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Maggio si avvicina a grandi passi e quel
mese magico, con i primi sentori dell’estate,
lascia apparire anche lo specchio celeste del
mare Adriatico, in riva al quale ancora una
volta vivremo una importante esperienza
comunitaria.
L’Era nuova è il leitmotiv che ha accompagnato la vita associativa di molte delle
nostre AVO in questo anno e, quindi, ritengo che la VII Conferenza sia l’occasione
buona per compiere una sintesi degli ultimi
grandi eventi: il XIX Convegno Federavo
con le sue Scelte di vita e la VI Conferenza
dei Presidenti con l’Era nuova dell’AVO. Il
nuovo tema, infatti, Questioni di identità, si
pone come punto di intersezione dei due
percorsi: il 17 maggio, quando nella Sala dei
Mari del Serena Majestic sarà data voce alle
AVO d’Italia attraverso i loro Presidenti,
dall’incrocio delle riflessioni ad alta voce su queste tematiche fondamentali per
l’immediato futuro dell’AVO si materializzerà poco a poco un’immagine. Sarà quella
l’immagine dell’AVO così come vorremmo
fosse, e saremo noi tutti ad averla creata.
Inoltre potremo ascoltare i nostri colleghi
più giovani e confrontarci con loro, riuniti
in Convegno: il ricambio generazionale è la
garanzia della continuità dell’AVO, e anche
le generazioni che raccoglieranno il nostro
testimone hanno bisogno di interrogarsi
e di dare risposte meditate ai quesiti che
Venerdì 16 Maggio
ore 15,30 - SALA DEI MARI
LE AVO D’ITALIA INCONTRANO IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA FEDERAVO
ore 16,30 - Sala dei Mari
ASSEMBLEA DELLE AVO D’ITALIA
ore 16,30
INCONTRO AVO GIOVANI
ore 18,15
ANTEPRIMA DELLA VII CONFERENZA DEI PRESIDENTI
QUESTIONI D’IDENTITÀ
Incontro con Pierluigi Dovis,
delegato regionale Caritas Piemonte - Valle d’Aosta
SECONDA SESSIONE - SALA DEI MARI
QUESTIONI DI IDENTITA’ nell’Era nuova dell’AVO
ore 15,00
RELAZIONI DEI COORDINATORI SUI TEMI DEI LAVORI DI GRUPPO SVOLTI ON LINE
C. La responsabilità come elemento di distinzione
D. Comunicare l’identità
ore 16,30
Dibattito con interventi dei Presidenti delle AVO d’Italia
e delle AVO regionali
ore 18,00
Conclusioni
ore 19,00
Commiato
ore 20,30
CENA
ore 21,00
CENA DI GALA
Serata sociale con intrattenimento musicale
e consegna del Premio Noi insieme
Sabato 17 Maggio
Domenica 18 Maggio
PRIMA SESSIONE - SALA DEI MARI
QUESTIONI DI IDENTITA’ nell’Era nuova dell’AVO
ore 8,00
Santa Messa
ore 9,00
APERTURA DEI LAVORI
Agata Danza, Vicepresidente Vicaria della Federavo
INTRODUZIONE
Claudio Lodoli, Presidente della Federavo
ore 9,00
CONVEGNO AVO GIOVANI - SALA DEI MARI
conduce Claudio Lodoli
ore 10,00
RELAZIONI DEI COORDINATORI SUI TEMI DEI LAVORI DI GRUPPO SVOLTI ON LINE
A. L’AVO e la questione dell’identità
B. Formazione: tutela e valorizzazione della specificità dell’AVO
ore 11,30
Dibattito con interventi dei Presidenti delle AVO d’Italia
e delle AVO regionali
ore 13,00
Pranzo
preludono al loro ingresso in campo aperto.
Questioni d’identità.
Per favorire l’adesione di altri colleghi che
non hanno avuto ancora la possibilità di
farlo, una volta acquisito il numero minimo
di iscrizioni indispensabili per onorare gli
QUESTIONI D’ IDENTITÀ
Saluto del Presidente della Federavo e apertura dei lavori
RICONOSCERSI NELLE BUONE REGOLE
Introduzione e coordinamento di Michele Piras
Dal Codice di autodisciplina alla Scheda Federavo
OBIETTIVO AVO GIOVANI
a cura dei Delegati regionali AVO Giovani
Specificità e integrazione
CONCLUSIONI
ore 12,30
Pranzo
accordi con la struttura che ci ospiterà,
Federavo – come l’anno passato – ha opzionato alcune stanze che resteranno a nostra
disposizione fino al 30 aprile. Ci attendono
delle buone giornate!
Claudio Lodoli
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Spedizione in abb. post. art. 2 comma 20/c legge 662/96 Filiale di Milano
VII CONFERENZA
DEI PRESIDENTI
NUMERO 135
EDITORIALE 1
PRIMO PIANO 2
VOLONTARIATO e sanità 3
INTERVISTE 4
FORMAZIONE 6
PROGETTI 7
FILO DIRETTO 8
ESPERIENZE 9
NOTIZIE da Federavo 10
NOTIZIE dalle AVO 11
AVOGIOVANI 15
FILO DIRETTO 14
ANGOLO dell’etica 16
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L’AVO AI TEMPI DELLA
CRISI
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Una riflessione a margine della VII Conferenza dei
Presidenti AVO
Giuseppe Manzone
“C’è la crisi.” Così, con
questo refrain, potrebbe cominciare la storia.
Pensavamo che sarebbe passata in fretta, ma da quando è
iniziata si sono continuamente
spostati i termini della ripresa:
tra sei mesi, poi tra un anno.
Adesso si parla del 2014. Così,
ormai da almeno 5 anni la crisi
ha stabilmente piantato le tende in mezzo a noi. Ce lo ricordano in continuazione i numeri
che crescono o diminuiscono,
ma sempre portando brutte
notizie. Famiglie che fanno
sempre più fatica a raggiungere la fine del mese; disoccupati
in aumento o lavori sempre
più precari; esempi di povertà
che ci toccano sempre più da
vicino...
Sarebbe però una grave superficialità pensare che la crisi sia
solo una questione economica
o finanziaria. È molto di più: è
un fenomeno che investe non
solo il nostro modo di vivere,
ma soprattutto il nostro modo di essere modificando lo
sviluppo, le relazioni, l’etica.
PREMIOletterario
Siamo diventati più egoisti,
più attenti a difendere ciò che
abbiamo, più depressi, meno
propensi ad investire sul futuro. In una parola, abbiamo
meno speranza.
Naturalmente una crisi globale non poteva non investire
anche il sistema sanità. Tagli
negli investimenti, nella ricerca, nella prevenzione, nei posti
letto ecc. Chi presta servizio
nei Pronto Soccorso riferisce
di situazioni drammatiche:
tempi d’attesa snervanti, pazienti su lettighe poste in ogni
buco disponibile, attesa anche
di giorni per avere una sistemazione adeguata...
D’altronde non basta ancora.
Molte Regioni nei loro piani sanitari prevedono tagli non solamente di risorse, ma di posti letto, nell’accesso ai servizi (specie
ricoveri in strutture tipo RSA,
fisioterapiche, lungodegenze
in genere) nelle prestazioni,
nel turnover degli operatori,
nell’acquisto di nuovi macchinari ecc. In pochi anni il sistema
sanitario italiano, secondo alcu-
insieme
Durante la VII Conferenza dei Presidenti, verrà consegnato il Premio del concorso letterario “NOIinsieme 2013”. Il tema era quello dell’ascolto.
Molti volontari dalle diverse AVO d’Italia hanno inviato dei racconti che descrivono scene di vita in ospedale e che soprattutto cercano di mettere in risalto il
valore dell’ascolto.
Uno di loro è il vincitore! Chi sarà? Lo scopriremo a
Montesilvano….
ne ricerche, è passato dal 2° al
25° posto al mondo per qualità
di prestazioni.
E, quindi, i tempi d’attesa per
una visita specialistica o un
ricovero hanno ormai raggiunto dimensioni inaccettabili; la
sanità privata inizia anch’essa
a risentire della impossibilità
di molti di potersi permettere
visite a pagamento. Si sta verificando una corsa ai Pronto
Soccorso oppure la rinuncia
di molti a curarsi in maniera
adeguata e continuativa.
Amaro “in fundo”: anche il
volontariato sta mostrando i
segni della crisi. Per la prima
volta dal Dopoguerra i numeri dei Volontari sono in calo.
Non chiudono solo le botteghe
e le imprese, ma ormai anche le
organizzazioni solidali. D’altra
parte, basta ripensare alla piramide di Maslow per rendersi
conto che se non si hanno i beni primari (appartenenza, lavoro, casa ecc.) non è possibile
accedere con costanza a quelli
superiori (autorealizzazione,
valorizzazione del tempo libero, elevazione spirituale ecc.).
Chi non ha il pane non va a far
spese in gioielleria!
Quindi non c’è più speranza?
Cosa può fare l’AVO in un periodo storico come l’attuale?
Premesso che tutto il sistema
della sanità pubblica e privata va ripensato alla luce di
svariati fattori, dove quello
economico a mio parere non
è quello predominante, perché bisogna riorganizzare il
potenziale umano, dal medico
di famiglia fino al personale in-
fermieristico, dai primariati fino al territorio, per recuperare
efficienza e competitività (ma
mi fermo qui perché il discorso
è denso, controverso e complesso); premesso che il nostro
volontariato non deve mai sopperire alle inadeguatezze del
sistema; premesso che il nostro
volontariato dovrà per forza di
cose diventare sempre meno
ospedaliero, per spostarsi sul
territorio; premesso tutto ciò,
e altro ancora che bisognerà
affrontare di volta in volta,
la mia certezza è che ci sarà
una soluzione. Perché in momenti cruciali come l’attuale si
acuiscono alcune qualità che
noi già possediamo: l’inventiva, il coraggio di sporcarsi le
mani, la disponibilità anche
a fare squadra con altre organizzazioni similari o complementari, e in particolare la
solidarietà ormai collaudata
perché espressa in molti anni
di servizio. Quindi abbiamo
un futuro sul quale investire. E
la speranza, che ci ha sempre
sostenuto, anche questa volta
produrrà frutti copiosi.
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CONTRO LA VIOLENZA
SULLE DONNE
Le Volontarie dell’AVO Riviera delle Palme in prima
linea in un progetto di rete
Angelo Canepa
tempi d’attesa prolungati, del
sentimento di disagio procurato dalle evidenti lesioni
sul viso, delle pressioni dei
partner che le raggiungono e
le costringono ad andar via.
Per far fronte a questo problema la Direzione Sanitaria ha
chiesto alle Volontarie AVO,
già attive presso i Servizi di
Pronto Soccorso, la disponibilità ad essere formate a loro
volta in modo da poter essere
parte del progetto di rete.
Alle Volontarie è stato quindi
assegnato un ruolo di “operatori di primo contatto”, ovvero
quello di offrire supporto alla
vittima che ha subito violenza, accompagnarla all’interno
dell’ospedale nell’iter degli
accertamenti clinici richiesti,
fornire informazioni sulle risorse disponibili sul territorio
ed, eventualmente, metterla in
contatto con l’agenzia che si
occupa in modo specifico del
bisogno emergente della vittima stessa (Centri Antiviolenza,
Consultori, Centro Giovani,
Case Rifugio).
È noto che un elemento determinante nel processo di
elaborazione del trauma della
violenza subita è la reazione
della prima persona con la
quale si viene a contatto e alla
quale si riferisce l’esperienza vissuta. L’atteggiamento
dell’operatore di primo
contatto avrà un’importante
influenza sul modo in cui la
vittima guarderà all’abuso
subìto, sulla probabilità che
non si colpevolizzi per l’accaduto e sul suo superamento del trauma. Una risposta
che esprima comprensione,
sostegno, che aiuti la vittima
a sentirsi protetta e al sicuro,
che non contenga giudizi, è
pertanto molto più importante
di qualsiasi strategia.
La sincera e immediata adesione delle Volontarie dell’AVO
ha incoraggiato la Direzione
Sanitaria a proseguire con decisione nella realizzazione del
progetto. Si è quindi avviato
un percorso formativo che ha
visto gran parte dei volontari
collaborare con sincera partecipazione. I tecnici investiti
nella formazione saranno,
oltre ai due ricercatori, agli
operatori dei Pronto Soccorso,
alle risorse interne all’Azienda
Sanitaria Locale, anche figure con preparazione tecnica
che possono arricchire culturalmente, sull’argomento, il
volontario.
L’AVOGiovani Nazionale è su Facebook!
Il 6 agosto, dopo un breve periodo di prova, è diventata finalmente
pubblica la pagina Facebook ufficiale dell’AVOGiovani Nazionale, raggiungibile utilizzando il QR-code incluso qui a lato o al link seguente:
http://tinyurl.com/AVOgiovaninazionale
Vi troverete le informazioni relative al gruppo, le foto dei Convegni e delle Conferenze
raccolte a partire dal 2002 e da oggi la promozione dei principali eventi nazionali e regionali.
Aiutateci a rendere questa pagina sempre
più bella, un fiore all’occhiello per tutti i volontari AVO.
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L’ASL n. 2 Savonese conduce dal 2004, attraverso
due suoi psicologi entrambi
specializzati in criminologia,
una ricerca sulle donne vittime
di violenza che accedono ai
quattro Pronto Soccorso della
provincia. I dati rilevati sono
allarmanti, sia per il volume sia
per il trend in continua crescita, che ha ormai superato 500
casi all’anno.
La Direzione aziendale, consapevole della dichiarazione
dell’OMS, che ha riconosciuto la violenza di genere
come fenomeno complesso
da prendere in carico anche
dal punto di vista sanitario, ha
posto fra i propri obiettivi un
progetto in grado di incidere
sul fenomeno, proponendosi
di organizzare una rete fra tutti
i soggetti sanitari e sociali che
si occupano di questo drammatico problema nella provincia di Savona. L’Azienda
sanitaria ha richiesto ed ottenuto dal Fondo Europeo i
mezzi per formare il personale
che opera sulla front-line del
fenomeno: medici, infermieri,
ginecologhe, pediatri, psicologi, assistenti sociali operanti
nei servizi di Pronto Soccorso,
nei Servizi del Territorio, nei
Consultori Familiari.
Nondimeno i dati della ricerca
hanno messo in luce un ulteriore fenomeno non previsto:
un numero tutt’altro che trascurabile di donne vittime di
violenza che si reca al Pronto
Soccorso se ne allontana ancor
prima di aver ricevuto le cure
appropriate. Ciò a causa dei
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OGNUNO DI NOI È UN
MONDO MERAVIGLIOSO
Intervista a Vittorino Andreoli
Marina Chiarmetta
Vittorino Andreoli è uno dei massimi esponenti della psichiatria
contemporanea, già direttore del Dipartimento di Psichiatria
dell’Università di Verona e membro della New York Academy.
Presidente del Section Committee on Psycopathology of
Expression della World Psychiatric Association, si è dedicato
in modo particolare al comportamento adolescenziale e all’educazione alla prevenzione. È autore di libri che spaziano dalla
medicina, alla letteratura, alla poesia.
Quali sono stati i cambiamenti fondamentali nella cura della malattia psichiatrica?
Sono entrato in un manicomio
per la prima volta nel 1959,
esattamente 55 anni fa. Dal confronto tra allora e il momento
attuale risulta che la grande
rivoluzione si lega alla scoperta
delle conoscenze sul cervello e
del suo rapporto con le malattie
mentali.
Allora si pensava che il cervello fosse un organo con una
struttura stabile e fissata fin
dalla nascita. Come se fosse
una specie di cristallo irreparabile una volta rotto, tanto
da non permettere più le funzioni della mente. Per questo
i manicomi erano luoghi di
contenzione e non di cura.
Oggi sappiamo che il cervello
è formato di due grandi parti:
una “stabile”, definitivamente
organizzata (serve alle funzioni
automatiche e a quelle che si
legano alla sopravvivenza),
la seconda “plastica”, che
sovraintende alle funzioni
superiori, dalla memoria
all’apprendimento. Il cervello
plastico si struttura in seguito
alle esperienze e una data or-
ganizzazione può benissimo
venire modificata.
Dunque esiste un cervello plasmabile e cambiando la sua
struttura cambiano le funzioni
intellettive e comportamentali:
il campo delle malattie mentali
e dunque della psichiatria è
proprio il cervello plastico.
Ora dobbiamo trovare gli
strumenti e le modalità per
modificarlo, per riscolpirlo in
maniera efficace e rapida, ma
questa grande scoperta assicura che la follia si può curare.
È mutato secondo lei l’atteggiamento diffidente e ostile
verso i malati psichiatrici?
Non è cambiato quanto avrebbe dovuto tenendo conto di
questa nuova visione. Permane
la paura della follia poiché in
alcuni casi (e solo in alcuni)
promuove violenza.
A questo proposito occorre
dire che era un errore definire il malato di mente come
una persona necessariamente
pericolosa, ma è altrettanto errato voler cancellare il legame
della pericolosità con la follia,
poiché in alcune categorie
psichiatriche la violenza è un
sintomo, fa dunque parte del
comportamento malato. Il delirante, per esempio, interpreta la realtà in maniera erronea
può giungere a considerare
l’offerta di un bicchier d’acqua
come un tentativo di avvelenamento. Questa valutazione lo
porta a difendersi e se crede
che la sua vita è in pericolo,
allora può anche decidere di
anticipare il “suo nemico” e
compiere un gesto di violenza
estrema.
La depressione nelle sue variabili rientra a pieno titolo
tra le malattie psichiatriche?
Per rispondere alla sua domanda occorre ricordare un
principio molto importante:
la dimensione quantitativa dei
sintomi. L’ansia in sé ha una
valenza positiva, poiché attiva
il soggetto per poter rispondere
meglio a situazioni nuove. Uno
studente un po’ ansioso rende
di più agli esami di uno freddo,
distaccato, robotico. Ma se
l’ansia aumenta allora diventa
angoscia e il soggetto è bloccato
dal poter fare qualsiasi cosa.
La depressione è un disturbo
mentale che può giungere
a intensità molto forti, ed
è fra le cause prime di suicidi. Bisogna distinguere la
tristezza, la malinconia, la
depressione reattiva (ad un
lutto per esempio) che sono
espressioni del tutto normali
e anzi sono ricche di umanità,
dalla depressione clinica (detta anche “disturbo depressivo
maggiore”). In questo caso si
Vittorio Andreoli
© Cesare Cicardini
cade nella patologia, poiché si
avverte un senso di incapacità
totale e di colpa, che porta
a ritenersi responsabili per
azioni totalmente indipendenti da sé.
Nella sua lunga vita di psichiatra quante persone ha
potuto considerare “guarite”
o almeno capaci di gestire autonomamente la loro vita?
Moltissime, e in percentuale
sempre maggiore con il trascorrere del tempo. Occorre
ricordare che alla fine degli
anni Cinquanta si sono diffusi i
primi tranquillanti (1952), poi i
primi antidepressivi (1957), poi
le benzodiazepine (1962). Ma
al di là dei farmaci si sono imposte le terapia della parola e della
relazione: le psicoterapie e più
tardi anche le terapie sull’ambiente in cui i malati vivevano,
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le socioterapie. A seguito delle
conoscenze sul cervello plastico, ora ci attendiamo terapie
nuove e più efficaci.
bri che è proprio nella fragilità dell’uomo che sta la sua
forza. Questo concetto vale
anche per i cosiddetti “sani”?
In che modo l’alcool e le droghe interagiscono con la malattia?
Ho parlato della fragilità nel
mio L’uomo di vetro (Rizzoli,
2008) sostenendo che la fragilità non è una malattia o un
sintomo di malattia, ma una
condizione che si lega all’esperienza esistenziale e ai limiti in
cui l’uomo si trova a vivere.
La fragilità ha bisogno dell’altro, di un altro fragile. E questa
condizione si distingue dal potere, che invece porta l’uomo
a occuparsi dell’altro ma solo
per dominarlo.
Le sostanze come l’alcool e le
droghe di più recente diffusione
(cocaina, eroina) non solo interagiscono con le malattie mentali, ma le generano. E basti ricordare che la dipendenza è una
malattia, poiché rappresenta
una condizione in cui non si può
vivere senza le sostanze d’abuso.
È da segnalare che sovente nei
dipendenti da sostanze d’abuso
si parla di “doppia diagnosi”,
proprio perché la dipendenza si
somma a un preesistente disturbo della mente.
Lei ha affermato nei suoi li-
Ci può raccontare un’esperienza che le è rimasta nel cuore?
Tutti i miei pazienti mi hanno
coinvolto con passione e interesse e ognuno di noi è un
mondo meraviglioso anche nel
dolore. E si deve ricordare che
la follia è semplicemente una
modalità di sofferenza particolare, non legata ad un arto o
ad un organo ma all’esistere: il
dolore di vivere.
Il cruccio che sempre mi porto
appresso è di non aver potuto
fare di più, o di non esserci
riuscito.
Come volontari ospedalieri
abbiamo sovente avvicinato
questi malati sia nei reparti
che nelle strutture specifiche.
Lei ritiene che il volontariato,
se ben formato, possa aiutare
a migliorare le situazioni di
disagio?
Il volontariato è una forza terapeutica straordinaria che si
raggiunge attraverso la relazione, la condivisione. E per
esprimerla occorre tenere pre-
sente soltanto l’altro. Troppo
volontariato è strumentale a chi
lo esercita. Il volontariato è un
dono di sé all’altro, al malato di
mente, in questo caso.
Per la prima volta sta per
partire a Torino una sperimentazione nei gruppi appartamento con l’inserimento di
alcuni volontari nell’équipe di
operatori. Quali potrebbero
essere i limiti di questo intervento e che cosa potrebbe raccomandare ai volontari?
Il limite e la forza sono date
dall’amore. Raccomando
di leggere la storia di un
uomo nato due millenni fa
a Nazareth e che io vedo
come un contemporaneo da
seguire, come modello per i
credenti e per i non-credenti
(Vittorino Andreoli, Il Gesù di
tutti, Piemme, 2012).
UN RICORDO DI EBE SCHIAVO
Addio Carissima.
Noi volontari dell’AVO piangiamo le tua perdita.
Dopo un periodo di grandi sofferenze ci hai lasciato
per mondi ed orizzonti nuovi.
Hai vissuto occupandoti di tutti coloro che sapevi nel
bisogno sempre con delicatezza e discrezione, lontana da ogni forma di esibizionismo e perbenismo.
Nel tuo servizio presso gli ammalati ti sei donata totalmente con amore e spirito di carità.
Ci hai insegnato che la malattia e la sofferenza sono
parte della vita di ogni uomo e vanno vissute come
misterioso viatico di salvezza.
Hai accettato l’esperienza della malattia con una
fede incrollabile nonostante essa abbia sconvolto la
vita tua e dei tuoi amati figli.
Non ti dimenticheremo
e continueremo la tua
opera seguendo il tuo
esempio.
Metteremo in pratica
i tuoi insegnamenti
facendo del nostro volontariato la cultura
della condivisione della sofferenza.
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Cari amici dell’AVO,
la sofferenza ha sempre accompagnato e tormentato l’umanità.
La sua misteriosa distribuzione ci appare ingiusta, inopportuna.
Quello del dolore è un incomprensibile mistero, che neppure la
fede può spiegare. Quante volte dinanzi ad un reparto di rianimazione o ad una sala operatoria si inceneriscono gioie, progetti,
speranze!
Il volontario vuole essere innanzitutto promotore di speranza,
perché la speranza da sempre costituisce il più valido bastone
della sopravvivenza.
Volontario è chi sa cogliere, leggendo sul volto e nello sguardo,
una condizione di quiete o di ansia, di dolore o di disperazione, di
smarrimento o di tristezza.
Un giornalista al quale fu diagnosticato un tumore, che lo portò
alla morte, in uno dei suoi ultimi libri scriveva: la distanza che si
crea tra i sani e i malati, mette alla prova i rapporti tra le persone.
La malattia rompe un ordine fisico e psichico, ma ne crea uno suo
e con quel passaporto l’ammalato entra in un altro mondo, dove
la logica dei sani, del mondo di fuori diventa irrilevante, assurda,
a volte anche offensiva.
Fra malati c’è una immediata fratellanza. L’io che altrove ha sempre bisogno di affermarsi, di difendersi, lì in ospedale è tranquillo.
Una volta varcata la soglia e la zaffata d’aria che ti tiene fuori il
freddo degli altri, non c’è più bisogno di dire chi si è o meglio chi
si era.
La malattia è un grande equalizzatore. Quando si è ammalato,
qualunque cosa si guardi, sembra cogliere solo l’ombra che c’è
sotto ogni lampada.
Ciò che dai non conta. Ciò che importa è l’amore con cui lo dai.
Vi abbraccio tutti, Ebe
Vallo della Lucania, settembre 2013
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IL MONDO
DELLE CURE PALLIATIVE
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Riflessioni sul core curriculum del Volontario
Michele Galgani
Nei mesi scorsi la
Federazione Italiana di Cure
Palliative (www.fedcp.org) ha
pubblicato, in coerenza con
quanto indicato nella legge
38/2010, il core curriculum del
Volontario nelle cure palliative,
che affronta in modo esaustivo il tema delle competenze
che un Volontario che aspiri
ad operare in questo specifico
ambito dovrebbe avere. Se in
altri ambiti dell’assistenza non
esiste uniformità dei punti di
vista su cosa fa un volontario
e, soprattutto, su come vada
formato, nelle Cure palliative
si è inteso dare una direzione
decisa, ampia ma chiara: anche
il Volontario è parte integrante dell’équipe, il suo ruolo è
riconosciuto ed è importante:
egli non porta il camice per
definizione, è un cittadino, è
la quotidianità, è il tramite fra
personale medico-sanitario e
mondo di tutti i giorni, e può
raccogliere aspettative, istanze
e confidenze che forse solo a
lui un ammalato si sente di
confidare, così come solo lui
è in grado di adoperarsi con
tempi e modi che l’infermiere,
lo psicologo o il medico, dall’altro lato, per loro costituzione,
non hanno a disposizione o non
possono mettere in pratica.
In un hospice così come a
domicilio il Volontario deve
essere in grado di sostenere, al
pari di tutti gli altri operatori,
la relazione con il singolo ammalato ed eventualmente con
i suoi famigliari. Avvicinarsi in
punta di piedi a un mondo che
sta subendo una rivoluzione,
piccola o grande che sia, un
mondo tutto da scoprire che
non può essere invaso con
personali velleità o difficoltà.
Un mondo che può spaventare
o non piacere, ma che deve
essere rispettato perché sacro,
perchè sconosciuto e perché
prossimo alla fine di una vita.
Un mondo in cui la vita deve
essere rispettata nei tempi e nei
modi nei quali può e vuole manifestarsi. Anche quando non
ne vuol sapere della presenza
e dell’aiuto di un Volontario.
Come recita il core curriculum, il volontario “deve essere
riconoscibile per il ruolo che
esercita e per l’Organizzazione a cui appartiene, tenendo
sempre conto della specificità
del contesto di cura in cui
opera, specificità che impone
la disponibilità a formarsi sulle
abilità richieste per sostenere
una relazione biunivoca con
il singolo paziente o il singolo
famigliare, più che con... un altro volontario”. Nel medesimo
documento si sostiene che “le
attività di sostegno relazionale
e sociale al malato e alla famiglia possono comprendere
diversi ambiti: facilitazione
della comunicazione tra malato, familiare e il servizio di
assistenza; supporto nell’espletamento delle attività della
vita quotidiana; affiancamento
nella gestione organizzativa
della giornata, garantendo
una presenza nei periodi di
temporanea assenza del caregiver; attività diversionali;
conforto e vicinanza nel tempo
dell’aggravamento e dopo il
decesso. Da non dimenticare
la possibilità di occuparsi di
attività di tipo organizzativo,
di segreteria, di fundraising e
promozionali finalizzate alla
sensibilizzazione e diffusione
della conoscenza dell’Associazione di appartenenza e dei
principi delle Cure Palliative”.
Successivamente vengono
indicate le fasi salienti di un
percorso di formazione di un
volontario in cure palliative:
– selezione: operata preferibilmente da uno psicologo, atta
a indagare alcune aree quali la
storia, la motivazione e le competenze relativamente ai temi
delle cure palliative (morte,
sofferenza, relazione di aiuto,
valori, motivazione, ecc.);
– formazione: necessarie almeno 12 ore, ma a mio avviso
meglio prevederne almeno il
doppio, così da poter integrare
formazione teorica ed esperienziale, quest’ultima sempre
molto carente nei percorsi
rivolti a figure operanti nella
relazione di aiuto;
– tirocinio: è l’esperienza sul
campo, seguita da un tutor
preparato nel sostegno per
una fase che potrebbe essere
delicata quanto formativa. Al
termine il Responsabile del
percorso formativo valuterà
se il candidato può diventare
un volontario a tutti gli effetti
o meno;
– supervisione e formazione
continua: una volta divenuto
volontario sono importanti
la supervisione periodica dei
vissuti e delle difficoltà relazionali, da parte di uno psicologo,
e l’aggiornamento teorico e
pratico nei diversi aspetti delle
cure palliative.
Con la gratitudine che chiunque dovrebbe avere in cuor
suo per chi prova a fare il
Volontario, il mio personale
auspicio è che dal mondo delle
cure palliative giunga un’ispirazione affinché anche questa
figura tragga nuova linfa e
colga l’occasione per essere
autore sempre più consapevole e attento di una relazione di
aiuto davvero significativa con
e per la persona inguaribile e
per i suoi famigliari.
L’autore è psicologo e psicoterapeuta presso l’Hospice “A.
Marena” – Fondazione Opera
SS. Medici Cosma e Damiano –
Bitonto – Onlus
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BUONE PRATICHE
“SENZA FRONTIERE”
Verso l’Unione Europea del Volontariato
Leonardo Patuano
trare amiche di sempre. Ci
hanno salutato con un italiano
stentato ma comprensibile,
e come per incanto ci siamo
sentiti sollevati, meno male!
Non dovevamo parlare a gesti.
Adesso quattro nostre volontarie (anche loro tutte donne) si
trovano a Lisbona. L’impegno
per loro è che dovranno “restituire” l’esperienza vissuta, non
solo attraverso le cose pratiche
e le differenze del servizio, ma
facendoci vivere le emozioni
di un volontariato lontano da
casa nostra.
Le tre settimane trascorse in
Italia hanno visto un intenso
scambio di informazioni tra
le due Associazioni, italiana e
portoghese.
La LPCC nasce nel 1941 e
conta 3.700 volontari su tutto
il territorio nazionale (per molti
si tratta di un impegno di più
giorni la settimana); organizza
momenti per la raccolta fondi,
per realizzare campagne di
prevenzione – 245.000 mammografie realizzate nel 2012
– e informazione nelle scuole
(36.000 gli alunni raggiunti).
Inoltre si occupa di donare protesi e farmaci, perché il servizio
sanitario portoghese non fornisce tutto: molte prestazioni
sono a pagamento, e per molti
cittadini è impossibile sostenere queste spese. Fra le attività
è previsto anche un servizio di
accompagnamento per consulti
psico-oncologici, (circa 4.500
annui). Come si può notare
si tratta di numeri importanti;
inoltre in tutti questi anni sono
state realizzate 29 campagne di
prevenzione, 26 convegni e 11
pubblicazioni per promuovere
e sensibilizzare il pubblico sul
tema della salute.
Come ci racconta Branca
Maria, dopo il corso base e 12
mesi di tirocinio, l’impegno
che si assume nel diventare
volontari alla LPCC e la consegna dei camici rappresentano
un momento importante per
la vita sociale. La cerimonia
si svolge alla presenza della
moglie del Presidente della
Repubblica, e con questo atto
così solenne si vuol evidenziare
l’importanza che ogni volontario assume nei confronti della
collettività.
Forse può apparire banale evidenziare che l’unità del popolo
europeo si consolidi anche
attraverso lo scambio di esperienze dei cittadini volontari.
Ero presente in due momenti
del loro percorso di scambio,
anche i nostri volontari che
svolgevano il servizio non hanno notato alcuna differenza.
La vicinanza alla persona, sia
essa il malato o il parente, i
bambini o l’anziano, l’offerta
di un sorriso e una carezza,
non conoscono confini.
Esistono già alcune reti di
volontariato europeo, in parte
omogenee, ma la domanda
che ci si pone è: riusciremo
un giorno a costruire l’Europa
dei Volontari? Un progetto
ambizioso ma non impossibile,
e i presupposti ci sono tutti; lo
dimostra il fatto che l’Unione
Europea promuova e finanzi
progetti che vanno in quella
direzione. Sta al volontariato
saper cogliere queste opportunità.
Allora, quali programmi per
il futuro? Rafforzare i legami
attuali e allargare i confini con
altri Paesi europei. Per l’AVO
questa esperienza non deve
essere l’unica, ma la prima.
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“Arrivederci a Lisbona!”
Così ci hanno salutato, con
un italiano quasi perfetto e un
po’ di commozione, Branca
Maria, Graça, Manuela ed
Eugénia, le Volontarie della
Liga Portuguesa Contra o
Cancro, che per tre settimane
hanno vissuto con noi diversi
momenti di vita della nostra
Associazione, dalla partecipazione alla Giornata nazionale
che si è svolta a Roma, ai corsi
base per i nuovi Volontari, e naturalmente, all’operatività del
servizio svolto negli ospedali
e in alcuni reparti oncologici,
RSA e Case di Riposo.
Tutto ebbe inizio nel mese di
marzo 2012, con la presentazione del progetto Grundtvig
Life, riservato a volontari over
50 e finanziato dall’Unione
Europea. Il progetto dell’AVO Piemonte e la LPCC- Liga
Portuguesa Contro o Cancro,
il cui scopo principale è quello
di conoscere le buone pratiche
delle Associazioni che operano nel medesimo ambito
in altri Paesi europei, è stato
riconosciuto valido e quindi
finanziabile, e le nostre amiche portoghesi sono arrivate
in Italia. Quando siamo andati a riceverle all’aeroporto
eravamo preoccupati per la
lingua: la nostra organizzazione prevedeva qualcuno che
traducesse, ma l’interprete ci
aspettava in albergo. Stavamo
ad attenderle diligentemente,
con un cartello per richiamare
la loro attenzione con la scritta
LPCC-AVO, e quando si sono
avvicinate è stato come incon-
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GRAZIE DI CUORE
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Quando mi è stato chiesto di raccontare la storia della piccola
Imma, che per oltre 400 giorni è stata tenuta in vita da un
cuore artificiale in attesa di un trapianto, ho subito pensato
a quanto veniva ripetuto durante il corso di formazione per
volontari AVO: “Non siamo tanto noi volontari a dare qualcosa agli ammalati, ma sono loro che riescono ad arricchirci,
con le loro storie e le loro vite”.
Ebbene, l’aver conosciuto questa piccola grande guerriera mi
ha permesso di capire quanto di vero c’è in questa affermazione: è stata una esperienza di vita forte, un percorso di crescita
e di maturazione che mi ha consentito di comprendere che
dono importante sia la vita, da conservare e custodire sempre
con amore.
Penso che nulla sia meglio di una lettera per condividere i
miei sentimenti, la gioia e la felicità che si prova nell’essere
un volontario e nell’aiutare gli altri, nella consapevolezza che,
talvolta, anche una parola, un gesto o un sorriso possono essere
un importante farmaco.
Piccola Imma,
sono ormai trascorsi quasi due
anni da quel pomeriggio di fine
estate quando, durante il mio
consueto turno di volontariato,
sono entrata nella tua stanza al
V piano dell’ospedale Monaldi.
Nel letto c’era una bambina, alta, capelli lunghi neri e sguardo
un po’ imbronciato; ricordo che
con molta fatica riuscii a sapere
soltanto il tuo nome: “Imma mi
chiamo”, fu la tua risposta.
Solo con il tempo sarei riuscita
a capire che la tua era solo timidezza e comprensibile paura
per una nuova “avventura” che
forse nemmeno nei brutti sogni avevi immaginato di dover
affrontare: il tuo cuoricino era
malato e saresti dovuta rimanere
in ospedale fino all’arrivo di un
degno sostituto.
A piccoli passi mi hai permesso di entrare nel tuo mondo
e di conoscerti meglio: la tua
dolcezza, la tua testardaggine
e perché no, anche un po’ la
tua pazzia; abbiamo trascorso
interi pomeriggi a giocare a
carte e a chattare con il pc a
pochi centimetri di distanza
l’una dall’altra. Ti ricordi quando mi facesti spostare fuori, sul
balcone? Dicevi che così non
potevo sbirciare il messaggio
che mi dovevi mandare...
Da quando poi è arrivato il mio
nuovo cellulare ci siamo date
alla musica: video, film, cartoni
animati e balletti improvvisati:
tu ballavi e io riprendevo...
Quante risate!
Niente ti poteva fermare:
neppure la grande e rumorosa
macchina che ti teneva in vita,
la difficoltà di stare in piedi e le
dolorose medicazioni che ogni
giorno dovevi affrontare ti hanno tolto il sorriso e l’immensa
voglia di vivere.
Tra un gioco e l’altro il tempo
passava: Natale, il nuovo anno,
Carnevale, Pasqua e di nuovo
Natale. Tu eri sempre in ospedale, in attesta di un nuovo cuoricino che non voleva arrivare!
Non ti nascondo adesso che, pas-
sando il tempo, ho avuto paura;
paura che non potessi aspettare
oltre e che da un giorno all’altro
potesse capitarti qualcosa.
Ma dopo tanta attesa, il cuoricino è arrivato: non dimenticherò
mai il pomeriggio di quel 28 dicembre quando per telefono mi
dicesti: “Francesca, lo sai cosa è
successo? È arrivato il cuoricino
per me...”. In quel momento
non sapevo se piangere o ridere
e dentro di me ho sentito qualcosa di difficile da spiegare: era
la notizia più bella che potessi
ricevere ma contemporaneamente avevo paura che, sul più
bello, qualcosa potesse andare
storto. Ma ormai il grande giorno era arrivato: si trattava solo
di aspettare e pregare che tutto
andasse bene...
E anche in questa occasione non
ci hai deluso: hai tirato fuori la
forza di un leoncino e dopo un
lungo intervento chirurgico e
il tempo trascorso in terapia
intensiva, sei tornata finalmente
nella tua stanzetta, questa volta
con un cuoricino nuovo e con
una luce negli occhi che ti mancava da tempo.
Adesso la vita ti aspetta: presto
uscirai dalla stanza di ospedale
che per quasi due anni è stata
la tua casa e tornerai alla tua
vita, alle tue amichette e ai tuoi
fidanzatini... Sicuramente mi
mancherai tanto, ma non smetterò mai di dirti grazie: perché
mi hai insegnato ad affrontare
le difficoltà con un sorriso sulle
labbra, che nulla nella vita è
impossibile, che non bisogna
arrendersi mai. Per tutto questo
e per molto altro ancora, grazie
di cuore.
Ti voglio bene
Francesca
(AVO Ospedale Monaldi Napoli)
IL CUORE DI ANNA
Ricordo di Anna Manganelle Brandi
Anna, una delle socie fondatrici dell’AVO di Castiglion Fiorentino, ha avuto presto problemi al cuore, ma è proprio quella
la sua parte migliore. Grande cuore di moglie, madre, nonna,
maestra, volontaria e con la C di cuore potremmo continuare
a descriverla.
Corretta e costante: sempre puntuale e precisa, si è prodigata sino a che le sue forze le hanno concesso di operare e
anche oltre.
Creativa: oltre all’attività ospedaliera, i progetti e le attività
presso la locale Casa di Riposo per animare il tempo dei nostri anziani ne sono la prova.
Caritatevole: non diceva mai di no e faceva tutto quello che
poteva per accontentarti in silenzio, altrimenti confessava i
suoi limiti.
Civicamente consapevole e concreta: buona Volontaria e buona consigliera, ha scelto da subito la formazione permanente
per leggere correttamente le esigenze dei suoi concittadini.
Anna ci ha lasciato il 25 dicembre 2013. Grazie, amica cara, di
averci dato un simile esempio di stile di vita.
I Volontari AVO di Castiglion Fiorentino
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GOCCE D’AMORE
Studenti e volontari di Reggio Emilia
insieme per la Giornata Mondiale del Malato
Silvia Paglia
è stato “Con una goccia d’amore... tutto può cambiare”.
A ciascun alunno è stato fornito il breve testo narrativo
“Il mondo in una goccia”,
scritto per l’occasione da Gulli
Morini, in cui l’ospedale viene
paragonato ad un “mare di
sofferenza” e la casa di riposo
ad un “mare di solitudine”.
Gli alunni sono stati invitati a
riflettere su cosa possiamo fare
per aiutare a stare meglio chi è
ammalato e fare sentire meno
solo l’anziano che non vive più
nella sua casa e con la propria
famiglia; ed è così che hanno
scoperto che i volontari AVO,
quando vanno in ospedale o in
casa di riposo, sono come tante
goccioline d’acqua... Ognuna
diversa dall’altra perché ciascuno offre al malato e all’anziano
un gesto diverso: c’è chi porta
un sorriso e chi una carezza, chi
aiuta a leggere un giornale e chi
a sbucciare una mela... Ogni
gesto porta amore e un po’ di
colore nella vita delle persone.
Lo scorso 11 febbraio, in occasione della Giornata mondiale del Malato, i volontari
AVO di Reggio Emilia hanno
distribuito ai degenti dei reparti di Medicina, Neurologia,
Geriatria, Medicina Fisica e
Riabilitativa ed ai piccoli pazienti della Pediatria dell’Arcispedale Santa Maria Nuova
le gocce d’amore realizzate
dagli alunni. A tutti i Dirigenti
Scolastici e agli insegnanti che
hanno aderito al progetto, al
Direttore sanitario, ai medici e
agli infermieri dell’Arcispedale
Santa Maria Nuova che hanno
permesso la consegna delle
“gocce d’amore”, va il grazie
mio e di tutti i volontari AVO
perché credono che “aiutare
ci unisce”.
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Da cinque anni, in occasione
della Giornata nazionale AVO,
l’AVO di Reggio Emilia propone alle Scuole dell’Infanzia,
Primarie e Secondarie di 1°
grado della città il progetto
“Volontari insieme A VOi...”.
Con questo progetto l’AVO
intende offrire agli alunni, mediante la realizzazione di un
elaborato grafico, la possibilità
di essere volontari AVO per
un giorno donando a malati e
anziani un gesto simbolico di
solidarietà.
Nell’anno 2013 il tema scelto
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FOTO DI GRUPPO
DELLE AVO D’ITALIA
Il primo Censimento ufficiale
Massimo Silumbra
L’Era nuova dell’AVO,
iniziata a maggio 2013 con
l’elezione del nuovo Consiglio
direttivo, non può non avere
tra i suoi obiettivi primari
quello di effettuare un’analisi,
la più completa possibile, delle
realtà sparse su tutto il territorio nazionale, per scoprire
con precisione e attendibilità
gli elementi caratterizzanti che
compongono l’Associazione e
che ne costituiscono l’anima
ed il corpo.
Molte AVO si stanno avvicinando al loro quarantesimo
anniversario, altre sono nate
da pochi anni; diverse sono le
realtà geografiche, diverso il
territorio e le strutture in cui
operiamo; multiformi sono le
tipologie di servizio, il modo di
operare, la formazione, l’organizzazione interna.
Tutto un mondo, insomma, che
riteniamo di conoscere a fondo,
ma di cui in realtà ci sfuggono
i confini e le sfumature, di cui
reciprocamente sappiamo poco. È con queste premesse che
la Federavo ha voluto istituire
il primo Censimento ufficiale
delle AVO d’Italia.
Una bella foto di gruppo, di
quelle che si fanno quando
si va in gita, dove ognuno dei
partecipanti deve però potersi identificare e riconoscere:
un’istantanea sullo stato generale della nostra Associazione
che consenta a tutti di poter
trarre utili considerazioni per
capire davvero chi siamo,
quanti siamo, dove siamo e
dove vorremmo andare, tutti
insieme con lo stesso spirito
di gruppo, con la stessa unità
di intenti che deve contraddistinguerci.
Nel corposo questionario che
è stato prodotto sono stati inseriti gli argomenti più salienti
che caratterizzano l’Associazione; ci siamo sentiti in dovere non già di andare a curiosare
all’interno delle AVO locali,
bensì di offrire uno strumento
utile a tutti per capire davvero
come sia strutturata la nostra
organizzazione. Abbiamo agito cioè come quando arriva il
momento di mettere un po’
di ordine in un armadio o in
soffitta perché non sempre
riusciamo a trovare quello che
cerchiamo, non ci raccapezziamo più nella confusione.
Il Censimento, il primo nella
nostra storia, ha proprio lo
scopo di mettere un po’ di ordine nell’universo delle AVO,
per poter davvero dare inizio
ad una nuova era in cui possa
emergere chiaramente anche il
ruolo della Federavo, quello di
punto di riferimento e di guida
all’interno di un cammino di
scelte condivise e di percorsi
chiari e definiti.
I risultati del Censimento saranno oggetto di un approfondito studio che dovrà portare a
capire tutta una serie di fattori
imprescindibili ed utili alle finalità di cui sopra: nel corso
della prossima Conferenza dei
Presidenti verrà dato ampio
risalto a quanto emergerà
dall’analisi dei dati raccolti.
Lo sforzo che dovremo compiere sarà grande: al termine
del lavoro sarà però possibile
per ogni Volontario rafforzare
la propria identità e vedere
definiti i contorni entro i quali
tutti insieme quotidianamente
operiamo.
E ci potremo tutti quanti, con
piacere, riconoscere nella nostra foto di gruppo.
Breve nota sull’informatizzazione
dei questionari
La scelta di informatizzare la somministrazione dell’indagine ci è parsa subito positiva
e meritevole di un piccolo adattamento che sicuramente qualcuno di voi avrà dovuto
compiere. Aver approntato il censimento con una piattaforma basata sul web (web based)
genera infatti vantaggi immediati e tangibili.
Il sistema, che risiede appunto interamente su uno spazio web e non su di un computer
specifico, consente in primis di compilare l’indagine da un qualsiasi computer, favorendo
quelle realtà nelle quali non se ne dispone presso la sede o l’accesso non è libero.
Con l’invio telematico si azzerano i tempi di spedizione, si eliminano i possibili ritardi
e gli spiacevoli smarrimenti postali.
Inoltre si ha una massima coerenza delle informazioni, che risultano scevre da possibili
errori di inserimento o incomprensioni sulla richiesta.
I vantaggi si ripercuotono direttamente in termini di elaborazione dei dati inseriti, con
ampie possibilità di creare interconnessioni tra i dati, moltiplicando le informazioni
che ne possiamo trarre (data mining, letteralmente “estrazione di dati” nuovi da quelli
presenti).
Una piccola nota di merito ai nostri ‘colleghi’ che hanno sviluppato il summenzionato
sistema: si tratta infatti di un gruppo di programmatori volontari che non richiedono
denaro in cambio del loro lavoro e vivono di donazioni, proprio come noi!
Alessio Ducci
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A
INSIEME
A GONFIE VELE
Sulla nave-scuola Palinuro
per la Giornata nazionale a Genova
Giorgio Colombo
Militare, che ha messo a disposizione dell’AVO ed ha inviato
espressamente a Genova la
nave scuola Palinuro.
A Genova hanno dato inoltre la
loro piena collaborazione l’Autorità Portuale, la Capitaneria
di Porto e le società di gestione
delle banchine che hanno consentito e favorito l’ormeggio
della nave e l’utilizzo degli spazi
a terra. È stato così possibile realizzare un importante evento
di grande impatto mediatico
e di coinvolgimento della cittadinanza.
I volontari dell’AVO Genova
si sono prodigati non solo nella
promozione dell’Associazione, ma anche nella gestione
dell’evento e nell’accoglienza
dei visitatori della nave. Il
Comandante e tutto l’equipaggio del Palinuro si sono
messi a completa disposizione
della manifestazione offrendo
la loro ospitalità e dando ai
Volontari la sensazione di essere, sulla nave, come a casa loro.
La manifestazione ha fatto
registrare la partecipazione
di circa 2000 cittadini. Circa
200 sono stati gli interventi
di screening, effettuati in sequenza con inizio sul molo e
terminati sulla nave, a cura del
personale sanitario volontario
delle Associazioni intervenute.
Fra i visitatori anche i bambini seguiti dall’ospedale
Gaslini di Genova, che dopo
un’interattiva visita alla nave
hanno ricevuto con grande
soddisfazione, dalle mani del
Comandante, il diploma di
marinaio. Sono inoltre stati
accompagnati a visitare la
nave alcuni ospiti delle Case
di riposo che hanno potuto
così trascorrere una giornata
serena e diversa dal solito.
Contemporaneamente si
svolgeva, presso la Sala convegni di un museo cittadino,
l’incontro dei Giovani AVO
della Regione Liguria, con la
partecipazione del Presidente
Federavo Claudio Lodoli e del
rappresentante nazionale dei
Giovani Michele Piras.
È stata un’esperienza positiva,
stimolante, da riproporre e
che dimostra che insieme è
possibile navigare a gonfie vele
per raggiungere mete comuni
e condivise.
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Occasione: la Giornata nazionale AVO dello scorso mese
di ottobre. Location: il porto
antico di Genova e la nave
scuola Palinuro. Obiettivi: la
promozione dell’AVO, l’attivazione di forme di collaborazione tra enti e volontariato,
la diffusione della cultura della
salute. Protagonisti: l’AVO, altre associazioni di volontariato, enti, istituzioni, i volontari,
i cittadini.
Durante le manifestazioni per
la Giornata nazionale AVO, si è
voluto sottolineare l’importanza della prevenzione sanitaria,
richiamando l’attenzione della
cittadinanza con un’operazione di screening relativamente
ad alcune patologie. L’AVO
Regionale Liguria e l’AVO
Genova si sono quindi fatte
promotrici di un evento che
ha confermato la possibilità
di collaborare in rete con altre
Associazioni per il raggiungimento del Bene comune.
Sono state infatti coinvolte altre
Associazioni presenti nel campo sanitario: l’Associazione
per la Lotta all’Ictus Cerebrale
(A.L.I.CE), l’Associazione
Ligure per la lotta contro il
Diabete (AS.LI.DIA), la Croce
Rossa Italiana, l’Associazione
dei Medici di Famiglia ed inoltre l’Azienda Sanitaria Locale
genovese. Tutte hanno aderito
con entusiasmo mettendo a
disposizione i loro volontari,
medici, operatori sanitari, collaboratori nonché attrezzature
e strumentazioni.
È stata altresì determinante la
partecipazione della Marina
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“GIRO DI PUGLIA” PER LA FORMAZIONE AVO
Gli ultimi appuntamenti organizzati dalle Associazioni regionali
Formazione, come e più
di prima. Gli incontri di
Bisceglie, Foggia, Andria,
Taranto sono un distillato che
al meglio rappresenta l’impegno che c’è in Puglia, nella
scia delle linee guida tracciate
dall’AVO regionale anche per
il triennio in corso, 2013-2015.
Appuntamenti tematici e dai
contenuti molto concreti, di
richiamo dunque per tutti i
volontari, presenti sempre più
numerosi alle giornate dedicate.
“L’era nuova dell’Avo” è il titolo dato all’incontro di Foggia,
occasione (ottimo il sistema,
ideato e adottato da un po’,
di far coincidere le ricorrenze
con giornate di formazione ad
hoc) per festeggiare anche i
venticinque anni di presenza
nel capoluogo dauno.
Presso l’auditorium dell’ordine dei medici la giornata è stata
scandita da due momenti ben
distinti: la tavola rotonda in
mattinata – presenti Claudio
Lodoli, presidente Federavo,
Antonio Battista, direttore
sanitario degli ospedali riuniti
di Foggia, Agata Danza, vice
presidente vicaria Federavo,
Ivana Buonfiglio, presidente
AVO Foggia – sulle nuove sfide
che interessano l’associazione,
la più importante delle quali è
sicuramente l’assistenza domiciliare, progetto da sviluppare
e definire nelle sue varie connotazioni; nel pomeriggio, la
celebrazione della ricorrenza
del venticinquennale, momento di sentita riflessione su un
quarto di secolo dedicato al
prossimo, a chi ha bisogno,
a quanti ricevono “il servizio
offerto amichevolmente – per
dirlo con le parole della presidente Buonfiglio –, qualificato
e ovviamente gratuito dei volontari AVO”.
La formazione ha fatto tappa
anche ad Andria e a Taranto,
dando corpo alla proposta che
debba in qualche modo essere
‘itinerante’, non creando così
disagio negli spostamenti in
una regione piuttosto lunga,
sul cui territorio di 425 chilometri hanno sede le venti
AVO, da San Severo fin giù
a Gagliano del Capo nel sud
del Salento.
La formazione, come nei programmi del consiglio regionale
dell’AVO Puglia, è appunto
tutto questo. Un calendario fitto inframmezzato anche dagli
‘incontri di zona’, momenti di
riflessione comune e di confronto tra le AVO geograficamente limitrofe, area Nord,
Centro e Sud della regione.
La formazione, dunque, intesa anche come tempo speso
e utilizzato utilmente, come
ben rappresenta la clessidra
simbolo del tempo donato in
umiltà dai volontari AVO,
adottata dalla presidente regionale Valentina Bellin quale
simbolo della dedizione dei
1200 volontari pugliesi.
Franco Arcamone
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SALUTO AL PAPA FRANCESCO
L’AVO di Castelnuovo di Garfagnana a Roma
Anche noi dell’AVO di Castelnuovo di
Garfagnana abbiamo assaporato la gioia di partecipare ad un incontro con papa Francesco,
unendoci alle migliaia di persone che sempre
sono presenti alle sue udienze. Siamo partiti in
tanti, due pullman pieni di volontari (non solo di
Casteinuovo di Garfagnana ma anche di Viareggio
e Lucca) con tanto desiderio di conoscere papa
Francesco.
La mattina del 17 ottobre siamo arrivati in Piazza
S. Pietro e abbiamo trovato posto solo alle ultime
transenne. Nonostante ciò, siamo stati premiati
perché il papa è passato proprio davanti a noi,
sempre sorridente ed ha accettato in dono una
sciarpa della nostra AVO. Le sue parole ci hanno
riempito di gioia e di speranza. Che emozione!
Siamo tornati a casa più ricchi di spiritualità e
più determinati a proseguire la nostra attività di
volontariato sapendo di essere in sintonia con
quanto il papa, con insistenza, ci insegna.
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25 ANNI DI AVO IN ALTA BRIANZA
Sembra ieri, ma sono già
passati 25 anni da quando è
iniziata questa nostra fantastica avventura!
L’AVO Alta Brianza ha festeggiato l’anniversario della
sua fondazione domenica 15
settembre.
Nonostante la giornata non
proprio estiva, è stata una
magnifica occasione per incontrare “vecchi” e nuovi volontari e condividere la gioia e
l’orgoglio di appartenere alla
nostra AVO.
Al mattino abbiamo partecipato alla Santa Messa nella
chiesa di Montorfano. È stata
una celebrazione commovente
anche grazie alle belle paro-
le di presentazione di padre
Filippo, che ha saputo cogliere
il vero significato del nostro
servizio. In un’atmosfera serena e rilassata, il Presidente
Costantino Carrara ha quindi
consegnato i distintivi e gli
attestati di merito ai volontari
premiati: tanti sorrisi, ricordi e
qualche lacrimuccia... di gioia.
Verso le 18.00 la festa si è conclusa con la soddisfazione di
tutti per aver avuto la possibilità di ritrovarci e ravvivare
il nostro spirito di solidarietà
e l’amicizia profonda che ci
lega.
Alla prossima e... Buon servizio a tutti!
L’AVO DESIO COMPIE 25 ANNI
Auguri anche all’AVO
Desio, che ha festeggiato i 25
anni di attività lo scorso ottobre.
Tutta la cittadinanza ha mostrato grande riconoscenza ai
Volontari guidati dal Presidente
Alberto Ortalli, e definiti sulla
stampa locale come “angeli
degli ammalati”.
“Come tutte le AVO di Brianza
e Lombardia – ha sottolineato
Bruna Meloni, Presidente regionale AVO – anche quello
di Desio è un gruppo molto
dinamico, sempre alla ricerca
del nuovo, non si adagia sugli
allori e il suo obiettivo è sempre lo stesso: essere utile ai
pazienti”.
CHE TRAGUARDO PER CARATE BRIANZA!
Messa nella Basilica di
Agliate. Don Sandro Bianchi
ha avuto parole toccanti e incoraggianti nei confronti dei
volontari, presenti in camice
bianco. Nel pomeriggio sono
state consegnate le targhe,
piccolo segno di riconoscenza, ai Volontari con 25 e 10
anni di servizio.
Che esempio di impegno,
di costanza, di serietà, di
altruismo! Sono riusciti a
mantenere sempre viva nel
tempo la loro motivazione e
ad essere presenti con il sorriso e con l’ascolto accanto
agli ammalati. Davvero un
esempio per i giovani e per
tutti i volontari entrati a far
parte della grande famiglia
AVO in questi ultimi anni. Ai
festeggiamenti, oltre al dott.
Bai, attuale Presidente, erano
presenti il suo predecessore
Ernesto Cazzaniga, alcuni
soci fondatori, il Sindaco di
Carate e quello di Verano,
il Direttore dell’Ospedale e
altri medici che conoscono
da anni il nostro servizio, lo
condividono e lo apprezzano.
Per ricordare i 25 anni, è stato
realizzato un opuscolo che,
a grandi linee, riassume la
storia dell’Associazione, con
immagini di manifestazioni,
racconti di esperienze, testimonianze, interviste, insomma una lettura piacevole per
chi vuole ricordare e per chi
vuole conoscere l’AVO.
NOIinsieme sta per entrare
in una nuova fase
Cambiamenti e miglioramenti
sono in arrivo
Ricordate:
“Noi Insieme è come il camice: indispensabile
per il servizio!”.
Leggere il nostro notiziario ci aiuta a crescere e
a condividere... Ci fa sentire parte di una grande
comunità di volontari.
NO
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L’AVO di Carate Brianza
ha festeggiato 25 anni di presenza quotidiana e costante
nell’Ospedale: per l’occasione sono stati organizzati
due eventi ai quali sono stati
invitati la popolazione e tutti
i volontari che hanno prestato
servizio in questo periodo. La
festa ha avuto inizio sabato 19
ottobre, con uno spettacolo di
cabaret il cui incasso è stato
devoluto al Comitato Maria
Letizia Verga, che sostiene
la lotta contro le leucemie
infantili per il progetto “Dai!
Costruiamolo insieme”. Il
progetto prevede la costruzione di una struttura ove i
malati di leucemia potranno
ricevere adeguate terapie e le
famiglie potranno trovare un
luogo in cui vivere accanto ai
loro cari malati.
La domenica 20 ottobre
abbiamo assistito alla Santa
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AVANTI
SENZA PAURA
L’AVO Cittadella ripercorre il suo passato
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e guarda al futuro
Il 17/11/2013, presso il Teatro Sociale di Cittadella, l’AVO
ha festeggiato i suoi primi 30 anni di vita. La fondatrice Linda
Noaro Livraghi ha ripercorso gli inizi non facili, le emozioni ed
i valori che hanno dato il via a questa bella avventura, tracciando attraverso nomi e situazioni il disegno delle nostre origini, a
partire dal primo Presidente Carlo De Rossi. È seguita la Tavola
rotonda “L’AVO e le nuove emergenze sanitarie”, sui nuovi
ambiti sociali e sanitari nei quali i volontari potrebbero essere
coinvolti. Il Vicepresidente Gaetano Randone ha moderato gli
interventi di Costantino Scremin e Domenico Billeci, entrambi
medici, che hanno affrontato i temi dell’Alzheimer, le cure
palliative e l’hospice. Altro ospite, Matteo Pilotto, componente
di un gruppo di amici che segue un ragazzo malato di SLA.
Successivamente l’intervento del Presidente nazionale, Claudio
Lodoli, che ha illustrato L’Era nuova dell’AVO. Le nuove
prospettive e la nuova visione dell’AVO del futuro hanno preso
forma dalle sue parole, confermando l’esistenza di un’Associazione vitale, consapevole delle proprie origini e dell’attualità
del messaggio solidale che la anima, ma altrettanto consapevole
di dover guardare avanti senza paura di affrontare le nuove
sfide. In questa Era nuova, la formazione del volontario rivestirà sempre più un ruolo fondamentale e per questo si è colta
l’occasione per presentare il corso di formazione permanente,
che si terrà nel 2014 e sarà tenuto dal coach Andrea Bizzotto.
Grazie a tutti coloro che in 30 anni hanno sempre posto al centro
l’uomo, la donna, la vita, specie quella più fragile, minacciata
dalla malattia o dimenticata in un umanesimo senza frontiere
e concretamente solidale. Una continua passione per l’uomo!
Debora Castellan (Presidente AVO Cittadella)
L’AVO LA SPEZIA VINCE IL PREMIO BONTÀ
Il 6 gennaio scorso è stato
assegnato all’AVO La Spezia
il “Premio della bontà 2014”,
istituito da monsignor Siro
Silvestri nel 1977 e consistente in un assegno che il
Lions Club della città ligure
offre ogni anno alla diocesi,
perché sia destinato ad una
Associazione o a una persona
particolarmente meritevole.
Al termine della Santa Messa
in Cattedrale, il vescovo Luigi
Ernesto Pelletti ha consegnato
il premio al Presidente Olimpio
Galimberti, alla presenza di
numerosi volontari che in tale
occasione si sono sentiti ancor
più orgogliosi di appartenere
alla grande famiglia AVO.
Infatti il riconoscimento, che
sarà devoluto totalmente in
beneficenza, testimonia la
considerazione che l’Associazione ha saputo crearsi con il
suo servizio, iniziato nel 1981
e attualmente svolto presso
l’Ospedale civile e alcune Case
di Riposo. Il premio non solo
ha costituito per gli oltre 150
volontari una gratificazione
che li stimolerà a dare il meglio
di sé nell’aiuto a malati e sofferenti, ma ha offerto anche una
occasione preziosa di visibilità
per l’AVO, nella speranza di
trovare nuove adesioni ad un
servizio che presenta bisogni
crescenti e sempre più complessi.
Tra le tante iniziative realizzate
dall’AVO La Spezia merita
di essere ricordato il Presepe
allestito all’interno dell’Ospedale, nel quale i volontari
erano rappresentati accanto
alla Sacra Famiglia nell’atto di
porgere un bicchiere d’acqua,
attualizzando così l’invito di
Gesù: ”Quello che farete al più
piccolo dei miei fratelli l’avrete
fatto a me”. L’iniziativa, svoltasi anche negli anni passati,
ha presentato una novità: il
coinvolgimento dei visitatori
con la domanda “Cosa è per
te il Natale?”. Le risposte
su foglietti appesi e visibili
a tutti sono state assai varie,
esprimendo non solo affetti
e sentimenti personali, ma
anche problematiche sociali e
sanitarie. Anche questo è stato
un modo per far riflettere su
una festa ormai banalizzata e
mondanizzata, oltre che sull’AVO e sulle sue finalità.
Annamaria Ragazzi
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VOLONTARIATO
COME SCELTA DI VITA
Il Convegno AVOGiovani Liguria
Rosanna Bampi
Il Convegno AVOGiovani
Liguria, tenutosi a Genova
domenica 20 ottobre 2013, si
è proposto di gettare le basi
per un confronto sul tema del
volontariato come scelta di vita
insieme a tre ospiti prestigiosi:
il Presidente della Federavo
Claudio Lodoli, il Presidente
regionale della Liguria Giorgio
Colombo, il Coordinatore nazionale AVOGiovani Michele
Piras. Da loro è venuta forte
l’esortazione a trovare nel
nuovo, senza averne paura,
una spinta ad andare avanti
e a sviluppare le potenzialità
dell’Associazione.
Il tema del Convegno è stato introdotto attraverso le relazioni
di padre Anselmo Terranova e
di Elisabetta Borzini, che ha dedicato la sua vita al volontariato
non solo nell’AVO. Entrambi
hanno sottolineato come i giovani, attraverso la loro fantasia
e creatività, possono essere
i pionieri del cambiamento,
capaci di costruire ciò che vogliono, un pezzo alla volta, con
senso di responsabilità.
In seguito il Coordinatore
nazionale Piras e la Delegata
regionale AVOGiovani Liguria
Rossana Bampi hanno ricordato come l’AVO abbia donato
loro un insegnamento di vita,
dapprima con il servizio in
corsia e poi con numerosi incarichi che li hanno resi capaci di
affrontare con consapevolezza
qualsiasi situazione, anche fuori dall’ambito del volontariato.
Nel pomeriggio, i partecipanti
al Convegno si sono suddivisi in
due gruppi. Il primo, moderato
da Rossana Bampi, ha riflettuto
sul tema “La continuità della
scelta: il passaggio da scelta
emotiva (o istintiva) a scelta
di vita”, ovvero dal desiderio
acerbo di fare volontariato
alla presa di coscienza della
sua utilità come strumento di
formazione e di responsabilizzazione. Il secondo gruppo,
guidato da Michele Piras, ha
discusso su “Noi e l’AVO:
la nostra creatività a servizio
dell’Associazione”, ovvero
sulla consapevolezza che il
futuro dell’AVO dipende dalla
capacità non solo di mettere a
disposizione del gruppo doti e
competenze personali, utilizzando fantasia e creatività, ma
anche di assumersi maggiori
responsabilità, collaborando
con tutti con umiltà, riflessione
e determinazione.
Una giornata davvero intensa
ed entusiasmante!
davanti al Reparto maternità
e in Pediatria l’hanno adorata. Mancava la scopa. Ma si
sa... i tempi cambiano. Oggi
una Befana che va su e giù in
ascensore è il massimo!
Le abbiamo chiamate “le calze
solidali dell’AVOGiovani”,
con tanto di manifesto colorato. Solidali siamo stati tutti:
AVOGiovani in primis per la
disponibilità al servizio; altri
volontari, con nipotini, nipotoni, figli e figlie mooolto grandi per l’acquisto delle nostre
calze befanose tanto carine e
mediamente ciccione. Su 100
calze riempite come tacchini,
100 calze vendute! Evviva!
Certo non copriremo tutte le
spese, ma... Roma è stata fatta
in un giorno? È stato un passo.
E una bellissima esperienza!
Rocco Riccio
VIVA VIVA LA BEFANA
(SOLIDALE)!
Raccolta fondi per l’AVOGiovani Potenza
ste, improvvise illuminazioni;
ordine mentale (Natalina è
maestra in questo). Finalmente
l’idea giusta di Tiziana: calze “befanose” da vendere in
ospedale. Ci abbiamo ragionato su... e via! Giro per negozi,
acquisti convenienti. Tutti in
sede lunedì pomeriggio: una
catena di montaggio umana,
compresi gli inceppi macchinosi, come l’esaurimento delle
cioccolate. Via a ricomprarle.
Continuiamo. Tutto fatto,
anche le foto coreografiche.
Il 3 e il 4 gennaio, la vendita.
E la Befana? C’è pure lei! È
Tiziana, travestita, con una
patacca nera sulla guancia:
ci sa proprio fare! I bambini
NO
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Eccoci. Siamo l’AVOGiovani Potenza: Lucia, Mariagrazia,
Rocchina 1 e 2, Ilaria, Massimo,
Luciana, Tiziana, Rocco,
Teresa, Gabriele, Caterina 1
e 2, Carmela, Natalina. Che
varietà di mondi c’è in ognuno
di noi e che universo ne viene
fuori! Lo dimostra un’idea che
ci è venuta mangiando una pizza. Dopo aver scherzato molto,
ci siamo comunicati la notizia
del Convegno AVOGiovani
nazionale del prossimo maggio. Wow: che c’è di più
quintessenziale che conoscere
altri giovani volontari! Subito,
però, un problema: mancanza
di fondi. Comunicazione di
sguardi, silenzi, dubbi, propo-
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ESISTE IL DESTINO
O LO ABBIAMO
INVENTATO?
Anselmo Terranova
Con la frase “è tutto del
destino” addebitiamo al fato
moltissime colpe e tragedie
che sconvolgono la nostra
vita. Non conosciamo la sua
provenienza ma ne subiamo
le cosiddette conseguenze.
È un’interpretazione gratuita, che ci fa comodo perché
supplisce a quell’insieme di
doveri che esigono il nostro
agire in tutti i campi e sono
le “responsabilità”.
Il destino è la nostra invenzione per non riflettere e
prevenire in tempo le conseguenze delle azioni che
compiamo.
I disastri sono colpa del destino, diciamo, e lo creiamo
sotto forma di un demiurgo
che si diverte a farci soffrire.
Non ci preavvisa della sua venuta, e solo a constatazione
avvenuta gridiamo sconvolti
contro di lui e diciamo: “perché è accaduto tutto ciò?”.
Dalle inondazioni al crollo
delle case, pur se costruite in
zone sismiche non secondo
l’obbligo delle norme prescritte, con materiale edilizio
utilizzato con troppo risparmio, o edificate sul bordo dei
fiumi ecc.
Questo destino allora esiste, ma si chiama con un
altro nome: “la irresponsabilità” dell’uomo nel non
adempiere i suoi doveri
rispettando le regole che
garantiscono la sicurezza
della comunità.
Ogni disgrazia, imprudenza,
anche la casualità nel procedere non sono il prodotto
del cosiddetto destino ma la
conseguenza di qualcosa che
non ha funzionato a dovere,
per colpa o negligenza umana. Purtroppo noi piangiamo
tardi su ciò che potevamo
evitare prima con l’onestà,
la prevenzione, il senso del
dovere.
Siamo abili nel creare gli alibi per nascondere le nostre
malefatte.
Il destino è parola di moda
inventata per non essere noi
colpevolizzati di un comportamento e meritevoli di
giudizio per la distruzione
dell’ambiente (disboscamento disennato), scarsa manutenzione, perfino deviazione
dei fiumi ecc.
Ecco perché dobbiamo insistere sulla inesistenza del
“destino” e mettere l’accento
sulla nostra inadempienza e
trascuratezza.
La natura, offesa, si vendica
drasticamente perché perde
la sua funzione di regolatrice
della vita dell’uomo ed esige
quindi il giusto rispetto.
Possibile che non comprendiamo la sua opera grandiosa
con il giusto nostro impegno
di cosciente comportamento
per evitare catastrofi?
Dobbiamo recitare molti
“mea culpa”, ravvederci e
convertirci per non trovarci a
vivere non certo nel benessere ma nella piena distruzione
del creato.
IL GRAZIE DELLA REDAZIONE AI LETTORI
Le oggettive difficoltà economiche della maggior parte
dei cittadini in un Paese che stenta a trovare la via della ripresa, non ha impedito ai nostri volontari di offrire
i loro contributi a sostegno di NOIinsieme. Il numero di
coloro che hanno confermato la volontà di ricevere il bollettino della Federazione sono rimasti sostanzialmente
invariati, pur registrando alcuni spostamenti di adesioni
all’interno di singole regioni e da una regione all’altra.
Anche a nome del Presidente e del Consiglio direttivo di
Federavo, desideriamo ringraziare di vero cuore tutti voi,
cari lettori, per averci rinnovato la vostra fiducia. Porgiamo inoltre un ringraziamento speciale ai Presidenti delle
AVO regionali per l’impegno profuso nella promozione
del giornale e nella gestione delle adesioni. Da parte nostra proveremo a meritare questa testimonianza di fedeltà, sottoponendo fra qualche mese alla vostra valutazione una proposta innovativa volta a rendere il giornale
fruibile a tutti gli iscritti all’AVO, senza variare l’entità dei
contributi complessivamente erogati dalle Associazioni.
Infine, durante la VII Conferenza dei Presidenti presenteremo una nuova formula del Premio NOIinsieme che
riteniamo abbia buone probabilità di riscuotere il vostro
consenso.
La Redazione
NOI insieme
Aut. trib. di Milano n. 106 del
14/3/1977
Direttore responsabile: Giuliana
Pelucchi
Caporedattore: Federica
Dentamaro
Comitato di redazione: Marina
Chiarmetta, Claudio Centomani,
Federica Dentamaro,
Annamaria Ragazzi,
Jose Vadora, Giusi Zarbà
Segreteria di redazione:
Stefania Cacace
Servizi editoriali: Graphiservice
– Bari
Stampa: SEDIT – Bari
Versamento contributi: bollettino
postale c/c n. 62170642 intestato
a Federavo – via Dezza 26, 20144
Milano
info: tel. 0248024215-16, fax
0248024217
e-mail: [email protected]
La Federavo è a disposizione degli eventuali proprietari di diritti sulle immagini riprodotte, là
dove non sia stato possibile rintracciarli per chiedere la debita autorizzazione.
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vii conferenza dei presidenti