Fondi cartacei e trattamento delle immagini in movimento negli archivi
cinematografici
Il quadro delle problematiche
Nel nostro paese, come è noto, spetta alla Cineteca Nazionale di Roma il compito di
preservare il patrimonio filmico nazionale 1 . E’ altrettanto noto il fatto che non esista
obbligatorietà di deposito di una copia integra del negativo di un film 2 , tanto meno l’obbligo
a depositare tutti quei materiali di raccolta, di corredo e di complemento, che vanno dai
numerosi, e di tipologia differente, elementi non finiti su supporti in pellicola e analogici,
magnetici e digitali, a quelli cartacei, prodotti durante le diverse fasi della realizzazione di
un film.
Tuttora in Italia quando si parla di salvaguardia del patrimonio cinematografico si pensa
essenzialmente alla conservazione 3 di singoli materiali, opere finite, mentre quasi alcun
cenno viene fatto a proposito della documentazione presente negli archivi e nei magazzini
di società di produzione, negli archivi privati di registi, autori, attori, di società di
distribuzione, di enti e fondazioni che si occupano di promozione, valorizzazione e
diffusione dei film. In particolare i fondi documentari cartacei non vengono considerati
parte integrante e fondamentale del patrimonio della storia del cinema del nostro paese e
pertanto solo raramente e parzialmente vengono recuperati e fatti oggetto di tutela 4 .
1
Nella legge 1213 del 4 novembre 1965 sono specificati i compiti della Cineteca Nazionale, tra cui: «a)
procede alla raccolta, al restauro ed alla conservazione del più vasto numero di opere della cinematografia
nazionale e mondiale, provvedendo, ove necessario, alla loro conservazione e duplicazione e alla
riconversione su altro supporto tecnico delle opere raccolte; […] c) svolge funzioni di conservazione delle
opere filmiche iscritte nel pubblico registro per la cinematografia di cui all’articolo 22; provvede altresì alla
conservazione delle copie negative delle opere filmiche che il produttore è tenuto a depositare presso la
stessa Cineteca, ove si tratti di film assistito dal Fondo di garanzia; […]».
2
Per gli alti costi di stampa che la generazione di un duplicato integro del negativo comporterebbe per il
produttore, il quale spesso si limita a inviare alla Cineteca solamente un positivo o un controtipo o un
internegativo usurati perché già utilizzati per stampare le copie di proiezione. Tali informazioni mi sono state
fornite da Edoardo Ceccuti, direttore dell’archivio fotocinematografico dell’Istituto Luce, nel corso di un
colloquio, durante il quale egli ha formulato l’ipotesi e l’auspicio che, nell’ambito dei finanziamenti erogati
dallo Stato ogni anno al settore cinematografico, si possa prevedere l’assegnazione di una quota, anche
minima, alla produzione di una matrice negativa di qualità per la conservazione del film.
3
Bisogna sottolineare il fatto che da pochi decenni ci si pone il problema nel nostro paese di recuperare e
conservare la memoria filmica, audiovisiva, fiction e non fiction, prodotta nel corso del Novecento.
Precedentemente, al di là delle attività di importanti Cineteche, tra cui quella di Milano, la Cineteca Italiana,
la Cineteca Nazionale a Roma, la Cineteca del Friuli, la Cineteca di Bologna - particolarmente impegnata
quest’ultima nelle attività del restauro cinematografico -, gli archivi audiovisivi di società ed enti produttori
conservavano, e purtroppo nella maggioranza dei casi tuttora conservano nei loro magazzini, i cosiddetti
materiali di repertorio a fini essenzialmente del riuso, senza avere chiara la distinzione, per esempio, tra un
archivio dove i documenti si trattano e custodiscono per la loro tutela in quanto beni culturali e un magazzino
dove si stoccano i “pezzi” per essere custoditi e gestiti per fini essenzialmente commerciali, di sfruttamento e
riuso. Basti pensare che solo alla fine del 1999 in Italia le immagini in movimento e fisse (fotografiche)
prodotte da più di 25 anni sono state dichiarate beni culturali. Cfr. il «Testo unico delle disposizioni legislative
in materia di beni culturali e ambientali», G.U. n. 302, 27 dicembre 1999, all’art. 3 del decreto sono
considerate, tra le altre, «Categorie speciali di beni culturali»: «gli esemplari delle opere cinematografiche,
audiovisive o sequenze di immagini in movimento o comunque registrate, nonché le documentazioni sonore
o verbali comunque registrate, la cui produzione risalga ad oltre venticinque anni».
4
L’attuale normativa sul deposito legale di film non fa alcun riferimento per esempio al deposito anche di altri
materiali e di strumenti di corredo. Uno dei disegni di legge più innovativi, finalizzato alla riforma dell’attuale
legislazione, era stato messo a punto e presentato alle Camere nel 1996, anche in seguito a un acceso
dibattito che aveva coinvolto molti operatori del settore cinema, intellettuali ed esperti di diritto. Tra le novità
più importanti esso contemplava: la precisa definizione dei materiali delle opere filmiche da depositare, che
avrebbero dovuto comprendere anche i video (dal momento che ormai molta produzione cinematografica è
realizzata con tecnologie videomagnetiche e informatico/digitali), gli audiovisivi di produzione commerciale e
i prodotti multimediali, quali cd-rom e dvd, affidati alla Discoteca di Stato; il deposito, con l’obbligo di renderli
1
Ritengo che il problema sia più a monte, e forse ha a che vedere con la mentalità secondo
la quale è importante recuperare, conservare, valorizzare un’opera, in questo caso filmica,
in quanto prodotto finito 5 , senza considerare pienamente l’importanza delle fonti che
documentano le fasi di realizzazione del prodotto ultimato, ovvero dei suoi contesti e dei
legami con altra documentazione.
Se è vero che, per fortuna, negli ultimi anni si è diffusa una maggiore sensibilità e sono
moltiplicati gli interventi per affrontare le problematiche relative al trattamento dei
documenti filmici, proprio per la gravità della situazione in cui si trovavano, e in molti casi
ancora versano, i loro supporti nei magazzini delle strutture che li custodiscono 6 , la stessa
attenzione non si è sviluppata nei confronti di altre tipologie documentarie spesso presenti
negli archivi o nei fondi cinematografici, insieme ai materiali audiovisivi. Bisogna anche
constatare che le immagini in movimento acquistano con il tempo un crescente valore
commerciale oltre che culturale, mentre ciò non avviene per i documenti cartacei.
In alcuni casi la conservazione di documentazione cartacea avviene all’insegna di uno
spirito collezionistico, secondo un’ottica museale, che porta alla costituzione di raccolte di
manifesti, fotografie di scena e locandine pubblicitarie dei film – materiali di corredo
prodotti durante e per la fase della diffusione e distribuzione di un’opera, che ancora una
volta sottolineano l’importanza esclusivamente del prodotto finito – oltre che di
sceneggiature e soggetti, spesso estrapolati dai loro contesti produttivi, organizzati in
accessibili alla consultazione, anche dei soggetti, dei trattamenti, delle sceneggiature dei film, materiali
tuttora esclusi dal prestito e dalla consultazione da parte del pubblico; la costituzione di una commissione di
esperti, con l’obbligo di riunirsi almeno una volta all’anno, per «definire i criteri di scelta che le emittenti di
programmi radio e teletrasmessi dovranno seguire nel costituire e curare le raccolte che saranno da loro
stesse catalogate e rese disponibili per la consultazione». L’iter parlamentare per l’approvazione del disegno
di legge 1031 del 1996 non si è mai concluso. Da allora sono state e sono in via di formulazione altre
proposte di modifica dell’attuale normativa sul deposito legale. Voglio a tal proposito ricordare che in Italia,
rispetto ad altri paesi europei, quali la Francia, la Svizzera, la Germania, la Gran Bretagna, la Svezia, non
esiste una legislazione che tuteli gli archivi televisivi. La decisione di recuperare il patrimonio audiovisivo
della Rai è frutto di una scelta esclusivamente aziendale, che ha portato nel 1997 all’avvio del progetto
Audiovideoteche e alla realizzazione del Catalogo Multimediale. A tal fine, in Rai è stata creata una struttura
specifica, la Direzione Rai Teche. Per conoscere le realtà di alcuni archivi televisivi esteri si suggerisce di
visitare il sito web dell’Ina francese: www.ina.fr, quello dell’associazione svizzera Memoriav:
www.memoriav.ch; cfr. inoltre il volume Archivi televisivi e storia contemporanea. Quattro esperienze
europee a confronto, a cura di L.CICOGNETTI, L.SERVETTI, P. SORLIN, Venezia 1999. Mi permetto inoltre di
segnalare, per quanto riguarda gli archivi audiovisivi della Rai, la tesi di L. CORTINI, Il trattamento dei
documenti audiovisivi negli archivi di immagini in movimento: le soluzioni dell’Istituto Luce e di Rai Teche,
Scuola speciale per archivisti e bibliotecari, Roma, anno accademico 1999-2000.
5
Quando si parla di film finito, sia di fiction che di non fiction, si fa riferimento a un prodotto montato,
missato, editato, pronto per la visione pubblica. L’edizione di un film, nel processo produttivo
cinematografico, indica due fasi finali della lavorazione: la sonorizzazione – ovvero il montaggio delle
colonne sulle quali sono registrati i diversi sonori (musica, effetti, rumori, dialoghi doppiati o in presa diretta)
– e l’approntamento dei titoli e degli effetti speciali. Durante il montaggio, come è noto, si selezionano,
combinano, assemblano le inquadrature, le sequenze di un film con i relativi suoni, fino ad ottenere il
prodotto che il regista ritiene finito, insieme al montatore, sulla base di una sceneggiatura. Cfr. il Glossario
inedito dei termini relativi al trattamento dei documenti filmici, a cura dell’Aamod, Roma 1999.
6
“Lino Micciché, [già] presidente della Snc, ricorda che degli oltre 9mila film realizzati [in Italia] all'epoca del
muto è andato perso più del 90 per cento, così come della produzione del periodo 1930/1944 si salvano 400
film sui 730 realizzati, e della cinematografia degli anni Cinquanta tante opere sono perdute o in copia unica,
spesso con il negativo depositato in un luogo sconosciuto”, cfr. S. STEFANUTTO ROSA, Incursione: parola
d’ordine
conservare.
Un
convegno
lancia
l’allarme,
9
maggio
2001,
in
www.cinemazip.it/incursione.asp?incursioneID=64 (attivo nel febbraio 2003). Non è possibile inoltre fare
delle stime a proposito dei supporti videomagnetici, diffusi in Italia dagli anni sessanta in poi per la
mancanza di “un’anagrafe della produzione di opere audiovisive nei differenti supporti, essendoci soltanto
una forma molto parziale di deposito legale per una parte dei documenti filmici in pellicola”, A. GIANNARELLI,
intervento alla Conferenza Nazionale degli Archivi, III sessione: Archivi e innovazione tecnologica, Roma,
Archivio Centrale dello Stato, 1-3 luglio 1998, Ministero per i beni e le attività culturali-Ufficio centrale per i
beni archivistici, Roma 1999, p. 295.
2
raccolte e trattati alla stregua di opere singole e autonome. Oppure, per esigenze di
chiarezza sui diritti di sfruttamento di un film 7 , vengono recuperati documenti
amministrativi, quali contratti, accordi, liberatorie, convenzioni, estrapolati anche questi dai
loro contesti produttivi. Non resta che constatare, dunque, la mancanza di un’ottica
archivistica, ovvero la poca consapevolezza dell’importanza della provenienza di un
documento, dei contesti e dei vincoli logici che lo legano alle diverse tipologie
documentarie in un archivio; consapevolezza sempre più necessaria per consentire il
recupero e la valorizzazione anche dei fondi cartacei storici che possono trovarsi custoditi
- il più delle volte in locali e in condizioni non idonei - insieme agli audiovisivi. Non solo, ma
una maggiore e diversa sensibilità nei confronti delle fonti cartacee di archivi audiovisivi
consentirebbe di avviare nel nostro paese un nuovo approccio, non solo estetico, alla
storia del cinema in generale. E’ quanto ha sottolineato Paolo Caneppele 8 a proposito
dell’importanza delle fonti d’archivio per una storia del cinema che sia orientata per
esempio a ricostruire le storie locali e regionali del cinema dal punto di vista delle società
di produzione, degli stabilimenti cinematografici, della fruizione dei prodotti filmici in un
determinato territorio, del rapporto con le autorità amministrative locali, con la censura
statale, etc. 9 Come lo studioso sottolinea, per ricerche di questo tipo diventa allora
fondamentale il reperimento di fonti d’archivio cartacee a cominciare da quelle conservate
presso i privati, nelle famiglie di persone che hanno «rivestito un qualche ruolo
nell’industria cinematografica. […] Alle volte tali fondi archivistici sono raccolti presso
istituzioni preposte alla salvaguardia e alla valorizzazione del cinema come i vari istituti o
cineteche nazionali o regionali; raramente giungono fino a noi, per il periodo delle origini,
archivi di case di distribuzione e/o di esercenti» 10 . Diventa allora fondamentale sapere
come e dove cercare la documentazione cartacea necessaria, o quanto meno sapere
dove poter effettuare una ricognizione delle fonti. L’autore indica quindi gli archivi pubblici
quali probabili sedi di conservazione di fondi cartacei inerenti la storia del cinema: gli
archivi comunali, provinciali, regionali, statali, ecclesiastici, scolastici, giudiziali, notarili,
delle camere di commercio e degli ordini professionali. In particolare gli archivi notarili e
quelli comunali potrebbero essere i più ricchi di documentazione utile per la storia del
cinema, perché potrebbero custodire: «[…] gli atti di polizia (per motivi di ordine pubblico
ognis pettacolo deve essere preannunciato alle autorità di pubblica sicurezza), i verbali
delle sedute dei consigli comunali che talvolta affrontano il tema dei permessi di affissione
dei cartelli pubblicitari, le norme relative alla prevenzione degli incendi […] e le richieste
per ottenere il permesso di proiezione. Agli uffici comunali sono presentati i progetti
architettonici relativi alle nuove costruzioni o al rinnovo di locali già esistenti. […]»11 .
Va altresì riconosciuto il fatto che lo stesso ambiente scientifico archivistico in Italia ha
iniziato solo di recente ad occuparsi delle problematiche relative al trattamento dei
documenti audiovisivi e dei «nuovi archivi». Come ho avuto modo di ricostruire, «La presa
di coscienza della necessità di una riflessione e di un impegno in questo settore da parte
7
Per esempio alla Rai, dal 1997 in poi, nell’ambito del progetto Audiovideoteche, sono state svolte le
ricerche dei documenti cartacei attestanti i diritti, le modalità d’uso, la proprietà, i passaggi, i vincoli e - come
raccontano gli stessi incaricati - a tal fine è stato cercato ovunque: nelle diverse sedi regionali, nelle cantine,
nei bagni e nei sottoscala. La ricerca ha dato i suoi frutti: l’azienda sta riuscendo a fare ordine in proposito e
a costruire e implementare una banca dati informatizzata, non di pubblica consultazione, relativa ai diritti sui
prodotti audiovisivi conservati nei propri archivi.
8
Cfr. P. CANEPPELE, Metodologia della ricerca storiografica sul cinema in ambito locale, in Storia del cinema
mondiale a cura di G.P.BRUNETTA, vol. V, Torino 2001.
9
Per una storia del cinema, dunque, attenta agli aspetti economici, d’impresa, ma anche di costume e di
mentalità.
10
P. CANEPPELE cit., p. 298
11
Ibid., p. 299. L’autore continua elencando i fondi cartacei, riguardanti la storia del cinema, che potrebbero
trovarsi negli archivi pubblici citati. E’ molto interessante, tra l’altro, il riferimento a una legge del periodo
fascista che obbligava al deposito e alla conservazione dei manifesti cinematografici. Ibid., p. 299 e sgg.
3
degli archivisti è passata per un dibattito, non ancora esauritosi, sulla natura archivistica
del documento audiovisivo.» 12 Attualmente le sovrintendenze archivistiche, pur tra
numerose difficoltà amministrative, economiche, burocratiche e di comunicazione alla
volte con gli operatori del settore cinema, svolgono un ruolo fondamentale per la tutela di
questi patrimoni conservati negli archivi audiovisivi - spesso costituiti da fondi misti, ovvero
da materiali su supporti cartacei e di altro tipo, come abbiamo già evidenziato -, grazie alla
possibilità di notificare il notevole interesse storico di un archivio privato, così come è
accaduto per l’Istituto Luce e per l’Aamod 13 . Nei casi di queste strutture si tratta di enti
produttori, come lo sono le società di produzione cinematografica, presso le quali, almeno
per quel che concerne le più vecchie esistenti in Italia, potrebbero trovarsi fondi
documentari inesplorati, risalenti magari a 40, 50 o addirittura 70 anni fa, e dove
comunque potrebbero non essere ancora andati distrutti o dispersi dei documenti, più o
meno recenti, di sicuro interesse storico. La stessa cosa possiamo dire di fondi
documentari privati appartenenti a singole persone fisiche, come i registi.
Forse dobbiamo constatare che in Italia anche l’efficacia della vigilanza e
dell’accertamento, da parte delle sovrintendenze, dell’esistenza e della buona
conservazione di tali beni culturali è dovuta passare per l’effettiva consapevolezza del
valore di bene culturale, e quindi archivistico, e non solo museale e cinetecario, dei
cosiddetti prodotti filmici, con tutto il corredo della documentazione a essi legata, prodotta
durante le diverse fasi della realizzazione di un film 14 .
Necessità di un coordinamento nazionale per censire e rendere visibili i patrimoni
audiovisivi e cartacei cinematografici
Bisogna a questo punto operare una prima grande distinzione all’interno delle strutture
sorte per produrre, custodire, diffondere materiali cinematografici, di fiction e di non
fiction 15 . Le Cineteche ricercano, acquisiscono, conservano soprattutto film finiti, di fiction ma non solo - alla stregua di una biblioteca. Tra le molteplici attività non a scopo di lucro
svolte dalle Cineteche vi sono la redazione di filmografie, il restauro dei film,
l’organizzazione di manifestazioni e rassegne volte alla diffusione e alla conoscenza delle
proprie collezioni, le attività di servizio e consulenza per il pubblico esterno di studiosi,
cinefili, studenti, appassionati in genere.
12
Cfr. L. CORTINI, Il dibattito archivistico sulle fonti audiovisive: il contributo delle metodologie archivistiche al
loro trattamento negli archivi di immagini in movimento, in «Nuovi Annali della scuola speciale per archivisti e
bibliotecari» Anno XVI, Padova 2002, pp. 235-258.
13
L’archivio dell’Aamod - primo archivio audiovisivo a ricevere in Italia tale notifica - è stato dichiarato di
notevole interesse storico nel 1983, l’Istituto Luce nel 1997, mentre gli archivi della Rai ancora attendono
tale notifica.
14
Dovrebbe essere ormai superata l’opinione di Eugenio Casanova che nel lontano 1928 dedicò un
paragrafo del suo manuale agli «Archivi cinematografici, fotografici e grammofonici, ec.», nel quale faceva
alcuni esempi di archivi sonori e audiovisivi in Italia e in Europa, sottolineandone l’importanza per la memoria
storica. Nonostante le sue intuizioni così concludeva a proposito dei documenti e dei fondi filmici: «Non
neghiamo neppure che diano e daranno sempre maggior risalto alla fredda dicitura o narrazione dei
documenti e gioveranno immensamente alla futura storiografia. Ma, in verità, preferiamo il sistema italiano di
farne cosa separata dagli archivi: poiché non hanno alcuno dei requisiti di questi istituti, non ne hanno la
multipla finalità, e s’avvicinano assai meglio alle biblioteche e ai musei che non agli archivi.» Cfr. E.
CASANOVA, Archivistica, Siena 1928, pp. 250-251.
15
In tale contesto, a mio avviso, non si può distinguere tra strutture che producono e conservano prodotti di
fiction e strutture che custodiscono audiovisivi di non fiction. Gli archivi cinematografici, le cineteche e le
case di produzione spesso conservano materiali appartenenti a entrambe le tipologie. Non solo: le fasi di
produzione di un film (fiction o non che sia) sono le stesse. Quindi, anche per quanto riguarda la produzione
di documentazione audiovisiva e cartacea e il relativo trattamento ci si può trovare spesso di fronte ad
analoghe problematiche di organizzazione, archiviazione, conservazione, recupero e valorizzazione, sia che
si tratti di film cosiddetti di finzione che di documentari o di film misti.
4
Dal canto loro, gli archivi («magazzini», come venivano denominati fino a non molto tempo
fa) di grandi enti produttori di audiovisivi, quali la Rai, l’Archivio audiovisivo del movimento
operaio e democratico, l’Istituto Luce, custodiscono, insieme alla documentazione
cartacea correlata, una notevole quantità non solo di prodotti finiti, ma anche di altri
elementi, quali materiali di ripresa, girati - non finiti appunto -, i cosiddetti tagli e doppi 16 ,
appartenenti alle diverse fasi della realizzazione di un prodotto.
Di questi archivi è ormai abbastanza nota la storia, soprattutto per quanto riguarda le
attività di intervento, intraprese a partire dagli anni novanta, volte alla salvaguardia dei
propri patrimoni filmici 17 .
Come abbiamo già sottolineato, poco o quasi nulla si conosce degli archivi privati e dei
materiali che conservano tutte quelle società di produzione e distribuzione
16
Per «girati» si intendono le registrazioni di immagini in movimento non ancora elaborate, ovvero non
ancora tagliate per il montaggio. Vi sono poi le cosiddette copie lavoro che risultano prive per esempio dei
titoli di testa e coda, delle dissolvenze e altri effetti, della colonna missata. Numerosi sono poi i «tagli», gli
«scarti», i «doppi» ovvero le immagini non selezionate per essere montate. Come ha ben evidenziato
Ansano Giannarelli «I rapporti quantitativi tra ripresa e montato finale sono ovviamente molto diversi a
seconda dei casi: 1 a 10, 1 a 15, 1 a 20 …, ecc. Ci sono dei casi di 1 a 50, di 1 a 100. Nella cifra più bassa
indicata significa che per un film della durata standard di novanta minuti (un’ora e mezzo), si registrano
novecento minuti (quindici ore) di materiale. In questo caso preso come esempio, le tredici ore e trenta
minuti non utilizzati sono definiti come “doppi” o “scarti”. Nel caso dei “doppi”, sotto il profilo filologico essi
sono le “varianti” rispetto alla scelta effettuata in montaggio.», cfr. A. GIANNARELLI, Documentario e
documentazione filmica, in L’immagine plurale, Annali 5 a cura di Antonio Medici, Roma 2002, pp. 72-73.
Alcuni archivi audiovisivi, come per esempio l’Aamod, conservano soprattutto prodotti non finiti. Anche
presso l’Istituto Luce sono custoditi non montati, appartenenti a diverse testate di cinegiornali. I più
importanti, anche per la consistenza dei materiali, sono i tagli e i girati dei cinegiornali prodotti durante il
periodo della Repubblica Sociale Italiana e – ancora più numerosi – quelli per i documentari e i cinegiornali
de La Settimana Incom, denominati rispettivamente Rertorio Luce Venezia e Repertorio Incom. In entrambi
gli istituti questi materiali vengono recuperati e catalogati. Presso la Rai vengono catalogati soprattutto i
girati dei servizi dei telegiornali degli ultimi anni, mentre sono purtroppo andati perduti quelli dei primi
decenni della storia dei telegiornali. Cfr. a tale proposito l’interessante testimonianza del regista M. SANI, Il
mio battesimo del fuoco, in L’immagine plurale cit., p. 210 e sgg. Girati di altri prodotti filmici, quali
documentari e programmi di vario genere, seppur in parte conservati, non vengono al momento trattati,
anche per problemi di vincoli e diritti ancora da definire.
17
All’Istituto Luce le attività di recupero e conservazione dei materiali in pellicola, con interventi di restauro o
pulizia, duplicazioni, riversamenti su supporti di sicurezza sono state avviate, con una certa regolarità, alla
fine degli anni sessanta, e contemporaneamente l’azienda ha deciso di incrementare il proprio patrimonio
filmico storico, con la ricerca, l’acquisizione, l’acquisto di fondi sia propri - molti dei quali finiti negli archivi
statunitensi dopo la seconda guerra mondiale - sia appartenenti ad altre società in liquidazione. E’ però
recente l’organizzazione di un vero e proprio deposito per la conservazione del patrimonio audiovisivo, con
la realizzazione anche di copie per la conservazione, la catalogazione, la consultazione, oltre che per le
lavorazioni e la distribuzione. La decisione di digitalizzare il proprio patrimonio e di avvalersi del sistema
Highway (lo stesso adottato all’Aamod), con un database dotato di un programma di information retrieval,
per la catalogazione, il recupero e la valorizzazione dei documenti filmici e dei metadati di descrizione on
line, grazie a un accesso esteso e gratuito al pubblico, matura al Luce nel 1995. La maggior parte del
patrimonio filmico dell’istituto è infatti oggi consultabile gratuitamente (testi e immagini in movimento), previa
una registrazione, al sito: www.archivioluce.it.
Anche per la Rai il riordino, il recupero e la catalogazione del complesso delle immagini in movimento
patrimonio dell’azienda ha rappresentato l’obiettivo più urgente, dalla metà degli anni novanta, dell’allora
nuova Direzione Audiovideoteche (oggi Rai Teche), creata appositamente per la riorganizzazione e il
recupero dei materiali audiovisivi custoditi nei magazzini delle Teche Rai. Il progetto, per il quale sono stati
stanziati ingenti risorse e investimenti, ha portato alla messa a punto anche alla Rai di un database per la
ricerca, consultazione, richiesta di tutti i materiali schedati e digitalizzati, denominato Catalogo Multimediale,
il cui accesso è però limitato, previsto soprattutto per gli operatori interni dell’azienda e possibile solo in
Intranet.
Per quanto riguarda la storia della conservazione dei materiali audiovisivi d’archivio presso l’Istituto Luce e la
Rai mi permetto di rinviare a L. CORTINI, La memoria audiovisiva on line? Dalla pellicola al digitale, per la
conservazione dei beni culturali deperibili, «Prometeo», anno 19, n. 74, Giugno 2001, pp. 86-99.
5
cinematografiche, che sappiamo essere sorte a migliaia nel nostro paese, dalle origini del
cinema a oggi 18 .
Ancora minori notizie si hanno circa la documentazione d’archivio appartenuta o
appartenente ad autori cinematografici, quali registi e sceneggiatori, attori e operatori del
settore in genere.
Negli ultimi anni ci sono state alcune lodevoli iniziative che hanno portato alla
realizzazione di censimenti di archivi, cineteche e strutture di deposito di audiovisivi 19
aperti al pubblico, grazie ai quali si hanno ormai a disposizione mappe esaustive della
quantità e del tipo di materiali conservati, delle modalità di accesso, dei servizi all’interno
di tali strutture in Italia. Nulla o poco si conosce dei loro fondi cartacei, mentre manca del
tutto una mappatura degli archivi di aziende di produzione private, con notizie relative alla
loro storia, all’organizzazione, alla consistenza e ai contenuti dei loro patrimoni. Penso per
esempio alla Cecchi Gori, alla Titanus, alla Medusa Film e ad altre società, più o meno
conosciute.
Le società di produzione, o gli stessi registi, inoltre, spesso non avendo propri locali da
adibire alla custodia, depositano tuttora, come nel passato, i supporti delle opere filmiche
presso i magazzini degli stabilimenti cinematografici che effettuano tale servizio per conto
terzi, come per esempio a Cinecittà 20 . Sarebbe interessante poter delineare una mappa
anche degli stabilimenti e studi in Italia, sorti soprattutto nelle grandi città, o nelle loro
vicinanze per motivi di sicurezza, dove le società di produzione nel corso del Novecento,
dopo aver usufruito degli spazi per allestire le scenografie, dei servizi di sviluppo e stampa
e di montaggio, hanno depositato i loro materiali, negativi e positivi, di lavorazione o
ultimati, singoli, originali o in copie.
Altro ostacolo a una maggiore circolazione di informazioni su tali problematiche è il fatto
che, nonostante alcuni tentativi sperimentati in passato 21 , manca ancora un vero interesse
18
La maggior parte delle società di produzione cinematografica italiane sono sorte nei decenni 1950-1970,
periodo durante il quale nel nostro paese è stato prodotto il più alto numero di film, fiction e non fiction. Cfr.
Cinema Italiano 1930-1995. Le imprese di produzione a cura di A. BERNARDINI, Roma 1999.
19
Cfr. Fonti orali. Censimento degli istituti di conservazione a cura di G. BARRERA, A. MARTINI, A. MULÈ,
Roma 1993, che comprendeva anche gli archivi audiovisivi; Guida alle Mediateche italiane a cura di G.
MARTINI, Transeuropa 1994; Guida agli archivi audiovisivi in Italia a cura di L. ARDUINI, Roma 1995. Di
quest’ultima guida, sempre a cura dell’Aamod, è stata pubblicata una nuova e aggiornata versione, nel 2000,
consultabile, tramite un database, anche in Internet, nel sito dell’Archivio audiovisivo: www.aamod.it.
20
Solo nei depositi di Cinecittà, per esempio, sono centinaia di migliaia le copie e gli elementi di film di fiction
e di non fiction lasciati in custodia da autori o da società di produzione che hanno effettuato le lavorazioni, lo
sviluppo e la stampa, il telecinema, l’aggiunta degli effetti speciali, l’edizione dei film, avvalendosi dei servizi
di Cinecittà. In questi magazzini non vengono praticate attività di conservazione. Si tratta soltanto di un
«parcheggio» per i supporti, i quali a volte corrispondono ai materiali originali e ai negativi, copie e originali,
del film. Il servizio è spesso gratuito o ha un costo molto contenuto. I materiali, quindi, non subiscono alcun
trattamento, vengono soltanto registrati al momento del loro ingresso e solo di recente presso tali magazzini
a Cinecittà è stato predisposto un sistema informatizzato di schedatura minima dei film in entrata. In Italia
sono stati celebri, solo per fare qualche nome, gli stabilimenti De Laurentiis sulla Pontina, gli Studi Pisorno a
Tirrenia, tra Pisa e Livorno, dei Fratelli Donato a Milano, della Fert a Torino.
21
Al di là dei numerosi convegni, incontri, seminari promossi dagli anni ottanta a oggi su tali temi dall’Aamod
e dagli Istituti per la storia della Resistenza, nei primi anni novanta venne istituito, a cura del Centro
Audiovisivo della Regione Lazio (CARL), un vero e proprio coordinamento nazionale tra i seguenti istituti di
conservazione: la Rai, la Cineteca Nazionale, l’Istituto Luce, la Discoteca di Stato, l’Asac, l’Aamod, la
Mediateca Toscana, il Centro regionale per i servizi didattici e audiovisivi della regione Lombardia, la
Cineteca di Bologna, e numerosi esperti di documentazione. Il centro venne inizialmente ospitato presso il
Dipartimento Editoria e Informazione della Presidenza del Consiglio. Purtroppo ebbe vita breve anche a
causa delle profonde disparità tra le strutture che ne facevano parte, in termini di consistenza, tipologia dei
materiali conservati, fini istituzionali, esigenze, possibilità e risorse. A cura del CARL e dell’Aamod venne
anche pubblicato il primo e unico manuale italiano riguardante il trattamento dei documenti audiovisivi in un
archivio: Il documento audiovisivo: tecniche e metodi per la catalogazione con le Regole Fiaf di
catalogazione per gli archivi di film, Roma 1995. All’Aamod sono in progetto l’elaborazione e la
pubblicazione di una nuova edizione, aggiornata e ampliata, del manuale.
6
nel nostro paese a costituire un coordinamento, una rete effettiva di scambi e progetti
comuni, tra le diverse strutture conservative di fondi audiovisivi e le sovrintendenze
archivistiche 22 . In quest’ottica è veramente lodevole l’iniziativa dell’Anai di organizzare
quest’anno un congresso interamente dedicato agli archivi cinematografici, nel quale sono
stati invitati a partecipare oltre gli archivisti che si occupano di documentazione audiovisiva
depositata negli archivi di stato, le persone che operano nel settore cinema, ovvero i
responsabili delle società di produzione, degli organismi che si occupano di diffusione
cinematografica, degli archivi di enti produttori, oltre a registi, giornalisti e critici. Potrebbe
veramente trattarsi di un primo e concreto passo verso la costituzione di quella rete di
cooperazione, scientifica innanzitutto, tra competenze specialistiche nel campo della
produzione audiovisiva e nel suo trattamento e il mondo archivistico, che consentirebbe di
trattare, salvaguardare, valorizzare al meglio l’intero patrimonio cinematografico del nostro
paese.
Le informazioni sui fondi cartacei di interesse cinematografico nel web
Una fonte preziosa di informazioni oggi è rappresentata da Internet. Ormai quasi tutte le
strutture di conservazione possiedono un proprio sito, con informazioni e messa on line di
documenti, dati e materiali sulle attività svolte, la propria storia, i patrimoni custoditi. E' più
facile dunque entrare in contatto con le numerose realtà che operano nel settore della
conservazione audiovisiva, attraverso i loro siti web e grazie ai link a siti analoghi 23 . Non
solo, ma è possibile a volte - sebbene questo riguardi ancora pochi istituti, per l'alto costo
che tali progetti richiedono - consultare cataloghi, database on line dei materiali audiovisivi
di alcuni enti 24 , o semplicemente degli elenchi di titoli, spesso parziali e in via di
incremento. In alcuni casi si trovano però informazioni molto utili, sebbene non esaustive,
relative anche alla raccolte e ai fondi costituiti da materiali storici cartacei e ad eventuali
progetti di recupero.
Per fare alcuni esempi, navigando in Internet, sono venuta a conoscenza di un progetto
particolare, riguardante la Fert 25 di Torino. Nel sito on line dell’Associazione Fert 26 viene
presentato lo stato delle ricerche a proposito degli stabilimenti cinematografici Fert fondati
nel 1919 a Torino da Enrico Fiori, poi finanziati da Stefano Pittaluga e attivi fino al 1973.
L’intento di questa associazione, costituitasi appositamente, è quello di «ricostruire la
storia di un complesso industriale cinematografico e la sua rilevanza economica a Torino
dagli anni venti ad oggi […]. Il modello di riferimento è stato quello delle storie d’impresa,
22
Un modello al quale poter fare in parte riferimento è quello della svizzera Memoriav, associazione per la
salvaguardia della memoria audiovisiva svizzera, fondata nel 1995 dalla Biblioteca nazionale svizzera,
l’Archivio federale, la Fonoteca nazionale svizzera, la Cineteca svizzera, la Società Svizzera di
Radiotelevisione (SSR), l’Ufficio federale della comunicazione. Per avere informazioni dettagliate sulla storia
dell’associazione, sui numerosi e importanti progetti conclusi e in corso, su tutte le attività, i servizi, i contatti
che Memoriav realizza, svolge, offre ed ha, a livello anche internazionale, si consiglia di visitare il ricco ed
esaustivo sito web: www.memoriav.ch.
23
Della Guida agli archivi audiovisivi italiani, curata dall'Aamod e pubblicata sul sito della fondazione,
abbiamo già detto. Presso il sito dell'Unesco è possibile reperire gli indirizzi web della maggior parte degli
archivi
audiovisivi
di
quasi
tutti
i
paesi
del
mondo.
Cfr.
http://www.unesco.org/webworld/portal_archives/pages/Archives/Audiovisual_Archives/index.shtml. Nel sito
della Fiaf (Federazione Internazionale degli archivi di film) è invece possibile accedere ai link dei siti degli
oltre novanta affiliati della Federazione, appartenenti a paesi di tutto il mondo: cfr. www.fiafnet.org.
24
Consulta per esempio quello della Cineteca Nazionale, di Rai Teche (molto parziale), ma soprattutto
quello dell'Istituto Luce, il primo, a livello mondiale, ad aver pubblicato nel proprio sito il catalogo del
patrimonio cinematografico, con possibilità di accesso, come abbiamo già scritto, sia ai dati testuali che ai
film stessi, visionabili in full motion.
25
Federazione degli Editori di Roma e Torino. Così la sigla è stata sciolta da J. MITRY, Histoire du cinéma.
Art e Industrie. II – 1915/1925, Paris 1969.
26
www.fertstorica.it.
7
scritte sulla base dei grandi archivi aziendali riordinati e messi a disposizione degli studiosi
delle imprese stesse, come è stato per la FIAT e per l’Ansaldo. […] per lo studio della Fert,
in mancanza di qualunque archivio aziendale, i documenti sono stati cercati altrove, negli
archivi pubblici e privati […]. Obiettivo primario della ricerca è stato la costituzione di un
“archivio virtuale” dell’attività svolta in mezzo secolo: in altre parole, si trattava di reperire e
schedare i documenti di qualunque tipo, ancora esistenti, indicandone almeno l
collocazione […] I risultati della ricerca sono stati pubblicati periodicamente nei volumi
della Biblioteca Fert (collane Quaderni e Appunti), con l’obiettivo di giungere, in futuro,
anche alla realizzazione di un prodotto multimediale con immagini, spezzoni di film,
interviste, musica d’epoca.» 27
Nelle pagine web dedicate alla presentazione delle attività e dei patrimoni della Biblioteca
del Centro Sperimentale di Cinematografia, nel sito della Scuola Nazionale di CinemaCineteca Nazionale 28 , troviamo illustrato quanto segue a proposito della collezione di
Sceneggiature: «10.534 sceneggiature organicamente catalogate e collocate, consultabili
unicamente dietro presentazione di una richiesta scritta autorizzata dal Dirigente del
Settore. Dal 1965 il Dipartimento dello Spettacolo, oggi presso il Ministero dei Beni e delle
Attività Culturali, consegna periodicamente un cospicuo numero di soggetti, trattamenti e
sceneggiature di produzione italiana […] alla Biblioteca Chiarini, contestualmente al
deposito di legge delle pellicole presso la Cineteca Nazionale» 29 . In altre pagine - cosa
ancor più interessante - troviamo elencati e illustrati ben 19 fondi d'archivio, depositati
presso la Biblioteca, circa i quali non sono esplicitate le modalità di accesso e
consultazione, la loro storia, e neanche i criteri di riordino e inventariazione 30 . Per fare un
paio di esempi, il «Fondo De Santis» è così descritto:
«il nucleo più consistente del fondo appartenuto a Giuseppe De Santis, importante ed
originale figura del cinema neorealista italiano, è costituito da 176 fra sceneggiature,
soggetti, trattamenti originali - spesso manoscritti - di film realizzati e non, e dall'archivio
privato del regista. Esso comprende la corrispondenza intrattenuta a partire dalla fine degli
anni '40 fino ai suoi ultimi momenti di vita. Si tratta di lettere, telegrammi e cartoline
ricevute da amici, attori e registi (citiamo solo ad esempio Raf Vallone, Serge Reggiani,
Carlo Lizzani, Gillo Pontecorvo, Bertold Brecht, Joris Ivens), da numerosi intellettuali
italiani e stranieri (Libero De Libero, Pietro Ingrao, Georges Sadoul, Jorge Amado e altri)
conosciuti e frequentati durante la sua lunga e multiforme attività artistica.
Il fondo si compone, inoltre, delle testimonianze documentarie inerenti, oltre che alla sua
carriera cinematografica, anche a quella di scrittore, di giornalista e di docente, dal 1984,
del Centro Sperimentale di Cinematografia. A ciò si aggiunge una discreta collezione di
fascicoli di riviste italiane e straniere, soprattutto edite nei paesi dell'Est europeo, ed un
corpus esiguo di libri.»
Il «Fondo Rossellini» viene così illustrato:
«Attualmente in corso di lavorazione, è costituito da materiali di diversa tipologia
appartenuti al regista Roberto Rossellini, nonché Presidente del CSC dal 1969 al 1974, e
che risultano di estremo valore per l'approfondimento del suo pensiero teorico e della sua
attività artistica.
27
www.fertstorica.it/ricerca.html.
www.snc.it.
29
Si tratta della documentazione presentata al Ministero ai fini dell'ottenimento di contributi. Cfr.
www.snc.it/other/biblioteca_volumi.asp (pagina attiva nel febbraio 2003).
30
Questi i fondi elencati in ordine alfabetico: Fondo Aristarco; Fondo Bini; Fondo Carpi; Fondo Cauli; Fondo
Cinecittà; Fondo De Santis; Fondo Freddi; Fondo Franciosa; Fondo Gelmetti; Fondo Guglielmino; Fondo
Margadonna; Fondo Meccoli; Fondo Montesanti; Fondo Natale; Fondo Quaglietti; Fondo Rizzoli; Fondo
Rossellini; Fondo Solinas; Fondo Taloni. Cfr. www.snc.it/other/biblioteca_fondi.asp. Da qui, cliccando sulle
denominazioni, si accede alla pagina illustrativa di ognuno.
28
8
Si compone di sceneggiature di film realizzati e non (per un totale di 45 pezzi);
dattiloscritti; testi inediti, appunti, prime bozze e varianti di saggi (per un totale di 1800
pagine circa); rubriche tematiche (9); documenti vari (tra cui diplomi e attestati);
corrispondenza: telegrammi e lettere (350 pezzi circa); libri, riviste, press book (per un
totale di 1200 pezzi circa).
La corrispondenza, riguardante non solo Roberto Rossellini, ma anche altri componenti
della famiglia (il figlio Renzo, Marcella De Marchis, Ingrid Bergman) è ordinata
cronologicamente a partire dal 1946 fino al 1978. Fra i corrispondenti molte firme
importanti come quelle di Jean Cocteau, Sergio Amidei, Marlene Dietrich, Frank Capra,
Jean Renoir, Vittorio Gassman, Umberto II di Savoia, Amintore Fanfani, Giorgio
Amendola, Enzo Ferrari.» 31
Nel sito della Cineteca Italiana di Milano, nella pagina intitolata «Appunti d’archivio» alla
voce «I fondi depositati» si legge: «Tra i fondi più ricchi depositati presso la Cineteca
bisogna ricordare il fondo Alberto Lattuada e il fondo Luigi Comencini, che comprendono
film, soggetti, sceneggiature, materiale fotografico e bibliografico. Di recente acquisizione
è il fondo Augusto Tretti, il fondo Bruno Bozzetto, che raccoglie tutti i materiali della sua
produzione, e il fondo Eriprando Visconti. Molti autori hanno scelto di depositare i propri
film presso la Cineteca, dai registi Silvio Sodini, Gianni Amelio e Giovanni Maderna
all’artista Cioni Carpi.» Alla successiva voce «Il materiale cartaceo» viene inoltre
segnalato: «Libri, riviste, manifesti, locandine, fotobuste, poster cartonati, fotografie di
scena, sceneggiature costituiscono l’enorme fondo cartaceo della Cineteca. Anche tutto
questo materiale è in corso di catalogazione.» 32
Tra i progetti di riordino più interessanti riguardanti archivi o fondi cartacei cinematografici
vi è quello di recente avviato presso la Cineteca di Bologna, che rientra nel più generale
«Progetto Chaplin». La Cineteca infatti, come viene illustrato nel comunicato stampa che
presenta l’iniziativa, pubblicato nel sito web della fondazione 33 , ha avuto il compito dagli
eredi del grande regista, di restaurare l’opera di Charlie Chaplin. In tale contesto è
maturato anche il piano di recupero e valorizzazione dell’archivio cartaceo del regista.
«Per il lavoro di ricostruzione filologica dei film sono stati di fondamentale importanza i
documenti cartacei conservati negli archivi Chaplin. […] Presso gli archivi Chaplin sono
conservati infatti, oltre alle pellicole cinematografiche, documenti inediti di enorme
rilevanza: soggetti, sceneggiature, appunti, disegni, fotografie, materiali produttivi e
promozionali legati al lancio dei film. […] Il fondo comprende i materiali relativi alle
produzioni di Chaplin dal 1918 fino all’anno della scomparsa ed in particolare circa
1.500.000 negativi di fotografie, 2500 bozzetti (disegni di scena e schizzi relativi alle
riprese), 200 sceneggiature e soggetti originali, 800 rassegne stampa d’epoca, 300 copioni
di lavoro della équipe, 1400 lettere originali riguardanti la produzione, oltre che rari
documenti autografi e partiture musicali, ecc.» 34
L’iniziativa di riordino di tale prezioso patrimonio probabilmente sarà unica nel suo genere
in questo settore, perché prevede, grazie ad alcuni contributi, competenze complesse, tra
le quali ci auguriamo vi siano anche quelle archivistiche, al fine soprattutto di garantire il
rispetto dei vincoli che legano i documenti tra loro e le differenti tipologie. Il piano di
riordino e valorizzazione viene così descritto:
«Nel 2002 la Cineteca ha intrapreso, grazie al fondamentale sostegno della Fondazione
Cassa Risparmio di Bologna, il delicato e monumentale lavoro di catalogazione [non
31
Di indubbio valore storico e culturale mi chiedo se il riordino e l’inventariazione di questi fondi archivistici
siano stati curati da persone con competenze archivistiche.
32
Cfr. www.cinetecamilano.it/appunti.html. Anche in merito a questi fondi e materiali cartacei della Cineteca
Italiana sarebbe interessante poterne sapere di più circa i contenuti, l’inventariazione e i criteri di riordino.
33
Cfr. www.cinetecadibologna.it/stampa/archivio/dicembre2002.htm.
34
Ibid.
9
sarebbe meglio parlare di schedatura?] e digitalizzazione dell’intero fondo di documenti
cartacei. Il database sarà presto accessibile in rete e consultabile nella sua interezza a
Bologna dove verranno inaugurate postazioni di ricerca apposite per studiosi e
appassionati di tutto il mondo. I preziosi documenti potranno allora essere messi a
disposizione degli utenti senza rischi per la loro integrità, e saranno inoltre proposti al
grande pubblico grazie ad un programma di eventi e mostre, definito da un comitato
internazionale di esperti.» 35
Nella pagina del sito del Museo del Cinema di Torino dedicata alle Collezioni, vengono
elencati i fondi di diverse raccolte, senza fare alcun cenno ai loro contenuti e alla presenza
di eventuale documentazione cartacea, insieme ai film 36 . Dopo aver descritto alcune
donazioni e depositi, infatti, si accenna, senza ulteriori informazioni, al fatto che: «Tra le
raccolte più importanti che hanno rimpolpato il catalogo del cinema sonoro [figurano]: il
Fondo Kenneth Anger, il Fondo Dziga Vertov, la Donazione Luis Bogino, il Fondo 20th
Century Fox, la Donazione Titanus.» 37
In ultimo voglio segnalare l’esistenza del Museo dell’Immagine di Cesena, sorto all’interno
del Centro Cinema Città di Cesena, che «raccoglie diversi archivi e fondi di importanti
personaggi legati al mondo del cinema, della televisione e della fotografia». Tra i «fondi
attualmente a disposizione» si trova, per esempio, l'Archivio privato di Antonio Pietrangeli,
regista di film celebri, quali «Io la conoscevo bene», «La visita», «Fantasmi a Roma», solo
per citarne alcuni. Nella breve presentazione del fondo si legge che l'archivio comprende,
tra l'altro, «anche sceneggiature scritte per altri registi. Di notevole valore è il testo del
primo commento sonoro per 'La terra trema' di Visconti, steso su fogli verdi e
comprendente le correzioni autografe dello stesso Visconti. Ampio il capitolo degli inediti.
[…] molti soggetti destinati a rimanere sulla carta. Cospicua è la parte riguardante il
Pietrangeli regista: tutte le sceneggiature dei suoi film, con soggetto, scaletta, trattamento
definitivo, a volte in varie versioni; carteggi con attori e produzioni, rassegne stampa, story
board, piani di lavorazione. […] Nell'archivio sono conservate oltre 6.000 foto di scena.» 38
Nella stessa pagina web vengono presentati altri fondi archivistici privati di giornalisti,
critici cinematografici, fotografi di scena e, tra questi, quello di Gian Vittorio Baldi,
produttore oltre che regista, in cui si trova documentazione di tipologia mista, riguardante
cioè la produzione di film di fiction e di non fiction.
A conclusione di questo breve resoconto relativo a fondi cartacei segnalati nei siti web di
istituti che si occupano di conservazione audiovisiva, voglio indicare uno spunto di
riflessione: Internet potrebbe essere uno strumento efficacissimo non solo in quanto
vetrina e occasione di singole sperimentazioni, condotte individualmente da parte di
alcune società o di enti che custodiscono immagini in movimento. La rete web potrebbe
infatti garantire un accesso unico e la possibilità di consultare contemporaneamente i
patrimoni archivistici, costituiti da documentazione su supporti e di tipologie differenti, di
diversi istituti di conservazione, grazie alla interoperabilità tra sistemi informatici. Perché
dunque non riflettere sulla possibilità di iniziare a investire, per un futuro ormai prossimo,
in tali progetti 39 ?
35
Ibid.
Cfr. www.pavonerisorse.to.it/museocinema/raccolte.htm.
37
Ibid.
38
Cfr. http://imago.tin.it/ars/varie/cesena.htm, pagina attiva nel febbraio 2003.
39
Sono diversi i progetti e le sperimentazioni in corso in tal senso, sia italiani che europei. L’Aamod, per
esempio è uno dei partner, insieme agli archivi della CGIL e dell’Istituto Gramsci, del progetto Labirinti
avviato nel 1998 e giunto ormai alla conclusione. Grazie a esso sarà possibile la consultazione via Internet,
tramite un unico accesso, dei patrimoni archivistici, formati da tipologie documentarie differenti, dei tre istituti.
In ambito europeo è in preparazione un progetto analogo, con l’obiettivo di coinvolgere in particolare gli
archivi audiovisivi di paesi differenti, denominato Nodal, nell’ambito del sesto programma quadro dell’Unione
36
10
Il contributo dell’ Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico al trattamento
della documentazione cartacea storica
L'Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico (Aamod) nasce come
associazione nel 1979, e ha avuto come primo Presidente Cesare Zavattini. La
denominazione originaria era: Archivio storico audiovisivo del movimento operaio. Il suo
patrimonio iniziale era costituito da un deposito di materiale audiovisivo che esisteva
presso un centro produttivo, la Unitelefilm 40 . Un gruppo di registi, intellettuali, militanti che
collaborava con questo centro, con il Partito comunista italiano e con la CGIL per la
produzione di film, si rese conto della necessità di tutelare questo fondo e decise di
costituire un’associazione. In seguito, grazie all’impegno particolare di Carlo Bernardini e
al rapporto di amicizia di Zavattini con l'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini,
l'archivio fu riconosciuto fondazione nel 1985, assumendo l'attuale denominazione 41 . Tra i
suoi scopi statutari vi sono la conservazione, diffusione, produzione di documenti
audiovisivi, riguardanti in particolare la storia del movimento operaio, la storia del lavoro, la
storia sociale e politica, la storia dei movimenti internazionali per l'indipendenza dei popoli,
eventi e situazioni dei quali normalmente non si occupa l'informazione ufficiale dei mass
media.
Il patrimonio filmico e cartaceo – sebbene quest'ultimo abbia una consistenza minore dell'archivio riguarda soprattutto temi, eventi, personaggi del secondo dopoguerra e dei
decenni successivi, fino ad oggi 42 . Presso l’archivio è comunque custodita
documentazione filmica e cartacea più antica, riguardante sia produzioni di fiction, come
quelle dei classici sovietici dei primi decenni del Novecento, che di non fiction,
proveniente da paesi esteri (per esempio dalla Russia, dalla Corea, da diversi paesi slavi,
africani, dall’America Latina ) o da altri archivi, frutto di donazioni, depositi, scambi 43 .
L'archivio oltre ad avere documentazione di sicuro interesse storico riguardante la propria
vita istituzionale, possiede importanti materiali relativi sia ai processi produttivi di numerosi
film, propri o acquisiti, sia alle numerose iniziative realizzate nel corso dei decenni:
Europea. Il progetto, finalizzato alla ricerca e allo studio ma anche all’e-commerce, prevede l’accesso a un
unico database, con la possibilità di consultazione di metadati testuali e di file digitali di film appartenenti ai
patrimoni dei diversi archivi audiovisivi europei, sia pubblici che privati. L’Istituto Luce, dal canto proprio,
intende proporsi a livello nazionale, come gestore, sul portale dell’archivio - dove è già possibile consultare
on line il catalogo informatizzato e gli stessi film digitalizzati -, dei database di altri archivi audiovisivi,
offrendo i propri servizi di catalogazione e digitalizzazione delle immagini. Naturalmente progetti di questo
tipo richiedono consistenti investimenti economici e in risorse tecnologiche ed umane. Il fine dunque è da
una parte la visibilità e l’accesso, via Internet, a vasti e importanti patrimoni culturali storici, e dall'altra anche
quello dello sfruttamento dei diritti e della commercializzazione degli stessi.
40
Per una storia della Unitelefilm cfr. il volume Il Pci e il cinema tra cultura e propaganda 1959-1979, Annali
4 a cura di A. MEDICI, M. MORBIDELLI, E. TAVIANI, Roma 2001.
41
Presidente dell’Aamod è Ansano Giannarelli. Paola Scarnati, attuale segretario generale e vera e propria
memoria storica dell’archivio, ha svolto un ruolo determinante sia negli anni sessanta, quando lavorava
all’Unitelefilm e si occupava di produzione, sia successivamente, durante la costituzione prima
dell’associazione Archivio storico audiovisivo del movimento operaio, quindi della fondazione Archivio
audiovisivo del movimento operaio e democratico. Per un quadro sintetico ed efficace della storia
dell’archivio si rinvia pertanto ad A. GIANNARELLI e P. SCARNATI, Vent’anni: memoria e futuro, in Vent’anni,
Annali 2, Roma 1999, pp. 13-40; Condizionamenti e autonomia, Conversazione con Paola Scarnati, in Il Pci
e il cinema tra cultura e propaganda 1959-1979 cit., pp. 185-201; P. SCARNATI, Attualità della
documentazione filmica, in L’immagine plurale cit., pp. 115-124.
42
Cfr. sito web: www.aamod.it.
43
In particolare, come viene indicato nella scheda informativa pubblicata in Internet nel sito www.aamod.it: la
mediateca è articolata nella Cineteca (con un patrimonio di oltre 5000 ore di film); Videoteca (con 4000 ore);
Nastroteca (3000 ore di sonoro in presa diretta); Fototeca (oltre 200.000 fotografie); Biblioteca (oltre 5000
volumi e testi di letteratura grigia su argomenti specialistici quali gli audiovisivi, il cinema, la comunicazione, i
problemi del lavoro, il rapporto tra storia e fonti filmiche, archivistica e documentazione).
11
convegni e seminari, corsi di formazione, mostre, pubblicazioni, ricerche, cataloghi, frutto
delle proprie attività scientifiche, formative, di impegno civile e politico. Iniziative che
spesso si sono incrociate, sovrapposte, o svolte contemporaneamente alla produzione di
film, determinando in alcuni casi uno stretto legame tra la documentazione prodotta nelle
corso di attività diverse, tra loro correlate.
Presso l'archivio è attualmente in corso una fase di censimento dei materiali cartacei, ai
fini, oltre del recupero e riordino dei documenti, dell'integrazione degli stessi con i materiali
audiovisivi. E' stato per questo studiato un modello di scheda di descrizione di quei
documenti cartacei strettamente legati alle opere filmiche, in modo da descrivere e mettere
in relazione nella stessa banca dati informatizzata tutte le tipologie documentarie
appartenenti a un medesimo processo produttivo.
In particolare Ansano Giannarelli è stato il primo in Italia, in tale settore, ad avere
sottolineato la necessità, nell'ambito delle attività di trattamento e di archiviazione dei
documenti audiovisivi, di tenere conto dell'intero processo produttivo di un film, ovvero di
tutte le fasi che lo caratterizzano. Come egli insegna 44 , le diverse fasi sono riconducibili a:
Progettazione creativa/produttiva-Definizione delle risorse; Preparazione; Riprese 45 ;
Montaggio; Edizione; Diffusione di un film. Ad ogni fase corrispondono altrettante
funzioni/operazioni che determinano la produzione di documentazione cartacea e
audiovisiva specifica 46 . Avere chiare le fasi di un processo produttivo può essere
fondamentale per l'organizzazione di un piano di classificazione relativo anche ai
documenti di un archivio corrente audiovisivo 47 . Una metodologia di ordinamento e
classificazione dei documenti, all'interno dell'archivio audiovisivo di un ente produttore che
adottasse le fasi del processo di produzione dei film quale modello a cui far riferimento,
consentirebbe quelle uniformità e semplicità di organizzazione, che potrebbero preservare
in futuro dalle dispersioni a cui sono stati in passato e sono tuttora soggetti questi
patrimoni documentari. Non solo, ma un tale modello potrebbe funzionare come efficace
strumento per la classificazione e il trattamento della documentazione nel record
management di una società di produzione cinematografica, con il risultato di garantire la
salvaguardia del contesto e della provenienza del prodotto filmico e di ogni suo elemento.
Per mettere a punto la scheda per la descrizione dei documenti cartacei legati a quelli
audiovisivi presso l'Aamod 48 si è in parte fatto riferimento ai metadati del Dublin Core,
trattandosi di uno standard efficace, semplice ed utile per la descrizione di documenti
distribuiti in ambiente elettronico in rete, non dimenticando la lezione delle regole ISAD(G).
44
A. GIANNARELLI, Documentario e documentazione filmica, in L’immagine plurale cit., pp. 56-88. Cfr. inoltre il
saggio di Giannarelli pubblicato in questo stesso volume. Colgo qui l'occasione per ringraziare l’autore della
grande disponibilità e passione sempre profuse nell'insegnamento di tutti gli aspetti e le problematiche
riguardanti il mondo del cinema e degli archivi cinematografici.
45
O Raccolta dei materiali, come suggerisce Ansano Giannarelli, rifacendosi a un’espressione «usata da
Krysztof Kieslowski in un seminario a San Lazzaro di Savena, nel 1995 […]», cfr. L’immagine plurale cit., p.
67, nota 19.
46
Che vanno dal foglio contenente un'unica frase o un titolo -documento relativo all'ideazione di un film- al
soggetto vero e proprio, al trattamento, alla sceneggiatura, scaletta, piano di lavoro con la descrizione dei
fabbisogni tecnici ed umani, vari preventivi, piani finanziari, corrispondenza di tutte le tipologie, prodotta
durante l'intero processo produttivo, appunti per le ricerche, accordi, convenzioni, dichiarazioni, contratti,
elenchi, raccolte di materiali, catalogazione degli stessi, edit list, trascrizione dei parlati, dei commenti, dei
dialoghi, fogli mixage, quaderni di edizione, documenti per la diffusione (depliant, brochure, cataloghi,
comunicati stampa, rassegne stampa, domande di partecipazione a festival e rassegne etc.). Tutto questo
solo parlando di documentazione cartacea, tralasciando dunque i vari elementi audiovisivi a mano a mano
prodotti durante la realizzazione. Per una maggiore comprensione del processo produttivo di un film e della
relativa documentazione si rinvia al saggio di Ansano Giannarelli nel medesimo volume.
47
Ho affrontato tale tematica nel contributo L. CORTINI, «Nella prospettiva dell’archivista», in L’Immagine
plurale cit., pp. 125-134.
48
Alla cui ideazione ha partecipato la sottoscritta insieme ad Ansano Giannarelli.
12
Alcuni campi, allo stesso tempo, sono stati adattati o ampliati, ovvero "tarati" per la
schedatura e il recupero dei documenti relativi al processo produttivo di un film.
Questo tipo di schedatura delle fonti cartacee è iniziata nel 2002 sul fondo di una società
di produzione cinematografica italiana, la Reiac Film (Realizzazioni indipendenti autori
cinematografici), il cui patrimonio, costituito da materiali audiovisivi, cartacei, fotografici e
da attrezzature, è stato in parte depositato presso l'Aamod.
La Reiac film è nata nel 1964 a Roma. Amministratore unico della società è stata la
produttrice Marina Piperno. La società ha rappresentato negli anni sessanta e settanta del
Novecento un esperimento originale di compartecipazione economica, negli investimenti e
negli utili, tra numerosi autori cinematografici. L’obiettivo era quello di realizzare opere al di
fuori dei condizionamenti della grande industria produttiva e distributiva cinematografica e
televisiva italiana. In particolare la struttura si presentava con le seguenti caratteristiche:
«la capacità autonoma di progettazione nei vari ambiti cinema e tv, nella fiction e nella
non-fiction; la sperimentazione di forme, temi, modalità produttive; la professionalità
tecnica, culturale, artistica e produttiva; il basso costo; la qualità dei prodotti realizzati» 49 .
Molti autori della Reiac erano al tempo stesso collaboratori o responsabili dell’archivio
audiovisivo, tra cui: Massimo Ghirelli, Piero Nelli, Maurizio Scaparro, Andrea Frezza, Nelo
Risi, Gian Piero Tartagni, Michele Gandin, Ansano Giannarelli, Virgilio Tosi, Cesare
Zavattini, Rosalia Polizzi e altri. Nel 1983 i materiali audiovisivi e parte della
documentazione cartacea della società hanno iniziato ad essere depositati presso
l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico. L'archivio storico cartaceo
della Reiac Film non è ordinato. Parte della documentazione è infatti depositata presso
l'Aamod, parte è conservata da Marina Piperno, parte da Ansano Giannarelli. In archivio
sono disponibili alcune liste e degli elenchi di materiali audiovisivi, compilati dalla Reiac in
occasione del deposito effettuato all'Aamod. Presso quest’ultimo si trova depositata della
documentazione appartenente all'archivio privato di Ansano Giannarelli, relativa al periodo
della collaborazione del regista con la Reiac 50 . Un primo censimento dei materiali cartacei
depositati dalla Reiac all'Aamod ha evidenziato che si tratta di documentazione
riguardante soprattutto le attività inerenti l'ideazione, la progettazione, la produzione e
realizzazione dei film e la loro diffusione. La documentazione di tipo più strettamente
amministrativo è invece conservata da Marina Piperno, mentre i materiali relativi al lavoro
di realizzazione di alcuni film sono custoditi da Ansano Giannarelli. Per tale motivo,
mantenendo l'integrità dell'unità archivistica di base, ovvero dei raccoglitori/faldoni che
hanno per oggetto i titoli dei film realizzati dalla società, è stato deciso, in accordo e su
suggerimento e coordinamento di Ansano Giannarelli, di schedare i documenti e le unità
archivistiche in base alle fasi dei processi produttivi e di realizzazione dei film. All'interno di
questo gruppo di faldoni, i materiali risultavano originariamente archiviati secondo un
ordine cronologico. Nel rispetto di tale ordine, è stato naturale identificare diverse
aggregazioni di documenti come appartenenti a fase specifiche del processo produttivo.
Tale lavoro, sebbene non abbia portato a un riordino effettivo e completo dell'archivio
cartaceo della società Reiac, purtroppo conservato in sedi differenti, ha quanto meno
consentito di effettuare un censimento della documentazione presente presso l'Aamod e la
schedatura delle fonti cartacee all'interno del sistema informativo generale, tuttora in
corso, legandole ai documenti audiovisivi già catalogati nel database, nel rispetto della
provenienza di ogni documento. E’ stato possibile così restituire a ogni documento filmico
prodotto dalla Reiac il proprio contesto, nell'ambito del processo produttivo che lo ha visto
nascere e a cui esso appartiene.
49
Cfr. Copia di un Catalogo dei film prodotti o realizzati dalla Reiac, con scheda di presentazione della
società, 1993, conservato presso l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico.
50
Numerosi sono infatti i film, di fiction e di non fiction, realizzati da Ansano Giannarelli e prodotti - o
coprodotti con altre aziende, tra cui la Rai - dalla Reiac.
13
La schedatura informatica dei materiali cartacei presso l'Aamod riguarda oltre il Fondo
Reiac anche il resto della documentazione presente in archivio, relativa a film realizzati
dalla fondazione stessa, in coproduzione, o provenienti da fondi diversi 51 . In archivio sono
presenti numerosissimi faldoni cartacei relativi alle diverse fasi di produzione di film di
fiction e di non fiction. Altrettanto numerosi sono i materiali cartacei relativi in particolare
alla fase della diffusione dei film, quella finale del processo produttivo. Sono i documenti
che più facilmente sopravvivono in un archivio cinematografico e che vengono spesso
raccolti insieme 52 per facilitare il rapido recupero a fini distributivi. Si tratta per esempio di
visti censura e libretti di circolazione di un film, di manifesti, locandine, foto di scena,
trascrizioni dei parlati, dialoghi e commenti, soggetti 53 , comunicati stampa, sceneggiature,
schede distributive, depliant, brochure, cataloghi commerciali, rassegne stampa. Tra
questi citiamo i documenti per la diffusione del film «Miracolo a Milano», custoditi presso
l'Aamod, insieme ad altri riguardanti produzioni non solo dell'archivio, ma di autori
indipendenti, associazioni, altre società che hanno inviato in passato, e tuttora fanno
pervenire all'archivio, una copia delle loro realizzazioni corredata di materiali illustrativi,
pubblicitari appunto. Tra la documentazione cartacea più consistente citiamo in ultimo
quella, ordinata in parte alfabeticamente e in parte cronologicamente, dei Testi,
conservata in faldoni che raccolgono le trascrizioni dei commenti degli speaker, delle
interviste, dei dialoghi di quasi tutti i film finiti prodotti dalla Unitelefilm prima e dall'Archivio
audiovisivo successivamente. Si tratta anche in questo caso di documenti che per motivi di
uso corrente e di rapida consultazione, soprattutto nella fase della diffusione, sono stati
aggregati in tal modo. Sono particolarmente interessanti per il fatto che spesso questi
documenti sono presenti, nei singoli fascicoli, in più copie e versioni, con varianti e
modifiche manoscritte e dattiloscritte. Anche in questi fascicoli a volte si trovano documenti
d’archivio appartenenti a questa come ad altre fasi della realizzazione del film, come
lettere, promemoria, visti censura, libretti di circolazione, preventivi, soggetti,
sceneggiature. All'Aamod il lavoro di censimento, riordino, descrizione, inventariazione,
valorizzazione del proprio patrimonio storico cartaceo è iniziato. A mano a mano che si
procede, va emergendo una mappa delle attività/funzioni dell'archivio, dalla sua
costituzione a oggi, che consentirà probabilmente di mettere a punto un piano di
classificazione, fondamentale anche per una corretta gestione dell'archivio corrente.
Ci auguriamo che anche presso altri archivi o strutture conservative cinematografiche sia
possibile recuperare e rendere accessibile la documentazione archivistica cartacea
51
Come si legge in una brochure di presentazione dell’archivio: «La mediateca, nelle sue articolazioni
cineteca-videoteca-nastroteca – a parte il nucleo originario delpatrimonio – è suddivisa in fondi, che sono
pervenuti alla Fondazione da parte di enti e persone o per acquisti e scambi, e hanno un diverso carattere:
donazioni, acquisti, depositi; sono tutti consultabili e utilizzabili per motivi culturali e di studio. [Tra i fondi
cinematografici e audiovisivi più rilevanti della mediateca: il fondo ACLI, il fondo Albedo Cinematografica, il
fondo FLE (Fronte di Liberazione Eritreo), il fondo CGIL, il fondo FIOM,il fondo PCI, il fondo PDUP, il fondo
REIAC». A questi fondi provenienti da enti nella stessa brochure vengono inoltre segnalati: «fondo
Associazione Italia-Corea; fondo Camera del Lavoro Torino; fondo Centro di cultura popolare di Roma;
fondo Cooperativa Bocca di Leone; fondo Enea; fondo Tecnomedia (Napoli); fondo Visnews (attualità anni
’70)». Segue quindi un elenco dei fondi provenienti da persone(autori/produttori): «fondo Libero Bizzarri,
fondo Annabella Miscuglio (femminismo, anni ’70), fondo Riccardo Napolitano; fondo Piero Tartagni
(America Latina)». Vengono infine segnalati «i materiali cinematografici e audiovisivi raccolti nel 1993 nel
corso diuna iniziativa nazionale di ricerca, promossa dalla Fondazione, tra cui: fondo Renato Ferraro, fondo
Renzo Ragazzi, fondo Gianni Serra.». L’Aamod, inoltre, come è noto, custodisce, anche numerosi fondi
fotografici, affidandone la catalogazione, il riordino, la digitalizzazione, la valorizzazione a una società
esterna specializzata nel trattamento archivistico delle immagini fisse, la FotoArchivi & Multimedia, diretta da
Benedetta Toso (indirizzo web: http://www.fotopromemoria.com/Default.htm).
52
Ovvero, estrapolati dalle loro pratiche, sono sistemati in genere cronologicamente o alfabeticamente per
tipologia: i manifesti tutti insieme, così come le sceneggiature, i visti censura, i dialoghi, etc.
53
Il soggetto di un film all'interno del processo produttivo può far parte sia della fase della Progettazione
creativa, ovvero dell'Ideazione, che dell'ultima fase, quella della Diffusione.
14
esistente. Ma sarebbe ancora più importante in tale settore, data la mole di lavoro e le
problematiche che tali attività comportano, riuscire a collaborare insieme ad altre strutture
per trovare criteri comuni e uniformi nel trattamento dei documenti cartacei, per il recupero
e la valorizzazione di tutte le differenti tipologie di fonti presenti negli archivi
cinematografici. A tal fine si potrebbero per esempio costituire dei gruppi di lavoro
nazionali, relativi proprio a tali problematiche. E' quanto auspichiamo.
L’importanza dell’integrazione delle fonti audiovisive e cartacee all’Istituto Luce
L’Istituto Luce, da quando è stato fondato nel 1924 da Luciano De Feo, avvocato e
giornalista specializzato in studi economici, ha cambiato spesso denominazione 54 e
ragione sociale, oltre che funzioni e attività 55 . Nel 1925 la società anonima L.U.C.E. fu
trasformata in Istituto Nazionale Luce, ovvero in un ente pubblico che l’anno successivo fu
posto alle dirette dipendenze del capo del governo, Benito Mussolini, e del suo ufficio
stampa. Pur mantenendo sempre le finalità educative, testimoniate dalla produzione di
numerosi documentari dettati soprattutto dalla necessità di incentivare la «cultura
agricola», da allora l’istituto iniziò a impegnarsi anche nella propaganda delle opere del
governo fascista. La produzione fu sin dall’inizio di non fiction, documentari e, dal 1927,
cinegiornali, accanto ai quali venne istituito il servizio fotografico 56 . Con il Regio Decreto
Legge del 24 gennaio 1929, n. 122, entrò in vigore il nuovo Ordinamento dell’Istituto
Nazionale LUCE. Tra gli scopi dell’ente veniva sottolineato quello della: «diffusione della
cultura popolare e dell’istruzione generale per mezzo di visioni cinematografiche e di
riproduzioni fotografiche messe in commercio o distribuite a scopo di propaganda
nazionale in Italia e all’estero, nonché per mezzo del cinema parlante e sincronizzato.
All’uopo l’Istituto provvede alla produzione, edizione e diffusione di pellicole e fotografie,
sia di propria che di altrui fabbricazione, aventi carattere didattico, educativo, artistico,
culturale, scientifico, di propaganda sociale, economica, igienica, agraria, professionale,
nazionale, o comunque destinate al completamento della istruzione e alla elevazione della
cultura generale» 57 ; inoltre era specificato che: «Tutte le amministrazioni e gli Enti […]
che, per il raggiungimento delle loro finalità, ovvero nell’interesse generale della cultura o
della documentazione storica delle imprese e delle opere della Nazione e del Regime,
intendano avvalersi della ripresa e diffusione di pellicole cinematografiche o fotografiche,
54
Nel 1925 sia chiamava la L.U.C.E, ovvero L’Unione Cinematografica Educativa, società nata per
promuovere soprattutto l’istruzione in un paese all’epoca in via di modernizzazione. Tra gli enti che allora
acquistarono le azioni della società anonima L.U.C.E. vi furono il Commissariato Generale per l’Emigrazione,
la Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali (poi INPS), l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni (INA) e le
Assicurazioni d’Italia, l’Opera Nazionale Combattenti, la Cassa Nazionale per le Assicurazioni contro gli
Infortuni sul Lavoro (poi INAIL). Nel suo primo anno di vita la società realizzò dieci documentari, firmati quasi
tutti dal pioniere del cinema scientifico, Roberto Omegna, alcuni dei quali purtroppo oggi perduti.
55
Per la storia dell’Istituto Luce segnalo i seguenti testi: E.G.LAURA, Le stagioni dell’aquila. Storia dell’Istituto
Luce, Roma 2000; M. ARGENTIERI, L’occhio del regime. Informazione e propaganda nel cinema del fascismo,
Firenze 1979, ed inoltre A. SARDI, Cinque anni di vita dell’Istituto Nazionale LUCE, Roma 1929; M. POTTINO,
Compiti e finalità del “LUCE”, Roma 1963.
56
Fu istituito nel 1927, nello stesso anno in cui furono prodotti i primi Giornale Luce, 44 in tutto, dei quali
l’istituto purtroppo non conserva più nulla, tranne i testi delle didascalie di alcuni numeri. Per fortuna si
conoscono quanto meno i titoli degli avvenimenti. Le notizie prodotte in quel primo anno, per esempio,
riguardarono essenzialmente avvenimenti esteri e furono realizzate da società cinematografiche americane,
con le quali il Luce aveva stipulato accordi per lo scambio di notizie di attualità; altri avvenimenti vennero
dedicati al viaggio aereo del generale De Pinedo in America, alla tragica impresa di Umberto Nobile e del
dirigibile Italia al Polo Nord. Cfr. Libro manoscritto con i titoli, dal 1927 al 1931, di tutti gli avvenimenti dei
Giornale Luce muti, conservato presso l’Istituto Luce. Ringrazio Francesca Cecchin per avermelo segnalato
e mostrato.
57
Il testo integrale del Regio Decreto Legge 24 gennaio 1929, n. 122 si trova in appendice al volume di M.
POTTINO, Compiti e finalità del “LUCE” cit.
15
dovranno affidare tale lavoro all’Istituto nazionale L.U.C.E., concordando con esso
apposite convenzioni» 58 . Da allora la produzione di documentari e cinegiornali aumentò
notevolmente, soprattutto dopo l’avvento del sonoro in Italia, nel 1931 59 . Fino ai primi anni
quaranta il Luce continuò a espandersi e la sua produzione di non fiction ad aumentare.
Durante la guerra venne prodotto nel 1942 il primo documentario a colori, Villeggiatura in
città, girato da Gianni Vernuccio con il sistema Ferrianiacolor. Numerosi furono i titoli che
anticiparono i temi sviluppati in seguito dal cinema neorealista, realizzati da registi quali
Francesco Pasinetti, Giorgio Ferroni, Alessandro Blasetti, Vittorio Solito, Fernando
Cerchio, Giovanni Paolucci, Ubaldo Magnaghi, solo per fare citare qualche nome.
Nel novembre 1943 la sede e gli stabilimenti del Luce si spostarono a Venezia per seguire
le sorti della Repubblica Sociale Italiana. La produzione in questo periodo fu limitata ai
cinegiornali e ai servizi fotografici. Dopo la guerra, ricostituitosi a Roma, il Luce cambiò
denominazione assumendo quella di Istituto Nazionale Nuova Luce 60 . Il «nuovo» Luce,
una volta ricostituite le strutture e recuperati i materiali insieme a Cinecittà e all’E.N.I.C.
(Ente Nazionale Industrie Cinematografiche) creò «una struttura di servizi indispensabile
per contribuire alla ripresa industriale del nostro cinema: uno stabilimento di doppiaggio, il
‘Cine-Luce’, sistemato nei locali di via Cernaia, che già alla fine dell’anno raggiunge il
pareggio. Si utilizza anche il grande teatro di posa dell’Istituto al Quadraro […] mettendolo
a disposizione della Cines» 61 . Il Luce ricominciò a produrre qualche documentario e i
cinegiornali, denominati Notiziario Nuova Luce, per un totale di 22 numeri.
La crisi economica del periodo postbellico investì l’intero settore cinematografico,
compreso il Luce, che posto in liquidazione, venne salvato nel 1948 grazie alla
trasformazione del decreto di liquidazione in gestione commissariale. Lentamente l’istituto
riprese la produzione, solo di documentari, con un incremento annuale costante. Nel 1958
nacque l’Ente Autonomo di Gestione per il Cinema (E.A.G.C.) nel quale viene inquadrato il
Luce, trasformato nel 1962 in società per azioni, Istituto Luce s.p.a. L’istituto continuò a
esercitare «a favore delle pubbliche amministrazioni e degli enti sottoposti al controllo
dello Stato, i medesimi compiti già esercitati dall’Istituto Nazionale Luce» 62 . Negli anni
seguenti l’istituto aumentò la produzione di documentari industriali, turistici, su temi sociali,
previdenziali, civili, economici, realizzati per conto della Presidenza del Consiglio dei
Ministri e di vari enti pubblici (Enel, Inail, Cassa per il Mezzogiorno, Coni, Enea, Eni,
Italsider, Cnen, Ice, Ferrovie dello Stato, etc.). Nel 1970 i servizi tecnici dell’Istituto Luce,
tra cui i laboratori di sviluppo e stampa, vennero scorporati per fondare una nuova società
il Luce Servizi s.p.a., a Cinecittà. Nel 1972 la società, con un organico molto ridotto, lasciò
la sede storica al Quadraro per trasferirsi a Cinecittà. Nel 1983 l’Italnoleggio
Cinematografico (I.N.C.), sorto nel 1966, venne incorporato nell’Istituto Luce che diventò
Istituto Luce-Italnoleggio Cinematografico. I nuovi compiti del Luce, precisati dalla legge
182 del 1983 lo videro da allora impegnato anche nei settori della distribuzione e
dell’esercizio, che comportarono «anche un più deciso impegno nella produzione di fiction
58
Ibid.
I Giornale Luce muti furono realizzati fino al numero 1037. Inizialmente i cinegiornali muti e quelli sonori
furono prodotti paralleIamente, non trattando, in genere, gli stessi argomenti. I primi Giornale Luce sonori
furono realizzati in presa diretta, mentre il documentario Lo stormo atlantico, del 1931, regia di Mario Craveri,
che documentò la prima grande impresa dell’aviazione italiana - il volo di una formazione di dieci idrovolanti
al comando di Italo Balbo - allora Ministro dell’Aeronautica, fu il primo girato dal Luce a cui venne applicata
la tecnica del mixage cinematografico.
60
Cfr. Libro dei Verbali del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Nazionale Luce per gli anni 1944-45,
seduta del 12 maggio 1945, Istituto Luce, Roma; durante quella seduta fu approvata la nuova
denominazione.
61
E.G.LAURA, Le stagioni dell’aquila cit., p. 238
62
Decreto legge 2 dicembre 1961 n. 1330, in appendice all’opuscolo di M. POTTINO cit.
59
16
[…] L’Istituto diventa dunque un elemento centrale e decisivo per la crescita qualitativa del
cinema italiano ed europeo» 63
Rispetto al patrimonio di non fiction quello di fiction del Luce è minore. Un elenco dei film
prodotti dall’istituto è stato pubblicato in appendice al volume di Ernesto G. Laura - già
presidente dell’istituto negli anni settanta - insieme ai titoli dei documentari 64 . Si tratta di
oltre un centinaio di film, realizzati soprattutto negli anni ottanta e novanta del Novecento.
Precedentemente, soprattutto dalla metà degli anni sessanta, di particolare rilievo è stata
la produzione di film per ragazzi. I primi film di fiction sono stati Camicia Nera del 1933,
regia di Gioacchino Forzano, Scipione l’Africano, del 1937, regia di Carmine Gallone e I
Trecento della Settima, del 1943, regia di Mario Baffico. Quarta prova con la fiction del
Luce è stato il film Umanità, realizzato nel 1946, diretto da Jack Salvatori. E’ quindi seguito
un lungo periodo di silenzio per quanto riguarda la produzione di fiction. Nel 1964 l’Istituto
ha prodotto Una storia scritta in cielo, regia di Giuseppe Masini, distribuito solo nel 1973. A
questo è seguito nel 1965 La donna del lago, regia di Luigi Bazzoni e Franco Rossellini.
Nel 1966 vennero prodotti numerosi film di fiction per ragazzi, in linea con i compiti
istituzionali assegnati all’istituto dallo Stato, tra cui Incompreso, di Luigi Comencini, e
Testadirapa di Giancarlo Zagni, che vinse il Leone di San Marco per il miglior film a
soggetto alla XVIII Mostra Internazionale del Film per Ragazzi a Venezia.
A partire dagli anni settanta e per tutti gli anni ottanta e novanta, il Luce, come già detto,
ha prodotto regolarmente e con sensibili incrementi annuali film di fiction 65 , insieme a film
documentari realizzati sempre per conto dello Stato e di enti statali e parastatali, e a film di
non fiction a carattere storico, in cui, in modo sempre più massiccio, è iniziato l’uso del
ricco patrimonio di immagini di repertorio, del periodo fascista soprattutto.
Attualmente l’Istituto Luce è inquadrato all’interno della società di servizi Cinecittà Holding,
che detiene il 100% delle azioni dell’Istituto.
Risale alla metà degli anni novanta la scelta, a cui abbiamo accennato, di procedere alla
catalogazione informatizzata in un sistema di information retrieval di tutto il patrimonio
storico audiovisivo e fotografico dell’Istituto, della digitalizzazione per la messa on line di
tutte le immagini fisse e in movimento, con la costruzione di una banca dati multimediale.
Accanto a queste operazioni è iniziato il riversamento su supporti di sicurezza digitali, oltre
che fotomeccanici e analogici, del patrimonio audiovisivo, a fini conservativi, ma anche
commerciali.
Nel catalogo informatizzato dell’Istituto Luce è stato descritto e digitalizzato quasi l’intero
patrimonio di immagini in movimento di non fiction 66 , consultabile nel sito web dell'archivio
Luce. Per quanto riguarda i film di fiction, la loro catalogazione nel database è in progetto,
ma al momento non è stata ancora avviata, così come non sono iniziate la ricerca e la
raccolta della documentazione cartacea coeva alla realizzazione dei film.
Quello che in parte sorprende nel ripercorrere le tappe principali della storia istituzionale e
produttiva dell’Istituto Luce, che risale a ottanta anni fa, è il fatto che, mentre il patrimonio
audiovisivo sia stato quasi interamente recuperato, soprattutto nel corso degli ultimi anni, e
incrementato con nuove acquisizioni, per quanto riguarda i fondi storici cartacei non si è
avuta, almeno fino a poco tempo fa, la stessa attenzione. Se è vero che buona parte
dell’archivio storico cartaceo del Luce sia andata dispersa e distrutta in seguito alle
63
E.G.LAURA, Le stagioni dell’aquila cit., p. 301
Ibid.
65
In alcuni casi in coproduzione con la Rai. Negli ultimi anni la produzione di fiction del Luce è andata
diminuendo a fronte di maggiori investimenti nei settori dell'esercizio e della distribuzione.
66
Restano ancora da catalogare i materiali girati, cosiddetti di repertorio, de La Settimana Incom, e un certo
numero di documentari, oltre alle eventuali nuove acquisizioni da parte del Luce. Attualmente è in corso la
catalogazione dei ricchi fondi fotografici, la cui consistenza, non ancora calcolata con precisione, ammonta a
circa 3 milioni di fotografie.
64
17
vicende storiche, politiche, amministrative sia del paese che dell’istituto, la ricerca e il
recupero di quanto eventualmente rimane della documentazione cartacea sarebbe
fondamentale per tracciare un’esaustiva storia dell’ente e dei suoi protagonisti e per
ricostruire forse un’ 67 inedita storia dei rapporti politici tra il Luce e le istituzioni governative,
oltre a una storia più approfondita dell’industria cinematografica e delle tecnologie
cinematografiche nel nostro paese.
Per fortuna recentemente è maturata la consapevolezza dell’importanza di tale operazione
di valorizzazione di tutte le tipologie documentarie d’archivio dell’istituto.
Per esempio, circa la documentazione cartacea relativa ai prodotti di non fiction, è stata
recentemente ultimata una prima operazione di recupero e censimento di quanto custodito
in vari locali dell’istituto, a cura di Patrizia Cacciani, responsabile tra l’altro, della
catalogazione dei materiali filmici.
Finora la catalogazione nella banca dati multimediale on line delle diverse tipologie di
materiali audiovisivi di non fiction (documentari, cinegiornali di diverse testate, girati e tagli)
è stata possibile anche grazie alla consultazione di diversa documentazione cartacea,
coeva alla produzione dei film. Si tratta essenzialmente di strumenti compilati nel corso
degli anni dall’istituto, al fine dell’organizzazione dei propri materiali e del loro recupero.
Tra questi si trova un numero consistente di volumi dattiloscritti annuali – alcuni dei quali
incompleti - dei parlati degli speaker per i Giornale Luce, prodotti durante il periodo del
regime fascista. Sono materiali preziosi per gli storici, per i semiologi, per gli storici del
cinema, anche per le numerose annotazioni e correzioni a penna o a matita che
presentano. Un’altra serie di volumi raccoglie i titoli degli avvenimenti, in particolare dei
Giornale Luce prodotti dal 1928 al 1932, organizzati secondo un criterio di classificazione
geografico. Vi sono i cataloghi degli avvenimenti che riguardano gli «Stati Esteri» in cui, in
ordine cronologico e di produzione sono riportate le seguenti notizie: numero del
cinegiornale, data, titolo dell’avvenimento, luogo, metraggio del montato. Lo stesso
metodo di schedatura riguarda gli avvenimenti riportati nei cataloghi «Italia/Regioni».
A proposito di conservazione, l’Istituto Luce negli anni settanta ha fatto fotografare tutte le
schede, realizzate negli anni quaranta, dei sommari dei cinegiornali dei Giornale Luce
sonori, realizzando più copie di volumi annuali rilegati, contenenti le riproduzioni delle
schede originali. In queste schede sono riportati il numero e le date, topica 68 e
cronologica, dell’edizione, i titoli degli avvenimenti 69 e la lunghezza in metri della pellicola
utilizzata, con la somma finale. A volte sono annotati anche i nomi dei responsabili delle
riprese.
Per comprendere pienamente l’importanza della documentazione cartacea all’interno di un
archivio audiovisivo è sicuramente calzante questo esempio. Il gruppo di 53 Giornale Luce
prodotti a Venezia nel periodo della Repubblica Sociale Italiana, tra l’ottobre 1943 e il
marzo 1945, sono andati perduti, mentre altri risultano lacunosi, incompleti, privi di
colonna sonora, e fortemente danneggiati. Per fortuna di questo gruppo di film si è
miracolosamente salvato il materiale di repertorio, ovvero i tagli e gli scarti del girato.
Insieme ad esso, denominato Repertorio Luce Venezia 70 , si sono conservati i testi dei
67
Nel corso della sua storia il Luce – lo ribadiamo – si è infatti occupato oltre che di produzione, di noleggio,
distribuzione, esercizio cinematografici; ha quindi avuto contatti con numerose società di produzione italiane
e straniere, alcune delle quali oggi scomparse. Nei suoi laboratori di sviluppo e stampa e nei suoi magazzini
sono passati chilometri di pellicola lavorati e/o tenuti in deposito, per conto di altri enti, società, aziende.
68
La località segnalata in genere è quella della sede delle lavorazioni delle pellicole, una volta ultimate le
riprese.
69
Allora si chiamavano così. In seguito con l'avvento dei telegiornali si è diffuso il termine di "servizi".
70
Il cosiddetto Repertorio Luce Venezia, sopravvissuto alle vicende successive alla alla liberazione di
Venezia nel 1945 e al trasferimento dell’Istituto Nazionale Luce, con tutte le sue strutture, dal Nord Italia
nuovamente a Roma, è una vera miniera per la ricostruzione di quei numeri dei cinegiornali della Rsi andati
perduti, sia perché comprende spezzoni di girati, premontati e a volte anche montati, che si riferiscono ad
18
parlati dei cinegiornali. Grazie a una collazione attenta tra quanto descritto nel testo dei
parlati delle edizioni finite, andate perdute, e la visione degli spezzoni muti non finiti è stato
dunque possibile attribuire quasi tutti i tagli e gli scarti ai rispettivi numeri finiti.
Per quanto riguarda il patrimonio della Incom, il Luce, insieme al materiale audiovisivo, ha
acquisito anche alcuni strumenti di corredo coevi, quali i testi scritti degli speaker, vari
soggettari, rubriche alfabetiche organizzate per argomento o per nomi di personaggi, un
catalogo delle edizioni dei cinegiornali della Incom distribuite in Argentina ed inoltre dei
volumi manoscritti in cui i responsabili dei magazzini della ex testata avevano riportato un
sistema di classificazione per il recupero del materiale di scarto. In questi volumi, partendo
in questo caso da una sorta di dizionario degli argomenti – l’elenco dei quali, in ordine
alfabetico, è riportato in cinque rubriche dattiloscritte dove, sotto ogni tema, sono
raggruppati gli avvenimenti che lo trattano e il numero del cinegiornale che li comprende –
sono stati documentati tutti gli spezzoni del cosiddetto Repertorio Incom, ossia i tali e gli
scarti, con notizie anagrafiche (titoli assegnati, numero di bidone, metri di pellicola, numero
di rullo, tipo di pellicola) e di contenuto, corredate da una sorta di scaletta per ogni
spezzone, con sintetiche descrizioni delle immagini. Verifiche e controllo successivi, al fine
della documentazione degli spezzoni nella banca dati multimediale, hanno consentito di
rilevare numerose imprecisioni con successivi rimaneggiamenti del materiale. Ciò non
toglie che tali documenti cartacei siano molto preziosi per l’identificazione dei non finiti e
per ricostruire il metodo di organizzazione del materiale d’archivio da parte della società,
per consentirne il recupero e un eventuale uso. Sarebbe auspicabile quindi prevedere una
descrizione anche di questi documenti cartacei nella banca dati, legandoli ai corrispettivi
documenti audiovisivi.
Altra interessante documentazione è costituita dalle raccolte di visti censura e nulla osta
rilasciati dall'autorità governativa di volta in volta competente, riguardante la maggior parte
delle testate cinematografiche. Dei cinegiornali Settimanale Ciac, Europeo Ciac,
Caleidoscopio Ciac, Cinesport, Mondo Libero, Cronache del mondo, Radar vi sono anche i
testi del commento degli speaker, sebbene un po' lacunosi. Su questi documenti
generalmente sono riportate notizie inerenti la testata, il numero del cinegiornale, i titoli
degli avvenimenti e altri dati tecnici (lunghezza della pellicola, colore o meno, colonna
sonora o meno, etc.).
Per quanto riguarda i documentari, il Luce conserva alcune copie del più antico catalogo
realizzato a stampa dall'Istituto Nazionale Luce, che risale al 1937, il Catalogo Generale
dei Soggetti Cinematografici. Nell'introduzione di Paulucci de Calboli, allora Presidente
dell'Istituto 71 si legge:
«Questo catalogo generale comprende tutti i soggetti cinematografici che l'Istituto
Nazionale LUCE ha prodotto, o divulgato in Italia, dal tempo della sua fondazione fino a
questi giorni. Esso rappresenta quindi una concreta e specificata rassegna (sebbene
parziale, restandone fuori i "giornali") dell'opera compiuta, in più di dodici anni di vita del
nostro Ente, nei campi della documentazione nazionale, della propaganda politica e della
diffusione della cultura» 72 .
Si tratta di uno strumento, oltre che di una fonte storica, veramente prezioso, dove i
soggetti sono stati suddivisi in diverse categorie o aree tematiche che rispecchiavano il
avvenimenti poi non più completamente editati, alcuni dei quali, quindi, assolutamente inediti. Una vera e
propria collazione tra tutti i materiali presenti al Luce, cartaceo, non finito, finito, fotografico, riguardante
questa documentazione del periodo della Rsi è stata in parte fatta dalla sottoscritta. Bisognerebbe però
ultimarla, scandagliando anche i materiali fotografici, il cui riordino e identificazione nel nuovo sistema
informativo sono iniziati da un anno circa.
71
Patrizia Cacciani è venuta a sapere, tra l'altro, che l'archivio privato del marchese Giacomo Paulucci de
Calboli è stato depositato presso l'Archivio di Stato di Forlì, città natale dell'ex presidente dell'Istituto
Nazionale Luce.
72
Istituto Nazionale Luce, Catalogo Generale dei Soggetti Cinematografici, Roma 1937.
19
vasto raggio di intervento e di utilizzo della cinematografia da parte del regime in ogni
campo della vita dello Stato: una vera e propria mappa della rappresentazione
dell'organizzazione della vita sociale, militare, diplomatica, economica, culturale,
educativa, scientifica, ricreativa, industriale, assistenziale del paese dalle origini del
fascismo fino al momento del suo massimo consenso, dopo la proclamazione dell'impero.
Quasi ogni soggetto è stato classificato con un numero di inventario, il titolo, gli argomenti
principali trattati (con un vero e proprio regesto, o abstract), la data, alcune notizie
tecniche (metraggio, sonoro-muto, colore-b/n). Oltre all'indice generale, il Catalogo Storico
è corredato di un indice delle persone, un indice dei luoghi e un indice dei soggetti.
In archivio è inoltre conservato un enorme volume manoscritto in bella calligrafia, dei
primissimi anni trenta. Si tratta di una rubrica dove sono stati trascritti tutti i titoli dei
Giornale Luce muti realizzati dal 1927 al 1931. Per la precisione, le date estreme vanno
dal giugno 1927, dove in più pagine sono riportati gli avvenimenti che documentano le
tappe dell'impresa di volo del generale De Pinedo in America, fino al 25 dicembre 1931. I
dati anagrafici sono stati riportati sotto cinque voci: il titolo del soggetto, la data, l’edizione,
il numero del giornale in cui l’avvenimento è stato inserito, la lunghezza della pellicola, il
numero delle didascalie che compaiono in ogni singolo avvenimento. La rubrica è inoltre
organizzata in ordine alfabetico per località di documentazione dell’avvenimento e,
all’interno di queste, in ordine cronologico. Altro criterio seguito è stato l’uso differenziato
dell’inchiostro rosso o nero per distinguere le produzioni dell’Istituto Nazionale Luce (nero)
da quelle di tutte le altre società cinematografiche estere (rosso). Si tratta di un documento
molto prezioso considerando che i Giornale Luce muti dei primi anni sono ormai perduti. I
titoli documentati in questo volume, con altri dati, possono quindi fornire se non altro le
informazioni sugli avvenimenti ripresi. In archivio sono inoltre conservati rubriche e fogli
con elenchi manoscritti, materiale di documentazione varia, molto frammentario, che risale
a periodi differenti. Fra questi, per esempio, è molto interessante, quale fonte storica, un
inventario manoscritto (consultato in fotocopia) ripartito nelle prime pagine in cinque
fincature, successivamente in quattro, nelle quali sono registrati, in ordine cronologico, dal
gennaio 1941 al dicembre 1943, il numero del soggetto, la località dell’avvenimento e il
titolo, il nome dell’operatore, l’inserzione (il numero del cinegiornale dove l’avvenimento è
stato inserito) e l’uscita dei residui (scarti, poi assente). La cosa più interessante è che tra i
titoli degli avvenimenti ripresi risultano anche quelli che non sono mai stati inseriti in un
Giornale Luce, che probabilmente sono stati scartati e dei quali si è persa purtroppo ogni
traccia. Anche in questo caso quindi una fonte di questo tipo potrebbe essere legata agli
altri documenti filmici e schedata nel medesimo sistema informativo.
Per quanto riguarda l’archivio cartaceo amministrativo storico dell’Istituto Luce, sembra
che la maggior parte della documentazione sia andata dispersa in seguito ai diversi
cambiamenti di sede, oltre che istituzionali e politici.
E’ però interessante a tale proposito, una testimonianza di Ernesto G. Laura circa una
lettera che il Presidente dell’Istituto Luce nel 1944, Nino D’Aroma, spedì a Vittorio Abbati –
l’operatore cinematografico del Luce che, oltre a essere stato il principale addetto alle
riprese ravvicinate di Benito Mussolini, fu anche colui che girò le immagini della
fucilazione, l’11 gennaio 1944 dopo il processo di Verona, di Galeazzo Ciano e degli altri
gerarchi fascisti -. Scrive il Laura: «La lettera dell’inizio del ’44 di D’Aroma ad Abbati, […],
è stata da me rinvenuta e letta nel 1972 in un armadio dimenticato nella vecchia sede del
Luce a piazza Cinecittà dove trovai intatto l’intero archivio epistolare del periodo R.S.I. a
Venezia. Quando nel 1996 in occasione del presente studio ho cercato di rintracciare
quell’archivio (nel frattempo l’Istituto ha traslocato dalla vecchia sede) nessuno ha
mostrato di saperne più nulla. […]» 73 .
73
E.G.LAURA, Le stagioni dell’aquila cit., nota 277, p. 232.
20
Pochi anni fa sono stati per esempio rinvenuti, in alcuni scatoloni, risalenti all’ultimo
trasloco dell’Istituto avvenuto negli anni settanta dalla sede del Quadraro a Cinecittà,
alcuni volumi dei Verbali dei Consigli di Amministrazione del Luce, del Consiglio Direttivo,
del Consiglio Superiore, degli anni venti, trenta, quaranta, cinquanta e sessanta. Con essi
si trovavano anche un registro di Deliberazioni e Determinazioni del Commissario
Straordinario Ezio Maria Gray del 1933 74 , i Verbali del Comitato del Personale dal 1941 al
1943, interrotti per un anno e mezzo e ripresi dal gennaio 1945 all’aprile 1946; un registro
di Delibere del 1944-1945; dei libri di firme delle presenze dei consiglieri e sindaci del
Consiglio di Amministrazione dell’Istituto; i Verbali e Atti del Comitato di Vigilanza del
1948; Verbali del Collegio dei Revisori, dal 1950 al 1954 e dal 1954 al 1958; registri delle
Deliberazioni del Commissario Fattorossi dal 1951 al 1954 75 .
Il recupero e l’integrazione dei materiali cartacei e di altra documentazione storica
eventualmente conservata presso l’Istituto Luce o in altre sedi 76 , sarebbe un’operazione
fondamentale che permetterebbe di valorizzare ulteriormente il riordino in corso di tutta la
documentazione audiovisiva e fotografica custodita dall’azienda, mettendola in relazione
con i documenti cartacei e contestualizzandola. Si potrebbe così ricostruire una storia
74
Questa documentazione, tra l’altro, potrebbe essere molto interessante per capire la politica di epurazione
attuata dal gerarca fascista Ezio Maria Gray, commissario straordinario dell’Istituto Nazionale Luce, dopo la
rimozione dall’incarico di Alessandro Sardi, «caduto in disgrazia», la cui gestione precedente fu accusata di
«amministrazione facile, di spese a vanvera, di assunzioni esagerate», di forte disavanzo patrimoniale,
nonché di «gravi deficienze negli impianti e nei mezzi di produzione, generalmente scarsi, mal tenuti e
consumati», cfr. E.G.LAURA, Le stagioni dell’aquila cit., pp. 77-78. Per quanto riguarda la storia dell’Istituto
Luce, un’interessante situazione emerge dalla lettura di questi verbali: ancor prima della fine della guerra, a
Roma, subito dopo la Liberazione, molte persone che avevano lavorato per il Luce prima del suo
trasferimento nel Nord Italia, e che non avevano seguito le sorti dell’ente durante la Rsi, cercarono di
rifondare l’Istituto con l’obiettivo di «liquidare il passato e ricominciare da zero». Venne infatti nominato un
Commissario straordinario, nella persona del «dr. Calvino», per la gestione del nuovo Istituto Luce nella
sede romana, contemporaneamente all’ente che continuava ad operare a Venezia, dal 27 luglio 1944 al 4
ottobre 1944. Emerge dunque il sorprendete dato che a Roma, dopo la Liberazione, si iniziò subito a
lavorare per la ricostituzione del Luce (sebbene non risulta che produsse nulla) e che la nuova struttura fu
operativa per quasi un intero anno contemporaneamente all’organismo della Rsi nel Nord del nostro paese.
Si tratta quindi di una storia dell’Istituto ancora tutta da scrivere, per quanto riguarda questo periodo, ed essa
emerge proprio dalla lettura dei Verbali del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Nazionale Luce per gli
anni 1944-1945. Probabilmente E.G.LAURA, quando ha scritto la sua storia del Luce, citata, non era a
conoscenza dell’esistenza di questa documentazione cartacea.
75
Sono venuta a conoscenza di tale documentazione quando essa era stata da poco recuperata, nel 1998,
grazie alla disponibilità del direttore dell’Archivio fotocinematografico del Luce Edoardo Ceccuti, della
responsabile della Mediateca Francesca Massaro, e della responsabile delle lavorazioni della pellicola,
Francesca Cecchin, all’epoca della stesura della mia tesi di specializzazione in archivistica generale, cit.
76
Per quanto riguarda il periodo del regime fascista sarebbe sicuramente proficuo consultare presso
l’Archivio Centrale dello Stato le carte della Segreteria particolare del duce. Ricordiamo infatti che nel 1926
l’Istituto Luce passò alle dirette dipendenze del capo del governo, ovvero di Mussolini. Si potrebbero inoltre
consultare i fondi relativi all’Opera Nazionale Combattenti, che inizialmente fu tra i maggiori azionisti del
Luce. Sarebbe opportuna una ricerca per verificare l’esistenza di archivi privati di personaggi che hanno
ricoperto incarichi di responsabilità presso l’Istituto. Dell’archivio privato di Giacomo Paulucci de Calboli,
depositato a Forlì, abbiamo già detto. Presso la Biblioteca della Cineteca Nazionale a Roma è consultabile
per esempio il fondo Luigi Freddi, Direttore Generale della Cinematografia durante il regime fascista e
promotore della nascita del Centro Sperimentale di Cinematografia e di Cinecittà negli anni trenta. Per
quanto riguarda il dopoguerra, sicuramente numerosa documentazione è reperibile presso l’archivio della
Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dalla fine degli anni quaranta, la Presidenza del consiglio iniziò ad
erogare contributi annuali all’Istituto per la produzione di film di documetazione, di carattere soprattutto
tecnico-scientifico, economico e industriale. Il Luce nel frattempo aveva smesso di produrre cinegiornali, non
produceva ancora film di fiction, tranne pochi esempi - quattro in tutto -, già citati, per realizzare solo
documentari. Dal 1957 la Presidenza del Consiglio commissionerà quasi esclusivamente all’Istituto
Nazionale Luce i propri documentari. Su tali tematiche, cfr. M.A. FRABOTTA, Il Governo filma l’Italia, Roma
2002.
21
dell’ente e delle personalità, dirigenti, autori, collaboratori del Luce, oltre che dei processi
produttivi dei film prodotti. Tale lavoro, tra l’altro, qualificherebbe moltissimo, dal punto di
vista scientifico, le attività culturali, di ricerca e di valorizzazione del proprio patrimonio
storico, intraprese già da diversi anni dalla società. In questo ambito esistono alcuni
esempi di imprese che hanno riordinato, o stanno riordinando, con una metodologia
rigorosa dal punto di vista storico-scientifico, i propri archivi, con l’obiettivo di integrare
tutte le diverse fonti possedute. Solo per fare un esempio, a proposito del riordino
dell’archivio storico della Cinzano, riportiamo quanto scritto da Giovanni De Luna: «Le
operazioni di schedatura [del materiale audiovisivo] hanno insomma consentito di sfruttare
al massimo le potenzialità conoscitive racchiuse in un archivio ‘integrato’ come quello della
Cinzano. La possibilità di incrociare i documenti audiovisivi con tutti gli altri complessi
documentari aziendali ha suggerito una particolare strategia di archiviazione, con la
decisione di collocare all’interno della sezione audiovisiva tutti i documenti cartacei
necessari alla contestualizzazione e alla comprensione filologica dei filmati: in un’unica
unità archivistica sono così confluiti, ad esempio, non solo gli spot pubblicitari per
reclamizzare il Cinzano soda girati da Rita Pavone tra il 1966 e il 1968, ma anche tutti i
contratti relativi alla loro produzione, i carteggi, le procure, gli altri atti amministrativi, una
cartella di ritagli stampa con gli articoli sull’argomento. […] In quest’ottica i filmati sono stati
considerati come prodotti posti alla confluenza di vari percorsi di elaborazione e di
preparazione, fulcro di un complesso reticolo di relazioni, investimenti economici e
intellettuali, apporti creativi: per una volta è possibile conoscere ‘il contesto’ non solo
attraverso la lettura contenutistica del testo audiovisivo ma giovandosi anche del supporto
di una documentazione scritta tanto imponente quanto ‘mirata’ grazie a uno stretto vincolo
di connessione tematica» 77 e, aggiungiamo noi, a un vincolo archivistico.
Grazie all’interessamento e all’impegno del direttore attuale, Edoardo Ceccuti, e di alcuni
collaboratori interni quali Patrizia Cacciani, anche presso l’Istituto Luce è iniziata
un’operazione di recupero di tutte le tipologie documentarie conservate in archivio,
comprese quelle cartacee. Del resto si tratta di un obbligo – quello di creare una sezione
di archivio storico - a cui l’Istituto è ormai tenuto a ottemperare, proprio in seguito alla
dichiarazione di notevole interesse storico da parte della sovrintendenza, notificata nel
1997. Ci auguriamo che quanto prima anche la documentazione cartacea storica dell’ente
possa essere accessibile e magari consultabile via Internet, insieme al patrimonio filmico.
77
Cfr. G. DE LUNA, Spot televisivi e memoria collettiva: l’esempio dell’archivio Cinzano, in L’occhio e
l’orecchio dello storico, Firenze 1993, p. 146.
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