Ferrara 07/01/2001
e p.c.
Agli Organi di informazione locali
Al Presidente della Giunta regionale
Oggetto: Sui ticket in Pronto soccorso.
Lettera aperta al Presidente della Giunta regionale.
Da quando, diversi anni or sono, la nostra regione aveva imposto il pagamento di un ticket, per le prestazioni di
pronto soccorso che non rivestivano nessun carattere di urgenza, non abbiamo mai sollevato obiezioni, benché non
tutte le regioni italiane avessero adottato la stessa decisione.
Il ticket era stato giustificato con l’esigenza di ridurre il ricorso ad un uso improprio del pronto soccorso e per
stimolare un più corretto rapporto con i medici di medicina generale. E anche a noi sembrava che, se una persona si
rivolge all’ospedale, per una questione banale per la quale può rivolgersi al medico di base, con il rischio di
prolungare i tempi degli interventi per chi presenta vere urgenze, era giusto che venisse richiesto il pagamento di un
ticket.
Nel corso degli anni, tuttavia, abbiamo dovuto seguire i casi di parecchie decine di persone che si erano presentate
al pronto soccorso del S.Anna o a qualche pronto soccorso della USL, non per questioni banali, e non perché non si
fossero prima rivolte al loro medico di base; ma per questioni serie per le quali il medico di base, il pediatra o uno
specialista avevano consigliato un accertamento in pronto soccorso. O persino quando un malato era stato inviato da
un pronto soccorso della provincia a quello del S.Anna.
Anche in questi casi, dunque, sulla base della interpretazione della circolare regionale in vigore, veniva chiesto il
pagamento del ticket. In alcuni di questi casi siamo riusciti a far revocare le richieste dei ticket. Ma in molti altri
casi, nonostante le lettere inviate anche all’assessorato regionale alla sanità, non si è riusciti a modificare un
atteggiamento che riteniamo ingiusto.
In un opuscolo che, a firma del Presidente della Giunta regionale, era stato inviato a tutte le famiglie, prima delle
ultime elezioni amministrative, siamo stati informati sulle diverse classificazioni delle prestazioni di pronto
soccorso, con l’indicazione che solo quelle classificate “colore bianco” erano soggette a ticket. Mentre, nella realtà
dei fatti, anche dopo la distribuzione dell’opuscolo, molte prestazioni classificate “colore verde”, venivano e
vengono ancora sottoposte al pagamento del ticket.
Nei primi giorni di questo inizio d’anno, abbiamo già ricevuto tre diverse segnalazioni che ci hanno costretto a
riproporre pubblicamente la questione, chiamando in causa il presidente della Giunta regionale. E questo, in un
momento in cui, tra l’altro, il governo ha deciso di avviare una progressiva riduzione e abolizione di tutti i ticket.
I casi che sono stati sottoposti alla nostra attenzione, da persone che giustamente ritengono del tutto ingiusta ed
ingiustificata la richiesta del ticket, riguardano:
1) una persona che, su richiesta del pronto soccorso di Copparo, è stata inviata a quello del S.Anna;
2) una persona che, su richiesta del pronto soccorso di Bondeno, è stata inviata a quello di Cento;
3) una persona che, su richiesta del pronto soccorso di Bondeno, è stata inviata a quello del S.Anna.
In tutti e tre questi casi, è stata trasmessa al domicilio degli interessati la richiesta del pagamento ticket. Ma, come
si può giustificare una tale richiesta?
Circa tre anni fa, in un incontro promosso dall’assessorato regionale alla sanità con i presidenti dei comitati
consultivi misti, era stata presentata la bozza di una nuova direttiva, per le prestazioni di pronto soccorso, nella quale
venivano accolte alcune nostre proposte e non si prevedeva più il ticket per prestazioni richieste da medici pubblici o
per prestazioni classificate con colore diverso dal bianco.
Anche in una recente riunione del “Comitato consultivo regionale per la verifica della qualità dei servizi dal lato
degli utenti”, sono state ribadite le stesse richieste. Ma la regione non si è ancora pronunciata. E così, continuano a
verificarsi situazioni che non possono che provocare un giustificato malcontento nelle persone direttamente
coinvolte.
C’è da augurarsi che la regione prenda, finalmente, una decisione positiva e definitiva.
Il coordinatore del Centro
prof. Crociani Giancarlo
Ferrara 29/01/2001
Al Direttore de La Nuova Ferrara
Con riferimento agli articoli pubblicati il 25 gennaio, con i titoli “S.Anna, meno reclami” e “S.Anna promosso dai
ferraresi”, nei quali sono stati riportati i dati e le informazioni fornite dall’azienda ospedaliera, nella conferenza
stampa che si è tenuta il giorno 24 gennaio, vorrei esprimere alcune considerazioni.
Ho presieduto il Comitato consultivo del S.Anna nei due anni che vanno dal novembre 1998 al novembre 2000. Poi,
per problemi nati all’interno della organizzazione della quale il Centro per i diritti del malato-Tribunale del malato
faceva parte (e dalla quale il Centro si è ora separato rendendosi del tutto autonomo con la denominazione di
“Centro per la tutela dei diritti dei malati”), sono stato cortesemente invitato dal Direttore generale del S.Anna a dare
le dimissioni, pena lo scioglimento del Comitato stesso.
Pur ritenendo del tutto ingiustificata la richiesta, perché i problemi interni ad una organizzazione non avrebbero
dovuto influire sulle libere scelte del Comitato che mi aveva eletto presidente, ho comunque preferito dare le
dimissioni per non compromettere l’attività di un organismo che ha, come finalità, “la verifica della qualità dei
servizi dal lato degli utenti”. Per questo, non ho potuto partecipare, perché non invitato, alla conferenza stampa del
24 gennaio.
Sui dati che sono stati pubblicati, nella tavola contenente le schede pervenute dalle tre diverse fonti (Centro per i
diritti del malato, Urne al S.Anna e Ufficio relazioni con il pubblico), non avendo diretta conoscenza relativamente
alle segnalazioni e ai reclami provenienti dalle altre fonti, posso però fornire dati più precisi per quanto concerne le
segnalazioni raccolte e trattate dal Centro per i diritti dei malati.
Confrontando dunque i dati forniti dal S.Anna con quelli rilevati da noi direttamente, e con riferimento al
quadriennio preso in considerazione nella tabella pubblicata, si possono notare alcune differenze:
Periodo considerato
dati forniti dall’ URP
dati forniti dal CTDM
1997
259
252
1998
228
272
1999
227
263
2000
117
196
Per le attività del nostro Centro che hanno riguardato l’Azienda USL di Ferrara e altre Aziende o altre istituzioni
pubbliche o private, e per gli stessi anni, si possono fornire i dati seguenti:
dati CTDM per l’USL
dati CTDM per altre Aziende o Enti
180
98
204
126
187
205
183
266
Per quanto poi riguarda il confronto tra il numero delle segnalazioni presentate all’ufficio relazioni con il pubblico
(463) e quelle presentate al centro per la tutela dei diritti (196), sarebbe opportuno, oltre a una analisi sulla
“quantità”, fare una approfondita analisi della “qualità” dei reclami. Una analisi più dettagliata dei singoli casi
segnalati al nostro centro, con riferimento al tipo di reclamo presentato, secondo la griglia che è stata da tempo
concordata nell’ambito del Comitato consultivo, sarà presentata nei prossimi mesi, appena avrà potuto essere
effettuata.
Posso comunque confermare, anch’io, un calo nel numero delle segnalazioni, al S.Anna, nel 2000, rispetto ai tre
anni precedenti. E’ vero che l’azienda ospedaliera potrebbe obiettare che noi conteggiamo nell’anno 2000 anche una
parte di segnalazioni che ci sono state consegnate nell’anno precedente. Ma questo è avvenuto anche negli anni
precedenti, e non è colpa nostra se vi sono casi che, anziché essere risolti nei tempi fissati dal regolamento di
pubblica tutela, devono essere seguiti anche in anni successivi.
Per quanto concerne la serie di incontri che l’azienda ha promosso l’anno scorso, con i singoli servizi e reparti, per
valutare l’insieme dei reclami che i cittadini avevano presentato nel corso del 1999, è stata una iniziativa comunicata
al Comitato consultivo e che il Comitato ha ritenuto utile. Per questo aveva chiesto, cosa che non era inizialmente
prevista, di poter presenziare agli incontri con un proprio rappresentante in veste di osservatore, designando a tal
fine la signora Meli.
L’iniziativa, da quello che leggo dal giornale, si è trasformata in un “progetto sulla comunicazione”. E’ certamente
un progetto da condividere, anche se, su un tale progetto, il livello di coinvolgimento e di partecipazione dei
rappresentanti delle organizzazioni di volontariato e di tutela dei diritti dei cittadini dovrebbe essere ben più elevato
di quello che si è registrato in questa fase.
Che il rapporto di “comunicazione”, tra operatori sanitari (primari, direttori, medici, infermieri, tecnici, ecc) e
cittadini malati (o familiari di malati), sia di particolare importanza è un dato scontato. Nelle relazioni personali
rientrano le modalità dell’accoglienza, l’informazione tempestiva e adeguata, la cortesia, la disponibilità all’ascolto,
il rispetto del pudore e della riservatezza, l’attenzione a chi presenta problemi gravi e urgenti.
Più volte, nelle relazioni annuali sull’attività svolta dal nostro centro, e in qualche incontro con il Direttore generale
del S.Anna, ho fatto presente che una parte non piccola delle segnalazioni e dei reclami è legata a difficoltà di
comunicazione con il personale e, soprattutto, con i medici curanti, per la difficoltà non solo ad ottenere, ma anche a
dare informazioni si ritengono utili. Se vi è un buon rapporto di comunicazione, vi è in genere una maggiore
disponibilità anche a perdonare qualche disservizio o qualche errore. Ma se si viene trattati in modo brusco o
sbrigativo, oppure manca la necessaria attenzione e disponibilità, perché si dovrebbe essere inclini al perdono nel
caso di eventuali errori o disservizi?
Il calo delle segnalazioni che si è registrato al S.Anna, l’anno scorso, è riconducibile a una maggiore attenzione al
rapporto di comunicazione con i malati e i loro familiari? Si è in presenza di un cambiamento culturale che avrà
effetti permanenti? C’è da augurarsi di sì. Avremo comunque la possibilità di verificarlo a partire da quest’anno e
nei prossimi anni.
Il Centro per la tutela dei diritti dei malati, nel quale sono confluiti tutti i volontari dell’ex Tribunale per i diritti del
malato, continuerà ad essere un punto di riferimento per i cittadini della nostra città e della provincia.
Distinti saluti
Il coordinatore del Centro
prof. Crociani Giancarlo
Ferrara 24/1/2003
Lettera al Direttore
Barelle: condizione umiliante per i malati e i loro familiari e incubo per gli operatori.
Nel leggere le lettere e gli articoli apparsi in questi giorni sulla stampa locale, su un grave problema da troppi anni
irrisolto, mi sono ricordato di una lettera, scritta nel gennaio del 1997, indirizzata alle redazioni dei giornali locali. Una
lettera che potrebbe essere nuovamente utilizzata anche oggi, senza praticamente cambiare una virgola. Il testo era il
seguente:
Ferrara 08/01/97
Alle Redazioni dei giornali locali
“In questi ultimi giorni, la stampa locale ha dato rilievo alla presenza di barelle in alcuni reparti del
S.Anna. Nonostante il calo dei tempi medi di degenza, la consistente riduzione dei posti letto, comporta,
inevitabilmente, in assenza di alternative valide sul territorio, la necessità di accogliere persone in soprannumero
rispetto alla reale disponibilità, soprattutto nei reparti di Medicina Generale.
Persone gravemente malate (perché altrimenti non accetterebbero il ricovero in quelle condizioni) vengono
quindi sistemate in barelle che vengono collocate ai piedi dei letti di altri degenti, o in mezzo agli altri letti, oppure
sono collocate nei corridoi, a pochi centimetri dal pavimento e senza nessuno di quegli ausili che sono indispensabili
ad ogni ricoverato: un armadietto per porre la propria biancheria, il comodino dove sistemare i propri oggetti
personali, il campanello per dare l'allarme in caso di bisogno, ecc.
I malati in barella, oltre a trovarsi in condizioni di particolare disagio personale, per come vengono
sistemati, risentono anche, spesso, di una inadeguata assistenza medica ed infermieristica. E ciò, non soltanto perché
il lavoro degli operatori sanitari deve essere distribuito tra un numero maggiore di degenti, ma perché la stessa
sistemazione in barella rende assai più difficili effettuare tutte le prestazioni sanitarie e anche le cure igieniche.
Siamo stati chiamati, in questi giorni, a far visita ad uno di questi reparti con barelle. Ci è stato segnalato
che una persona ricoverata alle sei del mattino, e sistemata in barella, è morta, qualche ora dopo, in quelle
condizioni.
Tra le rivendicazioni che avanziamo, come Tribunale del Malato, non c'è soltanto la richiesta di una
"assistenza sanitaria adeguata", ma anche quella di una "morte dignitosa". Entrambe non potranno mai essere
garantite ai malati sistemati nelle barelle.”
Del problema delle barelle me ne sono ovviamente occupato anche molto prima del 1997 e ho dovuto
occuparmene anche dopo, sia come coordinatore del Centro per la tutela dei diritti del malato, sia nella qualità di presidente
o di membro del comitato consultivo misto del S.Anna.
Devo dire che le segnalazioni riguardanti i ricoveri in barella sono state sempre poche, rispetto al numero
complessivo delle persone ricoverate in quelle condizioni. Molte persone (malati e familiari) hanno sopportato e sopportano
questa situazione come un fatto ineluttabile contro il quale nulla si può fare. Alcune, invece, giustamente si ribellano,
ritenendo insopportabile e inaccettabile, in un paese e in un ospedale moderno, che una persona seriamente malata debba
essere accolta in ospedale senza il necessario comfort alberghiero e, soprattutto, in condizioni di mancato rispetto della
dignità, del pudore e della riservatezza e con serie difficoltà, per il personale, di garantire adeguata assistenza e cura.
E’ un fatto molto positivo che alla voce dei malati si aggiunga quella degli infermieri, a livello individuale o di
gruppo (nel novembre del 2001 era giunta al nostro Centro una segnalazione sottoscritta da 19 infermieri del reparto di
Medicina dell’ospedale di Cento), per sottolineare la necessità e l’urgenza di dare soluzione al problema.
Per quanto concerne il Centro per la tutela dei diritti dei malati, posso qui fare soltanto un breve elenco delle
lettere inviate al S.Anna, negli ultimi tempi, sulla base delle segnalazioni dei cittadini:
2001: Ricoveri e decessi in barella;
Un decesso in barella;
Ricovero in barella
2002: Anziana in barella e disponibilità di posti letto;
Paziente in branda dimesso con febbre altissima;
Un ricovero in barella e una caduta nel corridoio;
Un decesso in barella;
Una malata grave in barella per 4 giorni;
2003: Una lettiga in mezzo a 6 letti.
Nel corso di una riunione del Comitato consultivo del S.Anna, che si è tenuta il 13 marzo dell’anno scorso, proprio
sul problema barelle, ho avanzato, insieme ad altri, le seguenti proposte:
a) verificare il dato esatto dei ricoveri in barella (alcune ore, un giorno, più giorni? ricovero in stanza o nel corridoio?
quanti i decessi in barella? è possibile garantire una morte dignitosa su una barella?);
b) fornire un quadro trimestrale della situazione nei vari reparti per verificare se vi erano fenomeni stagionali o una
presenza di barelle lungo tutto l’arco dell’anno;
c) accertare la reale disponibilità di posti letto in tutti i reparti per evitare i ricoveri in barelle;
d) eliminare le brandine che tengono i malati a pochi centimetri dal pavimento, in condizioni di scarsa igiene e di
difficoltà per le cure, e sostituirle con letti di scorta da utilizzare in caso di assoluta necessità;
e) stabilire precisi accordi con l’azienda USL e con le case di cura private per affrontare insieme il problema e
giungere a soluzioni adeguate;
f) garantire una corretta attuazione della delibera regionale sull’assistenza domiciliare integrata, per evitare ritardi
nelle dimissioni anche nei casi difficili e per garantire dimissioni “protette”;
g) valutare la possibilità di un maggiore impegno da parte dei medici di base (specie la medicina di gruppo) per
assicurare una assistenza al domicilio in alternativa al ricovero ospedaliero in situazioni precarie;
h) controllare se, negli altri ospedali della nostra regione, il problema si presenta negli stessi modi e con le stesse
dimensioni o se, invece, si è trovata qualche soluzione che possa essere presa ad esempio.
Il comitato consultivo deve ancora ricevere risposte.
Distinti saluti
Il coordinatore del C.T.D.M.
Giancarlo Crociani
Ferrara 30/04/2003
Al Direttore de “Il Resto del Carlino”
Il ticket in pronto soccorso si paga da oltre 10 anni!
Nel merito dell’articolo pubblicato il giorno 30 aprile, dal titolo “Si paga al pronto soccorso”, facendo riferimento alla
nuova direttiva regionale e con l’indicazione che, a partire da giugno, sarebbero scattate le nuove tariffe, va precisato che i
ticket in pronto soccorso si pagano da oltre 10 anni, in base a due circolari regionali, del giugno 1992 e del giugno 1993, che
fissavano la quota da pagare per coloro che, non avendo problemi urgenti, facevano un uso improprio del pronto soccorso.
Come volontari del Centro per i diritti dei malati, non abbiamo mai contestato tale scelta, perché abbiamo condiviso
la necessità di disincentivare il ricorso al pronto soccorso, quando si sarebbe potuto chiedere l’intervento del proprio medico di
base o quando sarebbe stato possibile rivolgersi alla guardia medica.
Quello che invece abbiamo dovuto più volte contestare, in parecchi casi, ogni anno, da allora, è stata l’interpretazione
burocratica di quella delibera che ha portato, non poche volte, a situazioni paradossali come quelle che il sottoscritto aveva già
segnalato alla stampa cittadina, in particolare con una lettera inviata nel gennaio 2001, perché era stato chiesto il pagamento del
ticket a tre persone, delle quali:
*- una era stata trasportata in ambulanza dal pronto soccorso di Copparo a quello di Ferrara;
*- un’altra, dal pronto soccorso di Bondeno era stata trasferita a quello di Cento;
*- un’altra ancora, dal pronto soccorso di Bondeno era stata indirizzata a quello del S.Anna.
In aggiunta a questi casi “assurdi”, molto più numerosi sono stati i casi in cui tante persone che avevano fatto il giusto
percorso: e cioè quello di rivolgersi al proprio medico di base, al pediatra o alla guardia medica, e da questi, erano stati
indirizzati al pronto soccorso, sono stati ugualmente chiamati a pagare il ticket per le prestazioni fornite. Un ticket che i
cittadini, e noi con loro, ritenevamo ingiustificato in quanto il ricorso al pronto soccorso non era stata una scelta autonoma, ma
conseguenza della valutazione di un medico.
In altri casi ancora, riguardanti malati che venivano classificati con il codice verde (con il quale si attesta comunque
un bisogno urgente, anche se viene dopo il codice rosso e giallo), le aziende chiedevano il pagamento del ticket perché veniva
interpretata in modo burocratico la delibera regionale che prevedeva l’esenzione soltanto in casi molto particolari.
In questi dieci anni, il nostro Centro ha raccolto centinaia di segnalazioni di cittadini insoddisfatti e personalmente ho
scritto decine di lettere anche alla regione, sollecitando le necessarie modifiche alla delibera regionale. E queste sollecitazioni
le ho anche portate, insieme ad altri, in seno al “Comitato consultivo regionale per la qualità dei servizi” e, in una riunione che
si è tenuta 4 o 5 anni fa, la regione si era impegnata a tener conto, in tempi che avrebbero dovuto essere brevi, delle proposte
presentate.
La delibera che la regione ha quindi finalmente adottato, nel febbraio di quest’anno, non introduce il ticket per le
prestazioni di pronto soccorso (perché già dal ’92 si pagavano £.25.000 per la visita e 50.000 se vi erano altre prestazioni
specialistiche, come quasi sempre accadeva), ma conferma scelte già adottate (lettere a, b, e) e stabilisce nuove regole che
tengono conto delle proposte anche da noi avanzate (lettere c, d). In sintesi:
a) sono esenti dal ticket coloro che vengono ricoverati o che sono esenti per legge;
b) sono esenti, inoltre, tutti i malati classificati con codici rossi, gialli e verdi;
c) sono esenti i malati che necessitano di “osservazione breve intensiva”;
d) sono esenti i malati che accedono al pronto soccorso su richiesta formale del medico di base, del pediatra, della guardia
medica o di un medico di altro pronto soccorso;
e) sono invece sottoposti a ticket i codici bianchi, con quote di compartecipazione che variano in relazione al numero e al
tipo delle prestazioni e degli accertamenti effettuati; così come avviene per qualunque persona che segua il percorso
normale di accesso alle prestazioni specialistiche.
La delibera, inoltre, sempre al fine di ridurre l’accesso improprio ai pronto soccorso e anche per agevolare l’accesso
alle prestazioni che si possono rendere necessarie per i malati, fornisce alle aziende sanitarie una serie di indirizzi ed
orientamenti che riguardano le attività da sviluppare, a livello distrettuale:
• per promuovere e sostenere le forme associative dei medici di medicina generale;
• perché vi sia almeno un ambulatorio aperto, a turno, nelle giornate prefestive e festive;
• per migliorare il servizio di continuità assistenziale prefestiva e festiva;
• per facilitare i collegamenti tra medici di base, pediatri e medici di guardia medica.
Nel complesso, dunque, la nuova delibera regionale presenta aspetti positivi e migliorativi rispetto alla situazione
precedente. Si tratterà di valutare se sarà correttamente attuata e quali risultati saranno conseguiti.
Il coordinatore del Ctdm
Giancarlo Crociani
Ferrara 20/03/2003
e p.c.
Alla presidente della
Commissione Affari Sociali
della Camera dei Deputati
Palazzo Montecitorio - Roma
Alle Persone in indirizzo
Alle redazioni dei giornali locali
Oggetto: Legge 210/92
Abolizione dei termini per la presentazione delle domande
Abbiamo letto, su “Il sole- 24 ore”dell’11 marzo 2003, che la “Commissione Affari Sociali” della
Camera dei deputati, in sede referente, ha concluso l’esame di una proposta di modifica della legge
210/92 che “abolisce i termini di presentazione delle domande per ottenere l’indennizzo dei danni
derivanti da vaccinazioni obbligatorie o trasfusioni di sangue infetto, estendendo il beneficio anche agli
operatori professionali”.
Delle 520 persone che nel corso degli ultimi dieci anni (dal 1992 ad oggi), nella sola nostra
provincia, hanno presentato domanda di indennizzo per danni da trasfusione, sono oltre 300 quelle che si
sono rivolte al nostro Centro per informazioni, consigli, preparazione delle domande, solleciti vari, ricorsi
al Ministero contro il giudizio della Commissione medica ospedaliera, ecc.
Una parte non piccola di queste persone ha presentato la domanda oltre i termini stabiliti dalla
legge attuale e hanno quindi avuto negato, dal Ministero, dalla Regione o dalla USL, il loro diritto
all’indennizzo, pur avendo la Commissione medica riconosciuto il nesso di causa tra la trasfusione e
l’epatite e pur avendo essa valutato che le loro condizioni rientravano in una delle 8 categorie previste
dalla legge.
Se questa proposta di legge verrà approvata, come riteniamo sarebbe giusto e doveroso, il diritto
all’indennizzo sarà dunque riconosciuto a tutti coloro che hanno subito danni permanenti da vaccinazioni
o da trasfusioni, indipendentemente dal momento in cui è stata presentata (o verrà presentata) la domanda.
Nel corso degli anni, abbiamo altre volte scritto al Ministero della Sanità sottolineando il fatto che
il ritardo nella presentazione delle domande era dovuto alla mancanza di adeguate informazioni sul
contenuto della legge e per la difficoltà, per tante persone impegnate a farsi curare, di seguire le poche
notizie apparse sulla stampa o in televisione.
Il nostro Centro ha comunque sempre consigliato a tutti di presentare la domanda anche se in
ritardo perché era importante, in ogni caso, che la Commissione medica riconoscesse il nesso di causa tra
la trasfusione e l’epatite, ai fini di una eventuale richiesta di risarcimento danni.
Abbiamo quindi appreso, con particolare favore, la notizia di questa proposta di modifica che
renderebbe giustizia a non poche persone che hanno presentato domanda in ritardo oppure non l’hanno
presentata perché non sono ancora a conoscenza della legge.
Ritenendo opportuno che tutti gli interessati vengano messi a conoscenza di questa possibilità, si
chiede agli organi di stampa locali di voler dare adeguato rilievo a questa informazione.
Confidando in un positivo riscontro, si inviano
Distinti saluti
Il coordinatore del Centro
prof. Giancarlo Crociani
Ferrara 30/04/2003
Al Direttore de “La Nuova Ferrara”
Il ticket in pronto soccorso si paga da oltre 10 anni!
Nel merito dell’articolo pubblicato il giorno 30 aprile, dal titolo “Le nuove regole al pronto soccorso”, con il
sottotitolo “Un ticket per disincentivare la corsa esagerata agli ambulatori”, facendo riferimento alla nuova direttiva regionale e
con l’indicazione che, a partire da giugno, sarebbero entrati in vigore i ticket per le prestazioni sanitarie non urgenti, va
precisato che i ticket in pronto soccorso si pagano già, da oltre 10 anni, in base a due circolari regionali, del giugno 1992 e del
giugno 1993, che fissavano la quota da pagare per coloro che, non avendo problemi urgenti, facevano un uso improprio del
pronto soccorso.
Come volontari del Centro per i diritti dei malati, non abbiamo mai contestato tale scelta, perché abbiamo condiviso
la necessità di disincentivare il ricorso al pronto soccorso, quando si sarebbe potuto chiedere l’intervento del proprio medico di
base o quando sarebbe stato possibile rivolgersi alla guardia medica.
Quello che invece abbiamo dovuto più volte contestare, in parecchi casi, ogni anno, da allora, è stata l’interpretazione
burocratica di quella delibera che ha portato, non poche volte, a situazioni paradossali come quelle che il sottoscritto aveva già
segnalato alla stampa cittadina, in particolare con una lettera inviata nel gennaio 2001, perché era stato chiesto il pagamento del
ticket a tre persone, delle quali:
*- una era stata trasportata in ambulanza dal pronto soccorso di Copparo a quello di Ferrara;
*- un’altra, dal pronto soccorso di Bondeno era stata trasferita a quello di Cento;
*- un’altra ancora, dal pronto soccorso di Bondeno era stata indirizzata a quello del S.Anna.
In aggiunta a questi casi “assurdi”, molto più numerosi sono stati i casi in cui tante persone che avevano fatto il giusto
percorso: e cioè quello di rivolgersi al proprio medico di base, al pediatra o alla guardia medica, e da questi, erano stati
indirizzati al pronto soccorso, sono stati ugualmente chiamati a pagare il ticket per le prestazioni fornite. Un ticket che i
cittadini, e noi con loro, ritenevamo ingiustificato in quanto il ricorso al pronto soccorso non era stata una scelta autonoma, ma
conseguenza della valutazione di un medico.
In altri casi ancora, riguardanti malati che venivano classificati con il codice verde (con il quale si attesta comunque
un bisogno urgente, anche se viene dopo il codice rosso e giallo), le aziende chiedevano il pagamento del ticket perché veniva
interpretata in modo burocratico la delibera regionale che prevedeva l’esenzione soltanto in casi molto particolari.
In questi dieci anni, il nostro Centro ha raccolto centinaia di segnalazioni di cittadini insoddisfatti e personalmente ho
scritto decine di lettere anche alla regione, sollecitando le necessarie modifiche alla delibera regionale. E queste sollecitazioni
le ho anche portate, insieme ad altri, in seno al “Comitato consultivo regionale per la qualità dei servizi” e, in una riunione che
si è tenuta 4 o 5 anni fa, la regione si era impegnata a tener conto, in tempi che avrebbero dovuto essere brevi, delle proposte
presentate.
La delibera che la regione ha quindi finalmente adottato, nel febbraio di quest’anno, non introduce il ticket per le
prestazioni di pronto soccorso (perché già dal ’92 si pagavano £.25.000 per la visita e 50.000 se vi erano altre prestazioni
specialistiche, come quasi sempre accadeva), ma conferma scelte già adottate (lettere a, b, e) e stabilisce nuove regole che
tengono conto delle proposte anche da noi avanzate (lettere c, d). In sintesi:
f) sono esenti dal ticket coloro che vengono ricoverati o che sono esenti per legge;
g) sono esenti, inoltre, tutti i malati classificati con codici rossi, gialli e verdi;
h) sono esenti i malati che necessitano di “osservazione breve intensiva”;
i) sono esenti i malati che accedono al pronto soccorso su richiesta formale del medico di base, del pediatra, della guardia
medica o di un medico di altro pronto soccorso;
j) sono invece sottoposti a ticket i codici bianchi, con quote di compartecipazione che variano in relazione al numero e al
tipo delle prestazioni e degli accertamenti effettuati; così come avviene per qualunque persona che segua il percorso
normale di accesso alle prestazioni specialistiche.
La delibera, inoltre, sempre al fine di ridurre l’accesso improprio ai pronto soccorso e anche per agevolare l’accesso
alle prestazioni che si possono rendere necessarie per i malati, fornisce alle aziende sanitarie una serie di indirizzi ed
orientamenti che riguardano le attività da sviluppare, a livello distrettuale:
• per promuovere e sostenere le forme associative dei medici di medicina generale;
• perché vi sia almeno un ambulatorio aperto, a turno, nelle giornate prefestive e festive;
• per migliorare il servizio di continuità assistenziale prefestiva e festiva;
• per facilitare i collegamenti tra medici di base, pediatri e medici di guardia medica.
Nel complesso, dunque, la nuova delibera regionale presenta aspetti positivi e migliorativi rispetto alla situazione
precedente. Si tratterà di valutare se sarà correttamente attuata e quali risultati saranno conseguiti.
Il coordinatore del Ctdm
Giancarlo Crociani
UNO SGUARDO SULLA REALTA’ DEL VOLONTARIATO
ISCRITTO NEL REGISTRO REGIONALE
IN EMILIA-ROMAGNA E IN PROVINCIA DI FERRARA.
Sulla base degli ultimi fati forniti dall’assessorato alle politiche sociali della nostra regione, a fine dicembre 2003, le
organizzazioni iscritte al registro regionale del volontariato hanno raggiunto quota 2.202. Continua dunque a crescere il numero
delle organizzazioni impegnate nei diversi settori di intervento, confermando una netta prevalenza nel settore sanitario e in
quello socio-assistenziale.
Con riferimento alla realtà delle diverse province, è possibile costruire un quadro nel quale si può notare una maggior presenza
di organizzazioni di volontariato nelle province più popolate. Quella che vede la presenza di un maggior numero di organizzazioni è,
ovviamente, il capoluogo regionaleOrganizzazioni di volontariato presenti in Emilia-Romagna. Distribuzione per provincia
Bologna
Parma
Modena
ForlìCesena
ReggioEmilia
Ravenna
Ferrara
Piacenza
Rimini
EmiliaRomagna
429
20,5%
300
13,6%
295
13,4%
250
11,4%
229
10,4%
218
9,9%
********
190
8,6%
165
7,5%
126
5,7%
2.202
100%
In rapporto alla popolazione residente (dati relativi al 2001), il numero delle organizzazioni di volontariato nelle province
risulta essere abbastanza equilibrato. In base a questa graduatoria, la provincia con maggior numero di organizzazioni rispetto alla
popolazione è Parma. La provincia di Ferrara si colloca in perfetta media regionale.
Organizzazioni di volontariato in rapporto con la popolazione residente
Parma
1/1333
ForlìCesena
1/1426
Ravenna
Piacenza
Ferrara
1/1616
1/1619
1/1828
ReggioEmilia
1/1991
*******
Modena
Bologna
Rimini
1/2144
1/2149
1/2180
EmiliaRomagna
1/1820
Per quanto concerne, invece, la presenza delle organizzazioni di volontariato nell’ambito dei vari settori di intervento, appare
un quadro nel quale si può notare che le organizzazioni impegnate nel settore sociale e sanitario costituiscono circa il 73/% del totale.
Organizzazioni di volontariato in Emilia-Romagna per settore di intervento
SocioSanitario
assistenziale
Tutela
e Tutela
e Attività
promozione valorizzazione educative
dei diritti
dell’ambiente
816
37,1%
113
5,1%
783
35,6%
113
5,1%
41
1,9%
Cultura e Protezione Attività
beni
civile
ricreative/
culturali
sportive
79
3,6%
********
176
8,0%
5
0,2%
Tutela
degli
animali
Centri di
servizio
67
3,0%
9
0,4%
Anche in provincia di Ferrara, l’impegno del volontariato è rivolto, in grande maggioranza, e con le stesse percentuali
regionali, nel settore della sanità e dei servizi socio-assistenziali.
Organizzazioni di volontariato in provincia di Ferrara suddivise per settore di intervento
Sanitario
Socioassistenziale
Tutela
e Tutela
e Attività
promozione valorizzazione educative
dei diritti
dell’ambiente
68
35,8%
7
0,4%
69
36,3%
3
0,2%
Tutela
degli
animali
Centri di
servizio
3
19
10
1
0,2%
10,0%
0,5%
0,05%
*********
Manca ancora, nella nostra regione, una conoscenza altrettanto dettagliata della realtà del volontariato non iscritto nel registro.
Purtroppo, non sembra crescere, con lo stesso ritmo, il numero dei volontari attivi.
Ferrara gennaio 2004
10
0,5%
Cultura e Protezione Attività
beni
civile
ricreative/
culturali
sportive
Giancarlo Crociani
The Secretary-General, message on the International Volunteer Day, 5 December 2003
Amid a daily dose of news stories about war, conflicts and other man-made disasters, it is often a challenge not to
lose heart when we see the suffering inflicted on so many millions of people throughout the world. But far away from the
spotlight, there are millions of generous individuals who, around the clock and around the world, roll up their sleeves and
volunteer to help in any way they can.
Working alone or as part of an organized movement, they care for the old, the sick and the handicapped. They lend
a hand to people living with HIV/AIDS, and help remove the stigma unjustly attached to them. They teach children to read,
and young adults the vocational skills they need to make a living. They build houses, clean rivers, dig wells and improve
living conditions in many other ways as well. They help to protect human rights, build democracy, resolve conflict and
maintain peace. They rush relief supplies to people struck by calamity, and work with marginalized groups to ensure that
their needs are heard and met.
Volunteers do not ask, “why volunteer?”, but rather “when?”, “where?” and “how?”. These dedicated and
courageous individuals are important partners in the quest for a better, fairer and safer world.
Information and communication technologies make volunteering simpler than ever. Increasingly, volunteers go
on-line to share their skills with those in need. They build websites and databases, provide legal support, create curricula
for schools and take on a vast range of other tasks that can be carried out from a home computer with access to the Internet.
And through the United Nations Information Technology Service (UNITeS), a qualified corps of ICT volunteers works onsite in developing countries to help people learn how to use the resources of the Internet and of information technology for
human development.
On this International Volunteer Day, let us recognize the contribution that volunteers make to societies all over the
world. Let us also pay tribute to one of their greatest champions, the late Sharon Capeling-Alakija, the Executive
Coordinator of the United Nations Volunteers (UNV) who passed away last month. And let us remember that each
contribution – no matter how small – can help make a difference.
************
Kofi A. Annan
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite. Messaggio per la “Giornata Internazionale dei Volontari”
Nella massa giornaliera di notizie di guerra, conflitti e altri disastri provocati dall’uomo, è spesso difficile evitare
di scoraggiarsi quando si vedono le sofferenze inflitte a tanti milioni di persone in tutto il mondo. Ma, lontano dai riflettori,
ci sono milioni di individui che, ad ogni ora e in tutto il mondo, si tirano su le maniche e svolgono attività di volontariato in
tutti i modi possibili.
Lavorando da soli o come parte di un movimento organizzato, si prendono cura degli anziani, dei malati e degli
handicappati. Tendono una mano a persone che vivono con l’HIV/AIDS e si impegnano a rimuovere lo stigma che viene
loro ingiustamente attribuito. Insegnano a leggere ai bambini. Insegnano ai giovani adulti le conoscenze di cui hanno
bisogno per guadagnarsi da vivere. Costruiscono case, puliscono fiumi, scavano pozzi e migliorano le condizioni di vita in
molti altri modi. Aiutano a tutelare i diritti umani, a costruire la democrazia, a risolvere i conflitti e a mantenere la pace.
Corrono a portare soccorso alle persone colpite da calamità e lavorano con gruppi emarginati per assicurarsi che si dia
ascolto e risposta ai loro bisogni.
I volontari non chiedono “perché fare il volontario?”, ma piuttosto “quando?, “dove?” e “come?”. Questi
individui, interessati e coraggiosi, sono partner importanti nella ricerca di un mondo migliore, più giusto e più sicuro.
Le informazioni e le tecnologie della comunicazione rendono più semplice che mai l’attività di volontariato. In
modo crescente, i volontari entrano in rete per condividere le loro esperienze con coloro che vivono in condizione di
bisogno. Costruiscono siti web e banche dati, forniscono sostegno legale, creano piani di studio per le scuole e si accollano
una vasta gamma di altri compiti che possono essere svolti da un computer con accesso a internet. E attraverso il Servizio
tecnologico dell’informazione delle Nazioni Unite, gruppi qualificati di volontari lavorano in rete nei paesi in via di
sviluppo per insegnare ad utilizzare le risorse di internet e della tecnologia dell’informazione per lo sviluppo umano.
In questa “giornata internazionale dei volontari”, dobbiamo riconoscere il contributo che i volontari forniscono
alla società in tutto il mondo. (…) E ricordiamo che qualsiasi contributo, per quanto piccolo, può aiutare a fare la
differenza.
Traduzione di G.C.
Ferrara 27/07/2004
Al Direttore de “La Nuova Ferrara”
Oggetto: S.Anna. Perizie medico legali.
Tempi di attesa da un anno a due anni?
Lettere senza risposta
Egregio Direttore,
Le invio copia di due lettere, sul tema indicato in oggetto, datate 26 gennaio e 6 maggio, che non hanno
finora avuto nessuna risposta da nessuno degli interlocutori ai quali ci siamo rivolti, nell’intento di tutelare quei
cittadini che, nella convinzione di aver subito un danno, avanzano richiesta di risarcimento.
In base al “regolamento di pubblica tutela” adottato da anni dall’azienda ospedaliera e ripreso anche
nell’ultima stesura della “Carta dei servizi”, il tempo di attesa per fornire risposta alle istanze dei cittadini, anche
nei casi più complessi, come quelli che richiedono valutazioni medico legali, non dovrebbe superare i tre o
quattro mesi.
In non pochi casi, invece, il tempo di attesa, per le perizie richieste all’Istituto di Medicina legale
dell’Università, può largamente superare i dodici mesi.
Sarebbe anzi interessante poter ottenere dall’azienda ospedaliera un’analisi dettagliata su:
a) il numero delle richieste di risarcimento avanzate negli ultimi anni;
b) i tempi di attesa che sono stati necessari per fornire le risposte;
c) il numero delle perizie nelle quali è stato riconosciuto il danno procurato ai malati, rispetto a quelle
nelle quali, invece, è stata negata qualsiasi responsabilità dell’azienda;
d) il numero dei casi per i quali è stato avviato un procedimento penale o civile e qual è stato l’esito di
questi procedimenti e quanti sono quelli ancora in corso.
Prolungare i tempi del contenzioso e tendere a negare ogni responsabilità, non solo lede i diritti dei
cittadini a veder riconosciuto il danno subito e a poter ottenere un equo risarcimento, ma ritengo comporti
anche, a lungo andare, un aumento delle spese processuali e una maggiorazione dei costi per l’assicurazione del
personale.
Distinti saluti
Giancarlo Crociani
Ferrara 18/04/2005
Ai Parlamentari in indirizzo
E p.c. Alle Associazioni e alle Persone in indirizzo
Oggetto: Legge 210/92 (Indennizzo alle persone danneggiate
da vaccinazioni o da trasfusioni di sangue infetto)
Nel trasmettere il resoconto dell’attività che il nostro Centro ha svolto, per diversi anni, e sta ancora
svolgendo, per garantire informazione, sostegno, consulenza e tutela, a molte persone che hanno subito danni,
prevalentemente a causa di trasfusioni di sangue infetto effettuate negli anni precedenti il 1990, si coglie
l’occasione per richiamare l’attenzione su due aspetti che meritano particolare attenzione:
a) Domande respinte perché presentate fuori termine.
Decine di persone, nella nostra provincia, a causa di una assai scarsa informazione da parte delle
istituzioni pubbliche interessate, o per errate informazioni ricevute da coloro ai quali si sono rivolte, hanno
presentato domanda di indennizzo con anni di ritardo rispetto ai tempi stabiliti dalla legge.
Per ovviare a questa grave ingiustizia, nel 2001 è stata presentata una proposta di legge che è stata
approvata dalla competente Commissione della Camera, in sede deliberante, verso la metà dello scorso anno, ed
è stata trasmessa al Senato per quello che poteva sembrare una facile e veloce approvazione definitiva.
Purtroppo, non abbiamo buone notizie sull’iter che questa proposta sta avendo al Senato. Per questo ci
permettiamo di sollecitare tutti coloro che possono intervenire affinché sia posto riparo a una grave ingiustizia
che penalizza, spesso, quelli che hanno subito i danni più gravi e che, proprio per le loro gravi condizioni di
salute, non avevano tempo e modo di informarsi sul contenuto di una legge che non conoscevano, impegnati
com’erano, a frequentare ambulatori, oppure reparti ospedalieri, per curare le loro malattie.
b) Domande respinte per non ascrivibilità a nessuna categoria.
Si chiede inoltre di porre attenzione anche alle tante persone che, pur avendo avuto il riconoscimento
del nesso di causa tra la trasfusione e l’epatite, e pur avendo presentato domanda nei tempi previsti, non sono
risultate ascrivibili a nessuna delle 8 categorie previste dalla legge e non possono, quindi, godere di nessun
beneficio benché le Commissioni mediche abbiano accertato che l’epatite ha provocato una “menomazione
permanente dell’integrità psico-fisica”.
inviano
Confidando nella disponibilità a porre la necessaria attenzione alla soluzione dei problemi posti, si
Distinti saluti
Il coordinatore del Centro
prof. Giancarlo Crociani
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