Loris Bagli ORCHIDEE SPONTANEE E PAESAGGIO VEGETALE NELLA PROVINCIA DI RIMINI Distribuzione e iconografia Distribuzione, habitat e caratteri di 41 specie 2 Colophon Loris Bagli ORCHIDEE SPONTANEE E PAESAGGIO VEGETALE NELLA PROVINCIA DI RIMINI Distribuzione e iconografia © 2013 Provincia di Rimini e Ass. WWF onlus Rimini Assessorato all’Ambiente e alle Politiche per lo Sviluppo Sostenibile Ass. WWF Rimini onlus Oasi Cà Brigida Biblioteca WWF Rimini “Bruno Marabini” Fotografie copertina e interno Loris Bagli Testi Loris Bagli Altre referenze fotografiche Alessandro Alessandrini, pp. 119, 121 Elisa Casadei, p. 123 (in basso a sinistra); p. 89 (in basso a destra) Leonardo Forbicioni, p. 83 (in basso a destra) GEV Rimini, pp. 97, 127 (in alto; in basso al centro) Jan Marten Ivo Klaver, pp. 150, 151, 153 Danila Masini p. 89 (in alto) Simone Morolli, p. 88 Giuliano Salvai, p. 83 (in alto) Citazione consigliata Bagli L., 2013. Orchidee spontanee e paesaggio vegetale nella provincia di Rimini. Provincia di Rimini, Ass. WWF Rimini, La Pieve Editore Verucchio. Progetto grafico Handydandy - www.handydandy.it Stampa La Pieve Poligrafica Editore - www.lapievepoligrafica.it Finito di stampare nel mese di Novembre 2013 CREDITI Il curatore della ricerca e del volume ringrazia per la loro fattiva collaborazione: Alessandro Alessandrini, dell’Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna (Bologna), per la costante e gentile disponibilità, per la lettura critica del lavoro e per avermi concesso le immagini di Ophrys speculum e Ophrys bombyliflora. Stefania Sabba, Assessore all’Ambiente, Energia e Politiche per lo sviluppo sostenibile della Provincia di Rimini; Viviana De Podestà, già dirigente del Servizio Politiche Ambientali della Provincia di Rimini e Francesco Bosco, attuale dirigente del Servizio, per aver sostenuto il progetto con il finanziamento della presente pubblicazione. Massimo Nicolò e Gabriele Sartini, del Servizio Sistema Informativo Territoriale Urbanistico Ambientale e Cartografia digitale della Provincia di Rimini (SITUA), per la produzione delle mappe di distribuzione delle specie. Il direttore dell’Ente Parco Naturale del Sasso Simone e Simoncello (PU), e in particolare Silvia Soragna, responsabile settore tecnico, per aver consentito la consultazione della “Cartografia floristica del Parco Naturale del Sasso Simone e Simoncello”. Jan Marten Ivo Klaver, per il proficuo scambio di informazioni che riguardano l’alta valle del Marecchia e per avermi gentilmente concesso le foto di Epipactis purpurata. Carlo Belluomini, ex presidente dell’Associazione WWF Rimini e Antonio Cianciosi, attuale presidente, per aver sostenuto il progetto di ricerca. Il corpo delle Guardie Ecologiche Volontarie della Provincia di Rimini e in particolare Luca Montanari, presidente dal 2008 al 2011, coordinatore dei rilevatori che hanno collaborato al progetto di ricerca fornendo dati e immagini. Simona Casavecchia del Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali dell’Università Politecnica delle Marche di Ancona, per le informazioni riguardanti il territorio di Pennabilli. Leonardo Forbicioni e Giuliano Salvai per aver concesso le immagini di Orchis pauciflora. Massimo Fucci dell’agenzia di comunicazione Handydandy per la disponibilità e professionalità profusa nella realizzazione grafica del volume. Seguono i nominativi di coloro che hanno collaborato alla ricerca mediante segnalazioni e documentazione fotografica. I componenti delle Guardie Ecologiche Volontarie della Provincia di Rimini: Luca Montanari, Marina Barbanti, Sonia Bellucci, Giovanna Beltrammi, Giancarlo Campana, Elisa Casadei, Cristina Castellani, Giancarlo Castellani, Cerillo Ferdinando, Daniele D’Asaro, Gilberto Degli Innocenti, Pier Giorgio Della Pasqua, Benedetta Leoni, Sergio Morri, Mariuccia Piccolo, Raffaella Pozzi, Roberto Romani, Carmen Semprini, Bruno Sergiani. Ad Alberto Giorgi va il mio particolare ringraziamento per le segnalazioni puntuali e documentate riguardanti il territorio di Mondaino; a Simone Morolli, del Centro Naturalistico Valconca di San Giovanni in M. (RN), per le segnalazioni riferite in particolare alla Valle del Conca. A titolo personale hanno inoltre contribuito: Renzo Bagli, Maurizio Berardi, Teresa Bertozzi, Patrizia Biagianti, Raffaella Bonatta, Manuel Bruschi, Lino Casini, Laura Gabrielli, Natalino Gasparini, Lorenzo Fabbri, Pietro Paolo Maiani, Claudio Papini, Paolo Saponi, Stefano Tosi, Claudio Urbinati. Ophrys bertolonii Torriana (RN), 13 maggio 2010 4 Indice Schede 06 Presentazione Stefania Sabba Assessore Alta Valmarecchia, Ambiente, Energia e Politiche per lo sviluppo sostenibile Provincia di Rimini 12 Perché le orchidee 22 Il territorio della provincia 62 Genere Platanthera 07 Antonio Cianciosi Presidente Associazione WWF Provincia di Rimini 26 Clima e bioclima 62 Platanthera bifolia 64 Platanthera chlorantha 08 Fabio Semprini Presidente Associazione per gli Studi Naturalistici della Romagna 09 Luca Montanari Ex Coordinatore Guardie Ecologiche Volontarie Provincia di Rimini 10 Prefazione Alessandro Alessandrini IBC Regione Emilia-Romagna, Bologna 14 Origine, mito, scienza e usi pratici 60 Genere Spiranthes 108 Genere Serapias 60 Spiranthes spiralis 108 Serapias lingua 110 Serapias vomeracea subsp. vomeracea 30 Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee 50 Le conoscenze orchidologiche 54 Il censimento, obiettivi e metodologia 58 Le schede 162 Bibliografia e sitografia 66 Genere Gymnadenia 66 Gymnadenia conopsea 68 Genere Coeloglossum 112 Genere Ophrys 112 Ophrys fusca 114 Ophrys insectifera 116 Ophrys speculum 118 Ophrys bombyliflora 120 Ophrys apifera 122 Ophrys bertolonii subsp. bertolonii 124 Ophrys holoserica 128 Ophrys sphegodes 68 Coeloglossum viride 130 Genere Cephalanthera 70 Genere Dactylorhiza 70 Dactylorhiza sambucina 72 Dactylorhiza maculata 76 Genere Orchis 76 Orchis anthropophora 78 Orchis mascula subsp. mascula 80 Orchis pauciflora 82 Orchis provincialis 84 Orchis purpurea 88 Orchis simia 92 Genere Anacamptis 92 94 96 98 Anacamptis coriophora Anacamptis laxiflora Anacamptis morio Anacamptis pyramidalis 102 Genere Neotinea 102 Neotinea tridentata 104 Neotinea ustulata 106 Genere Himantoglossum 106 Himantoglossum adriaticum 130 Cephalanthera damasonium 132 Cephalanthera longifolia 134 Cephalanthera rubra 136 Genere Epipactis 136 Epipactis helleborine subsp. helleborine 140 Epipactis microphylla 142 Epipactis muelleri 146 Epipactis palustris 148 Epipactis purpurata 152 Genere Limodorum 152 Limodorum abortivum 154 Genere Neottia 154 Neottia nidus-avis 156 Genere Listera 156 Listera ovata 158 Gli ibridi 6 Neotinea ustulata (L.) R.M.Bateman, Pridgeon & M.W.Chase 1997 Presentazione La Provincia di Rimini ha promosso e sostenuto, negli ultimi anni, numerosi progetti di studio volti al miglioramento delle conoscenze delle diverse componenti della biodiversità. L’operazione ha lo scopo di arricchire e completare il quadro conoscitivo degli aspetti naturali del territorio con informazioni di dettaglio, indispensabili per adempiere ai doveri istituzionali di tutela e corretto uso delle risorse naturali. L’Amministrazione provinciale è consapevole della grande ricchezza e varietà del patrimonio ambientale presente all’interno dei suoi confini soprattutto dopo l’annessione dei Comuni dell’Alta Valmarecchia, in occasione della quale vaste porzioni di territorio collinare e montano si sono aggiunte al Riminese, incrementando la bellezza e la varietà dei paesaggi e la diversità degli ecosistemi. È nell’ambito di questa attività che sono state prodotte, da diversi servizi della Provincia di Rimini, pubblicazioni come l’Atlante dei Vertebrati, la Carta Ittica, la Guida al riconoscimento dei fiori spontanei protetti. Per contribuire al completamento del quadro conoscitivo sulle risorse naturali del territorio provinciale ecco, giunto alle stampe, l’attesissimo volume sulle Orchidee spontanee. Le Orchidee, con le loro 25.000 specie, rappresentano una delle più vaste famiglie di vegetali. Sono presenti ai tropici come piante epifite dai grandi e vistosi fiori (crescono appoggiandosi ai rami delle chiome degli alberi) e nelle zone temperate, come piante terrestri, più modeste nella forma ma non meno belle ed interessanti. Le forme e i colori dei loro i fiori sono molteplici e dipendono per gran parte dalle peculiari modalità di impollinazione, strettamente legata a certi gruppi di insetti (api e farfalle). Il tipo di impollinazione ha determinato nel tempo l’evoluzione delle forme e dei meccanismi di attrazione, caratteristiche che rendono oggi le Orchidee così interessanti ed attraenti. Sono però piante molto vulnerabili, come del resto lo sono gli habitat nei quali vivono: inquinamento, degrado, sottrazione dell’habitat, esplosione demografica del cinghiale e raccolta diretta dei fiori sono solo alcune delle cause di rarefazione Presentazione e di scomparsa di molte specie da ampi territori. Per contrastare alcuni fattori di minaccia la Regione Emilia Romagna, con la legge regionale n.2 del 24 gennaio 1977, ha tutelato integralmente, tutte le specie della famiglia. La presenza e la distribuzione geografica ed ecologica delle Orchidee nel territorio provinciale è stata dunque indagata, con una ricerca pluriennale, dal Dott. Loris Bagli, insegnante di scienze e botanico, il quale, con l’ausilio delle Guardie Ecologiche Volontarie, ha pazientemente percorso i diversi ambienti del Riminese per ottenere lo status delle diverse specie. Ritengo che le preziose informazioni ricavate e contenute ora nel presente volume, oltre ad arricchire il patrimonio di conoscenze naturalistiche legate al territorio, siano necessarie per intraprendere azioni mirate di conservazione e di oculata gestione delle risorse naturali. Mi auguro che la lettura e l’uso del presente volume possa contribuire ad accrescere l’attenzione verso questi straordinari rappresentanti del mondo vegetale ma anche verso il più vasto tema della conservazione e dell’incremento della biodiversità, una delle sfide più impegnative ed ambiziose delle società dei nostri giorni. Stefania Sabba Assessore Alta Valmarecchia, Ambiente, Energia e Politiche per lo Sviluppo Sostenibile Provincia di Rimini Preservare il patrimonio naturalistico è uno dei maggiori impegni del WWF. Un obiettivo che è possibile raggiungere grazie al grande lavoro di documentazione svolto soprattutto da volontari. Per merito di queste persone il WWF ha raccolto una quantità ricchissima di informazioni naturalistiche. Materiale estremamente prezioso poiché apre scenari nuovi e imprevedibili anche sul nostro territorio, nonostante l’entroterra riminese risenta pesantemente dell’intensa attività umana. Per me è un grande onore presentare questo lavoro letterario di Loris Bagli, che oltre ad essere un amico è un esperto botanico, naturalista e grande conoscitore del territorio. Loris Bagli da moltissimi anni si dedica con passione alla ricerca e allo studio della flora spontanea e in particolar modo delle orchidee presenti nel territorio della provincia di Rimini. Questo libro non è altro che la trasposizione su carta della grande passione che Loris Bagli ha nei confronti di questi affascinanti e meravigliosi gioielli creati dalla natura. Le orchidee, seppur più piccole di quelle tropicali, osservate da vicino svelano una complessità e un fascino tutto particolare. È innegabile che queste piante costituiscano un prezioso patrimonio botanico del nostro territorio. Questo magnifico volume racchiude nelle sue pagine la sintesi della bellezza che la natura riesce a regalarci; le stupende foto realizzate dallo stesso autore e i testi contenuti in questa opera, trasmettono l’immensa soddisfazione e l’emozione che Loris Bagli prova per le sue scoperte. Un microcosmo attraente fatto di colori, forme, ma anche di notevoli strategie riproduttive e d’interazione con il mondo degli insetti e altri organismi per consentire la continuazione delle specie. Questo libro è frutto di cinque anni di lavoro, letteralmente “sul campo”, un’esplorazione svolta nei primi tre anni nelle aree dei comuni costieri e collinari dell’originario perimetro della provincia di Rimini, per estendersi negli ultimi due, anche al territorio dell’alta Valmarecchia, già pertinenza della provincia di Pesaro-Urbino. Tutte le specie di orchidee sono tutelate da normative internazionali, europee e regionali. Queste piante godono di provvedimenti di tutela che purtroppo non ne garantiscono una reale salvaguardia. Avere elementi puntuali sulla diffusione delle orchidee spontanee nel territorio provinciale riminese consente di valorizzare la biodiversità nel suo insieme, preservare gli ecosistemi e porre le basi per un piano di tutela integrale degli ambiti di maggiore valore naturalistico. Sono certo che il libro consentirà di ampliare la conoscenza dei nostri beni naturali e promuovere un approccio vero e consapevole alla tutela, in sintonia con la natura e il territorio. Antonio Cianciosi Presidente WWF Rimini 8 Presentazione Presentazione È con grande piacere che raccolgo l’invito dell’amico Loris Bagli per una succinta presentazione di questo bel volume sulle orchidee del Riminese, soprattutto perché lo si può inserire a pieno titolo nel novero delle ricerche che la Società per gli Studi Naturalistici della Romagna promuove da più di un venticinquennio sul nostro territorio. Fra i primi scopi statutari del nostro sodalizio viene infatti la divulgazione e la sensibilizzazione per la salvaguardia del patrimonio naturalistico in generale e di quello romagnolo in particolare e qui siamo davanti ad una strumento che centra entrambi gli obiettivi, tenuto conto che le orchidee spontanee sono piante protette dalla Legge Regionale. Ma oltre al naturale compiacimento per l’opera di divulgazione e di sensibilizzazione che questo lavoro comporta mi preme sottolineare come la ricerca qui pubblicata vada a colmare una avvertita lacuna nelle nostre conoscenze floristiche. Mi riferisco soprattutto al censimento della flora protetta intrapreso dal WWF di Bologna negli anni ‘80-’90. All’epoca mi trovai a coordinare le ricerche nel territorio romagnolo e ci accorgemmo ben presto che la zona riminese era quella dove erano più carenti i dati storici e, per ragioni fortuite, scarseggiavano i “volontari” residenti. Nonostante quindi le escursioni organizzate appositamente per ovviare alla situazione, tutta la zona collinare a sud di Rimini e più ancora quella della cosiddetta collina litoranea rimasero scarse di dati. Ringrazio quindi l’autore che ha intelligentemente intrapreso il lavoro di ricerca e il WWF locale che si è fatto carico della sua pubblicazione. Con il censimento delle orchidee spontanee della Provincia di Rimini le Guardie Ecologiche Volontarie hanno avuto la grande opportunità di contribuire, una volta di più, alla tutela e alla salvaguardia della flora protetta e della biodiversità del nostro territorio. Il progetto di censimento, voluto e organizzato dal Prof. Loris Bagli del WWF di Rimini, ci ha messo nelle condizioni di sviluppare al meglio e con passione quelle tematiche ambientali che da sempre sono parte integrante e specifica delle attività di volontariato dell’associazione stessa. La presenza e la conseguente conoscenza delle orchidee selvatiche che ricordiamo fanno parte della flora spontanea protetta, e di altre entità botaniche, in un contesto territoriale come il nostro, arricchiscono e valorizzano la consapevolezza che una giusta cultura ambientalista, associata ad una attenta opera di vigilanza sui disturbi e le minacce incombenti, contribuiscono al sostenibile sviluppo del nostro patrimonio naturale. È un equilibrio che va monitorato e controllato, che unisce a sé insetti, animali e piante, in una catena di associazioni naturali e di biodiversità che vanno mantenute il più possibile integre. E poi esiste l’aspetto estetico e piacevole del fiore: le orchidee spontanee sono belle e particolari, ogni specie assume caratteristiche uniche e curiose, crescono e vivono in ambienti diversi, lungo i margini delle strade, nei prati, lungo fiumi e torrenti, in boschi, monti e colline, ed anche in alcuni centri urbani. È bello e stimolante cercarle, trovare specie rare o poco conosciute, fotografarle, condividerne la ricerca e la scoperta. È curioso conversare e argomentare sull’etimologia dei nomi associati, volgari e scientifici. È curioso scoprirne gli “inganni”: sembra un calabrone, un ragno, una vespa, un’ape... una lingua o uno specchio! È per questo, e tanto altro, che durante quei mesi primaverili ed estivi ci aiutano a vivere meglio. Le GEV della Provincia di Rimini nascono di fatto nel 1987. La Legge Regionale n. 23 del 1989 conia per la prima volta il nome di Guardie Ecologiche Volontarie. Fabio Semprini Presidente della Società per gli Studi Naturalistici della Romagna Dal quel momento i volontari, dotati di Decreto Prefettizio di guardia giurata particolare, assumono un “potere di accertamento”, su illeciti amministrativi, che spazia attraverso le più importanti tematiche di tutela ambientale. Le GEV sono organizzate in gruppi di lavoro: vigilanza ambientale, vigilanza venatoria, educazione ambientale nelle scuole, censimento arboreo, protezione civile, e negli ultimi quattro anni si è costituito anche un gruppo sul censimento della flora spontanea protetta, che non mancherà di fornire il suo contributo anche per i progetti futuri di controllo e monitoraggio. Un ringraziamento particolare va a tutti quei volontari e soci GEV che hanno sostenuto questo progetto, giunto a compimento, con le loro disponibilità, passioni e conoscenze. Luca Montanari Responsabile Guardie Ecologiche Volontarie Rimini 2008-2011 e coordinatore dei rilevatori GEV 10 Neotinea ustulata (L.) R.M.Bateman, Pridgeon & M.W.Chase 1997 Prefazione Le Orchidee costituiscono una famiglia botanica molto caratterizzata e ricchissima di specie che vivono in quasi tutto il pianeta e in quasi tutti gli ambienti. La percezione più diffusa associa a questo termine quei fiori grandi, vistosi, di forme singolari e che occupano un posto d’onore nelle vetrine dei fioristi o allevate e riprodotte in serra da appassionati collezionisti. Quelle Orchidee sono nella maggior parte ibridi artificiali e comunque derivano da forme che non vivono nei nostri territori, ma provengono dalle zone tropicali ed equatoriali. Sono spesso piante epifite, che cioè vivono appoggiate agli alberi della foresta pluviale, anche a grande altezza e del tutto svincolate dal suolo. Le Orchidee nostrane si presentano invece in modo molto diverso; affondano le proprie radici nel terreno, producono fiori di dimensioni non particolarmente grandi e occorre un pò di attenzione per poterle individuare. Ma anche le nostre Orchidee sono molto belle. Nei decenni più recenti queste piante hanno attirato l’attenzione non solo degli studiosi, ma di un pubblico più ampio di appassionati. La pubblicistica sull’argomento è molto ricca e sono sorte riviste che trattano esclusivamente innumerevoli aspetti di questa affascinante famiglia botanica. L’Italia è il “giardino d’Europa”; questa definizione, negli ultimi decenni un po’ appannata, prende origine dalla grandissima ricchezza della flora che vive nel territorio italiano, grazie alla sua elevatissima diversità ambientale e a condizioni climatiche che favoriscono la vita di un gran numero di viventi sia animali che vegetali. Le Orchidee non fanno eccezione, tanto è vero che in Italia sono note più di cento specie diverse. Questa stima non tiene conto delle grandi Isole che a loro volta possiedono una flora molto ricca e in più caratterizzata da non poche endemiche. Le opinioni sul numero di entità presenti differiscono a seconda del valore che viene dato alle diverse forme. Chi pensa che le conoscenze sul patrimonio biologico siano concluse e definitive sarà sopreso leggendo che esistono opinioni diverse addirittura sul numero di specie presenti. Tuttavia siamo ben lontani da una conoscenza esauriente sulla sistematica del nostro patrimonio biologico e le Orchidee sono una evidente testimonianza di quanto il mondo che ci circonda sia ancora da conoscere. Alcuni generi come ad esempio Ophrys o Epipactis sono oggetto di approfondimenti continui, che danno luogo al rinvenimento e alla descrizione di entità nuove (a volte di riconoscimento assai problematico). Va accennato anche il fatto che i confini genetici tra le diverse specie sono spesso poco netti e che ciò rende possibile la formazione di ibridi che arricchiscono ancor di più la diversità e che possono aprire la strada alla formazione di nuove specie. È bene sottolineare che comportamenti come questi (instabilità sistematica, produzione di ibridi) sono ampiamente diffusi anche in molte altre famiglie botaniche; tuttavia nelle Orchidee sono particolarmente evidenti anche grazie al gran numero di studiosi che hanno concentrato l’attenzione su questi organismi. Tra questi va ricordato Charles Darwin, lo scopritore dell’evoluzione biologica. Un suo lavoro pubblicato nel 1862 e frutto di osservazioni approfondite è dedicato proprio ai rapporti tra insetti impollinatori e orchidee. Esso costituisce una prima dimostrazione di quanto sia potente la selezione naturale e di come questa agisca attraverso complesse e reciproche relazioni evolutive tra le orchidee e gli insetti impollinatori. Avvicinandosi agli specifici contenuti di questo volume, va premesso che in tempi relativamente recenti i confini amministrativi del Riminese sono stati ampliati notevolmente, andando a comprendere territori che in precedenza appartenevano alla Provincia di Pesaro e Urbino. Questo cambiamento ha richiesto ulteriori esplorazioni e ha prodotto un sensibile incremento sia delle specie presenti che del numero di località di presenza. Allo stato attuale delle conoscenze è accertata la presenza, attuale o recente, di quarantuno orchidee diverse. Alcune sono relativamente frequenti, mentre altre sono rarissime o in forte rarefazione. Alcune sono invece scomparse o non è stato possibile confermarne la presenza. Ancora una volta, va detto, le Orchidee seguono i destini del resto della flora presente nel territorio; i censimenti come questo sono utili perché permettono di comprendere quello che sta avvenendo nel territorio. Concentrando l’attenzione sulle specie in rarefazione, va sottolineato che queste sono spesso minacciate in modo diretto da alcune attività umane come in particolare l’edificazione e le alterazioni degli ambienti umidi. Ma minacce provengono anche da modifiche meno dirette, più graduali ma non per questo meno efficaci; in particolare l’ampliamento delle superfici forestate conseguente anche all’abbandono del pascolo o degli sfalci delle praterie causa dapprima la rarefazione e poi la scomparsa delle specie di prati. Più specifico è il fatto che gli apparati radicali sono particolarmente apprezzati soprattutto dai cinghiali che costituiscono un fattore di minaccia molto serio sia per le Orchidee che in generale per i vegetali con bulbi, tuberi e rizomi. Le Orchidee quindi possono essere utilizzate anche come “indicatori ambientali” e lo studio della loro presenza e dei cambiamenti nel tempo può fornire dati sintetici sulle condizioni dell’ambiente e su come queste vengano a modificarsi. La flora del Riminese non è stata per ora indagata in modo specifico come invece meriterebbe; viene a trovarsi ai margini tra aree esplorate da due grandi naturalisti: Pietro Zangheri, romagnolo di Forlì che lasciò le sue raccolte al Museo di Storia Naturale di Verona, e Aldo Brilli-Cattarini fondatore del Centro Ricerche Floristiche di Pesaro. Entrambi questi studiosi, pur nella diversità delle loro opinioni, riconoscevano al Riminese e in particolare alla Valle del Marecchia un ruolo di confine biogeografico nel quale molte specie mediterranee trovano il limite settentrionale della loro distribuzione.Studi recenti hanno più che confermato questa caratteristica, sottolineando anche quanto questi territori siano ricchi e importanti per il loro contenuto naturalistico. La ricchezza della flora è conseguenza della diversità ambientale; nel Riminese sono infatti rappresentati quasi tutti i principali tipi di habitat: fiumi, boschi, prati, rupi e moltissimi ambienti di passaggio dove spesso si concentra maggiormente la diversità biologica. Questa ricchezza viene esaltata dalla posizione biogeografica e bioclimatica cui si accennava. Lo studio che viene qui presentato concretizza una modalità di analisi che potrebbe e dovrebbe essere esteso a tutta la flora o perlomeno a quella di maggiore importanza biogeografica e conservazionistica. Dobbiamo quindi la massima riconoscenza a Loris Bagli e al suo pluriennale impegno, a tutti coloro che l’hanno aiutato per conseguire questo risultato e alla Provincia di Rimini che ne ha reso possibile il consolidamento attraverso la pubblicazione di questo bel volume, che rende piena giustizia a un tema così suggestivo e affascinante. Quello che possiamo augurarci è che grazie a questo lavoro insieme a una migliore conoscenza del patrimonio naturale del Riminese si diffonda la consapevolezza di quanto sia importante la sua tutela. Alessandro Alessandrini Istututo per i Beni Culturali Regione Emilia-Romagna 12 Perché le orchidee L’interesse dello scrivente per le orchidee spontanee risale a tre decenni fa. Non è immediato precisare il motivo dell’attrazione che queste singolari piante esercitano su quanti, professionisti o dilettanti, operano nel campo della botanica. Esiste indubbiamente un fattore “primitivo” predisponente, insito in tutti coloro che si sentono coinvolti dall’universo naturale nelle sue infinite espressioni, in particolare dal mondo delle piante. Forme, colori e strategie riproduttive non sono però sufficienti a motivare un interesse specifico per le orchidee. Molte specie vegetali superiori competono con esse quanto a peculiarità morfologiche e “creatività” procreativa. Chi si avvicina a queste piante è senz’altro colpito dall’armonia talvolta inquietante del fiore, dalla evidente variabilità interna a specie e generi, dalla loro diffusione in contesti naturali intatti o, all’opposto, dalla capacità di colonizzare ambienti fortemente connotati dall’azione antropica. A individui minuscoli, spesso seminascosti dalla vegetazione, fanno da contraltare specie vistose che, per forme e variazioni cromatiche, richiamano le nobili e celebrate forme tropicali. E poi ancora la loro diversa associabilità, per cui a fronte di individui che tendono a isolarsi, altri contribuiscono a connotare determinati paesaggi vegetali con dense ed eterogenee comunità. La scoperta delle orchidee nel loro ambiente diviene per il naturalista un momento di emozione, accentuato dalla possibilità di imbattersi in ibridi tra specie, in forme teratologiche, i cosiddetti “lusus”, o variazioni cromatiche intraspecifiche che vanno dalla apocromia all’ipercromatismo. È poi frequente notare la piccola vita animale che gravita attorno ad esse: bruchi intenti a cibarsi di fiori o foglie, insetti che esplorano le piante o altri invertebrati, in particolare aracnidi, che tessono le loro tele e stazionano nelle parti sommitali per predare gli insetti che si avvicinano. Ciò che però costituisce motivo di particolare interesse nei confronti di questa famiglia botanica riguarda le notevoli strategie riproduttive poste in atto per la continuazione delle specie. Il legame con il mondo degli insetti impollinatori è spesso strettissimo e su un altro versante, altrettanto esclusivo è il rapporto con gli organismi di natura fungina che consentono la germinazione dei piccolissimi semi, rapporto che spesso perdura nella crescita in una forma di mutualismo. Piante apparentemente orgogliose e “diverse” nel loro presentarsi, ma profondamente legate, pena la loro scomparsa, ad altre forme viventi. Al termine, ma non ultima, una motivazione di tipo conservazionistico. La Famiglia Orchidaceae è protetta sul piano globale fin dal lontano 1973 mediante la Convenzione di Washington, nota come CITES. Con la Direttiva Habitat N.43 del 1992 la Comunità Europea ha posto sotto tutela quali habitat prioritari i siti a pascolo che presentano, alla lettera, “stupende fioriture di orchidee”. La Legge dell’Emila-Romagna N.2 del 1977 “Provvedimenti per la salvaguardia della flora regionale - istituzione di un fondo regionale per la conservazione della natura - disciplina della raccolta dei prodotti del sottobosco”, tutela tutte le specie che rientrano nella Famiglia Orchidaceae. Sappiamo però che le disposizioni normative come tali non assicurano la salvaguardia delle orchidee spontanee. Come per ogni altra espressione di biodiversità vegetale o animale, la conoscenza delle specie presenti e della loro distribuzione nel territorio costituisce la condizione primaria per ogni intervento di reale conservazione. La concreta protezione dei contesti ambientali che esprimono la maggiore ricchezza di specie ma anche dei siti che conservano singole specie rare o di particolare interesse biogeografico, diviene la forma irrinunciabile perché la conservazione di queste delicate espressioni della natura possa trovare solida attuazione. Loris Bagli Orchis simia San Leo, 30 aprile 2012 14 Origine, mito, scienza e usi pratici ORIGINE DELLE ORCHIDEE L’origine della famiglia Orchidaceae, che al momento conta oltre 800 generi e un numero di specie superiore a 20.000 (25.000 secondo la lista ufficiale dei Kew Gardens di Londra), distribuite su tutto il pianeta, è sempre stata molto dibattuta. Solo la famiglia Asteraceae precede le Orchidaceae in termini numerici. L’incertezza trova il suo motivo nella estrema rarità di resti fossili attribuibili a queste piante, determinata in primo luogo dalla delicatezza delle strutture fiorali che ostacolano la conservazione post-mortem e quindi la fossilizzazione. La distribuzione planetaria, le orchidee sono cosmopolite e ubiquitarie, unita a una sorprendente diversità, lasciano immaginare una origine antica. La carenza di campioni fossili e la specializzazione depongono al contrario per una origine recente. Non sono mancati negli ultimi decenni rinvenimenti utili a chiarire la questione. Uno di questi in particolare ha attirato l’attenzione degli specialisti. A partire dal 2005 è stata studiata un’ape fossile, Problebeia domenicana, inglobata nell’ambra di Santo Domingo risalente a 15-20 milioni di anni. Il rinvenimento è stato particolarmente fortunato in quanto l’ape reca sul dorso le masse polliniche dell’orchidea Meliorchis caribea. Ciò ha comportato notevoli conclusioni sull’origine delle orchidee. Il reperto dimostra indubbiamente la relazione tra la funzione impollinatrice dell’insetto e la specializzazione riproduttiva di queste piante. Santiago R. Ramírez e lo staff della Harvard University hanno pubblicato gli esiti della ricerca in un articolo su “Nature”. Gli studiosi hanno ricostruito l’albero della famiglia sulla base della sequenza del DNA estratto dai pollini, calcolandone l’età a partire dalla Meliorchis fossile. Le conclusioni asseriscono che il più antico antenato comune alle orchidee visse probabilmente tra 84 e 76 milioni di anni fa, precedentemente alla estinzione dei grandi rettili avvenuta tra il Cretaceo e il Terziario, circa 65 milioni di anni fa. Polline di Meliorchis caribea su ape Problebeia domenicana. Fossile in ambra di 15-20 milioni di anni. Santo Domingo, Repubblica Dominicana (www.orchids.it) DAL MITO ALLA SCIENZA Nell’antica Cina le testimonianze di interesse verso le orchidee risalgano alle prime dinastie, oltre 3000 anni fa. L’attenzione dei cinesi verso il mondo vegetale è ben nota nelle espressioni artistiche, dalla pittura alla porcellana. Le orchidee erano associate alle celebrazioni primaverili e utilizzate per scacciare gli influssi malefici. In particolare venivano usate contro la sterilità, come avvenne poi nel mondo occidentale. Le orchidee del genere Cymbidium, note in Europa a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, erano indicate con il termine “Lan”, dai molteplici significati, quali ”uomo forte”, “donna elegante” o “forte, virile e bello”. L’arte cinese e giapponese è ricorsa spesso a raffigurazioni di orchidee come forme iniziali di scrittura descrittiva. Un riferimento si trova in Confucio (551–479 a.C.): “Il sapere e la bontà degli uomini sono paragonabili alla fragranza che si coglie in una stanza piena di Lan”. Troviamo “Lan” anche nei testi medici. L’imperatore Sheng Nung indica le caratteristiche curative di Dendrobium. La letteratura giapponese riporta una cronaca della Casa imperiale. La Principessa Yohki-Hi, consorte dell’Imperatore Shi-Kotei, da anni non riusciva a dare un erede al trono. Essa venne inebriata con la fragranza di un Cymbidium ensifolium, con 13 steli fiorali. La principessa concepì presto il primo di 13 figli. Il primo organico trattato di coltivazione delle orchidee vede la luce nell’XI secolo, in Cina. Con un balzo temporale veniamo al mondo greco classico, culla della cultura occidentale. Ci troviamo in Epiro, una regione posta tra la Grecia nord-occidentale e l’Albania meridionale, più precisamente tra la Macedonia occidentale ed il Mare Ionio. Una leggenda racconta che a Orchide, un giovane bellissimo, all’inizio della sua adolescenza crebbero due vistosi seni. Egli perse l’identità sessuale, sentendosi a volte timido e schivo come una ninfa, a volte lussurioso come il dio Pan. Orchide era un androgino, tutti lo evitavano a causa della sua diversità. Preso dalla disperazione, Orchide si gettò da una rupe. Dal suo sangue disperso spuntarono presto dei fiori, diversi tra loro ma tutti accomunati dalla evidente e insolita sensualità delle loro parti, a volte riproducenti gli attributi della mascolinità, a volte l’intimità femminile. Fu dato loro il nome di orchidee. A tale leggenda si deve il fatto che gli efebi ateniesi incoronavano la fronte con le orchidee nel rivolgere le lodi agli dei dell’Olimpo. Ogni leggenda che si rispetti possiede però più versioni. Si tramanda ancora che per gli antichi Greci Orchide fosse un giovane bellissimo e assai focoso, figlio di una Ninfa e di un Satiro. Per aver osato insidiare una sacerdotessa del dio Dioniso subì la terribile punizione di essere dato in pasto alle belve feroci. Gli dei dell’Olimpo vollero però tramandare il ricordo della sua avvenenza, facendo nascere sui suoi resti una pianta esile e modesta che conservava il ricordo delle parti anatomiche maschili che erano state la causa della sua fine. I Greci chiamavano inoltre alcune orchidee kosmosàndalon, sandalo del mondo, a causa del labello tondeggiante che richiamava l’estremità di una piccola scarpa. Leggende e superstizioni popolari prendono puntualmente origine dal mito. Tra i medici e gli alchimisti dell’antichità classica, il mito Da Caruel, 1930 di Orchide ha dato corso a credenze che conferivano alle orchidee potenzialità afrodisiache e curative della sterilità femminile. Teofrasto di Ereso (371-287 a.C.), filosofo greco allievo di Platone e Aristotele, del quale fu successore, è considerato il più grande botanico dell’antichità. De historia plantarum, opera in cui egli classifica le piante in alberi, frutici, suffrutici ed erbe, può essere oggi definito il primo trattato di botanica farmaceutica. Lo studio delle piante, fin dai primordi e per lunghissimo tempo, ha avuto essenzialmente una connotazione officinale e terapeutica. Teofrasto tratta di alcune piante che presentavano due tubercoli rotondeggianti alla base delle radici. Dalla somiglianza con i testicoli umani, le chiamò “Orchis”. Il nome orchidea trova quindi fondamento 16 Origine, mito, scienza e usi pratici nelle applicazioni mediche dei tuberi radicali. Il folosofo precisa che il maggiore, assunto con latte di capra, incentiva le funzioni sessuali; il minore esercita una funzione opposta. Dioscoride (40-90 d.C. circa), medico greco vissuto a Roma, nell’opera De Materia Medica scende nei particolari descrivendo cinque specie di orchidee utili alla farmacopea. Rispetto a quanto affermato da Teofrasto, puntualizza che se è un uomo a cibarsi del bulbo più grande avrà un maschio. Una donna che consumerà il minore, darà vita a una femmina. Le orchidee offrono quindi un potente rimedio contro la sterilità. Nella sua opera si riscontra anche che i bulbi del Satyrium, orchidea così denominata perché immaginata cibo dei Satiri, una volta ingeriti con vino rosso risultano particolarmente afrodisiaci. Medici e alchimisti medievali hanno reiterato la tradizione classica legata alle capacità curative e stimolanti delle orchidee, attribuendo loro facoltà fecondatrici, secondo la nota teoria della “segnatura” o dei “segni”. Le forme, in questo caso di parti di piante, palesano le loro presunte proprietà terapeutiche. L’alchimista e medico Paracelso, vissuto tra il 1493 e il 1541, riteneva ad esempio che i tuberi delle orchidee che richiamano la forma dei testicoli, erano in grado di conferire maggiore virilità all’uomo, così come la linfa gialla delle piante era capace di curare l’itterizia e le foglie cuoriformi capaci di curare i problemi cardiaci. Il botanico e medico tedesco Leonhard Fuchs, da annoverare tra i principali rappresentanti del neo-galenismo e tra i fondatori della botanica tedesca, nel 1542 pubblica De Historia Stirpium commentarii insignes, un hortus pictus di piante medicinali all’interno della quale rappresenta undici specie di orchidee. Il suo nome è legato a Dactylorhiza fuchsii. Al tempo di Fuchs arrivarono in Europa le prime orchidee tropicali grazie allo spagnolo Francisco Hernandez. I nativi americani, in particolare gli Aztechi, conoscevano le orchidee del genere Vanilla, usata per creare bevande a base di caffè Da Hooker, 1878 e cacao. Ancora nel 1735, in Istoria delle piante che nascono né lidi intorno a Venezia,Gian Girolamo Zannichelli riporta integralmente la credenza per la quale “Le radici di tutte le spezie d’Orchide hanno virtù afrodisiaca, cioè sono proprie ad accrescere il seme, e a fortificare le parti della generazione”. Le forme evocative delle orchidee sono inoltre alla base di varie leggende popolari. Si narra di un monaco che trovò la morte in preda a sensi di colpa dopo aver seppellito il braccio di una statua miracolosa di Gesù Bambino del quale si era appropriato. In quel punto nacque una piantina che riportava nella radice la forma della mano di un bambino. Non manca una leggenda di lontanissima origine che riguarda Cypripedium calceolus, la Scarpetta di Venere, forse l’orchidea europea più nota, il cui nome è cristianizzato in “Pianella della Madonna”. Si dice che la dea Afrodite, Venere per i Romani, durante una tempesta perse un prezioso calzare. Prima di essere profanato dal mortale che lo ritrovò, il calzare prese la sembianza della nostra “Scarpetta di Venere”. È intuitivo che il fiore dell’orchidea richiama, con un pò di fantasia, la forma di una piccola calzatura. Ricordiamo infine che le orchidee compaiono spesso nelle formule magiche con i più vari e classici ingredienti del mondo arcaico del sortilegio e della negromanzia. Carl Nilsson Linnaeus, Carl von Linné, noto ai più come Linneo (Råshult, 23 Maggio 1707 - Uppsala, 10 Gennaio 1778), svedese, considerato il padre fondatore della moderna botanica, segnò un preciso spartiacque tra i secoli del mito e un nuovo approccio scientifico. Nel 1758 diede alle stampe Systema naturae, una catalogazione degli esseri viventi in cui venne introdotta la nomenclatura binomia. Ricorse al nome Orchis per indicare sia un Genere che l’intera Famiglia (Species Plantarum e Genera Plantarum). Nel mondo aglosassone l’interesse per le orchidee trovò presto terra fertile. Nel XIX secolo Charles Darwin fissa un punto fermo negli studi con “I diversi apparecchi col mezzo dei quali le orchidee vengono fecondate dagli insetti”. La traduzione italiana è del 1883, l’originale del 1862 (seconda edizione del 1877). Il suo lavoro venne seguito da una pletora di ricerche di altri studiosi. La Royal Horticultural Society inglese si pone in evidenza ancora oggi come principale istituzione attiva nella ricerca di nuove specie. Vennero introdotti nelle serre europee per primi i generi Cymbidium, Epidendrum, Phaius e Vanilla. Furono in primo luogo l’Inghilterra, e in seguito l’Olanda, a diffondere le orchidee tropicali nel mondo. Molte specie di orchidee portano il nome di ricercatori e appassionati del tempo. Ne sono esempi James Veitch da cui deriva il nome di Epiphronitis veitchii, e William Cattley, al quale John Lindley ha dedicato il genere Cattleya. USI PRATICI Le immagini delle orchidee sono legate a significati estetici e simbolici ed evocano le fitte foreste dei tropici. Meno noti sono gli impieghi pratici svincolati da miti e superstizioni. Una testimonianza a noi vicina, e per questo di specifico interesse, riguarda l’opera di Costanzo Felici, medico e botanico di Piobbico (1525 – Pesaro 1585), il quale ricorda nella sua dotta Lettera sulle insalate composta tra il 1565 e il 1572, che le foglie di alcune Orchis vengono utilizzate a scopo alimentare. Con evidenza, il riferimento si basa su una tradizione antica, ancorché marginale, di uso di tali piante come cibo. Dal XVI secolo ci portiamo a epoche più recenti. Carlo Berti Pichat, nel suo “Corso teorico e pratico di Agricoltura”, del 1867, cita espressamente le applicazioni alimentari delle orchidee, tradizione di origine mediterraneo orientale che sembra non trovi diffusione colturale in Italia: “Se ne contano molte specie e quasi tutte ponno dare il Salep, o Salap, o Salop che ci viene di Turchia. Le loro radici bulbose, le quali scotate in acqua e poi seccate, ovvero spogliate della buccia e poi seccate nella stufa, si fanno trasparenti, e danno gran nutrimento, il Dombasle insegnava si raccogliessero appena hanno cessato di fiorire, e come si dovessero preparare. Non so tuttavia se alcuno abbia intrapreso di coltivarle”. Pichat auspica che la loro coltivazione possa trovare un futuro “meritandolo la loro speciale qualità di prosperare ne’ luoghi alquanto ombrosi ed in mezzo ad altre erbe, mentre poi il Targioni non dubitava di dichiararle di grande utilità nelle carestie e nelle navigazioni”. Felice Cassone, medico, fornisce nella sua “Flora medico-farmaceutica” pubblicata nel 1852, trattando di Orchis morio (tomo VI), accurati dettagli a proposito del salep: “I bulbi dell’orchide si raccolgono alla fine dell’autunno dopo averli mondati e sottomessi per alcuni minuti all’azione dell’acqua bollente, si sospendono ad un filo e si espongono al sole ardente oppure in un forno per disseccarli. Egli è in tal guisa che si prepara il salep o salap di Persia che trovasi in commercio. Esso è in piccoli pezzi ovali di un colore giallo biancastro talvolta mezzo trasparenti, cornei durissimi inodorosi e dotati di un debole odore di un gusto somigliante a quello della gomma adagrante. Essi sono composti pressoché intieramente di materia fecolenta e conseguentemente assai propria a fare alcune pappe che sono in grandissima riputazione principalmente presso gli Orientali come analettici, vale a dire capaci di ristaurare le forze spossate. Geoffroy e Retzius ed altri autori di farmacologia raccolsero i bulbi di orchide che cuoprono le nostre praterie e le nostre montagne e diedero la maniera di preparare questi bulbi e renderli perfettamente identici 18 Origine, mito, scienza e usi pratici al salep degli Orientali. Perciò si trascelgono i più grossi bulbi, si nettano, si lasciano qualche tempo nell’acqua calda poi si portano sino all’ebollizione, si infilzano in fiscelle e si fanno seccare esponendoli ad un aria calda e secca. Così seccato il salep può essere ridotto in polvere che disciolta nell’acqua bollente forma una gelatina che si rende più gradevole coll’aggiunta dello zucchero e di diversi aromi. Dietro la grossolana analogia che credettero esserci tra questi bulbi ed i testicoli, li decantarono come afrodisiaci e come tale vuolsi sieno ritenuti in Oriente. Ma siccome questi popoli sogliono mescolare al salep varii aromi egli è piuttosto a questi che devesi attribuire la facoltà di eccitare gli organi genitali anziché al salep, il quale composto di fecola amilacea e di mucilaggine non può certamente esercitare una siffatta azione. Furono questi bulbi raccomandati nella gotta, nell epilessia, nelle palpitazioni di cuore, nella cura delle febbri etiche, nelle febbri nervose, nelle affezioni dei reni, della vescica e simili. Nessun fatto positivo però adducesi in prova di tutte queste virtù le quali avuto riguardo ai componenti del salep debbonsi tenere come immaginarie ed assurde. L’unica proprietà che puossi attribuire al salep è quella di servire di alimento come se ne servono gli Orientali, i Persiani ed i Turchi in specie”. Secondo l’autore sono utilizzabili per la produzione di salep anche l’Orchide militare, l’Orchide bruciata e l’Orchide robertiana. Vittorio Nigrisoli e il grande naturalista Pietro Zangheri, in Le piante medicinali della Romagna del 1935, includono le orchidee Orchis militaris, Orchis morio, Orchis mascula, Orchis purpurea, Ophrys arachnites, tra le specie di interesse officinale, attribuendo loro proprietà emollienti, astringenti e ricostituenti. Troviamo poi in Ostermann (1940) un riferimento all’uso di Orchis morio in Friuli. L’Autore riferisce che i decotti sono ritenuti potenti afrodisiaci. L’uso pratico delle orchidee spontanee è oggi fortunatamente solo un ricordo, scomparso dalle tradizioni locali e assente dai manuali erboristici moderni. A conferma degli Autori Preparato turco a base di salep e spezie (www.thedieline.com) Da Caruel, 1930 del XIX secolo, il Paese mediterraneo che tramanda ancora oggi l’impiego di certe orchidee, la citata Turchia, produce il salep a fini alimentari, per bevande e gelati. I preparati sono ritenuti da secoli un medicinale dall’azione ricostituente. Il vocabolo salep deriva dall’arabo sahlab, alterazione di khusa al thahlab, traducibile con “genitali di volpe”. Il salep viene ottenuto essenzialmente da Anacamptis morio, Orchis mascula, Orchis militaris, Neotinea ustulata, Anacamptis pyramidalis; secondariamente dai tuberi di Dactylorhiza maculata, Dactylorhiza incarnata e Gymnadenia conopsea. Ai tuberi, amarognoli e dall’odore sgradevole, estratti dopo il periodo di fioritura, viene asportato il rivestimento per essere essiccati e tostati. Dopo l’essiccatura si presentano minuti e leggerissimi, con un debole aroma. Vengono prodotte due varietà dette “salep di Germania” e “salep di Levante”. Oltre alle tradizionali applicazioni medioorientali, il salep è usato anche come appretto per tessuti e addensante per colori. Il prodotto ha raggiunto gli onori delle cronache quando il Corriere della Sera, nel 1993, ha denunciato il pericolo di estinzione corso da una rara orchidea in Turchia a causa di un gelato, il “salep dondurma”, ritenuto carico di virtù mediche e afrodisiache. Il gelato presenta un “ gusto di vaniglia e di burro di yak, un odore di pelo di capra e una consistenza cremosa e sorprendentemente gommosa, dovuta a una percentuale di mucillagine così alta che per degustarlo sono necessari il coltello e la forchetta, e può perfino essere utilizzato nella fabbricazione di corde”. Kahramanmaras, una città turca ai piedi dei monti Tauri nel sud-est della penisola anatolica, è il luogo di provenienza del gelato, originato forse casualmente da una bevanda ghiacciata a base di tuberi, zucchero, latte e cannella che porta lo stesso nome. La produzione di un chilo di salep richiede circa mille fiori. La grande richiesta minaccia la sopravvivenza delle orchidee per cui il governo turco ne ha vietato l’esportazione. Le orchidee legate alla produzione di salep sono oggi tutelate da leggi nazionali ed internazionali. Nello specifico, l’Unione Europea ha posto sotto tutela tutte le specie, per cui il commercio di salep è vietato. A fronte del consumo localizzato di salep, l’aroma più utilizzato al mondo in campo alimentare e industriale, la vaniglia, proviene dalle capsule di una orchidea del genere Vanilla. Delle almeno 110 specie che rientrano in questo genere, solo 15 producono frutti aromatici e solo tre hanno un interesse commerciale. Vanilla planifolia è di gran lunga la più importante. La possibilità di condurre oggi accurate ricerche di laboratorio ha consentito di isolare le sostanze presenti nelle orchidee, come riportato in Di Massimo e Di Massimo (2005). Gli elementi costitutivi sono vari. Mucillaggini, dalle proprietà emollienti e antiflogistiche, cumarina, appartenente a un gruppo di eterogenee molecole con attività farmacologiche e terapeutiche molto diverse, amido, proteine, lipidi e sali minerali. Possiamo quindi considerare non del tutto prive di fondamento le tradizioni popolari che associano a determinate orchidee proprietà medicinali. Ciò che non trova conferma scientifica è la millenaria credenza afrodisiaca e fecondativa, ancora oggi ben radicata in Oriente. L’interesse per lo studio delle orchidee spontanee è ampiamente accresciuto negli ultimi anni. Le orchidee esotiche hanno ottenuto un vasto successo di pubblico, sia per il loro effetto estetico e decorativo, con ampie ripercussioni commerciali, sia per una vera e propria passione per la loro coltivazione. Sono così sorte nuove tendenze, in verità solo formali in quanto sembra ripetersi un rituale dal sapore antico, in cui vengono recuperati elementi simbolici e applicativi di antica tradizione. Come esempio basti pensare che da determinate orchidee tropicali vengono oggi ricavate essenze ritenute in grado di interagire con i vari “chakra” superiori. Le orchidee epifite nientemeno vibrano all’interno della sfera angelica e stabiliscono il collegamento Cosmo-Uomo-Terra, mettendo l’uomo in contatto con i diversi livelli dell’amore cosmico. 20 Orchis mascula, Passo dei Ladri (Pennabilli), 6 Maggio 2011 Origine, mito, scienza e usi pratici Su un piano più prosaico, di alcune orchidee coltivate dalla olandese Koppert Cress, Dendrobium in particolare, vengono consumate le foglie al pari del radicchio o della cicoria. Vengono usate in alternativa per decorare piatti di classe da chef che cercano un tocco originale per la presentazione delle proprie “opere” gastronomiche o per aperitivi molto scenografici. Si chiamano “Karma” e sono l’ultima moda in fatto di alta cucina. Al di là di mode e tendenze contingenti, vogliamo esprimere la nostra propensione a considerare il mondo delle orchidee come espressione di una mirabile sintesi tra adattamenti morfologici ed ecologici e quella che ci appare nell’insieme una sorprendente manifestazione di armonia e bellezza. Bevanda turca a base di Salep (www.istanbulfoodbazaar.com) Disidratazione dei tuberi per la preparazione del salep (www.habercimiz.biz) 22 Il territorio della provincia La Provincia di Rimini è la più meridionale dell’EmiliaRomagna, con una superficie di 863,58 kmq e una popolazione di 329.970 abitanti al 31 Marzo 2011 (ISTAT), distribuiti in 27 comuni. La densità media è di 382,1 abitanti per km². L’altitudine raggiunge i 1375 metri s.l.m.. I limiti amministrativi sono a meridione con la provincia marchigiana di Pesaro e Urbino e con la Repubblica di San Marino, a settentrione con la provincia di ForlìCesena; a Ovest, lungo la catena appenninica, con la provincia toscana di Arezzo. A Est si affaccia sul Mare Adriatico, con la conurbazione costiera che unisce Cattolica con Bellaria per circa 30 km. La provincia di Rimini è stata istituita nel 1992, in seguito al distacco dalla provincia di Forlì. Nel 2009 ha inglobato sette comuni dell’Alta Valmarecchia: Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant’Agata Feltria e Talamello, in precedenza parte della provincia di Pesaro e Urbino. I comuni della Provincia di Rimini PROVINCIA DI RIMINI + SETTE COMUNI DELL’ALTA VALMARECCHIA - DATI AL 1-1 -2009 POPOLAZIONE RESIDENTE, SUPERFICIE TERRITORIALE, DENSITÀ ABITATIVA ED ALTITUDINE Comune BELLARIA IGEA MARINA CATTOLICA Superficie territoriale in kmq 18,23 Totale Densità abitativa Altitudine (metri s.l.m.) Residenti (abitanti per kmq) 1.028,02 0 - 16 18.744 6,10 2.730,5 0 - 42 16,668 CORIANO 46,85 208,7 12 - 251 9.779 GEMMANO 19,20 63,1 107 - 551 1.212 MISANO ADRIATICO 22,36 529,7 0 - 147 11.842 MONDAINO 19,79 73,9 81-421 1.462 MONTECOLOMBO 11,91 253,1 39 - 350 3.014 MONTEFIORE CONCA 22,42 95,2 75 - 480 2.134 MONTEGRIDOLFO 6,80 151,1 57 - 340 1.027 MONTESCUDO 19,98 155,5 60 - 474 3.106 MORCIANO DI ROMAGNA 5,40 1.239,5 40 - 130 6.698 POGGIO BERNI 11,89 280,3 44 - 201 3.334 RICCIONE 17,45 2.019,5 0 - 71 35.232 RIMINI 135,48 1.034,5 0 - 235 140.158 SALUDECIO 34,10 85,3 31 - 381 2-908 SAN CLEMENTE 20,77 229,3 35 - 232 4.762 SAN GIOVANNI IN MARIGNANO 21,25 418,1 10 - 148 8.884 SANTARCANGELO DI ROMAGNA 45,09 463,7 22 - 182 20.907 TORRIANO 23,24 61,7 78 - 455 1.433 VERUCCHIO 27,07 368,1 61 - 503 9.966 *CASTELDELCI 49,31 9,7 436 - 1355 476 *MAIOLO 24,22 34,7 212 - 950 841 *NOVAFELTRIA 41,98 174,2 164 - 883 7.312 *PENNABILLI 69,41 44,6 298 - 1375 3.098 *SAN LEO 53,32 57,0 122 - 787 3.041 *SANT’AGATA FELTRIA 79,67 29,1 174 - 961 2.316 *TALAMELLO 10,63 105,1 213 - 861 1.117 864, 08 372, 30 0 - 1375 321,471 TOTALE PROVINICA DI RIMINI Fonti: anagrafi comunali Elaborazione: UFFICIO STATISTICA - Provincia di Rimini *Comuni della provincia di Pesaro- Urbino che sono entrati a far parte della provincia di Rimini (Legge pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n.188 del 14 agosto 2009) L’Emilia-Romagna e la Provincia di Rimini Con il loro ingresso la superficie territoriale della Provincia di Rimini è passata dai 535,38 Kmq agli attuali 863,58, con un incremento di 328,20 Kmq. All’interno dell’alta valle, a cavallo del Marecchia, Santa Sofia e Ca’ Raffaello rientrano in un’isola amministrativa (esclave) della regione Toscana facente parte del Comune di Badia Tedalda. Dal punto di vista idrografico la provincia è percorsa da sette corsi d’acqua principali a carattere torrentizio. Da nord a sud: l’Uso, il Marecchia, l’Ausa, il Marano, il Conca, il Ventena e il Tavollo. Il maggiore è il Marecchia, l’antico Ariminus; nasce dal Monte Zucca, sull’Alpe della Luna (1263 m), in provincia di Arezzo, e scorre per circa 90 km sfociando nel Mare Adriatico presso la città di Rimini. Il suo bacino idrografico è di 462 Kmq. Il torrente Conca segue per importanza, origina a oltre 1200 m sul Monte Carpegna in provincia di Pesaro e Urbino (Marche), ha un corso di 47 km e sfocia in Adriatico tra Cattolica e Misano Adriatico. Provincia di Rimini (www.google.it/earth) I torrenti Ausa e Marano nascono nella Repubblica di San Marino. Non sono presenti laghi di rilievo ad eccezione dell’invaso artificiale del Conca, a monte del tracciato dell’autostrada A14, tra i comuni di Misano Adriatico e San Giovanni in Marignano. Il territorio provinciale è delimitato parzialmente a nord dalla provincia di Forlì-Cesena dal torrente Uso, e a sud dalla provincia di Pesaro-Urbino dal torrente Tavollo. Il sistema territoriale può essere suddiviso in una serie di settori morfologicamente e paesaggisticamente omogenei. Ad iniziare dall’area orientale prospiciente l’Adriatico, la lunga fascia rivierasca pianeggiante (spiaggia e retrospiaggia) è quasi completamente interessata dalla conurbazione che collega Bellaria a Cattolica. La città di Rimini ne rappresenta il fulcro urbanistico nonché un fondamentale incrocio di collegamenti viari in direzione delle direttrici costiere, a nord con la via Romea e a sud con la via Flaminia; con la pianura padana e il settentrione mediante la Via Emilia; 24 IlPresentazione territorio della provincia con la via Marecchiese, l’antico Iter arretinum, verso l’entroterra e la Toscana. La costa sabbiosa, un tempo ampia e provvista di apparati dunali, è oggi per lunghi tratti ristretta e conservata artificialmente a causa di incalzanti processi erosivi. La pianura padana trova il suo limite meridionale nell’angolo nord-occidentale della provincia, coincidente con i comuni di Bellaria-Igea Marina, Santarcangelo di Romagna, e un ampio settore del comune di Rimini. Il territorio pianeggiante era dedito principalmente all’agricoltura, oggi residuale a causa della espansione di insediamenti residenziali, produttivi e commerciali, infrastrutture stradali e ferroviarie (SS 9 Via Emilia, Autostrada A14, linea ferroviaria Bologna-Ancona e RiminiRavenna). L’estremo vertice padano, la bassa costa sabbiosa e i conoidi pianeggianti dei corsi d’acqua maggiori e minori che si alternano verso sud prolungando irregolarmente l’estensione padana, costituiscono i piedi del complesso collinare che interessa gran parte dei settori occidentale e meridionale della provincia. Con progressione moderata ma continua i sistemi collinari accrescono la loro importanza in direzione dell’entroterra, incisi dai sistemi fluviali. Le valli del Marecchia, del Conca e del Marano, le maggiori, alternate con valli minori, percorrono la fascia collinare dopo aver modellato i complessi montuosi interni. Una serie di colline alte sovrasta i deboli rilievi antistanti la costa, fino ad una altitudine indicativa di 800-900 metri di quota, inglobando localmente affioramenti gessosi. Gran parte della provincia è occupata dai terreni argillosi della Coltre alloctona, profondamente erosi da calanchi sovrastati dalle tipiche emergenze calcaree e arenacee che dominano la Valle del Marecchia medio-alta. Tra questi gli speroni di Torriana, Montebello, Saiano, Verucchio, San Leo, Pietracuta e il Monte Titano, attorno al quale è raccolta la Repubblica di San Marino. Di natura geologica diversa ma sempre legati alle vicende della Coltre alloctona, sono i macigni di Monte Pincio, Monte Perticara e Maioletto, nonché il comprensorio montano del Monte Carpegna e Monte Canale. L’alta valle del Marecchia si identifica con il settore montano della provincia. Le spettacolari sequenze sedimentarie autoctone della formazione Marnoso-arenacea connotano un paesaggio erto e boscoso, moderatamente popolato, dalle forme insediative antiche, con un assetto agrario tradizionale e ampie superfici a pascolo. La Valle del Marecchia da Torriana (RN) 26 Clima e bioclima* Il clima Il clima condiziona in modo determinante la distribuzione e le modalità di aggregazione delle piante. Dal generale al particolare è possibile distinguere tre piani climatici: il macroclima, il mesoclima e il microclima. La tipologia climatica che si manifesta su vasta scala, determinata da fattori geografici e fisici, è definita macroclima. Un esempio è il clima regionale mediterraneo. Il mesoclima o topoclima o clima locale è quella espressione del macroclima che si differenzia in conseguenza di fattori morfologici locali quali una vallata, l’esposizione dei versanti, la presenza di bacini marini o lacustri. Su macro e mesoclima incidono più gradienti quali la latitudine, la longitudine e l’altitudine. Il microclima trova espressione all’interno di ambienti circoscritti quali vallecole, il sottobosco, pareti rocciose, cavità carsiche, risorgenti, forre. Temperatura e precipitazioni sono i parametri prioritari per mezzo dei quali il clima viene classificato. In termini complessivi l’Italia rientra nel Domino Temperato Umido, frazionato in una Divisione Temperata e in una Mediterranea. Il territorio di nostro interesse è parte della Divisione Temperata. Sul piano macroclimatico il territorio provinciale viene inserito nella regione padano veneta, alto adriatica e peninsulare interna, caratterizzata da un clima temperato subcontinentale. Più precisamente interessa parte della pianura veneta, la pianura friulana, la fascia costiera dell’alto adriatico e la peninsulare interna con media annua da 10°C a 14°C; media del mese più freddo da -1 a 3.9°C; 2 mesi con temperatura > 20°C; escursione annua da 16 a 19°C. (www.ilpolline.it). Altri autori, opportunamente, indicano il clima costiero centro-settentrionale, influenzato direttamente dal mare, come “clima adriatico”, distinguendolo dal clima “temperato fresco continentale” della media montagna appenninica e alpina. (Accordi, Palmieri & Parotto, 1993). Pignatti (1995), fa rientrare la nostra area nella fascia di transizione tra la zona climatica centroeuropea, priva di aridità estiva, e la zona mediterranea, caratterizzata da aridità estiva. Il bioclima Un metodo utilizzato per individuare la tipologia climatica è quello definito da Walter e Lieth (1960), basato sul confronto tra l’andamento delle precipitazioni e quella delle temperature. Si individua un periodo arido o xerotermico, indice di un clima mediterraneo, nel caso in cui i due grafici su base annuale si intersechino. Ponendo a confronto i climatogrammi di Rimini, San Marino, Novafeltria e Carpegna (Biondi et al., 1995), si osserva che per Rimini i due andamenti mostrano un contatto privo di sovrapposizione e quindi di un vero periodo xerotermico. Le due linee per San Marino, Novafeltria e Carpegna si allontanano progressivamente, evidenziando un clima che dal carattere mediterraneo temperato si avvicina ad un clima sempre più vicino a quello temperato oceanico. Carta climatica d’Italia (www.forumeteo-emr.it) Quando il clima viene classificato in relazione alla composizione e distribuzione degli organismi viventi in un dato territorio si parla di bioclima; di fitoclima quando i dati climatici sono correlati allo studio della vegetazione. Possiamo avvalerci oggi di ricerche di grande interesse sul bioclima vegetale delle Marche e dell’Emilia-Romagna in quanto basati sul confronto tra dati floristici, vegetazionali e climatici. Ubaldi (1988; 1993) ha condotto ricerche sulla zonazione bioclimatica della vegetazione della provincia di Pesaro e Urbino. La quasi totalità del territorio, dal litorale fino ai 1.000 - 1200 m di altitudine, è inserito dall’Autore nella “Fascia supramediterranea”. Le aree collinari litoranee e sublitoranee rientrano a loro volta in una “Sottofascia calda”. Biondi et al. (1995) hanno pubblicato una ricerca sul fitoclima delle Marche che include l’alta e media valle del Marecchia, oggi in provincia di Rimini. Utilizzando i dati climatici riferiti alle stazioni meteorologiche di Rimini, San Marino, Novafeltria e Carpegna, i climatogrammi regionali di Walter e Lieth nonché i diagrammi del bilancio idrico di Thornthwaite, gli Autori propongono una classificazione in zone fitoclimatiche attraverso l’individuazione delle difficoltà incontrate dalla vegetazione nella stagione avversa (Biondi & Baldoni, 1994). A partire dalle carte tematiche relative alla distribuzione delle temperature medie delle minime di Gennaio e di Marzo, concludono che nelle Marche i bioclimi sono di tipo mediterraneo e temperato. A loro volta essi vengono suddivisi in “piani”. Al primo bioclima appartiene il piano mesomediterraneo che dal meridione si arresta in corrispondenza del Monte Conero. Il secondo viene suddiviso in più piani. Per estensione, la provincia riminese rientra, a partire dalla costa, nel piano collinare, subzona basso collinare e subzona alto collinare, (probabilmente confrontabili con i piani subumido e umido della classificazione di Rivas-Martinez), ai quali seguono all’interno un piano montano, distinto in basso montano e alto montano. Secondo Casavecchia (2011), il Parco del Sasso Simone e Simoncello che, ricordiamo, include il Monte Carpegna e il Monte Canale, parzialmente compresi in provincia di Rimini, rientra nel macrobioclima temperato, bioclima temperato oceanico della classificazione bioclimatica di Rivas-Martinez. Nel 1996 Ubaldi et al. hanno prodotto la “Carta fitoclimatica dell’Emilia-Romagna”, sulla base delle correlazioni tra parametri climatici e aree individuate secondo le loro espressioni vegetazionali (floristiche per le aree planiziali). La Carta fitoclimatica evidenzia una ripartizione del territorio che si basa sulla distribuzione delle tipologie vegetazionali in cui è stato individuato un determinismo climatico prevalente. La ricerca ha condotto a una classificazione in aree a significato geobotanico, denominate “Fasce di vegetazione” e “Zone di vegetazione”. Le prime descrivono il variare della vegetazione al variare del gradiente altitudinale, interessano la collina e la montagna e sono suddivise in Paesaggi fitoclimatici. Le seconde sono ripartizioni del solo territorio di pianura che descrivono il variare della vegetazione secondo un gradiente climatico orientato in senso O-NO; E-SE, che include gli estremi dell’EmiliaRomagna fino al Riminese. Il territorio riminese vede una doppia zonazione. Il comprensorio collinare è parte della “Fascia submediterranea calda” la quale, secondo gli Autori, deve essere considerata il protrarsi lungo il pedeappennino di una fascia costiera semimediterranea che proviene dalle Marche, ovvero dal centro-sud d’Italia. Questa fascia potrebbe collegarsi al piano collinare del bioclima temperato di Biondi et al. (1995) sopra ricordato. A partire dai dati fitosociologici le Fasce vengono suddivise in “Paesaggi fitoclimatici”, aree vegetazionali la cui composizione floristica risulta dalla interazione del gradiente altitudinale e geografico-climatico. L’intera prima collina Riminese, con limite nella valle dell’Uso, rientra nel “Paesaggio delle colline romagnole sublitoranee”, a rimarcare una maggiore caratterizzazione mediterranea della locale vegetazione rispetto ai “Paesaggi della Fascia submediterranea calda” posti a settentrione. 28 Il bioclima All’interno di tale Paesaggio la vegetazione boschiva climatico-zonale mostra una sensibile rappresentanza di specie floristiche mediterranee e termofile. Per quanto riguarda la pianura, dal Riminese, con limite Bellaria, al Modenese, la Carta fitoclimatica stabilisce una stretta fascia al piede delle colline, denominata “Zona B”. Qui mancano le più termofile tra le specie prese in considerazione, la temperatura media annua è tra 13 e 13,5°C, la media delle temperature minime di dicembre è tra 0 e 0,4°C, escursione termica annuale tra 20,5 e 21,8°C, media annua delle precipitazioni tra 760 e 800 mm, periodo di aridità critica tra Luglio e Agosto. Climatogrammi di: 1 Rimini 2 San Marino 3 Novafeltria 4 Carpegna secondo Walter e Lieth. I diagrammi riportano in ascissa i mesi dell’anno, in ordinata le temperature e precipitazioni medie mensili. Per la costa riminese il diagramma indica un clima temperato mediterraneo. Il diagrammi di San Marino, Novafeltria e Carpegna indicano un clima temperato, tendenzialmente oceanico nelle aree montane. 1 2 Bioclimates map Bioclimates Variants 3 * Vengono qui riprese nelle linee generali le voci Il clima e Il bioclima in Paesaggio vegetale e flora, Bagli L., 2008, dal volume: Casini L. & Gellini S. (a cura), Atlante dei Vertebrati tetrapodi della Provincia di Rimini, Provincia di Rimini, La Pieve, Villa V. (RN). Il testo è ampiamente modificato e integrato con elementi relativi al settore medio e alto della Valmarecchia, corrispondente ai comuni entrati in Provincia di Rimini nel 2009. (da Biondi et al., 1995) Bioclimates thresholds Ic Io Tp 4 Stralcio della Bioclimatics Map of Europe, Rivas-Martinez et al. 2004 (www-globalbioclimatics.org ) 30 Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee* Le forme fisiche costituiscono le strutture cardine del paesaggio. Si concretizzano nel variare delle altimetrie, nel gioco di piane e rilievi che disegnano costa, valli incise dai corsi d’acqua, colline e montagne con i loro versanti, crinali e sommità. La vegetazione spontanea è espressione delle forme di aggregazione delle piante, a sua volta risultante dinamica degli elementi abiotici e biotici dell’ecosistema e degli interventi umani che ne hanno condizionato da millenni distribuzione, composizione e struttura. Il paesaggio esprime quindi in modo mutevole nel tempo e nello spazio il complesso delle interazioni che agiscono al suo interno. Faremo riferimento a determinate forme di vegetazione (paesaggi vegetali) presenti all’interno delle singole unità di paesaggio delineate su base morfologica e riporteremo le specie appartenenti alle Orchidaceae rinvenute nel corso della ricerca all’interno delle principali forme di vegetazione. Il criterio fisico-geografico adottato consente di riconoscere nella provincia di Rimini le seguenti unità paesaggistiche: • LA FASCIA SABBIOSA COSTIERA • LE PIANE ALLUVIONALI • I CORSI D’ACQUA • LE BASSE COLLINE ARGILLOSE • LE COLLINE DELLA DORSALE MIOCENICA • LA COLTRE ALLOCTONA • I RILIEVI MARNOSO-ARENACEI * È stato qui ripreso il testo Paesaggio, vegetazione e flora, Bagli L., 2008, in: Casini L. & Gellini S. (a cura), Atlante dei Vertebrati tetrapodi della Provincia di Rimini, Provincia di Rimini, La Pieve, Villa V., (RN), ampiamente rielaborato, integrato con elementi di carattere geomorfologico e dati floristico-vegetazionali relativi al settore medio e alto della Valmarecchia corrispondente ai comuni entrati in Provincia di Rimini nel 2009. Sono inoltre riportati i riferimenti ai popolamenti orchidologici in base alle principali forme di vegetazione presenti Carta altimetrica della Provincia di Rimini (elaborazione SITUA) maritima, Salsola kali, Xanthium orientale subsp. italicum, Diplotaxis tenuifolia, Elymus farctus. A Rivazzurra, presso le ex colonie tra Riccione e Rimini e l’ex colonia Bertazzoni a Riccione, persistono precarie superfici sabbiose dove è possibile osservare piante un tempo distribuite tra le dune mobili e i cordoni dunali stabili. Tra le psammofile troviamo Silene colorata, Lagurus ovatus, Medicago marina, Medicago litoralis, Ambrosia psylostachya, Cyperus capitatus, Oenothera sp. A sud della ex colonia Novarese prevale una associazione caratterizzata da Fumana procumbens e Helianthemum apenninum, unica testimonianza superstite nel Riminese di vegetazione delle lande retrodunali. Fanno parte dell’insieme la rara Centaurea tommasinii, Scabiosa argentea, Echinophora spinosa, Stachys recta, Ononis natrix, Aristolochia clematitis e Plantago nelle varie unità di paesaggio. LA FASCIA SABBIOSA COSTIERA La stretta fascia costiera si allunga per circa 33 km. E’ delimitata dalla battigia e dalla discontinutà morfologica della paleofalesia. Il Rio Tavollo a Sud e il torrente Uso a Nord ne delimitano gli estremi. La linea di costa ha subito importanti fluttuazioni in epoca olocenica, fino ad arretrare all’altezza odierna, abbandonando dietro di sé una vasta landa sabbiosa. In seguito alle trasformazioni agrarie e ai processi insediativi dei secoli XIX e XX sono scomparsi i rilievi dunali e la loro flora, la bassa vegetazione dei suoli sabbiosi interni, le foci naturali e le depressioni paludose. Oggi, solo in corrispondenza dello sbocco dei corsi d’acqua maggiori e nelle pertinenze di alcune ex colonie marine è possibile rintracciare elementi residuali della originaria flora delle sabbie marine. Tra la battigia e la ex colonia Bolognese, a Miramare di Rimini, si rintracciano alcune piante di una associazione pioniera, Salsolo-Cakiletum xanthietosum, tipica delle sabbie marine raggiunte dalle mareggiate. Tra queste Cakile Incolto su sabbie marine. Ex Colonia Bolognese (Rimini) coronopus. In questo contesto, unico in tutta la costa, sono state rinvenute le orchidee Anacamptis pyramidalis e A. coriophora, nonché un nucleo di Epipactis palustris lungo un fossato. Il sito rappresenta quindi il punto più prossimo alla riva marina di tali specie nonché l’attestazione della presenza di orchidee nella vegetazione psammofila. Presso l’”Orto botanico delle sabbie” di Riccione, in zona terme, persistono Eryngium maritimum e Calystegia soldanella. Queste compagini floristiche racchiudono quanto resta delle comunità originarie, dove sarebbe stato possibile riconoscere, oltre all’associazione di retrobattigia già ricordata, un Agropyretum, un Echinophoro-Ammophiletum, un TortuloScabiosetum e forse uno Junipero-Hippophäetum sulle dune lontane dal mare, secondo una tipica successione delle sabbie marine medio e alto-adriatiche. 32 Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee LE PIANE ALLUVIONALI I CORSI D’ACQUA Tra il Pleistocene e l’Olocene i corsi d’acqua appenninici hanno costruito le pianure alluvionali con il loro carico di ghiaie e sabbie. La pianura è oggi dominata da opere di urbanizzazione. È l’unità di paesaggio, con l’adiacente costa sabbiosa, più povera di flora autoctona. Ricordiamo, per l’area urbana costiera considerata nel suo insieme, sporadici ritrovamenti di Orchis purpurea all’interno di giardini incolti di abitazioni private nei pieni centri abitati di Riccione e Rimini. La specie dimostra la capacità di colonizzare in profondità, come nessun’altra, l’habitat urbano locale. Tra i i corsi d’acqua che solcano il territorio provinciale emergono per rilevanza paesaggistica e ambientale il Marecchia, il Conca, il Ventena, il Marano e l’Uso. I primi presentano una struttura torrentizia per l’intero corso; il Marano e l’Uso solo per i tratti collinari. Marecchia, Conca e Marano evidenziano aspetti vegetazionali differenziati. Le zone umide impostate su cave di inerti in abbandono e gli stagni a uso venatorio si susseguono nella media e bassa valle del Marecchia. Nel tratto di conoide il Conca è interessato da una sequenza di sbarramenti artificiali. La vegetazione del Conca a monte di Morciano di Romagna e soprattutto del Marecchia a monte di Novafeltria e per tutto il tratto montano, mostra caratteri di naturalità. Gli ambienti fluviali sono costituiti da un greto ghiaioso con aggruppamenti erbacei e arbustivi stagionali, arbusteti alveali, suoli aridi a copertura erbacea, bassure umide, arbusteti e limitate formazioni boschive. Riassumiamo i lineamenti fisionomici della vegetazione fluviale, con indicazioni sulla sintassonomia delle associazioni vegetali ad oggi note, riguardanti in primo luogo il Marecchia, con specifico riferimento alle associazioni in cui sono presenti orchidee. Sui settori di greto e terrazzamenti non raggiunti dalle piene, la permeabilità del substrato determina aridità superficiale e carenza di nutrienti. I prati aridi ospitano numerose specie xerofile, talvolta con una parziale copertura arbustiva. Quando è in grado di trattenere acqua in corrispondenza di cave, depressioni, fossati, scoli e canali, le comunità vegetali mutano radicalmente, passando a cenosi erbacee igrofile e a comunità a idrofite. I boschi di riva, ridotti a brevi tratti, costituiscono l’espressione forestale dei suoli alluvionali a falda elevata. I maggiori corsi d’acqua includono siti di interesse orchidologico sia nel contesto delle piane alluvionali che lungo i segmenti superiori. Le fitocenosi fluviali dei tratti di conoide contribuiscono ad una essenziale funzione di diversificazione floristica dell’intero settore planiziario e basso collinare provinciale, dove l’impatto insediativo è invadente. Costituiscono inoltre importanti prominenze planiziarie degli areali collinari e montani di alcune specie di orchidee. I boschi e gli arbusteti igrofili Torrente Conca presso Santamonica (Misano A.) La vegetazione arborea dei corsi d’acqua maggiori, pressoché cancellata negli anni dell’assalto alle risorse estrattive, si è ricostituita spontaneamente per ampi tratti nelle aree raggiunte raramente dalle piene. È dominata da Populus nigra e da Salix alba, che diviene esclusivo su suoli limosi allagati o umidi. Alnus glutinosa, comune nel tratto alto della valle, è presente con pochi esemplari nel basso Marecchia. Le boscaglie igrofile, a tratti aperte e con suolo superficiale drenato ospitano Populus nigra, P. alba, Cornus sanguinea, Crataegus monogyna e nuclei di Arundo donax. Tra le orchidee presenti in questi ambienti troviamo Dactylorhiza maculata, Gymnadenia conopsea, Anacamptis pyramidalis e, raramente, Listera ovata. Gli arbusteti interessati periodicamente dall’azione delle piene fluviali sono caratterizzati principalmente da Salix purpurea e S. eleagnos. Le unità sintassonomiche dei suoli alluvionali umidi del Marecchia sono riconducibili alle seguenti associazioni: Junipero-Hippophäetum fluviatilis. L’associazione tende ad assumere posizione di margine rispetto alle formazioni arboree a salici. Appartiene alla classe di vegetazione Rhamno-Prunetea. L’olivello spinoso (Hippophäe rhamnoides subsp. fluviatilis) è distribuito nel tratto medio e finale del greto del Marecchia. Salicetum elaeagni. Di questa associazione fanno parte Salix elaeagnos e Salix purpurea, specie che in forma arbustiva dominano la fascia di vegetazione di tipo forestale più prossima al corso d’acqua, interessata dalle piene. Salicetum albae è un’associazione dei suoli alluvionali allagati o molto umidi dominata da Salix alba, il quale può formare popolamenti arborei quasi puri, in particolare lungo le rive canalizzate, ai bordi o all’interno di bacini lacustri. La seconda e terza associazione appartengono alla classe Salicetea purpureae. Salici-populetum nigrae è un’associazione dei suoli umidi o temporaneamente allagati, caratterizzata da Salix alba e Populus nigra. Presente in fasce o nuclei lungo le rive fluviali e all’interno di depressioni umide. Il settore medio-alto del corso del Marecchia è interessato da boschi mesoigrofili dominati da Alnus glutinosa riferibili all’associazione Alno-Fraxinetum oxycarpae. Al loro interno è possibile rinvenire Epipactis palustris. 34 Presentazione Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee Le zone umide Lungo i maggiori corsi d’acqua sono distribuiti depressioni umide, bacini di cava, stagni venatori, fossati e scoli. La composizione degli aggruppamenti igro-idrofili varia sensibilmente. Acque eutrofiche di fossati e stagni favoriscono Polygonum lapathifolium, P. mite, Echinocloa crus-galli, Lycopus europaeus, Alisma plantago-aquatica, Apium nodiflorum, Veronica anagallis-aquatica, Paspalum paspaloides, Juncus articulatus, Juncus effusus, Holoschoenus romanus, Schoenoplectus tabaernaemontani. I laghi di cava e i bacini venatori mostrano la tipica bordatura di canne palustri a Phragmites australis e Tipha latifolia. Elenchiamo alcune unità sintassonomiche legate ai suoli da umidi ad allagati con acque poco profonde. Helosciadetum nodiflori è una vegetazione erbacea ad Helosciadium nodiflorum, con elofite di taglia modesta parzialmente sommerse. L’associazione appartiene alla classe GlycerioNasturtietea officinalis. Phragmitetum communis è un’associazione dominata da Phragmites australis distribuita nel tratto medio e finale di Marecchia e Conca, su suoli umidi, in acque ferme di sponda di bacini e canali. Typhetum angustifoliae. Associazione dominata da Tipha angustifolia, in acque da ferme a debolmente correnti. Typhaetum latifoliae. Tipha latifolia, affine a T. angustifolia, domina questo tipo di vegetazione in acque con profondità tra i 10 cm e i 30 cm. Phragmiti-Tiphaetum minimae è un’associazione con presenza di Tipha minima, specie poco comune, presente sia nel Marecchia che nel Conca. Cyperetum flavescentis. Cyperus flavescens, con altre terofite di piccola taglia, è localizzata presso stagni, anche di breve persistenza, ma con suolo sempre umido. L’associazione appartiene alla classe Isoeto-nanojuncetea. Paspalo paspaloidis-Polygonetum viridis è un’associazione formata da Paspalum paspaloides, specie erbacea di origine tropicale, del margine di corsi d’acqua e bacini. Epipactido palustris-Schoenetum nigricantis. È una associazione delle depressioni umide istituita ex novo in seguito a rilevazioni effettuate sul Marecchia presso Villa Verucchio (Biondi & Baldoni 1993). Le specie caratteristiche dell’associazione sono Carex distans, Schoenus nigricans e Epipactis palustris. di Ophrys bombyliflora, la prima nota per l’EmiliaRomagna, era situata in tale ambiente. Alcune Ophrys mostrano un comportamento pioniero, comparendo anche su suoli alterati e ghiaie seminude. Ancora tra le orchidee sono comuni Anacamptis pyramidalis e A. morio, più rare Anacamptis coriophora, Serapias vomeracea e Spiranthes spiralis. Sotto il profilo sintassonomico l’associazione erbacea perenne dei suoli ghiaiosi e sabbiosi aridi viene riferita a Peucedano verticillarisOnonidetum natricis. Biondi & Baldoni (1993) hanno identificato questa nuova associazione a dominanza di Ononis natrix e Peucedanum verticillare nel tratto medio e alto del Marecchia, presso i depositi ghiaiosi con sabbie e limi. Si tratta di una compagine erbacea arida che interessa gli isolotti fluviali più alti e parte dei terrazzamenti stabilizzati inondabili. I prati aridi Rio di Monte Pietrino (Saludecio) Si tratta di comunità erbacee xerofile poco estese ma ben distribuite tra gli ambienti vegetali dei terrazzamenti fluviali, talvolta intercalate a mosaico ad arbusteti e depressioni umide. Tra le numerose specie presenti ricordiamo Botriochloa ischaemum, Bromus erectus, Triticum ovatum, Ononis natrix, Peucedanum verticillare, Linaria vulgaris, Sanguisorba minor, Sedum acre, Polygala nicaeensis, Euphorbia cyparissias, Agrimonia eupatoria, Foeniculum vulgare, Scolymus hispanicus, Cota tinctoria, Galium verum, Centaurea nigrescens, Origanum vulgare, Lotus corniculatus, Allium sphaerocephalon, Blackstonia perfoliata, Centaurium erythraea. In questi prati magri a suolo detritico si possono rinvenire varie ofridi: Ophrys apifera, O. bertolonii, O. holoserica, O. sphegodes subsp. sphegodes. Sul torrente Conca una stazione Prato arido. Torrente Marecchia (Poggio Berni) 36 Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee LE BASSE COLLINE ARGILLOSE Tra sette e otto milioni di anni fa la dinamica tettonica ha determinato l’emersione della dorsale miocenica nel Sud-Est della provincia. Successivamente, tra il Pliocene e il Quaternario antico, sono emersi i terreni argillosi che formano l’ossatura delle prime colline. Lungo il margine pedeappenninico emiliano-romagnolo si allunga questa unità morfologica, dove il paesaggio collinare si raccorda gradualmente alla pianura. Il paesaggio è caratterizzato da lunghi ripiani declinanti verso valle, dove affiorano le Sabbie Gialle, come a Covignano, San Fortunato di Rimini e Monte Vici di Cattolica. Questo paesaggio è in continuità verso l’entroterra tra la valle del Conca, del Marano e della media valle del Marecchia, con ampi bacini argillosi calanchizzati, dove affiorano argille plioceniche grigio-azzurre. Nonostante il dilagare dell’urbanizzazione troviamo nella prima collina lembi di bosco e cespuglieti comparsi in seguito all’abbandono dei terreni agrari più impervi. Il vasto territorio delle argille autoctone della media Valmarecchia propone una maggiore incidenza di formazioni spontanee. Boschi, arbusteti, prati-pascolo, cenosi erbacee di calanco, diversificano sensibilmente il paesaggio vegetale. Arbusteti e boschi Nella collina prospiciente la città di Rimini troviamo comunità vegetali su suolo arenaceo che presentano carattere spiccatamente mediterraneo. Un esempio di rigogliosa vegetazione subspontanea il cui sottobosco riporta alla macchia mediterranea copre i ripidi versanti tra l’Abbazia di Scolca e Villa Belvedere. Quercus pubescens e Robinia pseudoacacia dominano lo strato arboreo. Lo strato arbustivo è ricco di sclerofille: Quercus ilex, Phillyrea latifolia, Laurus nobilis e Viburnum tinus. Altre specie accentuano ulteriormente la mediterraneità della compagine: Ligustrum vulgare, Teucrium chamaedrys, Rosa sempervirens, Asparagus acutifolius, Rubia peregrina. Hedera helix copre estese superfici, accompagnata da Melica uniflora, Tamus communis, Campanula trachelium e Cyclamen repandum. Presso San Lorenzo in Correggiano, a Villa Des Vergers, si è sviluppato un bosco a roverella e leccio. La vegetazione della bassa collina su suolo arenaceo, mostra quindi una versione floristica più calda rispetto ai querceti della restante collina. Per quanto riguarda la caratterizzazione fitosociologica delle formazioni arbustive il riferimento è la classe Rhamno-Prunetea; le formazioni arboree a roverella appartengono all’ordine Quercetalia pubescenti-petreae. La caratterizzazione orchidologica di tali ambienti non è precisabile a causa dell’estrema parcellizzazione e inaccessibilità delle proprietà. LE COLLINE DELLA DORSALE MIOCENICA Appartata nel settore sud-orientale della provincia, l’unità di paesaggio della dorsale miocenica consiste nella sequenza di alture che superano di poco i 400 metri, corrispondente ai terreni autoctoni con estremi Mondaino e Albereto di Montescudo. L’ossatura rocciosa è data da formazioni di età miocenica la cui composizione litologica comprende arenarie e sabbie poco cementate, calcari marnosi e marne tripolacee. Il sistema orografico è inciso dai torrenti Ventena, Ventena di Gemmano, Conca e Marano, i quali lo frammentano in isole collinari. I versanti espongono un mosaico di fitocenosi prative, arbusteti, boschi e coltivazioni disposti secondo geometrie dettate dall’altimetria e dall’uso dei suoli. Siepi, annose alberature sparse e filari arborei affiancano i campi e un antico reticolo di carraie, integrando un paesaggio dai molti angoli tradizionali e suggestivi. Valle del Rio di Monte Pietrino (Saludecio) Prati, pascoli e arbusteti La dorsale ospita forme di vegetazione a vari stadi di evoluzione, appartenenti a più “serie di vegetazione”. Troviamo aggruppamenti erbacei spontanei post-colturali, prati-pascolo, prati arbustati, arbusteti e formazioni boschive di versante e ripariali, vasti impianti a olivo e vigneti. A questi vanno aggiunti siepi, filari arborei e alberature isolate. Ne risulta un paesaggio vivace e complesso, ricco di fitodiversità. Gli elementi delle comunità vegetali di tipo prativo che si instaurano in seguito all’abbandono delle pratiche agricole comprendono Dittrichia viscosa, Blackstonia perfoliata, Dorycnium pentaphyllum, Centaurea nigrescens, Pastinaca sativa. Altre forme prative comuni e durature si devono ad uno stadio vegetazionale successivo caratterizzata da brometo. Bromus erectus è la graminacea dominante, con Dactylis glomerata, Helycrisum italicum, Schedonorus pratensis, Helianthemum nummularium, Trifolium ochroleucum. Il brometo su suoli arenacei può assumere un aspetto xerico. Con Bromus erectus compaiono allora erbacee xerofile quali Eryngium campestre e Botriochloa ischaemum. I brometi evolvono verso arbusteti polifiti che anticipano i querceti o, su suoli poveri e luoghi impervi, verso arbusteti duraturi a ginestra odorosa, i quali marcano sensibilmente il paesaggio della collina. Con la ginestra, sono presenti in percentuale variabile Crataegus monogyna, Prunus spinosa, Rosa canina, Cytisus sessilifolius, Pyracantha coccinea, Pyrus pyraster. Tra le erbacee Genista tinctoria, Geranium sanguineum, Serratula tinctoria, Geum urbanum. I brometi ospitano talvolta popolazioni ricchissime di Anacamptis pyramidalis a Onferno di Gemmano, nella valle del Rio Mandrio presso 38 Neotinea ustulata (L.) R.M.Bateman, Pridgeon & M.W.Chase 1997 Presentazione Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee Albereto di Montescudo e in numerosi altri siti della dorsale miocenica. In generale gli ambienti prativi più o meno arbustati ospitano Dactylorhiza maculata Orchis purpurea, Anacamptis morio, A. pyramidalis, Neotinea tridentata, Serapias vomeracea subsp. vomeracea, Ophrys apifera, O. bertolonii subsp. bertolonii, O. holoserica, O. sphegodes subsp. sphegodes, Cephalanthera damasonium, Limodorum abortivum. Sul piano sintassonomico le forme prative a Bromus erectus fannno riferimento all’ordine Brometalia erecti della classe Festuco-Brometea. Le associazioni post-colturali erbacee sono inquadrate nell’ordine Agropyretalia intermediirepentis della classe Artemisietea vulgaris. Gli arbusteti sono da riferirsi all’alleanza Cytision sessilifolii, della classe Rhamno-prunetea. I boschi Le formazioni boschive spontanee presentano caratteri differenziati sia sul piano fisionomico che floristico. Si tratta generalmente di boschi cedui, eccezionalmente di alto fusto. I castagneti si alternano localmente ai boschi spontanei. Il diverso rapporto nella dominanza si limita alle tre specie arboree quasi sempre presenti: Quercus pubescens, Ostrya carpinifolia e Fraxinus ornus. I tipi boschivi variano da un estremo a roverella, talvolta xerofilo e parasteppico, ad aspetti mesofili a carpino nero. Nelle versioni più calde dove è notevole l’incidenza di entità a gravitazione mediterranea, lo strato arbustivo vede Fraxinus ornus, Chamaecytisus hirsutus, Colutea arborescens, Lonicera etrusca; lo strato erbaceo Ruscus aculeatus, Asparagus acutifolius, Rubia peregrina, Hepatica nobilis, Melittis melissophyllum; Cyclamen hederifolium. Smilax aspera si situa in questi contesti con densi nuclei. Quando i versanti si affacciano a settentrione, a dominare è Ostrya carpinifolia. In questi boschi troviamo Carpinus betulus, Fraxinus ornus, Acer campestre, A. obtusatum, Quercus pubescens, Sorbus domestica, Corylus avellana, Cornus mas, Viburnum lantana. Le forme erbacee del sottobosco mostrano una buona diversità. Alcune specie vi trovano il limite altitudinale inferiore. Vi partecipano Tamus communis, Viola alba, V. reichenbachiana, Sanicula europaea, Melica uniflora, Lathyrus venetus, Buglossoides purpurocaerulea, Euphorbia dulcis, Polypodium interjectum, Cyclamen repandum, Orobanche hederae, Anemone trifolia, Fragaria vesca, Stachys officinalis. Le orchidee distribuite nei boschi della dorsale miocenica, come anche nei rari rimboschimenti maturi, comprendono Dactylorhiza maculata, Neottia nidus-avis, Cephalanthera longifolia, C. damasonium, Listera ovata, Orchis simia, Limodorum abortivum, le rare elleborine Epipactis muelleri e Epipactis microphylla. Orchis purpurea è molto comune. Diviene numerosissima e quasi esclusiva nel sottobosco di oliveti maturi e impianti arborei da legno o da frutto. Le boscaglie spontanee a Robinia pseudoacacia, di modesto valore floristico, contrassegnano in modo rilevante la collina, competendo con le essenze autoctone soprattutto in vicinanza degli abitati, su ex coltivi, terreni marginali e scoscesi. I boschi della fascia alto collinare dominati dalla roverella appartengono all’ordine Quercetalia pubescenti-petreae, classe QuercoFagetea. I boschi a carpino nero all’alleanza Laburno-Ostryenion, medesimo ordine e classe. Asparago acutifolii-Ostryetum carpinifoliae è l’associazione cui appartengono i boschi a carpino nero. I terreni arenacei a carattere edafoxerofilo, caratterizzati cioè da aridità del substrato, ospitano l’associazione Peucedano cervariae-Quercetum pubescentis. LA COLTRE ALLOCTONA. I RILIEVI CALCAREI E ARENACEI, I CALANCHI Il quadro geologico Una vasta superficie della media Valle del Marecchia è interessata dal complesso alloctono caotico noto come Coltre della Valmarecchia, composta da rocce di origine marina appartenenti ai Complessi sedimentari Liguri ed Epiliguri. I Complessi Liguri o Liguridi sono caratterizzati da numerose formazioni. I monti Carpegna e Canale sono costituiti da peliti, calcari rosati e calcareniti della Formazione Liguride di Monte Morello (Eocene medio-inf.). La Formazione di Pugliano (Eocene inf.-Paleocene) è data da calcareniti, argilliti e calcilutiti. La Formazione di Sillano (Cretaceo sup.-Eocene inf.) è composta da litofacies pelitiche, marne, Calcari epiliguri presso Senatello (Casteldelci) calcari e argilliti. Le Argille varicolori (Cretaceo inf.-Eocene inf.) da argilliti policrome. Le unità Epiliguridi sono sedimentate al di sopra dei complessi Liguri. Delle Unità Epiliguri fanno parte le Argille di Montebello (Serravalliano sup.-Tortoniano inf.), affioranti tra Montebello e il fiume Marecchia, la Formazione di Monte Fumaiolo (Langhiano sup.-Serravalliano), con arenarie grigiastre e biocalcareniti, la Formazione di San Marino (Langhiano-Serravalliano) costituita da biocalciruditi e biocalcareniti. Le maestose zolle calcaree e gli affioramenti minori di quest’ultima formazione sono disseminati all’interno della Coltre e imprimono un carattere deciso al paesaggio della media Valmarecchia. Oltre alla titanica massa rocciosa di San Marino ne fanno parte le emergenze di Verucchio, Tausano, Monte Gregorio, Monte Severino, San Leo, Torriana e Montebello. 40 Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee Pascoli su argilliti alloctone presso Senatello (Casteldelci) La Formazione di Acquaviva (Tortoniano superiore-Messiniano inferiore) è in prevalenza sabbiosa. Le Argille di Casa i Gessi (Messiniano inferiore) sono costituite da argille marnose e livelli arenacei. La Formazione Gessoso Solfifera (Messiniano inf.-medio) è strutturata da bancate di gesso cristallino alternati ad argille e a calcari. Gli affioramenti sono disseminati tra Onferno di Gemmano, Legnagnone di San Leo, Montebello e Secchiano. All’interno della Successione UmbroMarchigiano-Romagnola le Arenarie di Monte Perticara, oltre all’omonimo rilievo, compongono le emergenze di Monte Pincio e Maioletto. Appartengono al Pliocene Inferiore post-coltre. Il peculiare paesaggio della Coltre alloctona, articolato in una serrata sequenza di forme e di suoli, esprime una serie di ambienti ad ampia diversità floristica. Le pareti rocciose e i calanchi rappresentano habitat estremi a più elevata naturalità. Un antico mosaico di boschi, arbusteti, prati, coltivazioni erbacee e prati-pascolo si succede lungo i versanti, alternati ad una costellazione di borghi, rocche e castelli, imprimendo al territorio della Coltre un valore paesaggistico, ambientale e culturale di assoluta levatura. I boschi Le forme boschive presenti in corrispondenza dei terreni della Coltre nella media e alta Valle del Marecchia variano nettamente in relazione all’altitudine, substrato, orientamento dei versanti e interferenza delle attività antropiche. Su arenarie, conglomerati e suoli da basici a bassa acidità troviamo querceti caldi dominati da Quercus pubescens, Fraxinus ornus e Quercus ilex. Gli arbusti includono Phillyrea latifolia, Lonicera etrusca e Cytisus sessilifolius; le erbacee Teucrium chamaedrys, Silene nutans, Peucedanum cervaria. Vengono inseriti nelle alleanze Cytiso-Quercenion pubescentis e Lauro-Quercenion pubescentis. In questa prima tipologia vengono inclusi anche boschi dominati da carpino nero, con sottobosco a Rubia peregrina, Asparagus acutifolius e Rosa sempervirens. I boschi misti cedui a carattere mesofilo dominati da Ostrya carpinifolia comprendono vari aceri: Acer campestre, A. obtusatum e A. pseudoplatanus, con Corylus avellana, Quercus cerris e Q. pubescens. Si trovano su suoli calcareo-marnosi inferiori ai 1000 m. Appartengono all’associazione dell’Appennino centrale Scutellario columnaeOstryetum carpinifoliae. Su versanti a microclima più fresco e suoli profondi, come nel caso dei Monti Carpegna e Canale, il bosco a carpino nero comprende un maggior numero di specie mesofile e sono compresi nell’associazione Lamiastro galeobdoli-Ostryetum carpinifoliae. Le due associazioni rientrano nell’alleanza Carpinion orientalis. I boschi cedui a nocciolo presentano limitata estensione, su suoli freschi, profondi e fertili. Appartengono all’associazione Agropyro caniniCoryletum avellanae. La cerreta mesofila della Cantoniera e del Monte Canale si estende su terreno argilloso-arenaceo. Quercus cerris si accompagna a Carpinus betulus, Sorbus torminalis, Corylus avellana e Acer obtusatum. L’abbondante diversificazione floristica nemorale include Galanthus nivalis, Asarum europaeum, Geranium nodosum, Cardamine bulbifera, Cardamine heptaphylla, Isopyrum thalictroides, Anemone trifolia. Appartiene al’associazione Centaureo montanae- Carpinetum betuli, dell’alleanza illiricobalcanica Erythronio dentis-canis-Carpinion betuli. Le faggete sono situate al di sopra dei 1000 metri e hanno carattere relativamente termofilo. Sono distribuite lungo il versante marecchiese dei monti Carpegna e Canale. Fagus sylvatica è accompagnato da Acer pseudoplatanus, A. platanoides, Tilia platyphyllos, Ostrya carpinifolia. Le faggete vengono riferite all’associazione Lathyro veneti-Fagetum sylvaticae, alleanza Geranio versicolor-Fagion. Vi si osservano Corydalis cava, Anemone ranuncoloides, Gagea lutea. Per quanto riguarda le orchidee, distinguiamo un gruppo più diffuso nelle espressioni forestali termofile e un secondo nelle aree forestali mesofile, lungo i versanti a esposizione settentrionale o a quote superiori, precisando che la distinzione è indicativa e non assoluta. Ricordiamo nel primo gruppo Cephalanthera longifolia, C. damasonium, C. rubra, Neottia nidus-avis, Listera ovata, Orchis provincialis, O. anthropophora, O. purpurea, O. simia, Limodorum abortivum, Epipactis muelleri, E. microphylla, Ophrys insectifera. In un rimboschimento a conifere è stata segnalata Ophrys speculum. Nel secondo Dactylorhiza maculata Platanthera bifolia P. chlorantha, Epipactis helleborine, E. muelleri, E. purpurata, Neottia nidus-avis, Listera ovata. I castagneti I nuclei maggiori di questi boschi artificiali si trovano presso Monte Pincio di Talamello, Monte Ercole di S.Agata Feltria, a Monte Faggiola Nuova di Casteldelci, presso Pennabilli e sulla collina della dorsale miocenica presso Montefiore Conca. Il castagno è legato a suoli profondi, permeabili e freschi, moderatamente acidi o neutri, impostati in genere su arenarie, calcareniti o terreni marnosoarenacei. La flora nemorale assume carattere più o meno mesofilo a seconda della quota in cui si trovano. Nel tardo inverno e all’inizio della primavera compaiono Primula vulgaris, Viola reichenbachiana, Cyclamen repandum, Hepatica nobilis, Pulmonaria officinalis, Helleborus bocconei, Melittis melissophyllum, Scilla bifolia, Lathyrus venetus, Ornithogalum pyrenaicum. In seguito Lilium bulbiferum subsp. croceum, Lilium martagon, Campanula persicifolia, C. rapunculus, C. glomerata, Cardamine bulbifera., C. kitaibelii. Vi si trovano ancora Thalictrum aquilegiifolium, Asparagus tenuifolius, Polygonatum multiflorum, Lysimachia punctata, Centaurea nigrescens, C.triumfetti, Euphorbia dulcis, Vincetoxicum hirundinaria, Prenanthes purpurea, Geranium nodosum, Tanacetum corymbosum, Angelica sylvestris, Heracleum sphondylium. 42 Neotinea ustulata (L.) R.M.Bateman, Pridgeon & M.W.Chase 1997 Presentazione Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee Entità floristiche di rilievo dei castagneti della Valmarecchia sono Veratrum nigrum, Iris graminea, Hypericum montanum, Centaurea montana e Laserpitium latifolium. I castagneti costituiscono ambienti favorevoli per numerose orchidee. Essi vengono localmente intensamente colonizzati da Dactylorhiza maculata. In subordine da Gymnadenia conopsea, Platanthera bifolia, P. chlorantha, Cephalanthera damasonium, C. rubra, Orchis purpurea, O. provincialis, O. mascula, Epipactis muelleri, Neottia nidus-avis, Listera ovata, Dactylorhiza sambucina, Ophrys holoserica. In carenza di interventi colturali nei castagneti si verifica una intensa colonizzazione da parte di Pteridium aquilinum e la successiva affermazione di essenze forestali autoctone, in grado di ricostituire nel tempo la vegetazione potenziale. Il castagneto di Monte Faggeto (Montefiore) Prati, pascoli e arbusteti Le forme prative sui terreni alloctoni, prendiamo come esempio il comprensorio di Torriana e Montebello, fanno riferimento a due tipologie. La prima riguarda i prati variamente arbustati di impronta calda, su suoli calcarei e argillosi. Questa, a sua volta, si differenzia in prati dominati da Bromus erectus e Brachypodium pinnatum con Dorycnium pentaphyllum, a variabile copertura arbustiva, e prati talvolta arbustati a Dactylis glomerata, con Trifolium echinatum e T. campestre, Anthemis tinctoria, Plantago lanceolata, Torilis arvensis, Poa trivialis, Crepis setosa, Xeranthemum cilindraceum e Centaurea solstitialis. Nei due casi si tratta di prati post-colturali, abbandonati da tempo i primi, soggetti con maggiore frequenza a utilizzo i secondi. La seconda tipologia riguarda una forma prativa xerofila su suoli rocciosi, dominata da Bromus erectus. Un primo aggruppamento del brometo comprende Phleum ambiguum, Centaurea deusta, Dianthus sylvestris, Allium sphaerocephalum, Galium lucidum. Un secondo, denso e relativamente arido, comprende Festuca circummediterranea, Ruta graveolens, Bellis sylvestris. Un aspetto prativo ancor più arido vede Onobrychis caput-galli, Cleistogenes serotina, Convolvolus cantabrica, Teucrium chamaedrys, con Pistacia terebinthus e Spartium junceum. I vasti complessi calanchivi di Torriana e Montebello ospitano comunità prative specializzate per i suoli instabili e debolmente salini. In pieno calanco su superfici fortemente acclivi si afferma una flora pioniera annuale caratterizzata da Artemisia cerulescens subsp. cretacea, Rapistrum rugosum, Hainardia cylindrica, Catapodium rigidum, Salsola soda. Se il calanco si presenta relativamente stabilizzato, troviamo Daucus carota, Podospermum canum, Agropyrum repens, Atriplex latifolia. Le formazioni erbacee a Bromus erectus fannno riferimento all’ordine Brometalia erecti; le associazioni erbacee di calanco ad Agropyretalia intermedii-repentis Pascoli del Monte Canale con Anacamptis morio. Sullo sfondo il Monte Carpegna (Pennabilli) e Frankenietalia pulverulentae.I prati, anche arbustati, rientrano nell’alleanza Mesobromion, gli aggruppamenti erbacei o erbaceo-arbustivi xerofili nelle alleanze Crepido-Phleion ambigui e Xerobromion. La vegetazione subalofila calanchiva nell’alleanza Parapholido-Podospermion cani. Una associazione indicata per i terreni calanchivi in attiva erosione è Hainardio cylindricaeSalsoletum sodae. L’intero territorio collinare e montano provinciale mostra varie compagini vegetazionali dominate da piante arbustive, impostate su suoli un tempo destinati a coltivi o a pascolo. Gli arbusti si dispongono anche lungo la stretta fascia di vegetazione, denominata mantello, al margine del bosco. Il mantello va distinto dalla siepe, isolata e di origine artificiale. Il margine esterno del mantello può possedere un orlo composto da piante erbacee differenziate rispetto a quelle dei prati, pascoli o coltivi adiacenti. Gli orli erbacei si dispongono anche lungo carraie, sentieri, fossati e canali. Ampie estensioni arbustive sono dominate da Spartium junceum, Cytisophyllum sessilifolium e Juniperus communis dell’associazione Sparto juncei-Cytisetum sessilifolii, alleanza centroappenninica Cytision sessilifolii. Una variante a citiso è diffusa su praterie abbandonate su suoli abbastanza profondi, la variante a Spartium junceum, a quote inferiori, si estende su ex coltivi, quella a Juniperus communis forma nuclei su ex coltivi nel piano submontano. Sulle argille alloctone, gli abusteti sono composti da Rosa canina, Juniperus communis e Prunus spinosa (alleanza Berberidion vulgaris), con due distinte associazioni: 44 Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee Roso arvensis-Prunetum spinosae e Lonicero xylostei-Salicetum apenninae. Il contingente di orchidee rinvenibili in questi contesti ambientali è ricco e vario. Un tracciato che percorre il versante sud del rilievo di Montebello è noto presso gli escursionisti come “sentiero delle orchidee”. Nell’insieme possiamo trovare Orchis purpurea, O. simia, O. anthropophora, O. provincialis, Gymnadenia conopsea, Dactylorhiza maculata, Neotinea tridentata, Cephalanthera damasonium, Neottia nidus-avis, Listera ovata, Platanthera bifolia, Epipactis helleborine, Anacamptis morio, A. pyramidalis, Ophrys insectifera, O. apifera O. bertoloni subsp. bertolonii, O. sphegodes subsp. sphegodes, O. holoserica, Serapias vomeracea subsp. vomeracea, S. lingua, Spiranthes spiralis, Limodorum abortivum, Coeloglossun viride. I margini e le scarpate stradali Banchine, fossati e scarpate stradali verdi costituiscono il particolare e talvolta ricco ambiente tra il margine delle carreggiate stradali e il delimitare di coltivi, prati, pascoli, arbusteti e boschi. A seconda dell’esposizione, del suolo, dell’altitudine e della gestione, il quadro floristico tende ampiamente a differenziarsi. Nel breve spazio ai lati delle strade possono succedersi in realtà più ambienti con caratteri ecologici divergenti: la banchina stradale, assolata e arida, un fossato talvolta allagato, una scarpata variamente ricoperta. Questi ambienti risultano interessanti per le orchidee, compreso, come si è potuto constatare per alcune specie, l’ambiente estremo dei margini asfaltati e le banchine con inerti. Lo sfalcio periodico cui sono soggetti fossati, bordi e scarpate determinano condizioni utili per molte specie che non di rado creano fitti assembramenti sia mono che plurispecifici, sia in aree collinari che montane. Su terreni al margine delle strade della prima collina compaiono orli formati da fitte compagini igro-nitrofile e ruderali con Sinapis alba, Ranunculus bulbosus, Picris hieracioides, P. echioides, Senecio erucifolius, Pulicaria dysenterica, Lotus corniculatus, Mentha spicata, Althaea cannabina. Nella fascia collinare inferiore e media, su suoli drenati e asciutti, possiamo trovare scarpate stradali dominate da Brachipodium pinnatum, più o meno arbustate. Vi possiamo trovare Gymnadenia conopsea, Dactylorhiza maculata, Orchis purpurea, Ophrys apifera, O. bertolonii subsp. bertolonii, O. sphegodes subsp. sphegodes. Decisamente differenziate e ricche di specie, compreso varie orchidee, sono le scarpate stradali alto collinari e montane a esposizione settentrionale, in parte o del tutto ombreggiate. Tra queste Fragaria vesca, Lathyrus sylvestris, L. venetus, Pteridium aquilinum, Viola alba subsp. dehnardtii, Geranium sanguineum, Euphorbia dulcis. Vi si trova il contingente più numeroso di orchidee: Cephalanthera damasonium, C. longifolia, Dactylorhiza maculata, Neotinea tridentata, Ophrys insectifera, Neottia nidus-avis, Listera ovata, Platanthera bifolia, Epipactis helleborine, Gymnadenia conopsea, Orchis anthropohora, O. simia, O. purpurea, Himantoglossum adriaticum. Località ricche di orchidee in adiacenza di strade si trovano in corrispondenza dei versanti settentrionali dei monti Carpegna e Canale, Monte Ercole e San Benedetto di Sant’Agata Feltria, in comune di Casteldelci e lungo la media e alta strada Marecchiese. I fossati e i versanti umidi offrono un ambiente adatto a Epipactis palustris. Le scarpate stradali e i bordi stradali falciati in piena luce ospitano dense popolazioni di Anacamptis morio, A. pyramidalis, Ophrys apifera, O. bertolonii subsp. bertolonii, O. holoserica, O. fusca subsp. fusca, Limodorum abortivum, Orchis purpurea. Gli orli di margine dei boschi collinari e mantelli rientrano nella classe Trifolio medii-Geranietea sanguinei, dell’Europa centale, Alpi e Appennini. Alla classe Galio-Urticetea fanno riferimento gli orli di vegetazione nitrofila. Le praterie seminaturali Le praterie secondarie mesofile, create e conservate per il pascolo, appartengono a due diverse classi. Ci limitiamo alla classe Festuco-Brometea, dei suoli calcarei profondi. Ne fanno parte la subassociazione Ononidetosum masquillierii, con Ononis masquillierii e Dorycnium pentaphyllum, su suoli aridi ed erosi, e l’associazione Centaureo bracteatae-Brometum erecti, su suolo scarso ed eroso. Quest’ultima è una vegetazione pioniera descritta per i suoli marnoso-arenacei e calcareo-marnosi, che comprende Coronilla minima, Astragalus monspessulanus, Centaurea bracteata, Linum tenuifolium. Il contingente orchidologico di questo ambiente è ricco e presenta specie rare. Ricordiamo Orchis purpurea, O. mascula subsp. mascula, O. laxiflora, O. anthropophora, O. pauciflora, O. provincialis, O. simia, Dactylorhiza maculata, D. sambucina, Anacamptis morio, A. pyramidalis, A. laxiflora, Ophrys apifera, O. bertolonii subsp. bertolonii, Ophrys sphegodes subsp. sphegodes, O. holoserica, O. fusca subsp. fusca, Neotinea tridentata, N. ustulata, Serapias vomeracea subsp. vomeracea, Himantoglossum adriaticum, Listera ovata, Coeloglossum viride. Prateria con Neotinea tridentata. Alta valle del Prena (Pennabilli) 46 Neotinea ustulata (L.) R.M.Bateman, Pridgeon & M.W.Chase 1997 Presentazione Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee I rilievi calcarei I gessi Le condizioni ecologiche degli ambienti rupestri assumono aspetti limite ai quali si adattano poche specie vegetali orofile, essenzialmente terofite e camefite. Su pareti rocciose nude, anfratti e detrito roccioso a esposizione calda si trova un contingente floristico termofilo comprendente Pistacia terebinthus, Quercus ilex e Phillyrea latifolia, con individui spesso contorti e a ridotta crescita. Le pareti verticali, anche artificiali come quelle delle vecchie mura, sono insediate da Erysimum cheiri, Campanula erinus, Teucrium flavum, Alissum minus, Hypochoeris achyrophorus, Sempervivum tectorum, Sedum maximum. La copertura arborea dei versanti esposti a settentrione vede Ostrya carpinifolia, Carpinus betulus e Acer monspessulanum. Il quadro delle comunità di ambiente roccioso è reso interessante da varie Pteridofite. Phyllitis scolopendrium e Polypodium cambricum sono le più appariscenti. Di piccola taglia sono Adiantum capillus-veneris, Ceterach officinarum subsp. officinarum, Asplenium trichomanes. A eccezione dei versanti freddi non rupestri, con boschi cedui dominati da Ostrya carpinifolia, sui calcari si localizzano rade boscaglie termofiloxerofile a Quercus pubescens e Fraxinus ornus, con ampie radure erbacee, quando non vere e proprie garighe successive a incendi, disboscamenti o pascolo. Troviamo in questi contesti notevoli popolamenti a orchidee: Orchis purpurea, O. anthropophora, O. provincialis, O. simia, Dactylorhiza maculata, Anacamptis morio, A. pyramidalis, Ophrys apifera, O. bertolonii subsp. bertolonii, Ophrys sphegodes subsp. sphegodes, O. holoserica, Serapias vomeracea subsp.vomeracea, S. lingua, Cephalanthera damasonium, Neotinea tridentata, Himantoglossum adriaticum, Limodorum abortivum, Coeloglossum viride. Gli affioramenti di gesso meglio noti dal punto di vista floristico si trovano all’interno della Riserva Naturale Orientata di Onferno (Gemmano, RN). Il versante esposto a settentrione presso il Centro visite mostra una inversione nella distribuzione verticale della vegetazione, con elementi spiccatamente termofili al limite superiore. In posizione rupestre, si trovano e aggruppamenti erbacei rupicoli, riferibili alla classe Asplenietea trichomanis. Inferiormente si trovano specie di ambienti freschi e ombrosi. La componente arborea dell’originale e raro nucleo boschivo posto presso la risorgente carsica è data da Tilia platiphyllos, Ulmus glabra, Staphylea pinnata, Acer obtusatum, Fraxinus ornus. Nel sottobosco Polypodium cambricum e Asplenium trichomanes. I gradini rocciosi con suolo sono occupati da Cyclamen repandum, Chelidonium majus e Sternbergia lutea. Dove è più sensibile la stagnazione di aria fresca e satura di umidità si ha una concentrazione di specie microterme e mesofilo-igrofile: Lamiastrum galeobdolon, Mercurialis perennis, Cardamine bulbifera, Aegopodium podagraria, Helleborus bocconei e il rarissimo Arisarum proboscideum. Del rado strato erbaceo fanno parte Ornithogalum pyrenaicum, Melica uniflora, Galanthus nivalis. L’umidissimo fondo della forra è colonizzato da Phyllitis scolopendrium. Il bosco a tiglio dei gessi carsici di Onferno rientra nella classe Querco-Fagetea, ordine Fagetalia sylvaticae. L’associazione a tiglio è riferibile a Staphyleo pinnatae-Tilietum platyphylli. I boschi a tiglio sono stati compresi tra gli habitat prioritari del progetto comunitario CORINE (Direttiva 92/43 U.E.) sotto la denominazione di “Foreste dei valloni del Tilio Acerion”. Su substrati gessosi esposti verso i quadranti meridionali prevalgono nuclei di bosco a roverella, talvolta di aspetto parasteppico, inquadrati nell’ordine Quercetalia pubescenti-petreae. Il popolamento orchidologico dei gessi varia a seconda degli habitats presenti e tende a riprodurre quello presente su substrati calcarei. Il numero di specie è però limitato a causa della modesta estensione dei rilievi. Sono state rinvenute Neottia nidus-avis, Dactylorhiza maculata, Anacamptis pyramidalis, Himantoglossum adriaticum, Ophrys bertoloni subsp. bertolonii, O. holoserica. Prato su calcare con Anacamptis morio presso Biforca (San Leo) 48 Neotinea ustulata (L.) R.M.Bateman, Pridgeon & M.W.Chase 1997 Presentazione Forme del paesaggio, vegetazione e orchidee I RILIEVI MARNOSO-ARENACEI MONTANI L’unità geologico-paesaggistica comprende ampia parte del territorio montano della Valle del Marecchia. Il substrato roccioso è rappresentato dalla imponente Formazione Marnoso-Arenacea, composta da un’alternanza di strati torbiditici arenacei e marnosi. Nel settore del medio e basso Appennino il paesaggio si addolcisce a causa della natura litologica della Marnoso-Arenacea esterna, che vede diminuire la frazione arenacea. La trama dei rilievi disegna valli e vallecole meandranti e profonde, i profili delle dorsali, ripidi e boscosi versanti. La disposizione degli strati determina il profilo dei pendii. Le superfici meno acclivi si presentano rivestite da boschi, prati-pascolo e coltivi; i versanti a forte pendenza con rocce affioranti da una vegetazione rada e discontinua. Gran parte dei boschi presenti sui terreni marnoso-arenacei della porzione più interna della provincia di Rimini, coincidente essenzialmente con le pertinenze del comune di Casteldelci, è data dall’associazione Aceri obtusati-quercetum cerris, diffusa nelle aree submontane dell’adiacente provincia di Pesaro. In questo territorio l’associazione trova i suoi limiti settentrionali, lasciando il posto nella valle del Savio all’Ostryo-Aceretum opulifolii, dell’Emilia-Romagna. Le faggete si trovano essenzialmente sul Monte Aquilone. Simili per composizione a quelle romagnole e a quelle settentrionali del Pesarese, rientrano solo in minima parte nel territorio Riminese. I versanti della Formazione Marnoso-arenacea, ripidi e poveri di suolo, presentano una rada vegetazione di tipo parasteppico, presente anche all’interno delle erosioni calancoidi. L’associazione di riferimento è Coronillo minimaeAstragaletum, dell’Appennino romagnolo e di parte dell’Umbro-marchigiano. Comprende Helicrysum italicum, Fumana procumbens, Coronilla minima, Astragalus monspessulanus. Considerata l’estensione dell’unità paesaggistica e la varietà di ambienti suddividiamo le orchidee presenti in un gruppo maggiormente diffuso nelle espressioni forestali mesofile e un secondo nelle aree forestali termofilo-xerofile, precisando che la distinzione è indicativa. Ricordiamo nel primo gruppo Neottia nidus-avis, Listera ovata, Epipactis helleborine, E. muelleri, E. microphylla, O. mascula subsp. mascula, Gymnadenia conopsea, Dactylorhiza maculata, D. sambucina, Platanthera bifolia, P. chlorantha. Nel secondo gruppo Dactylorhiza maculata, Epipactis helleborine, E. muelleri, E. purpurata, Neottia nidus-avis, Listera ovata, Ophrys insectifera, Cephalanthera longifolia, C. damasonium, C. rubra, Anacamptis morio. A. pyramidalis, Ophrys apifera, O. bertolonii, O. sphegodes subsp. sphegodes, O. holoserica, Orchis simia, O. anthropophora, O. purpurea, Serapias vomeracea subsp. vomeracea, Limodorum abortivum, Neotinea tridentata, N. ustulata. Bosco termofilo presso Casteldelci Pascolo su Marnoso-arenacea (Casteldelci) 50 Le conoscenze orchidologiche Presentazione La storia delle ricerche orchidologiche all’interno del territorio della provincia di Rimini è sostanzialmente recente. Nel panorama degli studiosi che si sono occupati di argomenti botanici non sono noti riferimenti alle orchidee da parte dei grandi precursori quali il riminese Giovanni Bianchi (Jano Planco, Rimini, 1693- 1775) e del suo allievo Giovanni Battarra (Coriano 1714, Rimini 1789). Il primo, medico, filosofo e naturalista (si occupò anche di Foraminiferi); il secondo, sacerdote, esperto di agronomia, micologia e tradizioni popolari. Si deve a Pietro Zangheri la divulgazione, nel 1924, dell’opera botanica del sacerdote Cesare Maioli (Forlì, 1746-1823), il quale raccolse un gran numero di reperti floristici tra Marche e Romagna. Cesare Majoli (1746-1823), (Wikipedia) Le sue peregrinazioni botaniche, per restare nei nostri luoghi, lo portarono a San Marino e a Carpegna. La corposa opera di Maioli Plantarum collectio iuxta Linaeum sistema, composta tra il 1790 e il 1810, è formata da 27 volumi in folio, per 13000 pagine, integrata da 4500 tavole da lui stesso dipinte. Vi vengono riportate alcune specie che riguardano il territorio di nostro interesse con le citazioni originali, dalle quali si ricavano indicazioni di provenienza piuttosto generiche: “Orchis conopsea L., in montibus S. Marini. Ophrys spiralis L., ad colles Romandioles frequens. Serapias Lingua L., in sylvis Romandiolis. Serapias cordigera L., in nostris montibus”. Nel napoleonico Almanacco per il dipartimento del Rubicone per l’anno bisestile, del 1812, nel capitolo Cenni su alcune piante spontanee nel dipartimento, di un certo interesse per le numerose essenze citate, mancano del tutto riferimenti alle orchidee. Analogo discorso va fatto per l’articolo di Renato Pampanini del 1924, Un’escursione sul Monte Carpegna (Montefeltro), dove non si fa cenno ad orchidee, ad eccezione di un suo richiamo che riguarda l’Azzaroli, “ il quale fra il 1835 ed il 1842, raccolse un centinaio di specie a Sasso Feltrio, a Monte Grimano, a Gesso, ed alcune anche a Sant’ Agata Feltria,a Villagrande, a Monte Copiolo; ed infine, nel 1842, sul M. Carpegna, le seguenti: Neottia Nidus-avis, Cephalanthera rubra…”. Il Monte Carpegna è stato oggetto di esplorazioni botaniche fin dal XV secolo. Un codice erbario anonimo del tempo ricorda varie piante della zona. Nel XVII secolo Pietro Antonio Guerrieri (16041676), nella sua opera Della Carpegna abellita et del Montefeltro illustrato, ricorda una serie di piante erbacee del Carpegna. Importanti botanici quali Antonio Bertoloni (1775-1869), Filippo Parlatore (1816-1877) e Luigi Paolucci (1849-1935), presero in considerazione marginalmente l’alta Valmarecchia. Attenzione alla flora riminese, nell’ambito della flora di Romagna, è stata rivolta da Luigi Matteini (Rimini, 1803-1874), naturalista, archeologo e poliglotta. Opuscolo di Luigi Matteini (1803-1874), naturalista, archeologo e poliglotta riminese, nel quale cita l’erbario da lui realizzato, composto da 2000 piante. L’erbario, con l’intera collezione naturalistica, è stato distrutto durante gli eventi della Seconda guerra mondiale. Luigi Matteini realizzò un erbario della flora della bassa Romagna nell’ambito della multiforme collezione naturalistica da lui raccolta e allestita nel 1866 presso l’allora sala del Ginnasio comunale nel Palazzo Gambalunga di Rimini, sede del Museo archeologico. Le vicende belliche della seconda guerra mondiale hanno comportato la distruzione della raccolta, erbario compreso. Ci è pervenuto un breve scritto di Matteini riguardante la collezione. Il contenuto dell’erbario Matteini è noto altresì per merito del botanico di origine livornese Alberto del Testa (1863-1941), il quale tentò di recuperare dall’oblio l’erbario ventisei anni dopo la morte di Matteini, trovandolo in pessime condizioni e recuperando mille dei duemila campioni di cui era composto (a questi sono da aggiungere altri duecento campioni provenienti dai Pirenei, studiati da Pietro Bubani di Bagnacavallo). Trecento esemplari provenivano dai dintorni di Rimini. Del Testa pubblicò i campioni di Matteini nel 1903 sul Nuovo Giornale Botanico Italiano. L’entità numerica delle orchidee attribuite con certezza al Riminese è estremamente limitata e se ne dà conto nel contesto delle schede descrittive per specie del presente lavoro. L’autore non manca di segnalare che “Parecchie altre orchidee trovansi nell’Erbario Matteini, ma così tarlate da essere irriconoscibili”. Tra i naturalisti che hanno lasciato traccia in campo botanico locale troviamo Luigi Raggi, che nel 1903 ha pubblicato un Contributo alla flora littoranea romagnola. Primo elenco delle piante raccolte lungo il littorale adriatico tra Rimini e Cervia. L’autore non riporta alcuna orchidea. Possiamo però confermare oggi la presenza di alcune specie presso i terreni sabbiosi costieri. Abbiamo ricordato sopra Renato Pampanini, (Valdobbiadene, 1875 - Vittorio Veneto, 1949). Torniamo sul botanico veneto in quanto autore, nel 1930, di una Flora della Repubblica di San Marino, all’interno della quale è riportato un buon numero di orchidee. Il territorio della Repubblica esula dall’area considerata nel presente lavoro ma, considerata l’unitarietà fisica con il Riminese e il significato testimoniale delle entità riportate, riteniamo utile fornire l’elenco: Ophrys sphegodes var. genuina, Ophrys apifera var. typica, Ophrys bertolonii var. typica, Ophrys arachnites var. typica, Ophrys fusca var. typica, Serapias vomeracea, Aceras anthtropophora, Loroglossum hircinum var. typicum, f. genuina, Orchis morio var. typica, f. alba, f. rosea, f. variegata, Orchis coriophora var. fragrans, f. genuina, Orchis tridentata var. variegata, Orchis purpurea var. typica, Orchis simia var. typica, Orchis provincialis var. typica, f. luteola, Orchis maculata var. genuina, f. typica, f. ovalifolia, Anacamptis pyramidalis var. typica, Gymnadenia conopea var. typica, Spiranthes spiralis, Cephalanthera rubra, Epipactis rubiginosa. Reggiani F.(1935), nel suo Panorami del Montefeltro. Il Monte Carpegna, cita genericamente per il monte alcune specie: Orchis laxiflora Lmk., O. purpurea Huds., O. sambucina L., O. maculata L., O. Morio L., O. arachnites Host., O. apifera Huds., Cephalanthera ensifolia, C. L. Rich., Listera ovata R. Br.. Negli anni Trenta del Novecento, Rodolfo Chiosi (1906-1993) esplora la valle del Marecchia riportando gli esiti in alcuni articoli. Renato Pampanini (1875-1929) (phaidra.cab.unipd.it.) 52 Presentazione Le conoscenze orchidologiche Tra le specie citate in un primo articolo del 1933 sul Giornale Botanico Italiano figura solo Ophrys bertolonii, citata all’interno di un gruppo di piante che rivela, con le sue parole, “un largo componente di specie mediterranee installate nella porzione superiore montana”. Più consistente il contingente orchidologico riportato in un successivo articolo del 1936: Ophrys bertolonii var. typica, Caprile; Orchis morio var. typica, M. della Perticara (versante meridionale); Orchis morio var. typica, Rocca di Majoletto; Orchis purpurea var. typica, Cete di Uffogliano; Orchis purpurea var. typica, Rocca di Majoletto; Epipactis microphylla var. typica, M. Copiolo; Epipactis microphylla var. typica, Villagrande. Una attenzione particolare è d’obbligo per il grande naturalista forlivese Pietro Zangheri (1889-1983), il quale ha marginalmente preso in considerazione la valle del Marecchia nei suoi studi floristici. I dati orchidologici reperiti nel Repertorio sistematico e topografico della flora e fauna vivente e fossile della Romagna, del 1966, sono stati inclusi nelle schede elaborate per le singole specie. Il prof. Davide Ubaldi, titolare di Geobotanica all’Università di Bologna, ha contribuito in maniera rilevante alla conoscenza della vegetazione del Montefeltro e nello specifico della media e alta Valmarecchia, a partire dagli anni Settanta. Da alcuni suoi lavori abbiamo tratto dati di carattere vegetazionale e orchidologico. Segnalazioni di specie nuove per il Riminese si devono a Alessandro Alessandrini et al. per Ophrys ciliata (1988) e Ophrys bombyliflora (1991). Alessandrini, già autore di Le orchidee spontanee dell’Emilia-Romagna (1985), è stato coordinatore, con Fausto Bonafede, di un fondamentale Atlante della flora protetta della Regione Emilia-Romagna (1996), in collaborazione con il WWF. Nell’Atlante sono confluiti i dati raccolti nel territorio sulla presenza delle specie soggette a tutela dalla L.R.2/1977, che includono le orchidee. Tali dati, in parte forniti dallo scrivente, sono stati utilizzati, con le nuove acquisizioni, per la produzione delle tavole di distribuzione delle specie riportate nel presente volume. La vegetazione del Fiume Marecchia è stata studiata da Biondi & Baldoni (1993). Nel lavoro, pubblicato su Biogeographia, vol. XVII, oltre alla presenza di varie orchidee, è stata descritta, tra le altre, la nuova associazione Epipactido palustris-Schoenetum nigricantis, la cui denominazione si deve alla presenza di Epipactis palustris. Troviamo inoltre dati orchidologici riguardanti l’area di Maiolo, nella media valle del Marecchia, in Gubellini & Di Massimo (2001). L’adiacente provincia di Pesaro e Urbino è oggi ben esplorata. I lavori di Klaver (1991), Crescentini & Klaver (1997), Klaver & Rossi (2011), illustrano nei particolari la distribuzione dei vari taxa. La media e alta valle del Marecchia, pesarese fino al 2009, pur marginalmente esplorata, è rientrata nel territorio di nostro interesse, per cui i dati disponibili sono stati utilizzati ai fini del presente lavoro. Successivi contributi sulle Orchidaceae del Riminese sono rari. Una eccezione è costituita dalla ricerca di Laghi & Pastorelli sulle orchidee della Riserva Naturale Orientata di Onferno (Gemmano), del 2004. Lo scrivente ha segnalato in più occasioni la presenza di orchidee in varie località della provincia di Rimini: bassa Valconca (1986), media valle del Marecchia (1993), Onferno (1993, 1997), Verucchio (2002), Riccione (2007), Torriana (1992), nel territorio provinciale (2008), presso Talamello (2011). Un primo elenco sistematico delle orchidee della Valle del Conca risale al 2002, all’interno di una pubblicazione monografica. Una prima lista dei taxa rinvenuti durante la ricerca è stata pubblicata nel 2010. Illustrazione tratta da: Carlo Darwin, I diversi apparecchi col mezzo dei quali le Orchidee vengono fecondate dagli insetti. Prima edizione italiana col consenso dell’Autore di Giovanni Canestrini e Lamberto Moschen. Torino, Unione Tipografica-Editrice, 1883, pag. 21. 54 Il censimento, obiettivi e metodologia Presentazione A partire dai primi anni Ottanta del Novecento le conoscenze sulla presenza e distribuzione delle orchidee nel Riminese si sono ampliate e hanno condotto di volta in volta a singole segnalazioni o elenchi pubblicati in più occasioni e su fonti diverse. I dati hanno interessato le valli del Marecchia e del Conca. Dal 2008 alla ricerca sono stati applicati criteri di sistematicità, con l’intento di verificare la situazione dei taxa effettivamente presenti, ottenere indicazioni sullo status, individuare specie rare e di valore biogeografico, localizzare siti di particolare significato orchidologico, definire tendenze, criticità e problematiche utili alla conservazione. La ricerca è stata condotta nell’ambito delle attività dell’Associazione WWF Rimini, in collaborazione con l’Assessorato all’Ambiente, Energia e Politiche per lo Sviluppo Sostenibile della Provincia di Rimini. È consistita nel censire e nel definire la distribuzione delle specie appartenenti alla Famiglia Orchidaceae, tutelata dalla legge della Regione EmiliaRomagna N.2 del 24 Gennaio 1977. L’avvio della ricerca ha interessato il primitivo territorio della Provincia di Rimini, delineato al tempo della separazione dalla provincia di Forlì. In modo repentino, la spinta secessionistica in atto nella media e alta Valle del Marecchia ha determinato il passaggio di sette comuni pesaresi nella Provincia di Rimini. La Legge N.117 del 3 Agosto 2009 ha sancito così il “Distacco dei comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant’Agata Feltria e Talamello dalla Regione Marche e loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, nell’ambito della Provincia di Rimini, ai sensi dell’art. 132, secondo comma, della Costituzione”. La successiva legge della Regione EmiliaRomagna del 4 Novembre 2009 ha recepito e applicato il trasferimento amministrativo dei comuni della Valle del Marecchia. Dai 535,38 kmq occupati dai 20 comuni originari della provincia, si è passati a 27 comuni e a 863,58 kmq complessivi. I nuovi comuni hanno aggiunto quindi 328,20 Kmq di territorio, caratterizzato da alta collina e montagna. Alla ricerca sul campo si è aperto di conseguenza un territorio esteso ed estremamente vario sotto il profilo geomorfologico, floristico e vegetazionale, ampliando repentinamente le opportunità di studio ma anche le difficoltà in termini di tempo, accessibilità e distanze. Si è ritenuto quindi di estendere l’esplorazione, tenendo ben presente che l’intero lavoro sarebbe stato condotto su base volontaria, non solo per quanto riguarda lo scrivente, ma anche per tutti coloro che a vario titolo e impegno hanno prestato la loro collaborazione. Ha costituito un incentivo la relativa disponibilità di dati bibliografici sulla distribuzione delle orchidee nella media e alta Valmarecchia. Nell’insieme la ricerca è durata cinque anni, dal 2008 al 2012. Nel 2008 e 2009 l’esplorazione ha riguardato i comuni costieri e collinari dell’originario perimetro provinciale per estendersi, tra il 2009 e il 2012, al territorio della Valmarecchia già marchigiano. I dati sono stati rilevati sul campo per gran parte dallo scrivente. I collaboratori volontari, complessivamente 35, hanno fornito in varia misura i dati sulla base di una scheda appositamente predisposta. Per le Guardie Ecologiche Volontarie (GEV) della Provincia di Rimini sono stati condotti incontri di preparazione all’attività sul campo. I dati di presenza, sempre integrati da immagini fotografiche, sono stati vagliati dal coordinatore e inseriti in un database. Le informazioni scaturite dalla ricerca e quelle desunte su base bibliografica sono state utilizzate per la redazione delle carte di distribuzione che figurano nelle singole schede. Le carte distributive sono impostate su una base fisica; i toni cromatici individuano altrettanti intervalli altimetrici. Su di essa è stato sovrapposto il reticolo cartografico delle “sezioni” della Carta Tecnica Regionale alla scala 1:10.000. Le singole sezioni hanno una estensione reale di circa 6,7 x 5,5 km per una superficie di circa 3.700 ha. La distribuzione dei taxa che ne è risultata è stata visualizzata con diversa modalità grafica a seconda che si tratti di dati originali rilevati nel corso della ricerca, dati desunti da fonti bibliografiche, sovrapposizione di dati originali e bibliografici. Va precisato che come dati bibliografici sono stati considerati anche quelli derivati dalla banca dati della Flora protetta dell’Emilia-Romagna per il Riminese, gentilmente fornita dal dr. Alessandro Alessandrini dell’Istituto per i Beni Culturali di Bologna. Carta fisica della Provincia di Rimini con reticolo CTR 1:10.000 Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico Provincia di Rimini con reticolo CTR 1:10.000 e limiti comunali Carta della distribuzione di Cephalanthera rubra 56 SCHEDA RILEVAMENTO ORCHIDEE SPONTANEE Rilevatore…………………………………………Data………………… Località…………………………………………………………………… Comune…………………………………………………………………… IlPresentazione censimento, obiettivi e metodologia Riportiamo la scheda di rilevamento e le indicazioni per i rilevatori utilizzati nel corso della ricerca. La scheda è stata redatta sulla base di Grünanger (2001). Durante il prosieguo della ricerca è stato pubblicato Orchidee d’Italia, a cura di Grünanger et al. (2009), il quale ha apportato numerose novità nella sistematica della Famiglia Orchidaceae. Ci si è in sostanza attenuti ad esso sotto l’aspetto nomenclaturale (ad eccezione di Ophrys holoserica), etimologico, descrittivo e di habitat. La ricerca ha previsto la compilazione della scheda, costituita dall’elenco delle orchidee rilevate nella provincia di Rimini in occasione del censimento della flora protetta effettuato a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, integrato con ulteriori specie la cui presenza è stata ritenuta possibile. Nella colonna A è stato riportato il numero relativo all’ambiente e in colonna B il numero relativo alla presenza. Più specie presenti in un solo sito sono state riportate in una singola scheda, completa di rilevatore, data, località e Comune. Di particolare importanza la documentazione fotografica delle singole piante, intere e nei particolari, essenziale nel caso in cui non sia stata possibile la determinazione sul campo. Non sono stati asportati esemplari in alcun caso. Alcune foto dei collaboratori sono state utilizzate per la stampa, con citazione dell’autore. In ogni caso dati e immagini relativi alla ricerca sono entrati a far parte del Centro di Documentazione Ambientale dell’Associazione WWF Rimini. È stata organizzata una mailing list dedicata esclusivamente allo scambio di informazioni sul progetto. LEGENDA Ambienti Colonna A 1. Paludi e ambienti umidi 2. Boschi fluviali e margini 3. Prati aridi fluviali 4. Boschi termofili, margini e radure 5. Boschi mesofili, margini e radure 6. Cespuglieti 7. Prati e pascoli 8. Coltivazioni 9. Incolti, aree ruderali 10. Siepi 11. Rimboschimento a latifoglie 12. Rimboschimento a conifere 13. Castagneti 14. Sabbie costiere 15. Altro ...... Presenza Colonna B N. Nome comune Nome scientifico 1 Viticcino Autunnale Platantera comune Platantera verdastra Manina rosea Manina profumata Testicolo di volpe Orchidea romana Orchidea di Fuchs Ballerina, Ometti Orchidea farfalla Orchidea acquatica Orchidea gialla Orchidea mascula Orchidea minore, Giglio caprino Orchidea cimicina Orchidea bruciacchiata Orchidea screziata Orchidea maggiore Orchidea militare Orchidea omiciattolo Orchidea piramidale Barbone adriatico Serapide minore Serapide maggiore Ofride scura Ofride insettifera Ofride fior di bombo Ofride fior d’api Ofride di Bertoloni Ofride calabrone Ofride dei fuchi Ofride fior di ragno Cefalantera bianca Cefalantera giallognola Elleborina di palude Elleborina minore Elleborina comune Elleborina di Müller Fior di legno Nido d’uccello Listera maggiore Altre Spiranthes spiralis Platanthera bifolia Platanthera chlorantha Gymnadenia conopsea Gymnadenia odoratissima Coeloglossum viride Dactylorhiza romana Dactylorhiza maculata Orchis anthropophora Orchis papilionacea Orchis laxiflora Orchis provincialis Orchis mascula Orchis morio Orchis coriophora Orchis ustulata Orchis tridentata Orchis purpurea Orchis militaris Orchis simia Anacamptis pyramidalis Himantoglossum adriaticum Serapias parviflora Serapias vomeracea Ophrys fusca Ophrys insectifera Ophrys bombyliflora Ophrys apifera Ophrys bertolonii Ophrys crabronifera Ophrys fuciflora Ophrys sphegodes Cephalanthera longifolia Cephalanthera damasonium Epipactis palustris Epipactis microphylla Epipactis helleborine Epipactis muelleri Limodorum abortivum Neottia nidus-avis Listera ovata 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 1. Individuo unico 2. Pochi individui (2-5) 3. Piccolo gruppo (6 –10) 4. Grande gruppo (10-40) 5. Diffusa (oltre 40) 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 A B 58 I generi presenti in Italia Le schede Ogni scheda, dedicata ai singoli taxa rilevati nel corso della ricerca, comprende una parte descrittiva e una iconografica. Nella parte descrittiva sono riportate nell’ordine il nome scientifico, il nome comune, il basionimo e gli eventuali sinonimi relativi alla singola specie o sottospecie. Seguono l’etimologia, la distribuzione (corologia) generale, relativa alla penisola italiana, alla Regione Emilia-Romagna e alla provincia di Pesaro e Urbino (Marche). Si conclude con l’habitat e la distribuzione provinciale, i caratteri morfologici con cenni sui pronubi e il periodo di antesi. La parte iconografica comprende la carta di distribuzione della specie, immagini relative alla pianta intera e a particolari dell’infiorescenza. Sul piano corologico esteso e su quello italiano gli elementi conoscitivi sono tratti da AA.VV. 2009. Orchidee d’Italia – Guida alle orchidee spontanee, GIROS, Il Castello. Per la Regione Emilia-Romagna da Alessandrini A. e Bonafede F., 1996. Atlante della flora protetta dell’EmiliaRomagna, Bologna. Per la fascia costiera dell’Emilia-Romagna è stato consultato: Lazzari G., Merloni N., Saiani D., 2010. Flora. Pinete storiche di Ravenna, San Vitale, Classe, Cervia. Parco Delta del Po, EmiliaRomagna. Quaderni dell’IBIS, L’ARCA, RA; Carli M., Gardini M., Zamagna A., 2003. Le Orchidee Spontanee della Pineta di Cervia. Ravenna. Per la Provincia di Pesaro e Urbino si è fatto riferimento a Crescentini R. e Klaver J.M.I., 1997. Orchidee spontanee della Provincia di Pesaro e Urbino con osservazioni sulle specie delle Marche, Provincia di Pesaro e Urbino; Klaver J.M.I., Rossi D. 2011, Contributo alla conoscenza delle Orchidee della Provincia di Pesaro e Urbino. GIROS Notizie, N.46, pp. 30-36. sottofamiglia tribù sottrotribù Cypripedioideae Spiranthoideae Cypripedium Cranichideae Goodyerinea Spiranthinea Goodyera Spiranthes Orchideae Orchidinae Anacamptis Barlia Chamorchis Coeloglossum Dactylorhiza Gymnadenia Himantoglossum Neotinea Nigritella Ophrys Orchis Platanthera Pseudorchis Serapias Traunsteinera Gennaria Herminium Orchidoideae Habenariinae Epidendroideae Gastrodieae Melaxideae Calypsoeae Neaottieae Epipogiinae Limodorinae Listerinae Prato calanchivo con Anacamptis pyramidalis, forma apocromica, Casa Ragione (Perticara), 2 giugno 2011 genere Con i generi presenti in provincia di Rimini Da AA.VV. Orchidee d’Italia, GIROS, Il Castello, 2009 (modificato). Epipogium Liparis Malaxis Corallorhiza Cephalanthera Epipactis Limodorum Listera Neottia 60 Spiranthes spiralis (L.) Chevall. 1827 ONFERNO (GEMMANO) 15 settembre 2011 Nome comune Trecce di dama, Viticcino autunnale Basionimo Ophrys spiralis L. 1753 Sinonimi S. autumnalis (Balb.) Rich. Etimologia Il nome di specie deriva dal latino spira, “spirale”, “circonvoluzione”, con riferimento all’andamento elicoidale dei fiori lungo il fusto. Distribuzione Specie mediterranea ed eurocaucasica, diffusa dall’Atlantico al sud della Svezia all’Iran e nell’Africa settentrionale. È presente in tutte le regioni italiane, con minore frequenza al settentrione, dal livello del mare a 1300 m. di altitudine. In Emilia-Romagna è relativamente rara, con stazioni distribuite in particolare su terreni argillosi alloctoni. Non e stata rinvenuta in pianura. Presso la costa è presente nelle pinete di Cervia e Casal Borsetti. In provincia di Pesaro e Urbino è considerata non rara, presso luoghi erbosi e banchine stradali. Non è agevole stimarne la presenza in quanto non fiorisce con regolarità e mostra forti oscillazioni nel numero di scapi prodotti nei diversi anni. Habitat e distribuzione locale Osservata all’interno di prati aridi arbustati dell’alto Marecchia, di prati falciati e arbustati presso Mondaino. Laghi & Pastorelli (2004), hanno segnalato una stazione all’interno del cimitero di Onferno (Gemmano-RN) comprendente circa 500 individui! Lo stesso sito, controllato nel 2011, annoverava non più di 4 individui. In provincia di Rimini è da ritenersi rara. Il basso numero di stazioni rinvenute si deve con probabilità alle dimensioni minute della pianta, che la rendono di non agevole individuazione. Caratteri Apparato radicale formato da due rizotuberi allungati. Pianta molto piccola, tra 10 cm e 25 cm. Il fusto, pubescente, origina a lato della rosetta basale formata da foglie rivolte esternamente quasi ad angolo retto, ellittiche e acute. La rosetta fogliare sverna e produce un nuovo fusto nella stagione successiva. L’infiorescenza forma una tipica spirale. I fiori sono distribuiti in modo serrato lungo il fusto, minuti, profumati, bianchi, con sfumature verde chiaro. La colorazione verde si accentua alla base del labello, minutissimamente sfrangiato lungo i bordi a somiglianza di un delicato merletto. Fiorisce tra la tarda estate e l’autunno, tra Settembre e Ottobre. Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico ONFERNO (GEMMANO) 15 settembre 2011 PONTE 8 MARTIRI (CASTELDELCI) 9 ottobre 2010 ONFERNO (GEMMANO) 15 settembre 2011 62 Platanthera bifolia (L.) Rich. 1817 Nome comune Platantera comune, Platantera bianca Basionimo Orchis bifolia L. 1753 BADIA M.ERCOLE (SANT’AGATA F.) 15 maggio 2011 fino a 12 mm, bianco con apice verdastro. Lo sperone è filiforme, attenuato all’apice. Le logge polliniche sono vicine e parallele. Fiorisce tra Maggio e Luglio. Sinonimi P. solstitialis Boenn. ex Rchb. Etimologia Il nome di specie si deve alle due foglie basali. Distribuzione Specie paleotemperata. L’areale interessa gran parte d’Europa, l’Asia fino alla Siberia, Algeria e Tunisia nell’Africa mediterranea. Specie comune nell’Italia settentrionale e progresivamente più rara verso il meridione. In Sicilia è assente. In Emilia-Romagna è considerata comune nelle aree collinari e bassa montagna, tra 100 m e 1600 m, in aree boschive. Assente in pianura, segnalata sulla costa nella sola pineta di Cervia. In provincia di Pesaro e Urbino è non comune, in ambienti prativi montani e boschi radi, tra 400 m e 1000 m. Habitat e distribuzione locale In provincia di Rimini è presente localmente, in particolare all’interno di castagneti, a partire da 150 m, fino ai rilievi interni, in boschi e su scarpate stradali ombreggiate. Caratteri Pianta alta tra 20 cm e 50 cm, provvista di due rizotuberi radicali ovaliformi. Il fusto è gracile, appena angoloso e striato, in genere con due foglie basali (talvolta 3-4), subopposte, spatolate e arrotondate all’apice. Le foglie caulinari sono simili progressivamente a brattee. L’infiorescenza consiste in una una spiga cilindrica lassa con fiori biancastri profumati abbastanza distanziati. Può però presentarsi variabile come densità e portamento. Petali e sepalo mediano formano un casco. Il labello è intero, stretto e allungato Dato originale BADIA M.ERCOLE (SANT’AGATA F.) 15 maggio 2011 BADIA M.ERCOLE (SANT’AGATA F.) 15 maggio 2011 BADIA M.ERCOLE (SANT’AGATA F.) 15 maggio 2011 64 Platanthera chlorantha (Custer) Rchb. 1829 Nome comune Platantera verde Basionimo Orchis chlorantha Custer 1827 Sinonimi P. montana (F.W. Schmidt) Rchb.f.; P. bifolia subsp. chlorantha (Custer) Rouy Etimologia Il nome di specie è composto, proveniente dal greco chloros “verde” e anthos, “fiore”, quindi “fiore verde” per il tono verdastro dei fiori. Distribuzione Elemento eurosiberiano. In area mediterranea l’areale va dalla Spagna alla Libia alla Siria. In Italia è diffusa in tutto il territorio circa come P. bifolia, rara sopra i 1800 m. In Sardegna non è presente ed è vicariata da P. algeriensis. È più rara rispetto a P. bifolia procedendo da settentrione a sud. In Emilia-Romagna è specie comune in tutta la fascia collinare e montana. In pianura e sulla costa diviene rara. In Provincia di Pesaro e Urbino è considerata non rara, tra 600 m e 1200 m, in boschi radi e pascoli montani. Habitat e distribuzione locale Non rara in provincia di Rimini. Compare all’interno dei castagneti a partire da 150 m. presso Montefiore. Accentua la sua presenza nell’entroterra in boschi termofili, scarpate stradali, castagneti da frutto e da legno, boschi aperti. Caratteri Alta da 30 cm a 50 cm, con fusto più robusto rispetto a P. bifolia. L’apparato radicale è formato da due rizotuberi radicali ovaliformi. L’infiorescenza è abbastanza lassa, con molti fiori verdastri con profumazione più accentuata in periodo notturno. M.FAGGETO (MONTEFIORE) 15 maggio 2009 Il sepalo mediano forma un casco con i petali. I sepali laterali divergenti, sono ovali o falciformi. Il labello è linguiforme, verdastro, chiaro alla base. Lo sperone, più lungo dell’ovario, mostra un apice claviforme. Le logge dell’antera sono distanziate e divergono alla base mentre in P. bifolia sono parallele. Tale carattere distingue le due specie, per altro molto somiglianti. Come per P. bifolia, le morfologie fiorali mostrano uno specifico adattamento all’impollinazione da parte di Lepidotteri notturni. Le differenze nella disposizioni dei pollinii fanno si che in P. chlorantha essi aderiscano lateralmente al capo delle farfalle, mentre in P. bifolia aderiscono alla base della spiritromba. Fiorisce tra Maggio e Luglio. Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico M.FAGGETO (MONTEFIORE) 15 maggio 2009 M.FAGGETO (MONTEFIORE) 15 maggio 2009 UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA) 6 maggio 2010 66 Gymnadenia conopsea (L.) R. Br. in W.T. Aiton 1813 Nome comune Manina rosea, Orchidea delle zanzare Basionimo Orchis conopsea L. 1753 Etimologia Il nome di specie proviene dal greco konops ovvero zanzara, per lo sperone filiforme e allungato. Distribuzione Specie eurasiatica boreale e temperata, diffusa dal dal Portogallo alla Cina. Nella penisola italiana è comune dal piano a 2600 m di quota al settentrione. La frequenza diminuisce gradualmente dal centro al meridione ed è assente in Sicilia e Sardegna. In Emilia-Romagna è distribuita dal livello del mare a 1400 m ed è comunissima a Sud della via Emilia. È rara in pianura e sulla costa. Nella provincia di Pesaro e Urbino è considerata comune nel piano collinare e nei prati montani, da 300 m a 1400 m. VALLE PRENA (PENNABILLI) 29 giugno 2010 più frequente possono tovarsi anche individui biancastri o giallastri. Il labello presenta 3 lobi simili. Lo sperone è filiforme, allungato e incurvato inferiormente. Le numerose varianti di G. conopsea descritte vengono considerate sostanzialmente forme adattate a condizioni ecologiche differenziate (ecotipi). In Italia la var. densiflora (Wahlenb.) Lindl. 1835, mostra una conformazione più robusta, una infiorescenza estremamente densa che raggiunge i 200 fiori e antesi ritardata, tra Luglio e Agosto. Per alcuni Autori l’assetto frequentemente poliploide (2n=80) e la presenza di popolazioni con tali caratteri fanno ritenere una speciazione in divenire o addirittura un inquadramento tassonomico diverso. Fiorisce tra Maggio (Aprile a bassa quota) e Luglio. Habitat e distribuzione locale Comunissima su scarpate stradali a esposizione fresca, al margine di boschi a latifoglie e in pieno sole. Più frequente su suoli calcarei ma adattabile a substrati diversi. In ambito locale compare nel piano collinare e accresce progressivamente la presenza fino a divenire molto comune nella fascia altocollinare e montana su prati, cespuglieti e boschi aperti. Caratteri L’apparato radicale è costituito da due rizotuberi profondamente palmati. È una pianta appariscente, slanciata e alta fino a un metro. Il fusto è verde chiaro, spesso con un tono violaceo superiormente. Le brattee sono lineari, lunghe circa come l’ovario. L’infiorescenza raggiunge i 30 cm. I fiori sono profumati e presentano variazioni cromatiche che vanno dal rosa, il più comune, al violaceo. A stretto contatto con la forma Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico MONTE DI MONTESCUDO 11 giugno 2009 GATTARA (CASTELDELCI) Forma apocromica - 16 giugno 2011 SAPIGNO (PERTICARA) 16 giugno 2011 68 Coeloglossum viride (L.) Hartm. 1820 Nome comune Orchidea verde Basionimo Satyrium viride L. 1753 Sinonimi Orchis viridis (L.) Crantz; Dactylorhiza viridis (L.) R.M.Bateman, Pridgeon & M.W.Chase; Habenaria viridis (L.) R. Br. Etimologia Al genere Coeloglossum appartiene la sola specie viride. Il nome del genere proviene dai termini greci koilos e glossa, con significato di “lingua cava”, relativi alla forma del labello. Il nome della specie deriva dal latino viridis, verde, per il colore prevalente dei fiori. Distribuzione Specie circumboreale, diffusa dall’America settentrionale all’Asia orientale estrema, a distribuzione montana nel sud dell’Europa. in Italia è abbastanza diffusa su Alpi e Prealpi, più rara sugli Appennini, assente nelle isole. In Emilia-Romagna è abbastanza diffusa in genere oltre il limite degli alberi, dal Piacentino al Bolognese. Rara nel Forlivese. Pietro Zangheri (1966), ha citato alcune stazioni nelle foreste Casentinesi. Nel 2010 è stata confermata da Viciani & al. al Passo della Calla. In Provincia di Pesaro è considerata non comune tra 800 m e 1300 m, con poche stazioni maggiormente presenti tra 1000 m. e 1100 m. Habitat e distribuzione locale Rara in provincia. Presente solo su prati e pascoli montani, in prossimità di boschi ma non al loro interno. Di non facile localizzazione, si situa in piena luce o mezz’ombra ed è indifferente al substrato. È stata rinvenuta nel comprensorio del Sasso Simone a breve distanza dal Passo della Cantoniera e a Miratoio, in comune di Pennabilli, nonchè presso Villagrande, in comune di San Leo. PASSO DEI LADRI (PENNABILLI) 28 maggio 2011 Caratteri Apparato radicale formato da un rizotubero profondamente palmato. Pianta eretta, alta da 10 cm a 30 cm. Le foglie basali e cauline, non oltre 7, sono ovali e ottuse le prime, lanceolate e acute le seconde, inferiori rispetto all’infiorescenza. Le brattee erbacee sono più lunghe dei fiori. L’infiorescenza non è molto densa, i fiori piccoli, verdastri con sfumature bruno-rossastre o giallognole. I tepali sono conniventi a casco. Il labello è pendulo a forma di lingua, trilobato con lobo mediano appena accennato. Lo sperone è globoso -sacciforme e nettarifero. Il ginostemio è piccolo e ottuso; le logge anteriche divergono alla base e sono saldate all’apice. L’ovario è sessile. Fiorisce tra Maggio e Giugno. Viene impollinata da Coleotteri, Imenotteri e Lepidotteri. Nota: Le indagini molecolari hanno confermato una parentela molto stretta con il genere Dactylorhiza, nota in precedenza anche da ibridi intergenerici. Le proposte di integrare la specie nel genere Dactylorhiza non hanno avuto esito, considerate anche le palesi differenziazioni morfologiche. Dato originale PASSO DEI LADRI (PENNABILLI) 28 maggio 2011 CANTONIERA (PENNABILLI) 30 maggio 2010 CANTONIERA (PENNABILLI) 30 maggio 2010 70 Dactylorhiza sambucina (L.) Soó 1962 Nome comune Orchidea sambucina Basionimo Orchis sambucina L. 1755 Etimologia L’epiteto specifico deriva dal profumo dei fiori, simile a quello del sambuco. Distribuzione Specie europea-caucasica, distribuita dalla Scandinavia al Mediterraneo, tranne che in Sardegna. Non è presente in gran parte dell’Europa centro-occidentale. Nell’Europa meridionale si colloca nella fascia altocollinare e montana da 300 m a oltre 2000 m di quota. In Emilia-Romagna la distribuzione altitudinale va dai 400 m ai 2100 m, su prati, praterie di altitudine, boschi e radure, sempre a sud della via Emilia. Più rara in Romagna, scomparsa dalla pianura e segnalata da Zangheri (1936) per la costa. In provincia di Pesaro la distribuzione altitudinale va da 900 m a 1300 m, con concentrazioni maggiori nel settore più elevato. PASSO DEI LADRI (PENNABILLI) 6 maggio 2011 Caratteri L’apparato radicale presenta due rizotuberi divisi all’apice in più lobi o tubercoli. Pianta di aspetto robusto e di limitata altezza, in genere non supera i 30 cm, con fusto angoloso verso l’alto. Le foglie sono da 4 a 8, ovatolanceolate e ottuse, semierette dalla base del fusto fin quasi all’infiorescenza, lunghe fino a 12 cm. Le brattee inferiori sono più lunghe dei fiori. L’infiorescenza è ovoidale, densa e corta, il labello appena trilobato,con base più chiara e punteggiata di rosso-bruno. Lo sperone è grosso, conico e discendente. Una caratteristica peculiare consiste nella presenza di fiori gialli o rosso-porpora con varianti cromatiche intermedie nelle stesse popolazioni. In provincia il colore giallo è prevalente. Le piante a fiori rossi sono indicati come forma rubra (Winter) Hyl. 1966. Rarissima la variante a fiore giallo con un’ampia macchia rossa che occupa quasi tutto il labello denominata forma chusae C.E.Hermos. 2000. La fioritura avviene tra Maggio e Luglio, in Aprile a quota collinare. Habitat e distribuzione locale L’ambiente di elezione è dato dai prati-pascoli mesofili e radure nei boschi al di sopra dei 1000 m. Specie non selettiva nei confronti del suolo, è stata rinvenuta in provincia sporadicamente a quota collinare a Monte Maggiore di Montefiore nel 1990 (Alessandrini e Bonafede 1996), e nel corso della ricerca a Uffogliano di Novafeltria, sempre in un castagneto. Frequente e con popolazioni abbondanti nel territorio del Monte Carpegna (comune di Pennabilli). Dato originale Dato bibliografico UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA) 25 aprile 2012 PASSO DEI LADRI (PENNABILLI) 6 maggio 2011 UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA) 25 aprile 2012 72 Dactylorhiza maculata (L.) Soó Nome comune Orchide macchiata, Giglio basilico Basionimo Orchis maculata L. 1753 Sinonimi D. fuchsii (Druce) Soó; D. meyeri (Rchb.f.) Aver.; Orchis longibracteata F.W.Schmidt Etimologia L’epiteto di specie deriva delle macchie fogliari. La sottospecie fuchsii è dedicata al medico e botanico tedesco Leonhart Fuchs (1501–1566); l’epiteto della sottospecie saccifera rimanda alla forma dello sperone. Distribuzione Specie a diffusione eurasiatica, con areale non chiaramente circoscrivibile per la sovrapposizione con la sottospecie maculata. È presente in Italia settentrionale e centrale. Si ritiene che le segnalazioni della subsp. maculata si riferiscano ad individui dai caratteri non chiaramente definiti, ma costantemente intermedi tra le sottospecie fuchsii e saccifera. In Emilia-Romagna la specie è molto comune a sud della Via Emilia, presente anche sulla costa, con la la subsp. fuchsii (Druce) Hyl. In provincia di Piacenza sono stati rinvenuti esemplari riferibili alla sottospecie elodes (Griseb.) Soò. Presso aree umide montane dell’Emilia sono presenti ma rarissime, forme riconducibili alla sottospecie maculata. Nell’area appenninica romagnola, sono presenti forme molto simili alla sottospecie saccifera (Brongn.) Soò, distribuita nella catena appenninica centrale e meridionale. In provincia di Pesaro la sottospecie fuchsii è comune da 300 m a 1400 m, con maggiore diffusione tra 700 m e 800 m. A conferma del polimorfismo della specie, nel Pesarese non appare chiaro se gli individui a sperone saccato siano da riferire a varianti di D. fuchsii o a D. saccifera. Habitat e distribuzione locale D. maculata si rinviene nell’intera provincia a partire da ambienti boschivi di fondovalle della dorsale collinare miocenica, castagneti della bassa collina della Valconca a circa 150 m di quota, raramente in boscaglie fluviali planiziarie. Diviene progressivamente comune e ampiamente diffusa a quote maggiori, in accordo con la situazione distributiva del Pesarese. Forma spesso densi assembramenti ai margini dei boschi mesofili in genere o all’interno di questi se abbastanza chiari, castagneti, scarpate stradali ombreggiate o umide, fossati, spesso in piena luce in prati mesofili. Occupa anche suoli asciutti. Si distribuisce su substrati calcarei o moderatamente acidi. La subsp. fuchsii appare dominante ma non mancano individui con caratteri intermedi vicini alla subsp. saccifera. Citata per la prima volta per il Riminese da Alberto del Testa (1903), il quale riferisce di campioni dell’erbario Matteini provenienti da Longiano e da Rimini. MONTE PINCIO (TALAMELLO) 27 maggio 2010 74 Dactylorhiza maculata Caratteri L’apparato radicale mostra due rizotuberi palmati, più o meno profondamente divisi in lobi o tubercoli. L’altezza della pianta è variabile, da 30 cm a 70-80 cm. Il fusto è esile e slanciato. Le foglie, da 4 a 10-11, presentano nella pagina superiore le tipiche maculature scure e sono distribuite nella parte inferiore del fusto. Hanno forma arcuata verso l’esterno, oblunghe e lanceolate. Quelle inferiori sono ellittiche e ottuse; le superiori brevi fino ad assumere aspetto bratteiforme. Le brattee sono in genere meno lunghe dei fiori. L’infiorescenza è generalmente vistosa, densa e multiflora, all’inizio conica poi allungata, ma non mancano individui di modeste dimensioni e con pochi fiori. Questi non sono grandi, con decise variazioni cromatiche che vanno dal rosa chiaro al biancastro. Individui quasi completamente bianchi sono stati osservati presso il Monte San Silvestro (Sant’Agata Feltria). Il labello è profondamente trilobato, con strie e macchie porporine-violacee, il lobo mediano è più lungo dei laterali. Lo sperone è orizzontale o di poco discendente. La fioritura avviene tra Maggio e Luglio. PASSO DEI LADRI (PENNABILLI) Foglie basali - 6 maggio 2011 Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico MONTE SIMONCELLO (PENNABILLI) 30 maggio 2010 MONTE SAN SILVESTRO (SANT’AGATA F.) Forma ipocromica - 29 maggio 2010 76 Orchis anthropophora (L.) All. 1785 Nome comune Ballerina, Ometti Basionimo Ophrys anthropophora L. 1753 Sinonimi Aceras anthropophorum (L.) R. Br. Etimologia Per la conformazione del fiore, il nome di specie deriva dal greco anthropos, “uomo” e phero “porto”, per cui “portatrice di uomini”. Distribuzione si presenta allungata e lateralmente compressa, con fiori molto ravvicinati. Questi mostrano un casco chiuso, verde orlato di rosso. Il labello è di aspetto antropoide per i lunghi e stretti lobi, il mediano diviso ulteriormente in due lobuli, tutti bordati di bruno-rosso. Lo sperone è assente. La rivisitazione tassonomica della specie conseguente alle analisi molecolari di recente data ha comportato il passaggio al genere Orchis dall’ iniziale e affermato genere Aceras, istituito da R. Brown nel 1813. Fiorisce tra Aprile e Giugno. Viene impollinata da Coleotteri. Specie a distribuzione mediterraneo-atlantica, dalla Spagna all’Inghilterra fino alla Turchia e Africa nord-occidentale sulla opposta sponda mediterranea. E’ diffusa in tutta la penisola italiana e isole fino a 1600 m ma diviene rara in tutto il territorio alpino e appenninico emiliano. Manca in Val d’Aosta, Trentino e Friuli. In Emilia-Romagna è rara, con maggiori concentrazioni nel sud, in area romagnola. Rarissima sulla costa, è presente nella pineta di Cervia (RA). In Provincia di Pesaro e Urbino è comune dal piano collinare alla montagna, tra 150 m e 1000 m. Habitat e distribuzione locale Si trova in ambienti diversificati quali prati asciutti e freschi, scarpate stradali e margini di boschi, cespuglieti, rimboschimenti, in piena luce o semiombra. In provincia di Rimini diviene progressivamente comune dalla media collina fin’oltre i 1000 m. Caratteri Apparato radicale con due rizotuberi ellissoidali castani. Specie a limitata variabilità, osservabile essenzialmente nel cromatismo dei fiori. Alta tra 15 cm e 40 cm, il fusto verde e gracile presenta dal basso foglie lanceolate con evidente nervatura e foglie avvolgenti il fusto che divengono superiormente bratteiformi. L’inconfondibile infiorescenza MONTEBELLO 13 maggio 2010 Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico MONTE CANALE (PENNABILLI) 17 maggio 2012 MONTE CANALE (PENNABILLI) 17 maggio 2012 MONTEBELLO 13 maggio 2010 78 Orchis mascula subsp. mascula (L.) L. 1755 Nome comune Orchidea maschio, Giglio caprino Basionimo Orchis morio var. mascula L. 1753 Sinonimi O. vernalis Salisb.; O. stabiana Ten. Etimologia Il nome di specie proviene dal latino masculus, “virile, maschio”. A seconda delle versioni, l’attributo è riferito all’aspetto eretto della pianta, agli organi radicali o alla conformazione dello sperone. Distribuzione Specie a diffusione europeo-caucasica, interessa in particolare il settore mediterraneo-atlantico occidentale, fino alla Siberia e Iran. Raggiunge i 2500 m. Per quanto attiene all’Italia, Orchis mascula (L.) L. subsp. mascula è presente ovunque tranne in Puglia, Molise, Liguria e in Sardegna. La variabilità riscontrata sul territorio nazionale ha portato alla descrizione di alcune sottospecie: ichnusae Corrias 1982, endemismo sardo-corso; olbiensis (Reut. ex Gren.) Asch. & Graebn. 1907, segnalata in Liguria; speciosa (Mutel) Hegi 1909, in ambienti montani. In Emilia-Romagna O. mascula è frequente dalla collina alla montagna, oltre il limite degli alberi, tra 300 m e 1900 m. Assente in pianura e sulla costa. In provincia di Pesaro e Urbino O. mascula s.l. è considerata comune nei prati calcarei montani, tra 600 m e 1600 m. Habitat e distribuzione locale Distribuita in prati-pascolo, prati arbustati mesofili e boschi radi (cerreta), in piena luce o penombra. In provincia di Rimini è concentrata nel comprensorio di Monte Carpegna, lungo i versanti che si affacciano verso il Marecchia, Individui isolati sono presenti a quota minore presso il Monte della Perticara e Monte Pincio, tra Perticara e Talamello, nel castagneto di Uffogliano e a Monte Ercole. PASSO DEI LADRI (PENNABILLI) 6 maggio 2011 Caratteri L’apparato radicale è formato da due rizotuberi tondeggianti o ellissoidi. Pianta robusta e appariscente, variabile, alta tra 25 cm e 70 cm, con scapo cilindrico progressivamente rossastro verso l’alto. Le foglie, disposte alla base del fusto, sono allungate e lanceolate e possono presentare maculature bruno-rossastre. A ridosso del fusto le foglie si presentano erette e tendono ad avvolgerlo. Le brattee sono violacee, di lunghezza simile all’ovario. L’infiorescenza, pressochè cilindrica, è ricca di fiori vistosi, rossastri o violacei, in alcuni casi con toni più chiari. Il fiore presenta un labello trilobato convesso oppure ripiegato. Il lobo mediano è più lungo dei laterali, con l’area centrale chiara e macchie rossastre. I sepali laterali sono eretti con punte ricurve anteriormente. Lo sperone è lungo circa come l’ovario sessile. Il ginostemio è breve, con antere rossastre e pollinodi verde scuro. Fiorisce tra Maggio e Giugno. Viene impollinata in particolare da Imenotteri (Apis, Euceras, Andrena, Psithyrus, Bombus). Dato originale Dato originale e bibliografico PASSO DEI LADRI (PENNABILLI) 6 maggio 2011 CASTAGNETO DI UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA) Foglie basali - 25 aprile 2012 80 Orchis pauciflora Ten. 1811 Nome comune Orchidea gialla Sinonimi O. provincialis subsp. pauciflora (Ten.) Lindl.; Orchis pseudopallens Ten. Etimologia L’epiteto di specie deriva dal latino con evidente significato di “con pochi fiori”. Distribuzione Specie a diffusione stenomediterranea, con areale dalla Corsica, Dalmazia, Grecia, fino a Creta. in Italia è distribuita nelle regioni peninsulari, assente nelle regioni settentrionali. È ritenuta esclusiva di ambienti calcarei aridi e assolati, da 0 a 1800 m di quota. Non è stata rinvenuta In Emilia-Romagna (Alessandrini & Bonafede, 1996). In Checklist of the italian Vascular Flora (Conti et al., 2005) risulta segnalata per errore in Emilia-Romagna. Nell’adiacente provincia di Pesaro e Urbino, Klaver & Rossi (2011) O. pauciflora, è considerata comune, localmente abbondante, in luoghi erbosi del piano collinare e in prati montani da 300 a 1300 m. Caratteri Pianta alta tra 10 e 30 cm, con due rizotuberi subrotondi. Lo scapo, robusto, porta foglie ovate, glabre, guainanti e acuminate. Le basali sono 3-4, riunite in rosetta. L’assenza della maculatura fogliare la distingue da O. provincialis. Le brattee sono piccole, giallastre, più corte dell’ovario. L’infiorescenza è una spiga cilindrica, lassa, con pochi fiori. Nel fiore, grande, giallo pallido, i sepali laterali sono eretti, il mediano è connivente con i petali, di poco più piccoli. Il labello, giallo vivo, si presenta trilobato. Il mediano è allargato e bilobato, con margini crenulati. Il centro del labello è inizialmente punteggiato di un tono verdastro poi bruno-rossastro. Lo sperone è ascendente, arcuato e spatolato all’apice, lungo fino a due volte l’ovario. La variabilità è limitata alla mancanza di punteggiatura sul labello in alcuni individui. Fiorisce da Aprile a Maggio. L’impollinazione è entomofila. CAPANNE FERRARI (A.APUANE) Habitat e distribuzione locale Nel corso della ricerca la specie è stata rinvenuta in una sola stazione sul Monte Canale (Pennabilli), all’interno di un pascolo con radi arbusti, in pieno sole, a quota 1030 m. Il rinvenimento, avvenuto il 31 Maggio 2012, riguarda un solo individuo ad antesi ormai conclusa. Con l’ingresso in Provincia di Rimini e in EmiliaRomagna dei comuni dell’alta Valle del Marecchia la stazione di Monte Canale è la prima segnalata in Regione e costituisce la più avanzata a settentrione dell’areale. Dato originale MONTE CANALE (PENNABILLI) 31 maggio 2012 MONTE CANALE (PENNABILLI) 31 maggio 2012 MONTE PEGLIA (SAN VENANZO, TR) 1 maggio 2009 82 Orchis provincialis Balb. ex Lam. DC. 1806 UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA) 25 aprile 2012 & Nome comune Orchidea gialla, Orchidea di Provenza Sinonimi O. cyrilli Ten.; O. pallens Savi; O. leucostachys Griseb. macchie rossastre. Ripiegato o convesso, il labello è trilobato, con il centrale appena più lungo dei laterali e angolato alla base. Lo sperone, evidente, è lungo circa come l’ovario ed è curvato verso l’alto. Le antere e i pollinodi sono giallastri. Fiorisce tra Aprile e Maggio. Etimologia Il nome di specie fa riferimento alla Provenza, regione francese mediterranea in cui la specie è frequente. Distribuzione Specie stenomediterranea, distribuita dalla Spagna all’Asia minore. Relativamente comune in tutta l’Italia fin’oltre 1700 m, a eccezione di Valle d’Aosta e Friuli. In Emilia-Romagna è comune in tutta la fascia collinare e basso-montana ma è assente dalla pianura e dalla costa. In provincia di Pesaro e Urbino è ritenuta non rara, al margine di boschi tra 300 m e 1400 m. Habitat e distribuzione locale Non frequente in ambienti e substrati diversi dalla collina media alla montagna, castagneti, boschi mesofili, garighe, scarpate stradali, in genere in posizioni semi ombreggiate, raramente in pieno sole. Caratteri Di modeste dimensioni, alta tra 15 cm e 30 cm, con due rizotuberi tondeggianti. Il fusto si presenta verde chiaro e gracile, con foglie basali lanceolate tipicamente maculate di bruno. L’intensità delle macchie può assumere numero, dimensioni e tonalità molto variabili. Le foglie superiori sono erette e avvolgenti poi minute e guainanti. Le brattee hanno circa la lunghezza dell’ovario. I fiori giallo chiaro distribuiti lungo l’infiorescenza lassa in genere pauciflora, risaltano negli ambienti ombreggiati di sottobosco. I petali chiudono a casco, superato dai sepali. Il labello giallo presenta centralmente piccole Dato originale Dato bibliografico UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA) 25 aprile 2012 UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA) Rosetta basale - 25 aprile 2012 MONTE CANALE (PENNABILLI) 17 maggio 2012 84 Orchis purpurea Huds. 1762 Nome comune Orchidea maggiore Sinonimi O. fusca Jacq.; O. maxima K. Koch Etimologia Il nome di specie deriva dal latino purpureus, “porporino”, colorazione delle papille del labello e dei tepali formanti il casco. Distribuzione Specie a distribuzione mediterraneo-atlantica, dalla Spagna settentrionale all’Inghilterra ai Balcani e alla Turchia. In Italia è presente ovunque fin’oltre i 1350 m, a eccezione della Valle d’Aosta e della Sicilia. In EmiliaRomagna è comunissima in tutta la fascia collinare ma diviene rara a nord della Via Emilia, sia in pianura che sulla costa. È presente nella Pineta di Cervia. In provincia di Pesaro e Urbino è comune in tutta la provincia, dal livello del mare a 1300 m. Habitat e distribuzione locale Gli habitat dove è possibile rinvenirla, anche con popolamenti molto abbondanti, sono i più differenziati e rispecchiano scarsa selettività edafica e capacità di adattamento. Sulla costa è presente all’interno di parchi e giardini incolti in pieno ambiente urbano. In aree di pianura si trova su argini e negli ambienti perifluviali dei maggiori corsi d’acqua e coltivazioni arboree con scarsa manutenzione del soprassuolo. Dalla prima collina alla montagna è molto comune in oliveti, margini e scarpate stradali, incolti, prati calanchivi, arbusteti, radure, pascoli, rimboschimenti a latifoglie e conifere, castagneti, boschi termofili e mesofili, cedui, cerrete e loro margini. In Provincia di Rimini è la specie più comune, distribuita con relativa uniformità dalla costa ai maggiori rilievi dell’interno MIRATOIO (PENNABILLI), forma multiflora, 24 maggio 2012 MONTE CANALE (PENNABILLI) 17 maggio 2012 86 ANTICO (MAIOLO) 27 maggio 2012 Orchis purpurea Caratteri È l’orchidea più nota, molto diffusa e facilmente osservabile. La pianta è in genere vistosa, provvista di due rizotuberi ovoidali. È alta tra 25 cm e 80 cm, fino a un metro, robusta, con il fusto che diviene rossastro nella parte alta. La variabilità si evidenzia non solo nelle dimensioni, ma anche nel numero di fiori (meno fequenti gli esemplari pauciflori, di solito all’ombra), nel loro colore e nelle dimensioni del labello. Le grandi foglie basali sono ampiamente lanceolate, con le interne avvolgenti il fusto, le cauline assenti o minute, le brattee violacee, circa metà dell’ovario. L’infiorescenza è una spiga generalmente multiflora, voluminosa, rosso scuro, conica poi allungata. I fiori grandi presentano un breve casco rosso scuro formato da sepali e petali conniventi. Il labello è trilobato. I lobi laterali sono allungati, il mediano allargato con lobuli poco profondi e un dentino minuto. Il colore di fondo è biancastro con margini sfumati rosso-violacei o decisamente violacei. Il labello è cosparso di macchie costituite da ciuffi di papille porporine. Lo sperone, curvo inferiormente, è lungo circa metà dell’ovario. Il ginostemio è ottuso, l’antera rossa con logge separate dal rostello. L’ovario è sessile. Sono state osservate forme ipercromiche e alcuni casi di individui apocromici. Fiorisce tra Marzo e Giugno. Viene impollinata da Imenotteri dei generi Apis, Halictus, Andrena e da vari Coleotteri. MONDAINO, forma apocromica, 29 aprile 2012 Dato originale Dato originale e bibliografico TAUSANO (SAN LEO) Forma pauciflora - 5 maggio 2010 ALBERETO (MONTESCUDO) Forma ipercromica - 1 maggio 2012 88 Orchis simia Lam. 1779 SERRA DI VALPIANO (PENNABILLI) 17 maggio 2012 Nome comune Orchidea scimmia, Omiciattolo Sinonimi O. macra Lindl.; O. tephrosanthos Vill. Etimologia Il nome di specie è tratto dal latino simia, “scimmia”, in relazione al labello dalla sembianza di una vivace scimmietta. Distribuzione Specie a distribuzione eurimediterranea, con areale dalla Spagna all’Inghilterra alla Turchia, Caucaso e Africa settentrionale. È presente in tutta la penisola italiana fino a 1800 m, ad eccezione di Puglia, Val d’Aosta e Sardegna; da verificare in Sicilia. In Emilia-Romagna è comune in tutta la fascia collinare e rara lungo la costa. Presente nelle pinete litoranee. In provincia di Pesaro e Urbino non è rara ma localizzata, presso luoghi erbosi e cespuglieti nella fascia collinare, tra 150 m e 800 m. Habitat e distribuzione locale In provincia di Rimini è distribuita in tutta la fascia medio e alto collinare su suoli asciutti, scarpate stradali, prati, cespuglieti e boschi luminosi. Poco comune. Vari siti presentano elevate concentrazioni. SAN LEO, 30 aprile 2012 90 MONTEBELLO (TORRIANA) Forma apocromica - 6 maggio 2012 Orchis simia Caratteri È una specie dalla scarsa variabilità e di immediata identificazione. L’apparato radicale presenta due rizotuberi ovoidali più o meno allungati. Il fusto, alto tra 20 cm e 40 cm, è eretto, con foglie basali ovate disposte a rosetta, avvolgenti ed erette superiormente. Le brattee sono verdastre. Unica tra le orchidee italiche, l’apertura dei fiori procede dall’apice dell’infiorescenza, che si presenta breve, all’inizio globosa poi poco più allungata. Il perianzio è costituito da un casco compatto e allungato, formato dai petali e sepali uniti inferiormente, con punte libere. Il labello presenta lobi lunghi quasi filiformi rivolti in alto, con dentino ben visibile. I laterali sono simili ai lobuli, anch’essi diretti superiormente. La colorazione è biancastra con minuti peli porporini a gruppi. L’interno del casco, lobi, lobuli e dentino sono rossastro-violacei. Può presentare apocromia. Lo sperone è circa metà dell’ovario. Fiorisce tra Aprile e Maggio. È impollinata da Lepidotteri e Coleotteri. SAN LEO, 30 aprile 2012 Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico SERRA DI VALPIANO (PENNABILLI) 17 maggio 2012 SERRA DI VALPIANO (PENNABILLI) Forma ipocromica - 17 maggio 2012 92 Anacamptis coriophora (Pollini) R.M. Bateman, Pridgeon M.W. Chase 1997. Nome comune Cimiciattola, Orchidea cimicina. Basionimo Orchis coriophora L. 1753 Sinonimi Orchis fragrans Pollini. Etimologia Nell’entità tipo i fiori emanano un odore sgradevole, dal greco koris, cimice, quindi “che porta cimici”. Nel Riminese sono presenti solo individui che profumano gradevolmente di vaniglia. Determinati Autori attribuiscono tale forma alla sottospecie fragrans, altri la ritengono un chemotipo o ecotipo. Distribuzione Eurimediterranea, presente in tutte le regioni italiane dal livello del mare fino a 1500 m. Secondo un ampio numero di Autori in Italia O. coriophora subsp. coriophora (Pollini) R.M. Bateman, Pridgeon & M.W. Chase, è presente a settentrione del Po, mentre nella penisola predomina la più xerofila subsp. fragrans. Comune nella fascia collinare dell’EmiliaRomagna, progressivamente meno frequente procedendo da Est a Ovest. Rara lungo la costa. Non rara e localmente abbondante nell’adiacente provincia di Pesaro, tra 300 m e 700 m. Habitat e distribuzione locale Si rinviene su suoli calcarei, in luce piena o mezz’ombra, in prati aridi o più raramente freschi, nelle pertinenze fluviali, radure e cespuglieti aperti collinari, margini di strade e carraie su terreni in genere asciutti. Presente all’interno di un residuo di vegetazione psammofila a Miramare di Rimini. Localizzata dalla quota di pianura nel tratto finale del Conca alla media valle del Marecchia e Savio (Sapigno), non comune. Fiorisce da Aprile a Giugno. & Caratteri L’apparato radicale presenta due rizotuberi globosi sessili o subsessili. Pianta robusta, alta tra 10 e 35 cm, con foglie basali eretto-patenti. Scapo eretto con foglie superiori guainanti, corte e lungamente acute. Brattee con nervatura centrale verdastra. L’infiorescenza è densa e multiflora, i fiori piccoli, da rosati a porporini con tonalità variabili. Il perianzio presenta i tepali riuniti in lungo casco acuminato; il labello è ginocchiato alla base, profondamente trilobato con lobo mediano più lungo dei laterali, con macule purpuree e aree da rosse a verdastre di intensità variabile. Lo sperone è conico e arcuato verso il basso, subuguale all’ovario. Il ginostemio è apicolato e rossastro con pollinii gialli. Specie nettarifera, impollinata da diversi Imenotteri, più raramente Coleotteri. CASAROLA (SAN CLEMENTE) 9 giugno 2009 Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico SAPIGNO (PERTICARA) 2 giugno 2011 EX COLONIA NOVARESE (RIMINI) Forma ipocromica - 1 giugno 2006 CÀ DEL VENTO (NOVAFELTRIA) 17 giugno 2012 94 Anacamptis laxiflora (Lam.) R.M.Bateman, Pridgeon M.W.Chase 1997 Nome comune Orchidea acquatica, Galletto di palude Basionimo Orchis laxiflora Lam. 1779 Etimologia L’epiteto specifico deriva dai fiori disposti in modo rado lungo l’asse, ovvero per l’infiorescenza lassa. MONTE CANALE (PENNABILLI) 27 maggio 2012 & e i pollinii verdastri. La specie mostra una variabilità molto limitata. Si distingue dalla vicina Anacamptis palustris (Orchis palustris Jacquin 1789), assente in provincia di Rimini, per il colore più scuro dei fiori, il labello ripiegato e il lobo mediano più corto. Viene impollinata da Imenotteri del genere Bombus. Distribuzione Eurimediterranea (mediterraneo-atlantica). Specie ad ampia diffusione ma ovunque in generale regresso a causa della scomparsa o alterazione degli habitat. La specie è considerata in pericolo su aree molto estese. Rara e localizzata in Emilia-Romagna, nella fascia collinare, bassa montagna e alcune stazioni costiere. Nella Regione, come ovunque, ha subito una drastica riduzione numerica, accentuatasi in tempi recenti. In Provincia di Pesaro e Urbino è rara. Sono presenti popolazioni tra 200 e 1000 m di altitudine. Habitat e distribuzione locale Rarissima. Individuato un solo nucleo nel comprensorio di Carpegna presso il Monte Canale (Pennabilli) su suolo fresco, in ambiente di prato-pascolo arbustato costellato di stagni, in piena luce. Caratteri Pianta con due tuberi sessili, subglobosi, alta tra 20 e 60 cm, con fusto angoloso, robusto, foglie distribuite lungo il fusto e brattee rossastre. Infiorescenza lassa e allungata; fiori grandi, rosso-violacei con area bianca non maculata nella parte centrale del labello. Il perianzio presenta sepali laterali eretti e patenti; il mediano è connivente con i petali. Il labello è piegato in senso longitudinale, più largo che lungo, poco trilobato con lobo mediano più breve dei laterali. Lo sperone è appena ascendente e dilatato all’apice. Il ginostemio è breve, l’antera violacea Dato originale MONTE CANALE (PENNABILLI) 27 maggio 2012 MONTE CANALE (PENNABILLI) 27 maggio 2012 MONTE CANALE (PENNABILLI) 27 maggio 2012 96 Anacamptis morio (L.) R.M.Bateman, Pridgeon M.W.Chase 1997 & Nome comune Giglio caprino, Pan di cuculo Basionimo Orchis morio L. 1753 Sinonimi O. morio subsp. morio L. Etimologia L’origine del nome è controversa. Può derivare dallo spagnolo morrion, cappuccio o elmo, per la forma a cappuccio del perianzio. Il termine latino morio significa matto. Plinio ha citato il termine greco moria per indicare una pianta in grado di generare pazzia. Distribuzione L’areale è europeo-caucasico-mediterraneo. È l’orchidea più comune in molte regioni italiane, con popolazioni ricche e dalle fioriture policrome. Diffusa in tutte le regioni italiane, ad esclusione della Sardegna. Frequente nell’intera EmiliaRomagna; presente anche in pianura. Molto comune nella provincia di Pesaro fino a 1300 m. Habitat e distribuzione locale Presente con elevate concentrazioni ed estesi popolamenti ad ampia variabilità cromatica lungo prati magri sia aridi che freschi, garighe, cespuglieti, radure, margini falciati di strade, dove forma vere bordure colorate, luoghi aperti presso carraie e sentieri. Inizia a fiorire precocemente, a Febbraio a quote basse. Protrae l’antesi fino a Maggio in rapporto all’altitudine. Diffusa da poco al di sopra del livello del mare fino ai massimi rilievi interni, è tra le specie più comuni, adattabile e ampiamente distribuita in ambienti molto differenziati, in piena esposizione o comunque assolati. Assente nelle aree periurbane e agricole della fascia litoranea, a quota di pianura si concentra lungo i maggiori alvei fluviali (Marecchia, Marano, Conca) con popolamenti variabili, da pochi a numerosissimi individui. TAUSANO (SAN LEO) 5 maggio 2010 Caratteri L’apparato radicale presenta due tuberi ovali interi. Specie politipica, di modeste dimensioni, da 10 a 35 cm, raramente più alta, con fusto robusto, foglie basali disposte a rosetta patente. Le brattee presentano spesso nervature violacee. L’infiorescenza è densa, corta e cilindrica. Nella media infiorescenza le colorazioni possono presentare grande variabilità, con toni dominanti dal rosa al viola. I tepali sono riuniti a formare un casco ampio con punte ottuse, i sepali mostrano evidenti striature verdi. Il labello è di solito poco trilobato e più largo che lungo, con lobo mediano lungo circa come i laterali, con settore basale molto chiaro, macchie e strie purpuree o viola. Lo sperone è cilindrico, orizzontale o appena ascendente, lungo circa come il labello. Il ginostemio è ottuso, rossastro e i pollinii verdastri. Tra le varianti cromatiche individuali, la forma alba (Arcang.) F.M.Vázquez 2009, a fiori completamente bianchi è stata rinvenuta in più siti nel corso della ricerca. Impollinata principalmente da diverse specie del genere Bombus. Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico TAUSANO (SAN LEO) Forma apocromica - 5 maggio 2010 TAUSANO (SAN LEO) Forma ipocromica - 19 aprile 2012 TAUSANO (SAN LEO) Foglie basali - 25 aprile 2010 98 Anacamptis pyramidalis (L.) Rich. 1817 Nome comune Giglione, Cipressino, Orchidea piramidale Basionimo a numerosissimi individui. Fiorisce tra Aprile e Luglio, in rapporto all’altitudine. Orchis pyramidalis L. 1753 Sinonimi Aceras pyramidale (L.) Rchb. f. Etimologia Il termine “piramidale”, molto usato nella nomenclatura botanica, sottolinea la conformazione dell’infiorescenza, principalmente nelle fasi precoci della fioritura. La denominazione del genere può provenire dal greco anacamptein, dal significato di “ripiegare”, con probabile riferimento alle lamelle basali del labello. Distribuzione Eurimediterranea, presente in tutte le regioni italiane dal livello del mare fino a 1900 m. In Emilia-Romagna è comune in gran parte della regione, con popolazioni talvolta molto dense e appariscenti. Presente anche sulla costa; in regressione in pianura. Nel territorio provinciale di Pesaro e Urbino è considerata comune e ubiquitaria nella fascia collinare e montana fino a 1200 m. Habitat e distribuzione locale Specie molto comune, presente talvolta con elevate concentrazioni ed estesi popolamenti su prati aridi, cespuglieti, radure e al limitare di boschi, ambienti calanchivi, garighe, margini di strade, formazioni erbacee post-colturali, aree erbose aperte o moderatamente ombreggiate, anche disturbate. Particolarmente diffusa all’interno di formazioni erbacee dominate da Bromus erectus. Adattabile e ampiamente distribuita, in piena luce o comunque in ambienti luminosi, dalla quota di pianura ai massimi rilievi dell’interno. Assente nelle aree agricole della fascia litoranea, a quota di pianura è presente lungo i maggiori alvei fluviali (Marecchia, Marano, Conca) con popolamenti variabili, da pochi VILLAGRANDE (PENNABILLI), 15 giugno 2009 MONTE CANALE (PENNABILLI) 29 giugno 2010 100 MONTE CANALE (PENNABILLI) 29 giugno 2010 Anacamptis pyramidalis Caratteri L’apparato radicale è costituito da due rizotuberi ovoidi. La pianta è alta tra 25 cm e 60 cm, raramente fino a 80 cm, con foglie basali più lunghe e molto ravvicinate. Le brattee sono spesso rossastre o violacee. Presenta un fusto sottile e flessuoso. L’infiorescenza è densa e multiflora. La morfologia varia, passando da piramidale a ovoide poi cilindrica a maturità, con fiori di piccole dimensioni di varie tonalità di rosa, leggermente profumati. Il perianzio presenta sepali laterali patenti e incurvati, il mediano connivente coi petali in un casco lasso; il labello è formato da 3 evidenti lobi simili, provvisto alla base di 2 pieghe longitudinali circa parallele. Lo sperone è rivolto in basso, lungo circa il doppio dell’ ovario. Il ginostemio è breve e ottuso; i pollinii sono verdastri sul retinacolo unico. Il fiore è tipicamente organizzato per consentire l’impollinazione da parte dei Lepidotteri. La farfalla si posiziona tra le due lamelle basali del labello, introduce la spiritromba nello sperone filiforme per aspirare il nettare, consentendo l’adesione poi l’asportazione delle masse polliniche. La specie è moderatamente variabile. Da segnalare la presenza della forma a fiori bianchi nivea (P.Delforge) O.Gruss & M.Wolff 2007, lungo la congiungente Villagrande-Soanne (Pennabilli) su prato mesofilo; presso Casa Ragione (Perticara) in un brometo di ambiente calanchivo, con numerosi individui e presso Tausano (San Leo), all’interno di un rimboschimento a conifere e latifoglie. T. CONCA (GEMMANO), 14 maggio 2009 Dato originale Dato originale e bibliografico SOANNE (PENNABILLI) Forma apocromica - 14 giugno 2009 RIO MANDRIO (MONTESCUDO) Forma ipocromica - 11 giugno 2009 102 Neotinea tridentata (Scop.) R.M.Bateman, Pridgeon M.W.Chase 1997 Nome comune Orchidea screziata Basionimo Orchis tridentata Scop. 1772 Sinonimi Orchis variegata All. Etimologia Il nome di specie si riferisce alle tre estremità acute del casco fiorale. VALLE PRENA (PENNABILLI) 28 maggio 2011 & e divergenti. I sepali sono lanceolati e i petali circa lineari. Il labello presenta la stessa lunghezza del casco, con lobi laterali aperti e più corti del lobo centrale, a sua volta di poco bilobato, dotato spesso di un dentino mediano. Lo sperone ha all’incirca la stessa lunghezza dell’ovario ed è rivolto inferiormente. La specie viene impollinata sia da Imenotteri che da Coleotteri. La fioritura avviene tra Aprile e Giugno. Distribuzione Specie eurimediterranea. Il centro di diffusione è orientale ed è distribuita dalla catena dei Pirenei al Caucaso. Può superare i 1600 m. È presente lungo l’intera penisola italiana. In Emilia-Romagna si rinviene dal livello del mare fino a 1500 m, presente sulla costa e, meno comune, in pianura. A Sud della Via Emilia è comune su prati asciutti o moderatamente umidi, cespuglieti e boschi aperti. In provincia di Pesaro e Urbino è comune ovunque, dalla prima collina a 1400 m. Habitat e distribuzione locale in posizioni assolate su terreni calcarei poveri, lungo scarpate e banchine stradali, prati, garighe e boschi aperti. In provincia di Rimini è comune dalla media collina ai rilievi interni, con elevate concentrazioni locali. Caratteri La parte ipogea della pianta comprende due bulbi ovoidi. Pianta dal fusto gracile e angoloso nella parte superiore, alta tra 15 cm e 40 cm. Le foglie basali, ovate-lanceolate, sono da 3 a 5 disposte a rosetta. Le brattee hanno circa la stessa lunghezza dell’ovario. L’infiorescenza è raccolta, di forma conica all’inizio, di seguito circa rotondeggiante. I fiori presentano una colorazione bianco-rosea, con striature rossastre. Il perianzio presenta una struttura a casco ovoidale con terminazioni appuntite Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico VALLE PRENA (PENNABILLI) Forma ipocromica - 28 maggio 2011 VALLE PRENA (PENNABILLI) 28 maggio 2012 F.MARECCHIA, PONTE OTTO MARTIRI (SANT’AGATA F.) Forma apocromica - 6 maggio 2012 104 Neotinea ustulata (L.) R.M.Bateman, Pridgeon M.W.Chase 1997 MIRATOIO (PENNABILLI) 24 maggio 2012 & Nome comune Orchidea bruciacchiata Basionimo Orchis ustulata L. 1753 Etimologia Il nome di specie proviene dal latino ustulatus ovvero “bruciacchiato”, a causa del tono di colore rosso-bruno dell’infiorescenza, particolarmente del casco e della maculatura del labello, più evidente all’inizio della fioritura. Distribuzione Il tono scuro dei sepali nei fiori chiusi rende l’infiorescenza nerastra superiormente, la quale da conica, diviene ovoidale, cilindrica poi rotondeggiante. I tepali formano un breve casco con punte poco acuminate; i sepali sono bruno rossastri e lanceolati. I petali sono lineari. Il labello bianco è tipicamente punteggiato di rosso, con lobi laterali aperti e il centrale bilobato, più allungato rispetto al casco. Lo sperone è più breve dell’ovario e appena ricurvo inferiormente. La specie è impollinata da Coleotteri e dai Ditteri Tachinidae. Fiorisce tra Maggio e Giugno. La diffusione della specie è eurosiberiana. In Italia si trova dalla collina alla montagna, dove è più frequente, raggiungendo i 2100 m. Divene meno comune al meridione e nelle isole è assente. In Emilia-Romagna manca dalla costa alla pianura fino alla prima collina. Si distribuisce da 500 m fino a 1500 m in particolare in provincia di Piacenza, dove è comune, per diminuire progressivamente nel settore centrale e meridionale della regione. In provincia di Pesaro e Urbino è considerata non rara, nei prati montani freschi, da 600 m a 1400 m. Habitat e distribuzione locale In provincia di Rimini risulta abbastanza rara e localizzata nel settore montano su praterie e pascoli in prevalenza cespugliati, a substrato calcareo. La prima segnalazione come Orchis ustulata Linn. Si deve a Alberto del Testa (1903), il quale riferisce di un campione osservato nell’erbario Matteini, riferito genericamente a Rimini. Caratteri Presenta due rizotuberi ovali o sferici. Specie poco variabile, le modeste dimensioni, fino a 30 cm, la rendono poco visibile negli ambienti erbosi. Lungo il fusto, robusto pur nella modesta altezza, si distribuiscono foglie lanceolate, con le inferiori verdi e glaucescenti. Le brattee sono più brevi dell’ovario. Dato originale MIRATOIO (PENNABILLI) 24 maggio 2012 MIRATOIO (PENNABILLI) 24 maggio 2012 MIRATOIO (PENNABILLI) 24 maggio 2012 106 Himantoglossum adriaticum SAN LORENZO (PENNABILLI) 20 giugno 2012 H.Baumann 1978 Nome comune Barbone adriatico Etimologia L’epiteto di specie fa riferimento all’areale, costituito dai territori che si affacciano sul Mare Adriatico. Distribuzione La diffusione della specie è circoscritta al contesto submediterraneo centrale e paesi balcanici settentrionali, fino all’area danubiana. E’ presente con maggiori concentrazioni nelle regioni centrali d’Italia fino a 1600 (1900) m, e tende a rarefarsi sia a settentrione che a meridione della penisola. In Emilia-Romagna è da considerarsi diffusa ma non comune a Sud della Via Emilia nella fascia collinare, assente in pianura e rarissima sulla costa. Nella provincia di Pesaro e Urbino non è ritenuta rara, con distribuzione tra 300 m e 1000 m e concentrazioni maggiori nel settore montano. Presso il Monte Carpegna e l’adiacente territorio sono state segnalate un buon numero di stazioni. Caratteri L’apparato radicale è provvisto di due grossi tuberi ovoidali. Pianta vistosa e di aspetto peculiare a causa del particolarissimo labello, può raggiungere i 90 cm di altezza ma esistono ecotipi a dimensioni ridotte. Le foglie inferiori si presentano grandi e ovate, guainanti quelle superiori. L’infiorescenza è lassa, con numero variabile di fiori (fino a 40) privi di odore. I sepali e i petali sono di un verde tenue, con striature interne rossastre. Formano per connivenza un elmo. Il labello presenta una estrema caratterizzazione, con tre lobi allungati. Alla base è bianco con punteggiature rosse, rossastro in tutte le restanti parti. I lobi laterali sono lineari e dal bordo irregolarmente ondulato, lunghi fino a 2,5 cm. Il lobo mediano raggiunge i 6,5 cm di lunghezza, contorto, elicoidale, con estremità profondamente bifida. La specie è simile ad Himantoglossum hircinum, ad areale meridionale, segnalato anche in Liguria e Sud del Piemonte. Fiorisce tra Maggio e Luglio. Habitat e distribuzione locale Rinvenuta presso cespuglieti aridi, prati arbustati, scarpate stradali e rimboschimenti a conifere. Non è stata rinvenuta presso la costa, nella bassa e media collina. Le stazioni, rare e distanziate, sono localizzate su suoli calcarei e asciutti a partire dalla media valle del Marecchia (Tausano), rilievo di Maioletto, fino alla zona di Villagrande di Montecopiolo, versanti marecchiesi del Monte Carpegna, dove si concentra maggiormente, e territorio di Casteldelci. Dato originale Dato bibliografico SAN LORENZO (PENNABILLI) 20 giugno 2012 SAN LORENZO (PENNABILLI) 20 giugno 2012 108 Serapias lingua L. 1753 Nome comune Serapide lingua, Lingua di gallina Etimologia Il nome di specie, dal latino lingua, si riferisce alla conformazione dell’epichilo. Distribuzione Specie mediterranea e atlantica, distribuita dalla penisola iberica alla Grecia, presente nell’Africa settentrionale. Tutta la penisola italiana è interessata a eccezione delle regioni alpine. Comune nelle isole e lungo l’intero versante tirrenico. Diviene rara lungo il versante adriatico a partire dal dal Molise. In Emilia-Romagna è molto rara, segnalata per sole nove stazioni fino al 1996 nel settore collinare centrale e meridionale della regione, incluso un sito costiero. In Provincia di Pesaro e Urbino è rarissima. SAN LEO 7 giugno 2010 Il tono cromatico del labello varia dal rosa chiaro al rossastro. L’ipochilo presenta lobi laterali di tono intenso, con due tipici ed evidenti calli (o bottoni), lucidi e rosso scuro. L’epichilo è più stretto dell’ipochilo, ovato, appuntito e percorso da una rete di nervature rossastre. Oltre alla riproduzione vegetativa, S. lingua utilizza l’impollinazione ad opera di insetti in forme analoghe a quelle poste in opera dal genere Ophrys. Nello specifico, è in grado di attirare il maschio di Ceratina cucurbitina, una piccola ape, sembra in primo luogo per mezzo della brillante callosità basale, oltreché probabilmente per richiami olfattivi. Fiorisce tra Aprile e Luglio. Habitat e distribuzione locale Rinvenuta nel corso della ricerca in due sole stazioni ad altitudini diverse. Nei due casi si tratta di prati spontanei falciati, in un contesto di suolo arido e magro di collina, presso San Leo, il primo, nel prato di un parco privato sulla collina presso San Giovanni in Marignano, il secondo. È segnalata in Mattoni & Molari, 2006 ma non viene indicata l’area di ritrovamento che presumibilmente è da collocarsi presso Montebello (Torriana). In provincia di Rimini è quindi da considerarsi molto rara. La sua visibilità si deve primariamente ai nuclei ricchi di individui, generati in via vegetativa tramite lunghi stoloni. Caratteri L’apparato radicale è formato da due o più tuberi peduncolati. La pianta presenta modeste dimensioni. Alta tra 10 cm e 30 cm, gracile, il fusto può presentare sfumature rossicce, foglie lineari aperte, superiormente semierette e in alto simili a brattee. Queste ultime hanno lunghezza minore del casco e nervature rossastre. L’infiorescenza presenta pochi fiori (2-7), relativamente vistosi. Dato originale Dato bibliografico SAN LEO 7 giugno 2010 SAN LEO 7 giugno 2010 110 Serapias vomeracea subsp. vomeracea (Burm. f.) Briq. 1910 Nome comune Caratteri Serapide maggiore, Lingua lunga Basionimo Orchis vomeracea Burm.f. 1770 Sinonimi S. cordigera subsp. vomeracea (Burm. f.) H. Sund.; S. longipetala (Ten.) Pollini, S. pseudocordigera (Sebast.) Moric.; Helleborine longipetala Ten. Etimologia Il nome di specie proviene dal latino vomer, “vomere”, l’elemento in ferro dell’aratro che affonda nel suolo, con riferimento alla conformazione del labello. Distribuzione Specie a distribuzione eurimediterranea, dalla Spagna settentrionale, Francia e Italia, con esclusione della Valle d’Aosta. La sottospecie longipetala viene da alcuni autori considerata una variante, stenomediterranea con baricentro orientale, distribuita tra l’Italia peninsulare, Grecia e Turchia. In Emilia-Romagna S. vomeracea è relativamente comune nella fascia collinare, assente in pianura e sulla costa. In provincia di Pesaro e Urbino S. vomeracea è ritenuta non comune presso luoghi erbosi e prati montani. Habitat e distribuzione locale Presente in prati aridi anche degradati nelle pertinenze dei corsi d’acqua maggiori, prati magri anche calanchivi, pascoli, cespuglieti collinari e radure boschive, in genere in piena luce. I nuclei di collina sono talvolta molto numerosi. In provincia di Rimini S. vomeracea è da considerarsi in generale non comune. La prima segnalazione come Serapias longipetala Poll. è stata pubblicata da Alberto Del Testa nel 1903, riportando un campione dell’erbario Matteini, riferito genericamente a Rimini. L’apparato radicale è formato da rizotuberi ovoidali. La pianta assume dimensioni variabili, con individui di non oltre 20 cm. In alcuni casi può superare 50 cm. Si rinvengono individui isolati, in particolare nelle aree fluviali o popolamenti numerosi, in ambito collinare. Le foglie sono lanceolate, al massimo 10, di forma carenata e arcuata le inferiori, le più alte bratteiformi e rossastre. L’infiorescenza è inizialmente compatta, diviene successivamente allungata, portante un numero variabile di fiori vistosi, fino a 12, fecondati da insetti. Le lunghe brattee superano il casco, argenteo con venature rosso scure, formato dai tepali conniventi. Il labello è rossastro, con lobi laterali più scuri. L’ipochilo presenta lobi laterali nerastri e 2 tipiche callosità lamellari scure. L’epichilo è allungato, stretto e lanceolato, con fitti peli chiari, più evidenti alla base. Nella sottospecie longipetala l’epichilo è più stretto e non supera i 9 mm. Fiorisce tra Aprile e Giugno. Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico T. CONCA (MORCIANO DI R.) 29 maggio 2009 MONTE S.SEVERINO (SAN LEO) 7 giugno 2010 MONTE S.SEVERINO (SAN LEO) 7 giugno 2010 MONTE S.SEVERINO (SAN LEO) 7 giugno 2010 112 Ophrys fusca subsp. fusca Link 1800 Nome comune Ofride scura, Moscaria Sinonimi Arachnites fusca (Link) Tod.; Ophrys lupercalis Devillers-Tersch. & Devillers Etimologia MAIANO (SANT’AGATA F.) 2 giugno 2011 di colore plumbeo. La cavità stigmatica si presenta più larga che alta. Alcuni autori ascrivono le popolazioni italiane a O. lupercalis Devillers-Tersch.& Devillers, dalla fioritura precoce, labello appena più corto e più scuro rispetto alla sottospecie tipica. Fiorisce tra Aprile e Giugno. Il nome di specie proviene dal latino fuscus, “scuro”, con riferimento alla tonalità brunonerastra del labello. Distribuzione Specie a distribuzione mediterranea occidentale. Secondo alcuni autori la sottospecie tipica è presente nella sola Penisola iberica e territori circostanti. In Italia, ad esclusione del Friuli e della Valle d’Aosta, O. fusca si ritrova in tutte le regioni fino a 1400 m. In Emilia-Romagna è abbastanza comune a sud della Via Emilia. Non è presente in pianura ed è rarissima sulla costa. Non è stata segnalata recentemente per le pinete costiere tra Ravenna e Cervia. In provincia di Pesaro e Urbino è comune presso luoghi erbosi e prati tra 300 m e 1000 m, con maggiori concentrazioni tra 600 m e 700 m. Habitat e distribuzione locale Pianta di non agevole localizzazione per le ridotte dimensioni, in provincia di Rimini non è frequente, con nuclei distribuiti presso i prati anche calanchivi dell’alta collina, in piena luce o penombra, e tra gli arbusteti fluviali asciutti della media e alta valle del Marecchia. Caratteri L’apparato radicale è costituito da due rizotuberi ovoidi. Il fusto è alto tra 10 cm e 30 cm. Le foglie basali sono disposte a rosetta, le caulinari abbraccianti il fusto, con bratte e più lunghe dell’ovario. L’infiorescenza è relativamente compatta; i fiori da 2 a 8. I sepali sono verde chiaro e i petali ondulati e giallastri. Il labello trilobato raggiunge i 2 cm; i lobi sono appena ripiegati e la macula bilunulata Dato originale Dato bibliografico MONTE S.SILVESTRO (SANT’AGATA F.) 25 maggio 2011 MONTE S.SILVESTRO (SANT’AGATA F.) 25 maggio 2011 114 Ophrys insectifera L. 1753 Nome comune Fior mosca, Vesparia Sinonimi O. myodes Jacq.; O. muscifera Huds. Etimologia Il nome di specie deriva dal latino, con significato di “portatrice di insetti” per la morfologia del fiore. MONTE S.SILVESTRO (SANT’AGATA F.) 15 maggio 2012 a rossastro, con il lobo mediano a sua volta bilobato, molto lungo. I lobi laterali hanno forma triangolare. La macula, intera e azzurrognoloargenteo, sembra imitare il riflesso delle ali di un insetto. Il ginostemio presenta uno stimma quadrangolare e logge dell’antera brunorossastre. Fiorisce tra Maggio e Giugno. È impollinata da vespe della famiglia Sphecidae, in particolare da Argogorytes mystaceus, A. fargeii, A. combinata. Distribuzione Specie a distribuzione europea, con areale esteso fino al centro della Scandinavia, unica del genere Ophrys a raggiungere tale latitudine. Sul Mediterraneo diviene localizzata e rara. Nella penisola italiana non è presente in Puglia, Sicilia e Sardegna. In Emilia-Romagna è abbastanza diffusa in tutta la fascia collinare, fino a 1000 m. È assente nella pianura ed è rarissima sulla costa. In Provincia di Pesaro e Urbino è ritenuta abbastanza comune presso luoghi erbosi, cespuglieti e margini di boschi, tra 200 m e 850 m. Habitat e distribuzione locale In provincia di Rimini è stata rinvenuta in un limitato numero di stazioni nella fascia altocollinare, in pieno sole o più frequentemente in posizioni semiombreggiate all’interno di arbusteti e boschi e su scarpate stradali al margine di boschi misti termofili. Caratteri L’apparato radicale presenta due rizotuberi ovoidi. Alta tra 20 cm e 60 cm, di aspetto gracile, con foglie lanceolate in genere concentrate inferiormente e brattee più sviluppate dell’ovario. E’ una ofride di immediata identificazione. L’infiorescenza è allungata e lassa e può comprendere fino a 20 fiori. I sepali sono verdi, appena concavi. I petali, scuri e filiformi, ricordano le antenne di un insetto. Il labello nettamente trilobato, di colore da bruno Dato originale MONTE S.SILVESTRO (SANT’AGATA F.) 15 maggio 2012 BIFORCA (SAN LEO) 30 aprile 2012 MONTE S.SILVESTRO (SANT’AGATA F.) 15 maggio 2012 116 Ophrys speculum Link 1800 Nome comune Ofride a specchio, Ofride ciliata, Vesparia pelosa Sinonimi O. ciliata Biv.; O.vernixia subsp. ciliata (Biv.) Del Prete Etimologia Il nome di specie deriva dal latino speculum, “specchio”, a causa della macula del labello particolarmente brillante. Distribuzione Specie stenomediterranea. Assente nell’intero arco regionale alpino, distribuita in modo irregolare nell’Italia peninsulare dall’Emilia-Romagna alla Puglia fino a 1200 m, con segnalazioni sporadiche. E’ molto comune nelle isole maggiori. In Emilia-Romagna è stata segnalata dapprima presso Torriana (Alessandrini & Scaravelli, 1988) e più recentemente nel Bolognese (Bernardi e Rapparini, 1996). La stazione di Torriana non è stata confermata, per cui la presenza nel Riminese è per ora esclusa. In provincia di Pesaro e Urbino è rarissima, rinvenuta per la prima volta nel 2009. Habitat e distribuzione locale La stazione, non confermata nel corso della ricerca, è stata rinvenuta lungo il versante sud della rupe calcarea di Torriana, a 410 m di quota. L’unico individuo rinvenuto si trovava in una radura all’interno di un rimboschimento ad aghifoglie (Pinus nigra Arnold e Pinus pinea L.), precisamente all’interno di una buca da rimboschimento in cui il pino non aveva attecchito. Caratteri L’apparato radicale è formato da due rizotuberi ovoidi. È una pianta di modeste dimensioni, alta tra 8 cm e 20 cm. Alla base del fusto angoloso le foglie sono disposte a rosetta. Le brattee superano di poco l’ovario. L’infiorescenza è formata da pochi fiori, da 2 a 6, in posizione alterna. Lungo i sepali si notano linee rossastre. I petali sono brunastri, più brevi dei sepali, di forma circa triangolare. Il labello è caratteristico, composto da tre lobi, quasi orizzontali e con una vistosa e fitta peluria rossastra ai margini. I lobi laterali avanzano anteriormente. Il campo basale è ovale e brillante, gli pseudoocchi sono neri. Il nome specifico si deve alla macula che invade il lobo mediano, di tono blu-violaceo, sfavillante. Una linea giallastra delimita la macula. Il ginostemio è arrotondato e breve. Il motivo della distribuzione sporadica di O. speculum nella penisola si ritiene derivi dall’assenza dell’impollinatore specifico Dasyscolia ciliata. La specie si propagherebbe quindi per via agamica. Fiorisce tra Marzo e Aprile. TORRIANA 1988 Dato bibliografico TORRIANA 1988 TORRIANA 1988 118 Ophrys bombyliflora Willd. (1805) Nome comune Ofride fior di bombo Sinonimi O. distoma Biv.; O. hiulca Sebast. & Mauri; O. pulla Ten. Etimologia Il nome di specie deriverebbe dal latino bombyx, lepidottero notturno del genere Lasiocampa, e da flos, floris,“fiore”, quindi “fiori di bombice”. Altra e più probabile derivazione potrebbe riguardare il termine greco bombylè, con significato di bombo, quindi “fiore di bombo”, in ogni caso con riferimento alla conformazione del labello. Distribuzione Orchidea stenomediterranea. La distribuzione in Italia è disomogenea. Manca in tutte le regioni alpine e accentua irregolarmente la presenza dal centro al meridione, fino a 1000 m. In Emilia-Romagna è stata segnalata una stazione nella Valle del Conca riminese presso Morciano di Romagna (Alessandrini & Bertolaso, 1991). Un recente ritrovamento presso Brisighella (RA), sulle colline faentine, (Sangiorgi, 2012), trasferisce verso settentrione l’estremo limite di areale della specie. In provincia di Pesaro e Urbino è ritenuta probabilmente estinta. Habitat e distribuzione locale La stazione segnalata in provincia di Rimini era situata su un prato arido di terrazzo fluviale in destra Conca. L’abbandono di una pista motoristica improvvisata, all’interno del quale il nucleo di O. bombyliflora si trovava, ha determinato sfavorevoli mutamenti ambientali, con la crescita di una rigogliosa vegetazione erbacea ruderale e la conseguente scomparsa. Al momento i tentativi di individuare nuove stazioni non hanno dato esito. T.CONCA (MORCIANO DI R.) 1989 Caratteri L’apparato radicale è formato da due rizotuberi ovoidi. È una pianticella minuta, non supera i 15 cm. Tende a formare nuclei omogenei e numerosi. Le foglie basali sono disposte a rosetta. L’infiorescenza è formata da pochi fiori. Il perianzio presenta sepali verdi e concavi, petali triangolari e pubescenti. Il labello ha conformazione trilobata, i lobi laterali tomentosi. Il lobo mediano è globulare, con apicolo ripiegato inferiormente. La pelosità è assente al centro e modesta marginalmente. La macula è brunastra, con scarso risalto. Il ginostemio è breve e le cavità polliniche rossastre. La cavità stigmatica è evidente, di aspetto cuoriforme. Fiorisce tra Aprile e Maggio. È impollinata da api del genere Eucera (in Italia E. nigrescens subsp. continentis), ma può riprodursi anche per via vegetativa. Dato bibliografico T.CONCA (MORCIANO DI R.) 1989 T.CONCA (MORCIANO DI R.) 1989 120 Ophrys apifera Huds. 1762 Nome comune Fior d’ape, Vesparia Etimologia L’epiteto di specie proviene dal latino con significato di “portatrice di api”, per la conformazione del labello. Distribuzione Specie a diffusione mediterraneo-atlantica. In Italia è presente in tutte le regioni. In Emilia-Romagna è distribuita dalla costa, dove è rara, e lungo la fascia collinare, dove è relativamente comune, fino a 1000 m. In provincia di Pesaro e Urbino è considerata comune, dal livello del mare a 1100 m, con maggiori concentrazioni tra 500 m e 600 m. Habitat e distribuzione locale Si rinviene in ambienti differenziati, anche fortemente disturbati come margini stradali, aree con presenza di rifiuti, suoli aridi destrutturati, scarpate stradali, mostrando particolare adattabilità. È presente in coltivi abbandonati, prati, pascoli, cespuglieti, margini di boschi e boschi aperti, suoli da asciutti a freschi. In provincia di Rimini dai maggiori greti fluviali a livello di pianura, dove è meno frequente, accentua progressivamente la propria presenza nella fascia collinare, raggiungendo i maggiori rilievi dell’entroterra, anche con nuclei consistenti. Caratteri L’apparato radicale è costituito da due rizotuberi ovoidi. E’ una pianta di aspetto robusto, alta tra 20 cm e 60 cm. I fiori, da 4 a 12, sono di dimensioni medie, abbastanza distanziati. I sepali sono da ovali a lanceolati, vistosi e con toni variabili dal bianco al rosa al rossoviolaceo. Può essere presente una nervatura mediana verdastra. I petali presentano una colorazione verde-rosata, molto ridotti e di forma triangolare. Il labello presenta tre lobi. I laterali sono conici e pelosi; il mediano SENATELLO (CASTELDELCI) 7 giugno 2012 è appariscente, di forma rotondeggiante e bombata, di aspetto vellutato. L’ornamentazione del labello comprende, su un campo basale chiaro, una semplice macula centrale contornata da una linea giallastra. Gli pseudoocchi sono verdastri e l’apicolo ripiegato sotto il labello bombato. Il ginostemio ha forma sinuosa, allungato e acuto. Si deve sottolineare la frequenza con la quale la specie ricorre all’autogamia mediante il ripiegamento delle sacche polliniche sullo stigma. Sono state descritte numerose entità infraspecifiche di diverso rango. Ricordiamo tra le varietà descritte in Italia: aurita (Moggr.) Gremli; bicolor (Nägeli) E. Nelson; botteronii (Chodat) Asch. & Graebn.; chlorantha (Hegetschw.) Arcang.; fulvofusca M.P. Grasso & Scrugli; tilaventina Nonis & Liverani; var. (o lusus) trollii (Hegetschw.) Rchb. f. Una varietà cervia (Carli et al., 2003) è stata proposta per una forma anomala rinvenuta nell’omonima pineta costiera romagnola. Fiorisce tra Aprile e Giugno. Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico OASI WWF (VERUCCHIO) Autoimpollinazione - 26 maggio 2012 SENATELLO (CASTELDELCI) 7 giugno 2012 T.CONCA (GEMMANO) 15 maggio 2009 122 Ophrys bertolonii subsp. bertolonii Moretti 1823 Nome comune Ofride di Bertoloni, Uccellino allo specchio Sinonimi O. speculum Bertoloni non Link Etimologia Dedicata al botanico, naturalista e medico bolognese Antonio Bertoloni (1775-1869), autore di una Flora Italica in dieci volumi e che per primo riconobbe questa specie, pur denominandola O. speculum. Distribuzione Specie ad areale centromediterraneo, dalle Baleari ai paesi transadriatici e isole Ionie della Grecia, diffusa nell’intera Italia peninsulare e in Sicilia, fino a 1000 m. In Emilia-Romagna la distribuzione coincide con quella di altre specie stenomediterranee. Comune in tutta la fascia collinare, raggiunge il pieno crinale appenninico solo nella Provincia di Forlì, avvicinandosi a questo nell’entroterra delle province di Bologna, Parma e Piacenza. Manca dalla pianura ed è rarissima sulla costa. Presente nelle pinete costiere. Nella provincia di Pesaro e Urbino è comune fino a 1000 m presso luoghi erbosi, con concentrazioni maggiori tra 500 m e 600 m. Habitat e distribuzione locale Comune in prati e pascoli magri, bordi stradali, garighe, anche su suoli parzialmente calpestati. I prati su calcare presentano talvolta nuclei ricchissimi. Presente localmente con popolazioni numerose nel tratto di pianura fino ai tratti più interni dei greti di Marecchia e Conca, in prati assolati e cespuglieti. Accentua localmente le concentrazioni nella fascia collinare e nei settori montani della provincia. Caratteri L’apparato radicale è costituito da due rizotuberi ovoidi. Pianta di ridotte dimensioni, esile, da pochi cm su terreni disturbati e aridi a circa 30 cm. L’infiorescenza è vistosa, lassa, con pochi fiori grandi rispetto all’insieme della pianta. MOLINO RENZINI (GEMMANO) 18 maggio 2009 I sepali sono da biancastri a violacei, i petali lineari presentano colorazione porporina più intensa e più brevi di un terzo rispetto ai sepali, dai bordi minutamente ciliati. Il labello è densamente peloso specialmente lungo i margini, del tutto bruno e mostra una evidente insellatura. L’apicolo verde è rivolto verso l’alto, all’interno di una netta scanalatura. Nella metà distale del labello risalta una macula intera, generalmente scudata, bluastra e lucida. Al centro della macula alcune popolazioni mostrano un punto o alcune macchie irregolari di colore rosso vivo che la invadono quasi per intero. Il ginostemio è allungato e il rostro appuntito. Gli pseudoocchi sono nerastri, di poco distanziati dalla cavità stigmatica, la quale presenta forma rettangolare. La sottospecie tipica è caratterizzata in particolare dalla forma della cavità stigmatica e per il labello piegato “a sella”. Viene impollinata da api del genere Chalicodoma (C. parietina e C. pyrenaica). Fiorisce da Aprile a Maggio. Nota Secondo R. Souche (2012), O.bertolonii è diffusa nel Nord-Italia. Al Centro-Sud è presente invece O.romolinii Soca 2011. In Emilia-Romagna, sempre per lo stesso Autore, quest’ultima raggiunge il suo limite settentrionale di areale. Più precisamente riferisce che “a Sud del fiume Po esistono piante che presentano caratteri intermedi tra i due taxa”. Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico TORRIANA 13 maggio 2010 TORRIANA 13 maggio 2010 TORRIANA 13 maggio 2010 124 Ophrys holoserica FIUME MARECCHIA (SANT’AGATA F.) 13 maggio 2012 Burm. f. 1770 Kreutz 2004 Nome comune Ofride dei fuchi, Fior bombo, Pecchia Basionimo Orchis holoserica Burm. f. 1770 Sinonimi Ophrys fuciflora (F.W. Schmidt) Moench; Arachnites fuciflora F.W.Schmidt; Orchis arachnites Scop.; Orchis fuciflora Crantz Etimologia Il nome deriva dal greco holos e serikos, con significato “interamente di seta”, riferito all’aspetto vellutato del labello. Distribuzione La diffusione della subsp. holoserica è eurimediterranea, dal sud dell’Inghilterra alla Romania. È presente in tutte le regioni italiane fino a 1400 m, a esclusione delle isole maggiori. L’areale della subsp. dinarica non è ben definito. Descritta per la Dalmazia come specie autonoma (Ophrys dinarica Kranjcev & Delforge, 2004), è presente nella Francia sud-orientale ed è stata rinvenuta da vari autori in Liguria, Piemonte, Umbria, Lazio, Molise e Abruzzo. In base all’Atlante della Flora protetta dell’E-R. (Alessandrini & Bonafede, 1996), Ophrys holoserica, (sub Ophrys fuciflora) è comune a sud della Via Emilia fino a 1400 m; rarissima sulla costa e scomparsa dalla pianura. In provincia di Pesaro e Urbino, secondo Klaver & Rossi (2011), Ophrys holoserica subsp. holoserica è considerata non comune in quanto la maggior parte delle segnalazioni sono da riferirsi alla sottospecie dinarica, l’antesi della quale precede di due settimane quella della sottospecie holosericea. Per gli stessi Autori la sottospecie tetraloniae è presente in una sola stazione. Habitat e distribuzione locale In senso lato Ophrys holoserica è distribuita su prati aridi fluviali, calanchivi, garighe, prati collinari e montani, arbusteti e radure in boschi termofili, su suolo calcareo e su terreni alloctoni. Ophrys holoserica subsp. holoserica (Burm.f.) Greuter e la conspecifica Ophrys holoserica subsp. dinarica (Kranjcev & P. Delforge) Kreutz., costituiscono le due entità accertate in provincia. Non appaiono evidenti differenziazioni in termini di habitat. Entrambe possono essere rinvente dalla pianura, esclusivamente presso i greti dei corsi d’acqua maggiori, fino al tratto fluviale superiore del Marecchia, dai 300-400 m del piano collinare, dove sono poco comuni e dove sembra prevalere la prima sottospecie, all’entroterra montano, dove può formare ricchi popolamenti in ambienti prativi anche in ambito calanchivo, dove sembra dominare la seconda sottospecie. Si trovano a contatto, con forme intermedie di non agevole identificazione. Ophrys holoserica subsp. tetraloniae (W.P. Teschner) Kreutz 2004, non è stata accertata nel corso della ricerca. F.MARECCHIA, PONTE 8 MARTIRI (CASTELDELCI) - 10 giugno 2012 MIRATOIO (PENNABILLI), 24 maggio 2012 Le immagini delle pagg. 126 e 127 si riferiscono a Ophrys holoserica subsp. dinarica M.CANALE (PENNABILLI) 29 maggio 2011 MIRATOIO (PENNABILLI) 24 maggio 2012 126 F.MARECCHIA, PONTE 8 MARTIRI (CASTELDELCI) - 2 giugno 2010 Ophrys holoserica Caratteri Apparato radicale con due rizotuberi ovoidi. Pianta polimorfa, con il fusto alto tra 15 cm e 40 cm, presenta una rosetta basale e foglie superiori guainanti. L’infiorescenza è lassa, con un numero variabile di fiori, tra 2 e 10. I sepali sono biancorosati o porporini, talvolta percorsi da una nervatura centrale verde; petali di colore variabile, piccoli, triangolari, vellutati, lunghi circa 1/3 dei sepali. Il labello è intero, trapezoidale, convesso, con gibbosità evidenti, esternamente ricoperte da pelosità. La macula è brillante, glabra, di forma variabile, circondata da un bordo biancastro. L’apicolo è ben evidente, robusto e rivolto in avanti. La cavità stigmatica è ampia, con pseudoocchi nerastri, ginostemio corto e acuto. Fiorisce tra Aprile e Giugno. È impollinata da Imenotteri, in particolare Eucera longicornis e Hoplitis rufohirta. La discussione tra i vari autori sulla più corretta e accettabile collocazione sistematica delle varie forme di O. holoserica prosegue da tempo ed è tuttora in atto. Si ritiene che O. holoserica subsp. holoserica costituisca l’entità tipo, evoluta in tempi recenti e quindi plastica e variabile, comportamento che le ha consentito una vasta distribuzione. Ophrys holoserica subsp. dinarica presenta un fusto 25-60 cm, 4-10 fiori grandi, labello convesso lateralmente e longitudinalmente. La macula è grande, con ornature complesse e spesso di aspetto marmorizzato, con bordatura giallastra larga. Il campo basale tende ad assumere un aspetto bilobato che ricorda la forma di una farfalla, non di rado del tutto diviso in due. Le immagini delle pagg. 128 e 129 si riferiscono a Ophrys holoserica subsp. holoserica. CÀ PIAGOLA (SANT’AGATA F.) 29 maggio 2011 Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico F.MARECCHIA, PONTE 8 MARTIRI (CASTELDELCI) - 2 giugno 2010 POGGIO (SANT’AGATA F.) 13 giugno 2011 F.MARECCHIA (POGGIO BERNI) 3 maggio 2012 128 Ophrys sphegodes UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA) 25 aprile 2012 Mill. 1768 Nome comune Ofride verde, Fior ragno Sinonimi O. aranifera Huds.; O. araneola Rchb. Etimologia Il nome di specie proviene dal greco sphekòs, con significato di “simile a vespa”, riferito è alla sembianza del fiore Distribuzione Specie mediterraneo-europea a centro di diffusione occidentale. La sottospecie sphegodes è ritenuta a maggiore diffusione in Europa. Presenta forme molto variabili in area mediterranea, dove viene considerata da alcuni rara e soppiantata da altre entità di rango sottospecifico o specifico, come ad esempio Ophrys classica Devillers-Tersch. & Devillers, indicata per la costa medio-tirrenica. Nella penisola Ophrys sphegodes è presente in tutte le regioni fino a 1300 m a eccezione di Valle d’Aosta e Sardegna. In Emilia-Romagna è abbastanza frequente a nord della Via Emilia, rara in pianura (presso gli argini fluviali) e lungo la costa centrale e settentrionale. In Provincia di Pesaro e Urbino è comune presso luoghi erbosi e fruticeti, dal livello del mare a 1000 m, con maggiori concentrazioni tra 300 m e 700 m. Habitat e distribuzione locale In provincia di Rimini è relativamente diffusa in vari ambienti aperti e assolati: prati aridi fluviali, radure boschive, scarpate e bordi stradali, ambienti prativi di calanco; essenzialmente nella fascia collinare medio-alta. Sono presenti ricche popolazioni lungo la dorsale calcarea TausanoMonte Gregorio (San Leo), presso Uffogliano (Novafeltria), lungo il medio corso del Marecchia. La prima segnalazione si deve a Alberto del Testa (1903), il quale cita un campione di Ophrys aranifera Huds. osservato nell’erbario Matteini, riferito genericamente a Rimini. Caratteri L’apparato radicale è costituito da due rizotuberi ovoidi. Pianta polimorfa, può assumere dimensioni variabili, tra 20 cm e 40 cm. Il fusto presenta una rosetta basale con poche foglie ovate e foglie caulinari guainanti, portante una infiorescenza lassa pauciflora. I sepali sono giallastri o biancastri. I petali, in genere più scuri dei sepali, mostrano talvolta un margine rossastro, con eventuali ondulazioni. La tipica macula, circa a forma di H, si trova all’interno del labello bruno-rossastro, convesso, e dal margine chiaro, con apicolo ridotto o assente. La macula delimita inferiormente il campo basale rossastro, di tono meno intenso del labello, sul quale dominano i pronunciati pseudoocchi grigiastri. Fiorisce tra Marzo e Aprile. Viene impollinata da vespe del genere Andrena. Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA) 25 aprile 2012 UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA) 25 aprile 2012 130 Cephalanthera damasonium (Mill.) Druce 1906 Nome comune Cefalantera giallina Basionimo Serapias damasonium Mill. 1768 Sinonimi Cephalanthera pallens Rich.; C. latifolia Janch.; C. alba (Crantz) Simonk. Etimologia Il nome relativo al genere proviene dai termini greci kephalè, ovvero testa, e anthèra, antera, con significato quindi di antera a forma di testa, a causa della sua forma rotondeggiante. Il nome latino di specie deriverebbe da una pianta citata da Plinio il Vecchio che alcuni identificano con Alisma plantago-aquatica, a causa della somiglianza delle foglie. Per altri l’origine va trovata nel “damassonio”, latino damasonium, una pianta erbacea dalle foglie simili alla piantaggine. BADIA M.ERCOLE (SANT’AGATA F.) 2 giugno 2010 Caratteri Pianta provvista di un fusto sotterraneo, detto rizoma, che ad ogni fase vegetativa emette radici e fusti avventizi. Il fusto è robusto e sinuoso, con 2-5 foglie ovate e larghe, abbraccianti e quasi piane. Le brattee hanno aspetto fogliaceo e sono più lunghe dell’ovario. Come le congeneri ha una infiorescenza lassa. I fiori sono da 3 a 12, semichiusi, di tonalità bianco-giallastra. L’epichilo è ottuso. L’ovario è glabro. I fiori si presentano in generale socchiusi, indice di una forma riproduttiva autogamica e spesso cleistogamica. La fioritura va da Maggio a Luglio. È specie nettarifera, con impollinazione effettuata da più specie di Imenotteri, più raramente Coleotteri. Distribuzione Diffusa nell’Europa temperata centro-occidentale e nell’area mediterranea. In Italia è presente in tutte le regioni, con una maggiore diffusione nel settentrione. In Emilia-Romagna è presente a sud della via Emilia. Molto rara in pianura. In Provincia di Pesaro è considerata non rara. Le concentrazioni maggiori si trovano tra 400 e 600 m. Habitat e distribuzione locale Si rinviene in boschi termofili, cespuglieti, scarpate stradali boscate, raramente in ambienti prativi e semiruderali, con preferenza per substrati neutri o calcarei e posizioni ombreggiate, dalla prima fascia collinare ai maggiori rilievi dell’entroterra. Più diffusa di C. rubra ma meno di C. longifolia. Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico POGGIO (SANT’AGATA F.) 24 maggio 2012 BADIA M.ERCOLE (SANT’AGATA F.) 24 maggio 2012 MONTE FAGGETO (MONTEFIORE) 5 maggio 2010 132 Cephalanthera longifolia (L.) Fritsch 1888 Nome comune Cefalantera bianca Basionimo Serapias helleborine var. longifolia L. 1753 Sinonimi C. ensifolia Rich.; C. xiphophylla Rchb. f.; C. angustifolia Simonk. Etimologia Il nome di specie deriva dalla forma allungata delle foglie. MONTE FAGGETO (MONTEFIORE) 5 maggio 2010 fiori bianchi, più aperti che in C. damasonium, con epichilo ottuso con 4-7 creste, con ipochilo trilobato e ovario sessile glabro. I sepali e i petali sono acuminati e conniventi. Il labello è più breve rispetto ai sepali, con ipochilo concavo ed epichilo cordato ad apice arrotondato che presenta creste giallastre allungate. Fiorisce tra Aprile e Giugno. È in grado di riprodursi per autogamia ma sembra più frequente il ricorso all’impollinazione entomofila rispetto a C. damasonium. Distribuzione Specie a diffusione eurasiatica, dall’Atlantico alla catena himalayana. Presente in tutte le regioni italiane, con maggiore diffusione dalla catena alpina alla Toscana. In Emilia-Romagna è comune a sud della Via Emilia; relativamente anche sulla costa. In provincia di Pesaro è distribuita in tutto il territorio a partire da 300 m fino a 1400 m, con concentrazioni maggiori tra 400 m e 600 m. Habitat e distribuzione locale Presente in ambienti variabili ma principalmente boschivi quali castagneti, boschi a latifoglie miste, querceti, cerrete. Non manca all’interno di arbusteti e su scarpate stradali ombreggiate, raramente parchi, su substrati da neutri a calcarei. Scomparsa dal litorale, si rinviene con maggiore frequenza rispetto a C. damasonium e di C. rubra, dalla prima catena collinare ai rilievi dell’interno. Caratteri Come le congeneri possiede un rizoma che annualmente produce radici e fusti avventizi. Pianta alta fino a 60 cm, con fusto robusto e sinuoso, spesso a gruppi, con 4-12 foglie alterne rigide e divergenti, lanceolate, strette, lunghe fino a 18 cm. La brattee sono molto ridotte, più corte dell’ovario. L’infiorescenza a spiga è densa, spesso multiflora, contiene fino a circa venti Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico F.MARECCHIA (VILLA VERUCCHIO) 19 aprile 2012 SCAVOLO (SANT’AGATA F.) 24 maggio 2012 UFFOGLIANO (NOVAFELTRIA) 6 maggio 2010 134 Cephalanthera rubra (L.) Rich. 1817 Nome comune Cefalantera rossa Basionimo Serapias rubra L. 1767 Sinonimi Epipactis rubra (L.) All Etimologia Il nome specifico deriva dal latino ruber, rosso, colore caratteristico dei fiori. Distribuzione SAN LORENZO (PENNABILLI) 27 giugno 2010 dell’ovario ma più brevi le superiori. L’infiorescenza, comprendente da 3 a 10 fiori distanziati di tonalità porporina, rende inconfondibile la specie. I fiori si mostrano maggiormente aperti rispetto a C. longifolia, con sepali laterali patenti. L’ epichilo è acuto. L’ovario presenta pubescenza. I pollinii formano due masse compatte facilmente staccabili a differenza dalle altre specie. L’apertura del fiore, unitamente a questo elemento consentono di ritenere che C. rubra ricorra con maggiore frequenza alla riproduzione allogamica. Fiorisce da Maggio a Luglio. Specie eurasiatica, diffusa dall’Atlantico alle montagne himalaiane. Presente in tutte le regioni italiane ma più frequente al Nord. In Emilia–Romagna è considerata non rara nella fascia collinare e nell’area della bassa Romagna, presso le pinete litoranee e pertinenze di una ex colonia. Nel territorio provinciale pesarese è considerata generalmente rara ma localmente abbondante attorno agli 800-900 m, in particolare presso il Monte Carpegna e il Monte Catria. Habitat e distribuzione locale Diffusa in contesti boschivi dominati da faggio, cerro o carpino nero. Presente nei castagneti del territorio di Sant’Agata Feltria. Concentrazioni elevate si riscontrano anche in boschi misti termofili. Molto rara e localizzata nel settore basso collinare della provincia (castagneto di Monte Faggeto presso Montefiore, circa 150 m), diviene relativamente comune nell’alta Valmarecchia, in particolare lungo i versanti dei Monti Carpegna e Canale. Caratteri Pianta provvista di rizoma, che ogni anno emette radici e fusti avventizi. Alta tra 20 cm e 60 cm, dal fusto gracile che nella parte alta presenta una pelosità grigiastra. Le foglie, da 4 a 7, abbracciano il fusto e sono divergenti, larghe, allungate e ristrette in alto. Le brattee hanno aspetto acuto ed erbaceo, più lunghe Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico SAN LORENZO (PENNABILLI) 27 giugno 2010 MONTE FAGGETO (MONTEFIORE) 12 giugno 2010 SAN LORENZO (PENNABILLI) 27 giugno 2010 136 Epipactis helleborine subsp. helleborine (L.) Crantz 1769 Nome comune Elleborina comune Basionimo Serapias helleborine L. 1753 Sinonimi Epipactis latifolia (L.) All., Helleborine latifolia (L.) Druce Etimologia L’epiteto di specie deriva dal latino helleborus, con il quale si indica il Veratro, appartenente alle Liliaceae. Le foglie dell’orchidea sono simili a quelle del Veratro, dal quale prende quindi il nome. Habitat e distribuzione locale È prevalentemente diffusa all’interno e al limitare di boschi e cespuglieti in posizioni ombrose o parzialmente luminose e presso le scarpate stradali. Le forme boschive nelle quali è presente sono le più varie, dalle formazioni miste termofile a quelle mesofile collinari, ai castagneti, alle cerrete e faggete della fascia montana. La specie è la più comune tra le congeneri; non è selettiva rispetto al substrato e mostra notevole capacità di adattamento. Alcuni individui sono stati rinvenuti al margine di boschi su inerte stradale e a diretto contatto con l’asfalto. Distribuzione L’areale è paleotemperato, esteso su un territorio vastissimo, dalla Scandinavia al Mediterraneo all’Africa nord-occidentale; dalla Siberia all’Himalaya. È comparsa in Nordamerica da oltre un secolo. In Italia è presente in tutte le regioni ma diviene meno comune nel meridione. In Emilia-Romagna è molto diffusa a sud della Via Emilia fino a 1700 m, ma è rara in pianura e presso la costa. Nel Pesarese è diffusa da 300 m a 1500 m, con concentrazioni maggiori tra 500 m e 600 m. È stata qui osservata una forma ad habitus gracile, ricondotta alla varietà viridiflora Irmsch . Si ritiene che la specie sia alla base dell’intero gruppo e che le varie entità siano derivate da questa come conseguenza di fattori geografici ed ecologici. La versatilità ambientale della specie ha determinato una serie di differenziazioni morfologiche che coinvolgono aspetti dell’intera pianta al punto di portare vari Autori alla descrizione di una serie ampia di forme. Un elemento comune è comunque la forma riproduttiva allogamica. Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico ROCCA PRATIFFI (SANT’AGATA F.) 1 luglio 2011 138 ROCCA PRATIFFI (SANT’AGATA F.) 1 luglio 2011 Epipactis helleborine subsp. helleborine Caratteri L’apparato radicale è un rizoma provvisto di radici secondarie. La pianta è in genere vistosa e può superare il metro. Sono frequenti esemplari di modesta taglia, a partire da 20-30 cm, in virtù della grande plasticità ecologica. I fusti sono robusti e flessuosi, isolati o a gruppi, di colore verde, a base glabra e sfumata di biancastro-violaceo. La parte superiore, talvolta di tonalità rossastra, può presentare una pubescenza densa. Le foglie sono da 4 a 10. Le inferiori e medie sono grandi, ovato-lanceolate; le superiori lanceolate o bratteiformi, disposte a spirale, patenti, verde scuro, a margini appena ondulati. Le brattee sono più lunghe del fiore. L’infiorescenza è di solito densa, lunga meno della metà del fusto, con molti fiori grandi e aperti. I tepali sono ovati-lanceolati, verdastri, variamente sfumati di rosa-violaceo, con nervature evidenti. I petali sono più chiari e piccoli dei sepali. Il labello assume toni dal verdastro chiaro al violaceo, con ipochilo bruno-nerastro all’interno ed epichilo abbastanza larghi. L’ epichilo in particolare assume aspetto cordiforme ad apice ribattuto, con due increspature basali talvolta verrucose di colore più intenso, separate da un solco. Il clinandrio è ben sviluppato, l’ovario piriforme, verde e pubescente. Fiorisce da Maggio ad Agosto. Nota: per alcuni Autori, vicina a E. helleborine è E. leptochila (Godfery) Godfery 1921. A quest’ultima è attribuito un campione conservato presso le collezioni botaniche del Centro Ricerche Floristiche Marche di Pesaro (Erbario PESA). E. leptochila è stata rinvenuta lungo il versante Ovest del M. della Biforca, presso il valico omonimo, in comune di San Leo (A.Alessandrini, com. pers.). POGGIO (SANT’AGATA F.), 13 giugno 2011 Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico ROCCA PRATIFFI (SANT’AGATA F.) 1 luglio 2011 ROCCA PRATIFFI (SANT’AGATA F.) 1 luglio 2011 SAN LORENZO (PENNABILLI) 20 giugno 2012 140 Epipactis microphylla (Ehrh.) Sw. 1800 Nome comune Elleborina minore Basionimo Serapias microphylla Ehrh. 1789 Sinonimi Helleborine microphylla (Ehrh.) Schinz & Tell. Etimologia Il nome di specie deriva dal greco, con significato di “foglie piccole”. Distribuzione L’areale è europeo-caucasico, diffusa in aree submediterranee; dai Paesi Bassi all’Iran. Rara in Italia settentrionale, diviene maggiormente frequente verso Sud. È segnalata in tutte le regioni ad esclusione della Valle d’Aosta. Si ritiene distribuita con maggiore ampiezza rispetto a quanto verificato in Emilia-Romagna, a sud della Via Emilia, fino a 1500 m. Rinvenuta lungo la costa ma assente dalla pianura. In provincia di Pesaro è considerata non comune ma localmente abbondante nelle faggete montane, con distribuzione tra 350 m e 1400 m. e maggiori concentrazioni tra 1200 m e 1400 m. Habitat e distribuzione locale Specie ombrofila legata a suoli calcarei, è presente ssenzialmente in boschi di latifoglie. Nella provincia è da considerarsi rara, presente con individui isolati nella bassa e media collina presso Mondaino, all’interno di un impianto per la tartuficoltura e a Onferno, all’interno di un bosco termofilo a latifoglie. È segnalata in letteratura (Mattoni & Molari, 2006) ma non viene indicata l’area di ritrovamento che presumibilmente è da collocarsi presso Montebello (Torriana). Il limitato numero di ritrovamenti è da attribuirsi in primo luogo alla difficoltà di localizzazione, dovuta alle modeste dimensioni e alla scarsa evidenza nel sottobosco, per cui la frequenza è con ogni probabilità sottostimata. S.APOLLINARE (MONDAINO) 27 maggio 2011 Caratteri L’apparato radicale è costituito da un rizoma. Pianta dai tratti non confondibili, alta tra 15 cm e 50 cm, grigio-cenerino e con fusto pubescente. Le foglie sono corte e distanziate, di forma lanceolata, con bordi minutamente denticolati. Le foglie superiori sono simili a brattee. L’infiorescenza è pauciflora e lassa; i fiori sono di piccole dimensioni e spesso semichiusi, bianco-verdastri con sfumature violacee. Emanano un tipico aroma di vaniglia. I tepali sono ovati, ottusi o acuti; i petali più piccoli dei sepali e con venature porporine. L’epichilo presenta una base ornata da due creste rugose ben evidenti riunite in punta acuta. Il clinandrio è sviluppato, il viscidio presente ma non sempre funzionale. L’ovario è tomentoso, con breve pedicello a base porporina. E. microphylla è allogama, ma ricorre frequentemente all’autogamia e a volte alla cleistogamia, coi fiori che rimangono chiusi. Fiorisce tra Maggio e Luglio. Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico S.APOLLINARE (MONDAINO) 27 maggio 2011 S.APOLLINARE (MONDAINO) 27 maggio 2011 142 Epipactis muelleri Godfery 1921 Nome comune Elleborina di Müller Sinonimi E. helleborine subsp. muelleri (Godfery) O. Bolòs, Masalles & Vigo Etimologia L’epiteto di specie ricorda il botanico Ferdinand Jacob Heinrich von Mueller (1825–1896); fisico, geografo e botanico di origine tedesca. Distribuzione Specie centroeuropea, diffusa dai Paesi Bassi ai Pirenei, dalla Slovacchia alla Croazia. È presente nell’Italia settentrionale e centrale, da 200 m a 1600 m. In Puglia e Sardegna è più rara. In Emilia-Romagna è rarissima lungo la costa. Presente ampiamente a sud della via Emilia fino a 1500 m, non è segnalata per il Riminese nell’Atlante della Flora protetta dell’Emilia-Romagna del 1996. In provincia di Pesaro e Urbino è ritenuta non rara, distribuita tra 400 m e 1200 m, con diverse stazioni nel Montefeltro. Habitat e distribuzione locale Tendenzialmente termofila, appare legata in primo luogo ad ambienti boschivi luminosi, anche soggetti a ceduazione; più raramente cespuglieti, su suoli calcarei. Compare a bassa quota (250 m) nei castagneti della bassa collina della Valconca. È stata rinvenuta a Onferno (Gemmano) ed accentua decisamente la sua frequenza, presso i cedui misti dei versanti dei monti Carpegna e Canale. VALLE PRENA (PENNABILLI), 8 luglio 2010 VALLE PRENA (PENNABILLI) 8 luglio 2010 144 VALLE PRENA (PENNABILLI) 8 luglio 2010 Epipactis muelleri Caratteri L’apparato radicale è formato da un rizoma. Pianta simile a E. helleborine, presenta fusti isolati gracili che possono raggiungere i 90 cm. L’intera pianta presenta una tonalità chiara. Le foglie sono distiche, da 5 a 10, verdi-giallastre, di forma lanceolata e con margini ondulati, coriacee. Le foglie superiori sono bratteiformi, le brattee lanceolate. L’infiorescenza è multiflora, densa o più lassa, con fiori verdastri non grandi e poco aperti. I tepali sono lanceolati e carenati; i petali verde chiaro, talvolta con toni rosati. Il labello è biancastro; la giunzione ipochiloepichilo è abbastanza larga. L’ipochilo è nettarifero, scuro internamente, l’epichilo è triangolare, con larghezza maggiore della lunghezza. Il clinandrio e il viscidio sono quasi inconsistenti, l’antera è giallastra e peduncolata. L’ovario è allungato, con pedicello corto pubescente verde-giallastro. E. muelleri presenta pollinii sfarinati e rostello inefficiente. L’impollinazione non sempre è cleistogama. Fiorisce tra Giugno e Agosto, precedendo di una-due settimane E. helleborine. Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico CÀ ROMANO (PENNABILLI) 29 giugno 2012 VALLE PRENA (PENNABILLI) 8 luglio 2010 146 Epipactis palustris MIRAMARE (RIMINI) 12 luglio 2010 (L.) Crantz 1769 Nome comune Elleborina palustre Basionimo Serapias helleborine var. palustris L.1753 Sinonimi Helleborine palustris (L.) Schrank; Serapias palustris (L.) Mill. Etimologia L’epiteto di specie deriva dal latino, con evidente riferimento agli ambienti umidi ai quali è legata. Distribuzione Specie eurasiatica temperata, a Est raggiunge Siberia e Iran, più rara verso il settentrione e il meridione dell’areale. In Italia è presente in tutte le regioni ma è considerata sporadica in primo luogo per la riduzione degli habitat umidi. In Emilia-Romagna la distribuzione va dal livello del mare a 1400 m., non rara ma localizzata in rapporto agli ambienti di elezione. Sono note molte stazioni costiere nel Ravennate, incluso le pertinenze di ex colonie marine. Non è segnalata nella pianura ma è ben distribuita nelle fasce collinari e montane. Nella provincia di Pesaro è ritenuta rara, presente in un numero molto limitato di località, fino a 900 m di altitudine. Habitat e distribuzione locale E. palustris è specie localizzata, legata ad habitat molto differenziati ma sempre umidi, con acque mobili o relativamente stagnanti. Alcune popolazioni presentano decine di individui in pochi metri quadrati. Presente sulla costa, con un nucleo lungo un fossato a Miramare di Rimini, presso i corsi d’acqua, in collina e in area montana, in corrispondenza di fossati e versanti umidi. Caratteri L’apparato radicale è formato da un rizoma stolonifero portante anche più di un fusto. È una specie igrofila, di immediata identificazione. L’altezza varia da 25 cm a 50 cm, con base del fusto avvolta da poche squame e parte superiore frequentemente con toni porpora. Le foglie sono da 6 a 8, di forma lanceolata e a carena. L’infiorescenza è lassa e tomentosa, con un numero variabile di fiori vistosi, allogami, fino a 20. I sepali, fino a 13 mm, presentano tonalità dal verdastro al violaceo. I laterali sono aperti e il mediano eretto a formare un casco con i petali bianchi e rosei alla base. Il labello supera di poco il cm; l’ipochilo è bianco con strie violacee, l’epichilo bianco, cordiforme e a margine ondulato, con 2 creste giallo-arancio alla base. L’intensità cromatica dei fiori è un elemento di relativa variabilità nella specie. L’ovario è fusiforme, con pedicello, tomentoso e porporino-violacei. Fiorisce tra Giugno e Agosto. Viene impollinata da varie specie di insetti, incluso le api. Dato originale Dato bibliografico GATTARA (CASTELDELCI) 28 giugno 2011 GATTARA (CASTELDELCI) 28 giugno 2011 GATTARA (CASTELDELCI) 28 giugno 2011 148 Epipactis purpurata Sm. 1828 Nome comune Elleborina violacea Sinonimi E. viridiflora Hoffm. ex Krock.; E. helleborine subsp. varians (Crantz) H. Sund. Etimologia Il latino purpura indica il tipico colore ottenuto dal murice. Il nome di specie significa quindi “avvolto di porpora”, con riferimento alla tonalità rosato-violacea dell’intera pianta. Si deve sottolineare che il binomio E. viridiflora Hoffm. ex Krock. 1814, da viridis, “verde”, e flos, floris, “fiore”, precede E. purpurata, maggiormante utilizzato per consuetudine. Distribuzione Specie subatlantica, presenta una distribuzione europea centro-occidentale disomogenea. Si rinviene dall’Inghilterra alla Lituania alla Romania. L’areale italiano è ugualmente frammentato. È in generale rara e localizzata in settori appenninici da 1000 a 1400 m di quota, tra EmiliaRomagna e Abruzzo, tra Lucania e Calabria. In Emilia-Romagna è estremamente rara, riportata nell’Atlante della Flora protetta regionale (Alessandrini & Bonafede, 1996) per un solo quadrante nell’alto Appennino romagnolo (Savelli, Alessandrini & Liverani, 1988). Successivamente la specie è stata rinvenuta in altre località della fascia montana. La sola stazione segnalata da Crescentini e Klaver (1997) per la provincia di Pesaro e Urbino, in seguito all’acquisizione da parte dell’EmiliaRomagna dell’alta Valle del Marecchia, si trova ora in provincia di Rimini. SASSO SIMONE (PENNABILLI), 6 agosto 2012 SASSO SIMONE (PENNABILLI) 6 agosto 2010 150 SASSO SIMONE (PENNABILLI) 6 agosto 2010 Epipactis purpurata Habitat e distribuzione locale Un ricco nucleo, il solo noto per la Provinvia di Rimini, è stato rinvenuto all’interno di un bosco a latifoglie, a circa 1000 m di altitudine. La stazione è situata nel comprensorio del Parco del Sasso Simone e Simoncello, in comune di Pennabilli. Caratteri La specie mostra caratteri ben identificabili. L’aspetto è cespitoso, il tono cromatico violaceo, la riproduzione è allogamica e la fioritura tardiva. Il rizoma è in grado di originare vari fusti robusti, fino a 70 cm di altezza. La colorazione violacea interessa sia il fusto che le foglie, piccole e lanceolate le inferiori in numero da 4 a 8, bratteiformi le superiori. L’infiorescenza si presenta densa, multiflora, con fiori evidenti e aperti, più brevi delle brattee inferiori, a riproduzione allogama. I sepali presentano la colorazione della pianta, leggermente pelosi all’esterno e da verdi a violacei internamente. Il labello è chiaro, con l’ipochilo violaceo all’interno e l’epichilo cordiforme, sfumato dello stesso tono, separati da una ristretta giunzione. Quest’ultimo presenta margini ondulati e crespi, alla base due bottoni violacei e apice rivolto posteriormente. Il clinandrio è evidente, il viscidio funzionale. L’ovario è fusiforme, leggermente peloso e con pedicello corto. Fiorisce tra Luglio e Agosto. Dato bibliografico 152 Limodorum abortivum (L.) Sw. 1799 Nome comune Fiordilegno, Limodoro Basionimo Orchis abortiva L. 1753 Sinonimi Epipactis abortiva (L.) All.; Serapias abortiva (L.) Scop. Etimologia Il nome di specie, dal latino abortus, fa riferimento all’appassimento dei fiori che precede spesso la loro apertura o, con minore probabilità, all’aspetto minuto delle foglie. Distribuzione L’areale è eurimediterraneo, imperniato sul bacino Mediterraneo. Raggiunge a occidente l’Atlantico, i Paesi bassi a Nord, il Caucaso e l’Iran a oriente. È diffusa lungo l’intera penisola italiana, dal livello del mare fino a 1800 m. In Emilia-Romagna è ben distribuita in tutta la fascia collinare, meno frequente in quella montana, assente in pianura e rarissima sulla costa (pineta di San Vitale). In provincia di Pesaro è considerata relativamente comune in tutto il territorio nella fascia tra 300 m e 1200 m. Habitat e distribuzione locale Specie termofila, può situarsi all’interno di boschi radi a latifoglie e conifere, cespuglieti e scarpate stradali, su suoli aridi e compatti, a mezz’ombra o in pieno sole. Alcuni individui sono stati osservati al limitare di strade, su inerti, nonchè a contatto con l’asfalto. In provincia di Rimini è relativamente comune ma abbastanza localizzata, dalla prima collina alle zone montane. Caratteri Apparato radicale con rizoma breve. Inconfondibile pianta in genere robusta, vistosa per dimensioni, alta fino a 80 cm, spesso in densi aggruppamenti in cui sono presenti fusti di minori dimensioni. È resa evidente anche dalla colorazione violacea dei fusti e dell’infiorescenza a spiga, allungata fino a 30 cm, con 8-20 fiori. Le foglie sono squamose e guainanti, brattee lanceolate solitamente più lunghe dell’ovario. I fiori sono grandi, bianchi e violacei, con sepali laterali opposti, lanceolati, ad apice acuto. Petali più ridotti, acuti. Il labello è vistoso ma più ridotto dei sepali, insellato, presenta un ipochilo con restringimento alla base, epichilo ampio all’estremità, con margini ondulati e rialzati. Lo sperone è sottile e cilindrico, con lunghezza simile all’ovario. La pianta è da annoverarsi tra le saprofite. Il pigmento clorofilliano è comunque presente ma in quantità ridotta. È ormai accertata la sua costante dipendenza da miceti del suolo (micotrofismo). Non altrettanto certa l’azione di parassitismo nei confronti di alcune specie arbustive o arboree. I fiori producono nettare, concentrato nello sperone, e possono aprirsi per breve tempo per cui può avvenire la fecondazione tramite insetti. La specie è però in prevalenza autogama e i fiori si autofecondano rimanendo chiusi (cleistogamia). Si possono trovare in Italia esemplari con dominanti verdastre o rossastre. Fiorisce tra Aprile e Luglio. Dato originale Dato originale e bibliografico MADONNA DEL PIANO (CASTELDELCI) 13 giugno 2010 ALBERETO (MONTESCUDO) 16 maggio 2009 MADONNA DEL PIANO (CASTELDELCI) 13 giugno 2010 MADONNA DEL PIANO (CASTELDELCI) 13 giugno 2010 154 Neottia nidus-avis (L.) Rich. 1817 Nome comune Nido d’uccello Basionimo Ophrys nidus-avis L. 1753 Sinonimi Epipactis nidus-avis (L.) Crantz; Malaxis nidus-avis (L.) Bernh.; Listera nidus-avis (L.) Curtis; Serapias nidus-avis (L.) Steud. Etimologia Il nome della specie, il latino nidus-avis, “nido d’uccello”, fa riferimento alla forma intricata delle radici. Distribuzione La diffusione è eurasiatica, fino al Giappone. È presente in tutte le aree temperate. Si trova nell’intera penisola italiana ed è relativamente comune negli ambienti boschivi a latifoglie e misti, su suoli ricchi di humus fino a 2000 m. In Emilia-Romagna è molto comune a sud della Via Emilia, dalla bassa collina a 1700 m. È stata segnalata da Pietro Zangheri nelle pinete ravennati (1936),oggi assente o non rinvenuta. In provincia di Pesaro e Urbino è comune nei boschi da 150 m a 1300 m. Habitat e distribuzione locale Si rinviene su suoli maturi e umici, neutri o basici, con maggiori concentrazioni all’interno di boschi ombrosi e freschi, talvolta al loro margine e su scarpate stradali. In provincia compare nella media collina nei boschi termofili, espandendosi gradualmente verso i massimi rilievi dell’interno, dove è ampiamente diffusa. Caratteri Il rizoma radicale presenta fibre carnose, contorte e intrecciate. La pianta è poco variabile, alta fino a 50 cm. Non può essere confusa con altre orchidee a causa della colorazione completamente brunastra (alcuni individui possono assumere una tonalità più chiara), che le fornisce un aspetto “saprofitico”. Il fusto, robusto e fistoloso, presenta foglie ridotte a squame avvolgenti. Le brattee sono brevi e lineari. L’aspetto d’insieme della pianta ricorda il genere Orobanche. L’infiorescenza, multiflora, si presenta di solito allungata, con i 15-40 fiori appressati soprattutto verso l’estremità superiore. I sepali e i petali sono riuniti a formare un casco lasso. Il labello, pendente, mostra lobi arrotondati e divergenti. L’ovario è sostenuto da un pedicello ritorto. È una pianta micotrofica. Stabilisce fin dalla germinazione un rapporto di simbiosi micorrizica con miceti del genere Rhizoctonia che perdura per l’intero ciclo vegetativo. Mostra quindi di svilupparsi in modo parassitico sul micelio micorrizico. La forma saprofitica attribuita al genere Neottia viene quindi considerata impropria (Scrugli A., 2009). È impollinata da insetti, soprattutto da ditteri, ma ricorre con frequenza all’autogamia. In condizioni ambientali avverse è in grado di riprodursi per autofecondazione fiorendo e fruttificando al di sotto della superficie del suolo. Si riproduce anche in forma vegetativa dal rizoma, originando aggruppamenti di individui. Fiorisce tra Maggio e Luglio. Dato originale Dato originale e bibliografico MONTE AQUILONE (PERTICARA) 27 maggio 2010 SELVE DI ONFERNO (GEMMANO) 14 maggio 2011 CÀ ROMANO (PENNABILLI) 29 giugno 2012 VALLE PRENA (PENNABILLI) 2 giugno 2012 156 Listera ovata MONTE FAGGETO (MONTEFIORE) 15 maggio 2009 (L.) R.Br. in W.T. Aiton 1813 Nome comune Listera maggiore, Giglio verde Basionimo Ophrys ovata L. 1753 Sinonimi Neottia ovata (L.) Bluff & Fingerh. Etimologia Il nome di specie si deve alla forma largamente ovale delle foglie. Distribuzione Specie eurasiatica, diffusa nelle regioni a clima temperato, meno comune in area mediterranea. Nella penisola italiana si distribuisce con frequenza sia a settentrione (anche in pianura padana), che al Centro, in vari ambienti della fascia collinare e montata, dal livello del mare fin oltre i 2000 m. È presente al meridione e nelle isole. In Emilia-Romagna è ampiamente diffusa dalla bassa collina ai rilievi maggiori, rara in pianura e lungo la costa. In provincia di Pesaro e Urbino è considerata comune, distribuita tra 150 m e 1100 m, con maggiori concentrazioni tra 500 m e 900 m. sono vistose, di forma ovata e con mucrone terminale, inserite opposte nel terzo inferiore del fusto. L’infiorescenza è allungata, con molti piccoli fiori, fino a 80. I sepali e i petali formano un casco lasso. Il labello presenta lobi paralleli e arrotondati. L’ovario è pubescente e peduncolato. Nettarifera, è impollinata da numerose specie di piccoli insetti, in particolare Ditteri, Imenotteri e Coleotteri. L’insetto, richiamato dal nettare, una volta a contatto con il rostello, provoca la contrazione di questo e il conseguente rilascio a scatto dei pollinii, che aderiscono al capo del pronubo. Si evidenzia quindi lo stigma, in grado di ricevere il polline da un successivo insetto. Fiorisce tra Maggio e Luglio. Habitat e distribuzione locale In Provincia di Rimini accresce la sua presenza dalla media collina alla montagna, in ambienti differenziati ma tendenzialmente freschi. Non mostra selettività rispetto al substrato. Si ritrova, anche con notevoli concentrazioni, nei boschi misti mesofili, castagneti, cespuglieti, pascoli e prati anche calanchivi, scarpate stradali, rimboschimenti, cerrete e faggete. Caratteri Presenta un breve rizoma con molte radici carnose. La specie non mostra una particolare variabilità. La pianta, alta fino a 60 cm, si presenta integralmente di colore verde. Il fusto è robusto, tomentoso nella parte superiore. Le foglie, a coppia e subopposte, Dato originale Dato bibliografico Dato originale e bibliografico VALLE PRENA (PENNABILLI) 29 giugno 2010 TAUSANO (SAN LEO) 5 maggio 2010 158 Gli ibridi Presentazione Nel corso della ricerca sulla presenza e distribuzione della Famiglia Orchidaceae all’interno della Provincia di Rimini, sono stati rinvenuti quattro ibridi interspecifici (originati da specie diverse appartenenti allo stesso genere). Neotinea x dietrichiana (Bogenh.) H.Kretzschmar, Eccarius & H.Dietr. (Neotinea ustulata x Neotinea tridentata). Rinvenuto il 28 Maggio 2011 nell’alta valle del Torrente Prena, affluente di destra del Fiume Marecchia, a circa 1150 m, nel comprensorio del Monte Carpegna, in comune di Pennabilli. L’ambiente è costituito da un prato-pascolo con radi arbusti, su calcare e con scarso suolo, esposto a E. In zona N. tridentata è molto comune, più rara N. ustulata. Orchis x bergonii Tod. (Orchis anthropophora x Orchis simia). Rinvenuto in località Serra di Valpiano (Pennabilli) il 17 Maggio 2012, a quota 900 m. Alcuni esemplari risultano particolarmente vistosi per dimensioni, per la notevole densità e intensità cromatica dell’infiorescenza. Altri presentano minore altezza, una infiorescenza breve e toni rosati. Un nucleo di tali ibridi è presente lungo il versante occidentale di un dosso di natura calcarea, coperto da scarso suolo. Le due specie parentali sono molto comuni in zona. Un individuo isolato attribuibile alla stessa forma ibrida è stato rinvenuto in località San Lorenzo (Pennabilli) a quota 750 m, su un versante a esposizione calda, in un contesto erbaceo-arbustivo termofilo su substrato calcareo e modesto spessore di suolo. Anche in questo caso sono presenti in zona le specie parentali. Orchis x angusticruris Fr.& Humn. (Orchis simia x Orchis purpurea). Rinvenuto a Montebello (Torriana), il 6 Maggio 2012. In questo caso O.simia, presente ma non comune in zona, è incrociata con O.purpurea, molto comune. L’unico individuo osservato si trovava all’interno di una boscaglia rada termofila con un denso strato erbaceo, a esposizione NO, su substrato calcareo e scarso suolo, a quota 400 m. La stessa forma ibrida è stata rinvenuta anche a Serra di Valpiano (Pennabilli), il 6 Maggio 2012, nel medesimo sito di Ophrys x bergonii. Ophrys x enobarbia Del Prete & Tosi (Ophrys bertolonii x Ophrys holoserica). Rinvenuto presso Miratoio (Pennabilli), il 24 maggio 2012. Un solo individuo su substrato arenaceo a quota 870 m, lungo un versante a esposizione SE. Anche in questo caso sono presenti le specie parentali. O.holoserica è qui presente essenzialmente con la subsp. dinarica. In termini generali al fenomeno dell’ibridazione spontanea è stato attribuito nel tempo rilevanza crescente in quanto è una delle modalità grazie alla quale possono avere origine nuove specie. Nelle Angiosperme tra il 50 % e il 70 % di nuove specie si considerano originate mediante questo processo. Altre modalità di speciazione, di minore peso tra le Orchidaceae, rispetto all’ibridazione, sono le mutazioni e la ricombinazione genica. I due processi agiscono sul corredo genetico dall’interno, incentivati da fattori fisici e chimici esogeni. L’ibridazione si verifica quando la fecondazione avviene per opera di polline proveniente da una specie diversa (ibridazione interspecifica) o di specie diversa appartenente a un genere diverso (ibridazione intergenerica); su questa seconda modalità va precisato che in seguito alle recenti nuove sistemazioni la formazione di ibridi intergenerici è quantomai inconsueta. Orchis x bergonii (Orchis simia x Orchis anthropophora), Serra di Valpiano (PENNABILLI) - 17 maggio 2012 Orchis x bergonii (Orchis simia x Orchis anthropophora), Serra di Valpiano (PENNABILLI) - 17 maggio 2012 Orchis x bergonii (Orchis simia x Orchis anthropophora), Serra di Valpiano (Pennabilli) - 17 maggio 2012 160 Gli ibridi Presentazione Si ottengono nuove specie quando gli ibridi sono in grado di riprodursi, ovvero sono fertili, e quando si crano le condizioni biologiche ed ecologiche perché non si verifichi reincrocio con le specie di origine. Nella Famiglia Orchidaceae il fenomeno ibridativo si manifesta con notevole frequenza, testimonianza di una plasticità genetica attiva e in grado di dare origine a fenomeni evolutivi in tempi relativamente brevi. Sono molti i generi particolarmente attivi dal punto di vista della capacità ibridativa. Tra questi possiamo ricordare Orchis, Anacamptis, Dactylorhiza e Ophrys. È stato verificato che la specializzazione riproduttiva delle Ophrys, riguardo agli insetti impollinatori in realtà non è così esclusiva come si riteneva per cui incroci interspecifici vengono riscontrati ampiamente. Nel caso del territorio riminese, al momento gli ibridi che interessano le specie che rientrano nel genere Ophrys sono due su sette. L’avanzamento delle conoscenze e l’affinamento delle tecniche di laboratorio hanno consentito negli ultimi decenni di specializzare l’approccio degli studi di merito dal puro aspetto morfologico a quello ben più efficace di carattere cariologico e molecolare. Una linea di ricerca tende a quantificare la proporzione di DNA nell’ibrido rispetto alle specie parentali. Ciò consente di accertare se si tratta di un incrocio con un altro ibrido o di un reincrocio con le specie parentali, fenomeno noto come introgressione. Lo sviluppo più recente degli studi citogenetici ha riguardato i marcatori molecolari, i quali hanno reso più agevole le ricerche sui fenomeni ibridativi e introgressivi. I marcatori nucleari sono stati poi utilizzati per indagini a scala di popolazioni. Orchis x angusticruris (Orchis simia x Orchis purpurea), Serra di Valpiano (Pennabilli) - 6 maggio 2012 Orchis x angusticruris (Orchis simia x Orchis purpurea), Montebello (Torriana) - 6 maggio 2012 Ophrys x enobarbia (Ophrys bertolonii x Ophrys holoserica). Miratoio (Pennabilli), 24 maggio 2012 Gli studi sui marcatori sono in piena evoluzione per cui sono prevedibili nuove e più incisive procedure atte alla comprensione dei processi alla base dei meccanismi di incrocio e di nuove speciazioni. 162 Bibliografia e sitografia Presentazione AA.VV., 1812. Cenni su alcune piante spontanee nel dipartimento. Almanacco per il dipartimento del Rubicone per l’anno bisestile 1812. Forlì, pp. 235-267. AA.VV., 1981. 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È membro della Società Botanica Italiana e della Società per gli Studi Naturalistici della Romagna. Fa parte dell’Ass. WWF Rimini con funzione di referente tecnico dell’Oasi WWF “Cà Brigida” di Verucchio. Ha collaborato alla istituzione del Museo del Territorio di Riccione e della Riserva Naturale di Onferno. Ha pubblicato: Educare all’ambiente, Bergamo. 2002; Natura e Paesaggio nella valle del Conca, Milano, 2002; L’Oasi WWF “Cà Brigida-Lascito Voltolini” e il territorio verucchiese. Guida naturalistica, Rimini, 2002 (coord.); Flora e fauna del Comune di Rimini, Rimini, 2002 (coord.) Fossili, siti paleontologici e musei di geologia tra Romagna e Marche. Rimini, 2004; Sentieri. Percorsi riminesi tra natura e storia, Rimini, 2009; Flora dell’Oasi WWF Cà Brigida. Immagini per documentare la biodiversità. DVD, Rimini, 2010. Con Alessandrini A., Gubellini L. & Hofmann N., 2012. Alcune novità per la flora dell’Emilia-Romagna e della “Romagna fitogeografica” in conseguenza del trasferimento dalle Marche di una parte della Valmarecchia. Quad. Studi St. Nat. Romagna, 36. Il volume presenta gli esiti di una ricerca condotta nell’ambito delle attività dell’Associazione WWF di Rimini, in collaborazione con l’Assessorato all’Ambiente, Energia e Politiche per lo Sviluppo Sostenibile della Provincia di Rimini. Sono stati censiti i taxa appartenenti alla Famiglia Orchidaceae all’interno del territorio della Provincia di Rimini tra il 2008 e il 2012. I dati rilevati sul campo e quelli desunti dalla bibliografia sono stati utilizzati per la redazione di schede e carte della distribuzione. Sono state censite 41 specie appartenenti a 16 generi e quattro forme ibride. Introducono il volume i capitoli riguardanti il mito legato alle orchidee, l’inquadramento geografico, il paesaggio geologico e le forme fisiche della provincia di Rimini, il clima e il bioclima, il paesaggio vegetale e le orchidee, la storia delle ricerche orchidologiche, la metodologia condotta durante il censimento. Le foto sono dell’autore salvo diversa indicazione.