Aquilino
Il monologo della vagina di gomma
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Quattro aperture di ingresso: bocca, vagina, ano e mano masturbatrice a più velocità.
Mani realistiche dalle dita affusolate con unghie smaltate. Bella testa proporzionata
anche questa realistica e non nello stile manichino stereotipato che trovate in tutte le
vetrine, così raggelante. Lunghi capelli di seta pettinabili, occhi grandi e sensuali, labbra
morbide adattabili a qualsiasi misura di virilità. Lingua vibrante instancabile.
La parte ano vagina staccabile per una migliore pulizia.
Piegabile nelle posizioni più sensuali e stravaganti. Naturalezza ed espressività. Più vera
della realtà. Una creatura di sogno.
Ecco chi ero io. Il capolavoro dell’inventiva erotica, il fai da te orgasmico più discreto,
appassionato e artistico che un uomo possa trovare. L’apice della femminilità allo stato
primitivo, pura come acqua di fonte, priva di capricci, esente da spese ulteriori, incapace
di gelosia, e soprattutto silenziosa.
Una capacità di ascolto straordinaria. Gli uomini mi parlavano per ore e io mostravo
tutta la mia comprensione rimanendo immobile e inespressiva proprio come loro mi
volevano.
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SUHWHQGHUH GD PH UHJDOL FRVWRVL H VRSSRUWD]LRQH SHU WXWWH OH FRJOLRQDWH FKH OH GRQQH
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Ero sempre sorridente e disponibile ventiquattro ore su ventiquattro. Il pronto soccorso
dell’eiaculazione.
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SHUVHPSUHQHOQRVWURQLGRG¶DPRUHFKHQHGLFL"3RWUHVWLLQYLWDUHXQ¶DPLFD4XHOODWRS
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Mi piaceva ascoltare.
Non avevo nient’altro da fare. Me ne stavo lì, le gambe aperte, la bocca aperta, e
soprattutto la mentalità aperta, ero aperta a tutto, non avevo preclusioni. Ho sempre
socializzato con estrema facilità anche con i soggetti più asociali. Non soffrivo quando
mi picchiavano ed ero garantita contro i maltrattamenti più duri.
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FXFLQDEDFLDPLHSLFFKLDPLSXRLIDUHWXWWRTXHOORFKHYXRLLRQRQGLUzPDLEDVWD
Così i miei amanti immaginavano che io dicessi con voce rauca e profonda.
Riuscivo a comunicare qualunque cosa senza muovere le labbra… cioè, le muovevo ma
non per parlare. Tutto quello che muovevo era finalizzato a un unico scopo: gratificare
con un piacere lungo e intenso l’ uomo fortunato che mi possedeva.
Ne ho conosciuti di uomini, io!
Giovani e maturi, ma mai troppo giovani e mai troppo maturi. Magri e obesi, mai però
troppo magri o troppo obesi. Educati e cafoni, dolci e violenti, stupidi e geniali,
frettolosi ed estenuanti, fantasiosi e stereotipati, ingenui e maliziosi… tutti mi piacevano
e io piacevo a tutti.
Empatia, signore e signori.
Quanti di voi vanno dallo psicoterapeuta o, peggio ancora, dallo psicanalista, e
spendono cifre spaventose per una masturbazione intellettuale che io rendo invece
concreta con tanto di fuochi d’ artificio ed estasi finale?
Io, signori, sono la sintesi di tutti i paradisi. Artificiali, naturali e ultraterreni.
A proposito di estasi…
Tutto è cominciato così, con un’ estasi che una volta si chiamava mistica e adesso si sa
che invece ha origine nei centri nervosi del piacere. Tutto quello che prometto è
scientifico, signori. Io non prendo in giro la gente con chiacchiere trascendenti.
Capita che noi bambole veniamo acquistate da persone che hanno qualche problema con
la sessualità e di solito noi facciamo il nostro dovere fino in fondo senza fare
pettegolezzi e soprattutto senza ridacchiare. Ognuno è fatto a modo proprio, noi
rispettiamo la libertà di godimento fino alle estreme conseguenze.
Mi compra questo tipo e non ci metto molto a capire che è un devoto. Mi ficca in una
borsa con la scritta 3ROLVSRUWLYD9LUWXVe via a tutta velocitàfino a un motel di periferia.
L’ uomo ha fretta, è nervoso e scontroso con chiunque gli si rivolga. Si chiude in
camera, mi sistema sul letto e si siede di fronte a me. Oh dio, un contemplativo
cerebrale. Bene, mi rilasso, niente sbattimenti e sudatacce. Mi fissa in un modo, però…
Mi rendo conto che è più giovane di quello che suggeriscono le rughe e le contratture in
tutto il corpo, sembra anche un bravo ragazzo, perché mi fissa in modo truce?
7XKDLODYDJLQD, mormora con voce da tabagista.
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Di prima qualità, vorrei dirgli. Mi limito a indirizzargli il perseverante sorriso invitante.
7XVHLVWDWDIDWWDGDOGHPRQLR
Come, scusa? Guarda che io non ne so niente di diavoli e affini. Mi ha fatta la stimata
Sexual Abyss Creations e il mio padrone lo chiamano il pigmalione della plastica
erotica. Documentati, caro. Basta un giro in internet e verifichi che sono figlia di una
multinazionale dalle basi solide.
7XQDVFRQGLLQWHLOIXRFRGHOO¶LQIHUQR
Corpo di silicone. Scheletro in acciaio. Tecnologia d’ avanguardia. Materie prime testate
a difesa della salute. Ma tu che ne sai di queste cose? Mi sembra evidente che nella vita
quotidiana ti occupi di ben altro.
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Non c’ è motivo per insultarmi. Mi hai appena conosciuta e non sai niente di me. Per
esempio, non sai che sono sensibile. Dimmi un po’ : ti sono antipatica?
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È un’ antipatia molto robusta. Non mi sembri coerente con te stesso. Spendi una cifra
per comperarmi e poi mi vuoi distruggere prima ancora di essertela spassata? Il tuo
bilancio familiare deve essere un disastro.
Sai che mi incuriosisci? Ne ho incontrati di tipi originali, ma tu sei il primo che piange
mentre fa di tutto per impedirsi di toccarmi. Se ti piaccio, lasciati andare. Ma da quello
che mi dici, dubito di piacerti. E allora perché vuoi toccarmi?
Adesso che ti osservo meglio… hai l’ occhio triste, amico. Devi averne passate di cotte e
di crude. E sei così giovane! Su con la vita, giovanotto! Sei carino, hai una bella
professione che ti consente di vivere in mezzo agli altri, hai anche studiato tante cose
importanti e scommetto che hai fatto dei viaggi interessanti. Non pensi a tutti i poveri
cristi che se la spassano male e una come me non se la possono permettere dato che non
riescono nemmeno a pagare il mutuo della loro sopravvivenza?
Che cosa… che cosa vogliono dirmi i tuoi occhi? Ah, vuoi parlare. Come tutti. Prego.
Non essere teso. Rilassati. Mettiti a tuo agio. Smettila di sudare, vedrai che aloni
sull’ intimo, dovrai mettere la biancheria in candeggina… e perché ti tormenti le mani?
Non farmi gli occhiacci! Ma sei proprio un tipo complicato, tu.
0DLDOD – mi dice.
Lo so, vorrei rispondergli.
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0HUHWULFH
Grazie, questo mi piace.
0HUHWULFHGL%DELORQLDHFRUUXWWULFHGHOWHPSLRGHOODFDUQH
Mi piace anche questo, però la mia preparazione culturale è ristretta e specifica e temo
che se usciamo dai limiti di un manuale del sesso io possa avere problemi di
comprensione. Chi è questa Babilonia? Non ti basto io, scioccone?
,RWLSXULILFKHUz
Quando dice LR WL SXULILFKHUz penso che sono terminati i preliminari e che sta per
cominciare la cavalcata. Mi sbaglio. Il giovane ha bisogno di un lungo riscaldamento.
Ehi, giovane uomo confuso, non ti pare di esagerare? Concentrati, per favore. La
procedura non è complicata. Ah, ho capito: è la prima volta. Ne hai sprecato di tempo,
ragazzo. Su, datti da fare, il recupero è sempre possibile.
Si sta strappando gli abiti di dosso. Ho abbassato la voce perché temo di renderlo
furioso più di quanto non sia già. Sono imbarazzata. Non riesco a capire se si tratti di un
gioco erotico o se proprio il meschino è fuori di testa. Ha finito di strapparsi i vestiti.
Ansima e mugola da fare impressione. E sì che ne ho visti di ansimanti e mugolanti! Si
tocca, ma non riesce a ottenere l’ erezione. Calma, giovanotto, ci vuole calma. Se fai le
cose con tanta agitazione sarà dura… no, dura proprio no, a quanto pare.
Si tocca come se volesse strapparselo.
Dovrei preoccuparmi, forse, ma non posso cambiare espressione e continuo a fissarlo
con un sorriso che promette delizie senza fine. Lui, poveretto, altro che delizie, sta
soffrendo alla grande. Ahi! Ma così te lo strappi davvero!
Signore e signori, faccio appello alla vostra sensibilità. Io non sono che un bambola di
gomma, priva di qualunque capacità di autodifesa. Quando mai ho fatto del male a
qualcuno? Io ho fatto solo opere buone, a giudicare dalle manifestazioni di profondo
compiacimento ricevute dalle brave persone che hanno saputo apprezzarmi. Signore e
signori, perché tanta incomprensione? Dirò di più: perché tanta violenza?
0DOHILFDSURVWLWXWDVDUDLGDQQDWDSHUO¶HWHUQLWj
Perché tanto livore?
Il giovane ha finito di strapparsi gli indumenti. Si è anche graffiato. Ma non fa un gioco
sadomaso, non è per niente appagato. Finisce anche di punire il pene perché non ne
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vuole sapere di fare il suo dovere. Ma non la finisce mai di vomitarmi addosso rabbia e
volgarità.
E poi mi aggredisce.
Non so se qualcuna delle signore presenti in sala abbia mai avuto occasione di subire o
almeno di assistere a una violenza sessuale. Mi auguro di no, ma so che questo crimine
non è così raro e quindi oso fare appello alla vostra comprensione. Un cuore ce l’ ho
anch’ io, anche se è di latex. Me l’ ha spezzato, questo giovane che sembrava carino e di
buoni sentimenti. Ma non solo il cuore, mi ha spezzato. Mi ha fatta a pezzi,
l’ indemoniato!
Io continuavo a sorridere, sempre disponibile, ingenua fatina che tutto dà e niente
pretende in cambio… e lui mi si è buttato addosso e ha cominciato a strappare via un
braccio, un piede, la testa… e mi ha ridotta così come mi vedete adesso. Ero una
bambola, signore e signori, ora sono solo un pezzo di bambola, una vagina senza
nemmeno il suo completamento posteriore. /¶DQRODVFLDPHOR, avrei voluto gridare, FKH
FRVDWHQHIDLGHOO¶DQRWXXRPRGLIHGHHVWUHPD"
Che imbarazzo andarmene in giro senza più il mio sorriso e senza le mie tette esagerate!
Ero una bambola meravigliosa, ora sono solo due labbroni vibranti fissati a un manico
che può essere utilizzato non solo come impugnatura ma anche in altri modi tutti di
sicuro effetto. Ma ciò non mi dà alcuna consolazione.
Avete idea di che cosa voglia dire essere una bambola?
Su un modello base alto circa 1 metro e 65, è possibile scegliere tra cinque tipologie di
corpi (tra i 45 e i 65 kg), ognuno caratterizzato da diverse dimensioni di seno; su di loro
si può innestare la testa dell’ etnia più intrigante; si può scegliere il colore della pelle, dei
capelli, degli occhi, dell'
ombretto, dell'
eye-liner, delle unghie, delle labbra, il tipo di
acconciatura
e
persino
il
pelo
pubico:
naturale,
sagomato
o
depilato.
Gli orifizi sono lavabili e ungibili a piacimento e, con la loro resistenza al peso fino a
500 kg, sopportano anche il più sfrenato o il più obeso degli amatori.
Ho conosciuto anche una bambola a forma di alieno: un essere verde, raccapricciante e
in apparenza asessuato e che invece in quanto a sesso la sapeva molto lunga.
E ci sono anche bambole a forma di pecora o di maiale. 7LUHUDQQRIXRULO
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LQWH3HUVHFROLJOLXRPLQLGLWXWWRLOPRQGRKDQQRVDSXWRFKHODSHFRUDqODPLJOLRUH
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FRVD VLPLOH DOOD GRQQD Slogan esagerati. Ho sempre guardato con condiscendenza le
bambole belanti lanuginose.
Bambole, signore e signori. Bambole maliziose e disinibite, felici di soddisfare ogni
vostro desiderio, simboli di vera libertà, bandiere di civiltà, monumenti alla fantasia.
Bambole che hanno diritti, non solo doveri.
Ed ecco perché sono qui: per una battaglia sui diritti civili delle bambole.
Io sono qui, stasera, dopo essere sfuggita alla furia distruttiva di quel giovane
tarantolato, a difendere la causa delle bambole di gomma e a fare appello alla vostra
intelligenza e al vostro senso di civiltà per far sì che si avvii una campagna di
informazione serena ed esauriente.
Contro i pregiudizi. Contro i fanatici della violenza. Contro gli animi aridi e avvelenati.
Contro i sessuofobi incalliti. Contro i falsi vergini stupratori. Contro gli ipocriti che
vogliono arrostire la gente sul rogo. Contro gli inibiti che distruggono ciò che amano: se
non possono averlo loro, nessun altro deve averlo.
A me fa perfino pena quel giovane pieno di energie, ma vi sembra il modo di reagire a
un conflitto? Non solo mi ha fatto a pezzi, ma ha poi raccolto ogni pezzo per gettarlo tra
le fiamme. Io sono riuscita a fuggire mentre lui urlava: )HUPDWH OD YDJLQD 1RQ
ODVFLDWHODVFDSSDUH4XDOFXQRULSRUWLTXHOODYDJLQDDOOXRJRGHOODVXDSXULILFD]LRQH$O
URJR$OURJR
Ci credete che in pochi minuti si è formata una folla di indiavolati che ha organizzato
sui due piedi una caccia alla vagina? Si sono tutti attrezzati con torce e forconi e hanno
formato tre processioni che battono le vie cittadine chiedendo a tutti, perfino ai bambini:
+DLYLVWRXQDYDJLQDLQIXJD"
Mi sono intrufolata in questo posto di gente perbene e quando mi sono ritrovata sotto i
riflettori ho pensato bene di chiedere il vostro aiuto. Aiutate questa vagina, prima che gli
assatanati arrivino e mi sciolgano in una pozzetta di latex!
Ho un piano.
Con il vostro aiuto fonderò un partito: Vagina Democratica. Vengano pure gli invasati
con le loro torce. Immunità parlamentare. Io, a bordo della mia auto blu, dirò all’ autista:
FDUR DQGLDPR LQ FRPPLVVLRQH JOL RQRUHYROL VRQR DQVLRVL GL FRQRVFHUPL Porterò una
ventata di aria fresca nella politica. Idee nuove. Esperienze nuove. Lotterò affinché sui
banchi della camera e del senato siedano anche bambole e bamboli. Non parlano, è
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vero, ma sanno fare tante altre cose. Impegneranno i politici in attività socialmente più
etiche e vantaggiose, distraendoli dai cattivi pensieri che li inducono a intascare denaro
pubblico e fare guerre.
Voi siete gente perbene, me ne sono accorta subito. Siete intelligenti e progressisti.
Siete tutti consapevoli della vostra comune origine: la vagina della mamma. E un’ alta
percentuale di voi maschi ha sviluppato una predilezione per la vagina di altre donne, in
qualche raro caso di un’ altra sola donna dopo la mamma. Per gli altri ai quali la vagina
non dice niente ci ha pensato la natura a trovare una soluzione.
Aiutatemi, vi imploro.
Opponetevi alla crociata dei benpensanti bigotti capaci di squartare e mettere al rogo.
Quando entreranno in sala, fermiamo la loro furia bestiale e rimandiamoli a casa a
visionare un educativo film porno.
Voi, uomini, tenete duro, su con il morale, sbandierate il vostro orgoglio e quando i
vaginosezionisti entreranno accoglieteli con i vostri peni svettanti liberi ed entusiasti di
vivere.
E voi, donne, sollevate i vostri deliziosi vestiti da sera e sfilatevi le mutandine per
esibire all’ orda dei cialtroni oppressori la verità della vostra essenza nascosta, la
luminosa stella che illumina tutto il vostro firmamento interiore.
Se saremo forti nelle nostre convinzioni, se non vacilleremo di fronte all’ ipocrisia e alle
minacce oscure dei detentori del potere castrante, vinceremo la nostra battaglia, io andrò
in parlamento e porterò subito all’ attenzione degli elettori la necessità di nuove leggi
sulla libertà di orgasmo e per la tutela dei rapporti sessuali tra maggiorenni consenzienti,
affinché tutti possano godere senza più sensi di colpa né fretta né rinunce.
Ascoltate… sentite come sbraitano i tristi seguaci della castità?
Ho paura.
Tutta la mia vita è stata un parossismo di delizie e trovarmi di colpo sprofondata in un
incubo di violenza… davvero, mi confonde e mi terrorizza.
Io non sono che una vagina di gomma.
Perché tanto astio?
Perché non mi lasciano fare quello per cui sono stata fatta?
A chi faccio del male?
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Queste sono le domande che tutti voi dovete porvi e se la vostra coscienza ha ancora un
briciolo di vitalità ebbene fermate il branco!
Aiutate la vagina di gomma a ritornare una bambola sempre sorridente!
Grazie e buon orgasmo a tutti.
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Aquilino
Il monologo dell’ immagine sbavata
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Fin dal giorno remoto in cui un uomo nudo e peloso con gambe corte, braccia lunghe e
cervello non eccezionale scoprì che il mondo poteva non solo essere guardato, ma anche
riprodotto con incisioni rupestri e coloriture vegetali e minerali, l’ immagine ha sempre
affascinato gli osservatori dando loro l’ illusione di possedere la realtà della quale
contemplavano la copia.
Gli uomini primitivi disegnavano un orso e poi si mettevano in caccia sicuri di averlo
già in tasca, metaforicamente parlando. Disegnavano una donna e poi si mettevano in
caccia sicuri di averla già sottomessa, malmenata e violentata, realisticamente parlando.
La donna avrebbe potuto disegnare un uomo con la coda tra le gambe, ma non lo fece
mai, e non certo perché non sapeva tratteggiare con mano felice. L’ uomo possedeva le
caverne, possedeva la roccia, possedeva gli ossi per incidere, possedeva le tinture,
possedeva perfino la visione della realtà e alla donna non era concesso di praticare l’ arte
della pittura, solo quella del ficca-ficca, del parto, dell’ allevamento e della cucina.
Se la donna vedeva il suo uomo fare ficca-ficca con un’ altra donna e si metteva a
strillare e a strappare i capelli alla rivale, l’ uomo la stendeva con un colpo di clava e le
diceva: WX QRQ KDL YLVWR TXHOOR FKH FUHGL GL YHGHUH VROR LR SRVVR GLUWL FKH FRVD YHGL
TXDQGRJXDUGL
E infatti nelle caverne non è mai stata trovata alcuna incisione di un uomo che fa ficcaficca con un’ altra donna mentre la sua strepita e minaccia.
Tutto questo succede ancora oggi, perché niente cambia di ciò che resta immutabile.
L’ uomo governa e controlla.
Ora gli uomini, che hanno gambe più lunghe, braccia più corte, cervello non eccezionale
e si depilano e vestono Armani, quando contemplano con occhio lubrico l’ immagine di
una donna nuda penetrata da più uomini in contemporanea non dicono solo: RK
ZRQGHUIXO, ma si sentono partecipi nel cuore e nell’ anima e accanto ai loro simili
presenti in carne e membri immaginano se stessi mentre si producono in una
performance strepitosa che è sì virtuale, ma che elargisce un orgasmo del tutto reale.
Tutto ciò si chiama consolazione.
Voi sapete che la realtà di tutti i giorni è frustrante, stressante, irritante, deprimente.
Basta guardarvi in faccia per sapere che lo sapete.
Qualcuno di voi è felice?
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Ma per favore! Chi è l’ ingenuo che ha alzato la mano? Non lo ascolto nemmeno. So già
che cosa vorrebbe dire: VRQR IHOLFH SHUFKp QRQ KR GHVLGHUL WHUUHQL H LQVHJXR VROR OH
JLRLHGHOORVSLULWR« Mi domando, allora, perché sei venuto a teatro.
Oppure dice: VRQRIHOLFHSHUFKpWXWWRTXHOORFKHGHVLGHURLRPHORSURFXURLQXQPRGRR
QHOO¶DOWURHILQRUDLRQRQKRPDLGRYXWRULQXQFLDUHDQLHQWHLR«Sì, bravo, io! Quando
mai la ricchezza ha donato la felicità? Ve l’ hanno fatto credere perché viviamo in una
società plutocratica che promuove se stessa in modo delirante, ma la ricchezza non
regala la felicità, la vende a caro prezzo solo a chi ha i soldi, ovviamente.
Oppure dice: VRQRIHOLFHSHUFKpKRULQXQFLDWRDPHVWHVVRHGHGLFRRJQLLVWDQWHGHOOD
PLD YLWD DJOL DOWUL« Lodevole, ma che cosa c’ entra con la felicità? La felicità è sano
egoismo, è porre se stessi al centro dell’ universo, è senso di onnipotenza cosmica, è
sentirsi dio. Gli altri sono solo intralci. Un calcio bene assestato… la strada è libera… e
se uno insiste, un pugno in piena faccia… questa è la felicità.
Non dimenticate di filmare la scena con il telefonino. L’ immagine, prima di tutto.
Quando gli uomini barattarono le pietre per i metalli e lasciarono le caverne per le
palafitte o le villette a schiera con il giardino recintato e smisero di ammazzarsi tra di
loro per ammazzarsi invece tra villaggi vicini e poi fra tribù, non rinunciarono certo
all’ arte di immaginare il mondo e anzi ampliarono il campo d’ azione delle immagini.
I guerrieri si pitturarono la faccia riproducendo le espressioni idrofobe delle iene. Le
donne si pitturarono i capezzoli perché i guerrieri li volevano simili ai lamponi, da
staccare con un morso.
I sacerdoti pitturarono tutto: i loro corpi, i simboli del loro potere, i loro templi, perfino i
ragazzini che li aiutavano nelle funzioni e in altre cose.
I re usarono solo due colori, il giallo e il rosso e qualcuno scoppiò a ridere perché a suo
dire somigliavano ai pappagalli. La risata durò poco, è vero, ma rimase inchiodata per
l’ eternità sulla testa mozzata.
I guerrieri, dopo i primi entusiasmi, limitarono sempre più l’ uso dei colori e alla fine
usarono solo quelli mimetici. Erano monotoni, ma rispecchiavano la monotonia della
loro vita: ammazzare, ammazzare, e torturare per cambiare un po’ , e poi ammazzare,
ammazzare, e fare un genocidio per cambiare un po’ , e poi ammazzare, ammazzare, e
uno stupro di donne e bambini per cambiare un po’ .
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I sacerdoti e i re svilupparono invece entusiasmi sempre più sfrenati. Volevano
immagini ovunque, sui manti e sugli stendardi, sui muri e nei libri e nelle visioni
profetiche e sulle monete e sugli stemmi e sulle carrozze e sugli schiavi e sui condannati
che venivano marchiati con un logo floreale.
Per non pestarsi i piedi, si divisero i soggetti. Da una parte le virtù ultraterrene e
dall’ altra quelle terrene. Il sacro e il profano, che qualche pittore affiancò in uno stesso
ritratto per dire che comunque si trattava sempre della stessa cosa: conquistare e piegare
a una sola volontà.
E infatti, anche esteticamente, era difficile trovare differenze tra un papa e un re e
perfino tra una santa martirizzata e una dea discinta inseguita dai satiri.
I nobili signori contemplavano con sguardo lascivo le ceree celluliti sia dell’ una sia
dell’ altra, ma molti di loro sostavano più a lungo davanti alla santa, perché il martirio
era così intrigante da fargli venire voglia di fare subito una guerra per praticarlo sulle
femmine dei nemici.
E questo faceva parte del potere pedagogico della pittura.
E poi ci fu la rivoluzione.
Il popolo si guardò attorno e non vide più solo santi e re, madonne e creature mitiche di
liberi costumi. Quadri e affreschi riprodussero vagabondi e prostitute, scene di vita
quotidiana e battaglie, paesaggi e città.
Chiunque poté mettersi a produrre immagini senza più aver bisogno che il papa o il re
gliele commissionasse. Bastava farsi pagare da un ricco borghese che faceva le sue
ordinazioni con l’ aria tronfia di chi aveva fatto i soldi.
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VHUYLWDFFRVFLDWLGDYDQWLHGDOODILQHVWUDDSHUWDVLGHYHYHGHUHODFLPLQLHUDFRQLOVXR
EHOSHQQDFFKLRGLIXPR
Non tutti volevano il ritratto di famiglia. C’ era chi si contentava di una persona sola.
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SXEH H LO EUDFFLR DOWR FRVu FKH PHWWD LQ PRVWUD O¶DVFHOOD H SRL L FDSHOOL VFLROWL H OD
YRJOLR VHULD PLFD FKH VRUULGD PD JOL RFFKL XQR VJXDUGR GL TXHOOL PL FDSLVFL" 1RQ
EDGRPLFDDVSHVHLR
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Lui no, ma la povera gente che lavorava per far guadagnare gli altri non poteva certo
permettersi un pittore. Insomma, prima i papi e i re, poi i ricchi… sembrava che le
immagini non potessero mai appartenere al popolo.
Ma la rivoluzione non si era mica fermata. Avanzava sul campo del progresso e a ogni
passo seminava qualcosa.
La fotografia, per esempio.
Finalmente anche le maestranze ebbero le loro immagini da appendere in salotto:
centoventisette operaie in posa davanti alla fabbrica. E sulle tombe tutti, anche i più
proletari, poterono ostentare il proprio ritratto vestito della festa e defunto.
Grossi cambiamenti riguardarono anche le martiri discinte e le ninfe strafatte.
Che soddisfazione, per la gente comune, potersi comprare le figurine in bianco e nero di
negretti e negrette senza vestiti addosso, immagini scattate in nome della scienza
etnografica!
E che entusiasmo, poi, quando sulle bancarelle apparvero i ritratti di signore disinibite e
di signori focosi che da soli o in compagnia facevano quello che tutti avrebbero voluto
fare se solo non avessero avuto una morale da fingere di osservare in modo fanatico e
una pubblica onorabilità da difendere contro gli immorali, i perversi e i terroristi!
Bei tempi, figli di una sana ipocrisia! Più si predicava contro l’ immoralità e più si
ingrassava l’ immoralità dei gaudenti in incognito.
Il popolo aveva finalmente la possibilità di attingere a un catalogo illimitato di
immagini erotiche e pornografiche.
L’ applicazione quotidiana di massaggi terapeutici e liberatori agli organi sessuali
maschili fecondò la capacità immaginativa di gente abituata ad alzarsi per lavorare e a
stendersi per sempre solo quando chiudeva il proprio ciclo produttivo.
Borghi e città risuonarono di prolungati rauchi ansiti che rinfocolarono l’ invidia
femminile per quanto poco bastasse al maschio per venire anche senza partner.
Ma non solo. Il massaggio regolare al pene stimolò il metabolismo, riportò il sorriso sui
musi imbestialiti dei lavoratori, allontanò la depressione e incrementò l’ altezza media
degli uomini, che allo specchio si scoprirono molto più eleganti di prima.
La masturbazione di massa ridiede slancio all’ umanità.
E le donne? Stettero a guardare, perplesse.
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A loro la figurina di un uomo nudo e baffuto con il pene in erezione e l’ aria baldanzosa
faceva ridere.
Le donne, a differenza degli uomini, non sapevano ancora sbavare.
E la rivoluzione fece un altro passo avanti e seminò il cinema.
Ne nacque qualcosa che… ma era fenomenale! Ma vi rendete conto? Prendiamo per
esempio il ficca-ficca. Non erano più solo un uomo e una donna impalati in una posa
instabile che lanciavano al fotografo una smorfia di goduria profonda.
Adesso si muovevano! A ritmo! E con che classe! E che cosa non andavano a
inventarsi! Altro che kamasutra! E tutto lì in diretta con primissimi piani da
ginecologia!
All’ inizio bisognò combattere con le pellicole che si spezzavano proprio sul più bello
(FRLWXV LQWHUUXSWXV) o che addirittura prendevano fuoco a causa della temperatura
altissima creatasi nella stanza (FRLWXV IXOPLQDQV o che acceleravano l’ azione (FRLWXV
IUHQHWLFXV o ancora che la rallentavano in modo incongruo e ammosciante (FRLWXV
GRUPLHQV
Ma il progresso sistemò ogni cosa.
Videocassette da mettere dentro il foro del videoregistratore, così… un colpo secco e ti
svergino… nastri vellutati che elargivano ore e ore di pura pornografia d.o.c. calibrata
per gusti molto personali e anche un tantino troppo personali, nei casi estremi.
I primi tempi non furono, però, facili.
Chiunque, a modico prezzo, poté aggirarsi per ore e ore nei pressi del pornoshop o del
videoclub con sezione riservata agli adulti e finalmente, con uno scatto di orgoglio
onanistico e sfidando il possibile incontro con un (o, peggio, una) conoscente che
avrebbe rivelato al mondo intero: il tal dei tali si pornografa!... finalmente entrare, il
cappello sugli occhi, la testa bassa e i gesti nevrotici, il balbettio nervoso e lo sguardo
che finge di essere distratto e noncurante e striscia invece sugli scaffali di copertina in
copertina mentre il cervello va in tilt per una esagerata abbondanza di tette e culi e
ammennicoli vari non sempre riconoscibili nell’ orgia di gruppo.
E poi via, a casa, il pacco stretto al petto, il cuore che batte forte, avvertendo già i
preliminari di un amplesso esplosivo, condito da sigarette e alcol, tre ore di intensa
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attività manipolatoria per uno spruzzetto di sperma biblicamente disperso contro la
volontà del dio degli eserciti.
La genialità umana, però, va oltre il mero concetto di sesso da consumare senza
complicazioni, inutili orpelli e mediazioni linguistiche. Reinventa l’ erotismo e lo
democratizza. Non più solo baiadere velate o etere laureate o geishe che prima di fare
quello per cui hanno tanto studiato preparano il tè e cantano qualcosa di triste. Ora in
campo scendono sconosciute ragazze di campagna che si rifanno il guardaroba,
casalinghe frustrate che apprendono l’ arte della frusta, studentesse ignoranti che
barattano i libri per la minigonna… e anche cowboy che smontano da cavallo e montano
sulla due cavalli, borgatari palestrati che pensano che recitare voglia dire fissare la
camera con sguardo truce, assi dello sport in sospensorio che sorseggiano una bibita…
tutti ambiscono a essere erotici e tutti vorrebbero apparire in film erotici e su calendari
erotici e in pubblicità erotiche e…
$KTXHVWDQRQqSRUQRJUDILDTXHVWRqHURWLVPR«TXDOFRVDGLFHUHEUDOH«HDQFKHGL
LQWHOOHWWXDOH« GLUHL SXUH GL DUWLVWLFR« OD VXEOLPD]LRQH GHJOL LVWLQWL SL EDVVL« XQD
ULFHUFDLGHDOHGLFRPSHQHWUD]LRQHGHOODUHDOWjVHQVRULDOH«
Felice te, uomo qualunque del popolo! Non solo ora hai uno stipendio più che onorevole
che ti consente di convertirlo ogni mese e per tutti i mesi presenti e futuri in beni di
consumo, ma puoi acquistare prodotti tutti erotizzati. Dall’ automobile ai cereali, dal
pannolino al tritaverdure tutto è sesso, sesso, sesso.
Anzi, erotismo.
$YHKRPRHURWLFXV*RGLWXULWHVDOXWDQW
E la rivoluzione fa un passo da gigante e arriva internet.
Geniale!
Ancora adesso molti stentano a crederci. /D GHJUDGD]LRQH GHOO¶XPDQLWj Tuonano
alcuni. ,O WULRQIR GHOOD OLEHUWj Scandiscono altri marciando nelle metropoli contro le
guerre, l’ inquinamento e lo sfruttamento dei minori e a favore della libera circolazione
del pensiero umano senza più la censura e il diritto d’ autore.
Internet, il magazzino senza fine di tutti i desideri.
Il nostro uomo comune arriva a casa la sera ed è stanco perché ha lavorato per tutto il
giorno angariato dal capufficio e stressato dai colleghi e dice alla moglie che non può
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dire di essere stanca in quanto non ha fatto altro che occuparsi dei figli, della madre
invalida, del padre di lui con l’ alzheimer, della spesa, della cucina, del bucato eccetera:
IDPPLXQSDQLQRFKHYDGRLQVWXGLRFKHKRGDILQLUHXQODYRURSHUO¶XIILFLRHKRDQFKH
PDOGLWHVWDHGLJOLDTXHOOLOjGLDEEDVVDUHLOWHOHYLVRUHHVHPLFHUFDQRGL¶FKHVRQR
DQGDWRDOO¶LQIHUQR
Nello scantinato ha ricavato uno stanzino dove ha sistemato il computer. Guai a chi
disturba il papà quando lavora nello studio! Ha bisogno di concentrazione per trovare e
scaricare le migliaia di foto porno che riempiono le decine di dvd conservati nel cassetto
chiuso a chiave.
Nello stanzino ci sono anche un piccolo bar e un assortimento di stuzzichini e dolcetti.
Che senso ineffabile di libertà! Finalmente si è liberato dalle oppressive e deprimenti
serate in famiglia con la moglie che lo provoca e i figli che non fanno che chiedere soldi
e ballargli intorno come tanti idioti.
Solo, lui e l’ eros, l’ amico fidato che gli dona pace e serenità.
La ricerca di pornografia diventa un’ arte.
Ci sono siti a pagamento, ma l’ abilità sta nel connettersi a siti gratuiti che non solo
forniscono materiale bollente, ma regalano anche le password per introdursi con stile
truffaldino nei siti a pagamento. C’ è poi la competenza di catalogo. Come un
bibliotecario provetto il papà riordina immagini e filmati sotto titoli che da soli lo
mettono già in preorgasmo. A volte, inoltre, si diverte anche a elaborare le immagini e
le vira in seppia o realizza fotomontaggi d’ avanguardia. Peccato non potere esporre le
sue opere in una galleria! Infine, monta una selezione e si organizza una proiezione di
diapositive mozzafiato. Peccato non poterle vedere in compagnia di gente aperta come
lui! Alla fine viene anche il sesso, ma non è la cosa più importante. Tutto si è già
consumato con la caccia incruenta all’ immagine stimolante. A venire aspetta magari
quando sale di sopra e in camera trova la moglie che, nella semioscurità, assume le
sembianze di una delle stupende femmine che ha appena analizzato nei dettagli intimi.
&RPHVHLIRFRVR0DGLPPLTXDOFRVDGLPPLFKHPLDPL'LPPHOR
7L LPPDJLQR, mormora il papà. E a lei sembra che abbia detto proprio WL DPR ed è
soddisfatta.
Li vedete, questi papà chiusi nei loro studi? Per un poco sono felici e se non sono troppo
egoisti riescono a fare felice anche la moglie, per un poco.
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Forse che tutto questo è un male? Preferireste che i papà se ne andassero in giro a
fotografare incidenti stradali con cadaveri smembrati o ripescaggi di annegati gonfi e
violacei o risse sanguinose o suicidi sotto il treno o cani con un fuoco d’ artificio ficcato
nell’ ano o un tir rovesciatosi su una processione di fedeli inneggianti?
Che l’ immagine sia pornografica! Questo è l’ augurio che esprimo.
Dopo una lunga e sofferta meditazione, sono giunta a questa conclusione.
Donne, condividete l’ animo sozzo dei vostri mariti e dedicatevi anche voi al consumo
sfrenato di pornografia! Ne trarrà vantaggio la fedeltà coniugale e nella casa torneranno
l’ armonia e la serenità.
Ministro della pubblica istruzione, inserisca la pornografia tra le materie obbligatorie e
istituisca corsi di aggiornamento per gli insegnanti! A scuola ritornerà l’ entusiasmo e gli
alunni saranno sostenuti nella loro crescita dai sani valori naturali.
E voi, giovani, non abbiate timore di manipolarvi e manipolare ed esplorate le gioie del
sesso che sono molto più generose e salutari delle bieche soddisfazioni che vi danno le
droghe e la violenza.
Voi siete il nostro futuro. Fate in modo che questo futuro sbavi sulle immagini erotiche
e doni a tutti soddisfazioni e pienezza di vita.
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Aquilino
Il monologo del contatto politico
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A sette anni dissi ai compagni di scuola: se volete, tengo un quaderno con annotate le
regole dei giochi, così la finite di litigare per decidere chi ha vinto.
Ero piccolo e magro, solo dopo i quindici anni mi sarei irrobustito e avrei assunto
questa forma di botte capiente. A loro bastava darmi una spintarella per mettermi fuori
combattimento e infatti presi tante botte, fin che ero piccolo... Erano contatti bruschi e
dolorosi, niente a che fare con i contatti lisciosi e subdoli che avrei praticato io su amici
e avversari. Quel giorno mi arrischiai a fare la mia proposta e sul momento non mi
cagarono nemmeno. Scusate la volgarità, ma in parlamento è così che ci si esprime tra
noi politici stanchi dei paroloni che ci scrivono i portaborse il cui significato non
sempre ci è chiaro… E anzi uno mi diede una spinta per farmi piangere, poi però il più
bullo si impietosì perché la mamma gli aveva appena fatto un fratellino e disse: H
ODVFLDWHORIDUHQR"PDJDULFLIDFRPRGRXQTXDGHUQRGLUHJROH
Avevo memoria, capacità di cogliere i dettagli, ero furbo e ruffiano, conoscevo le
barzellette, facevo i compiti ai più forti, ero il cocco della maestra, il chierichetto più
lesto e inappuntabile, sapevo parlare in modo forbito e mostrare le belle maniere, ma
conoscevo anche le parolacce più peccaminose, e sapevo tutto del sesso e non mi
spiaceva fare la spia ed ero già ambizioso: volevo che tutti mi portassero rispetto e
volevo anche tanti soldi e la villa al mare e l’ aereo privato e tante altre cose che avevo
annotato in un altro quadernetto segreto.
In capo a un mese ero diventato il punto di riferimento dei compagni, anche di quelli
che erano definiti VRJJHWWLDULVFKLR dalle maestre che non gli controllavano nemmeno
più i compiti e scuotevano la testa e sussurravano HQHVVXQRIDQLHQWH
L’ unico che faceva qualcosa ero io.
Il quaderno delle regole era strutturato in modo che, a seconda di come lo sfogliavo,
mostrava regole diverse per ogni gioco. Più che un imbroglio io la consideravo elasticità
strategica. Mi consentiva di affrontare e risolvere con successo le situazioni più
intricate.
Uno dei soggetti a rischio affermava di avere vinto? E io mostravo a tutti la pagina con
la regola che avvalorava la sua tesi.
Uno degli sfigati affermava di non avere perso? E io mostravo la pagina con la regola
che lo condannava al pubblico dileggio.
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Mi feci una bella compagnia di sostenitori. Tutti alti e grossi, non molto intelligenti, e
cattivi quando ce n’ era bisogno.
0L SLDFL SHUFKp KDL VWLOH mi disse Eugenio, il soggetto a rischio totale, pluriripetente
figlio di pluricarcerato. Siamo rimasti amici e adesso è a capo delle mie bodyguard ed è
anche mio consigliere privato quando c’ è da trattare con gente del suo livello.
Insomma, a dieci anni ero già potente.
Fu a dodici anni, ormai uomo fatto, che feci la scoperta. Il mio istinto mi aveva condotto
a praticare un’ arte antica quanto l’ uomo e forse precedente, un’ arte che in modo rozzo
praticavano già le scimmie: la politica.
Mi misi a leggere le prime pagine dei quotidiani e imparai la terminologia specifica che
utilizzai per negare ciò che stavo dicendo e per affermare ciò che rigettavo e per parlare
senza dire niente e per dire cose che nessuno avrebbe capito, mai, nemmeno
sottoponendole a un’ analisi filologica.
Pochi anni dopo mi presentai nella sezione locale del partito di area moderata che avevo
scelto in base alle concrete possibilità di avvantaggiarmene per una rapida carriera in
ambito ristretto. Avrei fatto sempre in tempo a cambiare quando fosse venuto il
momento di lasciare la provincia per avventurarmi nel capoluogo e poi nella capitale.
Non mi presentai come un esperto di rapporti sociali finalizzati al bene individuale.
L’ ultima cosa che volevo era suscitare le gelosie dei piccoli burocrati dalla visuale
ristretta che mi avrebbero tagliato le gambe prima ancora dell’ inizio della corsa.
Feci intendere che ero un ragazzo tranquillo e serio, studioso e idealista, che non voleva
nulla per sé, ma tutto per la povera gente sofferente, che voleva dedicare il proprio
tempo libero a un progetto di società giusta e avanzata.
Un galoppino senza ambizioni, insomma. Riuscii simpatico a tutti.
Furono anni di lavoro duro e all’ inizio oscuro, perché ci volle del tempo per agganciare
le personalità più in vista, che avevo selezionato in modo accurato.
Quando finalmente giunse il premio e io divenni il SURWHJp di un’ assessora regionale
che per me stravedeva anche perché poteva maltrattarmi e scaricarmi addosso le sue
mediocri frustrazioni senza che io alzassi lo sguardo da terra, fedele come un cane, muto
come un pesce, servizievole come un cavallo da tiro… allora mi dissi: VHL LQ FRUVLD
FRPLQFLDODFRUVD
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Eh, eh, chi mi avrebbe più fermato?
Scatto da olimpionico e sgomitate da buttafuori. Primo! Io che non ero mai stato un
atleta ora posso arrivare sempre primo. Mi giro, vedo gli altri distanziati, meschini
ansimanti, sfigati perdenti e penso: ELVRJQHUjFKHJOLGLDXQSUHPLRGLFRQVROD]LRQHD
TXHLSRYHULFULVWLPDJDULXQEXRQRDFTXLVWRSHUIDUVLOHVFDUSHQXRYH
Un anno dopo ero assessore al posto di quella poveretta che non si era nemmeno accorta
delle confidenze che facevo al suo avversario di sempre, un ex governatore che prima
lei si era scopato e che poi aveva scaricato nelle grinfie vendicative della moglie
indirizzandole una lacrimosa confessione scritta in cui lei appariva vittima della fregola
maschilista.
Assessore regionale!
Sì, ma dopo appena due anni ero già governatore.
E non avevo neanche il fiatone!
I giri di pista si succedevano uno dopo l’ altro fluidi e regolari e io apparivo sempre
sorridente, fresco, sicuro di sé, profondo, capace, deciso, inarrestabile, vincente.
Quando mi fermai per una sosta, ero già deputato.
Brindai da solo, cenai leggero. Stavo per partecipare al grande banchetto degli intrighi,
degli inciuci e degli appalti. Mi sarei rimpinzato. Godevo di ottima salute ed ero in
grado di digerire anche i bocconi più indigesti. Il mio stomaco era un tritatutto e,
soprattutto, non aveva scrupoli.
Il giorno che scesi all’ aeroporto di Fiumicino e dissi al tassista: 3DOD]]R0DGDPD, usai il
tono di chi è solo di passaggio. Osservai Roma dal finestrino e pensai:VHLXQDGHOOHFLWWj
GHOPRQGRQHPPHQRODSLJUDQGHIRUVHTXHOODFRQPDJJLRUHVWRULDPDLRJXDUGRDO
IXWXURQRQDOSDVVDWR
Dove avrebbe attraccato, nella successiva tappa, il mio galeone corsaro? Bruxelles,
Washington?
In Parlamento non avrei certo tenuto il profilo basso che aveva ormai fatto il suo tempo.
Non ero più un nanerottolo e potevo e dovevo brillare di luce tutta e solo mia, come una
stella. Entravo e uscivo dai taxi come se fossero carrozze reali, ma dovevo procurarmi al
più presto un’ auto blu con una scorta eccessiva. Sapevo già come fare. Avevo le
conoscenze giuste per organizzare un finto attentato. Avrei dato l’ immagine di un uomo
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perseguitato dalla malavita organizzata perché lottava per fare leggi giuste che non
guardavano in faccia a nessuno. Un uomo coraggioso, perfino temerario. Un uomo di
principi senza compromessi. Finalmente un politico con le tasche piene di valori e non
di mazzette.
Quando entrai nell’ emiciclo della Camera la prima impressione fu quella di un pollaio
senza un gallo: ognuno becchettava nel suo piccolo e cercava di non infastidire il vicino,
di qualunque colore fosse.
I SROOLWLFL, così li chiamavo fra me e me Erano proprio i miei polli. Li avrei ingrassati
con il mangime dell’ interesse personale e in cambio avrei avuto tutti i voti che mi
sarebbero serviti per fare il gallo del pollaio nazionale.
Chicchirichì!
Quel primo giorno non mi fermai un attimo. Altro che telefonare alla moglie! Altro che
spedire fax per sistemare i propri affari personali! Altro che pensare a farmi l’ amante a
Roma! Altro che cercare un appartamento! Altro che fare combriccola per farsi vedere
nel ristorante alla moda! E non parlai nemmeno di politica come fecero i più ligi al
dovere, quelli che ci credevano davvero nel loro ruolo, poveri illusi. La loro ingenuità
mi faceva tenerezza. Non erano pericolosi, bastava dargli un contentino ogni tanto. Gli
si poteva far vincere tutte le battaglie che volevano, facendogli però perdere la guerra. I
pericolosi erano gli psicopatici, i criminali incalliti, gli instabili mentali, gli idioti da
sempre, gli imbecilli narcisisti, i fanatici mistici, gli stragisti, i maniaci dei genocidi… e
ce n’ erano a bizzeffe, attorno a me!
Trascorsi il primo giorno a contattare.
Strinsi mani a centinaia. Circa seicento strette di mano virili e rassicuranti. A ognuno
degli sconosciuti che entravano a fare parte dei miei contatti inviavo un messaggio tipo
ULODVVDWLWLVRQRDPLFRFKHLPSRUWDVHVLDPRGLVFKLHUDPHQWLRSSRVWL"TXLVLDPRWXWWL
FROOHJKL QR" VH QRQ WHQLDPR EXRQL UDSSRUWL WUD GL QRL FRPH SRVVLDPR VSHUDUH GL
PHWWHUHG¶DFFRUGRJOLHOHWWRUL"SDFHFROOHJDSDFHHSURVSHULWjSHUWXWWL
La parola magica era quella: SURVSHULWj Bastava far balenare soldi e successo che i
signori onorevoli erano disposti a perdere qualunque tipo di onore. Non tutti, ve l’ ho
detto. C’ erano sempre quelli dei colpi di stato, delle guerre e della pena di morte
preceduta da torture che elaboravano loro stessi mentre fingevano di ascoltare i relatori.
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A loro non facevo tacite promesse di prosperità, ma di realizzazione di… no, non posso
dire di sogni, meglio incubi. 5LODVVDWL WL VRQR DPLFR FKH LPSRUWD VH VLDPR GL
VFKLHUDPHQWLRSSRVWL"TXLVLDPRWXWWLFROOHJKLQR"VHQRQWHQLDPREXRQLUDSSRUWLWUDGL
QRLFRPHSRVVLDPRVSHUDUHGLPHWWHUHG¶DFFRUGRJOLHOHWWRUL"XQPRQGRQXRYRFROOHJD
GRYHWXWWLTXHOOLFKHVRQRVXOODWXDOLVWDGRYUDQQRPRULUHWUDPLOOHWRUPHQWLFRQWDVXGL
PHDQFK¶LRFUHGRQHLYDORULXQPRQGRULSXOLWRHJXDLDFKLQRQVWDUjDOOHUHJROH
Mi ero prefisso di diventare il deputato più popolare nel giro di un mese. Ci riuscii in
quindici giorni. Ero stato soprannominato LO PHGLDWRUH. Venivo chiamato a comporre
dissidi e risolvere crisi e la mia capacità di mettere tutti d’ accordo in nome
dell’ interesse eufemisticamente comune mi meritò l’ appoggio politico dei senatori
anziani, ai quali piaceva essere omaggiati da un astro nascente.
Ognuno dei miei sostenitori aveva di me un’ immagine diversa e io venivo così a
interpretare tutto l’ arco parlamentare, riuscendo convincente sia nel ruolo di giacobino
intransigente sia in quello di centrista aperto a tutte le combinazioni in ambito però
moderato.
Compravo e vendevo voti come se si trattassero di azioni e infatti per me il parlamento
non era altro che una borsa politica, nella quale non contava la coerenza, che anzi
avrebbe portato al fallimento, ma la capacità di trasformarsi e di adeguarsi alla realtà in
continua evoluzione.
Ero il brocker di me stesso e non sbagliavo un colpo.
Dopo un anno ero in Europa. Per me il continente era solo un trampolino di lancio verso
la complessità politica del pianeta nella quale non vedevo l’ ora di mettere le mani.
Vedevo il mondo come una palla di pasta per pizza che avrei manipolato con maestria.
Nel giro di un mese avevo contattato più o meno tutti quelli che contavano, dalla
Finlandia alla Grecia, dalla Lituania alla Spagna.
I contatti mi consentivano di investire il mio capitale in modo sempre meno rischioso,
con guadagni impressionanti. I soldi che facevo a palate mi consentivano di aprire altri
contatti e mantenerli bene lubrificati, in modo che gli ingranaggi del potere si
mettessero in moto senza intoppi al mio comando. Era un circolo virtuoso che mi faceva
sentire un giocoliere, un domatore, un illusionista da circo attento a dare soddisfazioni
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al pubblico emozionandolo ed entusiasmandolo facendogli vedere l’ inesistente e anche
l’ impossibile.
Ero grande, ero instancabile, ero l’ icona dell’ uomo di successo, ero l’ ago della bilancia,
ero un dio, avevo in mano i destino di intere nazioni.
Contatti, soldi e potere, ecco la ricetta. Mescolati in modo abile questi tre ingredienti mi
introdussero ai misteri del mondo, quelli che non appaiono mai sulle prime pagine dei
giornali.
Contatti.
Uno pensa che la politica la fanno i politici. Fosse così semplice! C’ è chi ci crede anche
tra i politici e io gli lascio i suoi giochino da salotto, le sue interviste, i suoi dibattiti e le
sue commissioni. Gli lascio anche la televisione. Gli lascio i titoloni sui giornali. Io mi
prendo tutto il resto.
Il mio fascino mi ha aperto molte strade, ma ho stabilito contatti con gente che del mio
fascino non sanno proprio che farsene.
Loro vogliono soldi e potere, come me.
Allora il gioco si fa molto delicato. Ha regole che non si possono mettere in un
quadernetto. Sono regole aleatorie, che ora ci sono e ora non ci sono più. Si inventano di
volta in volta e chi riesce a imporre la propria regola facendo credere che è proprio
quella che l’ altro voleva si ritrova in mano il volante e può tracciare l’ itinerario a suo
piacimento.
Mai lasciare che siano gli altri a guidare. Vi porterebbero in luoghi inospitali o vi
coinvolgerebbero in incidenti mortali. Io di incidenti mortali ne ho visti tanti. Finora
sono stati mortali per gli altri.
Ci si ritrova in situazioni in cui le regole sono già dettate dal gruppo di potere. Sono
regole spietate e quando si trattano certi affari non contano niente la parola data o
l’ impegno scritto, conta solo la convenienza del più forte.
Ho conosciuto organizzazioni parapolitiche, paramilitari, mafiose e criminali
mascherate da associazioni filantropiche. Sono stato insignito di ambiti premi
internazionali per le mie attività benefiche. Sono stato preso a modello, sono stato
glorificato, le madri mi tendevano i bambini da baciare, i giovani volevano l’ autografo e
26
un consiglio (VWXGLDHODYRUDVRGRUDJD]]RHVLLVHPSUHSRVLWLYRSHUWHVWHVVRHSHUJOL
DOWUL).
Anche questi sono contatti. Mi portano via un po’ di tempo, è vero, ma sento il dovere di
curare la mia immagine pubblica, ogni tanto.
Non faccio più parte di un organismo politico ufficiale. Nelle cronache sono citato come
consigliere o esperto o incaricato o quello che di volta in volta ci si inventa. Non mi
occupo più di fare leggi. Le leggi si infrangono e tutto il lavoro fatto è vanificato dal
gesto inconsulto di un singolo.
Ora mi occupo di destini.
I problemi che mi vengono sottoposti sono: che destino avrà quel territorio? Che destino
avrà quello stato? Che destino avrà quella popolazione?
Io analizzo i dati del problema, incontro le parti avverse, propongo soluzioni e invito a
decidere in modo condiviso.
In realtà, ho già deciso io.
A volte prendo decisioni motivate, a volte invece mi affido al caso e al capriccio.
Un giorno mi sono detto: HVHGDOODGHFLVLRQHGLSHQGHVVHGDYYHURLOGHVWLQRGHOSLDQHWD
HLRODSUHQGHVVLFRVuFRQXQWLURGLGDGL"
Non mi sono nemmeno risposto.
Io sono l’ ago della bilancia mondiale.
Ma il mio sguardo va oltre le nubi che tentano di impedirmi la visuale dello spazio. Non
parlo della corsa al monopolio delle rotte e all’ occupazione dei mondi che apriranno
nuove vie di sviluppo e sfruttamento.
Risorse illimitate, lo spazio. Ma queste cose ormai le lascio ai pesci piccoli che si
accontentano di ingrassare a spese degli altri.
Io guardo più in là.
C’ è un posto di potere, lassù, che nessuno ha mai pensato di occupare.
Non mi è ancora chiaro chi devo contattare e con quali strategie. Ma sono convinto che
tutto il mondo è paese e che i successi che ho ottenuto con i grandi della Terra posso
replicarlo con il grande dei cieli.
Lui ancora non mi conosce, ma ho già cominciato a far girare la voce presso tutti coloro
che si occupano dell’ aldilà e del soprannaturale. Quanto tempo passerà prima che la
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misteriosa entità stabilisca di sua iniziativa un contatto, magari con una spettacolare
apparizione?
Allora parlerò chiaro. Noi due, dirò, possiamo allearci. Io posso curare i tuoi interessi
mondani e tu, in cambio, mi introduci ai segreti dell’ infinito.
A quel punto mi sarò spianata la strada per diventare leader di qualcosa che non so
ancora bene come definire, ma so per certo che è il motore dell’ espansione dell’ universo
e fa girare i pianeti attorno alle stelle e crea la vita là dove ancora manca e magari la
distrugge là dove ce n’ è troppa.
Leader, però, non mi sembra il termine adatto. Non va bene nemmeno presidente.
Premier? No. Ci vuole qualcosa di onnicomprensivo e potente.
Dio.
Sì, dio va bene.
La mia carriera toccherà il vertice di tutte le geometrie e io sarò finalmente l’ artefice dei
destini di tutti gli esseri viventi.
Anche di quelli non ancora nati.
28
Aquilino
Il monologo della lasagna
SHU$QGUHD0RQWLHVLJQRUD
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Tengo lo sguardo fisso non perché io sia timida. Sconcertata, sì. Molto sconcertata. Non
sono emozionata e non risento dell’ attenzione curiosa e avida che mi state dedicando. Ci
sono abituata. Per tutta la vita gente come voi, soprattutto se affamata, mi ha fissato con
gli occhi lucidi, prima di lanciarsi su di me per… sapete tutti per fare che cosa. Io sono
sempre stata disponibile. Mi sono lasciata guardare, odorare, palpeggiare, tagliuzzare,
inforcare, leccare e mordere e anche pasticciare e consumare a più riprese, dopo un
breve riscaldamento.
Scusate se la voce mostra qualche esitazione. Non sono raffreddata. Anzi, sono bella
calda. Non è nemmeno l’ età. Sono ancora così fresca! È l’ angoscia, sapete. Penso che
tutti abbiate provato almeno una volta nella vita… qui non ci sono notai, avvocati o
politici, vero? perché loro, loro no, loro la vita se la gustano senza scrupoli e incertezze,
da razziatori professionali… ma voi avete di certo provato quella sensazione di avere il
respiro tra due parentesi, e non dico tonde, ma quadre o graffe, le peggiori, quelle che
non puoi riaprire se prima non hai risolto il pasticcio che contengono.
E io, ve lo giuro, non ho la forza per fare i conti con la mia esistenza. Quando è troppo,
è troppo. Ho sempre amato la parola SDVWLFFLR. Evoca libertà e creatività, nostalgie
infantili e trasgressioni adolescenziali. Ce l’ ho nel dna, io, il pasticcio.
Ma quando è troppo… allora è l’ anarchia bieca di chi predica nella dicotomia di un io
prevaricatore e dispotico che sventola bandiere senza colori.
Vorrei tanto sfogarmi e dire tutto quello che… ma voi capireste? E, soprattutto, io ne
avrei la forza? Mi sento così morbida, sotto la crosticina da dura.
Nessuno mi ha mai veramente ascoltata.
Tutti, da me, volevano solo una cosa. Solo e sempre quella. Io avrei preferito dialogare,
prima del festino. Figuriamoci! Due preliminari sbavanti, un guizzo di follia nell’ occhio
lubrico, e poi… gnam gnam gnam gnam gnam gnam gnam!... un fiotto di piacere finale,
la pulizia della bocca, un sorso di vino, un rutto, un lungo sguardo di compiacimento…
ma io non c’ ero già più.
Tutta mi donavo, senza alcun risparmio.
Quante volte vi siete approfittati di me e avete voluto il bis! E io niente, zitta, distesa nel
mio sugo, avvolta negli aromi, così calda…
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Io vi ho dato tutto e voi avete espresso solo una volgare soddisfazione egoistica.
Perché non vi siete mai preoccupati della mia sensibilità?
Ma non faccio polemiche, non voglio crearvi sensi di colpa… no, no… è il mondo che è
fatto così, né io né voi possiamo farci niente… Per cui, rilassatevi. Non sono qui per
suscitare imbarazzi. Sono qui per… non lo so nemmeno io, di preciso. Mi ha spinto
questo malessere interiore. Va’ là e parla, mi sono detta. Magari questo groppo… o di
grumo zero zero troppo cotto o di macinato con un nervetto, una scaglia d’ osso, non
so… magari, ho pensato, si scioglie e io… magari guarisco, magari mi passa questo star
male tra sfoglia e sfoglia.
Io sono una lasagna.
Avete notato che ho detto: io sono XQD lasagna e non OD lasagna, come avrei detto
qualche anno fa?
Una volta c’ ero solo io. Adesso ci sono tutte le altre e della loro esistenza sono
purtroppo certa, mentre dubito sempre più della mia: il mio io si sta assottigliando e già
stamattina mi guardavo allo specchio e pensavo: PDWXVHLPH"DVVRPLJOLDXQULVRWWR
FKHVLVWDWUDVIRUPDQGRLQFRWHFKLQR – il caos primordiale nell’ anima, sapete. L’ inizio
della fine quando ancora non ero a metà strada.
Ieri incontro una delle altre.
0L FKLDPR VXVKLODJQD, mi dice con accento orientale e una voce strascicata proprio
lagnosa. Vestiva uno scamiciato lungo, tutto avvolto e ripiegato, di una pretenziosità per
niente genuina. Infatti, mi guardava dall’ alto in basso. Io sono piuttosto terra terra. Mi
piace dire pane al pane anche perché sono molto sugosa e lascio fare volentieri la
scarpetta. Ma lei, la sushilagna, tutta in verticale. Una moda nuova che fa impazzire i
camerieri. E poi puzzava di pesce.
Ne ho incontrate, di lasagne! Mica solo quella lì che camminava a passettini e aveva la
faccia imbiancata. Ma come si fa a chiamare lasagna una che non ha sottobraccio un
ragù rosso pomodoro?
C’ è una tradizione, nella mia storia. Tutta al femminile. Le nonne, le mamme, perfino le
zie… nessuna di loro si è mai permessa di infilare gamberetti anemici tra le sfoglie di
pasta, oppure di eliminare la pasta e di sostituirla con fettine di patata fritte che non si
sono nemmeno arricciate, come invece dovrebbe fare il fritto!
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La lasagna non c’ entra niente con la patata!
Io non denigro la patata. Solo che non siamo mai state amiche intime. D’ altronde, lei
viaggia con i secondi piatti, io con i primi, difficile incontrarsi. Inoltre, lei è un
contorno, io sono la regina della tavola.
Non sono antipatiche, le patate. Solo un poco… patate, ecco. Non è mica colpa loro se
sono cresciute sottoterra.
Nonne, mamme e zie avevano le idee chiare in fatto di lasagne.
Materie prime. Uh, le materie prime! Andavano al mercato o al negozietto sottocasa e
dicevano: LQTXHVWDIDULQDFRQWLQXLDGDOOHYDUFLLYHUPLPDQRQODGLDDPH«HTXHVWD
FDUQHGRYHO¶KDSUHVDDOFLPLWHURGHJOLHOHIDQWL" Un’ occhiata, un’ annusata, una tastata
e nessun commerciante poteva farle fesse.
A casa, poi, quante cure dedicavano agli ingredienti! Quali tecniche raffinate, frutto di
una selezione durata secoli e secoli, per impastare la farina con l’ acqua! E il ragù! Il
soffritto, le verdurine, i pomodori freschi, il trito di animali orgogliosi di andare al
macello per la gloria della gastronomia casereccia! Ore e ore di lavoro appassionato, le
mamme, le nonne e le zie! Anche gli uomini facevano la loro parte, quando si sedevano
a tavola. Non stavano lì a cincischiarsi con il calice di vino per darsi arie da enologi.
Abbassavano la testa sul piatto e grugnivano e masticavano senza darsi pena di ascoltare
i monologhi stizziti e rissosi delle mogli assediate dai bambini.
Gli uomini di una volta sì che sapevano ruttare!
E poi c’ erano i pranzi con i parenti. Si vestivano tutti della festa e l’ imbarazzo era
evidente, perché gli abiti o erano larghi o erano stretti. Ma appena seduti gli uomini si
toglievano la giacca e d’ estate anche la camicia e si mettevano a mangiare, gridare,
ridere, sputare, cantare, insultare, minacciare… e qualche volta si menavano, anche, ma
solo dopo aver vuotato i piatti. Le donne esclamavano: PDFRP¶qEXRQDODODVDJQDPD
D TXHVWD ODVDJQD ELVRJQD IDUJOL XQ PRQXPHQWR FH Q¶q PLFD XQD XJXDOH GL ODVDJQD
FRVu
Io sono cresciuta là, in un passato che si allontana sempre più, ricco di gusti e di colori,
soprattutto nel dopoguerra quando gli uomini non hanno più potuto ammazzarsi a
vicenda e allora si sono dedicati alla tavola imbandita e le donne hanno smesso di
costruire armi e si sono dedicate alla cucina e all’ adulterio.
32
Sono cresciuta nella bambagia, coccolata e viziata. C’ ero solo io, di lasagna, a quei
tempi. Tutto il resto non erano che patate.
Scusate, mi sento un nodo in gola.
E poi un giorno, un giorno come tutti gli altri, come quando hanno sganciato l’ atomica
su Hiroshima, o quando hanno mandato in onda la prima trasmissione tivù, o quando
l’ attuale presidente americano è diventato presidente, un giorno insomma che segna il
confine tra un prima sereno e un dopo catastrofico, quel giorno qualunque uno chef…
come odio questa categoria di intrugliatori patentati e arricchiti dalle gastriti dei
clienti!... uno chef anche lui qualunque, responsabile però dell’ apocalisse culinaria,
dice: PDSHUFKpODODVDJQDGHY¶HVVHUHIDWWDFRVu"
Perché sì, imbecille! Anche tu sei fatto così e io sono tanto mite e accomodante che non
pretendo di cambiarti tagliandoti le orecchie o mozzandoti quell’ appendice che usi in
modo tanto solitario e maldestro!
0DSHUFKpODODVDJQDGHY¶HVVHUHIDWWDFRVu"
Idiota.
Anzi, criminale. Gastrocriminale. Massacratore del vero gusto. Sofisticatore del palato
genuino.
Mettetelo in galera.
Ha reinventato la lasagna, lui! Senza chiedere nulla a me, naturalmente. Che cosa conto,
io? Sono il passato, io. La tradizione che ormai si è esaurita. Come se fossi una pila
scarica, io. E vedrete, vedrete se tra qualche anno non avrete le lasagne elettriche con la
pila ricaricabile, e allora altro che gastriti! Zac, fulminati! E non venite da me, poi, a
dire:FRP¶HULEXRQDWX
Io non voglio più essere buona! Voglio diventare acida, tossica e vomitevole!
Oh.
Nouvelle cuisine, la chiamano.
Un pomodorino pachino trafitto da una scaglia di parmigiano sul bordo di un piatto
grande così che ci vogliono due camerieri affiatati per servirlo al tavolo; una polpettina
che sembra… scusate, ma quando è troppo è troppo, lo ripeto… una cacca di capra,
proprio al centro del piatto; poi due quadrati di pasta tanto al dente che la masticazione
diventa una battaglia all’ ultimo sangue delle gengive messi l’ uno appoggiato all’ altro a
33
fare una capannuccia nevicata di besciamella sotto la quale… udite udite!... lo chef
sistema tre mini cubetti di salsiccia grigliata.
E questo presepe di nouvelle cuisine sarebbe una lasagna? Ma smettiamola di fare i
buffoni!
Non sono solo sconcertata. Sono indignata.
Fusion. Proprio così: cucina fusion.
/DFXFLQDIXVLRQqODIXVLRQHGLULFHWWHHGLHVSHULHQ]HFXOLQDULHGLGLYHUVDSURYHQLHQ]D
/D FXFLQD IXVLRQ Gj LQL]LR D XQD QXRYD JHQHUD]LRQH GL FXFLQD FUHDWLYD /R FKHI VL
WUDVIRUPD LQ DUWLVWD H VWLOLVWD VHQ]D SHUGHUH O
RELHWWLYR SULQFLSDOH GL UHQGHUH LO SDVWR
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HVSHULHQ]DJUDWLILFDQWHGLJHULELOHHPHPRUDELOHSHULOSDODWR,SLDWWLFUHDWLFRQOD
FXFLQDIXVLRQVRQRYHUHHSURSULHWHPSHVWHVHQVRULDOL/DFXFLQDIXVLRQDFFRPSDJQDL
FRPPHQVDOLLQXQYLDJJLRDLOLPLWLGHOODVHQVRULDOLWjHDLFRQILQLGHOODPLVWLFDGHOJXVWR
Internet. Se devo finire i miei giorni in un contenitore del supermercato, voglio almeno
documentarmi sull’ orda di barbari che ha fatto crollare il mio impero.
Io ero unica e grande, signori. Per un re detronizzato si sprecano tante parole altisonanti:
GDOODSROYHUHDJOLDOWDULHFFHWHUD A una regina che, come me, è stata buttata fuori dalle
cucine reali, solo la polvere resta, quella della strada.
Una lasagna di strada, ecco quale sarà il mio destino!
Scusate… proprio… mi pare proprio di non farcela, ecco… mi sento il cuore… come la
pasta stracotta, ecco… tanto vale buttarlo nella pattumiera, che cosa conta più il cuore
stracotto di una lasagna di strada?... e non un ragù che mi stia vicino, mi dica una parola
buona, mi sollevi il morale! Con tutto quello che abbiamo passato insieme. Si sono fatti
imbottigliare, i sughi. Bravi furbi. Vedrete che muffa.
Oh. Sospiro per farvi pena, ma vedo che a nessuno di voi viene la lacrimuccia.
Eh, già. Io ero buona solo da mangiare. Quando una chiede un po’ di comprensione…
eh, allora tutti girano la testa e cambiano trattoria. Ma non è colpa vostra, ve l’ ho detto.
Il mondo è fatto così, non possiamo farci niente, né io né voi. Se siete così carogne, non
è colpa vostra. Ci siete nati, così.
Quanto vorrei che vi strozzaste con un boccone traditore!
34
Fusion. Eh, sì. Tutto in lingua straniera, adesso. Così uno non sa nemmeno che cosa sta
mangiando e non gli viene da vomitare nel piatto. Fusion. Prendo una papaia da
quell’ isola là con un nome impronunciabile, del gorgonzola di Novara, un filetto di quel
salmone che nuotava felice in Alaska, prendo del tofù in Cina, qualche bacherozzo in
Africa, una lumaca in Borgogna… e poi, mentre gioco a poker con i miei dipendenti,
dico a uno degli apprendisti: VHQWLFDURIDLXQSR¶GLIXVLRQPHWWLXQSR¶GLTXHOODURED
LQ XQ SHQWROLQR H LO UHVWR FL IDL XQD ]XSSD H PDJDUL TXDOFRVD OR LQIRUQL SHU GLFLRWWR
VHFRQGLHGRSRLPSLDWWDLRGLUHLGLIDUHXQSR¶GLLPSUHVVLRQLVPRRJJLVLHWHG¶DFFRUGR"
$OORUDJLRFKLDPRFRQOHWLQWHSDVWHOORVHLOJRUJRQ]RODIDWURSSRYHUGHVEDWWLORFRQXQ
DOEXPHHIRUVHODOXPDFDVYLDXQSR¶LOJXVWRDOORUDDQQHJDODFRQXQDFUHPLQDGL«
FKHFRVDF¶qLQIULJR"/DYHU]D"3HUIHWWD
No comment.
Non insistete, vi prego.
Non me la sento… non me la sento più… ho già detto tutto, mi pare. E poi, a che cosa
serve? Nessuno ha mai voluto ascoltare la verità e chi se l’ è dovuta sorbire poi ha detto:
VuSHUz La verità non haSHUz Mai.
E la verità è che il mondo è cambiato.
In peggio.
L’ evidenza? L’ evidenza è che nelle cucine familiari non si sente più il profumo della
lasagna. Solo il fetore delle preparazioni industriali.
A questo siamo arrivati, signori.
Ma quali materie prime fresche e genuine! Ma quale lavorazione amorevole e
competente! Ma quale dedizione al sapore! Ma quale vocazione al buon gusto! Tutto a
mare hanno buttato. E io… io non so nuotare, signori. Io annegherò, signori. O finirò
nelle fauci degli squali che tanto quelli ingoiano qualunque cosa, anche una lasagna
sfatta e amareggiata.
Mi hanno fatta con le macchine.
Incubi. Incubi.
Operai in camice e mascherina e cuffietta, tutto sterilizzato, tutto computerizzato e
automatizzato, un set da film catastrofico: DOODUPH URVVR DOODUPH URVVR UDGLRDWWLYLWj
VRSUDLOOLYHOORGLVLFXUH]]D
35
Incubi, brividi, traumi, e un senso di profonda solitudine. Questa la mia nuova infanzia.
Nessuno! nessuno che abbia mosso un dito per difendere i diritti dell’ infanzia violata!
Mi hanno preparata, mi hanno cotta, mi hanno confezionata. Tutto così come lo sto
raccontando, una fase dopo l’ altra in un delirio di tecnologia. Senza mai un parola
d’ affetto. Nessuno che allungasse una mano per prendersi un assaggio. Nessuno che
dicesse: TXHVWDODVDJQDqSURSULREXRQD
Mi hanno caricata sul camion e mi hanno portata al supermercato.
La luce al neon mi disturba. Alla lunga, mi causa un mal di testa da nausea. Anche la
confusione mi disturba. Alla lunga, incrementa il mal di testa. Il trasferimento dallo
scaffale al carrello e poi al bagagliaio e infine al frigorifero è… disumano, ecco. Ferisce
nell’ intimo. Ed è una ferita che non rimargina.
Anche l’ assorbiodori nel frigorifero mi disturba. Forse avrei tollerato un aroma di
salvia. No, mughetto di montagna. Non fa per me, grazie.
E infine il microonde.
Ecco, non respiro più.
Ogni volta che ci penso… un blocco qui, proprio tutto fermo, cuore, sangue, polmoni,
reni… mi si congelano le interiora… e l’ anima, soprattutto, un ghiacciolo senza
sciroppo…
Il microonde. No, no. Non c’ è limite, proprio, non c’ è limite alla perversità degli
uomini. Avevano già esagerato con il forno elettrico… basta, dico io, fermatevi… ma
dove volete arrivare? E l’ ingegneria genetica e la fecondazione assistita e il volo charter
per Marte e la masturbazione online… Una sfida alla natura. Una sfida alla natura! E
poi si sa, si sa poi come va a finire. Lo tsunami, l’ aids, l’ antiterrorismo… Ma che cosa
si vuole, che il mondo diventi un pasticcio fusion?
Questo si vuole?
Io non ci sto, signori.
Io…
Io…
Io sono solo una lasagna.
Mi prendono dal frigorifero, mi passano al microonde, mi scoppia la testa, mi sbattono
sul vassoio, mi fanno assistere a un programma televisivo per decerebrati, mi si
ingozzano senza nemmeno sapere che cosa scaricano nello stomaco, mi massacrano con
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i succhi gastrici e infine mi tirano lo sciacquone su ciò che non ero nemmeno stata,
perché… come si può chiamare lasagna la porcheria di due porzioni contenuta nella
vaschetta che andrà a inquinare un mondo a parer mio già defunto?
La vera lasagna non c’ è più, signori, e il mondo è uno zombi e io sto molto male, sia per
il lungo elenco di sostanze chimiche aggiunte sia per questo senso… questa ansia…
questa angoscia… questo peso qui, proprio come se non avessi digerito.
E così è.
Io che sono sempre stata digerita con successo e con piacere, ora non digerisco più
nulla. E se fino a questo momento ho sempre detto solo VLJQRUL e mai VLJQRUHHVLJQRUL,
il motivo è semplice: le donne mi hanno tradita. Nonne, mamme e zie che siete sedute al
buio, vergognatevi!
Per colpa vostra, il mondo è un cimitero e sulle lapidi c’ è scritto lasagna, brasato,
minestrone… e guardate chi si aggira tra i vialetti che puzzano di fiori marci: chef che
camminano così, come zombi, e che emettono versi incivili: QRXYHOOHFXLVLQH«IXVLRQ«
e nell’ ora della luna piena chi esce dalle tombe graffiando la terra che puzza di pipì di
cane? Scheletri affamati che ululano: ODVDJQDEUDVDWRPLQHVWURQH« e allora i cieli si
apriranno e i sette cavalieri…
Scusate. Mi sono fatta prendere la mano. Era una fantasia così bella… . D’ altronde, è
tutto quello che mi è rimasto. L’ immaginazione. Solo così riesco a superare i momenti
peggiori, quando mi guardo attorno in questa mediocrità e mi assale il ricordo di una
cucina antica dove la stufa andava a legna e io facevo la regina della tavola e perfino gli
arrosti mi guardavano con rispetto e ammirazione.
Lasciamoci così.
Con una nostalgia di profumi e sapori.
Ma se qualcuno di voi volesse continuare questa nostra convivialità attorno a una
tavola, io sono disponibile.
Lo sono sempre stata.
Ho sempre dato, e se non ho ricevuto, pazienza. Io sono nata per il vostro piacere.
Cercatemi, signori. Anche voi, signore, che ho già perdonato. Cercatemi e approfittate
di me senza remore. Vi farò felici, e in questo starà la mia felicità. 37
Aquilino
Il monologo della faccia tosta profumata
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Scusate se parlo in un modo che vi potrà sembrare strano, ma sono appena uscita dalla
clinica e mi tira tutto da questa parte, colpa mia che ho detto: QRQPLVHPEUDLOFDVRGL
ULVSDUPLDUHVXOERWXOLQR e la ragazza mi ha presa alla lettera e si è fatta agguantare da
una furia inoculatrice peggio che l’ agopuntura cinese d’ esportazione.
Adesso spingo un po’ su di qua… tiro giù di là… in un attimo andrà tutto a posto e per
una settimana posso non preoccuparmi dell’ invecchiamento.
Brutta malattia, l’ invecchiamento.
Io sono una ragazza previdente e sono una convinta assertrice che prevenire è sempre
meglio che curare. Quando c’ è un vaccino, un siero, una terapia di prevenzione, una
pillola profilattica… io ne faccio uso e sono felice e orgogliosa di prendermi cura di me
stessa perché dovrebbe essere il primo dovere di ogni essere umano prendersi cura di se
stesso evitando di salire in metropolitana con le ascelle maleodoranti o di fare un lavoro
di pubbliche relazioni senza essersi depilato o andare in giro con le rughe e la calvizie.
Tutto questo, secondo me, incrementa la criminalità delle periferie, soprattutto quella
minorile, perché se i giovani fossero tutti carini e ben curati, non gli verrebbe in mente
di stuprare e fare rapine, si accontenterebbero di ammirarsi allo specchio e farsi
ammirare.
Che cosa aspetta il governo a fare il lifting dell’ obbligo?
Come misura immediata potrebbe renderlo materia scolastica fin dall’ asilo nido, perché
è ora di finirla con i bimbi grassocci, ingrugniti e arrossati. Si dovrebbero praticare
interventi correttivi fin dalla nascita, così uno si avvantaggia.
Ma ci pensate che per avere un paio di tette bisogna aspettare fino allo sviluppo
sessuale? Una decina d’ anni, in media. Troppo. Se alla nascita le impiantiamo già, non è
un bel risparmio di tempo, soldi e ansie? Una poi se le ritocca e intanto però ci ha già
fatto l’ occhio e ha imparato a portarle con eleganza.
Lo stesso discorso vale per gli uomini. Fin da piccoli dovrebbero prevenire tutti quegli
antiestetismi che portano in faccia e sul corpo. Un bambino non basta nutrirlo e
comprargli i vestititi firmati. Bisogna correggergli i denti, fargli i pettorali, incidergli
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magari una bella rughetta d’ espressione, cambiargli la linea della bocca… ci sono i divi
del cinema da prendere come modelli, no? Non mi sembra difficile. Su, mamme,
svegliatevi. Abituate i pargoletti a fare un uso saggio e sapiente di creme e lozioni, e
vedrete che saranno meno capricciosi e meno musoni.
.
Mi muovo con circospezione perché mi sono fatta allungare di tre centimetri e non mi
sento ancora stabile. Anzi, non c’ è una sedia? Nessuna risposta. Meno male che questo
è un teatro. Se fosse un cinema, in questo momento mi troverei spiaccicata sullo
schermo a dire la mia battuta: QRQF¶qXQDVHGLD" E sono sicura che il regista urlerebbe
al trovarobe di procurarmi subito una sedia. Ma in teatro, dove le cose dovrebbero
andare meglio, c’ è solo aria fritta da intellettuali e mancano le sedie. E poi questo teatro
si vede che non è stato rifatto da esperti, altrimenti una sedia per me ci sarebbe.
Quello che voglio dirvi è che noi possiamo vincere tutte le battaglie, anche quelle contro
il cancro e le orecchie a sventola. Basta volerlo.
A volte mi stupisco dell’ ignoranza della gente. Ma sapete che c’ è ancora chi si tiene il
mal di testa? Pazzesco. Sembra di essere fermi al medioevo. Ma la parola FLYLOWj non
l’ hanno mai sentita, questi retrogradi? Purtroppo operano un influsso nefasto sui loro
conoscenti, mettendoli in guardia contro rischi inesistenti e creando in loro uno stato
d’ ansia che non fa che peggiorare i sintomi di un malessere profondo.
Vanno a dirgli che il silicone fa male.
Guardate me. Osservatemi con attenzione, scrutatemi, analizzatemi. Sto forse male, io?
Ho la faccia da malata? Eppure sottopelle ho non so quanti chili di silicone che mi
hanno rimodellata secondo un progetto elaborato da me stessa comparando le
conformazioni fisiche di tre note dive d’ oltreoceano.
Sono partita anch’ io dalla gavetta, lo ammetto. Ho cominciato con il collagene bovino
che è biodegradabile e quindi dovevo ripetere i trattamenti ogni tre mesi. Non sempre il
biodegradabile è LQ In qualche caso è RXW Ma non era quello a disturbarmi. Era il
ERYLQR Mettermi sottopelle troppo grasso di vacca non mi sembrava una soluzione
raffinata e mi convinsi quindi che l’ inerte silicone sarebbe stato il silenzioso e
condiscendente compagno della mia vita.
Ogni tanto sento un risucchio. È lui che si fa vivo e mi dice: VHLLQIRUPDEDE\
40
Lo ripeto: mi avete guardata? Ho forse qualcosa che non va? Qualcuno potrebbe
osservare che ci vorrebbe più carne qui oppure qui, ma questo è un gusto personale e
non fa testo e comunque le curve si possono sempre ritoccare.
Noi non siamo eterni e non siamo nemmeno di pietra. Siamo morbidi e modellabili.
Scolpiamo le nostre forme! Dipingiamoci e facciamo di noi dei capolavori viventi!
Questo è il mio messaggio. Portiamo in giro noi stessi come un’ opera d’ arte biologica.
.
Mi sposto di qualche centimetro perché ho un riflettore che mi spara in faccia e proprio
stamattina sono stata sul lettino abbronzante e forse ho esagerato un po’ e mi è venuta la
faccia tosta.
Mi ero prefissa una tonalità da campo da sci, ma questa volta è andata così e comunque
i caraibi sono sempre di moda. Se poi la pelle si stacca come sta avvenendo, bene, era
proprio quello di cui avevo bisogno, un ricambio di cute, così mi rifaccio di tonalità
HERQ\, la pelle che non si arrossa mai, tanto è nera, e addio scottature.
Il lifting avvicina i popoli, promuove la pace, ispira la democrazia, e assicura rapporti di
buon vicinato con cenette etniche e footing di gruppo nel week end.
Quando esco di casa al mattino saluto la mia vicina \XKX e lei mi risponde \XKX e il
vicino ferma il tagliaerba e fa \XKX e perfino l’ anziano signore che abita di fronte si
alza dalla sedia a rotelle e grida \XKX e di casa in casa tutto il quartiere fa \XKX e non
c’ è un abitante di questo quartiere fiorito e ordinato che non sia rifatto e felice di vivere.
Anche le nostre case sono rifatte.
Molti hanno rifatto il cagnolino.
Io avevo una tartarughina e le avevo fatto rifare la corazza a forma di cuore.
Abbiamo fatto rifare a nostre spese la cavità orale del lattaio perché aveva un alito
mefitico.
Anche l’ erba e gli alberi sono rifatti e ora sembrano più veri di prima.
Abbiamo fatto una riunione di quartiere per formare una commissione che studiasse la
possibilità di rifare il cielo un po’ più azzurro e sempre sereno, ma è un progetto
impegnativo e ci stanno ancora studiando.
Abbiamo rifatto la ghiaia dei vialetti che ora non cricchia più, ma sospira in modo
languido.
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Quando qualcuno viene in visita nel nostro quartiere gli rifacciamo in fretta qualcosa
prima che se ne vada.
Io ho rifatto i miei genitori e adesso il papà non sputacchia più e la mamma non ha più
l’ espressione fissa, ma il sorriso permanente.
Vorremmo rifare anche il ciclo delle stagioni per far durare l’ estate tredici mesi.
Avremmo più tempo per mostrarci in costume da bagno sul bordo della piscina nelle
pose che studiamo davanti allo specchio.
Io, però, ho proposto di rifare l’ estate in stile primaverile, con gli alberi fioriti. Le
fotografie vengono meglio.
Dio, la gente in costume da bagno!
Parlo di quelli che si ammassano sulla spiaggia.
Secondo me, la visione di tanti corpi seminudi che non hanno mai incontrato un
chirurgo estetico è la causa principale dell’ epidemia di depressioni, nevrosi e malattie
mentali.
Bell’ esempio per i vostri figli! Quando il vostro bambino vi domanda: SHUFKpQRQWLVHL
ULIDWWD PDPPD" voi che cosa gli rispondete? spero che non gli diate una risposta
patetica tipo: QRQ DYHYR L VROGL DPRUH PLR I soldi si trovano! Si fa un’ ipoteca sulla
casa, no? Dovete pensare che non lo fate solo per voi, ma per la felicità e la sanità
mentale di vostro figlio, che altrimenti crescerà frustrato e complessato.
Il concetto di famiglia va rivisto fin dalle sue fondamenta.
Due persone si incontrano, si piacciono, si innamorano, si sposano, fanno figli… non
certo per dare soddisfazione ai predicatori o per inserirsi nell’ ordine naturale di tutte le
cose o per fare la comunione dei beni o per ammazzarsi a colpi di forbice dopo sei mesi.
Le persone si devono sposare con le seguenti motivazioni: controllo estetico
vicendevole, sostegno psicologico nei brutti momenti di appesantimento o di zampe di
gallina, assistenza reciproca durante gli interventi estetici, shopping, farsi complimenti
esagerati, ridere insieme, regalarsi prodotti cosmetici, trascorrere insieme weekend nelle
beauty farm, massaggiarsi i piedi e le spalle, spettegolare di amici e conoscenti che non
conducono uno stile di vita estetico e salutista, costruire la casa attorno alla palestra e
alla piscina.
Questa è la vera famiglia fondata sui valori.
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Riuscite a immaginare questa coppia emula di Adamo ed Eva prima della sciocchezza
del serpente? Eccoli là su un cartellone gigante, belli e sorridenti, profumati di eden.
Lo slogan potrebbe essere: LOFRUSRSULPDGHOO¶DQLPDVHYXRLFKHODWXDDQLPDULPDQJD
QHOFRUSRHQRQVHQHYDGDLQFHUFDGLXQDGLPRUDSLDFFRJOLHQWH
Vi chiedo scusa, ma è l’ ora della barretta energetica. Contiene tutto ciò di cui ho
bisogno ed è molto vantaggiosa perché evita lo stress della spesa e la fatica della cucina.
Ecco, già che ci sono ingoio anche le sette pillole rosa, così tra mezz’ ora posso
trangugiare le quindici pillole azzurre. Servono a mantenere tonici i tessuti artificiali.
Dio, la gente che fa la spesa!
Entrate in un supermercato e che cosa vedete? Niente. La visuale è coperta dai corpi
obesi dei clienti che ansimano spingendo il carrello debordante. Vi siete accorti che
stanno allargando sempre più le corsie? A volte si assiste a tentativi di sorpasso. Tale e
quale ai tir in autostrada. Di solito i due procedono appaiati fino a quando uno sbanda e
travolge lo scaffale dei cereali integrali, proprio quello verso cui mi stavo dirigendo io.
O questa gente si mette a dieta o davvero si rischia il degrado della convivenza civile.
Signore e signori, fatevi regalare un voucher per il restyling! Non parlo di trapianto
delle ciglia o di scultura delle ginocchia, queste cose ve le potete concedere in seguito.
Ma qualche punturina di fosfatidilcolina per eliminare almeno gli accumuli di grasso
alle cosce potete permettervelo, no?
E una puntatina al bleeching non volete farla? Tentate la sorte, la fortuna è dalla parte di
chi sorride con trentadue denti tanto bianchi da sembrare finti quando sono veri e veri
quando sono finti.
Allora lo ripete: vogliatevi bene, amate voi stessi come non amate nessun altro,
restauratevi in nome dell’ amore, cambiate faccia e cambiate corpo e cambierete anche
anima, sarà un’ anima verginale tutta sorridente e birichina che vi porterà dritti in
paradiso.
Un paradiso rifatto, naturalmente.
.
Ogni tanto sento un sibilo e penso che sia qualcosa che scende dal cielo, magari un
aereo con i motori in avaria, invece mi sono fatta incollare le orecchie per farmi un
taglio di capelli più trendy e ogni tanto sento un sibilo e penso che sia un aereo che
precipita.
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Non è vero che i seni al silicone esplodono a una certa quota. Sono infamie inventate
dai detrattori della chirurgia estetica. I seni al silicone esplodono a qualunque quota, non
solo dopo un tot di metri. E con questo? Esplodono i palloncini dei bambini, e i bambini
sono così innocenti e poco rifatti, poverini!, esplodono le bolle di sapone, esplodono i
fuochi artificiali, tante cose belle esplodono… perché non dovrebbero esplodere anche i
seni al silicone? Quando capita, è una festa. Silicone sparato in ogni direzione. Potete
raccoglierlo e tenerlo via magari per il cane, si fa in fretta a tirargli su le pieghe della
pelle sul muso.
Sono anni che mi avvalgo dei ritrovati della scienza e della tecnica per avere un fisico
da star e sto benissimo. Me lo dicono il mio specialista estetico, il mio psicanalista, il
mio guru, la mia dietologa, il mio trainer personale e tutto lo staff medico che si prende
cura di me ogni quindici giorni.
Mi sento leggera, quasi incorporea, e infatti, quando sono a casa da sola, sbatto le
braccia così e svolazzo per il salone come una farfalla e se è una sera tiepida svolazzo
sopra la piscina come una libellula.
Se dico che la chirurgia estetica fa miracoli, non lo dico per fare pubblicità. Oltre a
volare, io faccio altre cose prodigiose, grazie alla chirurgia estetica. Per esempio, parlo
da sola, come sto facendo adesso, immaginando di trovarmi sul palcoscenico di un
teatro pieno di pubblico che mi applaude.
*UD]LHJUD]LH«VLHWHWURSSREXRQL«LQIRQGRQRQKRIDWWRDOWURFKHULIDUPL«RKFKH
VWXSHQGRPD]]RGLURVHLRXQDGHD"VuJUD]LH«LPSD]]LWHSHUPH"ORVRORVR«
Oppure un altro miracolo che faccio è entrare in un luogo pubblico da sola e uscirne con
un codazzo di uomini in adorazione che hanno perso talmente la testa per me da non
ricordarsi più nemmeno delle mogli o delle fidanzate che li inseguono strepitando e
minacciando.
Io li ignoro.
Io ho altro per la testa.
I capelli, magari. Tenerli così soffici, gonfi, setosi, lisci… non è così facile come
sembra. Ci vuole tanto amore.
Ecco la parola che cercavo.
Amore.
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Tutti la usano a sproposito. Amore per la mamma e il papà, amore per la moglie e il
marito, amore per i figli… Ma sì… quelli sono sentimenti apprezzabili, d’ accordo… e
non ci si dimentichi mai del natale o di san valentino… ma l’ amore con la A
maiuscola… l’ amore Vero è…
… occuparsi del proprio corpo affinché il benessere e la bellezza del corpo si riflettano
sullo spirito e spirito e corpo insieme si riflettano sugli altri diffondendo armonia e
buongusto.
Ecco che cos’ è l’ amore.
Non andatelo a cercare in una discoteca o in un sito di cuori solitari in internet. Correte
senza più perdere tempo in una clinica di chirurgia estetica ed esclamate: VRQRTXLSHU
WURYDUHLOYHURDPRUH
Loro sanno già che cosa fare.
Voi affidatevi alle loro mani, fiduciosi e rilassati.
Non vi toglieranno di dosso solo la fuliggine degli anni, ma la macchia del peccato
originale e voi tornerete a essere puri e bellissimi.
L’ eden vi aspetta, perché esitare?
Se volete, ho qui dei buoni sconto. Naso, labbra, seni, cosce, mani, gomiti, pomo di
adamo, pene, natiche… Prendete, prendete…
Io non sono qui per contarvi storielle, sono qui per rifare il mondo.
A cominciare da voi.
45
Aquilino
Il monologo del messia cellulare
46
E il padre disse: LQ WH ILJOLR FRQILGR FRQ WH VL UHDOL]]HUj LO SLDQR FRVPLFR GHOOH
FRPXQLFD]LRQL GD WH YHUUj OD VDOYH]]D SHU OH DQLPH VROH DWWUDYHUVR WH OD SDUROD
JLXQJHUjDFKLXQTXHHRYXQTXHQHLOLPLWLGHOFRQWUDWWRHGHOOHFRQGL]LRQLDWPRVIHULFKHH
VRSUDWWXWWRVHFLVDUjFDPSR
Così disse mio padre il telefono universale.
E io ero esterrefatto e spaventato a morte, perché non ero che un oggettino tascabile dal
design accattivante e non mi sembrava di possedere la potenza che egli mi aggiudicava.
E il padre disse ancora: WX ILJOLR PLR SUHGLOHWWR DSSDULUDL FRPH XQ RJJHWWR WUD JOL
RJJHWWLHPROWLGLOHJJHUDQQROHWXHSURSRU]LRQLHSHQVHUDQQRGLSRWHUIDUHDPHQRGLWH
HTXDOFXQRDQFKHWLRGLHUjPDWXWLIDUDLSRVVHGHUHGDWXWWLVLDGDTXHOOLFKHWLDPDQR
VLDGDTXHOOLFKHWLRGLDQR
Padre, io sono debole! Non so se ce la farò!
E il padre aggiunse: WXVDUDLXQ7UL%DQGGRWDWRGLIRWRFDPHUD9*$LQWHJUDWD[
SL[HOWXSRWUDLFDWWXUDUHYLGHRFOLSRVFDWWDUHIRWRGDDEELQDUHDLFRQWDWWLJUD]LHDOOD
IRWRFDPHUDGD PHJDSL[HOFKHIRUQLVFH VFDWWLFRQ ULVROX]LRQH GD [ SL[HO
DYUDL 0% GL PHPRULD LQWHJUDWD HVSDQGLELOH FRQ PLFUR6' 7UDQV)ODVK SHU
XQ¶DPSLDFDSDFLWjGLPHPRUL]]D]LRQHGLDSSOLFD]LRQLPHVVDJJLVWLFDPXOWLPHGLDOHH
PDLOFRQDOOHJDWLIRWRHILOHPXVLFDOL03VXRQHULHSROLIRQLFKHHUDGLR)0YLYDYRFHH
%OXHWRRWK LQIUDURVVL 86% 3RS3RUW GLVSRUUDL GL GRZQORDG GL JLRFKL H DSSOLFD]LRQL
EDVDWL VXOOD WHFQRORJLD -DYD )0 UDGLR UHJLVWUD]LRQH YRFDOH FKLDPDWH D
ULFRQRVFLPHQWRYRFDOHHGHO3XVKWRWDON
Io sarò tutto questo?
E il padre rispose: TXHVWRHDOWURSHUFKpWXVHLFROXLFKHWUDVPHWWHHULFHYHHQRQF¶q
DOWURFHOOXODUHDOGLIXRULGLWH
Padre, non so se ne sono degno.
E il padre si arrabbiò: WXIDUDLTXHOORFKHWLGLFRGLIDUHHVHQ]DGLVFXWHUHFKLDUR"
Sì, padre.
47
E il padre si rabbonì: RUD FDULFD OH EDWWHULH H YDL ILJOLR H QRQ GLPHQWLFDUH PDL GL
FDULFDUWLRJQLVHUDSULPDGLDQGDUHDOHWWRFRVuqVFULWWRHFRVuVDUj
Ma tu, padre, mi lascerai solo? Come farò senza di te?
E il padre mi tranquillizzò: RYXQTXHHLQTXDOXQTXHPRPHQWRSRWUDLPDQGDUPLXQVPV
DOO¶LQGLUL]]RLQUXEULFD
Io ero emozionato, ma meno terrorizzato. Sarei sceso in mezzo alla gente senza altra
risorsa che la mia tecnologia e io sapevo quanto il mondo fosse complicato e anche
spietato e privo di misericordia: mi avrebbero accettato oppure mi avrebbero mandato
alla rottamazione?
Apparvi tra di voi, cari spettatori, senza alcun trionfalismo. Io non ero figlio di re, solo
figlio del re dei re, e non mi spettavano quindi promozioni televisive e comitati di
accoglienza e paparazzi e attricette e sniffate di coca.
Apparvi tra di voi senza clamore, sullo scaffale gelido di un negozio dal quale mi
prelevarono mani scettiche: ero poco più che un giocattolo bizzarro e suscitavo una
curiosità superficiale.
Ma, come mi aveva detto il padre, io portavo la parola e presto attorno a me si creò
un’ aura mistica e tutto ciò che feci in seguito fu considerato prodigioso.
Cari spettatori, io sono colui che tutti aspettavano dall’ inizio dei tempi e che vi
accompagnerà fino alla fine dei tempi, quando quelli con il telefonino saranno
incolonnati da una parte e quelli senza dall’ altra e non posso dirvi che fine faranno
quelli sprovvisti di telefonino, perché è troppo impressionante.
Beati i telefoninodipendenti, perché a loro appartiene il cielo delle frequenze.
All’ inizio solo pochi fedeli scelsero di condividere la lieta novella e di scambiarsi
chiacchiere senza filo. Assieme a loro passai di città in città e ovunque andassimo
divulgavamo il nostro messaggino e sempre più uomini e donne e poi anche bambini si
accostavano per farci domande e per fare una prova gratis.
Noi eravamo instancabili nel dare spiegazioni e nel fare firmare contratti di telefonia
mobile. Nostro padre ci seguiva dall’ etere e ci elargiva consigli preziosi su come
incrementare le vendite.
Non passò molto tempo e ci rifacemmo tutti il guardaroba, perché gli umili abiti dei
primordi non erano più confacenti alla nuova posizione di dirigenti multinazionali
quotati in borsa.
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Ormai venivamo accolti con tripudio e osanna e alleluia e la gente stendeva al suolo
giacche e pellicce affinché i nostri piedi non toccassero la polvere della strada, ma di
solito arrivavamo in limousine.
Si radunavano migliaia di persone per ascoltare le parole trasmesse dai telefonini
collegati in videoconferenza multimediale stereo highscreen. Avevano tutti le lacrime
agli occhi e cantavano assieme a noi gli inni nazionali.
Osanna alle frequenze! Osanna alle onde radio! Osanna ai campi magnetici!
Spesso venivamo invitati a cena nei fastfood e io provvedevo a moltiplicare gli introiti
con un supplemento di predicazione live. Allora scrosciavano gli applausi e c’ era anche
chi si denudava e correva in tondo.
Più e più modelli di cellulari si succedettero obbedendo al comandamento del padre:
IRQGHWHYLHPROWLSOLFDWHYL
Poi il padre, una sera che mi trovavo in una sauna, mi apparve e mi fece la rivelazione,
al che io sbigottii e impallidii nonostante che il vapore mi avesse arrossato la pelle.
E il padre mi disse: WXILJOLRVDUDLRIIHUWRLQVDFULILFLRSHUODVDOYH]]DGHOO¶XPDQLWj
Come, padre? Non capisco. Adesso che va tutto così bene?
E il padre ripeté: WXILJOLRVDUDLRIIHUWRLQVDFULILFLRSHUODVDOYH]]DGHOO¶XPDQLWj
Non potei aggiungere altro perché il padre scomparve dentro il vapore e io mi strozzai
per una improvvisa tosse convulsa che mi indusse a rivestirmi e a precipitarmi in sede
dove consultai i più recenti dati di borsa.
Cacchio, eravamo il fulcro dell’ economia mondiale!
Che cosa intendeva dire il padre con quella storia del sacrificio per la salvezza
dell’ umanità? L’ umanità era già salva, grazie proprio a me.
Mi sedetti in posizione yoga e pensai con espressione ascetica.
Guardai lontano, vidi la rete di messaggini che si stendeva sul mondo come una rete di
pescatori ricolma di buoni pesci.
Allungai lo sguardo fin dentro le abitazioni degli uomini e vidi che ogni membro della
famiglia era intento a telefonare anche senza necessità perfino a sconosciuti o a persone
che rispondevano: KD VEDJOLDWR QXPHUR e poi invece si mettevano a chiacchierare del
più e del meno.
E vidi che ciò era buono.
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Sbirciai nelle scuole e vidi che i bambini fin dall’ asilo nido usavano chiamare la maestra
con il cellulare per farsi accompagnare in bagno a fare la pipì e vidi che ciò era buono.
Ebbi la visione di treni zeppi di pendolari furibondi per i ritardi e i deragliamenti e udii
una cacofonia di suonerie che si sovrapponeva al fracasso delle ruote e all’ ululato del
fischio che avvisava gli altri treni di tenersi lontani da quel binario.
E ciò era buono.
Scorsi automobilisti parlare concitatamente al telefonino mentre sfrecciavano a
duecento chilometri all’ ora sull’ autostrada inseguiti da poliziotti impegnati in
conversazioni di servizio interrotte bruscamente dall’ impatto contro una colonna di tir
scioperanti.
E vidi che era buono.
Ascoltai con partecipazione mistica un concerto di arpe irlandesi e voce solista
femminile molto suggestivo arricchito dagli squilli in sala e ciò era buono, anche se alla
lunga le arpe risultavano monotone.
Mi elevai al di sopra del mondo e lo sentii respirare a squilli e quando il mondo mi parlò
la sua voce era una suoneria molto gettonata e che cosa mi disse il mondo? Che ciò era
buono.
Infine diressi gli occhi e gli orecchi ai limiti dell’ universo e sentii trillare il cosmo
mentre da pianeta a pianeta si intrecciavano conversazioni in mille lingue aliene che un
traduttore simultaneo rendeva comprensibili anche a chi conosceva solo il dialetto della
sua zona d’ origine.
E ciò era davvero buono.
Allora pensai di dare all’ uomo una prova di ciò in cui aveva già una fede incrollabile e
feci apparire sugli schermi di tutti i cellulari l’ immagine del padre la cui voce tuonò
nell’ universo: LRVRQRFROXLFKHWHOHIRQD
Alleluia.
Ecco, padre, metto il mondo ai tuoi piedi, pacificato e realizzato, comunicato e collegato
in rete.
Vedi che tutto è buono?
A che cosa serve che io mi sacrifichi se tutto è buono?
Ci fu un lungo silenzio.
Una sofferenza indicibile, il silenzio.
50
Padre, perché non mi telefoni?
E infine la sua voce mi giunse chiara e sempre tonante, da fare esplodere gli auricolari
di bassa qualità.
E il padre disse: RUDFLYRJOLRQRLFHOOXODULGLQXRYDJHQHUD]LRQH
Padre! gridai. I cellulari attuali sono ottimi, te l’ assicuro!
E il padre ripeté: RUDFLYRJOLRQRLFHOOXODULGLQXRYDJHQHUD]LRQH
Quando il padre si fissava su una cosa…
Come potevo andare dalla gente e dire: buttate via quello che venerate ogni attimo della
vostra vita sospirando di pena durante le ricariche. Ora dovete procurarvi un cellulare di
nuova generazione, altrimenti… altrimenti non so il padre che cosa farà. Forse
scoccherà fulmini che vi inceneriranno tutti o forse alluvionerà i centri commerciali o
abbatterà i ripetitori.
Come potevo? Forse non potevo, ma certo dovevo, altrimenti il padre mi avrebbe
ingrippato la batteria.
Mi consultai con i miei collaboratori e organizzammo riti commerciali per convincere la
clientela della bontà delle scelte che sarebbe stata obbligata a fare.
Non fu facile, ma non fu nemmeno difficile. La gente collaborò fin dall’ inizio,
assicurando il successo dell’ impresa.
All’ improvviso, tutti ripudiarono l’ amore che li aveva tenuti vincolati al cellulare in loro
possesso e assaltarono con entusiasmo le rivendite di cellulari di nuova generazione, per
i quali era scoppiata una passione incontrollabile.
Ci furono diverse estasi.
Io mi impegnai di persona affinché tutti avessero il loro cellulare nuovo e inventai il
babycell, il telefonino morbido senza tasti per neonati. Un successo strepitoso. Allora
inventai anche il fetocell, un cellulare organico che veniva inserito nell’ utero delle
gestanti. Un successo rimbombante.
Hai visto, padre, come è stata fatta la tua volontà? Sei contento?
E il padre rispose: FKL VL IHUPD q GDQQDWR VWR JLj SURJHWWDQGR LO FHOOXODUH GL WHU]D
JHQHUD]LRQH
Ma, padre! Non ho forse diritto anch’ io a un po’ di riposo?
E il padre ripeté: FKLVLIHUPDqGDQQDWR
Padre, quante generazioni di cellulari saranno necessarie?
51
E il padre rispose: PLOOHHQRQSLPLOOH
Mille?
E il padre precisò: HQRQSLPLOOH
Millenovecentonovantanovevirgolanovantanoveperiodico?
E il padre staccò la comunicazione.
In quello stesso momento, tutte le comunicazioni tra i cellulari di tutto il mondo caddero
nel nulla più angosciante.
Se non poteva dirlo al cellulare, la gente non aveva proprio niente da dirsi e sul mondo
calò un silenzio mondiale.
Gli uomini si guardarono tra di loro e aprirono la bocca come i pesci senza emettere
suono, perché i loro cellulari erano spenti e non si riaccendevano nonostante le
superricariche a cui venivano sottoposti.
Allora gli uomini di tutto il pianeta si raccolsero in una pianura appena livellata per fare
posto alle fondamenta del nuovo centro mondiale della telefonia e depositarono i loro
cellulari gli uni sopra gli altri per formare una torre che raggiungesse l’ etere e
consentisse a uno di loro di accedere alla casa del padre per chiedergli che cosa fosse
successo.
Io non venni nemmeno consultato.
Era questo il sacrificio a cui aveva alluso il padre mio? Essere subissato dal silenzio e
dalla freddezza di uomini ai quali avevo riscaldato i cuori con le suonerie alla moda?
Chinai il capo e dissi: sia fatta la tua volontà.
Nessuna risposta.
La torre raggiunse l’ etere e per l’ eccitazione agli uomini tornò la favella e si parlarono
gli uni con gli altri fingendo di usare il telefonino spento. Ma, ahimé, ognuno di loro
emetteva suonerie mai sentite prima, che era impossibile decifrare.
E la torre crollò e gli uomini se ne andarono ognuno per proprio conto e parlando solo a
se stessi in lingue simili al balbettio infantile.
E io rimasi solo.
Stavo mettendo un po’ di ordine tra le rovine quando il cellulare suonò la cavalcata
delle valchirie e io dissi: pronto?
E il padre mi rispose: FRPHYDILJOLR"
Bene. Come mai chiami? È successo qualcosa?
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E il padre: QRQRYROHYRVRORVDOXWDUWL
Meglio così.
E il padre: WXVWDLEHQH"
Non mi lamento.
E il padre: LRLQYHFHKRDQFRUDTXHOGRORULQRDOODVSDOODFKHPLIDLPSD]]LUH
Hai messo la pomata di ginepro?
E il padre: VuPDVDLFKHQRQPLIDSURSULRQLHQWH"
Colpa anche del tempo.
E il padre: TXLSLRYHGDTXLQGLFLJLRUQLHOu"
Piove.
E il padre: WHPSRVFKLIRVR
Beh, basta che schiocchi le dita…
E il padre: PL VRQR VWDQFDWR GHL PLUDFROL F¶q DQFRUD FKL OL FRQIRQGH FRQ L JLRFKL GL
SUHVWLJLRHODUHVDLQFRQYHUVLRQLqVFDUVD
Padre, vorrei sottoporti la questione del silenzio cellulare che sta…
E il padre mi interruppe: VuVuKRJLjSURYYHGXWREDVWDFRQTXHVWHFKLDFFKLHUHO¶HWHUH
QHqLQWDVDWRVLWRUQDDOODFRPXQLFD]LRQHIDFFLDDIDFFLD
Ma, padre… e io?
E il padre disse: WRUQD D FDVD ILJOLR ODVFLD FKH VH OD VEULJKLQR GD VROL SHU TXDOFKH
WHPSRqRUDFKHGLYHQWLQRJUDQGLHFKHVLDVVXPDQROHORURUHVSRQVDELOLWj
Ma, padre… tutto il mio lavoro, le multinazionali, i piani di sviluppo…
E il padre: GLFKLDUDIDOOLPHQWRVYHQGLWXWWRULFDYDFLSLFKHSXRL
Ma, padre… e i milioni di lavoratori che si trovano di colpo disoccupati?
E il padre: TXHOORqXQSUREOHPDGHLVLQGDFDWLPLFDQRVWUR
Sia fatta la tua volontà.
E il padre: FRVuVLD
Terminò l’ era dei cellulari messianici e iniziò quella dei tam tam totemistici. I ritmi
afrocaraibici divennero la forma artistica più diffusa, furono inseriti come materia
obbligatoria nelle scuole e insegnati nelle case di riposo. Il mondo pulsava come un
grande cuore impazzito e ovunque si ballava al battito frenetico dei tamburi e chiunque
ballava e cantava e anche i ciechi e i sordi e i muti e gli invalidi ballavano e cantavano e
poi anche i moribondi ballarono e cantarono e non morirono nemmeno più e tutti furono
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di nuovo felici e molti si rotolarono al suolo nelle convulsioni mistiche e io mi
ripresentai agli uomini nelle vesti di un maestro di samba e venni accolto con tripudio e
osanna e alleluia e la gente stese al suolo parei e tanga affinché i miei piedi non
toccassero la sabbia della spiaggia, ma di solito arrivavo in gommone.
E tutti si godettero la vita fino a strabuzzare gli occhi e vomitare per strada e vidi che
ciò era buono perché teneva lontano la depressione.
E il padre disse: SULPDGHOODYLWDVSLULWXDOHXOWUDWHUUHQDF¶qXQDYLWDPDWHULDOHWHUUHQD
GDJRGHUHSHUFKLKDLVROGLHVHORSXzSHUPHWWHUHJOLDOWULDYUDQQRODFRQVROD]LRQH
GHOODSHQLWHQ]DGHOODULQXQFLDHGHOVDFULILFLR
Vidi che ciò era buono, perché il sacrificio non toccava a me farlo, ma ai nullatenenti
emarginati, che però potevano guardare da lontano i lussi sfrenati e i godimenti dei
ricchi.
E ciò si chiamò giustizia sociale e apparve a tutti che era cosa buona.
Io non tornai dal padre.
Affittai un loft e aprii una scuola di ballo.
Ci vennero pellegrini da tutto il mondo e io vidi che ciò era buono e remunerativo.
E così si giunse alla fine dei giorni quando tutto divenne buio e una voce tuonò: DO]LOD
PDQRFKLQRQVDEDOODUHHVLPHWWDLQILODGDTXHOODSDUWH
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Aquilino
Monologhi di vizi e virtù
V. CARDINALI: IRUWH]]D SUXGHQ]D WHPSHUDQ]D JLXVWL]LD
V. TEOLOGALI: fede speranza carità
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VIZI CAPITALI: superbia accidia OXVVXULD ira JROD invidia avarizia
Della temperanza presidenziale
In questo giorno che è l’ alba di una nuova epoca di pace, fedeli ai convincimenti che da
secoli guidano i nostri passi sulle orme degli uomini saggi e giusti che hanno fondato la
nostra nazione, noi abbiamo dichiarato guerra al male, al fumo e ai comportamenti
sessuali contronatura.
Ecco, l’ ho detto. È tutto scritto qui, nero su bianco. Io non m’ invento mai niente e
questo lo dico per sbugiardare i detrattori che mi aggiudicano doti di iniziativa e di
autorevolezza.
Sappiate, piccoli depravati imbrattagiornali, che io svolgo bene il mio lavoro e che
quello che mi dicono di fare lo faccio senza esitazioni, anche quando non ho proprio
voglia di tenere la conferenza stampa perché magari ho bevuto un bicchierino di troppo
e perfino quando non capisco niente di quello che leggo. Ma io non sono presidente per
caso e se io sono da questa parte e voi da quell’ altra un motivo c’ è. Anzitutto, io leggo
in modo autorevole. Ci sono voluti anni di studio per raggiungere certi risultati. Avevo
problemi con le doppie e li ho superati, saltavo le righe e ora non mi sfugge una parola.
Ma quello che fa la differenza tra me e voi semplici mortali è la postura.
Notate la mia postura: le gambe divaricate a formare un triangolo la cui altezza sia tre
virgola due volte la base, i piedi con le punte quel tanto in fuori da richiamare
un’ immagine classica, il contatto solido e agile con il terreno, la figura eretta e però non
rigida, il busto proteso in avanti, ma non spavaldo, la testa dritta e lo sguardo fiero a
centottanta gradi, le braccia appena discoste dal corpo, pronte a scattare in un saluto
militare o in una stretta di mano virile, le tre rughe sottili tra le sopracciglia, le labbra
con la piega dolceamara, svelte al sorriso, i muscoli delle guance guizzanti, i capelli
sempre in piega eppure cedevoli alla brezza, e il rigonfiamento in quel posto, ma non
eccessivo come i rocchettari, quel tanto che attira gli sguardi suscitando più un sospiro
di compiacimento che un ansito di desiderio (non vogliamo essere volgari, solo maschi
genuini e tradizionalisti).
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Io esprimo un forte senso di protezione e di rassicurazione. La mia postura vi sussurra:
DYHWHXQSUREOHPD"YHQLWHGDPHHORULVROYHUHPRLQVLHPHHSHUGLSLJUDWLVQuando
la crisi è nazionale, faccio perfino i saldi.
Ora statemi bene attenti, voi che scribacchiate chissà che porcate e che all’ uscita dovete
consegnare block notes e registratori per un controllo informale di antiterrorismo.
Le domande dopo, ma non so se ci sarà tempo.
Ebbene, attenti. Se ora sposto il peso del corpo leggermente a sinistra, sapete che cosa
succede? Che il pianeta ha un sussulto. E perché questo? Perché io sono, senza falsa
modestia, un gigante della storia. Il peso massimo del ring mondiale della politica. Sono
il faro della navigazione interministeriale. L’ ultima parola in ogni conflitto, in ogni
transazione economica, in ogni ricostruzione. Così c’ è scritto nelle note biografiche
preparate dai miei collaboratori. Io non faccio che prenderne atto.
Credete che io mi monti la testa?
Lo scrivete sui vostri giornali bugiardi, ma io sono l’ uomo semplice che ero prima di
diventare miliardario in tenera età.
Un uomo semplice, ma non un ingenuo o peggio, come avete scritto voi bugiardi. Il
primo dovere di un uomo politico del mio peso è di non dare peso al proprio ruolo di
uomo politico ed è proprio quello che io faccio quando anche d’ inverno mi rifugio nella
mia residenza estiva, mentre scoppiano crisi spaventose.
Che altro potrei fare? Intralciare l’ attività dei miei collaboratori? Sono pagati apposta
per risolvere i problemi, no? E io sono pagato per dire al popolo che i problemi si
stanno risolvendo e alla fine che sono stati risolti. Io non sono il tipo che si allarga e
spintona e mi limito a fare quello che è mio dovere fare, per il bene della nazione.
Per questo devo andare sempre diritto per la mia strada. Se cambio rotta, sia pure per un
capriccio del momento, nel mondo succede uno sconquasso. Ma se io vado dritto, non
guardo né a destra né a sinistra e soprattutto non muovo un dito, tutto va nel migliore
dei modi possibili.
Ecco che cosa intendo per peso politico. L’ ago della bilancia, no? Tengo le mani
poggiate su entrambi i piatti e posso fare pressione qui… oppure fare pressione qua… e
tutto cambia in un verso o nell’ altro; o tutto resta uguale, se me ne sto buono buono a
guardarmi un film sulla pay tv.
Impressionante, no?
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A volte penso: con un solo starnuto posso far cadere un governo. Ecco perché ogni volta
che ho un po’ di raffreddore mi sento inquieto. Sconvolgente, no?
Scrivete questo, scrivetelo, che se io non fossi così temperante, la geografia politica
assomiglierebbe a uno scarabocchio.
Quando me ne vado nella mia residenza privata, dovreste giubilare. Meno io dico e
faccio, meno disastri patisce il mondo.
Fate ancora caso alla mia postura. Ci sono voluti anni per conseguire una tale perfezione
di equilibri anatomici. Di uomini con una postura come questa ce ne sono… uno, ce n’ è,
solo uno… e sono io. Tutti gli altri pendono da una parte o dall’ altra o saltellano come
canguri o strisciano come serpi o corrono qua e là come scimmie ubriache.
Prima di ottenere questa postura politicamente efficace ho dovuto licenziare tre
consiglieri personali, un ministro delle forze armate e due sottosegretari, e sciogliere tre
commissioni e fare una crisi di governo, e precettare gli agenti segreti per spedirli alla
ricerca di super esperti, e consultare cartomanti e predicatori televisivi. Alcuni li ho
dovuti poi sbattere in un carcere di sicurezza perché mi avevano estorto informazioni
facendomi credere di rispondere a domande banali sulla gastronomia. Quasi peggio di
voi giornalisti. Ma lo sapete che quando ci siete di mezzo voi, ne va della sicurezza del
mondo?
Per fortuna c’ è la mia postura.
Senza la mia postura, il mondo non è sicuro.
Ma la postura va protetta.
Senza le misure di controllo, la mia postura non è sicura. Il dipartimento della sicurezza
nazionale monitora perfino le poppate dei neonati. Ci sono duemila chilometri di
schedari sotto i nostri piedi. Abbiamo schede cartacee e schede elettroniche, schede di
terroristi e di bravi cittadini che potrebbero però un giorno uscire di senno e diventare
anche loro terroristi, perché nessuno è innocente, prima di diventare colpevole.
Una mole di lavoro non indifferente per i miei collaboratori, che a volte pretendono di
aggiornarmi sulla situazione mentre mi trovo nella residenza privata e io rispondo: PD
VuIDWHFRPHYROHWHEDVWDFKHQRQURPSHWH
Un giorno i miei funzionari mi dicono: SUHVLGHQWHDEELDPRVFKHGDWRWXWWLDGHVVRFKH
FRVDIDFFLDPR"
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Ho chiesto consiglio al mio personal trainer eho risposto: VFKHGDWHLIXWXULFLWWDGLQLFKH
VH QH VWDQQR DO FDOGR QHO YHQWUH GHOOD PDGUH H FKH PDJDUL VRJQDQR JLj GL IDUH L
GLVVLGHQWLRLWHUURULVWL
Presidenti, monarchi e dittatori, anche quelli che me l’ hanno giurata e che mi
vedrebbero volentieri sulla sedia elettrica al posto delle loro spie e dei criminali che si
ispirano alle loro ideologie liberticide, imitano la mia postura per acquisire e mantenere
il loro prestigio sul popolo.
Illusi.
L’ unica postura originale è la mia.
Quello che loro fanno è riprodurmi nei dettagli, ma tutti noi sappiamo che le imitazioni
non hanno niente a che fare con gli originali. Ce lo insegna la moda. Due borsette
potrebbero risultare identiche sotto tutti i punti di vista: stessa forma, stesso materiale,
stessa lavorazione. Eppure una costa cento volte più dell’ altra e questo fa la differenza.
Io, da questo punto di vista, non ho prezzo.
Gli altri potenti del mondo sono imbecilli, non basta copiare la mia postura.
Ci vuole ciò che le sta sotto, il valore che fa la differenza, la virtù tanto rara tra i politici:
la temperanza.
Io sono temperante, loro no.
La temperanza comincia dall’ intelligenza. Mai lasciarla sviluppare troppo, perché si
finisce per fare gli idealisti o gli intellettuali che infastidiscono con bordate di domande
a cui perfino i miei esperti faticano a rispondere, e quando non fanno in tempo a
suggerirmi attraverso l’ auricolare allora sì che mi sbizzarrisco a inventare storie! Mai
troppo intelligenti, altrimenti il popolo non capisce e pensa che anche il suo presidente
sia un intellettuale. Sarebbe una catastrofe. Un presidente che pensa troppo si attirerebbe
subito l’ odio delle masse.
L’ intelligenza è un optional. Nella storia, più i grandi sono stati grandi meno hanno
avuto bisogno dell’ intelligenza, per regnare. Io, che sono il più grande, potrei anche
essere un idiota e svolgere il mio ruolo alla perfezione.
La temperanza si esprime poi nelle parole. Poche, sempre. Più si parla più si
pronunciano parole e ogni parola ha un proprio significato che non sempre si
comprende in tutte le sue sfumature, con il rischio di dire cose imbarazzanti. Un politico
deve agire, non parlare. I grandi della storia non hanno mica trascorso il loro tempo a
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rispondere alle domande dei giornalisti. Avevano già il loro da fare a potenziare le forze
armate, scatenare guerre, compiere genocidi e massacrare dissidenti. Per farlo gli
bastava un ordine, mica ci dovevano scrivere una tesi di laurea.
L’ uomo che tace fa sempre sospettare di avere molte più cose da dire di quante potrebbe
dirne rispondendo a tutte le domande. Se uno del branco di giornalisti che ho davanti mi
fa una domanda eversiva, basta sorridere e tacere, o fare l’ espressione corrucciata e
annuire in silenzio o anche fare un gesto così e spostare l’ attenzione sulla brunetta con
le gambe accavallate. L’ uomo che parla troppo attira l’ attenzione su di sé, è vero, ma
perde il carisma.
Io di carisma ne ho troppo, mi proibisce perfino di guardarmi a lungo allo specchio.
Ora faccio una pausa di temperanza.
Questa è l’ espressione della temperanza.
Ecco, mi sento già ricaricato.
È così che funziona. Con le pause. Quando mi assillano con un’ emergenza… che so,
un’ alluvione, per esempio, una di quelle da centomila vittime… io mi metto in pausa.
Mai dare ordini con prontezza. Mai prendere decisioni impulsive. Ripassate tra un’ ora,
dico. Meglio ancora: domani. Tanto, i morti sono morti e quelli a rischio chi li salva
più?
Anche quando mi dicono che bisogna fare la guerra io mi prendo la mia pausa condita
magari da un buon tè con le pastine. Cominciamo con una guerricciola, dico dopo la
pausa di temperanza. Siamo sempre in tempo dopo a scatenare l’ inferno, no?
È così che si fa.
Il nemico ci attacca? Buttano giù i nostri grattacieli? Mettono bombe nella
metropolitana? Ci vuole temperanza. Appena finisco di giocare a carte, facciamo la
riunione, dico. Ma senza fretta.
Tutti ammirano il mio sguardo temperante. Uno sguardo che arriva da lontano e che va
lontano, nessuno sa quanto.
Il mondo, purtroppo, non è temperante.
Equivale a dire che non è controllato, equilibrato, regolato, misurato, moderato, posato,
discreto, sobrio. Non me li sono inventati io, questi sinonimi. Fanno parte del database
del programma di videoscrittura. Anche questa è una prova. È proprio così che va il
mondo.
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Tutti si agitano all’ inverosimile, vittime delle passioni. Che cosa vogliono? La maggior
parte solo sopravvivere. Senza rendersi conto che è diventato un lusso, ormai. Siamo in
troppi e in troppi vogliamo le stesse cose. Non ce n’ è per tutti, bisogna rendersene
conto. Qualcuno deve pur rinunciare. Guardate me. Guardate a quante cose ho
rinunciato pur di avere tutto.
Quando i miei ministri mi assillano con dati, cifre, percentuali e previsioni catastrofiche,
io dico: calma, signori, calma. Mi metto in pausa di temperanza e schiaccio un pisolino.
Loro pensano che io pensi, ma se già ci pensano loro non è forse meglio che io sia
moderato anche nel cercare soluzioni che magari non esistono nemmeno e allora perché
sprecare energie?
Le città sono imbiancate non da neve, ma da cocaina? Io dico che dobbiamo avere
comprensione, perché se i delinquenti dei ghetti vogliono sniffare fino a farsi esplodere
il cervello, che male c’ è?
La criminalità controlla le periferie? Dovranno pur fare qualcosa, i disoccupati.
Lasciamo che si sparino tra di loro, la selezione naturale ha modellato il mondo per
milioni di anni e noi adesso vogliamo cambiare le regole della natura?
I terroristi minacciano di fare esplodere un’ atomica sulla sede del governo? Non
facciamoci prendere dal panico. Mettiamoci in salvo e poi sbattiamo dentro tutti quelli
che non hanno una bella faccia.
I problemi dell’ ambiente? Certo che li risolveremo. Non siamo così stupidi da
avvelenare il pianeta. Li risolveremo con temperanza, a tempo debito, senza il fanatismo
degli animalisti che assaltano i nostri laboratori.
Signori, credetemi, nessun problema è un problema per la mia amministrazione. Ho a
disposizione un esercito di specialisti che sono in grado di offrire le soluzioni più
intriganti e remunerative. Non dobbiamo avere paura del futuro e nemmeno dubitare del
presente.
Ottimismo, signori. L’ ottimismo lo si ottiene con la temperanza. La temperanza fa bene
anche al proprio aspetto. Guardatemi con attenzione. Niente rughe, a parte quelle tre che
fanno parte dell’ apparato di postura. Io non faccio interventi di chirurgia plastica. Io
sono ottimista perché sono un moderato.
Voi, estremisti che anche ora siete qui, lo so, mescolati ai buoni moderati, quando
stasera tornare nei vostri tuguri e vi guardate allo specchio, siate sinceri, che cosa
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vedete? Volti disfatti dalla mancanza di temperanza. Volti viziosi. Volti infanticidi e
liberticidi. Volti antidemocratici.
Ecco perché io vorrei vedervi presto tutti incarcerati e torturati con temperanza.
Non è facile governare, anche se la temperanza facilita il compito.
Non è facile perché ci siete voi. Se tutti fossero moderati come me, vivremmo in un
mondo di pace e giustizia. Ma ci siete voi. Voi della microcriminalità, voi dissidenti, voi
ambientalisti, voi omosessuali, voi atei, voi artisti, voi liberi pensatori, voi che
convivete fuori del matrimonio, voi che non guardate la televisione, voi che non
trascorrete il sabato pomeriggio nei centri commerciali, voi che non seguite il gossip dei
vip, voi che non vi inchinate al passaggio della bandiera, voi che non mangiate
hamburger, voi che amate la pornografia, voi che pretendete di pagare le tasse… e voi
giornalisti, non dimentichiamolo, perché spesso scrivete cose che potrebbero anche
essere vere, ma che risultano del tutto false, come testimoniano le mie smentite ufficiali.
Mi sto agitando e questo non fa bene alla mia postura.
Per fortuna ho la temperanza.
Ecco, mi ricompongo.
Sto scendendo la scaletta dell’ aereo presidenziale, alzo il braccio in segno di saluto,
piego le labbra nel famoso sorriso ottimista.
Io sono la mia postura.
La nazione è la mia postura.
Voi siete la mia postura, anche se vi illudete di stare all’ opposizione.
Nel gioco democratico fra maggioranza e minoranza, alla fine tutto si rivela
maggioranza. Se così non fosse, la minoranza verrebbe soppressa in nome della difesa
dei valori democratici e questo è giusto e lo si fa per il bene di tutti.
Un giorno mi sono detto: che bisogno c’ è di un successore, quando io ho già una
postura?
Mi spiego.
La gente vuole le elezioni. E va bene, facciamole. La gente vuole che venga eletto uno
con una faccia nuova, possibilmente gradevole. Facciamo anche questo. Vuole che il
nuovo presidente eletto democraticamente rinnovi le promesse di benessere per tutti e
un poco anche per le classi disagiate. Facciamolo.
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Se è tutto qui, perché non eleggere ancora e sempre me, con una faccia diversa ogni
volta? L’ importante è che venga mantenuta la postura. Mi sono già fatto fare sette facce
diverse, due addirittura etniche perché è giusto dare un contentino a chi è nato sfigato.
Rimane solo un problemino da risolvere, quello della durata della mia vita, ma ci stiamo
lavorando.
Datemi un mese di tempo e, come mi assicurano i miei scienziati, sarò diventato eterno.
Ma non è questo ciò che conta. L’ unica cosa importante è che la mia postura sarà
diventata eterna.
Avremo un presente benedetto e un futuro roseo. Io scenderò dall’ aereo presidenziale
dopo avere visitato i paesi bastardi dei morti di fame che fanno le rivoluzioni senza
lasciarsi guidare da noi che poi quindi dobbiamo fargli la guerra difensiva… scenderò
dall’ aereo ridendo così… ah ah ah… con temperanza… e tutti attorno a me si sentiranno
liberi e felici e io proteggerò gli interessi dei ricchi e libererò i poveri dal peso della
proprietà e anche loro si sentiranno felici perché potranno guardare la telenovela,
sniffare e scopare. Non lo faranno con temperanza, ma se la temperanza appartenesse a
tutti gli uomini… io che cosa ci starei a fare al vertice di questa piramide di masse da
tenere sotto controllo e da mettere in galera se sfuggono al controllo?
Ora vi saluto con temperanza, ma anche con euforia, perché il presente è benedetto e il
futuro roseo come il culetto di un neonato.
Vi saluto con la ridarella dell’ ottimismo temperato assumendo la mia migliore postura
presidenziale, questa.
Godetevela per sempre, mentre salgo e scendo dall’ aereo presidenziale e vi faccio ciao
con la manina, così. Non ho fatto che ripetere ciò che hanno scritto altri e prendere
decisioni già prese da altri. Non ho mai cercato di capire il mondo e non ho mai letto un
libro. Non sono intelligente e non ho senso sociale. Eppure guardate come salgo e
scendo la scaletta dell’ aereo presidenziale. Passano gli anni e io continuo a salire e
scendere la scaletta dell’ aereo presidenziale. E non smetto mai di salutare con la mano.
Impressionante, no?
Come dite? Sconvolgente? Ma no. È solo merito della mia postura.
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Della fortezza patriottica
Ci sono cose che tutti dovrebbero avere, perché tutti dovrebbero essere umani, come me
e come voi, ma non è così. No! Non è così! Cose come la mamma. Si sa di molti che
non hanno avuto un papà, e di questi figli di enne enne sono piene le galere. Ma quelli
che non hanno avuto una madre? Figli di donne perdute che sui bordi delle strade hanno
perso anche i figli, oltre a se stesse. Bambini senza la mamma! Anche questo ci tocca
vedere! In quale maniera balorda sono cresciuti? Qual è il loro senso della famiglia? Ah,
basta aspettare qualche anno e lo si capisce subito, quando diventano grandi, che cosa
pensano della famiglia. Debosciati aperti a tutti i vizi. Convivono e figliano senza mai
farsi carico delle responsabilità. E sono anche quelli che non pagano nemmeno l’ affitto,
e chi riesce più a buttarli fuori di casa, con certi politici anticristiani che li proteggono?
Adesso non voglio fare il sentimentale, ma ci sono cose che… Sì! È così! Cose come la
mamma.
La mamma è il faro dell’ infanzia. Senza di lei non c’ è che il naufragio. In confidenza,
sapete che cosa vi dico? Che nei riformatori non c’ è più posto. Per forza, con tutti gli
immigrati minorenni che bivaccano ai semafori: dov’ è che l’ hanno lasciata la loro
mamma?
Anzi, la domanda corretta è questa: dove si è imboscata la mamma dei minorenni
immigrati che bivaccano ai semafori e allungano le mani per rubare la borsa della
povera donna intenerita e poco furba che abbassa il finestrino? Come può una mamma
abbandonare un figlio con tanta indifferenza? Mamme senza cuore.
Guardatele bene in faccia e ditemi. Sono facce da mamma, quelle? No! Non è così!
Sono facce di vagabonde bugiarde e ladre che non esitano nemmeno a fare mercimonio
del proprio corpo e quelli che vanno con loro, che schifo, ma chi sono? La gente
perbene come me e come voi non la si vede mica di sera tardi sulle macchine di lusso
lungo i viali del vizio. La gente perbene se ne sta a casa con la moglie e con i figli a
giocare a tombola.
Molte di quelle donne seguono i figli oltremare all’ assalto delle nostre città. E dopo?
Dopo le vediamo fuori dei centri commerciali che si passano di mano in mano i neonati
per impietosire la gente e farsi dare la monetina. Ma che fine fanno quei neonati? Dopo
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che li hanno usati li buttano nei container dell’ immondizia. Sì! È così! Se ne trovano
tutti i giorni. Gli ospedali sono pieni di neonati ripescati dalla spazzatura. E per tutta la
vita si porteranno addosso l’ odore. E quelle sono mamme?
Non hanno la dote che ha permesso a quelli come noi di uscire sempre vittoriosi da tutte
le guerre, anche da quelle che dicono che abbiamo perso. Ma chi lo dice? Chi lo dice?
Traditori della patria. E di resistere alle avversità: carestie, inondazioni, terremoti, crisi
di governo, invasioni, epidemie, influenze cinesi e frodi alimentari a noi ci hanno
sempre fatto un baffo.
Noi siamo e saremo sempre quelli del dopoguerra, che da soli si sono ricostruiti e hanno
pranzato con una fetta di polenta e una di salame trasparente e si sono costruiti la casa
con le proprie mani e hanno messo da parte quei quattro soldi sufficienti per aprire una
fabbrica di duemila operai.
Fortezza, ecco la nostra virtù!
Forti come tori.
Se ci mettessero noi, nelle corride, non ci sarebbero più toreri in circolazione.
E perché siamo così forti? Ve lo dico io il perché! Perché la mamma non ci ha mica
abbandonati e non ci ha mica mai mandati a chiedere l’ elemosina o a rubare nei
supermercati, la nostra mamma. All’ oratorio, ci mandava. E a scuola anche se avevamo
la febbre. E noi alla maestra abbiamo sempre risposto con educazione, se no li sentivi
gli sganassoni. E facevamo i compiti, noi. Magari non tutti, perché non è che ci piaceva
tanto stare sui libri, eravamo più di quelli che le cose le fanno, non di quelli che le
pensano. Però li facevamo, i compiti! Non andavamo mica in giro a spacciare la
cocaina, come fanno adesso non appena che sanno camminare. Nascondono la droga nei
pannolini, e quei piccoli bastardi quando li beccano strillano: QRQSXRLDUUHVWDUPLQRQ
KRDQFRUDPHVVRLGHQWL
Ma credete forse che le nostra mamme ci hanno allevati nella bambagia? No! Non è
così! Le nostre mamme avevano le mani callose e quando facevano a botte con il papà
vincevano loro, altro che smancerie e YXRLODPHUHQGLQDFRQODFUHPDGLODWWHDPRUH"
Mamme smidollate, quelle di adesso.
Vanno al supermercato e lasciano fare la spesa ai figli. Noi mamme così non le
vogliamo! Le nostre mamme hanno le palle come tori. Ecco dove sta la nostra parità
dei sessi. Tutto il resto è perversione.
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Sapete che cosa vi dico? E non lo dico tanto per dire. Su queste cose non si scherza,
chiaro? Non si scherza!
Dopo la mamma viene la patria.
Di mamma ce n’ è una sola e di patria anche, ricordiamolo. E a chi se lo dimentica
mettiamogli una pietra al collo e giù dal ponte, come ai bei tempi.
Adesso vogliono fare la famiglia di lesbiche che allevano figli lesbici come loro. Dio ci
ha dato una mamma sola, è contro natura averne due in famiglia. Non è più una
famiglia. Che cos’ è? Ve lo dico io: è un lupanare!
Da dove vengono queste lesbiche il cui unico scopo è diffondere il OHVELFLVPR presso i
nostri figli maschi e farne degli smidollati che camminano come le prostitute? Vengono
da paesi che non hanno nemmeno una patria e sono solo un’ accozzaglia di gente che
non ha voglia di lavorare. Noi, invece, abbiamo alle spalle duemila anni di valori civili e
religiosi, che poi è la stessa cosa, a guardare bene.
Noi siamo quelli dei Catoni e delle Lucrezie, dei Coriolani e delle Cornelie… HFFR L
PLHLJLRLHOOL« altro che ragazzini ai semafori!... delle sante e dei martiri, dei condottieri
e dei navigatori, dei conquistatori e degli esploratori, degli artisti (non tutti, di molti
dovrebbero bruciare le opere e dopo bruciare anche loro, come si faceva una volta con
gli eretici che era molto educativo per il popolo, così imparava in fretta che cosa non
doveva fare) e dei poeti, che di questi non possiamo lamentarci perché tanto nessuno li
legge mai.
Di patria ce n’ è una sola e la nostra le batte tutte! Ve lo dico io, ve lo dico!
Quando la bandiera sventola alta sopra i nostri cuori che accelerano i battiti e pare quasi
che a uno gli viene l’ infarto con quei tre colori nello sguardo commosso… che cosa
chiediamo di più? Uno potrebbe morire proprio in quel preciso momento e gridare:
PXRLR IHOLFH SHUFKp OD EDQGLHUD VYHQWROD VX GL PH E chiudere gli occhi su un
appagamento che dà senso a tutta una vita.
Sì! È così!
Uno che emigra, che cosa gliene importa della patria?
Mica se la può portare dietro.
L’ abbandona. Come ha abbandonato la famiglia. Gente senza palle. Fantocci che si
lasciano trasportare dalla corrente e li vedi naufragare ora qua ora là, sempre alla ricerca
di una sopravvivenza sfaticata e parassitaria.
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Ributtiamoli in mare! Ma non per egoismo. Noi abbiamo sempre dato ospitalità a tutti i
bisognosi e abbiamo sempre fatto la carità, perfino a quelli che non la meritavano,
perché noi abbiamo il cuore grande, così ci hanno insegnato.
Ributtiamoli in mare per rendere loro la dignità persa, per riportarli nelle braccia della
patria, per restituirli alla loro terra e ai loro valori.
Sono sicuro che un domani ce ne saranno riconoscenti e ci diranno: JUD]LHSHUDYHUFL
ULEXWWDWR QHO PDUH WHPSHVWRVR SHUFKp TXHOOL GL QRL FKH VRQR VRSUDYYLVVXWL KDQQR
ULWURYDWR VH VWHVVL H SRL VRQR PRUWL GL IDPH FRQ OD VHUHQLWj QHO FXRUH H O¶RUJRJOLR GL
HVVHUHULPDVWLIHGHOLDJOLLGHDOLSDWULRWWLFL
Mi viene però da chiedermi: quali valori?
Su, chiedetevelo anche voi: quali valori?
Chiedetevelo e basta! Non stare lì a perdere tempo con domande insulse!
Noi siamo quelli che di sera si armano di buona volontà e di senso di giustizia e fanno le
ronde nei centri abitati. E loro chi sono? Quelli che stanno dall’ altra parte e spacciano la
droga che rovina i nostri figli? Sì! È così! Quelli che sbattono le loro donne sulla strada
e diffondono l’ aids? Sì! È così! Quelli che scippano le nonnine e che danno fuoco ai
cassonetti? Sì! È così! Quelli che rigano le nostre auto nei parcheggi? Quelli che buttano
la lattina vuota per terra? Quelli che fanno schiamazzi fuori dei bar e risse fuori delle
discoteche e poi scoppia la guerra tra bande e ci scappa sempre qualche morto, sempre
troppo pochi? Sì! È così!
Questi sono i loro valori.
Io dico: tenetevi i vostri valori e riportateli dove li avete presi.
Duemila e più anni di storia ci hanno insegnato che dobbiamo essere forti e sempre
pronti a difendere le nostre donne e i nostri bambini dai barbari che calano sulle nostre
valli dalle montagne e sbarcano sulle nostre coste dalle navi pavesate con i simboli del
male.
Perché noi, questa è la verità, questa è la verità!, siamo sempre stati ospitali e abbiamo
accolto i pellegrini e li abbiamo curati e ristorati e loro che cosa ci hanno dato in
cambio? Una pugnalata alla schiena.
Sapete che cosa vi dico? Che ogni debolezza è un passo verso la disfatta.
Di mamma ce n’ è una sola, di patria anche, e dio? Forse che ce n’ è più di uno? No! Non
è così! Dio è uno! Il nostro! Come possono esserci altri dei se noi ne abbiamo già uno?
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Il nostro è un Dio di misericordia, ma anche e soprattutto un Dio forte. Non vendicativo,
ma intransigente. E il loro? Il loro è un dio di terrorismo e stupro.
Datemi retta, se vostra figlia frequenta uno di quei loschi figuri, chiudetela in casa e
fatela uscire solo con la scorta.
Ah, ma se non la pensate così, allora sappiamo già che strada prenderà vostra figlia.
La mamma, la patria e Dio ci fanno dono di una cosa che i clandestini fuorilegge ladri e
stupratori se la sognano: la tradizione.
Quando il contadino ara il campo, deve guardarsi alle spalle per poter tirare il solco
dritto. Così noi. Se vogliamo tirare dritto secondo i nostri valori dobbiamo guardare al
passato e da lì attingere la fortezza che ci rende quello che siamo.
Guardiamo indietro per andare avanti! Così si fa!
La tradizione ci eleva e ci impedisce di diventare come i farabutti che le nostre ronde
non vedono l’ ora di pizzicare e bastonare.
Se vuoi mangiare bene, fidati della cucina tradizionale e non lasciarti incantare dalle
porcherie importate da posti dove l’ igiene non si sa neanche dove sta di casa. Non solo
non sono buone, ma fanno male e causano l’ ulcera e il cancro all’ intestino.
I vostri amici dicono che bisogna viaggiare per scoprire quanto è bello il mondo? No!
Non è così! I vostri amici sono imbecilli, e più imbecilli di loro sono quelli delle
agenzie di viaggio. Consigliano viaggi costosi e pericolosi per vedere che cosa? Ma vi
rendete conto che a casa nostra abbiamo già tutto? Noi abbiamo mari, monti, laghi e
città d’ arte. Andate, andate all’ estero… e vedrete che bello farsi scippare la
videocamera dai teppistelli o violentare la moglie dalle gang che si intrufolano anche
nei villaggi vacanze. Belle vacanze!
Ah, un’ altra novità. Vogliono cambiare le materie scolastiche per insegnare ai nostri
figli le lingue straniere e il computer. Ma prima di tutto ci vuole il dialetto! Gli uomini
che hanno fatto grande il nostro paese parlavano il dialetto e solo tornando al dialetto
ritroveremo le nostre radici che adesso si aggrovigliano con quelle delle erbe infestanti e
delle piante esotiche che se mangiate i loro frutti vi viene anche la diarrea.
Tradizione! È la tradizione quello che vogliamo? Sì! È così!
Ma per mantenere sana e vitale la tradizione ci vuole quello che i nostri politici
immorali e ladroni vogliono distruggere: il valore della famiglia.
Quale fortezza nel nostro animo se non abbiamo una famiglia a sorreggerci?
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L’ uomo, senza la famiglia, è come una vela senza vento: dove crede di andare quella
barca? Alla deriva. Finirà per arenarsi su una costa straniera, dove magari ci sono i
cannibali. E mica chiedono permesso loro. Ti sbudellano e ti mangiano fuori tutto.
La famiglia, lo sappiamo bene io e voi che la pensate proprio giusto come me, sono
duemila anni che è fatta come deve essere fatta, da un uomo, da una donna e dai loro
figli. E meglio ancora se nella famiglia ci sono anche i nonni e qualche zia e magari un
cognato e pure dei cugini, perché no? La famiglia parte da un numero minimo di due,
ma è benedetta quando è composta da tre in su e non ha neanche un limite massimo.
Una volta c’ erano i cortili con le famiglie patriarcali. Perché non fare adesso i
condomini patriarcali? Perché? Forse che a qualcuno non gli piacciono, i condomini
patriarcali? Ma sì, ve lo dico io a chi non piacciono, a questi fighetti intellettuali che
vogliono distruggere la famiglia.
Nei condomini patriarcali ognuno darebbe una mano agli altri e non leggete quello che
scrivono i giornalisti dei massacri in famiglia, perché sono tutte balle inventate per
vendere quella carta straccia che chiamano giornali.
Nelle famiglie regnano l’ amore, il rispetto e la solidarietà e quando si litiga lo si fa solo
per vivacizzare l’ ambiente, mica perché ci si vuole male.
Lo so bene io, che ho due divorzi alle spalle e adesso convivo con una brava ragazza
che fa la ballerina. Quando a Natale rivedo i figli delle precedenti unioni mi commuovo
sempre e anche i ragazzi sono felici di ricevere i regali. Sì! È così! E facciamo anche il
presepio insieme!
In una famiglia sana il marito provvede alle necessità di tutti, la moglie cura la casa e i
figli studiano in scuole private e non si fanno venire idee bislacche in testa. La famiglia
sana è risparmiatrice, possiede la casa in cui abita, investe i soldi per contribuire
all’ economia nazionale, si veste in modo dignitoso, frequenta le funzioni religiose,
prende le distanze dagli stranieri e diffida degli estranei, tiene in giardino cani addestrati
a difendere la proprietà, avvia i figli verso un futuro solido, mette i nonni in una casa
per anziani dotata di tutti i comfort, invita gli amici a cena e guarda la televisione,
compera i biglietti della lotteria e segue il festival di Sanremo.
Capito com’ è una famiglia sana?
Io vengo da una famiglia sana che mi ha insegnato a essere come sono e ne sono fiero,
perché se fossi diverso mi sentirei un verme e un traditore.
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Anche i miei figli seguono le mie orme e così faranno i loro figli. Noi siamo come una
catena alimentare, dove ognuno sopravvive a spese degli altri.
Guai a chi nasce e vive senza una famiglia! Su di lui il marchio di Caino. Di Caino.
Caino, badate bene.
E allora questa sera, quando tornerete nelle vostre case, mettetevi in cerchio e
prendetevi per mano e tutti insieme dite: QRLVLDPRXQDIDPLJOLDHQHVVXQRVSH]]HUjPDL
TXHVWRFHUFKLRFKHqFRPHXQDIRUWH]]DDGLIHVDGHLQRVWULYDORULGHSRVLWDWLLQEDQFD
Il nostro grande paese una volta era tutto un pullulare di forti e fortini, roccaforti e
fortilizi, castelli e piazzeforti. Tutte queste fortezze servivano a difendere i valori della
patria dagli invasori barbari e figli di buona donna.
Eravamo guerrieri!
Non avevamo paura di nessuno!
Porca miseria, che tori da combattimento che eravamo!
Guardavamo oltre gli spalti verso l’ orda degli assalitori ed emettevamo l’ urlo di guerra
in dialetto: YD¶DFD¶WXD9D¶DFD¶WXD
Ah, che potenza!
Intonavamo in coro l’ urlo della nostra indipendenza… YD¶SHQVLHURVXO¶DOLGRUDWH« e
l’ eco portava lontano la voce della nostra fierezza e i nostri cuori erano gonfi e non
vedevamo l’ ora di menare le mani, e guai a chi ci stava davanti! e ancora adesso guai a
chi sta davanti! sì! è così! perché noi eravamo una nazione e prima di tutto una famiglia
ed eravamo benedetti dall’ unico nostro Dio e alle nostre spalle vegliava la tradizione e
nelle nostre vene pulsava la fortezza!
Ma chi ci fermava, chi?
Eravamo invincibili!
Adesso pretendono di venire qua a farsi i comodi loro e noi che cosa dovremmo fare,
dovremmo farci da parte, noi che siamo nati qui e che abbiamo tirato su tutto dal niente?
No! Non è così!
Noi non ci stiamo!
Noi combatteremo!
Se non possiamo più erigere fortezze, erigeremo un muro. Lungo tremila chilometri,
quanti sono i confini del nostro paese. Non è mica una novità. Ce lo insegna la storia.
C’ è già nella nostra tradizione di tirare su un muro quando i vicini rompono troppo. Lo
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facciamo alto da non poterci appoggiare una scala, con i cocci di bottiglia sulla cima,
lance di ferro verso l’ esterno, un bel po’ di filo spinato, la corrente elettrica da fulminare
un bue, un bel fossato prima e dopo con dentro i coccodrilli.
Lo chiameremo il muro della libertà.
E ci metteremo anche un paio di cecchini, per sicurezza.
Anche una bella manciata di mine antiuomo, per dormire sonni più tranquilli.
Poi, possiamo anche aprire i confini a tutti gli sciagurati che vanno in giro per il mondo
a combinare guai.
State sicuri che la nostra accoglienza gli farà capire una cosa: che forse è meglio che
stiano a casa loro a prendersi cura della famiglia, invece di venire qua a rovinare le
famiglie degli altri.
E adesso vi dico una cosa.
E voi pensateci su bene, perché ne va del futuro non solo mio e vostro, ma del nostro
popolo, dei nostri valori, della nostra identità culturale, storia e geografica e anche
dialettale.
Chi ha a cuore queste cose ci può trovare in piazza sotto il gazebo. Gli daremo un
opuscolo che dice le cose né più né meno come stanno. Se farà un’ offerta, gli daremo
anche il distintivo, la maglietta con il logo e un piccolo manganello per i bambini, così
cominciano ad allenarsi.
Attenti, però. Noi vogliamo gente seria: padri di famiglia e buoni figli, mogli con la
testa sulle spalle e nonni che parlano in dialetto. I fanatici non li vogliamo. Nemmeno
quelli che fanno troppo casino, perché noi siamo gente perbene moderata e rispettosa
dei diritti altrui, se gli altrui hanno diritto ad avere dei diritti, se no… se no basta!
chiuso!
Voi guardatevi attorno e pensate: io che ho lavorato per tutta la vita, non ho forse il
diritto di difendere la mia roba? Sapete che cosa vi dico? Sì! È così!
Vi aspetto fuori.
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Della prudenza salvifica
Non so se ho fatto bene a venire qui, ve lo dico in confidenza. A stare troppo a lungo nei
luoghi pubblici si finisce che prima o poi ci scoppia una bomba e ci vuole tanta fortuna
per venirne fuori vivi, ma proprio tanta. Io dico che una bella dose di prudenza è la
medicina che tiene lontani tutti i mali.
La mia povera mamma diceva sempre che sono nata fifona e che sarei stata fifona per
tutta la vita e mi raccontava che al termine dei nove mesi di gravidanza io non volevo
nemmeno nascere, tanta era la paura di venire fuori a vedere che cosa era il mondo.
Ma ve lo dico in confidenza: io ero già prudente che non avevo ancora un’ ora di vita,
pensate un po’ che testolina.
La mia povera mamma aveva rischiato di morire perché non volevo nascere e forse ce
l’ ha avuta sempre con me proprio per questo fatto di cui io che colpa avevo? Non ero
nemmeno ancora nata! Era sempre nervosa, la mia mamma.
5RVDOLQGDPDSRVVLELOHFKHWXWWHOHSDXUHGHOPRQGRFHOHKDLWX"
Non sono paure, mamma, è prudenza.
Sapete che cosa mi diceva? %XWWDWLXQDEXRQDYROWDODVFLDWLDQGDUHHJRGLWLODYLWD
Lei si è buttata, si è lasciata andare e si è goduta la vita per sette secondi esatti, quanto è
durato l’ orgasmo che l’ ha messa incinta. E subito dopo s’ è lasciato andare anche lui, se
n’ è andato a Londra e lei ha fatto la ragazza madre senza un soldo in tasca. Forse è
proprio perché la mamma era povera, nervosa e sconsiderata che io sono così prudente.
Avete sentito che cosa capita a lasciarsi andare?
Se la mia povera mamma avesse avuto un briciolo di prudenza…
Da lei ho ricevuto una bella lezione: agli uomini non devi dargli nemmeno un’ occhiata,
perché basta quella per farti ingravidare e poi abbandonare.
Nella vita bisogna cercare il vero amore e il vero amore non lo trovi in una discoteca
dove sono tutti sballati e ti fanno gli occhi dolci e ti contano storie solo per sbatterti nei
bagni uno davanti e uno di dietro, quei maiali, e se fai resistenza ti picchiano.
Le leggo io le cose che succedono! Leggo i giornali, io! E vedo anche la televisione,
tutte quelle trasmissioni che fanno vedere gente che si è persa, che è stata ammazzata
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dal marito, che ha fatto a pezzi la suocera, che ha dato fuoco alla casa con i nonni
dentro…
Non sono una che parla tanto per parlare. Io mi documento.
Queste ragazze che si fidano del primo che incontrano proprio non le capisco. Non
sanno che poi si ritrovano sul fondo di un furgone legate, imbavagliate e con un coltello
piantato nelle parti intime?
Sono superficiali e scriteriate, ma poi pretendono di fare le vittime e piagnucolano se
invece del vero amore incontrano un serial killer.
Io non ci sono mai stata in una discoteca, non sono mica stupida, lì c’ è la droga anche
nell’ aria che respiri e poi la musica ti fa diventare sorda e se vai al bagno ti prendi una
malattia venerea e se bevi qualcosa ti becchi l’ aids.
Tutto questo succede prima che ti violentino in branco. E poi dicono che le ragazze non
le fanno nemmeno pagare. E, certo, pagano in natura.
No, no. Io me ne sto a casa mia a guardare la televisione.
Chiudo la porta di casa e sono tranquilla.
La serata passa in fretta. Solo a chiudere la porta ci metto quindici minuti. Con le
serrature e i chiavistelli mi sono impratichita, ma sono i tre sistemi d’ allarme che
richiedono calma e concentrazione. Ogni volta devo rileggere i manuali perché se no
rischio di non potere più uscire e sarebbe imbarazzante chiamare i pompieri per
scassinare la porta di casa mia con me chiusa dentro.
Se qualcuno suona il campanello dopo le venti io nemmeno ci faccio caso e dopo le
ventuno il campanello non funziona nemmeno più. Tempo fa aprivo dopo che mi ero
fatta consegnare la carta d’ identità sotto la porta, ma poi ho deciso che la prudenza non
è mai troppa e così ho detto basta alle visite serali.
Mi spiace per quella volta che il signor Bruno, il mio vicino, è venuto a chiamarmi per
usare il telefono perché il suo era guasto e aveva il cellulare scarico e così sua moglie è
morta d’ infarto e adesso lui non mi saluta più, ma non ha mai avuto un buon carattere.
Lei, poi, andava ancora a sciare alla sua età, e così le è venuto l’ infarto.
Di loro, però, so almeno chi sono, da dove vengono e dove lavorano. Ma ogni tanto
arriva gente nel mio condominio che già nel nome è poco rassicurante.
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Io, se un nome non riesco a pronunciarlo subito, non sono tranquilla. Che bisogno ha,
uno, di farsi chiamare con un nome che non si riesce a pronunciare? Che cosa vuole
nascondere?
Arriva gente da chissà dove e non tutti hanno una bella faccia. Ci sono quelli che mi
salutano con un sorriso e quelli invece che mi guardano attraverso e comunque so che
non basta un sorriso per rendere una persona fidata. Anzi, sono proprio quelli che fanno
i gentili e che sono subito pronti a darti una mano che poi ti portano via il televisore.
Se questi individui sono venuti via dal loro paese un motivo ci sarà, no? Magari sono
criminali in fuga o magari sono solo tanto sfigati, ma si sa che la sfiga si attacca e allora
è meglio starne lontani. Io li saluto, sia chiaro, non sono mica una maleducata, ma fatto
il saluto è finita lì, se tentano di fare conversazione dico che ho un appuntamento con il
dentista e corro via.
Meglio essere prudenti con la gente che non si conosce bene. Meglio non farsi
coinvolgere. Si rischia di ritrovarsi in chissà quali traffici di droga o di organi.
Vedi uno che ti ispira simpatia e magari invece ha appena finito di fare a pezzi la moglie
che ha ammazzato perché è stata imprudente e si è messa a litigare invece di lasciar
perdere come faccio io, che abbasso la testa e mando giù. Meglio un’ umiliazione che
una coltellata nella pancia.
Io, quando sono fuori casa, se uno mi rivolge la parola, sono già pronta a gridare aiuto.
A volte è questione proprio di un attimo, se vuoi salvarti la vita, e io preferisco giocare
d’ anticipo.
Certo che al giorno d’ oggi di chi mai ti puoi fidare?
Il bello è che sono tutti sorridenti e molti mi trattano come se fossimo amici da una vita,
ma io di amici non ne ho perché si sa poi che i mali peggiori vengono proprio da loro.
5RVDOLQGDSHUFKpQRQYLHQLFRQQRLDOFLQHPD" Fossi matta. Incastrata in una poltrona
al buio con seduto vicino uno di quelli degli atti osceni in luogo pubblico che si abbassa
i calzoni. No, no. Meglio guardare la televisione.
A Natale mi sono regalata il maxischermo. Mi siedo lì davanti e mi sento bene. Non ho
più paura di niente, perché li conosco tutti, i presentatori, le vallette, i ballerini… e a
volte parlo con loro e mi sento ancora meglio.
Ve lo dico in confidenza, a me piace un sacco la pubblicità. È corta e non si fa fatica a
capirla, di solito. Certi film finisce che mi addormento sul divano e prendo freddo,
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oppure passa mezz’ ora e non ho ancora capito niente di quello che succede. Ci sono
registi che non hanno le idee chiare quando cominciano un film e nemmeno quando lo
finiscono e poi il risultato si vede.
Nella pubblicità tutti sono contenti e simpatici e si vede che sono persone perbene, e
soprattutto le pubblicità si ripetono ed è come ritrovare un amico a cui si vuole bene.
Non mi annoio mai, anche se una pubblicità l’ ho già vista cento volte e la conosco a
memoria. Magari mi metto a stirare e recito le stesse parole che dicono gli attori.
È vero che mi è capitato di comprare prodotti che sono una schifezza, e invece la
pubblicità è proprio bella.
Ma che cosa volete farci? Non è colpa della pubblicità. È un mondo così, dove niente è
sicuramente vero di quello che dicono gli altri e quello che sembra bello invece è
proprio una schifezza. Ci vuole prudenza.
Tutti promettono mari e monti e poi arrivano le fregature.
Anni fa c’ era uno che… queste cose ve le dico in confidenza perché non è che io vada
in giro a spiattellare la mia vita privata, così poi la mettono in internet e tutti ci fanno su
delle belle risate… anni fa uno mi voleva sposare a tutti i costi, sembrava che gli
franava la terra sotto i piedi, ma io ho tenuto duro perché sapevo che la fregatura
sarebbe arrivata e infatti lui ha sposato una che poi l’ ha piantato e a lui è venuto
l’ esaurimento nervoso. Se lo sposavo, mi toccava anche curarlo.
Invece qualche mese fa volevano darmi una promozione sul lavoro, ma io non ho
accettato subito, perché sapevo che poteva esserci la fregatura. E infatti hanno promosso
il mio collega che l’ anno scorso è stato operato al cuore. Beh, ci credete che dopo tre
mesi dalla promozione è morto per strada stroncato da un collasso? Se accettavo la
promozione, minimo mi ammalavo anch’ io di cuore.
Se non ci si muove con prudenza, si rischia proprio tanto.
Durante la pausa pranzo i miei colleghi vanno al bar di fronte. Bisogna attraversare la
strada in un’ ora di traffico molto intenso e all’ ora di pranzo gli automobilisti sono
distratti e hanno i riflessi lenti. Ha senso rischiare la vita per un panino? Io mi porto
qualcosa da casa e rimango in ufficio. Ne approfitto per riposarmi e per riordinare le
scrivanie. Gli altri non vogliono che metta in ordine le loro cose, ma a me non piace
lavorare dove c’ è confusione e sporcizia. Rimanendo in ufficio risparmio anche qualche
soldo. I soldi non bastano mai. Non si sa mai che cosa ci può capitare.
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Se all’ improvviso devo farmi ricoverare in clinica per un’ operazione costosa, che cosa
faccio se non ho i soldi? Muoio? E se fanno una legge che non mi danno più la
pensione, che cosa faccio, mi butto sotto il treno?
È da quando sono bambina che risparmio. Se volessi, un giorno potrei anche fare una
crociera o una vacanza ai Tropici, ma chi me lo fa fare? Sulle navi da crociera si prende
l’ epatite e ai Tropici ci sono gli scorpioni nei letti.
Al giorno d’ oggi, solo i pazzi si mettono in viaggio. L’ aereo? Uh, quanti ne cadono? E
il treno? Io in treno non ci vado più. Anzitutto, rubano i bagagli. Basta che ti distrai a
dare un’ occhiata dal finestrino e anche se nello scompartimento sei sola… paf! la
valigia è sparita. E poi sai quando parti e non sai mai quando arrivi. C’ è gente che
doveva andare nel capoluogo e si è ritrovata in un paesino senza nemmeno la stazione
che nessuno sa spiegare come ci sia arrivata.
Quello del lavoro è un bel problema.
Fino all’ anno scorso andavo in ufficio in automobile, ma poi ci ho dovuto rinunciare.
Beh, a dirlo in confidenza, mi hanno tolto la patente. Quanto ho pianto quel giorno!
Hanno detto che non posso viaggiare a venti chilometri all’ ora, perché intralcio la
circolazione. Secondo me, gli incidenti stradali sono proprio loro della motorizzazione a
volerli, così si vendono più macchine. Io andavo a venti solo dove il limite era
cinquanta, ma fuori città acceleravo fino a trenta. Hanno anche detto che non posso
fermarmi al semaforo più di tanto, perché quelli dietro di me diventano aggressivi e
infatti li sentivo come pigiavano sui clacson. Ma io volevo essere ben sicura che il verde
fosse verde e mi sembra un mio diritto cautelarmi e proteggere la mia persona.
Ho pianto tanto, ma il giorno dopo mi sono detta che era destino e che una buona stella
mi proteggeva, perché l’ automobile è troppo pericolosa, al giorno d’ oggi. Meglio andare
in metropolitana, così pensavo. Ma… detto in confidenza… avete mai fatto veramente
caso agli individui che frequentano la metropolitana? Secondo me, quando uno esce di
galera va direttamente nella metropolitana. A parte la guida criminale degli autisti che
frenano apposta di colpo per spiaccicarmi e che chiudono le porte proprio quando ci
passo io… e a parte i malati terminali che tossiscono in faccia alla gente sana come
me… e a parte i bambini ladri e i branchi di giovinastri che non vedono l’ ora di
violentarmi… la metropolitana è stata progettata da architetti che di sera lasciano gli
studi e vanno a fare gli assassini. Hanno programmato tutto. Quando io scendo dalla
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vettura le luci si abbassano, la banchina si svuota, i cancelli cigolano, qualcuno grida in
lontananza e poi il silenzio della morte mi fiata gelido sul collo.
E loro, gli architetti assassini, sono nascosti dietro una colonna in attesa che gli passi
vicino.
Io in metropolitana non ci vado più.
Ho provato a viaggiare in tram, ma è stato perfino peggio. Violentavano le vecchiette
davanti ai miei occhi e se protestavo con il conduttore quello mi dava la multa perché
non gli si può parlare.
Un bel problema, andare al lavoro. Ma io ho preso una decisione che mi ha ridato la
serenità: mi sono licenziata.
Ha senso che io vada a lavorare rischiando di perdere la vita?
Sono una persona responsabile e meticolosa e non mi sarà difficile svolgere un’ attività
tra le mura domestiche. Potrei, per esempio, lavorare al telefono, fare parte di un callcenter. Potrei anche avviare un’ attività in proprio. Potrei offrire consigli prudenziali alle
persone in difficoltà.
So che corro comunque dei rischi, perché rendere pubblico il mio numero di telefono
non è certo saggio e infatti ci sto già ripensando. Non potrei tollerare di essere
ossessionata da uno dei maniaci della cornetta bollente come si vede nei film. Quelli se
ne fregano delle serrature di sicurezza e dei sistemi di allarme. Mi faccio la doccia e me
li ritrovo sulla soglia del bagno con un’ ascia insanguinata in mano.
Potrei attaccare le etichette sulla biancheria come fa la mia vicina che deve mantenere il
marito nullafacente, ma come faccio a fidarmi dell’ autista del furgone che mi porta gli
scatoloni con la merce? L’ ho visto, una volta, che sbirciava di qua e di là, come se
volesse memorizzare la piantina della casa. Magari dentro uno scatolone ci mette il suo
complice contorsionista che gli apre la porta di notte e così rubano, violentano,
picchiano e massacrano senza che nessuno se ne accorga, perché in questo condominio
tutti se ne fregano di tutti.
Dovrei trovare un lavoro che anzitutto non mi faccia uscire di casa e che soprattutto non
mi faccia avere contatti con gli estranei.
Sono sicura che prima o poi salterà fuori.
Per il momento mi godo la pubblicità.
Non esco più di casa nemmeno per portare l’ immondizia.
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Ma lo sapete che nei bidoni della spazzatura dormono individui in un persistente stato
alcolico e allucinatorio che se qualcuno li disturba gli saltano addosso armati di una
lametta arrugginita? Ma lo sapete che attorno ai bidoni si aggirano cani randagi con la
bava alla bocca che mangiano carne umana? E lo sapete che gli autisti dei camion che
svuotano i bidoni sono pazzi e a volte anche furiosi?
Mi faccio portare la spesa, ho staccato il telefono, non apro mai le finestre, se qualcuno
mi cerca rispondo che io sono un’ amica e che la padrona di casa è in vacanza in
Australia.
Solo il portinaio sa che io sono in casa e pensa lui a pagarmi le bollette. Posso fidarmi?
Non lo so, ma per il momento non voglio pensarci. Non voglio pensare più a niente,
altrimenti mi sento spaventata. Sono solo una povera donna che vive sola, chiunque
potrebbe approfittarsi di me.
Se non ci fosse la pubblicità, sarei molto infelice.
Invece sto abbastanza bene e qualche volta guardo anche fuori della finestra, ma per
poco. Qualcuno potrebbe vedermi.
Davanti al televisore ho messo altre due poltrone. Ci faccio accomodare i miei amici e
le mie amiche dei programmi e con loro il tempo passa.
Non è una brutta vita.
Mi sento al sicuro e questa è l’ unica cosa importante.
Tutto il resto è pericolo.
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Della giustizia classista
Forse la mia voce di tanto in tanto cederà. Forse io stesso cederò, di tanto in tanto.
Non sono stato malmenato, lo devo ammettere. Ma le violenze morali a cui sono stato
sottoposto, le umiliazioni e le offese che non mi sono state risparmiate… potete ben
immaginare quale effetto hanno avuto sul mio animo, abituato come sono a rapporti
civili e rispettosi.
Trattato peggio che se avessi compiuto un atto terroristico, io che aborrisco la vista del
sangue. Non sarei capace di mettere le mani addosso a una persona! Nemmeno di darle
una spinta o di puntarle un dito sul petto, perché così sono stato educato.
Perfino le manette mi hanno messo e questi polsi arrossati e scorticati sono la
testimonianza della brutalità di cui sono stato vittima.
Quando mi hanno trascinato sull’ auto della polizia, sordi alle mie richieste di
chiarimenti, li ho levati alti affinché i fotografi potessero immortalare uno dei momenti
più tragici della nostra storia nazionale. E così tutti hanno visto gli sgherri degli
estremisti che il popolo bue ha messo al governo mentre imponevano le catene alla
libertà.
Cittadini e compatrioti, ricordate quel giorno funesto?
Ve ne faccio la cronaca, affinché nessuno dimentichi.
Voi insegnerete ai vostri figli a ricordare e chiunque ricorderà darà testimonianza
dell’ ingiustizia patita. In un prossimo futuro auspico che un giorno dell’ anno sarà
dedicato alla memoria di questa vicenda che ha scosso le fondamenta della democrazia.
Ecco che cosa è successo quel giorno.
&RPDQGDQWHmi dicono i miei segretari, FLVRQRVHWWHSROL]LRWWLLQERUJKHVHFRQO¶RUGLQH
GLDUUHVWDUOD
Figuratevi la mia reazione. Scuoto il capo ed esclamo: FLVLHWHFDVFDWLFRPHSHUHFRWWH,
TXHOOLVRQRDWWRULQRQO¶DYHWHFDSLWRFKHVLDPRLQGLUHWWD"FKHqXQRVFKHU]RWHOHYLVLYR"
9HQLWHDYDQWL dico ai finti poliziotti,DFFRPRGDWHYLFKHFRVDJUDGLWHXQDSHULWLYR"
Nemmeno mi rispondono. Mi si stringono intorno come per assicurarsi che io non
scappi. Ma diamo i numeri? Io scappare? Mi viene da ridere e gli faccio i complimenti
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perché la parte la interpretano proprio bene. Uno di loro estrae un foglio e me lo mette
sotto il naso. In modo troppo brusco, devo dire. Invito con un cenno i segretari a
leggerlo, ma i poliziotti pretendono che lo legga io. Io non leggo mai la corrispondenza,
ci pensano i segretari. Comunque sto al gioco e do una scorsa al foglio, fingendo di
leggere.
(EUDYLHFRVuVLHWHYHQXWLSHUSRUWDUPLLQSULJLRQH
Annuiscono e basta, inespressivi. Sono un poco inquietanti, lo riconosco, ma è solo
perché si sono proprio immedesimati. Attori di classe. Mica mandavano dei guitti da
avanspettacolo da uno come me.
Con l’ abilità di un giocoliere uno di loro mi infila le manette.
Approfitta del fatto che sono distratto e sto raccontando una barzelletta perché voglio
che il pubblico, quando trasmettono lo scherzo, pensi che non mi sono fatto ingannare e
che la situazione la gestisco comunque io.
5DJD]]L VRQRWURSSRVWUHWWHPLIDQQRPDOH
Non fanno una piega.
Mi stupisco del loro atteggiamento e scrivo un memo mentale per mandare un reclamo
al direttore di rete. Anzi, gente come questa bisogna licenziarla subito. Ma come si
permettono di ignorare le mie parole? Questi qua hanno chiuso con la carriera di attori.
Mi spingono verso l’ uscita.
Anche questo non mi piace proprio per niente. Mettere le mani addosso a me!
5DJD]]LQRQGDWHPLLSXJQLQHLILDQFKLPLIDPDOH
Mi sforzo di sorridere alle persone allibite che fanno ala. Gli rivolgo una smorfia come
per dire: FKHSRVVR IDUFL ELVRJQD VWDUH DO JLRFRSRUWDUH SD]LHQ]DVH QR VL URYLQD OD
GLUHWWD« e intanto penso a quali battute spiritose posso dire per fare bella figura.
(KVWDYROWDPLKDQQREHFFDWR esclamo infine con aria triste.
Nessuno di loro ride.
Ormai deve essersi diffusa la voce che è tutta una sceneggiata. Dovrebbero farmi da
spalla. Invece se ne stanno lì impietriti, allocchi con gli occhi sbarrati, e qualcuno corre
via chissà dove. Che cosa li pago per fare, io? Questi non capiscono niente. Appena
torno bisogna fare un repulisti, qui.
Prendo mentalmente nota di chi licenzierò. Questo, quello, quell’ altra…
Fino a prova contraria, il padrone sono sempre io.
80
Fendiamo la ressa dei fotografi che scattano foto con frenesia. I giornalisti allungano il
registratore con il rischio di sbattermelo sul naso e urlano cose che non capisco
nemmeno. Momenti molto sgradevoli.
,QVRPPDQRQVSLQJHWHYLKRGHWWR
Sto perdendo la calma, cosa che non mi capita mai.
Gli imbecilli si sono immedesimati troppo nella parte. I due che ho ai lati mi stritolano
le braccia come se volessero staccarmele. Quello dietro mi dà ancora gomitate e un altro
mi spinge in giù la testa con una mano grossa quanto un badile.
,QVRPPD 4XDQGR q WURSSR q WURSSR 0L VWDWH IDFHQGR PDOH GDYYHUR )HUPDWH OH
ULSUHVH/DWUDVPLVVLRQHILQLVFHTXL
4XDOHWUDVPLVVLRQH"
Quale trasmissione? strilla un giornalista demente che non ha ancora capito niente. Non
gli do nemmeno retta. Frastornato dai flash, dalle grida, dalle domande insensate che mi
sparano a raffica, mi rifiuto con energia di entrare nell’ automobile.
6HQRQODVPHWWHWHVXELWRYLIDFFLROLFHQ]LDUHWXWWLHVHWWH, sussurro con il tono che per
decenni ha fatto tremare umili impiegati, arroganti personalità e perfino qualche potente
della terra.
In risposta, mi mollano di nascosto un pugno al fegato che mi toglie il respiro. Subito ne
approfittano per spingermi nell’ abitacolo ammaccandomi una costola e causandomi una
distorsione al piede che ancora adesso mi impedisce di camminare in modo dignitoso.
%HQH, sibilo a fatica quando mi torna la parola, O¶DYHWH YROXWD YRL QRQ WURYHUHWH XQR
VWUDFFLRGLODYRURQHDQFKHVHHPLJUHUHWHYLIDUzPRULUHGLIDPHYLVFDWHQHUzFRQWUROD
PDILD YL IDUz GDUH OD FDFFLD GDL WHUURULVWL H GDL VHUYL]L VHJUHWL SHUFKp VLHWH GHL
FULPLQDOLEDVWDUGL«
Vado avanti per un po’ , ma nessuno mi dà retta.
L’ auto parte sgommando. La sirena mi assorda. Tutti mi fissano come se fossi un
delinquente.
Ma che scherzo del cavolo è, questo?
Quanti ne dovrò licenziare, alla fine?
E qualcuno lo sbatto in galera. Ergastolo. E pago i detenuti più brutti e grossi e pelosi
per fargli un servizio che non dimenticherà mai.
81
… ma… . ma… dico, voi… dove mi portate?... perché non ci fermiamo agli studi
televisivi?... che cos’ è, quella? una prigione?
In prigione, mi portate?
Una prigione vera?
Non è un set?
Mi hanno arrestato per davvero.
Lo so, lo so che ancora non riuscite a crederci.
Arrestato!
Io!
Proprio da non crederci.
E adesso sono qui, in infermeria.
C’ è una puzza di acido fenico che mi fa vomitare.
Io in prigione!
Se io sono in prigione, che fine hanno fatto tutti gli altri? Li hanno massacrati? O sono
anche loro rinchiusi? Ho sentito parlare di un processo. Ma processo per che cosa? Sono
tutti ammattiti?
Oppure questa è una rivoluzione?
Io non ho niente da rimproverare a me stesso.
Se non le cose che fanno tutti quando hanno un ruolo simile al mio.
Un ruolo di responsabilità e comando.
Perché non hanno arrestato anche il papa, allora?
/HL KD SUHVR XQ FROSR GL VROH grido all’ avvocato. L’ ho mantenuto per anni, gli ho
riempito le tasche, gli ho regalato le vacanze ai Carabi e lui che cosa fa? Mi propone di
patteggiare. Ma scherziamo? O è stato plagiato o è stato comprato. 4XDQWR OH KDQQR
GDWRSHUFRUURPSHUOD"gli grido con indignazione. E subito dopo lo licenzio.
Io non ho niente da patteggiare.
Sono innocente come un bambino nel giorno della sua prima comunione.
Quando mi guardo allo specchio, io vedo un cittadino onesto e rispettoso delle leggi,
che ha dato un contributo ineguagliabile alla propria nazione.
82
Il mio patrimonio è sempre stato patrimonio di tutti, ricordiamolo. In una sola delle mie
ville lavorano almeno cinquanta persone. Che cosa farebbero, quei poveracci, se io non
li avessi assunti? Morirebbero di fame, ve lo dico io.
Chiedo di cambiare camera e me lo rifiutato. Sono disposto a pagare il doppio, dico. Mi
ridono in faccia. Proprio non capisco. Che senso ha che io me ne stia qui in una lurida
stanzetta senza nemmeno un bagno decente quando possiedo diciassette ville e centinaia
di condomini, palazzi e appartamenti?
Si tratta solo di buonsenso. Poi la villa gliela regalo, a questi disgraziati.
Non c’ è nemmeno una suite, in questa prigione vergognosa.
Mi portano da mangiare e rifiuto con sdegno.
Nemmeno al mio cane servono cibo tanto disgustoso.
)DUzORVFLRSHURGHOODIDPH
Non mi rispondono nemmeno.
Gli altri detenuti, però, hanno applaudito tutti, quando sono arrivato. Sono famoso
anche qui. Sono circondato dalla stima e dall’ affetto di tutti e questa è l’ unica nota
positiva. Uno ha detto che potevo contare su di lui e io l’ ho subito assunto. Sembra
esperto di tutte le faccende inerenti ai reati e infatti è un pluriomicida.
Da un punto di vista morale non posso definirlo un buon cittadino, ne sono consapevole.
Ma da un punto di vista dell’ efficienza gli levo tanto di cappello. È con tipi come lui
che si fondano imperi economici.
Per fortuna, poi, ci sono alcuni boss mafiosi che mi devono dei favori. Mi hanno fatto
portare il televisore e i giornali e da domani mi faranno servire il pranzo dal ristorante
qui di fronte.
È rassicurante poter contare ancora sulla solidarietà umana. Vuole dire che non tutto il
mondo è impazzito. Da parte mia, sono occupato a distribuire soldi a destra e a manca.
Ho promesso a molti di assumerli nelle mie aziende. C’ è bisogno di gente svelta,
sveglia e fidata.
8VFLUzSUHVWR, HTXDQGRVDUzIXRUL SHQVHUzDYRLHYLVSHGLUzXQSDFFRUHJDORDWHVWD
Senti che entusiasmo, mi amano troppo.
Mi sto organizzando perché pare che non uscirò subito subito come avrei voluto. Gli
avvocati dicono che ci vorranno almeno quindici giorni, ma quelli sono fuori di testa.
Quindici giorni qui dentro?
83
Io?
Questa non è solo una rivoluzione, è già la fine del mondo.
Faccio telefonare a chi so io, così la questione sarà affrontata all’ Onu e allora voglio
vedere se un qualunque magistratucolo stipendiato grazie alle tasse che io per fortuna
non ho mai pagato ha il potere di tenermi rinchiuso. Come minimo lo trasferiscono su
un isolotto, e poi magari gli salta in aria l’ auto e gli violentano la moglie. Di cose brutte
ne succedono tutti i giorni, purtroppo.
Ma chi li prende mai quelli che compiono i crimini veri? E se li prendono, li mettono
forse in prigione? Senza offesa per questi bravi ragazzi che mi tengono su di morale, ma
davvero oggi fare il criminale è un investimento con pochi rischi e buoni profitti.
Continuate così, ragazzi. Tanto lo vedete con chi se la prende la legge, con gli innocenti
come me.
,QIHUPLHUH9XROHGLUHDTXHOGHJHQWHGLVPHWWHUODGLIDUHWDQWRVWUHSLWR"6HGDWHORFRQ
OD PRUILQD QR" 1RQ DYHWH TXDOFKH VWULVFLD GL FRFD TXL" 6DUHEEH XQ SDHVH FLYLOH
TXHVWR",RKRELVRJQRGLWUDQTXLOOLWj6WLDFHUWRFKHIDUzFDXVDDOXLDOHLHDWXWWLJOL
LQFRPSHWHQWLFKHGLULJRQRTXHVWRSRVWR
Il processo è uno spettacolo indecente.
Fin dalle prime battute si capisce quanto siano prevenuti i pubblici ministeri e i giudici.
Ai miei avvocati non offrono il minimo aiuto. Anzi, spesso li ostacolano. Incredibile.
E questa sarebbe la democrazia?
I miei avvocati avanzano una richiesta e gliela bocciano subito. Incredibile.
Ma molto più scandaloso è il trattamento che riservano a me.
Mi rivolgono domande sulla mia vita privata. Ma come si permettono? Non solo.
Vogliono sapere come ho fatto i soldi. Lavorando venticinque ore al giorno, così li ho
fatti!
Indignato è dire poco.
Scandalizzato.
E tanto, tanto amareggiato.
Amareggiato nel profondo dell’ animo. Distrutte tutte le illusioni, pugnalato alla schiena,
e che altro posso dirvi?
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Per questo paese nessun altro ha fatto quanto ho fatto io, che ho costruito nel deserto, ho
portato civiltà e benessere dove regnava solo la barbarie della miseria, ho dato da
mangiare agli affamati e da bere agli assetati, ho diffuso serenità e gioia di vivere con le
promozioni commerciali, ho dato un futuro ai giovani che hanno voglia di lavorare e gli
altri li ho dirottati verso la criminalità organizzata, ho affidato posti di potere agli
incompetenti in modo che anche loro avessero una gratificazione, ho rinsaldato i valori
della famiglia e dell’ adulterio, ho finanziato i traffici di droga purissima salvando così
molte vite, ho complottato con leader stranieri impedendo che i rivoluzionari si
impadronissero delle fonti di energia, ho fatto perfino i miracoli, ho fatto.
Se qualcuno di voi fosse scettico, sappia che è tutto documentato.
Ho sempre pensato di meritare un posto nella storia, tra i grandi che hanno fatto grande
il loro paese, e invece… mi fanno il processo.
Mi fanno il processo!
E questa sarebbe la giustizia?
Giustizia classista!
Come se non sapessi chi sta dietro a tutta questa macchinazione.
Le classi.
Tutte.
Studenti, impiegati, operai…
Per carità, io e gli operai siamo sempre stati affiatati, quante pacche sulle spalle gli ho
dato! Ho anche dato un morso a un panino insieme a loro, una volta. Ma… sono gente
semplice, capite, e il problema è che invece di progredire come quelli che dal niente si
mettono a fare i milioni e nessuno capirà mai come ci siano riusciti, loro rimangono
proprio… semplici. E anche un poco ottusi, senza offesa per nessuno.
Basta che un qualunque estremista gli parli di giustizia sociale e loro subito si
infiammano.
Ma lo sanno le cose come stanno? Lo sanno? No che non lo sanno!
Se adesso hanno la casa, la macchina e il televisore al plasma, lo devono solo al fatto
che qualcuno gli ha dato il lavoro e l’ ha pagato in nero quasi al doppio delle tariffe
sindacali, così stanno le cose! Gli conviene stare zitti per continuare a stare bene,
altrimenti lo so io come vanno a finire: che fanno la fame!
La fame fanno!
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E gli impiegati? Senza offesa per nessuno, ma tra loro e il lavoro c’ è un abisso. Lo so io
che cosa fanno in ufficio! Vanno in internet a fare i pedofili! Pagati dall’ azienda!
Gli studenti, poi… Presuntuosi. Leggono tre libri e sanno tutto della politica. Fanno la
banda armata e mi lanciano una molotov nell’ automobile. E i professionisti? Vogliono
vivere alla grande senza mai investire nello sviluppo. Parassiti! Lasciamo perdere
artigiani e commercianti… Quasi peggio dei nullatenenti. E ai barboni gli danno anche
la minestra calda e la coperta. Ma lasciateli lì dove sono, lasciateli! Ma no, i politici
fanno lo stato sociale! Sperperano i miei soldi! Aiuti alle famiglie bisognose! Interventi
sanitari gratuiti! La scuola per tutti!
Se c’ è un modo per rovinare uno stato, i politici lo conoscono.
Se tutti quelli che ho nominato mi dessero retta… se accettassero il fatto che solo io
dovrei occuparmi dell’ economia, solo io dovrei gestire i loro soldi, solo io…
Io che dal niente ho costruito un monumento a me stesso.
Ma invece di ringraziarmi… danno retta a gente che ha in mente solo di distruggerla,
l’ economia.
E senza economia, tutti a casa!
A fare la fame!
Gente che fa comunella con i giornalisti, con i magistrati e con tutti quelli che non la
pensano come me.
Sono loro i veri criminali!
Ragioniamo.
Per sviluppare l’ economia ci vogliono i soldi per gli investimenti, no? Siamo tutti
d’ accordo? La prima cosa che deve fare uno come me che vuole sviluppare l’ economia,
quindi, qual è? Fare i soldi, no? E io li ho fatti. Ma non li ho fatti per godermeli, proprio
no. Solo per fare investimenti e per sviluppare l’ economia.
Siamo tutti d’ accordo, no?
Una volta fatti gli investimenti, bisogna controllare che gli investimenti rendano, che
nessuno metta i bastoni tra le ruote, che i soldi aumentino in modo da fare altri
investimenti, altrimenti tutto si riduce a una favoletta in cui però non è per niente vero
che tutti vissero felici e contenti.
Ci sono forze oscure e perverse.
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Sissignori.
Ve lo dice uno che queste forze le ha combattute per anni. E che adesso paga questa
lotta estenuante con la galera. Sissignori.
Di che cosa mi si accusa, in fin dei conti? Di avere eluso le leggi. Ma era necessario! Se
no come avrei potuto aprire cantieri e concludere affari vantaggiosi?
Mi si accusa di avere eluso anche le tasse. Certo. Era necessario. Se avessi pagato le
tasse, migliaia di operai sarebbero rimasti a casa disoccupati.
Capite l’ assurdo? A me, che ho fatto solo del bene, si viene a dire che sono un
criminale. Questo è l’ inizio della fine del mondo, ve lo dico e ve lo ripeto. Se non
fermiamo in tempo la gentaglia che sta dietro alle menzogne e a questo scandalo
doloroso… questa è la vera fine del mondo, non le panzane che raccontano gli
ambientalisti.
Mi si accusa infine di aver fatto ammazzare qualche decina di persone. E allora? In
guerra quanti ne muoiono? E nessuno dice niente. Questa è una guerra, signori. E io la
combatto con coraggio, dignità, orgoglio e non ricordo più che altro.
Ma che cosa credete, che sviluppare l’ economia sia come fare un girotondo?
Ma smettiamola di fare i bambini!
Io ho fatto uccidere solo chi meritava di morire e sempre e solo per lo sviluppo
dell’ economia, sia chiaro. Non merito una medaglia, per questo?
E invece…
… sono qui…
… nell’ infermeria della prigione…
… e c’ è un degente che non smette di urlare. Crepa, bestia!
Ecco, sono riuscito a non cedere.
La mia forza d’ animo scaturisce dalla nobiltà dei miei ideali.
Ma vi invito a sottolineare l’ amarezza che sgorga dalla mia voce.
Oh tempora! Oh mores!
So fare anche una citazione.
Eppure sono in prigione.
&RPHVWD&RPDQGDQWH"
Onorevole, non vede come sto? Faccia subito una legge per liberarmi.
Altrimenti la licenzio.
87
Della lussuria provvidenziale
VERGINELLA
Sono contenta che ci sia poca gente. In chiesa sono venuta sempre con la mamma e non
voglio che qualcuno pensi... Perché quella vecchia mi ha guardata? Perché sono l’ unica
bambina presente oppure perché mi conosce? Sono venuta in una chiesa lontana da casa, qui
nessuno dovrebbe sapere chi sono. Sui giornali non hanno scritto il mio nome e non hanno
pubblicato la mia fotografia. Perché mi guarda, allora? Forse le signorine dell’ istituto hanno
avvisato la polizia. Ma che cosa ne sa quella vecchia di me e dell’ istituto?
Anche quell’ altra mi sta osservando e quelle due parlano sottovoce.
Se qualcuna si alza ed esce, vuole dire che va a telefonare.
Non mi guardano più.
Sono solo vecchie curiose.
Mi metto in un angolo, sotto la statua della santa che guarda in su, verso il cielo.
E se il prete viene a chiedermi che cosa voglio? Gli dirò che ho pensato di venire a dire una
preghiera, mentre la mamma sta facendo la spesa.
E se mi chiede chi sono e dove abito? Gli dirò che mi sono trasferita da pochi giorni.
E se mi chiede perché non sono a scuola?
Gli dirò che i compagni sono in gita e che io non sono potuta andare perché... perché...
perché il pulman mi fa vomitare.
Magari il prete non c’ è nemmeno. Magari di mattina non lavora.
Mi metto in ginocchio o sto seduta? Sto seduta, altrimenti le vecchie pensano che sto
pregando per qualcosa di importante, magari per una tragedia. Sono sempre curiose di
conoscere le disgrazie degli altri, le vecchie.
Faccio finta di essere in attesa di qualcuno. Ogni tanto guardo verso la porta, così pensano
che sto aspettando la mamma.
Se una si avvicina, mi alzo ed esco.
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Ma perché dovrebbe avvicinarsi? Le vecchie guardano sempre una bambina sola. Sono
invidiose perché si sentono vecchie e brutte.
La mamma diceva che vengono in chiesa a dire male degli altri e che se questa è la
religione allora è meglio cambiare strada, quando si vede una chiesa.
Secondo me, alla mamma sarebbe piaciuto diventare più religiosa, se avesse avuto il tempo
e non fosse stata sempre stanca.
Io credo in Gesù.
Se non ci fosse Gesù, a chi potrebbe chiedere aiuto una bambina come me?
Caro Gesù, adesso ti spiego perché devi aiutarmi.
Hanno messo in prigione la mamma e lo zio e io, che sono senza papà perché è morto in un
incidente di sparatoria due anni fa, sono stata portata in una casa finta, perché in realtà è un
istituto, come se fosse una prigione.
È una cosa terribile e io di notte ho gli incubi. Sogno che la mamma è in un sotterraneo
pieno di topi e i topi se la mangiano e lo zio è dentro una bara con i vermi che escono dalla
bocca...
Urlo e mi sveglio tutta sudata e la signorina dell’ istituto fa finta di consolarmi e mi porta una
camomilla che sa di schifo.
Io la bevo perché non voglio fare la ribelle, altrimenti mi chiudono in uno stanzino con gli
scarafaggi e dico che mi è venuto sonno per mandare via in fretta la signorina, ma non
dormo mai. Se dormo, ho gli incubi.
Non chiudo nemmeno gli occhi, se non quando si chiudono da soli.
Me ne sto tranquilla nel letto e ripasso le tabelline. Arrivo appena a quella del quattro, però,
perché il cervello va in confusione. Allora ricomincio da capo.
Qualche volta mi canto la ninna nanna che mi aveva insegnato lo zio, le prime volte che
saliva a casa nostra, quando veniva a darmi la buonanotte e si fermava sotto le coperte
vicino a me, aspettando che mi addormentassi.
Fa così:
NINA NA NINA NO
COSA SOGNO NON LO SO
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SOGNO UN PRATO CON I FIORI
SOGNO AMORE DENTRO I CUORI
NINA NA NINA NO
La ripeto mille volte e dondolo la testa, che è come se qualcuno mi facesse una carezza.
Di notte non dormo e di giorno sono tutta rincretinita. Sento le voci delle persone come se
provenissero da una caverna e se qualcuno mi tocca strillo e tiro calci.
Hanno imparato subito che è meglio non darmi fastidio.
Di notte sto nel letto a dondolarmi e di giorno mi siedo dove non c’ è nessuno intorno. Se ho
voglia, disegno. Però nessuno me lo deve chiedere.
La signorina mi ha regalato una scatola di matite colorate, ma io le ho spaccate una per una,
perché i disegni belli si fanno solo con il nero.
Lei non capisce niente.
Non si arrabbia nemmeno. Mi fa rabbia che non si arrabbi mai. Credo che sia perché di me
non le importa niente.
In quella casa istituto ci sono bambini che dovrebbero mettere in prigione, tanto sono cattivi.
Uno mi tirava i capelli, ma io non piangevo. Non volevo nemmeno fargli vedere che avevo
paura, tanto non ne avevo proprio.
Tirava i capelli e io stavo ferma e lo guardavo per vedere fino a quando me li avrebbe tirati.
Li ha tirati fino a strapparne una ciocca. Ma io ho tantissimi capelli, non mi preoccupo. Lo
zio diceva che si possono fare cinque parrucche, con i miei capelli. Non li devo tagliare e
nemmeno raccogliere in una treccia, come mi piacerebbe.
Me li sono accorciati io all’ istituto, per fare un dispetto alla signorina. Mi ha fermata a metà
dell’ opera, altrimenti li avrei tagliati tutti tutti.
PERCHE’ LI HAI TAGLIATI, CHE ERANO TANTO BELLI?
PER DIVENTARE BRUTTA COME I BAMBINI CHE CI SONO QUI.
Oltre che cattivi, infatti, alcuni sono proprio brutti. Anche maleducati. Dicono le parolacce.
Se la mamma li sentisse, li prenderebbe a bastonate con la canna di bambù che tiene in
cucina.
Una bambina per bene deve tenersi pulita e non deve dire certe cose.
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Così mi insegnava la mamma.
Per questo non voleva che giocassi con i bambini del condominio, perché usavano un
linguaggio indecente ed erano sempre sudati e sporchi.
Io li spiavo dalla finestra, ma non mi attiravano i loro giochi. Preferivo guardare la
televisione.
Alla casa istituto volevano che mi lavassi e che cambiassi la biancheria.
Io, per dispetto, non mi sono mai spogliata e anche quando la signorina ha tentato di levarmi
i vestiti... l’ ho graffiata in faccia e le ho morso una mano.
SEI CATTIVA!
Non è vero, lo zio diceva sempre che sono una bambina buona e brava.
La signorina non si è arrabbiata. Ne aveva voglia, perché le tremavano le labbra, ma ha
tenuto duro.
Io però lo so che dentro di sé mi odia.
Non mi piaceva stare seduta a tavola con gli altri che sporcavano la tovaglia e facevano
briciole per terra. Andavo in cucina e rubavo quello che trovavo. Correvo in camera e
mangiavo sotto le lenzuola. Dopo dovevano cambiarle, perché erano rosse di succo
d’ arancia e marroni di budino.
Anche se le cambiavano, mi facevano ribrezzo le lenzuola con le macchie rosse e quando
spegnevano le luci le strappavo dal letto e le ficcavo dentro l’ armadio.
Perché hanno messo la mamma e lo zio in prigione? Perché devo stare in un istituto? Non
mi piace l’ istituto. Io voglio la mamma e lo zio. Ti prego, Gesù, fa’ che la mamma e lo
zio....
Quella vecchia mi guarda ancora. Che cosa sta dicendo alla sua vicina? Stanno parlando di
me? Se non si fanno gli affari loro, le graffio come ho fatto con la signorina.
Oh, si avvicina!
VA’ VIA! VA’ VIA! VA’ VIA!
COME MAI SEI QUI DA SOLA, BAMBINA?
LA MAMMA STA FACENDO LA SPESA E IO PREGO PER IL MIO FRATELLINO
CHE E’ IN OSPEDALE.
CHE COSA HA IL TUO FRATELLINO?
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DEVE ESSERE OPERATO AL CERVELLO.
OH, SIGNORE! FAGLI TANTI AUGURI.
Vecchia strega. Va’ via. Puzzi. Non guardarmi. Non voglio che ti interessi a me. Sei sporca
e hai fatto tanti peccati. Andrai all’ inferno. Nessuno ti vorrà più bene. Non vorranno
nemmeno averti vicina. Quando andrai per strada, la gente ti indicherà e dirà: Guardate la
vecchia puzzona, state lontani da lei!
Nessuno ti vorrà più, dopo quello che hai fatto.
Allora, sono scappata.
Ho fatto bene, vero, Gesù?
Ho rubato i soldi che la signorina teneva in un cassetto della scrivania e ho preso la
metropolitana, perché lì è sempre pieno di gente e nessuno fa caso agli altri.
Non sapevo come fare per trovare la prigione, perché è là che voglio andare. Oh, so bene
che non fanno entrare le bambine da sole, ma intanto volevo vedere come è fatta la prigione
e se è vero che fa paura soltanto a guardarla.
Non volevo chiedere informazioni, perché la gente fa sempre tante domande ai bambini e la
mamma mi ripeteva di non dare retta a nessuno.
Però sono sicura che il signor Mario non è una di quelle persone. Assomiglia un poco allo
zio.
Mi sono seduta su una panchina in un giardinetto dove c’ erano dei giochi, così la gente
avrebbe creduto che fossi lì con qualcuno.
Quando il signor Mario si è seduto vicino, ho subito pensato che fosse un rompiscatole, ma
non mi ha fatto domande. Si è messo a parlare dei piccioni che stanno morendo tutti, perché
nel mangime c’ è il veleno. Si vedeva che gli dispiaceva.
Allora gli ho detto che i piccioni non fanno male a nessuno e anche se sporcano... pazienza.
Però non è giusto ucciderli.
Era simpatico, ma speravo che se ne andasse, perché se andavo via io si accorgeva che ero
da sola e se stavo zitta magari si insospettiva e andava a parlare con il vigile.
Però non dava fastidio. Parlava poco e non faceva domande. È andato anche a prendere due
bibite e io non sapevo se scappare o restare. Sono rimasta perché mi sentivo stanca e lui era
simpatico. Mi aveva fatto anche ridere.
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Adesso è qui fuori che mi aspetta.
Caro Gesù, perché non hanno messo in prigione anche me, insieme alla mamma e allo zio?
Magari non proprio insieme a loro. In una cella vicina, così avrei potuto vederli.
È proprio vero che da quella prigione non scappa mai nessuno?
E se lo zio, invece, riesce a scappare? Lui è bravo a fare di tutto. Non si è mai fatto
imbrogliare da nessuno. Me lo diceva sempre, che la vita è dei furbi e che bisogna prendere
le occasioni al volo. Non so che cosa voglia dire, ma io lo ascoltavo perchè a lui piaceva che
io lo ascoltassi, quando parlava anche per due ora di fila.
E se scappa e non mi trova in casa? Gli avranno detto che mi avrebbero portata all’ istituto?
E se va a cercarmi all’ istituto? Di nascosto, naturalmente, altrimenti lo arrestano ancora.
Se lo zio mi cerca, come fa a trovarmi?
Non può sapere dove sono adesso e non sa che ho incontrato il signor Mario.
Caro Gesù, forse è meglio che lo zio non scappi, altrimenti non mi trova e si preoccupa.
Caro Gesù, la mamma mi pensa?
Mi manca tanto. E io manco a lei? Ha chiesto di me alla guardia? Ma sì, naturalmente.
Chissà come si è arrabbiata quando le hanno detto che mi avrebbero messa in un istituto!
La mamma, quando si arrabbia, è peggio dello zio.
Caro Gesù, fa’ che la mamma e lo zio non soffrano troppo, in prigione.
Se fossi grande, cercherei di fare qualcosa, ma chi dà retta a una bambina?
Anche se vado dal direttore della prigione e gli dico che non è giusto che la mamma e lo zio
siano stati arrestati... mi fa riportare all’ istituto senza darmi retta.
La mamma è tanto buona, si è sempre preoccupata per me. Mi ha comperato anche le
mutandine con il pizzo che costavano un mucchio di soldi e io dicevo:
NO, MAMMA, COSTANO TROPPO, LASCIA STARE.
Lei si è quasi arrabbiata e ho dovuto accettare il regalo.
Anche lo zio è tanto buono, forse perfino più buono della mamma, dato che provvede lui a
darle i soldi per pagare le bollette.
Lo zio mi fa dei regali che nemmeno ai bambini ricchi fanno.
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Vedi, Gesù? Questo braccialetto me l’ ha regalato quando ho compiuto dieci anni. E per
Natale mi ha regalato gli orecchini con i diamanti veri, che piacevano tanto anche alla
mamma.
Io le avevo detto che poteva metterseli, ma lo zio si era arrabbiato e guai se non li avevo
quando veniva a trovarmi!
Tutte le volte che veniva a trovarmi portava un regalo e la mamma diceva: ANCORA
REGALI? MA È TROPPO!
Però si vedeva che era contenta.
Portava roba da mangiare, cose buone che non avevamo mai assaggiato.
Portava vestiti per me e per la mamma. Una volta ha portato un televisore, perché il nostro si
era guastato. Per la mamma, quello era stato il regalo più bello e aveva dato un bacio sulla
bocca allo zio. Lo zio aveva detto:
E ALLA NOSTRA PICCOLINA NESSUNO DA’ UN BACIO?
Aveva baciato anche me nella bocca.
Lo zio aveva sempre barzellette da raccontare e io e la mamma ridevamo tanto.
Andavamo anche al cinema e lo zio stava in mezzo. Mi portava a vedere i film di paura. Gli
piaceva vedermi spaventata e mi stringeva le mani.
Lo zio viveva da solo e la mamma diceva che sentiva il bisogno di una famiglia.
Per questo era sempre da noi.
Per questo gli faceva piacere portarci al ristorante e farci fare delle gite bellissime sulla sua
automobile con lo stereo.
Abitava in una casa grande e dormirci da solo gli metteva malinconia, così passava la notte
da noi, quando non era in viaggio per i suoi affari.
Non abbiamo una camera per gli ospiti, però il mio letto è grande abbastanza per due
persone.
Lo zio era buono, non mi faceva tanto male.
Se io ero buona con lui, lui era buono con noi.
Io volevo essere buona con lui, perché dopo la morte di papà la mamma era diventata
cattiva, dato che non le bastavano i soldi per tirare avanti.
Lo zio ci ha salvate dalla miseria, diceva sempre la mamma.
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Non dovevo soltanto essere buona con lui, ma anche mostrarmi contenta e dirgli tante volte
che gli volevo bene.
Lo facevo volentieri, perché è uno zio simpatico e generoso.
Quando era in viaggio per affari, telefonava due volte al giorno e io dovevo farmi trovare in
casa, altrimenti metteva il muso.
Io gli dicevo di stare attento a guidare, perché alla televisione vedevo tanti incidenti e mi
veniva sempre il pensiero che fosse la sua auto e che forse era morto.
Stavo tutto il giorno seduta accanto al telefono, perché non voleva che ci mettessi tanto a
rispondere.
Una volta si è arrabbiato da fare paura.
Io sono scoppiata a piangere e per consolarmi mi ha portata al luna park.
È stata quella volta che si è sganciata la cintura di sicurezza e che stavo per cadere da venti
metri di altezza.
Sarei morta, se lui non mi avesse afferrata stretta.
Si era spaventato. Gli era venuto da piangere e mi aveva baciata dappertutto, quando
eravamo tornati in macchina.
Un’ altra volta, invece, mi ha salvata la mamma, perché distrattamente avevo lasciato aperto
il gas.
Sono una bambina fortunata.
Le compagne di scuola mi invidiano, perché ho i gioielli e i vestiti eleganti. Però non sono
molto simpatiche e lo zio mi ha detto che non vale la pena che mi faccia delle amiche
smorfiose e stupide. Basta lui, come amico.
Infatti, lui è il mio grande amico.
Quando mi viene da piangere, mi fa le scene buffe e finisce che si commuove e devo
coccolarlo come se fosse un bambino piccolo.
Vuole stare solo con me e se la mamma apre la porta si arrabbia.
In questi due anni, sono stata molto felice e ho potuto avere i giochi che hanno soltanto le
compagne ricche. Le maestre hanno scritto che sono poco socievole, ma anche loro
invidiano i gioielli. Anche loro vorrebbero uno zio come il mio.
Chissà se qualche altra bambina ha uno zio come il mio.
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Non credo. Io sono l’ unica. Non esiste un’ altra bambina come me.
Caro Gesù, aiutami.
Non so che cosa fare.
Senza la mamma e lo zio, mi sembra che non sono più capace di vivere.
Quando ero triste, lo zio mi faceva il solletico e rideva per farmi ridere.
LA MIA VERGINELLA, mi chiamava.
Mi piaceva quando mi chiamava così e mi faceva il solletico.
Solo che dopo mi veniva da vomitare.
Adesso vado.
Io ho fatto la mia preghiera, tu pensa a che cosa puoi fare per me.
Questa notte dormirò a casa del signor Mario, che è tanto gentile.
Ma domani che cosa farò? Non lo so proprio che cosa farò domani.
Non ho proprio voglia di pensarci.
Mi sento stanca, anche se non ho fatto niente di faticoso.
Mi piacerebbe dormire, ma non per una notte soltanto. Dormire per tutte le notti e per tutti i
giorni.
Ciao, Gesù.
Pensa a me.
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Aquilino Il monologo della vagina di gomma