LA NORMATIVA PRIMA DI BASILEA 2
• Coso (Committee of sponsoring Organisations of the Tradeway Commission,
“Internal Control – Integrated Framework”).
• Raccomandazioni IME (luglio 1997) “Internal Control Systems of Credit
Institutions”.
• Circolare ABI (serie tecnica n. 157 – del 1 dicembre 1997)
• Comitato di Basilea (gennaio 1998: “schema per la valutazione dei sistemi di
controllo interno”).
• Comitato di Basilea (gennaio 1998: “framework for Internal Control Systems in
banking organisations”).
• BANCA D’ITALIA Circolare n. 4 del 29 marzo 1998 – 145° agg. del 9 ottobre
1998
• BANCA D’ITALIA Circolare n. 229 del 21 aprile 1999 – Istruz. Vig. Tit. IV –
Cap. 11 (già BANCA D’ITALIA Circolare n. 4 del 29 marzo 1998 – 145° agg.
del 9 ottobre 1998) e relative lettere di chiarimento.
• Circolare ABI (serie legale n. 16 – del 26 aprile 1999).
• BANCA D’ITALIA lettera del 5/11/1999 “La vigilanza sugli assetti
organizzativi delle banche”.
• BORSA SPA, Codice di Autoregolamentazione, (Circolare ABI, serie legale, n.
43 del 15 novembre 1999).
2
LA NORMATIVA SUL
SISTEMA DEI CONTROLLI INTERNI
(Circolare BIT n. 229 del 21 aprile 1999 – Istruz.Vig.Tit. IV)
Una corretta percezione dei rischi consente alle
banche di allocare il capitale in modo appropriato,
favorendo efficienti combinazioni di rischio e
rendimento nelle diverse attività. Gli strumenti di
vigilanza prudenziale, tipicamente i coefficienti
patrimoniali, nell’imporre una dotazione di capitale
minima per fronteggiare i rischi, propongono
modelli di misurazione semplificati, non
sufficienti da soli ad assicurare uno sviluppo
equilibrato dell’impresa.
3
L’APPROCCIO VERSO I RISCHI
RILEVAZIONE DEI RISCHI
MONITORAGGIO COSTANTE
GESTIONE DEI RISCHI
4
LA MAPPA DEI RISCHI BANCARI
QUALITA’ DEI DEBITORI
RISCHI DI CREDITO
CONCENTRAZIONE DEGLI ATTIVI
RISCHI DI INTERESSE
RISCHI DI PREZZO
RISCHI DI MERCATO
RISCHI DI CAMBIO
ALTRI RISCHI
RISCHIO DI LIQUIDITA’
RISCHI OPERATIVI
RISCHIO REGOLAMENTO
RISCHI FRODE E INFEDELTA’
RISCHIO DI CONTROPARTE
RISCHI LEGALI
PERDITA DI REPUTAZIONE
RISCHIO STRATEGICO/ DI BUSINESS
5
IL RISCHIO DI TASSO DI INTERESSE
Definizione, ad esempio:
Il rischio di interesse si identifica con la
possibilità che l’andamento dei tassi di
mercato provochi variazioni divergenti del
rendimento medio degli impieghi e del costo
medio della raccolta, con conseguenti
ripercussioni: sul margine di interesse, sul
risultato economico di periodo o sul valore di
mercato del Patrimonio Netto.
6
IL NUOVO ACCORDO DI BASILEA
PREMESSA
- In vigore dal 2006;
- E’ necessario programmare modifiche a sistemi e processi per
assicurare un corretto adeguamento ai nuovi standard
patrimoniali;
- E’ necessario rivedere la propria posizione patrimoniale anche
per le banche che presentano una eccedenza di capitale di
vigilanza;
- A seguito dell’entrata in vigore dell’accordo, le banche meno
evolute nel Risk Management potrebbero assistere a significativi
aumenti dei loro requisiti patrimoniali minimi;
- Il Comitato dichiara che l’effetto complessivo delle nuove
proposte sul Patrimonio di Vigilanza dovrebbe essere nullo per
le banche che faranno riscorso alle metodologie di Risk
Management più sofisticate.
7
Con l’avvento di Basilea 2, si avrà un impatto anche sui
parametri di patrimonializzazione, in quanto si avrà un
inasprimento dei suddetti parametri, che potranno
essere mitigati esclusivamente con lo sviluppo di
modelli interni di controllo dei rischi in grado di
innalzare la capacità dell’Istituto di monitorarli.
8
I TRE PILASTRI DI BASILEA 2
REQUISITI PATRIMONIALI
CONTROLLO PRUDENZIALE
DELLA ADEGUATEZZA
PATRIMONIALE
DISCIPLINA DI MERCATO
9
PRIMO PILASTRO
STANDARD
RISCHIO DI CREDITO
IRB FOUNDATION
IRB ADVANCED
STANDARD
RISCHIO DI MERCATO
MODELLI INTERNI
STANDARD
RISCHIO OPERATIVO
BASIC INDICATOR
METODI AVANZATI
10
SECONDO PILASTRO
CONTROLLO PRUDENZIALE
BANCHE
ORGANO DI VIGILANZA
I QUATTRO PRINCIPI DEL CONTROLLO PRUDENZIALE
1.
Le banche devono disporre di un procedimento per determinare
l’adeguatezza patrimoniale complessiva.
2.
L’ODV riesanima e valuta il procedimento interno delle banche.
3.
Le banche dovrebbero operare con un livello di capitale superiore a
quello minimo.
4.
L’ODV deve esigere misure correttive se la dotazione patrimoniale è
inadeguata.
11
TERZO PILASTRO
REQUISITI INFORMATIVI CHE DEVONO CONSENTIRE
DI VALUTARE LE INFORMAZIONI SU:
PATRIMONIO
PROCESSI VALUTAZIONE RISCHI
ESPOSIZIONI A RISCHIO
OPERATIVITA’
12
PRIMO PILASTRO
Misura dell’adeguatezza del capitale
________
Capitale complessivo
___________
(Rischio di credito + Rischi di mercato + Rischi operativi)
>=
Requisito di capitale minimo (8%)
13
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
Tre Approcci:
- Standard
- IRB Foundation
- IRB Advanced
14
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
APPROCCIO STANDARD
Fattori di ponderazione per il rischio di controparte
attività per cassa e “fuori bilancio”
PESI
GLI ELEMENTI DETERMINANTI
0%
20%
Categorie di
controparte
Rating
esterni
Specifiche
categorie di
operazioni
50%
75%
100%
150%
15
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
Le ponderazione nel metodo standard: alcuni esempi
Governi e banche centrali
Rating
esterni
AAA
AA-
A+
A-
BBB+
BBB-
BB+
B-
Inf a
B-
unrated
Fattori
Ponder
0%
20%
50%
100%
150%
100%
16
CLASSIFICAZIONE DELLE IMPRESE
(definizione prevista da QIS 3 – Quantitative Impact Study)
CORPORATE
Imprese che possiedono un fatturato di almeno 50
milioni di euro
SMALL AND MEDIUM ENTERPRISES
Imprese che possiedono un fatturato minore di 50
milioni di euro
PER BASILEA 2 SONO RETAIL QUANDO:
- Criterio della tipologia di credito
- Criterio del frazionamento
- Criterio dell’esposizione unitaria massima consentita
17
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
Le ponderazione nel metodo standard: alcuni esempi
Imprese Corporate
Rating
esterni
AAA
AA-
A+
A-
BBB+
BB-
Inf a
BB-
unrated
Fattori
Ponder
20%
50%
100%
150%
100%
18
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
Le ponderazione nel metodo standard: alcuni esempi
Specifiche categorie di operazioni
Portfolio Retail
Crediti verso persone fisiche e small business il cui
importo
complessivo
verso
la
medesima
controparte deve essere tale da rispettare i
seguenti prefissati criteri:
- Granularità del portafoglio (<= 0,2% intero
portafoglio retail)
- Ridotta esposizione verso la singola controparte
(<= 1 mln. euro)
PONDERAZIONE
75%
19
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
Le ponderazione nel metodo standard: alcuni esempi
Specifiche categorie di operazioni
Se sono rispettati alcuni requisiti di capienza (ampi margini)
Crediti garantiti
da Ipoteca su
immobili
residenziali
35%
Altrimenti:
100%
20
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
Le ponderazione nel metodo standard: alcuni esempi
Specifiche categorie di operazioni
Se sono rispettati alcuni requisiti di capienza (ampi margini)
Crediti garantiti
da Ipoteca su
immobili non
residenziali
50%
Altrimenti:
100%
21
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
Le ponderazione nel metodo standard: alcuni esempi
Specifiche categorie di operazioni
Prestiti scaduti
Crediti non garantiti (diversi da un mutuo
ipotecario
qualificato
su
immobile
residenziale) scaduti da oltre 90 gg.
150%
22
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
I metodi IRB
Introduzione
Un sistema di rating interni riassume tutti gli elementi che
consentono alla banca di effettuare una valutazione sintetica del
rischio connesso a un singolo credito, con l’obiettivo di pervenire a
una stima della perdita attesa.
Il passaggio dalla perdita attesa al requisito di capitale richiede di
determinare la perdita inattesa (volatilità delle perdite intorno alla
media). In linea teorica, il requisito deve essere tale da coprire le
perdite inattese, con un intervallo di confidenza prefissato in un
orizzonte temporale determinato.
L’adozione dell’approccio IRB dovrà essere autorizzata dalla
Vigilanza e, quindi, il sistema IRB della banca dovrà essere
“VALIDATO” dalle Autorità.
23
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
I metodi IRB
Componenti di rischio e requisiti di capitale
Ai fini del calcolo del requisito patrimoniale rilevano le
seguenti componenti di rischio:
-Probabilità di insolvenza (PD)
-Tasso di perdità in caso di insolvenza (LGD)
-Esposizione a rischio (EAD)
-Maturity (M)
24
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
25
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
Definizione di VaR (Value at risk)
-Il concetto di Value-at-Risk è una questione di tempo e
probabilità;
-Il VaR risponde alla domanda:
“di quanto capitale ho bisogno per avere buone
probabilità di resistere a movimenti avversi del mercato,
per un tempo sufficiente a smobilizzare la posizione ed
uscire dal mercato?”.
26
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
Value at risk: i passi
-Ricognizione delle posizioni in portafoglio
-Calcolo delle curve dei tassi e di volatilità
-Trasformazione delle posizioni in termini di esposizione
ai fattori di rischio (mapping)
-Calcolo del valore delle esposizioni (marking-to-market)
-Calcolo della volatilità dei fattori di rischio e delle loro
correlazioni
-Calcolo del VaR per ogni singola esposizione
-Calcolo
del
VaR
(diversificato e non)
complessivo
del
portafoglio
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PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
I metodi IRB
Componenti di rischio e requisiti di capitale
IRB di base
La stima della PD è a carico delle banche ma la stima
della LGD e della EAD viene fornita dalla Vigilanza.
IRB avanzato
Tutte le stime sono effettuate dalle banche, a condizione
di rispettare metodi più rigorosi di quelli previsti nel
metodo di base.
28
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
I metodi IRB
Probabilità di insolvenza (PD)
• Elemento fondamentale in entrambi i metodi IRB (è
l’unico parametro che è sempre stimato dalla banca).
• Rappresenta la probabilità media di default ad un anno,
stimata in un ottica di lungo periodo.
• Deve incorporare tutte le informazioni rilevanti e
disponibili.
• Diventa quindi
statistici.
determinante
l’utilizzo
di
modelli
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PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
La stima della probabilità di default
Le fasi connesse alla stima di un modello quantitativo
L’obiettivo è ottenere un indicatore
- Che differenzi in modo significativo imprese “normali” e in crisi
- Che permetta di ottenere una graduazione del livello di rischio associato
ad ogni impresa
Le fasi necessarie per la stima di un modello:
- Definizione del default
- Formazione del campione di stima
- Stima del modello
- Verifica dell’efficacia su un campione indipendente
30
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
1) La definizione di default
- In letteratura le opzioni utilizzate sono diverse (procedura
concorsuale, incaglio grave, passaggio a contenzioso)
- Si osserva comunque, che
-Sarebbe meglio utilizzare segnali “oggettivi”, meno
influenzabili da comportamenti discrezionali dell’analista;
-Una definizione di default molto tempestiva può
considerare in default anche imprese in una situazione di
crisi non grave.
31
Il Comitato di Basilea riconosce la necessità di uno
standard comune, per evitare di penalizzare le
definizioni più tempestive di default.
Si propone:
-La valutazione che sia improbabile ottenere il
rimborso integrale di capitale e interessi senza
l’escussione di garanzie (ad esempio, si prevede
l’apertura di una procedura concorsuale o di una
ristrutturazione stragiudiziale);
-Ritardo di pagamento maggiore di 90 giorni, anche
per gli sconfinamenti.
(IMPORTANZA REVISIONI)
32
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
2) La formazione del campione di stima
- Una volta definita l’anomalia, si selezionano le imprese appartenenti ai due
gruppi alternativi (default vs. non default)
-… cercando di costruire campioni ampi; almeno 2 x 500.
-E che rappresentino l’universo delle imprese da classificare.
- Per ogni impresa selezionata è opportuno raccogliere informazioni
precedenti il default, per identificare i “sintomi” più efficaci della crisi. E’
importante verificare la disponibilità delle informazioni per l’analista (es.
bilanci 1998 sono “-1” per i default del 2000)
- Non è importante rispettare esattamente la proporzione numerica tra i due
gruppi nell’universo, ma è opportuno un bilanciamento delle
caratteristiche “operative” (es. dimensione, settore di appartenenza).
33
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
3) La stima del modello
- Ogni metodologia richiede alcune scelte a priori da parte dell’analista,
relativamente:
-All’individuazione degli indicatori
-Alla gestione di eventuali dati anomali
-Alla procedura di stima utilizzata
-All’obiettivo che si vuole conseguire
- Non sembra possibile individuare una tecnica “dominante”. Obiettivi che
può essere opportuno perseguire sono comunque:
-Una buona stabilità della performance a livello previsionale
-Una sufficiente stabilità nelle diverse fasi del ciclo economico
34
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
I metodi IRB
Perdita in caso di default (LGD)
• Riflette la percentuale di perdita attesa in caso di default.
• E’ funzione di elementi quali l’esistenza di collateral, il grado di
seniority, il settore industriale, la forma tecnica, la giurisdizione,
fattori organizzativi per la misurazione dell’azienda.
• La quantificazione deve avvenire
“economico”, non solo “contabile”.
secondo
un
approccio
Inclusione degli oneri relativi al
recupero, attualizzazione dei
flussi di recupero.
35
PRIMO PILASTRO – RISCHIO DI CREDITO
I metodi IRB
L’esposizione al Default (EAD)
• Rappresenta una stima effettiva dell’esposizione al momento
dell’inadempienza.
La vita residua (M)
• La vita residua costituisce un elemento fondamentale nella
valutazione della rischiosità di una esposizione.
• Esiste ed è riconosciuta una relazione diretta tra la scadenza e la
rischiosità di un credito;
36
PRIMO PILASTRO – RISCHIO OPERATIVO
Le ragioni della nuova disciplina
Sostanziale e crescente importanza del Rischio Operativo nel
modellare i profili di rischio complessivi delle banche:
• Tecnologie altamente automatizzate
• E-commerce e E-banking
• Operazioni di M&A e integrazione dei sistemi
• Processi di outsourcing
Una inadeguata valutazione del rischio operativo può
portare ad una visione distorta del profilo di rischio
complessivo della banca.
37
PRIMO PILASTRO – RISCHIO OPERATIVO
Le cause
1. Frodi interne
2. Frodi esterne
3. Organizzazione e sicurezza sul lavoro
4. Procedure su clienti, prodotti e affari
5. Danni a voci patrimoniali fisiche
6. Business
Disruption
and
System
Failures
(hardware, Telecomunication, Software, etc.)
7. Errori di esecuzione e di gestione dei processi
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PRIMO PILASTRO – RISCHIO OPERATIVO
Gli approcci
Per la costruzione del requisito patrimoniale il Comitato ha
individuato 3 diverse tipologie di approcci, aventi
complessità crescenti:
•BASIC INDICATOR APPROACH
•STANDARDISED APPROACH
•ADVANCED MEASUREMENT APPROACHES
39
PRIMO PILASTRO – RISCHIO OPERATIVO
BASIC INDICATOR APPROACH (BIA)
Requisito =  * GI
Il requisito di capitale si ottiene
moltiplicando il coefficiente , che al
momento è stato fissato al 15%, per
l’ammontare del Gross Income*
(media degli ultimi tre anni).
* Margine di intermediazione lordo
40
PRIMO PILASTRO – RISCHIO OPERATIVO
STANDARDISED APPROACH (STA)
Requisito =i (i * Gii)
Area d’affari
Attività di
investimento
Attività bancaria
Altre attività
Business Line
Beta factor
Corporate finance
18%
Negoziazioni e vendite
18%
Intermediazione al dettaglio
12%
Retail Banking
12%
Commercial Banking
15%
Pagamenti e regolamenti
18%
Gestioni fiduciarie
15%
Asset management
12%
41
PRIMO PILASTRO – RISCHIO OPERATIVO
ADVANCED MEASUREMENT APPROACHES -AMA
Il requisito è basato sulla stima dei rischi operativi del
sistema di misurazione interno della banca. L’uso
dell’AMA è soggetto all’approvazione dell’ OdV.
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STIMA DELL’IMPATTO SUL CAPITALE
PER TIPOLOGIA DI RISCHIO
CREDITO
65%-70% circa
OPERATIVI
18%-20% circa
MERCATO
Impatto minore, ma
sempre significativo
43
IMPATTO PER LE IMPRESE
Facilitazione di accesso al credito delle imprese
più meritevoli
La difficoltà di accesso al credito e l’aumento del
costo dello stesso
Credit crunch – la prociclicità di Basilea 2
Il sostenimento di costi aggiuntivi nel rapporto
con gli intermediari finanziari
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OPPORTUNITA’ PER LE IMPRESE
Il rafforzamento della conoscenza reciproca
Incentivo a
trasparenti
dotarsi
di
organizzazioni
più
45
IMPATTO PER LE BANCHE
Complessità
Basilea 2
dell’impianto
metodologico
previsto
da
Onerosità per la sua messa a regime nei processi aziendali
La necessità di un rafforzamento patrimoniale e quindi la
raccolta di nuovo capitale di rischio sul mercato
La perdita di competitività nel medio-lungo termine per le
banche di minore dimensione
La necessità di una riconciliazione tra i risultati di Basilea 2
e quelli derivanti dall’introduzione degli IAS
La gestione del trade off tra l’applicazione rigorosa dei
principi contenuti da Basilea 2 e le esigenze di carattere
commerciale
46
OPPORTUNITA’ PER LE BANCHE
La possibilità di gestire in maniera attiva il rischio di credito
Il rafforzamento della capacità valutativa
Il miglioramento delle politiche di prezzo
Lo sviluppo delle tecniche di capital management
L’opportunità di un utilizzo più competitivo
conoscenze e delle relazioni della clientela
delle
La maggiore trasparenza nei rapporti banca-impresa
La diffusione delle cultura del rischio quale patrimonio
“genetico” della professione bancaria
47
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