Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana Dipartimento scienze aziendali e sociali Centro di competenze tributarie Novità fiscali L’attualità del diritto tributario svizzero e internazionale n° 6 - Giugno 2011 Indice Politica fiscale Crisi dell’euro e Unione europea in crisi ........................................................................ 2 Diritto tributario svizzero Le indagini della Divisione affari penali ed inchieste .............................................. 7 Donazione o compravendita immobiliare? ................................................................. 12 Diritto tributario italiano Mandato fiduciario senza intestazione di attività finanziarie........................ 15 Diritto tributario internazionale e dell’UE La Svizzera allenta ulteriormente il segreto bancario nei confronti della Comunità internazionale ....................................... 17 Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero L’indennità versata dal debitore per la rescissione anticipata di un’ipoteca a tasso fisso .............................................. 23 Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano Accesso ai conti bancari ed autorizzazione ............................................................... 25 Non è sufficiente affidare i beni ad un trust per sfuggire al sequestro .......... 26 Pubblicazioni Global perspectives on income taxation law ............................................................. 27 La nuova edizione della Rivista ticinese di diritto è in uscita ............................ 28 Offerta formativa Corsi di diritto tributario .......................................................................................................... 31 www.fisco.supsi.ch Politica fiscale Crisi dell’euro e Unione europea in crisi Come risolvere il peccato originale di Eurolandia La cosiddetta “crisi dei debiti sovrani” scoppiata verso la fine del 2009 in Eurolandia è scaturita da una malformazione strutturale della zona euro sul piano della politica economica, più che dai falsi in bilancio dello Stato greco e dalla diffusa sottrazione di imposte da parte dei suoi contribuenti. In questo contributo analizzeremo dunque inizialmente alcune cause strutturali della crisi in atto in Eurolandia, per sviluppare poi delle considerazioni sulla necessità di accentrare entro breve termine una parte della sovranità fiscale dei Paesi nella zona euro, unitamente all’emissione di eurobbligazioni per finanziare importanti investimenti produttivi e all’istituzione di un meccanismo per attuare dei trasferimenti perequativi allo scopo di contenere entro limiti sostenibili le disparità che caratterizzano ancora oggi queste nazioni sul piano socio-economico. 1. Cause strutturali della crisi dei debiti sovrani in Eurolandia La crisi dei debiti sovrani che sta mettendo a dura prova la zona euro da quando il governo greco annunciò, sul finire del 2009, un disavanzo pubblico clamorosamente superiore alle dichiarazioni del precedente governo, con riferimento al prodotto interno lordo di quel Paese, è il risultato di un “peccato originale” che Padoa-Schioppa (2004, pagina 35) fu tra i primi nell’identificare, facendo notare che l’euro è “una moneta senza Stato” (cfr. Rossi 2010). È infatti una particolarità propria di Eurolandia che l’unificazione monetaria dei suoi Paesi membri – e pertanto l’accentramento della politica monetaria presso la Banca centrale europea (di seguito BCE) – coesistono con delle politiche fiscali ancora saldamente in mano ai governi nazionali, senza alcuna coordinazione tra loro né d’altra parte con la BCE, nonostante il Patto di stabilità e crescita (di seguito PSC) firmato dall’insieme dei Paesi membri dell’Unione europea (di seguito UE) nel 1997. 2 | n° 6 - Giugno 2011 | Celebrando il decimo anniversario di Eurolandia, le autorità dell’UE e molti politici attivi sul piano nazionale nella zona euro fecero notare, con malcelato orgoglio, come l’esistenza di questa zona fosse la dimostrazione che è possibile avere una politica monetaria unica, attuata da una banca centrale indipendente, lasciando contemporaneamente ai governi nazionali le decisioni di politica fiscale all’interno di Eurolandia, perché “le politiche economiche devono considerare le specificità e il quadro istituzionale di ciascuna nazione e possono perciò essere più efficacemente condotte a livello nazionale” (Banca centrale europea 2008, pagina 21, nostra traduzione). Per rinforzare questo argomento, la BCE (ibidem) affermava che “lasciare le politiche economiche ampiamente nelle competenze dei governi nazionali consente pure un certo grado di concorrenza orientata ad aumentare l’efficienza di queste politiche ed emulare le pratiche migliori”. In realtà, la crisi della zona euro avalla l’affermazione di Friedman (1997), secondo cui Eurolandia non può funzionare correttamente, perché i sistemi economici dei suoi Paesi membri sono troppo diversi l’uno dall’altro per formare un’unione monetaria omogenea sul piano strutturale. È ormai riconosciuto da tutti, infatti, che Eurolandia è priva di una “governance” economica in grado di far funzionare quest’unione monetaria come se fosse una nazione unica, cioè un’unione politica all’interno della quale le politiche economiche e le autorità democraticamente elette garantiscono il funzionamento della totalità del sistema economico in modo responsabile e possibilmente con un insieme condiviso di obiettivi tra loro coordinati in maniera dinamica ai vari livelli di governo. L’incoerenza dell’assetto politico-economico di Eurolandia appare anche nella composizione del “policy mix” attuato nella zona euro. Da un lato, le scelte di politica monetaria della BCE frenano la crescita economica di Eurolandia in quanto ignorano il requisito sancito nell’articolo 127, capoverso 1, del Trattato sull’Unione europea (di seguito TUE), che, fatta salva la stabilità dei prezzi, impone alla BCE di sostenere “le politiche economiche generali nell’Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione definiti nell’articolo 3 del trattato sull’Unione europea” (cfr. Rossi 2004). Tali obiettivi convergono nella ricerca di uno sviluppo sostenibile nell’insieme dell’UE, “basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente” (articolo 3, capoverso 3, TUE). Ciò che però importa maggiormente per la soluzione della crisi di Eurolandia è l’esigenza posta all’UE di “promuove[re] la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri”, giusta l’articolo 3, capoverso 3, del TUE, sebbene ciò sia in apparente contrasto con l’articolo 123, capoverso 1, del medesimo trattato, nel quale si dispone l’ormai famosa clausola di “no bail-out” che proibisce qualsiasi forma di solidarietà finanziaria tra gli Stati membri. In realtà, l’intervento della cosiddetta “troika” formata dall’UE, dalla BCE e dal Fondo monetario internazionale a sostegno della Grecia (maggio 2010), dell’Irlanda (dicembre 2010) e del Portogallo (maggio 2011) ha de facto sospeso la clausola suindicata, esigendo però in contropartita che i governi di questi Paesi attuino diversi programmi di austerità allo scopo di rispettare i criteri che riguardano le finanze pubbliche iscritti nel PSC. Per quanto tale condizione sia giustificata per il settore pubblico ellenico (alla luce della sua contabilità creativa nel decennio che ha seguito l’adesione della Grecia alla zona euro come pure dell’importanza dell’economia sommersa rispetto al prodotto interno lordo di questo Paese), è molto sorprendente che anche l’Irlanda (a lungo considerata come il modello ideale di sviluppo economico grazie ai suoi vigorosi tassi di crescita del prodotto interno lordo e ai suoi disavanzi pubblici contenuti rispetto ai criteri di Maastricht) debba attuare delle misure di austerità in tempi brevi, a maggior ragione quando si considera che il governo irlandese non avrà alcun obbligo di aumentare l’aliquota di imposta sugli utili delle imprese – che si situa al livello più basso (12.5%) fra tutti i Paesi membri di Eurolandia, la cui media a questo riguardo supera il 30% (una percentuale che corrisponde all’aliquota prelevata in Germania). A tale riguardo, si noti che le nazioni nelle quali l’imposizione fiscale è la più “leggera” de jure (Irlanda) o de facto (Grecia, a seguito dell’abbondante sottrazione di imposte) sono state le prime a doversi rivolgere ai loro pari in Eurolandia per ottenere un sostegno finanziario multilaterale, con dei costi sociali che saranno molto elevati considerando le drastiche misure di austerità che entrambi questi governi hanno già dovuto imporre alla popolazione nel loro Paese. Dall’altro lato, nessuna coordinazione delle politiche fiscali nazionali è mai avvenuta all’interno di Eurolandia, dato che il paradigma dominante in questo ambito è orientato alla concorrenza fiscale tra gli Stati membri e all’emulazione delle cosiddette “pratiche migliori” in questo contesto (cfr. Banca centrale europea 2008). L’incoerenza appare tanto più grande in quanto si osserva che la maggior parte degli Stati membri di Eurolandia praticano diverse forme di concorrenza fiscale, allo scopo di trattenere o attrarre delle attività economiche entro 3 | n° 6 - Giugno 2011 | i loro confini nazionali, considerando ciò una “pratica migliore”, mentre l’UE nel suo insieme rimprovera ad alcuni Paesi terzi, fra cui la Svizzera, di essere dei “paradisi fiscali” dannosi e non cooperativi nel senso del modello adottato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Non sorprende in realtà che gli Stati membri di Eurolandia vogliano evitare di abbandonare le loro prerogative di spesa pubblica e di imposizione fiscale, dopo che già hanno sacrificato la loro sovranità monetaria trasferendo alla BCE la competenza per le decisioni sui tassi di interesse nell’intera zona euro. Tanto la leva fiscale quanto la spesa pubblica influenzano l’evoluzione congiunturale dell’economia nazionale, che in molti casi i politici con responsabilità di governo cercano di manovrare anche nell’intento di soddisfare degli interessi privati – tra cui la possibilità di restare al governo o di essere rieletti alla fine della legislatura. Non è quindi un caso che le decisioni del Consiglio europeo riguardanti la politica fiscale nell’UE debbano essere prese all’unanimità, contrariamente alla regola generale in base alla quale le scelte di questo Consiglio sono prese a maggioranza qualificata (si vedano gli articoli 114, 192 e 194 del TUE): tale vincolo impedisce qualsiasi armonizzazione fiscale all’interno di Eurolandia, agevolando di conseguenza quelle pratiche di ottimizzazione fiscale che le persone giuridiche sfruttano per eludere l’imposizione degli utili e/o dei capitali nel Paese in cui hanno il loro centro di interesse. Questo arbitraggio fiscale è, spesso e volentieri, sfruttato pure dalle persone fisiche i cui redditi e/o patrimoni sono elevati, allo scopo di ridurre ai minimi termini il loro carico fiscale, soprattutto quando queste persone sono al beneficio della pensione e non svolgono perciò alcuna attività professionale, avendo quindi un’elevata mobilità internazionale. La concorrenza tra le autorità fiscali nazionali all’interno di Eurolandia (e, più in generale, nell’UE) ha esercitato nel primo decennio del ventunesimo secolo una pressione al ribasso sulle aliquote di imposizione delle persone giuridiche, come pure sulle imposte delle persone fisiche benestanti, facendo di conseguenza sopportare ai contribuenti nel cosiddetto “ceto medio” (e che sono poco mobili in quanto i loro redditi dipendono dalla possibilità di impiego di queste persone) un pesante carico fiscale per finanziare il bilancio del settore pubblico nazionale (cfr. Rogers/ Philippe 2011). Questa situazione è particolarmente rilevante per i lavoratori dipendenti che soffrono a causa della riduzione della qualità e/o quantità dei servizi pubblici erogati dallo Stato alle prese con l’esigenza di rispettare i vincoli di bilancio imposti dal PSC. peculiarità di un vecchio modello di concorrenza strategica tra Stati indipendenti” (Padoa-Schioppa 2004, pagina 50, nostra traduzione). Tra le relazioni conflittuali (anziché competitive) fra gli Stati membri della zona euro emergono i forti contrasti fra le politiche fiscali nazionali, dato che Eurolandia non implica né un’unione di bilancio né dei trasferimenti finanziari di carattere perequativo tra i suoi Stati membri, in contrasto con quanto esiste nelle nazioni che hanno un sistema federalista come la Svizzera, la Germania e gli Stati Uniti d’America. 2. L’idea di creare gli Stati Uniti d’Europa, già ventilata dai padri fondatori della Comunità economica europea nei primi anni Cinquanta del ventesimo secolo, è da rilanciare in quanto pietra angolare della costruzione europea che integrerà le politiche economiche e i sistemi politici nazionali al fine di realizzare gli obiettivi iscritti nel TUE (si veda il suo articolo 3, capoverso 3, richiamato supra). In particolare, sarà attraverso un parziale accentramento delle politiche fiscali nel quadro di una federazione politica che la zona euro potrà formare un insieme di Stati tale da riconciliare “moneta” e “politica” nell’interesse dell’insieme di Eurolandia. Il primo passo da compiere in questa direzione potrebbe essere l’introduzione di un’imposta paneuropea sulle transazioni finanziarie, nel solco di quanto proposto dal presidente francese Nicolas Sarkozy per ridurre l’instabilità delle economie nazionali, come pure una tassa sull’uso delle fonti energetiche non rinnovabili o nocive per l’umanità: le risorse fiscali così ottenute dovranno allora essere suddivise tra la federazione, cioè Eurolandia, e i suoi Stati membri, affinché (i) la zona euro in quanto tale possa disporre del proprio bilancio pubblico consistentemente con la dimensione geo-economica dell’unione monetaria, e (ii) ciascuno Stato membro possa contribuire a (o beneficiare di) un meccanismo di trasferimenti dal carattere perequativo allo scopo di evitare delle disparità eccessive tra i vari Paesi che formano la zona euro (misurate con riferimento al reddito pro-capite in termini reali e ai tassi di disoccupazione totale e per le categorie di lavoratori maggiormente a rischio, come i giovani, le donne e i lavoratori “senior”). L’ineluttabile accentramento parziale della politica fiscale nella zona euro La crisi dei debiti sovrani che sta attanagliando la zona euro rappresenta il primo “crash test” per l’unificazione monetaria europea, che la BCE non è equipaggiata per superare indenne senza un sostanziale progresso verso una forma di integrazione politica ancora da studiare tra i suoi Stati membri. Padoa-Schioppa (2004, pagina 36, nostra traduzione) lo fece notare chiaramente: “fino a quando non saranno compiuti altri passi verso una vera unione politica, l’Eurosistema [soprattutto la BCE] sarà la banca centrale di una moneta senza Stato, e sarà così confrontata con una sfida che nessuna altra banca centrale deve affrontare”. Nonostante la sua enorme indipendenza, la BCE è infatti stata (ed è tuttora) costretta a fornire assistenza finanziaria – sebbene attraverso i mercati secondari – a quei governi nazionali nella periferia di Eurolandia che non sono in grado di ripagare le loro obbligazioni alla scadenza. Mettendo in gioco la sua credibilità e aumentando nel lungo termine i rischi di instabilità finanziaria attraverso Eurolandia, la BCE deve confrontarsi con un triangolo di incompatibilità strutturale ai cui vertici si trovano: (i) una moneta e una politica monetaria unica, (ii) la libera circolazione dei capitali tra le economie nazionali che formano la zona euro, e (iii) delle politiche fiscali e di bilancio autonome in ciascuno dei suoi Paesi membri. In effetti, “l’Unione europea è soltanto un sistema politico in divenire, dato che mancano funzioni importanti e caratteristiche costituzionali di una unione politica e rimangono alcune La proposta di creare una base fiscale imponibile sul piano sovranazionale europeo non è nuova: già nel 1977, il cosiddetto “Rapporto MacDougall” indicava questa direzione al fine di completare la costruzione europea in atto a quell’epoca (cfr. Commissione delle Comunità europee 1977). Se nessun progresso è stato fatto su questo fronte, la responsabilità dello statu quo ricade sugli Stati membri dell’UE, i quali sono sempre stati contrari a trasferire (anche soltanto parzialmente) ad un’autorità sovranazionale le loro competenze fiscali (cfr. Holland 2010). In realtà, affrontare la crisi dei debiti sovrani in Eurolandia infliggendo dei programmi di austerità alla popolazione nei Paesi periferici e continuando a imporre loro dei tassi di 4 | n° 6 - Giugno 2011 | interesse esorbitanti indurrà delle forti pressioni deflazionistiche nell’insieme di Eurolandia (compresa dunque la Germania), giacché entrambe queste misure avranno delle conseguenze negative per le transazioni commerciali o finanziarie nella zona euro, riducendo sia i redditi sia i consumi in una spirale che si autoalimenterà creando un vortice dirompente per la coesione nazionale e tra i Paesi membri. Una soluzione migliore per la crisi dei debiti sovrani consiste nel prelevare un’imposta su ciascuna transazione attraverso il settore finanziario di Eurolandia, il cui gettito fiscale dovrà finanziare un Piano europeo di ripresa economica (di seguito PERE) avente lo scopo di promuovere durevolmente gli investimenti pubblici e privati nei settori della sanità, dell’istruzione, del rinnovamento urbano, della protezione dell’ambiente e del paesaggio, delle tecnologie pulite, dei servizi finanziari alle piccole e medie imprese, delle reti di trasporto e di comunicazione transeuropee, raggiungendo in tal modo gli obiettivi dell’UE come esatto dal TUE (cfr. Commissione delle Comunità europee 2008). Se il bilancio pubblico di Eurolandia corrisponderà al 10-15% del prodotto interno lordo dell’intera zona euro (mediante l’accentramento di una parte delle sovranità fiscali dei suoi Stati membri e/o il prelievo di un’imposta paneuropea come indicato sopra), sarà possibile chiedere all’UE o alla BCE di emettere delle eurobbligazioni per finanziare una ripresa economica trainata dagli investimenti attraverso Eurolandia, sostituendo così l’austerità con la solidarietà tra gli Stati membri della zona euro. Questa soluzione sarà ancora più virtuosa se la Banca europea per gli investimenti (di seguito BEI) parteciperà all’architettura per la “governance” economica della zona euro, emettendo le proprie obbligazioni allo scopo di raccogliere dei risparmi da investire nel PERE, permettendo di sgravare in tal modo la spesa pubblica altrimenti a carico degli Stati nazionali (finora, infatti, il debito della BEI grava sui conti pubblici dei Paesi membri dell’UE). Questa partecipazione per conto proprio della BEI al piano di investimenti pubblici in Eurolandia, per la ripresa economica della zona euro nel suo insieme, consentirà ai Paesi periferici in questa zona che hanno oggi un reddito pro-capite inferiore alla media europea di ridurre lo scarto per quanto riguarda gli investimenti, il livello di occupazione e la sicurezza sociale nei confronti dei Paesi più avanzati in Eurolandia, senza dover rinunciare completamente alla sovranità fiscale nazionale. Sia la BEI sia le eurobbligazioni permetteranno in tal modo di attuare degli investimenti produttivi, con il 5 | n° 6 - Giugno 2011 | finanziamento ottenuto dai risparmi che, all’interno come all’esterno di Eurolandia, sono alla ricerca di un rendimento sicuro e durevole a lungo termine (si pensi ai fondi delle casse pensioni). Questa soluzione limiterà il problema dei debiti sovrani di molte nazioni situate alla periferia della zona euro, proteggendole dagli attacchi speculativi nei mercati finanziari “globalizzati”, giacché il regime della “finanziarizzazione” del debito pubblico non sarà più in grado di imporre la “dittatura” del mercato a danno dei contribuenti al fisco. Si tratta senza dubbio di un argomento convincente per i cittadini tedeschi (dunque interessante per le autorità politiche nazionali), a maggior ragione se sarà loro spiegato che esiste una differenza essenziale fra i trasferimenti fiscali necessari per finanziare un’istituzione sovranazionale (come il Fondo per la stabilità finanziaria europea creato nel 2010 a seguito della crisi della Grecia) e un’emissione di eurobbligazioni al fine di indirizzare i risparmi verso gli investimenti produttivi di benessere e occupazione nell’insieme di Eurolandia (cfr. Holland 2010). In effetti, il Fondo per la stabilità finanziaria europea, che nel 2013 dovrebbe trasformarsi in un Meccanismo di stabilità europeo permanente, non alleggerisce in alcun modo l’onere che i contribuenti al fisco nei Paesi virtuosi della zona euro dovranno sopportare in caso di fallimento di uno Stato (come la Grecia, il Portogallo, la Spagna o l’Italia), dato che le obbligazioni emesse da questo Fondo (o dal Meccanismo che lo sostituirà) sono garantite finanziariamente dagli Stati membri di Eurolandia (dunque dalla Germania più che dagli altri Paesi membri, meno virtuosi sul piano delle finanze pubbliche). Se vi saranno delle emissioni di eurobbligazioni, esse offriranno in sostanza un’interessante opportunità per gli investitori privati o istituzionali, perché permetteranno ai creditori, in Asia come in Europa, di diversificare i loro investimenti di portafoglio diminuendo dunque la quota di dollari e buoni del Tesoro degli Stati Uniti in loro possesso – la cui accumulazione è sia la causa sia la conseguenza di ciò che è noto come “l’equilibrio del terrore finanziario” (cfr. Summers 2004). In conclusione, se i politici influenti sul piano europeo avranno il coraggio personale e il sostegno popolare per compiere un passo avanti verso la creazione degli Stati Uniti d’Europa, la “crisi dei debiti sovrani” che ora minaccia l’intera costruzione europea sarà ricordata per avere indotto l’UE a rimediare al peccato originale di Eurolandia, completando l’unificazione monetaria con un primo embrione di unione politica attraverso cui gli Stati membri avranno delegato alla loro federazione una parte della sovranità fiscale. Le sofferenze attuali della popolazione nei Paesi periferici della zona euro non saranno allora state vane e potranno essere ricompensate con un maggiore livello di benessere e occupazione in tutta Eurolandia nel corso dell’intero prossimo decennio. Per maggiori informazioni: Banca centrale europea; Monthly Bulletin: 10th Anniversary of the ECB, Banca centrale europea, Francoforte sul Meno 2008 Commissione delle Comunità europee; Report of the Study Group on the Role of Public Finance in European Integration (“MacDougall Report”), Commissione delle Comunità europee, Bruxelles 1977 Commissione delle Comunità europee; Un piano europeo di ripresa economica, COM(2008) 800 definitivo, Bruxelles, 26 novembre 2008, disponibile in: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri= COM:2008:0800:FIN:it:PDF [27.06.2011] Friedman Milton; “Why the euro is wrong for Europe”, New Perspectives Quarterly, volume 14, n. 4, 1997, pagine 23–24 Holland Stuart; “Financial crises, governance and cohesion: can governments learn up?”, in Richardson Joanna (a cura di); From Recession to Renewal: The Impact of Financial Crises on Public Services and Local Government, Policy Press, Bristol 2010, pagine 50–68 Padoa-Schioppa Tommaso; The Euro and Its Central Bank: Getting United after the Union, MIT Press, Cambridge (MA) 2004 Rogers James/Philippe Cécile; The Tax Burden of Typical Sergio Rossi Professore ordinario di macroeconomia ed economia monetaria nell’Università di Friburgo Workers in the EU 27, Institut économique Molinari, Bruxelles 2011, disponibile in: http://ik.org.pl/test/cms/wp-content/uploads/2011/06/THETAX-BURDEN-OF-TYPICAL-WORKERS-IN-THE-EU-27-2.pdf [27.06.2011] Rossi Sergio; “Inflation targeting and sacrifice ratios: the case of the European Central Bank”, International Journal of Political Economy, volume 34, n. 2, 2004, pagine 69–85 Rossi Sergio; “Chiudete il recinto prima che scappino i «maiali»”, Limes: rivista italiana di geopolitica (numero speciale “L’euro senza Europa”), aprile 2010, pagine 23–28 Summers Lawrence Henry; “The United States and the global adjustment process”, discorso pronunciato all’Institute for International Economics, Washington (DC), 23 marzo 2004, disponibile in: http://www.iie.com/publications/papers/paper. cfm?researchid=200 [27.06.2011] Versione consolidata del Trattato sull’Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, volume 43, n. C 83, 30 marzo 2010, pagine 1–359, disponibile in: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri= OJ:C:2010:083:FULL:IT:PDF [27.06.2011] Diritto tributario svizzero Le indagini della Divisione affari penali ed inchieste Disposizioni generali di procedura, provvedimenti coattivi e decisioni fiscali, d’assistenza o d’istigazione a tali atti. La legge considera gravi infrazioni fiscali la sottrazione continuata di importanti somme d’imposta e i delitti fiscali. Tale elenco non è comunque esaustivo e a dipendenza dell’insieme delle circostanze anche altre modalità d’infrazione potrebbero essere considerate gravi infrazioni fiscali. Gli autori ritengono che la “gravità” sia da ricercare nel modus operandi utilizzato per compiere il reato, piuttosto che nell’importo particolarmente elevato. Comunque, sino ad ora il Tribunale federale si è limitato a statuire che la condizione per l’apertura di un’inchiesta fiscale speciale è l’esistenza di un sospetto sufficiente, ossia è sufficiente che il sospetto sia fondato oggettivamente su degli indizi effettivi che secondo l’esperienza lasciano presupporre l’esistenza di un atto punibile (cfr. GAAC 66.101). 3. 1. Introduzione La Divisione affari penali e inchieste, meglio conosciuta con l’acronimo DAPI è balzata ultimamente agli onori della cronaca per aver condotto delle indagini i cui risvolti hanno trovato spazio sui media ticinesi. È il centro di competenze dell’Amministrazione federale delle contribuzioni (di seguito AFC) che si occupa, da un lato, dell’applicazione uniforme nel Paese del diritto penale fiscale collaborando pure a migliorarne la legislazione, dall’altro di svolgere inchieste fiscali in conformità con il diritto penale amministrativo della Confederazione, quindi utilizzando provvedimenti coattivi. Una ventina di collaboratori specializzati, compiono indagini fiscali le cui caratteristiche sono ben lontane dai normali controlli espletati dagli ispettori cantonali o federali (per IVA e imposta preventiva), sia per tipologia d’inchiesta che per mezzi a disposizione e diritti delle persone coinvolte. Di seguito illustreremo il decorso dell’inchiesta, dalla sua apertura sino alla chiusura, analizzando in particolare le misure coercitive, i parallelismi e anche le diversità delle inchieste svolte per infrazione alle leggi federali sull’imposta federale diretta (di seguito LIFD) e sull’imposta preventiva (di seguito LIP) 2. I presupposti per l’apertura di un’inchiesta fiscale speciale ai sensi dell’articolo 190 LIFD L’articolo 190 LIFD prevede che il Capo del Dipartimento federale delle finanze (di seguito DFF), attualmente la Consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf, può autorizzare l’AFC, e per essa la DAPI, a svolgere un’inchiesta se esistono sospetti giustificati di gravi infrazioni 7 | n° 6 - Giugno 2011 | I presupposti per l’apertura di un’inchiesta ai sensi dell’imposta preventiva Se l’articolo 190 LIFD prevede condizioni “severe” per l’apertura di un’inchiesta, meno severe sono le condizioni qualora il reato costituisca un’infrazione alla LIP. In questo caso non è previsto il rilascio di autorizzazioni da parte del Consigliere federale e non deve nemmeno sussistere l’illecito fiscale continuato e grave. L’unico limite è dato dal rispetto dei principi generali di diritto, segnatamente il principio di proporzionalità (in particolare nel caso in cui l’autorità fiscale desideri utilizzare dei provvedimenti coattivi) e di parità di trattamento tra contribuenti. In ogni caso, la decisione d’apertura dell’inchiesta viene presa solamente con l’accordo della Direzione dell’AFC. 4. L’imputato Nell’ambito delle inchieste fiscali speciali (ossia inchieste ai sensi dell’articolo 190 LIFD) gli imputati possono essere sia persone fisiche che giuridiche. Queste possono essere indagate in qualità di autori, complici o istigatori (articolo 191 LIFD). A differenza delle inchieste fiscali speciali, quelle ai sensi dell’imposta preventiva sono svolte solamente contro persone fisiche in virtù del principio societas delinquere non potest (articolo 6 della legge federale sul diritto penale amministrativo, di seguito DPA). 5. Gli atti d’inchiesta tesi all’accertamento dei fatti I possibili atti d’inchiesta che la DAPI può mettere in atto sono regolati dagli articoli da 19 a 50 DPA. Sostanzialmente sono gli stessi sia che l’inchiesta sia tesa ad accertare i fatti nell’ambito dell’imposta federale diretta che dell’imposta preventiva. L’unica differenza riguarda il fermo provvisorio dell’autore, vietato solo nell’ambito delle inchieste fiscali speciali (articolo 191 capoverso 1 LIFD in rimando all’articolo 19 capoverso 3 DPA). 6. Le perquisizioni Nel caso di un’indagine la DAPI ha la possibilità di compiere delle perquisizioni tese a raccogliere mezzi di prova, segnatamente documenti, volti a confermare il sospetto di infrazione fiscale (articolo 50 DPA). Di regola le perquisizioni avranno luogo presso il domicilio e/o la sede dell’imputato, nonché in altri luoghi situati in Svizzera dove presumibilmente sono conservati documenti importanti per l’inchiesta (per esempio nelle abitazioni secondarie, negli uffici di revisione o di consulenza, dai gestori di patrimoni, eccetera). La perquisizione avviene previo rilascio di un mandato di perquisizione da parte del Direttore dell’AFC e deve essere fatta con il maggior riguardo possibile dei segreti privati; segnatamente, le carte devono essere esaminate solamente quando si possa presumere che contengano scritti necessari per chiarire i fatti. La perquisizione deve essere fatta in modo da tutelare il segreto d’ufficio, come anche i segreti confidati nell’esercizio del proprio ministero o della propria professione agli ecclesiastici, agli avvocati, ai notai, ai medici, ai farmacisti, alle levatrici e ai loro ausiliari. Rileviamo comunque, in particolare per quanto attiene gli avvocati ed i notai, che possono avvalersi del segreto professionale unicamente per quanto attiene allo loro attività tipica; attività a carattere fiduciario, anche se svolte da un legale, non sono protette dal segreto (cfr. DTF 132 IV 63). Se il detentore delle carte si oppone alla perquisizione, la stessa avrà comunque luogo ma le carte saranno suggellate, asportate e poste in luogo sicuro. Se in seguito il detentore delle carte mantiene l’opposizione, la DAPI presenterà un’istanza di levata dei sigilli alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale, la quale statuirà sull’ammissibilità del provvedimento (articolo 25 capoverso 1 DPA). 8 | n° 6 - Giugno 2011 | 7. Le richieste di informazioni e i documenti Se nel corso dell’inchiesta la DAPI ritenesse opportuno acquisire nuove informazioni o documenti da terzi, può senz’altro imporre la trasmissione di quanto richiesto sotto comminatoria di pena (articolo 292 del Codice penale svizzero [di seguito CP]). Tipicamente queste richieste avvengono all’indirizzo di una banca e sono tese (i) alla determinazione dell’avente diritto economico di una relazione oppure, (ii) a chiarire le movimentazioni di fondi avvenute sui conti non dichiarati dell’imputato. Nell’ambito delle indagini condotte ai sensi del DPA, evidenziamo come il segreto bancario non sia salvaguardato e quindi l’istituto non possa rifiutarsi di collaborare (cfr. GAAC 67.85 e 67.86). In passato il Tribunale penale federale (cfr. BE.2005.10) ha già avuto modo di differenziare tra la richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 40 DPA e l’ingiunzione fatta ad un terzo di consegnare dei documenti da uno specialista inquirente. Infatti, conformemente alla prassi, quando le carte sono nelle mani di una banca, l’autorità non si sposta fisicamente per procedere ad una perquisizione (provate ad immaginare la perquisizione di un istituto finanziario di grosse dimensioni). Tale perquisizione è sostituita da un ordine all’intenzione dell’istituto bancario di consegnare le carte all’autorità inquirente. Materialmente, tale ordine equivale tuttavia ad una perquisizione ai sensi dell’articolo 50 DPA, che permette quindi, se del caso, la trasmissione delle carte sotto suggello. Al contrario, la richiesta di informazioni permette d’interpellare un istituto bancario affinché questo indichi, per esempio, se una determinata persona è titolare di un conto presso di lui (cfr. DTF 120 IV 260 consid. 3). L’articolo 40 DPA (richiesta d’informazioni) non può quindi essere invocato per imporre a dei terzi la consegna di documenti. 8. Gli interrogatori e le perizie Un ulteriore mezzo d’indagine teso al chiarimento dei fatti consiste nella possibilità di interrogare l’imputato (articolo 39 DPA), le persone a conoscenza dei fatti (articolo 40 DPA) oppure i testimoni (articolo 41 DPA). L’imputato in quanto tale ha il diritto di non rispondere alle domande dello specialista inquirente, soprattutto qualora queste fossero tese ad aggravare la sua posizione. Rifiutandosi di rispondere, egli non incorre in alcuna sanzione, ma indirettamente potrebbe contribuire a confermare la tesi accusatoria. Ovviamente, qualora lo ritenesse opportuno, egli potrà sempre esprimere la propria versione dei fatti, sia oralmente che per iscritto, nel seguito della procedura. Le persone interrogate a titolo di persona a conoscenza dei fatti o testimoni, si distinguono tra loro in quanto le prime, nonostante non siano formalmente imputate, possono comunque rifiutarsi di rispondere, mentre le seconde sono tenute a rispondere e a dire tutta la verità; in caso contrario sono passibili di sanzioni (articolo 307 CP). Nella prassi una persona è considerata a conoscenza dei fatti, quando si sospetta che questa possa entrare in linea di conto quale complice o co-autore al pari dell’imputato. Per esempio, il contabile di un’azienda che potrebbe aver redatto scientemente una contabilità inesatta, sarà interrogato in qualità di persona informata sui fatti poiché, egli, in un secondo tempo, potrebbe essere ritenuto complice delle sottrazioni d’imposta. Concedendogli la facoltà di non rispondere può così evitare di concorrere alla propria incriminazione; se non ne approfitta e risponde alle domande, queste dichiarazioni potranno essere usate contro di lui nell’ambito di un procedimento per complicità in sottrazione d’imposta (articolo 177 LIFD). Oltre alle perquisizioni, alle richieste di documenti e informazioni e agli interrogatori, la DAPI può ordinare delle perizie (per esempio delle perizie calligrafiche oppure delle perizie tese a verificare l’autenticità di un documento che sospetta sia retrodatato) oppure delle ispezioni oculari. 9. I sequestri e la costituzione di garanzie In virtù dell’articolo 46 capoverso 1 DPA, la DAPI può sequestrare e confiscare dei beni (articolo 66 DPA). Il sequestro e la confisca sono volti a sottrarre al contribuente il vantaggio economico risultato del reato. Si rileva che il sequestro può avvenire anche se nel frattempo il bene è stato trasmesso ad altri. Può essere confiscato ogni vantaggio economico derivante direttamente o indirettamente dal reato. In caso di sottrazione d’imposta l’ammontare massimo dell’importo che può essere sequestrato corrisponde al controvalore della presunta sottrazione d’imposta, interessi di ritardo inclusi (cfr. DTF 120 IV 365 consid. 1d). Per le multe questo strumento non è concesso. In concreto il sequestro e la confisca sono volti a dissuadere il contribuente dal commettere dei reati. Con la sentenza del 1. aprile 2011 (cfr. DTF 1B_417/2010), il Tribunale federale ha recentemente riconfermato la liceità dei sequestri ai sensi del DPA. Nel caso in cui il contribuente non sia domiciliato in Svizzera oppure il pagamento dell’imposta da lui dovuta sembri compromesso, l’autorità fiscale cantonale può richiedere la costituzione di garanzie (articolo 169 LIFD). La richiesta di garanzie rappresenta per il contribuente l’obbligo di porre dei beni a garanzia delle imposte sottratte, delle multe e degli interessi di ritardo. L’ammontare della richiesta è quindi stabilito in base al calcolo del presunto credito nei confronti dell’ente pubblico. Al fine di tutelare adeguatamente i diritti dell’ente pubblico, questi strumenti sono utilizzati congiuntamente. Infatti, nell’ambito di un’indagine condotta dalla DAPI, il sequestro di beni avviene contemporaneamente alla comunicazione di apertura di una procedura penale fiscale; per contro capita che la richiesta di costituzione di garanzie ai sensi dell’articolo 169 LIFD, che verte sostanzialmente sugli stessi beni già gravati dai sequestri ai sensi del DPA, sia costituita solamente al termine della procedura di accertamento. 9 | n° 6 - Giugno 2011 | 10. La chiusura dell’inchiesta fiscale speciale ai sensi dell’articolo 190 LIFD Per le inchieste fiscali speciali ai sensi dell’articolo 190 LIFD, qualora sia stato accertato un reato, l’AFC compila un rapporto che trasmette all’amministrazione cantonale interessata e all’imputato. Il contribuente avrà quindi 30 giorni a contare dalla notifica del rapporto per esprimere il proprio parere o proporre un complemento d’inchiesta. Per quanto riguarda il contenuto del rapporto d’inchiesta l’autorità inquirente dovrà ricostruire dettagliatamente la fattispecie citando gli articoli di legge infranti (condizione oggettiva). Il comportamento del contribuente sarà analizzato per determinare la condizione soggettiva (ossia se egli ha agito con intenzionalità o per negligenza). Si presenterà il calcolo del ricupero d’imposta; saranno considerate le condizioni aggravanti e quelle attenuanti, in modo che il contribuente possa avere un’idea precisa delle conseguenze dei suoi comportamenti (multa). In aggiunta, il rapporto farà riferimento ad eventuali denuncie ad altre autorità per reati la cui competenza non è dell’amministrazione cantonale delle imposte; ad esempio denuncia per frode fiscale al Ministero pubblico. Eseguito (oppure rifiutato) il complemento d’inchiesta proposto dal contribuente, gli uffici delle amministrazioni cantonali competenti porteranno a conclusione la procedura di ricupero e sottrazione d’imposta. In altre parole, la competenza per il caso sarà trasmessa all’autorità fiscale cantonale che, sulla base della legge tributaria cantonale e della LIFD, concluderà sia la procedura di ricupero d’imposta che la procedura di sottrazione. Si osserva che l’autorità cantonale di tassazione o le istanze ricorsuali superiori non hanno la possibilità di compiere misure coattive, quindi, a giudizio degli autori, se queste dovessero ammettere domanda di complemento d’inchiesta precedentemente rifiutata dalla DAPI, l’incarto potrebbe essere ritornato alla DAPI, con l’ordine di eseguire gli atti d’inchiesta ritenuti mancanti. 11. La chiusura dell’inchiesta ai sensi dell’imposta preventiva In merito ai reati contro la LIP, una volta conclusa l’inchiesta, la DAPI stende e notifica all’imputato il processo verbale finale (giusta l’articolo 61 DPA), il cui contenuto corrisponde approssimativamente al rapporto d’inchiesta precedentemente descritto. Anche in questo caso l’imputato riceverà un adeguato termine per spiegarsi, proporre atti d’indagine complementari e conclusioni. Terminata quindi l’inchiesta, si attiveranno la procedura amministrativa, per la corretta tassazione del contribuente e la procedura penale, per stabilire un’eventuale pena. Per la procedura amministrativa la legge prevede la facoltà per il contribuente di concludere la procedura pagando l’importo indicato dall’amministrazione, quindi senza ulteriore decisione rilasciata dall’AFC; si tratta quindi di un metodo per terminare in maniera semplice il contenzioso accordandosi con l’autorità fiscale. A richiesta del contribuente, oppure nel caso in cui il DFF lo decida, ossia se ricorrano gli estremi per infliggere una pena pecuniaria o ordinare una misura privativa della libertà, il caso verrà rinviato al Tribunale penale cantonale competente per il tramite del Ministero pubblico cantonale. Per concludere occorre ancora precisare che sino a quando la procedura amministrativa non sarà terminata, in presenza di decisione di prima istanza, la procedura penale resterà sospesa e i termini di prescrizione non decorreranno. 12. Il difensore e le modalità di reclamo L’imputato ha in qualunque stadio della causa il diritto di provvedersi di un difensore. Sono tali unicamente gli avvocati iscritti all’albo (articolo 32 capoverso 2 lettera a DPA); un fiduciario, ancorché laureato in diritto, non può assumere le veci del difensore. Considerata la usuale complessità delle cause, l’esperienza dimostra che un collegio difensivo formato da un avvocato e da un consulente fiscale rappresenta la soluzione ideale per garantire i diritti dell’imputato. Contro i provvedimenti coattivi, segnatamente il sequestro di oggetti e beni e le perquisizioni, può essere proposto reclamo alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (articolo 26 DPA). Il reclamo deve essere presentato al Direttore dell’AFC entro tre giorni a contare da quello in cui il reclamante ha avuto conoscenza dell’operazione o ha ricevuto notificazione della decisione. Se il Direttore dell’AFC rettifica l’operazione o rimedia all’omissione in conformità delle conclusioni proposte, il reclamo diventa senza oggetto; in caso contrario, questi deve trasmetterlo alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale, con le sue osservazioni, al più tardi il terzo giorno feriale dopo il suo ricevimento. Contro le operazioni e le omissioni del funzionario 10 | n° 6 - Giugno 2011 | inquirente che non costituiscono una misura coercitiva (per esempio contro il rifiuto di interrogare un teste proposto dalla difesa), può essere interposto reclamo presso il Direttore dell’AFC (articolo 27 DPA) entro tre giorni a contare da quello in cui il reclamante ha avuto conoscenza dell’operazione o ha ricevuto notificazione della decisione. La decisione su reclamo va notificata per iscritto al reclamante e deve indicare i rimedi giuridici. La decisione sul reclamo può essere impugnata presso la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale soltanto per violazione del diritto federale, compreso l’eccesso o l’abuso del potere d’apprezzamento. In entrambi i casi, le decisioni del Tribunale penale federale, possono essere attaccate dinnanzi al Tribunale federale. 13. I diritti dell’imputato e collaborazione tra autorità fiscali Qualunque procedura in ambito penale fiscale, ed in particolare quelle commentate nel presente articolo, deve rispettare i diritti dell’imputato. In particolare all’imputato sono riconosciuti i diritti previsti dall’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, quali il diritto di non rispondere e di non collaborare al procedimento. Anche la DAPI è tenuta a compiere i suoi atti d’inchiesta nel rispetto dell’ordinamento generale di diritto. In particolare l’attuazione di una misura coercitiva è ammissibile unicamente in presenza di una base legale, se vi è un interesse pubblico e se viene rispettato il principio della proporzionalità (cfr. DTF 130 I 65 consid. 3). Le leggi citate prevedono collaborazione vicendevole tra le autorità (articoli 19 capoverso 2 e 30 DPA), questo significa che l’autorità inquirente tenderà a fare in modo che vengano recuperate tutte le imposte sottratte, ossia il contribuente, a dipendenza della tipologia di reato, dovrà considerare di rimborsare: l’imposta federale diretta, l’imposta cantonale e comunale, l’imposta preventiva ed eventualmente l’IVA. In aggiunta, egli potrebbe essere multato e deferito al Ministero pubblico nel caso abbia commesso una frode o truffa fiscale. 14. Conclusione Le inchieste penali amministrative sono molto logoranti dal profilo umano e materiale. Molto difficilmente, allorquando la DAPI interviene, le inchieste si concludono con un non luogo a procedere. Spesso le cifre ricuperate grazie all’inchiesta, oppure da nuovi filoni nati nel corso della compulsazione delle carte, portano lo Stato a recuperare ingenti somme d’imposta nell’ordine di milioni di franchi svizzeri. In aggiunta, le multe comminate hanno un effetto dissuasivo e talvolta preventivo estremamente importante. È quindi opportuno riflettere attentamente prima di compiere un illecito fiscale! Matteo Gamboni Esperto fiscale diplomato Mondia & Associati SA, Lugano Già collaboratore inquirente della Divisione affari penali ed inchieste Filippo Piffaretti Esperto fiscale diplomato Amministrazione federale delle contribuzioni, Berna Collaboratore inquirente della Divisione affari penali ed inchieste Gli autori esprimono il loro personale parere. Donazione o compravendita immobiliare? Le donazioni immobiliari a titolo oneroso sotto il profilo dell’imposizione degli utili immobiliari 1.2. La nozione fiscale di donazione mista 1. Considerazioni introduttive La donazione è un contratto bilaterale con il quale, in pieno spirito di liberalità, una parte – il donante – arricchisce l’altra – il donatario – disponendo a suo favore di un diritto proprio, presente nel patrimonio, o assumendo verso la stessa un’obbligazione. Il Codice delle obbligazioni (di seguito CO), all’articolo 239 capoverso 1, la definisce come “ogni liberalità tra i vivi con la quale taluno arricchisce un altro coi propri beni senza corrispondente prestazione.” Nel campo immobiliare, può però accadere – e spesso accade – che il bene donato sia gravato da una preesistente ipoteca. In questi casi, il donatario è solito assumersi il debito ipotecario ancora scoperto e la semplice donazione diventa così una donazione mista (negotium mixtum cum donatione), caratterizzata dalla combinazione di due differenti atti giuridici: da una parte, un contratto bilaterale a titolo oneroso (compravendita) e, dall’altra, un contratto bilaterale a titolo gratuito (una donazione). 1.1. La nozione civile di donazione mista Dal profilo del diritto civile, gli elementi caratteristici della donazione mista sono sostanzialmente due: (i) l’esistenza di una certa sproporzione tra le prestazioni (l’elemento oggettivo della liberalità) e (ii) la volontà di beneficiare per la differenza la controparte (l’elemento soggettivo della liberalità). Non basta, cioè, che il disponente abbia fornito una prestazione sproporzionata alla controprestazione, ma occorre anche che ne abbia avuto coscienza e volontà. 12 | n° 6 - Giugno 2011 | Analogamente ad altre legislazioni cantonali, l’articolo 142 capoverso 2 della Legge tributaria del Canton Ticino (di seguito LT), che disciplina l’imposta di donazione, estende espressamente la sua nozione a tutti gli anticipi ereditari, anche se soggetti a collazione (lettera c), e a tutte le liberalità contenute in un contratto misto o simulato (lettera e), a prescindere dall’entità della sproporzione esistente tra prestazione e controprestazione. La portata pratica di questa disposizione è tuttavia limitata, essenzialmente per due ragioni. In primo luogo, poiché dal 1. gennaio 2000 è stata abolita l’imposta di successione e di donazione tra discendenti e ascendenti in linea diretta, compresi gli adottivi (articolo 154 capoverso 1 lettera f LT). In secondo luogo, nello specifico campo immobiliare, poiché gli immobili e i loro accessori sono imposti al valore di stima ufficiale (articolo 158 capoverso 1 LT). Notoriamente prudenziali, tali valori possono infatti divergere anche di molto dal reale valore degli immobili. Succede così di frequente che la controprestazione del donatario, che si assume in via privativa il debito ipotecario esistente, eccede ampiamente il valore di stima ufficiale dell’immobile ricevuto, con conseguente piena liberazione dall’imposta di donazione dell’incremento patrimoniale gratuito di cui ha invece potuto realmente beneficiare lo stesso donatario. 2. L’imposizione degli utili immobiliari Di portata sicuramente più rilevante è l’imposta sugli utili immobiliari, che ha per oggetto i guadagni realizzati con il trasferimento della proprietà di immobili o di parti di essi (articolo 123 LT). In due recenti sentenze del 1. luglio 2009 (cfr. RtiD I-2010 n. 16t) e del 3 marzo 2010 (cfr. RtiD II-2010 n. 11t), la Camera di diritto tributario del Tribunale d’appello (di seguito CDT) ha avuto modo di occuparsi di questo tema in relazione a due donazioni immobiliari a titolo oneroso, giungendo a delle conclusioni interessanti. 2.1. Il principio Il tributo in questione si configura come un’imposta speciale di carattere reale, per il fatto che colpisce un singolo oggetto (l’immobile trasferito), senza riguardo alla complessiva capacità contributiva della persona assoggettata. Conformemente a quanto disposto dall’articolo 128 capoverso 1 LT, l’imposta sugli utili immobiliari ha per oggetto la differenza tra il valore di alienazione e il valore di investimento, che a sua volta si compone del valore di acquisto e dei costi di investimento. L’articolo 129 capoverso 2 LT prevede poi che in caso di proprietà di durata superiore ai vent’anni, l’alienante possa chiedere che il valore di stima in vigore vent’anni prima del trasferimento di proprietà valga quale valore di investimento fino a tale data. 2.2. Il differimento dell’imposizione 2.2.1. Le donazioni immobiliari a titolo gratuito Nel caso del trasferimento a titolo totalmente gratuito, l’imposizione degli utili immobiliari non pone alcun problema. Secondo la formulazione dell’articolo 125 lettera a LT, volutamente ampia, le successioni, i legati, le donazioni ed ogni altro contratto soggetto all’imposta di successione o donazione, conformemente agli articoli 142 e seguenti LT, sono infatti motivo di differimento dell’imposizione. In sintonia con quanto disposto dall’articolo 12 capoverso 3 lettera a della Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (di seguito LAID), ne consegue che l’imposta sugli utili immobiliari non viene nemmeno prelevata in caso di cessione a titolo di anticipo ereditario, per il fatto stesso che ne è stabilito l’assoggettamento all’imposta di donazione (articolo 142 capoverso 2 lettera c LT). 2.2.2. Le donazioni immobiliari a titolo oneroso Più problematica è invece l’imposizione dei trasferimenti conclusi solo parzialmente a titolo gratuito, che negli anni hanno dato luogo a diverse interpretazioni. Come riportato dalla dottrina (cfr. Soldini Alessandro/ Pedroli Andrea, L’imposizione degli utili immobiliari – Commentario degli articoli da 123 a 140 LT con un’appendice sulle norme di procedura e transitorie, Lugano 1996, pagina 215), la prassi cantonale ticinese tendeva a distinguere, in presenza di un negozio misto con donazione, la parte acquistata da quella ricevuta in dono: • • per la parte acquistata veniva prelevata l’imposta sull’utile immobiliare, perlomeno nella misura in cui il valore della controprestazione superava il valore di investimento; per la parte donata scattava invece il differimento dell’imposizione. Spettava quindi alla competente autorità di tassazione segnalare il caso all’Ufficio delle imposte di successione e donazione, affinché procedesse all’imposizione della donazione in quanto tale. Per le ragioni già ricordate, i casi in cui si poneva 13 | n° 6 - Giugno 2011 | concretamente il problema dell’imposizione della parte donata erano estremamente rari, in considerazione delle citate particolari modalità di valutazione degli immobili, fondate sul loro valore ufficiale di stima. Per contro, tale prassi faceva sorgere non poche difficoltà al momento della successiva alienazione da parte del compratoredonatario. In primo luogo, si doveva stabilire il valore di investimento, rappresentato dalla somma del valore di acquisto e dei costi di investimento, facendo astrazione della parte donata, in quanto non imposta. In secondo luogo, si dovevano applicare due diverse aliquote all’utile, suddividendolo in proporzione alle rispettive parti (acquistata e donata). In effetti, per la parte acquistata, faceva stato la durata a partire dal momento dell’acquisto mediante negozio misto, mentre per la parte donata occorreva risalire alla situazione iniziale (durata superiore e quindi aliquota più moderata). 2.3. La nuova prassi Con le sentenze del 1. luglio 2009 e del 3 marzo 2010, la CDT si è definitivamente distanziata dalla vecchia prassi cantonale, adottando una soluzione sicuramente più pragmatica. Dopo avere analizzato i lavori parlamentari che hanno preceduto l’adozione dell’articolo 12 LAID, ed in particolare il messaggio del Consiglio federale del 25 maggio 1983 a sostegno delle leggi federali sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni e sull’imposta federale diretta, nel quale viene testualmente affermato che i negozi misti con donazione devono dare luogo al differimento dell’imposizione (cfr. FF 1983 III 66), la CDT è giunta alla convinzione che le donazioni immobiliari a titolo oneroso e, più in generale, i contratti misti con donazione sono, in quanto tali, motivo di differimento dell’imposizione degli utili immobiliari, senza la necessità di dover distinguere tra la quota acquistata e quella ricevuta in dono. Questa soluzione ha il sicuro pregio di semplificare la procedura di tassazione, ma non risolve tutti i problemi. Per scongiurare il rischio che le parti contraenti concludano un accordo simulato, inteso a trasformare una cessione a titolo oneroso in un negozio misto con donazione, al solo scopo di poter usufruire del differimento dell’imposizione degli utili immobiliari, occorre infatti delimitare in modo chiaro e inequivocabile le donazioni miste dalle cessioni a titolo oneroso. 2.4. La delimitazione tra donazioni miste e cessioni a titolo oneroso Nelle citate sentenze del 1. luglio 2009 e del 3 marzo 2010, la CDT ha così esaminato le diverse proposte suggerite dai Cantoni, giungendo a distinguere due gruppi di donazioni miste: • • le donazioni miste a titolo di anticipo ereditario; le altre donazioni miste. da sé che tale sproporzione non deve essere compensata da altre prestazioni del donatario (per esempio lavoro, mandato, eccetera) e che il comportamento delle parti non deve adempiere gli estremi dell’elusione d’imposta. 3. 2.4.1. Le donazioni miste a titolo di anticipo ereditario Gli anticipi ereditari sono delle liberalità effettuate in vita, ma che devono essere computate sulla quota ereditaria dell’erede che le riceve (articolo 626 capoverso 1 del Codice civile svizzero). Data l’impossibilità di ricavarne una nozione chiara dal diritto civile, occorre creare una definizione di “anticipo ereditario” riservata alla materia fiscale: è considerato anticipo ereditario ogni donazione in cui il donante rinuncia del tutto o in parte a un corrispettivo, in considerazione della persona del donatario, che rientra nella cerchia di coloro che sono destinati a ereditare. Detto altrimenti, le donazioni immobiliari a favore di eredi legali o istituiti devono sempre dare luogo a differimento, a prescindere dall’esistenza di una certa sproporzione fra prestazione e controprestazione del donatario. L’unica condizione è che non si possa rimproverare alle parti un comportamento elusivo nella scelta di qualificare la cessione immobiliare come donazione, al solo scopo di poter usufruire del differimento dell’imposizione. A tale proposito, la giurisprudenza bernese ha giudicato insolita, per esempio, la scelta di un contribuente che, nell’imminenza di donare un immobile alla propria figlia, ne ha aumentato l’onere ipotecario fino a concorrenza del suo valore venale, usufruendo della liquidità così ricevuta per un altro progetto immobiliare (cfr. NStP 1996 pagina 121). Considerazioni finali Le due sentenze del 1. luglio 2009 e del 3 marzo 2010 hanno anzitutto il pregio di chiarire che le donazioni immobiliari a titolo oneroso e, più in generale, i contratti misti con donazione sono, in quanto tali, motivo di differimento dell’imposizione ai sensi dell’articolo 125 lettera a LT. In nessun caso, l’autorità di tassazione deve pertanto procedere ad una tassazione separata della parte acquistata e di quella donata. Di particolare rilievo è poi la distinzione tra le donazioni miste a favore di eredi legali o istituiti, che danno sempre luogo a differimento (riservato tutt’al più il caso in cui fosse ravvisabile un comportamento elusivo), e le altre donazioni miste, che necessitano invece una certa sproporzione fra la prestazione del donante e la controprestazione del donatario, pari almeno al 20% o al 25%. Nell’ottica di un’applicazione uniforme e coerente dell’ordinamento tributario, le stesse regole vanno applicate anche in materia di imposta cantonale di bollo (cfr. Legge sull’imposta di bollo e sugli spettacoli cinematografici). Come osservato dalla CDT nella prima sentenza del 1. luglio 2009, la copia destinata all’Archivio notarile di istromenti aventi per oggetto donazioni miste a favore di eredi sarà allora esentata dal’imposta di bollo; le copie degli istromenti aventi per oggetto le altre donazioni miste saranno invece esentate solo a condizione che sia provata una certa sproporzione tra prestazione e controprestazione. Per maggiori informazioni: Decisione CDT n. 80.2008.83 del 1. luglio 2009, pubblicata in: RtiD I-2010 n. 16t Decisione CDT n. 80.2008.105 del 3 marzo 2010, pubblicata in: RtiD II-2010 n. 11t 2.4.2. Le altre donazioni miste Nel campo di applicazione dell’articolo 125 lettera a LT rientrano pure le donazioni miste che non avvengono a titolo di anticipo ereditario. In questi casi, tuttavia, diventa fondamentale esigere una certa sproporzione fra la prestazione del donante e la controprestazione del donatario, non fosse altro – come detto – che per evitare la proliferazione delle donazioni, caratterizzate da controprestazioni del donatario che equivalgono praticamente al pagamento del prezzo. Sull’esempio delle prassi adottate dagli altri Cantoni, appare allora più che giustificato pretendere che la prestazione del beneficiario si situi al di sotto del valore venale del fondo, con una differenza pari almeno al 20% o al 25%. Va Rocco Filippini Avvocato Vicecancelliere della Camera di diritto tributario del Tribunale d’appello Diritto tributario italiano Mandato fiduciario senza intestazione di attività finanziarie Recenti precisazioni dell’Agenzia delle Entrate italiana possono agevolare l’apertura di rapporti bancari esteri da parte di soggetti italiani di amministrazione senza intestazione” per consentire il rimpatrio giuridico degli stessi), si è ipotizzato che il medesimo criterio, con gli opportuni aggiustamenti, potesse essere adottato anche per le attività finanziarie depositate in una banca estera. In particolare, è stato ipotizzato, e sottoposto all’Agenzia delle Entrate, uno schema operativo secondo cui: A seguito delle operazioni di rimpatrio giuridico effettuate nell’ambito del provvedimento noto come scudo fiscale possono sorgere criticità legate alla concreta gestione delle attività finanziarie scudate che (nello schema noto come “rimpatrio giuridico”) sono depositate presso una banca estera ed intestate a nome di una società fiduciaria italiana. Nell’ambito di tale schema, infatti, salvo particolari ipotesi di procura, il beneficiario delle attività è tenuto a rivolgersi alla fiduciaria italiana, e non alla banca estera, per trasmettere ogni istruzione circa la movimentazione delle attività estere. Possono incontrarsi, pertanto, maggiori difficoltà o macchinosità nella concreta gestione delle somme estere, rispetto alle precedenti abitudini del soggetto che ha scudato, e che da “correntista” di una banca estera si ritrova nella posizione di fiduciante, quindi in rapporto diretto solo con la fiduciaria italiana e non più con la banca estera di riferimento. La recente Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 61 del 31 maggio 2011, in risposta ad un’istanza di interpello formulata da un contribuente, ha consentito l’utilizzo di uno “schema operativo” che permette ad un soggetto residente in Italia che vuole mantenere attività finanziarie presso una banca estera (a prescindere dall’operazione di scudo fiscale) di avere un rapporto diretto con la banca estera, conservando comunque un regime di riservatezza dato dal venir meno degli obblighi di compilazione del modulo RW e di indicazione dei redditi di fonte estera nel proprio Modello Unico di dichiarazione dei redditi. Sulla scorta delle precisazioni rese in ambito di scudo fiscale con riferimento ai beni immobili localizzati all’estero (per cui era stata individuata la strada del “mandato 15 | n° 6 - Giugno 2011 | a. una persona fisica conferisce alla fiduciaria italiana un mandato a compiere specifici atti giuridici di amministrazione di determinati beni rappresentati da dossier di titoli (e quindi dagli strumenti finanziari in essi contenuti) e da contratti di conto corrente presso una banca estera; b. i rapporti finanziari oggetto di amministrazione sono e rimangono intestati alla persona fisica presso la banca estera; c. le operazioni di investimento e disinvestimento sono trasmesse direttamente dalla persona fisica alla banca estera, senza l’interposizione della fiduciaria italiana; d. per effetto del mandato, la fiduciaria si impegna a fornire una serie di servizi, tra cui si evidenziano: • • • il controllo delle operazioni di negoziazione (investimenti e disinvestimenti) concluse direttamente dalla persona fisica, la rendicontazione periodica dell’attività svolta, l’applicazione e il versamento delle ritenute alla fonte e delle imposte sostitutive previste dall’ordinamento tributario italiano sui redditi di natura finanziaria oggetto del rapporto di amministrazione; e. la persona fisica si obbliga a non compiere alcun atto relativamente ai beni oggetto del rapporto senza preventiva comunicazione alla fiduciaria e a fornire tempestivamente alla medesima fiduciaria ogni informazione relativa ai flussi reddituali riguardanti le attività oggetto del rapporto. Sulla base dello schema delineato, l’Agenzia delle Entrate si è espressa circa le conseguenze relative all’applicazione delle imposte sostitutive e delle ritenute alla fonte da parte della fiduciaria, nonché relativamente agli obblighi di monitoraggio. A tal riguardo, l’Agenzia ha precisato che ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 6 del Decreto-Legislativo n. 461/1997 da parte della società fiduciaria è necessaria la sussistenza di un rapporto di amministrazione, ma non è necessariamente richiesta l’intestazione delle attività finanziarie alla società fiduciaria. Pertanto, sempre secondo l’Agenzia, la fiduciaria italiana può applicare il regime di risparmio amministrato purché vengano garantiti gli obblighi di preventiva comunicazione a carico del cliente, così da permettere alla fiduciaria medesima di operare la corretta tassazione dei redditi realizzati dalla persona fisica. Ciò vale altresì per l’applicazione delle ritenute alla fonte relative ai redditi di capitale per cui la fiduciaria può agire in qualità di sostituto d’imposta qualora intervenga nella riscossione (per tale fattispecie occorre che i redditi di capitale vengano riscossi attraverso conti correnti intestati alla fiduciaria). Ne consegue, inoltre, che l’esistenza del rapporto di amministrazione con la fiduciaria, nonché l’incarico conferito alla medesima relativamente alla riscossione dei proventi, comportano l’esonero della fiduciaria dagli obblighi di monitoraggio relativamente a tutti i movimenti che avvengono all’interno del rapporto amministrato assoggettati a tassazione definitiva od oggetto di comunicazione nel Modello 770 dei sostituti d’imposta. Infine, poiché la società fiduciaria italiana interviene in qualità di incaricato alla riscossione dei redditi di natura finanziaria derivanti dal rapporto in amministrazione, il soggetto residente in Italia titolare del rapporto bancario estero è esonerato, in linea generale, dagli obblighi di monitoraggio di cui al Decreto-Legge n. 167/1990, dovendo compilare il quadro RW solo in sede di (i) aper- Pierpaolo Angelucci Dottore commercialista Studio Facchini Rossi Scarioni, Milano tura del rapporto, qualora le attività finanziarie siano originariamente depositate all’estero e (ii) di revoca dello stesso o prelievo a titolo definitivo se integrano trasferimenti di denaro verso l’estero. Per maggiori informazioni: Agenzia delle Entrate; Risoluzione n. 61 del 31 maggio 2011, in: http://www.finanze.gov.it/export/download/novitaanno 2011/risoluzione_61e.pdf [27.06.2011] Diritto tributario internazionale e dell’UE La Svizzera allenta ulteriormente il segreto bancario nei confronti della Comunità internazionale Nuove pressioni dall’OCSE per migliorare il dispositivo convenzionale che disciplina lo scambio di informazioni su richiesta 1. Chi la fa l’aspetti. L’OCSE ammonisce la Svizzera! Dal 13 marzo 2009 la politica intrapresa dalla Svizzera nell’ambito dello scambio di informazioni fiscali si era basata sull’identificazione del contribuente e della banca attraverso l’indicazione del nominativo. Qualora lo Stato richiedente non fosse riuscito ad ottemperare tale requisito la Svizzera avrebbe dovuto respingere la richiesta di informazioni. Quasi tutti erano convinti che la Svizzera avesse aderito completamente agli standards dell’OCSE in materia di trasparenza fiscale, salvo poi ricevere dall’OCSE nei primi mesi di quest’anno una “tirata d’orecchie” per aver pattuito con gli Stati esteri dei parametri troppi rigidi per dar seguito ad uno scambio di informazioni fiscali su richiesta. Ammettiamo infatti per ipotesi che il Regno Unito, dopo aver esaurito tutte le fonti di ricerca di informazioni previste dal suo diritto interno (cosiddetto “principio di sussidiarietà”, cfr. punto 4. del Protocollo addizionale della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Svizzera e Regno Unito), volesse richiedere alla Svizzera – nazione con la quale a partire dal 1. gennaio di quest’anno è entrata in vigore la nuova norma sull’assistenza amministrativa secondo gli standards dell’OCSE in materia di trasparenza fiscale – informazioni su di una persona di cui si conoscono unicamente gli estremi bancari di una banca individuata e situata in Svizzera. In questo caso l’autorità fiscale svizzera non sarebbe tenuta a dar seguito alla richiesta del Regno Unito. Lo stesso varrebbe qualora il Regno Unito avesse il sospetto fondato, ciò che dovrebbe escludere le cosiddette fishing expeditions, che un suo residente sia titolare di un conto in una banca svizzera, ma non sia sicuro quale sia la banca: la banca X, Y oppure Z di una località svizzera. Anche in questa ipotesi, dunque, l’autorità fiscale svizzera non dovrebbe concedere uno scambio di informazioni fiscali all’omonima autorità anglosassone. 17 | n° 6 - Giugno 2011 | In questi due ipotetici casi prospettati, ma se ne potrebbero costruire molti altri, l’OCSE ritiene che lo Stato richiesto, e cioè la Svizzera, debba accogliere la domanda di assistenza amministrativa fiscale depositata dallo Stato richiedente, e cioè il Regno Unito, al fine di non compromettere un efficace scambio di informazioni. Siccome le modalità adottate dalla Svizzera per allentare il segreto bancario nei confronti delle autorità fiscali estere – che le hanno permesso di venir stralciata dalla lista grigia dell’OCSE pubblicata il 2 aprile 2009 – non vanno più bene alla Comunità internazionale, si impongono delle modifiche. Infatti, si è detto che all’OCSE l’identificazione del contribuente e della banca attraverso il nome non sia piaciuta e che, sempre secondo la stessa organizzazione, debbano essere ammessi altri mezzi di identificazione. Per la Svizzera ciò significa dover rivedere i requisiti che danno luogo ad uno scambio di informazioni fiscali, anche e soprattutto con Stati con i quali la convenzione rinegoziata è già entrata in vigore (si pensi per esempio al Regno Unito, alla Francia, all’Austria, al Lussemburgo, eccetera) oppure è già stata firmata dal Consiglio federale (si pensi per esempio alla Germania, alla Grecia, all’India, ai Paesi Bassi, eccetera), ma ancora non è entrata in vigore. Prima che tutti i nodi venissero portati al pettine dall’OCSE attraverso le cosiddette peer reviews, vale a dire quel processo necessario di verifica effettuato nei confronti degli Stati che hanno deciso di uscire dalla lista nera o grigia dell’OCSE, per la Svizzera tutto sembrava ruotare per il verso giusto, e cioè: • • • • • allentamento delle pressioni della Comunità internazionale; uscita dalla lista grigia con la sottoscrizione nel settembre 2009 della dodicesima Convenzione contro le doppie imposizioni contenente una clausola di assistenza amministrativa secondo gli standards dell’OCSE con lo Stato del Qatar; pattuizione di vantaggi specifici per l’economia svizzera sotto forma, per esempio, di uno sgravio delle imposte alla fonte sui dividendi, interessi e royalties con quegli Stati con i quali è stata rinegoziata la disposizione sullo scambio di informazioni fiscali; esclusione dello scambio di informazioni automatico a potenze economiche quali Stati Uniti d’America, Germania e Francia, come pure delle fishing expeditions; mantenimento del segreto bancario, con tutte le riserve del caso, nei confronti degli Stati esteri attraverso lo scambio di informazioni su richiesta che presuppone che lo Stato richiedente adempia ad una serie di condizioni necessarie affinché la Svizzera dia seguito alla sua richiesta, con particolare riferimento all’identità del contribuente e del detentore delle informazioni. Questi requisiti rappresentano perlomeno un’ultima ancora di salvataggio al segreto bancario svizzero. presa di coscienza da parte dei diversi esponenti politici, oltre che dei rischi concreti nei quali potrebbe incappare la Svizzera (si pensi ad una ricaduta nella lista grigia dell’OCSE), dell’inadeguatezza con la quale la Svizzera ha rinegoziato le proprie convenzioni contro le doppie imposizioni senza adeguarsi completamente agli standards dell’OCSE per quanto riguarda l’identificazione del contribuente e del detentore delle informazioni. Le peer reviews volute dall’OCSE si suddividono in due fasi: 1. con la prima, l’OCSE si impegna a controllare che gli Stati abbiano pattuito veramente delle normative di trasparenza fiscale con la Comunità internazionale conformi ai suoi standards, rispettivamente se siano state inserite eventuali normative di diritto interno per garantire un effettivo scambio di informazioni fiscali; 2. una volta che lo Stato esaminato ha superato la prima fase di controllo, la seconda fase ha il compito di appurare che tali norme vengano effettivamente applicate. Orbene la Svizzera ha avuto qualche problemino nella prima fase delle peer reviews tant’è che l’OCSE l’ha ripresa pubblicamente in merito alla sua politica, giudicata troppo restrittiva, in materia d’identificazione del nome del contribuente e del detentore delle informazioni. 2. Forte non è chi non cade mai, ma chi cadendo riesce a rialzarsi. Il Consiglio federale corre ai ripari! Il cartellino giallo ricevuto dalla Svizzera ha imposto al Consiglio federale di rivedere, almeno parzialmente, la sua politica internazionale in materia di assistenza amministrativa. Per tappare la falla scovata dall’OCSE, il Consiglio federale ha presentato il 6 aprile scorso un messaggio alle Camere federali nel quale si propongono, in modo da scongiurare un ritorno nella lista grigia se non addirittura in quella nera dell’OCSE, alcuni ritocchi alle disposizioni sullo scambio di informazioni fiscali con gli Stati le cui modifiche sono già entrate formalmente in vigore, oppure le cui modifiche sono pendenti per una decisione presso le Camere federali. La nuova prassi verrà inoltre utilizzata con quegli Stati con cui la Svizzera dovrà rivedere la disposizione sullo scambio di informazioni fiscali (ad esempio l’Italia). Dopo una veemente reazione a caldo da parte di alcuni partiti politici rappresentativi sui motivi del cambiamento di rotta della politica fiscale internazionale della Svizzera, o meglio dell’ulteriore allentamento del segreto bancario nei confronti della Comunità internazionale, il nuovo indirizzo dell’esecutivo reso pubblico nella metà del mese di febbraio del 2011, ha poi convinto sia il Consiglio nazionale sia il Consiglio degli Stati, che hanno accettato di allentare le condizioni per concedere assistenza amministrativa in ambito fiscale. Il motivo è senz’altro da ricondurre alla 18 | n° 6 - Giugno 2011 | 3. Riparare il recinto dopo che le pecore sono scappate. I nuovi requisiti d’identificazione del contribuente e del detentore delle informazioni! 3.1. Cara Svizzera, quello che fino a poco tempo fa hai concesso a pochi ora lo devi concedere a tutti Precedentemente si è indicato che la Svizzera con alcuni Stati ha dovuto distanziarsi dalla propria politica ed ha dovuto fare delle concessioni: • • alla Francia per quanto riguarda l’identificazione del detentore delle informazioni (inclusa la Spagna in virtù della disposizione concernente il trattamento della nazione più favorita); al Giappone, alla Germania, ai Paesi Bassi e agli Stati Uniti d’America per quanto riguarda l’identificazione del contribuente. Con questi Stati la Svizzera non ha fatto altro che adeguare la sua politica nell’ambito dello scambio di informazioni a quanto previsto dall’articolo 5 paragrafo 5 lettera a (contribuente) e lettera e (detentore delle informazioni) dell’Accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale (Tax Information Exchange Agreement, di seguito TIEA), che prevede che lo Stato richiedente debba fornire allo Stato richiesto per ottenere le informazioni: • ai sensi della lettera a: l’identità della persona oggetto del controllo o dell’inchiesta (the identity of the person under examination or investigation); • ai sensi della lettera e: nella misura in cui sono noti, il nome e l’indirizzo delle persone per cui vi è motivo di ritenere che siano in possesso delle informazioni richieste (to the extent known, the name and address of any person believed to be in possession of the requested information). 3.2. Cara Svizzera, se non conosco il nome della banca in cui il mio contribuente (evasore) ha un conto, mi trasmetti ugualmente le informazioni bancarie? Fishing expeditions o non fishing expeditions, questo è il problema! Se lo Stato richiedente fosse al corrente che un suo contribuente detiene un conto mai dichiarato alle sue autorità fiscali in Svizzera, ma non sapesse in quale banca, l’autorità fiscale svizzera cosa dovrebbe fare? La ripresa da parte svizzera dell’articolo 5 paragrafo 5 lettera e TIEA dispone che lo Stato richiesto debba dar seguito ad una richiesta di informazioni unicamente se lo Stato richiedente fornisca “nella misura in cui sono noti, il nome e l’indirizzo delle persone per cui vi è motivo di ritenere che siano in possesso delle informazioni richieste”. E se nell’ipotesi (non poi tanto) remota il nome della banca non fosse noto, cosa potrebbe succedere? A questo punto entra in gioco il principio di proporzionalità che conferisce all’autorità fiscale svizzera un certo margine di apprezzamento. Il Consiglio federale, facendo sua l’interpretazione del professor Robert Waldburger, così si esprime a tale riguardo: “In linea di principio la Svizzera deve rispondere anche a domande che non identificano la persona in possesso delle informazioni. Poiché senza queste indicazioni la ricerca di informazioni può rivelarsi difficile, lo standard internazionale permette di rifiutare queste domande basandosi sul principio della proporzionalità e della praticabilità. L’AFC (ndr. Amministrazione federale delle contribuzioni), in veste di autorità competente non è ad esempio obbligata a interrogare le oltre 300 banche attive in Svizzera per rispondere a una domanda di assistenza amministrativa. Se invece ad esempio solo tre banche vengono indicate come la persona per cui vi è motivo di ritenere che sia in possesso delle informazioni, l’AFC è obbligata, anche senza l’indicazione del nome e dell’indirizzo, a interrogare queste banche, per quanto nella domanda le circostanze siano esposte in maniera convincente.” (cfr. FF 2011 3427) La Svizzera potrebbe quindi eventualmente accettare una richiesta di assistenza amministrativa nell’evenienza in cui lo Stato contraente manifestasse un dubbio fondato sull’esistenza di un conto bancario in due o tre diverse banche svizzere, ma che però non conoscesse esattamente in quale banca la persona oggetto del controllo o dell’inchiesta detenga il conto. Ad ogni modo qualora la richiesta dell’autorità dello Stato richiedente dovesse apparire piuttosto imprecisa ed esigere la messa in atto di sforzi sproporzionati da parte dell’autorità dello Stato richiesto, quest’ultima dovrebbe negare la richiesta. E qui, come indicato, entra in considerazione il margine di apprezzamento dell’autorità fiscale. Come misurare gli sforzi intrapresi dall’autorità ri- 19 | n° 6 - Giugno 2011 | chiedente? Solo il tempo potrà evidentemente darci una risposta, considerando che, nonostante tutto, le fishing expeditions sono vietate anche dall’OCSE! 3.3. Cara Svizzera, se non conosco il nome del mio contribuente (evasore) ma quello della sua banca (svizzera) che lo ha aiutato ad evadere il mio fisco, mi trasmetti ugualmente le informazioni bancarie? La domanda sorge spontanea: si potrà nuovamente ripresentare un caso UBS dopo la decisione del Consiglio federale del 13 marzo 2009 di adeguare l’assistenza amministrativa fiscale internazionale agli standards dell’OCSE? Gli Stati Uniti d’America (o qualche altra potenza economica, ad esempio la Germania) potranno esercitare nuovamente le medesime pressioni ed ottenere il beneplacito dal Tribunale amministrativo federale in merito alla non identificazione del contribuente, purché la dinamica di evasione fiscale presentata sia ben circostanziata e dettagliata nel suo insieme? Si ripresenterà quindi un nuovo caso di fishing expeditions? L’attuale quadro giuridico sembrerebbe far credere di no poiché lo scambio di informazioni su richiesta presuppone che lo Stato richiedente identifichi, sempre considerando il principio di proporzionalità, contribuente e banca. La Germania, dopo aver preso atto con (estremo) piacere della sentenza del 5 marzo sul controverso caso Stati Uniti d’America-UBS del 5 marzo 2009 (cfr. le sentenze numero A-7342/2008 e A-7426/2008), ci ha provato a far sua la giurisprudenza del Tribunale amministrativo federale. Il tentativo sembrerebbe non essere andato a buon fine, tant’è che il Consiglio federale, rispondendo evidentemente picche, argomenta il suo rifiuto nel modo seguente: “La lettera b) definisce quali informazioni devono essere contenute nella richiesta di assistenza amministrativa. Sulla base della sentenza del 5 marzo 2009 del Tribunale amministrativo federale, la Germania ha in un primo tempo difeso la tesi secondo cui un’identificazione della persona interessata non sarebbe necessaria al momento della richiesta, a patto che lo Stato richiesto o un titolare delle informazioni ivi residente abbia la possibilità di identificazione e che le richieste concernenti un numero indefinito di persone aventi ad esempio effettuato investimenti in un determinato prodotto finanziario siano possibili. La Svizzera si è opposta a questa tesi rinviando al fatto che la sentenza del Tribunale amministrativo federale era stata pronunciata in base a una speciale regolamentazione contenuta nella Convenzione di doppia imposizione tra la Svizzera e gli USA e nell’ambito della prassi relativa ai «Qualified Intermediary» e quindi non è applicabile allo scambio di informazioni secondo lo standard dell’OCSE. Dopo intense trattative, la Germania ha infine acconsentito a prevedere l’identificazione della persona interessata quale elemento della richiesta. Per quanto riguarda il contribuente interessato il Protocollo di modifica riprende ora il tenore del Protocollo di modifica del 23 settembre 2009 con gli Stati Uniti. Si richiede infatti una chiara identificazione del contribuente interessato. Ciò avviene tipicamente con il nome del contribuente interessato, purché sia noto, e con altri elementi che permettono di identificare la persona come l’indirizzo, il suo numero di conto bancario o la sua data di nascita. Le due delegazioni sono giunte a un’intesa comune su questa disposizione. La persona deve essere chiaramente identificata.” (cfr. FF 2011 463) La disposizione “sufficienti indicazioni per l’identificazione della persona coinvolta nel controllo o nell’inchiesta (in linea di massima il nome e, per quanto conosciuto, l’indirizzo e numero di conto o informazioni simili utili per l’identificazione)”, sta ad indicare che, di regola, lo Stato richiedente è tenuto ad identificare il contribuente con il nome. Ad ogni buon conto la designazione del contribuente con il suo nome non è assoluta, l’importante è che lo stesso sia identificabile, anche attraverso altri elementi, dall’autorità dello Stato richiedente. Per questo motivo la richiesta dovrebbe fondarsi su un caso concreto, preciso, identificato specificamente dal nome oppure da altre informazioni destinate a corroborare l’identità del contribuente oggetto della domanda, escludendo le fishing expeditions. Significativo in tale contesto l’esempio del Consiglio federale in base al quale la Svizzera non può rifiutarsi di concedere assistenza amministrativa qualora la domanda identifichi il contribuente non con il nome ma con il suo numero di assicurazione sociale estero. (cfr. FF 2011 3427) 4. Chi domanda non fa errori. Ecco il perché del cartellino giallo alla Svizzera! Con un atto di grande coraggio il 18 maggio scorso il DFF ha fatto mea culpa sul perché si è giunti a questa spiacevole situazione. In un rapporto commissionato dallo stesso DFF si è giunti alla conclusione che “l’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC) avrebbe potuto constatare la contraddizione tra le disposizioni dello standard dell’OCSE e le normative nelle rivedute CDI (ndr. convenzioni contro la doppia imposizione) della Svizzera già al momento dei negoziati, ovvero a partire dall’estate del 2009. Anche i negoziati effettuati segnatamente negli organi dell’OCSE avrebbero dovuto evidenziare questa contraddizione tra l’autunno 2009 e la primavera 2010. Nell’autunno del 2009 l’AFC avrebbe invero rilevato che tra le normative applicate dalla Svizzera e lo standard dell’OCSE esisteva un conflitto. A causa delle critiche mosse dagli organi dell’OCSE alle richieste della Svizzera di indicare il nome, i servizi interessati avrebbero comunque 20 | n° 6 - Giugno 2011 | dovuto notare nella primavera del 2010 che questo punto non aveva soltanto un significato subordinato e che sussisteva un rischio di fallimento nella peer review.” Il comunicato del DFF prosegue ammettendo “che l’importanza politica dell’affare e le conseguenze di vasta portata di un possibile fallimento nella peer review avrebbero richiesto un’informazione della direzione del Dipartimento, che però è stata tralasciata.” (cfr. DFF, Comunicato stampa del 18 maggio 2011) Il DFF conclude asserendo che andrà riorganizzata la struttura interna, attribuendo la competenza nell’ambito delle convenzioni contro le doppie imposizioni unicamente alla Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali e non più, come finora accaduto, in coabitazione tra quest’ultima entità e la Divisione degli affari internazionali dell’AFC, ritenuta la causa principale di questa situazione che, per un certo verso, è risultata piuttosto imbarazzante per la Svizzera. 5. Chi va a scuola, qualche cosa impara sempre. Prima fase superata (con riserva). Avanti con la seconda! Il mese di giugno è notoriamente conosciuto come un periodo di esami scolastici. Ebbene anche la Svizzera non si è sottratta a questa regola e ha superato, seppur non molto brillantemente, la prima fase degli esami della peer review dell’OCSE. Seppur dal rapporto di valutazione si riconosca alla Svizzera l’importante cambiamento nel quadro dell’assistenza amministrativa fiscale, è emerso che la normativa interna relativa all’identificazione dei titolari di azioni al portatore è lacunosa poiché non consente di conoscere l’identità, appunto, dei proprietari di tutte le unità giuridiche rilevanti. La Svizzera è quindi stata invitata dall’OCSE ad adottare misure per l’identificazione di tutti i titolari di azioni al portatore. È stato pure raccomandato di prevedere possibilità più efficaci per chiarire i rapporti di proprietà di imprese che, pur avendo la propria sede all’estero, vengono gestite in Svizzera. Infine, come già ampiamente indicato, la peer review sottolinea come la Svizzera non abbia ancora soddisfatto il criterio dello scambio efficace di informazioni, siccome i requisiti per l’identificazione dei contribuenti e dei detentori delle informazioni interessati sono tuttora troppo restrittivi. Per la Svizzera il prossimo esame è previsto per la fine del 2012, a condizione che – come si evince dal rapporto – fino ad allora sia stato approvato un numero considerevole di convenzioni contro le doppie imposizioni contenenti lo standard internazionale di trasparenza fiscale dell’OCSE. Però prima di pensare al secondo esame, la Svizzera dovrà dimostrare di aver capito gli errori commessi durante il primo. A tale riguardo sarà tenuta a presentare, entro i prossimi sei mesi, un rapporto sullo stato delle misure previste per il miglioramento dei criteri non soddisfatti nel processo di verifica. Alla prossima puntata, sempre che ulteriori nodi vengano al pettine! Per maggiori informazioni: Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio nazionale; La commission approuve une modification des arrêtés fédéraux relatifs aux conventions de double imposition, Comunicato stampa del 22 marzo 2009; http://www.parlament.ch/i/mm/2011/Pagine/mm-wakn-2011-03-22.aspx [27.06.2011] Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati; Sì a una definizione chiara dell’assistenza amministrativa, no alla ricerca generalizzata e indiscriminata di informazioni, Comunicato stampa del 13 maggio 2011, in: http://www.parlament.ch/i/mm/2011/Pagine/mm-apks-2011-05-13.aspx [27.06.2011] Consiglio federale; Messaggio numero 11.027 concernente il complemento delle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni approvate dall’Assemblea federale il 18 giugno 2010, del 6 aprile 2011, in: http://www.admin.ch/ch/i/ff/2011/3419.pdf [27.06.2011] Consiglio federale; Messaggio numero 10.102 che approva un Protocollo che modifica la Convenzione tra la Svizzera e la Germania per evitare la doppia imposizione in materia di imposte sul reddito e sulla sostanza, del 3 dicembre 2010, in: http://www.admin.ch/ch/i/ff/2011/453.pdf [27.06.2011] Corriere del Ticino; Segreto bancario meno rigido. Sarà più facile concedere assistenza amministrativa, 17 giugno 2011, in: http://www.cdt.ch/confederazione/politica/46084/segretobancario-meno-rigido.html [27.06.2011] DFF; Assistenza amministrativa in materia fiscale: il Consiglio federale approva la riorganizzazione nel DFF, Comunicato stampa del 18 maggio 2011, in: http://www.news.admin.ch/message/?lang=it&msgid=39220 [27.06.2011] DFF; La Svizzera supera la verifica del Global Forum sull’assistenza amministrativa in materia fiscale, Comunicato stampa del 1. giugno 2011, in: http://www.efd.admin.ch/aktuell/medieninformation/ 00462/index.html?lang=it&msg-id=39453 [27.06.2011] DFF; Le esigenze per l’assistenza amministrativa in questioni fiscali devono essere adeguate, Comunicato stampa del 15 febbraio 2011, in: http://www.efd.admin.ch/aktuell/medieninformation/ 00462/index.html?lang=it&msg-id=37645 [27.06.2011] DFF; Le esigenze per l’assistenza amministrativa in questioni fiscali devono essere adeguate, Documentazione del 15 febbraio 2011, in: http://www.news.admin.ch/NSBSubscriber/message/ attachments/22115.pdf [27.06.2011] DFF; Svizzera fuori dalla lista grigia dell’OCSE, Comunicato stampa del 24 settembre 2009, in: http://www.efd.admin.ch/dokumentation/medieninformationen/00467/index.html?lang=it&msg-id=29205 [27.06.2011] OCSE; A Progress Report on the Jurisdictions Surveyed by the OECD Global Forum in Implementing the Internationally Agreed Tax Standard, stato al 25 maggio 2011, in: http://www.oecd.org/dataoecd/50/0/43606256.pdf [27.06.2011] OCSE, Global Forum on Transparency and Exchange of Information for Tax; Peer Review Report of Switzerland – Phase 1: Legal and Regulatory Framework, giugno 2011, in: h t t p : // w w w . o e c d . o r g / d o c u m e n t /4 7 / 0 , 3 74 6 , e n _ 21571361_43854757_48079087_1_1_1_1,00.html? [27.06.2011] DFF; Doppia imposizione internazionale, in: Vorpe Samuele; La politica della Svizzera nell’ambito dell’assistenza fiscale amministrativa, in: Vorpe Samuele, Il segreto bancario nello scambio di informazioni fiscali (a cura di), SUPSI, Manno 2011, http://www.efd.admin.ch/dokumentation/zahlen/ 00579/00608/00642/index.html?lang=it [27.06.2011] http://www.fisco.supsi.ch/Content/main/uploaded/pdf/ cartolina_segreto_bancario.pdf [27.06.2011] 21 | n° 6 - Giugno 2011 | Vorpe Samuele; Segreto bancario cosa rimane, in: La Regione, 17 giugno 2011, Vorpe Samuele; Tra segreto e convenzioni, in: La Regione, 25 febbraio 2011, http://laregione.ch/interna_new_coe.asp?art=ospite1&art_ int=aa_ospite/20110617_ospite1&frmt=od [27.06.2011] http://www.laregione.ch/interna_new_coe.asp?art= ospite1&art_int=aa_ospite/20110225_ospite1&frmt=od [27.06.2011] Samuele Vorpe Docente-ricercatore SUPSI Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero L’indennità versata dal debitore per la rescissione anticipata di un’ipoteca a tasso fisso Sentenza della Camera di diritto tributario, del 20 novembre 2008, numero d’incarto 80.2008.181, in: RtiD I-2009 e in www.sentenze.ti.ch [27.06.2011] Articoli 32 capoverso 1 lettera a LT, 33 capoverso 1 lettera a LIFD – Deduzioni: interessi passivi, interpretazione economica, anche indennizzo per rescissione anticipata di un mutuo 2. Un contribuente, che in seguito alla vendita di uno stabile gravato da ipoteca che non era stata assunta dall’acquirente, era stato costretto a versare alla banca creditrice l’indennizzo previsto contrattualmente per la risoluzione anticipata del suo mutuo ipotecario, ne ha richiesto la deduzione fiscale a titolo di interessi passivi. Contro la decisione negativa dell’autorità di tassazione, confermata anche in sede di reclamo, il contribuente ha adito la CDT, postulando nuovamente la deduzione dal suo reddito imponibile dell’indennità per scadenza anticipata versata alla banca creditrice. A suo dire, infatti, un’interpretazione economico-finanziaria dell’indennità in discussione così come le sue modalità di calcolo permettevano di concludere che si trattava di un interesse passivo fiscalmente deducibile. 3. 1. Considerazioni introduttive Le banche offrono diverse tipologie di prodotti ipotecari. Dai tradizionali mutui a tasso fisso o a tasso variabile, alle più recenti ipoteche con copertura assicurativa oppure ancora alle cosiddette ipoteche Libor, con o senza copertura dei tassi di interesse. Le più diffuse rimangono ancora oggi le ipoteche a tasso fisso, che permettono di assicurarsi un tasso d’interesse invariato per l’intera durata contrattuale, indipendentemente da qualsiasi variazione dei tassi sul mercato monetario e dei capitali, garantendo così una precisa pianificazione delle spese. Di principio, simili ipoteche non possono essere sciolte prima della decorrenza della durata contrattuale convenuta, fatto salvo il pagamento di un indennizzo per il rimborso anticipato. In una recente sentenza del 20 novembre 2008, la Camera di diritto tributario del Tribunale d’appello (di seguito CDT) ha avuto modo di occuparsi del trattamento fiscale di queste indennità, generalmente dovute sulla base di una precisa clausola contrattuale, ma che possono anche essere richieste in occasione di uno scioglimento consensuale del contratto ipotecario. 23 | n° 6 - Giugno 2011 | La fattispecie Il trattamento fiscale degli interessi passivi Secondo gli articoli 32 capoverso 1 lettera a LT e 33 capoverso 1 lettera a LIFD, sono dedotti dai proventi gli interessi maturati su debiti privati, fino a concorrenza dei redditi da sostanza imponibile e di ulteriori 50’000 franchi. Non sono invece deducibili gli interessi sui mutui che una società di capitali concede a una persona fisica che detiene una partecipazione determinante al suo capitale o ad altre persone fisiche che le sono altrimenti prossime a condizioni che si scostano notevolmente da quelle usuali nelle relazioni d’affari con terzi. Per costante giurisprudenza del Tribunale federale, costituiscono interessi passivi deducibili le prestazioni di un debitore ad un creditore, che non hanno giuridicamente l’effetto di ammortizzare un debito in capitale esistente, per quanto questo indennizzo venga calcolato in percento in funzione del tempo e come quota del capitale. L’Alta Corte ha così escluso la deducibilità dei compensi per la concessione di licenze, dei canoni d’affitto o di locazione o per la concessione di un diritto di superficie, ma anche delle quote previste dal contratto di leasing, in mancanza di un rapporto di dipendenza fra debito in capitale e interessi. 4. La vecchia giurisprudenza Rifacendosi in particolar modo alle considerazioni contenute in una sentenza del Tribunale amministrativo del Canton Lucerna, la vecchia giurisprudenza della CDT negava la deduzione delle indennità per scadenza anticipata a titolo di interessi passivi. A tale conclusione era giunta sottolineando proprio la mancanza di un rapporto di dipendenza fra il debito in capitale e il pagamento dell’indennità, indipendentemente dalla sua qualifica giuridica. 5. La nuova giurisprudenza Certo, da un punto di vista formalistico-giuridico, l’indennità versata dal debitore per la rescissione anticipata del contratto di mutuo ipotecario, sia che si consideri pena convenzionale sia che si qualifichi invece pena di recesso, non è assimilabile all’interesse secondo il diritto civile, che per definizione rappresenta la compensazione pecuniaria dovuta al creditore per il capitale del quale questi è privato. Tuttavia, fondandosi su un’interpretazione estensiva degli articoli 32 capoverso 1 lettera a LT e 33 capoverso 1 lettera a LIFD, già seguita da numerose prassi cantonali e dalla dottrina più recente, la CDT ha deciso di modificare la propria giurisprudenza, privilegiando un approccio economico – ovvero, come si esprime la dottrina, adottando un punto di vista soggettivo-economico – della nozione di “interessi”, poiché solo in tal modo si tiene correttamente conto della capacità economica del contribuente. In un’ottica strettamente economica, l’indennità per la rescissione anticipata del mutuo ipotecario costituisce infatti una spesa legata al finanziamento che diminuisce la capacità contributiva del debitore, purché non si tratti evidentemente di una prestazione che serve all’estinzione del debito ed a condizione che l’importo sia stabilito in funzione della differenza fra i tassi d’interesse e della durata residua del contratto. 6. Considerazioni finali Per stabilire se un’indennità per scadenza anticipata configura un interesse passivo ai sensi degli articoli 32 capoverso 1 lettera a LT e 33 capoverso 1 lettera a LIFD, determinante risulta essere l’esame della clausola contenuta nel contratto di mutuo oppure, in mancanza di una simile regolamentazione, dei termini dell’intesa comune. Se le modalità di calcolo consentono di escludere che vi sia una componente di ammortamento del debito e comprovano per contro che la prestazione versata dal contribuente è, almeno dal punto di vista economico, una sorta di interesse versato in modo anticipato al momento della rescissione del contratto, in considerazione della sua prevista durata, nulla si oppone alla sua deduzione dal reddito imponibile. Nel caso in discussione, dopo aver esaminato la clausola contenuta nel contratto di mutuo ipotecario, secondo cui l’indennità sarebbe stata calcolata “in base alla differenza tra il tasso d’interesse convenuto e quello conseguibile al momento del rimborso anticipato con un investimento sul mercato monetario e dei capitali (tassi monetari) per una durata corrispondente a quella residua del prestito ipotecario a interesse fisso”, la CDT è così giunta alla conclusione che l’importo pagato dal contribuente andava ammesso in deduzione a titolo di interessi passivi. Sebbene la sentenza non ne parli espressamente, coerentemente con la disciplina prevista per gli altri interessi passivi è da ritenere che anche le indennità per scadenza anticipata possano essere dedotte dal reddito imponibile dal momento in cui divengono esigibili, indipendentemente dal fatto che siano state effettivamente pagate o meno. Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano Accesso ai conti bancari ed autorizzazione Sentenza della Corte di Cassazione, n. 7356 del 31 marzo 2011 (emessa il 12 gennaio 2011), in: Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Roma, Rassegna curata da Alessandro Riccioni, con la supervisione di Mario Cicala – Consulente Commissione Processo Tributario, n. 4/Aprile 2011, necessariamente per iscritto (o trasfusa in atto scritto): è perciò esclusa la necessità di motivare la richiesta stessa perché dalla riscontrata non necessità di una esplicitazione scritta del dato che il superiore dovrebbe valutare discende, in via logica, che nessuna motivazione deve supportare neppure il provvedimento di concessione dell’autorizzazione. http://www.odcec.roma.it/index.php?option=com_cont ent&view=article&id=463&Itemid=192 [27.06.2011] Nota bene: Cfr. le sentenze del 15 giugno 2007 n. 14023 e n. 16874 del 21 luglio 2009 Accertamenti e controllo – IVA – Accesso ai conti bancari – Mancata autorizzazione – Movimentazioni riscontrate (articolo 1 Decreto-Ministeriale del 28 dicembre 2000, articolo 51 Decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972) La previa autorizzazione (dell’ispettore compartimentale delle imposte dirette oppure del comandante di zona della Guardia di Finanza) a richiedere agli enti ivi indicati (aziende e istituti di credito, Amministrazione postale) copia dei conti intrattenuti con il contribuente non deve contenere nessuna spiegazione delle ragioni che hanno indotto l’ispettore o il comandante ad autorizzare il proprio Ufficio ad effettuare la richiesta a detti enti perché non è stato disposto che la richiesta di questo provvedimento da parte degli uffici debba essere operata 25 | n° 6 - Giugno 2011 | Non è sufficiente affidare i beni ad un trust per sfuggire al sequestro Sentenza della Corte di Cassazione, n. 13276 del 30 marzo 2011 (emessa il 24 gennaio 2011), in: Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Roma, Rassegna curata da Alessandro Riccioni, con la supervisione di Mario Cicala – Consulente Commissione Processo Tributario, n. 4/Aprile 2011, http://www.odcec.roma.it/index.php?option=com_content &view=article&id=463&Itemid=192 [27.06.2011] Processo penale – Sequestro preventivo – Beni affidati ad un trust – Legittimità condizioni 26 | n° 6 - Giugno 2011 | Il trust, tipico istituto di diritto inglese, si sostanzia nell’affidamento ad un terzo di determinati beni perché questi li amministri e gestisca quale “proprietario” (nel senso di titolare dei diritti ceduti) per poi restituirli, alla fine del periodo di durata del trust, ai soggetti indicati dal disponente. Presupposto coessenziale alla stessa natura dell’istituto è che il detto disponente perda la disponibilità di quanto abbia conferito in trust, al di là di determinati poteri che possano competergli in base alle norme costitutive. Tale condizione è ineludibile al punto che, ove risulti che la perdita del controllo dei beni da parte del disponente sia solo apparente, il trust è nullo (sham trust) e non produce l’effetto segregativo che gli è proprio. Tale situazione di mera apparenza, che sul versante civilistico sarebbe causa di radicale nullità, ben può essere argomentatamente ritenuta dal giudice della cautela penale, per constare che, al di là delle forme, l’imputato trustee egli stesso, continui ad amministrare i propri beni conferiti al trust, conservandone la piena disponibilità. Di talché, la costituzione in trust costituisca un mero espediente per creare un diaframma tra patrimonio personale e proprietà costituita in trust, con evidente finalità elusiva delle ragioni creditorie di terzi, comprese quelle erariali. E quindi risulta legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui alla Legge n. 146 del 2006, articolo 11, dei beni (fittiziamente) conferiti al trust. Pubblicazioni Global perspectives on income taxation law Una pubblicazione di diritto tributario comparato della Oxford University Press “Global perspectives on income taxation law”, di Reuven Avi-Yonah, Nicola Sartori e Omri Marian, è un libro di diritto tributario comparato, edito, nel 2011, dalla Oxford University Press. Il libro è diviso in 9 capitoli ed è destinato a coprire gli argomenti standard che caratterizzano un corso di diritto tributario di base, senza però soffermarsi in dettaglio sul diritto positivo di alcuno Stato, ma comparando alternative di policy fiscale. L’analisi non vuole riproporre una mera giustapposizione di dati, bensì intende utilizzare metodo e ordine sistematico al fine ultimo di comparare, in relazione a determinate problematiche fiscali, le soluzioni adottate nei differenti ordinamenti. Lo studio del diritto tributario comparato ha molteplici scopi. Esso può servire come strumento per promuovere riforme fiscali di successo, comprendere valori culturali, analizzare fenomeni di armonizzazione o integrazione fiscale, o, semplicemente, come strumento utile ad una migliore comprensione delle leggi fiscali nazionali. Il primo capitolo descrive i metodi di comparazione del diritto tributario: i metodi basati su fattori culturali si contrappongono ai metodi funzionalisti (l’analisi per formanti, la circolazione dei modelli e l’analisi economica del diritto). Il secondo capitolo è dedicato alla definizione di reddito imponibile: ad ordinamenti fiscali che definiscono il reddito imponibile in modo globale (ad esempio quello statunitense) si contrappongono ordinamenti che definiscono il reddito per categorie (ad esempio quello italiano). Il terzo capitolo è dedicato all’analisi comparata dei principi generali di deducibilità dei componenti negativi di reddito, oltre che delle spese di carattere personale. Il quarto capitolo contrappone il modello di tassazione su base individuale a quello su base familiare. 27 | n° 6 - Giugno 2011 | Il quinto capitolo analizza la definizione di periodo fiscale e l’imputazione a periodo dei componenti positivi e negativi di reddito. Il sesto capitolo analizza il trattamento fiscale dei capital gains, soffermandosi sui concetti di realizzo e di valore fiscalmente riconosciuto. Il settimo capitolo analizza il concetto di elusione fiscale, comparando gli strumenti di contrasto all’elusione tipici dei Paesi di common law e quelli dei Paesi di civil law. L’ottavo e il nono capitolo trattano, rispettivamente, la fiscalità societaria e la fiscalità internazionale. “Global perspectives on income taxation law” è pertanto un libro indirizzato a studenti, accademici e professionisti, che, nello studio del diritto tributario (domestico o internazionale), ritengono necessario, come noi, adottare una prospettiva di analisi comparatistica. Per maggiori informazioni: Ordinazione del libro “Global perspectives on income taxation law” (a cura di Reuven Avi-Yonah, Nicola Sartori e Omri Marian): Global perspectives on income taxation law http://www.oup.com/us/catalog/general/subject/Law/ ComparativeLawandNationalLegalSy/?view=usa&ci= 9780195321357 [27.06.2011] Nicola Sartori Assegnista di ricerca in diritto tributario presso l’Università degli Studi di Milano Docente a contratto di “Comparative law and economics of taxation” presso l’International University College di Torino La nuova edizione della Rivista ticinese di diritto è in uscita Per quanto concerne la seconda parte, come di consueto, anche questa edizione propone una scelta di sentenze, fra quelle emesse nell’ultimo semestre del 2010 sia dalla Camera di diritto tributario del Tribunale d’appello del Canton Ticino sia dal Tribunale federale, in casi che coinvolgevano il fisco ticinese. Inoltre, il professor Giuseppe Marino presenta, in un contributo di estrema attualità, le prospettive di evoluzione dell’assistenza amministrativa in materia fiscale nell’ambito dell’Unione europea, in seguito all’adozione della Direttiva 2011/16/UE del 15 febbraio 2011. Un altro tema di grande interesse, che è in discussione alle Camere federali proprio in questi giorni, è trattato infine dall’avvocato Curzio Toffoli, che ci aggiorna sugli ultimissimi sviluppi in materia di scambio d’informazioni fiscali, secondo le convenzioni sottoscritte dalla Svizzera dopo la svolta del 2009. In particolare, l’autore si occupa delle misure proposte dal Consiglio federale, per adeguare alle esigenze poste dall’OCSE i criteri per l’identificazione della “persona interessata” e del “detentore delle informazioni”. Questo, nel dettaglio, il contenuto della seconda parte dell’ultima edizione della Rivista, dedicata al diritto tributario: Oltre centocinquanta pagine di utili informazioni e strumenti di lavoro, destinati a chi si occupa di questioni fiscali, sono offerte due volte all’anno agli abbonati della Rivista ticinese di diritto (abbreviata RtiD). Proprio in questi giorni è in stampa la prima edizione del 2011 del periodico edito dalla Cancelleria dello Stato del Canton Ticino e dalla Helbing & Lichtenhahn di Basilea. La RtiD, diretta dal professor Marco Borghi (ordinario di diritto nelle università di Friburgo e di Lugano), propone due edizioni all’anno di circa 800 pagine di giurisprudenza e dottrina. Essa raccoglie l’eredità di diversi periodici destinati ai professionisti del diritto e della fiscalità. In particolare, dal 2004 assicura la continuazione della Rivista di diritto amministrativo e tributario ticinese (abbreviata RDAT). Quest’ultima, a sua volta, aveva già assorbito, nel 1991, la Rivista tributaria ticinese (abbreviata RTT). La descritta evoluzione si rispecchia nella tripartizione dell’attuale Rivista: • • • la prima parte concerne il diritto pubblico (compresi il diritto penale e la procedura penale); la seconda (curata da Andrea Pedroli, presidente della Camera di diritto tributario e docente SUPSI e USI) è riservata al diritto tributario; la terza, introdotta nel 2004, si occupa del diritto civile. 28 | n° 6 - Giugno 2011 | GIURISPRUDENZA della Camera di diritto tributario e del Tribunale federale in materia tributaria ticinese 1t (CDT 21.7.2010 N. 80.2008.149-153) Reddito – esenzione – donazione – contributi versati da padre a figlio – remissione di debito 2t (CDT 7.12.2010 N. 80.2010.22) Reddito imponibile – indennizzo per deroga parziale a una servitù di limitazione d’altezza – non utile in capitale 3t (CDT 2.7.2010 N. 80.2010.55) Reddito imponibile – indennità per disdetta abusiva del rapporto di lavoro – esente quale «versamento a titolo di riparazione morale»? – onere della prova 4t (CDT 14.1.2010 N. 80.2009.99 (il Tribunale federale ha respinto un ricorso con sentenza del 12.12.2010 [v. infra, N. 21t])) Reddito dell’attività lucrativa indipendente – lavori in corso – studio legale – valutazione – riserve occulte – prezzo di costo – vuoto di tassazione 5t (CDT 6.12.2010 N. 80.2010.45) Deduzioni – spese professionali – locale professionale – docente – attività accessoria – condizioni 6t (CDT 19.10.2010 N. 80.2009.116) Reddito dell’attività lucrativa indipendente – spese professionali – costi per un processo penale – legame con l’attività professionale 17t (CDT 22.12.2010 N. 80.2010.135) Esenzione fiscale – FFS – trasformazione in SA – non più stabilimento della Confederazione – imprese di trasporto concessionarie 7t (CDT 6.12.2010 N. 80.2010.1) Deduzioni – contributi alla previdenza professionale – riscatto di anni – elusione d’imposta – prelevamento di capitale per l’abitazione primaria 18t (TF 30.9.2010 N. 2C_484/2009) Assoggettamento illimitato – domicilio fiscale – onere della prova 8t (CDT 6.12.2010 N. 80.2010.15) Deduzioni – spese professionali – contribuente con reddito inferiore alla deduzione dal reddito dei coniugi 9t (CDT 1.10.2010 N. 80.2010.50) Deduzioni – figli agli studi – studi superiori o accademici – figlia che frequenta una scuola superiore d’arte in Germania 10t (CDT 2.9.2010 N. 80.2009.150) Versamenti in capitale per prestazioni ricorrenti – non indennità per rescissione anticipata di un contratto di locazione 19t (CDT 19.10.2010 N. 80.2009.141) Reddito dell’attività lucrativa indipendente – imposta federale diretta – commercio professionale di immobili – vendita di un edificio d’appartamenti acquistato quattro anni prima e trasformato in PPP 20t (CDT 21.7.2010 N. 80.2008.145) Reddito dell’attività lucrativa indipendente – imposta federale diretta – commercio professionale di immobili – acquisto e vendita di una villa in meno di tre mesi – finanziamento da parte del padre 11t (CDT 6.12.2010 N. 80.2008.54) Imposta sulla sostanza – valutazione di titoli non quotati – successiva cessione di quote fra terzi indipendenti – valore di mercato 21t (TF 12.12.2010 N. 2C_157/2010 e 2C_163/2010) Reddito dell’attività lucrativa indipendente – valutazione dei lavori in corso – studio legale. Riconoscimento fiscale di una fondazione di famiglia – conformità al diritto civile – solo scopi di educazione e assistenza 12t (CDT 2.7.2010 N. 80.2008.112) Imposta sull’utile delle persone giuridiche – prestazione valutabile in denaro – versamento di provvigioni a una società estera – onere della prova 22t (CDT 19.10.2010 N. 80.2009.151) Imposta sull’utile delle persone giuridiche – riduzione per partecipazione – condizioni – cessione di diritti di opzione – partecipazione detenuta da prima del 1997 13t (CDT 21.7.2010 N. 80.2009.14) Imposta sugli utili immobiliari – nullità del contratto di compravendita o retrocessione dell’immobile? – accordo transattivo fra i contraenti sull’invalidità del contratto 23t (TF 23.8.2010 N. 2C_51/2010) Ricupero d’imposta – procedura – separazione dalla procedura di contravvenzione – audizione di testi – onere della prova 14t (CDT 19.10.2010 N. 80.2009.176) Imposta sugli utili immobiliari – valore di investimento – acquisto mediante negozio soggetto a differimento – successione – spese non deducibili 24t (TF 29.11.2010 N. 2C_226/2010) Tassa d’esenzione dall’obbligo militare – esonero – inabilità per danno alla salute cagionato dal servizio – compatibilità con la CEDU 15t (CDT 21.7.2010 N. 80.2009.123) Imposta di successione e donazione – acquisto di eredità senza accettazione – decesso della figlia erede prima della scadenza del termine per rinunciare all’eredità Recenti sviluppi sulla reciproca assistenza amministrativa in materia di imposte dirette ed indirette nell’ambito dell’Unione europea. 16t (CDT 25.11.2009 N. 80.2008.119 (il Tribunale federale ha respinto un ricorso con sentenza del 23.8.2010 [v. infra, N. 23t])) Ricupero d’imposta – procedura – separazione dalla procedura penale – non applicazione art. 6 CEDU Ricupero d’imposta – onere della prova – alta verosimiglianza della fattispecie stabilita dall’autorità sulla base di indizi precisi – prova del contrario da parte del contribuente 29 | n° 6 - Giugno 2011 | Giuseppe Marino Adeguamento dei criteri per l’identificazione della “persona interessata” e del “detentore delle informazioni” nel quadro della (nuova) assistenza amministrativa internazionale in materia fiscale adottata dalla Svizzera. Sintesi di un percorso di fatica e dolore. Curzio Toffoli Per maggiori informazioni: La Rivista ticinese di diritto (RtiD) I-2011 può essere ordinata (al prezzo di 111 franchi più IVA del 2.4%), rivolgendosi alla Cancelleria dello Stato, a Bellinzona, cfr.: http://www4.ti.ch/can/asagw/legislazione/ordina-online/ ultima-edizione-rtid-e-massimario [27.06.2011] Offerta formativa Corsi di diritto tributario Master in Tax Law Opuscolo http://www.fisco.supsi.ch/Content/main/uploaded/pdf/MAS_TaxLaw.pdf Tax Law in pillole http://www.supsi.ch/dms/fc/docs/prodotti/tax-law/TaxLaw_inPillole/TaxLaw_inPillole.pdf Fondamenti di diritto tributario Durata: 200 ore, Calendario: 9 settembre 2011, Termine d’iscrizione: 31 agosto 2011 Iscrizioni e informazioni: http://www.fisco.supsi.ch/Content/main/uploaded/pdf/CAS_FondDirTrib.pdf Diritto tributario internazionale Durata: 200 ore, Calendario: 9 settembre 2011, Termine d’iscrizione: 31 agosto 2011 Iscrizioni e informazioni: http://www.fisco.supsi.ch/Content/main/uploaded/pdf/CAS_DirTributInt.pdf Redazione: Comitato redazionale: SUPSI, Centro di competenze tributarie Elisa Antonini Palazzo E - 6928 Manno Paolo Arginelli Tel. +41 58 666 61 20 Rocco Filippini Fax +41 58 666 61 21 Fernando Ghiringhelli [email protected] Giordano Macchi Redattore responsabile: Samuele Vorpe Andrea Pedroli Sabina Rigozzi Curzio Toffoli Samuele Vorpe