Vol. 1 Numero 1 Maggio 2011 In questo numero : Editoriale Angela Peghetti La ricerca infermieristica in Italia nell’ambito del Wound Care ed il suo trasferimento nella pratica professionale Paolo Chiari Scrivi quello che fai e fai quello che hai scritto! Il contributo dei protocolli nella pratica infermieristica Giuseppe Lazzari, Mariangela Castagnoli, Emilia Lo Palo VOL. 1 Numero 1 - Maggio 2011 Periodico online – Quadrimestrale v Edizione AISLeC - Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 8168 del 15 marzo 2011 Update della Consensus Conference A.I.S.Le.C. sulle superfici antidecubito Angela Peghetti, Andrea Bellingeri, Paola Traspedini, Paolo Chiari, Tiziana De Prospo, Elisabetta Paoletti Abstract VII Congresso Nazionale ASICLec 2011 Atti congressuali Norme Editoriali Norme per pubblicare sulla rivista Editoriale Angela Peghetti La ricerca infermieristica in Italia nell’ambito del Wound Care ed il suo trasferimento nella pratica professionale Paolo Chiari Scrivi quello che fai e fai quello che hai scritto! Il contributo dei protocolli nella pratica infermieristica Giuseppe Lazzari, Mariangela Castagnoli, Emilia Lo Palo Update della Consensus Conference A.I.S.Le.C. sulle superfici antidecubito Angela Peghetti, Andrea Bellingeri, Paola Traspedini, Paolo Chiari, Tiziana De Prospo, Elisabetta Paoletti Abstract VII Congresso Nazionale ASICLec 2011 Atti congressuali Norme Editoriali Norme per pubblicare sulla rivista Comitato scientifico editoriale Coordinatore Angela Peghetti Bologna Federica Liberale Pavia Emilia Lo Palo Bergamo Rocco Amendolara Claudia Magli Rina Bizzini Dario Paladino Herman Bondi Giovanni Pomponio Gloria Caminati Palmiro Riganelli Modena Bologna Monza Cesena Valeria Castelli Lecco Claudia Caula Modena Paolo Chiari Bologna Anna Maria Di Gianfilippo Avezzano Barbara Gabrielli Ancona Luca Innocenti Firenze Bologna Napoli Ancona Perugia Massimo Rivolo San Secondo di Pinerolo Ombretta Suardi Abbiategrasso Patrizia Terrosi Firenze Annalisa Viola Abbiategrasso Redazione Emanuele Bascelli Bologna “ Il mio passato Spesso ripeto sottovoce che si deve vivere di ricordi solo quando mi sono rimasti pochi giorni. Quello che è passato è come se non ci fosse mai stato. Il passato è un laccio che stringe la gola alla mia mente e toglie energie per affrontare il mio presente. Il passato è solo fumo di chi non ha vissuto. Quello che ho già visto non conta più niente. Il passato ed il futuro non sono realtà ma solo effimere illusioni. Devo liberarmi del tempo e vivere il presente giacché non esiste altro tempo che questo meraviglioso istante. Questo modo inconsueto per aprire una rivista dal titolo impegnativo: “Il wound care basato sulle prove di efficacia” … rappresenta una metafora di tutti noi, impegnati con costanza e tenacia a credere in un sogno. Forse è una pazzia: da ciò la premessa con parole prese a prestito da una persona che la pazzia e il sogno li ha pagati sulla propria pelle! Anche questa è una metafora … pagare sulla propria pelle è proprio quello che succede ogni giorno ai nostri pazienti che a proposito appunto di pelle ne sanno qualcosa. Ma tornando alle parole di Alda Merini, quello che ci proponiamo oggi è di vivere il presente, consapevoli che i tempi sono duri un po’ per tutti, ma consapevoli anche che nonostante tutto credere nella nostra professione rappresenta uno degli ultimi strumenti che abbiamo a disposizione. Vogliamo ideare, elaborare e costruire strategie che vadano verso e con i nostri pazienti, con i loro familiari, con i caregiver e con i nostri colleghi, a qualunque livello. Lo vorremmo fare sicuri che le nostre scelte siano appropriate, efficaci ed efficienti …. Impresa ardua in un contesto che a volte non mette a disposizione gli strumenti migliori per raggiungere obiettivi sempre più alti. È a questo livello che vorremmo inserirci per rispon- “ Alda Merini dere alle domande di voi lettori, per fornirvi strumenti di riflessione, di crescita culturale ed anche di pratico utilizzo. Per questo motivo abbiamo deciso di rendere la rivista scaricabile a titolo gratuito da tutti coloro che hanno il libero accesso al sito dell’AISLeC. Il progetto editoriale che ci siamo prefissati è quello di fornire contributi di letteratura primaria e secondaria e di conseguenza letteratura in grado di produrre prove di efficacia per rispondere ai quesiti nati in qualsiasi contesto assistenziale relativo alla prevenzione, alla cura, alla prognosi ed alla diagnosi. Il focus ovviamente è quello del wound care, focus che è “estensibile” alle aree limitrofe come ad esempio le aree del wound ostomy, dell’incontinenza, dell’educazione sanitaria, della formazione, dell’organizzazione ecc… L’idea è quella di sparare alto ma d’altra parte chi ci conosce, conosce anche la filosofia che ci anima: puntiamo in alto, tanto … (metafora bolognese) “a calare si fa sempre in tempo”…. È con questo messaggio che auguro a tutti, voi e a tutti noi un futuro che ci veda continuare questa cordata insieme, aperti al dibattito e con spirito di elevazione a tutti i livelli. Angela Peghetti La ricerca infermieristica in Italia nell’ambito del Wound Care ed il suo trasferimento nella pratica professionale Paolo Chiari Ricercatore Università di Bologna Settore Scientifico Disciplinare MED/45 Scienze Infermieristiche Generali e Pediatriche Affrontare compiutamente il tema della ricerca infermieristica in Italia ed, in particolare, della ricerca infermieristica nell’ambito del Wound Care, non è oggi facilmente affrontabile per almeno due ordini di motivi. Il primo è legato alla carenza di veicoli di diffusione dei risultati della ricerca stessa. Le riviste infermieristiche di ricerca di buona qualità sono pochissime e solo due risultano indicizzate in Medline (la più importante banca dati mondiale di ricerca bio-medica): “Assistenza Infermieristica e Ricerca” e “Professioni Infermieristiche”. Nell’ambito delle ferite, se tralasciamo “Acta Vulnologica”, solo ora compare una rivista dedicata a questo tema che coinvolge in modo determinante l’apporto infermieristico, “Il Wound Care basato su prove di efficacia”. Il secondo motivo, che influenza direttamente il primo, è la carenza di produzione scientifica di buona qualità nel panorama infermieristico italiano. Vuoi per il ritardo culturale di evoluzione dell’assistenza infermieristica italiana rispetto al mondo anglosassone (le leggi che hanno e stanno ancora portando ad una grande accelerazione di questa evoluzione sono solo degli anni ’90 e questa tipologia di cambiamento richiede tempi lunghi per manifestarsi appieno) e vuoi per ancora lo scarso o quasi nullo investimento che viene fatto per facilitare la ricerca infermieristica. Tuttavia, alcuni segni di cambiamento ci sono ed anche in Italia si manifestano. In relazione al “oggetto” della ricerca infermieristica il discorso è ancora più complesso, al di là dell’aspetto “metodologico” che è condiviso e condivisibile con tutte le discipline che si occupano di problemi di salute. La ricerca infermieristica può essere suddivisa in due grandi contenitori. Il primo relativo alla ricerca clinico-assistenziale che ha come obiettivo l’acquisizione di conoscenze nuove relativamente all’eziologia, alla diagnosi (infermieristica), al trattamento ed alla prognosi delle problematiche infermieristiche. Il secondo è relativo alla ricerca sanitaria, ovvero alle ricadute che la ricerca clinica determina sulla salute della popolazione, con una forte valenza valutativa sui servizi sanitari e sugli outcomes dei pazienti ed anche in questo caso. Inoltre, in ambito infermieristico, almeno nel mondo anglosassone, si è diffusa un’altra importante modalità di ricerca, oltre la classica ricerca di impostazione quantitativa, che è la ricerca qualitativa che indaga il vissuto dei pazienti e degli utenti dei servizi sanitari. Queste considerazioni riguardano tutti i settori dell’assistenza infermieristica e, quindi, anche i temi sia tradizionali che innovativi del wound care: dalla definizione dei pazienti a rischio di lesioni, alla efficacia dei trattamenti o delle azioni preventive; dall’impatto sulla sanità degli ambulatori di gestione delle ferite difficili alla percezione della sua situazione da parte del paziente con un ferita cronica. In merito alle “strutture” di supporto alla ricerca infermieristica dobbiamo evidenziare come queste siano ancora assai carenti. Il mondo universitario, tradizionalmente orientato alla ricerca, oltre che alla didattica, è in Italia rappresentato solo da una trentina di ricercatori e docenti di Scienze Infermieristiche ed i corsi di dottorato assicurano le formazione di solo alcune unità per anno. Ne consegue che i gruppi strutturati di ricerca infermieristica formalmente strutturati sono pochissimi. Tuttavia, i corsi per fornire la base metodologica alla buona ricerca ci sono e sono in aumento (sia come corsi ECM che come Master universitari), i finanziamenti iniziano ad essere disponibili. Ad esempio, nel Policlinico di Bologna, in questi ultimi anni, come contributo al diffondersi della ricerca, sono stati emanati due bandi per il finanziamento della ricerca indipendente per il personale dell’area “comparto”, il primo di 30.000 euro ed il secondo di altri 100.000 euro. All’ultimo bando sono stati presentati 23 progetti di cui l’85% da infermieri. Quindi, le prospettive sono oggi assai più positive che in passato. Per quanto attiene il grande capitolo del trasferimento dei risultati della ricerca nella pratica professionale il panorama è più roseo grazie alla possibilità di accedere in tempo reale ad una vastissima letteratura infermieristica internazionale, sia primaria che secondaria. Centri come la RNAO canadese diffondono ottime linee guida in tema di wound care (www.rnao.org), la Best Practice del JBI ha contribuito altrettanto bene con il prodotto di ottime revisioni sistematiche (www.joannabriggs.edu.au), il “nostro” Centro Studi EBN di Bologna ha fortemente contribuito a diffondere questa letteratura tradotta in italiano (www.evidencebasednursing.it). Forse, i supporti metodologici per favorire il cambiamento dei comportamenti sono ancora poco diffusi, ma leggo ed ascolto spesso di audit clinici condotti nelle aziende sanitarie anche per quanto attiene la prevenzione ed il trattamento delle lesioni e ferite. Pertanto, nonostante i problemi ancora numerosi, voglio sostenere un atteggiamento positivo e credo che la nascita di “Il Wound Care basato su prove di efficacia”, accanto all’impegno dell’Aislec per supportare la buona ricerca e la sua applicazione nella pratica professionale, possa costituire un contributo importante allo sviluppo della ricerca infermieristica italiana, sia in termini culturali che di metodologie e di strutture di supporto. Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 3 Scrivi quello che fai e fai quello che hai scritto! Il contributo dei protocolli nella pratica infermieristica Giuseppe Lazzari - Infermiere, Tutor Corso di Laurea in Infermieristica, Università degli Studi di Milano – Bicocca, Sezione di Corso A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo Mariangela Castagnoli – Infermiera, Master in Metodologia ed analisi della responsabilità professionale in area infermieristica, auditor di sistemi di Certificazione Iso 9001:2008, componente della Commissione Qualità e Sicurezza della Regione Toscana. Emilia Lo Palo – Infermiera, Master in Wound Care, Ambulatorio infermieristico per la cura delle lesioni cutanee, A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo ABSTRACT INTRODUZIONE Uno dei problemi più persistenti nel garantire assistenza sanitaria di qualità è rappresentato dal gap tra i risultati della ricerca e la pratica. I protocolli rientrano tra gli strumenti della standardizzazione dell’attività assistenziale associati all’EBP ed hanno l’obiettivo di supportare il processo decisionale. Il presente lavoro ha l’obiettivo di focalizzare gli elementi salienti dei protocolli in riferimento alle caratteristiche, all’elaborazione, all’utilizzo nella pratica infermieristica ed alla valutazione della loro qualità metodologica. Uno dei problemi più persistenti nel garantire assistenza sanitaria di qualità è rappresentato dal gap tra i risultati della ricerca e la pratica.1 Nel passaggio dall’ambito accademico a quello clinico si verifica una scarsa diffusione dei risultati della ricerca e, nella continua costernazione di molti ricercatori, i frutti dell’accurato sforzo e lavoro sembrano rimanere inutilizzati dai clinici. Tale difficoltà è stata evidenziata dagli studi condotti agli inizi degli anni duemila negli USA, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito,2 i quali suggerivano che circa il 30 – 40% dei pazienti non riceveva un’assistenza sanitaria supportata da prove di efficacia e che circa il 20 – 25% dell’assistenza erogata era inappropriata o potenzialmente dannosa.3 4 Nel corso degli ultimi 20 anni siamo stati testimoni della crescente popolarità delle linee guida ed il consolidamento dell’Evidence – based Practice (EBP) ha rappresentato un ulteriore stimolo alla diffusione di questi prodotti editoriali. Le linee guida sono viste come il tramite più idoneo per favorire l’adozione da parte dei clinici di pratiche maggiormente coerenti con le informazioni scientifiche disponibili sull’efficacia degli interventi sanitari e sono gli strumenti più promettenti per colmare questo gap.5 Infatti, se inizialmente si pensava che le informazioni scientifiche potessero essere cercate in maniera attiva e analizzate criticamente dal singolo professionista, che le avrebbe poi trasferite nella pratica clinica, ben presto si è riconosciuta la necessità di offrire una sistematizzazione dell’informazione, adeguata valutazione critica e divulgazione da parte di agenzie e organi credibili. Ciò ha reso le raccomandazioni un termine di riferimento per l’aggiorna- Parole chiave Linee guida; raccomandazioni; implementazione; protocol – based care; protocollo assistenziale; evidence – based practice. Write what you do and do what you write! Contribution of protocols in nursing practice ABSTRACT One of the most consistent findings in health services research is the gap between best practice and the actual clinical practice. In the context of evidence – base practice, protocols facilitate the standardisation of care and streamline decision – making though rationalising the information with which to make judgements and decisions. The aim of this paper is to focus some of the issues involved in the definition, development, implementation and evaluation of protocols in nursing practice. Keywords Clinical guidelines; recommendation; implementation; protocol –based care; nursing protocol; evidence – based practice. 4 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 mento e la qualità metodologica del loro processo di produzione un requisito irrinunciabile.7 8 Nonostante la loro grande diffusione e popolarità, l’utilizzo delle linee guida nella pratica non è scevro da aspetti problematici; è documentato che frequentemente le linee guida derivano da percorsi di elaborazione qualitativamente inadeguati dal punto di vista metodologico,9 10 11 12 13 e che il loro efficace e tempestivo trasferimento nella clinica rimane frammentario.14 A tal riguardo nel supplemento dedicato da Chest nell’agosto del 2000 all’argomento, già ci si interrogava sull’opportunità di continuare a commissionarle, visto il basso tasso di adozione delle raccomandazioni nella pratica. 15 In particolare, fra i messaggi più reiterati dalla letteratura, vi è quello che la loro semplice messa a disposizione degli operatori non ha alcun sostanziale impatto sull’assistenza e non induce i cambiamenti desiderati negli stili di pratica, 16 unitamente all’aumentata consapevolezza che le decisioni cliniche risentono anche di fattori esterni di tipo economico, sociale, organizzativo ed accademico. Per avere un reale impatto sulla pratica clinica, le linee guida dovrebbero, quindi, essere accompagnate da adeguate iniziative di implementazione nell’ambito dei contesti clinici e organizzativi locali a cui sono destinate. I programmi di implementazione, ponendosi come obiettivo la revisione della qualità clinica dei servizi per migliorarne l’appropriatezza, rientrano tra le attività di governo clinico, di cui i protocolli rappresentano alcuni tra gli strumenti. Il presente lavoro ha l’obiettivo di focalizzare gli elementi salienti dei protocolli in riferimento alle caratteristiche, all’elaborazione, all’utilizzo nella pratica infermieristica ed alla valutazione della loro qualità metodologica. COSA SONO E COSA NON SONO Linee guida, percorsi clinici, piani di assistenza standard, algoritmi, protocolli e procedure rientrano tra gli strumenti della standardizzazione dell’attività assistenziale che alcuni autori fanno afferire alla protocol – based care,17 18 un termine “ombrello” utilizzato per identificare un ampio range di processi assistenziali 19 associati all’EBP ed alla standardizzazione. Uno sguardo alla letteratura mette immediatamente in luce che esiste nell’utilizzo del termine protocollo una considerevole variabilità semantica. Spesso i termini linea guida e protocollo sono stati utilizzati come sinonimi 20 per identificare qualcosa che guida i clinici nel processo decisionale. 21 22 Secondo la definizione attualmente più accreditata, fornita dall’Institute of Medicine statunitense, le linee guida sono raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate secondo un procedimento sistematico per supportare clinici e pazienti nel decidere le modalità di assistenza più appropriate in specifiche circostanze cliniche. 23 Esse sono prodotte da agenzie governative e società scientifiche a livello nazionale o regionale e, per questioni di risorse, competenze metodologiche e tempo, non possono essere prodotte a livello locale dalle aziende sanitarie; di conseguenza le organizzazioni sanitarie devono fare riferimento alle linee guida per standardizzare i processi assistenziali ed adattare localmente, attraverso i protocolli, le raccomandazioni valutandone la reale applicabilità. Descritti come “applicazione di linee guida elaborate a livello nazionale o regionale traslate a livello locale”, 24 i protocolli, a differenza delle linee guida che si caratterizzano per la maggiore flessibilità del loro approccio, hanno invece una connotazione mirata, forniscono ai professionisti indicazioni esplicite e dettagliate specificando chi fa cosa, quando, dove ed in quali condizioni relativamente alla pratica professionale in un determinato ambito.25 26 27 In linea con questa prospettiva, il protocollo assistenziale può essere quindi inteso come uno strumento informativo che definisce un modello formalizzato di comportamento professionale e che descrive una successione di azioni fisiche, mentali, verbali con le quali l’infermiere o gli operatori raggiungono un determinato obiettivo.28 Esso si può considerare tale quando dettaglia la situazione clinica del paziente per la quale il protocollo può essere attivato, il problema o i problemi che il protocollo si propone di affrontare e gestire, i risultati che si intendono raggiungere, le azioni e le procedure da attivare, gli indicatori di verifica, 29 oltre che basarsi sulle prove di efficacia disponibili.30 Anche i termini protocollo e procedura vengono utilizzati in maniera interscambiabile. In alcuni casi la procedura è intesa come descrizione di azioni in sequenze dettagliate e logiche che compaiono in un protocollo, identificandosi quindi come l’unità elementare del processo assistenziale nel quale vengono erogate un numero variabile di procedure.31 In altri casi, l’accezione data ai due termini può risentire di chi ha definito lo strumento o della rigidità e della discrezionalità decisoria di chi Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 5 li applica.32 Volendo quindi tentare una distinzione tra protocolli e procedure, non sembra possibile risolvere la questione. È importante, per coloro che si apprestano a rivedere/stendere protocolli o procedure, chiarire quale significato attribuire a tali strumenti, considerando le terminologie previste dai diversi sistemi di certificazione e accreditamento presenti nel contesto locale. A COSA SERVONO L’elaborazione e l’utilizzo dei protocolli nella pratica infermieristica non rappresentano una novità. Tuttavia in questi ultimi anni si è assistito ad un crescente interesse nei loro confronti. I protocolli trovano infatti una naturale collocazione nell’ambito dell’EBP, 33 un approccio alla pratica clinica pensato per combattere gli errori derivanti da un processo decisionale non informato dalle prove di efficacia e che, oltre ad aver ridimensionato i rituali, le esperienze cliniche isolate, le opinioni infondate e la tradizione come base per la pratica, 34 contribuisce a contenere la presenza di una variabilità delle decisioni cliniche. Risulta a tal proposito paradigmatico il lavoro di Freak e collaboratori che avevano evidenziato che per il trattamento delle ulcere vascolari degli arti inferiori si era rilevato l’uso di 31 diversi tipologie di medicazione, 28 tipi diversi di bendaggio e 59 diverse preparazioni topiche.35 In questa direzione, i protocolli, presidiando l’elevata variabilità di esecuzione delle procedure, documentano come le attività vengono svolte, standardizzano e sostengono la corretta esecuzione delle medesime e contribuiscono alla riduzione di quella parte di variabilità nelle decisioni cliniche legata alla carenza di conoscenze, al mancato aggiornamento o alla soggettività nelle scelte assistenziali. I protocolli si prefiggono, quindi, di evocare una “teorica” uguaglianza di trattamento oltre che assicurare alle persone interventi basati sulle più recenti prove di efficacia, di integrare e uniformare i comportamenti assistenziali, di favorire il confronto/coinvolgimento/motivazione tra operatori, di definire e valutare la pratica assistenziale oggetto del protocollo. Alcuni lavori hanno sottolineato come l’utilizzo dei protocolli nella pratica infermieristica porti dei benefici. In area critica, uno studio ha dimostrato che nelle terapie intensive dove vengono utilizzati i protocolli, si rileva una maggiore aderenza alle raccomandazioni di buona pratica clinica ed una minore mortalità. 36 Analogamente uno studio ha evidenziato come l’implementazione di un proto- 6 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 collo multidisciplinare nell’assistenza a pazienti critici chirurgici può limitare l’utilizzo di risorse e ridurre i costi. 37 L’applicazione di un protocollo nurse – led per lo svezzamento respiratorio dei pazienti ventilati meccanicamente ha invece evidenziato un alto grado di soddisfazione tra il personale infermieristico nell’assistenza ai pazienti, una migliore conoscenza del programma di svezzamento ed un miglioramento dei processi comunicativi tra i membri dell’equipe.38 Altri benefici sono documentati anche in altri contesti assistenziali come la gestione della terapia farmacologia da parte del personale infermieristico neoinserito, 39 l’ambito oncologico, 40 dermatologico 41 e dell’emergenza. 42 Queste conclusioni non sono però univoche dato che in una recente revisione della letteratura indica che gli strumenti dell’EBP sembrano migliorare il processo di assistenza più che i risultati.43 Se l’utilizzo dei protocolli sottolinea la loro funzione a supporto del processo decisionale, de – enfatizzando l’intuizione e la singola esperienza, va comunque ricordato che l’approccio protocol – based è molto di più di un testo di ricette da seguire pedissequamente in quanto contribuisce a rafforzare, ma non sostituisce mai, le competenze cliniche, il giudizio clinico e l’esperienza clinica. 44 È quindi necessario un giusto grado di flessibilità nell’utilizzo di tali strumenti, in ragione della situazione clinica, delle caratteristiche individuali degli assistiti e delle varianze ed eccezioni assistenziali che si possono verificare. In tal caso è importante che la registrazione di eventuali difformità di applicazione del protocollo e le relative motivazioni, siano debitamente riportate nella documentazione dell’assistito. COME REALIZZARE UN PROTOCOLLO ASSISTENZIALE Il tema dell’implementazione, ossia il trasferimento dei risultati della ricerca nelle scelte assistenziali quotidiane di professionisti e organizzazioni, costituisce oggi un nuovo filone della ricerca in ambito sanitario, la ricerca translazionale. Essa si occupa del “fluire” dei risultati della ricerca dall’ambito scientifico a quello clinico e studia i metodi per migliorare l’adozione dei risultati della ricerca nei contesti assistenziali, potenziare i fattori che la favoriscono e rimuovere i fattori che la ostacolano.45 Per migliorare l’efficacia degli interventi sanitari è necessario attivare meccanismi attraverso cui stimolare il cambiamento individuale e dell’intera organizzazione. In merito la letteratura sottolinea come gli interventi che danno maggiori garanzie di efficacia siano quelli compositi, ossia una combinazione di strategie che vengono scelte in funzione delle caratteristiche del contesto clinico – organizzativo in cui verranno applicate e del comportamento clinico oggetto dell’intervento. 46 Fra gli insegnamenti fondamentali mutuati dalle teorie sulla gestione del cambiamento nell’ambito lavorativo figura l’importanza della collaborazione fra tutti. La maggior parte dei modelli collaborativi comporta, infatti, un certo grado di lavoro di gruppo dato che “[…] in qualsiasi situazione si richieda l’associazione in tempo reale di differenti abilità, esperienze e giudizi, i risultati ottenibili da un gruppo sono inevitabilmente migliori rispetto alla semplice somma delle attività di singoli individui che lavorino con ruoli e responsabilità limitati”.47 L’importanza del coinvolgimento diretto e attivo di coloro che utilizzeranno il protocollo costituisce quindi un elemento fondamentale affinché lo stesso possa trovare reale applicazione. Nel 2002 il Modernisation Agency del Servizio Sanitario Inglese ed il National Institute for Clinical Excellence (NICE) hanno sviluppato, nell’ambito della politica di attuazione del governo clinico prevista dal Piano Sanitario Nazionale, una guida metodologica in 12 step per aiutare i professionisti sanitari nella stesura di protocolli e nella loro implementazione.48 I 12 step [figura 1] se pur declinati nella prospettiva specifica del protocollo, sono accomunabili a quelli indicati dai modelli di implementazione locale delle linee guida reperibili in letteratura (ad es. Stetler Model of Research Utilization, 49 Iowa Model of Research in Practice, 50 il Toolkit della canadese Registered Nurses Association of Ontario [RNAO] 51 o quello proposto da Ballini e Liberati 52) L’elemento unificante è rappresentato, infatti, dalla progressione di un gruppo di lavoro rappresentativo della componente professionale o multidisciplinare attraverso alcuni step che sono sovrapponibili a quelli che verranno di seguito illustrati. Nonostante l’approccio della guida NICE sia esperenziale e non rimandi ad una base teorica specifica o a indicazioni relative alla sua efficacia, gli step possono costituire un pratico riferimento per l’attivazione di un percorso di elaborazione ed applicazione di un protocollo. Di seguito viene proposta una sintesi del contenuto di ciascuna fase. STEP 1 – Individuare un argomento prioritario La scelta di elaborare un protocollo e di implementarlo a livello locale comporta l’identificazione, nell’ambito della pratica clinica, di un argomento prioritario per il quale lo strumento potrebbe realmente portare un beneficio e spinge a porsi le seguenti domande: si tratta di una pratica di frequente attuazione e che comporta l’impiego di tempo e risorse? Vi sono interventi che si sono dimostrati efficaci ma che non vengono garantiti? STEP 2 – Costituire il gruppo di lavoro La stesura e l’applicazione di un protocollo nella pratica deve essere effettuata da un gruppo di lavoro, non dal singolo; esse potrebbero vedere coinvolti un solo gruppo professionale (es. infermieri) oppure multidisciplinare (es. infermieri, medici, farmacologi, fisioterapisti, microbiologi, dietisti, etc.); tale gruppo dovrebbe quindi comprendere rappresentanti di tutti coloro sui quali il protocollo avrà influenza. STEP 3 – Coinvolgere i pazienti e gli utilizzatori Laddove è possibile andrebbe previsto anche il coinvolgimento di una rappresentanza dei pazienti, esperienza di fatto già in fase di realizzazione in diverse organizzazioni sanitarie italiane, attraverso l’invito alla partecipazione di Associazioni che si occupano di particolari problemi di salute. Figura 1 – Step per la stesura e l’implementazione di un protocollo (NICE, 2002) STEP 4 – Definire obiettivi comuni Il protocollo deve essere associato ad obiettivi comuni e condivisi dal team; essi devono essere specifici, misurabili, realizzabili e tesi ad un effettivo miglioramento di una prestazione. È utile in questa fase mappare quali sono i fattori di ostacolo e/o favorenti incontrati dal gruppo durante la pratica clinica. Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 7 STEP 5 – Costruire consapevolezza Tutti i membri del team devono avere compreso quale deve essere il loro contributo al gruppo ed al lavoro di stesura e di implementazione. Uno dei fattori importanti è la partecipazione al cambiamento delle persone coinvolte nell’implementazione assieme alla percezione di avere la possibilità di attuarlo; ciò include la possibilità di verificare direttamente le conseguenze positive di una data scelta in termine di miglioramento di salute per gli assistiti, l’importanza attribuita al cambiamento da parte di persone di cui si ha stima e fiducia e la percezione della propria capacità ed efficacia. Per ottenere i risultati desiderati occorre che le capacità tecnico – cliniche dei sanitari siano adeguatamente supportate da un ambiente organizzativo e amministrativo funzionale al raggiungimento degli obiettivi. STEP 6 – Raccogliere le informazioni Considerato che il protocollo dovrà essere evidence – based, il reperimento di raccomandazioni/ indicazioni attraverso una adeguata ricerca bibliografica risulta sostanziale, anche se può necessitare del supporto di un bibliotecario. Alla fase di reperimento deve seguire una fase di valutazione della qualità metodologica dei prodotti editoriali reperiti, siano essi primari che secondari. STEP 7 – Attuare una valutazione di base per determinare la attuale performance Vi sono variazioni significative nella pratica clinica dei diversi professionisti sanitari? Questa domanda identifica la fase che precede l’implementazione e consente di analizzare la variabilità della pratica corrente. STEP 8 – Stendere il protocollo Il documento deve essere semplice, breve e conciso, avere un impatto grafico immediato, seguire una sequenza logica, risultare agile nella lettura, consentire un rapido recupero delle informazioni, evidenziare le responsabilità, indicare obiettivi realistici ed outcome misurabili, specificare i riferimenti bibliografici della revisione di letteratura effettuata, la data di stesura e quella di revisione (per la specifica del format e degli elementi costitutivi del protocollo si rimanda alla Figura 2). STEP 9 – Testare il protocollo in una unità pilota Questa fase permette di evidenziare problemi 8 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 di applicazione in modo tale da consentire le necessarie modifiche. STEP 10 – Implementare il protocollo La fase di implementazione dovrebbe essere supportata da un dettagliato programma di training (supportato anche con istruzioni scritte) destinato allo staff che utilizzerà il protocollo. Può essere utile individuare un membro del gruppo quale referente locale per l’implementazione, al fine di facilitare la sua integrazione nella pratica clinica quotidiana nel contesto specifico. In questa fase diviene fondamentale assicurare anche un controllo sistematico sull’effettuazione di alcune azioni/prestazioni che il protocollo contiene, soprattutto su quelle di particolare complessità, magari utilizzando una check di spunto. Il fine di questo passaggio metodologico è rappresentato dalla possibilità di “dare evidenza” e dunque di poter verificare contemporaneamente la qualità della prestazione erogata ed il livello di adesione al protocollo 53 che è stato applicato. STEP 11 - Monitorare eventuali variazioni Per verificare ed evidenziare la realizzazione del cambiamento nella pratica è indispensabile una rilevazione post – implementazione successiva a quella pre – implementazione. Le azioni assistenziali effettuate, ma non previste dal protocollo, si dovrebbero documentare a parte. Ciò indica che il protocollo è utile a fare da “guida”al professionista, ma le variazioni che il protocollo non può prevedere – considerata la struttura formale- devono essere annotate, documentate e giustificate. A questo proposito è bene ricordare che il team assistenziale potrebbe dedicare uno spazio definito all’interno del documento in cui le variazioni, che si potrebbero ritenere necessarie per la salute della persona, siano espressamente dichiarate e sostenute, in quanto esse costituiscono un momento importantissimo nel quale la riflessione della trattazione del singolo caso (appunto con azioni non previste o modificate), trovino il loro fondamento scientifico e, come tali, agite nel pieno consenso dei professionisti. STEP 12 – Revisionare il protocollo È importante che il protocollo venga sottoposto a revisione per verificare che l’obiettivo del protocollo continui ad essere appropriato, che i nuovi membri dello staff ricevano un adeguato training e che lo stesso venga aggiornato. Intestazione secondo format aziendale inserito nel Sistema Gestione Qualità con il suo titolo Indice Definizione del contesto e dello scopo Obiettivi Operatori coinvolti Risorse materiali Azioni da effettuare Eventuali collegamenti con altri protocolli/procedure Applicabilità del protocollo Non applicabilità del protocollo Criteri di accettazione dei professionisti e degli utenti Terminologia ed abbreviazioni Misure di prevenzione delle complicanze e dei rischi Livelli di responsabilità Risultati attesi Indicatori di verifica e standard Indicatori di valutazione e standard Bibliografia Revisione ed Archiviazione Allegati Segnalare anche la pagina degli argomenti trattati nel protocollo Descrivere il background – servizio – sistema in cui il protocollo è applicato e quale è lo scopo della sua realizzazione, compresi i contenuti di interfaccia con l’utenza, con l’organizzazione, con eventuali altri processi di lavoro che entrano a far parte della realizzazione del protocollo Definire l’obiettivo generale e, se il dettaglio riveste più livelli, anche gli obiettivi specifici Inserire tutti i profili interessati; i nominativi possono essere inseriti solo se chiaramente individuati ed il team lo ritiene opportuno Inserire le risorse necessarie in ciascun passaggio di applicazione Specificare le azioni che permettono al protocollo di essere applicato nella sua interezza, secondo principi scientifici e/o normativi – cogenti e da ciascun operatore coinvolto Elencare collegamenti ed interfacce con documenti di altro livello (es. aziendali, di altri servizi, etc.) Descrivere su quali bisogni dell’utente è applicato il protocollo Evidenziare eventuali ambiti di non applicabilità del protocollo Definire i limiti per i quali il protocollo non può essere applicato, anche in presenza di perfetta applicabilità, soprattutto rispetto alla condivisione con l’utente Inserire la legenda se sono utilizzati termini abbreviati e acronimi Effettuare una ricognizione di eventuali rischi di errori nell’effettuazione delle azioni, eventi avversi/o complicanze prevedibili e prevenibili (mappatura del rischio specifico) Assegnare i livelli di responsabilità dei diversi profili coinvolti (Informato, Collabora, Responsabile) Esprimere gli esiti attesi e misurabili Definire con tutti i componenti dell’equipe gli indicatori e gli standard di verifica dell’applicazione/adesione del protocollo, di rilevazione del passaggio da fase a fase, di conformità. Definire con tutti i componenti del team gli indicatori e gli standard relativi agli esiti /risultati attesi dell’applicazione del protocollo Elencare tutti i riferimenti bibliografici utilizzati ed eventuale sitografia, con data degli ultimi accessi. Dichiarare la data della prossima revisione ed il tipo di archiviazione del protocollo dopo la sua revisione Allegare istruzioni operative, check-list, algoritmi, report della ricerca bibliografica, tassonomie dei livelli delle evidenze e della forza delle raccomandazioni [se si utilizzano linee guida] etc. Figura 2 – Elementi costitutivi di un protocollo (Casati, 2005; UNI EN ISO – 9001, 2008; JCAHO, 2011) Quali sono i requisiti di qualità dei protocolli A questo punto è utile considerare come gli step sopracitati siano in realtà affrontati dai diversi team assistenziali, nell’approccio alla realizzazione/ applicazione/ valutazione di un protocollo, tenendo conto di aspetti organizzativi fondamentali quali il sistema strutturale – culturale in cui gli attori (i professionisti) operano ai vari livelli dell’organizzazione, con le loro diverse competenze, esperienze, personalità, attitudini e sulla base del flusso continuo degli avvenimenti e delle loro esperienze. 54 Quindi, come dicevamo, la “struttura base” dei diversi tipi di documenti di matrice assistenziale, inclusi i protocolli che sono rivolti alle singole attività assistenziali [Figura 2], deve poter assolvere: • ad un buon “livello di conformità” tra gli interventi, che sono effettuati e che saranno registrati successivamente nella documentazione infermieristica in uso, e le più recenti indicazioni scientifiche; 55 Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 9 • ad un “buon standard documentale”, per garantire la valutazione della quantità (dati ed informazioni utili anche ai fini della ricerca) e della qualità dell’assistenza infermieristica erogata56 (performance, indicatori di risultato, audit, etc.), della quale i servizi infermieristici hanno la responsabilità gestionalenti. Dunque un protocollo è valido quando sono rispettati gli aspetti relativi alla revisione della letteratura, quando quest’ultima è stata sottoposta a valutazione critica e se sono state rivalutate le indicazioni e le modalità di erogazione delle prestazioni che in esso sono contenute. Gli attuali criteri di valutazione tengono conto, in prima battuta, del rispetto di tutti gli step sopracitati e del format/matrice definito dall’azienda/organizzazione di appartenenza del team assistenziale. Ecco che un buon protocollo, per essere qualificato come tale, deve ottemperare criteri di valutazione più puntuali, che sono sostanzialmente: • • • • • • • • • applicabilità sulle attività assistenziali; validità formale da parte dell’organizzazione; chiarezza di espressione; completezza e sintesi dei contenuti, contestualizzazione ai bisogni di salute individuati, al sistema strutturale e culturale; flessibilità per i professionisti; fondatezza rispetto alle evidenze scientifiche; accessibilità alle best – practice necessarie; verifica e valutazione dei risultati. CONCLUSIONI La stesura di un protocollo assistenziale rientra nella responsabilità dei professionisti che lo condividono e lo adottano. Da questa assunzione ne deriva che tutte le valutazioni connesse alla pertinenza dei suoi contenuti passano anche attraverso la correlazione su alcuni dettati del codice penale, civile e disciplinare. Su questi elementi è doveroso soffermarsi con una riflessione più ampia rispetto alla liceità dell’esistenza del protocollo assistenziale come strumento di lavoro e del suo utilizzo, preciso e contestualizzato nel pianificare, gestire e valutare l’assistenza infermieristica, della quale l’infermiere è responsabile. Dunque deve essere combattuto con forza il luogo comune, molto diffuso tra i professionisti sanitari, che considera la cartella clinica come l’unico atto 10 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 avente valore legale. 57 Resta certa, infatti, l’affermazione che il protocollo assistenziale, in quanto tenutario delle attività assistenziali effettuate, si integra nell’insieme dei documenti sanitari che vanno a formare l’intero patrimonio delle informazioni clinico – assistenziali del paziente e, di conseguenza, si deve rendere disponibile in caso di azione legale, anche per effetto della responsabilità sugli altri operatori dell’equipe, come nel caso dell’attribuzione di attività ricomprese nel profilo del personale di supporto.58 E’ proprio dalla nostra dichiarazione “scrivi quello che fai e fai quello che hai scritto” che si colloca il processo logico sul quale molte istanze e contenziosi non trovano ancora oggi, purtroppo, riscontri oggettivi ed evidenze che realizzino la veridicità dell’applicazione delle buone pratiche, prima dichiarate e dopo non agite… Un limite riscontrato nella nostra quotidianità, potrebbe essere rappresentato dal fatto che protocolli estremamente elaborati e complessi sono spesso poco applicati poiché non lasciano ai professionisti quella flessibilità operativa nell’erogazione delle prestazioni, pur nel rispetto delle prassi condivise e definite. Si nota così che il protocollo redatto con un certo rigore, si integra bene con la massima standardizzazione delle azioni e delle inter-azioni, ma potrebbe essere, come precedentemente accennato, un elemento limitativo nella gestione delle varianze e delle eccezioni assistenziali che si potessero verificare: queste ultime possono rappresentare un pericolo per il professionista, se non saranno gestite bene attraverso la loro descrizione nella documentazione infermieristica. Si deve rilevare che anche altri aspetti vanno a completare l’assunto di quanto sia necessario rispettare i contenuti del protocollo in uso (o dichiararne con chiarezza i motivi della non applicabilità sul quel caso) e perché documentare bene la propria attività assistenziale. Si pensi infatti al ricorso, sempre più frequente, ai contenziosi per malpractice o semplicemente alla responsabilità contrattuale che lega il datore di lavoro al mandato del professionista, alla posizione di garanzia che si realizza tra quest’ultimo ed il paziente. Infine, ma non ultimo, trova ulteriore fondamento nella giurisprudenza che la corretta applicazione dei protocolli si lega alle norme della responsabilità professionale per dettare le cosiddette “regole dell’arte”, per le quali, in applicazione di quanto di- chiarato come dovere nella normativa vigente di interesse infermieristico,59 60 61 si impone l’obbligo di accertamento dell’operato dei professionisti, a livello giuridico, anche in base al loro utilizzo. BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. Haines A, Kuruvilla S, Borchert M. Bridiging the implementation gap between knowledge and action for health. Bullettin of the World Health Organization 2004; 82:724-32. Smith R. 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(Associazione Infermieristica per lo Studio delle Lesioni Cutanee) in quanto lo sviluppo di un’assistenza appropriata, efficace ed efficiente nel campo del wound care rappresenta oltre che un mandato professionale imprescindibile, anche la meta verso cui l’associazione tende. Ancora oggi, tuttavia, malgrado la diffusione della pratica basata sulle evidenze, permangono molti ambiti in cui si assiste ad una pratica professionale svolta in un ambito di incertezza e di carenza informativa: la scarsità di prove di efficacia negli interventi legati al mondo del wound care è nota, come nota è la difficoltà a produrre ricerca scientificamente rilevante. Ciò è determinato essenzialmente dalla difficoltà di selezionare campioni molto ampi in un mondo come quello della cronicità, mondo in cui le variabili che entrano in gioco e “confondono” il ricercatore sono innumerevoli, data la presenza di comorbilità e multifattorialità delle problematiche che si vorrebbero studiare. Questo induce il mercato a investire raramente in un settore ove i risultati si possono attendere dopo parecchi anni dall’inizio degli investimenti e dove il farmaco, soprattutto nel nursing, non rappresenta l’elemento base delle attività. Per superare questo empass, la comunità scientifica propone tra i vari sistemi, tra questi, la produzione di raccomandazioni di comportamento clinico in cui il consenso può essere raccolto sia attraverso l’utilizzo di modalità informali che formali. La Conferenza di Consenso rappresenta una dei metodi formali che la letteratura suggerisce per raccogliere il consenso: consenso che deve essere espresso da un gruppo di esperti sulla base di uno specifico percorso metodologico. Teoricamente le Conferenze di Consenso, si realizzano nella seguente modalità. Il gruppo promotore individua il problema clinico/assistenziale che sarà oggetto delle future raccomandazioni (il tema deve appartenere ad un ambito in cui le evidenze a sostegno dei comportamenti sono scarse e di conseguenza la maggior parte delle future raccomandazioni sarà esplicitata sulla base del parere degli esperti). La struttura prevede che il gruppo promotore svolga una revisione sistematica della letteratura e che sulla base dei risultati degli studi reperiti e del parere degli esperti coinvolti definisca una prima stesura delle raccomandazioni. Viene poi indetta la giornata della consensus: il gruppo promotore a questo punto ha esaurito il suo mandato e il lavoro svolto viene presentato ad un secondo gruppo denominato “Giuria” guidato da un “Chairman” super partis. I lavori vengono svolti nel corso di un’assemblea pubblica di fronte ad un pubblico selezionato comprendente tutti gli stakeholders1 e le raccomandazioni vengono valutate e discusse fino a trovare una posizione comune. Come in un processo legale, la giuria ascolta i fatti sulla base dei quali successivamente delibera; a differenza dei processi però i membri del gruppo sono autorizzati a fare domande, il chairman del gruppo è tenuto a controllare i procedimenti e il pubblico (i membri del pubblico) può partecipare alla discussione. La discussione di gruppo segue una struttura formale (simile a quella di una giuria) in cui il presidente dirige la discussione e delega i compiti. Nonostante il gruppo sia sollecitato a raggiungere un consenso, i partecipanti sono comunque incoraggiati a comprendere, qualora non si riesca a raggiungere un parere unanime, i punti di vista alternativi o minoritari. Al termine la giuria si ritira per esprimere in forma anonima il voto di assegnazione del grading (forza della raccomandazioni). 2 Praticamente il metodo della Consensus può favorire la adozione di provvedimenti operativi, clinici, assistenziali anche in presenza di scarse prove di ricerca clinica, proprio perché costruita e gestita in modo formale e con la partecipazione di tutti gli “attori” significativi che concorrono nel produrre l’atto sanitario in esame. In pratica AISLEC ha condotto una consensus conIl Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 13 ference al fine di fornire indicazioni di comportamento clinico sulla scelta ed utilizzo delle superfici antidecubito (2004) e nel corso del 2010 ha provveduto a svolgere un updating della letteratura al fine di aggiornare le raccomandazioni precedentemente prodotte. 2. OBIETTIVI Obiettivo primario L’obiettivo principale del progetto è quello di contribuire ad incrementare l’appropriatezza degli interventi sanitari volti a prevenire e curare le lesioni cutanee croniche come ad esempio le lesioni da pressione, attraverso la produzione di un documento che fornisca raccomandazioni per tutti gli interventi nel campo delle superfici antidecubito. Superfici che, alla luce del parere di esperti e della revisione sistematica, evidenzino il migliore rapporto tra costi ed efficacia clinica (cost/effectiveness). Si sottolinea comunque come, la corretta gestione delle superfici coniugata all’identificazione, puntuale e precoce, dei cittadini a rischio, e l’applicazione delle migliori pratiche di prevenzione e trattamento siano riconosciute dal mondo scientifico come il cardine basilare dell’assistenza al paziente portatore di lesioni da pressione. Obiettivi secondari • Sviluppare consenso intorno alle raccomandazioni prodotte dalla ricerca clinica internazionale al fine di facilitare i processi di implementazione, creando un “core” condiviso di affermazioni sulle quali basare i programmi formativi per i professionisti, i cambiamenti organizzativi (evidencebased purchasing, profili di assistenza), i cambiamenti normativi (modifiche del nomenclatore tariffario), la creazione di parametri per la verifica della qualità e per l’accreditamento (standard); • Adattare le raccomandazioni prodotte dalla ricerca clinica alle specificità della realtà clinica ed organizzativa italiana; • Definire la ‘best clinical practice’ nelle aree in cui la ricerca è di scarsa qualità metodologica o del tutto insufficiente. MATERIALI E METODI Le fasi strategiche legate al progetto sono state: 1. La ricerca sistematica e la valutazione critica 14 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 3. 4. 5. 6. 7. dei risultati provenienti dagli studi clinici reperiti attraverso la consultazione delle principali banche dati biomediche e la ricerca manuale, (con particolare attenzione alle linee guida e revisioni sistematiche); il confronto con le indicazioni e i riferimenti del Piano Nazionale Linee Guida (PNLG) dell’Istituto Superiore della Sanità (I.S.S.) e dell’NHS R&D HTA Programme del Health Technology Assessment (H.T.A.) della Gran Bretagna; il coinvolgimento multiprofessionale e multidisciplinare; il coinvolgimento del Ministero della Salute italiano; il confronto con le associazioni degli utenti/pazienti; il confronto trasparente con le aziende produttrici di ausili antidecubito e di prodotti per il trattamento delle lesioni da pressione presenti sul mercato; il coinvolgimento diretto dei maggiori esperti internazionali nel campo. I passi principali seguiti nello sviluppo della Conferenza di Consenso (C.d.C.) sono stati i seguenti: 1. definizione dei quesiti e condivisione degli stessi; 2. revisione della letteratura attraverso la consultazione delle principali banche dati biomediche: PubMed, Chinal, Embase, Cochrane, Cleringhouse. In particolare: • sono stati ricercati i documenti integrativi (linee guida, revisioni sistematiche, report di technology assessment) prodotti dalle istituzioni, associazioni e società scientifiche accreditate internazionalmente. La ricerca è stata condotta nelle banche dati disponibili online e completata con la ricerca manuale e con il contatto diretto con i principali esperti mondiali del settore ; • sono stati valutati criticamente gli studi clinici condotti sul tema di interesse; 3. le informazioni raccolte sono state oggetto di discussione e confronto con i maggiori esperti internazionali in ripetute sessioni di studio tra il 2002 e il 2004; 4. le informazioni prodotte dalla ricerca clinica costituiranno la base sulla quale fondare la prima edizione della C.d.C. che si è tenuta nell’Aprile del 2004. L’attuale aggiornamento si è svolto con la ricerca di tutti gli studi reperibili in letteratura attraverso la consultazione delle banche dati precedentemente citate e della banca dati Clinical Trials. La ricerca è stata condotta nel mese di novembre 2010 ed ha posto i limiti della lingua inglese, francese e spagnola prevedendo l’esclusione di tutti gli articoli pubblicati prima del 2004 (anno di conduzione della ricerca precedente). Sono stati recuperati complessivamente 2597 nuovi articoli comprendenti anche editoriali ed articoli relativi al parere degli esperti. È stata quindi condotta una prima analisi attraverso la lettura del titolo (al fine di valutare la pertinenza degli studi) che ha portato alla selezione di 888 articoli che rispondevano ai criteri previsti dai quesiti di ricerca iniziali. Di questi è stata successivamente valutato il disegno di ricerca: ciò ha portato alla selezione di 124 articoli corrispondenti a Linee Guida, Revisioni Sistematiche e trials randomizzati e controllati (che rappresentavano il gold standard per gli obiettivi prefissati). Di questi 124 studi è stato valutato il contenuto dell’abstract: ciò ha comportato una ulteriore scrematura e in definitiva sono stati selezionati 46 studi di cui è stato recuperato il full text. Dalla valutazione critica degli articoli relativa al rigore metodologico e alla presenza di bias, l’aggiornamento finale della CdC si è basato su 15 articoli originali di cui 6 Revisioni sistematiche che comprendevano e citavano i restanti 9 studi primari che avevano superato la valutazione critica.[vedi flow chart] Le raccomandazioni per le quali è stato necessario provvedere ad un aggiornamento in quanto sono emerse dalla letteratura nuove evidenze riguardano principalmente i dispositivi da utilizzare sia nell’ambito della prevenzione che del trattamento delle lesioni da compressione. [Tabella 2] mentre per tutte le altre raccomandazioni non sono emerse nuove evidenze rispetto la consensus condotta nel 2004, pertanto queste ultime sono da considerarsi aggiornate anche se sia il grading (forza della raccomandazione) che la definizione delle stesse sono rimasti invariati. Flow Chart del processo di ricerca Negli studi esaminati non c’è differenza per quanto riguarda la sede delle lesioni già insorte se non per quegli studi che riguardano dispositivi specifici per la ridistribuzione della pressione a livello calcaneare. Il risultato di tale ricerca della letteratura non modifica in maniera sostanziale le raccomandazioni precedenti se non per il riposizionamento del paziente ogni 3 o 4 ore che è risultato efficace come quello ogni 2 ore. Per quanto riguarda il vello di pecora (raccomandazione 20) e i velli sintetici è stata ulteriormente dimostrata l’inefficacia di tale dispositivo se non per 2 studi condotti in Australia che hanno riportato risultati a favore del vello di pecora, ma il contesto è troppo lontano dalla nostra realtà, ad esempio per la differenza del tipo di lana utilizzato nell’ambito dei 2 studi (lana merinos di pecore australiane non presente sul mercato italiano dove i velli di pecora commercializzati sono in realtà teli di materiale sintetico), per cui non ne viene consigliato l’utilizzo. Di seguito vengono riportati gli esiti delle votazioni con l’elenco delle nuove raccomandazioni [Tabella 3], ed l’elenco delle raccomandazioni rimaste invariate [Tabella 4]. Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 15 Autore McInnes E, Cullum NA, Bell-Syer SEM, Dumville JC, Jammali-Blasi A Nicky Cullum and Emily Petherick Titolo Rivista Support surfaces for pressure ulcer prevention (Review) 2010 The Cochrane Collaboration. Published by JohnWiley & Sons, Ltd. Pressure ulcers Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901. Preventing pressure ulcers: a systematic review. Are pressure redistribution surfaces or heel Junkin J, Gray M. protection devices effective for preventing heel pressure ulcers? The effect of pressure-relieving surfaces on Nicosia G, Gliatta AE, Woodbuthe prevention of heel ulcers in a variety of ry MG, Houghton PE. settings: a meta-analysis. Reddy M, Gill SS, Rochon PA. JAMA. 2006 Aug 23;296(8):974-84. J Wound Ostomy Continence Nurs. 2009 Nov-Dec;36(6):602-8. Int Wound J. 2007 Sep;4(3):197-207. Tabella 2 Articoli compresi nella revisione Numero Raccomandazione Raccomandazione 11 I soggetti allettati, ritenuti a rischio di lesioni da pressione, devono essere riposizionati almeno ogni 2 ore, se ciò è compatibile con le condizioni generali del paziente. Ogni individuo considerato a rischio di sviluppare lesioni da pressione deve essere riposizionato con una frequenza dettata anche dalle condizioni generali e locali del paziente e dalla superficie adottata. La riabilitazione deve essere attuata in conformità con il programma terapeutico, con le necessità individuali e con le condizioni della cute del paziente. Ai pazienti individuati a rischio deve essere applicato un piano scritto di riposizionamento Studi che aggiornano la raccomandazione Reddy M, Gill SS, Rochon PA. Preventing pressure ulcers: a systematic review. JAMA. 2006 Aug 23;296(8):974-84. Nicky Cullum and Emily Petherick Pressure ulcers Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901. McInnes E, Cullum NA, Bell-Syer SEM, Dumville JC, Jammali-Blasi A Support surfaces for pressure ulcer prevention (Review) 2010 The Cochrane Collaboration. Published by JohnWiley & Sons, Ltd. 12 Per i pazienti individuati a rischio, devono essere utilizzati ausili antidecubito atti a ridurre/ridistribuire le pressioni Gli individui a rischio non devono essere posizio- Nicky Cullum and Emily Petherick Pressure ulcers nati su materassi standard Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901. Reddy M, Gill SS, Rochon PA. Preventing pressure ulcers: a systematic review. JAMA. 2006 Aug 23;296(8):974-84. Tabella 3 Raccomandazioni oggetto di aggiornamento 16 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 Numero Raccomandazione 13 Raccomandazione Utilizzare una superficie di supporto statica per coloro che possono essere riposizionati purché impedisca di toccare il piano di supporto e/o non diventi una superficie rigida L’utilizzo delle superfici di supporto deve essere sempre accompagnato da un adeguato programma scritto di riposizionamento Studi che aggiornano la raccomandazione McInnes E, Cullum NA, Bell-Syer SEM, Dumville JC, Jammali-Blasi A Support surfaces for pressure ulcer prevention (Review) 2010 The Cochrane Collaboration. Published by JohnWiley & Sons, Ltd. Nicky Cullum and Emily Petherick Pressure ulcers Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901. Junkin J, Gray M. Are pressure redistribution surfaces or heel protection devices effective for preventing heel pressure ulcers? J Wound Ostomy Continence Nurs. 2009 NovDec;36(6):602-8. 15 Nicosia G, Gliatta AE, Woodbury MG, Houghton Nei soggetti allettati immobili, eliminare con ausili PE. la pressione sui talloni. The effect of pressure-relieving surfaces on the prevention of heel ulcers in a variety of settings: a meta-analysis. Int Wound J. 2007 Sep;4(3):197-207. Nicky Cullum and Emily Petherick Pressure ulcers Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901. 16 20 Utilizzare un sistema di supporto antidecubito per i soggetti con una lesione da pressione Evitare l’uso di guanti ripieni di acqua vello sintetico e quello naturale di pecora Nicky Cullum and Emily Petherick Pressure ulcers Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901. McInnes E, Cullum NA, Bell-Syer SEM, Dumville JC, Jammali-Blasi A Support surfaces for pressure ulcer prevention (Review) 2010 The Cochrane Collaboration. Published by JohnWiley & Sons, Ltd. Nicky Cullum and Emily Petherick Pressure ulcers Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901. 21 McInnes E, Cullum NA, Bell-Syer SEM, Dumville JC, Jammali-Blasi A Support surfaces for pressure ulcer prevention (Review) Per i soggetti a rischio, in postura seduta usare 2010 The Cochrane Collaboration. Published by un cuscino antidecubito conforme alle necessità JohnWiley & Sons, Ltd. specifiche del soggetto Nicky Cullum and Emily Petherick Pressure ulcers Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901. segue Tabella 3 Raccomandazioni oggetto di aggiornamento Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 17 Numero Raccomandazione 23 Raccomandazione Studi che aggiornano la raccomandazione McInnes E, Cullum NA, Bell-Syer SEM, Dumville JC, Jammali-Blasi A Support surfaces for pressure ulcer prevention (Review) Una superficie che riduca la pressione deve 2010 The Cochrane Collaboration. Published by essere utilizzato sul tavolo operatorio nel caso l’intervento riguardi soggetti a rischio per lesioni JohnWiley & Sons, Ltd. da pressione Nicky Cullum and Emily Petherick Pressure ulcers Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901. segue Tabella 3 Raccomandazioni oggetto di aggiornamento Numero di Raccomandazione Raccomandazione Grading La scelta delle superfici da adottare deve tener conto della valutazione complessiva dell’individuo. 1 2 3 4 Nella valutazione complessiva tenere conto delle seguenti variabili: comfort, valutazione gestionale accettazione da parte dell’utente, accettazione da parte del caregiver. La valutazione dell’appropriatezza della superficie deve essere fatta attraverso un gruppo interdisciplinare con esperienza nel posizionamento (es: fisiatri, fisioterapisti, terapisti occupazionali, infermieri, Tecnici Ortop., Utenti). Devono essere considerati per la valutazione della posizione seduta: l’allineamento posturale, distribuzione del peso, stabilità, equilibrio. Tutti i soggetti allettati e con gravi limitazioni della mobilità devono essere valutati per il rischio di sviluppare lesioni utilizzando come strumento la scala di Braden. Nella valutazione del rischio devono essere tenute in considerazione anche le patologie concomitanti, eventuali disabilità o menomazioni, i limiti della Braden nei soggetti non caucasici e la anamnesi positiva per presenza di ulcera. Tutti i soggetti allettati e con gravi limitazioni della mobilità devono essere valutati per il rischio al momento del loro ricovero in ospedale, centri di riabilitazione, case di riposo, programmi di cura a domicilio o ad altri tipi di strutture sanitarie. I soggetti a rischio devono essere valutati quotidianamente e comunque al cambiamento delle condizioni del paziente. Tabella 4 Raccomandazioni da considerarsi ancora aggiornate 18 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 Fortemente raccomandato Fortemente raccomandato Fortemente raccomandato Fortemente raccomandato segue Numero di Raccomandazione Raccomandazione Grading 5 La valutazione del rischio eseguita con l’uso della scala di valutazione è complementare al giudizio clinico e non deve prevaricarlo La valutazione clinica deve essere condotta in base ad una valutazione complessiva del paziente (età, gravità delle malattie, comorbilità, farmaci, stato psicosociale, superfici, posizione, abbigliamento, comfort del paziente. Fortemente raccomandato 6 Tutti i pazienti portatori di lesioni da pressione vanno valutati al fine di determinare, il rischio individuale di formazione di nuove lesioni. La valutazione deve essere documentata in forma scritta e se possibile iconografica Fortemente raccomandato 7 La valutazione del rischio deve essere fatta da professionisti sanitari formati a riconoscere i fattori di rischio ed i metodi di prevenzione Tutte le valutazioni del rischio devono essere documentate in forma scritta. La scheda di valutazione del rischio deve essere parte integrante della documentazione che segue il paziente. Fortemente raccomandato 8 Tutti gli individui a rischio devono essere sottoposti ad un’ispezione cutanea sistematica e giornaliera con particolare attenzione alle salienze ossee. I risultati dell’ispezione devono essere documentati in forma scritta. La rivalutazione della cute deve essere fatta ad ogni cambiamento della condizione abituale. Fortemente raccomandato 9 I soggetti gravemente malati e a rischio di sviluppare lesioni da pressione devono essere riposizionati fuori dal letto per brevi periodi. Quando è impossibile mantenere la frequenza di un’ora fuori dal letto o quando essa si dimostra incompatibile con gli scopi del trattamento generale occorre ricollocare il paziente nel letto. Quando i pazienti si trovano seduti fuori dal letto anche per brevi periodi, è necessario mantenere gli ausili di prevenzione. Raccomandato 10 Gli individui in grado di ispezionare la loro pelle devono essere addestrati a farlo Un programma di educazione / formazione per caregiver e pazienti deve essere sempre applicato a chi presenta disabilità motorie Fortemente raccomandato Tabella 4 Raccomandazioni da considerarsi ancora aggiornate Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 19 Numero di Raccomandazione Raccomandazione Grading 11 I soggetti allettati, ritenuti a rischio di lesioni da pressione, devono essere riposizionati almeno ogni 2/4 ore, se ciò è compatibile con le condizioni generali del paziente. Ogni soggetto considerato a rischio di sviluppare lesioni da pressione deve essere riposizionato con una frequenza dettata anche dalle condizioni generali e locali del soggetto stesso e dalla superficie adottata. La riabilitazione deve essere attuata in conformità con il programma terapeutico, con le necessità individuali e con le condizioni della cute del soggetto. Ai soggetti individuati a rischio deve essere applicato un piano scritto di riposizionamento Fortemente raccomandato 12 Per i soggetti individuati a rischio, devono essere utilizzati ausili antidecubito atti a ridurre/ ridistribuire le pressioni Gli individui a rischio non devono essere posizionati su materassi standard Fortemente raccomandato 13 Utilizzare una superficie di supporto statica per coloro che possono essere riposizionati purché impedisca di toccare il piano di supporto e/o non diventi una superficie rigida L’utilizzo delle superfici di supporto deve essere sempre accompagnato da un adeguato programma scritto di riposizionamento Raccomandato 15 Nei soggetti allettati prevedere l’utilizzo di specifiche superfici atte a ridurre la pressione sui talloni Fortemente raccomandato 16 Utilizzare un sistema di supporto antidecubito dinamico per i soggetti con una lesione da pressione che non possono modificare la posizione autonomamente Utilizzare un sistema di supporto antidecubito statico per i soggetti con una lesione da pressione che possono modificare autonomamente la postura Raccomandato 17 Utilizzare un sistema di supporto antidecubito per i soggetti con una lesione da pressione Fortemente raccomandato 19 Selezionare un sistema di supporto dinamico, se il paziente ha sviluppato delle lesioni da pressione e non è in grado di assumere posizioni diverse senza caricare il suo peso sulle lesioni stesse Fortemente raccomandato 20 Evitare l’uso di guanti ripieni di acqua ed il vello di pecora Raccomandato 21 Per i soggetti a rischio, in postura seduta usare un cuscino antidecubito conforme alle necessità specifiche del soggetto Raccomandato 20 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 Numero di Raccomandazione Raccomandazione Grading 22 Il riposizionamento del paziente con lesioni da pressione, deve avvenire anche quando gli individui sono su ausili per la ridistribuzione della pressione. Il piano di riposizionamento deve essere scritto. Fortemente raccomandato 23 Una superficie in materiale viscoelastico che riduca la pressione deve essere utilizzato sul tavolo operatorio nel caso l’intervento riguardi soggetti a rischio per lesioni da pressione Raccomandato 24 In nessun caso utilizzare ausili a ciambella. I dispositivi a ciambella sono sconsigliati in quanto causano congestione venosa ed edema, è molto più probabile che siano causa di lesioni, piuttosto che svolgano una azione di prevenzione. Fortemente raccomandato 25 Utilizzare dispositivi come cuscini o schiume per prevenire il contatto diretto fra prominenze ossee (come ginocchia o caviglie). Fortemente raccomandato 26 27 segue Per i soggetti a rischio, in postura seduta usare un cuscino antidecubito conforme alle necessità specifiche del soggetto. Evitare posture immobili per periodi prolungati. Nella scelta del cuscino bisogna tener conto dei fattori di rischio legati al paziente ed all’ambiente. L’ausilio deve essere appositamente prescritto al singolo individuo sulla base della sua sagoma ed anatomia. Utilizzare un piano scritto per l’uso di ausili per il posizionamento. Si deve evitare la posizione seduta nei pazienti che presentano lesioni da pressione in zona ischiatica La pressione dell’interfaccia tra la tuberosità ischiatica ed il sedile della sedia, o simili, è alta e deve essere alleviata frequentemente al fine di evitare il danneggiamento del tessuto molle. È consentita posizione seduta per brevi periodi se necessari per l’alimentazione e/o per motivi psicologici. Fortemente raccomandato Fortemente raccomandato 28 Definire la procedura per verificare l’adeguatezza del supporto alle esigenze del paziente. Raccomandato 29 Verificare se il variare della situazione clinica indica la necessità di sostituire il supporto. Fortemente raccomandato 30 Tutti i pazienti con lesione da pressione, devono essere sottoposti a periodica rivalutazione del rischio utilizzando la scala di Braden. Fortemente raccomandato Tabella 4 Raccomandazioni da considerarsi ancora aggiornate Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 21 Numero di Raccomandazione 31 32 33 segue Raccomandazione Utilizzare un sistema di letto ad aria fluidizzata dopo il trattamento chirurgico delle lesioni da pressione quando la pressione sul lembo chirurgico è inevitabile. Il tempo minimo di impiego della superficie fluidizzata nel post-operatorio è di due settimane. Riportare il paziente nella postura seduta per un tempo progressivamente crescente per prevenire le recidive dell’ulcera nel sito chirurgico.Il paziente deve essere posizionato su una superficie antidecubito adeguata alla tipologia dell’intervento subito Il tempo può variare da 3 settimane a 8 settimane. Utilizzare ed espandere la classificazione UNI EN ISO 9999. La classificazione UNI EN ISO 9999 suddivide gli ausili in Classi, Sottoclassi e Divisioni. Sono previste Classi numeriche nonché sottoclassi e divisioni ad esse associate per istanze nazionali. (CSR) La condivisione di uno stesso sistema di classificazione permette di comparare valutazioni fatte a livello nazionale con quelli internazionali. Grading Fortemente raccomandato Fortemente raccomandato Fortemente raccomandato 34 La capacità di una categoria di dispositivi di compensare un handicap, ridurre un deficit, prevenire una disabilità deve essere valutata da un Apposito Organismo (Commissione Unica) con competenze assistenziali, cliniche e riabilitative. Si indica la necessità di effettuare un controllo dell’idoneità e della conformità del fornibile ai requisiti prescritti, che deve avvenire antecedentemente alla fornitura. La scelta dell’ausilio dovrà essere effettuata esclusivamente nell’ambito della gamma di ausili accreditati. (CSR) Raccomandato 35 È necessaria la definizione di un REPERTORIO DEGLI AUSILI EROGABILI indicando marca, modello e prezzo di listino al pubblico, organizzati per classificazione UNI EN ISO 9999. L’iscrizione in un Repertorio Nazionale di ciascun ausilio erogabile permette di stabilire a priori quali sono gli ausili che il Servizio Sanitario mette a disposizione. Il collaudo potrà così semplicemente attestare che l’ausilio fornito appartiene effettivamente all’elenco degli ausili accreditati con il codice prescritto. Raccomandato 36 Il personale sanitario prescrittore di superfici di supporto, deve aver seguito una formazione specifica ai fini della predisposizione di un corretto programma riabilitativo qualora includa l’uso di sistemi di supporto. Raccomandato Tabella 4 Raccomandazioni da considerarsi ancora aggiornate 22 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 segue Numero di Raccomandazione Raccomandazione Grading 37 Il personale sanitario fornitore di superfici di supporto, deve aver seguito una formazione specifica ai fini di un uso corretto dei sistemi di supporto qualora inseriti nel programma riabilitativo. Raccomandato 38 Il personale sanitario prescrittore e/o fornitore di superfici di supporto, deve aver seguito una formazione specifica ai fini di una corretta informazione al paziente ed a chi lo assiste. La prescrizione degli ausili ai fini di un programma terapeutico deve essere integrata da una esauriente informazione al paziente ed a chi lo assiste oltre che dalla descrizione sulle caratteristiche funzionali e terapeutiche e sulle modalità di utilizzo del dispositivo stesso (DL 332/99). Raccomandato Tabella 4 Raccomandazioni da considerarsi ancora aggiornate Allegato 1 – GLOSSARIO In questa sezione viene presentato il glossario dei termini relativi alla assistenza di pazienti a rischio o con lesione da pressione in correlazione con le superfici di supporto, elaborato dal GdL della Consensus al fine di poter utilizzare un linguaggio comune e per permettere di omogeneizzare procedure e protocolli assistenziali con quanto riportato in letteratura. TERMINI ACUTO AFFONDAMENTO COMPLETO AUSILIO AUSILIO CIRCOLARE A CIAMBELLA BARRIERA ANTIBATTERICA DEFINIZIONE RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO Di malattia, che compie con una certa violenza e De Mauro T – Grande Dizionario Italiano dell’Uso piuttosto rapidamente il suo ciclo – UTET - 1999 Vedi “Toccare il fondo” GdL Consensus Strumento tecnologico che consente di superare Tecnologie per l’autonomia – Linee guida per i forbarriere all’accessibilità, o di compensare certe nitori – Commissione Europea - Fondazione Don limitazioni funzionali ai fini di facilitare o rendere Gnocchi – SIVA 1999 possibili determinate attività della vita quotidiana Bengstrom N, Bennet MA., Carlson CE, et al. TreStrumento di foggia circolare a forma di anello atment of pressure ulcers. Clinical Practice Guidecreato per diminuire la pressione sulla zona line, Number 15. AHCPR Publication No. 95-0652. corporea ove il soggetto si siede Rockville, MD: AHCPR, Public Health Service, US Department of Health and Human Services 1994 Struttura che impedisce il passaggio di microrganismi batterici GdL Consensus Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 23 TERMINI BOTTOM OUT BOTTOMING OUT CAMBIO DI POSTURA COLLOIDALE (SOLUZIONE) COPRIMATERASSO (TELO DI COPERTURA) CRONICO CUSCINO ANTIDECUBITO DENSITÀ DISABILITÀ DURATA D’EFFICACIA DUREZZA DEFINIZIONE RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO Vedi “Toccare il fondo” GdL Consensus Vedi “Verifica del toccare il fondo” GdL Consensus Vedi “Riposizionamento” GdL Consensus Sistema disperso in cui un solido in uno stato di suddivisione più o meno spinto (fase dispersa) si trova in un mezzo disperdente liquido; a seconEnciclopedia Zanichelli 1992 da della concentrazione, le soluzioni colloidali, si distinguono in sol (soluzione colloidale allo stato fluido) e in gel Tessuto di rivestimento di un materasso o sovramaterasso Santy J: Hospital matresses and pressure sore prevention. J. Wound Care 1995;4 (7): 329332 Di malattia o di condizione morbosa a decorso lento e con scarse probabilità di guarigione completa De Mauro T – Grande Dizionario Italiano dell’Uso – UTET - 1999 Variazione di forma che qualsiasi materiale subisce quando viene a Maklebust J, Siwegreen MY - Pressure ulcers trovarsi in stato di sforzo. L’entità della guidelines for prevention and nursing manadeformazione dipende dalla rigidità del gement Springhous Corporation 1996 materiale ed è in genere proporzionale alla forza applicata Rapporto tra una grandezza e l’unità di spazio in cui essa è definita Enciclopedia Zanichelli 1992 Qualsiasi limitazione o perdita, conseguente a menomazione, della capacità di compiere un’attività nel modo o Andrich R – Ausili per l’autonomia – SIVA nell’ampiezza considerati normali per 1988 un essere umano (Termine obsoleto) Periodo di tempo definito durante il quale un prodotto è in grado di conseguire lo scopo per cui è stato progettato Hover AE, Krouskop. Pressure relief characteristic of a new foam overlay: a preliminary performance evaluation. JET Nurs. 1992;19:42-47. Krouskop T, Rijswijk LV. Standardizing performance–based criteria for support surfaces. Ostomy Wound Management 41:1 34-44 1995. Caratteristica dei materiali solidi, valutata in base alla loro resistenza, alla pene- Enciclopedia Zanichelli 1992 trazione, all’abrasione e alla scalfittura 24 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 TERMINI DEFINIZIONE RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO EFFETTO AMACA Effetto creato dalla copertura anelastica di una superficie, annullando in parte l’azione del peso corporeo dovuto alla caratteristica della superficie e provocando una concentrazione della pressione sulle zone ove vi sono prominenze ossee Santy J - Hospital matresses and pressure sore prevention - J. Wound Care 1995;4 (7): 329-332 Capacità di una superficie, quando viene compressa, di ritornare alla sua forma originale Bengstrom N, Bennet MA., Carlson CE, et al. Treatment of pressure ulcers. Clinical Practice Guideline, Number 15. AHCPR Publication No. 95-0652. Rockville, MD: AHCPR, Public Health Service, US Department of Health and Human Services 1994 EFFETTO MEMORIA ELASTICITÀ La proprietà di deformarsi, in misura diversa, sotto l’azione di forze esterne e Enciclopedia Zanichelli 1992 di riprendere la forma e le dimensioni iniziali al cessare di quelle forze ESPANSO Materiale caratterizzato da struttura cellulare e conseguente bassa densità, prevalentemente di origine sintetica ma anche naturale. I materiali espansi vengono classificati in base alle caratteristiche meccaniche della matrice (rigida o flessibile) e al tipo di celle (chiuse o aperte), parametri Enciclopedia Zanichelli 1992 che ne determinano le prestazioni. Espansi rigidi a celle chiuse (poliuretano, polistirene, vetro e argilla espansa) trovano impiego nell’isolamento termico; espansi flessibili a celle aperte (poliuretano, polistirolo) nell’arredamento, nelle imbottiture, nell’imballaggio. FATICA (DINAMICA) Situazione in cui vengono a trovarsi gli elementi strutturali in seguito a sollecitazioni dinamiche cicliche di vario tipo (trazione, flessione, etc..) che ne indeEnciclopedia Zanichelli 1992 boliscono le caratteristiche meccaniche causando la rottura per carichi inferiori a quelli nominali FIBRA CAVA SILICONATA Struttura costituita da fibre in silicone o siliconate che risultano cave De Keyser G. : Compative study of pressure distribution in 19 pressure relieving mattresses – University Hospital Leuven, 1992 FLUIDO Stato di aggregazione della materia ( liquida op aeriforme ) le cui molecole sono dotate di esigua coesione e scorrono più o meno liberamente le une sulle altre, in contrapposizione al solito. Caratteristiche fisiche dei fluidi sono la comprimibilità la densità e la viscosità; se quest’ultima è nulla il fluido è detto perfetto Enciclopedia Zanichelli 1992 FRIZIONE Stedman’s Medical Dictionary 26th EdiResistenza al movimento di due oggettion. Webster’s New World Dictionary of ti o di superfici che si toccano fra loro. the American Language, 2nd Edition Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 25 TERMINI FRIZIONE (COEFFICIENTE DI) GEL GOMMAPIUMA DEFINIZIONE Costante che rappresenta il rapporto tra la forza (F) applicata per muovere una superficie sopra un’altra e la forza perpendicolare totale (W) che fa aderire le due superfici (K=F/W). Esso può essere definito un coefficiente statico, applicabile quando le due superfici non si stanno movendo una contro l’altra, oppure come un coefficiente di scivolamento quando è in atto un movimento tra due superfici. Soluzione colloidale di un solido disperso in un liquido, di concentrazione sufficiente a dare una massa omogenea, gelatinosa, molle e abbastanza elastica, che racchiude il disperdente RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO Handbook of Chemistry and Physics, 39th Edition University physics, Sears and Zemansky Enciclopedia Zanichelli 1992 Varietà di gomma espansa Enciclopedia Zanichelli 1992 HANDICAP Condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o a una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale in relazione all’età, sesso e fattori socio culturali (Termine obsoleto) Andrich R – Ausili per l’autonomia – SIVA 1988 IMBOTTITURA Struttura ammortizzante di materiale soffice, usata per comodità, per protezione o per posizionamento. Random House Websters College Dictionary. IMMERSIONE Parziale sprofondamento di un corpo in un materiale di appoggio Stedman’s Medical Dictionary 26th Edition. IMPERMEABILITÀ AI LIQUIDI Proprietà di non lasciar passare l’acqua o altri fluidi De Mauro T – Grande Dizionario Italiano dell’Uso – UTET - 1999 LATTICE Sostanza liquida e biancastra, prodotta nei canali latticiferi di alcune piante di composizione variabile; è spesso una sospensione di grassi e resine in acqua Enciclopedia Zanichelli 1992 LESIONE DA PRESSIONE (DA DECUBITO) Lesione tessutale con evoluzione necrotica che interessa la cute, il derma e gli strati sottocutanei fino a raggiungere, nei casi più gravi, la muscolatura e le ossa; essa è la conseguenza diretta di una elevata e/o prolungata compressione o di forze di taglio (o stiramento) causanti uno stress meccanico ai tessuti e la strozzatura dei vasi sanguigni 26 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 A.I.S.Le.C. GdL Consensus TERMINI DEFINIZIONE RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO MATERASSO Struttura costituita da materiale soffice usata per sorreggere od ammortizzare il corpo umano posizionato su un letto (telaio) Joseph V. Agostini, MD Dorthory I. Baker, PhM, RNCS Sidney T. Bogardus, Jr., MD Making Health Care Safer: A Critical Analysis if Patient Safety Practices AHRQ Evidence Report/Technology Assessment Number 43 Chapter 27 (p.302) Random House Websters College Dictionary MATERASSO STANDARD Superficie d’appoggio non progettata e realizzata per essere antidecubito GdL Consensus MATERASSO ANTIDECUBITO Superficie d’appoggio antidecubito progettata per sostituire il materasso standard e per essere collocata direttamente sul telaio del letto esistente (Nell’allegato B è possibile reperire le caratteristiche che connotano una superficie dei requisiti per poter essere definita antidecubito) Pieper B. Mechanical Forces: Pressure, Shear and Friction, Chapter 11. In. Bryant, R. (Ed.) Acute and Chronic Wounds Nursing Management 2nd Edition, Mosby, St.Louis -.1997 “Chronic Wound Care: A Clinical Source Book for Healthcare Professional” 3rd Edition. Co-edited by: Diane Krasner, George Rodeheaver, Gary Sibbald Ch.63 p.646. Ch.65 p.664 - 1998 Robin Whittemore, RN, MS Cynthia Bautista, RN, MS Coy Smith, RN, ND, MSN Kathleen Bruttomesso, DNSc, RNCS; Interface pressure meauserements of support surfaces with subjects in the supine and 45-degree Fowler position. Journal of ET Nursing, May/June 1993, (p.112). MENOMAZIONE Qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica (Termine obsoleto) Andrich R – Ausili per l’autonomia – SIVA 1988 Bengstrom N, Bennet MA., Carlson CE, et al. Tre- MICROSFERE Piccole particelle di materiale (per atment of pressure ulcers. Clinical Practice Guideesempio sabbia) allo scopo di produrre line, Number 15. AHCPR Publication No. 95-0652. un mezzo di sostegno con caratteristiRockville, MD: AHCPR, Public Health Service, US che simile a quelle di un liquido Department of Health and Human Services 1994 MOBILIZZAZIONE Termine erroneamente utilizzato come sinonimo di riposizionamento GdL Consensus ORTESI Apparecchiature che aumentano, migliorano o controllano la funzionalità di parti del corpo presenti ma compromesse, recuperandole alla normale funzionalità Andrich R – Ausili per l’autonomia – SIVA 1988 PERMEABILITÀ (AI VAPORI) Proprietà di lasciarsi penetrare o attraversare dall’acqua allo stato aeriforme De Mauro T – Grande Dizionario Italiano dell’Uso – UTET - 1999 Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 27 TERMINI PERMEABILITÀ (ALL’ARIA) POLIURETANO DEFINIZIONE Proprietà di lasciarsi penetrare o attraversare da un corpo aeriforme RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO De Mauro T – Grande Dizionario Italiano dell’Uso – UTET - 1999 Polimero ottenuto dalla poliaddizione di più molecole di un diisocianato con un alcol polifunzionale; di particolare importanza è il poliuretano espanso: Enciclopedia Zanichelli 1992 materiale a struttura cellulare usato per imballaggi come isolante termico e nelle imbottiture POROSITÀ Proprietà dei corpi che presenta, nella loro struttura, piccoli spazi vuoti, generalmente associata alla permeabilità Enciclopedia Zanichelli 1992 PRESSIONE Forza per unità d’area esercitata perpendicolarmente ad una superficie (F/S) Stedman’s Medical Dictionary 26th Edition. Handbook of Chemistry and Physics, 39 Edition University Physics, Sears and Zemansky PRESSIONE D’INTERFACCIA Bergstrom N, Allman RM, Carlson CE. Et al. Pressure Ulcers in Adults : Prediction and Prevention. Clinical Practice Guideline, Number 3. AHCPR Publication No. 92-0047. Rockville, MD: AHCPR, Public Health Service, US Department of Health and Human Services (1992) (p.55). Burman, PS (1993). Using pressure measurements to evaluate different technologies. Decubitus 6:3 38-42. Chronic Wound Care, 3rd edition (eds.) Krasner, D., Rodeheaver, GT & Sibbald, RG (2001) p.677. Misura della forza meccanica perpendi- Acute in Wound Care (ed) Bryant, RA, (1992) p.127. colare (o verticale) per unità d’area, nel Barnett, RI & Shelton, FE (1997). Measurement of punto di contatto tra il corpo umano e support surface efficacy: pressure. Advances in Wound Care 10;7 21-9. la superficie di appoggio. Allen V, ryan DW & Murray A. (1993). Potential for bed sores due to high pressures; influence of body sites, body position and mattress design. British Journal of Clinical Practice 47:4 195-197. Allen V, Ryan DW, Lomax N & Murray A. (1993). Accuracy of interface pressure measurements systems. Journal of Biomedical Engineering 15 344-348. Fontaine R, Risley S & Castellino R. (1998). A quantitative analysis of pressure and shear in the effectiveness of support surfaces. Journal of WOCN 25:5 233-239. PRESSIONE DI OCCLUSIONE CAPILLARE (POC) Pressione applicata al letto capillare che è sufficiente per collassarlo, viene comunemente accettato un valore tra 25-32 mm Hg nell’adulto sano. (definizione obsoleta) Burmann PMS Measuring pressure J Wound Care 1994 PROTESI Apparecchiature applicate al corpo umano che sostituiscono totalmente o parzialmente parti del corpo mancanti, recuperando le funzionalità che esse normalmente avrebbero Andrich R – Ausili per l’autonomia – SIVA 1988 28 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 TERMINI PULSOTERAPIA RESILIENZA RIDISTRIBUZIONE DELLA PRESSIONE RIDUZIONE DELLA PRESSIONE (o PRESSURE REDUCTION) DEFINIZIONE Sistema che permette il gonfiaggio e lo sgonfiaggio degli elementi di una superficie secondo un’azione di massaggio programmata per intervenire specificatamente su edemi e stasi venosa Resistenza dei materiali ad azioni dinamiche, inverso della fragilità: equivale al lavoro assorbito per rompere con un urto il materiale in esame Distribuzione del carico del paziente attraverso la differente gestione dei punti d’appoggio che può avvenire con il loro aumentato numero e/o la loro alternanza Ridistribuzione della pressione d’interfaccia su un’area la più estesa possibile. RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO Gunther RA, Brofeldt TM – Incresead lymphatic flow: effect of a pulsatine air suspension bed system. Wounds 1996 Enciclopedia Zanichelli 1992 GdL Consensus Rithalia S. Evaluation of support surfaces using human subjects : principle, practice and limitations Bengstrom N, Bennet MA., Carlson CE, et al. Tre- RIPOSIZIONAMENTO Ogni cambiamento della posizione del atment of pressure ulcers. Clinical Practice Guidecorpo che allevia la pressione dei tessu- line, Number 15. AHCPR Publication No. 95-0652. ti che sovrastano le prominenze ossee Rockville, MD: AHCPR, Public Health Service, US Department of Health and Human Services 1994 SCARICO DELLA PRESSIONE (o PRESSURE RELIEF) Eliminazione della pressione d’interfaccia di parti del corpo per un significativo periodo di tempo Rithalia S. Evaluation of support surfaces using human subjects : principle, practice and limitations SCHIUMA Vedi “Poliuretano” GdL Consensus SISTEMA Insieme di corpi o elementi considerati in modo cumulativo o in base alle loro caratteristiche GdL Consensus Sistema che utilizza un elevato flusso di aria per mantenere una superficie in una situazione fluida simile a quella di un liquido (1,5 volte la densità dell’acqua) Hess CT. – Guida clinica alla cura delle lesioni cutanee – Masson 1999 Bengstrom N, Bennet MA., Carlson CE, et al. Treatment of pressure ulcers. Clinical Practice Guideline, Number 15. AHCPR Publication No. 95-0652. Rockville, MD: AHCPR, Public Health Service, US Department of Health and Human Services 1994 Holzapfel Kennedy S., Lyons NY. – Support surfaces and their use in the prevention and treatment of pressure ulcers, J ET Nurs 1993; 20:251-260 SISTEMA DI LETTO AD ARIA FLUIDIZZATA Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 29 TERMINI DEFINIZIONE RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO SISTEMA DI LETTO CON SUPERFICIE DI SUPPORTO A TERAPIA ROTAZIONALE LATERALE Sistema che utilizza automaticamente il posizionamento laterale del paziente per intervenire contro complicanze broncopolmonari. La rotazione deve essere almeno di 40° da ogni lato De Boisblanc BP, Bennet et al. – Effect of air supported, continuos, postural oscillation on risk of early ICU Non traumatic Illness – Chest 1993 SISTEMA DI LETTO INTEGRATO Sistema composto da un telaio letto, una superficie di appoggio e un supporto elettrico Pieper B. Mechanical Forces: Pressure, Shear and Friction, Chapter 11. In. Bryant, R. (Ed.) Acute and Chronic Wounds Nursing Management 2nd Edition, Mosby, St.Louis. - 1997 SOLIDO Stato di aggregazione della materia caratterizzato da comprimibilità nulla ed elevate forze di coesione intramolecolari, tali da poter pensare alla posizione Enciclopedia Zanichelli 1992 di ogni molecola come mediamente fissata all’interno del corpo; per tale motivo i solidi hanno forma e volume proprio. SOVRAMATERASSO Pieper B. Mechanical Forces: Pressure, Shear and Friction, Chapter 11. In. Bryant, R. (Ed.) Acute and Chronic Wounds Nursing Management 2nd Edition, Mosby, St.Louis. Superficie di appoggio progettata per essere colwww.kcil.com/glossary/index.2002 locata direttamente sopra un materasso esistente “Chronic Wound Care: A Clinical Source Book for Healthcare Professional” 3rd Edition. Co-edited by: Diane Krasner, George Rodeheaver, Gary Sibbald Ch.63 p.646. Ch.65 p.664 STRUTTURA Complesso degli elementi costitutivi De Mauro T – Grande dizionario italiano dell’uso – di un insieme considerato in relazione UTET - 1999 alla loro organizzazione e distribuzione SUPERFICIE DI SUPPORTO Pieper B. Mechanical Forces: Pressure, Shear and Friction, Chapter 11. In. Bryant, R. (Ed.) Acute and Chronic Wounds Nursing Management 2nd Edition, Mosby, St.Louis. Sharp-Pucci M (1998). “Special Report: Pressure-reducing support surfaces in the prevention and treatment of pressure ulcers: Group I Technologies” Blue Cross/ Sono materassi, materassi antidecubito, Blue Shield Association. MDA 906-95sovramaterassi o cuscini da seduta pro- D0014; 1-45. gettati per gestire i carichi del tessuto Sharp-Pucci M (1998). “Special Report: cutaneo, il microclima e/o per svolgere Pressure-reducing support surfaces in funzioni terapeutiche. the prevention and treatment of pressure ulcers: Group II. Blue Cross/Blue Shield Association. MDS 906-95-D0014; 1-63. Sharp-Pucci M (1998). “Special Report: Pressure-reducing support surfaces in the prevention and treatment of pressure ulcers: Group III Technologies and continuous rotational devices”. Blue Cross/ Blue Shied Association. 30 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 TERMINI SUPERFICIE DI SUPPORTO A BASSA CESSIONE D’ARIA DEFINIZIONE RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO Superficie di supporto che fornisce un continuo flusso di aria tramite una potente turbina che mantiene l’insufflazione d’aria negli elementi, che RCN 2003 costituiscono la superficie, al più basso livello possibile nonostante la continua perdita d’aria. SUPERFICIE DI SUPPORTO A Superficie di supporto che si modella attorno alla forma del paziente per RCN 2003 BASSA PRESSIONE distribuire il suo peso su un’area estesa. COSTANTE SUPERFICIE DI SUPPORTO A PRESSIONE ALTERNATA Superficie di supporto di tipo attivo che fornisce cambiamenti ciclici (durata, frequenza, intensità) della pressione d’interfaccia NPUAP ¬- Terms and definitions group, 2003 Clinical practice guidelines for prediction and prevention of pressure ulcers, 2001 ? SUPERFICIE DI SUPPORTO AD ACQUA Superficie di supporto che riesce a ridurre la forza della pressione grazie all’azione fluttuante dell’acqua Hess CT. – Guida clinica alla cura delle lesioni cutanee – Masson 1999 Holzapfel Kennedy S., Lyons NY. – Support surfaces and their use in the prevention and treatment of pressure ulcers, J ET Nurs 1993; 20:251-260 SUPERFICIE DI SUPPORTO DINAMICO (o ATTIVO) Superficie di supporto, alimentata elettricamente, in grado di variare da sola NPUAP ¬- Terms and definitions group, 2003 le proprietà di distribuzione del carico, indipendentemente dalle forze esterne SUPERFICIE DI SUPPORTO STATICO (o PASSIVO) Superficie di supporto, non alimentata elettricamente, in grado di variare da sola le proprietà di distribuzione del carico in risposta alle forze esterne NPUAP ¬- Terms and definitions group, 2003 TAGLIO (FORZA DI) Forza che fa scivolare l’una contro l’altra due parti, superfici o strati a contatto tra loro. Webster’s New World Dictionary of the American Language, 2nd Edition TAGLIO (TENSIONE DI) Deformazione di un corpo per effetto di due forze opposte parallele. L’effetto degli strati del tessuto che scivolano l’uno contro l’altro. Webster’s New World Dictionary of the American Language, 2nd Edition TOCCARE IL FONDO Quando la superficie corporea tocca il piano d’appoggio della superficie di supporto. GdL Consensus VERIFICA DEL TOCCARE IL FONDO Taler G, Barman R, Breeding C, et al. Pressure Ulcers Clinical Practice Guideline. Columbia, MD: american Medical Directors Association, 1996 Pressure Ulcers: Guidelines for Prevention and Nursing Management” 2nd Edition by: JoAnn MakleValutazione manuale dell’impatto di un aumen- bust & Mary Sieggreen Ch 6 p.84-85 to di carico su una superficie di supporto a livello “Understanding Support Surfaces” 1999. SenTech Medical Systems di una prominenza ossea Wheelchair Cushion Terminology JAY, R (1995). Pressure and shear: their effects on support surface choice. Ostomy Wound Management 41:8 36-48 GdL Consensus Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 31 TERMINI VISCOSITÀ DEFINIZIONE RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO Grandezza fisica che individua il comportamento di una sostanza (spec. un fluido) rispetto a forze applicate, in particolare come attrito interno che si Enciclopedia Zanichelli 1992 oppone all’omogeneità del flusso, di fondamentale rilevanza in tutti i problemi di lubrificazione Allegato B – CARATTERISTICHE DI UNA SUPERFICIE ANTIDECUBITO CARATTERISTICHE GENERALI Per la scelta delle superfici di supporto sarebbe utile considerare i seguenti criteri generali indicati nelle Linee Guida Australiane: • durevolezza; • comodità del paziente; • altezza complessiva del materasso antidecubito: 14-16 cm • possibilità di adattarsi alle prominenze ossee senza nessuna resistenza; • permettere l’immersione del paziente senza che questi tocchi la base del letto; • rivestimento impermeabile ai liquidi, antibatterico, ma nello stesso tempo con proprietà che riducano la frizione, il taglio, l’umidità e la temperatura; • proprietà ignifughe; • temperatura dell’interfaccia controllata; • peso massimo che la superficie può tollerare; • accesso al paziente e facilità di posizionamento; • facilità di posizionamento dal letto alla sedia o dal letto alla lettiga; • facilità di trasporto; • capacità di rendere stabile la superficie in casi di emergenza e per attuare altre procedure; • necessità di molteplici elementi: es. compressore, fonte energetica, tubazione ecc.; • pulizia e manutenzione; • adeguatezza all’ambiente clinico; • dimensioni e peso dell’ausilio; • disponibilità; • costo di acquisto e noleggio. 32 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 Caratteristiche desiderabili di un buon tessuto di rivestimento (cover): • Proprietà di elasticità a due strati, bilanciata per l’uso finale in modo da non modificare le proprietà del sistema di supporto che ricopre • Resistenza ai danni da abrasione • Impermeabilità al BS5455 per la durata del rivestimento • Resistenza al fuoco secondo gli standard richiesti • Adeguato grado di permeabilità, in base alle applicazioni • Resistenza agli attacchi microbiologici • Facilità di sanificazione • Buon rapporto prezzo/qualità Resistenza al fuoco: esiste una classificazione del grado di resistenza ad una fonte di accensione che si articola in tre livelli. Accensione = 0 (pari ad una sigaretta accesa). Accensione = 1 (pari ad un cerino acceso). Accensione = 5 (test del telaio che brucia). L’infiammabilità può essere condizionata dal materiale di rivestimento. Dovendo far corrispondere le condizioni cliniche del paziente con i benefici terapeutici della superficie d’appoggio e dovendo verificare se queste superfici siano coperte o meno dall’assicurazione del paziente, si raccomanda di prendere in considerazione i nove criteri elencati qui di seguito pensati per uniformare la scelta dei prodotti e valutare la funzione delle superfici di appoggio: • L’aspettativa di durata della superficie; • Il controllo dell’umidità cutanea; • Il controlllo della temperatura cutanea; • • • • • • La distribuzione della pressione; I requisiti dei prodotti e dei servizi; L’affidabilità del prodotto; L’infezione; L’infiammabilità; La frizione del paziente/prodotto. I cuscini vanno sempre abbinati ad una posizione seduta stabile Controllare e mantenere registrati tutti i cuscini per sedie a rotelle ad intervalli regolari CARATTERISTICHE SPECIFICHE CATEGORIA: I CUSCINI REQUISITI INDISPENSABILI • Ridurre la pressione in eccesso sopra le sporgenze ossee • Permettere l’immersione del corpo • Evitare l’effetto del “bottom out” • Assicurare la stabilità del paziente, prevenire le sollecitazioni, evitare l’effetto di schiacciamento anche per i pazienti obesi, diminuire la spasticità ove presente, diminuire il dolore ed aumentare il comfort, favorire il recupero della mobilità e di gesti utili • Assorbire le forze di taglio e di frizione • Permettere la ridistribuzione della pressione • Assicurare un corretto allineamento posturale e prevenire le deformità CARATTERISTICHE DESIDERABILI DI UN BUON TESSUTO DI RIVESTIMENTO: • Proprietà di elasticità a due strati, bilanciata per l’uso finale in modo da non modificare le proprietà del sistema di supporto che ricopre • Resistenza ai danni da abrasione • Impermeabilità al BS5455 per la durata del rivestimento • Resistenza al fuoco secondo gli standard richiesti • Adeguato grado di permeabilità, in base alle applicazioni • Resistenza agli attacchi microbiologici • Buon rapporto prezzo/qualità TIPOLOGIE: • Cuscini in gel, viscoelastico o fluido acquoso. • Cuscini in schiuma: monoblocco a comparti o • • • • • con manovra di forma. Cuscini ad aria: pregonfiati, gonfiati a seconda del peso del paziente, a pressione alternata. Cuscini ad acqua. Cuscini misti: gel-schiuma, schiuma-acqua. Cuscini da posizione CATEGORIA: SUPERFICI A CESSIONE D’ARIA TIPOLOGIA - BASSA CESSIONE CARATTERISTICHE Superficie di supporto che fornisce un continuo flusso di aria tramite una potente turbina che mantiene l’insufflazione d’aria negli elementi, che costituiscono la superficie, al più basso livello possibile nonostante la continua perdita d’aria: • riduzione della pressione di interfaccia (peso del paziente/area della superficie supportata – unità di misura: mmHg) • capacità minima di cessione d’aria: 100 litri d’aria al minuto • capacità minima di dispersione di umidità: 200 g per m2 nelle 24 ore (MVTR: tasso di trasporto di permeabilità al vapor acqueo) LIMITAZIONI D’USO • aumento o diminuzione della temperatura in relazione all’aria ambientale (dove è localizzato il dispositivo) • rumore della pompa • uso dell’elettricità per il funzionamento • pazienti con grave obesità • scarsa efficacia con inclinazione (della testata) del letto TIPOLOGIA – SUPERFICI ALTA CESSIONE D’ARIA CARATTERISTICHE • riduzione della pressione di interfaccia (peso del paziente/area della superficie supportata – unità di misura: mmHg) • elevata cessione d’aria per muovere le microsfere • possibilità di riscaldamento dell’aria LIMITAZIONI D’USO • aumento della temperatura prodotta dal dispositivo Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 33 • rumore della pompa • consumo dell’elettricità per il funzionamento • elevato peso e grandi dimensioni del dispositivo • non trasportabilità • difficoltà per il nursing pazienti con grave obesità • possibile disidratazione del paziente SUPERFICI A PRESSIONE ALTERNATA CARATTERISTICHE I sistemi ad aria alternata vengono detti a grandi celle, quando il loro diametro è superiore a 10 cm. Sono detti a piccole celle, quando il loro diametro è inferiore a 5 cm. (Large cells = cells di 102 mm di diametro circa. Small cells = cells di 51 mm di diametro circa). Supporti a Pressione Alternata (PA), materassi o sovramaterassi composti di uno o due strati di celle a sezioni parallele di aria che si gonfiano e sgonfiano alternativamente, modificando così le superfici di appoggio comprimendo zone diverse di cute. I materassi a pressione alternata sono formati da una serie di celle collegate a gruppi ad una pompa azionata elettricamente. Durante un ciclo, gruppi diversi di celle vengono gonfiate e sgonfiate in sequenza al fine di attenuare la pressione in una determinata area. Da considerare: • funzionamento del sistema di pompaggio; • presenza di un sistema di feed back; • misura del diametro delle celle; • numero di scomparti; • numero di strati delle celle; • fodera del materasso; • idrorepellenza; • ignifugicità; • facilità di lavaggio. SVANTAGGI • consumo di energia elettrica che costituisce una ulteriore spesa, • rumorosità del motore, • uso limitato dei prodotti a batteria in caso di black out elettrico, • quote di affitto giornaliero (Leasing) che gravano sul costo globale, • impossibilità di adattarsi, in alcuni casi, ai pazienti molto obesi, • non disponibilità di dimensioni più grandi di 34 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 • • • • quelle standard, necessità di trovare una sistemazione per i materassi non in uso, aumento dell’umidità (in alcuni casi) aumento dell’accumulo del calore (in alcuni casi) I rivestimenti poco elastici tendono a produrre elevati stress di interfaccia (hammocking) LIMITAZIONI D’USO • parti meccaniche: rumorosità, tubi, intolleranza da parte dei pazienti, • pressione intermittente troppo elevata, • possibilità di ritenzione di umidità, • costi di manutenzione, • presenza di filtri che impediscono la trasmissione di batteri e spore ma non di virus, • problemi di mantenimento della funzionalità in caso di black out elettrico, • impossibilità di adattarsi in caso di pazienti molto obesi, • sconsigliate nei soggetti con fratture mobili, • i dispositivi antidecubito si deteriorano o si possono rompere, si devono controllare, mantenere in buono stato, e si deve insegnare al personale ad utilizzarli in maniera ottimale LE SUPERFICI STATICHE All’interno di questo gruppo di superfici antidecubito di tipo statico comprendiamo sia materassi che i sovramaterassi Non devono causare alcuna forza di taglio, per principio il materasso statico deve accompagnare il cambio del paziente allettato, (vale per tutte le tipologie di statici, ad aria, schiuma, fibra, gel….). INDICAZIONI: • paziente a basso-medio rischio di lesione da decubito • prevenzione delle lesioni da decubito se combinata all’alternanza di postura del paziente • paziente che può cambiare posizione senza pesare su un ulcera da pressione e senza toccare il fondo (without bottoming out) • paziente con lesioni da decubito di I e II grado, paziente con mobilità conservata, il paziente non deve toccare il fondo del dispositivo (no bottom out) CARATTERISTICHE SUPERFICI IN SCHIUMA Vantaggi • ridistribuzione delle pressioni di interfaccia aumentando le superfici di contatto • riduzione delle pressioni d’interfaccia • non consumano energia • minima necessità di manutenzione INDICAZIONI: • Tutte le persone valutate a rischio di ulcere da pressione devono, come minimo provvedimento, essere posizionate su un materasso in schiuma ad alta specificità con proprietà di riduzione della pressione. • Se il paziente rimane a rischio di sviluppare altre lesioni da decubito dovrebbe essere usato un materasso in schiuma ad alta specificità invece di un materasso standard ospedaliero per prevenire le ulcere da pressione in soggetto da moderato ad alto rischio. • La schiuma ad alta specificità è stata efficace nella diminuzione di incidenza delle ulcere da pressione in soggetti ad alto rischio inclusi soggetti anziani e con frattura del collo del femore. • Tutti gli individui che vengono sottoposti ad interventi di chirurgia e valutati di essere vulnerabili alle ulcere da pressioni dovrebbero essere posizionati o su un materasso di schiuma antidecubito su altra superficie antidecubito. • Le schiuma alternative al posto di materasso di schiuma standard ospedaliero possono ridurre l’incidenza delle ulcere da pressione nei soggetti a rischio. • I materassi in schiuma ad alta specificità con proprietà di ridistribuzione della pressione hanno un buon rapporto di costo-efficacia nelle persone a rischio di sviluppare lesioni da decubito. Svantaggi • possono causare forze di taglio • aumentano umidità e calore • poco controllo della traspirabilità rispetto alle condizioni cliniche del paziente LIMITAZIONI D’USO • Usura variabile del materiale • Scarsamente efficaci nella prevenzione delle lesioni dei talloni PRINCIPALI TIPOLOGIE DI AUSILI STATICI • Materassi di schiuma standard • Sovra e materassi in schiuma (sostitutiva dei materassi standard) • Sovra e materassi in gel • Sovra e materassi in fluido • Sovra e materassi di fibra • Sovra e materassi ad aria Dati i prezzi relativamente bassi dei materassi statici e la loro durata può essere interessante prevederne l’acquisto per tutti i pazienti, ciò contribuirà a ridurre il rischio di lesioni da decubito in pazienti in grado di variare posizione seppur in modo limitato o su indicazione dell’infermiere. Vantaggi • Riduzione utilizzo di sovramaterassi e di letti più esosi • Discreta efficacia nella prevenzione delle lesioni da pressione • Rapporto costo efficacia nel tempo Svantaggi • costi iniziali • vita del prodotto incerta • incapacità di utilizzare letti speciali quando richiesti DEFINIZIONE E MATERIALE: • dispositivi in poliuretano, costituito da una struttura a nido d’ape formata da supporto di polimeri ed aria • prodotti realizzati in schiumati di polimeri diversi morbidi ed elastici • sono usati dispositivi polimeri sintetici per lo più in poliuretano • poliuretani: polimeri ad alto peso molecolare costituiti dai polioli e gli isiocianati che mescolati tra di loro reagiscono producendo un polimero (24). Il poliuretano è costituito da molecole molto lunghe. Intersecate come una palla di spaghetti. Le molecole hanno legami morbidi o rigidi: sono quindi molto variabili, vanno dai fluidi viscosi, a gomma morbida, a sostanza dura Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 35 • Le prestazioni della schiuma sono determinate da tre proprietà: comfort, capacità di supporto e durata. La schiuma non è rumorosa, non si sbriciola, è compatta, non ha odori residui, non aggrava le comuni allergie, e le sue cellule a struttura aperta permettono sia al materiale di “respirare” che la circolazione dell’aria durante l’uso. Il poliuretano può essere prodotto usando diversi additivi chimici e processi meccanici che ne determinano la diversità delle caratteristiche di supporto, durata, resistenza, morbidezza, densità • La schiuma viscoelastica è un tipo di schiuma poliuretanica flessibile a cellule aperte; si distingue per le proprietà che permettono una maggiore distribuzione di pressione e un ritorno lento alla sua forma dopo la compressione definita anche a schiuma “a memoria lenta”, alcune tipologie sono sensibili alla temperatura corporea. • Il comfort della superficie e la distribuzione di pressione sono strettamente connesse alla capacità della schiuma di conformarsi alla sagoma del corpo • La schiuma a memoria lenta è generalmente migliore per la distribuzione del peso rispetto ad una con memoria veloce. Questa caratteristica è indipendente dalla densità • Si ha una diminuzione del 20 o 30% a seconda delle diverse posizioni del corpo in soggetti posti sopra materassi in poliuretano viscoelastico • Lo stato attuale delle ricerche non permette di consigliare l’acquisto di un particolare tipo di materasso di schiuma a riduzione di pressione Densità: è la quantità di materia prima presente in un metro cubo di prodotto, ossia il rapporto tra il peso di tale materiale e il suo volume espresso in m3/kg; la densità non è l’espressione del peso. E’ una caratteristica chiave delle prestazioni della schiuma poliuretanica. Le schiume ad alta densità generalmente mantengono più a lungo le loro proprietà di prestazione e perciò possono offrire una durata di utilizzo maggiore. CARATTERISTICHE • Le superfici in schiuma possono essere: in schiuma ad alta specificità, in schiuma viscoelastica, di profilo e sagomatura varia (bugnata, a tronchi di piramide, liscia), di densità omogenea o differenziata per strati e/o per zone cor- 36 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 • • • • • • • • • • • • • • poree, a sezioni o lastra unica, composite, cioè con inserti di altro materiale asportabili (es. celle d’aria) tra i materassi in espanso, quelli in espansi compositi, con densità diverse per la zona occipitale, sacrale e calcaneare hanno dato buoni risultati sulla capacità di distribuzione di contatto altezza minima: da 10 cm per il sovramaterasso standard inglese: 5 inches (12,5 cm) i sovramaterassi sono solitamente dai 7,5 ai 10 cm (3-4 inches) Il materasso in schiuma alto 5 cm non riduce significativamente la pressione sopra i trocanteri vengono di norma rivestiti con una fodera che ne diventa parte integrante e contribuisce in modo significativo a determinare il livello di efficacia preventiva provvisti di una copertura rimovibile, impermeabile, ai liquidi, permeabili ai vapori e multielastica (bielastica) (permette al prodotto di essere lavato con acqua e sapone) La schiuma di poliuretano puro di densità di 2 pcf (32 kg/m3), o più alta ha dimostrato di ottenere migliori risultati, a queste densità la perdita di spessore della schiuma raggiunge meno del 5% oggi sono disponibili non solo superfici di poliuretano convenzionale ma anche schiume con formulazioni che hanno elevate performance. Queste tendono a dare un maggior supporto, una maggiore resilienza e una maggiore resistenza all’uso mantenendo le caratteristiche di morbidezza durante l’uso. La schiuma ad alta resilienza (HR Foam) è l’elemento meglio conosciuto per definire la schiuma ad alta performance alta resilienza HRII deve possedere una densità minima di 40 kg/m3 dopo la trasformazione in schiuma, i poliuretani vengono tagliati in modo diverso per spessore e grandezza non è possibile tagliare la gomma naturale, questa viene colata in stampi singoli e, visto il processo di fabbricazione, è molto più costosa è stato osservato che la densità, la durezza e l’altezza (thickness) dei sovramaterassi in schiuma hanno una stretta correlazione con la pressione di interfaccia dei tessuti. Quindi è raccomandato che il sovramaterasso sia di 10 cm, che possieda una densità di 1,3 pcf (circa 21 kg/m3) e una indice di flessione al carico di 30 pounds (13,6 kg al 25%) Durante il dibattito della consensus è stato suggerito che i materassi in schiuma ad alta specificità hanno un rapporto di costo-efficacia comparati al materasso standard ospedaliero per tutti i pazienti a rischio di sviluppare lesioni da decubito. ….. C’è stata molta discussione sul fatto che dovrebbero essere estesi a tutti i pazienti indipendentemente dal rischio perché molti pazienti non sono routinariamente valutati per il rischio di sviluppare lesioni da decubito, perché è difficile realmente identificare e predire chi è a rischio. Questo sebbene ci sia un’opinione molto forte e la consapevolezza relativamente al fatto che ci sono persone che sono categoricamente non a rischio di sviluppare lesioni da pressione (es. donne ricoverate per il parto), se non in caso di perdita di sensibilità dovuta all’analgesia peridurale. VANTAGGI • aumento dell’area di supporto • Riduzione delle pressioni • Basso costo • Basso peso, leggero • L’utilizzo del materasso viscoelastico combinato con cambi di posizione del paziente ad intervalli di 4 ore è una soluzione migliore per ridurre il rischio di lesioni da compressione rispetto allo stesso metodo con intervalli di 6 ore che no incide nella prevenzione delle lesioni • Le schiume flessibili, hanno molti vantaggi: sono molto leggere, costano poco e sono facilmente tagliabili con un coltello (un materasso in ospedale può essere girato da una sola persona) • Facilità d’uso • Manutenzione minima • Resistenza a forature • Costo contenuto (potrebbe sostituire il materasso standard) • Comfort SVANTAGGI • Necessità di riduzione di forza di taglio e stiramento: valutare la qualità della fodera • Richiedono una copertura di protezione oltre che per evitare forze di taglio e stiramento • Hanno una durata limitata perché diventano sempre più molli a parità di carico, in quanto aumenta sempre di più la deformazione • Aumenta la temperatura corporea • limitato uso nel tempo (inteso nel senso di perdita di efficacia proprietà antidecubito) • Altro limite delle schiume è il rischio di combustione; ce sono altamente infiammabili, quindi, specificare nella richiesta che il prodotto sia ignifugo • Le schiuma hanno una bassissima conducibilità termica: appena ci si siede, aumentano la T° e la sudorazione con un conseguente aumento del fabbisogno metabolico • Nei cuscini per carrozzelle bisogna sempre rinforzare la base • Le gomme naturali con il tempo fanno il contrario: invece di diventare molli, diventano dure poi si spaccano • Assorbimento liquidi se senza adeguata fodera • Facilità alla contaminazione se senza adeguata fodera • infiammabile e rilascia fumi tossici mentre brucia, necessità di richiedere caratteristica di non infiammabilità • trattiene la sudorazione, facilita macerazione (se senza adeguata fodera) • Difficoltà di sanificazione (se utilizzato senza fodera) • non riduce le forze di taglio • non ha una riduzione di accumulo di calore SUPERFICI AD ARIA CARATTERISTICHE • Presenza di pompa meccanica manuale o elettrica per il gonfiaggio • Necessità di verificare il livello di pressione attraverso regolari controlli e adattati al peso corporeo. • Il livello della pressione interna spesso è determinato dall’operatore sulla base dell’affondamento del corpo sulla superficie INDICAZIONI • per pazienti con basso rischio • valgono le stesse indicazioni elencate per tutti i materassi statici VANTAGGI • possibilità di riparazione • economici • leggeri e trasportabili • facili da pulire Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 37 • • • • documentata efficacia versatilità (versatility) non richiedono molta manutenzione questo sistema è probabilmente maggiormente utilizzabile nell’assistenza a lungo termine SVANTAGGI • Possibilità di foratura • Difficoltà a mantenere il gonfiaggio stabilito nel tempo • Se poco o troppo gonfiati possono aumentare le pressioni di appoggio • Rischio di macerazione • Quantità d’aria interna persa durante l’uso • Difficoltà di installazione (Patching difficult) SUPERFICI AD ACQUA INDICAZIONI • i materassi ad acqua non sono da consigliare nella prevenzione delle lesioni da decubito anche a causa degli svantaggi che ne derivano dall’uso VANTAGGI: • riducono la pressione • temperatura fresca sulla cute del paziente • facilità di pulizia • economici • possibilità di riparazione SVANTAGGI • difficile posizionare il paziente in decubito laterale a 30° • il cambio di posizione sia spontaneo che con aiuto richiede uno sforzo importante portando al conseguente aumento del periodo di immobilizzazione • Poco comfort per il paziente: instabilità • temperatura dell’acqua non controllabile • effetto di raffreddamento • ad alcuni pazienti non piace il senso di galleggiamento/mal di mare e possono avere pertanto evidenti segni di cinetos • Possibilità di foratura • Peso eccessivo • Impossibilità di sollevare la testata • Non eseguibile CPR • Difficile da gestire • L’eccessivo o lo scarso riempimento di acqua delle camere riduce l’efficacia 38 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 • Richiesto tempo ed esperienza per l’installazione • Ci può essere l’effetto del buttom out alle natiche SUPERFICI IN GEL CARATTERISTICHE • sono sottoforma di sovramaterassi di diversa viscosità e possono contenere una schiuma e un gel liquido che fluttua da una cella all’altra • Il fluido si conforma alla sagoma del corpo riducendo in modo consistente le forze di taglio e stiramento creando una ridistribuzione/sollievo della pressione • Materassi in gel ed acqua non sono efficaci VANTAGGI • Frequentemente usato in sala operatoria per proteggere testa, talloni e anche • Facili da pulire • Durata SVANTAGGI • Peso notevole • Ridotto controllo dell’umidità/ macerazione • Distribuzione anomala del gel • Costo • Insufficienza di flusso d’aria SUPERFICI IN FIBRA CAVA CARATTERISTICHE • Le performances di un materasso in fibra cava siliconata, a cilindri intercambiabili, con fodera in cotone e contenente 6 Kg di fibra sono risultate tra le migliori • Elementi qualitativi essenziali: fibra realmente “cava”, diametro della fibra espressa in denari, siliconatura della fibra (che permette lo scorrimento le une sulle altre) VANTAGGI • Riduzione delle forze di taglio e di frizione • Comfort • Riduzione di accumulo di umidità • Mantenimento temperatura uniforme attorno alla cute del paziente • Adatti per pazienti cronici a domicilio o in strutture residenziali • Buone qualità di ridistribuzione delle pressioni SVANTAGGI • Usura del silicone che riveste la fibra ad alte temperature durante la sanificazione • Nessuna significativa differenza con i materassi d’ospedali standard • Deve essere utilizzata una fodera di protezione quando utilizzato con pazienti incontinenti • La siliconatura non consente la ignifugicità • Difficoltà di stoccaggio 9. 10. 11. 12. 13. COPERTURE/FODERE/COVER CARATTERISTICHE: • Bielasticità (nel senso della lunghezza e della larghezza) • Non deve modificare le proprietà del sistema di supporto • Resistenza ai danni da abrasione (Impermeabilità al BS5455 per la durata al rivestimento) • Ignifugo • Permeabilità al vapore acqueo • Batteriostatico • Resistente durante la sanificazione Il dispositivo e la sua copertura devono essere considerati un tutt’uno per valutarne la prestazione. La mancanza di elasticità della fodera può limitare la capacità del materasso nel ridurre la pressione; più la rigidità di superficie è elevata più il rischio di un effetto amaca aumenta e quindi aumenta la tensione della superficie di appoggio. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 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Case reports - KinAir Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 41 L’applicazione topica di lidocaina nella gestione del dolore delle lesioni cutanee digitali in corso di sclerosi sistemica. Braschi F, Del Rosso A, Amanzi L, Rasero L. BACKGROUND La Sclerosi Sistemica (SSc), o Sclerodermia, è una malattia multisistemica del tessuto connettivo che causa fibrosi e danno microvascolare alla cute e agli organi interni (apparato gastro-intestinale, polmoni, cuore, reni). In corso di SSc, le ulcere cutanee, causate da lesioni al microcircolo e fibrosi alla cute e spesso associate a microtraumi, possono comparire in ogni sede, ma le lesioni alle dita delle mani, presenti nel 40-50% dei pazienti, sono le più frequenti. Oltre ad essere molto dolorose e di difficile guarigione, spesso vanno incontro a sovrainfezione e, talora a gangrena e autoamputazione, incidendo sulla qualità di vita del paziente. Il loro riconoscimento e trattamento tempestivo può ridurne sensibilmente il dolore e le altre complicanze ed accelerare la ripresa funzionale delle mani. Tali lesioni, oltre che con terapia sistemica, devono essere trattate localmente mediante un approccio razionale, per preparare un buon letto di ferita e facilitare i processi di guarigione. E’ necessario rimuovere i Tessuti devitalizzati, trattare l’Infiammmazione/Infezione, gestire la Macerazione o la secchezza e garantire un Epitelio dei margini funzionale alla risoluzione della lesione (T.I.M.E.). Il debridement per rimuovere il materiale devitalizzato viene eseguito con metodo autolitico insieme a bisturi e ferri chirurgici. Ciò accelera i tempi di guarigione, riducendo il rischio di sovrainfezione batterica e cronicizzazione. La procedura di debridement, pur molto efficace, è invasiva e causa dolore locale. SCOPO Valutare e confrontare, in pazienti con SSc, tramite un questionario, l’efficacia antalgica di 2 diverse concentrazioni di lidocaina (2 e 4%), quale anestetico da applicare topicamente prima della fase di debridement delle lesioni cutanee digitali. MATERIALI E METODI 76 pazienti consecutivi affetti da SSc (69 donne e 7 uomini, per complessive 108 lesioni) che necessi- 44 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 tavano di debridment delle lesioni cutanee digitali delle mani, sono stati arruolati e divisi in due gruppi: 42 pazienti (per 54 lesioni) sono stati trattati con lidocaina al 2% (gruppo A) e 34 pazienti (per 54 lesioni) con lidocaina al 4% (gruppo B), prima del debridment. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad un questionario (a 10 domande) che valutava il dolore prima, durante e dopo il debridement, l’effetto placebo, il disconfort locale e il ricorso alla terapia antalgica sistemica al termine della procedura. RISULTATI In entrambi i gruppi non sono stati osservati effetti indesiderati sistemici riconducibili all’applicazione topica di lidocaina. Il dolore durante la fase di debridement non è variato rispetto all’ingresso in entrambi i gruppi, sebbene la procedura sia invasiva e causi dolore (gruppo A: 4.88±2.70 versus 4.29±2.87; gruppo B: 6.00±3,48 versus 6.74± 2,96; p= NS in entrambi i casi). Il dolore al termine della procedura (gruppo A: 2.96±2.91, gruppo B: 2.88±2,65) è minore di quello presente all’ingresso per entrambe le concentrazioni (p<0.001 per il gruppo A e p<0.0001 per il gruppo B), nonostante il debridement. La lidocaina al 4% è comunque capace di assicurare una copertura antalgica durante la fase di debridement in un numero maggiore di lesioni rispetto alla lidocaina al 2% (40 lesioni versus 28, p< 0,05). CONCLUSIONI L’applicazione topica di lidocaina al 2% e al 4% assicura una copertura antalgica durante il debridement in lesioni digitali in corso di SSc, più evidente nella concentrazione al 4%, rendendo più tollerabile al paziente una procedura fondamentale per la guarigione delle ulcere. Sbrigliamento: atto per la guarigione Stefano Gasperini MD Medical Advisor - Pisa ABSTRACT Numerosi ed autorevoli sono i contributi scientifici che riguardano l’argomento da me discusso, ciononostante mi rimangono ancora alcuni punti da chiarire che vorrei discutere. Vediamo dapprima le certezze: per l’eliminazione dei tessuti necrotici, fibrinosi, scarsamente vascolarizzati, la via chirurgica, usando magari l’idrochirurgia, è la più immediata, la più risolutiva, anche in termini di abbattimento della carica batterica, è quella da preferire. Essa gode, oramai, della buona pratica clinica quotidiana se il paziente si trova in struttura adeguata all’atto chirurgico. Se il Paziente, come accade nella maggioranza dei casi, si trova assistito presso il proprio domicilio, la scelta chirurgica molto spesso non è percorribile, ci troviamo quindi a decidere che tipo di debridement mettere in atto: autolitico o enzimatico. E se per l’autolitico pochi sono i dubbi nella scelta del presidio più idoneo, la categoria degli Idrogeli li racchiude tutti insieme e scarsamente scientifica è la discussione che li differenzia, per l’enzimatico quale dobbiamo preferire? Possiamo associare l’azione enzimatica con l’autolitica? Per quanto tempo possiamo mantenere in situ il farmaco? Quale medicazione secondaria è da preferire? Suggestivo a tal proposito risulta essere il contributo fornito da V. Falanga nel 2008 andando a definire bene il significato del “debridement di mantenimento” ovvero la necessità di “tener pulito” il letto della ferita anche quando i classici segni clinici non appaiono così evidenti. Si generano, quindi, due scenari: definire lo sbrigliamento iniziale e definire la sequenza logica dello sbrigliamento di mantenimento, tale che ci faccia giungere rapidamente e senza complicanze alla riparazione della nostra lesione. Uso di schiume poliuretaniche nel trattamento delle ulcere postraumatiche. Valutazione in lesione da morso animale. Case report. Riccardo Gabriolo, Caterina Costi Asl To 3 Servizio di Vulnologia Osp.S. Agostino, Avigliana (To) INTRODUZIONE Le ulcere cutanee post traumatiche rappresentano una complicanza frequente di eventi infortunistici specie se la persona coinvolta è anziana. A volte compaiono in seguito a traumi semplici e si manifestano nel tempo con difficoltà riparative. SCOPI Valutare l’efficacia della schiuma poliuretanica nel trattamento delle lesioni cutanee post traumatiche. METODI Donna anziana con lesioni a carico della gamba sn comparse successivamente a morso di cane. E’ stata utilizzata una medicazione di schiuma poliuretanica associata a bendaggio di fissaggio con benda coesiva a tensione media. La sostituzione avvenne ogni tre giorni. DISCUSSIONE La schiuma poliuretanica testata è stata in grado di portare a guarigione la lesione, con un eccellente gestione dell’essudato ed un ottimo controllo del dolore. La medicazione: Gli Infermieri finiscono in prima pagina! Una nuova generazione di poster scientifici Corti D, Cosci M, Ronconi R, Piovelli R, Neri E, Risso M. DEA AOU Careggi Firenze Direttore Dott. Grifoni S. INTRODUZIONE La letteratura scientifica esalta la necessità di programmare l’aggiornamento e formazione continua in tema di wound care. Il gruppo di infermieri che collabora dal 2008 al Follow Up Ferite Traumatiche/Ustioni minori del DEA dell’AOU Careggi (Firenze), intende sensibilizzare l’intero gruppo dei sanitari rispetto a questa tematica con l’obiettivo di migliorare gli standard assistenziali.. Attualmente le metodiche di preparazione del letto della ferita, da parte dei sanitari del nostro Pronto Soccorso (AOU Careggi Firenze), sono regolate da un protocollo condiviso da implementare nell’uso. Le attività sono ancora eccessivamente rimandate al giudizio clinico del singolo e inevitabilmente sono difformi e non strutturate. MATERIALI E METODI L’esperienza clinica e i dati scaturiti da uno studio retrospettivo condotto intervistando le persone con ferite traumatiche e ustioni minori medicate presso l’ambulatorio di Follow-Up costituito da un gruppo di infermieri dello stesso PS, suggeriscono l’attuazione di un progetto di miglioramento che propone l’utilizzo di un poster didattico sulla gestione delle lesioni traumatiche/ustioni minori in cui sono evidenziati alcuni punti critici nell’attuale pratica clinica. Alleghiamo di formato 70cm x 100 cm. La grafica scelta per illustrare gli argomenti riprende i font e la disposizione degli articoli utilizzata nelle prime pagine dei quotidiani. RISULTATI ATTESI Dopo l’esposizione in sala riunioni di un primo poster illustrato ai sanitari tramite tutoraggio degli autori, la compilazione e lo spoglio di questionari anonimi di gradimento, verrà operata una revisione dei contenuti e della grafica, fino alla stampa e alla presentazione ufficiale del poster in riunione plenaria del personale del Pronto Soccorso nel settembre 2011. Le necessità formative rispetto agli argomenti dibattuti nel poster potranno essere soddisfatte 46 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 tramite la programmazione di corsi di formazione ecm e tirocinio clinico presso il Follow Up Ferite/ ustioni minori del Pronto Soccorso. Un’indirizzo di mail dedicata sarà una risorsa utile per condividere quesiti clinici e ulteriori suggerimenti CONCLUSIONI Questo lavoro ha rappresentato un’occasione importante, per la conseguente redazione del progetto di miglioramento sulla gestione delle ferite traumatiche e ustioni in DEA, in quanto ha sensibilizzato gli infermieri ed i medici su tale problematica assistenziale, ha contribuito ad implementare nell’uso un protocollo interprofessionale e sensibilizzato l’equipe multiprofessionale per una migliore gestione delle persone con ferite traumatiche/ ustioni tramite l’utilizzo di un poster esplicativo. Chi l’ha dura … la vince! V. Martin, A. Visentin, Infermieri distretto Socio Sanitario n° 2 di Paese Azienda unita’ locale socio - sanitaria n.9 di treviso distretto socio sanitario n° 2 – paese-villorba La storia trentennale di un paziente che ha combattuto e convissuto per anni con delle ulcere croniche agli arti inferiori, pluri-trattato senza successo, che grazie all’intervento multidisciplinare e all’applicazione di una terapia locale mirata ha trovato uno spiraglio di luce. INTRODUZIONE Spesso nella pratica quotidiana ci troviamo di fronte a casi di difficile gestione, sia clinica che assistenziale; talvolta purtroppo, manca la presa in carico condivisa tra le varie figure professionali presenti sul territorio e in ospedale; questo porta a numerose difficoltà. E’ fondamentale che tutti i professionisti, guidati da un case-manager, comunichino, collaborino e condividano le scelte diagnostico-terapeutiche per ogni paziente, ma in particolare questo è ancora più importante nei casi fragili e “complessi”; è dimostrato infatti che solo la gestione condivisa può realmente portare a un risultato concreto e dare una risposta adeguata e completa all’Utente. Per tali motivi andremo a esporre un caso di un paziente “complesso”, di 58 anni d’età che, da circa 30 anni, convive e combatte con delle ulcere croniche agli arti inferiori; questa persona ha potuto trarre finalmente beneficio dal lavoro deciso, condiviso e dettato dal confronto multidisciplinare . MATERIALI E METODI Il paziente, all’età di 18 anni, per l’insorgenza di due piccole lesioni agli arti inferiori, inquadrate come lesioni vascolari, veniva preso in carico da Specialisti della Dermatologia e della Chirurgia Vascolare ospedaliera, che lo rivalutavano a cadenza settimanale. Negli anni sono stati utilizzati, con scarsi risultati, numerosi e diversi tipi di medicazione e con complicazioni imputabili a sovra-infezioni che necessitavano di lunghi cicli di terapie antibiotiche. Nel 1995 il paziente, ormai fragile e con alta comorbidità, è stato preso in carico dal servizio infermieristico domiciliare distrettuale con accessi giornalieri di circa 90 minuti l’uno e anche in questo caso con scarsi risultati. Ad Ottobre 2010 si decide di affrontare il caso con un approccio multidisciplinare fra Medici Distrettuali, della Chirurgia Plastica, con la Farmacia ed il Medico di Medicina Generale, viene deciso l’uso del bendaggio elasto–compressivo multistrato in kit. Previa formazione e addestramento specifico del personale, si è iniziato il trattamento dell’ulcera nella gamba sinistra; l’ulcera della gamba destra non è stata trattata con tale metodica in quanto ancora troppo compromessa. Inizialmente il bendaggio veniva sostituito ogni 3 – 4 giorni, successivamente ogni 7; la durata di ogni medicazione era di 45 min circa. RISULTATI A distanza di quattro mesi la lesione alla gamba sinistra è notevolmente ridotta, l’edema è scomparso ed il paziente ha riacquistato la sensibilità nocicettiva a livello dell’arto inferiore sinistro. CONCLUSIONI L’esperienza condotta ha evidenziato, innanzitutto una notevole riduzione dell’essudato e del cattivo odore emanato dalla lesione, fattori che hanno portato a un miglioramento della qualità di vita e delle relazioni sociali per il paziente ed i caregivers. La multidisciplinarietà e la scelta terapeutica mirata e applicata con competenza e professionalità, hanno inoltre permesso di ottenere, in 4 mesi, senza spreco di risorse umane e di materiali, risultati clinici mai raggiunti in 30 anni di gestione sanitaria settoriale. Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 47 Azione sinergica di una matrice proteasi-modulante e dell’applicazione locale di fattori di crescita nella guarigione delle ulcere del piede diabetico. La nostra esperienza. Manicardi E., Pugni V., Baricchi R., Seligardi D., Iotti B. Azienda Ospedaliera ASMN, Reggio Emilia PREMESSA Le infezioni del piede sono una severa e comune complicanza del diabete mellito, che espone il paziente ad un incremento del 25% del rischio di amputazione. Per evitare di dover ricorrere all’amputazione è necessario un trattamento multidisciplinare, comprensivo della rivascolarizzazione distale, del trattamento dell’osteomielite, di una accurata gestione della lesione, che spesso ha una scarsa tendenza alla guarigione anche dopo la correzione di tutti i fattori sistemici che ne condizionano l’esito. Pur risultando la lesione all’analisi microscopica povera di fattori di crescita, l’applicazione locale dei medesimi non sempre porta a risultati soddisfacenti: nelle lesioni croniche è infatti dimostrata una accelerata degradazione non solo delle matrice extracellulare, ma anche dei fattori di che regolano il processo di guarigione. SCOPO DEL LAVORO Recentemente Kakagia DD et al (2007) hanno dimostrato, in un piccolo gruppo di pazienti, che l’applicazione locale di fattori di crescita nel trattamento del piede diabetico abbinata con un biomateriale sterile (Promogran ®), costituito per il 55% di collagene e per il 45% di cellulosa ossidata rigenerata (COR), migliora l’azione dei fattori di crescita, che verrebbero protetti dalla matrice stessa, in grado anche di inattivare le proteinasi, di ridurre i radicali liberi di ossigeno e di eliminare l’eccesso di metallo-ioni. Scopo del nostro lavoro è stato di ampliare l’esperienza del trattamento combinato gel piastrinico/Promogran, nel piede diabetico. CASISTICA E METODI Nel marzo 2007 è iniziata una collaborazione tra la Diabetologia Ospedaliera e la Medicina Trasfusionale del nostro ospedale, sul trattamento del piede diabetico con emocomponente (gel piastrinico) ad uso topico, di origine autologa ed omologa, ottenuto in vitro dall’aggregazione di un concentrato piastrinico messo a contatto con calcio gluconato e fattori pro- aggreganti biologici (trombina). Le prime applicazioni erano gravate dalla mancanza, in letteratura, di indicazioni precise sul numero e la frequenza di applicazioni utili, così come non si reperivano indicazioni su come effettuare la medicazione per ottimizzare l’effetto del gel piastrinico. Inizialmente abbiamo pertanto utilizzato medicazioni avanzate che gestissero il rapido aumento di liquidi determinato dalla liquefazione del gel (alginato di 48 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 calcio, carbossimetilcellulosa, eventualmente addizionate di argento); abbiamo inoltre diradato le applicazioni di gel dopo avere osservato l’eccessiva proliferazione del tessuto di granulazione in due pazienti con le applicazioni settimanali del gel suggerite dalla letteratura e infine nell’ultimo anno abbiamo deciso di ampliare l’esperienza di Kakagia DD, che suggeriva una sinergia tra l’azione dei fattori di crescita ed il Promogran. Abbiamo applicato il gel piastrinico solo su lesioni > 2,5 cm di diametro e naturalmente solo dopo che era avvenuta la rivascolarizzazione ove indicata, il debridement dei tessuti non vitali ottenuto anche utilizzando Vacuum Assisted Closure, la risoluzione clinica dell’infezione del piede, la risoluzione dell’osteomielite, l’ottimizzazione del compenso metabolico. Sono stati trattati complessivamente 50 piedi diabetici, 30 con il solo gel piastrinico e 20 con il gel piastrinico associato a Promogran. RISULTATI E CONCLUSIONI Nei primi 30 pazienti le applicazioni di gel sono state almeno 2 per ogni paziente (massimo 5 applicazioni): abbiamo osservato una crescita esorbitante in 2 pazienti, che hanno richiesto l’asportazione chirurgica del tessuto di granulazione in eccesso, debordante dalla lesione; due pazienti non hanno ottenuto la guarigione, uno per sopravvenuto decesso, l’altro per ricomparsa di osteomielite grave, che ha richiesto l’amputazione dell’avampiede. I pazienti trattati con gel piastrinico e Promogran hanno invece ottenuto, con una sola applicazione di gel, una sensibile accelerazione del processo di guarigione, che ci ha indotto a proseguire con il solo Promogran, applicato una volta alla settimana: tali pazienti sono tutti quanti arrivati alla guarigione. La nostra casistica va a sommarsi alla casistica riportata da Kakagia e ne conferma i risultati positivi. In particolare confermiamo che l’associazione gel piastrinico/Promogran permette di ottenere risultati migliori rispetto all’utilizzo del solo gel piastrinico, che pure ha confermato l’utilità nel trattamento del piede diabetico. L’associazione consente di ridurre il numero di applicazioni di gel e non è gravato di casi di iperplasia del tessuto di granulazione. Si sottolinea in particolare la semplicità di utilizzo delle medicazioni così proposte, che consentono di gestire ambulatorialmente un numero elevato di pazienti, poichè devono essere medicati una sola volta alla settimana. Lesioni cutanee da iniezione di droga: piano assistenziale infermieristico di trattamento E.Lo Palo, R.Rinaldi, D.Rota Ambulatorio Infermieristico per la cura e trattamento delle lesioni cutanee - Azienda Ospedali Riuniti Bergamo BACKGROUND L’utilizzo di sostanze stupefacenti per via iniettiva comporta effetti devastanti a carico di vene , cute, muscoli, articolazioni; (Piper et.al.2007) L’eroina, è la droga maggiormente diffusa tra coloro che abusano di tali sostanze (Finnie 2002): la via iniettiva è la modalità di assunzione maggiormente adottata. Le prolungate e ripetute iniezioni (che si perpetuano per molti anni) conducono ad una graduale sclerotizzazione e trombosi delle pareti venose e la sostanza viene assorbita livello sottocutaneo o intramuscolare (Graham et.al.1999).Tale situazione è maggiormente frequente nelle donne le cui pareti venose sono sottili ed più difficilmente localizzabili. (Derricott et.al.1998) Il danneggiamento tissutale del sito di inoculazione e dell’area cutanea circostante determina ischemia localizzata e necrosi, predisponendo i tessuti a diventare assai suscettibili ad infezione. La formazione di ascessi sottocutanei che evolvono in ulcerazioni sono una conseguenza frequente,tale evenienza può evolvere in complicanze severe e potenzialmente mortali; l’estensione di processi infettivi importanti, oltre agli ascessi, includono la distruzione di strutture importanti in aree vitali, le fasciti necrotizzanti, le batteriemie e le sepsi sistemiche. (Ebright,et.al.2002) OBIETTIVI Descrivere il case report di una giovane donna con vaste ulcere agli arti inferiori dovute a stravaso di iniezioni di stupefacenti, in correlazione al trattamento topico delle lesioni ed alla valutazione della qualità di vita. MATERIALI E METODI Si è presentata alla nostra osservazione una giovane donna di 37 anni, con vaste ulcere agli arti inferiori (presenti da circa due anni) dovute a stravaso di sostanza stupefacente, (eroina) associate ad un importante consumo di tabacco (60 sigarette/die). All’accertamento si è evidenziato un grosso danno ai tessuti molli e alla cute con lesioni che interessavano completamente la parte anteriore di entrambi gli arti inferiori, associate alla presenza di importanti essudato, maleodore e ad edema. Tale situazione si ripercuoteva in maniera pesante sulla qualità di vita della giovane donna madre anche di una bimba in termini di isolamento sociale, emarginazione, e grandi problematiche anche a livello di relazioni familiari. “… a causa del cattivo odore ero costretta a dormire in un’altra stanza per non arrecare disturbo alla mia famiglia”……”non potevo fermarmi a prendere un caffè per il timore che gli altri percepissero il mio maleodore”…..”non andare alle riunioni scolastiche della mia bambina …non andare in macchina, dal dentista o frequentare luoghi chiusi” …… “comincio ad non avere cura della mia persona”…… “avevo solo voglia di stare sola e non vedere nessuno…….”sono affermazioni sostenute dalla stessa paziente ed eloquenti di un forte disagio. Gli interventi hanno compreso: • inquadramento generale della persona e delle lesioni, • valutazione iniziale delle lesioni: valutazione del letto di ferita, della cute perilesionale con relative misurazioni (misurazione delle lesioni e reperti fotografici.), • prelievi per esame colturali (e successiva terapia antibiotica mirata impostata dall’infettivologo). In attesa dei referti microbiologici è stato applicato un adeguato piano di trattamento topico delle lesioni che ha ripercorso i principi cardine della wound bed preparation: 1. Gestione della carica necrotica e microbica: iniziale detersione delle lesioni con medicazioni detergenti ad alto potere assorbente (idrofibra Aquacell Ag®) per circa tre cambi di medicazione (una settimana di trattamento). 2. Gestione dell’essudato: per la gestione dell’essudato è stato scelto di applicare il principio della di pressione topica negativa PTN (VAC® therapy) per un totale di trenta applicazioni, con durata complessiva di circa settanta giorni di trattamento. Naturalmente è stato fondamentale l’addestramento della paziente e del Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 49 familiare rispetto alla gestione domiciliare del device (come riconoscere gli allarmi, come sostituire il contenitore di raccolta,ecc.). Allo stabilizzarsi della situazione clinica, gli accessi in ambulatorio sono diminuiti raggiungendo una cadenza bisettimanale: il trattamento e la cura locale si è svolta mediante l’applicazione di medicazioni avanzate associata a bendaggio elastocompressivo degli arti sino a completa guarigione delle lesioni . Le medicazioni avanzate sono state utilizzate con l’obiettivo di mantenere un ambiente ottimale e di volta in volta scelte in relazione alla condizione delle lesioni; durante il trattamento la paziente ha sviluppato sensibilizzazione ad alcune tipologie di medicazioni (schiume di poliuretano) dirottando la scelta verso altre tipologie di medicazioni quali alginati,idrofibra, medicazioni a captazione batterica, medicazioni non aderenti. critica, il trattamento locale si è svolto applicando medicazioni avanzate quali, alginati/idrofibra e medicazioni antiaderenti. Il trattamento così gestito ha consentito, di portare a guarigione le lesioni in poco meno di un anno. Fatto non di poco conto visto l’elevato consumo di tabacco da parte della paziente: sino a 60 sigarette al giorno. Il bendaggio ha svolto un ruolo importantissimo nella riduzione dell’edema malgrado la paziente non presentasse deficit di insufficienza venosa (documentato da un ecocolordoppler): gli arti infatti si presentavano edematosi ed il bendaggio applicato era di tipo multistrato multicomponente. Il coinvolgimento della paziente in tutto il processo di cura ha svolto un ruolo fondamentale, nella fase di educazione sanitaria infatti si è provveduto a motivare ed incoraggiare la paziente nell’accettazione del sè in stretta collaborazione con il familiare di supporto . Alla luce di ciò si evidenzia che gli obiettivi assistenziali, anche in un ambito ambulatoriale come il nostro, devono considerare la globalità della persona con lesioni. Un clima di accettazione, accoglienza e fiducia, senza pregiudizi,ha permesso di stipulare un piano assistenziale e riabilitativo condiviso. Guarire le ulcere ha dato vigore ad una giovane donna che da tempo si era auto esclusa dalla vita, sentendosi emarginata, e giudicata. RISULTATI L’applicazione della PTN ha portato ad un risultato ottimale in quanto ha risposto ad un duplice obiettivo: ottimizzare la gestione dell’essudato e controllo dell’odore accelerando nel contempo la riparazione tissutale. L’utilizzo della PTN infatti ha consentito di gestire l’iperessudazione anche in considerazione del fatto che la paziente inizialmente eseguiva cambi di medicazione a giorni alterni (tre accessi settimanali) ed al proprio domicilio era giunta a sostituire il contenitore di raccolta del device sino a 5 volte in 40 ore circa . Inizialmente, si era ipotizzato di preparare il letto delle lesioni al fine di avviare la paziente all’intervento chirurgico di innesto cutaneo, ma alla luce dei costanti progressi nelle fasi di riparazione tissutale si è preferito (in accordo con i chirurghi plastici) di evitare la procedura chirurgica. Terminata la fase 50 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 CONCLUSIONI La cura delle lesioni non prescinde dalla cura della persona soprattutto in un caso clinico come questo in cui la convivenza della giovane donna con le proprie lesioni ha comportato alterazioni importanti in termini di qualità di vita. Curare le lesioni ha comportato anche la presa in carico dei problemi della paziente: la presenza delle lesioni aveva portato la ragazza ad un livello molto alto di trascuratezza personale, esacerbando in modo importante la non accettazione del sé. BIBLIOGRAFIA Derricott J.,Preston A.,Hunt N. (1988) cit. in Finnie A. , Nicolson P. (2002),Injecting drug use: implications for skin and wound management Br J Nurs Mar; 11, (6(Suppl):S17-28 Ebright J.R., Piper B. (2002), Skin and soft tissue infections in injection drug users Infect Dis Clin North Am Sep;16 (3): 697-712 Finnie A. , Nicolson P. (2002),Injecting drug use: implications for skin and wound management Br J Nurs Mar; 11, (6(Suppl):S17-28 Graham CA, McNaughton GW,Crawford R.,(1999) “Popping”: a cause of soft tissue sepsis in chronic drug abusers, Eur J Emerg Med 6:259-61 Piper B.,Kirsner R.S.,Templin T.N.,Birk T.J.,(2007),Injection Drug Use an understudied cause of venous disease Arch Dermatol.143(10):1305-1309 Association (EWMA)Position Document : Wound Bed Preparation http://ewma.org/fileadmin/user_upload/EWMA/pdf/Position_ Documents/2004/pos_doc_Italian_04_final.pdf Gestione delle lesioni da pressione in cure palliative: valutazione dell’efficacia di un metodo preventivo per un’assistenza di qualita’ Stefania Melino - Cure Palliative, Fondazione Maugeri, Pavia, Italy - [email protected] La comunicazione riporta l’efficacia di un metodo preventivo per la gestione delle lesioni da decubito (ldd) in una unità di cure palliative. Il periodo di osservazione è stato di 4 anni. La valutazione dimostra come l’insorgenza dell’evento ldd è un fenomeno che può essere controllato e mitigato, nelle sue conseguenze negative, attraverso l’implementazione di Linee Guida di Prevenzione e Trattamento dell’AHRQ e modelli assistenziali, tesi all’individuazione del paziente a rischio e al miglioramento della qualità nella pratica clinica. I dati riguardano 1010 pazienti di cui 576 identificati a rischio di ldd. Nonostante l’elevata mortalità (38%) l’assistenza preventiva, curativa e palliativa ha permesso di mitigare gli effetti negativi e devastanti della patologia oncologica evitando sofferenze aggiuntive, ottenendo un’incidenza dell’1% e una prevalenza del 13%.Le lesioni da decubito non sono una complicanza inevitabile nei pazienti di cure palliative. La consapevolezza di poter svolgere un ruolo da “protagonista” nel programmare gli interventi assistenziali preventivi ha responsabilizzato il personale non solo sui processi assistenziali, ma soprattutto sui risultati. In questo particolare scenario il prendersi cura, il “palliare per fare qualità di vita”, fino all’ultimo istante di vita, hanno assunto una particolare connotazione, ricca di significati oltre che di evidenti risultati. Una vera e propria sfida di fronte a chi, pur destinato a perire, chiede e domanda di dar senso, importanza, cura, alla vita che rimane, anche se breve. Impatto della formazione sull’incidenza delle ldd in un reparto di cure palliative Siracusa Questo articolo riporta l’efficacia di un metodo preventivo per la gestione delle lesioni da decubito all’interno di una realtà di cure palliative. L’insorgenza di tale evento può essere controllato e ridotto nelle sue conseguenze negative attraverso l’implementazione di linee guida di prevenzione, trattamento dell’AHRQ e modelli assistenziali centrati sull’individuazione del paziente a rischio. Ciò che tale studio si propone di dimostrare è come un’adeguata formazione del personale responsa- bile dell’assistenza possa incidere in maniera significativa sull’incidenza e prevalenza di sviluppo delle ldd, dimostrando quindi che le lesioni da decubito non sono una complicanza inevitabile nei pazienti di cure palliative, ma che “palliare per fare qualità di vita” assume una particolare connotazione. Il periodo di osservazione è stato di 4 anni; i dati analizzati riguardano 1010 pazienti e, nonostante l’elevata mortalità (38%) l’assistenza preventiva, curativa e palliativa ha permesso di ottenere un’incidenza dell’1% e una prevalenza del 13% . Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 51 Lavare i pazienti non autosufficienti senz’acqua si puo? Maniaci V. Azienda Ospedaliera San Carlo Borromeo Milano AREA TEMATICA Prevenzione lesioni cutanee: L’igiene quotidiana può essere un efficace e diffuso metodo per la prevenzione diffusa delle lesioni cutanee? I CDC di Atlanta indicano che al fine di evitare lesioni cutanee e prevenire le infezioni ospedaliere, la pratica delle cure igieniche deve essere fatta dividendo il corpo in 8 parti diverse ed usando 8 presidi diversi rispettivamente per lavare, risciacquare e asciugare il paziente. Dall’osservazione delle nostre realtà quotidiane per varie ragioni, il risultato è palesemente diverso da quello che la scienza ci dimostra. OBIETTIVI Individuare una migliore procedura di pratica clinica per l’esecuzione delle cure igieniche al paziente allettato in relazione alle evidenze scientifiche. Individuare un metodo realizzabile, protocollabile e verificabile per: 1. Migliorare l’igiene quotidiana del paziente agendo da un lato come importante momento assistenziale, dall’altro come prevenzione del rischio di infezioni ospedaliere, contrastando irritazioni e secchezza cutanea, 2. Uniformare la procedura rendendola adattabile alle reali esigenze del paziente e dei professionisti, mediante utilizzo di metodi semplici e verificabile nei risultati. 3. Garantire l’igiene ottimale del paziente nelle 24 ore con un adeguato bilanciamento dei tempi e ottimizzando le risorse a disposizione soprattutto quelle economiche relative ai costi. METODI Indicazioni fornite dai CDC di Atlanta Ricerca dei metodi igienici alternativi in commercio, che ha individuato essere l’utilizzo di panni igienici, Esame dei principi attivi dei principali panni umidificati presenti in commercio, e ricerca in letteratura riguardo quello potenzialmente più valido in relazione ai componenti Individuazione del metodo più innovativo e pratico cioè panni umidificati appositamente studiati per l’igiene quotidiana del paziente non autosufficiente, in quanto non necessitano di acqua, di risciacquo, mentre igienizzano idratano e contrastano irritazioni. Tale metodo è l’unico che permette attraverso protocolli mirati di dare un valore economico preciso e verificabile alle diverse esigenze igieniche del paziente. Studio e stesura di un protocollo mirato per l’applicazione 52 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 del metodo in un reparto di Medicina di un Azienda Ospedaliera di Milano che ha richiesto: • Corso di formazione e informazione al personale coinvolto nella rilevazione • Strutturazione di una scheda per la raccolta dei dati mirata alla valutazione del metodo alternativo • Selezione di un gruppo di pazienti da sottoporre ad igiene personale con il sisrema alternativo dei panni igienici • Applicazione del metodo, e compilazione delle osservazioni rilevate sulla scheda di raccolta dati per un periodo di 30 giorni • Raccolta delle schede ed elaborazione dei dati RISULTATI Sia dall’elaborazione dei dati delle schede raccolte, sia dalle interviste ai pazienti a care giver / parenti coinvolti nella sperimentazione emerge che il sistema dei panni umidificati se utilizzato con la giusta metodologia e non abbinato, ma sostituito ai tradizionali sistemi di igiene del pazienti conduce ai vantaggi previsti negli obiettivi, e quindi permette: 1. Una migliore igiene quotidiana lavando a fondo, risciacquando e asciugando il paziente come meglio non si può fare in quanto non serve farlo. 2. Un miglioramento dell’ idratazione e del trofismo della cute, prevenendo in tal modo le complicanze legate all’insorgenza d’irritazione e di lesioni cutanee. 3. Prevenzione delle infezioni ospedaliere legate al fatto che tale metodo evita l’uso di dispositivi e prodotti pluriuso che possono diventare veicolo d’infezione se usati incongruentemente o in caso di colonizzazione sconosciuta. 4. Possibilità di aumentare la frequenza delle cure igieniche grazie alla facilità con cui si possono studiare protocolli mirati, al risparmio di tempo, e alla minimizzazione dei materiali utilizzati nell’esecuzione delle manovre igieniche 5. Programmare costi chiari e fissi nel tempo per quanto riguarda la procedura inerente le cure igieniche. CONCLUSIONI Alla luce di quanto evidenziato la conclusione è che: SI DOVREBBE lavare il paziente non autosufficiente senza l’uso dei tradizionali metodi igienici ma con un protocollo di panni pre umidificati!!! Esperienze nella gestione di lesioni diverse, ma accomunate dalla complessità assistenziale Simonetta M. Ambulatorio trattamento lesioni difficili, U.O. di Chirurgia generale d’urgenza - Ospedale di Circolo Rho (MI) È indubbio che una ferita, a seconda delle sue caratteristiche, viene oggi considerata e valutata per il proprio grado di complessità. Se solo pensiamo, ad esempio, alla ferita che deriva da un tipo di intervento, questa può, in base alle caratteristiche dell’intervento stesso, essere considerata : • non a rischio (intervento pulito), • potenzialmente a rischio (intervento contaminato), • a rischio (intervento sporco). Ma diversamente da quanto descritto in letteratura, il rischio a cui ci si vuole riferire è quello che determina un diverso grado di risposta assistenziale. L’Operatore deve saper mettere in atto risposte adeguate con l’evolvere dei potenziali ostacoli al processo di guarigione: deiscenza, mancanza di crescita tessutale, aumento dell’essudato, comparsa di segni clinici di infezione, protrarsi dell’infiammazione, mancata detersione del letto di ferita, do- lore e molto altro ancora. A monte di tutto deve essere ben chiara la valutazione (che spesso coincide con la diagnosi). Questi gli elementi devono essere salvaguardati dall’Operatore di un ambulatorio destinato al trattamento di lesioni considerate difficili. Il poster vuole dare visibilità ad una metodologia di presa in carico orientata ed indirizzata dai concetti del TIME, e quindi ad una valutazione che partendo da una gestione dei tessuti mira a modulare le possibili complicanze così da favorire il processo di guarigione. I quattro casi presentati, certamente non hanno valore di evidenza, contribuiscono a far riflettere su come le scelte dei materiali di medicazione, posteriori ad una buona valutazione, siano importanti e possano guidare verso risultati da ritenersi congrui ed in linea con i concetti di uso appropriato delle risorse. Le altre lesioni: il fenomeno delle lesioni in dialisi. Inquadramento diagnostico Antonia Lopez Cad Bellaria Divisione Di Nefrologia Dialisi Ipertensione-Santoro Il percorso che conduce all’ulcera del piede implica diversi fattori causali che agiscono in concomitanza fino alla lesione cutanea che poi si cronicizza. Il paziente nefropatico condivide con il diabetico, la triade di: neuropatia, arteriopatia periferica, aumentata suscettibilità alle infezioni. La polineuropatia interessa dal 60 al 100% dei pazienti in dialisi; l’arteriopatia periferica ha una prevalenza nei pazienti dializzati del 25%; in ultimo si aggiungono le alterazioni del sistema immunitario legate all’uremia ma anche alla malnutrizione ed all’età, progressivamente in aumento, del dializzato. Attualmente l’emodialisi costituisce un fattore di rischio indipendente per il piede diabetico. Considerando che il 25% dei pazienti in dialisi è dia- betico, e che questo paziente ricco di comorbidità presenta un rischio 4 volte maggiore di complicanze da piede diabetico e 10 volte maggiore di amputazione della popolazione diabetica in generale, si capisce la portata sociale di questo problema. Va inoltre considerato che la mortalità a 5 anni di un paziente diabetico dopo infarto miocardico è del 72%, e la sopravvivenza sempre a 5 anni dopo amputazione è del 17.2% perché ai fattori peggiorativi cardiovascolari, si aggiunge l’elevata suscettibilità infettiva. Numerosi studi hanno riportato gli effetti benefici di un sistema di sorveglianza e di provvedimento che agisca precocemente così da focalizzare gli interventi. Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 53 Aggiornamenti in tema di lesioni diabetiche Gli aspetti podologici Gaetano Di Stasio Podos Logo Italia srl AREA TEMATICA Piede diabetico La storia delle Linee Guida al piede diabetico ha come pietra miliare il Documento di Consenso (Consensus), resistito fino al 2004 nonostante il metodo “classico” di scrittura del volume. Esso infatti assomiglia molto più ad una linea guida basata sull’opinione degli Autori più che di un moderno strumento per orientare la pratica clinica verso le migliori prove scientifiche disponibili, non includendo inoltre una dichiarazione esplicita sulla qualità delle informazioni utilizzate (“Levels of evidence”) e l’importanza/rilevanza/fattibilità/priorità della loro implementazione (“Strenght of recommendation”). Questo volume, aggiornato dal 1996 al 2004 dal Gruppo di Studio Internazionale sul Piede Diabetico, presenta infatti alcune pecche molto dibattute dalle professioni sanitarie non mediche. Un passo in avanti lo si è tentato di fare con gli Standard Italliani per la cura del Diabete Mellito del 2007 e del 2010. Ma queste Linee Guida hanno degli importanti limiti: • non ci sono adeguate raccomandazioni, con giusto livello e forza, per la gestione dell’importante capitolo della prevenzione, come invece si può leggere in altre importanti Linee Guida di lingua anglosassone. • l’assenza di una reale multidisciplinarietà del gruppo responsabile della produzione della linea guida. La mancanza dei chirurghi vascolari e degli ortopedici e delle loro associazioni, fra i membri del Gruppo Responsabile, e la presenza invece di colleghi delle professioni sanitarie senza specializzazione e competenza (addirittura con titoli ante legem, e quindi non equipollenti a laurea), inficia infatti la qualità dei risultati. I particolare la mancanza dei vascolari nel Gruppo Responsabile è stata stigmatizzata da lavori di ricerca di recentissima pubblicazione sviluppati dalla “Society for Vascular Surgery” e dalla “American Podiatric Medical Association”. In questi documenti la Società di Chirurgia Vascolare e l’American Podiatric Medical Association (Apma) riconoscono l’impatto positivo di un approccio di team multidisciplinare per la cura dei pazienti con ischemia critica degli arti, in particolare nella popolazione diabetica. Cesena: dal lavoro invisibile alla concretizzazione Antonella Guidi Azienda USL Cesena AREA TEMATICA Area governo assistenziale risk management BACKGROUND Lo sviluppo del modello organizzativo realizzato in tema di sicurezza in ambito assistenziale ha permesso la concretizzazione di un approccio globale e multidisciplinare per la prevenzione, il trattamento e la sorveglianza delle lesioni da pressione in tutta l’Azienda USL di Cesena. OBIETTIVI Estrapolare dagli studi epidemiologici elementi per una più puntuale lettura del fenomeno lesioni cutanee (da pressione e di origine vascolare) in ambito domiciliare per una ridefinizione delle strategie preventive e curative. 54 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 METODI Il consolidamento e l’impegno del gruppo professionale ha contribuito alla realizzazione di diversi strumenti operativi, progetti di formazione e attività di sorveglianza, in particolare Studi di prevalenza periodale per tutti i pazienti in carico all’ADI AUSL Cesena. RISULTATI Confronto con i precedenti studi, lettura delle criticità e ridefinizione di strategie migliorative. CONCLUSIONI La relazione si propone di presentare l’esperienza maturata in questi otto anni, in particolare sull’ utilizzo di studi epidemiologici quali strumenti per una puntuale lettura del fenomeno lesioni da pressione e di origine vascolare in ambito domiciliare ma, anche in grado di dare maggiore visibilità alla complessa gestione assistenziale. Risultati preliminari della ricerca multicentrica su un prodotto di detersione delle lesioni Francesca Falciani Azienda Sanitaria Firenze AREA TEMATICA La ricerca su campo: i risultati di due studi BACKGROUND la detersione, insieme ad altri interventi come il cambio di postura e il supporto nutrizionale, è una delle componenti della gestione di routine delle lesioni cutanee croniche; in letteratura tuttavia pochi sono gli studi statisticamente significativi condotti sul tema specifico della detersione delle lesioni cutanee. Questa sperimentazione ha lo scopo di valutare/verificare le modalità operative e gestionali in ambito di trattamento delle lesioni cutanee croniche, nel particolare aspetto dell’utilizzo di detergenti cutanei ad azione antibatterica e/o ad azione sul biofilm. OBIETTIVI Valutazione dell’efficacia clinica di Propilbetaina e Poliesanide (Prontosan®) associato alla migliore pratica clinico/assistenziale in soggetti portatori di lesioni da pressione o lesioni di origine vascolare agli arti inferiori. METODI studio clinico multicentrico randomizzato controllato in cieco (valutatore). I pazienti che hanno firmato il consenso informato, sono stati osservati per un minimo di 10 giorni ad un massimo di 4 settimane (29 giorni), pari ad un minimo di una rivalutazione dopo la rilevazione al punto 0 (arruolamento) ad un massimo di 4 rivalutazioni dopo il reclutamento (rilevazione al punto 0). La scelta del timing di rivalutazione è stato definito dalle singole organizzazioni tra 7 ± 2 giorni in base alle abitudini e protocolli in uso nell’Azienda. Per ogni paziente reclutato è stata considerata solo una lesione che abbia le caratteristiche di inclusione. Nel caso di lesioni multiple si è considerata la lesione peggiore. Il prodotto oggetto di studio Propilbetaina e Poliesanide (Prontosan®), è stato confrontato con un Presidio tradizionale indicato dalle evidenze scientifiche e Linee Guida, che per la classe relativa cioè la soluzione isotonica (fisiologica o ringer lattato). Durante lo studio sono stati rilevati i parametri in base all’indice PSST di Bates-Jensen (superficie, profondità, bordo, tessuto sottominato, tessuto necrotico, quantità tessuto necrotico, tipologia tessuto necrotico, tipologia di essudato, quantità di essudato, colore perilesionale, edema perilesionale, indurimento tessuto perilesionale, tessuto di granulazione, epitelizzazione). Le variabili relative a: tipo di tessuto necrotico, quantita’ di tessuto necrotico, tipo di essudato; sono state utilizzate per poter valutare in modo particolareggiato la “rimozione dei detriti dal fondo della lesione” nel primo obiettivo del protocollo. Le variabili relative a : quantità di essudato, colore della pelle circostante, edema dei tessuti periferici, indurimento tessuto periferico;sono state utilizzare per poter valutare in modo particolareggiato la “riduzione della sintomatologia infiammatoria” nel primo obiettivo del protocollo. La riduzione del dolore, il miglioramento della lesione (la riduzione complessiva del indice PSST) sono le variabili che sono state utilizzate per il monitoraggio degli obiettivi secondari. RISULTATI lo studio è tuttora in corso :l’End-point primario è il miglioramento della lesione valutato in termini di pulizia della lesione stessa e riduzione significativa della sintomatologia infiammatoria. CONCLUSIONI lo studio anche se ancora in corso è stato utile per creare una rete tra i centri partecipanti che hanno avuto la possibilità di ricevere una formazione per uniformare l’approccio alla detersione delle lesioni cutanee e alla metodologia di rilevazione del miglioramento delle stesse secondo le indicazioni della best practice. Si è creata così una rete di esperti che ha messo in atto un confronto che contribuirà a dare ai professionisti impegnati nel wound-care indicazioni sull’uso appropriato di un detergente cutaneo specificatamente prodotto per il controllo dei detriti sul letto delle lesioni e del biofilm. Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 55 Aggiornamenti in tema di lesioni vascolari. Quale compressione e per quale paziente? Angelo Incorvaia BACKGROUND Le ulcere vascolari rappresentano il tipo più comune di lesioni agli arti inferiori. Il 60-80% delle ulcere agli arti inferiori presenta una componente venosa 1 . La prevalenza di questo fenomeno è stata stimata nel Regno Unito con dati che si assestano dallo 0,1% allo 0,3% 2 3: la prevalenza aumento al crescere dell’età4. La storia naturale di questo tipo di ulcera evidenzia periodi ricorrenti di guarigione e di riapertura con l’insorgenza di svariate morbilità e un decadimento della qualità di vita delle persone che ne sono affette. Il trattamento di questo grosso problema di salute comporta anche un notevole dispendio di risorse economiche: il sistema sanitario inglese ha stimato che il trattamento di una lesione vascolare agli arti inferiori costa tra le 1.298 e le 1526 sterline quando la stessa viene trattata in centri specializzati 5. OBIETTIVI Individuare le migliori evidenze relative alle indicazioni di pratica clinica per la valutazione delle lesioni vascolari venose e per la conseguente scelta del tipo di bendaggio. METODI È stata condotta una revisione della letteratura secondaria al fine di individuare raccomandazioni di comportamento clinico relative agli obiettivi indicati. È stata reperita una autorevole linea guida dello Scottish Intercollegiate Guidelines che dopo valutazione critica con AGREE è stata individuata come documento di riferimento. RISULTATI le raccomandazioni relative alla valutazione delle lesioni indicano che: • Dovrebbe essere misurata costantemente l’area dell’ulcera. • Dovrebbe essere valutato il tipo di tessuto presente sul fondo della lesione. • Le rilevazioni dovrebbero essere documentate in forma scritta. • Nei pazienti che presentano lesioni non-healing dovrebbe essere considerata l’effettuazione di una biopsia. 56 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 • Nei pazienti che presentano lesioni di tipo eczematoso dovrebbero essere effettuati test dermatologici per verificare la sensibilità. • Il re-assement globale (comprensivo di indagini strumentali) dovrebbe essere ripetuto ad intervalli di 12 settimane in caso di difficoltà di guarigione. Dovrebbero inoltre essere riconsiderati i seguenti punti: • L’eziologia della lesione è confermata? • Sono insorte nuove comorbilità? • Potrebbe essere utile l’esecuzione di una biopsia? • Il managment condotto fino ad oggi è appropriato? • Il paziente è compliante al trattamento? Le raccomandazioni relative alla scelta del bendaggio riguardano la classificazione dei diversi tipi di bendaggio ed il loro utilizzo: vengono fornite alternative in caso di mancanza di compliance da parte del paziente al bendaggio. CONCLUSIONI Spesso i professionisti della salute si trovano ad operare in ambiti in cui le evidenze scarseggiano o sono inesistenti. Il mondo del wound care però presenta scenari sufficientemente ben definiti per lo meno per le patologie di maggiore prevalenza come le lesioni vascolari agli arti inferiori. Per questo motivo i professionisti stessi devono imparare ad individuare autorevoli documenti di riferimenti che permettano di svincolarsi dalla pratica del “si è sempre fatto così” ma che utilizzino l’evidencebasedpractice come prerequisito per le scelte fatte sui pazienti. BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. Scottish Intercollegiate Guidelines Network Management of chronic venous leg ulcers A national clinical guideline August 2010 ISBN 978 1 905813 66 7 www.sign.ac.uk Baker SR, Stacey MC, Jopp-McKay AG, Hoskin SE, Thompson PJ. Epidemiology of chronic venous ulcers. Br J Surg 1991;78(7):864-7. Nelzen O, Bergqvist D, Lindhagen A. Venous and non-venous leg ulcers: clinical history and appearance in a population study. Br J Surg 1994;81(2):182-7. Callam MJ, Harper DR, Dale JJ, Ruckley CV. Chronic ulcer of the leg: clinical history. Br Med J (Clin Res Ed) 1987;294(6584):1389 91. Iglesias CP, Nelson EA, Cullum N, Torgerson DJ. Economic analysis of VenUS I, a randomized trial of two bandages for treating venous leg ulcers. Br J Surg 2004;91(10):1300-6. Sempre bendaggio? Vincenza Maniaci Azienda Ospedaliera San Carlo Borromeo Milano BACKGROUND Le ulcere vascolari rappresentano il tipo più comune di lesioni agli arti inferiori. Il 60-80% delle ulcere agli arti inferiori presenta una componente venosa 1 . La prevalenza di questo fenomeno è stata stimata nel Regno Unito con dati che si assestano dallo 0,1% allo 0,3% 2 3: la prevalenza aumento al crescere dell’età4. La storia naturale di questo tipo di ulcera evidenzia periodi ricorrenti di guarigione e di riapertura con l’insorgenza di svariate morbilità e un decadimento della qualità di vita delle persone che ne sono affette. Il trattamento di questo grosso problema di salute comporta anche un notevole dispendio di risorse economiche5. Un approccio per il trattamento consiste nella terapia compressiva, infatti molti studi ne riconoscono l’efficacia terapeutica, attribuendo alla terapia compressiva un grado di evidenza molto elevato 6. La compressione si è dimostrata utile in molti tipi di ulcere degli arti inferiori e rappresenta sicuramente un trattamento chiave nella cura delle malattie flebolinfatiche scelta del bendaggio devono riguardare la classificazione dei diversi tipi di bendaggio ed il loro corretto utilizzo a seconda della tipologia di lesione vascolare, inoltre forniscono alternative in caso di mancanza di compliance da parte del paziente al bendaggio. OBIETTIVI La terapia compressiva nel trattamento delle lesioni vascolari agli arti inferiori Individuare le migliori evidenze relative alle indicazioni di pratica clinica per la scelta e la modalità ottimale d’applicazione della terapia compressiva. 2. METODI Sono presenti diverse Linee Guida in letteratura che indicano le raccomandazioni di comportamento clinico della terapia compressiva in relazione all’obiettivo individuato, per la gestione delle diverse tipologie di lesioni vascolari. A tale proposito si rimanda alle L.G. della RNAO, dell’RCN, della NICE, che forniscono informazioni dettagliate sul comportamento clinico da adottare per la terapia compressiva. CONCLUSIONI Non vi sono dubbi che la compressione sia una parte essenziale della terapia dell’ulcera che non può essere rimpiazzata ma solo integrata dalla terapia locale. Tale ambito è talmente complesso che i professionisti della salute si trovano ad operare spesso in contesti dove le evidenze sono di per sé scarse, ed è quindi necessario che quelle presenti siano considerate efficaci. Per questo motivo i professionisti stessi devono imparare ad individuare autorevoli documenti di riferimenti che permettano di svincolarsi dalla pratica del “si è sempre fatto così” ma che utilizzino l’evidencebasedpractice come prerequisito per le scelte fatte sui pazienti. BIBLIOGRAFIA 1. 3. 4. 5. 6. Scottish Intercollegiate Guidelines Network Management of chronic venous leg ulcers A national clinical guideline August 2010 ISBN 978 1 905813 66 7 www.sign.ac.uk Baker SR, Stacey MC, Jopp-McKay AG, Hoskin SE, Thompson PJ. Epidemiology of chronic venous ulcers. Br J Surg 1991;78(7):864-7. Nelzen O, Bergqvist D, Lindhagen A. Venous and non-venous leg ulcers: clinical history and appearance in a population study. Br J Surg 1994;81(2):182-7. Callam MJ, Harper DR, Dale JJ, Ruckley CV. Chronic ulcer of the leg: clinical history. Br Med J (Clin Res Ed) 1987;294(6584):1389 91. Iglesias CP, Nelson EA, Cullum N, Torgerson DJ. Economic analysis of VenUS I, a randomized trial of two bandages for treating venous leg ulcers. Br J Surg 2004;91(10):1300-6. Mosti G, Mattaliano V, Polignano R, Masina M. Compression Therapy in the Treatment of Leg Ulcer; Acta Vulnologica Volume 7 – N° 3 – Settembre 2009. RISULTATI Le raccomandazioni indicano che la terapia compressiva agisce con effetti benefici sui sistemi di macrocircolo, microcircolo, linfatico ed arterioso. I criteri per la Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 57 Piacenza la costituzione di un percorso Giuseppe Mori, Laura Ribaldi Azienda USL di Piacenza AREA TEMATICA Sessioni parallele: gli Osservatori Aziendali in wound care in Emilia Romagna. BACKGROUND nel Novembre 2007 la Direzione Assistenziale Aziendale dell’USL di Piacenza istituisce il servizio di case manager delle lesioni cutanee. OBIETTIVI l’appropriatezza degli interventi in materia di lesioni cutanee tramite la consulenza, la supervisione, la presa in carico, la formazione e il management organizzativo per tutte le aree di cura e assistenziali aziendali. METODI uso di linee guida, e strumenti (scale di valutazione) validate, operatività e formazione sul campo, creazione di protocolli e standard di prodotti aziendali (appropriatezza e miglioramento clinico). RISULTATI raggiungimento degli standard / omogeneizzazione degli interventi/ formazione sul campo/ tracciabilità degli interventi. CONCLUSIONI il metodo e l’organizzazione adottata hanno creato un percorso virtuoso e prodotto un miglior rapporto efficacia/efficienza nel campo lesioni cutanee.. Il trattamento topico dei grandi ustionati: la chirurgia Davide Melandri Ospedale “M. Bufalini” – AUSL Cesena BACKGROUND Le ustioni superficiali guariscono spontaneamente entro due settimane. In tali situazioni è importante eseguire medicazioni idonee a tale obiettivo. Il trattamento delle aree di ustione profonda è chirurgico al fine di evitare infezioni, tempi troppo lunghi di guarigione ed esiti cicatriziali invalidanti dal punto di vista funzionale ed estetico. Esso si fonda sulla rimozione il più precocemente possibile (generalmente entro 48-72 ore dall’ustione) dei tessuti necrotici mediante un intervento definito escarectomia e sulla ricopertura delle aree bonificate con innesti dermo-epidermici autologhi. La chirurgia precoce riduce le infezioni, la mortalità, i sanguinamenti, la durata del ricovero e migliora gli esiti. L’escarectomia, cioè l’allontanamento strumentale dei tessuti necrotici, può essere superficiale tangenziale o profondo alla fascia. Gli innesti vengono di solito eseguiti nell’ambito della stessa seduta operatoria, prelevandoli da aree di cute sana del paziente con appositi strumenti che ne permettono di scegliere anche lo spessore. Se necessario, gli innesti possono essere espansi (mesh graft) più o meno ampiamente. In aree esteticamente importanti quali il volto e le mani si preferiscono innesti non espansi (interi). Oltre agli innesti autologhi, cioè prelevati dallo stesso paziente vengono talora utilizzati gli innesti omologhi, provenienti da donatore vivente ma soprattutto da ca- 58 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 davere grazie alla disponibilità delle Banche della Cute e utilizzati freschi o crioconservati e gli innesti eterologhi (generalmente di cute porcina) conservata sterilmente. Nei grandi ustionati a causa della scarsità di aree donatrici sane si possono utilizzare gli innesti composti, costituiti da scaffolds bioingegnerizzati o derma omologo di cadavere e di lamine di cheratinociti autologhi coltivati in laboratorio secondo la Tecnica di Cuono. L’utilizzo di sole lamine di epidermide coltivata non è tuttavia frequente a causa degli elevati costi del prodotto, dei tempi di attesa necessari per ottenere una quantità adeguata e dei rischi infettivi connessi ma, soprattutto, per la scarsa prevedibilità dell’attecchimento. Infatti, pur operando nelle più rigorose condizioni, l’attecchimento dei cheratinociti autologhi su fondi ben detersi e vascolarizzati è “random”, cioè assolutamente imprevedibile. Tale attecchimento migliora sensibilmente dopo posizionamento dei cheratinociti su idoneo supporto dermico. Un’altra metodica sempre più utilizzata nei grandi ustionati è quella di Alexander. Essa consiste in un’ampia espansione della cute autologa (a causa dell’esigua disponibilità) e nella sua copertura a sandwich con cute omologa di banca poco espansa. La cute omologa ha il compito di proteggere e promuovere la crescita della fragile cute autologa sottostante al fine di ottenere una guarigione definitiva. Studio multicentrico, a livello nazionale, sulle conoscenze nel wound care dell’infermiere che opera nei servizi di emodialisi Luca Innocentii Azienda Sanitaria Firenze BACKGROUND Il problema delle lesioni cutanee rappresenta un fenomeno noto soprattutto per gli ambiti che riguardano le lesioni da pressione, vascolari e diabetiche. Ancora poco conosciuto, invece, è l’ambito delle lesioni cutanee che si sviluppano nei pazienti sottoposti a trattamento emodialitico. Allo scopo di esplorare le conoscenze degli infermieri relative al wound care per questo target di pazienti, AISLeC (Associazione Infermieristica per lo studio delle Lesioni Cutanee) ha deciso di condurre uno studio multicentrico nazionale OBIETTIVI l’appropriatezza degli interventi in materia di lesioni Esplorare le conoscenze evidence based practice (EBP) nel wound care dell’infermiere che lavora in emodialisi. METODI uso di linee guida, e strumenti (scale di valutazione) Studio quantitativo realizzato mediante la sommini- strazione di questionari anonimi di autovalutazione. Saranno predisposti due questionari diversi uno per l’infermiere coordinatore e l’altro per gli infermieri. Entrambi i questionari saranno composti da domande a risposta chiusa. Le domande del questionario fanno riferimento alle Linee guida EPUAP. Il questionario per l’infermiere coordinatore avrà domande di carattere organizzativo. Il questionario per gli infermieri sarà diviso in due parti: la prima parte del questionario esplorerà le conoscenze teoriche dell’infermiere sul wound care e le domande prevederanno una risposta dicotomica (Sì / No); la seconda parte esplorerà la percezione delle competenze o delle abilità pratiche nel wound care mediante un’auto – valutazione eseguita con una scala modello Likert 1 – 5. il metodo e l’organizzazione adottata hanno creato un percorso virtuoso e prodotto un miglior rapporto efficacia/efficienza nel campo lesioni cutanee.. Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 59 Infermieristica Teatrale Andrea Filippini Libero Professionista AREA TEMATICA Infermieristica. BACKGROUND 40 anni, 21 dei quali come infermiere e da poco di più come attore e poi regista, sia teatrale che di cortometraggi. Dopo anni di convivenza e di continue contaminazioni reciproche tra i miei due grandi amori professionali, nel 2005 ho per la prima volta unito in modo formale queste passioni nell’elaborato di tesi per l’equipollente universitario del mio essere infermiere diplomato, classe ‘89. Una tesi di ricerca sperimentale sulla formazione “artistica” degli infermieri, attraverso l’ipotesi di un progetto di laboratori di “Infermieristica Teatrale” per unità operative, mirati, grazie alla mia esperienza in entrambi i campi, ad esplorare il connubio tra la nostra professione infermieristica e l’arte teatrale. La tesi mi ha permesso di analizzare le fondamenta teoriche e scientifiche di questa idea (esiste oggi una letteratura scientifica significativa sui benefici del sorriso e della risata, più banalmente conosciuta come comicoterapia) e di approfondirne aspetti pratici di implementazione e applicazione a situazioni ricorrenti nella pratica infermieristica. L’obiettivo centrale del progetto è rafforzare il “Care”, una dimensione integrante e fondamentale del nostro lavoro, anche se non di rado svalutata a causa di una enfasi quasi ossessiva sul “Cure”. Care è il prendersi cura della persona, non solo del corpo obbligato al box, ma anche dell’anima e della mente, e di conseguenza nutrirla con tutto ciò che necessita... amore, affetto, comprensione, sorrisi, risate, chiacchierate, in alcuni casi qualche lacrima... tu chiamale se vuoi... emozioni... Nei miei quasi dodici anni (1996-2007) in OncoEmatologia Pediatrica nell’ospedale S.Orsola di Bologna l’ho potuto constatare, praticare e vivere in prima persona (andando anche contro qualche tabù “sociale”) e con un equipe sempre nel cuore, nel trattamento, anche terminale, dove “Care” significa anche e soprattutto infondere serenità e forza ai genitori e alla stessa equipe assistenziale per affrontare al meglio la morte del bambino e gettare le fondamenta per “ricominciare” a vivere. Nel 2008 ho potuto lavorare all’ospedale T.Terzani a Lashkar Gah, nel Sud dell’Afghanistan e ho constato che il teatro piace anche agli afgani, “nonostante la guerra”, quindi per la legge dei grandi 60 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 numeri... anche ai talebani curati... io del resto, attuo il mio metodo, ma quello che mi auguro, a prescindere dal mio di progetto, è che si arrivi ad una presa di coscienza collettiva... dare la possibilità di fare teatro, almeno per un po’, vuole dire dare la possibilità a chi vuole... di tentare di ritrovarsi dentro di sè altri strumenti per relazionarsi con il prossimo. L’attenzione per il Care rappresenta una frontiera cruciale della pratica ospedaliera, nel trattamento delle persone anziane, adulte e quelle più piccole. Sto raccogliendo queste prime esperienze in un documentario, diciamo in stand-by e in un libro “spero... quasi pronto”. Per questo progetto ho cercato e trovato alcuni consulenti esterni (il mio “Hey Team”), tra cui una psicologa, per dare un riscontro con delle evidenze scientifiche del settore; li ringrazio tutti, ma proprio tutti, nessuno escluso, per avermi Donato la loro professionalità, disponibilità, ricerca e pazienza. Oltre ai vari dipartimenti sparsi nella penisola, enti o associazioni mossi da una propria e indipendente voglia di stimoli per migliorarsi sempre di più, continuerò a cercare un ospedale che abbia intenzione, voglia, possibilità e risorse per attuare il mio progetto di ricerca. Un infermiere che regala buonumore con la sua arte e la sua professionalità fa bene in primis a se stesso, poi all’equipe assistenziale e per ultime ma non per importanza, fa molto bene alle persone che si ammalano e al mondo che li circonda. OBIETTIVI Rafforzare il Care, e di conseguenza, per riflesso, anche il cure. METODI Laboratori con lezione teorica di gruppo e pratica di teatro applicato al mondo ospedaliero RISULTATI Non ho risultati scientifici non essendo stato accolto in maniera istituzionale e con tutto il progetto da alcun ente, ma i singoli laboratori, convegni e congressi aumentano sempre e in maniera esponenziale. CONCLUSIONI Il cure cura il corpo, il care si prende cura della mente, l’Infermieristica Teatrale si prende cura del care. La terapia iperbarica Emanuele Nasole Istituto Iperbarico SpA – Villafranca di Verona AREA TEMATICA Aggiornamenti in tema di lesioni diabetiche BACKGROUND La terapia iperbarica è la somministrazione di ossigeno in ambienti pressurizzati (camere iperbariche) al fine di aumentare la quota di ossigeno fisicamente dissolta nel plasma. La concentrazione ematica dell’ossigeno raggiunta in iperbarismo trasforma l’ossigeno in “farmaco” in quanto sono possibili e riproducibili azioni farmacologiche (neoangiogenesi, ad es.) dimostrate già in vitro, in vivo sull’animale e, infine, sull’uomo. Il razionale d’uso dell’OTI rende possibile, attraverso modelli matematici, la dimostrazione della sua funzionalità. Tuttavia, studi clinici metodologicamente di alto profilo hanno dimostrato che l’OTI aumenta il numero di pazienti guariti o migliorati e diminuisce il numero di amputazioni maggiori nel paziente diabetico. Il trattamento del paziente diabetico con ulcere cutanee dell’arto inferiore con ossigenoterapia iperbarica (OTI) è imprescindibile dal lavoro in rete con il chirurgo generale e vascolare, l’ortopedico, il diabetologo, il dermatologo, l’infettivologo, il laboratorio di batteriologia. La Consensus Conference ECHM di Ravenna del 2006, ha stabilito ed emanato le regole per avviare il paziente alla terapia iperbarica OBIETTIVI Focalizzazione dell’uso, funzionalità e timing dell’OTI nel percorso terapeutico del trattamento del paziente diabetico “Ulcerato” METODI Revisione della letteratura (Medline). RISULTATI Indubbiamente lavori di evidenzacome quello di E. Faglia (1996), hanno dimostrato già allora una significativa riduzione delle amputazioni maggiori nel pa- ziente diabetico arteriopatico sottoposto a OTI. Tale differenza emergeva a maggior ragione quando non era sempre possibile – come ora – rivascolarizzare il paziente, per le difficoltà dovute alle tecniche dell’inizio degli anni ‘90. Da allora non è stato più possibile avere a disposizione nuovi studi randomizzati controllati condotti secondo la metodologia del lavoro di Faglia, ma i lavori che sono succeduti hanno confermato quanto riportato da tale lavoro sia in termini di maggior numero di guarigioni, sia in termini –soprattutto di salvataggio d’arto. Pertanto, restano di fatto valide le linee guida SIMSI (condivise dalla SIAARTI) del 2007 che - per i pazienti affetti da piede diabetico - ha emanato o le raccomandazioni che seguono: 1).-E’ necessario attuare lo studio vascolare dell’ulcera diabetica con adeguato iter diagnostico, prima di avviare il paziente all’OTI; 2).-E’ necessaria la valutazione di una possibile rivascolarizzazione chirurgica; 3).-L’OTI è indicata elettivamente nelle ulcere diabetiche ischemiche in presenza di un flusso ematico efficace (PA Sist. alla caviglia>40 mmHg); 4)-L’ossimetria transcutanea guida alla corretta applicazione dell’OTI. Una pTcO2 basale >20mmHg risulta essenziale per l’indicazione all’OTI; 5)-L’OTI è elettiva nelle ulcere diabetiche ischemiche gravi (grado 3-5 Wagner) con alto rischio d’amputazione; 6)-La gangrena umida deve essere trattata con urgenza con OTI (anche prima di una possibile rivascolarizzazione); 7)-L’OTI assume solo un ruolo adiuvante nell’ulcera neuropatica. CONCLUSIONI Tali raccomandazioni allo stato attuale non appaiono assolutamente superate (VEDI www.simsi.org), ma necessitano di una revisione che prenda in considerazione la classificazione Texas University che valuta sia la compromissione tissutale sia la presenza o meno di infezione e ischemia e la definizione di ischemia critica prevista dalla TASC-II. Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 61 Istituzione Ambulatorio Vulnologico presso Azienda Ospedaliera di Parma Pedroni Egidio, Dellapina Monalda,Vallara Tiziana, Nouvenne Antonio AREA TEMATICA Wound Care BACKGROUND Le ulcere cutanee rappresentano un aspetto critico dell’assistenza (1); i dati epidemiologici più recenti riferiscono che circa il 2% della popolazione in Europa presenta ulcere cutanee con una distribuzione rispetto alla eziologia come segue: 40% vascolari su base venosa, 40% da decubito e 20% tutte le altre (arteriose, vasculitiche, infettive, autoimmuni etc) (2). Nei paesi anglossassoni questo fenomeno è affrontato da più tempo; la scelta che si è rivelata fra le più interessanti adottate dal ministero della salute inglese, è stata quella di investire sull’infermiere specializzato in wound care (3). Dal 2002 nel sistema sanitario inglese l’infermiere esperto in wound care può prescrivere antibiotici, medicazioni speciali, esami strumentali e diagnostici, gestisce e coordina long care, ambulatori infermieristici sul territorio e in strutture ospedaliere (4). In alcune regioni Italiane quali Lombardia, Friuli e Veneto si stanno sperimentando modelli organizzativi ispirati a quello anglosassone con l’individuazione di centri di riferimento per pazienti affetti da ulcere cutanee croniche. I risultati preliminari, che si riferiscono ad un periodo di 12 mesi dalla costituzione del centro di riferimento presso la AUSL di Padova e Trieste, sono stati presentati nell’ambito del congresso interregionale dell’Associazione Italiana Ulcere Cutanee (AIUC) tenutosi a Padova nel 2009 (5). Sono emerse interessanti informazioni di carattere gestionale e clinico assistenziali quali la riduzione dei costi correlati alla ospedalizzazione (tempi lavoro del personale, consumi/ spreco materiali e medicazioni avanzate etc), ed una riduzione dei tempi di guarigione dei pazienti seguiti e curati secondo le raccomandazioni e le linee guida internazionali in wound care. Nella nostra Azienda disponiamo oggi di professionisti esperti e specializzati in wound care che possono promuovere iniziative di miglioramento nella gestione di un fenomeno come quello delle ulcere cutanee croniche. La recente pubblicazione del Protocollo sulla Gestione delle Medicazioni Avanzate e Speciali (Aprile 2009) che la Commissione Provinciale del Farmaco ha chiesto di elaborare alle due aziende sanitarie di Parma (ma che solo l’A- 62 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 zienda Ospedaliero-Universitaria ha concluso) è solo un esempio di lavoro in team multisciplinare. Il centro di riferimento per la gestione di pazienti affetti da ulcere cutanee croniche dovrà seguire questa strada che si realizza quando le competenze di discipline diverse vengono utilizzate senza che ciascuna debba mutare le proprie prospettive concettuali o i propri metodi ma mettendoli a disposizione del team. Ciò comporta la messa a confronto di ottiche diverse, la consapevolezza della parzialità di ciascuno e nello stesso tempo della sua indispensabilità e deve essere centrato sul paziente che non pùò essere considerato soggetto passivo sul quale riversare tutte le cure ma diviene soggetto partecipe alla risoluzione delle cure (6). OBIETTIVI Sulla base dell’ esperienza acquisita nei cinque anni di gestione dell’Osservatorio, si evidenzia come oltre alle lesioni da decubito, esista un numero sempre più importante di pazienti ricoverati con ulcere croniche “difficili” per la complessità e la difficoltà di guarigione (11). Un numero importante di questi pazienti è stato preso in carico dall’Osservatorio in stretta collaborazione con i medici resposabili clinici di UU.OO potendo proseguire le cure negli ambulatori dipartimentali sino al raggiungimento della guarigione. Queste esperienze hanno consentito alle UU.OO. di ridurre i tempi di ospedalizzazione, di garantire continuità di cure appropriate e di restituire il paziente ad una vita sociale, familiare e lavorativa in tempi più rapidi. Da qui la proposta di attivare un ambulatorio specifico a gestione prevalentemente infermieristica per la cura di ulcere cutanee croniche a difficile e lenta risoluzione dove le funzioni dell’infermiere esperto in wound care possono essere così riassunte: • svolgere una corretta diagnosi avvalendosi, se necessario, della consulenza di altri esperti professionisti (internista, geriatra, chirurgo plastico, vascolare, dermatologo, infettivologo, diabetologo, nutrizionista, psicologo) • valutare e scegliere la medicazione ideale • prevenire recidive ulcerative mediante una costante attività di educazione sanitaria verso i pazienti e i care givers al fine di prevenire recidive ulcerative • Riduzione dei tempi di ospedalizzazione per pazienti con ulcere complicate durante la fase di ricovero • Presa in carico di pazienti con ulcere croniche provenienti da altri servizi: ambulatori divisionali, DH dipartimentali, distretti e servizi territoriali • Ulteriore razionalizzazione ed appropriatezza nell’utilizzo dei presidi antidecubito, medicazioni avanzate, speciali e tecnologiche METODI COLLOCAZIONE: l’ambulatorio potrà essere realizzato al 2° piano del padiglione Barbieri, come proposto dal Direttore dell’UO Medicina Interna e Lungodegenza Critica nell’ambito della Giunta del Dipartimento Medico Geriatrico Riabilitativo in data 27/01/2010. RESPONSABILITA’ MEDICA: la responsabilità medica farà capo al Direttore della UO Medicina Interna e Lungodegenza Critica Prof. Loris Borghi che si è reso disponibile. COORDINAMENTO: il coordinamento, la responsabilità organizzativa e la cura dei pazienti farà capo al responsabile dell’Osservatorio Ulcere Cutanee Sig. Egidio Pedroni, coadiuvato da Sig.ra Tiziana Vallara, Coordinatrice della UO in cui è collocato l’ambulatorio stesso. MODALITA’ DI ACCESSO: le modalità per l’accesso all’ambulatorio sono: 1. Richiesta di consulenza inoltrata dalle UU.OO. per paziente ricoverato 2. Richiesta di consulenza inoltrata dalle UU.OO. per paziente post ricovero 3. Richiesta di consulenza inoltrata da DH/Ambulatori dipartimentali 4. Pazienti ambulatoriali tramite accesso diretto. PRESA IN CARICO: il paziente verrà preso in carico in ambulatorio, si compilerà la cartella vulnologica contenente la storia del paziente con ulcera, che verrà aggiornata ad ogni accesso fino alla dimissione. DIMISSIONE: al termine del percorso di cura, verrà rilasciata una relazione conclusiva da consegnare, oltre che al paziente, al care giver e/o case manager territoriale per il proseguimento degli eventuali trattamenti. trattamenti. APERTURA AMBULATORIO: si ipotizza di iniziare con tre giorni settimanali (lunedì, mercoledì e venerdì dalle ore 9 alle ore 13); Sulla base delle richieste che giungeranno all’ambulatorio infermieristico, si valuterà l’ampliamento della fascia oraria di apertura. RISORSE UMANE: inizialmente l’attività verrà gestita dal responsabile dell’Osservatorio in collaborazione con la Coordinatrice Tiziana Vallara; in relazione all’esercizio svolto, potrà essere necessario incrementare sia l’apertura dell’ambulatorio sia la presenza di una unità infermieristica che dovrà essere esperta in wound care. RISORSE STRUMENTALI: allo stato attuale le risorse strumentali necessarie (lampada alogena dermatologica con stativo regolabile, macchina lavaferri, carrello multifunzione per medicazioni, lettino polifunzionale, parete attrezzata) sono già in parte acquisite od acquisibili attraverso la più ampia dotazione prevista per l’attivazione del 2° piano del Barbieri già in fase di ristrutturazione (il completamento è previsto entro l’estate). Peraltro, un’ulteriore attrezzatura di grande importanza per tale servizio (ecografo Siemens Acuson X300 5.0) sarà messo a disposizione dal Prof. Borghi grazie ad una donazione a lui effettuata per la Scuola di Specializzazione in Medicina d’Emergenza-Urgenza. RISULTATI Nel periodo di riferimento di tre mesi (dal 14.12.2010 al 14.3.2011) il numero delle prestazioni eseguite in regime ambulatoriale sono state 360. Il numero delle prestazioni eseguite in regime di post ricovero, DH, ed altri servizi ospedalieri è quantificato 120. CONCLUSIONI Rispetto agli obiettivi prefissati si può affermare che in riferimento al numero delle attività e delle prestazioni effettuate sarà necessario incrementare a 5 giorni settimanali l’attività ambulatoriale. La rete con i servizi territoriali è un processo che si sta consolidando attraverso lo scambio di informazioni e relazioni che avvengono quotidianamente con le diverse figure professionali dedicate alla presa in carico del paziente nel critico passaggio fra territorio ed ospedale e viceversa. Gli sforzi futuri dovranno pertanto puntare a rendere visibili tutte queste attività e relazioni che ad oggi appaiono invisibili. Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 63 Risultati di un audit di verifica di un protocollo aziendale Pinelli Luigia Azienda Ospedaliera “Ospedale di Circolo di Busto Arsizio” BACKGROUND Nell’Azienda Ospedaliera di Busto Arsizio un Gruppo Operativo si occupa del governo delle lesioni da pressione e dal 1998. Il gruppo ha implementato un protocollo per la prevenzione e per il trattamento di queste lesioni. E’ stata fatta formazione degli operatori con corsi d’aula che ha coinvolto l’ 80% degli operatori delle Unità Operative coinvolte. Per la verifica della ricaduta formativa è stato somministrato un questionario a distanza di 6 mesi dal corso. Il monitoraggio dell’applicazione del protocollo avviene attraverso l’elaborazione trimestrale di un indicatore di performance che valuta quanti pazienti vengono valutati per il rischio di lesioni da pressione e quanti pazienti a rischio peggiorano lo stato delle lesioni durante il ricovero. OBIETTIVI Creare un punto di collegamento tra il Gruppo Operativo e le Unità Operative per verificare l’applicazione del protocollo in modo puntuale. Individuare per ogni Unità Operativa un referente per le lesioni da pressione per condividere un percorso di formazione sul campo con i componenti del Gruppo Operativo. METODI Attraverso la Formazione sul Campo AUDIT è stato 64 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 individuato un Referente per le lesioni in ogni Unità Operativa che ha condiviso, con i componenti del Gruppo Operativo, un percorso di verifica dell’applicazione del protocollo e ha coinvolto la propria equipe assistenziale in un processo di miglioramento continuo. RISULTATI L’audit ha permesso di: • conoscere meglio il protocollo • migliorare la valutazione del paziente • rendere più funzionale la documentazione assistenziale • applicare più correttamente i criteri di scelta dei sistemi di prevenzione e delle medicazioni • individuare le problematiche specifiche per ogni Unità Operativa, coinvolgendo i Coordinatori e l’intera equipe nella soluzione del problema CONCLUSIONI Nell’implementazione di un protocollo aziendale la fase di verifica non è semplice da governare. L’esperienza della formazione sul campo ha permesso di coinvolgere tutte le Unità Operative nel processo di verifica facendo emergere gli errori. Gli operatori sono stati direttamente coinvolti per applicare correttamente le attività assistenziali previste dal protocollo aziendale di prevenzione e trattamento delle lesioni da pressione. L’organizzazione risponde: un’assistenza efficace e appropriata Marino Dell’acqua, Maria Josè Rocco Azienda Ospedaliera Ospedale Civile di Legnano AREA TEMATICA Organizzazione-gestione-qualità BACKGROUND Il tema delle lesioni cutanee, a cominciare dalle LdP, da sempre è stato di interesse della professione infermieristica che se ne è fatto carico. Oggi ci sono competenze infermieristiche avanzate in merito e contemporaneamente vi è un’esigenza forte di rivedere i modelli organizzativi per rispondere in modo efficace ed efficiente ai bisogni sanitari. Il S.I.T.R.A. dell’A.O. Ospedale Civile di Legnano, attraverso un progetto avviato nel 2004, governa l’intero processo relativo al tema degli assistiti con lesioni cutanee di diversa origine. OBIETTIVI 1. contenere la contrazione di LdP nelle nostre strutture ospedaliere in un’ottica di elevata qualità dell’assistenza infermieristica 2. aumentare le competenze dei professionisti nella prevenzione e nella cura di LdP e di lesioni cutanee in genere 3. ottimizzare l’utilizzo delle risorse tecnologiche disponibili 4. monitorare il fenomeno in maniera omogenea, completa e con sistematicità su tutta l’Azienda Ospedaliera METODI • Sviluppo delle competenze di base e avanzata attraverso percorsi di formazione/addestramento e il collegamento con la formazione universitaria (Master) • Creazione di una rete di “Infermieri Referenti di Settore lesioni cutanee” • Indagini di prevalenza ed incidenza relative alle LdP • Gestione complessiva dell’acquisizione delle tec- nologie (preparazione, realizzazione, monitoraggio continuo delle gare di ausili e presidi) • Elaborazione e diffusione di protocolli di cura e di prevenzione • Attivazione di ambulatori infermieristici specifici • Creazione di collegamento con il territorio afferente alle nostre strutture ospedaliere e con gli altri ambulatori specialistici inter ed extra regionali. RISULTATI A distanza di 6 anni c’è grande soddisfazione per i livelli ottenuti: • riduzione della prevalenza di LdP negli anni, • livello di competenze professionali infermieristiche raggiunte e forte rete professionale creata all’interno dell’A.O. e con il territorio • riconoscimento di tali competenze da parte degli altri professionisti sanitari e soddisfazione degli infermieri con competenze avanzate • attivazione di 2 ambulatori infermieristici per la gestione delle lesioni cutanee e per la soddisfazione degli utenti che accedono a questi • governo della spesa legata alle tecnologie (presidi e ausili) CONCLUSIONI Per gestire un processo è necessario averne il governo completo, presidiando tutte le fasi e tutti gli aspetti. Solo con una forte alleanza tra la componente clinicoassistenziale e quella organizzativo-gestionale, della professione infermieristica, e con un comune progetto integrato si possono ottenere risultati di efficacia e di efficienza. La competenza dimostrata e dimostrabile, all’interno di un preciso disegno, rappresenta il punto di partenza per lo sviluppo e il riconoscimento professionale agli occhi dei cittadini, degli amministratori e delle altre professioni sanitarie. Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 65 Il fenomeno ldp: risultati di una indagine epidemiologica regionale, la Toscana Maurilio Rossi Consigliere AISLeC AREA TEMATICA Epidemiologia BACKGROUND Negli anni 2005-2006, in collaborazione con l’Università di Firenze (Dipartimento di Igiene e Sanità pubblica), l’Osservatorio Qualità ed Equità della Regione Toscana, ha coordinato un Progetto regionale dedicato alla prevenzione e al controllo delle lesioni da pressione e in collegamento con la diffusione di Linee Guida regionali, curate dal Consiglio Sanitario Regionale e pubblicate dal Sistema Nazionale Linee Guida. Il progetto si proponeva di: • rilevare la prevalenza del fenomeno in Toscana • raccogliere informazioni baseline sull’utilizzo dei presidi antidecubito • contribuire alla diffusione delle raccomandazioni regionali • contribuire alla formazione di base degli infermieri • identificare ambiti di possibile intervento per il miglioramento delle azioni di prevenzione Dopo una prima indagine pilota, conclusa nel 2005 in 16 centri (ospedali, distretti ed RSA), è stata realizzata nel 2006 un’indagine regionale, con la partecipazione di oltre 800 infermieri, precedentemente formati, che hanno raccolto informazioni al letto di circa 20.000 pazienti, ricoverati in 44 ospedali regionali (di cui 3 aziende ospedaliere universitarie), o assistiti in 37 distretti del territorio e 57 RSA pubbliche. La progettazione e realizzazione dell’indagine è stata anche l’occasione per un primo censimento di operatori con formazione ed esperienza specifiche nella prevenzione e trattamento delle ulcere cutanee. Nel 2007 è proseguita l’attività di coordinamento del gruppo regionale ‘ulcere da pressione’ e degli infermieri esperti in wound care e la Collaborazione con il Centro GRC per la stesura di ‘buone pratiche” per le UdP. Negli anni successivi la rilevazione del rischio e della presenza di ulcere da pressione è stata inclusa nel Progetto regionale Qualità, equità e sicurezza nelle RSA. OBIETTIVI Condurre un’indagine epidemiologica relativa alla prevalenza delle lesioni da pressione sull’intero territorio della regione Toscana. METODI Attraverso la collaborazione di referenti esperti è stata con- 66 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 dotta una rilevazione nel mese di maggio 2006 presso tutte le strutture sanitarie pubbliche della regione Toscana: 40 Ospedali, 4 Aziende Ospedaliere, 37 Distretti e 56 Centri Residenziali (RSA).Sono stati esclusi dalla rilevazione gli ambulatori e alcuni reparti medici e chirurgici rivolti a pazienti con bassissimo o nullo rischio di insorgenza di udp, quali Astanteria/PS/DEA, Day hospital, Dermatologia, Neuropsichiatria infantile, Nursery, Tossicologia, Servizi ambulatoriali, Day surgery, Oculistica, Chirurgia della mano, Chirurgia maxillo-facciale, Odontoiatria, Ostetrici e ginecologia, Otorinolaringoiatria. RISULTATI Nell’indagine sono stati esaminati 16689 pazienti. E’ stato rilevato che il 31,4 % dei soggetti valutati in Aziende Ospedaliere e Ospedali è risultato a rischio, secondo Braden. Nei distretti i soggetti a rischio rappresentavano il 53,8% del campione, mentre nelle RSA risultavano a rischio il 40,3% . Relativamente alle strutture ospedaliere, il 10,16% dei pazienti esaminati, presenta un’UdP al momento della rilevazione. La prevalenza di UdP di II grado o superiore è risultata il 6,34%. Nell’area distretti si è rilevato che il 30,4% dei soggetti rilevati era portatore di udp al momento dell’indagine e la prevalenza delle ulcere di II grado e superiore è stata del 26,9 %. Per quanto riguarda le RSA il 9,8% presentava udp al momento della rilevazione e il 7,4% aveva lesioni di II grado e superiore. La prevalenza maggiore è osservata in 3 aree assistenziali: Terapia Intensiva (12,1%), Geriatria (12,7%) e Riabilitazione (17,6%). Dall’analisi relativa alla rilevazione nell’area ospedaliera della Regione Toscana è stato rilevata una prevalenza complessiva del 10,16% , nell’area distretti 30,42% e nell’area RSA 9,83%. CONCLUSIONI Il fenomeno delle Lesioni da pressione continua ancora ad interessare una grossa fetta della popolazione allettata, soprattutto in ragione dell’età e della presenza di comorbilità. La possibilità di disporre di dati aggiornati relativi alla stima del fenomeno, permette ai professionisti di evidenziare il problema ed impostare corretti piani di prevenzione e di cura; agli organizzatori di effettuare scelte strategiche anche in funzione della necessità di progettare e prevedere investimenti sia in termini economici che umani; ai caregiver di identificare ed imparare a gestire la situazione del rischio quando i pazienti vengono assistiti al domicilio; ai pazienti di richiedere interventi efficaci, appropriati e tempestivi sia nell’ambito della prevenzione che in quello della cura. Aggiornamenti in tema di lesioni diabetiche. Indicazioni dalle ultime LG NICE Sammartino Angela Azienda Istituti Ospitalieri Di Cremona AREA TEMATICA Piede diabetico BACKGROUND Le lesioni cutanee del piede dei pazienti diabetici rappresentano quotidianamente una sfida complessa per gli operatori sanitari. Le stime riguardanti questo problema ci dicono che dal punto di vista epidemiologico le complicanze del diabete ci porteranno a trattare un numero sempre maggiore di pazienti. La complessità della cura non si riduce nella scelta della medicazione, ma si gioca nel campo dell’educazione sanitaria, sull’autocontrollo, sulla gestione delle attività quotidiane. La patologia del piede diabetico deve essere considerata una sindrome. L’ulcera può verificarsi in qualsiasi parte del piede, circa la metà si sviluppano sulla faccia plantare ( incluso l’alluce) e l’altra metà nelle altre aree. In generale l’ulcera diabetica del piede può essere suddivisa in neuropatica, neuro-ischemica, e solo ischemica, e in parte con fisiopatologia mista. Le lesioni diabetiche del piede sono spesso il risultato di una combinazione di due o più fattori di rischio che si verificano insieme. E’ solo riconoscendo i fattori capaci di influenzare negativamente la prognosi, la correzione siamo in grado di ridurre il numero delle amputazioni nella popolazione bersaglio diabetica, quindi l’importanza di definire strategie terapeutiche in vari tipi di sindrome è fondamentale. OBIETTIVI Da circa metà degli anni’90 l’ Evidence-Based-Medicine, ha avuto un’ulteriore diffusione con il progressivo interesse per le linee guida, intese come “ raccomandazioni di comportamento clinico, prodotte attraverso un processo sistematico della letteratura, allo scopo di assistere sia i medici che i pazienti nella scelta delle modalità di assistenza più appropriate e in specifiche circostanze cliniche”. valutare la forza degli elementi di prova, estrae le informazioni pertinenti e quindi applica la prova nella pratica del mondo reale. In un’epoca in cui le risorse sono sempre più limitate e l’emergenza epidemiologica del diabete è tutt’altro che superata vi è un crescente bisogno di seguire protocolli di cura dettati dalle conoscenze scientifiche e basati su linee guida condivise RISULTATI E’ frequentissimo imbattersi in comportamenti poco corretti per la cura delle lesioni del piede, di interventi inutili o dannosi ad opera di operatori sanitari o medici, dettati dall’improvvisazione. E’ su questi concetti che si basa la medicina moderna, come ad esempio gli ultimi aggiornamenti delle Linee Guida NICE, ed in linea con questi principi, si muovono anche le Linee Guida per la cura del piede diabetico come: Consenso Internazionale sul piede diabetico, le Linee Guida pratiche per la gestione e prevenzione del piede diabetico, tradotte e compilate dal Gruppo Internazionale di studio del piede diabetico. CONCLUSIONI Tutte le Linee Guida elaborate a livello Internazione e Nazionale, vengono messe a disposizione a tutti i professionisti che si occupano della sindrome del piede diabetico, allo scopo di rappresentare una guida sicura nel percorso di cura come potente strumento di razionalizzazione delle cure e di omogeneizzazione dei percorsi assistenziali. METODI Questo approccio definisce la necessità di interventi medici supportato dalle prove; il clinico incaricato di Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 67 La nutrizione nel paziente stomizzato Sidoli Oreste Azienda Usl di Parma AREA TEMATICA Wocn. Wound Ostomy and Continence Nurse: il wound care e le stomie. BACKGROUND Nonostante il continuo impegno della comunità scientifica nella prevenzione e nel trattamento delle principali patologie che possono condurre al confezionamento di una stomia uro-digestiva (neoplasie, malattie infiammatorie, divericolosi ecc) ed al miglioramento delle tecniche chirurgiche che eventualmente si rendessero necessarie, i professionisti sanitari sono coinvolti in tutte le fasi del processo riabilitativo. In tale processo l’aspetto dell’alimentazione e della nutrizione può richiedere l’intervento di esperti in modo da personalizzare il trattamento prevenendo o riducendo le possibili complicanze. OBIETTIVI Fornire ai pazienti portatori di stomie uro-digestive ed ai professionisti sanitari strumenti informativi e formativi inerenti gli aspetti nutrizionali in relazione alla patologia di base, alle pregresse abitudini alimentari, agli aspetti sociali e religiosi. METODI Analisi della principale letteratura scientifica di riferimento con particolare attenzione ai recenti studi correlati alle intolleranze ed allergie alimentari in particolare in pazienti in età pediatrica. Analisi degli aspetti organizzativi e gestionali necessari in ambito ospedaliero, residenziale o domiciliare. RISULTATI Nonostante sia sempre necessaria la personalizzazione della dieta da destinare a pazienti portatori di stomie uro-digestive, sia in caso di alimentazione per OS sia in caso di trattamento di nutrizione artificiale, in letteratura (articoli scientifici, manuali ecc.) sono descritti i principali alimenti con le rispettive indicazioni e controindicazioni che devono essere conosciute, applicate e divulgate nel rispetto delle caratteristiche etniche, sociali e religiose. CONCLUSIONI Professionisti sanitari esperti o, meglio, dedicati (dietisti, dietologi, nutrizionisti, stomaterapisti ecc) rivestono e dovrebbero rivestire un punto di riferimento sia per i pazienti sia per i loro famigliari o caregiver seguendo ed adeguando progressivamente l’evoluzione e l’auspicato miglioramento del processo riabilitativo. La ferita psichica Barbara Novelli Ospedale “M.Bufalini”, AUSL Cesena AREA TEMATICA Il wound care nelle ustioni BACKGROUND nel Novembre 2007 la Direzione Assistenziale Aziendale dell’USL di Piacenza istituisce il servizio di case manager delle lesioni cutanee. OBIETTIVI Una ustione importante rappresenta sempre per la persone un evento violento che ne lede profondamente l’identità psicofisica. Tale considerazione è di fondamentale importanza per poter intervenire come operatori sanitari al meglio quando ci si trova di fronte ad un paziente ustionato. METODI 68 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 Il contenuto della relazione si basa sulla letteratura internazionale e sull’esperienza diretta di Psicologo presso il CGU di Cesena da 15 anni RISULTATI Si tratteranno il tema del dolore, del Disturbo Posttraumatico da Stress, della sintomatologia depressiva, del dolore e della paura del dolore, dell’alterazione dell’immagine corporea, della Qualità della Vita nelle persone colpite da ustione CONCLUSIONI Una panoramica sintetica ma esaustiva delle ripercussioni psicologiche di una grande ustione va a completare la formazione infermieristica con quelle informazioni che aiutano nell’approccio relazionale con tale tipo di paziente Il trattamento topico delle ustioni minori Alberto Apostoli Azienda Spedali Civili di Brescia AREA TEMATICA Simposio pre congressuale- Il wound care delle ustioni BACKGROUND Le ustioni minori rappresentano un evento traumatico frequente, benché siano carenti le indagini epidemiologiche mirate. La qualità della ricerca clinica in questo campo è estremamente limitata e molti sono gli aspetti clinici controversi. Anche il professionista sanitario ha talora conoscenze poco aggiornate riguardo al trattamento locale. OBIETTIVI Conoscere i trattamenti locali più adeguati, evidenziandone i limiti e gli ambiti di utilizzo. Riconoscere gli aspetti assistenziali controversi. METODI Revisione e analisi critica della letteratura infermieristica e medica, dando spazio all’esperienza del professionista riletta alla luce delle conoscenze più recenti RISULTATI Le proprie conoscenze riguardo al trattamento topico delle ustioni minori risulteranno corrette e aggiornate CONCLUSIONI L’ambito del trattamento delle ustioni minori è poco rappresentato dalla ricerca clinica. Molti aspetti devono essere ancora essere chiariti. La conoscenza su cosa è meglio e possibile oggi per il mio paziente passa attraverso l’aggiornamento e la valutazione critica della letteratura, sul confronto tra esperienze e sulla valutazione degli obiettivi specifici per ogni singolo paziente. Aspetti peculiari nel trattamento riabilitativo dell’ustionato. Daniela Arena,Danila Toscano,Sara Rossa A.S. C.T.O. –M.Adelaide -Torino AREA TEMATICA Riabilitazione Ustioni e Cicatrici BACKGROUND Il ruolo della riabilitazione è fondamentale nel minimizzare e prevenire le disabilità a lungo termine dopo un’ustione, e deve affiancarsi precocemente alla terapia rianimatoria, medica e chirurgica e continuare fino alla completa stabilizzazione cicatriziale. OBIETTIVI Raccogliere quante più informazioni possibili sulla riabilitazione del paziente ustionato in Italia e creare un rapporto di conoscenza tra i fisioterapisti italiani che lavorano sul paziente ustionato dalla fase acuta alla fase degli esiti. METODI E’ stato realizzato un questionario (composto da 40 domande) ed è stato inviato alla Struttura Complessa di Recupero e Riabilitazione Funzionale delle Aziende Ospedaliere italiane in cui sono presenti i Centri G.U. per raccogliere dati sul trattamento riabilitativo effettuato in fase acuta, post-acuta e degli esiti cicatriziali nei pazienti ustionati. RISULTATI Sul totale di 15 questionari inviati, 11 sono stati rinviati compilati e da questi emergono dati comuni alla maggior parte dei centri G.U. CONCLUSIONI Lo studio è stato utile per delineare la situazione italiana nel trattamento del paziente ustionato ed incrementare l’informazione e lo scambio di conoscenze tra gli operatori che operano nel settore. Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 69 Quando l’infermiere diventa paziente. Uno studio qualitativo sull’impatto professionale dell’esperienza di malattia Giovanna Baccillieri A.O. ICP-CTO Milano AREA TEMATICA A tutto c’è un limite…, l’importanza dell’ascolto BACKGROUND nonostante la letteratura internazionale abbia indagato già dagli anni ’70 l’esperienza dell’infermiere che si ammala e l’impatto della malattia sull’agire professionale, in Italia non esistono ricerche scientifiche sull’argomento, ma solo testimonianze autobiografiche. OBIETTIVI indagare come impatta l’esperienza di malattia sull’infermiere italiano, che si trova a vivere il doppio ruolo di operatore e paziente. METODI Interviste semi-strutturate in profondità, registrate e analizzate attraverso un metodo di ricerca qualitativo misto, fenomenologico e della Grounded Theory, dando alla ricerca un taglio narrativo. RISULTATI L’infermiere che si ammala vive come tutti la malattia in modo soggettivo ma, oltre all’esperienza personale, egli vive parallelamente un’esperienza professionale che può metterne in crisi convinzioni e ruoli. Dall’analisi delle interviste sono emersi undici temi, raggruppabili in due aree: A. Esperienza di malattia grave (comune a tutti i pazienti) con tre temi aspecifici: 1. sconvolgimento dell’esistenza; 2. carenza d’informazioni ricevute; 3. malattia come opportunità di crescita personale. B. Temi specifici dell’infermiere che si ammala: 4. percezione di vantaggi ma anche di svantaggi nel percorso di cura; 5. maggiore consapevolezza sulla malattia ma anche esigenza di essere forti; 6. delusione delle aspettative sulle cure; 7. non riconoscersi più nel gruppo infermieristico; 8. ambiguità di ruolo; 70 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 9. malattia come opportunità di crescita professionale; 10. importanza di trasmettere la propria esperienza; 11. volontà-necessità di essere promotori di cambiamento. CONCLUSIONI I risultati rafforzano l’idea che la capacità di ascolto sia una competenza cruciale dell’infermiere, che viene percepita come irrinunciabile anche quando l’operatore si ammala. Indagare le cosidette qualità secondarie, quelle difficilmente sondabili con la ricerca quantitativa come le emozioni e i sentimenti, può aiutare l’infermiere a considerare l’alterità della persona presa in carico, a superare il limite dettato da schemi troppo rigidi e ammettere così la titolarità della persona nel processo di cura . Rafforzano inoltre l’idea che nuove metodologie formative basate sull’analisi di illness experiences, anche di infermieri, possano essere un potente strumento di apprendimento nella formazione infermieristica di base/continua. Valutare e classificare le alterazioni della cute peristomale oggi: quale approccio? Daniela Battilana Azienda Ospedaliera San Camillo Roma AREA TEMATICA Il Wound care e le stomie - la classificazione delle alterazioni cutanee METODI Confronto fra le scale di classificazione e sui metodi di realizzazione degli strumenti BACKGROUND In letteratura sono riportati molteplici studi di ricerca in cui si afferma che le lesioni della cute peristomale rappresentano una delle complicanze che più frequentemente si presentano all’osservazione degli operatori. Definire e utilizzare strumenti all’uopo predisposti per la classificazione delle alterazioni della cute peristomale risulta importante non solo da un punto di vista clinico ma anche perché , con l’uniformità dell’approccio, si facilita la comunicazione e l’interpretazione della condizione clinica rilevata tra gli operatori che intervengono nel processo di risoluzione del problema. L’AIOSS nell’ultimo decennio ha attivato e coordinato tre studi di ricerca finalizzati a definire strumenti e modalità di valutazione e classificazione delle alterazioni della cute peristomale, che hanno consentito di sviluppare proposte evolutive in tale campo. RISULTATI Gli strumenti di classificazione proposti sottolineano il processo di miglioramento dell’approccio clinico in questo ambito disciplinare. Le diverse fasi di sviluppo sono il frutto di una dinamica evoluzione dei saperi professionali ed ognuna di esse ha costituito il punto di partenza per quelle successive. Ogni scala di classificazione è costituita da criteri di valutazione diversificati ed ognuna fa presupporre l’opportunità di ulteriori considerazioni per costruire uno strumento di eccellenza. OBIETTIVI Considerare metodologie e strumenti di classificazione delle alterazioni della cute peristomale proposti dall’AIOSS identificandone vantaggi e limiti. CONCLUSIONI La situazione italiana analizzata non si discosta da quella internazionale. L’AIOSS, in un ottica di promozione e sviluppo delle competenze professionali continua il suo impegno per arrivare a delineare strumenti di classificazione sempre più funzionali al miglioramento della pratica clinica. L’obiettivo ultimo è quello di poter proporre alla comunità professionale italiana e internazionale una scala di classificazione che per le sue caratteristiche possa essere riconosciuta e adottata universalmente. Uno studio di prevalenza alle allergie dei prodotti di medicazione Tommaso Bianchi, Angela Peghetti Azienda AUSL Bologna – Uoc Dermatologia AREA TEMATICA Allergologia , medicazioni avanzate, wound care BACKGROUND I dati relativi alla prevalenza delle dermatiti allergiche da contatto in Italia sono frammentari e scarsi OBIETTIVI Ottenere dati di prevalenza delle dermatiti allergiche da contatto derivate dall’uso di medicazioni a base di idrocolloidi nei pazienti con ferite croniche e confron- tarli con la popolazione non affetta da ferite croniche METODI Esecuzione di patch test con apteni derivati da idrocolloidi in un campione multicentrico di pazienti afferenti a centri di wound care confrontandoli con popolazione non affetta da ferite croniche afferente a centro di dermatologia allergologica RISULTATI Lo studio è in corso di esecuzione: i risultati verranno discussi e presentati nella sessione congressuale Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 71 Dolore problema irrisolto ? Ciro Caruso ASL Na 1 Regione Campania P.O. San Giovanni Bosco AREA TEMATICA Dolore BACKGROUND Che sappiamo del dolore OBIETTIVI Studi metodologici che hanno mostrato e quali limiti hanno. RISULTATI Sino al talamo sappiamo abbastanza della nocicezione ma dal talamo in poi. CONCLUSIONI Il nostro sapere sul dolore e la sofferenza è ancora molto poco Il documento di posizionamento AISLeC nell’ambito della valutazione delle ulcere da pressione Caula C*, Peghetti A, Apostoli A *Distretto di Vignola, AUSL Modena AREA TEMATICA Prima sessione, 13 maggio 2011 BACKGROUND II recenti sviluppi normativi, organizzativi, didattici, deontologici ecc che hanno riformato la professione dell’infermiere hanno determinato una crescente attenzione al metodo ed agli strumenti con cui l’assistenza viene erogata. 1 Il ricorso a strumenti di valutazione delle ulcere da pressione risponde all’esigenza di quel “miglioramento continuo della capacità di assistere, in termini di sicurezza, efficacia, efficienza” 2 al quale, in quanto professionisti della salute, dovremmo sottendere in primis nella fase diagnostica del processo di assistenza “la cui principale finalità è di supportare l’infermiere nella sistematizzazione della raccolta delle informazioni”. 2 In questa prospettiva AISLeC si è prefigurata la realizzazione di un documento di posizionamento, mediante una rassegna e valutazione critica della letteratura pubblicata, integrata con il parere di un panel di esperti. Le indicazioni, formulate adottando il metodo GRADE, saranno anticipate nel corso del Congresso Nazionale. BIBLIOGRAFIA 1. IP.AS.VI., I quaderni dell’infermiere. Le scale di valutazione, Supplemento de L’infermiere, 6, 2003. 2. Sasso L. (2008) in Santullo A. Le scale di valutazione in sanità. McGraw-Hill. pag XIV Paziente ustionato, il trattamento in emergenza: quale assistenza? M.Bartolomei – A. Monesi – S. Musolesi ASL Na 1 Regione Campania P.O. San Giovanni Bosco AREA TEMATICA Ustioni METODI ricerca sulle principali banche dati scientifiche. BACKGROUND Fisiopatologia delle ustioni RISULTATI confronto dei metodi facilitati dall’esposizione di un caso clinico OBIETTIVI Illustrare quale sia la best-practice del primo trattamento delle ustioni attraverso le evidenze scientifiche e come attualmente siano gli strumenti in uso al 118 di bologna 72 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 CONCLUSIONI suggerimenti per migliorare l’assistenza MIsure di isolamento in caso di infezione da microrganismi multi resistenti: l’esperienza della AUSL di Cesena Paola Ceccarelli AUSL Cesena AREA TEMATICA Simposio Pre Congressuale Il wound care delle ustioni BACKGROUND Uno dei più importanti fattori di morbilità e mortalità del paziente ustionato è rappresentato dalle infezioni correlate all’assistenza sanitaria (ICA), acquisite quindi durante il processo assistenziale in un ospedale o in un’altra struttura sanitaria, che non erano manifeste né in incubazione al momento del ricovero, e che possono manifestarsi dopo la dimissione. Circa il 90% circa degli eventi epidemici ospedalieri interessa pazienti ricoverati in terapia intensiva, come il Centro Grandi Ustionati, determinati soprattutto da microrganismi multiresistenti (MDRO; da una recente revisione della letteratura, gli MDRO che sono stati maggiormente isolati nel paziente ustionato sono Acinetobacter Baumanii, Enterococco Vancomicino Resistente, Stafilococco Aureo Meticillino Resistente, ect.. L’approccio al rischio infettivo, come sostengono le migliori evidenze scientifiche, deve prevedere quindi strategie mirate alla prevenzione e al controllo. Le strategie per il controllo del rischio infettivo all’interno di un luogo critico come il Centro Grandi Ustionati, prevedono l’individuazione e l’inattivazione della sorgente di infezione, e l’interruzione della catena di trasmissione, modificando i fattori ambientali ed i comportamenti che favoriscono la persistenza e la diffusione dei microrganismi. Questo comporta la conoscenza e l’adozione da parte degli operatori sanitari, dei pazienti se possibile, e di tutti coloro che vengono a contatto con il paziente, di precauzioni semplici, ma consolidate, dimostratesi efficaci nell’interrompere la catena di infezione: tali precauzioni prendono il nome di “misure di isolamento”. L’assistenza ai pazienti colonizzati/infetti da microrganismi multiresistenti richiede l’adozione di misure di isolamento aggiuntive, oggetto della presente relazione. OBIETTIVI Implementazione di un modello organizzativo-assistenziale progettato e applicato dall’AUSL Bologna, diffuso poi in altre AUSL della Regione Emilia Romagna, fra cui l’AUSL di Cesena. Il modello tiene conto del livello di rischio in relazione alla localizzazione dell’infezione/colonizzazione e le pratiche assistenziali correlate, e il grado di dipenden- za strettamente correlato al grado di collaborazione/ orientamento dell’assistito. L’obiettivo principale nella sua applicazione è rappresentato dalla riduzione del numero di eventi epidemici. METODI Il piano di implementazione realizzato nell’U.O. Centro Grandi Ustionati, garantendo un approccio di sistema, ha previsto le seguenti azioni: Sugli Operatori • Incontri con il personale di U.O. per analisi isolamenti positivi da MDRO • Formazione degli operatori sulle misure isolamento • Procedura per sorveglianza microrganismi multiresistenti • Schede per identificare rischio paziente • Poster informativo Sui Pazienti e familiari • Opuscolo informativo sulle modalità di prevenzione da adottare nei pazienti colonizzati/infetti da microrganismi multiresistenti Sull’Ambiente • Modifica modalità attività pulizia ambientale • Formazione operatori ditta appalto pulizie • Istruzione operativa specifica per pulizia ambientale RISULTATI Ad un anno dall’implementazione del modello organizzativo-assistenziale i risultati risultano soddisfacenti e dimostrano che interventi multipli quali l’attivazione di un sistema di sorveglianza, la formazione specifica e l’applicazione di misure di isolamento specifiche e condivise, contribuiscono a controllare il rischio di trasmissione di microrganismi multiresistenti. La valutazione dell’efficacia delle misure di prevenzione della trasmissione adottate, basata sull’analisi del numero di eventi epidemici verificatesi nell’U.O. CGU, ha dimostrato una assenza di eventi nell’anno 2010. CONCLUSIONI Il modello organizzativo-assistenziale implementato, adattato nella nostra realtà assistenziale, sembra essere efficace nella prevenzione della trasmissione di microrganismi multiresistenti. Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 73 Ospedale Rizzoli: dalle fondamenta al primo piano D’Alessandro Fabio Istituto ortopedico Rizzoli Bologna AREA TEMATICA Simposi Aziendali - Sessioni Parallele Gli osservatori aziendali per il wound care in Emilia Romagna: un momento di confronto tra professionisti BACKGROUND All’interno dell’istituto ortopedico Rizzoli (IOR) fino al 2006 non esisteva alcuna procedura volta alla prevenzione ed al trattamento delle lesioni da pressione ne vi era alcun dato che documentasse la vera entità del problema. Nel 2006, per affrontare il problema, si è costituito un gruppo di professionisti che ha seguito un corso d’aggiornamento intensivo e reperito le linee guida presenti in letteratura. Nell’anno 2007 il servizio di assistenza dello IOR ha dato mandato al responsabile del centro di ricerca di coordinare il gruppo formatosi. OBIETTIVI È stata svolta un‘indagine d’incidenza e prevalenza, dal 01/01/2008 al 31/03/2008, delle lesioni da pressione in tre reparti campione per quantificare il problema, nel frattempo attraverso un processo di “adapting” locale delle linee guida basate su evidenze scientifiche è stata redatta una procedura aziendale inoltre è stata adottata una scala di valutazione (BRADEN) per il riconoscimento del paziente a rischio e sono state create delle apposite schede infermieristiche volte a documentare la prevenzione, la stadiazione ed il trattamento delle lesioni da pressione. Successivamente tale procedura è stata implementata nei tre reparti campione. Nel primo trimestre del 2009 e stata ripetuta l’indagine d’incidenza e prevalenza estesa a tutto l’istituto, ed è stata poi implementata la procedura a tutte le unità operative, attraverso corsi di formazione appositamente organizzati, ad esclusione di quelle che nella suddetta indagine hanno incidenza 0 delle lesioni da pressione. È stato inoltre condotto un Audit al fine di verificare l’effettivo utilizzo delle schede infermieristiche introdotte con particolare attenzione alla valutazione del rischio di sviluppare lesioni da pressione ed alla prevenzione. METODI Revisione e analisi critica della letteratura infermieristica e medica, dando spazio all’esperienza del professionista riletta alla luce delle conoscenze più recenti 74 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 RISULTATI Si è assistito alla riduzione dell’incidenza delle lesioni da pressione in quasi tutte le unità operative successivamente all’implementazione della procedura, per esempio il reparto “A” è passato dal 5,9% (30/508) del 2008 al 2,7% (12/439) del 2009 al 3,1% (14/445) del 2010 (durante l’indagine del 2010 vi è stato un aumento dei pazienti anziani con diagniosi di frattura del collo del femore a causa di una sperimentazione medica) interessante è il caso del reparto “C”, ricovera pazienti esclusivamente provenienti da altri reparti dell’istituto, che è passato da una prevalenza del 30,6% (19/62) nel 2008 al 16.3% (15/92) del 2009 fino a scendere al 5,8% (6/103) del 2010. Nel 2010 l’incidenza di lesioni dell’intero istituto era del 2.9% (66/2266). CONCLUSIONI Attraverso la procedura aziendale e la sua diffusione si è riusciti ad abbattere l’incidenza delle lesioni da pressione. Il percorso dalle fondamenta, rappresentate dalla costituzione del gruppo di lavoro e dal mandato del servizio d’assistenza, passando dal piano terra, rappresentato dalla creazione della procedura aziendale e sua diffusione, al primo piano, situazione attuale, è stato lungo ma ha prodotto buoni risultati. Ora si deve procedere con la costruzione del secondo piano le cui colonne portanti saranno l’aggiornamento costante della procedura aziendale alle nuove evidenze scientifiche, l’implementazione di una procedura di prevenzione delle lesioni da pressione in sala operatoria e l’istituzione di un servizio di consulenza infermieristica sulle lesioni da pressione. AISLeC, continua la ricerca: il fenomeno LdP e la prevalenza nazionale Angela Peghetti Azienda Ospedaliero-Universitaria S.Orsola Malipighi Bologna BACKGROUND Uno dei principi fondamentali del mandato istituzionale di AISLeC corrisponde alla ricerca, formazione e sviluppo di progetti di miglioramento della qualità assistenziale nei vari setting di cura per i pazienti portatori o a rischio di insorgenza di lesioni cutanee. Il problema delle lesioni da pressione è studiato in maniera discontinua e diversificata su tutto il territorio nazionale; l’ultima ricerca sistematica condotta nel nostro paese è stata condotta nell’ambito domiciliare nel 20011 mentre nell’ambito ospedaliero l’ultima indagine è stata condotta nel 1996 2 (se si esclude la ricerca condotta dell’EPUAP 3 che però è stata svolta solo sulla base di un’adesione volontaria delle diverse strutture e per questo motivo difficilmente interpretabile in termini di potenza dello studio) per questo motivo AISLeC ha condotto una nuova indagine di prevalenza nazionale nei reparti di medicina/lungodegenza, e terapia intensiva, allo scopo di quantificare il problema e muovere le giuste leve a livello locale ed istituzionale per sensibilizzare i prestatori di cura e i manager. OBIETTIVI L’obiettivo principale dello studio è di valutare il tasso di prevalenza delle lesioni da pressione, correlandolo all’età, al sesso, alla sede, all’area assistenziale e all’area geografica DISEGNO DELLO STUDIO Studio cross-sectional SETTING E TIPOLOGIA DI PAZIENTI Tutti i pazienti ricoverati entro le ore 24 del giorno antecedente la rilevazione nei reparti di medicina/lungodegenza e terapia intensiva (comprese le terapie intensive cardiologiche, post chirurgiche ecc.). Sono stati raccolti i dati di 3.426 pazienti ricoverati presso 50 presidi ospedalieri/USL per una somma complessiva di 112 reparti di medicina e 55 reparti di area intensiva. MATERIALI E METODI Lo studio è stato condotto dall’1 al 30 novembre 2010 selezionando un campione di convenienza corrispondente alle strutture presso cui operano i delegati e referenti regionali AISLeC. Questo ha permesso di fare si che il background formativo e la competenza nella rilevazione dei dati fossero sufficientemente omogenei in quanto i rilevatori sono già addestrati ad effettuare indagini di prevalenza. La raccolta dati è stata eseguita utilizzando la scheda predisposta dalla Regione Toscana che ha messo a disposizione anche il software necessario per la lettura ottica delle schede compilate: principalmente sono stati valutati il livello di rischio attraverso il calcolo della scala di Braden e se presenti, la sede, il numero e il grado delle lesioni da pressione. RISULTATI I dati sono stati raccolti su un campione sufficientemente rappresentativo di tutto il territorio nazionale: nord 31,42%, centro 61,14%, sud e isole 7,44%. I dati di prevalenza corrispondono a: Nord • 37,59% nelle aree intensive • 19,38% nelle medicine/lungodegenze Centro • 20,78% nelle aree intensive • 17,58% nelle medicine/lungodegenze Sud e isole • 41,51% nelle aree intensive • 15,20% nelle medicine/lungodegenze Complessivamente 28,94% nelle aree intensive 17,98% nelle medicine/lungodegenze Con un dato di prevalenza globale del 19,53% CONCLUSIONI Dai dati emersi si evince che il problema delle lesioni da pressione rimane ancora oggi, malgrado l’evoluzione delle tecnologie e delle conoscenze, un problema significativo, che incide pesantemente sulla qualità di vita e sulla salute dei pazienti, soprattutto quando ricoverati nelle unità di rianimazione/terapia intensiva. Questi risultati richiedono una riflessione a tutti i livelli: da parte dell’organizzazione che deve focalizzare il problema e riconoscere le risorse umane e materiali per permettere un approccio di garanzia alla prevenzione; da parte dei professionisti che non devono abbassare la guardia rispetto il problema e coinvolgere sia gli operatori di supporto che i caregiver nel processo di prevenzione; da parte dei pazienti e dei caregiver che hanno il diritto di ricevere un’assistenza appropriata ed efficace ma soprattutto che garantisca loro di evitare danni durante il periodo di malattia. BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. AISLEC: Profilassi delle lesioni da decubito e cambio posturale: ricerca multicentrica e linee guida. ANIN-NEU, 1995. AISLeC, Multicentric research about regulation and aid effered in the italian hospital for prophilaxis and treatment of pressure sores, Atti Congresso EWMA 27- 29/4/97. PUPPS 3–– Pressure ulcer point prevalence survey Statewide report 200 http://www.health.vic.gov.au/pressureulcers/downloads/pupps3.pdf Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 75 Il percorso di dimissione del paziente: strumenti a supporto del processo decisionale Caminati Gloria, Mondardini Silvia, Pini Roberta BACKGROUND La dimissione del paziente dall’ospedale ad altre strutture, al territorio o al domicilio è un momento critico perché si modificano i regimi di cura, cambiano i contesti e gli operatori sanitari, l’intensità e la tipologia degli interventi.1 Anche per il paziente ustionato rappresenta una fase estremamente delicata del percorso assistenziale poiché egli ritorna nel proprio contesto sociale con esiti che spesso richiedono un proseguimento delle cure e frequentemente un cambiamento nello stile di vita. La partecipazione attiva della famiglia nell’assistenza rappresenta un aspetto fondamentale per la salute non solo del malato ma anche della famiglia stessa. La letteratura consultata2 ha permesso di mettere in evidenza come i bisogni della famiglia non necessariamente rispecchino i bisogni del paziente ustionato a causa di una diversa percezione delle problematiche connesse al trauma da ustione. OBIETTIVI La dimissione del paziente, pertanto, richiede un’ adeguata pianificazione e rappresenta un processo e non un evento isolato che mira ad assicurare la continuità delle cure e a creare le condizioni affinché paziente e familiari siano in grado di contribuire alle migliori decisioni da prendere .3 Il paziente può essere dimesso quando non ha più necessità di cure oppure può proseguire le cure in una struttura intermedia o a domicilio, la decisione è stata presa da un team multidisciplinare che ha valutato le criticità e il fabbisogno di presa in carico post dimissione e il paziente e la famiglia sono stati informati e educati. Nella gestione delle dimissioni, gli infermieri potrebbero assumere un ruolo rilevante.4 METODI Revisione della letteratura RISULTATI Sono stati realizzati due strumenti al fine di documentare il percorso di dimissione e facilitare l’acquisizione di informazioni necessarie per il proseguimento delle 76 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 cure da parte del paziente ustionato e della sua famiglia. CONCLUSIONI L’organizzazione di una dimissione implica anche per il paziente ustionato la stesura di un piano individualizzato di dimissione e l’utilizzo di strumenti che possano facilitare e sostenere i processi decisionali e permettere un efficace coinvolgimento della famiglia. La letteratura sottolinea come la dimissione pianificata permetta una miglior compliance del paziente al regime terapeutico, una miglior soddisfazione dell’utente5, delle famiglie e degli operatori e riduce i re-ricoveri e i costi.6 7 BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Bono L., Dutto A. Dimissioni Ospedaliere. Dossier in Fad, Informazioni dalla letteratura scientifica per una buona pratica infermieristica 2006, n.9. Goyatà S.L.T., Rossi A.L., 2009. Nursing Diagnoses of Burned Patients and Relatives’ Perceptions of Patients’ Needs, International Journal of Nursing Terminologies and Classifications, 2009; 20 (1): 16-24). Saiani L., Palese A., Brugnolli A. et al. La pianificazione delle dimissioni ospedaliere e il contributo degli infermieri. Assistenza Infermieristica e Ricerca 2004,23: 233-49. Rudd C, Smith J. Discarge Planning. Nursing Standard 2002; 17 (5): 33-37. Naylor MD, Brooten D, Campbell R, Jacobsen BS, Mezey MD, Pauly MV, Schwartz JS. 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(ODERUD]LRQHGLUDFFRPDQGD]LRQLFRQLOPHWRGR*5$'( /·XWLOL]]RGHOO·DUJHQWR $QJHOD3HJKHWWL3DROR&KLDUL*LRYDQQL3RPSRQLR'DULR3DODGLQR $]LHQGD2VSHGDOLHUR8QLYHUVLWDULD62UVROD0DOSLJKL%RORJQD3ROLFOLQLFR8PEHUWR3ULPR$QFRQD$]LHQGD2SVHGDOLHUD&DUGDUHOOL1DSROL 0RWLYD]LRQL 'D GLYHUVL DQQL OD ULFHUFD LQ DPELWR VDQLWDULR LQ JHQHUDOH H QHO :RXQG &DUH LQ SDUWLFRODUH KD SHUPHVVR O·LQWURGX]LRQH GL QXRYL SURGRWWL FKH VIUXWWDQRLPRGHUQLSULQFLSLGLPHGLFD]LRQHSHUPHWWHQGRLOUDJJLXQJLPHQWRGLQRWHYROLULVXOWDWLLQWHUPLQLGLRXWFRPHVHGLTXDOLWjGHOO·DVVLVWHQ]DHGLQFLGHQGR QHO FRQWHPSR SRVLWLYDPHQWH VXL FRVWL JHQHUDOL GHO WUDWWDPHQWR H VXOOD VRGGLVID]LRQH GHJOL RSHUDWRUL 1RQ VHPSUH SHUz O·LQWURGX]LRQH QHOOD SUDWLFD FOLQLFD GL SURGRWWLLQQRYDWLYLqVXSSRUWDWDGDHYLGHQ]HFHUWHȱ 2ELHWWLYL: $OORVFRSRGL YDOXWDUHHVXSSRUWDUHFRQPDJJLRUHIILFDFLDO·LQWURGX]LRQHHO·XWLOL]]RGL SURGRWWLGLPHGLFD]LRQH VSHFLILFLSHU LOWUDWWDPHQWRWRSLFR 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DI EFFICACIA (Italian Journal of WOCN) pubblica contributi inediti (ricerche, esperienze, rassegne di aggiornamento, ecc.) riferiti alla teoria e prassi assistenziale, nel campo del wound care e relativi alle discipline medico-biologiche e sociali, argomenti di organizzazione, economia e politica sanitaria. Gli articoli proposti per la pubblicazione debbono essere inviati per e-mail a: [email protected], avendo l’accortezza che il file zippato non superi i 6 megabyte qltrimenti è necessario che il file venga diviso ed inviato in più volte, oppure è necessario dividere il testo da tabelle e figure e procedere all’invio di email separate. Il testo degli articoli deve essere digitato utilizzando un programma di video scrittura (tipo MSWord®) e salvato in formato .doc, su una facciata, con doppia spaziatura (lasciando sulla sinistra un margine di 5 cm). Il testo deve essere il più conciso possibile, compatibilmente con la massima chiarezza di esposizione: non si devono in ogni caso superare le 10-12 cartelle di 30 righe a 60 battute per riga. Gli articoli devono essere accompagnati da un riassunto significativo in italiano, per un massimo di 250 parole; il riassunto deve essere fornito anche in inglese. I riassunti sia in italiano sia in inglese devono essere divisi in: Obiettivi, Materiali e Metodi, Risultati, Discussione, Conclusioni. Le figure e tabelle devono essere scelte secondo criteri di chiarezza e semplicità; devono essere numerate progressivamente in cifre arabe ed accompagnate da brevi ed esaurienti didascalie. Nel testo deve essere chiaramente indicata la posizione di inserimento. Diagrammi e illustrazioni, allestiti allo scopo di rendere più agevole la comprensione del testo, devono essere sottoposti alla rivista in veste grafica accurata, tale da permettere la riproduzione accurata senza modifiche. Le citazioni bibliografiche devono essere strettamente pertinenti e riferirsi esclusivamente a tutti gli autori citati nel testo. Nel corpo del testo stesso i riferimenti bibliografici sono numerati secondo ordine di citazione; nella bibliografia al termine dell’articolo ad ogni numero corrisponde la citazione completa del lavoro al quale ci si riferisce. La bibliografia dovrà essere redatta secondo le norme riportate nell’Index Medicus. I modelli sotto riportati esemplificano rispettivamente come si cita: un articolo, un libro, un capitolo preso da un libro. Calvani M. Monitoraggio e trattamento della fetopatia diabetica. Rec Progr Med 1982; 72:350-55. 1 Ferrata A, Storti E, Mauri C. Le malattie del sangue (2 ed.). Milano: Vallardi, 1958, pag. 74. 2 Volterra V. Crisi di identità storica ed attuale dello psichiatra. In: Giberti E (ed). L’identità dello psichiatra. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 1982. 3 Ogni articolo è redatto sotto la responsabilità diretta dell’/degli Autore/i, che devrà/dovranno firmare l’articolo stesso e fornire i riferimenti anagrafici completi. Quando il contenuto dell’articolo esprime o può coinvolgere responsabilità e punti di vista dell’Ente (o Istituto, Divisione, Servizi, ecc.) nel quale l’Autore o gli Autori lavorano o quando gli Autori parlano a nome delle stesse istituzioni, dovrà essere fornita anche l’autorizzazione dei rispettivi responsabili. Gli articoli inviati alla Rivista saranno sottoposti all’esame della redazione e dei collaboratori ed esperti di riferimento per i vari settori. L’accettazione, la richiesta di revisione, o la nonaccettazione saranno notificati e motivati per iscritto agli Autori entro il più breve tempo possibile, all’indirizzo e-mail che gli Autori avranno fornito per eventuali comunicazioni. Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 - 3 AISLeC Società Scientifica Italiana a Carattere Multidisciplinare Associazione Infermieristica per lo Studio delle Lesioni Cutanee