Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
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Come scrisse una volta il grande storico francese Jules Michelet (1798–1874): «La storia non è altro
che un resoconto delle gesta compiute».
Quanto più procediamo in avanti, tanto più saremo in grado di aprirci la strada. E quanto più
riusciamo a dialogare, tanto più numerosi semi di speranza saremo in grado di piantare. Non
tiriamoci mai indietro di fronte alle difficoltà. Tutto il sudore e le lacrime versate diventeranno le
gemme preziose della nostra buona fortuna. Una vita meravigliosa, proprio come si vede in un
albero, è formata da splendidi anelli grazie alle azioni impregnate di dedizione altruistica.
Il sole ha annunciato l’arrivo di una nuova alba sorgendo nel cielo a est. Ora iniziamo a
intraprendere azioni decise e fiduciose. È giunto il tempo di avanzare con velocità e dinamismo
verso un brillante futuro.
I membri erano tutti al settimo cielo. I compagni di fede avanzavano gioiosamente, pervasi da
un’energia inarrestabile. Erano decisi a vivere per kosen-rufu e per la Soka Gakkai, al fine di
realizzare la loro missione di Bodhisattva della Terra.
Il 19 marzo del 1977 ciascuno di loro fu colto da un’incontenibile contentezza sfogliando le pagine
del Seikyo Shimbun. In alto, nella seconda pagina, c’era un titolo a caratteri cubitali: «È nato il
nuovo logo della Soka Gakkai», corredato da un articolo divulgativo di tre colonne dove si
mostrava anche il disegno: un fiore di loto a otto petali.
Nell’articolo si leggeva: «Questo schizzo di un loto a otto petali è stato approvato tramite votazione
durante l’ultima conferenza dei rappresentanti di centro del 16 marzo, per diventare il logo della
Soka Gakkai.
Riflettendo sul significato delle parole di Nichiren, dove egli afferma che “la parola ‘otto’, o
apertura, rivela che il corpo e la mente della fanciulla drago sono la Legge meravigliosa (Gli
Insegnamenti Orali, BS 115, 50)”, il disegno del fiore a otto petali che sembrano espandersi in
crescendo è il simbolo del manifestarsi della condizione di Buddità che può emergere da ognuno di
noi, ma è anche il simbolo della propagazione del meraviglioso insegnamento del Daishonin che
abbraccerà il mondo per l’eternità. Inoltre, tutta l’immagine nel suo complesso rappresenta la
profonda rivoluzione umana di ogni membro della Gakkai, nonché la sua esistenza traboccante di
benefici. Questo nuovo logo sarà sicuramente utilizzato e protetto con affetto dai membri e
diventerà un simbolo di speranza della Soka Gakkai, che sta aprendo un nuovo capitolo di kosenrufu».
Al posto dell’emblema dell’airone usato fino a quel momento, nacque così un nuovo logo, simbolo
di una nuova era Soka.
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Il 1977 fu l’anno in cui con grande fermento aprirono i cantieri per la costruzione dei nuovi Centri
culturali, mentre altri Centri in tutto il paese sarebbero diventati le sedi di riferimento nelle
rispettive prefetture e aree. Il completamento di questi edifici costituiva una tappa importantissima
per permettere alla Soka Gakkai di spiccare il volo nel cielo del ventunesimo secolo, inaugurando
una nuova era di kosen-rufu.
Da fine marzo fino a tutto aprile, Shin’ichi Yamamoto partecipò a tutte le riunioni organizzate per
inaugurare il Centro della pace di Meguro, il Centro culturale di Katsushika, il Centro culturale di
Chubu, ecc.
Arrivò poi il 3 maggio e i compagni di fede di tutto il Giappone celebrarono il diciassettesimo
anniversario della nomina di Shin’ichi a terzo presidente della Soka Gakkai, mentre esultavano
dalla gioia per la costruzione dei nuovi castelli della Legge disseminati in tutto il paese.
Senza mai fermarsi un attimo, il 10 maggio Shin’ichi visitò il Kansai, dove lo aspettavano tutta una
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serie di appuntamenti, tra cui la riunione d’inaugurazione del Centro culturale di Shiga e l’incontro
informale con i responsabili rappresentativi del Kansai. Fece ritorno a Tokyo il 14 maggio, per poi
ripartire il 17 per il Kyushu e Yamaguchi.
Shin’ichi era profondamente determinato: «Proprio ora che stiamo per entrare in una nuova fase di
kosen-rufu con il completamento dei nuovi Centri culturali in ogni prefettura e in ogni area, devo
costruire solide e indistruttibili basi della fede nel cuore di tutti i membri. Al contempo, scoprirò
nuove persone capaci e le farò crescere. Realizzerò castelli inespugnabili d’individui capaci in tutto
il paese!».
Poco prima delle cinque del pomeriggio arrivò al Centro della pace del Kyushu, nel quartiere
Hakata, nella città di Fukuoka, situata sulla costa settentrionale dell'isola di Kyushu.
Fukuoka fu il posto in cui i mongoli attaccarono il Giappone, dando vita a combattimenti efferati,
sia nel 1274 che nel 1281, quando Nichiren Daishonin era in vita.
Erano passati settecento anni da allora e, con il desiderio che proprio da Fukuoka si propagassero i
principi filosofici della pace eterna in tutta l’Asia e nel mondo, volle dare a questo nuovo castello
della Legge il nome di Centro della pace di Kyushu. A un certo punto Shin’ichi, sostando davanti al
Centro della pace, notò che tutti i preparativi per la cerimonia di inaugurazione della targa in marmo
erano stati ultimati. Il monumento, che riportava inciso l’obiettivo del Centro, era coperto da un telo
bianco, e non appena Shin’ichi lo vide, esclamò: «Ora per il Kyushu è giunto il momento di
decollare! Diamo subito avvio alla cerimonia. Poiché ogni cosa è una lotta contro il tempo, bisogna
utilizzare al meglio ogni momento. Chi riesce a gestire il tempo è una persona vittoriosa!».
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Furono quindi inaugurati i vari monumenti, tra i quali la targa commemorativa che recava inciso
l’obiettivo del nuovo Centro della pace del Kyushu, e altri monumenti che riportavano le parole
scritte nella calligrafia del primo presidente Tsunesaburo Makiguchi «Spirito Soka», e del secondo
presidente Josei Toda «Adottare l’insegnamento corretto per la pace del paese».
Dopodiché Shin’ichi Yamamoto entrò nell’edificio e recitò Gongyo insieme ai rappresentanti dei
responsabili locali per inaugurare l’apertura del Centro della Pace del Kyushu.
Di lì a poco, durante un incontro informale con una decina di responsabili provenienti da Fukuoka e
dal Kyushu, Shin’ichi esclamò con profonda emozione: «Finalmente domani terremo la riunione
con i responsabili di centro in questo Centro della pace. Siamo giunti a una fase epocale. Creiamo
ondate di kosen-rufu che da Fukuoka si diffonderanno in tutto il paese e nel mondo intero. D’ora in
avanti, ogni prefettura dovrà diventare così forte da potersi equiparare a una Soka Gakkai al
completo ed essere in grado di costruire le sue sedi locali. E questa riunione di centro funge da
prova generale».
Le riunioni di centro di solito erano organizzate presso l’aula magna della Nihon University o la
sala conferenze del Nippon Budokan di Tokyo, ma circa tre anni e mezzo prima Shin’ichi, animato
dal desiderio di aprire una nuova tradizione, propose qualcosa di diverso: «Che ne pensate di
organizzare le riunioni di centro, anziché sempre a Tokyo e in grandi sale, in luoghi diversi, magari
nella periferia delle città, per rigenerarsi e ripartire poi con freschezza e nuovo slancio?».
In seguito, le riunioni con i responsabili di centro si svolsero in varie zone esterne, a partire dalla
riunione di centro del gennaio 1974, tenutasi nella prefettura di Fukuoka al palasport dell’Energia
elettrica del Kyushu, e quella successiva di febbraio al palasport dello stadio della prefettura di
Chiba.
Inoltre, quando cominciarono a nascere in tutto il paese i Centri culturali e furono costruite le
strutture adeguate per accogliere i corsi della Soka Gakkai, le riunioni per i responsabili di centro
cominciarono a tenersi presso quelle sedi.
Ad esempio nel 1977, nel mese di gennaio, la riunione di centro fu organizzata al Centro generale
per corsi del Kansai, nella prefettura di Wakayama, poi a febbraio al Centro culturale di Kawasaki,
mentre nei mesi di marzo e aprile si tennero rispettivamente al Centro culturale Soka di Tokyo e al
Centro della pace di Meguro.
Shin’ichi pensava che fosse finita l’epoca in cui Tokyo, l’unico motore pulsante, si trascinava dietro
il resto del paese come una locomotrice.
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Sarà possibile realizzare un nuovo e grande progresso di kosen-rufu solo quando ogni territorio,
ogni area e ogni prefettura sarà in grado di agire contando sulle proprie forze. Solo così sarà in
grado di ispirare le altre località del paese a manifestare le proprie peculiarità uniche e irrepetibili,
proprio come accade nei treni ad alta velocità, dove ogni carrozza è dotata di un motore proprio.
Solo quando si svilupperanno tutte le capacità a livello territoriale, si potrà parlare di un’era delle
regioni.
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A mezzogiorno del 18 maggio si profilava una splendida giornata primaverile a Fukuoka, e i volti di
tutti i responsabili del Kyushu erano sorridenti e soddisfatti, perché si poteva tenere la riunione di
centro sotto un cielo sereno. Stando vicino alla finestra del Centro della pace del Kyushu con lo
sguardo rivolto all’orizzonte, Shin’ichi Yamamoto disse a un vice presidente accanto a lui, che si
occupava in particolare del Kyushu: «Mi è stato detto che ha smesso di piovere da poco e che tutti
stanno bene e si stanno sforzando di dare il meglio di sé. Ne sono proprio contento».
Guardandolo con occhi perplessi, il vice presidente rispose: «Ma, veramente, negli ultimi giorni nel
Kyushu non è piovuto quasi per niente. Sono tutti strafelici perché oggi il cielo è terso e ciò si
addice particolarmente alla nuova partenza del Kyushu».
Shin’ichi replicò con un tono leggermente severo: «Io stavo pensando agli abitanti di Iwate. Loro in
questo momento si trovano in una situazione di grave difficoltà a causa dell’inondazione, non è
vero?».
Dal 15 al 17 maggio, si erano abbattute delle piogge torrenziali sulla zona costiera della prefettura
di Iwate, fra cui i comuni di Miyako, Kamaishi e Ofunato, provocando allagamenti e causando
danni di vario tipo. E nel comune di Rikuzen-takada ci fu persino una persona rimasta uccisa da una
frana.
Per soccorrere le vittime, la Soka Gakkai aveva organizzato il 16 maggio un centro di emergenza
per l’alluvione all’interno del Centro di Kamaishi, dove venivano prestati i primi soccorsi. Anche
Shin’ichi, oltre a dare varie indicazioni per l’emergenza, aveva inviato telegrammi di partecipazione
sincera a coloro che vivevano nei comuni colpiti dall’inondazione. E continuava a recitare Daimoku
in ogni ritaglio di tempo.
Poi Shin’ichi sottolineò: «I responsabili più alti devono sempre pensare alle persone che in tutto il
mondo stanno soffrendo maggiormente e che stanno affrontando grandi difficoltà, e devono farsene
carico. Possiamo sviluppare uno spirito compassionevole, che è poi il cuore del Daishonin e quello
della Soka Gakkai, solo soffrendo insieme alle persone che si trovano in serie difficoltà. Ed è in
questo tipo di cuore che si trova l’umanesimo buddista.
Anche ieri sera ho recitato Daimoku a lungo pensando ai nostri membri che stavano lì nelle zone
alluvionate».
La cosa che Shin’ichi temeva più di ogni altra, era che i responsabili perdessero lo spirito di
interessarsi veramente a coloro che stavano soffrendo. Il giorno che avessero perso questo cuore,
l’organizzazione avrebbe iniziato a riempirsi di formalità e burocrazia.
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Durante la riunione con i responsabili di centro presso il Centro della pace del Kyushu, Shin’ichi
Yamamoto affermò che il flusso di kosen-rufu, che aveva preso avvio nella fase pionieristica come
un piccolo ruscello, era diventato nel frattempo un fiume maestoso e, man mano che si avvicinava il
ventunesimo secolo, sarebbe cresciuto fino a diventare un mare immenso.
Sottolineò quindi che, per quanto riguardava le attività di kosen-rufu, era indispensabile osservare e
comprendere il cambiamento dell’epoca, nonché escogitare un modo di praticare che fosse adeguato
al tempo e in grado di creare valore.
La grande filosofia della vita, che è il Buddismo, così come lo spirito Soka, non cambieranno mai,
mentre invece un’epoca può essere soggetta a trasformazioni radicali. Di conseguenza, è importante
riflettere sul modo in cui si portano avanti le attività e si tengono corsi e riunioni; bisogna mirare
sempre alla creazione di valore e a trovare le modalità più adatte al tempo, cercando di migliorare
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continuamente. La missione dei successori è quella di assumersi con saggezza questa responsabilità
e assicurarsi che l’insegnamento corretto del Buddismo si diffonda per l’eternità.
Poi Shin’ichi rivelò ai presenti il suo stato d’animo e i suoi pensieri di presidente della Soka
Gakkai: «Il mio desiderio più grande è che tutti voi possiate condurre un’esistenza lunga e felice,
contraddistinta da tanta fortuna e una buona salute, basandovi costantemente sul principio di “fede è
uguale alla vita quotidiana”. E desidero che adorniate il capitolo finale della vostra esistenza con un
trionfo scintillante. A tal fine sono determinato a dedicarmi anima e corpo per aprire la strada alle
vostre realizzazioni combattendo fino in fondo a costo della vita.
Affinché anche le persone più giovani nella fede diventino felici, vorrei invitare tutti voi a sforzarvi,
impegnarvi con tutte le forze e combattere con un atteggiamento uguale al mio. Per favore, fate in
modo che i membri più giovani nella fede possano fare commenti del tipo: “Sono diventato
veramente felice. Ho fatto proprio bene a praticare”.
Vi prego di incidere profondamente nel vostro cuore che questo è il compito di un responsabile e
proprio grazie a questo tipo di impegno noi, anziani nella fede, troviamo la chiave per diventare
felici».
Shin’ichi quindi proseguì sottolineando l’importanza di far crescere persone capaci.
«Cominciamo innanzitutto col far crescere un individuo di talento, che abbia delle spiccate capacità.
Così facendo, intorno a quella singola persona se ne riuniranno sicuramente molte altre, che a loro
volta faranno emergere le loro qualità e peculiarità. Se ora perdiamo del tempo prezioso e non
facciamo crescere giovani capaci, l’organizzazione alla fine si indebolirà e giungerà a un punto
morto su tutti i fronti».
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Dal momento che in varie parti del paese erano stati nominati a livello di prefettura e di territorio
numerosi responsabili delle Divisioni uomini e donne, ancora piuttosto giovani, Shin’ichi
Yamamoto parlò di come rapportarsi con i membri anziani che avevano dato un contributo
importante all’attività.
«Dietro lo sviluppo della Soka Gakkai, l’organizzazione buddista diffusa ormai in tutto il mondo,
così dinamica ed energica, c’è stata la totale dedizione di alcune centinaia di illustri sconosciuti,
pionieri nella fede.
Pur avendo una vita poco agiata, continuavano a girare in lungo e in largo per far conoscere il
Buddismo, fino ad arrivare al punto di non sentirsi più le gambe. Spesso e volentieri erano
bersagliati da calunnie spregevoli e critiche infondate. Nonostante ciò, continuavano a dedicarsi
instancabilmente a kosen-rufu. È grazie a loro se la Soka Gakkai è diventata l’organizzazione solida
che è oggi. A voi responsabili, che avete ancora tanti anni davanti, chiedo di non dimenticare mai
coloro che si sono impegnati anima e corpo durante gli albori del nostro movimento.
Tra di loro ci sono state alcune persone che si sono dovute ritirate dalla prima linea
dell’organizzazione per motivi di età o per problemi di salute. Tuttavia, a prescindere dalla loro
attuale posizione all’interno dell’organizzazione, sono persone eccellenti che un tempo hanno
affrontato battaglie indescrivibili in nome della Legge e si sono dedicate in maniera ineguagliabile
allo sviluppo di kosen-rufu come inviati del Budda, proteggendo il Gohonzon con coraggio e
decisione. Sono i pionieri del movimento Soka, i nostri tesori per l’eternità.
Perciò prego voi responsabili centrali, a cominciare dai responsabili di prefettura, di avere grande
considerazione e rispetto per tutti loro. Fate il possibile per dare loro tutto il vostro appoggio pieno
di calore e umanità, sia da dietro le quinte che direttamente, affinché riescano a completare la loro
vita nel migliore dei modi, adornando la fase dorata della loro esistenza con preziosi momenti di
vittoria.
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Tra venti o trent’anni una buona parte di voi, riuniti qui oggi, avrà la loro stessa età, e dovrete
mettervi da parte lasciando le posizioni centrali dell’attività alle generazioni più giovani,
esattamente come oggi stanno facendo questi pionieri di kosen-rufu.
Desidero manifestare il massimo rispetto a tutte quelle persone che hanno costruito la Soka Gakkai,
impegnandosi al massimo delle loro capacità e contribuendo enormemente allo sviluppo di kosenrufu, anche quando avranno lasciato i ruoli centrali dell’attività. Anche dopo la loro morte
continuerò a parlarne ai giovani, elogiando le loro virtù. Questo è il mio profondo desiderio.
Portiamo avanti, fino in fondo, la nostra missione in questa esistenza, tutti insieme, mentre
consolidiamo sempre di più questa tradizione caratterizzata da uno spirito nobile e meraviglioso».
La sala fu inondata da un lunghissimo applauso.
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Nel pomeriggio del 19 maggio, il giorno seguente la riunione con i responsabili di centro, Shin’ichi
Yamamoto partì dalla stazione di Hakata, nella prefettura di Fukuoka, prendendo un treno ad alta
velocità, per raggiungere la stazione di Ogoori (l’odierna stazione Shin-Yamaguchi) nella prefettura
di Yamaguchi.
La sua prima visita in quella prefettura risaliva a dieci anni prima, a marzo e agosto del 1967,
quando si recò nella città di Hagi a marzo, mentre in agosto era andato nelle città di Kudamatsu e
Houfu.
Durante questa visita, invece, aveva in programma di partecipare, tra le altre, alla riunione
celebrativa presso il Centro Culturale di Yamaguchi, inaugurato pochi giorni prima, il 10 maggio.
Il 19 maggio, che coincideva casualmente col giorno dell’arrivo di Shin’ichi, era stato scelto per
commemorare la prima riunione generale tenutasi nella prefettura di Yamaguchi tre anni prima, e
quindi era stato chiamato il “Giorno di Yamaguchi”. Non potendo partecipare a quella storica
riunione, Shin’ichi inviò un messaggio per l’occasione, augurandosi di poter avere presto un’altra
opportunità per approfondire ulteriormente il significato del “Giorno di Yamaguchi”.
Inoltre, il 1977 segnava il ventesimo anniversario della campagna di Yamaguchi, una vasta
campagna di propagazione che si era svolta in tutta la prefettura, sotto la guida di Shin’ichi, a
ottobre e novembre del 1956 e a gennaio del 1957, che portò a risultati inaspettati e straordinari
nella storia di kosen-rufu. Da tutte le parti del paese erano affluiti i compagni di fede che avevano
un qualche legame con Yamaguchi per promuovere risolutamente la propagazione
dell’insegnamento di Nichiren Daishonin. Nella prefettura le famiglie di praticanti che inizialmente
erano poco meno di quattrocento, grazie a questi sforzi pionieristici a cui presero parte tantissimi
membri, decuplicarono, arrivando a superare le quattromila famiglie: era una crescita formidabile.
Venti anni erano trascorsi da quel momento e la prefettura di Yamaguchi aveva fatto nel frattempo
passi da gigante, tenendo sempre al centro delle attività quei compagni di fede che avevano
interiorizzato lo spirito pionieristico.
Una persona è forte quando ha fatto l’esperienza di aver combattuto fino in fondo, con ogni oncia
del suo essere, dando tutta se stessa, anima e corpo. I compagni di fede, che parteciparono a quella
fase di propagazione, percepirono nettamente il potere della preghiera sincera e delle azioni tenaci e
coltivarono il proprio senso di missione e di responsabilità, aprendo così un nuovo corso alla
realizzazione di kosen-rufu e costruendo una convinzione assoluta nella fede.
Durante il viaggio in treno verso Yamaguchi, Shin’ichi pensava fra sé e sé: «Questa volta, la mia
permanenza nella prefettura di Yamaguchi sarà di quattro giorni e tre notti. Pur essendo poco
tempo, voglio dare il via alla seconda campagna di propagazione a Yamaguchi, che permetterà ai
compagni di fede di tutta la prefettura di raccogliere la forza per fare il salto nel ventunesimo
secolo. Nel cuore di ogni singola persona farò ardere lo spirito combattivo della fede in modo che
nessuno di loro si lascerà mai sconfiggere da nessuna difficoltà!».
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E così dicendo, strinse forte il pugno.
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Quando Shin’ichi arrivò alla stazione di Ogoori c’erano ad accoglierlo il responsabile della
prefettura di Yamaguchi, Yoshimi Umeoka e altri responsabili del posto. Yoshimi era un uomo di
quarant’anni ed era stato nominato responsabile di prefettura a settembre del 1973. Si era impegnato
tantissimo per costruire le basi della Soka Gakkai a Yamaguchi.
Percorrendo in macchina la strada per il Centro culturale di Yamaguchi, Shin’ichi gli disse: «Ora
diamo una svolta alla storia di kosen-rufu qui a Yamaguchi e iniziamo una seconda campagna di
propagazione del Buddismo del Daishonin in tutta la prefettura!».
Mentre la macchina procedeva, Yoshimi cominciava a descrivere le varie zone che via via
attraversavano lungo il tragitto. «Ora passiamo per il quartiere di Ogoori, che è il nodo centrale
della circolazione della prefettura».
Shin’ichi replicò: «Ho dei carissimi ricordi qui. Chi è il responsabile centrale del territorio di
Ogoori?».
«Si chiama Toshihide Nakata, ha un negozio di frutta e verdura».
Shin’ichi allora chiese tante cose di lui, voleva sapere come andava il suo lavoro e come stavano i
suoi familiari. Voleva essere ben informato su ogni persona perché desiderava incoraggiare nel
migliore dei modi tutti loro, ma poteva farlo solo conoscendo con precisione la situazione di
ciascuno. «Capisco. Per favore trasmetta al signor Nakata queste parole da parte mia: Grazie di
cuore per tutti i suoi sforzi! La prego di diventare la colonna di questo quartiere, a cui tutti possano
rivolgersi fiduciosi. Affido a lei Ogoori».
Poi Shin’ichi fece domande specifiche sui responsabili delle Divisioni donne, giovani uomini e
giovani donne di Ogoori.
Yoshimi allora diventò un po’ evasivo, esitava a rispondere. Shin’ichi gli disse: «Un responsabile di
prefettura dovrebbe conoscere a memoria sia la cartina della prefettura che la vita di tutti i
compagni di fede. È probabile che questo non sia possibile dato che il numero complessivo delle
famiglie conta alcune decine di migliaia, ma ciononostante dovrebbe impegnarsi per cercare di
conoscere più persone possibili. Se ci pensa bene, il compito di un responsabile di prefettura è
quello di realizzare la felicità di tutti i membri, senza tralasciare nessuno, perciò non è possibile non
preoccuparsi di ogni singola persona».
Yoshimi percepì lo spirito combattivo, pieno di passione, che ardeva nel cuore di Shin’ichi: sensei
voleva espandere il movimento di kosen-rufu per portare benessere in quelle terre. Come affermò
una volta Eleanore Roosevelt (1884–1962), la madre dei diritti umani statunitensi, nonché ex first
lady: «Se la luce dentro il nostro cuore non arde di luce vivida e inesauribile, non possiamo
proiettare una luce duratura nel cuore di altre persone».
La seconda campagna di propagazione ebbe inizio da quei consigli dati da Shin’ichi al responsabile
di prefettura, Yoshimi Umeoka, dentro l’automobile.
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Shin’ichi Yamamoto domandò al responsabile della prefettura di Yamaguchi, Yoshimi Umeoka, i
nomi e le professioni dei responsabili centrali delle varie zone della prefettura, inclusi quelli dei
responsabili dei gruppi soka-han, byakuren e gajokai. Affidò poi a Yoshimi un messaggio
d’incoraggiamento da consegnare a ognuno di loro.
«Capisco bene che trasmettere i miei messaggi a ogni persona richieda tempo e impegno. Tuttavia,
questi incoraggiamenti corrispondono al mio pensiero e al mio cuore, per questo motivo la prego di
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non trasmetterli mai in modo formale o burocratico. Anche se non riesco a parlare direttamente con
tutti loro, il mio desiderio sincero è quello di ripartire con slancio insieme a queste persone».
Shin’ichi giunse al Centro culturale di Yamaguchi poco prima delle tre del pomeriggio. Non appena
arrivato, prese subito parte all’inaugurazione dei monumenti dedicati ai primi due presidenti della
Soka Gakkai, nonché alla cerimonia della messa a dimora di una pianta. In seguito, mentre
incoraggiava i rappresentanti lì riuniti, fece un giro nel parco. Su esplicita richiesta dei membri,
attribuì un nome ai giardini del Centro, chiamandoli rispettivamente Il parco delle fiabe e Il
giardino di Kaguya.
Nel frattempo, Shin’ichi spiegava ai responsabili come organizzare e mandare avanti un Centro
culturale.
«Penso che sarebbe il caso di mettere più panchine per i visitatori, in modo che possano sedersi
quando sono stanchi. Al Centro culturale non verranno soltanto i giovani, ma anche molti anziani. È
importante quindi usare delle accortezze nei loro riguardi, in modo che possano sentirsi a proprio
agio e riposarsi in piena tranquillità.
La Soka Gakkai è un’organizzazione di giovani i quali, stando in prima linea, aprono la strada per la
realizzazione di kosen-rufu. Ma quando si progetta un Centro culturale e si pensa alla sua gestione e
all’organizzazione delle attività, non ci si deve fermare ai giovani, anzi è indispensabile avere
un’attenzione particolare nei confronti degli anziani, dei disabili e dei bambini.
Inoltre, i Centri culturali della Gakkai devono accogliere i visitatori quando arrivano, senza
intimorirli. Bisogna fare in modo che tutti possano sentirsi sereni e a proprio agio quando si trovano
in un Centro culturale, dal momento che i castelli di kosen-rufu esistono per i membri».
Poi Shin’ichi fece un giro all’interno del Centro.
«Di giorno, sarebbe una buona idea aprire le tende, facendo attenzione a spegnere tutte le luci e gli
apparecchi elettronici che non sono necessari. Inoltre, quando aprite e chiudete le porte cercate di
farlo utilizzando le maniglie, in modo da non sporcare le porte, seppur accidentalmente, toccandole
in altre parti.
Una nuova partenza è sempre cruciale. Se fin dall’inizio riuscite a fare le cose in maniera ordinata,
in seguito questa potrà diventare una consuetudine».
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I Centri culturali vengono realizzati grazie alle offerte sincere dei compagni di fede, e proprio per
questo motivo devono essere utilizzati con la massima cura e attenzione.
Shin’ichi Yamamoto desiderava che tutti i responsabili sviluppassero pienamente questo tipo di
atteggiamento.
A metà pomeriggio Shin’ichi partecipò alla riunione dei rappresentanti per celebrare Il giorno della
prefettura di Yamaguchi e subito dopo prese parte all’incontro informale con i responsabili del
territorio Chugoku e della prefettura di Yamaguchi.
A questa riunione erano presenti coloro che, grazie all’incoraggiamento di Shin’ichi, si erano
impegnati tantissimo, insieme agli altri compagni di fede, durante la prima campagna di
propagazione di Yamaguchi, e altri ancora che erano entrati a far parte della Soka Gakkai quando in
quegli stessi anni gli fu parlato del Buddismo del Daishonin.
«Per favore, mettetevi tutti a vostro agio! Sono molto felice di incontrare i vecchi amici, vecchi
compagni di fede, che insieme a me si sono impegnati con tutte le forze nella lotta per realizzare
kosen-rufu!».
C’era un signore sui sessant’anni che aveva un sorriso stampato sul volto e guardava Shin’ichi con
gli occhi scintillanti. Era Ichizo Masuda che, durante la fase iniziale di quella campagna di
Yamaguchi, soffriva di reumatismi in forma molto grave, perciò non faceva altro che chiedere a
Shin’ichi: «Ma con la fede posso veramente superare questa malattia?».
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E tutte le volte che gli capitava qualche guaio nutriva dei dubbi sulla fede. Un giorno ad esempio gli
fu svaligiata la casa, e attraversò tutta Tokyo per andare da Shin’ichi e lamentarsi dell’accaduto,
manifestando tutta la sua frustrazione. E ogni volta, immancabilmente, Shin’ichi continuava sempre
a dargli dei consigli trasmettendogli il suo cuore. A volte lo accoglieva e lo incoraggiava con grande
calore facendogli capire la realtà dei fatti, mentre altre volte correggeva con severità il suo
atteggiamento nella fede.
Inoltre, quando Ichizo si riammalò di reumatismi, Shin’ichi recitò Daimoku con tutto se stesso e gli
scrisse una lettera d’incoraggiamento.
Nel corso degli anni Shin’ichi gli aveva ripetuto più volte: «La cosa importante è continuare a
praticare, fino in fondo, per qualunque cosa, senza dubitare». E ora finalmente, vedeva alla riunione
Ichizo Masuda che sprizzava gioia da tutti i pori.
«Signor Masuda, per favore venga avanti. Come sta bene! Sono veramente contento di vederla così
in forma!».
Ichizo si mise a sedere davanti ed esclamò con voce allegra: «Grazie mille! Mi scuso per tutte le
volte che sono venuto da lei a mugugnare e a lamentarmi».
«Non fa niente – rispose Shin’ichi – È ovvio che non è proprio consigliabile passare le giornate a
brontolare o a lamentarsi, ma quando uno si deve togliere un peso dallo stomaco, è meglio chiedere
un consiglio personale parlandone con un responsabile più anziano nella fede. Si peggiorano solo le
cose se ci si lamenta di qualcun altro alle sue spalle o si serba rancore, o ne siamo angosciati. E
siccome il signor Masuda è stato capace di trasformare la lamentela in spirito di ricerca, è riuscito a
praticare fino a oggi».
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A quell’incontro informale c’era anche Mitsumoto Yamauchi, con il volto sorridente. Era un
signore ormai maturo, che conservava tutta la sua dolcezza e umanità. Era stato il primo
responsabile del capitolo Shimonoseki e in seguito anche il responsabile generale dello stesso
capitolo.
Shin’ichi Yamamoto si rivolse a lui: «Signor Yamauchi, mi fa veramente piacere vederla così bene!
Ero un po’ preoccupato e ora sono davvero felice di incontrarla a questa riunione».
Circa due anni prima il signor Yamauchi era stato colpito improvvisamente da un infarto. Quella
sera in ospedale gli fu comunicato che le sue condizioni erano molto gravi. «Ma io non posso
morire ora. Ho ancora la mia missione da realizzare!», pensò l’uomo. Quella notte recitò Daimoku
con tutto se stesso, silenziosamente, dentro di sé. Molti compagni di fede, a cominciare da
Shin’ichi, gli mandarono Daimoku. Sostenuto dalle preghiere dei suoi amici, Yamauchi riuscì a
superare quella fase così critica, durante la quale rischiò la vita.
«Quanti anni ha ora?», chiese Shin’ichi.
«Quest’anno ne compio settanta».
«E’ ancora giovane. Dato che ha superato la malattia, consideri il tempo che le rimane da vivere
come un dono del Gohonzon. La prego di utilizzare la vita per ripagare il suo debito di gratitudine,
dedicandola fino in fondo alla felicità delle altre persone. In questo modo riuscirà a costruire uno
stato vitale altissimo.
A dire il vero, a settant’anni ciò che conta è se si riesce ad abbracciare la vita con questo tipo di
prospettiva. C’è chi pensa ad esempio: “Mi sono dato tanto da fare finora e ora voglio riposarmi e
fare le cose che mi piacciono; lascio tutto nelle mani dei giovani”. Ma ci sono anche persone che
rinnovano la loro determinazione affermando: “Ora è giunto il momento di iniziare la battaglia per
completare la mia rivoluzione umana. Proprio questo momento decide la vittoria o la sconfitta, da
ora in poi!”.
8 Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
Come discepoli di Nichiren Daishonin, in che modo dobbiamo vivere? Come ci esorta il Daishonin:
“Sviluppa sempre più la tua fede fino all’ultimo momento della tua vita, altrimenti avrai dei
rimpianti”. (Lettera a Niiike, RSND 1, 911) Dobbiamo lottare facendo ardere ancora di più la
passione della fede, con la determinazione che ora comincia la fase decisiva.
Il fondatore del nostro movimento Soka, Tsunesaburo Makiguchi, guidava in prima linea tutte le
attività della Soka Kyoiku Gakkai quando aveva settant’anni. Viaggiava per tutto il paese, in
particolare per incoraggiare i membri durante le riunioni di discussione, e il martedì e il venerdì
dava guide personali dal primo pomeriggio fino alle nove e mezza o alle dieci di sera. Ora che la
durata media della vita si è allungata, i settantenni di oggi sono persone piene di vigore, nel fiore
degli anni».
La lotta condivisa 12
Mitsumoto Yamauchi rispose alla guida di Shin’ichi Yamamoto con un tono di voce dal quale
traspariva tutta la sua determinazione:
«Sì! Continuerò a combattere per tutta la vita».
Shin’ichi annuì con un sorriso.
Mitsumoto era un uomo piccolo di statura, ma animato da uno spirito appassionato, e si era sempre
adoperato per la felicità dei compagni di fede di Shimonoseki.
Nato nella famiglia di un sacerdote scintoista nella regione del Sanin, era cresciuto aiutando la sua
famiglia, fin da piccolo, a costruire talismani scintoisti. Trovava molto strano che gli adulti
rispettassero con reverenza i talismani da lui confezionati senza grande entusiasmo e a volte di
malavoglia, come se fossero oggetti dotati di poteri miracolosi. Gli sembravano curiose quelle
persone, persino ridicole.
Dopo essersi diplomato alla scuola commerciale di Osaka, Mitsumoto cambiò molti lavori e alla
fine aprì una trattoria. Si buttò anima e corpo nel lavoro e in seguito aprì altri ristoranti ma, quando
ormai sembrava che la gestione dei locali fosse sulla buona strada, perse molti soldi in titoli investiti
in Borsa. Come se non bastasse, uno dei suoi dipendenti lo derubò di un’ingente quantità di denaro
e fu costretto a dichiarare bancarotta. Durante la Seconda guerra mondiale fu richiamato in servizio
di leva e fu inviato in Manciuria, una colonia giapponese del Manchukuo (attualmente una zona nel
nord-est della Cina). Qui si trovò ad affrontare delle situazioni estreme, di profondo disagio e
sofferenza, e riuscì a stento a sopravvivere.
Avendo sperimentato l’estrema crudeltà e la barbarie della guerra, finì per diventare ateo: era
convinto che non esistessero né Dio né Budda.
Il conflitto mondiale terminò quando aveva trentasette anni. Ritornò a Shimonoseki, dove trovò
lavoro come impiegato all’ufficio postale: stava provando a ricostruirsi una vita. Era già sposato e
aveva quattro figli, ma il salario era troppo basso ed era un problema sfamare tutta la famiglia.
Mitsumoto allora si buttò a fare attività nel sindacato dei lavoratori perché voleva eliminare dal
mondo la disuguaglianza e il divario incolmabile tra ricchi e poveri. Presto fu conosciuto nel
movimento sindacale come un uomo coraggioso che combatteva in prima linea senza risparmiarsi.
Tuttavia, resosi conto dell’ambizione e della sete di potere dilagante ai vertici del sindacato, così
come della lotta per il potere tra i suoi dirigenti, l’impegno e la passione che lo avevano portato a
darsi totalmente al movimento si affievolirono poco alla volta. Inoltre, sua moglie Teruko era
affetta da gravi problemi digestivi e cardiaci e la sua delusione verso la vita diventava sempre più
forte, fino a portarlo a concepire una visione pessimistica dell’esistenza.
Aveva cominciato a bere, e più beveva più la sua vita faceva acqua da tutte le parti.
«Che cosa mi sta succedendo?» si chiedeva. «Mi impegno al massimo, ma appena mi sembra di
vedere un piccolo miglioramento, precipito giù fino a toccare il fondo della sofferenza. Non potrò
9 Sezione – Nuova Rivoluzione Umana
Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
mai essere libero dalla povertà, né tanto meno dalla malattia di mia moglie. È come se fossi
incatenato a qualcosa d’invisibile».
La lotta condivisa 13
Mitsumoto Yamauchi, deluso anche dal movimento dei lavoratori, fu colto dalla disperazione più
nera.
«In fin dei conti, nel mondo c’è sempre stata disparità tra gli esseri umani, fin dal principio! In
quale paese è meglio nascere: in uno che si adopera per la pace o in uno che propende per la guerra?
In uno stato ad economia avanzata o in uno in via di sviluppo? In una grande metropoli o in
campagna? Solo questi fattori, di per sé, determinerebbero il quadro di partenza del destino di un
individuo. Inoltre, in quale famiglia nascere? In una ricca o povera? E infine con quale tipo di
genitori? Considerando tutte queste condizioni, già si potrebbe delineare in gran parte la vita di una
persona. Ma oltre a ciò, se una persona nasce con qualche tipo di handicap o di malattia oppure con
una salute cagionevole, la sua esistenza sarà sempre segnata da una grande sofferenza. Allora, cos’è
che determina il nostro destino? È solo una combinazione fortuita?». E più ci pensava, più i suoi
pensieri erano confusi.
Stava per compiere cinquant’anni, ma aveva la netta sensazione che tutti gli anni che aveva vissuto
non avessero avuto il benché minimo significato.
Fu proprio in quel periodo che sua moglie Teruko, che doveva ricoverarsi periodicamente
nell’ospedale del quartiere a causa delle malattie di sui soffriva, gli disse che aveva sentito parlare
del Buddismo da un vicino di stanza e che voleva entrare a far parte della Soka Gakkai.
«La Soka Gakkai? - chiese l’uomo. - Ma di che religione si tratta?».
«Non ne so molto nemmeno io - replicò la moglie - però mi hanno detto che è un insegnamento che
permette a tutti di diventare felici attraverso la trasformazione del proprio karma, che ci
accompagna passo passo fin dalla nascita».
«Ti hanno detto allora che si può trasformare il destino di un individuo?».
«Sì. Ho scoperto che la Legge fondamentale dell’universo si chiama Nam-myoho-rengekyo. E mi è
stato spiegato che se recitiamo questa frase, Nam-myoho-rengekyo, davanti all’oggetto di culto, il
Gohonzon iscritto da Nichiren Daishonin, possiamo vivere all’unisono con la legge fondamentale
dell’universo e trasformare anche il nostro karma».
Teruko poi aggiunse: «E come se non bastasse, tutti hanno affermato con estrema convinzione che
anche io riuscirei senza ombra di dubbio a superare i miei problemi di malattia e a rimettermi in
salute.
Ma c’è un problema. Mi hanno detto che si può diventare felici solamente se si prega con fede al
Gohonzon, vale a dire il corretto oggetto di culto. Bisogna cominciare a praticare con una nuova
determinazione, mettendo da parte tutti gli oggetti di culto che abbiamo usato finora, come i
talismani scintoisti che potrebbero essere ancora in casa nostra».
La lotta condivisa 14
Al racconto di sua moglie, il volto di Mitsumoto Yamauchi si illuminò.
«Ah sì? Dicono che i talismani sono inutili? Mi piace una religione che afferma una cosa del
genere. È interessante. E poi hanno ragione. Sono anche molto spiritosi, davvero! Lo so bene,
perché quando ero piccolo costruivo spesso questi talismani e realisticamente non è possibile che un
oggetto del genere sia in grado di salvare la gente. Sentiti del tutto libera di buttare subito via sia i
talismani scintoisti che gli altri oggetti di culto che abbiamo in casa».
A quel punto sua moglie tirò un sospiro di sollievo.
«Meno male. Sono davvero felice che tu la pensi così. Sai, ero certa che avresti detto questo e allora
me ne sono già liberata».
«Davvero? L’hai fatto? Va bene. Senti, siccome non è bello che in una famiglia vengano praticate
religiosi differenti, se questa è la religione che hai scelto, lo farò anch’io», concluse Mitsumoto.
I coniugi Yamauchi entrarono a far parte della Soka Gakkai nel marzo del 1956.
A partire da quel giorno, Teruko si impegnò assiduamente nella pratica. Mentre prima passava le
giornate a letto, priva di energia vitale, adesso, ogni giorno che passava, sentiva che le stavano
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Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
ritornando le forze e cominciò a partecipare con entusiasmo anche alle riunioni. Questa esperienza
rafforzò la sua fede e la convinzione che riponeva nel Buddismo.
Pur essendo diventato membro, Mitsumoto Yamauchi invece non se la sentiva di impegnarsi
seriamente nella pratica buddista. Ma stando a stretto contatto con sua moglie e vedendone il
cambiamento, un po’ per volta si convinse a praticare costantemente.
Cominciò col divorare letteralmente le riviste della Soka Gakkai. Iniziò a rendersi conto che tra le
religioni esistono insegnamenti superficiali e quelli profondi, quelli corretti e quelli errati, quelli che
tendono a una vita basata su nobili principi e quelli che mirano unicamente ad atteggiamenti
mondani. Si convinse del fatto che la felicità o l’infelicità di una persona dipende dall’oggetto della
sua fede. Imparò che il karma individuale si forma nei tre tempi di passato, presente e futuro tramite
il pensiero, le parole e le azioni che vengono compiute fin dalle esistenze passate.
A ottobre, sette mesi dopo che gli Yamauchi erano diventati membri della Soka Gakkai, Shin’ichi
Yamamoto fece una visita a Shimonoseki, dal momento che questa località faceva parte della
campagna di Yamaguchi. Partecipò a una riunione di discussione dove affermò: «È vero che siamo
persone comuni, e anche povere, ma il nostro stato originale è quello di Bodhisattva della Terra.
Siamo apparsi in questo mondo e ci siamo assunti volontariamente il nostro karma per compiere la
nobile missione di kosen-rufu, vale a dire, per condurre alla felicità le persone nell’Ultimo giorno
della Legge».
Ascoltando le parole di Shin’ichi, Yamauchi rimase quasi senza fiato, tanto era inebriato da un
profondo senso di appagamento.
La lotta condivisa 15
Da una prospettiva buddista, poi, Shin’ichi Yamamoto sottolineò l’immenso valore e il profondo
significato del fatto di nascere come esseri umani. E Mitsumoto Yamauchi sentì svanire all’istante
le tenebre del pessimismo che gli annebbiavano la mente rispetto al problema del karma.
Da tutto il Giappone, i ventisei capitoli inviarono i propri compagni di fede a Yamaguchi per
partecipare alla campagna di propagazione. C’erano persino alcuni che arrivavano dalla città di
Sendai e da altre zone del Tohoku. Animati dal desiderio di piantare il seme della felicità in ogni
angolo di Yamaguchi, tutti i capitoli presero parte alle attività con energia, come se stessero
partecipando a una gara tra di loro per arrivare primi.
Sia Mitsumoto che sua moglie Teruko si buttarono anima e corpo in quel fermento per diffondere il
Buddismo insieme ai membri che erano stati mandati lì dagli altri capitoli.
Molti di coloro che erano stati inviati nella prefettura di Yamaguchi avevano solo uno o due anni di
pratica alle spalle. Ciononostante, avevano ridotto al minimo le spese per procurarsi i soldi per il
trasporto, il vitto e l’alloggio, e poter partecipare a quella campagna di propagazione.
Ciascuno di loro stava affrontando i propri problemi, come una difficile condizione economica, la
malattia di un caro amico o parente, o disarmonia in famiglia. Tuttavia, erano persone ammirevoli,
accorse a Yamaguchi impazienti di prendere parte alle attività in corso, mossi dalla decisione di non
lesinare la propria vita per kosen-rufu. Molti di loro affermarono in quell’occasione: «Luciderò la
mia vita grazie a questo sforzo, e romperò le catene del mio karma!».
Malgrado ciò, quando andarono a trovare le persone che conoscevano per parlare loro del
Buddismo, si resero conto che la stragrande maggioranza non era minimamente disposta ad
ascoltarli. E il loro grande entusiasmo, che inizialmente li aveva motivati così tanto, si affievolì,
tanto che qualcuno arrivò persino a piangere per quanto si sentiva demoralizzato.
Alcuni membri, guardando le luci della città da una collina, presi dallo scoraggiamento, pensarono
tra sé e sé: «In questa città vivono così tante persone, eppure, non riesco a fare shakubuku nemmeno
a una sola persona. Perché?».
Fu Shin’ichi Yamamoto, responsabile di quella campagna di propagazione, ad aprire uno spiraglio
di coraggio nel cuore di quei compagni di fede, riaccendendo in loro uno spirito combattivo.
Confortò con dolcezza coloro che si affliggevano perché non erano riusciti a concretizzare i loro
sforzi: «Nello shakubuku, vale a dire nel lavoro che facciamo per piantare il seme della Buddità
negli altri, esistono due tipi di semina: quella che permette alle persone di ascoltare l’insegnamento
e quella che conduce le persone a prendere fede nell’insegnamento di Nichiren Daishonin. La prima
significa parlare e spiegare alla gente il Buddismo, mentre la seconda equivale a portare un
individuo ad abbracciare il Gohonzon.
Anche se una persona non inizia subito a praticare, dal momento che parlando di Buddismo
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Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
abbiamo piantato nel suo cuore il seme della Buddità, un giorno sicuramente inizierà a praticare.
Perciò l’azione della semina che state portando avanti, permettendo alle persone di ascoltare
l’insegnamento del Daishonin, è il punto fondamentale nell’attività di propagazione».
La lotta condivisa 16
Tra i partecipanti alla campagna di Yamaguchi c’erano membri che, pur mettendocela tutta nel fare
shakubuku, non riuscivano a convertire nessuno all’insegnamento di Nichiren Daishonin e ne erano
profondamente addolorati. Il cuore di Shin’ichi si rattristava pensando a questi compagni di fede
così affranti. Allora spiegò con risolutezza: «Noi tendiamo a scoraggiarci e a essere giù di morale se
le persone a cui abbiamo parlato di Buddismo con tutte le nostre forze non iniziano a praticare.
Eppure, sia che seminiamo permettendo alle persone di ascoltare l’insegnamento, sia che
seminiamo conducendo le persone ad abbracciare il Gohonzon, abbiamo gli stessi benefici. Ciò che
conta è continuare a parlare fino in fondo a tutte le persone dell’insegnamento corretto.
Avrete sicuramente sentito parlare del bodhisattva Mai Sprezzante. Gli sforzi che stiamo compiendo
nel piantare i semi del Buddismo equivalgono oggigiorno all’azione del bodhisattva Mai
Sprezzante. Non è una cosa straordinaria?».
Nel ventesimo capitolo del Sutra del Loto, dove si parla del bodhisattva Mai Sprezzante, si narra
della sua apparizione nel Medio giorno della Legge, dopo la morte del Budda Suono Maestoso.
Ogni volta che il bodhisattva Mai Sprezzante incontrava le persone, predicava il Sutra del Loto in
ventiquattro caratteri, inchinandosi con rispetto e ammirazione. «Nutro per voi un profondo
rispetto; non oserei mai trattarvi con disprezzo o arroganza. Perché? Perché voi tutti state praticando
la via del bodhisattva e conseguirete certamente la Buddità» (Il Sutra del Loto, p. 355).
Convinto della natura di Budda inerente in ogni essere vivente, il bodhisattva Mai Sprezzante
enunciava questa frase inchinandosi davanti alle persone con le mani giunte, in segno di riverenza.
Tuttavia, non appena udivano le sue parole, le persone reagivano infuriandosi e detestandolo a
morte perché ritenevano che ciò che diceva non fosse vero. Di conseguenza ne parlavano male e lo
insultavano. Come se non bastasse, lo colpivano con bacchette e bastoni e gli lanciavano terraglie e
sassi.
Ciononostante, il bodhisattva Mai Sprezzante non cessò mai di riverire le persone e continuava ad
andare in giro affermando: «Nutro per voi un profondo rispetto…»
Nel sutra si legge che coloro che lo perseguitarono mancandogli di rispetto caddero nell’inferno di
incessante sofferenza per mille kalpa, ma alla fine conseguirono la Buddità grazie alla relazione
creata per aver udito l’insegnamento corretto dal bodhisattva Mai Sprezzante.
La lotta condivisa 17
Gli esseri viventi dell’Ultimo giorno della Legge vengono descritti come coloro che di per sé non
sono dotati di buone radici (WND, 2, 230). Ciò vuol dire che non avendo avuto relazione con il
Budda Shakyamuni, non hanno ancora ricevuto il seme per diventare dei Budda.
Allora come si possono condurre a conseguire l’Illuminazione?
Nel suo trattato Parole e frasi del Sutra del Loto, il Gran Maestro T’ien-T’ai affermò: «Predicando
per loro risolutamente, anche se ciò li fa andare in collera» (Insegnamenti orali, BS, 113, 47). In
altre parole significa portare queste persone a creare un legame con il Buddismo, condividendo con
loro l’insegnamento corretto, anche se non desiderano ascoltarlo. È importante parlare della dottrina
buddista alla gente, come faceva il Bodhisattva Mai Sprezzante.
Le persone che ascoltano l’insegnamento della Legge mistica, piuttosto che accettarlo
immediatamente, potrebbero anche opporvisi, e, offuscate dai tre veleni di avidità, collera e
stupidità, potrebbero arrivare addirittura a perseguitare coloro che lo predicano. Ciononostante, in
virtù del fatto che hanno ascoltato l’insegnamento corretto, esse hanno creato un legame con il
Buddismo e nella profondità delle loro vite sono stati piantati i semi per conseguire la Buddità.
Per questo motivo, Nichiren Daishonin afferma: «[…] egli tuttavia persisteva nel suo sforzo di
predicare “in modo energico, benché ciò li faccia andare in collera” (Parole e frasi, volume
decimo), un'azione che sorgeva dai suoi sentimenti di pietà e compassione ».(Insegnamenti orali,
BS,120, 52)
Shin’ichi Yamamoto si rivolse ai compagni di fede che partecipavano alla campagna di Yamaguchi
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con queste parole: «Spetta alla persona, dopo aver sentito parlare di Buddismo, decidere o meno di
iniziare a praticare. Ciò che conta è con quante persone siamo riusciti a parlare di Buddismo,
partendo dal nostro desiderio di vederle felici.
Chiaramente, è superfluo affermare che la cosa fondamentale è coltivare un forte ichinen, in modo
che tutti coloro a cui parliamo di questo insegnamento comincino a praticare, assolutamente, dal
momento che il nostro obiettivo è realizzare la felicità di ogni essere umano grazie alla fede nel
Buddismo. Tuttavia, non c’è alcun motivo di demoralizzarsi se non iniziano a praticare.
Proviamo a parlare a una persona. Se questa non pratica o non ne vuole sapere, allora parliamo a
due persone. Se neanche loro vogliono iniziare, proviamo con tre persone, poi con cinque, e poi con
dieci, e se di queste dieci nessuna vuole praticare, allora parliamo a venti persone. E se nemmeno
con loro dovesse funzionare, parliamo a trenta o quaranta persone. Il punto è continuare a propagare
il Buddismo con sempre maggiore entusiasmo e convinzione. Tutti gli sforzi che farete in tal senso
si trasformeranno in benefici e buona fortuna, elementi essenziali per il cambiamento del karma.
Oggigiorno, ciascuno di noi è il Bodhisattva Mai Sprezzante, siamo i Bodhisattva della Terra.
Inoltre, proprio come Nichiren Daishonin, stiamo percorrendo la strada maestra della pratica
buddista».
I compagni di fede che avevano ascoltato con la massima attenzione la guida di Shin’ichi, sentirono
riempirsi il cuore di coraggio. Si sentirono non solo incoraggiati, ma anche rivitalizzati e rigenerati,
e ripartirono con un senso di freschezza e maggiore determinazione, desiderosi di condividere il
Buddismo con più persone possibile.
La lotta condivisa 18
Durante la campagna di Yamaguchi, Mitsumoto Yamauchi e sua moglie Teruko impararono da
Shin’ichi Yamamoto l’importanza di dedicare la vita alla propria missione per kosen-rufu.
Da attivista del sindacato, Mitsumoto diventò un riferimento di primo piano nel movimento di
kosen-rufu, poiché arrivò a essere una figura centrale per lo sviluppo della Soka Gakkai a
Shimonoseki.
In occasione dell’incontro informale presso il Centro culturale di Yamaguchi, Shin’ichi Yamamoto
aveva parlato con ogni persona presente alla riunione.
Tra i partecipanti non erano pochi coloro che erano entrati a far parte della Soka Gakkai o si erano
decisi a praticare seriamente durante la campagna di propagazione. Questo era il caso, ad esempio,
di Tadaharu Igo e sua moglie Tokiko, rispettivamente responsabile di centro della Divisione uomini
e della Divisione donne a Hagi, una città nella prefettura di Yamaguchi.
La prima volta che partecipò a una riunione di discussione a Hagi, durante la campagna di
Yamaguchi, Shin’ichi ebbe modo di incontrare Tokiko, che era appena diventata membro. La donna
gli pose una domanda con aria pensierosa: «Si può davvero guarire dalla malattia con questa
pratica?».
Si era convertita al Buddismo da circa un mese e in quel periodo soffriva di tubercolosi ai polmoni
e ai reni.
«Che cos’ha? Ha una malattia?» le chiese Shin’ichi.
«Sì, ho la tubercolosi».
C’era un uomo accanto a lei, intento ad ascoltare quella conversazione senza proferire parola. Era
suo marito, Tadaharu Igo, che lavorava presso le Ferrovie giapponesi. Anch’egli soffriva di asma
bronchiale, ormai la tosse e il catarro erano diventati cronici. Tadaharu non era ancora membro
della Soka Gakkai, ma Tokiko gli aveva chiesto di accompagnarla fino al luogo della riunione
perché non riusciva a camminare senza un appoggio.
Osservandola, Shin’ichi iniziò a parlare della relazione tra karma e malattia.
«Il potere che esercita la medicina è molto importante, così come i mezzi di cui dispone, ma
fondamentalmente la guarigione da una malattia ha a che fare con la forza vitale degli esseri umani
stessi: è una questione di forza vitale. Finché lei non trasforma il suo karma che la porta a soffrire
per la malattia, potrà anche superare questo male, ma poi si riammalerà di nuovo, colpita da qualche
altra patologia. Il Buddismo spiega il modo per trasformare il proprio karma facendo emergere la
forza vitale. Anch’io, un tempo, ho sofferto di tubercolosi ai polmoni, ma sono riuscito a
superarla».
Quando parliamo con convinzione avvalorata dalle esperienze personali, le nostre parole hanno il
potere di smuovere in profondità il cuore delle persone.
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La lotta condivisa 19
Ascoltando Shin’ichi Yamamoto, Tokiko Igo prese una grande determinazione e decise di
trasformare assolutamente il proprio karma grazie alla pratica buddista. Anche suo marito,
Tadaharu, volle provare l’insegnamento di Nichiren. Facendosi coraggio, Tokiko chiamò subito tre
suoi amici per invitarli alla riunione di discussione che si sarebbe tenuta nell’albergo dove
alloggiavano Shin’ichi e altri responsabili.
Tutti e tre accettarono di buon grado. Non persero una parola dell’intervento di Shin’ichi, i loro
occhi erano raggianti e, rendendosi conto di quanto fosse essenziale seguire un insegnamento
corretto, decisero in quella sede di entrare a far parte della Soka Gakkai.
Tokiko sperimentò la gioia di condividere il Buddismo con gli altri, così una grande speranza e
convinzione sgorgarono dal suo cuore come un’allegra melodia.
Dal quel momento in poi, quando si sentiva abbastanza in forze, partecipava attivamente alle
iniziative della Soka Gakkai. Tutte le volte che si impegnava nella propagazione del Buddismo si
dimenticava persino di essere malata. E senza neppure accorgersi di come e quando, smise di essere
affetta da quel senso di spossatezza che la tormentava da sempre e si sentì piena di energia.
Nel dicembre dello stesso anno si ristabilì dalla tubercolosi e smise di passare tante delle sue
giornate a letto. Nell’aprile dell’anno successivo guarì dall’ematuria, ponendo fine anche a quella
malattia che la perseguitava da oltre otto anni.
Josei Toda spesso affermava: «Il Gohonzon è l’entità con la maggiore concentrazione di forza vitale
di tutto l’universo. Ogni volta che ci sintonizziamo con il Gohonzon, la nostra forza vitale
acquisisce la stessa energia e diventa molto potente».
Quando ci adoperiamo attivamente per il movimento di kosen-rufu e per la felicità delle persone, la
nostra condizione vitale non conosce limiti.
Osservando l’esperienza di sua moglie Tokiko, anche Tadaharu iniziò a praticare con entusiasmo e i
due diventarono la forza trainante del movimento di kosen-rufu a Hagi.
Durante quell’incontro informale, Shin’ichi parlò ai coniugi Igo: «Come sono felice di vedere che
state bene! Guardando lei, signora Igo, faccio fatica a credere che sia la stessa persona che ho
conosciuto tempo fa. In confronto a quando la incontrai per la prima volta, sembra un’altra
persona».
Tokiko rispose: «In effetti, è così. Oltre alla malattia, avevamo anche una brutta situazione
economica in quel periodo. Ma ora siamo veramente felici. Io e mio marito, facendo shakubuku,
abbiamo convertito circa cento famiglie all’insegnamento di Nichiren Daishonin».
«Bravissimi!», esclamò Shin’ichi. «Voi due siete la prova concreta che impegnandoci fino in fondo
per vent’anni, possiamo diventare davvero felici, trasformando assolutamente il nostro karma».
La lotta condivisa 20
Un signore anziano con gli occhiali si alzò in piedi e salutò Shin’ichi Yamamoto.
«Sono Minoru Bito e vengo dalla città di Hofu. A gennaio del 1957, in occasione della campagna di
Yamaguchi, ero insieme agli altri membri ad attendere il suo arrivo, sensei, alla stazione di Hofu,
che allora era chiamata stazione di Mitajiri».
«Sì, me lo ricordo bene. A proposito, adesso quanti anni ha?».
«Ho sessantuno anni. I miei quattro figli sono cresciuti e ora con mia moglie ci stiamo godendo una
vita serena: non ci manca proprio nulla».
«E che lavoro fa?».
«Prima eravamo proprietari di un negozio di sandali, ma ora abbiamo in gestione una gastronomia».
Minoru era entrato a far parte della Soka Gakkai nel novembre 1956, solo due mesi prima
dell’arrivo di Shin’ichi alla stazione di Mitajiri. Anche lui aveva iniziato a praticare sull’onda della
campagna di propagazione in atto nella prefettura di Yamaguchi, nell’autunno del 1956.
Nel gennaio 1957, lo stesso giorno dell’arrivo di Shin’ichi, si tenne in serata una vivace riunione di
discussione, al secondo piano dell’albergo dove era alloggiato il presidente Yamamoto. Circa la
metà dei presenti erano amici dei membri. Rivolsero a Shin’ichi molte domande; soprattutto
volevano sapere se fosse possibile risolvere i problemi economici o le malattie che li affliggevano.
Inizialmente, le persone esternavano solo i tormenti di cui soffrivano, stretti nelle morse del karma,
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ma via via che Shin’ichi parlava, i dubbi dei partecipanti cominciarono a sciogliersi per fare spazio
a una nuova luce di speranza e rivitalizzazione, che avvolse tutti i presenti.
Quando Shin’ichi terminò di rispondere a tutta quella serie di domande, fu la volta di un uomo con i
baffi dall’aria di sufficienza. Era una persona del luogo, influente, che partecipava alla riunione su
invito di un amico.
«A differenza della gente qui presente, i soldi non mi mancano. L’unico mio problema al momento
è che tipo di impresa mettere in piedi per guadagnare abbastanza. Avresti un’idea da darmi?».
L’uomo aveva un atteggiamento arrogante e indisponente; era evidente il suo disprezzo per i
presenti. Per un attimo l’espressione del volto di Shin’ichi si rabbuiò; tutti rimasero sorpresi e si
zittirono all’istante.
Nella stanza risuonò la voce di Shin’ichi, con tono severo: «La Soka Gakkai è l’alleata delle
persone che soffrono e sono infelici. Una persona come lei che disprezza gli altri, giudicandoli
superficialmente solo per le apparenze, la posizione sociale o i titoli accademici, non potrà mai
comprendere l’intento della Gakkai, né tantomeno il Buddismo».
La lotta condivisa 21
Quell’uomo così influente fu preso alla sprovvista dalle parole severe pronunciate da Shin’ichi
Yamamoto e ne fu intimorito. Continuava a battere le ciglia come sbigottito.
Shin’ichi continuò a parlare adottando un tono più dolce e persuasivo: «Molti dei compagni di fede
oggi qui presenti stanno attraversando dei periodi molto difficili da un punto di vista economico,
oppure sono angosciati da una malattia che li ha colpiti.
Tuttavia, stanno affrontando queste sofferenze con serietà per riuscire a superarle. Inoltre, pur
avendo problemi così grandi, ogni singolo giorno si stanno impegnando al massimo per aiutare le
persone a realizzare la felicità, nonostante a volte vengano derisi o calunniati.
Questo è sicuramente il miglior modo di vivere, il più puro e il più nobile, diametralmente opposto
a quello di chi si dà delle arie vantandosi del suo piccolo patrimonio! Il Buddismo spiega che cosa è
la vera felicità, qual è il bene supremo e quale il vero sentiero che gli esseri umani dovrebbero
seguire.
Nella società, accade spesso che la gente venga attratta da valori quali la ricchezza, lo status sociale
o la fama. Ma in questo modo si perdono di vista i “tesori del cuore”. Per poter diventare veramente
felici, non esiste altra soluzione che accumulare i “tesori del cuore”. Il Buddismo insegna come
migliorarci fino ad arrivare a far risplendere il nostro cuore mentre costruiamo un io invincibile.
La Gakkai sta diffondendo questo insegnamento con lo scopo di eliminare infelicità e povertà dalla
faccia della terra».
Shin’ichi espose con parole semplici quale fosse la missione della Soka Gakkai di rivitalizzare le
persone comuni aiutandole a diventare felici e a vivere in maniera degna degli esseri umani.
Quando finì di parlare ci fu un grande applauso nella stanza dell’albergo e quasi tutti gli ospiti
invitati dai membri chiesero di entrare a far parte della Soka Gakkai.
Anche l’uomo influente era rimasto molto colpito dalle parole di Shin’ichi, e decise di diventare
membro della Gakkai.
La passione e la fermezza dimostrate dal presidente Yamamoto per proteggere le persone comuni,
dedicandosi anima e corpo alla loro felicità, aveva aperto il cuore dei presenti. Era riuscito a toccare
una corda profonda in ciascuno di loro, e ora l’ambiente era pervaso da un’atmosfera di
condivisione.
Dopo la riunione di discussione, alcuni partecipanti s’intrattennero in un’altra stanza dell’albergo.
L’uomo facoltoso, non potendo trattenere l’eccitazione, esclamò: «Sono rimasto sbalordito. Non mi
sarei mai aspettato di sentire un discorso del genere. È un giovane davvero incredibile. Era come se
ogni sua parola avesse il potere di scuotermi da capo a piedi. A un certo punto ho quasi creduto di
cadere all’indietro. Ho dovuto appoggiare le mani sul tatami per tenermi dritto. Penso che si tratti
davvero di una religione straordinaria».
La lotta condivisa 22
Minoru Bito era rimasto incantato dalle parole piene di convinzione che Shin’ichi Yamamoto aveva
rivolto a quell’uomo, e pensò fra sé: «Dato che pratico anch’io, mi piacerebbe avere la sua stessa
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convinzione, la stessa fede».
Così, la mattina seguente, Bito si recò di buon’ora all’albergo dove alloggiava il presidente
Yamamoto, per ricevere un consiglio da lui.
Dopo aver scattato una foto commemorativa insieme ai membri che erano venuti a trovarlo,
Shin’ichi incoraggiò Bito: «Per favore, continua a praticare per tutta la vita, non smettere mai.
Dovresti mirare ad avere successo anche negli affari: questo ti porterà a creare delle solide
fondamenta per kosen-rufu qui a Hofu».
In quella occasione Bito era diventato anche responsabile di gruppo, fungendo da referente centrale
per una dozzina di famiglie. Era un uomo ingenuo, a volte perfino un po’ sprovveduto. Anche negli
affari si fidava subito degli altri e si buttava a capofitto nelle situazioni che gli venivano prospettate,
non appena sentiva dire che si trattava di una “proposta valida”. Nonostante sua moglie Kimiko lo
consigliasse di essere più cauto, Bito non voleva darle ascolto e rispondeva: «Non mettere bocca in
cose che non ti riguardano».
Una volta, ad esempio, gli fu proposto di comprare una macchina che produceva delle piccole
ciambelle: «Tutto il processo è automatico e produce dei dolcetti deliziosi in un batter d’occhio».
L’acquistò immediatamente e aprì un negozio di dolciumi. È vero che riusciva a produrre una gran
quantità di ciambelline, ma gli mancavano i clienti. Col passare del tempo gli avanzarono sempre
più ciambelle, e alla fine dichiarò bancarotta.
Un’altra volta si fece convincere da qualcuno a costruire una giostra a forma di torre con otto
pannelli rotanti, da utilizzare per vendere pubblicità, soltanto perchè allettato dalle parole: «Anche
senza far nulla, ti permette di avere tutti i mesi un buon guadagno».
In effetti, molte persone andarono a vedere quella strana torre ottagonale, ma più che altro per
curiosità, senza alcuna intenzione di comprare spazi pubblicitari, e così anche quella torre finì per
rivelarsi l’ennesimo buco nell’acqua. Il susseguirsi di un fallimento dietro l’altro ridusse Bito alla
miseria più nera.
Furono in molti a criticare la sua faciloneria, riversando la stessa sfiducia anche nei confronti della
Soka Gakkai.
Sollecitato anche da sua moglie, Bito andò a chiedere un consiglio nella fede.
«Caro signor Bito, non crederà di riuscire a far bene qualsiasi cosa per il solo fatto di praticare? E di
riuscire a guadagnare senza darsi un gran da fare? Questa è un’interpretazione distorta della fede.
Lei in realtà sta strumentalizzando la sua fede. Il Buddismo è ragione. E senza sforzo, senza sfidarsi
e senza un forte desiderio di migliorarsi, non potrà raggiungere risultati soddisfacenti».
La lotta condivisa 23
Ascoltando le parole di quel responsabile, Minoru Bito ebbe la sensazione che gli avesse letto nel
pensiero.
L’uomo proseguì dicendo: «Le proposte che promettono un facile guadagno nascondono quasi
sempre dei trabocchetti e finiscono col rivelarsi un disastro. Se ci si butta a capofitto in imprese del
genere, prendendo denaro a prestito per finanziarle per poi far fiasco, si finisce per farsi prendere
dall’ansia. E pur di rimediare alla situazione, si diventa precipitosi e facilmente si abbocca a
qualche altro “affare d’oro”. E ripetendo più e più volte lo stesso circolo vizioso, i debiti
cresceranno a dismisura e si finirà col dichiarare la bancarotta.
Per evitare tutto questo, è necessario ripartire con una nuova determinazione, sia nel lavoro che
nella pratica. Lei deve rivedere il suo atteggiamento superficiale e un po’ credulone, nonché il suo
modo di vivere da “mendicante della fede”. Piuttosto che passare gli anni in cerca di proposte
allettanti e facili profitti, è importante consolidare le proprie fondamenta e guadagnarsi un poco alla
volta la fiducia degli altri attraverso sforzi concreti, animati dal desiderio di migliorarsi.
Soprattutto, è indispensabile prendere la ferma decisione di dedicare la propria vita a kosen-rufu! È
indispensabile una preghiera seria e sincera davanti al Gohonzon: La mia vita esiste in funzione di
kosen-rufu. Realizzerò assolutamente kosen-rufu a Hofu. Per questo motivo ora ho bisogno di
superare questa fase critica e costruire una buona base economica che mi permetta di fare attività
senza problemi e dimostrare la grandezza del Buddismo! C’è una differenza abissale tra praticare
solo per diventare ricchi e desiderare, invece, di avere successo negli affari per poter realizzare
kosen-rufu.
Noi siamo nati con la missione di far conoscere l’insegnamento corretto alle persone nei nostri
quartieri e nella società e di renderle tutte felici senza tralasciare nessuno.
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Quando lei s’impegnerà al massimo nella pratica e nella fede, decidendo fermamente di vivere fino
in fondo questa missione, sarà in grado di manifestare lo stato vitale del Budda e del bodhisattva, e
sperimenterà un’energia immensa e una saggezza inesauribile che le sgorgheranno da dentro. Anche
la riuscita nel lavoro si realizzerà quando lei lo affronterà con serietà, con questo stesso tipo di
energia e saggezza».
Bito fu costretto a fare un esame di coscienza: si pentì dell’idea che si era fatto della pratica, di
come l’aveva strumentalizzata, così come del suo atteggiamento di fondo nell’affrontare la vita.
Animato dal desiderio di ricominciare tutto daccapo, intraprese la sua battaglia, sia nella fede che
nel lavoro. Dopo molte peripezie, aprì una rosticceria e un poco alla volta si conquistò la fiducia
della clientela. Riuscì a convertire al Buddismo più di cento famiglie.
E riflettendo sugli ultimi vent’anni, mise al corrente Shin’ichi Yamamoto del cambiamento della
sua vita con un profondo senso di gratitudine.
La lotta condivisa 24
Durante la riunione, Shin’ichi Yamamoto rivolse lo sguardo a Yoshiko Naoi, la responsabile della
Divisione donne della prefettura di Yamaguchi.
«Se non ricordo male, anche la sua famiglia entrò a far parte della Soka Gakkai durante la
campagna di Yamaguchi, non è vero?».
«Sì, è proprio così. A cominciare da mia suocera, tutta la mia famiglia aderì alla Soka Gakkai
nell’ottobre del 1956. Mentre mio marito decise di praticare seriamente il mese dopo, quando lei
venne a Hofu».
Shin’ichi osservò: «Ricordo molto bene la prima volta che incontrai suo marito».
Il marito di Yoshiko Naoi, Terumitsu, gestiva un vecchio negozio di articoli casalinghi, che
apparteneva alla sua famiglia da tre generazioni. In realtà non era molto interessato agli affari,
trascurava l’attività commerciale e passava tutte le serate fuori casa a bere con gli amici, cosa che
preoccupava molto sua madre, Chizu.
La donna aveva sentito parlare del Buddismo da uno dei membri giunti nella prefettura di
Yamaguchi per la campagna di propagazione, e decise di iniziare a praticare. Insieme con lei
diventarono membri della Soka Gakkai sia il figlio Terumitsu che sua moglie Yoshiko. La nuora si
impegnò ad approfondire la fede insieme a Chizu, mentre Terumitsu non era affatto propenso a
praticare seriamente.
Quando Shin’ichi arrivò a Hofu, il mese dopo, Terumitsu non ebbe altra scelta se non quella di
partecipare alla riunione di discussione che era stata organizzata, dal momento che un membro
passò a prenderlo. A quel meeting si ritrovarono una ventina di persone, quando fece il suo ingresso
un giovane esclamando: «Salve a tutti! Che bella atmosfera!».
Era Shin’ichi. Terumitsu si sentì conquistato dalla sua personalità, anche se doveva avere solo tre o
quattro anni più di lui.
Inoltre, quando Shin’ichi aprì bocca, le sue parole erano colme di energia e passione in merito al
futuro del Giappone e del mondo intero. Paragonandosi a quel giovane così entusiasta, Terumitsu
d’istinto abbassò gli occhi: si sentiva un po’ imbarazzato poiché erano coetanei.
La persona che aveva accompagnato Terumitsu alla riunione lo presentò a Shin’ichi. Come se si
fosse rivolto a un amico di vecchia data, Shin’ichi gli parlò con grande franchezza: «Terumitsu,
guardandoti in faccia non sembra che tu abbia dei problemi, hai un’aria spensierata. Non avverto da
parte tua il desiderio di affrontare le cose con fermezza e di progredire in mezzo alle difficoltà.
Tuttavia, solo sfidando i problemi che si presentano saremo in grado di manifestare il nostro vero
potenziale, mentre sperimentiamo la pura gioia della vita e il potere della fede. Dal momento che
sei diventato membro, mi auguro che tu voglia provare a praticare seriamente».
La lotta condivisa 25
Shin’ichi Yamamoto proseguì sottolineando a Terumitsu Naoi che i giovani hanno la missione di
costruire il secolo a venire, facendosi carico della società futura.
«Caro Terumitsu, i giovani non devono accontentarsi di vivere alla giornata, pensando solamente a
divertirsi. Una vita simile, in fin dei conti, procura soltanto un senso di vuoto e inutilità.
Se siamo giovani, dedichiamoci tutti insieme al grande ideale di kosen-rufu per cancellare
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l’infelicità da questo mondo!».
Terumitsu rimase letteralmente scosso da quelle parole. Ebbe come la sensazione che la sua visione
così miope ed egoista della vita fosse stata disintegrata in un sol colpo.
Lo scrittore inglese Hall Caine, nella sua celebre opera, Città eterna, fa dire a un cittadino:
«Dovremmo vivere serbando nel cuore un ideale: è l’unica cosa al mondo per la quale valga la pena
di vivere». In generale, i giovani dovrebbero ardere di passione più di chiunque altro per realizzare i
loro ideali. Gli ideali sono la linfa vitale capace di alimentare nei giovani uno spirito nobile.
Terumitsu sentì emergere da dentro di sé il desiderio prorompente di esclamare: «Anch’io voglio
dedicare la mia vita al Buddismo insieme a questa persona, insieme a Shin’ichi!». In quello stesso
momento prese una decisione irremovibile: «Sì, ce la metterò tutta. Dal momento che ho iniziato a
praticare, mi impegnerò seriamente, mi ci butterò a capofitto!».
Terumitsu Naoi cominciò a dedicarsi con tutto se stesso, a trecentosessanta gradi, per non esser da
meno di sua madre Chizu e della moglie Yoshiko. Offrirono anche la loro casa come luogo di
riunione, che in seguito sarebbe diventata l’asse portante e il punto di riferimento del grande
movimento di kosen-rufu nella città di Hofu.
Man mano che Yoshiko Naoi si impegnava nelle attività della Gakkai, era colpita sempre di più
dalla forza della convinzione trasmessa dai membri anziani nella fede quando parlavano agli altri di
Buddismo. Di fronte a qualunque tipo di sofferenza, per quanto terribile e lacerante, affermavano
sempre con grande sicurezza: «La risolverai senza ombra di dubbio!», «Sicuramente ce la farai a
superarla!».
E coloro che iniziavano a praticare riuscivano immancabilmente a superare i loro problemi,
esattamente come gli era stato detto. Yoshiko, a forza di constatare con i propri occhi la prova
concreta degli altri compagni di fede, cominciò a rafforzare la sua convinzione nella pratica
buddista. Ascoltare le esperienze di tante persone mentre si partecipa alle attività della Soka
Gakkai, è la strada migliore per approfondire la propria convinzione, che costituisce l’ossatura della
fede.
La lotta condivisa 26
Yoshiko Naoi aveva un carattere schietto e diretto, diceva sempre quello che pensava, senza peli
sulla lingua. Quando era al liceo, giocava nella squadra di pallavolo e partecipò anche ai campionati
nazionali. Era una donna molto attiva e solare che si prendeva cura delle persone.
Nel 1972 fu nominata responsabile della Divisione donne della prefettura di Yamaguchi: allargò
così il suo terreno di gioco all’intera prefettura, proprio come faceva in gioventù quando giocava a
pallavolo. L’anno successivo, Yoshimi Umeoka fu nominato responsabile della Divisione uomini
della prefettura di Yamaguchi, e i due unirono le forze per portare avanti il movimento di kosenrufu a Yamaguchi.
Durante una piccola riunione informale con poche persone, Shin’ichi Yamamoto si rivolse a
Yoshimi dicendo: «Signor Umeoka, grazie al sostegno della responsabile della Divisione donne, la
signora Naoi, ha potuto tirare fuori tutte le sue capacità, muovendosi liberamente e riuscendo a
compiere passi concreti che hanno portato a un grande sviluppo qui nell’organizzazione».
«Sì, ha perfettamente ragione» replicò Yoshimi.
Non appena l’uomo finì di pronunciare quelle parole, la signora Naoi si affrettò ad aggiungere: «È
tutto merito suo, si è impegnato anima e corpo, senza mai tirarsi indietro».
Shin’ichi sorrise. «È meraviglioso vedere la sua premura. In un’organizzazione dove i responsabili
delle Divisioni uomini e donne non vanno d’accordo, accade che nessuno dei due sarà mai capace
di sostenere l’altro, a differenza di voi due.
In realtà, quella è una dimostrazione della bassa condizione vitale di entrambi. Ma se uno dei due
riesce ad abbracciare l’altro con spirito generoso, nessuno cercherà più di imporsi all’altro e
qualunque tipo di rivalità si dissolverà come brina al sole. Penso che la prefettura di Yamaguchi sia
riuscita a crescere costantemente perché la signora Naoi ha aperto le braccia al responsabile uomini
di prefettura con un alto stato vitale».
Yoshimi Umeoka annuì, si trovava perfettamente d’accordo: lui stesso ne era consapevole.
Yamaguchi, chiamata anche «la piccola lanterna del Choshu», è costituita da tante piccole città
sparse per tutta la prefettura. Era risaputo che la mentalità della gente del posto era poco incline
all’unità e i suoi abitanti spiccavano per il loro spirito di indipendenza.
Yoshimi, nativo della prefettura di Tottori, nel passato aveva ricoperto varie posizioni: quella di
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responsabile giovani uomini del territorio Chugoku e di responsabile della Divisione giovani del
Chugoku, ma non aveva nessun legame particolare con la prefettura di Yamaguchi. Perciò il suo
arrivo in quella zona come responsabile della prefettura fu per tutti improvviso e un po’ inatteso.
Benché Yoshiko Naoi fosse di qualche anno più grande di Umeoka, lo trattava sempre con rispetto
e, come responsabile di prefettura, lo sostenne proteggendolo con tutte le sue forze.
Notando l’atteggiamento della responsabile della Divisione donne, nata e cresciuta nella prefettura,
anche i pionieri delle varie zone sostennero Umeoka ben volentieri, creando di conseguenza unità in
tutto il territorio di Yamaguchi.
Lotta condivisa 27
Shin’ichi Yamamoto parlò dell’importanza dell’unità fra la Divisione uomini e la Divisione donne:
«La Divisione donne è la maggiore forza trainante che promuove le attività della Soka Gakkai. E
anche la maggioranza di coloro che consegnano le nostre riviste sono donne, perciò è importante
che i membri della Divisione uomini rispettino le donne, ne apprezzino gli sforzi e ascoltino le loro
opinioni.
I responsabili della Divisione uomini devono assolutamente evitare di prendere decisioni da soli,
senza confrontarsi con gli altri, e poi comunicare il risultato della loro decisione. Non è questo il
modo di realizzare una lotta condivisa. Se ci sono attriti fra responsabili delle Divisioni uomini e
donne, spesso nell’organizzazione mancherà dialogo e collaborazione.
Ovviamente ci saranno casi in cui, dopo aver discusso di qualcosa, voi non sarete ancora
pienamente d’accordo, ma una decisione andrà comunque presa per portare avanti le attività. In
quei casi è importante accettare volentieri la decisione presa alla fine del confronto, anche se voi la
pensate diversamente, e lavorare insieme in armonia.
La cosa peggiore che si possa fare è aspettare fino al momento in cui si deve agire e allora dire:
“Beh, io ero contrario fin dall’inizio”. Un comportamento simile erode l’unità dell’organizzazione
dall’interno.
Inoltre gli uomini non dovrebbero mai guardare le donne dall’alto in basso, né trattarle con
arroganza o rimproverarle. Se qualche responsabile si comporta in questo modo, vi prego di farmelo
sapere. Me ne occuperò io.
Le donne devono avere fiducia in se stesse e parlare apertamente e senza esitazioni quando vedono
qualcosa che non sembra loro giusto, anche se si tratta di una cosa piccola. È così che si impedisce
al male di mettere radici e corrodere l’organizzazione pura della Soka Gakkai. È necessario che i
membri della Divisione donne proteggano la Soka Gakkai con i loro sensori delicati, in grado di
individuare simili problemi».
Il movimento della Soka Gakkai per kosen-rufu è stato promosso prima di tutto dalle donne, spesso
considerate irrilevanti o secondarie, ma sempre in prima linea nella costruzione di una nuova epoca.
È un movimento per la gente senza precedenti, che segna l’inizio di una nuova storia in tutto il
globo.
Per questa ragione Shin’ichi si è sempre adoperato affinché le donne fossero pienamente attive
nell’organizzazione e potessero fare attività con gioia, sentendo una forte motivazione e una
profonda soddisfazione.
Lotta condivisa 28
Shi’inchi disse agli uomini: «Mi appello a tutti voi, responsabili della Divisione uomini, affinché
abbiate sempre grande rispetto e considerazione per le donne.
Quando incontrate le donne, siate voi per primi a salutarle con cortesia e ad esprimere il vostro
apprezzamento per i loro sforzi quotidiani. E durante le riunioni e le attività organizzative cercate di
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concludere prima possibile in modo che tutti, e in particolare le donne, possano tornare a casa senza
fare troppo tardi la sera. Inoltre gli uomini devono essere comprensivi quando le donne non possono
partecipare a una riunione a causa di qualche impegno familiare.
Dopo una riunione di uomini e donne, gli uomini dovrebbero offrirsi volontari per le pulizie, in
modo che le donne possano tornare a casa prima. Siete d’accordo?»
Tutti alzarono la mano.
«Vedo che gli uomini di Yamaguchi sono molto “cavalieri”! Bene, Yamaguchi sarà il modello di
una nuova Soka Gakkai.»
Tutti risero allegramente.
Poi Shi’ichi si rivolse ai membri che avevano vissuto l’era pionieristica della Campagna di
Yamaguchi.
«Chi allora aveva quaranta o cinquant’anni adesso ne ha sessanta o settanta; è una fase in cui si
danno i tocchi finali alla propria vita, perciò vorrei parlare brevemente del significato di questo.
Come dicevo, la prima cosa è avere il desiderio di ripagare il nostro debito di gratitudine e dedicarsi
fino in fondo a kosen-rufu fintanto che siamo in vita, continuando sempre a lucidare la propria fede.
Anche se non ricoprite più una responsabilità centrale non dovreste mai pensare di essere andati in
pensione o di esservi laureati nella fede. State ancora lottando per una giusta causa, è solo il vostro
ruolo che è diverso. Altrimenti ciò che avete promesso, la decisione portata avanti fino adesso e
tutto ciò che avete trasmesso agli altri sarà stato invano. Se i vostri compagni di fede più giovani
vedono che voi siete regrediti nella fede, si scoraggeranno e si sentiranno abbandonati. E questo
potrebbe anche far perdere loro la fede nel Buddismo. Come scrive il Daishonin: “Accettare è
facile, continuare è difficile. Ma la Buddità si trova nel mantenere la fede” (La difficoltà di
mantenere la fede, RSND, 1, 417). Assicuriamoci che la fiamma della fede continui ad ardere
sempre più luminosa, fino all’ultimo istante della nostra vita».
Lotta condivisa 29
Rinnovando il loro voto, i pionieri della zona ascoltavano con attenzione le parole di Shin’ichi
Yamamoto: «Tutti i membri della Soka Gakkai osservano da vicino il modo in cui vivono i più
anziani nella fede che hanno praticato questo Buddismo per molti anni. Per questo coloro che in
passato sono stati responsabili della Soka Gakkai hanno la missione e la responsabilità di continuare
ad essere per tutta la vita un esempio per gli altri membri, dimostrando la correttezza della Soka
Gakkai e del Buddismo. Naturalmente con il passare degli anni potrete perdere un po’ del vostro
vigore fisico e forse per qualcuno di voi sarà più difficile camminare, ma questo è il normale corso
della vita. Non c’è bisogno di sforzarsi all’eccesso o di sentirsi imbarazzati per questo. In qualunque
circostanza, siate semplicemente voi stessi e continuate a incoraggiare i membri, a parlare del
Buddismo agli altri e a impegnarvi al meglio per kosen-rufu.
Anche se vi trovate costretti a letto, potete sempre recitare Daimoku per tutti. L’altro giorno è
spirato un membro anziano che aveva iniziato a praticare agli albori del nostro movimento, e che è
rimasto attivo fino alla fine. Nei suoi ultimi giorni di vita era immobilizzato a letto e lottava contro
il cancro, ma nonostante ciò, quando i membri andavano a trovarlo, egli continuava a trasmettere la
gioia di partecipare alle attività della Gakkai, incoraggiandoli con ogni grammo di forza che gli era
rimasto.
Quando alla fine si avvicinò il momento della morte, continuò a muovere le labbra, anche se stava
gradualmente perdendo conoscenza. E quando i suoi familirai si avvicinarono per sentire cosa
stesse dicendo, lo udirono mormorare: “È il momento… che tu cominci a praticare… questo
Buddismo”. Persino nei suoi sogni stava facendo shakubuku a qualcuno! Poco dopo aprì
leggermente gli occhi e iniziò nuovamente a muovere le labbra. Questa volta stava recitando
Daimoku.
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Mi sono commosso sentendo come egli avesse continuato a parlare del Buddismo e a recitare
Daimoku fino all’ultimo istante della sua vita. Mi sembrava di vedere un Budda. Dopo una vita
dedicata a kosen-rufu, la sua esistenza si è conclusa come un magnifico sole al tramonto. Ad
attenderlo c’era l’inizio di una nuova vita futura, avvolta nella radiosa luce dorata del sole che sorge
al mattino. La vita è eterna».
Shin’ichi desiderava che quei pionieri nella fede, cari compagni che tanto stimava, realizzassero la
loro missione come autentiche persone di fede portando meravigliosamente a compimento la loro
vita. Voleva che, come buddisti, continuassero a tenere alto il vessillo della vittoria.
Lotta condivisa 30
Guardando intensamente i volti dei pionieri, come a voler risvegliare la loro determinazione,
Shin’ichi continuò: «Nichiren Daishonin scrive: “Recita Nam-myoho-renge-kyo con un’unica
mente ed esorta gli altri a fare la stessa cosa; questo resterà il solo ricordo della tua vita presente in
questo mondo umano”(Domande e risposte riguardo all’abbracciare il Sutra del Loto, RSND, 1,
58 ). In altre parole afferma che dedicarsi con tutto il cuore a recitare Daimoku e propagare questo
Buddismo sarà il ricordo più prezioso di questa vita come essere umano. Proprio perché siamo nati
come esseri umani, possiamo recitare Daimoku e fare shakubuku alle persone. Ciò significa che
abbiamo l’aurea opportunità, estremamente rara, di conseguire la Buddità in questa esistenza, perciò
è necessario adempiere alla nostra missione come Bodhisattva della Terra».
Tutti ascoltavano Shi’ichi con espressione seria. La sua voce crebbe d’intensità: «Inoltre, questo
periodo in cui date i tocchi finali alla vostra esistenza, è il tempo di dimostrare la prova concreta
della vostra felicità. È mia sincera speranza che tutti voi possiate affermare con piena fiducia e
convinzione: “Non avrei potuto essere più felice. Nessuna vita poteva essere più piacevole e
meravigliosa di questa”.
Con ciò non intendo necessariamente una vita in una casa sontuosa in cui si mangiano costose
leccornie e si vive immersi nel lusso. La felicità che si basa sul “piacere dell’avidità” e si ottiene
appagando desideri del genere è effimera e svanisce presto. È solo una felicità relativa. Poniamo per
esempio che siate riusciti a realizzare il vostro desiderio di possedere una casa grande. Se però
perseguite solo il “piacere dell’avidità” e siete ossessionati dalla realizzazione dei vostri desideri,
ogni volta che vedrete una casa più grande la vorrete avere e, se non potrete acquistarla, vi sentirete
insoddisfatti e infelici».
I tesori del corpo e i tesori del forziere sono importanti, come prova concreta dei benefici ottenuti
grazie alla fede e alla pratica buddista, ma la ricchezza certamente può esaurirsi, o può essere
distrutta da un giorno all’altro a causa di qualche incidente o disastro. E, anche se avete molta
energia fisica, essa tenderà a diminuire con l’avanzare dell’età. La vera felicità si trova
nell’accumulare i tesori del cuore, che non possono essere distrutti dal flusso dinamico degli eventi,
né dal passare del tempo.
Lotta condivisa 31
Nichiren Daishonin dichiara: «Se hai fede in questo sutra [del Loto], tutti i tuoi desideri si
realizzeranno nell’esistenza presente e in quella futura». (RSND, 1, 665)
Non si prova un vero senso di soddisfazione rincorrendo i soldi o il possesso di bene materiali.
Possiamo affermare che il supremo stato dell’essere è una ricca condizione spirituale in cui si
desidera poco e ci si sente soddisfatti, liberi dal controllo dei desideri. In altre parole, la vera felicità
consiste nell’accumulare i tesori del cuore.
Il famoso architetto italiano Leon Battista Alberti (1404-1472) affermò che niente è preferibile alla
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ricchezza interiore.1
Shin’ichi Yamamoto proseguì: «Molte persone quando invecchiano finiscono col vivere della loro
pensione e sono costrette a condurre una vita più semplice e frugale di quella a cui erano abituati.
Ma, anche se aveste così tanto denaro da non sapere come spenderlo e poteste comprarvi tutto ciò
che volete, non è detto che ne ricavereste un’autentica gioia. Se tutti i giorni mangiaste in costosi
ristoranti, ben presto ne sareste stanchi e, oltrettutto, una dieta del genere non farebbe bene alla
vostra salute.
Chi ha veramente bisogno di vivere in una casa enorme? Tutto ciò che ci occorre è un luogo in cui
poter riposare la notte. Anche tenere pulita la casa sarà più facile se avete solo poche stanze. Se
aveste centinaia di vestiti diversi, sarebbe assai difficile scegliere quale indossare. È molto meglio
avere poche scelte a disposizione».
Gli ascoltatori risero di cuore.
«La durata dei tesori del forziere e di quelli del corpo è limitata a una singola vita. Ma i tesori del
cuore continuano nel futuro, all’infinito, e sono inesauribili.
A differenza delle gioie che derivano dalla soddisfazione dei nostri desideri, i tesori del cuore
indicano la gioia che deriva dalla Legge, la gioia che otteniamo ricercando gli insegnamenti che
conducono all’illuminazione. In altre parole, è la gioia che si può ottenere soltanto grazie alla fede.
La gioia della Legge scaturisce dalle profondità del nostro essere come una radiosa primavera; è
una condizione di felicità che non può essere distrutta dal mutare delle circostanze. Questo è ciò che
Toda chiamava felicità assoluta».
Alla riunione generale di primavera del 3 maggio 1956 Josei Toda disse: «La felicità assoluta è una
condizione in cui, qualunque sia la situazione che si sta affrontando, si prova una profonda ragione
di vita, e il vivere stesso è una gioia. Anche quando vi arrabbiate per qualcosa, si tratta di una rabbia
divertente».
Lotta condivisa 32
In una lettera ai discepoli scritta dall’esilio sull’isola di Sado, dove soffriva a causa del freddo
intenso, della scarsità di cibo e vestiario, e la sua vita stessa era in pericolo, Nichiren Daishonin
afferma: «Provo una gioia senza limiti anche se adesso sono in esilio». (RSND, 1, 342)
Questo è il vero stato di Buddità, un’espressione di felicità assoluta.
Quando fu imprigionato dalle autorità militari a causa delle sue convinzioni, il presidente fondatore
della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi, parlò del Buddismo di Nichiren Daishonin ai suoi
carcerieri, durante gli interrogatori spiegò la sua teoria della creazione di valore, e continuò a
scrivere cartoline a casa per incoraggiare e consigliare la sua famiglia.
In una di queste cartoline scrisse: «Non sono minimamente preoccupato». E, in una frase che fu
censurata, scrisse: «A seconda del proprio punto di vista, anche l’inferno può essere piacevole».2
In definitiva dunque, la nostra felicità non è determinata dalle circostanze esterne.
Dove si trova la felicità? Dentro se stessi, nel proprio cuore, nel palazzo della felicità che esiste
dentro la nostra vita. La fede e la pratica buddista sono le chiavi per aprire la porta di quel palazzo.
Shin’ichi continuò: «Nel periodo in cui si danno i tocchi finali alla propria vita, occorre concentrarsi
nello stabilire uno stato di felicità assoluta, considerando i fenomeni impermanenti della vita nascita, invecchiamento, malattia e morte - per quello che sono, e in accordo con la Legge mistica,
il principio immutabile ed eterno che sta alla base di tutte le cose.
Lo stato di felicità ottenuto accumulando abbondanti tesori del cuore è una condizione interiore, che
1
Cfr: Leon Battista Alberti, De Commodis Litterarum atque Incommodis, a c. di Laura Goggi Carotti, Firenze, Leo S.
Olschki Editore, 1976, pp.115-116.
2
Tsunesaburo Makiguchi, Makiguchi Tsunesaburo Zenshu, Tokyo, Daisanbunmei-sha, 1987, vol. 10, p. 285.
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si manifesta nella nostra espressione, nelle nostre parole e azioni, e nel nostro carattere.
Le nostre parole e azioni saranno colme di gratitudine, di gioia e di convinzione.
Saremo premurosi verso gli altri, e non saremo mossi da desideri egoistici, ma dal desiderio
compassionevole di essere utili agli altri. Saremo accoglienti e calorosi, e avremo un sorriso dolce e
amichevole per chiunque, in grado di avvolgere il cuore delle persone.
Indipendentemente dalla nostra età, saremo sempre animati dal desiderio di migliorare noi stessi e
progredire senza limiti, pieni di dinamismo e vitalità. Di conseguenza trasmetteremo uno spirito
giovane, come afferma il Daishonin quando scrive: “Diventerai più giovane”. (RSND,1, 410)
Ci sono delle persone invece che si lamentano sempre, criticano, sono insoddisfatte, non si sentono
realizzate, nutrono invidia e risentimento. E questi comportamenti, oltre a essere espressioni della
loro infelicità, le rendono ancor più infelici».
Lotta condivisa 33
Qual è il fattore decisivo per stabilire uno stato vitale di felicità assoluta? Non è la ricchezza o la
posizione sociale, e non è nemmeno la responsabilità all’interno della Soka Gakkai. La vera felicità
si costruisce realizzando la propria rivoluzione umana, coltivando la propria vita attraverso una
pratica buddista sincera e costante.
«La sorgente della vera felicità è dentro di noi», scriveva il filosofo francese Jean-Jacques Rousseau
(1712-1778).
Shin’ichi Yamamoto proseguì discutendo sul significato di dare i tocchi finali alla propria vita:
«Terzo, impegnatevi nel far crescere i compagni di fede più giovani, magnifici successori di kosenrufu, sia nella vostra famiglia che nella Soka Gakkai. Se i vostri figli non abbracciano la fede
buddista e non praticano, cercate di trasmetterla ai vostri nipoti e pronipoti. Se non avete figli,
potete concentrarvi sui nipoti. Vi prego, per il bene della vostra famiglia, cercate di trasmettere la
fede con tutto il cuore e non permettete che la fiamma della Legge mistica si estingua. E all’interno
della Soka Gakkai vi prego di prendervi cura dei membri della Divisione futuro come se fossero
vostri figli, e trasmettete loro accuratamente la fede e la pratica. Dovreste anche sforzarvi di far
crescere, proteggere e incoraggiare i membri più giovani all’interno della nostra organizzazione.
Allo scopo di garantire un futuro sicuro alla Soka Gakkai, occorre un costante flusso di successori
ed è indispensabile che crescano tanti giovani responsabili, come grandi uccelli che spiccano il volo
uno dopo l’altro.
Chiedo inoltre alle responsabili della Divisione donne di ascoltare le giovani madri, e parlare con
loro dei problemi che hanno in famiglia, con i figli o nelle relazioni interpersonali, e cercare di
aiutarle. Ogni persona potrà manifestare le sue potenzialità se avrà fiducia di riuscire a superare i
propri problemi.
È particolarmente importante trasmettere con cura ai nuovi membri le basi della fede e della pratica
come, per esempio, far conoscere questo Buddismo agli altri e studiare gli insegnamenti buddisti.
Se avranno acquisito le basi fondamentali potranno diventare persone capaci».
L’unico modo per far crescere le persone è dedicarsi completamente a loro, con sincerità. E non
esiste vita più appagante di quella trascorsa aiutando gli altri a crescere.
Lotta Condivisa 34
Shin’ichi continuò piacevolmente a parlare, come se stesse immaginando il futuro.
«Da ora in poi, le persone che verranno nominate, ad esempio, responsabili di prefettura, saranno
probabilmente dieci o vent’anni più giovani di voi che avete lottato con altruismo nella fase
pionieristica della nostra organizzazione. E alla fine verrà un momento in cui i responsabili centrali
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Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
di varie zone dell’organizzazione avranno trenta o quarant’anni meno di voi. È così che si assicura
il flusso eterno della Legge.
I giovani hanno un grande potenziale, ma possono anche essere inesperti. Come membri più anziani
di loro non dovreste criticarli per la loro incompetenza, dicendo: “Quando avevo la tua età, mi
impegnavo molto di più”. E non dovreste nutrire risentimento e dire: “Beh, non sono mai venuti a
chiedermi consigli”, oppure “Non ho saputo nulla, è la prima volta che sento dire una cosa del
genere”. Proprio perché siete ricchi di esperienza è essenziale che li sosteniate, piuttosto che
criticarli».
Quanto è riuscito a realizzare un membro anziano si vede dal comportamento dei membri più
giovani. Quando gli anziani si lamentano dell’immaturità o dell’incompetenza dei loro successori,
in realtà stanno solo dimostrando la propria mancanza di capacità e di senso di responsabilità.
Shin’ichi aggiunse con un tono un po’ più severo: «I più anziani sono come un giardiniere e i più
giovani sono come il giardino. Se i membri più giovani di voi, che sono diventati il nucleo centrale
dell’organizzazione, non riescono a dimostrare le loro potenzialità, la responsabilità è dei membri
più anziani, che non li hanno fatti crescere e non li hanno sostenuti con tutte le forze.
Vi prego di alzarvi con la determinazione di proteggere fino in fondo i responsabili più giovani
nella fede.
Quando vengono nominati dei nuovi responsabili, che si tratti di responsabili di prefettura o di
gruppo, è fondamentale che voi per primi li sosteniate dicendo: “Il nuovo responsabile di prefettura
è giovane, ma è una persona meravigliosa!” oppure “Quel nuovo responsabile di gruppo è
straordinario. Sosteniamolo tutti!”.
E cercate di dire al nuovo responsabile: “Chiedimi pure qualsiasi cosa. Farò di tutto per sostenerti”.
Se tutti i pionieri faranno così e sosterranno i giovani successori, sarà molto più facile per loro
portare avanti le attività. Questo è il ruolo dei responsabili anziani. Dovrebbe essere così nel mondo
della famiglia Soka».
Lotta condivisa 35
Il passaggio generazionale nelle responsabilità era un tema importante che la Soka Gakkai si
trovava ad affrontare in ogni prefettura, e Shin’ichi Yamamoto voleva creare una tradizione nella
prefettura di Yamaguchi che potesse fungere da modello per tutti.
Continuò: «Sono sicuro che qualcuno di voi, quando faceva attività nei primi periodi del nostro
movimento, qualche volta sarà stato rimproverato dai membri più anziani nella fede. Ma i metodi
per educare e far crescere persone capaci cambiano coi tempi. Non dovreste cercare di allenare i
membri più giovani nello stesso modo in cui hanno cresciuto voi. Questa è l’epoca della lode e
dell’incoraggiamento. È necessario riconoscere con attenzione gli sforzi delle persone, apprezzarli
ed elogiarli. Questo darà loro coraggio e alimenterà in loro l’aspirazione a migliorare. Dovremmo
lodare concretamente ognuna delle azioni che compiono. Ed è importante anche farlo al momento
giusto. Spero che tutti diventiate esperti nel far crescere individui capaci».
Il grande poeta della gente comune Walt Whitman (1819-1892) scrisse: «Create persone grandi e
creatori di persone grandi… tutto il resto verrà di conseguenza». Anche il flusso eterno della Soka
Gakkai nel futuro dipende da questo.
Dopo la riunione al Centro culturale di Yamaguchi, Shin’ichi fece un giro della città in macchina
con sua moglie Mikeko e alcuni responsabili del posto.
Mentre attraversavano la città al crepuscolo, videro la palestra, la sala civica, e poi giunsero al parco
Kameyama, dove sorgeva una volta il castello Nagayama.
Un responsabile locale disse: «All’interno di questo parco, nel luogo in cui prima si trovava un
castello, sorge la chiesa in memoria di Saverio. Saverio naturalmente era Francesco Saverio (15061552)».
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Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
«Francesco Saverio? – disse Shin’ichi – ricordo di aver letto una raccolta delle sue lettere poco
dopo la nomina di Toda a secondo presidente della Soka Gakkai. Mi interessava conoscere il modo
in cui cercava di propagare il Cristianesimo in Giappone, un paese la cui lingua, cultura e tradizione
erano così diverse dalle sue. Sapevo che sarebbe giunto il tempo in cui si sarebbe alzato il sipario
sulle attività della Soka Gakkai per kosen-rufu a livello mondiale, e cercavo spunti su ciò che
sarebbe stato importante considerare in quel momento».
Lotta Condivisa 36
Francesco Saverio nacque nel 1506 in una zona che attualmente fa parte della Spagna e studiò
presso il Collegio di Santa Barbara dell’Università di Parigi. All’età di ventotto anni fu ordinato
sacerdote nella cappella di Montmartre insieme a Ignazio di Loyola (1491-1556). Saverio costituì
insieme a Loyola la Compagnia di Gesù, o Gesuiti, che, dopo aver ricevuto l’approvazione dal
Papa, inviò missionari in India su richiesta di re Giovanni III del Portogallo. Questo viaggio nelle
più remote propaggini del mondo fu l’inizio della carriera missionaria di Saverio.
Nella Malacca portoghese, sulla penisola malese, Saverio incontrò un giapponese di nome Anjiro
che in seguito si convertì al Cristianesimo. Il suo incontro con Anjiro gli ispirò la forte convinzione
che fosse importante espandere la sua opera missionaria in Giappone. Così nel 1549 approdò sulla
Penisola di Satsuma dove iniziò uno studio intensivo della lingua giapponese.
A Satsuma Saverio fu colpito dalla corruzione dei monaci buddisti. Nelle sue lettere scrive: «Anche
se i bonzi (monaci buddisti) conducono vite assai più depravate del resto della popolazione, e
nonostante tutti lo sappiano, sono comunque tenuti in grande onore».
La corruzione che egli notò nel clero buddista deve avergli fatto percepire l’ipocrisia e la
degenerazione del Buddismo fossilizzato di quel tempo. Il comportamento nella vita quotidiana è la
base di ogni religione e quindi il vero valore di un insegnamento religoso si vede dal
comportamento dei suoi seguaci.
A Satsuma (che attualmente fa parte della prefettura di Kagoshima), Saverio incontrò Shimazu
Takahisa (1514-15761), daimyo [signore feudale, n.d.t] della provincia, e ottenne il permesso di
predicare il Cristianesimo. Il clero buddista però si oppose con veemenza a Saverio e infine non gli
fu consentito di svolgere le sue attività di propagazione.
Saverio si recò allora a Hirado e anche qui ottenne il permesso di predicare. Poi andò a Kyoto, dove
inoltrò una petizione all’imperatore affinché gli concedesse di diffondere il Cristianesimo e, sulla
via del ritorno, si fermò a Yamaguchi, nel novembre 1550.
Anche se non ottenne il permesso di predicare a Yamaguchi, iniziò lo stesso a diffondere la sua
religione. Due volte al giorno andava sulla strada e predicava il Cristianesimo. Alcuni lo
ascoltavano con attenzione ed esprimevano il desiderio di convertirsi, ma la maggior parte della
gente lo derideva e calunniava.
La notizia giunse all’orecchio di Ouchi Yoshitaka (1507-1551), daimyo della Provincia di Suo
(parte dell’attuale prefettura di Yamaguchi), che concesse un’udienza a Saverio. Nel loro incontro
Saverio gli parlò con convizione della parola di Dio, ma l’accoglienza di Ouchi fu tutt’altro che
favorevole.
Lotta condivisa 37
Francesco Saverio rimase a Yamaguchi per circa un mese e poi partì per Kyoto.
In Giappone era il periodo degli Stati belligeranti (1467-1568) e viaggiare era pericoloso; ci si
doveva spostare nel rigido clima invernale, col rischio di essere attaccati dai banditi. Quando egli
giunse a Kyoto, trovò la capitale in rovina a causa delle lotte intestine. Saverio e il suo gruppo
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Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
avevano lasciato a Hirado gli oggetti da portare in dono, e così alla fine l’imperatore non li ricevette
e furono costretti ad allontanarsi velocemente dalla capitale.
Saverio decise di provare nuovamente a predicare a Yamaguchi e fece ritorno a Hirado per
recuperare le vesti da cerimonia e i doni da offrire. Sapeva infatti che per poter parlare con persone
di alto rango, in Giappone, era importante presentarsi in modo dignitoso e autorevole.
Si incontrò nuovamente con Ouchi Yoshitaka (1507-1551) e questa volta poté presentargli le lettere
personali del Vicerè dell’India e del Vescovo di Goa, capitale dell’India portoghese; così ottenne
un’udienza in qualità di inviato del Vicerè. Inoltre offrì a Ouchi in dono orologi, pistole e occhiali.
Ouchi fu molto impressionato e, per contraccambiare, gli offrì oro e argento, ma Saverio rifiutò
cortesemente chiedendo invece in cambio solo il permesso di predicare la sua religione. Ouchi
diede il suo assenso e gli donò anche un tempio da utilizzare come sede delle sue attività.
In tutta la città furono affissi cartelli in cui si annunciava che Saverio aveva il permesso di predicare
gli insegnamenti del suo Dio e che gli abitanti erano liberi di diventare credenti. Molte persone, fra
cui samurai e monaci buddisti, fecero visita a Saverio al tempio, lo ascoltarono predicare e
discussero a lungo con lui.
Saverio lottò per propagare il Cristianesimo in Giappone, un paese con una lingua e un modo di
pensare totalmente diversi. Per riuscire a far conoscere gli insegnamenti del Cristianesimo in
maniera accessibile a tutti creò un opuscolo in giapponese, con l’aiuto delle persone del luogo che si
erano convertite.
Una volta, mentre predicava il Cristianesimo sull’isola Ternate, in Indonesia, scrisse un opuscolo in
portoghese, lo fece tradurre nella lingua nativa e poi lo mise in versi in modo che potesse essere
cantato. I bambini e gli adulti iniziarono a cantarlo, e alla fine cominciarono a farlo anche i seguaci
di altre religioni.
Una religione si propaga spiegando i suoi insegnamenti in maniera accessibile e instillandoli
profondamente nella vita delle persone.
Lotta condivisa 38
Nel propagare il Cristianesimo in Giappone, Saverio incontrò grandi difficoltà a spiegare l’idea di
Dio come creatore. E poiché i cristiani in Giappone avevano tradotto la parola latina “Deus” con la
parola Dainichi (il Budda Mahavairochana della scuola della Vera parola), Saverio fece lo stesso.
Alla fine però si rese conto che Dio e Dainichi erano completamente differenti e così abbandonò
quel modo di tradurre. Trovare la forma giusta per esprimere i concetti cristiani in giapponese fu un
susseguirsi di tentativi ed errori. Saverio insegnò ai suoi ascoltatori non solo la dottrina cristiana,
ma anche la scienza occidentale dell’epoca, per esempio che la terra è rotonda e gira intorno al sole,
oppure le scoperte relative alle comete, ai tuoni, e così via. I giapponesi dimostrarono notevole
interesse per queste conoscenze scientifiche.
In una lettera Saverio annotò che coloro che si erano opposti più tenacemente e avevano ingaggiato
un acceso dibattito tendevano in seguito a essere i primi a convertirsi. La veemenza con cui una
persona si opponeva era la prova delle sue salde convinzioni e del forte interesse per le questioni
spirituali. Così, una volta convinti, avevano il coraggio e l’onestà di prendere delle decisioni
risolute. Incurante delle feroci opposizioni che incontrò, Saverio non vacillò mai, ma perseverò
tenacemente nel dialogo, con determinazione e amore nel comunicare ciò in cui credeva, in maniera
ragionevole e convincente.
Saverio esortava così gli altri missionari: «Adoperatevi con tutte le forze per conquistarvi l’amore
della gente in questa terra». La propagazione ha successo solo quando ci si conquista la fiducia
delle persone sul piano umano.
Circa due mesi dopo il suo arrivo nella prefettura di Yamaguchi, Saverio aveva già battezzato circa
cinquecento nuovi fedeli. Tutto ciò allarmò i preti buddisti delle varie scuole che consideravano la
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Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
defezione dei loro sostenitori laici come una minaccia alla loro stessa sopravvivenza. Saverio
racconta che queste persone appena convertite furono attaccate e denigrate dai preti buddisti.
Consapevole che dopo l’opera missionaria in Giappone era cruciale portare il Cristianesimo anche
in Cina, un paese che aveva sempre esercitato una notevole influenza culturale sul Giappone,
Saverio iniziò a fare progetti per recarvisi. Ma la Cina era chiusa agli stranieri e nel 1552, mentre
era in attesa sull’isola di Shuangchuang, al largo della provincia di Guandong, Saverio morì di
malattia, all’età di quarantasei anni.
Lotta Condivisa 39
Leggendo le lettere di Francesco Saverio, Shin’ichi Yamamoto era profondamente consapevole
delle sfide che aveva di fronte nel viaggio per kosen-rufu nel mondo.
Anche una persona come Saverio, che godeva del sostegno del Papa e del re del Portogallo, aveva
incontrato enormi ostacoli nel propagare il Cristianesimo in terra straniera.
Nel primo periodo, la Soka Gakkai aveva solo pochi membri e nessun sostenitore influente. E a
propagare i suoi insegnamenti non erano i preti, ma i laici, uomini e donne comuni.
Nichiren Daishonin era assolutamente convinto che i suoi insegnamenti si sarebbero propagati in
tutto il mondo e affidò questo compito ai suoi seguaci. Per questo Shin’ichi faceva crescere le
persone e preparava il terreno, in attesa del momento in cui si sarebbe alzato il sipario su kosen-rufu
globale.
Nella sua lotta al fianco di Josei Toda per far crescere il numero dei membri della Soka Gakkai in
Giappone da diverse migliaia a diverse centinaia di migliaia, Shin’ichi si era convinto sempre di più
che kosen-rufu si sarebbe realizzato. Era giunto a questa conclusione osservando la pratica
coraggiosa e la determinazione incrollabile dei membri che si dedicavano fino in fondo nel
propagare l’insegnamento del Daishonin, senza temere le persecuzioni che avrebbero potuto subire.
Mentre si impegnavano nello shakubuku, condividendo con gli altri questo Buddismo, a volte i
membri erano stati perfino colpiti, scacciati, banditi dalle loro comunità. Nonostante questo,
avevano perseverato con tenacia nel dialogo, guadagnandosi pian piano la fiducia delle persone
intorno a loro continuando ad avanzare con gioia per la causa di kosen-rufu.
Vedendo questo Shi’ichi sentì con chiarezza che essi rappresentavano l’apparizione dei Bodhisattva
della Terra. La sua decisione iniziale di dare avvio all’epoca di kosen-rufu globale si trasformò nella
convinzione: «Ce la farò assolutamente».
Nell’estate del 1954, durante una visita al suo paese natale, Atsuta, Josei Toda affidò a Shin’ichi la
realizzazione di kosen-rufu in tutto il mondo con queste parole: «Al di là del mare c’è un vasto
continente. È un mondo immensamente grande. [In molti paesi] ci sono ancora persone che
piangono disperate e bambini accucciati a terra per sfuggire al fuoco incrociato della guerra. Tu
devi illuminare l’Asia e il mondo intero con la fiamma della Legge mistica. Devi far questo al mio
posto».
Kosen-rufu nel mondo divenne la missione della vita di Shin’ichi.
Cinquant’anni dopo quella conversazione con il suo maestro nel villaggio di Atsuta, Shin’ichi, che
si considerava un laureato dell’Università Toda, ricevette il titolo di professore onorario
dall’Università di San Francesco Saverio di Chuquisaca, in Bolivia.
Lotta condivisa 40
Shin’ichi scese dalla macchina nel parco di Kameyama.
Mentre passeggiava nel verde pensò al desiderio del Daishonin che i suoi seguaci costruissero una
fede saldamente basata sulla dedizione altruistica agli insegnamenti buddisti, allo scopo di
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Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
propagare la Legge e realizzare kosen-rufu nell’Ultimo giorno.
Lo scopo del Sutra del Loto è permettere a tutti gli esseri viventi di ottenere l’illuminazione. Per
rendere possibile questo nell’Ultimo giorno della Legge, il Daishonin emise il potente ruggito del
leone del Daimoku, Nam-myoho-renge-kyo, rivelando la Legge fondamentale dell’universo. Era il
28 aprile 1253 e, da allora in poi, lottando contro enormi persecuzioni, egli si impegnò
instancabilmente nel trasmettere a tutte le persone questo insegnamento meraviglioso.
Il Daishonin comprese che l’illuminazione di ogni singola persona, compresi i preti eminenti e i
samurai, era possibile solo avendo una salda convinzione negli insegnamenti buddisti e una fede
incrollabile basata sul desiderio di propagare la Legge.
Il 21 settembre 1279, venti contadini seguaci del Daishonin furono arrestati con la falsa accusa di
aver rubato del riso ad Atsuhara, nella provincia di Suruga (attuale parte centrale delle prefettura di
Shizuoka), una zona in cui i seguaci del Daishonin subivano forti repressioni. Questo episodio è
noto come la persecuzione di Atsuhara.
Quei contadini credenti rimasero saldi nella fede, non vacillarono minimamente e si rifiutarono di
abiurare anche sotto tortura. Alla fine le figure centrali del gruppo, Jinshiro, Yagoro e Yarokuro,
che mantennero ardentemente la fede fino alla fine, furono giustiziate dalle autorità.
Erano contadini, nessuno di loro era un prete. Stavano praticando questo Buddismo da meno di un
anno, eppure erano riusciti a costruire una fede altruista che permise loro di conseguire la Buddità
in questa esistenza, dando la loro vita per la Legge. Ventisette anni dopo che il Daishonin aveva
iniziato a recitare il Daimoku, essi rappresentavano la prova concreta che il suo voto di condurre
tutti gli esseri viventi alla Buddità si poteva realizzare. Questo episodio rafforzò sicuramente la
convinzione del Daishonin che “la grande pura Legge del Sutra del Loto si sarebbe senza alcun
dubbio diffusa ampiamente in Giappone e in tutti gli altri paesi di Jambudvipa”. (cfr. La scelta del
tempo, RSND, 1, 491)
«La legge non si diffonde da sola; sono le persone a propagarla, perciò sia le persone che la Legge
sono degne di rispetto». (GZ, 856)
Pensando alla nuova epoca di kosen-rufu globale, Shin’ichi sentì l’urgente bisogno di far crescere
un numero sempre maggiore di autentici discepoli pronti a propagare la Legge mistica con
dedizione altruista, impegnandosi con tutto il cuore nella propagazione.
Shin’ichi disse ai responsabili che erano con lui: «Torniamo al centro culturale di Yamaguchi,
Voglio incontrare più giovani possibile, i tesori della Soka Gakkai, per incoraggiarli con tutte le mie
forze. Voglio trasmettere loro lo spirito della Soka Gakkai».
Lotta Condivisa 41
La prima alba.
Anche nel mio cuore
l’alba nuovamente sorge.
Shin’ichi Yamamoto compose questa poesia la mattina di Capodanno del 1953.
Ardeva di entusiasmo: «Sono pronto a impegnarmi al massimo! Finalmente è giunta l’epoca della
grande battaglia dei successori di kosen-rufu. Farò mio il desiderio di Toda, darò avvio a una
poderosa corrente per “la realizzazione del grande desiderio di kosen-rufu attraverso la
compassionevole propagazione della Legge”, e rassicurerò il mio maestro».
Il giorno seguente, il 2 gennaio, Shin’ichi festeggiò il suo venticinquesimo compleanno. Quel
giorno fu anche nominato responsabile della prima squadra della Divisione giovani uomini. E
nell’aprile dello stesso anno fu nominato responsabile vicario del capitolo Bunkyo di Tokyo.
L’anno prima, come consigliere del capitolo Kamata di Tokyo, Shin’ichi aveva guidato la
Campagna di febbraio, stabilendo un nuovo record nella propagazione a livello di capitolo in un
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Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
solo mese, un grande passo avanti verso il raggiungimento dello scopo dichiarato da Toda di
750.000 famiglie di membri.
Fu nel 1953 che Shin’ichi si mise alla testa del movimento di kosen-rufu, assumendo responsabilità
ancora più importanti.
Tornando dal centro culturale di Yamaguchi ricordò quella poesia scritta ventiquattro anni prima e
pensò: «Ho fatto la solenne promessa di mantenere vivo nel mio cuore, ogni giorno, lo spirito della
“prima alba”. La “prima alba” è la passione di avanzare in mezzo alle onde furiose del mare
burrascoso e affrontare nuove sfide per trasformare l’oscurità profonda. È l’ardente fiamma del
coraggio e della gioia. È la luce che dissolve le tenebre della propria e altrui sofferenza, tingendo la
vita dell’aureo colore della speranza. Un giovane è una persona che ha sempre il sole nel cuore».
Shin’ichi disse al responsabile della Prefettura di Yamaguchi, Yoshimitsu Umeoka, che era con lui
in macchina: «Con lo spirito della “prima alba” realizziamo nuovi successi per kosen-rufu! Spero
che ogni persona rinnovi con coraggio i propri sforzi, e scriva ogni giorno nel cuore un’orgogliosa
“storia della sua vita”.
Nei drammi epici ci sono sempre difficoltà e lacrime, ma gli eroi e le eroine non sono mai sconfitti.
Più intense sono la tristezza e la sofferenza, più grande è l’emozione della vittoria. Ciascuno è
protagonista della propria vita, tutti sono campioni con una profonda missione. Non vedo l’ora di
sentire le storie di vita che le persone creeranno».
Lotta Condivisa 42
Shin’ichi e i suoi compagni di viaggio fecero ritorno al Centro culturale di Yamaguchi dopo le otto
di sera.
Quando entrarono trovarono lo staff della Divisione giovani del centro e altri membri degli staff
Eventi provenienti dalle varie prefetture della regione del Chugoku che stavano sistemando pacchi e
svolgendo vari altri compiti. Shin’ichi chiese alla responsabile delle giovani donne della regione del
Chugoku, Mitsuyo Honma: «Ci sono molti membri degli staff Eventi che non sono di Yamaguchi.
Come mai?».
«Siamo qui con gli staff Eventi per dare una mano. Ci sono dodici giovani donne e venticinque
giovani uomini che non sono di Yamaguchi».
Shin’ichi si rivolse al vice presidente, responsabile della regione del Chugoku, e disse: «Ci sono
troppi membri degli staff Eventi qui. Questa è la sede centrale della Soka Gakkai di Yamaguchi e
non dovrebbe esserci così tanto chiasso. Tutto ciò che occorre è un piccolo gruppo di persone in
grado di svolgere il lavoro in maniera efficiente e veloce. Da domani ci dovrebbe essere solo un
decimo dei membri degli staff Eventi e ogni persona dovrebbe riuscire a esprimere le proprie
capacità dieci volte di più. Questa è quella che chiamiamo “rivoluzione delle persone capaci”.
Fate tornare gli altri staff nelle loro rispettive zone, per dedicarsi all’incoraggiamento dei compagni
di fede. Penso che in questo modo si possa creare più valore.
Dato che sono venuto appositamente a Yamaguchi, vorrei allenare direttamente i giovani di questa
prefettura. Ma se trovo dozzine di membri di staff di altre regioni che stanno lavorando qui, non
riesco a distinguere le persone di Yamaguchi.
Sono sicuro che per i pochi membri dello staff e per i membri della Divisione giovani di Yamaguchi
sarà una sfida assumersi la piena responsabilità di tutta la gestione di questo centro. Saranno nervosi
e potranno fare degli errori, ma non importa: fa parte del processo di apprendimento e della loro
formazione. Se succede qualcosa, io li sosterrò».
Shin’ichi amava profondamente ogni singolo giovane. Voleva unirsi alle loro attività, parlare con
loro, incoraggiarli e trasmettere tutto ciò che sapeva, ma raramente aveva l’opportunità di farlo.
Perciò, dava grande valore a queste preziose occasioni di incontrare i giovani nelle loro zone di
attività.
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Si tolse la giacca e chiamò i giovani: «Ok, occupiamoci insieme di questa montagna di pacchi.
Finiamo in venti minuti. Comincio io. Lo staff Eventi può prendersi una pausa e lasciare i giovani a
lavorare sodo. Questa è l’era dei giovani! Forza, partiamo!».
Lotta Condivisa 43
Il pomeriggio del 20 maggio, sotto un cielo limpido, ci fu un gongyo commemorativo per
inaugurare il nuovo Centro culturale di Yamaguchi.
Ricordando la Campagna di Yamaguchi di vent’anni prima, Shin’ichi Yamamoto parlò in maniera
amichevole e informale: «Assunsi la guida della campagna di Yamaguchi dopo aver ricevuto
istruzioni direttamente dal presidente Toda. A quel tempo il movimento di kosen-rufu a Yamaguchi
era molto in ritardo rispetto alle altre regioni. All’inizio di settembre del 1956 Toda mi convocò e
mi chiese di realizzare una svolta nello sviluppo di kosen-rufu a Yamaguchi: “Vorresti dare inizio a
un turbine di guide e di shakubuku nella prefettura di Yamaguchi?”.
Risposi senza esitazione: “Certo! Me ne occuperò io”. Quella grande sfida ebbe inizio dall’impegno
condiviso di maestro e discepolo».
Shin-ichi invitò i membri di tutti i capitoli del Giappone che avevano qualche contatto con
Yamaguchi a partecipare alla campagna.
A quel tempo molti membri della Soka Gakkai avevano problemi economici ma, nonostante questo,
accettarono coraggiosamente di partecipare. I membri che si recarono a Yamaguchi facevano parte
di un gruppo di volontari per kosen-rufu.
Molti membri del Kansai non vedevano l’ora di impegnarsi al fianco di Shin’ichi, che allora era
responsabile di staff della Divisione giovani, ed erano disposti a viaggiare ovunque. Per loro
dedicare la vita a kosen-rufu era il massimo onore. Erano profondamente consapevoli che quello
fosse il modo di vivere una vita veramente nobile.
L’unità d’intenti di Shin’ichi e del suo maestro, Josei Toda, e l’unità fra tutti i membri e Shin’ichi,
fu ciò che condusse a una grande vittoria nella Campagna di Yamaguchi.
Ripensando con nostalgia a quei momenti, Shin’ichi disse: «Per me Yamaguchi è un luogo prezioso
dove siamo stati pionieri insieme. Vent’anni fa qui non c’era nessun centro culturale e i pochi
membri che c’erano, disseminati in tutta la prefettura, erano tutti poveri. Adesso però abbiamo
questo meraviglioso centro culturale, dei responsabili forti, e l’organizzazione a Yamaguchi ha
solide basi. I semi che piantammo insieme vent’anni fa sono fioriti in tutta Yamaguchi e hanno dato
meravigliosi frutti».
Lotta Condivisa 44
Shin’ichi proseguì: «Toda soleva dire che sono affidabili coloro che sono rimasti fedeli alla propria
strada per vent’anni. E vent’anni è l’arco di tempo che occorre a un neonato per diventare adulto.
Allo stesso modo, se una persona persevera assiduamente nella fede per vent’anni, otterrà una
condizione vitale inimmaginabile.
Attraverso le nostre azioni per kosen-rufu riusciremo a trasformare completamente le nostre
comunità. Per far questo, però, non possiamo contare sugli altri; bisogna che noi siamo determinati
ad alzarci in prima persona e ad assumerci la completa responsabilità, impegnandoci assiduamente
giorno dopo giorno e dedicandoci completamente a quest’impresa.
Impegniamoci coraggiosamente e facciamo nostro lo slogan “Qualsiasi cosa accada, continuerò ad
avanzare per i prossimi vent’anni!”».
Poi Shin’ichi lesse ai membri un passo del Gosho per spiegare il funzionamento della Legge di
causa ed effetto in ogni aspetto della vita: «Il Venerabile Maugdalyayana era famoso per essere il
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primo nei poteri sovrannaturali. In un tempo inferiore a quello che occorre per spezzare in due un
capello, era in grado di viaggiare attraverso i quattro quartieri del mondo e raggiungere ogni luogo
illuminato dal sole e dalla luna. E se ti domandi come mai potesse farlo, è perché in una precedente
esistenza aveva percorso una distanza di mille miglia per udire la predicazione degli insegnamenti
buddisti». (WND-2, 1030)
Maugdalyayana era uno dei dieci discepoli principali del Budda, famoso per essere il primo nei
poteri sovrannaturali. Egli era in grado di recarsi da un capo all’altro della Terra in un batter
d’occhio. Come spiega Nichiren Daishonin in questo passo, acquisì questo potere in virtù delle
cause che aveva posto nelle vite passate percorrendo mille miglia per poter ascoltare gli
insegnamenti buddisti.
Il Daishonin dice anche che se poniamo cause negative, avremo effetti negativi. Per esempio: «Chi
ruba il cibo e le vesti altrui cadrà sicuramente nel mondo degli spiriti affamati». (Lettera da Sado,
RSND, 1, 270) Ovviamente chi crea la peggiore delle cause, cioè l’offesa nei confronti
dell’insegnamento corretto, riceverà come retribuzione una grande sofferenza.
Le nostre circostanze presenti non sono mai casuali. Come scrive il Daishonin citando un sutra: «Se
vuoi conoscere le cause del passato, guarda gli effetti del presente; se vuoi conoscere gli effetti del
futuro, guarda le cause del presente». (RSND,1, 252) La ricompensa per essersi dedicati alla vera
Legge consiste di benefici illimitati e felicità. Il Buddismo comincia con questa conferma della
legge di causa ed effetto che agisce nella vita.
Lotta Condivisa 45
Quando le persone basano la loro vita sulla legge di causa ed effetto che esiste nelle tre esistenze,
acquisiscono in modo naturale una bussola interiore che permette loro di percorrere la via maestra
del bene. E, in maniera altrettanto naturale, non saranno disposte a costruire la propria felicità a
spese degli altri.
Di questi tempi si parla molto di degrado morale e ogni giorno assistiamo a episodi di bullismo,
disordini pubblici e vari atti illegali. Indubbiamente le leggi in grado di affrontare questi
comportamenti negativi andrebbero rafforzate, ma una soluzione più radicale consiste
nell’affermazione di saldi principi che creino una forte coscienza morale nel cuore delle persone.
In altre parole, è assolutamente urgente e necessario affermare il principio che, nonostante si
possano ingannare gli altri, non si possono in alcun modo evitare le conseguenze della legge di
causa ed effetto nella propria vita.
Quando le persone si sforzano di vivere basandosi su questo principio, riescono a migliorare anche
la loro personalità. Per questo i buddisti devono essere persone con una personalità luminosa.
Come scriveva Lev Tolstoj (1828-1910), il grande autore russo: «Una vita veramente retta è quella
che si accorda con la legge suprema della propria coscienza».
Dopo aver riconfermato l’importanza del principio buddista di causa ed effetto, Shin’ichi
Yamamoto parlò del significato della fede: «Ogni persona ha il proprio karma e nella vita deve
affrontare diverse prove, come le difficoltà economiche, o la malattia. Quando siamo afflitti da
questi problemi, ci sentiamo spesso incapaci di affrontarli, proviamo un senso d’impotenza e
disperazione, oppure diventiamo apatici. Questa è una trappola che può portare di conseguenza a un
temibile circolo vizioso che conduce all’infelicità.
La fede ci permette di spezzare questo circolo negativo di sfortuna e ci dà la forza indomita di
affrontare qualsiasi tipo di difficoltà.
Ricordate che lo scopo del Buddismo è risvegliare il coraggio di affrontare a testa alta ogni sfida
che la vita ci presenta, dicendo a noi stessi “Non mi farò sconfiggere da questo!”, “Questa è
un’opportunità per trasformare il mio karma!”».
Shin’ichi concluse il suo discorso esprimendo il desiderio sincero che tutti potessero condurre vite
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Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
lunghe e piene di salute, assaporando pienamente la gioia della fede.
Lotta Condivisa 46
Dopo la cerimonia di Gongyo per l’inaugurazione del Centro culturale di Yamaguchi, Shin’ichi
partecipò a una riunione con un gruppo proveniente dall’Università di Yamaguchi, e poi si recò in
auto a un evento serale.
I responsabili di Yamaguchi volevano portarlo da Sakotei, un famoso ristorante che esisteva da più
di un secolo, sin dall’era Meiji (1868-1912). Molti statisti del periodo Meiji lo avevano frequentato,
da Inoue Kaoru (1836-1915) che gli aveva dato il nome, ad altri insigni personaggi come Kido
Takayoshi (1833-1877), Ito Hoburumi (1841-1909) e Yamagata Aritomo (1838-1922).
Uno dei cuochi del ristorante era un membro della Soka Gakkai e Shin’ichi voleva sfruttare questa
occasione per incoraggiarlo. Inoltre, voleva ringraziare le persone che avevano lavorato dietro le
quinte e i custodi dei centri culturali della zona, invitandoli a pranzo da Sakotei.
Il ristorante, costruito alla fine del diciannovesimo secolo, aveva un’aria maestosa, con le sue grandi
colonne, i soffitti alti e i pavimenti di legno tirati a lucido nei corridoi, che ne testimoniavano la
lunga tradizione. Sui muri delle varie sale da pranzo erano incorniciate le calligrafie lasciate da vari
personaggi del periodo Meiji.
Osservando la vegetazione del giardino del ristorante, Shin’ichi si ricordò che a maggio cadeva il
centesimo anniversario della morte di Kido Takayoshi. Kido aveva studiato sotto la guida
dell’educatore e riformatore giapponese Yoshida Shoin (1830-1859) e, portando avanti gli ideali del
suo maestro, aveva svolto un ruolo importante nella Restaurazione Meiji.
Shin’ichi ricordò con affetto di aver parlato di Yoshida Shoin con il suo maestro Toda, che spesso
gli diceva: «Con la sua morte, il singolo individuo Yoshida Shoin creò numerosi altri Yoshida
Shoin».
Nella lettera che Yoshida Shoin scrisse ai suoi allievi, poco prima di essere giustiziato, egli disse
loro di non piangere per la sua morte: «Se conoscete i miei sentimenti, terrete alte le mie aspirazioni
e le farete diventare realtà». E i suoi discepoli non lo delusero.
Anche la Soka Gakkai era cresciuta così tanto grazie ai discepoli di Toda che, a cominciare da
Shin’ichi, avevano ereditato la sua missione di realizzare kosen-rufu, facendola diventare realtà.
Shin’ichi pregò e decise profondamente di far crescere a Yamaguchi una robusta schiera di
discepoli che conoscessero ed ereditassero veramente le sue aspirazioni.
Lotta Condivisa 47
IL 21 maggio Shin’ichi Yamamoto si era messo a scrivere fin dalla mattina calligrafie su libri e
cartoncini decorativi. I suoi sforzi per incoraggiare i membri non avevano mai fine. Sua moglie
Mineko raccoglieva via via i libri e i cartoncini che Shin’ichi iscriveva e li allineava in bell’ordine
per fare asciugare l’inchiostro.
Quel pomeriggio Shin’ichi aveva programmato di visitare il Centro culturale di Tokuyama che era
stato inaugurato in aprile e partecipare al gongyo commemorativo per i vent’anni della campagna di
Yamaguchi.
Shin’ichi aveva terminato le varie iscrizioni calligrafiche e stava consumando un veloce pranzo,
quando un responsabile locale gli disse: «C’è un’anziana coppia che ha iniziato a praticare questo
Buddismo vent’anni fa, dopo averla sentita parlare a una riunione durante la campagna di
Yamaguchi. Sono la signora Mitsu Momota e suo marito Kitcharo, e vorrebbero vederla».
«Mi fa piacere incontrarli, li conosco bene».
Shin’ichi poggiò le bacchette e andò incontro alla coppia; mise loro un braccio sulle spalle e
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Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
insieme passeggiarono nel giardino del Centro culturale.
«Non dimenticherò mai i compagni di fede con i quali ho creato profondi legami lottando insieme.
Saremo sempre uniti attraverso le tre esistenze, nel nostro viaggio di kosen-rufu».
I maestri e i discepoli Soka sono figli del Budda, uniti eternamente dal grande voto di realizzare
kosen-rufu. È un legame della massima solidità e forza, più di qualsiasi altro.
Shin’ichi si sedette per una fotografia con la coppia e poi li salutò con una forte stretta di mano.
I loro occhi luccicavano di lacrime, come ad esprimere la solenne promessa di rimanere fedeli al
voto di kosen-rufu attraverso le tre esistenze di passato, presente e futuro.
«È ora!» disse Shin’ichi «È meglio che andiamo».
Dopo aver incoraggiato l’anziana coppia, Shin’ichi salì subito in macchina per la stazione di Ogori,
montò sul treno ad alta velocità e giunse alla stazione di Tokuyama. Era la sua prima visita a
Tokuyama dopo vent’anni.
Alla stazione, dove giunse poco prima delle 13.30, c’erano ad accoglierlo una decina di membri, e
tutti i loro volti gli erano familiari.
«Che bello rivedervi!» esclamò Shin’ichi.
Il vice presidente responsabile della regione del Chogoku, che viaggiava con lui, gli presentò un
membro: «Lui è Toshiro Oyama, figlio della proprietaria della Pensione Chitose, dove lei alloggiò e
che usò come base a Tokuyama durante la Campagna di Yamaguchi. Lui e sua madre sono diventati
membri in quel periodo».
«Mi ricordo bene di te» disse Shin’ichi «Allora eri ancora studente, non è vero?».
Lotta Condivisa 48
Durante la Campagna di Yamaguchi, nel novembre 1956, Shin’ichi si recò a Tokuyama e si fermò
nella Pensione Chitose.
La sera in cui rimase alla pensione fu organizzata una riunione di discussione.
Quel pomeriggio, la proprietaria della pensione, Tsune Oyama, mentre era in cucina ricevette la
visita di un giovane ben vestito. Era Shin’ichi.
«Grazie per aver accolto questo numeroso gruppo nella vostra pensione. Ho dato attente istruzioni
affiché nessuno crei il minimo disturbo ma, se mi fosse sfuggito qualcosa, la prego di non esitare ad
informarmi. Sono lieto di averla conosciuta. Grazie».
In effetti, inizialmente la signora Oyama era stata felice di avere così tanti ospiti ma poi, vedendo il
continuo andirivieni di persone, era rimasta alquanto perplessa. Tuttavia, fu molto colpita dalla
gentilezza di Shin’ichi e si sentì rassicurata pensando che persone così premurose non avrebbero
causato alcun problema.
La sincerità si esprime in un comportamento attento e premuroso che infonde fiducia e sicurezza
negli altri.
La signora Oyama aveva promesso a un membro della delegazione che avrebbe partecipato alla
riunione di discussione. In realtà aveva deciso di affacciarsi solo per un momento, insieme a una
sua dipendente, giusto per farsi vedere. Così, quando ebbe terminato il lavoro, si recò alla riunione e
fu sorpresa nel vedere che a condurla era proprio quel giovane che si era rivolto a lei con tanta
cortesia in cucina. Parlava con tono sicuro e fiducioso ed esprimeva una forte convinzione. Dopo
aver spiegato che la via diretta per trasformare il proprio karma si trova nell’insegnamento corretto
del Buddismo, si rivolse alla signora Oyama: «C’è qualcosa che la preoccupa, signora Oyama?».
«In effettì sì» rispose lei «La primavera prossima mio figlio finirà l’università, ma non ha ancora
trovato un lavoro. In questo momento è la mia maggiore preoccupazione».
La signora Oyama era una donna forte che di solito non parlava agli altri dei suoi problemi, ma
qualcosa la spinse a condividere la sua preoccupazione con Shin’ichi. Tuttavia, appena pronunciate
quelle parole, avrebbe voluto rimangiarsele.
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Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
Lotta Condivisa 49
Shin’ichi Yamamoto chiese a Tsune Oyama, la proprietaria dalla pensione: «È suo figlio?».
«Sì, è il mio unico figlio» rispose lei. «Mio marito è morto, e io l’ho cresciuto da sola».
«Deve essere stato molto difficile. Il Buddismo insegna la via sicura per la felicità e spiega che chi
si impegna sarà ricompensato. Il Buddismo è una bussola che guida la nostra vita nel viaggio verso
la vera felicità. È un peccato rimanere in balia del destino e perdere la strada. Vogliamo diventare
felici insieme praticando assiduamente?».
Oyama disse annuendo: «Lo farò!», e anche la sua dipendente decise di iniziare a praticare con lei.
Tsune Oyama aveva vissuto felice con suo marito, un architetto, in Manciuria, nella parte
nordorientale della Cina. Nel 1934 aveva dato alla luce Toshiro e vedeva davanti a sé un futuro
luminoso.
Ma, l’anno dopo, il marito fu rapito da un gruppo di banditi conosciuti come “i ladri di cavalli”, che
aveva compiuto numerosi furti, e non fu mai più ritrovato.
Nel 1936 Tsune fu costretta a ritornare con il figlioletto a Yamaguchi, la sua città natale, e vissero
da soli. Lavorò senza sosta, aprì un piccolo ristorante, accumulò qualche risparmio e infine riuscì ad
acquistare una pensione. Ma quel successo ebbe breve durata perché, poco dopo, durante un raid
aereo la pensione andò in fiamme.
Dopo la seconda guerra mondiale, al termine di una serie infinita di dolorose battaglie, riuscì a
riaprire la pensione e continuò ad allevare suo figlio da sola: riuscì a mandarlo all’università ma,
quando giunse il momento della laurea, egli non aveva ancora trovato un lavoro.
Tsune Oyama era enormemente preoccupata per il suo destino. Come nel caso dell’impiego del
figlio, le sembrava che, per quanto strenuamente s’impegnasse per costruire una vita felice, i suoi
sforzi svanivano come sabbia al vento. Davanti agli altri cercava di assumere un atteggiamento
sicuro di sé, ma interiormente temeva l’incertezza della vita. Per questo le parole di Shin’ichi
“Vogliamo diventare felici insieme?” toccarono profondamente il suo cuore.
Siamo nati per diventare felici. Tutti hanno diritto alla felicità. Lo scopo del Buddismo è
permetterci di realizzarla.
Lotta Condivisa 50
Dopo aver deciso di unirsi alla Soka Gakkai, Tsune Oyama esortò anche il figlio Toshiro a farlo, e
così cominciarono a praticare il Buddismo insieme.
Una settimana dopo, a Toshiro fu offerto un lavoro in un’acciaieria. Questo fu il primo beneficio
degli Oyama all’inizio della pratica.
Quando Shin’ichi visitò la pensione Chitose per la seconda volta, Toshiro si presentò con la madre a
salutarlo nella sua stanza. In quell’occasione Shin’ichi gli raccomandò di studiare sodo e sottolineò
l’importanza di avere successo nella società.
Fino alla sua morte, nel 1972, Tsune Oyama, che aveva profondi legami nella sua comunità, fu una
colonna portante del movimento di kosen-rufu a Tokuyama.
Suo figlio Toshiro, nel corso di quei vent’anni dal suo primo incontro con Shin’ichi, si era sposato
ed era diventato un funzionario del massimo livello nel suo posto di lavoro. Lavorava alla sede
centrale dell’azienda a Tokyo, ma, quando seppe che il presidente Yamamoto avrebbe visitato
Tokuyama, tornò con la moglie e i figli per accoglierlo ed esprimergli la sua gratitudine.
Ai membri che lo accolsero al centro culturale di Tokuyama, Shin’ichi disse: «Sono immensamente
felice di vedere che le persone che cominciarono a praticare durante la campagna di Yamaguchi si
stanno ancora impegnando intensamente. Vi prego di continuare a essere pionieri di kosen-rufu
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Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
nelle vostre comunità. La strada di kosen-rufu inizia dal proprio ambiente.
Non potete lasciare a qualcun altro il compito di realizzare kosen-rufu nella vostra comunità; siete
voi che dovete alzarvi e realizzarlo.
Quando vivevo in un condominio, iniziai a parlare di Buddismo ai miei vicini e, durante la
campagna di Yamaguchi, cominciai a far conoscere questo Buddismo a ogni persona che incontravo
e con la quale facevo amicizia. Ho sempre perseverato nel far conoscere agli altri la Legge mistica,
spinto dal desiderio che più persone possibili potessero creare un legame con il Buddismo».
Il responsabile di prefettura Yoshimi Umeoka, che era al fianco di Shin’ichi, disse: «Ho sentito
raccontare che, in diverse occasioni, molte persone che avevano partecipato a una riunione di
discussione con lei hanno deciso quel giorno stesso di entrare a far parte della Gakkai».
Shin’ichi rispose: «Sì, a volte è successo, ma fare shakubuku non è così facile. Ci sono state
occasioni in cui le persone si sono opposte a ciò che dicevo e si sono arrabbiate. Ma fintanto che
parliamo con sincerità, le nostre parole rimarranno nel cuore anche di coloro che non sono
d’accordo con noi».
Lotta Condivisa 51
Quando Shin’ichi entrò nella sala in cui si sarebbe tenuto il Gongyo commemorativo, fu accolto da
applausi fragorosi. Un’anziana donna in kimono sedeva in prima fila e lo applaudiva entusiasta e,
dietro gli occhiali, aveva i lucciconi agli occhi. Era Toshiko Yamamura, alla quale Shin’ichi aveva
fatto conoscere il Buddismo di Nichiren Daishonin durante la campagna di Yamaguchi e che aveva
cominciato a praticare subito dopo. Durante la fase pionieristica dell’organizzazione a Tokuyama, si
era impegnata attivamente come responsabile di capitolo delle donne.
Nel novembre 1956 Toshiko Yamamura aveva partecipato a una riunione di discussione tenuta da
Shin’ichi a Tokuyama. Era sempre stata cagionevole di salute, e da molti anni soffriva a causa
dell’asma e degli effetti collaterali dei numerosi medicinali che assumeva. Suo marito produceva e
vendeva konnyaku (una pianta usata per produrre farina e prodotti gelatinosi), ma gli affari
andavano male e avevano seri problemi a tirare avanti.
Durante la riunione di discussione, Shin’ichi chiese a Yamamura di sistemarsi avanti, nella prima
fila del gruppo.
Yamamura non era affatto ben disposta nei confronti della religione. Si aspettava di sentire qualche
affermazione ambigua e, mentre veniva avanti, era determinata a opporsi e a controbattere
vigorosamente.
«Ha qualche problema o preoccupazione?» le chiese Shin’ichi.
Naturalmente le sue giornate erano piene di ogni sorta di preoccupazioni, ma, irritata da questa
intrusione nella sua vita personale, resistette e rispose: «No, non ho alcun problema particolare!».
Shin’ichi si limitò a sorriderle; iniziò a parlare con calma dell’importanza di seguire un
insegnamento corretto e a spiegare le basi del Buddismo.
Nel suo cuore Yamamura lo trovava convincente, ma allo stesso tempo era determinata a non
cedere alla sua forza persuasiva.
In certi momenti, pur sapendo razionalmente che una cosa è vera, l’emotività ci impedisce di
accettarla e agire di conseguenza. Ma la strada per l’autentica felicità inizia dal controllo delle
proprie emozioni, dal muovere un primo coraggioso passo verso il progresso e il miglioramento
personale.
Quando terminò il suo discorso, Shin’ichi chiese a Yamamura: «È sicura di non essere malata? Il
passo più importante per superare la malattia è aumentare la propria forza vitale recitando Daimoku
al Gohonzon. Perché non prova a praticare questo Buddismo?».
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Lotta Condivisa 52
Yamamura guardò Shin’ichi e chiese in tono sarcastico: «Scusi la domanda, ma mi sembra che il
Gohonzon non sia altro che un pezzo di carta. Come è possibile che delle semplici parole scritte su
un pezzo di carta abbiano un potere così grande?».
Shin’ichi rispose sinceramente: «Anche la carta può avere un potere notevole, non è vero?
Getterebbe via un assegno da 50.000 o 100.000 yen perché è “solo carta”? Se riceve un telegramma
che dice: “Tua madre è molto grave” non ne sarebbe profondamente colpita, anche se si tratta solo
di parole su un pezzo di carta?
Anche una mappa è solo carta ma, se ci fidiamo della mappa e la usiamo, arriveremo a
destinazione. Il Gohonzon è l’oggetto di culto per tirar fuori una grande condizone vitale, in modo
da poter diventare assolutamente felici».
Shin’ichi continuò a sostenere la sua argomentazione con numerosi esempi.
Dopo un po’, un responsabile che aveva accompagnato Shin’ichi lo interruppe con tono esitante per
dirgli: «Signor Yamamoto, è ora di andare. Se vi tratterrete più a lungo farete tardi alla prossima
riunione di discussione». Shin’ichi si alzò riluttante ma, prima di lasciare la stanza, si rivolse ancora
una volta a Yamamura: «Spero che proverà a praticare questo Buddismo e diventerà veramente
felice».
Questa volta Yamamura non rispose: tuttavia fu profondamente toccata dal calore di Shin’ichi,
tanto che si sentiva quasi disposta a iniziare a praticare il Buddismo. Ma sentiva che farlo sarebbe
stato, in un certo senso, un segno di sconfitta.
Nonostante questo, dopo un certo periodo aderì alla Soka Gakkai e decise di mettere alla prova il
Gohonzon per dimostrare che Shin’ichi e gli altri membri avevano torto.
Recitò Daimoku con tutta se stessa per una settimana, poi smise per una settimana. I risultati furono
inequivocabili. Sin dal giorno in cui iniziò a recitare, gli attacchi d’asma cessarono
immediatamente. E quando smise di recitare ebbe un attacco così doloroso che pensò di morire.
«Adesso comprendo il grande potere del Gohonzon! Adesso ci credo! Voglio vincere la mia
malattia!». Yamamura si scusò profondamnete davanti al Gohonon.
Come scrive Nichiren Daishonin: «Per valutare le dottrine buddiste io, Nichiren, credo che i metodi
migliori siano la ragione e la prova documentaria. Ma ancora migliore di queste è la prova
concreta» (I tre maestri del Tripitaka pregano per la pioggia, RSND, 1, 532). La prova
inconfutabile che aveva sperimentato risvegliò Yamamura al potere della fede buddista.
Lotta Condivisa 53
Dopo aver ottenuto una prova visibile della fede, Toshiko Yamamura s’impegnò con tutto il cuore
nelle attività della Soka Gakkai. A un certo punto, sentì dire da un altro membro che viveva a Osaka
che Shin’ichi Yamamoto stava per recarsi nella regione del Kansai.
Desiderava incontrare Shin’ichi per scusarsi del suo comportamento irrispettoso durante la riunione
di discussione di Tokuyama. Inoltre voleva dirgli che, dopo essersi unita alla Soka Gakkai, era
riuscita a superare la sua malattia. Così andò alla sede centrale della Soka Gakkai nel Kansai.
«Lei è la signora Yamamura, vero? Mi ricordo bene di lei. Sono davvero felice di vederla così in
buona salute, da quando ha iniziato a praticare questo Buddismo. Ha un aspetto meraviglioso».
Yamamura era molto felice che Shin’ichi si ricordasse di lei.
«Le chiedo scusa per essere stata così cocciuta alla riunione di discussione. Di natura sono piuttosto
ostinata e non mi piace cedere».
Sorridendo Shin’ichi rispose: «Nel Buddismo questo si chiama mondo di Collera. Le persone in
questa condizione vitale esteriormente vogliono sempre apparire grandi, importanti, e interiormente
tendono ad avere scarsa considerazione degli altri. Il desiderio di essere superiori agli altri è
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l’essenza del mondo di Collera.
In questo stato vitale le persone si preoccupano molto delle apparenze e della posizione sociale.
Sono orgogliose di essere potenti, importanti, e cercano di far colpo sugli altri. E al tempo stesso,
quando vedono che una persona è migliore di loro, che gode di rispetto e ammirazione, provano
invidia e gelosia nei suoi confronti. Come scrive Nichiren Daishonin: “Il servilismo è il mondo di
asura [o Collera]” (RSND, 1, 317). “Servilismo” significa avere una scarsa stima di sé e
comportarsi in maniera ossequiosa e adulatoria verso gli altri: coloro che si trovano nel mondo di
Collera, essendo molto arroganti, anche se cercano di apparire importanti in realtà mancano di
autentiche capacità e di fiducia in se stessi, e così adulano e cercano di ingraziarsi chiunque
percepiscano come più forte di loro. Fanno così perché in realtà sono vigliacchi e disonesti.
Un simile comportamento di fatto pone soltanto le cause per la propria infelicità. Il Buddismo ci
permette di sollevarci al di sopra di questo stato vitale.
Dedicando la vita al grande voto di kosen-rufu, si trova dentro di sé l’energia per superare i propri
difetti. Allora il mondo di Collera nella propria vita si trasformerà nel mondo di Collera contenuto
nel mondo di Buddità e nel mondo di Bodhisattva. Si trasformerà in un grande potere di sconfiggere
il male, e nella determinazione di essere sempre vittoriosi.
Spero che lei si impegnerà al massimo nel praticare il Buddismo con sincerità».
Lotta Condivisa 54
Yamamura incise profondamente nel cuore la guida di Shin’ichi che la esortava a praticare
sinceramente il Buddismo, rifletté sul proprio comportamento e si dedicò con tutto il cuore nelle
attività della Soka Gakkai.
Nell’agosto 1964, quando fu fondato il capitolo Higashi Tokuyama, fu nominata responsabile di
capitolo della Divisione donne.
Grazie a una fede sincera riuscì a valorizzare il suo temperamento combattivo, trasformandolo in
determinazione a vincere, e così il movimento di kosen-rufu a Tokuyama progredì notevolmente.
Al Centro culturale di Tokuyama, Shin’ichi sorrise a Yamamura e poi si sedette. La voce risonante
del moderatore annunciò l’inizio della riunione, aperta dalla cerimonia di Gongyo, per festeggiare i
venti anni di kosen-rufu nella prefettura di Yamaguchi.
Dopo Gongyo e i saluti dei responsabili, Shin’ichi si avvicinò al microfono e iniziò a parlare con
tono amichevole e familiare.
«Mi ricordo come fosse adesso che, vent’anni fa, durante la Campagna di Yamaguchi, faticammo
parecchio qui a Tokuyama perché le attività di propagazione non procedevano come avremmo
desiderato.
Mi viene da pensare che Tokuyama letteralmente significa “montagna di benefici”e mi dispiace
che, fin adesso, la “montagna di benefici” abbia avuto dei problemi a causa della mancanza di un
centro.
Ma ora, dopo vent’anni da quella campagna pionieristica, grazie al vostro impegno questo
meraviglioso Centro culturale di Tokuyama è stato completato. Questo è il vostro castello della
Legge. È la prova dell’accumulo di grandi benefici, di una vera “montagna di benefici”. Adesso
questo magnifico castello di kosen-rufu è stato ultimato e senza dubbio anche tutti voi, e i vostri
familiari, che avete contribuito alla sua costruzione, godrete di altrettanti benefici e buona fortuna.
Dal punto di vista della fede, il fatto che abbiate abbracciato il Gohonzon durante quelle prime
attività pionieristiche per kosen-rufu fa di voi dei precursori all’interno della Soka Gakkai, come un
ramo principale che diventerà la radice e recherà benefici e prosperità alla famiglia e ai discendenti
per innumerevoli generazioni future.
Anche se non riusciamo a vedere le radici di un albero, più profondamente queste affondano nella
terra, più forte e rigoglioso crescerà l’albero. Spero che voi tutti affondiate profondamente e
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saldamente le radici della fede buddista nella terra di kosen-rufu, così che le vostre famiglie e le
persone vicine a voi possano godere di prosperità per i prossimi cinquanta, cento e diecimila anni».
Lotta Condivisa 55
Poi Shin’ichi Yamamoto parlò dell’atteggiamento nei confronti della fede e della pratica buddista.
«Nichiren Daishonin afferma chiaramente che la causa fondamentale dell’infelicità risiede
sostanzialmente nell’offesa alla Legge, in altre parole nell’offesa nei confronti di Nam-myohorenge-kyo, la Legge fondamentale dell’universo. Al tempo stesso insegnò che la fede in Nammyoho-renge-kyo è la via diretta per la felicità.
Egli iscrisse il Gohonzon come l’entità fondamentale per trasformare le cause negative del passato e
stabilire una condizione vitale di felicità assoluta. Quando dedichiamo la vita a kosen-rufu,
basandoci sul Gohonzon, possiamo sicuramente conseguire la Buddità in questa esistenza. Voglio
affermare senz’ombra di dubbio che è la Soka Gakkai che sta trasmettendo correttamente il
Buddismo di Nichiren Daishonin agli altri e sta portando avanti questa pratica nel mondo attuale.
Ma, per quanto meraviglioso sia il Gohonzon, se la fede di una persona è debole, non otterrà
benefici».
Poi Shin’ichi lesse il passo del Gosho: «Più forte è la fede, maggiore è la protezione degli dèi.
Questo vuol dire che la protezione degli dèi dipende dalla forza della fede di una persona. Il Sutra
del Loto è un’eccellente spada, ma la sua forza dipende da chi la impugna» (RSND, 1, 846).
Questo è un insegnamento importante in quanto sottolinea che ciò che attiva e fa manifestare i
poteri delle divinità protettrici è la forza della nostra pratica buddista. Anche se abbiamo
abbracciato il Gohonzon, gli déi celesti non ci proteggeranno se vacilliamo nella pratica davanti alle
difficoltà.
Ci sono persone, ad esempio, che davanti alla malattia si lasciano turbare, dubitano del Gohonzon e
si chiedono: «Com’è possibile che mi sia capitato questo, visto che pratico il Buddismo?».
Ma tutti gli esseri umani sono soggetti alla malattia. In realtà questo Buddismo ci permette di
affrontare la malattia facendo emergere una vigorosa forza vitale, che deriva dal rimanere saldi
nella pratica e tirar fuori così il potere di rinnovare e rivitalizzare se stessi. Il nostro scopo è forgiare
un io invincibile di fronte a qualsiasi evento della vita.
Lotta Condivisa 56
Shin’ichi parlò dell’importanza della forza interiore perché voleva rimarcare che il Buddismo di
Nichiren non è una “fede dipendente”, ma una filosofia della rivoluzione umana. Citando il passo
del Gosho: «Anche abbracciare il Sutra del Loto sarebbe inutile senza l’eredità della fede» (RSND,
1, 191), sottolineò inoltre che l’eredità della fede esiste all’interno della Soka Gakkai che si adopera
per il progresso di kosen-rufu, così come insegna il Daishonin.
Alla fine della riunione Shin’ichi si incontrò con i rappresentanti della Divisione giovani del
Chugoku e si intrattenne con loro a pranzo, in un ristorante davanti alla stazione di Tokuyama.
Due giorni prima aveva congedato vari membri della Divisione giovani e degli staff che erano
venuti da Hiroshima e da altre località per dare una mano presso il Centro culturale di Yamaguchi.
Lo aveva fatto perché desiderava allenare direttamente i giovani e lo staff dipendenti di Yamaguchi.
Shin’ichi era profondamente consapevole di quanto si fossero rattristati quei giovani che erano stati
rimandati a casa, e così li invitò a una riunione informale a Tokuyama. Sedette al tavolo con loro e,
mentre mangiavano, diede loro consigli amichevoli sul galateo a tavola e altre cose. Al termine del
pranzo, si intrattenne ancora a parlare con i membri della Divisione giovani in una stanza in stile
giapponese all’interno del ristorante.
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Rivolgendosi alle responsabili delle giovani donne disse: «La maggior parte di voi probabilmente si
sposerà e alla fine passerà nella Divisione donne. Per un certo periodo sarete molto occupate ad
allevare i bambini e a fare tante cose, e vi sentirete esauste. Probabilmente vi risulterà difficile fare
attività in prima linea nell’organizzazione. Ma non dimenticate mai l’orgoglio di essere state
responsabili della Divisione giovani donne e lo spirito che avevate allora.
Ricordate che vi era stato affidato un ruolo importante nella Soka Gakkai e che molte persone vi
consideravano un punto di riferimento. Ripartite sempre da questa consapevolezza e continuate a
impegnarvi fino in fondo. Impegnarsi come responsabili della Divisione giovani donne porta
immensi benefici e fortuna. Non dimenticate che qualsiasi difficoltà o problema possiate affrontare
lungo il vostro cammino, se continuerete a praticare, otterrete certamente la felicità e la vittoria
nella vita».
Shin’ichi parlò loro sinceramente, dal profondo del cuore.
Lotta Condivisa 57
Shin’ichi Yamamoto disse ai responsabili dei giovani uomini del Chugoku: «È importante agire
sempre all’unisono con la sede centrale della Soka Gakkai e impegnarsi secondo le guide del nostro
maestro. Quando seguiamo il sentiero corretto, il sentiero della Soka Gakkai, possiamo allenare noi
stessi e crescere diventando persone eccellenti.
Se cercate egoisticamente di condurre l’organizzazione nella direzione che più vi fa comodo, sia voi
che l’organizzazione finirete con il deviare dall’orbita di kosen-rufu e girerete a vuoto.
Quando i responsabili cercano di manipolare l’organizzazione in base alle loro opinioni personali,
la prima cosa che viene meno è l’imparzialità nelle nomine dei responsabili, in altre parole vengono
nominate soltanto le persone che sono d’accordo con quei responsabili, che alla fine si ritrovano
circondati da persone che sperano di guadagnarsi i loro favori seguendo le loro direttive. Di
conseguenza la Soka Gakkai, che dovrebbe essere un’organizzazione basata sulla fede nella Legge
mistica, diventerà un’organizzazione distorta basata sul clientelismo. Questo significa sfruttare
l’organizzazione e, come parassiti nel corpo del leone, distruggere dall’interno la Soka Gakkai,
l’organizzazione in accordo con il volere e il mandato del Budda. Non bisogna mai permettere che
si formino fazioni all’interno della Soka Gakkai.
Se le esaminiamo attentamente, vediamo che le organizzazioni che hanno difficoltà a crescere, o
che sembrano aver perso il chiaro scopo della fede che le muoveva un tempo, soffrono spesso per
questo genere di problemi.
Per evitare tutto questo, le persone coinvolte nelle nomine dei responsabili dovrebbero avere un
forte senso di responsabilità e integrità. Non dimenticate mai che decisioni sbagliate o irresponsabili
in questo ambito possono condurre alla distruzione della Soka Gakkai».
Shin’ichi continuò a parlare con tutta la forza, pensando al futuro. In risposta alle parole e alle
azioni dei giovani, gli incoraggiamenti e le guide fluivano da Shin’ichi come un torrente in piena.
«I giovani devono sviluppare le proprie capacità sforzandosi assiduamente. La negatività è il
peggior nemico. I giovani non dovrebbero mai disprezzare se stessi perché sono poveri o non hanno
frequentato le migliori scuole. I giovani Soka, che hanno dedicato la vita al supremo ideale di
kosen-rufu, dovrebbero essere sempre positivi, e continuare ad affrontare una sfida dopo l’altra!».
Conclusa questa sessione di incoraggiamento, Shin’ichi lasciò Tokuyama in macchina, poco dopo
le otto di sera.
Lotta Condivisa 58
Shin’ichi stava andando in macchina da Tokuyama al Centro culturale di Yamaguchi quando, dopo
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Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
circa 30-40 minuti, sua moglie Mineko disse: «Ho sentito che i membri di Hofu si sono riuniti
presso il loro centro locale». Era stata informata dalla responsabile regionale delle donne del
Chugoku, Mitsue Shibano. A dire dell’autista, il centro locale di Hofu era solo a pochi minuti di
distanza.
«Andiamo! - disse Shin’ichi - mi piacerebbe incoraggiarli con tutto il cuore, anche se non abbiamo
molto tempo. Dopo tutto, ci stanno aspettando».
I membri si erano riuniti al centro locale di Hofu nella speranza che il presidente Yamamoto si
fermasse per salutarli, ma ormai erano le venti e trenta passate e stavano per tornare a casa. Proprio
in quel momento l’auto di Shin’ichi si fermò davanti al centro.
«Buonasera!» disse Shin’ichi sorridendo mentre varcava l’ingresso. Dietro di lui c’era Mineko. I
membri applaudirono felici.
Il centro era un piccolo edificio di legno. Appena entrato Shin’ichi chiese: «Pensate che se facciamo
Gongyo, disturbiamo i vicini?».
«No, se chiudiamo le persiane» rispose qualcuno.
«Bene, allora chiudiamole, e facciamo Gongyo a bassa voce. Voglio pregare per la vostra salute e
longevità, e per la prosperità delle vostre famiglie».
Dopo Gongyo, Shin’ichi si diresse verso l’organo elettrico che era nella stanza.
«Consideratelo il mio piccolo omaggio per voi!», disse; abbassò il volume dell’organo e iniziò a
suonare Il villaggio di Atsuta, I tre martiri di Atsuhara e varie altre canzoni della Gakkai.
«So che avete aspettato a lungo. Mi piacerebbe ricambiare in qualche modo la vostra sincerità. Nel
mondo secolare contano gli interessi personali, ma nel mondo della fede conta la sincerità.
La Soka Gakkai unisce il maestro e il discepolo, i compagni di fede e i cuori delle persone,
nell’impresa di realizzare kosen-rufu. La Soka Gakkai è un’organizzazione umanistica che mette
sempre le persone prima della burocrazia. È questo che rende così forte la Soka Gakkai. Mi sto
impegnando al massimo per far sì che la Soka Gakkai sia sempre un mondo puro in cui regna
questo spirito».
Lotta Condivisa 59
Rivolgendosi ai membri riuniti nel centro locale di Hofu, Shin’ichi disse: «Anche se sono stati
aperti nuovi centri culturali nelle città di Yamaguchi e di Tokuyama, vi prego di tenere a mente che
fondamentalmente Hofu è il punto di origine della Soka Gakkai a Yamaguchi e il motore di kosenrufu nella prefettura di Yamaguchi».
Il 3 maggio 1960, quando Shin’ichi fu nominato terzo presidente della Soka Gakkai, fu fondato il
capitolo Yamaguchi, con un ufficio a Hofu. Poi nel 1965 fu costruito il Centro locale di Hofu che
divenne la sede della Soka Gakkai per la prefettura di Yamaguchi.
Dal punto di vista storico Hofu una volta era la fiorente capitale dell’ex provincia di Suo, che
costituiva la parte sud-orientale della prefettura di Yamaguchi.
Shin’ichi proseguì: «Vi prego di andare avanti con la consapevolezza che voi siete il cuore della
Soka Gakkai a Yamaguchi e che questo è il punto di partenza per condurre le persone di Yamaguchi
alla felicità».
Come scrisse il poeta armeno Avetik Isahakyan (1875-1957): «Mantenete orgoglio e dignità,
qualunque cosa accada».
La fiducia in se stessi è la spina dorsale dello spirito umano. Le persone sicure di sé sono forti.
Finché manteniamo fiducia in noi stessi, nemmeno la più grave delle difficoltà potrà sconfiggerci.
Shin’ichi disse: «Oggi, cari membri di Hofu, vorrei regalarvi una poesia:
Il castello di Hofu.
Ecco il punto di origine
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Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
di kosen-rufu!
Siete tutti messaggeri del Budda, Bodhisattva della Terra emersi qui a Hofu per una ragione
profonda. Miei fedeli discepoli, noi siamo inseparabili. Orgogliosi di ciò, vi prego di continuare a
seguire con coraggio, fino in fondo, la strada di kosen-rufu.
Non vedo l’ora di incontrarvi nuovamente!».
Shin’ichi poté rimanere solo per poco tempo con i membri di Hofu, ma per tutti loro fu
un’esperienza indimenticabile.
Erano quasi le dieci di sera quando Shin’ichi fece ritorno al centro culturale di Yamaguchi.
Lotta Condivisa 60
Il 22 maggio fu l’ultimo giorno che Shin’ichi trascorse nella prefettura di Yamaguchi. Alle sedici
era prevista la sua partenza per la città di Kitakyushu, nel Kyushu.
Quel pomeriggio nel centro culturale si tenne una cerimonia funebre per i pionieri defunti che
avevano dato contributi significativi a kosen-rufu nella prefettura di Yamaguchi. Shin’ichi guidò la
cerimonia recitando un Daimoku sincero per i pionieri defunti.
Dopo aver conferito loro una serie di titoli onorari postumi, come vice direttore generale onorario,
Shin’ichi disse: «I membri defunti che onoriamo oggi hanno dedicato la vita al Buddismo, come
insegna il Daishonin, costruendo le fondamenta di kosen-rufu come grandi Bodhisattva della Terra.
Sono veramente dei nobili Budda.
Spero che i loro discendenti riusciranno a seguire l’esempio di questi pionieri che hanno percorso
un cammino così degno di onore. Perciò vi prego di non considerarvi solo i familiari dei defunti, ma
di rafforzare la consapevolezza di essere i loro successori per kosen-rufu, abbracciando Nammyoho-renge-kyo, la Legge fondamentale dell’universo.
I titoli onorifici postumi che abbiamo conferito loro non sono simboli del potere secolare o di
autorità; sono il solenne attestato che questi nostri preziosi predecessori si sono impegnati nella
fede, nella pratica e nello studio esattamente come insegnò il Budda originale Nichiren Daishonin.
Di conseguenza, prendere alla leggera questi titoli onorifici equivale a disprezzare i nobili risultati
dei nostri cari pionieri che hanno dedicato la vita alla propagazione di questo insegnamento
meraviglioso. Spero che i loro familiari considerino questi titoli onorifici come un supremo onore,
seguendo il grande cammino della fede come loro successori e dando prova delle virtù dei defunti.
Senza dubbio ciò farà sbocciare i fiori dei benefici nelle loro famiglie».
Shin’ichi descrisse poi cosa accade dopo la morte a coloro che dedicano la vita a kosen-rufu,
leggendo la spiegazione chiara del Daishonin in una lettera indirizzata alla monaca laica Sennichi,
dal titolo Il tesoro di un figlio devoto: «Qualcuno si può chiedere dove si trovi ora lo spirito del
defunto Abutsu-bo. Usando il chiaro specchio del Sutra del Loto, io, Nichiren, posso vederlo
nell’assemblea sul Picco dell’Aquila, seduto nella torre preziosa del Budda Molti Tesori, rivolto a
est [cioè di fronte ai Budda Shakyamuni e Molti Tesori]» (RSND, 1, 926).
Lotta Condivisa 61
La monaca laica Sennichi divenne discepola di Nichiren Daishonin insieme al marito Abutsu-bo,
nel periodo in cui il Daishonin si trovava in esilio a Sado. In questa lettera, scritta dopo la morte di
Abutsu-bo, il Daishonin dice a Sennichi che, alla luce del limpido specchio del Sutra del Loto, non
c’è dubbio che l’anima del suo defunto marito si trovi in mezzo all’assemblea sul Picco dell’Aquila,
seduto nella torre preziosa del Budda Molti Tesori, rivolto verso est.
Parlando con convinzione, Shin’ichi spiegò: «Picco dell’Aquila è il nome della montagna, in India,
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sulla quale Shakyamuni predicò il Sutra del Loto. Secondo la filosofia della vita del Buddismo di
Nichiren Daishonin, la Torre Preziosa del Budda Molti Tesori che apparve di fronte all’assemblea
riunita sul Picco dell’Aquila, rappresenta il Gohonzon [l’incarnazione della Legge di Nam-myohrenge-kyo].
Noi della Soka Gakkai, coraggiosi Bodhisattva della Terra che diffondono attivamente la Legge
mistica, dopo la morte saremo abbracciati dal Gohonzon [il mondo di Buddità nell’universo] e nelle
esistenze future rinasceremo insieme al Gohonzon; le nostre vite saranno colme di forza vitale
vibrante come il sole del mattino che sorge a oriente. In altre parole, dedicando la nostra preziosa
vita alla nobile impresa senza precedenti di kosen-rufu siamo certi di rinascere in questo pianeta
Terra, o in un’altra terra analoga in qualche punto dell’universo, per dedicarci ancora una volta con
grande gioia al movimento di kosen-rufu.
Inoltre, diceva spesso Toda: “Recitare Nam-myoho-renge-kyo per i defunti è l’unico modo in cui
possiamo recare veramente beneficio alla loro vita”. La Legge mistica, in maniera simile alle onde
radio, collega la nostra vita alle altre vite nell’universo. In tal senso, è importante recitare un
Daimoku potente, con energia. Quando il nostro Daimoku per la felicità dei defunti risuona di una
potente forza vitale, non solo trasmette forza e vitalità alla loro vita, ma la nostra vita stessa ne
viene rivitalizzata. Lo scopo delle nostre preghiere per i defunti è stabilire una profonda
comunicazione spirituale fra la nostra vita e quella dei nostri cari scomparsi e dei nostri
innumerevoli antenati.
Sono certo che anche i nostri compagni di fede scomparsi saranno particolarmente felici.
Invece di offrire semplici preghiere per i morti, pervase dal dolore del lutto, decidiamo di percorrere
il cammino di kosen-rufu insieme a loro attraverso le tre esistenze di passato, presente e futuro, con
forte fede e convinzione nel potere meraviglioso della Legge mistica».
Lotta Condivisa 62
Dopo il servizio funebre Shin’ichi partecipò a una riunione informale con trenta giovani
appartenenti al Gruppo futuro di Yamaguchi, un gruppo all’interno della Divisione futuro. Il gruppo
era stato costituito circa tre anni prima e adesso alcuni dei membri più anziani erano già
all’università.
Dopo aver posato per una foto insieme a loro, Shin’ichi parlò individualmente con ciascuno di loro,
per imprimere nel loro cuore l’importanza di perseverare nella fede e nella pratica buddista.
«Alcune persone praticano con fede pura quando sono studenti liceali, ma poi, quando vanno
all’università, cedono a varie tentazioni, smettono di lucidare se stessi e trascorrono tutto il tempo
divertendosi.
Altri rimangono costanti nella loro pratica buddista per tutto il periodo universitario ma poi, quando
trovano lavoro in una grande azienda, illudendosi di essere superiori agli altri, smettono di
apprezzare la grandezza dei membri che magari sono poveri, ma si impegnano assiduamente nelle
attività della Gakkai. Alcuni iniziano addirittura a sentire disprezzo per le persone comuni e
finiscono per allontanarsi dalla Soka Gakkai.
Non voglio che vi accada niente di simile. Dovreste proteggere le persone comuni e i membri della
Gakkai che hanno una vita difficile. Il ruolo dei membri del Gruppo futuro è portare avanti questa
missione.
Spero che ardiate di passione sempre maggiore per kosen-rufu ogni anno che passa, sempre di più».
Gli occhi dei membri brillarono di determinazione.
Un gran numero di membri si era riunito nel giardino del Centro culturale di Yamaguchi per
salutare Shin’ichi che partiva per Kitakyushu. Quando Shin’ichi lo venne a sapere, diede istruzioni
affinché fossero fatti entrare nella sala principale del centro. Anche se erano già le tre e mezzo e
Shin’ichi doveva partire alle quattro, si recò nella sala riunioni per salutarli.
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Volume 25 – Capitolo II – La Lotta Condivisa
«Ora recitiamo Daimoku insieme. Questa è una recitazione speciale. Io pregherò con tutte le forze
affinché possiate realizzare tutte le vostre preghiere».
Kosen-rufu non si può raggiungere se non si è disposti a dare tutto per il Buddismo e per il bene dei
compagni di fede, senza lesinare la propria vita. Per accendere una fiamma eterna nel cuore degli
altri bisogna che noi per primi possediamo un appassionato senso di missione. Shin’ichi voleva
comunicare questo con le sue azioni. E questo era anche lo scopo della sua seconda Campagna di
Yamaguchi.
Quando ebbero finito di recitare Shin’ichi disse: «Bene, adesso suonerò il pianoforte per voi!».
(Fine del capitolo 2 del volume 25 della Nuova rivoluzione umana, “Lotta condivisa”)
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