Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana
Dipartimento scienze aziendali e sociali
Centro di competenze tributarie
Novità fiscali
L’attualità del diritto tributario
svizzero e internazionale
n° 6 - Giugno 2011
Indice
Politica fiscale
Crisi dell’euro e Unione europea in crisi ........................................................................ 2
Diritto tributario svizzero
Le indagini della Divisione affari penali ed inchieste .............................................. 7
Donazione o compravendita immobiliare? ................................................................. 12
Diritto tributario italiano
Mandato fiduciario senza intestazione di attività finanziarie........................ 15
Diritto tributario internazionale e dell’UE
La Svizzera allenta ulteriormente il segreto
bancario nei confronti della Comunità internazionale ....................................... 17
Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero
L’indennità versata dal debitore per
la rescissione anticipata di un’ipoteca a tasso fisso .............................................. 23
Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano
Accesso ai conti bancari ed autorizzazione ............................................................... 25
Non è sufficiente affidare i beni ad un trust per sfuggire al sequestro .......... 26
Pubblicazioni
Global perspectives on income taxation law ............................................................. 27
La nuova edizione della Rivista ticinese di diritto è in uscita ............................ 28
Offerta formativa
Corsi di diritto tributario .......................................................................................................... 31
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Politica fiscale
Crisi dell’euro e Unione europea in crisi
Come risolvere il peccato originale di Eurolandia
La cosiddetta “crisi dei debiti sovrani” scoppiata verso la
fine del 2009 in Eurolandia è scaturita da una malformazione strutturale della zona euro sul piano della politica
economica, più che dai falsi in bilancio dello Stato greco
e dalla diffusa sottrazione di imposte da parte dei suoi
contribuenti. In questo contributo analizzeremo dunque
inizialmente alcune cause strutturali della crisi in atto in
Eurolandia, per sviluppare poi delle considerazioni sulla
necessità di accentrare entro breve termine una parte
della sovranità fiscale dei Paesi nella zona euro, unitamente all’emissione di eurobbligazioni per finanziare
importanti investimenti produttivi e all’istituzione di un
meccanismo per attuare dei trasferimenti perequativi
allo scopo di contenere entro limiti sostenibili le disparità
che caratterizzano ancora oggi queste nazioni sul piano
socio-economico.
1.
Cause strutturali della crisi dei debiti sovrani in
Eurolandia
La crisi dei debiti sovrani che sta mettendo a dura prova
la zona euro da quando il governo greco annunciò, sul
finire del 2009, un disavanzo pubblico clamorosamente
superiore alle dichiarazioni del precedente governo, con
riferimento al prodotto interno lordo di quel Paese, è il
risultato di un “peccato originale” che Padoa-Schioppa
(2004, pagina 35) fu tra i primi nell’identificare, facendo
notare che l’euro è “una moneta senza Stato” (cfr. Rossi
2010). È infatti una particolarità propria di Eurolandia
che l’unificazione monetaria dei suoi Paesi membri – e
pertanto l’accentramento della politica monetaria presso
la Banca centrale europea (di seguito BCE) – coesistono
con delle politiche fiscali ancora saldamente in mano ai
governi nazionali, senza alcuna coordinazione tra loro
né d’altra parte con la BCE, nonostante il Patto di stabilità e crescita (di seguito PSC) firmato dall’insieme dei
Paesi membri dell’Unione europea (di seguito UE) nel 1997.
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Celebrando il decimo anniversario di Eurolandia, le
autorità dell’UE e molti politici attivi sul piano nazionale
nella zona euro fecero notare, con malcelato orgoglio,
come l’esistenza di questa zona fosse la dimostrazione
che è possibile avere una politica monetaria unica,
attuata da una banca centrale indipendente, lasciando
contemporaneamente ai governi nazionali le decisioni
di politica fiscale all’interno di Eurolandia, perché
“le politiche economiche devono considerare le specificità e il quadro istituzionale di ciascuna nazione e possono
perciò essere più efficacemente condotte a livello
nazionale” (Banca centrale europea 2008, pagina 21,
nostra traduzione). Per rinforzare questo argomento,
la BCE (ibidem) affermava che “lasciare le politiche
economiche ampiamente nelle competenze dei governi
nazionali consente pure un certo grado di concorrenza
orientata ad aumentare l’efficienza di queste politiche ed
emulare le pratiche migliori”.
In realtà, la crisi della zona euro avalla l’affermazione
di Friedman (1997), secondo cui Eurolandia non può
funzionare correttamente, perché i sistemi economici dei
suoi Paesi membri sono troppo diversi l’uno dall’altro per
formare un’unione monetaria omogenea sul piano
strutturale. È ormai riconosciuto da tutti, infatti, che
Eurolandia è priva di una “governance” economica in
grado di far funzionare quest’unione monetaria come
se fosse una nazione unica, cioè un’unione politica
all’interno della quale le politiche economiche e le
autorità democraticamente elette garantiscono il funzionamento della totalità del sistema economico in
modo responsabile e possibilmente con un insieme
condiviso di obiettivi tra loro coordinati in maniera
dinamica ai vari livelli di governo.
L’incoerenza dell’assetto politico-economico di Eurolandia
appare anche nella composizione del “policy mix” attuato
nella zona euro.
Da un lato, le scelte di politica monetaria della BCE
frenano la crescita economica di Eurolandia in quanto
ignorano il requisito sancito nell’articolo 127, capoverso 1,
del Trattato sull’Unione europea (di seguito TUE), che, fatta
salva la stabilità dei prezzi, impone alla BCE di sostenere “le
politiche economiche generali nell’Unione al fine di contribuire
alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione definiti nell’articolo
3 del trattato sull’Unione europea” (cfr. Rossi 2004). Tali
obiettivi convergono nella ricerca di uno sviluppo
sostenibile nell’insieme dell’UE, “basato su una crescita
economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia
sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena
occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di
tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente” (articolo
3, capoverso 3, TUE). Ciò che però importa maggiormente
per la soluzione della crisi di Eurolandia è l’esigenza
posta all’UE di “promuove[re] la coesione economica, sociale e
territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri”, giusta l’articolo 3, capoverso 3, del TUE, sebbene ciò sia in apparente
contrasto con l’articolo 123, capoverso 1, del medesimo
trattato, nel quale si dispone l’ormai famosa clausola di
“no bail-out” che proibisce qualsiasi forma di solidarietà
finanziaria tra gli Stati membri. In realtà, l’intervento
della cosiddetta “troika” formata dall’UE, dalla BCE e dal
Fondo monetario internazionale a sostegno della Grecia
(maggio 2010), dell’Irlanda (dicembre 2010) e del
Portogallo (maggio 2011) ha de facto sospeso la clausola
suindicata, esigendo però in contropartita che i governi
di questi Paesi attuino diversi programmi di austerità
allo scopo di rispettare i criteri che riguardano le finanze
pubbliche iscritti nel PSC. Per quanto tale condizione
sia giustificata per il settore pubblico ellenico (alla luce
della sua contabilità creativa nel decennio che ha seguito
l’adesione della Grecia alla zona euro come pure dell’importanza dell’economia sommersa rispetto al prodotto
interno lordo di questo Paese), è molto sorprendente
che anche l’Irlanda (a lungo considerata come il modello
ideale di sviluppo economico grazie ai suoi vigorosi tassi
di crescita del prodotto interno lordo e ai suoi disavanzi
pubblici contenuti rispetto ai criteri di Maastricht) debba
attuare delle misure di austerità in tempi brevi, a maggior
ragione quando si considera che il governo irlandese non
avrà alcun obbligo di aumentare l’aliquota di imposta
sugli utili delle imprese – che si situa al livello più basso
(12.5%) fra tutti i Paesi membri di Eurolandia, la cui
media a questo riguardo supera il 30% (una percentuale
che corrisponde all’aliquota prelevata in Germania). A tale
riguardo, si noti che le nazioni nelle quali l’imposizione
fiscale è la più “leggera” de jure (Irlanda) o de facto (Grecia,
a seguito dell’abbondante sottrazione di imposte) sono
state le prime a doversi rivolgere ai loro pari in Eurolandia
per ottenere un sostegno finanziario multilaterale, con
dei costi sociali che saranno molto elevati considerando
le drastiche misure di austerità che entrambi questi
governi hanno già dovuto imporre alla popolazione nel
loro Paese.
Dall’altro lato, nessuna coordinazione delle politiche
fiscali nazionali è mai avvenuta all’interno di Eurolandia,
dato che il paradigma dominante in questo ambito è
orientato alla concorrenza fiscale tra gli Stati membri e
all’emulazione delle cosiddette “pratiche migliori” in questo
contesto (cfr. Banca centrale europea 2008). L’incoerenza
appare tanto più grande in quanto si osserva che la
maggior parte degli Stati membri di Eurolandia praticano diverse forme di concorrenza fiscale, allo scopo di
trattenere o attrarre delle attività economiche entro
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i loro confini nazionali, considerando ciò una “pratica
migliore”, mentre l’UE nel suo insieme rimprovera ad
alcuni Paesi terzi, fra cui la Svizzera, di essere dei “paradisi
fiscali” dannosi e non cooperativi nel senso del modello
adottato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo
sviluppo economico. Non sorprende in realtà che gli Stati
membri di Eurolandia vogliano evitare di abbandonare
le loro prerogative di spesa pubblica e di imposizione
fiscale, dopo che già hanno sacrificato la loro sovranità
monetaria trasferendo alla BCE la competenza per le
decisioni sui tassi di interesse nell’intera zona euro. Tanto
la leva fiscale quanto la spesa pubblica influenzano
l’evoluzione congiunturale dell’economia nazionale,
che in molti casi i politici con responsabilità di governo
cercano di manovrare anche nell’intento di soddisfare
degli interessi privati – tra cui la possibilità di restare al
governo o di essere rieletti alla fine della legislatura. Non
è quindi un caso che le decisioni del Consiglio europeo
riguardanti la politica fiscale nell’UE debbano essere
prese all’unanimità, contrariamente alla regola generale
in base alla quale le scelte di questo Consiglio sono prese
a maggioranza qualificata (si vedano gli articoli 114, 192 e
194 del TUE): tale vincolo impedisce qualsiasi armonizzazione fiscale all’interno di Eurolandia, agevolando di
conseguenza quelle pratiche di ottimizzazione fiscale che
le persone giuridiche sfruttano per eludere l’imposizione
degli utili e/o dei capitali nel Paese in cui hanno il loro
centro di interesse. Questo arbitraggio fiscale è, spesso e
volentieri, sfruttato pure dalle persone fisiche i cui redditi
e/o patrimoni sono elevati, allo scopo di ridurre ai minimi
termini il loro carico fiscale, soprattutto quando queste
persone sono al beneficio della pensione e non svolgono
perciò alcuna attività professionale, avendo quindi
un’elevata mobilità internazionale. La concorrenza tra le
autorità fiscali nazionali all’interno di Eurolandia (e, più
in generale, nell’UE) ha esercitato nel primo decennio
del ventunesimo secolo una pressione al ribasso sulle
aliquote di imposizione delle persone giuridiche, come
pure sulle imposte delle persone fisiche benestanti,
facendo di conseguenza sopportare ai contribuenti nel
cosiddetto “ceto medio” (e che sono poco mobili in quanto
i loro redditi dipendono dalla possibilità di impiego di
queste persone) un pesante carico fiscale per finanziare
il bilancio del settore pubblico nazionale (cfr. Rogers/
Philippe 2011). Questa situazione è particolarmente
rilevante per i lavoratori dipendenti che soffrono a causa
della riduzione della qualità e/o quantità dei servizi
pubblici erogati dallo Stato alle prese con l’esigenza di
rispettare i vincoli di bilancio imposti dal PSC.
peculiarità di un vecchio modello di concorrenza strategica
tra Stati indipendenti” (Padoa-Schioppa 2004, pagina 50,
nostra traduzione). Tra le relazioni conflittuali (anziché
competitive) fra gli Stati membri della zona euro emergono i forti contrasti fra le politiche fiscali nazionali, dato
che Eurolandia non implica né un’unione di bilancio né
dei trasferimenti finanziari di carattere perequativo tra
i suoi Stati membri, in contrasto con quanto esiste nelle
nazioni che hanno un sistema federalista come la Svizzera,
la Germania e gli Stati Uniti d’America.
2.
L’idea di creare gli Stati Uniti d’Europa, già ventilata dai
padri fondatori della Comunità economica europea nei
primi anni Cinquanta del ventesimo secolo, è da rilanciare
in quanto pietra angolare della costruzione europea che
integrerà le politiche economiche e i sistemi politici nazionali al fine di realizzare gli obiettivi iscritti nel TUE (si
veda il suo articolo 3, capoverso 3, richiamato supra). In
particolare, sarà attraverso un parziale accentramento
delle politiche fiscali nel quadro di una federazione politica che la zona euro potrà formare un insieme di Stati tale da riconciliare “moneta” e “politica” nell’interesse
dell’insieme di Eurolandia. Il primo passo da compiere in
questa direzione potrebbe essere l’introduzione di un’imposta paneuropea sulle transazioni finanziarie, nel solco di quanto proposto dal presidente francese Nicolas
Sarkozy per ridurre l’instabilità delle economie nazionali,
come pure una tassa sull’uso delle fonti energetiche non
rinnovabili o nocive per l’umanità: le risorse fiscali così
ottenute dovranno allora essere suddivise tra la federazione, cioè Eurolandia, e i suoi Stati membri, affinché (i)
la zona euro in quanto tale possa disporre del proprio
bilancio pubblico consistentemente con la dimensione
geo-economica dell’unione monetaria, e (ii) ciascuno
Stato membro possa contribuire a (o beneficiare di) un
meccanismo di trasferimenti dal carattere perequativo
allo scopo di evitare delle disparità eccessive tra i vari Paesi
che formano la zona euro (misurate con riferimento al
reddito pro-capite in termini reali e ai tassi di disoccupazione totale e per le categorie di lavoratori maggiormente
a rischio, come i giovani, le donne e i lavoratori “senior”).
L’ineluttabile accentramento parziale della politica
fiscale nella zona euro
La crisi dei debiti sovrani che sta attanagliando la zona
euro rappresenta il primo “crash test” per l’unificazione
monetaria europea, che la BCE non è equipaggiata per
superare indenne senza un sostanziale progresso verso
una forma di integrazione politica ancora da studiare tra
i suoi Stati membri. Padoa-Schioppa (2004, pagina 36,
nostra traduzione) lo fece notare chiaramente: “fino a
quando non saranno compiuti altri passi verso una vera unione
politica, l’Eurosistema [soprattutto la BCE] sarà la banca centrale di una moneta senza Stato, e sarà così confrontata con
una sfida che nessuna altra banca centrale deve affrontare”.
Nonostante la sua enorme indipendenza, la BCE è infatti
stata (ed è tuttora) costretta a fornire assistenza finanziaria – sebbene attraverso i mercati secondari – a quei
governi nazionali nella periferia di Eurolandia che non
sono in grado di ripagare le loro obbligazioni alla scadenza.
Mettendo in gioco la sua credibilità e aumentando nel
lungo termine i rischi di instabilità finanziaria attraverso Eurolandia, la BCE deve confrontarsi con un triangolo
di incompatibilità strutturale ai cui vertici si trovano: (i)
una moneta e una politica monetaria unica, (ii) la libera
circolazione dei capitali tra le economie nazionali che
formano la zona euro, e (iii) delle politiche fiscali e di
bilancio autonome in ciascuno dei suoi Paesi membri.
In effetti, “l’Unione europea è soltanto un sistema politico in
divenire, dato che mancano funzioni importanti e caratteristiche costituzionali di una unione politica e rimangono alcune
La proposta di creare una base fiscale imponibile sul piano
sovranazionale europeo non è nuova: già nel 1977, il
cosiddetto “Rapporto MacDougall” indicava questa direzione
al fine di completare la costruzione europea in atto a
quell’epoca (cfr. Commissione delle Comunità europee
1977). Se nessun progresso è stato fatto su questo fronte,
la responsabilità dello statu quo ricade sugli Stati membri
dell’UE, i quali sono sempre stati contrari a trasferire
(anche soltanto parzialmente) ad un’autorità sovranazionale
le loro competenze fiscali (cfr. Holland 2010). In realtà,
affrontare la crisi dei debiti sovrani in Eurolandia infliggendo dei programmi di austerità alla popolazione nei
Paesi periferici e continuando a imporre loro dei tassi di
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interesse esorbitanti indurrà delle forti pressioni deflazionistiche nell’insieme di Eurolandia (compresa dunque
la Germania), giacché entrambe queste misure avranno
delle conseguenze negative per le transazioni commerciali o finanziarie nella zona euro, riducendo sia i redditi
sia i consumi in una spirale che si autoalimenterà creando
un vortice dirompente per la coesione nazionale e
tra i Paesi membri. Una soluzione migliore per la crisi dei debiti sovrani consiste nel prelevare un’imposta su ciascuna transazione attraverso il settore
finanziario di Eurolandia, il cui gettito fiscale dovrà finanziare un Piano europeo di
ripresa economica (di seguito
PERE) avente lo scopo di promuovere durevolmente gli
investimenti pubblici e privati
nei settori della sanità, dell’istruzione, del rinnovamento
urbano, della protezione
dell’ambiente e del paesaggio,
delle tecnologie pulite, dei
servizi finanziari alle piccole e
medie imprese, delle reti di
trasporto e di comunicazione transeuropee, raggiungendo in tal modo gli obiettivi dell’UE come esatto dal
TUE (cfr. Commissione delle Comunità europee 2008).
Se il bilancio pubblico di Eurolandia corrisponderà al
10-15% del prodotto interno lordo dell’intera zona euro
(mediante l’accentramento di una parte delle sovranità
fiscali dei suoi Stati membri e/o il prelievo di un’imposta
paneuropea come indicato sopra), sarà possibile chiedere all’UE o alla BCE di emettere delle eurobbligazioni per
finanziare una ripresa economica trainata dagli investimenti attraverso Eurolandia, sostituendo così l’austerità
con la solidarietà tra gli Stati membri della zona euro.
Questa soluzione sarà ancora più virtuosa se la Banca
europea per gli investimenti (di seguito BEI) parteciperà
all’architettura per la “governance” economica della zona
euro, emettendo le proprie obbligazioni allo scopo di
raccogliere dei risparmi da investire nel PERE, permettendo di sgravare in tal modo la spesa pubblica altrimenti
a carico degli Stati nazionali (finora, infatti, il debito
della BEI grava sui conti pubblici dei Paesi membri
dell’UE). Questa partecipazione per conto proprio della
BEI al piano di investimenti pubblici in Eurolandia, per
la ripresa economica della zona euro nel suo insieme,
consentirà ai Paesi periferici in questa zona che hanno
oggi un reddito pro-capite inferiore alla media europea
di ridurre lo scarto per quanto riguarda gli investimenti,
il livello di occupazione e la sicurezza sociale nei confronti dei Paesi più avanzati in Eurolandia, senza dover
rinunciare completamente alla sovranità fiscale nazionale.
Sia la BEI sia le eurobbligazioni permetteranno in tal
modo di attuare degli investimenti produttivi, con il
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finanziamento ottenuto dai risparmi che, all’interno
come all’esterno di Eurolandia, sono alla ricerca di
un rendimento sicuro e durevole a lungo termine (si
pensi ai fondi delle casse pensioni). Questa soluzione
limiterà il problema dei debiti sovrani di molte nazioni
situate alla periferia della zona euro, proteggendole
dagli attacchi speculativi nei mercati finanziari “globalizzati”, giacché il regime della “finanziarizzazione” del
debito pubblico non sarà più in grado di imporre la
“dittatura” del mercato a danno dei contribuenti al fisco.
Si tratta senza dubbio di un argomento convincente per
i cittadini tedeschi (dunque interessante per le autorità politiche nazionali), a maggior ragione se sarà loro
spiegato che esiste una differenza essenziale fra i
trasferimenti fiscali necessari per finanziare un’istituzione sovranazionale (come il Fondo per la stabilità
finanziaria europea creato nel 2010 a seguito della crisi
della Grecia) e un’emissione di eurobbligazioni al fine di
indirizzare i risparmi verso gli investimenti produttivi di
benessere e occupazione nell’insieme di Eurolandia (cfr.
Holland 2010). In effetti, il Fondo per la stabilità finanziaria
europea, che nel 2013 dovrebbe trasformarsi in un
Meccanismo di stabilità europeo permanente, non
alleggerisce in alcun modo l’onere che i contribuenti al
fisco nei Paesi virtuosi della zona euro dovranno sopportare in caso di fallimento di uno Stato (come la Grecia, il
Portogallo, la Spagna o l’Italia), dato che le obbligazioni
emesse da questo Fondo (o dal Meccanismo che lo
sostituirà) sono garantite finanziariamente dagli Stati
membri di Eurolandia (dunque dalla Germania più che
dagli altri Paesi membri, meno virtuosi sul piano delle
finanze pubbliche). Se vi saranno delle emissioni di
eurobbligazioni, esse offriranno in sostanza un’interessante opportunità per gli investitori privati o istituzionali,
perché permetteranno ai creditori, in Asia come in
Europa, di diversificare i loro investimenti di portafoglio
diminuendo dunque la quota di dollari e buoni del Tesoro
degli Stati Uniti in loro possesso – la cui accumulazione
è sia la causa sia la conseguenza di ciò che è noto come
“l’equilibrio del terrore finanziario” (cfr. Summers 2004).
In conclusione, se i politici influenti sul piano europeo
avranno il coraggio personale e il sostegno popolare per
compiere un passo avanti verso la creazione degli Stati
Uniti d’Europa, la “crisi dei debiti sovrani” che ora minaccia
l’intera costruzione europea sarà ricordata per avere
indotto l’UE a rimediare al peccato originale di Eurolandia,
completando l’unificazione monetaria con un primo
embrione di unione politica attraverso cui gli Stati membri
avranno delegato alla loro federazione una parte della
sovranità fiscale. Le sofferenze attuali della popolazione
nei Paesi periferici della zona euro non saranno allora
state vane e potranno essere ricompensate con un maggiore livello di benessere e occupazione in tutta Eurolandia
nel corso dell’intero prossimo decennio.
Per maggiori informazioni:
Banca centrale europea; Monthly Bulletin: 10th
Anniversary of the ECB, Banca centrale europea, Francoforte sul Meno 2008
Commissione delle Comunità europee; Report of the
Study Group on the Role of Public Finance in European
Integration (“MacDougall Report”), Commissione delle
Comunità europee, Bruxelles 1977
Commissione delle Comunità europee; Un piano europeo
di ripresa economica, COM(2008) 800 definitivo, Bruxelles, 26 novembre 2008, disponibile in:
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=
COM:2008:0800:FIN:it:PDF
[27.06.2011]
Friedman Milton; “Why the euro is wrong for Europe”,
New Perspectives Quarterly, volume 14, n. 4, 1997, pagine
23–24
Holland Stuart; “Financial crises, governance and cohesion: can governments learn up?”, in Richardson Joanna
(a cura di); From Recession to Renewal: The Impact of
Financial Crises on Public Services and Local Government,
Policy Press, Bristol 2010, pagine 50–68
Padoa-Schioppa Tommaso; The Euro and Its Central
Bank: Getting United after the Union, MIT Press,
Cambridge (MA) 2004
Rogers James/Philippe Cécile; The Tax Burden of Typical
Sergio Rossi
Professore ordinario
di macroeconomia
ed economia monetaria
nell’Università di Friburgo
Workers in the EU 27, Institut économique Molinari,
Bruxelles 2011, disponibile in:
http://ik.org.pl/test/cms/wp-content/uploads/2011/06/THETAX-BURDEN-OF-TYPICAL-WORKERS-IN-THE-EU-27-2.pdf
[27.06.2011]
Rossi Sergio; “Inflation targeting and sacrifice ratios: the
case of the European Central Bank”, International Journal
of Political Economy, volume 34, n. 2, 2004, pagine 69–85
Rossi Sergio; “Chiudete il recinto prima che scappino i
«maiali»”, Limes: rivista italiana di geopolitica (numero
speciale “L’euro senza Europa”), aprile 2010, pagine 23–28
Summers Lawrence Henry; “The United States and
the global adjustment process”, discorso pronunciato
all’Institute for International Economics, Washington (DC),
23 marzo 2004, disponibile in:
http://www.iie.com/publications/papers/paper.
cfm?researchid=200
[27.06.2011]
Versione consolidata del Trattato sull’Unione europea
e del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, volume 43, n. C 83,
30 marzo 2010, pagine 1–359, disponibile in:
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=
OJ:C:2010:083:FULL:IT:PDF
[27.06.2011]
Diritto tributario svizzero
Le indagini della Divisione
affari penali ed inchieste
Disposizioni generali di procedura, provvedimenti coattivi e decisioni
fiscali, d’assistenza o d’istigazione a tali atti. La legge
considera gravi infrazioni fiscali la sottrazione continuata
di importanti somme d’imposta e i delitti fiscali. Tale
elenco non è comunque esaustivo e a dipendenza dell’insieme delle circostanze anche altre modalità d’infrazione
potrebbero essere considerate gravi infrazioni fiscali.
Gli autori ritengono che la “gravità” sia da ricercare nel
modus operandi utilizzato per compiere il reato, piuttosto
che nell’importo particolarmente elevato. Comunque,
sino ad ora il Tribunale federale si è limitato a statuire che
la condizione per l’apertura di un’inchiesta fiscale speciale
è l’esistenza di un sospetto sufficiente, ossia è sufficiente
che il sospetto sia fondato oggettivamente su degli indizi
effettivi che secondo l’esperienza lasciano presupporre
l’esistenza di un atto punibile (cfr. GAAC 66.101).
3.
1.
Introduzione
La Divisione affari penali e inchieste, meglio conosciuta
con l’acronimo DAPI è balzata ultimamente agli onori
della cronaca per aver condotto delle indagini i cui
risvolti hanno trovato spazio sui media ticinesi. È il centro di competenze dell’Amministrazione federale delle
contribuzioni (di seguito AFC) che si occupa, da un lato,
dell’applicazione uniforme nel Paese del diritto penale
fiscale collaborando pure a migliorarne la legislazione,
dall’altro di svolgere inchieste fiscali in conformità con
il diritto penale amministrativo della Confederazione,
quindi utilizzando provvedimenti coattivi. Una ventina
di collaboratori specializzati, compiono indagini fiscali le
cui caratteristiche sono ben lontane dai normali controlli
espletati dagli ispettori cantonali o federali (per IVA e
imposta preventiva), sia per tipologia d’inchiesta che per
mezzi a disposizione e diritti delle persone coinvolte.
Di seguito illustreremo il decorso dell’inchiesta, dalla sua
apertura sino alla chiusura, analizzando in particolare le
misure coercitive, i parallelismi e anche le diversità delle
inchieste svolte per infrazione alle leggi federali sull’imposta federale diretta (di seguito LIFD) e sull’imposta
preventiva (di seguito LIP)
2.
I presupposti per l’apertura di un’inchiesta fiscale
speciale ai sensi dell’articolo 190 LIFD
L’articolo 190 LIFD prevede che il Capo del Dipartimento
federale delle finanze (di seguito DFF), attualmente la
Consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf, può
autorizzare l’AFC, e per essa la DAPI, a svolgere un’inchiesta se esistono sospetti giustificati di gravi infrazioni
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I presupposti per l’apertura di un’inchiesta ai sensi
dell’imposta preventiva
Se l’articolo 190 LIFD prevede condizioni “severe” per
l’apertura di un’inchiesta, meno severe sono le condizioni
qualora il reato costituisca un’infrazione alla LIP. In questo
caso non è previsto il rilascio di autorizzazioni da parte
del Consigliere federale e non deve nemmeno sussistere
l’illecito fiscale continuato e grave. L’unico limite è dato
dal rispetto dei principi generali di diritto, segnatamente
il principio di proporzionalità (in particolare nel caso in
cui l’autorità fiscale desideri utilizzare dei provvedimenti
coattivi) e di parità di trattamento tra contribuenti. In
ogni caso, la decisione d’apertura dell’inchiesta viene
presa solamente con l’accordo della Direzione dell’AFC.
4.
L’imputato
Nell’ambito delle inchieste fiscali speciali (ossia inchieste
ai sensi dell’articolo 190 LIFD) gli imputati possono essere
sia persone fisiche che giuridiche. Queste possono essere
indagate in qualità di autori, complici o istigatori (articolo
191 LIFD).
A differenza delle inchieste fiscali speciali, quelle ai sensi
dell’imposta preventiva sono svolte solamente contro
persone fisiche in virtù del principio societas delinquere non
potest (articolo 6 della legge federale sul diritto penale
amministrativo, di seguito DPA).
5.
Gli atti d’inchiesta tesi all’accertamento dei fatti
I possibili atti d’inchiesta che la DAPI può mettere in
atto sono regolati dagli articoli da 19 a 50 DPA. Sostanzialmente sono gli stessi sia che l’inchiesta sia tesa ad
accertare i fatti nell’ambito dell’imposta federale diretta
che dell’imposta preventiva. L’unica differenza riguarda
il fermo provvisorio dell’autore, vietato solo nell’ambito
delle inchieste fiscali speciali (articolo 191 capoverso 1
LIFD in rimando all’articolo 19 capoverso 3 DPA).
6.
Le perquisizioni
Nel caso di un’indagine la DAPI ha la possibilità di
compiere delle perquisizioni tese a raccogliere mezzi di
prova, segnatamente documenti, volti a confermare il
sospetto di infrazione fiscale (articolo 50 DPA). Di regola
le perquisizioni avranno luogo presso il domicilio e/o la
sede dell’imputato, nonché in altri luoghi situati in Svizzera
dove presumibilmente sono conservati documenti
importanti per l’inchiesta (per esempio nelle abitazioni
secondarie, negli uffici di revisione o di consulenza, dai
gestori di patrimoni, eccetera). La perquisizione avviene
previo rilascio di un mandato di perquisizione da parte
del Direttore dell’AFC e deve essere fatta con il maggior
riguardo possibile dei segreti privati; segnatamente, le
carte devono essere esaminate solamente quando si possa presumere che contengano scritti necessari per chiarire i fatti. La perquisizione deve essere fatta in modo da
tutelare il segreto d’ufficio, come anche i segreti confidati
nell’esercizio del proprio ministero o della propria professione agli ecclesiastici, agli avvocati, ai notai, ai medici,
ai farmacisti, alle levatrici e ai loro ausiliari. Rileviamo
comunque, in particolare per quanto attiene gli avvocati
ed i notai, che possono avvalersi del segreto professionale unicamente per quanto attiene allo loro attività tipica; attività a carattere fiduciario, anche se svolte da un
legale, non sono protette dal segreto (cfr. DTF 132 IV 63).
Se il detentore delle carte si oppone alla perquisizione,
la stessa avrà comunque luogo ma le carte saranno
suggellate, asportate e poste in luogo sicuro. Se in
seguito il detentore delle carte mantiene l’opposizione, la
DAPI presenterà un’istanza di levata dei sigilli alla Corte
dei reclami penali del Tribunale penale federale, la quale
statuirà sull’ammissibilità del provvedimento (articolo 25
capoverso 1 DPA).
8
| n° 6 - Giugno 2011 |
7.
Le richieste di informazioni e i documenti
Se nel corso dell’inchiesta la DAPI ritenesse opportuno
acquisire nuove informazioni o documenti da terzi, può
senz’altro imporre la trasmissione di quanto richiesto
sotto comminatoria di pena (articolo 292 del Codice
penale svizzero [di seguito CP]). Tipicamente queste
richieste avvengono all’indirizzo di una banca e sono tese
(i) alla determinazione dell’avente diritto economico di
una relazione oppure, (ii) a chiarire le movimentazioni
di fondi avvenute sui conti non dichiarati dell’imputato.
Nell’ambito delle indagini condotte ai sensi del DPA,
evidenziamo come il segreto bancario non sia salvaguardato e quindi l’istituto non possa rifiutarsi di collaborare
(cfr. GAAC 67.85 e 67.86).
In passato il Tribunale penale federale (cfr. BE.2005.10)
ha già avuto modo di differenziare tra la richiesta di
informazioni ai sensi dell’articolo 40 DPA e l’ingiunzione
fatta ad un terzo di consegnare dei documenti da uno
specialista inquirente. Infatti, conformemente alla prassi,
quando le carte sono nelle mani di una banca, l’autorità
non si sposta fisicamente per procedere ad una perquisizione (provate ad immaginare la perquisizione di un
istituto finanziario di grosse dimensioni). Tale perquisizione è sostituita da un ordine all’intenzione dell’istituto
bancario di consegnare le carte all’autorità inquirente.
Materialmente, tale ordine equivale tuttavia ad una
perquisizione ai sensi dell’articolo 50 DPA, che permette
quindi, se del caso, la trasmissione delle carte sotto suggello.
Al contrario, la richiesta di informazioni permette
d’interpellare un istituto bancario affinché questo indichi,
per esempio, se una determinata persona è titolare di
un conto presso di lui (cfr. DTF 120 IV 260 consid. 3).
L’articolo 40 DPA (richiesta d’informazioni) non può
quindi essere invocato per imporre a dei terzi la
consegna di documenti.
8.
Gli interrogatori e le perizie
Un ulteriore mezzo d’indagine teso al chiarimento dei
fatti consiste nella possibilità di interrogare l’imputato
(articolo 39 DPA), le persone a conoscenza dei fatti (articolo 40 DPA) oppure i testimoni (articolo 41 DPA).
L’imputato in quanto tale ha il diritto di non rispondere
alle domande dello specialista inquirente, soprattutto
qualora queste fossero tese ad aggravare la sua posizione.
Rifiutandosi di rispondere, egli non incorre in alcuna
sanzione, ma indirettamente potrebbe contribuire a
confermare la tesi accusatoria. Ovviamente, qualora
lo ritenesse opportuno, egli potrà sempre esprimere la
propria versione dei fatti, sia oralmente che per iscritto,
nel seguito della procedura.
Le persone interrogate a titolo di persona a conoscenza
dei fatti o testimoni, si distinguono tra loro in quanto
le prime, nonostante non siano formalmente imputate,
possono comunque rifiutarsi di rispondere, mentre le
seconde sono tenute a rispondere e a dire tutta la verità; in
caso contrario sono passibili di sanzioni (articolo 307 CP).
Nella prassi una persona è considerata a conoscenza dei
fatti, quando si sospetta che questa possa entrare in linea
di conto quale complice o co-autore al pari dell’imputato.
Per esempio, il contabile di un’azienda che potrebbe aver
redatto scientemente una contabilità inesatta, sarà interrogato in qualità di persona informata sui fatti poiché,
egli, in un secondo tempo, potrebbe essere ritenuto complice
delle sottrazioni d’imposta. Concedendogli la facoltà di non
rispondere può così evitare di concorrere alla propria incriminazione; se non ne approfitta e risponde alle domande,
queste dichiarazioni potranno essere usate contro di lui
nell’ambito di un procedimento per complicità in sottrazione
d’imposta (articolo 177 LIFD).
Oltre alle perquisizioni, alle richieste di documenti e informazioni e agli interrogatori, la DAPI può ordinare delle perizie
(per esempio delle perizie calligrafiche oppure delle perizie
tese a verificare l’autenticità di un documento che sospetta
sia retrodatato) oppure delle ispezioni oculari.
9.
I sequestri e la costituzione di garanzie
In virtù dell’articolo 46 capoverso 1 DPA, la DAPI può
sequestrare e confiscare dei beni (articolo 66 DPA). Il
sequestro e la confisca sono volti a sottrarre al contribuente il vantaggio economico risultato del reato. Si
rileva che il sequestro può avvenire anche se nel frattempo
il bene è stato trasmesso ad altri. Può essere confiscato
ogni vantaggio economico derivante direttamente o
indirettamente dal reato. In caso di sottrazione d’imposta
l’ammontare massimo dell’importo che può essere
sequestrato corrisponde al controvalore della presunta
sottrazione d’imposta, interessi di ritardo inclusi (cfr. DTF
120 IV 365 consid. 1d). Per le multe questo strumento non
è concesso. In concreto il sequestro e la confisca sono
volti a dissuadere il contribuente dal commettere dei reati.
Con la sentenza del 1. aprile 2011 (cfr. DTF 1B_417/2010), il
Tribunale federale ha recentemente riconfermato la liceità
dei sequestri ai sensi del DPA.
Nel caso in cui il contribuente non sia domiciliato in
Svizzera oppure il pagamento dell’imposta da lui dovuta
sembri compromesso, l’autorità fiscale cantonale può
richiedere la costituzione di garanzie (articolo 169 LIFD).
La richiesta di garanzie rappresenta per il contribuente
l’obbligo di porre dei beni a garanzia delle imposte sottratte, delle multe e degli interessi di ritardo. L’ammontare della richiesta è quindi stabilito in base al calcolo del
presunto credito nei confronti dell’ente pubblico.
Al fine di tutelare adeguatamente i diritti dell’ente pubblico, questi strumenti sono utilizzati congiuntamente.
Infatti, nell’ambito di un’indagine condotta dalla DAPI,
il sequestro di beni avviene contemporaneamente alla
comunicazione di apertura di una procedura penale
fiscale; per contro capita che la richiesta di costituzione
di garanzie ai sensi dell’articolo 169 LIFD, che verte
sostanzialmente sugli stessi beni già gravati dai sequestri
ai sensi del DPA, sia costituita solamente al termine della
procedura di accertamento.
9
| n° 6 - Giugno 2011 |
10. La chiusura dell’inchiesta fiscale speciale ai sensi
dell’articolo 190 LIFD
Per le inchieste fiscali speciali ai sensi dell’articolo 190
LIFD, qualora sia stato accertato un reato, l’AFC compila
un rapporto che trasmette all’amministrazione cantonale
interessata e all’imputato. Il contribuente avrà quindi 30
giorni a contare dalla notifica del rapporto per esprimere
il proprio parere o proporre un complemento d’inchiesta.
Per quanto riguarda il contenuto del rapporto d’inchiesta
l’autorità inquirente dovrà ricostruire dettagliatamente la
fattispecie citando gli articoli di legge infranti (condizione
oggettiva). Il comportamento del contribuente sarà analizzato per determinare la condizione soggettiva (ossia
se egli ha agito con intenzionalità o per negligenza). Si
presenterà il calcolo del ricupero d’imposta; saranno
considerate le condizioni aggravanti e quelle attenuanti,
in modo che il contribuente possa avere un’idea precisa
delle conseguenze dei suoi comportamenti (multa).
In aggiunta, il rapporto farà riferimento ad eventuali
denuncie ad altre autorità per reati la cui competenza
non è dell’amministrazione cantonale delle imposte; ad
esempio denuncia per frode fiscale al Ministero pubblico.
Eseguito (oppure rifiutato) il complemento d’inchiesta
proposto dal contribuente, gli uffici delle amministrazioni cantonali competenti porteranno a conclusione la
procedura di ricupero e sottrazione d’imposta. In altre
parole, la competenza per il caso sarà trasmessa all’autorità fiscale cantonale che, sulla base della legge tributaria cantonale e della LIFD, concluderà sia la procedura
di ricupero d’imposta che la procedura di sottrazione. Si
osserva che l’autorità cantonale di tassazione o le istanze
ricorsuali superiori non hanno la possibilità di compiere
misure coattive, quindi, a giudizio degli autori, se queste
dovessero ammettere domanda di complemento
d’inchiesta precedentemente rifiutata dalla DAPI, l’incarto potrebbe essere ritornato alla DAPI, con l’ordine di
eseguire gli atti d’inchiesta ritenuti mancanti.
11.
La chiusura dell’inchiesta ai sensi dell’imposta
preventiva
In merito ai reati contro la LIP, una volta conclusa
l’inchiesta, la DAPI stende e notifica all’imputato il processo verbale finale (giusta l’articolo 61 DPA), il cui contenuto corrisponde approssimativamente al rapporto
d’inchiesta precedentemente descritto. Anche in questo
caso l’imputato riceverà un adeguato termine per spiegarsi,
proporre atti d’indagine complementari e conclusioni.
Terminata quindi l’inchiesta, si attiveranno la procedura
amministrativa, per la corretta tassazione del contribuente e la procedura penale, per stabilire un’eventuale
pena. Per la procedura amministrativa la legge prevede
la facoltà per il contribuente di concludere la procedura
pagando l’importo indicato dall’amministrazione, quindi
senza ulteriore decisione rilasciata dall’AFC; si tratta
quindi di un metodo per terminare in maniera semplice
il contenzioso accordandosi con l’autorità fiscale. A
richiesta del contribuente, oppure nel caso in cui il DFF
lo decida, ossia se ricorrano gli estremi per infliggere una
pena pecuniaria o ordinare una misura privativa della
libertà, il caso verrà rinviato al Tribunale penale cantonale
competente per il tramite del Ministero pubblico cantonale. Per concludere occorre ancora precisare che sino a
quando la procedura amministrativa non sarà terminata,
in presenza di decisione di prima istanza, la procedura
penale resterà sospesa e i termini di prescrizione non
decorreranno.
12.
Il difensore e le modalità di reclamo
L’imputato ha in qualunque stadio della causa il diritto
di provvedersi di un difensore. Sono tali unicamente gli
avvocati iscritti all’albo (articolo 32 capoverso 2 lettera a
DPA); un fiduciario, ancorché laureato in diritto, non può
assumere le veci del difensore. Considerata la usuale
complessità delle cause, l’esperienza dimostra che un
collegio difensivo formato da un avvocato e da un consulente fiscale rappresenta la soluzione ideale per garantire
i diritti dell’imputato.
Contro i provvedimenti coattivi, segnatamente il sequestro
di oggetti e beni e le perquisizioni, può essere proposto
reclamo alla Corte dei reclami penali del Tribunale
penale federale (articolo 26 DPA). Il reclamo deve essere
presentato al Direttore dell’AFC entro tre giorni a contare
da quello in cui il reclamante ha avuto conoscenza dell’operazione o ha ricevuto notificazione della decisione.
Se il Direttore dell’AFC rettifica l’operazione o rimedia
all’omissione in conformità delle conclusioni proposte, il
reclamo diventa senza oggetto; in caso contrario, questi
deve trasmetterlo alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale, con le sue osservazioni, al più tardi il
terzo giorno feriale dopo il suo ricevimento.
Contro le operazioni e le omissioni del funzionario
10 | n° 6 - Giugno 2011 |
inquirente che non costituiscono una misura coercitiva
(per esempio contro il rifiuto di interrogare un teste
proposto dalla difesa), può essere interposto reclamo
presso il Direttore dell’AFC (articolo 27 DPA) entro tre
giorni a contare da quello in cui il reclamante ha avuto
conoscenza dell’operazione o ha ricevuto notificazione
della decisione. La decisione su reclamo va notificata per
iscritto al reclamante e deve indicare i rimedi giuridici.
La decisione sul reclamo può essere impugnata presso
la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale
soltanto per violazione del diritto federale, compreso
l’eccesso o l’abuso del potere d’apprezzamento.
In entrambi i casi, le decisioni del Tribunale penale federale,
possono essere attaccate dinnanzi al Tribunale federale.
13.
I diritti dell’imputato e collaborazione tra autorità
fiscali
Qualunque procedura in ambito penale fiscale, ed in
particolare quelle commentate nel presente articolo,
deve rispettare i diritti dell’imputato. In particolare all’imputato sono riconosciuti i diritti previsti dall’articolo 6
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, quali il diritto di
non rispondere e di non collaborare al procedimento.
Anche la DAPI è tenuta a compiere i suoi atti d’inchiesta
nel rispetto dell’ordinamento generale di diritto. In particolare l’attuazione di una misura coercitiva è ammissibile
unicamente in presenza di una base legale, se vi è un
interesse pubblico e se viene rispettato il principio della
proporzionalità (cfr. DTF 130 I 65 consid. 3).
Le leggi citate prevedono collaborazione vicendevole
tra le autorità (articoli 19 capoverso 2 e 30 DPA), questo
significa che l’autorità inquirente tenderà a fare in modo
che vengano recuperate tutte le imposte sottratte, ossia
il contribuente, a dipendenza della tipologia di reato,
dovrà considerare di rimborsare: l’imposta federale diretta,
l’imposta cantonale e comunale, l’imposta preventiva ed
eventualmente l’IVA. In aggiunta, egli potrebbe essere
multato e deferito al Ministero pubblico nel caso abbia
commesso una frode o truffa fiscale.
14.
Conclusione
Le inchieste penali amministrative sono molto logoranti
dal profilo umano e materiale. Molto difficilmente, allorquando la DAPI interviene, le inchieste si concludono
con un non luogo a procedere. Spesso le cifre ricuperate
grazie all’inchiesta, oppure da nuovi filoni nati nel corso
della compulsazione delle carte, portano lo Stato a recuperare ingenti somme d’imposta nell’ordine di milioni di
franchi svizzeri. In aggiunta, le multe comminate hanno
un effetto dissuasivo e talvolta preventivo estremamente
importante. È quindi opportuno riflettere attentamente
prima di compiere un illecito fiscale!
Matteo Gamboni
Esperto fiscale diplomato
Mondia & Associati SA,
Lugano
Già collaboratore inquirente
della Divisione affari penali
ed inchieste
Filippo Piffaretti
Esperto fiscale diplomato
Amministrazione federale
delle contribuzioni, Berna
Collaboratore inquirente
della Divisione affari penali
ed inchieste
Gli autori esprimono il loro personale parere.
Donazione o compravendita immobiliare?
Le donazioni immobiliari a titolo oneroso sotto il profilo dell’imposizione
degli utili immobiliari
1.2. La nozione fiscale di donazione mista
1.
Considerazioni introduttive
La donazione è un contratto bilaterale con il quale,
in pieno spirito di liberalità, una parte – il donante –
arricchisce l’altra – il donatario – disponendo a suo
favore di un diritto proprio, presente nel patrimonio, o
assumendo verso la stessa un’obbligazione. Il Codice
delle obbligazioni (di seguito CO), all’articolo 239 capoverso 1, la definisce come “ogni liberalità tra i vivi con la
quale taluno arricchisce un altro coi propri beni senza
corrispondente prestazione.”
Nel campo immobiliare, può però accadere – e spesso
accade – che il bene donato sia gravato da una preesistente ipoteca. In questi casi, il donatario è solito assumersi il debito ipotecario ancora scoperto e la semplice
donazione diventa così una donazione mista (negotium
mixtum cum donatione), caratterizzata dalla combinazione
di due differenti atti giuridici: da una parte, un contratto
bilaterale a titolo oneroso (compravendita) e, dall’altra,
un contratto bilaterale a titolo gratuito (una donazione).
1.1. La nozione civile di donazione mista
Dal profilo del diritto civile, gli elementi caratteristici della
donazione mista sono sostanzialmente due: (i) l’esistenza
di una certa sproporzione tra le prestazioni (l’elemento
oggettivo della liberalità) e (ii) la volontà di beneficiare
per la differenza la controparte (l’elemento soggettivo
della liberalità). Non basta, cioè, che il disponente abbia
fornito una prestazione sproporzionata alla controprestazione, ma occorre anche che ne abbia avuto coscienza
e volontà.
12
| n° 6 - Giugno 2011 |
Analogamente ad altre legislazioni cantonali, l’articolo
142 capoverso 2 della Legge tributaria del Canton Ticino
(di seguito LT), che disciplina l’imposta di donazione,
estende espressamente la sua nozione a tutti gli anticipi ereditari, anche se soggetti a collazione (lettera c),
e a tutte le liberalità contenute in un contratto misto o
simulato (lettera e), a prescindere dall’entità della sproporzione esistente tra prestazione e controprestazione.
La portata pratica di questa disposizione è tuttavia limitata,
essenzialmente per due ragioni. In primo luogo, poiché
dal 1. gennaio 2000 è stata abolita l’imposta di successione e di donazione tra discendenti e ascendenti in
linea diretta, compresi gli adottivi (articolo 154 capoverso
1 lettera f LT). In secondo luogo, nello specifico campo
immobiliare, poiché gli immobili e i loro accessori sono
imposti al valore di stima ufficiale (articolo 158 capoverso
1 LT). Notoriamente prudenziali, tali valori possono infatti
divergere anche di molto dal reale valore degli immobili.
Succede così di frequente che la controprestazione
del donatario, che si assume in via privativa il debito
ipotecario esistente, eccede ampiamente il valore di stima
ufficiale dell’immobile ricevuto, con conseguente piena
liberazione dall’imposta di donazione dell’incremento
patrimoniale gratuito di cui ha invece potuto realmente
beneficiare lo stesso donatario.
2.
L’imposizione degli utili immobiliari
Di portata sicuramente più rilevante è l’imposta sugli utili
immobiliari, che ha per oggetto i guadagni realizzati con
il trasferimento della proprietà di immobili o di parti di
essi (articolo 123 LT).
In due recenti sentenze del 1. luglio 2009 (cfr. RtiD I-2010
n. 16t) e del 3 marzo 2010 (cfr. RtiD II-2010 n. 11t), la
Camera di diritto tributario del Tribunale d’appello (di
seguito CDT) ha avuto modo di occuparsi di questo tema
in relazione a due donazioni immobiliari a titolo oneroso,
giungendo a delle conclusioni interessanti.
2.1. Il principio
Il tributo in questione si configura come un’imposta
speciale di carattere reale, per il fatto che colpisce un
singolo oggetto (l’immobile trasferito), senza riguardo alla complessiva capacità contributiva della persona
assoggettata. Conformemente a quanto disposto dall’articolo 128 capoverso 1 LT, l’imposta sugli utili immobiliari
ha per oggetto la differenza tra il valore di alienazione e
il valore di investimento, che a sua volta si compone del
valore di acquisto e dei costi di investimento. L’articolo
129 capoverso 2 LT prevede poi che in caso di proprietà di
durata superiore ai vent’anni, l’alienante possa chiedere
che il valore di stima in vigore vent’anni prima del trasferimento di proprietà valga quale valore di investimento
fino a tale data.
2.2. Il differimento dell’imposizione
2.2.1. Le donazioni immobiliari a titolo gratuito
Nel caso del trasferimento
a titolo totalmente gratuito,
l’imposizione degli utili immobiliari non pone alcun
problema. Secondo la formulazione dell’articolo 125 lettera
a LT, volutamente ampia, le
successioni, i legati, le donazioni ed ogni altro contratto
soggetto all’imposta di successione o donazione, conformemente agli articoli 142 e seguenti LT, sono infatti
motivo di differimento dell’imposizione. In sintonia con
quanto disposto dall’articolo 12 capoverso 3 lettera a della
Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette
dei Cantoni e dei Comuni (di seguito LAID), ne consegue
che l’imposta sugli utili immobiliari non viene nemmeno
prelevata in caso di cessione a titolo di anticipo ereditario, per il fatto stesso che ne è stabilito l’assoggettamento all’imposta di donazione (articolo 142 capoverso
2 lettera c LT).
2.2.2. Le donazioni immobiliari a titolo oneroso
Più problematica è invece l’imposizione dei trasferimenti
conclusi solo parzialmente a titolo gratuito, che negli
anni hanno dato luogo a diverse interpretazioni.
Come riportato dalla dottrina (cfr. Soldini Alessandro/
Pedroli Andrea, L’imposizione degli utili immobiliari –
Commentario degli articoli da 123 a 140 LT con un’appendice sulle norme di procedura e transitorie, Lugano 1996,
pagina 215), la prassi cantonale ticinese tendeva a distinguere, in presenza di un negozio misto con donazione, la
parte acquistata da quella ricevuta in dono:
•
•
per la parte acquistata veniva prelevata l’imposta
sull’utile immobiliare, perlomeno nella misura in cui
il valore della controprestazione superava il valore di
investimento;
per la parte donata scattava invece il differimento
dell’imposizione. Spettava quindi alla competente
autorità di tassazione segnalare il caso all’Ufficio delle
imposte di successione e donazione, affinché procedesse all’imposizione della donazione in quanto tale.
Per le ragioni già ricordate, i casi in cui si poneva
13
| n° 6 - Giugno 2011 |
concretamente il problema dell’imposizione della parte
donata erano estremamente rari, in considerazione delle
citate particolari modalità di valutazione degli immobili,
fondate sul loro valore ufficiale di stima. Per contro, tale
prassi faceva sorgere non poche difficoltà al momento
della successiva alienazione da parte del compratoredonatario. In primo luogo, si doveva stabilire il valore di
investimento, rappresentato dalla somma del valore di
acquisto e dei costi di investimento, facendo astrazione
della parte donata, in quanto non imposta. In secondo
luogo, si dovevano applicare due diverse aliquote all’utile,
suddividendolo in proporzione alle rispettive parti (acquistata e donata). In effetti, per la parte acquistata, faceva
stato la durata a partire dal momento dell’acquisto
mediante negozio misto, mentre per la parte donata
occorreva risalire alla situazione iniziale (durata superiore
e quindi aliquota più moderata).
2.3. La nuova prassi
Con le sentenze del 1. luglio 2009 e del 3 marzo 2010, la
CDT si è definitivamente distanziata dalla vecchia prassi
cantonale, adottando una soluzione sicuramente più
pragmatica.
Dopo avere analizzato i lavori parlamentari che hanno
preceduto l’adozione dell’articolo 12 LAID, ed in particolare
il messaggio del Consiglio federale del 25 maggio 1983 a
sostegno delle leggi federali sull’armonizzazione delle
imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni e sull’imposta
federale diretta, nel quale viene testualmente affermato
che i negozi misti con donazione devono dare luogo al
differimento dell’imposizione (cfr. FF 1983 III 66), la CDT è
giunta alla convinzione che le donazioni immobiliari a titolo
oneroso e, più in generale, i contratti misti con donazione
sono, in quanto tali, motivo di differimento dell’imposizione
degli utili immobiliari, senza la necessità di dover distinguere tra la quota acquistata e quella ricevuta in dono.
Questa soluzione ha il sicuro pregio di semplificare la procedura di tassazione, ma non risolve tutti i problemi. Per
scongiurare il rischio che le parti contraenti concludano
un accordo simulato, inteso a trasformare una cessione a
titolo oneroso in un negozio misto con donazione, al solo
scopo di poter usufruire del differimento dell’imposizione
degli utili immobiliari, occorre infatti delimitare in modo
chiaro e inequivocabile le donazioni miste dalle cessioni
a titolo oneroso.
2.4. La delimitazione tra donazioni miste e cessioni a titolo oneroso
Nelle citate sentenze del 1. luglio 2009 e del 3 marzo 2010, la CDT ha così esaminato le diverse proposte
suggerite dai Cantoni, giungendo a distinguere due
gruppi di donazioni miste:
•
•
le donazioni miste a titolo di anticipo ereditario;
le altre donazioni miste.
da sé che tale sproporzione non deve essere compensata
da altre prestazioni del donatario (per esempio lavoro,
mandato, eccetera) e che il comportamento delle parti
non deve adempiere gli estremi dell’elusione d’imposta.
3.
2.4.1. Le donazioni miste a titolo di anticipo ereditario
Gli anticipi ereditari sono delle liberalità effettuate in vita,
ma che devono essere computate sulla quota ereditaria dell’erede che le riceve (articolo 626 capoverso 1 del
Codice civile svizzero). Data l’impossibilità di ricavarne
una nozione chiara dal diritto civile, occorre creare una
definizione di “anticipo ereditario” riservata alla materia
fiscale: è considerato anticipo ereditario ogni donazione
in cui il donante rinuncia del tutto o in parte a un corrispettivo, in considerazione della persona del donatario,
che rientra nella cerchia di coloro che sono destinati a
ereditare.
Detto altrimenti, le donazioni immobiliari a favore di eredi legali o istituiti devono sempre dare luogo a differimento, a prescindere dall’esistenza di una certa sproporzione fra prestazione e controprestazione del donatario.
L’unica condizione è che non si possa rimproverare alle
parti un comportamento elusivo nella scelta di qualificare la cessione immobiliare come donazione, al solo scopo
di poter usufruire del differimento dell’imposizione. A tale
proposito, la giurisprudenza bernese ha giudicato insolita, per esempio, la scelta di un contribuente che, nell’imminenza di donare un immobile alla propria figlia, ne ha
aumentato l’onere ipotecario fino a concorrenza del suo
valore venale, usufruendo della liquidità così ricevuta per
un altro progetto immobiliare (cfr. NStP 1996 pagina 121).
Considerazioni finali
Le due sentenze del 1. luglio 2009 e del 3 marzo 2010
hanno anzitutto il pregio di chiarire che le donazioni immobiliari a titolo oneroso e, più in generale, i contratti
misti con donazione sono, in quanto tali, motivo di differimento dell’imposizione ai sensi dell’articolo 125 lettera a
LT. In nessun caso, l’autorità di tassazione deve pertanto
procedere ad una tassazione separata della parte acquistata e di quella donata.
Di particolare rilievo è poi la distinzione tra le donazioni
miste a favore di eredi legali o istituiti, che danno sempre
luogo a differimento (riservato tutt’al più il caso in cui
fosse ravvisabile un comportamento elusivo), e le altre
donazioni miste, che necessitano invece una certa sproporzione fra la prestazione del donante e la controprestazione del donatario, pari almeno al 20% o al 25%.
Nell’ottica di un’applicazione uniforme e coerente dell’ordinamento tributario, le stesse regole vanno applicate anche
in materia di imposta cantonale di bollo (cfr. Legge sull’imposta di bollo e sugli spettacoli cinematografici). Come
osservato dalla CDT nella prima sentenza del 1. luglio 2009,
la copia destinata all’Archivio notarile di istromenti aventi
per oggetto donazioni miste a favore di eredi sarà allora
esentata dal’imposta di bollo; le copie degli istromenti
aventi per oggetto le altre donazioni miste saranno invece
esentate solo a condizione che sia provata una certa sproporzione tra prestazione e controprestazione.
Per maggiori informazioni:
Decisione CDT n. 80.2008.83 del 1. luglio 2009, pubblicata
in: RtiD I-2010 n. 16t
Decisione CDT n. 80.2008.105 del 3 marzo 2010, pubblicata
in: RtiD II-2010 n. 11t
2.4.2. Le altre donazioni miste
Nel campo di applicazione dell’articolo 125 lettera a LT
rientrano pure le donazioni miste che non avvengono a
titolo di anticipo ereditario. In questi casi, tuttavia, diventa
fondamentale esigere una certa sproporzione fra la
prestazione del donante e la controprestazione del
donatario, non fosse altro – come detto – che per evitare la proliferazione delle donazioni, caratterizzate da
controprestazioni del donatario che equivalgono praticamente al pagamento del prezzo.
Sull’esempio delle prassi adottate dagli altri Cantoni, appare
allora più che giustificato pretendere che la prestazione
del beneficiario si situi al di sotto del valore venale del
fondo, con una differenza pari almeno al 20% o al 25%. Va
Rocco Filippini
Avvocato
Vicecancelliere della Camera
di diritto tributario
del Tribunale d’appello
Diritto tributario italiano
Mandato fiduciario senza intestazione di attività finanziarie
Recenti precisazioni dell’Agenzia delle Entrate italiana possono agevolare
l’apertura di rapporti bancari esteri da parte di soggetti italiani
di amministrazione senza intestazione” per consentire il
rimpatrio giuridico degli stessi), si è ipotizzato che il medesimo criterio, con gli opportuni aggiustamenti, potesse
essere adottato anche per le attività finanziarie depositate in una banca estera.
In particolare, è stato ipotizzato, e sottoposto all’Agenzia
delle Entrate, uno schema operativo secondo cui:
A seguito delle operazioni di rimpatrio giuridico effettuate nell’ambito del provvedimento noto come scudo
fiscale possono sorgere criticità legate alla concreta gestione delle attività finanziarie scudate che (nello schema
noto come “rimpatrio giuridico”) sono depositate presso
una banca estera ed intestate a nome di una società fiduciaria italiana.
Nell’ambito di tale schema, infatti, salvo particolari ipotesi di procura, il beneficiario delle attività è tenuto a rivolgersi alla fiduciaria italiana, e non alla banca estera,
per trasmettere ogni istruzione circa la movimentazione
delle attività estere. Possono incontrarsi, pertanto, maggiori difficoltà o macchinosità nella concreta gestione
delle somme estere, rispetto alle precedenti abitudini del
soggetto che ha scudato, e che da “correntista” di una
banca estera si ritrova nella posizione di fiduciante, quindi in rapporto diretto solo con la fiduciaria italiana e non
più con la banca estera di riferimento.
La recente Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 61 del
31 maggio 2011, in risposta ad un’istanza di interpello formulata da un contribuente, ha consentito l’utilizzo di uno
“schema operativo” che permette ad un soggetto residente in Italia che vuole mantenere attività finanziarie
presso una banca estera (a prescindere dall’operazione di
scudo fiscale) di avere un rapporto diretto con la banca
estera, conservando comunque un regime di riservatezza dato dal venir meno degli obblighi di compilazione del
modulo RW e di indicazione dei redditi di fonte estera nel
proprio Modello Unico di dichiarazione dei redditi.
Sulla scorta delle precisazioni rese in ambito di scudo fiscale con riferimento ai beni immobili localizzati all’estero (per cui era stata individuata la strada del “mandato
15
| n° 6 - Giugno 2011 |
a. una persona fisica conferisce alla fiduciaria italiana
un mandato a compiere specifici atti giuridici di amministrazione di determinati beni rappresentati da
dossier di titoli (e quindi dagli strumenti finanziari in
essi contenuti) e da contratti di conto corrente presso
una banca estera;
b. i rapporti finanziari oggetto di amministrazione sono
e rimangono intestati alla persona fisica presso la
banca estera;
c. le operazioni di investimento e disinvestimento sono
trasmesse direttamente dalla persona fisica alla banca
estera, senza l’interposizione della fiduciaria italiana;
d. per effetto del mandato, la fiduciaria si impegna a
fornire una serie di servizi, tra cui si evidenziano:
•
•
•
il controllo delle operazioni di negoziazione
(investimenti e disinvestimenti) concluse direttamente dalla persona fisica,
la rendicontazione periodica dell’attività svolta,
l’applicazione e il versamento delle ritenute alla
fonte e delle imposte sostitutive previste dall’ordinamento tributario italiano sui redditi di natura
finanziaria oggetto del rapporto di amministrazione;
e. la persona fisica si obbliga a non compiere alcun atto
relativamente ai beni oggetto del rapporto senza
preventiva comunicazione alla fiduciaria e a fornire
tempestivamente alla medesima fiduciaria ogni
informazione relativa ai flussi reddituali riguardanti
le attività oggetto del rapporto.
Sulla base dello schema delineato, l’Agenzia delle Entrate
si è espressa circa le conseguenze relative all’applicazione
delle imposte sostitutive e delle ritenute alla fonte da
parte della fiduciaria, nonché relativamente agli obblighi
di monitoraggio.
A tal riguardo, l’Agenzia ha precisato che ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 6 del
Decreto-Legislativo n. 461/1997 da parte della società
fiduciaria è necessaria la sussistenza di un rapporto di
amministrazione, ma non è necessariamente richiesta
l’intestazione delle attività finanziarie alla società fiduciaria.
Pertanto, sempre secondo l’Agenzia, la fiduciaria italiana
può applicare il regime di risparmio amministrato purché
vengano garantiti gli obblighi di preventiva comunicazione
a carico del cliente, così da permettere alla fiduciaria
medesima di operare la corretta tassazione dei redditi
realizzati dalla persona fisica.
Ciò vale altresì per l’applicazione delle ritenute alla fonte
relative ai redditi di capitale per cui la fiduciaria può agire
in qualità di sostituto d’imposta qualora intervenga nella
riscossione (per tale fattispecie occorre che i redditi di
capitale vengano riscossi attraverso conti correnti intestati
alla fiduciaria).
Ne consegue, inoltre, che l’esistenza del rapporto di
amministrazione con la fiduciaria, nonché l’incarico conferito alla medesima relativamente alla riscossione dei
proventi, comportano l’esonero della fiduciaria dagli
obblighi di monitoraggio relativamente a tutti i movimenti
che avvengono all’interno del rapporto amministrato
assoggettati a tassazione definitiva od oggetto di comunicazione nel Modello 770 dei sostituti d’imposta.
Infine, poiché la società fiduciaria italiana interviene in
qualità di incaricato alla riscossione dei redditi di natura
finanziaria derivanti dal rapporto in amministrazione, il
soggetto residente in Italia titolare del rapporto bancario
estero è esonerato, in linea generale, dagli obblighi
di monitoraggio di cui al Decreto-Legge n. 167/1990,
dovendo compilare il quadro RW solo in sede di (i) aper-
Pierpaolo Angelucci
Dottore commercialista
Studio Facchini Rossi Scarioni,
Milano
tura del rapporto, qualora le attività finanziarie siano
originariamente depositate all’estero e (ii) di revoca dello
stesso o prelievo a titolo definitivo se integrano trasferimenti di denaro verso l’estero.
Per maggiori informazioni:
Agenzia delle Entrate; Risoluzione n. 61 del 31 maggio 2011, in:
http://www.finanze.gov.it/export/download/novitaanno
2011/risoluzione_61e.pdf
[27.06.2011]
Diritto tributario internazionale e dell’UE
La Svizzera allenta ulteriormente il segreto bancario
nei confronti della Comunità internazionale
Nuove pressioni dall’OCSE per migliorare il dispositivo convenzionale
che disciplina lo scambio di informazioni su richiesta
1.
Chi la fa l’aspetti. L’OCSE ammonisce la Svizzera!
Dal 13 marzo 2009 la politica intrapresa dalla Svizzera
nell’ambito dello scambio di informazioni fiscali si era
basata sull’identificazione del contribuente e della banca
attraverso l’indicazione del nominativo. Qualora lo Stato
richiedente non fosse riuscito ad ottemperare tale requisito la Svizzera avrebbe dovuto respingere la richiesta di
informazioni.
Quasi tutti erano convinti che la Svizzera avesse aderito
completamente agli standards dell’OCSE in materia di
trasparenza fiscale, salvo poi ricevere dall’OCSE nei primi
mesi di quest’anno una “tirata d’orecchie” per aver pattuito
con gli Stati esteri dei parametri troppi rigidi per dar
seguito ad uno scambio di informazioni fiscali su richiesta.
Ammettiamo infatti per ipotesi che il Regno Unito, dopo
aver esaurito tutte le fonti di ricerca di informazioni previste dal suo diritto interno (cosiddetto “principio di sussidiarietà”, cfr. punto 4. del Protocollo addizionale della
Convenzione contro le doppie imposizioni tra Svizzera e
Regno Unito), volesse richiedere alla Svizzera – nazione con la quale a partire dal 1. gennaio di quest’anno è
entrata in vigore la nuova norma sull’assistenza amministrativa secondo gli standards dell’OCSE in materia di
trasparenza fiscale – informazioni su di una persona di
cui si conoscono unicamente gli estremi bancari di una
banca individuata e situata in Svizzera. In questo caso
l’autorità fiscale svizzera non sarebbe tenuta a dar seguito alla richiesta del Regno Unito. Lo stesso varrebbe
qualora il Regno Unito avesse il sospetto fondato, ciò che
dovrebbe escludere le cosiddette fishing expeditions, che
un suo residente sia titolare di un conto in una banca
svizzera, ma non sia sicuro quale sia la banca: la banca
X, Y oppure Z di una località svizzera. Anche in questa
ipotesi, dunque, l’autorità fiscale svizzera non dovrebbe
concedere uno scambio di informazioni fiscali all’omonima autorità anglosassone.
17
| n° 6 - Giugno 2011 |
In questi due ipotetici casi prospettati, ma se ne potrebbero costruire molti altri, l’OCSE ritiene che lo Stato
richiesto, e cioè la Svizzera, debba accogliere la domanda
di assistenza amministrativa fiscale depositata dallo
Stato richiedente, e cioè il Regno Unito, al fine di non
compromettere un efficace scambio di informazioni.
Siccome le modalità adottate dalla Svizzera per allentare
il segreto bancario nei confronti delle autorità fiscali
estere – che le hanno permesso di venir stralciata dalla
lista grigia dell’OCSE pubblicata il 2 aprile 2009 – non
vanno più bene alla Comunità internazionale, si impongono delle modifiche. Infatti, si è detto che all’OCSE
l’identificazione del contribuente e della banca attraverso
il nome non sia piaciuta e che, sempre secondo la stessa
organizzazione, debbano essere ammessi altri mezzi di
identificazione. Per la Svizzera ciò significa dover rivedere
i requisiti che danno luogo ad uno scambio di informazioni fiscali, anche e soprattutto con Stati con i quali la
convenzione rinegoziata è già entrata in vigore (si pensi
per esempio al Regno Unito, alla Francia, all’Austria, al
Lussemburgo, eccetera) oppure è già stata firmata dal
Consiglio federale (si pensi per esempio alla Germania,
alla Grecia, all’India, ai Paesi Bassi, eccetera), ma ancora
non è entrata in vigore.
Prima che tutti i nodi venissero portati al pettine dall’OCSE
attraverso le cosiddette peer reviews, vale a dire quel
processo necessario di verifica effettuato nei confronti
degli Stati che hanno deciso di uscire dalla lista nera o
grigia dell’OCSE, per la Svizzera tutto sembrava ruotare
per il verso giusto, e cioè:
•
•
•
•
•
allentamento delle pressioni della Comunità internazionale;
uscita dalla lista grigia con la sottoscrizione nel
settembre 2009 della dodicesima Convenzione contro
le doppie imposizioni contenente una clausola di
assistenza amministrativa secondo gli standards
dell’OCSE con lo Stato del Qatar;
pattuizione di vantaggi specifici per l’economia svizzera
sotto forma, per esempio, di uno sgravio delle imposte
alla fonte sui dividendi, interessi e royalties con quegli
Stati con i quali è stata rinegoziata la disposizione
sullo scambio di informazioni fiscali;
esclusione dello scambio di informazioni automatico
a potenze economiche quali Stati Uniti d’America,
Germania e Francia, come pure delle fishing expeditions;
mantenimento del segreto bancario, con tutte
le riserve del caso, nei confronti degli Stati esteri
attraverso lo scambio di informazioni su richiesta che
presuppone che lo Stato richiedente adempia ad una
serie di condizioni necessarie affinché la Svizzera dia
seguito alla sua richiesta, con particolare riferimento
all’identità del contribuente e del detentore delle
informazioni. Questi requisiti rappresentano perlomeno un’ultima ancora di salvataggio al segreto
bancario svizzero.
presa di coscienza da parte dei diversi esponenti politici,
oltre che dei rischi concreti nei quali potrebbe incappare la
Svizzera (si pensi ad una ricaduta nella lista grigia dell’OCSE), dell’inadeguatezza con la quale la Svizzera ha rinegoziato le proprie convenzioni contro le doppie imposizioni
senza adeguarsi completamente agli standards dell’OCSE
per quanto riguarda l’identificazione del contribuente e
del detentore delle informazioni.
Le peer reviews volute dall’OCSE si suddividono in due fasi:
1. con la prima, l’OCSE si impegna a controllare che gli
Stati abbiano pattuito veramente delle normative di
trasparenza fiscale con la Comunità internazionale
conformi ai suoi standards, rispettivamente se siano
state inserite eventuali normative di diritto interno
per garantire un effettivo scambio di informazioni
fiscali;
2. una volta che lo Stato esaminato ha superato la
prima fase di controllo, la seconda fase ha il compito
di appurare che tali norme vengano effettivamente
applicate.
Orbene la Svizzera ha avuto qualche problemino nella
prima fase delle peer reviews tant’è che l’OCSE l’ha ripresa
pubblicamente in merito alla sua politica, giudicata troppo
restrittiva, in materia d’identificazione del nome del
contribuente e del detentore delle informazioni.
2.
Forte non è chi non cade mai, ma chi cadendo
riesce a rialzarsi. Il Consiglio federale corre ai ripari!
Il cartellino giallo ricevuto dalla Svizzera ha imposto al
Consiglio federale di rivedere, almeno parzialmente, la sua
politica internazionale in materia di assistenza amministrativa. Per tappare la falla scovata dall’OCSE, il Consiglio federale ha presentato il 6 aprile scorso un messaggio
alle Camere federali nel quale si propongono, in modo da
scongiurare un ritorno nella lista grigia se non addirittura in quella nera dell’OCSE, alcuni ritocchi alle disposizioni sullo scambio di informazioni fiscali con gli Stati le cui
modifiche sono già entrate formalmente in vigore, oppure
le cui modifiche sono pendenti per una decisione presso
le Camere federali. La nuova prassi verrà inoltre utilizzata
con quegli Stati con cui la Svizzera dovrà rivedere la disposizione sullo scambio di informazioni fiscali (ad esempio
l’Italia).
Dopo una veemente reazione a caldo da parte di alcuni
partiti politici rappresentativi sui motivi del cambiamento
di rotta della politica fiscale internazionale della Svizzera,
o meglio dell’ulteriore allentamento del segreto bancario
nei confronti della Comunità internazionale, il nuovo indirizzo dell’esecutivo reso pubblico nella metà del mese di
febbraio del 2011, ha poi convinto sia il Consiglio nazionale
sia il Consiglio degli Stati, che hanno accettato di allentare
le condizioni per concedere assistenza amministrativa in
ambito fiscale. Il motivo è senz’altro da ricondurre alla
18
| n° 6 - Giugno 2011 |
3. Riparare il recinto dopo che le pecore sono
scappate. I nuovi requisiti d’identificazione del
contribuente e del detentore delle informazioni!
3.1. Cara Svizzera, quello che fino a poco tempo fa hai concesso
a pochi ora lo devi concedere a tutti
Precedentemente si è indicato che la Svizzera con alcuni
Stati ha dovuto distanziarsi dalla propria politica ed ha
dovuto fare delle concessioni:
•
•
alla Francia per quanto riguarda l’identificazione del
detentore delle informazioni (inclusa la Spagna in
virtù della disposizione concernente il trattamento
della nazione più favorita);
al Giappone, alla Germania, ai Paesi Bassi e agli Stati
Uniti d’America per quanto riguarda l’identificazione
del contribuente.
Con questi Stati la Svizzera non ha fatto altro che
adeguare la sua politica nell’ambito dello scambio di
informazioni a quanto previsto dall’articolo 5 paragrafo
5 lettera a (contribuente) e lettera e (detentore delle
informazioni) dell’Accordo sullo scambio di informazioni
in materia fiscale (Tax Information Exchange Agreement, di
seguito TIEA), che prevede che lo Stato richiedente debba
fornire allo Stato richiesto per ottenere le informazioni:
•
ai sensi della lettera a: l’identità della persona oggetto
del controllo o dell’inchiesta (the identity of the person
under examination or investigation);
•
ai sensi della lettera e: nella misura in cui sono noti,
il nome e l’indirizzo delle persone per cui vi è motivo
di ritenere che siano in possesso delle informazioni
richieste (to the extent known, the name and address of
any person believed to be in possession of the requested
information).
3.2. Cara Svizzera, se non conosco il nome della banca in cui il
mio contribuente (evasore) ha un conto, mi trasmetti ugualmente le informazioni bancarie?
Fishing expeditions o non fishing expeditions, questo è il problema! Se lo Stato richiedente fosse al corrente che un
suo contribuente detiene un conto mai dichiarato alle
sue autorità fiscali in Svizzera, ma non sapesse in quale
banca, l’autorità fiscale svizzera cosa dovrebbe fare?
La ripresa da parte svizzera dell’articolo 5 paragrafo 5
lettera e TIEA dispone che lo Stato richiesto debba dar
seguito ad una richiesta di informazioni unicamente se
lo Stato richiedente fornisca “nella misura in cui sono noti,
il nome e l’indirizzo delle persone per cui vi è motivo di ritenere che siano in possesso delle informazioni richieste”. E se
nell’ipotesi (non poi tanto) remota il nome della banca
non fosse noto, cosa potrebbe succedere?
A questo punto entra in gioco il principio di proporzionalità che conferisce all’autorità fiscale svizzera un certo
margine di apprezzamento. Il Consiglio federale, facendo
sua l’interpretazione del professor Robert Waldburger,
così si esprime a tale riguardo:
“In linea di principio la Svizzera deve rispondere anche a domande che non identificano la persona in possesso delle informazioni. Poiché senza queste indicazioni la ricerca di informazioni può rivelarsi difficile, lo standard internazionale permette
di rifiutare queste domande basandosi sul principio della proporzionalità e della praticabilità. L’AFC (ndr. Amministrazione
federale delle contribuzioni), in veste di autorità competente
non è ad esempio obbligata a interrogare le oltre 300 banche
attive in Svizzera per rispondere a una domanda di assistenza
amministrativa. Se invece ad esempio solo tre banche vengono
indicate come la persona per cui vi è motivo di ritenere che sia
in possesso delle informazioni, l’AFC è obbligata, anche senza
l’indicazione del nome e dell’indirizzo, a interrogare queste banche, per quanto nella domanda le circostanze siano esposte in
maniera convincente.” (cfr. FF 2011 3427)
La Svizzera potrebbe quindi eventualmente accettare
una richiesta di assistenza amministrativa nell’evenienza
in cui lo Stato contraente manifestasse un dubbio fondato sull’esistenza di un conto bancario in due o tre diverse
banche svizzere, ma che però non conoscesse esattamente in quale banca la persona oggetto del controllo o
dell’inchiesta detenga il conto.
Ad ogni modo qualora la richiesta dell’autorità dello Stato richiedente dovesse apparire piuttosto imprecisa ed
esigere la messa in atto di sforzi sproporzionati da parte
dell’autorità dello Stato richiesto, quest’ultima dovrebbe
negare la richiesta. E qui, come indicato, entra in considerazione il margine di apprezzamento dell’autorità fiscale. Come misurare gli sforzi intrapresi dall’autorità ri-
19
| n° 6 - Giugno 2011 |
chiedente? Solo il tempo potrà evidentemente darci una
risposta, considerando che, nonostante tutto, le fishing
expeditions sono vietate anche dall’OCSE!
3.3. Cara Svizzera, se non conosco il nome del mio contribuente
(evasore) ma quello della sua banca (svizzera) che lo ha
aiutato ad evadere il mio fisco, mi trasmetti ugualmente le
informazioni bancarie?
La domanda sorge spontanea: si potrà nuovamente
ripresentare un caso UBS dopo la decisione del Consiglio
federale del 13 marzo 2009 di adeguare l’assistenza amministrativa fiscale internazionale agli standards dell’OCSE?
Gli Stati Uniti d’America (o qualche altra potenza economica, ad esempio la Germania) potranno esercitare nuovamente le medesime pressioni ed ottenere il beneplacito dal Tribunale amministrativo federale in merito alla
non identificazione del contribuente, purché la dinamica
di evasione fiscale presentata sia ben circostanziata e
dettagliata nel suo insieme? Si ripresenterà quindi un
nuovo caso di fishing expeditions?
L’attuale quadro giuridico sembrerebbe far credere di
no poiché lo scambio di informazioni su richiesta presuppone che lo Stato richiedente identifichi, sempre
considerando il principio di proporzionalità, contribuente
e banca.
La Germania, dopo aver preso atto con (estremo) piacere
della sentenza del 5 marzo sul controverso caso Stati
Uniti d’America-UBS del 5 marzo 2009 (cfr. le sentenze
numero A-7342/2008 e A-7426/2008), ci ha provato a far
sua la giurisprudenza del Tribunale amministrativo federale.
Il tentativo sembrerebbe non essere andato a buon fine,
tant’è che il Consiglio federale, rispondendo evidentemente
picche, argomenta il suo rifiuto nel modo seguente:
“La lettera b) definisce quali informazioni devono essere contenute nella richiesta di assistenza amministrativa. Sulla base della
sentenza del 5 marzo 2009 del Tribunale amministrativo federale, la Germania ha in un primo tempo difeso la tesi secondo
cui un’identificazione della persona interessata non sarebbe
necessaria al momento della richiesta, a patto che lo Stato
richiesto o un titolare delle informazioni ivi residente abbia
la possibilità di identificazione e che le richieste concernenti un
numero indefinito di persone aventi ad esempio effettuato investimenti in un determinato prodotto finanziario siano possibili.
La Svizzera si è opposta a questa tesi rinviando al fatto che la
sentenza del Tribunale amministrativo federale era stata pronunciata in base a una speciale regolamentazione contenuta
nella Convenzione di doppia imposizione tra la Svizzera e gli USA
e nell’ambito della prassi relativa ai «Qualified Intermediary»
e quindi non è applicabile allo scambio di informazioni secondo
lo standard dell’OCSE. Dopo intense trattative, la Germania ha
infine acconsentito a prevedere l’identificazione della persona
interessata quale elemento della richiesta.
Per quanto riguarda il contribuente interessato il Protocollo di
modifica riprende ora il tenore del Protocollo di modifica del
23 settembre 2009 con gli Stati Uniti. Si richiede infatti una
chiara identificazione del contribuente interessato. Ciò avviene
tipicamente con il nome del contribuente interessato, purché
sia noto, e con altri elementi che permettono di identificare la
persona come l’indirizzo, il suo numero di conto bancario o la
sua data di nascita. Le due delegazioni sono giunte a un’intesa
comune su questa disposizione. La persona deve essere chiaramente identificata.” (cfr. FF 2011 463)
La disposizione “sufficienti indicazioni per l’identificazione
della persona coinvolta nel controllo o nell’inchiesta (in linea di
massima il nome e, per quanto conosciuto, l’indirizzo e numero
di conto o informazioni simili utili per l’identificazione)”, sta
ad indicare che, di regola, lo Stato richiedente è tenuto
ad identificare il contribuente con il nome. Ad ogni buon
conto la designazione del contribuente con il suo nome
non è assoluta, l’importante è che lo stesso sia identificabile, anche attraverso altri elementi, dall’autorità dello
Stato richiedente. Per questo motivo la richiesta dovrebbe
fondarsi su un caso concreto, preciso, identificato
specificamente dal nome oppure da altre informazioni
destinate a corroborare l’identità del contribuente
oggetto della domanda, escludendo le fishing expeditions.
Significativo in tale contesto l’esempio del Consiglio
federale in base al quale la Svizzera non può rifiutarsi di
concedere assistenza amministrativa qualora la domanda
identifichi il contribuente non con il nome ma con il suo
numero di assicurazione sociale estero. (cfr. FF 2011 3427)
4.
Chi domanda non fa errori. Ecco il perché del
cartellino giallo alla Svizzera!
Con un atto di grande coraggio il 18 maggio scorso il
DFF ha fatto mea culpa sul perché si è giunti a questa
spiacevole situazione. In un rapporto commissionato
dallo stesso DFF si è giunti alla conclusione che “l’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC) avrebbe potuto
constatare la contraddizione tra le disposizioni dello standard
dell’OCSE e le normative nelle rivedute CDI (ndr. convenzioni
contro la doppia imposizione) della Svizzera già al momento dei
negoziati, ovvero a partire dall’estate del 2009. Anche i negoziati effettuati segnatamente negli organi dell’OCSE avrebbero
dovuto evidenziare questa contraddizione tra l’autunno 2009
e la primavera 2010. Nell’autunno del 2009 l’AFC avrebbe
invero rilevato che tra le normative applicate dalla Svizzera e lo
standard dell’OCSE esisteva un conflitto. A causa delle critiche
mosse dagli organi dell’OCSE alle richieste della Svizzera di
indicare il nome, i servizi interessati avrebbero comunque
20 | n° 6 - Giugno 2011 |
dovuto notare nella primavera del 2010 che questo punto non
aveva soltanto un significato subordinato e che sussisteva un
rischio di fallimento nella peer review.”
Il comunicato del DFF prosegue ammettendo “che
l’importanza politica dell’affare e le conseguenze di vasta portata di un possibile fallimento nella peer review avrebbero
richiesto un’informazione della direzione del Dipartimento, che
però è stata tralasciata.” (cfr. DFF, Comunicato stampa del
18 maggio 2011)
Il DFF conclude asserendo che andrà riorganizzata la
struttura interna, attribuendo la competenza nell’ambito delle convenzioni contro le doppie imposizioni
unicamente alla Segreteria di Stato per le questioni
finanziarie internazionali e non più, come finora accaduto,
in coabitazione tra quest’ultima entità e la Divisione
degli affari internazionali dell’AFC, ritenuta la causa principale di questa situazione che, per un certo verso, è
risultata piuttosto imbarazzante per la Svizzera.
5.
Chi va a scuola, qualche cosa impara sempre.
Prima fase superata (con riserva). Avanti con la
seconda!
Il mese di giugno è notoriamente conosciuto come un periodo di esami scolastici. Ebbene anche la Svizzera non si è
sottratta a questa regola e ha superato, seppur non molto
brillantemente, la prima fase degli esami della peer review
dell’OCSE. Seppur dal rapporto di valutazione si riconosca
alla Svizzera l’importante cambiamento nel quadro dell’assistenza amministrativa fiscale, è emerso che la normativa interna relativa all’identificazione dei titolari di azioni al
portatore è lacunosa poiché non consente di conoscere
l’identità, appunto, dei proprietari di tutte le unità giuridiche rilevanti. La Svizzera è quindi stata invitata dall’OCSE
ad adottare misure per l’identificazione di tutti i titolari di
azioni al portatore. È stato pure raccomandato di prevedere
possibilità più efficaci per chiarire i rapporti di proprietà di
imprese che, pur avendo la propria sede all’estero, vengono
gestite in Svizzera.
Infine, come già ampiamente indicato, la peer review sottolinea come la Svizzera non abbia ancora soddisfatto il criterio dello scambio efficace di informazioni, siccome i requisiti
per l’identificazione dei contribuenti e dei detentori delle informazioni interessati sono tuttora troppo restrittivi.
Per la Svizzera il prossimo esame è previsto per la fine del
2012, a condizione che – come si evince dal rapporto – fino
ad allora sia stato approvato un numero considerevole di
convenzioni contro le doppie imposizioni contenenti lo
standard internazionale di trasparenza fiscale dell’OCSE.
Però prima di pensare al secondo esame, la Svizzera
dovrà dimostrare di aver capito gli errori commessi
durante il primo. A tale riguardo sarà tenuta a presentare,
entro i prossimi sei mesi, un rapporto sullo stato delle
misure previste per il miglioramento dei criteri non soddisfatti nel processo di verifica.
Alla prossima puntata, sempre che ulteriori nodi vengano al pettine!
Per maggiori informazioni:
Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio
nazionale; La commission approuve une modification des
arrêtés fédéraux relatifs aux conventions de double imposition, Comunicato stampa del 22 marzo 2009;
http://www.parlament.ch/i/mm/2011/Pagine/mm-wakn-2011-03-22.aspx
[27.06.2011]
Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati; Sì
a una definizione chiara dell’assistenza amministrativa, no
alla ricerca generalizzata e indiscriminata di informazioni,
Comunicato stampa del 13 maggio 2011, in:
http://www.parlament.ch/i/mm/2011/Pagine/mm-apks-2011-05-13.aspx
[27.06.2011]
Consiglio federale; Messaggio numero 11.027 concernente
il complemento delle Convenzioni per evitare le doppie
imposizioni approvate dall’Assemblea federale il 18 giugno
2010, del 6 aprile 2011, in:
http://www.admin.ch/ch/i/ff/2011/3419.pdf
[27.06.2011]
Consiglio federale; Messaggio numero 10.102 che approva
un Protocollo che modifica la Convenzione tra la Svizzera e
la Germania per evitare la doppia imposizione in materia di
imposte sul reddito e sulla sostanza, del 3 dicembre 2010, in:
http://www.admin.ch/ch/i/ff/2011/453.pdf
[27.06.2011]
Corriere del Ticino; Segreto bancario meno rigido. Sarà più
facile concedere assistenza amministrativa, 17 giugno 2011, in:
http://www.cdt.ch/confederazione/politica/46084/segretobancario-meno-rigido.html
[27.06.2011]
DFF; Assistenza amministrativa in materia fiscale: il Consiglio
federale approva la riorganizzazione nel DFF, Comunicato
stampa del 18 maggio 2011, in:
http://www.news.admin.ch/message/?lang=it&msgid=39220
[27.06.2011]
DFF; La Svizzera supera la verifica del Global Forum sull’assistenza amministrativa in materia fiscale, Comunicato
stampa del 1. giugno 2011, in:
http://www.efd.admin.ch/aktuell/medieninformation/
00462/index.html?lang=it&msg-id=39453
[27.06.2011]
DFF; Le esigenze per l’assistenza amministrativa in questioni fiscali devono essere adeguate, Comunicato stampa del
15 febbraio 2011, in:
http://www.efd.admin.ch/aktuell/medieninformation/
00462/index.html?lang=it&msg-id=37645
[27.06.2011]
DFF; Le esigenze per l’assistenza amministrativa in questioni
fiscali devono essere adeguate, Documentazione del 15
febbraio 2011, in:
http://www.news.admin.ch/NSBSubscriber/message/
attachments/22115.pdf
[27.06.2011]
DFF; Svizzera fuori dalla lista grigia dell’OCSE, Comunicato
stampa del 24 settembre 2009, in:
http://www.efd.admin.ch/dokumentation/medieninformationen/00467/index.html?lang=it&msg-id=29205
[27.06.2011]
OCSE; A Progress Report on the Jurisdictions Surveyed by
the OECD Global Forum in Implementing the Internationally
Agreed Tax Standard, stato al 25 maggio 2011, in:
http://www.oecd.org/dataoecd/50/0/43606256.pdf
[27.06.2011]
OCSE, Global Forum on Transparency and Exchange of
Information for Tax; Peer Review Report of Switzerland –
Phase 1: Legal and Regulatory Framework, giugno 2011, in:
h t t p : // w w w . o e c d . o r g / d o c u m e n t /4 7 / 0 , 3 74 6 , e n _
21571361_43854757_48079087_1_1_1_1,00.html?
[27.06.2011]
DFF; Doppia imposizione internazionale, in:
Vorpe Samuele; La politica della Svizzera nell’ambito dell’assistenza fiscale amministrativa, in: Vorpe Samuele, Il segreto bancario nello scambio di informazioni fiscali (a cura di),
SUPSI, Manno 2011,
http://www.efd.admin.ch/dokumentation/zahlen/
00579/00608/00642/index.html?lang=it
[27.06.2011]
http://www.fisco.supsi.ch/Content/main/uploaded/pdf/
cartolina_segreto_bancario.pdf
[27.06.2011]
21
| n° 6 - Giugno 2011 |
Vorpe Samuele; Segreto bancario cosa rimane, in: La
Regione, 17 giugno 2011,
Vorpe Samuele; Tra segreto e convenzioni, in: La Regione,
25 febbraio 2011,
http://laregione.ch/interna_new_coe.asp?art=ospite1&art_
int=aa_ospite/20110617_ospite1&frmt=od
[27.06.2011]
http://www.laregione.ch/interna_new_coe.asp?art=
ospite1&art_int=aa_ospite/20110225_ospite1&frmt=od
[27.06.2011]
Samuele Vorpe
Docente-ricercatore SUPSI
Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero
L’indennità versata dal debitore per la rescissione
anticipata di un’ipoteca a tasso fisso
Sentenza della Camera di diritto tributario, del 20
novembre 2008, numero d’incarto 80.2008.181, in:
RtiD I-2009 e in www.sentenze.ti.ch
[27.06.2011]
Articoli 32 capoverso 1 lettera a LT, 33 capoverso 1 lettera
a LIFD – Deduzioni: interessi passivi, interpretazione
economica, anche indennizzo per rescissione anticipata di
un mutuo
2.
Un contribuente, che in seguito alla vendita di uno stabile
gravato da ipoteca che non era stata assunta dall’acquirente, era stato costretto a versare alla banca creditrice
l’indennizzo previsto contrattualmente per la risoluzione
anticipata del suo mutuo ipotecario, ne ha richiesto la
deduzione fiscale a titolo di interessi passivi.
Contro la decisione negativa dell’autorità di tassazione,
confermata anche in sede di reclamo, il contribuente
ha adito la CDT, postulando nuovamente la deduzione
dal suo reddito imponibile dell’indennità per scadenza
anticipata versata alla banca creditrice. A suo dire, infatti,
un’interpretazione economico-finanziaria dell’indennità
in discussione così come le sue modalità di calcolo permettevano di concludere che si trattava di un interesse
passivo fiscalmente deducibile.
3.
1.
Considerazioni introduttive
Le banche offrono diverse tipologie di prodotti ipotecari.
Dai tradizionali mutui a tasso fisso o a tasso variabile, alle
più recenti ipoteche con copertura assicurativa oppure
ancora alle cosiddette ipoteche Libor, con o senza copertura dei tassi di interesse.
Le più diffuse rimangono ancora oggi le ipoteche a tasso
fisso, che permettono di assicurarsi un tasso d’interesse
invariato per l’intera durata contrattuale, indipendentemente da qualsiasi variazione dei tassi sul mercato
monetario e dei capitali, garantendo così una precisa
pianificazione delle spese. Di principio, simili ipoteche non
possono essere sciolte prima della decorrenza della durata
contrattuale convenuta, fatto salvo il pagamento di un
indennizzo per il rimborso anticipato.
In una recente sentenza del 20 novembre 2008, la
Camera di diritto tributario del Tribunale d’appello (di
seguito CDT) ha avuto modo di occuparsi del trattamento
fiscale di queste indennità, generalmente dovute sulla
base di una precisa clausola contrattuale, ma che possono anche essere richieste in occasione di uno scioglimento consensuale del contratto ipotecario.
23
| n° 6 - Giugno 2011 |
La fattispecie
Il trattamento fiscale degli interessi passivi
Secondo gli articoli 32 capoverso 1 lettera a LT e 33
capoverso 1 lettera a LIFD, sono dedotti dai proventi gli
interessi maturati su debiti privati, fino a concorrenza dei
redditi da sostanza imponibile e di ulteriori 50’000 franchi.
Non sono invece deducibili gli interessi sui mutui che
una società di capitali concede a una persona fisica che
detiene una partecipazione determinante al suo capitale
o ad altre persone fisiche che le sono altrimenti prossime
a condizioni che si scostano notevolmente da quelle
usuali nelle relazioni d’affari con terzi.
Per costante giurisprudenza del Tribunale federale,
costituiscono interessi passivi deducibili le prestazioni
di un debitore ad un creditore, che non hanno giuridicamente l’effetto di ammortizzare un debito in capitale
esistente, per quanto questo indennizzo venga calcolato
in percento in funzione del tempo e come quota del
capitale. L’Alta Corte ha così escluso la deducibilità
dei compensi per la concessione di licenze, dei canoni
d’affitto o di locazione o per la concessione di un diritto
di superficie, ma anche delle quote previste dal contratto
di leasing, in mancanza di un rapporto di dipendenza fra
debito in capitale e interessi.
4.
La vecchia giurisprudenza
Rifacendosi in particolar modo alle considerazioni
contenute in una sentenza del Tribunale amministrativo
del Canton Lucerna, la vecchia giurisprudenza della
CDT negava la deduzione delle indennità per scadenza
anticipata a titolo di interessi passivi. A tale conclusione
era giunta sottolineando proprio la mancanza di un
rapporto di dipendenza fra il debito in capitale e il
pagamento dell’indennità, indipendentemente dalla sua
qualifica giuridica.
5.
La nuova giurisprudenza
Certo, da un punto di vista formalistico-giuridico, l’indennità versata dal debitore per la rescissione anticipata del
contratto di mutuo ipotecario, sia che si consideri pena
convenzionale sia che si qualifichi invece pena di recesso,
non è assimilabile all’interesse secondo il diritto civile, che
per definizione rappresenta la compensazione pecuniaria
dovuta al creditore per il capitale del quale questi è privato.
Tuttavia, fondandosi su un’interpretazione estensiva degli
articoli 32 capoverso 1 lettera a LT e 33 capoverso 1 lettera
a LIFD, già seguita da numerose prassi cantonali e dalla
dottrina più recente, la CDT ha deciso di modificare la
propria giurisprudenza, privilegiando un approccio economico – ovvero, come si esprime la dottrina, adottando
un punto di vista soggettivo-economico – della nozione
di “interessi”, poiché solo in tal modo si tiene correttamente conto della capacità economica del contribuente.
In un’ottica strettamente economica, l’indennità per la
rescissione anticipata del mutuo ipotecario costituisce
infatti una spesa legata al finanziamento che diminuisce
la capacità contributiva del debitore, purché non si tratti
evidentemente di una prestazione che serve all’estinzione
del debito ed a condizione che l’importo sia stabilito in
funzione della differenza fra i tassi d’interesse e della
durata residua del contratto.
6.
Considerazioni finali
Per stabilire se un’indennità per scadenza anticipata
configura un interesse passivo ai sensi degli articoli
32 capoverso 1 lettera a LT e 33 capoverso 1 lettera a
LIFD, determinante risulta essere l’esame della clausola
contenuta nel contratto di mutuo oppure, in mancanza
di una simile regolamentazione, dei termini dell’intesa
comune. Se le modalità di calcolo consentono di escludere che vi sia una componente di ammortamento del
debito e comprovano per contro che la prestazione
versata dal contribuente è, almeno dal punto di vista
economico, una sorta di interesse versato in modo
anticipato al momento della rescissione del contratto, in
considerazione della sua prevista durata, nulla si oppone
alla sua deduzione dal reddito imponibile.
Nel caso in discussione, dopo aver esaminato la clausola
contenuta nel contratto di mutuo ipotecario, secondo
cui l’indennità sarebbe stata calcolata “in base alla differenza tra il tasso d’interesse convenuto e quello conseguibile
al momento del rimborso anticipato con un investimento sul
mercato monetario e dei capitali (tassi monetari) per una
durata corrispondente a quella residua del prestito ipotecario a
interesse fisso”, la CDT è così giunta alla conclusione che
l’importo pagato dal contribuente andava ammesso in
deduzione a titolo di interessi passivi.
Sebbene la sentenza non ne parli espressamente, coerentemente con la disciplina prevista per gli altri interessi
passivi è da ritenere che anche le indennità per scadenza
anticipata possano essere dedotte dal reddito imponibile
dal momento in cui divengono esigibili, indipendentemente dal fatto che siano state effettivamente pagate
o meno.
Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano
Accesso ai conti bancari
ed autorizzazione
Sentenza della Corte di Cassazione, n. 7356 del 31 marzo
2011 (emessa il 12 gennaio 2011), in:
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Roma, Rassegna curata da Alessandro Riccioni,
con la supervisione di Mario Cicala – Consulente Commissione Processo Tributario, n. 4/Aprile 2011,
necessariamente per iscritto (o trasfusa in atto scritto): è
perciò esclusa la necessità di motivare la richiesta stessa
perché dalla riscontrata non necessità di una esplicitazione scritta del dato che il superiore dovrebbe valutare
discende, in via logica, che nessuna motivazione deve
supportare neppure il provvedimento di concessione
dell’autorizzazione.
http://www.odcec.roma.it/index.php?option=com_cont
ent&view=article&id=463&Itemid=192
[27.06.2011]
Nota bene:
Cfr. le sentenze del 15 giugno 2007 n. 14023 e n. 16874 del 21
luglio 2009
Accertamenti e controllo – IVA – Accesso ai conti bancari
– Mancata autorizzazione – Movimentazioni riscontrate
(articolo 1 Decreto-Ministeriale del 28 dicembre 2000,
articolo 51 Decreto del Presidente della Repubblica n.
633/1972)
La previa autorizzazione (dell’ispettore compartimentale
delle imposte dirette oppure del comandante di zona
della Guardia di Finanza) a richiedere agli enti ivi indicati
(aziende e istituti di credito, Amministrazione postale)
copia dei conti intrattenuti con il contribuente non deve
contenere nessuna spiegazione delle ragioni che hanno indotto l’ispettore o il comandante ad autorizzare
il proprio Ufficio ad effettuare la richiesta a detti enti
perché non è stato disposto che la richiesta di questo
provvedimento da parte degli uffici debba essere operata
25 | n° 6 - Giugno 2011 |
Non è sufficiente affidare i beni ad
un trust per sfuggire al sequestro
Sentenza della Corte di Cassazione, n. 13276 del 30 marzo
2011 (emessa il 24 gennaio 2011), in:
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Roma, Rassegna curata da Alessandro Riccioni,
con la supervisione di Mario Cicala – Consulente
Commissione Processo Tributario, n. 4/Aprile 2011,
http://www.odcec.roma.it/index.php?option=com_content
&view=article&id=463&Itemid=192
[27.06.2011]
Processo penale – Sequestro preventivo – Beni affidati ad
un trust – Legittimità condizioni
26 | n° 6 - Giugno 2011 |
Il trust, tipico istituto di diritto inglese, si sostanzia
nell’affidamento ad un terzo di determinati beni perché
questi li amministri e gestisca quale “proprietario” (nel
senso di titolare dei diritti ceduti) per poi restituirli, alla
fine del periodo di durata del trust, ai soggetti indicati
dal disponente. Presupposto coessenziale alla stessa
natura dell’istituto è che il detto disponente perda la
disponibilità di quanto abbia conferito in trust, al di là
di determinati poteri che possano competergli in base
alle norme costitutive. Tale condizione è ineludibile al
punto che, ove risulti che la perdita del controllo dei
beni da parte del disponente sia solo apparente, il trust
è nullo (sham trust) e non produce l’effetto segregativo
che gli è proprio. Tale situazione di mera apparenza,
che sul versante civilistico sarebbe causa di radicale
nullità, ben può essere argomentatamente ritenuta dal
giudice della cautela penale, per constare che, al di là
delle forme, l’imputato trustee egli stesso, continui ad
amministrare i propri beni conferiti al trust, conservandone la piena disponibilità. Di talché, la costituzione
in trust costituisca un mero espediente per creare un
diaframma tra patrimonio personale e proprietà
costituita in trust, con evidente finalità elusiva delle
ragioni creditorie di terzi, comprese quelle erariali.
E quindi risulta legittimo il sequestro preventivo
finalizzato alla confisca di cui alla Legge n. 146 del 2006,
articolo 11, dei beni (fittiziamente) conferiti al trust.
Pubblicazioni
Global perspectives on income taxation law
Una pubblicazione di diritto tributario comparato
della Oxford University Press
“Global perspectives on income
taxation law”, di Reuven
Avi-Yonah, Nicola Sartori e
Omri Marian, è un libro di
diritto tributario comparato,
edito, nel 2011, dalla Oxford
University Press. Il libro è diviso
in 9 capitoli ed è destinato a
coprire gli argomenti standard
che caratterizzano un corso
di diritto tributario di base,
senza però soffermarsi in
dettaglio sul diritto positivo di
alcuno Stato, ma comparando
alternative di policy fiscale.
L’analisi non vuole riproporre una mera giustapposizione di dati, bensì intende utilizzare metodo e ordine
sistematico al fine ultimo di comparare, in relazione a
determinate problematiche fiscali, le soluzioni adottate
nei differenti ordinamenti.
Lo studio del diritto tributario comparato ha molteplici
scopi. Esso può servire come strumento per promuovere
riforme fiscali di successo, comprendere valori culturali,
analizzare fenomeni di armonizzazione o integrazione
fiscale, o, semplicemente, come strumento utile ad una
migliore comprensione delle leggi fiscali nazionali.
Il primo capitolo descrive i metodi di comparazione
del diritto tributario: i metodi basati su fattori culturali
si contrappongono ai metodi funzionalisti (l’analisi per
formanti, la circolazione dei modelli e l’analisi economica
del diritto).
Il secondo capitolo è dedicato alla definizione di reddito
imponibile: ad ordinamenti fiscali che definiscono il
reddito imponibile in modo globale (ad esempio quello
statunitense) si contrappongono ordinamenti che
definiscono il reddito per categorie (ad esempio quello
italiano).
Il terzo capitolo è dedicato all’analisi comparata dei principi
generali di deducibilità dei componenti negativi di reddito,
oltre che delle spese di carattere personale.
Il quarto capitolo contrappone il modello di tassazione su
base individuale a quello su base familiare.
27
| n° 6 - Giugno 2011 |
Il quinto capitolo analizza la definizione di periodo fiscale
e l’imputazione a periodo dei componenti positivi e
negativi di reddito.
Il sesto capitolo analizza il trattamento fiscale dei capital
gains, soffermandosi sui concetti di realizzo e di valore
fiscalmente riconosciuto.
Il settimo capitolo analizza il concetto di elusione fiscale,
comparando gli strumenti di contrasto all’elusione tipici
dei Paesi di common law e quelli dei Paesi di civil law.
L’ottavo e il nono capitolo trattano, rispettivamente, la
fiscalità societaria e la fiscalità internazionale.
“Global perspectives on income taxation law” è pertanto un
libro indirizzato a studenti, accademici e professionisti,
che, nello studio del diritto tributario (domestico o internazionale), ritengono necessario, come noi, adottare una
prospettiva di analisi comparatistica.
Per maggiori informazioni:
Ordinazione del libro “Global perspectives on income
taxation law” (a cura di Reuven Avi-Yonah, Nicola Sartori
e Omri Marian):
Global perspectives on income taxation law
http://www.oup.com/us/catalog/general/subject/Law/
ComparativeLawandNationalLegalSy/?view=usa&ci=
9780195321357
[27.06.2011]
Nicola Sartori
Assegnista di ricerca
in diritto tributario
presso l’Università
degli Studi di Milano
Docente a contratto di
“Comparative law and
economics of taxation”
presso l’International
University College
di Torino
La nuova edizione della Rivista
ticinese di diritto è in uscita
Per quanto concerne la seconda parte, come di consueto,
anche questa edizione propone una scelta di sentenze,
fra quelle emesse nell’ultimo semestre del 2010 sia
dalla Camera di diritto tributario del Tribunale d’appello
del Canton Ticino sia dal Tribunale federale, in casi che
coinvolgevano il fisco ticinese.
Inoltre, il professor Giuseppe Marino presenta, in un
contributo di estrema attualità, le prospettive di evoluzione dell’assistenza amministrativa in materia fiscale
nell’ambito dell’Unione europea, in seguito all’adozione
della Direttiva 2011/16/UE del 15 febbraio 2011.
Un altro tema di grande interesse, che è in discussione alle
Camere federali proprio in questi giorni, è trattato infine
dall’avvocato Curzio Toffoli, che ci aggiorna sugli ultimissimi sviluppi in materia di scambio d’informazioni fiscali,
secondo le convenzioni sottoscritte dalla Svizzera dopo
la svolta del 2009. In particolare, l’autore si occupa delle
misure proposte dal Consiglio federale, per adeguare alle
esigenze poste dall’OCSE i criteri per l’identificazione della
“persona interessata” e del “detentore delle informazioni”.
Questo, nel dettaglio, il contenuto della seconda parte
dell’ultima edizione della Rivista, dedicata al diritto
tributario:
Oltre centocinquanta pagine di utili informazioni e
strumenti di lavoro, destinati a chi si occupa di questioni
fiscali, sono offerte due volte all’anno agli abbonati della
Rivista ticinese di diritto (abbreviata RtiD).
Proprio in questi giorni è in stampa la prima edizione del
2011 del periodico edito dalla Cancelleria dello Stato del
Canton Ticino e dalla Helbing & Lichtenhahn di Basilea.
La RtiD, diretta dal professor Marco Borghi (ordinario di
diritto nelle università di Friburgo e di Lugano), propone
due edizioni all’anno di circa 800 pagine di giurisprudenza
e dottrina. Essa raccoglie l’eredità di diversi periodici
destinati ai professionisti del diritto e della fiscalità.
In particolare, dal 2004 assicura la continuazione della
Rivista di diritto amministrativo e tributario ticinese
(abbreviata RDAT). Quest’ultima, a sua volta, aveva già
assorbito, nel 1991, la Rivista tributaria ticinese (abbreviata
RTT). La descritta evoluzione si rispecchia nella tripartizione dell’attuale Rivista:
•
•
•
la prima parte concerne il diritto pubblico (compresi
il diritto penale e la procedura penale);
la seconda (curata da Andrea Pedroli, presidente
della Camera di diritto tributario e docente SUPSI e
USI) è riservata al diritto tributario;
la terza, introdotta nel 2004, si occupa del diritto civile.
28 | n° 6 - Giugno 2011 |
GIURISPRUDENZA della Camera di diritto tributario
e del Tribunale federale in materia tributaria ticinese
1t (CDT 21.7.2010 N. 80.2008.149-153)
Reddito – esenzione – donazione – contributi versati da
padre a figlio – remissione di debito
2t (CDT 7.12.2010 N. 80.2010.22)
Reddito imponibile – indennizzo per deroga parziale
a una servitù di limitazione d’altezza – non utile in capitale
3t (CDT 2.7.2010 N. 80.2010.55)
Reddito imponibile – indennità per disdetta abusiva del
rapporto di lavoro – esente quale «versamento a titolo di
riparazione morale»? – onere della prova
4t (CDT 14.1.2010 N. 80.2009.99 (il Tribunale federale
ha respinto un ricorso con sentenza del 12.12.2010
[v. infra, N. 21t]))
Reddito dell’attività lucrativa indipendente – lavori in
corso – studio legale – valutazione – riserve occulte –
prezzo di costo – vuoto di tassazione
5t (CDT 6.12.2010 N. 80.2010.45)
Deduzioni – spese professionali – locale professionale –
docente – attività accessoria – condizioni
6t (CDT 19.10.2010 N. 80.2009.116)
Reddito dell’attività lucrativa indipendente – spese
professionali – costi per un processo penale – legame
con l’attività professionale
17t (CDT 22.12.2010 N. 80.2010.135)
Esenzione fiscale – FFS – trasformazione in SA – non più
stabilimento della Confederazione – imprese di trasporto
concessionarie
7t (CDT 6.12.2010 N. 80.2010.1)
Deduzioni – contributi alla previdenza professionale –
riscatto di anni – elusione d’imposta – prelevamento di
capitale per l’abitazione primaria
18t (TF 30.9.2010 N. 2C_484/2009)
Assoggettamento illimitato – domicilio fiscale – onere
della prova
8t (CDT 6.12.2010 N. 80.2010.15)
Deduzioni – spese professionali – contribuente con
reddito inferiore alla deduzione dal reddito dei coniugi
9t (CDT 1.10.2010 N. 80.2010.50)
Deduzioni – figli agli studi – studi superiori o accademici
– figlia che frequenta una scuola superiore d’arte in Germania
10t (CDT 2.9.2010 N. 80.2009.150)
Versamenti in capitale per prestazioni ricorrenti – non
indennità per rescissione anticipata di un contratto di
locazione
19t (CDT 19.10.2010 N. 80.2009.141)
Reddito dell’attività lucrativa indipendente – imposta
federale diretta – commercio professionale di immobili –
vendita di un edificio d’appartamenti acquistato quattro
anni prima e trasformato in PPP
20t (CDT 21.7.2010 N. 80.2008.145)
Reddito dell’attività lucrativa indipendente – imposta
federale diretta – commercio professionale di immobili
– acquisto e vendita di una villa in meno di tre mesi –
finanziamento da parte del padre
11t (CDT 6.12.2010 N. 80.2008.54)
Imposta sulla sostanza – valutazione di titoli non quotati
– successiva cessione di quote fra terzi indipendenti –
valore di mercato
21t (TF 12.12.2010 N. 2C_157/2010 e 2C_163/2010)
Reddito dell’attività lucrativa indipendente – valutazione
dei lavori in corso – studio legale.
Riconoscimento fiscale di una fondazione di famiglia –
conformità al diritto civile – solo scopi di educazione e
assistenza
12t (CDT 2.7.2010 N. 80.2008.112)
Imposta sull’utile delle persone giuridiche – prestazione
valutabile in denaro – versamento di provvigioni a una
società estera – onere della prova
22t (CDT 19.10.2010 N. 80.2009.151)
Imposta sull’utile delle persone giuridiche – riduzione per
partecipazione – condizioni – cessione di diritti di opzione
– partecipazione detenuta da prima del 1997
13t (CDT 21.7.2010 N. 80.2009.14)
Imposta sugli utili immobiliari – nullità del contratto di
compravendita o retrocessione dell’immobile? – accordo
transattivo fra i contraenti sull’invalidità del contratto
23t (TF 23.8.2010 N. 2C_51/2010)
Ricupero d’imposta – procedura – separazione dalla
procedura di contravvenzione – audizione di testi – onere
della prova
14t (CDT 19.10.2010 N. 80.2009.176)
Imposta sugli utili immobiliari – valore di investimento
– acquisto mediante negozio soggetto a differimento –
successione – spese non deducibili
24t (TF 29.11.2010 N. 2C_226/2010)
Tassa d’esenzione dall’obbligo militare – esonero –
inabilità per danno alla salute cagionato dal servizio –
compatibilità con la CEDU
15t (CDT 21.7.2010 N. 80.2009.123)
Imposta di successione e donazione – acquisto di eredità
senza accettazione – decesso della figlia erede prima
della scadenza del termine per rinunciare all’eredità
Recenti sviluppi sulla reciproca assistenza amministrativa in materia di imposte dirette ed indirette
nell’ambito dell’Unione europea.
16t (CDT 25.11.2009 N. 80.2008.119 (il Tribunale federale ha
respinto un ricorso con sentenza del 23.8.2010 [v. infra, N. 23t]))
Ricupero d’imposta – procedura – separazione dalla
procedura penale – non applicazione art. 6 CEDU
Ricupero d’imposta – onere della prova – alta verosimiglianza della fattispecie stabilita dall’autorità sulla
base di indizi precisi – prova del contrario da parte del
contribuente
29 | n° 6 - Giugno 2011 |
Giuseppe Marino
Adeguamento dei criteri per l’identificazione della “persona interessata” e del “detentore delle informazioni”
nel quadro della (nuova) assistenza amministrativa
internazionale in materia fiscale adottata dalla Svizzera.
Sintesi di un percorso di fatica e dolore.
Curzio Toffoli
Per maggiori informazioni:
La Rivista ticinese di diritto (RtiD) I-2011 può essere ordinata
(al prezzo di 111 franchi più IVA del 2.4%), rivolgendosi
alla Cancelleria dello Stato, a Bellinzona, cfr.:
http://www4.ti.ch/can/asagw/legislazione/ordina-online/
ultima-edizione-rtid-e-massimario
[27.06.2011]
Offerta formativa
Corsi di diritto tributario
Master in Tax Law
Opuscolo
http://www.fisco.supsi.ch/Content/main/uploaded/pdf/MAS_TaxLaw.pdf
Tax Law in pillole
http://www.supsi.ch/dms/fc/docs/prodotti/tax-law/TaxLaw_inPillole/TaxLaw_inPillole.pdf
Fondamenti di diritto tributario
Durata: 200 ore, Calendario: 9 settembre 2011, Termine d’iscrizione: 31 agosto 2011
Iscrizioni e informazioni: http://www.fisco.supsi.ch/Content/main/uploaded/pdf/CAS_FondDirTrib.pdf
Diritto tributario internazionale
Durata: 200 ore, Calendario: 9 settembre 2011, Termine d’iscrizione: 31 agosto 2011
Iscrizioni e informazioni: http://www.fisco.supsi.ch/Content/main/uploaded/pdf/CAS_DirTributInt.pdf
Redazione:
Comitato redazionale:
SUPSI, Centro di competenze tributarie
Elisa Antonini
Palazzo E - 6928 Manno
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Fax +41 58 666 61 21
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