Loris Bagli
ORCHIDEE
SPONTANEE
E PAESAGGIO VEGETALE
NELLA PROVINCIA DI RIMINI
Distribuzione e iconografia
Distribuzione, habitat
e caratteri di 41 specie
2
Colophon
Loris Bagli
ORCHIDEE SPONTANEE
E PAESAGGIO VEGETALE
NELLA PROVINCIA DI RIMINI
Distribuzione e iconografia
© 2013 Provincia di Rimini
e Ass. WWF onlus Rimini
Assessorato all’Ambiente
e alle Politiche
per lo Sviluppo Sostenibile
Ass. WWF Rimini onlus
Oasi Cà Brigida
Biblioteca WWF Rimini “Bruno Marabini”
Fotografie copertina e interno
Loris Bagli
Testi
Loris Bagli
Altre referenze fotografiche
Alessandro Alessandrini, pp. 119, 121
Elisa Casadei, p. 123 (in basso a sinistra); p. 89
(in basso a destra)
Leonardo Forbicioni, p. 83 (in basso a destra)
GEV Rimini, pp. 97, 127 (in alto; in basso al centro)
Jan Marten Ivo Klaver, pp. 150, 151, 153
Danila Masini p. 89 (in alto)
Simone Morolli, p. 88
Giuliano Salvai, p. 83 (in alto)
Citazione consigliata
Bagli L., 2013. Orchidee spontanee e paesaggio vegetale
nella provincia di Rimini. Provincia di Rimini, Ass. WWF
Rimini, La Pieve Editore Verucchio.
Progetto grafico
Handydandy - www.handydandy.it
Stampa
La Pieve Poligrafica Editore - www.lapievepoligrafica.it
Finito di stampare nel mese di Novembre 2013
CREDITI
Il curatore della ricerca e del volume ringrazia per la loro fattiva
collaborazione: Alessandro Alessandrini, dell’Istituto per i Beni Culturali
della Regione Emilia-Romagna (Bologna), per la costante e gentile
disponibilità, per la lettura critica del lavoro e per avermi concesso
le immagini di Ophrys speculum e Ophrys bombyliflora.
Stefania Sabba, Assessore all’Ambiente, Energia e Politiche per
lo sviluppo sostenibile della Provincia di Rimini; Viviana De Podestà,
già dirigente del Servizio Politiche Ambientali della Provincia di Rimini
e Francesco Bosco, attuale dirigente del Servizio, per aver sostenuto
il progetto con il finanziamento della presente pubblicazione.
Massimo Nicolò e Gabriele Sartini, del Servizio Sistema Informativo
Territoriale Urbanistico Ambientale e Cartografia digitale della Provincia
di Rimini (SITUA), per la produzione delle mappe di distribuzione
delle specie.
Il direttore dell’Ente Parco Naturale del Sasso Simone e Simoncello (PU),
e in particolare Silvia Soragna, responsabile settore tecnico, per aver
consentito la consultazione della “Cartografia floristica del Parco Naturale
del Sasso Simone e Simoncello”. Jan Marten Ivo Klaver, per il proficuo
scambio di informazioni che riguardano l’alta valle del Marecchia
e per avermi gentilmente concesso le foto di Epipactis purpurata.
Carlo Belluomini, ex presidente dell’Associazione WWF Rimini e Antonio
Cianciosi, attuale presidente, per aver sostenuto il progetto di ricerca.
Il corpo delle Guardie Ecologiche Volontarie della Provincia di Rimini
e in particolare Luca Montanari, presidente dal 2008 al 2011, coordinatore
dei rilevatori che hanno collaborato al progetto di ricerca fornendo dati
e immagini. Simona Casavecchia del Dipartimento di Scienze Ambientali
e delle Produzioni Vegetali dell’Università Politecnica delle Marche
di Ancona, per le informazioni riguardanti il territorio di Pennabilli.
Leonardo Forbicioni e Giuliano Salvai per aver concesso
le immagini di Orchis pauciflora. Massimo Fucci dell’agenzia
di comunicazione Handydandy per la disponibilità e professionalità
profusa nella realizzazione grafica del volume.
Seguono i nominativi di coloro che hanno collaborato alla ricerca
mediante segnalazioni e documentazione fotografica.
I componenti delle Guardie Ecologiche Volontarie della Provincia
di Rimini: Luca Montanari, Marina Barbanti, Sonia Bellucci, Giovanna
Beltrammi, Giancarlo Campana, Elisa Casadei, Cristina Castellani, Giancarlo
Castellani, Cerillo Ferdinando, Daniele D’Asaro, Gilberto Degli Innocenti,
Pier Giorgio Della Pasqua, Benedetta Leoni, Sergio Morri, Mariuccia
Piccolo, Raffaella Pozzi, Roberto Romani, Carmen Semprini, Bruno
Sergiani. Ad Alberto Giorgi va il mio particolare ringraziamento per le
segnalazioni puntuali e documentate riguardanti il territorio di Mondaino;
a Simone Morolli, del Centro Naturalistico Valconca di San Giovanni in M.
(RN), per le segnalazioni riferite in particolare alla Valle del Conca.
A titolo personale hanno inoltre contribuito: Renzo Bagli, Maurizio
Berardi, Teresa Bertozzi, Patrizia Biagianti, Raffaella Bonatta, Manuel
Bruschi, Lino Casini, Laura Gabrielli, Natalino Gasparini, Lorenzo Fabbri,
Pietro Paolo Maiani, Claudio Papini, Paolo Saponi, Stefano Tosi, Claudio Urbinati.
Ophrys bertolonii
Torriana (RN), 13 maggio 2010
4
Indice
Schede
06 Presentazione
Stefania Sabba
Assessore Alta Valmarecchia, Ambiente, Energia
e Politiche per lo sviluppo sostenibile Provincia
di Rimini
12 Perché le orchidee
22 Il territorio della provincia
62 Genere Platanthera
07 Antonio Cianciosi
Presidente Associazione WWF Provincia di Rimini
26 Clima e bioclima
62 Platanthera bifolia
64 Platanthera chlorantha
08 Fabio Semprini
Presidente Associazione per gli Studi Naturalistici
della Romagna
09 Luca Montanari
Ex Coordinatore Guardie Ecologiche Volontarie
Provincia di Rimini
10 Prefazione
Alessandro Alessandrini
IBC Regione Emilia-Romagna, Bologna
14 Origine, mito, scienza e usi pratici
60 Genere Spiranthes
108 Genere Serapias
60 Spiranthes spiralis
108 Serapias lingua
110 Serapias vomeracea subsp. vomeracea
30 Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee
50 Le conoscenze orchidologiche
54 Il censimento, obiettivi e metodologia
58 Le schede
162 Bibliografia e sitografia
66 Genere Gymnadenia
66 Gymnadenia conopsea
68 Genere Coeloglossum
112 Genere Ophrys
112 Ophrys fusca
114 Ophrys insectifera
116 Ophrys speculum
118 Ophrys bombyliflora
120 Ophrys apifera
122 Ophrys bertolonii subsp. bertolonii
124 Ophrys holoserica
128 Ophrys sphegodes
68 Coeloglossum viride
130 Genere Cephalanthera
70 Genere Dactylorhiza
70 Dactylorhiza sambucina
72 Dactylorhiza maculata
76 Genere Orchis
76 Orchis anthropophora
78 Orchis mascula subsp. mascula
80 Orchis pauciflora
82 Orchis provincialis
84 Orchis purpurea
88 Orchis simia
92 Genere Anacamptis
92
94
96
98
Anacamptis coriophora
Anacamptis laxiflora
Anacamptis morio
Anacamptis pyramidalis
102 Genere Neotinea
102 Neotinea tridentata
104 Neotinea ustulata
106 Genere Himantoglossum
106 Himantoglossum adriaticum
130 Cephalanthera damasonium
132 Cephalanthera longifolia
134 Cephalanthera rubra
136 Genere Epipactis
136 Epipactis helleborine subsp. helleborine
140 Epipactis microphylla
142 Epipactis muelleri
146 Epipactis palustris
148 Epipactis purpurata
152 Genere Limodorum
152 Limodorum abortivum
154 Genere Neottia
154 Neottia nidus-avis
156 Genere Listera
156 Listera ovata
158 Gli ibridi
6
Neotinea
ustulata
(L.) R.M.Bateman, Pridgeon & M.W.Chase 1997
Presentazione
La Provincia di Rimini ha promosso e sostenuto,
negli ultimi anni, numerosi progetti di studio volti
al miglioramento delle conoscenze delle diverse
componenti della biodiversità.
L’operazione ha lo scopo di arricchire e completare
il quadro conoscitivo degli aspetti naturali
del territorio con informazioni di dettaglio,
indispensabili per adempiere ai doveri istituzionali
di tutela e corretto uso delle risorse naturali.
L’Amministrazione provinciale è consapevole
della grande ricchezza e varietà del patrimonio
ambientale presente all’interno dei suoi confini
soprattutto dopo l’annessione dei Comuni dell’Alta
Valmarecchia, in occasione della quale vaste
porzioni di territorio collinare e montano si sono
aggiunte al Riminese, incrementando la bellezza
e la varietà dei paesaggi e la diversità degli
ecosistemi. È nell’ambito di questa attività che
sono state prodotte, da diversi servizi della
Provincia di Rimini, pubblicazioni come l’Atlante
dei Vertebrati, la Carta Ittica, la Guida al riconoscimento
dei fiori spontanei protetti.
Per contribuire al completamento del quadro
conoscitivo sulle risorse naturali del territorio
provinciale ecco, giunto alle stampe, l’attesissimo
volume sulle Orchidee spontanee.
Le Orchidee, con le loro 25.000 specie, rappresentano
una delle più vaste famiglie di vegetali.
Sono presenti ai tropici come piante epifite dai
grandi e vistosi fiori (crescono appoggiandosi
ai rami delle chiome degli alberi) e nelle zone
temperate, come piante terrestri, più modeste
nella forma ma non meno belle ed interessanti.
Le forme e i colori dei loro i fiori sono molteplici
e dipendono per gran parte dalle peculiari
modalità di impollinazione, strettamente legata
a certi gruppi di insetti (api e farfalle).
Il tipo di impollinazione ha determinato nel tempo
l’evoluzione delle forme e dei meccanismi
di attrazione, caratteristiche che rendono oggi
le Orchidee così interessanti ed attraenti.
Sono però piante molto vulnerabili, come del resto
lo sono gli habitat nei quali vivono: inquinamento,
degrado, sottrazione dell’habitat, esplosione
demografica del cinghiale e raccolta diretta dei
fiori sono solo alcune delle cause di rarefazione
Presentazione
e di scomparsa di molte specie da ampi territori.
Per contrastare alcuni fattori di minaccia
la Regione Emilia Romagna, con la legge
regionale n.2 del 24 gennaio 1977, ha tutelato
integralmente, tutte le specie della famiglia.
La presenza e la distribuzione geografica ed
ecologica delle Orchidee nel territorio provinciale
è stata dunque indagata, con una ricerca
pluriennale, dal Dott. Loris Bagli, insegnante
di scienze e botanico, il quale, con l’ausilio delle
Guardie Ecologiche Volontarie, ha pazientemente
percorso i diversi ambienti del Riminese per
ottenere lo status delle diverse specie.
Ritengo che le preziose informazioni ricavate
e contenute ora nel presente volume, oltre
ad arricchire il patrimonio di conoscenze
naturalistiche legate al territorio, siano necessarie
per intraprendere azioni mirate di conservazione
e di oculata gestione delle risorse naturali.
Mi auguro che la lettura e l’uso del presente
volume possa contribuire ad accrescere l’attenzione
verso questi straordinari rappresentanti del mondo
vegetale ma anche verso il più vasto tema della
conservazione e dell’incremento della biodiversità,
una delle sfide più impegnative ed ambiziose
delle società dei nostri giorni.
Stefania Sabba
Assessore
Alta Valmarecchia, Ambiente, Energia
e Politiche per lo Sviluppo Sostenibile
Provincia di Rimini
Preservare il patrimonio naturalistico è uno dei
maggiori impegni del WWF. Un obiettivo che
è possibile raggiungere grazie al grande lavoro
di documentazione svolto soprattutto da volontari.
Per merito di queste persone il WWF
ha raccolto una quantità ricchissima
di informazioni naturalistiche.
Materiale estremamente prezioso poiché apre
scenari nuovi e imprevedibili anche sul nostro
territorio, nonostante l’entroterra riminese risenta
pesantemente dell’intensa attività umana.
Per me è un grande onore presentare questo lavoro
letterario di Loris Bagli, che oltre ad essere un amico
è un esperto botanico, naturalista e grande
conoscitore del territorio.
Loris Bagli da moltissimi anni si dedica con
passione alla ricerca e allo studio della flora
spontanea e in particolar modo delle orchidee
presenti nel territorio della provincia di Rimini.
Questo libro non è altro che la trasposizione su
carta della grande passione che Loris Bagli
ha nei confronti di questi affascinanti
e meravigliosi gioielli creati dalla natura.
Le orchidee, seppur più piccole di quelle tropicali,
osservate da vicino svelano una complessità
e un fascino tutto particolare. È innegabile
che queste piante costituiscano un prezioso
patrimonio botanico del nostro territorio.
Questo magnifico volume racchiude nelle sue
pagine la sintesi della bellezza che la natura
riesce a regalarci; le stupende foto realizzate
dallo stesso autore e i testi contenuti in questa
opera, trasmettono l’immensa soddisfazione
e l’emozione che Loris Bagli prova per le sue
scoperte. Un microcosmo attraente fatto di colori,
forme, ma anche di notevoli strategie riproduttive
e d’interazione con il mondo degli insetti e altri
organismi per consentire la continuazione
delle specie. Questo libro è frutto di cinque
anni di lavoro, letteralmente “sul campo”,
un’esplorazione svolta nei primi tre anni nelle
aree dei comuni costieri e collinari dell’originario
perimetro della provincia di Rimini, per estendersi
negli ultimi due, anche al territorio dell’alta
Valmarecchia, già pertinenza della provincia
di Pesaro-Urbino.
Tutte le specie di orchidee sono tutelate da normative
internazionali, europee e regionali. Queste piante
godono di provvedimenti di tutela che purtroppo
non ne garantiscono una reale salvaguardia.
Avere elementi puntuali sulla diffusione delle
orchidee spontanee nel territorio provinciale
riminese consente di valorizzare la biodiversità
nel suo insieme, preservare gli ecosistemi e porre
le basi per un piano di tutela integrale degli
ambiti di maggiore valore naturalistico.
Sono certo che il libro consentirà di ampliare
la conoscenza dei nostri beni naturali e promuovere
un approccio vero e consapevole alla tutela,
in sintonia con la natura e il territorio.
Antonio Cianciosi
Presidente WWF Rimini
8
Presentazione
Presentazione
È con grande piacere che raccolgo l’invito dell’amico
Loris Bagli per una succinta presentazione di questo
bel volume sulle orchidee del Riminese, soprattutto
perché lo si può inserire a pieno titolo nel novero
delle ricerche che la Società per gli Studi
Naturalistici della Romagna promuove
da più di un venticinquennio sul nostro territorio.
Fra i primi scopi statutari del nostro sodalizio
viene infatti la divulgazione e la sensibilizzazione
per la salvaguardia del patrimonio naturalistico
in generale e di quello romagnolo in particolare
e qui siamo davanti ad una strumento che centra
entrambi gli obiettivi, tenuto conto che le orchidee
spontanee sono piante protette dalla Legge
Regionale. Ma oltre al naturale compiacimento
per l’opera di divulgazione e di sensibilizzazione
che questo lavoro comporta mi preme sottolineare
come la ricerca qui pubblicata vada a colmare
una avvertita lacuna nelle nostre conoscenze
floristiche. Mi riferisco soprattutto al censimento
della flora protetta intrapreso dal WWF di Bologna
negli anni ‘80-’90.
All’epoca mi trovai a coordinare le ricerche
nel territorio romagnolo e ci accorgemmo ben
presto che la zona riminese era quella dove erano
più carenti i dati storici e, per ragioni fortuite,
scarseggiavano i “volontari” residenti. Nonostante
quindi le escursioni organizzate appositamente
per ovviare alla situazione, tutta la zona collinare
a sud di Rimini e più ancora quella della cosiddetta
collina litoranea rimasero scarse di dati.
Ringrazio quindi l’autore che ha intelligentemente
intrapreso il lavoro di ricerca e il WWF locale
che si è fatto carico della sua pubblicazione.
Con il censimento delle orchidee spontanee
della Provincia di Rimini le Guardie Ecologiche
Volontarie hanno avuto la grande opportunità
di contribuire, una volta di più, alla tutela
e alla salvaguardia della flora protetta
e della biodiversità del nostro territorio.
Il progetto di censimento, voluto e organizzato
dal Prof. Loris Bagli del WWF di Rimini, ci ha
messo nelle condizioni di sviluppare al meglio
e con passione quelle tematiche ambientali che
da sempre sono parte integrante e specifica
delle attività di volontariato dell’associazione
stessa. La presenza e la conseguente conoscenza
delle orchidee selvatiche che ricordiamo fanno
parte della flora spontanea protetta, e di altre
entità botaniche, in un contesto territoriale
come il nostro, arricchiscono e valorizzano
la consapevolezza che una giusta cultura
ambientalista, associata ad una attenta opera
di vigilanza sui disturbi e le minacce incombenti,
contribuiscono al sostenibile sviluppo del nostro
patrimonio naturale.
È un equilibrio che va monitorato e controllato,
che unisce a sé insetti, animali e piante, in una
catena di associazioni naturali e di biodiversità
che vanno mantenute il più possibile integre.
E poi esiste l’aspetto estetico e piacevole
del fiore: le orchidee spontanee sono belle
e particolari, ogni specie assume caratteristiche
uniche e curiose, crescono e vivono in ambienti
diversi, lungo i margini delle strade, nei prati,
lungo fiumi e torrenti, in boschi, monti e colline,
ed anche in alcuni centri urbani.
È bello e stimolante cercarle, trovare specie rare
o poco conosciute, fotografarle, condividerne
la ricerca e la scoperta. È curioso conversare
e argomentare sull’etimologia dei nomi associati,
volgari e scientifici. È curioso scoprirne
gli “inganni”: sembra un calabrone, un ragno,
una vespa, un’ape... una lingua o uno specchio!
È per questo, e tanto altro, che durante quei mesi
primaverili ed estivi ci aiutano a vivere meglio.
Le GEV della Provincia di Rimini nascono
di fatto nel 1987. La Legge Regionale n. 23
del 1989 conia per la prima volta il nome
di Guardie Ecologiche Volontarie.
Fabio Semprini
Presidente della Società per gli Studi Naturalistici
della Romagna
Dal quel momento i volontari, dotati di Decreto
Prefettizio di guardia giurata particolare,
assumono un “potere di accertamento”,
su illeciti amministrativi, che spazia attraverso
le più importanti tematiche di tutela ambientale.
Le GEV sono organizzate in gruppi di lavoro:
vigilanza ambientale, vigilanza venatoria,
educazione ambientale nelle scuole, censimento
arboreo, protezione civile, e negli ultimi quattro
anni si è costituito anche un gruppo sul censimento
della flora spontanea protetta, che non mancherà
di fornire il suo contributo anche per i progetti
futuri di controllo e monitoraggio. Un ringraziamento
particolare va a tutti quei volontari e soci GEV
che hanno sostenuto questo progetto, giunto
a compimento, con le loro disponibilità, passioni
e conoscenze.
Luca Montanari
Responsabile Guardie Ecologiche Volontarie
Rimini 2008-2011 e coordinatore
dei rilevatori GEV
10
Neotinea
ustulata
(L.) R.M.Bateman, Pridgeon & M.W.Chase 1997
Prefazione
Le Orchidee costituiscono una famiglia botanica
molto caratterizzata e ricchissima di specie
che vivono in quasi tutto il pianeta e in quasi tutti
gli ambienti. La percezione più diffusa associa
a questo termine quei fiori grandi, vistosi, di forme
singolari e che occupano un posto d’onore
nelle vetrine dei fioristi o allevate e riprodotte
in serra da appassionati collezionisti.
Quelle Orchidee sono nella maggior parte ibridi
artificiali e comunque derivano da forme
che non vivono nei nostri territori, ma provengono
dalle zone tropicali ed equatoriali. Sono spesso
piante epifite, che cioè vivono appoggiate
agli alberi della foresta pluviale, anche a grande
altezza e del tutto svincolate dal suolo.
Le Orchidee nostrane si presentano invece
in modo molto diverso; affondano le proprie
radici nel terreno, producono fiori di dimensioni
non particolarmente grandi e occorre un pò
di attenzione per poterle individuare.
Ma anche le nostre Orchidee sono molto belle.
Nei decenni più recenti queste piante
hanno attirato l’attenzione non solo
degli studiosi, ma di un pubblico più ampio
di appassionati.
La pubblicistica sull’argomento è molto ricca
e sono sorte riviste che trattano esclusivamente
innumerevoli aspetti di questa affascinante
famiglia botanica.
L’Italia è il “giardino d’Europa”; questa definizione,
negli ultimi decenni un po’ appannata, prende
origine dalla grandissima ricchezza della flora
che vive nel territorio italiano, grazie alla sua
elevatissima diversità ambientale e a condizioni
climatiche che favoriscono la vita di un gran
numero di viventi sia animali che vegetali.
Le Orchidee non fanno eccezione, tanto è vero
che in Italia sono note più di cento specie diverse.
Questa stima non tiene conto delle grandi Isole
che a loro volta possiedono una flora molto ricca
e in più caratterizzata da non poche endemiche.
Le opinioni sul numero di entità presenti
differiscono a seconda del valore che viene dato
alle diverse forme. Chi pensa che le conoscenze
sul patrimonio biologico siano concluse e definitive
sarà sopreso leggendo che esistono opinioni
diverse addirittura sul numero di specie presenti.
Tuttavia siamo ben lontani da una conoscenza
esauriente sulla sistematica del nostro
patrimonio biologico e le Orchidee
sono una evidente testimonianza di quanto
il mondo che ci circonda sia ancora da conoscere.
Alcuni generi come ad esempio Ophrys o Epipactis
sono oggetto di approfondimenti continui, che
danno luogo al rinvenimento e alla descrizione
di entità nuove (a volte di riconoscimento assai
problematico). Va accennato anche il fatto
che i confini genetici tra le diverse specie
sono spesso poco netti e che ciò rende possibile
la formazione di ibridi che arricchiscono ancor
di più la diversità e che possono aprire la strada
alla formazione di nuove specie.
È bene sottolineare che comportamenti come
questi (instabilità sistematica, produzione
di ibridi) sono ampiamente diffusi anche in molte
altre famiglie botaniche; tuttavia nelle Orchidee
sono particolarmente evidenti anche grazie
al gran numero di studiosi che hanno concentrato
l’attenzione su questi organismi.
Tra questi va ricordato Charles Darwin, lo scopritore
dell’evoluzione biologica. Un suo lavoro
pubblicato nel 1862 e frutto di osservazioni
approfondite è dedicato proprio ai rapporti
tra insetti impollinatori e orchidee.
Esso costituisce una prima dimostrazione
di quanto sia potente la selezione naturale
e di come questa agisca attraverso complesse
e reciproche relazioni evolutive tra le orchidee
e gli insetti impollinatori.
Avvicinandosi agli specifici contenuti di questo
volume, va premesso che in tempi relativamente
recenti i confini amministrativi del Riminese
sono stati ampliati notevolmente, andando
a comprendere territori che in precedenza
appartenevano alla Provincia di Pesaro e Urbino.
Questo cambiamento ha richiesto ulteriori
esplorazioni e ha prodotto un sensibile incremento
sia delle specie presenti che del numero di località
di presenza. Allo stato attuale delle conoscenze
è accertata la presenza, attuale o recente,
di quarantuno orchidee diverse.
Alcune sono relativamente frequenti,
mentre altre sono rarissime o in forte rarefazione.
Alcune sono invece scomparse o non è stato
possibile confermarne la presenza.
Ancora una volta, va detto, le Orchidee seguono
i destini del resto della flora presente
nel territorio; i censimenti come questo
sono utili perché permettono di comprendere
quello che sta avvenendo nel territorio.
Concentrando l’attenzione sulle specie
in rarefazione, va sottolineato che queste
sono spesso minacciate in modo diretto da alcune
attività umane come in particolare l’edificazione
e le alterazioni degli ambienti umidi.
Ma minacce provengono anche da modifiche
meno dirette, più graduali ma non per questo
meno efficaci; in particolare l’ampliamento
delle superfici forestate conseguente
anche all’abbandono del pascolo o degli sfalci
delle praterie causa dapprima la rarefazione
e poi la scomparsa delle specie di prati.
Più specifico è il fatto che gli apparati radicali
sono particolarmente apprezzati soprattutto
dai cinghiali che costituiscono un fattore
di minaccia molto serio sia per le Orchidee
che in generale per i vegetali con bulbi,
tuberi e rizomi.
Le Orchidee quindi possono essere utilizzate
anche come “indicatori ambientali” e lo studio
della loro presenza e dei cambiamenti nel tempo
può fornire dati sintetici sulle condizioni
dell’ambiente e su come queste vengano
a modificarsi. La flora del Riminese non è stata
per ora indagata in modo specifico come invece
meriterebbe; viene a trovarsi ai margini tra aree
esplorate da due grandi naturalisti: Pietro
Zangheri, romagnolo di Forlì che lasciò
le sue raccolte al Museo di Storia Naturale
di Verona, e Aldo Brilli-Cattarini fondatore
del Centro Ricerche Floristiche di Pesaro.
Entrambi questi studiosi, pur nella diversità
delle loro opinioni, riconoscevano al Riminese
e in particolare alla Valle del Marecchia un ruolo
di confine biogeografico nel quale molte specie
mediterranee trovano il limite settentrionale
della loro distribuzione.Studi recenti
hanno più che confermato questa caratteristica,
sottolineando anche quanto questi territori
siano ricchi e importanti per il loro contenuto
naturalistico. La ricchezza della flora
è conseguenza della diversità ambientale;
nel Riminese sono infatti rappresentati quasi tutti
i principali tipi di habitat: fiumi, boschi, prati, rupi
e moltissimi ambienti di passaggio dove spesso
si concentra maggiormente la diversità biologica.
Questa ricchezza viene esaltata dalla posizione
biogeografica e bioclimatica cui si accennava.
Lo studio che viene qui presentato concretizza
una modalità di analisi che potrebbe e dovrebbe
essere esteso a tutta la flora o perlomeno
a quella di maggiore importanza biogeografica
e conservazionistica. Dobbiamo quindi
la massima riconoscenza a Loris Bagli
e al suo pluriennale impegno, a tutti coloro
che l’hanno aiutato per conseguire questo risultato
e alla Provincia
di Rimini che ne ha reso possibile il consolidamento
attraverso la pubblicazione di questo bel volume,
che rende piena giustizia a un tema così suggestivo
e affascinante. Quello che possiamo augurarci
è che grazie a questo lavoro insieme a una migliore
conoscenza del patrimonio naturale del Riminese
si diffonda la consapevolezza di quanto
sia importante la sua tutela.
Alessandro Alessandrini
Istututo per i Beni Culturali
Regione Emilia-Romagna
12
Perché le orchidee
L’interesse dello scrivente per le orchidee spontanee
risale a tre decenni fa. Non è immediato precisare
il motivo dell’attrazione che queste singolari piante
esercitano su quanti, professionisti o dilettanti,
operano nel campo della botanica.
Esiste indubbiamente un fattore “primitivo”
predisponente, insito in tutti coloro che si sentono
coinvolti dall’universo naturale nelle sue infinite
espressioni, in particolare dal mondo delle piante.
Forme, colori e strategie riproduttive non sono
però sufficienti a motivare un interesse specifico
per le orchidee. Molte specie vegetali superiori
competono con esse quanto a peculiarità
morfologiche e “creatività” procreativa.
Chi si avvicina a queste piante è senz’altro colpito
dall’armonia talvolta inquietante del fiore,
dalla evidente variabilità interna a specie
e generi, dalla loro diffusione in contesti naturali
intatti o, all’opposto, dalla capacità di colonizzare
ambienti fortemente connotati dall’azione
antropica. A individui minuscoli, spesso
seminascosti dalla vegetazione, fanno
da contraltare specie vistose che, per forme
e variazioni cromatiche, richiamano le nobili
e celebrate forme tropicali. E poi ancora la loro
diversa associabilità, per cui a fronte di individui
che tendono a isolarsi, altri contribuiscono
a connotare determinati paesaggi vegetali
con dense ed eterogenee comunità.
La scoperta delle orchidee nel loro ambiente
diviene per il naturalista un momento di emozione,
accentuato dalla possibilità di imbattersi in ibridi
tra specie, in forme teratologiche, i cosiddetti
“lusus”, o variazioni cromatiche intraspecifiche
che vanno dalla apocromia all’ipercromatismo.
È poi frequente notare la piccola vita animale
che gravita attorno ad esse: bruchi intenti a cibarsi
di fiori o foglie, insetti che esplorano le piante
o altri invertebrati, in particolare aracnidi,
che tessono le loro tele e stazionano nelle parti
sommitali per predare gli insetti che si avvicinano.
Ciò che però costituisce motivo di particolare
interesse nei confronti di questa famiglia botanica
riguarda le notevoli strategie riproduttive poste
in atto per la continuazione delle specie.
Il legame con il mondo degli insetti impollinatori
è spesso strettissimo e su un altro versante,
altrettanto esclusivo è il rapporto con
gli organismi di natura fungina che consentono
la germinazione dei piccolissimi semi, rapporto
che spesso perdura nella crescita in una forma
di mutualismo.
Piante apparentemente orgogliose e “diverse”
nel loro presentarsi, ma profondamente legate,
pena la loro scomparsa, ad altre forme viventi.
Al termine, ma non ultima, una motivazione
di tipo conservazionistico.
La Famiglia Orchidaceae è protetta sul piano
globale fin dal lontano 1973 mediante
la Convenzione di Washington, nota come CITES.
Con la Direttiva Habitat N.43 del 1992 la Comunità
Europea ha posto sotto tutela quali habitat
prioritari i siti a pascolo che presentano, alla lettera,
“stupende fioriture di orchidee”.
La Legge dell’Emila-Romagna N.2 del 1977
“Provvedimenti per la salvaguardia della flora
regionale - istituzione di un fondo regionale
per la conservazione della natura - disciplina della
raccolta dei prodotti del sottobosco”, tutela tutte
le specie che rientrano nella Famiglia Orchidaceae.
Sappiamo però che le disposizioni normative come
tali non assicurano la salvaguardia delle orchidee
spontanee. Come per ogni altra espressione
di biodiversità vegetale o animale, la conoscenza
delle specie presenti e della loro distribuzione
nel territorio costituisce la condizione primaria
per ogni intervento di reale conservazione.
La concreta protezione dei contesti ambientali
che esprimono la maggiore ricchezza di specie
ma anche dei siti che conservano singole specie
rare o di particolare interesse biogeografico,
diviene la forma irrinunciabile perché
la conservazione di queste delicate espressioni
della natura possa trovare solida attuazione.
Loris Bagli
Orchis simia
San Leo, 30 aprile 2012
14
Origine, mito, scienza e usi pratici
ORIGINE DELLE ORCHIDEE
L’origine della famiglia Orchidaceae,
che al momento conta oltre 800 generi
e un numero di specie superiore a 20.000 (25.000
secondo la lista ufficiale dei Kew Gardens
di Londra), distribuite su tutto il pianeta, è sempre
stata molto dibattuta. Solo la famiglia Asteraceae
precede le Orchidaceae in termini numerici.
L’incertezza trova il suo motivo nella estrema
rarità di resti fossili attribuibili a queste piante,
determinata in primo luogo dalla delicatezza delle
strutture fiorali che ostacolano la conservazione
post-mortem e quindi la fossilizzazione.
La distribuzione planetaria, le orchidee
sono cosmopolite e ubiquitarie, unita
a una sorprendente diversità, lasciano immaginare
una origine antica. La carenza di campioni fossili
e la specializzazione depongono al contrario
per una origine recente.
Non sono mancati negli ultimi decenni rinvenimenti
utili a chiarire la questione. Uno di questi
in particolare ha attirato l’attenzione
degli specialisti. A partire dal 2005 è stata
studiata un’ape fossile, Problebeia domenicana,
inglobata nell’ambra di Santo Domingo risalente
a 15-20 milioni di anni.
Il rinvenimento è stato particolarmente fortunato
in quanto l’ape reca sul dorso le masse polliniche
dell’orchidea Meliorchis caribea.
Ciò ha comportato notevoli conclusioni sull’origine
delle orchidee. Il reperto dimostra indubbiamente
la relazione tra la funzione impollinatrice dell’insetto
e la specializzazione riproduttiva di queste piante.
Santiago R. Ramírez e lo staff della Harvard
University hanno pubblicato gli esiti della ricerca
in un articolo su “Nature”.
Gli studiosi hanno ricostruito l’albero
della famiglia sulla base della sequenza del DNA
estratto dai pollini, calcolandone l’età a partire
dalla Meliorchis fossile.
Le conclusioni asseriscono che il più antico
antenato comune alle orchidee visse probabilmente
tra 84 e 76 milioni di anni fa, precedentemente
alla estinzione dei grandi rettili avvenuta tra il
Cretaceo e il Terziario, circa 65 milioni di anni fa.
Polline di Meliorchis caribea su ape Problebeia
domenicana. Fossile in ambra di 15-20 milioni di anni.
Santo Domingo, Repubblica Dominicana (www.orchids.it)
DAL MITO ALLA SCIENZA
Nell’antica Cina le testimonianze di interesse
verso le orchidee risalgano alle prime dinastie,
oltre 3000 anni fa.
L’attenzione dei cinesi verso il mondo vegetale
è ben nota nelle espressioni artistiche,
dalla pittura alla porcellana. Le orchidee erano
associate alle celebrazioni primaverili e utilizzate
per scacciare gli influssi malefici. In particolare
venivano usate contro la sterilità, come avvenne
poi nel mondo occidentale. Le orchidee del genere
Cymbidium, note in Europa a partire dalla seconda
metà del XVIII secolo, erano indicate con il termine
“Lan”, dai molteplici significati, quali ”uomo
forte”, “donna elegante” o “forte, virile e bello”.
L’arte cinese e giapponese è ricorsa spesso
a raffigurazioni di orchidee come forme iniziali
di scrittura descrittiva.
Un riferimento si trova in Confucio (551–479 a.C.):
“Il sapere e la bontà degli uomini sono
paragonabili alla fragranza che si coglie
in una stanza piena di Lan”. Troviamo “Lan” anche
nei testi medici. L’imperatore Sheng Nung indica
le caratteristiche curative di Dendrobium.
La letteratura giapponese riporta una cronaca
della Casa imperiale. La Principessa Yohki-Hi,
consorte dell’Imperatore Shi-Kotei, da anni
non riusciva a dare un erede al trono.
Essa venne inebriata con la fragranza
di un Cymbidium ensifolium, con 13 steli fiorali.
La principessa concepì presto il primo di 13 figli.
Il primo organico trattato di coltivazione
delle orchidee vede la luce nell’XI secolo, in Cina.
Con un balzo temporale veniamo al mondo greco
classico, culla della cultura occidentale.
Ci troviamo in Epiro, una regione posta
tra la Grecia nord-occidentale e l’Albania
meridionale, più precisamente tra la Macedonia
occidentale ed il Mare Ionio.
Una leggenda racconta che a Orchide, un giovane
bellissimo, all’inizio della sua adolescenza
crebbero due vistosi seni. Egli perse l’identità
sessuale, sentendosi a volte timido e schivo
come una ninfa, a volte lussurioso come il dio Pan.
Orchide era un androgino, tutti lo evitavano a causa
della sua diversità.
Preso dalla disperazione, Orchide si gettò
da una rupe. Dal suo sangue disperso spuntarono
presto dei fiori, diversi tra loro ma tutti
accomunati dalla evidente e insolita sensualità
delle loro parti, a volte riproducenti gli attributi
della mascolinità, a volte l’intimità femminile.
Fu dato loro il nome di orchidee. A tale leggenda
si deve il fatto che gli efebi ateniesi incoronavano
la fronte con le orchidee nel rivolgere le lodi
agli dei dell’Olimpo.
Ogni leggenda che si rispetti possiede però più
versioni. Si tramanda ancora che per gli antichi
Greci Orchide fosse un giovane bellissimo e assai
focoso, figlio di una Ninfa e di un Satiro. Per aver
osato insidiare una sacerdotessa del dio Dioniso
subì la terribile punizione di essere dato in pasto
alle belve feroci. Gli dei dell’Olimpo vollero però
tramandare il ricordo della sua avvenenza,
facendo nascere sui suoi resti una pianta esile
e modesta che conservava il ricordo delle parti
anatomiche maschili che erano state la causa
della sua fine. I Greci chiamavano inoltre alcune
orchidee kosmosàndalon, sandalo del mondo,
a causa del labello tondeggiante che richiamava
l’estremità di una piccola scarpa.
Leggende e superstizioni popolari prendono
puntualmente origine dal mito. Tra i medici
e gli alchimisti dell’antichità classica, il mito
Da Caruel, 1930
di Orchide ha dato corso a credenze
che conferivano alle orchidee potenzialità
afrodisiache e curative della sterilità femminile.
Teofrasto di Ereso (371-287 a.C.), filosofo greco
allievo di Platone e Aristotele, del quale
fu successore, è considerato il più grande botanico
dell’antichità. De historia plantarum, opera
in cui egli classifica le piante in alberi, frutici,
suffrutici ed erbe, può essere oggi definito
il primo trattato di botanica farmaceutica.
Lo studio delle piante, fin dai primordi
e per lunghissimo tempo, ha avuto essenzialmente
una connotazione officinale e terapeutica.
Teofrasto tratta di alcune piante che presentavano
due tubercoli rotondeggianti alla base delle radici.
Dalla somiglianza con i testicoli umani, le chiamò
“Orchis”. Il nome orchidea trova quindi fondamento
16
Origine, mito, scienza e usi pratici
nelle applicazioni mediche dei tuberi radicali.
Il folosofo precisa che il maggiore, assunto
con latte di capra, incentiva le funzioni sessuali;
il minore esercita una funzione opposta.
Dioscoride (40-90 d.C. circa), medico greco
vissuto a Roma, nell’opera De Materia Medica
scende nei particolari descrivendo cinque specie
di orchidee utili alla farmacopea.
Rispetto a quanto affermato da Teofrasto,
puntualizza che se è un uomo a cibarsi del bulbo
più grande avrà un maschio. Una donna
che consumerà il minore, darà vita a una femmina.
Le orchidee offrono quindi un potente rimedio
contro la sterilità. Nella sua opera si riscontra
anche che i bulbi del Satyrium, orchidea così
denominata perché immaginata cibo dei Satiri,
una volta ingeriti con vino rosso risultano
particolarmente afrodisiaci.
Medici e alchimisti medievali hanno reiterato
la tradizione classica legata alle capacità curative
e stimolanti delle orchidee, attribuendo loro
facoltà fecondatrici, secondo la nota teoria
della “segnatura” o dei “segni”.
Le forme, in questo caso di parti di piante,
palesano le loro presunte proprietà terapeutiche.
L’alchimista e medico Paracelso, vissuto tra il 1493
e il 1541, riteneva ad esempio che i tuberi
delle orchidee che richiamano la forma
dei testicoli, erano in grado di conferire maggiore
virilità all’uomo, così come la linfa gialla
delle piante era capace di curare l’itterizia
e le foglie cuoriformi capaci di curare
i problemi cardiaci.
Il botanico e medico tedesco Leonhard Fuchs,
da annoverare tra i principali rappresentanti
del neo-galenismo e tra i fondatori della botanica
tedesca, nel 1542 pubblica De Historia Stirpium
commentarii insignes, un hortus pictus di piante
medicinali all’interno della quale rappresenta
undici specie di orchidee. Il suo nome è legato
a Dactylorhiza fuchsii.
Al tempo di Fuchs arrivarono in Europa le prime
orchidee tropicali grazie allo spagnolo Francisco
Hernandez. I nativi americani, in particolare
gli Aztechi, conoscevano le orchidee del genere
Vanilla, usata per creare bevande a base di caffè
Da Hooker, 1878
e cacao. Ancora nel 1735, in Istoria delle piante
che nascono né lidi intorno a Venezia,Gian
Girolamo Zannichelli riporta integralmente
la credenza per la quale “Le radici di tutte
le spezie d’Orchide hanno virtù afrodisiaca, cioè
sono proprie ad accrescere il seme, e a fortificare
le parti della generazione”.
Le forme evocative delle orchidee sono inoltre
alla base di varie leggende popolari. Si narra
di un monaco che trovò la morte in preda a sensi
di colpa dopo aver seppellito il braccio
di una statua miracolosa di Gesù Bambino
del quale si era appropriato. In quel punto nacque
una piantina che riportava nella radice la forma
della mano di un bambino.
Non manca una leggenda di lontanissima origine
che riguarda Cypripedium calceolus, la Scarpetta
di Venere, forse l’orchidea europea più nota, il cui
nome è cristianizzato in “Pianella della Madonna”.
Si dice che la dea Afrodite, Venere per i Romani,
durante una tempesta perse un prezioso calzare.
Prima di essere profanato dal mortale
che lo ritrovò, il calzare prese la sembianza
della nostra “Scarpetta di Venere”.
È intuitivo che il fiore dell’orchidea richiama,
con un pò di fantasia, la forma di una piccola
calzatura. Ricordiamo infine che le orchidee
compaiono spesso nelle formule magiche con
i più vari e classici ingredienti del mondo arcaico
del sortilegio e della negromanzia.
Carl Nilsson Linnaeus, Carl von Linné, noto ai più
come Linneo (Råshult, 23 Maggio 1707 - Uppsala,
10 Gennaio 1778), svedese, considerato il padre
fondatore della moderna botanica, segnò
un preciso spartiacque tra i secoli del mito
e un nuovo approccio scientifico. Nel 1758 diede
alle stampe Systema naturae, una catalogazione
degli esseri viventi in cui venne introdotta
la nomenclatura binomia. Ricorse al nome Orchis
per indicare sia un Genere che l’intera Famiglia
(Species Plantarum e Genera Plantarum).
Nel mondo aglosassone l’interesse per le orchidee
trovò presto terra fertile. Nel XIX secolo Charles
Darwin fissa un punto fermo negli studi
con “I diversi apparecchi col mezzo dei quali
le orchidee vengono fecondate dagli insetti”.
La traduzione italiana è del 1883, l’originale
del 1862 (seconda edizione del 1877). Il suo lavoro
venne seguito da una pletora di ricerche di altri
studiosi. La Royal Horticultural Society inglese
si pone in evidenza ancora oggi come principale
istituzione attiva nella ricerca di nuove specie.
Vennero introdotti nelle serre europee per primi
i generi Cymbidium, Epidendrum, Phaius
e Vanilla. Furono in primo luogo l’Inghilterra,
e in seguito l’Olanda, a diffondere le orchidee
tropicali nel mondo. Molte specie di orchidee
portano il nome di ricercatori e appassionati
del tempo. Ne sono esempi James Veitch
da cui deriva il nome di Epiphronitis veitchii,
e William Cattley, al quale John Lindley ha dedicato
il genere Cattleya.
USI PRATICI
Le immagini delle orchidee sono legate a significati
estetici e simbolici ed evocano le fitte foreste
dei tropici. Meno noti sono gli impieghi pratici
svincolati da miti e superstizioni.
Una testimonianza a noi vicina, e per questo
di specifico interesse, riguarda l’opera
di Costanzo Felici, medico e botanico di Piobbico
(1525 – Pesaro 1585), il quale ricorda nella sua
dotta Lettera sulle insalate composta tra il 1565
e il 1572, che le foglie di alcune Orchis vengono
utilizzate a scopo alimentare. Con evidenza,
il riferimento si basa su una tradizione antica,
ancorché marginale, di uso di tali piante come cibo.
Dal XVI secolo ci portiamo a epoche più recenti.
Carlo Berti Pichat, nel suo “Corso teorico e pratico
di Agricoltura”, del 1867, cita espressamente
le applicazioni alimentari delle orchidee,
tradizione di origine mediterraneo orientale
che sembra non trovi diffusione colturale in Italia:
“Se ne contano molte specie e quasi tutte ponno
dare il Salep, o Salap, o Salop che ci viene di Turchia.
Le loro radici bulbose, le quali scotate in acqua
e poi seccate, ovvero spogliate della buccia
e poi seccate nella stufa, si fanno trasparenti,
e danno gran nutrimento, il Dombasle insegnava
si raccogliessero appena hanno cessato di fiorire,
e come si dovessero preparare. Non so tuttavia
se alcuno abbia intrapreso di coltivarle”.
Pichat auspica che la loro coltivazione possa
trovare un futuro “meritandolo la loro speciale
qualità di prosperare ne’ luoghi alquanto ombrosi
ed in mezzo ad altre erbe, mentre poi il Targioni
non dubitava di dichiararle di grande utilità
nelle carestie e nelle navigazioni”.
Felice Cassone, medico, fornisce nella sua “Flora
medico-farmaceutica” pubblicata nel 1852,
trattando di Orchis morio (tomo VI), accurati
dettagli a proposito del salep: “I bulbi dell’orchide
si raccolgono alla fine dell’autunno dopo averli
mondati e sottomessi per alcuni minuti all’azione
dell’acqua bollente, si sospendono ad un filo
e si espongono al sole ardente oppure
in un forno per disseccarli.
Egli è in tal guisa che si prepara il salep o salap
di Persia che trovasi in commercio.
Esso è in piccoli pezzi ovali di un colore giallo
biancastro talvolta mezzo trasparenti, cornei
durissimi inodorosi e dotati di un debole odore
di un gusto somigliante a quello della gomma
adagrante.
Essi sono composti pressoché intieramente
di materia fecolenta e conseguentemente assai
propria a fare alcune pappe che sono in grandissima
riputazione principalmente presso gli Orientali
come analettici, vale a dire capaci di ristaurare
le forze spossate. Geoffroy e Retzius ed altri autori
di farmacologia raccolsero i bulbi di orchide
che cuoprono le nostre praterie e le nostre
montagne e diedero la maniera di preparare
questi bulbi e renderli perfettamente identici
18
Origine, mito, scienza e usi pratici
al salep degli Orientali. Perciò si trascelgono
i più grossi bulbi, si nettano, si lasciano
qualche tempo nell’acqua calda poi si portano sino
all’ebollizione, si infilzano in fiscelle e si fanno
seccare esponendoli ad un aria calda e secca.
Così seccato il salep può essere ridotto in polvere
che disciolta nell’acqua bollente forma
una gelatina che si rende più gradevole
coll’aggiunta dello zucchero e di diversi aromi.
Dietro la grossolana analogia che credettero
esserci tra questi bulbi ed i testicoli, li decantarono
come afrodisiaci e come tale vuolsi sieno ritenuti
in Oriente. Ma siccome questi popoli sogliono
mescolare al salep varii aromi egli è piuttosto
a questi che devesi attribuire la facoltà di eccitare
gli organi genitali anziché al salep, il quale
composto di fecola amilacea e di mucilaggine
non può certamente esercitare una siffatta azione.
Furono questi bulbi raccomandati nella gotta,
nell epilessia, nelle palpitazioni di cuore,
nella cura delle febbri etiche, nelle febbri
nervose, nelle affezioni dei reni, della vescica
e simili. Nessun fatto positivo però adducesi
in prova di tutte queste virtù le quali avuto
riguardo ai componenti del salep debbonsi tenere
come immaginarie ed assurde. L’unica proprietà
che puossi attribuire al salep è quella di servire
di alimento come se ne servono gli Orientali,
i Persiani ed i Turchi in specie”.
Secondo l’autore sono utilizzabili
per la produzione di salep anche l’Orchide
militare, l’Orchide bruciata e l’Orchide robertiana.
Vittorio Nigrisoli e il grande naturalista Pietro
Zangheri, in Le piante medicinali della Romagna
del 1935, includono le orchidee Orchis militaris,
Orchis morio, Orchis mascula, Orchis purpurea,
Ophrys arachnites, tra le specie di interesse
officinale, attribuendo loro proprietà emollienti,
astringenti e ricostituenti.
Troviamo poi in Ostermann (1940) un riferimento
all’uso di Orchis morio in Friuli. L’Autore riferisce
che i decotti sono ritenuti potenti afrodisiaci.
L’uso pratico delle orchidee spontanee
è oggi fortunatamente solo un ricordo, scomparso
dalle tradizioni locali e assente dai manuali
erboristici moderni. A conferma degli Autori
Preparato turco a base di salep e spezie
(www.thedieline.com)
Da Caruel, 1930
del XIX secolo, il Paese mediterraneo
che tramanda ancora oggi l’impiego di certe
orchidee, la citata Turchia, produce il salep
a fini alimentari, per bevande e gelati. I preparati
sono ritenuti da secoli un medicinale dall’azione
ricostituente.
Il vocabolo salep deriva dall’arabo sahlab,
alterazione di khusa al thahlab, traducibile
con “genitali di volpe”. Il salep viene ottenuto
essenzialmente da Anacamptis morio, Orchis
mascula, Orchis militaris, Neotinea ustulata,
Anacamptis pyramidalis; secondariamente dai
tuberi di Dactylorhiza maculata, Dactylorhiza
incarnata e Gymnadenia conopsea.
Ai tuberi, amarognoli e dall’odore sgradevole,
estratti dopo il periodo di fioritura, viene asportato
il rivestimento per essere essiccati e tostati.
Dopo l’essiccatura si presentano minuti
e leggerissimi, con un debole aroma.
Vengono prodotte due varietà dette “salep
di Germania” e “salep di Levante”.
Oltre alle tradizionali applicazioni medioorientali, il salep è usato anche come appretto
per tessuti e addensante per colori. Il prodotto
ha raggiunto gli onori delle cronache quando
il Corriere della Sera, nel 1993, ha denunciato
il pericolo di estinzione corso da una rara orchidea
in Turchia a causa di un gelato, il “salep dondurma”,
ritenuto carico di virtù mediche e afrodisiache.
Il gelato presenta un “ gusto di vaniglia e di burro
di yak, un odore di pelo di capra e una consistenza
cremosa e sorprendentemente gommosa, dovuta
a una percentuale di mucillagine così alta
che per degustarlo sono necessari il coltello
e la forchetta, e può perfino essere utilizzato nella
fabbricazione di corde”. Kahramanmaras, una città
turca ai piedi dei monti Tauri nel sud-est
della penisola anatolica, è il luogo di provenienza
del gelato, originato forse casualmente
da una bevanda ghiacciata a base di tuberi,
zucchero, latte e cannella che porta
lo stesso nome.
La produzione di un chilo di salep richiede circa
mille fiori. La grande richiesta minaccia
la sopravvivenza delle orchidee per cui il governo
turco ne ha vietato l’esportazione.
Le orchidee legate alla produzione di salep sono
oggi tutelate da leggi nazionali ed internazionali.
Nello specifico, l’Unione Europea ha posto sotto
tutela tutte le specie, per cui il commercio
di salep è vietato. A fronte del consumo localizzato
di salep, l’aroma più utilizzato al mondo in campo
alimentare e industriale, la vaniglia, proviene
dalle capsule di una orchidea del genere Vanilla.
Delle almeno 110 specie che rientrano in questo
genere, solo 15 producono frutti aromatici e solo
tre hanno un interesse commerciale.
Vanilla planifolia è di gran lunga la più importante.
La possibilità di condurre oggi accurate ricerche
di laboratorio ha consentito di isolare le sostanze
presenti nelle orchidee, come riportato
in Di Massimo e Di Massimo (2005).
Gli elementi costitutivi sono vari. Mucillaggini,
dalle proprietà emollienti e antiflogistiche,
cumarina, appartenente a un gruppo di eterogenee
molecole con attività farmacologiche e terapeutiche
molto diverse, amido, proteine, lipidi e sali minerali.
Possiamo quindi considerare non del tutto prive
di fondamento le tradizioni popolari che associano
a determinate orchidee proprietà medicinali.
Ciò che non trova conferma scientifica
è la millenaria credenza afrodisiaca e fecondativa,
ancora oggi ben radicata in Oriente.
L’interesse per lo studio delle orchidee spontanee
è ampiamente accresciuto negli ultimi anni.
Le orchidee esotiche hanno ottenuto un vasto
successo di pubblico, sia per il loro effetto
estetico e decorativo, con ampie ripercussioni
commerciali, sia per una vera e propria passione
per la loro coltivazione. Sono così sorte nuove
tendenze, in verità solo formali in quanto sembra
ripetersi un rituale dal sapore antico, in cui
vengono recuperati elementi simbolici e applicativi
di antica tradizione.
Come esempio basti pensare che da determinate
orchidee tropicali vengono oggi ricavate essenze
ritenute in grado di interagire con i vari “chakra”
superiori. Le orchidee epifite nientemeno vibrano
all’interno della sfera angelica e stabiliscono
il collegamento Cosmo-Uomo-Terra, mettendo
l’uomo in contatto con i diversi livelli
dell’amore cosmico.
20
Orchis mascula,
Passo dei Ladri (Pennabilli),
6 Maggio 2011
Origine, mito, scienza e usi pratici
Su un piano più prosaico, di alcune orchidee
coltivate dalla olandese Koppert Cress,
Dendrobium in particolare, vengono consumate
le foglie al pari del radicchio o della cicoria.
Vengono usate in alternativa per decorare piatti
di classe da chef che cercano un tocco originale
per la presentazione delle proprie “opere”
gastronomiche o per aperitivi molto scenografici.
Si chiamano “Karma” e sono l’ultima moda
in fatto di alta cucina. Al di là di mode e tendenze
contingenti, vogliamo esprimere la nostra
propensione a considerare il mondo delle orchidee
come espressione di una mirabile sintesi
tra adattamenti morfologici ed ecologici
e quella che ci appare nell’insieme una
sorprendente manifestazione di armonia
e bellezza.
Bevanda turca a base di Salep
(www.istanbulfoodbazaar.com)
Disidratazione dei tuberi per la preparazione del salep
(www.habercimiz.biz)
22
Il territorio della provincia
La Provincia di Rimini è la più meridionale dell’EmiliaRomagna, con una superficie di 863,58 kmq e una
popolazione di 329.970 abitanti al 31 Marzo 2011
(ISTAT), distribuiti in 27 comuni. La densità media
è di 382,1 abitanti per km². L’altitudine raggiunge
i 1375 metri s.l.m.. I limiti amministrativi
sono a meridione con la provincia marchigiana
di Pesaro e Urbino e con la Repubblica di San
Marino, a settentrione con la provincia di ForlìCesena; a Ovest, lungo la catena appenninica,
con la provincia toscana di Arezzo. A Est si affaccia
sul Mare Adriatico, con la conurbazione costiera
che unisce Cattolica con Bellaria per circa 30 km.
La provincia di Rimini è stata istituita nel 1992,
in seguito al distacco dalla provincia di Forlì.
Nel 2009 ha inglobato sette comuni dell’Alta
Valmarecchia: Casteldelci, Maiolo, Novafeltria,
Pennabilli, San Leo, Sant’Agata Feltria e Talamello,
in precedenza parte della provincia di Pesaro
e Urbino.
I comuni della Provincia di Rimini
PROVINCIA DI RIMINI + SETTE COMUNI DELL’ALTA VALMARECCHIA - DATI AL 1-1 -2009
POPOLAZIONE RESIDENTE, SUPERFICIE TERRITORIALE, DENSITÀ ABITATIVA
ED ALTITUDINE
Comune
BELLARIA IGEA MARINA
CATTOLICA
Superficie
territoriale
in kmq
18,23
Totale
Densità abitativa Altitudine
(metri s.l.m.) Residenti
(abitanti per
kmq)
1.028,02
0 - 16
18.744
6,10
2.730,5
0 - 42
16,668
CORIANO
46,85
208,7
12 - 251
9.779
GEMMANO
19,20
63,1
107 - 551
1.212
MISANO ADRIATICO
22,36
529,7
0 - 147
11.842
MONDAINO
19,79
73,9
81-421
1.462
MONTECOLOMBO
11,91
253,1
39 - 350
3.014
MONTEFIORE CONCA
22,42
95,2
75 - 480
2.134
MONTEGRIDOLFO
6,80
151,1
57 - 340
1.027
MONTESCUDO
19,98
155,5
60 - 474
3.106
MORCIANO DI ROMAGNA
5,40
1.239,5
40 - 130
6.698
POGGIO BERNI
11,89
280,3
44 - 201
3.334
RICCIONE
17,45
2.019,5
0 - 71
35.232
RIMINI
135,48
1.034,5
0 - 235
140.158
SALUDECIO
34,10
85,3
31 - 381
2-908
SAN CLEMENTE
20,77
229,3
35 - 232
4.762
SAN GIOVANNI IN MARIGNANO
21,25
418,1
10 - 148
8.884
SANTARCANGELO DI ROMAGNA
45,09
463,7
22 - 182
20.907
TORRIANO
23,24
61,7
78 - 455
1.433
VERUCCHIO
27,07
368,1
61 - 503
9.966
*CASTELDELCI
49,31
9,7
436 - 1355
476
*MAIOLO
24,22
34,7
212 - 950
841
*NOVAFELTRIA
41,98
174,2
164 - 883
7.312
*PENNABILLI
69,41
44,6
298 - 1375
3.098
*SAN LEO
53,32
57,0
122 - 787
3.041
*SANT’AGATA FELTRIA
79,67
29,1
174 - 961
2.316
*TALAMELLO
10,63
105,1
213 - 861
1.117
864, 08
372, 30
0 - 1375
321,471
TOTALE PROVINICA DI RIMINI
Fonti: anagrafi comunali
Elaborazione: UFFICIO STATISTICA - Provincia di Rimini
*Comuni della provincia di Pesaro- Urbino che sono entrati a far parte della provincia di Rimini
(Legge pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n.188 del 14 agosto 2009)
L’Emilia-Romagna
e la Provincia di Rimini
Con il loro ingresso la superficie territoriale
della Provincia di Rimini è passata dai 535,38 Kmq
agli attuali 863,58, con un incremento di 328,20 Kmq.
All’interno dell’alta valle, a cavallo del Marecchia,
Santa Sofia e Ca’ Raffaello rientrano in un’isola
amministrativa (esclave) della regione Toscana
facente parte del Comune di Badia Tedalda.
Dal punto di vista idrografico la provincia è percorsa
da sette corsi d’acqua principali a carattere
torrentizio. Da nord a sud: l’Uso, il Marecchia, l’Ausa,
il Marano, il Conca, il Ventena e il Tavollo. Il maggiore
è il Marecchia, l’antico Ariminus; nasce dal Monte
Zucca, sull’Alpe della Luna (1263 m), in provincia
di Arezzo, e scorre per circa 90 km sfociando nel Mare
Adriatico presso la città di Rimini.
Il suo bacino idrografico è di 462 Kmq.
Il torrente Conca segue per importanza, origina
a oltre 1200 m sul Monte Carpegna in provincia
di Pesaro e Urbino (Marche), ha un corso di 47 km
e sfocia in Adriatico tra Cattolica e Misano Adriatico.
Provincia di Rimini (www.google.it/earth)
I torrenti Ausa e Marano nascono nella Repubblica
di San Marino. Non sono presenti laghi di rilievo ad
eccezione dell’invaso artificiale del Conca, a monte
del tracciato dell’autostrada A14, tra i comuni di
Misano Adriatico e San Giovanni in Marignano.
Il territorio provinciale è delimitato parzialmente
a nord dalla provincia di Forlì-Cesena dal torrente
Uso, e a sud dalla provincia di Pesaro-Urbino
dal torrente Tavollo. Il sistema territoriale
può essere suddiviso in una serie di settori
morfologicamente e paesaggisticamente omogenei.
Ad iniziare dall’area orientale prospiciente l’Adriatico,
la lunga fascia rivierasca pianeggiante (spiaggia
e retrospiaggia) è quasi completamente interessata
dalla conurbazione che collega Bellaria a Cattolica.
La città di Rimini ne rappresenta il fulcro urbanistico
nonché un fondamentale incrocio di collegamenti viari
in direzione delle direttrici costiere, a nord
con la via Romea e a sud con la via Flaminia;
con la pianura padana e il settentrione mediante
la Via Emilia;
24
IlPresentazione
territorio della provincia
con la via Marecchiese, l’antico Iter arretinum,
verso l’entroterra e la Toscana. La costa sabbiosa,
un tempo ampia e provvista di apparati dunali,
è oggi per lunghi tratti ristretta e conservata
artificialmente a causa di incalzanti processi
erosivi. La pianura padana trova il suo limite
meridionale nell’angolo nord-occidentale
della provincia, coincidente con i comuni di
Bellaria-Igea Marina, Santarcangelo di Romagna,
e un ampio settore del comune di Rimini.
Il territorio pianeggiante era dedito principalmente
all’agricoltura, oggi residuale a causa della
espansione di insediamenti residenziali,
produttivi e commerciali, infrastrutture stradali
e ferroviarie (SS 9 Via Emilia, Autostrada A14,
linea ferroviaria Bologna-Ancona e RiminiRavenna). L’estremo vertice padano, la bassa
costa sabbiosa e i conoidi pianeggianti dei corsi
d’acqua maggiori e minori che si alternano verso
sud prolungando irregolarmente l’estensione
padana, costituiscono i piedi del complesso
collinare che interessa gran parte dei settori
occidentale e meridionale della provincia.
Con progressione moderata ma continua i sistemi
collinari accrescono la loro importanza
in direzione dell’entroterra, incisi dai sistemi
fluviali. Le valli del Marecchia, del Conca
e del Marano, le maggiori, alternate con valli
minori, percorrono la fascia collinare dopo aver
modellato i complessi montuosi interni.
Una serie di colline alte sovrasta i deboli rilievi
antistanti la costa, fino ad una altitudine
indicativa di 800-900 metri di quota, inglobando
localmente affioramenti gessosi.
Gran parte della provincia è occupata dai terreni
argillosi della Coltre alloctona, profondamente
erosi da calanchi sovrastati dalle tipiche
emergenze calcaree e arenacee che dominano
la Valle del Marecchia medio-alta.
Tra questi gli speroni di Torriana, Montebello,
Saiano, Verucchio, San Leo, Pietracuta e il Monte
Titano, attorno al quale è raccolta la Repubblica
di San Marino. Di natura geologica diversa ma
sempre legati alle vicende della Coltre alloctona,
sono i macigni di Monte Pincio, Monte Perticara
e Maioletto, nonché il comprensorio montano
del Monte Carpegna e Monte Canale.
L’alta valle del Marecchia si identifica con il settore
montano della provincia.
Le spettacolari sequenze sedimentarie autoctone
della formazione Marnoso-arenacea connotano
un paesaggio erto e boscoso, moderatamente
popolato, dalle forme insediative antiche,
con un assetto agrario tradizionale e ampie
superfici a pascolo.
La Valle del Marecchia da Torriana (RN)
26
Clima e bioclima*
Il clima
Il clima condiziona in modo determinante
la distribuzione e le modalità di aggregazione
delle piante. Dal generale al particolare
è possibile distinguere tre piani climatici:
il macroclima, il mesoclima e il microclima.
La tipologia climatica che si manifesta su vasta
scala, determinata da fattori geografici e fisici,
è definita macroclima. Un esempio è il clima
regionale mediterraneo. Il mesoclima o topoclima
o clima locale è quella espressione del macroclima
che si differenzia in conseguenza di fattori
morfologici locali quali una vallata, l’esposizione
dei versanti, la presenza di bacini marini o lacustri.
Su macro e mesoclima incidono più gradienti quali
la latitudine, la longitudine e l’altitudine.
Il microclima trova espressione all’interno
di ambienti circoscritti quali vallecole,
il sottobosco, pareti rocciose, cavità carsiche,
risorgenti, forre. Temperatura e precipitazioni
sono i parametri prioritari per mezzo dei quali
il clima viene classificato. In termini complessivi
l’Italia rientra nel Domino Temperato Umido,
frazionato in una Divisione Temperata
e in una Mediterranea.
Il territorio di nostro interesse è parte
della Divisione Temperata. Sul piano
macroclimatico il territorio provinciale viene
inserito nella regione padano veneta, alto
adriatica e peninsulare interna, caratterizzata
da un clima temperato subcontinentale.
Più precisamente interessa parte della pianura
veneta, la pianura friulana, la fascia costiera
dell’alto adriatico e la peninsulare interna
con media annua da 10°C a 14°C; media del mese
più freddo da -1 a 3.9°C; 2 mesi con temperatura
> 20°C; escursione annua da 16 a 19°C.
(www.ilpolline.it). Altri autori, opportunamente,
indicano il clima costiero centro-settentrionale,
influenzato direttamente dal mare, come “clima
adriatico”, distinguendolo dal clima “temperato
fresco continentale” della media montagna
appenninica e alpina. (Accordi, Palmieri & Parotto,
1993). Pignatti (1995), fa rientrare la nostra area
nella fascia di transizione tra la zona climatica
centroeuropea, priva di aridità estiva, e la zona
mediterranea, caratterizzata da aridità estiva.
Il bioclima
Un metodo utilizzato per individuare la tipologia
climatica è quello definito da Walter e Lieth
(1960), basato sul confronto tra l’andamento
delle precipitazioni e quella delle temperature.
Si individua un periodo arido o xerotermico, indice
di un clima mediterraneo, nel caso in cui
i due grafici su base annuale si intersechino.
Ponendo a confronto i climatogrammi di Rimini,
San Marino, Novafeltria e Carpegna (Biondi et al.,
1995), si osserva che per Rimini i due andamenti
mostrano un contatto privo di sovrapposizione
e quindi di un vero periodo xerotermico.
Le due linee per San Marino, Novafeltria
e Carpegna si allontanano progressivamente,
evidenziando un clima che dal carattere
mediterraneo temperato si avvicina ad un clima
sempre più vicino a quello temperato oceanico.
Carta climatica d’Italia (www.forumeteo-emr.it)
Quando il clima viene classificato in relazione
alla composizione e distribuzione degli organismi
viventi in un dato territorio si parla di bioclima;
di fitoclima quando i dati climatici sono correlati
allo studio della vegetazione.
Possiamo avvalerci oggi di ricerche di grande
interesse sul bioclima vegetale delle Marche
e dell’Emilia-Romagna in quanto basati
sul confronto tra dati floristici, vegetazionali
e climatici. Ubaldi (1988; 1993) ha condotto
ricerche sulla zonazione bioclimatica
della vegetazione della provincia di Pesaro e
Urbino. La quasi totalità del territorio, dal litorale
fino ai 1.000 - 1200 m di altitudine, è inserito
dall’Autore nella “Fascia supramediterranea”.
Le aree collinari litoranee e sublitoranee rientrano
a loro volta in una “Sottofascia calda”.
Biondi et al. (1995) hanno pubblicato una ricerca
sul fitoclima delle Marche che include l’alta
e media valle del Marecchia, oggi in provincia
di Rimini. Utilizzando i dati climatici riferiti alle
stazioni meteorologiche di Rimini, San Marino,
Novafeltria e Carpegna, i climatogrammi regionali
di Walter e Lieth nonché i diagrammi del bilancio
idrico di Thornthwaite, gli Autori propongono
una classificazione in zone fitoclimatiche
attraverso l’individuazione delle difficoltà
incontrate dalla vegetazione nella stagione
avversa (Biondi & Baldoni, 1994). A partire
dalle carte tematiche relative alla distribuzione
delle temperature medie delle minime di Gennaio
e di Marzo, concludono che nelle Marche i bioclimi
sono di tipo mediterraneo e temperato.
A loro volta essi vengono suddivisi in “piani”.
Al primo bioclima appartiene il piano mesomediterraneo
che dal meridione si arresta in corrispondenza
del Monte Conero. Il secondo viene suddiviso
in più piani. Per estensione, la provincia riminese
rientra, a partire dalla costa, nel piano collinare,
subzona basso collinare e subzona alto collinare,
(probabilmente confrontabili con i piani subumido
e umido della classificazione di Rivas-Martinez),
ai quali seguono all’interno un piano montano,
distinto in basso montano e alto montano.
Secondo Casavecchia (2011), il Parco del Sasso
Simone e Simoncello che, ricordiamo,
include il Monte Carpegna e il Monte Canale,
parzialmente compresi in provincia di Rimini,
rientra nel macrobioclima temperato, bioclima
temperato oceanico della classificazione
bioclimatica di Rivas-Martinez.
Nel 1996 Ubaldi et al. hanno prodotto
la “Carta fitoclimatica dell’Emilia-Romagna”,
sulla base delle correlazioni tra parametri climatici
e aree individuate secondo le loro espressioni
vegetazionali (floristiche per le aree planiziali).
La Carta fitoclimatica evidenzia una ripartizione
del territorio che si basa sulla distribuzione
delle tipologie vegetazionali in cui è stato
individuato un determinismo climatico prevalente.
La ricerca ha condotto a una classificazione in aree
a significato geobotanico, denominate “Fasce
di vegetazione” e “Zone di vegetazione”.
Le prime descrivono il variare della vegetazione
al variare del gradiente altitudinale, interessano
la collina e la montagna e sono suddivise
in Paesaggi fitoclimatici. Le seconde
sono ripartizioni del solo territorio di pianura
che descrivono il variare della vegetazione
secondo un gradiente climatico orientato in senso
O-NO; E-SE, che include gli estremi dell’EmiliaRomagna fino al Riminese.
Il territorio riminese vede una doppia zonazione.
Il comprensorio collinare è parte della “Fascia
submediterranea calda” la quale, secondo
gli Autori, deve essere considerata il protrarsi
lungo il pedeappennino di una fascia costiera
semimediterranea che proviene dalle Marche,
ovvero dal centro-sud d’Italia. Questa fascia
potrebbe collegarsi al piano collinare del bioclima
temperato di Biondi et al. (1995) sopra ricordato.
A partire dai dati fitosociologici le Fasce vengono
suddivise in “Paesaggi fitoclimatici”, aree
vegetazionali la cui composizione floristica
risulta dalla interazione del gradiente altitudinale
e geografico-climatico. L’intera prima collina
Riminese, con limite nella valle dell’Uso,
rientra nel “Paesaggio delle colline romagnole
sublitoranee”, a rimarcare una maggiore
caratterizzazione mediterranea della locale
vegetazione rispetto ai “Paesaggi della Fascia
submediterranea calda” posti a settentrione.
28
Il bioclima
All’interno di tale Paesaggio la vegetazione
boschiva climatico-zonale mostra una sensibile
rappresentanza di specie floristiche mediterranee
e termofile. Per quanto riguarda la pianura,
dal Riminese, con limite Bellaria, al Modenese,
la Carta fitoclimatica stabilisce una stretta fascia
al piede delle colline, denominata “Zona B”.
Qui mancano le più termofile tra le specie prese
in considerazione, la temperatura media annua
è tra 13 e 13,5°C, la media delle temperature
minime di dicembre è tra 0 e 0,4°C, escursione
termica annuale tra 20,5 e 21,8°C, media annua
delle precipitazioni tra 760 e 800 mm, periodo
di aridità critica tra Luglio e Agosto.
Climatogrammi di:
1 Rimini
2 San Marino
3 Novafeltria
4 Carpegna
secondo Walter e Lieth.
I diagrammi riportano in ascissa i mesi dell’anno,
in ordinata le temperature e precipitazioni medie mensili.
Per la costa riminese il diagramma indica un clima
temperato mediterraneo.
Il diagrammi di San Marino, Novafeltria e Carpegna
indicano un clima temperato,
tendenzialmente oceanico nelle aree montane.
1
2
Bioclimates map
Bioclimates Variants
3
* Vengono qui riprese nelle linee generali le voci
Il clima e Il bioclima in Paesaggio vegetale
e flora, Bagli L., 2008, dal volume: Casini L. &
Gellini S. (a cura), Atlante dei Vertebrati tetrapodi
della Provincia di Rimini, Provincia di Rimini,
La Pieve, Villa V. (RN). Il testo è ampiamente
modificato e integrato con elementi relativi
al settore medio e alto della Valmarecchia,
corrispondente ai comuni entrati in Provincia
di Rimini nel 2009.
(da Biondi et al., 1995)
Bioclimates thresholds
Ic
Io
Tp
4
Stralcio della Bioclimatics Map of Europe,
Rivas-Martinez et al. 2004 (www-globalbioclimatics.org )
30
Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee*
Le forme fisiche costituiscono le strutture cardine
del paesaggio. Si concretizzano nel variare
delle altimetrie, nel gioco di piane e rilievi
che disegnano costa, valli incise dai corsi d’acqua,
colline e montagne con i loro versanti, crinali
e sommità. La vegetazione spontanea
è espressione delle forme di aggregazione
delle piante, a sua volta risultante dinamica
degli elementi abiotici e biotici dell’ecosistema
e degli interventi umani che ne hanno
condizionato da millenni distribuzione,
composizione e struttura.
Il paesaggio esprime quindi in modo mutevole
nel tempo e nello spazio il complesso
delle interazioni che agiscono al suo interno.
Faremo riferimento a determinate forme
di vegetazione (paesaggi vegetali) presenti
all’interno delle singole unità di paesaggio
delineate su base morfologica e riporteremo
le specie appartenenti alle Orchidaceae rinvenute
nel corso della ricerca all’interno delle principali
forme di vegetazione. Il criterio fisico-geografico
adottato consente di riconoscere nella provincia
di Rimini le seguenti unità paesaggistiche:
• LA FASCIA SABBIOSA COSTIERA
• LE PIANE ALLUVIONALI
• I CORSI D’ACQUA
• LE BASSE COLLINE ARGILLOSE
• LE COLLINE DELLA DORSALE MIOCENICA
• LA COLTRE ALLOCTONA
• I RILIEVI MARNOSO-ARENACEI
* È stato qui ripreso il testo Paesaggio,
vegetazione e flora, Bagli L., 2008, in: Casini
L. & Gellini S. (a cura), Atlante dei Vertebrati
tetrapodi della Provincia di Rimini, Provincia
di Rimini, La Pieve, Villa V., (RN), ampiamente
rielaborato, integrato con elementi di carattere
geomorfologico e dati floristico-vegetazionali
relativi al settore medio e alto della Valmarecchia
corrispondente ai comuni entrati in Provincia
di Rimini nel 2009. Sono inoltre riportati
i riferimenti ai popolamenti orchidologici in base
alle principali forme di vegetazione presenti
Carta altimetrica
della Provincia di Rimini
(elaborazione SITUA)
maritima, Salsola kali, Xanthium orientale subsp.
italicum, Diplotaxis tenuifolia, Elymus farctus.
A Rivazzurra, presso le ex colonie tra Riccione
e Rimini e l’ex colonia Bertazzoni a Riccione,
persistono precarie superfici sabbiose dove
è possibile osservare piante un tempo distribuite
tra le dune mobili e i cordoni dunali stabili.
Tra le psammofile troviamo Silene colorata,
Lagurus ovatus, Medicago marina, Medicago
litoralis, Ambrosia psylostachya, Cyperus
capitatus, Oenothera sp. A sud della ex colonia
Novarese prevale una associazione caratterizzata
da Fumana procumbens e Helianthemum
apenninum, unica testimonianza superstite
nel Riminese di vegetazione delle lande
retrodunali. Fanno parte dell’insieme la rara
Centaurea tommasinii, Scabiosa argentea,
Echinophora spinosa, Stachys recta, Ononis
natrix, Aristolochia clematitis e Plantago
nelle varie unità di paesaggio.
LA FASCIA SABBIOSA COSTIERA
La stretta fascia costiera si allunga per circa
33 km. E’ delimitata dalla battigia e dalla
discontinutà morfologica della paleofalesia.
Il Rio Tavollo a Sud e il torrente Uso a Nord ne
delimitano gli estremi. La linea di costa ha subito
importanti fluttuazioni in epoca olocenica, fino
ad arretrare all’altezza odierna, abbandonando
dietro di sé una vasta landa sabbiosa.
In seguito alle trasformazioni agrarie e ai processi
insediativi dei secoli XIX e XX sono scomparsi
i rilievi dunali e la loro flora, la bassa vegetazione
dei suoli sabbiosi interni, le foci naturali
e le depressioni paludose.
Oggi, solo in corrispondenza dello sbocco dei corsi
d’acqua maggiori e nelle pertinenze di alcune ex
colonie marine è possibile rintracciare elementi
residuali della originaria flora delle sabbie marine.
Tra la battigia e la ex colonia Bolognese, a Miramare
di Rimini, si rintracciano alcune piante
di una associazione pioniera, Salsolo-Cakiletum
xanthietosum, tipica delle sabbie marine
raggiunte dalle mareggiate. Tra queste Cakile
Incolto su sabbie marine. Ex Colonia Bolognese (Rimini)
coronopus. In questo contesto, unico in tutta
la costa, sono state rinvenute le orchidee
Anacamptis pyramidalis e A. coriophora, nonché
un nucleo di Epipactis palustris lungo un fossato.
Il sito rappresenta quindi il punto più prossimo
alla riva marina di tali specie nonché l’attestazione
della presenza di orchidee nella vegetazione
psammofila. Presso l’”Orto botanico delle sabbie”
di Riccione, in zona terme, persistono Eryngium
maritimum e Calystegia soldanella.
Queste compagini floristiche racchiudono quanto
resta delle comunità originarie, dove sarebbe
stato possibile riconoscere, oltre all’associazione
di retrobattigia già ricordata, un Agropyretum,
un Echinophoro-Ammophiletum, un TortuloScabiosetum e forse uno Junipero-Hippophäetum
sulle dune lontane dal mare, secondo una tipica
successione delle sabbie marine medio e alto-adriatiche.
32
Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee
LE PIANE ALLUVIONALI
I CORSI D’ACQUA
Tra il Pleistocene e l’Olocene i corsi d’acqua
appenninici hanno costruito le pianure alluvionali
con il loro carico di ghiaie e sabbie. La pianura
è oggi dominata da opere di urbanizzazione.
È l’unità di paesaggio, con l’adiacente costa
sabbiosa, più povera di flora autoctona.
Ricordiamo, per l’area urbana costiera considerata
nel suo insieme, sporadici ritrovamenti
di Orchis purpurea all’interno di giardini incolti
di abitazioni private nei pieni centri abitati
di Riccione e Rimini. La specie dimostra
la capacità di colonizzare in profondità,
come nessun’altra, l’habitat urbano locale.
Tra i i corsi d’acqua che solcano il territorio
provinciale emergono per rilevanza paesaggistica
e ambientale il Marecchia, il Conca, il Ventena,
il Marano e l’Uso. I primi presentano una struttura
torrentizia per l’intero corso; il Marano
e l’Uso solo per i tratti collinari. Marecchia,
Conca e Marano evidenziano aspetti
vegetazionali differenziati.
Le zone umide impostate su cave di inerti
in abbandono e gli stagni a uso venatorio
si susseguono nella media e bassa valle
del Marecchia.
Nel tratto di conoide il Conca è interessato
da una sequenza di sbarramenti artificiali.
La vegetazione del Conca a monte di Morciano
di Romagna e soprattutto del Marecchia a monte
di Novafeltria e per tutto il tratto montano, mostra
caratteri di naturalità.
Gli ambienti fluviali sono costituiti da un greto
ghiaioso con aggruppamenti erbacei e arbustivi
stagionali, arbusteti alveali, suoli aridi a copertura
erbacea, bassure umide, arbusteti e limitate
formazioni boschive.
Riassumiamo i lineamenti fisionomici
della vegetazione fluviale, con indicazioni
sulla sintassonomia delle associazioni vegetali
ad oggi note, riguardanti in primo luogo il Marecchia,
con specifico riferimento alle associazioni in cui
sono presenti orchidee.
Sui settori di greto e terrazzamenti non raggiunti
dalle piene, la permeabilità del substrato determina
aridità superficiale e carenza di nutrienti.
I prati aridi ospitano numerose specie xerofile,
talvolta con una parziale copertura arbustiva.
Quando è in grado di trattenere acqua in corrispondenza
di cave, depressioni, fossati, scoli e canali, le comunità
vegetali mutano radicalmente, passando a cenosi
erbacee igrofile e a comunità a idrofite.
I boschi di riva, ridotti a brevi tratti, costituiscono
l’espressione forestale dei suoli alluvionali a falda
elevata. I maggiori corsi d’acqua includono siti
di interesse orchidologico sia nel contesto delle piane
alluvionali che lungo i segmenti superiori.
Le fitocenosi fluviali dei tratti di conoide
contribuiscono ad una essenziale funzione
di diversificazione floristica dell’intero settore
planiziario e basso collinare provinciale,
dove l’impatto insediativo è invadente. Costituiscono
inoltre importanti prominenze planiziarie degli areali
collinari e montani di alcune specie di orchidee.
I boschi e gli arbusteti igrofili
Torrente Conca presso Santamonica (Misano A.)
La vegetazione arborea dei corsi d’acqua maggiori,
pressoché cancellata negli anni dell’assalto
alle risorse estrattive, si è ricostituita
spontaneamente per ampi tratti nelle aree raggiunte
raramente dalle piene. È dominata da Populus nigra
e da Salix alba, che diviene esclusivo su suoli limosi
allagati o umidi. Alnus glutinosa, comune nel tratto
alto della valle, è presente con pochi esemplari
nel basso Marecchia. Le boscaglie igrofile, a tratti
aperte e con suolo superficiale drenato ospitano
Populus nigra, P. alba, Cornus sanguinea, Crataegus
monogyna e nuclei di Arundo donax. Tra le orchidee
presenti in questi ambienti troviamo Dactylorhiza
maculata, Gymnadenia conopsea, Anacamptis
pyramidalis e, raramente, Listera ovata. Gli arbusteti
interessati periodicamente dall’azione delle piene
fluviali sono caratterizzati principalmente da Salix
purpurea e S. eleagnos. Le unità sintassonomiche
dei suoli alluvionali umidi del Marecchia
sono riconducibili alle seguenti associazioni:
Junipero-Hippophäetum fluviatilis. L’associazione
tende ad assumere posizione di margine rispetto
alle formazioni arboree a salici. Appartiene
alla classe di vegetazione Rhamno-Prunetea.
L’olivello spinoso (Hippophäe rhamnoides subsp.
fluviatilis) è distribuito nel tratto medio e finale
del greto del Marecchia.
Salicetum elaeagni. Di questa associazione
fanno parte Salix elaeagnos e Salix purpurea,
specie che in forma arbustiva dominano la fascia
di vegetazione di tipo forestale più prossima al corso
d’acqua, interessata dalle piene.
Salicetum albae è un’associazione dei suoli alluvionali
allagati o molto umidi dominata da Salix alba,
il quale può formare popolamenti arborei quasi puri,
in particolare lungo le rive canalizzate, ai bordi
o all’interno di bacini lacustri.
La seconda e terza associazione appartengono
alla classe Salicetea purpureae. Salici-populetum
nigrae è un’associazione dei suoli umidi
o temporaneamente allagati, caratterizzata da Salix
alba e Populus nigra.
Presente in fasce o nuclei lungo le rive fluviali
e all’interno di depressioni umide.
Il settore medio-alto del corso del Marecchia
è interessato da boschi mesoigrofili dominati da Alnus
glutinosa riferibili all’associazione Alno-Fraxinetum
oxycarpae. Al loro interno è possibile rinvenire
Epipactis palustris.
34
Presentazione
Forme
del paesaggio, vegetazione e orchidee
Le zone umide
Lungo i maggiori corsi d’acqua sono distribuiti
depressioni umide, bacini di cava, stagni
venatori, fossati e scoli. La composizione degli
aggruppamenti igro-idrofili varia sensibilmente.
Acque eutrofiche di fossati e stagni favoriscono
Polygonum lapathifolium, P. mite, Echinocloa
crus-galli, Lycopus europaeus, Alisma
plantago-aquatica, Apium nodiflorum, Veronica
anagallis-aquatica, Paspalum paspaloides,
Juncus articulatus, Juncus effusus, Holoschoenus
romanus, Schoenoplectus tabaernaemontani.
I laghi di cava e i bacini venatori mostrano
la tipica bordatura di canne palustri a Phragmites
australis e Tipha latifolia. Elenchiamo alcune
unità sintassonomiche legate ai suoli da umidi
ad allagati con acque poco profonde.
Helosciadetum nodiflori è una vegetazione erbacea
ad Helosciadium nodiflorum, con elofite di taglia
modesta parzialmente sommerse.
L’associazione appartiene alla classe GlycerioNasturtietea officinalis. Phragmitetum communis
è un’associazione dominata da Phragmites
australis distribuita nel tratto medio e finale
di Marecchia e Conca, su suoli umidi, in acque
ferme di sponda di bacini e canali.
Typhetum angustifoliae. Associazione dominata
da Tipha angustifolia, in acque da ferme
a debolmente correnti.
Typhaetum latifoliae. Tipha latifolia, affine a T.
angustifolia, domina questo tipo di vegetazione
in acque con profondità tra i 10 cm e i 30 cm.
Phragmiti-Tiphaetum minimae è un’associazione
con presenza di Tipha minima, specie poco
comune, presente sia nel Marecchia che nel Conca.
Cyperetum flavescentis. Cyperus flavescens,
con altre terofite di piccola taglia, è localizzata
presso stagni, anche di breve persistenza,
ma con suolo sempre umido. L’associazione
appartiene alla classe Isoeto-nanojuncetea.
Paspalo paspaloidis-Polygonetum viridis
è un’associazione formata da Paspalum
paspaloides, specie erbacea di origine tropicale,
del margine di corsi d’acqua e bacini.
Epipactido palustris-Schoenetum nigricantis.
È una associazione delle depressioni umide
istituita ex novo in seguito a rilevazioni effettuate
sul Marecchia presso Villa Verucchio (Biondi
& Baldoni 1993). Le specie caratteristiche
dell’associazione sono Carex distans, Schoenus
nigricans e Epipactis palustris.
di Ophrys bombyliflora, la prima nota per l’EmiliaRomagna, era situata in tale ambiente.
Alcune Ophrys mostrano un comportamento
pioniero, comparendo anche su suoli alterati
e ghiaie seminude. Ancora tra le orchidee
sono comuni Anacamptis pyramidalis e A. morio,
più rare Anacamptis coriophora, Serapias
vomeracea e Spiranthes spiralis.
Sotto il profilo sintassonomico l’associazione
erbacea perenne dei suoli ghiaiosi e sabbiosi
aridi viene riferita a Peucedano verticillarisOnonidetum natricis. Biondi & Baldoni (1993)
hanno identificato questa nuova associazione
a dominanza di Ononis natrix e Peucedanum
verticillare nel tratto medio e alto del Marecchia,
presso i depositi ghiaiosi con sabbie e limi.
Si tratta di una compagine erbacea arida
che interessa gli isolotti fluviali più alti e parte
dei terrazzamenti stabilizzati inondabili.
I prati aridi
Rio di Monte Pietrino (Saludecio)
Si tratta di comunità erbacee xerofile poco estese
ma ben distribuite tra gli ambienti vegetali
dei terrazzamenti fluviali, talvolta intercalate
a mosaico ad arbusteti e depressioni umide.
Tra le numerose specie presenti ricordiamo
Botriochloa ischaemum, Bromus erectus, Triticum
ovatum, Ononis natrix, Peucedanum verticillare,
Linaria vulgaris, Sanguisorba minor, Sedum acre,
Polygala nicaeensis, Euphorbia cyparissias,
Agrimonia eupatoria, Foeniculum vulgare,
Scolymus hispanicus, Cota tinctoria, Galium
verum, Centaurea nigrescens, Origanum vulgare,
Lotus corniculatus, Allium sphaerocephalon,
Blackstonia perfoliata, Centaurium erythraea.
In questi prati magri a suolo detritico si possono
rinvenire varie ofridi: Ophrys apifera, O.
bertolonii, O. holoserica, O. sphegodes subsp.
sphegodes. Sul torrente Conca una stazione
Prato arido. Torrente Marecchia (Poggio Berni)
36
Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee
LE BASSE COLLINE ARGILLOSE
Tra sette e otto milioni di anni fa la dinamica
tettonica ha determinato l’emersione
della dorsale miocenica nel Sud-Est
della provincia. Successivamente, tra il Pliocene
e il Quaternario antico, sono emersi i terreni
argillosi che formano l’ossatura delle prime
colline. Lungo il margine pedeappenninico
emiliano-romagnolo si allunga questa unità
morfologica, dove il paesaggio collinare
si raccorda gradualmente alla pianura.
Il paesaggio è caratterizzato da lunghi ripiani
declinanti verso valle, dove affiorano le Sabbie
Gialle, come a Covignano, San Fortunato di Rimini
e Monte Vici di Cattolica. Questo paesaggio
è in continuità verso l’entroterra tra la valle
del Conca, del Marano e della media valle
del Marecchia, con ampi bacini argillosi
calanchizzati, dove affiorano argille plioceniche
grigio-azzurre.
Nonostante il dilagare dell’urbanizzazione
troviamo nella prima collina lembi di bosco
e cespuglieti comparsi in seguito all’abbandono
dei terreni agrari più impervi. Il vasto territorio
delle argille autoctone della media Valmarecchia
propone una maggiore incidenza di formazioni
spontanee. Boschi, arbusteti, prati-pascolo,
cenosi erbacee di calanco, diversificano
sensibilmente il paesaggio vegetale.
Arbusteti e boschi
Nella collina prospiciente la città di Rimini
troviamo comunità vegetali su suolo
arenaceo che presentano carattere
spiccatamente mediterraneo.
Un esempio di rigogliosa vegetazione
subspontanea il cui sottobosco riporta
alla macchia mediterranea copre i ripidi versanti
tra l’Abbazia di Scolca e Villa Belvedere. Quercus
pubescens e Robinia pseudoacacia dominano
lo strato arboreo. Lo strato arbustivo è ricco
di sclerofille: Quercus ilex, Phillyrea latifolia,
Laurus nobilis e Viburnum tinus. Altre specie
accentuano ulteriormente la mediterraneità
della compagine: Ligustrum vulgare, Teucrium
chamaedrys, Rosa sempervirens, Asparagus
acutifolius, Rubia peregrina. Hedera helix
copre estese superfici, accompagnata da Melica
uniflora, Tamus communis, Campanula trachelium
e Cyclamen repandum. Presso San Lorenzo
in Correggiano, a Villa Des Vergers, si è sviluppato
un bosco a roverella e leccio. La vegetazione
della bassa collina su suolo arenaceo, mostra
quindi una versione floristica più calda rispetto
ai querceti della restante collina. Per quanto
riguarda la caratterizzazione fitosociologica
delle formazioni arbustive il riferimento
è la classe Rhamno-Prunetea; le formazioni
arboree a roverella appartengono all’ordine
Quercetalia pubescenti-petreae.
La caratterizzazione orchidologica di tali
ambienti non è precisabile a causa dell’estrema
parcellizzazione e inaccessibilità delle proprietà.
LE COLLINE DELLA DORSALE MIOCENICA
Appartata nel settore sud-orientale della provincia,
l’unità di paesaggio della dorsale miocenica
consiste nella sequenza di alture che superano
di poco i 400 metri, corrispondente ai terreni
autoctoni con estremi Mondaino e Albereto
di Montescudo. L’ossatura rocciosa è data
da formazioni di età miocenica la cui composizione
litologica comprende arenarie e sabbie poco
cementate, calcari marnosi e marne tripolacee.
Il sistema orografico è inciso dai torrenti Ventena,
Ventena di Gemmano, Conca e Marano,
i quali lo frammentano in isole collinari.
I versanti espongono un mosaico di fitocenosi
prative, arbusteti, boschi e coltivazioni disposti
secondo geometrie dettate dall’altimetria e dall’uso
dei suoli. Siepi, annose alberature sparse e filari
arborei affiancano i campi e un antico reticolo
di carraie, integrando un paesaggio
dai molti angoli tradizionali e suggestivi.
Valle del Rio di Monte Pietrino (Saludecio)
Prati, pascoli e arbusteti
La dorsale ospita forme di vegetazione a vari stadi
di evoluzione, appartenenti a più “serie
di vegetazione”. Troviamo aggruppamenti erbacei
spontanei post-colturali, prati-pascolo, prati
arbustati, arbusteti e formazioni boschive
di versante e ripariali, vasti impianti a olivo
e vigneti. A questi vanno aggiunti siepi, filari
arborei e alberature isolate.
Ne risulta un paesaggio vivace e complesso,
ricco di fitodiversità. Gli elementi delle comunità
vegetali di tipo prativo che si instaurano
in seguito all’abbandono delle pratiche agricole
comprendono Dittrichia viscosa, Blackstonia
perfoliata, Dorycnium pentaphyllum, Centaurea
nigrescens, Pastinaca sativa. Altre forme prative
comuni e durature si devono ad uno stadio
vegetazionale successivo caratterizzata
da brometo. Bromus erectus è la graminacea
dominante, con Dactylis glomerata, Helycrisum
italicum, Schedonorus pratensis, Helianthemum
nummularium, Trifolium ochroleucum. Il brometo
su suoli arenacei può assumere un aspetto xerico.
Con Bromus erectus compaiono allora erbacee
xerofile quali Eryngium campestre e Botriochloa
ischaemum. I brometi evolvono verso arbusteti
polifiti che anticipano i querceti o, su suoli poveri
e luoghi impervi, verso arbusteti duraturi
a ginestra odorosa, i quali marcano sensibilmente
il paesaggio della collina. Con la ginestra,
sono presenti in percentuale variabile Crataegus
monogyna, Prunus spinosa, Rosa canina,
Cytisus sessilifolius, Pyracantha coccinea,
Pyrus pyraster. Tra le erbacee Genista tinctoria,
Geranium sanguineum, Serratula tinctoria, Geum
urbanum. I brometi ospitano talvolta popolazioni
ricchissime di Anacamptis pyramidalis a Onferno
di Gemmano, nella valle del Rio Mandrio presso
38
Neotinea
ustulata
(L.) R.M.Bateman, Pridgeon & M.W.Chase 1997
Presentazione
Forme
del paesaggio, vegetazione e orchidee
Albereto di Montescudo e in numerosi altri siti
della dorsale miocenica.
In generale gli ambienti prativi più o meno
arbustati ospitano Dactylorhiza maculata Orchis
purpurea, Anacamptis morio, A. pyramidalis,
Neotinea tridentata, Serapias vomeracea
subsp. vomeracea, Ophrys apifera, O. bertolonii
subsp. bertolonii, O. holoserica, O. sphegodes
subsp. sphegodes, Cephalanthera damasonium,
Limodorum abortivum.
Sul piano sintassonomico le forme prative
a Bromus erectus fannno riferimento all’ordine
Brometalia erecti della classe Festuco-Brometea.
Le associazioni post-colturali erbacee sono
inquadrate nell’ordine Agropyretalia intermediirepentis della classe Artemisietea vulgaris.
Gli arbusteti sono da riferirsi all’alleanza Cytision
sessilifolii, della classe Rhamno-prunetea.
I boschi
Le formazioni boschive spontanee presentano
caratteri differenziati sia sul piano fisionomico
che floristico. Si tratta generalmente di boschi
cedui, eccezionalmente di alto fusto. I castagneti
si alternano localmente ai boschi spontanei.
Il diverso rapporto nella dominanza si limita
alle tre specie arboree quasi sempre presenti:
Quercus pubescens, Ostrya carpinifolia e Fraxinus
ornus. I tipi boschivi variano da un estremo
a roverella, talvolta xerofilo e parasteppico,
ad aspetti mesofili a carpino nero.
Nelle versioni più calde dove è notevole l’incidenza
di entità a gravitazione mediterranea, lo strato
arbustivo vede Fraxinus ornus, Chamaecytisus
hirsutus, Colutea arborescens, Lonicera etrusca;
lo strato erbaceo Ruscus aculeatus, Asparagus
acutifolius, Rubia peregrina, Hepatica nobilis,
Melittis melissophyllum; Cyclamen hederifolium.
Smilax aspera si situa in questi contesti con densi
nuclei. Quando i versanti si affacciano a settentrione,
a dominare è Ostrya carpinifolia. In questi boschi
troviamo Carpinus betulus, Fraxinus ornus, Acer
campestre, A. obtusatum, Quercus pubescens,
Sorbus domestica, Corylus avellana, Cornus mas,
Viburnum lantana.
Le forme erbacee del sottobosco mostrano
una buona diversità. Alcune specie vi trovano
il limite altitudinale inferiore. Vi partecipano
Tamus communis, Viola alba, V. reichenbachiana,
Sanicula europaea, Melica uniflora, Lathyrus
venetus, Buglossoides purpurocaerulea,
Euphorbia dulcis, Polypodium interjectum,
Cyclamen repandum, Orobanche hederae,
Anemone trifolia, Fragaria vesca, Stachys
officinalis. Le orchidee distribuite nei boschi
della dorsale miocenica, come anche nei rari
rimboschimenti maturi, comprendono
Dactylorhiza maculata, Neottia nidus-avis,
Cephalanthera longifolia, C. damasonium,
Listera ovata, Orchis simia, Limodorum
abortivum, le rare elleborine Epipactis muelleri
e Epipactis microphylla. Orchis purpurea è molto
comune. Diviene numerosissima e quasi esclusiva
nel sottobosco di oliveti maturi e impianti arborei
da legno o da frutto.
Le boscaglie spontanee a Robinia pseudoacacia,
di modesto valore floristico, contrassegnano
in modo rilevante la collina, competendo
con le essenze autoctone soprattutto in vicinanza
degli abitati, su ex coltivi, terreni marginali
e scoscesi.
I boschi della fascia alto collinare dominati
dalla roverella appartengono all’ordine
Quercetalia pubescenti-petreae, classe QuercoFagetea. I boschi a carpino nero all’alleanza
Laburno-Ostryenion, medesimo ordine e classe.
Asparago acutifolii-Ostryetum carpinifoliae
è l’associazione cui appartengono i boschi
a carpino nero. I terreni arenacei a carattere
edafoxerofilo, caratterizzati cioè da aridità
del substrato, ospitano l’associazione Peucedano
cervariae-Quercetum pubescentis.
LA COLTRE ALLOCTONA. I RILIEVI CALCAREI
E ARENACEI, I CALANCHI
Il quadro geologico
Una vasta superficie della media Valle
del Marecchia è interessata dal complesso
alloctono caotico noto come Coltre della
Valmarecchia, composta da rocce di origine marina
appartenenti ai Complessi sedimentari Liguri
ed Epiliguri.
I Complessi Liguri o Liguridi sono caratterizzati
da numerose formazioni.
I monti Carpegna e Canale sono costituiti
da peliti, calcari rosati e calcareniti
della Formazione Liguride di Monte Morello
(Eocene medio-inf.).
La Formazione di Pugliano (Eocene inf.-Paleocene)
è data da calcareniti, argilliti e calcilutiti.
La Formazione di Sillano (Cretaceo sup.-Eocene
inf.) è composta da litofacies pelitiche, marne,
Calcari epiliguri presso Senatello (Casteldelci)
calcari e argilliti.
Le Argille varicolori (Cretaceo inf.-Eocene inf.)
da argilliti policrome. Le unità Epiliguridi sono
sedimentate al di sopra dei complessi Liguri.
Delle Unità Epiliguri fanno parte le Argille di
Montebello (Serravalliano sup.-Tortoniano inf.),
affioranti tra Montebello e il fiume Marecchia,
la Formazione di Monte Fumaiolo (Langhiano
sup.-Serravalliano), con arenarie grigiastre
e biocalcareniti, la Formazione di San Marino
(Langhiano-Serravalliano) costituita
da biocalciruditi e biocalcareniti.
Le maestose zolle calcaree e gli affioramenti
minori di quest’ultima formazione sono
disseminati all’interno della Coltre e imprimono
un carattere deciso al paesaggio della media
Valmarecchia. Oltre alla titanica massa rocciosa
di San Marino ne fanno parte le emergenze di
Verucchio, Tausano, Monte Gregorio, Monte
Severino, San Leo, Torriana e Montebello.
40
Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee
Pascoli su argilliti alloctone presso Senatello (Casteldelci)
La Formazione di Acquaviva (Tortoniano
superiore-Messiniano inferiore) è in prevalenza
sabbiosa. Le Argille di Casa i Gessi (Messiniano
inferiore) sono costituite da argille marnose
e livelli arenacei. La Formazione Gessoso Solfifera
(Messiniano inf.-medio) è strutturata da bancate
di gesso cristallino alternati ad argille e a calcari.
Gli affioramenti sono disseminati tra Onferno
di Gemmano, Legnagnone di San Leo, Montebello
e Secchiano. All’interno della Successione UmbroMarchigiano-Romagnola le Arenarie di Monte
Perticara, oltre all’omonimo rilievo, compongono
le emergenze di Monte Pincio e Maioletto.
Appartengono al Pliocene Inferiore post-coltre.
Il peculiare paesaggio della Coltre alloctona,
articolato in una serrata sequenza di forme
e di suoli, esprime una serie di ambienti ad ampia
diversità floristica.
Le pareti rocciose e i calanchi rappresentano
habitat estremi a più elevata naturalità.
Un antico mosaico di boschi, arbusteti, prati,
coltivazioni erbacee e prati-pascolo si succede
lungo i versanti, alternati ad una costellazione
di borghi, rocche e castelli, imprimendo
al territorio della Coltre un valore paesaggistico,
ambientale e culturale di assoluta levatura.
I boschi
Le forme boschive presenti in corrispondenza
dei terreni della Coltre nella media e alta Valle
del Marecchia variano nettamente in relazione
all’altitudine, substrato, orientamento dei
versanti e interferenza delle attività antropiche.
Su arenarie, conglomerati e suoli da basici
a bassa acidità troviamo querceti caldi dominati
da Quercus pubescens, Fraxinus ornus e Quercus
ilex. Gli arbusti includono Phillyrea latifolia,
Lonicera etrusca e Cytisus sessilifolius;
le erbacee Teucrium chamaedrys, Silene nutans,
Peucedanum cervaria. Vengono inseriti nelle alleanze
Cytiso-Quercenion pubescentis e Lauro-Quercenion
pubescentis.
In questa prima tipologia vengono inclusi anche
boschi dominati da carpino nero, con sottobosco
a Rubia peregrina, Asparagus acutifolius e Rosa
sempervirens. I boschi misti cedui a carattere mesofilo
dominati da Ostrya carpinifolia comprendono
vari aceri: Acer campestre, A. obtusatum e A.
pseudoplatanus, con Corylus avellana, Quercus cerris
e Q. pubescens. Si trovano su suoli calcareo-marnosi
inferiori ai 1000 m. Appartengono all’associazione
dell’Appennino centrale Scutellario columnaeOstryetum carpinifoliae.
Su versanti a microclima più fresco e suoli profondi,
come nel caso dei Monti Carpegna e Canale, il bosco
a carpino nero comprende un maggior numero
di specie mesofile e sono compresi nell’associazione
Lamiastro galeobdoli-Ostryetum carpinifoliae.
Le due associazioni rientrano nell’alleanza Carpinion
orientalis. I boschi cedui a nocciolo presentano
limitata estensione, su suoli freschi, profondi e fertili.
Appartengono all’associazione Agropyro caniniCoryletum avellanae.
La cerreta mesofila della Cantoniera e del Monte
Canale si estende su terreno argilloso-arenaceo.
Quercus cerris si accompagna a Carpinus betulus,
Sorbus torminalis, Corylus avellana e Acer obtusatum.
L’abbondante diversificazione floristica nemorale
include Galanthus nivalis, Asarum europaeum,
Geranium nodosum, Cardamine bulbifera, Cardamine
heptaphylla, Isopyrum thalictroides, Anemone
trifolia. Appartiene al’associazione Centaureo
montanae- Carpinetum betuli, dell’alleanza illiricobalcanica Erythronio dentis-canis-Carpinion betuli.
Le faggete sono situate al di sopra dei 1000 metri
e hanno carattere relativamente termofilo.
Sono distribuite lungo il versante marecchiese
dei monti Carpegna e Canale. Fagus sylvatica
è accompagnato da Acer pseudoplatanus, A.
platanoides, Tilia platyphyllos, Ostrya carpinifolia.
Le faggete vengono riferite all’associazione Lathyro
veneti-Fagetum sylvaticae, alleanza Geranio
versicolor-Fagion. Vi si osservano Corydalis cava,
Anemone ranuncoloides, Gagea lutea.
Per quanto riguarda le orchidee, distinguiamo
un gruppo più diffuso nelle espressioni forestali
termofile e un secondo nelle aree forestali mesofile,
lungo i versanti a esposizione settentrionale o a quote
superiori, precisando che la distinzione è indicativa
e non assoluta. Ricordiamo nel primo gruppo
Cephalanthera longifolia, C. damasonium, C. rubra,
Neottia nidus-avis, Listera ovata, Orchis provincialis,
O. anthropophora, O. purpurea, O. simia, Limodorum
abortivum, Epipactis muelleri, E. microphylla, Ophrys
insectifera. In un rimboschimento a conifere
è stata segnalata Ophrys speculum. Nel secondo
Dactylorhiza maculata Platanthera bifolia P.
chlorantha, Epipactis helleborine, E. muelleri,
E. purpurata, Neottia nidus-avis, Listera ovata.
I castagneti
I nuclei maggiori di questi boschi artificiali si trovano
presso Monte Pincio di Talamello, Monte Ercole
di S.Agata Feltria, a Monte Faggiola Nuova
di Casteldelci, presso Pennabilli e sulla collina
della dorsale miocenica presso Montefiore Conca.
Il castagno è legato a suoli profondi, permeabili
e freschi, moderatamente acidi o neutri, impostati
in genere su arenarie, calcareniti o terreni marnosoarenacei. La flora nemorale assume carattere
più o meno mesofilo a seconda della quota
in cui si trovano. Nel tardo inverno e all’inizio
della primavera compaiono Primula vulgaris, Viola
reichenbachiana, Cyclamen repandum, Hepatica
nobilis, Pulmonaria officinalis, Helleborus bocconei,
Melittis melissophyllum, Scilla bifolia, Lathyrus
venetus, Ornithogalum pyrenaicum.
In seguito Lilium bulbiferum subsp. croceum, Lilium
martagon, Campanula persicifolia, C. rapunculus,
C. glomerata, Cardamine bulbifera., C. kitaibelii.
Vi si trovano ancora Thalictrum aquilegiifolium,
Asparagus tenuifolius, Polygonatum multiflorum,
Lysimachia punctata, Centaurea nigrescens,
C.triumfetti, Euphorbia dulcis, Vincetoxicum
hirundinaria, Prenanthes purpurea, Geranium
nodosum, Tanacetum corymbosum, Angelica
sylvestris, Heracleum sphondylium.
42
Neotinea
ustulata
(L.) R.M.Bateman, Pridgeon & M.W.Chase 1997
Presentazione
Forme
del paesaggio, vegetazione e orchidee
Entità floristiche di rilievo dei castagneti
della Valmarecchia sono Veratrum nigrum, Iris
graminea, Hypericum montanum, Centaurea
montana e Laserpitium latifolium.
I castagneti costituiscono ambienti favorevoli
per numerose orchidee. Essi vengono localmente
intensamente colonizzati da Dactylorhiza
maculata. In subordine da Gymnadenia conopsea,
Platanthera bifolia, P. chlorantha, Cephalanthera
damasonium, C. rubra, Orchis purpurea, O.
provincialis, O. mascula, Epipactis muelleri,
Neottia nidus-avis, Listera ovata, Dactylorhiza
sambucina, Ophrys holoserica. In carenza
di interventi colturali nei castagneti si verifica
una intensa colonizzazione da parte di Pteridium
aquilinum e la successiva affermazione di essenze
forestali autoctone, in grado di ricostituire
nel tempo la vegetazione potenziale.
Il castagneto di Monte Faggeto (Montefiore)
Prati, pascoli e arbusteti
Le forme prative sui terreni alloctoni, prendiamo
come esempio il comprensorio di Torriana
e Montebello, fanno riferimento a due tipologie.
La prima riguarda i prati variamente arbustati
di impronta calda, su suoli calcarei e argillosi.
Questa, a sua volta, si differenzia in prati dominati
da Bromus erectus e Brachypodium pinnatum
con Dorycnium pentaphyllum, a variabile
copertura arbustiva, e prati talvolta arbustati
a Dactylis glomerata, con Trifolium echinatum
e T. campestre, Anthemis tinctoria, Plantago
lanceolata, Torilis arvensis, Poa trivialis, Crepis
setosa, Xeranthemum cilindraceum
e Centaurea solstitialis.
Nei due casi si tratta di prati post-colturali,
abbandonati da tempo i primi, soggetti
con maggiore frequenza a utilizzo i secondi.
La seconda tipologia riguarda una forma
prativa xerofila su suoli rocciosi, dominata
da Bromus erectus. Un primo aggruppamento
del brometo comprende Phleum ambiguum,
Centaurea deusta, Dianthus sylvestris, Allium
sphaerocephalum, Galium lucidum. Un secondo,
denso e relativamente arido, comprende Festuca
circummediterranea, Ruta graveolens, Bellis
sylvestris. Un aspetto prativo ancor più arido vede
Onobrychis caput-galli, Cleistogenes serotina,
Convolvolus cantabrica, Teucrium chamaedrys,
con Pistacia terebinthus e Spartium junceum.
I vasti complessi calanchivi di Torriana
e Montebello ospitano comunità prative
specializzate per i suoli instabili e debolmente
salini. In pieno calanco su superfici fortemente
acclivi si afferma una flora pioniera annuale
caratterizzata da Artemisia cerulescens subsp.
cretacea, Rapistrum rugosum, Hainardia
cylindrica, Catapodium rigidum, Salsola soda.
Se il calanco si presenta relativamente stabilizzato,
troviamo Daucus carota, Podospermum canum,
Agropyrum repens, Atriplex latifolia.
Le formazioni erbacee a Bromus erectus fannno
riferimento all’ordine Brometalia erecti;
le associazioni erbacee di calanco ad Agropyretalia
intermedii-repentis
Pascoli del Monte Canale con Anacamptis morio. Sullo sfondo il Monte Carpegna (Pennabilli)
e Frankenietalia pulverulentae.I prati,
anche arbustati, rientrano nell’alleanza
Mesobromion, gli aggruppamenti erbacei
o erbaceo-arbustivi xerofili nelle alleanze
Crepido-Phleion ambigui e Xerobromion.
La vegetazione subalofila calanchiva nell’alleanza
Parapholido-Podospermion cani.
Una associazione indicata per i terreni calanchivi
in attiva erosione è Hainardio cylindricaeSalsoletum sodae.
L’intero territorio collinare e montano provinciale
mostra varie compagini vegetazionali dominate
da piante arbustive, impostate su suoli un tempo
destinati a coltivi o a pascolo.
Gli arbusti si dispongono anche lungo la stretta
fascia di vegetazione, denominata mantello,
al margine del bosco. Il mantello va distinto
dalla siepe, isolata e di origine artificiale.
Il margine esterno del mantello può possedere
un orlo composto da piante erbacee differenziate
rispetto a quelle dei prati, pascoli o coltivi adiacenti.
Gli orli erbacei si dispongono anche lungo carraie,
sentieri, fossati e canali.
Ampie estensioni arbustive sono dominate
da Spartium junceum, Cytisophyllum
sessilifolium e Juniperus communis
dell’associazione Sparto juncei-Cytisetum
sessilifolii, alleanza centroappenninica
Cytision sessilifolii.
Una variante a citiso è diffusa su praterie
abbandonate su suoli abbastanza profondi,
la variante a Spartium junceum, a quote inferiori,
si estende su ex coltivi, quella a Juniperus
communis forma nuclei su ex coltivi nel piano
submontano. Sulle argille alloctone, gli abusteti
sono composti da Rosa canina, Juniperus
communis e Prunus spinosa (alleanza Berberidion
vulgaris), con due distinte associazioni:
44
Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee
Roso arvensis-Prunetum spinosae e Lonicero
xylostei-Salicetum apenninae.
Il contingente di orchidee rinvenibili in questi
contesti ambientali è ricco e vario.
Un tracciato che percorre il versante sud del rilievo
di Montebello è noto presso gli escursionisti come
“sentiero delle orchidee”. Nell’insieme possiamo
trovare Orchis purpurea, O. simia, O. anthropophora,
O. provincialis, Gymnadenia conopsea,
Dactylorhiza maculata, Neotinea tridentata,
Cephalanthera damasonium, Neottia nidus-avis,
Listera ovata, Platanthera bifolia, Epipactis
helleborine, Anacamptis morio, A. pyramidalis,
Ophrys insectifera, O. apifera O. bertoloni subsp.
bertolonii, O. sphegodes subsp. sphegodes,
O. holoserica, Serapias vomeracea subsp.
vomeracea, S. lingua, Spiranthes spiralis,
Limodorum abortivum, Coeloglossun viride.
I margini e le scarpate stradali
Banchine, fossati e scarpate stradali verdi
costituiscono il particolare e talvolta ricco
ambiente tra il margine delle carreggiate stradali
e il delimitare di coltivi, prati, pascoli, arbusteti
e boschi. A seconda dell’esposizione, del suolo,
dell’altitudine e della gestione, il quadro floristico
tende ampiamente a differenziarsi. Nel breve
spazio ai lati delle strade possono succedersi
in realtà più ambienti con caratteri ecologici
divergenti: la banchina stradale, assolata
e arida, un fossato talvolta allagato, una scarpata
variamente ricoperta. Questi ambienti risultano
interessanti per le orchidee, compreso,
come si è potuto constatare per alcune specie,
l’ambiente estremo dei margini asfaltati
e le banchine con inerti. Lo sfalcio periodico
cui sono soggetti fossati, bordi e scarpate
determinano condizioni utili per molte specie
che non di rado creano fitti assembramenti
sia mono che plurispecifici, sia in aree collinari
che montane.
Su terreni al margine delle strade della prima
collina compaiono orli formati da fitte compagini
igro-nitrofile e ruderali con Sinapis alba,
Ranunculus bulbosus, Picris hieracioides,
P. echioides, Senecio erucifolius, Pulicaria
dysenterica, Lotus corniculatus, Mentha spicata,
Althaea cannabina. Nella fascia collinare inferiore
e media, su suoli drenati e asciutti, possiamo
trovare scarpate stradali dominate
da Brachipodium pinnatum, più o meno arbustate.
Vi possiamo trovare Gymnadenia conopsea,
Dactylorhiza maculata, Orchis purpurea, Ophrys
apifera, O. bertolonii subsp. bertolonii, O.
sphegodes subsp. sphegodes.
Decisamente differenziate e ricche di specie,
compreso varie orchidee, sono le scarpate
stradali alto collinari e montane a esposizione
settentrionale, in parte o del tutto ombreggiate.
Tra queste Fragaria vesca, Lathyrus sylvestris,
L. venetus, Pteridium aquilinum, Viola alba
subsp. dehnardtii, Geranium sanguineum,
Euphorbia dulcis. Vi si trova il contingente
più numeroso di orchidee: Cephalanthera
damasonium, C. longifolia, Dactylorhiza
maculata, Neotinea tridentata, Ophrys
insectifera, Neottia nidus-avis, Listera ovata,
Platanthera bifolia, Epipactis helleborine,
Gymnadenia conopsea, Orchis anthropohora, O.
simia, O. purpurea, Himantoglossum adriaticum.
Località ricche di orchidee in adiacenza di strade
si trovano in corrispondenza dei versanti
settentrionali dei monti Carpegna e Canale,
Monte Ercole e San Benedetto di Sant’Agata
Feltria, in comune di Casteldelci e lungo la media
e alta strada Marecchiese. I fossati e i versanti
umidi offrono un ambiente adatto a Epipactis
palustris. Le scarpate stradali e i bordi stradali
falciati in piena luce ospitano dense popolazioni
di Anacamptis morio, A. pyramidalis, Ophrys
apifera, O. bertolonii subsp. bertolonii, O.
holoserica, O. fusca subsp. fusca, Limodorum
abortivum, Orchis purpurea.
Gli orli di margine dei boschi collinari e mantelli
rientrano nella classe Trifolio medii-Geranietea
sanguinei, dell’Europa centale, Alpi e Appennini.
Alla classe Galio-Urticetea fanno riferimento
gli orli di vegetazione nitrofila.
Le praterie seminaturali
Le praterie secondarie mesofile, create
e conservate per il pascolo, appartengono
a due diverse classi. Ci limitiamo alla classe
Festuco-Brometea, dei suoli calcarei profondi.
Ne fanno parte la subassociazione Ononidetosum
masquillierii, con Ononis masquillierii e
Dorycnium pentaphyllum, su suoli aridi ed erosi,
e l’associazione Centaureo bracteatae-Brometum
erecti, su suolo scarso ed eroso.
Quest’ultima è una vegetazione pioniera descritta
per i suoli marnoso-arenacei e calcareo-marnosi,
che comprende Coronilla minima, Astragalus
monspessulanus, Centaurea bracteata, Linum
tenuifolium. Il contingente orchidologico
di questo ambiente è ricco e presenta specie rare.
Ricordiamo Orchis purpurea, O. mascula subsp.
mascula, O. laxiflora, O. anthropophora, O.
pauciflora, O. provincialis, O. simia, Dactylorhiza
maculata, D. sambucina, Anacamptis morio,
A. pyramidalis, A. laxiflora, Ophrys apifera, O.
bertolonii subsp. bertolonii, Ophrys sphegodes
subsp. sphegodes, O. holoserica, O. fusca subsp.
fusca, Neotinea tridentata, N. ustulata, Serapias
vomeracea subsp. vomeracea, Himantoglossum
adriaticum, Listera ovata, Coeloglossum viride.
Prateria con Neotinea tridentata. Alta valle del Prena (Pennabilli)
46
Neotinea
ustulata
(L.) R.M.Bateman, Pridgeon & M.W.Chase 1997
Presentazione
Forme
del paesaggio, vegetazione e orchidee
I rilievi calcarei
I gessi
Le condizioni ecologiche degli ambienti rupestri
assumono aspetti limite ai quali si adattano poche
specie vegetali orofile, essenzialmente terofite
e camefite. Su pareti rocciose nude, anfratti
e detrito roccioso a esposizione calda si trova
un contingente floristico termofilo comprendente
Pistacia terebinthus, Quercus ilex e Phillyrea
latifolia, con individui spesso contorti e a ridotta
crescita. Le pareti verticali, anche artificiali
come quelle delle vecchie mura, sono insediate
da Erysimum cheiri, Campanula erinus,
Teucrium flavum, Alissum minus, Hypochoeris
achyrophorus, Sempervivum tectorum, Sedum
maximum. La copertura arborea dei versanti
esposti a settentrione vede Ostrya carpinifolia,
Carpinus betulus e Acer monspessulanum.
Il quadro delle comunità di ambiente roccioso
è reso interessante da varie Pteridofite. Phyllitis
scolopendrium e Polypodium cambricum
sono le più appariscenti. Di piccola taglia sono
Adiantum capillus-veneris, Ceterach officinarum
subsp. officinarum, Asplenium trichomanes.
A eccezione dei versanti freddi non rupestri,
con boschi cedui dominati da Ostrya carpinifolia,
sui calcari si localizzano rade boscaglie termofiloxerofile a Quercus pubescens e Fraxinus ornus,
con ampie radure erbacee, quando non vere
e proprie garighe successive a incendi,
disboscamenti o pascolo.
Troviamo in questi contesti notevoli popolamenti
a orchidee: Orchis purpurea, O. anthropophora,
O. provincialis, O. simia, Dactylorhiza maculata,
Anacamptis morio, A. pyramidalis, Ophrys
apifera, O. bertolonii subsp. bertolonii, Ophrys
sphegodes subsp. sphegodes, O. holoserica,
Serapias vomeracea subsp.vomeracea,
S. lingua, Cephalanthera damasonium, Neotinea
tridentata, Himantoglossum adriaticum,
Limodorum abortivum, Coeloglossum viride.
Gli affioramenti di gesso meglio noti dal punto
di vista floristico si trovano all’interno
della Riserva Naturale Orientata di Onferno
(Gemmano, RN). Il versante esposto
a settentrione presso il Centro visite mostra
una inversione nella distribuzione verticale
della vegetazione, con elementi spiccatamente
termofili al limite superiore. In posizione rupestre,
si trovano e aggruppamenti erbacei rupicoli,
riferibili alla classe Asplenietea trichomanis.
Inferiormente si trovano specie di ambienti
freschi e ombrosi.
La componente arborea dell’originale e raro
nucleo boschivo posto presso la risorgente carsica
è data da Tilia platiphyllos, Ulmus glabra,
Staphylea pinnata, Acer obtusatum, Fraxinus
ornus. Nel sottobosco Polypodium cambricum
e Asplenium trichomanes. I gradini rocciosi
con suolo sono occupati da Cyclamen repandum,
Chelidonium majus e Sternbergia lutea.
Dove è più sensibile la stagnazione di aria fresca
e satura di umidità si ha una concentrazione
di specie microterme e mesofilo-igrofile:
Lamiastrum galeobdolon, Mercurialis perennis,
Cardamine bulbifera, Aegopodium podagraria,
Helleborus bocconei e il rarissimo Arisarum
proboscideum. Del rado strato erbaceo fanno
parte Ornithogalum pyrenaicum, Melica uniflora,
Galanthus nivalis. L’umidissimo fondo della forra
è colonizzato da Phyllitis scolopendrium.
Il bosco a tiglio dei gessi carsici di Onferno rientra
nella classe Querco-Fagetea, ordine Fagetalia
sylvaticae. L’associazione a tiglio è riferibile
a Staphyleo pinnatae-Tilietum platyphylli.
I boschi a tiglio sono stati compresi tra gli habitat
prioritari del progetto comunitario CORINE
(Direttiva 92/43 U.E.) sotto la denominazione
di “Foreste dei valloni del Tilio Acerion”.
Su substrati gessosi esposti verso i quadranti
meridionali prevalgono nuclei di bosco a roverella,
talvolta di aspetto parasteppico, inquadrati
nell’ordine Quercetalia pubescenti-petreae.
Il popolamento orchidologico dei gessi varia
a seconda degli habitats presenti e tende
a riprodurre quello presente su substrati calcarei.
Il numero di specie è però limitato a causa
della modesta estensione dei rilievi.
Sono state rinvenute Neottia nidus-avis,
Dactylorhiza maculata, Anacamptis pyramidalis,
Himantoglossum adriaticum, Ophrys bertoloni
subsp. bertolonii, O. holoserica.
Prato su calcare con Anacamptis morio presso Biforca (San Leo)
48
Neotinea
ustulata
(L.) R.M.Bateman, Pridgeon & M.W.Chase 1997
Presentazione
Forme
del paesaggio, vegetazione e orchidee
I RILIEVI MARNOSO-ARENACEI MONTANI
L’unità geologico-paesaggistica comprende ampia
parte del territorio montano della Valle
del Marecchia. Il substrato roccioso
è rappresentato dalla imponente Formazione
Marnoso-Arenacea, composta da un’alternanza
di strati torbiditici arenacei e marnosi. Nel settore
del medio e basso Appennino il paesaggio
si addolcisce a causa della natura litologica
della Marnoso-Arenacea esterna, che vede
diminuire la frazione arenacea. La trama dei rilievi
disegna valli e vallecole meandranti e profonde,
i profili delle dorsali, ripidi e boscosi versanti.
La disposizione degli strati determina il profilo
dei pendii. Le superfici meno acclivi si presentano
rivestite da boschi, prati-pascolo e coltivi;
i versanti a forte pendenza con rocce affioranti
da una vegetazione rada e discontinua.
Gran parte dei boschi presenti sui terreni
marnoso-arenacei della porzione più interna
della provincia di Rimini, coincidente
essenzialmente con le pertinenze del comune
di Casteldelci, è data dall’associazione Aceri
obtusati-quercetum cerris, diffusa nelle aree
submontane dell’adiacente provincia di Pesaro.
In questo territorio l’associazione trova i suoi
limiti settentrionali, lasciando il posto nella
valle del Savio all’Ostryo-Aceretum opulifolii,
dell’Emilia-Romagna.
Le faggete si trovano essenzialmente sul Monte
Aquilone. Simili per composizione
a quelle romagnole e a quelle settentrionali
del Pesarese, rientrano solo in minima parte
nel territorio Riminese. I versanti
della Formazione Marnoso-arenacea, ripidi
e poveri di suolo, presentano una rada
vegetazione di tipo parasteppico, presente
anche all’interno delle erosioni calancoidi.
L’associazione di riferimento è Coronillo minimaeAstragaletum, dell’Appennino romagnolo
e di parte dell’Umbro-marchigiano. Comprende
Helicrysum italicum, Fumana procumbens,
Coronilla minima, Astragalus monspessulanus.
Considerata l’estensione dell’unità paesaggistica
e la varietà di ambienti suddividiamo le orchidee
presenti in un gruppo maggiormente diffuso
nelle espressioni forestali mesofile e un secondo
nelle aree forestali termofilo-xerofile, precisando
che la distinzione è indicativa.
Ricordiamo nel primo gruppo Neottia nidus-avis,
Listera ovata, Epipactis helleborine, E. muelleri,
E. microphylla, O. mascula subsp. mascula,
Gymnadenia conopsea, Dactylorhiza maculata,
D. sambucina, Platanthera bifolia, P. chlorantha.
Nel secondo gruppo Dactylorhiza maculata,
Epipactis helleborine, E. muelleri, E. purpurata,
Neottia nidus-avis, Listera ovata, Ophrys
insectifera, Cephalanthera longifolia,
C. damasonium, C. rubra, Anacamptis morio.
A. pyramidalis, Ophrys apifera, O. bertolonii,
O. sphegodes subsp. sphegodes, O. holoserica,
Orchis simia, O. anthropophora, O. purpurea,
Serapias vomeracea subsp. vomeracea,
Limodorum abortivum, Neotinea tridentata,
N. ustulata.
Bosco termofilo presso Casteldelci
Pascolo su Marnoso-arenacea (Casteldelci)
50
Le conoscenze orchidologiche
Presentazione
La storia delle ricerche orchidologiche all’interno
del territorio della provincia di Rimini
è sostanzialmente recente.
Nel panorama degli studiosi che si sono occupati
di argomenti botanici non sono noti riferimenti
alle orchidee da parte dei grandi precursori quali
il riminese Giovanni Bianchi (Jano Planco, Rimini,
1693- 1775) e del suo allievo Giovanni Battarra
(Coriano 1714, Rimini 1789). Il primo, medico,
filosofo e naturalista (si occupò anche
di Foraminiferi); il secondo, sacerdote, esperto
di agronomia, micologia e tradizioni popolari.
Si deve a Pietro Zangheri la divulgazione,
nel 1924, dell’opera botanica del sacerdote Cesare
Maioli (Forlì, 1746-1823), il quale raccolse
un gran numero di reperti floristici tra Marche
e Romagna.
Cesare Majoli
(1746-1823),
(Wikipedia)
Le sue peregrinazioni botaniche, per restare
nei nostri luoghi, lo portarono a San Marino e a
Carpegna. La corposa opera di Maioli Plantarum
collectio iuxta Linaeum sistema, composta tra il
1790 e il 1810, è formata da 27 volumi in folio, per
13000 pagine, integrata
da 4500 tavole da lui stesso dipinte. Vi vengono
riportate alcune specie che riguardano il territorio
di nostro interesse con le citazioni originali,
dalle quali si ricavano indicazioni di provenienza
piuttosto generiche: “Orchis conopsea L.,
in montibus S. Marini. Ophrys spiralis L.,
ad colles Romandioles frequens. Serapias Lingua
L., in sylvis Romandiolis. Serapias cordigera L.,
in nostris montibus”.
Nel napoleonico Almanacco per il dipartimento
del Rubicone per l’anno bisestile, del 1812,
nel capitolo Cenni su alcune piante spontanee
nel dipartimento, di un certo interesse per
le numerose essenze citate, mancano del tutto
riferimenti alle orchidee. Analogo discorso
va fatto per l’articolo di Renato Pampanini
del 1924, Un’escursione sul Monte Carpegna
(Montefeltro), dove non si fa cenno ad orchidee,
ad eccezione di un suo richiamo che riguarda
l’Azzaroli, “ il quale fra il 1835 ed il 1842, raccolse
un centinaio di specie a Sasso Feltrio, a Monte
Grimano, a Gesso, ed alcune anche a Sant’ Agata
Feltria,a Villagrande, a Monte Copiolo; ed infine,
nel 1842, sul M. Carpegna, le seguenti: Neottia
Nidus-avis, Cephalanthera rubra…”.
Il Monte Carpegna è stato oggetto di esplorazioni
botaniche fin dal XV secolo. Un codice erbario
anonimo del tempo ricorda varie piante della zona.
Nel XVII secolo Pietro Antonio Guerrieri (16041676), nella sua opera Della Carpegna abellita
et del Montefeltro illustrato, ricorda una serie
di piante erbacee del Carpegna.
Importanti botanici quali Antonio Bertoloni
(1775-1869), Filippo Parlatore (1816-1877)
e Luigi Paolucci (1849-1935), presero
in considerazione marginalmente l’alta
Valmarecchia. Attenzione alla flora riminese,
nell’ambito della flora di Romagna, è stata
rivolta da Luigi Matteini (Rimini, 1803-1874),
naturalista, archeologo e poliglotta.
Opuscolo di Luigi Matteini
(1803-1874), naturalista,
archeologo e poliglotta
riminese, nel quale cita
l’erbario da lui realizzato,
composto da 2000 piante.
L’erbario, con l’intera
collezione naturalistica,
è stato distrutto durante
gli eventi della Seconda
guerra mondiale.
Luigi Matteini realizzò un erbario della flora della
bassa Romagna nell’ambito della multiforme
collezione naturalistica da lui raccolta e allestita
nel 1866 presso l’allora sala del Ginnasio
comunale nel Palazzo Gambalunga di Rimini, sede
del Museo archeologico. Le vicende belliche della
seconda guerra mondiale hanno comportato la
distruzione della raccolta, erbario compreso. Ci è
pervenuto un breve scritto di Matteini riguardante
la collezione. Il contenuto dell’erbario Matteini
è noto altresì per merito del botanico di origine
livornese Alberto del Testa (1863-1941),
il quale tentò di recuperare dall’oblio l’erbario
ventisei anni dopo la morte di Matteini,
trovandolo in pessime condizioni e recuperando
mille dei duemila campioni di cui era composto
(a questi sono da aggiungere altri duecento
campioni provenienti dai Pirenei, studiati
da Pietro Bubani di Bagnacavallo). Trecento
esemplari provenivano dai dintorni di Rimini.
Del Testa pubblicò i campioni di Matteini nel 1903
sul Nuovo Giornale Botanico Italiano. L’entità
numerica delle orchidee attribuite con certezza
al Riminese è estremamente limitata
e se ne dà conto nel contesto delle schede
descrittive per specie del presente lavoro.
L’autore non manca di segnalare che “Parecchie
altre orchidee trovansi nell’Erbario Matteini,
ma così tarlate da essere irriconoscibili”.
Tra i naturalisti che hanno lasciato traccia in campo
botanico locale troviamo Luigi Raggi, che nel 1903
ha pubblicato un Contributo alla flora littoranea
romagnola. Primo elenco delle piante raccolte
lungo il littorale adriatico tra Rimini e Cervia.
L’autore non riporta alcuna orchidea. Possiamo
però confermare oggi la presenza di alcune specie
presso i terreni sabbiosi costieri.
Abbiamo ricordato sopra Renato Pampanini,
(Valdobbiadene, 1875 - Vittorio Veneto, 1949).
Torniamo sul botanico veneto in quanto autore,
nel 1930, di una Flora della Repubblica di San
Marino, all’interno della quale è riportato un buon
numero di orchidee. Il territorio della Repubblica
esula dall’area considerata nel presente lavoro
ma, considerata l’unitarietà fisica con il Riminese
e il significato testimoniale delle entità riportate,
riteniamo utile fornire l’elenco: Ophrys sphegodes
var. genuina, Ophrys apifera var. typica, Ophrys
bertolonii var. typica, Ophrys arachnites var.
typica, Ophrys fusca var. typica, Serapias
vomeracea, Aceras anthtropophora, Loroglossum
hircinum var. typicum, f. genuina, Orchis morio
var. typica, f. alba, f. rosea, f. variegata,
Orchis coriophora var. fragrans, f. genuina,
Orchis tridentata var. variegata, Orchis purpurea
var. typica, Orchis simia var. typica, Orchis
provincialis var. typica, f. luteola, Orchis
maculata var. genuina, f. typica, f. ovalifolia,
Anacamptis pyramidalis var. typica, Gymnadenia
conopea var. typica, Spiranthes spiralis,
Cephalanthera rubra, Epipactis rubiginosa.
Reggiani F.(1935), nel suo Panorami del Montefeltro.
Il Monte Carpegna, cita genericamente
per il monte alcune specie: Orchis laxiflora Lmk.,
O. purpurea Huds., O. sambucina L., O. maculata
L., O. Morio L., O. arachnites Host., O. apifera
Huds., Cephalanthera ensifolia, C. L. Rich.,
Listera ovata R. Br..
Negli anni Trenta del Novecento, Rodolfo Chiosi
(1906-1993) esplora la valle del Marecchia
riportando gli esiti in alcuni articoli.
Renato Pampanini (1875-1929)
(phaidra.cab.unipd.it.)
52
Presentazione
Le
conoscenze orchidologiche
Tra le specie citate in un primo articolo del 1933
sul Giornale Botanico Italiano figura solo Ophrys
bertolonii, citata all’interno di un gruppo
di piante che rivela, con le sue parole, “un largo
componente di specie mediterranee installate
nella porzione superiore montana”.
Più consistente il contingente orchidologico
riportato in un successivo articolo del 1936:
Ophrys bertolonii var. typica, Caprile; Orchis
morio var. typica, M. della Perticara (versante
meridionale); Orchis morio var. typica, Rocca
di Majoletto; Orchis purpurea var. typica, Cete
di Uffogliano; Orchis purpurea var. typica, Rocca
di Majoletto; Epipactis microphylla var. typica,
M. Copiolo; Epipactis microphylla var. typica,
Villagrande. Una attenzione particolare
è d’obbligo per il grande naturalista forlivese
Pietro Zangheri (1889-1983), il quale
ha marginalmente preso in considerazione
la valle del Marecchia nei suoi studi floristici.
I dati orchidologici reperiti nel Repertorio
sistematico e topografico della flora e fauna
vivente e fossile della Romagna, del 1966,
sono stati inclusi nelle schede elaborate
per le singole specie. Il prof. Davide Ubaldi,
titolare di Geobotanica all’Università
di Bologna, ha contribuito in maniera rilevante
alla conoscenza della vegetazione del Montefeltro
e nello specifico della media e alta Valmarecchia,
a partire dagli anni Settanta. Da alcuni suoi lavori
abbiamo tratto dati di carattere vegetazionale
e orchidologico.
Segnalazioni di specie nuove per il Riminese
si devono a Alessandro Alessandrini et al.
per Ophrys ciliata (1988) e Ophrys bombyliflora
(1991). Alessandrini, già autore di Le orchidee
spontanee dell’Emilia-Romagna (1985),
è stato coordinatore, con Fausto Bonafede,
di un fondamentale Atlante della flora protetta
della Regione Emilia-Romagna (1996),
in collaborazione con il WWF. Nell’Atlante
sono confluiti i dati raccolti nel territorio
sulla presenza delle specie soggette a tutela
dalla L.R.2/1977, che includono le orchidee.
Tali dati, in parte forniti dallo scrivente,
sono stati utilizzati, con le nuove acquisizioni,
per la produzione delle tavole di distribuzione
delle specie riportate nel presente volume.
La vegetazione del Fiume Marecchia è stata
studiata da Biondi & Baldoni (1993).
Nel lavoro, pubblicato su Biogeographia, vol.
XVII, oltre alla presenza di varie orchidee, è stata
descritta, tra le altre, la nuova associazione
Epipactido palustris-Schoenetum nigricantis,
la cui denominazione si deve alla presenza
di Epipactis palustris. Troviamo inoltre dati
orchidologici riguardanti l’area di Maiolo,
nella media valle del Marecchia, in Gubellini
& Di Massimo (2001). L’adiacente provincia
di Pesaro e Urbino è oggi ben esplorata. I lavori
di Klaver (1991), Crescentini & Klaver (1997),
Klaver & Rossi (2011), illustrano nei particolari
la distribuzione dei vari taxa. La media e alta valle
del Marecchia, pesarese fino al 2009,
pur marginalmente esplorata, è rientrata
nel territorio di nostro interesse, per cui i dati
disponibili sono stati utilizzati ai fini
del presente lavoro.
Successivi contributi sulle Orchidaceae
del Riminese sono rari. Una eccezione è costituita
dalla ricerca di Laghi & Pastorelli sulle orchidee
della Riserva Naturale Orientata di Onferno
(Gemmano), del 2004.
Lo scrivente ha segnalato in più occasioni
la presenza di orchidee in varie località
della provincia di Rimini: bassa Valconca (1986),
media valle del Marecchia (1993), Onferno
(1993, 1997), Verucchio (2002), Riccione (2007),
Torriana (1992), nel territorio provinciale (2008),
presso Talamello (2011). Un primo elenco
sistematico delle orchidee della Valle del Conca
risale al 2002, all’interno di una pubblicazione
monografica. Una prima lista dei taxa rinvenuti
durante la ricerca è stata pubblicata nel 2010.
Illustrazione tratta da:
Carlo Darwin, I diversi apparecchi col mezzo dei quali
le Orchidee vengono fecondate dagli insetti.
Prima edizione italiana col consenso dell’Autore
di Giovanni Canestrini e Lamberto Moschen.
Torino, Unione Tipografica-Editrice, 1883, pag. 21.
54
Il censimento, obiettivi e metodologia
Presentazione
A partire dai primi anni Ottanta del Novecento
le conoscenze sulla presenza e distribuzione
delle orchidee nel Riminese si sono ampliate
e hanno condotto di volta in volta a singole
segnalazioni o elenchi pubblicati in più occasioni
e su fonti diverse. I dati hanno interessato le valli
del Marecchia e del Conca.
Dal 2008 alla ricerca sono stati applicati criteri
di sistematicità, con l’intento di verificare
la situazione dei taxa effettivamente presenti,
ottenere indicazioni sullo status, individuare
specie rare e di valore biogeografico, localizzare
siti di particolare significato orchidologico,
definire tendenze, criticità e problematiche utili
alla conservazione. La ricerca è stata condotta
nell’ambito delle attività dell’Associazione WWF
Rimini, in collaborazione con l’Assessorato
all’Ambiente, Energia e Politiche per lo Sviluppo
Sostenibile della Provincia di Rimini. È consistita
nel censire e nel definire la distribuzione delle
specie appartenenti alla Famiglia Orchidaceae,
tutelata dalla legge della Regione EmiliaRomagna N.2 del 24 Gennaio 1977.
L’avvio della ricerca ha interessato il primitivo
territorio della Provincia di Rimini, delineato
al tempo della separazione dalla provincia di Forlì.
In modo repentino, la spinta secessionistica
in atto nella media e alta Valle del Marecchia
ha determinato il passaggio di sette comuni
pesaresi nella Provincia di Rimini. La Legge N.117
del 3 Agosto 2009 ha sancito così il “Distacco
dei comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria,
Pennabilli, San Leo, Sant’Agata Feltria e Talamello
dalla Regione Marche e loro aggregazione
alla Regione Emilia-Romagna, nell’ambito
della Provincia di Rimini, ai sensi dell’art. 132,
secondo comma, della Costituzione”.
La successiva legge della Regione EmiliaRomagna del 4 Novembre 2009 ha recepito
e applicato il trasferimento amministrativo
dei comuni della Valle del Marecchia. Dai 535,38
kmq occupati dai 20 comuni originari
della provincia, si è passati a 27 comuni e a 863,58
kmq complessivi. I nuovi comuni hanno aggiunto
quindi 328,20 Kmq di territorio, caratterizzato
da alta collina e montagna.
Alla ricerca sul campo si è aperto di conseguenza
un territorio esteso ed estremamente vario sotto
il profilo geomorfologico, floristico e vegetazionale,
ampliando repentinamente le opportunità
di studio ma anche le difficoltà in termini
di tempo, accessibilità e distanze. Si è ritenuto
quindi di estendere l’esplorazione, tenendo
ben presente che l’intero lavoro sarebbe stato
condotto su base volontaria, non solo per quanto
riguarda lo scrivente, ma anche per tutti coloro
che a vario titolo e impegno hanno prestato
la loro collaborazione. Ha costituito un incentivo
la relativa disponibilità di dati bibliografici
sulla distribuzione delle orchidee nella media
e alta Valmarecchia.
Nell’insieme la ricerca è durata cinque anni,
dal 2008 al 2012. Nel 2008 e 2009 l’esplorazione
ha riguardato i comuni costieri e collinari
dell’originario perimetro provinciale
per estendersi, tra il 2009 e il 2012, al territorio
della Valmarecchia già marchigiano.
I dati sono stati rilevati sul campo per gran
parte dallo scrivente. I collaboratori volontari,
complessivamente 35, hanno fornito
in varia misura i dati sulla base di una scheda
appositamente predisposta.
Per le Guardie Ecologiche Volontarie (GEV)
della Provincia di Rimini sono stati condotti
incontri di preparazione all’attività sul campo.
I dati di presenza, sempre integrati da immagini
fotografiche, sono stati vagliati dal coordinatore
e inseriti in un database. Le informazioni scaturite
dalla ricerca e quelle desunte su base bibliografica
sono state utilizzate per la redazione delle carte
di distribuzione che figurano nelle singole schede.
Le carte distributive sono impostate su una base
fisica; i toni cromatici individuano altrettanti
intervalli altimetrici. Su di essa è stato sovrapposto
il reticolo cartografico delle “sezioni” della Carta
Tecnica Regionale alla scala 1:10.000. Le singole
sezioni hanno una estensione reale di circa
6,7 x 5,5 km per una superficie di circa 3.700 ha.
La distribuzione dei taxa che ne è risultata è stata
visualizzata con diversa modalità grafica a seconda
che si tratti di dati originali rilevati nel corso
della ricerca, dati desunti da fonti bibliografiche,
sovrapposizione di dati originali e bibliografici.
Va precisato che come dati bibliografici sono stati
considerati anche quelli derivati dalla banca dati
della Flora protetta dell’Emilia-Romagna
per il Riminese, gentilmente fornita dal dr.
Alessandro Alessandrini dell’Istituto per i Beni
Culturali di Bologna.
Carta fisica della
Provincia di Rimini
con reticolo CTR
1:10.000
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
Provincia di Rimini
con reticolo CTR
1:10.000 e limiti
comunali
Carta della distribuzione di Cephalanthera rubra
56
SCHEDA RILEVAMENTO ORCHIDEE SPONTANEE
Rilevatore…………………………………………Data…………………
Località……………………………………………………………………
Comune……………………………………………………………………
IlPresentazione
censimento, obiettivi e metodologia
Riportiamo la scheda di rilevamento e le indicazioni
per i rilevatori utilizzati nel corso della ricerca.
La scheda è stata redatta sulla base di Grünanger
(2001). Durante il prosieguo della ricerca
è stato pubblicato Orchidee d’Italia, a cura
di Grünanger et al. (2009), il quale ha apportato
numerose novità nella sistematica della Famiglia
Orchidaceae. Ci si è in sostanza attenuti
ad esso sotto l’aspetto nomenclaturale
(ad eccezione di Ophrys holoserica), etimologico,
descrittivo e di habitat. La ricerca ha previsto
la compilazione della scheda, costituita
dall’elenco delle orchidee rilevate nella provincia
di Rimini in occasione del censimento della flora
protetta effettuato a cavallo tra gli anni Ottanta
e Novanta, integrato con ulteriori specie la cui
presenza è stata ritenuta possibile. Nella colonna
A è stato riportato il numero relativo all’ambiente
e in colonna B il numero relativo alla presenza.
Più specie presenti in un solo sito sono state
riportate in una singola scheda, completa
di rilevatore, data, località e Comune.
Di particolare importanza la documentazione
fotografica delle singole piante, intere
e nei particolari, essenziale nel caso in cui
non sia stata possibile la determinazione sul campo.
Non sono stati asportati esemplari in alcun caso.
Alcune foto dei collaboratori sono state utilizzate
per la stampa, con citazione dell’autore.
In ogni caso dati e immagini relativi alla
ricerca sono entrati a far parte del Centro
di Documentazione Ambientale dell’Associazione
WWF Rimini. È stata organizzata una mailing list
dedicata esclusivamente allo scambio
di informazioni sul progetto.
LEGENDA
Ambienti
Colonna A
1. Paludi e ambienti umidi
2. Boschi fluviali e margini
3. Prati aridi fluviali
4. Boschi termofili, margini e radure
5. Boschi mesofili, margini e radure
6. Cespuglieti
7. Prati e pascoli
8. Coltivazioni
9. Incolti, aree ruderali
10. Siepi
11. Rimboschimento a latifoglie
12. Rimboschimento a conifere
13. Castagneti
14. Sabbie costiere
15. Altro ......
Presenza
Colonna B
N.
Nome comune
Nome scientifico
1
Viticcino Autunnale
Platantera comune
Platantera verdastra
Manina rosea
Manina profumata
Testicolo di volpe
Orchidea romana
Orchidea di Fuchs
Ballerina, Ometti
Orchidea farfalla
Orchidea acquatica
Orchidea gialla
Orchidea mascula
Orchidea minore, Giglio caprino
Orchidea cimicina
Orchidea bruciacchiata
Orchidea screziata
Orchidea maggiore
Orchidea militare
Orchidea omiciattolo
Orchidea piramidale
Barbone adriatico
Serapide minore
Serapide maggiore
Ofride scura
Ofride insettifera
Ofride fior di bombo
Ofride fior d’api
Ofride di Bertoloni
Ofride calabrone
Ofride dei fuchi
Ofride fior di ragno
Cefalantera bianca
Cefalantera giallognola
Elleborina di palude
Elleborina minore
Elleborina comune
Elleborina di Müller
Fior di legno
Nido d’uccello
Listera maggiore
Altre
Spiranthes spiralis
Platanthera bifolia
Platanthera chlorantha
Gymnadenia conopsea
Gymnadenia odoratissima
Coeloglossum viride
Dactylorhiza romana
Dactylorhiza maculata
Orchis anthropophora
Orchis papilionacea
Orchis laxiflora
Orchis provincialis
Orchis mascula
Orchis morio
Orchis coriophora
Orchis ustulata
Orchis tridentata
Orchis purpurea
Orchis militaris
Orchis simia
Anacamptis pyramidalis
Himantoglossum adriaticum
Serapias parviflora
Serapias vomeracea
Ophrys fusca
Ophrys insectifera
Ophrys bombyliflora
Ophrys apifera
Ophrys bertolonii
Ophrys crabronifera
Ophrys fuciflora
Ophrys sphegodes
Cephalanthera longifolia
Cephalanthera damasonium
Epipactis palustris
Epipactis microphylla
Epipactis helleborine
Epipactis muelleri
Limodorum abortivum
Neottia nidus-avis
Listera ovata
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
1. Individuo unico
2. Pochi individui (2-5)
3. Piccolo gruppo (6 –10)
4. Grande gruppo (10-40)
5. Diffusa (oltre 40)
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
A
B
58
I generi presenti in Italia
Le schede
Ogni scheda, dedicata ai singoli taxa rilevati
nel corso della ricerca, comprende una parte
descrittiva e una iconografica.
Nella parte descrittiva sono riportate nell’ordine
il nome scientifico, il nome comune, il basionimo
e gli eventuali sinonimi relativi alla singola specie
o sottospecie.
Seguono l’etimologia, la distribuzione (corologia)
generale, relativa alla penisola italiana,
alla Regione Emilia-Romagna e alla provincia
di Pesaro e Urbino (Marche).
Si conclude con l’habitat e la distribuzione
provinciale, i caratteri morfologici con cenni
sui pronubi e il periodo di antesi.
La parte iconografica comprende la carta
di distribuzione della specie, immagini relative
alla pianta intera e a particolari dell’infiorescenza.
Sul piano corologico esteso e su quello italiano
gli elementi conoscitivi sono tratti da AA.VV.
2009. Orchidee d’Italia – Guida alle orchidee
spontanee, GIROS, Il Castello. Per la Regione
Emilia-Romagna da Alessandrini A. e Bonafede
F., 1996. Atlante della flora protetta dell’EmiliaRomagna, Bologna.
Per la fascia costiera dell’Emilia-Romagna
è stato consultato: Lazzari G., Merloni N., Saiani
D., 2010. Flora. Pinete storiche di Ravenna, San
Vitale, Classe, Cervia. Parco Delta del Po, EmiliaRomagna. Quaderni dell’IBIS, L’ARCA, RA; Carli
M., Gardini M., Zamagna A., 2003. Le Orchidee
Spontanee della Pineta di Cervia. Ravenna.
Per la Provincia di Pesaro e Urbino si è fatto
riferimento a Crescentini R. e Klaver J.M.I., 1997.
Orchidee spontanee della Provincia di Pesaro
e Urbino con osservazioni sulle specie
delle Marche, Provincia di Pesaro e Urbino; Klaver
J.M.I., Rossi D. 2011, Contributo alla conoscenza
delle Orchidee della Provincia di Pesaro
e Urbino. GIROS Notizie, N.46, pp. 30-36.
sottofamiglia
tribù
sottrotribù
Cypripedioideae
Spiranthoideae
Cypripedium
Cranichideae
Goodyerinea
Spiranthinea
Goodyera
Spiranthes
Orchideae
Orchidinae
Anacamptis
Barlia
Chamorchis
Coeloglossum
Dactylorhiza
Gymnadenia
Himantoglossum
Neotinea
Nigritella
Ophrys
Orchis
Platanthera
Pseudorchis
Serapias
Traunsteinera
Gennaria
Herminium
Orchidoideae
Habenariinae
Epidendroideae
Gastrodieae
Melaxideae
Calypsoeae
Neaottieae
Epipogiinae
Limodorinae
Listerinae
Prato calanchivo con Anacamptis pyramidalis,
forma apocromica, Casa Ragione (Perticara), 2 giugno 2011
genere
Con i generi presenti in provincia di Rimini
Da AA.VV. Orchidee d’Italia, GIROS, Il Castello, 2009 (modificato).
Epipogium
Liparis
Malaxis
Corallorhiza
Cephalanthera
Epipactis
Limodorum
Listera
Neottia
60
Spiranthes
spiralis
(L.) Chevall. 1827
ONFERNO (GEMMANO)
15 settembre 2011
Nome comune
Trecce di dama, Viticcino autunnale
Basionimo
Ophrys spiralis L. 1753
Sinonimi
S. autumnalis (Balb.) Rich.
Etimologia
Il nome di specie deriva dal latino spira, “spirale”,
“circonvoluzione”, con riferimento all’andamento
elicoidale dei fiori lungo il fusto.
Distribuzione
Specie mediterranea ed eurocaucasica, diffusa
dall’Atlantico al sud della Svezia all’Iran
e nell’Africa settentrionale. È presente in tutte
le regioni italiane, con minore frequenza
al settentrione, dal livello del mare a 1300 m.
di altitudine. In Emilia-Romagna è relativamente
rara, con stazioni distribuite in particolare
su terreni argillosi alloctoni.
Non e stata rinvenuta in pianura. Presso la costa
è presente nelle pinete di Cervia e Casal Borsetti.
In provincia di Pesaro e Urbino è considerata
non rara, presso luoghi erbosi e banchine stradali.
Non è agevole stimarne la presenza
in quanto non fiorisce con regolarità e mostra forti
oscillazioni nel numero di scapi prodotti
nei diversi anni.
Habitat e distribuzione locale
Osservata all’interno di prati aridi arbustati
dell’alto Marecchia, di prati falciati e arbustati
presso Mondaino. Laghi & Pastorelli (2004),
hanno segnalato una stazione all’interno
del cimitero di Onferno (Gemmano-RN)
comprendente circa 500 individui! Lo stesso
sito, controllato nel 2011, annoverava
non più di 4 individui.
In provincia di Rimini è da ritenersi rara.
Il basso numero di stazioni rinvenute si deve
con probabilità alle dimensioni minute
della pianta, che la rendono di non agevole
individuazione.
Caratteri
Apparato radicale formato da due rizotuberi
allungati. Pianta molto piccola, tra 10 cm
e 25 cm. Il fusto, pubescente, origina a lato
della rosetta basale formata da foglie rivolte
esternamente quasi ad angolo retto, ellittiche
e acute. La rosetta fogliare sverna e produce
un nuovo fusto nella stagione successiva.
L’infiorescenza forma una tipica spirale.
I fiori sono distribuiti in modo serrato lungo
il fusto, minuti, profumati, bianchi,
con sfumature verde chiaro.
La colorazione verde si accentua alla base
del labello, minutissimamente sfrangiato lungo
i bordi a somiglianza di un delicato merletto.
Fiorisce tra la tarda estate e l’autunno,
tra Settembre e Ottobre.
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
ONFERNO (GEMMANO)
15 settembre 2011
PONTE 8 MARTIRI (CASTELDELCI)
9 ottobre 2010
ONFERNO (GEMMANO)
15 settembre 2011
62
Platanthera
bifolia
(L.) Rich. 1817
Nome comune
Platantera comune, Platantera bianca
Basionimo
Orchis bifolia L. 1753
BADIA M.ERCOLE (SANT’AGATA F.)
15 maggio 2011
fino a 12 mm, bianco con apice verdastro.
Lo sperone è filiforme, attenuato all’apice.
Le logge polliniche sono vicine e parallele.
Fiorisce tra Maggio e Luglio.
Sinonimi
P. solstitialis Boenn. ex Rchb.
Etimologia
Il nome di specie si deve alle due foglie basali.
Distribuzione
Specie paleotemperata. L’areale interessa gran
parte d’Europa, l’Asia fino alla Siberia, Algeria
e Tunisia nell’Africa mediterranea.
Specie comune nell’Italia settentrionale
e progresivamente più rara verso il meridione.
In Sicilia è assente. In Emilia-Romagna
è considerata comune nelle aree collinari
e bassa montagna, tra 100 m e 1600 m, in aree
boschive. Assente in pianura, segnalata
sulla costa nella sola pineta di Cervia. In provincia
di Pesaro e Urbino è non comune, in ambienti
prativi montani e boschi radi, tra 400 m e 1000 m.
Habitat e distribuzione locale
In provincia di Rimini è presente localmente,
in particolare all’interno di castagneti,
a partire da 150 m, fino ai rilievi interni,
in boschi e su scarpate stradali ombreggiate.
Caratteri
Pianta alta tra 20 cm e 50 cm, provvista di due
rizotuberi radicali ovaliformi. Il fusto è gracile,
appena angoloso e striato, in genere
con due foglie basali (talvolta 3-4), subopposte,
spatolate e arrotondate all’apice.
Le foglie caulinari sono simili progressivamente
a brattee.
L’infiorescenza consiste in una una spiga cilindrica
lassa con fiori biancastri profumati abbastanza
distanziati. Può però presentarsi variabile
come densità e portamento.
Petali e sepalo mediano formano un casco.
Il labello è intero, stretto e allungato
Dato originale
BADIA M.ERCOLE (SANT’AGATA F.)
15 maggio 2011
BADIA M.ERCOLE (SANT’AGATA F.)
15 maggio 2011
BADIA M.ERCOLE (SANT’AGATA F.)
15 maggio 2011
64
Platanthera
chlorantha
(Custer) Rchb. 1829
Nome comune
Platantera verde
Basionimo
Orchis chlorantha Custer 1827
Sinonimi
P. montana (F.W. Schmidt) Rchb.f.;
P. bifolia subsp. chlorantha (Custer)
Rouy
Etimologia
Il nome di specie è composto, proveniente
dal greco chloros “verde” e anthos, “fiore”,
quindi “fiore verde” per il tono verdastro dei fiori.
Distribuzione
Elemento eurosiberiano. In area mediterranea
l’areale va dalla Spagna alla Libia alla Siria.
In Italia è diffusa in tutto il territorio circa come
P. bifolia, rara sopra i 1800 m. In Sardegna
non è presente ed è vicariata da P. algeriensis.
È più rara rispetto a P. bifolia procedendo
da settentrione a sud. In Emilia-Romagna è specie
comune in tutta la fascia collinare e montana.
In pianura e sulla costa diviene rara.
In Provincia di Pesaro e Urbino è considerata
non rara, tra 600 m e 1200 m, in boschi radi
e pascoli montani.
Habitat e distribuzione locale
Non rara in provincia di Rimini. Compare
all’interno dei castagneti a partire da 150 m.
presso Montefiore. Accentua la sua presenza
nell’entroterra in boschi termofili, scarpate
stradali, castagneti da frutto e da legno,
boschi aperti.
Caratteri
Alta da 30 cm a 50 cm, con fusto più robusto
rispetto a P. bifolia.
L’apparato radicale è formato da due rizotuberi
radicali ovaliformi.
L’infiorescenza è abbastanza lassa, con molti
fiori verdastri con profumazione più accentuata
in periodo notturno.
M.FAGGETO (MONTEFIORE)
15 maggio 2009
Il sepalo mediano forma un casco con i petali.
I sepali laterali divergenti, sono ovali o falciformi.
Il labello è linguiforme, verdastro, chiaro
alla base. Lo sperone, più lungo dell’ovario,
mostra un apice claviforme.
Le logge dell’antera sono distanziate e divergono
alla base mentre in P. bifolia sono parallele.
Tale carattere distingue le due specie, per altro
molto somiglianti.
Come per P. bifolia, le morfologie fiorali mostrano
uno specifico adattamento all’impollinazione
da parte di Lepidotteri notturni.
Le differenze nella disposizioni dei pollinii
fanno si che in P. chlorantha essi aderiscano
lateralmente al capo delle farfalle, mentre in P.
bifolia aderiscono alla base della spiritromba.
Fiorisce tra Maggio e Luglio.
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
M.FAGGETO (MONTEFIORE)
15 maggio 2009
M.FAGGETO (MONTEFIORE)
15 maggio 2009
UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA)
6 maggio 2010
66
Gymnadenia
conopsea
(L.) R. Br. in W.T. Aiton 1813
Nome comune
Manina rosea, Orchidea delle zanzare
Basionimo
Orchis conopsea L. 1753
Etimologia
Il nome di specie proviene dal greco konops
ovvero zanzara, per lo sperone filiforme
e allungato.
Distribuzione
Specie eurasiatica boreale e temperata, diffusa
dal dal Portogallo alla Cina. Nella penisola
italiana è comune dal piano a 2600 m di quota
al settentrione. La frequenza diminuisce
gradualmente dal centro al meridione
ed è assente in Sicilia e Sardegna.
In Emilia-Romagna è distribuita dal livello
del mare a 1400 m ed è comunissima a Sud
della via Emilia. È rara in pianura e sulla costa.
Nella provincia di Pesaro e Urbino è considerata
comune nel piano collinare e nei prati montani,
da 300 m a 1400 m.
VALLE PRENA (PENNABILLI)
29 giugno 2010
più frequente possono tovarsi anche individui
biancastri o giallastri.
Il labello presenta 3 lobi simili.
Lo sperone è filiforme, allungato e incurvato
inferiormente.
Le numerose varianti di G. conopsea descritte
vengono considerate sostanzialmente forme
adattate a condizioni ecologiche differenziate
(ecotipi).
In Italia la var. densiflora (Wahlenb.) Lindl. 1835,
mostra una conformazione più robusta,
una infiorescenza estremamente densa
che raggiunge i 200 fiori e antesi ritardata,
tra Luglio e Agosto. Per alcuni Autori l’assetto
frequentemente poliploide (2n=80)
e la presenza di popolazioni con tali caratteri
fanno ritenere una speciazione in divenire
o addirittura un inquadramento tassonomico
diverso. Fiorisce tra Maggio (Aprile a bassa quota)
e Luglio.
Habitat e distribuzione locale
Comunissima su scarpate stradali a esposizione
fresca, al margine di boschi a latifoglie e in pieno
sole. Più frequente su suoli calcarei ma adattabile
a substrati diversi.
In ambito locale compare nel piano collinare
e accresce progressivamente la presenza fino
a divenire molto comune nella fascia altocollinare
e montana su prati, cespuglieti e boschi aperti.
Caratteri
L’apparato radicale è costituito da due rizotuberi
profondamente palmati.
È una pianta appariscente, slanciata e alta
fino a un metro. Il fusto è verde chiaro, spesso
con un tono violaceo superiormente. Le brattee
sono lineari, lunghe circa come l’ovario.
L’infiorescenza raggiunge i 30 cm.
I fiori sono profumati e presentano variazioni
cromatiche che vanno dal rosa, il più comune,
al violaceo. A stretto contatto con la forma
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
MONTE DI MONTESCUDO
11 giugno 2009
GATTARA (CASTELDELCI)
Forma apocromica - 16 giugno 2011
SAPIGNO (PERTICARA)
16 giugno 2011
68
Coeloglossum
viride
(L.) Hartm. 1820
Nome comune
Orchidea verde
Basionimo
Satyrium viride L. 1753
Sinonimi
Orchis viridis (L.) Crantz; Dactylorhiza
viridis (L.) R.M.Bateman, Pridgeon &
M.W.Chase; Habenaria viridis (L.) R. Br.
Etimologia
Al genere Coeloglossum appartiene la sola specie
viride. Il nome del genere proviene dai termini
greci koilos e glossa, con significato di “lingua
cava”, relativi alla forma del labello. Il nome
della specie deriva dal latino viridis, verde,
per il colore prevalente dei fiori.
Distribuzione
Specie circumboreale, diffusa dall’America
settentrionale all’Asia orientale estrema,
a distribuzione montana nel sud dell’Europa.
in Italia è abbastanza diffusa su Alpi e Prealpi,
più rara sugli Appennini, assente nelle isole.
In Emilia-Romagna è abbastanza diffusa in
genere oltre il limite degli alberi, dal Piacentino
al Bolognese. Rara nel Forlivese. Pietro Zangheri
(1966), ha citato alcune stazioni nelle foreste
Casentinesi. Nel 2010 è stata confermata
da Viciani & al. al Passo della Calla.
In Provincia di Pesaro è considerata
non comune tra 800 m e 1300 m, con poche
stazioni maggiormente presenti tra 1000 m.
e 1100 m.
Habitat e distribuzione locale
Rara in provincia. Presente solo su prati e pascoli
montani, in prossimità di boschi ma non al loro
interno. Di non facile localizzazione, si situa
in piena luce o mezz’ombra ed è indifferente
al substrato. È stata rinvenuta nel comprensorio
del Sasso Simone a breve distanza dal Passo
della Cantoniera e a Miratoio, in comune
di Pennabilli, nonchè presso Villagrande,
in comune di San Leo.
PASSO DEI LADRI (PENNABILLI)
28 maggio 2011
Caratteri
Apparato radicale formato da un rizotubero
profondamente palmato. Pianta eretta,
alta da 10 cm a 30 cm.
Le foglie basali e cauline, non oltre 7, sono ovali
e ottuse le prime, lanceolate e acute le seconde,
inferiori rispetto all’infiorescenza. Le brattee
erbacee sono più lunghe dei fiori. L’infiorescenza
non è molto densa, i fiori piccoli, verdastri
con sfumature bruno-rossastre o giallognole.
I tepali sono conniventi a casco. Il labello
è pendulo a forma di lingua, trilobato con lobo
mediano appena accennato. Lo sperone è globoso
-sacciforme e nettarifero.
Il ginostemio è piccolo e ottuso; le logge anteriche
divergono alla base e sono saldate all’apice.
L’ovario è sessile.
Fiorisce tra Maggio e Giugno.
Viene impollinata da Coleotteri, Imenotteri
e Lepidotteri.
Nota:
Le indagini molecolari hanno confermato una
parentela molto stretta con il genere Dactylorhiza,
nota in precedenza anche da ibridi intergenerici.
Le proposte di integrare la specie nel genere
Dactylorhiza non hanno avuto esito, considerate
anche le palesi differenziazioni morfologiche.
Dato originale
PASSO DEI LADRI (PENNABILLI)
28 maggio 2011
CANTONIERA (PENNABILLI)
30 maggio 2010
CANTONIERA (PENNABILLI)
30 maggio 2010
70
Dactylorhiza
sambucina
(L.) Soó 1962
Nome comune
Orchidea sambucina
Basionimo
Orchis sambucina L. 1755
Etimologia
L’epiteto specifico deriva dal profumo dei fiori,
simile a quello del sambuco.
Distribuzione
Specie europea-caucasica, distribuita
dalla Scandinavia al Mediterraneo, tranne
che in Sardegna. Non è presente in gran parte
dell’Europa centro-occidentale. Nell’Europa
meridionale si colloca nella fascia altocollinare
e montana da 300 m a oltre 2000 m di quota.
In Emilia-Romagna la distribuzione altitudinale
va dai 400 m ai 2100 m, su prati, praterie
di altitudine, boschi e radure, sempre a sud
della via Emilia. Più rara in Romagna, scomparsa
dalla pianura e segnalata da Zangheri (1936)
per la costa. In provincia di Pesaro la distribuzione
altitudinale va da 900 m a 1300 m, con concentrazioni
maggiori nel settore più elevato.
PASSO DEI LADRI (PENNABILLI)
6 maggio 2011
Caratteri
L’apparato radicale presenta due rizotuberi divisi
all’apice in più lobi o tubercoli.
Pianta di aspetto robusto e di limitata altezza,
in genere non supera i 30 cm, con fusto angoloso
verso l’alto. Le foglie sono da 4 a 8, ovatolanceolate e ottuse, semierette dalla base
del fusto fin quasi all’infiorescenza, lunghe
fino a 12 cm. Le brattee inferiori sono più lunghe
dei fiori. L’infiorescenza è ovoidale, densa e corta,
il labello appena trilobato,con base più chiara
e punteggiata di rosso-bruno.
Lo sperone è grosso, conico e discendente.
Una caratteristica peculiare consiste
nella presenza di fiori gialli o rosso-porpora
con varianti cromatiche intermedie
nelle stesse popolazioni.
In provincia il colore giallo è prevalente.
Le piante a fiori rossi sono indicati come forma
rubra (Winter) Hyl. 1966. Rarissima la variante
a fiore giallo con un’ampia macchia rossa
che occupa quasi tutto il labello denominata forma
chusae C.E.Hermos. 2000.
La fioritura avviene tra Maggio e Luglio,
in Aprile a quota collinare.
Habitat e distribuzione locale
L’ambiente di elezione è dato dai prati-pascoli
mesofili e radure nei boschi al di sopra
dei 1000 m. Specie non selettiva nei confronti
del suolo, è stata rinvenuta in provincia
sporadicamente a quota collinare a Monte
Maggiore di Montefiore nel 1990 (Alessandrini
e Bonafede 1996), e nel corso della ricerca
a Uffogliano di Novafeltria, sempre
in un castagneto.
Frequente e con popolazioni abbondanti
nel territorio del Monte Carpegna (comune
di Pennabilli).
Dato originale
Dato bibliografico
UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA)
25 aprile 2012
PASSO DEI LADRI (PENNABILLI)
6 maggio 2011
UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA)
25 aprile 2012
72
Dactylorhiza
maculata
(L.) Soó
Nome comune
Orchide macchiata, Giglio basilico
Basionimo
Orchis maculata L. 1753
Sinonimi
D. fuchsii (Druce) Soó; D. meyeri
(Rchb.f.) Aver.; Orchis longibracteata
F.W.Schmidt
Etimologia
L’epiteto di specie deriva delle macchie fogliari.
La sottospecie fuchsii è dedicata al medico
e botanico tedesco Leonhart Fuchs (1501–1566);
l’epiteto della sottospecie saccifera rimanda alla
forma dello sperone.
Distribuzione
Specie a diffusione eurasiatica, con areale
non chiaramente circoscrivibile per la
sovrapposizione con la sottospecie maculata.
È presente in Italia settentrionale e centrale.
Si ritiene che le segnalazioni della subsp.
maculata si riferiscano ad individui dai caratteri
non chiaramente definiti, ma costantemente
intermedi tra le sottospecie fuchsii e saccifera.
In Emilia-Romagna la specie è molto comune
a sud della Via Emilia, presente anche sulla costa,
con la la subsp. fuchsii (Druce) Hyl. In provincia
di Piacenza sono stati rinvenuti esemplari riferibili
alla sottospecie elodes (Griseb.) Soò.
Presso aree umide montane dell’Emilia
sono presenti ma rarissime, forme riconducibili
alla sottospecie maculata. Nell’area appenninica
romagnola, sono presenti forme molto simili
alla sottospecie saccifera (Brongn.) Soò,
distribuita nella catena appenninica centrale
e meridionale.
In provincia di Pesaro la sottospecie fuchsii
è comune da 300 m a 1400 m, con maggiore
diffusione tra 700 m e 800 m. A conferma
del polimorfismo della specie, nel Pesarese
non appare chiaro se gli individui a sperone
saccato siano da riferire a varianti di D. fuchsii
o a D. saccifera.
Habitat e distribuzione locale
D. maculata si rinviene nell’intera provincia
a partire da ambienti boschivi di fondovalle
della dorsale collinare miocenica, castagneti
della bassa collina della Valconca a circa 150 m
di quota, raramente in boscaglie fluviali
planiziarie. Diviene progressivamente comune
e ampiamente diffusa a quote maggiori,
in accordo con la situazione distributiva
del Pesarese. Forma spesso densi assembramenti
ai margini dei boschi mesofili in genere
o all’interno di questi se abbastanza chiari,
castagneti, scarpate stradali ombreggiate
o umide, fossati, spesso in piena luce in prati
mesofili. Occupa anche suoli asciutti.
Si distribuisce su substrati calcarei o moderatamente
acidi. La subsp. fuchsii appare dominante ma non
mancano individui con caratteri intermedi vicini
alla subsp. saccifera.
Citata per la prima volta per il Riminese da Alberto
del Testa (1903), il quale riferisce di campioni
dell’erbario Matteini provenienti da Longiano
e da Rimini.
MONTE PINCIO (TALAMELLO)
27 maggio 2010
74
Dactylorhiza maculata
Caratteri
L’apparato radicale mostra due rizotuberi palmati,
più o meno profondamente divisi in lobi
o tubercoli. L’altezza della pianta è variabile,
da 30 cm a 70-80 cm. Il fusto è esile e slanciato.
Le foglie, da 4 a 10-11, presentano nella pagina
superiore le tipiche maculature scure
e sono distribuite nella parte inferiore del fusto.
Hanno forma arcuata verso l’esterno, oblunghe
e lanceolate. Quelle inferiori sono ellittiche
e ottuse; le superiori brevi fino ad assumere
aspetto bratteiforme. Le brattee sono in genere
meno lunghe dei fiori.
L’infiorescenza è generalmente vistosa, densa
e multiflora, all’inizio conica poi allungata,
ma non mancano individui di modeste dimensioni
e con pochi fiori. Questi non sono grandi,
con decise variazioni cromatiche che vanno
dal rosa chiaro al biancastro.
Individui quasi completamente bianchi sono
stati osservati presso il Monte San Silvestro
(Sant’Agata Feltria).
Il labello è profondamente trilobato, con strie
e macchie porporine-violacee, il lobo mediano
è più lungo dei laterali. Lo sperone è orizzontale
o di poco discendente.
La fioritura avviene tra Maggio e Luglio.
PASSO DEI LADRI (PENNABILLI)
Foglie basali - 6 maggio 2011
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
MONTE SIMONCELLO (PENNABILLI)
30 maggio 2010
MONTE SAN SILVESTRO (SANT’AGATA F.)
Forma ipocromica - 29 maggio 2010
76
Orchis
anthropophora
(L.) All. 1785
Nome comune
Ballerina, Ometti
Basionimo
Ophrys anthropophora L. 1753
Sinonimi
Aceras anthropophorum (L.) R. Br.
Etimologia
Per la conformazione del fiore, il nome di specie
deriva dal greco anthropos, “uomo” e phero
“porto”, per cui “portatrice di uomini”.
Distribuzione
si presenta allungata e lateralmente compressa,
con fiori molto ravvicinati.
Questi mostrano un casco chiuso, verde orlato
di rosso. Il labello è di aspetto antropoide
per i lunghi e stretti lobi, il mediano diviso
ulteriormente in due lobuli, tutti bordati
di bruno-rosso. Lo sperone è assente.
La rivisitazione tassonomica della specie
conseguente alle analisi molecolari di recente
data ha comportato il passaggio al genere Orchis
dall’ iniziale e affermato genere Aceras, istituito
da R. Brown nel 1813.
Fiorisce tra Aprile e Giugno. Viene impollinata
da Coleotteri.
Specie a distribuzione mediterraneo-atlantica,
dalla Spagna all’Inghilterra fino alla Turchia
e Africa nord-occidentale sulla opposta sponda
mediterranea. E’ diffusa in tutta la penisola
italiana e isole fino a 1600 m ma diviene rara
in tutto il territorio alpino e appenninico emiliano.
Manca in Val d’Aosta, Trentino e Friuli.
In Emilia-Romagna è rara, con maggiori
concentrazioni nel sud, in area romagnola.
Rarissima sulla costa, è presente nella pineta
di Cervia (RA). In Provincia di Pesaro e Urbino
è comune dal piano collinare alla montagna,
tra 150 m e 1000 m.
Habitat e distribuzione locale
Si trova in ambienti diversificati quali prati asciutti
e freschi, scarpate stradali e margini di boschi,
cespuglieti, rimboschimenti, in piena luce
o semiombra. In provincia di Rimini diviene
progressivamente comune dalla media collina
fin’oltre i 1000 m.
Caratteri
Apparato radicale con due rizotuberi ellissoidali
castani. Specie a limitata variabilità, osservabile
essenzialmente nel cromatismo dei fiori.
Alta tra 15 cm e 40 cm, il fusto verde e gracile
presenta dal basso foglie lanceolate
con evidente nervatura e foglie avvolgenti
il fusto che divengono superiormente
bratteiformi. L’inconfondibile infiorescenza
MONTEBELLO
13 maggio 2010
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
MONTE CANALE (PENNABILLI)
17 maggio 2012
MONTE CANALE (PENNABILLI)
17 maggio 2012
MONTEBELLO
13 maggio 2010
78
Orchis
mascula subsp. mascula
(L.) L. 1755
Nome comune
Orchidea maschio, Giglio caprino
Basionimo
Orchis morio var. mascula L. 1753
Sinonimi
O. vernalis Salisb.; O. stabiana Ten.
Etimologia
Il nome di specie proviene dal latino masculus,
“virile, maschio”. A seconda delle versioni,
l’attributo è riferito all’aspetto eretto della pianta,
agli organi radicali o alla conformazione
dello sperone.
Distribuzione
Specie a diffusione europeo-caucasica, interessa
in particolare il settore mediterraneo-atlantico
occidentale, fino alla Siberia e Iran. Raggiunge
i 2500 m. Per quanto attiene all’Italia, Orchis
mascula (L.) L. subsp. mascula è presente
ovunque tranne in Puglia, Molise, Liguria
e in Sardegna. La variabilità riscontrata
sul territorio nazionale ha portato alla descrizione
di alcune sottospecie: ichnusae Corrias 1982,
endemismo sardo-corso; olbiensis (Reut. ex
Gren.) Asch. & Graebn. 1907, segnalata in Liguria;
speciosa (Mutel) Hegi 1909, in ambienti montani.
In Emilia-Romagna O. mascula è frequente
dalla collina alla montagna, oltre il limite
degli alberi, tra 300 m e 1900 m. Assente
in pianura e sulla costa. In provincia di Pesaro
e Urbino O. mascula s.l. è considerata comune
nei prati calcarei montani, tra 600 m e 1600 m.
Habitat e distribuzione locale
Distribuita in prati-pascolo, prati arbustati
mesofili e boschi radi (cerreta), in piena luce
o penombra. In provincia di Rimini è concentrata
nel comprensorio di Monte Carpegna, lungo
i versanti che si affacciano verso il Marecchia,
Individui isolati sono presenti a quota minore
presso il Monte della Perticara e Monte Pincio,
tra Perticara e Talamello, nel castagneto
di Uffogliano e a Monte Ercole.
PASSO DEI LADRI (PENNABILLI)
6 maggio 2011
Caratteri
L’apparato radicale è formato da due rizotuberi
tondeggianti o ellissoidi.
Pianta robusta e appariscente, variabile, alta
tra 25 cm e 70 cm, con scapo cilindrico
progressivamente rossastro verso l’alto.
Le foglie, disposte alla base del fusto,
sono allungate e lanceolate e possono presentare
maculature bruno-rossastre. A ridosso del fusto
le foglie si presentano erette e tendono
ad avvolgerlo. Le brattee sono violacee,
di lunghezza simile all’ovario. L’infiorescenza,
pressochè cilindrica, è ricca di fiori vistosi,
rossastri o violacei, in alcuni casi con toni
più chiari.
Il fiore presenta un labello trilobato convesso
oppure ripiegato. Il lobo mediano è più lungo
dei laterali, con l’area centrale chiara e macchie
rossastre. I sepali laterali sono eretti con punte
ricurve anteriormente. Lo sperone è lungo circa
come l’ovario sessile. Il ginostemio è breve,
con antere rossastre e pollinodi verde scuro.
Fiorisce tra Maggio e Giugno.
Viene impollinata in particolare da Imenotteri
(Apis, Euceras, Andrena, Psithyrus, Bombus).
Dato originale
Dato originale e bibliografico
PASSO DEI LADRI (PENNABILLI)
6 maggio 2011
CASTAGNETO DI UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA)
Foglie basali - 25 aprile 2012
80
Orchis
pauciflora
Ten. 1811
Nome comune
Orchidea gialla
Sinonimi
O. provincialis subsp. pauciflora (Ten.)
Lindl.; Orchis pseudopallens Ten.
Etimologia
L’epiteto di specie deriva dal latino con evidente
significato di “con pochi fiori”.
Distribuzione
Specie a diffusione stenomediterranea, con areale
dalla Corsica, Dalmazia, Grecia, fino a Creta.
in Italia è distribuita nelle regioni peninsulari,
assente nelle regioni settentrionali. È ritenuta
esclusiva di ambienti calcarei aridi e assolati,
da 0 a 1800 m di quota. Non è stata rinvenuta
In Emilia-Romagna (Alessandrini & Bonafede,
1996). In Checklist of the italian Vascular Flora
(Conti et al., 2005) risulta segnalata per errore
in Emilia-Romagna. Nell’adiacente provincia
di Pesaro e Urbino, Klaver & Rossi (2011)
O. pauciflora, è considerata comune, localmente
abbondante, in luoghi erbosi del piano collinare
e in prati montani da 300 a 1300 m.
Caratteri
Pianta alta tra 10 e 30 cm, con due rizotuberi
subrotondi. Lo scapo, robusto, porta foglie ovate,
glabre, guainanti e acuminate.
Le basali sono 3-4, riunite in rosetta.
L’assenza della maculatura fogliare la distingue
da O. provincialis. Le brattee sono piccole,
giallastre, più corte dell’ovario. L’infiorescenza
è una spiga cilindrica, lassa, con pochi fiori.
Nel fiore, grande, giallo pallido, i sepali laterali
sono eretti, il mediano è connivente con i petali,
di poco più piccoli. Il labello, giallo vivo,
si presenta trilobato. Il mediano è allargato
e bilobato, con margini crenulati.
Il centro del labello è inizialmente punteggiato
di un tono verdastro poi bruno-rossastro.
Lo sperone è ascendente, arcuato e spatolato
all’apice, lungo fino a due volte l’ovario.
La variabilità è limitata alla mancanza
di punteggiatura sul labello in alcuni individui.
Fiorisce da Aprile a Maggio.
L’impollinazione è entomofila.
CAPANNE FERRARI (A.APUANE)
Habitat e distribuzione locale
Nel corso della ricerca la specie è stata rinvenuta
in una sola stazione sul Monte Canale (Pennabilli),
all’interno di un pascolo con radi arbusti, in pieno
sole, a quota 1030 m. Il rinvenimento, avvenuto
il 31 Maggio 2012, riguarda un solo individuo
ad antesi ormai conclusa.
Con l’ingresso in Provincia di Rimini e in EmiliaRomagna dei comuni dell’alta Valle del Marecchia
la stazione di Monte Canale è la prima segnalata
in Regione e costituisce la più avanzata
a settentrione dell’areale.
Dato originale
MONTE CANALE (PENNABILLI)
31 maggio 2012
MONTE CANALE (PENNABILLI)
31 maggio 2012
MONTE PEGLIA (SAN VENANZO, TR)
1 maggio 2009
82
Orchis
provincialis
Balb. ex Lam. DC. 1806
UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA)
25 aprile 2012
&
Nome comune
Orchidea gialla, Orchidea di Provenza
Sinonimi
O. cyrilli Ten.; O. pallens Savi;
O. leucostachys Griseb.
macchie rossastre. Ripiegato o convesso, il labello
è trilobato, con il centrale appena più lungo
dei laterali e angolato alla base. Lo sperone,
evidente, è lungo circa come l’ovario ed è curvato
verso l’alto. Le antere e i pollinodi sono giallastri.
Fiorisce tra Aprile e Maggio.
Etimologia
Il nome di specie fa riferimento alla Provenza,
regione francese mediterranea in cui la specie
è frequente.
Distribuzione
Specie stenomediterranea, distribuita
dalla Spagna all’Asia minore. Relativamente
comune in tutta l’Italia fin’oltre 1700 m,
a eccezione di Valle d’Aosta e Friuli.
In Emilia-Romagna è comune in tutta la fascia
collinare e basso-montana ma è assente
dalla pianura e dalla costa. In provincia di Pesaro
e Urbino è ritenuta non rara, al margine di boschi
tra 300 m e 1400 m.
Habitat e distribuzione locale
Non frequente in ambienti e substrati diversi dalla
collina media alla montagna, castagneti, boschi
mesofili, garighe, scarpate stradali, in genere
in posizioni semi ombreggiate, raramente
in pieno sole.
Caratteri
Di modeste dimensioni, alta tra 15 cm e 30
cm, con due rizotuberi tondeggianti.
Il fusto si presenta verde chiaro e gracile,
con foglie basali lanceolate tipicamente maculate
di bruno. L’intensità delle macchie può assumere
numero, dimensioni e tonalità molto variabili.
Le foglie superiori sono erette e avvolgenti
poi minute e guainanti.
Le brattee hanno circa la lunghezza dell’ovario.
I fiori giallo chiaro distribuiti lungo l’infiorescenza
lassa in genere pauciflora, risaltano
negli ambienti ombreggiati di sottobosco.
I petali chiudono a casco, superato dai sepali.
Il labello giallo presenta centralmente piccole
Dato originale
Dato bibliografico
UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA)
25 aprile 2012
UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA)
Rosetta basale - 25 aprile 2012
MONTE CANALE (PENNABILLI)
17 maggio 2012
84
Orchis
purpurea
Huds. 1762
Nome comune
Orchidea maggiore
Sinonimi
O. fusca Jacq.; O. maxima K. Koch
Etimologia
Il nome di specie deriva dal latino purpureus,
“porporino”, colorazione delle papille del labello
e dei tepali formanti il casco.
Distribuzione
Specie a distribuzione mediterraneo-atlantica,
dalla Spagna settentrionale all’Inghilterra
ai Balcani e alla Turchia. In Italia è presente
ovunque fin’oltre i 1350 m, a eccezione
della Valle d’Aosta e della Sicilia. In EmiliaRomagna è comunissima in tutta la fascia collinare
ma diviene rara a nord della Via Emilia, sia in
pianura che sulla costa. È presente nella Pineta
di Cervia. In provincia di Pesaro e Urbino è comune
in tutta la provincia, dal livello del mare a 1300 m.
Habitat e distribuzione locale
Gli habitat dove è possibile rinvenirla,
anche con popolamenti molto abbondanti,
sono i più differenziati e rispecchiano scarsa
selettività edafica e capacità di adattamento.
Sulla costa è presente all’interno di parchi
e giardini incolti in pieno ambiente urbano.
In aree di pianura si trova su argini e negli
ambienti perifluviali dei maggiori corsi d’acqua
e coltivazioni arboree con scarsa manutenzione
del soprassuolo.
Dalla prima collina alla montagna è molto comune
in oliveti, margini e scarpate stradali, incolti,
prati calanchivi, arbusteti, radure, pascoli,
rimboschimenti a latifoglie e conifere, castagneti,
boschi termofili e mesofili, cedui, cerrete e loro
margini. In Provincia di Rimini è la specie
più comune, distribuita con relativa uniformità
dalla costa ai maggiori rilievi dell’interno
MIRATOIO (PENNABILLI), forma multiflora, 24 maggio 2012
MONTE CANALE (PENNABILLI)
17 maggio 2012
86
ANTICO (MAIOLO)
27 maggio 2012
Orchis purpurea
Caratteri
È l’orchidea più nota, molto diffusa e facilmente
osservabile. La pianta è in genere vistosa,
provvista di due rizotuberi ovoidali.
È alta tra 25 cm e 80 cm, fino a un metro, robusta,
con il fusto che diviene rossastro nella parte alta.
La variabilità si evidenzia non solo nelle dimensioni,
ma anche nel numero di fiori (meno fequenti
gli esemplari pauciflori, di solito all’ombra),
nel loro colore e nelle dimensioni del labello.
Le grandi foglie basali sono ampiamente
lanceolate, con le interne avvolgenti il fusto,
le cauline assenti o minute, le brattee violacee,
circa metà dell’ovario. L’infiorescenza è una spiga
generalmente multiflora, voluminosa, rosso scuro,
conica poi allungata.
I fiori grandi presentano un breve casco rosso
scuro formato da sepali e petali conniventi.
Il labello è trilobato. I lobi laterali sono allungati,
il mediano allargato con lobuli poco profondi
e un dentino minuto. Il colore di fondo è biancastro
con margini sfumati rosso-violacei o decisamente
violacei. Il labello è cosparso di macchie costituite
da ciuffi di papille porporine. Lo sperone, curvo
inferiormente, è lungo circa metà dell’ovario.
Il ginostemio è ottuso, l’antera rossa con logge
separate dal rostello. L’ovario è sessile.
Sono state osservate forme ipercromiche
e alcuni casi di individui apocromici.
Fiorisce tra Marzo e Giugno.
Viene impollinata da Imenotteri dei generi Apis,
Halictus, Andrena e da vari Coleotteri.
MONDAINO, forma apocromica, 29 aprile 2012
Dato originale
Dato originale e bibliografico
TAUSANO (SAN LEO)
Forma pauciflora - 5 maggio 2010
ALBERETO (MONTESCUDO)
Forma ipercromica - 1 maggio 2012
88
Orchis
simia
Lam. 1779
SERRA DI VALPIANO (PENNABILLI)
17 maggio 2012
Nome comune
Orchidea scimmia, Omiciattolo
Sinonimi
O. macra Lindl.; O. tephrosanthos Vill.
Etimologia
Il nome di specie è tratto dal latino simia, “scimmia”,
in relazione al labello dalla sembianza di una
vivace scimmietta.
Distribuzione
Specie a distribuzione eurimediterranea, con areale
dalla Spagna all’Inghilterra alla Turchia, Caucaso
e Africa settentrionale. È presente in tutta
la penisola italiana fino a 1800 m, ad eccezione
di Puglia, Val d’Aosta e Sardegna; da verificare
in Sicilia. In Emilia-Romagna è comune
in tutta la fascia collinare e rara lungo la costa.
Presente nelle pinete litoranee.
In provincia di Pesaro e Urbino non è rara
ma localizzata, presso luoghi erbosi e cespuglieti
nella fascia collinare, tra 150 m e 800 m.
Habitat e distribuzione locale
In provincia di Rimini è distribuita
in tutta la fascia medio e alto collinare su suoli
asciutti, scarpate stradali, prati, cespuglieti
e boschi luminosi. Poco comune.
Vari siti presentano elevate concentrazioni.
SAN LEO, 30 aprile 2012
90
MONTEBELLO (TORRIANA)
Forma apocromica - 6 maggio 2012
Orchis simia
Caratteri
È una specie dalla scarsa variabilità e di immediata
identificazione.
L’apparato radicale presenta due rizotuberi ovoidali
più o meno allungati.
Il fusto, alto tra 20 cm e 40 cm, è eretto, con foglie
basali ovate disposte a rosetta, avvolgenti ed
erette superiormente. Le brattee sono verdastre.
Unica tra le orchidee italiche, l’apertura dei fiori
procede dall’apice dell’infiorescenza,
che si presenta breve, all’inizio globosa poi poco
più allungata.
Il perianzio è costituito da un casco compatto
e allungato, formato dai petali e sepali uniti
inferiormente, con punte libere.
Il labello presenta lobi lunghi quasi filiformi rivolti
in alto, con dentino ben visibile.
I laterali sono simili ai lobuli, anch’essi diretti
superiormente.
La colorazione è biancastra con minuti peli porporini
a gruppi. L’interno del casco, lobi, lobuli e dentino
sono rossastro-violacei.
Può presentare apocromia.
Lo sperone è circa metà dell’ovario.
Fiorisce tra Aprile e Maggio.
È impollinata da Lepidotteri e Coleotteri.
SAN LEO, 30 aprile 2012
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
SERRA DI VALPIANO (PENNABILLI)
17 maggio 2012
SERRA DI VALPIANO (PENNABILLI)
Forma ipocromica - 17 maggio 2012
92
Anacamptis
coriophora
(Pollini) R.M. Bateman, Pridgeon M.W. Chase 1997.
Nome comune
Cimiciattola, Orchidea cimicina.
Basionimo
Orchis coriophora L. 1753
Sinonimi
Orchis fragrans Pollini.
Etimologia
Nell’entità tipo i fiori emanano un odore
sgradevole, dal greco koris, cimice, quindi
“che porta cimici”. Nel Riminese sono presenti
solo individui che profumano gradevolmente
di vaniglia. Determinati Autori attribuiscono
tale forma alla sottospecie fragrans, altri
la ritengono un chemotipo o ecotipo.
Distribuzione
Eurimediterranea, presente in tutte le regioni
italiane dal livello del mare fino a 1500 m.
Secondo un ampio numero di Autori in Italia O.
coriophora subsp. coriophora (Pollini) R.M.
Bateman, Pridgeon & M.W. Chase, è presente
a settentrione del Po, mentre nella penisola
predomina la più xerofila subsp. fragrans.
Comune nella fascia collinare dell’EmiliaRomagna, progressivamente meno frequente
procedendo da Est a Ovest. Rara lungo la costa.
Non rara e localmente abbondante nell’adiacente
provincia di Pesaro, tra 300 m e 700 m.
Habitat e distribuzione locale
Si rinviene su suoli calcarei, in luce piena
o mezz’ombra, in prati aridi o più raramente
freschi, nelle pertinenze fluviali, radure
e cespuglieti aperti collinari, margini di strade
e carraie su terreni in genere asciutti.
Presente all’interno di un residuo di vegetazione
psammofila a Miramare di Rimini. Localizzata
dalla quota di pianura nel tratto finale del Conca
alla media valle del Marecchia e Savio (Sapigno),
non comune. Fiorisce da Aprile a Giugno.
&
Caratteri
L’apparato radicale presenta due rizotuberi globosi
sessili o subsessili. Pianta robusta, alta tra 10
e 35 cm, con foglie basali eretto-patenti.
Scapo eretto con foglie superiori guainanti,
corte e lungamente acute. Brattee con nervatura
centrale verdastra. L’infiorescenza è densa
e multiflora, i fiori piccoli, da rosati a porporini
con tonalità variabili.
Il perianzio presenta i tepali riuniti in lungo casco
acuminato; il labello è ginocchiato alla base,
profondamente trilobato con lobo mediano
più lungo dei laterali, con macule purpuree e aree
da rosse a verdastre di intensità variabile.
Lo sperone è conico e arcuato verso il basso,
subuguale all’ovario. Il ginostemio è apicolato
e rossastro con pollinii gialli.
Specie nettarifera, impollinata da diversi
Imenotteri, più raramente Coleotteri.
CASAROLA (SAN CLEMENTE)
9 giugno 2009
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
SAPIGNO (PERTICARA)
2 giugno 2011
EX COLONIA NOVARESE (RIMINI)
Forma ipocromica - 1 giugno 2006
CÀ DEL VENTO (NOVAFELTRIA)
17 giugno 2012
94
Anacamptis
laxiflora
(Lam.) R.M.Bateman, Pridgeon M.W.Chase 1997
Nome comune
Orchidea acquatica, Galletto di palude
Basionimo
Orchis laxiflora Lam. 1779
Etimologia
L’epiteto specifico deriva dai fiori disposti
in modo rado lungo l’asse, ovvero
per l’infiorescenza lassa.
MONTE CANALE (PENNABILLI)
27 maggio 2012
&
e i pollinii verdastri.
La specie mostra una variabilità molto limitata.
Si distingue dalla vicina Anacamptis palustris
(Orchis palustris Jacquin 1789), assente
in provincia di Rimini, per il colore più scuro
dei fiori, il labello ripiegato e il lobo mediano
più corto. Viene impollinata da Imenotteri
del genere Bombus.
Distribuzione
Eurimediterranea (mediterraneo-atlantica).
Specie ad ampia diffusione ma ovunque
in generale regresso a causa della scomparsa
o alterazione degli habitat. La specie è considerata
in pericolo su aree molto estese. Rara e localizzata
in Emilia-Romagna, nella fascia collinare, bassa
montagna e alcune stazioni costiere.
Nella Regione, come ovunque, ha subito
una drastica riduzione numerica, accentuatasi
in tempi recenti. In Provincia di Pesaro e Urbino
è rara. Sono presenti popolazioni tra 200 e 1000 m
di altitudine.
Habitat e distribuzione locale
Rarissima. Individuato un solo nucleo
nel comprensorio di Carpegna presso il Monte
Canale (Pennabilli) su suolo fresco, in ambiente
di prato-pascolo arbustato costellato di stagni,
in piena luce.
Caratteri
Pianta con due tuberi sessili, subglobosi, alta
tra 20 e 60 cm, con fusto angoloso, robusto, foglie
distribuite lungo il fusto e brattee rossastre.
Infiorescenza lassa e allungata; fiori grandi,
rosso-violacei con area bianca non maculata
nella parte centrale del labello.
Il perianzio presenta sepali laterali eretti
e patenti; il mediano è connivente con i petali.
Il labello è piegato in senso longitudinale,
più largo che lungo, poco trilobato con lobo
mediano più breve dei laterali. Lo sperone
è appena ascendente e dilatato all’apice.
Il ginostemio è breve, l’antera violacea
Dato originale
MONTE CANALE (PENNABILLI)
27 maggio 2012
MONTE CANALE (PENNABILLI)
27 maggio 2012
MONTE CANALE (PENNABILLI)
27 maggio 2012
96
Anacamptis
morio
(L.) R.M.Bateman, Pridgeon M.W.Chase 1997
&
Nome comune
Giglio caprino, Pan di cuculo
Basionimo
Orchis morio L. 1753
Sinonimi
O. morio subsp. morio L.
Etimologia
L’origine del nome è controversa.
Può derivare dallo spagnolo morrion, cappuccio
o elmo, per la forma a cappuccio del perianzio.
Il termine latino morio significa matto.
Plinio ha citato il termine greco moria per indicare
una pianta in grado di generare pazzia.
Distribuzione
L’areale è europeo-caucasico-mediterraneo.
È l’orchidea più comune in molte regioni italiane,
con popolazioni ricche e dalle fioriture policrome.
Diffusa in tutte le regioni italiane, ad esclusione
della Sardegna. Frequente nell’intera EmiliaRomagna; presente anche in pianura. Molto
comune nella provincia di Pesaro fino a 1300 m.
Habitat e distribuzione locale
Presente con elevate concentrazioni ed estesi
popolamenti ad ampia variabilità cromatica
lungo prati magri sia aridi che freschi, garighe,
cespuglieti, radure, margini falciati di strade,
dove forma vere bordure colorate, luoghi aperti
presso carraie e sentieri.
Inizia a fiorire precocemente, a Febbraio a quote
basse. Protrae l’antesi fino a Maggio in rapporto
all’altitudine.
Diffusa da poco al di sopra del livello del mare
fino ai massimi rilievi interni, è tra le specie
più comuni, adattabile e ampiamente distribuita
in ambienti molto differenziati, in piena
esposizione o comunque assolati.
Assente nelle aree periurbane e agricole
della fascia litoranea, a quota di pianura
si concentra lungo i maggiori alvei fluviali
(Marecchia, Marano, Conca) con popolamenti
variabili, da pochi a numerosissimi individui.
TAUSANO (SAN LEO)
5 maggio 2010
Caratteri
L’apparato radicale presenta due tuberi ovali
interi. Specie politipica, di modeste dimensioni,
da 10 a 35 cm, raramente più alta, con fusto
robusto, foglie basali disposte a rosetta patente.
Le brattee presentano spesso nervature violacee.
L’infiorescenza è densa, corta e cilindrica.
Nella media infiorescenza le colorazioni possono
presentare grande variabilità, con toni dominanti
dal rosa al viola. I tepali sono riuniti a formare
un casco ampio con punte ottuse, i sepali
mostrano evidenti striature verdi. Il labello
è di solito poco trilobato e più largo che lungo,
con lobo mediano lungo circa come i laterali,
con settore basale molto chiaro, macchie e strie
purpuree o viola.
Lo sperone è cilindrico, orizzontale o appena
ascendente, lungo circa come il labello.
Il ginostemio è ottuso, rossastro e i pollinii
verdastri. Tra le varianti cromatiche individuali,
la forma alba (Arcang.) F.M.Vázquez 2009,
a fiori completamente bianchi è stata rinvenuta
in più siti nel corso della ricerca.
Impollinata principalmente da diverse specie
del genere Bombus.
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
TAUSANO (SAN LEO)
Forma apocromica - 5 maggio 2010
TAUSANO (SAN LEO)
Forma ipocromica - 19 aprile 2012
TAUSANO (SAN LEO)
Foglie basali - 25 aprile 2010
98
Anacamptis
pyramidalis
(L.) Rich. 1817
Nome comune
Giglione, Cipressino, Orchidea piramidale
Basionimo
a numerosissimi individui.
Fiorisce tra Aprile e Luglio, in rapporto
all’altitudine.
Orchis pyramidalis L. 1753
Sinonimi
Aceras pyramidale (L.) Rchb. f.
Etimologia
Il termine “piramidale”, molto usato
nella nomenclatura botanica, sottolinea
la conformazione dell’infiorescenza,
principalmente nelle fasi precoci della fioritura.
La denominazione del genere può provenire
dal greco anacamptein, dal significato
di “ripiegare”, con probabile riferimento
alle lamelle basali del labello.
Distribuzione
Eurimediterranea, presente in tutte le regioni
italiane dal livello del mare fino a 1900 m.
In Emilia-Romagna è comune in gran parte
della regione, con popolazioni talvolta molto
dense e appariscenti. Presente anche
sulla costa; in regressione in pianura.
Nel territorio provinciale di Pesaro e Urbino
è considerata comune e ubiquitaria nella fascia
collinare e montana fino a 1200 m.
Habitat e distribuzione locale
Specie molto comune, presente talvolta
con elevate concentrazioni ed estesi popolamenti
su prati aridi, cespuglieti, radure e al limitare
di boschi, ambienti calanchivi, garighe, margini
di strade, formazioni erbacee post-colturali,
aree erbose aperte o moderatamente ombreggiate,
anche disturbate.
Particolarmente diffusa all’interno di formazioni
erbacee dominate da Bromus erectus.
Adattabile e ampiamente distribuita, in piena luce
o comunque in ambienti luminosi, dalla quota
di pianura ai massimi rilievi dell’interno.
Assente nelle aree agricole della fascia litoranea,
a quota di pianura è presente lungo i maggiori
alvei fluviali (Marecchia, Marano, Conca)
con popolamenti variabili, da pochi
VILLAGRANDE (PENNABILLI), 15 giugno 2009
MONTE CANALE (PENNABILLI)
29 giugno 2010
100
MONTE CANALE (PENNABILLI)
29 giugno 2010
Anacamptis pyramidalis
Caratteri
L’apparato radicale è costituito da due rizotuberi
ovoidi. La pianta è alta tra 25 cm e 60 cm,
raramente fino a 80 cm, con foglie basali
più lunghe e molto ravvicinate. Le brattee sono
spesso rossastre o violacee. Presenta un fusto
sottile e flessuoso.
L’infiorescenza è densa e multiflora.
La morfologia varia, passando da piramidale
a ovoide poi cilindrica a maturità, con fiori
di piccole dimensioni di varie tonalità di rosa,
leggermente profumati.
Il perianzio presenta sepali laterali patenti
e incurvati, il mediano connivente coi petali
in un casco lasso; il labello è formato
da 3 evidenti lobi simili, provvisto alla base
di 2 pieghe longitudinali circa parallele.
Lo sperone è rivolto in basso, lungo circa
il doppio dell’ ovario. Il ginostemio è breve
e ottuso; i pollinii sono verdastri sul retinacolo
unico. Il fiore è tipicamente organizzato
per consentire l’impollinazione da parte
dei Lepidotteri.
La farfalla si posiziona tra le due lamelle
basali del labello, introduce la spiritromba
nello sperone filiforme per aspirare il nettare,
consentendo l’adesione poi l’asportazione
delle masse polliniche.
La specie è moderatamente variabile.
Da segnalare la presenza della forma
a fiori bianchi nivea (P.Delforge) O.Gruss
& M.Wolff 2007, lungo la congiungente
Villagrande-Soanne (Pennabilli) su prato
mesofilo; presso Casa Ragione (Perticara)
in un brometo di ambiente calanchivo,
con numerosi individui e presso Tausano
(San Leo), all’interno di un rimboschimento
a conifere e latifoglie.
T. CONCA (GEMMANO), 14 maggio 2009
Dato originale
Dato originale e bibliografico
SOANNE (PENNABILLI)
Forma apocromica - 14 giugno 2009
RIO MANDRIO (MONTESCUDO)
Forma ipocromica - 11 giugno 2009
102
Neotinea
tridentata
(Scop.) R.M.Bateman, Pridgeon M.W.Chase 1997
Nome comune
Orchidea screziata
Basionimo
Orchis tridentata Scop. 1772
Sinonimi
Orchis variegata All.
Etimologia
Il nome di specie si riferisce alle tre estremità
acute del casco fiorale.
VALLE PRENA (PENNABILLI)
28 maggio 2011
&
e divergenti. I sepali sono lanceolati e i petali
circa lineari. Il labello presenta la stessa
lunghezza del casco, con lobi laterali aperti
e più corti del lobo centrale, a sua volta di poco
bilobato, dotato spesso di un dentino mediano.
Lo sperone ha all’incirca la stessa lunghezza
dell’ovario ed è rivolto inferiormente.
La specie viene impollinata sia da Imenotteri
che da Coleotteri.
La fioritura avviene tra Aprile e Giugno.
Distribuzione
Specie eurimediterranea. Il centro di diffusione
è orientale ed è distribuita dalla catena dei Pirenei
al Caucaso. Può superare i 1600 m.
È presente lungo l’intera penisola italiana.
In Emilia-Romagna si rinviene dal livello
del mare fino a 1500 m, presente sulla costa
e, meno comune, in pianura. A Sud della Via Emilia
è comune su prati asciutti o moderatamente
umidi, cespuglieti e boschi aperti.
In provincia di Pesaro e Urbino è comune ovunque,
dalla prima collina a 1400 m.
Habitat e distribuzione locale
in posizioni assolate su terreni calcarei poveri,
lungo scarpate e banchine stradali, prati, garighe
e boschi aperti. In provincia di Rimini è comune
dalla media collina ai rilievi interni, con elevate
concentrazioni locali.
Caratteri
La parte ipogea della pianta comprende due bulbi
ovoidi. Pianta dal fusto gracile e angoloso
nella parte superiore, alta tra 15 cm e 40 cm.
Le foglie basali, ovate-lanceolate, sono
da 3 a 5 disposte a rosetta. Le brattee hanno circa
la stessa lunghezza dell’ovario.
L’infiorescenza è raccolta, di forma conica
all’inizio, di seguito circa rotondeggiante.
I fiori presentano una colorazione bianco-rosea,
con striature rossastre.
Il perianzio presenta una struttura a casco
ovoidale con terminazioni appuntite
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
VALLE PRENA (PENNABILLI)
Forma ipocromica - 28 maggio 2011
VALLE PRENA (PENNABILLI)
28 maggio 2012
F.MARECCHIA, PONTE OTTO MARTIRI (SANT’AGATA F.)
Forma apocromica - 6 maggio 2012
104
Neotinea
ustulata
(L.) R.M.Bateman, Pridgeon M.W.Chase 1997
MIRATOIO (PENNABILLI)
24 maggio 2012
&
Nome comune
Orchidea bruciacchiata
Basionimo
Orchis ustulata L. 1753
Etimologia
Il nome di specie proviene dal latino ustulatus
ovvero “bruciacchiato”, a causa del tono di colore
rosso-bruno dell’infiorescenza, particolarmente
del casco e della maculatura del labello,
più evidente all’inizio della fioritura.
Distribuzione
Il tono scuro dei sepali nei fiori chiusi rende
l’infiorescenza nerastra superiormente, la quale
da conica, diviene ovoidale, cilindrica
poi rotondeggiante. I tepali formano un breve
casco con punte poco acuminate; i sepali
sono bruno rossastri e lanceolati.
I petali sono lineari.
Il labello bianco è tipicamente punteggiato
di rosso, con lobi laterali aperti e il centrale
bilobato, più allungato rispetto al casco.
Lo sperone è più breve dell’ovario e appena ricurvo
inferiormente. La specie è impollinata
da Coleotteri e dai Ditteri Tachinidae.
Fiorisce tra Maggio e Giugno.
La diffusione della specie è eurosiberiana.
In Italia si trova dalla collina alla montagna,
dove è più frequente, raggiungendo i 2100 m.
Divene meno comune al meridione e nelle isole
è assente. In Emilia-Romagna manca dalla costa
alla pianura fino alla prima collina. Si distribuisce
da 500 m fino a 1500 m in particolare in provincia
di Piacenza, dove è comune, per diminuire
progressivamente nel settore centrale e meridionale
della regione. In provincia di Pesaro e Urbino
è considerata non rara, nei prati montani freschi,
da 600 m a 1400 m.
Habitat e distribuzione locale
In provincia di Rimini risulta abbastanza rara
e localizzata nel settore montano su praterie
e pascoli in prevalenza cespugliati, a substrato
calcareo. La prima segnalazione come Orchis
ustulata Linn. Si deve a Alberto del Testa (1903),
il quale riferisce di un campione osservato
nell’erbario Matteini, riferito genericamente
a Rimini.
Caratteri
Presenta due rizotuberi ovali o sferici.
Specie poco variabile, le modeste dimensioni,
fino a 30 cm, la rendono poco visibile
negli ambienti erbosi. Lungo il fusto, robusto
pur nella modesta altezza, si distribuiscono foglie
lanceolate, con le inferiori verdi e glaucescenti.
Le brattee sono più brevi dell’ovario.
Dato originale
MIRATOIO (PENNABILLI)
24 maggio 2012
MIRATOIO (PENNABILLI)
24 maggio 2012
MIRATOIO (PENNABILLI)
24 maggio 2012
106 Himantoglossum adriaticum
SAN LORENZO (PENNABILLI)
20 giugno 2012
H.Baumann 1978
Nome comune
Barbone adriatico
Etimologia
L’epiteto di specie fa riferimento all’areale,
costituito dai territori che si affacciano
sul Mare Adriatico.
Distribuzione
La diffusione della specie è circoscritta
al contesto submediterraneo centrale e paesi
balcanici settentrionali, fino all’area danubiana.
E’ presente con maggiori concentrazioni nelle
regioni centrali d’Italia fino a 1600 (1900) m,
e tende a rarefarsi sia a settentrione che
a meridione della penisola. In Emilia-Romagna
è da considerarsi diffusa ma non comune a Sud
della Via Emilia nella fascia collinare, assente
in pianura e rarissima sulla costa.
Nella provincia di Pesaro e Urbino non è ritenuta
rara, con distribuzione tra 300 m e 1000 m
e concentrazioni maggiori nel settore montano.
Presso il Monte Carpegna e l’adiacente territorio
sono state segnalate un buon numero di stazioni.
Caratteri
L’apparato radicale è provvisto di due grossi tuberi
ovoidali. Pianta vistosa e di aspetto peculiare
a causa del particolarissimo labello,
può raggiungere i 90 cm di altezza ma esistono
ecotipi a dimensioni ridotte. Le foglie inferiori
si presentano grandi e ovate, guainanti
quelle superiori. L’infiorescenza è lassa,
con numero variabile di fiori (fino a 40) privi
di odore.
I sepali e i petali sono di un verde tenue,
con striature interne rossastre. Formano per
connivenza un elmo. Il labello presenta una
estrema caratterizzazione, con tre lobi allungati.
Alla base è bianco con punteggiature rosse,
rossastro in tutte le restanti parti. I lobi laterali
sono lineari e dal bordo irregolarmente ondulato,
lunghi fino a 2,5 cm. Il lobo mediano raggiunge
i 6,5 cm di lunghezza, contorto, elicoidale,
con estremità profondamente bifida.
La specie è simile ad Himantoglossum hircinum,
ad areale meridionale, segnalato anche in Liguria
e Sud del Piemonte.
Fiorisce tra Maggio e Luglio.
Habitat e distribuzione locale
Rinvenuta presso cespuglieti aridi, prati arbustati,
scarpate stradali e rimboschimenti a conifere.
Non è stata rinvenuta presso la costa, nella bassa
e media collina. Le stazioni, rare e distanziate,
sono localizzate su suoli calcarei e asciutti
a partire dalla media valle del Marecchia
(Tausano), rilievo di Maioletto, fino alla zona
di Villagrande di Montecopiolo, versanti
marecchiesi del Monte Carpegna, dove
si concentra maggiormente, e territorio
di Casteldelci.
Dato originale
Dato bibliografico
SAN LORENZO (PENNABILLI)
20 giugno 2012
SAN LORENZO (PENNABILLI)
20 giugno 2012
108
Serapias
lingua
L. 1753
Nome comune
Serapide lingua, Lingua di gallina
Etimologia
Il nome di specie, dal latino lingua, si riferisce
alla conformazione dell’epichilo.
Distribuzione
Specie mediterranea e atlantica, distribuita
dalla penisola iberica alla Grecia, presente
nell’Africa settentrionale. Tutta la penisola italiana
è interessata a eccezione delle regioni alpine.
Comune nelle isole e lungo l’intero versante
tirrenico. Diviene rara lungo il versante adriatico
a partire dal dal Molise. In Emilia-Romagna
è molto rara, segnalata per sole nove stazioni
fino al 1996 nel settore collinare centrale
e meridionale della regione, incluso un sito
costiero. In Provincia di Pesaro e Urbino
è rarissima.
SAN LEO
7 giugno 2010
Il tono cromatico del labello varia dal rosa chiaro
al rossastro. L’ipochilo presenta lobi laterali
di tono intenso, con due tipici ed evidenti calli
(o bottoni), lucidi e rosso scuro.
L’epichilo è più stretto dell’ipochilo, ovato,
appuntito e percorso da una rete di nervature
rossastre. Oltre alla riproduzione vegetativa, S.
lingua utilizza l’impollinazione ad opera di insetti
in forme analoghe a quelle poste in opera
dal genere Ophrys. Nello specifico, è in grado
di attirare il maschio di Ceratina cucurbitina,
una piccola ape, sembra in primo luogo
per mezzo della brillante callosità basale,
oltreché probabilmente per richiami olfattivi.
Fiorisce tra Aprile e Luglio.
Habitat e distribuzione locale
Rinvenuta nel corso della ricerca in due sole
stazioni ad altitudini diverse. Nei due casi si tratta
di prati spontanei falciati, in un contesto di suolo
arido e magro di collina, presso San Leo, il primo,
nel prato di un parco privato sulla collina presso
San Giovanni in Marignano, il secondo.
È segnalata in Mattoni & Molari, 2006 ma non viene
indicata l’area di ritrovamento che presumibilmente
è da collocarsi presso Montebello (Torriana).
In provincia di Rimini è quindi da considerarsi
molto rara. La sua visibilità si deve primariamente
ai nuclei ricchi di individui, generati in via
vegetativa tramite lunghi stoloni.
Caratteri
L’apparato radicale è formato da due o più
tuberi peduncolati. La pianta presenta modeste
dimensioni. Alta tra 10 cm e 30 cm, gracile, il fusto
può presentare sfumature rossicce, foglie lineari
aperte, superiormente semierette e in alto simili
a brattee. Queste ultime hanno lunghezza minore
del casco e nervature rossastre. L’infiorescenza
presenta pochi fiori (2-7), relativamente vistosi.
Dato originale
Dato bibliografico
SAN LEO
7 giugno 2010
SAN LEO
7 giugno 2010
110
Serapias
vomeracea subsp. vomeracea
(Burm. f.) Briq. 1910
Nome comune
Caratteri
Serapide maggiore, Lingua lunga
Basionimo
Orchis vomeracea Burm.f. 1770
Sinonimi
S. cordigera subsp. vomeracea (Burm. f.)
H. Sund.; S. longipetala (Ten.) Pollini,
S. pseudocordigera (Sebast.) Moric.;
Helleborine longipetala Ten.
Etimologia
Il nome di specie proviene dal latino vomer,
“vomere”, l’elemento in ferro dell’aratro
che affonda nel suolo, con riferimento
alla conformazione del labello.
Distribuzione
Specie a distribuzione eurimediterranea,
dalla Spagna settentrionale, Francia e Italia,
con esclusione della Valle d’Aosta.
La sottospecie longipetala viene da alcuni autori
considerata una variante, stenomediterranea
con baricentro orientale, distribuita tra l’Italia
peninsulare, Grecia e Turchia. In Emilia-Romagna
S. vomeracea è relativamente comune nella fascia
collinare, assente in pianura e sulla costa.
In provincia di Pesaro e Urbino S. vomeracea
è ritenuta non comune presso luoghi erbosi
e prati montani.
Habitat e distribuzione locale
Presente in prati aridi anche degradati
nelle pertinenze dei corsi d’acqua maggiori,
prati magri anche calanchivi, pascoli, cespuglieti
collinari e radure boschive, in genere
in piena luce.
I nuclei di collina sono talvolta molto numerosi.
In provincia di Rimini S. vomeracea
è da considerarsi in generale non comune.
La prima segnalazione come Serapias longipetala
Poll. è stata pubblicata da Alberto Del Testa
nel 1903, riportando un campione dell’erbario
Matteini, riferito genericamente a Rimini.
L’apparato radicale è formato da rizotuberi
ovoidali. La pianta assume dimensioni variabili,
con individui di non oltre 20 cm.
In alcuni casi può superare 50 cm. Si rinvengono
individui isolati, in particolare nelle aree fluviali
o popolamenti numerosi, in ambito collinare.
Le foglie sono lanceolate, al massimo 10,
di forma carenata e arcuata le inferiori, le più alte
bratteiformi e rossastre.
L’infiorescenza è inizialmente compatta, diviene
successivamente allungata, portante un numero
variabile di fiori vistosi, fino a 12, fecondati
da insetti. Le lunghe brattee superano il casco,
argenteo con venature rosso scure, formato
dai tepali conniventi.
Il labello è rossastro, con lobi laterali più scuri.
L’ipochilo presenta lobi laterali nerastri e 2 tipiche
callosità lamellari scure.
L’epichilo è allungato, stretto e lanceolato,
con fitti peli chiari, più evidenti alla base.
Nella sottospecie longipetala l’epichilo
è più stretto e non supera i 9 mm.
Fiorisce tra Aprile e Giugno.
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
T. CONCA (MORCIANO DI R.)
29 maggio 2009
MONTE S.SEVERINO (SAN LEO)
7 giugno 2010
MONTE S.SEVERINO (SAN LEO)
7 giugno 2010
MONTE S.SEVERINO (SAN LEO)
7 giugno 2010
112
Ophrys
fusca subsp. fusca
Link 1800
Nome comune
Ofride scura, Moscaria
Sinonimi
Arachnites fusca (Link) Tod.; Ophrys
lupercalis Devillers-Tersch. & Devillers
Etimologia
MAIANO (SANT’AGATA F.)
2 giugno 2011
di colore plumbeo. La cavità stigmatica si presenta
più larga che alta.
Alcuni autori ascrivono le popolazioni italiane
a O. lupercalis Devillers-Tersch.& Devillers,
dalla fioritura precoce, labello appena più corto
e più scuro rispetto alla sottospecie tipica.
Fiorisce tra Aprile e Giugno.
Il nome di specie proviene dal latino fuscus,
“scuro”, con riferimento alla tonalità brunonerastra del labello.
Distribuzione
Specie a distribuzione mediterranea occidentale.
Secondo alcuni autori la sottospecie tipica
è presente nella sola Penisola iberica e territori
circostanti. In Italia, ad esclusione del Friuli
e della Valle d’Aosta, O. fusca si ritrova in tutte
le regioni fino a 1400 m.
In Emilia-Romagna è abbastanza comune
a sud della Via Emilia. Non è presente in pianura
ed è rarissima sulla costa. Non è stata segnalata
recentemente per le pinete costiere tra Ravenna
e Cervia. In provincia di Pesaro e Urbino è comune
presso luoghi erbosi e prati tra 300 m e 1000 m,
con maggiori concentrazioni tra 600 m e 700 m.
Habitat e distribuzione locale
Pianta di non agevole localizzazione per
le ridotte dimensioni, in provincia di Rimini
non è frequente, con nuclei distribuiti presso
i prati anche calanchivi dell’alta collina, in piena
luce o penombra, e tra gli arbusteti fluviali asciutti
della media e alta valle del Marecchia.
Caratteri
L’apparato radicale è costituito da due rizotuberi
ovoidi. Il fusto è alto tra 10 cm e 30 cm.
Le foglie basali sono disposte a rosetta,
le caulinari abbraccianti il fusto, con bratte
e più lunghe dell’ovario. L’infiorescenza
è relativamente compatta; i fiori da 2 a 8.
I sepali sono verde chiaro e i petali ondulati
e giallastri. Il labello trilobato raggiunge i 2 cm;
i lobi sono appena ripiegati e la macula bilunulata
Dato originale
Dato bibliografico
MONTE S.SILVESTRO (SANT’AGATA F.)
25 maggio 2011
MONTE S.SILVESTRO (SANT’AGATA F.)
25 maggio 2011
114
Ophrys
insectifera
L. 1753
Nome comune
Fior mosca, Vesparia
Sinonimi
O. myodes Jacq.; O. muscifera Huds.
Etimologia
Il nome di specie deriva dal latino,
con significato di “portatrice di insetti”
per la morfologia del fiore.
MONTE S.SILVESTRO (SANT’AGATA F.)
15 maggio 2012
a rossastro, con il lobo mediano a sua volta
bilobato, molto lungo. I lobi laterali hanno forma
triangolare. La macula, intera e azzurrognoloargenteo, sembra imitare il riflesso delle ali
di un insetto. Il ginostemio presenta uno stimma
quadrangolare e logge dell’antera brunorossastre. Fiorisce tra Maggio e Giugno.
È impollinata da vespe della famiglia Sphecidae,
in particolare da Argogorytes mystaceus, A.
fargeii, A. combinata.
Distribuzione
Specie a distribuzione europea, con areale esteso
fino al centro della Scandinavia, unica del genere
Ophrys a raggiungere tale latitudine.
Sul Mediterraneo diviene localizzata e rara.
Nella penisola italiana non è presente in Puglia,
Sicilia e Sardegna.
In Emilia-Romagna è abbastanza diffusa
in tutta la fascia collinare, fino a 1000 m.
È assente nella pianura ed è rarissima sulla
costa. In Provincia di Pesaro e Urbino è ritenuta
abbastanza comune presso luoghi erbosi,
cespuglieti e margini
di boschi, tra 200 m e 850 m.
Habitat e distribuzione locale
In provincia di Rimini è stata rinvenuta
in un limitato numero di stazioni nella fascia
altocollinare, in pieno sole o più frequentemente
in posizioni semiombreggiate all’interno
di arbusteti e boschi e su scarpate stradali
al margine di boschi misti termofili.
Caratteri
L’apparato radicale presenta due rizotuberi
ovoidi. Alta tra 20 cm e 60 cm, di aspetto gracile,
con foglie lanceolate in genere concentrate
inferiormente e brattee più sviluppate dell’ovario.
E’ una ofride di immediata identificazione.
L’infiorescenza è allungata e lassa
e può comprendere fino a 20 fiori. I sepali
sono verdi, appena concavi. I petali, scuri
e filiformi, ricordano le antenne di un insetto.
Il labello nettamente trilobato, di colore da bruno
Dato originale
MONTE S.SILVESTRO (SANT’AGATA F.)
15 maggio 2012
BIFORCA (SAN LEO)
30 aprile 2012
MONTE S.SILVESTRO (SANT’AGATA F.)
15 maggio 2012
116
Ophrys
speculum
Link 1800
Nome comune
Ofride a specchio, Ofride ciliata, Vesparia
pelosa
Sinonimi
O. ciliata Biv.; O.vernixia subsp. ciliata
(Biv.) Del Prete
Etimologia
Il nome di specie deriva dal latino speculum,
“specchio”, a causa della macula del labello
particolarmente brillante.
Distribuzione
Specie stenomediterranea.
Assente nell’intero arco regionale alpino,
distribuita in modo irregolare nell’Italia
peninsulare dall’Emilia-Romagna alla Puglia
fino a 1200 m, con segnalazioni sporadiche.
E’ molto comune nelle isole maggiori.
In Emilia-Romagna è stata segnalata dapprima
presso Torriana (Alessandrini & Scaravelli, 1988)
e più recentemente nel Bolognese (Bernardi
e Rapparini, 1996). La stazione di Torriana
non è stata confermata, per cui la presenza
nel Riminese è per ora esclusa.
In provincia di Pesaro e Urbino è rarissima,
rinvenuta per la prima volta nel 2009.
Habitat e distribuzione locale
La stazione, non confermata nel corso
della ricerca, è stata rinvenuta lungo il versante
sud della rupe calcarea di Torriana, a 410 m
di quota. L’unico individuo rinvenuto si trovava
in una radura all’interno di un rimboschimento
ad aghifoglie (Pinus nigra Arnold
e Pinus pinea L.), precisamente all’interno
di una buca da rimboschimento in cui il pino
non aveva attecchito.
Caratteri
L’apparato radicale è formato da due rizotuberi
ovoidi. È una pianta di modeste dimensioni,
alta tra 8 cm e 20 cm. Alla base del fusto angoloso
le foglie sono disposte a rosetta.
Le brattee superano di poco l’ovario.
L’infiorescenza è formata da pochi fiori, da 2 a 6,
in posizione alterna.
Lungo i sepali si notano linee rossastre.
I petali sono brunastri, più brevi dei sepali,
di forma circa triangolare.
Il labello è caratteristico, composto da tre lobi,
quasi orizzontali e con una vistosa e fitta peluria
rossastra ai margini. I lobi laterali avanzano
anteriormente. Il campo basale è ovale
e brillante, gli pseudoocchi sono neri.
Il nome specifico si deve alla macula che invade
il lobo mediano, di tono blu-violaceo, sfavillante.
Una linea giallastra delimita la macula.
Il ginostemio è arrotondato e breve.
Il motivo della distribuzione sporadica
di O. speculum nella penisola si ritiene derivi
dall’assenza dell’impollinatore specifico
Dasyscolia ciliata. La specie si propagherebbe
quindi per via agamica.
Fiorisce tra Marzo e Aprile.
TORRIANA
1988
Dato bibliografico
TORRIANA
1988
TORRIANA
1988
118
Ophrys
bombyliflora
Willd. (1805)
Nome comune
Ofride fior di bombo
Sinonimi
O. distoma Biv.; O. hiulca Sebast.
& Mauri; O. pulla Ten.
Etimologia
Il nome di specie deriverebbe dal latino bombyx,
lepidottero notturno del genere Lasiocampa,
e da flos, floris,“fiore”, quindi “fiori di bombice”.
Altra e più probabile derivazione potrebbe
riguardare il termine greco bombylè,
con significato di bombo, quindi “fiore di bombo”,
in ogni caso con riferimento alla conformazione
del labello.
Distribuzione
Orchidea stenomediterranea. La distribuzione
in Italia è disomogenea. Manca in tutte le regioni
alpine e accentua irregolarmente la presenza
dal centro al meridione, fino a 1000 m.
In Emilia-Romagna è stata segnalata una stazione
nella Valle del Conca riminese presso Morciano
di Romagna (Alessandrini & Bertolaso, 1991).
Un recente ritrovamento presso Brisighella
(RA), sulle colline faentine, (Sangiorgi, 2012),
trasferisce verso settentrione l’estremo limite
di areale della specie.
In provincia di Pesaro e Urbino è ritenuta
probabilmente estinta.
Habitat e distribuzione locale
La stazione segnalata in provincia di Rimini
era situata su un prato arido di terrazzo fluviale
in destra Conca. L’abbandono di una pista
motoristica improvvisata, all’interno
del quale il nucleo di O. bombyliflora si trovava,
ha determinato sfavorevoli mutamenti ambientali,
con la crescita di una rigogliosa vegetazione
erbacea ruderale e la conseguente scomparsa.
Al momento i tentativi di individuare nuove
stazioni non hanno dato esito.
T.CONCA (MORCIANO DI R.)
1989
Caratteri
L’apparato radicale è formato da due rizotuberi
ovoidi. È una pianticella minuta, non supera i 15
cm. Tende a formare nuclei omogenei e numerosi.
Le foglie basali sono disposte a rosetta.
L’infiorescenza è formata da pochi fiori.
Il perianzio presenta sepali verdi e concavi,
petali triangolari e pubescenti. Il labello
ha conformazione trilobata, i lobi laterali
tomentosi. Il lobo mediano è globulare,
con apicolo ripiegato inferiormente.
La pelosità è assente al centro e modesta
marginalmente. La macula è brunastra, con scarso
risalto. Il ginostemio è breve e le cavità
polliniche rossastre.
La cavità stigmatica è evidente, di aspetto cuoriforme.
Fiorisce tra Aprile e Maggio.
È impollinata da api del genere Eucera (in Italia E.
nigrescens subsp. continentis), ma può riprodursi
anche per via vegetativa.
Dato bibliografico
T.CONCA (MORCIANO DI R.)
1989
T.CONCA (MORCIANO DI R.)
1989
120
Ophrys
apifera
Huds. 1762
Nome comune
Fior d’ape, Vesparia
Etimologia
L’epiteto di specie proviene dal latino
con significato di “portatrice di api”,
per la conformazione del labello.
Distribuzione
Specie a diffusione mediterraneo-atlantica.
In Italia è presente in tutte le regioni.
In Emilia-Romagna è distribuita dalla costa,
dove è rara, e lungo la fascia collinare,
dove è relativamente comune, fino a 1000 m.
In provincia di Pesaro e Urbino è considerata
comune, dal livello del mare a 1100 m, con
maggiori concentrazioni tra 500 m e 600 m.
Habitat e distribuzione locale
Si rinviene in ambienti differenziati, anche
fortemente disturbati come margini stradali,
aree con presenza di rifiuti, suoli aridi
destrutturati, scarpate stradali, mostrando
particolare adattabilità.
È presente in coltivi abbandonati, prati, pascoli,
cespuglieti, margini di boschi e boschi aperti,
suoli da asciutti a freschi. In provincia di Rimini
dai maggiori greti fluviali a livello di pianura,
dove è meno frequente, accentua
progressivamente la propria presenza nella
fascia collinare, raggiungendo i maggiori rilievi
dell’entroterra, anche con nuclei consistenti.
Caratteri
L’apparato radicale è costituito da due rizotuberi
ovoidi. E’ una pianta di aspetto robusto, alta
tra 20 cm e 60 cm. I fiori, da 4 a 12,
sono di dimensioni medie, abbastanza distanziati.
I sepali sono da ovali a lanceolati, vistosi
e con toni variabili dal bianco al rosa al rossoviolaceo. Può essere presente una nervatura
mediana verdastra. I petali presentano
una colorazione verde-rosata, molto ridotti
e di forma triangolare. Il labello presenta tre lobi.
I laterali sono conici e pelosi; il mediano
SENATELLO (CASTELDELCI)
7 giugno 2012
è appariscente, di forma rotondeggiante
e bombata, di aspetto vellutato.
L’ornamentazione del labello comprende,
su un campo basale chiaro, una semplice macula
centrale contornata da una linea giallastra.
Gli pseudoocchi sono verdastri e l’apicolo
ripiegato sotto il labello bombato.
Il ginostemio ha forma sinuosa, allungato e acuto.
Si deve sottolineare la frequenza
con la quale la specie ricorre all’autogamia
mediante il ripiegamento delle sacche polliniche
sullo stigma. Sono state descritte numerose entità
infraspecifiche di diverso rango.
Ricordiamo tra le varietà descritte in Italia:
aurita (Moggr.) Gremli; bicolor (Nägeli) E.
Nelson; botteronii (Chodat) Asch. & Graebn.;
chlorantha (Hegetschw.) Arcang.; fulvofusca M.P.
Grasso & Scrugli; tilaventina Nonis & Liverani; var.
(o lusus) trollii (Hegetschw.) Rchb. f. Una varietà
cervia (Carli et al., 2003) è stata proposta
per una forma anomala rinvenuta nell’omonima
pineta costiera romagnola.
Fiorisce tra Aprile e Giugno.
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
OASI WWF (VERUCCHIO)
Autoimpollinazione - 26 maggio 2012
SENATELLO (CASTELDELCI)
7 giugno 2012
T.CONCA (GEMMANO)
15 maggio 2009
122
Ophrys
bertolonii subsp. bertolonii
Moretti 1823
Nome comune
Ofride di Bertoloni, Uccellino allo specchio
Sinonimi
O. speculum Bertoloni non Link
Etimologia
Dedicata al botanico, naturalista e medico
bolognese Antonio Bertoloni (1775-1869), autore
di una Flora Italica in dieci volumi e che per primo
riconobbe questa specie, pur denominandola
O. speculum.
Distribuzione
Specie ad areale centromediterraneo, dalle Baleari
ai paesi transadriatici e isole Ionie della Grecia,
diffusa nell’intera Italia peninsulare e in Sicilia,
fino a 1000 m. In Emilia-Romagna la distribuzione
coincide con quella di altre specie stenomediterranee.
Comune in tutta la fascia collinare, raggiunge
il pieno crinale appenninico solo nella Provincia
di Forlì, avvicinandosi a questo nell’entroterra
delle province di Bologna, Parma e Piacenza.
Manca dalla pianura ed è rarissima sulla costa.
Presente nelle pinete costiere. Nella provincia
di Pesaro e Urbino è comune fino a 1000 m presso
luoghi erbosi, con concentrazioni maggiori
tra 500 m e 600 m.
Habitat e distribuzione locale
Comune in prati e pascoli magri, bordi stradali,
garighe, anche su suoli parzialmente calpestati.
I prati su calcare presentano talvolta nuclei
ricchissimi. Presente localmente con popolazioni
numerose nel tratto di pianura fino ai tratti più
interni dei greti di Marecchia e Conca, in prati
assolati e cespuglieti. Accentua localmente
le concentrazioni nella fascia collinare
e nei settori montani della provincia.
Caratteri
L’apparato radicale è costituito da due rizotuberi
ovoidi. Pianta di ridotte dimensioni, esile,
da pochi cm su terreni disturbati e aridi a circa 30 cm.
L’infiorescenza è vistosa, lassa, con pochi fiori
grandi rispetto all’insieme della pianta.
MOLINO RENZINI (GEMMANO)
18 maggio 2009
I sepali sono da biancastri a violacei, i petali
lineari presentano colorazione porporina
più intensa e più brevi di un terzo rispetto
ai sepali, dai bordi minutamente ciliati.
Il labello è densamente peloso specialmente
lungo i margini, del tutto bruno e mostra
una evidente insellatura. L’apicolo verde è rivolto
verso l’alto, all’interno di una netta scanalatura.
Nella metà distale del labello risalta una macula
intera, generalmente scudata, bluastra e lucida.
Al centro della macula alcune popolazioni
mostrano un punto o alcune macchie irregolari
di colore rosso vivo che la invadono quasi per
intero. Il ginostemio è allungato e il rostro
appuntito. Gli pseudoocchi sono nerastri, di poco
distanziati dalla cavità stigmatica, la quale
presenta forma rettangolare. La sottospecie tipica
è caratterizzata in particolare dalla forma
della cavità stigmatica e per il labello piegato
“a sella”. Viene impollinata da api del genere
Chalicodoma (C. parietina e C. pyrenaica).
Fiorisce da Aprile a Maggio.
Nota
Secondo R. Souche (2012), O.bertolonii è diffusa nel Nord-Italia.
Al Centro-Sud è presente invece O.romolinii Soca 2011.
In Emilia-Romagna, sempre per lo stesso Autore, quest’ultima
raggiunge il suo limite settentrionale di areale.
Più precisamente riferisce che “a Sud del fiume Po esistono
piante che presentano caratteri intermedi tra i due taxa”.
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
TORRIANA
13 maggio 2010
TORRIANA
13 maggio 2010
TORRIANA
13 maggio 2010
124
Ophrys holoserica
FIUME MARECCHIA (SANT’AGATA F.)
13 maggio 2012
Burm. f. 1770 Kreutz 2004
Nome comune
Ofride dei fuchi, Fior bombo, Pecchia
Basionimo
Orchis holoserica Burm. f. 1770
Sinonimi
Ophrys fuciflora (F.W. Schmidt) Moench;
Arachnites fuciflora F.W.Schmidt; Orchis
arachnites Scop.; Orchis fuciflora Crantz
Etimologia
Il nome deriva dal greco holos e serikos,
con significato “interamente di seta”,
riferito all’aspetto vellutato del labello.
Distribuzione
La diffusione della subsp. holoserica
è eurimediterranea, dal sud dell’Inghilterra
alla Romania. È presente in tutte le regioni
italiane fino a 1400 m, a esclusione delle isole
maggiori. L’areale della subsp. dinarica
non è ben definito. Descritta per la Dalmazia come
specie autonoma (Ophrys dinarica Kranjcev
& Delforge, 2004),
è presente nella Francia sud-orientale ed è stata
rinvenuta da vari autori in Liguria, Piemonte,
Umbria, Lazio, Molise e Abruzzo.
In base all’Atlante della Flora protetta dell’E-R.
(Alessandrini & Bonafede, 1996), Ophrys
holoserica, (sub Ophrys fuciflora) è comune
a sud della Via Emilia fino a 1400 m; rarissima
sulla costa e scomparsa dalla pianura.
In provincia di Pesaro e Urbino, secondo Klaver
& Rossi (2011), Ophrys holoserica subsp.
holoserica è considerata non comune in quanto
la maggior parte delle segnalazioni
sono da riferirsi alla sottospecie dinarica, l’antesi
della quale precede di due settimane quella
della sottospecie holosericea.
Per gli stessi Autori la sottospecie tetraloniae
è presente in una sola stazione.
Habitat e distribuzione locale
In senso lato Ophrys holoserica è distribuita
su prati aridi fluviali, calanchivi, garighe, prati
collinari e montani, arbusteti e radure in boschi
termofili, su suolo calcareo e su terreni alloctoni.
Ophrys holoserica subsp. holoserica (Burm.f.)
Greuter e la conspecifica Ophrys holoserica
subsp. dinarica (Kranjcev & P. Delforge) Kreutz.,
costituiscono le due entità accertate in provincia.
Non appaiono evidenti differenziazioni in termini
di habitat. Entrambe possono essere rinvente
dalla pianura, esclusivamente presso i greti
dei corsi d’acqua maggiori, fino al tratto fluviale
superiore del Marecchia, dai 300-400 m del piano
collinare, dove sono poco comuni e dove sembra
prevalere la prima sottospecie, all’entroterra
montano, dove può formare ricchi popolamenti
in ambienti prativi anche in ambito calanchivo,
dove sembra dominare la seconda sottospecie.
Si trovano a contatto, con forme intermedie
di non agevole identificazione. Ophrys holoserica
subsp. tetraloniae (W.P. Teschner) Kreutz 2004,
non è stata accertata nel corso della ricerca.
F.MARECCHIA, PONTE 8 MARTIRI
(CASTELDELCI) - 10 giugno 2012
MIRATOIO (PENNABILLI), 24 maggio 2012
Le immagini delle pagg. 126 e 127
si riferiscono a Ophrys holoserica subsp. dinarica
M.CANALE (PENNABILLI)
29 maggio 2011
MIRATOIO (PENNABILLI)
24 maggio 2012
126
F.MARECCHIA, PONTE 8 MARTIRI
(CASTELDELCI) - 2 giugno 2010
Ophrys holoserica
Caratteri
Apparato radicale con due rizotuberi ovoidi.
Pianta polimorfa, con il fusto alto tra 15 cm e 40 cm,
presenta una rosetta basale e foglie superiori
guainanti. L’infiorescenza è lassa, con un numero
variabile di fiori, tra 2 e 10. I sepali sono biancorosati o porporini, talvolta percorsi da una nervatura
centrale verde; petali di colore variabile, piccoli,
triangolari, vellutati, lunghi circa 1/3 dei sepali.
Il labello è intero, trapezoidale, convesso,
con gibbosità evidenti, esternamente ricoperte
da pelosità. La macula è brillante, glabra, di forma
variabile, circondata da un bordo biancastro.
L’apicolo è ben evidente, robusto e rivolto in avanti.
La cavità stigmatica è ampia, con pseudoocchi
nerastri, ginostemio corto e acuto.
Fiorisce tra Aprile e Giugno.
È impollinata da Imenotteri, in particolare Eucera
longicornis e Hoplitis rufohirta.
La discussione tra i vari autori sulla più corretta
e accettabile collocazione sistematica delle varie
forme di O. holoserica prosegue da tempo
ed è tuttora in atto.
Si ritiene che O. holoserica subsp. holoserica
costituisca l’entità tipo, evoluta in tempi recenti
e quindi plastica e variabile, comportamento
che le ha consentito una vasta distribuzione.
Ophrys holoserica subsp. dinarica presenta
un fusto 25-60 cm, 4-10 fiori grandi, labello
convesso lateralmente e longitudinalmente.
La macula è grande, con ornature complesse
e spesso di aspetto marmorizzato, con bordatura
giallastra larga.
Il campo basale tende ad assumere un aspetto
bilobato che ricorda la forma di una farfalla,
non di rado del tutto diviso in due.
Le immagini delle pagg. 128 e 129
si riferiscono a Ophrys holoserica subsp. holoserica.
CÀ PIAGOLA (SANT’AGATA F.)
29 maggio 2011
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
F.MARECCHIA, PONTE 8 MARTIRI
(CASTELDELCI) - 2 giugno 2010
POGGIO (SANT’AGATA F.)
13 giugno 2011
F.MARECCHIA (POGGIO BERNI)
3 maggio 2012
128 Ophrys sphegodes
UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA)
25 aprile 2012
Mill. 1768
Nome comune
Ofride verde, Fior ragno
Sinonimi
O. aranifera Huds.; O. araneola Rchb.
Etimologia
Il nome di specie proviene dal greco sphekòs,
con significato di “simile a vespa”, riferito
è alla sembianza del fiore
Distribuzione
Specie mediterraneo-europea a centro
di diffusione occidentale. La sottospecie
sphegodes è ritenuta a maggiore diffusione
in Europa. Presenta forme molto variabili
in area mediterranea, dove viene considerata
da alcuni rara e soppiantata da altre entità
di rango sottospecifico o specifico, come ad
esempio Ophrys classica Devillers-Tersch. &
Devillers, indicata per la costa medio-tirrenica.
Nella penisola Ophrys sphegodes è presente
in tutte le regioni fino a 1300 m a eccezione
di Valle d’Aosta e Sardegna. In Emilia-Romagna
è abbastanza frequente a nord della Via Emilia,
rara in pianura (presso gli argini fluviali)
e lungo la costa centrale e settentrionale.
In Provincia di Pesaro e Urbino è comune presso
luoghi erbosi e fruticeti, dal livello del mare
a 1000 m, con maggiori concentrazioni
tra 300 m e 700 m.
Habitat e distribuzione locale
In provincia di Rimini è relativamente diffusa
in vari ambienti aperti e assolati: prati aridi
fluviali, radure boschive, scarpate e bordi stradali,
ambienti prativi di calanco; essenzialmente nella
fascia collinare medio-alta. Sono presenti ricche
popolazioni lungo la dorsale calcarea TausanoMonte Gregorio (San Leo), presso Uffogliano
(Novafeltria), lungo il medio corso del Marecchia.
La prima segnalazione si deve a Alberto del Testa
(1903), il quale cita un campione di Ophrys
aranifera Huds. osservato nell’erbario Matteini,
riferito genericamente a Rimini.
Caratteri
L’apparato radicale è costituito da due rizotuberi
ovoidi. Pianta polimorfa, può assumere
dimensioni variabili, tra 20 cm e 40 cm.
Il fusto presenta una rosetta basale
con poche foglie ovate e foglie caulinari
guainanti, portante una infiorescenza
lassa pauciflora.
I sepali sono giallastri o biancastri.
I petali, in genere più scuri dei sepali, mostrano
talvolta un margine rossastro, con eventuali
ondulazioni. La tipica macula, circa a forma di H,
si trova all’interno del labello bruno-rossastro,
convesso, e dal margine chiaro, con apicolo
ridotto o assente.
La macula delimita inferiormente il campo basale
rossastro, di tono meno intenso del labello,
sul quale dominano i pronunciati pseudoocchi
grigiastri. Fiorisce tra Marzo e Aprile.
Viene impollinata da vespe del genere Andrena.
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA)
25 aprile 2012
UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA)
25 aprile 2012
130
Cephalanthera
damasonium
(Mill.) Druce 1906
Nome comune
Cefalantera giallina
Basionimo
Serapias damasonium Mill. 1768
Sinonimi
Cephalanthera pallens Rich.; C. latifolia
Janch.; C. alba (Crantz) Simonk.
Etimologia
Il nome relativo al genere proviene dai termini
greci kephalè, ovvero testa, e anthèra, antera,
con significato quindi di antera a forma di testa,
a causa della sua forma rotondeggiante.
Il nome latino di specie deriverebbe da una pianta
citata da Plinio il Vecchio che alcuni identificano
con Alisma plantago-aquatica, a causa
della somiglianza delle foglie.
Per altri l’origine va trovata nel “damassonio”,
latino damasonium, una pianta erbacea
dalle foglie simili alla piantaggine.
BADIA M.ERCOLE (SANT’AGATA F.)
2 giugno 2010
Caratteri
Pianta provvista di un fusto sotterraneo,
detto rizoma, che ad ogni fase vegetativa emette
radici e fusti avventizi.
Il fusto è robusto e sinuoso, con 2-5 foglie ovate
e larghe, abbraccianti e quasi piane.
Le brattee hanno aspetto fogliaceo
e sono più lunghe dell’ovario.
Come le congeneri ha una infiorescenza lassa.
I fiori sono da 3 a 12, semichiusi, di tonalità
bianco-giallastra. L’epichilo è ottuso.
L’ovario è glabro. I fiori si presentano in generale
socchiusi, indice di una forma riproduttiva
autogamica e spesso cleistogamica.
La fioritura va da Maggio a Luglio.
È specie nettarifera, con impollinazione
effettuata da più specie di Imenotteri,
più raramente Coleotteri.
Distribuzione
Diffusa nell’Europa temperata centro-occidentale
e nell’area mediterranea.
In Italia è presente in tutte le regioni,
con una maggiore diffusione nel settentrione.
In Emilia-Romagna è presente a sud
della via Emilia. Molto rara in pianura.
In Provincia di Pesaro è considerata non rara.
Le concentrazioni maggiori si trovano
tra 400 e 600 m.
Habitat e distribuzione locale
Si rinviene in boschi termofili, cespuglieti,
scarpate stradali boscate, raramente
in ambienti prativi e semiruderali, con preferenza
per substrati neutri o calcarei e posizioni
ombreggiate, dalla prima fascia collinare
ai maggiori rilievi dell’entroterra.
Più diffusa di C. rubra ma meno di C. longifolia.
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
POGGIO (SANT’AGATA F.)
24 maggio 2012
BADIA M.ERCOLE (SANT’AGATA F.)
24 maggio 2012
MONTE FAGGETO (MONTEFIORE)
5 maggio 2010
132
Cephalanthera
longifolia
(L.) Fritsch 1888
Nome comune
Cefalantera bianca
Basionimo
Serapias helleborine var. longifolia L. 1753
Sinonimi
C. ensifolia Rich.; C. xiphophylla Rchb. f.;
C. angustifolia Simonk.
Etimologia
Il nome di specie deriva dalla forma allungata
delle foglie.
MONTE FAGGETO (MONTEFIORE)
5 maggio 2010
fiori bianchi, più aperti che in C. damasonium,
con epichilo ottuso con 4-7 creste, con ipochilo
trilobato e ovario sessile glabro.
I sepali e i petali sono acuminati e conniventi.
Il labello è più breve rispetto ai sepali,
con ipochilo concavo ed epichilo cordato
ad apice arrotondato che presenta creste giallastre
allungate. Fiorisce tra Aprile e Giugno.
È in grado di riprodursi per autogamia ma sembra
più frequente il ricorso all’impollinazione
entomofila rispetto a C. damasonium.
Distribuzione
Specie a diffusione eurasiatica, dall’Atlantico
alla catena himalayana. Presente in tutte
le regioni italiane, con maggiore diffusione
dalla catena alpina alla Toscana.
In Emilia-Romagna è comune a sud della Via
Emilia; relativamente anche sulla costa.
In provincia di Pesaro è distribuita in tutto
il territorio a partire da 300 m fino a 1400 m,
con concentrazioni maggiori tra 400 m e 600 m.
Habitat e distribuzione locale
Presente in ambienti variabili ma principalmente
boschivi quali castagneti, boschi a latifoglie
miste, querceti, cerrete.
Non manca all’interno di arbusteti e su scarpate
stradali ombreggiate, raramente parchi,
su substrati da neutri a calcarei. Scomparsa
dal litorale, si rinviene con maggiore frequenza
rispetto a C. damasonium e di C. rubra,
dalla prima catena collinare ai rilievi dell’interno.
Caratteri
Come le congeneri possiede un rizoma
che annualmente produce radici e fusti avventizi.
Pianta alta fino a 60 cm, con fusto robusto
e sinuoso, spesso a gruppi, con 4-12 foglie
alterne rigide e divergenti, lanceolate, strette,
lunghe fino a 18 cm.
La brattee sono molto ridotte, più corte
dell’ovario. L’infiorescenza a spiga è densa,
spesso multiflora, contiene fino a circa venti
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
F.MARECCHIA (VILLA VERUCCHIO)
19 aprile 2012
SCAVOLO (SANT’AGATA F.)
24 maggio 2012
UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA)
6 maggio 2010
134
Cephalanthera
rubra
(L.) Rich. 1817
Nome comune
Cefalantera rossa
Basionimo
Serapias rubra L. 1767
Sinonimi
Epipactis rubra (L.) All
Etimologia
Il nome specifico deriva dal latino ruber, rosso,
colore caratteristico dei fiori.
Distribuzione
SAN LORENZO (PENNABILLI)
27 giugno 2010
dell’ovario ma più brevi le superiori.
L’infiorescenza, comprendente da 3 a 10
fiori distanziati di tonalità porporina, rende
inconfondibile la specie. I fiori si mostrano
maggiormente aperti rispetto a C. longifolia,
con sepali laterali patenti. L’ epichilo è acuto.
L’ovario presenta pubescenza.
I pollinii formano due masse compatte facilmente
staccabili a differenza dalle altre specie.
L’apertura del fiore, unitamente a questo elemento
consentono di ritenere che C. rubra ricorra
con maggiore frequenza alla riproduzione
allogamica. Fiorisce da Maggio a Luglio.
Specie eurasiatica, diffusa dall’Atlantico
alle montagne himalaiane.
Presente in tutte le regioni italiane
ma più frequente al Nord. In Emilia–Romagna
è considerata non rara nella fascia collinare
e nell’area della bassa Romagna, presso le pinete
litoranee e pertinenze di una ex colonia.
Nel territorio provinciale pesarese è considerata
generalmente rara ma localmente abbondante
attorno agli 800-900 m, in particolare
presso il Monte Carpegna e il Monte Catria.
Habitat e distribuzione locale
Diffusa in contesti boschivi dominati da faggio,
cerro o carpino nero. Presente nei castagneti
del territorio di Sant’Agata Feltria. Concentrazioni
elevate si riscontrano anche in boschi misti
termofili. Molto rara e localizzata nel settore
basso collinare della provincia (castagneto
di Monte Faggeto presso Montefiore, circa 150 m),
diviene relativamente comune nell’alta
Valmarecchia, in particolare lungo i versanti
dei Monti Carpegna e Canale.
Caratteri
Pianta provvista di rizoma, che ogni anno emette
radici e fusti avventizi. Alta tra 20 cm e 60 cm,
dal fusto gracile che nella parte alta presenta
una pelosità grigiastra. Le foglie, da 4 a 7,
abbracciano il fusto e sono divergenti, larghe,
allungate e ristrette in alto. Le brattee
hanno aspetto acuto ed erbaceo, più lunghe
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
SAN LORENZO (PENNABILLI)
27 giugno 2010
MONTE FAGGETO (MONTEFIORE)
12 giugno 2010
SAN LORENZO (PENNABILLI)
27 giugno 2010
136 Epipactis helleborine subsp. helleborine
(L.) Crantz 1769
Nome comune
Elleborina comune
Basionimo
Serapias helleborine L. 1753
Sinonimi
Epipactis latifolia (L.) All., Helleborine
latifolia (L.) Druce
Etimologia
L’epiteto di specie deriva dal latino helleborus,
con il quale si indica il Veratro, appartenente
alle Liliaceae. Le foglie dell’orchidea sono simili
a quelle del Veratro, dal quale prende quindi il nome.
Habitat e distribuzione locale
È prevalentemente diffusa all’interno e al limitare
di boschi e cespuglieti in posizioni ombrose
o parzialmente luminose e presso le scarpate
stradali. Le forme boschive nelle quali è presente
sono le più varie, dalle formazioni miste termofile
a quelle mesofile collinari, ai castagneti,
alle cerrete e faggete della fascia montana.
La specie è la più comune tra le congeneri;
non è selettiva rispetto al substrato e mostra
notevole capacità di adattamento.
Alcuni individui sono stati rinvenuti al margine
di boschi su inerte stradale e a diretto contatto
con l’asfalto.
Distribuzione
L’areale è paleotemperato, esteso
su un territorio vastissimo, dalla Scandinavia
al Mediterraneo all’Africa nord-occidentale;
dalla Siberia all’Himalaya.
È comparsa in Nordamerica da oltre un secolo.
In Italia è presente in tutte le regioni ma diviene
meno comune nel meridione.
In Emilia-Romagna è molto diffusa a sud
della Via Emilia fino a 1700 m, ma è rara in pianura
e presso la costa.
Nel Pesarese è diffusa da 300 m a 1500 m,
con concentrazioni maggiori tra 500 m
e 600 m. È stata qui osservata una forma
ad habitus gracile, ricondotta alla varietà
viridiflora Irmsch . Si ritiene che la specie sia
alla base dell’intero gruppo e che le varie entità
siano derivate da questa come conseguenza
di fattori geografici ed ecologici.
La versatilità ambientale della specie
ha determinato una serie di differenziazioni
morfologiche che coinvolgono aspetti dell’intera
pianta al punto di portare vari Autori
alla descrizione di una serie ampia di forme.
Un elemento comune è comunque la forma
riproduttiva allogamica.
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
ROCCA PRATIFFI (SANT’AGATA F.)
1 luglio 2011
138
ROCCA PRATIFFI (SANT’AGATA F.)
1 luglio 2011
Epipactis helleborine subsp. helleborine
Caratteri
L’apparato radicale è un rizoma provvisto
di radici secondarie. La pianta è in genere vistosa
e può superare il metro.
Sono frequenti esemplari di modesta taglia,
a partire da 20-30 cm, in virtù della grande
plasticità ecologica. I fusti sono robusti
e flessuosi, isolati o a gruppi, di colore verde,
a base glabra e sfumata di biancastro-violaceo.
La parte superiore, talvolta di tonalità rossastra,
può presentare una pubescenza densa.
Le foglie sono da 4 a 10. Le inferiori e medie sono
grandi, ovato-lanceolate; le superiori lanceolate
o bratteiformi, disposte a spirale, patenti, verde
scuro, a margini appena ondulati.
Le brattee sono più lunghe del fiore.
L’infiorescenza è di solito densa, lunga meno
della metà del fusto, con molti fiori grandi
e aperti. I tepali sono ovati-lanceolati, verdastri,
variamente sfumati di rosa-violaceo,
con nervature evidenti. I petali sono più chiari
e piccoli dei sepali. Il labello assume toni
dal verdastro chiaro al violaceo, con ipochilo
bruno-nerastro all’interno ed epichilo abbastanza
larghi. L’ epichilo in particolare assume aspetto
cordiforme ad apice ribattuto,
con due increspature basali talvolta verrucose
di colore più intenso, separate da un solco.
Il clinandrio è ben sviluppato, l’ovario piriforme,
verde e pubescente.
Fiorisce da Maggio ad Agosto.
Nota: per alcuni Autori, vicina a E. helleborine
è E. leptochila (Godfery) Godfery 1921. A
quest’ultima è attribuito un campione conservato
presso le collezioni botaniche del Centro Ricerche
Floristiche Marche di Pesaro (Erbario PESA). E.
leptochila è stata rinvenuta lungo il versante
Ovest del M. della Biforca, presso il valico
omonimo, in comune di San Leo
(A.Alessandrini, com. pers.).
POGGIO (SANT’AGATA F.), 13 giugno 2011
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
ROCCA PRATIFFI (SANT’AGATA F.)
1 luglio 2011
ROCCA PRATIFFI (SANT’AGATA F.)
1 luglio 2011
SAN LORENZO (PENNABILLI)
20 giugno 2012
140
Epipactis
microphylla
(Ehrh.) Sw. 1800
Nome comune
Elleborina minore
Basionimo
Serapias microphylla Ehrh. 1789
Sinonimi
Helleborine microphylla (Ehrh.) Schinz & Tell.
Etimologia
Il nome di specie deriva dal greco, con significato
di “foglie piccole”.
Distribuzione
L’areale è europeo-caucasico, diffusa in aree
submediterranee; dai Paesi Bassi all’Iran.
Rara in Italia settentrionale, diviene
maggiormente frequente verso Sud.
È segnalata in tutte le regioni ad esclusione
della Valle d’Aosta. Si ritiene distribuita
con maggiore ampiezza rispetto a quanto
verificato in Emilia-Romagna, a sud della Via
Emilia, fino a 1500 m. Rinvenuta lungo la costa
ma assente dalla pianura. In provincia di Pesaro
è considerata non comune ma localmente
abbondante nelle faggete montane,
con distribuzione tra 350 m e 1400 m.
e maggiori concentrazioni tra 1200 m e 1400 m.
Habitat e distribuzione locale
Specie ombrofila legata a suoli calcarei, è presente
ssenzialmente in boschi di latifoglie.
Nella provincia è da considerarsi rara, presente
con individui isolati nella bassa e media collina
presso Mondaino, all’interno di un impianto
per la tartuficoltura e a Onferno, all’interno
di un bosco termofilo a latifoglie.
È segnalata in letteratura (Mattoni & Molari,
2006) ma non viene indicata l’area di ritrovamento
che presumibilmente è da collocarsi presso
Montebello (Torriana).
Il limitato numero di ritrovamenti è da attribuirsi
in primo luogo alla difficoltà di localizzazione,
dovuta alle modeste dimensioni e alla scarsa
evidenza nel sottobosco, per cui la frequenza
è con ogni probabilità sottostimata.
S.APOLLINARE (MONDAINO)
27 maggio 2011
Caratteri
L’apparato radicale è costituito da un rizoma.
Pianta dai tratti non confondibili, alta tra 15 cm
e 50 cm, grigio-cenerino e con fusto pubescente.
Le foglie sono corte e distanziate, di forma
lanceolata, con bordi minutamente denticolati.
Le foglie superiori sono simili a brattee.
L’infiorescenza è pauciflora e lassa; i fiori sono
di piccole dimensioni e spesso semichiusi,
bianco-verdastri con sfumature violacee.
Emanano un tipico aroma di vaniglia.
I tepali sono ovati, ottusi o acuti; i petali
più piccoli dei sepali e con venature porporine.
L’epichilo presenta una base ornata da due creste
rugose ben evidenti riunite in punta acuta.
Il clinandrio è sviluppato, il viscidio presente
ma non sempre funzionale.
L’ovario è tomentoso, con breve pedicello a base
porporina. E. microphylla è allogama, ma ricorre
frequentemente all’autogamia e a volte
alla cleistogamia, coi fiori che rimangono chiusi.
Fiorisce tra Maggio e Luglio.
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
S.APOLLINARE (MONDAINO)
27 maggio 2011
S.APOLLINARE (MONDAINO)
27 maggio 2011
142
Epipactis
muelleri
Godfery 1921
Nome comune
Elleborina di Müller
Sinonimi
E. helleborine subsp. muelleri (Godfery)
O. Bolòs, Masalles & Vigo
Etimologia
L’epiteto di specie ricorda il botanico Ferdinand
Jacob Heinrich von Mueller (1825–1896);
fisico, geografo e botanico di origine tedesca.
Distribuzione
Specie centroeuropea, diffusa dai Paesi Bassi
ai Pirenei, dalla Slovacchia alla Croazia.
È presente nell’Italia settentrionale e centrale,
da 200 m a 1600 m. In Puglia e Sardegna
è più rara. In Emilia-Romagna è rarissima lungo
la costa. Presente ampiamente a sud
della via Emilia fino a 1500 m, non è segnalata
per il Riminese nell’Atlante della Flora protetta
dell’Emilia-Romagna del 1996. In provincia
di Pesaro e Urbino è ritenuta non rara, distribuita
tra 400 m e 1200 m, con diverse stazioni
nel Montefeltro.
Habitat e distribuzione locale
Tendenzialmente termofila, appare legata
in primo luogo ad ambienti boschivi luminosi,
anche soggetti a ceduazione; più raramente
cespuglieti, su suoli calcarei.
Compare a bassa quota (250 m) nei castagneti
della bassa collina della Valconca.
È stata rinvenuta a Onferno (Gemmano)
ed accentua decisamente la sua frequenza,
presso i cedui misti dei versanti dei monti
Carpegna e Canale.
VALLE PRENA (PENNABILLI), 8 luglio 2010
VALLE PRENA (PENNABILLI)
8 luglio 2010
144
VALLE PRENA (PENNABILLI)
8 luglio 2010
Epipactis muelleri
Caratteri
L’apparato radicale è formato da un rizoma.
Pianta simile a E. helleborine, presenta fusti
isolati gracili che possono raggiungere i 90 cm.
L’intera pianta presenta una tonalità chiara.
Le foglie sono distiche, da 5 a 10, verdi-giallastre,
di forma lanceolata e con margini ondulati,
coriacee. Le foglie superiori sono bratteiformi,
le brattee lanceolate.
L’infiorescenza è multiflora, densa o più lassa,
con fiori verdastri non grandi e poco aperti.
I tepali sono lanceolati e carenati; i petali
verde chiaro, talvolta con toni rosati.
Il labello è biancastro; la giunzione ipochiloepichilo è abbastanza larga. L’ipochilo
è nettarifero, scuro internamente, l’epichilo
è triangolare, con larghezza maggiore
della lunghezza. Il clinandrio e il viscidio
sono quasi inconsistenti, l’antera è giallastra
e peduncolata. L’ovario è allungato, con pedicello
corto pubescente verde-giallastro.
E. muelleri presenta pollinii sfarinati e rostello
inefficiente. L’impollinazione non sempre
è cleistogama. Fiorisce tra Giugno e Agosto,
precedendo di una-due settimane E. helleborine.
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
CÀ ROMANO (PENNABILLI)
29 giugno 2012
VALLE PRENA (PENNABILLI)
8 luglio 2010
146 Epipactis palustris
MIRAMARE (RIMINI)
12 luglio 2010
(L.) Crantz 1769
Nome comune
Elleborina palustre
Basionimo
Serapias helleborine var. palustris L.1753
Sinonimi
Helleborine palustris (L.) Schrank;
Serapias palustris (L.) Mill.
Etimologia
L’epiteto di specie deriva dal latino, con evidente
riferimento agli ambienti umidi ai quali è legata.
Distribuzione
Specie eurasiatica temperata, a Est raggiunge
Siberia e Iran, più rara verso il settentrione
e il meridione dell’areale. In Italia è presente
in tutte le regioni ma è considerata sporadica
in primo luogo per la riduzione degli habitat
umidi. In Emilia-Romagna la distribuzione
va dal livello del mare a 1400 m., non rara
ma localizzata in rapporto agli ambienti
di elezione. Sono note molte stazioni costiere
nel Ravennate, incluso le pertinenze
di ex colonie marine.
Non è segnalata nella pianura ma è ben distribuita
nelle fasce collinari e montane.
Nella provincia di Pesaro è ritenuta rara, presente
in un numero molto limitato di località,
fino a 900 m di altitudine.
Habitat e distribuzione locale
E. palustris è specie localizzata, legata ad habitat
molto differenziati ma sempre umidi, con acque
mobili o relativamente stagnanti.
Alcune popolazioni presentano decine
di individui in pochi metri quadrati.
Presente sulla costa, con un nucleo lungo
un fossato a Miramare di Rimini, presso i corsi
d’acqua, in collina e in area montana,
in corrispondenza di fossati e versanti umidi.
Caratteri
L’apparato radicale è formato da un rizoma
stolonifero portante anche più di un fusto.
È una specie igrofila, di immediata
identificazione. L’altezza varia da 25 cm
a 50 cm, con base del fusto avvolta
da poche squame e parte superiore
frequentemente con toni porpora. Le foglie
sono da 6 a 8, di forma lanceolata e a carena.
L’infiorescenza è lassa e tomentosa,
con un numero variabile di fiori vistosi, allogami,
fino a 20. I sepali, fino a 13 mm, presentano
tonalità dal verdastro al violaceo.
I laterali sono aperti e il mediano eretto a formare
un casco con i petali bianchi e rosei alla base.
Il labello supera di poco il cm; l’ipochilo è bianco
con strie violacee, l’epichilo bianco, cordiforme
e a margine ondulato, con 2 creste giallo-arancio
alla base. L’intensità cromatica dei fiori
è un elemento di relativa variabilità nella specie.
L’ovario è fusiforme, con pedicello, tomentoso
e porporino-violacei.
Fiorisce tra Giugno e Agosto.
Viene impollinata da varie specie di insetti,
incluso le api.
Dato originale
Dato bibliografico
GATTARA (CASTELDELCI)
28 giugno 2011
GATTARA (CASTELDELCI)
28 giugno 2011
GATTARA (CASTELDELCI)
28 giugno 2011
148 Epipactis purpurata
Sm. 1828
Nome comune
Elleborina violacea
Sinonimi
E. viridiflora Hoffm. ex Krock.; E. helleborine
subsp. varians (Crantz) H. Sund.
Etimologia
Il latino purpura indica il tipico colore ottenuto
dal murice. Il nome di specie significa quindi
“avvolto di porpora”, con riferimento alla tonalità
rosato-violacea dell’intera pianta.
Si deve sottolineare che il binomio E. viridiflora
Hoffm. ex Krock. 1814, da viridis, “verde”,
e flos, floris, “fiore”, precede E. purpurata,
maggiormante utilizzato per consuetudine.
Distribuzione
Specie subatlantica, presenta una distribuzione
europea centro-occidentale disomogenea.
Si rinviene dall’Inghilterra alla Lituania
alla Romania. L’areale italiano è ugualmente
frammentato.
È in generale rara e localizzata in settori
appenninici da 1000 a 1400 m di quota, tra EmiliaRomagna e Abruzzo, tra Lucania e Calabria.
In Emilia-Romagna è estremamente rara, riportata
nell’Atlante della Flora protetta regionale
(Alessandrini & Bonafede, 1996)
per un solo quadrante nell’alto Appennino
romagnolo (Savelli, Alessandrini & Liverani,
1988).
Successivamente la specie è stata rinvenuta
in altre località della fascia montana.
La sola stazione segnalata da Crescentini
e Klaver (1997) per la provincia di Pesaro e Urbino,
in seguito all’acquisizione da parte dell’EmiliaRomagna dell’alta Valle del Marecchia,
si trova ora in provincia di Rimini.
SASSO SIMONE (PENNABILLI), 6 agosto 2012
SASSO SIMONE (PENNABILLI)
6 agosto 2010
150
SASSO SIMONE (PENNABILLI)
6 agosto 2010
Epipactis purpurata
Habitat e distribuzione locale
Un ricco nucleo, il solo noto per la Provinvia
di Rimini, è stato rinvenuto all’interno
di un bosco a latifoglie, a circa 1000 m
di altitudine. La stazione è situata
nel comprensorio del Parco del Sasso Simone
e Simoncello, in comune di Pennabilli.
Caratteri
La specie mostra caratteri ben identificabili.
L’aspetto è cespitoso, il tono cromatico violaceo,
la riproduzione è allogamica e la fioritura tardiva.
Il rizoma è in grado di originare vari fusti robusti,
fino a 70 cm di altezza.
La colorazione violacea interessa sia il fusto
che le foglie, piccole e lanceolate le inferiori
in numero da 4 a 8, bratteiformi le superiori.
L’infiorescenza si presenta densa, multiflora,
con fiori evidenti e aperti, più brevi
delle brattee inferiori, a riproduzione allogama.
I sepali presentano la colorazione della pianta,
leggermente pelosi all’esterno e da verdi
a violacei internamente.
Il labello è chiaro, con l’ipochilo violaceo
all’interno e l’epichilo cordiforme, sfumato
dello stesso tono, separati da una ristretta
giunzione. Quest’ultimo presenta margini ondulati
e crespi, alla base due bottoni violacei e apice
rivolto posteriormente.
Il clinandrio è evidente, il viscidio funzionale.
L’ovario è fusiforme, leggermente peloso
e con pedicello corto. Fiorisce tra Luglio e Agosto.
Dato bibliografico
152
Limodorum
abortivum
(L.) Sw. 1799
Nome comune
Fiordilegno, Limodoro
Basionimo
Orchis abortiva L. 1753
Sinonimi
Epipactis abortiva (L.) All.; Serapias
abortiva (L.) Scop.
Etimologia
Il nome di specie, dal latino abortus,
fa riferimento all’appassimento dei fiori
che precede spesso la loro apertura o, con minore
probabilità, all’aspetto minuto delle foglie.
Distribuzione
L’areale è eurimediterraneo, imperniato sul bacino
Mediterraneo. Raggiunge a occidente l’Atlantico,
i Paesi bassi a Nord, il Caucaso e l’Iran a oriente.
È diffusa lungo l’intera penisola italiana,
dal livello del mare fino a 1800 m.
In Emilia-Romagna è ben distribuita
in tutta la fascia collinare, meno frequente
in quella montana, assente in pianura e rarissima
sulla costa (pineta di San Vitale). In provincia
di Pesaro è considerata relativamente comune
in tutto il territorio nella fascia tra 300 m
e 1200 m.
Habitat e distribuzione locale
Specie termofila, può situarsi all’interno
di boschi radi a latifoglie e conifere, cespuglieti
e scarpate stradali, su suoli aridi e compatti,
a mezz’ombra o in pieno sole. Alcuni individui
sono stati osservati al limitare di strade, su inerti,
nonchè a contatto con l’asfalto.
In provincia di Rimini è relativamente comune
ma abbastanza localizzata, dalla prima collina
alle zone montane.
Caratteri
Apparato radicale con rizoma breve.
Inconfondibile pianta in genere robusta, vistosa
per dimensioni, alta fino a 80 cm, spesso in densi
aggruppamenti in cui sono presenti fusti
di minori dimensioni. È resa evidente anche
dalla colorazione violacea dei fusti
e dell’infiorescenza a spiga, allungata fino a 30
cm, con 8-20 fiori. Le foglie sono squamose
e guainanti, brattee lanceolate solitamente
più lunghe dell’ovario.
I fiori sono grandi, bianchi e violacei, con sepali
laterali opposti, lanceolati, ad apice acuto.
Petali più ridotti, acuti. Il labello è vistoso
ma più ridotto dei sepali, insellato, presenta
un ipochilo con restringimento alla base, epichilo
ampio all’estremità, con margini ondulati
e rialzati. Lo sperone è sottile e cilindrico,
con lunghezza simile all’ovario. La pianta
è da annoverarsi tra le saprofite.
Il pigmento clorofilliano è comunque presente
ma in quantità ridotta.
È ormai accertata la sua costante dipendenza
da miceti del suolo (micotrofismo).
Non altrettanto certa l’azione di parassitismo
nei confronti di alcune specie arbustive o arboree.
I fiori producono nettare, concentrato
nello sperone, e possono aprirsi per breve
tempo per cui può avvenire la fecondazione
tramite insetti. La specie è però in prevalenza
autogama e i fiori si autofecondano rimanendo
chiusi (cleistogamia). Si possono trovare in Italia
esemplari con dominanti verdastre o rossastre.
Fiorisce tra Aprile e Luglio.
Dato originale
Dato originale e bibliografico
MADONNA DEL PIANO (CASTELDELCI)
13 giugno 2010
ALBERETO (MONTESCUDO)
16 maggio 2009
MADONNA DEL PIANO (CASTELDELCI)
13 giugno 2010
MADONNA DEL PIANO (CASTELDELCI)
13 giugno 2010
154
Neottia
nidus-avis
(L.) Rich. 1817
Nome comune
Nido d’uccello
Basionimo
Ophrys nidus-avis L. 1753
Sinonimi
Epipactis nidus-avis (L.) Crantz; Malaxis
nidus-avis (L.) Bernh.; Listera nidus-avis
(L.) Curtis; Serapias nidus-avis (L.) Steud.
Etimologia
Il nome della specie, il latino nidus-avis,
“nido d’uccello”, fa riferimento alla forma
intricata delle radici.
Distribuzione
La diffusione è eurasiatica, fino al Giappone.
È presente in tutte le aree temperate.
Si trova nell’intera penisola italiana
ed è relativamente comune negli ambienti
boschivi a latifoglie e misti, su suoli ricchi
di humus fino a 2000 m. In Emilia-Romagna
è molto comune a sud della Via Emilia,
dalla bassa collina a 1700 m. È stata segnalata
da Pietro Zangheri nelle pinete ravennati
(1936),oggi assente o non rinvenuta.
In provincia di Pesaro e Urbino è comune
nei boschi da 150 m a 1300 m.
Habitat e distribuzione locale
Si rinviene su suoli maturi e umici, neutri
o basici, con maggiori concentrazioni all’interno
di boschi ombrosi e freschi, talvolta
al loro margine e su scarpate stradali. In provincia
compare nella media collina nei boschi termofili,
espandendosi gradualmente verso i massimi
rilievi dell’interno, dove è ampiamente diffusa.
Caratteri
Il rizoma radicale presenta fibre carnose, contorte
e intrecciate. La pianta è poco variabile, alta
fino a 50 cm. Non può essere confusa con altre
orchidee a causa della colorazione completamente
brunastra (alcuni individui possono assumere
una tonalità più chiara), che le fornisce
un aspetto “saprofitico”.
Il fusto, robusto e fistoloso, presenta foglie
ridotte a squame avvolgenti.
Le brattee sono brevi e lineari.
L’aspetto d’insieme della pianta ricorda
il genere Orobanche. L’infiorescenza, multiflora,
si presenta di solito allungata, con i 15-40 fiori
appressati soprattutto verso l’estremità superiore.
I sepali e i petali sono riuniti a formare un casco
lasso. Il labello, pendente, mostra lobi arrotondati
e divergenti.
L’ovario è sostenuto da un pedicello ritorto.
È una pianta micotrofica. Stabilisce fin
dalla germinazione un rapporto di simbiosi
micorrizica con miceti del genere Rhizoctonia
che perdura per l’intero ciclo vegetativo. Mostra
quindi di svilupparsi in modo parassitico
sul micelio micorrizico. La forma saprofitica
attribuita al genere Neottia viene quindi
considerata impropria (Scrugli A., 2009). È
impollinata da insetti, soprattutto da ditteri,
ma ricorre con frequenza all’autogamia.
In condizioni ambientali avverse è in grado
di riprodursi per autofecondazione fiorendo
e fruttificando al di sotto della superficie
del suolo. Si riproduce anche in forma vegetativa
dal rizoma, originando aggruppamenti di individui.
Fiorisce tra Maggio e Luglio.
Dato originale
Dato originale e bibliografico
MONTE AQUILONE (PERTICARA)
27 maggio 2010
SELVE DI ONFERNO (GEMMANO)
14 maggio 2011
CÀ ROMANO (PENNABILLI)
29 giugno 2012
VALLE PRENA (PENNABILLI)
2 giugno 2012
156 Listera ovata
MONTE FAGGETO (MONTEFIORE)
15 maggio 2009
(L.) R.Br. in W.T. Aiton 1813
Nome comune
Listera maggiore, Giglio verde
Basionimo
Ophrys ovata L. 1753
Sinonimi
Neottia ovata (L.) Bluff & Fingerh.
Etimologia
Il nome di specie si deve alla forma largamente
ovale delle foglie.
Distribuzione
Specie eurasiatica, diffusa nelle regioni a clima
temperato, meno comune in area mediterranea.
Nella penisola italiana si distribuisce
con frequenza sia a settentrione (anche in pianura
padana), che al Centro, in vari ambienti
della fascia collinare e montata, dal livello
del mare fin oltre i 2000 m. È presente
al meridione e nelle isole. In Emilia-Romagna
è ampiamente diffusa dalla bassa collina ai rilievi
maggiori, rara in pianura e lungo la costa.
In provincia di Pesaro e Urbino è considerata
comune, distribuita tra 150 m e 1100 m,
con maggiori concentrazioni tra 500 m e 900 m.
sono vistose, di forma ovata e con mucrone
terminale, inserite opposte nel terzo inferiore
del fusto. L’infiorescenza è allungata, con molti
piccoli fiori, fino a 80.
I sepali e i petali formano un casco lasso.
Il labello presenta lobi paralleli e arrotondati.
L’ovario è pubescente e peduncolato.
Nettarifera, è impollinata da numerose specie
di piccoli insetti, in particolare Ditteri, Imenotteri
e Coleotteri.
L’insetto, richiamato dal nettare, una volta
a contatto con il rostello, provoca la contrazione
di questo e il conseguente rilascio a scatto
dei pollinii, che aderiscono al capo del pronubo.
Si evidenzia quindi lo stigma, in grado di ricevere
il polline da un successivo insetto.
Fiorisce tra Maggio e Luglio.
Habitat e distribuzione locale
In Provincia di Rimini accresce la sua presenza
dalla media collina alla montagna, in ambienti
differenziati ma tendenzialmente freschi.
Non mostra selettività rispetto al substrato.
Si ritrova, anche con notevoli concentrazioni,
nei boschi misti mesofili, castagneti, cespuglieti,
pascoli e prati anche calanchivi, scarpate stradali,
rimboschimenti, cerrete e faggete.
Caratteri
Presenta un breve rizoma con molte radici
carnose. La specie non mostra una particolare
variabilità.
La pianta, alta fino a 60 cm, si presenta
integralmente di colore verde.
Il fusto è robusto, tomentoso nella parte
superiore. Le foglie, a coppia e subopposte,
Dato originale
Dato bibliografico
Dato originale e bibliografico
VALLE PRENA (PENNABILLI)
29 giugno 2010
TAUSANO (SAN LEO)
5 maggio 2010
158 Gli ibridi
Presentazione
Nel corso della ricerca sulla presenza
e distribuzione della Famiglia Orchidaceae
all’interno della Provincia di Rimini, sono stati
rinvenuti quattro ibridi interspecifici (originati
da specie diverse appartenenti allo stesso genere).
Neotinea x dietrichiana (Bogenh.)
H.Kretzschmar, Eccarius & H.Dietr. (Neotinea
ustulata x Neotinea tridentata).
Rinvenuto il 28 Maggio 2011 nell’alta valle
del Torrente Prena, affluente di destra
del Fiume Marecchia, a circa 1150 m,
nel comprensorio del Monte Carpegna,
in comune di Pennabilli. L’ambiente è costituito
da un prato-pascolo con radi arbusti, su calcare
e con scarso suolo, esposto a E. In zona
N. tridentata è molto comune, più rara N. ustulata.
Orchis x bergonii Tod. (Orchis anthropophora
x Orchis simia). Rinvenuto in località Serra
di Valpiano (Pennabilli) il 17 Maggio 2012,
a quota 900 m. Alcuni esemplari risultano
particolarmente vistosi per dimensioni,
per la notevole densità e intensità cromatica
dell’infiorescenza. Altri presentano minore
altezza, una infiorescenza breve e toni rosati.
Un nucleo di tali ibridi è presente lungo
il versante occidentale di un dosso di natura
calcarea, coperto da scarso suolo.
Le due specie parentali sono molto comuni
in zona. Un individuo isolato attribuibile
alla stessa forma ibrida è stato rinvenuto
in località San Lorenzo (Pennabilli) a quota 750
m, su un versante a esposizione calda,
in un contesto erbaceo-arbustivo termofilo
su substrato calcareo e modesto spessore
di suolo. Anche in questo caso sono presenti
in zona le specie parentali.
Orchis x angusticruris Fr.& Humn.
(Orchis simia x Orchis purpurea).
Rinvenuto a Montebello (Torriana), il 6 Maggio
2012. In questo caso O.simia, presente
ma non comune in zona, è incrociata
con O.purpurea, molto comune.
L’unico individuo osservato si trovava all’interno
di una boscaglia rada termofila con un denso
strato erbaceo, a esposizione NO, su substrato
calcareo e scarso suolo, a quota 400 m.
La stessa forma ibrida è stata rinvenuta
anche a Serra di Valpiano (Pennabilli),
il 6 Maggio 2012, nel medesimo sito
di Ophrys x bergonii.
Ophrys x enobarbia Del Prete & Tosi (Ophrys
bertolonii x Ophrys holoserica). Rinvenuto
presso Miratoio (Pennabilli), il 24 maggio 2012.
Un solo individuo su substrato arenaceo a quota
870 m, lungo un versante a esposizione SE.
Anche in questo caso sono presenti le specie
parentali. O.holoserica è qui presente
essenzialmente con la subsp. dinarica.
In termini generali al fenomeno dell’ibridazione
spontanea è stato attribuito nel tempo rilevanza
crescente in quanto è una delle modalità grazie
alla quale possono avere origine nuove specie.
Nelle Angiosperme tra il 50 % e il 70 % di nuove
specie si considerano originate mediante
questo processo. Altre modalità di speciazione,
di minore peso tra le Orchidaceae, rispetto
all’ibridazione, sono le mutazioni
e la ricombinazione genica. I due processi
agiscono sul corredo genetico dall’interno,
incentivati da fattori fisici e chimici esogeni.
L’ibridazione si verifica quando la fecondazione
avviene per opera di polline proveniente da
una specie diversa (ibridazione interspecifica)
o di specie diversa appartenente a un genere
diverso (ibridazione intergenerica); su questa
seconda modalità va precisato che in seguito
alle recenti nuove sistemazioni la formazione
di ibridi intergenerici è quantomai inconsueta.
Orchis x bergonii (Orchis simia x Orchis anthropophora),
Serra di Valpiano (PENNABILLI) - 17 maggio 2012
Orchis x bergonii (Orchis simia x Orchis anthropophora),
Serra di Valpiano (PENNABILLI) - 17 maggio 2012
Orchis x bergonii (Orchis simia x Orchis anthropophora),
Serra di Valpiano (Pennabilli) - 17 maggio 2012
160 Gli ibridi
Presentazione
Si ottengono nuove specie quando gli ibridi
sono in grado di riprodursi, ovvero sono fertili,
e quando si crano le condizioni biologiche
ed ecologiche perché non si verifichi reincrocio
con le specie di origine. Nella Famiglia Orchidaceae
il fenomeno ibridativo si manifesta
con notevole frequenza, testimonianza
di una plasticità genetica attiva e in grado
di dare origine a fenomeni evolutivi in tempi
relativamente brevi. Sono molti i generi
particolarmente attivi dal punto di vista
della capacità ibridativa.
Tra questi possiamo ricordare Orchis, Anacamptis,
Dactylorhiza e Ophrys. È stato verificato che
la specializzazione riproduttiva delle Ophrys,
riguardo agli insetti impollinatori in realtà
non è così esclusiva come si riteneva
per cui incroci interspecifici vengono riscontrati
ampiamente. Nel caso del territorio riminese,
al momento gli ibridi che interessano le specie
che rientrano nel genere Ophrys sono due su sette.
L’avanzamento delle conoscenze e l’affinamento
delle tecniche di laboratorio hanno consentito
negli ultimi decenni di specializzare l’approccio
degli studi di merito dal puro aspetto
morfologico a quello ben più efficace
di carattere cariologico e molecolare.
Una linea di ricerca tende a quantificare
la proporzione di DNA nell’ibrido rispetto
alle specie parentali. Ciò consente di accertare
se si tratta di un incrocio con un altro ibrido
o di un reincrocio con le specie parentali,
fenomeno noto come introgressione.
Lo sviluppo più recente degli studi citogenetici
ha riguardato i marcatori molecolari,
i quali hanno reso più agevole le ricerche
sui fenomeni ibridativi e introgressivi.
I marcatori nucleari sono stati poi utilizzati
per indagini a scala di popolazioni.
Orchis x angusticruris (Orchis simia x Orchis purpurea),
Serra di Valpiano (Pennabilli) - 6 maggio 2012
Orchis x angusticruris (Orchis simia x Orchis purpurea),
Montebello (Torriana) - 6 maggio 2012
Ophrys x enobarbia (Ophrys bertolonii x Ophrys
holoserica). Miratoio (Pennabilli), 24 maggio 2012
Gli studi sui marcatori sono in piena evoluzione
per cui sono prevedibili nuove e più incisive
procedure atte alla comprensione dei processi
alla base dei meccanismi di incrocio e di nuove
speciazioni.
162 Bibliografia e sitografia
Presentazione
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Pokorny. Decima edizione riveduta e accresciuta
dal prof. Oreste Mattirolo. Casa Editrice G.
Chiantone, Torino.
L’illustrazione di pag. 18 da:
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Società per gli Studi Naturalistici
della Romagna
Presentazione
ORCHIDEE
SPONTANEE
E PAESAGGIO VEGETALE
NELLA PROVINCIA DI RIMINI
L’autore, laureato in Scienze Biologiche, insegna discipline scientifiche a Rimini.
È membro della Società Botanica Italiana e della Società per gli Studi Naturalistici della Romagna.
Fa parte dell’Ass. WWF Rimini con funzione di referente tecnico dell’Oasi WWF “Cà Brigida”
di Verucchio. Ha collaborato alla istituzione del Museo del Territorio di Riccione e della Riserva
Naturale di Onferno. Ha pubblicato: Educare all’ambiente, Bergamo. 2002; Natura e Paesaggio
nella valle del Conca, Milano, 2002; L’Oasi WWF “Cà Brigida-Lascito Voltolini” e il territorio
verucchiese. Guida naturalistica, Rimini, 2002 (coord.); Flora e fauna del Comune di Rimini,
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Cà Brigida. Immagini per documentare la biodiversità. DVD, Rimini, 2010. Con Alessandrini A.,
Gubellini L. & Hofmann N., 2012. Alcune novità per la flora dell’Emilia-Romagna e della “Romagna
fitogeografica” in conseguenza del trasferimento dalle Marche di una parte della Valmarecchia.
Quad. Studi St. Nat. Romagna, 36.
Il volume presenta gli esiti di una ricerca condotta nell’ambito delle attività dell’Associazione
WWF di Rimini, in collaborazione con l’Assessorato all’Ambiente, Energia e Politiche per lo
Sviluppo Sostenibile della Provincia di Rimini. Sono stati censiti i taxa appartenenti alla Famiglia
Orchidaceae all’interno del territorio della Provincia di Rimini tra il 2008 e il 2012. I dati rilevati
sul campo e quelli desunti dalla bibliografia sono stati utilizzati per la redazione di schede e carte
della distribuzione. Sono state censite 41 specie appartenenti a 16 generi e quattro forme ibride.
Introducono il volume i capitoli riguardanti il mito legato alle orchidee, l’inquadramento geografico,
il paesaggio geologico e le forme fisiche della provincia di Rimini, il clima e il bioclima, il paesaggio
vegetale e le orchidee, la storia delle ricerche orchidologiche, la metodologia condotta durante
il censimento. Le foto sono dell’autore salvo diversa indicazione.
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orchidee del Riminese - Provincia di Rimini