C E N S I S RIFARE IDENTITÀ E APPARTENENZA Percorso di accompagnamento per lo sviluppo strategico dell’Anla Rapporto finale Roma, aprile 2011 Il rapporto è stato realizzato da un gruppo di lavoro del Censis, diretto da Ester Dini e composto da Vittoria Coletta, Elisa Marchetti, Giulia Temperini, Luca Paolo Virgilio e Edoardo Zaccardi INDICE Premessa 1 1. Il cambio di marcia che serve 1.1. I punti di forza da cui partire 1.2. Le sfide da affrontare 1.3. Le strategie per il rilancio dell’Anla 1.4. I prossimi step di lavoro 2 3 7 10 20 2. L’Anla vista da dentro 2.1. Le dimensioni del sistema 2.2. L’attività delle sedi Anla nel territorio 23 23 28 3. L’Anla e i gruppi anziani: risultati dell’indagine svolta presso i presidenti dei gruppi 3.1. I gruppi di seniores aderenti all’Anla, nel mutato scenario del mercato del lavoro 3.2. L’attività dei gruppi e il livello di partecipazione degli iscritti 3.3. La rete di collaborazione dei gruppi 3.4. Il rapporto con l’Anla, tra presente e futuro 3.5. Il ruolo futuro dell’Anla, nell’opinione dei gruppi seniores 3.7. I presidenti intervistati 4. Gli anziani: una risorsa vitale per il Paese 4.1. La voglia di essere utili e la riscoperta delle passioni: tra impegno sociale e ricerca di nuove esperienze 4.2. I circuiti relazionali della vita sociale 4.3. Gli interessi “attivi” dell’anziano moderno: il tempo libero, il benessere, gli acquisti, la tecnologia 4.4. Paure, bisogni e domanda di assistenza: gli interessi “nascosti” della terza età 4.5. Il profilo degli iscritti all’Anla 6. Nota metodologica 33 33 44 51 55 69 79 83 83 96 101 108 118 125 13077_2010 PREMESSA Il rapporto che segue contiene i risultati dell’attività di ricerca svolta dal Censis per il progetto “Rifare identità e appartenenza. Percorso di accompagnamento per lo sviluppo strategico dell’Anla”. Il progetto, che è stato condotto nell’arco di un anno di lavoro, ha avuto l’obiettivo di: ‐ definire una mappatura delle possibili aree di sviluppo di nuovi servizi e iniziative associative, funzionali a valorizzare il ruolo dell’Anla e la partecipazione degli iscritti alla vita associativa; ‐ individuare i bisogni latenti che provengono dal mondo degli associati e dai potenziali nuovi iscritti, con particolare attenzione alla domanda di ruolo sociale che questi esprimono, e che il sistema associativo, nella sua declinazione centrale e territoriale, potrebbe contribuire a soddisfare; ‐ supportare gli organi direttivi nell’individuazione di un sistema di offerta di servizi e di opportunità per gli associati che si presenti quanto più omogeneo sul territorio nazionale. Il lavoro è stato svolto attraverso una serie di metodologie, tra cui: ‐ interviste dirette realizzate da ricercatori Censis presso 15 presidenti dell’Anla nazionale, regionale e di alcuni gruppi; ‐ un’indagine di campo presso 86 presidenti di gruppi aderenti all’Anla, che ricoprono nella quasi totalità dei casi, incarichi nella Federazione; ‐ l’analisi del materiale Censis sulle tendenze del segmento di popolazione over 65 e una breve rivisitazione dell’indagine condotta dall’Anla sui propri iscritti. 1 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 1.
IL CAMBIO DI MARCIA CHE SERVE A più di 60 anni dalla sua nascita l’Anla si trova a vivere un momento di passaggio decisivo del proprio “percorso di vita”. Le profonde trasformazioni che hanno investito il mercato del lavoro, e più in generale la società italiana, hanno infatti mutato significativamente lo scenario entro cui si muove la Federazione, sollevando interrogativi importanti sull’attualità del suo ruolo, dei valori di cui è espressione, e più in generale sulle sue modalità funzionali e organizzative. Non si può trascurare come nel passato anche recente, l’Anla abbia cercato in tutti i modi di adattarsi ai cambiamenti, soprattutto a quelli che più profondamente hanno inciso sulla dimensione associativa, con soluzioni non certo drastiche, ma comunque efficaci, almeno sul momento: si pensi alla scelta di aprire le iscrizioni ai soci territoriali o di ridurre la soglia di anzianità aziendale per i soci ordinari. Interventi che hanno consentito, almeno nel breve periodo, di tamponare l’emorragia di iscrizioni, ma non certo di colmare quel senso di inadeguatezza e di difficoltà che a tutti i livelli della struttura (nazionale e periferici) si è andato sempre più diffondendo e consolidando. Oggi è forte la consapevolezza che la logica dell’adattamento, dell’intervento sull’ ”emergenza”, sul problema congiunturale, ‐ non solo possa non bastare più nella soluzione di problemi che solo in minima parte possono trovare risposta nell’iniziativa autonoma dell’Anla, dal momento che investono al contrario dinamiche e processi di lungo corso, in larga parte esogeni, estranei pertanto a responsabilità dirette dell’Associazione; ‐ ma soprattutto rischi di essere fuorviante, rispetto alle esigenze reali di un sistema associativo che ha oggi bisogno di interpellarsi sul proprio futuro, di mettere a fuoco quali sono le finalità, gli obiettivi e le strategie della propria azione, in uno scenario che è profondamente cambiato rispetto a cinquant’anni fa e che implica inevitabilmente una revisione dei parametri fondativi. 2 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Interrogarsi sul futuro implica, tuttavia, un’analisi in prima battuta di quelle che sono le condizioni di partenza, di quello che è l’Anla oggi, degli elementi di forza che sorreggono e danno ancora linfa alla base associativa, e quelli che, al contrario, rappresentano un ostacolo al suo ulteriore sviluppo. Elementi che ovviamente riguardano sia la dimensione organizzativa della Federazione, che il contesto esterno, sociale e professionale, in cui si colloca l’attività dell’Anla, e che inevitabilmente ne condiziona le prospettive di evoluzione. 1.1. I punti di forza da cui partire Il lavoro di ricerca condotto presso i presidenti dei gruppi e i rappresentanti dell’Anla a livello nazionale e provinciale, ha permesso di mettere in luce diversi elementi che fanno guardare all’Anla come ad un soggetto vitale, ben lontano dall’avere esaurito la carica per giocare un ruolo da protagonista nel panorama associativo italiano. E’ opportuno da questo punto di vista rimettere bene a fuoco i diversi elementi che rappresentano oggi i punti di forza del sistema Anla, e che attengono sia alle sue caratteristiche, organizzative ed identitarie, sia alle potenzialità collegate all’attuale mutamento dello scenario di riferimento. Elementi questi da cui non si potrà prescindere per definire il percorso di sviluppo della Federazione negli anni a venire. Il primo dato da cui partire, è l’ampiezza della base associativa di cui l’Anla dispone, e che fa dell’associazione un soggetto di riferimento importante nello scenario nazionale, almeno considerato il numero di iscritti che può vantare. Con i suoi quasi 90mila soci sparsi sul tutto il territorio nazionale, l’Anla rappresenta infatti un bacino di utenti estremamente importante, non solo numericamente, ma anche qualitativamente, considerato che l’adesione è su base volontaria, a titolo oneroso (per l’azienda o per l’iscritto) e che con l’Anla vi è un rapporto per molti versi diretto e continuativo, mediato dalle associazioni di seniores che favoriscono, a livello territoriale, la partecipazione attiva degli iscritti. 3 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 L’alto numero di iscrizioni, si unisce a una presenza capillare sul territorio che, sebbene non sempre valorizzata, costituisce almeno sulla carta, un asset fondamentale per la Federazione: con 51 sedi sparse su tutto il territorio nazionale, tra regionali e provinciali, l’adesione di 9 grandi gruppi aziendali di dimensione nazionale, 195 gruppi più piccoli, l’Anla, soprattutto in alcune realtà territoriali come al Nord, è una presenza strutturata ed organizzata. Alla solidità che l’Anla esprime con la struttura organizzativa di cui dispone si aggiunge l’elemento identitario che caratterizza l’iscrizione alla federazione. L’Anla non è un’associazione a vocazione generalista, o per il solo tempo libero, ma una Federazione che da anni tutela e promuove valori quali quello dell’anzianato, dell’esperienza, in ambito professionale che, malgrado possano apparire per molti versi sempre più inattuali, continuano a costituire un collante identitario e partecipativo di ineguagliabile valore. Non replicabile, non imitabile, unico, e che rappresenta il vero tratto di distinzione e di specificità dell’Anla nel panorama sempre più affollato di soggetti, associazioni e strutture, che a diverso titolo, si cimentano nel difficile compito di “fare rappresentanza”. Da questo punto di vista, anche i risultati dell’indagine condotta presso i presidenti dei gruppi, sembrano confermare l’immagine di una struttura associativa estremamente vitale, sia per quanto attiene il versante dell’offerta associativa, sia per quanto riguarda il livello di partecipazione degli iscritti. Lo dicono il numero delle iniziative, in massima parte di carattere ludico, che i gruppi di seniores, a prescindere dalle loro dimensioni, organizzano sul territorio (ben l’87,3% organizza gite, l’82,1% cene o pranzi sociali, il 70% circa assemblee, il 61,7% incontri culturali, solo per indicare le iniziative più diffuse); l’ampia varietà dell’offerta che spazia dalle gite turistiche, all’organizzazione dei corsi, fino alla fornitura di servizi consulenziali veri e propri, e in particolare i caaf; il buon livello di gradimento e partecipazione che gran parte delle iniziative, a dire il vero le più consolidate, riscuote presso la platea degli iscritti (il 34,1% dei presidenti considera i propri iscritti dinamici, attivi e propositivi, il 50,6% riscontra da parte di questi un buon livello di interesse); la vitalità mostrata dai gruppi più grandi, che operano spesso in sinergia con le strutture 4 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 aziendali, ma anche l’energico attivismo dei piccoli che, pur con risorse sempre più scarse e insufficienti, non sembrano voler mollare, anche se le condizioni in cui operano sono sempre più impervie, e le strutture aziendali sempre più lontane dai gruppi seniores. Si tratta di tendenze generali che certo non riescono a dare conto dell’estrema eterogeneità di situazioni che caratterizzano il mondo Anla ma che, stando almeno alle indicazioni fornite dai loro principali stakeholder, fotografano una Federazione “in salute”, ancora dinamica e attiva nelle sue fondamenta. Se alla vitalità dei gruppi non sembra coincidere, anche perché in definitiva non le appartiene “vocazionalmente”, una uguale capacità dell’Anla come Federazione di incidere a livello territoriale e periferico, svolgendo quella funzione di promozione, di raccordo e di stimolo è però indubbio che da parte dei gruppi vi sarebbe grande interesse a portare avanti e a collaborare ad iniziative proposte da quest’ultima. Sembra infatti emergere dalla lettura trasversale dei risultati dell’indagine presso i Presidenti una forte domanda di ruolo rivolta all’Anla, di maggiore visibilità della Federazione soprattutto a livello nazionale; una domanda che sembra restare oggi pressoché evasa, e che tuttavia rappresenta per l’Anla un passaggio ineludibile, considerato che lo specifico della Federazione, rispetto alle singole realtà dei gruppi aziendali di seniores è proprio dato dall’essere presente su scala nazionale, e dal potere intervenire su quei fronti non aggredibili dal livello periferico. Che si tratti di svolgere una maggiore attività di coordinamento tra i gruppi, o più semplicemente di informazione, oppure di promozione di iniziative del tutto nuove, soprattutto a livello nazionale e istituzionale, il mandato che i gruppi sono disponibili ad affidare all’Anla è ampio e articolato, sempre a patto che sia esercitato nel rispetto delle prerogative e delle competenze specifiche dei gruppi seniores da un lato e dell’Anla dall’altro. Non solo infatti il 77,3% dei presidenti dei gruppi si dichiara interessato a svolgere iniziative in collaborazione con l’Anla – percentuale che risulta elevata tanto tra i presidenti che ricoprono incarichi nella Federazione, che tra quanti non ne hanno, così come tra i piccoli gruppi (72,9%) come tra i grandi (85,2%) – ma gli stessi ambiti in cui si chiede all’Anla una maggiore 5 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 presenza tendono a spaziare dal ruolo più strettamente politico, di difesa degli interessi degli iscritti (auspicato dal 31%), a quello di service, con la promozione di iniziative destinate ai soci (33,3%), senza trascurare quello più propriamente culturale, legato alla difesa e conservazione del patrimonio di professionalità e tradizioni lavorative di cui l’Anla è espressione (23,8%). Se quelli delineati rappresentano i pilastri portanti dell’organizzazione d’altro canto non si possono non citare come fattori oggi determinanti nel supportare e accompagnare il percorso di evoluzione che l’associazione potrebbe intraprendere, alcuni elementi di scenario, esterni alle logiche associative, ma che su queste già hanno, e potrebbero avere sempre più in futuro, un ruolo estremamente rilevante. Il primo è rappresentato dalla centralità che il mondo degli anziani sta acquisendo nel nostro sistema sociale. Come messo in luce nella seconda parte di questo testo, vuoi per la crescita demografica che li ha interessati, vuoi per la riscoperta di una vitalità che sta proponendo un’immagine del tutto inedita degli over 65, il valore sociale della terza età si sta imponendo, nei fatti prima ancora che nelle previsioni, con forza all’attenzione di tutti, tanto da definire in termini di “longevità attiva” quella che fino a pochi anni fa era la “triste” età della vecchiaia. Troppo adulti per lavorare, ma troppo giovani per andare in pensione, gli over 65 rappresentano una risorsa vitale e sempre più attiva della società, le cui domande tuttavia restano sostanzialmente evase, nulla o male rappresentate, e in larga parte prive di risposta: si pensi solo a tutto il settore della tutela della salute, all’incapacità di fornire “copertura” e assistenza rispetto ai nuovi bisogni emergenti in questo segmento di popolazione, all’esigenza di tutela dei redditi e del risparmio, spesso unico sostentamento per filiere famigliari che in tempo di crisi sono sempre più in affanno. Da questo punto di vista non si può non intuire l’immediato legame e la vocazione quasi naturale che l’Anla può esprimere rispetto a tutto questo mondo, e ai cambiamenti di cui è stato protagonista, avendo messo da tempo immemorabile l’accento su quella dimensione di “anzianato attivo“ che, opportunamente rivisitata e attualizzata, può rappresentare un 6 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 importante anello di congiunzione e aggancio per la rappresentanza di una platea di seniores potenzialmente amplissima, per nulla disposta a rinunciare a giocare un ruolo attivo nel presente. Il secondo elemento di scenario che appare interessante ai fini dei possibili sviluppi associativi, è l’evoluzione che anche in Italia sta avendo il cosiddetto dibattito sulla “Big society”, ovvero sull’esigenza di costruire una società in cui la dimensione associativa (da quella cattolica a quella civile, dal volontariato alle associazioni di quartiere) sia destinata a giocare un ruolo sempre più centrale. Per quanto sia forse prematuro enfatizzarne la portata, non essendo chiaro se e con quanta intensità si procederà ad accelerare l’evoluzione sociale in tal senso, è indubbio che il progressivo prosciugarsi delle risorse pubbliche, la devoluzione delle stesse verso la periferia, con il federalismo fiscale, avvicinerà sempre più i luoghi delle decisioni a quelli in cui si giocano gli interessi concreti dei cittadini, dando sempre più voce e spazio di crescita a quelle strutture che fanno dal basso aggregazione e rappresentanza di interessi, individuando soluzioni che siano in grado di prescindere dall’intervento diretto pubblico centrale. In questo scenario, che per molti versi si sta già prefigurando (si pensi soltanto come la crisi ha rivitalizzato molti soggetti della rappresentanza tradizionale, sindacati in primis, accrescendone a livello territoriale il ruolo di interlocutori istituzionali) l’Anla potrebbe trovare degli interessanti spazi di crescita, soprattutto a livello territoriale dove, paradossalmente, il ruolo “istituzionale”, di interlocutore – sempre indipendente – con le Istituzioni e i diversi soggetti del territorio, potrebbe essere più facile da giocare, a patto che questa sappia comprendere, aggregare e dare dovuta visibilità agli interessi reali delle proprie comunità di appartenenza. 1.2. Le sfide da affrontare A fianco ai numerosi elementi di solidità indicati, è indubbio che oggi l’Anla si trovi a dover gestire una fase di passaggio difficile, in cui diverse sono le sfide che la Federazione deve affrontare. 7 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Il calo del numero delle iscrizioni, e in particolare dei soci ordinari, registrato negli ultimi anni, rappresenta da questo punto di vista il sintomo più evidente delle difficoltà crescenti che, dal livello nazionale, a quello periferico dei gruppi seniores, l’associazione incontra nel far fronte ai cambiamenti profondi che hanno investito il sistema lavorativo e professionale italiano e ai pesanti riflessi che questi hanno prodotto sull’identità e sull’organizzazione dell’associazione. Come ampiamente dettagliato nelle successive parti del testo, le trasformazioni del mercato del lavoro intercorse nell’ultimo ventennio (la flessibilizzazione dei percorsi di carriera prima di tutto, assieme al sostanziale venire meno dell’interesse verso i gruppi seniores da parte delle aziende) unitamente agli effetti prodotti dall’attuale crisi (dalle ristrutturazioni ai prepensionamenti), nonché la moltiplicazione dell’offerta associativa, sia di tipo professionale (si pensi ai cral aziendali) che ludico culturale, hanno reso viepiù difficile da tutelare e difendere l’attualità di alcuni dei valori fondanti dell’Anla, quale quello dell’anzianato aziendale, tanto da indurre, nel corso degli anni, una serie di interventi che di fatto superavano alcune limitazioni nell’accesso alle iscrizioni (quali soglie di anzianità aziendale eccessivamente elevate per l’accesso alle iscrizioni, o la previsione di accesso ai soli soci ordinari e relativi famigliari). Con la trasformazione della propria base associativa, l’Anla ha nei fatti già riconosciuto l’esigenza di definire un nuovo profilo identitario, esigenza questa fortemente condivisa all’interno della federazione: basti pensare che il 61,4% dei presidenti dei gruppi aziendali considera quello dell’anzianato professionale un valore a rischio, e il 13,3% del tutto superato; e ancora che la quasi totalità dei presidenti (90% circa) valuta positivamente l’apertura ai soci territoriali, considerata addirittura dal 30,6% l’occasione per ritrovare un dinamismo perduto. Malgrado ciò l’immagine dell’Anla continua, nella percezione dei propri stakeholder, a restare legata alla tutela di quei valori dell’anzianato dalla quale la Federazione per prima sembrerebbe volersi emancipare, senza tuttavia avere ancora trovato la strada e gli strumenti per farlo. A ciò si aggiunga che l’apertura alle iscrizioni dei soci singoli ha introdotto un elemento di complessità di non poco conto, potenzialmente 8 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 rivoluzionario per l’associazione. La diversificazione sostanziale dell’universo degli iscritti, tra le due categorie di soci, gli ordinari e i territoriali, impone un ripensamento delle logiche complessive di governance dell’Anla che da associazione di secondo livello diviene, per una quota sempre più sostanziosa e potenzialmente in crescita di associati, associazione di primo livello. Ciò implica l’urgenza di dotarsi quanto prima di strumenti d’azione nuovi che consentano di alimentare quel bacino sempre più prezioso di soci individuali, rispetto ai quali l’associazione non sembra avere, salvo alcune sporadiche esperienze territoriali, individuato specifiche strategie, senza trascurare al tempo stesso il patrimonio storico dell’Anla, rappresentato dai gruppi aziendali di seniores e, indirettamente, dai loro iscritti. Scissa tra bisogno di nuova identità da un lato e tutela del senso di appartenenza dall’altro, tra le ben note e conosciute esigenze dei gruppi, e le nuove ed emergenti domande dei soci singoli, tra rappresentazione di se stessa, e rappresentanza reale degli interessi degli iscritti, l’Anla sembra oggi vivere, a tutti i suoi livelli direttivi, una crisi di identità profonda. Crisi che, per quanto dolorosa, segna l’avvio di un processo di ripensamento e di trasformazione ormai non più procrastinabile. Tale situazione ha inevitabilmente ripercussioni su tutte le diverse dimensioni della vita associativa, da quella organizzativa a quella partecipativa, da quella nazionale a quella territoriale. Non si può da questo punto di vista non sottolineare un certo appannamento dell’immagine dell’Anla a livello nazionale, lamentata da molti, che se da un lato trova ragione proprio nella difficoltà a ripensare gli obiettivi della propria mission, dall’altro si manifesta in una scarsa incisività di azione, sia all’interno del mondo Anla, nel garantire un raccordo efficace con gli organi periferici, sia all’esterno, nella difficoltà a posizionarsi in un ruolo di interlocutore rispetto al sistema politico istituzionale: ruolo che l’Anla ha ben interpretato nel passato, e il cui recupero è oggi fortemente auspicato dagli stessi presidenti dei gruppi aziendali, considerato che il 65,8% di loro, pensando a possibili interventi in cui l’Anla si dovrebbe impegnare nel prossimo futuro, indica al primo posto la presentazione di progetti di legge a favore degli anziani. 9 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 In secondo luogo, non si può trascurare la scarsa incisività dell’azione dell’Anla sul territorio come testimoniato dalle difficoltà che questa incontra nello svolgere efficacemente il ruolo di coordinamento e stimolo che pure i gruppi aziendali auspicano; difficoltà che se da un lato possono essere imputate all’esistenza di un quadro di riferimento non sempre facile da gestire, scisso tra le realtà dei grandi gruppi aziendali, che tendono per loro natura ad agire in totale autonomia, e i piccoli, che necessiterebbero al contrario di maggiore supporto e collaborazione, dall’altro non esenta i quadri Anla dalle loro responsabilità nello svolgere un ruolo che in troppi casi si limita a funzioni basilari di scambio di informazioni, rinunciando ad incidere in maniera più efficace sulle attività dei gruppi. E’ indicativo da questo punto di vista che “solo” il 34,5% dei presidenti di gruppi interpellati giudichi il rapporto con l’Anla sul territorio di tipo collaborativo, dichiarando che questa svolge una importante funzione di supporto alle iniziative del gruppo, mentre la maggioranza si spacca tra quanti, e sono i più (48,8%) lo considerano del tutto formale, limitato allo scambio di alcune informazioni, e quanti al contrario lo giudicano del tutto inesistente, mancando totalmente forme di coordinamento con l’Anla e gli altri gruppi (16,7%). In questo scenario sono diversi gli interlocutori, interni ed esterni al mondo Anla che segnalano l’esigenza di un ricambio dei quadri, non tanto con finalità di sostituzione generazionale, quanto di diffondere e far crescere all’interno della struttura i semi di una cultura del cambiamento, oggi sempre più necessaria, che se non alimentata e coltivata, rischia di rappresentare il principale ostacolo al successo del cammino intrapreso. 1.3. Le strategie per il rilancio dell’Anla Sulla base della diagnosi effettuata si è cercato di individuare alcune linee “operative” per supportare l’Anla nel proprio percorso di ridefinizione, partendo dal presupposto che questo non potrà avvenire senza una chiara ridefinizione di quelle che sono le sfere strategiche su cui l’Anla sta giocando la sua partita, ovvero: 10
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13077_2010 ‐ la dimensione identitaria, il che significa mettere a fuoco qual è l’insieme dei valori, dei simboli, dei significati, cui l’Anla vuole far riferimento per il futuro, per rilanciare quel senso di appartenenza, di partecipazione e di identificazione che, pur vivo nella struttura, è oggi fortemente messo in discussione dalle tante trasformazioni che l’hanno investita; ‐ la dimensione della partecipazione, che implica da parte degli organi direttivi l’individuazione di nuove modalità e strumenti in grado di sostenere la crescita del numero degli iscritti, il coinvolgimento sempre più attivo dei soci, puntando, oltre che sugli aspetti identitari prima richiamati, su quella dimensione di service, che già oggi rappresenta un volano forte di partecipazione; ‐ la dimensione della rappresentanza, ovvero la capacità di aggregare e veicolare gli interessi degli iscritti a livello generale, aspetto questo su cui è avvertita con maggiore urgenza l’esigenza di compiere lo sforzo più ampio e deciso di rinnovamento e intervento. Le tre dimensioni indicate sono ovviamente fortemente interconnesse tra di loro, essendo evidente che nessuna funzione di rappresentanza istituzionale potrà essere portata avanti senza avere prima rinsaldato lo spirito di identificazione e partecipazione degli associati, così come quest’ultimo rischia di restare non valorizzato, se non accompagnato ad una chiara ed efficace strategia di comunicazione che dia visibilità a tutto il mondo Anla. Nell’individuazione delle linee strategiche da seguire si prescinderà pertanto da tale articolazione, partendo dal presupposto che ciascuna singola mission, e possibili specifici interventi, avranno inevitabilmente riflessi su tutte le dimensioni indicate. In ultimo, occorre sottolineare come ad oggi, ogni ipotesi di ripensamento strategico ed organizzativo dell’Anla, è fortemente condizionato dalla sua natura, che impone evidentemente forti limitazioni all’azione dell’associazione, almeno sul piano dell’organizzazione e della partecipazione. 11
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13077_2010 L’essere Federazione, e quindi associazione di secondo livello, condiziona fortemente l’attività e la capacità di iniziativa dell’Anla al rispetto delle esigenze di autonomia e indipendenza dei singoli gruppi aziendali. Al tempo stesso, tuttavia, la crescita, attuale e soprattutto futura dei soci singoli, non consente più all’Anla di esonerarsi e chiamarsi fuori dal giocare un’azione di promozione e di proposta sempre più incisiva sul territorio: e la ricerca di un equilibrio tra queste due anime, che sono associative, ma anche strategiche, rappresenta forse oggi la sfida più ardua che la Federazione è costretta ad affrontare e su cui non può più tornare indietro. a) Ridefinire l’identità e la mission dell’Anla L’identità si costruisce nella condivisione dei valori di fondo di un’organizzazione e questo è stato da sempre un elemento distintivo per l’Anla. Tuttavia, oggi questi stessi valori richiedono di essere rivisitati in una chiave più moderna, al fine non solo di mantenerne salda la capacità di identificazione presso gli iscritti, ma soprattutto di consentirne il riconoscimento presso quel segmento di lavoratori singoli che non provenendo da un’appartenenza aziendale di lungo corso, rischiano di restare esclusi da una condivisione piena e profonda dei principi fondanti dell’associazione. Da questo punto di vista, se l’anzianato aziendale non può evidentemente più rappresentare il baricentro del sistema dei valori cui l’Anla si è ispirata fin dall’origine, d’altro canto i cambiamenti della società spingono oggi a riconoscere sempre più la centralità di ruolo sociale e professionale che gli anziani tutti, e i seniores d’azienda in particolare svolgono nella società. Basti pensare, e nell’ultima parte del testo è ben messo in evidenza, come sia alta la quota degli over 65 che, raggiunta l’età della pensione, continuano a lavorare o si impegnano nel sociale, in attività di volontariato o di servizio nei confronti della collettività in cui vivono. Tendenze queste che risultano ancora di più contraddistinguere il variegato mondo dell’Anla, visto che, stando ai risultati di un’indagine condotta dalla rivista 12
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13077_2010 Esperienza, ben il 19,2% degli associati lavora e circa un terzo, il 34% partecipa ad attività di volontariato. In quest’ottica, l’identità dell’Anla non può che ridefinirsi a partire da una rilettura dei valori fondativi dell’associazione, facendo in modo che i riferimenti all’esperienza, alla professionalità che da sempre accompagnano la storia della Federazione si trasferiscano dalla dimensione del lavoro a quella sociale, dell’anzianato aziendale all’“anzianato attivo”, rivendicando per i seniores un nuovo protagonismo sociale, che di fatto molti di loro già interpretano, svolgendo un ruolo attivo al servizio della società. Questo implica che la dimensione di dell’associazione, si sposta progressivamente: riferimento simbolica ‐ dal passato al presente, rendendo i valori della professionalità, dell’esperienza, del “servizio”, della fedeltà, dei parametri di orientamento “attuali” per i seniores, stimolando quanto più possibile il trasferimento degli stessi nella società e la loro “pratica quotidiana” attraverso iniziative e attività che diano il senso dell’impegno attivo dei seniores; ‐ dall’azienda alla società, svincolando il patrimonio valoriale di cui sopra dai confini della dimensione aziendale – che restano comunque ben tutelati nei fatti dalla presenza dei diversi gruppi aziendali di seniores – e spostandolo su un piano di riferimento e di comunicazione più ampio e esteso, in grado di interessare tutti quegli ex lavoratori che avvertano il bisogno di mantenere viva, almeno idealmente, quella dimensione di impegno, di attività, di professionalità che non per forza deve disperdersi o esaurirsi al completamento del percorso lavorativo. Ridefinire l’identità associativa, il senso dell’appartenenza all’Anla, alla luce di tali obiettivi è una sfida certamente complessa, la più complessa che la Federazione si trova oggi ad affrontare, perché chiama in causa dimensioni simboliche e identitarie non sempre di facile gestione. Più che l’adozione di una specifica strategia, l’Anla dovrà da questo punto di vista, svolgere un’azione di sensibilizzazione e di comunicazione minuta e capillare, che dovrà interessare tutte le diverse sfere dell’attività associativa. In particolare, sarà necessario: 13
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13077_2010 ‐ promuovere un cambiamento di “linguaggio” all’interno del mondo Anla, che vada in direzione dell’assecondare l’evoluzione di significato del senso stesso di appartenenza. Occorrerà parlare più di anzianato attivo e meno di anzianato aziendale, più di impegno nella società, e meno di ruolo delle aziende, più di esperienza e professionalità, meno di fedeltà e appartenenza. Comunicare i valori di riferimento, non solo nei contenuti (è importante che anche i temi oggetto di trattazione nella rivista Esperienza abbiano da questo punto di vista la più ampia apertura possibile) ma nel linguaggio è un passaggio imprescindibile, per trasferire prima di tutto il senso di avvio di un processo, e apertura verso un target nuovo di iscritti che restano da questo punto di vista ancora ai margini dell’associazione; ‐ avviare una campagna di promozione presso i soci individuali, individuando ad esempio formule agevolate di adesione per questo specifico segmento, al fine di rendere sempre più visibile il peso ed il ruolo di questo segmento di associati nella Federazione; ‐ impegnare le risorse Anla, umane e finanziarie, nella realizzazione di 3‐4 progetti di visibilità nazionale, declinabili e replicabili a livello territoriale, finalizzati a dare “una scossa” di vitalità – di cui c’è più che mai bisogno ‐ che possa supportare l’azione di rilancio dell’immagine, e convogliare nuovi consensi e partecipazione attorno alla struttura (su questo aspetto si veda oltre); ‐ presidiare, sia a livello nazionale che territoriale, tutte le tematiche che possono essere di interesse per gli anziani, e su cui questi hanno qualcosa “da dire” o “da fare”, promovendo quanto più possibile attività di partecipazione e di impegno sociale degli anziani, anche in collaborazione con altre strutture, ma su iniziativa dell’Anla. Ciò richiede un particolare impegno, sia a livello centrale, nell’individuare tematiche, e canali di comunicazione idonei, che possano permettere all’Anla di “dire la sua”, che a livello periferico, nell’individuare ad esempio, alcune “battaglie” di territorio che possano essere di particolare interesse per gli iscritti (ad esempio provvedimenti comunali o regionali che penalizzano particolarmente gli anziani). Tale passaggio è fondamentale, perché solo attraverso un’azione sinergica, che miri alla crescita di visibilità a livello nazionale e di partecipazione attiva a livello locale, che 14
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13077_2010 l’Anla può pensare di costruire e accreditarsi all’esterno come soggetto in grado di rappresentare efficacemente gli interessi dei propri iscritti; ‐ supportare (magari fornendo sedi e strutture logistiche) tutti i progetti che vedono i seniores protagonisti di iniziative e interventi a livello sociale, condivisibili nelle finalità e negli strumenti: campagne a tutela di interessi delle comunità locali, degli anziani, iniziative di solidarietà, etc. Propedeutico a quanto indicato è la condivisione della mission e dei relativi impegni con i quadri territoriali dell’Associazione e con i principali gruppi aziendali di riferimento, la cui partecipazione piena e convinta al percorso di rilancio, rappresenta condizione necessaria e imprescindibile per il suo successo. b) Promuovere nuova e più attiva partecipazione Se ricucire il nesso identitario con la propria base rappresenta oggi una condizione indispensabile per promuovere una maggiore partecipazione da parte degli iscritti alle attività dell’Anla, questa da sola non è sufficiente. L’emorragia delle adesioni dovute al prosciugamento della base dei soci ordinari – processo che difficilmente l’Anla riuscirà a contrastare con le sue sole forze – unitamente al mancato “investimento” sull’altro grande fronte dei soci territoriali, hanno di fatto prodotto una situazione di sostanziale inerzia, da cui l’Anla deve assolutamente uscire. Il punto più critico, come già precedentemente annunciato, e causa al tempo stesso della situazione di stallo in cui la Federazione si trova, è la difficoltà di intervento su due distinti target, rispetto alle cui specificità l’Anla non potrà fare a meno di darsi obiettivi differenziati e utilizzare canali di comunicazione distinti. Rispetto alla base dei soci ordinari, dove capacità di iniziativa ed intervento dell’Anla non può che essere mediata e contenuta nei limiti del rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza dei singoli gruppi, la Federazione dovrà svolgere un’attività finalizzata fondamentalmente alla conservazione di questo ampio e ancora fondamentale patrimonio di iscritti. I singoli gruppi restano i soggetti di riferimento fondamentali, e rispetto a questi, ai livelli periferici dell’Anla è richiesto di: 15
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13077_2010 ‐ promuovere, come già indicato nel paragrafo precedente, quelle iniziative finalizzate a rendere visibile l’impegno della Federazione nella tutela degli anziani e nella promozione dei valori di anzianato attivo: attività che da un lato consentono di non entrare in collisione con i singoli gruppi, dall’altra tuttavia, pongono le basi per un rapporto più diretto con gli associati, che spesso ignorano completamente l’esistenza della stessa Anla; ‐ rafforzare l’attività di coordinamento delle attività dei singoli gruppi sul territorio, attraverso strumenti e canali di comunicazione che favoriscano la circolazione delle informazioni – dall’Anla ai gruppi, e viceversa, e tra singoli gruppi – al fine di valorizzare l’offerta complessiva di iniziative che il sistema Anla può fornire nel territorio; ‐ individuare servizi e iniziative sul territorio da realizzare “in comune”, supportando i piccoli gruppi in quelle attività che, vuoi per le ridotte dimensioni numeriche e finanziarie, questi non riescono a svolgere in autonomia: si pensi ad esempio alle convenzioni (il 58,1% dei presidenti dei gruppi più piccoli chiede che sia l’Anla territoriale a promuoverle, contando ovviamente sull’effetto moltiplicativo che questa può garantire rispetto al piccolo gruppo), che dovranno essere pensate in una logica territoriale, alle gite turistiche (55,8%), all’erogazione di servizi fiscali (ad esempio i caf), che ben si prestano ad essere forniti sul territorio in forma aggregata, e non aziendale; ‐ rafforzare laddove possibile tutti i canali di comunicazione diretta con gli associati. Che si tratti di newsletter allegate alla rivista Esperienza, di comunicazioni su sito o tramite mail, compito dell’Anla territoriale oggi è di ampliare quanto più possibile la propria base di riferimento diretta, valutando ovviamente caso per caso le modaLità più idonee, in funzione delle specifiche sensibilità aziendali; ‐ garantire una partecipazione più attiva dei presidenti dei gruppi di seniores alla vita dell’Anla. La “sovrapposizione di ruoli” può rappresentare infatti in questa fase di passaggio, un importante strumento di continuità tra l’attività dei gruppi, molti dei quali rischiano l’esaurimento e quella dell’Anla che, con funzione di supporto oggi, e di 16
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13077_2010 supplenza magari in futuro, deve attivarsi fin da ora per non disperdere il patrimonio di iscritti che ciascun singolo gruppo ha al suo attivo; ‐ estendere la penetrazione tra le aziende. Per quanto infatti quella dell’anzianato aziendale sia una dimensione sempre più trascurata dalle aziende, l’Anla non può rinunciare a svolgere presso queste stesse un ruolo di promozione attiva, ancora di più se negli anni a venire la funzione della Federazione sul territorio sarà destinata ad arricchirsi di contenuti, diventando questa stessa erogatrice di servizi e promotrice di nuove iniziative. L’Anla potrebbe ad esempio stimolare la creazione di gruppi seniores in quelle realtà più piccole, dove è magari forte lo spirito di identificazione, ma non ci sono le risorse necessarie a “mettere su” gruppi aziendali. Se diverse sono le azioni che possono essere condotte rispetto alla base dei soci ordinari, è però sul fronte dei territoriali che l’Anla è oggi chiamata a darsi nuove logiche e strategie di intervento e a rivedere la propria stessa natura. Dalla logica della federazione, l’Anla passa ad una logica associativa vera e proprio, il che significa che a livello territoriale, deve dotarsi di strumenti in grado di arrivare con servizi, comunicazioni, simboli, direttamente ai propri iscritti, promovendo da parte di questi una partecipazione attiva. Ovviamente, se le misure individuate valgono anche per gli iscritti individuali (le iniziative di partecipazione territoriale e progetti in difesa e tutela degli anziani, la promozione di maggiore visibilità dell’Anla a livello nazionale), è tuttavia presso questa platea che all’Anla viene chiesto uno sforzo in più, di coniugare sempre più alla dimensione identitaria quella funzione di service agli iscritti, che la Federazione non ha mai svolto, se non in qualche rara occasione o esperienza locale, in maniera completamente autonoma. Che si tratti di stipulare convenzioni sul territorio (da questo punto di vista, l’impegno dei direttivi Anla sul territorio dovrebbe essere fortemente stimolato, visto il forte interesse manifestato su questo aspetto), magari legate al benessere e al tempo libero (palestre, terme, centri di bellezza), temi su cui gli anziani sono sempre “sensibili”, o di fornire, per il tramite ad esempio di gruppi aziendali o di singoli soci, servizi fiscali o finanziari 17
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13077_2010 (supporto nella dichiarazione dei redditi, consulenza in materia di polizze, etc), senza trascurare tutta la dimensione dei servizi ludici – gite, tornei, mostre – all’Anla e ai suoi referenti sul territorio è chiesto oggi di compiere un passaggio epocale, passaggio che tuttavia rappresenta nei fatti l’evoluzione più naturale del proprio spirito identitario. c) Snellire e fortificare la macchina organizzativa Quanto finora detto presuppone anche un cambiamento sensibile della macchina organizzativa dell’Anla che prima ancora che essere snellita ha bisogno di essere fortificata nei suoi punti di snodo, che sono i livelli periferici della Federazione, quelli più decisivi in questa delicata fase di cambiamento. Se a livello nazionale è richiesto oggi uno sforzo importante di recupero della capacità di promozione, finalizzato principalmente a dare visibilità all’associazione, è solo se questo sarà accompagnato da un rilancio forte dell’iniziativa a livello territoriale, che potrà crearsi un circuito virtuoso in grado di incidere sull’anima della Federazione. Da questo punto di vista non si può non segnalare l’esigenza, sollevata da molti interlocutori, di un ricambio che coinvolge tutta la struttura; le rappresentanze Anla, sul territorio, ma anche i presidenti dei gruppi aziendali, visto che in media rivestono tale carica da circa 15 anni. Oggi la struttura, a tutti i suoi livelli, ha bisogno di acquisire nuove energie e risorse, tanto più in quanto le viene chiesto di giocare un ruolo molto diverso rispetto al passato. Al tempo stesso è inevitabile che i compiti cui l’associazione sarà chiamata ad adempiere richiedono per molti versi un rafforzamento delle sedi periferiche regionali (solo in un secondo momento è possibile pensare a fortificare il livello provinciale) che dovranno svolgere un vero e proprio ruolo di coordinamento e promozione di eventi ed iniziative. Da questo punto di vista, appare opportuno rivedere: ‐ il sistema di gestione delle sedi regionali, prevedendo una maggiore articolazione di ruoli e funzioni, in grado di dare spazio ai diversi attori e a quanti, iscritti e presidenti dei gruppi seniores, si vogliano concretamente impegnare per l’associazione; 18
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13077_2010 ‐ i meccanismi di ripartizione delle risorse, al fine di favorire logiche di premialità rispetto alle sedi più attive mettendole in condizione di fare sempre di più e meglio; ‐ il sistema di compensi dei presidenti delle sedi periferiche e di quanti saranno chiamati a svolgere ruoli e incarichi, visto che i compiti che li aspettano saranno in futuro sempre più impegnativi e gravosi. d) Comunicare di più, dentro e fuori l’Anla La comunicazione è la dimensione centrale di intervento su cui l’Anla deve spingere di più nei prossimi anni, acquisendo innanzitutto piena consapevolezza del ruolo che questa riveste sia ai fini organizzativi, sia al fine di rinsaldare quella dimensione identitaria che oggi è sempre più strategica per la Federazione. Sul fronte esterno, della comunicazione “istituzionale”, l’Anla ha certamente bisogno di rendersi più presente, di farsi conoscere, e diventare voce accreditata di quel mondo dell’anzianato attivo che oggi, a ben vedere, ha ben pochi rappresentanti. In questo può essere agevolata dal fatto che gli anziani sono diventati un target di riferimento sempre più centrale per il mondo della comunicazione e del consumo, più di quanto loro stessi non si rendino conto. Oggi “gli anziani fanno notizia”, nel bene e nel male. E ciò offre all’Anla degli spazi inediti di azione e di visibilità. Purchè ovviamente ci sia qualcosa da comunicare. Non servono da questo punto di vista iniziative straordinarie o progetti su scala nazionale. Serve iniziare a monitorare le tematiche di interesse del mondo degli anziani (lavoro, salute, consumo, tutela dei redditi) e cercare quanti più spazi di veicolazione del pensiero Anla sull’argomento. Al tempo stesso, tutte le iniziative di interesse che vengono attuate a livello nazionale o territoriale, non possono rinunciare a prendersi quella visibilità, sui media e sulla stampa locale, che è oggi così necessaria per l’associazione. E’ tuttavia ancora di più sul versante interno che l’Anla deve imparare a comunicare. Pur potendo vantare su un veicolo forte e consolidato di informazione qual è la rivista Esperienza, e su interessanti esperienze 19
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13077_2010 territoriali (ad esempio i notiziari allegati alla rivista) questa oggi non basta più. L’Anla ha bisogno di informare con maggiore frequenza, di rendersi visibile e di agevolare il trasferimento di informazioni, all’interno dell’organizzazione – tra livello periferico e nazionale e viceversa – e rispetto ai propri iscritti, che necessitano sempre più di essere informati direttamente dall’associazione. Da questo punto di vista, appaiono fondamentali due passaggi: ‐ estendere la prassi dell’invio dei notiziari, contenenti informazioni sugli eventi in calendario per i mesi successivi alla distribuzione di questi stessi a tutte le sedi regionali, cercando di rendere quello dei notiziari un appuntamento a cadenza bimestrale, anche svincolato dalla distribuzione di Esperienza; ‐ fare del sito Anla non solo uno strumento di comunicazione esterna, ma anche di veicolazione di informazioni ai soci. Se circa il 35% delle persone tra 60 e 75 anni posseggono un collegamento internet a casa, ed è ipotizzabile che tra gli iscritti Anla la percentuale sia ancora più elevata, appare opportuno puntare su questo strumento che, per quanto non fruibile da tutti, risulta tuttavia un canale importante, aggiornabile e consultabile in tempo reale, potenzialmente ricchissimo di informazioni. Da questo punto sarebbe auspicabile attivare collegamenti a delle pagine contenenti informazioni sulle sedi regionali, in modo da consentire ai naviganti l’acquisizione delle informazioni di diretto interesse. 1.4. I prossimi step di lavoro Individuate le possibili linee di sviluppo dell’Anla, che tracciano ovviamente uno scenario di lungo periodo, i prossimi mesi di lavoro potrebbero essere dedicati ad avviare già alcune iniziative. In particolare, appare prioritario: ‐ condividere gli obiettivi di rilancio associativo con i principali referenti territoriali dell’Anla (presidenti e rappresentanti dei principali gruppi) attraverso l’organizzazione di 3 incontri territoriali (in ipotesi Milano, 20
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13077_2010 Firenze, Roma) di presentazione e discussione delle linee di sviluppo individuate dal presente documento; ‐ lanciare presso le sedi periferiche dell’Anla, una campagna promozionale presso gli iscritti territoriali che preveda, per un limitato periodo di tempo, la possibilità di sottoscrivere iscrizioni con quote associative ridotte; ‐ ristrutturazione del sito web dell’Anla e revisione/integrazione degli indirizzari dei soci con indirizzo mail; ‐ avvio di una fase di sperimentazione presso alcune sedi territoriali dove maggiore è la presenza di soci territoriali, di iniziative di promozione della partecipazione sul territorio, e monitoraggio degli effetti; ‐ avvio di 3 progetti “simbolo” di portata nazionale, finalizzati a rilanciare l’attività istituzionale dell’Anla. I progetti dovranno riguardare quelle aree di interesse in cui l’Anla può dare, per il tramite dei propri iscritti, un contributo importante alla società, nelle sfere d’azione a lei più contigue: il mercato del lavoro, sicuramente, ma anche il volontariato, la difesa del consumatore (non scordiamoci che gli anziani sono tra i segmenti oggi più appealing per il mercato, ma al tempo stesso quelli più a rischio, proprio per le evoluzioni che hanno interessato il mondo del consumo) la tutela della salute, insomma tutti quei contesti in cui i seniores possono spendere la loro esperienza, il loro impegno, la loro professionalità al servizio della società o far valere, tutelandoli, i loro interessi. Si può ipotizzare ad esempio la realizzazione di un protocollo di intesa, a livello nazionale con il ministero dell’Istruzione, o periferico, in alcuni grandi comuni del territorio nazionale, finalizzato ad esempio a promuovere attività di orientamento dei giovani – iscritti alle scuole medie o superiori – rispetto ai percorsi di studio, al fine di far capire la loro “spendibilità” effettiva in termini professionali. Oppure, una “class action” nazionale, ovvero una campagna di comunicazione e sensibilizzazione sociale su tutti quegli aspetti – accesso 21
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13077_2010 alle informazioni, fruibilità dei servizi, etc – che rendono gli anziani particolarmente penalizzati nella tutela ad esempio dei propri diritti di consumatore. 22
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13077_2010 2. L’ANLA VISTA DA DENTRO 2.1. Le dimensioni del sistema L’Anla viene fondata nel 1949, come federazione di secondo livello che riunisce i gruppi di seniores d’azienda sul territorio nazionale. Riconosciuta come associazione di promozione sociale, senza scopo di lucro, si pone come obiettivo statutario quello della tutela della dignità e degli interessi dell’anzianato d’azienda, della valorizzazione del ruolo dei seniores sul posto di lavoro e nella società civile, del collegamento tra anziani in servizio e in quiescenza, insieme alla diffusione dei valori spirituali e sociali del lavoro quali la fedeltà, l’esperienza e la professionalità. Nel corso degli anni la base associativa si è ampliata, includendo appunto anche membri individuali, la cui adesione non risulta mediata dall’appartenenza ad un gruppo aziendale. Oggi, i soci dell’Anla si distinguono in: ‐ soci ordinari: seniores (in servizio o in quiescenza) con almeno venti anni di servizio, dei quali dieci prestati ininterrottamente nella stessa Azienda o Ente pubblico, e la cui iscrizione avviene tramite i Gruppi o le Associazioni aderenti all'Anla; ‐ soci territoriali: seniores (in attività o quiescenza) non facenti parte di Gruppi o Associazioni aziendali, lavoratori autonomi anziani (in attività o quiescenza), familiari dei soci ordinari non conviventi e altri che, condividendo le finalità dell'Anla e volendo partecipare alle sue attività ed iniziative, vengono aggregati a livello provinciale; ‐ soci familiari: sono i familiari conviventi dei soci ordinari o territoriali, da questi iscritti per partecipare alle iniziative socio politiche, culturali e del tempo libero dell'Anla. Nel 2010, aderivano all'Anla 9 Gruppi aziendali a dimensione nazionale e 195 Gruppi aziendali locali. I soci ordinari erano quasi 77 mila (85,6% del totale), quelli territoriali 10.566 (11,9%) e i familiari 2.274 (2,6%) (tab. 1). 23
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13077_2010 Tab. 1 – Distribuzione degli iscritti Anla, per tipologia e macro area (val.ass. e val.%) Familiari Gruppi Singoli Totale Valori assoluti Nord ovest 554 33930 5559 40043 Nord est 1062 16348 1688 19098 Centro 425 13494 1974 15893 Sud e isole 233 12441 1341 14015 TOTALE 2.274 76.254 10.566 89.094 Valori % Nord ovest 24,4 44,5 52,6 44,9 Nord est 46,7 21,4 16,0 21,4 Centro 18,7 17,7 18,7 17,8 Sud e isole 10,2 16,3 12,7 15,7 TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 Valori % Nord ovest 1,4 84,7 13,9 100,0 Nord est 5,6 85,6 8,8 100,0 Centro 2,7 84,9 12,4 100,0 Sud e isole 1,7 88,8 9,6 100,0 TOTALE 2,6 85,6 11,9 100,0 Fonte: elaborazione Censis su dati Anla Il grosso delle iscrizioni si concentra nel Nord Ovest (40.043 associati in tutto, pari al 44,9%) e in particolare in Lombardia e Piemonte che, rispettivamente con il 23,9% e 15,7% delle iscrizioni, rappresentano da sole quasi al 40% di iscritti. Seguono, distaccate di molto, Nord Est (21,4%), Centro (17,8%) e Sud (15,7%) (fig. 1). La quota di soci individuali, reclutati a livello provinciale, è lievitata notevolmente negli ultimi anni e rappresenta l’unica componente in crescita, dal momento che i soci ordinari hanno fatto registrare drastiche riduzioni. 24
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13077_2010 Fig. 1 – Distribuzione degli iscritti Anla per regione (val. ass.) Lombardia
Piemonte
Lazio
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Campania
Emilia Romagna
Toscana
Liguria
Sicilia
Marche
Abruzzo
Puglia
Trentino Alto Adige
Sardegna
Calabria
Umbria
Basilicata
Valle d'Aosta
Molise
8.327
6.711
6.174
5.668
5.289
4.629
4.466
2.928
2.303
1.795
1.690
924
774
743
634
288
196
129
0
5.000
10.000
21.425
13.956
15.000
20.000
25.000
Fonte: elaborazione Censis su dati Anla Tale dinamica è risultata particolarmente spinta in alcune aree del Paese, dove la quota di famigliari e dei soci territoriali singoli, inizia ad essere significativa. E’ il caso del Piemonte, dove i soci ordinari rappresentano il 76,5% degli iscritti e i singoli arrivano al 22,5%, del Trentino Alto Adige e della Toscana, dove la logica di ampliamento della base associativa si sta concentrando sia sul fronte dei famigliari (i soci famigliari rappresentano il 13,6% del totale degli iscritti in Trentino e il 6,4% in Toscana) che dei soci territoriali singoli (9% in Trentino e 15,5% in Toscana) (tab. 2). 25
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13077_2010 Tab. 2 – Distribuzione degli iscritti Anla, per tipologia di iscrizione e regione (val. ass. e val.%) Familiari Gruppi Singoli Totale Valle d'Aosta 0,5 86,7 12,8 100,0 Piemonte 1,1 76,4 22,5 100,0 Liguria 3,3 83,4 13,3 100,0 Lombardia 1,2 90,4 8,4 100,0 Veneto 6,0 84,9 9,1 100,0 Friuli Venezia Giulia 2,5 92,0 5,5 100,0 Trentino Alto Adige 13,6 77,4 9,0 100,0 Emilia Romagna 7,2 80,4 12,4 100,0 Toscana 6,4 78,1 15,5 100,0 Marche 1,9 85,6 12,5 100,0 0,5 86,4 13,1 100,0 Umbria Lazio 1,0 88,4 10,6 100,0 Campania 0,5 90,2 9,3 100,0 Abruzzo 4,1 89,1 6,9 100,0 Molise 10,1 75,2 14,7 100,0 Basilicata 0,3 81,6 18,1 100,0 Puglia 0,3 84,6 15,1 100,0 Calabria 0,8 87,5 11,7 100,0 Sardegna 0,1 87,3 12,5 100,0 Sicilia 3,6 90,1 6,3 100,0 0,0 91,1 8,9 100,0 Estero TOTALE 2,6 85,6 11,9 100,0 Fonte: elaborazione Censis su dati Anla In particolare, i soci ordinari, cioè la base più ampia dell’associazionismo Anla, sia per vocazione che dal punto di vista numerico, ha vissuto negli ultimi anni un significativo depauperamento, e questo a causa: ‐ della crisi, che ha portato alla chiusura di molte aziende, o al ricorso alla Cassa integrazione e alla mobilità, con una conseguente emorragia di iscritti, effettivi o potenziali, e un’atomizzazione crescente dei gruppi aziendali; 26
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13077_2010 ‐ della crescente mobilità del mercato del lavoro, che ha indotto un ridimensionamento di alcuni dei valori portanti dell’anzianato, come quello della lealtà e dell’identificazione con l’azienda, con la sua mission, con il suo bagaglio di storia, esperienze e valori, che ha reso più difficile il raggiungimento delle soglie di anzianato richieste; ‐ del progresso tecnologico, che comporta in alcune aziende capital‐
intensive una riduzione sempre maggiore della consistenza del fattore lavoro; ‐ della poca dinamicità dei gruppi aziendali, spesso derivante dalla scarsa motivazione di chi ne è responsabile, che scoraggia l’interesse degli iscritti; ‐ dell’atteggiamento delle aziende, sempre più disinteressate alla fidelizzazione dei propri dipendenti, che potrebbe anche tradursi in un ritiro del sostegno economico e quindi nella progressiva estinzione del gruppo stesso; ‐ delle ristrutturazioni, delle fusioni e di tutti quei cambiamenti o passaggi nella proprietà delle aziende che generano discontinuità nel rapporto con il gruppo anziani, con ripercussioni sulla funzionalità degli stessi e, quindi, anche sul fronte associativo; ‐ del ritiro delle adesioni di alcune realtà aziendali, che decidono deliberatamente di rompere il rapporto associativo con l’Anla perché insoddisfatti del suo operato, pur mantenendo viva l’identità del gruppo seniores aziendale; ‐ della moltiplicazione dell’offerta associazionistica, sempre più diversificata e specializzata, che determina un’estrema concorrenza sul piano delle attività e dei servizi fruibili da parte degli iscritti, e che ha portato nel tempo ad una significativa riduzione di appeal del gruppo anziani, in misura sensibile agli occhi dei giovani, soprattutto a causa della maggiore trasversalità e genericità delle attività proposte. La caduta nelle iscrizioni dei soci ordinari non è contemperata dall’andamento ascendente di quelli individuali, generando di fatto una significativa contrazione nel numero complessivo degli iscritti Anla negli 27
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13077_2010 anni più recenti. Tuttavia, la problematica delle iscrizioni non è avvertita in pari misura in tutte le regioni: ci sono alcune realtà, anche se numericamente poco significative, che hanno fatto registrare una sostanziale tenuta, se non quando addirittura una crescita, negli ultimi anni. Queste dinamiche rendono conto di una situazione di sostanziale stagnazione, se non di arretramento a tratti, che rende urgente una revisione del ruolo dell’Anla ai diversi livelli, nel rapporto con gli iscritti, con i gruppi e con in territori, con le istituzioni e l’opinione pubblica. 2.2. L’attività delle sedi Anla nel territorio La presenza dell'Associazione sul territorio è assicurata attraverso 70 sedi nelle quali operano le presidenze regionali e provinciali. Dai colloqui effettuati con alcuni rappresentanti regionali dell’Anla è stato possibile tracciare un panorama di quelle che sono oggi le principali opportunità e criticità che le sedi periferiche incontrano nella loro attività quotidiana a contatto con i gruppi, individuando anche quelle possibili aree di intervento che potrebbero rilanciare il ruolo e la funzione della Federazione a livello periferico. Le attività dell’Anla regionale si sostanziano principalmente nell’indizione di Consigli regionali nel corso dei quali si opera il raccordo tra i vari gruppi, rilevando e confrontandone i desiderata al fine di realizzare il più ampio consenso possibile sulle iniziative. Se tipiche del gruppo aziendale sono quelle attività di presidio e di turismo culturale, il compito delle sedi Anla regionali e provinciali, così come percepito dai referenti intervistati nel corso del progetto, dovrebbe essere quello di conferire una certa specificità alla propria offerta, affiancandosi e non sovrapponendosi ai gruppi. Pertanto, anche quando l’Anla voglia muoversi sul piano della ricreatività e del tempo libero, la volontà rimane quella di non duplicare le iniziative aziendali, ponendosi come alternativa valida per i soci rispetto all’offerta 28
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13077_2010 dei gruppi di riferimento, intesa ad ampliare il più possibile la gamma di possibilità fruibili dagli iscritti. Questo vale per le gite turistiche, anche in un’ottica di riscoperta degli asset del territorio, o di introduzione alle realtà aziendali facenti parte dell’indotto, così come per le convenzioni, la partecipazione ad attività culturali, come spettacoli teatrali e mostre, e gli eventi sociali (pranzi e cene sociali, con premiazione dei soci più attivi nella vita associativa). Le realtà provinciali più attive organizzano esposizioni di arti e mestieri, anche più volte all’anno, per sensibilizzare la cittadinanza ai valori del lavoro e all’importanza del mantenimento delle professionalità tradizionali, costitutive dell’identità del tessuto produttivo locale e fondamentali per il suo ulteriore sviluppo. Inoltre, l’Anla a livello territoriale può inserirsi negli interstizi lasciati vuoti dai gruppi aziendali erogando servizi che questi, sia per motivi dimensionali che tecnici, potrebbero non essere in grado di espletare. L’esempio più significativo è quello dell’assistenza fiscale: l’Anla territoriale funzionerebbe, di fatto, come centro di assistenza fiscale o come punto di raccolta, appoggiandosi al Caf locale, praticando tariffe agevolate e supplendo in questa maniera alla mancata copertura degli iscritti alle associazioni di dimensioni medio‐piccole su questo fronte. Le realtà provinciali più attive, tuttavia, si impegnano anche nell’organizzazione di corsi formativi (per l’utilizzo del computer, per approfondire la conoscenza delle lingue ecc.) volti a dotare gli anziani interessati degli strumenti necessari per interagire in un contesto sempre più informatizzato e globalizzato senza sentirsi marginalizzati. Ancora, alcune strutture offrono servizi anche in materia previdenziale, legale, contabile, sanitaria e assicurativa. Particolarmente degna di nota è l’attività di volontariato e solidarietà a favore di anziani soli o disabili, come nel caso dell’assistenza e del trasporto per dialitici o malati di tumore, oppure tramite un ente appositamente creato, la L.A.V. ‐ Lavoratori Anziani per il Volontariato – attivo nelle province di Pordenone, Udine, Ferrara e Ascoli Piceno. Un escamotage che cerca di porre rimedio ai limiti che sono imposti dalla normativa vigente alle associazioni di promozione sociale come l’Anla. In particolare, nel territorio marchigiano la L.A.V. svolge una 29
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13077_2010 fondamentale funzione comunicativa tra le fasce d’età più giovani, avvalendosi del supporto dei ragazzi del servizio civile e offrendo la possibilità agli studenti universitari del territorio, tramite convenzioni con i relativi atenei, di svolgere stage e tirocini presso l’ente. Riguardo l’attività dei referenti regionali dell’Anla si segnala come alcuni di essi hanno investito nella comunicazione diretta con gli iscritti, ritenuta il canale più incisivo per pubblicizzare l’operato dell’associazione su base territoriale, laddove la mediazione dei gruppi non risultava particolarmente funzionale alla trasmissione di un’informazione completa ed esauriente. La pubblicazione di inserti, brochure e opuscoli aggiuntivi, distribuiti in allegato alla rivista Esperienza (anche su base bi o trimestrale) sul territorio di riferimento rappresenta in alcune regioni il veicolo scelto per far arrivare direttamente al socio l’informazione riguardante l’offerta regionale. Questo può diventare, allo stesso tempo, una possibilità per gli stessi gruppi aziendali di divulgare ad una platea più vasta di destinatari i propri programmi di attività, non precludendosi al contempo la possibile adesione alle iniziative proposte da iscritti ad altri gruppi. Uno scopo che finora è stato perseguito attraverso la pubblicazione delle testimonianze delle attività dei gruppi all’interno della rivista Esperienza, rendendo visibili ad un pubblico che si estende entro i confini nazionali le iniziative di gruppi radicati anche a livello strettamente territoriale. Trattasi di un’operazione che, se da un lato garantisce un importante ritorno di immagine ai gruppi aziendali, e in ultima analisi alle aziende stesse, pone una significativa questione di opportunità ai referenti regionali. Alcuni di questi, infatti, nell’auspicare di ricevere un maggiore supporto dall’Anla nazionale per lo sviluppo e la crescita degli inserti regionali, propongono di eliminare, all’interno della rivista, la sezione dedicata alle attività dei gruppi, che potrebbero essere invece più adeguatamente riportate, documentate e divulgate all’interno dell’opuscolo regionale, lasciando quindi più spazio alla pubblicità nella rivista nazionale in un’ottica di autofinanziamento. Vi è infine il tema della gestione delle risorse che rappresenta un argomento centrale all’interno del sistema Anla, considerato che al momento, sulla struttura nazionale gravata il peso di un’organizzazione 30
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13077_2010 estremamente complessa, per cui le risorse generate dal territorio, vengono interamente dirottate dalla periferia al centro, per essere poi ridistribuite con trasferimenti in direzione inversa. Quella dell’autofinanziamento è una prospettiva auspicata soprattutto da quei referenti territoriali che si sono mossi in direzione del progressivo sganciamento dalla dipendenza finanziaria dalla sede centrale, autofinanziandosi attraverso: ‐ i contributi richiesti come corrispettivo per l’erogazione di alcuni servizi (come assistenza fiscale o corsi formativi); ‐ la ricerca di sponsor. Il processo di autonomizzazione delle sedi periferiche non rappresenta tuttavia un trend generalizzato, e la panoramica regionale mostra un quadro fondamentalmente eterogeneo: si va dalla totale dipendenza dai flussi di cassa provenienti da Roma, quando la copertura dei costi, in entrambe le componenti fissa e variabile, è interamente garantita dai trasferimenti centro‐periferia, fino all’indipendenza, più o meno completa, nel finanziamento delle proprie uscite. Solitamente i costi di struttura sono a carico dell’Anla nazionale, mentre le attività vengono autofinanziate dalle sedi decentrate. Ciononostante esistono sporadici casi virtuosi di realtà territoriali (regionali e provinciali) in grado di perseguire la completa autonomia finanziaria, adoperandosi per non gravare sulle casse dell’associazione, al fine di garantire agli organi centrali la disponibilità di risorse necessaria per un efficace perseguimento degli obiettivi statutari. Una proposta alternativa è quella che vede applicare ai trasferimenti centro‐periferia dell’Anla i principi del federalismo fiscale, secondo i quali ogni territorio dovrebbe ricevere in proporzione a quanto produce, in termini di flussi di quote associative. C’è anche chi propone un supporto finanziario di carattere statale al funzionamento dell’Anla, in riconoscimento della funzione svolta dalla stessa per la collettività. È comunque opinione generalizzata che il pieno ed efficace funzionamento del livello nazionale sia imbrigliato dall’inefficienza del livello decentrato. 31
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13077_2010 L’articolazione strutturale dell’Anla sul territorio potrebbe potenzialmente rappresentare un notevole punto di forza per l’associazione, dotandola di una rete piuttosto capillare di presìdi in grado di metterla in contatto diretto con le realtà locali di riferimento. Ciononostante, le sedi di secondo livello sono state progressivamente svuotate di funzioni e contenuti, venendo a rappresentare per l’associazione, nella gran parte dei casi, solo un onere economico sempre più difficile da sostenere. A questo scopo, una proposta che è stata avanzata è quella della creazione di sedi on‐line, portali multifunzionali che consentirebbero di abbattere i costi di struttura offrendo un’interfaccia dinamica e flessibile, eventualmente anche più efficiente. 32
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13077_2010 3. L’ANLA E I GRUPPI ANZIANI: RISULTATI DELL’INDAGINE SVOLTA PRESSO I PRESIDENTI DEI GRUPPI 3.1. I gruppi di seniores aderenti all’Anla, nel mutato scenario del mercato del lavoro Malgrado l’Anla abbia aperto negli ultimi anni l’accesso a soci singoli, i cosiddetti territoriali, i gruppi continuano a rappresentare il principale bacino di alimentazione della Federazione. Si è cercato pertanto, attraverso un’indagine realizzata presso 86 Presidenti dei gruppi di seniores, di delineare la struttura e le caratteristiche dei gruppi, di approfondire l’intensità e la varietà delle iniziative da questi svolti, il rapporto di collaborazione con l’Anla, e le attese di ruolo che questi hanno rispetto alla Federazione. I gruppi seniores si strutturano in base all’articolazione interna dell’azienda, del gruppo o della holding di cui fanno parte. Le realtà di dimensioni maggiori, quindi, spesso ricomprendono una galassia di soggetti minori, che possono a loro volta organizzarsi in sezioni. Solitamente ogni realtà aziendale dotata di una propria identità distintiva si organizza in una sezione, che può comporsi di più gruppi aziendali in base al numero di sedi territoriali del quale consta, per poi fare capo e riferire all’azienda madre e al relativo gruppo seniores. Quella che oggi risulta prevalere è la tendenza di ciascun gruppo anziani a strutturarsi intorno ad una sola sede, quella centrale; il 57% dei gruppi non ha infatti altre sedi territoriali. Se però si distingue in base alle dimensioni dei gruppi, si evince che normalmente quelli grandi, con oltre 500 iscritti, presentano un’articolazione territoriale che vede la presenza di sezioni locali (se il 45,2% di essi non ha altre sedi oltre alla centrale, il 16,1% ne ha almeno due e il 35,5% addirittura più di due), a differenza di quanto avviene tra quelli che non superano i 500 iscritti, tra i quali il 63,6% ha una sola sede, quella centrale, e “solo” il 25,5% ne ha altre (tab. 3). 33
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13077_2010 Tab. 3 ‐ Sezioni in cui si articola il gruppo anziani oltre alla sede centrale, per ampiezza del gruppo (val. %) Iscritti al gruppo Numero di sedi territoriali in cui si articola il gruppo Fino a 500
Oltre 500
Totale Nessuna oltre a quella principale
63,6
45,2
57,0 1‐2 sedi 16,4
16,1
16,3 Più di 2 sedi 9,1
35,5
18,6 Non indica 10,9
3,2
8,1 Totale 100,0
100,0
100,0 Fonte: indagine Censis, 2011 Accanto all’aspetto più statico, che attiene all’assetto organizzativo che i gruppi anziani si sono dati, l’analisi dei soggetti aderenti all’Anla non può prescindere dall’indagare dimensioni più dinamiche, quali il flusso delle iscrizioni ed il commitment degli iscritti nei confronti dei gruppi. Per risalire ad un indicatore che dia conto della vitalità interna dei gruppi seniores può non bastare soffermarsi sulla consistenza numerica degli iscritti, bensì assumere come misura ulteriore un dato che attenga al tasso di partecipazione. Concentrando l’attenzione sull’andamento delle iscrizioni ai gruppi seniores nell’arco temporale riferito agli ultimi cinque anni, per come è percepito dai responsabili dei gruppi aziendali, esso si dimostra in leggera flessione, lungi però dall’assumere connotati di una certa drammaticità. Benché tra i responsabili dei gruppi prevalga l’impressione che il numero delle iscrizioni sia tutto sommato stazionario (35,3%), le dinamiche dei vari gruppi appaiono molto differenziate, seppur complessivamente confermino la sensazione generale di staticità: a fronte infatti del 5,9% che segnala un “forte decremento delle iscrizioni”, ovvero superiore al 30%, vi è un altro 5,9% che all’opposto, indica un “forte aumento” (5,9%) (fig. 2). 34
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13077_2010 Fig. 2 ‐ Andamento delle iscrizioni negli ultimi 5 anni, per ampiezza del gruppo (val. %) 5,9
9,1
23,3
28,2
30,9
Forte decremento (oltre il ‐30%)
43,3
Decremento (fino al ‐30%)
35,3
30,9
Stazionarietà
Aumento (fino al 30%)
Forte aumento (oltre il 30%)
16,7
24,7
29,1
16,7
5,9
Fino a 500
Oltre 500
Fonte: indagine Censis, 2011 Totale
E allo stesso tempo appaiono abbastanza simili anche le percentuali di quanti indicano una situazione di crescita, entro il 30% (sono il 24,7%) e di quanti al contrario, segnalano un decremento (28,2%). Insomma, ad uno sguardo generale, non sembrerebbero emergere evidenti segnali in direzione della crescita o del decremento della base degli iscritti. Tuttavia, l’analisi più approfondita per classe dimensionale dei gruppo offre spunti interessanti. I gruppi seniores fino a 500 iscritti sono quelli più in affanno, considerato che il 40% lamenta un decremento delle iscrizioni, nel 9,1% dei casi superiore al 30%. Di contro, i gruppi anziani con oltre 500 iscritti stanno continuando ad incrementare le proprie fila, almeno stando a quanto percepito dai responsabili: non vi è traccia di “forti decrementi” e al 23,3% di coloro che denotano un “decremento” nelle iscrizioni, fanno da contraltare il 16,7% che invece segnalano un “aumento” ed altrettanti che osservano perfino un “forte aumento”. 35
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13077_2010 Il quadro attuale sembra pertanto evolvere verso una situazione di progressiva polarizzazione all’interno dei gruppi anziani: quelli piccoli si restringono sempre più, col rischio concreto di scomparire del tutto, quelli grandi, al contrario, sembrano espandersi. Al di là del dato numerico, conta anche, e molto, il livello di identificazione e partecipazione degli iscritti alla vita sociale. Aspetto questo che poi ha ricadute dirette sulle stesse dinamiche di crescita o diminuzione degli iscritti. Da questo punto di vista, vi è in generale la percezione da parte dei responsabili dei gruppi di un livello di coinvolgimento soddisfacente. La metà degli intervistati (50,6%) lo ritiene discreto, specie se ci si limita alle attività che i singoli iscritti ritengono vicine ai propri interessi, per le quali il coinvolgimento mostrato è di un certo rilievo, seppur non sia particolarmente propositivo. Ad essi si aggiunge un numero rilevante di referenti, il 34,1%, che dei propri iscritti sottolinea l’elevato grado di identificazione nel gruppo, caratterizzato da dinamicità e propositività (tab. 4). Tab. 4 ‐ Livello di identificazione e interesse da parte degli iscritti nei confronti del gruppo come momento aggregativo e di condivisione, per ampiezza del gruppo (val. %) Iscritti al gruppo Fino a 500
Oltre 500 Totale Elevato, gli iscritti sono attivi, dinamici e 36,4 30,0 34,1 propositivi Discreto, gli iscritti si interessano alle iniziative che sentono più vicine alle loro esigenze, ma non 43,6 63,3 50,6 troppo propositivi Insufficiente, gli iscritti sono piuttosto disinteressati alle attività e alla sopravvivenza 20,0 6,7 15,3 stessa del gruppo Totale 100,0
100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2011 36
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13077_2010 Soltanto tra i gruppi anziani fino a 500 iscritti vi è, tra i responsabili, una quota rilevante che sottolinea come l’interesse e la partecipazione da parte degli iscritti siano assolutamente insufficienti e che assume proporzioni ben più importanti se paragonato al dato omologo riferito ai gruppi anziani con più di 500 iscritti (rispettivamente 20% e 6,7%). D’altro canto, va anche sottolineato che è proprio nei gruppi più piccoli che si riscontra anche il livello più alto di partecipazione, considerato che ben il 36,4% dei presidenti di gruppi fino a 500 iscritti, contro il 30% di quelli con 500 e oltre, definisce i propri associati dinamici, attivi e propositivi. Se, dunque, qualche segnale di preoccupazione sulla futura tenuta dei gruppi aziendali più piccoli sorge sul versante quantitativo, lo stesso si avverte osservandone la composizione qualitativa, essendovi una quota non indifferente di iscritti del tutto disinteressati alla sopravvivenza stessa del gruppo anziani e sui quali si dovrà lavorare non poco onde rafforzarne il commitment ed evitare ulteriori perdite di iscritti. Tuttavia tale compito risulterà quanto mai arduo se è vero che tutti i referenti territoriali intervistati individuano come cause principali della contrazione delle iscrizioni di soci ordinari una serie di fattori in larga parte esogeni all’operato dei gruppi. La prima ragione addotta attiene al valore dell’anzianato professionale, non più percepito come centrale da parte delle “nuove” generazioni, almeno non come lo era in passato (sostenuto dal 53,6% dei referenti dei gruppi aziendali). Non riconoscendone il valore intrinseco ed essendovi di conseguenza un’identificazione debole nei principi dei quali i seniores d’azienda si fanno portavoce il movente ad iscriversi ai gruppi, che fanno di tale aspetto il fulcro del proprio essere, appare poco incisivo (fig. 3). A seguire, il 50% indica la flessione dell’organico aziendale: fattore che incide in modo duplice sull’adesione ai gruppi, sia in termini di riduzione dei lavoratori “in uscita”, sia in termini di disincentivazione di questi stessi a proseguire in un rapporto con l’azienda, per il tramite del gruppo seniores, laddove l’uscita sia stata in qualche modo indotta dall’azienda ai fini di agevolare riorganizzazioni e ristrutturazioni interne. 37
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13077_2010 Fig. 3 ‐ Principali cause di diminuzione del numero degli iscritti tra i gruppi (val. %) Scarsa identificazione tra le "nuove" generazioni nei valori dell' anzianato
53,6
Flessione organico aziendale
50,0
Mancanza requisiti di anzianità aziendale
17,9
Scarsa identificazione/attaccamento all'azienda delle nuove generazioni di …
14,3
Esistenza di altri gruppicon maggiore seguito all 'interno dell 'azienda 14,3
,0
Fonte: indagine Censis, 2011 10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
Se quelle indicate sono le motivazioni principali, non vanno scordate altre che, pur riscuotendo minori consensi appaiono altrettanto importanti, sebbene alle prime intrinsecamente collegati. E’ importante ad esempio, quanto sottolineato dal 17,9% che lamenta la difficoltà per i lavoratori di raggiungere i requisiti di anzianità aziendale richiesti per la partecipazione al gruppo dei seniores, o dal 14,3% che invece chiama in causa la “concorrenza” interna, rappresentata da gruppi o associazioni operanti nelle medesime aziende, che sottrarrebbe potenziali iscritti ai gruppi di seniores. Sempre nell’ottica del calo delle iscrizioni ai gruppi anziani, sembra giocare un ruolo rilevante lo sfaldamento di quello che potrebbe essere considerato lo zoccolo duro dell’adesione dei seniores al gruppo aziendale: l’identificazione con la cultura unitaria aziendale, il processo di interiorizzazione dei suoi valori costitutivi, la partecipazione alla preservazione del senso identitario e l’attaccamento all’azienda, anch’essi sono fattori che hanno contribuito a rendere meno sentito lo stimolo ad 38
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13077_2010 iscriversi ai gruppi seniores secondo l’opinione dei responsabili dei gruppi anziani (14,3%). Quest’ultimo dato sembrerebbe del resto confermare, come oggi, a rischio, oltre che la sopravvivenza dei gruppi, è proprio il valore dell’anzianato in quanto tale. Interpellati infatti specificatamente su questo aspetto, ben il 61,4% dei responsabili dei gruppi aziendali ritiene che la flessibilizzazione del mercato del lavoro abbia già posto a rischio la tenuta e la centralità di tale valore e sono assai meno coloro che lo ritengono ancora centrale nella società (25,3%), essendo la fedeltà, l’esperienza e la professionalità tuttora attuali ed in grado di conferire ad ogni singola realtà aziendale quel valore aggiunto che il mercato è in grado di riconoscere e premiare (fig. 4). Fig. 4 ‐ Giudizio sulla condivisione del valore dell'anzianato professionale oggi (val. %) Del tutto superato dall'accumulazio
ne di esperienze in diversi contesti
13,3
Ancora fondamentale, essendo legato ai valori dell'azienda
25,3
A rischio, per la progressiva flessibilizzazione del mercato del lavoro
61,4
Fonte: indagine Censis, 2011 Vi è poi un 13,3% che lo considera del tutto superato, considerato che oggi il mercato del lavoro tende, al contrario, a promuovere valori diametralmente opposti a quelli dell’anzianato, quali ad esempio la varietà delle esperienze professionali, accumulate in contesti e comparti diversi. 39
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13077_2010 Anche tale ordine di considerazioni sembra ricondurre, seppur in maniera indiretta, al calo di appeal che ha caratterizzato il valore dell’anzianato tra i lavoratori attivi e quiescenti. Perché la progressiva diluizione del collante che teneva uniti lavoratori e padronato, vera forza aggregante e propulsiva del gruppo anziani, viene addebitata soprattutto alla fine, nella maggior parte dei casi, dell’azienda a gestione familiare. Smembramenti, fusioni, cessioni, inglobamenti, ristrutturazioni, esternalizzazioni: in una fase di cambiamento del mercato come quella attuale, nella quale la crisi ha ridisegnato i confini e le caratteristiche di gran parte delle realtà aziendali, disperdendo e spersonalizzando la proprietà e la gestione, la perdita del senso di identità e di appartenenza al gruppo, di partecipazione collettiva alla costruzione di un risultato comune e condiviso, la fine della cultura unitaria e dello spirito familiare rappresentano le cause principali dell’agonia dei gruppi seniores. Con la progressiva estinzione dell’azienda paternalistica viene meno quella capacità di tenuta che deriva dall’identificazione in certi valori, e che mantiene saldo anche il gruppo seniores. Tuttavia non mancano realtà nelle quali la cultura aziendale è forte a tal punto da sopravvivere persino all’estinzione dell’azienda stessa: ci sono casi, pur rari, di gruppi di seniores ai quali aderiscono solo anziani in quiescenza, uniti da un vissuto e un sentire comuni maturati in tanti anni di vita lavorativa nello stesso contesto, che li spingono a tenere in vita associazioni anche senza avere più un’azienda che li sostenga. In seconda istanza, le stesse trasformazioni che hanno riguardato la struttura e la proprietà delle aziende e, più in generale, i connotati del tutto nuovi assunti dal mercato del lavoro, hanno indebolito i presupposti della partecipazione al gruppo aziendale, non solo in termini quantitativi ma anche qualitativi. Su tale ultimo aspetto è venuta meno la forza aggregante che teneva uniti i lavoratori, perché vi è stato lo svuotamento di valori quali l’affezione e la lealtà all’azienda dimostrate attraverso l’investimento duraturo e continuativo in una sola realtà lavorativa, accompagnato da un crescente protagonismo della mobilità, intesa come accumulazione di esperienze in contesti diversi. E gli effetti si sono riflessi sul progressivo inaridimento del valore dell’anzianato professionale. 40
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13077_2010 Sul piano quantitativo, invece, da un lato la flessibilizzazione (e precarizzazione) del mercato del lavoro ha causato la flessione degli organici aziendali riducendo il bacino di potenziali aderenti ai gruppi seniores, dall’altro la progressiva affermazione del turnover delle risorse umane ha reso sempre più difficile e raro il raggiungimento delle soglie di anzianato per poter accedere ai gruppi. Se, tuttavia, per quanto attiene alle ragioni di tipo qualitativo sono necessarie operazioni di medio‐lungo corso per invertire il calo delle iscrizioni, sul fronte quantitativo un ritorno immediato in termini di iscritti potrebbe già essere raggiunto ponendo mano alle soglie di anzianità aziendale richieste per poter aderire ai gruppi, oggigiorno fin troppo elevate considerando le evoluzioni subite dal mercato del lavoro ed i contestuali effetti “decimatori” della crisi. Un certo numero di referenti dei gruppi aziendali, seppur minoritario, non manca inoltre di sottolineare le difficoltà che incontrano nell’individuare una propria identità distintiva e specificità nella proposta associativa, in grado di farli emergere e renderli appealing e competitivi nel vasto panorama di realtà alternative, più specializzate e diversificate, e per questo più incisive sul mercato di riferimento. L’inflazione nell’offerta associativa ingenera una certa indifferenza e insensibilità nei confronti degli stimoli provenienti dal gruppo anziani, soprattutto tra le fasce d’età meno anziane. In particolare, è la nascita dei Cral a spingere sempre più frequentemente il management a selezionare il gruppo a cui concedere il proprio sostegno, che, sulla base di una valutazione basata su principi di non discriminazione, non può non essere quello aperto alla partecipazione di tutti. Per nulla, invece, è percepita come minaccia dai gruppi di dimensioni più grandi, forse perché con alle spalle una tradizione più consolidata ed un potere contrattuale di ben altro rango rispetto alle altre realtà associative interne all’azienda. Lo stesso dicasi per le proposte associative alternative che invece non hanno i caratteri propri dell’anzianato d’azienda o in qualche maniera attinenti con essi, le quali non rappresentano affatto motivo di 41
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13077_2010 preoccupazione per la vita associativa dei gruppi anziani, siano essi grandi o piccoli. Ultimamente, nella maggior parte dei casi la sopravvivenza dei gruppi aziendali sembra dipendere anche e soprattutto dal livello di interesse che l’azienda nutre nel mantenerli attivi. In questo quadro, i gruppi rimasti in vita sono quelli che sono stati in grado di ripensarsi, abbandonando la logica da posizione di rendita acquisita per riproporsi al management in modo dialettico e competitivo, in un’ottica di scambio e guadagno reciproco. Hanno così ottenuto la fiducia dell’azienda, facendo valere la propria capacità di generare un ritorno (sia verso l’esterno, in termini di immagine, che all’interno, in termini di coesione e motivazione dei dipendenti), in cambio del supporto da parte di quest’ultima. Emerge quindi con forza come il benestare dell’azienda sia condizione imprescindibile affinché il gruppo rimanga in vita, ma anche come questo consenso non sia sempre scontato e, nel momento in cui viene messo in discussione, sia compito del gruppo stesso essere in grado di rinegoziarlo. Secondo i responsabili dei gruppi aziendali intervistati, il mantenimento dello spirito identitario dei lavoratori e dei quiescenti nei confronti dell’azienda (42,5%) ed il buon ritorno in termini di immagine (30%) che le attività realizzate dai gruppi anziani assicurano alla stessa, sono i principali presupposti che spingono le aziende a supportare, anche attivamente, i gruppi seniores che si costituiscono al loro interno. E da questo punto di vista, i rapporti che i gruppi intrattengono sono giudicati buoni, se non addirittura ottimi (fig. 5). In generale, i rapporti delle aziende con i propri gruppi anziani appaiono decisamente costruttivi e votati alla collaborazione reciproca, di rado ispirati a logiche di pura strumentalità. Del resto, quello che si configura come il tipico movente commerciale che induce l’azienda a mantenere buoni rapporti con il gruppo anziani, ossia la fidelizzazione di un bacino di potenziali consumatori, sembra assumere toni decisamente residuali (8,8%). 42
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13077_2010 Fig. 5 ‐ Giudizio sul rapporto dei gruppi anziani con l'azienda di riferimento, per ampiezza del gruppo (val. %) 48,3
44,8
42,5
39,2
30,0
21,6
17,6
9,8
11,8
6,9
Fino a 500
Oltre 500
Ottimo, l'azienda supporta attivamente il gruppo 8,8
11,3
7,5
Totale
Buono, l'azienda supporta il gruppo che garantisce ritorno di immagine
Buono, l'azienda supporta il gruppo in un'ottica commerciale
Negativo, l'azienda è disinteressata al gruppo anziani
Pessimo, il gruppo anziani è in chiusura
Fonte: indagine Censis, 2011 Soltanto presso i gruppi anziani fino a 500 iscritti si denota un rapporto con l’azienda che non è sempre idilliaco, anzi a tratti assume connotati di indifferenza se non proprio di disimpegno. In alcuni casi è la preminente attenzione al profitto ed il completo disinteresse verso le potenziali ricadute positive che le attività dei gruppi possono avere sulle componenti immateriali dell’azienda a far mancare il supporto di questa (17,6%), ponendo in seria difficoltà la vita dei gruppi; in altre circostanze, invece, la crisi economica ha spinto il management aziendale a razionalizzare a tal punto le risorse da far venire meno il supporto ai seniores d’azienda, provocandone persino la chiusura (11,8%). Se il supporto dell’azienda pare determinante per la vita dei gruppi, la scarsa propensione all’associazionismo e all’attivismo che si riscontra tra i giovani pone un serio problema di ricambio dei quadri. Anche quando l’azienda decida di non sostenere più il gruppo, è l’autonoma iniziativa del 43
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13077_2010 suo vertice, la sua “voglia di fare”, a garantire l’effettiva sopravvivenza dello stesso. Questo problema è avvertito da molti capigruppo, i quali si interrogano sul futuro della propria associazione al momento della consegna del testimone. Essendo la guida dei gruppi, così come quella delle associazioni territoriali e nazionale, lasciata allo spontaneismo e alla buona volontà degli interessati, a fronte della crescente disaffezione che si riscontra tra i “giovani” essa sembra destinata ad incontrare crescenti difficoltà nel rinnovarsi. Ciononostante, va detto che le realtà che si dimostrano attive e presenti in azienda, dinamiche e propositive, sono tra quelle che dimostrano una migliore tenuta dal punto di vista delle adesioni. Pur scontando le conseguenze della congiuntura, che ha falcidiato le componenti dell’occupazione più deboli e meno tutelate, nella maggior parte dei casi queste realtà sono riuscite a mantenere vivo l’interesse dei propri iscritti contenendo così sostanzialmente la perdita di base associativa che ne sarebbe derivata. 3.2. L’attività dei gruppi e il livello di partecipazione degli iscritti L’offerta di attività e servizi che i gruppi di seniores propongono ai propri iscritti è molto varia ed articolata, e può essere distinta in: ‐ un nocciolo duro di servizi, rappresentato dalle facilitazioni economiche per gli iscritti (erogazione di servizi fiscali o di altro tipo, convenzioni, riduzioni e sconti, non solo per esercizi commerciali ma anche per eventi culturali, come spettacoli teatrali e mostre) e dalla parte ludico‐
ricreativa e turistica (tornei, pranzi e cene sociali, visite culturali, visite alle aziende dell’indotto anche in un’ottica di avanzamento tecnologico, gite turistiche ecc.), in generale attinente all’organizzazione del tempo libero; ‐ e in una serie di proposte e attività aggiuntive e variabili, come ad esempio la promozione di occasioni di impegno nel sociale, il volontariato, la beneficenza, gli incontri con le scuole finalizzati alla trasmissione di conoscenze e professionalità, le visite degli studenti in 44
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13077_2010 azienda ecc., che dipendono dalla libera capacità di autogestione dei singoli gruppi. Il gruppo di attività che vede concentrarsi il maggiore sforzo organizzativo dei gruppi è senza dubbio il primo: pranzi/cene sociali e gite turistiche sembrano davvero scandire la vita associativa dei gruppi anziani. Le prime sono organizzate da quasi tutti i gruppi (82,1%) con una frequenza elevata (il 16,7% dei gruppi aziendali le organizza almeno una volta al mese, il 26,9% più volte nel corso dell’anno); ancora maggiore, per numero di gruppi coinvolti (87,3%) e per frequenza (il 29,1% dei gruppi ne organizza almeno una al mese, il 39,2% una ogni 4‐5 mesi), l’intraprendenza mostrata dai gruppi nell’organizzazione di gite turistiche (tab. 5 e fig. 6). Tab. 5 ‐ Attività organizzate dai gruppi per ampiezza del gruppo (val. %) Iscritti al gruppo Gite Pranzi/cene sociali Assemblee associative Incontri culturali Pubblicazione e distribuzione di notiziari/diari delle attività Attività ludico‐sportive (tornei di burraco, bocce, calcetto, ecc.) Convenzioni Promozione di iniziative di volontariato in cui vengono coinvolti gli iscritti Oganizzazione eventi a scopo di beneficenza Servizi fiscali/di altro tipo agli iscritti (caf, ecc.) Organizzazione mostre su arti e mestieri Visite alle aziende dell'indotto Corsi di formazione (inglese, pittura, ecc.) Fino a 500 Oltre 500 Totale 86,0 77,1 59,5 54,5 89,7 90,0 82,1 70,4 87,3 82,1 69,2 61,7 44,4 70,4 57,4 54,5 50,0 52,6 20,0 72,7 42,3 23,3 61,5 41,1 29,6 29,6 26,9 22,6 4,2 52,2 40,0 41,7 34,8 13,0 40,0 34,6 34,0 27,8 8,5 Fonte: indagine Censis, 2011 45
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13077_2010 Fig. 6 ‐ Frequenza con la quale servizi/attività sono organizzati/erogati dai gruppi anziani complessivamente (val. %) Fonte: indagine Censis, 2011 Tra i momenti di aggregazione che trovano più spazio nei programmi dei gruppi anziani non mancano inoltre le attività ludico‐sportive (organizzate almeno una volta al mese dal 17,5% dei gruppi e complessivamente dal 52,6% di essi), le quali oltre a fungere da collante per gli iscritti rafforzandone lo spirito identitario, garantiscono visibilità all’esterno. I gruppi anziani, tuttavia, oltre a riempire il tempo libero con momenti di svago e fornire facilitazioni economiche, sono particolarmente attivi anche sul piano culturale e sociale. Sotto il primo profilo, gli incontri di interesse culturale come seminari e dibattiti, organizzati dal 61,7% dei gruppi, arricchiscono ormai in pianta stabile il programma di attività di cui possono fruire i seniores, mentre le mostre su arti e mestieri (34%) ed i corsi di formazione (8,5%) stanno lentamente cominciando a prendere piede come momento di aggregazione, ponendosi come valida alternativa agli appuntamenti tradizionali in calendario. Allo stesso modo, i gruppi si connotano come soggetto attivo nel sociale, coinvolgendo i propri iscritti in eventi a scopo benefico ed iniziative di 46
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13077_2010 volontariato: se però la beneficenza assume caratteri di assoluta sporadicità (dei 40 gruppi su 100 attivi in tale campo, 26 non vanno oltre un appuntamento all’anno), le iniziative di volontariato hanno difficoltà a trovare spazio nelle associazioni di dimensioni ristrette, fino a 500 iscritti, (solo il 23,3% di esse le promuove), mentre i gruppi con oltre 500 iscritti sembrano spendersi molto in tale settore (61,5%). L’allargamento anche al sociale delle attività dei seniores d’azienda, però, se da un lato garantisce una forte visibilità esterna ed un profondo appagamento in chi viene ne coinvolto attivamente, dall’altro rischia di far perdere specificità all’azione dei gruppi, facendoli percepire alla stregua delle altre associazioni e ponendoli in diretta concorrenza con esse. Discorso a parte deve farsi per le convenzioni (il 42,3% dei gruppi le attiva) e per i servizi di varia natura erogati a favore degli iscritti (34,6%), strumenti oggi in grado di fare breccia, più di ogni altro, in potenziali iscritti, stante la convenienza economica e l’immediata utilità che da essi si traggono. Le convenzioni in particolare sono una prerogativa dei gruppi anziani con oltre 500 iscritti (il 72,7% di essi le attiva, tra i gruppi fino a 500 iscritti appena il 20%), perché probabilmente i soli in grado di raggiungere la massa critica per negoziare gli accordi e renderli particolarmente appetibili agli iscritti. Sarebbe auspicabile, quindi, attivare quanto prima delle collaborazioni sotto questo aspetto, con la mediazione dell’Anla eventualmente, per non tagliare fuori i gruppi più piccoli dalla possibilità di rendere l’adesione ai gruppi conveniente oltreché sostenuta da motivazioni ideali. Un’attività senz’altro pregevole, realizzata dai gruppi aziendali più attivi, è quella dell’organizzazione di seminari interni all’azienda e di visite dell’indotto, nel corso dei quali i seniores, ancora in servizio o in quiescenza, veicolano alle generazioni più giovani i valori di cui si autopercepiscono come portatori. Si tratta di un momento significativo per la valorizzazione delle esperienze degli anziani, nel quale essi vengono spronati ad interpretare in modo attivo il proprio ruolo di testimoni nei confronti delle componenti meno fidelizzate del personale aziendale. Ciononostante, pur essendo, quella in questione, un’attività decisamente coerente con i fini che si pongono statutariamente i gruppi anziani, se non 47
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13077_2010 proprio l’attività che racchiude in sé il senso dell’aggregazione dei seniores, sono decisamente poche le realtà associative che la realizzano, appena il 27,8%. Alcuni gruppi, inoltre, documentano il proprio operato in notiziari che vengono pubblicati più volte all’anno e che svolgono la funzione non solo di tenere informati e divulgare i programmi di attività e le novità nei servizi offerti, tentando tra l’altro di recuperare l’interesse e la partecipazione anche di quanti, iscritti, manifestino scarso interesse nei confronti delle attività del gruppo, quanto anche di tenere viva la memoria delle esperienze condivise, in un’ottica aggregativa. Sono, tuttavia, soltanto i gruppi con più di 500 iscritti (70,4%) ad avere gli strumenti ed il seguito idonei a giustificare lo sforzo di tenere in vita tali organi, costituendo la pubblicazione e la distribuzione dei notiziari tra le realtà che non vanno oltre i 500 iscritti poco più che un’eccezione (44,4%). Altro strumento attraverso il quale stimolare la coesione del gruppo aziendale e soprattutto la motivazione dei singoli iscritti è la rituale premiazione degli associati più attivi, che avviene in occasione degli eventi sociali; tuttavia, esistono anche casi nei quali ai soci vengono riservati premi di appartenenza, con cadenza pluriannuale (di solito cinque anni), finanziati attraverso il budget del gruppo ed erogati in virtù della mera adesione o permanenza nello stesso. Nelle realtà più grandi vengono inoltre organizzate manifestazioni su scala nazionale, nel corso delle quali si dà luogo alla premiazione dei membri più anziani, che hanno superato i 30 o 35 anni di servizio, e si erogano borse di studio come contributo per la formazione dei figli degli iscritti di più lungo corso. E’ interessante tuttavia notare, guardando all’intensità con cui i gruppi organizzano le proprie attività come, al di là delle differenze oggettive che si riscontrano tra gruppi grandi e piccoli, essendo i primi (con più di 500 iscritti) molto più attivi nell’organizzazione di gite e nella divulgazione di notiziari, i più piccoli (fino a 500 iscritti) mostrino una buon livello di intensità associativa, che nulla ha da invidiare ai gruppi più grandi: almeno una volta al mese il 13,3% dei gruppi fino a 500 iscritti (contro il 15,4% di quelli con oltre 500 iscritti) svolge iniziative di volontariato, il 18,8% (contro il 13,3% dei gruppi più grandi) organizza pranzi e cene sociali, il 21,2% (contro il 12,5% dei grandi) attività ludico sportive (fig. 7). 48
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13077_2010 Fig. 7 Attività organizzate molto frequentemente, almeno una volta al mese, per ampiezza del gruppo (val. %) 50,0
45,0
40,0
35,0
30,0
25,0
20,0
15,0
10,0
5,0
0,0
44,8
fino a 500
20,0
oltre 500
22,2
18,5
12,1
3,7
Fonte: indagine Censis, 2011 16,0
15,4
13,3
11,1
18,8
13,3
21,2
12,5
8,7
0,0
3,8 4,2
2,7
0,0
L’adesione ai gruppi anziani apre dunque un ventaglio di attività alle quali l’iscritto può aderire liberamente, secondo i propri interessi. Non tutte le attività, ovviamente, raccolgono il medesimo seguito: quelle maggiormente apprezzate attengono all’organizzazione di pranzi e cene sociali (considera “alto” il livello di gradimento degli iscritti il 74,2% dei responsabili dei gruppi) e di gite turistiche (69,1%). Anche le attività ludico sportive riscuotono un buon successo tra i fruitori, come segnalato dal 50% dei Presidenti dei gruppi, così come la pubblicazione di notiziari e diari relativi alle attività organizzate dai gruppi (50%) (tab. 6). 49
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13077_2010 Tab. 6 ‐ Livello di gradimento manifestato complessivamente dai gruppi anziani per ciascuna delle attività (val. %) (*) Livello di gradimento Alto Medio Basso Totale Pranzi/cene sociali 74,2 22,7 3,0 100,0 Gite Turistiche 69,1 26,5 4,4 100,0 Attività ludico‐sportive 50,0 33,3 16,7 100,0 Pubblicazione e distribuzione di notiziari 50,0 40,0 10,0 100,0 Incontri culturali 42,9 45,7 11,4 100,0 Visite alle aziende dell 'indotto 42,9 21,4 35,7 100,0 Servizi fiscali/di altro tipo agli iscritti 41,2 47,1 11,8 100,0 17,5 100,0 Assemblee associative 32,5 50,0 Organizzazione eventi a scopo di beneficenza 31,3 37,5 31,3 100,0 Convenzioni 30,8 50,0 19,2 100,0 Iniziative di volontariato in cui vengono 27,3 45,5 27,3 100,0 coinvolti gli iscritti Organizzazione mostre su arti e mestieri 26,7 26,7 46,7 100,0 (*) Il valore è calcolato sul totale dei gruppi che organizzano le attività, per ogni singola attività Fonte: indagine Censis, 201 A dispetto di quanto potesse immaginarsi, invece, le convenzioni che i gruppi stipulano con gli esercizi commerciali e non solo, sono accolte tiepidamente dagli iscritti (il 50% dei responsabili aziendali definisce “medio” il gradimento, il 30,8% “alto”, il 19,2% “basso”). Riscontrare il seguito che le attività programmate hanno all’interno dei gruppi riveste la duplice utilità di vagliare il tipo di adesione che prevale tra gli iscritti, ossia indagare cosa il singolo associato cerca e quali sono le motivazioni di fondo che lo spingono ad associarsi al gruppo e, in secondo luogo, è cruciale per riallineare l’offerta di attività organizzate a seconda delle preferenze mostrate dagli aderenti. Pertanto, se i responsabili dei gruppi numericamente ristretti sembrano non spingere nell’attivazione delle convenzioni è perché non percepiscono una domanda sostenuta da parte degli iscritti, tra i quali appare prevalente 50
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13077_2010 un tipo di adesione che è piuttosto ideale o legata all’impiego del tempo libero, che non volta a trarre vantaggi economici. Sono troppo rare le esperienze relative ai corsi di formazione organizzati dai gruppi, per valutarne l’effettivo impatto in termini di gradimento, mentre sembrano riscuotere decisamente pochi consensi le mostre su arti e mestieri, per le quali, ugualmente, è prevalso un sostanziale scarso interesse da parte dei potenziali fruitori (il 46,7% dei responsabili aziendali ritiene “basso” il gradimento verso tali attività, il 26,7% “medio” e “solo” un altro 26,7% “alto”) e, in parte, la promozione di iniziative di volontariato, su cui il 45,5% indica un livello medio di gradimento e la restante parte del campione si divide tra quanti lo indicano alto (27,3%) e basso (27,3%). È parsa notevolmente apprezzata, invece, l’erogazione di servizi fiscali o di altro tipo a beneficio degli iscritti (dichiara il servizio molto apprezzato dagli iscritti il 41,2% degli intervistati), dunque ci si può ragionevolmente attendere in futuro maggior impegno da parte dei gruppi in tale ambito, nonostante sia forte la concorrenza da parte dei numerosi altri organi ed associazioni, anche interni alle aziende, che offrono servizi simili. 3.3. La rete di collaborazione dei gruppi Affinché i gruppi anziani possano concretizzare le finalità che si pongono, la collaborazione con gli altri soggetti associativi si rivela un fattore di cruciale importanza, sia al livello territoriale, riferito principalmente alle iniziative culturali e del tempo libero, che a livello nazionale, attinente alla sfera più propriamente politica. Rapporti ispirati a logiche di dialogo, condivisione e collaborazione, inoltre, sarebbero auspicabili non soltanto tra gruppi anziani ovvero tra questi e le strutture Anla provinciali e regionali, bensì anche nei confronti di tutte le realtà associative presenti nel territorio, portatrici di interessi anche solo incidentalmente coincidenti con quelli dell’anzianato professionale. Cionondimeno, tra i gruppi anziani ancora si evidenzia una certa ritrosia a collaborare con le associazioni locali, ciò verificandosi in appena il 51,2% 51
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13077_2010 dei casi a detta dei responsabili. Tendenzialmente sono i gruppi che hanno oltre 500 iscritti a mostrarsi più aperti ai contributi delle esperienze esterne (vi è collaborazione nel 63,3% dei casi), probabilmente perché meno timorosi di mettere in circolo le proprie iniziative e poco sospettosi del vantaggio che altre associazioni potrebbero trarre dalla condivisione di idee e progetti, stante la forza dei propri numeri (fig. 8). Fig. 8 ‐ Gruppi che intrattengono rapporti di collaborazione con altre associazioni presenti sul territorio, per ampiezza del gruppo (val. %) 70,0
63,3
60,0
55,8
51,2
50,0
48,8
44,2
36,7
40,0
Intrattiene rapporti di collaborazione con altre realtà associative
30,0
Non intrattiene rapporti di collaborazione con altre realtà associative
20,0
10,0
0,0
Fino a 500
Oltre 500
Totale
Iscritti al gruppo
Fonte: indagine Censis, 2011 Tra i gruppi fino a 500 iscritti, invece, a prevalere è decisamente un atteggiamento di chiusura e di isolamento nei confronti del reticolo di associazioni sussistenti nel medesimo territorio (soltanto il 44,2% di essi collabora con altre associazioni), generato dalla gelosia che li spinge a custodire al proprio interno iniziative ed idee e dal timore di perdere il terreno – gli iscritti ‐ faticosamente conquistato. 52
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13077_2010 Indagando più approfonditamente le cause che hanno di fatto ostacolato il decollo di rapporti all’insegna del dialogo tra gruppi anziani e associazioni del territorio, su tutte spicca la mancanza di occasioni che abbiano stimolato eventuali collaborazioni, addotta dal 71,9% dei responsabili i cui gruppi non si relazionano con altri soggetti. Un ruolo del tutto irrilevante, invece, sembra rivestire il calcolo puramente razionale in base al quale i gruppi anziani, percependo le altre associazioni locali unicamente alla stregua di potenziali concorrenti, piuttosto che possibili interlocutori, preferiscono evitare di stabilire alcun tipo collaborazione con essi (3,1%) (fig. 9). Fig. 9 ‐ Motivo principale per cui i gruppi non collaborano con le altre realtà associative presenti sul territorio (val. %) Non c'è mai stata occasione
12,5
Perchè di fatto sono dei nostri concorrenti
12,5
3,1
71,9
Perchè le iniziative che propongono non sono di interesse per il gruppo anziani
Perchè i tentativi di collaborazione che sono stati fatti nel passato non sono andati a buon fine
Fonte: indagine Censis, 2011 Pertanto, sembrerebbe che se solo si creassero i presupposti e venisse superata la diffidenza iniziale che conduce i gruppi a non cercare né sviluppare rapporti collaborativi con altre realtà associative, potrebbero effettivamente decollare iniziative ed attività progettate e realizzate in comune. 53
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13077_2010 Un rilievo altrettanto risibile rivestono altresì l’incompatibilità di interessi (12,5%) di cui si fanno portavoce i gruppi anziani da un lato e le realtà associative dall’altro, tali per cui un’eventuale collaborazione sarebbe poco produttiva oltreché poco fattibile in termini concreti, e le precedenti esperienze di collaborazione non andate a buon fine (12,5%), sintomo che le poche iniziative concordate o hanno funzionato oppure non hanno lasciato strascichi tali da rendere impossibile il ripetersi di progetti comuni. In riferimento alla progressiva chiusura dei gruppi, specie quelli più piccoli, la sensazione prima ravvisata trova conferma nell’elevata percentuale di piccole realtà che hanno fino a 500 iscritti che, di fatto, non hanno contatti con le strutture territoriali dell’Anla (30%), tantomeno con gli altri gruppi anziani del territorio (35,3%). I numeri che invece attengono alle realtà più grandi, con oltre 500 iscritti, mostrano un quadro tendenzialmente invertito: la predisposizione a fare sistema, a cercare il supporto e la collaborazione degli altri gruppi anziani del territorio è decisamente più marcata (soltanto il 20% non intrattiene rapporti di collaborazione) e lo stesso ruolo dell’Anla è percepito in maniera più centrale, quasi imprescindibile (il 41,2% ha stabilito un’intensa collaborazione con essa, il 52,9% vi collabora abbastanza e soltanto il 5,9% vi rinuncia del tutto) (tab. 7). Tutt’altro che residuale si dimostra altresì la collaborazione con le altre associazioni per il tempo libero: evidentemente, è proprio per le attività ludico‐ricreative, che pure sono annoverate negli statuti dei seniores d’azienda e si è visto rivestono un peso non indifferente all’interno delle loro attività, che si cerca l’appoggio di tali associazioni, al punto che i piccoli gruppi anziani che hanno fino a 500 iscritti, laddove un rapporto di collaborazione sia instaurato, interagiscono in maniera più intensa con queste (21,4%) piuttosto che con la stessa Anla (20%). 54
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13077_2010 Tab. 7 ‐ Livello di collaborazione con le diverse tipologie di soggetti associativi, per ampiezza del gruppo (val. %) Associazioni Altri gruppi Rotary/ Anla culturali per il anziani Lyons tempo libero Fino a 500 iscritti
Intensa 23,5
20,0
0,0
21,4 Abbastanza 41,2
50,0
7,1
14,3 Non c'è collaborazione 35,3
30,0
92,9
64,3 Totale 100,0
100,0
100,0
100,0 Oltre 500 iscritti
Intensa 26,7
41,2
0,0
22,2 Abbastanza 53,3
52,9
7,7
38,9 Non c'è collaborazione 20,0
5,9
92,3
38,9 Totale 100,0
100,0
100,0
100,0 Totale
Intensa 25,0
29,7
0,0
21,9 Abbastanza 46,9
51,4
7,4
28,1 Non c'è collaborazione 28,1
18,9
92,6
50,0 Totale 100,0
100,0
100,0
100,0 Fonte: indagine Censis, 2011 3.4. Il rapporto con l’Anla, tra presente e futuro La particolare connotazione dell’Anla quale federazione di secondo livello che raggruppa i gruppi di seniores d’azienda presuppone inevitabilmente contatti ed interscambi con l’universo dei soggetti federati e che possono riferirsi ai più disparati ambiti: dalle questioni afferenti le adesioni, a quelle, più complesse, concernenti le attività da realizzare nel territorio e lo spirito in base al quale improntare le relazioni tra i gruppi e la Federazione, onde perseguire i fini che il movimento dell’anzianato professionale intende perseguire. Sotto il primo profilo, l’adesione dei gruppi, come segnalato, è il canale principale, ancorchè non esclusivo, attraverso cui l’Anla acquisisce iscrizioni. 55
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13077_2010 Da questo punto di vista, l’iscrizione all’Anla può avvenire secondo due modalità: automaticamente o spontaneamente. Nel primo caso, che riguarda circa il 36,1% dei gruppi, l’adesione al gruppo anziani dell’azienda comporta l’automatica iscrizione all’Anla, essendo il gruppo federato a quest’ultima; nel secondo, quello oggi prevalente tra i gruppi aziendali (63,9%), le associazioni non iscrivono automaticamente i propri membri, ma ne rendono opzionale l’adesione su esplicita richiesta degli stessi (fig. 10). Fig. 10 ‐ Modalità secondo la quale avviene l'iscrizione all'Anla (val. %) 36,1
Automaticamente quando ci si iscrive al gruppo anziani
63,9
Spontaneamente, sulla base della scelta individuale dei singoli
Fonte: indagine Censis, 2011 L’iscrizione, inoltre, si perfeziona soltanto in costanza del requisito dell’anzianità aziendale stabilita negli statuti: gli anni di servizio richiesti per entrare a far parte del gruppo anziani variano da un minimo di 15 ad un massimo di 30 ed attualmente l’anzianità aziendale media rilevata tra gli iscritti si attesta sui 18 anni (18,2). La scelta di queste soglie riflette quindi le diverse istanze di selettività dell’azienda, variabili da una realtà all’altra. Ovviamente l’adesione comporta da parte dell’iscritto il versamento di una quota di iscrizione, che rappresenta di fatto, l’unica fonte economica cui 56
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13077_2010 l’Anla può attingere per svolgere le proprie funzioni. Queste vengono versate nella gran parte dei casi direttamente dagli iscritti (72,1%). Quasi mai è l’azienda a sobbarcarsi interamene la quota di adesione (appena nell’1,2% dei casi), mentre con una frequenza maggiore si assiste ad una compartecipazione tra azienda ed iscritti (26,7%) (fig. 11). Fig. 11 ‐ Soggetto su cui ricade l'onere del versamento della quota di iscrizione all'Anla (val. %) 1,2
26,7
72,1
interamente l'azienda
in parte l'azienda e in parte gli iscritti
interamente gli iscritti
Fonte: indagine Censis, 2011 Sotto il secondo profilo, relativo alle relazioni intercorrenti tra i gruppi e la Federazione, tra i referenti territoriali dell’Anla si riscontra una certa convergenza sulla tendenziale chiusura dei gruppi, che si palesa in una scarsa volontà di collaborazione derivante soprattutto dall’autonomia di quelli di dimensioni maggiori nell’organizzazione delle proprie attività. A questo si somma una certa difficoltà, testimoniata da gran parte dei referenti, nel rapportarsi in modo fluido e comunicativo con queste realtà, le quali dispongono di un potere negoziale non indifferente, che deriva 57
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13077_2010 dalla forza dei numeri di cui possono disporre e che viene utilizzato per imbrigliare o condizionare pesantemente l’attività dell’Anla a livello territoriale. Tuttavia, l’offerta di servizi integrativi incentiva i gruppi, tanto dinamici e attivi al proprio interno quanto poco propensi allo scambio di informazioni ed esperienze all’esterno, ad uscire dal recinto dell’autosufficienza per coordinarsi e comunicare, in un’ottica di ritorno in termini di ampliamento della proposta ai propri iscritti. I gruppi piccoli e quelli in fase di formazione sono invece quelli che, soprattutto per le difficoltà organizzativo‐logistiche che incontrano e che derivano dal dato dimensionale, fanno maggiormente riferimento alla struttura associativa territoriale (regionale o provinciale), la quale svolge nella maggior parte dei casi, per questa platea di richiedenti, funzioni di supporto e di coordinamento. Non manca, tuttavia, una minoranza che individua una crescente chiusura anche dei gruppi più piccoli, promotori di un’attività sociale particolarmente sviluppata e artefici di un ritorno sempre più marcato alla dimensione locale, risultato diretto della perdita del senso di appartenenza al gruppo nazionale. In ogni caso, ad oggi l’Anla continua a rappresentare l’interlocutore privilegiato per la maggioranza dei gruppi, sebbene i responsabili dimostrino che la collaborazione in determinati casi non raggiunga livelli eccelsi: il 18,9% di costoro segnala l’assenza totale di collaborazione con i presìdi provinciali e regionali dell’Associazione, a fronte del 29,7% che la definisce intensa e del 51,4% che la ritiene discreta. Se questa è la collaborazione dal lato quantitativo, note tutto sommato coerenti provengono analizzando la qualità dei rapporti tra i gruppi e l’Anla. A prevalere, difatti, è una relazione di tipo formale (48,8%), consistente nello scambio di informazioni sulle iniziative reciproche e sull’organizzazione di riunioni, che non sembra spingersi oltre. Tuttavia, vi è anche una buona fetta di responsabili di gruppi che giudicano il loro rapportarsi all’Anla di tipo collaborativo, svolgendo la federazione un’importante funzione di supporto alle iniziative promosse nel territorio (34,5%). Solo il 16,7% dichiara che il rapporto è inesistente, non essendoci né comunicazione né coordinamento (tab. 8). 58
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13077_2010 Tab. 8 ‐ Il rapporto dei gruppi con l'Anla sul territorio secondo i Presidenti, per ampiezza del gruppo e ruolo nell’ambito dell’Anla (val. %) Ampiezza dei gruppi Presidenti di gruppo Totale Non Ricoprono ricoprono fino a 500 oltre 500 incarichi incarichi nell'Anla nell'Anla Collaborativo, l'Anla svolge una funzione importante di supporto 38,2 27,6 52,0 25,4 34,5 alle iniziative del gruppo Formale, il rapporto con l'Anla locale consiste prevalentemente 47,3 51,7 48,0 50,8 48,8 nello scambio di informazioni sulle iniziative Inesistente, non c'è comunicazione e coordinamento 14,5 20,7 0,0 23,7 16,7 con l'Anla Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2011 A tal riguardo, l’essere responsabile di un gruppo anziani e ricoprire contestualmente incarichi nell’Anla contribuisce in maniera decisa a rendere più proficua la relazione con i presìdi della Federazione sul territorio. Difatti, essa è definita di tipo collaborativo dal 52% dei responsabili di gruppi che sono anche quadri nell’Anla. Tra questi, inoltre, non vi è alcuno che non intrattenga alcun tipo di relazione con l’Associazione; dopotutto, non potrebbe essere altrimenti vista la possibilità per i responsabili dei gruppi di utilizzare i contatti derivanti dall’incarico nell’Anla, la maggior facilità con la quale le iniziative comuni possono essere realizzate e, infine, l’opportunità di mettere a disposizione del gruppo, in maniera certamente più diretta, le competenze ed i mezzi in possesso dell’Associazione. Tuttavia, di contro, preoccupa il giudizio più critico espresso da quanti non rivestono alcun tipo di ruolo nella Federazione, segno di una difficoltà ad agganciare sul territorio strutture che, pur aderenti all’Anla, tendono, anche a prescindere dalle dimensioni, ad operare in completa autonomia: 59
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13077_2010 sono il 23,7% i presidenti che giudicano infatti il rapporto con l’Anla inesistente. Alle attività di tipo “operativo” che i presìdi territoriali dell’Anla pure realizzano, seppur col limite della non sovrapposizione rispetto a quanto svolto dai gruppi anziani, si aggiungono le funzioni proprie delle strutture regionali e provinciali, che si sostanziano in massima parte nel supporto, raccordo e coordinamento nei confronti dei gruppi, ed in misura minoritaria nella realizzazione di quelle politiche di livello macro che però necessitano del sostegno locale per poter essere efficacemente implementate a livello nazionale. Riguardo il primo gruppo di attività, ai presìdi provinciali dell’Anla è assegnata la funzione di sondare e raccogliere le istanze che provengono dai territori, di “scendere a patti con essi”, modulando la propria attività in base alle esigenze che da essi provengono. Di fatto, si tratta di svolgere una funzione di raccordo, collaborazione non solo tra i gruppi aziendali ma anche con le altre associazioni e con le istituzioni, al fine di fornire il necessario supporto organizzativo, di promuovere progetti per lo sviluppo del territorio o al servizio della società in generale, se non quando iniziative culturali legate al mondo del lavoro, di concerto con i diversi soggetti interessati. Questa, del resto, è la strada individuata per risolvere il dilemma che l’esplosione del fenomeno associazionistico pone: attraverso le sinergie realizzabili sul territorio, l’Anla, in qualità di capofila, può coordinare progetti e iniziative a favore dei soci e della collettività locale, promuovendo così la propria immagine e la propria attività, anche al fine di ampliare il bacino delle proprie iscrizioni, sul quale per natura – essendo una federazione di secondo livello – ha difficoltà ad incidere direttamente. Per come l’Anla ha interpretato finora tale ruolo il giudizio dei responsabili dei gruppi aziendali non manca di sottolineare delle criticità. Esse si concentrano soprattutto sulle funzioni di coordinamento e supporto svolte dalle sedi provinciali dell’Associazione, evidentemente ritenute passibili di miglioramento quanto a modalità seguite e risultati ottenuti. 60
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13077_2010 Che i gruppi aziendali aspirino a dei presìdi territoriali che facciano effettivamente rete tra le singole realtà si deduce dal 37,7% degli intervistati che giudicano “negativamente” l’operato dell’Anla in tale ambito; considerando soltanto l’universo dei gruppi che vantano oltre 500 iscritti il giudizio negativo si fa ancora più convinto, giungendo alla soglia del 50% (tab. 9). La situazione, tuttavia, appare paradossale perché a ritenersi maggiormente insoddisfatte sono proprio quelle realtà, i grandi gruppi anziani, per le quali il bisogno di coordinamento potrebbe essere, sulla carta, meno impellente di quanto possa riscontrarsi tra quelli piccoli. Tuttavia, una tale insoddisfazione nascerebbe dal fatto che sono proprio i grandi gruppi i primi ad essere consapevoli delle grandi potenzialità che un buon coordinamento territoriale porterebbe alla causa dell’anzianato d’azienda, che al momento invece appaiono frustrate. L’opera di coordinamento messa in campo dall’Anla, al contrario, riscuote decisamente maggior successo tra i gruppi aziendali di dimensioni ridotte, fino a 500 iscritti, (il 15,6% dei responsabili la giudica “molto positivamente”, il 31,1% la ritiene negativa ed il 53,3% abbastanza positiva), soprattutto se si considera il supporto di carattere logistico e organizzativo fornito, laddove tali strutture aziendali deficitano dei mezzi necessari. E’ indicativo tuttavia considerare come su questo aspetto i giudizi espressi dai presidenti tendono ad essere abbastanza divergenti a seconda che questi appartengano o meno agli organi direttivi – nazionali e territoriali – dell’Anla. Mentre infatti tra chi ricopre incarichi nella Federazione, i giudizi negativi tendono ad essere molto contenuti (valuta “negativamente” l’operato dell’Anla il 28,6% degli intervistati), tra quanti non hanno alcun tipo di incarico la percentuale sale al 43,8%, individuando tale segmento di soggetti, proprio nella funzione di coordinamento tra gruppi, l’aspetto su cui l’attività dell’Anla risulta più deficitaria (tab. 10). 61
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13077_2010 Tab. 9 ‐ Giudizio sull'operato dell'Anla rispetto alle princpiali attività svolte, per ampiezza del gruppo (val. %) Iscritti al gruppo Fino a 500
Oltre 500
Totale Molto positivamente
31,3
26,9
29,7 Abbastanza 52,1 50,0 51,4 Difesa dei valori dell' positivamente anzianato Negativamente
16,7
23,1
18,9 Totale 100,0
100,0
100,0 Molto positivamente
17,0
16,0
16,7 Promozione di Abbastanza 57,4 52,0 55,6 iniziative e attività sul positivamente Negativamente
25,5
32,0
27,8 territorio Totale 100,0
100,0
100,0 Molto positivamente
15,6
16,7
15,9 Abbastanza 53,3 33,3 46,4 Coordinamento tra positivamente gruppi sul territorio Negativamente
31,1
50,0
37,7 Totale 100,0
100,0
100,0 Molto positivamente
20,0
25,9
22,1 Abbastanza
54,0 55,6 54,5 Informazione ai gruppi positivamente Negativamente
26,0
18,5
23,4 Totale 100,0
100,0
100,0 Molto positivamente
22,2
31,8
25,4 Tutela degli interessi Abbastanza 60,0 45,5 55,2 dei seniores d'azienda positivamente (tramite iniziative Negativamente
17,8
22,7
19,4 legislative, ecc.) Totale 100,0
100,0
100,0 Fonte: indagine Censis, 2011 62
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Tab. 10 ‐ Giudizio sull'operato dell'Anla rispetto alle princpiali attività svolte, per ruolo e incarico nell’ambito dell’Anla (val. %) Il ruolo dei presidenti dei gruppi nell'Anla Ricopre Non ricopre incarichi incarichi Totale nell'Anla nell'Anla Molto positivamente
31,8
26,9
28,4 Abbastanza 40,9 57,7 52,7 Difesa dei valori positivamente dell' anzianato Negativamente
27,3
15,4
18,9 Totale 100,0
100,0
100,0 Molto positivamente
27,3
12,0
16,7 Abbastanza Promozione di 59,1 54,0 55,6 iniziative e attività positivamente sul territorio Negativamente
13,6
34,0
27,8 Totale 100,0
100,0
100,0 Molto positivamente
19,0
14,6
15,9 Coordinamento tra Abbastanza 52,4 41,7 44,9 positivamente gruppi sul territorio Negativamente
28,6
43,8
39,1 Totale 100,0
100,0
100,0 Molto positivamente
27,3
20,0
22,1 Abbastanza 54,5 52,7 53,2 Informazione ai positivamente gruppi Negativamente
18,2
27,3
24,7 Totale 100,0
100,0
100,0 Molto positivamente
42,1
18,8
25,4 Tutela degli Abbastanza interessi dei 36,8 60,4 53,7 seniores d' azienda positivamente (tramite iniziative Negativamente
21,1
20,8
20,9 legislative, ecc.) Totale 100,0
100,0
100,0 Fonte: indagine Censis, 2011 L’attività dell’Anla provinciale si caratterizza anche per le funzioni di informazione ai gruppi e di promozione di iniziative e attività sul territorio di concerto con questi ultimi. Anche nei confronti di tali funzioni un certo malcontento non manca: tra i gruppi con oltre 500 iscritti soltanto il 16% dei responsabili intervistati è pienamente soddisfatto dell’opera di promozione di attività ed iniziative, a fronte del 32% che manifesta delle 63
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 perplessità; tra quelli che hanno fino a 500 iscritti, invece, è l’attività di informazione svolta dall’Anla a non soddisfare del tutto, giudicata in modo negativo dal 26% degli intervistati, in modo molto positivo dal 20% appena, ed accettabile dal 54%. Sembra evidente che il territorio lamenti una scarsa dinamicità e propulsività, che si traduce in un’offerta povera, se non quando inesistente, di servizi integrativi mirati e pensati in base alle esigenze dei territori e dei gruppi aziendali che vi incidono. E reclami, del pari, una presenza dell’Anla che sia più dinamica: a fini di informazione ed orientamento da parte dei gruppi più piccoli, onde fornire loro le necessarie competenze e l’esperienza acquisite dai quadri della federazione; a fini di promozione di attività ed iniziative sul territorio da parte di quelli più grandi, essendo l’Anla la sola struttura dotata dei mezzi che possano rendere adeguato ritorno alle attività ed alle iniziative, pur encomiabili, ma che non trovano talvolta il giusto risalto tra gli iscritti o a livello mediatico. Sul fronte delle attività di sistema, invece, l’operato dell’Anla è giudicato con soddisfazione complessivamente maggiore. Le criticità emerse in precedenza appaiono sensibilmente ridimensionate se l’attenzione si sposta sulle attività che presentano caratteri di più ampio respiro, quali la difesa dei valori dell’anzianato (il 29,7% dei responsabili aziendali la giudica “molto positivamente”, il 18,9% “negativamente”) e la tutela degli interessi dei seniores d’azienda tramite iniziative legislative o altri strumenti (il 25,4% la giudica “molto positivamente”, il 19,4% “negativamente”). Se al momento la collaborazione con i referenti territoriali dell’Anla e con l’universo delle realtà associative operanti a livello locale, ivi inclusi gli altri gruppi anziani, avverte una fase non particolarmente viva, ciò non toglie che la cooperazione possa riprendere anche in modo più approfondito in un futuro prossimo. Del resto la situazione è in continuo mutamento, come si è avuto modo di osservare per i gruppi anziani più grandi, i quali dopo un periodo di chiusura sembrano aver ripreso a cercare il dialogo e la collaborazione soprattutto nei confronti dell’Anla, che sembra tornata ad essere percepita come il principale punto di raccordo per le attività svolte a livello locale dai seniores d’azienda. 64
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 La collaborazione tra i presìdi territoriali dell’Anla ed i singoli gruppi anziani, dopotutto, è spesso condizionata da fattori afferenti la personalità dei singoli o altre dimensioni che prescindono dalle politiche organizzative: ad esempio, l’intraprendenza del singolo responsabile può influenzare anche in maniera profonda le possibilità di collaborazione reciproca. Quella che più conta è la disponibilità delle parti a collaborare in prospettiva. E si può affermare che essa non manchi: il 77,3% dei capigruppo aziendali in futuro sarebbe disposto a collaborare con l’Anla o con gli altri gruppi anziani, cogliendo le opportunità che finora per disfunzionalità organizzative, ritrosie mentali o incompatibilità caratteriali sono sfuggite (fig. 12). E di nuovo, chi tra i responsabili dei gruppi ricopre anche incarichi nell’Anla è più aperto a collaborazioni future con l’Anla (91,7%), nonostante una predisposizione tale non manchi neppure tra gli altri (70,6%). Sono le ricadute positive in termini di attività di concerto realizzabili, la considerazione che l’essere interni alla Federazione aiuti a superare le difficoltà oggettive che potrebbero frapporsi e, forse, una consapevolezza maggiore delle conseguenze positive che da una tale opportunità discenderebbero in favore dei gruppi a spingere in questa direzione. Il terreno sul quale si prospettano i più ampi margini di collaborazione con l’Anla rientra nell’ambito delle agevolazioni economiche e di service: collaborare con la Federazione per attivare convenzioni è ritenuto auspicabile dal 60,9% dei responsabili dei gruppi anziani (tab. 11). 65
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Fig. 12 ‐ Disponibilità dei responsabili dei gruppi, che ricoprono incarichi nell'Anla e non, a svolgere iniziative in collaborazione con l'Anla e gli altri gruppi presenti sul territorio (val. %) Disponibili
100,0
Non disponibili
91,7
90,0
77,3
80,0
70,6
70,0
60,0
50,0
40,0
29,4
30,0
22,7
20,0
10,0
8,3
,0
Presidenti di gruppi che ricoprono incarichi nell'Anla
Fonte: indagine Censis, 2011 Presidenti di gruppi che non ricoprono incarichi nell'Anla
Totale
66
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Tab. 11‐ Iniziative di cui l'Anla potrebbe farsi promotrice e alle quali i responsabili dei gruppi potrebbero essere interessati a partecipare, per ampiezza del gruppo e ruolo ricoperto nell’ambito dell’Anla (val. %) Il ruolo dei Presidenti Ampiezza gruppi dei gruppi nell'Anla Totale Non Fino a Ricopre ricopre Oltre 500
500 incarichi incarichi nell’Anla nell’Anla Convenzioni 58,1
69,2
45,8
68,9 60,9
Gite Turistiche
55,8
57,7
62,5
51,1 55,1
Visite alle aziende dell'indotto 37,2
50,0
33,3
48,9 43,5
Servizi fiscali/di altro tipo agli iscritti
34,9
50,0
37,5
40,0 39,1
Incontri culturali
27,9
46,2
37,5
35,6 36,2
Organizzazione mostre su arti e 23,3 30,8 33,3 24,4 27,5 mestieri Pubblicazione e distribuzione di 18,6 38,5 25,0 26,7 26,1 notiziari/diari delle attività Promozione di iniziative di volontariato in cui vengono coinvolti 16,3 34,6 37,5 15,6 23,2 gli iscritti Attività ludico‐sportive 25,6
15,4
20,8
20,0 20,3
Oganizzazione eventi di beneficenza
11,6
34,6
25,0
17,8 20,3
Pranzi/cene sociali 16,3
15,4
20,8
13,3 15,9
Corsi di formazione (inglese, pittura, 9,3 23,1 16,7 13,3 14,5 ecc.) Assemblee associative 4,7
11,5
12,5
4,4 7,2
Totale 100,0
100,0
100,0
100,0 100,0
Fonte: indagine Censis, 2011 Tuttavia, a proposito della stipula delle convenzioni si denota che la predisposizione a collaborare con l’Anla è più marcata tra i responsabili dei gruppi che non abbiano incarichi in questa che non tra quanti cumulino la presidenza del gruppo con un ruolo nella federazione (68,9% a 45,8%): probabilmente tale circostanza è da ricondurre al fatto che chi ha contatto diretto con l’Associazione ha modo di rendersi maggiormente conto delle convenzioni già esistenti, evidentemente ritenute soddisfacenti, delle quali invece il territorio neppure è a conoscenza, per cui è portato a ritenere, per 67
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13077_2010 bocca dei responsabili, che l’Anla debba ulteriormente spendersi in tale ambito. Nell’ottica dei responsabili dei gruppi anziani, dunque, il futuro dell’Anla passa per il rafforzamento del ruolo di provider di servizi su scala nazionale e locale, considerato il vero tratto distintivo dell’associazione, da esplicarsi soprattutto a livello territoriale, principalmente a favore dei soci individuali e delle aziende di minori dimensioni. L’offerta che ne deriverebbe andrebbe ad integrare quella dei gruppi, innestandosi a suo completamento laddove alcuni risultati sono perseguibili solo tramite l’iniziativa del centro (in termini soprattutto di potere negoziale), per poi specificarsi nelle varie realtà territoriali. Ad esempio, alcuni intervistati ritengono che l’Anla dovrebbe implementare ed estendere una solida rete di convenzioni con le case di riposo, considerata di grande utilità diretta per gli anziani bisognosi di assistenza: si lamenta infatti la scarsa disponibilità di centri residenziali convenzionati con l’Anla. Oltre a ciò, si auspica un suo ruolo ancora più incisivo nell’ambito dell’assistenza agli anziani, in particolare di quella a domicilio, in un’ottica di sostegno concreto e diretto al microwelfare familiare. Nient’affatto trascurabile anche l’assistenza operativa che si prospetta possa essere offerta dall’Anla ai soci territoriali per quanto concerne l’organizzazione delle gite turistiche (55,1%). I livelli provinciale e regionale sono evidentemente ritenuti i soli in grado di avere i numeri ed il peso negoziale necessari per sfruttare le economie di scala e mettere in campo una mobilitazione organizzativa di un certo rilievo. Inoltre, si auspica una maggior relazione con l’Anla anche nell’organizzazione di visite alle aziende dell’indotto (43,5%) al fine di trasmettere, forse nel modo più diretto a disposizione dei seniores d’azienda, i valori dell’anzianato professionale, trattandosi dell’attività che più di ogni altra connota i fini dei gruppi aziendali. Anche nel campo delle attività culturali e a finalità sociale una maggior intraprendenza dell’Anla come promotrice di iniziative sarebbe vista con un certo interesse dalla base: l’eventuale organizzazione di incontri culturali raccoglierebbe l’adesione del 36,2% dei gruppi anziani, l’organizzazione di 68
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 mostre su arti e mestieri del 27,5%, le iniziative di volontariato del 23,2% e gli eventi benefici del 20,3%. È su queste aree, tra l’altro, che potrebbe attivarsi l’intraprendenza dei quadri dell’Anla al fine di rafforzare non soltanto il ruolo della Federazione, ma anche eventualmente ideare meccanismi attraverso i quali intercettare fondi che ne assicurino la sopravvivenza e permettano di svolgere con ancora maggiore incisività il ruolo che si prepone, magari prevedendo compartecipazioni alle somme raccolte nel corso delle attività di erogazione di servizi, oppure aprendo agli sponsor spazi nell’ambito delle attività e degli eventi di maggior richiamo e, non ultima, anche una maggiore concessione di spazi nella rivista Esperienza. Non va tuttavia con ciò sottovalutato il fatto che la maggiore “domanda” di ruolo più attivo dell’Anla, di coordinamento e di promotore di nuove attività, viene, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, proprio dai gruppi più grandi. Un dato questo che, se da un lato risente dell’effetto di sovrapposizione dei ruoli – presidente di gruppo e incarico in Anla – che caratterizza i gruppi più grandi, dall’altro, dà conto di quel rischio di auto centratura e ripiegamento in se stessi in cui sembrano incorrere soprattutto i piccoli gruppi, quasi timorosi, nel condividere e mettere in comune esperienze con altri, di perdere la loro identità. 3.5. Il ruolo futuro dell’Anla, nell’opinione dei gruppi seniores Se, quindi, tra le attività svolte dall’Anla quelle più propriamente operative dimostrano di non soddisfare pienamente la base, al contrario quelle che conferiscono un ruolo politico all’Associazione e che presuppongono una presenza forte nelle istituzioni, nella società civile e nelle associazioni di rappresentanza degli interessi sembrano essere più apprezzate dai gruppi. In realtà, forse più che per trarre un giudizio di merito sull’operato dell’Anla, le opinioni dei responsabili dei gruppi possono essere utili al fine di acquisire indicazioni circa il ruolo che dovrebbe assumere l’Anla al giorno d’oggi. In altre parole, le criticità che si rilevano circa le attività più operative e la contestuale soddisfazione verso il ruolo politico dell’Anla dovrebbero essere lette come uno sprone per la Federazione a porsi 69
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 sempre più come interlocutore istituzionale a livello nazionale, perché probabilmente è questa la via che permette di raccogliere i risultati migliori, o certamente quelli che più stanno a cuore alla base. Interrogati circa il ruolo che dovrebbe giocare l’Anla, infatti, i responsabili aziendali rispondono in maniera convinta che l’Associazione debba vestire i panni del lobbysta, per difendere gli interessi dei propri iscritti (31%), o del produttore di servizi di diverso genere, sempre a vantaggio dei propri iscritti (33,3%) (fig. 13). Fig. 13 ‐ Il ruolo che deve essere giocato oggi dall'Anla secondo i responsabili dei gruppi che ricoprono incarichi nell'Associazione e non (val. %) 40,0
37,5
36,7
33,3
35,0
30,0
31,0
29,2
28,3
25,0
23,8
25,0
21,7
20,0
13,3
15,0
11,9
8,3
10,0
5,0
,0
Presidenti di gruppi che ricoprono incarichi nell'Anla
Presidenti di gruppi che non ricoprono incarichi nell'Anla
Totale
Politico, di difesa degli interessi dei propri iscritti
Culturale, in particolar modo legato alla difesa e conservazione del patrimonio di professionalità
Di service per gli iscritti, promuovendo servizi di diverso genere per i soci
Sociale, impegnandosi nel volontariato e nella beneficenza
Fonte: indagine Censis, 2011 70
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Dunque, si vorrebbe che l’Anla orientasse la propria azione verso obiettivi, economici e politici, di cui possa beneficiare la cerchia dei soggetti federati, essenzialmente gli iscritti, piuttosto che produrre esternalità positive dalle quali possano trarre giovamento anche soggetti esterni al movimento dell’anzianato professionale, ad esempio le aziende o la collettività. A questi ultimi dovrebbe provvedere, semmai, direttamente il gruppo anziani. L’Anla, dunque, non deve disperdere risorse ed energie rivestendo un ruolo spiccatamente sociale o culturale, come ritengono rispettivamente l’11,9% ed il 23,8% dei responsabili dei gruppi intervistati. Un tale orientamento è ancora più sentito dai responsabili dei gruppi che ricoprono incarichi anche nell’Anla: il 37,5% di essi è convinto che la Federazione debba orientare la propria attività sul versante politico, al contrario di quanto si riscontri tra i responsabili dei gruppi che invece non sono stati cooptati dall’Associazione e per i quali l’Anla si deve configurare principalmente come erogatore di servizi per i soci (28,3%). Ferma restando l’indicazione che si può trarre da queste opinioni, che peraltro non fanno che confermare quanto già si è riscontrato, tali giudizi sembrano scontare: sotto il primo profilo, l’influenza, sui quadri della Federazione, esercitata dall’ambizione di poter svolgere incarichi di prestigio a livello nazionale qualora il ruolo dell’Anla si connotasse sempre più come soggetto politico; sotto il secondo, la non completa informazione circa i servizi e le convenzioni attivati dai presìdi territoriali dell’Anla di cui talvolta può non godere chi è esterno all’Associazione. L’immagine che i presidenti dei gruppi anziani fino a 500 iscritti hanno circa il ruolo che oggi dovrebbe essere svolto dall’Anla, invece, non collima del tutto con quanto è emerso finora. Perché tra questi, al contrario, la dimensione legata alla cultura, soprattutto finalizzata alla difesa ed alla conservazione del patrimonio di professionalità dei seniores d’azienda, che ben potrebbe essere curata dalla Federazione, non va tenuta in posizione del tutto subalterna rispetto a quella della politica e del service che vanno per la maggiore: vi è, infatti, il 25,9% dei presidenti che ritiene che l’Associazione debba accentuare tale ruolo spiccatamente culturale, che si aggiunge al 29,6% di quanti ritengono che l’Anla debba difendere gli interessi dei propri iscritti e ad altrettanti che invece vedono la Federazione essenzialmente come erogatore di servizi per i soci (fig. 14). 71
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Fig. 14 ‐ Il ruolo che deve essere giocato oggi dall'Anla secondo i responsabili dei gruppi, per ampiezza del gruppo (val. %) 45,0
40,0
40,0
33,3
35,0
30,0
29,6
33,3
31,0
29,6
25,9
23,8
25,0
20,0
20,0
14,8
15,0
11,9
10,0
6,7
5,0
,0
Fino a 500 iscritti
Oltre 500 iscritti
Totale
Politico, di difesa degli interessi dei propri iscritti
Di service per gli iscritti, promuovendo servizi di diverso genere per i soci
Culturale, in particolar modo legato alla difesa e conservazione del patrimonio di professionalità
Sociale, impegnandosi nel volontariato e nella beneficenza
Fonte: indagine Censis, 2011 Tra i presidenti dei gruppi con oltre 500 iscritti, invece, prevale nettamente l’immagine dell’Anla promotrice di servizi (40%), che dunque supera anche l’eventuale ruolo politico (33,3%) ed in misura ancora più larga quello legato alla sfera culturale (20%). Se, tuttavia, in ultima analisi il futuro dell’Anla sembra concretizzarsi nel segno della politica, non stupisce che la maggior parte dei referenti attribuisca all’Associazione un ruolo di secondo livello, che quindi non dovrebbe concretizzarsi tanto nel rapporto diretto con gli iscritti, bensì nell’espletamento di una funzione di rappresentanza e di promozione di 72
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 certi interessi a livello aggregato, che sembra anche più coerente con la sua natura di soggetto operante su scala nazionale. In primis, si auspica per l’Anla un rafforzamento di quel ruolo politico di lobbying nelle sedi decisionali appropriate che ben si attaglia alle prerogative di un’Associazione che deve impegnarsi a difendere gli interessi collettivi dell’anzianato d’azienda, tutelando i diritti di partecipazione dei propri stakeholders. In ragione di ciò, il 65,8% dei responsabili dei gruppi anziani ritiene che l’Anla debba ricoprire il ruolo che più si confà alla propria natura attraverso opportune iniziative legislative, presentando in Parlamento proposte di legge il cui contenuto spazi dal welfare e dall’assistenza per gli anziani al mondo del lavoro, purché si tratti di progetti che si occupino della condizione degli anziani e del ruolo attivo che essi possono svolgere in ambito sociale, professionale e culturale (fig. 15). Fig. 15 ‐ Aree nelle quali si vorrebbe che l'Anla si impegnasse con nuove iniziative in futuro (val. %) 70,0
65,8
60,0
50,0
40,0
35,4
32,9
26,6
30,0
25,3
24,1
19,0
20,0
10,0
0,0
Progetti di legge a favore degli anziani
Promozione di Volontariato, Impiego della Promozione di Campagne Campagne di accordi con il beneficenza, professionalità dei pubblicitarie per accordi con il comunicazione e Ministero del Lavoro Ministero sensibilizzazione impegno sociale seniores in pensione farsi conoscere
per la valorizzazione dell'Istruzione per la dell'opinione nelle aziende come del bagaglio di trasmissione della pubblica alla tutela training on the job
dei valori competenze dei professionalità dei seniores nelle seniores d' azienda dell'anzianato professionale
aziende
nelle scuole
Fonte: indagine Censis, 2011 73
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13077_2010 I responsabili dei gruppi aziendali vorrebbero quindi che l’Anla diventasse a tutti gli effetti soggetto attivo nel panorama politico, motore propulsore e punto di raccordo per la rappresentanza delle istanze dei seniores presso le istituzioni pubbliche, sia centrali che locali. Per tale ragione auspicano per l’Anla un ritorno alla statura “politica” di cui godeva alle origini, pur mantenendo le caratteristiche di soggetto apartitico, apolitico e laico. Se già qualcosa è stato fatto, come la presentazione in Parlamento di una proposta di legge di iniziativa popolare, nel 1999, su cumulo, reversibilità e perequazione delle pensioni, e di una petizione popolare, nel 2003, per la separazione della previdenza dall’assistenza, oltre alla stipula con l'Anse e con l'Ugaf, considerate le altre due maggiori associazioni di seniores d'azienda, di un Patto federativo con l'obiettivo di unire le forze per rappresentare in modo più efficace a livello istituzionale le istanze dei seniores, l’impegno che viene richiesto all’Anla in questa direzione è molto più incisivo e costante. Infatti, la principale critica rivolta all’Anla, emersa nel corso delle interviste ai responsabili, è di essere poco visibile sia sul piano mediatico che istituzionale. Uno stato di cose che dunque mal si concilia con il rafforzamento generale della funzione di rappresentanza degli interessi dell’anzianato auspicato dalla base degli associati. Quello che gli intervistati propongono è, quindi, da un lato un potenziamento sostanziale della funzione comunicativa (26,6%), attraverso la messa in campo di iniziative e campagne per sensibilizzare sui temi cari all’anzianato, dall’altro la spinta decisa su campagne ad hoc (19%) per pubblicizzare le proprie attività, farsi conoscere ed ottenere un ritorno di immagine utile ai fini del reclutamento di nuove adesioni. Una proposta avanzata è quella, ad esempio, di organizzare manifestazioni con cadenza annuale, ospitate di volta in volta in regioni diverse, con importanti ricadute anche sotto il profilo del reperimento delle risorse finanziarie, oltre che della pubblicizzazione della propria esistenza e della divulgazione del proprio modus operandi. Se tutti i referenti vedono nel futuro dell’Anla nazionale un sostanziale rafforzamento del ruolo di rappresentanza e comunicazione istituzionale, c’è anche chi affianca a questo obiettivo, prioritario per il livello nazionale, 74
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 quello della conservazione e del trasferimento del bagaglio di conoscenze ed esperienze del mondo di professionalità dell’anzianato: una funzione da svolgere soprattutto a vantaggio dei lavoratori nelle aziende tramite la promozione di accordi con il Ministero del Lavoro (35,4%), oppure dei giovani studenti e dei neo‐assunti in forma di affiancamento o training on‐
the‐job (24,1%) o con seminari e testimonianze direttamente nelle scuole (32,9%), col supporto del Ministero dell’Istruzione. Un siffatto ruolo dell’Anla, dedito principalmente al mantenimento e al trasferimento delle professionalità lavorative maturate dai seniores a vantaggio di lavoratori e giovani che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro, è però non del tutto condiviso da quanti vi percepirebbero un potenziale conflitto con l’associazione dei Maestri del Lavoro, alla quale peraltro l’Anla è legata a doppio filo, generando in tal maniera una sovrapposizione disfunzionale ed equivoca di competenze. C’è, inoltre, una minoranza tra i responsabili dei gruppi anziani che crede fermamente che il futuro dell’Anla, soprattutto a livello territoriale, ma anche, per iniziative di più ampio respiro, a livello nazionale, sia tutto da spendere nel terzo settore, tra volontariato, beneficenza ed impegno sociale (25,3%): un canale che consentirebbe di ridurre il gap con le generazioni più giovani, avvicinandole all’Associazione e sensibilizzandole ai temi portanti dell’anzianato, e soprattutto di dare nuovo slancio e protagonismo agli iscritti, ravvivandone la motivazione. Con l’impegno nel sociale si conferirebbe un valore aggiunto all’appartenenza all’Anla, captando in questo modo anche un’esigenza condivisa da molti anziani e consistente nella volontà di mettersi al servizio della società, altrimenti recepita da altre associazioni di volontariato. Un approccio, questo, che però non gode di consenso troppo ampio soprattutto in considerazione del fatto che, così facendo, l’Anla diventerebbe solo uno dei tanti organismi di volontariato, perdendo quell’identità e mission peculiari che dovrebbero costituire elementi distintivi dell’operato dell’associazione nel vasto panorama associativo. Anche sul fronte interno, attinente alla sfera dell’organizzazione, i gruppi anziani ritengono in netta maggioranza che l’Anla debba conferire la priorità all’acquisizione di maggiore visibilità a livello nazionale (50,6%). 75
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Soltanto per tale via, infatti, è possibile recuperare quel peso politico che sembra dover caratterizzare il futuro dell’Associazione dei seniores d’azienda, secondo quanto espresso dagli iscritti, ed assicurare, altresì, un ritorno certo in termini di iscritti e di immagine (fig. 16). Fig. 16 ‐ Aspetti organizzativi sui quali l'Anla deve impegnarsi per i prossimi anni, secondo i responsabili dei gruppi che ricoprono incarichi nell'Anla e non (val. %) 60
50,9
50,0
50,6
50
40
34,0
33,3
33,8
30
20
16,7
15,6
15,1
10
0
Presdienti di gruppi che ricoprono incarichi nell'Anla
Presdienti di gruppi che non ricoprono incarichi nell'Anla
Totale
Maggiore organizzazione sul territorio, specie in alcune aree
Maggiore visibilità nazionale
Rinnovamento dei quadri associativi
Fonte: indagine Censis, 2011 Nonostante l’attenzione al territorio sia stata il filo conduttore delle recenti politiche organizzative dell’Anla, un numero nient’affatto trascurabile di responsabili di gruppi ritiene che si debba continuare a puntare l’attenzione sul territorio, nel senso di dotare l’Anla di una struttura ancora più organizzata (33,8%): rendendo la sua presenza più capillare laddove è scarsa e mettendo in circolo le buone pratiche individuate presso gruppi anziani o presìdi territoriali della Federazione in modo che siano da esempio per quelle realtà in cui si evidenziano criticità nella gestione o difficoltà a radicarsi sul territorio. 76
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Infine, è minoritaria la posizione di quanti nel complesso richiedono per il futuro prossimo un rinnovamento dei quadri dell’Anla (15,6%), a sorpresa sostenuta maggiormente da parte di quei responsabili di gruppi che ricoprono incarichi nell’Associazione (16,7%), che quindi sembrano addossarsi parte delle responsabilità in merito alle criticità ravvisate. In generale, nel corso delle interviste è emerso che quando i referenti individuano una scarsa propulsività – se non quando un completo immobilismo ‐ nell’azione dell’Anla, nazionale e territoriale, tali carenze vengono addebitate al mancato rinnovo dei quadri, gli unici in grado di incidere in modo efficace e immediato sulla dinamicità delle strutture, dando un impulso fondamentale all’operato dell’Associazione. Tuttavia, di tali opinioni non si ha traccia, se non assai sbiadita, nelle risposte fornite nei questionari. Tale staticità, inoltre, viene soprattutto percepita, con le dovute eccezioni, a livello provinciale, dove spesso la scarsa motivazione dei referenti determina una passività che ingenera disaffezione dei gruppi nei confronti della partecipazione alla vita associativa. Trattandosi di volontari, si potrebbe, così come suggerito da alcuni, ripagare l’impegno dei referenti con delle gratuità, erogate forfetariamente e finalizzate a stimolarne la motivazione. Sempre per ciò che concerne le politiche organizzative, vi è da ricordare che l’Anla ha già da tempo operato scelte di merito che hanno comportato rilevanti conseguenze sul piano associativo. Considerato il calo degli iscritti, infatti, si è deciso di aprire un nuovo canale di adesione, quello dei soci territoriali, i quali pur non essendo già membri di alcun gruppo anziani hanno ugualmente la possibilità di aderire all’Anla, in via non mediata. Puntare sui soci territoriali potrebbe rappresentare, per alcuni, la soluzione strategica più idonea per affrontare le difficoltà che l’affiliazione mediata dai gruppi aziendali oggi pone. In particolare, l’acquisizione di maggiore visibilità da parte dell’Anla nazionale potrebbe svolgere la funzione di volano in termini di crescita delle adesioni individuali, attraverso la pubblicizzazione delle attività e del ruolo dell’Associazione dei seniores d’azienda e la sensibilizzazione riguardo ai valori di cui essa si fa portatrice. 77
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Un limite importante, dalla cui rimozione dipende il successo effettivo di un’operazione di ampliamento delle iscrizioni individuali, risiede nello squilibrio nel rapporto “qualità/prezzo” goduto dai soci ordinari e da quelli individuali: nel primo caso, infatti, ad una quota contributiva più contenuta corrisponde un’offerta di servizi molto maggiore di quella riservata agli iscritti individuali, a fronte però del versamento di un contributo associativo più elevato. Ciononostante, l’andamento delle iscrizioni riferito ai soci territoriali appare l’unica componente di iscritti in crescita negli ultimi anni. L’effetto prospettato con l’apertura dell’Anla ai soci territoriali, ovvero porre un freno al calo delle iscrizioni, si è dunque prodotto. Tuttavia, non manca chi considera controproducente spostare il baricentro della nuova politica associativa sul reclutamento dei soci individuali. Essendo questi svincolati da qualsiasi aggregazione aziendale, e cioè non facendo capo ad alcun gruppo nel quale possa in prima istanza esplicarsi uno scambio di esperienze e idee, oltre che svilupparsi un senso di appartenenza comune e di condivisione degli stessi valori, il socio territoriale non è motivato da quella carica di idealità che dovrebbe costituire il motore propulsore della partecipazione ad un’Associazione che si propone la difesa di certi valori. Inoltre, l’Anla si snaturerebbe se cercasse di instaurare una relazione non mediata con la propria base, come accadrebbe nel caso dei soci territoriali, e fallirebbe nel proprio compito perché non è in grado di sostituirsi perfettamente al gruppo aziendale nel processo di formazione e incubazione quotidiana di una certa cultura della professionalità e del lavoro. Sembra in ogni caso prevalere tra i responsabili dei gruppi una posizione di convinto appoggio nei confronti della nuova direzione impressa alla politica interna della Federazione: soltanto il 9,7% di essi è critico, temendo che così facendo l’Anla si snaturi, perdendo i connotati di struttura federativa di secondo livello; gli altri, invece, sono concordi sui nuovi orientamenti strategici riguardanti le politiche associative, dividendosi tra quanti li ritengono un’evoluzione naturale per l’Associazione, il fattore discriminante per l’adesione essendo la condivisione dei valori e delle finalità dell’Anla (59,7%), che non si ritengono intaccati con le adesioni individuali, e quanti, invece, intravvedono nel rapporto diretto con i soci 78
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13077_2010 territoriali nuovi stimoli per l’Associazione stessa ed un nuovo modo di rapportarsi con la base, all’insegna della dinamicità e dell’intraprendenza, dei quali trarrebbe giovamento di riflesso tutto il movimento dei seniores d’azienda (fig. 17). Fig. 17 ‐ Il giudizio circa la sempre maggiore apertura dell'Anla ai soci territoriali (val. %) E' naturale, l'importante è condividere le finalità dell'Anla
30,6
9,7
59,7
L'Anla si sta snaturando, perchè nasce come federazione di secondo livello
Nel rapporto diretto con i soci territoriali l'Anla può trovare un nuovo dinamismo
Fonte: indagine Censis, 2011 3.7. I presidenti intervistati La rappresentanza all’esterno ed il coordinamento interno di ciascun gruppo anziani spettano al presidente, il quale assume in ultima istanza le decisioni concernenti la vita dell’Associazione. Solitamente al vertice dei gruppi anziani siedono figure che già ricoprono incarichi presso altre strutture associative sul territorio: ciò è tanto più vero nel caso dei gruppi di dimensioni minori (54,7%) che in quelli più grandi (41,9%). In altri casi, è la carica di presidente di gruppo che fornisce le 79
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13077_2010 credenziali per ricoprire incarichi nell’Anla, specialmente se si presiedono realtà di dimensioni grandi (il 45,2% dei presidenti di gruppi anziani grandi ricopre incarichi nell’Anla, a fronte del 22,2% dei presidenti dei gruppi piccoli) (tab. 12). Tab. 12 ‐ Presidenti di gruppi anziani che ricoprono incarichi in altre strutture associative sul territorio o nell'Anla, per ampiezza del gruppo (val. %) Fino a 500 Oltre 500 Totale iscritti iscritti 54,7 41,9 50,0 Altre strutture associative sul territorio 22,2 45,2 30,6 Anla Fonte: indagine Censis, 2011 Si può osservare all’interno del mondo dell’anzianato professionale una tendenza al cumulo di cariche che se per certi versi è fisiologico, si pensi ai quadri dell’Anla reclutati in buona parte tra i presidenti dei gruppi anziani più grandi, per altri appare forse eccessivo concentrare interessi non sempre coerenti ed un carico di lavoro sproporzionato nelle mani di poche persone: si pensi, ad esempio, al caso di quei presidenti di gruppi anziani che in virtù di tale ruolo ricoprono anche incarichi nell’Anla e, allo stesso tempo, sono quadri all’interno di altre strutture associative sul territorio, che si verifica per il 18,8% dei responsabili dei gruppi aziendali. Analogamente, il 31,8% dei presidenti di gruppi ricopre incarichi anche in altre strutture associative sul territorio e in 11,8 casi su 100 alla carica di presidente di gruppo si somma un ruolo di responsabilità all’interno dell’Anla. In sostanza, soltanto il 37,6% dei presidenti si dedica a tempo pieno ed esclusivo al coordinamento dei gruppi da essi presieduti, con probabili ricadute sul fronte dell’impegno e dell’efficace implementazione delle attività progettate (fig. 18). 80
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13077_2010 Fig. 18 ‐ Presidenti di gruppi anziani che ricoprono anche altri incarichi (val. %) presidenti di gruppi che ricoprono incarichi sia nell'Anla che in altre strutture associative sul territorio
presidenti di gruppi che ricoprono incarichi nell'Anla, ma non in altre strutture associative del territorio
18,8
37,6
11,8
presidenti di gruppi che ricoprono incarichi in altre strutture associative del territorio, ma non nell'Anla
presidenti di gruppi che non ricoprono incarichi nell'Anla e neppure in altre strutture associative del territorio
31,8
Fonte: indagine Censis, 2011 Il meccanismo di cooptazione dei quadri da parte dell’Anla opera seguendo direttrici differenti a seconda che la presidenza si riferisca a gruppi anziani di dimensioni grandi o piccole: nel primo caso è molto più probabile che l’incarico nell’Anla attenga a ruoli di livello nazionale (il 66,7% dei presidenti di gruppi anziani con oltre 500 iscritti che ricopre incarichi nell’Anla lo fa a livello nazionale, contro il 9,1% dei presidenti dei gruppi più piccoli), nel secondo ad incarichi di livello provinciale (l’81,8% dei presidenti di gruppi anziani piccoli che hanno incarichi nell’Anla operano a livello provinciale, contro l’8,3% dei presidenti dei gruppi più numerosi). La carica di presidente di gruppi anziani, inoltre, si caratterizza per l’essere di lunga durata, tendenzialmente vitalizia: mediamente gli attuali presidenti sono in carica da 11,9 anni, con punte che arrivano fino a 37 81
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13077_2010 anni. Tra coloro che oltre alla presidenza del gruppo ricoprono anche incarichi presso l’Anla la durata media in carica lievita fino a 15,3 anni, sensibilmente superiore rispetto a chi non ha incarichi nella federazione, che in media si ferma a 10,5 anni di presidenza (fig. 19). Fig. 19 ‐ Durata media della carica di presidente di gruppo, tra quanti ricoprono incarichi nell'Anla e non (val.%) 18,0
16,0
15,3
14,0
11,9
12,0
10,5
10,0
8,0
6,0
4,0
2,0
,0
Presidenti di gruppi che Presidenti di gruppi che non ricoprono incarichi ricoprono incarichi nell'Anla
nell'Anla
Fonte: indagine Censis, 2011 Totale
82
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13077_2010 4. GLI ANZIANI: UNA RISORSA VITALE PER IL PAESE 4.1. La voglia di essere utili e la riscoperta delle passioni: tra impegno sociale e ricerca di nuove esperienze Se la dinamica demografica diventa sempre più cruciale nella comprensione delle grandi questioni che il nostro Paese deve affrontare con urgenza, c’è altresì una dimensione dell’anzianità che può già dare parziale risposta agli interrogativi su quanto il progressivo invecchiamento della popolazione sia effettivamente sostenibile. E la risposta sta proprio nell’attivismo degli anziani, o meglio nella voglia di essere attivi, di partecipare alla vita sociale e soprattutto di contribuire col proprio impegno al benessere della collettività. C’è voglia di farsi carico degli spazi del sociale, di dare agli altri, ma anche di fare progetti, proiettarsi verso un futuro non più cupo, ma anzi luogo ideale per realizzare finalmente i desideri di sempre. Questa parte del testo presenta una lettura trasversale di alcune ricerche recentemente condotte dal Censis sull’universo degli over 65 e dell’indagine condotta dall’Anla nel passato sul proprio bacino di associati, con l’obiettivo di fornire alla Federazione uno spaccato utile alla comprensione di quelli che sono gli orientamenti di fondo, le attitudini, le tendenze emergenti di questo segmento di popolazione, che rappresenta per l’associazione il suo target di riferimento. Gli anziani, gruppo composito e quanto mai dinamico, costituiscono sempre più una risorsa vitale e attiva della società, non soltanto per il loro impegno sociale – sono tanti quelli che partecipano ad attività di volontariato – ma anche per il desiderio, orgogliosamente rivendicato, di tenersi impegnati nell’età del pensionamento, senza disdegnare un’occupazione remunerata, qualora possibile. Il valore sociale della terza età si sta imponendo con forza all’attenzione di tutti, nei fatti prima ancora che nelle previsioni. C’è un progressivo 83
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 recupero della fiducia in se stessi, della voglia di fare; l’anziano sembra in molti casi abbandonare una visione nostalgica del passato, per dare forma a un futuro che può ancora regalare soddisfazioni. Quella di “essere utile” agli altri è la definizione che per la maggior parte degli anziani (78,1%) meglio descrive la propria condizione, così come è fortemente diffusa la sensazione di essere “liberi di fare ciò che si desidera” (68,1%), come pure quella di essere “proiettati verso nuovi obiettivi e progetti” (37,4%) (fig. 20). Sono, questi, segnali di un’anzianità vissuta con rinnovato slancio, all’insegna di un atteggiamento vivace e fiducioso, e però di certo non monolitico, dato che, come vedremo, non mancano paure e debolezze. Fig. 20 ‐ Definizioni che più si adattano alla propria condizione, per sesso (val. %) Utile agli altri
78,1
Appagato da quello che ho fatto nella vita
73,2
Libero di fare quello che desidero
68,1
Aperto a nuovi incontri, conoscenze
57,2
Impegnato/proiettato verso nuovi obiettivi
37,4
Stanco, con tanta voglia di riposare
Troppo preso dai miei problemi
Deluso, mi aspettavo più riconoscenza
Fragile, spesso indeciso sulle cose da fare
Fonte: indagine Censis‐Salute La Repubblica, 2006 32,6
28,4
26,1
19,1
84
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13077_2010 Nella gran parte dei casi, il primo destinatario delle attenzioni degli anziani è, prevedibilmente, la famiglia; il 72,9% degli anziani ritiene che “fare cose utili” per i propri cari sia una priorità nell’attuale fase della vita. Eppure quasi un anziano su tre (31,5%) reputa importante destinare il suo impegno verso altri. Sono molti di meno gli anziani che ritengono prioritario investire tempo in attività al di fuori del sociale, quali hobbies, viaggi e formazione (6,8%), e pochissimi quelli che indicano una volontà di rientrare nel mondo del lavoro (3,3%) (tab. 13). Tab. 13 ‐ Aspetti importanti per gli anziani nella fase della vita che stanno attraversando, per sesso (val. %) Totale Fare cose utili per i miei familiari, aiutare figli/nipoti
72,9 Starmene tranquillo, senza prendere troppi impegni
44,8 Impegnarmi nella solidarietà, nel sociale, in progetti per gli altri
31,5 Avere amicizie, relazioni che mi aiutino a non chiudermi
11,0 Stare bene con me stesso senza troppo preoccuparmi degli altri
10,9 Divertirmi 9,1 Impegnarmi in progetti/attività nuove che mi restituiscano voglia di fare 6,8 (formazione, viaggi, hobby) Liberarmi di eccessive responsabilità dopo una vita di impegni gravosi
5,8 Rientrare nel mondo del lavoro 3,3 Fare attività per il mio benessere fisico (iscrivermi in palestra, piscina, fare passeggiate ecc.) 1,5 Cambiare/migliorare la vita affettiva
1,5 Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis/Salute‐la Repubblica, 2010 Alla richiesta su quali attività desiderino svolgere dopo il pensionamento, il 79,6% degli intervistati risponde di volersi dedicare a progetti e interessi in precedenza messi da parte (come sensibilità artistiche, viaggi, e così via), il 71% di voler avere meno impegni e pensare al proprio benessere, il 70,6% di volersi impegnare in attività utili alla comunità in cui vive, e il 65,4% di voler svolgere attività che possano valorizzare l’esperienza accumulata. 85
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13077_2010 Tra la voglia di benessere e riposo, il desiderio di impegnarsi al servizio degli altri e il recupero di progetti di vita e passioni trascurate non c’è competizione, né contraddizione: c’è semmai la sensazione di avere davanti a sé un tempo sufficiente a riscoprire dimensioni nuove della vita e, almeno inizialmente, la curiosità e l’entusiasmo dei più giovani all’inizio di una nuova avventura. Scendendo nel dettaglio delle interviste, se da un lato si delinea tra i meno anziani (60‐64 anni) un’attitudine decisamente attiva, la disponibilità a mettersi in gioco, a riscoprire desideri e sogni messi da parte, sullo slancio emotivo di chi si sta appena affacciando alla soglia dell’anzianità e del pensionamento, dall’altro tra chi è più avanti con l’età (oltre 80 anni) si intravede una netta ritirata dagli ambiti di attività sia individuali che sociali, segno evidente di una progressiva stanchezza mentale oltre che fisica, laddove l’orizzonte della vita si assottiglia e la voglia di sperimentare e impegnarsi in prima persona iniziano a venir meno. Tra i due estremi opposti, un oscillare di attitudini che tagliano trasversalmente le varie fasce di età. Tra i 60‐64enni, per più di nove intervistati su dieci (91,7%) una volta in pensione occorre dedicarsi ad attività e progetti messi da parte in altre fasi della vita, ma moltissimi credono che si debbano anche adottare ritmi meno stressanti e dedicarsi a se stessi (83,3%), impegnarsi in attività utili alla comunità (81,3%) e valorizzare la propria esperienza (81%). (tab. 14) Ed è forse quest’ultimo il valore più importante che gli anziani sembrano poter mettere al servizio della società: l’esperienza, lavorativa quanto umana, quel sapere coltivato e costruito nell’arco di una vita, ora finalmente liberato da qualsiasi vincolo di dovere e pronto a essere restituito positivamente agli altri. 86
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13077_2010 Tab. 14 ‐ Attività da svolgere in pensione (val. %) Dedicarsi ad attività/progetti/interessi che negli altri momenti della vita ha dovuto mettere da parte (magari sensibilità artistiche nella pittura, nelle musica, oppure viaggiare ecc.) Adottare ritmi meno stressanti di vita, senza troppi impegni, più attenti al proprio benessere Impegnarsi soprattutto in attività utili alla comunità in cui si vive (i nonni vigili, il volontariato ecc.) Svolgere attività che permettano di valorizzare l'esperienza accumulata (personale, di lavoro, ecc.) 60–64
anni 65‐69 anni Età 70–74
anni Totale 91,7 80,8 68,7 76,0 75,9 79,6 83,3 73,2 70,7 59,9 60,5 71,0 81,3 74,6 63,1 74,3 53,7 70,6 81,0 67,0 54,5 65,3 52,5 65,4 75–79
anni 80 anni e oltre Il totale è diverso da 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis‐Salute La Repubblica, 2007 87
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13077_2010 Questa forte voglia di attivismo e di partecipazione, e la riscoperta del piacere di pensare a se stessi, sembrano scemare progressivamente con gli anni, per poi rifare capolino in una fase avanzata della terza età, tra i 75 e i 79 anni, e infine crollare oltre gli 80. Il bisogno di dedicarsi a progetti e interessi precedentemente accantonati si mantiene alto in tutte le fasce di età, mentre sorprende come al progressivo invecchiare non corrisponda il desiderio di lasciare gli impegni per dedicarsi esclusivamente al proprio benessere: se infatti esprime quest’esigenza il 73,2% degli anziani di età compresa fra 65 e 69 anni, fanno lo stesso solo il 59,9% dei 75‐79enni e il 60,5% degli over 80. Se la voglia di impegnarsi per la comunità ha un andamento altalenante che non sembra rispettare alcuna regola di età, diverso è il caso di attività che valorizzino l’esperienza accumulata, l’ipotesi accolta in assoluto con meno favore (65,4%). Queste oscillazioni sembrano essere frutto delle diverse fasi che segnano la terza età, quando si passa da una vivacità instancabile che almeno nelle intenzioni si vorrebbe tradurre in una miriade di attività, a periodi in cui subentrano una maggiore stanchezza e voglia di pensare a sé, e magari si accusa lo scontro con una realtà diversa da quella che ci si aspettava. Dai propositi di medio e lungo termine a quelli per la vita quotidiana: tra le due dimensioni non si riscontrano grandi differenze, un po’ perché l’orizzonte temporale della vita fatalmente si accorcia, un po’ in virtù di quella sorta di “liberazione”, attivata con il pensionamento, di energie nuove e magari di desideri covati per una vita intera e volutamente – o forzatamente – trascurati, ora destinati a trovare uno sbocco concreto nelle attività di ogni giorno. Al primo posto troviamo ancora una volta la volontà di aiutare figli e nipoti (76,2%), ma anche gli altri: è forte la componente solidale nell’impegno quotidiano degli anziani, tanto che, se il 52,1% dichiara il proposito di dare soldi in beneficenza e il 48,8% di aiutare, più genericamente, le persone in difficoltà, quasi un anziano su cinque (19,4%) ha intenzione di svolgere in prima persona attività di volontariato, e dunque di farsi carico in prima persona dellimpegno sociale (fig. 21). 88
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13077_2010 Fig. 21 ‐ Propositi per la daily life (val. %) Aiutare i figli/nipoti
76,2
Incontrare amici
74,1
Frequentare la messa almeno una volta al mese
57,3
Dare soldi in beneficienza
52,1
Aiutare persone in difficoltà
48,8
Dedicarsi ad un hobby
47,8
Leggere libri
40,8
Partecipare a gite turistiche, ecc.
38,8
Utilizzare cosmetici
36,5
Frequentare la parrocchia e/o il centro anziani
33,8
Usare il computer
25,7
Frequentare regolarmente ristoranti/trattorie
24,9
Svolgere attività di volontariato
Frequentare circoli, balere, luoghi di divertimento
Fonte: indagine Censis‐Salute La Repubblica, 2009 19,4
14,2
Analizzando più da vicino la presenza degli anziani nel mondo del volontariato, troviamo che circa un intervistato su cinque (19,7%) lo pratica attivamente, tra chi lo fa all’interno del circuito associativo e delle organizzazioni (16,6%) e chi in modo autonomo (3,1%), mentre il restante 80,3% dichiara di non farlo. È un attivismo ancora minoritario ma perlopiù concentrato in certe zone del Paese: poco diffuso al Sud (dove solo l’8,1% degli anziani pratica una qualche forma di volontariato attivo), un po’ più al Nord‐Est (11,7%) e al Centro (13%), e decisamente più partecipato al Nord‐
Ovest, dove complessivamente il 46,8% degli intervistati fa volontariato, perlopiù per il tramite del mondo associativo (35,4%), ma in misura significativa anche autonomamente (11,4%). La partecipazione ai circuiti di solidarietà è molto più alta nelle fasce di età più giovani, specialmente tra i 60 e 64 anni, in cui complessivamente quasi un anziano su tre (32,7%) fa volontariato attivo, non solo tramite organizzazioni (21,4%) ma anche autonomamente (28,7%); tra i 65‐69enni si perde quasi del tutto la dimensione autonoma dell’impegno sociale (1,7%), che però resta complessivamente piuttosto alto (30,4%). 89
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Dai 70 anni in poi la quota di chi fa volontariato attivo scende progressivamente: se la componente autonoma si annulla praticamente del tutto, resta un coinvolgimento ancora significativo nei canali tradizionali del mondo associativo, soprattutto tra i 70‐74enni (16,5%), e meno tra i 75‐
79enni (10,3%). Tra gli over 80, l’attività di volontariato diventa invece piuttosto residuale, pur continuando a sussistere una nicchia di partecipazione (6,3%) (tab. 15). Eppure il ritrovato dinamismo della terza età non sembra limitarsi ai classici circuiti della solidarietà, ma si estende ad attività, ruoli, incarichi che penetrano gli spazi del vivere civile, per restituirci il profilo di un anziano che si spende per contribuire al “bene comune”. Tra coloro che non svolgono attività di volontariato, quasi due su tre (64,7%) dichiarano che sarebbero disposti a farlo, se non fossero presi da altri impegni (38,2%), o se avessero l’opportunità di farlo vicino casa (26,5%). Il 29,2% degli anziani pensa invece che sia giusto dedicarsi a se stessi e alla famiglia, mentre il restante 6,2% si dichiara interessato alle sole attività remunerate. I pensionati sono più disposti a fare volontariato rispetto a chi ha ancora un’occupazione regolare, ma al contempo mostrano una maggiore voglia di stare con la famiglia e occuparsi dei propri cari: se infatti il 63,9% di chi è già in pensione dichiara che svolgerebbe attività di volontariato se ve ne fossero le condizioni (contro il 54,3% degli occupati), quasi un pensionato su tre (32,5%) non lo farebbe comunque per dedicare quel tempo a sé e ai familiari. 90
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Tab. 15 ‐ Attività di volontariato, per classe di età e ripartizione geografica (val. %) Sì in una organizzazione di volontariato, del mondo associativo Sì in modo autonomo, senza stare dentro una organizzazione di volontariato o nel mondo associativo No Totale Fonte: indagine Censis‐Salute La Repubblica, 2010 60–64
anni 65‐69
anni Età
70–74
anni 75–79 anni 80 anni e oltre Nord Ovest Area
Totale Nord Est Centro Sud e Isole 21,4 28,7 16,5 10,3 6,3 35,4 11,3 13,0 7,9 11,3 1,7 0,7 0,0 0,3 11,4 0,4 0,0 0,2 3,1 67,3
100,0
69,7
100,0
82,8
100,0
89,7 100,0 93,5
100,0
53,2
100,0
88,4
100,0
87,0
100,0
91,9
100,0
80,3 100,0 16,6 91
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Il desiderio di rendersi utili alla comunità è più alto nella fascia d’età che precede la pensione, mentre raggiunge il picco più basso negli anni immediatamente successivi: tra 60 e 64 anni ben l’87,3% degli intervistati vorrebbe fare volontariato, una quota che scende al 55,8% tra 65 e 69 anni, quando si registra la più alta percentuale di chi preferisce dedicarsi a sé e ai famigliari (34%). Con l’avanzare dell’età, torna a crescere la porzione di anziani disposti a impegnarsi per gli altri: complessivamente 65,2% tra 70 e 74 anni, 63,7% tra 75 e 79, mentre la quota scende fino al 49,6% tra gli over 80, tra i quali la voglia di circondarsi di affetti ritorna prevalente (42,6%). (tab. 16) Il pensionamento sembra essere una fase spartiacque anche nei propositi delle persone, un momento di cesura che caratterizza il passaggio non solo ad una vita dai ritmi diversi e, nella maggior parte dei casi, priva di impegni lavorativi, ma anche uno più profondo tra le intenzioni di mettere il proprio tempo al servizio (anche) della comunità, e la realtà spesso differente di un rinnovato desiderio di dedicare più tempo a se stessi e ai propri affetti. Come abbiamo visto in precedenza, il desiderio di tornare al lavoro è l’ultima delle priorità per chi è in pensione. La marginalità di questo aspetto è confermata dai numeri, dato che soltanto il 2,4% dei pensionati dichiara di svolgere un’attività remunerata. Parziale eccezione è rappresentata dai pensionati più giovani, ovvero la fascia d’età 60‐64 anni, in cui quasi uno su dieci (9,4%) mantiene un impegno lavorativo. Una quota significativa che può essere spiegata con il forte legame che molti mantengono con l’universo lavorativo e, in parte, con la difficoltà ad operare un taglio netto con la routine quotidiana, tanto più in un periodo, quello immediatamente successivo al pensionamento, in cui ci si sente ancora pieni di energie (tab. 17). 92
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Tab. 16 ‐ Condizioni alle quali gli anziani svolgerebbero attività di volontariato, per sesso e classe di età (val. %) Se non avessi altri impegni (lavoro, figli, nipoti ecc.) Se ne avessi l’opportunità (ci fossero possibilità di farlo vicino casa ecc.) Non mi ci dedicherei in ogni caso perché è più giusto pensare a sé stessi ed ai propri familiari Non mi ci dedicherei perché sono interessato solo alle attività remunerate Totale Fonte: indagine Censis‐Salute La Repubblica, 2010 60–64
anni 51,7 65‐69 anni 42,3 Età
70–74
anni 37,1 75–79
anni 39,3 80 anni e oltre 17,8 38,2 35,6 13,5 28,1 24,4 31,8 26,5 6,0 34,0 31,5 33,3 42,6 29,2 6,7 10,3 3,4 3,0 7,8 6,2 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Totale 93
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Tab. 17 – Partecipazione a un’attività lavorativa, per classe di età (val. %) 65‐69
anni 1,5 Età
70–74
anni 0,0
75–79
anni 2,5 98,5 100,0
97,5 100,0 97,6 100,0 Fonte: indagine Censis‐Salute La Repubblica, 2010 100,0
100,0 100,0 100,0 60–64
anni Si, di qualsiasi tipo 9,4 No, non svolgo attività 90,6 lavorativa remunerata Totale 100,0 Totale 80 anni e oltre 0,0 2,4 Tra coloro che non svolgono attività remunerate, alla specifica domanda se sarebbero interessati a farlo, prevale un atteggiamento di rifiuto, ma ciononostante si intravedono spazi anche ampi di potenzialità occupazionali. Se infatti il 65,3% dei pensionati che non lavorano dichiara di non aver intenzione di tornare a farlo, quel rimanente 34,7% è un segmento vitale e composito che merita di essere compreso più a fondo. Complessivamente più di un pensionato su dieci (11,1%) tornerebbe volentieri a fare lo stesso lavoro che in passato, il 6,4% lo stesso lavoro con orari ridotti o flessibili, l’8,8% sceglierebbe invece di fare un’esperienza nuova, mentre il restante 8,4% accetterebbe qualsiasi lavoro. Se lungo la dimensione di genere non si segnalano differenze di rilievo, l’età si rivela ancora una volta una variabile essenziale per capire cosa vuol dire oggi essere anziani, in un tempo in cui questa fase della vita si presenta tutt’altro che asfittica e monotona, ma al contrario aperta all’esplorazione di nuovi orizzonti e soggetta a continue oscillazioni tra sogni, speranze e desideri. Nella fascia più giovane di pensionati si riscontra una diffusa disponibilità a tornare a svolgere la stessa attività lavorativa (17%), magari con orari ridotti (6,7%), mentre soltanto il 5,2% degli intervistati vorrebbe provare un’esperienza nuova, e l’1,5% avere un lavoro remunerato di qualsiasi tipo. Il lavoro smesso da poco, che lascia un vuoto nelle abitudini e nelle giornate non sempre facile da riempire nell’immediato, rischia di lasciare il posto a nostalgie e rimpianti, che però sembrano scemare una volta superata questa prima fase “critica”. Il segmento più attivo della terza età sembra essere quello che va dai 70 ai 74 anni: complessivamente il 27,8% dei pensionati di questa fascia di età 94
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 sarebbe disposto a intraprendere un lavoro nuovo, e il 16,2% a riprendere l’attività svolta in precedenza. È nel complesso una percentuale molto alta (44%), che non trova eguali nelle altre fasce di età, ed evidenzia una voglia di tornare ad impegnarsi anche in attività remunerate che nella maggior parte dei casi non trova risposta. Dopo la pensione, cresce col passare degli anni la voglia di fare esperienze nuove (è così per il 12,9% dei 65‐69enni e per il 15,2% dei 70‐74enni), mentre dai 75 anni in poi prevale la voglia di riposo, e compare forse un po’ di nostalgia del passato, tanto che il 12,6% degli ultra 80enni tornerebbe volentieri al lavoro lasciato prima del pensionamento. I 75 anni sembrano essere un altro giro di boa, un passaggio strutturale verso un periodo di maggiore introspezione e riposo, dopo le fatiche di una vita intera e i numerosi propositi dell’anzianità più “giovane” (tab. 18). In conclusione, sembra essere in atto una tendenza a un maggior coinvolgimento degli anziani nei problemi quotidiani della collettività, in parte trainato dall’entusiasmo di una terza età che si sente spesso in salute e piena di energie, in parte favorito dall’aumento delle occasioni di partecipazione alla vita civica e sociale, laddove il progressivo ritiro di attori “istituzionali” lascia il campo a spazi che nuovi soggetti si preparano ad occupare. Tab. 18 – Pensionati che svolgerebbero un'attività lavorativa (val. %) Si, la stessa di quando lavoravo Si, la stessa di quando lavoravo ma con orario ridotto/flessibile Si, ma diversa da quelle che ho fatto nella mia vita, per sperimentare esperienze nuove Si, non importa di che tipo No, non mi piacerebbe Totale 60–64
anni 17,0 65‐69
anni 9,8 Età
70–74
anni 9,1 6,7 8,8 7,1 1,3 7,5 6,4 5,2 12,9 15,2 5,1 2,5 8,8 1,5 69,6 100,0 6,2 62,4 100,0 12,6 56,1 100,0 12,0 72,8 100,0 8,2 69,2 100,0 8,4 65,3 100,0 75–79 anni 8,9 Totale 80 anni e oltre 12,6 11,1 Fonte: indagine Censis‐Salute La Repubblica, 2010 95
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 4.2. I circuiti relazionali della vita sociale Attivi nel sociale, desiderosi di fare progetti, alla ricerca di esperienze nuove, e sicuramente circondati di affetti. Le relazioni sociali sono per gli anziani la leva che facilita l’accesso alla vita della comunità, ne sono il cuore e il presupposto al tempo stesso. Se la famiglia è la prima ovvia sfera di relazionalità, gli anziani si scoprono pieni di amici, per la quasi totalità di vecchia data, incontrati principalmente nei luoghi pubblici e di aggregazione. Gli uomini sono più attivi sul fronte relazionale e generalmente si avvalgono di una pluralità di luoghi di incontro, dagli spazi aperti pubblici, a bar e supermercati, fino agli uffici pubblici, mentre tra le donne c’è una maggiore staticità, una vita più legata alla casa e alle faccende domestiche, con le chiese che diventano luogo di incontro privilegiato. Alla domanda su cosa sia più importante nell’attuale momento della vita, l’avere relazioni che “aiutino a non chiudersi” occupa il secondo posto nelle risposte degli anziani (80,4%), superato solo di poco dal “fare cose utili per i propri famigliari” (82,8%) (fig. 22). Fig. 22 ‐ Priorità degli anziani nella fase attuale della vita (val. %) Fare cose utili per i miei familiari
82,8%
Avere relazioni che mi aiutino a non chiudermi
80,4%
Svolgere un'attività utile per gli altri e gratificante per me
74,2%
Impegnarmi in progetti/attività nuove che mi restituiscano voglia di fare
64,0%
Liberarmi di eccessive responsabilità, dopo una vita di impegni gravosi
47,2%
Essere dentro o rientrare nel mondo del lavoro
25,8%
Stare bene con me stesso senza troppo preoccuparmi degli altri
24,5%
Fonte: indagine Censis/Salute‐la Repubblica, 2007 96
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Allo stesso modo, il proposito di “avere maggiori amicizie, relazioni e rapporti con altri” è al secondo posto tra gli impegni da realizzare nel prossimo futuro, indicato dal 45,3% degli anziani, dietro soltanto al “fare attività per il benessere fisico” (49,2%). Questa percentuale è più alta tra i meno anziani (50,4% dei 60‐64enni, 49,8% dei 65‐69enni e 52,7% dei 70‐
74enni), mentre decresce dai 75 anni in su (38% tra i 75‐79enni e 29,5% tra gli over 80) (tab. 19). Ma incontrare gli amici è una priorità innanzitutto quotidiana, come affermano tre anziani su quattro (74,1%): se la dimensione partecipativa e solidale è una componente importante della vita sociale nella terza età, quella relazionale ne è sicuramente il fulcro, la condizione irrinunciabile per non sentirsi soli, la rete – stabile – di protezione che avvolge paure e debolezze, liberando le energie ancora vitali da mettere a disposizione di sé e degli altri. Le amicizie, in una posizione non di subalternità ma di completamento degli affetti famigliari, costituiscono l’universo di mutuale supporto per gli anziani, sfera fondamentale per tenere alla larga l’ombra della solitudine, ma talvolta circuito di iniziazione a nuovi progetti, cassa di risonanza di entusiasmi sopiti. 97
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Tab. 19 ‐ Iniziative da realizzare nel prossimo futuro, per sesso e classe di età (val. %) Fare attività per il suo benessere fisico (palestra, piscina, fare lunghe passeggiate ecc.) Avere maggiori amicizie, relazioni, rapporti con gli altri
Dedicarsi ad un hobby Viaggiare di più Impegnarsi nella solidarietà, nel sociale, in progetti per gli altri Partecipare ad attività di formazione per interesse personale (corsi di lingua, giardinaggio, musica, bricolage,..)
Cambiare casa
Cambiare città Trovare un lavoro retribuito 60–64
anni 65‐69
anni Età
70–74
anni 75–79
anni Totale
72,6 67,4 52,8 14,1 19,1 49,2 50,4
49,6
60,5
49,8
70,0
62,1
52,7
47,7
35,1
38,0
11,0
22,7
29,5
23,3
14,7
45,3
43,3
42,2
46,8 51,1 40,1 26,4 35,1 41,2 39,9 27,8 19,1 20,9 8,5 24,8 13,3
7,7
0,8
13,7
9,3
9,7
14,5
8,5
5,5
1,8
0,0
4,3
10,5
6,8
0,0
11,3
6,8
4,2
80 anni e oltre Fonte: indagine Censis/Salute‐la Repubblica, 2009 98
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 È questo un universo piuttosto numeroso, se si pensa che oltre sette intervistati su dieci (71%) dichiarano di avere almeno 4 amici. Sono pochi coloro che indicano di non avere alcun amico (3,4%), una nicchia che merita tanta più attenzione perché fortemente esposta alle vulnerabilità dell’anzianità (fig. 23). Fig. 23 ‐ Anziani che hanno amici (val. %) 3,4
Si, molti (oltre 6)
25,7
40,5
Si, abbastanza (da 4 e 6)
Si, pochi (da 1 a 3)
30,5
Fonte: indagine Censis/Salute‐la Repubblica, 2009 No
I luoghi di incontro preferiti continuano ad essere quelli più tradizionali, dagli spazi pubblici del tempo libero a quelli delle piccole commissioni quotidiane, ma anche i luoghi più intimi e famigliari della vita di tutti i giorni (come l’abitazione) e le sedi associative. Gli uomini incontrano principalmente gli amici nei bar (48,6%), nei giardini pubblici e nelle piazze (36,2%), nel palazzo dove risiedono (21,9%), al mercato rionale (15,3%), nelle sedi di associazioni (14,1%) e negli uffici pubblici (8,2%). I luoghi di incontro delle donne riflettono invece un’immagine piuttosto tradizionale della figura femminile, molto legata alla casa, ai luoghi di culto, e a quelli degli acquisti di prima necessità. 99
FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Un modello femminile dalla forte caratterizzazione domestica, che assume la sua espressione più significativa in quel 25,7% di donne che dichiara di non incontrare amici e conoscenti (tra gli uomini la quota scende a 5,3%). Tra i luoghi di incontro femminili, invece, al primo posto ci sono il mercato di quartiere (21,9%) e piazze e giardini pubblici (21,9%), poi la parrocchia, (19,5%), l’abitazione (18,9%), supermercati e altri negozi (15%), bar e caffè (13,2%). I centri anziani non sono molto frequentati (5,3% tra gli uomini e 6,8% tra le donne), e ancor meno le sale bingo (1,1% in totale). (tab. 20) Tab. 20 ‐ Luoghi dove gli anziani incontrano amici e conoscenti, per sesso e classi di età (val. %) Totale Sesso Uomo Donna Giardino pubblico, piazza 27,5 36,2 21,9 Bar/Caffè 27,1 48,6 13,2 Nel palazzo 20,1 21,9 18,9 Mercato rionale
19,3 15,3 21,9 Parrocchia 14,8 7,5 19,5 Supermercati/negozi 10,1 2,6 15,0 Sede di associazione 14,1 5,9 9,1 Centro anziani 5,3 6,8 6,2 Uffici pubblici (poste, banche, Asl, ecc.)
8,2 3,2 5,1 Bingo 2,4 0,3 1,1 Altro (specificare) 0,0 1,9 1,1 Non mi capita di incontrare amici e conoscenti
17,7 5,3 25,7 Fonte: indagine Censis/Salute‐la Repubblica, 2009 La chiesa, come luogo di frequentazione, conserva una forte valenza simbolica, costante perpetuazione di un rito sentito, oltre che pratica, in quanto occasione di incontro di volti familiari, e punto di riferimento delle quotidiane abitudini. 100 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Poco meno di tre anziani su quattro (72,9%) dichiarano infatti di andare a Messa, quasi equamente divisi tra chi lo fa praticamente ogni domenica (38,4%), e chi una volta ogni tanto (34,5%) – ad esempio alle feste comandate. C’è poi un 6,9% di anziani che vorrebbe andarci ma non può farlo (per problemi di salute, di accessibilità, ecc.), e infine un restante 20,2% che si dichiara non interessato alle funzioni religiose. (tab. 21). Tab. 21 ‐ Frequentazione della messa (val. %) Sì ‐ praticamente ogni domenica ‐ ogni tanto (ad esempio, alle feste comandate)
No ‐ vorrei ma non posso (perché sto poco bene, è lontana ecc.)
‐ non mi interessa Totale Fonte: indagine Censis‐Salute La Repubblica, 2008 val.% 72,9 38,4 34,5 27,1 6,9 20,2 100,0 4.3. Gli interessi “attivi” dell’anziano moderno: il tempo libero, il benessere, gli acquisti, la tecnologia Se il tempo libero è il più prezioso dono del pensionamento, gli anziani italiani sembrano colmare il vuoto lavorativo non soltanto mettendosi al servizio dei famigliari e della comunità, ma anche riscoprendo l’intima dimensione della cura di sé, il piacere degli hobbies, la passione del viaggio, la voglia di ampliare le proprie conoscenze. Nell’agenda degli impegni di natura ludico‐ricreativa da perseguire nel prossimo futuro, al primo posto figura il desiderio di “fare attività per il benessere fisico”, indicato dal 49,2% degli intervistati, seguito da quello di 101 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 “dedicarsi a un hobby” (43,3%), “viaggiare di più (42,2%), e in ultimo “partecipare ad attività di formazione per interesse personale” (24,8%). Quest’approccio più entusiastico nel lanciarsi in nuove attività ricreative e, perché no, formative, è più diffuso tra gli uomini: il 54,8% di loro vorrebbe dedicarsi al proprio benessere fisico (contro il 44,7% delle donne), il 48,5% dedicarsi a un qualche hobby (39% per le donne), il 45,8% viaggiare di più (a fronte di 39,2% delle donne), e il 26,3% fare esperienze formative per interesse personale (23,6% tra le donne). A conferma di quanto detto finora, i neo 60enni emergono ancora una volta come il sottogruppo dagli interessi più diversificati, alla continua ricerca di esperienze nuove: quasi tre su quattro (72,6%) sono gli anziani in questa fascia di età che manifestano l’intenzione di fare attività fisica, molti anche quelli che desiderano viaggiare (60,5%), dedicarsi a un hobby (49,6%) e fare corsi formativi (39,9%). Dai 70 anni in poi, gli interessi attivi iniziano a venir meno: tra i 70‐74enni resiste la voglia di dedicarsi al benessere fisico (52,8%) e a qualche hobby (47,7%), scende quella di viaggiare (35,1%) e di seguire corsi formativi (19,1%). Ma è a partire dai 75 anni che si registra un generalizzato abbandono dei propositi attivi: più che l’abbandono di ogni interesse, nell’ultima fascia di età sembra che si verifichi un ritorno a quelli più intimi e personali, alla voglia di dedicarsi a sé, a quelle attività generalmente solitarie che inducono e consentono riflessione e tranquillità. In cima alla lista dei propositi per le attività quotidiane, frequentare la messa almeno una volta al mese (57,3%), dedicarsi a un hobby (47,8%), leggere libri (40,8%), partecipare a gite (38,8%), frequentare luoghi di ritrovo come la parrocchia e il centro anziani (33,8%), ristoranti (24,9%) e, per ultimo, luoghi di divertimento come circoli e balere (14,2%). Analizzando da vicino l’utilizzo del tempo da parte degli anziani, possiamo osservare come la cura della persona assurga a rango di prima necessità, esigenza irrinunciabile alla pari dei bisogni fisiologici, tanto che la totalità degli anziani vi dedica un momento della giornata. 102 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 La giornata tipo dell’anziano è fatta di molta televisione (la guarda il 96% di essi), lettura di libri e quotidiani (92,3%), poi c’è la spesa (91,8%), le passeggiate (91,3%) e le telefonate (90%). L’87,5% degli anziani dedica parte del proprio tempo a incontrare gli amici (87,5%), oppure ai propri hobbies (86%); molti ascoltano la radio (83,3%), pregano (79,4%), o più genericamente meditano (77,6%) (tab. 22). Tab. 22 ‐ Attività praticate quotidianamente degli anziani (val. %) Sonno notturno
Alimentazione (colazione, pranzo, cena)
Cura della persona Televisione Lettura quotidiani, libri Spesa Passeggiate Telefonate Incontri con gli amici Hobbies, passatempo Ascoltare la radio Visita in Chiesa, preghiera Riflessione, meditazione Attività per figli/nipoti Faccende domestiche Disbrigo pratiche burocratiche Riposini quotidiani Connessione a internet Fonte: indagine Censis‐Salute La Repubblica, 2007 val.% 100,0 100,0 100,0 96,0 92,3 91,8 91,3 90,0 87,5 86,0 83,3 79,4 77,6 62,7 62,2 40,6 38,7 20,9 Alla domanda specifica sulle attività praticate per mantenersi in buona salute, il fare regolarmente lunghe passeggiate è la prima risposta, indicata dal 54,4% degli anziani intervistati. A seguire, trascorrere molto tempo all’aria aperta (45,9%), tenere la mente allenata (44%), seguire una dieta sotto il controllo del medico (14%), andare in vacanza nel corso dell’anno 103 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 (13,1%), frequentare palestre, piscine o praticare altre attività sportive (12,7%), fare attività che favoriscano la socializzazione (7,9%). Molto meno diffusa è invece l’abitudine di fare le cure termali (3,8%), frequentare centri estetici (1,1%), praticare tecniche meditative (1,1%) e ancor meno utilizzare integratori alimentari (0,6%) (fig. 24). Fig. 24 ‐ Attività praticate dagli anziani per mantenersi in buona salute (val. %) Fare regolarmente lunghe passeggiate
54,4
Trascorrere molto tempo all'aria aperta
45,9
Tenere la mente allenata
44
Seguire una dieta rigorosa
14
Fare periodi di vacanza
13,1
Svolgere attività sportive
12,7
Svolgere attività socializzanti
Fare le cure termali
7,9
3,8
Praticare tecniche di rilassamento
1,1
Frequentare centri per le cure estetiche
1,1
Utilizzare integratori alimentari
0,6
Fonte: indagine Censis‐Salute La Repubblica, 2008 Contrariamente a quanto si è soliti pensare, gli anziani sono dei buoni fruitori di nuove tecnologie, in particolare di quelle funzionali alla comunicazione e all’intrattenimento. L’immagine generalizzata di un mondo avulso da alcune conquiste della modernità si rivela piuttosto fallace, e se è vero che resistono ampi segmenti della popolazione anziana che restano, per scelta o per opportunità, ai margini del consumo di prodotti tecnologici, è altrettanto vero che ci sono segnali di un graduale e inevitabile avvicinamento a questo mondo. 104 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Se è abbastanza scontato che la maggior parte degli anziani possieda un telefono cellulare (76,6%), lo è meno che quasi uno su tre (30,2%) abbia un lettore dvd e un computer (27,4%), e poco più di uno su quattro una connessione ad internet veloce (25,8%). Il 17,9% degli intervistati possiede una telecamera, il 14% una fotocamera digitale, il 13,6% un videofonino, l’11,4% un televisore a schermo piatto, il 9,7% un lettore di mp3. Se il cellulare è il prodotto tecnologico in assoluto più diffuso tra tutte le fasce d’età (con un picco di 88,1% tra 70 e 74 anni, e un minimo di 69,8% tra gli over 80), gli altri sono perlopiù appannaggio delle generazioni più giovani, mentre gli ultra 75enni ne giovano solo in maniera residuale. Com’è logico aspettarsi, i 60‐64enni sono i più attivi sul fronte tecnologico: il 42,2% di loro ha un lettore dvd, il 37,3% una connessione veloce, il 35% un pc, il 33,3% una telecamera, il 21,6% una fotocamera e il 17,6% un lettore mp3. Mostrano dimestichezza con le tecnologie di comunicazione, con quelle informatiche e con gli strumenti di intrattenimento: si può dire che non si sentano fuori posto nell’era digitale. Il consumo di beni tecnologici resta relativamente alto fino ai 69 anni, e soltanto tra i 70 e i 74 si comincia a intravedere un calo nella diffusione di alcuni prodotti (il 28,7% gli anziani in questa fascia d’età possiede un lettore dvd o un pc, l’8,6% un videofonino, l’8,3% un lettore mp3), mentre addirittura cresce o resta stabile la presenza di altri (l’88,1% degli intervistati dispone di un telefono cellulare, il 35,2% ha internet veloce, il 19,7% una fotocamera, il 19,3% uno schermo piatto). Tra i 75 e i 79 anni si verifica invece un calo più marcato nell’utilizzo di strumenti tecnologici e informatici, che diventa drastico tra gli ultra 80enni. Resistono anche in queste fasce d’età i telefoni cellulari (posseduti rispettivamente dal 73% e 69,8% degli intervistati) e in parte i videofonini (14% e 4%), mentre per tutti gli altri prodotti si verifica un crollo nella diffusione; questo vale per pc (16% e 4,5% rispettivamente), internet veloce (12% e 2%), tv a schermo piatto (6,5% e 3%), fotocamere (6% e 3%), telecamere (4% e 3,5%), lettori mp3 (4% e 2,5%) (tab. 23). 105 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Tab. 23 ‐ Diffusione tra gli anziani di alcuni prodotti tecnologici, per classe di età (val. %) Età
Totale 60–64
65‐69
70–74
75–79 80 anni anni anni anni anni e oltre Cellulare 71,6
79,6
88,1
73,0
69,8
76,6 Lettore Dvd 42,2
41,4
28,7
23,0
5,4
30,2 Pc/laptop 35,0
42,5
28,7
16,0
4,5
27,4 Internet veloce
37,3
32,1
35,2
12,0
2,0
25,8 Telecamera 33,3
19,6
20,1
4,0
3,5
17,9 Strumenti di home fitness 18,3 12,9 20,9 8,0 8,4 14,3 Fotocamera digitale 21,6
14,6
19,7
6,0
3,0
14,0 Videofonino 13,4
24,6
8,6
14,0
4,0
13,6 Tv a schermo piatto 13,1
12,5
19,3
6,5
3,0
11,4 Dispositivo di allarme/teleassistenza a distanza 14,4 7,5 15,2 3,5 6,4 9,9 Lettore Mp3 17,6
11,4
8,2
4,0
2,5
9,7 Poltrona automatica 8,8
2,1
17,2
2,0
4,5 7,1 Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis‐Salute La Repubblica, 2008 I trend negli acquisti rivelano il profilo di un consumatore anziano tutto sommato informato e competente, talvolta curioso di sperimentare prodotti nuovi e meno comuni, attento alla qualità e anche alla dimensione etica dello shopping. Più di un anziano su tre acquista frutta o verdura da agricoltura biologica (35,6%) e prodotti enogastronomici di qualità (35,4%); in parte perché figlie di una generazione abituata alla genuinità e naturalità dell’alimentazione, in parte per il tempo libero che permette di dedicare più attenzioni ai piaceri della gola, le abitudini alimentari degli anziani denotano una diffusa attenzione alla qualità dei prodotti, e anche una certa simpatia verso nicchie di mercato, pur costose, ma in grado di offrire prodotti salutari. La sensibilità per il sociale non si traduce soltanto nell’impegno in prima persona all’interno dei circuiti del volontariato e della solidarietà, ma trova a volte sbocco in una certa filosofia degli acquisti (fig. 25). 106 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Fig. 25 ‐ Frequenza di acquisto di alcuni prodotti alimentari tra gli anziani (val. %) Cibi etnici
Prodotti/servizi low‐cost
Alimentari o bevande presso erboristerie
Prodotti del commercio equo e solidale
Prodotti enogastronomici di qualità
Frutta o verdura biologica
1,9%
10,1%
4,5%
12,5%
15,1%
3,7%
Sì, saltuariamente
Sì, regolarmente
23,4%
28,0%
25,6%
6,3%
7,4%
10,0%
Nota: “regolarmente” indica una frequenza di acquisto di almeno una volta al mese, “saltuariamente” meno di una al mese Fonte: indagine Censis‐Salute La Repubblica, 2008 È il caso dei prodotti del commercio equo e solidale, che quasi un anziano su tre (29,7%) dichiara di acquistare almeno saltuariamente; sono in maggioranza donne (31,7%), mentre gli uomini lo fanno complessivamente meno (24,9%), ma sono di più quelli che lo fanno con regolarità, ovvero almeno una volta al mese (10,7% contro 4,4% delle donne). Quasi un anziano su cinque (18,8%) acquista alimenti o bevande presso erboristerie (21,2% delle donne a fronte di 12,8% degli uomini), il 17% prodotti o servizi low‐cost di vario genere, il 12% cibi etnici. 107 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 4.4. Paure, bisogni e domanda di assistenza: gli interessi “nascosti” della terza età Come abbiamo visto, la terza età sembra essere per la maggior parte degli Italiani che la vivono più un’opportunità che un problema: ci si sente liberi di riprendere progetti passati e iniziarne di nuovi, di dedicarsi pienamente agli affetti, di partecipare alla vita sociale, di viaggiare. Si ha generalmente tanta voglia di fare, anche per gli altri, non sono per i famigliari ma per la comunità tutta. Quest’immagine di un’anzianità attiva, dinamica, ottimista e soprattutto utile – a sé e agli altri – ha inevitabilmente anche un’altra faccia meno rassicurante: è quella fatta di paure, personali, materiali e fisiche, che non vede nel futuro occasioni da cogliere ma i pericoli del tempo, che teme la solitudine e il disagio economico, gli acciacchi dell’età e l’eventualità più nefasta dell’invalidità. Quasi un anziano su tre (32,6%) afferma di sentirsi “stanco” e desideroso soltanto di riposare”; il 28, 4% si dichiara “troppo preso” dai suoi problemi, il 26,1% “deluso” per non aver incontrato la riconoscenza dei familiari o della società, il 19,1% “fragile” e indeciso sulle cose da fare. Le indicazioni sulla salute sembrano però essere positive: se l’Italia invecchia, infatti, tutto sommato non sembra invecchiare male. Meno di un anziano su quattro (22,5%) definisce le proprie condizioni di salute “insoddisfacenti” (18,1%) o addirittura “pessime” (4,4%), mentre il restante 77,5% di anziani si divide tra chi le giudica “soddisfacenti” (33,9%), chi “buone” (31,5%) e chi, nel migliore dei casi, “ottime” (12,1%). La preoccupazione per lo stato di salute riguarda in modo particolare le donne, che nel 28,3% lo giudicano negativamente, a fronte del 13,4% degli uomini (tab. 24). 108 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Tab. 24 – Giudizio sul proprio stato di salute, per sesso (val.%) Sesso Uomini Donne Ottimo 12,4 12,0 Buono 34,4 29,7 Soddisfacente 39,8 30,0 Insoddisfacente
12,2 21,8 Pessimo 1,2 6,5 Totale 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis/Salute‐la Repubblica, 2010 Totale 12,1 31,5 33,9 18,1 4,4 100,0 Alla domanda su quali aspetti della vita possano essere limitati dalla condizione di anzianità, il 38% degli intervistati risponde di non sentirsi affatto limitato. Il 33,4% degli anziani dichiara invece di sentirsi influenzato nello stato di salute; il 17,7% nel dover dipendere da altre persone più di quanto lo fosse da giovane, il 17,6% nelle attività domestiche, il 14,7% nella condizione economica, il 9,6% nei rapporti con gli altri e l’8,3% nell’attività lavorativa (fig. 26). Più di otto anziani su dieci (82,5%) giudicano la propria vita positivamente, tra chi si sente gratificato per le cose che fa (45,5%) e chi vorrebbe fare anche di più (37%). Il giudizio è chiaramente molto diverso a seconda dell’età degli intervistati, con le opinioni positive che tendono a diminuire man mano che questa avanza. E così a valutare positivamente la vita attuale è il 96,1% dei 60‐64enni, il 93,4% dei 65‐69enni, l’87,9% dei 70‐
74enni, il 75,8% dei 75‐79enni e 61,2% degli ultra 80enni. Noia, preoccupazioni, delusioni e amarezza iniziano a farsi largo dopo i 75 anni, sostituendosi all’ottimismo dei più giovani, quando a giudicare la propria vita troppo problematica è il 17,5% dei 75‐79enni e il 16,8% degli over 80, mentre la ritiene poco gratificante il 6,7% dei primi e addirittura il 22% dei secondi (tab. 33). 109 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Fig. 26 ‐ Aspetti nei quali gli anziani si sentono maggiormente limitati (val. %) In nessun aspetto
38,1
Nello stato di salute
33,4
Nel dover dipendere dagli altri per molte più cose
17,7
Nelle attività domestiche
17,6
Nella condizione economica
Nei rapporti con gli altri
Nell'attività lavorativa
14,7
9,6
8,3
Fonte: indagine Censis/Salute‐la Repubblica, 2010 Tab. 25 ‐ Giudizio degli anziani sulla propria vita attuale, per classi d'età (val.%) Età 80 anni e 60–64 anni 65‐69 anni 70–74 anni 75–79 anni oltre Positivamente 96,1 93,4 87,9 75,8 61,2 ‐ Faccio le cose che vorrei e che mi gratificano e fanno stare bene 69,3 47,7 34,1 42,6 32,1 ‐ Anche se mi piacerebbe fare più 26,8 45,7 53,8 33,2 29,1 Negativamente
3,9 6,7 12,1 24,2 38,8 ‐ E’ una vita noiosa, poco gratificante 2,1 2,0 7,3 6,7 22,0 ‐ Ho troppi problemi, troppi guai 1,8 4,7 4,8 17,5 16,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis/Salute‐la Repubblica, 2010 110 FONDAZIONE CENSIS
Totale 82,5 45,5 37,0 17,5 8,6 8,9 100,0 13077_2010 Se il quadro dello stato di salute degli anziani che emerge dalle interviste è nel complesso soddisfacente, occorre non trascurare quei sintomi di maggiore vulnerabilità che attanagliano alcuni segmenti della popolazione anziana. I rischi più impellenti, così come i bisogni che ne conseguono, nascono dalla paura di non farcela con la pensione percepita, di restare o essere lasciati soli senza poter più ricevere assistenza, ma anche di essere facili prede del crimine. Solitudine e depressione: sono queste le preoccupazioni più diffuse tra gli anziani. Paure intime e psicologiche che precedono tutte le preoccupazioni di natura materiale e fisica. Ciò che più spaventa gli anziani è l’eventualità di essere lasciati, o di restare, soli, di perdere ogni appiglio sociale, il sostegno delle figure familiari; di ritrovarsi a combattere contro i mali del tempo senza un’adeguata assistenza, o quanto meno il conforto degli affetti. La solitudine spaventa l’86,4% degli intervistati, seguita dalla depressione (78,1%). Soltanto dopo vengono le preoccupazioni materiali, prime fra tutte quelle economiche: le scarse risorse finanziarie sono motivo di preoccupazione per il 78% degli anziani. C’è poi l’assenza di strutture di assistenza per i non autosufficienti (70,1%), una percezione diffusa della distanza che c’è tra i servizi sociali offerti dal pubblico e i bisogni effettivamente espressi dalla terza età. Si teme anche l’indifferenza degli altri (68,4%): paura che il disagio non sia compreso, o non incontri una risposta adeguata. Spaventa più di ogni altra cosa, ancora una volta, la prospettiva di essere lasciati soli, dagli amici, dagli affetti, e in ultima dal prossimo, dalla società tutta. Gli anziani sentono che evidentemente c’è scarsa considerazione per le problematiche dell’età, poca vicinanza emotiva al disagio delle persone sole; temono di restare tagliati fuori da ogni canale di supporto una volta privati del sostegno di facce amiche. Molti vivono un senso di frustrazione dovuto ai limiti fisiologici imposti dall’età, per non poter più fare cose che un tempo riuscivano facilmente (65,1%), ma anche l’angoscia di non riuscire ad aiutare figli e nipoti (60,9%), condizione questa che rischia di sprofondare nel sentirsi inutili, fardello insopportabile di una vecchiaia apatica. 111 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 All’ultimo posto tra le preoccupazioni, c’è la poca sicurezza (55,1%), un problema sentito sì da più della metà degli anziani, ma relegato in fondo alla lista. Ciò che maggiormente preoccupa gli anziani, più che i pericoli che vengono dalla strada, è il timore di vedere le mura domestiche svuotate di calore umano, la paura dell’indifferenza, l’angoscia della solitudine (fig. 27). Fig. 27 ‐ Aspetti che dovrebbero preoccupare di più gli anziani (val. %) La solitudine
86,4
La depressione
78,1
I soldi che non bastano per la quotidianità
78
La mancanza di strutture per non autosufficienti
70,1
L’indifferenza degli altri
68,4
Il non riuscire a fare cose come prima
Non potere aiutare i figli/nipoti
La poca sicurezza
Fonte: indagine Censis‐Salute La Repubblica, 2007 65,1
60,9
55,1
Al di là degli aspetti che attengono a sfere private e su cui non si ha facoltà d’intervento, è evidente come le paure di ordine economico e sociale necessitino di una risposta organica e convinta da parte innanzitutto dei soggetti sociali e istituzionali. Viene qui alla luce tutta la vulnerabilità di una componente sempre più numerosa della nostra società, la cui partecipazione alla vita civile – e spesso la stessa sussistenza – è garantita da un delicato e fragile equilibrio tra alcuni elementi chiave, come la disponibilità reddituale, la capacità assistenziale, la garanzia della sicurezza personale, e così via. 112 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Tutti fattori la cui ottimizzazione dipende necessariamente da un intervento esterno – da parte delle istituzioni in primis, ma anche delle associazioni di categoria, del mondo del volontariato e del no profit, della società civile. In caso di necessità, le figure di riferimento per gli anziani sono quelle inserite nel giro degli affetti, o tutt’al più delle conoscenze, mentre i canali di assistenza “esterna”, proveniente da chi è estraneo alla vita quotidiana dell’anziano, restano poco battuti. Famigliari (65,3%) e amici e vicini (14,5%) sono ai primi posti tra i soggetti che forniscono assistenza agli anziani; tra gli attori esterni, primi fra tutti emergono religiosi e membri delle parrocchie (4,2%), ma anche assistenti sociali degli enti locali (2,6%), volontari (2,1%) e operatori di cooperative sociali (1,6%). Ciononostante, più di un quarto degli anziani (26,6%) dichiara di non aver ricevuto aiuto da nessuno. Se al Nord Ovest e al Centro i valori sono generalmente in linea con la media nazionale, il resto d’Italia si distingue come modelli fortemente caratterizzati. Al Nord Est, infatti, prevale una tipologia di assistenza generalmente “fai da te”: nonostante cresca leggermente l’intervento dei volontari (3,6%), quello famigliare si riduce significativamente (52%), come pure quello di amici e vicini (10,2%) e degli assistenti sociali (0,4%); ma è ancor più significativo che il 41,8% degli intervistati dichiari non aver ricevuto alcuna assistenza. Al Sud si delinea invece un modello del tutto speculare: è molto più forte la presenza della famiglia (79,2%), degli amici (17%), e anche degli assistenti sociali (5,1%), mentre soltanto il 13,9% degli anziani dichiara di non aver avuto aiuto da nessuno (tab. 26). La domanda diretta di assistenza da parte degli anziani riguarda questioni più strettamente pratiche e logistiche che non sostanziali. E tuttavia prevale un senso, forse più dichiarato che reale, di autosufficienza, probabilmente necessario a riaffermare la capacità di badare a se stessi, a non sentirsi sottovalutati e inutili: il 56,1% degli anziani dichiara infatti di non aver bisogno di alcun tipo di supporto. 113 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Tab. 26 ‐ Soggetti/strutture da cui gli anziani hanno avuto supporto per affrontare problemi di vita quotidiana, per area geografica (val. %) Area geografica Sud e Nord Ovest Nord Est Centro Isole Totale Familiari/parenti
58,1 52,0 60,9 79,2 65,3 Amici / Vicini 12,1 10,2 16,9 17,0 14,5 Religiosi / parrocchie 6,5 4,0 5,3 2,2 4,2 Assistenti sociali degli enti 2,3 0,4 0,4 5,1 2,6 locali Volontari/associazioni 3,6 3,6 1,1 0,9 2,1 Operatori di cooperative 1,6 0,0 0,4 3,1 1,6 sociali Altro 0,5 0,7 1,1 0,0 0,5 Poliziotti /vigili urbani 0,0 0,0 0,0 0,1 0,5 Non ho ricevuto aiuto da 28,7 41,8 33,8 13,9 26,6 nessuno Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis/Salute‐la Repubblica, 2010 Il rivendicare con orgoglio la sicurezza di sé è una caratteristica prevalentemente maschile, riaffermata dal 68,2% degli uomini, contro il 48,2% delle donne. Tra chi invece crede di aver bisogno di qualche aiuto, il 19,4% degli anziani vorrebbe riceverlo nella gestione e pulizia della casa (una richiesta fortemente sbilanciata dalla parte femminile, provenendo dal 28,3% delle donne e dal 5,6% degli uomini), il 18,1% nel disbrigo di pratiche amministrative e burocratiche, il 13% per muoversi in città e fuori, l’11,1% nelle questioni non sanitarie qualora si ammalasse, il 5,9% nella preparazione dei pasti. Soltanto il 4,5% degli intervistati vorrebbe un supporto finalizzato ad aumentare la propria sicurezza al di fuori delle mura domestiche, e l’1,6% per favorire la socialità (tab. 27). 114 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Tab. 27 ‐ Ambiti in cui gli anziani vorrebbero usufruire di supporto (val. %) Sesso
Maschio
Femmina Per la gestione e la pulizia della casa
5,6
28,3
Nel disbrigo delle pratiche come pagamento 15,8 19,5 bollette, pratiche mediche, pensionistiche Per muovermi in città e fuori 7,3
16,7
Per gli aspetti non sanitari quando sono malato
6,1
14,4
Per la preparazione dei pasti 1,9
8,6
Per una maggiore sicurezza quando vado fuori 5,6 3,7 casa 0,0
2,6
Per il tempo libero e la socialità Altro 0,0
0,2
Non ho bisogno assistenza/supporto di alcun tipo di 68,2 48,2 Totale 19,4 18,1 13,0 11,1 5,9 4,5 1,6 0,1 56,1 Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis/Salute‐la Repubblica, 2010 Assistenza domiciliare integrata, case di riposo, ospedali a domicilio: sono queste le tre priorità che secondo gli intervistati una politica di sostegno alla terza età dovrebbe perseguire. Gli anziani cercano innanzitutto un aiuto nel quotidiano, nella gestione di problemi ordinari e non solo di salute, e in secondo luogo vorrebbero vedersi garantita la possibilità di una convivenza in strutture specializzate, circondati da presenze amiche per tenere lontana la solitudine. Sono queste indicazioni perfettamente coerenti con i bisogni espressi dagli anziani, spaventati dall’eventualità della solitudine e desiderosi di ricevere un supporto nelle piccole cose di tutti i giorni; si esprime così l’attaccamento alle mura domestiche, la volontà di non abbandonare lo spazio fisico di una vita intera per finire, seppure temporaneamente, in luoghi freddi e spersonalizzanti come gli ospedali. Ma c’è anche la consapevolezza dei rischi che il futuro porta con sé, l’ombra della solitudine da allontanare a tutti i costi, anche se questo significasse lasciare la propria casa per trovare almeno una compagnia quotidiana. 115 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Gli interventi sanitari e socio‐assistenziali a domicilio costituiscono una priorità per il 47,3% degli anziani, le comunità di riposo per il 28,7%, il servizio ospedaliero a domicilio per il 18,5%. Seguono le residenze sanitarie per anziani non autosufficienti (12,9%), il telefono verde per le emergenze (10,8%), i centri diurni di riabilitazione (9,7%), gli istituti di lungodegenza (8,3%), i day hospital (7,9%), la teleassistenza (7,2%), la presenza dei medici geriatrici sul territorio (7,1%) (tab. 28). Fig. 28 ‐ Servizi per anziani che andrebbero potenziati in via prioritaria (val. %) L'assistenza domiciliare integrata
47,3%
Le case di riposo, ecc.
28,7%
Gli ospedali a domicilio
18,5%
Le residenze sanitarie assistenziali
12,9%
Il telefono verde per le emergenze
10,8%
I centri diurni di riabilitazione
9,7%
Gli istituti di lungodegenza
8,3%
I day hospital
7,9%
La teleassistenza/telesoccorso
7,2%
I medici geriatrici sul territorio
7,1%
Altro
0,3%
Fonte: indagine Censis/Salute‐la Repubblica, 2008 Dalle misure per l’assistenza sanitaria a quelle per favorire il rientro nel mondo del lavoro: nonostante questa non sia una priorità tra i bisogni dichiarati della terza età, gli intervistati sembrano avere in mente un chiaro modello finalizzato a promuovere la rioccupabilità degli anziani. Le indicazioni riflettono peraltro l’intenzione di partecipare in prima persona al processo di inserimento nel mondo del lavoro, rispecchiando quella voglia di attivismo, di partecipazione e impegno sociale così fortemente espressa. 116 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Al primo posto tra le misure considerate più efficaci troviamo quella di creare cooperative di anziani per i servizi alla persona, in particolare per altri anziani (62,8%). C’è in questa risposta anche la rivendicazione di uno status sociale condiviso, un diffuso senso di solidarietà, di riconoscimento dell’altro come bisognoso di attenzioni che un giorno potrebbero essere richieste da noi. Al secondo posto, gli anziani indicano la creazione di agenzie che mettano l’esperienza degli anziani al servizio delle aziende (59,8%); poi la qualificazione e formazione mirata, soprattutto in rapporto alle nuove tecnologie (49,1%). Sono invece considerate meno prioritarie misure strettamente tecnico/legislative, come una maggiore flessibilità contrattuale (41,4%), gli incentivi fiscali alle imprese (38,9%), e ancor meno popolare è l’idea di imporre delle quote di anziani tra le assunzioni (18,6%) (tab. 28). Tab. 28 ‐ Misure per valorizzare l'occupabilità degli anziani, per classe di età (val. %) Val.% Creare cooperative di anziani per i servizi alla persona, in particolare per altri 62,8 anziani Creare agenzie che mettano l'esperienza/ competenze degli anziani a 59,8 disposizione delle aziende Offrire formazione e riqualificazione mirata, soprattutto nel rapporto con le 49,1 nuove tecnologie Creare contratti molto flessibili quanto a orari e remunerazione
41,4 Offrire incentivi fiscali alle imprese
38,9 Imporre alle imprese di assumere una quota di anziani
18,6 Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis/Salute‐la Repubblica, 2007 117 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 4.5. Il profilo degli iscritti all’Anla Il valore dell’impegno sociale, di cui oggi la terza età si fa diffusamente carico, trova un riconoscimento tanto più forte tra gli iscritti all’Anla, un universo che si distingue per un attivismo non limitato al perimetro del volontariato e della solidarietà, ma spesso tradotto in un’esperienza continuata nel mondo del lavoro. Dal confronto con i rispettivi dati nazionali, si delinea tra gli iscritti una dimensione partecipativa generalmente più vasta, e in tal senso la stessa adesione all’Anla può essere indizio di una propensione associativa già consolidata. I numeri raccontano di un segmento di anzianità particolarmente impegnato, tanto nella sfera occupazionale quanto nel sociale, e che, non rassegnandosi alla prospettiva di una graduale marginalizzazione del proprio ruolo sociale, sceglie di reinvestire le proprie risorse, competenze ed esperienze in attività a tutto tondo, per restituirle nuovamente al servizio della società. Tra gli iscritti che sono già in pensione, quasi uno su cinque (19,2%) continua a svolgere un’attività lavorativa, perlopiù con frequenza occasionale (13,4%), una quota più che doppia rispetto a quella relativa ai soli 60‐64enni (9,4%) del campione nazionale, e quasi dieci volte superiore al dato complessivo nazionale (2,4%) (fig. 29). E gli iscritti sono molto attivi anche nel ramo del sociale, a conferma della tendenza crescente degli anziani a impegnarsi in attività di solidarietà. Più di uno su tre (34,4%) dichiara infatti di partecipare ad attività di volontariato (a fronte di una media nazionale di 19,7%), e di questi quasi la metà (15%) lo fa regolarmente (fig. 30). 118 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Fig. 29 ‐ Iscritti che svolgono un'attività lavorativa (val. %) 5,7
13,1
13,4
Ordinariamente
Saltuariamente
No
Senza risposta
67,7
Fonte: Anla Fig. 30 ‐ Iscritti che partecipano ad attività di volontariato (val. %) 9,7
15,1
Ordinariamente
19,3
Saltuariamente
No
55,9
Fonte: Anla Senza risposta
119 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Ancor prima che lavoratori o protagonisti del sociale, gli iscritti all’Anla sono fruitori dei servizi offerti dall’associazione, soprattutto di quelli che rientrano nell’alveo della cultura e della socialità. Le iniziative maggiormente apprezzate sono quelle legate al turismo, alla scoperta del territorio, all’arte: al primo posto si trovano infatti le gite turistiche, indicate dal 33,6% degli associati; poi le visite organizzate a musei e monumenti (24,6%), gli incontri culturali e ricreativi (18,4%). Da notare però che quasi un iscritto su cinque (19,1%) non risponde alla domanda, presumibilmente perché non è a conoscenza delle attività, o perché non vi ha mai preso parte (tab. 29). Tab. 29 ‐ Iniziative dell'Anla maggiormente apprezzate (val. %) Gite turistiche Visite organizzate a musei e monumenti
Incontri culturali e ricreativi Altro Senza risposta Totale Val.% 33,7 24,6 18,4 4,2 19,1 100,0 Fonte: Anla Dalle risposte degli iscritti, si evince però come l’utilizzo dei servizi offerti sia piuttosto basso: oltre tre iscritti su quattro (76,3%) dichiarano infatti di non usufruirne mai, il 16,8% lo fa solo saltuariamente, e soltanto il 3,9% afferma di farlo ordinariamente (tab. 30). 120 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Tab. 30 ‐ Utilizzo dei servizi offerti dall'Anla (val. %) Sì Ordinariamente
Saltuariamente
No Senza risposta Totale Val.% 20,7 3,9 16,8 76,3 3,0 100,0 Fonte: Anla Alla scarsa fruizione dei servizi si affianca un’altrettanto bassa frequentazione delle sedi associative, che meno di un iscritto su quattro (24,5%) visita occasionalmente; se poi il 4,7% degli iscritti lo fa con regolarità, il 68,1% non lo fa mai (tab. 31) Tab. 31 ‐ Frequentazione della sede Anla (val. %) Sì Ordinariamente
Saltuariamente
No Senza risposta Totale Val.% 29,2 4,7 24,5 68,1 2,7 100,0 Fonte: Anla È un dato che però non inficia il forte riconoscimento dell’identità associativa, così come emerge dalle risposte degli intervistati: il 71,1% degli iscritti identifica in prima battuta l’operato dell’Anla con la tutela della dignità e dei valori dei lavoratori anziani, un’attività che per molti va però rafforzata. A ciò si affianca un diffuso apprezzamento per l’attività divulgativa dell’organizzazione: seppur secondario, il valore della comunicazione, che l’Anla opera innanzitutto tramite la diffusione della rivista “Esperienza”, 121 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 per il 19,7% degli iscritti rappresenta l’essenza stessa dell’organizzazione. Dei restanti intervistati, il 5,5% afferma che l’Anla sia un’associazione come tante altre, e l’1,3% che ormai abbia fatto il suo tempo (tab. 32). Tab. 32 – Definizione che meglio descrive Anla (val. %) Un'associazione che difende i valori e la dignità dei lavoratori anziani
Un'associazione che pubblica Esperienza
Un'associazione come tante altre
Un'associazione che ha fatto il suo tempo
Senza risposta Totale Val.% 71,1 19,8 5,5 1,3 2,2 100,0 Fonte: Anla Alla domanda su come l’Anla potrebbe migliorare il proprio operato, oltre un iscritto su tre (33,4%) crede che vada rafforzato l’impegno per la tutela dei diritti degli anziani tutti; più di uno su cinque (20,7%) crede invece che l’Anla debba impegnarsi di più per far conoscere le proprie iniziative, e quasi nella stessa misura, attivarsi maggiormente nell’impegno sociale (19,8%). Il 22,4% degli iscritti, invece, è soddisfatto dell’associazione così com’è (tab. 33). Tab. 33 – Opinioni sul miglioramento dell'attività dell'Anla (val. %) Che ponesse maggiore impegno nella difesa dei diritti degli anziani
Che facesse conoscere meglio le proprie iniziative
Che si attivasse maggiormente 'nel sociale'
Mi va bene così com'è Senza risposta Totale Val.% 33,5 20,7 19,8 22,5 3,6 100,0 Fonte: Anla 122 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 L’aspetto comunicativo rappresenta indubbiamente un fattore critico per l’operato dell’associazione; non sempre l’impegno organizzativo raggiunge gli iscritti, che anzi spesso restano all’oscuro degli eventi promossi e mostrano un atteggiamento “passivo” e poco partecipato delle attività dell’Anla. La rivista “Esperienza” gioca un ruolo centrale non solo nel cementare il rapporto con gli iscritti e promuovere l’attività dell’associazione, ma anche nel contribuire a costruire l’identità stessa dell’Anla agli occhi degli associati; a tal proposito, in molti credono che questo servizio vada migliorato. La rivista si dimostra il “prodotto” di punta dell’associazione, essendo letta dalla quasi totalità degli iscritti: il 48,7% di essi lo fa regolarmente, il 9% saltuariamente, e nel 38,7% dei casi “Esperienza” è letta anche dai famigliari degli iscritti (tab. 34). Tab. 34 – Frequenza di lettera della rivista “Esperienza” (val. %) Sì Ordinariamente
Anche da altri familiari Saltuariamente
No Senza risposta Totale Val.% 87,4 48,7 38,7 9,0 0,4 3,1 100,0 Fonte: Anla Alla domanda sull’effettiva efficacia di “Esperienza” nel mantenere i contatti con i soci, la maggioranza degli iscritti (65,1%) ritiene che la rivista svolga appieno il suo dovere, il 28,4% “solo in parte”, mentre l’1,7% che non lo faccia affatto (tab. 35). 123 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 Tab. 35 – Opinione sull'utilità di "Esperienza" nel mantenere il contatto con gli iscritti (val. %) Val.% Adempie bene detto compito 65,1 Solo in parte 28,4 No 1,7 Senza risposta 4,8 Totale 100,0 Fonte: Anla 124 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 6. NOTA METODOLOGICA L’indagine presso i presidenti dei gruppi seniores aderenti all’Anla è stata svolta tra i mesi di novembre 2010 e gennaio 2011, sulla base della somministrazione, via web e telefono‐fax di un questionario a struttura chiusa, predisposto dal Censis e validato dai vertici dell’Anla nazionale. La rilevazione di campo ha visto la partecipazione di 86 Presidenti di gruppi aderenti all’Anla, individuati sull’intero territorio nazionale, sulla base dell’indirizzario fornito direttamente dall’Anla e comprensivo di indirizzi mail e numeri di telefono dei Presidenti, per un totale di circa 110 nominativi). Precedentemente alla realizzazione dell’indagine, sono state realizzate 15 interviste dirette con alcuni Presidenti regionali dell’Anla • Ales Maria, Anla nazionale • Cordenons Corrado, Gruppo Zanussi Electrolux • Cortese Antonio, Anla Puglia • Crivellaro Paolo, Anla Veneto • D’Angelo Vincenzo. Anla Toscana • De Falco Ferdinando, Anla • Ferrante Antonio, Anla Emilia Romagna • Iuliano Emilio, Anla Napoli • Malasoma Roberto, Anla Lazio • Merlo Gianni, Gruppo Snaidero • Spallarossa Giampaolo, Anla Liguria 125 FONDAZIONE CENSIS
13077_2010 • Spampanato Teresa, Anla Marche • Tomaello Luigi, Gruppo Savio • Trabaldo Togna Carlo, Anla Piemonte • Zannese Piergiorgio, Anla Friuli Venezia Giulia 126 FONDAZIONE CENSIS
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