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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA
RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ALLASIA. — Al Presidente del Consiglio
dei ministri. — Per sapere – premesso che:
con riferimento alla applicazione del
decreto-legge n. 279 del 2000 nel testo
modificato dalla legge di conversione
n. 365 del 2000 concernente interventi
urgenti per le aree a rischio idrogeologico
molto elevato ed in materia di protezione
civile, nonché a favore delle zone della
regione Calabria danneggiate dalle calamità idrogeologiche di settembre ed ottobre 2000, a seguito interrogazione a risposta scritta a firma Allasia e Capanni, il
Dipartimento per la protezione civile affermava che sempre, senza soluzione di
continuità, il criterio per individuare il
bialluvionato era quello di avere percepito
i benefici previsti dalla legge nel 1994;
con successiva interpellanza urgente
n. 2-00384, a prima firma Giancarlo Lehner mercoledì 13 maggio 2009 si chiarì che
in 18 casi a Vercelli ed in un caso a
Montalto Dora (dazione Fasti) furono pagati indennizzi e mai ne fu revocata la
concessione, nonostante ormai il Consiglio
di Stato abbia dichiarato l’illegittimità
della concessione e la stessa regione Piemonte con atto prot. 34423/s.l/1.45 abbia
ritenuto « necessario recuperare quanto
indebitamente versato »;
è pertanto inequivocabile e ad ogni
modo passato in giudicato che riguardo
alla qualifica di bialluvionato ed alla relativa fruizione dei contributi prevista dall’articolo 4-bis del decreto-legge n. 279 del
2000 nel testo consolidato, l’unico criterio
valido per riconoscere tale qualifica e per
ottenere il predetto contributo è la già
avvenuta fruizione dei contributi previsti
per l’alluvione del 1994;
in particolare l’azienda Fasti non ha
chiaramente percepito i contributi statali
in riferimento all’alluvione del 1994, pertanto ove anche fosse stata risarcita in via
assicurativa, il suo caso, per dirla con lo
« Stampone » usato dalla Regione Piemonte « ... rientra nei casi di coloro che
pur avendo subito l’alluvione non hanno
percepito i benefici dello Stato », e pertanto in stretta osservanza della pronuncia
del Consiglio di Stato del 17 ottobre 2006,
le provvidenze percepite dalla stessa Fasti
devono essere recuperate, sottolineando
che sarebbe oltretutto nullo ogni altro
eventuale atto che ne avesse giustificato
l’ottenimento –:
se, alla luce dei principi interpretativi
forniti dall’allora Agenzia di protezione
civile, e al fine di garantire l’equità di
trattamento in relazione ai citati casi, non
ritenga opportuno valutare la necessità di
assumere le iniziative di competenza affinché, anche coinvolgendo la regione Piemonte, si proceda al recupero dei contributi erogati alla Fasti vista la pronuncia
del Consiglio di Stato.
(4-04686)
RISPOSTA. — In relazione all’atto di sindacato ispettivo in esame, relativo alla
fruizione dei contributi per i bi-alluvionati
del Piemonte, si fa presente quanto segue.
Com’è noto, ai sensi dell’articolo 4-bis
del decreto-legge n. 279 del 2000, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 365
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ALLEGATO
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II
AI RESOCONTI
del 2000, vengono disciplinati i contributi
da erogare ai soggetti o alle attività produttive già danneggiati dagli eventi alluvionali del 1994.
Tale disposizione è stata oggetto di vicende normative e giurisprudenziali che si
sono concluse con la pronuncia del Consiglio di Stato, in data 17 ottobre 2006, che
ha condiviso le affermazioni rese, a suo
tempo, dall’allora agenzia di protezione civile, fondate sul principio che, per l’assegnazione del contributo di cui trattasi, il
criterio della già avvenuta fruizione del
contributo previsto per l’alluvione del 1994,
deve ritenersi l’unico valido ai fini della
fruibilità del già citato contributo di cui al
menzionato articolo 4-bis del decreto legge
279 del 2000.
Si precisa che dette affermazioni, rese
dall’organo di protezione civile, rivestivano
natura strettamente interpretativa della
norma statale, non recando alcuna regola
innovativa in materia.
Relativamente all’azienda Fasti, si fa
presente che, nel 1994, essa non ha ottenuto
il contributo pubblico unicamente perché,
avendo incassato un risarcimento assicurativo – pari al triplo rispetto al massimo
contributo pubblico ottenibile – prima
della scadenza dei termini per fare domanda, la normativa vigente in materia
non consentiva la presentazione dell’istanza.
A conferma di ciò, benché la Fasti avesse
prodotto documentazione comprovante i
danni subiti dall’alluvione del 1994, l’erogazione di detto contributo non rientra
nelle previsioni della predetta sentenza del
Consiglio di Stato, atteso che l’azienda in
parola non poteva ottenerlo a causa dell’anticipato risarcimento assicurativo.
Appare opportuno evidenziare che il dipartimento della protezione civile ha attivato, attraverso il servizio ispettivo del
Ministero dell’economia e delle finanze, una
verifica amministrativo-contabile presso la
regione Piemonte sugli interventi diretti a
fronteggiare i danni conseguenti agli eventi
alluvionali accaduti nel mese di ottobre
2000.
Il dipartimento della protezione civile, a
seguito della predetta verifica, ha dato assicurazione di ribadire alla regione Pie-
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monte la necessità di provvedere a recuperare i contributi indebitamente erogati e che
comunque ha provveduto a rimettere gli
atti alla competente procura regionale
presso la Corte dei Conti, per l’eventuale
accertamento dei profili di danno erariale.
Il Ministro per i rapporti con il
Parlamento: Elio Vito.
BELLOTTI. — Al Ministro delle politiche
agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
i biocombustibili sono un’opportunità
per il Paese: nonostante negli anni si siano
alternati 3 Esecutivi, dopo l’introduzione
delle prime disposizioni in materia volute
dall’allora Ministro Alemanno, nessuno ha
messo in discussione che uno sforzo mirato a promuovere l’utilizzo di queste
risorse rinnovabili andasse fatto;
una delle misure a sostengo al settore
è contenuta nel comma 376 dell’articolo 1
della legge finanziaria del 27 dicembre
2006, n. 296, con cui si destinava l’importo
di 15 milioni di euro per il finanziamento
di programmi di ricerca e sperimentazione
del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali nel settore bioenergetico;
con i successivi atti il Ministero delle
politiche agricole, alimentari e forestali
provvedeva all’emanazione di appositi
bandi destinando 10 milioni di euro al
finanziamento di progetti di ricerca miranti alla risoluzione di problematiche
specifiche per il settore (decreto ministeriale n. 246 del 2007);
in data 22 dicembre 2008 il Ministero
delle politiche agricole, alimentari e forestali attraverso comunicazione via internet
pubblicava l’elenco dei progetti ritenuti
eleggibili a finanziamento sulla base delle
valutazioni compiute da apposita Commissione presieduta dal professor Paolo Fantozzi dell’Università di Perugia, quale rappresentante del Comitato di cui al decreto
ministeriale n. 5064 del 2007;
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XVI LEGISLATURA
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ALLEGATO
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AI RESOCONTI
contro la suddetta valutazione si pronunciava però, attraverso ricorso straordinario al Presidente della Repubblica,
l’Università di Torino;
il Ministero delle politiche agricole,
alimentari e forestali senza attendere gli
esiti del ricorso, nel luglio 2009 annullava
quanto posto in essere in sede di attuazione del decreto ministeriale n. 246 del
2007 a partire dalla nomina della Commissione fino alla conclusione del procedimento di approvazione della graduatoria, precisando, nel darne comunicazione
scritta con nota dell’Ufficio SVIRIS IV a
firma del direttore generale dottor Giuseppe Blasi, che la procedura di valutazione sarebbe stata ripetuta con la nomina
di una nuova Commissione;
la fattispecie esposta, ove non giustificata, costituirebbe un fatto che, tanto dal
punto di vista giuridico quanto amministrativo, desta perplessità, rappresentando
un precedente pericoloso che mina o la
fiducia nella correttezza della valutazione
delle Commissioni ministeriali o la certezza, per gli operatori precedentemente
riconosciuti come beneficiari, di veder riconosciuto il contributo per essi stanziato;
a giudizio dell’interrogante la decisione di non attendere gli esiti del ricorso
appare in contrasto con la normativa vigente a danno di progetti già valutati
eleggibili a finanziamento;
la nomina di una nuova Commissione
rappresenta, ad avviso dell’interrogante,
un atto di immotivata delegittimazione nei
confronti della precedente, segnatamente
del suo Presidente professor Paolo Fantozzi, e mette conseguentemente in discussione l’operatività del Comitato di cui al
decreto ministeriale n. 5064 del 2007, tuttora operante presso il Ministero delle
politiche agricole, alimentari e forestali di
cui lo stesso professor Fantozzi risulta
ancora essere componente;
la nuova Commissione una volta insediata rischia di non essere scevra da
condizionamenti nella valutazione stanti
gli atti pregressi;
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l’annullamento della procedura rischia di compromettere l’utilizzabilità dei
fondi stanziati, stante il sussistente pericolo di perenzione degli stessi con grave
nocumento per lo sviluppo delle necessarie
innovazioni in un settore quale quello
delle bioenergie altamente strategico per la
competitività dell’agricoltura italiana –:
quali siano i motivi di annullamento
della procedura posta in essere e della
decisione di non attendere gli esiti del
ricorso straordinario al Capo dello Stato.
(4-04539)
RISPOSTA. — In riferimento all’interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
In attuazione dell’articolo 1, comma
376, legge n. 296 del 2006 (finanziaria
2007) che ha destinato 15 milioni di euro
al finanziamento di programmi di ricerca e
sperimentazione agraria nel campo bionergetico, questo Ministero ha emesso, con
decreto ministeriale n. 246 del 23 ottobre
2007, un bando per l’erogazione di contributi per 10 milioni di euro a 10 progetti
concernenti il settore delle biotecnologie
con quattro specifiche tematiche.
Il procedimento per la designazione dei
progetti meritevoli è iniziato con l’affidare
ad una apposita commissione di valutazione le relative operazioni.
L’esito della procedura ha visto quasi
tutti i progetti conseguire l’idoneità al finanziamento salvo alcuni esclusi.
La posizione degli esclusi, per quanto
comprensibile sul piano emotivo, ma non
su quello giuridico, ha portato uno dei
concorrenti, l’università degli studi di Torino, a proporre ricorso straordinario al
Presidente della Repubblica per l’annullamento del provvedimento finale e degli atti
ad esso connessi e preordinati, previa sospensiva in via cautelare.
Le censure avanzate riguardavano tutte
profili di illegittimità formale del procedimento, senza far alcun cenno al merito.
Questo Ministero – valutata la fondatezza del gravame e tenuto conto dei tempi
tecnici che lo stesso avrebbe impiegato nel
doppio esame da parte del Consiglio di
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XVI LEGISLATURA
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IV
AI RESOCONTI
Stato della misura cautelare e del merito,
per giungere alla decisione finale –, ha
ritenuto, nell’interesse dei concorrenti, di
procedere, in autotutela, all’annullamento
degli atti e provvedimenti adottati, a partire
dal decreto di nomina della nuova commissione di valutazione.
Ciò ha consentito di reiterare la procedura in tempi rapidi, in modo da pervenire
alla soluzione definitiva entro il corrente
anno, con l’assicurare l’impegno delle
somme assegnate ed evitando così la perenzione amministrativa.
L’operato di questo Ministero ha avuto
come finalità non solo quella di garantire
la legittimità dell’azione amministrativa, ma
anche di assicurare l’efficienza e l’efficacia
del procedimento.
Non può, pertanto, ritenersi, nel caso di
specie, sussistere una delegittimazione della
commissione di valutazione, in quanto sul
merito del suo operato non vi è stata
alcuna critica da parte del ricorrente.
Per quanto attiene alla posizione dei concorrenti, i cui progetti erano stati dichiarati
idonei e finanziabili, occorre precisare che
l’esito non è stato il risultato « di una estrazione a sorte » ma di una valutazione scientifica e che, se i progetti saranno ritenuti
validi dalla nuova commissione, gli stessi
conseguiranno il medesimo esito.
I motivi dell’impugnativa riguardavano
l’incompatibilità di alcuni componenti della
commissione di valutazione e la violazione
della disciplina sul funzionamento della
stessa quale collegio perfetto.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali:
Luca Zaia.
BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA
COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO
e ZAMPARUTTI. — Al Ministro per la
pubblica amministrazione e l’innovazione,
al Ministro dell’istruzione, dell’università e
della ricerca. — Per sapere – premesso
che:
il 14 ed il 19 novembre, sul quotidiano gli Altri, sono state pubblicate due
lettere nelle quali viene difesa la validità
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della scelta operata dall’amministrazione
centrale sottoscrivendo, insieme al Ministro dell’istruzione, dell’università e della
ricerca, il protocollo di intesa con Microsoft S.r.l. per la realizzazione di azioni a
supporto dell’innovazione digitale nelle
scuole;
il motivo della sottoscrizione dei Protocollo di Intesa con Microsoft S.r.l. risiederebbe nel fatto che quest’ultima si sarebbe impegnata a sostenere gratuitamente il piano del Ministero dell’istruzione
dell’università e della ricerca ed il Piano
« eGov2012 » per la scuola del Ministero
per la pubblica amministrazione e l’innovazione;
nella seconda lettera si dà atto dell’importanza e del valore positivo del software libero ma si conferma la validità
della scelta fatta, argomentando che Microsoft S.r.l. avrebbe promesso di donare
alla Pubblica Amministrazione non solo
licenze software ma anche computer;
dalla lettura del Protocollo non sembra si possano riscontrare gli impegni di
donazioni da parte della multinazionale
che, forte della propria posizione dominante sul mercato, è scrupolosamente attenta ai propri interessi economici tanto
da fatturare dalla propria filiale irlandese
– per ragioni di convenienza fiscale –
tutte le vendite di licenze realizzate nel
nostro Paese;
con il software libero si diffonde la
condivisione della conoscenza, si rendono
concreti valori quali la collaborazione e la
libertà di espressione. Si contribuisce ad
abbattere il divario digitale. Promuovendo
nelle scuole il software libero si favorisce
lo sviluppo di imprese nazionali che forniscono servizi ad esso connessi si riduce
la spesa in acquisti di licenze di software
a vantaggio delle imprese dominanti, con
benefiche ripercussioni sia per la bilancia
dei pagamenti che per il sistema fiscale del
nostro Paese. Anche in questo modo si
effettuano i principi e i valori della nostra
costituzione nella società dell’informazione e della conoscenza –:
se è vero che l’accordo non prevede
oneri finanziari espliciti per la Pubblica
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XVI LEGISLATURA
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AI RESOCONTI
Amministrazione, che pure si impegna a
collaborare nella ricerca di client per i
prodotti Microsoft – istituzioni scolastiche,
personale docente e studenti –, è anche
vero che i giovani – e con loro gli insegnanti e le famiglie – formati oggi dalla
scuola, saranno in futuro cittadini e lavoratori capaci di utilizzare solo i software
che ora ricevono « gratis » o « a prezzo di
favore »: clienti e consumatori che, in
futuro, troveranno più difficile scegliere
soluzioni alternative;
se i fatti corrispondano al vero e,
nell’eventualità positiva, se voglia considerare l’ipotesi alternativa, in grado di produrre ugualmente consistenti risparmi per
la Pubblica Amministrazione, fatta dall’Associazione per il software libero, che aveva
già presentato una domanda di intervento
nel procedimento amministrativo che ha
portato alla sottoscrizione del Protocollo
di Intesa con Microsoft S.r.l., chiedendo
altresì l’integrazione del Protocollo stesso
per favorire la diffusione del software
libero nel sistema scolastico e per il bene
del Paese, poiché la diffusione della cultura digitale passa attraverso la promozione di strumenti e tecnologie libere.
(4-05437)
RISPOSTA. — In relazione all’atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta
quanto segue.
Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha da tempo avviato un
« Piano per l’innovazione digitale della
scuola » volto ad elevare la qualità dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche
sviluppando e potenziando il progetto didattico attraverso l’integrazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei processi di apprendimento.
Le attività connesse al suddetto progetto
hanno sollevato l’interesse di molte realtà
imprenditoriali e associative nei confronti
dell’istituzione scolastica tanto da indurre il
ministero dell’istruzione, dell’università e
della ricerca ad avviare una serie di azioni
volte a tutelare le scuole ed indirizzare le
iniziative di imprese ed associazioni.
In particolare, il 25 settembre 2009 il
Ministro per la pubblica amministrazione e
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l’innovazione, il Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca e Microsoft
Srl hanno sottoscritto un Protocollo d’intesa, di durata triennale, per sostenere la
qualità dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche, da una parte operando per
la formazione dei docenti e per l’utilizzo
generalizzato della multimedialità nella didattica, dall’altra attuando specifiche iniziative sperimentali.
La collaborazione si pone tre obiettivi
fondamentali: favorire l’accesso diffuso alle
tecnologie da parte degli insegnanti e delle
loro classi, promuovere la sperimentazione
di nuove tecnologie specificatamente dedicate a docenti e studenti, sviluppare e
diffondere competenze tecnologico/didattiche del corpo docente.
In virtù di questo Protocollo d’intesa
Microsoft si è resa disponibile a sviluppare
servizi nell’ambito di attuazione delle iniziative ministeriali, a supportare progetti di
particolare interesse didattico/organizzativo
ed infine a promuovere iniziative di formazione sulle nuove tecnologie, con il preciso intento di favorirne l’accesso da parte
delle istituzioni scolastiche italiane.
Nello specifico Microsoft si è impegnata
a:
fornire gratuitamente software operativi e applicativi a supporto di particolari
esigenze ed attività delle scuole e del Ministero dell’istruzione, dell’università e della
ricerca;
sostenere iniziative per ridurre il digital divide nelle scuole e per innovare la
didattica e i processi di apprendimento
attraverso l’uso della tecnologia e di contenuti didattici multimediali;
implementare i progetti del ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca
tesi a realizzare ambienti di apprendimento
adatti ad un utilizzo costante e diffuso delle
tecnologie nella quotidianità scolastica;
promuovere iniziative mirate a valorizzare le buone pratiche delle scuole, allo
scopo di offrire ulteriori motivazioni allo
studio anche attraverso l’uso delle tecnologie;
Atti Parlamentari
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garantire un uso sicuro e responsabile
della rete internet da parte dei minori e
promuovere la diffusione di una cultura di
maggiore consapevolezza delle potenzialità
della rete;
collaborare con le proprie consociate
affinché vengano riconosciute agli studenti
condizioni agevolate d’acquisto di soluzioni
e prodotti, nell’intento di migliorare il loro
percorso formativo e l’acquisizione di competenze al fine dell’inserimento nel mondo
del lavoro;
supportare le attività formative previste dal « Piano per l’innovazione digitale
nella scuola », anche attraverso l’adattamento e lo sviluppo di ambienti Microsoft
che prevedano la realizzazione di servizi di
collaborazione e formazione, on line e in
presenza del personale docente;
mettere a disposizione i propri contenuti multimediali, denominati « digital literacy », per trasmettere adeguate conoscenze e abilità nell’uso delle nuove tecnologie a docenti e studenti di istituti scolastici di ogni ordine e grado.
In merito, poi, all’utilizzo di software
liberi nella pubblica amministrazione, com’è noto, l’articolo 68 del decreto legislativo
n. 82 del 2005, recante « Codice dell’amministrazione digitale », prevede che le pubbliche amministrazioni acquisiscano i programmi informatici « (...) a seguito di una
valutazione comparativa di tipo tecnico ed
economico » tra quelli disponibili sul mercato, indicando, tra questi, anche l’acquisizione di programmi informatici a codice
sorgente aperto (open source).
L’utilizzo dei software open source da
parte delle pubbliche amministrazioni,
quindi, è da valutare di volta in volta,
attraverso una comparazione dei relativi
requisiti tecnici ed economici. Tuttavia, sebbene i software open source sono connotati, in genere, da maggiore adattabilità,
sicurezza ed economicità, essi devono essere, d’altra parte, idonei a soddisfare le
specifiche esigenze delle amministrazioni.
Queste ultime sono chiamate, quindi ad
una attenta valutazione degli oneri connessi
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all’utilizzo dei citati software, in particolare
sotto il profilo della manutenzione ed implementazione degli stessi, in ragione di
particolari applicazioni strategiche.
Il Ministro per la pubblica amministrazione
e
l’innovazione: Renato Brunetta.
BITONCI, STUCCHI, LUCIANO DUSSIN e LANZARIN. — Al Presidente del
Consiglio dei ministri, al Ministro degli
affari esteri. — Per sapere – premesso che:
il terremoto che ha devastato Haiti
rappresenta una tragedia di proporzioni
enormi, che conta oltre 500 mila morti e
un numero imprecisato di persone disperse;
interi quartieri sono stati completamente distrutti, a causa del crollo di edifici
e costruzioni;
purtroppo c’è anche chi approfitta
del dramma che sta vivendo Haiti: ci sono
infatti notizie di assalti e saccheggi nella
capitale e poiché il sisma ha danneggiato
anche gli edifici della polizia, si rendono
più difficoltose le operazioni di coordinamento dell’attività di controllo e repressione delle azioni criminali;
è crollato il carcere più importante
del Paese e molti detenuti sono scappati;
Haiti è uno dei Paesi più poveri del
mondo, il più povero in assoluto di tutto
il continente americano e le condizioni di
indigenza di gran parte della popolazione
rischiano di rendere esplosiva la situazione;
avvertendo immediatamente la gravità della situazione ad Haiti, subito sono
stati attivati aiuti da parte di numerose
nazioni, seguiti da appelli alla solidarietà
lanciati da organizzazioni umanitarie italiane e internazionali;
molte associazioni italiane, operanti
nel campo delle adozioni internazionali, si
sono attivate per chiedere le adeguate
autorizzazioni, al fine di rispondere alle
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XVI LEGISLATURA
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VII
AI RESOCONTI
numerose richieste di famiglie intenzionate ad adottare i bambini di Haiti rimasti
orfani;
tali associazioni risultano ancora in
attesa di ricevere i permessi, mentre si apprende dai media che ad Haiti alcuni bambini risultano misteriosamente scomparsi
dagli ospedali, acuendo il timore di verosimili operazioni di traffico dei minori –:
se si intenda accelerare l’iter burocratico-amministrativo per il rilascio delle
previste autorizzazioni necessarie per le
adozioni, in modo tale che, quando saranno rese note le stime dei bambini
effettivamente orfani, si possa provvedere
in tempi ragionevoli a dar seguito alle
richieste delle famiglie.
(4-05923)
RISPOSTA. — Con l’atto parlamentare in
esame gli interroganti chiedono di conoscere se il Governo, in considerazione della
grave tragedia che ha colpito il popolo
haitiano, con oltre 500 mila morti ed un
numero imprecisato di minori in stato di
abbandono, intenda accelerare l’iter burocratico-amministrativo per il rilascio delle
autorizzazioni necessarie per le adozioni di
minori.
Occorre preliminarmente considerare
che i cataclismi, così come le emergenze
belliche, sono situazioni in cui occorre
particolare prudenza nell’avviare procedure
adottive. In tali circostanze è sempre necessario attendere che, nelle zone colpite
dalla calamità, la situazione rientri nella
normalità, affinché siano ristabilite le condizioni per accertare l’effettivo stato di abbandono dei minori residenti nelle aree
colpite (le cui famiglie potrebbero essere
solo temporaneamente disperse) e le procedure di adozione degli orfani possano essere
realizzate nel pieno rispetto delle norme
nazionali e internazionali.
Qualsiasi attivazione meno prudente rischierebbe di rendere di fatto impossibile la
verifica e il recupero dei legami familiari,
ledendo il diritto dei minori e dei loro
genitori e parenti. Per non dire del fondatissimo rischio di innescare fenomeni di
approfittamento da parte di chi, in loco,
potrebbe per denaro falsificare fatti e documenti.
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Al riguardo si rappresenta, come peraltro già accennato nelle premesse dagli interroganti, subito dopo il drammatico terremoto le istituzioni in generale, e quelle
specificamente attive nel campo della protezione dell’infanzia, sono state subissate da
contatti telefonici o via e-mail da parte di
migliaia di persone e famiglie desiderose di
offrire la loro disponibilità per l’accoglienza
degli « orfani » superstiti di questa tragedia.
In ogni modo la comunità internazionale delle autorità centrali previste dalla
Convenzione de L’Aja del 1993 si è immediatamente mobilitata per la circolazione di
ogni utile notizia. Sui siti web delle autorità
centrali e/o sui siti dei vari Ministeri degli
esteri sono stati pubblicati comunicati che
avvisano della necessità di fornire alle
popolazioni terremotate gli aiuti necessari
per affrontare l’emergenza, lasciando al
prossimo futuro, quando saranno possibili
interventi amministrativi e giudiziari adeguati, le decisioni in merito all’avvio eventuale di nuove adozioni internazionali.
Alcuni Paesi – quelli che normalmente
realizzano adozioni internazionali ad Haiti,
come Francia, Stati Uniti, Paesi Bassi –
stanno altresì elaborando soluzioni per
quelle procedure adottive definite con sentenza haitiana di adozione, ma nelle quali
l’espatrio del minore non è ancora avvenuto
a causa della mancanza di alcuni documenti finali (come l’attestazione di esecutorietà della sentenza di adozione o il
passaporto). Vi sono poi quelle procedure in
cui non è ancora intervenuta la sentenza da
parte del giudice haitiano, ma l’abbinamento del minore haitiano con una famiglia straniera è certo e documentato.
Si tratta pertanto di situazioni tutte in
cui lo stato di abbandono era stato regolarmente accertato in epoca antecedente al
terremoto.
Rispetto a tali casi, i vari Paesi stanno
adottando soluzioni diverse, tutte comunque improntate alla massima prudenza. Si
segnala che la Francia, Paese che tradizionalmente ha relazioni privilegiate con Haiti
anche nel campo delle adozioni internazionali, ha fatto sapere tramite il Ministero
degli esteri di voler privilegiare allo stato
attuale l’aiuto umanitario d’urgenza alle
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XVI LEGISLATURA
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AI RESOCONTI
vittime del terremoto: quando la situazione
lo consentirà e quando le autorità haitiane
lo decideranno, verranno individuate le soluzioni più appropriate per verificare i
dossier dei bambini abbinati a coppie francesi.
Complessivamente, occorre sottolineare
che la comunità internazionale delle adozioni internazionali è estremamente attenta
a non compiere passi falsi e a non mettere
a repentaglio la irrinunciabile correttezza
delle procedure e la propria professionalità
e credibilità.
Sempre in ambito internazionale, organizzazioni sovranazionali e/o indipendenti
si sono espresse nei medesimi termini: dal
sito di United Nations Children’s Fund
UNICEF Italia: « ...Affido familiare e adozione internazionale saranno probabilmente
tra le misure che saranno intraprese per
garantire un futuro ai bambini di Haiti le
cui famiglie e comunità sono state distrutte
dalla violenza del terremoto. Tuttavia, il
dibattito su queste possibilità è prematura.
È assai probabile che un numero elevato di
bambini sia rimasto separato dai propri
genitori o tutori per effetto del sisma...
Dobbiamo trovare questi bambini, registrarli, assicurare loro beni per la sopravvivenza: cibo, cure mediche, un rifugio
sicuro... Il prossimo passo sarà tentare di
ricongiungere i bambini rimasti soli ai loro
parenti, ogni volta che ciò sarà possibile...
Siamo tutti concentrati sulla priorità assoluta: fornire rapidamente aiuti di emergenza e protezione a questi bambini nei
luoghi in cui essi si trovano... Ora dobbiamo fare il massimo per identificarli e
proteggerli fino a quando non sarà possibile
prendere una decisione definitiva. ».
Il Servizio sociale internazionale ha trasmesso un comunicato in cui si legge: « A
ce sujet, le SSI/CIR rappelle tout d’abord
que, d’une manière générale, l’adoption
internationale ne peut avoir lieu dans une
situation de guerre ou de catastrophe
naturelle, ces évènements rendant impossible la vérification de la situation personnelle et familiale des enfants. Toute opération visant à adopter, ou à évacuer vers un
autre pays, des enfants victimes du tremblement de terre, doit absolument être
Camera dei Deputati
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évitéè, comme cela a été le cas lors du
tsunami de 2004... Nous invitons toutefois
les différents acteurs de l’adoption internationale à faire preuve de retenue et de
réflexion dans la gestion de la crise en
cours, et d’éviter de donner des réponses
émotionnelle à une question aussi délicate
que l’adoption internationale de ces enfants. ».
Considerazioni analoghe sono state
espresse dal Permanent Bureau della Conferenza de L’Aja.
Così inquadrato il problema, dal punto
di vista giuridico appare opportuno evidenziare che:
i principi fondamentali sanciti dalla
Convenzione de L’Aja del 1993 e fatti propri
dall’Italia con la ratifica del 1998 – e cioè:
certezza dello stato di abbandono e sussidiarietà dell’adozione rispetto alle forme di
tutela che consentono al minore di restare
nel suo Paese – non ammettono deroghe;
qualsiasi spostamento di minori da un
Paese ad un altro deve essere assistito dalla
garanzia che si tratti effettivamente dell’unica e ultima tutela possibile;
le norme che disciplinano la tutela dei
minori haitiani sono quelle del loro Paese
di residenza;
spetta al governo haitiano decidere se,
quando e come facilitare/accelerare le adozioni internazionali per trovare una famiglia sostitutiva ai propri figli restati orfani,
ovvero se individuare forme di tutela diverse (quali soggiorni temporanei in altri
Paesi);
se il governo haitiano deciderà in tal
senso, occorrerà sostenerlo per garantire la
massima trasparenza e completezza dei relativi procedimenti. Possiamo fin d’ora essere assolutamente certi che il Segretariato
della Conferenza de L’Aja, Unicef Servizio
sociale internazionale faranno – doverosamente – fronte comune per assistere al
meglio – giuridicamente e operativamente
– il Paese caraibico in quella dolorosa
incombenza.
Si segnala, tuttavia, che l’Italia ha sempre avuto una limitatissima attività nell’ambito delle adozioni internazionali ad
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Haiti. Tale assenza dal Paese è stata determinata da gravi difficoltà operative, relative
a consistenti divergenze delle procedure
locali rispetto ai principi della Convenzione
de L’Aja cui si informa inderogabilmente la
normativa italiana. L’unico ente italiano
attivo ad Haiti nell’ambito delle adozioni
internazionali fin dal 2007 ha deciso di non
depositare nuovi fascicoli proprio a causa
delle difficoltà incontrate. Pertanto, nessuna
procedura adottiva di coniugi italiani è
attualmente pendente in tale Paese.
Se dunque il governo haitiano dovesse
decidere di ricorrere massicciamente allo
strumento dell’adozione internazionale per
la tutela dei propri orfani debitamente
censiti, il sistema italiano, che vede una
forte collaborazione tra autorità centrale ed
enti autorizzati, è sicuramente in grado di
convogliare rapidamente verso Haiti numerose coppie attualmente in attesa in altri
Paesi. Ciò comunque nel quadro di un
comune impegno internazionale per assicurare – pur nella verosimile celerità –
assoluta regolarità e trasparenza delle procedure.
Il Sottosegretario di Stato alla
Presidenza del Consiglio dei
ministri: Carlo Giovanardi.
BORGHESI. — Al Ministro dell’economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
nel maggio 2008 il ceo di General
Electric, Immelt viene in Italia e anche
grazie all’appoggio di Alitalia (General
Electric ne è un grande creditore, per i
motori d’aereo forniti) negozia l’acquisizione di una banca;
nel Novembre 2008 arriva il via libera politico formale ed il 7/1/2009 General Electric, col benestare vincolante
della Banca d’Italia, entra in una banca
italiana – Interbanca – con la possibilità
di utilizzare tutti i dati informatici trasferendoli alla parte industriale mondiale per
utilizzarli per fare business;
la media impresa italiana inizia così
ad essere oggetto di aggressione commer-
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ciale, interbanca è infatti ente concessionario di tutte le leggi agevolate e di tutti
i progetti di ricerca, comunitari e nazionali (Min. ricerca e sviluppo e MIUR).
Ovvero, raccoglie, approva e gestisce progetti e contributi. Interbanca ha il 30 per
cento del mercato nazionale della legge
1329 (Sabatubu ed uk 9 per cento della
legge 488 ex mezzogiorno, legge 46/82,
contratto di programma Regione Puglia,
legge 297/99). Una magnifica piattaforma
d’osservazione;
diverse medie imprese italiane, in
settori strategici vengono avvicinate e
« passate » (in anglosassone si chiama crosselling) alle divisioni industriali di General
Electric, per farne oggetto di acquisizione;
viene emanata una norma interna
(con il placet di Banca d’Italia) per cui il
CdA di Interbanca prima di approvare
ogni affidamento ad imprese italiane nei
settori energetico, aerospaziale ed immobiliare deve chiedere un parere vincolante
a società del gruppo General Electric operanti in quel settore;
l’attività di credito ordinario da gennaio viene bloccata e nessun cliente riceve
nuovi affidamenti. Tutto è fermo e congelato ed anche i clienti di leggi agevolate
(esempio la legge 488 del Sud) rischiano di
fallire in attesa dell’erogazione dei loro
legittimi contributi, Interbanca senza che
il controllore Banca d’Italia abbia nulla da
obiettare, senza nessun consigliere indipendente e dove ogni decisione viene presa
a Londra e dalla casa madre Usa, non può
avere alcun interesse ad aiutare l’industria
italiana ma anzi l’unico scopo è impossessarsi dei pezzi migliori (emblematico è
il caso della Nuovo Pignone, ex Eni, autentico gioiello tecnologico venne venduta
a General Electric nel 1993 ed è ora il loro
centro mondiale dell’Oil&Gas);
recenti iniziative del Governo, sia
normative che assunte in sede di CICR,
hanno allentato i limiti alla partecipazione
di imprese non esercenti attività di erogazione del credito nel capitale delle banche e viceversa con il rischio di rendere
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sempre più frequenti in futuro situazioni
quale quella descritta –:
se non intenda assumere le necessarie iniziative, eventualmente anche in sede
di CICR, per rafforzare la separazione tra
imprese esercenti attività creditizia ed imprese industriali beneficiarie del credito.
(4-02978)
RISPOSTA. — Si risponde all’interrogazione in esame, concernente l’acquisizione
della società « Interbanca spa » da parte
della « General Electric » e, in particolare,
l’abbattimento della storica separazione
banca-industria, sancita dall’articolo 19,
commi 6 e 7, del decreto legislativo n. 385
del 1993 (testo unico bancario).
Al riguardo, si fa preliminarmente presente che, anticipando il recepimento della
direttiva comunitaria 2007/44/CE, l’articolo
14 del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito nella legge n. 2 del 2009, recante
misure urgenti per il sostegno a famiglie,
lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro
strategico nazionale, ha disposto l’abrogazione dei citati commi 6 e 7, dell’articolo 19
del testo unico bancario. Tale abrogazione
consente ai soggetti che svolgono attività di
impresa in settori non bancari, né finanziari (come la General Electric) di richiedere l’autorizzazione per l’assunzione di
partecipazioni superiori al 15 per cento dei
diritti di voto in banche e nella capogruppo
di gruppi bancari.
L’autorizzazione all’acquisizione viene
rilasciata dalla Banca d’Italia, al ricorrere
delle condizioni previste dall’articolo 19 del
testo unico bancario e delle relative disposizioni di attuazione.
Sulla questione la segreteria del comitato interministeriale per il credito ed il
risparmio, sentita la Banca d’Italia, ha
comunicato che in sede di autorizzazione
all’acquisizione di Interbanca da parte della
General Electric, sono state poste una serie
di condizioni, atte a garantire la sana e
prudente gestione della banca stessa, oltre
ad assicurare l’imparzialità degli organi di
supervisione, gestione e controllo della controllata Interbanca rispetto alla controllante.
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L’azione di supervisione svolta dalla
Banca d’Italia è proseguita anche successivamente all’acquisizione ed è culminata
nell’adozione, da parte del consiglio di amministrazione dell’intermediario bancario,
di una delibera con la quale è stato assunto
formale impegno a non porre in essere
comportamenti che possano recare pregiudizio alla sana e prudente gestione della
banca stessa. Nella medesima delibera, è
stato, altresì, deciso che tutte le operazioni
con parti correlate o con società controllate
direttamente o indirettamente dalla General
Electric siano sottoposte all’approvazione
del consiglio di amministrazione.
Il Sottosegretario di Stato per
l’economia e per le finanze:
Nicola Cosentino.
CATANOSO. — Al Ministro della pubblica amministrazione e l’innovazione. —
Per sapere – premesso che:
quanto sta avvenendo nei coordinamenti regionali della Croce Rossa italiana
di Piemonte e Lombardia, a giudizio degli
odierni interroganti, ha raggiunto livelli di
guardia che il ministro non può sottovalutare;
in base a quanto denuncia da svariati
mesi la Ugl Fedep i direttori provinciale
della CRI di Alessandria e Lodi stanno
attuando una insopportabile operazione di
mobbing nei confronti di alcuni iscritti alla
Federazione enti pubblici della UGL;
il caso più grave riguarda il delegato
sindacale UGL di Alessandria, M.D., che si
trova dequalificato, demansionato e sottoutilizzato e contestualmente suoi colleghi con qualifiche ed inquadramenti inferiori sono utilizzati, pur consentendolo le
norme, con incarichi a volte direttivi;
il lavoratore, una volta preso servizio
presso il Comitato provinciale di Alessandria, non ha avuto assegnata alcuna mansione confacente all’area tecnica a cui
appartiene non è stato ricevuto al suo
arrivo dal Funzionario amministrativo;
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ad oggi il lavoratore non ha ricevuto
alcuna comunicazione ufficiale da parte
del Comitato Provinciale CRI di Alessandria di assegnazione di mansioni confacenti al livello e all’area professionale
rivestita dallo stesso;
invece la mansione che dovrebbe ricoprire il dipendente M.D. in quanto appartenente all’area tecnica ed al livello
professionale B3 quale quello di responsabile autoparco e coordinatore dei servizi
è svolta, su incarico del funzionario provinciale delegato da un dipendente a
tempo determinato di area tecnica livello
A2;
attualmente il lavoratore si presenta
regolarmente in ufficio e rimane a disposizione presso la stesso in attesa che
qualcuno dei responsabili incaricati si decida a riconoscergli e ad assegnargli la
mansione confacente al livello professionale rivestito;
fino ad oggi gli sono state proposte
tre mansioni di cui, la prima che deve
essere ricoperta specificatamente da personale appartenente all’area A tecnica,
mentre le altre due volte sono mansioni
puramente amministrative che il dipendente non può svolgere perché appartenente all’area tecnica;
a causa di quanto esposto sopra il
dipendente è stato sottoposto ad un continuo invio di corrispondenza da parte del
Comitato Provinciale di Alessandria, dal
Servizio gestione risorse umane e dal comitato centrale riguardante minacce di
assunzioni di provvedimenti disciplinari,
alcuni dei quali emessi, recuperi di denaro
dalla busta paga senza specificarne il motivo, mancata erogazione del compenso
incentivante e continui richiami di chiarimenti riguardanti il mancato rispetto
dell’orario di lavoro e dei turni;
da pochi mesi sono iniziate le proposte di erogazione di giorni di sospensione dal servizio senza retribuzione con il
chiaro l’intento di erogare al più presto il
licenziamento a tal punto che il lavoratore
si è rivolto ad un legale grazie al quale ha
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avviato nei confronti dell’Amministrazione
della Croce Rossa italiana una causa per
mobbing;
prima del dipendente M.D. anche
un’altra lavoratrice, sempre iscritta all’UGL Fedep, sempre dipendente del comitato provinciale di Alessandria, era a
sua volta sottoposta a pressioni per il solo
fatto di aver segnalato e richiesto il rispetto delle norme contrattuali e legislative;
nel corso degli anni, la lavoratrice è
stata costretta a produrre controdeduzioni
per rispondere ad accuse non rispondenti
alla realtà dei fatti ed ha subito due
censure, benché una nutrita documentazione a sua discolpa; assolutamente non
considerata, fosse stata da lei inviata al
Direttore regionale;
alla stessa dipendente, dopo un infortunio subito a causa del sollevamento a
cui è stata costretta per la sicurezza di un
paziente, rimediando ad un inconveniente
procurato da due barellieri che aveva
insieme come equipaggio appartenenti al
servizio civile, non addestrati e neanche
qualificati per potere svolgere il servizio a
cui erano stati ordinati dai responsabili
del servizio ambulanza e pur avendo la
stessa da parte del medico competente un
esenzione al carico, al suo rientro in
servizio si è vista richiedere chiarimenti
per una giornata di recupero di festività
lavorate nei primi giorni di gennaio 2009.
Alla lavoratrice si contesta la continua
mancanza di collaborazione, cosa assolutamente non vera;
un’altra problematica si verifica
presso l’autoparco di Tortona dove vi sono
forti frizioni derivanti da chi debba formulare i turni lavorativi e nonostante un
incontro tra la Ugl ed il funzionario delegato, la stessa persona che svolge l’incarico per il comitato provinciale di Alessandria, in cui si era stabilito un accordo,
lo stesso è stato completamento disatteso;
consta all’interrogante che, sempre
nell’autoparco della Croce Rossa di Tortona i dipendenti non vengono mandati a
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fare la visita medica obbligatoria prevista
dalla normativa da almeno 5 anni;
nei comitati provinciali di Lodi e
Codogno non sono stati rinnovati i contratti a due dipendenti a tempo determinato, su richiesta dei rispettivi presidenti
dei due comitati ed avvisandoli solamente
l’ultimo giorno dell’anno tramite raccomandata;
su questo mancato rinnovo contrattuale la Ugl Fedep ha chiesto un incontro
urgente al Direttore regionale della Lombardia senza ottenere alcun riscontro;
i due lavoratori non rinnovati sono
stati sostituiti con l’assunzione di dipendenti con contratto di lavoro interinale,
nonostante i due, dipendenti rientrassero
nel programma di stabilizzazione, come
previsto dalla specifica normativa –:
quali iniziative intenda adottare il
ministro interrogato per risolvere le gravi
questioni sollevate in premessa. (4-05111)
RISPOSTA. — In riferimento all’atto di
sindacato ispettivo in esame, si rappresenta
quanto segue.
I profili di competenza del Ministro per
la pubblica amministrazione e l’innovazione in ordine alla questione prospettata
dall’interrogante attengono unicamente alla
possibilità di attivare, per il tramite dell’ispettorato della funzione pubblica, verifiche sulla conformità dell’azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon
andamento, sull’efficacia della sua attività
con particolare riferimento alle riforme
volte alla semplificazione delle procedure,
sul corretto conferimento degli incarichi,
sull’esercizio dei poteri disciplinari, sull’osservanza delle disposizioni vigenti in materia di controllo dei costi, dei rendimenti, dei
risultati, di verifica dei carichi di lavoro
(articolo 60, comma 6 del decreto legislativo
n. 165 del 2001 come modificato dal decreto legislativo n. 150 del 2009).
In relazione alla vicenda in esame si
evidenzia, in particolare, che il 9 luglio
2009, a seguito di segnalazione a firma di
due volontari del Comitato provinciale di
Alessandria in ordine al comportamento del
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dipendente della Croce Rossa di Alessandria
Massimo Doria, l’Ispettorato ha chiesto
chiarimenti al Direttore Regionale CRI
Lombardia e al Capo Dipartimento CRI
Roma.
Quest’ultimo, in una prima nota del 20
luglio 2009 ha trasmesso un dettagliato
elenco di procedimenti disciplinari riguardanti il dipendente Massimo Doria, sottolineando, inoltre, che sul conto di detto
dipendente, è stata presentata formale denuncia, in data 24 luglio 2009, alla Corte
dei conti.
In particolare, previa segnalazione del
Comitato regionale CRI del Piemonte, sono
state attivate, in applicazione delle norme
disciplinari del comparto di riferimento, i
seguenti procedimenti disciplinari a carico
del dipendente sunnominato:
1. procedimento disciplinare attivato
con contestazione di addebiti protocollo
n. 0002935 del 16 gennaio 2009, concluso
con l’irrogazione della sanzione disciplinare
della censura scritta, comminata dal direttore del Comitato Regionale Piemonte con
nota protocollo n. 1374 del 10 marzo 2009
in violazione degli obblighi del dipendente
di cui all’articolo 26, comma 3, lettera o)
del CCNL del Comparto enti pubblici non
economici del 6 luglio 1995;
2. procedimento disciplinare attivato
con contestazione di addebiti protocollo
n. 7096 del 4 febbraio 2009 concluso con
l’irrogazione della sanzione disciplinare di
due giorni di sospensione dal servizio con
privazione della retribuzione con determinazione dipartimentale 125 del 25 maggio
2009, per violazione degli obblighi del dipendente di cui all’articolo 26, commi 1 e
3, lettere a), e), h) ed o) del CCNL del
Comparto enti pubblici non economici del
6 luglio 1995;
3. procedimento disciplinare attivato
con contestazione di addebiti protocollo
n. 13755 del 3 marzo 2009, concluso con
l’irrogazione della sanzione disciplinare di
due giorni di sospensione dal servizio con
privazione della retribuzione con Determinazione dipartimentale 144 dell’11 giugno
2009, per violazione degli obblighi del di-
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pendente di cui all’articolo 26, commi 1 e
3, lettere a) h) ed o) del CCNL del Comparto enti pubblici non economici del 6
luglio 1995;
4. procedimento disciplinare attivato
con contestazione di addebiti protocollo
n. 0017949 del 18 marzo 2009, concluso
con l’archiviazione con Determinazione dipartimentale 145 dell’11 giugno 2009;
5. procedimento disciplinare attivato
con contestazione di addebiti protocollo
n. 22571 del 3 aprile 2009 concluso con
l’irrogazione della sanzione disciplinare di
tre giorni di sospensione dal servizio con
privazione della retribuzione con Determinazione dipartimentale 156 del 18 giugno
2009 per violazione degli obblighi del dipendente di cui all’articolo 26, commi 1 e
3, lettera e), del CCNL del Comparto enti
pubblici non economici del 6 luglio 1995;
6. procedimento disciplinare attivato
con contestazione di addebiti protocollo
n. 28601 del 28 aprile 2009 concluso con
l’irrogazione della sanzione disciplinare di
quattro giorni di sospensione dal servizio
con privazione della retribuzione con Determinazione dipartimentale 171 del 25 giugno 2009 per violazione degli obblighi del
dipendente di cui all’articolo 26, commi 1 e
3, lettere e) ed o) del CCNL del Comparto
enti pubblici non economici del 6 luglio
1995;
7. procedimento disciplinare avviato
con contestazione di addebiti protocollo
n. 0037445 del 4 giugno 2009 concluso con
l’irrogazione della sanzione disciplinare di
tre giorni di sospensione dal servizio con
privazione della retribuzione con Determinazione dipartimentale 185 del 10 luglio
2009 per violazione degli obblighi del dipendente di cui all’articolo 26, commi 1 e
3, lettere e) ed o) del CCNL del Comparto
enti pubblici non economici del 6 luglio
1995.
Si rappresenta che il dipendente suindicato ha esperito tentativo obbligatorio di
conciliazione al fine di impugnare i procedimenti disciplinari summenzionati di cui
ai punti n. 1, 2, 3 e 5 ai sensi dell’articolo
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66 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e
successive modificazioni ed integrazioni.
Inoltre, si evidenzia che, con nota protocollo n. CRICC/0022917/09 del 1o aprile
2009 il direttore generale della CRI ha
inoltrato alla procura della Repubblica di
Alessandria formale esposto nei confronti
del dipendente sunnominato, integrato successivamente
con
nota
protocollo
n. CRICC/23814/09 dell’8 aprile 2009 della
direzione generale, affinché la citata procura potesse valutare eventuali condotte
penalmente rilevanti poste in essere dallo
stesso.
Si informa, inoltre, che il servizio 6o
trattamento economico previdenziale e giuridico ha proceduto, per la parte di competenza, ad una azione di recupero somme
per le ore giornaliere non lavorate dal
dipendente suindicato.
Ciò premesso, dalla relazione in esito
alla verifica effettuata dall’ispettorato, a
seguito della segnalazione del 9 luglio 2009,
si evince quanto segue: « unica obiezione
dell’interessato, è sembrata essere il mancato riconoscimento delle mansioni di Capo
autoparco. Mansioni che, secondo disposizioni della regione Piemonte, sono subordinate a certificazioni che il signor Doria
non possiede. Mansioni comunque sostituite dal funzionario amministrativo con
altre equivalenti, ma, da quanto si segnala,
non accettate ».
Infine, si rappresenta che lo stesso Massimo Doria ha comunicato, in data 16
settembre 2009, di aver presentato ricorso
al giudice del lavoro del tribunale di Alessandria.
Il Ministro per la pubblica amministrazione
e
l’innovazione: Renato Brunetta.
DEL TENNO. — Al Ministro dell’economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
risulta che alcuni uffici locali dell’agenzia delle entrate, nell’ambito dei controlli finalizzati al recupero dell’evasione
nel campo immobiliare contestano nei verbali di verifica maggiori ricavi per effetto
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della ricostruzione dei prezzi di cessione
degli immobili costruiti e venduti;
nella prassi commerciale le compravendite degli immobili in costruzione vengono generalmente eseguite in corso
d’opera mediante la sottoscrizione di contratto preliminare e successivo rogito notarile, che viene stipulato dopo l’ultimazione della costruzione, che può avvenire
anche dopo alcuni anni;
il prezzo dell’immobile convenuto nel
contratto preliminare risulta confermato
nel rogito notarile in quanto già pattuito,
mentre il valore di mercato dello stesso
immobile risulta quasi sempre ben superiore per effetto del progressivo aumento
dei prezzi nel settore;
i suddetti uffici dell’agenzia delle entrate nell’attività di verifica e di accertamento ricostruiscono i prezzi di vendita
degli immobili assumendo il loro presunto
valore venale alla data del rogito, anziché
il prezzo concordato nel preliminare di
vendita;
in particolare, la base imponibile
viene recuperata mediante l’applicazione
del valore normale dell’immobile calcolata
con la banca dati dell’osservatorio immobiliare in forza del decreto-legge n. 223
del 2006 convertito con modificazioni
nella legge n. 248 del 4 agosto 2006 del
provvedimento del direttore dell’agenzia
delle entrate del 27 luglio 2007, pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale n. 182 del 7 agosto
2007;
l’obbligo della registrazione in termine fisso del contratto preliminare di
vendita immobiliare è stato introdotto con
la legge n. 296 del 2006 (legge Finanziaria
per il 2007), mentre in precedenza tale
facoltà era lasciata alla libera pattuizione
delle parti, ovvero in caso d’uso;
in assenza di registrazione, precedentemente non obbligatoria, il requisito della
certezza della data viene definito in base
alla comune disciplina civilistica in materia di prove documentali, in particolare in
base agli articoli 2702-2704 del codice
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civile, come si desume anche dalla circolare 10/E dell’agenzia delle entrate del 16
febbraio 2007;
in base alla suddetta disciplina, la
data certa può essere dimostrata con qualsiasi fatto che possa essere idoneo a stabilirne la veridicità, per cui prove valide
possono essere rappresentate anche dalle
scritture contabili e dalle fatture emesse al
momento dei pagamenti in acconto;
sulla base di quanto esposto, non si
comprende per quale motivo i suddetti
uffici considerino invece quale unica prova
ammissibile della data certa la registrazione del contratto preliminare di compravendita;
le maggiori somme recuperate a seguito degli accertamenti degli uffici dell’agenzia delle entrate, basate sui valori
degli immobili al momento della stipula
del rogito piuttosto che sui prezzi effettivamente pattuiti nei contratti preliminari
di compravendita, anche se non registrati,
sono spesso di rilevante entità (milioni di
euro), ma di fatto sono infondate e non
rispecchiano i reali prezzi di vendita;
tutto ciò comporta una situazione di
difficoltà per le imprese che si trovano
costrette a pagare le maggiori imposte,
definite a seguito degli accertamenti, che
scaturiscono dal recupero di maggiori redditi ma che di fatto non sussistono –:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in
premessa e quali opportune iniziative si
intendano intraprendere al fine di chiarire
che ai contratti preliminari di vendita, conclusi prima della legge n. 296 del 2006
(legge Finanziaria per il 2007) e non registrati, si applichi ai fini dell’accertamento
del valore degli immobili la comune disciplina civilistica in materia di prove documentali contenuta negli articoli 2702-2704
relativi alle scritture private.
(4-02422)
RISPOSTA. — Con l’interrogazione in
esame l’interrogante chiede chiarimenti in
merito all’attività di accertamento posta in
essere da alcuni uffici locali dell’Agenzia
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delle entrate nell’ambito di controlli finalizzati al recupero dell’evasione nel campo
immobiliare.
In particolare l’interrogante si riferisce
alla prassi da parte dei predetti uffici dell’Agenzia delle entrate di accertare il corrispettivo della compravendita basandosi sul
valore normale dell’ immobile alla data del
rogito, senza attribuire alcuna valenza alla
data in cui è stato stipulato il contratto
preliminare di compravendita con la conseguenza che il valore così determinato può
risultare superiore per effetto del progressivo aumento dei prezzi.
Al riguardo l’Agenzia delle entrate rappresenta che la prassi di assumere quale valore
normale dell’immobile quello alla data del
rogito, dipende dalla necessità di avere una
data certa che stabilisca il momento dell’acquisto del bene; infatti l’obbligo di registrazione in termine fisso del contratto preliminare di vendita immobiliare è stato introdotto solo con la legge finanziaria per il 2007
(legge n. 296 del 2006), mentre – prima di
quella data – tale facoltà era lasciata alla
libera scelta delle parti.
Di conseguenza si osserva che in assenza
di registrazione, non obbligatoria prima del
2007, il requisito della certezza della data
viene definito in base alla comune disciplina
civilistica in materia di prove documentali
articoli 2702-2704 del codice civile e quindi
l’effettivo momento di acquisto di un immobile, in caso di contratto preliminare di compravendita redatto sotto forma di scrittura
privata non autenticata e non assoggettato a
registrazione, può essere dimostrato nel
corso della fase di confronto con il contribuente – che di prassi viene proposta dagli
uffici – anche con altri elementi. Tra questi,
ad esempio, si ricordano la data di versamento dell’eventuale acconto, la relativa fattura nonché assegni e movimentazioni bancarie riferite ai pagamenti.
Tanto premesso, si ritiene che gli organi
ispettivi, in sede di controllo, nel determinare il valore normale degli immobili in
costruzione, possano basarsi sulle predette
valutazioni; a tal fine i contribuenti
avranno cura di conservare ed esibire adeguata documentazione che comprova l’acquisto dell’immobile ad una data anteriore.
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È opportuno, comunque, precisare che
la materia dell’accertamento sulle compravendite immobiliari ha subito modifiche in
virtù della legge 7 luglio 2009, n. 88 legge
comunitaria 2008 – che all’articolo 24
(adeguamento comunitario di disposizioni
tributarie), recependo la definizione di base
imponibile dettata dalla direttiva comunitaria 2006/112/CE (articoli 72 e 80), ha
modificato l’articolo 54, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633
del 1972 e l’articolo 39, comma 1, lettera d)
del decreto del Presidente della Repubblica
n. 600 del 1973 eliminando, rispettivamente ai fini Iva e ai fini delle imposte sui
redditi, il riferimento al criterio di valore
normale.
Si è provveduto così a ridimensionare
l’utilizzo del concetto di valore normale ai
fini della determinazione della base imponibile fiscale, in favore dell’utilizzo del
criterio del costo di acquisto o del costo
sostenuto, eliminando quindi la presunzione legale secondo cui lo scostamento del
prezzo di vendita dei beni immobili dal
valore normale è sufficiente di per sé a far
scattare l’accertamento automatico da parte
degli uffici finanziari.
Più precisamente, con le modifiche sopra illustrate le autorità fiscali non possono
rettificare automaticamente le dichiarazioni
Iva annuali in forza della presunzione che
la base imponibile per la cessione di immobili sia costituita dal valore normale di
questi, ma dovranno basare l’accertamento,
tranne per i casi espressamente previsti
dall’articolo 80 della citata direttiva Iva sul
valore del corrispettivo effettivamente determinato e versato dalle parti e non sul
valore normale, stimato secondo criteri oggettivi.
Il Sottosegretario di Stato per
l’economia e per le finanze:
Daniele Molgora.
DIMA. — Al Ministro dell’economia e
delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
l’articolo 1, comma 132, della legge
n. 244 del 24 dicembre 2007 (legge finanziaria 2008) ha stabilito l’abolizione del
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ALLEGATO
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AI RESOCONTI
pagamento del canone di abbonamento
RAI per i soggetti di età pari o superiore
a settantacinque anni e con un reddito
proprio e del coniuge non superiore complessivamente a euro 516,46 per tredici
mensilità;
nello stesso comma 132 dell’articolo
1 della legge n. 244 del 2007 è previsto un
rinvio ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze che dovrebbe indicare le modalità applicative delle disposizioni contenute nello stesso comma;
nonostante
l’approvazione
della
norma, il decreto attuativo non è stato
ancora emanato dal Ministro competente,
ingenerando aspettative e richieste di chiarimento da parte dei soggetti interessati –:
quali iniziative il Ministro dell’economia e delle finanze intenda intraprendere
per dare concreta attuazione alla disposizione di legge in materia di esenzione dal
pagamento del canone RAI per soggetti di
età pari o superiore a settantacinque anni
che presentano i requisiti richiesti dalla
legge.
(4-02152)
RISPOSTA. — Con l’interrogazione in
esame l’interrogante chiede di sapere quali
iniziative intenda intraprendere il Ministro
dell’economia e delle finanze per dare concreta attuazione all’articolo 1, comma 132,
della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge
finanziaria per il 2008).
Al riguardo si fa presente che detta
norma prevedeva, nel limite massimo di
500.000 euro annui, per i soggetti di età
pari o superiore a 75 anni e con un reddito
proprio e del coniuge non superiore complessivamente a 516,46 euro per tredici
mensilità, senza conviventi, l’esenzione dal
pagamento del canone e rimandava ad un
decreto del Ministro dell’economia e delle
finanze l’indicazione delle modalità applicative delle disposizioni agevolative in
esame.
In via preliminare si osserva che la
disposizione normativa oggetto dell’interrogazione in esame è stata modificata dal
comma 2-bis dell’articolo 42 del decreto-
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legge 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto, in
sede di conversione, dalla legge 28 febbraio
2008, n. 31.
Attualmente, il comma 132 in esame è
vigente nella seguente formulazione: « A
decorrere dall’anno 2008, per i soggetti di
età pari o superiore a settantacinque anni
e con un reddito proprio e del coniuge non
superiore complessivamente a euro 516,46
per tredici mensilità, senza conviventi, è
abolito il pagamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni esclusivamente
per l’apparecchio televisivo ubicato nel
luogo di residenza. Per l’abuso è irrogata
una sanzione amministrativa, in aggiunta
al canone dovuto e agli interessi di mora,
d’importo compreso tra euro 500 ed euro
2.000 per ciascuna annualità evasa ».
Atteso ciò, si evidenzia che, rispetto alla
originaria versione è stato soppresso il
limite massimo annuo di 500.000 euro ed
è stato eliminato l’ultimo periodo del
comma 132 che prevedeva l’emanazione di
un decreto del Ministero dell’economia e
delle finanze recante l’indicazione delle modalità applicative delle disposizioni agevolative in esame.
Alla luce del nuovo quadro normativo si
osserva che la norma in commento non
necessita più dell’emanazione di un decreto
attuativo.
Il Sottosegretario di Stato per
l’economia e per le finanze:
Daniele Molgora.
EVANGELISTI. — Al Ministro per le
pari opportunità. — Per sapere – premesso
che:
l’intolleranza e la violenza omofobica
e transfobica sembra non arrestarsi in
Italia: l’8 settembre 2009 su un muro di
via Cavour a Roma campeggiava un grosso
manifesto con su scritto « I have a dream.
Fr... al Colosseo con i leoni »; nella stessa
città il 18 maggio 2009 accanto all’ingresso
di un locale gay è comparsa la scritta
« Fr... malati »; a Pisa il 5 agosto 2009
dinanzi alla sede di una impresa di servizi
per la comunità omosessuale è stato
scritto: « Gay.it morirete oggi », « I vostri
uffici bruceranno », « Abbasso i gay » « Morirete fr... » « Gay Muftì »;
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a Roma il primo settembre 2009
ignoti lanciano, poco prima della mezzanotte, due grossi petardi in via San Giovanni in Laterano, nella cosidetta « Gay
street », scatenando il panico tra le moltissime persone presenti in quel momento;
il 26 agosto 2009 sempre a Roma all’interno di una discoteca che ospita serate
gay, ignoti hanno infranto i vetri dell’entrata e gettato del liquido infiammabile
all’interno, tentando di dare fuoco allo
stabile; il 21 maggio 2009 a Milano sono
state lanciate tre pietre contro un bar
frequentato da omosessuali, che hanno
infranto un vetro colpendo, fortunatamente solo di striscio, uno dei clienti che
in quel momento si trovava all’interno del
locale;
il 4 luglio 2009 a Pavia un ragazzino
di 13 anni delle scuole medie è stato preso
di mira dai suoi compagni di scuola perché « sembrava » omosessuale e lo hanno
aggredito fuori dalla scuola; il 22 maggio
2009 a Mestre vengono individuati gli
aguzzini che hanno insultato e umiliato
per due anni un ragazzo. Oltre alle offese
e alle parolacce, gli davano del gay all’unico scopo di prendersi gioco di lui,
troppo debole e spaventato per ribellarsi.
E come se non bastasse, lo riprendevano
mentre lo spingevano in un angolo e gli
tiravano addosso qualsiasi cosa. Poi i video
sono arrivati su un noto social network
dove i bulli avevano creato un profilo
apposito dove convogliare tutti i cimeli
digitali delle loro riprovevoli azioni, con
tanto di dati personali della vittima. Alla
fine il ragazzo non ce l’ha fatta più ed ha
raccontato tutto ai genitori che hanno
denunciato tutto alla polizia. Il tutto si è
verificato in una scuola del centro di
Mestre in cui la vittima frequentava, ai
tempi delle angherie, la quinta superiore.
Gli autori delle persecuzioni erano dei
compagni di classe e il tutto si svolgeva
all’interno dell’istituto. Tutti sapevano ed
erano in molti a pensare che fosse divertente;
i pochi episodi elencati rappresentano solo alcuni degli ultimi fatti accaduti
in ordine di tempo e sono solo la punta
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dell’iceberg, perché ancora oggi le persone
omosessuali e transessuali troppo spesso
non denunciano le violenze e le discriminazione di cui sono vittime per paura o
perché costrette all’invisibilità;
come rilevato dall’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione europea
(FRA) nel suo report pubblicato il 31
marzo 2009, in Italia mancano del tutto
dati e statistiche relativi alla discriminazione e alla violenza omofobica e transfobica perché non rilevate dalle istituzioni;
in Italia sono fortemente radicate le
manifestazioni di intolleranza, dileggio, disprezzo, discriminazione o colpevolizzazione fondata sull’orientamento sessuale o
sull’identità di genere nei confronti delle
persone omosessuali e di quelle transessuali;
l’omofobia, definita come il timore,
l’avversione o l’odio irrazionali nei confronti delle persone gay/lesbiche (omofobia
esterna), nonché il sentimento di disprezzo
o inferiorità che alcune persone gay/lesbiche provano nei confronti di se stesse
(omofobia interiorizzata), non ha alcuna
giustificazione, fondamento e ragion d’essere;
la transfobia, a sua volta priva di
giustificazione, esprime l’avversione, prodotta da pregiudizi, nei confronti di persone transessuali o transgender;
omofobia e transfobia costituiscono
la premessa e il substrato di tutte le azioni
anche violente nei confronti delle persone
lesbiche, gay e transessuali;
il bullismo omofobico, in particolare,
è la forma meno accettabile di abuso e
intimidazione nei confronti di ragazzi e
ragazze omosessuali e transessuali in età
scolare, considerato il particolare impatto
traumatico che tali atti possono avere
nella fase evolutiva di giovani e adolescenti
e perché molti degli abusi e delle intimidazioni che subiscono i ragazzi omosessuali vengono trascurati, mentre se fosse
un altro gruppo di persone a subire lo
stesso tipo di trattamento semplicemente
non sarebbe tollerato. Secondo una ri-
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AI RESOCONTI
cerca, il 40 per cento degli adulti omosessuali vittime di episodi di persecuzioni
negli anni dell’adolescenza a scuola ha
tentato il suicidio almeno una volta nella
sua vita e ha più volte pensato di farsi del
male;
in Italia mancano iniziative da parte
delle istituzioni che compiano azioni di
sensibilizzazione sociale, di integrazione
ed educazione, di formazione nelle scuole
e di sviluppo di una cultura che rifiuta e
previene l’omofobia e la transfobia;
l’ordinamento italiano, inoltre, da
sempre è restio a garantire qualsiasi forma
di prevenzione e protezione contro atti o
comportamenti dettati dall’omofobia e
dalla transfobia, nonostante le numerose
raccomandazioni che in tal senso giungono
dalle istituzioni europee. Il Parlamento
europeo, per esempio, ha approvato il 18
gennaio 2006, a grande maggioranza e con
voto favorevole di gran parte dei membri
del partito popolare, una risoluzione sull’omofobia in Europa che paragona l’omofobia e la transfobia al razzismo, al sessismo e all’antisemitismo –:
quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo in ambito culturale, sociale, scolastico e della comunicazione che
siano idonei, a porre fine al perpetuarsi di
pratiche e di atteggiamenti discriminatori
o intolleranti e per arginare e prevenire in
maniera duratura ogni manifestazione di
intolleranza, dileggio, disprezzo, discriminazione o colpevolizzazione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di
genere.
(4-04378)
RISPOSTA. — Si fa riferimento all’interrogazione in esame, concernente la violenza
omofobica e transfobica.
L’omofobia, intesa come « una paura e
un’avversione irrazionale nei confronti dell’omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali
e transessuali, basata sul pregiudizio e
analoga al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo e al sessismo » (testo definitivo
di Risoluzione sull’omofobia del Parlamento Europeo del 18 gennaio 2006), rappresenta un fenomeno in costante aumento.
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Come sottolineato dall’interrogante i
sempre più frequenti episodi di violenza a
matrice omofoba e transfobica verificatisi
in diverse regioni italiane, pongono in luce
la necessità di interventi urgenti sul piano
culturale, educativo e della comunicazione
che mettano fine a tali atti di violenza e
intolleranza commessi nei confronti di gay,
lesbiche e transgender.
Ancora una volta mi preme ribadire
l’impegno del Ministero per le pari opportunità nel contrasto all’omofobia e alla
transfobia, come peraltro sottolineato nell’incontro tenutosi l’8 ottobre 2009 presso il
Ministero per le pari opportunità con le
associazioni lesbiche, gay, bisex e transgender.
Come preannunciato nel corso dello
stesso, il 9 novembre 2009 è stata lanciata
la prima campagna nazionale di comunicazione contro l’omofobia. Tale campagna
di comunicazione volta al contrasto di ogni
forma di violenza e discriminazione basate
sull’orientamento sessuale, consiste in uno
spot televisivo ed in una serie di manifesti
e opuscoli che saranno distribuiti anche
nelle scuole, ed è la prima mai realizzata da
un Governo italiano.
Per quanto attiene all’ambito scolastico,
nel corso della settimana contro la violenza,
tenutasi dal 12 al 18 ottobre 2009, istituita
con il protocollo d’intesa stipulato tra il
Ministero per le pari opportunità e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della
ricerca il 3 luglio 2009, sono state poste in
essere alcune iniziative specifiche di sensibilizzazione e informazione per la prevenzione e il contrasto del fenomeno dell’intolleranza e della violenza omofoba nelle
scuole, come il dibattito svoltosi a Bologna
dal titolo « Violenza e discriminazione sui
banchi di scuola: bullismo o bullismi? ».
Tale iniziativa ha coinvolto l’assemblea degli studenti delle scuole superiori e le
istituzioni affrontando il problema delle
diverse declinazioni del fenomeno del bullismo, compreso quello omofobo, anche
mediante la proiezione e la discussione del
video « bullismo plurale ».
Proprio al fine di combattere il fenomeno del bullismo omofobo, il Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca
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AI RESOCONTI
intende potenziare quanto affermato nel
Protocollo d’intesa con le associazioni nazionali dei genitori, tra le quali l’Agedo
(Associazione genitori di omosessuali), che
prevede la progettazione e la sperimentazione di iniziative volte a prevenire e contrastare ogni fenomeno di violenza, di intolleranza tra i giovani all’interno dell’istituzione scolastica.
Si ricorda, altresì, che presso ogni ufficio
scolastico regionale sono stati istituiti degli
osservatori regionali permanenti, cui spetta
il compito di monitorare il fenomeno del
bullismo, verificare le attività svolte dalle
varie scuole e promuovere percorsi di educazione alla legalità all’interno delle stesse,
tramite attività curriculari ed extra curriculari.
Al fine di responsabilizzare maggiormente gli studenti in ordine al comportamento tenuto nelle aule scolastiche, il decreto del Presidente della Repubblica n. 235
del 2007 ha modificato il cosiddetto « Statuto delle studentesse e degli studenti »
(articoli 4 e 5 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 249 del 1998) consentendo così alle scuole di sanzionare con
maggiore rigore e severità i casi più gravi di
violenza e di bullismo posti in essere dagli
studenti.
Inoltre, si segnala, in continuità con la
cultura della prevenzione e con particolare
riferimento agli episodi di bullismo verificatisi negli ultimi anni in varie realtà
scolastiche, l’introduzione nel citato « statuto », del « patto educativo di corresponsabilità » tra scuola, famiglie e studenti.
Con questo strumento le famiglie si assumono l’impegno di rispondere direttamente
dell’operato dei propri figli quando violino
i doveri sanciti dal regolamento d’istituto e
dallo statuto degli studenti.
A tali iniziative si aggiungono quelle
poste in essere dal Dipartimento per le pari
opportunità attraverso l’Ufficio nazionale
antidiscriminazioni razziali (UNAR), costantemente impegnato nella programmazione e attuazione di interventi in materia
antidiscriminatoria anche nell’ambito dell’orientamento sessuale e dell’identità di
genere.
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Tra i vari interventi segnalo che, nell’ambito del Programma comunitario per
l’occupazione e la solidarietà sociale « Progress », attraverso un progetto denominato
« Diversità come valore », l’Unar intende
realizzare una campagna nazionale contro
tutte le discriminazioni. La gestione di tale
progetto è affidata ad un national working
group composto da 13 associazioni di rilevanza nazionale, tra cui, per le discriminazioni legate all’orientamento sessuale e
all’identità di genere, Arcigay, Gaynet, Avvocatura Lgbt Rete Lenford, Libellula,
coordinamento nazionale Trans Sylvia Rivera.
Sono altresì previsti interventi ad hoc
per il superamento degli stereotipi riferiti a
tutte le forme di discriminazione, comprese
quelle concernenti l’orientamento sessuale e
l’identità di genere. A tale proposito si
segnala il progetto volto alla costruzione di
una banca dati sulle discriminazioni con
l’obiettivo di costruire una cabina di regia
e di coordinamento che metta in rete associazioni, centri, ONG esistenti a livello
regionale al fine di consentire un efficace
scambio di informazioni tra le regioni e il
livello nazionale.
Sempre in tema di omofobia e transfobia è in fase di realizzazione uno studio
finalizzato alla identificazione, analisi e trasferimento di buone prassi in materia di
non discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere. Tale indagine,
affidata dall’Unar all’avvocatura per i diritti
LGBT Rete Lenford, prevede una ricognizione di buone prassi a livello nazionale e
la valutazione del grado di potenziale replicabilità in alcune regioni italiane.
L’Unar sta inoltre sviluppando una politica di progressiva messa in rete degli
osservatori pubblici già esistenti in materia
di prevenzione e contrasto delle discriminazioni al fine di costituire entro il 2012
una rete nazionale basata sulla sinergia tra
Unar, regioni ed enti locali. In tal senso,
oltre all’accordo operativo stipulato il 23
giugno 2009 con il centro regionale antidiscriminazioni della regione Emilia Romagna, che ha consentito la messa in rete
di 49 centri territoriali antidiscriminazioni,
sono in fase di avanzata stesura e verranno
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resi operativi entro il 2009 i protocolli con
la regione Lazio (ad oggi solo per la discriminazione razziale ai sensi della legge
regionale 10 del 2008), con la regione
Piemonte (su tutte le discriminazioni nell’ambito del Piano d’azione regionale contro
le discriminazioni in corso di approvazione
presso la giunta regionale), con la provincia
di Pistoia (centro antidiscriminazioni).
Segnalo altresì che, in data 21 ottobre
2009, è stato siglato tra il Ministero per le
pari opportunità e il sindaco di Roma, un
protocollo d’intesa per combattere i fenomeni discriminatori che, oltre a dare vita
ad iniziative educative e di sensibilizzazione,
istituisce l’osservatorio cittadino contro
tutte le discriminazioni attraverso il quale
si intende contrastare in maniera concreta
ogni forma di violenza con matrice discriminatoria.
Il Ministro per le pari opportunità: Maria Rosaria Carfagna.
FEDRIGA e SALVINI. — Al Ministro
per la pubblica amministrazione e l’innovazione. — Per sapere – premesso che:
il CNR (Consiglio nazionale delle ricerche) con prot. IDPA n. 90 del 27 febbraio 2009 ha bandito la selezione, per
titoli e colloquio, di n. 1 unità con profilo
professionale di operatore di amministrazione livello VIII presso la U.O. di Milano
dell’Istituto per la dinamica processi ambientali;
l’articolo 2 del succitato bando, nel
dettare i requisiti di ammissione, recita
che « La partecipazione alla selezione è
libera senza limitazioni in ordine alla
cittadinanza »;
a parere dell’interrogante il predetto
bando è a rischio di incostituzionalità, giacché concede il diritto a partecipare a concorsi/selezioni della pubblica amministrazione anche ai cittadini extracomunitari;
l’articolo 51 della Costituzione, infatti, dispone che « tutti i cittadini (...)
possono accedere agli uffici pubblici (...) »
con ciò intendendo il legislatore costitu-
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zionale, come precisato da interpretazioni
giurisprudenziali, garantire e tutelare al
meglio il pubblico interesse (cfr. sent.
43/1985-Cons. Stato, Sez. VI);
parimenti, l’articolo 2 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 3 del 1957,
recante il testo unico degli impiegati civili
dello Stato, colloca la cittadinanza italiana
fra i requisiti generali per l’ammissione
agli impieghi civili dello Stato; la successiva produzione normativa (articolo 37 del
decreto legislativo n. 29 del 1993, come
modificato dall’articolo 24 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e da ultimo dal
vigente articolo 38 del decreto legislativo
n. 165 del 2001) ha poi esteso l’accesso ai
cittadini degli Stati membri dell’Unione
europea, ponendo, comunque, il vincolo di
non possibilità per i posti che implicano
esercizio diretto o indiretto di pubblici
poteri ovvero non attengano alla tutela
dell’interesse nazionale e demandando ad
un decreto della Presidenza del Consiglio
dei ministri l’individuazione dei posti e
delle funzioni per le quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza
italiana;
sulla questione relativa alla possibilità di accesso nella pubblica amministrazione per i cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia è intervenuta anche la Presidenza del ConsiglioDipartimento della funzione pubblicaUfficio per il personale delle pubbliche
amministrazioni, che con parere n. 96 del
28 settembre 2004, dopo una dettagliata
disamina della normativa vigente e del
rapporto tra quella nazionale e quella di
origine comunitaria, esprimeva un orientamento restrittivo, ribadendo la possibilità di accedere ai posti di lavoro « pubblici » per i soli cittadini italiani e per i
cittadini dell’Unione nei limiti individuati
dal decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 7 febbraio 1994, n. 174 (recante,
appunto, regolamento dell’accesso dei cittadini degli stati membri dell’Unione europea ai posti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni) –:
se il Ministro interrogato non concordi con l’interrogante circa i profili di
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incostituzionalità e di contrarietà alle disposizioni di legge vigente del bando di cui
in premessa e, in caso di risposta affermativa, se non ritenga opportuno intervenire con provvedimenti di propria competenza al fine di dichiarare nullo o comunque di rettificare il bando medesimo.
(4-06224)
RISPOSTA. — Con l’atto di sindacato ispettivo in esame si chiede al Ministro per la
pubblica amministrazione e l’innovazione
di « intervenire con provvedimenti di propria competenza al fine di dichiarare nullo
o comunque di rettificare » il bando volto a
selezionare una unità di personale con
profilo di operatore di amministrazione
presso la unità operativa Milano dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali.
Al riguardo si precisa in via preliminare
che il CNR è sottoposto alla vigilanza del
Ministro dell’istruzione, università e ricerca
e che non è pertanto riconducibile al Ministro per la pubblica amministrazione e
l’innovazione la competenza a disporre la
rettifica o a dichiarare la nullità del bando
in esame, determinazioni queste ultime che
richiedono, in ogni caso, un’accorta ponderazione di interessi in quanto idonee ad
incidere su posizioni giuridiche soggettive,
nonché su diritti fondamentali costituzionalmente garantiti.
Nondimeno lo scrivente è disponibile a
fornire alcuni chiarimenti circa il vigente
quadro normativo in tema di accesso di
cittadini stranieri ai posti di lavoro presso
pubbliche amministrazioni. La normativa
vigente, accanto alle disposizioni correttamente richiamate dall’interrogante (articolo
38 del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165), prevede anche una specifica disciplina relativa alla parità di trattamento in
materia di occupazione e di condizioni di
lavoro.
Si tratta, nello specifico, del decreto
legislativo 9 luglio 2003, n. 216 che, nel
dare attuazione alla direttiva 2000/78/CE,
prevede, all’articolo 3, che il principio di
parità di trattamento « si applica a tutte le
persone sia nel settore pubblico che privato
ed è suscettibile di tutela giurisdizionale ».
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Detta disposizione trova applicazione con
riferimento alle seguenti aree:
a) accesso all’occupazione e al lavoro,
sia autonomo che dipendente, compresi i
criteri di selezione e le condizioni di assunzione;
b) occupazione e condizioni di lavoro,
compresi gli avanzamenti di carriera, la
retribuzione e le condizioni del licenziamento;
c) accesso a tutti i tipi e livelli di
orientamento e formazione professionale,
perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali;
d) affiliazione e attività nell’ambito di
organizzazioni di lavoratori, di datori di
lavoro o di altre organizzazioni professionali e prestazioni erogate dalle medesime
organizzazioni.
Occorre peraltro collocare correttamente, nell’ambito del suddetto quadro normativo, la fattispecie richiamata dall’interrogante, valutando, in particolare, se la
selezione svolta dal CNR abbia riguardato
la sottoscrizione di un contratto di collaborazione o, piuttosto, una vera e propria
assunzione all’impiego presso una pubblica
amministrazione. Solo in tale ultima ipotesi
può ritenersi applicabile la disposizione di
cui al richiamato articolo 38 che disciplina,
infatti, l’accesso ai posti di lavoro presso le
amministrazioni pubbliche e non anche il
conferimento di incarichi di collaborazione
o ricerca.
Si precisa, infine, che appare improprio,
nel caso di specie, il richiamo operato
dall’interrogante all’impossibilità che i cittadini stranieri accedano a posizioni lavorative implicanti esercizio diretto o indiretto
di pubblici poteri ovvero attinenti alla tutela dell’interesse nazionale, in quanto la
tipologia di lavoro oggetto della selezione
effettuata dal CNR non appare caratterizzata dalle predette connotazioni.
Il Ministro per la pubblica amministrazione
e
l’innovazione: Renato Brunetta.
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TOMMASO FOTI. — Al Ministro dell’interno. — Per sapere – premesso che:
da recenti notizie di stampa si apprende che una cittadina italiana sarebbe
stata vittima di un odioso episodio di
discriminazione religiosa e razziale nei
pressi della moschea di Correggio, in provincia di Reggio nell’Emilia;
la giovane di religione cristiana, coniugata con un cittadino marocchino di
fede musulmana e al settimo mese di
gravidanza, sostiene infatti di essere stata
oggetto di pesanti minacce da parte di un
cittadino pachistano che, dopo avere reiteratamente inveito contro di Lei,
l’avrebbe allontanata da una panchina,
posta nelle vicinanze della detta moschea,
sulla quale sedeva;
il consiglio comunale di Correggio,
investito della questione, ha negato la
richiesta (dai gruppi d’opposizione) solidarietà alla vittima di detto odioso episodio –:
se i fatti in questione siano stati
accertati dal Ministero interrogato e, in
ogni caso, se e quali iniziative intenda
assumere per garantire che sia consentito
a tutti, indipendentemente dalla fede religiosa professata, di potere sostare, senza
per questo mettere a rischio la propria
incolumità personale, nelle aree pubbliche
poste nelle adiacenze della citata moschea.
(4-05045)
RISPOSTA. — Sulla base degli accertamenti esperiti è emerso che una donna
italiana, mentre era seduta su una panchina in attesa del marito, intento a pregare
nella vicina moschea di Correggio, veniva
avvicinata da un presunto cittadino pachistano. Costui iniziava ad inveire contro di
lei, accusandola di essere vestita in maniera
non consona all’ambiente. I toni accesi
della discussione richiamavano l’attenzione
del marito della donna, che usciva dalla
moschea per prendere le sue difese.
La discussione terminava quando il marito minacciava di richiedere l’intervento
delle forze di polizia; a questo punto il
pakistano si allontanava, ponendo termine
Camera dei Deputati
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al diverbio. La cittadina italiana non ha
voluto denunciare l’accaduto, né è stata in
grado di fornire notizie utili all’identificazione del cittadino pakistano.
L’episodio deve essere considerato del
tutto occasionale, mentre va precisato che
la Giunta comunale di Correggio, nella
seduta del 27 novembre 2009, ha espresso
solidarietà alla giovane, condannando l’accaduto.
Tutti i fenomeni di intolleranza religiosa
sono alla costante attenzione del Ministero
dell’interno, che effettua un’attenta opera di
prevenzione, specie quando da essi possa
derivare una situazione di turbativa per
l’ordine pubblico e di pericolo per l’incolumità dei cittadini.
Il Sottosegretario di Stato per
l’interno: Nitto Francesco
Palma.
JANNONE. — Al Ministro per le pari
opportunità. — Per sapere – premesso che:
i dati dell’ultima indagine di Hay
Group evidenziano come il 59 per cento
degli uomini o donne al comando di
un’azienda ammette la propria incapacità
nello stabilire un ambiente sereno e motivante nel proprio ufficio. Oltre il 70 per
cento dei manager parla delle proprie
difficoltà nel motivare le persone, soprattutto in questo momento di grande disorientamento lavorativo. Il problema coinvolge sia i manager, sia le direzioni del
personale ed anche le imprese nella loro
complessità, che rischiano di non aver più
quel rapporto di fiducia reciproca con i
propri dipendenti. Le aziende, per reagire
alla crisi, chiedono ai lavoratori di essere
proattivi, di impegnarsi con entusiasmo
nel ruolo assegnato, di creare un legame
forte tra le proprie sorti e quelle dell’impresa e quindi di identificarsi con l’organizzazione di appartenenza e di esserne
orgogliosi. Poi, però, non riescono a garantire ai lavoratori un futuro con un
certo margine di certezza;
per raggiungere l’obiettivo di occupazione femminile, fissato al 60 per cento
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dall’Europa è necessario che il nostro
Paese si adegui ai requisiti essenziali richiesti: innanzitutto avere una rete di
servizi, pubblici e privati, per sollevare le
donne dal « lavoro di cura », che viene
solitamente loro attribuito, sia per quanto
riguarda i bambini, sia per l’assistenza agli
anziani; flessibilità degli orari di lavoro e
dei tempi di lavoro, ma soprattutto una
capillare presenza di asili nido, nelle diverse forme di pubblici, privati, aziendali
e condominiali. Per le piccole aziende si
potrebbe giungere ad una soluzione avviando la creazione di « asili interaziendali », che hanno il duplice vantaggio di
permettere la riduzione dei costi di gestione, rispetto ad un asilo aziendale, con
inoltre la possibilità di estendere queste
strutture al territorio circostante;
per quanto attiene alla copertura di
asili nido sul territorio italiano, attualmente la percentuale si attesta al 13 per
cento del totale, mentre la normativa europea prevede che il livello si aggiri intorno al 33 per cento del totale. Per questo
l’auspicio dell’Europa è che l’Italia riesca
ad incentivare la realizzazione di asili nido
aziendali, che permetteranno alle dipendenti di lavorare con più tranquillità e di
sfruttare al meglio l’orario lavorativo. Tale
soluzione ha avuto una stagione d’oro
soprattutto tra il 2002 e il 2004, ma
attualmente manca di adeguati sostegni
finanziari e sociali;
nella giornata di venerdì 22 maggio
alcune aziende italiane apriranno le porte
ai bambini delle loro dipendenti, proprio
per sottolineare l’importanza dell’obiettivo
di aumentare il livello occupazionale femminile, creando un clima aziendale più
sereno e meno stressante, in cui la maternità non sia vista solo come un problema di costo e di mancanza di personale. Sono decine le aziende che stanno
aderendo all’iniziativa, di piccole e grandi
dimensioni, appartenenti a tutti i settori
produttivi –:
quali iniziative il Ministro intenda
adottare per incentivare la creazione di
asili nido aziendali e sociali, in modo da
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consentire alle dipendenti di qualsiasi
azienda di poter godere dei vantaggi preposti ad un sereno sviluppo lavorativo.
(4-03191)
RISPOSTA. — Si fa riferimento all’interrogazione in esame, concernente gli incentivi per la creazione di asili nido aziendali.
Come sottolineato dall’interrogante, l’incremento del tasso di occupazione femminile passa attraverso l’ampliamento dei servizi di cura per l’infanzia, dal momento che
una maggiore disponibilità di tali servizi
può favorire una più equa distribuzione dei
carichi di cura in ambito familiare, consentendo l’accesso e la permanenza delle
donne nel mondo del lavoro.
Le politiche di conciliazione, dunque,
sono strettamente legate all’obiettivo di aumentare la partecipazione delle donne al
mercato del lavoro e restringere in tal modo
il « gender gap » occupazionale.
Per quanto concerne gli interventi volti
al raggiungimento di un tasso di occupazione femminile pari al 60 per cento, come
richiesto a livello europeo, segnalo che il 1o
dicembre 2009, il Ministero per le pari
opportunità ed il Ministero del lavoro e
delle politiche sociali, hanno presentato il
« Programma di azioni per l’inclusione delle
donne nel mercato del lavoro ».
Tale piano si articola in cinque linee di
intervento riguardanti: i servizi di assistenza per la prima infanzia e la sperimentazione dei buoni lavoro; la revisione di
criteri e delle modalità per la concessione di
contributi ad aziende per progetti che favoriscano la conciliazione; nuove relazioni
industriali per la promozione della flessibilità del lavoro; l’incentivazione dei lavori
verdi al femminile e misure specifiche per
il Mezzogiorno.
Fra queste, si porta all’attenzione dell’interrogante, la prima linea di intervento
concernente i « Servizi di assistenza per la
prima infanzia e la sperimentazione dei
buoni lavoro ».
L’offerta di servizi all’infanzia è infatti
ancora insufficiente, specie nelle regioni
meridionali. L’idea è quella di incoraggiare
i lavori di cura dell’infanzia attraverso la
diffusione dell’utilizzo dei buoni lavoro
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previsti dalla legge Biagi, che offrono al
datore di lavoro uno strumento duttile e
poco costoso e che potranno essere adoperati anche per l’avvio dei nidi familiari, con
non più di cinque o sei bambini assistiti da
persone presso il proprio domicilio in un
ambiente familiare.
In questa linea di azione si inserisce il
sistema di interventi recante un piano per
favorire la conciliazione dei tempi di vita e
di lavoro predisposto dal Ministero per le
pari opportunità che, attraverso lo stanziamento previsto dal decreto ministeriale di
articolazione delle finalità e delle risorse del
« Fondo per le politiche relative ai diritti e
alle pari opportunità » del 12 maggio 2009,
pari a 40 milioni di euro, intende proprio
aumentare la partecipazione delle donne al
mercato del lavoro.
Il piano si articola in due ambiti di
azione, ciascuno dei quali articolato in linee
di intervento.
Tali linee di intervento si articolano in
una serie di misure volte a: promuovere la
creazione dei « nidi famiglia » attraverso
l’utilizzo delle Tagesmutter (mamme di
giorno), figure professionali, in collegamento con cooperative, con funzioni di
assistenza domiciliare all’infanzia, che svolgono tale attività presso il proprio domicilio; realizzare albi o elenchi regionali di
badanti e baby sitter italiane o straniere;
erogare voucher di sostegno all’acquisto dei
servizi di cura offerti da strutture specializzate (nidi, centri estivi, ludoteche) o in
forma di « buono lavoro » da prestatori di
servizio (assistenza domiciliare, pulizia, pasti a domicilio); sostenere il telelavoro attraverso l’erogazione di contributi per l’acquisto di attrezzature informatiche; erogare
percorsi formativi di aggiornamento e adeguamento di competenze di lavoratrici che
hanno usufruito di congedo parentale o per
motivi legati ad esigenze di conciliazione.
Per quanto concerne, in particolare, l’incremento degli asili nido nei luoghi di
lavoro, segnalo che nell’ambito del progetto
pilota « Nido P.A. », il 17 dicembre 2009, è
stato pubblicato d’intesa fra il dipartimento
per le pari opportunità ed il dipartimento
per le politiche della famiglia, un bando per
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il finanziamento di nuovi nidi d’infanzia
presso i luoghi di lavoro delle pubbliche
amministrazioni nazionali.
Il Ministro per le pari opportunità: Maria Rosaria Carfagna.
JANNONE. — Al Ministro degli affari
esteri. — Per sapere – premesso che:
la Nigeria è il primo produttore africano di petrolio, e l’ottavo del mondo con
una potenzialità stimata in 35 miliardi di
barili. Da solo fornisce più del 20 per
cento del fabbisogno totale degli Stati
Uniti. I pozzi di estrazione si trovano
lungo il Delta del Niger, ma nonostante il
gran flusso economico riguardante il petrolio, la popolazione vive in condizioni
alquanto precarie, soffrendo quotidianamente fame ed inquinamento ambientale.
I profitti dell’attività petrolifera, molto
elevati, sono divisi fra Stato e multinazionali, con le quali si siglano dei contratti di
concessione. Teoricamente, i primi a beneficiare di tali profitti dovrebbero essere
le popolazioni locali, che, al contrario,
vivono in pessime condizioni sia economiche che ambientali, queste ultime dovute
alla negligenza delle multinazionali, il cui
operato ha inquinato acque e terreni rendendo impossibile la coltivazione e la
pesca in aree sempre più vaste, tanto che
tre quarti della popolazione non dispone
di acqua potabile;
è soprattutto dalla metà degli anni
’90 che iniziano gli sfruttamenti intensivi
dei giacimenti off-shore ed è proprio in
questo periodo che sorge l’intreccio fra
profitti stranieri, corruzione del governo
centrale e devastazione ambientale, che ha
tagliato fuori la popolazione locale dai
benefici derivanti dallo sviluppo industriale. Questa è la ragione principale per
cui è nato il fronte per la difesa dei diritti
del popolo del Delta (MEND), che, dopo
anni di trattative con il governo, è passato
all’azione militare;
la sigla MEND sta per Movimento per
l’Emancipazione Delta del Niger. Fondato
circa 5 anni fa, il MEND denuncia l’atteggiamento delle multinazionali che, complice la corruzione del governo nigeriano,
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si arricchiscono dei proventi derivanti dall’estrazione del petrolio, senza concedere
in cambio al popolo alcuna forma di
sviluppo: né luce, né acqua, né scuole, né
ospedali, né lavoro. Accanto al MEND
anche l’associazione ambientalista ERA
denuncia da tempo le conseguenze dell’estrazione di petrolio nell’area del delta.
A causa del clima tropicale e dell’incuria,
gran parte degli impianti sono aggrediti
dalla corrosione e l’olio filtra alla superficie, uscendo dai tubi delle condutture,
spargendosi come un velo sia sul terreno
sia nell’acqua lungo migliaia di chilometri
di tubi e derivazioni, si estende una ragnatela che è quasi impossibile controllare. Questa storia si replica da circa 15
anni, perché le condutture che utilizzano
sul Delta del Niger sono obsolete. In
alcune aree, i problemi creati dall’inquinamento e dalla guerriglia sono talmente
gravi che la popolazione è di fatto scomparsa, come accade ad Akala Olu. In
questo piccolo paese gli abitanti convivono
con un paesaggio arido e sterile, causato
dalla pratica del gas flaring, cioè l’uso di
bruciare i gas che si trovano nello strato
più alto del giacimento di petrolio, attraverso migliaia di fuochi alimentati da una
fortissima pressione interna, che surriscaldano l’aria già di per sé torrida;
tramite il gas flaring una parte di gas
non brucia, si spande nell’aria e viene
respirato dalla popolazione. Nella zona del
Delta del Niger ci sono più di 50 impianti
di gas flaring, le cui emissioni di anidride
carbonica rappresentano quasi il 3 per
cento dell’emissioni di anidride carbonica
di tutto il pianeta. Se invece di essere
bruciato, il gas venisse utilizzato per la
produzione di energia, si potrebbe garantire energia per l’intera popolazione del
continente africano sotto il Sahara, escluso
il Sud Africa. Pertanto la sicurezza energetica di un intero continente potrebbe
esser garantita solamente dal gas che attualmente si brucia;
il comportamento delle multinazionali in Nigeria non sempre è volto ad una
politica di sostenibilità ambientale. Questo
perché il governo nigeriano non chiede le
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stesse garanzie necessarie affinché determinate aziende operino in territori stranieri. Lo stesso protocollo di Kyoto prevede che vengano dati contributi alle compagnie che si impegnano a recuperare il
gas in eccesso per limitare i danni del gas
serra. La Nigeria è formalmente obbligata
a sottostare a questa pratica dal 1979, cioè
dall’approvazione della legge sulla reignezione del gas, anche se alle compagnie
petrolifere si diedero ulteriori cinque anni
per assolvere a questo obbligo. Attualmente alcune di loro continuano a temporeggiare, chiedendo un anno in più per
realizzare un intervento che di fatto è
normale pratica in Europa e rientra in
quelle che sono le migliori pratiche delle
compagnie a livello internazionale –:
se il Ministro intende denunciare, in
sede europea, l’increscioso comportamento delle multinazionali petrolifere in
Nigeria.
(4-04224)
RISPOSTA. — La tutela dei diritti umani
e la gestione sostenibile delle risorse naturali rappresentano una delle priorità europee nell’ambito dei rapporti con l’Africa. Il
Governo italiano ha sempre sostenuto tale
approccio ed è fortemente impegnato nello
sviluppo del dialogo con l’Africa in materia
di governance e di diritti umani e nella
realizzazione dei progetti specifici ad esso
collegati. Lo stato di avanzamento di tali
iniziative verrà discusso in occasione del
prossimo vertice Unione Europea-Africa nel
2010.
In particolare, l’Italia è stata tra i principali sostenitori dell’adozione della nuova
strategia europea, lanciata in occasione del
vertice di Lisbona del 2007, che costituisce
la cornice politico-strategica dei rapporti e
della cooperazione tra l’Europa e i suoi
Stati membri da una parte, e l’Unione
Africana dall’altra. Tale strategia identifica,
per il periodo 2008-2010, alcune priorità
tra cui il partenariato « Governance e diritti
umani », elemento chiave per lo sviluppo
sostenibile del continente africano e da
sempre al centro della politica estera dell’Italia e dell’Unione Europea. La partnership prevede una consultazione regolare tra
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i due continenti, anche a livello di società
civile, e iniziative di cooperazione in molteplici settori, tra i quali: la protezione dei
diritti umani e delle libertà fondamentali, la
gestione delle risorse naturali e la governance globale. In tale contesto, si intende
tra l’altro promuovere una maggiore trasparenza nella gestione dei proventi derivanti dallo sfruttamento delle risorse naturali e stabilire un dialogo con l’Africa
sulle principali iniziative internazionali in
materia, tra le quali l’iniziativa per la
Trasparenza nell’industria Estrattiva (ETI).
Nel corso della visita effettuata in Nigeria lo scorso febbraio, il Ministro degli
affari esteri ha incontrato il Ministro del
Delta del Niger con il quale ha affrontato
le criticità conseguenti lo sfruttamento del
greggio e del gas nella regione. In tale
occasione, il nostro paese si è impegnato a
rafforzare gli interventi di cooperazione
soprattutto in ambito igienico-sanitario, di
scolarizzazione, di pesca e di agricoltura
attraverso la messa a disposizione di tecnologie in grado di sviluppare la produzione e la conservazione dei prodotti e di
depurazione dell’acqua. È stato altresì affrontato il delicato tema dei sistemi di
controllo degli oleodotti connesso a quello
più generale della protezione dell’ambiente,
con particolare riferimento alla bonifica ed
alla depurazione delle emissioni inquinanti
del petrolio e del gas, per tutelare le comunità locali vittime della devastazione
ecologica. Al riguardo va ricordata la realizzazione da parte dell’Ente Nazionale
Idrocarburi (ENI), nel 2005, della prima
centrale elettrica a ciclo combinato, a beneficio delle popolazioni del Delta, che
sfrutta la combustione a cielo aperto del
gas che fuoriesce dai giacimenti di petrolio,
fenomeno conosciuto come « gas flaring ».
La Nigerian Agip Oil Company (NAOC),
consociata dell’ENI, effettua controlli sanitari periodici sui propri dipendenti che
vivono anche negli impianti di trattamento
del greggio e quindi nelle immediate vicinanze delle fiaccole. Tali controlli non
rilevano tuttavia statisticamente un’incidenza particolare di malattie rispetto alle
medie nazionali.
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Riguardo alla riduzione del gas bruciato
in fiaccola, la NAOC è stata la prima
società petrolifera in Nigeria a costruire,
operare e gestire una centrale elettrica, la
Okpai, inaugurata nel 2005, di 480 MegaWatt, la quale utilizza il gas per produrre
energia elettrica, rappresentante circa il 20
per cento della produzione totale del paese.
La società fornisce inoltre gas ad una
ulteriore centrale elettrica di proprietà del
Rivers State ed all’impianto petrolchimico
di Eleme. La stessa Società, inoltre, possiede una partecipazione nella società Nigeria LNG, che utilizza il gas per la produzione, l’esportazione e la commercializzazione del metano liquefatto. Va detto
inoltre che negli ultimi 5 anni la compagnia ha investito circa 430 milioni di euro
nella regione, consentendo di raddoppiare
la produzione di gas (C1-C4) liquefatto e,
nel contempo, di ridurre il gas flaring.
Attualmente, di tutto il gas prodotto in
Nigeria, dalla società NAOC, solo il 25 per
cento circa viene ancora bruciato in fiaccola mentre sono in corso progetti, di
durata quadriennale, per l’ulteriore riduzione del flaring, la cui realizzazione, però,
è negli ultimi anni fortemente ostacolata
dai sabotaggi posti in atto dal Movimento
per l’emancipazione del Delta del Niger
(MEND), e da altri gruppi di « militanti ».
Lo stesso Governo nigeriano, che aveva
stabilito il termine ultimo di produzione del
flaring entro la fine del 2008, ha recentemente posticipato tale data al 31 dicembre
2010. I sabotaggi degli ultimi anni sono
diventati, tra l’altro, un’ulteriore causa di
inquinamento per le fuoriuscite di greggio
dagli oleodotti che perdurano fino alla
realizzazione delle necessarie riparazioni,
pulizia e ripristino dei siti coinvolti, il cui
accesso a questi ultimi risulta possibile ove
le comunità locali garantiscono la sicurezza.
Per quanto riguarda altresì il diritto
della popolazione al controllo delle proprie
ricchezze, va detto che la compagnia NAOC
è soggetta, come le altre compagnie petrolifere, al pagamento al Governo di: royalties
pari al 20 per cento della produzione, la
Petroleum Profit Tax, pari all’85 per cento
dell’imponibile, e la education tax. Inoltre,
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il 3 per cento del budget annuale viene
versato alla Commissione del Delta del
Niger (NDDC), l’autorità preposta a far
pervenire i benefici derivanti dalla produzione di idrocarburi alle popolazioni locali.
Nel complesso si può stimare che, al netto
dei costi, oltre il 90 per cento del valore
prodotto annualmente rimane nel Paese, a
cui si aggiunge che si garantisce l’occupazione ai 1400 impiegati, oltre ad altre decine
di migliaia di lavoratori nei settori indotti.
Va rilevato inoltre che l’Eni è fortemente
impegnata nella regione in attività di sviluppo sociale, di salvaguardia del territorio,
di contrasto al cambiamento climatico, di
prevenzione sanitaria e di tutela e promozione dei diritti umani. Di particolare rilievo, per l’articolazione dei contenuti e
della efficacia, è il Green River Project. Tale
progetto, che interessa l’area del Delta del
Niger, è iniziato nel 1988 con gli obiettivi
principali di migliorare i sistemi agricoli
tradizionali introducendo nuove tecniche di
coltivazione, nuove colture e varietà migliorate di colture tradizionali, tra cui cassava, igname e riso, di grande interesse
economico e nutrizionale. Esso promuove
inoltre cooperative ed associazioni sul territorio, con l’obiettivo di renderle autonome, soprattutto attraverso la formazione
e l’addestramento di oltre 150 cooperative e
associazioni di donne e di giovani. Esso,
infine, consente a tali cooperative l’accesso
ai micro-prestiti, già operativi per più di 80
di queste, per un importo totale di circa 170
milioni di euro.
Alla fine del 2008 il suddetto progetto ha
interessato oltre trentamila famiglie di agricoltori, con ricadute positive su circa trecentomila persone.
Il Sottosegretario di Stato per gli
affari esteri: Enzo Scotti.
JANNONE. — Al Ministro dell’economia
e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
la Islamic Bank of Britain, fondata
nel 2004, quotata sul segmento Aim della
borsa inglese, ha un capitale di 197 milioni
di sterline, pari a poco più di 200 milioni
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di euro, in asset, di cui 172 milioni sono
i depositi. La Bank of London and the
Middle East, creata nel 2006 dalla Boubyan Bank of Kuwait che ne è tuttora la
proprietaria, opera invece nei servizi di
tesoreria per le istituzioni finanziarie islamiche, nel wealth management, nel corporate e nel private banking, il tutto per 782
milioni di sterline di attività patrimoniali.
Altre due banche islamiche, la Eiib e la
Gatehouse, possiedono rispettivamente 278
e 54 milioni di sterline di asset;
la scorsa estate, la Francia ha approvato, dopo una serie di traversie che
hanno comportato anche un difficile passaggio alla Corte costituzionale di Parigi, la
sua legge di apertura alla finanza islamica,
e in Germania, la tesoreria di Magdeburgo
ha lanciato all’inizio di ottobre 2009 la
prima emissione obbligazionaria islamica
europea per 100 milioni di euro. L’Europa,
quindi, dopo anni in cui ha assistito alla
marcia trionfale sul suo territorio dei
fondi sovrani dei Paesi arabi, sta cercando
di entrare nel complesso meccanismo dell’intermediazioni islamica;
nell’« annus horribilis » della finanza,
il periodo estate 2008-estate 2009, mentre
il sistema globale si contraeva, il segmento
islamico saliva di oltre il 20 per cento, fino
a superare, stando alle indicazioni della
rivista The Bunker, il livello di 900 miliardi
di dollari, 100 in più delle precedenti
stime su cui hanno lavorato i tecnici di
Bankitalia. Una crescita esponenziale e
irrefrenabile in tutti i segmenti: ad esempio, le obbligazioni sul modello sukuk, cioè
emesse secondo i dettami dalla legge coranica Sharia e riservate ai cittadini musulmani, raggiungeranno a fine anno i
122,7 miliardi di dollari in circolazione, a
quanto prevede Moody’s;
decisive sono state le liberalizzazioni
varate dall’Accounting ad Auditing Organization for Islamic Financial Institutions,
l’organismo di vigilanza che ha sede nel
Bahrein, nel 2006 e nel 2007. Secondo
quanto stabilito, resta fermo il divieto di
corrispondere interessi; per aggirare questo ostacolo, però, vengono create alcune
Atti Parlamentari
XVI LEGISLATURA
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ALLEGATO
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misure importanti. La più diffusa si
chiama « murabaha sukuk », secondo cui
l’ente che vuole finanziarsi vende ad una
nuova entità appositamente costituita, una
casa, un terreno, o qualcosa di valore.
Questo « vehicle » crea i titoli, li piazza sul
mercato e corrisponde la retribuzione agli
investitori finali, in un’unica soluzione alla
scadenza. Quando arriva questo momento,
per restituire i soldi ai sottoscrittori, il
« vehicle » rivende il bene all’originario
debitore, scalando una parte che corrisponde grosso modo a quello che si può
chiamare « interesse ». Un meccanismo apparentemente complesso ma di sorprendente efficacia che ha una serie di varianti: il « sukukl al istisna » che è simile
al « project-financing » infrastrutturale, il
« sukuk al istithmar » che a sua volta
somiglia al venture capital, il « sukuk al
musharaka » che condivide i rischi di un
affare;
l’importante è legare il finanziamento
ad attività reali senza promettere tout
court un certo rendimento, perché secondo la Sharia il divieto scatta quando è
il mero denaro a produrre altro denaro, la
cosiddetta « riba », che vuol dire anche
« usura ». Anche i mutui immobiliari prevedono che sia la banca a comprare la
casa, che poi viene in un certo senso
affittata al proprietario, il quale ne assume
il pieno possesso solo all’estinzione del
mutuo. Fermi restando questi criteri base
le regole sono molto meno ferree rispetto
a pochi anni fa, tanto che si sta anche
sviluppando un mercato secondario per le
obbligazioni e altri titoli: è ancora agli
albori ma sembra promettere occasioni
d’oro, ed è proprio per questo che la
finanza islamica si sta ampliando ben oltre
i due tradizionali poli, Jeddah in Arabia
Saudita, Dubai e tutti gli Emirati da una
parte, Giacarta, Singapore e Kuala Lampur dall’altra. La globalizzazione è nei
fatti: in agosto, la Banca Mondiale, tramite
la « International Finance Corporation »,
ha emesso i suoi primi sukuk-bonds per
100 milioni di dollari;
« l’anno prossimo sarà molto interessante, perché ci sarà un’ondata di nuove
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emissioni da parte di fonti non tradizionali », prevede Mohammed Dawood, capo
del debt capital market della Hsbc Amanah, il braccio islamico della banca anglocinese. Mario Draghi, governatore della
Banca d’Italia, afferma in un suo editoriale: « Benché non siano ancora disponibili statistiche ufficiali dalle quali desumere con precisione gli sviluppi globali
della finanza islamica, alcune stime effettuate in via riservata quantificano la sua
attuale portata sopra agli 800 miliardi di
dollari, in termini di asset intermediati,
con oltre 600 istituti coinvolti in una
cinquantina di Paesi. La crescita della
finanza islamica è un aspetto del ruolo
sempre più importante rivestito nel sistema finanziario globale da numerose
economie emergenti. Naturalmente si
tratta di uno sviluppo molto gradito, in
quanto spalanca nuove opportunità per
convogliare produttivamente le risorse finanziarie sia a quei Paesi sia ad altri
mercati ». Inoltre « per la Banca d’Italia è
importante approfondire le conoscenze in
proposito, anche in considerazione delle
rilevanza che la finanza islamica assume
per i compiti istituzionali che le spettano,
in qualità di membro dell’Eurosistema e di
Autorità di vigilanza del settore finanziario e bancario in Italia –:
quali iniziative il Ministro intenda
intraprendere al fine di inserire, anche nel
settore economico-finanziario italiano, gli
strumenti portanti della struttura economica islamica, nell’ottica di un sistema
finanziario globale stabile e solido.
(4-05119)
RISPOSTA. — Si risponde all’interrogazione indicata in oggetto, concernente lo
sviluppo della finanza islamica.
Al riguardo, si fa presente che lo sviluppo delle transazioni finanziarie nei paesi
di religione islamica è basato su un fondamentale e antico principio (la cosiddetta
Riba) previsto dalla Sharia, secondo il quale,
a differenza di quanto accade nella finanza
occidentale, è proibita l’applicazione di interessi, mentre è particolarmente favorita la
condivisione degli utili. Pertanto, nella fi-
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AI RESOCONTI
nanza islamica non sussiste il concetto di
valore temporale della moneta e l’attività
bancaria non si fonda sulla remunerazione
dei capitali prestati, ma principalmente
sulla partecipazione ai profitti e alle perdite
di un progetto imprenditoriale. Il rendimento di un investimento, inoltre, è giustificato solo se esso viene utilizzato per
l’acquisto di un bene reale.
La finanza islamica prevede, inoltre, il
divieto di intraprendere qualsiasi operazione finanziaria che comporti un eccessivo
livello di rischio e di incertezza (Gharar),
infatti, è proibito il gioco d’azzardo (Maisir).
Gli strumenti finanziari tipici della finanza islamica, attraverso i quali è possibile partecipare alla proprietà di attività
tangibili, a un progetto o a uno specifico
investimento, prendono il nome di sukuk. A
differenza delle obbligazioni caratteristiche
della finanza occidentale, i sukuk non rappresentano la titolarità di un flusso monetario a condizioni prefissate, ma una quota
di proprietà relativa a un’attività sottostante. Negli ultimi anni, le emissioni di
sukuk hanno registrato un tasso di crescita
significativo, che ha raggiunto un valore del
483 per cento (nell’anno 2003). L’emissione
dei sukuk è in genere realizzata da uno
Special Purpose Vehicle, che, raccogliendo
un ammontare adeguato di risorse, opera in
qualità di intermediario nelle diverse tipologie di contratti.
Un tipico schema contrattuale (Muràbaha) della finanza islamica prevede che
una banca, su richiesta del cliente, acquisti
un bene da un fornitore, per poi conseguire
un profitto, rivendendolo ad un prezzo
superiore al cliente. Quest’ultimo – a fronte
del trasferimento di un titolo da parte della
banca ed al fine di assicurare la vendita –
è chiamato a effettuare il versamento di
una somma iniziale, mentre il pagamento
dell’importo residuo può anche essere differito. Il periodo del finanziamento coincide
in tal caso con quello di dilazione del
pagamento.
Fra le altre tipologie di accordi vi sono:
a) il Mudhàraba: una banca finanzia
un imprenditore al fine di realizzare un
investimento commerciale, i cui profitti
sono suddivisi secondo quote predetermi-
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nate di comune accordo, mentre le eventuali perdite gravano sul solo fornitore di
capitali. All’imprenditore spetta un compenso (Mudarib fee), che può essere calcolato in base alle spese gestionali o come
percentuale del profitto;
b) il Mushàrak: due o più finanziatori
forniscono capitali per un progetto (da
avviare o già esistente), al fine di ripartirne
gli utili secondo le quote definite nel contratto, mentre le eventuali perdite sono
ripartite in proporzione al capitale conferito. In base a tale contratto tutte le parti
possono partecipare alla gestione del progetto. Inoltre, è previsto che la quota di
partecipazione finanziaria della banca possa
restare invariata o eventualmente ridursi,
fino a lasciare al cliente l’intero controllo
della partnership;
c) il Salaf un finanziatore effettua il
pagamento anticipato per la consegna alla
controparte di una prefissata quantità di
beni (in genere commodity) ad una data
determinata;
d) l’Istisna: è un accordo mediante il
quale una banca acquista un manufatto per
conto del cliente, al quale lo rivende ad un
prezzo più elevato di quello pagato, stipulando con il fornitore un contratto autonomo;
e) l’Ijara: si configura come un leasing
operativo tramite il quale la banca acquista
attrezzature o altri beni e ne concede l’uso
al cliente, a fronte del pagamento di un
canone.
Lo sviluppo della moderna finanza islamica ha avuto luogo a partire dagli anni
Sessanta dello scorso secolo, con la costituzione in Egitto della prima banca islamica, la Mit Ghamr Saving Bank, e, nel
decennio successivo, la fondazione della
Islamic Development Bank (istituzione di
sviluppo multilaterale che partecipa finanziariamente a progetti produttivi nei 56
paesi membri, aderenti all’organizzazione
della conferenza islamica) e della Dubai
Islamic Bank, (la prima banca commerciale
islamica, che ha recentemente esteso la
propria offerta a prodotti finanziari più
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moderni). Fra il 2005 e il 2006, l’ammontare dei prodotti bancari conformi ai principi islamici (Sharia-compliant) ha registrato un incremento del 29,7 per cento
(raggiungendo 501 miliardi di dollari USA),
a fronte del 16,3 per cento relativo ai
prodotti tradizionali.
Le banche islamiche censite attualmente
sono circa 300 e operano in 70 paesi.
Diversi centri finanziari internazionali (fra
cui Londra, Tokyo, Hong Kong e Singapore)
hanno avviato attività di integrazione fra la
finanza islamica e gli altri sistemi finanziari.
Negli ultimi anni, inoltre, numerosi
paesi, nei quali la religione islamica non è
maggioritaria, hanno introdotto strumenti
finanziari compatibili con la Sharia. Il
paese europeo maggiormente coinvolto in
questo processo è il Regno Unito, il quale
è l’unico ad aver consentito, nel 2004,
l’attività di banche islamiche nel proprio
sistema finanziario. In particolare, sul mercato britannico sono operanti la banca
commerciale Islamic Bank of Britain e
l’European Islamic Investment Bank, quotate sull’AIM (Alternative Investment
Market) ed alcuni hedge fund. Si tratta
della sola banca d’investimento Sharia
compliant in Europa ed è attiva negli
ambiti dei mercati di capitale (operando sui
tassi di cambio e tramite contratti muràbaha sulle commodity, stipulati con altre
banche), dell’asset management e della corporate finance. I principali fondi di investimento islamici gestiti a Londra sono
offerti da Deutsche Bank e Scottish
Widows.
Gli strumenti negoziati sono principalmente sukuk destinati agli investitori istituzionali e takaful (prodotti assicurativi).
L’organismo di regolamentazione dei
servizi finanziari, la Financial Services Authority (FSA) ha, inoltre, adottato dei principi volti a favorire l’accesso ai prodotti di
finanza islamica, eliminando ogni barriera
fondata sulla diversità culturale o religiosa.
In altri paesi (Germania, Francia, Svizzera e Stati Uniti) sono negoziati diversi
prodotti della finanza islamica, ma in un
numero di settori più limitato di quanto
non accada nel Regno Unito.
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Nel 2004, il land tedesco SassoniaAnhalt ha emesso un’obbligazione di tipo
Ijara, per un importo di 100 milioni di
euro, ma l’operazione non è stata ripetuta,
in quanto il collocamento dello strumento
non ha avuto successo e il governo tedesco
non ha, tuttora, autorizzato le banche nazionali ad operare sui prodotti islamici.
L’elevato taglio minimo ha fatto sì che il
prodotto fosse adatto ai soli investitori
istituzionali.
Anche in Francia lo sviluppo della finanza islamica è meno avanzato rispetto al
contesto britannico. Il primo collocamento
di un fondo di investimento Sharia-compliant ha avuto luogo nel 2008 ad opera
della Banque Française Commerciale
Océan Indien (BFCOI), che ha quindi rimborsato i sottoscrittori a causa della scarsità dei rendimenti conseguiti. La BFCOI
appartiene al gruppo Société Générale, che,
insieme, a Calyon, è anche la banca di
investimento maggiormente coinvolta nella
finanza islamica.
In Italia la prima transazione Shariacompliant (di tipo muràbaha) è stata realizzata nel 2006. Tale transazione consisteva
nell’acquisizione di un edificio industriale,
operata da uno special purpose vehicle, e
nella sua cessione ad un’associazione musulmana locale, che lo ha impiegato come
centro culturale. Nello stesso anno, è stata
autorizzata la vendita del primo fondo di
investimento islamico (BNP Paribas Islamic Equisty Optimiser) nel nostro Paese,
mentre nel 2007 l’Associazione bancaria
italiana e l’Unione delle banche arabe
hanno sottoscritto un memorandum in
vista della futura costituzione di una banca
islamica in Italia. I limiti allo sviluppo
della finanza islamica nel nostro Paese
derivano, al momento, dal contenuto reddito medio degli immigrati e dallo scarso
interesse degli istituti di credito, oltre che
dall’assenza di uno specifico quadro normativo.
Per ragioni culturali, la Turchia rappresenta, nell’ambito geografico europeo, il
paese con maggiori prospettive di sviluppo
per la finanza islamica. In tale Paese, le
banche islamiche sono infatti attive sin
dagli anni Ottanta dello scorso secolo. Negli
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Stati Uniti, infine, il settore dei mutui
rappresenta quello più interessato alla finanza islamica, e nel 2007 la società Freddie Mac ha acquistato attività Shariacompliant per più di 250 milioni di dollari.
HSBC è la sola grande banca commerciale
attiva nell’offerta di prodotti della finanza
islamica, che interessa anche il settore
immobiliare.
Il Sottosegretario di Stato per
l’economia e per le finanze:
Nicola Cosentino.
JANNONE. — Al Ministro degli affari
esteri. — Per sapere – premesso che:
nel Rapporto supplementare alle Nazioni Unite sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, pubblicato pochi giorni
fa, si riporta la raccomandazione che il
Comitato ONU volge all’Italia al fine di
incrementare, nella massima misura possibile, le risorse stanziate per i bambini e
le loro famiglie e ad effettuare un’analisi
di tutti i bilanci totali e settoriali dello
Stato e delle regioni, in modo da analizzare la quota spesa per l’infanzia, identificare le priorità ed allocare le risorse « al
massimo livello consentito dalle risorse
disponibili ». Inoltre, il Comitato raccomanda che l’Italia applichi questo principio alle attività svolte dalla Cooperazione
internazionale allo sviluppo del Ministero
degli Affari Esteri;
nel 2003 il Comitato ONU esprimeva
preoccupazione per il fatto che l’Italia non
applicasse appieno l’articolo 4 della « Convenzione dei diritti del Fanciullo » e che
quindi non vi fosse uno stanziamento per
l’infanzia e l’adolescenza al massimo livello consentito dalle risorse disponibili.
Tale preoccupazione era mossa anche dal
rilievo che nel precedente rapporto governativo, si riconosceva che « in Italia è
ancora poco sentita la necessità di poter
disporre di dati analitici sui flussi di spesa,
specialmente in campo assistenziale: questo comporta la presenza di poche informazioni ». Nonostante una maggiore attenzione al tema, rilevabile anche dall’impo-
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stazione del nuovo rapporto, si evidenzia
come non sia tuttavia ancora possibile
identificare la quota di bilancio nazionale
destinata alle politiche a favore dell’infanzia e dell’adolescenza e, di conseguenza,
monitorare le risorse allocate per i minori
in Italia continua ad essere particolarmente complesso;
il quadro che emerge da un’analisi
comparativa e riassuntiva degli anni 20052008 relativamente all’impegno dell’Italia
ad adeguare i propri standard quantitativi
e qualitativi in materia di cooperazione
internazionale, non permette una valutazione pienamente positiva rispetto all’attuazione della raccomandazione del Comitato ONU, nemmeno alla luce di quanto
contenuto in merito nel recente rapporto
governativo;
l’impegno finanziario dell’Italia, in
tale ambito, infatti, continua ad essere tra
i più bassi in Europa. La carenza di un
dialogo costruttivo tra le diverse forze
politiche ha marginalizzato il tema impedendo di riprendere il dibattito sulla riforma. Infatti, la spinta che nel 2007 ha
portato alla presentazione di un disegno di
legge delega per la riforma di questo
settore non si è conclusa a causa della
chiusura anticipata della Legislatura. La
disciplina legislativa della cooperazione resta quindi quella del 1987, che oggi limita
la portata degli interventi di cooperazione
perché li fonda su principi e regole per
molti versi anacronistici e limitanti. La
raccomandazione di riprendere ed approvare il disegno di legge delega per la
riforma del sistema della cooperazione,
avanzata nei precedenti rapporti della
« Convenzione dei diritti del Fanciullo », è
stata pertanto completamente disattesa e
con questa anche quella relativa all’istituzione di un “Fondo Unico” che contenga e
renda trasparente tutto l’aiuto Pubblico
allo sviluppo »;
nel corso degli ultimi quattro anni, si
registra solo una parziale risposta del
Ministero degli affari esteri (MAE) alle
indicazioni evidenziate nel corso dei precedenti rapporti. Se, infatti, è vero che si
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è avuta una riforma delle procedure per la
presentazione dei progetti promossi dalle
organizzazioni non governative che ha ridotto tempi e semplificato procedure, è
pur vero, che non risulta ancora essere
stato messo a regime dalla nostra cooperazione un approccio coerente per gli
interventi di cooperazione che incida sulle
scelte strategiche, sulla policy e sull’implementazione del programma della cooperazione italiana;
nel dicembre 2009 la direzione generale per la cooperazione dello sviluppo del
Ministero degli affari esteri ha approvato
il piano strategico triennale per il 20092011 dove sono indicate le priorità geografiche e tematiche della cooperazione,
ma nel quale i minori rappresentano soltanto una delle quattro aree tematiche
trasversali. Il piano strategico pone l’efficacia dell’aiuto sia come una priorità che
come una risposta ai limiti quantitativi
italiani dell’aiuto Pubblico allo sviluppo ».
Nel documento si evidenzia che è stato
costituito un gruppo interno alla direzione
generale per la cooperazione dello sviluppo con lo scopo di definire un piano
programmatico nazionale per l’efficacia
degli aiuti. Tale sforzo, che comprende
anche l’avvio della revisione delle Linee
guida per l’infanzia, rischia però di essere
privo delle risorse necessarie per essere
implementato –:
quali iniziative il Ministro intenda
adottare per far si che l’Italia rivesta un
ruolo primario nell’azione di cooperazione
internazionale volta al miglioramento delle
condizioni di vita dei minori, come richiesto dal Comitato ONU.
(4-05644)
RISPOSTA. — La tutela e la promozione
dei diritti dei bambini e degli adolescenti
costituiscono un fondamentale pilastro del
sistema internazionale dei diritti umani e
un asse strategico della cooperazione italiana allo sviluppo.
Ispirandosi ai principi contenuti nella
convenzione delle Nazioni Unite sui diritti
dell’infanzia e nei due protocolli opzionali,
l’obiettivo principale della cooperazione italiana è quello di contribuire al miglio-
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ramento delle condizioni dei minori su
scala mondiale, in linea altresì con gli
obiettivi del millennio.
L’attenzione più che decennale del Ministero degli affari esteri ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza è testimoniata dall’adozione, fin dal 1998, delle « linee guida
sulla tematica minorile », aggiornate nel
2004. In linea con i principi e le direttive
contenute nei principali strumenti giuridici,
sia internazionali che nazionali, infatti sono
state stabilite le priorità d’azione della cooperazione allo sviluppo e le strategie di
intervento nei diversi ambiti: generale,
emergenza e post-conflitto, rapporti multilaterali, bilaterali ed a livello nazionale.
Anche le linee-guida e gli indirizzi di
programmazione per il triennio 2009-2011,
approvate dal comitato direzionale del Ministero degli esteri, nel dicembre del 2008,
confermano l’impegno della cooperazione a
favore dei diritti fondamentali dei bambini,
degli adolescenti e dei giovani. Particolare
attenzione è data alle iniziative finalizzate a
ridurre lo sfruttamento del lavoro minorile,
quello sessuale anche a scopo commerciale,
alle mutilazioni genitali delle bambine e
delle adolescenti, nonché al sostegno dei
sistemi di giustizia minorile in cui è previsto il reinserimento sociale, alla tutela di
bambini e adolescenti soldato e vittime dei
conflitti armati.
Seppur in un contesto di progressiva
contrazione delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo, si è tuttavia registrato un incremento percentuale delle risorse finanziarie dedicate alle iniziative in
favore di bambini/e ed adolescenti. Si è
prestata maggiore attenzione agli aspetti
qualitativi degli interventi a favore dei
minori, avendo particolare riguardo al migliore utilizzo delle risorse disponibili. In
tale contesto e in linea con quanto previsto
dal Piano italiano per l’efficacia degli aiuti,
approvato dal comitato direzionale lo
scorso 14 luglio, si inserisce l’ampio e
partecipato esercizio, tuttora in corso, di
revisione delle linee guida sulla tematica
minorile. Essa vede il coinvolgimento di
qualificati esperti ed esponenti di organizzazioni ed istituzioni che si distinguono per
l’impegno a favore della tutela e della
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AI RESOCONTI
promozione dei diritti fondamentali dei minori in diversi settori di intervento.
La cooperazione italiana si adopera
inoltre per sensibilizzare le istituzioni nazionali, gli enti locali e l’opinione pubblica
nazionale al fine di promuovere una maggiore coscienza e partecipazione a favore
della tutela dell’infanzia nel mondo. Si è
determinato pertanto un incremento dei
cosiddetti progetti di « cooperazione decentrata », realizzati con le regioni, gli enti
locali e le strutture territoriali facenti capo
a istituzioni decentrate come le università,
i centri di ricerca, le organizzazioni e gli
organismi non governativi, eccetera, che
assicurano ai progetti un valore aggiunto
sia per le competenze tecniche specifiche,
sia per le prospettiva di catalizzare ulteriori
risorse.
In Italia, la direzione generale per la
cooperazione allo sviluppo, in collaborazione con regioni, enti locali e organizzazioni non governative, promuove e sostiene
iniziative di educazione allo sviluppo e di
intercultura per accrescere la conoscenza
della condizione dell’infanzia e dell’adolescenza nei paesi beneficiari di cooperazione
e di quella immigrata in Italia, con iniziative a loro favore.
Tra le iniziative finanziate dalla stessa
direzione generale meritano una particolare
menzione:
i programmi di lotta allo sfruttamento
sessuale dei minori, in collaborazione con
l’Unicef, realizzati nella Repubblica dominicana e nella regione centro americana per
un contributo complessivo di 3,5 milioni di
euro;
i programmi volti a realizzare/rafforzare i sistemi di Giustizia minorile attuati
in Angola, Mozambico, Bosnia Erzegovina e
Afghanistan;
la
seconda
fase
del
progetto
« StopFGM (Female genital mutilation) »,
finanziato dalla cooperazione italiana con
un contributo volontario all’Unicef di 1,8
milioni di euro;
i programmi di lotta allo sfruttamento
del lavoro minorile attuati in India e
Senegal in collaborazione rispettivamente
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con International Labour Organization/International Programm on Elimination of
Children Labour e UNICEF con un contributo complessivo pari a 6 milioni di
euro.
Il Sottosegretario di Stato per gli
affari esteri: Enzo Scotti.
LATTERI. — Al Ministro delle politiche
agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
la crisi economica ha avuto un notevole impatto sulle attività agricole in
Sicilia ed ha messo a rischio l’intero
comparto pur mantenendo un forte impegno nella promozione e nella produzione
di prodotti di ottima qualità;
da più parti è stato richiesto un
concreto aiuto per consentire di affrontare
gli alti costi derivanti dall’impegno nelle
produzioni agricole;
lo scorso anno si è conclusa la campagna di ristrutturazione dei crediti agricoli finalizzata al riassetto delle posizioni
debitorie delle aziende agricole nei confronti dell’Inps, ma a causa della strategia
concordata tra l’Inps e il gruppo Unicredit,
non si è raggiunto l’obiettivo del risanamento economico delle aziende agricole,
anche per la presenza di restrizioni e
limitazioni che hanno fatto desistere molte
aziende del Sud;
avere indicato come limite ultimo per
la ristrutturazione dei crediti il II trimestre del 2004 e avere escluso i crediti di
anni pregressi tariffati dopo la citata data
è apparsa una scelta impopolare ed iniqua, infatti è notorio che la maggioranza
dei lavoratori a tempo indeterminato è
presente nei trimestri successivi al secondo –:
se non ritenga necessario procedere
ad una nuova campagna di ristrutturazione dei crediti agricoli che includa i
trimestri successivi al secondo trimestre
del 2004, nonché i crediti tariffati di anni
pregressi evitando l’applicazione di restrizioni e limitazioni che hanno fatto desistere molte aziende agricole del sud dalla
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AI RESOCONTI
ristrutturazione dei crediti limitati al II
trimestre del 2004.
(4-04547)
RISPOSTA. — In riferimento all’interrogazione a risposta scritta in esame, si rappresenta quanto segue.
La crisi economica continua ad avere
un notevole impatto sulle aziende agricole
di tutto il territorio nazionale. Consapevole
delle difficoltà dell’intero comparto, questo
Ministero, in accordo con le regioni e
province autonome, si sta adoperando per
trovare le soluzioni più appropriate ai problemi citati.
In particolare, anche a seguito delle
recenti modifiche intervenute a livello comunitario nella normativa sugli aiuti di
Stato attivabili in situazione di crisi, si
stanno studiando le misure più opportune,
previa verifica di compatibilità con le
norme comunitarie.
In relazione alla ristrutturazione dei
crediti agricoli va considerato che, pur
essendo una possibile misura di intervento,
è un processo che coinvolge diverse istituzioni. Di conseguenza, una nuova campagna di ristrutturazione dei crediti andrebbe
concertata e condivisa con tutti i soggetti
coinvolti tra cui l’Inps e gli altri eventuali
creditori quali le banche. Inoltre sarebbe
necessario verificarne la compatibilità con
le norme comunitarie in materia di aiuti di
Stato.
In ogni caso, trattandosi di misure che
necessitano di copertura finanziaria, è necessario individuare le relative risorse.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali:
Luca Zaia.
MARAN e LENZI. — Al Presidente del
Consiglio dei ministri, al Ministro dell’economia e delle finanze, al Ministro per la
pubblica amministrazione e l’innovazione.
— Per sapere – premesso che:
da una recente e approfondita indagine
giornalistica
del
settimanale
l’Espresso (n. 3 del 2010) emerge il quadro di una gestione finanziaria della
Presidenza del Consiglio, a dir poco, non
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proprio attenta ai rigori della finanza
pubblica, incoerente rispetto ai tagli imposti alle altre amministrazioni dello
Stato e palesemente in contrasto con uno
stile di rigore e sobrietà che ci si attenderebbe alla luce della crisi economica
internazionale e agli effetti che sta producendo sulla società e l’economia italiana;
tra i dati più eclatanti emergono: la
lievitazione dei costi complessivi, arrivati a
4 miliardi e 294 milioni a fine 2008 e
aumentati ancora nel 2009; la crescita a
dismisura delle consulenze e degli incarichi a figure estranee alle pubbliche amministrazioni e con curricula non sempre
esemplari o, ancora i 1.600 lavoratori in
distacco da altri ministeri e amministrazioni, con un numero complessivo di personale impiegato che arriva 4.500 unità,
1.440 in più rispetto a quanto previsto
nella pianta organica; spese milionarie per
l’organizzazione di eventi mediatici; carriere improvvisate e ingiustificate;
secondo tale ricostruzione, emergerebbe inoltre che, mentre vengono create
strutture ad hoc per giustificare nuovi
incarichi affidati ad esterni all’amministrazione, molti funzionari di ruolo risulterebbero inutilizzati;
anche con riferimento alla gestione
delle strutture di missione, che ammontano a circa trenta, risulterebbero sprechi
e disfunzioni –:
quali siano i dati ufficiali relativi alla
gestione finanziaria e del personale della
Presidenza del Consiglio dei ministri, analizzando nel dettaglio l’evoluzione di tali
indicatori nel corso degli ultimi anni e gli
effetti sulla finanza pubblica;
se non ritenga necessario, qualora
confermato il quadro delineato dalla citata inchiesta giornalistica, un urgente
intervento di verifica e ridimensionamento delle spese della Presidenza del
Consiglio dei ministri, in linea con i tagli
imposti a tutte le altre amministrazioni
dello Stato e nel rispetto delle difficoltà
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economiche che hanno investito complessivamente il Paese.
(4-05806)
RISPOSTA. — In relazione all’atto di sindacato ispettivo in esame, concernente la
gestione finanziaria e del personale della
Presidenza del Consiglio dei ministri
(P.C.M.), si fa presente quanto segue.
Il supposto aumento dei costi della
Presidenza del Consiglio dei ministri, che
l’interrogante giudica « ormai inarrestabile », come già chiarito nella nota di
precisazione del segretario generale di questa P.C.M., pubblicata dal settimanale
« L’Espresso » in data 4 gennaio 2010, non
è altro che il mero riflesso finanziario del
trasferimento alla Presidenza di nuove
competenze, quali le politiche per lo sport,
la famiglia, la gioventù, il cipe e l’antidroga,
attuato dal precedente Governo con decreto
legge n. 181 del 2006; ove non trasferite
alla Presidenza, le stesse funzioni avrebbero
continuato a gravare sui bilanci dei Ministeri di provenienza, e quindi in ogni caso
sul bilancio dello Stato, rispetto al quale il
trasferimento è « neutro ».
Quanto alla seconda affermazione recata
nella premessa dell’interrogazione, secondo
la quale « più del 70 per cento viene
impiegato per le cosiddette politiche attive
dei dipartimenti », è da rilevare che trattasi
di stanziamenti relativi ad interventi di
settore assegnati per la loro realizzazione ai
vari dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei ministri, che derivano da specifiche autorizzazioni di spesa parlamentare,
nell’ambito delle quali sono espressamente
definite le finalità da perseguire. Le medesime considerazioni possono valere con riferimento alla protezione civile, tanto che,
sull’argomento, anche il quotidiano « Il
Sole 24 ore », nell’articolo pubblicato in
data 24 gennaio 2010, ha evidenziato come
le assegnazioni per la protezione civile nel
2009 sono derivate in gran parte da autorizzazioni legislative di spesa destinate a
sostenere l’emergenza del terremoto in
Abruzzo; va peraltro sottolineata la positività del dato percentuale, in quanto esso
evidenzia come le risorse assegnate alla
Presidenza del Consiglio siano impiegate per
la massima parte per la realizzazione degli
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specifici obiettivi assegnati dai Governi, e
solo in parte residuale per la gestione delle
risorse umane e strumentali.
Per quanto riguarda le spese per l’organizzazione della Presidenza non può che
rilevarsi, come indicato nella cennata nota
di precisazione del segretario generale al
periodico « L’Espresso », che nel 2009 le
spese complessive sono diminuite di 195
milioni, rispetto al bilancio 2008. Anche nel
corrente esercizio, come testimonia il bilancio di previsione trasmesso alle Camere
e pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 19 del
25 gennaio 2010, la spesa complessiva preventivata ha subìto un ulteriore ridimensionamento, pari ad euro 532.571.701 (rispetto alla spesa sostenuta nel 2009).
Quanto ai punti recati nella premessa
dell’interrogazione relativi al personale
della Presidenza del Consiglio dei Ministri,
si sottolinea che il personale attualmente in
servizio consta di 2.277 unità di personale,
nettamente inferiore all’organico previsto
dalla normativa, tenuto conto dell’articolata
struttura della Presidenza a cui fanno capo
ben 10 Ministri senza portafoglio e 8 Sottosegretari. Nei prossimi anni, inoltre, è
prevista una consistente quota di pensionamenti; il che, stante il blocco del turnover, porterà ad una scopertura dell’organico pari – se non superiore – al 27 per
cento della dotazione prevista.
In merito all’indagine svolta dalla Corte
dei Conti sulle strutture di missione, si
sottolinea che la Presidenza del Consiglio
ha emanato un’apposita direttiva del Presidente, in data 1o agosto 2009, con la quale
sono stati ribaditi con maggiore puntualità
alcuni indirizzi concernenti la creazione e
l’organizzazione di tali strutture, coerenti
con le raccomandazioni dell’Organo di controllo.
Alla luce di tali elementi, risulta evidente
che le spese sono allineate con gli stanziamenti attribuiti per legge alla Presidenza del
Consiglio dei ministri. Tali stanziamenti
risultano debitamente autorizzati dal Parlamento per consentire lo svolgimento degli
interventi nei molteplici settori di che fanno
capo alla stessa Presidenza.
Il Ministro per i rapporti con il
Parlamento: Elio Vito.
Atti Parlamentari
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MONAI. — Al Ministro per la pubblica
amministrazione e l’innovazione. — Per
sapere – premesso che:
talune categorie di lavoratori quali i
minorati della vista, accedono a posti di
lavoro solo grazie a disposizioni speciali,
contenute in leggi di settore inerenti a
specifiche attività lavorative (centralinismo, massofisioterapia, e altro);
le norme di cui alle leggi n. 113 del
1985 e n. 68 del 1999 sono da ritenersi lex
specialis rispetto alle norme generali di
inserimento e regolamentazione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni ex decreto legislativo n. 165 del 2001;
l’attuale blocco delle assunzioni (articolo 17, comma 7, del decreto-legge n. 78
del 2009 convertito dalla legge 3 agosto
2009, n. 102) dovrebbe dirsi lex generalis,
tale da non prevalere sulla lex specialis che
riguarda la tutela lavorativa delle categorie
di lavoratori protette;
ritenuta opportuna una precisazione
ufficiale sul punto –:
se il Ministro intenda o meno chiarire con apposito provvedimento se le
disposizioni speciali per l’accesso al lavoro
delle categorie protette (disabili, non vedenti, eccetera) non debbano intendersi
superate o derogate dal blocco delle assunzioni nella P.A. disposto in via generale
dai recenti provvedimenti normativi.
(4-06209)
RISPOSTA. — In riferimento all’atto di
sindacato ispettivo in esame, si rappresenta
che la richiesta dell’interrogante, concernente l’adozione di un provvedimento in
materia di accesso al lavoro delle categorie
protette, risulta pienamente soddisfatta in
ragione dell’emanazione della circolare del
Ministro per la pubblica amministrazione e
l’innovazione n. 6 del 2009.
Detta circolare dispone, in particolare,
che le categorie protette, nel limite del
completamento della quota d’obbligo, devono ritenersi escluse dal divieto di assumere previsto dall’articolo 17, comma 7 del
Camera dei Deputati
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decreto legge n. 78 del 2009, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009.
Trattasi, infatti, di una categoria meritevole
di tutela in quanto rientrante tra le fasce
deboli della popolazione, normalmente
esclusa dai blocchi e dai vincoli assunzionali, attesa l’esigenza di assicurare in maniera permanente l’inclusione al lavoro dei
soggetti beneficiari della normativa di riferimento.
La circolare ha altresì sottolineato che
la mancata copertura della quota d’obbligo
riservata alle categorie protette è espressamente sanzionata sul piano penale, amministrativo e disciplinare ai sensi dell’articolo
15, comma 3, della legge 12 marzo 1999,
n. 68.
Il Ministro per la pubblica amministrazione
e
l’innovazione: Renato Brunetta.
NACCARATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell’economia
e delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
« Veneto Sviluppo Spa » è una società
finanziaria che esercita nei confronti del
pubblico l’attività di intermediazione finanziaria e di raccolta di risparmio, e che
la sua compagine sociale è composta dalla
Regione Veneto (51 per cento), Unicredit
Corporate banking Spa (15,3 per cento),
Sinloc Spa (8,267 per cento), Intesa San
Paolo Spa (8 per cento), Banca Nazionale
del Lavoro Spa (6,5 per cento), Holding di
partecipazioni finanziarie Banco Popolare
Spa (2,718 per cento), Banco Popolare
Società Cooperativa (2 per cento), Credito
Bergamasco Spa (0,550 per cento), Banca
Antonveneta Spa (4,223 per cento), Banca
Popolare di Vicenza S.c.p.a. (1,201 per
cento), Banca Popolare di Marostica,
S.c.p.a.r.l. (0,131 per cento), Veneto Banca
Holding S.c.p.a. (0,110 per cento);
« Veneto Sviluppo Spa », in base al
decreto legislativo n. 385 del 1993 « Testo
unico bancario », è soggetta alla vigilanza
del Comitato interministeriale per il cre-
Atti Parlamentari
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ALLEGATO
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AI RESOCONTI
dito e il risparmio (CICR), che è presieduto dal Ministro dell’economia e delle
finanze;
« Veneto Sviluppo Spa » è soggetta
anche alla vigilanza e al controllo della
Banca d’Italia e della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob);
il Consiglio di Amministrazione della
« Veneto Sviluppo Spa » è scaduto il 7
maggio 2009;
è decorso il periodo di 45 giorni,
previsto dall’articolo 3 del decreto-legge
n. 293 del 1994 di proroga degli organi
amministrativi;
il Consiglio di Amministrazione non è
stato ricostituito e, pur essendo scaduto,
continua a riunirsi ed operare;
l’articolo 6 del sopraccitato decretolegge n. 293 del 1994 stabilisce che: « 1.
Decorso il termine massimo di proroga
senza che si sia provveduto alla loro
ricostruzione, gli Organi amministrativi
decadono. 2. Tutti gli atti adottati dagli
Organi scaduti sono nulli. 3. I titolari della
competenza alla ricostituzione e nei casi di
cui all’articolo 4, comma 2, i Presidenti
degli Organi collegiali sono responsabili
dei danni conseguenti alla decadenza determinata dalla loro condotta, fatta in ogni
caso salva la responsabilità penale individuale nella condotta omissiva »;
la Banca d’Italia, in data 11 settembre 2009 ha comunicato al presidente del
consiglio di amministrazione e al presidente del collegio sindacale della Veneto
Sviluppo Spa che gli organi sociali non
sono stati ricostituiti, e ha chiesto: « le
valutazioni svolte dai consessi rispettivamente presieduti sui rischi strategici, operativi e legali derivanti dalla mancata
ricostituzione degli stessi, anche alla luce
del dettato dell’articolo 6 del citato decreto-legge n. 293 del 1994; le iniziative intraprese o programmate e finalizzate a
ricondurre Veneto Sviluppo Spa nell’alveo
del rispetto del dettato normativo »;
il decreto legislativo n. 58 del 1998,
« Testo unico delle disposizioni in materia
Camera dei Deputati
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di intermediazione finanziaria », stabilisce
le norme per esercitare la vigilanza e il
controllo sulle società di intermediazione
finanziaria;
la situazione appena descritta ha paralizzato a lungo le iniziative che « Veneto
Sviluppo Spa » avrebbe potuto intraprendere, in qualità di società finanziaria a
maggioranza di capitale pubblico, a sostegno delle imprese colpite dalla grave crisi
economica in corso;
la situazione appena descritta rischia
di annullare tutte le iniziative assunte da
« Veneto Sviluppo Spa » dopo la scadenza
degli organi sociali –:
se il Governo sia conoscenza dei fatti
sopra esposti ai sensi di quanto previsto
dall’articolo 7 del decreto-legge n. 293 del
1994.
(4-04352)
RISPOSTA. — Si risponde all’interrogazione in esame, concernente le vicende della
società Veneto Sviluppo spa, intermediario
finanziario a partecipazione pubblica
iscritto nell’elenco speciale ex articolo 107
del Testo Unico Bancario (TUB), che ha
deciso di operare in regime di prorogatio.
Al riguardo, la segreteria del comitato
interministeriale per il credito ed il risparmio, sentita anche la Banca d’Italia, ha
comunicato che la società Veneto Sviluppo
spa è un intermediario finanziario iscritto
nell’elenco speciale ex articolo 107 del TUB,
autorizzato a svolgere attività di concessione di finanziamenti e assunzione di partecipazioni. Il capitale della società è partecipato al 51 per cento dalla regione Veneto e al 49 per cento da undici soci privati
di matrice bancaria e finanziaria. In base
allo statuto, la regione Veneto esprime la
maggioranza dei membri del consiglio di
amministrazione e del collegio sindacale.
La segreteria del comitato interministeriale per il credito ed il risparmio ha
precisato, inoltre, che la Banca d’Italia ha
costantemente monitorato la situazione venutasi a creare a seguito della delibera
dell’assemblea ordinaria dei soci dello
scorso maggio, con la quale è stato prorogato il mandato del consiglio di ammini-
Atti Parlamentari
XVI LEGISLATURA
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ALLEGATO
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AI RESOCONTI
strazione e del collegio sindacale scaduti,
anziché procedere al rinnovo degli organi.
Tale decisione era stata assunta dal consesso, avendo rilevato la mancata nomina
dei membri di competenza dell’azionista di
maggioranza.
Dato lo spirare del termine di 45 giorni
di proroga, concesso dall’articolo 3 del
decreto legge n. 293 del 1994, convertito
nella legge 15 luglio 1994, n. 444, la Banca
d’Italia, in data 11 settembre 2009, ha
chiesto al consiglio di amministrazione e al
collegio sindacale di Veneto Sviluppo di
valutare i rischi strategici, operativi e legali
derivanti dal mancato rinnovo degli organi
sociali.
Il collegio sindacale di Veneto Sviluppo,
con nota del 5 ottobre 2009, ha precisato
che, dalle valutazioni svolte, il regime di
prorogatio non ha costituito un ostacolo
per l’operatività delle funzioni aziendali, né
ha avuto impatti negativi sulle iniziative
intraprese dalla società.
In seguito alle dimissioni di due amministratori, il consiglio regionale del Veneto,
nel corso della seduta del 22 ottobre 2009,
ha provveduto a designare i membri di
propria competenza nel consiglio di amministrazione e nel collegio sindacale di Veneto Sviluppo. L’assemblea dei soci ha, poi,
formalmente eletto gli organi sociali il 10
novembre 2009.
Il Sottosegretario di Stato per
l’economia e per le finanze:
Nicola Cosentino.
OCCHIUTO. — Al Ministro dell’economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto pubblicato da alcuni
quotidiani nazionali e locali, il Presidente
di Equitalia Nomos, Matilde Carla Panzeri,
già funzionario generale della Banca d’Italia, risulterebbe anche a capo della NPL
Management, società che ha per oggetto
esclusivo acquisto e la cessione dei crediti
pro-soluto e pro-solvendo, la concessione
dei finanziamenti sotto qualsiasi forma,
acquisto sia diretto che indiretto di beni
immobili di qualunque genere o destina-
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zione, al fine della loro successiva alienazione anche mediante operazioni finanziaria e/o societarie di ogni tipo, se del caso
con l’utilizzo di società veicolo;
le case ipotecate da Equitalia Nomos
dal 2006 al 2009, a seguito di mancata
contribuzione INPS, per mancato pagamento del canone RAI, per il recupero
delle tasse nazionali, dei contributi INAIL,
dell’imposta comunale sugli immobili ante
2006 e della Tassa per lo smaltimento dei
rifiuti solidi urbani ante 2006, ammontano
a circa 70 mila unità, solo su Torino e
provincia –:
se, ove corrisponda al vero quanto
esposto in premessa, non ritenga di verificare se e quanti siano gli immobili acquistati dalla NPL nel periodo in cui la
Panzeri rivestiva a carica di presidente
delle due società citate, se non rinvenga in
tale situazione un conflitto di interessi e
quali iniziative in tal caso intenda adottare.
(4-06247)
RISPOSTA. — In riferimento all’interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
Sul piano normativo, civilistico e di
settore, per la dottoressa Matilde Carla
Panzeri non sussistono incompatibilità derivanti dalla contemporaneità della carica
di presidente della società Equitalia Nomos,
a far data dal 27 aprile 2009, e di presidente
della società Non Performing Loans s.p.a.
Va sottolineato al riguardo che quest’ultima
società è soggetto diverso da quello citato
nell’interrogazione parlamentare, riferita a
« NPL Management », con oggetto sociale
diverso da quello proprio della società di
cui la dottoressa Panzeri è presidente.
Peraltro, per quanto riguarda Equitalia
Nomos spa, il presidente non ha deleghe
operative, né incarichi specifici che possano
interessare le attività di qualunque altra
società.
In particolare, la società Non Performing Loans spa, acquisisce crediti in sofferenza dal sistema bancario, prevalentemente con garanzie ipotecarie reali.
Solo in via anche indirettamente strumentale all’attività di recupero dei crediti e
nei limiti consentiti dalle disposizioni di
Atti Parlamentari
XVI LEGISLATURA
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ALLEGATO
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AI RESOCONTI
legge e regolamentari, come recita l’articolo
3 dello statuto di questa società, la medesima può bensì procedere all’acquisto dei
beni immobili, ma limitatamente a quelli
posti a garanzia dei propri crediti e al solo
fine della loro successiva alienazione, allo
scopo di tutelare le proprie ragioni di
credito.
In ogni caso, nel periodo sopra richiamato dal 27 aprile 2009 ad oggi, in nessun
caso la società Non Performing Loans spa
è stata acquirente di immobili siti nella
regione Piemonte, o comunque potenzialmente oggetto di garanzia a favore di Equitalia Nomos.
Infine, si ritiene opportuno segnalare il
fatto che le case ipotecate da Equitalia
Nomos dal 2006 al 2009 non ammontano
a circa 70.000 unità, come riportato dall’interrogante, ma a poco più di 39.000.
Il Sottosegretario di Stato per
l’economia e per le finanze:
Daniele Molgora.
RAZZI. — Al Ministro dell’economia e
delle finanze. — Per sapere – premesso
che:
i vertici del gruppo Finmeccanica
sono stati rinnovati recentemente dall’assemblea degli azionisti (tra cui lo Stato
italiano);
il triennio di mandato per gli attuali
vertici terminerebbe alla fine del 2011;
con tale termine alcuni attuali amministratori non avrebbero più i requisiti
per poter essere rinnovati;
occorrerebbe verificare l’esatta rispondenza tra annunci, commesse conseguite ed effettive commesse ottenute;
delle commesse ottenute andrebbero
verificati i margini di contribuzione;
a quanto consta all’interrogante oltre
il 70 per cento delle commesse conseguite
sono captive clients soprattutto dello Stato
italiano;
Camera dei Deputati
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appaiono inoltre sorprendenti all’interrogante i modi e la scelta degli amministratori delle singole aziende del gruppo
Finmeccanica;
va sottolineata la rilevanza degli
aspetti elencati su cui incombono connotazioni di carattere economico e comuni
profili di responsabilità –:
se il Ministro interrogato intenda vigilare affinché il rinnovo dei vertici di
Finmeccanica avvenga secondo criteri di
trasparenza e nel rispetto delle scadenze e
dei limiti fissati dalla legge.
(4-05653)
RISPOSTA. — Si risponde all’interrogazione in esame, concernente il rinnovo dei
vertici della società Finmeccanica.
Al riguardo, si fa presente che Finmeccanica spa è una società per azioni quotata
in borsa, con il 30,18 per cento del capitale
sociale posseduto dal Ministero dell’economia e delle finanze, il quale esercita nei
confronti della società i diritti dell’azionista,
ma non è titolare di poteri di regolamentazione e controllo. Inoltre, ai sensi dell’articolo 2497 del codice civile, questa amministrazione non svolge attività di indirizzo e
coordinamento delle proprie società partecipate e non interferisce nell’attività operativa della società capogruppo, né delle società dalla stessa controllate.
Per quanto riguarda il rinnovo dei vertici aziendali della società in questione, si
precisa che l’articolo 18 dello statuto sociale di Finmeccanica prevede che i membri
del consiglio di amministrazione vengano
nominati dall’assemblea secondo il meccanismo del voto di lista, sulla base di liste
presentate dagli azionisti, che vengono pubblicate sui maggiori quotidiani nazionali.
L’attuale consiglio di amministrazione,
nominato dall’assemblea del 6 giugno 2008,
è composto da undici membri, sette dei
quali espressi dal Ministero dell’economia e
delle finanze in qualità di presentatore della
lista di maggioranza, e scadrà nel 2011, alla
data di convocazione dell’assemblea per
l’approvazione del bilancio 2010.
La nomina dei consiglieri di amministrazione avverrà, come per il passato, in
conformità alle disposizioni statutarie e di
Atti Parlamentari
XVI LEGISLATURA
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AI RESOCONTI
legge e nel pieno rispetto della libera e
autonoma volontà degli azionisti.
Il Sottosegretario di Stato per
l’economia e per le finanze:
Nicola Cosentino.
REGUZZONI. — Al Ministro degli affari
esteri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti. — Per sapere – premesso che:
in risposta all’interrogazione 4-03774
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha affermato che – a fronte delle
richieste del nostro Paese in tema di
trasporto aereo – la Federazione Russa ha
dapprima ribadito la ferma opposizione a
modificare il regime di monodesignazione,
e successivamente ha chiesto tempo per
soppesare le nostre ragioni;
tale regime porta oggi una compagnia
privata italiana, la CAI, già monopolista in
molte altre tratte, ad operare in situazioni
di duopolio nelle tratte Italia-Russia,
creando, ad avviso dell’interrogante, ovvie
distorsioni della concorrenza;
esistono richieste di vettori italiani
che intendono operare collegamenti, in
particolare tra Malpensa e gli aeroporti di
Mosca e San Pietroburgo, ma anche da e
per altre destinazioni;
il permanere delle limitazioni citate
– influendo sul numero e sui costi dei
collegamenti con un partner importante
come la Federazione Russa – è dannoso
all’economia e allo sviluppo del nostro
Paese –:
se sia possibile, come e in che modi
e tempi, derogare agli accordi bilaterali
vigenti, consentendo anche ad altri operatori italiani di effettuare i collegamenti con
le destinazioni russe, in particolare dalla
città di Milano;
se il Governo intenda rappresentare
per via diplomatica il profondo disagio del
nostro Paese e la necessità di una risposta
tecnica e/o politica tesa a risolvere il
problema.
(4-05296)
Camera dei Deputati
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RISPOSTA. — Il Ministero degli affari
esteri, d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in attuazione della
legge n. 2 del 2009, ha avviato, nel febbraio
scorso, una fase di ricognizione degli interessi aeronautici nazionali, dell’industria
italiana del settore, dei Paesi/vettori esteri e
degli aeroporti volta allo sviluppo di nuovi
criteri di liberalizzazione, con l’obiettivo di
accrescere i collegamenti del Paese ed in
particolare dell’aeroporto di Malpensa.
È stato pertanto messo a punto un
articolato percorso procedurale che ha avviato i negoziati per accrescere, in linea con
quanto previsto dal disposto legislativo, il
portafoglio dei diritti del traffico aereo a
disposizione delle compagnie italiane e straniere. È stato previsto un sostanziale aumento di frequenze, di rotte, di vettori e
scali con particolare attenzione al potenziamento degli hubs di Fiumicino e di
Malpensa anche attraverso gli ingenti piani
di investimento presentati nell’ottobre
scorso dagli Aeroporti di Milano, SEA, e
dagli Aeroporti di Roma, ADR.
Nel dicembre del 2008 in particolare si
sono svolti a Roma i negoziati per un
approfondito scambio di opinioni con la
Federazione Russa, consapevoli della necessità di rinviare la fase decisionale per la
ferma opposizione delle autorità russe a
modificare il regime vigente di monodesignazione per coppie di città.
Tale modifica si sarebbe rivelata particolarmente utile alle compagnie designate
dall’Italia, con particolare riferimento alle
tratte storiche di collegamento tra le città di
Roma e di Milano con Mosca e San Pietroburgo.
Successivamente, è stato comunicato
alle autorità russe la piena disponibilità
dell’ENAC a dare positivo riscontro alla
richiesta della compagnia Rossiya di avviare, in deroga agli accordi vigenti, i collegamenti tra San Pietroburgo e le città di
Rimini, Palermo e Catania.
In tale occasione, è stata inoltre presentata la richiesta alle autorità russe di
consentire, in via temporanea, a più compagnie italiane di operare i collegamenti
Atti Parlamentari
XVI LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XLI
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Torino-Mosca, in deroga agli accordi bilaterali, che consentono tale facoltà ad un
solo vettore.
Nel corso del vertice italo-russo, svoltosi
a Roma, è stato firmato un memorandum
d’intesa tra il Ministero dei trasporti italiano e quello russo volto a migliorare e
sviluppare i rapporti tra i due Paesi nel
settore dei trasporti, includendo quelli aerei.
A margine del vertice è stato altresì sottoscritto dall’Alitalia e da Aeroflot un accordo
di collaborazione commerciale.
Il Sottosegretario di Stato per gli
affari esteri: Enzo Scotti.
REGUZZONI. — Al Ministro degli affari
esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti. — Per sapere – premesso che:
in risposta all’interrogazione 4-03619
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha affermato che – a fronte delle
richieste del nostro Paese in tema di
trasporto aereo – il Venezuela non ha
fornito alcun riscontro;
nell’interrogazione citata il Ministro
per rappresentare le richieste del Governo
italiano fa riferimento alla formula « è
stata inviata una nota verbale », frase si
suppone « tecnica » poiché, in caso contrario, il suo significato apparirebbe
oscuro –:
in che cosa consista nel concreto
« inviare una nota verbale »;
quale siano i dettagli contenuti della
« nota verbale inviata »;
se e come il Governo intenda rappresentare per via diplomatica il profondo
disagio del nostro Paese e la necessità di
risolvere il problema della riscrittura degli
accordi bilaterali nel senso della liberalizzazione del trasporto aereo.
(4-05304)
RISPOSTA. — Il Ministero degli Affari
esteri, d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in attuazione della
legge n. 2 del 2009, ha avviato, nel febbraio
scorso, una fase di ricognizione degli interessi aeronautici nazionali, dell’industria
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italiana del settore, dei Paesi/vettori esteri e
degli aeroporti volta allo sviluppo di nuovi
criteri di liberalizzazione, con l’obiettivo di
accrescere i collegamenti del Paese ed in
particolare dell’aeroporto di Malpensa.
È stato pertanto messo a punto un
articolato percorso procedurale che ha avviato i negoziati per accrescere, in linea con
quanto previsto dal disposto legislativo, il
portafoglio dei diritti del traffico aereo a
disposizione delle compagnie italiane e straniere. È stato previsto un sostanziale aumento di frequenze, di rotte, di vettori e
scali con particolare attenzione al potenziamento degli hubs di Fiumicino e di
Malpensa anche attraverso gli ingenti piani
di investimento presentati nell’ottobre
scorso dagli Aeroporti di Milano, SEA, e
dagli Aeroporti di Roma, ADR.
Il Venezuela è stato inserito nella lista
dei Paesi extra-europei a cui proporre in
via prioritaria la rinegoziazione dei vigenti
accordi aerei alla luce di quanto disposto
dal « decreto salva Malpensa ».
È stata pertanto comunicata, per le vie
diplomatiche, la richiesta di revisione degli
accordi bilaterali e che sarebbero state
rilasciate le autorizzazioni provvisorie, in
deroga agli attuali accordi, alle compagnie
interessate che ne avessero fatto richiesta.
Per rispondere al primo quesito posto
dall’interrogante, si fa presente che la nota
verbale è una comunicazione di carattere
ufficiale tra le Ambasciate accreditate ed i
locali Ministeri degli Affari esteri. Di seguito
si riporta il testo della nota verbale con cui
l’Ambasciata d’Italia a Caracas ha trasmesso al Ministero degli esteri venezuelano
le proposte del Governo italiano:
« Nel quadro della politica aeronautica
italiana, contraddistinta da criteri di liberalizzazione, nel rispetto dei principi della
Convenzione di Chicago e della vigente
normativa dell’Unione Europea, si auspica
l’aggiornamento delle intese aeronautiche in
vigore allo scopo di ampliare ed incrementare per ciascuna parte la massima accessibilità diretta, particolarmente riguardo al
numero:
dei vettori designati, anche con riferimento a compagnie comunitarie;
Atti Parlamentari
XVI LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XLII
AI RESOCONTI
delle frequenze,
dei punti di scalo sui rispettivi territori.
Quanto sopra per favorire una mutua
dinamica di reciproco interesse, in particolare in relazione all’effettivo svolgimento dei
servizi ed al mantenimento dei livelli occupazionali.
Qualora tale manifestazione di intenti
sia condivisa, si sarà grati per ogni cortese
indicazione di carattere normativo, programmatico ed operativo, allo scopo di
facilitare la migliore e più sollecita preparazione congiunta per una rapida conclusione.
In tale contesto si informa, altresì, che
autorizzazioni provvisorie verranno rilasciate alle compagnie interessate e che il
relativo processo di formalizzazione delle
pertinenti intese avrà carattere prioritario
ed automatico in caso di piena reciprocità ».
Il Ministero degli affari esteri è ancora
in attesa di conoscere le valutazioni venezuelane al riguardo.
Il Sottosegretario di Stato per gli
affari esteri: Enzo Scotti.
REGUZZONI. — Al Ministro degli affari
esteri. — Per sapere – premesso che:
il Libanese Ali Sibatt è detenuto nelle
carceri dell’Arabia Saudita in attesa di
esecuzione di sentenza capitale per il reato
di stregoneria –:
se e quali azioni diplomatiche il Governo abbia attuato o intenda attuare per
protestare e se possibile impedire l’esecuzione di una condanna a morte per motivi
che, sulla base della nostra cultura, appaiono superstizioni di epoca medievale.
(4-05411)
RISPOSTA. — L’Italia è particolarmente
sensibile alle tematiche relative al rispetto
dei diritti umani e svolge un’azione incisiva
per promuoverli nel mondo, nella convinzione che essi costituiscano una componente essenziale per garantire la pace e la
sicurezza internazionale.
Camera dei Deputati
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L’Italia si è soprattutto impegnata nel
promuovere la moratoria universale della
pena di morte e ha sostenuto in seno alle
Nazioni Unite ed agli altri consessi multilaterali una politica di contrasto alle esecuzioni capitali.
Nei casi in cui la pena di morte venga
mantenuta, l’Italia ha sostenuto la politica
dell’Unione Europea volta a sollecitare l’introduzione di una moratoria delle esecuzioni o comunque a vigilare sulle modalità
di esecuzione inumane e degradanti, che
violano gli standard internazionali stabiliti
dall’ECOSOC (Economic and Social Council) nel 1984.
Tuttavia, consapevoli della necessità di
un approccio graduale e rispettoso della
cultura locale, crediamo che il cambiamento di mentalità non possa avvenire se
non attraverso un processo che coinvolga la
stessa società civile, in direzione di un
maggiore rispetto dei diritti umani in
quanto tutele individuali.
Come Paese fondatore e membro dell’Unione Europea, l’Italia si è attivata per
promuovere un ruolo sempre più attivo
dell’Europa nella difesa dei diritti fondamentali.
Per queste ragioni abbiamo pienamente
sostenuto la dichiarazione della presidenza
svedese del Consiglio Europeo che, l’11
dicembre 2009, richiamando le risoluzioni
62/149 e 63/168 dell’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite ha esortato l’Arabia
Saudita a stabilire la moratoria sulla pena
di morte.
La presidenza svedese ha inoltre condannato l’Arabia Saudita per le sentenze
capitali comminate per attività qualificate
come « stregoneria ». L’Unione Europea, oltre a ribadire la ferma opposizione all’adozione della pena di morte in generale, ha
affermato con forza la non punibilità ai
sensi di legge delle attività qualificate come
stregoneria, in quanto esse corrispondono
semplicemente all’esercizio della libertà individuale di opinione ed espressione. La
presidenza UE, da noi sostenuta, ha quindi
chiesto all’Arabia Saudita di annullare tali
sentenze.
Nel caso del signor Ali Sibatt, la Corte di
ultima istanza de La Mecca ha ribaltato la
Atti Parlamentari
XVI LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XLIII
AI RESOCONTI
sentenza di primo grado (che prevedeva la
pena capitale), ordinando la sospensione
della condanna. La Corte ha altresì stabilito
che in caso di pentimento l’accusato verrà
nuovamente sottoposto a giudizio in vista di
una sentenza meno severa.
La sospensione della condanna probabilmente evidenzia il timore saudita di
apparire, agli occhi dell’opinione pubblica
internazionale, quale il regno dell’oscurantismo e del fanatismo religioso.
In Arabia Saudita è peraltro in corso
un’importante riforma del sistema giudiziario fortemente voluta da Re Abdullah. La
riorganizzazione della rete giudiziaria ha
portato tra l’altro nel 2009 alla creazione di
nuove corti primarie e d’appello, nell’ottica
di migliorare la competenza dei giudici
impegnati nelle diverse materie, ma anche
di esercitare maggiore controllo sulla correttezza dell’operato dei magistrati.
Il percorso in atto in Arabia Saudita è
probabilmente ancora lungo, tenuto conto
delle difficoltà e degli ostacoli che il processo di riforme incontra nel regno. Si
tratta però dell’unica strada percorribile
perché penetri nella società civile, apportando un significativo e radicale cambiamento sociale che metta in primo piano il
rispetto dei diritti umani.
Il Sottosegretario di Stato per gli
affari esteri: Enzo Scotti.
REGUZZONI. — Al Ministro degli affari
esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti. — Per sapere se vi è stato
riscontro – ed in che termini – alla
proposta di « memorandum of understanding » inviato alle autorità del Kazakhstan in tema di trasporto aereo, di cui
alla risposta all’interrogazione dello scrivente n. 4-03717.
(4-05523)
RISPOSTA. — Le autorità aeronautiche del
Kazakhstan non hanno ancora riscontrato
la proposta di Memorandum of Understanding formulata dalle competenti autorità
italiane.
Come noto, il 4 febbraio 2009 le autorità
aeronautiche del Kazakhstan avevano in-
Camera dei Deputati
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fatti avanzato una proposta di accordo
aeronautico senza riferimenti alle clausole
comunitarie. Il 2 marzo 2009 le nostre
autorità aeronautiche hanno quindi avanzato la controproposta con riferimento alle
clausole comunitarie ed all’accordo orizzontale parafato nel 2007 ed in fase di
discussione.
Gli accordi orizzontali sono finalizzati a
uniformare il quadro giuridico per i servizi
aerei tra i Paesi extra-UE e l’Unione Europea e a stabilire un rapporto giuridico
diretto nel settore dell’aviazione civile. Non
sostituiscono gli accordi bilaterali in vigore
tra gli Stati membri dell’Unione Europea ed
i Paesi extra-UE, ma li portano in linea con
il diritto comunitario, eliminando le restrizioni di nazionalità contenute negli accordi
bilaterali riconoscendo il principio della
designazione della Comunità.
Su indicazione della Commissione europea la proposta che prevede la pluridesignazione con una frequenza settimanale,
potrà essere conclusa solo dopo la firma a
livello comunitario dell’accordo orizzontale.
Il Sottosegretario di Stato per gli
affari esteri: Enzo Scotti.
REGUZZONI. — Al Ministro degli affari
esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti. — Per sapere – premesso che:
in risposta a interrogazione dello
scrivente 4-03860 il Ministro dei trasporti
dichiara che il nostro Paese è in attesa di
riscontro da parte delle autorità Bielorusse riguardo la volontà di accertazione
delle clausole comunitarie in tema di trasporto aereo –:
se e quali riscontri si siano avuti da
parte delle autorità Bielorusse;
se e quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di addivenire alla
revisione in senso liberista e democratico
dei vigenti accordi bilaterali in tema di
trasporto aereo;
se e come si intenda coinvolgere gli
altri paesi dell’Unione europea al fine di
esercitare uno sforzo diplomatico congiunto.
(4-05530)
Atti Parlamentari
XVI LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XLIV
AI RESOCONTI
RISPOSTA. — Da diversi anni l’Unione
Europea è impegnata nella realizzazione di
uno spazio aereo europeo comune, « cielo
unico europeo » con l’obiettivo di rafforzare
le norme di sicurezza e l’efficienza globale
del traffico aereo in Europa, per rispondere
meglio alle esigenze degli utenti e di ridurre
al minimo i ritardi. Il pacchetto « cielo
unico europeo », approvato nel 2004, stabilisce la competenza dell’Unione europea
in materia di gestione del traffico aereo.
Esso comprende un regolamento quadro e
diversi regolamenti tecnici relativi alla fornitura di servizi di navigazione aerea, all’organizzazione e all’uso dello spazio aereo
nonché all’interoperabilità della rete europea di gestione del traffico aereo. Tali
misure sono volte, in particolare, al rafforzamento della sicurezza ed alla ristrutturazione dello spazio aereo avendo riguardo
al traffico e non alle frontiere nazionali.
Nell’ambito dello stesso pacchetto, il
regolamento CE n. 847 del 2004 ha stabilito una serie di misure intese ad istituire
un preciso quadro normativo per tutte le
relazioni bilaterali tra l’Unione Europea e i
Paesi terzi. Sono state altresì individuate
una serie di norme di principio idonee a
garantire uno scambio di informazioni adeguato all’interno della Comunità in modo
da impedire che gli Stati membri, nelle loro
relazioni bilaterali con paesi terzi, violino il
diritto comunitario. Sempre ai sensi di tale
regolamento, agli Stati membri è consentito
condurre negoziati con paesi terzi per concludere nuovi accordi o modificare accordi
vigenti, purché in tali negoziati siano incluse tutte le clausole tipo pertinenti nelle
materie di competenza della Comunità. Il
regolamento istituisce peraltro un sistema
di notifica e di autorizzazione tramite la
Commissione al fine di assicurare la conformità degli accordi al diritto comunitario.
È inoltre imposto l’obbligo agli Stati membri di garantire l’istituzione di sistemi non
discriminatori in materia di consultazione
del settore industriale e di ripartizione dei
diritti di traffico ottenuti nel corso dei
negoziati.
Nel 2009 è stata varata una seconda fase
di tale riforma con l’obiettivo di migliorare
l’efficienza globale della rete aerea europea
Camera dei Deputati
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attraverso il miglioramento delle prestazioni, l’applicazione di normative armonizzate per la sicurezza, per favorire l’ingresso
di nuove tecnologie e per ridurre l’impatto
di questo tipo di trasporti sull’ambiente.
Nello stesso periodo, la Commissione
europea è stata impegnata nella realizzazione di uno spazio aereo comune (CAA)
nell’ambito del quale fosse liberalizzato il
mercato del trasporto aereo. A tal fine sono
stati già conclusi accordi « orizzontali » con
l’Albania, l’Armenia, l’Azerbaijan, il Bangladesh, la Bosnia-Erzegovina, il Canada, la
Croazia, il Cile, la Corea, gli Emirati Arabi
Uniti, l’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia,
l’Islanda,
l’India,
L’Indonesia,
Israele, la Giordania, il Kazakhstan, il
Kirgizistan, il Kossovo, il Libano, la Malesia, le Maldive, il Marocco, il Messico, la
Moldova, la Mongolia, il Montenegro, il
Nepal, la Norvegia, il Pakistan, il Panama,
il Paraguay, il Perù, la Serbia, Singapore,
gli Stati Uniti, la Svizzera, l’Ucraina, l’Uruguay ed i Paesi UEMOA (Unione Economica e Monetaria dell’Africa occidentale,
composta da: Benin, Burkina Faso, Guinea-Bissau, Costa d’Avorio, Mali, Niger,
Senegal e Togo). Sono altresì in corso
trattative con Algeria, Australia, Nuova Zelanda, Georgia, Giappone, Federazione
Russa e Tunisia.
Le relazioni dell’Unione Europea con la
Bielorussia, caratterizzate dal marcato interesse di quest’ultima al rafforzamento dei
legami economici e commerciali a fronte di
progressi significativi in materia di democratizzazione, di attuazione dello stato di
diritto e di rispetto dei diritti dell’uomo
espressa dai Paesi UE, non prevede l’avvio
in tempi brevi di negoziati in materia di
trasporto aereo. Il Paese è infatti tuttora
oggetto di un parziale regime sanzionatorio
da parte dell’Europa, che comprende la
sospensione dell’iter di ratifica dell’Accordo
di Partenariato e Cooperazione - APC risalente al 1996.
Tuttavia l’accordo aereo bilaterale che
l’Italia intende concludere con la Bielorussia dovrà necessariamente seguire l’iter previsto dal Regolamento CE 847/2004 e includere le clausole tipo previste dal vigente
ordinamento comunitario in materia. No-
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XVI LEGISLATURA
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AI RESOCONTI
nostante tali clausole siano di tipo economico e non attengano a principi democratici, la Bielorussia non le ritiene accettabili
perché esporrebbero eccessivamente il proprio mercato dell’aerotrasporto alla concorrenza dei vettori comunitari. Trattandosi di
un negoziato squisitamente bilaterale, non
risulterebbe utile, né opportuno, esercitare
delle pressioni di concerto con gli altri Stati
membri.
Con riferimenti più generali, alle relazioni tra l’UE e la Bielorussia, l’Italia è,
come noto, fautrice di una politica di
graduale riavvicinamento, con un approccio
pragmatico e senza rigidi benchmark, nell’interesse della stessa UE, oltre che di
Minsk, in una visione complessiva aperta
alla collaborazione nell’intero continente
europeo. Il coinvolgimento della Bielorussia
nell’iniziativa comunitaria del partenariato
orientale va infatti in questa direzione,
quello di un graduale rafforzamento dei
legami economici e commerciali con
l’Unione europea, attraverso l’avvio di collaborazioni tecniche e l’armonizzazione con
gli standard europei.
Il Sottosegretario di Stato per gli
affari esteri: Enzo Scotti.
REGUZZONI. — Al Ministro degli affari
esteri. — Per sapere – premesso che:
sono centinaia le denunce di violazione dei diritti umani da parte delle
autorità politiche e militari messicane;
l’esercito federale messicano viene
utilizzato per presidiare – con metodi che
paiono discutibili – intere regioni del
Paese –:
se e come il Governo italiano abbia
preso posizione negli ultimi anni nei confronti delle autorità messicane in merito a
delle violazioni dei diritti umani;
di quali notizie il Governo disponga
in relazione alle citate violazioni dei diritti
umani, soprattutto nei confronti di particolari territori e, di etnie considerate minoritarie.
(4-05532)
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RISPOSTA. — L’Italia segue con grande
attenzione, anche per il tramite dell’ambasciata d’Italia a Città del Messico e d’intesa
con i partner europei, la situazione interna
messicana con particolare riguardo al tema
del rispetto dei diritti umani.
Tale argomento viene infatti costantemente sollevato da parte europea in occasione degli incontri istituzionali con le
autorità messicane come nell’ultimo comitato congiunto UE-Messico che si è riunito
alla fine dello scorso novembre.
Per la sensibilità riconosciuta all’argomento da entrambe le parti, la tutela dei
diritti umani forma oggetto sia di uno
specifico dialogo tra l’Unione Europea ed il
Messico che di progetti finanziati dall’Unione europea per promuoverne il rispetto nel Paese americano. In tale ottica,
l’argomento è parte rilevante anche del
piano di azione congiunto in corso di
elaborazione nell’ambito dell’associazione
strategica tra l’UE ed il Messico lanciata
alla fine del 2008.
Il Messico è stato inoltre sottoposto nel
febbraio del 2009 alla Revisione Periodica
Universale (UPR) del consiglio dei diritti
umani delle Nazioni Unite, meccanismo al
quale tutti gli Stati membri dell’ONU vengono ciclicamente sottoposti per verificare
eventuali violazioni. In tale occasione, l’Italia ha rivolto al Messico una serie di
domande e di raccomandazioni, che sono
state accettate dal Governo messicano. In
particolare, il nostro Paese ha incoraggiato
tali autorità a riformare il sistema giudiziario, a rafforzare le forze di polizia onde
rendere più efficace la risposta al crimine
organizzato e la lotta contro l’impunità nel
Paese. L’Italia ha chiesto che tali riforme
siano prese nel rispetto delle norme internazionali in materia, coinvolgendo anche la
società civile, e che vengano in particolare
rafforzate le misure volte a contrastare la
corruzione e gli abusi da parte delle forze
di polizia.
In particolare, a seguito della strage di
donne registrata a Ciudad Juàrez, per la
quale si è tra l’altro coniato il termine di
« femminicidio » per identificare lo specifico
reato ed il crimine contro l’umanità, l’Italia
ha posto quesiti in merito ai risultati delle
Atti Parlamentari
XVI LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XLVI
AI RESOCONTI
indagini condotte e ha formulato raccomandazioni affinché sia fatta piena luce nel
merito.
In occasione della prossima revisione
periodica del Messico, il Paese dovrà riferire
riguardo le misure adottate per dare seguito
alle raccomandazioni formulate dall’Italia e
dagli altri Paesi durante l’esame del 2009.
Il Sottosegretario di Stato per gli
affari esteri: Enzo Scotti.
RIVOLTA, NICOLA MOLTENI, POLLEDRI, REGUZZONI e CROSIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e
l’innovazione. — Per sapere – premesso
che:
AMESCI è ente accreditato di servizio
civile, iscritto all’albo nazionale in quanto
presente in meno cinque regioni italiane.
Pertanto i progetti di servizio civile presentati da tale ente vengono valutati da
Ufficio nazionale per il servizio civile;
sul sito di tale ente, nei primi giorni
di ottobre 2009 viene pubblicata la notizia
di un corso dal titolo « i giovani progettano
lo sviluppo del territorio ». Tale corso
risulta destinato ad un massimo di 25
partecipanti che risultino essere « laureati,
laureandi o studenti universitari interessati alla progettazione sociale »;
nella presentazione del corso vengono presentati gli obiettivi dello stesso
che risultano essere « sviluppare le fasi di
analisi degli stakeholder, analisi dei problemi, definizione degli obiettivi e dei
possibili campi di intervento... durante lo
stage... le conoscenze e le competenze
acquisite saranno applicate on the job alla
redazione – in gruppi di lavoro – di
progetti di servizio civile nazionali calati
su diverse realtà sociali e territoriali »;
viene inoltre specificato che « tutti i
partecipanti che completeranno il corso di
formazione e lo stage concorreranno, con
il materiale prodotto durante lo stage, ad
aggiudicarsi tre premi da 1000 euro cia-
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scuno per il miglior progetto di servizio
civile nazionale realizzato »;
nella scheda di iscrizione al corso si
ricava che il corso prevede un monte ore
complessivo di 220 ore, per un minimo di
25 ore settimanali, e che si svolgerà tra i
mesi di novembre 2009 e gennaio 2010;
sempre nella presentazione del corso
sopra descritto, vengono specificati i nomi
dei docenti del corso, che risultano essere
alcuni responsabili di AMESCI, nonché
Alessandro Pepino, dell’università Federico
II di Napoli, e Raffaele De Cicco, che
all’interrogante risulta essere dirigente di
Ufficio nazionale per il servizio civile, ed
in particolare del « servizio progetti e convenzioni », tra i cui compiti vi è la « attività
connessa alla valutazione dei progetti di
impiego dei volontari »;
alla fine di ottobre, sempre sul sito
internet di AMESCI, viene pubblicata la
lista degli ammessi al corso, nonché il
programma di due giornate di formazione
teorica, svoltesi nei giorni 9 e 11 novembre, della durata complessiva di 14 ore. Se
ne ricava che le restanti oltre 200 ore del
corso saranno dedicate all’elaborazione
pratica di progetti di servizio civile;
sul sito di Ufficio nazionale per il
servizio civile viene pubblicato, in data 20
ottobre 2009, il nuovo prontuario per la
redazione, esame e valutazione dei progetti di servizio civile nazionale. Tale pubblicazione, come poi confermato da dichiarazioni rese dal sottosegretario Carlo
Giovanardi, fa presupporre che la data
ultima di presentazione dei progetti di
servizio civile per l’anno 2010 cadrà nella
seconda metà di gennaio 2010;
se ne ricava la singolare coincidenza
per cui lo svolgimento del corso di formazione di « progettazione sociale » verrà
a cadere esattamente nel pieno della fase
di elaborazione dei progetti di servizio
civile per l’anno 2010;
altra singolare coincidenza è quella
per cui gran parte delle attività on the job
svolte dai corsisti consisterà proprio nell’elaborazione di progetti di servizio civile;
Atti Parlamentari
XVI LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XLVII
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il tutto avverrà con la presenza, tra i
docenti del corso, del dirigente del servizio
di Ufficio Nazionale per il Servizio Civile
che sarà preposto nel 2010 alla valutazione dei progetti di servizio civile presentati dagli enti iscritti all’Albo Nazionale
degli enti di servizio civile, albo cui appartiene l’ente AMESCI;
è pertanto razionale attendersi che
numerosi dei progetti di servizio civile
presentati per l’anno 2010 dall’ente AMESCI saranno frutto, anche solo parziale,
dell’elaborato dei corsisti del corso « i
giovani progettano lo sviluppo del territorio », e che tali progetti saranno valutati
dalla struttura di cui è responsabile uno
dei cinque docenti del corso medesimo:
appaiono agli interroganti estremamente preoccupati le circostanze illustrate
in premessa, soprattutto per ciò che riguarda la necessaria trasparenza nella
valutazione dei progetti di servizio civile
nazionale da parte dell’amministrazione
pubblica preposta –:
quali provvedimenti intendano mettere in atto per garantire adeguatamente le
decine e decine di enti iscritti all’Albo
nazionale degli enti di servizio civile, al
pari di AMESCI.
(4-05318)
RISPOSTA. — Con l’atto di sindacato ispettivo indicato in esame gli interroganti nell’esprimere perplessità in ordine alla circostanza che parte del corso di formazione di
progettazione sociale finanziato dall’AMESCI (Associazione mediterranea per la promozione e lo sviluppo del servizio civile) sia
stato tenuto da uno dei dirigenti del servizio
progetti dell’ufficio nazionale del Servizio
civile, il dottore Raffaele De Cicco, tra le cui
competenze rientrerebbe l’attività di valutazione dei progetti di impiego dei volontari
– chiedono al Governo quali iniziative
intenda assumere per assicurare la necessaria trasparenza nella valutazione dei progetti di servizio civile presentati.
Preliminarmente appare necessario formulare alcune precisazioni in ordine alle
affermazioni contenute nell’atto di sindacato in argomento.
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L’ente AMESCI è un ente di 1a classe,
iscritto all’albo nazionale degli enti di servizio civile in quanto ha sedi di attuazione
di progetto in almeno 5 regioni e non, come
asserito dagli interroganti « in meno di
cinque regioni ».
In secondo luogo, occorre precisare che
il dottor Raffaele De Cicco non è più,
nell’ambito dell’ufficio nazionale per il servizio civile, il dirigente responsabile del
« servizio progetti e convenzioni », essendo
stato nominato, il 18 settembre 2008, dirigente generale della struttura di 1a fascia
denominata « ufficio del servizio civile »,
articolata in cinque servizi, tra i quali
anche « progetti e convenzioni ».
È necessario, inoltre, evidenziare che i
progetti di servizio civile nazionale non
sono valutati dal servizio progetti e convenzioni, né la valutazione dei progetti
rappresenta una specifica competenza del
servizio in parola. Il decreto del Ministro
dei rapporti con il Parlamento del 12
dicembre 2003 recante « Individuazione
delle strutture dirigenziali dell’Ufficio nazionale per il servizio civile e ripartizione di
competenze » dispone, infatti, che il predetto
servizio « cura l’attività connessa alla valutazione dei progetti per l’impiego dei volontari » Al riguardo, è opportuno evidenziare che la valutazione dei progetti è
affidata ad una commissione appositamente
nominata ogni anno con decreto del capo
dell’ufficio e la sua composizione varia di
anno in anno. Tale commissione – tenuto
conto che la valutazione dei progetti di
servizio civile nazionale ha natura concorsuale, come rilevato dal Consiglio di Stato
nell’ordinanza n. 3956/2006 e dall’Avvocatura generale con parere reso su diversa
questione – pur essendo tenuta al rispetto
dei criteri stabiliti dalla normativa di settore, ha comunque un’ampia discrezionalità
nel valutare i progetti nel merito e nell’attribuire i punteggi ed opera in modo del
tutto autonomo rispetto all’ufficio.
Peraltro si segnala che, a garanzia della
trasparenza della valutazione dei progetti,
l’ufficio nazionale per il servizio civile, già
dallo scorso anno, ha introdotto una nuova
procedura che consente agli enti di far
pervenire osservazioni in merito ai punteggi
Atti Parlamentari
XVI LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XLVIII
AI RESOCONTI
attribuiti ai propri progetti, inseriti nelle
graduatorie pubblicate sul sito dell’ufficio
medesimo, con la finalità di creare un
contatto diretto con gli enti stessi, consentendo loro l’immediato accesso agli atti
nonché l’acquisizione, in piena trasparenza,
delle valutazioni della commissione esaminatrice. Detto procedimento è stato avviato
con l’ulteriore scopo, da un lato, di consentire all’ufficio di rilevare eventuali errori
di valutazione e, dall’altro, con l’obiettivo di
sanare gli stessi ed evitare disparità di
trattamento, assicurando imparzialità e
unicità dei criteri di valutazione. Tale procedura è stata recepita nel nuovo « prontuario » concernente la redazione, l’esame e
la valutazione dei progetti di servizio civile
nazionale, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4
novembre 2009.
Tutto ciò premesso, giova segnalare che
la partecipazione agli eventi promossi ed
organizzati dagli enti rappresenta, da anni,
una precisa e trasparente politica dell’ufficio. Infatti, l’ufficio, con i suoi funzionari e
dirigenti, ha aderito e partecipato a centinaia di iniziative promosse dagli enti, mostrando sempre la massima disponibilità ad
esaminare ed affrontare insieme agli stessi
le questioni legate al servizio civile. Ciò,
nella considerazione che la garanzia del
funzionamento del sistema del servizio civile presuppone necessariamente una collaborazione sinergica dell’Ufficio e degli
enti. Negli anni, lo stesso dottor De Cicco,
per la sua specifica professionalità, ha
partecipato ad oltre 50 corsi di formazione
e a circa 40 convegni in materia di servizio
civile in qualità di docente e relatore.
L’ultimo in ordine di tempo – avente ad
oggetto la progettazione nel servizio civile –
è stato tenuto dallo stesso dirigente nel
febbraio 2009 presso la facoltà di Scienze
Politiche dell’università di Bari, alla presenza dei rappresentanti di 18 enti iscritti
nell’Albo della regione Puglia.
L’ufficio ha ritenuto di aderire all’iniziativa di AMESCI sia perché si poneva nel
solco degli indirizzi innanzi esplicitati e
consolidati da anni, sia perché risultava
interessante in quanto innovativa, consistendo in un corso e in uno stage finanziato
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da AMESCI, organizzato con il patrocinio
dell’università Federico II di Napoli, con
lezioni tenute da docenti universitari e con
la previsione di premi finali. Un corso, in
altri termini, altamente formativo per i
giovani a cui era rivolto, per lo più studenti
universitari o laureati privi di esperienza di
progettazione sociale.
Appare evidente che l’iniziativa di per sé
investe molteplici ambiti e diverse tipologie
di interventi ai quali corrispondono progettazioni obbligatoriamente differenti, tra
le quali anche quelle del servizio civile.
In questo risiede il senso dell’intervento
del dottor De Cicco, spiegare le diversità
sotto il profilo progettuale tra interventi di
welfare ed interventi di servizio civile ed il
loro diverso impatto sul territorio. Sul
punto occorre precisare che la mancata
comprensione, da parte degli enti, di tale
diversità costituisce uno dei principali motivi di gravame nei ricorsi proposti dagli
enti stessi avverso il punteggio attribuito
dalla Commissione di valutazione ai progetti. È, pertanto, intenzione dell’ufficio
chiarire la specificità dei progetti di servizio
civile, anche al fine di prevenire la formazione di un inutile contenzioso, nell’ottica
del buon andamento dell’amministrazione e
della trasparenza dell’azione amministrativa.
Con riferimento al quesito posto dagli
interroganti riguardante i provvedimenti
che il Presidente del Consiglio dei ministri,
nonché il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione intendano adottare per garantire adeguatamente i molteplici enti iscritti all’Albo nazionale di servizio civile, al pari di AMESCI, si fa presente che in vista dell’applicazione del
nuovo « prontuario » progetti, sono stati
organizzati nel mese di novembre 2009
appositi corsi della durata di quattro giorni,
per i rappresentanti delle regioni e delle
province autonome, volti ad illustrare le
innovazioni contenute nel citato « prontuario », in modo che tali novità potessero
essere chiarite agli enti iscritti presso gli
albi delle singole regioni e province autonome.
Inoltre il 17 novembre 2009 l’ufficio ha
organizzato a Roma un incontro con gli
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XVI LEGISLATURA
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XLIX
AI RESOCONTI
enti di servizio civile iscritti all’albo nazionale, proprio per soddisfare le numerose
richieste pervenute in relazione alle novità
riportate nel nuovo prontuario. Durante il
predetto incontro tenuto dal dottor de
Cicco, al quale hanno partecipato 88 enti
con 144 rappresentanti, i medesimi enti
hanno potuto rivolgere domande puntuali e
chiedere chiarimenti in merito alle novità
contenute nel prontuario.
Al predetto incontro hanno partecipato
anche due progettisti dell’ente AMESCI e
tale circostanza, all’evidenza, destituisce di
fondamento le preoccupazioni dell’interrogante. Ed invero, qualora, come ipotizza
l’interrogante, tutte le delucidazioni in merito al nuovo prontuario fossero state già
fornite ai progettisti dell’ente AMESCI dal
dottor De Cicco, non si comprenderebbe
l’utilità della loro presenza e dei loro interventi in occasione dell’incontro tenutosi
a Roma e rivolto a tutti gli enti di servizio
civile.
Appare di tutta evidenza che l’ufficio,
organizzando l’incontro del 17 novembre
2009, ha posto tutti gli enti iscritti all’albo
nazionale sullo stesso piano, dotando ciascun ente degli strumenti necessari a conoscere ed applicare le novità in materia di
progettazione del servizio civile nazionale,
nell’ottica del principio di trasparenza e di
quello del buon andamento della pubblica
amministrazione.
Con riferimento sempre alle perplessità
sollevate dagli onorevoli interroganti con
l’atto in oggetto, giova altresì segnalare che
la progettazione in materia di servizio civile
è una tra le più difficili a livello europeo,
frutto di un lavoro complesso, e che tale
competenza non può essere acquisita con la
partecipazione da parte di giovani neofiti –
alle prime armi con la progettazione –
all’intervento di una mattinata e ad uno
stage di 200 ore. Non sembra pertanto
ipotizzabile che tale categoria di giovani, cui
è stata rivolta l’iniziativa formativa contestata dagli interroganti, possa essere in
grado di approntare progetti idonei a concorrere con altri progetti, redatti da personale con anni di esperienza in materia.
Appare infatti inimmaginabile che giovani
senza precedente esperienza in materia di
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progettazione possano predisporre progetti
di una qualità tale da vincere la concorrenza di progettisti esperti, che lavorano
sulla progettazione del servizio civile e di
altri settori da anni, nell’ambito della procedura concorsuale della valutazione del
servizio civile nazionale.
Il Sottosegretario di Stato alla
Presidenza del Consiglio dei
ministri: Carlo Giovanardi.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI
e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro per la
pubblica amministrazione e l’innovazione,
al Ministro dell’economia e delle finanze. —
Per sapere – premesso che:
da un articolo pubblicato dal quotidiano Italia Oggi il 16 dicembre 2009
risulta che nei siti internet di molti Ministeri e società pubbliche non c’è traccia
delle consulenze;
secondo quanto riferito dalla Consap,
concessionaria dei servizi assicurativi pubblici interamente controllata dal Ministero
dell’economia e delle finanze, la pubblica
amministrazione non è tenuta a pubblicare le consulenze di importo inferiore ai
290 mila euro;
questo è l’effetto di una circolare del
Dipartimento della funzione pubblica del
24 gennaio 2008 che, nel quantificare il
tetto al trattamento economico dei consulenti, previsto dall’articolo 3, comma 44
della legge finanziaria per il 2008 in riferimento a quello del primo presidente
della Corte di Cassazione, in 289.984 euro,
ha stabilito che il regime di pubblicità si
riferisca solo agli importi superiori al tetto
individuato nella medesima legge finanziaria per il 2008;
la manovra finanziaria di cui al decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008
si è occupata dell’argomento ma non ha
detto nulla in merito agli obblighi di
comunicazione e trasparenza;
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così, il sito delle Poste italiane è
fermo al 2008, così come risultano vuote le
griglie di consulenze previste nei siti del
Poligrafico dello Stato, delle Ferrovie dello
Stato e di Trenitalia; Alitalia servizi segnala consulenze solo fino a metà giugno
2009; Fintecna, holding di partecipazione
del Ministero dell’economia e delle finanze
risulta ferma febbraio 2008; Eur spa è
ferma al gennaio del 2009, Invitalia (ex
Sviluppo Italia) non mette sul sito nessun
riferimento;
gli ispettori della Ragioneria generale
dello Stato nel corso dei controlli effettuati
nel 2008 hanno redatto un lungo elenco di
sprechi della spesa pubblica che fa emergere un quadro critico nonostante la crisi
economica richieda alle pubbliche amministrazioni una sempre maggior oculatezza
della spesa –:
se non ritengano i Ministri interrogati
di assumere le iniziative di competenza
affinché siano pubblicate tutte le consulenze relative a ministeri e società pubbliche, e non solo quelle che superano i
290 mila euro, e come ed in che tempi
intendano provvedervi.
(4-05587)
RISPOSTA. — Si fa riferimento all’atto di
sindacato ispettivo in esame, con il quale si
chiede al Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione ed al Ministro
dell’economia e delle finanze di assumere
iniziative volte a prescrivere la pubblicazione di tutte le consulenze relative a Ministeri e società pubbliche.
Al fine di corrispondere alle richieste
dell’interrogante, è necessario in primo
luogo ripercorrere il quadro normativo in
materia di obblighi di pubblicità a carico
delle amministrazioni pubbliche e delle
« società non quotate a totale o prevalente
partecipazione pubblica nonché le loro controllate.
L’articolo 53 del decreto legislativo
n. 165 del 2001 sancisce, al comma 14,
l’obbligo per le amministrazioni pubbliche
di rendere noti, « mediante inserimento
nelle proprie banche dati accessibili al
pubblico per via telematica, gli elenchi dei
Camera dei Deputati
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propri consulenti indicando l’oggetto, la
durata e il compenso dell’incarico ».
L’articolo 1, comma 127 della legge
n. 662/96 (legge finanziaria 1997), come
modificato dalla legge n. 244/2007 (legge
finanziaria 2008), prevede che « le pubbliche amministrazioni che si avvalgono di
collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza per i quali è previsto un
compenso sono tenute a pubblicare sul
proprio sito web i relativi provvedimenti
completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell’incarico e dell’ammontare erogato. In caso di omessa pubblicazione, la liquidazione del corrispettivo
per gli incarichi di collaborazione o consulenza di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale del dirigente preposto. Copia degli elenchi è trasmessa semestralmente alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri – Dipartimento della funzione
pubblica ». Quest’ultimo periodo si riferisce
all’adempimento relativo alla comunicazione alla cosiddetta « anagrafe delle prestazioni » di cui al citato articolo 53,
comma 14, dei dati su consulenti e collaboratori esterni.
Successivamente, l’articolo 3 della legge
n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il
2008) ha prescritto, al comma 18, che i
contratti relativi a collaborazioni esterne
« sono efficaci a decorrere dalla data di
pubblicazione del nominativo del consulente, dell’oggetto dell’incarico e del relativo
compenso sul sito istituzionale dell’amministrazione stipulante ».
Il comma 44 dell’articolo da ultimo
citato, oltre a stabilire un tetto (corrispondente al trattamento economico del primo
Presidente della Corte di cassazione, pari a
290.000,00 euro circa) per il trattamento
onnicomprensivo di « chiunque riceva a
carico delle pubbliche finanze emolumenti
o retribuzioni nell’ambito di rapporti di
lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, agenzie, enti pubblici
anche economici, enti di ricerca, università,
società non quotate a totale o prevalente
partecipazione pubblica nonché le loro con-
Atti Parlamentari
XVI LEGISLATURA
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trollate », ha reso obbligatoria la pubblicazione sul sito web dell’amministrazione o
del soggetto interessato, con l’indicazione
nominativa dei destinatari e dell’ammontare del compenso, nonché la comunicazione al Governo e al Parlamento, pena la
non attuabilità dell’atto e le sanzioni a
carico dei responsabili stessi.
La disciplina introdotta dalla legge
n. 244 del 2007, in particolare all’articolo
3, commi da 43 a 53, è stata oggetto di
puntuali chiarimenti ad opera della circolare n. 1 del 2008 del Dipartimento della
funzione pubblica, soprattutto in ordine
agli obblighi di pubblicità e comunicazione
previsti dalle disposizioni citate.
Le precisazioni in questione hanno riguardato:
i soggetti interessati dalla pubblicazione: il soggetto conferente/pagatore da
ravvisarsi tra le categorie di soggetti pubblici o privati con cui è instaurato il
rapporto che dà luogo al corrispettivo,
sono: le amministrazioni statali, le agenzie,
gli enti pubblici economici e non economici, gli enti di ricerca, le università, le
società non quotate a totale o prevalente
partecipazione pubblica e le loro controllate. Il soggetto destinatario dell’emolumento è la persona fisica che riceve emolumenti o retribuzioni a carico delle pubbliche finanze nell’ambito di rapporti di
lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali;
l’oggetto della pubblicazione: tutti gli
atti comportanti spesa mediante indicazione
degli emolumenti, rapporti e destinatari
percettori solo per le situazioni che comportano il superamento dei tetti fissati
legislativamente, perseguendo in tal modo il
fine della trasparenza e del contenimento
della spesa pubblica;
l’efficacia della normativa: il regime di
pubblicità è immediatamente efficace a partire dalla data di entrata in vigore della
stessa finanziaria e si riferisce sia ai rapporti allora in corso sia riguardo ai nuovi
contratti, impieghi o incarichi;
la responsabilità in caso di inosservanza degli obblighi (periodo 5 comma 44,
Camera dei Deputati
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articolo 3 della finanziaria): risponde l’amministratore che ha disposto il pagamento
e il destinatario del medesimo che sono
tenuti al rimborso a titolo di danno erariale
di una somma pari a 10 volte l’ammontare
eccedente la cifra consentita;
la comunicazione dei dati: gli stessi
soggetti interessati dalla pubblicazione sono
tenuti anche a comunicare le informazioni
al Parlamento e al Governo, dove per
Governo si intende, a partire dalla suddetta
circolare, il Dipartimento della funzione
pubblica – Presidenza del Consiglio dei
Ministri. Le amministrazioni, gli enti e le
società per i quali il limite trova applicazione sono tenuti comunque alla preventiva
comunicazione dei relativi atti alla Corte
dei conti;
forme di vigilanza, controllo e monitoraggio: queste attività sono desumibili dai
commi 52, 52-bis e 53 dell’articolo 3 della
stessa finanziaria e vedono impegnati il
Presidente del Consiglio dei Ministri, il
Ministro per la pubblica amministrazione e
l’innovazione di concerto, il Ministro dell’economia e delle finanze, la Corte dei conti
e l’ispettorato della funzione pubblica.
La disciplina vigente, della quale si è
offerta una breve illustrazione, va infine
integrata con le disposizioni che saranno
introdotte dal decreto del Presidente della
Repubblica, recante disciplina il limite
massimo delle retribuzioni e degli emolumenti direttamente o indirettamente a carico delle pubbliche finanze nel territorio
metropolitano, in corso di emanazione.
Il provvedimento in questione costituisce attuazione dell’articolo 3, commi da 44
a 52-bis della legge n. 244 del 2007 (legge
finanziaria 2008), come modificato, dapprima, dal decreto legge n. 97 del 2008,
convertito, con modificazioni, dalla legge 2
agosto 2008 n. 129 e, successivamente, dall’articolo 21 della legge n. 69 del 2009.
In particolare, sotto il profilo del regime
pubblicitario, fatto salvo quanto previsto
dall’articolo 3, comma 44, quarto periodo
della legge n. 244 del 2007, il regolamento
citato dispone che il soggetto conferente è
tenuto a rendere noto, attraverso la pub-
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blicazione sul proprio sito istituzionale,
ciascun atto di conferimento soggetto alla
disciplina di cui al medesimo regolamento,
con specifica indicazione del tipo, della
durata, del compenso previsto, del destinatario, nonché tutti gli altri eventuali incarichi, rapporti o simili, con l’indicazione dei
compensi spettanti, comunicati dal destinatario ai sensi del comma 2, ove non già resi
noti ai sensi dell’articolo 53 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165. In caso
di incarico il cui compenso va riversato,
integralmente o parzialmente, in fondi, l’obbligo di pubblicità riguarda solo la parte di
compenso effettivamente percepita dal soggetto destinatario. Il soggetto destinatario è
tenuto a comunicare al soggetto conferente
tutti gli altri incarichi in corso rilevanti ai
fini del limite, sulla base del modello di
comunicazione allegato al presente regolamento.
Il Ministro per la pubblica amministrazione
e
l’innovazione: Renato Brunetta.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI
e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro degli
affari esteri. — Per sapere – premesso che:
nella
risposta
all’interrogazione
4-03997 sul caso del nostro connazionale
Fernando Nardini, si afferma che è stato
arrestato il 29 giugno 2007 a Chonburi
(Thailandia) con l’accusa di omicidio volontario in concorso con altre persone e
possesso illegale di arma da fuoco, mentre
risulterebbe che Nardini si sia presentato
spontaneamente alla polizia dietro richiesta della moglie, tanto che vi sarebbe stato
accompagnato dal figlio;
Nardini si sarebbe trovato, a seguito
della visita alla moglie, nella posizione di
inquisito senza mai poter avere comunicazioni con l’esterno e con un verbale che
sarebbe stato redatto 4 giorni dopo;
nessun interprete si sarebbe mai presentato come tale, poiché Nardini ricorda
solo la presenza di una persona che riteneva fosse un agente che gli ha semplicemente chiesto in inglese « Tu c’entri in
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qualche modo in questo episodio ? » a cui
Nardini ha risposto con un categorico
« No ! » a cui ha fatto seguito un diniego
della possibilità di telefonare;
quanto all’affermazione che Nardini
non si sarebbe mai presentato in ambasciata nel periodo di libertà provvisorio,
risulterebbe invece che vi si è recato per
la registrazione del certificato di morte del
piccolo Lorenzo, e che in quell’occasione
avrebbe anche affrontato il suo caso giudiziario;
quanto alle visite mediche, risulterebbe che un cittadino inglese detenuto
nello stesso carcere di Nardini riceva regolarmente a cadenza mensile visite mediche, mentre il nostro connazionale ha
ricevuto tali visite grazie al fatto che
qualcuno ha pagato il medico e grazie
all’intervento del console onorario che ne
ha fatto richiesta;
inoltre mentre la nostra ambasciata
utilizza un metodo per cui chiede l’autorizzazione alla visita, la Gran Bretagna
ricorre ad un diverso metodo per cui si
limita a comunicare il giorno;
nella risposta all’interrogazione si riconosce che, di fatto, la Thailandia non
rispetta i termini delle Convenzioni sulle
relazioni consolari –:
se e quali iniziative il Governo intenda adottare sul piano bilaterale per il
rispetto da parte della Thailandia della
Convenzione sulle relazioni consolari, a
partire dal caso Nardini;
per quali motivi la prima visita a
Nardini sia stata effettuata a circa 6 mesi
di distanza dall’arresto;
quali iniziative si stiano attuando per
consentire a Nardini di effettuare o ricevere telefonate dal carcere.
(4-05596)
RISPOSTA. — Come indicato nella risposta
all’interrogazione parlamentare n. 4-03397,
il signor Nardini è stato arrestato in data
29 giugno 2007 a Chonburi con l’accusa di
omicidio volontario in concorso con altre
persone, nonché per il reato di possesso di
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arma da fuoco, in concorso con gli altri
imputati (un cittadino francese e una thailandese). Tale informazione si evince dalle
comunicazioni ufficiali della polizia thailandese (verbale di arresto redatto il 29
giugno 2007 e richiesta di custodia cautelare inoltrata dalla polizia all’Autorità giudiziaria il 30 giugno 2007), agli atti dell’Ambasciata d’Italia a Bangkok. La sentenza di condanna emessa il 19 febbraio
2009 conferma che l’accusa includeva anche la fattispecie del possesso illegale di
arma da fuoco, mentre la sentenza infligge
la condanna per questo reato al solo cittadino francese, quale esecutore materiale
dell’omicidio, mentre il signor Nardini è
stato riconosciuto colpevole unicamente per
l’accusa di omicidio. L’addebito a carico del
connazionale del capo di imputazione relativo al possesso illegale di arma da fuoco,
pur omesso nel dispositivo di condanna,
risulta quindi presente in maniera costante
sia negli atti processuali sia in quelli di
polizia.
Circa le attività di assistenza al connazionale messe in atto dall’ambasciata a
Bangkok, si ritiene necessario elencare i
diversi passi svolti. Innanzitutto, sin dall’arresto e per tutto il periodo in cui si
trovava in libertà su cauzione, il signor
Nardini non ha mai sollecitato dall’ambasciata alcun intervento o richiesta di assistenza né fornito aggiornamenti sulla propria situazione. Al contrario, essendosi recato una volta presso l’ufficio consolare per
una pratica notarile, alla richiesta di informazioni sulla sua situazione giudiziaria
ha risposto dimostrandosi particolarmente
fiducioso circa gli esiti della vicenda processuale. Si precisa inoltre che, secondo
quanto risulta agli atti della sede, l’ambasciata ha ricevuto la documentazione relativa alla registrazione della morte del figlio
per il tramite del corrispondente consolare
a Pattaya e non direttamente dal connazionale.
Stante quanto premesso, tuttavia, dal
giorno dell’arresto il connazionale ha ricevuto 7 visite (5 da parte del corrispondente
consolare dell’Ambasciata operante a Pattaya, Avv. Paolo Battaglino, e 2 da parte dei
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funzionari dell’ambasciata) in un carcere,
che, come noto, non si trova presso la
capitale.
Inoltre, a seguito della richiesta recentemente formulata dalla famiglia Nardini al
Ministero degli esteri, la nostra ambasciata
sta valutando la possibilità di concedere un
contributo per il pagamento delle spese
legali, in particolare con riguardo alla parcella del legale (contattato dalla stessa Ambasciata) che si sta occupando della richiesta di libertà provvisoria dietro pagamento
di cauzione (vista soprattutto la circostanza
che per l’udienza al ricorso in appello
occorrono 2-3 anni).
In secondo luogo, in merito a quanto
rappresentato dagli interroganti circa l’assistenza medica, l’ambasciata inglese, appositamente contattata, ha escluso che i propri connazionali detenuti presso il penitenziario di Rayong siano regolamenti visitati
con cadenza mensile ed ha specificato di
provvedere a comunicare con congruo anticipo al carcere data e ora delle visite. La
nostra ambasciata ha seguito e segue una
procedura analoga: il corrispondente consolare e l’Ambasciata informano le autorità
penitenziarie dell’effettuazione della visita
medica. Ancorché la comunicazione sia formulata, per motivi di cortesia istituzionale,
come una richiesta di autorizzazione, si
tratta in buona sostanza di una notifica, in
quanto nella prassi tali richieste non sono
mai riscontrate espressamente, ma sempre
accolte tacitamente. A riguardo, si segnala
altresì che le spese dell’ultima visita medica
per il monitoraggio delle condizioni di salute del signor Nardini sono state sostenute
dall’erario. È stato inoltre concordato con i
colleghi inglesi di coordinare in future
occasioni l’effettuazione di visite mediche
per il signor Nardini e i detenuti inglesi.
In terzo luogo, l’ambasciata ha richiesto
più volte ed a più istituzioni che, in deroga
ai regolamenti carcerari, fosse consentito al
signor Nardini di poter mantenere regolari
contatti telefonici con i familiari in Italia.
La questione è stata sollevata con il Ministero degli affari esteri, con le autorità
carcerarie e con il department of corrections, struttura del Ministero della giustizia
che sovrintende all’amministrazione di tutti
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i penitenziari del Paese. Dopo una serie di
risposte negative, in riscontro alle ripetute
sollecitazioni scritte e verbali, nei giorni
scorsi il department of corrections ha
accordato al signor Nardini un permesso
straordinario per effettuare una chiamata
alla famiglia in Italia dal telefono fisso del
penitenziario.
Relativamente alle azioni intraprese
dalla nostra ambasciata presso le Autorità
thailandesi, si segnala che la vicenda del
signor Nardini è stata sollevata in occasione
di un incontro con il reggente della competente direzione europa meridionale e settentrionale del Ministero degli affari esteri
thailandese, in cui si è evidenziato il grande
interesse per il caso suscitato dai media
presso l’opinione pubblica italiana, soprattutto in considerazione delle peculiarità
della vicenda giudiziaria, nonché per le
preoccupanti condizioni di salute del connazionale e per i ripetuti rifiuti delle richieste di libertà provvisoria in pendenza
dell’appello.
In quella sede, dopo aver rinnovato il
dovuto rispetto e la piena fiducia per il
sistema giudiziario thailandese, la parte
italiana ha espresso il vivo auspicio che
venga assicurato un processo equo e rapido
e concessa la libertà su cauzione al signor
Nardini in pendenza dell’appello, nonché la
garanzia di un costante regime di assistenza
medica. Gli interlocutori locali hanno ribadito la trasparenza e l’indipendenza del
sistema giudiziario thailandese e assicurato
che quello del connazionale sarà un processo equo e rapido. In tale ambito, nel
pieno rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura locale, gli uffici
della Farnesina e l’ambasciata a Bangkok
continueranno a seguire da vicino il procedimento di revisione del giudizio di primo
grado, mantenendosi in contatto con i congiunti del signor Nardini e con l’avvocato
incaricato della sua difesa.
Con riferimento al tema del rispetto
della Convenzione di Vienna sulle relazioni
consolari, questo Ministero e la nostra
ambasciata a Bangkok hanno più volte
sollevato la questione sia di fronte alle
autorità locali sia in ambito UE.
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In primo luogo, la nostra Ambasciata è
intervenuta in occasione delle locali riunioni di coordinamento consolare dei Paesi
membri dell’UE, riscontrando come diverse
rappresentanze di altri Paesi europei sono
in genere informate con ritardo dell’arresto
e addirittura della morte di propri cittadini
(articoli 36 e 37 della menzionata convenzione). Questo Ministero è invece intervenuto lo scorso novembre all’interno del
gruppo affari consolari del Consiglio dell’Unione europea, sottolineando la situazione particolarmente preoccupante in
Thailandia che, grazie all’intervento da
parte italiana, è stata identificata quale
oggetto di interventi specifici da parte dell’UE. A seguito di quanto concordato in
quella sede, ha dunque avuto luogo un
incontro con il Direttore della divisione
relazioni internazionali della polizia thailandese, in occasione del quale i paesi
membri dell’UE hanno chiesto alla Thailandia di voler facilitare l’esercizio delle
proprie funzioni consolari rispettando gli
impegni assunti in qualità di Stato parte
della suddetta Convenzione di Vienna.
Il Sottosegretario di Stato per gli
affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI
e MAURIZIO TURCO. — Al Presidente del
Consiglio dei ministri, al Ministro degli
affari esteri. — Per sapere – premesso che:
nel maggio 2008 il cittadino musulmano libanese Alì Sibat si è recato in
pellegrinaggio religioso alla Mecca e in
altre città sante in terra saudita;
a causa della sua attività di mago,
che svolge presso la tv libanese, visibile
anche in alcuni Paesi arabi, Alì Sibat
mentre si trovava in visita a Medina, è
stato arrestato dalla polizia e incarcerato
con l’accusa di essere uno stregone;
in Arabia Saudita sono
sone vittime degli spietati
fondamentalismo wahabita;
prevedono la pena di morte
molte le perprecetti del
tali precetti
per chiunque
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professi il politeismo o il paganesimo;
queste regole impongono la continua mobilitazione delle speciali unità della polizia
religiosa saudita perennemente a caccia di
sospetti indovini, amanti del sovrannaturale e adepti della magia nera; i giudici
delle corti religiose somministrano la pena
capitale per decapitazione;
il 2 novembre 2007 è stato decapitato
Mustaf Ibrahim, un farmacista condannato a morte per aver tentato un esorcismo capace, riferivano le denunce anonime su cui si è basata la sentenza della
corte, di spingere al divorzio una coppia;
diverse organizzazioni umanitarie internazionali hanno chiesto la liberazione
di Alì Sibat –:
quali iniziative il Governo intenda
promuovere affinché venga salvata la vita
di Alì Sibat;
quali iniziative, anche in ambito europeo, siano state promosse dal Governo
nei confronti dell’Arabia Saudita riguardo
alla gravissima violazione dei diritti umani
e contro la pena di morte così diffusamente praticata;
se il Ministro interrogato non ritenga
urgente intervenire presso il suo omologo
saudita per esprimere le preoccupazioni
del Governo italiano riguardo a quanto
segnalato in premessa.
(4-05819)
RISPOSTA. — Il Governo italiano, anche
su sollecitazione della società civile, è particolarmente sensibile alle tematiche relative al rispetto dei diritti umani e svolge
un’azione incisiva per promuoverli nel
mondo, nella convinzione che essi costituiscano una componente essenziale per garantire la pace e la sicurezza internazionale.
Per questo, l’Italia si è soprattutto impegnata nel promuovere la moratoria universale della pena di morte e ha sostenuto
in seno alle Nazioni Unite ed agli altri
consessi multilaterali una politica di contrasto alle esecuzioni capitali. Come noto,
infatti, proprio l’Italia ha contribuito ad
avviare il confronto internazionale su un
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tema etico di grande importanza, come
quello dell’abolizione della pena di morte.
Come Paese fondatore e membro dell’Unione Europea, l’Italia ha infatti agito
per promuovere un ruolo sempre più attivo
dell’Europa nella difesa dei diritti fondamentali. Tale impegno ha portato, nel 2007
e nel 2008, alla storica approvazione della
risoluzione sulla moratoria per la pena di
morte, ottenendo, nel solo arco temporale di
un anno, un aumento dei voti favorevoli e
una diminuzione di quelli contrari, a conferma dell’esistenza di un trend internazionale verso l’abolizione della pena capitale.
Nei casi in cui la pena di morte venga
mantenuta, l’Italia ha sostenuto la politica
dell’Unione volta a sollecitare l’introduzione
di una moratoria delle esecuzioni o comunque a vigilare sulle modalità di esecuzione
inumane e degradanti, che violano gli standard internazionali stabiliti dall’Economic
and Social Council (ECOSOC) nel 1984.
Per queste ragioni abbiamo pienamente
sostenuto la dichiarazione della presidenza
svedese del Consiglio Europeo che, l’11
dicembre 2009, richiamando le risoluzioni
62/149 e 63/168 dell’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite ha esortato l’Arabia
Saudita a stabilire la moratoria sulla pena
di morte.
Con riferimento al caso del signor Ali
Sibatt, si è appreso che il cittadino libanese
è stato arrestato con l’accusa di praticare la
stregoneria il 7 maggio 2008 in un albergo
di Medina, dove si era recato per visitare la
città santa dell’Islam. Il Tribunale di Medina lo ha condannato a morte per la
propria attività di chiaroveggente sul canale
televisivo satellitare. libanese « Sheherazade ».
Nell’ordinamento giudiziario saudita
non esiste peraltro una chiara definizione
del reato di stregoneria. In generale la
Sharia vieta la stregoneria, la magia e le
varie arti divinatorie sulla base del principio secondo cui colui che le pratica sarebbe
colpevole di politeismo, essendo sortilegi e
divinazioni possibili soltanto con l’invocazione e l’adorazione di entità sovrannaturali
quali demoni e geni.
L’Unione Europea, oltre a ribadire la
ferma opposizione all’adozione della pena di
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morte in generale, ha affermato con forza la
non punibilità ai sensi di legge di tali
attività, in quanto esse corrispondono semplicemente all’esercizio della libertà individuale di credo, opinione ed espressione. La
presidenza UE, da noi sostenuta, ha quindi
chiesto all’Arabia Saudita di annullare questo genere di sentenze.
Nel caso in esame, la corte di ultima
istanza de La Mecca ha ribaltato la sentenza di primo grado (che condannava a
morte il signor Ali Hussein Sibatt), ordinando la sospensione della condanna. La
corte ha altresì stabilito che in caso di
pentimento l’accusato verrà nuovamente
sottoposto a giudizio in vista di una sentenza meno severa.
La sospensione della condanna probabilmente evidenzia il timore saudita di
apparire, agli occhi dell’opinione pubblica
internazionale, quale il regno dell’oscurantismo e del fanatismo religioso.
In Arabia Saudita è peraltro in corso un
importante riforma del sistema giudiziario
fortemente voluta da Re Abdullah. La riorganizzazione della rete giudiziaria ha por-
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tato tra l’altro nel 2009 alla creazione di
nuove corti primarie e d’appello, nell’ottica
di migliorare la competenza dei giudici
impegnati nelle diverse materie, ma anche
di esercitare maggiore controllo sulla correttezza dell’operato dei magistrati.
L’Italia, consapevole della necessità di
un approccio graduale e rispettoso della
cultura locale, crede che il cambiamento di
mentalità non possa avvenire se non attraverso un processo culturale e sociale, in
direzione dell’interiorizzazione di un maggiore rispetto dei diritti umani in quanto
tutele individuali.
Il percorso in atto in Arabia Saudita è
probabilmente ancora lungo, tenuto conto
delle difficoltà e degli ostacoli che il processo di riforma incontra nel Regno. Si
tratta però dell’unica strada percorribile
perché penetri nella società civile, apportando un significativo e radicale cambiamento sociale che metta in primo piano il
rispetto dei diritti umani.
Il Sottosegretario di Stato per gli
affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.
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