlo Domenico Rossi (1775-1849; progettò il piano urbanistico del centro città e realizzò l’edificio dello Stato Maggiore con il doppio arco di trionfo, i palazzi Michajlovskij e di Elagin, il Senato e il Sinodo, numerose piazze e la celeberrima via Teatral’naja, con il teatro Aleksandrinskij sullo sfondo). Del Canton Ticino (Svizzera italiana) erano gli architetti Giovanni Maria Fontana, Luigi Rusca, Domenico Gilardi, Domenico e Antonio Adamini, Domenico, Carlo Giuseppe e Pietro Antonio Trezzini, Ignazio Ludovico e Giovanni Gioacchino Rossi. 62 Con Gargantua e Pantagruel si intende una serie di cinque libri, fantastici e satirici, scritti da François Rabelais dal 1532, sotto lo pseudonimo di Alcofribas Nasier, anagramma del proprio nome. I due giganti, tornati a Parigi dopo un lungo viaggio in Europa, raccontano le loro avventure attorno a mense laute e allegre, ben fornite di vino e di qualsiasi cibo possibile, perciò l’aggettivo “pantagruelico” rimanda a pasti abbondanti in allegre compagnie e l’aggettivo “gargantuesco” all’essere smisurato, insaziabile. 16 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it portato che un rialzo dei prezzi: ma chi ci bada? Il russo non misura il denaro. E a Pietrogrado si è abituati ad una vita assai costosa. . . . . . . . . . . . . Tornando dalla Borsa dove si era tenuta l’assemblea generale della Camera di Commercio russo-italiana, ho avuto una interessantissima conversazione col mio vecchio amico, l’avvocato Karamine63. Egli ha voluto spiegarmi perchè Pietrogrado conserva in tutti gli aspetti esteriori una freddezza e una calma, o meglio, una normalità inesplicabile, se veramente si attraversa un periodo di crisi suprema. L’avvocato Karamine crede che realmente si sia alla vigilia di avvenimenti eccezionali. Ecco il suo discorso. «Pietrogrado che pure fu il teatro della sanguinosa repressione del 22 Gennaio 190564 — non si è neppure accorta di questo anniversario, ma io so che a Mosca avvennero dimostrazioni colossali, scontri colla polizia — al grido di abbasso il Governo! viva la Duma! viva la Costituente! — Ebbene, Mosca ha dato un segnale. Quando Mosca ricorre a gesti violenti, dopo due anni di attesa paziente, dopo aver subìto tutti [20] gli affronti per non compromettere le sorti della guerra, vuol dire che è scoccata l’ora rivoluzionaria. Pietrogrado non si è ricordata della Domenica nera, ed è naturalissimo. Se vi sarà una rivoluzione russa essa scoppierà a Mosca, avrà la sua cittadella a Mosca, dovrà trasferire la capitale da Pietrogrado a Mosca. Pietrogrado strozzerebbe la rivoluzione o la snaturerebbe, perchè Pietrogrado non può essere una città rivoluzionaria, anzi è la negazione di ogni movimento rivoluzionario russo. «Che cosa è, o almeno, che cosa deve essere, essenzialmente, la rivoluzione in Russia? Deve essere la rinnovazione dell’anima russa, da passiva in attiva. I russi sono mistici, sognatori, inerti: contemplano, meditano, scandagliano, assetati di verità, gli abissi dell’anima, s’inebbriano nelle vertiginose altezze dell’assoluto, ma non agiscono. E in loro vece agiscono gli altri. Tutto quello che esiste in Russia di organizzato e di ordinato è una imposizione esterna. Questo spiega le antitesi formidabili del nostro paese. Pietrogrado è una manifestazione tangibile di questa imposizione. Pietro il Grande ha imposto questa città, la quale quindi non poteva essere una città russa e non lo è mai stata. Si comprende perfettamente l’odio dei rivoluzionari per Pietrogrado. E dicendo rivoluzionari io intendo tutti coloro che hanno tentato di dare al popolo russo una personalità e una volontà propria, di liberarlo da ogni imposizione esteriore, di farne un artefice dei propri destini. Da questo punto di vista sono egualmente rivoluzionari gli slavofili e i zapadniki, cioè gli 63 Anche trascritto in altri modi, Karamine non risulta essere un cognome russo. Invece, Karamin è una cittadina della Crimea. 64 A San Pietroburgo, Il 22 gennaio 1905 (9 gennaio per il calendario giuliano), la Guardia Imperiale aprì il fuoco contro la manifestazione pacifica di dimostranti disarmati capeggiata dal pope Gabon, come già ricordato. Quel giorno è detto “Domenica di sangue” o, nel testo, “Domenica nera”. 17 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it occidentalisti65. [21] Queste due correnti del pensiero russo nacquero e fiorirono a Mosca: di là fulminarono Pietrogrado, questa metropoli dello czarismo e del tedeschismo. «Il profeta degli slavofili, Axakov66, inveendo contro Pietro il Grande, uno dei plasmatori della creta russa, gli diceva appunto: «Tu hai ripudiato Mosca senza pietà e lontano dal tuo popolo hai costruito una città solitaria: non vi era più possibile vivere insieme». «Questo dualismo fra Mosca e Pietrogrado non è mai cessato, e Mosca è sempre rimasta la vera capitale della Russia. Ma da quando è incominciata la guerra l’abisso fra le due città si è allargato, come l’abisso che separa il popolo dalla burocrazia. Non so se voi abbiate seguito con molta attenzione gli avvenimenti russi o se l’avrete potuto fare. Ma certo avrete osservato che Mosca ha preso la direzione del movimento liberale russo. Mi permettete di ricordarvi alcuni fatti? «La crisi delle munizioni, che si era fatta sentire verso la fine del 1914, arrivò nel 1915 allo stato acuto. Nel Maggio e nel Giugno 1915, come ebbe a dichiarare poi il ministro della guerra Polivanoff67, la situazione era tragica. L’esercito doveva ritirarsi per mancanza di proiettili. Appunto in Giugno si teneva a Mosca un congresso di commercianti e di industriali e, ad una seduta del congresso, ecco apparire il soldato Riabushinsky68, un milionario, tutto sporco di fango, ansante e trafelato, per domandare soccorso in nome della Patria in pericolo e in nome dell’esercito impossibilitato a combattere. Il congresso in preda ad una commozione indescrivibile [22] si alzò unanime a chiedere la mobilitazione industriale. «Da quel momento sotto la pressione degli avvenimenti la burocrazia dovè cedere e la Commissione per il rifornimento dell’esercito russo, che 65 Gli slavofili intendevano mantenere l’autorità dello zar, tornare alla cultura precedente a Pietro il Grande, recuperare i valori tradizionali della Chiesa ortodossa, evitare il capitalismo e il razionalismo occidentale, identificare l’idea-uomo nel popolo e non nell’individuo. Principali esponenti della slavofilia furono Chomjakov, Aksakov, Kireevskij, Dostoevskij, Solov’ev. Gli occidentalisti (zapadniki) volevano democratizzare lo Stato russo combattendo l’autocrazia dello zar e mirando al socialismo, continuare l’occidentalizzazione del Paese iniziata da Pietro I, riformare la società civile creando una classe intermedia tra nobiltà e borghesia, laicizzare il popolo, mettere l’individuo al centro dei valori della società umana. Suoi principali esponenti furono Beljnski, Herzen, Caadaev, Turgenev, Černyševskij. 66 Sergej Timofeevič Aksakov (1791-1859), laureatosi all’Università di Kazan’, prese parte alla guerra del 1812 e si ritirò in campagna. Intorno al 1830 si trasferì a Mosca per entrare nel Dipartimento della Censura e iniziò a pubblicare i Racconti di un proprietario di vita familiare, caccia, pesca… che lo resero celebre. Nel 1843 si trasferì coi figli nel villaggio di Abramcevo, facendolo diventare un centro culturale, e scrisse opere in buona parte autobiografiche. 67 Aleksej Andreevič Polivanov (1855-1920), di famiglia aristocratica, iniziò la carriera militare partecipando alla guerra russo-turca del 1877-1878; nel 1905 fu nominato generale dello Stato maggiore e fu il vice del ministro della Guerra, Vladimir Suchomlinov, dal 1906 al 1912 quando passò al Consiglio di Stato. Dal giugno 1915 al marzo 1916, fu ministro della Guerra, poi la zarina lo accusò di cospirazione e lo rimosse. In seguito entrò nell’Armata Rossa. Morì di tifo a Riga. 68 Il soldato Rjabušinskij è un omonimo del politico citato in seguito (cfr. nota 70). 18 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it doveva essere una semplice commissione consultiva, ebbe, grazie all’appoggio del Quartier generale, dei poteri dittatoriali. «Fu una grande vittoria degli industriali moscoviti, tanto più notevole in quanto l’esercito era così unito strettamente a Mosca, alle forze nuove della Russia che si levavano finalmene per agire da sè, che rinunziavano finalmente alla inerte passività, al lasciar fare e malfare degli altri, al fatalistico nitcevò della rassegnazione russa69. Mosca aveva con sè l’esercito: quanto al popolo, Mosca lo aveva organizzato intorno a sè coll’Alleanza degli Zemstva di tutta la Russia e colla alleanza delle Città. «Quello che è stato fatto da queste associazioni, quello che si è ottenuto colla mobilitazione industriale, è stupefacente. Tuttavia si poteva fare di più, se questa mobilitazione sociale della Russia non avesse urtato contro il malvolere della burocrazia. Ma erano ormai due forze organizzate che si urtavano, e la lotta incominciò aspra e difficile. Riabuscinski, il presidente degli industriali di Mosca70, lanciò una parola d’ordine: «Bisogna togliere gli impacci». Togliere gli impacci voleva dire liberarsi della burocrazia, e quindi colpire in pieno il vecchio regime». Nel Settembre del ’915 tutte le forze liberali convennero a Mosca: si radunarono gli industriali, i commercianti, gli Zemstva, i rappresentanti [23 ] delle città, dei comitati militari e industriali, i deputati. In quelle assemblee imponenti si riconobbe nella Duma il centro organizzato delle forze liberali russe, ma si volle organizzare una deputazione del paese, e cioè una maggioranza progressista che unisse la Duma a Mosca. Poscia sei delegati dell’assemblea recarono allo czar i voti degli Zemstva e delle città per la costituzione di un governo responsabile. Così Mosca rimaneva al posto glorioso segnato dalla tradizione storica. Dal settembre 915 ad oggi la lotta non ha avuto tregua e tuttavia Mosca non ha vinto. Quale sarà l’esito di questa battaglia? Io non ho dubbi in proposito e credo non lontana la vittoria. Ma la vittoria non sarà ottenuta che a Mosca. Pietrogrado non è città della rivoluzione. Non vi è neppure un elemento rivoluzionario perchè vi manca una classe piccolo-borghese. Vi è sì l’elemento operaio, ma questo elemento non ha la capacità per dirigere una rivoluzione e per salvarla da nuove imposizioni e sovrapposizioni straniere all’anima popolare russa. 69 Ničevo significa letteralmente “nulla, non importa, fa niente”, ma esprime in sé una filosofia di vita, quella del tirare a campare senza preoccuparsi troppo, del superare la cattiva sorte e le avversità con fatalistica rassegnazione. 70 Pavel Pavlovič Rjabušinskij (1871-1924) fu imprenditore e politico liberale. Nato in una famiglia di Vecchi Credenti (ortodossi tradizionalisti), nel 1907 iniziò la pubblicazione del giornale “Utro Rossii” (Mattino di Russia), per diffondere i principi liberali. Aderì al Partito democratico costituzionale (o “dei Cadetti”) ma poi fondò, nel 1908, con l’amico Aleksandr Konovalov, il moderato Partito progressista. Rjabušinskij fu eletto presidente del Comitato della Borsa di Mosca e del Comitato industriale. Dopo la Rivoluzione di febbraio, alleato di Lavr Kornilov, si oppose alla partecipazione dei socialisti nel Governo provvisorio. Sconfitto, si ritirò dalla politica e si recò in Crimea per curare la tubercolosi. Dopo la Rivoluzione d’ottobre emigrò in Francia. 19 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it «A Pietrogrado non vi può essere che l’anarchia czarista o l’anarchia plebea. Se la rivoluzione esulasse dal suo centro d’origine per venire a Pietrogrado, essa dovrebbe presto o tardi ritornare a Mosca, trincerarvisi, salvarsi. E’ a Mosca che deve risiedere il Comitato di salute pubblica della rivoluzione russa, se la perfidia dei neri sospingerà la Russia alla rivoluzione». . . . . . . . . . . . . Ho meditato le parole dell’avvocato Karamine. [24] E’ paradossale, ma c’è del vero. Pietrogrado non ha infatti quella classe media, di piccoli borghesi, dove si reclutano le avanguardie, i martiri e poi i duci delle rivoluzioni. Una classe media in questa capitale non può esistere per la semplicissima ragione che una mela può costare quattro rubli, qualche cosa come dieci lire e mezza71, e una porzione di baccalà cinque rubli, e certe bottiglie dalle etichette sonore e di una discutibile vetustà, dagli ottanta ai cento rubli. Cifre favolose anche in questi tempi! Ma è risaputo che pure in tempi normali la vita a Pietrogrado è costosissima. Il russo spende largamente, senza misura, senza risparmio: è quasi un bisogno quello di essere fastosi, prodighi, di vivere largamente. Noi pensiamo al domani: il russo se ne preoccupa assai poco. Com’è diversa la vita a Parigi dove anche le piccole borse hanno modo di salvare le più decorose apparenze! A Pietrogrado no: bisogna vivere o molto in alto o molto in basso! Non c’è posto per la piccola borghesia. E quindi, secondo l’amico Karamine, non c’è possibilità di rivoluzione. Pure, quando penso alla massa operaia, l’asserzione mi sembra arrischiata. Questa massa ha ogni giorno sotto gli occhi lo spettacolo di questa società gaudente e trionfale, che trascorre la vita in continue feste e in orgie frequenti, non frenate neppure dal pensiero della guerra. Le condizioni degli operai non sarebbero penose, se col denaro si potesse trovare della carne, dello zucchero, e sopratutto della [25] vodka… Ma la capitale è male fornita, e quanto alla vodka si è imposto al russo di non bere. Sempre riforme dal di fuori, non mai dall’interno: il russo non deve più ubbriacarsi, non per una sua decisione, non per volontà sua, ma per volontà altrui. Sono riforme alla moda di Pietro il Grande, ma spesso non ottengono seri risultati. Quale è stato il successo della proibizione del vino e della vodka? Non ho pensato di chiederlo al Karamine, ma l’altro ieri ho assistito ad una curiosa scena. Anzi mi pare sia stato proprio al buffet della Stazione, arrivando. Era in una di quelle sale di buffet così sfarzose e imponenti come si vedono nelle stazioni russe, e un signore aveva ordinato al cameriere una tazza di caffè nero. Mi parve di scorgere sul volto impassibile del cameriere un lampo fugace, una strizzatina degli occhi… e poco dopo vidi un caffè 71 Secondo gli studi dell’Istat, una lira del 1917 corrisponde a 3.002,1394 lire del 1999, anno di introduzione dell’euro nei mercati finanziari. 20 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it nero, che portato dal cameriere, mi passò innanzi lasciando dietro di sè un’aroma di vodka così pronunziato, che non poteva sfuggire neppure al fiuto di chi conosceva solo di nome la famosa acquavite russa. Era una vodka corretta col caffè! Ero al colmo dello stupore, ma mi rimisi subito pensando al nostro vecchio proverbio: Fatta la legge, trovato l’inganno. In Russia l’inganno è così grossolano che non merita neppure tal nome. Non si tratta che di mutare il nome alla cosa proibita. Vino, vodka, cognac, hanno i loro nomi convenzionali e così ribattezzati fanno la loro comparsa in tutti i ristoratori della capitale. — Il popolino avrà trovato anch’esso il modo di accomodare le esigenze legali e quelle della sua sete inestinguibile. [26] Rientrando all’albergo interpello il cameriere. Ma appena apro bocca la mia attenzione è d’un subito sviata dall’alcoolismo. Il cameriere parla il russo e poi… soltanto il tedesco. Mi pare strano. Esprimo la mia meraviglia e il cameriere mi osserva che a Pietrogrado nei grandi alberghi il personale non parla che il tedesco. Perchè? Perchè a Pietrogrado prima della guerra, non c’erano che tedeschi. Pietrogrado tedeschizzata! Pietrogrado germanofila! L’invasione e l’invadenza dei tedeschi in Russia! quanta materia di ricerca! Ma pensandoci bene, ecco un vero pericolo per una rivoluzione russa che venisse a stabilirsi a Pietrogrado. Credo che l’amico Karamine abbia ragione di voler la capitale della Russia rivoluzionaria a Mosca, sebbene egli non abbia accennato al pericolo tedesco. Pietrogrado aveva scuole tedesche con programmi tedeschi — aveva magazzini, negozi, case commerciali tedesche, con personale tedesco: aveva ed ha tuttora, in piena guerra, due giornali stampati in tedesco: aveva ed ha tuttora, in piena guerra, una burocrazia tedesca: è circondata da regioni abitate da tedeschi di razza e anche un po’ di sentimento. A Riga si parla tedesco. La Russia ha avuto ministri che parlavano soltanto il tedesco e prima di intraprendere il mio viaggio mi ricordo di aver letto una statistica spaventosa del numero dei funzionari tedeschi occupati a servire la Russia. E infatti se non si aprivano gli occhi in tempo, la Russia era bell’e servita. Questo dell’invasione tedesca è un fenomeno [27] mondiale: non c’è paese del mondo che non si sia accorto — nell’agosto 1914 — di avere troppi tedeschi in casa. Ma liberarsene fu un problema diversamente difficile per i vari popoli. I russi hanno messo del fervore nell’opera di epurazione, ma… Ci sono tanti ma. Quello che il popolo faceva, la burocrazia disfaceva. Quello che voleva Sazonoff72 e il granduca Nicola, non lo volevano la czarina 72 Sergej Dmitrevič Sazonov (1860-1927), cognato del Primo ministro russo Pëtr Stolypin, fu diplomatico a Londra e in Vaticano e, dal settembre 1910 al giugno 1916, ministro degli Esteri. A questa nomina seguì un incontro a Potsdam tra Nicola II e Guglielmo II di Germania e il governo britannico interpretò tale combinazione come il disinteressamento della Russia alla crisi bosniaca, che stava ridisegnando la geopolitica europea. Infatti, a Potsdam, Russia e Germania firmarono un accordo riguardante la questione persiana e in particolare fu firmata la realizzazione della ferrovia Russia-Iran che Sazonov aveva sollevato per incrementare i commerci con l’Oriente. Nel 1912, dopo la sconfitta nella 21 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it e Protopopoff e Sturmer. E questi ultimi in definitiva pare che finiscano sempre coll’averla vinta. Cosicchè se il popolo vuole togliere gli impacci, secondo la frase pittoresca del presidente degli industriali di Mosca, bisognerà fare non solo la guerra antitedesca al di fuori, ma la rivoluzione antitedesca al di dentro. In questo caso avremmo una ripetizione nella storia russa; le sommosse, i pronunziamenti militari più memorabili furono sempre antitedeschi. Guardo l’orologio. Le tre di mattino. Non è affatto tardi in Russia. Se guardo dalle vetrate doppie, laggiù nella via, fuori del portone d’un gran palazzo tutto illuminato, vedo le slitte che attendono, e sul basso sedile un ammasso di coperte buttate di traverso. E’ l’isvoscik che attende… fino alle cinque, alle sei di mattino. Notiamo in fretta qualche ricordo di storia. Anna Ivanovna, duchessa di Curlandia, regna circondata da tedeschi da lei chiamati da ogni angolo della Germania. Gli storici russi chiamano questi tedeschi: banda di ladri, gatti affamati. Una rivoluzione di palazzo nel 1741 abbatte l’oligarchia tedesca73. Ma per poco. [28] Con Pietro III74 – che montava la guardia all’appartamento guerra russo-giapponese, Sazonov firmò una convenzione col Giappone sulla spartizione della Mongolia, primo passo del trattato conclusivo del 1916, volto a garantire gli interessi russi e giapponesi in Cina. Intorno alla questione balcanica, la sua politica, alla vigilia del primo conflitto mondiale, fu quella di isolare l’Austria-Ungheria per diminuire il potere asburgico. Sazonov fu licenziato dalla zarina Alessandra (o dai germanofili) quando propose di concedere l’autonomia alla Polonia. Nel 1919 rappresentò l’Armata Bianca alla Conferenza di Pace di Parigi. Rimase poi in Francia. 73 Anna Ivanovna Romanova (1693-1740), figlia di Ivan V (fratellastro di Pietro il Grande), fu imperatrice dal 1730. Nel 1710 sposò Federico III Guglielmo, duca di Curlandia, rimanendo vedova poco mesi dopo. Fu eletta dal Consiglio dei bojari perché, con la morte di Pietro II, si era estinta la diretta successione maschile dei Romanov. L’intento dei bojari era forse quello di mettere sul trono una figura influenzabile, ma Anna sfruttò l’appoggio della guardia imperiale e si impose. Reintrodusse la polizia segreta, ridimensionò il potere dell’aristocrazia, mise in posti di potere personalità originarie delle regioni baltiche della Germania strinse alleanza con Carlo VI e coinvolse la Russia nella guerra di successione polacca (1733-1735). Nel 1736 attaccò l’impero ottomano, ma Carlo VI firmò una pace separata che costrinse la Russia a sospendere le ostilità e a restituire tutte le conquiste a eccezione di Azov. Nel decennio di regno, crebbe in modo esponenziale il debito pubblico e il malumore generale. Poco prima di morire, Anna nominò suo successore il neonato nipote Ioann Antonovič (Ivan VI) e indicò come reggente il Gran ciambellano Ernst Johann von Biron (o Biren), duca di Curlandia e suo favorito. Biron era però malvisto dalla popolazione e la madre di Ivan VI, Elisabetta di Meclemburgo-Schwerin (poi Anna II di Russia), lo rovesciò e assunse la reggenza, che durò poco perché nel dicembre 1742 la figlia di Pietro il Grande, Elisabetta, incitò la guardia imperiale alla rivolta col favore dell’esercito e salì al trono. Ivan VI fu imprigionato e Anna II fu esiliata su una piccola isola del fiume Dvina settentrionale. 74 Carlo Pietro Ulrico di Holstein-Gottorp (1728-1762), nipote di Pietro il Grande e di Carlo XII di Svezia, salì al trono di Russia per soli sei mesi, nel 1762, col nome di Pietro III. Si sposò con la principessa Sofia Augusta Federica di Anhalt-Zerbst, che, convertendosi alla religione ortodossa russa, assunse il nome di Caterina, ed ebbe un figlio, Paolo. Pietro III ritirò l’esercito dalla Guerra dei Sette anni, siglò la pace con la Prussia e con essa si alleò 22 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it dell’ambasciatore tedesco e che pregava davanti al busto di Federico II 75 – abbiamo una ripresa di fanatismo germanico. Gli ufficiali della guardia ammazzano questo scimmiotto. Il partito tedesco si ecclissa per ricomparire sempre. Ad ogni svolto della storia russa noi l’incontriamo. La sua forza è la fedeltà e la complicità colla tirannia. E’ l’influenza tedesca che mantiene l’oppressione in Russia: sono i tedeschi che hanno insegnato alla burocrazia e che hanno applicato in Russia i peggiori metodi di tirannia. Esecuzioni, deportazioni, torture, sciabolate. Il 14 Dicembre 1825. Mosca, centro rivoluzionario. Il motto dei decembristi76: «Combattere i tedeschi al servizio della Russia». La repressione della rivolta è opera della nobiltà tedesca — dal principe Eugenio di Wurtemberg, generale77 – a Grunvald78, a Kaulbars79, a Frederichs…80 contro la Danimarca per restituire lo Schleswig al proprio ducato di Holstein-Gottorp, promulgò delle riforme economiche sul modello occidentale, limitò le importazioni per favorire i prodotti nazionali, revisionò il servizio militare… La moglie Caterina, assieme all’amante Grigori Orlov e col sostegno della nobiltà, detronizzò Pietro, che fu ucciso in carcere, e governò la Russia – col nome di Caterina II – fino al 1796. 75 Federico II il Grande di Hohenzollern (1712-1786) fu re di Prussia dal 1740. Amante della letteratura e della musica, si circondò di intellettuali, soprattutto illuministi francesi. Riformò l’esercito, conquistò la Slesia (possedimento asburgico) partecipò alla prima spartizione della Polonia (1772), attuò una serie di riforme amministrative e favorì lo sviluppo delle manifatture, tanto che alla sua morte la Prussia era diventata una delle principali potenze economiche e militari d’Europa. 76 Decembrista o decabrista (dal russo dekabr’, dicembre) fu in nome dato agli ufficiali della guardia imperiale russa che presero parte alla rivolta democratica antizarista del 14 dicembre 1825, giorno dell’incoronazione di Nicola I, a San Pietroburgo, ma in senso lato indicò tutti i membri che prepararono quel moto. La rivolta fu soffocata e cinque ribelli (Pestel’, Ryleev, Kachoviskij, Bestuzev-Rjumin e Murav’ev Apostol) furono impiccati; oltre un centinaio di insorti furono arrestati e condannati ai lavori forzati o all’esilio. 77 Federico Eugenio II di Württemberg (1732-1797) si formò alla corte prussiana di Federico II il Grande e seguì la carriera militare diventando in pochi anni luogotenente generale di cavalleria. Contro i russi combatté a Kołobrzeg nel 1761, ma pur resistendo per molti mesi dovette alla fine ripiegare in ritirata. Lasciato l’esercito prussiano, si stabilì a Mömpelgard su cui governò fino al 1791 quando fu circondato dai francesi. Federico II lo nominò governatore generale del principato di Brandeburgo-Ansbach e di BrandeburgoBayreuth e, in seguito, feldmaresciallo generale di Prussia e duca regnante di Württemberg, con residenza a Stoccarda. La sua prima figlia femmina, Sofia Dorotea Augusta, sposò il futuro zar Paolo I di Russia e diventò madre degli zar Alessandro I e Nicola I. 78 Generale A.A. von Grünwald, capo del corpo di cavalleria sotto Nicola II. 79 Il barone Nikolaj Vasil’evič von Kaulbars (1842-1905) fu nominato generale di cavalleria nel 1880 a San Pietroburgo e prese parte a sette guerre e ottantadue battaglie, diventando un membro del supremo consiglio militare russo. Fu il primo a capire il potenziale militare dell’aviazione e studiò in Francia sia la costruzione delle macchine che la tecnica di volo. Nel 1910 compì la prima traversata aerea San Pietroburgo-Mosca; in seguito realizzò l’aerodromo di Gatčino, che per molti anni fu il più attrezzato del mondo, e fondò l’Aero Club di Odessa. 80 Il barone Vladimir Freedericksz (1838-1927) fu nominato, da Alessandro III, ufficiale di cavalleria e poi assistente del ministro di corte, conte Voroncov. Nicola II lo nominò conte e ministro di corte, ossia suo consigliere e portavoce. Freedericksz fece sì che la Russia mantenesse ottime relazioni con la Germania, non fidandosi della lealtà di Francia e Gran 23 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it A proposito, Frederichs… Non è questo il nome del ministro della casa imperiale? Domani faremo conoscenza con questo signore. Sua maestà lo Czar, imperatore di tutte le Russie, granduca di Finlandia, etc., etc., si degna ricevere la missione alla quale appartengo. . . . . . . . . . . . . Vado a dormire e sogno di avere sullo stomaco un elmo a chiodo. [29] 29 gennaio. Oggi ho veduto e ho scambiato due frasi collo czar Nicola II, a TsarkoeSelo81. La solita coreografia di staffieri gallonati, di gendarmi dipendenti dalla polizia di palazzo, colle lunghe tuniche candide fregiate di decorazioni, di ufficiali in uniformi sgargianti. Questa coreografia può costituire uno spettacolo seducente fuori, sulle ampie praterie, quando scintilla il sole e trae barbagli e riflessi dalle armature lucide, dagli argenti degli elmi, dall’else delle sciabole, dagli ori delle giubbe azzurre e vermiglie, dalle visiere lucide. Ma quest’oggi nevicava e questi impassibili guardiani dello czar, coperti di placche e di decorazioni, accrescevano la tristezza di quegli ambienti d’una magnificenza che sembrava una stonatura melanconica. Lo czar ci ha ricevuti in piedi nel suo studio. E’ un uomo di media statura, dal portamento un po’ affaticato, cascante, dalle movenze lente, indecise. Il volto è d’un ovale regolarissimo, assai pallido, e incorniciato da una barba rada e castana. L’occhio azzurro è velato di una melanconica dolcezza. Anche la sua voce è d’un timbro carezzevole. In questo monarca di un territorio sterminato, in questo signore assoluto di quasi duecento milioni di uomini, non vi è nulla di grandioso, di terrifico, di ieratico. E’ un uomo alla buona, impacciato da una responsabilità spirituale superiore alle sue forze, abbattuto da un contrasto tormentoso fra gli impulsi del cuore e le suggestioni dell’ambiente, fra la debolezza [30] del suo temperamento e i propositi impostigli dalla visione di necessità imperiose. Non è un uomo nato per la lotta e non mi pare neanche un uomo di un’intelligenza superiore. Egli dà l’impressione di un animo troppo sensibile, d’una mente inclinata al misticismo fatalista. In una parola è uno stanco. Egli stesso non si cura di nascondere la sua stanchezza spirituale. Fra le poche frasi convenzionali, ed evidentemente preparate, che egli ci rivolse non potrò dimenticare l’accento nostalgico col quale egli parlò dell’Italia Bretagna. Fu arrestato nel 1917 dal Governo provvisorio, ma rilasciato per la tarda età. Morì in Finlandia. 81 La tenuta di Carskoe Selo (“città degli zar”) è a circa 25 km da San Pietroburgo. Il palazzo imperiale fu progettato dall’architetto italiano Bartolomeo Rastrelli e dedicato dalla zarina Elisabetta alla madre Caterina la Grande. 24 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it prima, e poscia della fronte de’ suoi eserciti. Furono due frasi e due lampi rivelatori del suo stato d’animo. Guardando dalla finestra alla nevicata e al cielo torbido egli evocò il bel cielo, e il sole, lo splendido sole d’Italia. C’era dell’accoramento in quella evocazione. Poi ci mostrò il nastrino della medaglia italiana al valor militare che gli fregiava il petto. E soggiunse con un sorriso appena abbozzato e con uno sguardo che parve perdersi lontano lontano: Non l’ho meritata. Quando mi reco al Quartier Generale io resto così lontano dal fronte, che non odo neppure il rombo del cannone. Je n’entende pas même la cannonade. E c’era in queste parole dette sommessamente come un grido nostalgico verso l’azione. E’ questa l’angoscia dei deboli, l’aspirazione degli impotenti: gettarsi nell’azione, vivere, volere, dominare il corso degli eventi colla propria volontà. Ma la tragedia spirituale di questo uomo è appunto nell’avere avuto dal destino tutto quanto potrebbe servire all’azione, [31] meno il requisito essenziale dell’azione che è la volontà libera, forte, personale. Fra i membri della missione italiana che assistono all’udienza, la sensazione di questa psicologia imperiale è così evidente, che tutti sembrano liberati da quel senso di timore riverenziale che solitamente si prova alla presenza di anime auguste. Il nostro sentimento è di simpatia affettuosa. Ne è persino minacciata l’etichetta e se l’udienza si protrae non è fuori del caso che qualcuno di noi prenda la parola senza attendere l’invito dello czar. Il Marchese Carlotti82 deve intuire il pericolo e si affretta a pronunziare parole di ringraziamento. Lo czar ci congeda. Retrocediamo fino alla porta, al di là della porta, curvandoci in un triplice inchino. E andiamo alla colazione offertaci da Nicola II. Ci fa compagnia il Gran Maestro di Corte, barone Frederichs. Colazione lussuosa, rapida, silenziosa. Poi una larga distribuzione di rubli al servidorame. E si ritorna al lavoro di Pietrogrado. Ripensando allo czar, mi domando quale sarà la persona che esercita maggiore influenza sul suo animo. Si dice che sia la Czarina 83. Questa 82 Il marchese Andrea Carlotti di Riparbella era l’ambasciatore italiano a Pietrogrado. Un aneddoto racconta che il 7 novembre 1917 spedì un telegramma a Roma riferendo un amabile colloquio avuto con il ministro degli Esteri russo Tereščenko, senza minimamente accennare alla rivoluzione in corso. 83 Aleksandra Fëdorovna Romanova (1872-1918) fu il nome assunto da Alix Victoria Helena Louise Beatrix d'Assia e del Reno dopo la conversione all’ortodossia e l’incoronazione a zarina di Russia, in quanto sposa di Nicola II. Dalla morte della madre, la principessa Alice d’Inghilterra, passò lunghi periodi con la nonna, la regina Vittoria, che ne seguì l’educazione. Nel 1884, a dodici anni, durante un viaggio in Russia per il matrimonio della sorella Elisabetta con il granduca Sergio di Russia (fratello di Alessandro III), incontrò lo zarevič Nicola Aleksandrovič, che sposò il 14 novembre 1894, dopo la morte dello zar Alessandro III. Pur molto religiosa, per curare dall’emofilia il figlio si affidò a sedicenti guaritori, tra cui Rasputin, che esercitò un’enorme influenza sulla zarina. Nel 1917, allo scoppio della rivoluzione, la famiglia imperiale fu prima esiliata a Carskoe Selo, fu poi 25 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it influenza è comprensibile, perchè lo czar adora i suoi figliuoli. Sono cinque: lo czarevich Alessio, le granduchesse Olga, Tatiana, Maria, Anastasia84. La Czarina è assai intelligente e si dicono meraviglie di un suo quaderno di caricature regali. Tutti i sovrani e i principi d’Europa sono stati colpiti, compreso il marito Nicola. Non so se la Czarina intrighi nella politica interna, ma a credere ai sottovoce della capitale, [32] essa si sarebbe ricordata in questa occasione di essere una principessa tedesca. E’ divenuta quindi il braccio destro del Santo Sinodo e della burocrazia, mentre i granduchi sono più vicini alla corrente liberale. C’è quindi conflitto nella complicata gerarchia della Corte russa, un vivaio di granduchi, e Nicola II ondeggia fra le opposte correnti, e non osa mai sacrificare gli uomini che gli sono imposti dalla Corte, anche quando ne condanna i metodi. Questa debolezza dell’autocrate, a chi gioverà? Ai neri o ai rossi? Forse sarà un danno per tutti. Frattanto il suo prestigio decade, precipita. Questo è vero almeno per le classi intellettuali russe. Anzi la decadenza risale a parecchi anni addietro. Ricordo a questo proposito la lettera di un mio collaboratore russo che mi prometteva l’invio dei discorsi dell’imperatore Nicola, un volumetto pubblicato nel 1906. La promessa non fu mai mantenuta, perchè il libretto sparì dalla circolazione sequestrato dalla polizia. Perchè? Perchè era un documento di vacuità. I discorsi ricavati testualmente dal giornale ufficiale erano così vuoti, così inconcludenti, così scipiti, che nessuno avrebbe osato una lode per il suo autore. Tutta Pietrogrado cominciò a ridere. Allora la polizia per compir l’opera ritirò dal commercio il volumetto. E la trovata fece ridere più di prima alle spalle dello Czar. Povero czar! Prima che scoppiasse la guerra non era raro il caso di dimostrazioni antidinastiche a Pietrogrado. E’ avvenuto molte volte che il pubblico manifestasse il suo dispregio per lo czar, specialmente nei periodi più acuti delle [33] crisi politiche. Nell’inverno del 1908, salvo errore, o forse del 1906, tutto il pubblico uscì dal teatro Mariinsky85, quando alcuni assoldati dalla polizia chiesero a gran voce l’inno imperiale. I cori intonarono il «Dio proteggi lo czar» nel salone disertato da tutti, fuorchè dagli ufficiali che ascoltarono l’inno sull’attenti. La guerra sembra invece che abbia stretto il popolo russo intorno allo trasferita a Tobol’sk, in Siberia, e quindi a Ekaterinburg, dove fu giustiziata nella notte tra il 16 e 17 luglio. 84 In ordine di età i figli di Nicola II e Aleksandra Fëdorovna furono: Ol’ga (15/11/1895), Tat’jana (10/6/1897), Marija (26/6/1899), Anastasija (18/6/1901), Aleksej (12/8/1904). Tutti i membri della famiglia imperiale furono giustiziati a Ekaterinburg il 17 luglio 1918 e proclamati santi martiri dalla Chiesa ortodossa russa nel 2000, con festa il 17 luglio (calendario giuliano). 85 Il Teatro Mariinskij (dedicato alla principessa Maria Aleksandrovna), noto anche come Teatro Imperiale di San Pietroburgo, fu costruito dall’architetto Cavos, nel 1860, per opere liriche e danza. 26 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it czar. Non si può dimenticare la scena imponente della folla inginocchiata davanti al palazzo d’Inverno86, quando Nicola II annunziò la guerra. Anche in occasione dei funerali del granduca Costantino Costantinovich87 l’imperatore comparve in pubblico, seguendo a piedi il corteo funebre, durante tutto il percorso attraverso le vie della capitale. Egli non vide allora che un’immensa folla devota che si scopriva e s’inginocchiava al suo passaggio, facendosi il segno della croce. Tuttavia queste manifestazioni non sono sufficienti per stabilire senz’altro una riconquista di popolarità, di simpatie, di venerazione. Il popolo è troppo mutevole e suggestionabile e c’è da chiedersi quale sarà la sua condotta verso il Piccolo Padre88, nel caso che egli non sappia o non possa pacificare nell’ambito della sua suprema autorità i partiti russi. Disgraziatamente Nicola II non ha le qualità indispensabili per dominare i partiti. In quel libretto de’ suoi discorsi al quale ho accennato, sono riportati anche i rapporti de’ suoi ministri e le note da lui scritte. Ebbene, tutto quello che egli sapeva scrivere a proposito delle più gravi rivelazioni, tutto quello che sentiva, pensava, [34] voleva, era in questa frase stereotipa: Questo è un brutto affare (Skviernoie Dieto)89. Davvero poco per un uomo nel quale dovrebbe accentrarsi l’unica forza organizzata della Russia! 30 Gennaio. Sono stanchissimo. In quattro giorni non abbiamo avuto un momento di tregua. Ecco l’elenco delle visite: il 27 gennaio dal ministro degli esteri Pokrovski90, dal ministro delle vie e comunicazioni Kriger Weinoski 91, dal presidente dei ministri principe Galitzin: il 28 sedute al ministero di Industria e Commercio, alla Borsa, il 29 visita allo czar: il 30 visita a 86 Affacciato sul fiume Neva, il Palazzo d’Inverno era la principale residenza imperiale. La costruzione visibile oggi – 1786 stanze con 1945 finestre – è stata riprogettata dall’architetto italiano Bartolomeo Rastrelli e completata nel 1762 per la zarina Caterina II. Ospita il museo dell’Ermitage. 87 Konstantin Konstantinovič Romanov (1858-1915) era un cugino dello zar Alessandro III, padre di Nicola II. 88 “Piccolo Padre” era l’appellativo che il popolo dava allo zar, in quanto al secondo posto dopo Dio, il “Grande Padre”. Era comune però indicare con la stessa locuzione (ma in minuscolo) il capo di una comunità, anche familiare. 89 Skvernoe delo, cattivo affare. 90 Nikolaj Nikolaevič Pokrovskij (1865-1930), laureato in Legge, si impiegò nel 1889 al Ministero delle Finanze, arrivando alla nomina di presidente del Dipartimento di Fiscalità (1904) e di vice-ministro delle Finanze (1906). Dal 30 novembre 1916 fu ministro degli Esteri, mostrandosi contrario alla pace con la Germania e favorevole ad affari economici e finanziari con gli Stati Uniti. Dimessosi il governo il 25-26 febbraio 1917, Pokrovskij andò a insegnare presso l’Università di Kaunas, Lituania. 91 Eduard Kriger-Voinovsky, in carica come ministro dei Trasporti nel 1916-1917. 27 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it stabilimenti, ai corsi di lingua italiana, alla Borsa, e ricevimento alla Banca russo-asiatica. Tutto procede regolarmente, tutti sono tranquilli e sicuri. Pare impossibile che si parli di crisi rivoluzionaria! Tutti questi ministri sembrano dire con un largo sorriso: Ma dov’è la crisi? Sinceramente, non so che pensarne. 31 Gennaio. Eppure la verità si palesa per tanti segni. Oggi per esempio ho conosciuto la pittura rivoluzionaria russa. Si trattava evidentemente di riproduzioni, per quanto accurate e scrupolose. Ma sono stato colpito da una raccolta di quadri [35] di un tal genere in una casa dell’alta borghesia pietrogradese. Trattandosi di riproduzioni ho pensato che la raccolta più che a passione artistica fosse dovuta a una passione politica. C’era riproduzioni di Fetin, di Schlugeit92, di Brodski93, di Valdimirof94. Nie chodi!95 Non andare! Di Vladimirof è l’apoteosi del terrorista. Eccolo lì il rivoluzionario, nella strada biancheggiante, col suo berrettone di pelo calcato sulla nuca, alto, slanciato, vigoroso, pronto alla partenza per la terribile missione affidatagli e che ci è svelata dalla rivoltella che stringe nella destra. La magnifica figura campeggia nel quadro e una giovane popolana uscita dalla casetta vicina per l’estremo addio, invano cerca di trattenerlo. Non andare! Nie chodi! Ma egli sorride tristemente: deve andare, andrà. Sopra l’amore, sopra la vita, sopra tutto, la Russia libera! Fetin rappresenta in una vasta distesa di neve chiazzata di sangue alcuni cadaveri di contadini, i parenti disperati che li riconoscono e che vigilati dalle baionette reprimono il loro grido d’orrore e di vendetta. Il quadro dice: Hanno ristabilito la calma. Parafrasi del detto famoso: l’ordine regna a Varsavia96. 92 Fetin e Šlugeit sono effettivamente cognomi russi, ma non si sono trovati riferimenti in pittura. 93 Isaak Izrailevič Brodskij (1884-1939) frequentò l’Accademia delle Arti di San Pietroburgo sotto la guida di Il’ja Repin. Nel 1905, partecipò alla protesta dei giovani dell’Accademia e dipinse Funerali rossi. Dopo un lungo viaggio in Europa, passò al realismo. Fu rettore dell’Accademia di Leningrado dal 1934 al 1939. Nella sua casa-museo, sono raccolte oltre ottocento opere, da lui collezionate, di artisti russi vissuti dalla fine del XVIII all’inizio del XX secolo. 94 Il pittore Ivan Alekseevič Vladimirov (1869-1947), frequentò a Vilno (ora Vilnius, Lituania) l’Accademia d’Arte, fu attivo a San Pietroburgo dal 1893, esponendo in patria e all’estero. Dal 1922 insegnò all’Accademia delle Arti e dei Mestieri di Pietrogrado/Leningrado ed è noto per essere stato uno dei primi pittori dedicatisi al realismo socialista. 95 Ne chodi. 96 «L’ordine regna a Varsavia» («Au moment où l’on écrivait la tranquillité regnait a Varsavie») fu la frase detta dal ministro degli Esteri francese Horace-Fraçois-Bastien Sébastiani alla Camera dei Deputati in risposta a una interpellanza sull’insurrezione polacca crudelmente repressa dai Russi il 15 e il 16 agosto 1831. Ha così assunto il significato di disimpegno, di non-intervento a una violenta restaurazione. 28 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it Che valore indiziario, di sintomo, possono avere queste manifestazioni artistiche. La mia prima impressione è stata esagerata. Mi ricredo. Infine nulla di nuovo, nulla di grave. La letteratura russa non è forse tutta rivoluzionaria? Certamente, ma essa è puramente negativa, demolitrice. Ciò che è necessario ad un movimento rivoluzionario è una classe che [36] abbia l’interesse a fare la rivoluzione, la coscienza di questo interesse, la capacità storica a tradurlo in atto. Esiste questa classe? esiste questa coscienza? esiste questa capacità, che si traduce in volontà di ricostruzione? Non mi pare. Prendiamo i teorici della rivoluzione, i propagandisti del socialismo, gli uomini della letteratura. Quale caos di idee e di programmi! Anton Cekhof97 è un poeta della melanconia, della noia, dell’incubo: la sua letteratura non presenta che tipi meschini, volgari, schiavi del pregiudizio, della paura, dell’abitudine. La vita è uno sbadiglio. Tolstoi fremente di ribellione, fustigatore dell’autocrazia, condanna la rivolta armata, respinge la civiltà e la scienza d’occidente. Gogol 98, che cauterizzò col ferro rovente le piaghe dell’arbitrio e della venalità russa finisce coll’apologia del regime politico, sociale e religioso che aveva combattuto e muore spossato dai digiuni e dalle veglie, davanti alle sante imagini appese alle pareti della sua stanza. Artzebasceff99 tenta di russificare il superuomo 97 Anton Pavlovič Čechov (1860-1904) si laureò in Medicina nel 1884 a Mosca ma esercitò saltuariamente, preferendo l’attività di scrittore e pubblicista, che fu molto intensa. Già ammalato di tubercolosi, nel 1890 raggiunse l’isola di Sachalin dove era situata una grande colonia penale, per descrivere dettagliatamente le disumani condizioni di vita: la pubblicazione de L’isola di Sachalin, nel 1895, ebbe molta risonanza, portando alla abolizione delle punizioni corporali. Nello stesso 1895 conobbe Lev Tolstoj, cui rimase legato da amicizia per tutta la vita. Nel 1900 fu eletto membro onorario dell’Accademia russa delle Scienze, ma si dimise due anni dopo per protesta contro l’espulsione di Gor’kij. La malattia lo portò a lunghi soggiorni sia nella sua tenuta di Melichovo (Mosca), dove realizzò molte opere sociali, che all’estero. Con gli anni, la sua narrativa si spogliò dei toni ironici per cogliere la tristezza della situazioni umane (La sala n. 6, Racconti di uno sconosciuto, Il monaco nero, La mia vita, I contadini, Il duello) e il confitto drammatico tra gli ideali troppo alti e la gretta realtà (Il gabbiano, Zio Vania, Le tre sorelle, Il giardino dei ciliegi). 98 Nikolaj Vasil’evič Gogol’ (1809-1852) lasciò l’Ucraina nel 1828, dopo gli studi umanistici, per trasferirsi a San Pietroburgo e impiegarsi presso un ministero. Quando pubblicò Veglie alla fattoria presso Dikan'ka (1831) conobbe il successo e amicizie influenti. Del 1835 è una serie di racconti, Arabeschi (poi inglobati nei Racconti di Pietroburgo, uscito postumo) che mostrò il suo stile: realista, ma mescolato all’ironia, all’umorismo, al grottesco. Viaggiò in Germania, andò a Parigi (qui apprese la morte dell’amico Puškin) e a Roma dove iniziò Le anime morte che fu pubblicato nel 1842, poco dopo il suo ritorno in Russia. Nello stesso anno uscì Il cappotto, un racconto che esercitò una profonda impressione sui futuri narratori russi: Dostoevskij affermò, di se stesso e la sua generazione di intellettuali e narratori, «siamo tutti usciti dal Cappotto di Gogol’». Una crisi religiosa, cominciata a Roma (dove, a più riprese, soggiornò oltre vent’anni) e acuita dalla nevrosi, lo portò a Costantinopoli e in Palestina. Al ritorno, come atto di purificazione, bruciò la seconda parte de Le anime morte. 99 Michail Petrovič Arcybašev (1878-1927), ucraino, scrisse racconti sui moti rivoluzionari del 1904-1905, i romanzi erotici Sanin (1907) e Al limite estremo (1910), il dramma La gelosia. Il suo stile fu man mano paragonato a quello di Tolstoj, Nietzsche o Dostoevskij per il pessimismo, l’immoralità, l’edonismo o il libero arbitrio. Il romanzo Sanin fu respinto 29 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it di Nietzsche100 nel suo romanzo Ssanine che ottiene un successo enorme, tanto che la studentesca russa organizza delle associazioni di ssanisti. Egli dice alla gioventù russa: Voi siete insensati e ciechi a commovervi come fate per l’ideale d’una rivoluzione politica decisamente irrealizzabile e che non è mai stata degna del vostro interesse. Invece di sacrificare le vostre forze e spesso la vostra vita, per l’emancipazione di un popolo di bruti, affrettatevi a godere del privilegio meraviglioso che vi danno la salute e il vigore dei vostri vent’anni… Non abbiate altro scopo se non di cogliere [37] il piacere, e sopratutto il piacere dei sensi, il solo che procuri una soddisfazione attiva e reale». Da ultimo Gorki101 che è considerato il poeta della rivoluzione inorridisce quando a Nuova-York si trova in presenza della febbrile attività americana, ultimo sviluppo della civiltà occidentale verso cui tende il rinnovamento russo. Nuova-York gli fa l’impressione di una macchina gigantesca, senza ragione e senza scopo, di una città orribile ove il vittorioso fragore del ferro, il clamoroso insieme dell’elettricità, il lacerante rumore delle costruzioni sopraffanno le voci degli uomini, come la tempesta dell’Oceano attutisce il canto del gabbiano. La democrazia sociale russa è divisa da questioni di tattica, di programmi, e dall’azione pratica. I litigi datano dal 1903, quando si trovarono di fronte, al Congresso socialista — detto Congresso unificatore —, l’idea di un’organizzazione accentratrice, sostenuta da Lenin — e l’idea del discentramento con a capo Martow102. Subito nacquero i Leninzi e i dagli editori nel 1903, ma quando fu pubblicato nel 1907 incontrò il favore dei giovani che nello snobismo e nell’assenza di scrupoli morali (che chiamarono “saninismo”) trovarono consolazione al fallimento della rivoluzione. Nel 1923 Arcybašev, espulso dalla Russia, si rifugiò a Varsavia, dove continuò a scrivere e a criticare il sistema sovietico. 100Friedrich Wilhelm Nietzsche (1844-1900), scrittore tedesco, fu uno tra i maggiori filosofi occidentali. Il suo superuomo, o oltreuomo, è l’uomo del futuro, che verrà quando la società non sarà più come l’attuale; egli non sarà e non penserà come noi, sarà semplicemente oltre noi; sarà un uomo creatore di valori, dotato di uno sguardo sovrano sulla morale e quindi non si assoggetterà ai giudizi morali dominanti. 101 Maksim Gor’kij (pseudonimo di Aleksej Maksimovič Peškov; 1868-1936) è considerato il padre del realismo socialista in letteratura. Povero e orfano di padre, si guadagnò da vivere esercitando svariati mestieri e imparò a scrivere dal cuoco di un vaporetto sul Volga dove faceva lo sguattero. Con lo pseudonimo Gor’kij (Amaro) pubblicò opere in cui predominava la sofferenza umana nella lotta contro la miseria, l’ignoranza e la tirannia e fu il successo. Sospettandolo di essere un sovversivo per i suoi contatti con gli intellettuali rivoluzionari e per il contenuto sociale dei suoi scritti, lo zar Nicola II bloccò la sua nomina, nel 1902, a membro dell’Accademia delle Scienze di San Pietroburgo. Per gli stessi motivi fu arrestato nel 1902 e nel 1905, ma presto rilasciato per la forte protesta internazionale che apprezzava Gor’kij soprattutto per i drammi teatrali I piccoli borghesi (1901) e L’albergo dei poveri (1902). Lasciò la Russia, andò negli Stati Uniti e a Capri dove concluse il romanzo La madre, ma tornò in patria allo scoppio della Prima guerra mondiale e si schierò con i pacifisti. Dopo la Rivoluzione del 1917 svolse un importante ruolo di organizzatore culturale, adoperandosi per la salvaguardia delle opere d’arte e nella diffusione di capolavori letterari di tutto il mondo. Al primo Congresso degli scrittori sovietici (1934) fu celebrato come maestro e fondatore della letteratura sovietica. 102 Martov (pseudonimo di Julij Osipovič Cederbaum; 1873-1923) nacque a Costantinopoli e diventò un importante esponente della socialdemocrazia russa. Al congresso di Londra (1903) entrò in contrasto con la posizione sostenuta da Lenin, divenendo fondatore e 30 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it Martowzi, e con altro nome i Bolsciwiki o gente della maggioranza, che erano i leniniani, e i Mensciwiki o gente della minoranza103. I nomi delle due frazioni si conservarono, ma il rapporto dei voti è mutato. Lenin non ha che una minoranza esigua. Egli vorrebbe un Comitato centrale, autoritario, posto alla direzione del movimento socialistico, e al quale i Comitati locali dovrebbero cieca obbedienza e una subordinazione rigida, meccanica. Lenin è un giacobino, un cospiratore del vecchio tipo romatico. Nel suo giornale Iskra, la Scintilla104, egli sostiene l’insurrezione [38] armata e immediata. Ma Lenin dirige il movimento dalla Svizzera e forse pecca di eccessivo ottimismo ritenendo il suo paese maturo per il gran salto dall’autocrazia alla repubblica socialista. 1.° Febbraio. Soltanto oggi al grande ricevimento offerto in Municipio ho sentito parlare della principessa Maria Vassilitchikoff105. Il ricevimento è stato un ricevimento russo, quanto dire fatto con uno sfarzo, con una sontuosità, con una mise en scène iperbolica. C’era proprio tutta Pietrogrado. Una sfilata di autorità d’ogni genere, una raccolta del fior fiore della cittadinanza, e poi discorsi, musica, e un salone pei rinfreschi che era una cornucopia di ogni ben di Dio. Il Municipio aveva stanziato diecimila rubli; saranno bastati? Nei nostri paesi questa spesa avrebbe sollevato un mondo di proteste, ma in Russia si ha l’abitudine della prodigalità, in alto e in basso, e i doveri leader della corrente dei menscevichi. In seguito alla vittoria dei bolscevichi, emigrò a Berlino nel 1921, dove pubblicò la Storia della socialdemocrazia russa (1923). 103 Il termine “bolscevismo” (da bol’šcintvo, maggioranza) entrò nel lessico politico quando si volle indicare la maggioranza guidata da Lenin al II congresso del Partito operaio socialista democratico russo (Posdr), che si svolse a Londra e a Bruxelles (1903). I bolscevichi introducevano il concetto di dittatura del proletariato, le rivendicazioni del movimento contadino, una struttura organizzativa centralistica, composta di rivoluzionari di professione. Al contrario i menscevichi (da men’šcintvo, minoranza) sostenevano la necessità di una rivoluzione borghese e capitalistica prima dell’avvento del socialismo, per cui le forze proletarie avrebbero dovuto fiancheggiare la borghesia, limitandosi a difendere gli interessi economici propri del ceto operaio urbano e favorendo, allo stesso tempo, lo sviluppo industriale. 104 “Iskra” (Scintilla) era l’organo di stampa ufficiale del Partito operaio socialdemocratico russo, dal 1900, e aveva come motto «Da una scintilla scoppierà un incendio», cioè una frase contenuta in una risposta che Vladimir Odoevskij indirizzò a Puškin quando questi scrisse una poesia dedicata ai decabristi imprigionati in Siberia. “Iskra” era pubblicato a Lipsia, Ginevra, Monaco di Baviera e Londra. Fino al 1903 il giornale fu gestito da Lenin, poi passò sotto il controllo dei menscevichi. 105 I Vasilčikov costituivano una delle più importanti famiglie russe, originaria delle province tedesche sul Baltico. Un principe Ilarion fu presidente delle Camere unite del Consiglio di Stato e del Comitato dei ministri dal 1838 al 1846 e un suo discendente, anch’egli di nome Ilarion, fu membro della Duma durante il regno di Nicola II e amico intimo del Primo ministro Stolypin (fino al 1911). Dopo la Rivoluzione d’ottobre, la famiglia Vasilčikov emigrò in Francia e poi in Lituania, dove possedeva ampi territori. 31 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it della ospitalità sono interpretati in un modo che a noi sembrerebbe gravoso. Ho già avuto occasione di osservare del resto questo contrasto fra la gravità del momento e la spensieratezza popolare. Sembra quasi che il popolo non si renda conto delle minacce economiche sospese sul suo capo, e chi più ha più spende. Ma torniamo a noi. Diceva di aver sentito soltanto oggi il nome della principessa Vassilitchikoff. [39] Questa signora è una ex dama di Corte ed è parente di Rodzianko106; passò dodici anni a Vienna, divenendo l’amica intima del principe austriaco Liechtenstein107 e del magnate ungherese Szecheny108. Venuta in Russia da poco, essa si è subito posta al lavoro per conto della Germania e dell’Austria tentando di preparare il terreno per una pace separata. Si mise in relazione con molti personaggi, ma ebbe l’imprudenza di esporre i suoi progetti allo stesso Rodzianko. Denunziata all’opinione pubblica dall’ambasciatore britannico Sir Giorgio Buchanan109, ella ciononostante si stabilì a Pietrogrado. Fu necessario l’intervento energico e risoluto della Duma perchè il governo si decidesse a inviare questa signora nelle sue proprietà della Russia meridionale. Il deputato ottobrista110 Alessandrof111 diceva che in Russia si favoriscono i nemici e si lascia libero terreno ai propagandisti della pace separata. L’episodio potrebbe sembrare insignificante, ma non lo è quando lo si 106 Michail Vladimirovič Rodzjanko (1859-1924), grande latifondista e leader del Partito ottobrista della borghesia conservatrice, fu presidente della terza e della quarta Duma dal 1911 al 1917. Fu uno dei principali responsabili politici durante la Rivoluzione di febbraio e presidente del Governo provvisorio. Nell’agosto 1917 appoggiò la rivolta del generale Kornilov e nel 1920 emigrò in Jugoslavia dove, a capo dell’Armata Bianca, tentò di unificare i gruppi controrivoluzionari russi. 107 I principi Liechtenstein erano i proprietari di un castello nella Bassa Austria dal XII secolo. Il territorio, ampliatosi nel tempo mediante acquisizioni, fu elevato al rango di “principato” il 23 gennaio 1719 da Carlo VI d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero. Nel 1917 era principe Johann II (1840-1929), ma l’Autore potrebbe riferirsi anche al fratello Franz (1853-1938; salito al trono nel 1929) che fu ambasciatore alla corte di Nicola II dal 1894 a 1899. 108 I nobili ungheresi Széchenyi furono per secoli molto influenti: politici, statisti, teorici, scrittori… Il territorio ungherese fece parte dell’impero Austro-ungarico finché questo non uscì sconfitto dalla Prima guerra mondiale, cosicché, nel 1918, l’Ungheria ottenne l’indipendenza e fu proclamata Repubblica. 109 Sir George William Buchanan (1854-1924) fu un diplomatico inglese e, dal 1910, ambasciatore a San Pietroburgo. Contribuì attivamente a consolidare la Triplice Intesa e cercò di evitare la Rivoluzione russa, prima convincendo lo zar ad accordare le riforme, poi (agosto 1917) appoggiando la rivolta del generale Kornilov, aiutando attivamente le guardie bianche dopo la vittoria dell’Ottobre, partecipando all’organizzazione dei complotti controrivoluzionari e dell’intervento armato delle potenze dell’Intesa contro la Russia. Lasciò la Russia nel gennaio 1918 e scrisse l’autobiografia My Mission to Russia and Other Diplomatic Memories, pubblicata nel 1923. 110 Gli ottobristi erano gli aderenti al Partito ottobrista russo, così chiamato perché formatosi in conseguenza al Manifesto zarista del 17 ottobre 1905. Rappresentanti dei latifondisti e della borghesia conservatrice, nel 1916 si opposero al governo zarista criticandolo per la cattiva condotta della guerra. Vennero messi fuori legge dopo la Rivoluzione d’ottobre. 111 A.M. Aleksandrov. 32 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it colleghi a tutti i recenti avvenimenti politici della Russia. Non vi è un russo disposto a confessare che in Russia si pensi ad un tradimento della causa comune, ma non ve n’è uno che non ci creda. Oggi ho sentito affermare da taluni che la czarina stessa è a capo del movimento per un accordo colla Germania. Si giunge persino ad attribuirle la colpa del siluramento della nave che portava in Russia lord Kitchener112 e si racconta che ella stessa sia la spia più preziosa dei tedeschi. Tempo fa il comandante militare del porto di Arkangel113 avrebbe avuto richiesta [40] dalla cancelleria della czarina del piano di difesa del porto: il comandante mandò uno schema non corrispondente al vero, e fu profeta, perchè poco tempo dopo un sommergibile germanico seguendo una falsa rotta andava a fracassarsi contro le mine del porto. Non so quello che ci può esser di vero in questi sottovoce della capitale, ma è già sintomatico il fatto che una vera azione di tradimento e di spionaggio possa essere attribuita all’imperatrice. La maggioranza della Duma e tutte le classi liberali della Russia sono furenti contro il partito germanofilo che s’identifica poi col partito della reazione, e non mancano coloro che esprimono propositi violenti. La dichiarazione di guerra alla Germania stabilì una tregua fra lo czarismo e il partito liberale-progressista, e se non disarmò il partito socialista, certo lo mise in opposizione con grande parte del popolo, odiatore dei tedeschi. Si è detto che la guerra alla Germania aveva per i russi un carattere di guerra nazionale ed è infatti così per due ragioni, perchè tende a liberare la Russia dal predominio tedesco e perchè tende a dare alla Russia Costantinopoli114. 112 Horatio Herbert Kitchener (1850-1916) fu un generale britannico, gran riorganizzatore degli eserciti nelle colonie (India, Australia, Nuova Zelanda), vincitore delle guerre angloboere (Sudafrica), governatore dell’Egitto fino al 1914, quando fu nominato ministro della Guerra e il “Times” lo definì «un soldato duro, accanito, spietato, eccellente organizzatore militare e fedele servitore dell’impero britannico in ogni parte del mondo». All’inizio della Prima guerra mondiale, grazie a una ossessiva campagna pubblicitaria, riuscì a arruolare due milioni e mezzo di volontari, poi predispose la coscrizione obbligatoria. Morì nel maggio 1916, quando lo zar Nicola II gli chiese di riorganizzare l’esercito russo: un sommergibile tedesco intercettò l’incrociatore Hampshire sul quale Kitchener viaggiava, affondandolo nel Mare del Nord. 113 Archangel’sk, sul Mar Bianco. 114 Com’è noto, dopo la presa di Costantinopoli da parte dei Turchi ottomani nel 1453, Mosca si attribuì il titolo di Terza Roma e ne reclamò l’eredità storica, politica e religiosa. Dal XVIII secolo alla metà del XIX secolo i Russi riconquistarono alcuni territori persi, ma nel 1878 le forti pressioni austriache e lo spiegamento ostile della flotta inglese nel Mar di Marmara (interessata a mantenere i collegamenti con i suoi domini orientali) impedirono l’occupazione russa della capitale ottomana. Al conseguente Congresso di Berlino, cui presero parte i rappresentanti delle potenze europee e dell’impero ottomano, fu firmato un trattato che lasciava alla Russia la sovranità sulla Bessarabia, affidava all’Austria l’amministrazione di Bosnia ed Erzegovina (formalmente appartenenti alla Turchia) e sanciva l’indipendenza di Serbia e Bulgaria. Nel 1908, la Russia, indebolita dalla guerra contro il Giappone e dalla Rivoluzione del 1905, accettò la decisione dell’Austria di annettersi la Bosnia e l’Erzegovina in cambio di una revisione delle clausole del trattato di Berlino che limitavano la navigazione negli Stretti. La Gran Bretagna si oppose alla revisione, ma l’Austria procedette all'annessione, causando il rafforzamento dell’alleanza 33 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it Queste due finalità comuni a tutto il popolo, salvo, s’intende, i socialisti che dichiararono esplicitamente il loro disaccordo al convegno di Londra del 16 Febbraio 1915, queste finalità comuni, dicevo, si originano però da sentimenti e da programmi opposti. I grandi giornali, l’alta burocrazia, la Duma, la borghesia commerciale e industriale, formano un aggregato nazionalista. Questo nazionalismo ha la visione chiara [41] del momento storico e lo vuole sfruttare all’estero per realizzare il sogno del libero mare, all’interno per abbattere l’assolutismo e giungere alla monarchia costituzionale. Questo gruppo è evidentemente il gruppo più forte per omogeneità, per coscienza, per volontà, ma non ha dalla sua il numero, almeno per ora. Il nazionalismo russo è costretto ad appoggiarsi a gruppi estremi nella sua lotta contro la reazione, ma difficilmente vorrà giungere all’aperta ribellione. Preferirebbe una trasformazione radicale, ma pacifica, che gli permettesse di sfruttare immediatamente l’organizzazione attuale dello Stato per non correre l’alea dell’anarchismo russo. Anche la folla è per la guerra ai tedeschi, ma la folla non pensa al riscatto della industria e del commercio nazionale, non pensa al mare libero come via di espansione politica ed economica. La folla odia il tedesco perchè il tedesco è l’ordine, è la disciplina, è lo Stato, è l’aguzzino, è il capo-fabbrica, è l’intendente, è in una parola il governo. Uno dei filosofi russi più in voga, Nicola Berdiaef115, analizzando la psicologia del popolo russo, è venuto alla conclusione che il popolo non vuole uno Stato libero, la libertà nello Stato, ma vuole liberarsi dallo Stato. Quindi la Russia è il paese più anarchico del mondo. La guerra alla Germania adunque rappresenta per gli uni la trasformazione di un regime, per gli altri la liberazione da ogni regime. Ciò spiega il momentaneo accordo dei nazionalisti democratici e del popolo. Finchè lo czarismo è in piedi tutti rimarranno uniti per [42] premere su di lui. Qual’è la conclusione? La conclusione logica sarebbe la vittoria dei nazionalisti e la riforma dell’assolutismo. Soltanto in questo modo si può salvare la Russia da una catastrofe. Disgraziatamente lo czar non ha l’energia necessaria per vincere le resistenze della burocrazia onnipotente, la quale forse conta sulla grande massa contadina, seppure non è colpita da una cecità tragica. La burocrazia tra Serbia e Russia. Se all’inizio della Prima guerra mondiale la Russia mirava a indebolire l’impero asburgico e a obbligarlo a cedere alcuni territori balcanici alla Triplice Intesa (Russia, Gran Bretagna e Francia), con l’entrata in guerra della Turchia a fianco dell’Austria (31 ottobre 1914) tornò a mirare a Costantinopoli per il controllo degli Stretti con l’approvazione degli alleati. Per la Russia, la guerra finì invece il 3 marzo 1918, quando i bolscevichi firmarono il trattato di Brest-Litovsk che sancì la sua uscita dal conflitto. 115 Nicolaj Alexandrovič Berdjaev (1874-1948) è oggi considerato in Russia uno dei più grandi pensatori cristiani. Nato a Kiev, dove si mescolavano l’austerità monacale dell’ortodossia orientale e le inclinazioni per il mondo occidentale, coltivò l’amore per la profonda spiritualità russa e la simpatia per la cultura tedesca e francese. Essendosi opposto al marxismo, fu esiliato nel 1922; si stabilì a Parigi dove scrisse la maggior parte dei suoi libri (Il senso della storia, Cristianesimo e lotta di classe, Autobiografia spirituale…). 34 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it ha bisogno di ritrarsi dalla guerra, ma non sa come ritrarsene. Un tentativo di pace separata è enormemente pericoloso, perchè non solo urterebbe contro quella parte della nazione che nella guerra vede la leva più potente della trasformazione interna, ma disgusterebbe anche quella massa politicamente reazionaria o passiva che guarda oggi a Costantinopoli come alla meta radiosa della guerra. A questo proposito si racconta, che nel Febbraio 1915, in una seduta segreta, dalla quale furono esclusi i socialisti, si discusse della pace. Lo Czar e la destra erano pronti alla pace purchè si cedesse alla Russia la Galizia: per la politica interna s’impegnavano a promuovere le forze produttive del paese, ma senza concedere riforme politiche. Questo progetto incontrò la più fiera opposizione dell’elemento militare, degli ottobristi, dei cadetti, i quali tutti avrebbero adottato il motto: «o Nicola III o Costantinopoli». L’episodio proverebbe che il granduca Nicola e i generali sono alleati al partito liberale-progressista. E’ un elemento di forza non trascurabile e la burocrazia russa deve pensarci su due volte, prima [43] di sospingere il partito liberale a dare il segno di una rivolta che, aiutata dal popolo e dall’esercito, travolgerebbe d’un soffio la czarismo. D’altra parte i liberali dovranno esitare lungamente anch’essi, perchè non possono avere la sicurezza di dominare il movimento. Essi dovrebbero appoggiarsi alla grande massa popolare, ma questa avrebbe raggiunto la finalità della sua guerra una volta abbattuto lo czarismo, e probabilmente reclamerebbe a sua volta la pace. 2 Febbraio. Oggi è stata una giornata laboriosa. Una visita all’Officina Carte e Valori, grandioso impianto con circa 8000 operai, una seduta alla Camera di esportazione, un’altra al Club degli Economisti, un thè dall’on. Radkewitz116, deputato della Duma. Ma non è di questo che io intendo parlare. Le mie note vogliono essere uno specchio di ciò che fermenta nella vita russa, di ciò che si prepara: serviranno a darci una norma per giudicare di avvenimenti forse grandiosi e di importanza storica mondiale, se gli avvenimenti stessi non ci precederanno. Oggi mi sono soffermato un momento in una mostra di oggetti artistici, fabbricati a mano da contadini russi. Si trova sulla Prospettiva Nevsky117, la magnifica strada della capitale, diritta per quattro chilometri, fiancheggiata da splendide costruzioni e da botteghe [44] di gran lusso, animata in ogni epoca dell’anno dalla corsa di migliaia di veicoli, e da una folla sfarzosa, 116 Forse si tratta del generale Nikolaj Aleksandrovič Radkevič. 117 Come descritto, la prospettiva Nevskij è la strada principale di San Pietroburgo, che fu pensata da Pietro il Grande, ma progettata da una speciale commissione istituita nel 1737, come centro cittadino e inizio del collegamento con Novgorod e Mosca. Essa parte dal Palazzo d'Inverno e, passando tra palazzi nobiliari e insigni monumenti, termina al Monastero dedicato ad Aleksander Nevskij. La sua lunghezza è di circa 4,5 chilometri. 35 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it elegante, nella quale si frammischiano nobili e plebei d’ogni nazionalità, venuti dall’Asia o dal Caucaso o dalla Polonia o dall’estremo settentrione. La mostra si trova in un vasto salone e comprende soltanto i prodotti artistici dei kustari118. E’ questo il nome che si dà ai contadini che durante il lunghissimo inverno si dedicano a questa piccola industria rurale. Sono rimasto meravigliato della genialità, del senso artistico, dell’abilità del contadino russo. C’erano delle scatole di legno colorate, a intagli, delle cornici, dei mobili, dei giocattoli, e una varietà numerosa di bambole e di casette e di troike e di barche, riproducenti aspetti caratteristici del costume e della vita russa. Ecco qua un cavaliere tartaro, ecco un mugik colossale colla barba prolissa e bianca, ecco un contadino della Piccola Russia colla cemerka, la casacca119, stretta alla cintola dalla fascia di seta verde rigata di bianco e rosso; ecco un tartaro col capo coperto dall’inseparabile kalapush120, un berrettino piatto di peluche nero, e un polacco nei suo bel kaftan121 verde dai bottoni rossi e nei calzoni chiari, attillati, sostenuti da un’ampia fascia di cuoio. Ho domandato informazioni su questa industria ed ecco i dati che mi furono riferiti. Si calcola che almeno dieci milioni di contadini della Russia europea esercitino mestieri domestici, e la loro produzione di eleva a cifre di milioni, ogni anno. Queste industrie sono esercitate da associazioni cooperative di contadini, [45] che prendono il nome di artel122 e il sorgere della grande industria sembra non abbia pregiudicato finora queste industrie campestri. Nel governo di Mosca 87 villaggi sono occupati alla fabbricazione di mobili, 120 ateliers producono giocattoli, il villaggio di San Sergio123 da solo vende 28000 rubli di oggetti di legno, scodelle, saliere, portafiammiferi, cucchiai. Nijni Novgorod124 esporta fino in Persia i suoi prodotti di ebanisteria: il governo di Kostroma sfrutta le sue immense foreste fabbricando stuoie, ceste, panieri: il governo di Tver fiorisce per l’industria delle calzature, il Caucaso settentrionale per le stoffe di seta, il governo di Vladimir per la confezione delle pelli e per la lavorazione dei metalli. A Worsm125 4000 uomini fabbricano coltelli. Ascie, falci, aratri, chiodi, 118 Artigiani (singolare: kustar’). I dati che l’Autore fornisce in seguito si riferiscono ai kustari registrati (cooperative, ambulanti ecc.). 119 Čemarka è l’antico nome della casacca o dell’abito-cappotto (robe-manteau). 120 Kala puš deriva dal persiano kala, testa, e push, coprire. 121 Caffettano o caftano, lunga veste aperta davanti con larghe maniche. 122 Artel’, cooperativa. Un’associazione famosa era l’Artel’ degli Artisti di San Pietroburgo, fondata nel 1863, che raccoglieva ai laureati dell’Accademia delle Arti di tendenza progressista. 123 Il monastero della Trinità di San Sergej di Radonež, fondato nel 1345, è situato nella città di Sergiev Posad, nella provincia di Mosca, sulla strada che collega Mosca con Jaroslavl’. 124 Nižnij Novgorod, alla confluenza dei fiumi Oka e Volga. 125 Il villaggio (ora città) di Vorsma – dall’ugro-finnico: “città di legno” – si trova a circa 70 km a sudovest di Nižnij Novgorod, sul fiume Kišma, un affluente dell’Oka. Nel XVIII secolo diventò famosa per la lavorazione del metallo: armi, lame, forbici e attrezzi di ogni genere. Oggi è un centro specializzato in strumenti medici e in piccoli pugnali. Questa città non va confusa con la più importante Worms (Vormsa), in Germania, anch’essa produttrice di lame. 36 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it samovar, casseruole, molle, catene, staffe, eleganti bijoux di smalto nero incrostati d’argento126, tutto si fabbrica a domicilio, a Tver, a Jaroslav127, a Vladimir. E poi la tessitura, l’industria del ricamo, delle passamanerie, dei broccati in oro, dei merletti, nei governi di Mosca, di Vladimir, di Podolsk, e la filatura della lana del governo di Kalouga128, celebre anche per le sue spazzole. Sono sempre contadini che confezionano reti, filo per pescare, calzature in feltro, cappelli di seta e mobili in legno curvato, imagini sacre. Cinquecento lavorano nell’industria degli orologi nel governo di Kostroma. Altri preparano chitarre e violini, flauti e cetre; altri, come a Volozoff129, costruiscono strumenti di fisica e di precisione. Lo sviluppo di questa industria rurale mi pare vastissimo ancora. Esso è spiegabilissimo [46] in Russia dove la grande industria ha avuto uno sviluppo pure notevolissimo, ma che non è certo grande in rapporto all’estensione, alla popolazione e alla capacità del paese. Inoltre l’abbondanza del legname è una delle condizioni favorevoli all’industria rurale. Vi sono poi certe industrie rurali che sfuggiranno sempre all’organizzazione accentratrice della grande industria: noi vediamo che esse resistono e sono piene di vitalità anche in paesi industriali modernissimi. Da un certo punto di vista questo è un bene, poichè il lavoro a domicilio toglie il contadino dall’ozio forzato dei lunghi inverni, gli procura nuovi cespiti di entrata, lo affeziona alla sua terra. Non sarebbe questo un rimedio all’urbanismo? Ma d’altra parte, se vogliamo ascoltare Carlo Marx, le piccole economie sono destinate ad essere assorbite dalle grandi130. Molto cammino rimarrebbe dunque da fare alla Russia per giungere al mostruoso accentramento capitalistico. Io credo però che si possa applicare in questo 126 Si indicano i lavori di oreficeria decorati col niello: si riempiono a caldo con un amalgama nerastro (detto niello) – composto di zolfo fuso e, in varie proporzioni, di solfuri di piombo, rame e argento – i solchi di un’incisione, eseguita a bulino, su una lamina di oro, argento o lega di rame. 127 Jaroslavl’. 128 Kaluga, a circa 200 km a sud di Mosca. 129 Volosovo. 130 I filosofi ed economisti tedeschi Karl Heinrich Marx (1818-1883) e Friedrich Engels (18201895) posero le basi del materialismo storico, affermando la necessità di superare i limiti della speculazione teorica per una trasformazione radicale della società. Nel Manifesto del Partito Comunista (1848) scrissero: «Nella stessa proporzione in cui si sviluppa la borghesia, cioè il capitale, si sviluppa il proletariato, la classe degli operai moderni, che vivono solo fintantoché trovano lavoro, e che trovano lavoro solo fintantoché il loro lavoro aumenta il capitale. […] Con l’estendersi dell’uso delle macchine e con la divisione del lavoro, il lavoro dei proletari ha perduto ogni carattere indipendente e con ciò ogni attrattiva per l’operaio. […] L’industria moderna ha trasformato la piccola officina del maestro artigiano patriarcale nella grande fabbrica del capitalista industriale. […] Quelli che fino a questo momento erano i piccoli ordini medi, cioè i piccoli industriali, i piccoli commercianti e coloro che vivevano di piccole rendite, gli artigiani e i contadini, tutte queste classi precipitano nel proletariato, in parte per il fatto che il loro piccolo capitale non è sufficiente per l’esercizio della grande industria e soccombe nella concorrenza con i capitalisti più forti, in parte per il fatto che la loro abilità viene svalutata da nuovi sistemi di produzione. Così il proletariato si recluta in tutte le classi della popolazione». 37 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it campo la legge fisica di Newton131, per cui ogni azione di forze è sempre accompagnata da una reazione eguale e contraria — ogni movimento centripeto da una forza centrifuga. Dove giunge la grande industria, ecco sopraggiungere le modificazioni, le aggiunte, le trovate ausiliari della piccola. Ma il loro campo d’azione rimane vario, diverso. Il nostro sguardo è quindi rivolto alle possibilità future. Ma nel presente quale può essere la sorte delle industrie rurali in Russia? quale la capacità di resistenza o di adattamento dell’artel? E in ultima analisi quale è l’influenza dell’economia [47] russa su questo movimento riformatore che agita ormai tutti gli strati sociali dell’impero, ma che sembra essere l’opera cosciente dei rappresentanti la grande industria? Problemi formidabili! Eppure nella loro soluzione sta in gran parte la chiave dell’avvenire russo! Per ora la piccola industria rurale ha interesse a riformare l’assolutismo: essa deve liberarsi dalla esosità degli intermediari, dalla cupidigia burocratica, dall’oppressione dei governatori, e possibilmente deve impadronirsi della terra. 3 Febbraio. Gli avvenimenti odierni ci hanno insegnato a tener conto degli elementi spirituali nella valutazione dei fenomeni storici. Il materialismo storico da solo non può spiegare la storia. Ieri ho visitato la produzione geniale degli artel russi, le meraviglie dell’arte paesana, dalla quale forse nascerà qualche grande manifestazione d’arte russa, come da un humus fecondo: oggi sono entrato nella cattedrale di S. Isacco132. Questa cattedrale sorge frammezzo a un’oasi monumentale: nelle sue vicinanze sono il Palazzo d’Inverno, l’Ammiragliato133, le statue di Piero il Grande, di Nicola I. E tuttavia non è senza commozione che si contempla questo edifizio, voluto da Pietro il grande, distrutto poco dopo da un incendio, ricostruito da Nicola I e consacrato al culto il 30 Maggio 1859. Le mura marmoree, i quattro porticati colle loro magnifiche colonne di granito, [48] coi grandiosi frontoni a bassorilievi, le quattro grandi porte di bronzo, la cupola dorata troneggiante colle sue colonne e colle sue ventiquattro statue d’angeli sopra le quattro cupole dorate delle torri campanarie e sopra altri aggruppamenti di statue 131 Lo scienziato inglese Isaac Newton (1642-1727) contribuì in maniera fondamentale a più di una branca del sapere: enunciò i principi della meccanica (di cui l’Autore ricorda il terzo principio della dinamica), espose le leggi della gravitazione universale, sviluppò il calcolo infinitesimale, introdusse una teoria corpuscolare sulla natura della luce, scoprì la scomposizione della luce bianca nei colori dell’iride, inventò il telescopio a riflessione. Si occupò anche di economia e di questioni monetarie (dal 1699 fu direttore della Zecca di Londra). Il suo scritto più importante è Philosophiae Naturalis Principia Mathematica (I principi matematici della filosofia naturale), pubblicato nel 1687. 132 Cfr. nota 4. 133 L’Ammiragliato fu costruito nel 1704-1803 su progetto di Pietro il Grande come cantiere navale. La guglia dorata, alta 72,5 metri fu realizzata dall’architetto Korobov per volere di Anna Pavlovna, sorella dello zar Nicola I e regina d’Olanda. Nel 1806, il palazzo subì una radicale trasformazione in stile neoclassico. 38 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it danno all’aspetto esteriore della cattedrale un’imponenza e una grandiosità non comuni. Entriamo nel recinto sacro. E’ un quadrato immenso dove può trovar posto una folla di quindicimila persone, una profusione di marmi, di argento e d’oro, di fregi e di decorazioni, di scolture e di sacre imagini. L’iconostasi che è la parte di separazione fra lo spazio riservato ai fedeli e il santuario, comprende tre porte corrispondenti al santuario centrale e alle due chiese laterali. Questa iconostasi è di una magnificenza che soggioga. Le otto colonne di malachite, il bronzo dorato delle porte, i bassorilievi dorati, le icone dei santi e della vergine, tutta questa profusione di luci e di colori e di atteggiamenti ieratici dà un’animazione solenne del tempio. E io imaginava facilmente la seduzione esercitata sugli animi della folla, quando spalancata la porta centrale dell’iconostasi, la porta dello czar, appare nel fondo, sulla vetrata immensa, al di sopra dell’altare e del tabernacolo d’argento, nella luce dei candelabri, la figura del Salvatore risorto e che sembra salire in un rutilante nimbo di luce. Io imaginava la cattedrale nella Notte Santa del Natale, quando sembra trasformata in un roveto ardente, e i ghiacci e la neve e l’oro delle cupole riflettono in vividi barbagli le migliaia di fiamme che sprigionano i candelabri [49] sorretti dagli angeli ai quattro angoli del tetto. Ma mi sono anche domandato quanto profonda, quanto radicata negli animi potesse essere la religione ortodossa, la religione degli czar e del Santo Sinodo, la religione che aveva dato a Pietrogrado le sue magnifiche cattedrali, questo S. Isacco, e la vicina Nostra Signora di Kazan 134, e San Pietro e Paolo135 nella cittadella paurosa, dove gli imperatori hanno voluto questo avvicinamento mostruoso della chiesa e del carcere. Ma vi posero anche la loro tomba. Chi visita S. Isacco, il tempio nazionale russo, non vi trova un’arte di ispirazione nazionale, ma un’arte di ispirazione bizantina. Le icone più venerate, le imagini miracolose, coperte da una pianeta136 d’oro tempestata di diamanti, sono quella del Salvatore, la Vergine di Korsoune137, e la 134 La cattedrale di Nostra Signora di Kazan’ fu voluta da Nicola I simile alla Basilica di San Pietro in Vaticano ed edificata fra il 1801 e il 1811. Centoquarantaquattro colonne formano il semicerchio esterno, la cupola raggiunge i 70 metri di altezza. 135 La cattedrale dei Santi Pietro e Paolo fu progettata, come la fortezza che la circonda, dall’architetto ticinese Domenico Trezzini fra il 1712 e il 1733. Distrutta da un incendio, fu ricostruita dall’architetto italiano Bartolomeo Rastrelli, nel 1750, in stile olandese, a pianta basilicale con cupola centrale. Sempre a un italiano, Antonio Rinaldi, si deve la guglia dorata, alta 60 metri, che regge un angelo con la croce. La torre di 122 metri si erge sul pronao e reca un carillon che ogni sei ore suona l’inno russo. Vi sono sepolti tutti gli zar e zarine Romanov, tranne Pietro II, Ivan IV e Nicola II. 136 È il felonio (in greco phélonion e in russo felón): ampio e morbido vestito dei sacerdoti (secondo ordine maggiore dell’ordine sacro), ricavato da un telo unico, più corto davanti, con un’apertura per la testa e una croce o un’icona ricamata sul dorso. È simile alla pianeta dei cattolici latini. 137 L’icona ritrae la Vergine e il Bambino fino alle spalle e in atteggiamento affettuoso. La leggenda racconta che fu dipinta a Efeso dall’evangelista Luca e custodita nel Palazzo imperiale di Costantinopoli. Il 9 ottobre 988, una copia fu portata a Kiev dalla città greca di Cherson (in slavo antico: Korsun’, in Crimea) dal Gran principe san Vladimir, in seguito 39 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it Vergine di Tichvine138. Quest’ultima e quella del Salvatore sono antichissime e perfettamente bizantine nella concezione e nel disegno. La Vergine di Korsoune che si stringe al seno il bambino ha un’espressione di tenerezza: c’è un raggio di umanità nel suo volto; ma la Vergine di Tichvine, magra, secca, misteriosa, nerissima fra il barbaglio degli ori, è una fedele espressione dell’aridità teologica dell’arte bizantina. Questa madonna, secondo mi spiegava un pope139, sarebbe un acheiropoiétes140, quanto dire un’imagine non fatta dalla mano dell’uomo, ma che si credevano eseguite dalla mano divina. Queste imagini vennero in voga nel V° secolo, poi si attribuirono a San Luca evangelista. La loro particolarità è di avere un colore marcatamente [50] bruno, forse in memoria della Sposa del Cantico dei Cantici: Nigra sum, sed formosa141. Le altre numerosissime icone, opere di artisti moderni, non si possono certo chiamare opere bizantine, ma la loro ispirazione è bizantina come bizantina è l’impressione d’assieme data dal tempio. Basta pensare all’abbondanza del mosaico, al predominio della decorazione, alla sontuosità dei colori. Come ci si sente lontani da un’arte paesana! da un’ispirazione indigena! Come mai una religione che dovrebbe esser divenuta sangue e carne del popolo non ha suscitato un’arte del popolo che le desse espressioni nuove, più adatte all’anima della folla, più intonate all’ambiente? Nel paese dove l’inverno grigio e interminabile vela il cielo e la terra di nebbie, come può fiorire l’arte di Bisanzio che vede curvarsi sulle sue cupole un cielo di zaffiro e bagnare le sue scalinate marmoree ondate di smeraldi? Sant’Isacco, bello, grandioso, magnifico tempio dell’impero ortodosso! ma non tempio dell’anima russa. Tutto qui ha un carattere strano: tutto qui risente dell’artificio colossale: tutto qui è un tentativo di abbagliare, di affascinare, di sbalordire. Si sente il dispotismo in questa pompa. Si comprende che le cerimonie non volevano parlare allo spirito, ma sedurre gli occhi. Si vede che il tempio è la succursale della reggia, il rito un ausiliario della politica. La religione ortodossa fu importata nella Russia, imposta al popolo, ma il popolo non ne fu conquistato fin nell’intimo. Introdotta da Vladimiro il santo142 verso il mille, la chiesa ortodossa fu organizzata da preti e dignitari trasferita a Novgorod e poi a Mosca. Ritenuta miracolosa, ne furono eseguite molte copie. 138 L’icona della Madre di Dio di Tichvin è del tipo della “Odigitria” (Colei che indica la via) e ritrae Maria che piega leggermente il capo verso il Bambino seduto sul braccio sinistro. Gesù mostra la pianta del piede destro. Secondo la tradizione, apparve, alla fine del XIV secolo, in un fulgore di luce trasportata dagli angeli sul lago Ladoga, dopo essere sparita da Costantinopoli secoli addietro. 139 Pope è una parola russa popolare, probabilmente derivata dall’antico greco poppás. Indica il prete di rito orientale delle Chiese russe, serbe e bulgare. 140 In italiano: acheropìta. 141 «Bruna sono ma bella» (Ct 1,5). In realtà, nel testo si fa riferimento al colore bruno assunto dal dipinto per la composizione della vernice trasparente (olifa) che lo copriva. L’olifa essicca lentamente, trattiene il fumo delle candele e, per fotosintesi, vira da un tono giallino a uno bruno-ambrato nel giro di cento anni circa. 142 Vladimir I (Volodymyr in ucraino, Valdimar in normanno e Volodymer in ruteno antico) 40 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it [51] ecclesiastici greci, rimase per lungo tempo una dipendenza di Bisanzio, per passare poi alla dipendenza del capo dello Stato, con Pietro il Grande, creatore del Santo Sinodo, come organo della volontà imperiale negli affari ecclesiastici. Questa fusione del potere politico e del potere ecclesiastico rafforzò straordinariamente l’assolutismo, ma legò le loro sorti. Ogni ribelle allo czarismo doveva essere in Russia anche un ribelle all’ortodossia: ciò spiega come oggi le forze reazionarie non possono fare grande calcolo sull’influenza dei religiosi sul popolo russo. Questo non significa che il popolo russo sia giunto nella sua grande massa all’indifferentismo religioso, chè anzi la religiosità e il misticismo rimangono come una delle caratteristiche fondamentali dell’anima russa, ma questa religiosità non trova più la sua piena espressione nell’ortodossia bizantina. La religione organizzata non può come tale avere un’influenza decisiva nel corso degli avvenimenti russi: piuttosto non si deve fare astrazione nel valutare la situazione di questo paese e le possibilità del suo sviluppo, dal fattore psicologico costituito dalla religiosità russa. A questo proposito è assai interessante notare il grande numero di contadini e di operai russi che per fervore religioso si danno alla vita monastica. Accolti in qualcuno dei grandi monasteri russi come semplici poslushnik143 dopo qualche anno di noviziato diventano monaci riasofornii144 e poi s’innalzano al grado di monacheinii145. Ho visitato in altri tempi il monastero delle isole Valaam sul Ladoga146, dove vivono un migliaio [52] di monaci, dalle lunghe capigliature, dalle barbe prolisse, col cappello cilindrico e un lungo drappo nero cascante ai piedi dalle spalle, che dava alle loro riunioni nella solitudine selvosa dell’isola un aspetto di tenebrose cospirazioni. E’ innumerevole il numero delle persone che giungono a Valaam dai più lontani governi della Russia per passarvi alcuni giorni in devoto raccoglimento, ospitati dai monaci in cambio di qualche lavoro campestre che compiono nei boschi e nei prati del convento. Partendo, tutti acquistano i prosfòri147, di panetti con impresse le diventò Gran principe di Kiev nel 980 al termine di una guerra fratricida. Nel 988 ottenne dall’imperatore di Bisanzio, Basilio II, la mano della sorella Anna, ma dovette accettare la conversione al cristianesimo, che Vladimir impose a tutta la popolazione dell’antica Rus’. Alla sua morte, avvenuta nel 1015, fu canonizzato. 143 Poslušnik, novizio. 144 In italiano corrisponde a rasofori, termine derivato dal greco rasoforòs, che significa “monaci con la tunica”. Il rasoforo è il diacono o il novizio che ottiene il permesso di indossare una lunga e leggera tunica di lana o seta nera con ampie maniche (detta in russo rjasa), che simbolizza la morte su questo mondo e la dedizione completa a Dio. 145 Monaci che possono ricevere il sacramento dell’ordine sacro. 146 Nel X secolo fu fondato sull’isola principale dell’arcipelago di Valaam, situato nel lago Ladoga, vicino al confine con la Finlandia, il monastero di Valaam (nome dell’arcipelago e dell’isola maggiore) dai santi monaci greci Sergio e Germano. Il monastero fu un centro religioso e culturale della Russia, sostenuto dagli zar e dalla Chiesa ortodossa, fino al 1617 quando fu conquistato dagli Svedesi. Distrutto e ricostruito nel XVIII secolo, diventò uno dei monasteri più ricchi in Russia, trasformandosi in un piccolo stato che controllava tredici monasteri minori. 147 La prósfora è il pane lievitato dell’Eucaristia, un pane rotondo, sulla cui parte centrale è 41 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it figure dei santi Sergio e Germano, che porteranno per sè e per le famiglie lontane, come un santo viatico. Ho osservato molte di queste manifestazioni religiose del popolo, ma esse hanno tutte un carattere di esteriorità, di superficialità. Altre sono le manifestazioni del bisogno religioso russo. Nei riti, nelle processioni, nelle benedizioni, non abbiamo che la teatralità del clero fastoso, sfilante per le vie nei broccati bianco-dorati, nelle cappe maestose incrostate di perle, figure ascetiche dalle fluenti barbe e dalle zazzere biondastre, tutto uno spettacolo fatto per la suggestione dei sensi. Ma il sentimento vasto e trascendente della religione di questo popolo è nella dimostrazione pubblica, aperta, franca della loro convinzione religiosa, nell’inginocchiarsi nel mezzo della strada e fare il segno della croce e ripetere la preghiera di rito, nello scambiarsi le frasi sacramentali, come nella notte di Pasqua. Cristo è risorto! dice l’uno, e l’altro risponde; Sì, è vero! è risorto! e chiunque essi sieno, nobili e plebei, [53] uomini e donne, che mai prima si videro, si baciano tre volte sulla bocca. La religiosità russa è in questo bisogno di carità, che ha avuto manifestazioni veramente grandiose durante la guerra, ma che ne aveva di egualmente grandiose durante la pace. E ancora, è il senso religioso che fa del russo il popolo più mite e più pacifista del mondo. Sembra un’affermazione strana quando si pensi alla terribile fama dei cosacchi Eppure è un’affermazione che mi hanno ripetuto di sovente in Russia. Degli ufficiali assicuravano che i soldati negli assalti alla baionetta evitano di colpire il nemico al ventre e mirano alle braccia o alle gambe. Questa improvvisa rivelazione di pietà nell’ebbrezza della lotta più barbarica, questo affiorare misterioso dalle profondità dell’anima di una impreveduta ingenua bontà, questa istintiva contraddizione alla brutalità apparente, alla selvaggia scorza, non è la riprova di quel senso religioso che ci è rivelato dal temperamento contemplativo, estatico, sognatore, irrealista del contadino russo? Tolstoi che è considerato come l’eroe nazionale russo, ossia come l’espressione più genuina della mentalità russa, è il più grande e il più assoluto dei pacifisti. Nella sua negazione della violenza egli giunge più lontano ancora del Cristo che offriva la guancia sinistra a chi gli aveva percosso la destra. Kouropatkine148 nelle sue Memorie sulla guerra russogiapponese è un testimone del pacifismo naturale, istintivo del popolo russo. Per questo aspetto la psicologia religiosa dei russi può essere un fattore impresso un sigillo con la Croce e l’iscrizione IC XC NIKA (Gesù Cristo vince) a simbolizzare l’Agnello di Dio. La parte di prosfora non usata nel rito o un altro pane benedetto viene distribuito ai fedeli e prende il nome di antidoro (antidór in russo). 148 Aleksej Nikolaevič Kuropatkin (1848-1925) fu un ufficiale dell’esercito russo che combatté nella guerra russo-turca del 1877-1878, fu luogotenente generale e governatore della regione del mar Caspio dal 1890 al 1898 e fu ministro della Guerra dell’impero zarista dal 1898 al 1905, quando l’esercito russo fu sconfitto in Manciuria nella guerra russogiapponese. Nel 1916 fu governatore del Turkestan fino allo scoppio della Rivoluzione del febbraio 1917, in seguito alla quale si ritirò a vita privata. 42 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it importante nel determinarne [54] la linea d’azione se il popolo dovesse domani diventare, contro l’ortodossia czarista, l’arbitro dei propri destini. La nuova borghesia russa ha un nuovo problema da risolvere prima di avventurarsi ad un salto nel buio. 4 Febbraio. Riassumiamo il nostro lavoro. — 31 Gennaio: visita al cantiere navale del Baltico; pranzo da Timiriasef149, ex-ministro del Commercio, membro del Consiglio dell’Impero: seduta al Comitato Militare-Industriale. — 1 Febbraio: visita allo stabilimento Erikson per apparecchi telefonici: ottomila fra impiegati e operai: produzione giornaliera 3500 apparecchi: ricevimento all’Hotel de Ville: pranzo dall’Ambasciatore italiano. — 2 Febbraio: all’Officina Carte e Valori: alla Camera di Esportazione: al Club degli Economisti. — 3 Febbraio: al Politecnico, che ospita, in tempi normali, cinquemila studenti. Calorosa dimostrazione degli insegnanti. Colazione da Nobel: visita alla sua officina per motori Diesel150. — Oggi, alla Galleria de l’Ermitage151. E poi da Kramskoi, direttore delle ferrovie dell’Ural. Poi alla Duma. Poi da Protopopoff, con Scialoia152. Poi alla Comédie française. Da ultimo qui, a tavolino, per le note di questa giornata laboriosa, piena di emozioni. . . . . . . . . . . . . A l’Ermitage ho ammirato Bernardino Luini153. [55] Questo grande e 149 Vasilij Ivanovič Timirjazev (1849-1919) si impiegò nel Ministero delle Finanze russo dal 1873 diventando ministro delle Finanze dal 1902-1905. Fu poi ministro del Commercio e dell’Industria fino al febbraio 1906 (quando il governo si dimise e lui rimase membro del Consiglio di Stato) e ancora nel 1909. Fu inoltre presidente della Camera di Commercio anglo-russa (Londra-San Pietroburgo). 150 Il barone Emanuel Nobel (1859-1932), nipote di Alfred Nobel, assunse la direzione della compagnia petrolifera “Branobel” (abbreviazione di Fratelli Nobel), con sede a Baku, nel 1888, alla morte del padre Ludwig. La Branobel, fondata nel 1876, aveva avviato a San Pietroburgo, nel 1879, la produzione di olio combustibile e dal 1898 quella dei motori inventati dal tedesco Rudolph Diesel (1858-1913), così da detenere il monopolio delle forniture per automobili, petroliere, impianti elettrici, pompe idrauliche ecc. Nel 1917 la società aveva un capitale di 30 milioni di rubli. 151 L’Ermitage conteneva le collezioni imperiali nel Palazzo d’Inverno. Nel 1852 diventò il primo museo pubblico della città, ma con accesso limitato alle persone considerate rispettabili. 152 Vittorio Scialoja (1856-1933) fu uno dei maggiori giuristi italiani della sua epoca, fondatore nel 1888 dell’Istituto di Diritto romano. Fu docente all’Università di Roma, consigliere della città di Roma dal 1891 e senatore del Regno d’Italia dal 1904. Fu inoltre ministro della Giustizia (1909-1910) e degli Esteri (1919-1920) e rappresentante dell’Italia nel Consiglio della Società delle Nazioni (1921-1932). 153 Bernardino Schapis (1481?-1532) prese il nome Luini perché originario del retroterra di Luino sul Lago Maggiore. Studiò pittura a Milano ed eseguì dipinti su tavola e affreschi per moltissimi monasteri e chiese in Lombardia e nel Canton Ticino. Fu anche uno dei pittori 43 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it modesto genio della pittura, questo generoso datore di capolavori, lo si incontra dappertutto. Al Prado di Madrid come alla galleria reale di Berlino, al Museo di Budapest come al Louvre di Parigi, alla Nazionale di Londra come all’Imperiale di Vienna. Tutte le città d’Italia hanno un Luini, e la Lombardia è un sacrario delle sue opere. La Vergine col Bambino dell’Ermitage è Leonardesca, ma Santa Caterina che legge, fra i due angioli, è di stile e di fattura prettamente luinesca. E’ la sublimazione della soavità e dell’estasi religiosa. L’Italia è rappresentata gloriosamente in Russia dalla sua arte. Sono gli artisti, ancora prima dei commercianti, che sono venuti qui a crearvi una tradizione di italianità che non si è mai più spenta. Quanti conoscono la nostra lingua! e la parlano con facilità, con prontezza! Sazonoff, Efremof 154, Miliukoff… ci sarebbe da fare un lungo elenco di altissime personalità russe. E fra i primissimi italiani venuti in Russia bisogna pure che ricordi per un legittimo orgoglio i magistri comacini155, che fecero la loro comparsa in Russia verso il 1450, con Ivano III 156 e con Ivan il Terribile157. Celebre fra preferiti da Federico Borromeo, che raccolse molte sue opere alla Pinacoteca Ambrosiana. Nel 1521 si recò a Roma e restò impressionato dalla pittura di Raffaello. Nel periodo maturo l’opera del Luini diventò «un’originale sintesi tra lo sfumato di Leonardo e il rigore metafisico-prospettico di Vincenzo Foppa, Bramantino e Zenale». 154 Tra gli Efremov, grandi proprietari terrieri, vi furono molti militari. Nel 1917 risultano attivi il generale Konstantin Efremov, il progressista I.N. Efremov (partecipante al Governo provvisorio del 1917) e un “Efremov” – forse uno pseudonimo – che era un componente della Čeka (Commissione straordinaria per la lotta contro la controrivoluzione e la speculazione, creata nel 1917) e partecipò all’eccidio della famiglia imperiale a Ekaterinburg. 155 Dal Medioevo, con “maestri comacini” si indicavano i costruttori, lapicidi e scalpellini associati in forme corporative, abilissimi nel taglio e nell’uso della pietra e del laterizio. Non si sa se il nome facesse riferimento all’area di Como come luogo di provenienza o se derivasse da cum machinis, cioè con gli attrezzi meccanici necessari al taglio delle pietre. Si diffusero soprattutto in Italia centrale e settentrionale, in Svizzera, in Francia e nella valle del Reno. 156 Il Gran Principe di Mosca, Ivan III il Grande (1440-1505), regnò dal 1462 alla morte. È considerato l’unificatore delle terre russe perché riuscì a quadruplicare le dimensioni del suo regno, assoggettando la repubblica di Novgorod (1478), i principati di Jaroslavl’ (1463 ) Rostov (1474) e Tver’ (1485), la Lituania (1500) e vincendo in più riprese i Tatari. In politica interna, puntò all’autocrazia, diminuendo in modo consistente l’influenza dei bojari, e fu il primo a farsi chiamare “zar”. In seconde nozze sposò Sophia Paleologa (o Zoe, l’originale nome greco ortodosso), figlia del despota di Morea, fratello dell’ultimo imperatore bizantino Costantino XI. Fu Sophia a introdurre il cerimoniale bizantino in Russia e Ivan III a dare inizio alle magnificenze artistiche di Mosca, perché, secondo lui, essa doveva succedere a Costantinopoli e diventare la “Terza Roma”. 157 Ivan IV Vasil’evič (1530-1584), più noto come Ivan il Terribile (da un’arbitraria traduzione di groznyi, temibile), fu incoronato Gran principe della Moscovia a 16 anni e si autodefinì subito “zar di tutte le Russie”. Durante il regno, riformò il codice penale, creò un esercito stabile e una polizia segreta (opričnina), un’assemblea dei rappresentanti delle classi sociali (Zemskij Sobor), introdusse la stampa tipografica, favorì i commerci, ampliò i confini annettendo due khanati tatari e definì la subordinazione della Chiesa allo Stato, creando un complesso sistema di rituali e regole. Ma promulgò anche le prime leggi che restringevano la libertà di spostamento dei contadini e combatté una guerra durata 22 anni contro Svezia, Livonia (Lituania) e Polonia per il controllo del mare che impoverì 44 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it tutti l’ingegnere ed architetto Aristotile Fioravanti da Bologna158, un rinnovatore delle arti e dei mestieri, in Russia. Questa tradizione d’italianità si aggiunge alla alleanza attuale per accrescere le simpatie russe verso di noi. Quali accoglienze splendide, entusiastiche, cordiali dappertutto! Oggi alla Duma la dimostrazione fu imponente. Rodzianko parlò dalla sua tribuna presidenziale: tutti i banchi erano affollati di pubblico. [56] Era presente anche il ministro rumeno Bratianu159. Vagabondando nelle sale del palazzo della Tauride160, ho incontrato l’avvocato Karamine. — Non sei al tuo posto? mi disse ridendo. — No, vado curiosando. — Ti farò da Cicerone. Mi sono accompagnato con lui e passo passo, dal couloir alla ciainaia161, dalla sala dei giornalisti agli uffici del telegrafo, del telefono, egli mi trascinò in una delle sale adiacenti alla grande aula. E mi sussurrò pianissimo, sbirciando le signorine stenografe dell’Agenzia telegrafica di Pietrogrado: Sai!? Ci siamo. Feci una smorfia interrogativa. «Vieni domani sera in Bolchaia Bolotnaia… » Lo interruppi. «Domani sera sarò in viaggio per Mosca». L’amico Karamine si strinse nelle spalle e non volle saperne di aggiungere una parola di più. Ho giudicato il suo procedere quasi crudele. Ma devo convenire che il silenzio è d’oro. Forse per questo in Russia tutti tacciono, a cominciare dai giornali che notevolmente lo Stato. Una serie di sventure alterò il sistema nervoso di Ivan fino a fargli uccidere chiunque non gli andasse a genio. Morì avvelenato mentre stava giocando a scacchi. 158 Aristotele dei Fioravanti (1420?-1487?) fu uno degli ingegni più singolari del XV secolo, che fu paragonato a Leonardo da Vinci e a Galileo Galilei. Lavorò come ingegnere (idraulico e militare), architetto, fonditore e orefice a Bologna, sua città natale, a Firenze (chiamato da Cosimo de Medici), a Milano, Parma, Cremona… Nel 1467 si trasferì in Ungheria per il re Mattia Corvino. Chiamato da Ivan III, arrivò a Mosca nel 1475 e lavorò nel Cremlino fino alla morte, costruendo la cattedrale della Dormizione nel Cremlino (1476-1479) e iniziando quella dell’Arcangelo Michele. 159 L’ingegnere Ionel Brătianu (1864-1927), leader del Partito nazionale liberale rumeno, fu, in Romania, ministro dei Lavori Pubblici (1897-1899, 1901-1902) e ministro degli Interni (1907-1908), Primo ministro per cinque mandati (tra il 1909 e il 1927) e ministro degli Affari esteri in più occasioni. Durante la Prima guerra mondiale, la Romania dichiarò guerra all’Austria-Ungheria, aumentando così la sua dipendenza dalla Russia, fino a quando la Rivoluzione dell’ottobre 1917 determinò l’armistizio e la firma del trattato di Bucarest nel maggio 1918. In seguito, Brătianu continuò a svolgere un ruolo di primo piano nella definizione dei confini e delle alleanze con i Paesi confinanti. 160 Il Palazzo di Tauride a San Pietroburgo fu disegnato dall’architetto Ivan Starov nel 1789 e costruito tra il 1783 e il 1789 per Grigorij Potëmkin, amante di Caterina la Grande, la quale gli aveva conferito il titolo di “principe di Tauride”, dall’antico nome della Crimea che egli aveva conquistato. Fu trasformato in caserma dallo zar Paolo I e, fra il 1906 e il 1917, ospitò le assemblee della Duma, del governo provvisorio e del Soviet di Pietrogrado. 161 Dall’androne alla sala da the. 45 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it pure stampano tante parole. Per esempio: questa sera dopo il pranzo offerto da Protopopoff è circolata la notizia della rottura delle relazioni diplomatiche fra la Germania e gli Stati Uniti. — Come mai questa notizia non ha sollevato tutta Pietrogrado in un impeto di entusiasmo? perchè l’avvenimento non è annunziato ai quattro venti? Ci siamo, ha detto Karamine. E io ho pensato alle contraddizioni, all’assurdo della vita politica russa più recente: ho pensato a tutto quel fermento, a tutto quel ribollimento [57] di forze, di aspirazioni, di passioni, che pure non appariva, non riusciva a turbare il ritmo regolare della vita, e guardando Protopopoff, cortese, affabile, irreprensibile, ho dubitato della parola di Karamine Possibile!? Ma perchè? ma come? Eco qui il principe Galitzin, ecco qui i ministri della Marina, della Guerra, della Giustizia, coloro che strinsero la mano a Miliukof quando colpì Sturmer colla sua terribile requisitoria, e Protopopoff si aggira fra loro, con quel suo passo saltellante, con quella sua faccia ridente. Ma qui tutti sono sereni! tranquilli! Eppure Karamine dice che ci siamo. Fuori ho domandato a qualche collega: Che ne dici di questo Protopopoff? — Ha lo sguardo falso, mi rispose. Ecco tutto. Io penso alla sguardo falso di Protopopoff. In realtà non era uno sguardo falso, ma uno sguardo turbato. Quell’uomo nel suo intimo deve tremare. Deve essere in preda a quella specie di ossessione che adagio adagio conduce un re o un potente alla tirannia crudele. Egli guarda stranamente, perchè non riesce a nascondere dietro la maschera ridente il suo spirito vigile ed ostile. Gli occhi svelano la sua anima in agguato. Anima nera di traditore. Protopopoff è salito perchè venduto alla Germania. Dopo il suo giro nell’Europa, questo deputato di sinistra si è abboccato coi tedeschi: dopo l’abboccamento è passato nelle file della reazione, è divenuto ministro dell’interno. La Russia è nelle sue mani avendo egli nelle sue mani la polizia. Essendo salito in alto la sua vanità fu crudelmente provata: il potere [58] non gli diede tanto quanto aveva perduto. Egli sentì intorno a sè il vuoto della disistima generale, poi il soffio gelido dell’odio popolare. Il suo animo fu gonfio di rancore. Il suo programma fu un programma di vendetta contro il liberalismo. Anfiteatrof162 lo punzecchia nel suo giornale ed egli non nasconde i suoi propositi di punirlo. I Comitati militari e industriali vedono entrare nelle loro adunanze la polizia, con aria provocatrice. Che cosa vuole Protopopoff? Abbattere la Duma, gli Zemstvo, i Comitati, tutta l’organizzazione nuova del liberalismo: tornare all’assolutismo: far la pace colla Germania senza render conto a nessuno. Ma poiché lo scopo ultimo che egli persegue è la pace separata, egli ha contro di sè non solo il liberalismo russo, ma i granduchi, i generali, i reazionari che amano il loro paese, i nazionalisti. Anzi sono proprio i nazionalisti che ritengono urgente 162 A.V. Anfiteatrov, direttore del periodico di estrema destra “Russkaja Volja” (Volontà russa ). 46 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it sbarazzare la vita russa dalla camarilla. Chi ha ucciso Rasputin? Il capo dei nazionalisti di destra, il deputato Purisckievic163. Il partito nero164 non vuole esser condotto nell’abisso dalla follia di Protopopoff. La ridda dei ministri che vanno e che vengono senza una ragione politica, senza una logica, senza un criterio, è dovuta alle attrazioni e alle ripulsioni di questo maniaco che le circostanze hanno posto al ministero dell’interno. Ci si domanda come egli possa resistere a quel posto: e taluni rispondono con dei nomi. Prima si diceva Rasputin, e Rasputin, questo ciarlatano ignorante, ma psicologo, conoscitore degli uomini, e più delle donne, fu preso così sul serio che l’ammazzarono. L’ultima versione dice che [59] da molte sere veniva ad ubbriacarsi in casa del principe Iussupoff, dove si riteneva sicuro. Ma la polizia subodorò il pericolo: Protopopoff fu avvertito: egli mandò una notte il capo della polizia Balk165 in casa del principe per proteggere Rasputin. — Balk fu persuaso ad andarsene con belle parole. Il deputato Purischievic166 che voleva convertire Rasputin in uno strumento del nazionalismo russo comprese di non aver più tempo per strappare quel santone a Protopopoff: allora si decise di sopprimerlo subito. Al mattino alle cinque Rasputin era ucciso a rivoltellate. Ma Protopopoff rimase e l’uccisione di Rasputin lo rese più sospettoso, più vendicativo. Chi lo tiene su in alto? Pitirim, il metropolita? Ma quest’uomo che ha trasformato il monastero di Alessandro Newsky167 in un salone da ricevimenti e da feste per l’alta società, è 163 L’ucraino Vladimir Mitrofanovič Puriškevič (1870-1920), grande proprietario terriero, fu un politico della destra reazionaria, co-fondatore nel 1905 dell’organismo controrivoluzionario e antisemita “Unione del popolo russo” a San Pietroburgo e, in seguito a divergenze interne, nel 1908, fondatore della “Unione dell’Arcangelo Michele”. Fu eletto deputato della destra radicale nella seconda, terza e quarta Duma. Durante la Prima guerra mondiale abbandonò la politica attiva e nel 1916 partecipò, insieme al granduca Dmitrij Pavlovič e al principe Feliks Jusupov, all’assassinio di Rasputin. Dopo la Rivoluzione dell’ottobre 1917 chiese l’abolizione dei Soviet, organizzò il “Comitato per la salvezza della Patria” e partecipò ai movimenti antibolscevichi. Arrestato nel novembre 1917 dalla Čeka (Commissione straordinaria per la lotta contro la controrivoluzione e la speculazione) fu imprigionato e rilasciato un anno dopo, forse per le condizioni di salute: morì nel 1920 di tifo. 164 Con “partito nero” ci si riferisce ai Cento Neri, l’organizzazione politica di estrema destra – cui Puriškevič faceva parte – sorta in Russia durante la rivoluzione del 1905. Costituita da proprietari terrieri, contadini possidenti, esponenti della burocrazia statale e degli apparati militari, propugnava idee autocratiche, nazionaliste e antisemite in opposizione alla richiesta di riforme in senso costituzionale diffusa tra vari strati sociali. Violente azioni contro i dissidenti politici e pogrom contro gli ebrei furono promossi da membri dell’organizzazione che, con il beneplacito delle autorità, rimase attiva fino al 1911. 165 Generale A.P. Balk, ultimo capo della polizia zarista a Pietrogrado. Si dimise il 28 febbraio 1917. 166 Pur se scritto diversamente, è il già citato Vladimir Puriškevič. 167 Il monastero dedicato a sant’Aleksandr Nevskij, principe di Novgorod e Vladimir (12201263), si trova lungo il fiume Neva, all’estremità occidentale della Prospettiva Nevskij ed è il più antico monastero di San Pietroburgo. Fu fondato da Pietro il Grande nel 1710 in onore della vittoria sugli Svedesi. La neoclassica cattedrale della Trinità fu invece costruita tra il 1776 e il 1790 dall’architetto Ivan Starov. Negli annessi tre cimiteri riposano illustri scienziati (come Lomonosov), scultori, architetti, scrittori (come Dostoevskij), musicisti (come Čajkovskij). 47 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it anch’esso un parvenu. Non ha credito. Non ha stima. Si sostiene forse Protopopof pe’ suoi meriti? Quali? Non se ne conoscono. Gli uomini che agivano hanno dovuto fuggire di fronte a lui. Trepof, Ignatief, Bark, Sciuvaief168 spariscono. Sono uomini neri, ma sono patriotti. Bisogna lasciare il passo a Sturmer, E questo Protopopoff che fa e disfa i ministri, esce in pubblico pavoneggiandosi nell’uniforme di generale di gendarmeria. Quest’uomo non ha il senso della propria potenza, evidentemente perchè la potenza non è in lui, ma gli viene da qualcuno, da qualche cosa. Viene la sua potenza da Berlino: dietro di lui si vede l’ombra della czarina. Non vi è altra spiegazione per l’enigma russo. Il partito tedesco fa un disperato tentativo [60] valendosi del suo predominio alla Corte, avendo nelle sue mani il ministro dell’interno. Questo losco esecutore dei piani di tradimento, per giungere alla pace separata deve abbattere la formidabile posizione liberale. Mentendo il suo vero scopo egli provoca i liberali sul terreno della politica interna. Gioco pericoloso. Peggio ancora, giuoco scoperto. E Karamine quindi mi ha detto: Ci siamo. Che cosa si prepara dunque? Forse è giunto il momento di tradurre in atto la deliberazione dei Comitati di guerra radunatisi a Mosca verso la metà di gennaio. I Comitati di guerra comprendono militari, industriali, operai, professori. Quando nel loro congresso di Mosca comparve la polizia mandata da Protopopoff, il deputato della Duma Konowaloff169 e il sindaco di Mosca Celnokoff170 si alzarono a protestare violentemente e tutta l’assemblea proruppe in veementi invettive. Prima di separarsi i delegati votarono la dichiarazione di guerra del popolo al potere costituito. Eccola integralmente: «Un governo irresponsabile, ispirato da forze secrete, conduce il paese alla rovina. Tutti lo criticano, dalla Duma sino al Consiglio dell’Impero e all’Unione della nobiltà. Ma il potere è sordo alla voce del popolo e delle istituzioni legislative. Esso ha risposto cacciando tutti i congressisti riuniti in 168 Per Aleksandr Trepov, cfr. nota 14 Il conte P.N. Ignatev fu ministro dell’Istruzione nel 1915-16, iniziando una serie di riforme per modernizzare le scuole e introdurre la formazione tecnico-professionale. Pëtr L’vovich Bark fu ministro delle Finanze dal 19141916. Dmitrij Savel’evič Šuvaev (1854-1937), generale di fanteria, fu capo commissario militare e ministro dal 1915 al 1917, quando diventò membro del Consiglio di Stato; si ritirò dal servizio militare alla fine del 1920 e, nel 1937, fu arrestato dalla polizia segreta di Stalin e giustiziato. 169 Aleksandr Ivanovič Konovalov (1875-1948) fu un grande capitalista russo e membro della quarta Duma per il Partito democratico costituzionale (o dei Cadetti). Dopo la Rivoluzione del febbraio 1917 fu nominato ministro del Commercio e dell’Industria e poi vice Primo ministro del Governo provvisorio. Allo scoppio della Rivoluzione dell’ottobre 1917 emigrò in Francia e in seguito negli Stati Uniti. 170 Michail Vasil’evič Čelnokov (1863-1935), industriale e attivista del Partito democratico costituzionale (o dei Cadetti), fu vice-presidente nella seconda, terza e quarta Duma, sindaco della città di Mosca dal 1914 al 1917. Fu commissario rappresentante del Governo provvisorio per Mosca per pochi giorni (1-6 marzo 1917), durante i quali concesse l’amnistia ai prigionieri politici, legalizzò tutti i partiti politici e ordinò la chiusura di alcuni periodici, poi si dimise. Dopo la Rivoluzione dell’ottobre 1917 emigrò, vivendo in Jugoslavia. 48 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it assemblea per discutere la questione del vettovagliamento. Proseguendo una lotta accanita contro tutte le classi della popolazione e contro tutte le nazionalità, esso distrugge ciò che resta delle organizzazioni laboriose. La salvezza del paese risiede nell’unione di tutte le forze della nazione e in una stretta [61] collaborazione colla democrazia. Il Congresso dei Comitati di guerra fa perciò appello alla Duma e la invita a continuare la buona lotta per ottenere un governo responsabile: esso le domanda di non perdersi di coraggio e di lottare energicamente per l’onore e per la libertà». Quando la Duma si riaprirà il 27 di febbraio essa avrà dietro di sè queste organizzazioni pronte alla lotta. La situazione è paurosa. Qualunque uomo di Stato cederebbe, ma Protopopoff non arretrerà d’un passo. La Germania evidentemente non teme nè l’assolutismo russo nè l’anarchia russa. E noi abbiamo visto che la politica russa oscillerà fra questi due poli. 5 Febbraio. Abbiamo pranzato al Club dei commercianti. Parafrasando il: Ci siamo! dell’avv. Karamine oggi ho detto a un commerciante: Non mi sembra di veder chiaro negli ultimi avvenimenti del vostro paese. Si è forse giunti a un momento decisivo e chissà come potrà cavarsela il ministro Protopopoff quando si troverà faccia a faccia colla Duma. Il commerciante rispose: Ci sono sempre i cosacchi in Russia. La rivoluzione e la repressione. Tutto era dunque previsto secondo il naturale ordine russo delle cose. Infatti, i cosacchi! Non ci avevo pensato. Che cosa faranno i cosacchi? E verranno chiamati a Pietrogrado? Sarebbe interessante uno studio su questi soldati singolarissimi, sulla loro speciale organizzazione [62] di favore, sui privilegi amministrativi che godono, sull’esenzione dalle tasse, sul loro servizio militare lunghissimo. Ma non ne ho più il tempo. Bisogna lasciare la capitale. Partiamo per Mosca, Karkow171, Kiew, Odessa. Quando torneremo? Mi dispiace lasciare Pietrogrado proprio in questi giorni, proprio ora che Karamine ha gettato nella mia fantasia il suo «Ci siamo!» incendiario. D’altra parte si dice che Pietrogrado non sia la Russia. La santa Russia mi si rivelerà forse meglio a Mosca e a Kiew, la madre delle città russe. Partiamo. 6 Febbraio. Il governo imperiale ha messo a nostra disposizione due magnifiche vetture e tre alti impiegati delle ferrovie, per il nostro giro nella Russia meridionale. Questa premura ci rallegrò moltissimo stamane, partendo da Pietrogrado per Mosca. Infatti quando si sale in treno nella Russia è un po’ 171 Charkov (in russo) o Charkiv (in ucraino), città dell’Ucraina. Nel testo, l’Autore lo scrive Karkow, Karkof e Karkoff. 49 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it come da noi quando si sale a bordo. I viaggi durano delle intere giornate attraverso pianure sterminate confinanti col lontano orizzonte. Da Pietrogrado a Mosca nulla di interessante. Guardando traverso i doppi vetri delle vetture scorgeva il panorama d’argento della pianura, qua e là interrotto dai rettangoli bianco-neri dei boschi o dall’improvviso affacciarsi di paeselli, dalle case basse coi tetti larghi, massicci, spioventi fin quasi a toccare cogli orli il cumulo della neve. E neve dappertutto! E ricami e trine e sbavature di ghiaccio sulle staccionate [63] della ferrovia, sugli scambi, sui rami degli alberi allineati in file interminabili. Di quando in quando fra tutto quel bianco, delle chiazze nere che si movevano al rombo del treno: erano enormi cornacchie errabonde in cerca di cibo. Si sarebbe detta un deserto quella regione se il piano non fosse stato solcato dalle strisce dei veicoli e non fosse apparsa qualche slitta a tre cavalli, carica di legname da ardere. Il treno giunse a Mosca alle 13, con molte ore di ritardo. Quando l’urlo nasale della locomotiva, un urlo simile a quello d’un vaporetto, ci annunziò la città santa, tirammo un gran respiro di sollievo. Finalmente! Ma a Mosca ci attendeva la solita improba fatica dei ricevimenti, che culminarono col ricevimento di questa sera in Municipio. C’erano migliaia di signori e di signore. Mi domando se tutta questa folla si è scomodata esclusivamente per noi, o se noi non siamo stati che un pretesto per ammazzare in qualche modo la noia delle notti invernali. Il ricevimento è cominciato alle ventidue. Musica, fiori, bandiere, discorsi. Ritorno ora all’Albergo Nazionale, e sono le tre. La penna mi cade di mano. 8 Febbraio. Siamo a Mosca da tre giorni…. e non si è fatto nulla. Nulla dal punto di vista della mia inchiesta personale sulle probabilità e sulle direttive di una trasformazione politica-sociale dell’impero, nulla nei riguardi della nostra missione. Bisogna pure che consacri una parola alla [64] Missione Commerciale Italiana in Russia. Veramente ci rimane ancora del tempo, ma tutto quello che dovremo ancora vedere ci è stato anticipato nelle discussioni e nelle relazioni pietrogradesi. A Pietrogrado si è lavorato enormemente. Abbiamo avuto relazioni su relazioni: di Nagrodzki sulle ferrovie, di Rummel sui porti e sulle vie fluviali, di Rafalovitc sull’esportazione dei cereali, di Linden e di Zagorski sulle comunicazioni fra la Russia e Italia, e poi di Sciapiro, di Korsukin, di Grinberg, di Voronof, di Perrimond sulla nafta, sul legname, sull’alcool, sui minerali, sulle industrie, sul credito. Il programma del nostro soggiorno a Mosca non comprende più nulla di tutto questo. La parte informativa, riassuntiva è già terminata: possiamo trarne le conclusioni. I russi vogliono da noi tutto, Vogliono macchine, vogliono capitali, vogliono tecnici. Hanno addosso la febbre della industrializzazione. Abbiamo veduto a Pietrogrado e quì a Mosca delle organizzazioni potenti, 50 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it meravigliose, e le cifre dell’industria russa sono imponenti, considerate a sè. Ma che cosa possono significare queste cifre quando si mettono in rapporto alle cifre indicanti l’estensione e la popolazione russa? O quando si pensa alle ricchezze inestimabili del suolo e del sottosuolo? Sono inezie. Ciò che è stato fatto in Russia è meraviglioso, ma quel che rimane da fare è incalcolabile. La borghesia commerciale e industriale vede benissimo tutte le possibilità dell’avvenire: ha voluto e sostenuto la guerra appunto per liberarsi dai tedeschi che, secondo la frase di Korzouhkine172, avevano letteralmente sommerso [65] la Russia coi loro prodotti impedendo assolutamente ogni sviluppo della industria locale. Liberarsi dai tedeschi vuol dire sostituire i capitali, i tecnici, il personale, l’importazione tedesca. E noi italiani siamo sollecitati per tale sostituzione. Io non consiglio di fare un calcolo eccessivo su dei sentimenti che le circostanze e l’esito della lotta potranno far mutare notevolmente. Ma ciò che costituisce indubbiamente una garanzia di successo per l’espansione commerciale italiana in Russia sono le condizioni della produzione nei due paesi, per cui essi nella futura divisione del lavoro e degli scambi internazionali rappresentano elementi di integrazione, e non elementi di concorrenza. Voglio dire che la bilancia commerciale dei due paesi troverà facilmente l’equilibrio. Finora l’esportazione russa in Italia superava di molto la importazione dall’Italia, ma in ogni modo le cifre degli scambi erano insignificanti in rapporto al movimento totale dei commerci dei due paesi. Il che dipendeva in parte dal fatto che fra la Russia e l’Italia servivano da intermediari i tedeschi. E a sua volta questo fenomeno era una conseguenza della nessuna organizzazione, sia da parte nostra che da parte dei russi, del commercio fra le due nazioni. Non venivano i russi da noi, non andavamo noi da loro. Mancava da una parte e dall’altra, la conoscenza diretta dell’ambiente e delle persone. Mancava ogni tentativo organizzato di penetrazione commerciale. Quale differenza dai tedeschi che mandavano legioni di commessi-viaggiatori! che studiavano e si adattavano a tutte le esigenze [66] e le consuetudini del cliente russo! che potevano contare sul più minuto servizio di informazioni, sull’aiuto dei loro connazionali sparsi dovunque, nelle fabbriche, nei negozi, nella burocrazia! Si lasciavano fare i tedeschi. Si subiva la loro preponderanza. Si dava partita vinta. E di conseguenza nessun movimento, nessuna agitazione, nessuna pressione per ottenere dai governi un miglioramento delle comunicazioni fra Russia e Italia. Il nostro paese pareva aver dimenticato le tradizioni di Venezia e di Genova, le gloriose repubbliche il cui nome ha ancora risonanze di gloria e di splendore negli scali del Mar Nero173. Eppure quando io penso all’avvenire 172 Aleksej Ivanovič Korzuchin (1835-1894) studiò pittura all’Imperiale Accademia della Arti di San Pietroburgo e nel 1864 si unì all’Artel’ degli Artisti (cfr. nota 122). Nel 1870 fu tra i fondatori del “Gruppo degli Ambulanti”, movimento artistico attento al realismo e avente come fine l’affermazione di una identità russa. Diventò famoso come ritrattista. 173 Veneziani e Genovesi comparvero a Soldaia, in Crimea, nel secolo XII, ognuno cercando di prendere il controllo della navigazione sul Mar Nero e il Mare di Azov, nonché di occupare i 51 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it delle relazioni commerciali italo-russe mi pare che esso si ricolleghi ad una ripresa di questa via del mare. Verrà col tempo la realizzazione di quel rettifilo slavo-latino che dovrebbe congiungere per ferrovia Milano e Trieste, traverso le capitali balcaniche, alla Russia: si istituiranno linee dirette fra i nostri porti e quelli del mar Baltico: ma il Mar Nero rappresenterà pur sempre, e ancora più colla liberazione dei Dardanelli, la meta dei nostri sforzi e la via della nostra espansione. Questo perchè il Mar Nero ci pone in contatto diretto colle regioni della Russia dove immediatamente e largamente l’espansione italiana potrà manifestarsi. La regione del sud-ovest della Russia, che stiamo per visitare e che ha per suo centro la città di Kiew, è la più popolosa, la più ricca, e forse la più intraprendente delle regioni russe. E’ verso questa regione, verso il bacino del Mar Nero, la Russia meridionale, il Caucaso, la Persia, [67] che deve mirare la iniziativa italiana. Terminata la guerra avremo un’attività febbrile: si vorranno realizzare tutti i grandi progetti di miglioramenti già discussi e approvati: strade, porti, impianti elettrici, sfruttamento di miniere, di foreste, irrigazioni, canali. Ci sarà da fare per tutti, ma in modo speciale per l’industria meccanica. La Russia ha bisogno di macchine: ne importò per circa centotrenta milioni nel 1902 — e dieci anni dopo, nel 1912, ne importava per quasi quattrocento milioni di lire. Questa progressione nella domanda è destinata ad aumentare ancora, specialmente per ciò che riguarda le macchine agricole, le macchine, gli apparecchi e tutto il materiale accessorio per installazioni elettriche, e le automobili. Ecco la progressione per le vetture automobili: nel 1903, trentasette, nel 1914, quattromilaseicento. Nella Missione Commerciale Italiana io rappresento i meccanici italiani, e quindi è giusto che mi interessi principalmente di macchine. Ma tuttavia l’esportazione italiana in Russia ha un campo vastissimo! Le nostre primizie agricole, i nostri prodotti caratteristici, agrumi, vini, olî, mandorle, lo zolfo, la seta, costituivano già per il passato materia di uno scambio attivo. Non è dubbio che i carissimi colleghi comm. Ernesto Ghisi, dell’Associazione Serica174 e dottor Giovanni Silvestro Puleio, della Camera di Commercio di Messina175, avranno raccolto a quest’ora dati preziosi per lo sviluppo delle crocevia delle rotte commerciali. Subito dopo la presa di Costantinopoli nel 1204, i Veneziani consolidarono le loro posizioni a Soldaia e i Genovesi a Caffa. Quando l’imperatore di Nicea Michele Paleologo, alleato dei Genovesi, si insediò a Costantinopoli, i liguri presero il sopravvento in tutta la regione costiera. La città di Caffa divenne il centro di irradiazione dell’espansione genovese e la capitale della regione fu chiamata Gazaria. Nel 1475 Caffa cadde sotto i colpi dei Turchi e dei Tatari, segnando la fine dell’influenza genovese nella Tauride. 174 Nata ufficialmente a Como nel 1902 (ma le origini risalgono al 1877), l’Associazione Serica Italiana è tuttora l’organo di rappresentanza collettiva delle imprese che operano nel campo della produzione e della commercializzazione dei tessuti di seta e di fibre artificiali e sintetiche continue. Forse l’industriale Ernesto Ghisi fu anche un collaboratore del mensile “Per l’Esportazione moderna”, edito a Milano, che dal giugno 1913 al maggio 1921 uscì come allegato alla rivista “L’Impresa moderna”. 175 Di nobile e antica famiglia, Giovanni Silvestro Puleio (o Pulejo) era il presidente della 52 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it esportazioni interessanti in modo speciale le regioni meridionali. Poichè ho fatto dei nomi non posso fare un torto agli altri compagni di pellegrinaggio. Come [68] potrei soprattutto dimenticare le più care conoscenze del viaggio, tramutatesi in amicizie che ci accompagneranno oramai per tutta la vita? Parlo di Ettore Cesari, ingegnere, delegato della Camera di Commercio genovese per le industrie elettrotecniche, ingegno aperto e profondo, un miracolo di erudizione, anima semplice e diritta, parlo del delegato di Roma, il più augusto quindi dei delegati, il grande ufficiale Augusto Jaccarino176, pubblicista, direttore della Rivista d’Italia. La Missione è completata da Pio Selbaroli della Camera di Commercio di Bologna, dal barone Costanzo Cantoni177, da Gaetano Marzotto178, amici tutti troppo noti in Italia perchè io segni le loro lodi ne’ miei ricordi. Presidente della Missione, il Comm. Pietro Tomasi, marchese della Torretta, Vice Presidente179, Zaccaria Oberti della Camera di Commercio di Genova180. Il più fortunato membro della Missione credo sia l’amico Iaccarino venuto in Russia alla ricerca del legname. E’ questa la sua partita, e per ciò che lo riguarda trova nientemeno che duecento milioni di ettari di foreste. Egli può dire: Veni, vidi, vici…181 E si è messo all’opera seriamente perchè nel dopoguerra non ci manchino nè il legname nè la cellulosa di legno per la fabbricazione della carta. Tutti i membri della Missione del resto fanno ogni Camera di Commercio di Messina. 176 Il conte Augusto Jaccarino (1865-1944) fu redattore del quotidiano di Napoli “Don Marzio” e poi proprietario e direttore de “Le Riviste d’Italia” di Roma. 177 Si tratta del nipote di Costanzo Cantoni (1800-1877) fondatore dell’omonimo cotonificio, alla cui morte succedette il figlio Eugenio (1820-1887) che trasformò la fabbrica da familiare a società per azioni. Nel 1887 il figlio di Eugenio e della baronessa Amalia Genotte von Merkenfeld, Costanzo (1861-1937; ultimo della dinastia), non si dedicò alla direzione dell’azienda, ma al Consiglio di amministrazione della società fino al 1910 per svolgere l’attività di agente di “cotoni sodi”. Fu anche presidente dell’Associazione Cotoniera Italiana, amministratore del Cotonificio Veneziano e promotore della Cucirini Cantoni Coats. 178 Si tratta del pronipote di Luigi Marzotto (1773-1869) fondatore dell’omonimo lanificio, alla cui morte subentrò il figlio Gaetano (1820-1910), poi il figlio di questi Vittorio Emanuele (1858-1922) che ampliò e rinnovò l’industria. Dopo l’assassinio del padre Vittorio Emanuele, subentrò il figlio Gaetano (1894-1972) che evitò la divisione della fabbrica fra parenti, rinnovò i macchinari, acquisì altri impianti lanieri e creò, a Valdagno, la Città sociale, costituita da case e servizi (scuole, ospedali, negozi, teatro ecc.) per i dipendenti, e colonie al mare e in montagna per adulti e bambini. 179 Pietro Paolo Tomasi marchese Della Torretta (1873-1962), nobile dei principi di Lampedusa, ebbe una lunga e intensa vita politica come ministro degli Esteri del Regno d’Italia, capo di varie delegazioni all’estero, ambasciatore a Pietrogrado, Vienna e Londra. Fu eletto senatore nel 1921, ma non aderì mai al fascismo, di cui fu un irriducibile oppositore. Per questo motivo, all’indomani della liberazione di Roma, fu nominato Presidente del Senato il 20 luglio 1944, carica dalla quale si dimise il 25 giugno 1946, in seguito ai risultati del referendum istituzionale e all’elezione dell’Assemblea Costituente. 180 Zaccaria Oberti fu presidente della Camera di Commercio di Genova e, dal 1895, dell’Andrea Doria, odierna squadra calcistica del Genoa. 181 Venni, vidi, vinsi, è la frase con cui, secondo la tradizione, Giulio Cesare annunciò la vittoria riportata il 2 agosto del 47 a.C. contro l’esercito del Ponto, antica regione sul Mar Nero. 53 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it sforzo e si assoggettano a fatiche d’ogni genere. E non voglio escludere le fatiche… gastriche. Ma al nostro ritorno in Italia bisognerà dir chiaro ai signori industriali e commercianti che occorre una sollecita e intensa opera di penetrazione. Il commercio italo-russo non è mai stato quel che doveva essere, perchè nè in Russia, nè in [69] Italia, ci si è curati di organizzarlo. I russi hanno apertamente confessato i loro errori ed espresso il proponimento di porre rimedio in avvenire a molte loro deficienze. Noi dobbiamo da parte nostra fare il possibile perchè italiani e russi vengano a diretto contatto. Per quel che mi riguarda, ho già promesso agli amici russi, che tornando in Italia cercherò di creare una Società fra i Meccanici per l’esportazione dei loro prodotti in Russia. — Soltanto riunendo in fascio tutte le energie è possibile iniziare e condurre a buon porto un’impresa, che è nello stesso tempo seducente e colossale. 9 Febbraio. Stabilimenti visitati a Mosca e dintorni. Ricordo innanzi tutto il filatoio di Kolomna a 60 km dalla vecchia capitale182. Vi fummo accompagnati dal governatore di Mosca, con un treno speciale e vi ebbimo le solite accoglienze calorose dalle autorità e dalla Colonia Italiana. Il filatoio di Kolomna è il più importante della Russia — e il primo costruito dalla mia ditta. L’industria tessile in Russia occupa intorno a ottocentomila operai. Viene poi la metallurgia con mezzo milione di operai. Poi l’industria dello zucchero. Non conosco il numero degli operai. Ma si vede subito quale piccolissima minoranza sia quella rappresentata dal proletariato delle città industriali — Mosca-Petrogrado-Lodz-Riga-Varsavia — in confronto alla massa enorme del proletariato rurale. Oggi a Kolomna, un italiano profugo da Varsavia, [70] interpellato da me sul tema della evoluzione o rivoluzione russa, mi diceva: «Non credo che gli industriali abbiano interesse a mettersi contro lo czar. Il governo ha sempre favorito gli industriali. In questi ultimi dieci anni il progresso dell’industria è stato enorme. Il che vuol dire che lo Stato l’ha favorita! A Pietrogrado le industrie predominanti sono le metallurgiche e sono arsenali, fabbriche d’armi, al servizio dello Stato». — E come spieghi dunque l’opposizione degli industriali al governo? gli chiesi. — L’opposizione non tocca che indirettamente la forma di governo. Ciò che vogliono gli industriali è la prosecuzione della guerra in pieno accordo cogli Alleati e la loro esasperazione è al colmo per i tentativi di pace separata. Disgraziatamente il governo così come è costituito e come funziona si presta a dei colpi di scena, a delle sorprese. Ecco la necessità di una riforma costituzionale. 182 Kolomna è a circa 115 km a sudest di Mosca, alla confluenza dei fiumi Moskva (Moscova) e Oka. Fu elevata al rango di città nel 1781 da Caterina II. 54 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it — E in questo tutti gli industriali sono d’accordo? — Certamente. C’è stata una campagna anti-inglese nei primi mesi della guerra. Agivano le industrie tedesche di Lodz e di Riga, coll’appoggio del conte Sergio Witte183. In quel tempo il Ruskoje Slovo sosteneva che la guerra contro l’Austria e la Germania non aveva interesse per la Russia e proponeva che oratori di grido tenessero conferenze in difesa della coltura germanica. Ma il conte Witte morì a tempo, il 14 Marzo del 1915. In progresso di tempo Lodz passò ai tedeschi, Riga fu evacuata. Rimasero i grandi centri industriali dove il capitale dell’Intesa [71] ha un’importanza di primo ordine. Non è indifferente ricordare l’ammontare del capitale europeo che è venuto in Russia o per i prestiti dello Stato e dei Comuni o per imprese industriali proprie o in unione a russi. La Francia per esempio possiede 17 miliardi in valori russi e di questi quasi cinque sono stati assorbiti da imprese industriali. Voi trovate dappertutto capitali francesi, inglesi, belgi. La borghesia russa è quindi doppiamente legata all’Intesa, dall’interesse e dalla coltura. Dovendo lottare contro la pace separata, essa si appoggia principalmente alla media borghesia, alle classi intellettuali che costituiscono la vera forza rivoluzionaria. Ma l’intelligenzia russa non andrà mai oltre la Monarchia costituzionale, per non distruggere l’integrità dell’impero. Vedrete che alla fine arriveremo a questo. Lo czar finirà col cedere… — E la Czarina….!? — Non bisogna credere alle favole che si spacciano sul conto della czarina. Tutto quello che si dice a Pietroburgo deve essere sospettato. Il tentativo di implicare una diretta responsabilità della famiglia imperiale negli intrighi tedeschi è una manovra che si prepara in vista di possibili avvenimenti interni. Il passaggio dall’assolutismo ad una monarchia costituzionale sarebbe un grave colpo per la Germania. Essa ha bisogno di più; ha bisogno che si cominci a gridar repubblica, che si sospetti dell’imperatore e dell’imperatrice, che funzioni magari una ghigliottina, che si scatenino ad un tempo tutte le passioni disorganizzatrici, insomma che la rivoluzione divori i propri figli. [72] Ecco il pericolo, ecco la ragione delle lunghe esitazioni, dei replicati sforzi per un accordo fra governo e Duma… — E ci si arriverà all’accordo? — Non credo, ma vorrei sbagliare. La Germania ha il suo agente in Russia. Protopopoff tradisce il suo paese e la sua dinastia. Il suo scopo è 183 Il conte Sergej Jul’evič Vitte (1849-1915, scritto anche Witte) fu un personaggio molto influente nell’impero russo. Fu uno dei autori del Manifesto d’Ottobre del 1905, ministro dei Trasporti (1892) e delle Finanze (1892-1903), presidente del Consiglio dei Ministri (1903-1905) e Primo ministro (1905-1906). Di origine olandese da parte paterna e russa da quella materna, nacque a Tiflis, nella regione caucasica, e si laureò in Matematica a Odessa, impiegandosi poi nel settore ferroviario privato. Nel 1889 diventò direttore delle ferrovie nel Ministero delle Finanze dove supervisionò la costruzione della ferrovia transiberiana. Nominato ministro perseguì una proficua politica economica che portò la Russia a diventare la nazione con il più alto tasso di crescita industriale in Eurasia. Dopo la vittoria dei partiti politici di sinistra nel parlamento della prima Duma (1906) si dimise da Primo ministro, ma continuò l’attività politica come membro del Consiglio di Stato. 55 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it forzar la mano alla Duma: è un agente provocatore: vuole la rivoluzione… per giungere alla pace separata». Il mio egregio connazionale vedeva troppo nero. Mi sono guardato bene dal riferire il colloquio a Carlo Anghileri, presso il quale fummo invitati a colazione. L’egregio uomo ha i suoi due figliuoli combattenti alla fronte nostra, sul Carso ed è pieno di fede e di entusiasmo, per quanto oppresso sempre da una legittima paterna preoccupazione. Ho brindato al suo avvenire, a’ suoi figliuoli, e ho visto ne’ suoi occhi luccicare lagrime di commozione. Porto nel cuore l’imagine e il ricordo di questo valoroso italiano, che nella città russa rappresenta così degnamente le virtù della nostra stirpe, la serena fermezza del nostro popolo, il nostro diritto alla vittoria. 10 Febbraio. A Kolomna abbiamo visitato anche lo stabilimento meccanico Struve per locomotive, vapori, motori Diesel — e l’officina per proiettili da 75, 110, 115. — Ventimila operai, settanta ingegneri, tremila impiegati. Indimenticabili le cortesie usateci dal direttore, dagli [73] ingegneri, dalle loro signore. Ho potuto procurarmi in un ufficio dello Stabilimento una cifra interessante. E’ la cifra totale degli Operai d’ambo i sessi assicurati per legge — contro le malattie: 1-951-955. Invece il totale degli operai assicurati contro gli infortuni è di due milioni e mezzo. Sono esclusi dall’una e dall’altra assicurazione gli operai dell’industria di Stato. Fra gli stabilimenti visitati a Mosca devo ricordare la filanda e il filatoio dei signori Schenkoff184. Anche queste fabbriche sono opera della mia ditta. Degli Schenkoff conosco da anni il signor Nicola, presidente della sezione moscovita della Camera di Commercio russo-italiana e amico di vecchia data del nostro paese dove soleva recarsi ogni anno. Ci ha voluti per un the nella sua casa magnifica, e ho riveduto con gioia la sua signora sempre piena di grazie e di cordialità. Quante rievocazioni amaro-dolci in quel momento! Il signor Nicola parlava del suo viaggio di nozze in Italia, lontano ormai di ventidue anni, ma che ci pareva ancora più lontano, nella notte di tempi immemorabili, tanto distacco dalla vita anteriore ha prodotto l’evento della guerra. Questi ricordi famigliari trasportarono naturalmente il mio pensiero alla mia famiglia così lontana e fui soggiogato momentaneamente da un vivo senso di nostalgia. Fu una stretta al cuore, ma di null’altro io sono così grato al signor Nicola Schenkoff come di questa commozione. Perchè è appunto una prerogativa dei nobili amici farci vibrare l’anima per le cose più belle e più sante. Abbiamo visitata la grandiosa tessitura di [74] seta Giraud Fils185, una 184 Forse Ščenkov. 185 È la Société des Fabriques de soieries “C. Giraud Fils” di Mosca. La fabbrica fu fondata dal francese Claude Marie Giraud nel 1875, vicino alla chiesa di San Nicola nel distretto di 56 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it organizzazione poderosa che occupa tutto un quartiere e conta 3500 telai meccanici. E insieme a questa tessitura, non posso tacere della visita ai magazzeni Sapojnikoff186, dove ammirammo stoffe di inaudita ricchezza, a trame di argento e d’oro, richiamanti subito alla mente gli splendori dei sacri paramenti e le luccicanti visioni del lusso orientale. L’enumerazione delle nostre visite sarebbe assai lunga. Ma finisco segnando nel mio taccuino due nomi cari, i nomi degli amici Terkevorkoff e Koukine187. 11 Febbraio. Alle 11 partiremo da Mosca per Karkoff. Mi sono alzato presto stamane e dedico un’ora alle mie note. Che cosa ricorderò di te, città santa dello slavismo, cuore dell’impero, sfinge seducente dell’avvenire russo? Ricorderò i tuoi principeschi ritrovi come lo Strelna o l’Eremitage? Quivi convengono ai richiami del piacere, dalle solitudini dei campi e dai lontani governatorati, principi, uomini d’arme e mercanti, a vivere alcune ore di ebbrezze sfolgoranti. Eremitage, io non oblierò l’indicibile sapore dello storione che giungeva a noi dall’emporio di Astrakan188, dove si adunano tutte le varietà di pesci, che cinquantamila uomini traggono, d’inverno e d’estate, dal Volga e dal Caspio. Per quel delicatissimo sapore, per quella sensazione [75] fresca e piccante come di un aroma che si disciogliesse sulla lingua, io ti perdono, o Mosca, il tempo perduto. Poichè in questi pochi giorni tu hai assorbito tutte le mie facoltà, mi hai sedotto e affascinato, e non mi hai dato nulla di quel che voleva. Ti cercavo una parola del futuro e tu m’hai cantato le epopee del passato. Mi hai mostrato la casa dei Romanov e il tuo Kremlino cinto dalle vecchie mura rosse, dominante la città colle cupole dorate delle sue chiese. E mentre io mi aggirava nelle fantastiche sale de’ suoi palazzi, scivolando su quei magnifici pavimenti intarsiati che non hanno eguali nel mondo, mi ripeteva Chamovniki (di fronte alla casa che Lev Tolstoj abitò dal 1882), e diventò tra le maggiori di Mosca. Giraud è ricordato per i suoi rigidi rapporti con gli operai: stipulava soltanto contratti di lavoro annuali, per il cui rinnovo, sempre annuale, l’operaio doveva dimostrare di essere bravo nel suo lavoro e in ottima salute. E soprattutto è ricordato per aver dovuto lasciare la gestione della fabbrica ai figli Victor, Paul ed André ben prima della sua morte (1904) a causa di uno scandalo che lo obbligò a lasciare Mosca: Claude Giraud aveva copiato e firmato a proprio nome i foulards del concorrente Sapožnikov. Dopo la Rivoluzione dell’ottobre 1917 la fabbrica fu statalizzata e chiamata “Rosa Rossa” in onore di Rosa Luxemburg. Durante la Seconda guerra mondiale ha prodotto i paracadute per l’esercito sovietico. 186 Nella seconda metà dell’Ottocento, la fabbrica di tessuti G.G. Sapožnikov di Mosca era conosciuta in tutto il mondo per la bellezza delle lavorazioni. Nei palazzi imperiali russi (nel Cremlino di Mosca, a Peterhof ecc.) si è fatto ampio uso dei suoi tessuti: velluti, sete, broccati… 187 Kukin è cognome presente nella regione di San Pietroburgo ma di origine finlandese. 188 Astrachan’ è una delle principali città della parte meridionale della Russia europea e un grande porto sul delta del Volga a 90 km dalla sua foce. 57 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it spesso: Ah, se potessero raccontare quel che videro, ciò che udirono queste mura! Pensava così perchè l’aria era piena di fantasmi e di squilli di guerra. Erano le figure di Ivano il terribile, dei boiardi suppliziati, del falso Demetrio189, di Pietro il Grande; erano le folle tumultuanti, guidate dall’«orso», quel Michaile Sokolov190 che capeggiò l’insurrezione del Dicembre 1905, e che morì impiccato nel 1906. Traversando una delle sale mi ricordo di aver intravisto fuori un grande edificio bianco. O forse mi fu indicato da qualcuno. E’ il palazzo bianco della Università, in via Nikitska191. Il Kremlino e il palazzo dell’università! Non si può far a meno di pensare all’antagonismo profondo, irreducibile, fra la coltura russa e la burocrazia. Noi siamo abituati a considerare negli avvenimenti storici soltanto il lato economico: il materialismo storico vuole che si cerchi sotto all’esteriorità delle ideologie, dei sentimenti, il movente economico. E tuttavia ciò [76] non persuade. Quale influenza enorme per esempio non avranno in Russia tutti questi rivoluzionari scampati all’estremo supplizio, ma costretti alla fuga e all’esilio o deportati in Siberia? Quale influenza il ricordo della recentissima insurrezione, durata dal 9 al 17 Dicembre, quando tutta la massa operaia di Mosca scese nelle piazze a costituire i distaccamenti dei druginiki192 e uomini armati? Perchè se Pietrogrado, quando furono arrestati nel 1905 i rappresentanti operai non scioperò neppure, Mosca, vero centro rivoluzionario, insorse. La lotta fu aspra specialmente nei sobborghi ed è rimasta celebre la resistenza del rione manifatturiero, la Presnia, dove si trovava la Prokhorovka, fabbrica 189 L’Autore segna alcune tappe della storia russa. In politica interna, lo zar Ivan IV il Terribile (cfr. nota 157) organizzò la opričnina – la prima polizia segreta, obbligata alla fedeltà assoluta verso lo zar – e la usò per perseguitare i nobili bojari, esiliandone o uccidendone molti. A Ivan IV successe Fëdor I (1584-1598), debole di mente e malaticcio, che fece governare per pochi mesi lo zio materno Nikita Romanov e poi il cognato Boris Godunov, il quale, alla morte di Fëdor, che non aveva lasciato eredi maschi, si fece nominare zar dai bojari anche grazie all’appoggio della Chiesa. Nel 1603, mentre il Paese era in preda all’anarchia e bande di Cosacchi e guarnigioni polacche e svedesi dilagavano in Moscovia, contro Godunov si levò, con l’appoggio dei bojari e della popolazione, il “falso Demetrio”, un avventuriero sostenuto dalla Polonia e dalla Chiesa cattolica che si spacciava per lo zarevič Dmitrij – ultimo figlio di Ivan IV e quindi fratello di Fëdor, che era “scomparso” nel 1601, forse ucciso da Godunov – e usurpò il trono per quasi un anno (1605-1606). A questi succedette il bojaro Basilio Šujskij (1606-1610) contro il quale insorse un secondo falso Demetrio, detto l’Impostore o il Brigante di Tušino (1607-1610), sostenuto da Svedesi, Polacchi e cattolici. Questo periodo – chiamato “dei Torbidi” – si concluse con la salita al trono di un principe acclamato dalla popolazione: di stirpe russa e di religione ortodossa, ossia lo zar Michail Romanov (1613-1645). 190 Michail Ivanovič Sokolov era l’organizzatore capo del Partito dei socialisti rivoluzionari a San Pietroburgo. 191 Fu Caterina II a trasferire l’Università Statale di Mosca – istituita dalla zarina Elisabetta nel 1755 – nell’edificio neoclassico, situato in Bol’šaja Nikitskaja ulica, realizzato dall’architetto Matvej Fëdorovič Kazakov nel 1782-1793 e ricostruito, dopo l’incendio del 1812, dallo svizzero Domenico Gilardi. Ospitava le facoltà umanistiche, frequentate dai nobili; oggi ospita i dipartimenti di Psicologia e Giornalismo. 192 Il družiniik è storicamente una guardia armata imperiale, ma indica anche un membro di una squadra volontaria. 58 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it con 5000 operai. Fu il reggimento Semenovski della guardia imperiale che il 16 Dicembre prese d’assalto le posizioni rivoluzionarie. Quasi tutti costoro però riuscirono a porsi in salvo… e attendono gli avvenimenti in qualche angolo sicuro d’Europa193. Il movimento rivoluzionario del 1905… non si spense che nel 1908 ed è solo in quest’anno che la reazione trionfò, ma con migliaia di impiccati e con decine e decine di migliaia di deportati in Siberia. Non è neppure pensabile una riforma della costituzione russa in senso democratico senza il richiamo di tutta questa folla di emigrati e di deportati. Costoro ritornando in patria potranno nella gioia della liberazione far tacere la loro passione, i loro odii, il loro spiegabile desiderio di vendetta? O una volta scosso l’edificio dell’autocrazia, costoro non si daranno pace, finchè abbiano piantata la loro bandiera rossa sulle rovine dell’impero? E come sarebbe [77] possibile paralizzare, o per lo meno bilanciare, il loro ascendente sulle masse? Il popolo non può dimenticare questa schiera di coraggiosi che scese con lui nelle piazze, che salì sulle barricate, che affrontò il supplizio, l’esilio, la deportazione, e che nonostante ogni pericolo, rimaneva sempre presso di lui. Ebbene questa schiera che è composta della parte più eletta, più colta, se anche più fanatica, del paese, è tutta formata di socialisti. Il loro programma non può arrestarsi alla monarchia costituzionale: essi anelano alla repubblica sociale. Questi ideologi costituiscono una forza formidabile, e la borghesia russa dovrà averli alleati o veder perire l’opera di riforma nelle convulsioni dell’anarchia. 193 Le informazioni dell’Autore sono lacunose. Nel gennaio 1905 la marcia del pope Gapon finita con il massacro dei pacifisti scatenò per tutto l’anno una serie di scioperi, scontri, assassini, tra cui, non citato dall’Autore, quello degli ufficiali della corazzata Potëmkin nel porto di Odessa. Tra gli eventi principali del 1905 ci fu lo sciopero, indetto dal Soviet moscovita per il 7 dicembre, degli oltre centomila operai che lavoravano in condizioni disumane nel quartiere Presnja, un polo tessile vicino a Mosca, e ai quali si unirono commercianti e impiegati. Il governatore di Mosca, vice-ammiraglio Fëdor Dubasov, sostituto dell’assassinato granduca Sergej, ordinò il fuoco e l’arresto dei leader dello sciopero, che fuggirono e si unirono a un centinaio di rivoluzionari che rifornirono gli operai di 800 armi da fuoco. Scoppiò una rivolta tra le guardie imperiali e gli scioperanti, nella quale si ammutinò, per la prima volta dal 1826, un battaglione zarista di Rostov e la folla disarmò cinquanta reduci della guerra russo-giapponese presso la stazione ferroviaria. Dopo una settimana di artiglieria, in soccorso a Dubasov arrivò da San Pietroburgo un battaglione del reggimento Semenovskij: un milione e quattrocentomila soldati giunti utilizzando la linea ferroviaria rimasta funzionante. Il Semenovskij, guidato dal colonnello Min, assaltò il sobborgo della Presnja il 17 dicembre, con l’ordine di «agire senza misericordia» e «senza arresti». Dopo uno scontro disperato, i rivoluzionari e gli operai deposero le poche armi e si dispersero. La rivolta si concluse con la morte di un centinaio di soldati del Semenovskij e di 1059 civili e migliaia di deportati e carcerati, ma stime non ufficiali parlano di 18.000 morti e oltre 30.000 feriti. Il colonnello Min fu nominato generale e fu ucciso il 26 agosto 1906 da una ragazza rivoluzionaria sul treno per Peterhof. Anche l’ammiraglio Dubasov fu ucciso da una bomba nell’ottobre 1906. Il bilancio delle vittime del regime zarista, tra la metà dell’ottobre 1905 e l’aprile 1906, è stato stimato in quindicimila persone giustiziate, ventimila feriti o morti da colpi d’arma da fuoco e oltre quarantacinquemila deportati o esiliati. 59 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it 12 Febbraio. Ieri ho notato nel mio taccuino: Mosca non mi ha detto nulla del futuro. Devo correggere la mia frase nel senso che nulla di nuovo mi ha rivelato Mosca, ma certamente le previsioni di un mutamento radicale furono confermate. A Pietrogrado il dissidio fra la Duma e il Governo si manifestava per segni. Per esempio, al pranzo offertoci dal ministro dell’interno intervengono soltanto tre deputati su centoquaranta invitati, mentre al ricevimento offerto da Rodzianko tutta la Duma è presente, ed è invece escluso Protopopoff. A Mosca invece si è parlato chiaro. Il nostro ricevimento al Municipio assunse l’importanza di un avvenimento politico, perchè in tale occasione il popolare sindaco della città fece nel suo discorso una carica a fondo contro il governo. [78] E aveva al suo fianco il leader dei progressisti, il deputato Miliukoff. E a Mosca sentimmo pure dichiarare in un banchetto, fra gli applausi scroscianti di tutti i presenti, che era vergognoso vedere a capo della Russia un fallito. L’oratore alludeva a complicate vicende giudiziarie della ditta Protopopoff, e anche al fallimento morale dell’uomo politico. Oggi siamo giunti a Karkoff, grande centro del mercato minerario, e anche qui fummo accolti con manifestazioni indimenticabili. Ho avuto una strana spiegazione delle accoglienze così unanimi e così grandiose che noi riceviamo. Mi si è detto: Indipendentemente dalle condizioni interne della Russia voi avreste certo accoglienze calorose, e per la tradizionale ospitalità russa e per le simpatie che suscita il nome italiano. Ma voi vi sarete però accorti che le dimostrazioni intorno a voi hanno una tonalità, un colore, come dire? un loro particolare sottinteso. I governatori si fanno in quattro…. perchè non vorrebbero lasciarvi capire, e il popolo si fa in otto… perchè vuol farsi capire». Questa osservazione corrisponde in parte a verità. Ma gli sforzi dei governatori sono perfettamente vani. Non si possono sopprimere i segni di un malcontento che ha invaso tutte le classi sociali e che ha già rotte le dighe di ogni ritegno. 13-14 Febbraio. A Karkoff abbiamo dovuto lavorare. L’associazione mineraria che abbraccia tutti i proprietari o espletatori, grandi e piccoli, di miniere, [79] ci ha intrattenuti con una serie di lettura e di rapporti: altro tempo dedicammo alla visita di un’officina per locomotive e vagoni, e al nuovo stabilimento per motori elettrici, sorto in seguito all’abbandono di quello che lavorava a Riga. Furono due giornate febbrili a Karkoff, ma la città rimarrà indimenticabile, perchè legata nel mio cuore al ricordo di due preziose conoscenze. Ho trovato a Karkoff il milanese Calamari, direttore di una miniera di sale. 60 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it Quando si è a migliaia di chilometri dalla Patria è come una risurrezione il trovare un concittadino; ma questo senso di gioia e di forza è ancora più grande, quando il concittadino è proprio della vostra terra, della vostra provincia. Il signor Calamari è qui da anni, e io gli ho strette le mani coll’effusione e anche coll’ammirazione sincera di chi scorgeva in lui uno di quei campioni valorosi della nostra stirpe di migratori, non per la conquista, ma per la civiltà. E’ un confronto che si impone, questo, tra la penetrazione italiana e quella, per esempio, germanica. Gli italiani, dove arrivano, portano più di quello che ricevono: quegli altri non portano nulla, ma riportano via tutto, anche l’indipendenza dei popoli. L’altra conoscenza di Karkoff è quella dell’amico Rizoff, un giovanotto ricchissimo, energico, esuberante, pieno di iniziative. Noi simpatizzammo subito ed egli mi pose a parte del suo progetto di impiantare una fabbrica di automobili, sotto la direzione d’un ingegnere Petrillo, un altro di quelli che io chiamerò pioneri della penetrazione italiana in Russia. Caro e [80] buon Rizoff! Egli volle festeggiare il nascere della nostra amicizia invitandomi ad una noce194, durante la quale la nostra espansività raggiunse le più alte vette! Da notare che noi ci elevavamo però sopra una piramide di bottiglie di Champagne! Credo di aver contato il loro numero fino a 27! 15 Febbraio. Siamo a Hughesovska, o Iouzovka, che vorrebbe dire città di Hughes195. Questo centro industriale della famosissima regione del Donetz ha preso appunto il nome dell’inglese John Hughes, che fu il pioniere dell’industria siderurgica e mineraria in Russia. Siamo ospiti del Direttore generale della New Russia C., un organismo colossale, che sfrutta una miniera di carbone, alti forni e un laminatoio. Visitiamo prima la ferriera assistendo alle colate degli alti forni, dei Martini-Siemens e dei Bessemer196; poi i laminatoi, albergati in capannoni immensi, l’impianto per la fabbricazione di ferri da cavallo, 27000 al giorno, la forgia per proiettili da 75 a 150. Da ultimo, visitiamo la miniera di carbone. Scendiamo in un pozzo a 900 metri di 194 Noč’, notte, nottata. 195 Hughesovska o Juzovka (russificazione del primo) prese il nome dall’ingegnere e imprenditore britannico John Hughes (1814-1889), che costruì una acciaieria. Su richiesta dello zar Alessandro II, Hughes fondò la società russa Novorossiskoe-Rog (Società Nuova Russia), per lo sviluppo dell’estrazione di carbone e la produzione di ferro e rotaie per l’espansione del sistema ferroviario in Russia, vicino a Oleksandrivka, un villaggio cosacco nel bacino del fiume Donec, ora in Ucraina. Intorno alla fabbrica crebbe la città di Hughesovska che nel 1889 contava 50.000 abitanti, molti dei quali operai del Galles del Sud, come Hughes, attratti dagli alti salari. Dal 1889 l’attività fu guidata dai quattro figli di Hughes, ma dopo la Rivoluzione del 1917 l’industria fu statalizzata. Nel 1924 la città prese il nome di Stalino (da stal, acciaio) e dal 1961 quello di Doneck (o Donec’k, in ucraino). 196 Martin-Siemens (processo inventato da P. Martin ma realizzato in un forno ideato da W. Siemens; 1865) e Bessemaer (1855). 61 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it profondità. 16 Febbraio. A Makejevka, altro centro minerario della Union Minière et metallurgique de Russie»; società belga197. Impressione di grandiosità e di potenza. [81] 17 Febbraio. Kamenskoie198. Société metallurgique Niprovient du Midi de la Russie. Società polacca. Tutto il personale direttivo è polacco. Accoglienze calorosissime. Questa società impiega quattordicimila operai. Produce ogni mese due milioni di Poud199 di laminati, e due milioni e un quarto di Poud di ghisa. Domani mattina, alle dieci partiamo per Kiew. 19-20 Febbraio. Ieri sera, 19 Febbraio, non ho potuto scrivere le mie note. Il ricevimento al Municipio si protrasse fino a tardissima ora. E fu un seguito interminabile di discorsi. Credo che non mi avverrà mai più di ascoltare tanti oratori. Ecco l’elenco dei discorsi: 1. Discorso del Sindaco; 2. del presidente della Giunta dello Zemstwo provinciale: 3. del presidente della Giunta dello Zemstwo del circondario; 4. del capo della Nobiltà della Provincia; 5. del rappresentante del Comitato industriale militare; 6. del rappresentante dell’Unione degli Zemstwa russi; 7. del rappresentante dell’Unione delle città russe; 8. del presidente del Comitato della Borsa; 9. del rappresentante della Società dei commercianti; [82] 10. del rappresentante della Camera russa di esportazione; 11. del rappresentante della Società Imperiale tecnica della Russia; 197 Vicino alla cittadina di Makeevka (in ucraino, Makjivka) a 20 km da Doneck, la vecchia Hughesovska, si sviluppò dal 1889 l’industria metallurgica e mineraria Union Minière & Métallurgique de Russie, in seguito alla scoperta di giacimenti di carbone. La zona mineraria e industriale mantenne il nome di Makeevka, mentre all’area culturale si dette il nome di Dmitrievsk che nel luglio 1917 assunse lo status di città. In seguito le due unità si fusero sotto la dominazione di Makeevka. 198 La città di Kamenskoe è situata sul fiume Dnepr, in Ucraina. Dal 1936 è stata denominata Dniprodzeržns’k, in ucraino, o Dneprodzeržinsk in russo, in onore del polacco Feliks Dzierżyński, fondatore della polizia segreta bolscevica (Čeka). Nel 1906 vi nacque Leonid Brežnev. 199 Un pud corrisponde a 16,38 chilogrammi. 62 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it 12. del rappresentante della Università; 13. del rappresentante della Società degli economisti; 14. del rappresentante della Società agricola; 15. del rappresentante della Colonia italiana. 16. del signor Zaizew; 17. del signor Madey. L’elenco però non è completo Ricordare tutti gli oratori dopo il diciasettesimo è superiore alle mie forze mnemoniche. Evidentemente però Kiev è una città di grande coltura. Infatti ha magnifici istituti. Non ho visitato l’Università di San Vladimiro, ma sono rimasto ammirato dell’Istituto di Commercio. E’ una scuola superiore di scienze economiche, giuridiche e commerciali. Alcune cifre danno un’idea della sua importanza e del suo sviluppo, poichè l’istituto non conta che otto anni di vita. I beni mobili ed immobili della Scuola, che ha una sede grandiosa, superano i cinque milioni di rubli. Il personale insegnante si compone di 65 professori. Gli allievi sono circa cinquemila. Vi sono due facoltà, una per le scienze commerciali che prepara alle carriere tecniche, alla vita degli affari, e una di Scienze economiche per la carriera amministrativa. Inoltre l’istituto ha sezioni speciali per la finanza, le banche, le assicurazioni, le ferrovie e per lo studio delle lingue viventi. Ogni studente deve conoscere due lingue, a sua scelta, fra il tedesco, l’inglese, il [83] francese, l’italiano. All’istituto è annesso un Museo tecnologico delle merci (17 sale magnifiche) un gabinetto di geologia, mineralogia e metallurgia, laboratorio di Chimica, di biologia, di igiene, dell’arte tessile, di fisica, una biblioteca (28000 volumi, e 51.000 lettori nel 1912). L’attività dell’istituto è sorprendente. Ha organizzato società di studî, missioni e viaggi di insegnanti e di studenti, e pubblica ne’ suoi Annali, lavori di grande valore scientifico. Esprimendo la mia ammirazione, e anche, perchè non dirlo? la mia sorpresa al professore che mi faceva da Cicerone, ho osservato che la scuola ammette soltanto giovani originari della Russia del sud e del sudovest, del Caucaso e del Turchestan. Il mio interlocutore sorrise e mi lanciò un’occhiata penetrante. Non riuscivo a capire perchè l’osservazione lo aveva così colpito, ma ebbi subito la spiegazione. — Vi sbagliate, mi disse. L’istituto non ammette soltanto i giovani del sud-ovest, ma li ammette di preferenza. Questa preferenza è pienamente giustificata per il fatto che gli studi hanno un particolare riferimento alla nostra regione, così diversa dal rimanente della Russia. Queste differenze saltano subito all’occhio del visitatore, il quale comprende subito come l’Ucraina sia stata battezzata a torto per la piccola Russia. Stavolta fui io a lanciare l’occhiata penetrante al professore. E insinuai: Questione di nomi… — No, ribattè il professore accalorandosi. L’Ucraina non è un’espressione geografica, come [84] Metternich diceva della vostra bella Italia200. Dalle 200 Il 2 agosto 1847 Klemens von Metternich (1773-1859) – ministro degli Esteri austriaco 63 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it cime dei Carpazi, dai monti del Caucaso, dalla sponda del Mar Nero su su fino alla cintura di foreste coronanti il Dniepr201, per un’estensione di mezzo milione di chilometri quadrati, sta il vasto e fecondo territorio della nostra Ucraina, fissato geograficamente ed etnicamente, dalla natura e dalla storia. Kiev, Podolia, Cholm, sulla destra del Dniepr, Poltava, Cernighin, sulla sinistra, Echaterinoslav, Cherson, Tauride sul Mar Nero202, sono le gemme di questo popolo di trenta milioni d’abitanti, che ha costumi propri, lingua propria, letteratura propria. Voi avete preso Dante come simbolo dell’indipendenza nazionale. Questo nome è stato una fiaccola che non si spense nei secoli. Ebbene, abbiamo scelto anche noi un poeta nazionale, Saewcenko203. Le sue liriche di fuoco gli hanno guadagnato la Siberia. . . . . . . . . . . . . Kiev, città di giardini, adagiata sui colli, che ti specchi pittoresca e tranquilla, nelle onde del Dnieper! Kiev, primo focolare della civiltà russa, quando Vladimiro il Santo chiamava i sacerdoti di Bisanzio per l’estirpazione del paganesimo! con quali occhi diversi io ti ho guardata dopo il discorso del professore patriotta… Ti ho guardata come la capitale dell’Ucrania, come il cuore di questo popolo di agricoltori che ha saputo trasformare dal 1809 al 1848, fautore dell’equilibrio tra le cinque maggiori potenze europee (Congresso di Vienna, 1815) per la pace internazionale (Santa Alleanza, 1815) – scrisse, in una nota inviata al conte Dietrichstein, la frase: «L’Italia è un’espressione geografica», frase che fu ripresa l’anno successivo dal quotidiano napoletano Il Nazionale, riportandola però in forma negativa: «L'Italia non è che un’espressione geografica». In questa versione diventò il manifesto dei liberali italiani che la utilizzarono in chiave patriottica per risvegliare il sentimento anti-austriaco. Tuttavia, la frase non fu scritta in senso dispregiativo, ma come oggettiva constatazione, in quanto l’Italia era «composta da Stati sovrani, reciprocamente indipendenti», come Metternich ribadiva più avanti nella stessa nota. 201 Dnepr in russo, Dnipro in ucraino. 202 Le città sono tutte in Ucraina, tranne Chelm. Le traslitterazioni esatte sono: Kiev (in ucraino Kyiv), Podolia (in ucraino Podillya), Chelm (in ucraino Kholm; è oggi nella Polonia orientale), Poltava, Černigov (in ucraino Černihiv), Ekaterinoslav (oggi Dnipropetrovs’k), Chersones (in russo e in ucraino; in slavo antico è Korsun’; oggi è Sevastopol’). Tauride è l’antico nome della Crimea. 203 Taras Hryhorovyč Ševčenko (1814-1861) fu poeta, scrittore e umanista ucraino. Nato in una famiglia di servi della gleba nella provincia di Kiev, allora russa, nel 1828 seguì il suo signore Pavel Engelhardt a Vilnius e, dal 1831, a San Pietroburgo, città in cui poté studiare pittura. A San Pietroburgo incontrò gli artisti ucraini e, grazie a loro, il professor Karl Briullov, che comprò la sua liberazione nel 1838 e lo accettò nel proprio laboratorio all’Accademia delle Arti. Ancora studente, pubblicò la raccolta di poesie Kobzar, il poema epico Haidamaky (1841) e i drammi teatrali Nykyta Hayday (1842) e Nazar Stodolja (1843). Compì diversi viaggi in Ucraina e, impressionato dalle condizioni umane dei contadini, frequentò la “Confraternita dei Santi Cirillo e Metodio”, una società segreta con l’obiettivo di supportare le riforme politiche all’interno dell’impero Russo. Quando la confraternita fu scoperta, nel 1847, Ševčenko fu arrestato, rinchiuso in prigione a San Pietroburgo e poi esiliato a Orsk, nei pressi degli Urali, «sotto stretta sorveglianza e con il divieto di scrivere e dipingere» come ordinò lo zar Nicola I. Fu graziato nel 1857 ma dovette stabilirsi a Nižnij Novgorod. Nel 1859 fu di nuovo arrestato con l’accusa di blasfemia, ma fu presto rilasciato con l’ordine di recarsi a San Pietroburgo, dove morì sette giorni prima l’annuncio dell’emancipazione dei servi della gleba. 64 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it quarantacinque milioni di ettari di terreno e che produce da solo un terzo della produzione totale di frumento, di segale, della Russia. Ti ho guardata come il centro di quel sud-ovest della Russia, così popoloso, così ricco, che [85] ricorre continuamente sulle labbra de’ tuoi cittadini, come il nome di una terra cara e preferita, quasi come il nome di una patria. E forse il sudovest della Russia vuol dire appunto l’Ucrania. E d’improvviso Kiev mi ha fatto ricordare Varsavia, Helsingfors, Tiflis 204, tutti questi centri di nazionalità così diverse, fuse nell’impero. Allora compresi meglio una pagina che aveva letto poco tempo prima nella «Russia d’oggi» del Liuchiz205. Mi ricordo che il Liuchiz sosteneva la necessità di una monarchia costituzionale in Russia, essendo indispensabile un governo forte per mantenere l’integrità dell’impero. L’integrità dell’impero deve essere lo scopo supremo del governo e di ogni cittadino russo. Quella pagina mi riusciva strana allora: oggi invece ho avuta la sensazione del separatismo russo. Ahimè! quale spettro per la democrazia di Mosca! Ecco un’altra causa di esitazioni. In realtà più ci penso, più il problema mi pare terribile. La Russia è un mosaico di popoli: comprende un numero stragrande di stirpi: russi, polacchi, ucraini, chirghisi, calmucchi, armeni, georgiani, lapponi, finni, tartari, mongoli, turchi, tedeschi, lettoni, greci… Tutti questi popoli sono legati assieme dall’autocrazia: non hanno altro legame, nè d’interesse nè di coltura. Il loro grado di civilizzazione è disparatissimo. Se domani non ci fosse per tutti il legame czarista, che cosa avverrebbe? Per chiarire il mio pensiero basta fare qualche avvicinamento: pensare per esempio ai rapporti fra un ipotetico governo repubblicano e l’emiro di Bukhara, o i principotti del Caucaso, [86] o i governatorati dell’Amur, del Transcaspio, di Samarcanda, o quelli delle steppe206. E’ vero che l’Asia potrebbe rimanere quello che è, una grande colonia della Russia europea. Il pericolo separatista è in Europa. Si dirà che la libertà unirà i popoli russi per la comune difesa. Questo potrebbe esser vero temporaneamente. Ma non è soltanto la libertà che cercano questi popoli, è l’indipendenza. Ne abbiamo un esempio in Finlandia. Io sono venuto in Russia convinto delle pretese atrocità commesse dallo czarismo in Finlandia, e ciò mi spiegava il suo anelito di libertà. Ma ho poi dovuto mutar parere e riconoscere che la Finlandia era in una situazione privilegiata. In Finlandia non vi è un regime russo, ma parlamento, moneta, dogane, leggi, scuole, università finlandesi. 204 Helsingfors è il nome svedese di Helsinki; Tiflis, o Tbilisi, è la capitale della Georgia. 205 F. Livchiz, La Russia d’oggi, edizione italiana a cura del Prof. Angelo Pernice, Tipografia Allegretti, Hoepli, Milano 1916 (ed. originale: Ruβland, Zürich 1916). Il nome non italianizzato dello scrittore svizzero-tedesco è Feitel Lifschitz (1875-1918?). 206 Bukhara e Samarcanda sono città dell’Uzbekistan (Asia centrale). Alla regione caucasica appartengono gli attuali Stati di Russia, Armenia, Azerbaigian e Georgia. Il fiume Amur è uno dei maggiori al mondo; scorre in Siberia orientale, Manciuria e Mongolia e sfocia di fronte all’isola di Sachalin. Con regione transcaspica (oblast’ Zakaspijskaja) si indicava, prima del 1924, il territorio russo a est del Mar Caspio, all’incirca corrispondente al Turkmenistan. Le steppe sono quelle siberiane. 65 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it La Finlandia è in condizioni economiche assai prospere. Tuttavia i tedeschi hanno potuto arruolare duemila giovani finlandesi. Si dice che questo sia un merito speciale dei socialisti, padroni di quel paese. Adunque più che di movimenti anticzaristi si tratta di movimenti antirussi! La unificazione morale della Russia è adunque di là da venire. Non parlo del Caucaso, non ancora domato. Non della Polonia, che ora sta sotto il tallone tedesco. Non delle provincie baltiche, dove la Germania ha le sue avanguardie. Ma che sarebbe la Russia senza questa perla delle sue provincie, senza Kiev, madre delle città russe, senza questo Sud-Ovest, che attrae nella sua zona d’influenza tutto il Sud della Russia e che ha tutti i requisiti morali e materiali per la costituzione di un grande e florido Stato indipendente? [87] Ebbene, questo problema sorgerebbe certamente il giorno in cui lo czarismo cadesse. Improvvisamente ogni legame sarebbe spezzato. La rivoluzione si troverebbe di fronte alla più terribile minaccia di disgregazione nazionale. E’ vero però che rimarrebbe la Duma e la Duma si affretterebbe a proclamare l’autonomia… Ma… limitiamoci a constatare l’esistenza di questo nuovo elemento. Ogni giorno qualche nuova forza si delinea alla mia mente e mi fa apparire l’eventualità della rivoluzione russa come un avvenimento così complesso da sorpassare la guerra e da sconvolgere tutte le ipotesi più ragionevoli degli studiosi. 23 Febbraio. Sono a Odessa. Chissà perchè quando si giunge al mare, anche lontanissimi dalla patria, si ha la sensazione della sua divina presenza! Credo che sia così per tutti, ma specialmente deve essere così per noi italiani che abbiamo così gloriose tradizioni marinare. Il Mar Nero poi, l’antico Pontus Euxinus207, è strettamente legato alla storia politica e commerciale di Roma e di Atene prima, di Genova e di Venezia poi. Dalla mia finestra io seguo la costa fin laggiù, dove sorgeva la città di Olbia, sul Boristene (Dnieper). Quivi Atene caricava il grano che necessitava per il suo popolo, e i prodotti che giungevano dall’India e dalla Cina, per la via che rimase la più seguita, fino a quando l’ardimento dei navigatori trovò nuove vie, doppiando il Capo di Buona Speranza. [88] Nel medio-evo i genovesi avevano stabilito colonie su tutte le rive del Mar Nero, e a Caffa (Teodosia) facevan capo le vie che salendo dall’India conducevano le merci al Caspio, e di li per il Volga e per il Don, al mar d’Azof. Il commercio fra l’Europa e l’estremo Oriente seguì queste vie fino al sorgere dell’epoca moderna, poi le abbandonò, ma non è detto che non si debbano riprendere. E’ interessante notare a questo proposito la tendenza di Kiev a organizzare e a unificare commercialmente le popolazioni che si 207 Furono i Greci a dare il nome di Ponto Eusino al Mar Nero nell’VIII secolo a.C. e a colonizzarlo, fondando le città di Sinope, Trapezunte, Olbia… Su Veneziani e Genovesi, cfr. nota 173. 66 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it trovano su questo antico cammino del commercio indo-europeo. Russia del sud-ovest-Mar Nero-Caucaso-Turchestan. Quali sarebbero le conseguenze commerciali della cacciata del turco da Costantinopoli e del possesso russo dei Dardanelli? Ho l’intuizione che l’avvenire darà un’importanza inaspettata a questa provincia. A questo proposito abbiamo avuta una relazione assai interessante del Consigliere di Stato C. I. Boudilovich208. Egli disse: L’iniziativa russo italiana deve impossessarsi di ogni sorta d’affari atti a facilitare, a migliorare le relazioni commerciali fra la Russia, l’Oriente e l’Italia. E propone la creazione di società russo-italiane che prendano il posto delle società tedesche liquidate. Non nego che il programma sia seducente, ma quale sarà la soluzione dell’immane crisi europea? Questa domanda sono costretto a ripetermela dacchè osservo il precipitar degli eventi in Russia. Da un po’ di giorni eravamo senza notizie, ma oggi a Odessa abbiamo saputo dell’arresto a Pietrogrado degli operai membri del Comitato delle industrie di guerra. Gli [89] arrestati sono conosciutissimi e popolarissimi fra le masse operaie: essi sono accusati di cospirazione per rovesciare la dinastia e proclamare le repubblica sociale. Ho domandato se l’arresto avesse provocato dimostrazioni, scioperi, ma mi si assicura che Pietrogrado è tranquillissima. — Come spiegate questa tranquillità? domando ad un compatriotta della Colonia Italiana. — E’ semplicissimo. Il movimento è perfettamente organizzato e disciplinato. E quindi nessuno si muoverà fino all’apertura della Duma, che è convocata per la fine del mese. Mi ricordai del: Ci siamo! dell’amico Karamine. Tuttavia non mi lasciava persuadere di essere alla vigilia di eventi decisivi. Ma come? voi siete in Russia da un mese e non vi siete accorto che lo czarismo è morto? Leggete dunque il voto recentissimo del Congresso della nobiltà russa. I nobili si sono schierati coll’opposizione e reclamano gli stessi provvedimenti liberali «per salvare la dinastia» anzi, letteralmente dicono: «per salvare il trono». Non vi pare chiarissimo? Non ci sono che i diplomatici forse che vivono tranquilli e sicuri. — Voi dunque supponete… — Non suppongo, sono certissimo che alla fine del mese la Duma si scontrerà col governo, e il popolo scenderà in piazza per difendere la Duma. — E i soldati? — I soldati sono tutti contro la burocrazia. Credete a me, lo czar è finito. [90] — Ma le aspirazioni repubblicane non sono nel programma della Duma… — Da cosa nasce cosa. E’ certo che se il governo non cede immediatamente, sarà rovesciato. La rivoluzione potrebbe finir lì, in un giorno o due. Ma i germanofili spingeranno le cose all’estremo. Poi verranno in scena i deportati, gli emigrati, i socialisti, gli anarchici, i liberati dal 208 Budilovič. 67 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it carcere, gli stanchi della guerra e tutti i romantici innamorati della rivoluzione francese e disposti a copiarla. Non posso negare che ho una gran fretta di ritornare a Pietrogrado. Anche i miei amici della Missione vogliono partire. Siamo stanchi e pensiamo all’Italia. Ma ora questo discorso, questo annunzio di qualche cosa di straordinario, mi mette la febbre. Abbiamo deciso di prendere il treno domani, per Pietrogrado. Vorremmo poter partire colla Missione politica. Nei progetti per il viaggio di ritorno ha fatto capolino, modestamente, il sommergibile. Siano tra due fuochi: il sottomarino e la rivoluzione. 24 febbraio. Ecco il nostro viaggio finito. Torniamo. Eppure come volentieri si proseguirebbe ancora un poco! L’Oriente ci chiama col suo fascino. Che abbiamo visto della Russia? Tutto ciò che è moderno, tutto ciò che è troppo simile a noi. Ma in queste giornate di crisi bisognerebbe andare un po’ verso la Russia orientale. Giungere almeno ad Astrakan e di là risalire il [91] Volga. Fermarsi sulla porta dell’Asia. Oppure, dopo i ricevimenti delle grandi città russe, andare nel Caucaso per essere ricevuti, dopo otto o dieci ore di lineica209, sopra carreggiate sconquassanti, dallo starchina210, il sindaco, o dal pope, fra il subito accorrere di tutta la popolazione incuriosita per la venuta dello straniero. Sentire a Tiflis se veramente i georgiani si sieno pacificati collo czar russo. E ancora dare una capatina a Niini-Novgorod, dalle sessanta chiese, d’ogni culto, e dalla popolazione strana, miscela di razze e di lingue — di bulgari, di tartari, di mongoli, di turchi, di circassi — accampati là per la gran fiera annuale che raduna quivi per un miliardo di mercanzie. Poi di là per uno dei tanti fiumi e canali, rivedere Mosca, Pietrogrado… Quanti progetti! quanti desideri! quanta materia di studio e di osservazione! Ma il tempo urge: la vita è breve, e forse Scialoia, l’onorevole ministro sta per partire… L’Italia che al figliuolo lontano appare così radiosamente bella e confortatrice, ci chiama, ci chiama… Ho fretta di rivederla, ho fretta di conoscere più minutamente le sue fortune… Suvvia, in cammino! Oggi al thè del console italiano ho udito che si confermava la voce di prossimi gravi avvenimenti a Pietrogrado. Qualcuno è rimasto incredulo e ha accennato ai Cosacchi. E’ la seconda volta che mi si parla dei cosacchi come di un elemento fidato. Un altro dissertò sull’ignoranza dei contadini. Discorsi superficiali. Bisognerebbe conoscere a fondo questi due temi: i cosacchi, o meglio, le forze della reazione, i [92] fedeli dello czarismo, e poi i contadini. Ma io, a fondo, non conosco nè l’uno nè l’altro tema. 209 Linejka, carrozza aperta a più posti. 210 Staršina, capo eletto. 68 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it In treno - 25 Febbraio. Abbiamo tre giorni e tre notti da passare in treno. Corriamo a Pietrogrado. Ed io approfitto del lungo viaggio per sfruttare le conoscenze di chi viaggia con me, intorno ai temi più interessanti della vita e dell’avvenire russo. Alla stazione tra la folla di ufficiali, di soldati — equipaggiati da campo coi solidi cappotti color nocciola, baveri e manopole di pelo — ho avuto la fortuna di scorgere una signorina o signora russa, che io aveva già conosciuto in Italia — o più precisamente — a Lugano, quando anch’io fui colà in qualità di profugo, nel 1898, l’anno un po’ russo della nostra storia contemporanea. Piccola, mingherlina, scialba, questa donna non ha di particolare che gli occhi mobilissimi e fosforescenti. Ella non mi ha subito riconosciuto, ma le ricordo Lugano e una certa gita a Ponte Tresa, dove ella doveva incontrarsi non so bene con quale pezzo grosso dell’internazionale rossa. Ella si ricorda ora perfettamente, batte le mani con un’esclamazione prolungata di sorpresa e mi porge la destra. Siamo amici. Ed io spero di aver trovato una informatrice preziosa. Fra i tanti vantaggi della situazione io devo ricordare che la signorina Elena Nicolaiewna parla benissimo l’italiano. Non so se il suo nome sia veramente quello che scrivo e ch’ella mi dichiara, ma ho l’impressione di averla [93] conosciuta con un nome diverso. Non oso dirglielo e preferisco subito parlare di rivoluzione. La signorina si arrende con docilità alle mie pretese e mi traccia un quadro dell’avvenire che cerco di riprodurre il più fedelmente che posso. La rivoluzione è al suo epilogo. Non bisogna parlare di un movimento che si inizierà fra alcuni giorni, ma di un moto che si conchiude, che raggiunge la sua meta. La rivoluzione ha guadagnato tutta la popolazione russa fin dal 1905, durante la guerra col Giappone. Da allora la lotta è stata feroce, incessante. La nuova guerra ha dato al popolo un potere effettivo perchè il governo non può fare a meno del popolo. Di questo suo potere effettivo un popolo che ha ormai una coscienza rivoluzionaria, non può servirsene che per fare piazza pulita di tutti gli ostacoli. Non è riuscito in due anni colla pressione morale: riuscirà nei prossimi giorni con un minimo di violenza. Dico con un minimo di violenza, perchè i due più grandi ostacoli sono eliminati. Voglio dire il granduca Nicola e i cosacchi. Il granduca Nicola Nicolajevic211 era l’unico uomo che rimaneva allo czarismo. Di una energia spietata, dotato di un grande talento militare, egli 211 Il comandante dell’esercito russo, granduca Nikolaj Nikolaevič Romanov, era lo zio dello zar Nicola II. Nel 1905 fu proposto dalle frange più reazionarie dell’esercito come dittatore con pieni poteri per soffocare la rivoluzione, in alternativa alla concessione di alcuni diritti civili alla popolazione. Nikolaj Nikolaevič rifiutò, consigliando lo zar di firmare il Manifesto. Nel 1915 fu destituito dallo zar che assunse personalmente il comando dell’esercito. Per questo motivo, dopo lo scoppio della Rivoluzione dell’ottobre 1917, lo zar fu ritenuto il diretto responsabile delle sconfitte subìte nel corso del conflitto. 69 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it non avrebbe esitato dinnanzi alla strage e avrebbe trattato la Duma come tratta i generali, che prende a schiaffi e a pedate. Ma la sua grandezza dava ombra a tutti, allo czar come al partito tedesco, ai capi militari come ai liberali della Duma. L’hanno cacciato molto lontano, nel Caucaso. Di là, almeno sulle prime, non potrà far molto. [94] Quanto ai cosacchi, che costituiscono secondo la tradizione i difensori più fedeli dello czarismo, seguiranno la loro vera tradizione che è quella di accordar il loro appoggio a chi meglio li può compensare, assicurando loro quei diritti e quelle concessioni che ne hanno fatto una casta privilegiata. Vi sono cosacchi del Dnieper e cosacchi del Don, cosacchi di Kuban, di Terek, d’Astracan, d’Oremburg, degli Urali, della Siberia, tutti soldati dai 18 ai 60 anni, rotti ad ogni fatica, agili, temerari, scaltri, tenuti uniti fra loro dal legame militare. Tutti sono proprietari di terra e tutti possiedono un cavallo, che è l’ideale per questi abitatori dell’immense piane steppose fra il Dnieper, il Don e il Volga. Ogni tribù forma le sue sotnie212 e i suoi pulki213, al comando della nobiltà indigena, e questi ufficiali sono con noi. Voi vedete che non ci vorrà molto per aver ragione della polizia e di Protopopoff. Ma all’indomani di questa vittoria immancabile e facile, perchè contro lo czarismo sono uniti per il momento tutti, nobili e borghesi, contadini e operai, quelli che vogliono la pace e quelli che vogliono la guerra, che cosa avverrà? Immediatamente la rivoluzione avrà da risolvere i problemi buttati sul tappeto. Ogni corrente vorrà indirizzare la rivoluzione verso una sua finalità. I germanofili vorranno la pace, i contadini vorranno la terra, la nazionalità e i nazionalismi vorranno l’indipendenza, il Nord sarà contro il Sud, e tutti questi interessi concorrenti e nemici, dell’industria e dell’operaio, del latifondista e del contadino, saranno sfruttati, a destra e a sinistra, dalle [95] spie e dagli agenti tedeschi, saranno intorbidati dalle ideologie anarchiche, repubblicane, socialiste, si complicheranno per la contemporanea esplosione di tutti gli appetiti individuali, per la diffidenza delle nazioni alleate, per la invasione minacciante alle frontiere. Che cosa si può vedere, amico mio, nell’avvenire della Russia? Voi pensate a un compromesso fra tutti coloro che pongono la salvezza del Paese al di sopra del loro interesse particolare o di classe. Sì, questo compromesso è possibile e voglio prospettarvene i motivi e la genesi La prima questione che si imporrà sarà certamente il separatismo. Lo czar ha creato l’unità materiale dell’impero, ma non l’unità morale. La storia russa fino al nostro secolo è una storia di conquiste e di rivolte interne. Basta fare il nome della Finlandia, della Polonia, della Lituania, dell’Ucraina e del Caucaso. La sottomissione dei montanari di Erivan e di Kars214, uomini feroci e primitivi, accampati sulle cime impervie delle loro montagne, non può ancora dirsi compiuta. E voi ricordate certamente il grande rumore che 212 La sotnja è una centuria, uno squadrone di cento uomini. 213 Pul’ki (plurale di pul’ka) significa sia proiettili che partite. 214 Situate nella regione caucasica, Erevan, capitale dell’Armenia, e Kars, città turca, facevano parte del territorio russo. 70 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it si fece nel gennaio 1915, quando Nicola II si recò a Tiflis. Comparve colla cupa tunica, la cartuccera lucente e l’ispida burka (mantello) del costume georgiano e si pose a contatto persino coi kintò, i merciai ambulanti caratteristici di quella città215. Si fecero le grandi meraviglie allora, perchè i georgiani erano rimasti tranquilli e forse ciò dipese dall’odio contro i mussulmani. Poche settimane prima gli aggiari, mussulmani del territorio di Batum216, avevano infatti guidato [96] i turchi fino ad Arkim217 e massacrata una quantità di cristiani. Ma tralasciamo i particolari. Questi movimenti separatisti io li voglio considerare in una grande sintesi, nel conflitto fra il Nord e il Sud della Russia. La guerra ha acuito il conflitto. Pietro il Grande fondando Pietrogrado e conquistando le foci della Neva e il litorale Baltico, cercò di deviare tutto il commercio russo dall’oceano Artico e dal Mar Nero. Pietrogrado uccise Arcangelo218 e lottò fieramente con Odessa. Venne la guerra e dopo due secoli Arcangelo risorse. Tutti gli sguardi si sono volti al nord della Russia e un cumulo di progetti è venuto alla luce per mettere in valore il settentrione. Si vuole unire Arcangelo al bacino della Petciora219, la Dwina alla Viatka e al medio Volga220, e già si è compiuta la ferrovia che da Pietrogrado mette alla penisola di Kola, al golfo di Motovsk e al nuovo porto di Romanov221. 215 Nel XIX secolo e fino alla Rivoluzione del 1917, i kintos erano i piccoli commercianti di Tbilisi (o Tiflis, Georgia), abbigliati di nero, che portavano le merci sulla testa in giro per la città. Se la merce andava pesata, il kinto usava come bilancia lo scialle di seta che pendeva dalla sua cintura. Dopo la Rivoluzione dell’ottobre 1917, il kinto sparì dalle città e il termine assunse un significato dispregiativo per i modi sbrigativi e poco ortodossi. Nel 1923, Lev Trockij definì i kintos «eroi della strada, ciarlatani, cantastorie e malfattori» e il georgiano Stalin «un kinto al potere». 216 Batum, ora Batumi, è una città georgiana sul Mar Nero e capitale dell’Ajaria (o Aggiaria, o Agiaria), che è una repubblica autonoma nella Georgia sud-orientale. Nel 1614 l’Ajaria fu conquistata dagli Ottomani – che con la forza convertirono all’Islam la popolazione locale di fede cristiana – e poi annessa all’impero russo nel 1878. Durante la Prima guerra mondiale venne ancora occupata dall’esercito ottomano e poi da quello britannico, ma fu restituita alla Georgia nel 1920. 217 Forse è Artvin, città turca vicina al confine georgiano, che con il Trattato di Brest-Litovsk (1918) passò dal governo russo a quello turco. 218 Archangel’sk, sul Mar Bianco. Nel XVIII secolo il commercio nel Mar Baltico divenne predominante e la città declinò, ma alla fine del secolo successivo ritornò ad avere una posizione di primo piano quando fu costruita la ferrovia che la collegava a Mosca e venne rilanciato il commercio del legname. 219 Il bacino della Pečora è situato più a nord di Archangel’s, oltre il Circolo Polare Artico. Il fiume – ghiacciato per molti mesi all’anno – sfocia nel Mare di Barents, che è parte del Mar Glaciale Artico. 220 La Dvina Settentrionale è un tributario del Mar Bianco, la Vjatka è un affluente di destra della Kama, che a sua volta si immette nel Volga a sud della città di Kazan’. 221 Dal 1837 (inaugurazione della prima ferrovia, da San Pietroburgo a Carskoe Selo) al 1917 tutte le maggiori aree produttive russe erano collegate dalla ferrovia (merci e passeggeri ): da Murmansk – penisola di Kola, tra il Mare di Barents dal Mar Bianco – al Mar Caspio, (Volgograd sul Volga e Orenburg sull’Ural). Da Kazan’ si arrivava a Vladivostok con la Transiberiana e da Orenburg si raggiungeva il lago Bajkal traversando la Siberia meridionale. 71 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it Terminata la guerra tutto questo affannarsi cadrà da sè, ma la lotta ripiglierebbe fra Pietrogrado e la Russia meridionale. I porti della Russia non possono essere che sul Mar Nero. Ciò è fatale. Nel 1800 Pietrogrado, Riga, Libau222, assorbivano l’85% dell’esportazione, il Mar Nero il 5 ½ %, ma nel 1900 il Baltico, pur conservando il primato per l’importazione, doveva cedere al Mar Nero quello per l’esportazione. Ebbene vi è fortunatamente un interesse comune per il Baltico e per il Mar Nero, per la Russia del Nord e la Russia del Sud. Kiev che è il centro progreditissimo e attivo della Russia meridionale sa che lo sviluppo ulteriore della [97] regione è subordinato all’esito vittorioso della guerra, perchè dalla vittoria dipenderà la cacciata dei Turchi dall’Europa e il libero incontrastato passaggio traverso i Dardanelli per i mari del sole. La necessità della guerra, ecco ciò che vincerà il separatismo: la guerra non più per lo czar, non più per il dominio, ma la guerra per difendere la libertà conquistata, che vorrà dire autonomia e federazione, ecco ciò che cementerà l’unità morale russa, la cui semente è stata fecondata dall’unanimità rivoluzionaria. Ciò che io vi dico per il sud della Russia è ancora più vero per il Nord. Il separatismo non rappresenta un reale interesse per nessuno dopo la caduta dello czarismo e sarà vinto rapidamente, se si riuscirà subito ad avere un governo nazionale. Questa sarà una grave difficoltà perchè un governo nazionale non potrà venire che dalla Costituente e la Duma non potrà proclamarsi assemblea costituente. Il popolo non può riconoscere nella Duma la vera rappresentanza nazionale. D’altra parte chi dovrà prendere le redini dello Stato nell’intervallo fra l’abolizione dello czarismo e la convocazione della Costituente? Ecco il periodo pauroso. Durante questo periodo la grande massa sarà forzatamente senza una rappresentanza: lotteranno i partiti, le folle operaie, gli avventurieri e gli agenti nemici. A questo proposito ci sarà molto da dire. Per ora procediamo. La questione separatista si può risolvere. La questione della forma di governo non è così grave. Non vi è una differenza troppo sostanziale fra la monarchia costituzionale italiana [98] per esempio, e la repubblica di Francia. Tuttavia la maggioranza della popolazione è per la monarchia costituzionale. I borghesi, i nazionalisti, i religiosi e i contadini sono per lo czar: ma per la repubblica sono le folle proletarie della città, quasi tutta la piccola borghesia che ha piena la testa di rivoluzione francese, e i partiti socialisti e anarchici. Non credo però che la questione della forma di governo possa dividere la Costituente in modo irrimediabile. Può anche darsi che la Costituente sia convocata da un governo repubblicano, e in tal caso, cosa fatta capo ha. Ma la questione capitale sarà la questione agraria. Tuttavia è su questo punto che l’accordo fra la borghesia industriale e commerciale e i contalini verrà a costituire un blocco granitico e vittorioso. Non vi è alcuno che non riconosca le condizioni strazianti dei villaggi russi. Migliaia e migliaia di fanciulli non trovano posto nelle scuole elementari. In cinque distretti del 222 Libau è il nome tedesco della città di Liepāja, nell’attuale Lettonia occidentale. 72 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it governatorato di Karkof l’anno scorso furono rimandati per esempio 8153 bambini. Altre migliaia e migliaia muoiono prima di raggiungere i cinque anni. A vent’anni in Russia giunge solo il 46% della popolazione, e a 50 anni il 20%. Nel 1910 le malattie della popolazione fecero perdere nientemente che 2339 milioni di giornate di lavoro. Che cosa manca al contadino russo? Manca la terra e bisogna dargliela, cominciando dall’espropriazione e mandare al loro paese gli immigrati tedeschi. In tre anni di guerra si sono espropriati così tre milioni di ettari di terreno, ma ne rimangono altri sette in mani tedesche. Bisogna [99] confrontare le condizioni dei coloni tedeschi e dei coloni russi, per comprendere la miseria del povero mugik. Mentre uno dvor, una famiglia di coloni possiede in media venti desiatine223, uno dvor di mugik non ne possiede che sette. Aggiungete l’esenzione dalle tasse e dal servizio militare per quelli, e per il mugik tutto il peso delle imposte e tutte le sopraffazioni burocratiche. In queste condizioni l’abolizione della servitù della gleba, la trasformazione dei possessi collettivi in personali, l’abolizione della solidarietà collettiva, il condono di novanta milioni di rubli che i contadini dovevano ancora pagare, non rappresentavano che delle buone intenzioni. Nonostante tutto egli non poteva vivere. S’indebitava, perdeva la sua piccola proprietà. Ecco la necessità di dargli la terra. I socialisti guardano al mir224 come all’istituto che dovrà salvare la società russa e che dovrà rappresentare l’organizzazione fondamentale per lo sviluppo futuro del socialismo. Sono i narodnikii225 che sognano la distribuzione delle terre alle comunità rurali mediante espropriazione forzata. Ma questa soluzione è già compromessa dalla recente legislazione russa che sciolse le comunità rurali in 47 governatorati, e che colla legge di separazione del 1911 rese facile la trasformazione in possesso personale dei possessi collettivi. I contadini russi vogliono ora essere proprietari. Si dirà che questa forma economica, la quale esclude lo sfruttamento di un uomo per opera di un’altro, esclude in pari tempo l’associazione di lavoro, quindi lo sviluppo energico e il procedimento razionale della produzione. Ma i proprietari — [100] lavoratori possono associarsi spontaneamente, e salvare ad un tempo il loro spirito di indipendenza e le necessità della produzione. — Terra e libertà! questo è il grido della rivoluzione russa come di tutte le rivoluzioni e su questo programma sarà basato il compromesso salvatore fra la borghesia industriale e i contadini. Ho detto compromesso 223 La desjatina corrispondeva a circa un ettaro: mq 10.925. Questa unità di superficie è stato abolita nel 1927. Dvor, oltre a corte o cortile, significa casa colonica. 224 Il mir era l’organo decisionale delle singole comunità rurali russe (obščina) che ebbe origine nel Medioevo. Esso assegnava alle famiglie contadine una quota della proprietà terriera collettiva ed era tenuto a rimborsare entro quarantanove anni l’indennizzo che lo Stato aveva corrisposto ai vecchi proprietari. Inoltre, era responsabile della riscossione delle tasse, del servizio militare e di altri obblighi verso lo stato. In russo moderno, mir vuol dire sia “pace” che “mondo”. 225 I narodniki erano gli intellettuali e gli studenti segnaci del populismo russo di metà Ottocento. Contrari all’autocrazia zarista, credevano nell’emancipazione, nella purezza morale e nella forza potenziale della classe contadina, che avrebbe potuto costituire la base della futura giustizia sociale. 73 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it salvatore e voglio riferirmi all’esempio della Francia. Pietro Kropotkine226 chiedendosi a che era servita la rivoluzione in Francia, se la nazione doveva poi ricadere sotto il giogo di Bonaparte, rispondeva: Nei quattro anni della rivoluzione era nata una nuova Francia. Il contadino mangiava a sazietà per la prima volta dopo dei secoli. Alzava la schiena curva. Osava parlare. In virtù di questa rinascita la Francia fu capace di sopportare le guerre della repubblica e di Napoleone… E quando, dopo tutte queste guerre, si crede di trovare nel 1815 una Francia impoverita, ridotta in spaventosa miseria, devastata, ma che! eccovi le campagne assai più ridenti di quel che non fossero ai tempi di Luigi XVI. Le risorse interiori che contengono i villaggi sono tali che in qualche anno la Franca diviene il paese dei contadini agiati, e subito dopo si scopre che malgrado tutte le ferite e tutte le perdite, è il paese più ricco d’Europa per la sua produttività». Ecco, mio buon amico, il destino della Russia!». [101] 26 Febbraio. Ho scambiato quattro chiacchiere coi colleghi della missione, ho dormito parecchie ore, ho mangiato, ho curiosato un po’ dai vetri il panorama bianco-grigio, e poi mi sono ripresentato dalla signorina Elena, ed ho cominciato con una collana di bugie la mia giornata: Questo rosario terminava con questa affermazione: «Ho pensato tutta notte al nostro discorso di ieri. Mi avete detto delle cose assai interessanti, ma…». Allungavo questo ma, lo lanciavo innanzi, lo rigiravo, come un’amo buttato in acqua, perchè vi si attacchi qualche cosa, un pesce o una vecchia 226 Il principe Pëtr Alekseevič Kropotkin (1842-1921) fu uno dei più grandi filosofi sostenitori dell’anarchia. Entrato nel 1862 in un reggimento cosacco in Siberia, abbracciò gli ideali anarchici e compì una serie di studi di geografia, geologia e zoologia. Nel 1868 terminò la facoltà di Scienze, ed entrò nella Società russa di geografia, che abbandonò nel 1872 per dedicarsi alla politica aderendo alla corrente di Michail Bakunin nella Prima Internazionale. Più volte arrestato – a San Pietroburgo e in Francia, dove fu accusato con altri anarchici dell’uccisione dello zar Alessandro II – dal 1881 si stabilì in Inghilterra dove fondò la rivista “Freedom” (Libertà) e pubblicò libri di politica e scienze, ambiti per lui inscindibili: «L’anarchia è il risultato inevitabile del movimento intellettuale nelle scienze naturali». Nel 1914 prese posizione in favore della guerra contro la Germania, posizione che ribadì nel 1916 firmando il Manifesto dei Sedici, un documento anarchico che invitava a combattere i «barbari tedeschi» a fianco degli alleati. Nel 1917 tornò in Russia e si schierò contro i bolscevichi, e strinse amicizia con Aleksandr Kerenskij. Nel 1919 si ritirò a Dmitrov. In politica, Kropotkin fu promotore del “comunismo anarchico”, cioè dell’idea di una società senza controllo centrale e «in cui ogni individuo è un produttore di lavoro manuale e intellettuale, e in cui ogni lavoratore è attivo sia nell’agricoltura che nell’industria; in cui ogni insieme di individui, grande abbastanza da disporre di una certa varietà di risorse naturali […] produce e consuma in maniera autosufficiente la maggior parte dei propri prodotti agricoli e manifatturieri». Ciò non significava, secondo Kropotkin, ridurre il commercio mondiale «ma limitarlo allo scambio di ciò che deve realmente essere scambiato, e, al tempo stesso, accrescere notevolmente gli scambi di novità, prodotti locali o arte nazionale, nuove scoperte e invenzioni, conoscenze e idee» (1913). 74 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it scarpa. La signorina Nicolaiewna che forse aveva pensato più di me al suo quadro della rivoluzione, abboccò subito a questo ma… che ondeggiava pieno di promesse, e mi disse: Indovino quello che mi volete dire. Io ho tracciato delle linee troppo generali e sono giunta subito all’epilogo — ai risultati della rivoluzione. Ma… (ecco il vostro ma) in quanto tempo? dopo quali errori? con quanti sacrifici? e sopratutto, confessatelo amico mio, con quale ripercussione sulla guerra? E’ questo che vi turba. Ebbene io condivido il vostro timore fino ad un certo punto. Si tenterà di imporre la pace immediata dai socialisti, a norma dei loro deliberati, e questa corrente sarà sostenuta dalla Germania, con ogni sforzo. Non è difficile alla Germania trovare dei traditori fra i vecchi arnesi di polizia e disgraziatamente quando avete a che fare con un terrorista, con un socialista catastrofico, [102] non sapete mai se si tratta di uno in buona fede, o di un agente provocatore al servizio della polizia, o di un essere abbietto che tradisce e la polizia e i rivoluzionarî. Tenete presenti le rivelazioni di Vladimiro Burtzeff 227, di Lopoukine228, che fecero tanto rumore da voi, all’epoca dello scandalo Azeff229. E ancora lo scandalo Carpoff-Voskresenski. Costui aveva uno stipendio mensile di mille rubli. Ecco, vedete… L’«intelligenza» russa che ha preparato la rivoluzione lavorando e lottando incessantemente, è ora in preda a una stanchezza e a un nervosismo morbosi: è irrequieta: è di un eccitamento malato. Inoltre vi è una caratteristica dei russi che contribuisce ad aumentare il numero di coloro che si lasciano andare alla deriva, ed è il bisogno naturale in noi di una vita larga, di abbondanza, di grandiosità, di fasto. In nessun paese del mondo la vita è così spavalda, frenetica, sciupona. Voi latini avete il vostro: «Chi vuol esser lieto sia, di doman non c’è certezza», ma è un canto 227 Vladimir L’vovič Burcev (1862-1942), rivoluzionario attivista e studioso, pubblicò i periodici “Byloe” (Passato), sulla storia del movimento rivoluzionario russo, e, a Parigi, “Buduščee” (Futuro). A causa della sua attività rivoluzionaria – fu capo della sicurezza del Partito dei socialisti rivoluzionari – e delle dure critiche mosse contro il regime imperiale e la persona di Nicola II, fu arrestato più volte. Avendo accusato Lenin e i bolscevichi di essere agenti tedeschi, il giorno stesso dell’inizio della Rivoluzione d’ottobre fu incarcerato. Liberato dopo pochi mesi, emigrò in Francia, da dove appoggiò l’Armata Bianca. 228 A.A. Lopuchin, capo della polizia zarista dal 1903 al 1905, fu condannato ai lavori forzati in Siberia dopo lo scandalo Azef (1908). 229 Evno Azef (1869-1918) era il capo dell’organizzazione militare dei socialisti rivoluzionari e, contemporaneamente, lavorava per la polizia zarista, contribuendo a sventare attentati e a far arrestare parecchi terroristi. Ma non aveva impedito gli attentati che costarono la vita al ministro dell’Interno Pleve e al Gran principe Sergej Aleksandrovič, governatore di Mosca. Nel 1908, fu Vladimir Burcev – allora capo della sicurezza del partito – a smascherarlo pubblicamente, grazie alla conferma avuta dall’ex capo di polizia A.A. Lopuchin. 75 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it carnascialesco230, temperato dal vostro semel in anno231 — una volta all’anno —. Ma da noi questo senso del godereccio, questa smania di tripudi, questo bisogno di feste, di prodigalità, di orgie, ha qualche cosa di barbarico, non è frenato dalla previdenza, dalla preoccupazione del domani. E’ una cosa sciocca anche, come quando si vedono certuni buttare sul piattello delle orchestrine tzigane dei sesquipedali232 biglietti da cento rubli, ma è sopratutto una spinta alla corruzione. L’orgia soffoca tutto quanto vi è di puro e di onesto. Il bisogno di denaro prepara l’anima ad ogni adattamento. [103] E i tempi, essendo tempi di violenta negazione, di sradicamento d’ogni fede, abbattono i meno saldi caratteri, nel fango dell’anarchia morale. Vi è del cinismo nella corruzione russa. Nel 1905 la rivoluzione fece comparire sul mercato librario un diluvio di libri, di opuscoli pornografici, centinaia di migliaia di studentesse si precipitarono alle università, e in tutte le provincie fiorirono associazioni dal titolo eloquente: «Giovane piacere», «Libertà in amore», «Notti bianche». Immoralità, fasto, spavalderia, bisogno di denaro… ed ecco l’esercito delle spie, dei traditori e degli agenti tedeschi. Questo aspetto non è trascurabile: potranno i tedeschi creare imbarazzi alla rivoluzione: potranno ritardarne l’assestamento, ma non sono certo alcuni venduti e corrotti che possono aver ragione di un movimento sostenuto da milioni e milioni. Che cosa domanderanno i traditori? Costoro domanderanno innanzi tutto la pace, poi la ghigliottina per lo czar, per i granduchi, per i borghesi, poi l’espropriazione delle terre e delle fabbriche, la dittatura proletaria. Tutto ciò in nome dei grandi principî. Più la domanda è assurda, più la pretesa è urtante, meglio è. Questo è il compito degli agenti tedeschi. E dietro loro si accoderanno molti ingenui e molti esaltati, che finiranno col costringere gli elementi sani e chiaroveggenti del paese a stabilire una dittatura. Presso a poco non è questa la storia di tutte le rivoluzioni? Voi pensate che nel frattempo i tedeschi non resteranno inattivi, che essi tenteranno di [104] avanzare spezzando la resistenza affievolita dell’esercito russo, che essi riusciranno a occupare nuovi territori della Russia, e che forse forse finiranno coll’imporre colla forza la pace separata non ottenuta per opera del tradimento. Queste previsioni sono logiche: la Germania ci attaccherà, ma una rivoluzione ha sempre bisogno di un pericolo esterno per salvarsi dai pericoli interni. Se la Germania non ci attaccasse, bisognerebbe prender subito l’offensiva, provocarla. — Gittato il dado, cioè accettata la guerra ereditata 230 «Quant’è bella giovinezza, / che si fugge tuttavia! / chi vuol esser lieto, sia: / di doman non c’è certezza» è la prima quartina della “Canzona di Bacco”, nei Canti carnascialeschi di Lorenzo de’ Medici detto il Magnifico (1449-1492). 231 «Semel in anno licet insanire» (una volta all’anno è lecito uscire da se stessi, impazzire) è una locuzione latina molto antica che divenne proverbiale nel Medioevo. 232 Sesquipedale è termine proveniente dal latino per indicare la misura di un piede e mezzo. Il “piede romano” equivaleva a una lunghezza di cm 29,76. In senso figurato – come lo intende l’Autore – il termine significa grande, enorme. 76 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it dallo czarismo come guerra propria, la rivoluzione dovrà andare fino in fondo. Non mi preoccupo delle alterne vicende della lotta: il mio ottimismo guarda alla fine. Le democrazie sono ormai invincibili. Io credo fermamente che nel 1918 non avremo più Cesari in Europa e che la Russia, come seppellì un secolo fa il sogno napoleonico, seppellirà oggi, e per sempre, l’alleanza dei re per dare vita alla alleanza, alla federazione dei popoli. . . . . . . . . . . . . Affondato nella pelliccia come dentro una guardaroba, ascolto ormai distrattamente la mia interlocutrice. Sono forse le quattro, le cinque del pomeriggio: la luce vacilla: traverso le vetrate vedo scintillare la neve, passare ombre di boschi oscuri….. Ci accompagna il rombo greve, continuo del treno, che di quando in quando lancia nella distesa immensa il suo urlo gutturale… Le palpebre cadono più pesanti; dormo. [105] 27 Febbraio. Siamo di nuovo a Pietrogrado. Dopo tre giorni e tre notti di treno non vi può essere che un’ideale: dormire in un buon letto. — A domani! 28 Febbraio. Sono tornato a Pietrogrado preparato a trovarvi la rivoluzione. Invece a primo aspetto, nulla. Mi pareva impossibile. A furia di pensarci, di studiarla ne’ suoi probabili coefficienti, di parlarne e di sentirne parlare, ho finito col crederci. Ci credo, ed ecco che ho girato tutto il giorno a cercarla. Ho girato il centro della città, mi sono spinto dal lato di Viborg 233, ho percorso la Petersbourgskaia sino al giardino Botanico, poi i quartieri di Vassilevsky Ostrov. Per scrupolo di coscienza sono sceso fino alla barriera di Narva. Infatti il ponte sul Tarakanovska 234 era guardato. Di lì potevano giungere gli operai delle Putiloff. Ma la rivoluzione non c’era. Tuttavia la città era profondamente turbata. Non so se dipenda dalla forza della suggestione, ma io vedo e sento molto più di quello che appare. Turbe di operai sono in isciopero: assembramenti di cittadini sono dovunque: nei magazzeni, sulle porte, i commessi, i dvornik sembrano tutti sul chi va là!: persino i gorodovoi, che colle orecchie fasciate di feltro e con una grande spatola di legno bianco alzata in una mano, regolano il corso delle slitte, mi sembrano un po’ disorientati e nervosi. C’è un’aria [106] di sospetto, di ansia, di aspettazione in tutti, e ci sono troppi gendarmi a cavallo, troppi cosacchi, troppi soldati in giro. In altri tempi non si poteva parlare di politica, ma oggi nei luoghi pubblici 233 Vyborg, per indicare la parte nord-nordovest di San Pietroburgo. 234 Ponte Tarakanovskij sul canale Obvodnij, posto tra il fiume Neva e il monastero Nevskij. 77 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it si reclama apertamente un governo costituzionale e si esprime la speranza che la truppa fraternizzi col popolo. A tutti questi sintomi bisogna aggiungere la mancanza di alimenti, Non c’è pane, non ci sono patate: gruppi di gente minacciosa si vedono far coda presso le botteghe. Il popolo ha fame. E frattanto corrono voci sinistre. Non avremo la rivoluzione, ma la sommossa soffocata nel sangue. Ho ascoltato io stesso queste parole nel grande refettorio di una fabbrica, dove fui condotto oggi dall’amico Karamine. Quest’uomo che qualche settimana fa mi aveva sconvolto col suo: Ci siamo!, ora mi confessa di non capirne niente. L’ho incontrato prima di mezzogiorno e siamo andati insieme a far dei tentativi per la colazione. Non fu una cosa facile, nè soddisfacente, ma à la guerre comme à la guerre235. Andammo dunque al comizio degli operai. La discussione era sullo sciopero. C’erano due correnti, una voleva scioperare, marciare sulla città, l’altra era per l’attesa. Nel refettorio passavano delle frasi infiammate e la scena era patetica. Fu un vecchio operaio che rispondendo a un giovanotto alto, biondo e pallido, disse: «Voi volete andare senza di noi vecchi. No. I vecchi verranno perchè essi hanno dei figliuoli da liberare da una vita da bestie. Ma verranno quando sarà ora. Noi non ci prestiamo al gioco di Protopopoff che fa nascondere la farina e [107] sguinzaglia i suoi cani lupati. Egli vuole la sommossa per annegarci nel sangue, noi vogliamo la rivoluzione per sradicare lo czar. Aspettiamo che la Duma parli! — Qualcuno lo interruppe: — Noi abbiamo il nostro Comitato rivoluzionario che ha parlato… Che cosa è la Duma dei Sciulghin236 e dei Savic?237 Il vecchio si raddrizzò: tremava di commozione: «Fratelli! La Duma è il popolo, la Duma è con noi. Non soffiamo su questa candela, se no brancoleremo nel buio e ci faremo ammazzare come tanti cani rabbiosi. La maggioranza consentiva col vecchio, ma un gruppetto nel mezzo della 235 «À la guerre comme à la guerre» è un proverbio francese di origine sconosciuta, diffusosi nel XVIII secolo con più significati: a) non andare in guerra impreparati; b) nei momenti di crisi, tutti i mezzi sono validi pur di arrivare al fine; c) essere fatalisti e adattarsi sempre ai tempi e alle circostanze. 236 Vasilij Vital’evič Šulgin (1878-1976) si laureò in Diritto a Kiev, dove divenne un sostenitore della monarchia. Nel 1907 entrò nella Duma di Stato come membro della destra conservatrice, sostenne il governo di Pëtr Stolypin e l’istituzione dei tribunali marziali. Si arruolò durante la Prima guerra mondiale, ma fu subito ferito e poté continuare la politica. Contrario alla rivoluzione, era però convinto della fine dell’autocrazia, perciò, insieme all’ottobrista Aleksandr Gučkov convinse lo zar ad abdicare per insediare una monarchia costituzionale o una repubblica con a capo il granduca Michail Aleksandrovič, fratello minore dello zar. Nell’agosto 1917 appoggiò la rivolta del generale Kornilov, ma, sconfitto, si rifugiò a Kiev, dove partecipò al Movimento Bianco, poi emigrò in Jugoslavia e qui venne arrestato nel 1944 dall’esercito sovietico. Dopo dodici anni di carcere fu amnistiato e visse a Vladimir, dove scrisse in un libro che il comunismo non era più una sciagura per la Russia, perché gli ex bolscevichi si erano trasformati in patrioti. 237 N.V. Savič, per molti anni deputato conservatore della Duma, lasciò un diario in dieci volumi manoscritti. 78 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it sala scoppiò in invettive. Allora colui che pareva presiedere intonò a gran voce la marcia funebre dei rivoluzionari, che fu cantata da tutti con un fervore religioso: «Vittime sacre nella lotta fatale dell’infinito amore per il popolo, avete dato tutto voi stessi per la sua libertà e il suo onore….». Uscii di là, dove mi aveva condotto la salvaguardia di Karamine, profondamente commosso. Tacemmo ambedue per un tratto, poi i pensieri che mi turbinavano in testa, si espressero in una parola sussurrata a me stesso. — Che cosa borbotti? fece Karamine. — ça ira, ça ira238, ripetei io, forte. Karamine si strinse nelle spalle, aperse le braccia, sembrò chiudersi in un silenzio ostinato. Ma poi dovette cedere alla espansività russa e mi si rivelò intiero. — Tu hai ragione: ça ira. Io lo so, lo vedo, ma mi sforzo di dubitare, di non vedere, di non sapere, perchè l’azione mi sgomenta.. C’è un [108] attimo nelle rivoluzioni in cui tutti gli individui devono essere degli iniziatori. E’ l’attimo in cui dalla negazione teorica bisogna passare alla negazione pratica. Eccomi qui sul punto di saltar giù, come gli altri, nell’abisso: ma io vedo così buio che se non mi buttano giù, non mi muovo. Sono radicato al suolo: tutto il mio passato è socialista, eppure tutto il mio passato mi lega, mi trattiene. Che cosa sono le teorie, le credenze, mio caro? L’uomo è foggiato dalla vita che vive, e da null’altro. Ecco perchè il mio: Ci siamo! di poco tempo fa, è divenuto oggi questo amaro e scettico: Non ne capisco niente». Gli faccio rilevare l’astrusità del suo discorso, ed egli mi spiega: — Voglio dire questo, che nel giudicare degli avvenimenti spesso siamo vittime delle nostre tendenze più intime, del nostro temperamento; noi diamo alle cose e ai fenomeni l’aspetto che ci è suggerito dal nostro interesse, dall’egoismo e dalla viltà. Guardai Karamine, quest’uomo dall’aspetto erculeo, florido, possente, che pareva fatto per schiacciare gli ostacoli, e vidi ne’ suoi occhi uno smarrimento pietoso. — Amico, tu hai dei dubbî. Perchè attribuirli alla viltà? Essi possono essere giustificati. Tu esageri i tuoi doveri di socialista. Saltare nel buio!? Ma questo è fanatismo. E se non vedi chiaro, avrai le tue ragioni. — Le hai udite da quel vecchio operaio. Sì, anch’io sono avverso al movimento, oggi, perchè oggi, come ieri, come domani, è Protopopoff che vuole la sommossa. Sai quanti di noi erano pronti per la giornata di ieri e quanti invece [109] mancarono? Ci siamo!, per me voleva dire il 27 Febbraio, la riapertura della Duma, ma ieri tutti hanno avuto l’intuizione che saremmo stati giocati. Nessuna parola è corsa, eppure il centro della città è rimasto tranquillo: gli operai si sono incamminati verso la città, ma incontrati i soldati si sono dispersi. Non una fucilata, neanche una collutazione. Eppure il Comitato rivoluzionario operaio aveva disposto 238 “Andrà così”. 79 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it perchè l’insurrezione scoppiasse ieri: numerosi oratorî avevano arringato gli operai nei dintorni delle fabbriche, avevano portato l’adesione e le sollecitazioni di Miliukoff, di Pepelaief239, di Scingaref240. Tutto questo avveniva la vigilia della riapertura della Duma, mentre Protopopoff chiamava reggimenti a Pietrogrado e lanciava le ultime sfide, esiliando Anfiteatrof, il direttore della Russkoia Volia241, a Irkutsk, e liberando dal carcere il generale traditore Sukomlinof242 e sua moglie. Contemporaneamente la mancanza degli alimenti diveniva sempre più tormentosa e sempre più inesplicabile. Allora ebbimo la visione della Domenica nera, quando la reazione lasciò che Gapon indisturbato preparasse la dimostrazione al Palazzo d’Inverno, perchè il massacro fosse più spedito e più esemplare. Ci siamo fermati a tempo. Ma qual’è in questo caso la responsabilità del Comitato rivoluzionario? Perchè questo dissidio colla Duma? Vi sono traditori? chi sono? Ecco il più angoscioso dei dubbî. Se non è un puro caso questa coincidenza degli sforzi di un Comitato rivoluzionario e di Protopopoff, evidentemente noi avremmo in questa coincidenza la prova che gli agenti tedeschi si preparano a sfruttare e a dirigere la [110] rivoluzione, se per ipotesi non è schiacciata dalla reazione». Questo dubbio impedisce ogni azione, noi non possiamo che guardare alla Duma. La Duma è il popolo! Che essa parli e sorgeremo in piedi! Ho lasciato Karamine e sono venuto a riposarmi scrivendo qui, all’Hotel Astoria243, dove sono alloggiato. Quel buon diavolo di Karamine è un rivoluzionario galantuomo. Gli ho espresso tutta la mia soddisfazione per la sua linea di condotta. La rivoluzione non è possibile e non è giustificabile, se non viene dalla Duma. I giornali e le informazioni che assumo intorno alle prime adunanze e alle dichiarazioni fatte da molti deputati confermano le ipotesi di Karamine intorno a manovre tedesche. Il comitato rivoluzionario operaio, in buona o mala fede, è precisamente un organo d’azione tedesca. Questo risulta 239 Viktor Pepeljaev, appartenente al Partito democratico costituzionale (o dei Cadetti) e poi al movimento antibolscevico, fu comandante della flotta russa nel Mar Nero, presidente del Governo provvisorio a Omsk e Primo ministro del governo bianco di Aleksandr Vasil’evič Kolčak durante la guerra civile russa (dal novembre 1917). Fu fucilato, insieme a Kolčak, nel febbraio 1920 a Irkutsk. 240 Andrej Ivanovič Šingarëv (1869-1918), medico, fu deputato nella terza e quarta Duma di Stato, leader del conservatore Partito democratico costituzionale (o dei Cadetti), ministro dell’Agricoltura nel primo Governo provvisorio e delle Finanze nel secondo. Fu arrestato dopo la Rivoluzione dell’ottobre 1917 e giustiziato. 241 “Russkaja Volja” (La volontà russa), periodico di estrema destra. 242 Vladimir Aleksandrovič Suchomlinov (1848-1926), generale russo, fu ministro della Guerra dal 1909 al 1915, quando fu rimosso dall’incarico a causa di una serie di sconfitte della Russia, durante la Prima guerra mondiale, che il granduca Nikolaj Nikolaevič – capo dell’esercito con poteri assoluti delegati dallo zar – tentò di arginare stravolgendo i piani di guerra preparati a Pietrogrado da Suchomlinov. Fu arrestato nel 1916 per presunta corruzione e per tradimento e mandato ai lavori forzati, ma venne presto rilasciato per la tarda età. Riparò quindi all'estero e quando morì nel suo conto bancario furono trovati centinaia di migliaia di rubli di dubbia provenienza. 243 L’hôtel Astoria è sulla piazza prospiciente alla cattedrale di Sant’Isacco. 80 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it chiaro da una notizia che mi si è data ora, rientrando all’albergo. Il governo russo fa pubblicare una smentita alla notizia data da molti giornali della Germania, essere scoppiata la rivoluzione a Pietrogrado la vigilia della riapertura della Duma. Bene informati i giornalisti del Kaiser! Essi potevano pubblicare tutto intero il programma, ma, disgraziatamente per loro, esso ha subìto un ritardo. Contemporaneamente alla smentita del governo, Miliukoff smentisce coloro che osarono presentarsi a suo nome nelle fabbriche per trascinare la massa operaia alla sommossa. Tutti i deputati raccomandano la calma: essi non vogliono che l’ordine sia turbato. Questo non vuol dire che la Duma rinunzi alla battaglia. Il governo è stato attaccato da tutte le parti, subito: ieri [111] parlarono Tzeide244, Purischievic, Scidlowski245: trenta senatori hanno abbandonato la sala dov’era adunato il Consiglio dell’Impero, per protesta contro il presidente Sceglovitof246 che voleva impedire la discussione sulla politica del governo. Lo stesso tentativo di sfuggire alla discussione è fatto da Rittich, ministro dell’Agricoltura, alla Duma 247. Il governo ha paura, il governo è in fuga. Questo è il giudizio di tutti. Oggi Miliukof ha pronunziato un discorso che ebbe un successo strepitoso; gli applausi furono frenetici. La manovra di Rittich non ha servito 244 Il georgiano Nikolaj Semenovič Čcheidze (1864-1926; talvolta trascritto Čkheidze, Chkheidze o Chxeidhe) frequentò l’università di Novorossijsk (Odessa) e di Charkov ma fu espulso da entrambe per aver partecipato alle manifestazioni degli studenti. ai disordini degli allievi (1888). Nel 1892 fu uno dei fondatori del Partito socialdemocratico in Transcaucasia, ma nel 1903 divenne menscevico e fu eletto nella terza e quarta Duma (1907-1917), diventando il primo presidente del Soviet di Pietrogrado e membro del Governo provvisorio. Dopo la Rivoluzione dell’ottobre 1917, tornò in Georgia dove fu uno dei fondatori della Repubblica democratica georgiana e presidente dell’Assemblea costituente georgiana dal marzo 1919. Quando i bolscevichi presero il controllo della Georgia, (1921) emigrò in Francia, dove il 13 giugno 1926 si suicidò. 245 Sergej I. Šidlovskij fu deputato nella terza Duma dal 1909 al 1910 per il conservatore Partito degli Ottobristi, fu l’ultimo vice-presidente della Duma zarista e fece parte del primo Governo provvisorio nel febbraio 1917 guidato da Michail Rodjanko. Dopo la Rivoluzione d’ottobre emigrò in Estonia. 246 Il generale Ivan Šeglovitov fu ministro della Giustizia sotto Nicola II. Nel febbraio 1917, fu arrestato nell’ufficio di Rodzjanko, il quale disse che i soldati erano talmente incattiviti dalle gesta del generale che la sua autorità di Primo ministro non servì a evitarne la cattura. 247 Aleksandr Aleksandrovič Rittich (1868-1930), nato da una famiglia livoniana, servì il Ministero degli Affari interni dal 1888, prima come impiegato e poi come funzionario di missioni speciali sull’immigrazione. Dal 1902 cominciò a interessarsi di questioni agrarie sotto Sergej Vitte (cfr. nota 183) per stendere una riforma sulla proprietà delle terre e sulla posizione legale dei contadini, continuata poi insieme a Pëtr Stolypin (cfr. nota 41) Nel 1915-1916 fu ministro dell’Agricoltura e senatore. Nel gennaio 1917 firmò le decisioni sulla distribuzione del pane, dalla campagna alla città, basata su un sistema che considerava sia l’eccedenza che l’eventuale appropriazione. Alla Duma il suo intervento sulla mancanza di pane suscitò forte disapprovazione: egli riferì che le cause erano le consegne disorganizzate e la disobbedienza dei contadini nel consegnare i cereali a Pietrogrado, mentre in Siberia vivevano nell’abbondanza. Dopo la Rivoluzione dell’ottobre 1917, fu arrestato, ma subito rilasciato. Visse a Odessa fino al 1919 quando emigrò in Inghilterra, dove diventò direttore di una banca russa a Londra. 81 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it a nulla, perchè la Duma ha imposto al governo che tace di fare le sue dichiarazioni circa la necessità di un governo costituzionale. Una mozione in questo senso è stata approvata all’unanimità dalla Duma. Miliukof ha chiuso il suo discorso facendo appello al patriottismo del popolo, perchè sieno evitati disordini nel momento culminante della guerra. La situazione è chiara: da una parte la Duma, sicura della sua forza, sta per costringere il governo alla resa: dall’altra un governo di inetti e di traditori non volendo cedere alla realtà si affida ad espedienti o calcola, come Protopopoff, sull’insurrezione popolare. Il popolo non cede ancora alle eccitazioni di chi predica la rivolta, ma il giorno in cui fosse usata la violenza alla Duma nessuna forza potrebbe trattenerlo. Ebbene quale via d’uscita si presenta al governo di fronte al voto unanime della Duma? Il dilemma è questo: o chiamare lo czar perchè giuri la costituzione fra i rappresentanti del popolo o sciogliere la Duma. Questo secondo [112] partito si dice sia nei propositi di Protopopoff. Il che vuol dire che la rivoluzione è purtroppo inevitabile, perchè il governo la vuole. Ma il giorno in cui la rivoluzione scoppierà in appoggio alla Duma, sarà la Duma che si porrà alla testa del popolo e che non lascerà la rivoluzione nelle mani degli agenti tedeschi. . . . . . . . . . . . . Non mi è possibile chiudere le note di questa giornata senza registrare l’episodio più ameno della nostra odissea. Il 28 febbraio adunque la Delegazione Commerciale Italiana è a Pietrogrado per prepararsi al ritorno, ed ecco ricomparire il figliuol prodigo. Sicuro! oggi si è rivisto l’onorevole Di Bugnano248, delegato della Camera di Commercio di Napoli. Avevamo perduto questo membro fin dal 17 Gennaio, all’Havre249, dove si era trattenuto per attendere le sue quaranta casse di pellicole cinematografiche. Viaggiare con quaranta casse, in questi tempi, anche se le casse son munite dei sigilli dell’ambasciata, non è una cosa comoda! E poi con delle casse preziose, rappresentanti il valore di centinaia di migliaia di lire! Povero Di Bugnano! Comprendiamo perfettamente il suo ritardo. Giungerà almeno a tempo per tornarsene colla Missione della quale fa parte? Lo interroghiamo. L’onorevole parla poco del suo ritardo e non è affatto disperato di aver dovuto mancare al suo mandato. In fondo al suo pensiero deve esserci un grande disprezzo per l’opera della Missione Commerciale. Già! perchè l’onorevole Di Bugnano è rimasto fedele alla Triplice Alleanza, dichiara nefasto l’on. Salandra250, e aspetta che il mondo 248 Il marchese (concessione del 1907) Alfredo Capece Minutolo Di Bugnano (1871-1942) fu onorevole del Regno d’Italia e, dal 1920, senatore. 249 Le Havre, in Alta Normandia, dove forse l’Autore si imbarcò per Londra nel viaggio di andata. 250 Antonio Salandra (1853-1931), politico conservatore, fu Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia dal 21 marzo 1914 al 18 giugno 1916. Egli volle l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Triplice Intesa, ma quando, nella primavera 1916, gli Austriaci vinsero in Trentino si dimise. Finito il conflitto si spostò su posizioni di estrema destra e appoggiò l’ascesa al potere di Mussolini nel 1922. 82 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it [113] ritorni come prima, coi tedeschi dappertutto. E allora che cosa sarebbe venuto a fare in Russia? Io ascolto questo disinvolto collega: ha un portamento maestoso, ha lo scilinguagnolo sciolto, ha della sicurezza e della prosopopea, ha dei titoli e ha dei soldi. Ha venduto le sue quaranta casse di pellicole. Farà probabilmente una relazione alla Camera di Commercio di Napoli. Che cosa manca all’on. Di Bugnano per essere un uomo di mondo, un perfettissimo e navigato gentiluomo? Non gli manca nulla. Eppure tutti sono freddi con lui. Quanto a me non riesco ad essere gentile. Quando parla della guerra nostra e quando investe Salandra, mi pare che mi dia dei pugni nello stomaco. Scatto e dico delle cose poco piacevoli. Ripensando ora al nostro incontro non mi pare di aver esagerato, e mi auguro di essere anche più spregiudicato in avvenire coi gentiluomini e cogli onorevoli Di Bugnano. 1° Marzo. I miei colleghi sono preoccupati per il ritorno in patria. I sottomarini germanici non fanno complimenti e noi facciamo la statistica dei bastimenti affondati. Si vorrebbe tuttavia partire subito: che si fa qui? La nostra missione è finita e la vita a Pietrogrado non si può dire piacevole. Siamo stati abituati a banchetti luculliani ed ora si mangia come si può: la scarsezza del pane è specialmente penosa. Per ammazzare il tempo si fanno degli studi sulle carte [114] geografiche e si tracciano gli itinerari del ritorno. Non manca qualche progetto geniale. Una proposta, che è subito seppellita fra le generali proteste, è quella di un collega che vorrebbe farci fare il giro del mondo. Mosca-Vladivostoch-San Francisco-New YorkBarcellona-Genova-Milano. Un’altro ci vuol condurre in Mesopotamia a festeggiare la presa di Kut-elAmara251. Poi dal golfo Persico al Mar Rosso e su fino alla Sicilia. Tutti questi progetti, sulla carta, sono di una semplicità affascinante. Il guaio si è che nessuno si interessa di noi e non vedo, nè come, nè quando, potremo partire. Frattanto si preparano le relazioni che dovremo presentare Martedì venturo, 6 Marzo, al Presidente della Delegazione, marchese della Torretta. Oggi giornata di assoluto riposo. Anche la città pare più tranquilla. 251 Kut-el-Amara (ora Al Kut) è una città sul fiume Tigri, nell’Iraq sud-orientale (allora Mesopotamia) che fu teatro di una feroce battaglia durante la Prima guerra mondiale. Nel 1915 i Turchi ottomani sconfissero gli Inglesi e i mercenari della Compagnia delle Indie, guidati dal generale Townshend, massacrandoli vicino a Bagdad, e misero sotto assedio Kut-el-Amara per 146 giorni, finché i pochi anglo-indiani sopravvissuti che vi si erano rifugiati non si arresero. Nel 1917, gli Inglesi organizzarono una seconda spedizione, guidata dal generale Sir Frederick Stanley Maude e provvista di aeroplani e autoblindo, e riconquistarono i territori perduti. Questa fu chiamata “la prima guerra del petrolio”, perché la zona era ricca di giacimenti che furono poi spartiti tra le compagnie petrolifere di allora: la Standard Oil di Rockfeller (pronunciata “es-o” e diventata Esso e poi Exxon), la Shell, l’Anglo-Persian (diventata Bp), la Gulf, la Mobil. 83 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it 2 Marzo. Continua il periodo di attesa, di sospensione, ma le cause immediate che possono determinare un movimento di popolo non scompaiono. Il Comitato rivoluzionario fa una propaganda accanita, continua, nei sobborghi, nelle fabbriche: il pane manca sempre: il governo non dimostra nessuna preoccupazione. Si ha tuttavia l’impressione che un vasto sommovimento sia già cominciato, perchè dai bassi fondi della città comincia a venire a galla qualche bieca figura di mendicante o di operaio disoccupato, e a mostrarsi per le vie più [115] eleganti della città. In certi quartieri torna in uso la catenella che serve di garanzia quando si schiude la porta. La cronaca dei furti non segna però nessun aumento. Un fatto che può avere funestissime conseguenze è la riduzione di lavoro di alcune officine, per mancanza di combustibile. Migliaia di operai rimangono momentaneamente disoccupati. Corre voce che molti capi del partito social-democratico sieno stati arrestati. Fra gli altri si fa il nome di Smirnof, operaio metallurgico252, che avrebbe una notevole influenza sulle masse operaie. 3 Marzo. Stamane sono stato alla Duma. I corridoi sono affollatissimi. Vado alla ciainaia a prendere un the. Poi mi muovo di gruppo in gruppo, cercando qualche conoscenza. Le conversazioni sono animatissime, ma l’accordo fra i membri della Duma è completo. Un deputato parla con voce tuonante. Indico ad un usciere quella figura alta, nervosa. Chi è ? — Rodicef253, 252 Di Smirnov, la storia rivoluzionaria russa ne ricorda tre che non sembrano essere l’«operaio» citato dall’Autore. Ivan Smirnov (1880?-1936) fu effettivamente operaio a Mosca e a Tver, aderente all’ala sinistra del partito socialdemocratico e fu più volte arrestato e deportato in Siberia per sovversione, tuttavia la sua azione durante la Rivoluzione del febbraio 1917 si svolse soltanto a Mosca. In seguitò diventò membro della Quinta Armata e presidente del Comitato rivoluzionario della Siberia. Vicino a Lev Trockij, fu destituito nel 1922, espulso dal partito nel 1927 da Stalin, arrestato nel 1934 e giustiziato nel 1936. Vladimir Michailovič Smirnov (1876-1952) fu un bolscevico molto attivo dopo la Rivoluzione dell’ottobre 1917 a Pietrogrado, dove fu membro dell’organo del partito “Kommunist” e a Mosca, come commissario alle Finanze per l’oblast’ di Mosca nel governo. Ivan Vasil’evič Smirnov (1895-1956) fu un famoso pilota delle forza aeree da combattimento zariste durante la Prima guerra mondiale, fino al dicembre 1917; poi entrò nell’Armata Bianca ed emigrò in Olanda, per cui combatté nella Seconda guerra mondiale. 253 Il latifondista Fëdor Ismailovič Rodičev (1854-1933), laureato in Storia Naturale e in Giurisprudenza a San Pietroburgo, nel 1877 lavorò nella provincia di Tver’ dal 1877 al 1896. Nel 1901 fu esiliato per aver difeso dei dimostranti, emigrò in Svizzera e fu tra i fondatori dell’Unione di Liberazione. Tornato in patria nel 1904, entrò nel Partito democratico costituzionale (o dei Cadetti) e dal 1906 fu membro del Comitato Centrale e 84 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it deputato di Tver, progressista. «Tenete il paese tranquillo: i disordini gioverebbero ai complici del nemico». Un omone grande e grosso, dalla faccia larga e ridente, esclama: «Il governo ci provoca per liberarsi di noi. Ma la violenza si ritorcerebbe contro di lui. Signori, manteniamo la calma!» Questi è Kovalevski254, una celebrità della cattedra. Sciakovskoi255, un nazionalista, grida: «La Patria è con noi! Avanti!» E Scedlovski, ottobrista, dichiara: «Il governo [116] ha ancora tempo, oggi: domani è troppo tardi». Avvicino un deputato in giacca da lavoro. E’ un rappresentante degli operai. Alla Duma non è necessario un cerimoniale complicato per dire due parole ad un parlamentare. Basta presentarsi, e il deputato con un cortesissimo: Pozhaluista! (vi prego)256 è subito a vostra disposizione. — Volete il mio giudizio sulla situazione? E’ deciso: andremo sino in fondo. Sono anni ed anni che lottiamo contro l’irresponsabilità dei governi. Ma per il passato eravamo noi soli, noi del gruppo laburista, ad esprimere la volontà popolare per un governo responsabile. Fin da quando fu convocata la prima Duma, il 26 Maggio 1906, il mio collega Gilkin257 presentava un ordine del giorno in tal senso. Oggi l’ordine del giorno dei socialisti è difeso dal blocco progressista. Quando Goremikin258 il 16 Settembre 1915, chiuse la Duma, fu il nazionalista Sciulghin il più violento oppositore. Ma anche allora cedemmo… Oggi siamo qui e nessun governo riuscirà a scioglierci. Siamo pronti a tutto! Il paese è in pericolo. Il cadetto Almasof259 che passava in quel momento, afferrò la frase, e aggiunse: — E Annibale è alle porte! — Faremo tutto il nostro dovere, Almasof, qui e fuori di qui! vicepresidente in tutte le quattro Dume elette. Dal marzo al maggio 1917 fu nominato, dal Governo provvisorio, commissario per gli Affari interni della Finlandia. Quando la Finlandia fu liberata, sostenne la rivolta antibolscevica del generale Kornilov e nell’ottobre 1917 divenne un membro del Parlamento provvisorio e vicepresidente della Assemblea costituente. Ben presto, però, tornò nel sud della Russia per seguire il Movimento Bianco e dal 1922 emigrò definitivamente in Svizzera. 254 Maksim Maksimovič Kovalevskij (1851-1916), sociologo e professore di Storia giuridica all’Università di San Pietroburgo. Passò lunghi periodi all’estero, dove conobbe Karl Marx e Friedrich Engels. Tornato a San Pietroburgo, nel 1906 fondò, con un gruppo di liberali moderati, il Partito progressista e diventò membro della Duma dove sostenne un rinnovamento dell’impero sulla base dei principi del dominio della legge, del parlamentarismo e del decentramento amministrativo e legislativo. 255 Il principe Šakovskoj fu ministro del Commercio nel governo guidato da Aleksandr Kerenskij (luglio-agosto 1917). Poco dopo fu arrestato e condannato a morte. 256 Požalujsta: prego, per favore. 257 I. Žilkin, leader del partito conservatore dei Cadetti, fu eletto nel governatorato di Saratov nel 1906 e quindi partecipò alla Duma. 258 Ivan Loginovič Goremikin (1839-1917), reazionario ostile a ogni riforma, fu nominato Primo ministro dal 21 aprile all’8 luglio 1906 e dal 30 gennaio 1914 al 20 gennaio 1916. 259 Forse Almazov. Non è sicuro che si tratti del generale Aleksej Nikolaevič Grišin-Almazov (1880-1919), il quale fu un acceso conservatore e membro dei Cento Neri (cfr. nota 164). Si unì all’esercito di Aleksandr Kolčak per combattere i bolscevichi durante la guerra civile russa (dal novembre 1917), prima in Siberia e poi sul Mar Nero. Fu sorpreso a Odessa e per non farsi arrestare si sparò. 85 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it Squillano le sonerie elettriche. E’ il secondo segnale per convocare i deputati nell’aula. Dopo cinque minuti il presidente sale alla sua tribuna ed afferra il campanello a batacchio e lo scuote. E’ il terzo segnale, e i deputati si affrettano ai loro scranni. L’aula si riempie: non vi sono posti [117] vuoti: l’assemblea è imponente. La lettura degli atti occupa una buona mezzora, poi la Duma sopprime il Ministero di Sanità pubblica, istituito dal Governo nel periodo extraparlamentare e funzionante già da sei mesi. Fuori dal palazzo di Tauride, gruppi di cittadini attendono l’uscita dei deputati. 4 Marzo. Nulla di nuovo neppur oggi. A volte si ha l’impressione che la tempesta sia per svanire: a volte che sia per riprendere violentissima da un minuto iall’altro. Tutti intanto sono diventati più guardinghi, più misurati nelle parole; è forse il momento della decisione. La crisi dei viveri si aggrava ogni giorno. Gli arresti continuano. Non si vede una via d’uscita. Ho cercato invano l’avv. Karamine. 5 Marzo. Non mi muovo da casa. Preparo la mia relazione. 6 Marzo. Torno ora dall’adunanza presso il marchese della Torretta. Ho incontrato Elena Nicolaiewna che credeva a Mosca. Non ho avuto modo di trattenermi con lei, sebbene abbia tentato in tutti i modi. Ella aveva impegni urgenti. Quali? Non lo disse, ma mi assicurò che domani sarà proclamato lo sciopero generale. [118] Per quanto preparato ad una notizia che si attendeva di giorno in giorno, quell’annunzio mi ha sconvolto. Penso alla frase di Almasof: Annibale è alle porte! O popolo di Russia, aiuta, aiuta! Comunico la notizia all’albergo. Pochi ci credono. A domani! 7 Marzo. Elena Nicolaiewna ha avuto ragione. Nei quartieri popolari si sciopera. Qualche deposito di farina è stato preso d’assalto, le botteghe dei fornai svaligiate. Tutte le vie che conducono al centro della città sono però sbarrate. Percorro in lungo e in largo Pietrogrado e non vi noto alcun segno di grave agitazione. Pattuglie di cosacchi e di gendarmi percorrono le vie. 86 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it Qualche gruppo appena si forma, è disciolto. Nessuno è persuaso che si tratti di cosa grave, e infatti, dato il numero dei reggimenti che sono stati chiamati di rinforzo a Pietrogrado, il popolo non può aver ragione del Governo. Trovo finalmente l’avv. Karamine. Egli mi dice subito che il movimento si è iniziato e che sarà ormai impossibile fermarlo. La Duma ha fatto ogni sforzo per evitare disordini, ma il governo ha fatto di tutto per provocarli. Non si è preso alcun provvedimento per vettovagliare la città. In queste condizioni gli oratori rivoluzionarî hanno avuto buon gioco. Essi sanno che non potrebbero vincere contro l’esercito, ma il loro scopo è di forzare la Duma, perchè l’esercito seguirà la Duma. Ricordatevi che quando Miliukof nel Novembre attaccò ferocemente [119] Sturmer, denunziandolo come traditore, i ministri della Guerra e della Marina andarono a stringergli la mano. Tutti gli ufficiali sono stanchi di un governo che tradisce. La Duma a sua volta non può più esitare: essa deve domandare la costituzione. Se il popolo si solleva, la Duma non può tradirlo. Il dado è gettato, amico mio. Venite domani alla Duma: credo accadrà qualche fatto decisivo. 8 Marzo. Stamani verso le dieci mi mossi per il convegno fissatomi da Karamine e per osservare l’aspetto della città avrei fatto un lungo giro, se non ne fossi stato impedito dalla sospensione del servizio tramviario. Sono sospesi anche i giornali. Evidentemente lo sciopero si estende e comincia la paurosa paralisi della città260. Scendendo per la Nevski che appare deserta e tranquilla, scorgo laggiù la piazza Znamenskaia un enorme affollamento dietro i cordoni dei gendarmi che sbarrano il passo all’incrocio della Ligovskaia. Mi avvicino rapidamente, mentre giunge a me un confuso clamore. Ma ad un certo punto un gorodovoi mi ferma e mi invita a retrocedere. Obbedisco, e in quel momento si eleva dalla folla come un urlo di trionfo, poi subito echeggia sinistra una scarica….. Che è avvenuto? Non lo posso sapere. Più tardi mi si dice che la folla aveva risposto col suo urlo di gioia ai cosacchi, i quali erano schierati dinanzi alla stazione Nicola e che si erano rifiutati di far fuoco, gridando invece [120] ai dimostranti: Salute, fratelli! La folla stava allora per muoversi in uno slancio formidabile, ma i gendarmi fecero fuoco. Sono avvenute scene simili in parecchi punti della città. Il centro è ancora difeso, ma è minacciato da tutte le parti. Il governo non può far troppo a fidanza coi soldati, altrimenti li spingerebbe alla caccia nei sobborghi. Limitarsi a sbarrare le strade che conducono al centro, ossia accontentarsi della difensiva, mi sembra un sintomo di debolezza. 260 Secondo le cronache sovietiche, il 23 febbraio (8 marzo) scioperarono 100.000 persone, il 24 febbraio più di 200.000 e il 25 febbraio tutti i 400.000 lavoratori di Pietrogrado. 87 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it Vagabondando ho fatto tardi e rinunzio a recarmi in via Chpalernaia, preoccupato della colazione che è sempre in pericolo in questi giorni. A sera osservo che la città è silenziosa, deserta, come disabitata. Corrono voci sinistre e contraddittorie. 9 Marzo. Non so quale de’ miei colleghi della Missione mi abbia detto: Non si può parlare affatto di rivoluzione, perchè nessuno si sogna di reclamare qualche mutamento di governo. Gli scioperanti gridano: Abbiamo fame! Vogliamo pane! — Se il governo mandasse loro dei carri di farina tutto sarebbe finito». L’osservazione in parte era giusta: infatti il grido universale è: Pane! Pane e lavoro. Ma coloro che hanno mandato il popolo sulla piazza, che intenzioni hanno? Il comitato rivoluzionario si è messo alla testa di un movimento soltanto economico? Evidentemente no. La scarsezza [121] dei viveri è il pretesto. Ma credo che oggi non basterebbero i carri di farina ad arrestare la valanga. Lo sciopero è generale: la città è paralizzata: i conflitti si succedono, si moltiplicano: ma è certo che i soldati non si prestano alla repressione. D’altra parte la polizia è insufficiente a parare la minaccia. Oggi le dimostrazioni hanno guadagnato terreno. Anche nel centro della città si formò qualche corteo: La Nevski fu percorsa da gruppi che cantavano la Marsigliese, e che venivano dispersi con brutalità dalla polizia. Ho osservato un corteo che, formatosi in Vassili Ostrof, nei pressi dell’Università, e respinto dal ponte Nicolò, era riuscito a superare il ponte Toutschkof e si dirigeva alla fortezza di S. Pietro e Paolo. Il corteo non era formato soltanto da operai, ma vi si notavano moltissimi borghesi, studenti, donne e anche qualche soldato. Non so quali fossero le intenzioni di quella folla, che non raggiunse però il suo obiettivo, ma se anche pensava di assaltar quella che potrebbe chiamarsi la Bastiglia russa, il suo contegno non lo dava a divedere. Non bisogna imaginare una dimostrazione alla latina: pareva di assistere ad una processione. La folla procedeva calma, ordinata, a file serrate, lentissima: molti nonostante il freddo intenso erano a capo scoperto, e un coro di migliaia di voci, un coro potente, sovrumano, riempiva le vie, traeva spettatori dalle case. Una simile manifestazione dopo tre giorni di sciopero e mentre già correva il sangue cittadino, è incomprensibile per la nostra mentalità. Io mi persuadeva sempre più che senza la rivolta militare, [122] nulla si sarebbe mutato in Russia. Ma la rivolta militare era assai problematica — e nessuno poteva crederci…. Nel pomeriggio capitai alla Duma in un momento decisivo. Le discussioni solitamente calme e ordinate, avevano un andamento tumultuoso. Già si erano formate varie correnti nel blocco progressista. I socialisti, i rappresentanti operai, non volevano ritardare una dichiarazione che ponesse la Duma contro il governo e colla rivoluzione. Miliukoff propose un ordine del giorno sollecitante dal governo un immediato provvedimento, che 88 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it confidasse gli approvvigionamenti alle amministrazioni comunali. Quest’ordine del giorno fu votato alla quasi unanimità, ma alcuni dichiararono che era tempo di finirla col governo. Bisognava intimargli di andarsene e assumere senz’altro il potere. L’ordine del giorno fu subito comunicato al principe Galitzin, il quale subito avvertì che convocava al Ministero un Consiglio straordinario e invitava a parteciparvi Rodzianko, il sindaco di Pietrogrado ed altri. Si dice che nel consiglio di stasera Galitzin farà larghe concessioni alla Duma, e raggiungendosi un accordo, domani interverrà alla seduta pubblica per fare delle dichiarazioni. Ma circola anche la voce che il governo cerchi di guadagnar tempo, che Protopopoff sia corso dallo czar per sottoporgli un decreto di chiusura della Duma. Frattanto si nota nella notte un grande movimento di truppe. La cittadinanza applaude ai soldati. La giornata di domani si annunzia grave. [123] 10 Marzo. Manca completamente il pane. Non vi sono giornali, non carrozze, non tram. I negozi sono chiusi. Le vie sono affollate di dimostranti e di soldati. I cosacchi in doppia fila formano cordoni lungo la Nevski, lancia in resta e fucile alla mano. Ogni sbocco di strada è chiuso da soldati di fanteria: ogni cortile rigurgita di soldati. Continue dimostrazioni si formano, procedono, sono disperse. Il grido della giornata non è più: «Pane e lavoro!» ma: «Abbasso il governo! abbasso lo czar!». La confusione è al colmo: la repressione non si vede. Cosacchi e soldati rimangono pressochè passivi. In vari quartieri però si combatte. Echeggiano scariche lontane di fucileria. Il governo non ha preso alcun provvedimento. Si viene a sapere che al Consiglio di ieri sera mancava Protopopoff. Non si è venuto ad alcuna accordo colla Duma. Il governo si dimostra incapace a superare la grave crisi. La passività delle truppe ha imbaldanzito i rivoluzionari. Comincia a delinearsi la fisionomia politica del movimento. Per domani nel pomeriggio si annunzia un’adunanza della Duma. Frattanto in tutta la città oratori improvvisati parlano al popolo. L’impressione generale è che il movimento non ha ancora trovato una direttiva precisa, un programma d’azione definito. L’intervento della Duma s’impone. [124] 11 Marzo. Vado alla cattedrale della Madonna di Kazan per udire i cori che accompagnano la messa. La cattedrale è affollata. I cori sono di un effetto sorprendente. Incomincia da solo un pope con certi boati paurosi, con un 89 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it vocione lugubre, toccando le note più basse, e improvvisamente a quel motivo solenne si lega un tremolo di voci bianche, alate, soavi. Par di vedere, sopra un mare sconvolto e nero, un levarsi spaurito di colombelle. Quando esco, leggo un proclama del generale Hapalof261, comandante la circoscrizione militare di Pietrogrado. Il proclama avverte che le truppe hanno l’ordine di sparare. Mentre penso all’effetto che potrà produrre quella minaccia e dalla via di Kazan sto per sboccare sulla Nevski, ecco sfilarmi davanti in colonne serrate, migliaia di operai recanti bandiere rosse colla scritta: «Abbasso il governo». La popolazione applaude: i soldati non si muovono. Ma poco dopo la fiumana ondeggia, si arresta; un’ondata di gente imbocca la strada, ed io sospinto, rifaccio il cammino percorso. In via Gorokhova la folla dirada. M’imbatto in Karamine. — Ah, finalmente, ti ritrovo! — Già per le strade!? mi fa. Vieni con me. Fra poco la battaglia raggiungerà il centro. Si combatte dappertutto. Ma colla polizia soltanto. I soldati non vogliono sparare262. Finiranno col venire con noi. Alcuni reggimenti furono già ritirati nelle caserme. Persino il reggimento dei Preobrajenski263. La rivoluzione vittoriosa. Ciò che mi amareggia, è questo. [125] E così dicendo Karamine trae di tasca un foglio, lo spiega, lo legge. E’ un manifestino contro la guerra. — Vedi? si comincia. Gli agenti della Germania non perdono tempo. Il Comitato rivoluzionario crede con questa mossa di trascinare i soldati. Bisogna che la Duma si ponga alla testa del popolo, o tutto è perduto. Il Comitato rivoluzionario agisce in pieno accordo coi socialisti e cogli operai. Il loro programma è definito. Essi contano di impadronirsi degli arsenali, di armare il popolo, di prendere la fortezza di Pietro e Paolo, e di costituire un governo di operai e di soldati. Ogni officina e ogni battaglione eleggeranno un loro rappresentante: l’unione di questi delegati assumerà il potere con un programma pazzesco: la pace separata. Tutto questo è deciso, ti dico. Gli oratori rivoluzionari cercano di screditare la Duma: essi danno un grande rilievo alle sue esitazioni. Che cosa si aspetta dunque per proclamare decaduto il governo di Protopopoff? Karamine era eccitato. Giungemmo a casa sua. — Ho pensato di prenderti in custodia oggi. — Non vorrei che la rivoluzione cominciasse col compromettersi colle nazioni alleate, e principalmente coll’Italia. Ti offro una colazione da rivoluzionario. Poi andremo alla Duma. 261 Forse Chapalov. 262 La mattina del 26 febbraio (11 marzo) i soldati si unirono agli insorti: la prima compagnia fu quella di addestramento del reggimento della guardia della Volyn’ (o di Volynia o Volinskij). Verso sera, quasi la metà dell’esercito era con i rivoluzionari. 263 Il reggimento Preobraženskij era uno dei più antichi dell’esercito russo, istituito da Pietro il Grande alla fine del XVII secolo a Preobraženskoe, un villaggio tra San Pietroburgo e Mosca. Nel XVIII e XIX secolo vi si arruolavano soltanto giovani aristocratici. 90 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it . . . . . . . . . . . . Ho mangiato malissimo, ma l’amico Karamine non ne ha colpa. Non siamo andati alla Duma per molte ragioni, ma la principale è questa, almeno per mio conto, che le strade erano spazzate da raffiche di mitragliatrici. [126] La Duma ha deliberato di chiedere nella seduta di domani le dimissioni del governo e un mutamento di regime. La rivoluzione è proclamata. Rincaso a notte. Karamine ha voluto accompagnarmi e osserva che non si vedono più poliziotti in giro. Che cosa significa ciò? All’albergo si dice che un ukase264 imperiale ordina la chiusura della Duma. — Ciò è perfettamente logico, commenta Karamine. — E allora? — E allora domani la battaglia avrà uno scopo diverso da quello che gli agenti della Germania volevano imporre. Si combatterà per la Duma — e il governo della nuova Russia sarà al palazzo di Tauride, non nella fortezza di Pietro e Paolo. Mentre conversiamo qualcuno sopraggiunge ad annunziare che la polizia è stata ritirata dalle vie e dalle piazze, e mandata sui tetti delle case, sui campanili delle chiese, colle mitragliatrici. I reggimenti che fecero cattiva prova nelle giornate precedenti sono stati sostituiti con altri venuti dalle vicinanze. Protopopoff è venuto a Pietrogrado da Tsarhoe-Selò. Alle dodici, quando salgo nella mia camera, la città sembra dormire, ma questa non è che una falsa apparenza. Tutti vegliano. Le strade sono deserte: solo qualche spostamento di truppa le anima. Ma nelle case tutti si preparano al domani. Vegliano i ministri sgomenti, veglia la Duma che è stata convocata di nuovo, a sera, tardi, per le insistenze di alcuni deputati. Vegliano gli uomini del Comitato rivoluzionario, [127] illusi e semplicisti — che sognano un’instaurazione repubblicano-socialista, per un colpo di bacchetta magica, e vegliano i venduti alla Germania ricontando i denari di Giuda. La forza bruta, primordiale, inconscia della massa è stata scatenata, ha rotto gli argini, dilaga spumeggiante, oceano tempestoso sul quale passano sibilando i venti di tutte le passioni, odî ed amori, istinti ed idealità. I pochi si preparano a dominare questa forza portentosa, a incanalarla, a farne, disciplinata, uno strumento di progresso. Non posso dormire. E d’ora in ora mi passano per la mente turbata le visioni terrificanti delle rivoluzioni e del Terrore. 12 Marzo. Si batte ripetutamente alla mia porta. Mi sveglio di soprassalto. Ho dato ordine che mi chiamassero per tempo. Ma guardo l’ora… sono quasi le dieci. 264 L’ukase, o in russo ukaz, era un tipo di decreto o editto usato nella Russia zarista. 91 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it Il dolce dormire mattutino mi ha tradito. «L’avvocato Karamine è venuto a cercare di vostra Signoria». In pochi minuti sono pronto. Il saluto della rivoluzione mi giunge con un rombo di cannonate. Scendo a precipizio, trovo Karamine pallido e commosso. Egli mi abbraccia. — Corriamo alla Duma, amico mio. Il destino della Russia è deciso. Fuori notiamo che le vie sono sgombre: la Nevski è deserta, da cima a fondo. Passano pattuglie di soldati, passano slitte armate di mitragliatrici. Karamine mi annunzia che i dimostranti [128] sono armati, perchè l’Arsenale è stato preso stamane coll’aiuto di reggimenti che si sono ribellati. La ribellione fu opera degli ufficiali. Questi sorpresero per le vie dei soldati dei loro reggimenti, che dovevano invece essere consegnati: fermatili e interrogatili, si accorsero che si trattava di poliziotti travestiti da soldati. Alcuni avevano le mostre del Preobrajenski, altri del Volinski. Si dice che questi reggimenti sieno usciti dalle loro caserme e si sieno uniti alla folla. Il colonnello del Volinski, avendo voluto arringare i soldati, fu ucciso da una rivoltellata265. Gli ufficiali stessi distribuirono ai soldati delle bandierine rosse da inalberare sulle baionette. Molti di questi ufficiali hanno un nome tedesco e Karamine è d’opinione che questa circostanza non sia trascurabile nello spiegare la rivolta di reggimenti ritenuti fedelissimi. L’ufficialità tedesca e tedescofila ha giocato Protopopoff. Giungiamo nei pressi della Duma, ma è impossibile passare attraverso la folla enorme, che circonda il palazzo. Rodzianko alle undici ha preso posto sulla tribuna e ha pronunciato le parole sacramentali: Invito i membri della Duma ad ascoltare in piedi l’ukase…266 Egli non ha potuto finire, perchè nell’aula è scoppiato un tuono di voci. L’Estrema gridava: «Abbasso lo czar». La maggioranza del blocco progressista voleva temporeggiare: i socialisti insistevano per la costituzione immediata di un governo provvisorio. L’eco della discussione, le proposte, gli applausi, i nomi degli oratori uscivano dall’aula, correvano per i corridoi, le sale, il giardino, le [128] vie, ripetute, declamate, giungevano fino a noi, agitavano la folla, suscitavano consensi. Il principe Luov267, il nazionalista Sciulghin, Konovalow, Scingareff, lo stesso presidente Rodzianko, sono per l’invio immediato di una delegazione della Duma presso lo czar Nicola II. Questa proposta è aspramente combattuta dai socialisti. 265 Le fonti sovietiche annotano la provocazione: il colonnello, irritato perché veniva disatteso l’ordine di sparare contro la folla, sferrò un pugno sul viso di un militare e questi lo uccise. 266 Il decreto dello zar scioglieva effettivamente la Duma di Stato. 267 Il principe Georgij Evgen’evič L’vov (1861-1925), statista ruuso di origine tedesca. Durante la guerra russo-giapponese organizzò i soccorsi in Oriente; nel 1905 entrò nel conservatore Partito democratico costituzionale, partecipando nella Duma dal 1906 e diventando il leader dell’Unione degli Zemstvo di tutta la Russia. Dopo l’abdicazione di Nicola II, fu Primo ministro del Governo provvisorio, ma si dimise nel luglio 1917 a favore di Aleksandr Kerenskij. Arrestato dai bolscevichi, fuggì e si rifugiò in Francia. 92 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it — La Duma siede in permanenza e nessun deputato può allontanarsi da Pietrogrado! Restate col popolo: lo temete voi forse per rifugiarvi nelle braccia del re? Chi si allontana, tradisce la rivoluzione. Queste frasi colpiscono i proponenti che non vogliono essere accusati di tiepidezza. La proposta, debolmente difesa, è respinta. Si delibera di mandare un telegramma allo czar. Circolano diverse forme. Una versione dice: «Il governo è sopraffatto dall’anarchia, abbandonato dai soldati, esecrato da tutti. Bisogna creare un governo che abbia la fiducia del Paese. Dio faccia ricadere sul nostro capo, non sul vostro, la responsabilità di questo momento». Un’altra versione: «E’ suonata l’ora estrema in cui si decide il destino della vostra dinastia. Tutta la responsabilità di quanto avverrà in seguito ricade sul Capo dello Stato che gioca coi destini del Paese». I socialisti non si oppongono al telegramma. Un deputato nazionalista commenta: «Essi sanno bene che lo czar non lo potrà ricevere! Proclamate dunque la repubblica!». Dal mio punto di osservazione, presso l’entrata della legazione degli Stati Uniti, in via Fourstadskaia, 34, io ascolto questi echi e indovino [130] il lontano mareggiare della folla dai riflussi che giungono fino a me. A quando a quando tutti si muovono, tutti si spostano: intorno alla Duma si sono venuti a schierare migliaia di soldati. Karamine mi fa osservare che questi soldati sono stati scelti nella piena sicurezza di averli strumenti passivi di repressione: sono soldati della Siberia, del Turchestan. Essi vanno a difendere la Duma, che è in pericolo, perchè… non vuole continuare la guerra. Questa motivazione mi stupisce a tutta prima, poi la giudico credibile. Serve alla Duma per aver con sè il presidio delle milizie pietrogradesi, serve sopratutto ai socialisti per creare uno stato d’animo avverso alla guerra, per rendere la Duma prigioniera dei soldati ribelli, per afferrare quindi la supremazia in seno alla Duma stessa. D’altronde per quale motivo, per quale suggestione si potevano muovere questi figliuoli delle steppe, semplici, primitivi, ignari di politica, adoratori dello czar? Evidentemente alla base della rivoluzione militare ci deve essere sempre un colossale inganno. Sto discutendo questa tesi con Karamine, quand’ecco la folla si mette in moto, affretta il passo, ci risospinge verso la Liteiny, mi divide dal mio amico. Che è avvenuto? Tutti si dirigono al Campo di Marte. Io mi lascio rimorchiare e noto scene di entusiasmo. Quando si giunge al Marsovo polé268 comprendo la ragione di quell’improvviso moto della folla. Al di là della Neva la fortezza di S. Pietro e Paolo è stata presa e la Bastiglia russa è impennacchiata dalla bandiera rossa. Dense colonne di fumo si alzano al cielo, punteggiate da un turbinìo di faville, che ricadono poi spente, volteggiando nell’aria. Dei palazzi bruciano. Mezzogiorno è passato di poco e la rivoluzione ha già vinto. 268 Campo di Marte. 93 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it 13 Marzo. Ieri sera mi sono rifugiato al mio albergo assai per tempo. Tutta la città combatteva, nel pomeriggio. Gli insorti erano padroni di tutte le arterie principali. Le isole erano in loro mani. La polizia superstite si era asseragliata nelle vicinanze del Palazzo d’Inverno. Il nostro Albergo, posto sulla piazza del Duomo di S. Isacco, dirimpetto al Consolato tedesco, e requisito dall’autorità militare, si trovava precisamente al centro della lotta. Andai tuttavia a dormire senza preoccupazioni, convinto che in ogni caso la battaglia nei dintorni doveva esaurirsi rapidamente coll’eccidio di qualche poliziotto e la resa degli altri. Ma stamattina ci svegliammo al crepitare delle fucilate. Sparavano contro l’Albergo. Mi vesto di furia, mentre porgo l’orecchio agli schianti, ai clamori, alle urla: tutto l’Albergo era in preda allo spavento. Socchiudo la porta… e scorgo una folla atterrita di signori, di donne, di ufficiali, che guadagna i piani superiori, e intanto dal basso giunge un frastuono infernale. Vedo fra quelli che salgono il barone Cantoni, calmissimo, e lo interrogo. — L’Albergo è invaso dai ribelli. — mi risponde: Io correggo:…. dai rivoluzionari, perchè i ribelli adesso sono dall’altra parte. Infatti perchè hanno preso [132] d’assalto l’Albergo Militare? Perchè la polizia che occupava il tetto con una mitragliatrice ha sparato sulla folla rivoluzionaria, ribellandosi alla nuova autorità vittoriosa. Durante la notte tutto il quartiere era occupato, ma l’Albergo era stato considerato come terreno neutrale, d’accordo col generale che lo dirigeva, a condizione che non fosse stato commesso alcun atto ostile alla rivoluzione. Immaginarsi il furore dei soldati quando la polizia aprì il fuoco a tradimento! Fu questione di minuti, poi la polizia fu sloggiata dal tetto. Ma frattanto una turba di soldati inferociti aveva invaso l’Albergo, sparando, fracassando, urlando. L’assalto ai piani superiori fu ritardato dal salone del Ristorante, dove una trincea gastronomica e un fortino di bottiglie fermarono lo slancio degli assalitori. Questa pausa mi permise di completare il mio abbigliamento. Il tumulto cresce d’intensità: urla, colpi di pistola, usci sbattuti, sfondati, ordini perentori di ufficiali, strilli di femmine. Corro da una camera all’altra chiamando i colleghi. Un ufficiale russo continua a pregarci di scendere. Mi par di intendere il grido: Ruki wierch!269 Alte le mani! E scendiamo. Senza alzare le mani noi troviamo subito una parola magica per aver libero il passo. Un soldato si scosta appena noi pronunziamo la parola «Italianski!». Al pianterreno sono passati i vandali: tutto è rotto, spezzato, contorto; dei soldati hanno trovato gli strumenti musicali dell’orchestra e se ne 269 In lingua polacca. 94 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it servono per organizzare un concerto da ottentoti270. Fra i rottami di bottiglie e di stoviglie, [133] rosseggia qualche macchia di sangue. Usciamo. Un soldato ci ferma. Italianski! Il soldato tenta di irrigidirsi nella posizione d’attenti, ma non riesce che a ondeggiare lungamente, mentre con un riso ebete mi presenta le armi, cioè una bottiglia di cognac semivuota. Siamo sul marciapiede della Morskaia: sulla neve ardono i mobili e le carte dell’albergo; soldati ubbriachi vanno e vengono dall’albergo: da ogni parte echeggiano colpi d’arme da fuoco. Affrettiamo il passo per raggiungere la nostra Ambasciata che è al 43, in via Morskaia. Una pattuglia di soldati ci ferma, ci fruga indosso per vedere se abbiamo armi, poi ci conduce all’Ambasciata. Quivi si sono già rifugiati altri italiani, due ufficiali rumeni. Poco dopo tutti gli italiani che erano all’Albergo Astoria giungono guidati dal colonnello Origo, con una grande bandiera italiana, accompagnati dalla folla plaudente. Le grida di Viva l’Italia ripetute dal popolo e dai soldati ci commovono. Io grido un grazie! sonoro a un soldatone barbuto e questi mi stringe la mano e mi assorda con una Strasstonit Italia! che è un colpo di cannone. All’ambasciata tutti parlano, tutti discutono: nessuno sa riaversi dalla sorpresa per la inaspettata rivolta militare. Non so quale sia stata a tale proposito la perspicacia del nostro ambasciatore, nè mi curo di saperlo. So che il marchese Carlotti è un diplomatico e quindi ha le virtù e i difetti della nostra diplomazia. La quale è vecchia, pedante, piena di acciacchi, e si esaurisce nello sforzo stilistico della selezione e della dosatura dei [134] vocaboli. Inoltre questa vecchia è una sfinge, ha una maschera impenetrabile… e custodisce il proprio vuoto. Ciò che mi colpì arrivando all’ambasciata italiana, fu l’assenza di una bandiera italiana esposta a tutela della nostra sede, e ciò che mi fece ammutolire fu l’apparire d’un impiegato, che alle mie rampogne corse a scovare non so dove un tricolore che… non era il tricolore italiano. De minimis non curat praetor!271 Giungono frattanto amici di Pietrogrado a cercare di noi. Tutti sono felici di ritrovarci. Nel pomeriggio capitò trafelato l’avv. Karamine, e mi gettò le braccia al collo. Dopo le prime cordiali effusioni, egli vuol condurmi fuori. Mi decido a seguirlo, a condizione che alle cinque mi riconduca all’Albergo Astoria, dove mi si assicura che potrò ricuperare la mia roba, salvo l’acqua per toilette bevuta dai soldati. Poscia torneremo all’Ambasciata a passarvi la notte. Le vie della città portavano le traccia della lotta: mure scrostate, sforacchiate, insegne abbattute e contorte, vetri rotti, finestre, porte chiuse ermeticamente. I rivoluzionari scorazzano da un capo all’altro facendo la 270 Gli Ottentoti (o Ottentotti), popolazione sudafricana stanziata a nord del fiume Orange, usa primitivi strumenti a percussione per ottenere il ritmo. Fu il letterato Giovanni Berchet (1783-1851) a dare l’appellativo di “ottentoti” ai lettori rozzi e incapaci di aprirsi alla cultura. 271 Locuzione latina che significa: il pretore non si occupa di cose minime, ossia chi copre alte cariche non può prendere in considerazione le quisquilie. 95 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it pulizia della città: sono alla caccia dei…. ribelli. Passano automobili della Croce Rossa, cariche di soldati, coi fucili incrociati fuori dai finestrini: passano camions pieni d’armati, in gruppo intorno a uno straccio rosso: uno reca per insegna il ritratto del granduca Nicola Nicolaievitch. Delle staffette corrono avvicendandosi di ora in ora e distribuiscono fogli volanti colle prime notizie. Qua e là gruppi di soldati sbandati, faccie torve che vanno o che tornano dal saccheggio, [135] qualche ubbriaco, automobili con mitragliatrici blindate piene di studenti. Nere colonne di fumo s’alzano da ogni angolo della città: sono i palazzi dei ministri, le sedi dei commissariati di polizia, le prigioni politiche, in fuoco. Ad uno ad uno gli uomini del vecchio regime sono scovati, arrestati, condotti alla Duma, mentre i gendarmi e i poliziotti sono giustiziati sommariamente. Dopo aver percorso alcune vie secondarie assieme con Karamine, una pattuglia di soldati guidata da un ufficiale, ci ferma, si informa dell’esser mio, mi ordina di tornare all’Ambasciata. Non si può replicare: obbedisco. Karamine mi lascia nell’atrio dell’ambasciata. Mi porterà notizie stasera. . . . . . . . . . . . . L’incidente del tricolore al quale ho accennato non mi esce di testa. E’ umiliante per un italiano. Non vorrei nemmeno registralo qui fra i miei ricordi. E invece rincaro la dose. Bisogna sfogare il dispetto e l’ira. Vorrei proclamare ai quattro venti quello che avviene all’Ambasciata di Pietrogrado. Ecco un episodio. L’altro ieri mi reco in cancelleria per sapere come mai le nostre sollecitazioni intese ad ottenere il mezzo di lasciare Pietrogrado non ottengano risposta. Sono ricevuto dal consigliere Nani Mocenigo (oh memorie di veneti ambasciatori!)272 il quale mi grida: Avanti! s’accomodi, cavaliere! Ma, per carità, non si levi la pellicia! Io vedo con sorpresa che lui stesso, Mocenigo, e un giovane applicato seduto davanti la macchina per scrivere, sono impellicciati, e ascolto con ancora maggior sorpresa che l’egregio [136] consigliere impartisce all’inserviente degli ordini in tedesco. Esprimo con mal frenata indignazione questa mia sorpresa…. Ma che sorpresa! L’egregio signor consigliere Nani Mocenigo mi riserva la sorpresa delle sorprese. Egli mi spiega come sia nell’ordine naturale delle cose l’uso della lingua tedesca, perchè è vero che noi siamo all’ambasciata italiana, ma è pur vero che la governante, la direttrice, la maitresse, non so come chiamarla, dell’Ambasciata è la signorina. La signorina!? La signora di Monza di manzoniana memoria? No, la signorina…. di Vienna, quella che lesina la legna per le stufe, e i pennini e le matite per gli scrivani. Mi chiedo se al cancelliere ha dato di volta il cervello: ma, nossignori! La signorina è una realtà: la sua esistenza mi è confermata da tutti: inservienti, portiere, impiegati, tutti la subiscono, tutti la temono. La signorina…. di Vienna 272 Il nome Nani Mocenigo è storicamente l’unione, avvenuta per via ereditaria nel XIX secolo, di due famiglie venete: i Nani e i Mocenigo. Nella famiglia dei Nani sono noti due statisti e ambasciatori a Costantinopoli: Ermolao (1559-1633) e Agostino (1555-1627); in quella dei Mocenigo vi sono stati sette dogi della Repubblica di Venezia. 96 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it comanda anche all’ambasciatore? Mah! Andiamo a dormirci sopra e non scriviamo parole inutili. Il mondo cammina a suo modo, e sopra… le signorine di Vienna e gli ambasciatori di sua Maestà, c’è lo stellone d’Italia. Ma se cascasse sulla testa, colle sue cinque punte, a chi dico io, lo stellone d’Italia! 14 Marzo. Eccomi il resoconto fattomi ieri sera da Karamine. La rivoluzione ha vinto. La Duma ha costituito un governo provvisorio273. Gli uomini del vecchio governo sono prigionieri. Non vi è più un soldato per la reazione. I socialisti hanno [137] in parte raggiunto il loro scopo che non era soltanto quello di ottenere un governo costituzionale, ma quello di levar di mezzo lo czar. Questi non ha risposto, come era prevedibile, ai telegrammi di Rodzianko e si è quindi giunti alla costituzione di un governo provvisorio. Di esso fanno parte i socialisti i quali vogliono guadagnar tempo e controllare l’opera della Duma. Questa ha con sè gran parte della popolazione e l’ufficialità: ma i socialisti sono seguiti dalla massa operaia e dalle truppe. Un governo, il vero governo, siede al Palazzo di Tauride: un altro governo però dirama ordini e manifesti dalla fortezza di S. Pietro e Paolo274. Ieri sera ci fu annunziato che partiremo il 16 sera. 15 Marzo. Stamane si ebbe una ripresa di fucileria che divenne poi intensa nelle ore pomeridiane. Ho dovuto fare numerose corse fra la Newsky, dove si trova l’Albergo dell’Orso, e l’Ambasciata e l’Albergo Militare: durante il percorso intesi sempre il crepitìo delle mitragliatrici, proveniente dal Palazzo d’Inverno. Sono gli ultimi aneliti della resistenza della polizia. La città comincia a rianimarsi e la Newsky è assai popolata, sebbene 273 Tecnicamente non fu la Duma a costituire il Governo provvisorio (o, ufficialmente, Comitato provvisorio), in quanto sciolta dal decreto zarista, ma il “Comitato della Duma di Stato” (presidente l’ottobrista Michail Rodzjanko) con il compito di «ristabilire l’ordine a Pietrogrado e mantenere i contatti con le istituzioni e le persone». Il primo Governo provvisorio – uscito da una mediazione tra Duma e Soviet degli operai - fu presieduto dal liberale moderato principe L’vov, al Ministero degli Esteri fu posto il cadetto Pavel Miljukov e a quello della Giustizia il socialista rivoluzionario Aleksandr Kerenskij. Il Soviet degli operai (nato nel 1905) diventò ben presto una sorta di contropotere per il governo che non prendeva decisioni senza consultarli (creando la cosiddetta “dualità di poteri”) e, in effetti, tra loro vi fu molta collaborazione, ma la partecipazione alla guerra e la mancata riforma agraria li divise irrimediabilmente portando alla Rivoluzione d’Ottobre. 274 I detenuti usciti dalla fortezza di Ss. Pietro e Paolo si erano spontaneamente divisi in due gruppi: i bolscevichi andarono sulle barricate, i menscevichi al palazzo della Tauride, dove si riuniva la Duma. 97 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it quasi nessun negozio si sia riaperto. Le «Isvièstje»275, fogli volanti, si succedono a brevi intervalli. Una prima annunzia che la notizia della rivoluzione aveva deciso lo Czar, che si trovava al fronte, a ritornare: il treno era stato fermato a Bologoia, a 300 verste276 da Pietrogrado. La ribellione essendosi rapidamente diffusa a Mosca, Karkof e Kiew, [138] quasi senza spargimento di sangue, il treno potè essere fermato dai rivoluzionari, che comunicarono allo czar l’intimazione della Duma di abdicare. Questi pare abbia tentato prima di andare a Mosca, sperando forse di trovarvi aiuto, poi a Tsarkojè Selo per visitare il figlio, malato di rosolia: al rifiuto dei rivoluzionari chiese di essere condotto a Pietrogrado, ma anche questo gli fu negato. Alle 5 ½ pomeridiane uscì un bollettino recante l’abdicazione dello czar. Alle 8 di sera, un ultimo bollettino annunzia essere avvenuta una tregua fra il governo provvisorio e i socialisti del Comitato rivoluzionario, in virtù della quale durante tre mesi i socialisti sospendevano qualsiasi attacco al governo, e questi si impegnava entro tale termine a convocare una Costituente. Verso sera ogni ostilità era cessata. 16 Marzo. La città riprende l’aspetto normale. La Duma ha dichiarato decaduto lo czar, e lo ha fatto tradurre in arresto a Tsarkoje-Selo. Questa sera partiamo da Pietrogrado. Faccio una corsa per salutare Karamine. Lo trovo a casa sua, indisposto. — Mio caro, ho la testa stordita. Tutto quello che è avvenuto è stato così grande, così fulmineo… Ma vedi, la mia gioia è un po’ turbata da brutti presentimenti. La città è giubilante: le vie sono percorse da fiumane di popolo che inneggia alla sua grande vittoria. Ma io non so sottrarmi al pensiero di domani… Ti parrà strano trovare un socialista russo così tiepido, [139] così esitante in questo momento. Ma è così. La rivoluzione confida troppo in sè stessa e non pensa che i suoi nemici vivono nel suo seno. Hanno spalancato le carceri e sono venute fuori a gridare viva la repubblica! tutte le spie tedesche, messe al sicuro con tanta fatica. Hanno arrestato lo czar e poi lo hanno dichiarato decaduto… Ora parlano del signor Nicola Romanov, semplicemente, ma che ne penseranno i contadini per i quali lo czar è il sole? Ho l’impressione che noi abbiamo corso troppo e che la questione della forma di governo rimanga sul tappeto. La Duma ha avuto momenti di debolezza e di esitazione. Ma essa si riprenderà. Il suo compito è quello di salvarci ad un tempo dall’invasione straniera, dall’anarchia e dal disfacimento della nostra unità nazionale. Esprimo a Karamine la mia speranza per l’avvenire della Russia. Le forze 275 Izvestija (Notizie) era il quotidiano russo fondato nel 1917 a Pietrogrado, diventò l’organo ufficiale del governo bolscevico e poi del Soviet supremo dell’Urss. 276 Una versta è pari a 1066,8 metri. 98 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it disintegratrici si elideranno a vicenda: ogni eccesso chiamerà all’azione di difesa le masse rimaste passive. La minaccia straniera che è l’incubo più grave di ogni patriotta russo, sarà invece il cemento unificatore dei popoli russi. La guerra diventerà guerra rivoluzionaria e nazionale, e l’unità morale che gli czar non avevano potuto dare alla Russia, sarà conquistata traverso prove eroiche e dolorose. Karamine mi ringrazia con effusione. Io lo lascio pensando che i socialisti russi dovranno come lui, uno dopo l’altro, arrendersi alla realtà della Patria e convenire nell’ideale legame mazziniano, per cui Patria e Umanità sono termini inscindibili ed egualmente necessari al Progresso. [140] EPILOGO Abbiamo lasciata la capitale russa alle 22,30 del 16 sera e siamo giunti a Romanov il 24 Marzo. Il viaggio fu disastroso. Esaurimmo presto la scorta dei viveri che con gran fatica ci eravamo procurati a Pietrogrado. Per il calore dei vagoni la carne si alterava: esposta all’aria esterna il gelo la trasformava in una specie di legno durissimo. Soffrimmo la fame. La lentezza del convoglio era esasperante, le fermate in aperta campagna o presso stazioni deserte, erano interminabili. Il treno portava un drappello di marinai incaricati di scendere a tutte le stazioni, disarmare la polizia, comunicare la nuova della rivoluzione trionfatrice. Non si ebbe alcun episodio di resistenza e nessuno di entusiasmo. Quella gente sperduta in quelle gelide tristissime solitudini, sembrava troppo assente dal mondo per interessarsi gran che alle vicende politiche del popolo. Incontrammo lassù dei prigionieri e la loro sorte così disgraziata ci commosse fino alle lagrime. Ricordo di aver a stento trattenuto le lagrime parlando con un prigioniero austriaco che da due anni si trovava segregato dal consorzio umano. Era un commesso di negozio a Vienna. A Romanow rimanemmo dal 24 Marzo al 6 Aprile, a bordo della Tsarisza277. Furono giorni di lunga noiosa attesa, rallegrati tuttavia dalla [141] presenza della marchesina Puleio di Cassibile278. Povera signorina! Come tardi io le rendo giustizia nelle mie memorie! Ci ha seguiti durante tutte le nostre peregrinazioni, ma essa è sempre rimasta modestamente nell’ombra, proprio come la violetta. Un po’ perchè ella lo ha voluto, e un po’ perchè coloro che si curavano della procedura, i formalisti della Missione, davano l’ostracismo alla donna…. Una donna non può far parte 277 Carica: zarina, imperatrice. 278 Cassibile, tra Siracusa e Avola, è antico feudo concesso dai Borboni a Silvestro Loffredo di Messina nel 1797 insieme al titolo di Marchese di Cassibile. Alla fine dell’Ottocento lo ereditò la famiglia Pulejo. 99 1 associazione culturale Larici – http://www.larici.it della Delegazione ufficialmente riunita. Quali scrupoli! In Russia, il paese delle donne! Ma la marchesina tanto discreta ha il suo quarto d’ora a Romanow. La missione ufficiale, arcigna, pedantesca, sbadiglia, si annoia, non sa più come ammazzare il tempo: la marchesina invece ha trovato il modo di far disperare tutti i parrucconi. Cara e buona e intelligente fanciulla! Con quali occhi ho guardato, dopo tante vicende tragiche, fiorire nel gelido porto un idillio fresco e profumato, come fioriscono sulle rive beate de’ nostri paesi! Quanta innocente poesia! quanta soavità di vita! Ed ecco i maldestri turbare i sogni, rompere le ragnatele d’argento…. Io ero il vostro protettore, vi ricordate, marchesina? E ho sofferto un pochino anch’io, da vero papà, quando il Corvo partì due giorni prima di noi coll’ufficiale polacco…. Lo risparmino i siluri quel povero Corvo! Ma che nome antipatico! E perchè mettere un corvo sul mare? Il 6 aprile trasbordammo dalla Tsarisza sull’Umtali279, un cargo-boat sudicio, privo di ogni comfort, che ci condusse al nord fin verso il 74° parallelo per sfuggire ai sommergibili, e dopo dieci giorni di navigazione si sbarcò a Liverpool il 16 aprile alle ore 14. [142] Un barbiere, un bagno… mi ridiedero un aspetto civile, e poi via per Londra, via per il collegio di South Ascot, dove mi aspettava la mia figliuola. La marchesina Puleio di Cassibile mi accompagnava. E nel bacio della mia figliuola, come sempre, svanì ogni tristezza, ogni preoccupazione, e tornai per un’ora un giovane di liete speranze al braccio di due belle eleganti signorine. 279 Umtali è nome ricorrente nella flotta inglese, indicando l’antica città della Rhodesia meridionale (oggi Zimbabwe) diventata nel 1895 colonia britannica. 100 1