Settimanale Il capitale tende a occupare meno operai possibile Esiste una tendenza del capitale alla massima riduzione possibile del numero degli operai da esso occupati, ossia della propria componente variabile investita in forza-lavoro; tendenza che è in contrasto con l’altra sua tendenza a produrre la maggior massa possibile di plusvalore. Nuova serie - Anno XXXVIII - N. 24 - 19 giugno 2014 Fondato il 15 dicembre 1969 Al Sud il 60,9% senza lavoro Un giovane su due E’ disoccupato In totale 3 milioni e 487 mila stanno a casa (K. Marx “Il Capitale”, vol. 1 (Libro I), 1865, Edizioni Rinascita, p. 334) PAG. 2 Al ballottaggio per i sindaci la maggioranza degli elettori diserta le urne a Biella, Modena e Bari Ai seggi solo 1 su 2 Il PD, nel 1921 PCI revisionista, dopo 68 anni perde il potere a Livorno, punito dall’elettorato di sinistra per il malgoverno. Ne prende il posto il M5S con i voti dei fascisti, Forza Italia, Lega e con quelli determinanti dei falsi comunisti. Il “centro-sinistra” batte il “centro-destra” ma la musica è sempre quella del capitalismo ora occorre usare l’astensionismo come un voto dato al pmli e al socialismo PAG. 3 L’esperienza e le valutazioni della Squadra di propaganda dell’astensionismo della provincia di Modena PAG. 6 Alle amministrative e alle europee Analisi del voto a Livorno, Empoli e Valdisieve PAGG. 4-5 fare il bilancio della storia del movimento operaio per sapere che cosa bisogna fare oggi di Giovanni Scuderi Renzi si scarica da ogni responsabilità PAGG. 7-10 Renzi contestato a Napoli e a Firenze Risoluzione dell’Organizzazione di Rufina sul Rapporto di Scuderi al CC del PMLI Forza Italia e PD I media del regime, compreso “il manifesto” Bisogna fare si spartivano le trotzkista, non ne parlano e ottenere di più Ventesimo Roma Pride mazzette del Mose sul radicamento Grande manifestazione di Venezia ed essere i PAG. 6 35 mandati di arresto per tangenti milionarie. Nell’inchiesta coinvolti imprenditori, politicanti, magistrati, finanzieri. Ai domiciliari il sindaco di Venezia Orsoni (PD). Chiesto l’arresto per Galan, senatore di FI, accusato di essere a libro paga per un milione l’anno Sono marce le fondamenta del capitalismo, dei suoi governi, istituzioni e partiti PAG. 11 per i diritti di LGBTQI In 200mila colorano il centro storico di Roma con un combattivo corteo. Fischiato il neopodestà Marino “Renzi le tue promesse non ci bastano” PAG. 12 migliori militanti in tutto PAG. 14 2 il bolscevico / disoccupazione N. 24 - 19 giugno 2014 Al Sud il 60,9% senza lavoro Un giovane su due è disoccupato In totale 3 milioni e 487 mila stanno a casa Sull’Italia che il Berlusconi democristiano Renzi si vanta di stare cambiando sono piovuti come una doccia gelata i dati sull’occupazione nel 1° trimestre 2014 rilevati ad aprile e pubblicati a giugno dall’Istat, che non solo confermano che il lavoro continua inesorabilmente a calare, ma che la disoccupazione, e in particolare quella giovanile, ha raggiunto proprio adesso il livello più alto da 37 anni a questa parte, da quando cioè l’istituto nazionale di statistica ha iniziato a pubblicare la serie storica dei rilevamenti annuali. I disoccupati tra i 15 e i 64 anni hanno raggiunto infatti la cifra totale di 3 milioni e 487 mila, pari al vi disoccupati registrati nell’ultimo anno sono persone in cerca di primo impiego: 127 mila persone, quasi tutte giovani tra i 15 e i 34 anni, un balzo del +15,2% in un anno. E che praticamente tutti i nuovi disoccupati sono persone in cerca di lavoro da almeno 12 mesi. Tant’è che la disoccupazione di lunga durata ha avuto un balzo dal 54,8% del 1° trimestre 2013 al 58,6% di oggi. Ma quel che è peggio è che nel numero dei disoccupati sono conteggiate solo le persone che cercano attivamente un lavoro (almeno una volta nelle quattro settimane prima della rilevazione). Non sono invece conteggiate altre 2 milioni e 442 mila lia. Nel Mezzogiorno, poi, i giovani disoccupati sono il 60,9%, con un incremento del 9% in un anno, il doppio di quello nazionale e il quadruplo di quello del Nord! La piaga della disoccupazione giovanile appare anche più grave se vista in rapporto all’intera massa dei giovani, come per esempio guardandola dal lato del tasso di inattività, che è il rapporto tra le persone non appartenenti alle forze di lavoro e la popolazione (tabella 4). Mentre infatti gli inattivi totali (popolazione meno forze di lavoro tra i 15 e i 64 anni) sono meno di 4 su 10 e risultano leggermente diminuiti, nella fascia 1524 anni gli inattivi sono invece 7 “Lavoro” è la rivendicazione più rilanciata nei cortei sindacali 13,6% delle forze di lavoro, ma tra queste, nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni, i disoccupati alla ricerca disperata di un lavoro qualsiasi rappresentano ben il 46%, cioè quasi la metà, e al Sud sono addirittura la maggioranza, il 60,9%. Cifre mostruose, specie se comparate con quelle già non esaltanti, ma comunque molto meno gravi, della media europea, che secondo i dati diffusi contemporaneamente da Eurostat è in leggero calo e si attesta all’11,7% per i disoccupati in generale e al 23,5% per i giovani, esattamente la metà dei nostri. Peggio di noi, ma ormai di poco, fanno solo la Grecia, col 56,9% di giovani disoccupati, Spagna (53,5%) e Croazia (49%). Anche perché l’aumento di disoccupati (totali) che c’è stato nell’ultimo anno (vedi tabella 1) è stato imponente: il 6,5%, pari a +212 mila unità tra il primo trimestre del 2013 e il primo trimestre 2014, con una punta del +23,5% nel Centro Italia, e se questa tendenza non cambia non ci vorrà molto tempo a raggiungere il gruppo di testa. Flagellato ancor di più il Sud Sempre dalla tabella 1 diffusa dall’Istat si rileva altresì che quasi la metà dei disoccupati (1 milione e 603 mila) è concentrata nel Mezzogiorno, e che questa forbice si sta continuamente allargando, visto che anche l’incremento di 212 mila disoccupati che c’è stato negli ultimi 12 mesi è ripartito in misura più che doppia al Sud rispetto al Nord: il 7,3%, pari a 109 mila unità al Sud, contro il 3,5%, pari a 40 mila unità al Nord. L’Istat rileva anche che oltre la metà dei nuo- persone che il lavoro hanno smesso di cercarlo perché scoraggiate, tra cui 2 milioni di cosiddetti “neet”, giovani che non lavorano, non studiano e non fanno formazione, semplicemente languono in casa e per le strade. Dilaga la disoccupazione giovanile Oltre che dai suddetti livelli assoluti questa allarmante situazione è confermata in pieno anche in termini relativi dai dati sul tasso di disoccupazione, che è il rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le forze di lavoro (occupati+disoccupati dai 14 ai 64 anni, pari a circa 25 milioni e 660 mila unità), Il tasso di disoccupazione nazionale, in crescita ininterrotta da ben 11 trimestri, ha raggiunto oggi il 13,6%, con un incremento dello 0,8% in un anno, e al Sud è salito al 21,7%, con un incremento doppio, l’1,6%. Ma se si considerano solo le donne, al Sud l’incremento è addirittura triplo (2,3%), mentre al Nord il tasso di disoccupazione è rimasto stabile e al Centro la disoccupazione femminile è leggermente diminuita. Calabria, Campania e Sicilia detengono il triste record di disoccupati tra le regioni del Meridione, con tassi rispettivamente del 25,4%, 23,5% e 23,2%. Se poi invece dell’intera massa dei disoccupati si considera solo la fascia dei giovani dai 15 ai 24 anni (tabella 3), la situazione assume aspetti veramente drammatici, con il 46% di senza lavoro (+4,1% in un anno), cioè la metà dell’intera forza lavoro giovanile, 347 mila persone, cercano oggi inutilmente una qualsiasi occupazione in Ita- su 10 (73,2%, con un incremento dello 0,8 in un anno), e quasi 8 su 10 (77,1%) tra le donne. Aggravata anche la piaga del precariato Il quadro non cambia sostanzialmente neanche con i dati destagionalizzati, ossia epurati dai fattori stagionali, che presentano cifre leggermente inferiori a quelle non destagionalizzate finora esposte, ma comunque sempre da record negativo (vedi tabella 5). E gli effetti sociali si vedono: tra il 2008 e il 2013 la crisi ha espulso dal lavoro 1 milione e 830 mila giovani tra i 15 e i 34 anni, mentre in 94 mila hanno lasciato l’Italia e oggi l’Istat stima che un giovane su tre è “sovraistruito per il lavoro che svolge”, compresi molti laureati in ingegneria. È ricominciata l’emigrazione, e non solo di giovani e laureati e non soltanto verso l’estero, ma anche all’interno, da Sud a Nord come negli anni ’50 e ’60: un’emorragia pari a 87 mila persone ogni anno dal 2003 al 2013. Anche la piaga del precariato si è aggravata nell’ultimo anno. Sono infatti diminuiti gli occupati a tempo pieno (-1,4%, pari a -255 mila unità), e tra questi oltre il 60% dei casi riguarda contratti a tempo indeterminato. Sono invece aumentati (ma non altrettanto) gli occupati a tempo parziale (+1,1%, pari a +44 mila unità), ma la crescita riguarda esclusivamente il part time involontario, che coinvolge il 62,8% dei lavoratori a tempo parziale. Unica ricetta il liberismo E c’è da considerare che questi dati non risentivano ancora degli effetti del decreto Renzi-Poletti che ha liberalizzato i contratti a termine e l’apprendistato! Senza contare poi il Jobs Act in preparazione, che abolirà l’articolo 18 per i neo assunti, e la controrifor- ma degli “ammortizzatori sociali” che quando sarà approvata getterà sulla strada altre migliaia di lavoratori che oggi hanno ancora quel minimo di protezione che offre la cassa integrazione in deroga. L’aria che tira l’ha annunciata chiaramente il ministro del Lavoro Poletti, parlando il 7 giugno al Torino 1 maggio 2014. Lo spezzone del corteo con in testa lo striscione contro il “jobs act” del governo Renzi e la precarietà parafrasando le parole conclusive de “Il Manifesto” di Marx ed Engels. convegno dei giovani industriali di Santa Margherita Ligure, più applaudito dello stesso Squinzi a suo fianco sul palco, quando ha detto che “dobbiamo cambiare testa. Liberarci del retropensiero sbagliato secondo cui l’impresa è il luogo dove si sfrutta il lavoro. L’idea storica del conflitto non ce la fa più a interpretare il mondo di oggi”. E mandando i giovani padroni letteralmente in delirio quando ha attaccato la concertazione e la CGIL, tanto che il moderatore di turno ha osservato di non capire chi dei due fosse il presidente di Confindustria. Un grottesco show che il rinnegato ex presidente delle coop “rosse” ha ripetuto il giorno dopo sul palco compiacente della “Repubblica delle idee” a Napoli, ribadendo che “serve un cambiamento radicale della cultura del lavoro”, e avendo la faccia tosta di definire “di sinistrissima” il suo decreto filopadronale che liberalizza il lavoro a termine e l’apprendistato. ballottaggi dell’8 giugno / il bolscevico 3 N. 24 - 19 giugno 2014 Al ballottaggio per i sindaci la maggioranza degli elettori diserta le urne a Biella, Modena e Bari Ai seggi solo 1 su 2 Il PD, nel 1921 PCI revisionista, dopo 68 anni perde il potere a Livorno, punito dall’elettorato di sinistra per il malgoverno. Ne prende il posto il M5S con i voti dei fascisti, Forza Italia, Lega e con quelli determinanti dei falsi comunisti. Il “centro-sinistra” batte il “centro-destra” ma la musica è sempre quella del capitalismo ora occorre usare l’astensionismo come un voto dato al pmli e al socialismo Tutti i sindaci eletti risultano delegittimati dal fortissimo astensionismo. Se si prendono in considerazione tutti gli elettori che avevano diritto di voto, e non già solo i voti validi, i neosindaci in genere sono stati eletti da meno di un terzo dell’elettorato. Il minimo dei consensi spetta DISERZIONE NEI COMUNI CAPOLUOGO Provincia Modena 11 maggio 2014. Due momenti del banchino di propaganda elettorale astensionista del PMLI. Sulla destra il compagno Federico Picerni, Responsabile della Commissione giovani del CC del PMLI (foto Il Bolscevico) al sindaco di Foggia Franco Landella (“centro-destra”), eletto con appena il 22,3% degli elettori. A Biella Marco Cavicchioli (“centro-sinistra”) ha ottenuto il 27,6% degli aventi diritto. A Modena, Gian Carlo Muzzarelli (“centrosinistra”) è eletto solo dal 27,8% degli elettori, e a Bari l’erede di Emiliano, Antonio Decaro (“centro-sinistra”), ha potuto contare sul sostegno risicato del 23% dell’elettorato barese. Anche a Livorno il neosindaco 5 stelle Filippo Nogarin deve fare i conti con un risicato 26,2% di consensi degli elettori labronici. Chi vince e chi perde Dieci comuni capoluogo vanno al “centro-sinistra”, cinque al “centro-destra”, 1 al Movimento 5 stelle: è questo il risultato del ballottaggio. Fra primo e secondo turno, sui 27 comuni capoluogo, 19 vanno al “centro-sinistra” (ne aveva 15), 5 al “centro-destra” (ne aveva 12), 2 a liste civiche e 1, Livorno, al Movimento 5 stelle. E questo è l’andamento in tutte le altre città al ballottaggio che vedono in genere una vera e propria disfatta del “centro-destra” e della Lega Nord. Il “centro-sinistra” ne risulta fortemente avvantaggiato ma non può per questo “cantar vittoria”. In genere, dove prevalgono, il PD e i suoi alleati lo fanno per esclusivo demerito degli avversari e non perché abbiano incrementato i propri voti rispetto alle precedenti elezioni. E’ significativo che su 27 comuni capoluogo, solo in 9 sia stata confermata la coalizione uscente. Nella stragrande maggioranza dei casi, gli elettori hanno fortemente punito gli ex sindaci e amministratori fossero questi della destra come della “sinistra” borghese. Così si spiega l’affermazione del “centro-sinistra” nei centri del Nord fino ad ieri governato dal “centro-destra” e dalla Lega. Analogamente si spiega la perdita di roccaforti storiche del “centro-sinistra” come Livorno e Perugia, e, seppur più recenti, come Potenza e Padova, dove l’elettorato di sinistra ha punito sonoramen- te il malgoverno del PD. E il PD se l’è vista brutta anche a Modena dove per la prima volta è stato costretto al ballottaggio col M5S. Il “centro-sinistra” esce quindi alquanto scornato da questo ballottaggio. Specie il PD che pensava di andare con il vento in poppa, dopo il risultato delle elezioni europee e il cosiddetto “effetto Renzi”, che a quanto pare si va già un po’ sgonfiando. Il segretario regionale del PD umbro ha definito addirittura una “sconfitta epocale e terrificante”, la perdita di Perugia. La sconfitta PD a Livorno La sconfitta di Livorno, dove il PD, nel 1921 PCI revisionista, era al potere da ben 68 anni, non è certo da meno. Qui non solo il PD per la prima volta è stato costretto al ballottaggio, ma l’ha persino perso nel confronto col candidato del Movimento 5 stelle, Filippo Nogarin. Non c’è da stupirsene visto il malgoverno della città: la disoccupazione dilagante, il degrado, l’inquinamento, le scelte politiche ed economiche devastanti per il tessuto sociale e ambientale. Al ballottaggio il PD non è riuscito nemmeno a mantenere i voti che aveva ottenuto al primo turno e tanto meno a incrementarli. Ne sarebbero bastati una manciata per confermarsi al potere della città. Mentre il candidato del Movimento 5 stelle è riuscito addirittura a raddoppiare i propri consensi, grazie alla nota trasversalità del M5S che riesce a raccattare a destra e a manca. Infatti Nogarin è riuscito ad assicurarsi al secondo turno i voti del club azzurro “Liburni Fides” e dell’UDC, nonché quelli dei falsi comunisti raccolti sotto il cartello di “Buongiorno Livorno” (quasi 14 mila voti al 1° turno) che pure avevano posto inizialmente la pregiudiziale del rifiuto dell’apparentamento con la destra. Nogarin ha tirato dritto e i dirigenti falsi comunisti lo hanno seguito. Del resto Nogarin può addirittura vantare un’origine trotzkista. All’indomani dell’elezione ha infatti ricordato che, prima dei Verdi e dei Radicali, e prima ov- Vercelli Biella Verb-Cus.Ossola Bergamo Cremona Pavia Padova Modena Livorno Perugia Terni Pescara Teramo Bari Foggia Potenza Caltanissetta viamente di approdare al M5S, il primo partito che ha votato in gioventù è stata Democrazia proletaria. Il PD tira un sospiro di sollievo a Modena ma se l’è vista brutta. Anche perché il candidato del M5S, Marco Bortolotti, al secondo turno ha potuto contare sui voti di Lega Nord, Fratelli d’Italia e del Nuovo centro destra del modenese Carlo Giovanardi. Il M5S riesce a conquistare la poltrona di sindaco anche in altre due grandi città come Civitavecchia e Bagheria (Palermo). A Civitavecchia, dove la diserzione dalle urne passa dal 28,7% del primo turno al 52,6% del ballottaggio (+23,9%), il “centro-sinistra” perde clamorosamente il confronto con il candidato del M5S che fa il primo e il secondo turno fa man bassa di voti del “centro-destra” e triplica i suoi consensi passando da 5.653 a 16.357 voti. Il “centro-sinistra” invece ne guadagna solo 9 e resta al palo con 8.215 voti. Ma la sconfitta stava già nel fatto che dalle elezioni comunali del 2012 dove fu eletto sindaco Pietro Tidei, il “centro-sinistra” ha perso ben 6.510 voti. Il vero cambiamento “Centro-sinistra”, “centro-destra”, Movimento 5 stelle, chiunque abbia prevalso sull’altro, alla fine la musica è e rimarrà sempre quella del capitalismo. Già in passato sono state create delle grandi aspettative politiche ed elettorali che poi alla luce dei fatti si sono dimostrate solo una grande illusione e un grande inganno. Il vero cambiamento non passa certo né dal trasversale Movimento 5 Stelle, né da volti più o meno nuovi del “centro-sinistra”, DISERTORI BALLOTTAGGIO 2014 54,7 52,5 59,5 45,5 44,5 44,3 40,0 54,7 49,5 50,7 60,9 55,8 42,9 63,9 54,4 51,6 59,7 DISERTORI PRIMO TURNO 33,4 34,2 34,9 28,9 29,6 30,5 29,9 27,8 35,5 30,2 32,5 29,7 25,8 32,4 29,6 24,9 35,1 per lo più repliche a misura e somiglianza del Berlusconi democristiano Renzi. Milioni di elettori lo hanno già oggettivamente compreso scegliendo l’astensionismo. Ora deve maturare la coscienza fra le elettrici e gli elettori di sinistra di usare l’astensionismo come un voto dato al PMLI e al socialismo. Ci si può astenere per motivi diversi e i più disparati, tutti legittimi e efficaci, per esprimere il proprio dissenso verso i partiti parlamentari, le istituzioni rappresentative bor- DIFFERENZA BALLOT./1° TURNO 21,3 18,3 24,6 16,6 14,9 13,8 10,1 26,9 14,0 20,5 28,4 26,1 17,1 31,5 24,8 26,7 24,6 ghesi e i governi centrale, regionali e locali. Ma l’astensionismo che fa più male e lascia il segno più profondo è quello espresso consapevolmente e apertamente come voto dato al PMLI e al socialismo. Perché è con questo voto che l’elettorato di sinistra si impegna a spendere le proprie preziose energie per l’avvento del socialismo e per la conquista del potere politico da parte del proletariato, che è la madre di tutte le questioni, e senza la quale non è possibile alcun cambiamento sostanziale. Perché le regioni e i comuni siano governati dal popolo e al servizio del popolo ci vuole il socialismo NON VOTARE I PARTITI BORGHESI AL SERVIZIO DEL CAPITALISMO Delegittimiamo le istituzioni rappresentative borghesi ASTIENITI CREIAMO LE ISTITUZIONI RAPPRESENTATIVE DELLE MASSE FAUTRICI DEL SOCIALISMO PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it Committente responsabile: M. MARTENGHI (art. 3 - Legge 10.12.93 n. 515) Il voto reale ai sindaci Elezioni comunali di ballottaggio dell’8 giugno 2014 Stampato in proprio Domenica 8 giugno gli elettori erano chiamati al turno di ballottaggio per l’elezione dei sindaci di 148 comuni, dei quali 17 comuni capoluogo. Nei comuni delle regioni a statuto ordinario e della Sardegna (gli unici dati diffusi dal Viminale, a esclusione quindi dei comuni del Friuli Venezia Giulia e della Sicilia), ai seggi sono andati solo 1 elettore su 2. Infatti, il 50,5% dei 4.249.450 elettori che ne avevano diritto, hanno disertato le urne. Anche nei comuni capoluogo la maggioranza degli elettori ha prevalentemente disertato le urne. La diserzione dalle urne supera il 50% a Biella (52,5%) e a Modena (54,7%). A Bari e Terni supera addirittura il tetto, quasi impensabile fino a qualche anno fa, del 60%. E ci riferiamo solo alla componente dell’astensionismo costituita dalla diserzione dalle urne alla quale andrebbero aggiunte le altre due componenti delle schede annullate e lasciate in bianco. L’incremento rispetto al primo turno, quando negli stessi comuni aveva disertato le urne il 29,4%, è del 21,1%. Non è un dato semplicemente fisiologico perché in passato lo scarto non era stato così netto. E lo dimostra anche il fatto che tale incremento non è omogeneo ma, stando solo ai comuni capoluogo, oscilla dal 10,1% di Padova al 31,5% di Bari. E’ l’ennesima prova che sempre più gli elettori usano consapevolmente l’astensionismo come un voto vero e proprio. Un voto con cui dichiarano la loro estraneità e il loro rifiuto dei partiti della destra e della “sinistra” borghese, dei loro candidati e amministratori, delle istituzioni borghesi sempre più corrotte e oppressive. L’elettorato è sempre più mobile. Non esistono più “zoccoli duri”, cieca fiducia, cambiali in bianco. L’elettorato sempre più rifiuta la logica del “meno peggio” e di “turarsi il naso” e sceglie consapevolmente di astenersi per punire questo o quel candidato, questo o quel partito parlamentare. In genere, la peggio tocca al governo uscente. La diserzione è più massiccia nei grossi centri, per esempio nei comuni capoluogo, rispetto ai comuni più piccoli dove evidentemente il controllo esercitato dalle istituzioni e dai partiti parlamentari sull’elettorato è maggiore e più capillare. 4 il bolscevico / ballottaggi dell’8 giugno N. 24 - 19 giugno 2014 Al ballottaggio per il nuovo sindaco Il vero “partito” che ha vinto a Livorno è l’astensionismo Il PD, nel 1921 PCI revisionista, perde il potere dopo 68 anni, punito dall’elettorato di sinistra per il malgoverno. Eletto sindaco il leader del M5S, Nogarin, con i voti dei fascisti, di Forza Italia, della Lega e con quelli determinanti dei falsi comunisti Ma senza il socialismo Livorno non potrà mai essere governata dal popolo e al servizio del popolo di Una compagna del PMLI residente attualmente a Livorno “L’elettorato che si è astenuto ha espresso oggettivamente un voto indipendentemente dal fatto che abbia voluto esprimere o no un voto al PMLI seguendo la sua indicazione. È un voto con cui ha scelto di non premiare i governi borghesi centrale e locali sia di ‘centro-destra’ che di ‘centro-sinistra’. È un voto di delegittimazione, di rifiuto e di abbandono a se stesse delle istituzioni rappresentative borghesi ad ogni livello e dei partiti che le rappresentano”. Questa citazione dall’editoriale sui risultati delle amministrative apparso sul numero scorso de “Il Bolscevico” rende bene l’idea di ciò che è emerso dalla urne a Livorno. Il vero vincitore è l’astensionismo che si conferma già al primo turno del 25 maggio il 1° “partito” con il 37,7% sul corpo elettorale crescendo del 16,1% rispetto alle politiche del 2013 e del 2,6% rispetto alle precedenti comunali del 2009, arrivando al 50,57% complessivo di chi ha disertato le urne, ha votato scheda bianca o l’ha annullata al ballottaggio di domenica 8 giugno cioè 69.243 elettrici e elettori su 136.901. Le elettrici e gli elettori livornesi che si sono astenuti hanno votato espressamente per delegittimare e punire i 68 anni di mal governo locale in mano prima al PCI revisionista poi PDS, DS oggi PD, superando quei sentimenti di attaccamento a questo partito nato proprio nel capoluogo labronico nel 1921. Un malgoverno fatto di sprezzante noncuranza verso la dilagante disoccupazione che attanaglia soprattutto i giovani e le donne. Le varie giunte di “centrosinistra” che si sono susseguite in tutti questi anni non hanno mosso un dito per salvaguardare il porto che era il più grande bacino di occupazione per la città, non hanno mai stanziato fondi per dragaggi adeguati per accogliere le grandi navi e l’hanno lasciato in mano ai pescecani capitalisti che si sono aggiudicati la maggior parte degli imbarchi e degli sbarchi commerciali internazionali mandando in seria crisi la cooperativa dei portuali. Il voto espresso con l’astensione è contro la decisione, imposta senza ascoltare la volontà contraria di migliaia di abitanti, di installare il rigassificatore “Offshore” con la sua piattaforma a poche miglia dalla costa cittadina che mette in estremo pericolo la vita e la salute dei livornesi. Questo voto astensionista è contro il degrado sociale, la quasi totale mancanza di servizi sociali, il mal funzionamento di quei pochi esistenti. Contro lo sperpero di denaro pubblico conseguente al progetto del nuovo ospedale che più che fare gli interessi della popolazione fa gli interessi degli speculatori privati: sorgerà in una zona decentrata e più difficoltosa da raggiungere rispetto al vecchio, quest’ultimo depotenziato e decadente, tanto che per i livornesi ormai è routine servirsi del Santa Chiara di Pisa. Questo voto astensionista è un grido di protesta in faccia a chi ha lasciato nel più totale degrado culturale Livorno, città di grandi radici storiche per la classe operaia italiana. Questi sono i motivi appena accennati che hanno indotto le livornesi e i livornesi a votare in maniera massiccia l’astensionismo. Non certo per andare “ar mare” come hanno sentenziato alcuni mass-media di regime. Il PD insieme alla sua coalizione composta da SEL, Lista civica Livorno decide, PSI-altri, IDV il 25 maggio (1° turno) non raggiungeva il 51% sui voti validi necessario per far eleggere il suo candidato, renziano di ferro, Ruggeri, e lo costringeva, per la prima volta, al ballottaggio contro il candidato del M5S Filippo Nogarin, con 34.096 voti (il 24,9% sul corpo elettorale). L’8 giugno il PD non è riuscito a mantenere i voti che aveva ottenuto al 1° turno e tanto meno a incrementarli, 31.759 (23,2% sul corpo elettorale) perdendone ulteriori 2.337, e dando al M5S il potere cittadino che deteneva da 68 anni. Il neoeletto a sindaco di Livorno, Filippo Nogarin del Movimento 5 Stelle ha poco da cantar vittoria poiché la sua ascesa al governo cittadino è tutt’altro che plebiscitaria e popolare, se si pensa che i suoi 35.899 voti al ballottaggio e quindi il suo 53,06% sui voti validi si riduce a un 26,2% sul corpo elettorale. È vero anche che al primo turno aveva preso appena l’11,8% di consensi sul corpo elettorale cioè 16.212 voti. Di sicuro non sarebbe riuscito a ottenere i voti sufficienti per vincere su Rug- ���������������������� ���������������� ������� ������������������������� �� ��!� #����#���$� ��"!� ���������#����#���$� ��� ! #����%����%�$��� ��!�� ���������#����%����%�$��� "���� ������������� ��� � � 0�1�2�� /�/$$��� #�$� �% ��� � ��� �&% ,���-��������#���� ������� ���� �� �.���#��%� ��� �����% �� %���% ������ � ��.�� �����#���� ������������������� ��� %�� ��#����������� ���������#���� �%����$�� ���-� ��������#���� ��#'�&�/�& ��# �'�'%'�'�' ���$'����'�������#��� ��� �� �� &�'(�&� ��'�(&� �('��)� )'���� ('���� �'�)�� "'+�(� �'((�� �')((� �'&&�� �'��&� �'���� �'"�(� �'"(�� �'��+� �'��+� )�(� (")� &�"� �)�� ��� ")*)� ��*&� ��*)� &*�� �*(� "*�� �*+� �*�� �*"� �*�� �*�� �*�� �*�� �*�� �*+� �*)� �*&� �*&� �*�� �*"� �� ������������� 0�1��� ��$������3� #�$� (�*+� "&*"� ��*�� +*�� )*&� &*�� �*)� "*�� �*�� �*�� �*+� �*+� �*)� �*(� �*"� �*�� �*�� �*+� �*)� �*(� �� � �� �� �!����� ��� ��� ���"��� ��� ��� ���!�� ��� ��� ���"�� ������ ��� ��� ��� ��� ��� ���!!� ��� ��� � ���"� 0�1�2�� /�/$$��� �")�� ��)�� �� �� ��)�� �� �� �)�� �� �� �)�� �)�� �� �� �� �� �� �)!� �� �� ��)�� ���������� ��44'� ��44'� 0�1�2�� 0�1��� /�/$$��� ��$������3� 0�1��� ��$�� ����3� ��44' �11���$� "!)�� ��)�� �� �� ��)"� �� �� ") � �� �� �)�� �)�� �� �� �� �� �� �)�� �� �� ��)�� �'�"�� �*(� �)'���� �&*�� �� �� �� �� ���'"��� �)*"� �� �� �� �� ��'"��� ��*)� �� �� �� �� ��&� �*�� ��'���� ��*�� �� �� �� �� �� �� �� �� �� �� �"'���� ��*�� �� �� �� �� ��+'��&� ��"*�� �*&� �+*)� �� �� ���*�� �� �� ��*(� �� �� �*�� ��*(� �� �� �� �� �� �"*&� �� �� ���*�� �������������������������� ��!���" ����������#����#���$� ������� ���� ��!�����" #�$� �!�"�"� ���� � �!����� ��� ���� � ��� ��� ��� ��� "�� !��� ��!�"� ��� ��� ��� ��� ��� ��� ��� �"� �����"� 0�1�2�� /�/$$��� ��)�� ��)�� ��)�� �� �)�� �� �� �� �� �)!� �)�� �)!� �� �� �� �� �� �� �� �)�� ��)�� 0�1��� ��$�� ����3� �!)"� ��)�� �!)�� �� ��)!� �� �� �� �� �)�� �)!� �)!� �� �� �� �� �� �� �� �) � ��)�� ���������� ��44'� ��44'� 0�1�2�� 0�1��� /�/$$��� ��$������3� ��44' �11���$� ��'�&�� �(*�� ��'(�"� ��*�� ���'��)� ��*(� �� �� �('��+� �&*"� �� �� �� �� �� �� �� �� (�(� �*�� )(�� �*&� �"'�&�� ��*(� �� �� �� �� �� �� �� �� �� �� �� �� �� �� �"&�� ��*"� ��"'��&� ���*�� "�*"� �"*+� �)*�� �� �&*�� �� �� �� �� �*�� �*�� ��*�� �� �� �� �� �� �� �� ��*�� ���*�� ������������������������������ ���������������� �������� ������� ������������������������� ������������ ����� �!����� �� ���������%�!����� ���������� �(������������������!���! ���������(����� ���������������!������� ��)������ ������������)��������� ������������� !������������� �����*����� !�� �!������������*���� ���� +�,�-. �.����� ��� �"#�$%� �%#�%�� ��#���� '#%%�� $#��$� �#���� �#%"�� �#%$$� ���� %�"� �$'� ��"� ��� ��� ��� geri se come il suo padre-padrone Grillo, non avesse cercato l’appoggio dei fascisti di FdI-AN e degli xenofobi di Lega Nord, e in ultimo di Forza Italia, che nell’occasione del ballottaggio, non ha dichiaratamente espresso di appoggiare Nogarin, ma era già sottointeso visto che lo stesso a tre giorni dall’8 giugno ha strizzato l’occhio a FI dichiarando che se avesse vinto portava: “subito a Livorno l’Esselunga” che è una vita che la catena di supermercati dell’anticomunista e sfegatato berlusconiano Caprotti tenta di approdare nella città ������� ������ ����������������� �%&�� ��&"� ��&%� %&$� �&$� �&"� �&�� �&�� �&'� �&�� �&�� �&�� �� �� �� ������ ������������ +�,� � /�� � /0. 1 %$&�� %�&'� ��&%� "&"� '&�� �&"� �&"� �&"� �&�� �&$� �&�� �&�� �� �� �� ��� ������� ������� ��� ������� ������� ��� ������ ������ ��� ������ ��� ��� ��� ������ ������ +�,�-. �.����� ��#�� ��#�� �� ��#�� �#�� �� �#�� �#�� �� �#�� �� �� �� �#�� �#�� RACCONTALO A ‘IL BOLSCEVICO’ ������� ����������������� ������� ��������� +�,� � /�� � /0. 1 � 22# �,,�.��0 ��#�� ��#�� �� ��#�� ��#�� �� �#�� �#�� �� �#�� �� �� �� �#�� �#�� labronica ostacolata dalle coop del “centro-sinistra”. Determinante all’elezione di Nogarin è stato l’appoggio di Andrea Raspanti candidato della lista “Buongiorno Livorno” che insieme a “Sinistra unita per il lavoro”, “Un’altra Livorno” e “Amiamo Livorno”, liste della “sinistra” borghese e dei falsi comunisti, gli hanno portato oltre 13.000 voti. Non a caso il M5S ha scelto Filippo Nogarin, ingegnere aerospaziale, libero professionista di Rosignano, 44 anni, elettore in giovane età di Democrazia proletaria poi dei Ver- Accade nulla attorno a te? ������������������������� � 22#� +�,�-. �.����� ������������ � 22#� +�,� � /�� � /0. 1 ��� %#�"$� �&$� ��&�� �#'�%� �&$� '&�� ��#���� ��&%� ��&%� ��%#'"$� ���&%� ��$&�� ��#�'�� ��&�� ��&�� �#���� �&"� �&"� ��#���� ��&�� ��&�� ���'� ��&$� ��&�� ���� �&'� �&�� �'#��$� �%&�� �'&"� �$'� �&�� �&�� ��"� �&�� �&�� ��� ��� ��� ��#�%%� ��&$� ��&�� ��#���� ��&%� ��&�� ������� ������� ������� ������� ������ ������ ���� ���� ��� ��� ������ ��� ��� ��� ������ di e Radicali, come lui stesso asserisce, che fino a ieri non aveva mai fatto politica, che si presenta agli appuntamenti ufficiali in jeans e scarpe da ginnastica e si professa di “sinistra”. Nogarin nella sua campagna elettorale ha cavalcato furbescamente la tigre della rabbia dei livornesi verso un gruppo dirigente del PD ormai lontano anni luce dal suo elettorato, da una parte, e ha stretto alleanze coi fascisti, Forza Italia e Lega dall’altra. Ne vedremo delle belle. Quindi in ultima analisi la vittoria è dell’astensionismo! Grazie alle elettrici e agli elettori di sinistra di Livorno che l’hanno prati- +�,�-. �.����� ��#�� ��#�� ��#�� �#�� �#�� �#�� �#�� �#�� �� �� �#�� �� ��� �� �#�� ��������� +�,� � /�� � /0. 1 ��#�� ��#�� ��#�� ��#�� �#�� �#�� �#�� �#�� �� �� �#�� �� ��� �� �#�� � 22# �,,�.��0 ��#$��� $#�$�� �'#'��� �%#���� ��#���� �#���� "%�� �#���� ���� %�"� �$#'��� ��"� ��� ��� ��#���� � 22#� +�,�-. �.����� ��&�� �&�� �$&"� ��&�� ��&"� �&"� �&$� �&�� �&'� �&�� �%&�� �&�� ��� ��� ��&'� � 22#� +�,� � /�� � /0. 1 �"&%� ��&$� ��&$� ��&�� ��&�� �&%� �&�� �&�� �&�� �&$� �$&'� �&�� ��� ��� ��&�� cato come arma, con coraggio e in netto dissenso, contro le sirene illusorie dei partiti della destra e della “sinistra” borghesi e di chi promette il “cambiamento” come il M5S. Occorre ora che vadano oltre, che abbandonino definitivamente ogni illusione parlamentarista e governista, perché il cambiamento vero arriva solo prendendo coscienza che la causa di tutti i mali di Livorno, e non solo di esso ma dell’intero Paese, è il capitalismo e che bisogna abbatterlo. Perché solo col socialismo Livorno può essere governata dal popolo e al servizio del popolo. Chissà quante cose accadono attorno a te, che riguardano la lotta di classe e le condizioni di vita e di lavoro delle masse. Nella fabbrica dove lavori, nella scuola o università dove studi, nel quartiere e nella città dove vivi. Chissà quante ingiustizie, soprusi, malefatte, problemi politici e sociali ti fanno ribollire il sangue e vorresti fossero conosciuti da tutti. Raccontalo a “Il Bolscevico’’. Come sai, ci sono a tua disposizione le seguenti rubriche: Lettere, Dialogo con i lettori, Contributi, Corrispondenza delle masse e Sbatti i signori del palazzo in 1ª pagina. Invia i tuoi ``pezzi’’ a: Astensionismo elettorale a Prato Via A. del Pollaiolo 172/a - 50142 Firenze Fax: 055 5123164 - e-mail: [email protected] Sullo scorso numero nell’articolo di analisi del voto a Prato (pagina 5) sia nel titolo che nel testo sono saltate le virgolette al “partito” dell’astensionismo, “partito” che è al primo posto nelle scelte degli elettori della città toscana. Ce ne scusiamo con i lettori. Errata corrige elezioni del 25 maggio / il bolscevico 5 N. 24 - 19 giugno 2014 L’astensionismo avanza anche a Empoli, feudo del pd Redazione di Fucecchio parte soffocata anche dal divieto governativo fascista di affiggere i manifesti sui tabelloni a chi non presentava liste elettorali. Ma tutto ciò non ha impedito ai marxisti-leninisti di propagandare tra le masse l’astensionismo anticapitalista e per il socialismo, Prendendo i risultati delle europee il partito che aumenta di più è il PD, che però viene da numerose consultazioni che lo hanno sempre visto in perdita. Stavolta invece ha guadagnato dal 7 al 10% a seconda dei raffronti con le politiche, comunali o europee. Di segno inverso invece Forza Italia con perdite in doppia cifra, ben il 12,2% rispetto al 2009. In questo modo il partito di Berlusconi si posiziona, nettamente staccato, anche dietro al Movimento 5 stelle che comunque non raggiunge un gran risultato perché rispetto alle politiche dello scorso anno perde più di 2.000 voti (-6,2% sul totale degli elettori). Questo ha pesato sul risultato del loro candidato sindaco che speravano potesse andare al ballottaggio visto che alle scorse amministrative il Empoli è uno dei comuni più popolosi della provincia di Firenze con oltre 40 mila abitanti, da sempre feudo elettorale del vecchio PCI revisionista, poi del PDS, DS e ora del PD. Qui si raggiungono le più alte percentuali di affluenza anche se negli ultimi anni le cose stanno cambiando e anche stavolta, per le europee e le amministrative, l’astensionismo ha fatto un ulteriore passo in avanti aumentando del 4,5 rispetto alla consultazione del 2009. Ben più consistente l’aumento se guardiamo alle politiche del 2013 rispetto al quale l’astensionismo cresce di ben 3.800 unità pari al 10,6%. Nonostante la tradizione quindi, anche ad Empoli il voto astensionista è oramai scelto da una fetta consistente dell’elettorato, circa il 30%, nonostante il gran daffare dei vari partiti borghesi in lotta anche per la poltrona di sindaco. Dall’altra solo il PMLI ha proposto il rifiuto delle istituzioni borghesi con l’astensionismo. Una piccola voce isolata, quest’anno in ������������������� ������������� ������ ���������������������� ������ ���������������������� ������ �������� � ���!�� ����������������� � ������ ����������������� � ����"� ������������ ������� -�.�/�� �!!��� �!� �� �(������ )� �)�����"�(����� ������������ �*������������������(����( ����������*������� ��� �����������(������� ��+������ �������������+����������� ����������� ����� (������������� �����),���)��� ��(������������,����� ����� �"#$�"� ��#��"� �#&�'� �#�&�� �#�"$� '��� "&�� ���� ���� ��� &�� ��� ��� ��� sindaco eletto, la PD Luciana Cappelli, lo evitò solo per un centinaio di voti. Gabriele Sani invece prende solo il 13,7 dei voti validi (9,1 sul totale) dietro anche a Damasco Morelli, candidato trasversale, ex PD appoggiato anche dall’ex assessore al comune di Firenze, l’empolese Graziano Cioni, sostenuto da tre li- ��%&� ��%�� ��%"� "%'� �%�� �%$� �%'� �%�� �%"� �%�� �%�� �%�� �� �� ������������ -�.��� 0�!�� 01��2� $�%�� "�%�� ��%�� ��%�� &%�� �%�� �%�� �%�� �%�� �%"� �%�� �%�� �� �� �!� ������� "����� ��� !����� ������ ��� ����"� "��� ��� ������ ��� ��� ���� !��� -�.�/�� �!!��� ��'�� ��'�� �� ��'"� �'�� �� �'�� �'�� �� �'!� �� �� �'!� �'�� ���������� -�.��� 0�!�� 01��2� ��33# �..���!1 ��'"� �"'�� �� ��'�� ��'�� �� �'�� �'!� �� "'�� �� �� �'�� �'�� ste che comprendevano tutto il centrodestra e una parte di “sinistra”, che ha totalizzato il 14,5 (10%). A seguire Dusca Bartoli, candidata sostenuta da PRC-PdCI-SeL che ha preso l’11,8% (8,2% sul corpo elettorale). Mille voti in meno, sia della candidata che delle liste a sostegno, rispetto a quelle che nel 2009 ��33#� -�.�/�� �!!��� �������������� ��33#� -�.��� 0�!�� 01��2� �#���� �%&� �&%�� �#�'"� �%"� ��%$� �#&�'� ��%"� ��%�� ��#���� ���%�� ��&%�� ��#���� ��%'� ��%"� '��� �%$� �%�� �'��� ��%$� ��%�� ����� ��%�� ��%�� ���� �%"� �%�� ��#���� �"%�� �$%�� &�� �%�� �%�� ��� �%�� �%�� �""�� ��%'� ��%�� �'�&� ��%&� ��%&� �!� ������� !�!��� ��"��� ��!��� ����"� �!"� ���� ���� ��� ��� ������ ��� ��� �"�� sostennero Massimo Marconcini il quale stavolta ha sostenuto pubblicamente Damasco Morelli, appoggiato anche dalla destra empolese. Ha vinto al primo turno Brenda Barnini del PD che al di là dei trionfalismi non ha preso nemmeno i voti della Cappelli di 5 anni fa e non è andata al ballottagio non per l’aumento -�.�/�� �!!��� ��'�� �"'"� �!'�� ��'�� �'�� �'�� �'�� �'�� �� �� !'�� �� �� �'!� ���������� -�.��� 0�!�� 01��2� !�'�� ��'�� �!'"� �!'�� �'�� �'�� �'!� �'�� �� �� �'"� �� �� �'�� ��33# �..���!1 �#"�'� �#$��� ��#�"�� ��#'�$� �'��� �'�� ���� �&�� ���� ��� ��#�&�� ��� ��� �"$�� ��33#� -�.�/�� �!!��� &%�� ��%'� �'%�� ��%$� ��%$� �%"� �%'� �%&� �%"� �%�� �"%�� �%�� ��� ��%&� ��33#� -�.��� 0�!�� 01��2� ��%"� ��%�� �&%$� �'%&� ��%�� �%�� �%�� �%"� �%�� �%"� ��%�� �%�� ��� ��%&� dei propri consensi ma per le perdite degli altri candidati. Se prendiamo correttamente in considerazione l’astensionimo, la percentuale effettiva dei suoi voti non è del 53,8 (%sui voti validi) bensi del 37,2%, ovvero non è stata scelta dalla maggioranza degli empolesi come invece dicono la Barnini e il suo partito. Oltre un quarto degli elettori diserta le urne, annulla la scheda o la lascia in bianco Valdisieve, astensionismo record al 26,54% Rispetto alle scorse politiche un altro elettore su dieci nega il proprio voto ai partiti borghesi Il PD raccoglie l’emorragia da destra e beneficia della scomparsa dell’IDV e di Scelta civica. Crollo del Movimento 5 stelle Dal corrispondente di gran lunga il secondo “partito”: 8.184 elettori, pari ad oltre il 26% circa, hanno disertato le urne, annullato la scheda o l’hanno lasciata in bianco. al 70%; invece il PD ha raccolto 15.158 voti su 30.842 aventi diritto che gli conferma il primato fra i partiti parlamentari e borghesi ma con un ben più ristretto 49,15% che rappresenta meno della metà dell’elettorato. Voti raccolti anche da destra, le cui forze raccolgono appena un 10,3% con poco più di 3.000 consensi, dalla contrazione del Movimento 5 Stelle (2.712 voti pari all’8,81%) e dal crollo dell’IDV che in pratica scompare assieme a Scelta Civica. L’astensionismo, nonostante il martellante invito al voto, si conferma dell’Organizzazione di Rufina del PMLI Prima di esaminare nel dettaglio il risultato del voto dei due principali comuni della Valdisieve (Pontassieve e Rufina) pensiamo sia il caso di fare una panoramica più generale sull’intera area che comprende, oltre ai comuni sopracitati, anche Pelago, Londa e San Godenzo. Tutti i media hanno sbandierato ai 4 venti l’affermazione plebiscitaria del PD nelle zone di origine di Renzi, attribuendogli percentuali intorno Il voto a Pontassieve e Rufina Confrontando i risultati delle europee con quelli del 2009, emerge che nei principali comuni della Valdisieve il PD raccoglie 8.367 preferenze contro le 6.612 di cinque anni fa e si attesta al �������������������������� ���������������� ������ ������������������������� ������ �������������������������� ������ ��������� ������ ������������������ ������ ������������������� ������ ���������������� ��� ������������������������� ������������� ������� -�.�/�� 0�0##�1� �#� �� �������� ���������(��������*����+�����%�� ��������������������������������������� ��� �������� ������,��������������������������� $%�"�� �%(�'� �%(�'� �%"�)� �%��$� "�$� ��&�� �$&$� �&"� )&(� $&�� �&�� ��� ������������� -�.��� 2�#�� 2���3� -�.�/�� 0�0##�1� �#� ������ ������ ��� ������ ������ ���� '�&�� "�&�� �"&�� ��&�� �&�� �&$� ��#�� ��#�� �� ��#�� ��#�� �#�� -�.��� 2�#�� 2���3� �������� � ��44%� ��44%� ��44% -�.�/�� -�.��� �..���#� 0�0##�1� 2�#��2���3� ��#�� ��#�� �� ��#�� ��#�� �#�� ('�� �&"� �%�($� '&�� �� �� �(�"� ��&)� ��%�(�� ���&(� �"(�� ��&�� �������!�����" -�.�/�� 0�0##�1� �#� ������ ������ ������ ���� ������ ��� )&�� ��&)� �� �"&�� ��(&�� ��&$� �������� � ��44%� ��44%� ��44% -�.�/�� -�.��� �..���#� 0�0##�1� 2�#��2���3� -�.��� 2�#�� 2���3� ��#�� ��#�� ��#�� �#�� �#�� �� ��#�� ��#�� ��#�� �#�� ��#�� �� '�� �"� �$�'� �(�� ��'(� �� ��� ��&�� ��&�� �&$� ��&$� �� �&"� �&'� �(&�� �&�� ��&�� �� PONTASSIEVE - europee 2014 CORPO ELETTORALE VOTI VALIDI 16.315 11.987 CORPO ELETTORALE VOTI VALIDI EUROPEE 2014 PARTITI ASTENUTI FED.VERDI - GREEN ITALIA FORZA ITALIA L'ALTRA EUROPA CON TSIPRAS FRATELLI D'ITALIA - AN IO CAMBIO - MAIE SCELTA EUROPEA NUOVO CENTRO DESTRA - UDC MOVIMENTO 5 STELLE PD LEGA NORD IDV - DI PIETRO ALTRI Voti 4.328 93 796 712 234 12 27 232 1.314 8.367 155 45 - EUROPEE 2009 % sui voti validi % sugli elettori 26,5 0,6 4,9 4,4 1,4 0,1 0,2 1,4 8,1 51,3 1,0 0,3 - 16.601 12.865 36,1 0,8 6,6 5,9 2,0 0,1 0,2 1,9 11,0 69,8 1,3 0,4 - 3.736 429 2.773 664 549 6.612 264 933 641 DIFFERENZA % sui voti validi % sugli elettori Voti 22,5 2,6 16,7 4,0 3,3 39,8 1,6 5,6 3,9 CORPO ELETTORALE VOTI VALIDI 29,0 3,3 21,6 5,2 4,3 51,4 2,1 7,3 5,0 Diff. Assoluta 592 -336 -1.977 48 234 12 -522 232 1.314 1.755 -109 -888 -641 POLITICHE 2013 Diff. Diff. % sugli % sui elettori voti validi 4,0 -2,0 -11,8 0,4 1,4 0,1 -3,1 1,4 8,1 11,5 -0,6 -5,3 -3,9 16.306 13.485 % sugli elettori Voti 7,1 -2,5 -15,0 0,7 2,0 0,1 -4,1 1,9 11,0 18,4 -0,8 -6,9 -5,0 2.821 1.412 295 226 175 2.242 7.824 66 1.245 17,3 8,7 1,8 1,4 1,1 13,7 48,0 0,4 7,6 DIFFERENZA % sui voti validi Diff. Assoluta 1.507 93 -616 417 8 12 27 57 -928 543 89 45 -1.245 20,9 10,5 2,2 1,7 1,3 16,6 58,0 0,5 9,2 Diff. Diff. % sugli % sui elettori voti validi 9,2 0,6 -3,8 2,6 0,1 0,2 0,3 -5,6 3,3 0,6 0,3 -7,6 15,2 0,8 -3,9 3,7 0,3 0,1 0,2 0,6 -5,6 11,8 0,8 0,4 -9,2 RUFINA - comunali 2014 CORPO ELETTORALE VOTI VALIDI VOTI SOLO SINDACO COMUNALI 2014 PARTITI ASTENUTI LISTA CIVICA - DEMOCRAZIA E SOLIDARIETA' MOVIMENTO 5 STELLE BEPPEGRILLO.IT LISTA CIVICA - INSIEME PER RUFINA ALTRI Voti 1.837 3.127 589 426 - % sugli elettori 30,7 52,3 9,9 7,1 - 5.979 4.142 0 % sui voti validi 44,4 75,5 14,2 10,3 - CORPO ELETTORALE VOTI VALIDI VOTI SOLO SINDACO COMUNALI 2009 % sui % sugli voti elettori validi Voti 1.625 2.749 1.085 591 26,9 45,4 17,9 9,8 36,7 62,1 24,5 13,4 6.050 4.425 0 DIFFERENZA Diff. Diff. Diff. % sugli % sui Assoluta elettori voti validi 212 378 -659 -591 3,8 6,9 -10,8 -9,8 CORPO ELETTORALE VOTI VALIDI 5.876 4.711 POLITICHE 2013 Voti 7,7 13,4 -14,2 -13,4 1.165 908 3.803 % sugli elettori 19,8 15,5 64,7 % sui voti validi 24,7 19,3 80,7 DIFFERENZA Diff. Diff. % sugli % sui elettori voti validi Diff. Assoluta 672 -319 -3.803 10,9 -5,6 -64,7 19,7 -5,1 -80,7 ������������������ ��������������� ����� ��������������� ����� ��������������� ����� ���������� ����� ���������� ����� ���������� ����� ������������ ������� � ������ ���!��������'����������� ������������ �(������������������ ���� ����������(����������� �����)*�����)��� ������������� ��������������� ��������� )���)�����&� ����� �� ��'������ ��������������� ����� ���� �!"��� ��� ��"� �#�� �"� %� �#� &"� &��� �!"%"� %�� �"� ��� +�,�-.� .����� �#$�� �$&� "$&� �$�� �$%� �$�� �$�� �$�� #$�� �%$%� �$�� �$�� �� ������������ +�,��� /���� /0.�1� ��$%� �$"� ��$%� �$&� �$�� �$�� �$�� �$�� ��$&� %&$&� �$%� �$�� �� ���� ����� ��� ����� ��� � � ��� � � ����� ��� ��� ��� +�,�-.� .����� ��"� �"� ��"� �"� � � �"� � � ��"� �"� �"� �"� +�,��� /����/0.�1� ��"� �"� ��"� �"� � � �"� � � ��"� �"� �"� �"� ���������� ��22!� ��22!� ��22! +�,�-.� +�,��� �,,�.��0 .����� /����/0.�1� ��#� �$"� ����� ��$"� �"��� ���$�� ��%�� ��$%� �"� �$%� %� �$�� ���%� ��$�� &"� �$�� &��� #$�� #�"� ��$�� �#�� ��$�� ��%�� ��$�� ���"� ��$#� &$�� ��$�� ��%$�� ��$�� �$�� �$�� ��$�� �$�� ��$&� ��$�� ��$#� �&$#� �&$�� �������������� ���� ����� � ��� ��� �� � � �� ��� ����� �� � ��� +�,�-.� .����� ��"� � ��"� �"� �"� � � �"� ��"� ��"� �"� � �"� +�,��� /���� /0.�1� ��"� � ��"� �"� �"� � � �"� ��"� ��"� �"� � �"� ���������� ��22!� ��22!� +�,�-.� +�,��� .����� /����/0.�1� ��22! �,,�.��0 &��� ��� ��"�� "�� �#� %� �#� ��� ��"#� ���� ��� �"� ����� �$�� �$&� ��$�� �$�� �$�� �$�� �$�� ��� �%$%� �$#� �$&� �$�� �"$�� �&$�� �$"� ��$&� �$�� �$%� �$�� �$�� �$�� �%$#� ��$�� �$#� �$�� ��$�� 51,3% sul corpo elettorale a Pontassieve mentre a Rufina i suoi voti sono 2.767 (1.960 nel 2009) pari al 46,6%. Questo aumento rispettivamente di oltre 11 e 12 punti è dovuto in particolare allo slittamento di voti da Forza Italia che globalmente ne perde oltre 1.500 pari a circa il 12% del corpo elettorale a Pontassieve e 749 a Rufina pari al 12,4%. Dobbiamo considerare anche la scomparsa dell’IDV che perde quasi 900 voti a Pontassieve e 261 a Rufina, con tutta probabilità a beneficio del PD stesso. A Pontassieve tengono nella pratica la cosiddetta “sinistra radicale” nel suo insieme e la Lega che perdono meno dell’uno per cento sul corpo elettorale mentre a Rufina le flessioni sono rispettivamente del 2,6% e dell’1,3%. L’astensionismo a Pontassieve passa da 3.736 unità a 4.328 che gli valgono un incremento di 4 punti percentuali; più modesto a Rufina, dove aumenta del 2,7%. Raffrontando i dati con le politiche del 2013, dato più fresco e comunque indicativo, notiamo che il “centro-destra” nel suo insieme perde circa 600 voti a Pontassieve, in parte raccolti dal PD, che beneficia anche dalla scomparsa di Scelta Civica di Monti, perdendone però qualcuno a favore della lista del socialdemocratico Tsipras che a Pontassieve alza sensibilmente il numero di preferenze ricevute un anno fa da Ingroia, allora sostenuto anche dall’IDV. A Rufina guadagna qualcosa Tsipras (+1,2%) così come il PD incrementa del 4,8% accogliendo anche in questo caso gli ex-Scelta Civica e parte degli ex elettori di destra che hanno visto in Renzi un ottimo continuatore di Berlusconi. Pesante crollo del Movimento 5 Stelle che riduce le preferenze di quasi mille voti a Pontassieve (-5,6%) e di 530 a Rufina (-6,6%). È l’astensionismo che però fa il balzo maggiore aumentando in entrambi i comuni di oltre il 9% e portandosi al 26,5% sul corpo elettorale a Pontassieve e al 28,9% a Rufina, confermandosi il secondo “partito” subito dietro al PD. Riassumendo, a Pontassieve il PD raccoglie 8.367 voti su 16.315 aventi diritto (51,3%), lo segue il “partito” degli astensionisti al 26,5%, poi il Movimento 5 Stelle all’8,1%, Forza Italia al 4,9% e Tsipras al 4,4% degli elettori. Dati simili a Rufina dove il PD ottiene 2.767 voti su 5.940 aventi diritto (46,6%) fermandosi sotto il 50% del corpo elettorale, seguito dal “partito” degli astensionisti al 28,9%, poi il Movimento 5 Stelle all’8,9%, Forza Italia al 7,5% e Tsipras col 3,2%. I risultati delle elezioni amministrative Le amministrative a Pontassieve confermano i candidati del PD appoggiati anche da IDV, SEL e PSI, Monica Marini a Pontassieve che mantiene le preferenze raccolte dall’ultimo Mairaghi, ex sindaco piddino, con una percentuale intorno al 52,5% del corpo elettorale sommando il 44% della lista PD e l’8,5% della “civica” SEL–PSI–ex IDV. Mauro Pinzani a Rufina che rinnova il suo mandato col 52,3% degli aventi diritto. Anche in questo caso è evidente che il PD beneficia di gran parte dei 2.000 circa voti in meno raccolti da Forza Italia a Pontassieve (-659 a Rufina) e cede a sua volta una significativa quantità di voti al Movimento 5 Stelle che alla sua prima apparizione alle amministrative si attesta al 9,3% sugli aventi diritto con 1.526 voti a Pontassieve. Rifondazione, presente con una lista civica, dimezza i propri voti dal 4% all’ 1,9% pari a 350 preferenze in meno, cedendoli in parte al Movimento 5 Stelle ed in misura maggiore all’astensionismo. Diverso il ragionamento per Rufina dove rispetto alle scorse amministrative non si è presentata alcuna lista a sinistra del PD (nel 2009 il PRC raccolse il 9,8%) e dove il Movimento 5 Stelle esordisce accogliendo 589 voti pari al 9,9%; è ipotizzabile tuttavia uno slittamento di voti al PD da destra ed al Movimento 5 Stelle dal PD e dagli ex PRC. L’astensionismo incrementa del 6,9% portandosi al 27,7% degli elettori a Pontassieve e del 3,8% a Rufina pari al 30,7% degli aventi diritto, segno evidente che la scelta di disertare le urne, di annullare o lasciare in bianco la scheda assume sempre di più un valore politico di rifiuto del sistema capitalista. Il crollo del Movimento 5 Stelle rispetto alle scorse politiche, dalla sua fondazione deterrente dell’astensionismo e della lotta di classe, conferma che l’interclassismo e il populismo non sono ritenute una valida alternativa al sistema proprio perché esse nella pratica lavorano per mantenerlo in piedi nelle sue fondamenta. Quale democrazia potrà esserci in un Consiglio comunale, prendendo ad esempio quello di Pontassieve, nel quale 13 dei suoi 17 seggi saranno del PD e dei suoi stretti alleati? Il neo sindaco di Pontassieve, attraverso le due liste in suo sostegno, ha raccolto il 52% dei voti ma la democrazia borghese gli attribuisce il 76% dei seggi. Per questo il PMLI si rivolge ancora una volta a tutti gli astensionisti di sinistra, che sono la parte indiscutibilmente più numerosa, e a coloro che sono ancora legati all’elettoralismo borghese, a tuffarsi nella lotta di classe e combattere le istituzioni dall’esterno attraverso le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo che vanno create e le Assemblee e i Comitati popolari. Le masse devono prendere coscienza che dall’interno delle istituzioni non potranno aspettarsi nessun autentico cambiamento ma neppure il soddisfacimento delle loro rivendicazioni che potranno essere conquistate solo con la lotta di classe anche attraverso la costituzione di Comitati di lotta su questioni specifiche. 6 il bolscevico N. 24 - 19 giugno 2014 Renzi contestato duramente dalle masse a Napoli La polizia di Alfano blinda la piazza e fa fuggire il Berlusconi democristiano da un ingresso laterale del teatro San Carlo Vergognoso silenzio dei media del regime, compreso “Il Manifesto” trotzkista Redazione di Napoli Sabato 7 giugno, nella centrale piazza Trieste e Trento a Napoli, centinaia di manifestanti hanno “accolto” il presidente del Consiglio, il Berlusconi democristiano Renzi, con una clamorosa e dura contestazione. Ospite della terza edizione della kermesse “La Repubblica delle Idee” organizzata dall’omonimo quotidiano, è stato letteralmente subissato dai fischi e dalle urla dei manifestanti, nonostante la solita militarizzazione attuata dalle “forze dell’ordine” del suo fedele gerarca dell’Interno, Alfano, con Digos, celere e carabinieri in assetto antisommossa. La “recinzione” costruita per contenere i manifestanti inviperiti non ha fatto demordere i coraggiosi contestatori antigovernativi e anticapitalisti, provocati da alcuni spintoni da parte degli agenti. Tre giovanissimi dei centri sociali napoletani - cui va la nostra solidarietà militante - sono stati fermati e trattenuti in questura per diverse ore perché stavano svolgendo un semplice volantinaggio in piazza. Alla protesta hanno partecipato i precari Bros, i disoccupati, i movimenti studenteschi, i “sindacati di base”, i comitati di lotta per la difesa della salute - ambiente della Campania e i dipendenti del consorzio fallito per il recupero dell’area Bagnoli; c’erano alcuni militanti della Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI. “Renzi vattene!”, “Stop Jobs act!” e “Stop biocidio”, chi ha inquinato deve pagare”, alcune delle parole d’ordine degli striscioni esposti dai combattivi contestatori. Nel frattempo si univa alla protesta la comunità senegalese napoletana scesa in piazza in seguito alla violenta aggressione di cui è stata vittima per mano della Napoli, 7 giugno 2014. Due momenti della contestazione al Berlusconi democristiano Renzi (foto del Comitato contro la discarica di Chiaiano) guardia di finanza il giorno prima, un ambulante senegalese. Iniziano gli slogan, i cori, si grida davanti alla città che non sono gradite le passerelle di questo odiato governo antipopolare egemonizzato dal PD. Il premier è riuscito a evitare i manifestanti usando un ingresso laterale del teatro per andare a cinguettare col direttore di Repubblica, Ezio Mauro, cui è seguito un incontro con il neopodestà di Napoli Luigi De Magistris. Nella dura e bella giornata di lotta le masse hanno espresso tutta la loro rabbia e dissenso contro il governo Renzi e motivando politicamente le ragioni della loro protesta. Perché questo è un governo che ripetendo all’infinito lo slogan della “rottamazione” del passato e usando il volto “nuovo” e “giovane” del premier, sta portando avanti un attacco a tutto campo e senza precedenti alle condizioni di vita di milioni di donne, giovani e meno giovani, lavoratori, studenti, disoccupati e immigrati. A conferma di ciò basti guardare al contenuto delle misure previste dai provvedimenti governativi più discussi degli ultimi mesi: il famigerato Jobs Act che col mi- raggio della “ripresa” dell’occupazione e dell’economia italiana comprime ulteriormente i salari, aumenta lo sfruttamento e il ricatto padronale a cui si è sottoposti in nome della “flessibilità” in entrata (come dimostrano le modifiche previste per contratti a termine e apprendistato) e in uscita (si parla infatti di una “riforma epocale” degli “ammortizzatori sociali”. E ancora: il Piano Casa firmato dal ministro ex berlusconiano Lupi che si limita a rispondere all’emergenza abitativa agevolando i grandi proprietari e attaccando chi è costretto a occupare una dimora, impedendogli il riconoscimento della residenza e l’allacciamento ai servizi pubblici. Questo è un go- verno che non si è fatto scrupoli nel rispondere alle sacrosante richieste di chi ha osato contestare il suo operato negli ultimi mesi solamente con arresti, fermi preventivi, denunce e manganelli di stile mussoliniani. Risulta a dir poco vergognoso il comportamento dei media del regime, compreso il manifesto, che hanno tenuto nascosta la notizia, o in qualche caso minimizzato i fatti e la verità della giusta contestazione a Renzi da parte delle masse popolari di Napoli e provincia. Un comportamento che dimostra in maniera chiara come i media asserviti al regime capitalista e al suo governo, usano le loro pagine come megafono solo per esaltare il nuovo Berlusconi e difendere gli interessi del capitalismo, censurando in modo vigliacco le rivendicazioni e i diritti di chi protesta e lotta nelle piazze. Esattamente come avveniva sotto la dittatura fascista di Mussolini. Firenze CONTESTATO RENZI AL COMIZIO DI CHIUSURA DELLA CAMPAGNA ELETTORALE DEL PD Redazione di Firenze Venerdì 23 maggio Renzi è stato accolto da fischi e slogan appena si è affacciato sul palco del comizio di chiusura della campagna elettorale del PD in Piazza della Signoria. Ad animare la contestazione principalmente i senza casa, vitti- Massiccio intervento della polizia me del piano casa di Renzi e Lupi che impone all’articolo 5 il taglio delle utenze negli edifici occupati e il divieto di avervi il domicilio. Gli slogan urlati nella protesta: “Case subito!”, “No Jobs act, No piano casa”; è stato tentato di srotolare lo striscione “Renzi nemico di tutti i lavoratori” utilizzato anche dai lavoratori Ataf. Dopo po- chi secondi i cordoni di Digos (più di cento) supportati dal servizio d’ordine del PD (circa 200) hanno attaccato i manifestanti spingendoli fuori della piazza, mentre l’ipocrita Renzi dal palco faceva il buonista commentando la protesta: “accogliamoli con un sorriso”. I manifestanti, sospinti in via della Ninna, hanno dato vita a un corteo in pieno centro. Questo è stato il clou di una mobilitazione contro il piano casa e l’articolo 5, aperto da un corteo sabato 17 maggio, sfociato in un presidio di due giorni in piazza San Lorenzo, dietro il palazzo della prefettura e nell’occupazione dell’anagrafe di Palazzo Vecchio lunedì 19 maggio. L’esperienza e le valutazioni della Squadra di propaganda dell’astensionismo della provincia di Modena La Squadra di propaganda dell’astensionismo marxista-leninista della provincia di Modena si è insediata il 25 Aprile e si è sciolta il 7 giugno. La Squadra ha operato nei comuni di Modena e di Castelvetro. Calendario delle attività: banchini a Modena il 2, 11 e 18 maggio; volantinaggio all’assemblea di confronto fra i candidati a Castelvetro il 19 maggio; volantinaggio a Modena il 22 maggio. Bilancio autocritico del lavoro svolto Ancora una volta il principale pregio della Squadra di propaganda è rappresentato, senza ombra di dubbio, dal grande entusiasmo proletario rivoluzionario, dallo spirito di sacrificio, dalla consapevolezza di rendere un servizio preziosissimo al trionfo dell’astensionismo marxista-leninista e quindi, strategicamente, alla causa del socialismo in Italia. Tutti i compagni, nessuno escluso, hanno dato il massimo, compatibilmente con le proprie inderogabili disponibilità, sobbarcandosi ben tre fine settimana consecutivi di banchini. Tanta è stata l’intensità con cui questa campagna elettorale astensionista è stata vissuta, che tutti i membri della Squadra di propaganda possono registrare notevoli miglioramenti, nel giro di poco tempo, sul piano ideologico, politico, organizzativo e giornalistico. Esemplare in tal senso la nota del compagno Stefano del 27 maggio nella quale egli, di sua iniziativa, commenta il dato astensionista. Addirittura, da parte del compagno Antonio, è maturata l’intenzione di fare un passo avanti e richiedere l’ammissione al PMLI. I compagni hanno inoltre reagito correttamente, con ottima coscienza politica e di classe, al risultato elettorale, che è peraltro assai positivo e incoraggiante. Bisogna fare attenzione a non cadere in una forma inconsapevole e apparentemente di “sinistra” dell’elettoralismo, che consiste nel sopravvalutare il dato elettorale, qualunque esso sia, e credere che la battaglia strategica per il socialismo dipenda soltanto dal voto astensionista. Vista la fase economica che il Partito sta attraversando, è un grande successo che la Squadra si sia totalmente autofinanziata e abbia potuto comunque realizzare tante cose, fra cui il “depliant” autoprodotto. Un’autocritica doverosa va fatta per il ritardo con il quale abbiamo richiesto l’assegnazione dei banchini, che ci ha impedito di averli nei giorni in cui avremmo preferito. Al contempo, i compagni sono invitati a migliorare la propria dialettica e capacità di argomentare le nostre posizioni, che non è ancora del tutto soddisfacente, ma è proprio usando dialettica e argomentando che possiamo convincere i nostri interlocutori della giustezza delle nostre proposte, che noi sappiamo essere vincenti e rivoluzionarie, ma che dobbiamo fare accettare alle masse popolari, oppresse propagandisticamente dalla borghesia, dai riformisti e dai revisionisti. Utilissima in tal senso è la splendida palestra politica dei banchini. Inoltre, la Squadra esprime solidarietà militante al PMLI per il vergognoso rigetto del ricorso presentato per la soppressione dei tabelloni della propaganda indiretta. Nel complesso possiamo ritenerci soddisfatti del lavoro svolto e della grande esperienza acquisita, che ci sarà preziosissima per le battaglie che ci attendono. Ribadiamo con forza che perché Modena sia governata dal popolo e al servizio del popolo ci vuole il socialismo. I risultati L’astensionismo segna una grande vittoria anche in provincia di Modena, registrando nella media un aumento del 5% e posizionandosi in certi casi come primo “partito” (nel 2009 era il secondo). Un dato che assume ancora più importanza se si pensa che la nostra provincia, tradizionalmen- te un feudo del PD, ha visto nello scorso mese presenze importanti come Poletti, Kyenge, Bersani e lo stesso Renzi giunti in soccorso dei loro candidati. In generale, poi, dallo squallido spettacolo delle primarie erano usciti candidati considerati “esterni”, convenienti foglie di fico dietro cui il PD ha potuto nascondersi per mantenere qualche consenso e rifarsi la faccia dinanzi alle masse popolari. La diserzione alle europee passa dal 22,2% del 2009 al 27,4%. Nel capoluogo Modena, dopo dieci anni di governo antipopolare di Giorgio Pighi, il candidato civatiano Giancarlo Muzzarelli non è riuscito a sfondare e, per la prima volta, si andrà al ballottaggio con Marco Bortolotti del M5S. Sicuramente ciò è dovuto in parte all’11,3% (sui voti totali) ottenuto dal M5S e dall’ingente consenso raccolto dalle liste civiche, ma anche dall’astensionismo: in 41.478 (il 30,5% dell’elettorato) hanno disertato le urne, annullato la scheda o l’hanno lasciata in bianco. La destra neofascista è stata sonoramente respinta, con Forza Italia che cala del 12,2% (sui voti totali) e l’ex ministro Carlo Giovanardi, candidatosi sindaco con il NCD, ha ricevuto meno di 4.000 voti, pari al 2,7% dell’elettorato, a riprova dell’astio che le masse modenesi nutrono nei confronti di questo infimo esemplare di oscurantismo cattolico e neofascista. Fallite le liste del PRC, “L’Altra Modena” (sulla scia della lista Tsipras “L’Altra Europa”) che raggruppava anche i “movimenti” (1.186 voti, 0,8% dell’elettorato). Tracollo anche per il PdCI (806 voti, 0,5%), che sosteneva Muzzarelli. Al ballottaggio andrà anche Sassuolo, importante centro industriale del modenese, dove l’astensionismo con 9.007 “voti” diventa il primo “partito”, distanziando abbondantemente il PD (6.719 voti). Rispetto al 2009, quando pesò la tendenza degli elettori di sinistra a turarsi il naso e votare PD a fronte del rischio, poi concretizzatosi, della vittoria di Luca Caselli (PDL-Lega Nord), che ora lascia la poltrona di sindaco con la città a rischio bancarotta, a questa tornata l’astensionismo recupera e aumenta. L’8 giugno si torna a votare anche a Vignola, per il ballottaggio fra il renziano Gasparini e la lista civica Vignola Cambia, composta perlopiù da delusi e fuoriusciti del PD. Anche qui l’astensione è il primo “partito”, aumentando del 5,2%. Se prendiamo infine in esame anche gli altri due Comuni nei quali fu fatta campagna elettorale astensionista per le politiche 2013, Castelvetro e Spilamberto, vediamo in entrambi i casi un considerevole aumento dell’astensionismo. Castelvetro regi- stra poco meno del +5% e un PD in costante calo, segno evidente che il M5S non è riuscito a drenare tutto il voto di protesta che pure si annunciava elevato vista la presenza di candidati poco raccomandabili e invisi alle masse (fra cui il sindaco Giorgio Montanari che, non ricandidato dal PD, è clamorosamente passato armi e bagagli alla lista civica sponsorizzata dal NCD). A Spilamberto il successo del giovane renziano Umberto Costantini, a ben vedere, non è che un fuoco di paglia dato che il PD continua a calare e l’astensionismo aumenta a più del 5%. Va considerato che i notevoli consensi raccolti dalle liste civiche e, in parte, dal M5S, sono comunque indice del rifiuto delle masse verso i partiti borghesi. Ora tale rifiuto andrebbe approfondito capendo che le stesse istituzioni borghesi locali, indipendentemente dal partito o dalla lista che le governa, sono antipopolari perché asservite al capitalismo e ai potentati economici locali e nazionali, ed è perciò necessario opporre a loro lo stesso rifiuto giustamente rivolto ai partiti borghesi. Con i Maestri e il PMLI vinceremo! La Squadra di propaganda dell’astensionismo marxistaleninista della provincia di Modena 7 giugno 2014 N. 24 - 19 giugno 2014 fare il bilancio della storia del movimento operaio / il bolscevico 7 Fare il bilancio della storia del movimento operaio per sapere che cosa bisogna fare oggi di Giovanni Scuderi Compagni e amici, buonasera e benvenuti a questo dibattito organizzato dai compagni, bravissimi, generosissimi ed estremamente coraggiosi, della Cellula “Vesuvio Rosso” del nostro Partito. Questi compagni rappresentano il prototipo del militante marxista-leninista, cioè delle ragazze, dei ragazzi, degli operai, dei lavoratori, insomma di tutte quelle persone che danno la propria vita e le proprie sostanze alla causa del socialismo, del proletariato e della rivoluzione. Tutto il Partito ha da imparare dall’esempio e dal coraggio dei compagni napoletani. Noi siamo qui per illustrarvi la proposta del PMLI che è diretta specificamente alle ragazze e ai ragazzi, ma che interessa tutto il proletariato e tutto il popolo di Napoli, della Campania, del Sud e di tutto il nostro Paese. Vogliamo discuterla con voi, che siate d’accordo o che non siate d’accordo, che siate d’accordo totalmente o che siate d’accordo parzialmente. Il compagno alla presidenza ha fatto una proposta per il dibattito. Gli interventi però si possono moltiplicare e i tempi si possono allungare, a seconda l’esigenza di conoscerci reciprocamente. lo, una volta che ho fatto l’introduzione, potrei poi stare zitto per ascoltarvi, per imparare da voi. Idealmente il dialogo lo potremmo continuare attraverso i compagni di Napoli, che rimangono qui vita natural durante, e attraverso II Bolscevico. Ha poca importanza da parte mia stare ore e ore a parlare e monopolizzare tutto il tempo. Se è vero che da parte nostra c’è l’esigenza di avanzare una proposta politica limpida, dati questi “chiari di luna” che ci sono a Napoli, al Sud, a livello nazionale e internazionale, nello stesso tempo da parte nostra abbiamo l’altra esigenza di conoscere la realtà locale, di conoscere il pensiero delle masse, di discutere con le masse, di portare tutte le questioni alle masse. In quella mangiatoia che è il parlamento, mangiatoia o porcile, come preferite, si fanno tante proposte, e tutti dicono che parlano a nome e a favore delle masse, ma in realtà essi barano perché queste loro proposte non vengono fuori dal basso, non vengono fuori dal proletariato, non vengono fuori dai disoccupati, non vengono fuori dai poveri, dalle persone che soffrono. Mi riferisco a tutte le questioni d’ordine economico, d’ordine istituzionale, d’ordine politico e d’ordine sindacale. Occorre invece discutere con le masse prima di fare delle proposte a livello istituzionale di qualsiasi tipo. Bisogna prima recepire la volontà e le idee delle masse e a quel punto, solo a quel punto, uno è veramente delegato a rappresentarle. Vorrei esprimere personalmente e a nome dell’intero Partito marxistaleninista italiano il nostro saluto militante, la nostra attiva solidarietà a tutti i disoccupati, ai cassintegrati, agli operai e ai lavoratori in mobilità, ai poveri, ai diseredati di Napoli e della Campania. Noi ci sentiamo una cosa sola con questi lavoratori, con questi disoccupati, come con i terremotati dell’Irpinia. Una cosa sola, perché? Perché siamo carne della stessa carne e sangue dello stesso sangue, perché i loro problemi 8 il bolscevico / fare il bilancio della storia del movimento operaio sono i nostri stessi problemi, in quanto anche i militanti del nostro Partito sono lavoratori, sono operai, sono disoccupati, sono terremotati. Per cui non c’è distinzione tra i nostri militanti e le masse del Sud, come del Centro e del Nord. Se il proletariato a livello mondiale non ha confine, non ha patria, figuratevi voi, compagne e compagni, se a livello nazionale ci possono e ci debbano essere delle barriere tra Sud, Centro e Nord. Siamo tutti componenti delle masse. Le masse sostanzialmente non hanno delle contraddizioni interne antagonistiche, non hanno dei problemi interni laceranti. È la borghesia e le sue cosche parlamentari che introducono all’interno delle masse delle divisioni, delle contraddizioni di ordine economico, di ordine sociale, di ordine sindacale, di ordine territoriale. Ma questo non lo fa il proletariato, e noi, in quanto Partito del proletariato, ricerchiamo, attraverso la chiarezza, la discussione e la verità, l’unità del proletariato e delle masse popolari di tutte le regioni del nostro Paese, come del mondo intero perché in prospettiva il proletariato italiano e di tutti gli altri paesi mirano alla grande unità mondiale di tutti gli sfruttati e gli oppressi. lo sono particolarmente contento, felice e emozionato di essere a Napoli. Perché nella storia del nostro Paese, e in particolare nella storia del proletariato italiano, le masse napoletane hanno svolto un ruolo di primo piano. Se ci riflettiamo bene, in ultima analisi, la Resistenza è partita da qui, è partita da Napoli nel settembre del 1943 con l’eroica insurrezione antinazista che ha visto una grande unità di popolo senza distinzione di età, con gli scugnizzi in prima fila. Rimarranno scritte a lettere d’oro nella storia di Napoli, della Campania, del nostro Paese e del proletariato mondiale, le quattro giornate di Napoli del settembre del ‘43. La popolazione di Napoli ha avuto il coraggio e l’ardore di battersi a dorso nudo, a sassate e con tutto quello che poteva avere nelle mani, per scacciare via il mostro del nazismo. Tutto il proletariato italiano e internazionale deve imparare, non può che imparare, dalle masse napoletane. Ecco spiegati la mia emozione e il mio riconoscimento alla popolazione di Napoli. Se andiamo poi più indietro nel tempo, se ricordiamo la fondazione della I Internazionale di Marx e di Engels nel 1864 e ci domandiamo qual è stata quella città, quella popolazione di una regione d’Italia, che ha per prima appoggiato Marx ed Engels, la risposta è Napoli. Infatti proprio qui a Napoli si è creata la prima sezione italiana dell’Internazionale di Marx e di Engels. Se poi ci interroghiamo, sempre guardando la nostra storia, su ciò che avvenne nel ’21, quando ci fu la grande scissione dei rivoluzionari dai socialdemocratici alla Craxi, alla Benvenuto e alla Martelli, vediamo che Napoli è stata uno dei centri fondamentali di questa grande divisione tra comunisti e socialdemocratici. Nel Sessantotto, quando esplode la Grande Rivolta storica della gioventù del nostro Paese che si tira dietro la classe operaia e i contadini poveri, a Napoli si crea una base grossissima di questo movimento. Quando nel 1964 e negli anni successivi i rivoluzionari hanno tentato di formare un Partito marxista-leninista noi vediamo che a Napoli e nella Campania nascono dei gruppi che si definiscono marxisti-leninisti. Recentemente, quando c’è stata la liquidazione del PCI, noi abbiamo visto che la parte dei napoletani più a sinistra di quel partito, quella che idealmente aspira al socialismo, ha lasciato quel transfuga, quel voltagabbana di Occhetto ed è andata con Rifondazione comunista. Andando poi avanti, e finalmente si arriva al nostro Partito, vediamo ancora una volta i rivoluzionari di Napoli in prima linea. Riassumendo sottolineo due cose. Il proletariato e le masse di Napoli e della Campania hanno sempre avuto un ruolo di prima linea e chiave nella storia e nello sviluppo sociale del nostro Paese. Questo è un concetto preciso. C’è però un altro concetto che non deve sfuggire e che io sottopongo fin da subito alla vostra riflessione. Purtroppo fin dal 1867 e 1869 e negli anni successivi le masse napoletane e campane, come del resto in tutto il nostro Paese, hanno avuto un grosso problema. Qual è? Quello di essere state fagocitate, strumentalizzate e ingannate o dagli “ultrasinistri” e dagli anarchici o dai riformisti e dai revisionisti mascherati. Questo è un fenomeno che riguarda non solo Napoli e la Campania ma tutto il Paese, e io credo che riguardi tutto il movimento operaio mondiale. Che significa, qual è il problema? Il problema è, e qui si innesta subito la riflessione per esempio sul ruolo di Rifondazione comunista, che quando le masse italiane con alla testa il proletariato si liberano dell’influenza degli oppressori e degli sfruttatori e si rivoltano contro di essi, immediatamente gli agenti della borghesia travestiti da rivoluzionari cercano di prenderne l’egemonia in modo che, gradualmente e nel tempo, ciò che è uscito dalla porta rientri dalla finestra, salvaguardando così il potere della classe dominante borghese. Questo è il punto. Il punto da capire e che ci segue, dall’Unità d’Italia ad oggi. Il nostro è un proletariato, entro il quale si inseriscono i proletari di Napoli, complessivamente tra i più avanzati e maturi su scala planetaria, che si è sempre posto in avanti ma che finora ha avuto alla sua testa qualcuno che gli ha messo le catene. Questo è importante per capire quello che è accaduto nel nostro Paese e quello che è accaduto nel mondo intero, perché è stata ammainata la bandiera rossa a Mosca, N. 24 - 19 giugno 2014 perché è stata ammainata la bandiera con la falce e martello e la stella del PCI, perché adesso un Garavini, un Cossutta, un Libertini, un Russo Spena o chicchessia ancora una volta non dicono quello che dovrebbero dire, ovvero sia: sfruttati, oppressi, progressisti, democratici, antifascisti volete liberami dalla dittatura della classe dominante borghese? Se volete fare questo, ecco cosa dovete fare, ecco come dovete muovervi. E qui si introduce il nostro discorso riguardo al revisionismo, alla conquista del potere da parte del proletariato e al socialismo. Un’esperienza storica enorme che va studiata e che non si può esporre in mezz’ora, ma nemmeno in due ore. Scusate, voi sapete o no che nel 1956 c’era un certo omone, non Craxi s’intende, un certo gigante che si chiamava Mao? Lo sapete o no? Certo che lo sapete, non siete mica ignoranti. Ma questo gigante del pensiero e dell’azione rivoluzionari cosa ha detto nel 1956, subito dopo la presa del potere da parte di Krusciov a Mosca? Mao ha detto: attenzione compagni, il XX congresso del Pcus ha spezzato la spada di Stalin, prima o poi i revisionisti sovietici spezzeranno la spada di Lenin. In altri termini egli voleva dire che Krusciov aveva restaurato il capitalismo in Unione Sovietica e che aveva dato il via libera ai vari Togliatti d’Italia e del mondo per portare su un vassoio d’argento la testa della classe operaia alla classe dominante borghese. Pochi ascoltarono Mao in Urss, nel mondo e anche in Cina, dove 10 anni dopo Mao lanciò una grande rivoluzione per impedire ai revisionisti di conquistare il potere nel Partito e nello Stato. Per quanto ormai fosse molto in là con l’età, vi ricordate, fece quella famosa nuotata, tanto derisa dalla borghesia e dai fascisti internazionali, per dare una prova lampante che, nonostante fosse anziano, il suo fisico, e non solo il suo cervello, era pronto per la battaglia, pronto per fare un’ulteriore rivoluzione, per guidare le grandi masse cinesi, un quarto dell’umanità, a difendere il socialismo e il potere Napoli,13 febbraio 1993. Il compagno Scuderi, dopo l’introduzione, risponde alle domande degli intervenuti. Le risposte sono riportate sull’opuscolo n. 5 di Giovanni Scuderi politico del proletariato. Lancia così nel 1966 la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria che dura 10 anni fino al 1976 affinché il proletariato cinese mantenesse il potere politico. Dopo la sua morte però la borghesia l’ha ripreso tramite Deng Xiaoping. Il discorso di Mao contro il revisionismo, così vero, così reale, così lungimirante, fu quasi ignorato, fu messo in un angolino dai sedicenti comunisti. Perché? Perché nessun dirigente revisionista mascherato, da Togliatti a Cossutta, che allora si schierarono contro la Cina socialista e il suo massimo artefice, aveva alcun interesse a dire che Mao era nel giusto, era nel vero e che bisognava continuare sulla via della Rivoluzione d’Ottobre. Ecco il punto: continuare sulla via della Rivoluzione d’Ottobre. Ma essi, come hanno dimostrato i fatti, non volevano il socialismo N. 24 - 19 giugno 2014 fare il bilancio della storia del movimento operaio / il bolscevico 9 e quindi hanno ingannato il proletariato inculcandogli il veleno del revisionismo, del riformismo, del parlamentarismo e del riformismo. Cosicché una moltitudine di iscritti ai loro partiti culturalmente e ideologicamente sono diventati dei borghesi non coscienti. Perché alla direzione di questi partiti che erano nati per fare la rivoluzione, per buttare giù dal potere politico la classe dominante borghese, c’erano dei revisionisti che hanno rinunciato alla via dell’Ottobre e quindi hanno bruciato intere generazioni di rivoluzionari. Ma noi non possiamo mica stare qui a piangere sul latte versato. Attenzione bene. Noi ne parliamo solo per riflettere sul passato, come un punto al quale dobbiamo agganciare la nostra attuale riflessione personale e collettiva. Perché se non si parte da lì, non si può capire quello che è accaduto nel mondo intero da allora ad oggi, e non si può capire l’attuale situazione italiana. Oggi c’è un gran caos, un gran caos e una grande confusione, e ci sono tante proposte in parlamento e fuori dal parlamento per uscire da questa situazione. Ma un momento. il punto primo da capire è che al potere c’è la classe dominante borghese. Punto secondo: questo Stato, queste istituzioni, questa morale, questo costume, questa scuola, questa università, questa ideologia, questi partiti parlamentari, nessuno escluso, sono tutti quanti al servizio e in funzione della classe dominante borghese. Questi sono i due punti centrali da capire. E la confusione da dove nasce? Nasce dal fatto che si presuppone che all’interno di questo Stato, all’interno di queste istituzioni, all’interno di questo parlamento ci possa essere una forza politica che sia pure in una certa misura faccia gli interessi delle masse popolari e della classe operaia. È lì l’inganno, è lì che casca l’asino. Eh no! Come è possibile, compagni e amici, una cosa del genere quando nessuno, dico nessuno, fatemi nome e cognome se ne conoscete qualcuno, mette in discussione il sistema economico, che è il punto dei punti, il punto che sta a monte. È questo il problema su cui bisogna porre l’attenzione, su cui bisogna riflettere e discutere. Vogliamo eliminare dal potere la classe dominante borghese? Allora bisogna sostituirla con un’altra classe. E qual è questa classe? La classe operaia. Vogliamo eliminare la disoccupazione, la miseria, il razzismo, il fascismo? Sì, allora bisogna eliminare il capitalismo. Questo è il punto. Al mondo c’è o socialismo o capitalismo. Da qui non si scappa. Nessun cervellone o cervellino è riuscito, al momento in cui sto parlando, ad elaborare una terza via, un qualcosa che sia né capitalismo e né socialismo. State bene attenti. La chiesa cattolica, Hitler, Mussolini, Fini, Togliatti, Berlinguer, parlano di terza via. Lo stesso fanno Cossutta e Garavini e gli altri lustra-scarpe della borghesia. Questi imbroglioni hanno commesso dei crimini talmente grossi che li attende piazzale Loreto. Quando la classe operaia, i lavoratori, le masse prenderanno coscienza dei loro inganni ci sarà un grande piazzale Loreto e ci saranno tanti impiccati, fra cui questi signori. Hitler ha proposto la terza via, Mussolini ha proposto la terza via, il papa ha proposto la terza via. Se voi andate a leggere gli atti del papa, vedrete che il papa non dice che è per il capitalismo, dice però chiaramente che è contro il socialismo. Critica certi aspetti del capitalismo e il liberalismo come filosofia ma poi è d’accordo con la libera iniziativa capitalista e con il mercato. In realtà due sono i sistemi economici: o la proprietà è della classe operaia e delle masse lavoratrici, o è degli Agnelli e degli altri sfruttatori e oppressori. Da qui non si scappa. Non si può dire: mettiamo un po’ di operai nell’ufficio di Agnelli che insieme a lui stabiliscono se la Fiat deve produrre a Napoli o altrove, e con ciò eliminiamo lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che è poi il punto che ci interessa. Sistema economico capitalistico e società divisa per classi. Questa è la realtà in cui viviamo. Quel crumiro di Benvenuto, che ha preso il posto di quel bandito che si chiama Craxi, nel discorso di investitura ha detto ieri, lo leggevo in treno mentre venivo qui,: uno, non ci dobbiamo irrigidire nelle ideologie fossilizzate. Due: non dobbiamo fare una battaglia di classe contro classe. Beh, un crumiro come può fare un altro tipo di discorso, ma un proletario autentico, un progressista autentico, un antifascista autentico, non parliamo di un comunista autentico, come fa ad accettare il sistema capitalistico e la società divisa in classi? È un controsenso. Ma come si fa, e siamo così pochi. Qualcuno potrebbe dire. Marx ed Engels quanti erano, scusate, 200 milioni? Erano due. Però avevano capito una cosa fondamentale, avevano capito che all’origine di tutto c’era il dominio del capitale, il dominio della borghesia e che bisognava distruggerli, sennò non si potevano abolire le classi. Marx ed Engels non arrivarono al punto di Lenin. Lenin aggiunse altri insegnamenti ma partendo da Marx ed Engels. Lenin disse a Stalin e agli altri suoi compagni: Marx ed Engels ci hanno insegnato che bisogna far piazza pulita del capitalismo, ma come? seguendo quale via? con quali mezzi? con quali strumenti? Tutto non potevano insegnarci, bisogna applicare il loro pensiero alla nostra realtà. Lo sforzo di Marx ed Engels è stato enorme. Nella storia della filosofia, nella storia del pensiero umano, nella storia del progresso umano Marx ed Engels rimangono incancellabili, dei giganti straordinari che hanno segnato un’epoca non solo sul piano culturale ma anche sul piano politico. Essi hanno smascherato per sempre il capitalismo. Marx ed Engels non sono venuti dal cielo, sono usciti dal grembo fertile della classe operaia e dei lavoratori. Non sono degli angeli, dei santi e dei puri spiriti. Sono esseri umani in carne ed ossa, che hanno sacrificato per la causa la propria vita e la propria famiglia. Marx non aveva nemmeno i soldi per comprare il carbone per riscaldare i propri figli. Essi sono stati di una generosità esemplare, enorme. Il loro grande sforzo era quello di smascherare il capitalismo e vi son riusciti in pieno. Nessuno più è riuscito a ribaltare le conclusioni a cui sono arrivati Marx ed Engels. Lenin su questa base comincia a pensare, a discutere con gli altri suoi compagni: che dobbiamo fare? quale linea seguire? Ma mica in astratto, mica si rinchiuse in una biblioteca e nel suo ufficio. Lui si mise ad analizzare la situazione concreta del suo paese. Napoli, 13 febbraio 1993. Il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, pronuncia il discorso introduttivo al dibattito organizzato dalla Cellula “Vesuvio Rosso” nella sede della Redazione locale del Bolscevico. Il dibattito su “La proposta dei marxisti-leninisti ai giovani” fu franco, serrato, approfondito spaziando dalla linea del Partito alla storia del movimento operaio italiano ed internazionale. Era presente il compagno Franco Di Matteo In quel momento in Russia erano forti i populisti, come voi sapete, ma agivano anche gli “ultrasinistri”. Un fratello di Lenin era un bombarolo, un terrorista. Lenin era in contraddizione con il fratello terrorista, all’inizio però aveva una certa simpatia verso di lui. Ma c’era questo grande insegnamento di Marx ed Engels da realizzare nella pratica: spazzare via il capitalismo e dare il potere alla classe operaia. Non si trattava di uccidere questo o quello oppressore, quanto il problema fondamentale era quello di rovesciare una classe per dare il potere a un’altra classe. E questo problema è stato risolto magnificamente da Lenin nel 1917. Dopo di lui altri l’hanno risolto in diversi paesi. A un certo punto un quarto del mondo intero era dominato dal proletariato guidato dai seguaci di Lenin. Purtroppo, ecco il discorso che si è fatto prima, all’interno dei partiti comunisti e dei paesi socialisti c’erano i vari Krusciov, coloro i quali all’esterno, come dei cocomeri alla rovescia, erano rossi, e all’interno erano bianchi se non neri, cioè dei borghesi mascherati, falsi comunisti comprati dalla borghesia. Cosa è cambiato mai nel mondo dal 1917 ad oggi? Mi domando: le classi sono sparite? Il capitalismo è sparito? In Italia e negli altri paesi chi c’è al potere? Possibile che non si capisca che al potere c’è la borghesia e che è necessario rovesciarla? Dobbiamo avere una grande fiducia verso il nostro proletariato e il nostro popolo. Ci si arriverà a capirlo, non possiamo non arrivarci. Gli sfruttati e gli oppressi non possono non arrivarci. Passeranno dei decenni, dei secoli, dei millenni, che importanza ha, prima che trionfi il socialismo in Italia e nel mondo. Ciascuno però deve fare la propria parte nel momento in cui vive. Che si sia soli come Marx ed Engels, o che si sia in tanti come quando un quarto dell’umanità aveva alla testa la classe operaia e la bandiera rossa. Oggi bisogna avere un cuore di pioniere del tipo di Marx ed Engels, del tipo Lenin e 10 il bolscevico / fare il bilancio della storia del movimento operaio Stalin, del tipo Mao. Occorrono delle ragazze e dei ragazzi, degli operai, dei lavoratori, chiunque voglia abolire le classi, che abbiano il coraggio di alzare la bandiera rossa. Qui bisogna essere precisi perché si tratta di alzare un certo tipo di bandiera rossa, non una bandiera rossa qualsiasi. Avrete visto che i traditori e gli imbroglioni revisionisti in tutto il mondo si stanno riciclando, stanno ricreando dei partiti che si chiamano socialisti o comunisti, ma se andiamo a scandagliare ci accorgiamo che sotto il rosso c’è il bianco, se non il nero. Bisogna quindi alzare una ben precisa bandiera rossa, la bandiera rossa con grande falce e martello e con l’effige di Mao. Perché non bastano più i simboli dell’unità del proletariato e dei contadini, occorre anche il simbolo della teoria rivoluzionaria. Noi abbiamo imparato dalla storia, abbiamo imparato dai fatti, che bisogna essere delle persone coscienti, delle persone colte sia da un punto di vista politico, che da un punto di vista ideologico. Mao diceva che un esercito, quindi un partito, il proletariato, senza cultura è un esercito ottuso, cioè non può capire che chi guida la politica, e non solo il fucile, è l’ideologia, il disegno politico. Il nostro Partito propone alle ragazze e ai ragazzi di essere gli alfieri della lotta contro la seconda repubblica e per il socialismo. Che significa essere alfieri? Essere alfieri significa stare in prima linea nella lotta di classe, significa tenere alta la bandiera rossa con falce, martello e l’effige di Mao, significa stare alla testa dei movimenti di massa dando la direzione politica alla classe operaia, che nonostante tutto rimane sempre la classe generale, la classe portatrice oggettivamente della nuova società socialista e della società senza classi. Il nostro Partito ha una grande fiducia verso le ragazze e i ragazzi perché se la meritano, guardando la storia del nostro Paese, guardando la storia del mondo intero e guardando anche i fatti recentissimi che dimostrano che i giovani hanno il coraggio di essere fra i primi ad affrontare il nemico e la lotta di classe. Ma che significa essere alfieri della lotta contro la seconda repubblica? Nonostante la mia pochezza espositiva, immagino che voi abbiate già capito che attualmente in Italia il potere ce l’ha la classe dominante borghese. Ma con quale camicia? Con la classica camicia bianca della Democrazia cristiana o con l’altrettanto classica camicia nera fascista? Il nostro Partito dice che noi attualmente siamo in un regime neofascista. Andate a prendere la Costituzione del ’48, andate a prendere la collezione di un qualsiasi quotidiano e andate a vedere che cosa è accaduto dal ’48 ad oggi, soprattutto in questi ultimi anni. Prima però va detto che questa Costituzione non è né una cima né tanto meno la Costituzione del proletariato. È una Costituzione democraticoborghese che riflette nient’altro che un compromesso tra il proletariato e la borghesia quando il proletariato era diretto dai revisionisti e dai riformisti, non dai marxisti-leninisti, per cui chi ci ha scapitato di più è il proletariato. Un compromesso accettabile fino ad un certo punto, ma quando la borghesia dal ’47 in poi ha cominciato a menare gli operai, ha cominciato a menare i contadini, ha cominciato a imporre tutto il suo potere impedendo con l’inganno e con la forza l’avvento del socialismo, è divenuto un compromesso non più tollerabile. Non è vero, come dicono Garavini e Cossutta che questa Costituzione sia il non plus ultra della democrazia, perché essa legalizza il potere della classe dominante borghese, legalizza lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, legalizza la disoccupazione, la sottoccupazione, il sottosalario, il lavoro nero, la miseria, la povertà. Non solo nei fatti, ma anche da un punto di vista istituzionale, questa Costituzione è stata completamente stracciata ed è stata introdotta a pezzetti, un boccone per volta, in maniera surrettizia, una nuova costituzione, la costituzione della seconda repubblica. Il fenomeno, per esempio, dell’ultima stangata, il fenomeno delle privatizzazioni, compresa quella della sanità, rientrano nello smantellamento della Costituzione, così come l’accentramento di tutti i poteri nell’esecutivo (sindaco, presidente della provincia, presidente della regione, presidente della Repubblica, presidente del consiglio). Tutte queste cose sono una violazione violenta e palese della Costituzione democratico-borghese, cioè del regime che ha organizzato il potere della borghesia dal dopoguerra fino a questi ultimi anni. Andate a leggervi Il Bolscevico che riporta il Documento del PMLI del 20 febbraio del 1988, già allora dicevamo, nemmeno avessimo avuto dei potenti cannocchiali, che la sovrastruttura del capitalismo era stata stracciata, era stata bruciata ed era stata introdotta una nuova sovrastruttura, una nuova organizzazione per mantenere ancora una volta il potere alla classe dominante borghese non più vestita in camicia N. 24 - 19 giugno 2014 bianca alla Democrazia cristiana, ma vestita in camicia nera. Prima dell’ascesa di Mussolini nel ‘22 la questione era chiara: avanzava il fascismo con la camicia nera e la classe dominante borghese si metteva la camicia nera. Era chiarissimo e lampante, perché c’erano scontri costanti di piazza tra proletariato e borghesia sul piano politico, sul piano economico e sul piano sociale. C’era lo scontro fisico costante, c’erano le bande di Mussolini che andavano verso Roma e il re che le accoglieva con il tappeto rosso per dargli il potere, e così abbiamo avuto vent’anni di fascismo. Le masse avevano coscienza di ciò perché alle spalle avevamo la Rivoluzione d’Ottobre, alle spalle avevamo la spinta delle rivoluzioni in tutto il mondo, alle spalle avevamo il proletariato cosciente, nonostante la direzione revisionista e riformista, che il suo avvenire, il suo potere passava dalla lotta contro il fascismo, passava dalla lotta contro il capitalismo per prendere il potere politico. La situazione di oggi è completamente cambiata e le masse non si sono accorte che è ritornato il fascismo sotto nuove forme. Oggi tutti i giornali dicono che siamo nella seconda repubblica, ma noi l’abbiamo detto il 20 febbraio del 1988 documentandolo con pagine e pagine de II Bolscevico. Tutte queste proposte che vengono fatte, istituzionali, referendarie, elettorali, che carattere hanno? Neofasciste, tutte quante neofasciste. Nel momento in cui la classe dominante borghese è entrata in crisi, data anche la congiuntura mondiale, in una crisi verticale sul piano economico, sul piano istituzionale, sul piano morale, sul piano culturale, tutto si è sfasciato, e quindi anche i partiti della classe dominante borghese si sono sfasciati e ora sono in fase di riorganizzazione. Siamo in questa situazione: si sta riorganizzando il potere della classe dominante borghese e i vari partiti, le cosche parlamentari, portano l’acqua alla classe dominante borghese in camicia nera. Una cosa enorme, di portata storica. Non dobbiamo piangere per questa situazione, né cascare nella depressione e nella demoralizzazione. Non è vero che non ci sia nulla da fare e che l’avvenire è buio. No, l’avvenire è sempre rosso, perché la ruota della storia nessuno la può fermare. La lotta di classe, come ora, può segnare il passo, ma prima o poi riprenderà il suo corso naturale e fisiologico e tutto si rimetterà a posto. Il problema è capire quale ideologia, quale cultura, quale disegno deve stare al fondo del risveglio, del rilancio della lotta di classe, della lotta della classe operaia per la conquista del potere politico. Solo se c’è questa stella della conquista del potere, ogni nostro atto tattico rientra nella strategia del rovesciamento del vecchio mondo in camicia nera e del grande rilancio del socialismo. Compagni e amici, io sono convintissimo che il socialismo ritornerà di moda. Se vogliamo che il socialismo ritorni presto di moda, di gran moda, dobbiamo darci da fare, dobbiamo fare il punto della situazione, il bilancio di quanto è accaduto fin qui e riprendere il cammino con l’esperienza degli oltre 150 anni di storia del movimento operaio. Noi siamo un punto di riferimento piccolissimo, una luce tenue, potremmo però diventare un grande faro, ma questo spetta al proletariato, spetta alle ragazze e ai ragazzi darci la forza necessaria e mettersi a lavorare per dare le gambe all’ideologia proletaria e al socialismo. lo ho fatto la mia parte, spero che mi abbiate capito, ora fate la vostra parte. Grazie. (Giovanni Scuderi, Introduzione al dibattito organizzato dalla Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI, presso la Redazione locale de “Il Bolscevico” il 13 febbraio 1993. Allora la Sede di Napoli era in via Diodato Lioy 9f, attualmente è in via Santa Maria dell’Aiuto, 5) (I neretti in rosso sono redazionali) corruzione / il bolscevico 11 N. 24 - 19 giugno 2014 Renzi si scarica da ogni responsabilità Forza Italia e PD si spartivano le mazzette del Mose di Venezia 35 mandati di arresto per tangenti milionarie. Nell’inchiesta coinvolti imprenditori, politicanti, magistrati, finanzieri. Ai domiciliari il sindaco di Venezia Orsoni (PD). Chiesto l’arresto per Galan, senatore di FI, accusato di essere a libro paga per un milione l’anno Sono marce le fondamenta del capitalismo, dei suoi governi, istituzioni e partiti A poche settimane dalla scoperta della nuova tangentopoli milanese targata EXPO, il 4 giugno la cloaca fetida delle tangenti in cui sguazza il sistema capitalistico italiano, le sue istituzioni e tutti i partiti politici che ne reggono le sorti in parlamento ha scavalcato anche le paratìe mobili del Mose e ha sommerso Venezia, presunto fiore all’occhiello del modello di governo locale del “centro-sinistra” dal oltre un ventennio. Ondata di arresti L’inchiesta avviata tre anni fa dai magistrati lagunari riguarda il vorticoso giro di mazzette ruotato intorno agli appalti per la costruzione del Mose che ha portato a 35 ordini di arresto, oltre 100 avvisi di garanzia e un sequestro di beni per circa 40 milioni ai danni di boss politici, funzionari pubblici, magistrati, imprenditori, manager, professionisti, consulenti, finanzieri, vecchi mariuoli e nuovi faccendieri tutti affiliati a una sorta cupola delle tangenti spartite attraverso un collaudato sistema di fondi neri, conti esteri e false fatturazioni che ruotava intorno alla colossale quanto dannosa e inutile opera pubblica, imposta contro la volontà popolare dai governi Berlusconi e Prodi, costata ben 5 miliardi di euro e che entro il 2017 avrebbe dovuto proteggere la città lagunare dalle acque alte al costo di 25 milioni all’anno per la manutenzione. Dopo l’arresto del 28 febbraio 2013 dell’ex manager della Mantovani, Piergiorgio Baita (capofila del Consorzio Venezia Nuova e impresa di primo piano anche nelle opere dell’Expo 2015) e le manette a luglio dell’anno scorso all’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, in carcere questa volta sono finiti fra gli altri il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni (PD), l’attuale assessore regionale alle infrastrutture, Renato Chisso (FI), il consigliere regionale del PD Giampiero Marchese, (accusato “quale candidato dal Consiglio regionale del veneto per il PD alle elezioni 2010 riceveva i contributi illeciti per 58 mila euro”); il generale in pensione della Gdf Emilio Spaziante, gli ex presidenti del Magistrato alle Acque (emanazione del Ministero dei lavori pubblici) Patrizio Cuccioletta (in carica dal 2008 al 2011) e il suo successore Maria Giovanna Piva, gli imprenditori Franco Morbiolo e Roberto Meneguzzo (fondatore, vicepresidente e amministratore delegato di Palladio Finanziaria a Vicenza, chiave di volta dei project financing ospedalieri, che nel 2011 aveva tentato di scalare Fonsai. Tra le persone colpite dalla misura cautelare c’è anche (domiciliari) Alessandro Cicero, direttore editoriale de “Il Punto” la cui sede fu perquisita nel marzo del 2013 dalle Fiamme Gialle nell’ambito delle indagini inerenti la prima tranche dell’inchiesta. Nei guai anche Vincenzo Manganaro cui Cicero aveva ceduto il 50% delle quote dell’editoriale del settimanale. Manette anche per Giovanni Artico (ex commissario straordinario per il recupero territoriale e ambientale di Porto Marghera e collaboratore di Renato Chisso), Stefano Boscolo “Bacheto” (titolare di una cooperativa di Chioggia specializzata in lavori subacquei), Maria Teresa Brotto (ex amministratrice della società ingegneristica Thetis, ora nel consorzio Venezia Nuova), Enzo Casarin (capo della segreteria di Chisso), Giuseppe Fasiol (funzionario regionale in Veneto Strade), Alessandro Mazzi (presidente della Mazzi Scarl, con incarichi anche nel consorzio Venezia Nuova), Federico Sutto (dipendente del ‘Venezia Nuova’), Stefano Tomarelli (componente consiglio direttivo ‘Venezia Nuova’). Ai domiciliari Nicola Falconi (direttore generale della Sitmar sub sc), Andrea Rismondo (rappresentante legale della Selc sc). In mezzo alla cloaca rispuntano anche Lino Brentan: uomo del PDS-PD, ex amministratore delegato dell’Autostrada Padova-Venezia, già condannato per tangenti nell’estate 2012; Giuseppe Fasiol (braccio destro dell’ad di Veneto Strade, Silvano Vernizzi), Stefano Tomarelli del direttivo del Consorzio; Gianfranco Contadin detto Flavio, direttore tecnico della Nuova Coedmar; l’ex sindaco di Martellago Enzo Casarin, capo della segreteria di Chisso (già condannato per concussione); il direttore generale di Sitmarsub Sc e Bos.ca.srl Nicola Falconi; il legale rappresentante di Selc Sc Andrea Rismondo. Molto clamore hanno susci- anche al Tribunale dei ministri perché valutassero l’incriminazione dell’ex ministro Altero Matteoli, attuale senatore di FI. Sulla base della deposizione di Mazzacurati, i magistrati ipotizzano l’“induzione indebita” da parte dell’allora ministro prima dell’Ambiente e poi delle Infrastrutture nei lavori di bonifica a Porto Marghera. Invischiati anche i servizi segreti Venezia. Una manifestazione contro il Mose organizzata negli anni scorsi sindaco e 450 mila ricevuti in contanti “di cui 50 mila procurati dal Baita quale amministratore delegato della Mantovani che il Sutto (dipendente del Consorzio Venezia Nuova, società coinvolta nella realizzazione del Mose, ndr) e Mazzacurati (allora presidente di Cvn, ndr) consegnavano personalmente in contanti a Orsoni, in assenza di deliberazione dell’organo sociale competente e della regolare iscrizione in bilancio”. Mentre al “doge” berlusconiano Galan, accusato di corruzione, L’allora segretario del PD Bersani che esalta l’elezione di Orsoni a sindaco di Venezia tato anche i nomi dell’ex governatore berlusconiano del Veneto ed ex ministro Giancarlo Galan, deputato di Forza Italia, e quello dell’eurodeputata uscente Lia Sartori (FI) le cui richieste di autorizzazione all’arresto sono state inviate alle competenti commissioni parlamentari. La spartizione delle tangenti fra PD e FI Galan e Orsoni in particolare sono accusati di essere a libro paga del “cerchio magico” della laguna per un milione di euro all’anno. Orsoni è accusato di finanziamento illecito perché secondo i magistrati “con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, quale candidato sindaco del PD alle elezioni comunali di Venezia del 2010, riceveva i contributi illeciti... consapevole del loro illegittimo stanziamento da parte del Consorzio Venezia Nuova”: si parla 110 mila euro al Comitato elettorale del candidato veniva garantito “uno stipendio di un milione di euro l’anno più altri due milioni una tantum per le autorizzazioni... 900 mila euro tra il 2007 e il 2008 per il rilascio nell’adunanza della commissione di salvaguardia del 20 gennaio 2004 del parere favorevole e vincolante sul progetto definitivo del sistema Mose, 900 mila euro tra 2006 e 2007 per il rilascio (...) del parere favorevole della commissione Via della regione Veneto sui progetti delle scogliere alle bocche di porto di Malamocco e Chioggia”. Mezzo milione di euro in tangenti li ha incassati anche Marco Milanese, ex finanziere, consigliere politico di Giulio Tremonti, deputato del Pdl, già indagato dalla procura di Napoli, che nel 2011 ne chiese l’arresto per il suo coinvolgimento nell’inchiesta P4. Milanese per ora risulta solo indagato in quanto il Gip non ha firmato la richiesta di arresto avanzata nei suoi confronti dai Pm, anche se, come si legge nell’ordinanza, Milanese ha rice- vuto dal presidente del Consorzio Venezia Nuova la somma di 500 mila euro “al fine di influire sulla concessione di finanziamenti del Mose” dirottando buona parte dei lauti stanziamenti del Cipe per le grandi opere verso il Mose. Le dazioni risalirebbero tutte negli anni tra il 2005 e il 2008 e poi ancora nel 2012. Tremonti non ne sapeva nulla? E intanto è stato chiamato in causa anche Gianni Letta, l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio e consigliere strettissimo e fidatissimo di Berlusconi, che secondo Baita avrebbe svolto un ruolo di “contatto istituzionale” per il Consorzio. “grande burattinaio” Mazzacurati coadiuvato da una banda di amministratori e funzionari dello Stato tutti corrotti a suon di tangenti, regali e favori come ad esempio i 400 mila euro versati in un conto estero ai dirigenti del magistrato delle acque Cuccioletta e Piva per ammorbidire i controlli; più, per quanto riguarda Cuccioletta, 500mila euro di “buonuscita” al momento di passare le consegne alla Piva; e poi ancora l’assunzione della figlia e del fratello in due società controllate dal Consorzio e altre regalie varie quali: voli aerei per tutta la famiglia, alloggi di lusso a Venezia, Cortina e altre località per le vacanze. Le origini dell’inchiesta L’interesse pubblico asservito al crimine L’inchiesta parte circa 3 anni fa da un filone dell’indagine per mazzette relative ad opere autostradali lungo la A4 riguardanti una società presieduta da Lino Brentan. Patteggiata la pena per quella vicenda, Brentan oggi risulta tra gli arrestati ai domiciliari. Da quel filone la Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura di Venezia, è giunta ai fondi neri creati da Baita, all’epoca dei fatti ai vertici della Mantovani, la società leader nella realizzazione del Mose e all’interno del concessionario unico Consorzio Venezia Nuova (Cav). Gli inquirenti sono riusciti poi a risalire agli allora vertici della Cav, con l’arresto (ai domiciliari) del presidente Mazzacurati e di altre persone. Un esercito di indagati Tutti gli arrestati, devono rispondere, a vario titolo, dei reati di corruzione, finanziamento illecito ai partiti, frode fiscale. A loro si aggiunge un “esercito” di circa 100 indagati: funzionari pubblici, addetti alle segreterie dei politici, imprenditori grandi e piccoli, dipendenti di aziende e coop che accedevano alla spartizione degli appalti del Mose accettando il gioco dei fondi neri e delle fatture gonfiate, per pagare politici di “centro-destra” e “centrosinistra”. Un sistema tangentizio ben collaudato che, secondo i Pm del pool della Dda di Venezia: Stefano Ancillotto, Stefano Buccini e Paola Tonini, era governato dal Uno scandalo nazionale denunciato da anni dalla popolazione e dalla coraggiosa lotta del movimento No Mose ma reso possibile grazie a una larga intesa politico-criminale con complicità e coperture ai più alti livelli della pubblica amministrazione e dei massimi organismi di controllo dello Stato. Ciascuno dei 135 indagati: “per anni e anni - scrive il Gip nell’ordinanza di arresto - hanno asservito totalmente l’ufficio pubblico che avrebbero dovuto tutelare agli interessi del gruppo economico criminale, lucrando una serie impressionante di benefici personali di svariato genere”. A Spaziante, all’epoca a capo delle fiamme gialle dell’Italia centrale, per le sue soffiate inerenti il prosieguo delle indagini, sono stati promessi 2,5 milioni di euro da dividere con Milanese, e il finanziere vicentino Roberto Meneguzzo. Ad un altro indagato eccellente, il magistrato della Corte dei Conti Vittorio Giuseppone, è stato garantito uno ‘stipendio’ annuo di 3-400mila euro, “per compiere atti contrari ai suoi doveri”. Nelle 711 pagine di ordinanza si sottolinea che solo la “Mantovani” ha creato fondi neri per 20 milioni di euro. In questa terza fase dell’inchiesta, i magistrati hanno scoperto altri 25 milioni di false fatture. I Pm hanno inviato una parte degli atti dell’inchiesta Il sistema poteva contare anche su informazioni riservate relative alle indagini in quanto la cupola di Orsoni e Galan aveva messo a libro paga “Un gruppo criminoso che ha abdicato alla propria funzione pubblica, completamente asservito al privato” di cui facevano parte insieme a Spaziante anche un vicequestore della polizia di Stato ed ex appartenenti ai servizi segreti che passavano ai boss politici e del Consorzio informazioni inerenti gli sviluppi delle indagini. Insomma una magiatoia di Stato senza fine: “peggio di una Tangentopoli”, come l’ha definita il procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio, a cui partecipano sia la destra che la “sinistra” del regime neofascista che conferma come da Milano-Expo fino al Mose e a altre decine di inchieste i fondi neri, le tangenti e il finanziamento illecito ai partiti: “sono stati utilizzati per campagne elettorali e, in parte, anche per uso personale da parte di alcuni esponenti politici. Hanno ricevuto elargizioni illegali persone di entrambi gli schieramenti”. Non a caso l’ex comandante della Gdf del Veneto Bruno Buratti ha spiegato che “il sistema che ha prodotto 25 milioni di euro di fondi neri” e di questi si è “accertata la destinazione” risalendo a responsabilità soggettive. Le responsabilità del governo Tutto ciò dimostra che tangentopoli non è mai finita e di fronte al dilagare della corruzione il Berlusconi democristiano Renzi si comporta esattamente come i suoi predecessori a Palazzo Chigi cercando di scrollarsi di dosso ogni repsonsabilità sia come segretario del PD che come presidente del Consiglio. Nella primo caso Renzi ha vestito i panni del verginello e, facendo finta di cascare dalle nuvole, ha cercato di minimizzare il grave coinvolgimento del PD addossando tutte le colpe alla solite “poche mele marce” dichiarando, con un elogio all’ovvietà, che “Se c’è nel PD chi ruba va a casa a calci nel sedere. Non c’è PD o non PD, ci sono ladri e non ladri. Non esiste il giochino noi e loro”. Mentre in veste di capo del governo ha assicurato i poteri al super commissario anti-corruzione Raffaele Cantone e ha annunciato il Daspo per i dirigenti che sbagliano. Ma si è “dimenticato” di sollevare dall’incarico di Capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infra- SEGUE IN 12ª ➫ 12 il bolscevico / gay pride N. 24 - 19 giugno 2014 Ventesimo Roma Pride Grande manifestazione per i diritti di LGBTQI In 200mila colorano il centro storico di Roma con un combattivo corteo. Fischiato il neopodestà Marino “Renzi le tue promesse non ci bastano” Dal corrispondente della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Roma “Siamo inarrestabili” dichiara il movimento LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer e intersessuali) nel documento politico del Gay Pride 2014 a Roma, una manifestazione giunta al suo ventesimo anno, con un bagaglio di elaborazioni, istanze e rivendicazioni, alle quali i LGBTQI chiedono di dare ascolto e risposte politiche, culturali, istituzionali e mediatiche adeguate. Il documento politico Il movimento esprime un significativo livello politico, maturato negli ultimi anni come risposta all’attacco ai diritti globali, non solo di LGBTQI, ma di tutti, dai lavoratori, ai pensionati, agli studenti, alle donne. Un livello politico ben espresso nella richiesta, avanzata dal documento politico, di interventi politici per garantire i diritti a quanti subiscono gli effetti più duri di emarginazione, discriminazione e violenza, “come le donne, i migranti, diversamente abili, lavoratori precari e sfruttati, Rom, non credenti, credenti di minoranze religiose, giovani e studenti”. Contestualmente il movimento chiede parità di diritti, il matrimonio civile per le coppie formate da persone dello stesso sesso, su un piano di piena uguaglianza formale e sostanziale rispetto alle coppie eterosessuali, l’accesso alle adozioni e la tutela dell’omogenitorialità, il riconoscimento dei poliamori e delle relazioni aperte, la laicità dello Stato; legittime tutele e politiche di intervento contro l’omo-lesbo-transfobia e a favore delle persone trans e intersessuali che subiscono discriminazioni e abusi; interventi legislativi per il contrasto di ogni forma di pregiudizio legato all’orientamento sessuale e all’identità di genere e, soprattutto, la rimozione di tutte le discriminazioni legislative; seri programmi di educazione e informazione sessuale e di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili; investimenti e interventi di contrasto dell’emarginazione sociale che colpisce le persone in HIV. Su queste precise rivendicazioni il movimento avverte Renzi: “Le tue promesse non ci bastano. Adesso fuori i diritti” è la parola ➫ DALLA 11ª strutture, Ercole Incalza, amico del ministro Lupi che a febbraio scorso lo ha riconfermato per il 12° anno alla guida della cabina di regia governativa dove si decidono le gare d’appalto per le grandi opere. Incalza risulta indagato a Firenze per la vicenda del Tav, che coinvolge anche l’ex presidente dell’Umbria del PD, Rita Lorenzetti e inoltre è stato tirato in ballo nello scandalo della cricca degli appalti di Anemone per una vicenda analoga all’acquisto di una casa a Roma come quella di Scajola. La manifestazione d’ordine conclusiva dello spot di presentazione del Gay Pride 2014 e la stessa dello striscione di apertura della manifestazione. Il parolaio Renzi viene inchiodato alla dichiarazioni da lui stesso fatte durante le primarie del PD: “Di questi temi – affermava pochi mesi fa - si parla sempre in campagna elettorale, poi il giorno dopo silenzio totale. Io invece mi prendo un impegno chiaro. Se noi vinciamo in cento giorni facciamo le civil partnership (unioni civili)”. Sono passati ormai più 100 giorni dalla imposizione alle masse popolari di questo governo e Renzi continua a tacere sui diritti dei LGBTQI. Figuriamoci se ha rispettato anche uno degli impegni presi con il movimento che pure erano parte della campagna elettorale delle primarie del PD: unioni civili, step child adoption (l’adozione del bambino che vive in una coppia dello stesso sesso, ma che è figlio biologico di uno solo dei due), legge contro omotransfobia e ius soli (diritto di cittadinanza per chiunque nasca sul territorio italiano). Come affermato nel medesimo documento politico di indizione del Gay Pride 2014 Matteo Renzi, “ha finora deluso le aspettative di una svolta e gli impegni presi, peraltro insufficienti, sono rimasti lettera morta. Infatti, oltre a non avere assegnato un dicastero alle Pari Opportunità, persino le politiche messe in campo nell’ambito della Strategia nazionale contro le discriminazioni basate su omofobia e transfobia hanno subito una brusca battuta d’arresto e sono state messe in forse da esponenti di Governo”. La preoccupazione del movimento è pressante, poiché, si rileva giustamente, il concreto rischio che l’inattività del governo acuisca le differenze socio-economiche che andranno a colpire con maggiore violenza proprio coloro che godono già di minori tutele, diritti e riconoscimenti, col rischio che la crisi economica e occupazionale finisca per penalizzare maggiormente quelle componenti sociali che si trovano già a subire pressioni e difficoltà, “pensiamo in particolare alle persone trans, intersessuali e queer, che a causa della loro visibilità e di tutte le difficoltà legate alla incongruenza tra i documenti d’identità e l’aspetto esteriore, troppo spesso sono messe ai margini della vita sociale e lavorativa”. Su questa base comune di lotta in 200mila sono scesi in una grande manifestazione di piazza a Roma il 17 giugno. E’ stata la combattiva conclusione della lunga rassegna del Roma Pride, fatta di iniziative e di eventi, giunta quest’anno alla ventesima edizione. Quella romana è stata la prima delle tredici manifestazioni che si terranno in Italia al posto della manifestazione nazionale, in grandi città: Alghero, Bologna, Catania, Lecce, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Torino e Venezia, il 28 giugno, giornata che celebra il ricordo dei moti di Stonewall (1969, quando a New York vi furono violenti scontri tra omosessuali e polizia) e scelta come data della “giornata mondiale dell’orgoglio LGBTQI” o “Gay pride”. A chiudere Siracusa il 5 luglio e Reggio Calabria il 19 luglio. Quest’anno la Sicilia stabilirà il record di tre parate nella stessa regione a mostrare l’apertura e la solida storia di accoglienza delle masse popolari siciliane, contrariamente alle caricature che ne suole fare l’ideologia dominante borghese. I 200mila hanno colorato e vivacizzato il centro della Capitale, partiti da Piazza della Repubblica intorno alle 17, per raggiungere il Colosseo con una lunga sfilata di 15 carri coloratissimi. Presenti alla manifestazione anche l’Unione degli Universitari e la Rete degli studenti medi in piazza per sconfiggere il bullismo omofobo dilagante nelle scuole. All’apertura del corteo ha preso parte anche Ignazio Marino (PD) in qualità di sindaco di Roma, con tanto di fascia tricolore. Portandosi dietro uno sciame di fotografi si è messo al centro dello striscione principale con lo slogan della parata. La seconda volta, dopo 20 anni, che un sindaco di Roma prende parte al Pride. La messinscena pubblicitaria non ha comunque risparmiato Marino dalla contestazione mossa di una parte del corteo che ha rimarcato come da 7 mesi manchi ancora la delibera sulle unioni civili promessa al consiglio comunale, che riconosca a livello anagrafico i matrimoni già stipulati all’estero. Quindi un Pride anche quest’anno largamente di attualità e politicamente vivo, che dopo venti lunghe edizioni ancora spinge sulla rivendicazione degli Altro che questione morale! La verità è che il vertice del PD e il suo “nuovo modo di governare” è in tutto e per tutto omologato al regime neofascista e si basa esclusivamente sul clientelismo, l’affarismo, la corruzione e le tangenti tipico della vecchia DC e del vecchio PSI, poi trasmigrati nel sistema politico-mafioso berlusconiano dopo tangentopoli. Ricordiamo peraltro che il sindaco Orsoni era stato voluto da tutte le correnti del PD e sponsorizzato dall’allora segretario Bersani e che l’attuale capogruppo dei senatori PD e vice-presidente del PD Luigi Zanda è stato chiamato in causa nell’inchiesta per aver ricoperto ininterrottamente la ca- rica di presidente del famigerato Consorzio Venezia Nuova dal 1986 al 1995. E poi Renzi non ci venga a raccontare che costoro sono le scorie del vecchio apparato ereditato dal PCI revisionista, visto che Luigi Zanda non ricopre solo i massimi vertici del PD di oggi ma è un ex democristiano come lui, ed è nato politicamente come segretario-portavoce del picconatore Cossiga al ministero dell’Interno nel 1976-78. Nei pochissimi casi in cui il PD risulta che abbia rubato meno degli altri partiti è perché aveva meno potere e di conseguenza meno pretese sul fronte tangentizio. Mentre là dove ha le mani in pasta da molto più tempo, come Roma, 7 giugno 2014. Un aspetto della manifestazione del Roma Pride stessi diritti civili delle unioni gay in Italia. Dall’altra parte del Tevere, da Piazza Mazzini a Castel Sant’Angelo va invece riportato il flop mediatico e politico del “controcorteo” organizzato dai fascisti di Forza Nuova, la cosiddetta “Marcia per la famiglia”, partecipata da appena un centinaio di persone. Da registrare il fermo da parte della Digos di un gruppo di fascisti che era pronto a un lancio di volantini omofobi su via Cavour al passaggio del Pride, provocazione comunque sventata. La posizione del PMLI Il PMLI da sempre attento sostenitore militante delle battaglie per i diritti civili di tutti sostiene la richiesta di LGBTQI di avere risposte politiche, culturali, istituzionali adeguate e maggiori spazi mediatici che trattino con laicità, onestà intellettuale, con obbiettivi di inclusione le questioni poste dal movimento. Per quanto riguarda le iniziative del PMLI, precisiamo che il nostro Partito non fa parte delle istituzioni rappresentative borghesi, e quindi può solo sostenere e pubblicizzare, attraverso il proprio Organo, “Il Bolscevico”, il movimento. È comune la lotta per affossare tutte le norme giuridiche e amministrative del regime neofascista che discriminano i rapporti consensuali omosessuali, negandone parità di trattamento in relazione alla sicurezza sociale, all’assicurazione delle malattie, alle prestazioni sociali, al sistema educativo, al diritto professionale, matrimoniale e di successione, al diritto di adozione, alla legislazione sui contratti d’affitto e per rivendicare il riconoscimento, da parte delle istituzioni dello Stato e amministrative, delle unioni civili e di fatto, comprese quelle tra omosessuali di ambo i sessi. Alle coppie di fatto vanno garantiti gli stessi diritti ascrivibili alle coppie ad esempio Milano e Venezia, il PD sguazza nella mangiatoia delle tangenti esattamente come tutte le altre cosche parlamentari. Dopo l’Expo si è ora aggiunto lo scandalo del Mose, che lo supera per entità e durata delle tangenti e per ampiezza degli indagati, che vanno dagli alti papaveri dei partiti di regime ai vertici delle istituzioni, dagli imprenditori e i più potenti gruppi economici ai magistrati e ai più alti gradi della Guardia di finanza. Non si tratta di isolare poche mele marce perché la corruzione è tutt’uno con le fondamenta del capitalismo, dei suoi governi, istituzioni e partiti. Non è l’eccezione ma la regola di questo marcio regime naofascista. “legali”. Tutti i nuclei familiari, comunque costituiti, devono essere considerati alla pari, con gli stessi diritti e gli stessi trattamenti sociali, economici e fiscali. Il PMLI chiede che lo Stato favorisca il cambiamento di sesso, nelle strutture pubbliche e gratuitamente, e il cambio di identità anagrafica. Alle coppie lesbiche, gay, bisessuali e transessuali va garantito pure il diritto di avvalersi gratuitamente in strutture sanitarie pubbliche delle tecniche per la fecondazione assistita e di accedere senza discriminazioni all’istituto delle adozioni e tutti gli altri diritti in materia sociale, assistenziale, lavorativa, previdenziale e ereditaria. Per questo motivo, occorre cancellare dai codici penale e civile ogni norma repressiva e discriminatoria basata espressamente sull’orientamento sessuale. Occorre tenere presente che nonostante la riforma del 1975, il diritto di famiglia in Italia è ancora un diritto borghese, retrivo e antifemminile, risente fortemente della sua origine nel diritto canonico e della struttura fascista, sostanzialmente immutata, risalente al codice Rocco. Il principio fondante è comunque quello contenuto nella Costituzione del ’48, nel suo articolo 29, che sancisce che “La Repubblica riconosce i diritti del- la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Sulla base di questo articolo lo Stato riconosce unicamente la famiglia tradizionale fondata sul matrimonio, esclusivamente eterosessuale e preferibilmente indissolubile e prolifico. Esso esclude a priori e giuridicamente i diritti di tutti gli altri tipi di famiglia, da quelle di fatto a quelle gay, allargate, ecc. Con ciò vuole perpetuare un modello di famiglia fondata sulla proprietà privata, l’ereditarietà, la gerarchizzazione interna, la subordinazione della donna e dei figli al marito e al padre. Occorre quindi lottare per cancellare l’articolo 29 della Costituzione e rimuovere tutte le norme che di fatto lasciano inalterato il potere maritale, la potestà sui figli, le disuguaglianze fra figli legittimi e naturali, la discriminazione e la mancanza di diritti per le coppie di fatto, etero e omosessuali, il divieto di matrimonio, di adozione e di ricorrere alle tecniche di fecondazione artificiale per le coppie gay. Intanto sosteniamo le prossime manifestazioni del 28 giugno, del 5 luglio, del 19 luglio e auguriamo in maniera militante il loro pieno successo e il raggiungimento degli obbiettivi di parità all’inarrestabile movimento LGBTQI. Conto corrente postale 85842383 intestato a: PMLI - Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze lotta sindacale / il bolscevico 13 N. 24 - 19 giugno 2014 “No Delocalizzazioni”, “No gare massimo ribasso” Migliaia di lavoratori dei Call Center in piazza Tra i più combattivi i siciliani e i calabresi Il 4 giugno scorso si è svolto a Roma un importante e combattivo corteo che ha visto sfilare migliaia di lavoratori denominato ‘No delocalizzazioni day’, manifestazione nazionale dei dipendenti dei Call Center, un settore dove regnano supersfruttamento e precarietà, nonostante un giro di affari di 1,3 miliardi di euro per le imprese e dove i lavoratori vengono messi con le spalle al muro, con il rischio concreto di delocalizzazioni e la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro in tutta Italia, e soprattutto nel meridione. I lavoratori accusano soprattutto le delocalizzazioni verso Pa- esi come l’Albania, la Romania e la Tunisia, e insieme le gare al ribasso, perché in entrambi i casi le aziende ci guadagnano: con le delocalizzazioni effettive le aziende trasferiscono i loro impianti all’estero lucrando su salari da fame in quei Paesi, e anche la sola minaccia di delocalizzare - anche se concretamente non viene attuata - porta a strappare ai lavoratori che operano in Italia condizioni salariali sempre più bestiali per i lavoratori, e lo stesso vantaggio le aziende conseguono con le gare al massimo ribasso, come quella bandita dal Comune di Milano lo scorso febbraio, che solo le azien- de che dispongono di manodopera albanese, romena e tunisina possono vincere. Vi è poi un problema che accomuna questi lavoratori a tanti altri dipendenti di aziende di servizi, ovvero quello della esternalizzazione, per cui enti pubblici e grandi società con il passare del tempo hanno deciso di non gestire in proprio le attività telefoniche di relazione con il pubblico, ma di affidarle a terzi, ad aziende esterne, con il risultato anche in questo caso di far diminuire drasticamente i costi e quindi i diritti e la paga dei lavoratori. Il settore si è sin dagli inizi con- traddistinto per una crescita selvaggia e priva di regole certe, tanto che vi proliferano praticamente tutti i tipi di contratti che rendono questo lavoro tra i più precari e privi di tutele normative e sindacali, e spesso le aziende nascono e muoiono nell’arco di appena tre anni, giusto il tempo per beneficiare degli sgravi fiscali previsti della legge n. 407/1990, per poi chiudere e riaprire altrove con personale nuovo che subirà la stessa sorte tre anni dopo. Hanno già portato all’estero una notevole parte della loro attività Sky, Fastweb, Vodafone, Almaviva, il gruppo Abramo, soprat- Roma, 4 giugno 2014. Un aspetto della combattiva manifestazione dei lavoratori dei call center tutto in Albania dove ci sono ben 60 aziende presenti tra Durazzo, Valona e Tirana. Tra i più combattivi alla manifestazione si sono distinti i lavo- ratori siciliani e calabresi, perché in quelle regioni la chiusura di un Call Center significa quasi sempre perdere l’unica possibilità di lavoro rimasta sul territorio. Primo sciopero generale dei dipendenti comunali nella storia di Roma I dipendenti pubblici in sciopero protestano sotto il Campidoglio Contestato Marino Dal corrispondente della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Roma Venerdì 6 giugno è la data del primo sciopero generale dei dipendenti comunali nella storia di Roma, indetto da Cgil, Cisl e Uil. La partecipazione ha riguardato 80% dei 25 mila lavoratori di diversi settori: vigili urbani, maestre d’asilo e impiegati a tutti i livelli. Lo sciopero ha perciò provocato alcuni disagi sul traffico, per l’assenza di vigili sulle strade e incroci principali della Capitale, disagi alle famiglie che non hanno potuto lasciare i figli negli asili pubblici rimasti chiusi e disagi per l’impossibilità di svolgere attività di natura burocratica e ammini- strativa, perché praticamente sono rimasti chiusi tutti gli uffici di circoscrizione dei vari municipi. Circa 10 mila lavoratori si sono incontrati in Piazza Bocca della Verità per raggiungere il Campidoglio. Un corteo breve ma intenso, caratterizzato dall’apparizione quasi macchiettistica di Marino che in bicicletta accoglieva i suoi dipendenti in corteo che hanno risposto con slogan e insulti contro il sindaco, colpevole di aver tanto sperato di scongiurare lo sciopero con una lettera che cercava di alleggerire i toni e tranquillizzare tutti, attaccando persino l’utilità stessa della manifestazione. Alla base della protesta c’è la difesa del salario accessorio dei Roma, 6 giugno 2014. La manifestazione dei dipendenti comunali al Campidoglio dipendenti comunali. Il salario accessorio è quella parte di salario che concerne le attività straor- dinarie e di merito che però, con il blocco dei contratti pubblici, è diventato quel quid che ha garan- tito fino ad oggi un reddito quasi dignitoso ai lavoratori del comune di Roma. Marino, secondo quanto previsto dal patto di stabilità, ha aperto un tavolo con ultimatum 31 luglio per risolvere la questione del salario accessorio per legarlo a voci strettamente produttive: mansioni supplementari, flessibilità degli orari di lavoro e reperibilità. Il dramma del salario accessorio è che in una fase di tagli come questa in corso, dettata dal governo Renzi, si è rivelata un boomerang perché non dà nessun diritto ai lavoratori. Infatti c’è una parte di lavoratori, quasi dimenticati dalla stampa, che sono quelli della Multiservizi, 51% AMA, che potrebbero ritrovarsi dall’autunno prossimo con un contratto di 450 euro mensili, superprecario, di 15 ore settimanali per 10 mesi. Con il salario accessorio avrebbero garantito, con straordinari veri, uno stipendio di 800 euro mensili. È un errore grave proteggere il solo salario accessorio. I sindacati e soprattutto la CGIL avrebbero dovuto adoperare parole d’ordine per nuovi diritti dei lavoratori e non proteggere questo ricatto che non cambia nulla sul piano delle rivendicazioni sindacali; anzi, potrebbe solo portare a nuove forme di sfruttamento e a futuri tagli. Il nostro auspicio è che la vertenza si tramuti in una richiesta di un contratto nuovo, più solido e che dia maggiori diritti ai lavoratori, partendo dai contratti precari e meno retribuiti. Pronti a scendere di nuovo in piazza se non si raggiungerà l’accordo. Squinzi: “Non ci deludere” Confindustria sta con Renzi La ministra Guidi: “Basta alla criminalizzazione del profitto” Il “mandato popolare dato al principale partito di governo e al suo leader Matteo Renzi, testimonia la voglia di cambiamento che c’è nel paese. Questa voglia attende fatti che diano sostanza alle riforme e alla crescita”. Con queste parole il presidente degli industriali, Giorgio Squinzi, ha dato il suo pieno appoggio al Berlusconi democristiano Renzi dal palco dell’assemblea annuale di Confindustria tenutasi alla fine di maggio. Sembra di essere tornati ai tempi del grande feeling tra Berlusconi e i rappresentanti dei padroni come Abete e D’Amato, dove l’identità di vedute e d’interessi veniva espressa in maniera palese e senza freni. Qualche osservatore e massmedia ha invece sottolineato l’assenza di Renzi all’assise di Confindustria, così come fu dal congresso Cgil, come un segnale di equidistanza del capo del governo da sindacati e industriali, questo invece è il segno del decisionismo e del piglio ducesco di Renzi. Poi l’ex sindaco di Firenze, pur incassando il pieno appoggio di Squinzi, è molto furbo e da buona lenza democristiana sta attento a non andare tra i padroni a raccogliere ovazioni e applausi che potrebbero appiccicargli addosso il ruolo di servo dei padroni, come in effetti è. Lui vuole interpretare il ruolo di chi fa gli interessi del Paese e di tutti gli italiani, cosa peraltro impossibile nel capitalismo. Chiunque non abbia una benda sugli occhi può vedere come la Confindustria stia con Renzi e lo abbia scelto come cavallo su cui puntare per rappresentare i propri interessi. Squinzi porta sul carro del vincitore l’organizzazione padronale, applaude Renzi ma non rinuncia a dettare le sue condizioni e la strada che secondo i padroni deve seguire il governo: “agire con determinazione, con il vento della legittimazione popolare alle spalle. Il voto dà forza politica alle riforme che si sono annunciate in questi primi mesi. La legge elettorale e la revisione della Costituzione e del titolo V devono diventare realtà, con un robusto ridimensionamento e ammodernamento della macchina pubblica”. Per Squinzi, occorre “agire sul progressivo ridimensionamento della spesa corrente, tagliando gli incentivi improduttivi, riducendo il perimetro pubblico e avviando una radicale messa in efficienza della pubblica amministrazione, riportando la pressione fiscale a livelli accettabili”. Insomma, Confindustria detta l’agenda di governo, nonostante lo neghi con tutte le sue forze, parlando solo di “consigli”. Di fronte a una crisi che ha portato la disoccupazione a sfondare quota 13% e dove solo nel manufatturiero in poco più di 10 anni si sono persi oltre un milione e 200 mila posti di lavoro si propone il presidenzialismo a livello politico mentre sul fronte economico si chiede minor intervento del pubblico, sgravi alle imprese e ulteriore flessibilità al mercato del lavoro, e perfino che la magistratura (vedi Ilva) non interferisca, altrimenti si nega la libertà (leggi impunità) dell’impresa. “Libertà d’impresa, di Fabbrica e di Profitto” e di licenziamento aggiungiamo noi, è lo slogan coniato da Confindustria. Infine l’ennesimo richiamo ai sindacati ad abbandonare le vecchie liturgie e contrapposizioni. La solita solfa ribadita più volte anche da Renzi e dal riinnegato Napolitano che tradotto in parole povere vuol dire pretendere che ci sia la totale subordinazione dei lavoratori ai padroni, con i sindacati a svolgere solo il ruolo d’imbonitori, ruolo oltretutto già svolto dalla maggior parte di loro. Verso il capo del governo solo elogi, l’unico richiamo a Renzi è quello a fare presto, insomma i padroni sono tutti con lui ma, dice Squinzi, “non ci deludere”. Dalla parte del governo trova piena sintonia. L’intervento del ministro dello Sviluppo Economico, Fiorenza Guidi, è uno sperticato elogio verso i capitalisti italiani. Del resto essa stessa è un’imprenditrice ed è stata presidente dei Giovani Industriali e vicepresidente di Confindustria ma per lei non vale il conflitto d’interessi. “Dobbiamo dire basta alla dilagante cultura anti-imprenditoriale. Basta alla criminalizzazione del profitto. Solo un imprenditore che fa profitti può investire, crescere e dare occupazione”, questi sono solo alcuni ma eloquenti passi del suo discorso. Per la Guidi la colpa della crisi è di quelli che criticano i “poveri” imprenditori nostrani (per lei invece i veri salvatori della patria), è colpa dei lavoratori che vogliono difendere i loro diritti e dei sindacati anziché della crisi globale del sistema capiltalistico. Noi marxisti-leninisti non avevamo bisogno di questa prova per inquadrare il governo del Berlusconi democristiano Renzi come nemico dei lavoratori. Purtroppo Cgil, Cisl e Uil hanno invece un atteggiamento più che connivente. Confidiamo che la maggioranza dei lavoratori e delle masse popolari si renda conto che questo governo deve essere spazzato via al più presto. 14 il bolscevico / PMLI N. 24 - 19 giugno 2014 Risoluzione dell’Organizzazione di Rufina sul Rapporto di Scuderi al CC del PMLI Bisogna fare e ottenere di più sul radicamenteo ed essere i migliori militanti in tutto Settimanale Nuova serie - Anno XXXVIII - N. 15 - 17 aprile 2014 Fondato il 15 dicembre 1969 Rapporto di Giovanni Scuderi alla 4ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI Innanzitutto esprimiamo dolore per le sorti della principale attività di finanziamento del Partito; la pesante situazione delle nostre casse ci è da tempo fin troppo chiara e la conferma definitiva è stata l’aver fatto a meno della stampa cartacea del giornale che per noi non rappresentava solo una questione di studio ma un vero e proprio strumento che ci accompagnava fra le masse e nelle bacheche delle fabbriche. Siamo però d’accordo col Segretario generale del Partito quando afferma che “la mancanza de Il Bolscevico cartaceo non è determinante per il successo del nostro lavoro politico e organizzativo. Il fattore determinante per la vita e lo sviluppo del Partito è l’applicazione, con determinazione, perseveranza ed intelligenza tattica, della linea del Partito negli ambienti di lavoro, di studio e di vita”. Le contraddizioni nel Partito In tutta franchezza pensiamo che il Partito abbia svolto il proprio compito a pieno. Se la volontà delle parti in una contraddizione è risolverla e tornare ad una unità ancora più forte, i ravvedimenti di chi è in errore vi saranno; nei casi declamati invece pare che sia mancata totalmente la volontà di risolvere tali contraddizioni. Non accet- tare la critica, collocarsi all’esterno del Partito ma nella pratica sparire completamente o tuffarsi immediatamente in altri partiti, sono atteggiamenti che confermano quanto sopra detto. Una sintesi ottimale è da ricercarsi nella parola d’ordine “Unità-critica-unità” che, fra l’altro, vale anche per il lavoro negli organismi di massa, ovviamente su basi e con obiettivi differenti rispetto a quelli che ci riguardano internamente al Partito, poiché questo metodo è inequivocabilmente giusto, leale, sincero e proficuo se l’intento di tutti è lavorare nell’interesse dell’intento comune. Anche l’aver respinto i tentativi di infiltrazione è segno di forza del gruppo dirigente del Partito anche perché quando persone spingono per prendere contatti fino ad entrare tra le nostre file, il “grande” bisogno di forze che abbiamo potrebbe avere la meglio sulla vigilanza ferrea del Partito. Per non cadere in questo errore, dobbiamo aver bene a mente che il nostro non è un Partito di massa, bensì d’avanguardia, e per questo occorre tenere sempre altissima la vigilanza rivoluzionaria, pena la sua dissoluzione. Le vittorie del Partito Ci troviamo perfettamente in linea con il Segretario nel ringraziare la Commissione giovani centrale ed in particolare il compagno Comunicato stampa del Comitato provinciale di Firenze del PMLI Condanniamo l’ordigno contro la sede PD di Firenze I marxisti-leninisti fiorentini condannano ed esprimono forte preoccupazione per l’ordigno esploso fuori dalla sede cittadina del PD in via Forlanini lunedì notte. Esprimiamo la nostra solidarietà al PD in quanto bersaglio di un atto di stampo terroristico. Un attentato oscuro che è stato collegato dai quotidiani vicini a quel partito alle denunce del movimento NoTav, e sfruttato per alimentare la campagna mediatica volta a dipingere a fosche tinte e criminalizzare il giusto e coraggioso movimento nato in Val- susa, un movimento di massa che vede protagonista l’intera popolazione. Non si deve confondere le giuste e necessarie lotte di massa per la difesa dei diritti e dei territori con il terrorismo che, come ci ha dimostrato anche la storia del nostro Paese, è funzionale agli interessi della classe dominante borghese. Il Comitato provinciale di Firenze del Partito marxista-leninista italiano Firenze, 11 giugno 2014 Picerni per il lavoro svolto del quale adesso può beneficiare l’intero Partito. Abbiamo analizzato la questione giovanile nel nostro territorio (Valdisieve) nella scorsa relazione specifica e non ci soffermiamo di nuovo. La speranza è di poter al più presto avere a che fare direttamente con essa poiché sarebbe un segnale tangibile di sviluppo del Partito nella nostra zona. Abbiamo avuto anche modo di seguire da vicino lo scorso congresso della CGIL poiché è stato uno dei fronti approfonditi col compagno M. che cogliamo l’occasione per ringraziare per la sua attività svolta all’interno della CGIL Scuola. A tal fine sono stati molto importanti i documenti e le analisi che abbiamo letto e studiato sul giornale; ci auguriamo fortemente che la Commissione massa centrale faccia chiarezza sui punti citati da Scuderi quali la rappresentanza, il reddito di cittadinanza, il reddito minimo garantito e via di seguito poiché sono d’enorme attualità, nonché elementi chiave della nostra proposta sindacale. Ovviamente esprimiamo plauso per l’enorme sforzo organizzativo che il Partito ha dovuto compiere per la nuova Sede e tutto ciò che ha comportato. I tre problemi aperti Non entriamo in ulteriore merito per i primi due visto che sul primo (finanziamento) la situazione è fin troppo chiara così com’è chiaro a livello di base ciò che occorre fare per migliorare la situazione, e sul secondo non possiamo fare altro che esprimere i ringraziamenti per l’attività che il Centro sta facendo. Siamo certi che a questo punto vi sarà trovata adeguata soluzione. Relativamente invece alla questione del radicamento locale, esprimiamo gioia per l’essere stati citati ad esempio come istanza dal Segretario generale. Siamo però convinti che potranno essere sì apprezzabili la nostra perseveranza e il nostro impegno, ma è altrettanto vero che si deve fare e ottenere di più, in particolare in un territorio come il nostro nel quale se da un lato l’elettoralismo la fa da padrone, dall’altro siamo presenti sempre ed ogni volta che vi sia una seppur piccola possibilità di fronte unito e d’azione. Prendiamo spunto dagli inviti che il Segretario rivolge ai dirigenti nazionali del PMLI dicendo che essi devono essere i migliori Affisso “Il Bolscevico” col necroogio su Zunica Le bacheche del PMLI a Villa Rosa e Alba Adriatica (Teramo) Alba Adriatica militanti in tutto, estendendo anche a noi stessi, semplici e modesti militanti di base, questo invito con lo stimolo di lavorare e di studiare fino a cambiare definitivamente la propria concezione del mondo in chiave marxista-leninista. Ogni militante del PMLI deve essere il “miglior militante” del PMLI e ciò lo si fa innanzitutto provando a diventarlo con “anima” e con tutto il cuore. Elezioni europee e amministrative Come avete potuto vedere dagli articoli e dall’analisi di voto, in Valdisieve in collaborazione con i compagni mugellani, si è fatto quanto abbiamo potuto. Tre banchini (Pontassieve, Borgo e Rufina) e numerose diffusioni “veloci” hanno rappresentato la nostra proposta alla popolazione. Sicuramente il non poter affiggere manifesti negli spazi dell’indiretta è stata per noi, che eravamo sempre i primi, una grave perdita. Tantissimi si sono chiesti il perché e molti lo hanno anche chiesto direttamente a noi; abbiamo risposto e abbiamo cercato invano di far pubblicare il comunicato stampa fatto dal Centro sull’argomento ai media locali. Ci auguriamo alle prossime elezioni, con l’obiettivo di coinvolgere i numerosi contatti che ci provengono dai rapporti di massa (moltissimi dei quali ancora fortemente legati al voto di lista e alla “rappresentanza”), di poter organizzare un dibattito elettorale per parlare dell’astensionismo e della nostra proposta politica delle Assemblee popolari e dei Comitati popolari. Pensiamo che riuscire a mettere in piedi una iniziativa che possa avere un discreto successo, sarebbe molto importante per il nostro radicamento sul territorio. C’è anche da considerare che non sappiamo quando vi saranno le prossime politiche e che le contraddizioni di classe mosse dal Berlusconi democristiano Renzi sono destinate inevitabilmente ad aumentare. È giusto pertanto individuare il socialismo come elemento centrale, come passaggio determinante “affinchè tutto cambi ideologicamente”. Allo stesso modo il fallimento della lista a sinistra del PD a Pontassieve, la scomparsa del PRC sul resto del territorio (tranne a Pelago dove il segretario del circolo locale Fallani ha appoggiato il sindaco PD Zucchini “meritandosi” un posto da assessore) e le pesanti perdite del Movimento 5 Stelle, fanno pensare ad opportunità che vanno colte e indirizzate sul terreno a noi congeniale della coscienza e della lotta di classe. Relativamente alle europee è giusto indicare l’uscita dalla Ue imperialista e non semplicemente la moneta unica quale battaglia da perseguire. È quello il vincolo associativo che impedisce l’indipendenza nazionale, almeno in riferimento alla Ue. Oggi la popolazione individua nella sovrastruttura europea ed in particolare nelle direttive di Bruxelles, gran parte delle responsabilità dei tagli allo “Stato sociale” e di tutto ciò che ne consegue in termini di costi, di disoccupazione e di tutti gli altri mali che affliggono la nostra popolazione. Alla fine si finisce per pensare che il nostro governo possa fare poco o niente e che non c’è più via di uscita in un percorso così stretto quanto già programmato; da lì il pessimismo e l’arrendevolezza che si stanno diffondendo a macchia d’olio. L’uscire dalla Ue creerebbe effettivamente, come suggerisce il nostro Segretario, “migliori condizioni per lo sviluppo della lotta di classe Mi rispecchio in tutto e per tutto nelle vostre parole Ciao compagni Chi vi scrive è un giovanissimo lettore de “Il Bolscevico” e sostenitore del PMLI. Complimenti vivissimi per il lavoro che fate. C’è bisogno di un Partito come il vostro di questi tempi. Ho appena finito di leggere l’ultimo numero de “Il Bolscevico”. Come al solito mi rispecchio in tutto e per tutto nelle vostre parole. Vorrei cominciare a studiare il marxismo-leninismo. Da dove mi consigliate di partire? Saluti a pugno chiuso. Giuseppe, dalla Sicilia ___________ Comincia dal “Manifesto del Partito comunista” di Marx e Engels. Totalmente d’accordo con voi sull’analisi dei risultati elettorali Care compagne e cari compagni del PMLI, grazie per avermi inviato l’articolo sulle elezioni amministrative parziali, il cui testo mi trova totalmente d’accordo. E, secondo me, degna di ulteriore nota positiva la parte riguardante la valenza dell’astensionismo come vero e proprio voto. Infatti, ma non è un caso, è la risposta che spesso ho dato a chi mi rimproverava per la mia posizione astensionista dicendomi che “c’è chi è morto per darci la libertà di votare!”. Bene, dico io, ma chi Un accendino “marxista-leninista” Villarosa Le bacheche de “Il Bolscevico” a Villarosa e Alba Adriatica (Teramo) con il giornale che riporta la notizia della scomparsa del compagno Salvatore Zunica, pioniere del PMLI Abruzzo Il compagno simpatizzante attivo del PMLI Mario Corsetti di Cassino (Frosinone) ha preso l’iniziativa di attaccare sul suo accendino modello zippo da un lato la spilla realizzata dal nostro Partito per il 60° Anniversario della scomparsa di Stalin (5 Marzo 2013), dall’altro la spilla col simbolo del PMLI. LA SITUAZIONE DEL PARTITO E LE ELEZIONI EUROPEE E AMMINISTRATIVE PAGG. 2-5 Comunicato della 4ª Sessione plenaria allargata del 5° Comitato centrale del PMLI PAGG. 6-7 VOLANTINAGGI CONTRO IL GOVERNO RENZI E CONTRO IL PRECARIATO ALLA WHIRLPOOL (VA) E A BORGO S. LORENZO (FI) PAG. 7 Firenze, 5 aprile 2014. Il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, tiene il Rapporto alla 4ª Sessione plenaria allargata del 5° Comitato centrale del Partito Il Documento del PMLI sul precariato è una spada rossa con cui colpire la borghesia e il capitalismo Per abolire il precariato occorre abolire il capitalismo IL PROLETARIATO DEVE CONQUISTARE IL POTERE POLITICO SENZA IL QUALE NON CONTA NULLA di Marco - Biella PAG. 7 CON LA BENEDIZIONE DI NAPOLITANO E ATTUANDO IL PATTO COL NEODUCE BERLUSCONI Renzi abolisce il Senato. Golpe piduista ,O%HUOXVFRQLGHPRFULVWLDQRWLUDGULWWRVXOOH³ULIRUPH´LQ¿VFKLDQGRVHQHGHOOHDFFXVHGLDXWRULWDULVPRHGHOOHPLQDFFHGLIDUORFDGHUHLQSDUODPHQWR PAG. 9 contro il capitalismo e per il socialismo” e farebbe tornare il nostro governo al centro della critica. Con l’occasione ringraziamo il CC del PMLI ed in particolare il compagno Scuderi per il lavoro che svolgono quotidianamente. Lunga vita al PMLI! L’Organizzazione di Rufina (Firenze) del PMLI è morto per liberarci dal fascismo (intendendo i Partigiani) sicuramente avrebbe voluto darci anche una società diversa da questa! Sperando di aver esternato in modo comprensibile il mio pensiero, colgo l’occasione per inviarvi sinceri saluti rossi. Coi Maestri e il PMLI vinceremo! Andrea, operaio del Mugello (Firenze) Conquistare gli astenuti per istruirli alla lotta senza quartiere Carissimi compagni, I risultati elettorali me li aspettavo onestamente, l’astensione ormai domina ovunque, la gente è stanca, i politici promettono ma non mantengono, la corruzione va al galoppo. Da qui si deve lavorare a mio parere per conquistare gli astenuti o meglio per istruirli alla lotta senza quartiere a quello che ormai è un capitalismo morente di un sistema corrotto. Un abbraccio. Saluti marxisti-leninisti Conce-Firenze Riflessioni sull’astensionismo a Catania Il sindaco di Catania, Enzo Bianco si è dichiarato più che soddisfatto del voto, nonostante che più del 60% degli aventi diritto abbia delegittimato l’Europa imperialista. In effetti a Catania la sconfitta è ancora più cocente perché 5.092 elettori, equivalenti al 4,95% dei votanti, ha annullato il proprio voto che, sommato alla diserzione delle urne, arriva al 65,14%; mentre nei 52 comuni della provincia il 55,65% di diserzione si somma al 6,92% di voti nulli, pervenendo ad una percentuale del 62,57%. Fraterni e militanti saluti marxisti-leninisti. Giuseppe Sparatore, simpatizzante della Cellula “Stalin” della provincia di Catania del PMLI esteri / il bolscevico 15 N. 24 - 19 giugno 2014 Bellicoso e tronfio discorso ai cadetti di West Point Obama: “Siamo i leader del mondo” “Interverremo militarmente se gli interessi Usa vengono colpiti direttamente” Il discorso di Barack Obama del 27 maggio all’Accademia militare degli Stati Uniti di West Point, nello Stato di New York, secondo la Casa Bianca era il primo di una serie di interventi pubblici nei quali il presidente avrebbe illustrato la politica estera degli Usa negli ultimi due anni del suo secondo mandato. Secondo il Wall Street Journal era il primo di “una campagna chiarificatrice” per contestare le posizioni della destra americana che descrive la sua politica estera come “timida” e capace di “diluire l’influenza americana nel mondo”. Ma più che agli avversari interni Obama ha pensato di lanciare un messaggio chiaro alle potenze imperialiste rivali, con un bellicoso e tronfio discorso che ha al suo centro la riaffermazione del principio che l’imperialismo americano è il “leader del mondo”, quantunque azzoppato sul piano economico e in via di cedere il primato di prima potenza economica mondiale alla Cina. E che è pronto a far valere la sua leadership dall’alto della sua potenza militare, ancora di gran lunga la prima nel mondo, con l’affermazione che “interverremo militarmente se gli interessi Usa vengono colpiti direttamente”. Il punto di partenza del discorso di Obama è che l’America è e rimane “indispensabile”, sarà sempre la “nazione leader del mondo”, perché “se non lo guidiamo noi nessuno lo farà”. Anzi, ha chiosato, “l’America raramente è stata così forte rispetto al resto del mondo. E quelli che parlano di declino e di mancanza di leadership travisano la storia e fanno solamente un gioco di parte”. Il concetto è che “noi siamo i più forti”. Accade sempre così alle potenze imperialiste egemoni ma in declino: quanto più si vedono minacciate e superate dalle nuove potenze imperialiste emergenti, tanto più digrignano i denti e gridano forte la loro indiscussa ma vacillante superiorità militare. Ed è così che aumentano i pericoli di guerra imperialista, quando la nuova spartizione del mondo può essere regolata solo sul piano militare “Gli Stati Uniti devono continuare a rimanere al vertice del palcoscenico globale”, ha indicato ai giovani cadetti di West Point, a una platea che quando entrerà in azione non agirà certo sul palcoscenico mondiale con opere filantropiche, e quindi per camuffare l’anima bellicista ha sottolineato che “l’azione militare non può essere sempre l’unica – e in molti casi nemmeno la principale – tra le componenti della nostra leadership globale. Solo perché abbiamo il martello più pesante, non significa che ogni problema sia un chiodo”. Una metafora, quella del martello, che esalta la forza militare degli Usa e comunque la mantiene sempre come parte attiva della politica estera imperialista americana, una componente per mantenere la leadership mondiale. Un bel discorso da Nobel per la pace!. Da buon imbonitore e imbroglione politico Obama cita dichiarazioni del tipo “la guerra è la follia più tragica e stupida dell’umanità” ma solo quale premessa per affermare che l’uso della forza sia limitato a affrontare minacce contro “interessi fondamentali”. Quindi, continueremo a usare la forza quando “i nostri cittadini sono minacciati, quando sono in gioco i mezzi di sussistenza, quan- do è in pericolo la sicurezza dei nostri alleati”, ha spiegato. La casistica che giustificherebbe l’uso della forza secondo Obama è talmente aleatoria che detta in altre parole diventa, quando lo decidiamo noi. D’altra parte in un altro passaggio del suo discorso è ancora più chiaro: “gli Stati Uniti useranno la forza militare, anche unilateralmente, se necessario. E non chiederanno mai il permesso a nessuno se i suoi interessi saranno in pericolo e i suoi cittadini minacciati”. Questo passaggio si trova nella parte dedicata alla “lotta al terrorismo” ma ha una valenza generale. Da quello stesso palco, nel giugno 2002, il suo predecessore guerrafondaio Bush sostenne la necessità di azioni militari preventive nella “nostra guerra al terrorismo che è appena iniziata”. “Il terrorismo resta la più grande minaccia per l’America”, ha ripetuto Obama, specificando che però non può essere combattuto con “una strategia che prevede l’invasione di ogni paese che dà asilo ai terroristi, sarebbe ingenuo e insostenibile”, soprattutto insostenibile economicamente e quindi è meglio usare le risorse per “finanziare missioni antiterrorismo mirate, piuttosto che per intraprendere nuove guerre”. Nei programmi della Casa Bianca ci sarebbe l’investimento di 5 miliardi di dollari per “svolgere diverse missioni”, dalla formazione delle forze di sicurezza che in Yemen combattono al Qaida, al supporto a una forza multinazionale per mantenere la pace in Somalia, dal pattugliamento delle acque della Libia, alla collaborazione con le operazioni militari francesi in Mali, al finanziamento delle formazioni che combattono in Siria contro il regime di Assad. Quanto le parole del “pacifista” Obama siano lontane dalla realtà lo conferma tra le altre la sua posizione sulla chiusura del lager di Guantanamo, la prigione per “terroristi” voluta da Bush fuori da ogni legalità nazionale e internazionale. “Continuerò a spingere per la chiusura di Gitmo, perché credo profondamente nell’eccezionalità americana e i nostri valori non consentono la detenzione a tempo indeterminato di persone fuori dalle nostre frontiere”, ha detto a West Point. La chiusura di Guantanamo l’aveva già promessa nella campagna elettorale che lo aveva portato al primo mandato presidenziale nel novembre 2008 e il lager è ancora aperto. Alla faccia della “democratizzazione della Rete” Internet veloce solo per i ricchi Sarà riservata alle multinazionali imperialiste La Federal communications Commission (Fcc), l’agenzia federale che regola le comunicazioni negli Stati Uniti, ha annunciato agli inizi di maggio l’apertura di un periodo di commenti della durata di 4 mesi sul progetto di legge che modifica l’utilizzo della rete Internet in un sistema a due velocità, permettendo ai grandi gruppi che gestiscono le telecomunicazioni di offrire ai loro clienti la possibilità di avere una banda più larga e la priorità sulla rete attraverso il pagamento di un abbonamento più costoso. Nel corso dei 4 masi l’Fcc valuterà le proposte e i suggerimenti prima del varo della legge. Il risultato sarà una Rete da cui transitano l’informazione, la comunicazione e tanti servizi importanti con qualità diverse; una Rete a due velocità, con quella veloce solo per ricchi. Alla faccia della “democratizzazione della Rete”. La questione sottoposta alla Fcc era nata dalle pretese dei giganti delle telecomunicazioni, del tipo Comcast, Verizon, AT&T e TimeWarner che quasi sempre sono anche i gestori della tv via cavo e degli accessi Internet, avanzate da anni alle authority Usa per avere il diritto a far pagare di più i cosiddetti maxiutenti, gli altrettanto giganti Google, con la sua filiale YouTube, il numero uno dei servizi di videostreaming Netflix, la Walt Disney, Microsoft Nel mondo il 71% delle lavoratrici non hanno tutela di maternità Nel mondo ci sono 830 milioni di donne, 71,6% delle lavoratrici, che non hanno una tutela della maternità o l’hanno in modo insufficiente. La maggior parte di loro, l’80% delle donne non tutelate, si trova in Africa o in Asia dove “il lavoro nero è predominante e i tassi di mortalità materna e infantile sono ancora molto elevati”. Lo ha rivelato il recente rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) intitolato Maternità e paternità nel lavoro: legislazioni e prassi nel mondo”. Il rapporto documenta che sui 185 paesi e territori presi in esame, solo poco più di un terzo hanno assunto impegni, e non sempre rispettati, con almeno una delle tre convenzioni in materia di protezione della maternità adottate nel 1919, 1952 e 2000. Temi come la prevenzione dall’esposizione a rischi per la salute e la sicurezza durante la gravidanza e l’allattamento; il diritto al congedo di maternità retribuito, alla tutela della salute della madre e del bambino e ai permessi per allattamento; il diritto al reintegro sul posto di lavoro dopo il periodo di congedo, sono stati riconosciuti da sessantasei paesi. Questi dispositivi di protezione della maternità darebbero una tutela legale a circa il 40% delle lavoratrici; il rapporto dell’Ilo rivela che invece le donne protette in maniera sufficiente sono solo il 28,4%. La differenza, spiega l’Ilo, “dipende da come le leggi vengono applicate e garantite”, senza contare la loro mancata divulgazione che impedisce alle lavoratrici di conoscere i propri diritti. La mancata protezione della maternità dipende anche da “disparità nei sistemi di sicurezza sociale, controlli inadeguati, pratiche discriminatorie, lavoro nero ed esclusione sociale”. Circa l’80% di queste donne si trova in Africa e Asia, ci sono gruppi di lavoratori completamente esclusi da qualsiasi forma di protezione, a partire dai lavoratori in proprio fino ai migranti, ai domestici, agli addetti del settore agricolo, occasionali o tempora- nei, o lavoratori che appartengono a minoranze indigene e tribali. In queste zone dove la garanzia delle tutele è affidata alla “responsabilità” del datore di lavoro, si hanno i maggiori casi di schiavitù salariata, di tassi di mortalità materna e infantile ancora molto elevati. In merito a diritti affermati da leggi ma negati o limitati nella pratica il rapporto dell’Ilo denuncia situazioni come quella dell’Italia dove si fa “largo uso” di lettere di dimissioni in bianco, senza data, che le lavoratrici sono costrette a firmare quando vengono assunte e che permettono ai datori di lavoro di licenziarle se restano incinte. Una pratica segnalata anche in Croazia, Grecia e Portogallo. con Skype, Apple con iTunes che controllano e quindi determinano la distribuzione dei contenuti dell’informazione, della comunicazione, spettacolo e musica. Le multinazionali delle telecomunicazioni sostenevano che se gli utenti “occupano” una parte consistente della banda larga che deve smaltire ad alta velocità un grosso volume di traffico dovrebbero pagare di più. Una richiesta che è stata ritenuta valida in due sentenze di tribunali federali americani e recepita dal vertice della Fcc che ha deciso di definire nuove regole. Che saranno valide non solo per gli Usa ma per tutti gli utenti della Rete. La posta in gioco non è soltanto una redistribuzione di guadagni fra le multinazionali del settore. Diverse organizzazioni americane di difesa dei consumatori hanno contestato la decisione della Fcc e denunciato che si realizzerebbe una “discriminazione commerciale” a favore dei soggetti più forti. Le multinazionali imperialiste avranno Internet veloce, pagata comunque dagli utenti della Rete sui quali scaricheranno il sovrapprezzo. Ne usciranno penalizzati anche i piccoli operatori, singoli o aziende locali e nuove, che non potendosi permettere di viaggiare sulla più cara corsia veloce saranno confinati su quella lenta. Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHI e-mail [email protected] sito Internet http://www.pmli.it Redazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164 Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze Editore: PMLI Associato all’USPI ISSN: 0392-3886 Unione Stampa Periodica Italiana chiuso il 11/6/2014 ore 16,00 FUORI 4 il bolscevico / studenti N. 45 - 19 dicembre 2013 i governanti dell’UE imperialista e sfruttatrice da Torino xxx LAVORO STABILE AI GIOVANI Spazziamo via il governo del Berlusconi democristiano Renzi per l’Italia unita, rossa e socialista PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it