Ferrara 07/01/2001 e p.c. Agli Organi di informazione locali Al Presidente della Giunta regionale Oggetto: Sui ticket in Pronto soccorso. Lettera aperta al Presidente della Giunta regionale. Da quando, diversi anni or sono, la nostra regione aveva imposto il pagamento di un ticket, per le prestazioni di pronto soccorso che non rivestivano nessun carattere di urgenza, non abbiamo mai sollevato obiezioni, benché non tutte le regioni italiane avessero adottato la stessa decisione. Il ticket era stato giustificato con l’esigenza di ridurre il ricorso ad un uso improprio del pronto soccorso e per stimolare un più corretto rapporto con i medici di medicina generale. E anche a noi sembrava che, se una persona si rivolge all’ospedale, per una questione banale per la quale può rivolgersi al medico di base, con il rischio di prolungare i tempi degli interventi per chi presenta vere urgenze, era giusto che venisse richiesto il pagamento di un ticket. Nel corso degli anni, tuttavia, abbiamo dovuto seguire i casi di parecchie decine di persone che si erano presentate al pronto soccorso del S.Anna o a qualche pronto soccorso della USL, non per questioni banali, e non perché non si fossero prima rivolte al loro medico di base; ma per questioni serie per le quali il medico di base, il pediatra o uno specialista avevano consigliato un accertamento in pronto soccorso. O persino quando un malato era stato inviato da un pronto soccorso della provincia a quello del S.Anna. Anche in questi casi, dunque, sulla base della interpretazione della circolare regionale in vigore, veniva chiesto il pagamento del ticket. In alcuni di questi casi siamo riusciti a far revocare le richieste dei ticket. Ma in molti altri casi, nonostante le lettere inviate anche all’assessorato regionale alla sanità, non si è riusciti a modificare un atteggiamento che riteniamo ingiusto. In un opuscolo che, a firma del Presidente della Giunta regionale, era stato inviato a tutte le famiglie, prima delle ultime elezioni amministrative, siamo stati informati sulle diverse classificazioni delle prestazioni di pronto soccorso, con l’indicazione che solo quelle classificate “colore bianco” erano soggette a ticket. Mentre, nella realtà dei fatti, anche dopo la distribuzione dell’opuscolo, molte prestazioni classificate “colore verde”, venivano e vengono ancora sottoposte al pagamento del ticket. Nei primi giorni di questo inizio d’anno, abbiamo già ricevuto tre diverse segnalazioni che ci hanno costretto a riproporre pubblicamente la questione, chiamando in causa il presidente della Giunta regionale. E questo, in un momento in cui, tra l’altro, il governo ha deciso di avviare una progressiva riduzione e abolizione di tutti i ticket. I casi che sono stati sottoposti alla nostra attenzione, da persone che giustamente ritengono del tutto ingiusta ed ingiustificata la richiesta del ticket, riguardano: 1) una persona che, su richiesta del pronto soccorso di Copparo, è stata inviata a quello del S.Anna; 2) una persona che, su richiesta del pronto soccorso di Bondeno, è stata inviata a quello di Cento; 3) una persona che, su richiesta del pronto soccorso di Bondeno, è stata inviata a quello del S.Anna. In tutti e tre questi casi, è stata trasmessa al domicilio degli interessati la richiesta del pagamento ticket. Ma, come si può giustificare una tale richiesta? Circa tre anni fa, in un incontro promosso dall’assessorato regionale alla sanità con i presidenti dei comitati consultivi misti, era stata presentata la bozza di una nuova direttiva, per le prestazioni di pronto soccorso, nella quale venivano accolte alcune nostre proposte e non si prevedeva più il ticket per prestazioni richieste da medici pubblici o per prestazioni classificate con colore diverso dal bianco. Anche in una recente riunione del “Comitato consultivo regionale per la verifica della qualità dei servizi dal lato degli utenti”, sono state ribadite le stesse richieste. Ma la regione non si è ancora pronunciata. E così, continuano a verificarsi situazioni che non possono che provocare un giustificato malcontento nelle persone direttamente coinvolte. C’è da augurarsi che la regione prenda, finalmente, una decisione positiva e definitiva. Il coordinatore del Centro prof. Crociani Giancarlo Ferrara 29/01/2001 Al Direttore de La Nuova Ferrara Con riferimento agli articoli pubblicati il 25 gennaio, con i titoli “S.Anna, meno reclami” e “S.Anna promosso dai ferraresi”, nei quali sono stati riportati i dati e le informazioni fornite dall’azienda ospedaliera, nella conferenza stampa che si è tenuta il giorno 24 gennaio, vorrei esprimere alcune considerazioni. Ho presieduto il Comitato consultivo del S.Anna nei due anni che vanno dal novembre 1998 al novembre 2000. Poi, per problemi nati all’interno della organizzazione della quale il Centro per i diritti del malato-Tribunale del malato faceva parte (e dalla quale il Centro si è ora separato rendendosi del tutto autonomo con la denominazione di “Centro per la tutela dei diritti dei malati”), sono stato cortesemente invitato dal Direttore generale del S.Anna a dare le dimissioni, pena lo scioglimento del Comitato stesso. Pur ritenendo del tutto ingiustificata la richiesta, perché i problemi interni ad una organizzazione non avrebbero dovuto influire sulle libere scelte del Comitato che mi aveva eletto presidente, ho comunque preferito dare le dimissioni per non compromettere l’attività di un organismo che ha, come finalità, “la verifica della qualità dei servizi dal lato degli utenti”. Per questo, non ho potuto partecipare, perché non invitato, alla conferenza stampa del 24 gennaio. Sui dati che sono stati pubblicati, nella tavola contenente le schede pervenute dalle tre diverse fonti (Centro per i diritti del malato, Urne al S.Anna e Ufficio relazioni con il pubblico), non avendo diretta conoscenza relativamente alle segnalazioni e ai reclami provenienti dalle altre fonti, posso però fornire dati più precisi per quanto concerne le segnalazioni raccolte e trattate dal Centro per i diritti dei malati. Confrontando dunque i dati forniti dal S.Anna con quelli rilevati da noi direttamente, e con riferimento al quadriennio preso in considerazione nella tabella pubblicata, si possono notare alcune differenze: Periodo considerato dati forniti dall’ URP dati forniti dal CTDM 1997 259 252 1998 228 272 1999 227 263 2000 117 196 Per le attività del nostro Centro che hanno riguardato l’Azienda USL di Ferrara e altre Aziende o altre istituzioni pubbliche o private, e per gli stessi anni, si possono fornire i dati seguenti: dati CTDM per l’USL dati CTDM per altre Aziende o Enti 180 98 204 126 187 205 183 266 Per quanto poi riguarda il confronto tra il numero delle segnalazioni presentate all’ufficio relazioni con il pubblico (463) e quelle presentate al centro per la tutela dei diritti (196), sarebbe opportuno, oltre a una analisi sulla “quantità”, fare una approfondita analisi della “qualità” dei reclami. Una analisi più dettagliata dei singoli casi segnalati al nostro centro, con riferimento al tipo di reclamo presentato, secondo la griglia che è stata da tempo concordata nell’ambito del Comitato consultivo, sarà presentata nei prossimi mesi, appena avrà potuto essere effettuata. Posso comunque confermare, anch’io, un calo nel numero delle segnalazioni, al S.Anna, nel 2000, rispetto ai tre anni precedenti. E’ vero che l’azienda ospedaliera potrebbe obiettare che noi conteggiamo nell’anno 2000 anche una parte di segnalazioni che ci sono state consegnate nell’anno precedente. Ma questo è avvenuto anche negli anni precedenti, e non è colpa nostra se vi sono casi che, anziché essere risolti nei tempi fissati dal regolamento di pubblica tutela, devono essere seguiti anche in anni successivi. Per quanto concerne la serie di incontri che l’azienda ha promosso l’anno scorso, con i singoli servizi e reparti, per valutare l’insieme dei reclami che i cittadini avevano presentato nel corso del 1999, è stata una iniziativa comunicata al Comitato consultivo e che il Comitato ha ritenuto utile. Per questo aveva chiesto, cosa che non era inizialmente prevista, di poter presenziare agli incontri con un proprio rappresentante in veste di osservatore, designando a tal fine la signora Meli. L’iniziativa, da quello che leggo dal giornale, si è trasformata in un “progetto sulla comunicazione”. E’ certamente un progetto da condividere, anche se, su un tale progetto, il livello di coinvolgimento e di partecipazione dei rappresentanti delle organizzazioni di volontariato e di tutela dei diritti dei cittadini dovrebbe essere ben più elevato di quello che si è registrato in questa fase. Che il rapporto di “comunicazione”, tra operatori sanitari (primari, direttori, medici, infermieri, tecnici, ecc) e cittadini malati (o familiari di malati), sia di particolare importanza è un dato scontato. Nelle relazioni personali rientrano le modalità dell’accoglienza, l’informazione tempestiva e adeguata, la cortesia, la disponibilità all’ascolto, il rispetto del pudore e della riservatezza, l’attenzione a chi presenta problemi gravi e urgenti. Più volte, nelle relazioni annuali sull’attività svolta dal nostro centro, e in qualche incontro con il Direttore generale del S.Anna, ho fatto presente che una parte non piccola delle segnalazioni e dei reclami è legata a difficoltà di comunicazione con il personale e, soprattutto, con i medici curanti, per la difficoltà non solo ad ottenere, ma anche a dare informazioni si ritengono utili. Se vi è un buon rapporto di comunicazione, vi è in genere una maggiore disponibilità anche a perdonare qualche disservizio o qualche errore. Ma se si viene trattati in modo brusco o sbrigativo, oppure manca la necessaria attenzione e disponibilità, perché si dovrebbe essere inclini al perdono nel caso di eventuali errori o disservizi? Il calo delle segnalazioni che si è registrato al S.Anna, l’anno scorso, è riconducibile a una maggiore attenzione al rapporto di comunicazione con i malati e i loro familiari? Si è in presenza di un cambiamento culturale che avrà effetti permanenti? C’è da augurarsi di sì. Avremo comunque la possibilità di verificarlo a partire da quest’anno e nei prossimi anni. Il Centro per la tutela dei diritti dei malati, nel quale sono confluiti tutti i volontari dell’ex Tribunale per i diritti del malato, continuerà ad essere un punto di riferimento per i cittadini della nostra città e della provincia. Distinti saluti Il coordinatore del Centro prof. Crociani Giancarlo Ferrara 24/1/2003 Lettera al Direttore Barelle: condizione umiliante per i malati e i loro familiari e incubo per gli operatori. Nel leggere le lettere e gli articoli apparsi in questi giorni sulla stampa locale, su un grave problema da troppi anni irrisolto, mi sono ricordato di una lettera, scritta nel gennaio del 1997, indirizzata alle redazioni dei giornali locali. Una lettera che potrebbe essere nuovamente utilizzata anche oggi, senza praticamente cambiare una virgola. Il testo era il seguente: Ferrara 08/01/97 Alle Redazioni dei giornali locali “In questi ultimi giorni, la stampa locale ha dato rilievo alla presenza di barelle in alcuni reparti del S.Anna. Nonostante il calo dei tempi medi di degenza, la consistente riduzione dei posti letto, comporta, inevitabilmente, in assenza di alternative valide sul territorio, la necessità di accogliere persone in soprannumero rispetto alla reale disponibilità, soprattutto nei reparti di Medicina Generale. Persone gravemente malate (perché altrimenti non accetterebbero il ricovero in quelle condizioni) vengono quindi sistemate in barelle che vengono collocate ai piedi dei letti di altri degenti, o in mezzo agli altri letti, oppure sono collocate nei corridoi, a pochi centimetri dal pavimento e senza nessuno di quegli ausili che sono indispensabili ad ogni ricoverato: un armadietto per porre la propria biancheria, il comodino dove sistemare i propri oggetti personali, il campanello per dare l'allarme in caso di bisogno, ecc. I malati in barella, oltre a trovarsi in condizioni di particolare disagio personale, per come vengono sistemati, risentono anche, spesso, di una inadeguata assistenza medica ed infermieristica. E ciò, non soltanto perché il lavoro degli operatori sanitari deve essere distribuito tra un numero maggiore di degenti, ma perché la stessa sistemazione in barella rende assai più difficili effettuare tutte le prestazioni sanitarie e anche le cure igieniche. Siamo stati chiamati, in questi giorni, a far visita ad uno di questi reparti con barelle. Ci è stato segnalato che una persona ricoverata alle sei del mattino, e sistemata in barella, è morta, qualche ora dopo, in quelle condizioni. Tra le rivendicazioni che avanziamo, come Tribunale del Malato, non c'è soltanto la richiesta di una "assistenza sanitaria adeguata", ma anche quella di una "morte dignitosa". Entrambe non potranno mai essere garantite ai malati sistemati nelle barelle.” Del problema delle barelle me ne sono ovviamente occupato anche molto prima del 1997 e ho dovuto occuparmene anche dopo, sia come coordinatore del Centro per la tutela dei diritti del malato, sia nella qualità di presidente o di membro del comitato consultivo misto del S.Anna. Devo dire che le segnalazioni riguardanti i ricoveri in barella sono state sempre poche, rispetto al numero complessivo delle persone ricoverate in quelle condizioni. Molte persone (malati e familiari) hanno sopportato e sopportano questa situazione come un fatto ineluttabile contro il quale nulla si può fare. Alcune, invece, giustamente si ribellano, ritenendo insopportabile e inaccettabile, in un paese e in un ospedale moderno, che una persona seriamente malata debba essere accolta in ospedale senza il necessario comfort alberghiero e, soprattutto, in condizioni di mancato rispetto della dignità, del pudore e della riservatezza e con serie difficoltà, per il personale, di garantire adeguata assistenza e cura. E’ un fatto molto positivo che alla voce dei malati si aggiunga quella degli infermieri, a livello individuale o di gruppo (nel novembre del 2001 era giunta al nostro Centro una segnalazione sottoscritta da 19 infermieri del reparto di Medicina dell’ospedale di Cento), per sottolineare la necessità e l’urgenza di dare soluzione al problema. Per quanto concerne il Centro per la tutela dei diritti dei malati, posso qui fare soltanto un breve elenco delle lettere inviate al S.Anna, negli ultimi tempi, sulla base delle segnalazioni dei cittadini: 2001: Ricoveri e decessi in barella; Un decesso in barella; Ricovero in barella 2002: Anziana in barella e disponibilità di posti letto; Paziente in branda dimesso con febbre altissima; Un ricovero in barella e una caduta nel corridoio; Un decesso in barella; Una malata grave in barella per 4 giorni; 2003: Una lettiga in mezzo a 6 letti. Nel corso di una riunione del Comitato consultivo del S.Anna, che si è tenuta il 13 marzo dell’anno scorso, proprio sul problema barelle, ho avanzato, insieme ad altri, le seguenti proposte: a) verificare il dato esatto dei ricoveri in barella (alcune ore, un giorno, più giorni? ricovero in stanza o nel corridoio? quanti i decessi in barella? è possibile garantire una morte dignitosa su una barella?); b) fornire un quadro trimestrale della situazione nei vari reparti per verificare se vi erano fenomeni stagionali o una presenza di barelle lungo tutto l’arco dell’anno; c) accertare la reale disponibilità di posti letto in tutti i reparti per evitare i ricoveri in barelle; d) eliminare le brandine che tengono i malati a pochi centimetri dal pavimento, in condizioni di scarsa igiene e di difficoltà per le cure, e sostituirle con letti di scorta da utilizzare in caso di assoluta necessità; e) stabilire precisi accordi con l’azienda USL e con le case di cura private per affrontare insieme il problema e giungere a soluzioni adeguate; f) garantire una corretta attuazione della delibera regionale sull’assistenza domiciliare integrata, per evitare ritardi nelle dimissioni anche nei casi difficili e per garantire dimissioni “protette”; g) valutare la possibilità di un maggiore impegno da parte dei medici di base (specie la medicina di gruppo) per assicurare una assistenza al domicilio in alternativa al ricovero ospedaliero in situazioni precarie; h) controllare se, negli altri ospedali della nostra regione, il problema si presenta negli stessi modi e con le stesse dimensioni o se, invece, si è trovata qualche soluzione che possa essere presa ad esempio. Il comitato consultivo deve ancora ricevere risposte. Distinti saluti Il coordinatore del C.T.D.M. Giancarlo Crociani Ferrara 30/04/2003 Al Direttore de “Il Resto del Carlino” Il ticket in pronto soccorso si paga da oltre 10 anni! Nel merito dell’articolo pubblicato il giorno 30 aprile, dal titolo “Si paga al pronto soccorso”, facendo riferimento alla nuova direttiva regionale e con l’indicazione che, a partire da giugno, sarebbero scattate le nuove tariffe, va precisato che i ticket in pronto soccorso si pagano da oltre 10 anni, in base a due circolari regionali, del giugno 1992 e del giugno 1993, che fissavano la quota da pagare per coloro che, non avendo problemi urgenti, facevano un uso improprio del pronto soccorso. Come volontari del Centro per i diritti dei malati, non abbiamo mai contestato tale scelta, perché abbiamo condiviso la necessità di disincentivare il ricorso al pronto soccorso, quando si sarebbe potuto chiedere l’intervento del proprio medico di base o quando sarebbe stato possibile rivolgersi alla guardia medica. Quello che invece abbiamo dovuto più volte contestare, in parecchi casi, ogni anno, da allora, è stata l’interpretazione burocratica di quella delibera che ha portato, non poche volte, a situazioni paradossali come quelle che il sottoscritto aveva già segnalato alla stampa cittadina, in particolare con una lettera inviata nel gennaio 2001, perché era stato chiesto il pagamento del ticket a tre persone, delle quali: *- una era stata trasportata in ambulanza dal pronto soccorso di Copparo a quello di Ferrara; *- un’altra, dal pronto soccorso di Bondeno era stata trasferita a quello di Cento; *- un’altra ancora, dal pronto soccorso di Bondeno era stata indirizzata a quello del S.Anna. In aggiunta a questi casi “assurdi”, molto più numerosi sono stati i casi in cui tante persone che avevano fatto il giusto percorso: e cioè quello di rivolgersi al proprio medico di base, al pediatra o alla guardia medica, e da questi, erano stati indirizzati al pronto soccorso, sono stati ugualmente chiamati a pagare il ticket per le prestazioni fornite. Un ticket che i cittadini, e noi con loro, ritenevamo ingiustificato in quanto il ricorso al pronto soccorso non era stata una scelta autonoma, ma conseguenza della valutazione di un medico. In altri casi ancora, riguardanti malati che venivano classificati con il codice verde (con il quale si attesta comunque un bisogno urgente, anche se viene dopo il codice rosso e giallo), le aziende chiedevano il pagamento del ticket perché veniva interpretata in modo burocratico la delibera regionale che prevedeva l’esenzione soltanto in casi molto particolari. In questi dieci anni, il nostro Centro ha raccolto centinaia di segnalazioni di cittadini insoddisfatti e personalmente ho scritto decine di lettere anche alla regione, sollecitando le necessarie modifiche alla delibera regionale. E queste sollecitazioni le ho anche portate, insieme ad altri, in seno al “Comitato consultivo regionale per la qualità dei servizi” e, in una riunione che si è tenuta 4 o 5 anni fa, la regione si era impegnata a tener conto, in tempi che avrebbero dovuto essere brevi, delle proposte presentate. La delibera che la regione ha quindi finalmente adottato, nel febbraio di quest’anno, non introduce il ticket per le prestazioni di pronto soccorso (perché già dal ’92 si pagavano £.25.000 per la visita e 50.000 se vi erano altre prestazioni specialistiche, come quasi sempre accadeva), ma conferma scelte già adottate (lettere a, b, e) e stabilisce nuove regole che tengono conto delle proposte anche da noi avanzate (lettere c, d). In sintesi: a) sono esenti dal ticket coloro che vengono ricoverati o che sono esenti per legge; b) sono esenti, inoltre, tutti i malati classificati con codici rossi, gialli e verdi; c) sono esenti i malati che necessitano di “osservazione breve intensiva”; d) sono esenti i malati che accedono al pronto soccorso su richiesta formale del medico di base, del pediatra, della guardia medica o di un medico di altro pronto soccorso; e) sono invece sottoposti a ticket i codici bianchi, con quote di compartecipazione che variano in relazione al numero e al tipo delle prestazioni e degli accertamenti effettuati; così come avviene per qualunque persona che segua il percorso normale di accesso alle prestazioni specialistiche. La delibera, inoltre, sempre al fine di ridurre l’accesso improprio ai pronto soccorso e anche per agevolare l’accesso alle prestazioni che si possono rendere necessarie per i malati, fornisce alle aziende sanitarie una serie di indirizzi ed orientamenti che riguardano le attività da sviluppare, a livello distrettuale: • per promuovere e sostenere le forme associative dei medici di medicina generale; • perché vi sia almeno un ambulatorio aperto, a turno, nelle giornate prefestive e festive; • per migliorare il servizio di continuità assistenziale prefestiva e festiva; • per facilitare i collegamenti tra medici di base, pediatri e medici di guardia medica. Nel complesso, dunque, la nuova delibera regionale presenta aspetti positivi e migliorativi rispetto alla situazione precedente. Si tratterà di valutare se sarà correttamente attuata e quali risultati saranno conseguiti. Il coordinatore del Ctdm Giancarlo Crociani Ferrara 20/03/2003 e p.c. Alla presidente della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati Palazzo Montecitorio - Roma Alle Persone in indirizzo Alle redazioni dei giornali locali Oggetto: Legge 210/92 Abolizione dei termini per la presentazione delle domande Abbiamo letto, su “Il sole- 24 ore”dell’11 marzo 2003, che la “Commissione Affari Sociali” della Camera dei deputati, in sede referente, ha concluso l’esame di una proposta di modifica della legge 210/92 che “abolisce i termini di presentazione delle domande per ottenere l’indennizzo dei danni derivanti da vaccinazioni obbligatorie o trasfusioni di sangue infetto, estendendo il beneficio anche agli operatori professionali”. Delle 520 persone che nel corso degli ultimi dieci anni (dal 1992 ad oggi), nella sola nostra provincia, hanno presentato domanda di indennizzo per danni da trasfusione, sono oltre 300 quelle che si sono rivolte al nostro Centro per informazioni, consigli, preparazione delle domande, solleciti vari, ricorsi al Ministero contro il giudizio della Commissione medica ospedaliera, ecc. Una parte non piccola di queste persone ha presentato la domanda oltre i termini stabiliti dalla legge attuale e hanno quindi avuto negato, dal Ministero, dalla Regione o dalla USL, il loro diritto all’indennizzo, pur avendo la Commissione medica riconosciuto il nesso di causa tra la trasfusione e l’epatite e pur avendo essa valutato che le loro condizioni rientravano in una delle 8 categorie previste dalla legge. Se questa proposta di legge verrà approvata, come riteniamo sarebbe giusto e doveroso, il diritto all’indennizzo sarà dunque riconosciuto a tutti coloro che hanno subito danni permanenti da vaccinazioni o da trasfusioni, indipendentemente dal momento in cui è stata presentata (o verrà presentata) la domanda. Nel corso degli anni, abbiamo altre volte scritto al Ministero della Sanità sottolineando il fatto che il ritardo nella presentazione delle domande era dovuto alla mancanza di adeguate informazioni sul contenuto della legge e per la difficoltà, per tante persone impegnate a farsi curare, di seguire le poche notizie apparse sulla stampa o in televisione. Il nostro Centro ha comunque sempre consigliato a tutti di presentare la domanda anche se in ritardo perché era importante, in ogni caso, che la Commissione medica riconoscesse il nesso di causa tra la trasfusione e l’epatite, ai fini di una eventuale richiesta di risarcimento danni. Abbiamo quindi appreso, con particolare favore, la notizia di questa proposta di modifica che renderebbe giustizia a non poche persone che hanno presentato domanda in ritardo oppure non l’hanno presentata perché non sono ancora a conoscenza della legge. Ritenendo opportuno che tutti gli interessati vengano messi a conoscenza di questa possibilità, si chiede agli organi di stampa locali di voler dare adeguato rilievo a questa informazione. Confidando in un positivo riscontro, si inviano Distinti saluti Il coordinatore del Centro prof. Giancarlo Crociani Ferrara 30/04/2003 Al Direttore de “La Nuova Ferrara” Il ticket in pronto soccorso si paga da oltre 10 anni! Nel merito dell’articolo pubblicato il giorno 30 aprile, dal titolo “Le nuove regole al pronto soccorso”, con il sottotitolo “Un ticket per disincentivare la corsa esagerata agli ambulatori”, facendo riferimento alla nuova direttiva regionale e con l’indicazione che, a partire da giugno, sarebbero entrati in vigore i ticket per le prestazioni sanitarie non urgenti, va precisato che i ticket in pronto soccorso si pagano già, da oltre 10 anni, in base a due circolari regionali, del giugno 1992 e del giugno 1993, che fissavano la quota da pagare per coloro che, non avendo problemi urgenti, facevano un uso improprio del pronto soccorso. Come volontari del Centro per i diritti dei malati, non abbiamo mai contestato tale scelta, perché abbiamo condiviso la necessità di disincentivare il ricorso al pronto soccorso, quando si sarebbe potuto chiedere l’intervento del proprio medico di base o quando sarebbe stato possibile rivolgersi alla guardia medica. Quello che invece abbiamo dovuto più volte contestare, in parecchi casi, ogni anno, da allora, è stata l’interpretazione burocratica di quella delibera che ha portato, non poche volte, a situazioni paradossali come quelle che il sottoscritto aveva già segnalato alla stampa cittadina, in particolare con una lettera inviata nel gennaio 2001, perché era stato chiesto il pagamento del ticket a tre persone, delle quali: *- una era stata trasportata in ambulanza dal pronto soccorso di Copparo a quello di Ferrara; *- un’altra, dal pronto soccorso di Bondeno era stata trasferita a quello di Cento; *- un’altra ancora, dal pronto soccorso di Bondeno era stata indirizzata a quello del S.Anna. In aggiunta a questi casi “assurdi”, molto più numerosi sono stati i casi in cui tante persone che avevano fatto il giusto percorso: e cioè quello di rivolgersi al proprio medico di base, al pediatra o alla guardia medica, e da questi, erano stati indirizzati al pronto soccorso, sono stati ugualmente chiamati a pagare il ticket per le prestazioni fornite. Un ticket che i cittadini, e noi con loro, ritenevamo ingiustificato in quanto il ricorso al pronto soccorso non era stata una scelta autonoma, ma conseguenza della valutazione di un medico. In altri casi ancora, riguardanti malati che venivano classificati con il codice verde (con il quale si attesta comunque un bisogno urgente, anche se viene dopo il codice rosso e giallo), le aziende chiedevano il pagamento del ticket perché veniva interpretata in modo burocratico la delibera regionale che prevedeva l’esenzione soltanto in casi molto particolari. In questi dieci anni, il nostro Centro ha raccolto centinaia di segnalazioni di cittadini insoddisfatti e personalmente ho scritto decine di lettere anche alla regione, sollecitando le necessarie modifiche alla delibera regionale. E queste sollecitazioni le ho anche portate, insieme ad altri, in seno al “Comitato consultivo regionale per la qualità dei servizi” e, in una riunione che si è tenuta 4 o 5 anni fa, la regione si era impegnata a tener conto, in tempi che avrebbero dovuto essere brevi, delle proposte presentate. La delibera che la regione ha quindi finalmente adottato, nel febbraio di quest’anno, non introduce il ticket per le prestazioni di pronto soccorso (perché già dal ’92 si pagavano £.25.000 per la visita e 50.000 se vi erano altre prestazioni specialistiche, come quasi sempre accadeva), ma conferma scelte già adottate (lettere a, b, e) e stabilisce nuove regole che tengono conto delle proposte anche da noi avanzate (lettere c, d). In sintesi: f) sono esenti dal ticket coloro che vengono ricoverati o che sono esenti per legge; g) sono esenti, inoltre, tutti i malati classificati con codici rossi, gialli e verdi; h) sono esenti i malati che necessitano di “osservazione breve intensiva”; i) sono esenti i malati che accedono al pronto soccorso su richiesta formale del medico di base, del pediatra, della guardia medica o di un medico di altro pronto soccorso; j) sono invece sottoposti a ticket i codici bianchi, con quote di compartecipazione che variano in relazione al numero e al tipo delle prestazioni e degli accertamenti effettuati; così come avviene per qualunque persona che segua il percorso normale di accesso alle prestazioni specialistiche. La delibera, inoltre, sempre al fine di ridurre l’accesso improprio ai pronto soccorso e anche per agevolare l’accesso alle prestazioni che si possono rendere necessarie per i malati, fornisce alle aziende sanitarie una serie di indirizzi ed orientamenti che riguardano le attività da sviluppare, a livello distrettuale: • per promuovere e sostenere le forme associative dei medici di medicina generale; • perché vi sia almeno un ambulatorio aperto, a turno, nelle giornate prefestive e festive; • per migliorare il servizio di continuità assistenziale prefestiva e festiva; • per facilitare i collegamenti tra medici di base, pediatri e medici di guardia medica. Nel complesso, dunque, la nuova delibera regionale presenta aspetti positivi e migliorativi rispetto alla situazione precedente. Si tratterà di valutare se sarà correttamente attuata e quali risultati saranno conseguiti. Il coordinatore del Ctdm Giancarlo Crociani UNO SGUARDO SULLA REALTA’ DEL VOLONTARIATO ISCRITTO NEL REGISTRO REGIONALE IN EMILIA-ROMAGNA E IN PROVINCIA DI FERRARA. Sulla base degli ultimi fati forniti dall’assessorato alle politiche sociali della nostra regione, a fine dicembre 2003, le organizzazioni iscritte al registro regionale del volontariato hanno raggiunto quota 2.202. Continua dunque a crescere il numero delle organizzazioni impegnate nei diversi settori di intervento, confermando una netta prevalenza nel settore sanitario e in quello socio-assistenziale. Con riferimento alla realtà delle diverse province, è possibile costruire un quadro nel quale si può notare una maggior presenza di organizzazioni di volontariato nelle province più popolate. Quella che vede la presenza di un maggior numero di organizzazioni è, ovviamente, il capoluogo regionaleOrganizzazioni di volontariato presenti in Emilia-Romagna. Distribuzione per provincia Bologna Parma Modena ForlìCesena ReggioEmilia Ravenna Ferrara Piacenza Rimini EmiliaRomagna 429 20,5% 300 13,6% 295 13,4% 250 11,4% 229 10,4% 218 9,9% ******** 190 8,6% 165 7,5% 126 5,7% 2.202 100% In rapporto alla popolazione residente (dati relativi al 2001), il numero delle organizzazioni di volontariato nelle province risulta essere abbastanza equilibrato. In base a questa graduatoria, la provincia con maggior numero di organizzazioni rispetto alla popolazione è Parma. La provincia di Ferrara si colloca in perfetta media regionale. Organizzazioni di volontariato in rapporto con la popolazione residente Parma 1/1333 ForlìCesena 1/1426 Ravenna Piacenza Ferrara 1/1616 1/1619 1/1828 ReggioEmilia 1/1991 ******* Modena Bologna Rimini 1/2144 1/2149 1/2180 EmiliaRomagna 1/1820 Per quanto concerne, invece, la presenza delle organizzazioni di volontariato nell’ambito dei vari settori di intervento, appare un quadro nel quale si può notare che le organizzazioni impegnate nel settore sociale e sanitario costituiscono circa il 73/% del totale. Organizzazioni di volontariato in Emilia-Romagna per settore di intervento SocioSanitario assistenziale Tutela e Tutela e Attività promozione valorizzazione educative dei diritti dell’ambiente 816 37,1% 113 5,1% 783 35,6% 113 5,1% 41 1,9% Cultura e Protezione Attività beni civile ricreative/ culturali sportive 79 3,6% ******** 176 8,0% 5 0,2% Tutela degli animali Centri di servizio 67 3,0% 9 0,4% Anche in provincia di Ferrara, l’impegno del volontariato è rivolto, in grande maggioranza, e con le stesse percentuali regionali, nel settore della sanità e dei servizi socio-assistenziali. Organizzazioni di volontariato in provincia di Ferrara suddivise per settore di intervento Sanitario Socioassistenziale Tutela e Tutela e Attività promozione valorizzazione educative dei diritti dell’ambiente 68 35,8% 7 0,4% 69 36,3% 3 0,2% Tutela degli animali Centri di servizio 3 19 10 1 0,2% 10,0% 0,5% 0,05% ********* Manca ancora, nella nostra regione, una conoscenza altrettanto dettagliata della realtà del volontariato non iscritto nel registro. Purtroppo, non sembra crescere, con lo stesso ritmo, il numero dei volontari attivi. Ferrara gennaio 2004 10 0,5% Cultura e Protezione Attività beni civile ricreative/ culturali sportive Giancarlo Crociani The Secretary-General, message on the International Volunteer Day, 5 December 2003 Amid a daily dose of news stories about war, conflicts and other man-made disasters, it is often a challenge not to lose heart when we see the suffering inflicted on so many millions of people throughout the world. But far away from the spotlight, there are millions of generous individuals who, around the clock and around the world, roll up their sleeves and volunteer to help in any way they can. Working alone or as part of an organized movement, they care for the old, the sick and the handicapped. They lend a hand to people living with HIV/AIDS, and help remove the stigma unjustly attached to them. They teach children to read, and young adults the vocational skills they need to make a living. They build houses, clean rivers, dig wells and improve living conditions in many other ways as well. They help to protect human rights, build democracy, resolve conflict and maintain peace. They rush relief supplies to people struck by calamity, and work with marginalized groups to ensure that their needs are heard and met. Volunteers do not ask, “why volunteer?”, but rather “when?”, “where?” and “how?”. These dedicated and courageous individuals are important partners in the quest for a better, fairer and safer world. Information and communication technologies make volunteering simpler than ever. Increasingly, volunteers go on-line to share their skills with those in need. They build websites and databases, provide legal support, create curricula for schools and take on a vast range of other tasks that can be carried out from a home computer with access to the Internet. And through the United Nations Information Technology Service (UNITeS), a qualified corps of ICT volunteers works onsite in developing countries to help people learn how to use the resources of the Internet and of information technology for human development. On this International Volunteer Day, let us recognize the contribution that volunteers make to societies all over the world. Let us also pay tribute to one of their greatest champions, the late Sharon Capeling-Alakija, the Executive Coordinator of the United Nations Volunteers (UNV) who passed away last month. And let us remember that each contribution – no matter how small – can help make a difference. ************ Kofi A. Annan Il Segretario Generale delle Nazioni Unite. Messaggio per la “Giornata Internazionale dei Volontari” Nella massa giornaliera di notizie di guerra, conflitti e altri disastri provocati dall’uomo, è spesso difficile evitare di scoraggiarsi quando si vedono le sofferenze inflitte a tanti milioni di persone in tutto il mondo. Ma, lontano dai riflettori, ci sono milioni di individui che, ad ogni ora e in tutto il mondo, si tirano su le maniche e svolgono attività di volontariato in tutti i modi possibili. Lavorando da soli o come parte di un movimento organizzato, si prendono cura degli anziani, dei malati e degli handicappati. Tendono una mano a persone che vivono con l’HIV/AIDS e si impegnano a rimuovere lo stigma che viene loro ingiustamente attribuito. Insegnano a leggere ai bambini. Insegnano ai giovani adulti le conoscenze di cui hanno bisogno per guadagnarsi da vivere. Costruiscono case, puliscono fiumi, scavano pozzi e migliorano le condizioni di vita in molti altri modi. Aiutano a tutelare i diritti umani, a costruire la democrazia, a risolvere i conflitti e a mantenere la pace. Corrono a portare soccorso alle persone colpite da calamità e lavorano con gruppi emarginati per assicurarsi che si dia ascolto e risposta ai loro bisogni. I volontari non chiedono “perché fare il volontario?”, ma piuttosto “quando?, “dove?” e “come?”. Questi individui, interessati e coraggiosi, sono partner importanti nella ricerca di un mondo migliore, più giusto e più sicuro. Le informazioni e le tecnologie della comunicazione rendono più semplice che mai l’attività di volontariato. In modo crescente, i volontari entrano in rete per condividere le loro esperienze con coloro che vivono in condizione di bisogno. Costruiscono siti web e banche dati, forniscono sostegno legale, creano piani di studio per le scuole e si accollano una vasta gamma di altri compiti che possono essere svolti da un computer con accesso a internet. E attraverso il Servizio tecnologico dell’informazione delle Nazioni Unite, gruppi qualificati di volontari lavorano in rete nei paesi in via di sviluppo per insegnare ad utilizzare le risorse di internet e della tecnologia dell’informazione per lo sviluppo umano. In questa “giornata internazionale dei volontari”, dobbiamo riconoscere il contributo che i volontari forniscono alla società in tutto il mondo. (…) E ricordiamo che qualsiasi contributo, per quanto piccolo, può aiutare a fare la differenza. Traduzione di G.C. Ferrara 27/07/2004 Al Direttore de “La Nuova Ferrara” Oggetto: S.Anna. Perizie medico legali. Tempi di attesa da un anno a due anni? Lettere senza risposta Egregio Direttore, Le invio copia di due lettere, sul tema indicato in oggetto, datate 26 gennaio e 6 maggio, che non hanno finora avuto nessuna risposta da nessuno degli interlocutori ai quali ci siamo rivolti, nell’intento di tutelare quei cittadini che, nella convinzione di aver subito un danno, avanzano richiesta di risarcimento. In base al “regolamento di pubblica tutela” adottato da anni dall’azienda ospedaliera e ripreso anche nell’ultima stesura della “Carta dei servizi”, il tempo di attesa per fornire risposta alle istanze dei cittadini, anche nei casi più complessi, come quelli che richiedono valutazioni medico legali, non dovrebbe superare i tre o quattro mesi. In non pochi casi, invece, il tempo di attesa, per le perizie richieste all’Istituto di Medicina legale dell’Università, può largamente superare i dodici mesi. Sarebbe anzi interessante poter ottenere dall’azienda ospedaliera un’analisi dettagliata su: a) il numero delle richieste di risarcimento avanzate negli ultimi anni; b) i tempi di attesa che sono stati necessari per fornire le risposte; c) il numero delle perizie nelle quali è stato riconosciuto il danno procurato ai malati, rispetto a quelle nelle quali, invece, è stata negata qualsiasi responsabilità dell’azienda; d) il numero dei casi per i quali è stato avviato un procedimento penale o civile e qual è stato l’esito di questi procedimenti e quanti sono quelli ancora in corso. Prolungare i tempi del contenzioso e tendere a negare ogni responsabilità, non solo lede i diritti dei cittadini a veder riconosciuto il danno subito e a poter ottenere un equo risarcimento, ma ritengo comporti anche, a lungo andare, un aumento delle spese processuali e una maggiorazione dei costi per l’assicurazione del personale. Distinti saluti Giancarlo Crociani Ferrara 18/04/2005 Ai Parlamentari in indirizzo E p.c. Alle Associazioni e alle Persone in indirizzo Oggetto: Legge 210/92 (Indennizzo alle persone danneggiate da vaccinazioni o da trasfusioni di sangue infetto) Nel trasmettere il resoconto dell’attività che il nostro Centro ha svolto, per diversi anni, e sta ancora svolgendo, per garantire informazione, sostegno, consulenza e tutela, a molte persone che hanno subito danni, prevalentemente a causa di trasfusioni di sangue infetto effettuate negli anni precedenti il 1990, si coglie l’occasione per richiamare l’attenzione su due aspetti che meritano particolare attenzione: a) Domande respinte perché presentate fuori termine. Decine di persone, nella nostra provincia, a causa di una assai scarsa informazione da parte delle istituzioni pubbliche interessate, o per errate informazioni ricevute da coloro ai quali si sono rivolte, hanno presentato domanda di indennizzo con anni di ritardo rispetto ai tempi stabiliti dalla legge. Per ovviare a questa grave ingiustizia, nel 2001 è stata presentata una proposta di legge che è stata approvata dalla competente Commissione della Camera, in sede deliberante, verso la metà dello scorso anno, ed è stata trasmessa al Senato per quello che poteva sembrare una facile e veloce approvazione definitiva. Purtroppo, non abbiamo buone notizie sull’iter che questa proposta sta avendo al Senato. Per questo ci permettiamo di sollecitare tutti coloro che possono intervenire affinché sia posto riparo a una grave ingiustizia che penalizza, spesso, quelli che hanno subito i danni più gravi e che, proprio per le loro gravi condizioni di salute, non avevano tempo e modo di informarsi sul contenuto di una legge che non conoscevano, impegnati com’erano, a frequentare ambulatori, oppure reparti ospedalieri, per curare le loro malattie. b) Domande respinte per non ascrivibilità a nessuna categoria. Si chiede inoltre di porre attenzione anche alle tante persone che, pur avendo avuto il riconoscimento del nesso di causa tra la trasfusione e l’epatite, e pur avendo presentato domanda nei tempi previsti, non sono risultate ascrivibili a nessuna delle 8 categorie previste dalla legge e non possono, quindi, godere di nessun beneficio benché le Commissioni mediche abbiano accertato che l’epatite ha provocato una “menomazione permanente dell’integrità psico-fisica”. inviano Confidando nella disponibilità a porre la necessaria attenzione alla soluzione dei problemi posti, si Distinti saluti Il coordinatore del Centro prof. Giancarlo Crociani