Anno 15
Numero 30
Foglio della comunità italiana di Capodistria
Giugno 2010
Alla fine della tournée di dieci giorni che li ha portati
nelle platee d'Italia, Austria e Slovenia, a fine febbraio
il quartetto jazz formato da Jim Snidero - sax alto,
Renato Chicco - organo, Guido Di Leone - chitarra e
Andy Watson - batteria ha entusiasmato il pubblico del
»Circolo« con una performance di altissimo livello
(Il Mandracchio online).
In maggio si è tenuta a Capodistria la conferenza dei
Rettori delle Università delle regioni Alpe-Adria.
A margine della riunione, svoltasi nella sala del
consiglio comunale a Palazzo Pretorio, i Rettori
dell’Università del Litorale Rado Bohinc, e quello
dell’Università di Pola, Robert Matijašić hanno firmato
un accordo di collaborazione fra i due Atenei.
28 giovani di Capodistria, Isola e Pirano hanno partecipato alla maratona »Su e zo per i ponti« di Venezia. Giunto
alla 32.esima edizione, l’evento ha visto la partecipazione di numerosi gruppi provenienti da diverse parti del
mondo. Si tratta di una manifestazione che attira di anno in anno persone amanti dello sport, dello svago e dello
stare insieme, nella splendide cornice della città lagunare. I partecipanti, oltre ad aver percorso 13 chilometri e ben
53 ponti lungo tutto il perimetro di Venezia, hanno scoperto molte parti nascoste della città. La presenza del gruppo
istriano all’evento è stata organizzata dal centro culturale “Carlo Combi” di Capodistria.
La città
A un secolo dalla Prima Esposizione Provinciale istriana
Esattamente cent’anni fa aveva luogo a Capodistria, in una cornice solenne, la Prima esposizione provinciale
istriana. Un evento allestito in una cornice di grande prestigio, maturato e consolidato nei suoi preliminari
organizzativi grazie a un impegno progettuale, prestazioni d’opera, collaborazioni professionali entro uno
schema finanziario-organizzativo e una cornice istituzionale di grande rilevanza.
Nello spirito del tempo tale evento
rappresentava, sulla scia delle
grandi esposizioni allestite in
ambito internazionale e nazionale,
un tentativo di aprire una finestra
sul mondo, mettendo in mostra le
eccellenze del periodo, ovvero quanto
di più rilevante poteva illustrare,
attraverso un articolato percorso tra
le diverse branche delle discipline
scientifiche, artistico-culturali e
pratiche, la complessa realtà della
regione istriana. Un territorio
amministrativo, che nell’ambito
dell’impero asburgico, costituiva
in sé un complesso e delicato
sistema che metteva a confronto,
allora come oggi, seppure in un
ambito geografico, storico, politico
e sociale completamente diverso,
differenti etnie, lingue, tradizioni,
usi e costumi, che confluivano in un
progetto regionale di ampio respiro,
non scevro da tensioni, conflittualità
nazionali ed ideologiche.
La prima esposizione provinciale
istriana si colloca idealmente in un
periodo a cavallo tra fine Ottocento
e primissimo Novecento che sublima
una nuova percezione del mondo,
del potenziale di innovamento e
rapida trasformazione delle strutture
economiche e sociali del periodo,
fondato sull’accelerazione delle
conoscenze e delle applicazioni
pratico-teoriche che provocò in
breve un progresso determinante
nelle varie discipline, arti, mestieri.
Un’Istria ancora profondamente
rurale, in ritardo nella corsa
all’industrializzazione delle grandi
potenze europee, con scarse
infrastrutture e collegamenti strategici
verso i centri di potere politico e
amministratvo,
sostanzialmente
in difficoltà nel trovare una sua
ricollocazione ben precisa nel
complesso scacchiere geopolitico
venutosi a formare, alla provincia
dell’impero ma conscia delle sue
grandi potenzialità strategiche di
sbocco sul mare e tratto d’unione
tra realtà contigue, un’Istria quindi
costretta a stare al passo con i tempi,
scopre apertamente le sue ambizioni
e vuole diventare protagonista del suo
tempo. È indubbio che le elité locali
del periodo abbiano giocato un ruolo
sostanziale nell’ideazione di tale
evento, ma è altrettanto indubbio che
tali linee strategiche di affermazione
di una nuova propria identità e ruolo
confluissero in quello che si potrebbe
tranquillamente definire lo spirito
universale del tempo.
Non è un caso che la scelta della
sede per l’allestimento della Prima
esposizione istriana fosse ricaduta su
Capodistria. Oltre ad un prestigioso
passato di cui conservava le sue
vestigia monumentali e artistiche,
la città disponeva di un impianto
urbanistico idoneo alle necessità
logistiche e godeva di una centralità
politico-amministrativa,
elementi
questi che costituivano un potere
d’attrazione non indifferente.
Con una meticolosa preparazione ed
un efficace macchina organizzativa
sorsero le strutture e i padiglioni
espositivi dell’esposizione, radicata
nel vivo tessuto urbano e sociale
cittadino e si concretizzarono le
sezioni e i percorsi espositivi.
La grande affluenza di pubblico, la
vasta eco dell’evento e un generalizzato consenso di critica, seppure
con una connotazione egemonica
della componente italiana osteggiata
dalle altre componenti regionali
non romanze, sancirono il successo
dell’esposizione provinciale.
Se da una parte si sancirono realtà
ormai affermate come l’affermazione
di un moderno turismo balneare
locale, i progressi nelle industrie
manifatturiere, e in special modo di
trasformazione dei prodotti derivanti
dalle tradizionali attività della pesca e
dell’agricoltura, dall’altra si imposero
dei modelli di moda e di costume e
presero corpo in nuce alcuni corpi
centrali delle collezioni pubbliche
museali di storia ed arte attraverso
l’archiviazione dei materiali esposti e
donazioni di privati.
La Capodistria di allora riuscì quindi
in questo suo sforzo, sostenuta da
linee guida impostate all’acquisizione
di migliorie e ricadute sul territorio,
ambizione di progresso e affermazione
dell’identità in chiave regionale e
locale.
In una lettura odierna, oltre a
celebrare un avvenimento storico
dalla portata eccezionale per la città,
l’iniziativa si auspica di rilanciare una
riflessione globale volta a rafforzare
un sentimento d’identità locale e
regionale che riesca a tradursi in
iniziative concrete per la promozione
del territorio e la salvaguardia della
sua identità.
Mario Steffè
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La città
Nonno Toni “Pènpela”
“Pènpela”, era questo il soprannome con cui veniva identificato dagli amici e dai concittadini mio nonno materno,
che purtroppo non ho avuto l’opportunità di conoscere, se non attraverso alcune testimonianze raccolte presso
i famigliari. E’ noto che a Capodistria, alla stragrande maggioranza delle famiglie ed a singoli individui, veniva
affibbiato un particolare pseudonimo. Questo termine, come un “nome di battaglia”, serviva a differenziare tra
di loro, interi nuclei famigliari, o singoli soggetti aventi lo stesso cognome e non di rado, anche lo stesso nome.
Nei discorsi correnti, si
sentivano
pronunciare
epiteti curiosi e divertenti,
riferiti a persone con delle
particolarità fisiche non
del tutto normali, vedi
ad esempio: “Tre-panse,
Sete-nasi, El gobo-deloto etc.”, oppure altre
dal
comportamento
inconsueto: “Piero-magnaduto, Pissa-in-leto etc.”ed
altre ancora identificate
per il mestiere svolto o per
Antonio Perini
strane abitudini di vita:
“ Toni-forner, Inpissa-ferai, Magna-e-dormi etc.”. Pare
che questa consuetudine dei soprannomi, avesse origini
lontane, già ai tempi della Serenissima.
Tornando al nonno: ho potuto farmi di lui, sulla base dei
racconti, l’immagine precisa di uomo semplice e bonario,
dedito al lavoro, partecipe alla vita famigliare, forse troppo
ingenuo per il suo candore e per l’onestà dimostrata
verso il prossimo, che sono virtù di solito mal ripagate.
La mamma che nei suoi riguardi ha sempre dimostrato
grande affetto e stima, lo sapeva e alle volte glielo faceva
notare con decisione, ma lui era fatto così.
Si racconta che il suo soprannome, abbia origine quando,
in tenera età, rivolgendosi alla madre con una simpatica
espressione infantile, chiese un pezzo di polenta dicendo:
“Mama, pènpela !”. E’ bastata questa parola un po’ buffa
a determinare il soprannome, che distinguerà in futuro
tutti i membri della famiglia.
Mio nonno per l’ufficio anagrafico, si chiamava Antonio
Perini, nome molto inflazionato nella nostra Città. Era
nato nel popoloso rione di Bossedraga, in una modesta
casa di impronta veneziana, che poi divenne per una
parte di sua proprietà, (al momento attuale, appartiene
al Comune ed è protetta per il suo interesse storico).
Pare che la sua costruzione, risalga a circa 300 anni fa
e per quello che è dato di sapere, è stata edificata su un
pavimento di roccia compatta e innalzata con pietre in
prevalenza modellate. L’abitazione, che è esposta per
la parte frontale verso il mare, confina con la casa di
Nazario Sauro. La facciata principale, concorre a formare
una breve e stretta calle, conosciuta anche come “Calle
dei Pènpela”. Su tale facciata e su quella adiacente, fanno
4
bella mostra di sé, alcune finestre ogivali, dal contorno
in pietra bianca lavorata, mentre alla base, robuste erte di
dura pietra scalpellata, incorniciano le porte d’ingresso,
tra le quali è situata una finestrella provvista di inferriata,
che fa filtrare la luce nel vestibolo.
Del nonno, vidi la prima volta l’immagine, in una vecchia
fotografia di grande formato, incorniciata sulla parete della
camera da letto, che lo ritraeva con la nonna, in giovane età:
lui in divisa da marinaio della “Kriegsmarine” austriaca,
con folti baffi, cappello in testa, volto rassicurante e
disteso, lei più seria e compassata, con i capelli raccolti
sulla nuca.
Il rione di Bossedraga, dove vivevano, possedeva una sua
particolare fisionomia e vitalità e per certi aspetti si poteva
considerare una sorta di microcosmo. Un piccolo mondo,
dove la gente si conosceva e sapeva tutto di tutti. In questo
luogo esuberante e caratteristico, prevaleva un forte senso
di solidarietà tra le varie anime, ispirato certamente da
un profondo sentimento religioso della vita, manifestato
nelle ricorrenze con i riti sacri della tradizione.
Purtroppo, uno stato di persistente miseria, condizionava
la vita di questa comunità, certamente più accentuata in
questo luogo che altrove nella Città, indigenza che veniva
affrontata comunque con grande dignità e pudore.
Le risorse limitate della pesca, erano l’unica fonte di
sostentamento per queste famiglie. In compenso però,
non mancava mai tra i pescatori il buonumore, ch’era al
tempo stesso l’essenza e la forza morale per andare avanti.
In maggioranza le persone possedevano un carattere
orgoglioso e per questo non chiedevano mai niente a
nessuno: al momento del bisogno emergeva sempre la
sensibilità di qualcuno che offriva disinteressatamente il
proprio aiuto.
A Bossedraga, si diceva che non “mancasse niente” e che
per le strette necessità, bastavano i “servizi” già esistenti.
Le persone molto raramente uscivano dal loro ambito
rionale per spostarsi verso il cosiddetto “centro”.
Gli uomini, dediti alla pesca, condotta secondo i tradizionali
metodi di una volta, andavano per mare a remi o a vela,
correndo spesso grossi rischi per le calamità naturali che,
non di rado, provocavano seri danni all’attrezzatura.
Per queste ragioni, capitava a volte che alcune pescate,
erano appena sufficienti a soddisfare il fabbisogno
famigliare; senza poi contare le lunghe soste forzate
d’inverno, durante il quale non si guadagnava nulla e
bisognava comunque sopravvivere, magari contraendo
La città
debiti, che puntualmente venivano saldati
sottobraccio una cassetta con dentro gli
in occasione della prima buona pescata.
effetti personali, per qualche istante la
Il nonno era uno di questi umili pescatori
guardò senza dir niente, e nello scendere
e si diceva di lui, di un gran lavoratore,
gli scricchiolanti gradini di legno, fece con
forte, generoso e capace, che la sorte
la mano un cenno di saluto, varcò la soglia
benigna più volte gli aveva voltato le
di casa aggiustandosi il berretto, mentre
spalle, a causa della salute malferma e
lei si ritrasse nella cucina, con gli occhi
della cattiveria umana.
lucidi di commozione.
Il suo carattere buono e onesto, non lo aiutò
Nel capanno presso il fiordo in cui c’era
molto nel corso della sua esistenza. In un
la peschiera, il nonno viveva da solo.
momento in cui si presentò la possibilità
Quel giorno all’arrivo, sistemò le poche
di dare una svolta favorevole al suo
cose e si predispose per il lavoro. La sua
precario futuro, si trovò disgraziatamente Antonio in divisa da marinaio attività di custode, comportava frequenti
nella condizione di far fronte a delle controversie di perlustrazioni, che svolgeva a piedi, oppure su una piccola
natura ereditaria, in cui nipoti avidi ed egoisti, vollero imbarcazione a remi. Si recava lungo le sponde e nel mezzo
ostacolarlo prepotentemente, fino al punto di privarlo del canale che confinava con la peschiera, controllando
dell’unica “ricchezza” che gli apparteneva: la barca e gli che tutto fosse a posto; poneva una particolare attenzione,
attrezzi, (la cosiddetta “arte”) per poter continuare il suo nei confronti dei malintenzionati, pronti a pescare di frodo
lavoro in modo autonomo. Questa grande amarezza più o a rubare. La sua giornata si concludeva quando calava
tardi lascerà il segno, condizionandolo soprattutto nel la sera: rientrava al capanno, si accendeva lo “spargher”,
morale. Costretto a fare una scelta per poter vivere, dovrà rischiarava l’ambiente con un piccolo lume a petrolio, si
accettare l’offerta d’ ingaggio su un’altra barca.
preparava qualcosa da mangiare e finalmente si coricava
Le sue condizioni di salute nel tempo peggiorano, e per per riposare.
forza di cose sarà costretto a ripiegare su un’occupazione Le notti d’inverno “in Leme”, erano fredde e umide, ma a
meno gravosa. Gli verrà offerta l’opportunità di volte potevano capitare delle sorprese…
sorvegliante stagionale nella peschiera del Canal di Leme, Infatti, in una sera particolarmente fredda, (è la
i cui proprietari, i marchesi de Gravisi, nutrivano già da testimonianza di un racconto che egli stesso fece ai
tempo forte stima nei suoi confronti, considerandolo famigliari) bussò qualcuno al capanno, lui con titubanza
persona adatta per questo incarico. Il nuovo lavoro, e timore, aprì la porta. Gli si presentò davanti un giovane
lo porterà ad assentarsi per lunghi intervalli da casa, uomo, che disse di chiamarsi Giovanni e che veniva da
soprattutto nel periodo autunno-inverno con conseguente Pola. Lo fece entrare, accomodare e su sua richiesta gli
disagio per sé e per i famigliari.
offrì qualcosa da mangiare. Questo giovane, che in altre
C’è a proposito, un episodio commovente che mi aveva due occasioni, si farà ancora vivo, avrà modo di entrare in
colpito, dopo aver sentito
un
confidenza col nonno, raccontandogli
racconto fatto da mia mamma, in
la sua travagliata vita famigliare,
un particolare momento d’intimità
con il padre autoritario, che spesso
famigliare. Ripropose sensazioni
lo picchiava. Ma l’ultima volta in
ed emozioni che provò la famiglia,
cui si videro, volle aprirsi ad un’
quando per la prima volta il nonno
ulteriore confidenza, confessando di
dovette recarsi nella località di
essere ricercato dalla polizia per aver
“Leme”.
commesso alcuni furti. Vedendo
Al momento del congedo dai
il vecchio alquanto preoccupato e
famigliari, l’emozione lo prese: lo
imbarazzato, lo rassicurò dicendo:
stato d’animo del povero vecchio
“Non ste ver paura Toni, a vu, no
era in subbuglio, mentre nella sua
ve fasso gnente, perché se un bon
timidezza cercava di sdrammatizzare
omo!”.
un po’ la situazione. Rivolgendosi ai
Solo più tardi si seppe che quella
famigliari alquanto turbati, disse con
persona apparentemente gentile, era
un certo atteggiamento fiducioso,
l’inafferrabile fuorilegge istriano
che tutto sarebbe andato bene, che
Giovanni Colarich, delinquente
si poteva sperare ancora in un futuro
geniale e intelligente, coinvolto tra
sereno per una vita migliore.
le altre cose anche in fatti di sangue
Quando si trovò a tu per tu con
e che in Istria diventerà leggenda.
sua figlia (mia mamma) sopra le
scale per l’ultimo saluto, tenendo
Vinicio Bussani
Toni Penpela in barca
5
La città
FolkHistria
A dieci anni dalla sua prima edizione, ritorna a Capodistria il festival FolkHistria che nasce dall’esigenza di
riunire in un’unica cornice più eventi culturali per valorizzare il patrimonio e le tradizioni musicali istriane. Si è
iniziato domenica 30 maggio con la manifestazione “Arrivano i musicanti!”, una rassegna di gruppi folcloristici
che ha riportato in città le musiche e i balli dell’Istria.
Presso la Taverna, in una folta
cornice di pubblico, si sono esibiti il
Gruppo folcloristico della Comunità
degli Italiani di Dignano, il Gruppo
folcloristico “Šaltin” di San Pietro
dell’Amata, i “Šavrinski godci”
(Musicanti Saurini), l’Associazione
folcloristica di Pisino, l’Associazione
artistico-culturale “Ivan Fonović –
Zlatela” di Chersano e l’Associazione
artistico-culturale “Savičenta” di
Sanvincenti. Queste diverse tradizioni
culturali hanno consentito al grande
pubblico di confrontarsi con le
varie identità che tuttora formano il
mosaico culturale peculiare all’Istria.
Attraverso la spontaneità e la
comunicazione diretta di canti,
musiche e balli dell’Istria i gruppi
folkloristici hanno restituito alla gente
il messaggio folclorico regionale.
Si è cercato di esplorare quanto più
possibile l’elemento “originale” della
tradizione avvalendoci del prezioso
contributo in fase di selezione dei
gruppi e allestimento del programma
da parte di Dario Marušić, valente
etnomusicologo e studioso delle
tradizioni istriane.
Per il pubblico è stato un momento
di intrattenimento per incontrare
quel che ricordiamo dell’Istria
nella nostra città, in una libera e
festosa riappropriazione dello spirito
popolare.
A questa anticipazione seguirà
sabato 19 giugno una rassegna di
bande istriane per la celebrazione del
centesimo anniversario della Prima
Esposizione Provinciale Istriana,
mentre il festival vero e proprio vedrà
il suo culmine tra il 23 e il 26 giugno
con vari contenuti che riguardano
la tradizione musicale e popolare
istriana, con il seguente programma:
23 giugno: presentazione del libro
fotografico “Ottavio”, proiezioni
e concerto in memoria del liutaio
istriano Ottavio Štokovac
24 giugno: presentazione del CD
del gruppo di canto spontaneo
popolare “La Porporela” della C.I.
di Capodistria e serata di musiche e
canti dall’Istria.
25
giugno:
proiezione
del
documentario “Silenzio morente” di
Črt Brajnik e concerto di musica etno
con i giovani gruppi istriani di nuova
tendenza
26 giugno: convegno di studi sulla
musica popolare istriana e concerto
del sestetto di Mario Fragiacomo
“Histria ed oltre…”
Il Gruppo folkloristico della Comunità degli italiani di Dignano
(Foto Maksimiljana Ipavec – Primorske novice).
6
La città
In vita mia non avevo mai guardato “la Ema” perché non mi interessava e non c’era nessun cantante che mi
piacesse. Quest’anno invece è stato tutto diverso. Volevo vedere Andrea e Lorella presentare insieme. Beh, non
ero l’unica curiosa…
Per fortuna, la settimana in cui andava in onda “la Ema”
ero sola a casa, quindi ho chiamato la mia amica e il mio
amico, ci siamo ordinati una pizza e ci siamo posizionati
davanti al televisore.
Era venerdì e andava in onda la semifinale. Noi non
sapevamo che “ i Flego” avrebbero presentato solo la
finale! Ma pazienza. Abbiamo guardato fino alla fine
e non ci è piaciuto gran che. Anzi, da parte nostra sono
piovute solo critiche per quanto riguardava i presentatori,
la scenografia, i cantanti in gara…Ovviamente c’erano
anche quelli che ci piacevano!
Finalmente sabato sera! E tutti a casa mia a fissare il
televisore. Inizia! Entrano i “nostri” presentatori. Lorella
bellissima e raggiante come sempre, Andrea serio e posato.
A dir la verità, si vedeva che Lorella era un po’ nervosa,
ma con il proseguire della manifestazione si è lasciata
andare. Credo che quel suo nervosismo iniziale sia stato
molto “carino”, se così posso esprimermi, a dimostrazione
che anche i veri professionisti hanno qualche volta la
“tremarella” , soprattutto se si ha la consapevolezza di
esser guardati e ascoltati da tutta la Slovenia.
A movimentare un po’ la serata ci ha pensato Andrea che
con la sua “F&F” (praticamente dovrebbe essere, se non
ricordo male, un’azienda privata - sua e di Lorella - che
offre TUTTI i tipi immaginabili di servizi). Uno sketch
che ci ha fatto ridere tantissimo, in particolare quando
Lorella ha detto che non ne sapeva niente e che comunque
questo è normale, dato che lei è la sorella più piccola e
viene sempre a sapere le cose per ultima. Un’altra scena
molto simpatica è stata quella della poltrona. Dato che
la manifestazione volgeva al termine e Andrea ormai
stanco e “vecchio” (così si è definito lui da solo), si è
fatto portare una poltrona al centro del palcoscenico,
dove potersi riposare, davanti allo stupore di Lorella. Non
so se era tutto programmato o no, so solo che è venuto
veramente bene.
Bisogna dire che è filato tutto liscio come l’olio, tranne
quando un tecnico ha aperto i microfoni dei “nostri”
presentatori troppo presto. Siamo rimasti a bocca aperta
quando abbiamo sentito:
Lorella: “Cosa dovemo andar za là?” - Andrea: “Si, si!”
L’unica cosa che siamo riusciti a dire è stato “O mio
Dio!!!!”. Ma dopo lo shock iniziale abbiamo detto:
“Giusto! Che tutti sappiano che i Flego sono della
minoranza italiana! E guarda caso, con tutti i presentatori
che ci sono nel nostro paese, hanno scelto proprio loro!
Sì, perché a differenza di tutti gli altri, loro due sono i
migliori!”
Molte volte noi della minoranza italiana veniamo
sottovalutati. Lorella e Andrea hanno vinto per tutti
noi. Hanno dimostrato che un “italjanček” (traduco: una
persona che parla in italiano ed è della nostra zona) può
esser posto allo stesso livello, sia culturale (nel senso di
persona acculturata) che linguistico, di uno sloveno, e
forse anche meglio!
È sbagliato fare differenze tra “noi” della minoranza e gli
altri “autoctoni”. Siamo tutti uguali, tutti appartenenti allo
stesso paese, alla stessa terra, alla stessa cultura. Ormai,
siamo tutti cittadini del mondo.
In conclusione, da attenta spettatrice che sono, vorrei fare i
complimenti ad Andrea e Lorella, perché sono veramente
bravi!
E speriamo un giorno, di rivederli di nuovo insieme,
perché sono una coppia formidabile!
Lea Skok
Lorella e Andrea Flego
(Foto Žiga Culiberg / RTV SLO PR)
7
La città
Google books
Google Ricerca libri è l’interfaccia in italiano di Google Book Search, lo strumento sviluppato da Google per permettere
la ricerca nel testo di libri antichi digitalizzati oppure in commercio. Nel caso in cui il volume digitalizzato non sia
protetto da copyright, Google permette di consultarlo integralmente e di scaricarlo in formato PDF. Altrimenti, a seconda
dell’accordo stipulato con l’editore che detiene i diritti per lo sfruttamento dell’opera, consente di visualizzare piccole
porzioni del testo, intere pagine (copertina, indice ecc.) oppure solo di effettuare ricerche nei dati identificativi.
Fin d’ora potete consultare direttamente dal vostro
computer diverse opere relative alla storia e ad autori
di Capodistria. Ne segnaliamo alcune, visionabili in
versione integrale:
- Girolamo Muzio, “Il Duello” (1550)
Trattato del letterato capodistriano sul combattimento
con la spada.
- Girolamo Muzio, “Il gentil huomo” (1575)
Usando le parole del Muzio, in questo volume “si
tratta la materia della nobiltà: et si mostra quante ne
siano le maniere, come si acquisti, come si conservi et
come si perda”.
- Dello stesso autore vedi su google.books: “Lettere
del Mutio justinopolitano, divise in quattro libri”,
“L’Heretico infuriato”, “Beata Vergine incoronata”,
“Battaglie per diffesa dell’italica lingua”.
- Paolo Naldini, “Corografia ecclesiastica, ossia
descrittione della città e della diocesi di Giustinopoli
detto volgarmente Capo d’Istria” (1700).
- Pietro Stancovich, »Biografia degli uomini distinti
dell’Istria« (1829)
- Gian Rinaldo Carli, »L’Uomo Libero, ossia
ragionamento sulla libertà naturale e civile
dell’uomo« (1779). »Lettere Americane« (1780),
»Antichità Italiche« (1789), »Dell’origine e del
commercio della moneta«, »La Teogonia« ecc.
- Santorio Santorio, »De statica medicina« - ristampe
Settecentesche dell’opera più celebre del medico
capodistriano, piena di aforismi sul viver sano.
Naturalmente c’è tanta altra carne al fuoco. Google.
books sta crescendo di giorno in giorno. Buona lettura,
ma un poco ala volta…no ste rovinarve i oci.
http://books.google.it
(books.google.si, books.google.com)
8
La città
Quando la ricerca d’archivio diventa una passione
Valentina Petaros di Capodistria – laurea in Lettere moderne all’Università di Trieste (2003), Master in scienze
archivistiche all’Archivio di Stato di Trieste (2005) – è appassionata di ricerche storiche, studi danteschi, musica,
filologia e agility dog. Da alcuni anni è coinvolta in due progetti promossi dalla Società dalmata di storia patria.
»Fida« e »Sida« riguardano i fondi conservati negli archivi di Slovenia, Croazia, Serbia e Montenegro prodotti
da Enti o persone che nei secoli operarono in Istria e Dalmazia.
Valentina, in che cosa consistono i
progetti?
FIDA significa Fiume, Istria,
Dalmazia archivi. SIDA – Serenissima,
Istria e Dalmazia archivi. I progetti
si differenziano perché uno prende in
considerazione gli Archivi di Stato,
l’altro invece tutti gli altri archivi,
regionali, storici, ecclesiastici ecc.
Il nostro lavoro consiste nel recarsi
fisicamente presso l’Ente, si prendono
in considerazione i fondi italiani – già
precedentemente individuati, si cerca
di capire come sono strutturati, un
buon punto di partenza è la storia
amministrativa del fondo. L’obiettivo
è quello di rintracciare e individuare
il fondo, aprire tutte le buste, vedere il
contenuto, quali sono i documenti più
importanti, cosa potrebbe interessare
gli studiosi al fine di schedarlo … cioè
come possiamo mettere in rilievo una
cosa rimasta lì per tanti anni, sapendo
che è sicuramente parte di un altro
fondo custodito magari a Roma.
Come, per esempio, l’Ufficio Nuove
Provincie...
Perché certi documenti, anche
interessanti, rimangono in un
angolo per tanti anni?
Le ragioni sono diverse. Innanzitutto
in un Istituto statale ognuno ha
il proprio compito e non tutti
possono svolgere tutto. Ecco
perché esistono persone come me,
ovvero professionisti esterni, che
possono interagire con i funzionari
impiegati; e sono due approcci alla
documentazione diversi.
Come siete stati accolti dagli
operatori locali?
All’inizio, non dico che c’è diffidenza,
ma … ci si studia a vicenda. Una
diffidenza a livello di capacità
ovvero di professionalità, perché
la figura dell’archivista free-lancer
non è riconosciuta né in Slovenia
né in Croazia; in Italia è una figura
abbastanza comune. Poi la fiducia
la costruisci giorno per giorno. Io
non potrei lavorare senza avere la
collaborazione dei funzionari del
luogo. E devo dire che si è creato un
bellissimo rapporto.
In quali archivi hai svolto questo
tipo di lavoro?
Ho cominciato all’archivio di
Capodistria nel 2003, da lì sono
andata a Pisino, Zara e a Sebenico,
Spalato, Lesina, e a Zagabria dove ho
avuto l’onore di visitare l’Accademia
delle scienze.
Ha
fatto
qualche
scoperta
interessante?
È un mondo in cui ci vuole tanta
pazienza, ma è meraviglioso. Due
esempi che porto sempre: il Fondo
Tommaseo-Artale
di
Sebenico
e il Fondo Millo a Zara. Sono
due fonti inesauribili sia per la
storia della Dalmazia che della
Repubblica di Venezia. Col fondo
»Tommaseo-Artale« sono riuscita a
ricostruire l’albero genealogico della
famiglia Tommaseo. Contiene la
corrispondenza tra Nicolò Tommaseo
e il suo figliastro, Domenico Artale.
Tommaseo ha scritto tantissimo. Suoi
materiali sono conservati a Firenze,
Trieste e nella natia Sebenico.
Che tipo di operazione hai fatto?
Devo preannunciare il mio arrivo
in archivio, una volta arrivata lì
devo dare una consistenza alla
documentazione, vedere quanto c’è
… parliamo di buste di fascicoli, si
tratta di metri lineari. In questo caso
erano solo quattro, dunque si trattava
di circa quaranta buste. Il fondo
Millo ne ha duecento. Una volta
determinata la consistenza, apro le
buste, una per una e controllo cosa c’è
all’interno. Spesso trovo libri e tante
volte corrispondenza sparsa, ovvero
singoli fogli che vanno schedati.
Bruno Crevato Selvaggi, la direttrice dell'Archivio regionale di Capodistria
Nada Čibej e Valentina Petaros (foto Andraž Gombač-Primorske novice).
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La città
Il fondo dell'Archivio regionale di Capodistria nella ex chiesa conventuale di S. Chiara
(foto Andraž Gombač-Primorske novice).
In quali condizioni hai trovato
questi documenti?
Quasi sempre parliamo di strutture
che si stanno adattando agli standard
internazionali, dunque le condizioni
stanno generalmente migliorando.
Il fondo Millo?
Siamo tra il 1918-21, periodo
dell’armistizio, prima del Trattato
di Rapallo, che ha determinato tutto
quello che poi è successo, compreso
l’esodo degli italiani. Millo era un
ammiraglio della Marina militare al
quale furono dati anche dei poteri civili.
Dalla sua regia nave »Puglia« prima
e »Europa« dopo, era sia Governatore
della Dalmazia che Commissario
civile, poi, anche se per un breve
periodo. La documentazione è vasta,
interessantissima con tanti argomenti
… dall’Ufficio approvvigionamento
civili ai funzionari, al passaggio dei
funzionari austriaci al nuovo regime
italiano, le richieste di cittadinanza,
le richieste dei profughi di guerra …
Dati che ci danno un’idea sulle
comunità allora residenti in
Dalmazia.
Grazie
all’Ufficio
approvvigionamento civili che si
basava su un censimento territoriale,
diviso per comuni e distretti,
noi conosciamo per ogni casa il
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nucleo famigliare, la cittadinanza,
la nazionalità … era già tutto ben
definito nelle notifiche del Millo.
Tutto materiale ancora inedito.
In Slovenia?
Abbiamo lavorato a Capodistria,
Nova Gorica e qualcosa anche a
Lubiana.
Sul sito web in costruzione fidasida.it, redatto in quattro lingue
(italiano, sloveno, croato e inglese)
troviamo notizie sui progetti, ma è
un vaso ancora da riempire.
Sì, anche perché questi progetti
non sono finiti. Abbiamo appena
cominciato con la catalogazione
degli archivi. Il sito ospita anche
bibliografie monografiche, saggi
scientifici, uno spoglio del materiale
prodotto su questo argomento.
Si accede al database con nickname
e password, dopodiché cerchiamo
l’argomento che ci interessa, clicco
sul titolo di un documento d’archivio
e trovo i dati essenziali: quantità del
fondo, contenuti, epoca, condizioni
fisiche, accessibilità ecc.
Le schede sono fatte su standard
internazionale ISAD, criteri che
ogni archivista può riscontrare, può
riconoscere, soprattutto può farne
buon uso.
La vera rivoluzione credo sarà
comunque la digitalizzazione, cioè
il poter consultare questi testi dallo
schermo di un pc, senza dover
sfogliare queste antiche carte ed
evitare così di danneggiarle.
Infatti io cerco anche di svecchiare
la figura dell’archivista. L’archivista
oggi non va più identificato con
un pensionato che va in giro per
gli archivi. L’archivista è un
professionista serio che sa riconoscere
i documenti, che ha una formazione
alla base, ha studiato paleografia,
diplomatica, spesso sono filologi, si
spera non solamente storici …
Perché non storici?
Generalizzando, gli storici tendono
a usare le fonti archivistiche per
dar conferma di una propria idea;
invece l’archivista cerca di capire
la struttura del fondo e ti propone la
documentazione in base agli standard
internazionali.
Cosa resta da fare?
Tanto. Sono appena rientrata da Zara
dove ho svolto il progetto »Carte
catastali Grimani«, devo affrontare
ancora Zagabria con l’Accademia
delle scienze, la Biblioteca nazionale,
l’Archivio di Stato …
Valentina, non posso che augurarti
altre soddisfazioni sia nel lavoro
che nella vita.
Grazie.
La città
CI Bertocchi
Saluto alla primavera, tradizionale manifestazione culturale
La Comunità degli Italiani di Bertocchi anche quest’anno
ha organizzato in aprile la tradizionale manifestazione
culturale, Saluto alla primavera.
ed il gruppo mandolinistico »DO RE MI« della Comunità
degli Italiani di Momiano. Con i due sodalizi di Buie e di
Momiano la CI di Bertocchi collabora da diversi anni, e
non mancano scambi ed incontri tra gruppi culturali.
XV anniversario d’attività del coro misto
Brnistra-Ginestra
Il gruppo mandolinistico della Ci di Momiano
Ospiti di questa edizione i bambini del Giardino d’infanzia
»Delfino blu« sezione di Bertocchi, gli alunni della Scuola
elementare Pier Paolo Vergerio il Vecchio, sezioni di
Bertocchi e di Semedella, il coro misto di casa BrnistraGinestra, il coro misto della Comunità degli Italiani di Buie
Il 9 maggio presso la cantina vinicola Vinakoper di
Capodistria si è svolto il concerto organizzato dal coro
misto Brnistra-Ginestra per celebrare il loro XV anno di
attività in collaborazione con la Comunità degli Italiani di
Bertocchi. L’amore e la devozione per l’Istria sono stati
i fili conduttori della serata, assieme al canto, il ballo, la
musica e l’arte in genere.
All’iniziativa hanno partecipato diversi gruppi culturali
quali, il gruppo folkloristico Val di Pirano, il coretto del
Centro di assistenza lavorativa di Capodistria, il gruppo
Kantadori di Gradin, il gruppo vocale folkloristico Skala
Kubed, il complesso di ottoni di Isola. La manifestazione
che ha percorso tutte le sale della suggestiva cantina
Vinakoper si è conclusa all’aperto con il concerto del coro
misto Brnistra-Ginestra.
Anche la Comunità degli Italiani di Bertocchi
ha voluto essere presente all’evento allestendo nell’atrio
Il coro Brnistra-Ginestra (Foto Miha Peroša).
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La città
Saluto alla primavera: l'esibizione dei bambini della
sezione di Bertocchi dell'asilo »Delfino blu«.
La mostra allestita alla Vinakoper dal Gruppo »dipinto
su seta« della CI di Bertocchi.
della Casa del Refosco una mostra dei lavori realizzati
dalle attiviste del gruppo “dipinto su seta” che opera
dal 2002 nell’ambito del nostro sodalizio. Gli spettatori
dell’evento sono stati oltre 350 ed il ricavato è stato
destinato all’acquisto di un pulmino per il Centro di
assistenza sociale di Capodistria.
Irena. Il gruppo ha partecipato a diverse manifestazioni
culturali organizzate dalla CI di Bertocchi, inoltre si è
esibito presso altre Comunità degli Italiani della Slovenia.
La commedia “Il paese di carta” allestita nel 2009 è stata
interamente ripresa e proposta in un programma per
ragazzi su TV Capodistria.
Filodrammatica della CI di Bertocchi ospite al
II incontro di gruppi teatrali “Quattro ciacole per
strada” presso la CI di Momiano
Il cantante Sergio Preden “Gato” e il
quartetto di Riccardo Bosazzi hanno fatto cantare
tutto il pubblico in sala
Il gruppo filodrammatico bambini “Le nuvole” della
Comunità degli Italiani di Bertocchi ha preso parte al II
incontro di gruppi teatrali organizzato dalla Comunità
degli Italiani di Momiano, con la simpatica scenetta per
ragazzi, intitolata “Modi di dire”.
Il gruppo ha iniziato la sua attività nel 2007 in
collaborazione con la SEI Pier Paolo Vergerio il Vecchio,
sezione di Bertocchi. Ad accompagnare i giovani attori
è stata all’inizio la mentore Edda Viler, dal 2010 invece
i bambini sono seguiti dalle insegnanti Vilma, Roberta e
Venerdì, 21 maggio la Comunità degli Italiani di Bertocchi
in collaborazione con l’Unione Italiana e l’Università
Popolare di Trieste hanno organizzato il concerto del
cantante Sergio Preden “Gato” accompagnato dal
quartetto di Riccardo Bosazzi. Nel corso della piacevole
e animata serata sono state proposte canzoni rovignesi
d’autore ed anche brani ben noti della musica leggera
italiana. Entusiasta il pubblico in sala che è stato coinvolto
attivamente nel corso del concerto, diventando un sorta di
coro alle più belle melodie italiane.
Il Gruppo filodrammatico degli alunni di Bertocchi in
visita a Momiano.
Sergio Preden in concerto.
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La città
Nonni e nipoti a scuola di computer
Per imparare non è mai troppo
tardi. Ci sono dei progetti di
formazione interessanti rivolti alla
terza età. Un progetto particolare,
organizzato
dall’Università
popolare
di
Capodistria
si
chiama “Nonni e nipoti” ed ha
la caratteristica di coinvolgere in
veste di insegnanti noi studenti
dei Ginnasi sloveno e italiano di
Capodistria. Agli appartenenti
alla comunità nazionale vengono
offerti i corsi in lingua italiana. Ne
parliamo con Leonardo Braico e
Luisa Peress del “Carli”.
Leonardo, il progetto, della durata
di tre anni, è cominciato l’anno
scorso e si svolge in tutta Europa.
In che cosa consiste?
LEONARDO: Consiste nell’insegnare
l’informatica di base e avanzata a
persone più anziane di noi. Viene
svolto in aule specializzate con
computer e programmi installati
apposta per l’apprendimento.
E tu praticamente ti sei ritrovato
nel ruolo dell’insegnante. Che
sensazioni hai provato?
Beh, non è una sensazione da vero
insegnante importante che…“detta le
regole”. Mi sento come se uno desse
ripetizioni a un’altra persona.
Come mai ti sei ritrovato in questo
ruolo?
L’informatica mi piace. E’ una
materia diciamo nuova, che pratico
con molto piacere. Mi piace mostrare
agli altri quello che via via imparo
sul computer, su internet e sulla posta
elettronica.
Ti sembra un progetto utile?
Sì, mi sembra un progetto utile
perché dà alle persone anziane la
possibilità di imparare come navigare
su internet, leggere giornali on-line,
fare acquisti sul web e utilizzare tanti
altri servizi offerti dalla rete usando
le nuove tecnologie.
Ma da chi sono frequentati questi
corsi, Luisa?
LUISA: Devo dire che parecchie
persone hanno frequentato i corsi.
Soprattutto persone che per un
motivo o per l’altro sono lontane
dalla propria famiglia oppure non
hanno tanti contatti con gli altri e
che quindi vogliono imparare ad
usare il computer. Altre persone sono
semplicemente incuriosite da questo
fatto, e che hanno trovato questo
corso come un’opportunità per stare
al passo coi tempi e imparare cose
nuove.
E’ stato un successo…
E’ un corso interessante perché c’è
appunto questo scambio di ruoli con
noi che facciamo da insegnanti…
comunque come idea è buona perchè
penso che noi giovani siamo comunque
le persone più adatte a poter spiegare e
far imparare qualcosa dei computer e
di questi nuovi apparecchi elettronici.
E poi c’è da dire che queste persone
erano veramente interessate, si
impegnavano veramente; e alla fine
abbiamo ottenuto anche dei buoni
risultati.
Links:
http://deepblue.uni-mb.si/lukoper/
nonni/
www.lu-koper.si
Maja Maraž
Leonardo Braico
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La città
Dall’asilo italiano di Semedella riceviamo e con piacere
pubblichiamo questo resoconto dell’anno scolastico
appena concluso
Un simpaticissimo saluto dalle “Tartarughine” e dai
“Cavallucci marini”. Siamo quaranta (40) piccoli
frugoletti dell’asilo “Delfino blu” di Semedella
e, siccome l’anno scolastico sta presto per finire,
volevamo raccontarvi le nostre esperienze e alcune
delle attività realizzate durante quest’anno scolastico.
Le nostre maestre (Wally, Ilenia, Franca, Katja e
Sandra) ci hanno insegnato tante belle cose e, insieme,
ci siamo anche divertiti.
Il tema dedicato all’autunno è stato, accompagnarci alla
scoperta dei cambiamenti stagionali, compiendo delle
osservazioni scientifiche e dei veri e propri esperimenti:
- dall’uva al vino (nel giardino del nostro asilo abbiamo
improvvisato LA VENDEMMIA)
- abbiamo imparato come dalle olive si produce l’olio.
Un’ occasione di sperimentazione ci è stata dettata dalla
curiosità di visitare un frantoio e quindi il processo di
macinazione delle olive per ottenere l’olio. Ciò è stato
possibile andando a visitare il frantoio a Nova Vas.
Questo tema è stato poi concluso con la realizzazione di
un angolo verde con rami di ulivo, con i frutti e oggetti
tecnici per la raccolta delle olive nel corridoio dell’asilo.
La settimana tra il 26 e il 30 ottobre, è stata intitolata
“FACCIAMO FESTA” e ci è stato proposto un itinerario
attraverso le feste principali lungo tutto l’anno scolastico.
Le attività proposte hanno compreso storie, filastrocche,
canzoni, cose da fare e costruire ed hanno avuto, come
obiettivo principale, lo stare insieme.
Il tema che abbiamo affrontato per primo è HALLOWEEN.
Halloween è la notte magica per eccellenza. È usanza
Lo zainetto verde (Foto "Delfino blu").
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(recente, ndr) ad Halloween intagliare zucche con volti
minacciosi e porvi una candela accesa all’interno. Questa
usanza fa riferimento anche alle streghe, basta un
po’ di fantasia e qualche piccolo accorgimento per sentirsi
delle vere streghe.
Noi bambini entusiasti, durante i preparativi della festa,
ci misuravamo in abilità manuali realizzando, aiutati dalle
maestre, maschere e vestiti per il giorno più esaltante di
ottobre. Fra un vago odore di zucche e di candele abbiamo
creato, nell’aula del nostro asilo, un ambiente suggestivo,
presenze inquietanti, dove dolcetti e bevande sono stati
distribuiti dalle maestre- streghe che ballavano e giocavano
con le scope. Luci che apparivano e scomparivano...un
sano divertimento con una buona dose di allegria.
Arriva NATALE! Arriva CAPODANNO! Tanti auguri
e BUON ANNO!
Ecco l’atmosfera che si è creata martedì, 15 dicembre
presso il Teatro cittadino di Capodistria. Tutti i gruppi
delle sezioni del Giardino d’infanzia Delfino blu di
Capodistria, Semedella, Bertocchi e Crevatini hanno
partecipato ad una grande festa rallegrando mamme,
papà, nonni, parenti e amici con: poesie, filastrocche,
balli, canti, concertini…eseguiti dai bambini assieme alle
loro maestre. L’arrivo di Babbo Natale ha incorniciato il
palco riempiendo di gioia i cuoricini di noi bambini.
Arriva CARNEVALE!
Durante la settimana, assieme alle maestre, abbiamo
addobbato le due stanze, il corridoio e il guardaroba con
stelle filanti, nastri colorati e tante maschere divertenti che
pendevano dal soffitto poi, ci siamo vestiti con i costumi
carnevaleschi: la nostra stanza sembrava una discoteca
con tante mascherine luccicanti che si muovevano al
ritmo della musica moderna. C’era anche una passerella
dove abbiamo sfilato presentandoci nei nostri bellissimi
costumi.
Mentre in cucina, la pulitrice Irena ci stava preparando
le “fritole”, la maestra Katja ha impugnato la chitarra
facendoci divertire cantando tutti insieme delle canzoni.
Le “fritole” erano buonissime, e noi bambini, estasiati
della bellissima sorpresa.
I MESTIERI. Nel corso dell’anno, le maestre hanno
voluto farci conoscere anche vari mestieri. Abbiamo fatto,
cosi, conoscenza con: una parrucchiera, alcuni volontari del
canile di S. Antonio presso Capodistria e un addestratore
di cani, un poliziotto in moto, un postino, una schermista,
un giocatore di golf, un apicoltore. Tutti i personaggi,
La città
Piccoli cuochi.
sono venuti all’asilo spiegando in che cosa consiste il loro
lavoro, gli attrezzi che usano, l’uniforme...
E’ stato veramente molto interessante e curioso vedere
tutto da vicino e toccare con mano! L’ultimo incontro
lo abbiamo avuto con un operatore ecologico che ci ha
spiegato l’importanza del RICICLAGGIO: esplorando
l’ambiente che ci circonda, attraverso esperienze di
vita quotidiana, comprendiamo e verifichiamo i danni
che vengono prodotti quando non si seguono norme
comportamentali indispensabili per la convivenza. Ci è
stato insegnato e spiegato dalle maestre, che è bene avere
un comportamento rispettoso e protettivo nei confronti
dell’ambiente e della natura.
Le maestre, come stimolo iniziale, propongono il progetto
riciclo partendo da una drammatizzazione “L’albero
mangiacarta”. Dalla drammatizzazione della storia è
emersa l’importanza di riciclare la carta e, di come si può
raccogliere per riutilizzarla. Ecco perchè è nato »L’albero
mangiacarta«, che è perennemente affamato ma che deve
vuotarsi ogni volta che è pieno. La carta raccolta poi viene
ritirata dall’operatore ecologico che con il suo camion la
porta in fabbrica, che la rielabora per fare nuovamente
giornali, quaderni, libri, fogli bianchi e puliti.
avvenimenti interessanti. Siccome noi siamo dei bambini
curiosi e vogliosi di conoscere e sperimentare, le maestre
hanno realizzato, con la nostra collaborazione, tre bei
progetti: LO ZAINETTO VERDE (per i bambini più
grandi: hanno sperimentato e filtrato l’acqua sporca per
farla diventare pulita); IL SOLE D’ORO (per i più grandi:
sviluppo delle abilità del palleggiamento, saper andare in
bicicletta seguendo un percorso, pattinare, corso di nuoto
e camminate lunghe); PROGETTO TURISMO: IL
PESCE NELLA CUCINA ISTRIANA (tutti). Essendo
il Mare Adriatico molto ricco, i pesci e i frutti di mare
fanno parte della tradizione culinaria istriana e vengono
cucinati in svariati modi, come condimento per i primi
piatti o come secondo piatto. La caratteristica principale
dei piatti tradizionali istriani è quella di usare pochi
ingredienti e molta fantasia. Le maestre Franca e Wally
ci hanno voluto far conoscere il dono del mare: il pesce,
protagonista principale delle mense povere (una volta) e
di quelle raffinate (oggi). Il nostro obiettivo è stato quello
di cucinare /friggere le sardelle usando gli ingredienti
caratteristici per la realizzazione di questo piatto.
Il destino della nostra città è stato sempre legato al mare
anche, per la pesca che ci assicurava la sopravvivenza. Il
dialogo con un pescatore, ci ha acconsentito di avvicinarci
al mondo della pesca e del prodotto: il pesce. Le
maestre, a tale proposito, hanno preparato una divertente
drammatizzazione del racconto »Il pescatore Gigi«, con
la canzone finale »Il pescatore viene con l’amo e con la
rete«. Abbiamo visitato anche la pescheria e conosciuto
i nomi di alcuni pesci. Per il nostro progetto, abbiamo
scelto la sardella come piatto da preparare in classe: Le
sardelle impanate.
Dopo aver conosciuto le caratteristiche del pesce e alcune
ricette (gentilmente adottate da alcuni dei nostri nonni)
tipiche dell’Istria, abbiamo preparato le tradizionali
sardelle impanate usando il sale, la farina, uova e pane
grattuggiato. Aiutati dalle maestre, le abbiamo poi messe
a friggere nell’olio e, mangiate ancora calde. Una delizia!
La stagione fredda, purtroppo provoca le prime influenze,
raffreddori, mal di gola e, cosa meglio degli AGRUMI
per rafforzare il nostro organismo? Gli agrumi sono
i caratteristici frutti invernali con tante vitamine che
vengono consumati volentieri da noi bambini, sia al
naturale, sia sotto forma di spremute. La maestra Franca
ci ha messo a disposizione un cestino contenente arance,
mandarini, limoni, pompelmi. Dopo aver osservato e
verbalizzato le caratteristiche percettive della frutta, la
maestra fa notare come tutti gli agrumi possono essere
divisi in spicchi. Per completare l’esperienza »gustativa«,
siamo stati impegnati nella preparazione di una spremuta
di arance. Che divertimento!
Avete visto quante cose abbiamo imparato? Questo anno
scolastico è stato veramente ricco di tante innovazioni ed
La presentazione della parrucchiera.
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La città
La penultima festa nel corso dell’anno scolastico è LA
FESTA DELLA PRIMAVERA.
Quest’anno abbiamo voluto accoglierla festosamente
aspettando tutte le mamme e i papà, nonni e parenti per
farli contenti e anche gli amici per farli felici. Infatti, la
nostra stanza, lunedì 12 aprile,si è popolata di farfalle
e fiori rossi, di primule e fiori blu; c’erano il sole, la
primavera, le margheritine e anche le papere ballerine.
Poi ancora le api e il merlo canterino che hanno preparato
per tutti i presenti…UN ALLEGRO CONCERTINO!
La nostra FESTA DEL PRATO è piaciuta moltissimo!
L'albero mangiacarta.
Il pesce era buono, dolce, tenero, profumato e divertente
da preparare.
Siamo arrivati alla fine...con la realizzazione della festa
finale e salutando i bambini che andranno a scuola. Stiamo
preparando una bella storia che verrà drammatizzata
e cantata in dialetto e interpretata da noi bambini e
dalle maestre. Poi, aiutati dalla chitarra suonata dalla
maestra Katja, tutti insieme saluteremo i nostri amici che
lasceranno l’asilo per affrontare, a settembre, i banchi di
scuola.
CIAO A TUTTI!http://www.de
- Giardino d'infanzia
www.delfino-blu.si
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10:16 | 28 Mag 2010
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Aprile a Semedella
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I disegni dei bambini
Martedì, 04 Maggio 2010 - 22:18
Nel mese di aprile abbiamo festeggiato la festa della primavera, grandi
e piccoli con tanto entusiasmo abbiamo recitato, cantato e ballato, ci
siamo divertiti un sacco.
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Collegamenti
Associazione Genitori
Koper.si
CAN Capodistria
Semedella festeggia la primavera!
Martedì, 04 Maggio 2010 - 21:59
Come ogni anno, si festeggia l'arrivo della bella stagione: la Primavera!
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Il draghetto Jurcek fa visita alle Stelline
Martedì, 04 Maggio 2010 - 21:55
Archivio notizie
Nell'ambito del progetto ecologico nazionale "Zainetto verde" (Zeleni
nahrbtnik), organizzato dall'Associazione Amici dell'Infanzia di
Capodistria, il draghetto Jur�ek aiuta a sensibilizzare i bambini e a
prendersi cura dell'ambiente e della natura.
Leggi tutto...
Farfalline
I Fiorellini e la primavera
Orsetti
Martedì, 04 Maggio 2010 - 21:50
Fiorellini
Stelline
Cavallucci marini
Tartarughe
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Calendario
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Al termine dell'unità didattica "I miei amici animali", siamo andati a
Filastrocca delle maestre
visitare, accompagnati dalle nostre maestre e dai nostri genitori la
Maestra, insegnami il fiore ed
fattoria che si trova a Crevatini.
Leggi tutto... il frutto
- Col tempo, ti insegnero'
I granchietti...
tutto
Giovedì, 22 Aprile 2010 - 07:39
28.5
La città
L’Ottava edizione del Concorso Mailing List Histria
Domenica 30 maggio 2010 si è tenuto presso la Comunità degli italiani di Sissano d’Istria il decimo raduno di ML
Histria (www.mlhistria.it) e l’ottava premiazione del concorso letterario rivolto agli studenti delle scuole italiane in
Slovenia e Croazia e agli alunni italofoni delle scuole del Montenegro (www.adriaticounisce.it). La mattina ha avuto
luogo la cerimonia di consegna dei premi ai ragazzi con grande partecipazione sia di studenti che di insegnanti e
genitori.
Quest’anno il concorso letterario indetto da ML Histria ha battuto tutti i record di adesione. Infatti sono pervenuti alla
commissione di valutazione, presieduta da Maria Luisa Botteri, ben 193 elaborati e hanno partecipato in totale 272
studenti. Due premi sono andati anche agli alunni delle nostre scuole. Questi i nomi e le motivazioni:
Primo premio sezione »Lavori di gruppo- Scuole elementari«
Nik Apollonio, Matija Benčič, Mattia Rutar, Maks Milovanovič, Desire Udovič (Classe III – SEI
“Pier Paolo Vergerio il Vecchio” Capodistria)
Motivazione: Il “giretto senza pretese tra porte portoni e portali di Capodistria” è in realtà un’elegante esposizione
arricchita da foto e disegni del museo a cielo aperto che è l’importante cittadina, un tempo sede di famiglie
nobiliari e del potere centrale dell’Istria interna. Si nota l’amore per la storia del proprio paese curato in una
classe terza elementare dai docenti ma coltivato dall’intero gruppo classe. La forma è semplice e curata. I disegni
gradevolissimi, le foto esplicative al massimo. Bello!
Terzo premio ex-aequo sezione “Lavori di gruppo-Scuole elementari”
Tina Eler, Tim Bratuša, Janja Marzi, Adriana Zrnić, Nastja Stok, Betsabea Vernik, Sebastijan Marzi (Classi VII
– VIII – Comunità degli Italiani Crevatini).
Motivazione: Il gruppo ha percorso le vie dei villaggi dei dintorni alla ricerca delle cose perdute e della civiltà
antica. I ragazzi hanno girato alla ricerca di tracce dei castellieri ma anche delle case rurali di cui hanno
fotografato gli arredi tipici di lavoro e di uso quotidian , arredi che ora non fanno più parte della vita cosiddetta
civile ma che suscitano grande tenerezza e nostalgia in chi li vede. Curioso!
Sabato 8 maggio si è tenuta al teatro cittadino una serata dedicata ai canti popolari della Sardegna. Con
l’organizzazione della Comunità degli italiani e dell’Associazione turistica, entrambi di Crevatini, si è esibito il
Coro polifonico femminile “Tonara” diretto da Giovanna Demurtas (nella foto il dirigente del coro Adriatic di
Crevatini). Se volete rivedere alcune interpretazioni cercate su youtube sotto le voci “Capodistria Tonara” oppure
“Cuntzertu Abbasantesu”.
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La città
RICORDATO CON UNA SERIE DI MANIFESTAZIONI L'ANNIVERSARIO
Capodistria: cent’anni fa
la prima Esposizione provinciale istriana
L’impegno di un gruppo d’esperti ed appassionati di storia e il loro attaccamento alla città sono serviti a
riportare in primo piano un avvenimento di un secolo fa. Il primo maggio del 1910 apriva le porte a Capodistria
la prima Esposizione provinciale istriana. Fece affluire in città innovazioni, prodotti tecnologici all’avanguardia,
ma anche testimonianze culturali di primo piano. A voler ricordarla è stata la società “Histria”, presieduta da
Matej Župančič, con Salvator Žitko e Dean Krmac nel ruolo di principali promotori. Dalle loro ricerche sono
emersi preziosi spunti, sviluppati con la collaborazione di numerose istituzioni slovene, croate ed italiane, come
i Civici musei di Trieste, il Museo storico di Pola, il Museo etnografico dell’Istria con sede a Pisino, l’Università
del Litorale, il Museo regionale di Capodistria e la Biblioteca centrale “Srečko Vilhar”.
Il primo maggio, proprio sul Brolo, principale teatro
un secolo fa dell’Esposizione provinciale istriana, sono
partite le iniziative per celebrarla. Continueranno sino
ad ottobre con una serie di mostre, convegni, proiezioni
e visite guidate. Il discorso inaugurale è toccato al
vice-sindaco capodistriano, Jani Bačič, che ha espresso
la soddisfazione del Comune per una rievocazione
storica così importante. Il ruolo che fu riservato nel
periodo austriaco a Capodistria, decretandola sede di
una rassegna che offriva il meglio di tutto l’Impero in
campo tecnologico, economico e culturale, è quello a
cui ambisce anche oggi la municipalità, ossia essere
L'intervento del vicesindaco Jani Bačič.
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uno dei leader in regione. Bačič ha posto in risalto pure
il desiderio di rafforzare sempre di più i contatti con le
regioni contermini, accantonando gli elementi di divisione
e potenziando, invece, quelli di coesione. Tra quest’ultimi
ha evidenziato anche la Comunità Nazionale Italiana, che
con la sua unitarietà rappresenta un ottimo esempio di
collante tra Italia, Slovenia e Croazia. Il ruolo di ponte
degli italiani in Istria è stato rimarcato, nel suo cenno di
saluto, dall’Ambasciatore italiano a Lubiana, Alessandro
Pietromarchi. Riferendosi all’esposizione di cent’anni
fa, ha ricordato il potenziale multiculturale che questa
esprimeva, un valore che deve essere considerato anche
oggi. Tra le autorità presenti, ancora il Console Generale
d’Italia a Capodistria, Marina Simeoni, e l’assessore
alla cultura della Regione istriana, Vladimir Torbica.
Alle iniziative del centenario hanno partecipato con
entusiasmo le istituzioni della CNI. Gli organizzatori non
hanno mancato di ringraziare per il sostegno finanziario
l’Unione Italiana, rappresentata sabato a Capodistria
dal responsabile del Settore cultura, Mario Steffè. In
veste anche di presidente della locale Comunità degli
italiani “Santorio Santorio”, questi ha sottolineato la
portata epocale dell’avvenimento, la rilevanza che ebbe
a quel tempo per lo sviluppo dell’Istria, i valori che
propose per la regione e per le genti che la abitavano.
L’avvio delle celebrazioni per il centenario è stato
scandito dall’Orchestra di fiati di Capodistria, diretta
dal maestro Darij Pobega, che ha eseguito la marcia
“Concordia e progresso”, composta in occasione
dell’inaugurazione
dell’Esposizione
provinciale
istriana, da Giuseppe Mariotti. Lo spartito, conservato
negli archivi della Biblioteca centrale, è stato
riportato in luce da Dean Krmac. Opportunamente
arrangiato dal musicista belgradese, Vladimir
Mustajbašić, è stato proposto al pubblico con successo.
La cerimonia è proseguita con l’inaugurazione, in
rapida successione, delle prime quattro mostre. Presso la
Comunità degli italiani sono state presentate immagini
inedite sull’Esposizione istriana, raccolte anche in un
DVD, edito dal Centro culturale italiano “Carlo Combi”. A
La città
La banda d'ottoni di Capodistria,
diretta da Darij Pobega, ha suonato la marcia trionfale
»Concordia e progresso« composta nel 1910 dal
maestro Giuseppe Mariotti.
Palazzo Pretorio è stata allestita una carrellata d’immagini
e foto sullo sviluppo di Capodistria nell’ultimo secolo. La
Biblioteca centrale, invece, ha riproposto vedute inedite
della città e dato nuovamente alle stampe il catalogo
ufficiale dell’Esposizione istriana. Il documento, come
sottolineato da Ivan Markovič, direttore dell’Ente, ha
un valore bibliografico inestimabile. Infine, al Museo
regionale, una mostra filatelica ha attirato l’interesse
degli appassionati con francobolli, buste ed annulli postali
legati sempre alla rievocazione storica.
L'ambasciatore d'Italia a Lubiana, Alessandro
Pietromarchi.
Gianni Katonar
La mostra allestita alla Comunità degli italiani con, sullo sfondo un grande pannello che riproduce l'entrata
originale della Prima Esposizione provinciale istriana (Foto Belvedere).
19
La città
In giro per l’Esposizione
Testo originale tratto dal Catalogo della Prima Esposizione Provinciale istriana (1910). Per
la mappa vedi le pagine centrali.
Tolti appena gli occhi, per la gradinata le ogivali finestre
i leoni i busti le medaglie i rinnovati merli ghibellini,
dall’antico palazzo del Comune, prima che un lembo di
cielo di maggio raccolga a diverso incanto le commosse
pupille, per la via breve a sinistra altre maestose linee
composte in armonica mole, con ampi specchi, - quasi
invitanti, i finissimi fregi, a ammirar la bellezza e la
pazienza unite – con sovra un alato simbolo di forza,
segnano al visitatore l’ingresso della “Prima esposizione
provinciale istriana”.
Dentro, padiglioni d’inegual fattura cingono ampio uno
spazio, sovente ingombro di tavoli e di sedie; a destra su
un viale definito dai cedri prospetta il grande padiglione
della mostra marittima, dal cornicione tutto pien di rilievi,
co’ delfini in alto pronti a guizzare e con molte meduse;
mentre nel canto fra il padiglione della marittima e il
portale, un chiosco svizzero contornato di verde, dove
aleggia il sorriso di vezzose fanciulle ch’offrono fiori e
ricordi, attrae, e le suscitate memorie inducono a piccola
sosta. Subito poi, giunti sul fianco del padiglione dalle
insegne marine, per breve scalinata, s’acede a visitar l’ivi
raccolta mostra.
Padiglione della marittima
Ed ecco modelli d’imbarcazioni d’ogni genere, ecco
fotografie, dipinti, albi, indici vari eloquenti e graziosi
dell’attività di molti cantieri della regione.
Lo Stabilimento tecnico triestino ci presenta un complesso
di lavori bellissimi, una corazzata che appare un gioiello,
piuttosto che un istrumento di morte. Più oltre, il Lloyd
ha una mostra pregevole ed estesa, parecchi cantieri e
singoli costruttori istriani hanno diversi, pure importanti,
prodotti.
Ecco, seguitando, gli istrumenti nautici, le carte
idrografiche, gli eleganti modelli delle accademie di
Trieste e di Lussino. Quindi è una completa e interessante
raccolta di attrezzi da pesca, gli studi sul mare Adriatico,
la mostra dei Sali e delle saline, infine il museo della
Società di pesca e di piscicoltura del Litorale, di parecchio
arricchito da quattro anni or sono che figurò con onore
all’Esposizione internazionale di Milano.
Rifatti pochi passi, si è su la soglia dell’uscita verso
la facciata principale, e si guarda ammirati il fondaco
coperto di stemmi e di memorie, indi, scesi sul viale, s’ha
di fronte il
Padiglione degli stabilimenti balneari e
dello sport
Le cartoline d'epoca che qui pubblichiamo fanno parte della collezione privata del
signor Janez Janežič.
20
Le sue svelte colonne, i delicati
profili femminei dei quattro
medaglioni bellissimi che ne
coronano la parte centrale.
Le commissioni di cura
di Abbazia, di Laurana, di
Lussinpiccolo, lo stabilimento
bagni di S. Stefano, gli ospizi
marini di Valle d’Oltra e di S.
Pelagio; la Società alpina delle
Giulie, la Società escursionisti
istriani “Monte Maggiore”,
altri club e società sportive,
le ditte Angelini & Benardon,
Anningher, Rötl, ecc., l’ing
Straka col modello del suo
aeroplano, taluni ancora
con mammiferi e uccelli
imbalsamati, danno a questo
padiglione varietà ed attrattiva
insieme.
La città
Tornati fuori si scorge a destra, oltre
una fontana dal lieto zampillo, una
chiesa di vetusto aspetto.
Chiesa di S. Giacomo
In essa, e, proseguendo, in una
sua appendice messale accosto
per aumentar lo spazio, le vivaci
e talora strane tavolozze moderne
sorprendono l’occhio, riposatosi
appena su le esterne pietre annerite.
Qualche gesso e qualche marmo
segnano l’attività e i progressi dei
più valenti scultori nostri.
Traverso il piazzale di S. Francesco,
lasciando a sinistra l’alta vecchia
facciata, semplice e bella, dell’edificio dall’istesso nome,
s’arriva al portale esterno dell’ex convento di S. Chiara.
Primo cortile di S. Chiara
Qui un chiostro elegante, nel mezzo, tra i fiori – il chiosco
di Portorose; qui, da un’ampia gabbia, i canti di molti
uccelli; qui, quattro massicce colonne di granito, donde
s’attorciglia svelto e scende molle e leggero un diverso
verde.
Più vie s’aprono al visitatore. Quasi di fronte al portale
d’accesso è l’ufficio postale. Su l’istessa linea di fabbrica,
dietro il chiosco di Portorose, è una porta: s’entri per
quella.
Mostra agraria (parte)
Nel primo ambiente, lo Stabilimento chimico di Fiume,
la Società per lo sfruttamento delle forze idrauliche della
Dalmazia, il Sindacato dei Sali potassici, la Spremitura
di olii vegetali ed altre ditte ancora, presentano raccolti
parecchi materiali utili all’industria agraria.
Poi è la mostra dell’Istituto agrario provinciale. Una vasta
sala, più innanzi, contiene, divise in alquanti scaffali a
piramide, oltre duemila bottiglie – campioni di tutti i
vini istriani. Nell’ultimo tratto il visitatore può fermarsi e
assaggiare.
Il secondo cortile di S. Chiara, tutto cinto da fabbricati,
accoglie, in aiuole di varie forme, parecchie piante forestali
della Commissione d’imboschimento. V’è nel mezzo una
tettoiadove i produttori istriani radunano, via via in diverso
sempre attraente assieme, frutta ed ortaggi freschi.
In fondo al cortile, a destra, s’apre una porta e subito per
un altro uscio s’accede alla sala dove son raccolti i prodotti
secchi e conservati dell’agricoltura istriana, pochi disegni,
poche memorie, qualche libro.
Mostre di belle arti
Si prosegue, s’attraversa un passaggio s’arriva nel fondo
di un ampio vestibolo. Dall’altra parte è un museo
lapidario, un chiosco di vendita, una sala che va al primo
piano. Saliti, si percorre un breve passaggio e fatti pochi
altri gradini si muove verso la sala dell’arte preistorica
e romana. Qui fra l’altro apparisce una grande ed esatta
riproduzione in legno dell’antico anfiteatro di Pola; e
richiamano l’attenzione del visitatore parecchi oggetti
preistorici delle necropoli istriane.
Seguono un’antisala, una cucina ed un salotto, arredati
e disposti secondo l’uso e con artistici mobili del
Settecento.
Il primo dei due successivi locali accoglie la mostra
d’arte retrospettiva del 19.o secolo, con lavori del David,
dell’Hayez, di Cesare dell’Acqua, la raccolta dei quadri
del capodistriano Granelli; si notano nel secondo carte
geografiche di grande valore e vi si ammira una splendida
raccolta di piante del nostro mare, fatta dal maestro A.
Zaratin. Nel corridoio contiguo a queste due sale v’è una
biblioteca d’opere scritte da istriani o riguardanti l’Istria, la
mostra iconografica, pregevoli stampe e messali miniati.
Tornati nell’appartamento settecentesco, due archi metton
da questo nel magnifico salone dell’arte sacra, ricco di
tele dei Carpaccio, dei Vivarini, di Girolamo da S. Croce,
del Sassoferrato; di ostensori, calici e croci professionali
dei secoli dal 14.o al 18.o; con nel mezzo paramenti in
seta dai ricami finissimi, eppoi stoffe, pizzi, ceramiche,
bronzi preziosi.
Si rimane un po’ in un piccolo salotto che continua,
interessante appendice la mostra nel Salone. Quindi,
nel locale vicino, si trovano da un lato quadretti e croci
bizantine, dall’altro una ricchissima raccolta di pizzi e
merletti, vesti, camici, miniature, preziosi del settecento.
Poscia, in più vasta sala, è la mostra etnografica con taluni
21
La città
caratteristici costumi istriani d’altri tempi. Avanti ancora,
a sinistra, è la sala della musica, ricca di antichi violini,
di cimeli tartiniani, delle opere di Antonio Smareglia.
Nel centro di cotesta sala s’ammira una bellissima
riproduzione del Duomo di Milano, paziente lavoro
d’intarsio e d’intaglio del signor Deluch di Muggia.
Lungo l’ala di fabbricato che si scosta ad angolo dall’or
percorso ambiente, due sale raccolgono una ben riuscita
mostra fotografica, le due successive son destinate alle
Corporazioni autonome e istituzioni
sanitarie
Qui interessano la mostra delle ferrovie dello Stato, del
Comune, dell’ospedale di Pola, quadri statistici della
Giunta provinciale dell’Istria, documenti di comuni
minori.
Mostra didattica e di previdenza
Ripercorse le ultime quattro sale, sul corpo di fabbrica tra
il secondo ed il terzo cortile di S. Chiara, e lungo un altro
lato del terzo cortile, si trovano le sale della didattica:
quattro anch’esse, salvo una divisione della prima che è
occupata dalla previdenza.
Degne di studio e d’imitazione sono una biblioteca e una
cassa di risparmio scolastiche rappresentate nella mostra
22
della scuola popolare di Muggia. Con infinita pazienza
e precisione mirabile il maestro Piccoli di Momiano
costrusse pe’ bimbi della sua scuola i modelli dei mezzi
di produzione adoperati nelle industrie più comuni.
Lavorato con arte e con molta esattezza è un grande rilievo
dell’Istria, fatto dall’ispettore scolastico G. Parentin.
Mostra di lavori femminili
L’ultima sala del primo piano, ha una ricca collezione
di merletti, di ricami, di ago pitture, di lavori femminili
elegantissimi e svariati.
Mostra industriale
Una scala ci riconduce a pianterra. Ai lati del vestibolo
sono tre locali che contengono, quello a destra stufe
e bagni in maiolica e focolai in ferro, quelli a sinistra
prodotti delle industrie degli indumenti e del legno.
Una porta, dal primo locale di sinistra, mette nella sala
maggiore di S. Chiara, già sede provvisoria della Dieta
provinciale istriana.
L’abside ha un elegante impalcato, con le mostre
dell’Istituto per il promovimento delle piccole industrie
e delle Scuole professionali istriane. Nella sala molte
macchine trasformano i metalli ed il legno, fabbricano
botti, confezionano vestiti e calzature; costituiscono una
modesta ma attraente galleria del lavoro.
La città
Si ritorna per la medesima porta
donde s’è entrati, si attraversa la
sala delle manifatture: fuori, sotto
i portici, sono da una parte carri e
utensili per uso di vigili, dall’altra
prima lavori in pietra, poi lavori
in metallo di industriali ed operai
copre gran parte del terzo cortile
di S. Chiara: stanno quivi motori
e dinamo di varie ditte, e assieme
sviluppano tutta la forza occorrente
per illuminare l’Esposizione e per
far funzionare la galleria del lavoro.
In un canto non coperto del cortile
d’eleva un molino a vento.
Sotto i restanti portici stanno le
ceramiche e i laterizi e nelle tre sale
a questi portici corrispondenti son
collocati istrumenti musicali e di precisione, prodotti
farmaceutici, chincaglierie.
Per l’ala attigua dell’edificio è ancora una sala appartenente
alla mostra industriale, con prodotti delle miniere di
Carpano, della fabbrica vetri e saponi Solvetti e d’altre
ditte.
Segue, su l’istessa linea, la sala delle piccole industrie
agrarie, dove fra l’altro si notano i pali in cemento, solidi ed
eleganti, della ditta Gualco, i cesti di vimini di produttori
istriani e del Consorzio tra i cestai di Fogliano. Poi è un
ambiente che continua e completa la mostra marittima.
Tornando nella sala delle piccole industrie agrarie, dalla
porta sul fianco sinistro ne appare – splendido punto di
vista – un’apertura sulla parte postica d’ampio edificio
antico, tutta contornata e sormontata dall’edera grave
e vezzosa. Di fronte, traverso breve spazio allietato di
verdi aiuole, s’estendono due grandi tettoie addossate,
che contengono, tranne una parte destinata alla mostra
d’automobili, diverse macchine agrarie.
Dietro le tettoie, sono ancora da vedersi i pollai, le
conigliere, gli apiari, un pergolato con
pali di cemento e armatura di ferro.
bilancie per usi agricoli.
L’ex chiesa di S. Francesco, cui appunto dà accesso l’arco
cinto di edera, è occupata dal pari da macchine agricole.
Le macchine e gli attrezzi di produzione istriana son quivi
in separato assieme. Dove sono le ditte non istriane subito
s’osservano il numerosissimo campionario di macchine
per la lavorazione del terreno di Fr. Melichar & R. Bächer;
gli apparati di distillazione di Metlicovich e quelli di Holt;
le splendide pompe a cannello ed a zaino di Vermorel; le
botti C. Prelz; le presse da foraggio e i filtri da botti della
fabbrica meccanica di botti di Firenze; i campioni di botti
in sidero cemento di Corsari & C.
Usciti dalla ex chiesa di S. Francesco, per l’omonimo
piazzale e per un seguente passaggio, si ritorna in piazza
del Brolo, e si procede verso destra, dalla parte opposta
dei due padiglioni prima visitati.
Su l’angolo è un piccolo chiosco della Cantina provinciale,
poi il chiosco ottagonale per la banda, il teatro, verso
il portale il caffè ristorante; tutti edifici dalle linee
architettoniche perfette e dai fregi eleganti e diversi.
Macchine agrarie
Nelle due tettoie occupa moltissimo
spazio, con macchine diverse, fra cui
un dissodatore a maneggio, la ditta
Sack di Vienna. È interessantissimo
un impianto completo d’oleificio della
ditta Doimo Savo di Spalato, la quale
espone anche torchi da olio e da vino.
La ditta Hofherr & Schrantz di Vienna
presenta uno svariato campionario di
attrezzi agricoli. Macchine diverse
ha pure l’ing. Schnabl di Trieste. La
ditta Schemberg di Vienna, ha diverse
23
La città
Gli antichi magazzini del sale hanno fatto da cornice al
tradizionale ricevimento del Consolato generale d'Italia
di Capodistria in occasione della Festa della Repubblica
italiana. Prima del concerto degli allievi della Scuola
di musica capodistriana, la console Marina Simeoni
– nella foto assieme al deputato Roberto Battelli – ha
rivolto ai convenuti un breve saluto, ripetuto anche in un
apprezzabile sloveno.
Dopo anni di attività, come insegnante di matematica
e preside, alla fine dell’anno scorso la prof. Oleandra
Dekleva è andata in pensione. Nella foto la vediamo
durante lo spettacolo di fine anno svoltosi a Crevatini
accanto al nuovo preside della SEI “Pier Paolo
Vergerio il Vecchio”, Guido Križman.
Davide Van de Sfroos (nella foto) e Dario Marušić, con
le rispettive band, sono stati i protagonisti di un bel
concerto (28. maggio) al teatro comunale. Organizzatori
Radio Koper-Capodistria, la CI »Santorio Santorio« e le
tre Can comunali.

Dal 7 al 10 aprile sono stati in visita nel Capodistriano gli alunni delle classi seconde e terze dell’Istituto
tecnico industriale “Alessandro Volta” di Frosinone, guidati dalla prof. Daniela Vetro. Sono stati ospitati dai
ragazzi della seconda classe del Ginnasio “Gian Rinaldo Carli”, guidati dalla prof. Loredana Sabaz che, a
loro volta, nel dicembre 2009 avevano visitato Frosinone.
24
La città
Freschi di stampa
Prima Esposizione Provinciale Istriana
Il catalogo fotografico edito dalla Histria Editiones
Per un determinato luogo un secolo non rappresenta un
arco temporale particolarmente lungo, ciò nonostante i
cent’anni trascorsi dalla Prima Esposizione Provinciale
Istriana, che ebbe luogo a Capodistria nel 1910, ci offrono
molteplici spunti di riflessione.
Gli avvenimenti fatali della metà del XX secolo hanno
condannato la memoria storica ad uno storico oblio. Questo
territorio ha subito grandi cambiamenti demografici
condannando avvenimenti e luoghi all’oblio piuttosto che
creare luoghi della memoria.
Alcuni anni fa, nei circoli storici e culturali istriani, e
anche capodistriani, iniziarono a comparire riflessioni
ricorrenti riguardo alla necessità di celebrare questo
importante anniversario e fu possibile allora rilevare alcuni
segnali positivi. Tra questi si annovera indubbiamente
la celebrazione del 90.mo anniversario del museo di
Capodistria, la cui fondazione è riconducibile proprio
agli eventi di inizio Novecento. Ma i tanto auspicati passi
successivi non furono mai intrapresi, tanto che l’idea
rimase più ad appannaggio di singoli, che continuarono
a richiamare l’attenzione sulla necessità di celebrare in
modo decoroso l’importante anniversario. Un altro fattore
determinante furono le conseguenze dei cambiamenti
politici degli anni Novanta del XX secolo, allorchè venne
tracciato in Istria un nuovo confine, riconducendo la
nascente coesione istriana a riferimenti locali. Questo
aspetto venne rafforzato dalla divisione tra ‘Europa’ e
‘non-Europa’, che influì sull’oblio d’una memoria e d’uno
spazio istriano comuni.
D’altro canto nello stesso periodo un cauto riavvicinamento
tra Capodistria e Trieste determinò un’atmosfera
alquanto diversa. Non fu quindi casuale, alcuni anni fa,
il ritrovamento presso i musei triestini di qualche decina
di immagini nel fondo di lastre negative in bianco e nero
inerenti la Prima esposizione istriana, all’epoca dopo
del Municipio di Capodistria. I fatali avvenimenti testé
citati determinarono l’oblio delle fragili lastre di vetro,
che rimasero dimenticate al sicuro nei depositi fino ad
oggi, quando inizia la nostra riflessione inerente la loro
valorizzazione e la necessità di risvegliare la memoria
così profondamente depositata. Ricerche tenaci, favorite
anche dalla casualità, hanno condotto al ritrovamento
della partitura originale della composizione musicale nata
in occasione dell’Esposizione istriana, imprimendo un
ulteriore stimolo al nostro lavoro.
Oggi, la Società Histria, rivolta al passato così come al
futuro, ha unito queste due fonti storiche anche in un
moderno supporto documentario. Le immagini in bianco
e nero che ritraggono gli spazi espositivi, gli interni dei
padiglioni, gli oggetti in mostra, i visitatori, il personale,
assieme ai suoni della marcia sinfonica trionfale ci fanno
immedesimare in quel tempo così diverso, ma così vicino
a quello odierno dal punto di vista umano.
Se allora tutte le attenzioni dell’Istria, del Litorale
e dell’Impero asburgico in generale erano rivolte a
Capodistria, oggi nel centesimo anniversario i rapporti
umani e professionali s’intrecciano tra Capodistria, Pola,
Dignano, Trieste e finanche Vienna.
Per il centenario la Società si è posta l’obiettivo di
richiamare l’attenzione sul comune passato istriano e
con ciò unire alcuni ricordi e rinnovare alcuni legami
nello spazio e nel tempo istriano. La suddetta iniziativa
ha stimolato individui ed enti alla preparazione di una
serie di programmi nell’importante giubileo. La nostra
iniziativa avrà raggiunto il proprio obiettivo se in futuro,
prossimo o lontano, riuscirà a sollecitare ulteriori attività
ed interessi (anche accademici) e, soprattutto, se per
la Seconda esposizione provinciale istriana non sarà
necessario attendere altri cent’anni.
Dean Krmac (dall’Introduzione)
La copertina del catalogo con una delle immagini
conservate e gentilmente fornite dai Civici Musei di
Storia ed Arte di Trieste.
25
La città
“Catalogo generale della Prima esposizione
provinciale istriana”
Edizione in facsimile a cura della Biblioteca
centrale Srečko Vilhar
In occasione della celebrazione del centenario della Prima
esposizione provinciale istriana, abbiamo potuto constatare
per l’ennesima volta, che le pubblicazioni custodite dalla
Biblioteca, rappresentano le fonti essenziali per tutti gli
studi e le ricerche sulla Città.
La Biblioteca centrale Srečko Vilhar di Capodistria, ha
voluto ricordare il centenario della Prima esposizione
provinciale istriana con la ristampa del catalogo
generale dell’esposizione, pubblicato a Capodistria dallo
stabilimento Priora nel lontano 1910.
Il Catalogo generale dell’esposizione, è indubbiamente
il documento cartaceo più prezioso della rassegna poiché
raccoglie i dati e notizie sulla nascita e lo svolgimento della
fiera, sulla composizione del Comitato esecutivo nonché
dei Comitati speciali e locali. Nel catalogo sono descritti
tutti i padiglioni. Notevole e utilissimo anche il “calendario
del visitatore” che menziona i congressi, le conferenze, i
concorsi, i festeggiamenti e le manifestazioni varie che si
sono svolte in concomitanza e ambito dell’Esposizione.
Al visitatore sono inoltre fornite informazioni utili sulle
modalità dell’alloggio con indicazione degli alberghi e
trattorie, caffè, liquorerie, pasticcerie, bagni nonché la
possibilità di noleggio vetture e servizi vari per quanto
più piacevole soggiorno nella “capitale” dell’Istria.
La pubblicazione si chiude con una breve rassegna
delle vicende storiche politiche e civili dell’Istria e di
Capodistria nonché, in allegato, una mappa topografica
dei padiglioni espositivi.
Oltre a questo catalogo, in margine all’Esposizione,
sono uscite anche altre pubblicazioni che si possono
trovare in Biblioteca: “Prima Esposizione Provinciale
Istriana: comitati, regolamento e programmi”, Carlo
Priora, Capodistria 1909; “Prima Esposizione Provinciale
Istriana: relazione, regolamento e programmi”, G. Caprin,
Trieste 1909 e soprattutto il primo spartito della marcia
trionfale “Concordia e progresso” di Giuseppe Mariotti,
pubblicata a Capodistria il 1. maggio 1910 e composta per
l’inaugurazione della mostra.
Con gli anni, il Catalogo generale dell’Esposizione è
diventato una pubblicazione per bibliofili posseduta da
poche biblioteche, per questo motivo, la sua ristampa
non rappresenta soltanto uno strumento di studio per
ricercatori e amanti della storia patria locale, ma mantiene
vivo il ricordo di questo importantissimo avvenimento
culturale, economico e sociale, organizzato dalla città di
Capodistria.
Ivan Marković (dalla Postfazione)
26
“Ufficio per le Zone di Confine –
L’archivio”
La pubblicazione, curata dall’Ufficio del Segretario
Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri
italiano (842 p.), è destinata rendere fruibili fonti ufficiali
e documenti storici, per molti anni depositati (senza un
indice ed inventario) negli archivi di Roma. Una corposa
pubblicazione è finalmente disponibile per la ricerca e la
ricostruzione storica degli eventi che hanno interessato
territori e genti che vivevano in zone di confine alla fine
della Seconda guerra mondiale. Il progetto è stato curato
da Bruna Colarossi e Andrea Paciucci.
Il fondo archivistico dell’UZC (Ufficio per le Zone
di Confine), è costituito da 659 buste collocabili tra
il 1947 e il 1954, identificate all’interno del copioso
patrimonio documentario, composto da circa 10.000 buste
complessive. Il lavoro è diviso in 7 sezioni e riporta le
riproduzioni di alcuni documenti, ritagli stampa, opuscoli
riviste, mappe, statistiche, fotografie e manifesti. Al valore
storico amministrativo del lavoro si deve aggiungere una
seria riflessione sul passaggio cruciale della storia italiana,
la fine del regime fascista, la guerra e la ricostruzione.
La città
Abita in Calegaria e molti a Capodistria la conoscono
come Lidia Piranesa. Lidia Herkov, nata Venier (prima
da sinistra nella foto), ha festeggiato il 4 giugno il suo
90.esimo compleanno attorniata da amici e parenti.
Auguri anche da parte nostra.
Mario Perini e Vinicio Bussani a colloquio col vescovo,
Mons. Metod Pirih, al termine della messa per la
Madonna di Semedella.
Il 18 marzo Clio Diabatè ha conseguito la laurea
magistrale in Scienze politiche internazionali
all’Università di Trieste con il prof. Giuseppe Ieraci
difendendo la tesi con 110 e lode in lingua inglese
“Constituent policy and institutional framework in the
Republic of Macedonia”.
27
La città
28
La città
29
La città
L’arte di Sergio Morosini
In mostra nel mese di aprile alla CI
Cenni biografici
Sergio Morosini nasce a Pola nel
1940. Qui frequenta le elementari
e il ginnasio e vive i primi approcci
con le arti figurative: disegni e dipinti
con l’impronta dei monumenti storici
della sua città, del vasto respiro degli
aspri paesaggi limitrofi, di luci vivide,
del mare profondo; scenografie e
decorazioni per gli spettacoli del
Circolo italiano di cultura; cartelloni
pubblicitari per il cinema locale e per il
Festival del cinema jugoslavo. Affina
la conoscenza delle tecniche grafiche
30
tradizionali e scopre la fotografia.
Ama la sua terra travagliata, la natura,
l’arte in tutte le sue estrinsecazioni di
sensibilità e di cultura. È affascinato
soprattutto dall’architettura moderna.
Dopo un vano tentativo di iscriversi
alla Facoltà di architettura di
Zagabria, approda a Capodistria, sua
città di adozione, nel 1960 e ciò segna
definitivamente il suo destino. Si
impiega a Radio Capodistria e per un
decennio farà l’annunciatore, l’attore
e il regista. Vista la propensione
per le immagini (dal 1971, anno di
nascita dei TV Capodistria) sarà uno
dei pionieri della nuova emittente
televisiva con molteplici e svariate
mansioni e responsabilità. Collabora
anche a progetti scenografici, sigle
e aspetti visivi di trasmissioni
televisive.
Presso la Comunità degli italiani
realizza
scenografie
per
la
filodrammatica, ne cura la regia e
insegna disegno e pittura ai ragazzi
delle elementari.
Con l’arrivo dei primi computer alla
Tv di Capodistria (grazie all’UP
La città
di Trieste) acquisisce le prime
competenze informatiche, in primis,
inevitabilmente, immagini, grafica e
fotografia.
Stimolato, come negli anni giovanili,
da uno spirito di indomabile
curiosità, dopo il pensionamento si
dedica con più assiduità, seppure
con modesti mezzi, alla fotografia e
alla sperimentazione delle tecniche
espressive digitali che, oggi, il
computer rende possibili.
DigitArt: profilo critico
La consuetudine con gli strumenti
informatici porta Sergio Morosini a
percorrere il mare delle potenzialità
costruttive dell’immagine, nel tragitto
fra la fotografia e l’elaborazione
computerizzata. Al fondo della sua
ricerca c’è la marcata aderenza ai
postulati di una scansione dello
spazio, tipica della pittura, ma le
infinite opzioni offerte dalla tecnica
vengono incanalate in un repertorio di
idee che il mouse, guidato dalla mano
progettuale dell’artista, traccia sullo
schermo e che diventa una sorta di
viaggio nei recessi della psiche oppure
nelle proiezioni della fantasia. Sergio
Morosini conduce l’osservatore in
un mondo “altro”, dove le rilevanze
formali conosciute lasciano i contorni
abituali o sbiadiscono le anatomie
fino al loro completo stravolgimento
e approdano a temi nuovi, talora
risolti in puri fenomeni di luce. La
foto di un qualsiasi ambito del reale
viene sganciata completamente dalla
sua traccia originale e trascinata in
un processo metamorfico, denso
di sorprese sollecitanti per l’autore
stesso, fino al raggiungimento
dell’esito finale. Così il dato strategico
si combina con una forte carica di
casualità per la realizzazione di opere
che - giocate in bianco e nero oppure
orchestrate a colori - si sintonizzano
tutte con la sua sensibilità, legata al
paesaggio, alle relazioni dell’uomo
con l’ambiente, alle caratteristiche
della fisicità circostante, alle
dinamiche del mondo interiore.
Il percorso della mostra è davvero
significativo nell’indicazione di
molteplici motivi che fanno parte di
un caleidoscopio di emozioni tradotte
in immagini: vortici di luminosità
intensa; accenni figurali di animali
anche fantastici, prelevati da una
mitologia privata; atmosfere rarefatte
poggianti su una finissima tessitura
di segni; allusioni di presenze umane
nelle lande della memoria; giochi
sovrapposti di trasparenze; evidenze
geometriche, dove si afferma il valore
emblematico della rotondità, come
metafora del tempo che scorre.
L’opera di Sergio Morosini lascia
intravedere spesso una tensione
concettuale
vincolata
all’idea
del movimento, a tal punto che
l’elaborazione si prospetta come un
frame di un film che ha miriadi di
possibilità di sviluppo ulteriore. Con
alcune calcolate distorsioni sa creare
una specie di danza nello spazio,
celebrazione massima dell’idea di
leggerezza, quasi la materializzazione
di un afflato spirituale. In alcuni
lavori l’esito della ricerca assume
una parvenza lievemente materica,
che sfuma nell’indistinto di una
stesura acquerellata, dentro logiche
compositive sostenute da un impianto
architettonico preciso. Oppure lascia
emergere il nitore della focalizzazione
di una rugosità di superficie, ritratto
di una complicata conformazione
della corteccia.
Alla base della tensione creativa
di Sergio Morosini c’è uno slancio
ricorrente a interpretare la realtà
esterna (il mondo fisico) e interna
(sensazioni, scatti emotivi) con l’animo
pronto a coglierne l’essenza: gli
aromi, le forme e i colori dell’esistente
trovano spazio in un’autentica
avventura dell’immaginazione - a cui
è invitato anche l’osservatore - e in
un’ebbrezza, derivata dallo stupore
prodotto continuamente dalla ricerca,
capace di esorcizzare a volte le
conseguenze della pesante atmosfera
del quotidiano.
Enzo Santese
La Città è il foglio semestrale della CI di Capodistria. Responsabile Alberto Cernaz. Stampa Pigraf s.r.l.
Isola. Tiratura 1300 copie. Si invia gratuitamente ai soci. Indirizzo: Comunità degli italiani, Via Fronte
di liberazione 10, 6000 Capodistria. EMAIL: [email protected]
Copertina: Retro della ex chiesa di S. Francesco; cartolina stampata nel 1910 in occasione della Prima
Esposizione provinciale istriana (Coll. Janez Janežič).
31
La città
La Filodrammatica ‘Cademia Castel Leon in trasferta nell’Umaghese
Franca Kovačič, Ketty Kovačič-Poldrugovac
e Sandra Vitošević (foto Danilo Fermo).
Grande successo di pubblico, applausi a scena aperta,
risate e divertimento per la filodrammatica “’Cademia
Castel Leon” della C.I. “Santorio Santorio” di Capodistria
che sabato 27 marzo 2010 ha presentato alla Casa di
cultura di Babici la commedia in tre atti “LA COLPA DE
INVECIAR”. È stata la prima uscita con questo nuovo
lavoro firmato da Nunzio Cocivera, liberamente adattato
in dialetto istroveneto da Ambra Valenčič e Sergio
Settomini e diretto da Bruna Alessio Klemenc.
La trama verte sull’intolleranza per la debolezza e la
fragilità delle persone anziane ma essendo una commedia
brillante il lieto fine è assicurato con la promessa, ai
vecchi di casa, di protezione, accudimento e presenza
affettiva. Anche perchè, detto tra noi, la vecchiaia è
pur sempre un traguardo ambito e l’alternativa...non ci
32
La presidente della CI S. Lorenzo-Babici, Roberta
Grassi Bartolić, e la dirigente della filodrammatica
capodistriana Bruna Alessio Klemenc
rallegra proprio...
Gli attori Corrado Cimador, Franca Kovačič, Sandra
Vitoševič, Sergio Settomini, Ketty Kovačič Poldrugovac
e Ambra Valenčič hanno confermato la loro indiscussa
bravura. Brava anche la nostra suggeritrice Marina
Gregorič pronta e attenta a non far scappare le battute.
Graditissimi poi gli intermezzi musicali dell’altrettanto
bravo Stefano Hering che con la sua voce suadente e le
canzoni anni 70’ ha acceso nel pubblico un pizzico di
nostalgia.
Squisita l’ospitalità della C.I. di San Lorenzo - Babici che
ringraziamo di cuore e ci impegnamo a contraccambiare.
Bruna Alessio Klemenc
La città
FOLKEST 2010
Cari lettori, anche quest’anno vi invitiamo a presenziare in luglio alle tre serate che tradizionalmente si svolgono
nel nostro comune nell’ambito della maggiore manifestazione di musica etnica dell’Alto Adriatico. Parliamo
naturalmente di Folkest, che si fermerà da noi per la diciottesima volta. I concerti si svolgeranno all’estivo
della Comunità degli Italiani di Crevatini e in Piazza Carpaccio a Capodistria. La manifestazione è patrocinata
come sempre dalla locale Comunità Autogestina della Nazionalità Italiana. Il calendario completo di Folkest
è ricchissimo e si articola per tutto il mese di luglio in una serie di concerti nel Friuli - Venezia Giulia, in
Slovenia e in Austria. Nelle tre serate avremo l’occasione di ascoltare espressioni musicali mai prima presentate
a Capodistria, musica nuova per le nostre contrade, ma dalla lunga tradizone, sempre vive e coinvolgenti.
Inizieremo venerdì, 16 luglio con un tributo a Frank
Zappa, nel 70.esimo della sua nascita. Frank Zappa è
stato un grandissimo musicista e compositore americano
di origini italiane, uno dei più grandi del XX secolo,
scomparso prematuramente nel 1993. In piazza Carpaccio,
si esibiranno i componenti della sua mitica band. Tra il
1964 ed il 1974 si chiamavano “Mothers of Invention”.
Oggi, un po’ invecchiati, ma con immutato talento, si
sono ribattezzati “The Grande Mothers Re:Invented”,
ovvero le nonne reinventate! Il repertorio estratto dal
primo periodo degli anni ’60 e dalla produzione della
metà degli anni ’70, ripropone fedelmente un sound
che è diventato unico e assolutamente stupefacente. Il
gruppo originale, con l’inserimentrro di due elementi non
proprio 60’, a 17 anni dalla scomparsa di Frank Zappa,
si diverte a riealaborare, comporre e scomporre brani
come “Montana”, “Uncle Meat”, “Florentine Pogen” e
tantissimi altri per uno spettacolo di musica assolutamente
imperdibile. Roy Estrada, Don Preston e Napoleon
Murphy Brock ci accompagneranno a visitare uno degli
angoli più belli e creativi della musica moderna, con lo
spiritoo di Zappa sempre accanto.
Napoleon Murphy Brock – voce solista, sassofono
e flauto; Roy Estrada – basso, voce, sonorità; Don
Preston – tastiere, voce, elettronica; Christopher Garcia
– batteria; Robbie Mangano – chitarrra.
Il giorno dopo, sabato 17 luglio, sarà la volta dei Systema
Solar, un gruppo proveniente dalla Colombia. Si tratta
di un collettivo musico-visuale proveniente dalla costa
caraibica del paese latino americano. I membri del
gruppo portano con sé sonorità diverse e nelle vibrazioni
afro-caraibiche hanno trovato un mare di possibilità per
esprimere la forza e la potenza della musica colombiana.
Il gruppo dà vita ad uno spettacolo audio-visuale originale
che hanno chiamato “Berbenautika”, ispirandosi alla
tradizione della cultura musicale colombiana e delle
feste popolari. Creano un misto di musica afro-caraibica
e folcloristica colombiana come il porro, la cumbia, il
fandango, la champeta, e la fondono con la molteplicità
degli stili di oggi: hip hop, house, techno, breakbeat,
breakdance, scratching e video dal vivo. Con il loro
spettacolo desiderano anche celebrare i 200 anni di
indipendenza della Colombia (20 luglio 1810). Venite ad
Grande Mothers Re:Invented
33
La città
I colombiani Systema solar.
ascoltarli e a ballare con loro.
John Primera: voce, maestro di cerimonia; Indigo: voce,
maestro di cerimonia; Pellegrino: architetto del suono;
Daniboom: re della techno cumbia; Pata dePerro: video
jockey; Kike: percussioni; DJ Corpas: gigante dello
scratch.
La tre giorni di Folkest a Capodistria, si concluderà
mercoledì 21 luglio a Crevatini, come sempre all’estivo
della locale Comunità degli Italiani. A presentarsi al
nostro pubblico sarà una formazione che arriva dall’Italia.
Il gruppo Antiche Ferrovie Calabro-Lucane è nato
nel 2009 su un progetto di Ettore Castagna, musicista e
ricercatore nonché protagonista di precedenti importanti
esperienze in ambito etno-acustico. I nuovi compagni di
viaggio sono strumentisti e ricercatori di talento nel mondo
etno-musicale meridionale: Domenico Micu Corapi (voce
e chitarre), Giuseppe Ranieri continuatore di una vera e
propria dinastia di leggendari suonatori a chiave delle
Programma FOLKEST 2010 a Capodistria
Organizzatore: AIAS Capodistria
Patrocinatore: Comunità Autogestita della
Nazionalità Italiana di Capodistria
Venerdì, 16 luglio 2010
Capodistria – Piazza Carpaccio
Ore 21,30
Concerto:
GRANDE MOTHERS RE:INVENTED (USA)
Ingresso libero
www.myspace.com/grandemothersreinvented
www.united-mutations.com/g/
grandmothersreinvented.htm
Antiche Ferrovie Calabro-Lucane.
Serre catanzaresi e Gianpiero Nitti, (autentico milanese di
Matera) attento ripropositore del suono calabrese e lucano
all’organetto. Il gruppo che si fonda sulla suggestione del
viaggio periferico, rurale, minore delle littorine, i trenini
a scartamento ridotto delle ferrovie regionali CalabroLucane eseguendo un repertorio affascinante e poco
conosciuto che è quello delle montagne al centro della
Calabria: dallo Zomero, alle Serre, alla Sila. Gli strumenti
sono necessariamente quelli del mondo contadino e
pastorale di quest’area: zampogna a chiave, ciaramella,
lira, chitarra battente, rullante e grancassa. Il sound è
antico, evocativo e contemporaneamente divertente e
coinvolgente.
Ettore Castagna - lira, doppio flauto, zampogna a
chiave; Domenico Corapi - voce, chitarra battente,
chitarra acustica, rullante; Gianpiero Nitti - organetti,
flauto armonico, cassa; Giuseppe Ranieri - zampogna a
chiave, pipita (ciaramella), chitarra battente.
Sabato, 17 luglio 2010
Capodistria – Piazza Carpaccio
Ore 21,30
Concerto: SYSTEMA SOLAR (Colombia)
Ingresso libero
www.systemasolar.com
www.myspace.com/systemasolar
Mercoledì, 21 luglio 2010
Crevatini – Estivo della Comunità degli Italiani di
Crevatini
Ore 21,30
Concerto: ANTICHE FERROVIE CALABROLUCANE (Italia)
Ingresso libero
www.a-catania.it/.../antiche-ferrovie-calabrolucane.htm
34
La città
È nato il Comitato di Capodistria della Società Dante Alighieri,
ambasciatrice nel mondo del patrimonio culturale italiano
Capodistria può contare su un nuovo alleato per promuovere e valorizzare la lingua e la cultura italiana. Da poco,
infatti, si è costituito in città un comitato della »Dante Alighieri«, l’antica Società - è stata fondata a Roma nel 1889 impegnata da oltre cent’anni nella diffusione del nostro idioma e alimentare, tra gli stranieri e i connazionali residenti
all’estero, l’amore per la cultura italiana.
Il comitato di Capodistria è il primo
in Slovenia, e va ad aggiungersi alla
decina di nuove sedi della »Dante«
aperte negli ultimi anni in Croazia,
fra l’Istria, Fiume e la Dalmazia, ma
anche a Zagabria. Nel corso della
prima riunione ufficiale, che si è
svolta a Palazzo Gravisi a fine marzo,
sono state attribuite le cariche sociali
e nominati i componenti degli altri
organismi del sodalizio. Presidente
è stata eletta Vanja Vitoševič,
vicepresidenti Devana Jovan e
Maurizio Tremul, tutti nomi noti
della comunità italiana cittadina, o ad
essa molto vicini.
I piani di sviluppo della Dante
sono ambiziosi. L’idea è quella
di coinvolgere connazionali e no:
soprattutto, anzi, chi italiano non è, ma
ama l’Italia e la cultura italiana, con
una missione complementare, dunque,
a quella svolta dalle istituzioni della
nostra minoranza. Per questo, come
ha dichiarato la presidente Vitoševič,
tutte le manifestazioni promosse
dal neocomitato saranno bilingui.
Il programma 2010 comprende
appuntamenti e incontri a cadenza
mensile, con una proposta variegata
che spazierà dalla letteratura all’arte,
agli spettacoli e ai concerti allo scopo
di stimolare, se possibile, anche
l’interesse dei giovani. In autunno
dovrebbero inoltre iniziare i corsi
di lingua italiana, una componente
fondamentale dell’attività svolta dai
circa 500 comitati della Dante nel
mondo.
O.R.
La presidente della »Dante«
capodistriana, Vanja Vitošević.
Il pubblico in sala (foto Jana Belcijan).
35
La città
«Dante», il debutto a Palazzo Pretorio con Goran Janković
Il 4 giugno si è svolta la serata
inaugurale del primo comitato
in Slovenia della Società “Dante
Alighieri”. L’evento è stato sarà
interamente dedicato al Sommo
poeta. Ha coronato la serata a Palazzo
Pretorio, la vernice della mostra di
opere del pittore accademico Goran
Janković, “Danteros”. L’artista è
nato nel 1957 a Podgorica, ma vive a
Banja Luka dove insegna alla locale
Università. Ha ricevuto numerosi
premi e riconoscimenti nel campo
del design grfico e della pubblicità.
Il progetto “Danteros” (da Dante +
Eros) propone un viaggio di ricerca
culturale con l’intento di scoprire,
nella “Divina Commedia” di Dante
Alighieri, parvenze erotiche. La
fisicità delle figure che appaiono
nell’”Inferno”, quella sospesa verso
lo spirituale del “Purgatorio” e
quella delle individualità eteree che
compongono l’unità del “Paradiso”.
Non è cosa facile, nella tradizione
letteraria, trovare saggi capaci di
rendere chiare le ragioni profonde di
questo collegamento. Più semplice è la
ricerca nell’universo delle illustrazioni
che hanno accompagnato alcune
L'inaugurazione della mostra (Foto Andrej Bertok).
edizioni della “Divina Commedia”.
Sono del 1860 quelle composte da
Gustavo Doré, che disegna la figura
di Beatrice, al suo primo apparire
nel secondo canto dell’”Inferno”,
irradiante luce spirituale da un corpo
sinuoso ed affascinante. Come scrive
Carmelo Calò Carducci, direttore
dell’Instituto IRRE, Puglia: “Non
sfugge alle suggestioni dell’Eros
proposte dalla lettura dantesca, la
pittura di Goran. Suggestioni che si
condensano in fantasmi fuoriuscenti
dalla testa del Poeta; in raffigurazioni
di ambigue figure antropomorfe,
sospese con i loro eteri colori, in
una buia atmosfera o distese, nella
crudezza del bianco e nero; in
corporei personaggi, quasi irriverenti
nella postura; in segni arcani che si
propongono come semplici profili,
come più complessi schizzi in nero, o
come contorti intrecci di linee colorate
nei quali la figura umana si sublima.
Non si può che restare piacevolmente
stupiti e stimolati da queste ardite
composizioni che fondono tra loro
le dantesche sensibilità antiche,
italiane e comunque attuali nella loro
immortalità, e le moderne sensibilità
del Goran e della ospitale e nobile
terra bosniaca. Si tratta di una fusione
che segna felicemente la universalità
di Dante e la mai spenta valorialità
delle sue parole”.
Radio Capodistria in collaborazione con l’Unione italiana e la casa editrice Edit di Fiume, bandisce un
Concorso
per sceneggiati originali radiofonici di 20-25 minuti. Il concorso è a tema libero per opere in lingua italiana.
Le opere non devono superare le 6 cartelle dattiloscritte e devono comprendere al massimo 4 interpreti. I
migliori 3 lavori selezionati verranno inclusi nella stagione di prosa dell’emittente che ne curerà la messa in
onda. Le opere premiate verranno pubblicate nella rivista culturale La Battana.
I testi devono pervenire entro il 31 agosto 2010 all’indirizzo:
Radio Capodistria via O.F. 15 – 6000
Koper-Capodistria (Slovenia)
oppure all’indirizzo di posta elettronica:
[email protected]
36
La città
PRESENTAZIONE DEL PROGETTO:
I profili professionali della Comunità Nazionale Italiana a Capodistria
La finalità principale del progetto di ricerca “I profili professionali della Comunità Nazionale Italiana a
Capodistria” è quella di accrescere e verificare le conoscenze relative alla composizione professionale della
Comunità Italiana del Capodistriano al fine di definire possibili strategie d’intervento, mediante la creazione
di un database dei profili occupazionali dei connazionali. Il progetto di ricerca si è svolto in tre fasi. Nella
prima fase è stato definito il campione oggetto di studio. Nella seconda fase è stata definita la metodologia di
analisi, è stato redatto e verificato empiricamente il questionario utilizzato per la raccolta dei dati. La terza
fase è consistita nella raccolta dei dati, effettuata mediante ricerca sul campo, nella catalogazione e successiva
elaborazione dei dati parzialmente esposti nel volume presentato ed interamente contenuti nel database che
rappresenta il prodotto finale del progetto.
Uno dei risultati tangibili del progetto è, appunto, il
rapporto di ricerca “I profili professionali della Comunità
Nazionale Italiana a Capodistria” scritto a quattro mani
dal dr. sc. Aleksandro Burra e dal dr. sc. Andrea Debeljuh.
Si tratta di un testo di taglio sociologico che fornisce una
chiave interpretativa dei dati raccolti.
La ricerca, finanziata dalla CAN di Capodistria è stata
condotta su un campione di 284 soggetti tra i 18 ed i 90
anni di età. Trattandosi di una ricerca volta alla creazione
di una banca dati non è possibile fare inferenza dei
risultati ottenuti su 284 soggetti a tutta la popolazione. È
possibile, però, ipotizzare che il campione, casualmente
costruito, che rappresenta il 25% della collettività degli
italiani, di età compresa nella fascia d’interesse, dell’area
in questione, permette di trarre alcune conclusioni con un
grado elevato di attendibilità.
La ricerca sociologica a corollario del database ha rilevato
l’esistenza di una piramide demografica sfavorevole,
caratterizzata da un’alta percentuale di anziani, a cui fa
da contrappeso una popolazione minoritaria giovanile.
I giovani possiedono un ottimo livello d’istruzione e di
conoscenze linguistiche ed informatiche ed una maggiore
concentrazione occupazionale complessiva nel campo del
terziario, in particolare nel campo dell’istruzione.
Le caratteristiche del campione suggeriscono un
mantenimento delle posizioni socio-economiche raggiunte
dagli italiani e lasciano le porte aperte ad un’eventuale
azione collettiva e/o individuale nel processo di coesione
socio-economica regionale, con possibili ricadute anche
sulla riproduzione dell’identità minoritaria. In questa
prospettiva è di fondamentale importanza portare il
coinvolgimento dei connazionali giovani ad un altro
livello: identificando nuove forme di collaborazione con
le istituzioni di rappresentanza della C.I. e con il territorio
in generale.
Concludendo, si deve constatare che, se la ricerca
sociologica può essere considerata un attendibile spaccato
dell’universo minoritario, è auspicabile pensare a un
continuum di questo progetto, che permetta di dargli la
visibilità dovuta accanto alla giusta importanza. Questo
permetterà di completare il database che potrà essere un
ulteriore strumento sia per ottenere l’esatta composizione
professionale degli italiani del Capodistriano sia per
la ricerca di professionisti da parte di aziende che sono
interessate a persone con questo particolare profilo. Ciò
aiuterà anche a sfatare il mito per il quale le istituzioni di
rappresentanza della CNI non si occupano di economia ed
inserimento lavorativo.
37
La città
“Letere dal Siam”
Bangkok, 24 Maggio 2010
Dove Buddismo e Islam se incontra e se scontra
Carissimi,
in sti giorni, de Tailandia se parla in ogni telegiornal, e se scrivi su dute le testade dela carta stampada. Ciogo
l’ocasion per parlar de Tailandia anche in questa rubrica, ma tignindome ben lontan de l’argomento principe
de questi giorni: la rivolta dei “rossi” a Bangkok.
Permeteme però de ispirarme a questa
ultima, o mejo a una frase de un
articolo publicado nei giorni passai
su un giornal in lingua inglese de
Bangkok, el “Bangkok Post”, subito
dopo che la sommossa la jera stada
repressa dai militari. L’articolo se
concludeva con ste parole:
The government and the army may
have prevailed today, but they have
definitely not won the war. The
wound is deep in the heart of the
red shirt movement. From now on,
skirmishes and guerrilla attacks as
well as opportunistic arson attacks
can happen any time and nobody
knows when they will end. Bangkok
could become like the restive deep
South. It is a vision that no one wants
to come true.
Tradusion a la bona per quei che no
conossi l’inglese:
Il governo e l’esercito possono anche
aver prevalso oggi, ma sicuramente
non hanno vinto la guerra.
La ferita è profonda nel cuore del
movimento delle magliette rosse.
D’ora in poi, scaramucce, attacchi
della guerriglia e opportunistici
incendi possono succedere in
qualsiasi momento e nessuno sa
quando finiranno. Bangkok potrebbe
diventare come il riottoso profondo
sud. È una visione che nessuno
vorrebbe diventasse realtà.
E xe proprio questa realtà del
profondo sud tailandese che volaria
portar ogi a vostra conoscenza. Anca
perché ga qualche rassomiglianza
con situazioni tipiche che nassi in
territori culturalmente misti e che noi
qua conossemo sai ben.
L’altra volta go cità la situazion in Alto
Adige/Süd Tirol dove el problema xe
Un apetitoso piato de bruchi.
38
sta bastanza ben afrontà, tanto che ogi
grandi problemi de caratere etnico no
ghe xe, nonostante la presenza nel
stesso territorio de tre etnie diverse e
con interessi contrastanti. Ogi femo
un salto de 9000 chilometri per andar
a visitar un posto dove i problemi no
solo no i xe stai risolti, ma adiritura i
se ga tanto incancrenìi che gnanca i
otimisti più incalidi vedi una via de
uscita. Eco perché l’ultima frase de
la mia citazion de prima, la go ciolta
come base per le mie osservazioni
de ogi. “È una visione che nessuno
vorrebbe diventasse realtà”. Gavemo
fato un bel salto e semo rivai cussì nel
profondo Sud de la Tailandia.
Logicamente, vista da lontan, la
Tailandia xe la Tailandia. Invesse
no! Xe tante Tailandie, una che ga
portà ai recenti scontri de Bangkok e
che ven dal profondo Nord-Est, zona
povera, la più povera de la Tailandia
per oggetive ragioni climatiche che
influissi dramaticamente su una
società ancora prevalentemente
agricola. Zona abitada da una
etnia diversa (Lao) da quei che se
considera Thai puri, ma abastanza
simile e assimilada, tanto da no crear
assolutamnte problemi de natura
etnica, ma solo sociale. Una società
tanto povera che xe emblematico el
detto “quei dell’Isan (come lori ciama
el Nord-Est) i magna duto quel che se
movi”.
Po’ ghe xe la “opulenta” regione
centrale meta de una continua
“immigrazione” da dute le altre parti
del paese in serca de fortuna.
E po’ ghe xe el vero profondo sud.
Terèn de incontro e scontro de etnie
La città
diverse,
lingue
completamente
diverse (anche alfabeti diversi),
ma soprattutto religioni diverse e
incompatibili.
E, oviamente, drio a ste robe xe
percorsi storici diversi che a un
certo momento, i s’à incontrà e i s’à
ingropà. Gropo sora gropo, xe diventà
un gropo cussì ingropà che nissun
xe bon adesso a trovar el bandolo
per molarlo (po’ xe qualchidun
che qual bandolo magari no lo vol
assolutamente trovar).
Pochi mesi fa, l’11-12 dicembre del
2009 se ga tignù, nela Università
dove insegnavo, un convegno de
storici de le due parti. Un convegno
rivà a conclusioni sai interessanti ma
che qualchidun no ga volesto publicar
ufficialmente o comunque ga sercà
de no far conosser al volgo (anca
questo ne fa vignir in mente robe che
ne riguarda diretamente!!!).
Eco la locandina del convegno,
rigorosamente scrita in tre lingue
(Thai, Yawi e Inglese) come se usa
da quele parti
de spiegar dove che xe esatamente sta
zona. Eco la cartina (foto 3).
E cussì vignì a saver che la lingua
che se parla de quele parti xe ciamada
popolarmente Yawi e se trata de
una parlada de tipo malese. Solo
che mentre el malese ga cambià la
scritura e adopera adesso caratteri
latini (rumi, i li ciama lori), el Yawi
come dute le parlate locali xe più restà
tacà a la tradision e se scrivi ancora
in caratteri arabi (con l’agiunta de un
per de caratteri novi per rappresentar
suoni che no esisti in arabo), come
del resto se scriveva fin a tanti ani fa
anca el malese e come se continua a
scriver anca ogi (assieme al carattere
rumi) nel Sultanato de Brunei.
Insoma, (eco ancora somiglianze
famigliari), fra Yawi e Malese (e
Indonesian) xe le stesse diferense che
xe fra serbo e croato. Se usa caratteri
diversi, qualche parola la cambia,
ma sostanzialmente le parlate le xe
simili.
Ma prima de continuar, saria el caso
Se trata delle tre Province (Pattani,
Yala e Narathiwat) che se trova
proprio al confin con la Malesia.
No xe le sole che ga una popolazion
mista, xe, poco più a Nord, la
provincia de Songhla che però ga una
forte magioranza thai e dove i Yawi
ga poco de dir e un’altra provincia,
Sathun, sempre al confin con la
Malesia, ma ad Ovest dei monti e
sull’Oceano Indian dove la popolazion
la se ga quasi completamente integrà
con i Tailandesi, vendo perfin adotà
la parlata thai, anca se con qualche
particolarità tuta sua. Disemo che el
nocciolo de la question al xe e al resta
concentrà in quele tre province che go
dito prima. E de quele parlaremo.
Nei giorni passai, xe sta parlà bastansa
dei fati de Bangkok. No sempre
esatamente, ma comunque i media se
ga interessà, no solo per la otantina de
morti e quasi domila feridi de sti giorni,
39
La città
ma anca perché el flusso turistico
dall’Europa xe sempre notevole,
come pure i interessi commerciali
dell’Occidente in generale. Nel Sud
la situazione xe sai più incancrenida,
la dura da oltre sinque ani, i morti ga
abondantemente superà el numero de
tremila (3000), ste morti le xe stade
sai più atroci de quele de Bangkok,
ma i turisti che andava de quele
parti, jera pochissimi, i interessi
commerciali quasi inesistenti e alora
…… se parla solo quando i morti se
tira su in quantità industriali
e dopo …. cala el silenzio
più totale. In questi ultimi
giorni qualchidun ga invocà
a Bangkok anca l’intervento
dell’Onu e delle Agenzie per
i “diritti dell’uomo” a causa
dell’intervento deciso, ma
volù da duta la popolasion
de Bangkok, per meter fine
ai disordini che paralizzava
la città. Ben quei stessi che
desso protesta e che quella
volta (cinque-sei ani fa) i
jera al governo, i xe stai protagonisti
della più violenta repression, proprio
in questo profondo Sud. L’intervento
dele “forze dell’ordine” xe sta, alora,
cussì violento che per anni e ancora
adesso, per quele zone, xe diventà
un episodio emblematico. Dunque
un saco de gente (jera el 25 otobre
del 2004) se veva radunà davanti
a un posto de polizia per protestar
contro l’aresto ritenù arbitrario de sei
persone. Protesta no proprio pacifica
nel senso che al massimo xe sta tirade
un per de piere, ma che dava fastidio
a chi che stava in alto e che voleva
meter el bavaglio a duti i movimenti
autonomisti del posto. Intervignui
con mano pesante, xe sta fermada una
otantina de persone, butade per tera,
dopo che i ghe veva tirà via camise
e maie e ghe xe sta ligà le mani (vedi
foto).
Qualche video mostra che i vigniva
ciapai a piade dai militari. Dopo
qualche ora, i li ga carigai su camion,
in modo che i stava distirai un sora
l’altro, messi in soma come che i
fasseva a Isola con le sardine in scatola
ne la vecia Arrigoni. I camion xe
partidi verso serte caserme dove che
i doveva esser detenui, i camion xe
anca rivai, ma la otantina de persone
I tre tipi etnici abitanti ne la zona: in centro mi a rappresentar i bianchi (pochi
ma i xe), a la mia sinistra el tipico tailandese (anche se un poco tropo alto per
un thai) e ala mia destra el ragazzo che me fa de autista (tipico malese).
40
(se no sbaglio, jera esatamente 78)
le xe rivade cadaveri. L’autopsia ga
dito dopo che squasi duti xe morti
asfissiai, meno 7 che veva segni de
bote, ma anca de proietili. E nissuna
Agenzia per i diritti dell’uomo se
ga fato avanti, in quela ocasion. Ma
quel che xe pegio, xe che el Thaksin,
quel che ogi xe el leader in esilio
dele “camise rosse” e che ga istigà i
disordini recenti de Bangkok, e che
quela volta al jera Primo Ministro,
al s’à permesso de dir che quei i jera
morti de debolezza, dato
che i digiunava, perché
jera el mese de Ramadan
e i Mussulmani da quele
parti xe particolarmente
ligi al precetto del digiuno.
Quela volta anca i nostri
giornai europei gaveva
parlà, ma l’episodio xe sta
presto dismentegà. Ma là
no! E massamento dopo
massamento i morti ga
superà el numero de tremila.
E che morti! Tantissimi
decapitai, altri sgozzai.
Scole brusade, maestri copai mentre
i andava (perfin soto scorta) a scola
a insegnar. Un maestro adirittura xe
sta sgozzà in classe e lassà per tera
davanti ai suoi alievi. Militari che salta
per aria su mine, altri che ven copadi
da bombe messe su motociclette e
motorini, fati saltar a distanza con i
telefonini. Per un per de ani, anche
el colegamento aereo con quela cità
ai confini dela Tailandia al jera sta
sospeso e adesso, l’aereo xe de novo
in servizio (un volo al giorno) ma per
andar e vignir in cità da l’aeroporto,
bisogna spetar de andar in convoglio
con polisia davanti e da drio. Insoma
un bel viver!
Xe ciaro che el caos xe grando, ma
le cause? Sta roba de sicuro no xe
nata per el capricio de qualchidun.
Magari qualchidun che veva interesse
ga impizà la micia, ma in ogni caso
la micia, anzi le micie le jera za
stade posade. Vemo cause etnicolinguistiche. Nel passà, la zona la jera
indipendente (Sultanato di Pattani),
poi la jera diventada protettorato
La città
che ….. “ma prima no jeri voi”, ma
i se ferma là no i disi “prima jerimo
noi” perché saria una bala. Perché
prima no jera né “lori” né “noi”: jera
altri. Ma per un che no sa la storia
locale, quando el senti “ma prima no
jeri voi” al pensa automaticamente a
finir la frase con “prima jerimo noi”.
Ma no xe cussì.
tailandese e quindi con libertà limitada,
ma senza perder la sua indentità duta
particolare. Più o meno un secolo fa,
la Tailandia ga incorporà la zona nel
suo stato. I ga semplicemente trasferì
el loro modo de vita in quei posti che
veva un modo de vita diverso, i lo ga
imposto, magari no con la forza de
le armi, ma con la forza de la lege
e i ga creà un scontento general. I
ga portà le scole (prima jera solo
scole coraniche) e questo xe un
ben, ma la lingua de insegnamento
jera e xe ancora el tailandese. Una
lingua completamente straniera per
lori, gnanca somigliante. E questo
continuo subir, ga durà a lungo fin
che xe scopià. Qualche volta anca in
modo assurdo. Ve conto un episodio
che me ga tocado de persona.
Go dovesto andar in comun in
quela ultima provincia del regno de
Tailandia. Vado con el ragazzo che
me fa de autista (un del posto), ma
che anche me presenta positivamente
quando devo andar in posti dove no
i me conossi. E questo servi tanto,
altrimenti i te vedi subito come un
….. (no volaria meter cossa, ma lo
podé imaginar). Xe una impiegata del
comun regolarmente col chador che
ghe coversi meza facia (afari suoi, me
dispiase solo che no podevo vederla
perché credo che la jera anca belina).
Me rivolgo in thai ……. Come che
parlasi al muro! No podevo veder
l’espression de la facia, ma comunque
dovessi esser stada come quela de
un che credi de ver de far con un
mentecatto. Alora interven el mio
acompagndor, al se rivolgi in Yawi
e in poco tempo otegnimo quel che
volevimo. Ma el colloquio tra mi e
ela xe sempre passà tramite el autista.
Desso dovemo dir che se la lavorava
in comun, qualche scola la devi ver
fato e, dato che le scole in Tailandia,
le xe solo in thai, el tailandese,
magari mal, ma la doveva conosserlo.
Gnanca una parola! Rifiuto totale.
Dopo vemo el fator religioso. La zona
xe quasi completamente mussulmana,
gente anca piutosto fondamentalista,
mentre la Tailandia ga una religion
de stato che xe el Buddismo. Xe sta
costruì qualche tempio buddhista e
queso no fa una grinza dato che xe
anca buddhisti in quela zona. Ma,
quando se riva su de la Malesia
(altro stato mussulman), a qualche
chilometro dal confin se trovemo
davanti un complesso buddhista
de una imponenza incredibile. Xe
un Buddha altissimo che domina
duta la zona (foto) e che fa…boir i
Mussulmani, anca quei moderati.
Dopo ven anca le interpretazioni
storiche. Ognidun risali al periodo
che ghe fa più comodo e al se ferma
là. L’altro invesse continua e trova
Dopo la riunion dei “storici” xe
risultà evidente e duti xe d’acordo
che bisogna far qualcossa, ma i parti,
duti due, da posizioni diverse, magari
oposte, e noi riva a una solusion
condivisa. Quel che manca nel dibattito
sula violenza in quele province xe
“la consapevolezza del ruolo che la
coscienza storica svolge nella mente
dei militanti e della gente nella
regione - in particolare l’influenza
che la storiografia nazionalista
dell’ex sultanato malese di Patani ha
giocato nel formare questa coscienza
storica”. De una parte se vedi el vecio
sultanato de Pattani (che, ripeto,
comprendeva dute le tre province,
no solo quela de Pattani) in giusta
lota per l’indipendenza dal regno
de Tailandia, in nome dell’antica
indipendenza e importanza, anche
culturale. Xe una storiografia che
rifletti le storiografie dei stati che
jera colonie dele potenze ocidentali,
solo che qua la lotta no xe contro
una potenza coloniale ocidentale, ma
contro lo stato siamese. Da l’altra
parte lo stato siamese vedi l’ex
Sultanato de Pattani come un stato
vassallo del Siam za da circa 700-800
anni, e parti da questo presupposto,
come dir al xe sempre sta nostro. I
disi anca che el Buddismo xe rivà
za nel secondo secolo de la Nostra
Era, mentre el Islam, xe rivà solo nel
undicesimo secolo, ma i dismentega
de dir che quel stato buddista no jera
siamese, ma faseva parte del stato
indù-buddista de Srivijaya. Per farla
curta, ognidun conta una “verità”
de parte e fin che no se riva a una
vision condivisa, xe poco de sperar
che le robe se rimeti a posto. Spero
de sbagliar!!
Lucio Nalesini
41
La città
I RICONOSCIMENTI DELLA CAN DI CAPODISTRIA PER IL 2009
Motivazione Fabiola Prassel
La Sig.a Fabiola Prassel è una tenace attivista della
Comunità degli Italiani di Crevatini. Ha saputo trasmettere,
con sensibilità e amore, alle giovani generazioni le
tradizioni locali. Ha tenuto lezioni di cucina tradizionale
sia presso la scuola che in Comunità, con “succulente”
tavole rotonde di rara delicatezza. La CI Crevatini e la CAN
di Capodistria colgono questa occasione per ringraziarla
sentitamente per gli insegnamenti, la pazienza e il tempo
che ha dedicato in tutti questi anni per il mantenimento
delle nostre tradizioni. Con sensibilità e affetto ci ha
regalato una testimonianza di generosità e disponibilità
delle nostre nonne.
Motivazione Giorgio Visintin
Giorgio Visintin, nasce da padre italiano e madre slovena
a Trieste città, ed ha perciò fin da bambino sensibilità
diretta verso i problemi delle minoranze. La famiglia
è disagiata, perché il rifiuto della tessera del Fascio
precludeva al padre ogni lavoro decente. La situazione
si ripete per il giovane diplomato in ragioneria, al quale
si offre solo lavoro in nero o lo sgombero delle macerie
della guerra. E’ però attivo, fin dagli anni scolastici, in
diverse filodrammatiche, e nel novembre 1952, il regista
Anton Marti, assistendo a Trieste al “`Miles gloriosus” di
Plauto, lo invita a Radio Capodistria. Dopo l’audizione,
il capo dei programmi Mario Abram, gli chiede di
subentrare come speaker fin dal giorno seguente. Viene
ingaggiato inoltre come attore e truccatore dal “Teatro del
Popolo” di Capodistria, di cui scriverà anche le cronache.
Nel ‘53-’54, nella temperie dell’esodo, diverso personale
di lingua italiana viene a mancare, e Visintin intensifica
il lavoro, anche redigendo trasmissioni e traducendo
dallo sloveno. Tiene corsi di speakeraggio e dizione per
voci nuove e, nel 1960 diventa Redattore responsabile
della Redazione di politica interna, introduce le prime
trasmissioni di contatto con gli ascoltatori, trasmissioni
di carattere musicale e turistico, un genere che ha
caratterizzato la moderna radiodiffusione. Parallelamente
si occupa anche di traduzioni simultanee intervenendo a
riunioni e congressi. Dal 1969, con la visita dell’allora
presidente italiano Saragat, presta opera di traduttore nel
protocollo sloveno, ed è cofondatore dell’Associazione
traduttori della Slovenia. Traduce inoltre quattro libri per
l’editrice “Madinska Knjiga”. Nonostante gli impegni
non trascura il primo amore, la recitazione. Recita infatti
in una dozzina di film e produzioni televisive slovene.
Partecipa alle prime trasmissioni televisive in italiano, con
la celebre “’Costiera” che risulterà essere l’embrione che
darà vita, nel 1971, a TV Capodistria. E del Telegiornale
di Telecapodistria Giorgio Visintin sarà una delle voci
storiche. Nel 1975 diventa redattore film della medesima
emittente televisiva. Negli ultimi anni è a capo del
Telegiornale, fino al pensionamento nel 1990. Continua
però a lavorare a contratto per l’ente radiotelevisivo, cui
in pratica ha dedicato una vita.
Motivazione Nerone Olivieri
Nerone Olivieri nasce a Trieste il 22 marzo 1922 dove
termina gli studi. Dal 1938 al 1950 svolge la sua attività
fra le città di Tržič e Lubiana. Nell’ottobre del 1950
arriva a Capodistria e si impiega, in qualità di professore
di educazione fisica, presso il Ginnasio italiano dove
rimarrà fino alla pensione. È maestro di ginnastica anche
alla Scuola elementare. In quegli anni ricopre
ruoli importanti, all’interno delle Istituzioni
sportive locali. È membro della direzione
dell’Unione dei Circoli di educazione fisica,
referente per l’atletica della Lega Sportiva,
membro del Circolo sportivo “Aurora”, del
Club nautico “Nautilus”. È un bravissimo
insegnante di sci, allenatore di pallacanestro.
Molti suoi alunni ricordano con affetto le
gite scolastiche sulla neve organizzate dal
professor Olivieri. Un vero trascinatore
di entusiasmo. A scuola viene anche
apprezzato quale coreografo. Il prof. Olivieri
era ed è stimato da tutti, insegnanti e alunni,
per il suo costante impegno nell’interesse
generale della scuola e per aver contribuito
in maniera significativa ai bisogni specifici
nel campo dell’educazione fisica nelle
Scuole della Comunità Nazionale Italiana
e non solo, curando e sostenendo questi
valori sino ai massimi livelli di competenza
Nerone Olivieri, il presidente della CAN di Capodistria Alberto
e responsabilità.
Scheriani, Fabiola Prassel e Giorgio Visintin.
42
La città
Il contributo della CI di Capodistria al Forum Tomizza
I poeti Milan Rakovac (ideatore del Forum tomizziano),
Aljoša Curavić e Gašper Malej.
Il Forum Tomizza ha festeggiato quest’anno l’undicesimo
compleanno, in quest’edizione che si è protratta dal 26
al 29 maggio, e che, come ormai tradizione, attraverso
simposi, convegni, concorsi rende omaggio ad un grande
della cultura transfrontaliera, Fulvio Tomizza. Lo scopo
di questi incontri di frontiera è di ribadire e continuare
il pensiero tomizziano, ossia che l’incontro tra culture
e modi di pensare, attraverso eventi culturali di questo
genere, possano dare
vita alla costruzione
di nuove, comuni
identità.
Organizzata
dalla
Biblioteca
civica
di
Umago,
da
“Primorske novice”
di Capodistria e dal
Gruppo 85 di Trieste,
la manifestazione si
è snodata attraverso
questo “triangolo” di
località e ha preso il
via Proprio all’estivo
Il cantautore sloveno
della Comunità degli
Jani Kovačič.
Italiani
“Santorio
Santorio”.
Il primo appuntamento della serie è stato quello intitolato
“ArtIstra”, con musica, poesia e spettacolo. Protagonisti
i poeti Gašper Malej, Milan Rakovac e Aljoša Curavić
e i musicisti Jani Kovačič e Patrizia Laquidara. A dare
il suo apporto alla serata è stato pure Boris Palčič con il
cortometraggio “Breve inno alla patria”.
La splendida esibizione della cantante catanese Patrizia Laquidara.
43
La città
L’ironia graffiante di »Giro di valzer«
In scena il Piccolo Teatro Città di Capodistria
Il nuovo teatro cittadino ha ospitato il 24 aprile il lavoro »Giro di valzer«. Diretta da Livio Crevatin per il
Piccolo Teatro Città di Capodistria, l’opera è stata suddivisa in cinque sketch, tratti dallo stesso regista, dai testi
della nota attrice ed austrice Franca Rame, nonchè dalle connazionali Carla Rotta, Koraljka Leković e Laura
Marchig.
Importante per la riuscita del lavoro il tema musicale, a
ritmo di valzer ovviamente, gli interventi canori di Karina
Oganjan e i balletti del New Space ballet. Sullo sfondo
sono proiettate immagini che hanno ambientato le scenette
in regione e soprattutto a Capodistria. Infine Crevatin ha
voluto rivolgere alcuni doverosi ringraziamenti. »Per la
realizzazione devo porre in risalto il sostegno finanziario
della CAN di Capodistria e della Comunità degli italiani
‘Santorio Santorio’. Importante il contributo che abbiamo
avuto dal direttrice del teatro di Capodistria, Katja Pegan,
e dall’organizzatore culturale Dragan Klarica. Di grande
aiuto ci è stato ancora edoardo Milani, che ha curato
l’allestimento tecnico«.
G. K. (La Voce del Popolo)
Rosanna Bubola (Foto Adriana Crevatin).
L’interpretazione dei brani è stata affidata alle attrivi Elena
Brumini, Rosanna Bubola, Elke Burd e Paola Bonesi.
»Giro di valzer nel nostro gergo significa un cambiamento
di rotta, ma in senso positivo« spiega Crevatin. »E’ un
percorso letterario per inquadrare la nostra società degli
ultimi anni. Nella prima scena, ad esempio, si rivivono,
con gli occhi di una ragazza, gli anni dei viaggi in Italia
per fare shopping e lo stress della dogana ai confini.
Quindi si parla del modello d’eleganza imposto a una
donna più matura che non accetta di essere fuori dai canoni
previsti. Più impegnato, dal punto di vista sociale, il testo
incentrato sul dramma della violenza contro le donne.
Franca Rame invece ha fornito lo spunto per parlare delle
vicende di una persona che affronta interventi di chirurgia
plastica per rimanere giovane e piacente, nonchè la vita di
un casellante con le difficoltà e i contrasti di una donna
che lavora«.
Elke Burul
44
Il regista Livio Crevatin (Foto Cernaz).
Paola Bonesi
La città
Vsakdan v ritmu valčka
Gledališče Piccolo teatro città iz Kopra uprizorilo iskriv glasbeno scenski kolaž
Kulturna in umetniška dejavnost pripadnikov italijanske skupnosti širšemu občinstvu včasih ostaja manj
znana. In vendar bogata in razvejana neguje številne zvrsti: od literature, glasbe, likovne umetnosti in plesa do
gledališča, pomembno pa v večkulturni istrski prostor prispeva z domoznanskimi in tradicijskimi vsebinami.
Elena Brumini (Foto Katonar).
Pred kratkim se je v Kopru predstavilo že nekaj časa
delujoče gledališče Piccolo teatro città di Capodistria
(Malo koprsko metno gledališče), ki je pod vodstvom
režiserja Livia Crevatina na ogled postavilo duhovito
gledališko-plesno in glasbeno sestavljanko z naslovom
Giro di valzer (Plesni obrat).
Dramaturški skelet je režiser sestavil iz fragmentov
dramskih pisateljic iz Istre in Reke: Laure Marchig,
Kenke Lekovich in Carle Rotta, zajel pa je tudi iz opusa
velike igralke in dramatičarke France Rame.
Protagonistke drobnih, na videz nepomembnih vsakdanjih
življenskih situacij so – ženske. Skozi otroške spomine
na prehajanje nekdanje meje na Škofijah v humorni
interpretaciji Elene Bruminim prek na rob družbe izrinjene
postajne načelnice, ki na bizaren način odslikava stanje na
(samo?) italijanskih železnicah, izvrstne Rosanne Bubola,
do čustvene introspekcije prefinjene Elke Burul in
ironičnega posmeha imperativa večno mladostnega videza
in posledicam plastičnih operacij v duhoviti izvedbi Paole
Bonesi, je režiser v uri intenzivnega dogajanja na odru
stkal gosto, a lahko berljivo tkivo malih človeških usod.
V trenutku, ko bi zgodbe lahko postale grenke (kar tudi
so), jih predstava razstrupi: na odru se kot vezni člen
pojavijo tržaška pevka Elena Centrone in plesalci skupine
New Space ballet iz Vidma. S projekcijo istrskih mest
v ozadju in v ritmu blagoglasnega dunajskega valčka
družbenokritični monologi junakinj ne izgubijo robov,
nasprotno, lahkoten okvir najihovo sporočilo le še
poudarja. Predstava, ob kateri se od srca nasmeješ, imaš
pa tudi o čem premišljevati.
Irena Urbič (Primorske Novice)
I ballerini della compagnia New Space ballet (Foto Katonar).
45
La città
Un paolan finì in Piemonte
Intervista con Ermanno Zago, per i capodistriani Mani Galinàssa
All’ultima festa della Semedella abbiamo rivisto con piacere Ermanno Zago, capodistriano residente da anni
ad Alba, in Piemonte. Di famiglia paolana, Mani è emigrato subito dopo la guerra in cerca di miglior fortuna,
lasciando qui i genitori. Veniva a trovare spesso il padre Antonio e la mamma Filomena, passando anche in
Comunità. L’incontro di aprile è stato un’occasione per fare una chiacchierata.
Mani, ma lei in che anno è nato?
Mi son nato del ‘22 in Cale San Tomaso, propio sula
cima, rende de Santa Chiara. Mio nono Bortolo gaveva
tre fioi, un xe tornà dala guera xe morto sai presto dai
patimenti. Mio papà ga fato anca la guera soto l’Austria.
Iera un paolan?
Paolan iera. Nono ne ga lassà un toco de tera in Campo
Màrso. Anca dopo che i ga fato la Tomos i ghe ga lassà
una strissieta de campagna. Gavevimo una bela zornada
de tera che iera refosco e patate per far la polenta per
tuto l’ano.
In Calle San Tommaso c’è una chiesetta.
Vigniva tanto adobada a Pasqua coi vasi, co’ la biada…
sà che la biada fa subito verde. I te preparava dele
cassete bele, dopo sto crocifisso, la setimana di passione.
La ceseta de San Tomà noi ciamemo. Quei anni che
vegniva la neve noi andavimo sbrissar…
E suo papà come se ciamava?
Ermanno Zago col figlio Italo
all'ultima festa della Semedella.
46
Antonio Zago detto Toni Galinassa. A iera sai bravo per
far incalmi, innesti. Se ti ti guardi quei pini marittimi
che xe soto l’ex monumento a Sauro, el giardino…quei
che xe bei storti…quei ga piantà mio pare. Nel ‘36
iera l’ingegner Maier, el papà de Bruno famoso critico
leterario. Mi andavo a scola co’ Bruno, e alora un
giorno a me dise ‘Mio pare ga bisogno de tu pare’;
perchè quando che iera de inpiantar alberi a Capodistria,
iera Tonin, mio pare.
Che scolaro era Bruno Maier?
Ecelente a iera. Un bravo ragasso. Mi prima de andar a
scola passavo de lu in Cale Eugenia a ciorlo.
Ha fratelli o sorelle?
Gavevo un gemel che xe morto de picio. Ancora quando
ierimo a Valdoltra, mio papà iera un periodo el fattore
del cortivo dei Manzini, un cortivo grandioso. Vevimo la
casa, tuto l’ocorente. E De Manzini iera sindaco, podestà
quela volta i ciamava. A alora lu ga proposto mio papà
con contratti scritti come se devi: se dà tanto de paga, a
ga dirito a tanti polastri, tanta late, tanti ovi…e a Pasqua
tante pinze. Iera gente onestissima. E gaveva ogni mese
lui di paga un centone, cento lire.
In che anni?
Mi te parlo ‘25-’26. Per mio papà iera un lavor, iera
contento. Semo stai un do tre anni, perchè dopo go
perso el fradel a Valdoltra e mia mama no ga volesto
saverghene de restar là. Iero picio ma me ricordo che
vigniva anche sti fioi del paron sù, che me ga dà – che
no gavevo nissun ricordo de mio fradel – questo sior,
una volta go vudo bisogno de andar al Consorsio agrario
de Trieste, che iera un inverno rigido; mi dovevo
proveder dele patate per la mensa e alora vado là, mi
solo go verto boca »Ma la scusi – a me dir – lei la xe
capodistrian«; e questo iera Giulio Manzini. Lu iera
diretor del Consorsio agrario in Via Milano. Lu ga capì
la mia parlada; sà che ‘l triestin stona no? E sto Giulio a
me fa, mi dice »Senti, mi go un ricordo e te lo devo dar.
Ven domani, te dago«. E me ga dà una picola fotografia
che semo mi e mio fradel, sentai s’un scagneto fora la
stala dove tigniva le vache el paron.
Me xe dificile imaginar che tante case a Capodistria
veva la sua stala…
Ma vara se ti vadi in bassa Italia, presenpio mi iero
militar a Bari, son andà in ostaria e iera connessa anca
la stala, col muss. Iera ragioni di lavoro, di povertà, de
tante robe. Adesso sarà cambià anche là, ma iera cossì.
La città
Armente no se tigniva, solo mussi qua in città. Xe
vero?
Sì, sì. Ma i manzi iera quei che doveva lavorar, tirar
l’aratro, e portar le legne a Capodistria per i nostri
fornitori. Quando che vigniva i cici famosi a portar i
pomi e la carbonela…
Le donne dei villaggi venivano in città. Come le
ricorda?
Le portava late prima roba, le fasseva el giro co la
marmitta de late. La marmitta coi manegheti iera più
granda del sbrufador. Le vigniva con do marmite, 40 litri
circa. E gaveva le familie za come clienti per portarghe
late freschissimo. E oneste le iera. E dopo le vigniva a
vender i corneti de pan consà, in Ponte.
Cos’è il pan consà?
Xe messo pan e oio d’oliva, e un poco de sucaro per
darghe un poco de grazia a sto pan. Quel pan vigniva
fato per Nadal. E anca quando che iera qualche fiera,
dele vendemmie, le vigniva zo tute ste done e le vendeva
el corneto a 50 centesimi. Pensa che iera gente che
vigniva zo dal monte de Maresego, ala matina presto
lassava el caval ala Muda. A casa del papà de Carleto
Pečarič - ti lo conossevi el dentista? - i gaveva el
stalagio, e dopo ste done le andava a Trieste a vender
late. E le tornava verso la una, una e meza, le andava
magnar de Fontanot in Ponte che noi ciamavimo i
Balcàni; e le andava a magnarse un brodo, quel che iera.
Magari calchiduna ghe piaseva anca inciucarse, perchè
dopo iera el muss che le portava a casa. La montava sora
e ‘l musseto saveva tornar a casa.
Mi parla un po’ dei paolani?
La giornada se inissiava ai albori, lori doveva za esser in
campo. I andava via de casa col scuro pensando che de
là mesa ora sarà giorno. De inverno so che i se alsava ale
cinque e meza anca. I preparava el careto, el musseto,
quel che i gaveva e i andava in campagna. Là i veva
tuti la caseta, un…rifugetto, no solo per tignir i atressi,
ma anca per tignir el musseto. ‘Co’ ti staghi là, ven in
caseta!’ me sigava mio pare quando che pioveva.
Ci si incontrava fra paolani in campagna?
Se se incontrava, e qualche rara volta anca qualche
marendina. Ma no tuti. Iera anche qualche rivalità…e
alora quei no i se parlava, i se ignorava.
E il pranzo?
El pranso ghe lo portava la molie sula sèsta, col bossolà
in testa. Ste done…le te portava la cesta anca per diese
omini, qualchidun gaveva anca dieci omini a giornada…
perchè no iera come che xe ‘desso i aratri. Caminando le
vigniva, caminando le tornava in cità. Noi in campagna
vevimo una botisela de vin, ne vegniva un po’ de
polenta.
E cossa ghe portava de magnar ste done?
Generalmente minestra, pasta e fasoi.
Si tornava a casa?
Ala sera, sul scuro. Dopo ver fato duti i lavori, sapàr,
podar le vide…
E le donne?
La dona stava a casa, fasseva la lìssia, preparar
ste minestre, tignir i fioi…qualcheduna iera anca
volonterosa, la andava iutar in campagna. Una vita
pesantina…adesso xe le lavatrici, xe tuto.
Fino a dove uscivano i paolani?
Ma tuto qua ‘torno: Semedela, Barban, Seredel, Copòle,
el rato de Santa Margherita, Carbonar, Pastoran,
Bossamarin, San Tomà - là vissin Prade, in Pradissiol,
Cansàn, Triban, Perariol; Triban propio ieri semo andai
curiosar che mio fio voleva veder dove gaveva el nono;
noi gavevimo una volta un toco de campagna in afito del
marchese Gravisi. In Triban iera una bona vale per fruti.
E mio papà…la fioritura, i fruti iera la sua vita, lu saveva
tirarli su. Un ano xe vignuda ‘na iassàda, ma la colina
ga proteto, ga riparà la campagna. Quel anno là mio
papà ga portà in casa un’entrada de 25 mile lire solo de
persighi! Con quei soldi gavemo messo a posto el colmo
dela casa in Cale San Giustino, dove stavimo dopo. Ma
anca la cortisèla, la stala pe ‘l musseto. Un poche de
strasse, pesanti scarpe che ghe serviva a papà per andar
in campagna.
Quela volta andavi a scola in Santa Chiara.
E fevimo ginastica nela cesa de San Francesco. Quela
volta iera severi i maestri de ginastica. Se no ti savevi
andar su, far le pertiche, a te dava dei colpi da drio…
per farte sveiar. I maestri una volta i veva ancora i
regolamenti, i se veva diplomà soto l’Austria. E là no ti
vegnivi fora se no ti savevi almeno sonar l’armonio.
Che rapporto c’era tra nobili e paolani?
I se tigniva separadi, ma da persone educate, le gaveva
rispeto per el paolan. Diseva bongiorno e se tirava
anche zo el capel, per dir. Ma niente confidenza. Iera i
Totto, i Gravisi, i Nobile, i se tegniva in qualche modo
separadi de noi perchè…per dir…chi andava in Loggia?
Bastava un’ociada e no ti gavevi voia de avicinarte. Iera
monopolio dei siori. Ga dovesto terminar la guera per
andar in Logia.
El Montaron de San Tomaso.
47
La città
Ben, ma tanto iera altre bone ostarie?
Iera là de Rampin, ti magnavi la meza de bacalà magari,
la tripeta…vigniva anca i contadini fora de campagna.
Lori i andava a far marenda co i vigniva le commissioni
in città per comprar la tela per far le mudande o per far el
tarlìs, tuti quanti i vegniva. Gaveva bon nome le ostarie
de Capodistria, ghe ne iera tante…de Pessifrito, Bescàn,
al albergo de Tomasin…là ga vissù un scritor inglese,
quel che ga fato scuola a Pier Antonio Quarantotti
Gambini; e lu gaveva la stanza qua de Tomasin, tuto
solitario andava per Capodistria, andava in Logia.
E il rapporto tra paolani e pescatori?
Niente, quasi nulli. I più poveri a Capodistria iera propio
i pescadori. El suo regno iera Bossedraga. No ti vedevi
mai un pescador in piassa. Chi dominava la piassa iera
i siori o i paolani. Invesse i nostri contadini qua del
vicinato, la Piassa Daponte. Lori i vigniva là per vender
dopo i comprava de Pizzarello all’ingrosso. I cici i
comprava tanta conserva, bacalà…perchè dopo i andava
in montagna, chi li vedeva più?
La gente de fora, parlava con voi in italian?
Sì, tuti. Perchè per principio iera questo el fatto, quando
nasseva un fio sloven, el papà a un dato momento ghe
diseva »Fio ti ti devi parlar talian, perchè doman se ti
andarà a lavorar a Capodistria o Trieste ti sarà a posto«.
E alora i ghe imparava a parlar anca el veneto, magari co
la cadenza slava ma comunque ti capivi ben.
E voi no savevi niente per sloven?
Uno scorcio di Calle dei ciottoli, ex calle S. Giustino.
48
E noi no, solo qualche parola…Hvala lepa, Dober dan,
mleko…perchè a scola iera proibido per noi. Quando che
son andà mi nei Balcani in guera, el primo lavoro i me
ga dà el dizionario ridoto dela lingua slovena…perchè el
soldà se sapi regolar »Imate questo, imate quel altro…«.
A parte che a Cataro i veva tante parole venete.
De che anno la iera a Cattaro?
Del ‘43.
Tornemo ai Zago paolani. Come nasce il soprannome
Galinassa?
Nassi che sto famoso Zago passava per la Muda, co ‘l
s’ciopeto andava a cacia. »E indove andè Bortolo?«,
mio nono ghe dir »Ma, vado a galinasse…« saria le
gallinelle, quele de fiume, in italian. E dopo ghe xe restà
apiopà Galinàssa. E dopo xe andà avanti tuto el ceppo.
Si cantava da voi a casa?
Per parte de mia mama, Pichena (Riccobon, ndr), iera
tuti canterini. Papà iera stonà come ‘na campana, ma mi
ghe dimandavo l’istesso »Cantime una canson papà«
prima de andar dormir, no? E sula melodia del Tram de
Opcina el tacava »E pulisi e pedoci e bacoli crepai, salti
de simmia e gobi inamorai, i ga sposà la sgiònfa che no
iera più stagion, e ‘l gobo la ga ciolta ghe ga brusà el
paiòn. Bim be bom!«. Ma iera sa cantori a Capodistria,
anca mio zio Mario, sonava la chitara, quando che ‘l
cantava Catarì (classico napoletano, ndr), lu ‘ndava in
brodo de giuggiole, perchè iera la sua canzon.
In Piassal de Bartoli iera el torcio de Zago. Iera sui
parenti?
No. Iera un altro Zago. I veva un torcio nela Cale dove
che iera Skok, el fabro. Prima de Rampin, in Cale dei
careri iera el torcio. Ma Zago ghe ne iera tante fameie
qua a Capodistria.
Dove giocava da piccolo?
Prima roba qua soldi no iera, gnanca vizi no iera per
fioi. Mi i zogatoli me li fassevo. Monopatini, careti,
pupoloti. Col monopatino mi andavo fina Scofie, dove
xe el bloco adesso. Se no fassevo el careto co’ quatro
cuscinetti a sfera. Iera con mi un Scher detto Zaròba,
perchè i veva la mania de domandar »Come xe Piero?
Xe qualcossa?«, »Sì, xe za roba« xe za quei fruti che
riva, no? Iera quei là, dopo iera i Caretòni, cioè i Minca.
Careton iera perchè quando iera soto militar, i fasseva
do anni soto l’Austria, e quando che xe andà a militar i
ghe ga consegnà un bel caval, el fasseva el trasportatore,
e ‘l gaveva un caro grande. »Coss’ti fassi soto la naja?«
»Porto un caretòn!«. E de là i ghe ga dito Careton e
ala fameia i Caretoni. Po’ iera i Albeti (Lonzar,ndr),
i gaveva un fio Nevio, bravissimo, partigian che xe
morto in tempo de combatimento coi tedeschi. A iera
giornalista, lu se interessava de tuto, a scriveva sula
Gazeta delo sport de Milàn, e tuti i particolari de ste
squadrete fortisine che iera in Istria o Trieste, lu gaveva
l’incarico là. A gaveva za lavor. Perchè no ti savevi che
pessi pigliar co vegniva sti tedeschi. Mi son sta fortunà.
La città
Son tornà dal militar l’8 setembre iero za in Piemonte,
rimpatrià dal Montenegro. Beata l’ora che semo tornai,
perchè za capivimo che la guera va finir mal. Noi gavimo
‘Radio gavetta’, ciamaimo; i telefoni da campo ne serviva
per gaver notissie.
Poi, tornato a casa?
E dopo torno a casa, prima roba riva i slavi, no? E dopo i
ga fato quel che iera, carnaval. Ga molà le presòn, va fora
manigoldi e no manigoldi, perchè no xe che i ga vardà.
Dentro iera anca gente che ga mazà. Ghe ne iera un in
particolare, un genovese, che ga mazà el garzon de botega e
ga ocultà el cadavere scondendolo in un toco de muro, soto
la malta.
Ieri due fradei Skok, Scocchi, qua a Capodistria.
Un faseva el fabbro, l’altro el sellaio e là lavoravo mi.
Vevo un paron molto bravo, che se pol dir che divideimo
el bocon assieme. I paolani se fasseva far roba bela, tutta in
pelle.
Cosa si faceva dal sellaio?
Preparar tuti i finimenti de un caval. El comato, le briglie, el
schenal e tuto l’ocorente a secondo de come el cliente iera
disposto a spender.
Quando sei andato via da Capodistria?
Nel 1946.
Perchè così presto?
No iera lavor. In selleria no iera material, niente. Miseria
nera. Mulo de 22 ani, me son ciapà…Trieste e Gorizia. A
Gorizia m’ò sposà.
Ma la xe andà via da solo o coi genitori?
Solo. I genitori no voleva. »Restemo qua, semo veci«…a 50
anni, pensa, i se dichiarava veci! »Vemo la casa, vemo la
campagna e dove andaremo in zerca pel mondo?« diseva.
Papà, Antonio, xe morto qua nel ‘70 in Cale dei ciotoli, ex
San Giustino. Mama, Filomena, se ga trasferì in Kidričeva,
zo per porto, e là xe morta del ‘94. La ‘veva 96 anni.
Il Piazzale Kosovel (ex Bartoli e Ognissanti)
in un'immagine d'inizio '900.
Un inquilino della vicina Calle delle cooperative.
49
La città
Semedella 2010
Quest’anno la S. Messa e il ritrovo tradizionale presso la Chiesetta di Semedella hanno avuto un ulteriore
significato celebrativo, che si collega alla ricorrenza del duecentesimo anniversario della morte dell’ultimo
Vescovo capodistriano Bonifacio da Ponte. Oltre a promuovere le consuete iniziative legate al momento votivo,
la Comunità degli Italiani “Santorio Santorio” di Capodistria ha inteso rivolgere un doveroso omaggio nei
confronti di una personalità di spicco della storia cittadina, qual è stato il Vescovo Bonifacio. Si è scelto pertanto
di celebrare tale evento in concomitanza con la popolare ricorrenza della Semedella, nella cui Chiesa ha trovato
sepoltura lo stesso vescovo capodistriano. Nell’occasione la Comunità degli Italiani ha stampato una cartolina
commemorativa con l’effige del vescovo Bonifacio, affrancata per l’occasione con un francobollo celebrativo
emesso appositamente su nostra commissione dalla posta slovena.
L’ultima epidemia di peste diffusasi a Capodistria tra il
1630 e il 1631 provocò la morte di ben 1.927 persone,
lasciando nel lutto e nella costernazione la popolazione
rimasta, stremata dal terribile morbo. Ben 1.831 salme
furono seppellite a Semedella, nello spiazzo di terreno
nei pressi del quale oggi è eretta la chiesa. Mosso dallo
spirito di sentimento religioso e di riconoscenza per la
cessazione della pestilenza, il Nobile Consiglio della
città di Capodistria decise di erigere un altare votivo nel
Duomo, la cui esecuzione fu sospesa per difetto di spazio
nella Cattedrale e in seguito alla sopraggiunta morte dello
scalpellino incaricato. Nel 1639 il Consiglio cittadino
decise di erigere una chiesa in sostituzione del nominato
altare, da costruirsi sullo stesso fondo di Semedella nel
Il vescovo Bonifacio da Ponte
50
quale vennero seppellite le salme dei decessi provocati
dall’ultima pestilenza, dedicandola alla Beatissima
Vergine delle Grazie. L’impresa fu affidata a Niccolò
Carpaccio per i lavori in muratura e a Pietro Isdrael per
quelli in carpenteria. La pietra lavorata, proveniente dalle
cave di Rovigno, venne fornita dagli scalpellini Stefano e
Girolamo Torre di Pirano. La pala d’altare, raffigurante
la B. Vergine al cospetto della SS. Trinità orante per la
cessazione dell’epidemia pestilenziale, fu commissionata
al pittore Guidotto Guidotti di Venezia. Le spese per
l’esecuzione della Chiesa di Semedella furono sostenute
dal Comune e da privati. La nuova Chiesa venne alfine
benedetta solennemente dal Vescovo Pietro Morari,
assistito dal clero e dal popolo, il 24 aprile 1640, ed il
Santo padre Urbano VIII concedette indulgenza plenaria
il giorno della ricorrenza.
Per suffragare le anime dei decessi furono celebrate
pompose esequie, e fu assunto l’obbligo di recarsi
in processione annualmente nel giorno festivo
dell’Immacolata concezione della B. Vergine Maria alla
chiesa dei Minori Conventuali di S. Francesco (soppressa
nel 1806), e di visitare la Chiesa di Semedella nella
domenica dopo l’ottava di Pasqua.
La Chiesa di Semedella, vista la notevole affluenza dei
devoti, venne ulteriormente ampliata nel 1855 assumendo
l’attuale impianto a forma di croce latina, grazie a una
donazione della Sig.ra Maria Favento vedova Cargnel
in Volpi, che a sue spese finanziò la costruzione di due
cappelle laterali. Nella cappella a sinistra di chi entra in
Chiesa è collocata la pala d’altare del pittore capodistriano
La città
Bartolomeo Gianelli del 1856, rappresentante il vescovo
Bonifacio nell’atto di conferire il sacramento della
Cresima. Le grazie ottenute dai fedeli per intercessione
della B. Vergine delle grazie di Semedella erano
testimoniate, nella stessa cappella, da svariati ex-voto, di
cui rimangono pochi oggetti e dipinti votivi.
Il vescovo Bonifacio da Ponte
Nella cappella a destra si trova il sarcofago di marmo
istriano proveniente dalle cave di Grisignana, contenente
le spoglie mortali del Vescovo Bonifacio da Ponte.
Monaco benedettino della congregazione dei Camaldolesi,
dopo aver lodevolmente occupato le cariche più distinte
del suo ordine, il 15 luglio 1776 fu nominato Vescovo
della diocesi di Capodistria dal Sommo Pontefice Pio VI.
Uomo dotto e pio, modello di virtù cristiane e pastorali
confacenti al periodo e al Suo alto incarico, si distinse per
zelo apostolico, opere filantropiche, donazioni, riforme
e iniziative. Nel 1789 convocò un sinodo diocesano,
pubblicato l’anno seguente, che gli valse il plauso di
molti distinti personaggi del tempo, e perfino dello stesso
Pontefice in forma di breve diretta al Vescovo da Ponte
(29 settembre 1780, Roma). Ampliò il Seminario, attiguo
all’odierno palazzo vescovile di Capodistria, che reca
tuttora lo stemma col blasone vescovile del da Ponte. Il
vescovo da Ponte visse in un periodo di grandi mutamenti
storici, e fu testimone degli episodi che sconvolsero
Capodistria alla caduta della Repubblica di Venezia
(1797). Morì da tutti compianto il 6 gennaio 1810, a causa
di una malattia che lo colse per il freddo patito sedendo in
cattedra alla Messa cantata di Capodanno.
Le esequie solenni richiamarono una folta massa di popolo,
che accompagnò le spoglie mortali del compianto Vescovo
dal Duomo all’estrema dimora. Il feretro venne deposto
nella Chiesa di Semedella, dove fu successivamente
collocata una lapide che ne ricorda le virtù e i meriti. A
Monsignor Bonifacio da Ponte toccò in sorte di essere
l’ultimo Vescovo della storica diocesi giustinopolitana.
Nominati nel frattempo dei Vicari capitolari in Sede
Vacante, nel 1818 Sua Maestà Francesco I propose alla
S. Sede una nuova divisione delle diocesi esistenti delle
provincie un tempo soggette al governo di Venezia. In
seguito fu decretata la soppressione del vescovato di
Capodistria, e l’unione della diocesi a quella di Trieste.
L’Imperatore, con sovrana risoluzione del 20 luglio 1826,
stabilì che la Chiesa di Capodistria fosse Concattedrale
con quella di Trieste, ed il Sommo Pontefice Leone XII
nel 1828 emanò la bolla di circoscrizione della Provincia
Dalmata e dell’Istria.
Terminava così, con Bonifacio da Ponte, una successione
vescovile perdurata nei secoli, la quale venne ripristinata
soltanto in tempi recenti con l’istituzione della nuova
diocesi capodistriana.
l Coro dei Fedeli fiumani.
51
La città
Repertorio italiano di corrispondenza
alle voci dialettali capodistriane
Tratto dall’appendice al Dizionario storico fraseologico
etimologico del dialetto di Capodistria di Giulio Manzini
O
Oberare – caregàr
Oberato – càrego
Obiettivo – mira
Obliquo – sbiégo
Obolo – limòsina
Occhiaia (livido) – calamàr
Occhialone (pesce) – ociàda
Occhiata – ociada
Occhieggiare – cucar
Occhiello – ocel, asola, buseta,
sacola, recela, (mar.) radància,
brancarela
Occhiolino – (fare l’o.) schissar de ocio
Occidente – ponente
Occludere – stropàr
Occorrere – ‘corer
Occultare – sconder
Occupare – ciapar, tignir
Occupazione – lavor
Oculato – ‘tento
Odierno – de ogi
Odorare – nasar
Officina – botega, fusìna
Offuscare – intorbiar
Oggetto – roba
Oggi – ogi, ancò, ancùo
Ogni – oni
Ognuno – onidun
Oleoso – onto
Oliare – onser, ontolar
Oliva – uliva
Olivo (veg.) – ulivo, olivèr
Oltre – oltra, passa
Ombelico – buligo
Ombra – ónbra, onbrìa, ónbrego
Ombrello – lonbrela, onbrela
Ombrina (itt.) – corbèl
Ombrinale (mar.) bornal, manichela
Omento – radisel
Omettere – lassar fora
Omiciattolo – cassabobolo
Omonimo (di pers.) – zénso
Ondeggiamento – mareta, gaiòla
Ondeggiare – rolar; ondisàr
Ondulare – ingrespar, mover
Onomastico – festa
Onoreficenza – medaja
Opaco – scuro
Operaio – lavorente
Operare – far, laoràr
Opinare – creder
Opinione – ‘pinion
Opporre – meter contra
52
Opportuno – bon, justo
Oppresso – calcagnà, sofegà
Opprimere – calcàr, strenzer
Opuscolo – libreto
Ora (avv.) – ‘desso
Oramai – zoramai
Orata (itt.) – orada
Oratoria – ciàcola, sbàtola
Orbettino (rettile) – orbisìn
Orcio – vaso, pila
Ordigno – ordegno
Ordinare – meter in sesto; comandar
Orecchia – recia
Orecchino – re(n)cìn, bùcola
Orecchioni – mal de moltòn
Organismo – parécio
Organizzare – preparar
Oriente – levante
Origine – nassita; cavo, cao
Origliare – scoltar
Origliatore – reciòn
Orina – piss
Orinale – bucal
Orlare – incordelar, bordar
Orlo – oro, sojèr, (mar.) cao de banda
Orma – pedega
Ormeggiare – armisar
Ormeggio – armiso
Ornare – bordar, infiorar
Orologiaio – rolojèr
Orologio – rolojo, relojo
Orrendo – bruto che fa paura
Orsù – sù, àle, ìssa
Orticoltore – ortolàn
Orzaiolo – risiol, orzo, orzariol
Osare – ris’ciar
Oscenità – stomeghesso
Oscillare – dindolar, zinzolar
Oscurare – scurìr
Oscurità – scuro
Ospitare – ricever
Osservare – vardar, lumar, cucar
Ossidare – inrusinìr
Ostacolare – intrigar, vogar sul remo
Oste – osto
Osteria – ostaria
Ostetrica – comare
Ostinarsi – tignir duro
Ostricaio – ostreghera
Otite – mal de rece
Ottemperare – scoltàr
Ottenere – ciapàr
Ottimo – ‘ssai bon
Ovatta – bonbàso
Ovest – ponente
Ovino – piegora, càvera
La città
Il quadro di Bartolomeo Gianelli
Rappresenta San Bonifacio o il vescovo Bonifacio Da Ponte? Ne parla in un gustoso articolo sul periodico La Provincia
(1.6.1882, pag. 86-88) il critico d’arte Paolo Tedeschi. Ne riportiamo le parti più significative.
San Bonifazio in Semedella
Venticinque anni circa or sono, in un bel giorno
di Maggio sul colle di Semedella e sul prato dinnanzi alla
chiesuola, osservavasi di buon mattino un insolito via vai.
(…Segue una descrizione con tanto di poesia della festa
di Semedella, ndr…).
La festa popolare della seconda domenica dopo la Pasqua
l’umile chiesuola vedevasi ampliata ed abbellita con due
nuove cappelle: di qua la tomba di Bonifazio Da Ponte
ultimo vescovo di Capodistria, pio e dotto prelato, e certo
anche di squisito sentire, se volle essere sepolto in così
poetico recesso; di là un nuovo altare dedicato al protettore
del vescovo, a San Bonifazio apostolo della Germania.
E tutto questo perchè? E chi fu il munifico donatore che
si sobbarcò alla spesa? Adagio cogli entusiasmi. Il pio
mecenate, l’anima santa fu una signora offesa alquanto
nel nomine patris: l’opera munifica è effetto delle
allucinazioni e degli isterismi di una donna.
Carte in tavola subito. Fra i matti che gettano
giù le chiese, e i matti che ne fabbricano di nuove, io sto
coi secondi. Ed ora sen’altro entriamo nello studio di un
pittore. (…Segue una descrizione dello studio del pittore
capodistriano Bartolomeo Gianelli, ndr…).
che danno in teatro…lei le sa queste cose…
– Nella Sonnambula?
– Bravo!
– Che spavento!
– Niente affatto. Era lui, proprio lui, quel caro e santo
uomo in mitra e piviale, e con tanto di pastorale.
– Anche col pastorale!
– Già, e mi si avvicina pian piano, sorride, mi prende pel
ganascino, mi dà un buffetto e mi sussurra all’orecchio:
Sorella mia, vab ene la tomba, ma ci vorrebbe anche un
po’ di scarabocchio, un altarino di riscontro. Or dunque,
apri bene gli orecchi e ascolta quello che io dirò. Va dal
mio diletto figliuolo, il santo e pudico pittore Bortolo, e
digli che mi faccia lo scarabocchio.
– Ha detto proprio scarabocchio?
– Sicuramente, non m’interrompa. E digli che dipinga
in atto di ricevere sotto la mia protezione la signora F…
padrona dei mulini del Risano. Ha sentito? Ecco quello
che deve fare e subito.
– Va benissimo, sarà servita.
– E mi raccomando lo faccia proprio lui, tale quale sputato
come sul ritratto, e col pastorale.
Un bel giorno fu bussato all’uscio dello studio del
nostro pittore.
– Chi è? avanti.
Una Signora! Il pittore, sempre cavaliere, ma
vedendo con chi avea a fare, con un certo suo moto,
alzando il capo, e con un sorriso ironico, impercettibile,
presentandole una sedia: Si accomodi, dice, qual buon
vento l’ha portata a me?
– È per l’affare…l’affare del vescovo, risponde la signora,
stralunando gli occhi.
– Adunque questo vescovo…persiste…
– Altro che persistere! Ma non lo sa? è un affare deciso.
– Già, già, me lo ha detto. Le sue ossa non devono più
riposare sotto il pavimento della chiesa, ma in una bella
urna…
– Di marmo
– S’intende, e in apposita cappella.
– Ma non è tutto. Monsignore vuole anche l’altare, e vuol
essere dipinto, e perciò sono venuta da lei.
Il pittore becca l’amo; ed escalama: Da me!
– Certo, e chi meglio potrebbe dipingerlo di lei, che è
tanto bravo? Ma prima di tutto stia a sentire come mi è
apparso l’altra notte. Io dormiva profondamente, quando
mi sono svegliata di botto per un certo strepito nel mulino.
Apro gli occhi, e vedo una figura che veniva giù dal tetto
sopra le ruote lungo la doccia proprio come in un’opera
La tomba del vescovo Bonifacio Da Ponte nella chiesa
di Semedella.
53
La città
apostolo della Germania, Inghilterra e luoghi annessi,
nella cappella di Semedella, con quella donna pietosa
prostrata a suoi piedi, e tutto quel mercato di pie donne
e chierici e preti intorno, potrebbe anche ricamarci sopra
chi sa che storia dell’Istria evangelizzata dai Germani,
e che simboli d’antica sudditanza delle chiese istriane a
qualche metropolitana di colassù, convalidando l’asserto
con lo studio delle teste studiate dal vero, e che presentano
moltissimi punti di contatto e somiglianze marcatissime,
con l’angolo facciale dei Lapponi e degli Anglo-sassoni
ecc. ecc.
»No no, egregio signore, gli dichiamo fin d’ora;
il vostro San Bonifazio c’entra qui proprio come il cavolo
a merenda, anzi, per dirla con frase più conveniente come
i dialoghi di Platone tradotti dal Bonghi con la biblioteca
circolante dell’ospitale dei matti. E quelle facce di Chierici,
dall’angolo facciale, come sopra, sono proprio, come vi
siete ben apposto copiate dal vero; solo che, se potessero
parlare, risponderebbero tutti in coro che si chiamano
Barba Toni, Barba Nane, Barba Nazario, e furono quasi
tutti amici del pittore, buon temponi, ed usi a reggere ben
altri candelieri«.
Gli aneddoti, diceva quel tale, sono la moneta
spicciola della storia; per questa volta abbiatevi il mio
soldo.
P. T.
Succedettero altre pratiche, altri preliminari e la
conclusionesi fu che l’amico Bortolo s’incaricò di fare il
quadro che tuttora si vede in Semedella. Conveniva però
abbujare la cosa e trov modo di concliare le convenienze
liturgiche e il decoro con le allucinazioni di una povera
donna. Oh! I casuisti che cosa non sanno fare i casuisti?
Buona gente in fondo, e destri nel dare un colpo al cerchio
ed uno alla botte. Tutto sommato, visto e considerato che
san Bonifazio è proprio un santo da baldacchino, che
il vescovo Da Ponte si chiamava Bonifazio, e che era
quindi sotto la protezione di quell’altro, fu conchiuso e
decretato potersi benissimo innalzare un altare in onore
di San Bonifazio, apostolo della Germania: padronissima
l’altra di credere quel che più le piaceva. Il fatto è
vero, ed ion on ci metto nè sale nè pepe. Ecco la storia
genuina dell’ampliamento della chisuola; ecco come San
Bonifazio ha fatto il suo solenne ingresso a Semedella;
ecco perchè il vescovo Bonifazio Da Ponte, prima sepolto
sotto un umile sasso davanti all’altare, s’ebbe l’urna sopra
terra nella cappellina a destra, di riscontro all’altare di san
Bonifazio.
E tutto questo dirà taluno, che ha da far con la
storia? È con queste bazzecole che volete trattanere in
tempi seri il rispettabile pubblico? Abbiano pazienza,
chè siamo alla morale. Non si sa mai, a questo mondo
ne succedono tanti di casi. Poniamo, da qui a due
trecento anni potrebbe anche accadere che qualche gran
baccalare della scienza, calato dai monti, venisse a fare
un viaggio in Istria, e in cerca di documenti e per istudiare
la fisionomia del paese facesse una visitina in fretta in
fretta anche in Semedella. Ne hanno sballate i viaggiatori
sul conto di questa povera Istria! (Vedi Yriarte ecc. ecc.)
Adunque il sopra lodato baccalare, visto il San Bonifazio
54
San Bonifacio 1855, olio su tela, 187 x 103 cm, firmato B. Gianelli, chiesa di Semedella, restaurato. Le immagini sono
tratte dalla monografia sul Gianelli di Edvilijo Gardina, edito nel 1995 dal Museo regionale e dalla CI di Capodistria.
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