Anno 15 Numero 30 Foglio della comunità italiana di Capodistria Giugno 2010 Alla fine della tournée di dieci giorni che li ha portati nelle platee d'Italia, Austria e Slovenia, a fine febbraio il quartetto jazz formato da Jim Snidero - sax alto, Renato Chicco - organo, Guido Di Leone - chitarra e Andy Watson - batteria ha entusiasmato il pubblico del »Circolo« con una performance di altissimo livello (Il Mandracchio online). In maggio si è tenuta a Capodistria la conferenza dei Rettori delle Università delle regioni Alpe-Adria. A margine della riunione, svoltasi nella sala del consiglio comunale a Palazzo Pretorio, i Rettori dell’Università del Litorale Rado Bohinc, e quello dell’Università di Pola, Robert Matijašić hanno firmato un accordo di collaborazione fra i due Atenei. 28 giovani di Capodistria, Isola e Pirano hanno partecipato alla maratona »Su e zo per i ponti« di Venezia. Giunto alla 32.esima edizione, l’evento ha visto la partecipazione di numerosi gruppi provenienti da diverse parti del mondo. Si tratta di una manifestazione che attira di anno in anno persone amanti dello sport, dello svago e dello stare insieme, nella splendide cornice della città lagunare. I partecipanti, oltre ad aver percorso 13 chilometri e ben 53 ponti lungo tutto il perimetro di Venezia, hanno scoperto molte parti nascoste della città. La presenza del gruppo istriano all’evento è stata organizzata dal centro culturale “Carlo Combi” di Capodistria. La città A un secolo dalla Prima Esposizione Provinciale istriana Esattamente cent’anni fa aveva luogo a Capodistria, in una cornice solenne, la Prima esposizione provinciale istriana. Un evento allestito in una cornice di grande prestigio, maturato e consolidato nei suoi preliminari organizzativi grazie a un impegno progettuale, prestazioni d’opera, collaborazioni professionali entro uno schema finanziario-organizzativo e una cornice istituzionale di grande rilevanza. Nello spirito del tempo tale evento rappresentava, sulla scia delle grandi esposizioni allestite in ambito internazionale e nazionale, un tentativo di aprire una finestra sul mondo, mettendo in mostra le eccellenze del periodo, ovvero quanto di più rilevante poteva illustrare, attraverso un articolato percorso tra le diverse branche delle discipline scientifiche, artistico-culturali e pratiche, la complessa realtà della regione istriana. Un territorio amministrativo, che nell’ambito dell’impero asburgico, costituiva in sé un complesso e delicato sistema che metteva a confronto, allora come oggi, seppure in un ambito geografico, storico, politico e sociale completamente diverso, differenti etnie, lingue, tradizioni, usi e costumi, che confluivano in un progetto regionale di ampio respiro, non scevro da tensioni, conflittualità nazionali ed ideologiche. La prima esposizione provinciale istriana si colloca idealmente in un periodo a cavallo tra fine Ottocento e primissimo Novecento che sublima una nuova percezione del mondo, del potenziale di innovamento e rapida trasformazione delle strutture economiche e sociali del periodo, fondato sull’accelerazione delle conoscenze e delle applicazioni pratico-teoriche che provocò in breve un progresso determinante nelle varie discipline, arti, mestieri. Un’Istria ancora profondamente rurale, in ritardo nella corsa all’industrializzazione delle grandi potenze europee, con scarse infrastrutture e collegamenti strategici verso i centri di potere politico e amministratvo, sostanzialmente in difficoltà nel trovare una sua ricollocazione ben precisa nel complesso scacchiere geopolitico venutosi a formare, alla provincia dell’impero ma conscia delle sue grandi potenzialità strategiche di sbocco sul mare e tratto d’unione tra realtà contigue, un’Istria quindi costretta a stare al passo con i tempi, scopre apertamente le sue ambizioni e vuole diventare protagonista del suo tempo. È indubbio che le elité locali del periodo abbiano giocato un ruolo sostanziale nell’ideazione di tale evento, ma è altrettanto indubbio che tali linee strategiche di affermazione di una nuova propria identità e ruolo confluissero in quello che si potrebbe tranquillamente definire lo spirito universale del tempo. Non è un caso che la scelta della sede per l’allestimento della Prima esposizione istriana fosse ricaduta su Capodistria. Oltre ad un prestigioso passato di cui conservava le sue vestigia monumentali e artistiche, la città disponeva di un impianto urbanistico idoneo alle necessità logistiche e godeva di una centralità politico-amministrativa, elementi questi che costituivano un potere d’attrazione non indifferente. Con una meticolosa preparazione ed un efficace macchina organizzativa sorsero le strutture e i padiglioni espositivi dell’esposizione, radicata nel vivo tessuto urbano e sociale cittadino e si concretizzarono le sezioni e i percorsi espositivi. La grande affluenza di pubblico, la vasta eco dell’evento e un generalizzato consenso di critica, seppure con una connotazione egemonica della componente italiana osteggiata dalle altre componenti regionali non romanze, sancirono il successo dell’esposizione provinciale. Se da una parte si sancirono realtà ormai affermate come l’affermazione di un moderno turismo balneare locale, i progressi nelle industrie manifatturiere, e in special modo di trasformazione dei prodotti derivanti dalle tradizionali attività della pesca e dell’agricoltura, dall’altra si imposero dei modelli di moda e di costume e presero corpo in nuce alcuni corpi centrali delle collezioni pubbliche museali di storia ed arte attraverso l’archiviazione dei materiali esposti e donazioni di privati. La Capodistria di allora riuscì quindi in questo suo sforzo, sostenuta da linee guida impostate all’acquisizione di migliorie e ricadute sul territorio, ambizione di progresso e affermazione dell’identità in chiave regionale e locale. In una lettura odierna, oltre a celebrare un avvenimento storico dalla portata eccezionale per la città, l’iniziativa si auspica di rilanciare una riflessione globale volta a rafforzare un sentimento d’identità locale e regionale che riesca a tradursi in iniziative concrete per la promozione del territorio e la salvaguardia della sua identità. Mario Steffè 3 La città Nonno Toni “Pènpela” “Pènpela”, era questo il soprannome con cui veniva identificato dagli amici e dai concittadini mio nonno materno, che purtroppo non ho avuto l’opportunità di conoscere, se non attraverso alcune testimonianze raccolte presso i famigliari. E’ noto che a Capodistria, alla stragrande maggioranza delle famiglie ed a singoli individui, veniva affibbiato un particolare pseudonimo. Questo termine, come un “nome di battaglia”, serviva a differenziare tra di loro, interi nuclei famigliari, o singoli soggetti aventi lo stesso cognome e non di rado, anche lo stesso nome. Nei discorsi correnti, si sentivano pronunciare epiteti curiosi e divertenti, riferiti a persone con delle particolarità fisiche non del tutto normali, vedi ad esempio: “Tre-panse, Sete-nasi, El gobo-deloto etc.”, oppure altre dal comportamento inconsueto: “Piero-magnaduto, Pissa-in-leto etc.”ed altre ancora identificate per il mestiere svolto o per Antonio Perini strane abitudini di vita: “ Toni-forner, Inpissa-ferai, Magna-e-dormi etc.”. Pare che questa consuetudine dei soprannomi, avesse origini lontane, già ai tempi della Serenissima. Tornando al nonno: ho potuto farmi di lui, sulla base dei racconti, l’immagine precisa di uomo semplice e bonario, dedito al lavoro, partecipe alla vita famigliare, forse troppo ingenuo per il suo candore e per l’onestà dimostrata verso il prossimo, che sono virtù di solito mal ripagate. La mamma che nei suoi riguardi ha sempre dimostrato grande affetto e stima, lo sapeva e alle volte glielo faceva notare con decisione, ma lui era fatto così. Si racconta che il suo soprannome, abbia origine quando, in tenera età, rivolgendosi alla madre con una simpatica espressione infantile, chiese un pezzo di polenta dicendo: “Mama, pènpela !”. E’ bastata questa parola un po’ buffa a determinare il soprannome, che distinguerà in futuro tutti i membri della famiglia. Mio nonno per l’ufficio anagrafico, si chiamava Antonio Perini, nome molto inflazionato nella nostra Città. Era nato nel popoloso rione di Bossedraga, in una modesta casa di impronta veneziana, che poi divenne per una parte di sua proprietà, (al momento attuale, appartiene al Comune ed è protetta per il suo interesse storico). Pare che la sua costruzione, risalga a circa 300 anni fa e per quello che è dato di sapere, è stata edificata su un pavimento di roccia compatta e innalzata con pietre in prevalenza modellate. L’abitazione, che è esposta per la parte frontale verso il mare, confina con la casa di Nazario Sauro. La facciata principale, concorre a formare una breve e stretta calle, conosciuta anche come “Calle dei Pènpela”. Su tale facciata e su quella adiacente, fanno 4 bella mostra di sé, alcune finestre ogivali, dal contorno in pietra bianca lavorata, mentre alla base, robuste erte di dura pietra scalpellata, incorniciano le porte d’ingresso, tra le quali è situata una finestrella provvista di inferriata, che fa filtrare la luce nel vestibolo. Del nonno, vidi la prima volta l’immagine, in una vecchia fotografia di grande formato, incorniciata sulla parete della camera da letto, che lo ritraeva con la nonna, in giovane età: lui in divisa da marinaio della “Kriegsmarine” austriaca, con folti baffi, cappello in testa, volto rassicurante e disteso, lei più seria e compassata, con i capelli raccolti sulla nuca. Il rione di Bossedraga, dove vivevano, possedeva una sua particolare fisionomia e vitalità e per certi aspetti si poteva considerare una sorta di microcosmo. Un piccolo mondo, dove la gente si conosceva e sapeva tutto di tutti. In questo luogo esuberante e caratteristico, prevaleva un forte senso di solidarietà tra le varie anime, ispirato certamente da un profondo sentimento religioso della vita, manifestato nelle ricorrenze con i riti sacri della tradizione. Purtroppo, uno stato di persistente miseria, condizionava la vita di questa comunità, certamente più accentuata in questo luogo che altrove nella Città, indigenza che veniva affrontata comunque con grande dignità e pudore. Le risorse limitate della pesca, erano l’unica fonte di sostentamento per queste famiglie. In compenso però, non mancava mai tra i pescatori il buonumore, ch’era al tempo stesso l’essenza e la forza morale per andare avanti. In maggioranza le persone possedevano un carattere orgoglioso e per questo non chiedevano mai niente a nessuno: al momento del bisogno emergeva sempre la sensibilità di qualcuno che offriva disinteressatamente il proprio aiuto. A Bossedraga, si diceva che non “mancasse niente” e che per le strette necessità, bastavano i “servizi” già esistenti. Le persone molto raramente uscivano dal loro ambito rionale per spostarsi verso il cosiddetto “centro”. Gli uomini, dediti alla pesca, condotta secondo i tradizionali metodi di una volta, andavano per mare a remi o a vela, correndo spesso grossi rischi per le calamità naturali che, non di rado, provocavano seri danni all’attrezzatura. Per queste ragioni, capitava a volte che alcune pescate, erano appena sufficienti a soddisfare il fabbisogno famigliare; senza poi contare le lunghe soste forzate d’inverno, durante il quale non si guadagnava nulla e bisognava comunque sopravvivere, magari contraendo La città debiti, che puntualmente venivano saldati sottobraccio una cassetta con dentro gli in occasione della prima buona pescata. effetti personali, per qualche istante la Il nonno era uno di questi umili pescatori guardò senza dir niente, e nello scendere e si diceva di lui, di un gran lavoratore, gli scricchiolanti gradini di legno, fece con forte, generoso e capace, che la sorte la mano un cenno di saluto, varcò la soglia benigna più volte gli aveva voltato le di casa aggiustandosi il berretto, mentre spalle, a causa della salute malferma e lei si ritrasse nella cucina, con gli occhi della cattiveria umana. lucidi di commozione. Il suo carattere buono e onesto, non lo aiutò Nel capanno presso il fiordo in cui c’era molto nel corso della sua esistenza. In un la peschiera, il nonno viveva da solo. momento in cui si presentò la possibilità Quel giorno all’arrivo, sistemò le poche di dare una svolta favorevole al suo cose e si predispose per il lavoro. La sua precario futuro, si trovò disgraziatamente Antonio in divisa da marinaio attività di custode, comportava frequenti nella condizione di far fronte a delle controversie di perlustrazioni, che svolgeva a piedi, oppure su una piccola natura ereditaria, in cui nipoti avidi ed egoisti, vollero imbarcazione a remi. Si recava lungo le sponde e nel mezzo ostacolarlo prepotentemente, fino al punto di privarlo del canale che confinava con la peschiera, controllando dell’unica “ricchezza” che gli apparteneva: la barca e gli che tutto fosse a posto; poneva una particolare attenzione, attrezzi, (la cosiddetta “arte”) per poter continuare il suo nei confronti dei malintenzionati, pronti a pescare di frodo lavoro in modo autonomo. Questa grande amarezza più o a rubare. La sua giornata si concludeva quando calava tardi lascerà il segno, condizionandolo soprattutto nel la sera: rientrava al capanno, si accendeva lo “spargher”, morale. Costretto a fare una scelta per poter vivere, dovrà rischiarava l’ambiente con un piccolo lume a petrolio, si accettare l’offerta d’ ingaggio su un’altra barca. preparava qualcosa da mangiare e finalmente si coricava Le sue condizioni di salute nel tempo peggiorano, e per per riposare. forza di cose sarà costretto a ripiegare su un’occupazione Le notti d’inverno “in Leme”, erano fredde e umide, ma a meno gravosa. Gli verrà offerta l’opportunità di volte potevano capitare delle sorprese… sorvegliante stagionale nella peschiera del Canal di Leme, Infatti, in una sera particolarmente fredda, (è la i cui proprietari, i marchesi de Gravisi, nutrivano già da testimonianza di un racconto che egli stesso fece ai tempo forte stima nei suoi confronti, considerandolo famigliari) bussò qualcuno al capanno, lui con titubanza persona adatta per questo incarico. Il nuovo lavoro, e timore, aprì la porta. Gli si presentò davanti un giovane lo porterà ad assentarsi per lunghi intervalli da casa, uomo, che disse di chiamarsi Giovanni e che veniva da soprattutto nel periodo autunno-inverno con conseguente Pola. Lo fece entrare, accomodare e su sua richiesta gli disagio per sé e per i famigliari. offrì qualcosa da mangiare. Questo giovane, che in altre C’è a proposito, un episodio commovente che mi aveva due occasioni, si farà ancora vivo, avrà modo di entrare in colpito, dopo aver sentito un confidenza col nonno, raccontandogli racconto fatto da mia mamma, in la sua travagliata vita famigliare, un particolare momento d’intimità con il padre autoritario, che spesso famigliare. Ripropose sensazioni lo picchiava. Ma l’ultima volta in ed emozioni che provò la famiglia, cui si videro, volle aprirsi ad un’ quando per la prima volta il nonno ulteriore confidenza, confessando di dovette recarsi nella località di essere ricercato dalla polizia per aver “Leme”. commesso alcuni furti. Vedendo Al momento del congedo dai il vecchio alquanto preoccupato e famigliari, l’emozione lo prese: lo imbarazzato, lo rassicurò dicendo: stato d’animo del povero vecchio “Non ste ver paura Toni, a vu, no era in subbuglio, mentre nella sua ve fasso gnente, perché se un bon timidezza cercava di sdrammatizzare omo!”. un po’ la situazione. Rivolgendosi ai Solo più tardi si seppe che quella famigliari alquanto turbati, disse con persona apparentemente gentile, era un certo atteggiamento fiducioso, l’inafferrabile fuorilegge istriano che tutto sarebbe andato bene, che Giovanni Colarich, delinquente si poteva sperare ancora in un futuro geniale e intelligente, coinvolto tra sereno per una vita migliore. le altre cose anche in fatti di sangue Quando si trovò a tu per tu con e che in Istria diventerà leggenda. sua figlia (mia mamma) sopra le scale per l’ultimo saluto, tenendo Vinicio Bussani Toni Penpela in barca 5 La città FolkHistria A dieci anni dalla sua prima edizione, ritorna a Capodistria il festival FolkHistria che nasce dall’esigenza di riunire in un’unica cornice più eventi culturali per valorizzare il patrimonio e le tradizioni musicali istriane. Si è iniziato domenica 30 maggio con la manifestazione “Arrivano i musicanti!”, una rassegna di gruppi folcloristici che ha riportato in città le musiche e i balli dell’Istria. Presso la Taverna, in una folta cornice di pubblico, si sono esibiti il Gruppo folcloristico della Comunità degli Italiani di Dignano, il Gruppo folcloristico “Šaltin” di San Pietro dell’Amata, i “Šavrinski godci” (Musicanti Saurini), l’Associazione folcloristica di Pisino, l’Associazione artistico-culturale “Ivan Fonović – Zlatela” di Chersano e l’Associazione artistico-culturale “Savičenta” di Sanvincenti. Queste diverse tradizioni culturali hanno consentito al grande pubblico di confrontarsi con le varie identità che tuttora formano il mosaico culturale peculiare all’Istria. Attraverso la spontaneità e la comunicazione diretta di canti, musiche e balli dell’Istria i gruppi folkloristici hanno restituito alla gente il messaggio folclorico regionale. Si è cercato di esplorare quanto più possibile l’elemento “originale” della tradizione avvalendoci del prezioso contributo in fase di selezione dei gruppi e allestimento del programma da parte di Dario Marušić, valente etnomusicologo e studioso delle tradizioni istriane. Per il pubblico è stato un momento di intrattenimento per incontrare quel che ricordiamo dell’Istria nella nostra città, in una libera e festosa riappropriazione dello spirito popolare. A questa anticipazione seguirà sabato 19 giugno una rassegna di bande istriane per la celebrazione del centesimo anniversario della Prima Esposizione Provinciale Istriana, mentre il festival vero e proprio vedrà il suo culmine tra il 23 e il 26 giugno con vari contenuti che riguardano la tradizione musicale e popolare istriana, con il seguente programma: 23 giugno: presentazione del libro fotografico “Ottavio”, proiezioni e concerto in memoria del liutaio istriano Ottavio Štokovac 24 giugno: presentazione del CD del gruppo di canto spontaneo popolare “La Porporela” della C.I. di Capodistria e serata di musiche e canti dall’Istria. 25 giugno: proiezione del documentario “Silenzio morente” di Črt Brajnik e concerto di musica etno con i giovani gruppi istriani di nuova tendenza 26 giugno: convegno di studi sulla musica popolare istriana e concerto del sestetto di Mario Fragiacomo “Histria ed oltre…” Il Gruppo folkloristico della Comunità degli italiani di Dignano (Foto Maksimiljana Ipavec – Primorske novice). 6 La città In vita mia non avevo mai guardato “la Ema” perché non mi interessava e non c’era nessun cantante che mi piacesse. Quest’anno invece è stato tutto diverso. Volevo vedere Andrea e Lorella presentare insieme. Beh, non ero l’unica curiosa… Per fortuna, la settimana in cui andava in onda “la Ema” ero sola a casa, quindi ho chiamato la mia amica e il mio amico, ci siamo ordinati una pizza e ci siamo posizionati davanti al televisore. Era venerdì e andava in onda la semifinale. Noi non sapevamo che “ i Flego” avrebbero presentato solo la finale! Ma pazienza. Abbiamo guardato fino alla fine e non ci è piaciuto gran che. Anzi, da parte nostra sono piovute solo critiche per quanto riguardava i presentatori, la scenografia, i cantanti in gara…Ovviamente c’erano anche quelli che ci piacevano! Finalmente sabato sera! E tutti a casa mia a fissare il televisore. Inizia! Entrano i “nostri” presentatori. Lorella bellissima e raggiante come sempre, Andrea serio e posato. A dir la verità, si vedeva che Lorella era un po’ nervosa, ma con il proseguire della manifestazione si è lasciata andare. Credo che quel suo nervosismo iniziale sia stato molto “carino”, se così posso esprimermi, a dimostrazione che anche i veri professionisti hanno qualche volta la “tremarella” , soprattutto se si ha la consapevolezza di esser guardati e ascoltati da tutta la Slovenia. A movimentare un po’ la serata ci ha pensato Andrea che con la sua “F&F” (praticamente dovrebbe essere, se non ricordo male, un’azienda privata - sua e di Lorella - che offre TUTTI i tipi immaginabili di servizi). Uno sketch che ci ha fatto ridere tantissimo, in particolare quando Lorella ha detto che non ne sapeva niente e che comunque questo è normale, dato che lei è la sorella più piccola e viene sempre a sapere le cose per ultima. Un’altra scena molto simpatica è stata quella della poltrona. Dato che la manifestazione volgeva al termine e Andrea ormai stanco e “vecchio” (così si è definito lui da solo), si è fatto portare una poltrona al centro del palcoscenico, dove potersi riposare, davanti allo stupore di Lorella. Non so se era tutto programmato o no, so solo che è venuto veramente bene. Bisogna dire che è filato tutto liscio come l’olio, tranne quando un tecnico ha aperto i microfoni dei “nostri” presentatori troppo presto. Siamo rimasti a bocca aperta quando abbiamo sentito: Lorella: “Cosa dovemo andar za là?” - Andrea: “Si, si!” L’unica cosa che siamo riusciti a dire è stato “O mio Dio!!!!”. Ma dopo lo shock iniziale abbiamo detto: “Giusto! Che tutti sappiano che i Flego sono della minoranza italiana! E guarda caso, con tutti i presentatori che ci sono nel nostro paese, hanno scelto proprio loro! Sì, perché a differenza di tutti gli altri, loro due sono i migliori!” Molte volte noi della minoranza italiana veniamo sottovalutati. Lorella e Andrea hanno vinto per tutti noi. Hanno dimostrato che un “italjanček” (traduco: una persona che parla in italiano ed è della nostra zona) può esser posto allo stesso livello, sia culturale (nel senso di persona acculturata) che linguistico, di uno sloveno, e forse anche meglio! È sbagliato fare differenze tra “noi” della minoranza e gli altri “autoctoni”. Siamo tutti uguali, tutti appartenenti allo stesso paese, alla stessa terra, alla stessa cultura. Ormai, siamo tutti cittadini del mondo. In conclusione, da attenta spettatrice che sono, vorrei fare i complimenti ad Andrea e Lorella, perché sono veramente bravi! E speriamo un giorno, di rivederli di nuovo insieme, perché sono una coppia formidabile! Lea Skok Lorella e Andrea Flego (Foto Žiga Culiberg / RTV SLO PR) 7 La città Google books Google Ricerca libri è l’interfaccia in italiano di Google Book Search, lo strumento sviluppato da Google per permettere la ricerca nel testo di libri antichi digitalizzati oppure in commercio. Nel caso in cui il volume digitalizzato non sia protetto da copyright, Google permette di consultarlo integralmente e di scaricarlo in formato PDF. Altrimenti, a seconda dell’accordo stipulato con l’editore che detiene i diritti per lo sfruttamento dell’opera, consente di visualizzare piccole porzioni del testo, intere pagine (copertina, indice ecc.) oppure solo di effettuare ricerche nei dati identificativi. Fin d’ora potete consultare direttamente dal vostro computer diverse opere relative alla storia e ad autori di Capodistria. Ne segnaliamo alcune, visionabili in versione integrale: - Girolamo Muzio, “Il Duello” (1550) Trattato del letterato capodistriano sul combattimento con la spada. - Girolamo Muzio, “Il gentil huomo” (1575) Usando le parole del Muzio, in questo volume “si tratta la materia della nobiltà: et si mostra quante ne siano le maniere, come si acquisti, come si conservi et come si perda”. - Dello stesso autore vedi su google.books: “Lettere del Mutio justinopolitano, divise in quattro libri”, “L’Heretico infuriato”, “Beata Vergine incoronata”, “Battaglie per diffesa dell’italica lingua”. - Paolo Naldini, “Corografia ecclesiastica, ossia descrittione della città e della diocesi di Giustinopoli detto volgarmente Capo d’Istria” (1700). - Pietro Stancovich, »Biografia degli uomini distinti dell’Istria« (1829) - Gian Rinaldo Carli, »L’Uomo Libero, ossia ragionamento sulla libertà naturale e civile dell’uomo« (1779). »Lettere Americane« (1780), »Antichità Italiche« (1789), »Dell’origine e del commercio della moneta«, »La Teogonia« ecc. - Santorio Santorio, »De statica medicina« - ristampe Settecentesche dell’opera più celebre del medico capodistriano, piena di aforismi sul viver sano. Naturalmente c’è tanta altra carne al fuoco. Google. books sta crescendo di giorno in giorno. Buona lettura, ma un poco ala volta…no ste rovinarve i oci. http://books.google.it (books.google.si, books.google.com) 8 La città Quando la ricerca d’archivio diventa una passione Valentina Petaros di Capodistria – laurea in Lettere moderne all’Università di Trieste (2003), Master in scienze archivistiche all’Archivio di Stato di Trieste (2005) – è appassionata di ricerche storiche, studi danteschi, musica, filologia e agility dog. Da alcuni anni è coinvolta in due progetti promossi dalla Società dalmata di storia patria. »Fida« e »Sida« riguardano i fondi conservati negli archivi di Slovenia, Croazia, Serbia e Montenegro prodotti da Enti o persone che nei secoli operarono in Istria e Dalmazia. Valentina, in che cosa consistono i progetti? FIDA significa Fiume, Istria, Dalmazia archivi. SIDA – Serenissima, Istria e Dalmazia archivi. I progetti si differenziano perché uno prende in considerazione gli Archivi di Stato, l’altro invece tutti gli altri archivi, regionali, storici, ecclesiastici ecc. Il nostro lavoro consiste nel recarsi fisicamente presso l’Ente, si prendono in considerazione i fondi italiani – già precedentemente individuati, si cerca di capire come sono strutturati, un buon punto di partenza è la storia amministrativa del fondo. L’obiettivo è quello di rintracciare e individuare il fondo, aprire tutte le buste, vedere il contenuto, quali sono i documenti più importanti, cosa potrebbe interessare gli studiosi al fine di schedarlo … cioè come possiamo mettere in rilievo una cosa rimasta lì per tanti anni, sapendo che è sicuramente parte di un altro fondo custodito magari a Roma. Come, per esempio, l’Ufficio Nuove Provincie... Perché certi documenti, anche interessanti, rimangono in un angolo per tanti anni? Le ragioni sono diverse. Innanzitutto in un Istituto statale ognuno ha il proprio compito e non tutti possono svolgere tutto. Ecco perché esistono persone come me, ovvero professionisti esterni, che possono interagire con i funzionari impiegati; e sono due approcci alla documentazione diversi. Come siete stati accolti dagli operatori locali? All’inizio, non dico che c’è diffidenza, ma … ci si studia a vicenda. Una diffidenza a livello di capacità ovvero di professionalità, perché la figura dell’archivista free-lancer non è riconosciuta né in Slovenia né in Croazia; in Italia è una figura abbastanza comune. Poi la fiducia la costruisci giorno per giorno. Io non potrei lavorare senza avere la collaborazione dei funzionari del luogo. E devo dire che si è creato un bellissimo rapporto. In quali archivi hai svolto questo tipo di lavoro? Ho cominciato all’archivio di Capodistria nel 2003, da lì sono andata a Pisino, Zara e a Sebenico, Spalato, Lesina, e a Zagabria dove ho avuto l’onore di visitare l’Accademia delle scienze. Ha fatto qualche scoperta interessante? È un mondo in cui ci vuole tanta pazienza, ma è meraviglioso. Due esempi che porto sempre: il Fondo Tommaseo-Artale di Sebenico e il Fondo Millo a Zara. Sono due fonti inesauribili sia per la storia della Dalmazia che della Repubblica di Venezia. Col fondo »Tommaseo-Artale« sono riuscita a ricostruire l’albero genealogico della famiglia Tommaseo. Contiene la corrispondenza tra Nicolò Tommaseo e il suo figliastro, Domenico Artale. Tommaseo ha scritto tantissimo. Suoi materiali sono conservati a Firenze, Trieste e nella natia Sebenico. Che tipo di operazione hai fatto? Devo preannunciare il mio arrivo in archivio, una volta arrivata lì devo dare una consistenza alla documentazione, vedere quanto c’è … parliamo di buste di fascicoli, si tratta di metri lineari. In questo caso erano solo quattro, dunque si trattava di circa quaranta buste. Il fondo Millo ne ha duecento. Una volta determinata la consistenza, apro le buste, una per una e controllo cosa c’è all’interno. Spesso trovo libri e tante volte corrispondenza sparsa, ovvero singoli fogli che vanno schedati. Bruno Crevato Selvaggi, la direttrice dell'Archivio regionale di Capodistria Nada Čibej e Valentina Petaros (foto Andraž Gombač-Primorske novice). 9 La città Il fondo dell'Archivio regionale di Capodistria nella ex chiesa conventuale di S. Chiara (foto Andraž Gombač-Primorske novice). In quali condizioni hai trovato questi documenti? Quasi sempre parliamo di strutture che si stanno adattando agli standard internazionali, dunque le condizioni stanno generalmente migliorando. Il fondo Millo? Siamo tra il 1918-21, periodo dell’armistizio, prima del Trattato di Rapallo, che ha determinato tutto quello che poi è successo, compreso l’esodo degli italiani. Millo era un ammiraglio della Marina militare al quale furono dati anche dei poteri civili. Dalla sua regia nave »Puglia« prima e »Europa« dopo, era sia Governatore della Dalmazia che Commissario civile, poi, anche se per un breve periodo. La documentazione è vasta, interessantissima con tanti argomenti … dall’Ufficio approvvigionamento civili ai funzionari, al passaggio dei funzionari austriaci al nuovo regime italiano, le richieste di cittadinanza, le richieste dei profughi di guerra … Dati che ci danno un’idea sulle comunità allora residenti in Dalmazia. Grazie all’Ufficio approvvigionamento civili che si basava su un censimento territoriale, diviso per comuni e distretti, noi conosciamo per ogni casa il 10 nucleo famigliare, la cittadinanza, la nazionalità … era già tutto ben definito nelle notifiche del Millo. Tutto materiale ancora inedito. In Slovenia? Abbiamo lavorato a Capodistria, Nova Gorica e qualcosa anche a Lubiana. Sul sito web in costruzione fidasida.it, redatto in quattro lingue (italiano, sloveno, croato e inglese) troviamo notizie sui progetti, ma è un vaso ancora da riempire. Sì, anche perché questi progetti non sono finiti. Abbiamo appena cominciato con la catalogazione degli archivi. Il sito ospita anche bibliografie monografiche, saggi scientifici, uno spoglio del materiale prodotto su questo argomento. Si accede al database con nickname e password, dopodiché cerchiamo l’argomento che ci interessa, clicco sul titolo di un documento d’archivio e trovo i dati essenziali: quantità del fondo, contenuti, epoca, condizioni fisiche, accessibilità ecc. Le schede sono fatte su standard internazionale ISAD, criteri che ogni archivista può riscontrare, può riconoscere, soprattutto può farne buon uso. La vera rivoluzione credo sarà comunque la digitalizzazione, cioè il poter consultare questi testi dallo schermo di un pc, senza dover sfogliare queste antiche carte ed evitare così di danneggiarle. Infatti io cerco anche di svecchiare la figura dell’archivista. L’archivista oggi non va più identificato con un pensionato che va in giro per gli archivi. L’archivista è un professionista serio che sa riconoscere i documenti, che ha una formazione alla base, ha studiato paleografia, diplomatica, spesso sono filologi, si spera non solamente storici … Perché non storici? Generalizzando, gli storici tendono a usare le fonti archivistiche per dar conferma di una propria idea; invece l’archivista cerca di capire la struttura del fondo e ti propone la documentazione in base agli standard internazionali. Cosa resta da fare? Tanto. Sono appena rientrata da Zara dove ho svolto il progetto »Carte catastali Grimani«, devo affrontare ancora Zagabria con l’Accademia delle scienze, la Biblioteca nazionale, l’Archivio di Stato … Valentina, non posso che augurarti altre soddisfazioni sia nel lavoro che nella vita. Grazie. La città CI Bertocchi Saluto alla primavera, tradizionale manifestazione culturale La Comunità degli Italiani di Bertocchi anche quest’anno ha organizzato in aprile la tradizionale manifestazione culturale, Saluto alla primavera. ed il gruppo mandolinistico »DO RE MI« della Comunità degli Italiani di Momiano. Con i due sodalizi di Buie e di Momiano la CI di Bertocchi collabora da diversi anni, e non mancano scambi ed incontri tra gruppi culturali. XV anniversario d’attività del coro misto Brnistra-Ginestra Il gruppo mandolinistico della Ci di Momiano Ospiti di questa edizione i bambini del Giardino d’infanzia »Delfino blu« sezione di Bertocchi, gli alunni della Scuola elementare Pier Paolo Vergerio il Vecchio, sezioni di Bertocchi e di Semedella, il coro misto di casa BrnistraGinestra, il coro misto della Comunità degli Italiani di Buie Il 9 maggio presso la cantina vinicola Vinakoper di Capodistria si è svolto il concerto organizzato dal coro misto Brnistra-Ginestra per celebrare il loro XV anno di attività in collaborazione con la Comunità degli Italiani di Bertocchi. L’amore e la devozione per l’Istria sono stati i fili conduttori della serata, assieme al canto, il ballo, la musica e l’arte in genere. All’iniziativa hanno partecipato diversi gruppi culturali quali, il gruppo folkloristico Val di Pirano, il coretto del Centro di assistenza lavorativa di Capodistria, il gruppo Kantadori di Gradin, il gruppo vocale folkloristico Skala Kubed, il complesso di ottoni di Isola. La manifestazione che ha percorso tutte le sale della suggestiva cantina Vinakoper si è conclusa all’aperto con il concerto del coro misto Brnistra-Ginestra. Anche la Comunità degli Italiani di Bertocchi ha voluto essere presente all’evento allestendo nell’atrio Il coro Brnistra-Ginestra (Foto Miha Peroša). 11 La città Saluto alla primavera: l'esibizione dei bambini della sezione di Bertocchi dell'asilo »Delfino blu«. La mostra allestita alla Vinakoper dal Gruppo »dipinto su seta« della CI di Bertocchi. della Casa del Refosco una mostra dei lavori realizzati dalle attiviste del gruppo “dipinto su seta” che opera dal 2002 nell’ambito del nostro sodalizio. Gli spettatori dell’evento sono stati oltre 350 ed il ricavato è stato destinato all’acquisto di un pulmino per il Centro di assistenza sociale di Capodistria. Irena. Il gruppo ha partecipato a diverse manifestazioni culturali organizzate dalla CI di Bertocchi, inoltre si è esibito presso altre Comunità degli Italiani della Slovenia. La commedia “Il paese di carta” allestita nel 2009 è stata interamente ripresa e proposta in un programma per ragazzi su TV Capodistria. Filodrammatica della CI di Bertocchi ospite al II incontro di gruppi teatrali “Quattro ciacole per strada” presso la CI di Momiano Il cantante Sergio Preden “Gato” e il quartetto di Riccardo Bosazzi hanno fatto cantare tutto il pubblico in sala Il gruppo filodrammatico bambini “Le nuvole” della Comunità degli Italiani di Bertocchi ha preso parte al II incontro di gruppi teatrali organizzato dalla Comunità degli Italiani di Momiano, con la simpatica scenetta per ragazzi, intitolata “Modi di dire”. Il gruppo ha iniziato la sua attività nel 2007 in collaborazione con la SEI Pier Paolo Vergerio il Vecchio, sezione di Bertocchi. Ad accompagnare i giovani attori è stata all’inizio la mentore Edda Viler, dal 2010 invece i bambini sono seguiti dalle insegnanti Vilma, Roberta e Venerdì, 21 maggio la Comunità degli Italiani di Bertocchi in collaborazione con l’Unione Italiana e l’Università Popolare di Trieste hanno organizzato il concerto del cantante Sergio Preden “Gato” accompagnato dal quartetto di Riccardo Bosazzi. Nel corso della piacevole e animata serata sono state proposte canzoni rovignesi d’autore ed anche brani ben noti della musica leggera italiana. Entusiasta il pubblico in sala che è stato coinvolto attivamente nel corso del concerto, diventando un sorta di coro alle più belle melodie italiane. Il Gruppo filodrammatico degli alunni di Bertocchi in visita a Momiano. Sergio Preden in concerto. 12 La città Nonni e nipoti a scuola di computer Per imparare non è mai troppo tardi. Ci sono dei progetti di formazione interessanti rivolti alla terza età. Un progetto particolare, organizzato dall’Università popolare di Capodistria si chiama “Nonni e nipoti” ed ha la caratteristica di coinvolgere in veste di insegnanti noi studenti dei Ginnasi sloveno e italiano di Capodistria. Agli appartenenti alla comunità nazionale vengono offerti i corsi in lingua italiana. Ne parliamo con Leonardo Braico e Luisa Peress del “Carli”. Leonardo, il progetto, della durata di tre anni, è cominciato l’anno scorso e si svolge in tutta Europa. In che cosa consiste? LEONARDO: Consiste nell’insegnare l’informatica di base e avanzata a persone più anziane di noi. Viene svolto in aule specializzate con computer e programmi installati apposta per l’apprendimento. E tu praticamente ti sei ritrovato nel ruolo dell’insegnante. Che sensazioni hai provato? Beh, non è una sensazione da vero insegnante importante che…“detta le regole”. Mi sento come se uno desse ripetizioni a un’altra persona. Come mai ti sei ritrovato in questo ruolo? L’informatica mi piace. E’ una materia diciamo nuova, che pratico con molto piacere. Mi piace mostrare agli altri quello che via via imparo sul computer, su internet e sulla posta elettronica. Ti sembra un progetto utile? Sì, mi sembra un progetto utile perché dà alle persone anziane la possibilità di imparare come navigare su internet, leggere giornali on-line, fare acquisti sul web e utilizzare tanti altri servizi offerti dalla rete usando le nuove tecnologie. Ma da chi sono frequentati questi corsi, Luisa? LUISA: Devo dire che parecchie persone hanno frequentato i corsi. Soprattutto persone che per un motivo o per l’altro sono lontane dalla propria famiglia oppure non hanno tanti contatti con gli altri e che quindi vogliono imparare ad usare il computer. Altre persone sono semplicemente incuriosite da questo fatto, e che hanno trovato questo corso come un’opportunità per stare al passo coi tempi e imparare cose nuove. E’ stato un successo… E’ un corso interessante perché c’è appunto questo scambio di ruoli con noi che facciamo da insegnanti… comunque come idea è buona perchè penso che noi giovani siamo comunque le persone più adatte a poter spiegare e far imparare qualcosa dei computer e di questi nuovi apparecchi elettronici. E poi c’è da dire che queste persone erano veramente interessate, si impegnavano veramente; e alla fine abbiamo ottenuto anche dei buoni risultati. Links: http://deepblue.uni-mb.si/lukoper/ nonni/ www.lu-koper.si Maja Maraž Leonardo Braico 13 La città Dall’asilo italiano di Semedella riceviamo e con piacere pubblichiamo questo resoconto dell’anno scolastico appena concluso Un simpaticissimo saluto dalle “Tartarughine” e dai “Cavallucci marini”. Siamo quaranta (40) piccoli frugoletti dell’asilo “Delfino blu” di Semedella e, siccome l’anno scolastico sta presto per finire, volevamo raccontarvi le nostre esperienze e alcune delle attività realizzate durante quest’anno scolastico. Le nostre maestre (Wally, Ilenia, Franca, Katja e Sandra) ci hanno insegnato tante belle cose e, insieme, ci siamo anche divertiti. Il tema dedicato all’autunno è stato, accompagnarci alla scoperta dei cambiamenti stagionali, compiendo delle osservazioni scientifiche e dei veri e propri esperimenti: - dall’uva al vino (nel giardino del nostro asilo abbiamo improvvisato LA VENDEMMIA) - abbiamo imparato come dalle olive si produce l’olio. Un’ occasione di sperimentazione ci è stata dettata dalla curiosità di visitare un frantoio e quindi il processo di macinazione delle olive per ottenere l’olio. Ciò è stato possibile andando a visitare il frantoio a Nova Vas. Questo tema è stato poi concluso con la realizzazione di un angolo verde con rami di ulivo, con i frutti e oggetti tecnici per la raccolta delle olive nel corridoio dell’asilo. La settimana tra il 26 e il 30 ottobre, è stata intitolata “FACCIAMO FESTA” e ci è stato proposto un itinerario attraverso le feste principali lungo tutto l’anno scolastico. Le attività proposte hanno compreso storie, filastrocche, canzoni, cose da fare e costruire ed hanno avuto, come obiettivo principale, lo stare insieme. Il tema che abbiamo affrontato per primo è HALLOWEEN. Halloween è la notte magica per eccellenza. È usanza Lo zainetto verde (Foto "Delfino blu"). 14 (recente, ndr) ad Halloween intagliare zucche con volti minacciosi e porvi una candela accesa all’interno. Questa usanza fa riferimento anche alle streghe, basta un po’ di fantasia e qualche piccolo accorgimento per sentirsi delle vere streghe. Noi bambini entusiasti, durante i preparativi della festa, ci misuravamo in abilità manuali realizzando, aiutati dalle maestre, maschere e vestiti per il giorno più esaltante di ottobre. Fra un vago odore di zucche e di candele abbiamo creato, nell’aula del nostro asilo, un ambiente suggestivo, presenze inquietanti, dove dolcetti e bevande sono stati distribuiti dalle maestre- streghe che ballavano e giocavano con le scope. Luci che apparivano e scomparivano...un sano divertimento con una buona dose di allegria. Arriva NATALE! Arriva CAPODANNO! Tanti auguri e BUON ANNO! Ecco l’atmosfera che si è creata martedì, 15 dicembre presso il Teatro cittadino di Capodistria. Tutti i gruppi delle sezioni del Giardino d’infanzia Delfino blu di Capodistria, Semedella, Bertocchi e Crevatini hanno partecipato ad una grande festa rallegrando mamme, papà, nonni, parenti e amici con: poesie, filastrocche, balli, canti, concertini…eseguiti dai bambini assieme alle loro maestre. L’arrivo di Babbo Natale ha incorniciato il palco riempiendo di gioia i cuoricini di noi bambini. Arriva CARNEVALE! Durante la settimana, assieme alle maestre, abbiamo addobbato le due stanze, il corridoio e il guardaroba con stelle filanti, nastri colorati e tante maschere divertenti che pendevano dal soffitto poi, ci siamo vestiti con i costumi carnevaleschi: la nostra stanza sembrava una discoteca con tante mascherine luccicanti che si muovevano al ritmo della musica moderna. C’era anche una passerella dove abbiamo sfilato presentandoci nei nostri bellissimi costumi. Mentre in cucina, la pulitrice Irena ci stava preparando le “fritole”, la maestra Katja ha impugnato la chitarra facendoci divertire cantando tutti insieme delle canzoni. Le “fritole” erano buonissime, e noi bambini, estasiati della bellissima sorpresa. I MESTIERI. Nel corso dell’anno, le maestre hanno voluto farci conoscere anche vari mestieri. Abbiamo fatto, cosi, conoscenza con: una parrucchiera, alcuni volontari del canile di S. Antonio presso Capodistria e un addestratore di cani, un poliziotto in moto, un postino, una schermista, un giocatore di golf, un apicoltore. Tutti i personaggi, La città Piccoli cuochi. sono venuti all’asilo spiegando in che cosa consiste il loro lavoro, gli attrezzi che usano, l’uniforme... E’ stato veramente molto interessante e curioso vedere tutto da vicino e toccare con mano! L’ultimo incontro lo abbiamo avuto con un operatore ecologico che ci ha spiegato l’importanza del RICICLAGGIO: esplorando l’ambiente che ci circonda, attraverso esperienze di vita quotidiana, comprendiamo e verifichiamo i danni che vengono prodotti quando non si seguono norme comportamentali indispensabili per la convivenza. Ci è stato insegnato e spiegato dalle maestre, che è bene avere un comportamento rispettoso e protettivo nei confronti dell’ambiente e della natura. Le maestre, come stimolo iniziale, propongono il progetto riciclo partendo da una drammatizzazione “L’albero mangiacarta”. Dalla drammatizzazione della storia è emersa l’importanza di riciclare la carta e, di come si può raccogliere per riutilizzarla. Ecco perchè è nato »L’albero mangiacarta«, che è perennemente affamato ma che deve vuotarsi ogni volta che è pieno. La carta raccolta poi viene ritirata dall’operatore ecologico che con il suo camion la porta in fabbrica, che la rielabora per fare nuovamente giornali, quaderni, libri, fogli bianchi e puliti. avvenimenti interessanti. Siccome noi siamo dei bambini curiosi e vogliosi di conoscere e sperimentare, le maestre hanno realizzato, con la nostra collaborazione, tre bei progetti: LO ZAINETTO VERDE (per i bambini più grandi: hanno sperimentato e filtrato l’acqua sporca per farla diventare pulita); IL SOLE D’ORO (per i più grandi: sviluppo delle abilità del palleggiamento, saper andare in bicicletta seguendo un percorso, pattinare, corso di nuoto e camminate lunghe); PROGETTO TURISMO: IL PESCE NELLA CUCINA ISTRIANA (tutti). Essendo il Mare Adriatico molto ricco, i pesci e i frutti di mare fanno parte della tradizione culinaria istriana e vengono cucinati in svariati modi, come condimento per i primi piatti o come secondo piatto. La caratteristica principale dei piatti tradizionali istriani è quella di usare pochi ingredienti e molta fantasia. Le maestre Franca e Wally ci hanno voluto far conoscere il dono del mare: il pesce, protagonista principale delle mense povere (una volta) e di quelle raffinate (oggi). Il nostro obiettivo è stato quello di cucinare /friggere le sardelle usando gli ingredienti caratteristici per la realizzazione di questo piatto. Il destino della nostra città è stato sempre legato al mare anche, per la pesca che ci assicurava la sopravvivenza. Il dialogo con un pescatore, ci ha acconsentito di avvicinarci al mondo della pesca e del prodotto: il pesce. Le maestre, a tale proposito, hanno preparato una divertente drammatizzazione del racconto »Il pescatore Gigi«, con la canzone finale »Il pescatore viene con l’amo e con la rete«. Abbiamo visitato anche la pescheria e conosciuto i nomi di alcuni pesci. Per il nostro progetto, abbiamo scelto la sardella come piatto da preparare in classe: Le sardelle impanate. Dopo aver conosciuto le caratteristiche del pesce e alcune ricette (gentilmente adottate da alcuni dei nostri nonni) tipiche dell’Istria, abbiamo preparato le tradizionali sardelle impanate usando il sale, la farina, uova e pane grattuggiato. Aiutati dalle maestre, le abbiamo poi messe a friggere nell’olio e, mangiate ancora calde. Una delizia! La stagione fredda, purtroppo provoca le prime influenze, raffreddori, mal di gola e, cosa meglio degli AGRUMI per rafforzare il nostro organismo? Gli agrumi sono i caratteristici frutti invernali con tante vitamine che vengono consumati volentieri da noi bambini, sia al naturale, sia sotto forma di spremute. La maestra Franca ci ha messo a disposizione un cestino contenente arance, mandarini, limoni, pompelmi. Dopo aver osservato e verbalizzato le caratteristiche percettive della frutta, la maestra fa notare come tutti gli agrumi possono essere divisi in spicchi. Per completare l’esperienza »gustativa«, siamo stati impegnati nella preparazione di una spremuta di arance. Che divertimento! Avete visto quante cose abbiamo imparato? Questo anno scolastico è stato veramente ricco di tante innovazioni ed La presentazione della parrucchiera. 15 La città La penultima festa nel corso dell’anno scolastico è LA FESTA DELLA PRIMAVERA. Quest’anno abbiamo voluto accoglierla festosamente aspettando tutte le mamme e i papà, nonni e parenti per farli contenti e anche gli amici per farli felici. Infatti, la nostra stanza, lunedì 12 aprile,si è popolata di farfalle e fiori rossi, di primule e fiori blu; c’erano il sole, la primavera, le margheritine e anche le papere ballerine. Poi ancora le api e il merlo canterino che hanno preparato per tutti i presenti…UN ALLEGRO CONCERTINO! La nostra FESTA DEL PRATO è piaciuta moltissimo! L'albero mangiacarta. Il pesce era buono, dolce, tenero, profumato e divertente da preparare. Siamo arrivati alla fine...con la realizzazione della festa finale e salutando i bambini che andranno a scuola. Stiamo preparando una bella storia che verrà drammatizzata e cantata in dialetto e interpretata da noi bambini e dalle maestre. Poi, aiutati dalla chitarra suonata dalla maestra Katja, tutti insieme saluteremo i nostri amici che lasceranno l’asilo per affrontare, a settembre, i banchi di scuola. CIAO A TUTTI!http://www.de - Giardino d'infanzia www.delfino-blu.si Le unità: Inizio Asilo Attività Cerca nel sito Cerca nel sito Genitori Immagini Dove siamo Capodistria Bertocchi Semedella Crevatini 10:16 | 28 Mag 2010 Contatto Documenti Pubblicazione Piano di lavoro 2009/10 Documenti vari Aprile a Semedella Cerca I disegni dei bambini Martedì, 04 Maggio 2010 - 22:18 Nel mese di aprile abbiamo festeggiato la festa della primavera, grandi e piccoli con tanto entusiasmo abbiamo recitato, cantato e ballato, ci siamo divertiti un sacco. Leggi tutto... Collegamenti Associazione Genitori Koper.si CAN Capodistria Semedella festeggia la primavera! Martedì, 04 Maggio 2010 - 21:59 Come ogni anno, si festeggia l'arrivo della bella stagione: la Primavera! Leggi tutto... Il draghetto Jurcek fa visita alle Stelline Martedì, 04 Maggio 2010 - 21:55 Archivio notizie Nell'ambito del progetto ecologico nazionale "Zainetto verde" (Zeleni nahrbtnik), organizzato dall'Associazione Amici dell'Infanzia di Capodistria, il draghetto Jur�ek aiuta a sensibilizzare i bambini e a prendersi cura dell'ambiente e della natura. Leggi tutto... Farfalline I Fiorellini e la primavera Orsetti Martedì, 04 Maggio 2010 - 21:50 Fiorellini Stelline Cavallucci marini Tartarughe 16 Calendario Maggio 2010 L M M G V S D 26 27 28 29 30 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 01 02 03 04 05 06 Al termine dell'unità didattica "I miei amici animali", siamo andati a Filastrocca delle maestre visitare, accompagnati dalle nostre maestre e dai nostri genitori la Maestra, insegnami il fiore ed fattoria che si trova a Crevatini. Leggi tutto... il frutto - Col tempo, ti insegnero' I granchietti... tutto Giovedì, 22 Aprile 2010 - 07:39 28.5 La città L’Ottava edizione del Concorso Mailing List Histria Domenica 30 maggio 2010 si è tenuto presso la Comunità degli italiani di Sissano d’Istria il decimo raduno di ML Histria (www.mlhistria.it) e l’ottava premiazione del concorso letterario rivolto agli studenti delle scuole italiane in Slovenia e Croazia e agli alunni italofoni delle scuole del Montenegro (www.adriaticounisce.it). La mattina ha avuto luogo la cerimonia di consegna dei premi ai ragazzi con grande partecipazione sia di studenti che di insegnanti e genitori. Quest’anno il concorso letterario indetto da ML Histria ha battuto tutti i record di adesione. Infatti sono pervenuti alla commissione di valutazione, presieduta da Maria Luisa Botteri, ben 193 elaborati e hanno partecipato in totale 272 studenti. Due premi sono andati anche agli alunni delle nostre scuole. Questi i nomi e le motivazioni: Primo premio sezione »Lavori di gruppo- Scuole elementari« Nik Apollonio, Matija Benčič, Mattia Rutar, Maks Milovanovič, Desire Udovič (Classe III – SEI “Pier Paolo Vergerio il Vecchio” Capodistria) Motivazione: Il “giretto senza pretese tra porte portoni e portali di Capodistria” è in realtà un’elegante esposizione arricchita da foto e disegni del museo a cielo aperto che è l’importante cittadina, un tempo sede di famiglie nobiliari e del potere centrale dell’Istria interna. Si nota l’amore per la storia del proprio paese curato in una classe terza elementare dai docenti ma coltivato dall’intero gruppo classe. La forma è semplice e curata. I disegni gradevolissimi, le foto esplicative al massimo. Bello! Terzo premio ex-aequo sezione “Lavori di gruppo-Scuole elementari” Tina Eler, Tim Bratuša, Janja Marzi, Adriana Zrnić, Nastja Stok, Betsabea Vernik, Sebastijan Marzi (Classi VII – VIII – Comunità degli Italiani Crevatini). Motivazione: Il gruppo ha percorso le vie dei villaggi dei dintorni alla ricerca delle cose perdute e della civiltà antica. I ragazzi hanno girato alla ricerca di tracce dei castellieri ma anche delle case rurali di cui hanno fotografato gli arredi tipici di lavoro e di uso quotidian , arredi che ora non fanno più parte della vita cosiddetta civile ma che suscitano grande tenerezza e nostalgia in chi li vede. Curioso! Sabato 8 maggio si è tenuta al teatro cittadino una serata dedicata ai canti popolari della Sardegna. Con l’organizzazione della Comunità degli italiani e dell’Associazione turistica, entrambi di Crevatini, si è esibito il Coro polifonico femminile “Tonara” diretto da Giovanna Demurtas (nella foto il dirigente del coro Adriatic di Crevatini). Se volete rivedere alcune interpretazioni cercate su youtube sotto le voci “Capodistria Tonara” oppure “Cuntzertu Abbasantesu”. 17 La città RICORDATO CON UNA SERIE DI MANIFESTAZIONI L'ANNIVERSARIO Capodistria: cent’anni fa la prima Esposizione provinciale istriana L’impegno di un gruppo d’esperti ed appassionati di storia e il loro attaccamento alla città sono serviti a riportare in primo piano un avvenimento di un secolo fa. Il primo maggio del 1910 apriva le porte a Capodistria la prima Esposizione provinciale istriana. Fece affluire in città innovazioni, prodotti tecnologici all’avanguardia, ma anche testimonianze culturali di primo piano. A voler ricordarla è stata la società “Histria”, presieduta da Matej Župančič, con Salvator Žitko e Dean Krmac nel ruolo di principali promotori. Dalle loro ricerche sono emersi preziosi spunti, sviluppati con la collaborazione di numerose istituzioni slovene, croate ed italiane, come i Civici musei di Trieste, il Museo storico di Pola, il Museo etnografico dell’Istria con sede a Pisino, l’Università del Litorale, il Museo regionale di Capodistria e la Biblioteca centrale “Srečko Vilhar”. Il primo maggio, proprio sul Brolo, principale teatro un secolo fa dell’Esposizione provinciale istriana, sono partite le iniziative per celebrarla. Continueranno sino ad ottobre con una serie di mostre, convegni, proiezioni e visite guidate. Il discorso inaugurale è toccato al vice-sindaco capodistriano, Jani Bačič, che ha espresso la soddisfazione del Comune per una rievocazione storica così importante. Il ruolo che fu riservato nel periodo austriaco a Capodistria, decretandola sede di una rassegna che offriva il meglio di tutto l’Impero in campo tecnologico, economico e culturale, è quello a cui ambisce anche oggi la municipalità, ossia essere L'intervento del vicesindaco Jani Bačič. 18 uno dei leader in regione. Bačič ha posto in risalto pure il desiderio di rafforzare sempre di più i contatti con le regioni contermini, accantonando gli elementi di divisione e potenziando, invece, quelli di coesione. Tra quest’ultimi ha evidenziato anche la Comunità Nazionale Italiana, che con la sua unitarietà rappresenta un ottimo esempio di collante tra Italia, Slovenia e Croazia. Il ruolo di ponte degli italiani in Istria è stato rimarcato, nel suo cenno di saluto, dall’Ambasciatore italiano a Lubiana, Alessandro Pietromarchi. Riferendosi all’esposizione di cent’anni fa, ha ricordato il potenziale multiculturale che questa esprimeva, un valore che deve essere considerato anche oggi. Tra le autorità presenti, ancora il Console Generale d’Italia a Capodistria, Marina Simeoni, e l’assessore alla cultura della Regione istriana, Vladimir Torbica. Alle iniziative del centenario hanno partecipato con entusiasmo le istituzioni della CNI. Gli organizzatori non hanno mancato di ringraziare per il sostegno finanziario l’Unione Italiana, rappresentata sabato a Capodistria dal responsabile del Settore cultura, Mario Steffè. In veste anche di presidente della locale Comunità degli italiani “Santorio Santorio”, questi ha sottolineato la portata epocale dell’avvenimento, la rilevanza che ebbe a quel tempo per lo sviluppo dell’Istria, i valori che propose per la regione e per le genti che la abitavano. L’avvio delle celebrazioni per il centenario è stato scandito dall’Orchestra di fiati di Capodistria, diretta dal maestro Darij Pobega, che ha eseguito la marcia “Concordia e progresso”, composta in occasione dell’inaugurazione dell’Esposizione provinciale istriana, da Giuseppe Mariotti. Lo spartito, conservato negli archivi della Biblioteca centrale, è stato riportato in luce da Dean Krmac. Opportunamente arrangiato dal musicista belgradese, Vladimir Mustajbašić, è stato proposto al pubblico con successo. La cerimonia è proseguita con l’inaugurazione, in rapida successione, delle prime quattro mostre. Presso la Comunità degli italiani sono state presentate immagini inedite sull’Esposizione istriana, raccolte anche in un DVD, edito dal Centro culturale italiano “Carlo Combi”. A La città La banda d'ottoni di Capodistria, diretta da Darij Pobega, ha suonato la marcia trionfale »Concordia e progresso« composta nel 1910 dal maestro Giuseppe Mariotti. Palazzo Pretorio è stata allestita una carrellata d’immagini e foto sullo sviluppo di Capodistria nell’ultimo secolo. La Biblioteca centrale, invece, ha riproposto vedute inedite della città e dato nuovamente alle stampe il catalogo ufficiale dell’Esposizione istriana. Il documento, come sottolineato da Ivan Markovič, direttore dell’Ente, ha un valore bibliografico inestimabile. Infine, al Museo regionale, una mostra filatelica ha attirato l’interesse degli appassionati con francobolli, buste ed annulli postali legati sempre alla rievocazione storica. L'ambasciatore d'Italia a Lubiana, Alessandro Pietromarchi. Gianni Katonar La mostra allestita alla Comunità degli italiani con, sullo sfondo un grande pannello che riproduce l'entrata originale della Prima Esposizione provinciale istriana (Foto Belvedere). 19 La città In giro per l’Esposizione Testo originale tratto dal Catalogo della Prima Esposizione Provinciale istriana (1910). Per la mappa vedi le pagine centrali. Tolti appena gli occhi, per la gradinata le ogivali finestre i leoni i busti le medaglie i rinnovati merli ghibellini, dall’antico palazzo del Comune, prima che un lembo di cielo di maggio raccolga a diverso incanto le commosse pupille, per la via breve a sinistra altre maestose linee composte in armonica mole, con ampi specchi, - quasi invitanti, i finissimi fregi, a ammirar la bellezza e la pazienza unite – con sovra un alato simbolo di forza, segnano al visitatore l’ingresso della “Prima esposizione provinciale istriana”. Dentro, padiglioni d’inegual fattura cingono ampio uno spazio, sovente ingombro di tavoli e di sedie; a destra su un viale definito dai cedri prospetta il grande padiglione della mostra marittima, dal cornicione tutto pien di rilievi, co’ delfini in alto pronti a guizzare e con molte meduse; mentre nel canto fra il padiglione della marittima e il portale, un chiosco svizzero contornato di verde, dove aleggia il sorriso di vezzose fanciulle ch’offrono fiori e ricordi, attrae, e le suscitate memorie inducono a piccola sosta. Subito poi, giunti sul fianco del padiglione dalle insegne marine, per breve scalinata, s’acede a visitar l’ivi raccolta mostra. Padiglione della marittima Ed ecco modelli d’imbarcazioni d’ogni genere, ecco fotografie, dipinti, albi, indici vari eloquenti e graziosi dell’attività di molti cantieri della regione. Lo Stabilimento tecnico triestino ci presenta un complesso di lavori bellissimi, una corazzata che appare un gioiello, piuttosto che un istrumento di morte. Più oltre, il Lloyd ha una mostra pregevole ed estesa, parecchi cantieri e singoli costruttori istriani hanno diversi, pure importanti, prodotti. Ecco, seguitando, gli istrumenti nautici, le carte idrografiche, gli eleganti modelli delle accademie di Trieste e di Lussino. Quindi è una completa e interessante raccolta di attrezzi da pesca, gli studi sul mare Adriatico, la mostra dei Sali e delle saline, infine il museo della Società di pesca e di piscicoltura del Litorale, di parecchio arricchito da quattro anni or sono che figurò con onore all’Esposizione internazionale di Milano. Rifatti pochi passi, si è su la soglia dell’uscita verso la facciata principale, e si guarda ammirati il fondaco coperto di stemmi e di memorie, indi, scesi sul viale, s’ha di fronte il Padiglione degli stabilimenti balneari e dello sport Le cartoline d'epoca che qui pubblichiamo fanno parte della collezione privata del signor Janez Janežič. 20 Le sue svelte colonne, i delicati profili femminei dei quattro medaglioni bellissimi che ne coronano la parte centrale. Le commissioni di cura di Abbazia, di Laurana, di Lussinpiccolo, lo stabilimento bagni di S. Stefano, gli ospizi marini di Valle d’Oltra e di S. Pelagio; la Società alpina delle Giulie, la Società escursionisti istriani “Monte Maggiore”, altri club e società sportive, le ditte Angelini & Benardon, Anningher, Rötl, ecc., l’ing Straka col modello del suo aeroplano, taluni ancora con mammiferi e uccelli imbalsamati, danno a questo padiglione varietà ed attrattiva insieme. La città Tornati fuori si scorge a destra, oltre una fontana dal lieto zampillo, una chiesa di vetusto aspetto. Chiesa di S. Giacomo In essa, e, proseguendo, in una sua appendice messale accosto per aumentar lo spazio, le vivaci e talora strane tavolozze moderne sorprendono l’occhio, riposatosi appena su le esterne pietre annerite. Qualche gesso e qualche marmo segnano l’attività e i progressi dei più valenti scultori nostri. Traverso il piazzale di S. Francesco, lasciando a sinistra l’alta vecchia facciata, semplice e bella, dell’edificio dall’istesso nome, s’arriva al portale esterno dell’ex convento di S. Chiara. Primo cortile di S. Chiara Qui un chiostro elegante, nel mezzo, tra i fiori – il chiosco di Portorose; qui, da un’ampia gabbia, i canti di molti uccelli; qui, quattro massicce colonne di granito, donde s’attorciglia svelto e scende molle e leggero un diverso verde. Più vie s’aprono al visitatore. Quasi di fronte al portale d’accesso è l’ufficio postale. Su l’istessa linea di fabbrica, dietro il chiosco di Portorose, è una porta: s’entri per quella. Mostra agraria (parte) Nel primo ambiente, lo Stabilimento chimico di Fiume, la Società per lo sfruttamento delle forze idrauliche della Dalmazia, il Sindacato dei Sali potassici, la Spremitura di olii vegetali ed altre ditte ancora, presentano raccolti parecchi materiali utili all’industria agraria. Poi è la mostra dell’Istituto agrario provinciale. Una vasta sala, più innanzi, contiene, divise in alquanti scaffali a piramide, oltre duemila bottiglie – campioni di tutti i vini istriani. Nell’ultimo tratto il visitatore può fermarsi e assaggiare. Il secondo cortile di S. Chiara, tutto cinto da fabbricati, accoglie, in aiuole di varie forme, parecchie piante forestali della Commissione d’imboschimento. V’è nel mezzo una tettoiadove i produttori istriani radunano, via via in diverso sempre attraente assieme, frutta ed ortaggi freschi. In fondo al cortile, a destra, s’apre una porta e subito per un altro uscio s’accede alla sala dove son raccolti i prodotti secchi e conservati dell’agricoltura istriana, pochi disegni, poche memorie, qualche libro. Mostre di belle arti Si prosegue, s’attraversa un passaggio s’arriva nel fondo di un ampio vestibolo. Dall’altra parte è un museo lapidario, un chiosco di vendita, una sala che va al primo piano. Saliti, si percorre un breve passaggio e fatti pochi altri gradini si muove verso la sala dell’arte preistorica e romana. Qui fra l’altro apparisce una grande ed esatta riproduzione in legno dell’antico anfiteatro di Pola; e richiamano l’attenzione del visitatore parecchi oggetti preistorici delle necropoli istriane. Seguono un’antisala, una cucina ed un salotto, arredati e disposti secondo l’uso e con artistici mobili del Settecento. Il primo dei due successivi locali accoglie la mostra d’arte retrospettiva del 19.o secolo, con lavori del David, dell’Hayez, di Cesare dell’Acqua, la raccolta dei quadri del capodistriano Granelli; si notano nel secondo carte geografiche di grande valore e vi si ammira una splendida raccolta di piante del nostro mare, fatta dal maestro A. Zaratin. Nel corridoio contiguo a queste due sale v’è una biblioteca d’opere scritte da istriani o riguardanti l’Istria, la mostra iconografica, pregevoli stampe e messali miniati. Tornati nell’appartamento settecentesco, due archi metton da questo nel magnifico salone dell’arte sacra, ricco di tele dei Carpaccio, dei Vivarini, di Girolamo da S. Croce, del Sassoferrato; di ostensori, calici e croci professionali dei secoli dal 14.o al 18.o; con nel mezzo paramenti in seta dai ricami finissimi, eppoi stoffe, pizzi, ceramiche, bronzi preziosi. Si rimane un po’ in un piccolo salotto che continua, interessante appendice la mostra nel Salone. Quindi, nel locale vicino, si trovano da un lato quadretti e croci bizantine, dall’altro una ricchissima raccolta di pizzi e merletti, vesti, camici, miniature, preziosi del settecento. Poscia, in più vasta sala, è la mostra etnografica con taluni 21 La città caratteristici costumi istriani d’altri tempi. Avanti ancora, a sinistra, è la sala della musica, ricca di antichi violini, di cimeli tartiniani, delle opere di Antonio Smareglia. Nel centro di cotesta sala s’ammira una bellissima riproduzione del Duomo di Milano, paziente lavoro d’intarsio e d’intaglio del signor Deluch di Muggia. Lungo l’ala di fabbricato che si scosta ad angolo dall’or percorso ambiente, due sale raccolgono una ben riuscita mostra fotografica, le due successive son destinate alle Corporazioni autonome e istituzioni sanitarie Qui interessano la mostra delle ferrovie dello Stato, del Comune, dell’ospedale di Pola, quadri statistici della Giunta provinciale dell’Istria, documenti di comuni minori. Mostra didattica e di previdenza Ripercorse le ultime quattro sale, sul corpo di fabbrica tra il secondo ed il terzo cortile di S. Chiara, e lungo un altro lato del terzo cortile, si trovano le sale della didattica: quattro anch’esse, salvo una divisione della prima che è occupata dalla previdenza. Degne di studio e d’imitazione sono una biblioteca e una cassa di risparmio scolastiche rappresentate nella mostra 22 della scuola popolare di Muggia. Con infinita pazienza e precisione mirabile il maestro Piccoli di Momiano costrusse pe’ bimbi della sua scuola i modelli dei mezzi di produzione adoperati nelle industrie più comuni. Lavorato con arte e con molta esattezza è un grande rilievo dell’Istria, fatto dall’ispettore scolastico G. Parentin. Mostra di lavori femminili L’ultima sala del primo piano, ha una ricca collezione di merletti, di ricami, di ago pitture, di lavori femminili elegantissimi e svariati. Mostra industriale Una scala ci riconduce a pianterra. Ai lati del vestibolo sono tre locali che contengono, quello a destra stufe e bagni in maiolica e focolai in ferro, quelli a sinistra prodotti delle industrie degli indumenti e del legno. Una porta, dal primo locale di sinistra, mette nella sala maggiore di S. Chiara, già sede provvisoria della Dieta provinciale istriana. L’abside ha un elegante impalcato, con le mostre dell’Istituto per il promovimento delle piccole industrie e delle Scuole professionali istriane. Nella sala molte macchine trasformano i metalli ed il legno, fabbricano botti, confezionano vestiti e calzature; costituiscono una modesta ma attraente galleria del lavoro. La città Si ritorna per la medesima porta donde s’è entrati, si attraversa la sala delle manifatture: fuori, sotto i portici, sono da una parte carri e utensili per uso di vigili, dall’altra prima lavori in pietra, poi lavori in metallo di industriali ed operai copre gran parte del terzo cortile di S. Chiara: stanno quivi motori e dinamo di varie ditte, e assieme sviluppano tutta la forza occorrente per illuminare l’Esposizione e per far funzionare la galleria del lavoro. In un canto non coperto del cortile d’eleva un molino a vento. Sotto i restanti portici stanno le ceramiche e i laterizi e nelle tre sale a questi portici corrispondenti son collocati istrumenti musicali e di precisione, prodotti farmaceutici, chincaglierie. Per l’ala attigua dell’edificio è ancora una sala appartenente alla mostra industriale, con prodotti delle miniere di Carpano, della fabbrica vetri e saponi Solvetti e d’altre ditte. Segue, su l’istessa linea, la sala delle piccole industrie agrarie, dove fra l’altro si notano i pali in cemento, solidi ed eleganti, della ditta Gualco, i cesti di vimini di produttori istriani e del Consorzio tra i cestai di Fogliano. Poi è un ambiente che continua e completa la mostra marittima. Tornando nella sala delle piccole industrie agrarie, dalla porta sul fianco sinistro ne appare – splendido punto di vista – un’apertura sulla parte postica d’ampio edificio antico, tutta contornata e sormontata dall’edera grave e vezzosa. Di fronte, traverso breve spazio allietato di verdi aiuole, s’estendono due grandi tettoie addossate, che contengono, tranne una parte destinata alla mostra d’automobili, diverse macchine agrarie. Dietro le tettoie, sono ancora da vedersi i pollai, le conigliere, gli apiari, un pergolato con pali di cemento e armatura di ferro. bilancie per usi agricoli. L’ex chiesa di S. Francesco, cui appunto dà accesso l’arco cinto di edera, è occupata dal pari da macchine agricole. Le macchine e gli attrezzi di produzione istriana son quivi in separato assieme. Dove sono le ditte non istriane subito s’osservano il numerosissimo campionario di macchine per la lavorazione del terreno di Fr. Melichar & R. Bächer; gli apparati di distillazione di Metlicovich e quelli di Holt; le splendide pompe a cannello ed a zaino di Vermorel; le botti C. Prelz; le presse da foraggio e i filtri da botti della fabbrica meccanica di botti di Firenze; i campioni di botti in sidero cemento di Corsari & C. Usciti dalla ex chiesa di S. Francesco, per l’omonimo piazzale e per un seguente passaggio, si ritorna in piazza del Brolo, e si procede verso destra, dalla parte opposta dei due padiglioni prima visitati. Su l’angolo è un piccolo chiosco della Cantina provinciale, poi il chiosco ottagonale per la banda, il teatro, verso il portale il caffè ristorante; tutti edifici dalle linee architettoniche perfette e dai fregi eleganti e diversi. Macchine agrarie Nelle due tettoie occupa moltissimo spazio, con macchine diverse, fra cui un dissodatore a maneggio, la ditta Sack di Vienna. È interessantissimo un impianto completo d’oleificio della ditta Doimo Savo di Spalato, la quale espone anche torchi da olio e da vino. La ditta Hofherr & Schrantz di Vienna presenta uno svariato campionario di attrezzi agricoli. Macchine diverse ha pure l’ing. Schnabl di Trieste. La ditta Schemberg di Vienna, ha diverse 23 La città Gli antichi magazzini del sale hanno fatto da cornice al tradizionale ricevimento del Consolato generale d'Italia di Capodistria in occasione della Festa della Repubblica italiana. Prima del concerto degli allievi della Scuola di musica capodistriana, la console Marina Simeoni – nella foto assieme al deputato Roberto Battelli – ha rivolto ai convenuti un breve saluto, ripetuto anche in un apprezzabile sloveno. Dopo anni di attività, come insegnante di matematica e preside, alla fine dell’anno scorso la prof. Oleandra Dekleva è andata in pensione. Nella foto la vediamo durante lo spettacolo di fine anno svoltosi a Crevatini accanto al nuovo preside della SEI “Pier Paolo Vergerio il Vecchio”, Guido Križman. Davide Van de Sfroos (nella foto) e Dario Marušić, con le rispettive band, sono stati i protagonisti di un bel concerto (28. maggio) al teatro comunale. Organizzatori Radio Koper-Capodistria, la CI »Santorio Santorio« e le tre Can comunali. Dal 7 al 10 aprile sono stati in visita nel Capodistriano gli alunni delle classi seconde e terze dell’Istituto tecnico industriale “Alessandro Volta” di Frosinone, guidati dalla prof. Daniela Vetro. Sono stati ospitati dai ragazzi della seconda classe del Ginnasio “Gian Rinaldo Carli”, guidati dalla prof. Loredana Sabaz che, a loro volta, nel dicembre 2009 avevano visitato Frosinone. 24 La città Freschi di stampa Prima Esposizione Provinciale Istriana Il catalogo fotografico edito dalla Histria Editiones Per un determinato luogo un secolo non rappresenta un arco temporale particolarmente lungo, ciò nonostante i cent’anni trascorsi dalla Prima Esposizione Provinciale Istriana, che ebbe luogo a Capodistria nel 1910, ci offrono molteplici spunti di riflessione. Gli avvenimenti fatali della metà del XX secolo hanno condannato la memoria storica ad uno storico oblio. Questo territorio ha subito grandi cambiamenti demografici condannando avvenimenti e luoghi all’oblio piuttosto che creare luoghi della memoria. Alcuni anni fa, nei circoli storici e culturali istriani, e anche capodistriani, iniziarono a comparire riflessioni ricorrenti riguardo alla necessità di celebrare questo importante anniversario e fu possibile allora rilevare alcuni segnali positivi. Tra questi si annovera indubbiamente la celebrazione del 90.mo anniversario del museo di Capodistria, la cui fondazione è riconducibile proprio agli eventi di inizio Novecento. Ma i tanto auspicati passi successivi non furono mai intrapresi, tanto che l’idea rimase più ad appannaggio di singoli, che continuarono a richiamare l’attenzione sulla necessità di celebrare in modo decoroso l’importante anniversario. Un altro fattore determinante furono le conseguenze dei cambiamenti politici degli anni Novanta del XX secolo, allorchè venne tracciato in Istria un nuovo confine, riconducendo la nascente coesione istriana a riferimenti locali. Questo aspetto venne rafforzato dalla divisione tra ‘Europa’ e ‘non-Europa’, che influì sull’oblio d’una memoria e d’uno spazio istriano comuni. D’altro canto nello stesso periodo un cauto riavvicinamento tra Capodistria e Trieste determinò un’atmosfera alquanto diversa. Non fu quindi casuale, alcuni anni fa, il ritrovamento presso i musei triestini di qualche decina di immagini nel fondo di lastre negative in bianco e nero inerenti la Prima esposizione istriana, all’epoca dopo del Municipio di Capodistria. I fatali avvenimenti testé citati determinarono l’oblio delle fragili lastre di vetro, che rimasero dimenticate al sicuro nei depositi fino ad oggi, quando inizia la nostra riflessione inerente la loro valorizzazione e la necessità di risvegliare la memoria così profondamente depositata. Ricerche tenaci, favorite anche dalla casualità, hanno condotto al ritrovamento della partitura originale della composizione musicale nata in occasione dell’Esposizione istriana, imprimendo un ulteriore stimolo al nostro lavoro. Oggi, la Società Histria, rivolta al passato così come al futuro, ha unito queste due fonti storiche anche in un moderno supporto documentario. Le immagini in bianco e nero che ritraggono gli spazi espositivi, gli interni dei padiglioni, gli oggetti in mostra, i visitatori, il personale, assieme ai suoni della marcia sinfonica trionfale ci fanno immedesimare in quel tempo così diverso, ma così vicino a quello odierno dal punto di vista umano. Se allora tutte le attenzioni dell’Istria, del Litorale e dell’Impero asburgico in generale erano rivolte a Capodistria, oggi nel centesimo anniversario i rapporti umani e professionali s’intrecciano tra Capodistria, Pola, Dignano, Trieste e finanche Vienna. Per il centenario la Società si è posta l’obiettivo di richiamare l’attenzione sul comune passato istriano e con ciò unire alcuni ricordi e rinnovare alcuni legami nello spazio e nel tempo istriano. La suddetta iniziativa ha stimolato individui ed enti alla preparazione di una serie di programmi nell’importante giubileo. La nostra iniziativa avrà raggiunto il proprio obiettivo se in futuro, prossimo o lontano, riuscirà a sollecitare ulteriori attività ed interessi (anche accademici) e, soprattutto, se per la Seconda esposizione provinciale istriana non sarà necessario attendere altri cent’anni. Dean Krmac (dall’Introduzione) La copertina del catalogo con una delle immagini conservate e gentilmente fornite dai Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste. 25 La città “Catalogo generale della Prima esposizione provinciale istriana” Edizione in facsimile a cura della Biblioteca centrale Srečko Vilhar In occasione della celebrazione del centenario della Prima esposizione provinciale istriana, abbiamo potuto constatare per l’ennesima volta, che le pubblicazioni custodite dalla Biblioteca, rappresentano le fonti essenziali per tutti gli studi e le ricerche sulla Città. La Biblioteca centrale Srečko Vilhar di Capodistria, ha voluto ricordare il centenario della Prima esposizione provinciale istriana con la ristampa del catalogo generale dell’esposizione, pubblicato a Capodistria dallo stabilimento Priora nel lontano 1910. Il Catalogo generale dell’esposizione, è indubbiamente il documento cartaceo più prezioso della rassegna poiché raccoglie i dati e notizie sulla nascita e lo svolgimento della fiera, sulla composizione del Comitato esecutivo nonché dei Comitati speciali e locali. Nel catalogo sono descritti tutti i padiglioni. Notevole e utilissimo anche il “calendario del visitatore” che menziona i congressi, le conferenze, i concorsi, i festeggiamenti e le manifestazioni varie che si sono svolte in concomitanza e ambito dell’Esposizione. Al visitatore sono inoltre fornite informazioni utili sulle modalità dell’alloggio con indicazione degli alberghi e trattorie, caffè, liquorerie, pasticcerie, bagni nonché la possibilità di noleggio vetture e servizi vari per quanto più piacevole soggiorno nella “capitale” dell’Istria. La pubblicazione si chiude con una breve rassegna delle vicende storiche politiche e civili dell’Istria e di Capodistria nonché, in allegato, una mappa topografica dei padiglioni espositivi. Oltre a questo catalogo, in margine all’Esposizione, sono uscite anche altre pubblicazioni che si possono trovare in Biblioteca: “Prima Esposizione Provinciale Istriana: comitati, regolamento e programmi”, Carlo Priora, Capodistria 1909; “Prima Esposizione Provinciale Istriana: relazione, regolamento e programmi”, G. Caprin, Trieste 1909 e soprattutto il primo spartito della marcia trionfale “Concordia e progresso” di Giuseppe Mariotti, pubblicata a Capodistria il 1. maggio 1910 e composta per l’inaugurazione della mostra. Con gli anni, il Catalogo generale dell’Esposizione è diventato una pubblicazione per bibliofili posseduta da poche biblioteche, per questo motivo, la sua ristampa non rappresenta soltanto uno strumento di studio per ricercatori e amanti della storia patria locale, ma mantiene vivo il ricordo di questo importantissimo avvenimento culturale, economico e sociale, organizzato dalla città di Capodistria. Ivan Marković (dalla Postfazione) 26 “Ufficio per le Zone di Confine – L’archivio” La pubblicazione, curata dall’Ufficio del Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri italiano (842 p.), è destinata rendere fruibili fonti ufficiali e documenti storici, per molti anni depositati (senza un indice ed inventario) negli archivi di Roma. Una corposa pubblicazione è finalmente disponibile per la ricerca e la ricostruzione storica degli eventi che hanno interessato territori e genti che vivevano in zone di confine alla fine della Seconda guerra mondiale. Il progetto è stato curato da Bruna Colarossi e Andrea Paciucci. Il fondo archivistico dell’UZC (Ufficio per le Zone di Confine), è costituito da 659 buste collocabili tra il 1947 e il 1954, identificate all’interno del copioso patrimonio documentario, composto da circa 10.000 buste complessive. Il lavoro è diviso in 7 sezioni e riporta le riproduzioni di alcuni documenti, ritagli stampa, opuscoli riviste, mappe, statistiche, fotografie e manifesti. Al valore storico amministrativo del lavoro si deve aggiungere una seria riflessione sul passaggio cruciale della storia italiana, la fine del regime fascista, la guerra e la ricostruzione. La città Abita in Calegaria e molti a Capodistria la conoscono come Lidia Piranesa. Lidia Herkov, nata Venier (prima da sinistra nella foto), ha festeggiato il 4 giugno il suo 90.esimo compleanno attorniata da amici e parenti. Auguri anche da parte nostra. Mario Perini e Vinicio Bussani a colloquio col vescovo, Mons. Metod Pirih, al termine della messa per la Madonna di Semedella. Il 18 marzo Clio Diabatè ha conseguito la laurea magistrale in Scienze politiche internazionali all’Università di Trieste con il prof. Giuseppe Ieraci difendendo la tesi con 110 e lode in lingua inglese “Constituent policy and institutional framework in the Republic of Macedonia”. 27 La città 28 La città 29 La città L’arte di Sergio Morosini In mostra nel mese di aprile alla CI Cenni biografici Sergio Morosini nasce a Pola nel 1940. Qui frequenta le elementari e il ginnasio e vive i primi approcci con le arti figurative: disegni e dipinti con l’impronta dei monumenti storici della sua città, del vasto respiro degli aspri paesaggi limitrofi, di luci vivide, del mare profondo; scenografie e decorazioni per gli spettacoli del Circolo italiano di cultura; cartelloni pubblicitari per il cinema locale e per il Festival del cinema jugoslavo. Affina la conoscenza delle tecniche grafiche 30 tradizionali e scopre la fotografia. Ama la sua terra travagliata, la natura, l’arte in tutte le sue estrinsecazioni di sensibilità e di cultura. È affascinato soprattutto dall’architettura moderna. Dopo un vano tentativo di iscriversi alla Facoltà di architettura di Zagabria, approda a Capodistria, sua città di adozione, nel 1960 e ciò segna definitivamente il suo destino. Si impiega a Radio Capodistria e per un decennio farà l’annunciatore, l’attore e il regista. Vista la propensione per le immagini (dal 1971, anno di nascita dei TV Capodistria) sarà uno dei pionieri della nuova emittente televisiva con molteplici e svariate mansioni e responsabilità. Collabora anche a progetti scenografici, sigle e aspetti visivi di trasmissioni televisive. Presso la Comunità degli italiani realizza scenografie per la filodrammatica, ne cura la regia e insegna disegno e pittura ai ragazzi delle elementari. Con l’arrivo dei primi computer alla Tv di Capodistria (grazie all’UP La città di Trieste) acquisisce le prime competenze informatiche, in primis, inevitabilmente, immagini, grafica e fotografia. Stimolato, come negli anni giovanili, da uno spirito di indomabile curiosità, dopo il pensionamento si dedica con più assiduità, seppure con modesti mezzi, alla fotografia e alla sperimentazione delle tecniche espressive digitali che, oggi, il computer rende possibili. DigitArt: profilo critico La consuetudine con gli strumenti informatici porta Sergio Morosini a percorrere il mare delle potenzialità costruttive dell’immagine, nel tragitto fra la fotografia e l’elaborazione computerizzata. Al fondo della sua ricerca c’è la marcata aderenza ai postulati di una scansione dello spazio, tipica della pittura, ma le infinite opzioni offerte dalla tecnica vengono incanalate in un repertorio di idee che il mouse, guidato dalla mano progettuale dell’artista, traccia sullo schermo e che diventa una sorta di viaggio nei recessi della psiche oppure nelle proiezioni della fantasia. Sergio Morosini conduce l’osservatore in un mondo “altro”, dove le rilevanze formali conosciute lasciano i contorni abituali o sbiadiscono le anatomie fino al loro completo stravolgimento e approdano a temi nuovi, talora risolti in puri fenomeni di luce. La foto di un qualsiasi ambito del reale viene sganciata completamente dalla sua traccia originale e trascinata in un processo metamorfico, denso di sorprese sollecitanti per l’autore stesso, fino al raggiungimento dell’esito finale. Così il dato strategico si combina con una forte carica di casualità per la realizzazione di opere che - giocate in bianco e nero oppure orchestrate a colori - si sintonizzano tutte con la sua sensibilità, legata al paesaggio, alle relazioni dell’uomo con l’ambiente, alle caratteristiche della fisicità circostante, alle dinamiche del mondo interiore. Il percorso della mostra è davvero significativo nell’indicazione di molteplici motivi che fanno parte di un caleidoscopio di emozioni tradotte in immagini: vortici di luminosità intensa; accenni figurali di animali anche fantastici, prelevati da una mitologia privata; atmosfere rarefatte poggianti su una finissima tessitura di segni; allusioni di presenze umane nelle lande della memoria; giochi sovrapposti di trasparenze; evidenze geometriche, dove si afferma il valore emblematico della rotondità, come metafora del tempo che scorre. L’opera di Sergio Morosini lascia intravedere spesso una tensione concettuale vincolata all’idea del movimento, a tal punto che l’elaborazione si prospetta come un frame di un film che ha miriadi di possibilità di sviluppo ulteriore. Con alcune calcolate distorsioni sa creare una specie di danza nello spazio, celebrazione massima dell’idea di leggerezza, quasi la materializzazione di un afflato spirituale. In alcuni lavori l’esito della ricerca assume una parvenza lievemente materica, che sfuma nell’indistinto di una stesura acquerellata, dentro logiche compositive sostenute da un impianto architettonico preciso. Oppure lascia emergere il nitore della focalizzazione di una rugosità di superficie, ritratto di una complicata conformazione della corteccia. Alla base della tensione creativa di Sergio Morosini c’è uno slancio ricorrente a interpretare la realtà esterna (il mondo fisico) e interna (sensazioni, scatti emotivi) con l’animo pronto a coglierne l’essenza: gli aromi, le forme e i colori dell’esistente trovano spazio in un’autentica avventura dell’immaginazione - a cui è invitato anche l’osservatore - e in un’ebbrezza, derivata dallo stupore prodotto continuamente dalla ricerca, capace di esorcizzare a volte le conseguenze della pesante atmosfera del quotidiano. Enzo Santese La Città è il foglio semestrale della CI di Capodistria. Responsabile Alberto Cernaz. Stampa Pigraf s.r.l. Isola. Tiratura 1300 copie. Si invia gratuitamente ai soci. Indirizzo: Comunità degli italiani, Via Fronte di liberazione 10, 6000 Capodistria. EMAIL: [email protected] Copertina: Retro della ex chiesa di S. Francesco; cartolina stampata nel 1910 in occasione della Prima Esposizione provinciale istriana (Coll. Janez Janežič). 31 La città La Filodrammatica ‘Cademia Castel Leon in trasferta nell’Umaghese Franca Kovačič, Ketty Kovačič-Poldrugovac e Sandra Vitošević (foto Danilo Fermo). Grande successo di pubblico, applausi a scena aperta, risate e divertimento per la filodrammatica “’Cademia Castel Leon” della C.I. “Santorio Santorio” di Capodistria che sabato 27 marzo 2010 ha presentato alla Casa di cultura di Babici la commedia in tre atti “LA COLPA DE INVECIAR”. È stata la prima uscita con questo nuovo lavoro firmato da Nunzio Cocivera, liberamente adattato in dialetto istroveneto da Ambra Valenčič e Sergio Settomini e diretto da Bruna Alessio Klemenc. La trama verte sull’intolleranza per la debolezza e la fragilità delle persone anziane ma essendo una commedia brillante il lieto fine è assicurato con la promessa, ai vecchi di casa, di protezione, accudimento e presenza affettiva. Anche perchè, detto tra noi, la vecchiaia è pur sempre un traguardo ambito e l’alternativa...non ci 32 La presidente della CI S. Lorenzo-Babici, Roberta Grassi Bartolić, e la dirigente della filodrammatica capodistriana Bruna Alessio Klemenc rallegra proprio... Gli attori Corrado Cimador, Franca Kovačič, Sandra Vitoševič, Sergio Settomini, Ketty Kovačič Poldrugovac e Ambra Valenčič hanno confermato la loro indiscussa bravura. Brava anche la nostra suggeritrice Marina Gregorič pronta e attenta a non far scappare le battute. Graditissimi poi gli intermezzi musicali dell’altrettanto bravo Stefano Hering che con la sua voce suadente e le canzoni anni 70’ ha acceso nel pubblico un pizzico di nostalgia. Squisita l’ospitalità della C.I. di San Lorenzo - Babici che ringraziamo di cuore e ci impegnamo a contraccambiare. Bruna Alessio Klemenc La città FOLKEST 2010 Cari lettori, anche quest’anno vi invitiamo a presenziare in luglio alle tre serate che tradizionalmente si svolgono nel nostro comune nell’ambito della maggiore manifestazione di musica etnica dell’Alto Adriatico. Parliamo naturalmente di Folkest, che si fermerà da noi per la diciottesima volta. I concerti si svolgeranno all’estivo della Comunità degli Italiani di Crevatini e in Piazza Carpaccio a Capodistria. La manifestazione è patrocinata come sempre dalla locale Comunità Autogestina della Nazionalità Italiana. Il calendario completo di Folkest è ricchissimo e si articola per tutto il mese di luglio in una serie di concerti nel Friuli - Venezia Giulia, in Slovenia e in Austria. Nelle tre serate avremo l’occasione di ascoltare espressioni musicali mai prima presentate a Capodistria, musica nuova per le nostre contrade, ma dalla lunga tradizone, sempre vive e coinvolgenti. Inizieremo venerdì, 16 luglio con un tributo a Frank Zappa, nel 70.esimo della sua nascita. Frank Zappa è stato un grandissimo musicista e compositore americano di origini italiane, uno dei più grandi del XX secolo, scomparso prematuramente nel 1993. In piazza Carpaccio, si esibiranno i componenti della sua mitica band. Tra il 1964 ed il 1974 si chiamavano “Mothers of Invention”. Oggi, un po’ invecchiati, ma con immutato talento, si sono ribattezzati “The Grande Mothers Re:Invented”, ovvero le nonne reinventate! Il repertorio estratto dal primo periodo degli anni ’60 e dalla produzione della metà degli anni ’70, ripropone fedelmente un sound che è diventato unico e assolutamente stupefacente. Il gruppo originale, con l’inserimentrro di due elementi non proprio 60’, a 17 anni dalla scomparsa di Frank Zappa, si diverte a riealaborare, comporre e scomporre brani come “Montana”, “Uncle Meat”, “Florentine Pogen” e tantissimi altri per uno spettacolo di musica assolutamente imperdibile. Roy Estrada, Don Preston e Napoleon Murphy Brock ci accompagneranno a visitare uno degli angoli più belli e creativi della musica moderna, con lo spiritoo di Zappa sempre accanto. Napoleon Murphy Brock – voce solista, sassofono e flauto; Roy Estrada – basso, voce, sonorità; Don Preston – tastiere, voce, elettronica; Christopher Garcia – batteria; Robbie Mangano – chitarrra. Il giorno dopo, sabato 17 luglio, sarà la volta dei Systema Solar, un gruppo proveniente dalla Colombia. Si tratta di un collettivo musico-visuale proveniente dalla costa caraibica del paese latino americano. I membri del gruppo portano con sé sonorità diverse e nelle vibrazioni afro-caraibiche hanno trovato un mare di possibilità per esprimere la forza e la potenza della musica colombiana. Il gruppo dà vita ad uno spettacolo audio-visuale originale che hanno chiamato “Berbenautika”, ispirandosi alla tradizione della cultura musicale colombiana e delle feste popolari. Creano un misto di musica afro-caraibica e folcloristica colombiana come il porro, la cumbia, il fandango, la champeta, e la fondono con la molteplicità degli stili di oggi: hip hop, house, techno, breakbeat, breakdance, scratching e video dal vivo. Con il loro spettacolo desiderano anche celebrare i 200 anni di indipendenza della Colombia (20 luglio 1810). Venite ad Grande Mothers Re:Invented 33 La città I colombiani Systema solar. ascoltarli e a ballare con loro. John Primera: voce, maestro di cerimonia; Indigo: voce, maestro di cerimonia; Pellegrino: architetto del suono; Daniboom: re della techno cumbia; Pata dePerro: video jockey; Kike: percussioni; DJ Corpas: gigante dello scratch. La tre giorni di Folkest a Capodistria, si concluderà mercoledì 21 luglio a Crevatini, come sempre all’estivo della locale Comunità degli Italiani. A presentarsi al nostro pubblico sarà una formazione che arriva dall’Italia. Il gruppo Antiche Ferrovie Calabro-Lucane è nato nel 2009 su un progetto di Ettore Castagna, musicista e ricercatore nonché protagonista di precedenti importanti esperienze in ambito etno-acustico. I nuovi compagni di viaggio sono strumentisti e ricercatori di talento nel mondo etno-musicale meridionale: Domenico Micu Corapi (voce e chitarre), Giuseppe Ranieri continuatore di una vera e propria dinastia di leggendari suonatori a chiave delle Programma FOLKEST 2010 a Capodistria Organizzatore: AIAS Capodistria Patrocinatore: Comunità Autogestita della Nazionalità Italiana di Capodistria Venerdì, 16 luglio 2010 Capodistria – Piazza Carpaccio Ore 21,30 Concerto: GRANDE MOTHERS RE:INVENTED (USA) Ingresso libero www.myspace.com/grandemothersreinvented www.united-mutations.com/g/ grandmothersreinvented.htm Antiche Ferrovie Calabro-Lucane. Serre catanzaresi e Gianpiero Nitti, (autentico milanese di Matera) attento ripropositore del suono calabrese e lucano all’organetto. Il gruppo che si fonda sulla suggestione del viaggio periferico, rurale, minore delle littorine, i trenini a scartamento ridotto delle ferrovie regionali CalabroLucane eseguendo un repertorio affascinante e poco conosciuto che è quello delle montagne al centro della Calabria: dallo Zomero, alle Serre, alla Sila. Gli strumenti sono necessariamente quelli del mondo contadino e pastorale di quest’area: zampogna a chiave, ciaramella, lira, chitarra battente, rullante e grancassa. Il sound è antico, evocativo e contemporaneamente divertente e coinvolgente. Ettore Castagna - lira, doppio flauto, zampogna a chiave; Domenico Corapi - voce, chitarra battente, chitarra acustica, rullante; Gianpiero Nitti - organetti, flauto armonico, cassa; Giuseppe Ranieri - zampogna a chiave, pipita (ciaramella), chitarra battente. Sabato, 17 luglio 2010 Capodistria – Piazza Carpaccio Ore 21,30 Concerto: SYSTEMA SOLAR (Colombia) Ingresso libero www.systemasolar.com www.myspace.com/systemasolar Mercoledì, 21 luglio 2010 Crevatini – Estivo della Comunità degli Italiani di Crevatini Ore 21,30 Concerto: ANTICHE FERROVIE CALABROLUCANE (Italia) Ingresso libero www.a-catania.it/.../antiche-ferrovie-calabrolucane.htm 34 La città È nato il Comitato di Capodistria della Società Dante Alighieri, ambasciatrice nel mondo del patrimonio culturale italiano Capodistria può contare su un nuovo alleato per promuovere e valorizzare la lingua e la cultura italiana. Da poco, infatti, si è costituito in città un comitato della »Dante Alighieri«, l’antica Società - è stata fondata a Roma nel 1889 impegnata da oltre cent’anni nella diffusione del nostro idioma e alimentare, tra gli stranieri e i connazionali residenti all’estero, l’amore per la cultura italiana. Il comitato di Capodistria è il primo in Slovenia, e va ad aggiungersi alla decina di nuove sedi della »Dante« aperte negli ultimi anni in Croazia, fra l’Istria, Fiume e la Dalmazia, ma anche a Zagabria. Nel corso della prima riunione ufficiale, che si è svolta a Palazzo Gravisi a fine marzo, sono state attribuite le cariche sociali e nominati i componenti degli altri organismi del sodalizio. Presidente è stata eletta Vanja Vitoševič, vicepresidenti Devana Jovan e Maurizio Tremul, tutti nomi noti della comunità italiana cittadina, o ad essa molto vicini. I piani di sviluppo della Dante sono ambiziosi. L’idea è quella di coinvolgere connazionali e no: soprattutto, anzi, chi italiano non è, ma ama l’Italia e la cultura italiana, con una missione complementare, dunque, a quella svolta dalle istituzioni della nostra minoranza. Per questo, come ha dichiarato la presidente Vitoševič, tutte le manifestazioni promosse dal neocomitato saranno bilingui. Il programma 2010 comprende appuntamenti e incontri a cadenza mensile, con una proposta variegata che spazierà dalla letteratura all’arte, agli spettacoli e ai concerti allo scopo di stimolare, se possibile, anche l’interesse dei giovani. In autunno dovrebbero inoltre iniziare i corsi di lingua italiana, una componente fondamentale dell’attività svolta dai circa 500 comitati della Dante nel mondo. O.R. La presidente della »Dante« capodistriana, Vanja Vitošević. Il pubblico in sala (foto Jana Belcijan). 35 La città «Dante», il debutto a Palazzo Pretorio con Goran Janković Il 4 giugno si è svolta la serata inaugurale del primo comitato in Slovenia della Società “Dante Alighieri”. L’evento è stato sarà interamente dedicato al Sommo poeta. Ha coronato la serata a Palazzo Pretorio, la vernice della mostra di opere del pittore accademico Goran Janković, “Danteros”. L’artista è nato nel 1957 a Podgorica, ma vive a Banja Luka dove insegna alla locale Università. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti nel campo del design grfico e della pubblicità. Il progetto “Danteros” (da Dante + Eros) propone un viaggio di ricerca culturale con l’intento di scoprire, nella “Divina Commedia” di Dante Alighieri, parvenze erotiche. La fisicità delle figure che appaiono nell’”Inferno”, quella sospesa verso lo spirituale del “Purgatorio” e quella delle individualità eteree che compongono l’unità del “Paradiso”. Non è cosa facile, nella tradizione letteraria, trovare saggi capaci di rendere chiare le ragioni profonde di questo collegamento. Più semplice è la ricerca nell’universo delle illustrazioni che hanno accompagnato alcune L'inaugurazione della mostra (Foto Andrej Bertok). edizioni della “Divina Commedia”. Sono del 1860 quelle composte da Gustavo Doré, che disegna la figura di Beatrice, al suo primo apparire nel secondo canto dell’”Inferno”, irradiante luce spirituale da un corpo sinuoso ed affascinante. Come scrive Carmelo Calò Carducci, direttore dell’Instituto IRRE, Puglia: “Non sfugge alle suggestioni dell’Eros proposte dalla lettura dantesca, la pittura di Goran. Suggestioni che si condensano in fantasmi fuoriuscenti dalla testa del Poeta; in raffigurazioni di ambigue figure antropomorfe, sospese con i loro eteri colori, in una buia atmosfera o distese, nella crudezza del bianco e nero; in corporei personaggi, quasi irriverenti nella postura; in segni arcani che si propongono come semplici profili, come più complessi schizzi in nero, o come contorti intrecci di linee colorate nei quali la figura umana si sublima. Non si può che restare piacevolmente stupiti e stimolati da queste ardite composizioni che fondono tra loro le dantesche sensibilità antiche, italiane e comunque attuali nella loro immortalità, e le moderne sensibilità del Goran e della ospitale e nobile terra bosniaca. Si tratta di una fusione che segna felicemente la universalità di Dante e la mai spenta valorialità delle sue parole”. Radio Capodistria in collaborazione con l’Unione italiana e la casa editrice Edit di Fiume, bandisce un Concorso per sceneggiati originali radiofonici di 20-25 minuti. Il concorso è a tema libero per opere in lingua italiana. Le opere non devono superare le 6 cartelle dattiloscritte e devono comprendere al massimo 4 interpreti. I migliori 3 lavori selezionati verranno inclusi nella stagione di prosa dell’emittente che ne curerà la messa in onda. Le opere premiate verranno pubblicate nella rivista culturale La Battana. I testi devono pervenire entro il 31 agosto 2010 all’indirizzo: Radio Capodistria via O.F. 15 – 6000 Koper-Capodistria (Slovenia) oppure all’indirizzo di posta elettronica: [email protected] 36 La città PRESENTAZIONE DEL PROGETTO: I profili professionali della Comunità Nazionale Italiana a Capodistria La finalità principale del progetto di ricerca “I profili professionali della Comunità Nazionale Italiana a Capodistria” è quella di accrescere e verificare le conoscenze relative alla composizione professionale della Comunità Italiana del Capodistriano al fine di definire possibili strategie d’intervento, mediante la creazione di un database dei profili occupazionali dei connazionali. Il progetto di ricerca si è svolto in tre fasi. Nella prima fase è stato definito il campione oggetto di studio. Nella seconda fase è stata definita la metodologia di analisi, è stato redatto e verificato empiricamente il questionario utilizzato per la raccolta dei dati. La terza fase è consistita nella raccolta dei dati, effettuata mediante ricerca sul campo, nella catalogazione e successiva elaborazione dei dati parzialmente esposti nel volume presentato ed interamente contenuti nel database che rappresenta il prodotto finale del progetto. Uno dei risultati tangibili del progetto è, appunto, il rapporto di ricerca “I profili professionali della Comunità Nazionale Italiana a Capodistria” scritto a quattro mani dal dr. sc. Aleksandro Burra e dal dr. sc. Andrea Debeljuh. Si tratta di un testo di taglio sociologico che fornisce una chiave interpretativa dei dati raccolti. La ricerca, finanziata dalla CAN di Capodistria è stata condotta su un campione di 284 soggetti tra i 18 ed i 90 anni di età. Trattandosi di una ricerca volta alla creazione di una banca dati non è possibile fare inferenza dei risultati ottenuti su 284 soggetti a tutta la popolazione. È possibile, però, ipotizzare che il campione, casualmente costruito, che rappresenta il 25% della collettività degli italiani, di età compresa nella fascia d’interesse, dell’area in questione, permette di trarre alcune conclusioni con un grado elevato di attendibilità. La ricerca sociologica a corollario del database ha rilevato l’esistenza di una piramide demografica sfavorevole, caratterizzata da un’alta percentuale di anziani, a cui fa da contrappeso una popolazione minoritaria giovanile. I giovani possiedono un ottimo livello d’istruzione e di conoscenze linguistiche ed informatiche ed una maggiore concentrazione occupazionale complessiva nel campo del terziario, in particolare nel campo dell’istruzione. Le caratteristiche del campione suggeriscono un mantenimento delle posizioni socio-economiche raggiunte dagli italiani e lasciano le porte aperte ad un’eventuale azione collettiva e/o individuale nel processo di coesione socio-economica regionale, con possibili ricadute anche sulla riproduzione dell’identità minoritaria. In questa prospettiva è di fondamentale importanza portare il coinvolgimento dei connazionali giovani ad un altro livello: identificando nuove forme di collaborazione con le istituzioni di rappresentanza della C.I. e con il territorio in generale. Concludendo, si deve constatare che, se la ricerca sociologica può essere considerata un attendibile spaccato dell’universo minoritario, è auspicabile pensare a un continuum di questo progetto, che permetta di dargli la visibilità dovuta accanto alla giusta importanza. Questo permetterà di completare il database che potrà essere un ulteriore strumento sia per ottenere l’esatta composizione professionale degli italiani del Capodistriano sia per la ricerca di professionisti da parte di aziende che sono interessate a persone con questo particolare profilo. Ciò aiuterà anche a sfatare il mito per il quale le istituzioni di rappresentanza della CNI non si occupano di economia ed inserimento lavorativo. 37 La città “Letere dal Siam” Bangkok, 24 Maggio 2010 Dove Buddismo e Islam se incontra e se scontra Carissimi, in sti giorni, de Tailandia se parla in ogni telegiornal, e se scrivi su dute le testade dela carta stampada. Ciogo l’ocasion per parlar de Tailandia anche in questa rubrica, ma tignindome ben lontan de l’argomento principe de questi giorni: la rivolta dei “rossi” a Bangkok. Permeteme però de ispirarme a questa ultima, o mejo a una frase de un articolo publicado nei giorni passai su un giornal in lingua inglese de Bangkok, el “Bangkok Post”, subito dopo che la sommossa la jera stada repressa dai militari. L’articolo se concludeva con ste parole: The government and the army may have prevailed today, but they have definitely not won the war. The wound is deep in the heart of the red shirt movement. From now on, skirmishes and guerrilla attacks as well as opportunistic arson attacks can happen any time and nobody knows when they will end. Bangkok could become like the restive deep South. It is a vision that no one wants to come true. Tradusion a la bona per quei che no conossi l’inglese: Il governo e l’esercito possono anche aver prevalso oggi, ma sicuramente non hanno vinto la guerra. La ferita è profonda nel cuore del movimento delle magliette rosse. D’ora in poi, scaramucce, attacchi della guerriglia e opportunistici incendi possono succedere in qualsiasi momento e nessuno sa quando finiranno. Bangkok potrebbe diventare come il riottoso profondo sud. È una visione che nessuno vorrebbe diventasse realtà. E xe proprio questa realtà del profondo sud tailandese che volaria portar ogi a vostra conoscenza. Anca perché ga qualche rassomiglianza con situazioni tipiche che nassi in territori culturalmente misti e che noi qua conossemo sai ben. L’altra volta go cità la situazion in Alto Adige/Süd Tirol dove el problema xe Un apetitoso piato de bruchi. 38 sta bastanza ben afrontà, tanto che ogi grandi problemi de caratere etnico no ghe xe, nonostante la presenza nel stesso territorio de tre etnie diverse e con interessi contrastanti. Ogi femo un salto de 9000 chilometri per andar a visitar un posto dove i problemi no solo no i xe stai risolti, ma adiritura i se ga tanto incancrenìi che gnanca i otimisti più incalidi vedi una via de uscita. Eco perché l’ultima frase de la mia citazion de prima, la go ciolta come base per le mie osservazioni de ogi. “È una visione che nessuno vorrebbe diventasse realtà”. Gavemo fato un bel salto e semo rivai cussì nel profondo Sud de la Tailandia. Logicamente, vista da lontan, la Tailandia xe la Tailandia. Invesse no! Xe tante Tailandie, una che ga portà ai recenti scontri de Bangkok e che ven dal profondo Nord-Est, zona povera, la più povera de la Tailandia per oggetive ragioni climatiche che influissi dramaticamente su una società ancora prevalentemente agricola. Zona abitada da una etnia diversa (Lao) da quei che se considera Thai puri, ma abastanza simile e assimilada, tanto da no crear assolutamnte problemi de natura etnica, ma solo sociale. Una società tanto povera che xe emblematico el detto “quei dell’Isan (come lori ciama el Nord-Est) i magna duto quel che se movi”. Po’ ghe xe la “opulenta” regione centrale meta de una continua “immigrazione” da dute le altre parti del paese in serca de fortuna. E po’ ghe xe el vero profondo sud. Terèn de incontro e scontro de etnie La città diverse, lingue completamente diverse (anche alfabeti diversi), ma soprattutto religioni diverse e incompatibili. E, oviamente, drio a ste robe xe percorsi storici diversi che a un certo momento, i s’à incontrà e i s’à ingropà. Gropo sora gropo, xe diventà un gropo cussì ingropà che nissun xe bon adesso a trovar el bandolo per molarlo (po’ xe qualchidun che qual bandolo magari no lo vol assolutamente trovar). Pochi mesi fa, l’11-12 dicembre del 2009 se ga tignù, nela Università dove insegnavo, un convegno de storici de le due parti. Un convegno rivà a conclusioni sai interessanti ma che qualchidun no ga volesto publicar ufficialmente o comunque ga sercà de no far conosser al volgo (anca questo ne fa vignir in mente robe che ne riguarda diretamente!!!). Eco la locandina del convegno, rigorosamente scrita in tre lingue (Thai, Yawi e Inglese) come se usa da quele parti de spiegar dove che xe esatamente sta zona. Eco la cartina (foto 3). E cussì vignì a saver che la lingua che se parla de quele parti xe ciamada popolarmente Yawi e se trata de una parlada de tipo malese. Solo che mentre el malese ga cambià la scritura e adopera adesso caratteri latini (rumi, i li ciama lori), el Yawi come dute le parlate locali xe più restà tacà a la tradision e se scrivi ancora in caratteri arabi (con l’agiunta de un per de caratteri novi per rappresentar suoni che no esisti in arabo), come del resto se scriveva fin a tanti ani fa anca el malese e come se continua a scriver anca ogi (assieme al carattere rumi) nel Sultanato de Brunei. Insoma, (eco ancora somiglianze famigliari), fra Yawi e Malese (e Indonesian) xe le stesse diferense che xe fra serbo e croato. Se usa caratteri diversi, qualche parola la cambia, ma sostanzialmente le parlate le xe simili. Ma prima de continuar, saria el caso Se trata delle tre Province (Pattani, Yala e Narathiwat) che se trova proprio al confin con la Malesia. No xe le sole che ga una popolazion mista, xe, poco più a Nord, la provincia de Songhla che però ga una forte magioranza thai e dove i Yawi ga poco de dir e un’altra provincia, Sathun, sempre al confin con la Malesia, ma ad Ovest dei monti e sull’Oceano Indian dove la popolazion la se ga quasi completamente integrà con i Tailandesi, vendo perfin adotà la parlata thai, anca se con qualche particolarità tuta sua. Disemo che el nocciolo de la question al xe e al resta concentrà in quele tre province che go dito prima. E de quele parlaremo. Nei giorni passai, xe sta parlà bastansa dei fati de Bangkok. No sempre esatamente, ma comunque i media se ga interessà, no solo per la otantina de morti e quasi domila feridi de sti giorni, 39 La città ma anca perché el flusso turistico dall’Europa xe sempre notevole, come pure i interessi commerciali dell’Occidente in generale. Nel Sud la situazione xe sai più incancrenida, la dura da oltre sinque ani, i morti ga abondantemente superà el numero de tremila (3000), ste morti le xe stade sai più atroci de quele de Bangkok, ma i turisti che andava de quele parti, jera pochissimi, i interessi commerciali quasi inesistenti e alora …… se parla solo quando i morti se tira su in quantità industriali e dopo …. cala el silenzio più totale. In questi ultimi giorni qualchidun ga invocà a Bangkok anca l’intervento dell’Onu e delle Agenzie per i “diritti dell’uomo” a causa dell’intervento deciso, ma volù da duta la popolasion de Bangkok, per meter fine ai disordini che paralizzava la città. Ben quei stessi che desso protesta e che quella volta (cinque-sei ani fa) i jera al governo, i xe stai protagonisti della più violenta repression, proprio in questo profondo Sud. L’intervento dele “forze dell’ordine” xe sta, alora, cussì violento che per anni e ancora adesso, per quele zone, xe diventà un episodio emblematico. Dunque un saco de gente (jera el 25 otobre del 2004) se veva radunà davanti a un posto de polizia per protestar contro l’aresto ritenù arbitrario de sei persone. Protesta no proprio pacifica nel senso che al massimo xe sta tirade un per de piere, ma che dava fastidio a chi che stava in alto e che voleva meter el bavaglio a duti i movimenti autonomisti del posto. Intervignui con mano pesante, xe sta fermada una otantina de persone, butade per tera, dopo che i ghe veva tirà via camise e maie e ghe xe sta ligà le mani (vedi foto). Qualche video mostra che i vigniva ciapai a piade dai militari. Dopo qualche ora, i li ga carigai su camion, in modo che i stava distirai un sora l’altro, messi in soma come che i fasseva a Isola con le sardine in scatola ne la vecia Arrigoni. I camion xe partidi verso serte caserme dove che i doveva esser detenui, i camion xe anca rivai, ma la otantina de persone I tre tipi etnici abitanti ne la zona: in centro mi a rappresentar i bianchi (pochi ma i xe), a la mia sinistra el tipico tailandese (anche se un poco tropo alto per un thai) e ala mia destra el ragazzo che me fa de autista (tipico malese). 40 (se no sbaglio, jera esatamente 78) le xe rivade cadaveri. L’autopsia ga dito dopo che squasi duti xe morti asfissiai, meno 7 che veva segni de bote, ma anca de proietili. E nissuna Agenzia per i diritti dell’uomo se ga fato avanti, in quela ocasion. Ma quel che xe pegio, xe che el Thaksin, quel che ogi xe el leader in esilio dele “camise rosse” e che ga istigà i disordini recenti de Bangkok, e che quela volta al jera Primo Ministro, al s’à permesso de dir che quei i jera morti de debolezza, dato che i digiunava, perché jera el mese de Ramadan e i Mussulmani da quele parti xe particolarmente ligi al precetto del digiuno. Quela volta anca i nostri giornai europei gaveva parlà, ma l’episodio xe sta presto dismentegà. Ma là no! E massamento dopo massamento i morti ga superà el numero de tremila. E che morti! Tantissimi decapitai, altri sgozzai. Scole brusade, maestri copai mentre i andava (perfin soto scorta) a scola a insegnar. Un maestro adirittura xe sta sgozzà in classe e lassà per tera davanti ai suoi alievi. Militari che salta per aria su mine, altri che ven copadi da bombe messe su motociclette e motorini, fati saltar a distanza con i telefonini. Per un per de ani, anche el colegamento aereo con quela cità ai confini dela Tailandia al jera sta sospeso e adesso, l’aereo xe de novo in servizio (un volo al giorno) ma per andar e vignir in cità da l’aeroporto, bisogna spetar de andar in convoglio con polisia davanti e da drio. Insoma un bel viver! Xe ciaro che el caos xe grando, ma le cause? Sta roba de sicuro no xe nata per el capricio de qualchidun. Magari qualchidun che veva interesse ga impizà la micia, ma in ogni caso la micia, anzi le micie le jera za stade posade. Vemo cause etnicolinguistiche. Nel passà, la zona la jera indipendente (Sultanato di Pattani), poi la jera diventada protettorato La città che ….. “ma prima no jeri voi”, ma i se ferma là no i disi “prima jerimo noi” perché saria una bala. Perché prima no jera né “lori” né “noi”: jera altri. Ma per un che no sa la storia locale, quando el senti “ma prima no jeri voi” al pensa automaticamente a finir la frase con “prima jerimo noi”. Ma no xe cussì. tailandese e quindi con libertà limitada, ma senza perder la sua indentità duta particolare. Più o meno un secolo fa, la Tailandia ga incorporà la zona nel suo stato. I ga semplicemente trasferì el loro modo de vita in quei posti che veva un modo de vita diverso, i lo ga imposto, magari no con la forza de le armi, ma con la forza de la lege e i ga creà un scontento general. I ga portà le scole (prima jera solo scole coraniche) e questo xe un ben, ma la lingua de insegnamento jera e xe ancora el tailandese. Una lingua completamente straniera per lori, gnanca somigliante. E questo continuo subir, ga durà a lungo fin che xe scopià. Qualche volta anca in modo assurdo. Ve conto un episodio che me ga tocado de persona. Go dovesto andar in comun in quela ultima provincia del regno de Tailandia. Vado con el ragazzo che me fa de autista (un del posto), ma che anche me presenta positivamente quando devo andar in posti dove no i me conossi. E questo servi tanto, altrimenti i te vedi subito come un ….. (no volaria meter cossa, ma lo podé imaginar). Xe una impiegata del comun regolarmente col chador che ghe coversi meza facia (afari suoi, me dispiase solo che no podevo vederla perché credo che la jera anca belina). Me rivolgo in thai ……. Come che parlasi al muro! No podevo veder l’espression de la facia, ma comunque dovessi esser stada come quela de un che credi de ver de far con un mentecatto. Alora interven el mio acompagndor, al se rivolgi in Yawi e in poco tempo otegnimo quel che volevimo. Ma el colloquio tra mi e ela xe sempre passà tramite el autista. Desso dovemo dir che se la lavorava in comun, qualche scola la devi ver fato e, dato che le scole in Tailandia, le xe solo in thai, el tailandese, magari mal, ma la doveva conosserlo. Gnanca una parola! Rifiuto totale. Dopo vemo el fator religioso. La zona xe quasi completamente mussulmana, gente anca piutosto fondamentalista, mentre la Tailandia ga una religion de stato che xe el Buddismo. Xe sta costruì qualche tempio buddhista e queso no fa una grinza dato che xe anca buddhisti in quela zona. Ma, quando se riva su de la Malesia (altro stato mussulman), a qualche chilometro dal confin se trovemo davanti un complesso buddhista de una imponenza incredibile. Xe un Buddha altissimo che domina duta la zona (foto) e che fa…boir i Mussulmani, anca quei moderati. Dopo ven anca le interpretazioni storiche. Ognidun risali al periodo che ghe fa più comodo e al se ferma là. L’altro invesse continua e trova Dopo la riunion dei “storici” xe risultà evidente e duti xe d’acordo che bisogna far qualcossa, ma i parti, duti due, da posizioni diverse, magari oposte, e noi riva a una solusion condivisa. Quel che manca nel dibattito sula violenza in quele province xe “la consapevolezza del ruolo che la coscienza storica svolge nella mente dei militanti e della gente nella regione - in particolare l’influenza che la storiografia nazionalista dell’ex sultanato malese di Patani ha giocato nel formare questa coscienza storica”. De una parte se vedi el vecio sultanato de Pattani (che, ripeto, comprendeva dute le tre province, no solo quela de Pattani) in giusta lota per l’indipendenza dal regno de Tailandia, in nome dell’antica indipendenza e importanza, anche culturale. Xe una storiografia che rifletti le storiografie dei stati che jera colonie dele potenze ocidentali, solo che qua la lotta no xe contro una potenza coloniale ocidentale, ma contro lo stato siamese. Da l’altra parte lo stato siamese vedi l’ex Sultanato de Pattani come un stato vassallo del Siam za da circa 700-800 anni, e parti da questo presupposto, come dir al xe sempre sta nostro. I disi anca che el Buddismo xe rivà za nel secondo secolo de la Nostra Era, mentre el Islam, xe rivà solo nel undicesimo secolo, ma i dismentega de dir che quel stato buddista no jera siamese, ma faseva parte del stato indù-buddista de Srivijaya. Per farla curta, ognidun conta una “verità” de parte e fin che no se riva a una vision condivisa, xe poco de sperar che le robe se rimeti a posto. Spero de sbagliar!! Lucio Nalesini 41 La città I RICONOSCIMENTI DELLA CAN DI CAPODISTRIA PER IL 2009 Motivazione Fabiola Prassel La Sig.a Fabiola Prassel è una tenace attivista della Comunità degli Italiani di Crevatini. Ha saputo trasmettere, con sensibilità e amore, alle giovani generazioni le tradizioni locali. Ha tenuto lezioni di cucina tradizionale sia presso la scuola che in Comunità, con “succulente” tavole rotonde di rara delicatezza. La CI Crevatini e la CAN di Capodistria colgono questa occasione per ringraziarla sentitamente per gli insegnamenti, la pazienza e il tempo che ha dedicato in tutti questi anni per il mantenimento delle nostre tradizioni. Con sensibilità e affetto ci ha regalato una testimonianza di generosità e disponibilità delle nostre nonne. Motivazione Giorgio Visintin Giorgio Visintin, nasce da padre italiano e madre slovena a Trieste città, ed ha perciò fin da bambino sensibilità diretta verso i problemi delle minoranze. La famiglia è disagiata, perché il rifiuto della tessera del Fascio precludeva al padre ogni lavoro decente. La situazione si ripete per il giovane diplomato in ragioneria, al quale si offre solo lavoro in nero o lo sgombero delle macerie della guerra. E’ però attivo, fin dagli anni scolastici, in diverse filodrammatiche, e nel novembre 1952, il regista Anton Marti, assistendo a Trieste al “`Miles gloriosus” di Plauto, lo invita a Radio Capodistria. Dopo l’audizione, il capo dei programmi Mario Abram, gli chiede di subentrare come speaker fin dal giorno seguente. Viene ingaggiato inoltre come attore e truccatore dal “Teatro del Popolo” di Capodistria, di cui scriverà anche le cronache. Nel ‘53-’54, nella temperie dell’esodo, diverso personale di lingua italiana viene a mancare, e Visintin intensifica il lavoro, anche redigendo trasmissioni e traducendo dallo sloveno. Tiene corsi di speakeraggio e dizione per voci nuove e, nel 1960 diventa Redattore responsabile della Redazione di politica interna, introduce le prime trasmissioni di contatto con gli ascoltatori, trasmissioni di carattere musicale e turistico, un genere che ha caratterizzato la moderna radiodiffusione. Parallelamente si occupa anche di traduzioni simultanee intervenendo a riunioni e congressi. Dal 1969, con la visita dell’allora presidente italiano Saragat, presta opera di traduttore nel protocollo sloveno, ed è cofondatore dell’Associazione traduttori della Slovenia. Traduce inoltre quattro libri per l’editrice “Madinska Knjiga”. Nonostante gli impegni non trascura il primo amore, la recitazione. Recita infatti in una dozzina di film e produzioni televisive slovene. Partecipa alle prime trasmissioni televisive in italiano, con la celebre “’Costiera” che risulterà essere l’embrione che darà vita, nel 1971, a TV Capodistria. E del Telegiornale di Telecapodistria Giorgio Visintin sarà una delle voci storiche. Nel 1975 diventa redattore film della medesima emittente televisiva. Negli ultimi anni è a capo del Telegiornale, fino al pensionamento nel 1990. Continua però a lavorare a contratto per l’ente radiotelevisivo, cui in pratica ha dedicato una vita. Motivazione Nerone Olivieri Nerone Olivieri nasce a Trieste il 22 marzo 1922 dove termina gli studi. Dal 1938 al 1950 svolge la sua attività fra le città di Tržič e Lubiana. Nell’ottobre del 1950 arriva a Capodistria e si impiega, in qualità di professore di educazione fisica, presso il Ginnasio italiano dove rimarrà fino alla pensione. È maestro di ginnastica anche alla Scuola elementare. In quegli anni ricopre ruoli importanti, all’interno delle Istituzioni sportive locali. È membro della direzione dell’Unione dei Circoli di educazione fisica, referente per l’atletica della Lega Sportiva, membro del Circolo sportivo “Aurora”, del Club nautico “Nautilus”. È un bravissimo insegnante di sci, allenatore di pallacanestro. Molti suoi alunni ricordano con affetto le gite scolastiche sulla neve organizzate dal professor Olivieri. Un vero trascinatore di entusiasmo. A scuola viene anche apprezzato quale coreografo. Il prof. Olivieri era ed è stimato da tutti, insegnanti e alunni, per il suo costante impegno nell’interesse generale della scuola e per aver contribuito in maniera significativa ai bisogni specifici nel campo dell’educazione fisica nelle Scuole della Comunità Nazionale Italiana e non solo, curando e sostenendo questi valori sino ai massimi livelli di competenza Nerone Olivieri, il presidente della CAN di Capodistria Alberto e responsabilità. Scheriani, Fabiola Prassel e Giorgio Visintin. 42 La città Il contributo della CI di Capodistria al Forum Tomizza I poeti Milan Rakovac (ideatore del Forum tomizziano), Aljoša Curavić e Gašper Malej. Il Forum Tomizza ha festeggiato quest’anno l’undicesimo compleanno, in quest’edizione che si è protratta dal 26 al 29 maggio, e che, come ormai tradizione, attraverso simposi, convegni, concorsi rende omaggio ad un grande della cultura transfrontaliera, Fulvio Tomizza. Lo scopo di questi incontri di frontiera è di ribadire e continuare il pensiero tomizziano, ossia che l’incontro tra culture e modi di pensare, attraverso eventi culturali di questo genere, possano dare vita alla costruzione di nuove, comuni identità. Organizzata dalla Biblioteca civica di Umago, da “Primorske novice” di Capodistria e dal Gruppo 85 di Trieste, la manifestazione si è snodata attraverso questo “triangolo” di località e ha preso il via Proprio all’estivo Il cantautore sloveno della Comunità degli Jani Kovačič. Italiani “Santorio Santorio”. Il primo appuntamento della serie è stato quello intitolato “ArtIstra”, con musica, poesia e spettacolo. Protagonisti i poeti Gašper Malej, Milan Rakovac e Aljoša Curavić e i musicisti Jani Kovačič e Patrizia Laquidara. A dare il suo apporto alla serata è stato pure Boris Palčič con il cortometraggio “Breve inno alla patria”. La splendida esibizione della cantante catanese Patrizia Laquidara. 43 La città L’ironia graffiante di »Giro di valzer« In scena il Piccolo Teatro Città di Capodistria Il nuovo teatro cittadino ha ospitato il 24 aprile il lavoro »Giro di valzer«. Diretta da Livio Crevatin per il Piccolo Teatro Città di Capodistria, l’opera è stata suddivisa in cinque sketch, tratti dallo stesso regista, dai testi della nota attrice ed austrice Franca Rame, nonchè dalle connazionali Carla Rotta, Koraljka Leković e Laura Marchig. Importante per la riuscita del lavoro il tema musicale, a ritmo di valzer ovviamente, gli interventi canori di Karina Oganjan e i balletti del New Space ballet. Sullo sfondo sono proiettate immagini che hanno ambientato le scenette in regione e soprattutto a Capodistria. Infine Crevatin ha voluto rivolgere alcuni doverosi ringraziamenti. »Per la realizzazione devo porre in risalto il sostegno finanziario della CAN di Capodistria e della Comunità degli italiani ‘Santorio Santorio’. Importante il contributo che abbiamo avuto dal direttrice del teatro di Capodistria, Katja Pegan, e dall’organizzatore culturale Dragan Klarica. Di grande aiuto ci è stato ancora edoardo Milani, che ha curato l’allestimento tecnico«. G. K. (La Voce del Popolo) Rosanna Bubola (Foto Adriana Crevatin). L’interpretazione dei brani è stata affidata alle attrivi Elena Brumini, Rosanna Bubola, Elke Burd e Paola Bonesi. »Giro di valzer nel nostro gergo significa un cambiamento di rotta, ma in senso positivo« spiega Crevatin. »E’ un percorso letterario per inquadrare la nostra società degli ultimi anni. Nella prima scena, ad esempio, si rivivono, con gli occhi di una ragazza, gli anni dei viaggi in Italia per fare shopping e lo stress della dogana ai confini. Quindi si parla del modello d’eleganza imposto a una donna più matura che non accetta di essere fuori dai canoni previsti. Più impegnato, dal punto di vista sociale, il testo incentrato sul dramma della violenza contro le donne. Franca Rame invece ha fornito lo spunto per parlare delle vicende di una persona che affronta interventi di chirurgia plastica per rimanere giovane e piacente, nonchè la vita di un casellante con le difficoltà e i contrasti di una donna che lavora«. Elke Burul 44 Il regista Livio Crevatin (Foto Cernaz). Paola Bonesi La città Vsakdan v ritmu valčka Gledališče Piccolo teatro città iz Kopra uprizorilo iskriv glasbeno scenski kolaž Kulturna in umetniška dejavnost pripadnikov italijanske skupnosti širšemu občinstvu včasih ostaja manj znana. In vendar bogata in razvejana neguje številne zvrsti: od literature, glasbe, likovne umetnosti in plesa do gledališča, pomembno pa v večkulturni istrski prostor prispeva z domoznanskimi in tradicijskimi vsebinami. Elena Brumini (Foto Katonar). Pred kratkim se je v Kopru predstavilo že nekaj časa delujoče gledališče Piccolo teatro città di Capodistria (Malo koprsko metno gledališče), ki je pod vodstvom režiserja Livia Crevatina na ogled postavilo duhovito gledališko-plesno in glasbeno sestavljanko z naslovom Giro di valzer (Plesni obrat). Dramaturški skelet je režiser sestavil iz fragmentov dramskih pisateljic iz Istre in Reke: Laure Marchig, Kenke Lekovich in Carle Rotta, zajel pa je tudi iz opusa velike igralke in dramatičarke France Rame. Protagonistke drobnih, na videz nepomembnih vsakdanjih življenskih situacij so – ženske. Skozi otroške spomine na prehajanje nekdanje meje na Škofijah v humorni interpretaciji Elene Bruminim prek na rob družbe izrinjene postajne načelnice, ki na bizaren način odslikava stanje na (samo?) italijanskih železnicah, izvrstne Rosanne Bubola, do čustvene introspekcije prefinjene Elke Burul in ironičnega posmeha imperativa večno mladostnega videza in posledicam plastičnih operacij v duhoviti izvedbi Paole Bonesi, je režiser v uri intenzivnega dogajanja na odru stkal gosto, a lahko berljivo tkivo malih človeških usod. V trenutku, ko bi zgodbe lahko postale grenke (kar tudi so), jih predstava razstrupi: na odru se kot vezni člen pojavijo tržaška pevka Elena Centrone in plesalci skupine New Space ballet iz Vidma. S projekcijo istrskih mest v ozadju in v ritmu blagoglasnega dunajskega valčka družbenokritični monologi junakinj ne izgubijo robov, nasprotno, lahkoten okvir najihovo sporočilo le še poudarja. Predstava, ob kateri se od srca nasmeješ, imaš pa tudi o čem premišljevati. Irena Urbič (Primorske Novice) I ballerini della compagnia New Space ballet (Foto Katonar). 45 La città Un paolan finì in Piemonte Intervista con Ermanno Zago, per i capodistriani Mani Galinàssa All’ultima festa della Semedella abbiamo rivisto con piacere Ermanno Zago, capodistriano residente da anni ad Alba, in Piemonte. Di famiglia paolana, Mani è emigrato subito dopo la guerra in cerca di miglior fortuna, lasciando qui i genitori. Veniva a trovare spesso il padre Antonio e la mamma Filomena, passando anche in Comunità. L’incontro di aprile è stato un’occasione per fare una chiacchierata. Mani, ma lei in che anno è nato? Mi son nato del ‘22 in Cale San Tomaso, propio sula cima, rende de Santa Chiara. Mio nono Bortolo gaveva tre fioi, un xe tornà dala guera xe morto sai presto dai patimenti. Mio papà ga fato anca la guera soto l’Austria. Iera un paolan? Paolan iera. Nono ne ga lassà un toco de tera in Campo Màrso. Anca dopo che i ga fato la Tomos i ghe ga lassà una strissieta de campagna. Gavevimo una bela zornada de tera che iera refosco e patate per far la polenta per tuto l’ano. In Calle San Tommaso c’è una chiesetta. Vigniva tanto adobada a Pasqua coi vasi, co’ la biada… sà che la biada fa subito verde. I te preparava dele cassete bele, dopo sto crocifisso, la setimana di passione. La ceseta de San Tomà noi ciamemo. Quei anni che vegniva la neve noi andavimo sbrissar… E suo papà come se ciamava? Ermanno Zago col figlio Italo all'ultima festa della Semedella. 46 Antonio Zago detto Toni Galinassa. A iera sai bravo per far incalmi, innesti. Se ti ti guardi quei pini marittimi che xe soto l’ex monumento a Sauro, el giardino…quei che xe bei storti…quei ga piantà mio pare. Nel ‘36 iera l’ingegner Maier, el papà de Bruno famoso critico leterario. Mi andavo a scola co’ Bruno, e alora un giorno a me dise ‘Mio pare ga bisogno de tu pare’; perchè quando che iera de inpiantar alberi a Capodistria, iera Tonin, mio pare. Che scolaro era Bruno Maier? Ecelente a iera. Un bravo ragasso. Mi prima de andar a scola passavo de lu in Cale Eugenia a ciorlo. Ha fratelli o sorelle? Gavevo un gemel che xe morto de picio. Ancora quando ierimo a Valdoltra, mio papà iera un periodo el fattore del cortivo dei Manzini, un cortivo grandioso. Vevimo la casa, tuto l’ocorente. E De Manzini iera sindaco, podestà quela volta i ciamava. A alora lu ga proposto mio papà con contratti scritti come se devi: se dà tanto de paga, a ga dirito a tanti polastri, tanta late, tanti ovi…e a Pasqua tante pinze. Iera gente onestissima. E gaveva ogni mese lui di paga un centone, cento lire. In che anni? Mi te parlo ‘25-’26. Per mio papà iera un lavor, iera contento. Semo stai un do tre anni, perchè dopo go perso el fradel a Valdoltra e mia mama no ga volesto saverghene de restar là. Iero picio ma me ricordo che vigniva anche sti fioi del paron sù, che me ga dà – che no gavevo nissun ricordo de mio fradel – questo sior, una volta go vudo bisogno de andar al Consorsio agrario de Trieste, che iera un inverno rigido; mi dovevo proveder dele patate per la mensa e alora vado là, mi solo go verto boca »Ma la scusi – a me dir – lei la xe capodistrian«; e questo iera Giulio Manzini. Lu iera diretor del Consorsio agrario in Via Milano. Lu ga capì la mia parlada; sà che ‘l triestin stona no? E sto Giulio a me fa, mi dice »Senti, mi go un ricordo e te lo devo dar. Ven domani, te dago«. E me ga dà una picola fotografia che semo mi e mio fradel, sentai s’un scagneto fora la stala dove tigniva le vache el paron. Me xe dificile imaginar che tante case a Capodistria veva la sua stala… Ma vara se ti vadi in bassa Italia, presenpio mi iero militar a Bari, son andà in ostaria e iera connessa anca la stala, col muss. Iera ragioni di lavoro, di povertà, de tante robe. Adesso sarà cambià anche là, ma iera cossì. La città Armente no se tigniva, solo mussi qua in città. Xe vero? Sì, sì. Ma i manzi iera quei che doveva lavorar, tirar l’aratro, e portar le legne a Capodistria per i nostri fornitori. Quando che vigniva i cici famosi a portar i pomi e la carbonela… Le donne dei villaggi venivano in città. Come le ricorda? Le portava late prima roba, le fasseva el giro co la marmitta de late. La marmitta coi manegheti iera più granda del sbrufador. Le vigniva con do marmite, 40 litri circa. E gaveva le familie za come clienti per portarghe late freschissimo. E oneste le iera. E dopo le vigniva a vender i corneti de pan consà, in Ponte. Cos’è il pan consà? Xe messo pan e oio d’oliva, e un poco de sucaro per darghe un poco de grazia a sto pan. Quel pan vigniva fato per Nadal. E anca quando che iera qualche fiera, dele vendemmie, le vigniva zo tute ste done e le vendeva el corneto a 50 centesimi. Pensa che iera gente che vigniva zo dal monte de Maresego, ala matina presto lassava el caval ala Muda. A casa del papà de Carleto Pečarič - ti lo conossevi el dentista? - i gaveva el stalagio, e dopo ste done le andava a Trieste a vender late. E le tornava verso la una, una e meza, le andava magnar de Fontanot in Ponte che noi ciamavimo i Balcàni; e le andava a magnarse un brodo, quel che iera. Magari calchiduna ghe piaseva anca inciucarse, perchè dopo iera el muss che le portava a casa. La montava sora e ‘l musseto saveva tornar a casa. Mi parla un po’ dei paolani? La giornada se inissiava ai albori, lori doveva za esser in campo. I andava via de casa col scuro pensando che de là mesa ora sarà giorno. De inverno so che i se alsava ale cinque e meza anca. I preparava el careto, el musseto, quel che i gaveva e i andava in campagna. Là i veva tuti la caseta, un…rifugetto, no solo per tignir i atressi, ma anca per tignir el musseto. ‘Co’ ti staghi là, ven in caseta!’ me sigava mio pare quando che pioveva. Ci si incontrava fra paolani in campagna? Se se incontrava, e qualche rara volta anca qualche marendina. Ma no tuti. Iera anche qualche rivalità…e alora quei no i se parlava, i se ignorava. E il pranzo? El pranso ghe lo portava la molie sula sèsta, col bossolà in testa. Ste done…le te portava la cesta anca per diese omini, qualchidun gaveva anca dieci omini a giornada… perchè no iera come che xe ‘desso i aratri. Caminando le vigniva, caminando le tornava in cità. Noi in campagna vevimo una botisela de vin, ne vegniva un po’ de polenta. E cossa ghe portava de magnar ste done? Generalmente minestra, pasta e fasoi. Si tornava a casa? Ala sera, sul scuro. Dopo ver fato duti i lavori, sapàr, podar le vide… E le donne? La dona stava a casa, fasseva la lìssia, preparar ste minestre, tignir i fioi…qualcheduna iera anca volonterosa, la andava iutar in campagna. Una vita pesantina…adesso xe le lavatrici, xe tuto. Fino a dove uscivano i paolani? Ma tuto qua ‘torno: Semedela, Barban, Seredel, Copòle, el rato de Santa Margherita, Carbonar, Pastoran, Bossamarin, San Tomà - là vissin Prade, in Pradissiol, Cansàn, Triban, Perariol; Triban propio ieri semo andai curiosar che mio fio voleva veder dove gaveva el nono; noi gavevimo una volta un toco de campagna in afito del marchese Gravisi. In Triban iera una bona vale per fruti. E mio papà…la fioritura, i fruti iera la sua vita, lu saveva tirarli su. Un ano xe vignuda ‘na iassàda, ma la colina ga proteto, ga riparà la campagna. Quel anno là mio papà ga portà in casa un’entrada de 25 mile lire solo de persighi! Con quei soldi gavemo messo a posto el colmo dela casa in Cale San Giustino, dove stavimo dopo. Ma anca la cortisèla, la stala pe ‘l musseto. Un poche de strasse, pesanti scarpe che ghe serviva a papà per andar in campagna. Quela volta andavi a scola in Santa Chiara. E fevimo ginastica nela cesa de San Francesco. Quela volta iera severi i maestri de ginastica. Se no ti savevi andar su, far le pertiche, a te dava dei colpi da drio… per farte sveiar. I maestri una volta i veva ancora i regolamenti, i se veva diplomà soto l’Austria. E là no ti vegnivi fora se no ti savevi almeno sonar l’armonio. Che rapporto c’era tra nobili e paolani? I se tigniva separadi, ma da persone educate, le gaveva rispeto per el paolan. Diseva bongiorno e se tirava anche zo el capel, per dir. Ma niente confidenza. Iera i Totto, i Gravisi, i Nobile, i se tegniva in qualche modo separadi de noi perchè…per dir…chi andava in Loggia? Bastava un’ociada e no ti gavevi voia de avicinarte. Iera monopolio dei siori. Ga dovesto terminar la guera per andar in Logia. El Montaron de San Tomaso. 47 La città Ben, ma tanto iera altre bone ostarie? Iera là de Rampin, ti magnavi la meza de bacalà magari, la tripeta…vigniva anca i contadini fora de campagna. Lori i andava a far marenda co i vigniva le commissioni in città per comprar la tela per far le mudande o per far el tarlìs, tuti quanti i vegniva. Gaveva bon nome le ostarie de Capodistria, ghe ne iera tante…de Pessifrito, Bescàn, al albergo de Tomasin…là ga vissù un scritor inglese, quel che ga fato scuola a Pier Antonio Quarantotti Gambini; e lu gaveva la stanza qua de Tomasin, tuto solitario andava per Capodistria, andava in Logia. E il rapporto tra paolani e pescatori? Niente, quasi nulli. I più poveri a Capodistria iera propio i pescadori. El suo regno iera Bossedraga. No ti vedevi mai un pescador in piassa. Chi dominava la piassa iera i siori o i paolani. Invesse i nostri contadini qua del vicinato, la Piassa Daponte. Lori i vigniva là per vender dopo i comprava de Pizzarello all’ingrosso. I cici i comprava tanta conserva, bacalà…perchè dopo i andava in montagna, chi li vedeva più? La gente de fora, parlava con voi in italian? Sì, tuti. Perchè per principio iera questo el fatto, quando nasseva un fio sloven, el papà a un dato momento ghe diseva »Fio ti ti devi parlar talian, perchè doman se ti andarà a lavorar a Capodistria o Trieste ti sarà a posto«. E alora i ghe imparava a parlar anca el veneto, magari co la cadenza slava ma comunque ti capivi ben. E voi no savevi niente per sloven? Uno scorcio di Calle dei ciottoli, ex calle S. Giustino. 48 E noi no, solo qualche parola…Hvala lepa, Dober dan, mleko…perchè a scola iera proibido per noi. Quando che son andà mi nei Balcani in guera, el primo lavoro i me ga dà el dizionario ridoto dela lingua slovena…perchè el soldà se sapi regolar »Imate questo, imate quel altro…«. A parte che a Cataro i veva tante parole venete. De che anno la iera a Cattaro? Del ‘43. Tornemo ai Zago paolani. Come nasce il soprannome Galinassa? Nassi che sto famoso Zago passava per la Muda, co ‘l s’ciopeto andava a cacia. »E indove andè Bortolo?«, mio nono ghe dir »Ma, vado a galinasse…« saria le gallinelle, quele de fiume, in italian. E dopo ghe xe restà apiopà Galinàssa. E dopo xe andà avanti tuto el ceppo. Si cantava da voi a casa? Per parte de mia mama, Pichena (Riccobon, ndr), iera tuti canterini. Papà iera stonà come ‘na campana, ma mi ghe dimandavo l’istesso »Cantime una canson papà« prima de andar dormir, no? E sula melodia del Tram de Opcina el tacava »E pulisi e pedoci e bacoli crepai, salti de simmia e gobi inamorai, i ga sposà la sgiònfa che no iera più stagion, e ‘l gobo la ga ciolta ghe ga brusà el paiòn. Bim be bom!«. Ma iera sa cantori a Capodistria, anca mio zio Mario, sonava la chitara, quando che ‘l cantava Catarì (classico napoletano, ndr), lu ‘ndava in brodo de giuggiole, perchè iera la sua canzon. In Piassal de Bartoli iera el torcio de Zago. Iera sui parenti? No. Iera un altro Zago. I veva un torcio nela Cale dove che iera Skok, el fabro. Prima de Rampin, in Cale dei careri iera el torcio. Ma Zago ghe ne iera tante fameie qua a Capodistria. Dove giocava da piccolo? Prima roba qua soldi no iera, gnanca vizi no iera per fioi. Mi i zogatoli me li fassevo. Monopatini, careti, pupoloti. Col monopatino mi andavo fina Scofie, dove xe el bloco adesso. Se no fassevo el careto co’ quatro cuscinetti a sfera. Iera con mi un Scher detto Zaròba, perchè i veva la mania de domandar »Come xe Piero? Xe qualcossa?«, »Sì, xe za roba« xe za quei fruti che riva, no? Iera quei là, dopo iera i Caretòni, cioè i Minca. Careton iera perchè quando iera soto militar, i fasseva do anni soto l’Austria, e quando che xe andà a militar i ghe ga consegnà un bel caval, el fasseva el trasportatore, e ‘l gaveva un caro grande. »Coss’ti fassi soto la naja?« »Porto un caretòn!«. E de là i ghe ga dito Careton e ala fameia i Caretoni. Po’ iera i Albeti (Lonzar,ndr), i gaveva un fio Nevio, bravissimo, partigian che xe morto in tempo de combatimento coi tedeschi. A iera giornalista, lu se interessava de tuto, a scriveva sula Gazeta delo sport de Milàn, e tuti i particolari de ste squadrete fortisine che iera in Istria o Trieste, lu gaveva l’incarico là. A gaveva za lavor. Perchè no ti savevi che pessi pigliar co vegniva sti tedeschi. Mi son sta fortunà. La città Son tornà dal militar l’8 setembre iero za in Piemonte, rimpatrià dal Montenegro. Beata l’ora che semo tornai, perchè za capivimo che la guera va finir mal. Noi gavimo ‘Radio gavetta’, ciamaimo; i telefoni da campo ne serviva per gaver notissie. Poi, tornato a casa? E dopo torno a casa, prima roba riva i slavi, no? E dopo i ga fato quel che iera, carnaval. Ga molà le presòn, va fora manigoldi e no manigoldi, perchè no xe che i ga vardà. Dentro iera anca gente che ga mazà. Ghe ne iera un in particolare, un genovese, che ga mazà el garzon de botega e ga ocultà el cadavere scondendolo in un toco de muro, soto la malta. Ieri due fradei Skok, Scocchi, qua a Capodistria. Un faseva el fabbro, l’altro el sellaio e là lavoravo mi. Vevo un paron molto bravo, che se pol dir che divideimo el bocon assieme. I paolani se fasseva far roba bela, tutta in pelle. Cosa si faceva dal sellaio? Preparar tuti i finimenti de un caval. El comato, le briglie, el schenal e tuto l’ocorente a secondo de come el cliente iera disposto a spender. Quando sei andato via da Capodistria? Nel 1946. Perchè così presto? No iera lavor. In selleria no iera material, niente. Miseria nera. Mulo de 22 ani, me son ciapà…Trieste e Gorizia. A Gorizia m’ò sposà. Ma la xe andà via da solo o coi genitori? Solo. I genitori no voleva. »Restemo qua, semo veci«…a 50 anni, pensa, i se dichiarava veci! »Vemo la casa, vemo la campagna e dove andaremo in zerca pel mondo?« diseva. Papà, Antonio, xe morto qua nel ‘70 in Cale dei ciotoli, ex San Giustino. Mama, Filomena, se ga trasferì in Kidričeva, zo per porto, e là xe morta del ‘94. La ‘veva 96 anni. Il Piazzale Kosovel (ex Bartoli e Ognissanti) in un'immagine d'inizio '900. Un inquilino della vicina Calle delle cooperative. 49 La città Semedella 2010 Quest’anno la S. Messa e il ritrovo tradizionale presso la Chiesetta di Semedella hanno avuto un ulteriore significato celebrativo, che si collega alla ricorrenza del duecentesimo anniversario della morte dell’ultimo Vescovo capodistriano Bonifacio da Ponte. Oltre a promuovere le consuete iniziative legate al momento votivo, la Comunità degli Italiani “Santorio Santorio” di Capodistria ha inteso rivolgere un doveroso omaggio nei confronti di una personalità di spicco della storia cittadina, qual è stato il Vescovo Bonifacio. Si è scelto pertanto di celebrare tale evento in concomitanza con la popolare ricorrenza della Semedella, nella cui Chiesa ha trovato sepoltura lo stesso vescovo capodistriano. Nell’occasione la Comunità degli Italiani ha stampato una cartolina commemorativa con l’effige del vescovo Bonifacio, affrancata per l’occasione con un francobollo celebrativo emesso appositamente su nostra commissione dalla posta slovena. L’ultima epidemia di peste diffusasi a Capodistria tra il 1630 e il 1631 provocò la morte di ben 1.927 persone, lasciando nel lutto e nella costernazione la popolazione rimasta, stremata dal terribile morbo. Ben 1.831 salme furono seppellite a Semedella, nello spiazzo di terreno nei pressi del quale oggi è eretta la chiesa. Mosso dallo spirito di sentimento religioso e di riconoscenza per la cessazione della pestilenza, il Nobile Consiglio della città di Capodistria decise di erigere un altare votivo nel Duomo, la cui esecuzione fu sospesa per difetto di spazio nella Cattedrale e in seguito alla sopraggiunta morte dello scalpellino incaricato. Nel 1639 il Consiglio cittadino decise di erigere una chiesa in sostituzione del nominato altare, da costruirsi sullo stesso fondo di Semedella nel Il vescovo Bonifacio da Ponte 50 quale vennero seppellite le salme dei decessi provocati dall’ultima pestilenza, dedicandola alla Beatissima Vergine delle Grazie. L’impresa fu affidata a Niccolò Carpaccio per i lavori in muratura e a Pietro Isdrael per quelli in carpenteria. La pietra lavorata, proveniente dalle cave di Rovigno, venne fornita dagli scalpellini Stefano e Girolamo Torre di Pirano. La pala d’altare, raffigurante la B. Vergine al cospetto della SS. Trinità orante per la cessazione dell’epidemia pestilenziale, fu commissionata al pittore Guidotto Guidotti di Venezia. Le spese per l’esecuzione della Chiesa di Semedella furono sostenute dal Comune e da privati. La nuova Chiesa venne alfine benedetta solennemente dal Vescovo Pietro Morari, assistito dal clero e dal popolo, il 24 aprile 1640, ed il Santo padre Urbano VIII concedette indulgenza plenaria il giorno della ricorrenza. Per suffragare le anime dei decessi furono celebrate pompose esequie, e fu assunto l’obbligo di recarsi in processione annualmente nel giorno festivo dell’Immacolata concezione della B. Vergine Maria alla chiesa dei Minori Conventuali di S. Francesco (soppressa nel 1806), e di visitare la Chiesa di Semedella nella domenica dopo l’ottava di Pasqua. La Chiesa di Semedella, vista la notevole affluenza dei devoti, venne ulteriormente ampliata nel 1855 assumendo l’attuale impianto a forma di croce latina, grazie a una donazione della Sig.ra Maria Favento vedova Cargnel in Volpi, che a sue spese finanziò la costruzione di due cappelle laterali. Nella cappella a sinistra di chi entra in Chiesa è collocata la pala d’altare del pittore capodistriano La città Bartolomeo Gianelli del 1856, rappresentante il vescovo Bonifacio nell’atto di conferire il sacramento della Cresima. Le grazie ottenute dai fedeli per intercessione della B. Vergine delle grazie di Semedella erano testimoniate, nella stessa cappella, da svariati ex-voto, di cui rimangono pochi oggetti e dipinti votivi. Il vescovo Bonifacio da Ponte Nella cappella a destra si trova il sarcofago di marmo istriano proveniente dalle cave di Grisignana, contenente le spoglie mortali del Vescovo Bonifacio da Ponte. Monaco benedettino della congregazione dei Camaldolesi, dopo aver lodevolmente occupato le cariche più distinte del suo ordine, il 15 luglio 1776 fu nominato Vescovo della diocesi di Capodistria dal Sommo Pontefice Pio VI. Uomo dotto e pio, modello di virtù cristiane e pastorali confacenti al periodo e al Suo alto incarico, si distinse per zelo apostolico, opere filantropiche, donazioni, riforme e iniziative. Nel 1789 convocò un sinodo diocesano, pubblicato l’anno seguente, che gli valse il plauso di molti distinti personaggi del tempo, e perfino dello stesso Pontefice in forma di breve diretta al Vescovo da Ponte (29 settembre 1780, Roma). Ampliò il Seminario, attiguo all’odierno palazzo vescovile di Capodistria, che reca tuttora lo stemma col blasone vescovile del da Ponte. Il vescovo da Ponte visse in un periodo di grandi mutamenti storici, e fu testimone degli episodi che sconvolsero Capodistria alla caduta della Repubblica di Venezia (1797). Morì da tutti compianto il 6 gennaio 1810, a causa di una malattia che lo colse per il freddo patito sedendo in cattedra alla Messa cantata di Capodanno. Le esequie solenni richiamarono una folta massa di popolo, che accompagnò le spoglie mortali del compianto Vescovo dal Duomo all’estrema dimora. Il feretro venne deposto nella Chiesa di Semedella, dove fu successivamente collocata una lapide che ne ricorda le virtù e i meriti. A Monsignor Bonifacio da Ponte toccò in sorte di essere l’ultimo Vescovo della storica diocesi giustinopolitana. Nominati nel frattempo dei Vicari capitolari in Sede Vacante, nel 1818 Sua Maestà Francesco I propose alla S. Sede una nuova divisione delle diocesi esistenti delle provincie un tempo soggette al governo di Venezia. In seguito fu decretata la soppressione del vescovato di Capodistria, e l’unione della diocesi a quella di Trieste. L’Imperatore, con sovrana risoluzione del 20 luglio 1826, stabilì che la Chiesa di Capodistria fosse Concattedrale con quella di Trieste, ed il Sommo Pontefice Leone XII nel 1828 emanò la bolla di circoscrizione della Provincia Dalmata e dell’Istria. Terminava così, con Bonifacio da Ponte, una successione vescovile perdurata nei secoli, la quale venne ripristinata soltanto in tempi recenti con l’istituzione della nuova diocesi capodistriana. l Coro dei Fedeli fiumani. 51 La città Repertorio italiano di corrispondenza alle voci dialettali capodistriane Tratto dall’appendice al Dizionario storico fraseologico etimologico del dialetto di Capodistria di Giulio Manzini O Oberare – caregàr Oberato – càrego Obiettivo – mira Obliquo – sbiégo Obolo – limòsina Occhiaia (livido) – calamàr Occhialone (pesce) – ociàda Occhiata – ociada Occhieggiare – cucar Occhiello – ocel, asola, buseta, sacola, recela, (mar.) radància, brancarela Occhiolino – (fare l’o.) schissar de ocio Occidente – ponente Occludere – stropàr Occorrere – ‘corer Occultare – sconder Occupare – ciapar, tignir Occupazione – lavor Oculato – ‘tento Odierno – de ogi Odorare – nasar Officina – botega, fusìna Offuscare – intorbiar Oggetto – roba Oggi – ogi, ancò, ancùo Ogni – oni Ognuno – onidun Oleoso – onto Oliare – onser, ontolar Oliva – uliva Olivo (veg.) – ulivo, olivèr Oltre – oltra, passa Ombelico – buligo Ombra – ónbra, onbrìa, ónbrego Ombrello – lonbrela, onbrela Ombrina (itt.) – corbèl Ombrinale (mar.) bornal, manichela Omento – radisel Omettere – lassar fora Omiciattolo – cassabobolo Omonimo (di pers.) – zénso Ondeggiamento – mareta, gaiòla Ondeggiare – rolar; ondisàr Ondulare – ingrespar, mover Onomastico – festa Onoreficenza – medaja Opaco – scuro Operaio – lavorente Operare – far, laoràr Opinare – creder Opinione – ‘pinion Opporre – meter contra 52 Opportuno – bon, justo Oppresso – calcagnà, sofegà Opprimere – calcàr, strenzer Opuscolo – libreto Ora (avv.) – ‘desso Oramai – zoramai Orata (itt.) – orada Oratoria – ciàcola, sbàtola Orbettino (rettile) – orbisìn Orcio – vaso, pila Ordigno – ordegno Ordinare – meter in sesto; comandar Orecchia – recia Orecchino – re(n)cìn, bùcola Orecchioni – mal de moltòn Organismo – parécio Organizzare – preparar Oriente – levante Origine – nassita; cavo, cao Origliare – scoltar Origliatore – reciòn Orina – piss Orinale – bucal Orlare – incordelar, bordar Orlo – oro, sojèr, (mar.) cao de banda Orma – pedega Ormeggiare – armisar Ormeggio – armiso Ornare – bordar, infiorar Orologiaio – rolojèr Orologio – rolojo, relojo Orrendo – bruto che fa paura Orsù – sù, àle, ìssa Orticoltore – ortolàn Orzaiolo – risiol, orzo, orzariol Osare – ris’ciar Oscenità – stomeghesso Oscillare – dindolar, zinzolar Oscurare – scurìr Oscurità – scuro Ospitare – ricever Osservare – vardar, lumar, cucar Ossidare – inrusinìr Ostacolare – intrigar, vogar sul remo Oste – osto Osteria – ostaria Ostetrica – comare Ostinarsi – tignir duro Ostricaio – ostreghera Otite – mal de rece Ottemperare – scoltàr Ottenere – ciapàr Ottimo – ‘ssai bon Ovatta – bonbàso Ovest – ponente Ovino – piegora, càvera La città Il quadro di Bartolomeo Gianelli Rappresenta San Bonifacio o il vescovo Bonifacio Da Ponte? Ne parla in un gustoso articolo sul periodico La Provincia (1.6.1882, pag. 86-88) il critico d’arte Paolo Tedeschi. Ne riportiamo le parti più significative. San Bonifazio in Semedella Venticinque anni circa or sono, in un bel giorno di Maggio sul colle di Semedella e sul prato dinnanzi alla chiesuola, osservavasi di buon mattino un insolito via vai. (…Segue una descrizione con tanto di poesia della festa di Semedella, ndr…). La festa popolare della seconda domenica dopo la Pasqua l’umile chiesuola vedevasi ampliata ed abbellita con due nuove cappelle: di qua la tomba di Bonifazio Da Ponte ultimo vescovo di Capodistria, pio e dotto prelato, e certo anche di squisito sentire, se volle essere sepolto in così poetico recesso; di là un nuovo altare dedicato al protettore del vescovo, a San Bonifazio apostolo della Germania. E tutto questo perchè? E chi fu il munifico donatore che si sobbarcò alla spesa? Adagio cogli entusiasmi. Il pio mecenate, l’anima santa fu una signora offesa alquanto nel nomine patris: l’opera munifica è effetto delle allucinazioni e degli isterismi di una donna. Carte in tavola subito. Fra i matti che gettano giù le chiese, e i matti che ne fabbricano di nuove, io sto coi secondi. Ed ora sen’altro entriamo nello studio di un pittore. (…Segue una descrizione dello studio del pittore capodistriano Bartolomeo Gianelli, ndr…). che danno in teatro…lei le sa queste cose… – Nella Sonnambula? – Bravo! – Che spavento! – Niente affatto. Era lui, proprio lui, quel caro e santo uomo in mitra e piviale, e con tanto di pastorale. – Anche col pastorale! – Già, e mi si avvicina pian piano, sorride, mi prende pel ganascino, mi dà un buffetto e mi sussurra all’orecchio: Sorella mia, vab ene la tomba, ma ci vorrebbe anche un po’ di scarabocchio, un altarino di riscontro. Or dunque, apri bene gli orecchi e ascolta quello che io dirò. Va dal mio diletto figliuolo, il santo e pudico pittore Bortolo, e digli che mi faccia lo scarabocchio. – Ha detto proprio scarabocchio? – Sicuramente, non m’interrompa. E digli che dipinga in atto di ricevere sotto la mia protezione la signora F… padrona dei mulini del Risano. Ha sentito? Ecco quello che deve fare e subito. – Va benissimo, sarà servita. – E mi raccomando lo faccia proprio lui, tale quale sputato come sul ritratto, e col pastorale. Un bel giorno fu bussato all’uscio dello studio del nostro pittore. – Chi è? avanti. Una Signora! Il pittore, sempre cavaliere, ma vedendo con chi avea a fare, con un certo suo moto, alzando il capo, e con un sorriso ironico, impercettibile, presentandole una sedia: Si accomodi, dice, qual buon vento l’ha portata a me? – È per l’affare…l’affare del vescovo, risponde la signora, stralunando gli occhi. – Adunque questo vescovo…persiste… – Altro che persistere! Ma non lo sa? è un affare deciso. – Già, già, me lo ha detto. Le sue ossa non devono più riposare sotto il pavimento della chiesa, ma in una bella urna… – Di marmo – S’intende, e in apposita cappella. – Ma non è tutto. Monsignore vuole anche l’altare, e vuol essere dipinto, e perciò sono venuta da lei. Il pittore becca l’amo; ed escalama: Da me! – Certo, e chi meglio potrebbe dipingerlo di lei, che è tanto bravo? Ma prima di tutto stia a sentire come mi è apparso l’altra notte. Io dormiva profondamente, quando mi sono svegliata di botto per un certo strepito nel mulino. Apro gli occhi, e vedo una figura che veniva giù dal tetto sopra le ruote lungo la doccia proprio come in un’opera La tomba del vescovo Bonifacio Da Ponte nella chiesa di Semedella. 53 La città apostolo della Germania, Inghilterra e luoghi annessi, nella cappella di Semedella, con quella donna pietosa prostrata a suoi piedi, e tutto quel mercato di pie donne e chierici e preti intorno, potrebbe anche ricamarci sopra chi sa che storia dell’Istria evangelizzata dai Germani, e che simboli d’antica sudditanza delle chiese istriane a qualche metropolitana di colassù, convalidando l’asserto con lo studio delle teste studiate dal vero, e che presentano moltissimi punti di contatto e somiglianze marcatissime, con l’angolo facciale dei Lapponi e degli Anglo-sassoni ecc. ecc. »No no, egregio signore, gli dichiamo fin d’ora; il vostro San Bonifazio c’entra qui proprio come il cavolo a merenda, anzi, per dirla con frase più conveniente come i dialoghi di Platone tradotti dal Bonghi con la biblioteca circolante dell’ospitale dei matti. E quelle facce di Chierici, dall’angolo facciale, come sopra, sono proprio, come vi siete ben apposto copiate dal vero; solo che, se potessero parlare, risponderebbero tutti in coro che si chiamano Barba Toni, Barba Nane, Barba Nazario, e furono quasi tutti amici del pittore, buon temponi, ed usi a reggere ben altri candelieri«. Gli aneddoti, diceva quel tale, sono la moneta spicciola della storia; per questa volta abbiatevi il mio soldo. P. T. Succedettero altre pratiche, altri preliminari e la conclusionesi fu che l’amico Bortolo s’incaricò di fare il quadro che tuttora si vede in Semedella. Conveniva però abbujare la cosa e trov modo di concliare le convenienze liturgiche e il decoro con le allucinazioni di una povera donna. Oh! I casuisti che cosa non sanno fare i casuisti? Buona gente in fondo, e destri nel dare un colpo al cerchio ed uno alla botte. Tutto sommato, visto e considerato che san Bonifazio è proprio un santo da baldacchino, che il vescovo Da Ponte si chiamava Bonifazio, e che era quindi sotto la protezione di quell’altro, fu conchiuso e decretato potersi benissimo innalzare un altare in onore di San Bonifazio, apostolo della Germania: padronissima l’altra di credere quel che più le piaceva. Il fatto è vero, ed ion on ci metto nè sale nè pepe. Ecco la storia genuina dell’ampliamento della chisuola; ecco come San Bonifazio ha fatto il suo solenne ingresso a Semedella; ecco perchè il vescovo Bonifazio Da Ponte, prima sepolto sotto un umile sasso davanti all’altare, s’ebbe l’urna sopra terra nella cappellina a destra, di riscontro all’altare di san Bonifazio. E tutto questo dirà taluno, che ha da far con la storia? È con queste bazzecole che volete trattanere in tempi seri il rispettabile pubblico? Abbiano pazienza, chè siamo alla morale. Non si sa mai, a questo mondo ne succedono tanti di casi. Poniamo, da qui a due trecento anni potrebbe anche accadere che qualche gran baccalare della scienza, calato dai monti, venisse a fare un viaggio in Istria, e in cerca di documenti e per istudiare la fisionomia del paese facesse una visitina in fretta in fretta anche in Semedella. Ne hanno sballate i viaggiatori sul conto di questa povera Istria! (Vedi Yriarte ecc. ecc.) Adunque il sopra lodato baccalare, visto il San Bonifazio 54 San Bonifacio 1855, olio su tela, 187 x 103 cm, firmato B. Gianelli, chiesa di Semedella, restaurato. Le immagini sono tratte dalla monografia sul Gianelli di Edvilijo Gardina, edito nel 1995 dal Museo regionale e dalla CI di Capodistria.