ABBASSO LA PORNOGRAFIA! Sac. Pasquale Casillo - «Casa Mariana» Maria SS. del Buon Consiglio 83040 FRIGENTO (AV) - con approvazione ecclesiastica Premessa Queste pagine sono state scritte perché tu, caro lettore, ti convinca che la pornografia è un male, anzi uno dei più grandi mali dei nostri giorni, anzi anzi una vera e propria epidemia; e che, per non subirne ulteriori danni nell'anima e nel corpo, bisogna reagire ad essa subito e decisamente, come si fa contro la droga, la fame, il cancro, il terrorismo. Leggile attentamente, queste pagine, e falle leggere agli altri, perché è urgentemente necessario mobilitare l'opinione pubblica contro questa epidemia diventata potente e prepotente su scala internazionale. La guerra contro la pornografia non può perdere altre battaglie. Anche tu, caro lettore, puoi dare un contributo a vincerla. Dàllo subito e ne sarai felice. Tanto più felice quanto più forte è stato il tuo contributo per ridurre e - Dio lo conceda! - cancellare modelli di comportamento che sono diametralmente opposti alla visione cristiana della vita. La parola La parola pornografia consta di due termini greci: il primo deriva dal sostantivo pornos che significa «chi si prostituisce»; e il secondo dal sostantivo graphé che indica materiale scritto (o disegnato); la parola vuole quindi denotare uno scritto (o disegno) su chi si prostituisce. Da secoli, nell'uso comune, essa è passata ad indicare ogni altra esibizione di questo genere fatta attraverso discorsi, fotografia, atti, fotogrammi, film ecc. Oggi se ne può dare questa definizione: la pornografia è la rappresentazione di un comportamento sessuale avulso dall'amore coniugale e dal procreamento, voluta a scopo di piacere o di malizia o di guadagno o di interesse ideologico, fatta appositamente per provocare l'orgasmo, e destinata a un pubblico che può scandalizzarsi. Non è quindi semplicemente erotismo, cioè «tendenza a sperimentare eccitamenti sessuali con facilità superiore alla media» (Vocabolario Zingarelli), ma è oscenità, ossia «ciò che è disonesto impudentemente e offende deliberatamente la morale» (Gianni Cesana, linguista). Può essere scritta o visiva. È scritta in un libro, giornale, rivista, opuscolo, fascicolo, manifesto, volantino, dépliant, locandina, striscione, didascalia; - è visiva (in tal caso si chiama meglio pornovisione) in un disegno, quadro, fotografia, vignetta, film, balletto, mostra, fumetto, cartellone, scena teatrale. Si esprime pertanto in uno scritto e in una immagine capaci di provocare pensieri e sentimenti fortemente impuri nella generalità delle persone normali. Ha varie forme (blanda, strisciante, dura, aggressiva) e vari gradi (dal nudismo alla violenza, al terrore, all'orrido, alla perversione), ma ha il suo tema predominante nell'atto sessuale descritto con astrazione o in contrasto con il fine, personale e sociale, al quale esso è biologicamente ordinato, e pertanto nelle pose più abominevoli. Il fenomeno La pornografia, per quanto antica e diffusa in tutte le epoche, specialmente in quelle di decadenza, è diventata evidentissima ai nostri giorni, perché sostenuta dai potenti strumenti della comunicazione sociale (stampa, cinema, radio, televisione e loro derivati), e soprattutto perché favorita dall'uso delle immagini animate che hanno preso il sopravvento sulle parole scritte. Ed è diversa non solo per quantità, diffusione e pericolosità, ma anche per qualità, tanto da proporsi come una realtà positiva, gradevole, benefica. Il mercato si divide in giornali-riviste, in film-videocassette, in porno-shop. C'è in circolazione una stampa autorizzata, cioè provvista del nulla osta legale, che pubblica pornografia trasgredendo la legge stessa (come meglio diremo nelle prossime pagine); e c'è una stampa non autorizzata, detta anche sottobanco, e priva di qualsiasi indicazione di direttore, di autore, di tipografia, di tempo, di luogo ecc. che espone pornografia peggiore. È sempre alto il numero delle testate (almeno 150): se una di esse ha breve durata, viene subito sostituita da un'altra; se viene soppressa, rinasce subito sotto un altro titolo. Si parla di società-fantasma che compaiono, scompaiono, ricompaiono. Le copie delle testate si contano in non pochi milioni, e i lettori pure in non pochi milioni. È tutt'altro che esagerato il ritenere vendute in un mese un milione di pubblicazioni pornografiche. La pubblicità abbonda dovunque, pure nei luoghi definiti di «pubblica utilità», negli impianti comunali, nei vagoni-letto; e ottiene il suo dannoso effetto perché il pubblico ricorda l'immagine legata al prodotto pubblicizzato, e più stimolante è la figura, più convincente risulta il richiamo al prodotto. Vi sono agenzie pubblicitarie e commissioni specializzate per misurare l'effetto dell'immagine pornografica sulla gente che compra. L'abbondante proiezione di film più o meno osceni è diventata un'arma di concorrenza tra le reti televisive statali, tra le reti televisive private, è tra queste e quelle, tanto da doversi dire che il massimo dell'esposizione del fenomeno pornografico è rappresentato in troppi casi dalla televisione. I porno-shop non sono più rari e si fanno sempre più sfacciati. Le videocasette stanno acquistando un crescendo impressionante di diffusione, di pericolosità e di danno nell'intimità della famiglia. La pornografia è divenuta un prodotto popolare, pubblicizzato anche mediante massicce affissioni murali, non più riservato ai ricchi e agli altolocati; tanto popolare che si fa ricorso ad essa da parte di certe forze della società per distrarre l'attenzione dai grandi problemi quali la disoccupazione, i bassi salari, il carovita. È accertata l'influenza di organizzazioni di malavita e criminali sulle produzioni librarie, giornalistiche e cinematografiche, e sulla loro propaganda, perché questa procuri a quelle il maggior vantaggio possibile per vie impensate, per es. boicottando le produzioni oneste, favorendo le sale a luce rossa, attirando con lusinghe o con minacce i magistrati alla propria causa. Si parla, senza esagerazione, di «potere pornografico». I mezzi di diffusione usati sono di tutti i generi: la posta (con tanto di spedizione riservata, di imballo esterno anonimo, di fermo posta, di mancanza di indicazioni di contenuto); le buste chiuse depositate nelle cassette postali delle case; la vendita a rate e sottocosto; il lancio di materiale nell'ambito delle comunità religiose, degli oratori parrocchiali, delle scuole e delle sale cinematografiche; il servizio delle numerose edicole; la rivendita dell'usato che dà pubblicazioni a un prezzo minimo e sottratto al controllo della Polizia; certi centri di rifornimento noti solo ai consumatori abituali; i chioschi delle stazioni ferroviarie e delle metropolitane, le bancarelle del mercato, il salone del barbiere, il telefono per dare notizie e impostare conversazioni. Vi sono anche negozi che dietro una ufficiale facciata onesta nascondono casse di materiale pornografico da vendere. Persone socialmente superiori ad ogni sospetto vanno di casa in casa ad offrire o vendere pubblicazioni più o meno oscene. Cause di questo consumo sono il divertimento, la curiosità, la frustrazione, la solitudine, l'ignoranza, l'immaturità, l'infantilità, la perversione; il consumo si verifica soprattutto negli ambienti urbani, ma è presente anche nelle campagne, i cui abitanti, pur avendo minore cultura e minore benessere, tendono a uniformare il proprio comportamento a quello delle città, anche perché la quota residente in campagna è oramai una piccola parte della popolazione italiana. I consumatori abituali sono gli uomini, in particolare gli adolescenti, attratti dal bisogno di scoprire le cose ignorate o nascoste, e gli anziani, anche ultraquarantenni, provati dalle delusioni, non pochi dei quali sono sessodipendenti: gli anziani sono più consumatori degli adolescenti. Ma anche tra le donne si avverte un lento ma costante aumento di ricorso alla pornografia. Sono presentate nelle maniere più diverse tutte le aberrazioni del disordine sessuale e in particolare dell'atto sessuale, ricorrendo anche all'orrido più orripilante, al sacrilegio carnale più peccaminoso, alla fantapornografia. Pare che sia stato detto tutto sull'argomento e non ci sia più nulla da svelare. I pornografi di professione sono pochi, ma bene affiatati tra di loro e innegabilmente abili nel presentare come seducente quello che invece è proibito. Sanno presentare il loro messaggio in modo da adattarlo alle diverse età del pubblico e a porgerlo a ciascuna di esse nel modo più accattivante. Hanno creato una pornografia per bambini usando l'arte dei fumetti, incredibilmente maliziosa con quel presentare l'esplicitazione sessuale mediante personaggi di forme assai semplici ma anche molto forti, e usando i bambini stessi, adescati con doni o intimoriti con minacce, non solo come consumatori, ma anche come «attori», tanto che la pornografia infantile è stata indicata dalla Commissione per i diritti umani dell'ONU, a inevra, come una delle nuove forme più odiose di schiavitù. Tra i consumatori di questo genere sono presenti anche persone di distinto rango sociale, come medici, militari, professori. I collaboratori dei pornografi nella produzione e nello smistamento del materiale hanno spinto la loro audacia fin nei luoghi ritenuti insospettabili: per esempio, nei sotterranei di una organizzazione dell'ONU per la protezione dell'Infanzia, e nei sotterranei della sede del Primo Ministro del Governo. E spingono la loro temerarietà fino a sfidare, in forma massiccia, le norme commerciali che regolano il mercato dell'editoria, per esempio avvolgendo i rotocalchi nel cellophane e corredando ognuno di essi del video a luce rossa. La mentalità del pubblico è arrivata a un grado di cedevolezza veramente preoccupante. Riviste di un certo livello culturale e di pur seri editori pubblicano copertine che debbono dirsi pornografiche, parlano apertamente di pornologia, sollecitano alla pornolettura e alla pornovisione, minimizzano la sessuomania e deridono la sessuofobia, incoraggiano alla pornofilia. - Non ci si impressiona più del sequestro di materiale pornografico, anzi ci si sente sollecitati a conoscerlo proprio perché sequestrato, lo si compra, magari a sera inoltrata, prima che sia tolto dalla circolazione, o lo si prenota in attesa del dissequestro, e si spera in nuove iniziative della Magistratura come nuovi allettamenti per il pubblico. - L'idea dei porno è inserita anche nella letteratura, nella scienza, nell'umorismo, in un certo tipo di cronaca nera e nelle favole su persone (Biancaneve, i Sette Nani, Tarzan) e sugli animali (Topolino, Fritz il gatto, Paperino): tutto ciò appare ai benpensanti come un meditato attacco offensivo alla cultura dell'Occidente radicalmente cristiana e alla nascente cultura del Terzo Mondo. - Libri contenenti poesie pornografiche, presentate come scritte da «poeti in erba», sono stati mandati come premio dal Centro artistico organizzatore agli studenti della Scuola Media risultati vincitori di un concorso culturale. - In non rare scuole gli studenti stessi pubblicano giornaletti in cui descrivono le loro precoci esperienze sessuali. - La cedevolezza è anche favorita dalla rassegnazione di larga parte degli onesti che deprecano sinceramente lo scempio delle menti e dei cuori, ma non sanno o non vogliono intervenire per pigrizia o per paura. - Si fanno sempre più prepotenti le voci che reclamano l'abolizione di ogni tipo di censura e delle norme costituzionali che proteggono il buon costume, il sentimento del pudore e la pubblica decenza. - Si tengono «Fiere del sesso», molto visitate, che cercano di fare colpo sempre più con una campagna pubblicitaria molto ampia e con la più completa spregiudicatezza dell'esposizione. I danni della pornografia sono evidenti più sulla donna (ridotta a strumento, oggetto, merce e presentata come conquistabile, devastabile, cedevole) che sull'uomo; più sull'adolescente (ancora inesperto della vita e ignaro della storia) che sull'adulto; più sulla società (trattata come una massa anonima e amorfa) che sulla famiglia. Non sono mai mancate le reazioni di singole autorità o di associazioni all'imperversare della pornografia, ma finora hanno ottenuto poco. Parecchi Procuratori Generali della Corte d'Appello, all'apertura degli anni giudiziari, hanno duramente condannato il fenomeno; alcuni magistrati sono stati costretti a girare con la protezione di una scorta armata per aver ricevuto minacce di morte; la censura è stata stravolta e snaturata dalle interpretazioni di giudici e di giornalisti; molti sequestri ordinati dalle Procure non sono stati confermati dal Tribunale; non sempre si sono avute Forze di Polizia sufficienti ad operare il completo rastrellamento delle pubblicazioni colpite dall'ordine di sequestro; talune proteste presso l'opinione pubblica sono finite nel nulla; certi sequestri hanno dato pubblicità più ai pornografi che ai giudici; hanno fallito anche coloro che si ripromettevano di abolire o frenare la pornografria liberalizzandola. - Ma è anche accaduto che attrici di films a luce rossa (per es. Linda Lovelace) sono diventate crociate contro la pornografia, e politici (come lo svedese Hans Nestrius) hanno stretto i freni che prima essi stessi avevano allentato. La vera ragione che alimenta la marea in tutte le sue fasi dalla ideazione allo spaccio, non è l'arte o la cultura o la politica o l'umanesimo o l'irreligiosità, ma è il guadagno economico, che oggi si esprime attraverso dimensioni industriali, commerciali e finanaziarie divenute inaudite. Per fare pornografia si spende poco e anche quasi nulla, nel venderla si guadagna moltissimo, essendo innumerevoli i consumatori di essa e pronti a pagare anche i prezzi più alti, nonostante le difficoltà della vita. Non pochi pornografi lo hanno confessato apertamente. Per questo enorme e sicuro guadagno, molte vendite e noleggi sono fatti dando all'acquirente le più grandi facilitazioni di pagamento. I conti in banca di chi si occupa di questa attività sono molto ricchi. Tra le nazioni d'Europa, l'Italia ha conquistato in questi anni il tristissimo primato nella produzione e nella diffusione del materiale pornografico, tanto da esportarlo all'estero e da invogliare gli altri a venire in casa nostra per produrlo. L'Italia non si vergogna nemmeno di usare bambini e animali. È stato scritto: « È più porno se made in ltaly». La fine del fenomeno pornografico non è prevista perché troppo collegata alle tendenze malsane della natura umana e all'ostinato interesse dei cattivi, ma è civile, benedetto e meritorio ogni sforzo che contribuisce a cercare questa fine. L'immoralità Si rendono pertanto chiari i motivi che dicono immorale la pornografia. «La pornografia ha un solo scopo: portare all'azione. In questo senso essa è in sostanza una violenza, quanto meno una violenza morale, quanto meno ancora quel tipo di violenza morale che si realizza attraverso l'induzione, che è la forma più raffinata di pressione psicologica attraverso lo sfruttamento della debolezza della persona» (Piero Pajardi, magistrato). Viene leso il pudore che, per quanto indistruttibile perché innato e spontaneo nell'essere umano, rimane tuttavia offuscato e ad un certo momento, passando di sconnessione in sconnessione, anche soffocato nel suo ruolo di centro di regolazione delle espressioni sessuali e di forza connessa in strettissimo rapporto con le altre forze più decisive del comportamento umano. Si diventa sempre meno sensibili agli stimoli affettivi normali, che sono la sensibilità fondamentale dell'equilibrio psicologico, ostacolando o addirittura bloccando lo sviluppo della sessualità e spingendo verso l'anormalità patologica. Il corpo viene staccato dalla personalità, avvilito e sfruttato, perdendo il potere di suggestione che naturalmente contiene; anzi, dopo un certo tempo di vita pornografica, viene privato della stessa carica sessuale e abbassato al livello della merce da comprare e da vendere su qualsiasi mercato. La donna perde le sue migliori doti, quali la forza di immedesimarsi nell'altro, l'istinto della maternità, la capacità di servire; è ridotta ad essere un oggetto di sola appetizione carnale, una fonte di stimolazioni nervose, una cosa di piacere e di mercato, uno strumento di turpe manipolazione; e viene condannata a rinunziare alle dinamiche proprie del suo organismo, che sono per qualità e per tempo diverse da quelle maschili. La sua esaltazione estetica è soltanto apparente. Viene presentata una falsa immagine della sessualità umana, in quanto ritenuta un atto fine a sé stesso, capace solo di egoismo e di divertimento, totalmente strappato al suo ambito naturale che è quello della coniugalità e della procreazione. Viene danneggiato l'adolescente fisicamente, psicologicamente ed emotivamente, con l'essere sottoposto ad alterazioni della pulsione sessuale, a difficoltà di inserimento nello studio e nel lavoro, alla necessità di vedere nel sesso un gioco di soddisfazioni, alla illusione di valere nella vita in misura del sessualismo, al ritardo o addirittura al blocco di quella che dovrebbe essere la sua naturale evoluzione verso l'amore maturo, e anche alla corruzione del gusto estetico. Riceve nocumento l'adulto con il trovarsi soggetto a sopportare la paura di fallire sul piano sessuale nei legittimi rapporti di matrimonio, una visione molto impoverita del rapporto operativo con gli altri, l'impulso di diventare egli stesso propagatore o produttore di pornografia, la fissazione di vedere in ogni azione, persona e cosa il richamo alla sessualità, lo stimolo alla perversione. Aumentano nei coniugi l'incapacità dell'intesa fisica e affettiva, la voglia di passare ad avventure extra-matrimoniali, la spinta a procurarsi piaceri coniugali con droghe, l'incitamento alla separazione. Cresce il bisogno di soddisfarsi, così che il lettore e lo spettatore vanno cercando stimoli sempre più eccitanti in forme sempre più abnormi fino all'ossessione, senza sentirsi mai appagati, anzi sentendo in sé sempre più indeboliti i meccanismi che controllano il comportamento sessuale. Non c'è più la normalità, c'è il parossismo del sesso. Accade così che la pornografia crea pornografia. (Oppure, però raramente, può avvenire l'irrigidimento dei meccanismi di controllo che porta alla inibizione dell'attività sessuale). Si viene formando uno stile di vita tra uomo e donna, in cui l'altra persona è vista semplicemente come un oggetto cercato per soddisfare un impulso o una passione, senza preoccuparsi né di stima né di affetto né di comprensione verso di lei, così che quanto è chiamato dalla natura ad essere prezioso, diventa praticamente triviale, e ciò che è stato creato perché fosse profondamente personale, viene disumanizzato. Si apre la via a insicurezze psicologiche, a difficoltà affettive, a deviazioni sessuali, alla droga, alla sfiducia nella legalità, al contrabbando, alla delinquenza, alla prostituzione, alla violenza, per l'inesorabile legame che stringe un disordine all'altro e per la malignità stessa delle conseguenze della pornografia che vanno oltre il danno soggettivo del singolo. «Esiste una connessione causale tra il cedimento, spesso voluto, alla licenziosità pubblica e la diffusione di fenomeni abnormi...» (Giovanni Paolo II). La famiglia viene distrutta nella sua costituzione, nella sua stabilità, nel suo ruolo di prima e naturale scuola di socialità, di modo che il matrimonio non ha più ragione d'essere, la fedeltà coniugale diviene inconcepibile, la nascita della prole diventa una disgrazia, la educazione dei figli un peso impossibile. Si può dire, anzi si deve dire che l'obiettivo ultimo della pornografia non è la corruzione del costume morale, ma la deformazione e quindi la distruzione della famiglia, perché l'uomo rimanga solo e sia più dominabile. Viene danneggiata la cultura costretta ad accettare idee (per es. innocenza degli istinti, relativismo morale, predominio della libertà individuale, cedimento dei costumi, indipendenza della sessualità, santità della carne, diritto dei bambini di avere una vita sessuale, essere il corpo una macchina e il sesso una tecnica da far funzionare in modo soddisfacente ecc.) con le quali idee è facile impoverire la fantasia, corrompere il buon gusto, oscurare l'intelligenza, deformare il carattere, stordirsi. Accade così che «la spudoratezza è scambiata per una superiore libertà, il libertinaggio per non conformismo, la morbosità per erotica raffinatezza, l'involgarimento dei costumi... per popolaresca e innocente semplificazione, il sesso... come espressione di forza, di sanità, di spregiudicatezza; la perversione... come ricerca e scoperta, la degenerazione come insofferenza... (Norberto Bobbio, filosofo). «La stampa pornografica... non costituisce arricchimento culturale» (Enrico Finzi, direttore marketing dei periodici Rizzoli e Corsera), anzi la pornografia è un'anti-cultura, cioè un rinnegamento dei valori personali e sociali dell'uomo. Si nuoce alla società che viene privata del contributo personale di impegno che essa si attende di diritto dai singoli e soprattutto dai giovani; aggredita da esplosioni più o meno improvvise di corruzione, aggravata dal formarsi di una sessualità nevrotica e alienata di individui e di generazioni; impedita nell'adempimento del suo dovere di combattere i mali sociali; peggiorata dal mutamento del concetto di moralità pubblica in senso peggiore. «La caduta della moralità reca con sé la caduta della società, perché di questa scalza gli stessi presupposti ed anche quel minimo ordine giuridico che non può prescindere dall'etica» (Giovanni Paolo II). Certe azioni pornografiche sono in pieno senso istigazioni a compiere atti vietati penalmente dalla legge. SOPRATTUTTO, E PEGGIO, si va spegnendo il sentimento religioso, si disobbedisce al Sesto Comandamento della legge di Dio che dice: «Non commettere atti impuri», e al Nono Comandamento che dice: «Non desiderare la donna d'altri»; si dà scandalo soprattutto ai fanciulli e agli adolescenti; si va formando una situazione in cui il male diventa più profondo: è già peccato comporre uno scritto o un'immagine turpe, leggerlo o guardarla con intenzione cattiva; maggior peccato è cooperare alla produzione e alla diffusione del materiale pornografico. C'è dunque sotto tutti gli aspetti la massima certezza nell'affermare l'immoralità della pornografia. L'illegalità Oltre che immorale, la pornografia è anche illegale perché contrasta fortemente con la Costituzione, con il Codice Penale e con le Leggi dello Stato. I. NELLA COSTITUZIONE: L'art. 2 proclama: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociale ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». Ora tra i diritti inviolabili dell'uomo c'è certamente l'istinto del pudore, e tra i doveri inderogabili della solidarietà non c'è per nulla la pornografia. L'art. 3 riconosce «... compito della Repubblica... rimuovere gli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana...». Ebbene la pornografia non solo non fa avanzare, ma fa addirittura indietreggiare la maturità sessuale dell'individuo, corrompendo il rapporto tra uomo e donna. L'art. 4 afferma: «... Ogni cittadino ha il dovere di svolgere secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». I pornografi non possono in nessun modo dire di concorrere al progresso materiale e spirituale della società, anzi concorrono al suo regresso. L'art. 9 dice: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura...». Ma la pornografia è un'accozzaglia di emozioni e di pretesti, tutt'altro che una cultura, che vuol essere un complesso di cognizioni precise e pertinenti in un campo del giusto sapere. L'art. 19 recita: «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato e in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume». Dunque la Costituzione è talmente preoccupata di salvaguardare il buon costume (del quale parleremo tra poco) che non accetta la pornografia nemmeno se mascherata con rito dichiarato religioso. L'art. 21 dispone: «... Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La Legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni». Il buon costume (formula antica, ma contenuto sempre attuale) indica il comportarsi della condotta individuale e collettiva in accordo con i principi della morale. Per il fatto di essere posto dopo una serie di dettati costituzionali che garantiscono la libertà di pensiero contro qualsiasi intervento di carattere preventivo, il buon costume è presentato come una dimensione di altissimo valore contro la pornografia. Include anche il fatto di prevenire le violazioni contro la legge, e non solo di reprimerle: questo fatto costituisce una norma assolutamente eccezionale nel sistema della Costituzione. È il caso di ricordare che questa disposizione dell'art. 21 fu approvata all'unanimità da tutti i gruppi politici presenti alla Costituente. L'art. 29 afferma: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio...». Ma la pornografia è proprio quella che non fa nascere né matrimonio né famiglia, o li fa morire se li trova già nati. L'art. 30 definisce: « È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli...». Ma i genitori non possono riuscire ad istruire ed educare i figli se questi sono sottoposti ai modelli di degradazione inculcati dalla pornografia. L'art. 31 dice: «La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi... Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo». Evidentemente gli istituti intesi dalla Costituzione non sono soltanto quelli di indole materiale, ma anche e soprattutto quelli di carattere psicologico e morale, tra i quali rientrano indubbiamente quelli che difendono la maternità, l'infanzia e la gioventù dalle deleterie conseguenze delle pubblicazioni e degli spettacoli pornografici. L'art. 41 stabilisce: «L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali». Invece le manifestazioni pornografiche sono in contrasto con l'utilità sociale; recano danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, non possono dirsi per nulla indirizzati e coordinati ai fini sociali perché turbano l'opinione pubblica e sovvertono l'ordinamento civile. L'art. 54 proclama: «Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Republica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche, hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge». E invece i pornografi disobbediscono alla Costituzione e alle leggi della Repubblica, e i cittadini detentori di funzioni pubbliche sono senza disciplina e senza onore quando non impediscono o favoriscono la pornografia. ll) NEL CODICE PENALE: L'art. 528 afferma: «Chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione ovvero di esporli pubblicamente, fabbrica, introduce nel territorio dello Stato, acquista, detiene, esporta, ovvero mette in circolazione scritti, disegni, immagini od altri oggetti osceni di qualsiasi specie, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire duecentomila. Alla stessa pena soggiace chi fa commercio, anche se clandestino, degli oggetti indicati nella disposizione precedente, ovvero li distribuisce o espone pubblicamente. Tale pena si applica inoltre a chi: 1) adopera qualsiasi mezzo di pubblicità atto a favorire la circolazione o il commercio degli oggetti indicati nella prima parte di questo articolo; 2) dà pubblici spettacoli teatrali, cinematografici, ovvero audizioni o recitazioni pubbliche, che abbiano carattere di oscenità. Nel caso preveduto dal n. 2, la pena è aumentata se il fatto è commesso nonostante il divieto dell'Autorità» (dal testo «I quattro codici», Casa Editrice La Tribuna, 1987, Piacenza). Importa ricordare che «con l'art. 528 c.p. lo Stato italiano intese attuare la propria collaborazione all'azione internazionale di repressione dell'osceno, alla quale si impegnò aderendo alla Convenzione di Ginevra del 12 settembre 1923 relativa alla repressione della pornografia» (Rodolfo Venditti, magistrato d'appello). L'art. 529 precisa: «Agli effetti della legge penale, si considerano « osceni» gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore. Non si considera oscena l'opera d'arte o l'opera di scienza, salvo che, per motivo diverso da quello di studio, sia offerta in vendita, venduta o comunque procurata a persona minore degli anni diciotto» (dal testo «Iquattro Codici» ... ). Il pudore, di cui qui si parla, non è tanto quello riguardante il singolo in quanto tale, ma quello riguardante tutto il popolo che vuole mantenere il riserbo per quanto si riferisce alla vita sessuale. Il carattere di osceno non è ristretto a quei comportamenti che rievocano esplicitamente gli atti della procreazione, ma si estende a tutte le altre manifestazioni che offendono il senso del predetto riserbo. Ovviamente, non devono essere interpretate come artistiche o scientifiche quelle opere che in realtà sprizzano e propagandano soltanto turpitudini. L'art. 725 sostiene: «Chiunque espone alla pubblica vista o, in luogo pubblico o aperto al pubblico, offre in vendita o distribuisce scritti, disegni, o qualsiasi altro oggetto figurato che offende la pubblica decenza, è punito con l'ammenda da lire ventimila a due milioni» (dal testo «I quattro Codici»...). La distinzione dei luoghi è la seguente: «Luogo pubblico è quello continuamente libero, di diritto e di fatto, a tutti o a un numero indeterminato di persone, o nel quale si trovano persone del pubblico: per es. strade, piazze, spiaggia, campagna, parchi pubblici ecc. Il luogo aperto al pubblico è quello al quale può accedere il pubblico, ma soltanto in certi momenti, o adempiendo determinate condizioni poste da chi esercita un diritto sul luogo medesimo, o anche senza condizioni, per es. teatro, cinema, discoteche, bar, musei, chiese ecc. Il luogo esposto al pubblico invece è quello che, quantunque possa essere non pubblico, è non di meno situato in modo che il pubblico possa vedere, sempre o a certe condizioni, ciò che in esso si trova e si fa, per es. balconi, finestre, scale di un edificio, giardino privato privo di muro di cinta, bosco privato non recintato ecc. (Giovanni Chimirri, laureato in filosofia teoretica) Sono intanto in aumento coloro i quali affermano che la trasmissione «via etere» dev'essere ritenuta una esposizione in pubblico, e pertanto soggetta alle disposizioni di legge del 12-121960, n. 1591, che proteggono la particolare sensibilità dei minori. La pubblica decenza è quel complesso di regole che, in armonia con il sentimento comune, ritengono del tutto inaccettabili alla costumatezza e al decoro del vivere civile quegli atti che offendono la pudicizia e che sono capaci di suscitare sentimenti di ripugnanza. Essi non sono di per sé osceni, cioè provocatori sul piano sessuale, ma sono certamente e gravemente indecenti, ossia lesivi della dignità della persona offesa nella sua privatezza, per es. orinare in pubblica via, produrre rumori sconci, passeggiare per vie nudi o in abbigliamento sconveniente ecc. Per elevare la contravvenzione contro il reato previsto dall'art. 725 del Codice Penale non è necessario il dolo, basta la semplice colpa, cioè l'assenza di attenzione e di diligenza. Il carattere pornografico di certi oggetti messi in vendita (bambole, giarrettiere, fustini, creme, vibratori, profumi particolari, un certo tipo di biancheria, e peggio) non può essere messo in dubbio per vari motivi: per la loro figura, per il luogo di vendita, per la caratteristica degli acquirenti, per la qualità del materiale usato (pelle, gomma, plastica, legno, similpelle) ecc. lll) LE LEGGI DELLO STATO: Le norme sugli spettacoli hanno la loro espressione nelle seguenti leggi: legge del 12-12-1960, n. 1591, art. 1 e 2, destinata ad impedire l'affissione ed esposizione al pubblico di manifesti, immagini, oggetti contrari al pudore e alla decenza, considerata secondo la particolare sensibilità dei minori e le esigenze della loro tutela morale; legge del 21-4-1962, n. 161, che attua l'intervento preventivo dello Stato mediante speciali commissioni per la revisione delle pellicole cinematografiche e, in certi casi, dei copioni teatrali; legge del 1962, n. 161, art. 13, sul divieto di programmazione per radio o TV dei film esclusi per i minori di diciotto anni; Dpr n. 2039 del 1963, art.9, su ulteriori divieti a favore dei minori per film che, pur non essendo contrari al buon costume, si manifestano volgari, violenti, amorali; legge del 1965, n. 1213, art. 5, in materia di lungometraggi che sfruttano volgarmente temi sessuali; e altre leggi che riecheggiano, tra l'altro, le norme della Dichiarazione Universale e della Convenzione Europea «dei diritti dell'uomo». La legislazione italiana è dunque contraria alla pornografia. La reazione Esiste in tutti il dovere di fare qualcosa secondo le proprie possibilità per reagire alla valanga pornografica. Ecco alcune idee e iniziative che possono illuminare ognuno a reagire per il meglio e subito, perché «in un'epoca in cui l'opinione pubblica esercita una sempre maggiore influenza sulle autorità legislative, giuridiche e amministrative, essere soltanto osservatori passivi dell'attacco lanciato da una ristretta minoranza che, per ragioni ideologiche, finanziarie o pratiche, è favorevole alla liberalizzazione della pornografia, significa venir meno al proprio dovere di solidarietà sociale e politica» (Paolo VI). Non si partecipi a dimostrazioni antipornografiche mosse da ironia dissacrante, come è accaduto in chi diceva di voler denunciare la Zecca e i Ministri del Tesoro per l'immagine dell'uomo nudo ritratta sulle monete da cinquanta lire! Non si assista a spettacoli o a recite di stampa pornografica. Il biglietto pagato è un danaro dato al male. La propria presenza nelle sale proibite dalla morale è un cattivo esempio dato agli altri. Ognuno si preoccupi di proibirsi categoricamente il materiale pornografico di qualsiasi genere. Se lo proibisca anche chi pensa di potersene impunemente servire ritenendo di non correre nessun personale pericolo morale; anche chi si crede in diritto o in dovere di tenersi informato sui fatti del giorno. Tutto ciò servirà a tenere sé stesso lontano dalla tentazione, a non fare del male agli altri dando cattivo esempio, e a non dare appoggio finanziario ai pornografi. Si faccia alleanza anche con persone di diversa e addirittura contrastante ispirazione se esse perseguono sinceramente lo scopo di combattere la pornografia. È una alleanza lecita, necessaria e urgente per aumentare le forze del bene in una battaglia decisiva per là privata e pubblica moralità. Si parli e si scriva di sesso come senza eccesso di rigore così senza eccesso di indulgenza, senza ironie e senza pruriginosità, insomma con equilibrio, ben possibile con la riflessione e con l'aiuto della propria coscienza. «Fondamentale soprattutto, in questa azione di chiarezza, è la collocazione del problema sessuale in quello più ampio ed elevato dell'amore, di cui la sessualità è strumento di espressione ed elemento importante di fusione di vite... È pressoché impossibile, da una informazione e da una formazione sessuali fondate sull'amore, passare a visioni volgari del sesso, in quanto ogni espressione sessuale acquista allora un suo valore e un suo significato, e il maschio e la femmina diventano «soggetti» di dialogo e di mutua perfezione, e non «oggetti» di stimolazioni erotiche» (Giacomo Perico, moralista). Si scelgano costantemente i programmi rispettosi dei principi della Fede e della Morale cristiana. In caso di dubbio. sulla moralità della stampa o dello spettacolo che si vuol seguire, ci si informi per tempo dei giudizi emessi dai centri di ispirazione cristiana. Si educhi i propri dipendenti (figli, alunni, operai, impiegati, lettori, ascoltatori) al giudizio critico di tutto quello che può essere il contenuto della pornografia, in modo che questa sia subito respinta, anzi distrutta e soprattutto sostituita dalla raffigurazione del Bene, che è sempre più vario e più interessante del male. Una caratteristica della pornografia è quella di essere sempre ripetitiva di sé stessa. Si parli ai ragazzi dando spiegazione del sesso con opportune parole e cominciando dai piccoli problemi affettivi che li interessano. È il modo migliore per rendere pronta e decisa la loro reazione all'informazione malsana e clandestina. Se chi istruisce sa fare, può anche anticipare ai ragazzi la conoscenza dei problemi scottanti, premettendo chiaramente che il sesso non ha, di per sé, nulla di cattivo, anche se può facilmente rivestirsi di malizia. Si dia la propria iscrizione e il proprio contributo all'attività promossa da una organizzazione contro la pornografia. Ottima organizzazione è, per esempio, il «Segretariato Nazionale di coordinamento «Reagire» per la difesa morale dell'uomo» con sede in Roma. Ad essa fanno riferimento comitati, associazioni, centri, circoli, unioni, istituti, gruppi, agenzie di tutta Italia. Si proponga a tutti l'acquisto di una serie di abbonamenti per la visione di film adatti alle famiglie e comunque buoni per tutti, per indurre il gestore della locale sala cinematografica a non proiettare film più o meno pornografici, e a sentirsi nello stesso tempo sicuro dei suoi interessi economici. Chi ha ricevuto per posta materiale pornografico lo «invii al Pretore, e per conoscenza anche alla Direzione delle Poste del luogo, rammentando l'articolo 11 del Codice postale, che dice tra l'altro: «Non sono ammesse le corrispondenze postali, telegrafiche, e radiotelegrafiche che costituiscano esse stesse reato punibile d'ufficio (nel caso in questione: art. 528 del Codice penale). L'Ufficio Postale, ove nel testo delle corrispondenze aperte, che in base alle vigenti disposizioni siano soggette a verifica, o nell'involucro della corrispondenza chiusa, riscontri gli elementi di cui al primo comma (reato perseguibile d'ufficio), deve inviare la corrispondenza stessa al Pretore, chiedendogli di pronunciarsi sull'inoltrabilità della corrispondenza stessa. Il Pretore decide entro le 24 ore se la corrispondenza debba avere corso. Il decreto del Pretore deve essere notificato all'Ufficio Postale e al mittente che sia stato identificato» (C.T. Sanremo, da «Famiglia Cristiana»). Già da anni la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza nella quale consente alla Posta di non recapitare materiale pornografico. Si denunci in qualsiasi Commissariato di Polizia o Stazione di Carabinieri, a voce o con scritto firmato, alla Magistratura la violazione delle disposizioni di legge riguardanti il buon costume, il comune sentimento del pudore, la pubblica decenza. Così si dimostra ai Giudici che il comune sentimento del pudore è stato offeso da quelle violazioni. Il denunciante, italiano o straniero, anche senza interesse personale ad agire, esercita un diritto-dovere riconosciutogli dalla legge; l'autorità giudiziaria è tenuta ad intervenire d'ufficio in forza dei poteri che le competono a norma di legge; il denunciante non avrà nessuna conseguenza spiacevole anche se l'imputato venisse assolto. Insomma «sia i cattolici sia tutti gli uomini di buona volontà devono dimostrare un illuminato coraggio richiedendo dai responsabili della Cosa Pubblica maggiore sensibilità, una più energica difesa e una più esigente valutazione di quel bene comune irrinunciabile che è l'onestà del pubblico costume». (Giovanni Paolo II) «Noi pensiamo che una quotidiana valanga (ché si potrebbe veramente trattare di valanga!) di denunce... metterebbe in non inutile stato di allarme i produttori e i diffusori di materiale pornografico, e non mancherebbe di incidere sul giudizio di quei magistrati che (seguendo una inesatta, ma diffusa interpretazione di certe norme penali) tendono ad assolvere tutti quei fatti che, a loro avviso, non urtino la sensibilità medio-statistica dei cittadini. Essa porterebbe inoltre il tema sul tappeto della politica, non mancando tra l'altro di far sentire agli uomini politici che molti elettori si preoccupano di quanto sta avvenendo in materia. Infine essa incoraggerebbe quei pubblici funzionari che sono disposti a spendersi per intervenire, e che tanto spesso si sentono isolati, scarsamente protetti, criticati e qualche volta addirittura derisi» (Mario Longo, professore universitario). L'azione di protesta può essere indirizzata anche: al Ministro dello Spettacolo, a Parlamentari, alla RAI (esattamente, al «Servizio Opinioni», anche per telefono, al Presidente e al Direttore Generale); alle stazioni radiofoniche e televisive private, all'ottima AIART (Associazione Italiana Ascoltatori Radio Telespettatori), di Roma, non confessionale ma di ispirazione cristiana, che ha tra i suoi fini quello di raccogliere e convogliare le istanze dei cittadini di fronte alle emittenti radio e televisione, e di indirizzarle a chi di dovere, comprese le denunce alla Procura della Repubblica; all'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria, di Milano, per quanto concerne la pubblicità; alla SACIS, di Roma, concessionaria della pubblicità della RAI; alla ACEC (Associazione Cattolica Esercenti Cinema). La protesta può essere inviata, in termini più forti, anche alla ANICA, associazione dei produttori cinematografici, di Roma; alla ANAC, associazione degli autori cinematografici, di Roma; alla AGIS, associazione dei gestori delle sale di proiezione, alla quale appartengono anche le sale a luce rossa, di Roma. (È possibile avere l'indirizzo di tutti i suddetti enti tramite la SIP). Si esaltino ovunque e comunque, davanti al singolo e di fronte alla folla, la pudicizia, la verginità, la fedeltà coniugale, il buon esempio, l'obbedienza alle giuste leggi. Sono le virtù a rendere buono l'animo e contento il cuore. Più che dipingere la bruttezza del male, vale dipingere la bellezza del Bene. Chi crede in Dio, Lo preghi perché i seminatori di oscenità la smettano una buona volta, perché i militanti antipornografici siano sempre più celeri ed efficaci nel combattere la buona battaglia, perché l'attuale società si smacchi il più possibile e senta il piacere della pulizia morale, perché gli uomini di legge sappiano trovare criteri più precisi e più decisi per contrastare il fenomeno pornografico. Insomma «occorre una mobilitazione generale a livello morale e culturale, occorre insistere in tutte le sedi: dalla famiglia alla scuola, dai centri sportivi ai circoli culturali: una lotta globale contro un male globale». (Piero Pajardi, magistrato) La reazione degli onesti è tutt'altro che inutile. Essa infatti costituisce una testimonianza di moralità, tanto più efficiente quanto più cristiana; controbilancia intimidazioni, scoraggia i produttori e i propagatori di oscenità, sostiene tutti coloro che propugnano i valori della purezza dell'anima e del corpo, incoraggia all'azione, porge motivo e validità alle iniziative, sollecita alla perseveranza, ha effetto non solo nell'ambito pubblico degli strumenti della comunicazione sociale, ma anche in quello privato dei genitori e degli educatori. Inoltre la suddetta reazione coopera a smantellare l'alibi di chi crede di poter dedurre, dal silenzio dei cittadini, la loro accondiscendenza a certi comportamenti e quindi la liceità di questi; porge elementi di sano giudizio a quelli che cercano la correttezza privata e pubblica, offre argomenti per discussioni più convinte e più convincenti, facilita maggior responsabilità morale verso sé stessi e verso gli altri, persuade chi cerca sinceramente la verità. Basti per le tante questa testimonianza: «Sono sicuro che una denuncia così circostanziata e firmata... otterrebbe certamente l'effetto voluto, e i responsabili verrebbero giustamente puniti. lo dico così perché ho avuto in passato, personalmente, una positiva esperienza in proposito. Ho più volte presentato denunce del genere. Una volta che avevo denunciato un manifesto osceno al Procuratore della Repubblica di Roma, ho avuto la soddisfazione di essere chiamato in Pretura in qualità di testimone di accusa contro la ditta che aveva prodotto il citato manifesto, e l'ho vista condannare per il reato commesso»; (dr. Ugo Pagini, Roma; da «Avvenire»). La confutazione La confutazione dei falsi pretesti addotti per giustificare e addirittura esaltare la pornografia, metterà in maggiore evidenza la sua illiceità morale e giuridica. a) «Tutte le parti del corpo sono state create da Dio e perciò sono tutte presentabili...». Sì, è stato Dio a creare il corpo e non vi ha messo nulla di disonesto; ma la colpa della pornografia sta nell'intenzione, nel modo e nel contesto con cui essa presenta le parti del corpo: sono una intenzione, un modo e un contesto inequivocabilmente maliziosi, e la malizia non viene proprio per nulla da Dio, ma dal diavolo e dalla cattiveria umana. b) «Esiste il diritto alla libertà di stampa e di spettacolo...». Ogni libertà legalmente assicurata include per sé stessa e inevitabilmente il rispetto per le altre libertà altrettanto legalmente assicurate in una comunità dove tutti hanno eguali diritti e eguale libertà. Pertanto la libertà di stampa e di spettacolo non esiste più quando offende il diritto di ognuno ad essere protetto dall'ostentazione del sesso, e il diritto di tutti alla pubblica moralità. Non vi può essere libertà per commettere un reato o un peccato. Non esiste la libertà della pornografia. Esiste l'offesa alla libertà di ciascuno commessa dalla pornografia, ed è un male. c) «La società è cambiata e cambia continuamente... ». La società cambia nelle forme di convivenza e nelle circostanze esistenziali perché vive nella Storia, che è un continuo divenire; ma non cambiano né la natura umana, né i valori della persona, né il fine della società, né le realtà eterne. Non tutto ciò che è nuovo, è necessariamente buono. Non c'è nessun cambiamento che possa andare oltre il limite della morale. Non cambiano le leggi della statica anche se cambiano gli stili delle case. d) «Il senso del pudore si è talmente evoluto da doversi dire oramai scomparso...». Il pudore è quel sentimento che induce alla riservatezza in tutto ciò che si riferisce alle manifestazioni della vita sessuale. Come ogni cosa di questo mondo, anch'esso si evolve assumendo varietà di intensità e di modalità nel tempo e nello spazio, a seconda delle tradizioni dei singoli popoli; ma il suo evolversi non può in nessun senso significare diminuire o perdersi. Il pudore è innato, spontaneo, caratteristico della specie umana, insostituibile, universale, indipendente dall'apprezzamento fattone dalle dottrine religiose e sociali, e dalle stesse sue manifestazioni in determinati usi e costumi: è «l'epidermide dell'anima» (Victor Hugo), «l'onore del corpo» (Sauvage). Se si perdesse, l'uomo cesserebbe di essere umano. Anche ammesso che venga meno (ma è tutt'altro che facile) in un individuo, non viene mai meno in una popolazione considerata nella sua globalità. Quanto più lo si conserva e lo si affina, tanto più l'uomo è umano. Non c'è nessun vero interesse nel negarlo o nel cercare di ucciderlo, perché «anche se il pudore non fosse un sentimento delicato, sarebbe pur sempre una felice trovata» (A. De La Tour Chambly): frena difatti l'istinto sessuale, che altrimenti potrebbe danneggiare gravemente l'equilibrio dell'individuo e l'armonia della società. «Una sua violenta repressione o sopraffazione ha come risposta una immediata sconnessione di impulsi e di rapporti, con alterazioni profonde nella percezione della propria dignità, nella visione personale della socialità e dei rapporti umani, e nella guida delle proprie azioni che risulteranno di conseguenza alterate e incontrollabili» (Giacomo Perico, moralista). Il pudore esiste anche oggi, nonostante che la sensibilità generale degli adolescenti e degli anziani sembri attenuata o, meglio, rassegnata di fronte alle oscenità. Ha potuto dire il Procuratore della Repubblica Paolo Castellano che ha sequestrato un film che si voleva far passare come non pornografico: «Anche se il comune senso del pudore è in fase riduttiva; certamente non è accettata dal residuo senso del pudore la prolungata visione di scene altamente scabrose». Il pudore esisterà sempre. Giustamente, non solo la morale, ma anche la legge lo tutela costantemente, non solo in quanto bene esistente, nobile ed elevato, ma anche in quanto forza capace di impedire la molto dannosa degenerazione del costume nella corruzione sessuale. e) «La pornografia avvia il ragazzo e la ragazza alla conoscenza del problema sessuale». Ogni ragazzo e ogni ragazza hanno sì diritto di sapere ciò che si riferisce alle loro responsabilità sessuali, ma hanno soprattutto diritto di saperlo nel modo e nella misura giusti: cioè con termini sereni, con gradualità, con ragionamenti sicuri, con esempi edificanti, a luogo opportuno ecc. Ora questo modo e questa misura non si ritrovano per nulla nella valanga pornografica che mira solo a eccitare, stordire e travolgere, provocando così all'uno e all'altra molto più danno di quanto potrebbe far loro una assenza totale di informazione: meglio non sapere che sapere male! Del resto non mancano né libri né persone che sanno informare i giovani in una materia così delicata. f) «A diciotto anni si è già maturi e si può leggere e vedere quello che si vuole... ». Chiamare matura e responsabile una persona sol perché è arrivata al diciottesimo anno di vita è una pura finzione giuridica, che può dirsi necessaria in vari campi del Diritto, ma non in tutti gli altri settori dell'esistenza umana. Si può essere maturi anche prima dei diciotto anni, ma più facilmente si è acerbi anche dopo tale età, con o senza colpa propria: «Quello sui minori è un discorso particolare. La legge dice che sono tali sotto i diciotto anni, mentre per tutta la psicologia, il periodo dell'adolescenza, in cui non è stato del tutto stabilito l'equilibrio fra affettività e scala dei valori, finisce dopo i venti anni» (Romano Forleo, sessuologo). L'acerbità del diciottenne appare più evidente di fronte al fenomeno pornografico. Infatti, di fronte a questo le persone di tutte le età si ritrovano più o meno disarmate, reagiscono in modo completamente personale e più o meno abnorme; e poi il male è tale a qualsiasi età, non è l'età a rendere buona o cattiva una certa realtà; ancor di più: «Se a certi spettacoli non devono essere ammessi i minori degli anni diciotto, ciò significa che essi sono negativi dal punto di vista morale e dal punto di vista psicologico, proprio per il fatto che hanno un certo contenuto lesivo del buon costume. Ma allora, come può un disvalore divenire un valore positivo solo perché un individuo ha passato di qualche mese il traguardo dei diciotto anni?» (Pietro Nuvolone, Professore Ordinario di diritto penale). g) «Non c'è bisogno di combattere la pornografia perché il nostro mondo, che è maturo, si difende da sé ... ». Del nostro mondo si può dire tutto, tranne che sia maturo, tanto stride rumorosamente di contraddizioni e di lacerazioni. È - direbbe di esso oggi il sommo storico Ludovico Antonio Muratori come del suo secolo - un «mondo zoppo e vuol camminare così. Giunge fino ad aborrire chi si mette a farlo camminare diritto...». Ad ogni modo in mezzo a noi ci sono i minori, e questi per definizione non sono maturi né come singoli né come categoria, e pertanto hanno diritto ad essere protetti dai subdoli attacchi della esplosione pornografica. h) «È pornografia quella che disgusta una maggioranza, non una minoranza... » Non è questione di quantità, ma di qualità. Una causa dannosa rimane tale anche se danneggia poche persone. Anche in questo caso dev'essere eliminata, perché pur sempre pericolosa. Lo stesso bisogna dire della pornografia, che è dannosa, anche ammesso che faccia nocumento a una minoranza. i) «La produzione artistica non è pornografica...». Anzitutto, bisogna essere molto esperti per giudicare se un'opera (libro, spettacolo ecc.) è artistica oppure no: per es. un giudice non può dirsi di per sé esperto d'arte, che è una competenza estranea al mandato forense e all'ufficio giudiziario. Oggi si è troppo facili, da parte di troppi, a chiamare arte quello che arte non è. «Autentiche porcherie sono state salvate dai rigori della legge penale con la copertura di un'arte, con cui non avevano niente da spartire» (Giuseppe Prisco, avvocato). E poi occorre tener presente che anche un'opera comunemente ritenuta artistica, manifestando fantasia, colori, movimenti, suoni ecc., può avere un contenuto pornografico, pur ammesso per ipotesi che non fosse voluta come tale dall'intenzione dell'artista. E nella misura in cui è pornografica, è certamente non artistica. È sempre falsa l'arte corruttrice» (Giovanni Gentile, filosofo); la pornografia non può essere arte e l'arte non può essere pornografia; «non può mai uscire da un autentico artista un'autentica opera d'arte immorale» (Benedetto Croce, filosofo). Ma anche supposto che una produzione pornografica sia ammessa da tutti in tutto il mondo come artistica, non può essere accettata come tale per il solo fatto di essere riprodotta in un generale contesto di allusioni e insinuazioni chiaramente maliziose (libro, rivista, film ecc.). l) «L'art.33 della Costituzione dichiara che l'arte è libera...». Ma è altrettanto vero che questa norma dev'essere interpretata nel contesto delle altre norme costituzionali. Alcune di queste dimostrano sì il massimo rispetto per la libertà di pensiero, di studio e di espressione, ma altre dimostrano precisamente e decisamente la massima condanna di tutto quello che si oppone al pudore, al buon costume e alla pubblica decenza. Come è giusto appellarsi alla Costituzione per salvaguardare la libertà dell'arte, così è altrettanto giusto, anzi doveroso, appellarsi alla Stessa per rivendicare il rispetto della pubblica moralità. Dunque arte libera, ma non pornografica. m) «Il Codice Penale non usa il termine pornografia... ». Ma usa i termini «osceni» (art. 528) e «contrari alla pubblica decenza» (art. 725), che sono sinonimi di «pornografici». Corrono poi nel linguaggio giuridico altre parole, che rendono il medesimo concetto e sono di comune intelligenza, per es. lubricità, lascivia, pudore pubblico, modestia, abbassamento dell'istinto sessuale umano a livello animalesco ecc. Nel Codice Penale pertanto la pornografia è la serie di un certo numero di comportamenti ritenuti penalmente rilevanti. n) «Tutte le grandi conquiste di libertà pagano un prezzo: quella di esprimersi può ben pagare il prezzo di far circolare libri, riviste ed oggetti anche di cattivo gusto...». La pornografia non è pensiero, ma artificio; non è libertà, ma schiavitù; non può pretendere nessun prezzo perché è un male, un grande male. La libertà esiste solo per il bene; i prezzi sono benedetti e utili solo quando pagano il bene. o) «Nessuno può condannare uno spettacolo o una stampa se prima non ha visto o letto... ». Non è vero. Ci si può fidare benissimo dell'assicurazione data da una persona meglio informata, più istruita e più degna di fede. D'altra parte andare a vedere quello spettacolo o a comprare quella stampa significherebbe incoraggiare i corruttori a continuare e a fare di peggio. È meglio non imparare nemmeno il male, anziché cercare di dimenticarlo dopo averlo imparato. Il male è terribilmente seducente. Un male tira l'altro. Il male non fa mai bene. p) «Per togliere i tabù conviene leggere e vedere tutto di tutto... ». Nulla di più falso. Non solo non sono tolti i tabù, ma sono aumentati in chi ha seguito le riviste e gli spettacoli pornografici del nostro tempo, i quali stravolgono completamente il significato del sesso, insegnano la perversione e con un gusto così cattivo da essere quasi incredibile e con un linguaggio provocante la deformazione degli istinti e lo scatenamento delle passioni. Non è consigliabile a nessuno di leggere e vedere tutto di tutto, tanto meno a chi è psicologicamente e moralmente malato. Bisogna inevitabilmente scegliere, e scegliere il meglio, che nel campo degli strumenti della comunicazione sociale non è sempre facile trovare subito. q) «Ci si abitua a tutto, anche alla pornografia, che ad un certo punto non fa più impressione…». Anche ammesso, ma non concesso, che un individuo plachi la sua smania pornografica attraverso la pornografia, resta vero che, proprio a causa di questo placarsi, egli diventa apatico quando si incontra con interessi sessuali di tipo normale, quali il fidanzamento e la coniugalità. In tale situazione, il placarsi significa impoverirsi in senso di dignità, risultare incapace di amare del vero amore, mancare di autocontrollo, non saper tornare da solo alla buona condotta. Guardando poi la società: perché mai ogni nuova generazione dovrebbe subire il trauma provocato dalla pornografia? E le vecchie generazioni rimangono indifferenti alla suggestione esercitata dal male? Purtroppo la pornografia fa sempre impressione, nel senso peggiore della parola. r) «La morale non si impone con la Polizia... ». La Polizia non può sostituirsi alla coscienza dell'individuo, ma può e deve, in forza del suo compito, impedire che un individuo offenda con i suoi atti gli altri, li corrompa e li spinga alla pubblica violazione della morale comune. Il suddetto individuo commette un illecito proibito dalla Costituzione e dal Codice Penale. La Polizia garantisce la sicurezza pubblica. Se la si vuol rendere inutile, non resta che essere tutti moralmente onesti. s) «Il commercio pornografico è destinato da sé stesso a influenzare sempre di meno... ». Se avvenisse ciò, sarebbe bello e buono, ma l'esperienza della storia dice purtroppo il contrario. Quando talvolta è sembrata diminuita la sua influenza, non è avvenuto per crisi di pornografia, ma per l'evoluzione dei mezzi tecnici che la esprimevano. Ci sarà ancora il commercio pornografico. Perché Gesù ha dato avvertimenti durissimi contro gli scandalosi? Perché il diavolo è tanto attivo nell'istigare e aiutare i pornografi e i loro collaboratori a tutti i livelli? Gli onesti debbono preoccuparsi di combattere un tale commercio su tutti i fronti. t) «La pornografia libera da inibizioni sessuali...». Anche ammesso in qualche rarissimo caso e sotto la guida di un esperto che la pornografia più raffinata liberi lì per lì un individuo dalla paura del sesso, è più certo che nello stesso tempo lo rende incapace di amare autenticamente, perché lo imprigiona in uno stato di blocco psico-affettivo e in una bassissima visione di ogni manifestazione sessuale. E la seconda situazione non è per nulla migliore della prima. La pornografia non fa che alimentare frustrazioni e morbosità per spingere alla perversione. u) «Lo Stato non ha il diritto di vietare agli adulti la pornografia... ». Lo Stato ha il diritto-dovere di difendere, per l'utilità comune della società, il bene soggettivo e il bene oggettivo da tutti i mali che li insidiano, quindi anche dalla pornografia. Lo ha nonostante il giudizio contrario del cittadino adulto. Come colpisce, per es., l'adulto che è autista trasgressore delle norme del codice stradale o che è smerciatore di droga o che è operatore di violenza, così colpisce, giustamente, l'adulto che fa pornografia. Come difende, per es., i principi di una scuola sana e valida per tutti i cittadini, così difende, giustamente, i fondamenti della famiglia, quali il prestigio della donna intesa come moglie e come madre, le caratteristiche differenziali della mascolinità e della femminilità ecc. Se lo Stato non facesse quest'opera di difendere e di colpire, il cittadino, nella sua qualità di singolo o di associato o di capofamiglia, si troverebbe nella condizione di non poter salvaguardare sé stesso e i propri dipendenti dalle provocazioni di squilibrio provenienti dall'esterno, mediante la pornografia. Se addirittura lo Stato favorisse o finanziasse la pornografia, si renderebbe colpevole di una colpa gravissima. La lotta contro il male pornografico non si sostanzia solo di morale, ma anche della necessità di tutelare l'autenticità della cultura, la formazione dell'individuo, la regolarità del rapporto con gli altri ecc. E anche ammesso, ma non concesso, che esista, in astratto, un diritto degli adulti alla stampa e allo spettacolo pornografici, esso dovrebbe essere, in concreto, sacrificato al bene collettivo della società, nella quale rientrano i minori, e nella quale non ci sono strutture capaci di proteggere i minori dalla inondazione pornografica. v) «Tutti seguono la pornografia nonostante i divieti. Si decida lo Stato a liberalizzarla... ». Quelli che seguono la pornografia non sono affatto la totalità della popolazione. Se anche lo fossero, non creerebbero la ragione per giustificare la liberalizzazione della pornografia da parte dello Stato. Il male resta male, sia che lo compiano tutti, sia che non lo compia nessuno. Un esempio: forse che bisognerebbe giustificare e liberalizzare l'omicidio, se tutti fossero omicidi? No, davvero. Per di più, i convinti seguaci della pornografia non sono nemmeno la maggioranza della gente, ma appena una minoranza, anche se sfacciata e rumorosa. Ora la minoranza non ha nessun diritto di imporsi alla maggioranza. Soprattutto, se lo Stato si permettesse di rendere libera la pornografia, farebbe un gran male perché, togliendole la barriera morale che oggi, bene o male, l'avvolge, la dichiarerebbe legittima e le darebbe quasi una patente di moralità: ma questo è inaccettabile non solo per motivo di morale, ma anche di storia, di cultura, di disciplina ecc. Ha provato qualche Stato (Danimarca, Olanda, Germania Federale) a liberalizzare la pornografia, ma ha dovuto correre precipitosamente ai ripari. Là dove ha regnato la liberalizzazione, è stato dimostrato dai fatti che «non c'è stata una diminuzione di crimini sessuali, bensì una diminuzione delle denunce, per una diminuita sensibilità delle vittime di tali crimini... quindi la liberalizzazione ha un effetto negativo, non positivo. È un risultato tragico, ma logico...» (Enrico Lucatello, giornalista). z) «Non si parli nemmeno di censura... ». Eppure tutte le leggi divine (per esempio, i Dieci Comandamenti) e tutte le leggi umane sono una forma di censura all'operato degli uomini, perché esso rimanga nei limiti della correttezza. Non c'è da meravigliarsi se esista una censura contro le forme di pornografia. Oltre tutto, dire censura non è dire inquisizione! Ma poi, abolendo la censura, come fare per difendere la pubblica moralità? Con l'autocontrollo dei produttori mediante un codice espresso e gestito da essi stessi? Con l'imposizione di fortissime multe e con la chiusura della sala o della trasmittente, in caso di inadempienza? Con la costituzione di collegi giuridici pluralisticamente formati e senza interessi imprenditoriali? E gli interrogativi potrebbero continuare, l'uno più angoscioso dell'altro. Insomma non si può lasciar via libera ai pornografi, bisogna pur usare una maniera per salvaguardare la morale dall'immoralità. E intanto si avvicina l'inizio della recezione diretta dei programmi e dei film via-satellite! za) «La rappresentazione del motivo pornografico avviene in un contesto intenzionalmente critico e solo per gli adulti... ». Anzitutto, il male è male anche per gli adulti, anche se si voglia presumere nella più rosea delle ipotesi che essi sappiano difendersene; e poi, allo stato attuale della famiglia, della scuola e della societàja rappresentazione del motivo pornografico non può affatto limitarsi agli adulti capaci di criticare (quando lo sono), perché essa raggiunge inesorabilmente e vistosamente anche i minori, che oggi, per propria intraprendenza o per la compiacenza di un amico più anziano, riescono a leggere e a vedere tutto di tutto. zb) «Al principio di libertà sessuale corrisponde il diritto di usare gli oggetti pornografici... ». C'è contraddizione tra principio di libertà sessuale e uso degli oggetti pornografici. Infatti chi cerca l'eccitazione dell'istinto sessuale nell'oggetto pornografico non è per niente libero perché, in sostanza, dipende dai pornografi per l'appagamento dell'istinto stesso. Se poi si ammettesse il diritto al consumo di questi oggetti, si riconoscerebbe la necessità di favorire e finanche di assicurare la produzione e il commercio di essi, e si renderebbe più difficile agli altri l'esercizio della libertà sessuale, rettamente intesa. zc) «La Religione Cattolica non ha condannato la sessualità... ». È vero che la Rivelazione ha dichiarato non colpevole in sé e per sé la sessualità, e che la Chiesa ne ha riconosciuto la positività anche nei più recenti documenti; ma è altrettanto vero che la Rivelazione e la Chiesa non hanno mai detto che la sessualità ha una vita innocente e che non è soggetta alle tentazioni. zd) «L'Italia non è più un paese cattolico. Se i cattolici italiani insorgono contro la pornografia, rimangono sconfitti... ». Gli italiani sono ancora essenzialmente cattolici nel loro strato profondo; i costumi e le tradizioni «non sono in Italia soltanto di coloro che si dichiarono «cattolici militanti», non sono soltanto del 35% degli italiani che vanno ogni domenica a Messa, ma sono anche di tanti altri italiani: di questi nostri italiani che all'85% sposano ancora in chiesa; che al 70% almeno vanno a Messa a Pasqua e a Natale; che al 94% chiedono o accettano il funerale religioso» (Agostino Greggi, avvocato). Sì, «non possiamo non dirci cristiani» (Benedetto Croce, filosofo). Se e quando i cattolici italiani insorgono contro la pornografia, possono vincere. Ma anche ammesso che l'Italia non sia più un paese cattolico, c'è un motivo in più per combattere la pornografia, cioè perché l'Italia ritorni cattolica. ze) «Sono soltanto i cattolici a combattere la pornografia... » I cattolici possono dire di essere stati i primi in ordine di tempo e i più decisi nel combattere la pornografia in tutte le sue forme e su tutti i fronti; ma non sono i soli. Anche atei, liberi pensatori, antinudisti, femministe, singolarmente o associativamente, combattono la stessa buona battaglia e con mezzi più sbrigativi di quelli usati dai cattolici, cioè (soprattutto da parte delle femministe) incendiando sale cinematografiche in cui si proiettavano films osceni, bloccando gli ingressi dei porno-shops, inondando di colla le vetrine scandàlose, fotografando le targhe delle automobili dei mariti andati al bordello per mandarle alle loro mogli, aggredendo i pornografi con la frusta, proponendo una legge che vieti la pornografia in quanto, «violazione dei diritti civili dele donne», ecc. Del resto non può essere che così: reagire all'offensiva pornografica non è un fatto confessionale, ma connaturale all'Uomo, razionale, democratico, riguardante quella morale della convivenza sociale che interessa ogni cittadino.