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DEL
Prof. UGO RABBENO
EDITO A CURA
' DF.LLA LEGA I\AZIOl'IALE DELLE COOPERATIVE
E DELLA FEDF.RAZIONF. hALIA?\A DELLE Soc1ET.À
MILANO - Via Paoo ,10
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ISTITUTO GRAMSCI
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BIBLIOTECA MENSILE
della Cooperazione e della Previdenza
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Anno Il. 1915 - Settembre, Ottobre, Novembre, Dicembre
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DEL
Prof. UGO RABBENO
EDITO A CURA
D EL L A LEG A N AZI ON AL E D ELL E COOPER ATIVE
E DE L LA F EDE R A Z I ONE ITA L IANA O.ELLE SOCIET À DI
MILANO - Via Paoe ,10
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P HEB' AZ I ONE
Como, 1915 - Tip . Cooperativa Com ense
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A. Bar i.,,.
l.:11 cco110111ista italia110, troppo presto ra/JÌ/o alla
scie11:::a, il prof. Cgo Rabbc110, circa 11110 trcnli11a
d' a1111i fa scrisse 1111' opera sulle Cooperatii•e di prod11~:io11e, che ancora oggi si p11ù reputare co111e 11na
delle pilÌ i111 ,borta11ti che siano state pubblicate ùt Italia
s11ll' argo111e11to. - Col s110 ponderoso e originale la;•oro, il co111pia11to prof. Rabbeno i11tese tracciare i11 111ta larf/G e diligentissima i11trod11zione storica -la ge11esi e lo svilttppo delle associa.?:io·11i cooperatir•e
fra prod11ttori, quali si ma11ifeslaro110 -in Fra11cia, in
fog hilterra, i11 Germa11ia, in Italia, in Austria, i11 Is11i-::::era, negli Stati Uniti d'A merica, - 11tiliz:::a11do 11ell' 11/tima parie dell'opera l'ampio materiale raccolto e
anali::::::ato per delineare scientifica me11te l' essen:::a e la
portata sociale del fenomeno cooperatii•o di prod11.?:io11e.
No11ostante gli anni trascorsi dalla s11a pri111a appari.-:ione, 1·1 libro del Rabbeno 11011 mostra affatto le
rug he edaci del tem po, specialme11tc 11ell'11lti111a sua
s
+
fartt', clic è quella clic la Lega delle Coopcmti<·c· co11
i cl ice ini:::iati-::a, rimette in circola:::ionc, a co11tatt~ col
grande pubblico dci cooperatori italia11i, sotto la forma
cft>l prcse11te quadruplice opuscolo 111e11silc. Cotesta par!,•
f vr111a 1111 l111to orga11ico, clie si p11ò leggere co11 profitto anche disgiuntamente dal/.' i11trod11:::io11c storica, la. quale arriva fino al/.' a11no 1888, e a?•rcbbc bisogno
d1 essere completala e immesso nella corrente 1·i1ia dcli' odierno 111ovi111c11/o cooperalii•o interna::;io11ale.
Che cosa sono, pel Rabbe110, le Coopera/in di prod11.-::io11cr Esse so110 - risponde egli - 1111 f eno111c110
11at11ralc e spontaneo; sorgono negli ambirnti pi1ì di•·crsi, soddisfacendo ad csige11::c di <•ario genere, cd
ha 1wo per caratteristica essc11.-::ialc di ri1111ire orga11icamc;,/c in sè le f1111zio11i dcl lw;;oro e quelle dcl capitale.
In esse e per esse, tanto il la-;•oro qua11to il capitale
csercita110 i11sieme una dota impresa ind11stn'ale. Il loro
scopo è di sopprimere l' a11tago11ismo tra imprenditori
e operai; modifico11do la forma del!' impresa in modo
da togliere al lavoro q11eUa disgra::iata qualifica di
~merce» clie ora gli compete, e restit11irgli la sua i11dipe11dc11:::a economica, g11ara11tc11dogli ·in pari tempo
1111a giusta retrib11::io11e, e ripristi11a11do nel campo della
prorl11zio11e l'equilibrio, che fra i s11oi elementi pri11cipali è i•e1111to a mancare.
Come è ge11eralme11te 11oto, 1wmerose, persistenti e
<·irnci furono, e sono tuttora, le critiche rivolte dagli
economisti ortodossi contro la coopera::io11e i11 genere e
le Cooperative di prod11:;io11c i11 ispecie. Il Rabbe110, con
1111a arnta distiu:;io11e tra le imprese proc/111/il•e esercite
eia operai e le <·ere imprese cooperative di produ:;ione,
mostra come la maggior parte di coteste critiche 11011
..
locclzi110 la impresa cooperativa. L' i11ettit11di11e degli
oj•erai ad esercitar limpresa; la iJ1opport1wità per parte
di essi di arrischiarvi i loro pochi risparmi; la ma11ca!a
di<•isio11e di la7.'0ro fra gli eleme11ti della prod11::io11e;
- so11 tulle obie:::io11i che riguardano ge11ericame11te il
fC!tlo di operai che esercitùto i11 q11al1111q11e modo u11'imf>rcsa, e 11011 i11 particolar modo l'inipresa coopcra.tivistica. Le difficoltà co11cerne11ti più specialme11te l'ùnpresa
cooperativa so110 i11vece q11elle di 111a11te11ere l'accordo
f'ra i soci e fra q11csti e la direzio11e, di scegliere ed orga11i.-:::::are opport1111a1ne11te le f or::: e di lavoro, di ripartire
gli utili con 1111 criterio che soddisfaccia in modo equo
alle esigcn::c di tutti, e di impedire elle /'impresa si
s1;at11ri e perda il suo carattere coopaati'<•o. Il Rabb1110 prnsa che cotesti ostacoli specifici che incontra
/'impresa coopcrath•a potran110 essere in b11011a parte
ri;11ossi dal miglioramento morale e i11tellct111ale degli
o/icrai, il quale raffor:::erà i11 loro la persiste11:::a 11ei
pro/>ositi e 11ci sag1·ifici, re11derà pilÌ facile laccordo,
f>ilÌ agernle ad olte11crsi la discipli11a e la s11bordi11a:;io11e ad 1111 direttore; e farà sì che si rill'vc11ga110 fra
di loro più spesso uomi11i forniti: delle doti necessarie
per la direzio11c dcli' i11dustria.
Il miglio1·a111c11to morale e intellct111ale doin·à i11olfre far s< il11pparc i11 loro il se11timcnto della fratellan:;a e della solidarietà, e parali:::zare quelle te11de11::e
egoisticlic, che 11ecessaria111e11te si affermano sotto lo
stimolo dcll' interesse i11dii1id11ale e tolgo110 alla società di prodw::io11c gra11 parte dcl suo 7.'alore sociale
e morale.
, l suggello dcl suo lavoro - col quale lautore i11tese prillcipalmente studiare le cooperative di produ0
6
:::ione
rapporto alla qucstio11c operaia e quali mez::;i
/1Ci' la solu:;ionc di cotesta questione - il Rabbc110
così co11de11sa i risultali delle sue ricerche: Le società di produ:::ione 11on conlrasla110 per 1111lla ai prinripii fo11da111entali della scicn::;a eco11omfra; sono in
111assi1J1a parte possibili e z•a11/aggiose; 11011 i11co11tra110
alcu11a obie::;ione assoluta, non presentano alc1111 difcllo, tali da indurre a combatterle, a disinteressarsenr, ad m·ere ùi esse c01npleta sfiducia . Esse offrono
dci rn11taggi sirnri ed i11co11/rastabili; la loro diff11sio11e. se può e deve 11ecessariame11/c 11ariare a seconda
dei Paesi e delle loro co11di::ioni, i11 genere è, 11on solo
possibile, ma certa, ed è destinala ad este11dersi; poicliè il progresso morale, il1tellettuale, economico, clic
esse ricliiedo110 è sicuro, 11è l' e7•olu:;ione industria!:?
presenta caratteri tali da 11011 lasciar loro UIJ campo
abbas/a11:;a 11asto di espa11sione. Le società di prod11::,io11e lr01•ano, adunque, posto onorevole fra i rimedii
coi quali si tende a risolvere la questione operaia, o,
al111e110, ad attenuarne la gravità.
Però, 11011 bisog11a farsi ill11sio11i, sempre pericolose
e talora anche fatali. L'attuazione delle società di
produzione non è facile; l' eserd:::io dell' impresa per
parte di operai presenta delle gravi difficoltà, inco11tra
dei «limiti di applicabilità», che i•aria110 seco11do le
co11di:::io11i, i Paesi, le i11d11strie; che possono essere
allo11/a11ati, ma clte pure ci sono, e che d'un tratto 11011
si fa11110 certamente eliminare, nè forse del tutto si
potra11110 eliminare gimmnai.
L'impresa, poi, esercitata da operai 11ella forma
cooperatirn, ocl i11 forma che si ai•1•icini al tipo cooperalii-o, presenta difficoltà anche pilÌ grm1i, mala-
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111
gei•oli ad essere superate anche solo in parte e lempora11eamc11te, e più a11cora ed assere abolite del tutto
e dcfinitirnmente. Da tali limiti di applicabilità della
società di produ:;ione si deduce che essa, così come
pare te11da ad esplicarsi a11che per l' av've11ire, si prese11ta pi111tosto guale vatido me::zo di miglioramento
eco11omico e di etna11cipa:::ione d i gruppi lim itati di lavoratori, elle 11011 della intera classe degli operai delle
industrie.
***
II
J
Contrariamente a quanto potrebbe sembrare a prima i·ista, 1111a simile conclusione sulla portata sociale
delle cooperatii•e di prodHzio11e 11on è pessimistica o
scoraggia11te. l11la11to il Rabbe110, co11 1111a serrala argo111rntaào11e scie11tifica, elle bisog11a avere la pa::.ie11:::a di leggere attenta111e11te, mostra che la forma di
coopera::io11e, di rni è parola, è perfettamente co11so11a
ai principii della scie11.o;;a economica - il c!te 11on è poca
cosa di fro11te alle nega:::ioni di molti 11ostri avversari.
In secondo luogo, egli afferma che fa, cooperazio11e produltiva offre indùc11tibili vantagg'i e tro1.1a un posto
eletto fra i me:::zi per risolvere la qu.estio11e sociale. Coteste due afferlllazioni f 011dame11tali sono, è vero, te111perate dai «limiti di applicabilità» clie i11co11tra110 le
associazio11i di produzione; ma tali « liliviti » 11011 1•0glio110 concell11alme11te sig11ificare clie questo: la cooPera:::io11c non è, 1w11 può essere, 1111a panacèa universale. Essa 11011 può conipletame11tl! risolvere la quest-io11e
sociale . •\Te! campo della produ:::io11e 'l 'i è 1111a i11deprecabile eterogeneità, per la quale le i•arie i11c!Hstrie seguono, e 11on possono non seguire, linee diverse di sviluppo.
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8
l:' uss"•·do prnsare che 1111·u11ica for111a d'i111pr1·sa possa
1·.~so,·birc t111!a q11a11ta la prod11::,io11c.
Questo ha ·z·olulo affermare e dimostrare il Rabbc110,
e i11 /aie s11a di111ostra:::io11e noi pe11s1a1110 si debba cat!c.-c d'accordo. Astraendo, infatti, da altre collsidera~ioili, basta pensare ai 1111mcrosi monopoli naturali, che
sboccia110 sul terreno della prod11::io11e, per accorgerci
co111c> la coopera::io11e fra produllori (che è p11r se111prc
11n'associa:::io11e tra privati) debba trornre dei limiti
di applicazione, 1!011 soltanto per ragio11i teC11iche, 1110
<111che per uwti·ui di gi11sti::ia sociale. Supposto, in effetto, che 1111 gruppo di cooperatori riesca a impossessarsi di 1111 monopolio - la cui caratteristica è di sfuggire in gran parte o totalmente alla co11corre11::a - essi
"<"crrebbero naturalmente ad us11frnire di una rendita
monopolistica, in tutto od in parte grat11ita, ad esclusione della collettività dei cittadi11i, i quali in tal modo
potrebbero dirsi « sfrnttati », 11011 importando loro affatto che lo sfruttamento av·venga da parte di 1111 capitalista, o di un gruppo di cooperatori. Dal punto di
1·ista della gi11stizia sociale si deve pertanto esiger<! clic
i monopoli - i q1tali abbracc·ia110 1111a sfera abbastanza
ampia della produ:::ione - sie110 gestiti ed amministrati
dalla collellii ità a niez::o di imprese pubbliche coattive,
sia sotto la forma di nwnicipali::za::ioni, che di na::io11ali::::.:a:::io11i o statizzazio11i. Solo mediante queste forme
di imprese collettive si posso110 ge11erali:;::arc le rendite
111011of'olistiche ed impedire gli sfrntlame11ti che ne deri1·a110; qualsiasi oltrn forma d'impresa - compresa la
cootLralit•istica - è i11adeg11ala al raggi1111gi111e;1to di
tali scopi. Ecco perchè diciamo che, a11che dall'a11golo
<:is11ale dell'equità sociale, le cooperative di produzione
1
debbono incontrare dci limiti di praticabilità. Certa1.1cnte, sarà sempre meglio che 1111a posi::ione monopolistica <'enga goduta da dei cooperatori, an::ichè da 1111
imì>renditore f>rivato; ma meglio a11cora se potrà essere
snwn!f!l<:ta 111cdia11te una 11111nicipali::::;a::ione o 1111a s/ati ~ :::a : ione, s"i11te1;de coll'osscr<.·a11::a dai sani criteri tecnici di rea/i:;:::a::io11e.
***
09111111 co111pre11de che q11esto fugace accenno alla
« / 1 rcfcribiiità » delle imprese collelli'i.•e (mw1icipali o
sta!ali) 11ei casi di 111011opo!io naturale, non <!S/>ri111e affato alrnna sfiducia aprioristJca contro le cooperative di
prod1t~ione: esso non è che 11na brei•e ill11stra::ione dcl
principio di relati11ità messo i11 riliei•o dal Rabbeno 11el
s•10 lac•oro. Il Rabbe110, mente solli/e e critica, 11011 pole<·a abbandonarsi al piano facilonismo di coloro i quali
f>c11sm •n110 che le associa:::ioni di prod11::io11e, i11 pochi
decenni, m•rebbero ai•1tfo il so/iravi•c11to s11ll<! i111prese
capitalistiche; 11011 potei•a far sua l"opinio11e se111/>lidsta secondo la quale basta che u11 "i11trapresa qualsiasi
si dica cooperativistica, si me/la l'etichetta 1 istosa della
coopcra::ione perchè abbia l'esito assirnrato. Ben altro
occorre! Occorre 11na fede salda nella propria azio11c,
ma una f <!de illumi11ata, consape1 ole degli ostacoli, delle
difficoltà, delle i11sidie, che ad og11i mo111ento si parano
dinan:::i al 11ostro canmii110. Di tali difficoltà ogni lei/ore
potrà re11dersi conto meditando le pagine che seg11ono.
Jfa 11on per q11esto dovremo lasciarci prendere dallo
scoraggiamento. Ciò significherebbe il pi1ì completo disco11osci111ento dello spirito a11imatore del libro dcl Rab1
1
IO
be110. I cooperatori, coloro che si fa11110 promotori di
una società di prod11zio11e, de1•0110 sapere che, se la loro
opera è ardua e problematica nei risl'ltati, /a1 ro piiì è
meritoria nella misura i11 rni riesce; de~·o110 sapere che
og11i cooperati-ua di prod11zio11e, che prospera e resiste
ai colpi della co11corre11:::a, realizza 1111 pri11cipio s11pcriore di solidarietà u111a1w; de1•0110 sa/Jere che piiì
ci sfor::iamo di allargare i confini della cooperazio11e,
piiì estendiamo anche q11ell: della pace 11ci rapporti eco110111ic1. E di quanto posso110 essere allargati q11esti
confini, special111e11te nell'Italia nostra! Tra quante
ce11tinaia di migliaia di artigia11i. di piccoli propriL·tari, di piccoli i11d11striali italiani può cadere il germe
f ccondo della cooperazione i Ali i davnno il nostro
Paese 11011 è saturo di coopera:::io11e, co111e andaro11
scri7.'endo qualche a11no fa, co11 intenzione maligna,
quei puòblicisti reazionari, che cond11sscro 1111a ~1elc­
nosa ca111pagna contro il 11ostro movimento .1 .Magari
l'Italia fosse «satura» di coopera.-:;io11e sotto tutte le
forme! Oggi, nella proi·a difficile che stiamo s11pera11do, il nostro organisnw economico sarebbe piiì forte,
111c110 esposto ai: colpi di affaristi e di lestofanti, che
s11i bisogni della nazione speC1tla110 osce11ame11te;
creandosi rapide e immeritate fort1tne; il parassitismo
sociale 11011 allignerebbe così rigoglioso, il rù1caro della 1:ila 11011 si farebbe sentire così crndamente, e la
11ostra lotta per co11trastarlo sarebbe di gran l1111ga facilitata .'
Jfa q11el che 11011 si è fatto, si p11ò fare per l'ain•enire. Dob.biamo g11adag11are il terre110 perd11to; dobbia1110 11111tare (lo si lasci scri1:ere a uno che 11on ha te11erezze per la Germania.') i coopera/ori tedesclti, i
II
q11ali. nei cl11e prestiti na::ionali per le spese di g11erra,
lia11110 f>o/11/0 sotloscrÌ'l'ere per ben 660 111ilio11i di mare/ii! Q11esto e11or111e contrib11to di guerra, per 1111a fatale co11gi11nt11ra storica e per la delittuosa politica del
i\ aiser e della casta militare prnssia11a, è ora desti11ato a i•olgersi contro la ca11sa della civiltà e della lilxrtà dei popoli; ma, in sè co11siderato, è 1111 indice
cloq11c11tissi1110 di qua11/o possa rapprese11tare il 111ovimc11fLl cooperatfro i11 una 11azio11e moderna.
Possa ogni 11omo di b11ona. i•olontà cC11!11plicare le
s: e e11ergie, e troi•are o·v1111q11e un'eco la i·oce che i11sta11cqbil111c11te diffonde - a me::::o di giornali e di
opuscoli - la Lega Nazionale delle Cooperative. Da
q 11eslo nobile proselitis1i10 11011 potrà scaturire che una
Italia 111igliore i
ETTORE fllARC.l-ilOLI.
----·--
I.
Il concetto scientifico
della Società cooperativa di produzione.
L;oi, cooperazione non è un fenomeno artificiale, una
1incnzione, sia dcl socialismo, sia della scienza. Seb1e1c talune forme di essa si accostino, per la loro ori~r ine. al socialismo. e di poi. pel loro S\'iluppo e pei lor:>
caratteri, alla economia politica: tuttavia lo studio di
1 utlc le manifestazioni e del suo svolgimento nei di' ersi paesi, ci dimostra chiaramente che essa è un
fatto naturale, spontaneo.
Ora questa spontaneità, per la quale la cooperazione si svolge in ambienti diversi e sotto for me dispar:i.tc, soddisfacendo ad esigenze di \'ario genere, rende
molto malagevole la formazione cli un concetto generale e sintetico, che tutte le manifestazion i abbracci
e c:ornprenda; mentre, se si trattasse di qualcosa di artificiale, che aYesse origine cd indole definite, la bisogna sarebbe molto più facile.
La elaborazione di un tale concetto è stata molto
laboriosa e lenta, sia nella vita comune e fra gli stessi
cooperatori. sia nella scienza: nè si può dire che ora
la nozione della cooperazione sia perfettamente e netta111cnte formulata.
\ noi sembra opportuno, prima di porci ad una
analisi metodica, di accennare brevemente ali' evolu-
14.
zwne che la cooperazione ha subila nel concetto volgare, e poi più largamente a quella che è avvenuta
nella scienza.
Le dive rse forme dellfl. cooperazione si sono da
prima manifestate senza alcun nesso tra cli loro, soddisfacendo a bisogni affatto diversi; nè fra esse alcun
rapporto si è ravvisato; cli loro si son formulati concetti differenti, e spesso si son dati loro anch e differenti nomi. La cooperativa cli consumo, per esem pio,
a pparve come mezzo cli ~l i minazio n e degli inte~·me­
diarii del piccolo commerc10, e come strumento d1 facile risparmio; ed oseremmo quasi affermare eh.!,
se essa, invece cli esser sorta fra degl i operai, avesse
avuta origine in mezzo ad altra classe, non si sarebbe
mai pensato, o solo ben ta rdi , ad avvicinarla alle società operaie cli produzione. In Germania sorsero e si
svilupparono numerose, specialmente fra gli a rtigiani,
le unioni cli credito cooperativo; ma non si ravvisò
alcun punto di contatto fra di esse e quelle associazioni
pel credito fondiario, che nella Slesia erano state fondate sino dal secolo scorso da Wolfango cli Bi.iring.
Le società cli produzione sorsero come unioni cli la\'Oratori, che tenta vano cli reagire contro il capital~ ­
smo dominante nel!' ordinamento attuale, e cli sopprimere, almeno ne1 loro a mbito, il salariato ; e, considerandole da questo punto cli v ista, s i stentò molto a
comp rende re gli stretti rapporti che passavano fra
esse ed un' altra forma, che in altre condi zioni, con
altri intenti, si 'era anelata spontanea mente diffondendo da g ran tempo: quella delle latterie sociali e di
altre analoghe associazioni.
Ma. a poco a poco, si è \'enulo elabo rando della coope razione un concetto comu ne a tutte le forme: si ~
cominciato a veder e che fra di esse esistevano stretti
rapporti, non solo immediati e materiali, ma anche
ideali; e la coscienza di tali affinità fece an·icinare le
diverse fo rme di loro. le fece unire e le st ri nse con
vincoli di fratellanza e cli solida rietà.
Pur tuttavia il concetto generale della cooperazione
rS
restò fra i cooperatori molto oscuro ed equivoco: si
comprese che ci doveva essere, ma non lo si seppe precisamente formulare. Un cooperatore pratico 'i darà
molto facilmente, e con bastante precisione, la nozione
delle singole forme delle associazioni cooperative, deri vanctola dai loro diversi scopi: ma vi delineerà molto
imperiettamente e con difficoltà il concetto generico
della cooperazione. Quello che più comunemente si
:>on fo rmati i cooperatori è un concetto storico inesatto: essi hanno ravvisato in molli isti tuti diversi, di
orig-i ne recente, lo scopo cli provvedere al miglioramento
economico-morale delle classi meno abbienti, per opera della iniziativa associata dei membri di quelle classi
medesime; e qui si son fermati; e, se gli istituti coo11erali\'Ì, o chiamati tali, non si son confusi con altri
che pote\ ano esser compresi in quel concetto. si fu che
c1t:egli altri a\ e' ano già altri nomi, altra origine, ed
ordinamenti caratteristici. Così, per esempio, le associazioni cli mutuo soccorso e quelle di resistenza non
iuron comprese nella cooperazione, sebbene ne avessero tal uni caratteri.
Insomma, nella pratica della cooperazione, alla separazione completa dei cli versi istituti cooperati vi, è
sottentrata la coscienza di qualcosa di comune che
tutti li avvinca: ma tale vincolo è assai indeterminato,
e fra i cooperatori voi ne cerchereste in vano un concetto preciso e scientifico.
,\nche nell a forma speciale della società cooperati\'a cli produzione si è andato man mano elaborando
praticamente un concetto, il quale, sebbene non sia
a ncora ben precisato, pur tuttavia accenna a p recisarsi.
?\on andremo a ricercare questo concetto nella forma spontanea delle latterie sociali, chè in queste si ha
un fatto naturale, originatosi quasi inconsciamente, e
manifestatosi sotto un aspetto da prima affatto info rme; i montanari che, sotto l' impulso della necessità.
costituirono le latterie sociali, non \'e ne saprebber di
certo dare una nozione più o meno esatta.
I n Francia. ove, prima che in ogni altro paese, fu-
r6
rono in onore e si diffusero le società cli produzior.e.
il concetto che se ne ebbe da prima fu un concetto socialista, un concetto ostile al capitale. Tale era quello
che aveva Buchez, e tale fu anche quello cui, sotlo
a lt ra fo rma e con intendimenti ben diversi, si inspirarono le società parigine; società di lavoratori forman Li da sè medesimi il capitale necessario, ma chr.:,
nella ripartizione degli utili, davano assoluta prevalenza al la vo ro.
E cl anche quando l' influenza socialista si attenuò
e di spa rve, quando si rinunziò all'cguaglianfa cll i s:~­
larii, quando si abbandonò da tutti l'idea del fondo
inclivic;ibile; quando, più innanzi ancora, le società più
'ecch ie cominciaron o ad assumere car atteri speculativi; anche allora la prevalenza clei lavoratori com'=
tali rimase quale caratteristica della società cli produzione.
.\nche nelle società di consumo si ebbe qualcosa <li
simile : chè esse, pure nella loro origine, non erano
animate certamente da sentimenti mol to benevoli ver~o
il capitale. E difatti nella ripartizione dei risparmi rc·1lizzati sul consumo, il capitale non h a p:i.rlc alcuna, 'C!cl
a lui tocca soltanto, quando gli tocca (chè ci sono
delle asso ci <>zioni, poche in ve ro, che nulla dànno al
capitale), una q uota percentuale che non è nè un in te··
resse. nè un profitto ( di videndo ), cd anzi ha gl i inconven ienti dcli' uno e cieli' a ltro, senza ave rn e i va ntaggi:
poichè è preventivamente fi ssata, come sarebbe I' inter esse di u11 capitale prestato, senza che n e sia assicurato il pagamento anche o,·e non si realizzino utili; e
corre tutt e le alee del c\iviclcnc\o, senza ayere la prospettiva di aumentare, quando gl i utili della azienda
siano in aumento.
~elle società cli produzione però il concetto della
prevalenza assol uta del lavoro, e le tendenze ostili al
capitale, vennero man mano trasformandosi; da una
part e gli sforzi che 1' accumulazio ne del capitale costò
agli. operai associati, e dall'altra 1' importanza che il
capitale venne assumendo nelJe industrie esercitate
dalle associazioni, v ia via che esse si ingrandivano, fecero sì che si trovasse necessario un miglior t r attamento dcl capitale; ed allora il concetto della associazione si trasformò, ed a q1.:ellc; clella prendc~1za assolllta del la,·oro si ye nnc a so:tituire l'idea clelJ'associazione ciel capitale e del lavoro nella impresa della prodt1zionc.
E' ben vero che si potrebbe osse n are che si è andati molto più avanti, s ino a dare ass0luta pre' alenza
éòl capitale in imprese produttive operaie, elette impropriamente «cooperative>); ma ciò non ha nulla che
fare col concetto e coli' idc~le della cooperazione. chè
quest'ultima forma e quelle ,·arie che vi si avvicinarono, no n . furono dai cooperatori prese come tipo cli
coopcratiYa; mentre invece il concetto che è ormai
diffuso fra di essi. ed al quale si tenta di ridurre le
società di produzione. sebbene poche invero siano finora quelle che gli corrispondano esattamente, è quello di una impresa produtliYa in cu: capitale e bvoro
si tro\in0 associati.
'\oi non troviamo idee molto più chiare se, dalla
pratica clelia cooperazione. passiamo a rintracciare il
concetto, sia della cooperazione in genere, sia delle
soc ietà <l i produzione, nella scicnz:t economica. :\Iolti
economist i, moltissimi dilettanti di studi economici, si
sono occupali, specialmente nei momenci in cui furono
maggio rmen te di moda, degli istituti cooperativi ; ma
assai raramente si trova nelle pubbl icazion i relative
tanto numerose da costituire cl:i. sole una vera biblioteca. qualche concetto teorico che ne disq~ni a contorni chiari e precisi il concetto. e determini con altrettanta precisione il loro carattere cd il loro valore
economico.
'\on ci occupiamo qui ciel concetto generale delh
cooperazione nella scienza. chè aHemo da ritorna:,·i
sopra in altro momento: ma basti il dire che la magg1oc
pa rt e degli economisti non ha a1nlizzato a fondo questo
fenomeno. s i è limitala ad uno studio empiri co e su-
r8
r9
perlìciale, e si è uniformata più o meno al concetto che
era stato dato confusamente dai cooperatori in genere.
l l Cossa, sintetizzatore felicissimo dei concetti
scientifici, dà nei suoi classici « Elementi » la seguente
noz:ont· delle società cooperati\'e: «creazioni autonome
« degli operai, e dei piccoli imprenditori, che si pro<, pongono di migliorarne le sorti, procurando loro con« dizioni più favorevoli quanto alla abitazione, al vitto,
« al credito ed ali' esercizio individuale o collettivo delle
« rispettive industrie».
I~ questa nozione è quella prevalente così nella
scienza economica, come nella pratica: ma non è nozione scicutifica, perchè si ferma alla apparenza esterna
ciel fenomeno ed al suo scopo, senza additarne lintima
natura economica.
,\nche il concetto della società di produzione non è
nella sciePza delineato molto nettamente, ed è foggiato
presso a poco su quello più o meno empirico dato dai
coop<>ratori. Però un tale concetto noi lo troviamo espos~o in moào di: crso dagli economisti più eminenti che
si .sono occupati delle società di produzione; e ci sembra
nt k eri anzi necessario di fare un minuto esame delle
principali opinioni da essi esposte, prima di procedere
Mlla 111rl.agine per conto nostro .
. I varii :0~1ce~ti dati della società di produzione dagli economisti, c1 sembra di poterli raggruppare 11ei seguenti :
. a) ei:iancipazione dei lavoratori dal capitalismo,
n~ecl1ante. il possesso del capitale, e quindi associazione
di operai possedenti il capitale;
b) asso:iazi~ne cl.i operai esercitanti limpresa
della produzione 111 cm lavorano, e possedenti il capitale occorrente;
e) associazione di operai per l' esercizio del!' impresa della produzione in cui lavorano, senza che si
accenni alla necèssità che essi posseggano pure il capitale occorrente.
La prima di queste nozioni è laro-amente svolta dal
C"airnes nei suoi classici «principi fondamentali 'P, nei
1
1
c1uali, dopo cli aver riconosciuta la c?nc.li zio ne di i i: f eriorità in cui rrli operai si tro,ano eh fronte al capitalismo, e cl' altra parte rifiutando _il soci.alismo c?me
inattuabile, propugna la cooperazione d1 produzione
come mezzo per « riunire nella stessa rersona le due
rapacità di Jayoratore e di capitalista». e per aumentare il salario coi profitti elci capitale.
Ouesto concetto del Cairnes è molto opportuna111c1~te rettificato dal \Valker, il quale osserva C0111f'
l' essenza della cooperazione cli produzione non stia nel
possesso dcl capitale per parte dei l ~vorator.i, ~na nelJ' esercizio del!' impresa per parte dei 111ec\es~1111: .
I lavoratori osserva il \Valkcr, sono cap1tal1st1 anche s;lo quand~ portano alla cassa
rispar.mi~ le loro
economie: ma ciò non è cooperazione. po1che quest.a
mira ad eliminare non i capitalisti. ma gli imprenditori, rnle a dire gli intermediari fra capitale e lavoro.
Ancht'! lo Stuart ~Iill esprime un concetto analogo
a c1uello del Cairnes, sebbene già appaia in ~sso, come
in germe, l' idea dell' impre~a .. qu~nd? dcfi111.sce le. ~?.­
cictà di produzione « assoc1az10111 d1 ?P:ra1 posti 1.1
«condizione di eguaglianza, j)OSsedent1 111 comtm.e ~l
« capitale, mediante il qt;ale fanno le. loro operaz1on1:
« laYoranti sotto la direzione di gerenti, che sono eletti
«eia essi, e che essi possono revocare».
. .
i\fa nella maggior parte degli alt r i cconom_1st~, ~
nelle loro opere più recenti, il concetto della ~ocieta Lii
produzione come «forma del!' esercizio cl~ll' 11~1presa »
e come « impresa esercitata dai lavoratori », e nctt~­
mente delineato: soltanto noi troviamo cliscorclanza 1_r1
questo punto, che, mentre taluno yonc fra le .caratteri~
stichc di tale impresa la formazione del. cap1~al~ e di
tutto il capitale per parte dei lavoratori. soci, rnvece
altri non ne parla od esplicitamente non riconosce tale
nccec;sità.
.
c1·
Ora fra questi due concetti vi è una gostanz1ale 1Y Cr!'ità. poichè J"impresa può concepirsi as~rattame.nte
com'' esercitata anche senza capitale; cd 111 conci eto
.
. anc h e con poco capi·tale
puo, esercitarsi
<
• O\' C si !)renda
?i
20
;• 1.reslito il resto: e certe imprese per di più, anche
pralicamenle, richiedono solo un capitale m1111mo, o
non ne richiedono affatto; cosicchè il concetto della
sccietù di produzione, come di associazione di lavoratmi oLrcenti l'impresa e possedenti il capitale, è più
ristretto di quello che la considera semplicemente come «impresa esercitata dai lavoratori associati».
Per citare alcuni nomi, diremo che si accostano .:i.I
primo concetto le nozioni della società di produzione
date clallo Schonberg, dal Kleinwachter, dal Plaxl, dal
lo Savio, dal Cossa, dallo Scharfle.
Secondo lo Schonberg « J"associazione di produ« zion~ «pura», è una intrapresa nella quale gli operai
< che 1n essa la,·orano la fann0 anche ad un tempo da
« i111prcnclilori, esercitando per conto cd a rischio co~ 111u:1c e sotto la loro responsabilità solidale l'intra« prçsa: essi sono i proprietarii dcl C"pitalc impic,,.ato
0
« ncll"intrapresa ».
Più bn.•yemcnte e con magg-ior precisione i 1 Coss1.
la dice «costituita da operai od artigiani i quali. met-<'. lci~do in comune il loro ]a, oro cd i loro piccoli capi~- tali. si fanno imprenditori, assume;1c\o lutti i rischi
<' cklla produzione per goderne l'intero profitto».
. \ nchc lo Schaffle fa consistere la caratteristica
clclh Cooperativa cli produzione nel fallo ch e i soci
esercitano tutti l'impresa, rartecipando alla procluzio11c «ad u:1 tempo col capitale e col lavoro», e richiede
sempre i1: essa la condizione che « tutti i soci possegga no capitale»: ma questo autore dà alla « impres't
cooperativa» una importanza tanto scientifica quanto
pratica assai maggiore cli quella che le è data clao·li
a!1tori precedentemente citati, poichè la prende addirittura come base della sua dottrina delle forme clelJ"impr<'_sa industriale. contrapponendola alla impres::i
capitalista. che egli chiama «impresa a signoria».
J 11\"CCC alcuni altri economisti non si fissano tant0
~u q11csto punto del possesso del capitale per parte cl~i
lavoratori esercitanti l'imp r esa della produzione in cui
21
sono occupati, e fanno risiedere 1':1' _caratteristica della
associazione soltanto in tale eserc1z10.
Così lo Thornton definisce l'associazione di. prodG~
;-ione, una «associazione di lavoranti che da _se. ste~st
«provvedano tutti i r equisiti per il loro proprio_ 11np_1e.g-o », esp r essione alquanto_ osct~ra'. ma ~he no~1 1111pl1c_a
la proprietà per parte dei soci di tutti questi « requisiti ».
.
Più nettamente il Gobbi dice essere la coopcratr\'a
cl i produzione quella associazione -~n cui «il pe r sonale
« impier'a'o nell'impresa assume I impresa stessa».
:'.\rciÌio poi che da ogni al~ro, questo co_n cetto ~cl~a
società cli produzione come « 1m pres~ es~r~1tata dat la«, oratori che in essa sono occupati», e illustrato dal
\\ali er. il quale a questa stregua ne delinea nettamente la natura e lo scopo .
. .
..
I cooperato ri, egli dice. mirano _ad el11111nare 11111presa. e dicono all'imprenditore: ,·01 adempite ad un~
funzione necessaria. ma YÌ fate pagar .~roppo _car?.
ciò \'a a danno nostro; attualmente nell mdustna s1 ha
un prodotto che yaria secondo _le circo~tanze: un s~la­
rio fisso, che voi dovete pagarci ad ogm m?<lo. e pn_ma
cli ottenere il prodotto: e finalmente per voi un profitl0
che Yaria secondo che la produzione v~ bene o male.
Ora, dicono i cooperatori secondo tl ~V ~1 kcr · noi
, og·liamo in vece avere: un prodotto variabile. come
· fì1s·so • chè
remo..
c:empre; un di. rettore pagato a sa 1ano
. sa
.<
1
11oi atl assumere i rischi; ed un ~uadagno \'~: a~H~~ - pe.
. '\'on è del capitalista che i cooperato11. \ ~,.., 10110
noi. · ·
· 1.
s ricorre
.. far senza. dice il \Valker: al capita 1 sl~ e_s 1
.
t
1
co
ne
\'I ricorre l 11nr:rnno pure per ayere Capt a C,
I
.
.
J'
p1-c1Hlitore: ma sì bene è l'impresa che essi Yog 10110
esercitare.
.
. . 1· ·
tare
Finalmente non yog\Jamo tralasc1_a1 e.< i ~ripor e~sn
:lnco il concetto esprcc:so dal Brentano. po1che_. s,c . ,
~ assai affine a quello del \\'al~(cr e del Gobbi, e pero
iormulato in modo alquanto dn·c.rs~.
.
_.
Secondo il Brentano. « l"assoc1az1onc d1 ~roch1z~one
«è una unione cli più individui per la produzione d1 m1
22
« dctermi1~ato bene (o di beni di una determinata sp~­
« cie), caratterizzata da ciò che tutti i membri della as« sociazione si assumono tutte le funzioni dell'intra« prenditore». Nozione alquanto oscura, che è alcun
poco chiarita dalle spiegazioni che seguono: « Carat« teristico, quindi, della associazione cli produzione si
«è che in essa non è utilizzata altra forza di lavoro
«tranne quella degli imprenditori»; e scopo è di trasformare l'« imprenditore di lavoro», o salariato in
« imprenditore della produzione». Dove si vede aclunq~1e come il ~rentano concepisca la società di produz1011e, come impresa esercitata dai lavoratori che Yi
occupano il loro laYoro.
;\fa poi egli soggiunge che « non appartiene punto
« alla essenza dell'associazione di produzione che i suoi
«membri assumano la funzione di imprendi~ore unica« ~ncnte come l_avor_at~ri e 1~on anche come capitalisti.
« 1n quanto tali essi siano; Il vero essendo i1wece che
« essi assumono tale funzione con riguardo a tutte le
« loro_ forze econo_miche_. a tutti gli elementi della pro« cluz1011e, che essi applicano a quella produzione».
losicchè non si capisce bene se l'autore richieda 0
no che_ gli operai imprenditori siano anche capitalisti:
o ~e. piuttosto, qua1~do egli dice che «tutti i co111partec1!)1 » alla pr?cluz1one devono, nella società di pro~luz1011e, par~ec1par7_ a tutte le funzioni dell'intrapresa,
intenda esprimere l 1dca che non solo il lavoro ma anch~ i~ capitale, _de?ba. partecipare all'impresa e che
~1u1~1cl1 c~ella so~1~ta d1 pro_duzione possano far parte
tan,o elci semplici lavoraton, quanto dei lavoratori che
conco~-rono n~ll_'impr_esa. a1:che con del capitale. e quanto cle1 semplici c_ap1ta_listt, ~u.rch_è tulle queste classi
concorrano, a panta eh cond1z1on1, all'esercizio dell'impresa. Conc~tto q~esto_ che corrisponderebbe a quelb
che, come s1 vedra,. noi_ andremo S\'Olgendo in seguit).
:\fa anche nelle esplicazioni che il Brentano dà alla sua
idea, con alcun~ sottili distinzioni che gli servono per
escludere dal l1po «puro» cooperativo, talune forme
che comunemente passano per tali, e che soltanlo le si
1
;
a\'\·icinano, non si riesce a chiarirne a sufficienza ;1
concetto.
Volendo noi ora accingerci a delineare per conto
nostro il concetto scientifico. sia della cooperazione in
generale, sia della società di produzione, giovandoci
naluralmente della idea espressa dagli economisti sopra citati, ma facendone in pari lempo la critica. in
quella parte in cui ci sembrino manchevoli; noi crediamo necessario prender le mosse da una leoria di cui
questo argomento implica una nozione esalta: la « teoria della impresa», senza la quale non ci sembra possibile giungere al concetto della cooperazione.
La teorica dell'impresa è ttna di quelle che più difficilmente si è andata elaborando nella scienza economica, e si può dire anzi che essa abbia preso quel posto
importantissimo che le competeva soltanto in questi ultimi tempi. ?o.folto si è stentato a chiarire la natura del
profitto dell'impresa, da taluni confuso con quello del
capitale in genere; e da molti si è compresa male l'essenza degli antagonismi esistenti nella produzione, appunto perchè si misero di fronte capitale e la\'oro,
mentre al laYoro si doveva im·ece contrapporre l'impresa capitalista.
In questi ultimi tempi però l'argomento dell'impres:i
l! stato studiato ed analizzato minutamente; il suo posto nella teoria della produzione è stato determinalo, e
la sua influenza grandissima sulla distribuzione delh
ricchezza è stata perfettamente chiarita.
Fra i numerosi autori che si sono occupati di tale
questione. noi ran·isiamo, nel modo di considerar~ la
impresa. due indirizzi diversi. I più hanno studiata
l'impresa industriale come in generale si esplica nell'ordinamento economico attuale. e come è necessario portalo della divisione del laYoro: ed i caratteri da essa
ac.sunti, e specialmente uno di essi. hanno presi come
tipici dell"impresa in genere. considerata da essi come
forma più o meno assoluta, unica.
Di qui la nozione data dell'impresa da tanti economisti. c. per esempio. per citarne alcuni, eia! Rau, dallo
24
Stein, dal Wirminghaus, dallo Schonberg, dal dottor
t oss:t, dal Gro:;s, come una «produzione)) (altri dice
r;u·1=o;:c degli elementi produttivi per la produzione)
cli « Yalori cli cambio» (o a scopo di scambio) «per
C'l11tO :> (e ri,;chio, aggiunge taluno, sehbene dicendo
:.: per cu;,~o » si comprenda anche l'idea elci rischio),
,~ pr(' l" io:> (ossia dell'imprenditore altri dice più
i11qwopri;:mcnle «del produttore»).
ç]ucsla è l'idea che più comunemente si ha dcll'in1i'ru;~ fra gli economisti, e della quak fa p.1«t<: lo « scoJ'O cli ~rnmh;0 »: ad essa si è giunti a poco a poco, ag!' in11ge do od climi!·•aildO•ìe degli attributi che sembrava il prupri1 llell'impi esa, o che una più mi•1l!ta analisi
llin;:,~traY:i. 1 on essere csse11ziali; e neppure ora si è
!i.Gì!o concordi i:!LOr \O ad essa. Ill\e··o taluno richieJ•.'
.:.n:e e~se;1ziale nell'i,npresa la direzione. mei:tre altri
( :\langoldt, Gro~s. :VIataja) a ragione prescinde cla tale
:-~qui!'i•o. che p,:ò anche mancare. senza alterare l'inc'.nk dcll'imp1·<:sa: taluno Yuole nell'impresa anche l'im;'it·f~O di c~pitali. me·1~1c :tltr1 non lo ritiene essenzial:., ecc. •
\"oi no 11 s(-g-uircm.0 qtH:sti ed altri autori nelle loro
minute analisi, che spesso giungono a conclusioni con lr:tdditoric, e che di\nno luogo a molte distinzion i, che .
clal nostro punto di 'ista, non ci interessano; e ci fermere1i10 soltanto sul concetto fondamentale ch e in tutte
è compreso, dell'impresa come di « assunzione della
produzione per conto proprio ed a scopo cli scambio ».
Or;i. ;i questo concetto si oppone un altro indirizzo
che va nettamente delineandosi, e nel quale noi possiamo riunire, sebbene si pollgan da punti di vista alquanto diversi, i nomi del Kleinwiiehter, dello Schaffle. del \\'alker, del Ì\Iataja, del Gobbi, ù<.'1 ?vlithoff.
Questo nuo\ o indirizzo ci sembra essere. in ultima
analisi, un frutto del metodo storico ed evolutivo, :>cccndo t1 quale 1' ordinamento economico non ha carattei'i fissi, immutabili, ma cambia nelle sue forme, le
quali. se ha•rno degli elementi permanenti, ne hanno
pure di eminentemente ,·ariabili.
Secondo questo indirizzo limpresa, quale è concepita nella nozione data precedentemente. non è che una
« forma speciale» una « forma storica» di un fatto
più generale; è la forma attuaìmcnte prc,·alcnte nella
economié'. pri,·ata. e frutto della diYisione dcl lavoro.
Alla «teorica dell' impresa» si aggiunge in Schaffle b
«teoria delle forme d'impresa)>, nelle quali, come YedP.1111110, qdi contrappone la forma «cooperati' a» alla
forma «a s ignoria». Il concetto della impresa, viene
così allarg'.lto: le si dà un valore molto più generale,
e le si toglie la caratteristica dello «scopo di scambio».
prnpria non dcli' impresa, ma di una « forma di impresa».
L'impresa in generale è definita dal Gobbi «lente
che clis1 011e derrli elementi necessarii per la produzione
1
"'
e li impe.,.na a suo rischio». e dal Klci1rniichter «la
u!1ione pe~ conto e pericolo (rischio) prop.ri.o, ~li forz~
1;rodutti,·e a scopo di produzione)); dcfi111z10111 che s1
equi va lgono. Il Kl einwiichter poi distingue que~ta . che
egli chiama «impresa in lato "enso », dalla 1mpres_a
«in senso st retto» ch e è «la riunione. per conto e n!<Chio prop ri o, di forze produttiYe diverse, a sco~o di
produzione e d i smercio di valori di cambio », c10è a
dire la forma di imprese attualmente prevalente nella
economi a privata.
Dando ali'« impresa» questo significato gene rale
di «assunz ione della produzione» (o cli riunione <lcl!e
forze produttive per la produzione) «per proprio
conto>-', è e\'idente, che non solo la. impres~ detta dal
Kleinwach ter «impresa in senso strello », diventa un a
semplice « ''arietà » o «forma)> della impresa in. gent're, ma che altri sistemi economici, che, colla nozione
ristretta di impresa. ne erano esclusi, ne di vent~no
essi pure «varietà o forme»: cosicchè, a lato ~!ella im~
presé' pri\'ata a scopo cli scambio (o spec:ilat1va), _1101
ahhi:imo. come esplica benissimo il Gobbi, una « ~m­
pres:i. pubblica». una «impresa ~~ritativa ».,una « in:iprc~a cooperatini. ». ed anche, (c10 che non ,e an~mes~o
dal Gobb i) una «impresa domestica»; ch e noi, par-
'
27
tendo da questo concetto generale dcli' impresa, non
sappiamo raYvisare nella« produzione domestica» alcun
carattere che la distingua esenzialmente dalle forme
dcli' impresa. Anzi ci sembra che quest'ultima forma
si contrapponga perfettamente alla «impresa speculativa», che ha caratteri opposti; chè, come dice il
K leinwachter, è in lei « insito il concetto che essa produca pel fabbisogno altrui», lucrando la differenza
fra il costo di produzione ed il prezzo cli vendita; mentre la «impresa domestica» produce pel « fabbisogno
proprio», e non realizza alcun lucro.
Il lungo discorso fatto a proposito dell'impresa, ci
apre ladito a delineare brevemente, e, a nostro avviso.
chiaramente, il princpio su cui son basate tutte le
forme delle «società cooperative»; e quello cui è informata la « cooperazione» in genere, concepita come
forma generale di ordinamento economico.
Questo principio è stato già accennato dal Gobbi e
dallo Schaffle, e molto più largamente, sebbene in
modo un po' con fuso, dal Vlollemborg; e noi non abbiamo che da chiarirlo maggiormente e da esplicarlo.
La «società cooperativa» è una « forma speciale di
esercizio dell ' impresa industriale» ; forma che si contrappone alla «impresa speculativa» od a «scopo di
scambio», e che invece trova riscontro nella « impresa
domestica», colla quale ha intrinseca analogia, e rla
cui si distacca non per diffe renze essenziali, ma soltanto per differenze estrinseche e storiche.
La «società cooperativa» è una «associazione di
consumatori», dice il Gobbi; è « l'organizzazione
spontanea cli una pluralità di economie particolari, dominate da un comune bisogno. per esercitare colletti, :.11ncnte ed in modo autonomo la funzione industriale, che produce le specifiche prestazioni econodice il \/Vollemhora
· ed in
miche atte . a soddisfarlo».
.
b'
questa nozione ti concetto della cooperazione è benissimo esplicato: vi manca però un' idea ed è che « b
funzione esercitata collettivamente ser~a a soddisfare
soltanto i bisogni di coloro che la esercitano».
Tutte le forme della cooperazione si possono raccogliere sotto questo concetto. Infatti la «società di
consumo » è cooperati\'a in quanto i consumatori si
riuniscono per esercitare, e per essi soltanto, il ser\ izio della distribuzione; la «società di credito» è cooperativa in quanto i bisogni di credito si riuniscono
per fare a sè medesimi, ed a sè solamente, il servigio
della prestazione del credito; la «società di costruzione» è cooperativa in quanto i bisogni di case si uniscono per provvedere a sè medesimi le case che loro
occorrono; la «società di produzione» è cooperativa in
quanto coloro che hanno bisogno cli assumere la «produzione» (cioè han bisogno dell'impresa) si uniscono
per «assumerla in comune».
(Si tenga fermo quest' ultimo concetto, cui daremo
più ampia esplicazione in seguito).
Il concetto della «cooperazione» in genere, e come
forma generale di organizzazione economica, è, in fondo,
un concetto socialista, come quello che implica una. economia collettiva, in cui tutte le funzioni sarebbero esercitate collettiYamente, tutti i bisogni sarebbero soddisfatti collettivamente, e non si avrebbero scisse le persone e gli interessi dei produttori e dei consumatori,
ma tutta la economia sarebbe organizzata in vista dei
bisogni combinati di tutti.
l\Ia le singole forme della cooperazione, come si esplicano in seno dell' ordinamento economico attuale
non realizzano che in parte, che unilateralmente, un
tale concetto; e anche ove siano attuate nella loro forma più pura, esse sono sempre «cooperative» da un
solo punto di vista, e « speculati ve » dagli altri. E così,
per esempio, come abbiamo altrove osservato, la società
di consumo è cooperativa in quanto distribuisce le
merci ai suoi soci; ma è basata sui principi i speculativi
in quanto acquista le merci dai produttori, e, se ~nche
produca, in quanto esercita la produzione salan~ndo
lavoratori e pagando un semplice interesse al capitale.
Così la società di produzione è cooperativa in quant''?
esercita collettivamente la funzione dell' impresa, ma P.
29
speculativa in quanto \'ende le merci ai consumatori.
E per questa ragione le singole forme delle società
coopcr::ttiYe, in quanto non realizzano, nè possono i.1
alcun modo realizzare il concetto, lideale completo
(\lolla cooperazione, si possono anche trovare, e si trovano talora, in antagonismo fra loro.
f,J a prescindendo da queste ultime osservazioni, che
non toccano direttamente l'argomento di cui o ra ci occupiamo, noi possiamo tener fermo, come caratteristica
csscm: ialc di qualsiasi forma cooperati va, « l'esercizio
collcttiYO dell'impresa, allo scopo di produrre quella
funzione cli cui i membri hanno bisogno, e per essi so!ta11to ».
Dal concetto della «società cooperativa» in genere,
possiamo passare facilmente a quello della «società
cooperativa cli produzione» in ispecie. S iccome la specie
dc' e avere necessariamente tutti i caratteri ciel genere,
più qualcun altro, la società di produzione avrà dunque
essa pure lo scopo di produrre una funzione necessaria
ai suoi membri e per essi soli.
}.fa quale è questa funzione? Questa funzione è lo
stesso esercì zio dell'impresa i nel ustrial e, in tesa in sens0
generale, cioè come riunione degli elementi produttivi
e loro applicazione alla produzione, o, più brevemente,
come applicazione degli elementi produttivi alla produzione; esercitando tale funzione per conto comune, invece che per conto di un solo o per conto cli un estraneo.
Questa è la sola caratteristica essenziale della società cli produzione, dal puJQtO di vista strettamente
scienti fico; altri caratteri ci possono essere o non essere.
ma non ne costituiscono l'essenza, e con essi b società
cooperativa di produzione può essere, ma anche non essere tale.
Le diverse nozioni che noi vedemmo esser date della
società cooperativa di produzione, delineano una associazione che esiste cli fatto in certi casi, ma che non
risponde in modo preciso al concetto della cooperazione.
Dall'esame superficiale dei fatti o di una parte di essi,
si è venuti a delle generalizzazioni errate; e, come si
diede un concetto inesatto ed empirico della società cooperativa in genere, così si formulò un concetto inesatto
della società cli produzione, descrivendo una delle forme
che si erano osservate. 1Ia di queste forme, anche restando nel campo delle società volgarmente dette « cooperative di produzione», \'e ne sono tante e tante: e.
se per formulare un concetto empirico si potrà pren·:
derle come sono, per restare nello stretto campo dcll;t
scienza invece bisogna partir e dal concetto generale
della cooperazione, ed appl icarlo a questa forma speciale; e ciò anche a costo di delineare un tipo astratto,
che non troYi completo riscontro in alcuna delle forme
reali.
1folti di coloro che, come vedemmo più addietro, diedero una nozione delle società di produzione, osservarono il fatto che le associazioni comunemente dette
tali, erano sorte come società di la\'Oratori contrapponentisi alle imprese di capitalisti, ai padroni, e tendenti
a rilevare i loro soci dalla condizione di salariati; e
ravvisarono in queste società come carattere essenziale
\'esser composte di lavoratori, e soltanto di lavoratori.
E così pure, ossenando che questi operai possedevano il capitale impiegato nell'industria da essi escrcicata, e Io avevano formato coi loro risparmi i (e ciò per
la semplicissima ragione che, una volta che nessuno si
offriva a dar loro il capitale, se volevano eser citare
l'impresa bisognava bene che se lo formasser eia sè medesimi), posero pure fra le caratteristiche della societi
cli produzione, che il capitale sia posseduto dagli stessi soci operai.
Collo stesso criterio, osservando che nelle imprese
speculative a scopo di scambio l'imprenditore possiede
quasi sempre una parte, ed anzi una buona parte, dd
capitale che Yi è impiegato, si potrebbe porre come
caratteristica di tale forma il possesso ciel capitale per
parte dell'imprenditore; cd in\'ece clai più si è. coi;
ragione, ammesso che! se nel fatto ciò accade q:1as1
sempre, 11011 è però carattere essenziale nella uoz10ne
astratta di tale impresa.
3o
Così la società cooperati,·a di produzione può essere
società di soli lavoratori, e può darsi che questi pos~e~­
rrano in gran parte od in tutto il capitale; ed anzi n~onosciamo essere esatto che la sua origine e la sua
forma prevalente sono tali: ma, come vedremo meglio
più avanti, Yi possono essere. delle so.cietà che ab?ian_o
tali criteri, e che pur tuttavia non s1 possano sc1ent1fìca111ente chiamare società di produzione; come per
converso vi possono essere delle società che non li abbiano e che pure lo siano: per esempio delle società
che ;ontino fra i soci anche dei capitalisti non lavoratori.
L'essenza della cooperativa di produzione sta in
ciò che ambi gli elementi concorrenti alla produzione
industriale, cioè lavoro e capitale, esercitino insieme
l'impresa per conto comune: l'~~senziale è,. che ~a~1lo
il lavoro quanto il capitale eserc1tmo la funzione d1 11nprenditore. Elementi della produzione sono tanto !"uno
quanto l'altro, e, se l'uno è escluso ~alla impresa, que:
sta non è pii'.1 cooperativa, secondo ti concetto che noi
abbiamo dato della cooperazione in genere. La società di
operai che assumono !'.impresa nel.la quale s_ono occupa.ti,
e che pagano solo un mteresse, sia al capitale proprio,
sia a quello che presero a prestito. è una forma speciale
di impresa, che si contrappone all'impresa capitalista, e
che può presentare grandi vantaggi dal punto di vista
sociale (ciò che non è qu i il caso di esaminare); ma
essa non può essere chiamata «cooperativa», secondo
il nostro concetto deJlla cooperazione in genere.
Per chiarir meglio la cosa, possiamo prendere qualche esempio di qualche altra forma di società cooperative.
Il tipo puro di società di consumo è quello di una
società che distribuisca le merci ai soli suoi soci : se le
distribuisca anche ad altri, ma senza farvi sopra alcun
lucro, non sarà più il tipo puro, ma una forma che g!i
equivarrà completamente; se finalmente le distribuisca anche ad altri, ma lucrandovi sopra alcun poco.
perde in parte il carattere cooperativo, ed assume un
carattere misto, cooperativo-speculativo: cooperativo
riguardo ai soci, speculatirn riguardo agli altri.
Un concetto analogo fu già espresso dal \\'ollen~­
horg in un noto scritto, nel quale egli giunse fino ad
asserire che le società di consumo a tipo di Rochdale
non potevano dirsi Yere cooperative. Noi, lo confessiamo, dapprima ci inalberammo alcun poco contro
tale affermazione che, presentala così •recisamente.
aveva l'apparenza del paradosso.
:t\fa riflettendo bene, ci è parso ragioneYole il
distinguere il concetto astratto di un istituto, dalle varie forme che assume nella pratica; le quali possono
anche divergere da quello, senza perder nulla o quasi
nulla del valore, dello spirito di lui; ed è proprio il
caso delle società inglesi, nelle quali l'elemento cooperativo non è nei suoi effetti per nulla paralizzato e
tocco dall'elemento di speculazione che vi è infiltrato.
.\ltrettanto può essere (si noti che non diciamo
che sia sempre) delle società di produzione; chè una
società di lavoratori esercitanti essi solo l'impresa in
cui sono occupati. ed escludenti più o meno da quella
il capitale. può adempiere perfettamente a quello scopo. a quella funzione che, come vedremo a suo luogo,
si assegna a tali forme di associazione; ma non si può
dire che essa sia una vera cooperativa.
Lo ripetiamo: l'essenza della cooperazione sta nel
fatto che coloro che hanno bisogno di una data funzione la esercitino collettivamente per proprio conto e
per loro solamente. Ora la funzione della intrapresa
serve tanto ali' elemento « capitale », quanto all'elemento «lavoro», tanto a coloro che posseggono il capitale, quanto a coloro che posseggono il lavoro: e non può essere impresa cooperati va quella
che sia esercitata dall'uno di questi elementi (sia il capitale o sia il lavoro). estraneamente all'altro: ma
« impresa cooperativa di produzione». in stretto senso
c;cientifìco, «è quella esercitata colletti,·amente. a scopo « cli produzione, dai due elementi. capitale e lavoro ».
33
.\ questo punto sentiamo il bisogno di pre\'enire
u11a olihiezione. che si presenta naturalmente contro le
ic.kc ora svolte, e che ha tanto maggiore importanza e
f?:ravit:ì J'er noi, ed in questo studio basalo completamente sui fatti, dai quali si vuole derivare la teoria.
E la obhiezione è che, a questa stregua, tanto il
concetto generale della «società cooperativa», quanto
il concetto speciale di «società cooperativa di prodL<zione » non troverebbero quasi alcun riscontro esatto
nei fatti; così da dover concludere che la vera societi
cooperativa quasi non esista !
Lasciando a parte le altre forme cli cooperazione.
cli cui qui non ci dobbiamo occupare, e limitandoci soltantci a quelle cii produzione, la vanità cli rnle obbtezionc si può facilmente dimostrare.
Già il Brentano con una analisi molto sottile, partendo dal concetto, che nelle società di produzione tutti
i compartecipi alla intrapresa assumono tutte le funzioni dell'impresa stessa, escluse dalla «forma pura
cooperativa» talune forme che più o meno se ne discostano. e che noi abbiamo a\'l1to agio cli incontrare e di
criticare spess issimo nel nostro lungo studio di fatti.
Egli escluse:
1° le società in cui non tutti i compartecipi alJ"intrapresa ne esercitano la funzione, ma solo una
parte di essi (vale a dire le società che occupano degli
ausiliarii salariati);
2° le società in cui una parte soltanto dei compartecipanti partecipa alle perdite e tutti partecipano
ai guadagni ;
3° le società in cui solo coloro che concorron.o
alla impresa con capitale (anche se siano tutti operai)
partecipano alle perdite ed ai guadagni. e, aggiungiamo noi. in proporzione del capitale (cioè quelle m1m~­
rose società capitaliste di operai, che noi vedemmo 111
tci.nti luoghi esser considerate come cooperati ,·e).
Ora tutte queste forme debbono _essere escluse anche secondo il nostro concetto.
1Ia noi dobbiamo fare altre esclusioni ancora: dob-
biamo negare il carattere «puro» di cooperati,·a ::i.
tutte .quelle s?cietà, nelle quali, pure essendo l'impresa
cse'.citata dai la,·oratori e da tutti i lavoratori occupati.' essa. non è esercitata anche ed in pari tempo dal
capitale; in una parola a tutte quelle società nelle quali
n?n soltanto «tutto il lavoro», ma anche «tutto il capitale» partecipi all'impresa, e quindi ai profitti ed
alle perdite.
. D'altra parte però non riteniamo essenziale che capitale ~ lavoro siano riuniti sulle stesse persone, ed
a 111mett1amo anche società cooperative di produzione
comp.osre, oltre che di la,·oratori, di capitalisti.
R1p.rendendo la obbiezione fattaci più sopra. noi riconosciamo che, f~tt~ t~tte. queste esclusioni, ben poche sono le assoc1az10111 d1 produzione esistenti, cui
possa \'eramente spettare il nome di «cooperative»;
ma anche se non Ye ne fosse alcuna, il concetto astratto non. sarebbe meno esatto per questo, trattandosi ji
detc.r~111~ar~ la nozione generale. teorica. alla quale
certi 1st1tut1 possono ridursi; e non le forme che questi assumono in atto.
Fra queste e quella vi è una grande distanza, e
non può a meno di esservi· ma la determinazione esatta della prima non toglie i pregi che le seconde, per
quanto se ne distacchino, possono avere.
Se non che tali pregi non sono in rapporto diretto
con quel concetto. ma piuttosto in funzione dello « scopo », dci « bisogni », che quelle forme tendono a soddisfa re, e degli «effetti reali» che esse producono.
. Il d~re che rarissime sono le società di produzione
cs~ste1.1t1 che rispondano esattamente al tipo astratto e
sc1entdìco delle società cooperative di produzione, non
mette menomamente in dubbio i pregi che le altre posc:.0110 presentate: pregi che sono
relativi, non alla
astrazione scientifica, ma al fatto pratico dello «scopo,.
proposto, messo in confronto coli'« effetto» raggiunto.
3
II.
Scopo e vantaggi
delle società cooperative di produzione.
Le società di produzione, sino dai primi momenti
in cui se ne parlò, ed anzi pilt di tutto allora, destarono.
molto interessamento, e di'edero luogo a vivaci polemiche frag li economisti: è di questi ultimi soltanto
che noi ora :::i occupiamo.
Fra i cultori della scienza economica ebbero le nostre associazioni molti fautori, ed anche entusiasti fautori. ma eb.bero pure non pochi avversa rii; ed in generale osserviamo che furono combattute specialmente
dagli economisti più ortodossi, i quali non ebbero mai
simpatia per esse. Non sarà inutile una rapida rivista
di nomi, da inscriversi nel gran libro della cooperazione.
Fra i fautori della cooperazione in genere ed anche
delle società di produzione, noi troviamo i nomi illustri di Giovanni Stuart :Mili, del Fawcett, dello Thornton, del Cairnes, del Ludlow, per citare i principali
inglesi; quelli del Courcelle Seneuil dello Cherbuliez.
dello Chevalier, del Rossi; e fra i' più recenti quelli
dcl Say, del Passy, del Gide, del Brclay. del Conte di
Parigi; dcl Rogers; del Brcntano. del Roscher. del
Bi.?hmcrt, dello Schaffle; di F. .\masa \Valker, di
I~. T. Ely: ckl Cossa. elci Cognctti, del Lo Savio. dd
< 1 olili1:
e si potrebbe a11mc:11tare di molto questa lista,
da farla di\'cntare un \·ero catalogo.
. ,\I cno 11t~~1erosi. ma pur degni di considerazione.
g-11 a \'\'Crsarn. specialmente da pri11c1p10. Ilanno com!1at111lc le società di produzione il Thicrs, il Reybaud.
"· fìaucher, il Le Play, il Le ITardr de Beaulieu ;1
Cernuschi; il Prince Smith, il \\'irth,.il Cras; cd an~he
~tt11al111ente ne esiste qua e là qualche loro a\•versario:
11 Lcroy Rcaulicu, il Rouxel e parecchi altri in fran~ia: il Pri:c in Inghilterra: quasi quasi lo Schi:inberg
111 Gcrma111a.
E' un fatto incontestahilc però che gli av1·ersari ad
og-111 e.osto sono d1mì11uit1 immensamente: la coopera7.tOtH' 1n genere non ne conta più quasi alcuno, se n~
eccettui qualche ostinato, come, per esempio, il Lero"
Reaulieu (è in\'ero strano che questo forte pensa tor~.
che ha dato alla scienza delle opere serie e poderose,
ahhia 1111a specie di tic morboso contro la cooperazi~ne !) il quale. ristampando alla lettera un suo volume
gi<Ì. pubblicato dieci anni prima, ripetè ciò che aveva
scritto, che cioè delle società di consumo in Inghilterra
ne er<111 riuscite « quelques-nnes, en très-petit nombre »,
ccl a ffcrmò che « toutes les in formations récentes !es
« plns ex:actes nons apprennent que le mouvement est
« arrèté, et que !es associations commerciales ouvrièrcs
«sonit hien loin de croitre en nombre ou en prospéritl- ! ! ».
rcl anche quanto alle società di produzione, economisti che le rifiutino assolutamente, senza nessuna eccezione, come. per riportarci al 1848 ed alla Francia,
faceva per esempio il Thiers, il quale, sia nei suoi discorsi, sia nei suoi scritti, le qualifica va con epiteti di
cui il meno gra\·e ed ingiurioso era quello cli «pazze»:
c·conomisti, rhe abhiano di queste associazioni un tale
concetto. sono assai rari.
Gli a\'Versarii sono dunque diminuiti nella scienza;
ma 11011 possiamo chiamar questo un trionfo per le
società di produzione, poichè bisogna riconoscere che.
CO't
37
se contro di esse s'è rallentata la ostilità, s1 e pur calmato, e di molto, lentusiasmo a loro fa\'ore.
Vi fu un istante in cui la adesione completa. entusiastica, senza limiti, che alle società di produzione avevano data, specialmente in Inghilterra, alcune o-randi
illustrazioni della scienza, aveva ingenerata la fiducia
anche fra molti altri economisti, ed aveva fatto comcepirc di questi istituti grandi speranze per ]'avvenire.
~on sappiamo trattenerci dal citare alcuni o-iudizii
fra i più salienti in proposito:
i:.
«A misura che le associazioni si estenderanno diceva lo Stuart Mili, esse tenderanno ogni aiorno ~em­
pre più ad assorbire la classe operaia tuttai:. intera, eccettuati ?I.i uomini realmente inferiori in capacità ed
111 moraltta »: e poco prima:
«Forse in un avvenire meno lontano che non si
suppong~, noi potremo. sotto linfluenza del principio
cooperatJYO, prevedere un cambiamento sociale che
co~nbinercbbe la libertà e l'indipendenza individuali
coi vantaggi morali, intellettuali ed economici della
p:ocluzione in comune; cambiamento il quale, senza
v1~len'.-a. o spogliazione, senza improvvisa scossa nelle
~l~1tucl1111 e nelle speranze, realizzerebbe, almeno neri industria, le migliori aspirazioni dello spirito democ1·atico, mettendo fine alla distinzione fra lavo r atori ed
oziosi, per non lasciar sussistere alle differenze che
q uelle resultant i dai sen· izii e dagli sfo r zi personali di
ciascuno ».
. Ed il Cairnes: «Il contributo fatto eia molti operai
elci loro risparmii ad un fondo comune, che essi impiegano come capitale. cooperando a ricavarne un profitto. costituisce l' unica e sola soluzione del nostro prcsci.ite probl.cma; J' unico sentiero pel quale le classi operaie prcs_e m massa, od anc h e solo in gran numero, poss~no uscire dalla .loro cor.dizione cli Yita precaria e n:11.1r~ ~ compart.ec1pare ai guadagni cd agli onori della
CI\ tlta progred1ente .... .. :\on si può dubitare che anche
oggi<l~ c' ~, nna parte consiclcre\'ole della popolazione
operaia g1a m atura per la cooperaz ione... .. Il modo
38
nel quale si può ottenere I' emanc1paz1one del lavoro
~ s>,
·o '!. ltt"llo (]Cfla :rd11stria coopera 1<'a».
.:\o c1t1tamo. per non dilung·arci di troppo. 1 giud1z11 L1d i · :i" cett. dello Thorton e di parecchi altri che
corrispondono presso a poco ai precedcnu.
.\ttualmente 111\'cce. se gli economisti che rifiutano
111 modo as.:;oluto ie società di produzione sonc· ben
pochi. ccrccreste im·ano fra le più illustri personalità
tiella scienza. e fra i più liberali ed avanzati, alcuno
che ardisse pronunciare così fa\·oreYoli giudizii, e nutrire ..;ì ridenti speranze per l'an·enirc cli questi istituti.
Le socit'là di produzione sono caldeggiate con magt :11rc o minor fayore. se ne riconoscono i \ antaggi.
Ì'111ilitù. 111:1 non ..;i nutre più dagli economisti 5ducia
l hl' l'..;~e possano essere un rimedio sufficiente ed efficacl'. l'. più di tutto. che ahhiano una portata ahha..;t:H .: e..;tl'S:I.
l\itrl''lllllO anche qui riportare molti giudizii rel'l·nti. ma ci \'Og:liamo limitare a riferire lopinione
\i 11n ,;ok). fra i più \;denti: opinione che rispecchia
1
qlll'lla di molti :litri.
11 Hrcnt.rno. a proposito dei \'antaggi delle societ'Ì.
1li pnHlu ione. cMÌ si esprime:
"Sl· qlll'~li yantagg-i non sono così grandi come ce
li 1 1tpi11~1)110 g-li entusiasmi delle associazioni, essi
1t:1nnl1 purl' una import:rnza tale. che reca meraYiglia
l'hl· l·11..;Ì piccok1 sia il numero delle associazioni real1\ll'\\ll' lÌtlrt'llli "· F qu:i\che pagina più ayanti (nella
:; 11 :1 11pl·r:1 ~11\\a questiont' operaia):
, I.:1 impon:rn .a 1\i tuttl' queste forme di impresa
l p:1 ria ddk SlKit't:ì di produzione « pure~ e di quell~
dit' :1,l t•..;..;l' s1 ,\\ ,·icin:ino) ~ molto limitata, perchè tutti
i r:1111i ,kll.1 ~r.1 n1k llll11st na sono loro preclusi .. \ mi..,111.,1 dtt' 1l ~:llll\)l) lklb grande industria si estende,
q 111•lh1 1li tali t11nlll' di impH'S~ si rl'Stringe. ~Ia in 1110.lti
r. 111 11 tldl.1 pil·i.:1il.1 1nll11st n:l esse possono tare hu?111~­
:;1111.1 pnl\ .1. l \•r0 l'SSt' \ .tl~ono a condurre alla 1.nc.hpt'lllk11 .1 1'('1\1\\)11\li.::1 solo q11ei l:\\ oratori che siano
0
dotati di qualità morali e non comuni e di qualità economiche solo mediane ..... La gran massa dei lavoratori
ne rimane «al di fuori ».
Queste vicende della cooperazione e delle società
di produzione nella opinione degli economisti, hanno
la loro ragione d' essere e trovano una spiegazione
molto semplice.
L'opposizione fatta da principio in genere alle società di produzione dagli economisti più ortodossi. l'avversione profonda di taluni d1 essi, specialmente in Francia, derivarono da due cause. La prima e la più fo rte fu
l'origi ne cli queste associazioni e la qualità delle persone
eta cu i furono da prima caldeggiate. In Francia, esse ebbero, almeno indirettamente, una spiccata origine socialista, e fra i socialisti trovarono i più caldi fautori: così
taluni economisti ed uomini politici confusero od almeno accomunarono socialismo ed associazione, e combatterono I' uno nell' altra, come, per esempio, il Thiers;
ed anche quando non giunsero a questo punto, guardarono pur sempre coli' occhio del\' arme questa nuova
forma. sospetta di contrabbando.
L' altra causa fu la novità che nel principio della
cooperazione in genere, e pit'.1 ancora nelle società di
produzione si conteneva. Queste associazioni accenna vano a Yoler esercitare I' industria in modo diverso
da quello che prevaleva e che era cr eduto ottimo; annu nciavano \'idea di voler sopprimere il salario e di
porr e la direzione (non diciamo anco r a «l'impresa'>,
poichè allora questo concetto nelle società di produzione non era ancora ben i.:hiaro) dell'industria in
mano agli operai.
Ora tutto questo turba\'a maledettamente gli economisti, disorientava le loro menti. Quando in Francia
si cominciò a parlare di associazione produttiva. 1' ordinamento economico. che si anclaYa svolgendo sulla
base della libertà e del capitalismo. era ancora. per la
maggior parte degli economisti, in una completa lun:i.
di miele; era lora delle « armo111e » di Bastiat. E qut!sto «ordinamento armonico» lo si credeya e lo si vo-
.j.O
Il· ..\ c1;,<0Juto. immutabile; e guai a chi osa~se toccarlo!
I., ~uc1elit di produzione introduceva in questo ordinamento qualcosa di nuorn, qualcosa di di verso: e que:,to solo basta\'a perchè la si do\ esse combattere ad
oltranza.
. \nchc ora, per quei pochi che son rimasti e restano
rigidamente fossilizzati nelle idee di quarant' aniìi fa,
e rinnegano persino i fatti, pur di non smuo,·ersene.
le cose sono le stesse: e quelli sono ancora avversari i
ad olt1 anza della cooperazione, e più cli lutto di quella
di produzione.
.\la invece tutti quegli economisti, e sono i più, che
seguirono lordinamento economico nel suo svilt1ppo,
e lo "iclero sempre quale era e man mano che si modific:1\'a. e non quale era <>talo. o soltanto quale a\ e\·a accrnnato ad essere: tutti cuell: che ne \'ider') tr.imutarsi
lt: forme, e, anche se11z.1. essere esplic1lame.it .. 3e~uac1
elci metodo storico o cieli' indirizzo eYolutivo. si penetrarono alcun poco del principio della relati\·ità del!~
forme economiche; e mentre osserYarono i mali gravissimi che l'attuale ordinamento portava con sè, animisero la possibilità di rimediarvi anche con qualch"
forma nuova, che accennasse ad ordinamenti diversi ....
ebbene tutti costoro, se non furono fautori della coopl!razione e delle società di produzione, non ne furon
neppure cli certo gli avversarii ad ogni costo. Ecl il successo trionfale che ebbero le società di consumo in Inohiltcrra. fece ai più illustri econon1isli cli quel paese
~oncepire le più lusinghiere speranze sugli istituti che
si basavano sul principio della cooperazione; cd anche
altrove la simpatia cli cui essi erano circondati. i resultati che claYan di sè, conciliarono loro l'opinione
fayore\'ole di molti economisti.
Passarono gli anni, e cogli anni si ebbe una esperienza sempre più generale e completa: eia questa esperienza le società cooperatiYe riuscirono trionfanti: b
possibilità e J' utilità loro furon cli_most.rate ad esuberanza. e talune forme, colla loro cl1ffus1011c e col loro
4r
successo, si guadagnarono un posto saldo ed ornai indiscusso nella scienza economica.
).[a non si può dire altrettanto del princ1p10 generico della cooperazione. come ordinamento economico
n11ovo, quale vedemmo esser vagheggiato dallo Stuart
:'diii; chè finora del coordinamento delle varie formf'
cli cooperazione in un tutto unico, non si ebbe traccia
alcl!na, cd anzi si manifestarono tendenze piuttosto
contrarie che favorevoli ad esso.
E quanto alle società di produzione, l'esperienza fu
molto meno generale, molto meno concludente che per
le altre forme: i resultati ottenuti non furon tali da
i.1corag~iarc lentusiasmo, da alimentare le concepite
spe:·anze: nè però furon tali da scoraggiare del tutto.
eh condurre a rifiutarne in modo assoluto il principio:
cli qui la freddezza, o quanto meno la fiducia molto liminata riposta attualmente dalla maggior parte degli
economisti in quesri istituti.
:.\Ia. non è giunto ancora per noi il momento di discutere il ,·alore economico-sociale delle associazioni di
produzione alla stregua dei fatti osservati: no i vogliamo innanzi tutto porre in luce lo «scopo ». la « funzione» generalmente assegnati a tali associazioni; vedere i \·anlaggi che se ne ripromettono: poi passare in
rassegna tutte le obbiezioni che sono state portate
contro di loro nella scienza. Ed allora finalmente vedremo quale sia la risposta che ci è data dalla fonte
per noi più decisiva, dalla esperienza.
f\ ella prima parte di questo nostro studio noi analizzammo alcune forme. che qualificammo come « spontanee» della associazione cli produzione, e specialmenLe quella delle latterie sociali e di altre associazioni
:ina!oghe: non è ad esse che noi ci riferiamo ora. parlando dello «scopo» delle società di produzione.
Qllclle forme spontanee hanno di comune colla società di produzione nel!' industria manifattrice odierna.
di cui noi ci occupiamo, lessenza economica ed in
parte anche gli effetti; ma nello scopo se ne scostano
42
completamente, poichè si syo\gono in ambiente diverso.
fra altri elementi e con altri intendimenti .
Xoi qui parliamo delle associazion_i per_ la p_r~du:
z.ione, che sorgono fra gli operai e fra_ gli arll_g1an.1
,.
della industria mani fattrice odierna; ed 111 esse s1 puo
ravvisare senz' altro uno scopo comune, sul quale, ere:
diamo, nessuno potrebbe dissentire; c_d è « qu~llo ~1
migl iorare stabilmente la condizione dei loro soci, _assicurando loro benesser e ed indipendenza econom 1ca ».
Ma per avere una idea esatta e scien_tifica clel~o
«scopo» cli queste assoc iazioni, bisogna prcc1s_ar _megliri
i concetti e determinare, innanzi tutto, quali siano le
cause eh~ nell'ordinamento attuale minacciano il benessere e l'indipendenza dei lavorator_i.. e rencl_01~0
necessari i dei provvedimenti per garantnli; e p~1 in
qual modo le società di produzio~1e si. propongono eh apportare a tale stato di cose un nmed10.
.
.
:'\on è un quad ro completo dell~ ques~1one ~pera1a
contemporanea, che noi dobbiamo qui tracciar~; .s1 tratta
piuttosto di accennare brevemen~e a quegli 1ncom·eilicnti ai qual i le società di produzione v~rr~bbcro prov\'edcre: chè, per quanto si abbia fiducia 111 esse, p~1:
quanto le si cr edano efficaci, esse non pot r c~)ber mai
pretender e alla soluzione co'.n pleta della ques~1one ~pe­
ra ia, la quale trae la sua ong1ne e le sue rag10111 cl essere da tante fonti dive rse.
Certo è ch e le società cli produzio1~e .colgono ta le
questione nel suo centro, nel. suo pnnc.1pale fondamento: il che però non vuol d n e che la nsolvano.
La rivoluzione economica del presente secolo, che,
col\' introduzione delle macchine da un lat~ . e colla
sostituzione della libertà dcl laYoro e della libera. concorrenza ai privilegi ed ai monopolii dal!' altro,. rnaurrnrò un ordinamento economico radicalmente chverso
dal precedente. produsse un grande c~mbiam~nto nel\~
condizione dci lavoratori e nei rapporti fra gli elementi
clella produzione.
. .
.
Nell'onlinamcnto precedente il lavoro s1 bilanc1~v~
col capitale, infrenato dai monopolii, ed anzi quasi ~1
può dire pre,·alcsse nella produzione; coli' ordinamento nuoYo invece si inaugurò la potenza cd il dominio del capitale; questo, già semplice strumento
della produzione. colla sua «egoistica forza:. ne divenne il padrone, ed il 1a\'Oro in\'ece, perduta la sua
indipendenza economica, divenne a sua volta strumento.
:\0n che nel\' ordinamento corporativo tutto il lavoro
a vcsse indi pendenza, tutt" altro; ma, è certo, col nuovo
ordinamento esso perdette anche quel poco che ne
a vcva, e si "i de quasi pri \'O del la speranza di riacq11ist<1rla.
· Cominciata a diffondersi la grande industria, mm.
parte dei lavoratori si tro\'Ò nella impossibilità di l.:t' o rare per proprio conto, e dovette porsi al servigio
llcl capitale: e di poi. man mano. di fronte alla concorrenza della grande industria e dcl capitale. la classe,
una Yolta numerosissima, dei niccoli artigiani, \'idc
sempre più diradate le sue file. I la,·oratori divennero
salariati del capitale, o meglio della classe che possedeva il capitale; impossibilitati a laYorare per proprio
conto, dovettero cedere ad altri il loro la,·oro.
Per quanto ottimisti si voglia essere. per quanta
simpatia si abbia per lordinamento economico che ora
prevale: noi crediamo che non si potrà ad ogni modo
disconoscere questo fatto, che il salariato implica la
«dipendenza economica» (e s i potrebbe anche dire
11011 economica soltanto) ciel lavoratore eia col ui che
esercita la produzione pe1 proprio conto e che gli dà
lcl\·oro.
Ed 11n altro fatto inn<:>gabile è pur questo, che un
tale ordinamcnto, che cambiava la posizione ciel lavo:·atore nel la 'produzione e gli da va una retribuzione
anticipata. facendolo concorrere alla produzione solo
materialmente, come semplice strumento non avente
cli ritto a parte alcu1n: un tale ordinamento clisinteres5ava affatto il lavoratore dalla riuscita della produzione, che gli diveni,·a -:ompletamentc estnnea. e non
lo riguardava affatto: e costituiYa così nel!' 111clustria
se non un vero e positiYo antagonismo di interessi, cer-
44
Lo una note,·ole di\'crgenz_a, in c1uesto senso, che I' _or~a11ismo della produzione non riusciva un corpo u111co,
teudcnte tutto insieme e tutto egualmente alla stess:t
meta.
Di qui I' escogitarsi di spcdienti di ogni _genere per
dare <irtificialmenle al laYoro quel!::t e;icrgta. che necessariamente gli veniva a mancare.
.
_:._ra quel!' antagonismo che già s_i delinea'? 1_1cll ?rganamcnto della produzione, s~opp1aYa as~a1 p1u vivo
e potente nella dist r ibuzione: 111 questa si formavano
interessi diversi ed opposti, che lottavano lra loro; e.
nella lotta, al più forte toccaYa la villoria.
.
.
'\on ahbiamo bisogno di ricorrere alk teorie soc1alislc dC?I )-l<i rx e del Rodbertus, lcnclcnti a dinwslrar_c
che nel!' ordinamento attuale il capitalismo spoglia il
la' oro di Lulta quella parte dcl Yalore cl:t lui p'.oclot.o
che non è strettamente necessaria al suo rnanten11ncntn,
ner chiarire come un forte antagonismo ci sia, e co·:ic
in questa lotta. in generale, il l_woro al~bia la peg-g10.
La quintessenza della 9-ucst1one ~oc1alc. dice lo
Schccl. sta in questo, che 1 laYoraton. sebbene co?pcri no a 1 processo proclutti \'O. 1:ella pr~scn le procluz10)1(.'
sono compensali, pel valore c\1 scambio della l?ro prestazione di lavoro. con un t'.·attamen~o fisso,,'! quale.
siccome fa parte del costo d1 pro<luz1one dcli imprenditore 1 clcvc rappresentare per questi la pit1 piccola frazione possibile cli spesa; chè, a pari1à di tulle le altre
condizioni, quanto più piccola è tale frazione, t~nlo
più elevato è il profitto cieli' imprenditore. La q'.1e~t1onc
sociale, dice benissimo lo Schecl. non sla nell altezza
dcl ~alario. ma nella esclusione <lei \a,·oralori dal soprappiù ciel prodotto oltre la spesa ciel sala1:io.
Tn una parola, il salario, compenso pr~ve1~t1,·o dcl l:>.rnro. esclude il lavoratore dalla parlcc1paz1onc al va~
lare del prodotto del\' industria. impedisce ad es_so di
esercitare qualsiasi influenza sulla riparLizio~ie c\1 ~~!e
proc\otto. e pone necessariamente in anla?:on1smo l_ 1nlcrcssc del salariato coli' interesse cli coloro fra cui rh
ultimo tale ripartizione avviene.
Fd i11 questo antagonismo di interessi, quale è quello
che J>l'e\ aie? E' vero che i lavoratori, nella concorrenza
e nella discussione del prezzo della « n1erce-la,·oro ».
abbiano necessariamente la peggio?
Gli ec0nomisti ortodossi dicono di no: secondo loro
la concorrenza fa avere necessariamente al lavoratore
ciò che gli spelta pel suo lavoro: il salario si mette
11eccssariamente al suo giusto livello, poichè, se più
l.1 asso. è alzalo dalla concorrenza degli imprenditori, e,
se più alto, è abLassato da quella degl i operai.
Nel primo caso gli imprenditori, facendosi concorrenza, od abl1a<:.sano i prezzi delle merci (e così i la,·oratori ne prcfittano come consumatori), od aument ;lno la produzione, ciò che si risolve in una maggior
dornanda d1 la' oro e ouindi in un aumento cli salario .
.:\cl secondo caso lofferta di laYoro aumenta. i lavoratori si fan concorrenza fra loro, ed i loro salari ribassano. Tale fenomeno avviene non solo in ogni sing-olo luogo. ma nei cliYersi luoghi, fra i quali vi è compensazione, cosicchè si stabilisce un generale ed annouicn equilibrio.
:\[a anche prescindendo dalla osservazione, che pure
non sarebbe fuori di 111ogo, che cioè in questo modo si
determina semplicemente i I prezzo della « merce-lavoro ». come tale, perchè esiste un ordinamento che appunto ha trasformato il lavoro in una «merce»; ma
che ciò non fa che spiegare un fatto, e non ne dimo'tra la legittimità e la giustizia, chè il lavoro sostanzialmente è un « fattore» della produzione, e dovrebl•e essere retribuito con quella quota di valore che egli
ba contribuito a produrre; anche lasciando a parte una
i ~le osservazione, si pt1ò efficacemente contestare che
un t:ile processo armonico corrisponda alla realtà delle
co~e.
La concorrenza è in effetto molto diversa da quello
che <.i concepisce astrattamente: la concorrenza libera
e completa esiste solo in teoria: in pratica i fatti stessi.
l':imbiente. tutto forma da ogni parte ostacoli di ogni
g-cncre. che ne alterano il funzionamento; cosicchè, se
47
+6
non sembrasse un paradosso, diremmo qu~si che nell'ordinamento «teoricamente» più libero si ha ser~1pre
«di fatto» il monopolio! N'è vale confidare nella _libertà, ed astenersi da alcuna ingerenza nei fenomen.1 eco:
nomici credendo che abbandonati essi fenomem a se
1
mcdesi mi, la· libertà ~ompleta si attui: chè an:-:i allora
piti forti sono gli ostacoli di fallo e.be cs~a _111coi:itra,
piti facili sono i monopolii. Nel reg11n.c di hbe~ta, la
libertà diventa negli scambi una eccezi~ne,. ed il. monopolio (si noti che qu~ pe: monopoli? i_ntendiamo
soltanto il fatto che la liberta non funzio111 perfettamente) la regola. Ma nello scambio della « n~erce-la­
Yoro » la condizione delle cose è anche peggiore: ed
in qu~sto caso si potrebbe proprio dire senza esagerazione, che la completa concorrenza non Yi fu.nzion~
mai. Dice ben a ragione il Brentano, e con hu molti
altri economisti, che la scuola di Smith partì dal concetto assolutamente erroneo che il \a,·oro fosse una
merce come qualunque altra, ed il lavoratore un venditore. Im·ece la cosa è assai diversa: mentre le altre
merci sono una cosa affatto distinta dal venditore, b
« merce-lavoro» è incorporata nella persona del suo
vend itore, il lavoratore; mentre negli altri contratti il
venditore può adattare la produzione e la offerta alla
domanda, e così influire sul prezzo, non lo può il la,·oratorc, che non può diminuire sè meètestmo: cosìccbè è solo il compratore che determina il prezzo e le
condizion i della vendita. E, aggiunge il \Vall.;er. la
merce-lavoro si comporta nello scambio ben diversamente delle altre merci, in quanto non è, come quest~.
facilmente trasportabile eia luogo a luog-o. essendo il
\;\,·oratore attaccato ai suoi luoghi e rcpugnante a
muoversi. ?\è, osserviamo ancora. può il \ayoralorc.
come il venditore di ogni altra merce. cliscutere a lungo sul prezzo. attendere che le condizioni del mercato
cangino. ecc., avendo in generale la massima nrgenw
cli cedere la sua « merce-\ayoro ».
E finalmente poi diremo col Brentano. che. nel caso
ciel lavoro, la inscindibilità cli questa merce dalla
persona elci venditore-lavoratore, ingenera necessariamente una specie di « padronanza » del compratore
sul \ayoratore, il quale, cedendo la sua forza di lavoro.
dà in balìa ciel compratore tutto il suo essere fisico, intellettuale, morale e sociale.
1\dunque, anche ammettendo la legittimità del fatto
che il lavoro sia trattato come un a «merce», e venga
ceduto sul mercato come merce, invece di ric~vere un
compenso di rettamente proporzionale all'opera sua nelb. produzione, non si può disconoscere che il lavoro c;i
trovi in condizioni peggiori di ogni altra merce; che
nello scambio di lavoro la concorrenza,· imperfetta sempre, funzioni anche più imperfettamente che in qual11nque altro scambio e perda (se pure \'ebbe mai) la
sua tanto vantata efficacia armonizzatrice; e che quindi, nell'antagonismo che si svolge fra i profitti ed i
~alarii, ci sia una grande probabilità, non diciamo certezza . che il salario sia sagrifi.cato al profitto.
Fra gli economisti ortodossi è costume di magnificare il salario. come sistema di retribuzione che dà al
la' oratore la massima delle guarentigie e lo ema1Kipa
dalla massima delle tirannie. quella dei rischi, lelle virende della produzione; mc. bisogna pur ricor.oscerc che
questo vantaggio è pagato ad assai caro prezzo c\;.1! lavoratore, il quale. se guadagna di libertà da una parte.
"C perde molta cli piì1 dall'altra.
1\dunq•1e nell'ordinamento attuale s i ha: dipendenza dcl lavoro, non più centro ed anima, ma semplice strumento della produzione; disinteressamento
del la,oratore dalla produzione, e quindi squilibrio fra
le forze produttiYe, non più animate degli stessi impulsi: antagonismo fra il lavoratore e chi assume la
produzion<': lotta, e massima probabilità che in essa il
lavorntore soge;iaccia.
Q1wle la Yera causa di tutto ciò? Da molti la si ripose nell'antagonismo esistente fra capitale e lavoro:
ma è un errore: la questione, la lotta. dice benissimo il
\Valker. non è «fra capitale e lavoro ». ma «fra impresa e b ,-oro»: non è la questione del lavoro, ma piut-
..
49
tosto del modo di impiego del lavoro; modo di impiego che implica necessariamente un antagonismo fra cl:i
impiega e chi è impiegato. Si potrà in molti modi attenuare tale antagonismo, renderlo meno doloroso, meno stridente; si potrà migliorare la condizione <lei lavoro in questa lotta, dandogli maggior forza per rc::;istere, per sostenerla. Ma l'antaaonismo non si potd
eliminare completamente, se non"' toccandolo nelle su~
hasi, se non tagliandone la radice, modificando cioè l'organismo dell'impresa in modo che più non siano separate le d ue funzioni di imprenditor e e di la\'Oratcre.
Ebbene, la società cooper ati va cli produzione si propone ~ppu1~to que~to «scopo», cd ha il pregio incontestabtle d1 toccare la questione proprio all::t radice.
Essa si propone di eliminare l'antagonismo che attualmente esiste nella produzione, modificando la forn~a
?ell'imp~esa. in modo eia non avere più tale divisione di
11nprend1ton ~ di s~lariati, in modo da toglie r e al lav~ro quella d1sgraz1ata qualifica di «merce», che ora
gl~ compete, e restituirgli la sua indipendenza economica, guarentendogli in pari tempo una "'Ìusta retribuzione,. e ripristinan~o, nel la prod uzione"' l'equilibrio.
che fra 1 suo i elementi e venuto a mancare.
La forma che ha assun ta in molti casi la socict:1
coopera~iva di pr~duzio n c .è quella di una impresa affì~lata a1 lavorato ri: ma noi abbiamo già veduto nel capitolo pr ecedente, come non solo ciò non s ia essenziale
al concetto della società di produzione, m a anzi non risponda a tale concetto, che im plica una associazione
del capitale col lavoro.
Ed anche considerando la cosa dal punto cli Yista
d~llo « ~copo » che è altribuito alle società di produz•one, si .comprende come tale scopo si debba rc-alizzare .. e lo s1 possa soltanto, con una fo rma cli imp r esa che
~1n1sca str ettamente, che associ, a parità di condizioni.
i~ l:lvoro. ed il capitale; chè soltanto a questo patto
I ai1tagomsmo potrà essere eliminato.
Questo lo «scopo» della società di produzione;
questo il «modo» come essa si propone cli raggi ungerlo.
Ed il modo di soluzione da essa presentato, bisogna
riconoscerlo, non urta contro alcuno dei pri11cipii generali dell'economia. contro alcuna tendenza della natura umana, nè richiede alcun mezzo violento. alcun
cambiamento repentino; oblJidioni quec.Le contro le
quali urtano in generale le concezioni socialiste, d:l
cui la società di produzione si distacca completamente.
La società di produzione, dice il Duval, non rinnega il capitale, ma vuole l'unione di questo col la,·oro
in vista cli uno sforzo e di un effetto comune; non rinnega l'interesse, ;na solo, come ai capitali oltre l'interesse si dà in generale un cli videndo, reclama una parte di qt:csto pei lavoro; non sopprime il salariato, ma
offre all'operaio un mezzo per uscire eia quella condizione, che spesso gli toglie l'indipendenza; non an·ersa le macchine. ma le rende profittcYoli anche ai la,·oralori; non n10\ sopprimere la concorrenza in genere.
ma solo quella che si esplica sotto forma di antagonismo e di lotta disonesta e dannosa; per sostituirla con
una emulazione. strumento cli moralità. di attività, cli
progresso.
Ura che abbiamo \ eduto lo «scopo» e la «natura»
delle società di produzio11e, passiamo bre,·emente in rasscgi1.a i 'arii vantaggi che essa pr esenta secondo i suoi
fautori, ed anche secondo gli economisti.
Cominciamo d::i.i vantaggi più generali ed intorno
ai quali gl i economisti sono d'accorcio. rer vedere poi
quelli più contestabi li, e per giungere s ino alle speranze di indole socialista, che essa ha destate.
S i intende che questa breve rassegna è per ora esclusivamente espositiva e non critica: e che i Yantaggi enunciati non hanno per nulla Y:tlore assoluto, neppure per buona parte degli autori che ne fanno cenno;
chè a questi si contrappongono gli incon\'enienti e le
difficoltà con cui bisogna contemplarli. ;,[a noi ci siam
proposti di studiare obbiettivamente i \'arii lati della
questione, per trattarla poi solo <la ultimo per conto
nostro ed a ll a stregua dei fatti.
Innanzi tutto occorre osservare che i \'antaggi della
0
4
5r
So
rncietà di produzione appaiono diversi, e sono diYersamente formulati, secondo che essa si formi fra artigiani i~dipendenti o fra salariati. :Nel primo caso si
tratta cli rafforzare la loro industria che, di fronte all::i.
concorrenza delle altre imprese, corre rischio di esser
sopraffalla, facendoli passare alla condizione di sabriati a quella cli imprenditori indipendenti.
f vantaggi della società di produzione fra artigiani
son_o _be1~e illusitrali, fra gli altri, dallo Pfciffer. Per gli
art1gian1 ?ssa_ prese_nta un notevole risparmio cli spesa
n~lla ~ost1tuz1011e dt un solo opificio comune ai singoli
p1ccol1 laboratori i; una concentrazione cli forze chr
rende possibile l'acquisto di macchine ccl il pcrfezionaJllento della produzione, che potrà lottare vantaggiosan~e1_1le con quella delle altre fabbriche; la possibilità di
cl1\ 1dcre nell'opificio sociale il lavoro utilizzando me~·lio le forze dei soci. Effetto ultimo ~ complessivo è il
tcrmare ~he la società di produzione fa l'operaio sa
quella china. che inevitabilmente lo condurrebbe al salariato.
:.1 a in generale i Yantaggi di questo istituto sono
considerati dagli scrittori dall'altro punto cli vista, da
q~1~1Jo d~_i salariati: l'associazione rende costoro partecipi dell 1mpresa per la quale lavorano, ed assicura lo·
ro una serie di vantaggi, che noi veniamo brevemente
ne\ esaminare:
0
I. I~1 pri~1a linea è da porsi I'« indipendenza:->,
sia economica, sia anche morale e fisica, che agli operai ne consegue.
, La so~ietà di produzione pone gli operai, dice il
\\ alker, _111 un~ p_osizione indipendente e più elevata;
per essa 1 salanat1 possono essere elevati alla condizion~, cli imprenditori; in questo regime il lavoro non è
p1 u una merce. chè l'associazione fa « dei la \'Oratori
dcg·Ji uomini», e questi uomini determinano da sè medesimi tutte le condizioni di lavoro, tranne la mercede:
2. I.a trasformazione dcl lavoro di merce in el~·mento della produzione partecipante' all'impresa, assicura ad es~o una rimunerazione giusta. quella rinrn0
nerazione che gli spetta, e che sta in rapporto ~olla sua
importanza reale nell'atto della produzione; nmuner_a·0 e che esso non potrebbe mai ottenere col salano.
ZI n
· ' d'
cJ
Il miglioramento materiale che la soc1et~ 1 r.ro n:
zione assicura ai lavoratori. è il prodotto eh vani altr:
\ anlaggi che essa presenta;
. .
. .
: L'operaio ha nella assoc1az1?'.1e ass1c_u1 ato
3 ali' infuori della \·olo11t~ dcli 1mprend1tor_c:
l'impiego
chè, mentre q11est"ulti1110, quanc~o s1 accorge che la p10duzione 11011 è più rimunerat1\·a e non pron:ctte un
guadagno, cessa di produrre; invece gh operai cooperatori possono continuare a lavora~-e egu:.i.ln:c.nte a_nche
non ricavendo profitti; cosicchè net 1110111ent1 111 cui, col
sistema attuale, resterebbe senza la y~ro, ~olla c<;>opcrazione si troverebbe nella condizione 1n cui ora s1 tro\ ano ordinariamente;
.
.+.° Ogni migliorar'.1ento ?ella produz101~e, come.
per esempio, la. introduzione d1 nuove macchine: ecc_..
a'lclrebbe a vantaggio del Jayoro. che non ne ns_en_tlrebbe più, come nell'ordinan:en~o attuale. s<;>lo ~h inconvenienti, inerenti a quals1as1 t~·a.sforma~1011:, _ .·
,..o Più di tutto poi la comhz1one dei la' 01 ato11
-:arebc;, nella società di produziorn.. 111iglio_1:ala dal _fatto
~he es~i si approprierebbero i profitti clell 1m~re.nc11tore~
profitti che, dice il \Val\.::er, sono 11:olto la1ghi_. e_ co
slituirebbero pei lavoratori una aggiunta non indifferente alla loro retribuzione.
.
.
i\Ì vantaggi che ritrarrebbero i J;w_or~tor1 alla p1 o:
cluzione ed il grande eccitamento e_ n_1i?;l1o~·ame1~to eh~
,,cJ essa ne verrebbero. vanno posti in pnma, 1_111ea; e
sono riconosciuti eia tutti: ne fanno cenno cosi I~~\ -~11 11
10
ker, il Bre11tano. il Lo Sa' io, il Fla~I. come . c
herg, il Courcelle Seneuil. lo Chevalter. e_ mol,t1 ~1~1 i_..
L'interesse. che nell'impresa speculaln:a e. ,l I\ e~:.°
per l'imprenditore, che tende a sfrutt~rc il \llll po . ,_
bile la forza di lavoro dei suoi operai. e per costo1 o.
che i:wece tendono a \a\·orare il men_o che polslso1c;10.
·
·
ree 11 Cource e · enclla impresa cooperati \'a uwece, e~
. .
.·
11euil, è sempre presente ed uguale 111 tutti i mc111b1 i.
?
53
I..
.
d
l
-- impresa 111 ustr ia e, come è generalmen te organizzala (impresa capitalistica), può esse r comparata, egl.
osscna. ad una macchi na che abb ia che un nDtore e
nella quale più l'impresa sia estesa, cd abbondino uJ: attriti, il clte è quanto dire le perdite d i forza. L'as:ocia zione operaia invece o f fre un impiego di fo rz:.t vo l1n1laria molto più cons idere' o le ; e g li altri ti, in \'ece di
t end ere, come n ella impresa o;-dina ri a, a ll a disso luz ione
dell a macch ina, tendono a neut ralizzarsi , a diminui rs i
gl i un i pe r m ezzo d egli alL ri , in modo <la a um entarne
incessantemen t e la fo rza utile.
. Lo Ch ev~l ie : pure ~ssena che «appl icato g i ud iz1osame11te. ti s istema d~ associazione da r ebbe vn i ·1pulsn di più in pi ù virn alla prod uzione». Ed il Fl<:1:d
'.~l altri illustrano minutamen t e i 'ari i rnntaggi. clic
l 111t.eress~mento dei larnratori dà alla società di produzione, ti lavoro più attivo e più accurato. l'cco?101111a
IH.:l! ~mpiego d~lle mater ie prime, l'uso più rigua rdoso
degl: strumenti e delle macch ine, l'economia nella sorn ·glianza, di cui la o rg-anizzazionc. complessa e costo~él è ~esa necessari~ ~al .salariato, ccc.; vantaggi tutti
che da n no alla soc1eta d1 produzione le buone qualit?t
dell'impresa individuale;
.
0
7. ~on va t rascurato r cccitamcnlo che nell e societù di produzione gli operai hanno ad esercitare la
previdenza ccl il ri spar mio, pe r aument are i mezz i di
p;od llz ione; previd enza il Clii ese r ciz io è ta nto vantagg-1oso ad essi, quan to all a società in t era, s ia d a l lato
econom ico, sia d al lato mo rale·
.
8. Fi na lmente è eia m oÌti vantala, da l pu nto d i
't~l~ ddl 111teresse generale della società, la cessazione
cicli antagonismo degli inte r essi. colle sue di rette conSt!?_'nenzc, di scioperi, d i a tlriti di vario o-ene r e fra im1~renditori cd ope rai, ecc. ;
"'
Q." V i è poi ancor a chi ,·auhe.,.o-ia !'aJ)[)licazionc
1 li
·
::.. l:>o
e e a coope r azio ne di produ zion e a lla agr icoltura, n ell a
<11tal? con questo s istema si ri uni r ebbe insieme i va nta~~"1 della. g:~n <le e della p iccola cult u ra. avendosi ne i
~oc1 la att1v1ta e la dilig-enza cie l pi ccolo colti vato r e0
• •
proprietario. un ite alle macchi11c ai migliorame nti. cd
a tutti q11ei mezz i, dci qual i in generale soltanto la grande cultu;a è proveduta.
.
.
.
Dopo la em1m~razione dei y~inc1pali va!itag~1 che
la maggio r parte degli cconom~~t1 che accetta1:0 111 genere le società cli produzione s1 <1.ccordano a nconos~e­
rc in queste, se non come s icuri. a lmeno c?me. r az10n:ili e possibili, OYe qu este abbiai.10 huo.1'.a riuscita, accenniamo breveme nte ad a lcune idee p ili esagerate, e~pressc da taluna in proposito: e .fi11a l m~11t: a 9uel!e
concezioni nell e quali la cooperaz1011c s1 rico ng iunge
col socialismo.
11 Flaxl, per ese m p io. r itiene che lo. diffu sion e dtlle
::-0ci~tù cli produzione potrebbe esercita r e una benef1ca
; 11 fluenza sui salari i ed attenuarne la «bronzea l eg-~e ~·
per ciò, che esse ridurrebbero il nume.ro ~l ei sala n at1,
nl obblig·hercbbero qui:<di gl'. imprc11cl1to.n ad aunw1~­
t;ire i salarii. ad accr•rdare a1 kro open1 u·1a pa.rteci,1.azi<'l1C ai profitti, ecc. Fd .anch~ lo Scl:ul~e .Dci1tzscn
ammette che diffondendos i tait assoc1az1?11~, ~d a~5r,rhcnclo esse 1111011 numero di CJH.:rai e quelli p1u intcllt!!eìlli e ni~1 1bili. non solo a1·rd1h;ro mi g liorate ~e con~iizi o ni di conco rr enza dcl lavoro. m a ~vr~~ihe ro i_ndotto
~~ii imprenditori a fare ai loro .oper31 p1u scelti: co.11_<hioni d i mollo migliori. a fa r li parteci pa 1:e agl.1 ut1h.
t "ia~"a1· i anche ~I capitale. pur di non lasciarseli ~fog­
<.::ir<..'. ''co•1clu::;o:1i quest e ch e. supposta un~ su11ìcicnte
~liffu s i one deile società di produz ione appaio no per fet1amC'11te giustif1catc.
_
).folto pit1 innanz i va lo Pfeiffer, il quale a ~ ìc 1_·ma
che le nost r e assoc1az10111
C 11n 5 ., 1-el'l)ei· tali i vantaoo-i
~b
• •1'
prec: c1. lcrcbbcro •1clla procluzion~. t ale la 1~r?d~1tl i n a
<lel loro la,·oro e tale la econom1a c h e rcaltzzc1ebbero
in esc:o c h e le fabb r iche dei capitalist i non potrebbero
rcs:;ie1:c :-Ila loro co;1corernza. ccl il capitale sarebl;•'
ccstrt'llo a passare al sen·igio dcl lavoro. Iclea .oues a
cl!(' r isrom\c a quella di L. Blanc. ch e vcdemrr~o 11 F_~u:
che clliamare « infernale»! pe r la quale gli
opi ci
sociali» anebbero appu nto dov u to v incere, n ell a conj
._
..
'""
I
•
55
correnza. quelli dell'impresa speculali\ a, e, a poco a
poco, sostituirli. E la si potrebbe anche combinare con
quell'altra, cui accennammo poco addietro, che cio(!,
potendo gli operai rinunciare ai profitti, la cooperatiYa
continuerebbe a produrre anche in condizioni nelle
quali le altre imprese fosser costrette a cessare.
Astrattamente considerato, il concetto dello Pfeiffcr non si può dire irrazionale, poichè riconosciute nella società di produzione delle qualità che l'impresa speculativa non possiede, od in g rado minore, la superiorità di quella dovrebbe porla in migliori condizioni di
conco rr enza; ma gl i è che esso prescinde eia tutte le
<lifficollà che le società cli produzione incontrano nel
loro SYiluppo e le pongono anzi spesso in conclizio11f'
cli grande inferiorità di fronte alle altre imprese: e si
foggia uno stato di cose perfettamente contrario a
quello che noi abbiamo Ye<luto in pratica.
Lo stesso autore, partendo sempre dal presupposto
<lclla generale diffusione cli questa nuova forma d'impresa, ccl anzi della sua sostituzione all'impresa capitalista, afferma ancora che, in tale ordinamento la produzione sarebbe meglio r egolata, le crisi sarebbero e\·itatc, e. partendoSii nelle società di produzione non dal
punto di v ista ciel vantaggio individuale, come nel caso
degli im prendi tori, ma da quello ciel vantaggio genera le. l'in teresse cli tutti sarebbe tutelato e rispettato.
Speranze queste che non sarebbero giustificate neppure
dalla supposta generale diffusione delle società cli produzione. poichè queste si dovrebbero naturalmente hr
concorrenza fra di loro, e poichè non è esatto ch e esse
siano mosse dall'interesse generale: è vero che le ·tnima un interesse più generale di quello che anima
1' « imprenditore-capitalista». cioè l'interesse è sempre
un interesse «particolare» cli fronte all'« interesse generale» della società intera. E già noi vedemmo in altro luogo come la società cli produzione da sola, se conci lia gli interessi dei lavoratori e dei capitalisti. non
concilia con questi quelli elci consumatori. L'elimi nazione cli ogni antagonismo e l'esercizio della funzione
economica dal punto di vista deJl'interesse gener ale,
implicano n ecessariamente o un ordinamento socialista.
od un ordinamento cooperativo completo, che, con1e
abbiamo già detto ripetutamente, si presenta molto analogo, per ogni rapporto, al socialismo.
.
.
Queste ultime consider azioni ci clànno occasione d~
rammentare alcune concezioni, cli cui si ebbe campo d1
parlare alt rove, e per le quali, la società di produzione
non nYrcbbe un fine, un termine, in scè stessa, _ma sarebbe L111 semplice strumento, un mezzo, pe r gi ungere
ad una o rganizzazione economico-sociale nuova, a\ ente carattere socialista.
Così pel Huchez l'associazione produttiva, basata
sul fondo indivisibile, non era che un m ezzo per porre
a clisposiziont cli tutti i lavoratori gli strumenti _<lell:t
pro(\u zione. ed organizzare in un corpo ~olo ogni me~
stiere, eliminando la concorrenza, ccl edificando su eh
un tale ordinamento industriale tutta una riforma morale. E Louis Blanc accetta\'a le società cli produzion~
come un semplice espediente pratico, non \'e:lencl~ egli
possibilità di costitui re coll'aiuto dello St~to 1 _suoi al_cliers socicw.r, destinati a riorganizzare tutta la 111tlustria.
_\Ila concezione ciel B!anc s i a\'\ ici na di molto, sehhene se 11e distacchi in parte, quella elci Lassalle._ Questi rifiutava assolutamen te la «società di prod~1z1one '~
come formaz ione spontanea ecl autonoma tle~li operai,
senza il soccorso dello Stato, quale aveva fin1t? r,er _accettarla, in m anca11za di meglio, il ~la1~ c,: po1ch_e riteneva che essa non potrebbe avere v1talita st_1ffìc_1enlc e
5arehbe t roppo facilmente schiacciala c~al_ cap1talts1110; e
propug-nava invece l'associazione suss1cliat~. dallo Stato. \J a questo sussidio dello Stato non era I idea f?ndamentnle -ciel Lassalle: sì bene piuttosto uno sped1~nt'.'.!.
un mezzo per dare alla associazione la ~orza sufficiente
per raggiungere quello scopo. che egli. le assegna \·;t.
I 11 fatti le :issociazioni produttive che si sarel~b.er dovute fondare in ogni città coi capitali forniti dallo
Stato, non anebber clonito restare isolate:. esse c\~Y~­
vano riunirsi fra loro, mestiere per mestiere, eli1111-
56
nando per tal modo ogni concorrenza· e tutte le associazioni di tutti. i mestieri clo\·evano u;1irsi in una lega
~.ola. che organ1zzc.sse per tL;tte un servizio di credito.
ed Ul'a mutua assicurazione dei rischi dcli industria,
che sarebLero stati elimiilali complctamente 1 toCTlienclo
co~ì la pri.n~ipale ragione d'essere ai profìtt i dei capitali. che ns1ede appunto nt:l rischio.
A poco a poco dovevano fra le varie associazioni
stabilirsi vin~oli sempre più stretti, per modo che !'i
lìn1sse. per g1unge1_·c _ad L:na completa organizzazio;1e
colktll va. della proctuz1011c. c!1c sarebbe regolata statistic~men.te 1n b~sc ai bi::c.gni, evitando ogni crisi cd ogni
c\1sorcl1nc, assicurando rn tutta la produzione un o-rande miglioramento, che avrebbe avuto per consegt~enza
un aumento nd benes~erc generale.
.:\on è il caso qui cli discutere il valore scientifico di
cjueste co1~cezioni prettamente socialiste, tanto più
che delle idee ciel Duchez e ciel Diane abbiamo parlato a lungo a suo tempo. Quanto allo scopo che il
I .as<:alle asscgna\·a alle società di produzione. anche
las~iai:do a parte il s~1ssiclio dello Stato, cli cui si parlcra altrove, e presclllclendo dalla possibilità cd utilità di sopprimere la c0ncorrenza. e dalla possibilità
cli c:liminare ogni rischio industriale, idee queste che
richiederebbero una lunga discussione, che ci trarrl'blie fuori dai limiti che ci siamo fissati; osserviamo una cosa soltanto, ccl è che la concezione ciel LassallC', come concezione socialista, è molto inferiore a
molte altre ciel genere, in quanto non guarda che u~1
lato della questione. i produttori; soltanto o-Ji interessi dei produttori sarebbero guarentiti d; quest;i.
organizzazione delle società di produzione; organizzione che si riclurrcbhe ad un immenso e terribile monopolio a danno di tutte quelle classi cli persone che
necessariamente dovessero restare estranee alla produzione. Nè si può pensare clav\'ero che tutta J'umanit-1
possa esser compresa nella categoria dci produttori.
Ora, a mo' di conclusione cli questo esame preliminare dello scopo che in generale è assegnato alle so-
57
c1età di produzione e dei vantaggi che da esse si 1 :promettono i più (lasciando a parte le esagerazioni di
alcuni pochi, ed i concetti socialisti cui accennamn10
da ultimo), noi possiamo dire breYementc qualcosa
delle rnric forme che queste associazioni assumono
in relazio11e a tale «scopo» cd a tali (( 'antaggi ,>:
ricerca che, come accennayamo sul finire ciel capitolo
pteccdu·tc. è ben diversa da quella ciel concetto puramente astratto e scientifico cli questi istituti.
Xci ccrso de l lttilgo studio cli fatti che abbiamo
e:;po.sto nella seconda parte di questo lavoro, abbiamo
\'eduto molte di -tali forme diverse; ora, raffrontandole collo scopo e coi vantaggi che loro si attribuiscono, potremo facilmente apprezza rie: e c10 anche
in linea generale, senza ricorrere ai resultati della <'sperienza, come faremo in altro capitolo.
Innanzi tutto noi possiamo ossen·are che ,.i sono
certe deviazioni, che le società esiste·1ti presentano
dal tipo puro quale è stato a suo luogo delineato, le
quali non tolgono nulla in alcun modo ai rcsultati che
da loro ponno ripromettersi: mentre \'e ne sono altre
cli tale natura da paralizzare in parte od in tutto
questi resultati. o eia alterarne la natura.
Noi abbiamo veduto associazioni nelle quali il capit1.lc è, insieme col lavoro, associato alla impresa. e
partecipa così agli utili come alle perdite, ccl alt r e
i11vccc in cui il capitale è attribuito semplicemente un
;nteres~e: abbiamo \'edute associazioni nelle quali lutto il
c~pitalc è posseduto dagli operai e da tutti questi. ed
altre invece in cui parte ciel capitale è posseduta da
non operai, o eia operai 11011 occupati nell'opifìcio sociale, o finalmente è posseduta eia una parte soltanto
degli operai occupatiYi.
Così pure in talune tutto il Ja,·oro partecipa all'impresa; in altre solo una parte dei \a,·oratori (i
soci) 'i partecipano coi guadagni e colle perdite. ripartite in proporzione anche del lavoro. mentre gli
altri sono sem plici salariati; in altre ancora una parte
sola partecipa ai rischi ed ai guadagni, mentre l'altra
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ha parte solo nei guadagni; in talune i soci tutti partecipano all'impresa, ma non come operai, sì bene
piuttosto come capitalisti, in ragione dcl capitale conferito: e di queste ve ne ha che occupano anche dçi
salariati, ed altre invece che non occupano neppure
tutti i proprii soci. Finalmente poi 11on si debbono dimenticare le imprese di produzione esercitate dalle
società di consumo.
Ora, mentre avendo mente al «concetto astratto»
delle società cooperative di produzione, alla maggior
parte cli queste associazioni si dovrebbe negare tale
qualifica; se invece ci collochiamo dal punto di vista
pratico dello «scopo» e dei « vantaggi», quali li abbiamo veduti in questo capitolo, la cosa diventa affatto diversa; e si deve necessariamente venire alla
conclusione, che parecchie di queste fonne, in sè stesse imperfette, possono però presentare praticamente
clei pregi non indifferenti, od anche raggiungere il
medesimo scopo.
Ed innanzi tutto la partecipazione del capitale all'impresa, se è implicita nel concetto di cooperativa di
produzione, e se, come vedremo a suo luogo, è richiesta anche da necessità pratiche, per dare alla associazione sufficiente vitalità e base; non potrebbe però esser
posta fra gli «scopi » della cooperativa di produzione,
la quale sorge per rivendicare i diritti del lavoro, e
non quelli del capitale, che non ha davvero bisogno di
essere emancipato. Tale partecipazione, lo vedremo, può
essere, ed anzi deve essere reclamata per esigenze pratiche, ma non in vista dello scopo e dei vantaggi che
dalla associazione si ripromettono. Ed ove una associazione di produzione riesca a prosperare anche senza
cli essa, noi non diremo di certo per questo solo, che
essa manchi al suo scopo; pure preferendo quella in
cui l'impresa sia esercitata collettivamente dal capitai~
e dal lavoro.
E neppure quelle associazioni in cui il capitale sia
posseduto solo in parte dai lavoratori, noi diremo mancare al loro scopo e 11011 presentare i vantag~i che loro
si attribuiscono, poichè ove i lavoratori esercitino l'impresa e ne profittino, tali vantaggi si raggiungeranno
egualmente; ed il non possedere essi tutto il capitale.
non esclude però che risparmino e si studiino di acquistarne una quota sempre maggiore.
Ancora, se le perdite siano sostenute solo da coloro
che posseggono capitale, mentre gli altri partecipino
soltanto a i guadagni, non potrà dirsi che lo scopo sia
frustrato, venendosi soltanto a stabili re una disparità
cli trattamento poco commendabile. Finalmente, anche
quelle associazioni in cui tutti i soci lavorano per l'impresa sociale, ma assumono l'impresa stessa come capitalisti, ripartendo cioè gli utili in proporzione del capitale conferito; se non rispondono affatto ai principi i
della cooperazione, pure assicurano in certo modo egualmente l'indipendenza ed il benessere dei lavoratori.
I1wece in tutte quelle associazioni nelle quali solo
una parte dei lavoratori partecipa all'impresa ed ai
suoi guadagni, o tutti Yi partecipano, ma insieme ac!
essi vi partecipano pure, ed alla stessa stregua, altn
che non lavorano, lo scopo viene in parte a mancare,
poichè i vantaggi non sono risentiti da tutti, ma da una
parte soltanto. Così, se non tutti i soci siano occupati
nell'opificio sociale, e gli utili invece vengan ripartiti
fra tutti in proporzione del capitale, quelli che lavorano dipenderanno in parte da quelli che non lavorano,
e si vedranno tolta da essi parte del loro guadagno. E
se i soci siano bensì impiegati, ma siano in pari tempo
occupati dalla società altri operai salariati, il lavoro <li
questi ultimi sarà sfruttato a favore dci primi.
Insieme a queste si potrebbero noYerare molte altre
forme, le quali da noi furono già vedute praticamente
nei diversi paesi, e che realizzano imperfettamente e
parzialmente lo scopo assegnato alle società cli produzione. In esse le tendenze speculati\·e fanno capolino, e
ne cambiano più o meno l'indole. Il processo di degenerazione delle società cooperative è stato già a pitt
riprese osservato, e yerrà di nuOYO studiato nel suo
complesso in altro capitolo.
60
Qui è impossibile determinare a priori il valore eco11omico-sociale cli queste varie forme; \'alo re che dipende da tante circostanze ed anche da differenze di
apprezzamento. Diremo soltanto che, man mano che
nella associazione eletta «cooperativa» si diffonde e
prende vigore l'elemento speculativo, diminuisce la importanza sociale e la portata di questo isliluto; il quale
però, anche quando si sia completamente trasformato
in impresa speculativa, presenta semp re un vantaggio
incontestabile, quale è quello di avere reso indipendenti e redenti dal salario quegli operai che lo costituiscono.
Una forma invece che non presenta alcuno dei vantaggi attribuiti alle società di produzione, è quel la delle
imprese di produzione assunte dalle società cli consumo: in esse l'impresa è in mano dei consumatori, e
ouesli se ne appropriano lutti i lucri, mentre i lavoratori restano nella condizione di semplici salariati; a
qncsta forma di impresa dcbbe adunque essere negata
in modo assoluto la qualifica di «società cooperativa di
produzione».
Riassumendo il nostro dire, noi possiamo concludere, osservando come la « nozio ne teorica » della societ:ì.
di produzione, e quella più pratica che si basa sui
« \'antaggi » e sullo «scopo» attribui ti a questo istituto,
non coincidano; e come, mentre la prima implica una
forma sola cd unica, che non corrisponde che a ben poche delle associazioni esistenti, alla seconda invece rispondano va r ie forme. Di più, siccome lo scopo ed i
vantaggi non hanno nulla di assoluto e sono raggiungibili anche solo parzialmente, si viene a ll a necessità cli
do"er stabilire, fra le diverse forme delle associazioni
elette di produzione. una specie di g radazione, che parte
da quell e in cui lo scopo è raggiunto nel modo più largo e completo, ed arri\·a sino a qurl punto in cui esso
quasi completamente si dilegua.
III.
Difetti, difficoltà e limiti di applicabilità
delle Società cooperative di produzione
nella scienza economica.
La serie dei difetti e delle difficoltà attribuite dagli
economisti alle società di produzione è una lunga litanìa, una vera requisitoria, che è fatta contro questi
istituti; e lunga assai più che non la enumerazione d<'i
vantaggi, che facemmo nel capitolo precedente.
Noi distinguiamo in questa crit ica della scienza ~­
conom ica a lle società di produzione, i «cli fett i » dalle
«difficoltà», intendendo pci primi gli « inconvenienti », '
i «danni effettivi» ch e si sono ravvisati in queste, e
comprendendo invece nei secondi lutti quegli ostacoli
che, secondo i varii a utori, ne rendono im possibi le o
difficile, od anche soltanto ne limitano, la pratica applicazione, o la fa nno meno \'antaggiosa di quanto generalmente si creda.
Osservavamo sul principio del precedente capitolo,
a proposito dci fautori e degli avYersarii di questi istitutJ. che il numero dei primi era aumentato e quello dci
secondi diminuito; ma che però per converso era pur diminuito r entusiasmo, sostituito da una fiducia molto moderata, la quale in fin dei conti faceva sì che l'opposi-
63
zione, che aveva perduto in intensità, guadagnasse invece in estensione.
L'analisi minuta che ora imprencliamo dei « difetli » e delle «difficoltà». non fa che confermare quelle
osservazioni. Breve infalti è la serie dei «difetti»,
degli «inconvenienti», e pochi sono coloro che vi dànno importanza, come in genere di poco rilievo sono !n
complesso queste obbiezioni; ma per lo contrario lunga
è la litania delle difficoltà, su parecchie delle quali si
accordano moltissimi economisti, ed in ispecie quelli che
se ne sono più recentemente occupati, cd hanno in parte basate le loro osservazioni sui fatti; e da ultimo la
«limitata applicabilità» di questi istituti si può dire
che ottenga quasi un plebiscito nella scienza.
Cominciamo dai difetti: seguiremo poi colle difficoltà: e da ultimo vedremo i limiti di applicabilità, quali
sono accennati eia molti economisti, riserbandoci di raffrontare in un altro capitolo tutte queste critiche, come
pure i vantaggi, già veduti, coi resultati delle nostre osservazioni.
I «difetti» noi li troviamo accennati qua e là negli
scritti degli avversari delle società di produzione, e principalmente in quelli del Leroy Beaulieu, del Cernuschi,
dcl Le Play, del Thiers, ecc.
Innanzi tutto si contesta la «utilità» e la « •possibilità» di sopprimere il «salario», non solo in genere,
ma anche caso per caso, e si fa la a·pologia del salario,
come la retribuzione del lavoro più vantaggiosa agli
stessi lavoratori.
« Si pretende trasformare i salariati in imprenditori (dice il Cernusch i); si vuole che gli operai si stahil iscano per proprio conto; questa è la guerra al salariato, guerra quanto mai disastrosa, antieconomica,
funesta a tutti, agli operai, come agli altri ..... Attaccare la combinazione così semplice, così naturale del
salarialo, significa tornare indietro, \•erso una società
mollo meno incivilita».
Anche il Leroy Beaulieu fa, e molto più largamente,
l'apologia del salario. «Il salario è il pii'.1 naturale e
il più utile dei contratti. E' il solo ordinamento che
possa essere universale, applicarsi ali' infinita varietà
delle relazioni umane...... Esso è un fenomeno economico necessario..... Il salario rende il lavoratore responsabile del suo proprio lavoro, e non lo rende cli
fatto dipendente dal!' intelligenza, dallo spirito d' amministrazione, dalla felicità altrui. Il salario è come
una assicurazione contro lincapacità possibile, I' inabilità eventuale di colui che comanda e dirige il lavoro».
Ma il Leroy Beaulieu ha altri e più diretti argomenti contro le società di produzione.
Egli reputa un errore il volere affidare l' impresa
agli operai, mentre essi sono affatto inetti allo esercizio di questa funzione, la quale per abitudine, per
educazione, per tradizione, si è localizzata nella classe
borghese, che la esercita perfettamente.
L'attitudine al commercio ed ali' industria, all' esercizio delle imprese in genere, si è da secoli e secoli.
dice il Leroy Beaulieu, immedesimata colla classe borghese, ed è assurdo il pretendere che la classe operaia
possa fare altrettanto. Sarebbe, a nostro avviso, presso
a poco come sostenere che, perchè da secoli e secoli
I' istruzione è stata patrimonio delle classi più ricche,
che ci si sono abituate, ed hanno così perfezionata
l' intelligenza, le cui migliori doti si trasmettono per
eredità, le classi meno abbienti cloYessero rinunciarvi!
A questo modo si può sostenere qualunque monopolio,
qualunque ingiustizia, qualunque privilegio, giustificandoli colla peregrina ragione, che chi sempre li tenne se
ne sa servire molto meglio cli chi non li ebbe mai!
Un argomento alquanto analogo al precedente, ed
addotto da taluno contro le società di produzione, è
questo, che esse costituirebbero un regresso, sopprimendo la divisione di lavoro fra capitalisti, lavoratori
cd imprenditori.
?\I a si può ben rispondere, che dunque per questa
ragione l' impresa non dovrebbe essere neppure in mano
dci capitalisti, come lo è nella maggior parte dei casi
nell'ordinamento attuale. E poi molto opportunamente
61?s,cn a il Rota, che quello della divisione del lavoro
l:. un. concetto. t~cnico, mentre la divisione fra imprenditori, cap1taltst1 e lavoratori è una distinzione sociale,
che non ha nulla a che fare con esso.
Il Thiers, (e con lui altri, e fra i recenti anche sino
a~ \li! certo punto il Brentano), portava innanzi i gra\·i
nsc111 che presenta r esercizio cieli" impresa, e dichiara rn .cla~rnoso e pericoloso che gli operai vi cimentass~ro 1 risparmii, a gran fatica accumulati: e da taluni
s1 gi 1111sc, .l?er questa e per altre ragioni, alla idea già
e~p.rcs~a P'll addietro, della necessità ciel salario, prefenl.nle pegli operai, nella sua certezza ali' incertezza
c:cl a i rischi dell' impresa.
'
. Argomento questo che, se può avere un valore relativo nella pratica, specialmente O\ e si tratti cli imprese molto rischiose, non può però a vere valore assoluto. e ~enerico, poichè i rischi non sono maggiori
per ~li un~ che per gli altri, ed hanno di contro la prospett1~'a d1 grandi vantaggi; più grandi anzi per gli
~pera1. ~he .ali' esercizio dcli' impresa chieggono anche
I_ emancipazione morale, e che poi, é.11la peggio, non
riuscendo, ritornano a quella condizione cli sahriati,
che avevano tentato di abbandonare.
Il Rosler adduce contro l'associazione un argo111e1~to cli cui noi a dir vero non sappiamo comprendere
a1~p1eno il significato. Egli dice che l'associazione imp.ltc~ la solidari età di tutti gli altri; e paragona 1' assoc1az1one dei lavoratori ad una assicurazione, in cui la
perdita toccata ad uno è ripartita fra tutti quelli cui
poteva toccare. Ma, soggiunge, ciò si può fare soltanto
quando vi sia in tutti pari probabilità di rischio: e poi,
estesa a tutta la vita economica, sarebbe troppo gra\·osa. ì\feglio la lotta di tutti contro tutti, egli conclude.
che la rovina cli tutti per tutti.
ì\Ia noi invero non comprendiamo il rapporto che il
H0sler stabilisce fra l'associazione e l'assicurazione:
una YO!ta costituita l'associazione ed esercitata I' impresa per conto sociale, il rischio è uno solo ed è un
rischio ben diverso da quello che correvan~ prima i
65
soci se erano salariati; ed anche da quello che corrc\·an~ se erano artigiani indipendenti, poichè la pr?duzione si compi\·a per loro in condizioni molto differenti.
Finalmente taluno ravvisa nelle società ~i p_roduzione un grave pericolo in ciò~ :he, ov_e esse nusc~sse~o
a cli f fondersi in modo da. sostm1 re le imprese ordmari_e
e da rendersi padrone del mercato, potrebbero _c~st1tuire a loro favore un monopolio generale, pern1c10so
ai consumatori. Al che il Rota risponde che queste associazioni sorgono e prospera1~0. in forz:i d~ll~ concorrenza: possono eliminare ~e~lt .1mprend1~ori, 111 qua~1to
l'rodncano a migliori cond1z10111 d_1 quelli : m~! s~ rial:
zassero i prezzi, la concorrenza ~1 farebbe p1u viva ~1
nuovo. D" altra parte un monopolio non potrebbe .suss1~
stere se non sorretto dalla legge: e tale appoggio, ne
esse lo chiedono, nè la legge lo acc?r~erebbe loro.
.
T.: obbiezione però, dal punto d1. v1~ta. astra_tto_. no11
è confutata: infatti se le associa:i;1~111 s1 sost1!u1s1s~ro
ali' impresa privata, riunend~ tutti. 1. lavoratori, 1 impresa privata non sarebbe piu possibile, e quelle_ .resterebbero padrone del campo. Ed anche quando c10 non
si avverasse che parzialmente, la tendenza .na~ur~lc
dei lavoratori a riunirsi fra loro, e delle assoc1.~z1~~1 :t
federarsi, potrebbe dar luogo a dci monopol11 piu 0
meno vasti.
1
· ··a
Ciò che conferma quanto osservammo a trov~, ~I! e
la 11nilateralità delle singole forme della coopciaz10n~~
per la quale le società di consumo. salvaguar~a.no so
tanto gli interessi dei consumatori,_ quelle, di. produzione solo gli interessi dci produtton, e c~st .vla.
"t
Se non che, come vedremo ancl~e meg!10 m segui o,
la ipotesi di una sì grande diffus10ne d1 queste.:~~t~­
c\azioni è così lontana dalla realtà e dalla poss1_ t I a,
cl;c la obbiezione che abbiam veduta perde ogni pratica importanza.
66
Ora passiamo ad enumerare la lunga serie di di fficoltà di applicazione, attribuite alle società di produzione dagli economisti. E si noti che pel momento ci
limitiamo a fare una semplice collezione e classificazione delle opinioni in proposito, senza aggiungere
alcuna critica.
ì\ elle varie difficoltà accampate noi possiamo innanzi lutto distinguere quelle d'ordine morale ed intel-.
letluale da quelle d'ordine più strettamente economico, e cominciamo dalle prime:
Una osservazione in cui, non solo lutti o-Ji economis.~i, .ma anche i più dei cooperatori e cle~li operai
scru s1 accorciano, è quella della necessità che ha la
s~cietà cli produz.i~ne'. per riuscire, cli esser composta
d1 elementi for111t1 cli qualità morali cd intellettuali
molto elevate; le quali non essendo naturalmente molto comuni, rendono difficile la costruzione ed il' buon
funzionamento cieli' associazione.
Il Courcelle Sen.euil, nel suo studio prege\·olissimo
sul.« rnlore econom1.co. delle .associazioni operaie». os5c1 va. che gli operai, 1 quali vogliono sostituire I' imprencl1tore, ne devono posse?erc le qualità, e, per cli più,
altre che nel .lavoro .salariato hanno importanza aff~tt~ secondaria, quali la mutua affezione, ]' abitudine
cli d1sc.ut~re. con pacatezza, ladattamento ad una severa cl1sc1plina, ecc.
:t-Jn. autore ~iù. r ecente, il Brentano, dice che ]' assoc1az1011e « nch1ecle nei suoi membri un sentimento dcl clov.cr~ e spesso uno spirito di abnegazione.
non . 111 e1.10 ran ~h quel le qualità economiche, mercè le
quali ch.1 le poss.1edc può arrivare ad esercitare una in1pres~ d1 proc\.uz~on~ per proprio conto ».
':\on. m~lt1plich.1amo le citazioni, ciò che sarebbe
anche mutile: 1~01. possiamo osservare in complesso
che. mentre tutti s1 accorciano ))ili
·
0 meno m g-enere
,
.
.
ne Il ammet.l ere tali difficoltà dàniio {) '
I ~
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\a ore molto diverso, p1u o meno grave.
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. e c e ques o
re · d'
e cla pur
sempre
essere
affatto
I
t'
t
·
re a i vo, ra t t d
an osi 1 ot1 che non sono monopoli'o d'
1 nessuno, e
che, secondo i tempi, i luoghi, le condizioni e gli indi\'idui, possono yariare immen~a_men~e.
Come conseguenza della cl1fficolla prec~dente, ~ co1111.: rcs ullalo di una non infrequente spenenza, s1 addu ce da 1;10Jti la difficoltà di mante~1ere I' accord_o, fr~
operai eh ~ non possegga~1~ a ~uffic1en_za .le quahta. ~1
cui sopra si è parlato: cl1fficolta che. s1, pt ~senta g1. a\ e
in quanto che, prevalendo nelle soc1eta d1 prodt~z10n~
]' elemento personale, ed esscn~o I~ persone. de~ soci
dirctta:ncntc e continuamente 1111pltcale nell azienda.
]'accordo \'i è più necessario e più m.alage,·ole ad ottenersi che non nelle società di capi~al1.
.
!\b in fatto cli difficoltà cl' orci mc mor~lc ccl . intellettuale. la più grave, così in teoria come. !n pratica.
e quella sulla quale tutti si tratte~1go~10 p1u a. lung?
e p.iLt seriamente, è quella della « cl1:cz1011e >~: d1ffico!t~
che si presenta sott~ clive1:si as1~etll. e? . es1g~. qu~ltt~
speciali non in alcu111 pochi, ma rn tutti. 1 soci. po1ch~
si tratta non solo di troYare un buon. d1ret.tore. ma. d1
poterlo conservare, e ?is_ogna che gli al~r.1 .s1 las~~n~
cliriO'ere da lui. e che si riesca a dare stabilita ed 01,,a
niz~~uione alla direzione cieli' impres~.
Innanzi tutto si tratta adunque eh tro\'a1:e t~n. buoi~
direttore: e ciò è difficile. specialmente petche i s~c1
operai Io cercano n~lla loro .e.lasse, che ne ~a, poch1s~
simi, perchè non abituala. ali 1mp.resa; e pe1~he le f~­
coltà cli buon <lirettore-imprcnclitore semb1.a. ,eh; s1
sviluppino soltanto sotto la piena responsab1lita . froYala la persona adatta, bisogna indurla ad accettare
· · l'associazione · e sapersela
conservare. Ora
I. d'1ngeie
ci
.
.
· ('
ffe
sso l' autorità del gerente è invisa a1. soci 1nso
•
~pet. cli a torità e persuasi di ayer acquistata nella asu una comp Ieta l'b
anche
1en i
sociazione
i er t')
a ecl t·1 o-ercnte,
i::> •
• •
.
ottimo.
,., e spesso trattato mzle e quasir umiliato.
· hee
sopratutto male pagato. chè in genera1e g i. oper~1. c
non ne apprezzano le qualità.,« non so.no d1sp~sti a P~:
o-arlo a. sufficienza»: cosicche spesso i gerenti, stanc i
di una lotta faticosa e poco proficua .. abbando~1a1~~0 la
associazione, cd anzi finiscono per chvenlarc i pm te-
6a
nac1 anersarii di queste 1st1tuzioni, cd i buoni in crc11cre «preferiscono impieghi più sicuri, meno diffi~ili
e meglio retribuiti~. Se invece la associazione si induce .a pagare lautamente il direttore, lo stipendio di
questi, t.aluno .o~serva, assorbe la maggior parte dei
gu~dagn!. ~ d1v1dendi rc:alizzati nelle società coope·
rat1ve ~11 <l1.ver,se for!ne, dice il Leroy Beaulieu, sono
1llusor11, po1che c?rns!)ondono a prestazioni gratuite,
~d ~re perdute dai soci, e che avrebbero potuto essere
1111p1cgate a vantaggio di ciascuno di essi.
Queste difficoltà fanno s! che in moltissime associazioni siano assai frequenti i cambiamenti cli direzione,
che riescono perniciosissimi alla prosperità del!' impresa.
J\fa non basta: la determinazione delle funzioni e
della autorità del gerente è fonte di altre e crravissimf.
difficoltà. Perchè l'impresa funzioni bene o;corre che
la direzione sia in mano di un solo, e che gli altri vi si
sottomettano. Si può figurare che cosa avverrebbe diceva l'Harrison, se fuochisti e macchinisti diriges~ero
le ferrovie, o volessero intromettersi nella direzione di
queste!
. .Però .lo Thornton gli rispondeva a proposito, che è
ridicolo il pensare che si voglia attuare nell'associazione una direzione plurale, collettiva e che l'associazione deve, come qualunque società di capitalisti provvedere al proprio governo.
'
J\la il m.odo ~i provvedervi è malagevole: i soci
sono poco d1spost1 a sottomettersi alla autorità del gerente: eppure, perchè la società funzioni bene è necessario che questi ne abbia moltissima è ne~essario
che sia un vero dittatore o quasi ! E se ~i accetta una
tale autorità, sfuma buona parte di quella libertà. che
i soci sperano di conquistare colla associazione· ed in
tal caso, aggiunge il Thiers, perchè non accettar~ addirittura un padrone? Al che si risponde dai fautori della associazione, che un di rettore, per quanta autorit:ì
abbia, è sempre revocabile, dipende sempre dalla asso-
69
ciazione, e poi non si appropria in alcun modo, come
gli imprenditori, i guadagni dell'impresa.
L finalmente si ossen·a che, ove gli operai riescano
a trovare un buon direttore, lo trattino abbastanza bene. e gli diano sufficiente autorità; per le naturali tendenze egoistiche dell'uomo, avverrà non di rado che
questi, a vendo tutto in sua mano, non si contenti più
della modesta posizione che gli è fatta nella associazione, e tenti, con una specie di colpo di Stato, di impadronirsene, esercitandone l'impresa per conto suo, e
riducendo i suoi compagni alla condizione di salariati.
Così queste associazioni, diceva un loro avversario, ;1
Reyhaud, «ben condotte, son destinate a trasformarsi;
mal condotte a distruggersi».
Venendo alle difficoltà d'ordine economico, noi ne
troviamo un numero molto maggiore: ma forse, prese
in complesso. non sono più gravi delle altre. Continuiamo senz'altro la nostra analisi.
Una delle difficoltà che per laddietro ve111va
posta in prima linea, e come argomento gravissimo
contro le nostre associazioni, era quella della formazione del capitale. Cominciando dal Thiers, e venendo
giù a molti e molti altri, gli economisti si dilettarono a
dipinger gli operai come una specie di selvaggi. tipi di
imprevidenza, incapaci di pensare al domani, inetti a
qualsiasi sagrificio in vista dell'avvenire. Si soggiungeva poi che, anche volendolo, essi potevano risparmiare ben poco. e che a loro era ad ogni modo impossibile l'accomulare capitali sufficienti all'esercizio cli imprese abbastanza vaste. Quest'ultima osservazione fa
dimostrata vera nella maggior parte dei casi dalla esperienza. ma le prime no; e da\·anti agli sforzi fatti
dagli operai ed ai capitali relatirnmcnte ingenti da
loro accumulati a furia di pri\ azioni, gli economisti .,i
dovettero arrendere. e la difficoltà della formazio1H'
del capitale, pure restando affermata come esistentr.
per molti, ed in molte condizioni, e più di tutto per la
jO
71
grande mdustria, passò i11 seconda linea. Possiamo portare ad esempio la ossen azione del JJrentano, il quale
do1!u a rer_c accennato a tale d1fllcoltà, soggiunge: « p~­
< ru 11011 e per. m~ncanza di capitale che la più parte
e dclk a~soc1az1on1 andarono male .... 1'..d è anzi carat#'. t.t·riqico eh~ dappertutto quelle che prosperarono fu< '0110 pr?_1mo quelle che per la raccolta dei capitali
< lh'Ccssaru dovtttcro contare: unicamente sui loro so< ci, mentre le altre 11on tardarono ad andare in ro\"Ìlla :i>.
La diilìcoltà indiscutibile 111contrata da molte associazioni. specialmente per accumulare capitali che loro
con~ellli<:suo di .esercitare industrie piuttosto grandi,
~·d il .tl'mpo che 111 genere si richiede per accumulare
•l c;~p~talc coi risparmi. fecero sorgere talora l'idea rii
~us~1diare le associazioni mediante prestiti, sia dello
:--iato. ~ia di pri\·ati. :\Ia di ciò parleremo a suo luoO'o.
\Jui in generale noi possiamo piuttosto osser~are
cnmc ora la < difiìcoltà di formare capitali , non si inlt•11rla in senso assoluto. ma piuttosto in relazione alla
~.r~ndc industria. per l'esercizio delta quale dai più si
nl 1t·11e non a \'ere le società cli produzione forze sufficienti.
::->i agg111nge da molti, alla difficoltà di formare il capitale, quella di ottenere il credito, quello
'l rumento che nelle imprese, quando prudentemente
usato, suppli sce così provvidamente alla insufficienza
dcl capitale. specialmente d'esercizio.
l;ià ,·cdemmo allron come lo Schulze Delitzsch ossen·assc che, quanto ::di' ollcnìmento del credito, le sorn:tà di produzione si troYano 1n condizione peggiore
delle altre cooperatiYe, poichè, mentre in queste ultime
ì soci. che hanno un mestiere od una professione dist iuta dalla società. son capaci di credito per proprio
co11to. nelle prime inYece essi hanno rinunciato éllla propria po,;izione per esercitare l'impresa collettiYa, e non
possono più fornire una seria ga ranzia personale.
Ed altri aggiungono che in genere poi queste assoc1az1011i, sia per la loro no\'ità, sia per l'imperfetta or-
.'.
ganizzazione. sia per la solidità e durata molto discutibili, destano poca fiducia, e stentano assai ad ottenere
credito specialmente nei primi anni, quando appunto
ne a\ rebber maggior bisogno. Anche il Brentano osserva che, a parte la onorabilità e la attitudine economica dei soci. la base reale di garanzia in queste associazioni è scarsa.
Ed alle due difficoltà cli cui si è ora parlato se
ne può riaccostare una terza, accennata da molti, e che
avemmo ed avremo ancora occasione di riscontrare
come assai grave in pratica: quella di procurarsi una
buona clientela e di assicurarsi un lavoro abbastanza
costante. Ciò è più difficile per le associazioni che pei
pri' ati imprenditori, ed è, per di più, assai più urgente
per la loro. in quanto che i soci non possono attender<:,
hanno bisogno di lavorare subito, e nell'avere assicurato un lavoro continuo e fruttuoso sta appunto la fonte di Yitalità della associazione.
Lo Schonberg. _il Brentano e qualche altro,
hanno ossen-ata ed illustrata una difficoltà molto grave.
che s i potrebbe anzi considerare come Yero difetto, che
le nostre associazioni presentano e su cui da prinn
non si era portata l'attenzione degli economisti. che
pure giunsero spesso a fabbricarsi talune difficoltà e difetti affatto insussistenti.
E' la difficoltà di «scegliere e cli organizzare opportt111amente le forze di lavoro nella produzione>>. Qui
occorre spiegarsi bene.
L'imprenditore, quando impianta una industri«, sceglie gli operai che gli occorrono. prende soltanto queUi
che ritiene capaci ed atti ai laYori cui li destina, e frJ
questi diversi lavori li ripartisce a sua posta. •J:-ganizzando così le forze di lavoro in quel modo che egli
ritiene atto a raggiungere il maggior effetto utile.
In condizioni molto cli,·erse si tro,·a invece una società cli produzione. specialmc!'te quando comincia. Infatti il direttore della associazione non può scegliere
gli operai, chè que:>ti sono necessariamente i soci; nè
in generale può rifiutarsi di accettarli come lavoratori,
73
111
e
L
,,,ia la\'oro sufficiente, e tanto più difficilmente
di un lungo lavoro in comune, senza avere i mezzi cd
il talento necessar ii per emergere colla forza della libera volontà».
•
E già vedemmo altrove anche il Brentano asserire.
essere adatti alla associazione di produzione soltanto
gli operai «forniti di qualità morali non comuni e di
« qualitù economiche soltanto mediane».
Se queste osservazioni rispondessero esatlamente
a lla realtà, esse presenterebbero evidentemente una
difficoltà anche maggiore alla o rganizzazione delle
forze produttive, per Ja mancanza o scarsità delle capacità più elette.
J'l ". i1: tai caso. prendere degli operai est111;e1 saia-
ri.1ti: ciò che poi. come rcdremo. O\'e a \·en~a. 1end e a
'
Di piu, accettata la forza di la l'oro cosi cr,m è (e
spr-~o può c:iscre imperfetta e poco adatt;:i). il c!:,·etton• 111co11tra gr:l\'i difficoltà ad organizzarla cci a di"JJrJrl;; nd modo più utile. poichè. le inyidic. le l!elosie.
la emulazione fra 1 soci. fanno si che tritt: sr \·~o-Jia110
0
lror:ue in co.1dizioni di eguag-lianza, e. se;opun', riù;110:-ccndo la d1rersitcì delle loro forze di la\'Oro. si adatllllo a salarii diseguali, prete11cla110 almeno di c~sc:re i'l
po . . izio11e di eguale dig-nità e consiclerazi( ne.
~i ;ig-~iunga civ::, siccome il lavoro nella mal?'~ior
p:1'lt dl'ile industr r non è sempre egu2ìc. ma la forza
cli larnro richicst.1 ·:ar ia coll'alternarsi clellc stagioni
morte e dei 111ome1·ti cli allÌ\·ità, ar1vcne che la socir1à
dc hha a rnlta a l'O!.,t . o licenziare m1:\' dei suoi soci
r,ccupati nei larr.ri ~o-:i;;Ji, od assumere temporanea111tntl.' cki Jayorat•Jri • stranei, OYe il la\·orn dei mci
•1011 basti: ciò che slurba assai la comPag111e sociale.
mu.trc non porta i: menomo imbarazzo all'imp,.cnd1lo,.c libero di licenziare o di richiamare 1 su1 p0sta gE
Oj•\ rai che gli occ.m·r;;·c
.\Ila ~ra\·c difficoltà di cui ora abbiamo parla 0, ne possiamo U"•re un altra, la qu1I,>, SC'hbenr ahl11a altra origine, è con quella strcttaniente ::oilegata.
Oss1'n a il Le Plav r:h,_. l'insignì ficantc r;.:omprns.t c!1e
i11 generale tocca nelle <·~;.>ociazioni al\. straordinarie
applicazioni cli zeb e cli 1hilità, i cui Yn.•ta~2'1 po:-r ìa
produzione sono !·i pari i. i fra tutti i soc', clev~ .necessariamente al ic11·
dalle .1~sociazion: gli opcrn 1 fornii i
i•1 :iltn grado cli qu:1'iìà speciali; coo.icci1.~ k associazioni «non sono adatte nè per le masse dci la\·orato ri,
che 11011 hanno abbastanza moralità per lavorare in colll1111t'. nè pei lavoratori che si cleYano oltre il comune,
po1chè questi possono migliorare la loro condizione da
~è medesimi. colle sole proprie forze; ma son fatte
su lo per quella categoria di la voralori che son capaci
cl•"J, turare l'a . . ~ociazione.
1
,.;
,.
Le chfficoltà, sia d'ordine morale, sia d'ordine
economico, vedute finora, fanno ritenere a molti che
clcbb1 essere per le società di produzione, più che per
I~ imprese ordinarie, malagevole il sostenere le crisi,
s1a del!' industria, sia del credito, ora così frequenti;
e co5Ì pure che le associazioni debbono con difficoltà
tener testa alla concorernza, che naturalmente viene
loro falla dalle altre imprese, e spesso con maggiore
accanimento di quella che queste si fanno ordinariamente tra di loro.
La lunga enumerazione non è ancora compiuta: anzi ci troviamo ancora dinanzi a due delle difficoltà più
gravi: l'una è una difficoltà d'ordine economico . ma assai di\'crsa dalle precedenti, in quanto è strettamente
scientifica, e quasi diremmo assoluta: l'altra è insieme
economica e psicologica, e si manifesta sotto Yarie
forme molto complesse.
Cominciamo dalla prima, ed esponiamola, non quale
si è presentala in pratica, ma come è stata considerata
ncll<1. scienza.
Si tratta della questione della ripartizione degli utili.
o. per dire più propriamente, della ripartizione del valore del prodotto netto fra gli elementi (capitale e la' oro), che. associati nell'impresa mediante la cooperazione, contribuirono insieme ad ottenerlo.
74
E' questa una difficoltà «assai grave, forse più graYe di tutte le alt r e, poichè si rife ri sce ad una condizione permanente, relativa allo stesso meccanismo della
a~:;ociazione, e non a circostanze e\·enluali e transitor ie».
Infatti, riguardo a tale ripartizione la società di produzione si t rova in condizioni completamente di verse
da quelle della impresa speculativa.
In quest'ultima l'im pr enditor e assume per conto suo
esclusivo la produzione, ne disinteressa, sia in parte,
sia in tutto. il lavoro ed il capitale. e dà loro una anticipata retribuzione, sotto forma di sala rio e di interesse· retribuzione che \'ien determinata mediante la
concdrrenza e secondo leggi che qui non è il caso di richiamare.
Ciò che r esta, è il «profitto» del I' imprenditore: ed
in questo modo la ripartizione del valore del prodotto
av\'iene regolarmente, nat uralmente. Che essa sia giusta od ingiusta, egua od iniqua, \'antaggiosa o dannosa
alla società è un'altra questione: ma è indiscutibile che
questo sistsma è bello e fatto, e funziona, nè c' è più
bisogno cli inventarlo.
Invece nella società di produzione la cosa è ben
d iversa: si sono associati nel!' impresa laYo ro e capitale: si tratta di determinare i patti, le basi su cui l' associazione si fonderà: e volendo stabil ire lassociazione su basi di eguaglia nza e di giustizia, bisogna determinare il criterio da l q uale si partirà per attuare
questi principii .
~·ell' ordinamento attuale la questione della di stribuzione è risolta lasciando sussistere la lotta, senza
preoccuparsi dell'esito: nel socialismo moderno in ge~
nerale la si risoh·e inYcce mettendo in certo modo fuon
di combattimento uno dei contendenti, il capitale, che
diverrebbe collettivo. e dando la preminenza al lavoro:
nclb. società di produzione si n1olc invece stabilire un
gi nsto e perfetto accordo fra loro e capitale. e si tratta
au indi di determinare il principio su cui questo accordo
;i dovrà fondare.
75
Ora l~ difficoltà, che in pratica fu risolta empiricamente m cento modi diversi. nella scienza fu iutrav,· ~duta d~ taluno ~no dal principio, ed in seguito mc;.:110 stud1 at1 e clelmeata. e non solo dal punto di vista
delle società di produzione ; e tale studio condusse a
r!cc nosc~r<' che il problema. se praticamente poteYa
risoh·crs1 con qualche transazione più o emno accctt::..bilc, dal ptmto di vista astratto e scientifico era proprio insolubile.
Giù il Reybaucl fin dal r852, quando le società di
prod11zio11e eran o una novità, che aveva solo in Francia subìta una grande esperi enza, e non fortunata, accennava, studiandole, dal punto di vista teorico, a ques ta g-rande difficoltà.
L'associazione, egli dicern, de\ e esser basata su rii
una assoluta gi ustizia, che tenga conto dell'interesse
i11di,·iduale di tutti. Ora. in una società di capital i h
~iustizia si applica facilmente. ripartendo cioè g li utili
in proporzione del capitale conferito. :\[a quando s i
tratta di un conferimento di facoltà personali e di la' oro. come determinarne il valore? Come determinare
la parte cui. secondo giustizia. ciascuno ha diritto?
E' possibile valutare seri amente la capacità ed il la,·oro di ciascuno? >:o. Si è cer cato di rimediare a ciò
con 1~11 modo di distribuzione tolto cl;i, un prin cip io che
ncn e quello della associazione. e lo si è trovato nd
«salari o ». alzandolo od abba•ssandolo secondo le facoltà oc! i servigi di ciascuno. Poi . quando si trattò de i
profitti . gli è in proporzione del salario che essi furono
ripa r titi.
Fcco. dice,·a il ReYbaud. av,·ersa ri o delle associazioni. un primo ed in{perioso ritorno verso dci sentim<'nt i di giustizia: ecco una smentita formale al principio dcli ' associazione!
,\nche lo Cherbuliez accennava a tale difficoltà. se11z1 però delinearla ch iaramente: a lungo e molto dott1mentc ne trattava sino dal r863 lo Pfeiffer e di poi
il l7'liixl. il Rota, il Lo Sa, io. e pa r ecchi altri.
La questione era studiata nella scienza anche ali' in-
76
fllori delle società di produzione, e semplicemente dal
punto di vista della determinazione di ~ma giusta retribuzione del la ,·oro. Il Th Lincn si affatica n con poco
successo alle sue poderose indagini intorno ad un «salario naturale»: e così le sue, come altre ricerche conducevano i più alla persuasione clclla insolubilità .di un
tale problema. Questa opinione è espressa con rl.in~~e
parole ma presso a poco nello stes~o scn~o eia 111olt1ssimi, e non ci sappiamo trattenere dal citare <1ualchcbrevc passo:
.
«E' impossibile sceverare nel rccld1to della procluzione, dice- il :'.\[ithofi, la parte dovuta al concorso dcl
ìavoro, quella doYLita al concorso dcl fallare 11atura 1 ~
(terra), è quella dovuta al concorso. dcl _cnpita!c .... Og1!1
tcntali\'o per giungere alla clcte.r111111az1onc cli. U!'a ;~1 1s11ra di salario, di interesse, di profitto e cl1 remlita
«giusta» nel senso da noi accennato, è destiPato a
fallire».
f~, parlando delle societù cli produzione. cgl.i ossci:va come ostacolo gra,·issimo ~ia per loro «la in:poss~­
hilità di tro,·arc una stregua obietti' a per la. npart1zionc del prodotto netto della intrapresa fra ti lavoro
ccl il capitale; impossibilità per cui anche in seno delle
associazioni di produzione la lamentata oppos1z1one
fra capitale e lavoro verrebbe a risorge.re» (o. dJrern1110 noi, si sostituirebbe a quella ora esistente fra llllp r esa e lavoro).
E lo Schaffle: «Errore grossolano e pericoloso è
il ritenere che si possa trovare qualche costituzione
dcl processo di rendita, per la quale si ~ssegni ali' ope1aio precisamente quella parte ciel_ rccl<l1.to della produzione sociale, che fu ottenuta mediante ti suo lav~ro >~:
osservazione che lo induce ad abbandon.ar~ il c'.itcri.o
clella giustizia, per ricercare in\'ec~ la mi~liore npa.rt1zione in « un sistema che assegni a tutti la massima
somma cli soddisfacimento veramente uman~ ».
. .
Ed anche noi, spiegando le ragioni della 11nposs1b1lità di risolve r e un tale problema, osservavamo che capitale e lavoro sono entità assolutamente eterogenee;
77
cosicchè manca per loro un criterio esatto di comparazione. nè è quindi possibile addi,·enire fra esse ad
una giusta ripartizione del valore del prodotto.
Il Cossa poi riassume concettosamente la questione,
e, facendola uscire dalle astrazioni, la considera dal
suo 'ero punto di vista pratico: « Nella applicazione
ckl sistema (di ripartizione del prodotto fra capitale
e lavoro), che sembra il più equo, di quello cioè che
divide il profitto in ragione di capitale e lavoro, oc-
corre 11ecessariame11te dar luogo ad
1111a
tra11sa::ione,
essendo non solo i11sol11to, ma evidentemente i11solubile
il problema tentato dal Thiinen e dalla sua scuola per
determina re esattamente le giuste proporzioni della
retribuzione naturale del lavoro di fronte a quelh
dcl capitale ..... tra i molti ed innegabili vantaggi delle
società cooperative di produzione non vi sarà mai
quello di togliere di mezzo i conflitti fra capitale e la,·oro, conflitti che rinasceranno sempre, per la doppia
qualità di operai e di capitalisti, di cui sono rivesti•i
i soci in proporzioni molto di,·erse. e che perciò dànno
orig-ine a collisioni di interessi circa il riparto degli
u ti Ii ».
Una ,·olla rinunciato aclunque a risolvere la qucHione in modo assoluto, occorre dar luogo, come dice
i>cniS'simo il Cossa, ad «una transazione». Ma su quali
basi fondare tale transazione? Evidcntecmntc tenendo
presente in pari tempo il concetto dcli' equità, e quel!~
che abbiamo dato alla società cli produzione, come di
forma di impresa esercitata collettivamente dal caipitalc e dal lavoro.
La «transazione» è stata praticamente. già lo d:eevamo. in tanti modi. nelle varie associazioni che, naturalmente. doYettero adottare un criterio qualunque
cli ripartizione. senza del quale l'impresa non avr.eb~e
potuto funzionare: i critcrii seguiti furono assai di\'ersi ma si basarono tutti su di un sistema, che fu accolto' pure. in mancanza di meglio, dagli economisti.
La base si prese nell' ordinamento dell' impresa sp~­
culativa, come accennava il Reybaud, e si convenne 111
78
generale di pagare pre\'enti vamentc un salari_o al laYOro, e di assegnare pure preventivamente un rnteress~
(se tale si può chiamare una quota . fìs~a, che _non__ e
assicurata se non pel caso che s1 realizz~no de~li ut1h)
al capitale: alla fine del l'esercizio, il residuo. s1 dove_v~
ropartire fra i soci; e qt!i comin~ia~10 a d1.se~nars1 1
criterii, che variano quasi da soc1eta a soc1cta e che
furono discussi dagli economisti.
.
.
.
Noi non dobbiamo parla r e qui ~ i questi .chvers1 cn ~
t~rii adottati, se non in quanto siano stati approvat~
e discussi nella scienza. In generale si è ammesso dagli
economisti che, prelevati interessi e salarii, si debban_o
ripartire gli uti li in proporzione del lavoro. e del capitale: però talvolta si è riconosciuta conven1ent~ anche
una ripartizione che non facesse posto al capitale, o
non lo facesse al lavoro.
Così, per esempio, lo Thornton. enumerando i cli' ersi sistemi adottati in pratica. senza manifestare la
sua preferenza per alcuno, ammette anche quelJo. eh:
accordi al capitale il solo interesse, lasciando. tutti gh
utili al laYoro. Per converso il Fawcelt opinava che,
Ol'e tutti i lavoratori possedessero una quota al capit~ile sociale, non ci fosse alcun inconveniente a ripartire tutto il profitto in p roporzione di quello. Ed anche
il fliixl lo ammette, quando però sia limitato il numero delle azioni, che ogn i soc io-lavoratore possa possede re; poichè in tal caso, egli dice. è indifferente che
il socio riceva la sua pa r te di guadagno come capitalista e come lavoratore .
. \.nche queste opinioni non sono ammissibili. almeno
ia teoria: se il capitale è associato nel\' impresa, esso
deve avere la sua parte di utili; e sarebbe ingiusto che.
mentre corre l'alea delle perdite. non dovesse partecipare alle eventualità di guadagno.
Questo argomento non Yale a reclamare pel capiVlle tutti e-li utili: poichè anche il Ja,·oro corre dci ri~chi dipendenti dalJ' incertezza della produzione. dalle
eventuali sospension i della produzione. ccc., e perchè
anch'esso, come associalo, ha diritto alla sua parte:
79
ma basta però per giustificare la partecipazione del capitale agli utili. E quanto alla ripartizione fatta tutta
in proporzione del capitale, essa è ingiusta e lede i diritti dcl lavoro anche nei casi indicati dal Fa\\'cett e
chi f<'laxl, poichè le forze di lavoro dei soci sono di' erse, e colui che ha impiegata nella produzione una
forza maggiore, ha per questo contribuito ad essa più
degli altri, ed ha quindi diritto, anche a parità di capitale posseduto, ad una quota maggiore cli utili. :\Ton
i1cghiamo però che in pratica, in industrie ed in as~ociazioni in cui non "i sia molta disparità fra le forze
cli lavoro, tale sistema possa funzionare senza troppi
incoi1\·e11icnti: per la stessa ragione per la quale si può
liberamente ammettere che la ripartizione si faccia
::olo in ragione del la rnro, ove ogni socio lavoratore
pos-egga una c:guale quota di capitale.
Tutti in genere si tro,·ano cl' accordo nel criticare
quelle associazioni. e sono le più, che hanno assegnate
:.I capil<:le ed al laYoro, nella ripartizione, due quote
lìs.'e percentuali qualsiasi. E ciò non soltanto perchè
quc.;tc percentuali sono affatto empiriche e non son
fondate su alcun criterio, ma anche per una ragion".'
più graH. chè. come osserva giustamente lo Pfeiffer, ·
con tale sistema la quota che tocca al complesso del capitale e quella che tocca al complesso del lavoro sono
le 111cdcsi111e. qualunque sia la entità di questi elementi.
qualunque sia la loro importanza nella produzione;
mentre poi la parte che tocca a ciascun elemento fra
cui le quote si ripartiscono, \'aria in ragione di tale
entità; cosicchè la ri·p artizione anriene proprio in senso
inverso di quello che dovrebbe av\'enire, poichè, per
esempio. maggiore è la quantità del lavoro occupato (e
quindi la sua importanza nella produzione) è n11che
mag-g;ore il numero delle persone fra cui la quota s1
clt,:~ ripartire. e quindi minore la parte che tocca a
ciascun,-.. mentre dovrebbe essere proprio il contrario.
' · così, per esempio, ìata la regola di ripartizione
di 50 per cento al lavoro e 50 per cento al cap~tale,
supposto che il capitale si:i. rappresentato da 1000. il la-
Bo
v?ro d.a 2000, e gli uti li da 500, avremo chC; ogni unità
d1 capitale toccherà Uil quarto ed ogni unità di lavoro
toccherà un otta,·o; ripartizione eminentemente ingiusta.
In generale tutti sono d'accordo pure nel proscrivere la ripartizione a quote eguali per testa fra tutti.
qualificata giustamente dal Flaxl come sistema da mettersi a paro con quello della eguaglianza dei salari i, a
men? ch e non si abbia nella società parità completa o
q.uas1 completa di condizi oni per tutti, sia pe r quanto
ri guarda il lavoro, sia p er ciò che r igua rda il capitai~.
. I due sistemi più comu nemente ammessi sono questi: I. .pag~to il salari o al lavoro e I' interesse al capitale, ripartire fra capitale e lavoro gli utili (prelevat~ le quo~e per la riserva, ecc.) in proporzione dcl
capita.le sociale e della somma complessiva dei salarii
paga_t1 duran~e lesercizio; 2. ripartir li in\'ece in proP?rz1one ~ell ammontare degli interessi pagati al ca1~1tale, _e. d1 quello dei salari i pagati al lavoro, durante
1 eserc1z10.
Da P,rincip.io .il primo di questi semb, il più giusto.
e se~n~)~O cost1tm r e un grande progresso s ug li altri, più
~mpmc1; anche lo Thornton, anche lo Sch tilze D ~­
lttzsch lo ammettevano.
Ma s i comp r ese che esso aveva difetti o-ravissimi
e fu. più generalmente accettato il secondo, ;.oposto ii~
pratic~ dal Vansittart Nealc. in Inghilterra, attuato
5.1>l~nd 1damente dal Godin in F rancia nel suo « fam;listcro », e sostenuto specialmente dal Lo Sav io, dal
Rota, ecc.
I:a critica del sistema che ri part isce gl i utili in proporzione ~el capitale e dei salarii è fatta ottimamente
dall~ Pfe1ffcr. Il capitale, dice questi in sostanza, non
corrisponde al salario, ma alla forza di lavoro impi eaata
' .
d
.
.
,,,, • ne s1 ere a d1 trattare giustamente il lavoro. rifa~tendo gli utili in proiporzione del capitale e del sai a no. Restando invariate le p ropo r zioni cieli' indus tri:i
a somm~ del capitale e la forza di lavoro impiegat~
non variano, qualunque sia la durata dell' eser cizio ,
8r
ed itffcce Yaria la somma dei salari i; cosicchè la ripartizione, basata, pel capitale e pel lavoro, su fondamenti affatto diversi, riesce eminentemente arbitraria.
Infatti si faccia che la durata dell'esercizio, invece che
di un anno, sia di sei mesi (come si usa in generale in
Inghilterra) ed il capitale, che è sempre quello, anà il
doppio di quello che gli toccherebbe se l'esercizio fosse
di un anno, ed i salarii i1wece avran110 la metà. E' dunque assurdo un sistema che fa dipendere la pro.porz ione del la ripartizione dalla durata dell'esercizio e c1oi.:
dall'ordinamento della amministrazione e della contabilità.
Il Lo Savio ed il Rota illustrano la raziona lità dell'altro sistema col quale, dice quest'ultimo. il problem'l
\·enne contemporaneamente risolto in Inghilterra dai
chia,·aioli di \\'oh·erhampton ed in F r ancia dal Godi,1
a Guise: il sistema di riparii r e gli utili in proporzione
ciel complesso dei salarii e degli interessi pagati al larnro ed al capitale nell'esercizio
Così, dice il Rota. si pongono insieme degli elementi omogenei, poichè come l'interesse è la retribuzione
dcl C'lpitale. il salario s i può considerare pure la retribm:ione del capitale-lavoro: così si retribuiscono gli
clementi della produzione secondo la importanza che·
essi hanno nella medesima, e trattandoli con un solo e
medesimo criterio.
:\'oi siamo pronti a ri conoscer e che. di quante si
sian provate finora, è questa la «miglior transazione»
escogitata per girare attorno a l problema insolubile
della ripartizione fra capitale e layo ro. ~fa erra, a nostro avviso, il Lo Savio, quando, considerando tale sistema non solo in relazione colle società di produzione.
ma in <Yenere in rapporto a tutte le industrie. crede eh
rav\·isa~e in esso «i veri principii della equa ripartizione dei benefici». Infatti, se esso è il più razionale.
anzi il solo razionale di « ripiego :b, di «transazione i>.
in quanto non valuta ?irettam~nte l'efficacia. produttiva del lavoro e del capitale, e s1 basa sul salano e sull'interesse, retribuzioni proprie di un sistema diverso
G
83
cl.i impresa, inaccettabili te .
z101.1e, e ritenute in i
. on~am.ente nella coopera~oczetà di procluzi!1~st:, tant.o i.ng1uste che in fondo b
tu1rl.c oc] almeno per n~~c~~st1t.~11sce appu.nto per sosti1'1petia1110 però h
ca1 e sostanzialmente.
me « transazicne
c e, come especliente pratico co. .
», questo s1stc
' .
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'
m1gliurc: e solo oss . .
ma e indubbiamente il
e1 v1amo che
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. . esso e stato escogitato
i c:;1 dalla scienza ma dal!
gli economisti che p
al pi at1ca; e che ben pochi de1«.
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osi )en rilevato i dii•!
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enza c e hanno le sodcgcnc;·are e acl as' pec1aJ111ente quando riescano ..,
I Il..
'
sumere al
·
, "
le i.1'.1presa speculativa
meno in parte, i caratteri
ne p1u grave. e che in~ac qu:,sta p:r noi la obbiezioccl Il vaiore sociale dei ca i1~1t~ s.en~mente la portata
stata posta in luce che d~1~stn ist1tut1. Ma essa non è
te nella scienza e qui ci ~ '~1d·o e molto imperfettamenre alle traccie 'che ne t o. )!amo limitare ad accennache rh
.
roviamo ne·i poc l11· economisti
.
. anno mtraveduta.
D altra parte
. 1
nel I a seconda partenoid. a rilevamino gia
·' a più ripre-e
1 questo lavoro
ad es am1nare
·
·
"
per conto n .
' e I a nprencleremo
. Qu.esta tendenza a
ostro a su? luogo.
cl1vers1 punti c1·1 vista
.
degenerare
e stata osser·va t a cl a
che
.
r) La società 'q
dpos~1amo riclurre a tre:
SUJ>era' Ia capacita' d'
' Iuan o il s u o 1avoro aumenta
per j'
I
avoro d .
·
~
i reclutare dei s .
.e1 soci, non potendo lì
oc1 n uov1 de ,
assumer
.
cd I· e a 1 suo servizio de· I ',
'e _nceessanamente
a terare così la Stia m
. d o il e a\
cooratori . come salaria•'
L. •
2 ) I soci che do
. . operati va;
no accumulato un 'certpoo an1~1 cli lavoro in società hanscono
''
.
. al.) I)anclonare i J . capitale ' non d.1 rado preferip1 opno cont
01 o compaani p . t I . . .
nelr
. .o come imprend't .·"' '
sa )]lirs1 per
assoc1az1one sia per I
i o11, quasi che il re.stare
oro un sào-rificio.
E"
:1
"'
'
3) Finalmente, e più cli tutto, sia sotto l'influenza cicli' egoismo, sia della pre\'alcnza del capitale
che, ove I' impresa si allarghi, prende necessariamente posto importantissimo in es~~. I' associazione
tende a rinchiudersi in sè mecles·ma, a limitare il numero dei soci ed aumentare quello degli ausiliarii salariati, e ad assegnare la maggior parte degli
utili al capitale.
La necessità nella quale spesso si trovano le associazioni cli assumere dei salariati, si manifestò ben presto in Francia, e, osservatala, se ne gio\ arono gli a\'versarii come argomento contro cli queste.
L'osser\'azione che dopo degli anni cli successo i soci
che hanno accumulato un certo capitale tendono ad abbanclonare la società è fatta da taluno. sia come supposizione. sia in base a qualche fatto: ed è riportata anchi?
dallo Thornton. il quale però la contesta. poichè. egli
dice, ove l'impiego di capitali nella cooperativa sia produttivo, perchè la si lascierà? e poi. se il capitale passasse in mano cli capitalisti, l'associazione resterebbe cooperativa. poichè l'essenziale nella cooperatìva è la partecipazione del lavoro ai profitti. Però. anche non discutendo questo concetto un po' imperfetto della cooperativa, si può osservare che. ove tutto il capitale, e quindi
il nerbo della associazione. fosse in altre mani, la partecipazione del lavoro ai profitti potrebbe essere assai facilmente soppressa.
Finalmente varii autori accennano in diversi modi
all'egoismo che spesso altera la indole dell'associazione.
ccl alla 1wcvalenza che \·i assume il capitale.
«Te associazioni. dice lo Stuart ~liii, che, quando
hanno avuta riuscita. rinunciano al principio essenzial"!
Jel sistema. per diventare società in nome colletti'o con
un numero limitato di azionisti. differenti eh quelli delle
altre compagnie in questo solo che essi lavorano colle
loro mani: le associazioni che occupano dei salariati senn interessarli ai profitti (ed ho il rincrescimento <li dire
che h stessa manifattura della società di Rochdale ha
così degenerato), esercitano senza dubbio un diritto le-
85
gillimo, servendosi francamente dcl sistema esistente
per migliorare la loro condizione pe rso1.ale; ma non è
da loro che bisogna attendere che si sostituisca a tale
sistema un altro sistema migliore».
Si noti però c h e a questo fatto Io Stuart l\Iill non
mostrava grande importanza, non rile\·ando in esso una
«tendenza generale» delle associazioni operaie.
Lo Schonberg ed il Brenlano accennano pure, fra
gli inconvenienti delle società d i produzione, al fatto che
l'interesse mate ri ale dei soci li conduce a trasformare
l'associazione in «una impresa ordinaria». e che, essendo soltanto parte dei soci in caso di assumere la responsabilità dell'impresa, se tali associazioni riescono,
«ordinariamente perdono i caratteri di società di produzione»: ma essi non esplicano sufficientemente questo
fatlo e questa tendenza nei loro varii aspetti, nè ne danno tutte le ragioni; cosicchè possiamo concludere che
questo punto importantissimo è stato finora, per la mancanza di uno studio generale cd accurato dci fatti, assai
incomplctamcnle posto in luce e chiarito nella scienza
<.conomica.
E. giustizia il riconoscere che lo compresero assai
meglio quegli operai e quei socialisti che, dopo l'esperienza fatta, finirono per rinnegare queste associazioni
e per combatterl e, non solo come poco vantaggiose, ma
come dannose addi r it tura alla classe operaia, come quelle che, secondo loro, le sottraggono i migliori elemen ti,
trasformandoli in imprenditori. Già altrove avemmo occasione cli accenna r e a tutto questo, e di riportare brani
in cui tale concetto era chiaram ente esplicato: qui vogliamo osservare soltanto che di tale carattere il Lassallc si era già accorto, quando pure non si dove\'a es~ere ancora manifestato così fortemente, come aYvenne
di poi in talune associazioni. Egli diceva infatti. col sun
s~li.to linguaggio \'ivace: «che cosa ci guadagna la cond1z1onc generale degli operai, se l'operaio lavora per
una im.presa di borghesi? Non ci guadagna che la depravazione, poichè operaio viene in tal modo a trovarsi
contro operai·o.. la, pcrso11a
.
' dell'imprenditore s1 è cambiala, ma la cosa e rimasta. ».
•
. elci difetti e delle diffic_olt~
L !un CT a enumeraz10.ne
. a . !>
•
nom1st1 alle società di produzione
attribuite dagli eco . . stata inutile poichè possiamo
e finita. e non c1 e
'
.
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oma1
lt , ·ofitto e molti ammaestramenti, se ene
trarne mo o p1.
·11inare in modo sicuro e stretda
sola
noi:
b<l:sfitJ
a
.~e'~~~~re
economico-sociale di questi
tamcnte SClelltl CO, I e
istituti.
.
.
t u tl e le difficoltà di cui abbiamo
s. e no ·i cons1deriamo
1
.
I ·so ed abbiamo riguardo a moparlato. nel loro c~mp e" 'nelle opere più recenti. esse
do col quale, spec1.almen_te
fare una idea abbastanza
scino presentate, c1 Pl?ss:a~no che attualmente pre\'alc
d sa eta del op1 mo ne
I.
e 1nra ~ e .
d.
Ile società di produzione.
nella sc1c1.1z.a ii: or_ 111e ~
kl funzionamento di queste
L'analis~ cle1 ca1 atdt7n e e tanto la eccessi ,.a fiducia.
associazioni, ha ~olto fidt m~z~ol reso persuasi i più che
quanto la eccessffa sii uc1~. 1aa alcuna raa-ionc che in
e
~
t ·ano ne a SCJCnz
esse non 1ro'
to loro contras t'1. c he esse rientrano nel· cam·
1
JllO< o asso u
.
. .
che non oppugnano a1 pnnJ'O della ccono1111a poltt1c.a,t.t ·oni \)Ossibili e razionali.
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ta che sono is i uz1
I
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CljHI (I que,S e·
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e che quindi non ce alcunta i_. g, rrnre dai più ritenuto
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. .
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.
.
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e -a .m 1oro 1a P1"t't !aro-a
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, lt a per la quale queste asso~oc;tituita in generale un.a rp~ovano. pure riconoscendo
ciazioni si_ ac~et~a_no. e si !~~abilità». Questi lin:iti natui·1 loro elci « lun1t1 d1 app .
condo i diversi apprez~.'almenle variano di cstenswne se
86
~;·t1anz~1101t11i1: ma noi li ltro1•iamo nei più; e basteranno poche
a provar o.
Già i·cdemmo altrove c
·1 B
tendone la utilità
.
omc i
ren~an?·. pure ammet11
i limiti di applic~gi~i~~c:o;:s~a h~. ~ cl_eline~ 111 pochi tr~tti
i~cre che esse hairno « 11
c 011. >ei g poi, .oltre al n testretto » ne r ·t
~ campo cli applicaz1one molto riaffenna;1do c~~:1 <:a~1'~fi ee; ed ~ccessivamente, !a efficacia,
poter dare buo ni resultatt1a11 o so no attuate in .modo da
tori alcu n notevole
t, ~s.se non procurano a 1 lavoraL
van aggio ».
o Sch ulz e Delitzsch
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della cooperazione r·
' uno e1 p1u gran di apostoli
'
, 1conosceva ancl ·
· . · .
trova necessariamente 1
. \ . 1 esso. ' 1im1t1 che
lo vedemmo affermare ~h:ofi'eta d1 pro~uz1one: noi già
zio ni «sarà sempre relativ
numer? cli queste associ3mo ritenere che questo iu~:~ient~ ristretto»; e possiaalla opinione della
g.
o i 1sponda presso a poco
•
e
maggior parte cl l'
. .
quelli che rrli sforzi· d . 1•
.
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"'
e1 a voraton p . I I
.
contempl:rno colla 111 ag . . .
. ei a oro redenzione
·
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g101 s1mpati·•
11· h
1·ot1 re r la completa
. ' "· a que 1 c e fanno
tuale.
conservazione dell'ordinamento ate •
Collc osservazioni )
cl
·
.
clellc clifficolta' e cl · 1 rece enti lo studio dei d i fetti
e1 consegue 11 f 1 r11111· 1· .
•
de ll e società di prod .
t d1 avpl icabilit:'i
uz1011e second o l
·
.
a scienza eco11om1ca. sarebbe finito e con
~tcssi limiti cli ap~licabili~°àso t.1 prcs.ente capitolo: ma gli
no dato luogo ad un'alt
'_ .cui abb iamo accennato, han.
ra 11cerca · quel! d .
.
.
e1ia nte t quali ta li limiti Qi
.
a e1 mezzi memeno allontan are A
- poss~no, se non togliere a l, ·
questa nce
·
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ora soltan to in modo so
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r.ca noi accenneremo
·
mma110 j)Otch'
1· ·
essa s1 sono molto p',
·
· e a e ire ti . vero di
1u preoccupat'
e h e non gli economisti. f .
e t .1 .cooperatori pratici
nare, a migliorare
' s odi zand~s1 t primi a perfezio.
. .
.
' a ren ere p1ì ffi
.
gli . ic::tituti
e1a essi caldeggiati· • e 1·1m1tandosi
· ' , e caci
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nere. ad una. analisi cr1·t·1ca.•'f
1111 ecc .' secondi in
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possiamo esimerci dal f
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ogni modo 1101 non
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<\ chi consideri le varie diffi
, .
.
.
parlato nelle paO'ine p
d
. c~lta d1 cui noi abbiamo
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rece en t1. riesce manifesto il fatto
che, pure essendo quasi tutte di indole pi ù o meno rel ativa e quindi modifical1il i e variabili; ve ne ha di quelle
sulle quali si può agire direttamente, con rimeclii immediati che tendano a diminuirle o ad eliminarle, mentre
1·c ne sono alt r e che non si possono prender di fronte. e
che sono il resuitato di condizioni general i.
Fra le difficoltà e quindi fra i limiti, che hanno minor
carattere di relatività, e che riesce perciò più difficile
ne ut r alizza re, noi possiamo porre quell a dalla organizzazio n e delle forze di lavoro e quella della razionale e
strettamente giusta ripartizione del p rodotto; fra le altre, possiam dire che si può agi re direttamente in ordine
alla formazione del capitale, aiutandola in di ve rs i modi
1;elle singole associazioni, e così pure egualmente in ordine all'ottenimento del credito ed alla formazione della
clientela; ed im·ece appa re manifesto che su parecchi e
altre, specialmente di ordine intellettuale e morale. non
si può agire che indirettamente, e non è possibile trovare per esse dei rimedi diretti, specifici, immediati.
Di qui 1·arie specie di provYedimenti proposti e seguiti in di1·ersi casi, per aiutare artificialmente le assoc!azioni che, abbandonate completamente a sè medesime,
si tro1·avano alle prese con difficoltà superiori alle loro
forze.
In quanto riguarda le diffi coltà d'ordine morale ed
intellettuale, si spera da taluni di atte nuarle, specialmente in due m odi: innanzi tutto colla di ffusione dell a
i ~t ruz ione professionale fra gl i ope ra i, della istruzione
generale, della educazione. con una efficace p ropaganda
mora le e col render popolari i migliori sistemi di ordinamento delle associazioni. In secondo luogo si conta
sulla efficacia che la diffusione delle altre forme di associazione e di cooperazione anà com e preparazione
degli operai alla forma pili elel'ata delle società di produzione. che, Si dice. debbono riuscire per ultime appunto perchè sono le più difficili.
Finalmente poi si i111'oca la forza del progresso generale morale. intellettuale ed economico, che, fortunatamente, ora 11011 è più pril'ilegio cli pochi. e la cui in-
88
fluen~~ benefi~a dovrà essere a poco a poco sentita sem1~r~ ~>1u ener~pcame_nte dalle masse degli operai, che cli' e1 r,u1110 cosi megl10 atte a conquistare la loro indipendenza economica.
l 1 progres_so n~orale ed intelkttuale è: poi in meato
anche come ~1111ecl10 a talune difficoltà economiche, quale, ~.cr esempi?, ~uella della _forma7:ione di capitali; formaz1?11e che I ab1tud1ne al risparmio cd alla previdenza
dovra r e·1der sempr e più ao-evole.
.. .:\[a riguardo ~Ile diffic;l~à economiche o, per megl io
d ii ~' ad alcu n.e
9ues~e. s1 sono propugnati e si propugnan~ speciali rimedi, che noi abbiamo già dornto
spesso rn contrare cd apprezzare nella seconda parte
del presente lavoro, e cui qui non faremo che accennare.
. Q11anto alla formazione del capitale, laboriosa spec1al111e~te O\'e si tratti di imprese che eccedano i lim iti
della piccola industria. si è sostenuto e si sosticn da taluni che ~o~sa e debba essere agevolata. od anche appres tata acldtnttura dalle società cli consumo: e eia altri inncc da quelle di res is tenza. Vi è anzi chi è o-iunto partendo da quest~ idea, sino a prcclamare, eh~ prin~ipale
scopo del le società cooperati 1 e cl i consumo debba essere
appunto l'app_restare i capit di a quelle cli produzione, e
che .a qu~sto. rntento ?ebbano essere applicati i ri sparm i
realizzati sui consumi quot idia ni.
Q uanto all"ottenimeilto del cred ito, ol tre la creazione
di speciali istituti che abbiano pe r iscopo di accreditare
le società cli produzione. senza però conceder loro favori
~pcciali; noi abbi:11110 veduto a più riprese come sia
stata talora vagheggiata cd appl icata l'idea, che, per agel'Ola r c la costituzione ed il funzionamento delle società
di produzione, sia i privati, sia g li enti pubblici facc iano
loro credito a condizioni cli favore.
Finalmente noi abbiamo pure veduto come abbia inc?nlrat.o ed incontri presso cli molti approvazioni il pensiero di accorda r e alle associazioni facil itazioni speciali
nella concessione dei lavori pubblici, non tanto per fal'orirle in genere, quanto per neutralizzare le condizioni
cli inferiorità nelle quali esse si trovano nella concor-
?1
renza cogli altri imprenditori: concorrenza che bene
spesso si esercita in modo tutt'altro che onesto, e dannoso innanzi tutto a chi commette i la\'ori.
GiO\·a dire che questi varii rim edii, e più di tutto
questi ultimi, implicanti una azione diretta, sia dei priYati, sia dello Stato, non sono stati escogitati e sostenuti
dagli economisti: tutt'altro. chè anzi essi li hanno sempre com! attuti, e colla massima energ ia, come que lli che
stabilivano ingiusti privilegi, contrastayano coi principii
delb liberti economica, della libera concorr enza e della
ini ziativa indi\·iduale; come quelli che alteravano il naturale e libero svolgimento dei fatti economi ci. che in sè
medesimi soltanto debbono trova r e la ragione di so rgere
e di svilupparsi, ed introducevano clementi artificiali,
che do\ e 1 ;,no necessariamente essere perniciosi.
Ma per noi, lo confessiamo, questi argomenti astratti
hanno assai poco valore. e non crediamo neppu r e utile
raccoglierli tutti ed analizzarli minutamente; che, se dei
rimedi or ora accennati noi abbiamo qui parlato, è stato
soltanto ner aHre poi occasione di riprendere tale argomento -nel prossimo capitolo, e cercar di risolvere la
questione alla stregua dei fatti.
.
, . .
Non dobbiamo da ultimo dimenticare l op1111one di
coloro che sperano di poter far uscire l'in~presa c~ope­
rativa dal seno stesso dell'impresa speculativa, mediante
la par tec ipazione a l profitto ed il g raduale impossessa:
mento del capita le delle imprese private per parte degli
operai.
. \libiamo lasciata per ultima una qu7st~o.ne. che ~i
rannoda direttamente alrargomento dci lu111t1. d1 applicabilità delle società cooperatiYe di . p~odu:10i~e. .m~
che è di natura affatto diversa da quei nmed1 d1 cui s1
è parlato nel le pagine precedenti; yoichè rig~1arda, non
pro\'\·ed imenti da prende~e'. i~e~z1 da .escogitare e da
applicare per allontanare 1_ l1m1t1.. ma piuttosto un limite che sembra allo nta narsi da se.
. , .
Parlando delle difficoltà che incontrano la societa d1
91
1•roduzio11r. noi accennammo in prima linea alla formazione dcl capitale, intesa no11 111 senso assoluto, ma
111 relazione alle grandi industrie, che sarebbero i11accc~sibil i a queste associazioni. E' questo uno dei casi
nei quali a primo aspetto può sembrare che la difficoltà
cli\·rnti 1111 limi te, ed un limite dei più ristretti cd inevitabili, cd anzi, tendente a restringersi sempre più, di
fronte alla diffusione gradua le della grande industria,
che, 11<:>lla concorrenza, sembra Yincere sempre ed inesorabilmente la piccola.
Ma qui, a con testare tale fatto e quindi il rigore <li
questi limiti posti alle società di produzione, dato che
esse non possano esercitare la grande industria, sorgono due questioni: la prima è quella della necessità
della permanenza della piccola industria. che avrebbe.
secondo taluni. un campo suo speciale, e non piccolo,
dal quale la grande industria non potrebbe scacciarla;
la seconda è una tesi nuova per la quale si sostiene che
tutta una serie di invenzioni moderne tende, entro certi
limiti. a porre ostacoli al seguito della diffusione trionfale della grande industria ed a rafforzare la piccola
nella concorrenza contro di quella.
La trattazione di am bedue queste tesi richiederebbe
una lunga e dotta dissertazione, che qui non è il caso
neppur cli tentare, poichè ci trarrebbe troppo fuori di
strada; noi ci contenteremo di riassumere le opinioni
prevalenti in ordine alla prima, e di chiarire i fatti su
cui si basa la seconda, che ha carattere di novità.
L'l grande potenza di diffusione della grande industria fece dapprima credere che questa non dovesse
trovare alcun limite, e che. daYanti a lei, la piccola
industria e la industria media hanno pure un loro camJH) sptciale di azione. nel quale si trovano completamente
a loro agio, nè possono temere la concorrenza della
g-r:111de industria, che non ve lo può seguire. In questo
campo si possono comprendere: 1. tutti i servizi di riparazione e conservazione dei prodotti già fabbricali,
mentre sono usati: servizii nei quali il lavoro prevale
in modo assoluto sul capitale, e che sono più adatti ai
piccoli opifici che non ai grandi; 2. le industrie relati ve
a prodotti di cui lo smercio è ristretto, sia per la scarsita delia domanda, sia per la impossibilità di trasportare i prodotti a molta distanza, e si fabbricano sul
luogo stesso del consumo; 3. le industrie per le quali
non è necessario l' impiego di molti capitali, e nelle
quali r esercizio in grande, la divisione dcl lavoro, ecc ..
non sono necessarie e nemmeno utili; 4. i lavori nei
q~1ali.' sia per ragioni artistiche, sia per le altre ragioni
cl 1 d1 verso genere, prevale !' individualità dei lavoralori, e si richiedono speciali attitudini personali; 5. finalmente tutti i casi in cui la associazione dei piccoli
produttori può migliorarne le condizioni di concorrenza di fronte ai grandi, sia acquistando in comune
ed ali' ingrosso le materie prime, sia spacciando in comune i prodotti. ecc.
li campo, come si vede, è assai esteso, e. invece di
restringersi, sembra che debba tendere ad allargarsi:
cd il numero dei lavoratori che a tutti questi lavori
debbono necessariamente applicarsi è di certo, anche
relativamente alla massa di quelli della grande industria, ragguardevoliss-imo.
Ed ora accenniamo brevemente alla seconda tesi.
relativa alle invenzioni meccaniche che tendono a rafforzare la piccola industria. Un giusto tributo di elogio
va dato a questo proposito ad un cooperatore francese,
il Vèron, il quale, sino dal r865, in un suo im portante
lavoro poneva in rilievo questi fatti, e con intelletto
geniale ne riconosceva tutta la importanza, esa~eran­
dola però alcun poco, dal punto di vista delle società
di produzione. Egli diceva che lorganismo presente
della grande industria era destinato necessariamente
a trasformarsi dinanzi a varie invenzioni, per le quali
si possono produrre utilmente piccole forze, si possono
trasportare le forze a distanza e suddividerle, e si possono quindi impiegare nel!' industria piccole macchine
111 piccoli opifici. In questo modo la piccola industria,
non più limitata agli utensili cd agli strumenti, potrà
fare una efficacissima concor renza alla grande, appro-
92
priandosenc i vanlaggi senza averne gli incon\'en1entì;
ridotta I' industria a queste proporzioni, mollo meglio e molto più rapidamente potranno diffondersi le
società di produzione. le quali, mentre sono disadatte
all' esercizio della grande industria, sono la miglior
forma d' esercizio della piccola e media.
Da questi fatti, cui l'autore allribuiva invero u_na
portata eccessi va, poichè prevedeva una trasformazione quasi generale della grande nella piccola industria,
egli traeva la conclusione che, almeno per un gran
1.umcro d' industrie, si tornerà al lavoro di famiglia.
« Sono le grandi invenzioni moderne che hanno gettato il turbamento nelle condizioni normali d' esistenze; nuove invenzioni più perfette lo faranno
spari re ».
1.:,
Se l'autore esprimeva in queste linee un concetto
assai esagerato, egli diceva però in pari tempo molte
,·crità. e più di tutto faceva una \'era profezia: poichè
quelle invenzioni nuo\'c, che egli annunciava per I' avvenire, si sono avute; nè la cosa certamente si fermerà
a questo punto.
Il Veron citava già qualche invenzione attuata ai
suoi tempi: la macchina da cuci re, che già permetteva
al lavoro isolato di soslenerc la concerrcnza dei grandi
laboratori i; il motore a gaz, sistema Lenoir, allora
appena inventato, ma del quale il Véron aveva compresa lutta la utilità; le piccole macchine a vapore,
che si andavano costruendo in Inghilterra; e più di
lulto la invenzione di un industriale francese, l' Hirn,
per la quale mediante un sistema di puleggie si potevano trasportare, con una corda metallica, le forze
motrici a grande distanza, e suddividerle, permettendo
così che un sol motore trasmettesse il movimento a
macchine diverse, site in differenti luoghi.
La scoperta dell' Hirn, diceva il Véron, «è il punto
di partenza d' una rivoluzione prossima nelle condizioni di lavoro. Finora la forza motrice era locali-:::ata; da oggi in a vanti essa è mobil iz::ata ».
Da quando scriveva il Vèron son passati più di vent'anni; e, se la trasformazione da lui sperala non accenna ad avversari, le macchine cui egli accennava si
so110 moltiplicate ed hanno subìti molti progressi e perfezionamenti.
La diffusione dei piccoli motori a gaz, ad aria calda
cd anche a vapore, è un fatto compiuto, di cui la piccola industria si è immensamente avvantaggiata.
Il perfezionamento della mecc~ni~a industri~l,e, che
ha permesso di costruire 111eccan1sm1 sempre p1u economici, piccoli e perfetti, è pure incontestabile.
E la suddivisione e la trasmissione delle forze motrici hanno pur fatto gran passi. Il Fougerousse nel
r885 in alcuni interessantiss!mi articoli_ pu?bl~ca~i nel
o-iornale La Fraternité, descriveva alcu111 op1fic1 d1 for~a motrice, impiantati in un quartiere di Parigi ove è
assai diffusa la piccola industria, e che producevano
la forza di un locale centrale e la trasmette,·ano, mediante alberi motori, a tanti piccoli opifici industriali,
che si stendevano lateralmente.
L'impresa che forniva la forza, dava in pari tempo
in affitto anche lopificio ad artigiani, i quali lavoravano ed abitavano là dentro.
Ma molto più importante è l'altro sistema che il
Fo1weroussc pure descriveva in quegli articoli ed in
una ~ua comunicazione alla Société d'éco11omie sociale?
e che noi stessi avemmo occasione di ammirare con lt11
a PaPigi. Si tratta di quel sistema di trasmissione del_b
forza per mezzo del vuot~, cui ~ià a~c:nnam~10 m
questo lavoro parlando dell 1ndustna. p~ng1~a; .s1s~ema
che, impiantato in un quartiere ove 1 piccoli op1~c1 ~o­
no numerorissimi, permette di trasmetlere a quest.1, s1_no
alla distanza di più di 600 metri, una forza mot~1ce inferiore ad una atmosfera. Bisogna aver veduto 111 pr~­
tica funzionare un tale sistema, averlo veduto applicato in piccolissimi opifici di una sola stanz.etta. o~·c
uno o pochi artigiani esercitavano. piccole 1~1dust:1:,
quali la fabbricazione di scatolette d1 legno, d1 pett1111,
di 'spazzole, ecc., per comprendere la grande influenza
94
che i11\'c11zio11i di que:-to gcnuc possono esercitare
:-ulla piccola industria. lJn sistema analogo, ma capace
di tra~metterc iorza 111aggiorc cd a distanza assai più
grande, basato :-;ulh pressione dell'aria compressa, esi!>tc pure a Parigi: ri si dice però che sia molto meno
economico.
).la tutto questo è hen poco in confronto di quanto,
a 110.stro a\•viso, ci prepara la trasmissione e la suddi\0i!>ioi1r della forza a distanza mediante la elettricità;
'JLll è la chi a ,·e del problema: e noi crediamo che i prog-ressi grandissimi già ottenuti a questo proposito, autnrizzino a prevedere non lontano il momento in cui
della trasmissione e suddivisione della forza a distanza
mediante la elettricità la piccola industria si potrà gio\'are immensamente.
Xoi non crediamo c011 tutto ciò che la piccola indu-,tria ~urroghcrà la grande: chè, si ripartisca pure e
si tra.smetta la forza. il bisogno di grandi macchine. di
di1•isione di lavoro. di produzione in grande, per tante
~ tante industrie "i sarà sempre. Ma siamo persuasi
che tutte queste im enzioni, e quelle che legittimamente si po~son preveder e pel seguito, non solo assicureranno la pe r manenza della piccola indust ri a, ma ne a llargheranno di molto la sfera d'azione. Ed in tal caso
liiqog-na riconoscere che si a llargherà pure il campo
libe1:0 alle società di produzione, le qu ali nella piccola
industria trovano molle condizioni favorevoli pel loro
S\ iluppo.
IV.
Scienza ed esperienza
nelle Società Cooperative di produzione
Valore economico-sociale di queste Associazioni.
Giunti ornai al term ine di queste ricerche, noi dob- biamo, per ritrarn e qualche frutto, e contrapporre una
breve e concettosa sintesi alla lunga analisi fatta fi n
qui, da r ragione del metodo da noi seguilo in essa, esporre quali resultati ce ne ri promettevamo, e quali ottenemmo; confrontandoli colle conclusioni e coi r esultati cui gi unsero coloro che già si occuparono di tali
question i.
Gli studii ed i giudizii dati finora delle società di
produzione, quali noi r iassumemmo ed esplicammo nei
capito li precedenti. si possono distinguere in due categorie: quc!li condotti con metodo quas i esclusivamente
astratto, ed in cui l'autore si preoccupò pochissimo dei
fatti che \'Oleva apprezzare e li giudicò senz'a ltro secondo certi principi suoi, e senza curarsi di esaminarli
eia vicino; e quelli che si basano bensì su uno studio d ei
fatt i, m a incompleto, poco accurato, unilaterale. Noi
non trovammo alcun autore che. convinto seriamente
della necessità cli provare le teorie alla luce della osscn·azione, s i accingesse ad una osservazione completa.
esauri ente, e sovratutto critica. Una tale osservazione
97
:-arebbe stata possibile, e ad ogni modo sa rebbe stata
;·;:lati \'a mente poco utile, tempo addietro, quando le società cli produzione erano ai loro inizii, e l'esperienza
non si pote,·a dire ancora fatta: ma era invece possibile ai nostri giorni, in cui questi istituti sono stati più
o meno sperimentati in tutti i paesi più civili, ed in
taluni anzi contano già una esistenza ùi parecchi decennii. Ora ci sembrò giunto il momento opportuno
per abbandonare i soliti luoghi comuni, lasciar da parte le poche notizie copiate e ricopiate da autore ad autore senza mai riscontrane la esattezza e completarle
coi fatti posteriori: ed imprenclerc una osservazione
g-enerale, accurata e critica, dandole la maggiore estensione che ci fosse possibile. Noi credemmo che una
tale ricerca riempisse una lacuna esistente nella scienza, e riteniamo di potere affermare, senza esser tacciati cli presunzione, di averla in buona parte riempita: perchè, mentre ammettiamo facilmente che possano essere errati i nostri apprezzamenti, siamo però
sicuri della esattezza dei fatti da noi esposti, ai quali
facemmo subito una minuta analisi critica, ed un senro controllo, che valse ad eliminare molte inesattezze e molti equivoci, ed a porre in luce non pochi fatti,
che prima non erano stati abbastanza bene osservati.
Con ciò noi non cred·i amo cli sprezzare, nè di porre
in non cale i numerosi studi che su questo argomento
furon fatti da tanti economisti, e fra essi da parecchi
illustri; non riteniamo inutili nè le ricerche astratte,
nè le osservazioni parziali di fatti, che si trovano nella
ricca letteratura delle società di produzione; delle une
e delle altre anzi ci siam giovati continuamente e ci
gioviamo anche ora: ma, persuasi che, isolate, esse
siano, non solamente insufficienti, ma anzi pericolose,
procuriamo cli combinarle fra loro, cli completarle e di
far subir loro una critica strettamente scientifica.
La ricerca astratta può essere utile anche per giudicare una istituzione esistente, in quanto la ravvisi o
no in accordo coi priòcipii generali della scienza; ma
la difficoltà di questo apprezzamento è tale, che da sola
11U11
uno tale ricerca può essere assai fallace, e condurre a
giudizii che non rispondano alla realtà delle cose. Di più
la ricerca astratta non può riuscire che ad apprezzamenti
gc.:ncrali, sommari, che prescindano affatto dalle diverse
condizioni di ambiente, di luogo, di tempo, ecc.; mentre, secondo queste condizioni, lo stesso istituto può assumere efficacia del tutto differente, natura e caratteri
opposti, e può ottenere resu ltati i più varii. La ricerca
astratta ci potrà dare tutt' al più, quando pure condotta in modo rigoroso, nn giudizio circa la generale ra~'Ìonalità e possibilità di un dato istituto; ma non ne
può cli certo determinare il valore economico-sociale in
rclaz;one ai diversi ambienti, alle diverse condizioni in
cui si possa trovare un paese. I fenomeni sociali sono
così complessi, che, anche avendo tutti gli elementi necessa rii, riesce quasi impossibile il fare delle previsioni: cd in tal caso l'unico metodo fecondo è quello dell'ossen·azione dei fatti, di una osservazione critica
che non si limiti a constatarli, ma li consideri in rela~
zione con tutte le condizioni nelle quali essi si sono
manifestati.
Ma non basta l'osservazione critica dei fatti: occorr~ una oservazione completa e generale di tutti, o
quasi tutti i fatti. nei diversi ambienti in cui essi si
:,ono esplicati. Una osservazione parziale, locale, limitata a pochi fatti, può essere ancora più pericolosa
cl_ell~ semplice ricerca astratta, può indurre a conclus10111 a nche più errate.
Infatti, dato che n ei diversi paesi l'ambiente economico. sociale, morale, intellcttt1ale i caratteri della
civilt:ì in genere, insomma, siamo differenti, come lo
sono di fatti; se si consideri un istituto in un solo di
essi, se ne studiino le manifestazioni le forme i caratteri, i resultati; questa indagine, pc~ quanto ~eria, acc~1rata, completa, non potrà condurre che a conclusio111 a~f~tto rcl~t!ve_ a 9uel particolare ambient~, a quelle
speciali concl1z1on1 ; ti pretendere di assurgere, da
quel!: osservazioni particolari, a delle conclusioni generali, sarebbe erroneo e condurrebbe a falsi appre.z 7
99
z:1me11~i. ~ cos~. p~r ese?1pio, lo studio della cooperazione 1n f· rancia c1 potra condurre a delle conclusioni
relati\'e alla Francia, conclusioni che ananno anche
esse \'alore pit'.1 o meno generale secondo che si potrà
supporre e.be qudle condir.ioni che \'i furono finora in
qlll·l paese. continuino o meno nell'av\ enire: ma ta le
studio non ci potrà menomamente autorizzare a for111ular conclusioni relati \'e a paesi il cui ambiente sia
di \' l'l'SO.
ftwecc quando la ricerca sia generale, e comprenda
paesi che si trovino in condizioni differenti, non solo
essa sarà più sicma e potrà condurre a conclusioni generali. ma noi quasi diremmo che potrà proceder da
sola, bastare a sè stessa. emanciparsi completamente
dallo studio astratto. poichè in questa ricerca yaria e
complessa, risulteranno di per sè evidenti i caratteri
più general i. quei caratteri che sono più o meno fissi
e che possono dare la fisonomia generale del fenomeno: si potranno distinguere questi caratteri da quelli
speciali. dnvuti a contingenze affatto particolari; ed
assurgere così da ultimo alla contemplazione, sia della
legge generale ciel fenomeno, sia delle sue manifestazioni speciali. che la indagine astrat ta non ci avrebbe
mai potuto fornire, e che lo studio cli una sola categoria di fatti ci avrebbe dato in modo affatto parziale
ccl incompleto.
.\ queste condizioni ci sembra soddisfaccia la rice r ca che noi abbiamo fatta nel presente studio: ed è
pe r ciò che noi crediamo che da essa si possan trarre
conclusioni abbastanza sicure. e che possa servire anche come pietra di paragone delle altre ricerche e degli
apprezzamenti cli altri autori, che abbiamo esposti a
suo luogo.
·ora, adunque, per \'enire a qualcosa di concreto.
dobbiamo cercare di sintetizzare i fatti osservati. ricavarne le car atteristiche più importanti, e, formulate
così dclie osservazioni generali intorno alle associazioni di produzione, raffrontarle coi concetti riassunti
nei tre capitoli precedenti.
Dobbiamo, in una parola, dare uno sguardo :etro~
spettivo alla lunga serie di fatti raccolti e class1ficat1
nella prim::t e nella second~ r~a~·te dc~ pres.cnte l~\'O'.~·
E. cominciando dal princ1p10, 1101 abbiamo 1 ealtzzate , arie i orme che dicemmo «spontanee» della so~
ci età di produzione: queste associazion.i sorgono. e s1
c; 1·olgono in ambienti diversi da quelli delle odi.eme
soci~t;ì di produzione, soddisfa no ad es i gcn~e d1 fferent i, e non hanno nulla a che fare colla questione operaia, della quale le altre vorrebbero in c~rto modo essere lii-, rimedio. ::\fa hanno pur tuttavia con qu.~llc
un punto di contatto notevoli~si 1'.10 :. la f_orma clell 1111prcsa. la quale in queste assoc1az1on1,. se ~ n genere non
risponde precisamente al concetto sc1ent1fico della socicliÌ di produzione corrisponde però alle fo:me che
in ,,
rrennalc ha assunte la società cli produzione nei
varii paes1.
.
_
.
Ora il fatto del sorgere eh una torma analoga c~ 1
impresa in condizioni affatto diYerse, e 1~01~ solo ch\'erse eia quelle in cui si cosrituiscono le soc1eta ocl1crn ~ '.
ma diverse a<>sai anche tra loro, per luogo. tem1:0. ecc.·
questo· fatto, a nostro aHiso, \aie da sol? a clun?s~~a~
re la naturalità, la razionalità e la generica. poss1bil~t:-t
della società cli produzione: se non che la c1111'.ostrazione è anche rafforzata e completata dalla .ricerca a stratta fatta nel capitolo primo cli quest'ultima l~a:te,
la quale ci condusse a distinguere varie fo rme di 1 ~­
presa, tutte perfettamente razionali, cd a porre fi a
queste la società cooperati va.
. . . ,
.
Ouesta razionalità e questa « poss1b1hta generica»
.v
·
l n a · esse
però hanno praticamente ben poca 11npor ~ z ·
.
b
·
to
cli . partenza
c1 servono come ase sicura, come put1
. .
1
nelle nostre ricerche, e nul~a pil.1. ~{estano a d1mo~tr_a ~~
la possibilità e la « efficacia specifica» del\~ socie.ta . ,
produzione nella industria manifatt:i~e dei P.aes1. p~u
1c e
C·1\'ili odierni ' là cloYe si ravvisano glt 1nco11ve111ent
·
I fores~a ,·orrebbe el iminare. Ed a questa ricerca e
.
·,
a non. ponno
rnc spontanee cui accenna\·amo p1u sopr,.
arrecare alcun contributo. poichè esse si riferiscono a
100
co1.1~izio11i a f fatt.o di \'erse. Per determinare la poss 1f,~l 1ta e. la effi~ac1a delle società di produzione nell'amIJ1ente rndustnale moderno, bisogna studiare tale aml>1c~tc nelle s.ue varie forme, e vedere quali risultati
abbiano da~o rn esso le nostre associazioni, e quali caratteri ~bb1ano assunti. E' appunto questa la ricerca
che abbiamo fatta nella seconda parte· ed i diversi ambienti nei quali noi abbiamo seguita l~ diffusione dell<"
società di produzione, dando appunto ad esse caratteri
as.sai differen_ti.' ci ~anno permesso cli studiare la questione da tutti 1 suoi lati.
Un l~rg.hissin~o, an~i il più largo, contingente cli
osservaz10n1 preziose c1 ha fornito lo studio dcl mO\·imento francese e specialmente parigino: il carattere
uniforme .della piccola industria parigina, conservatosi
eguale nei suo.i tratti più generali per lungo tempo;
la lunga esperienza quivi fattasi delle società di produzione, che ebbero campo di svolgersi largamente
e per un tempo tale da potervi studiare tutte le vicende
della loro esistenza e le sue naturali trasformazioni;
tutto ciò costituì per noi un campo importantissimo cli
ricerche. Queste furono di molto intralciate da tutti
gli elementi artificiosi, da tutto quel complesso di eccitamenti estranei, che dànno al movimento francese
un carattere specialissimo ; e se noi avessimo dovuto limitare gli studi alla sola Francia, non avremmo potuto trarne alcuna seria e sicura conclusione non
a vendo un sicuro criterio per poter discernere ~li effetti dovuti all'artificio da quelli che si producevano
e che si sarebber prodotti naturalmente. l\Ia avendo un
termine di confronto negli altri paesi, questa condizione speciale delle società di produzione a Parigi ci
riesce anzi anche più preziosa, poichè ci dà modo di apprezzare la efficacia di molti degli espedienti che s1
posson~ escogitare per dare impulso a queste associazioni.
Lo studio delle socielà cli produzione in Germania
ed in Italia ce le ha presentate in paesi ove pure !::i.
piccola industria ha una certa importanza, ma in con-
IOI
dizioni oer altro rispetto ben diverse da quelle di P:irigi: in. ambe assoluta mancanza degli eccitamenti artificiali, che si ebbero a Parigi: in Germania, in mezzo
alla generale diffusione di tante altre forme di associazione, che s1 poteva supporre avessero preparato
r ambiente, in Italia invece fra popolazioni che si \'anno
da poco tempo abituando alla associazione, ed in un
ordinamenlo indust riale che va lentamente trasformandosi.
Cambiamento completo di ambiente, passando ali' Inghilterra ed agli Stati Uniti : quivi generale prevalenza della grande industria, grande agglomeramento cli operai salariati, inesistenza o quasi del ceto
degli artigiani indipendenti . Insieme a questi caratteri
generali comuni, <:ondizioni speciali per J' uno e per
r altro paese; nel primo diffusione immensa della cooperazione di consumo, tendente a ri\olgersi alla produzione, ed organizzazione della propaganda cooperati va: nel secondo, un movimento cooperativo di molto
più recente. più sparso, senza lradizioni, senza unionè;
spirito di iniziati\'a più forte, movimento economie~
generale più rapido, condizione generale degli operai
più prospera.
Non si potrebbe desiderare un campo più vario .e
più completo per lo studio di un istituto nelle sue esplicazioni· le conclusion i che se ne traggono sarebbero le
più con;plcte e le più generali, se in tulli questi paesi
le società di produzione avessero subìta una esperienza
abbastanza lunga e decisiva; e ciò che introduce un
certo elemento di incertezza nelle nostre ricerche è appunto il clubhio che le esperienze fatte finora non sian.o
sufficienti e decisive. Nra vedremo come la loro u111f ormità e il modo concorde come si sono esplicate ne
aumentino la importanza. e ci consentano di giungere
a conclusioni abbastanza sicure.
Considerando la fisonomia generale e di diversi
caratteri dei fatti che noi abbiamo osservati nei di\ersi
paesi. ci si manifesta la necessità di fare una distinzione mollo importante, che non è stata fatta che rara-
JO:l
nH:nte da coloro che si sono occupati delle società dt
produzione; e, quando è stata fatta, non è stata però
presa rnme base degli apprezzamenti relati' i a questi
istitul i. La distinzione è questa: delle imprese produtti\·e esercitate da operai, e delle imprese cooperatiYe
di produzione, o di quelle che al tipo cooperativo molto
si aV\·icinino pei loro caratteri e pei loro effetti.
E' evidente che una impresa cooperativa cli produzione deve essere nello stesso tempo, almeno in buona
parte, impresa di operai; ma per converso una impresa di operai non è necessariamente una 11npresa
cooperativa.
Questo fatto è già stato osservato, ed ammesso implicitamente da tutti quelli che riconobbero più o meno
il fenomeno di degenerazione producentesi in queste
associazioni, come vedemmo nel capitolo precedente.
:da quando si studiarono le difficoltà che esse presentavano, e tanti scrittori concorsero ad allungare quella
lunga litanìa che noi abbiamo analizzata diffusamente.
non si distinsero le difficoltà stesse, secondo che toccav;rno limpresa di operai in genere, o l'impresa cooperativa in specie. Ora, tale distinzione ci sembra assolutamente necessaria, ed anzi noi partiamo proprio
eia essa pel nostro raffronto fra la scienza e l'esperienza, e per le conclusioni definitive che vogliamo
brevemente formulare.
Le cliCficoltà infatti non sono le stesse per limpresa
di operai in genere e per limpresa cooperativa; o meglio, limpresa cooperativa, oltre tutte le difficoltà del·
limpresa di operai, incontra delle altre difficoltà sue
nroprie. Di più lindole di queste difficoltà è essenzial;11ente diversa, poichè le prime hanno carattere relati,·o e contingente, come quelle che non risiedono
nel!' essenza dell' impresa di operai, che non è una
forma speciale di impresa, ma una impresa qualunque.
distinta dalle altre imprese capitaliste solo pel fatto
che coloro che la esercitano sono operai; mentre le seconde, sgorgano direttamente dalla natura speciale
della impresa cooperativa, forma a sè, e distinta dalle
103
altre, hanno carattere quasi assoluto o ad og111 111od 0
molto meno relativo e variabile delle altre.
.
,
Se noi esaminiamo partitamente queste d1i:1colt.a
alla stregua del!' esperienza, tenendo presente 1 anzidetta distinzione, le conclusioni ci si presentano senz'altro alla mente chiare e precise.
.
La maggior parte delle critiche che furon n volte
contro le società di produzione, le toccano non c~m~
imprese cooperative. ma semplicemente come soc1eta
di operai: nè ciò può far meraviglia, riflettendo alla
difficoltà che si è aYuta per formulare un concett~ abbastanza preciso di queste associazioni. Lo poss~amo
dimostrare facilmente con una semplice enumerazione.
L' inettitudine degli operai ad esercitar I' ~mp:e:a: la
inopportumtà per parte di essi di arrisch1arv1 1 lor~
pochi risparmii: la mancata divisione di la,:or? f~a gli
elementi della produzione, son tutte obb1ez10111 . ~he
riguardano in genere il fatto di operai cl.1e eser~1t1110
in qualunque modo una impresa, e non 1~ parti.colar
modo I' impresa cooperativa. Così pure l' 111suffic1e1:za
cli cloti morali ed intellettuali, e specialmente la difficoltà di trovare buoni direttori fra di loro, ~ig,uard~n~
egualmente r impresa di operai in genere: .ne e ~ dirsi
diversamente della maggior parte delle d1.fficolta economche. riguardanti la formazione del capitale. e della
clientela, !"ottenimento del credito (se ne togli quell:t
cui accenna lo Schulze), la capacità di sostenere la
concorrenza delle altre imprese, ecc., ecc.
. .
Tutte l1ueste difficoltà riguardano non I' :serc1zio
di 11na impresa cooperativa di produzione, ~ia in g.en~­
re r esercizio di una impresa per parte di oper~1, ~ 1,1
quanto esse si riferiscono alle condizioni in cui pm
generalmente si trovino gli operai, e che rendon loro
malageYole \' esercitare una industria.
Le difficoltà che riguardano pii't speci~lmente 1" impre~a cooperativa sono invece quelle . di . mant.enere
raccordo fra i soci e fra questi e la direzione, eh. sceoJiere ed organizzare opportunamente le forze di l~­
~oro, di ripartire gli utili con un criterio che soddt-
roS
t- i.!''! l(. <' tutti, e d1 impe-• l'"i e :>t rda i: suo carattere
••
!
'..
'
t > :~ n 'J<~ra \ ia. noi dobr:·c~a. ' [ u.1e e !e altre di f:~·· : e rilr !a ma2~ior parte
~· gi2 ta'lte rnlte manife"
r 'i.: ta'11er1te :n~eso nei \'ar;i
re ~Ì que•tO nostro Ja\'Ort,
'1 ri :ur~ rei di molto in spie-
-e~i. che ci porge fatti in
--te di\ erzenti. che ci dà dap"' •:"t"'·Ì d1 tmpre~e di produzione
~ ..! ce a chiare nott•' che le dif~ .:~-:- ".:> .:-ome tali 1e pre~cindendo
<0110
eminentemente
:-.-,,o re" ;;i presentano: si pre:::r. \:: ~= ;.,coatra110 tutte assieme.
" • ., • ., • ..'<: ~ndo le di,·cr•e condizioni
. ~., '" e 'eco11do i caratteri del~ .: "' ..! t ,-ari i pae5i. Più che n~re
· • ... '':n .; el.t~tici. che. secondo i
"v•tmano; e talora si an·iiri1po3,:ibile la costituii impa,e. tal altra in:i~e\ obrne una larga e
:
::
::
'
.,
·~·
r
" .:: nd:zio·1e delle persone
• "". ~·, - ~· im?TC':l: e. natural~~. · "e L•ltre che in loro. sta
'e farnri5ca. Da una
'"~elkauali. morali
lo ~Yiluppo
net yarii
~ · .;: .:mi..,letameme rer"l' '"'cetth·i di com, ... ~. qc..~'1:0 più e\eYata sia
la capacità iutellettuale, morale ed economica degli
operai, e quanto meno larghe siano le proporzioni delle
1 ndustrie, o meno complesso il loro organismo; tanto
più ageYoli saranno le costituzioni ed il funzionamento delle imprese di operai: cosicchè tale ageyo\ezza
appare essere in ragione diretta delle doti di che questi
sono forniti, cJ in ragioi1e inversa delle proporzioni e
cldla complessità delle industrie.
:.\Ia dice' amo che fra questi due clementi si possono
avere combinazioni molto di verse. Vediamole brevemente.
Innanzi tutto quando l'uno o l'altro elemento manchino totalmente o quasi, uno solo non basterà, e l' impresa cli operai non potrà costituirsi o funzionare. Se
gli operai non abbiano in nessun modo le doti rich1e:;te. per quanto ristretta sia I' industria. le associazioni
loro non sorgeranno, o, sorgendo. non potranno funzionar bene: e per contro. anche per gli operai forniti
di tloti, specialmente economiche, s111golari. I' assunzione delle imprese assai in grande appare impos~ih ilc .
:.\fa imprese semplici e facili possono essere esercitate da operai che abbiano doti sia morali, sia intelklluali. sia economiche mediocri, e<l anche meno che
mediocri (valgano come esempio le società italiane cli
hraccianti): ed un grado elevato cli queste invece può
permettere agli operai di accedere alla media e talora
anche alla grande industria.
Si aggiunga poi che. anche ayenclosi favorevoli
tanto k condizioni cieli' industria, quanto le doti degli
operai. talora possono darsi certe speciali circostanze
che po•1gano altri ostacoli allo syi\uppo delle associa7.IOni.
Il concorso cli condizioni capaci di permettere tale
sY iluppo si Yerifìca quasi dappertutto. in gradi <liYersi,
ma sempre entro ristretti confini: e ciò specialmente
pl'lch ~ le qualità richieste. pure esistenti 11cgli operai.
non sono in generale molto diffu se fra di qu e<:ti. :.\h
106
nulla esclude che esse possano in seguito di ffonder<:1
ma~giormente.
Le ,-arie difficoltù -.peciali osscn·ate, si ma111fcsta1w qua e là tratto tratto. ma non sempre. nè tutte.
.\'oi possiamo ora rammentare brevemente i fa1ri
che giustificano tutte queste nostre aficrmazioni.
\bhiamo ,·ccluto impnsc cli operai che ebbero buon
sncccsso ccl imprese che non lo ebbero. 111 tutti i paesi
nei (g1ali studiammo le socictù di produzione; un successo od un insuccesso cumplcti 1101 non li abbiamo in
11cssun luogo.
\libiamo tro,·ate tali imprese principali nella piccola industria, ma anche 11ella media. e talora persino
nella grande; però i casi di c..,ercizio di grande industria per parte di operai sono stati rarissimi e non mai
oltre certi limiti. D"altra parte abbiamo assai di frequente riscontrati insuccessi anche nell'esercizio di piccole industrie. quando gli operai che le ,·ole' ano esercitare a\ evano doti assolutamente insufficienti per
ogni rispetto ali' esercizio del!' impresa in associazione; possono essere presi come tipici i numerosi ins11r·
cessi delle associaz10ni parigine dovnte ad eccitaml'nti
artificiali. posti a riscontro coi successi avutisi pure a
! 'arigi, nelle stesse co11dizi1Jni, p1..r parte di associaz!l ni
composte di operai capaci, intelligenti, pr-:videnti.
[nvece t' esistenza. cd L"na fiorente esistema, cli imprese di operai esercenti la media ccl anche la grarnle
industria in Inghilterra e negli Stalt Uniti. Ci è spiegata dalla maggior capacità economica di quegli operai, che hanno salarii più cle\'ati, e possono quindi accumular capitali più facilmente e più rapidamente
In Germania Yeciiamo svilupparsi poco queste associazioni. sebbene le proporzioni cieli' industria sian0
limitate e gli operai siano preparati alla associazione;
perchè vi sono già certe altre forme cli associazion,,
che rallentano e paralizzano la diffusione di quelle.
In Italia avviene lo st1..sso fatto per la insufficiente
preparazione degli operai: nè si scorge alcuna ra-
!07
gione perchè tali forme non possano meglio SYilupparsi in seguito.
Abbiamo poi Yeduto pure a suo luog;o com~ una
parte degli insuccessi delle impres_e degli operai non
s i possa.10 atribuir loro in ispecial modo. ma corri~ponclano agli insuccessi che si ha~1110 regolarment~
in tutte le imprese, qualunque esse s1eno.
.
Se ci facciamo a considerare una per una le \'arte
dillicoltà attribuite in genere a queste associazioni, e
'.Hl esaminare come esse cli fatto si siano manifestate,
l.t loro relatività riesce anche meglio dimostrata.
Lasciamo a parte i «difetti». cli cui vedemmo nel
capitolo precedente accusate. le ~o.ci.età cli. produzio_ne, ~
tendenti a dimostrarne la 111ab1ltta; che per essi noi
abbiamo una sola risposta, cioè il fatto che numero~~
associazioni di questo genere esistono e prosperan.o 111
parecchi paesi: fatt~ che ?imos~ra. a chi tenga ~lt ~c­
ch i aperti, e non li voglia chwdere per non 'edere
ta luce del sole. che esse sono « possibilt » ed «attuali i I i ».
.
Quanto alla difficoltà di formar~ il capitale, ranmente abbiam trovato che essa abbia presentato ostacolo insormontabile, quando concorrevano le altre co1:clizioni necessarie: spesso essa ha rallentato. lo s:·1~
luppo delle associazion~: ~na ta1:le v?l~e pe:o non s1 .e
incontrata. affatto; e c10 111 quei casi tn c~11 la se1:1plt't-' e \e ristrette proporzioni del\' industria esercitala
c 1 ,t
·
li' ·
richiedevano un capitale esiguo, ed 111 que ~ 1~1 cui ~
'-'OCi erano numerosi. ben prov\·eduti e ca!1ac1 cli sforzi
· · E' <Jttesli sforzi
hanno
.
energ1c1
. talora
.
.
. trionfato
. . ancl.1e
cldle difficoltà economiche 111 cui gh operai s1 t1 o'. a\ ano e delle esigenze dell" industri~. conducendo a n~1scita imprese che per ogni ~ltro nspe~to. so:g-eyano. 1::
mezzo a condizioni contr1.ne. Le. soc1et.a eh . c_occh1e1 t
r Pari<Ti quelle industriali <kgli Stati Umtt J:anno
~~ct1l;1llÌ~~o con facilità ingenti capitali; molte 1_>1c~ol~
società francesi. italiane. tedes_chc. le ~ostre _so~1eta ,Jt
braccianti, ecc., ha·nno an1to bisogno d1 poch1ss_1m? capitale per funzionare regolarmente; quelle soc1eta pa-
ro8
r~gl!.'c del I8.+8 che durarono a cl ungo e , arie altre so-
n eta dell'uno e del!' altro pacc;c, riuscirono lentamente
e ~0n sf?rzi addirittura eroici acl accnmulare i capita] 1 relativamente ingenti cli cui a \'c\·ano bisogno.
Le difficoltà di ottenrr credito e cli assicurarsi b.'- oro sufficiente e regolare hanno disturbato. for;;e ni:'1
elci capitale, le imprese degli opC'rai; 111a sono diffic~lt-1
che incontrano necessariamente tutte le imprese nei
loro inizii; e poi 11011 sempre nè co11ti11ua111e11tc le 1111prese di operai ne furono stnrhatc.
:-:oi abbiamo trovate associazioni che otte1111rro cubito il credito che loro occorreva. o che dopo i pri111i
momenti, ne ebbero anche più che loro 11011 face<:5<'
cl" uopo: e. se la poca regolarità e l;i. insufficienza del
Ja,·oro furono per molte associazioni ]'ostacolo più
gra,·e, noi ne abhiam tro,·ate non poche i cui affari
cd i cui profitti andarono man 111:rno aumentando. ;-issicurando sempre meglio il successo ai loro sforzi
fortunati.
T a direzione è stata lo scoglio contro il quale molte
associazioni hanno. naufragato; ma molte pure nel na11fng-io si son sah·ate. I"' non poche furono li<iuidate sin
dal principio da abilissimi nocchieri. '\'"oi ahhi;imo conosciuto a Parigi dci direttori di a~sociazioni. che soP0
la _climos~r~zione più efficace clelln possibilità cli trovar
d_c1_ ?1~on1 111dustriali anche fra gli operai. e della po:::s1hi11ta per parte delle associazioni di profittarne e cli
conservarseli. E nelle associazioni noi non abbi;tmo
lro\'ato soltanto degli uomini di capacità inte!lct•ualr
f'cl economica media 0d :il cliso!l,., dcll 1 P1ecli;>: cleg-li
operai di capacità mediana non sarclih'rn m:ii riu::citi
a portare 1' impresa di /z111C'f"IC'ric della società dei
/u;zctiers di Parigi al p11Pto cui essa è g-iunta.
. :\l"_oi . abbiamo vedute molte associazioÌ1i cli operai.
ti c111 11vello intellettuale. morale. cconon1ico era l:a<sissi~no. arenarsi alle prime e più li<'\'i cliPìroltà c:-e-ir-:i
pcrs1110 difficoltà da sè 111edesi1r". e 11a11fra~:i.rl' miseramente.
Ma abbiamo veduto anche altre nssociazioni. for-
ro9
mate_ dti. ~km_ enti. scelti, su1~erare valorosamente le più
gra\"1 peripezie, vincere ogni ostacolo, e condurre i loro
soci alla agiatezza ed alla indipendenza.
. . \dunque, per concludere. se tutte queste difficoltà
c1 sono, se qualcuna sempre se ne presenta non è detto
che ci sian sempre, e tutte, e sempre gra,:i; e ad ogni
modo esse sono così relati ve, che possono benissimo
c:;serc allontanate, e di molto.
~on si può disconoscere che finora esse si sono
spesso present:ite numerose e gravi; ma non è stato
sempre così: nè si può affermare che così debba essere
in seguito. Anzi. per quella fiducia che ci dà il progresso generale della civiltà. che mai non resta, noi riteniamo che queste difficoltà in complesso debbano piuttosto diminuire che aumentare. Il li,·ello morale, intellettuale ed economico delle classi operaie dovrà necessariamente cle,·arsi. e la costituzione dcll' industria
già lo abbiamo Yecluto anche altroYe, lascierà sempr~
un largo campo cli esplicazione alle imprese degli operai. che dovranno e5sere più numerose e più prospere.
Ora passiamo ad esaminare le difficoltà che non
~·01~0 proprie della impresa di operai in genere, ma rif;nardano in modo affatto speciale I" impresa cooperatiYa di produzione. Già dicemmo quali sono: la difficoltà cli mantenere l' accordo; quella di scegliere ed organizzare le forze di la,·oro; di stabilire un buon sistema di ripartizione degli utili: di impedire che r impresa perda il carattere cooperativo. In generale pos~iam dir~ che, tranne la prima, quella dell'accorcio,
che sta da sè ed ha carattere completamente affine alle
precedenti, le altre si riducono acl una sola, quella di
eia re e di mantenere all' impresa il carattere cooperativo. Vediamole brevemente.
li disaccordo fra i soci non è un inconveniente che
!'ia proprio soltanto dell' impresa cooperati\·a d1 produzione, chè si man;festa in qualunque società, sia di
capitali, sia di persone: ma è vero che qui esso è più
facile e più grave che in ogni altra. ?\on si tratta solo
rii far procedere di conserva le idee dei soci intorno al-
III
110
r indirizzo
ed alla amministrazione della società; i
5oci non hanno fra di loro soltanto il vincolo che lega
gli azionisti di una società di capitali, od i membri di
una associazione di mutuo soccorso o di una cooperativa di consumo. I soci della società cli produzione
lavorano insieme, hanno continui raipporti fra loro,
devono tutti esser soggetti ad una autorità, che emana
cla loro stessi; ed in queste condizioni l'accordo è tutt'altro che facile, e gli antagonismi, le gare, le i1widi~.
i dispetti sorgono, si può dire, spontaneamente, e tanto
più gravi e frequenti, quanto più precaria è la condizione della società, i cui membri in tal modo non fanno
che affrettarne lo scioglimento da sè medesimi.
::\on bisogna confondere le difficoltà generali cli direzione. che incontra qualunque impresa di operai, con
queste difficoltà. più specialmente proprie del!' impresa
cooperatiYa.
Giova però osservare che neppur queste ultime so110
cli carattere assoluto: sono frequenti. in parte prO\'Ocate dalla natu ra stessa della associazione, ma non sono
necessarie, e può dirsi in generale che si presentano
in ragione inversa delle qualità economiche e morali
dei soci, e ciel successo del la associazione: quando il livel lo dei soci è elevato, pit'.1 facilmente essi si mettono
d'accorcio e si adattano a lle esigenze della associazione; quando la società va bene. quando gli
affari riescono, ognuno è di
miglior umore.
pit'.1 facile a contentarsi e ad accordarsi; cosicchè in
conclusione si può dire che. se la difficoltù cieli' accordo
dà il colpo di grazia a delle associazioni poco vitali.
11011 può compromettere seriamente quelle che siano
composte cli buoni elementi e si appoggino a bac;i solide.
::\è sono supposizioni le nostre: tutti i fatti da noi
raccolti. specialmente in Francia, ma anche altro,·e. lo
dimostrano; il disaccordo si manifesta specialmente
cla principio, ed è più di lutto conseguenza della condizione precaria in cui la società si trova: se questa giungf'
a varcare felicemente la crisi, che subiscono quasi tutte
da principio, presto l'accordo si stabilisce, e ben di rado
in seguito viene a mancare: talora sorgono passeggieri
nembi sul\' orizzonte sociale; ma le grandi procelle, se
,·intc da principio, difficilmente ritornano.
Seria difficoltà è quella della scelta e dcli' ordinamento delle forze di lavoro: essa si esplica in due modi
diiierenti, cli CUI luno sta a Sè. mentre J' altro Si riCO!lgiunge colla questione che dovremo trattare fra
poche lince. E' vero che, quando la società si costituisce, chi la dirige non ha molta libertà di scelta, do,·e11do reclutare gli operai fra gli clementi che la co~tituiscono; giova però osservare che il fatto dimostra
che nclk associazioni a\·1·iene una specie cli selezione
naturale. per b quale gli elementi disadatti sono rapidalllentc di minati; mentre se ne reclutano altri, sia come
soci. sia come salariati, che soddisfacciano ai bisog•1i
della società. E noi tro\'ammo non poche associazioni
che. con misura molto prudente, accettano come soci
,;ailanto gli operai cli abilità riconosciuta; ed affidano
i la\'ori per turno ai più capaci, facendo tah·olta loro
!"uhirc persino una sorta d' esame.
E' r esperienza cli ogni giorno e di tutte le associazioni. che ci dice come presto si riduca il numero dei
soci, colla eliminazione di tutti quelli che, per una ragione o per r altra. non erano adatti; e come subito
l'associazione pronregga ai casi suoi. E. per di più,
questa difficoltà si presenta solo da principio: cli poi
\'associazione ha libertà di scelta: fissa le condizioni
per I' ammissione dei soci; e noi abbiamo veduto come
~pesso le fissi rigorosamente, sin quasi a chiudersi in
sè medesima; citiamo lesempio dei /1we'liers di Parigi.
che non accettano come soci che coloro che presentino
altitudini affatto speciali, le quali assicurino che il nuo\'O socio apporterà alla associazione un vigoroso contributo.
D'altra parte poi noi sappiamo per prova che:.
quando le associazioni hanno bisogno cli lavoratori, '"
1ion possono o non vogliono accogliere soci nuo\'i, pren ·
clono al loro ser\'igio dei salariati.
:\fa appnnto qui la difficoltà della scelta delle forz'.C'
rr3
II2
di lavoro si presenta sotto un aspetto diverso e più ora' e; poichè le esigenze del la \'Oro tendono a snatu~are
I' associazione. ::\ ell' impresa sociale si mani festa ben
presto la grave difficoltà di pro[JOrzionare al lavoro
il numero dei soci; il lavoro in generale non è costante;
la sua costanza varia secondo le industrie, nelle quali
quindi tale difficoltà è di gravità differente, ma c· P.
sempre:.
Ora, non potendosi mantenere tale proporzione, deve avvenire ed avviene quasi sempre nelle associazioni.
ch_e ora una parte dei soci sia ridotta a fungere semplicemente come ca1Jitalista, per insufficienza <li lavoro:
e<l or.a ~n\'ece, per esuberanza, si occupino molti operai
s.a.lanati, estranei alla associazione. Di più, quando
1 111constanza del lavoro è molto forte. avviene che
quella parte dei soci che sarebbe occupata solo temporaneamente, rinunci ad esserlo, non troYandovi yanta~gi~. <; sent~nc~osi più sicura presso i padroni; e che
quindi 1 associazione occupi quasi continuamente u11
m1111ero variabile e non indifferente di salariati.
Questo fatto, che è frcquc11t1s~imo ndk a-;soc1 •
z~on~, sebbene non sempre vi si produce, cd in proporzioni molto variabili secondo i casi, altera la natur:t
delle associazio.ni stesse, e ne comp romette l'equilibrio·,
e per questo rispetto esso si intreccia strettamente ed
anzi si fonde coll'altra difficoltà di che ora ci accingiamo a parlare.
. Analizzammo a lungo nel capitolo precedente !a
di~~coltà d i stabili r e il c r iterio per la ripa r tiz ione degli
utili; vedemmo come una risoluzione perfetta non ·i
possa trovare, e sia necessario ricorrere a delle transa;-ioni; e dicemmo anche quale sia la transazione migliore, la transazione c h e più si aYvicini al concetto astratto della società di produzione. L'esperienza naturalmente no~1 ci ~t~ò dir nulla intorno alla questione teorica <lella ripartizione, poichè tale questione le sfugge
completamente, essendo di ordine diverso. Anche quanto alla scelta della transazione mio-liore essa non ci
può dir molto, poich è non tutti i sistem i ;ono stati spe-
rimentati nelle stesse condizioni e con eguale estensione, e si è dato largo campo all'empirismo ed alla imitazione; ma più di tutto poi, perchè una buona parte
degli effetti dei diversi sistemi riguardano le condizioni dei soci e degli operai occupati, e non quelle della
associazione in sè stessa, e sono quindi assai difficilmente determinabili. Però in genere possiamo dire che
l'imperfezione e l'irrazionalità dei criterii
adottati
nella ripartizione, è stata causa non infrequente di contese, d i discordie, e del catfrrn funzionamento delle associazioni: e che più di tutto poi. l'esperienza ha dimostrata la assoluta necessità di assegnare una parte degli utili al capitale, per eccitarne la formazione e l'aumento, senza di che l'an·enire della impresa non sarebbe assicurato.
;\fa non è questa la questione che dobbiamo trattare, e che, come dicevamo. si ricongiunge con quella
veduta precedentemente. >;on si yuole qui determinare
un criterio di ripartizione proprio tiella impresa coopcratirn, un criterio che tratti equamente capitale e la\'Oro: si tratta piuttosto. determinato che sia tale criterio, di poterlo applicare e mantenere nella associazione. La. que:>tione insomma è questa: dare alla associazione il «carattere cooperatirn ». ecl impedirle che in
seguito, snaturandosi, essa lo pcrc1a.
11 fatto della degenerazione delle società di procluzioen, e della facilità che vi è, che in esse prevalgano il
capitale ed i caratteri della impresa speculativa, fu eh
noi a più riprese ossen·ato e spiegato, sia nella seconda
parte, studiando la diffusione di queste associazioni in
diversi paesi, sia nel capitolo precedente, O\'e riassumemmo i cenni che di esso an~vamo trovati in parecchi scrittori.
Il lettore sa dunque già che pensarne, nè ci sarà
bisogno di lunghe spiegazioni: noi qui ,·ogliamo soltanto porne in rilie\'O tutta la importanza. riassumerne
le cause e le forme, diyersamcnte esplicantisi secondo i
luoghi e le condizioni, e \'celere finalmente qual conto
s
ne debba tenere nell'apprezzamento gene rale che si
clc\·e fare delle società cli produzione.
Innanzi tutto occorre fare una ossen azione che
sebbene non si_a completamente nell'ordine di icl~e in~
torn~ alle- quali ora ci intratteniamo, pure \'i si avvici:ia cli m?lt?. :\ella maggior parte dei casi, gli operai
c:hc cost1lu1sc_ono una società di produzione hanno un
ro11cetto assai poco chiaro cli ciò che fanno: hanno veduto od :ip~n-es_o che altri si son riuniti in associazione
~·d _h111110 11np1antato ~ll1 laboratorio, e vogli ono fare
,tlti e_ttanto: p r ~ndono il prnno statuto ch e trovano s1
110111111ano un d1rettor~, e la società è- bell'e costituit~. E
con~c ~or.reste eh~ essi a vessc ro un concetto esatto della
soc i ~ta cli produz1one, se tale concetto si trova confuso
assai anche nella scienza?
. C?sì è che moltissime associazio11i ricevono i loro
prnni caratteri dal caso: e, così costituite. in generale
1:0 11 n~utano se non quando le esigenze dell'industria
l ampliamento dell 'opificio, ciel numero dci soci od al~
tre cause, non rendano necessaria qi.1alche modificazione a llo statuto. •\llora a nriene una lenta elaborazione
!:i quale porta necessariamente l'associazione vers~
qu~·lla fon~a che meglio risponda alla natura dell'indt1"t r1a. ~s~rc1tata, _secondo la prevalenza del capitale o
dc~ lc1\ oi o. ~cc.. ?II~ tale elaborazione non è facile, e ta101 ~ ostac?li cli d1~·crso genere la intralciano· noi ne
abbta~no ns.co1:trat1 spessissimo, specialmente parlando
coi
ac.c
· • · · parigine:
· ·
J"1gno. direttori
, . di. pareccht'e
•
.,.,,oc1az1on1
1.an~a .. I ab~tud 111 e e la 1:ipugnanza a cambiare, gl i inte1~~si e he si son fo rmati attorno al sistema adottato da
Jl 1nna, ~cc., oppon~ono talora ostacol i insormontabili.
Sta_ il fallo pero che in generale a poco a poco la
C\'Oluzioi~ c ?rocede, e la società si trasforma: ed è intrressant1ss.11110.
anche come stt1di'o ps'1co Iogico,
.
·1
'"'
..
i se,., ui i e qu~~tc trasforma.zioni, le quali. è d'uopo dirlo.
;irlla mag1g~r parte dei casi tendono a dare la p r e\'aenza al capitale nell'associazione.
'!a_ \'cniamo senz'altro al punto più im portante.
:\01 abbiamo detto a suo luogo come la societ à di
Sl'
nS
produzione non sia che una forma speciale d'esercizio
dell'impresa industriale, e come essa non contrasti per
nulla ai principii fondamentali della scienza economica. La società di produzione si basa su quello stesso
motore su cui sono fondate le altre imprese: sull'« intcrtssc individuale» . I casi in cui si sia tentato di darle alt1·a base sono rarissimi , ed ebbero dal fatto la
sanzione ch e loro spettava, cioè l'insuccesso; le idee
dcl I3uch cz sul fondo indiyisibile, quelle elci I3lanc sull'eguaglianza dei salarii, le quali supponevano la prc' alenza dci sentimenti altruistici sugli egoistici, ebbero
quello, decisivo, della esperienza. ::\on c'è che il sentimento religioso che possa. nelle masse, sostituire in
parte l'interesse individuale; lo hanno dimostrato molti
iatti, e fra gli altri le comunità attuate a più riprese
negli Stati Uniti cl' America.
La società di produzione aclunque si basa, e non potrebbe non basarsi, sull'interesse indiYiduale. Ora. per
poter stabilire su tale base un trattamento equo al ca:
pitale ed al la\'oro. associati nell'impresa. per potere attribuire a ciascuno di loro la parte che gli spetta secondo il criterio d'equità . bisogna che nella associazione questi due elementi, capitale e laYoro. si equilibrino di fatto. bisogna che la loro importanza sia pres:;o
a poco eguale; in tal ca::.o l'interesse individuale non
pord. alcun ostacolo ad un equo tratt,unento clell\1110
e tldl'altro. ?IIa se tale equilibrio 11011 c'è. o se. dopo esserci stato. per una causa qualunque si sposta. quell'equo trattamento non è più possibile: poichè. o preval'
di fatto il Jayoro. cd allora \'intere~sc indivitluale b
conduce in breve a aiovar,,i cli questa ~ua posizione
cli
.
.
fa\'ore, a danno dell'altro elemento: o pre\'ale il cap1lale, ed allora si pone necessariamente in prima line~
l'interesse di questo. che diYi1:ne il ,-ero padrone od :\
qua~i-paclrone (secondo i casi) dell'impresa.
Si noti bene che tutto questo accade quasi inc,·itaLilmc:nte anche ove le due qualità cli lavoratore e di capital i;;ta siano riunite nella stessa persona. poichè, se~
II6
do che in quella persona Jll.e\·ale l'una o l'altra di
quelle. essa agisce in u n modo od in un a ltro.
O r a diciamo subito, che l'equ ilibrio fra capitale e
lworo .C che innro. è malagevole determina r e precisamente 111 ch e consista, e che può assumere for m e di\·erse~ è assai d ifficile ad ottene rs i; e. ottenuto che sia,
e~so e. pe r natu r a sua. assai instabi le, cosicch è facilmente lo s i perde . .'\ggiungiamo che gli spostamenti
che .a\'\'en.go ~1 0 in 9u e~to equ ilibrio, specialmente quau<lo. I as~ocia~ 1one s 1 S\ ilu p pa, sono nella. maggior parte
dei casi dati da ll a prevalenza dcl capitale; e c h e così
J•tirc da. pri ncipio la mancanza d 'equilibrio è prodotta
pe r lo p1u dalla m ed esima causa.
~i un.isea no q ueste ossen·azion i a quelle fatte più
addietro intorno alle forze d i lavoro cd ai sala r iati nelle a ~so~iaz!o'.1i, ed al caso che spesso ne determi na. e
alle ah1.tud1111 e agli interessi che ne mante ngono. le
for~ne imperfette assunte da p ri ncipio; e si avranno
cr•s1 tutte le cause ch e r endono assai d iffici le il dare ed
il nrnntcnere il ca ra tte r e coopcrati\·o alle società d i produzion e.
:\fa circa questa questione dell 'equilibrio fra capitak ~ lav?ro occo rre intend erci meglio: faccia mo u n
caso 111 cui tale equil ibrio sussista, e vedi a mo ch e cosa
possa a vveni r e.
SujJpon ia mo una assoc iazio n e in cu i tutt i i soci po s~egt~a.no u n~ qu.o ta ? i ca pita le presso a poco egua le;
l!1 c ui l.a\ on no .' s.oc1 soltan to; e la capacità, l 'att i v i t~.
la pr c\'l ~ cnza d1 ciascuno si equ ivalgo no ad un d ipres~. ~ fra. di loro ..In tal caso v i sarà ver a m e nte equil ibrio
f1a g l: elementi ch e assumono l'impresa. nè ci sa rà a lC'tl~1 ostacolo a ch e al capitale ed al lavoro s ia attrilnuta la parte ch e loro spetta.
~=d anche se fra i soci vi s ia qualcuno ch e no n larnn. ;na. ,ch e ~ontri bu isca semplicem e n te col capitale,
p iirche cio r esti ent ro certe propor zioni, n è questi possa a.s sum e r e la prevale n za, le cose non cambiera nno.
\!1zi la presenza di qua lch e capitalista. ed a n ch e, fi no
<i cl u n ce rto punto, u na leggic rissima p r evale n za d el
rr.,
II?
capitale. possono riuscire molto utili, facendo sì che
il capitale abbia realmente la parte che gli spetta, e che.
come Yedremo. è necessario che gli tocchi: mentre in
una associazione in cui lavoro e capitale si equilibrino
perfettamente e nelle medesime rersone, può facilmente prendere prevalenza il la\'oro, cd esser trascurato il
capitale, con discapito ne lla prosperità dell'impresa.
: fa il caso che no i abbia mo supposto è molto d ifficile a verificarsi. e tanto più diffic ile poi a du rare: è
p(Jssi hilc, specialmente o\·e si t ratti d i piccole in dus t r ie.
cli piccole associazio ni ese rcitanti impr ese molto semplici: è possibile anche ii~ altre circostanze, eia principio: ma assa i di frequente le esigenze della formazione
del capitale dà:mo a que~to fin da principio la prevalenza: c. se non l'aveva da prima. spesso la assume
di poi.
V cdiamo brevemente le cause che dete r mina no tale
tra · formazione: e non abbiamo per ciò che a riferirci
ai fotti tante Yolte osscnati .
:-;upponiamo che una società di produzione abbia
cominciato a vendo presso a poco quel!' equilibrio di che
:tlibiamo parlato finor;:.: supponiamo che essa si orgat'izzi bene e funzioni regolarmente.
In tal caso hen presto il capitale con cui si era co!llinciato non basterà: bisognerà a lla rgare l'opificio,
acrpustare macch ine, ccc. Si ecciteranno i soci a sottof cri\·cre nuoH azion i, si tratte r ranno loro delle quote
:'ui salarii. ecc. : non bastando i contributi dei soci laYO- •
r~ to' i. si cercherà cli ottener e capitali a prestito, s i acr< te•"\11110 erme azionisti anche delle perso n e che non
sr»'O h\ o~atori. o non di quell'arte. ecc. );on si può
dir e in ge·1erc ed a p!·iori quando verrà il momento in
mi b prernlem:a dcl capi tale ported una tras form 1z !onc Pcll'indole della rncietà: ma si può esser certi
ncrò che cJllesta trasformazione si prepara quasi inevitabilmente~ F può an·enire in diversi modi.
Può dars i che il numero Jegl i azionisti che (siano
essi o non sia110 operai, ciò non importa) non partecipano all'imp resa anch e col loro lavoro abb ia la preva-
II9
rr8
lu 1 za: cd allora si sopprimerà o si diminuirà la 1J2 rtecipazione de l lavoro ai profitti: è il caso delle societù
di Rochdale, e di parecchie altre. :.\fa può anche anreni r c che i soci non trovino aiuti dal di fuori, che il
loro numero non aumenti, o perchè non se ne vegliano
di più , o perchè non se ne trovino: in tal caso. se i soci
sono capaci, energici, previdenti, essi si impongono
dci gravi sagrifici, e formano da sè medesimi il capitale occorrente: è ciò che abbiamo veduto av\'enin· i:1
parecchie società parigine. J\fa a llo ra che cosa ~ccarle?
Tutti que i soci che non sono perfettamente adatti a
quella vita. a quei sagrifici. che non sono cli capacità
almeno meciia , ecc., a poco a poco vengo no elimi nati: o
se ne vanno spontaneamente. o sono messi più o Jt<èl10
ga rbatamente alla porta: possono restare delle did~­
r enze fra socio e socio, pel fatto che uno guadagni più
ed uno meno, che uno risparmi un po· più dell'altro:
ma non differenze molto sensibili; la condizione dei
pochi soci di,·enta press'a poco eguale. e fra cli loro si
stab iliscono dei rapporti cli « vera cooperazione»: ma b
società si restringe in sè stessa: e, cominciato che si
ebbe a non reclutar soci nuovi pe r chè non ne venivano.
<;i finisce per non r eclutarne più perchè non se ne vuole:
perchè g li alt ri soci si sono abituat i a sfruttare il lavoro elci salariati , e non voglio no m etterli a parte dei
loro guadagni. Qualche socio si recluta di trat to in
tratto fra i migliori, per m an tener vitale l'associazione, m.a nulla più.
Xoi no n tracciamo le va ri e fasi di questa trasformazione, già vedu te nel fatto: non poniamo neppu r e in
luce J'.aumento progressivo del numero dei salariati, dovuto a cause diverse, ecc.: non faremmo ch e ripeter
cose già dette e ridette a sazietà. Fatto ·sta che l'associane si è posta in braccio all'egoismo. e che a poco a
poco essa si snatura completamente: l'ul t imo stadio
cli questa evoluzione è rappresentato dal t ipo della società dei lu11etiers di Parigi: dall'impresa cooperativa
si è così passati alla s peculazione, cd alla specul azione
più dura e più egoistica.
Se poi l'associazione non trova modo di allargarsi e
di aumentare il suo capitale, nè reclutando nuovi soci,
11è imponendo degli sforzi eccezionali ai soci vecchi:
essa può bensì conserYare una certa eguaglianza, ed il
tipo cooperativo, ma a condizione di restare anemica,
.::enza forza di espansione, senza vita: ne abbiamo vedute parecchie a Parigi.
:\on ,·ogliamo dire che questi fatti costituiscano
una regola asso luta: la medaglia ha il suo ro\·escio. e
noi siamo ben lieti di constatarlo.
Ta qualche industria che sia per sè stes!>a necessariamente molto limitata, o nella quale occorra sempre
1111 capitale modesto. non siano necessarii grandi impianti. macchine, ecc .. potrà l'associazio ne c01~serv~re il
carattere cooperativo. ed allargare le sue basi ed il num ero dei soci.
E h cosa è pure possibile ove si tratti di industrie
che richiedano capitali abbastanza ingenti, ma do' e
pure. i11 grazia di condizioni speciali. il capi~ale s~ far·:
mi nella associazio ne in parle colle econon11e dei soci
,·ecchi, ed i11 parte per l'ingresso di soci nuoYi. meglio
se laYoratori essi pu r e, ma anche capitalisti, purchè l'..~­
quilibrio non si alteri. ed il maggior numero degli azionisti siano occupati nei lavo ri sociali. ?\oi abbiamo vedute parecchie associazioni in cui ciò è avvenuto: in
rrcnerale in queste il carattere cooperativo s i mantiene
"'solo in parte: ma talora avv iene anche che poi,. a poco
a poco, s fumi.
E qui occorre soggiungere, che nei s ingoli casi questa trasformazione è più o meno eccitata, oltre che
cblle circostanze accennate, anche dalla maggiore o
minore costanza dcl lavoro. che rende J)iÙ o meno
necessari i dei salariati: dalla forma che da principio.
per caso od altro moti \'O, assunse l'associazione.: e
dal ,_istema cli ripartizione che fu adottato sulle prime.
Finora abbiamo supposto il caso di associazioni
che comincino coll'equil ibrio. ed abbiamo ,·ecluto com e nella maggior pJrte dei casi esse siano condotte
120
necessariamente a perderlo. o per l'una o per l'altr:l
ca usa.
:.\[a molto spesso aYncnL elle neppure da principio
tale equilibrio si ottenga: anzi è questo il fatto piì1
frequente nelle associazioni costituitesi in qur"sli ultimi tempi in di\'ersi pac~i. In queste associazioni
(es. molte delle associaziolli francesi (kll'ultimo periodo, le associazioni dcl :\fassacl1usetts, e parecchie
cli altri Stati dell'unione americana, la maggior parte
delle italiane, parte delle tedesche, ccc.) da bel principio il capitale assume la prevalenza e dà loro caratteri molto affini a quelli <lt:ll'impre a speculativa. o gli
~; lc~s i: e quasi impossibile cli poi riesce il ll.udific:-trli.
nm• ne sono le cause; l'una è la grande facilità
colla Cjualc queste associazioni si costituiscono. fra opcr.1i che ncn so:io in ca;;o cli spiegare ul!a grande e'it·r;~"i-L e capacità di sagrificio. fra oper;,i che hanno
i•Oca p0s~il1ilitù <l; risparmia re e molta smania cli costi! 11ir <;nbito l'associazione, sia per dare impiego a parte
rk! loro che ~i truvino senza lavoro, per sciopero ù
per altre cau::c, s:.1 per spirito di imitazione. o per altra ragione. In tal caso la s0cietù si basa su di un gran
11t1111cro di azio;1isti. che ,:..ttoscrivono una o poche 1.7ioni, e po,,sono app.: l<l ;>agar qudle poche. nè prohalJiln1c11tc mai ne: s0ttoscriYeranno molte di più; g li operai occnpati in\·ece SOPO p0chi: per occuparne i11 seguito di più occorre aumentar..: il capitale: m:t i lavoratori, che. anche se partecipano agli utili, lo fanno
solo in parte. non possono sottoscrivere multo c:-tpitale:
poco eccitai i a farlo sono gli azioni<Jti, anch'essi porn
c:1paci di ri,,parmio. e che ricevono appena dci magri
dividendi. ,\ vvicnc che il capitale, se aumenta , aumenti
per lo piìt per la sottoscrizione cli azioni p<..r parte di
1it10\·i azionisti; e così si mantenga sempr<! un grande
' ,1 ~ilil:rio fra capitale e lavoro, con pre\'alenza as~o­
i11ta ciel capitale.
L'altra causa che conduce a<l una condizione di cose
al tutto analoga, e la necessità che vi è, per esercitare
certe indust r ie, di disporre fino dal principio di un capi-
I2I
tale considerevole: in t11 caso, and1e se I co1i<li.l .l; L
<lei soci sia buona. ancl: n se es5i siano capaci economic::unente e moralmente ùi risparmiare. assai difficil111e11tc ogni sccio può formare una quota. di ca~ital~
clic basti per proYYCderc alla sua occupazione: d1 q.m
la nccc:ssità di a\'ere molti soci (siano pure operai).
che funcrano soltanto come capitalisti: di qui la pren...
lenza d~' capitale nella associazione, P.re\•alcnza !a
quale cl;ì fino dal principio all' impresa. o 111 parte o 1~
tutto. nnttcre speculati\'o. Talora questo carattere ~
temperato da un2 partecipazione adi 11tili acc~rd:-tta a1
la\·oratori. e sia ai la\'oratori-soci soltanto . sia anch e
a mwlli iJO!l soci: ma ciò 11011 fa che attenuare la. cosa.
eh~ J'c~senza dell'impresa è cap talista. è speculatIYa, e
cUficili"· 0 riesce di modificarne il carattere. .
.
.:\on abbi amo hisogn'.) cli portare dcgl i e"?In_PI '. po1chè essi si presentera:rno senz'altro numeros1ss11111 alla
mente dcl lettore.
Fd ora , se ,·ogliamo in poche righe riassumere quanto ci dice l'esperienza circa il carattere as~unto dalle
~oc1eti: di produzione. posc;iamo cli re: che il car~tterc
cool)~ratiYo non si può mantenere che O\'e .sussista ~
per~1a11ga un vero equilibrio di. fatt~ fra gli e.lement~
della produzione, in modo da 1mpcd.1r.c ~l ~ap 1 ta ~e . d1
prePckr<' la pre\•alenza. Che tale equ1hbno ~ po;s1b1le:
ma è difficile ad ottenersi; c. ottenuto c h e sia, ~ assa;
instabile, e la tenden za alla preval~nza, del cap1~~l e e
maniiesta. Che il carattere cooperativo e tanto p1u facile acl aYers i ed a conservarsi:
.
a) quanto più semplice. si~ l'industr~~· .qu.a nto
più ristrette ne siano le proporz1on1. quanto p1u li m italo
sia il capitale che essa rich ieda;
. .
b) quanto più stabile e costant<: s.1a il la:·oro :.
e) quanto più le qualità cco1101111che dei soci s1
parcg-g1110;
.
d) quanto più elevale siano le q~1alità ~co~10 111 1che e mor:-tli dci soci ed in genere degli operai d1 q uel
dato paese e di quel dato mestiere.
In pratica fi no ra i casi in cui il carattere coope ra-
123
122
l''·o s1 sia conservato lungamente e sia rimasto nelle
associazio ni c he ebbero prospera sorte, furono ra n :
più frequenti quelli in cui esso rimase sollanto in parte
cd altrettanto, e forse molto pi ù frequenti ancora quelli
in cui di tale ca rattere rimase ben poco o nulla. Quanto al le associazioni più rece n ti: una pa rte di esse ha
caratteri «semi-cooperativi», e talu n a anch e « cooperat ivi puri », sen za che si possa affe r mare, che tali caratteri si conser veranno, chè anz i, stan do ai fatti osservati, bisognerebbe e>sse r e cli con trario avv iso; ma
ne ll a magigor parte ad ogni modo il capitale ed il carattere speculati vo ebbe ro la prevalenza sino da l p r incipio.
::\on possiamo passar sotto silenzio due sistemi, da
noi diffusamen te studiati, e n ei qual i è tentata una soluzione del problema che ci preoccupa: q uello della
« :.\Iaison Leclai r e » e del « fam ilistèro Godin »- Il pri1110 non è, a nostro parer e, prat ico. non essendo possibile adattare alla gener a li tà delle associaz ioni d i produzione quella fo r ma speciale in cui il capitale, invece
cli esse r possedu to personalmente dagli operai, è diviso
fra la gerenza ed una società cli mu tuo soccorso, cosf ituita eia parte d egl i ope r ai stessi.
L'ordin a m ento d el fa milistèro cli G uisa, specialmente in quanto r iguarda la d iv is io n e dei soci in varie
classi, le d is posizioni re lative a l capitale, e quell e che
si r i feriscono all a r ipa rt izione degli u til i, meri ta il più
J'l'O fon do s tudio pe r parte di quan ti s i occupan o della
questio n e, sia dal pun to d i v ista teorico. sia dal punto
cli ,-i sta pratico: e ad esso faremo capo a nche noi in
altro luogo nella r edazion e cli uno statuto modello per
le ~ocietà cooperative cl i produzione, che in questo laYoro , che v uol essere esclusivamente cli scienza, non
troverebbe il su o posto.
J nfatt i in quell'o rdinamento si tro' a una se ri e di
disposiz ioni sapientemente coordinate allo scopo d i assicurare sempre il predom inio n ella associaz ione a i mig-liori elemen ti a tti v i d i essa, g li «associati» ed il loro
r innovam ento co ntin uo, a ffida ndo ad essi soli la a mm i-
i:istrazione. non accordando che u1 semplice interesse
coloro che non la\'orino per l'associazione. ma ,-j poss~·6gano solo del capitale. e disponendo persino_ eh~
parte delle quote sociali ~ossa essere tolta a ,-e~ch1 ~o.:'.
jJer affidarla a dei nuon. che portmo elementi ntah
alla associazione.
Tmte queste disposizioni. cui acen 1dmmo anche
altro' e, e che qui non ne è daw di i_llu~trare molto m~­
nutamente. sono sa' iissime. e contnbu1scono e comnbuiranno certamente a dare una grande stabilità alla
,,·eniale istituzione del filantropo di Guisa: ed m ess~
~ ripetiamo, si potranno tro\'are preziosi modelli d::t
seguire in parte negli_ statu_ti delle :oc.ietà di pro~u.zio­
ne. ~Ja per quanto siano 1ngegnos1ss1111e. non c1 1lludiamo al punto da credere che esse possano darci la
soluzione del grande problema che ci preoccupa: e ciò
per più ragioni.
.
Innanzi tutto esse non nsolYono completamente la
tiuest=one. poichè. anche pron·edendo a che la pre,·alenresti agli elementi che laYorano. ed alia rin'loYazione del personale. non si pron·cde per tutti i casi :ilio
stabilimento ed al mantenimento di quell'equili')rio .::he
, cdemmo es.sere così difficile e così instabile.
~Ia più che altro poi occorre riflet_tcre che il iamilistèro è una istituzione ideata tutta di un pezzo d:t u:i
filantropo, che la impose così come la ,-olle. con un ordinamento il quale appunto tcn<le\'a ad ass.icur:ire i·1
pari temp~ il s uccesso materiale. e quel~o morale: co'
ma n tenimen to della forma pu ra coopcrat1,·a. L .... disposizioni cui abbiamo accennato rispondono appunro ,,
quest' ultimo scopo; ma ri~1>0ndono esse .in pari temp_o
all'interesse incliYiduale dci soci. al loro 111tere.,;:.e egoistico. a quel dannato egoismo che ci ripugna. m,, .::t'.
pure bisogna necessar~ame1~tc far capo in tutte l~ 1::., tuzion i economiche? :\on c1 pare.
naturalmeme
ai la,·or:Hon.
suo-crerisce
L ·erroismo
b
~~
•
.
•
man mano che di,·entano cap1tah"ll. d1 dar preY-aknz:i.
al capitale: suggerisce loro di non cedere ad ah ri. ml
tempo, la prevalenza nell'impresa: e finalml'nte. qu:rn-
:1
;a
12+
<lo siano diventali eapitalisti ciel tutto, d1 sfruttare b
!oro. imprc:sa e? il Ja,·oro altrui ,ai proprii \'antaggi.
t ra.s I ormando 1 associazione da cooperati \'a 111 speculati va.
=:-~n diciamo che ciò debba a\'venire nel familistèro
di Guisa: ideat? e ~est.rutto eia un uomo superiore, da
u11 u?mo che si p~10 dire ne creò addirittura gli elementi, esso probabilmente durerà così com'è: nè color0
cl_1e ora lo. co111po_ngo11? è probabile che pensino a moclifìcarne I organizzaz1onc, nè, pensandovi, probabil111~nte osere.bbero porre le mani su quell'opera mcravig-lio.~a che 'li redense.
~1f a fuori dcl famil istèro la cosa è di versa : e se cl i
quelle disposizioni si potrà in parte profittare, io non
credo che neppur esse potranno essere trapiantare
c?mpletamcntc e generalizzate nelle società di produzione.
Poic~1è,. ci è duro ma doveroso
il chiarirlo. dal
punt? cli nsta dell'interesse individuale, dal quale non
possiamo prescindere, ( chè. lo ripetiamo. non intra v1·edia1110 ancora alcun altro motivo capace di sostituirlo o di contrabbilanciarlo); da quel punto di vista e
come resu_ltato ultimo della associazione di operai ~er
la produzione; l'associazione dei !1111eliers di Pario·i
che ci fe~e ribr_e~z~, ci se~nbra pur tuttavia più logi;a'.
che non Il famil1~tero, cui pure non possiamo pensare
senza un senso di profonda ammirazione .
. A q.ues.lo p_unto, esaminati alla stregua della espenenza i difetti e le difficoltà attribuiti alle società di
!'ro<luzione. tanto come. imprese esercitate da operJi
i11 genere. c!l:anto come 1111prese cooperative; e dopo rii
avere po:ta _in luce la difficoltà maggiore che le tocchi
da quest ultimo punto di vista, noi possiamo agevolmente apprez~arnc nel.lo stesso modo i vantaggi, quali
furono ~sposti nel capitolo secondo di ques'ultima parte;. p~ssi~mo ve~ere cioè, se i vantaggi attribuiti ().Ile
soc1eta di produzione rispondano alla loro effettiva riuscita, ed ai caratteri che esse assumono nel loro S\·iluppo.
125
E qui ci occorre subito osservare che, mentre l~ clirficolt~ _tocca vano . quasi esclusi vamentc le imprese cli
operai 111 genere, 1 vantaggi im·ece, qu:i.li li yeJernmo a
suo ~uogo, riguardano principalmente J'impre5a coopcratn·a.
Infatti l'indipendenza e l'emancipazione dei salariati_ mediante. l'esercizio, per parte loro, dell'impresa
che 1t occupa; il profittare che essi facciano rii ogni miglioramento della produzione; l'assicurazione ci'èl !oro
impiego fuori della volontà dell'imprenclil,,rc; il miglioramento della loro condizione economica mediante
l'aggiunzione dei profitti dell'impreSJ. ai sal'arii del la' or~; la soppre.:sione ~egli antagonismi, che così gravi
suss_istono ~ra gl 1nte~ess1 del lavoro e quelli dell'impresa;
tutti questi vantaggi, che esaminammo a lungo, sono
proprii dell'impresa cooperativa, o dell'impresa escrci ..
tata dai lavoratori che Yi sono occupati; e si riferiscono molto meno alle imprese di operai in genere, e a
quelle imprese di operai che assumono più o mc110 h
forma capitalistica-speculativa. Xon è a dirsi cht• anche in queste ultime forme tali vantaggi parzialmente
non si rinvengano: chè sussistono per quegli ope··ai
che sono capitalisti e Jayoratori insieme, per quelli che
alla azienda sociale contribuiscono col capitale e col
lavoro; ma per tutti gli altri no; antago111smi cli interesse si verificano fra operai-capitalisti ed operai
semplici lavoratori, fra quelli che sono oc..:upati e quelli
che no; antagonismi si manifestano sotto forme cliv erse, che noi abbiamo ,-edute nel fatto. E dci va 1taggi dell'impresa, ora profittano soltanto pochi soci, che
sfruttano i1 lavoro dei salariati; ora moltissin11 azionisti e solo in piccola parte i Jarnra!ori.
Per tal modo l'accordo, l'armonia, l'emancipazione,
si realizzano in ben poca parte; l'eccitamento al :a1·oro, alla previdenza, ecc.. sussistono per quelli eh~
partecipano più o meno ai yantaggi dcll'imprPsa 111:.1
non pegli altri; ed alla associazio11e 'engonu a r.!aJ!care quella forza di diffusione e di attrazione, q·;clì.1
popolarità, quel valore sociale, che c0stituisco110 i1 suo
precipuo pregio.
l 11::.omma i mag~iori \'antaggi attrilJUiti alh s~­
cictà di produzione sono inerenti alla forma cooperat1,·a. e non alla ~emplicc imprl'Sa 1[1 c,pcrai. Don:!n10
dire per 4ueslo. eh<.: quest'ultima forma non ne presenti
per :>è stessa. o che sia da combatter e, od anche solo
da non fa \'Ori re?
\'o: dci ,·antaggi ne p1 esenta essa pHe, chè dà
modo ad operai cli profittare clcll'impresa per aumcnt:ire 1 loro guadagni; fornisce ai migliori di ess; il n'.e~zo
di passare dalla condizione cli s.ilariati :t quella th 1111prenclitori; passaggio che altrimenti or..l, colla diffusione della grande industria, i1: gcneraL sarebbe loro
precluso; li abitua a trattare gli affari, ne perfeziona
le doti intellettuali cd economiche; li eccita al rispa rmio ed alla accumulazione: li aiuta a perpararsi un fondo con cui prov\'ederanno ai loro bisogni negli ;\roni
della \'ecchiaia: J'impre::.a di operai in.;omma, come 1:11prcsa speculativa. è un cflìcace strumento di redenzione economica per quelli che ne pos~ono app:offittar~.
).fa come strumento morale e sociale essa e ben d1,·ersa. ed anzi presenta forse più inconvenienti che
\ antaggi: chè invece di unire lutti i la\'oratori fra loro. pone un antagonismo di intere~si ~ra colo1:0 che si
devano alla condizione di imp r encl1ton e quelli che restano salariati; eccita i primi a profittare del lavo ro
dei seco ndi ed a sfr uttarlo; tende ad accen t uare mago-iormente la differenza di livello fra le classi, aggre~ando alla classe ·borghese gli oper a i migliori, c h e po~rcbbe ro costituire una specie di transizione da ll'una all'altra classe.
Le associazioni a larga base, ed in cui non sono impiegati dci salariati, ma invece gli operai sempl~ci ~zio­
nisll sono più numerosi assai <li quelli occupati nei la,·ori social i, non presentano questi inconven~enti, m.a
presentano anche pochi vantaggi, ~hè i p rofitt.1 s01~0 ripartiti fra un numero troppo cons1clerc\'ole di pe~ sone.
che non prendono parte diretta al lavoro. U:no dei vantaggi reali d i queste associazioni è q~1ello di. ~ssere un~
specie di valvola di sicurezza pe r gli operai 111 caso di
127
sciopero, ed un ammonimento e quasi una intimazio 1e ai
padroni; ma esse, nè fanno profittare molto i la\'oratori
dci guadagni dell'impresa, nè li tolgono al salariato: ed
hanno anche energia economica alquanto debole. non es•encJo, i Pei lavoratori occupati molto eccitamento a la1·orarc e ad accumulare risparmii.
I caratteri, gli inconvenienti ed i vantaggi che presentano le imprese di operai (non cooperative) in rrenere, non sono tali da indurci a combatterle. ma nem~1eno
però ad a\'er gran fede nella loro efficacia economica,
soci:de e mo rale. La efficacia economica, come strumento cli miglioramento di ristretti gruppi di operai sussiste
in talune forme di esse, ma non in tutte; e, quanto alla
loro efficacia morale e sociale. noi siamo costretti a fare
le più ampie riserYe.
Ora noi abbiamo Yeduto come la impresa cooperati\'a di produzione, tanto sotto la forma pura, quanto i11
forme che più o meno le si av\·icinino. sia possibile, esi<:.La, possa anche diffondersi abbastanza. e possa qùindi
realizzare que i Yantaggi che ad essa soltanto si ponno
attribuire; gli sforzi delle associazioni di questo genere
sono adunque da appro,·arsi non solo. ma da fa\'orir.>i
e eia guard'lrsi colla maggior simpatia. ).fa abbiamo con~laluto pure, che l'equilibrio su c ui qu este osservazioni
si basano, è cli sua natu r a assai instabile, e c h e. da lle
forme in cui esso è ottenuto più o meno completamente.
si passa con grande facilità a quelle che hanno spiccatament~ carattere speculatirn-capitalista.
E senza disconoscere i pregi cli queste ultime in ma1;0 degli operai, questa faci le e probabile trasformazion.::
ci rende molto clubitosi anche della efficacia morale e sociak delle imprese di operai che abbiano carattere cooperati\'O.
Alla dottrina dei «limiti di applicabilità :1> delle società di produzione, quale fu illustrata dagli economisti,
noi quind i aggiungiamo quella dei «limiti della loro efficaci:>.».
Risolte approssimati\'amenle le questioni più generali intorno a'lle società di produzione, è d'uopo passare
129
128
·:d
un ·~ltra serie d_i questioni, le quali pure abbiamo vel1~1lo risolute pra_ticamente, ed intorno a cui noi dobbiamo appunt? nass_umcre i resultati della esperienza
conf~ontand_olt colle idee che se ne avevano e se ne hann_o. ~1a _dagli _economisti, sia dai fautori cli queste asso-
c.1az1om, e dai socialisti.
. . Si tratta d_i ~et~rminare la reale efficacia delle di\~' se fon:ne di ~JUti che si vogliono recare alle soci ed
clt ~roduzrone, sia per parte di enti pubblici si d
·_
vati (sotto _fo:ma di favori, o cli concessioni in c~1i ~i ~rL
no
.
. , sia di associazioni cli d.1verso ge nereclementi
,. . , rii farnre),
. ' pe. t c.1c1e111e ptu agevole la costituzione e la d" ff SIOllC.
I
U
. Ai~ch_e ~ui ~e nostre conclusioni saranno assai brevi
poiche s1 nf~n~cono a falli che furono posti in riliev~
e con:iment~t1 d1ff~is~m~nte a suo luogo.
.
I L espenenza
·
. . di aiuti dati alle soci.eta'e d.i p1.o d uz1one
<a e11ti pubblici e da privati è stata fatta a Parigi ri elutan~ente e sotto tutte le forme. Abbiamo infatti. ·1
pre~t1to governativo del r848, e la ingerenza del ~o~e:110__111_ o.uell'epoc~; b)_i prestiti a condizioni di fav;re del
C1cd1t au lrarn1! ~ d1 altre istituzioni, nel periodo r86-1-1SG8, e della
Ca..isse
Ce11trale Pop11laire , pi"u' recen t e.
.
mcn_l e;. e ) i 1~r~stit_i ~ampal_ dal 1883 al 1886; d) le con~ess101~ 1 munic1pali eh lavori a condizioni spesso di favo1e, od ll1 g_cnere con preferenza per le associazioni 1 nel'lo
stesso periodo.
che ne d envarono,
.
f . Questi
1 diversi favori : e gli effetti·
·
uiono
ungamente
analizzati.
e
cos'1
do'")].
.
1 . cl ·
· .
•
L )iamo prescm~ e .a' prestit_1 d_el 1848, fatti in condizioni così eccenonal1 per ogm i~iguardo da non poter far regola e da
'.~on_ pot,er_: autonz.zare delle conclusioni qualsiasi. Gli
" Itri
. . p1u
"' nor]" fa, o11 furono mvece conccc:.si·
- 1"11 co11d·iz10111
ma t e, raffrontandone fra di loro o-Ji eff tt" 1 .
,
h
...,.
f"
"'
e 1 s1 puo
ll "1 ne qua 1c e pro 1tto.
f.'
.
d.
. · '·_ 110 1 ci:e lan~o. che, dal complesso dei fatti osservati,
::-1 po::.sano mf~t~1 mdurrc le conclusioni seo-uenti:
a) prest~ti o concessioni di lavori ac~ordati in gl"nerc, senza misura e pn1 d enza, a Il e associaz10111
. . . sono
r
:1
'
eminentemente pericolosi, eccitano la costituzione di associazioni senza base seria, diminuiscono la attività, gli
sforzi, !"energia, eccitano la imprevidenza, fanno, in una
parola, pericolare Je associazioni che non siano ben costituite e vitali, e talora anche quelle che lo siano;
b) prestiti e concessioni di lavori possono essere
molto utili, in determinate circostanze, ad associazioni
che 9iano già bene organizzate, serie e vitali; ma sono
appunto quelle che ne hanno meno bisogno, e che possono cavarsi d'impaccio da sè medesime, solo che si levino loro dinanzi gli ostacoli che ne intralciano i movimenti, e senza conceder veri favori;
e) sono giustificati ed utili adunque quei provvt>dimenti che minno a mettere le associazioni in condizioni «effettivamente eguali» di concorrenza cogli altri
imprenditori, od anche, pnrchè con prudenza, le preferiscano addirittura, evitando loro una lotta quasi sempre
disonesta:
d) se favori speciali in genere sono pericolosi,
essi sono tanto più pericolosi quanto più le associazioni
si troYano in condizioni precarie; tanto meno pericolosi e tanto più utili quanto meno le associazioni ne abbiano bisogno;
e) in fatto di prestiti poi, sono da esdudersi quasi
assolutamente quelli concessi da enti pubblici; da ammettersi quelli concessi a condizioni normali da privati o
da associazioni; da ammettersi, ma con riserva e prudenza somma, quelli fatti da queste a condizioni di favore.
In conclusione: prestiti e concessioni di lavori, anche a condizioni di favore, non sono da rigettarsi in
modo assoluto, ma sono però da applicarsi w1la massima prudenza e circospezione, come strumenti che po~
sono essere utili, ma che sono anche molto pericolosi.
Agli uni ed alle altre poi bisogna atribuire una efficacia
molto limitata, come mezzo per rafforzare le associazioni di produzione e per aumentarne la diffusione; poichè, pure senza negar loro una certa influenza benefica
in date circostanze, è d'uopo riconoscere che essa è
130
tanto m:iggiore quanto meno quei provvedimenti son 11eccss~rii; .ed è tai.1to minore e tanto maggiormente controbila11.c1.atot da mconvcnienti e da pencoli, quanto più
la cond1Z1one delle associazioni è tale da far desiderare
provvedimenti a loro favore.
Di maggior valore ed efficacia, e di molto minor pericolo, sembrano cS5(·rc quei provvec11111enti che senza accordar~ special~ favori alle società di proclu~ione, tendano p1utt?sto. m genc:rc a proteggerle nella loro spont~nea cost1tuz1011e, nel loro sviluppo e nella loro cliffus10ne.
Anche degli aiuti materiali che possano esser dati
alle ossoriazi~ni cli produzione. e dell'impulso generale
che possa veP1re a queste dalle società di consumo e da
quelle cl~ resist~n za, noi sappiamo già che pensare; e
non abbiamo b;sogno che di richiamare le conclusioni
già formulate più addietro a questo proposito.
Le soci~tà cooperative di consumo possono applicar:>i
esse medes1m~ alla produzione coi loro capitali; ma in
tal caso ese.rc1~ano imprese speculative a vantaggio dei
co1~sun~aton; imprese ~~e non hanno alcuna speciale
att1tud111e a tutelare gli mteressi ed i diritti a mio-liorare la .condizion~ ed a favorire I'emancipazi~ne dei la'?raton co?'le, t~l1. .Le società di consumo possono anche
a1ut~re soc1eta mdipendenti di lavoratori, facendo loro
c.recl1to .od ~ssumendo parte de'lle loro azioni, ed assoc~a1~dM1 C[lllndi alla loro impresa. L'esperienza nulla ci
d<c? a quc~to. proposito, poichè non è stata fatta quasi
n~a1.: ma l'ms1eme dei fatti osservati ci conduce alla le. ·
g-1ttima supposizione, che in tal caso le società di consu11~0, se P?treb~et~o .gio,·are finanziariamente a quelle
d1 produz1one, rntlu1rebbt:ro però sul loro organamento
e ne affretterebbero la cotwersione al capitalismo od
alla spccul:>zione.
"
Qu'lnto alle società cli resistei za, noi riteniamo eh~
e~se l. nssor:o spesso a ,·ere i ntercsse e tendenza a favo11re le . so ~1e t'a e1·1 prod uz10ne.
·
ed anche a promuoyerne
1~ cost1tuz1.one (come abbiamo Yeduto essersi spesso verificato). sia che le considC'rino come strumento cli re-
denzio1 e degli operai dal salariato, sia che le accettino
come , al vola di sicurezza e cvme util ~simo sostegno in
caso di sciopero. :.\fa. la degenerazione così frequente
delle sccietà cli produzione, le tendenze capirnli~te e consen alrici, che così facilmente si maniicstano in esse, la
di,·ergenza cli interessi e persino l'anla.~oni"mo, talora
insorgente fra la ,·oratori associati e la' oratori salariati :
dovr1•1110 certamente intorbidare assai spesso. e rendere molto tesi, i rapporti fra società di produzione
e società cli 1esistenza, tutelanti persone ed interessi
molto cli fferenti.
Insomma, per concludere. quanl.o ad aiuti materiali, quanto alla parte economica, le società di produzione hanno molto poco da sperar.:: dal cli fuori, e
tutto hanno da richiecle--·e a s~ mcdt::sime; chè gli aiuti
estranei. oltre all'esser difficili ad ottenersi, da qualunque parte vengano s~no as.sai ., per~colosi; mentre
iiwec1: ti dover tutto a ;;e stesse. 11 chieder tutto alla
energia cd alle virtù dei propri soci, ne rafforza la
compagrne. ne raYvi,·a la rotenza. e ne aumenta la dicrnità cd il valore sociale e morale.
1:>
Quanto alla partecipazione al profitto concessa dao·J i imprenditori, il lettore rammenta certamente le
~ostre conclusioni. che cioè solo di rado essa potrà
essere avviamento alle società di ~roduz_ione.
Per ciò che ricruarda la questione mtellettuale e
morale. siamo in b condizioni affatto d'ivcrse: e qui
gli operai non solo possono, ma .debbono ottenete
dalle altre classi, ed anche dalle vane forme delle associazioni che sorgon0 ~ella stessa. loro ~lasse, u~
valic\o aiuto ai !oro sforz1. Questo aiu~o puo ottenersi
in di,·ersi modi e può essere efficac1ss11110, come quello che tende a' rimuovere le ?i'.ficoltà più gr~vi che
incontrano le imprese di operai 111 genere. cd 111 qualche parte anche le diffic~ità speciali dc~l'1mpresa co~­
perati,·a. ;\oi vedemmo l.nfatt1 una sene d1 d1fficolta,
che tutte cli pendono dal lffcllo mor~le ed 11~te~lettuale;
cd anche quelle economiche ~ono 111 st~·ctt1sSir:io rapporto colle qualità morali ed 111tellettuah, la cui eleva-
r33
zione potrebbe certamente, se non elimina rle, diminuirle di molto.
Anche le difficoltà specifiche dell'impresa cooperativa,
e gli ostacoli che si incontrano nel dare e nel mantenere
a queste associazioni caraltere cooperativo, od almeno un carattere che a l tipo cooperativo si avvicini,
possono essere in parte allontanati da un miglioramento intellettuale e morale: in quanto si possano
modificare gli statuti e gli ordinamenti delle associazio ni. in modo da rendere più agevole quell'equilibrio,
che vedemmo esser tanto difficile a mantenersi; in
quanto la diffusione della previdenza fra gli operai
faccia sì che più facilmente si trovino numerosi soci
capaci di sagrifici, e abili nel lavoro, e quindi il numero dei soci-Jayora to ri non sia più tanto limitato, e
nel la asosciazione si stabilisca un pareggiamento di
condizioni fra i soci, e di conseguenza una stretta solidarietà fra di essi; in quanto l'associazione si costituisca subito con elementi che prendano ai suoi laYori
pa rte attin., e quasi soltanto con quelli, e, man mano
che l'azienda si allarghi, possano trovarsi nuovi soci
capaci di portare alla associazione un valido contributo materiale e morale ; in quanto l' elevazione genera le della classe lavoratrice, sia dal lato tecnico, sia
dal J>unto di vista economi,co-morale, renda più facile
il reclutamento dei soci, in modo da soddisfare con
essi a'I bi sogno di lavoro, e da allontanare quella difficoltà gra\'e, che si vide essere la scelta e l'organizzio ne dell e forze di lavoro.
Ha più di tutto poi gli ostacoli specifici, che incontra l' impresa cooperativa, dovranno essere in parte
rimossi dal miglioramento morale ed intellettuale deg-li operai, che rafforzerà in loro la pe rs istenza nei
propositi e nei sacrifici, renderà più facile l'accordo,
più agevole ad ottenersi la disciplina e la subordinazione ad un direttore; e farà sì che si rinvengano fra
cli loro più spesso uomini forniti delle doti necessarie
J.er la direzi one dell' industria. Il miglioramento intellettnale e morale degli operai dovrà finalmente far
sviluppare in loro sempre più forte il sentimento della
fratellanza e della solidarietà, e di conseguenza tendere a soffocare in sul nascere quegli antagonismi
di diverso genere, che noi vedemmo sorgere in seno
della stessa loro classe; e con questi sentimenti paralizzare quelle tendenz~ egoiste, ..che nece~sa~i~rruente
si svolgono sotto lo stimolo dell mteresse individuale,
e tolgono alla società di produzione gran parte del
suo valore sociale e morale.
Circa quest'ultimo punto però noi facciamo senz'altro le più ampie riserve, poichè rit.eniamo im~en­
samente difficile riuscire a porre argine a_lla azion~
dell'interesse individuale, che, a nostro av.v1so.' non ~
possibile nè eliminare, n_è soggiogare; ma 1_ cui eff~t~i
perniciosi si possono _evi.tare. solt~nt.o, o''. e. 111 un .01 di:
namento equilibrato si bilancmo i diversi 111teress1 e li
si accordino fra di loro.
.
Ora a questo miglioramento morale ed ~ntellett~ak,
base necessaria del miglioramento _ec~nomico, tutti, lo
ripetiamo, possono e d~bbon? contr~b:i 1 re.
.
.
Lo Stato e gli altri enti pubblici, colla dt ff us1on~
dell'insegnamento profes~ional~, tendente .a fare ~et
buoni operai e quindi dei buo111 coopera.~on; colla dif·
della istruzione generale; coli mteressame_nt?
f us10ne
. · ·
d t I
· prendano per tutte le quest10111 n gua r an 1 1
h
e e si
. ·
d. t
ffici
lavoro collo studio di tali quest1on1, me ian e u
di sta~isti<:a del lavoro, ecc., ecc., e co_lla _conseguen~e
diffusione fra gli o~r~i dei r.e.sultatt di q~este r~~
hc additanti la nugliore e piu proficua via da s~.
ce~c . ' 'e· loro sforzi I privati cittadini delle dasst
gu1 rs1 n 1
•
·
O'anda rii
iù elevate e più colte, con una attiva proP~i:.
p
.
d. moralizzazione colla diffusione della
educazione e 1
'
·
l ropu.1d
de Jr associazione e della cooperaz~on~, co p .
ne:re fra gli operai i migliori sist~mi. ~i coopera~LC:
gne e stud'1andosi. di' dare migHore mdmzzo .alle ·ist1d
'. . o perai'e, •. cui sforzi
tuziom
. spesso sono paraltzzatl a
errori e dal cattivo ordmamento.
J
Ma iù di tutto poi possono. e de~bono f~re, e
anzi. « fpa11110 ,,~ ·in questa via gh stessi operai. colle
r35
loro ass~ciazioni di mutuo soccorso, di resistenza di
coopcraz1?ne. le quali ne migliorano continuam~nte
l:i concl1z 1one economica. intellettuale e morale, li abitua1;0 ad aver rapporti fra loro e colle altre classi
raftorzano la s~lic!arietà. e sono efficacissima prepa~
·
trazione
.
'alla
' so cie t a. cooperat1\'a
eIi produzione; menre in pan. tempo si fanno da sè medesime strumento
poss:·nte cli progresso e di civiltà.
Ed ora. noi ~libiamo finito: e prima di deporre
-1~ penna, riassumiamo anche una volta il concetto eh~
t1:l \'alore economico-sociale delle società di produ21?nc, e cieli~ lor~ e'.fic~cia nella risoluzione della questione operaia noi c1 s1a1110 formati sullo studio accurato
imparziale dei fatti. confortato coi resultati
delle ncerche generali della sci~nza.
Le soci.età di produzione sono in massima possibili
e vantaggiose: non incontrano alcuna obbiezione assoluta, non presentano alcun difetto. tali da indurre
a CO"' :ltterle, a disinteressarsene. ad a\'ere in esse
con:pk. '1 sfiducia. Esse offrono dei vantarro-i certi, sicuri, 1nc0 .. ,;:astabili: la loro d iffusione
può e
d eve . neces
·
'
sa n· amente variare
secondo i paesi
e le loro
.
concl1z1oni
' non so 1o poss1btle,
..
d ,
. , in oae nere e.
ma cert.!l,
~ e destinata ad estendersi ; poichè i I proprio mora!~,
11:tellettuale, economico che esse richiedono è sicuro
ne l'evoluz'ione m
· d ustnale
·
presenti· caratteri. tali. da'
ostacolare
seriam
e11tc
I
d'ff
.
l'
. . . .
d
a I us1011e
( I questi 1c:t1tuti
.a non lasciar loro un campo abbastanza vast~ di ~span~
s1one.
e?
e\c
Le società di produzione trovano adunque o·iustamente
posto , e posto
o norevo Ie f ra 1· rime
· d"
.
,
11 co1'? qua11·
s1 tenei.e 'a risol,·c
I
.
,
.
· re a questione operaia che tanto c1.
preoccupa
ed
ur""c
,
·'t'
,,: · o <l a l meno, acI attenuarne
la gra' I
a.
.
· · sempre penco·
I ::\fa 11. 011 bisogna
- ' fae r s·I d e li e I·11 US10111,
osed e .talora anche fatali. L'attuazione d elle società di
pro uz1one
. . dell'impresa
.
11011
per
.
. e' f ac1.1e: l' eserc1z10
1
~a;te ~ ??cr~i presenta delle gra"i difficoltà incontra
e1 ~, 1111111 eh applic;abilità ». che \'ariano s~condo le
1
coudizoni, seeondo i Paesi, sencondo le industrie; che
possono essere allontanati, e cui il progresso generale
tende appunto al allontanare; ma che pure ci sono, e
che d'un tratto non si panno certamente eliminare, nè
forse del tutto si potranno eliminare giammai. L'impresa esercitata da operai nella forma cooperativa, od
in forma che si avvicini al tipo cooperativo, condizione essenziale per l'ottenimento di tutti quei vantaggi
di ordine generale, morale e sociale, che dalla società
di produzione si ripromettono, presenta difficoltà anche più gravi, malagevoli ad eliminarsi anche solo in
parte e temporaneamente, e più ancora ad eliminar si
del tutto e definitivamente.
Anche qui il progresso, il miglioramento delle condizioni intellettuali e morali degli operai possono
esercitare una benefica influenza, ma molto meno intensa e decisiva: poichè è naturalmente instabile la base di equilibrio su cui la impresa cooperativa di produzione si fonda, nè si può rill\'enire un mezzo efficace
per assicurarne la stabilità.
,\i «limiti generali di applicabilità~ della impresa
dea-li operai nella produzione industriale, bisogna ago-i~ngere i «limiti», più ristretti, «di applicabilità delJa forma cooperativa» di tale impresa: da cui si deduce necessariamente la «limitazione della efficacia
sociale e morale» della società di produzione; la quale,
così come si è manifestata nel fatto, e come, dall'indirizzo che ha assunto, pare tenda anche ad esplicarsi
per l'avvenire, si present~ .pil'.1 tosto e più fa:ilment:
come valido mezzo di miglioramento econom1co e di
emancipazione cli gruppi limitati cli la~orator~, che non
della inte ra classe degli operai delle rndustne.
__ .. ___
ila Goopettazione Italiana
IOlltore dell'Alleanza fra la Lega Ruionale delle Cooperatin
1 la federazione Italiana dalle Società di Mutuo Sommo
Direttore: ANTONIO VERGN ANINl
La Cooperazione Italiana è entrata nel suo ventinovesimo anno di vita; mensile prima, poi quindicinale, dal 1°
gennaio 1897, settimanale, e dal 1° gennaio 1910 in otto
pagine, ha grandemente contribuito alla propaganda del
principio cooperativo e di previdenza, alla organizzazione
dci rispettivi sodalizi, alla di fesa delle idee e degli Istituti
che tali principi traducono in pratica.
Il giornale fu redatto e pubblicato sempre con regolarità inappuntabile, perchè rispondesse ali' obbiettivo suo
di recare ogni sabato ai lettori le notizie recenti della settimana, le impressioni dei fatti che in Italia e fuori si
svolgono nel mondo della cooperazione e della previdenza, nei Parlamenti, nei Tribunali, nella Stampa, nei
Congressi.
La Direzione del giornale, in unione al Consiglio direttivo della Lega e alla Commissione Esecutiva della Federazione delle Società di mutu.o soccorso, ha preso tutte
le disposizioni perchè la Cooperazione ltali<ma risponda,
tanto dal lato dell'indirizzo e della compilazione, quanto
da quello della regolarità della pubblicazione e spedizione
a tutte le esigenze delle Società federate.
I38
CONDIZIO:t\I D' ABBONAJ\IENTO.
Abbonamento aJLnuo per le Associa:;ioni e pei privati:
L. 5.L. 7.Abbo11a111enti individuali rei soci ed a111111i11istratori delle
Società federale:
nel Regno
aJJ' Estero
nel Regno
ali' Estero
L. 3.» 5.-
Perchè poi le Società federate (soddisfatte le spese
d' insei;:zione) possano inserire nella Cooperazione Italiana
anrisi di convocazione, relazio~i, bilanci, articoli di pro'
paganda, di reclame, e averne a loro disposizione tante
copie quanto occorrono ai rispettivi soci, alle Società consorelle e al pubblico, la Direzione, dietro preavviso di tre
giorni (e cioè non oltre il mercoledì, per averle al sabato)
è disposta a fornire il giornale a L. 3.50 per ce11/o copie.
Non occorre parola per dimostrare il grande vantaggio
che si procura con ciò alle Società fede rate; invece di far
stampare i relativi avvisi di convocazione, o i relativi bilanci, possono farlo per m ezzo del nostro giornale con sole
L. 3.50 Pe'I" cento copie, fornendo così il giornale ai rispettivi soci, oltrechè l' avviso di convocazione e il bilancio
sociale.
A chi ne fa domanda si spediscono grat1it'tameate
11111neri di saggio.
Inviare abbonamenti e richieste
di numeri di .saggio allo Direzione, in via Pace, n. IO,
Milano.
PUBBLIC~\Z IONI
tecniche, legali, amministrativo-contabili e di propaganda
per le Società Cooperative e di M. S.
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Manuali.
Per le Cooperative di consumo : Ragioniere A. Ficcarelli, Manuale per le
piccole Cooperative di consumo (Quinta
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lavoro ed agricole e relativi Consorzi: Nuovo manuale compilato dall'avv. F . Manfredi. - Edizione completamente rifatta ed aggiornata in base
alla recente legislazione con speciale riferimento ali' assunzione dei pubblici
appalti
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Società di M. S.)
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segretari, gli amministratori e i sindaci
delle Società cooperative
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Manuale degli agenti • addetti alle
Cooperat. di consumo: E. Schwartz,
tradotto e compilato da R. M. Radaelli.
- Guida pratica per il personale tecnico degli spacci e magazzini cooperativi
Il
~.
-
q3
-
Pubblicazioni diverse.
Le affittanze collettiYe, studi, discussioni,
voti e proposte
L. -. So
Modello di bilancio per Cooperative di
consumo .
,, - . 2 5
Modello di bilancio p<.:1 Cooperative di
lavoro e produzione
- .25
I problemi del dazio consumo, delle tare "
e dei cali nelle Cooperative di consumo ,, -.So
Resoconto del III Congresso delle Coop.
agricole, Roma 20·21-22 settembre 1912 ,,
I.Resoconto V I Congresso della Previdenza,
Roma 20-21 -22 settembr·e 1912 .
I. Dott. E. BASSI : I problemi delle Case "
popolari e i mezzi per risolverlo .
,, -.5o
- Socialismo e cooperazione .
I. 25
,,
- Le latterie sociali in Italia (3" edizione)
2.G. GARIBOTTI : Pan e - manuale tecnico per "
chi intende piantare ed esercire forni
cooperativi
,, 2 . G. M1KELLI : Malattie e invalidità in rappo rto al mutuo soccorso
r. So
L. l'oNT1 : I Pionieri della nuova civiltà "
(biografia dei più illustri cooperatori)
I.- Storia dei probi-pionieri di Roehdale "
di George Jacob Holyoake
,
,, - . Bo
A. VERGNAN1N1: Cooperazione integrale . ,, - . 3o
- In pellegrinaggio alla Mecca della cooperazione. Note di viaggio in occasione
dcl Congresso internazionale di Glasgow ,, -.40
La cooperazione di consumo e l'organizzazione sindacale - per cento copù L.
- Rapporti fra il moYimento cooperativo
e quello della resistenza - cadauno
,,
cent. 20; per cento copi'e
N. BALDINI e A. VERGNAKI:\I: Cooperazione
e socialismo - relazione presentata al
Cono-resso
Socialista Italiano dell'otto::>
,,
bre r9ro
- Vademecum dell'inquilino (Lega inquilini, Milano)
"
2.So
15. -
-
. .)0
-.20
Musica.
G. BERTACC!Il - R. MARE:\CO: li Canto der' Coope
raion'.
Partitura per accompagnamento di banda L. 2. I. per canto e pianoforte . ·
.· "
- .20
"
a tre voci (ragazzi, tenori, bassi)
" -- . 10
per parte corale staccata
,,"
" -. oS
Poesia senza musica .
",, 3.Racco Ita completa dei cinque spartiti
Bibliotécà ·mensile.
lcazlene mensile di propaganda intorno al movimentò
e al problemi della cooperazione e della prevldenZL
Esce il 15 di ogni mese. -
Abbonamento annuo
Al ao di'cembn I9I4 sono stati pubblicati .gil opu-_
li seguenti :
Cent. ~5
e profezie di Fourier di C. GmE
same della dottrina sindacalista dei
coniugi WEBB - traduzione di R. Rigola
,, 25
. Cooperazione e Socialismo (Che cosa
è avvenuto in Germania) di EDGARD
MILHAUD - traduzione di C. Prampolini.
,,
75
na corsa attraverso la cooperazione
di éonsumo inglese del dott. C. O.
CASSAU (traduzione dal tedesco) •
. ,,
~
'abolizione del profitto di C. GIOE ,, 25
e ,due grandi vie della rivoluzione
economica - (Marxi'smo-Cooperatismo)
di A. Vergnanini
.
.
.
.
,, :115
oberto Owen, riformatore sociale di
B. L. HuTCHINS traduzione di C. Poggi
Del Soldato .
17
illiam Morris e i suoi ideali sociali,
traduzione C. Poggi Del Soldato
. ,, ~s
• Cooperazione e azione politica in
nghilterra •
.
.
.
.
. ,, So
ncorrenza e Cooperazione di C.
IDE
Anno Il • 15 febbraio 1915.
La neutralità del movimento della
operazione di consumo del dottor
s .Muu.tR
"
,,
So
15. La fusione delle Cooperative In
l<'raricia (Le d11e Setto/e di Nimes e
.,ocia/1$tc unile)
16-17 I Magazzini all'Ingrosso della
Cooperazione di Consumo inglese
(Piccola storia d'una grande idea)
Cent. 25
,,
"4-0
18-19. La ripartizione cooperativistica
dei gene ri di consumo dell'avv. Ettore Marchioli
·
20. La Cooperazione ha introdotto un
nuovo · principio nell' economia ?
(Studio polemico di Carlo Gide pu!J.
blicato nel!' Economie journal in risposta al prof. Pantaleoni) .
21-22-23-24. Le Società Cooperative di
produzione del prof. Ugo Rabbeno e
prefazione del1'avv. E. Marchioli
L,.. :I. 450
"
"
L. I,5o
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ocietà Coo~erative ~i ~ro~uzione