Mercoledì 3 marzo 1993 Commissione — 85 — XII COMMISSIONE XII PERMANENTE (Affari sociali) Mercoledì 3 marzo 1993, ore 15,30. — Presidenza del Presidente Lino Armellin. Esame ai sensi dell'articolo 124 del regolamento del documento presentato dal Ministro della sanità concernente « Relazione sull'attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e sulla interruzione volontaria della gravidanza (anno 1991) » (doc. LI, n. 1). (Esame e rinvio). La Commissione inizia l'esame della relazione. Il Presidente Lino ARMELLIN avverte che il Ministro della sanità non potrà essere presente alla seduta per una lieve indisposizione, il Sottosegretario di Stato per la sanità Luciano Azzolini si è dovuto recare al Senato essendo la Commissione igiene e sanità convocata in sede deliberante. Il relatore Lucia FRONZA CREPAZ (gruppo della DC) osserva che ritorna, anche nella relazione di quest'anno, la conferma di alcune tendenze già riscontrate: il decremento del numero degli aborti, tendenza che è costante ormai dal 1982 (anche se su questo dato va fatta una precisazione importante e su cui spenderà qualche parola in più al termine di questa lettura: c'è una cifra di aborti che sfugge non sola alla relazione ma compresi - a suo parere - nella legge n. 194, sono gli aborti che sempre più numerosi avvengono con il metodo della « pillola del giorno dopo » e con 1'« aspirazione mestruale » o con l'introduzione della spirale dopo un rapporto a rischio. Il decremento del tasso di abortività (n. ivg/1000 donne in età feconda) che si riduce a livello nazionale rispetto al 1990 del 3,5 per cento. Ma andiamo più in profondità nell'analisi. Se guardiamo alla scomposizione del dato per regione, si nota che vi sono delle difformità da regione a regione, per esempio vi sono delle regioni che hanno un andamento crescente quali il Piemonte, il Trentino, l'Umbria, il Molise, la Calabria, la Sardegna. Bisogna correggere questo dato con l'annotazione — che giustamente le relazioni del Ministro ci danno - sulla Mercoledì 3 marzo 1993 — 86 — differenza fra ivg riferite alla residenza delle donne o riferite al luogo dell'intervento : ma, nonostante questo, persiste la realtà di una serie di regioni in cui il tasso di abortività è crescente, e qui - sommessamente — non può fare a meno di notare (come del resto è possibile notare rispetto ai tassi di abortività delle nazioni europee) che laddove esiste sicuramente una maggiore offerta di servizi e una più diffusa informazione sessuale e contraccettiva, non si riscontra automaticamente una diminuzione dell'aborto, anzi ! Con ciò, evidentemente non vuole certo affermare che non si debba percorrere decisamente la strada di una assunzione sempre più cosciente e responsabile della genitorialità, ma la precenzione passa anche per altri canali. È necessario fare attenzione a non attribuire semplicisticamente unicamente a qusti presìdi la speranza di rispondere efficacemente. Si deve scavare più a fondo per capire l'aborto, le sue cause e cercarvi rimedio. Decremento del rapporto di abortività (n ivg/1.000 nati vivi) - pur sempre spaventosamente alto: 287,3 - con un meno 2,5 per cento a livello nazionale. E anche qui è possibile notare le differenze da regione a regione: vi sono regioni (Piemonte, Trentino, Umbria, Molise, Basilicata, Calabria, Sardegna) in cui la tendenza è crescente: nuovamente il dato andrebbe corretto con il dato delle ivg per regione di residenza al posto di quello delle ivg per regione di intervento e, ulteriormente, con il dato dell'incidenza del decremento demografico che la relazione non ci fornisce. Risultano costanti, con notazioni interessanti, anche i dati relativi alle caratteristiche delle donne che ricorrono ali'ivg: Età: in tutte le classi di età si riscontra una diminuzione del tasso di abortività, con decrementi maggiori per quelle classi di età (20-35) che risultano essere le più coinvolte nel fenomeno abortivo; Stato civile: hanno la netta prevalenza le donne coniugate, con una accentuazione del dato per le regioni meridionali e insulari. Commissione XII Interessante è parso il confronto con questi due dati rilevati in altre nazioni europee, dati che la relazione ci fornisce: a differenza dei paesi del nord Europa in cui l'aborto riguarda prevalentemente ragazze nubili e giovani, in Italia l'aborto è praticato in prevalenza da donne sposate di età matura. A riguardo, ha riscontrato invece una certa analogia fra l'Italia e i paesi dell'est Europa. È questa, a suo modo di vedere, una realtà preoccupante. L'aborto dunque, in una gran parte di casi non appare come Yextrema ratio per situazioni insostenibili. Non può, a questo punto non chiedersi se non vi sia da invocare come spiegazione di questo fatto la realtà di una diversa incidenza delle politiche familiari: laddove è ridotto lo spazio per i diritti della famiglia rispetto ai diritti del lavoro e della produzione, il generare figli costituisce una oggettiva difficoltà; Numero di figli: ricorrono all'ivg soprattutto donne senza figli (33 per cento) e donne con due figli (30 per cento); scomponendo poi questo dato per regione si vede anche qui un'Italia a doppia tendenza: al nord e al centro fa problema il primo e il secondo figlio, al sud e nelle isole fa problema il terzo e il quarto figlio. Torna anche rispetto a questo dato l'osservazione del confronto con le altre nazioni europee: il problema del primo figlio ci accomuna ai paesi del nord Europa, il problema del terzo figlio ci accomuna ai paesi dell'est Europa. Ne viene confermata, da una parte, la gravità della tendenza alla denatalità e, dall'altra, la gravità degli effetti della carenza di una politica familiare adeguata, questo tanto al nord che al sud. Ricorda, solo come accenno, che il problema del terzo figlio è ben noto e presente alle autorità francesi se già da tempo in quel paese si è affrontato il problema con cospicue misure di sostegno alle coppie all'arrivo del terzo figlio (drastico aumento degli assegni familiari, allungamento del tempo di aspettativa lavo- Mercoledì 3 marzo 1993 — 87 — rativa per il genitore - questo per la semplice constatazione che il 3° figlio viene dopo il 1° e il 2°). La relazione ci riferisce anche le percentuali di assenso dai genitori o dal giudice tutelare per le minorenni: i dati però appaiono carenti come già nota lo stesso Ministro. Inoltre, crede sarebbe importante, per una corretta valutazione di queste cifre, avere un confronto fra il numero dei ricorsi al giudice tutelare e il numero di esiti di ivg dopo tale ricorso: come per altri momenti (consultori) cala il silenzio sulle occasioni di solidarietà che la donna potrebbe trovare fra l'inizio di una maternità difficile e l'ivg. Titolo di studio: come per gli anni precedenti, prevalgono le donne con licenza media (46 per cento) e con licenza superiore (28 per cento). IVG precedenti: riguardo a questo dato, che la relazione commenta come in calo, mi pare invece si debba affermare che sostanzialmente si tratta di un dato stabile, anzi dell'unico (o quasi) dato stabile: precisamente risulta che un terzo delle donne che ricorrono all'aborto (se non di più, nelle regioni meridionali) hanno avuto già in precedenza almeno un aborto. È un dato grave, un dato che non può non farci riflettere. Ancora una notazione sulla metodologia adottata nella predisposizione della relazione: si introduce un modello matematico di stima degli aborti ripetuti « attesi » che poggia sull'assunzione dell'attitudine all'aborto ripetuto assiomaticamente in aumento. Quindi si raffronta tale trend astratto crescente con il trend reale, praticamente stabile negli anni, per affermare un positivo effetto della diffusione dei metodi contraccettivi. 1) Cosa significa « attitudine abortiva costante » ?. Assumere questo presupposto è una operazione non « neutra ». 2) Se l'aborto è ripetuto da una donna su tre ed è ripetuto per la seconda volta da Commissione XII una donna su 5, viene spontanea la domanda sul ruolo avuto dal colloquio previsto dall'articolo 5. Una così frequente ripetizione fa sorgere il dubbio che 1'« occasione-colloquio » non è stata sfruttata per andare alle cause della difficoltà a portare avanti una maternità e per attivare una strategia preventiva. Puntare seriamente sul colloquio, non vuol dire solo occuparsi della richiesta di aborto presente, ma rispondere ad una domanda più complessa con un metodo che « lascia traccia » anche successivamente. Il colloquio, e in particolare vede qui un ruolo del consultorio, può e deve essere un volano che riesca a bloccare, o almeno si faccia carico di evitare la seconda richiesta di ivg. E invece proprio questo momento cruciale il colloquio è e rimane « invisibile ». Del colloquio non si trova traccia nella relazione, mentre è forse questo un indicatore decisivo da far emergere per fare in modo che la relazione diventi ciò che deve essere. 3) Attenzione poi alle facili conclusioni sul rapporto contraccezione-aborto: basta osservare che fra le regioni con più alta percentuale di ripetizioni c'è proprio l'Emilia Romagna dove non si può certo lamentare una carenza in questo campo. Ripete che non disconosce un valore ad una adeguata educazione ai metodi di regolazione della fecondità, ma non può una efficace prevenzione dell'aborto essere affidata a questo solo fattore. Anzi, se non accompagnata da un lavoro culturale e sociale di accoglienza alla vita, essa coincide con la diffusione di una mentalità contraccettiva che va di pari passo con la diffusione di una mentalità contraccettiva che va di pari passo con la diffusione dell'aborto, se non altro perché tutti i bambini che sfuggono alla contraccezione (cosa realisticamente presente con tutti i metodi, anche se bene applicati) sono, senza una base di accoglienza, candidati all'aborto. Mercoledì 3 marzo 1993 — 88 — Passando alle modalità di intervento dell'ivg, si nota una persistente prevalenza della certificazione rilasciata dal medico di fiducia o dal servizio che effettua l'ivg: permane dunque una attitudine alla « medicalizzazione » automatica di ogni fase precedente all'ivg; il consultorio rimane solo marginalmente coinvolto (21,8 per cento). È interessante anche il dato che evidenzia come il maggior numero delle certificazioni per l'ivg rilasciate dal consultorio non è correlato con la maggior presenza del consultorio in una data regione. È chiaro che il ricorso al consultorio deve essere aiutato con una adeguata politica sanitaria e dei servizi (informazione, pluralità di accesso, e c c . ) . Per l'epoca gestazionale in cui avviene l'ivg, la relazione evidenzia una nettissima prevalenza delle ivg entro il 90° giorno ed una caduta netta oltre le 13 settimane. Una novità nella relazione di quest'anno riguarda il dato sulla « mobilità » delle donne che richiedono una ivg, perché sono stati evidenziati i dati per regione di intervento e per regione di residenza: si scopre così l'esistenza di una immigrazione verso regioni che presentano una migliore offerta di servizi, come l'Umbria, le Marche, il Friuli, l'Emilia e il Trentino. Rispetto alla scelta per le strutture pubbliche o per le case di cura private, c'è uno stabilizzarsi della percentuale delle prime (87,1 per cento) rispetto alle seconde (11,8 per cento). Il tempo di attesa fra certificazione ed intervento - indicatore dell'efficienza dei servizi - evidenzia un 7,8 per cento di interventi che hanno avuto luogo a distanza di più di 3 settimane dalla certificazione. Esiste in questi spazi una qualche forma di « accompagnamento » dell'attesa della donna ? È una domanda che la relazione lascia senza risposta. I dati che si riferiscono alle tecniche di intervento, si fa notare la tendenza a preferire l'isterosuzione (e in particolare il Karman) rispetto al raschiamento, con Commissione XII una riduzione della durata della degenza e con un altissimo ricorso alla anestesia generale. Quest'ultimo è un dato che apre ad una riflessione: il persistere di questo tipo di anestesia — in contraddizione, secondo le parole del Ministro con la tendenza all'uso di tecniche che non la esigerebbero direttamente - può essere forse legata ad una precisa esigenza, anche in parte inconsapevole, delle donne, che, in questo modo, affrontano meno drammaticamente un evento di grosso impatto emotivo ? L'auspicio del Ministro a che si arrivi ad una diminuzione del ricorso all'anestesia generale - apprezzabile nell'intento di ridurre il rischio connesso a questa tecnica - potrebbe essere controproducente nell'ottica di mettersi dalla parte della donna e quindi di ridurle la sofferenza collegata al vivere coscientemente un atto di tale gravità. OSSERVAZIONI COMPLESSIVE La relazione si muove in un'unica prospettiva, quella della donna. È carente la prospettiva del bambino. Il Governo non può farsene carico. Non va mai dimenticato che la legge n. 194 ha due protagonisti: la donna e il bambino. È un dato legislativo, che si evince dall'articolo 1 « Lo stato riconosce il valore sociale della maternità (la donna) e tutela la vita umana dal suo inizio (bambino) ». Volendo provare qui a porci da questa prospettiva, una prima riflessione da compiere riguarda la vera entità del fenomeno aborto - quindi le eventuali spiegazioni della flessione del tasso di abortività - e le carenze su questo punto nell'applicazione della n. 194. La 194, infatti, va applicata a tutti i metodi di ivg, anche quando vi è il ricorso alla cosiddetta « pillola del giorno dopo », alla « aspirazione mestruale » o alla spi- Mercoledì 3 marzo 1993 — 89 — rale inserita subito dopo un rapporto a rischio, metodi che, tra l'altro, se non monitorati e tenuti sotto controllo, rischiano di essere lasciati all'iniziativa sperimentale del medico. Anche in questi casi, comunque, dovrebbero essere rispettate le condizioni previste dall'articolo 4 per far richiesta di interruzione volontaria di gravidanza e le procedure disciplinate dall'articolo 8 (certificato, 7 giorni, ecc.). Ne conseguirebbe, oltre che un quadro più realistico dell'entità degli aborti, almeno il rispetto dei limiti posti dalla 194 a tutela del diritto alla vita. Vuole fare una parentesi: riguardo al calo degli aborti, riportando qui una osservazione dell'onorevole Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita: « perché non tener conto anche dei bambini salvati dall'intervento attivo di tutti i movimenti in tutte le loro forme e proposte e dal dibattito intorno al valore della vita tenuto vivo dagli stessi ? ». Al termine della lettura, rimane aperta una domanda: qual e il senso dell'impegno che il Governo ha nei confronti del Parlamento, visto l'articolo 16 della 194 ? Non può essere solo quello di produrre una fotografia asettica di un fenomeno fatta da un operatore, imparziale senz'altro, ma addirittura privo di responsabilità. Il Governo non è l'ISTAT, non può rinunciare ad una prospettiva e ad una progettualità nel porsi di fronte ad una tale questione sociale. L'articolo 16 della 194 chiede che l'oggetto della relazione che il Ministro della sanità presenta annualmente al Parlamento siano l'attuazione della legge stessa e i suoi effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione. Ora, è innanzitutto sui profili dell'attuazione che la relazione appare insoddisfacente. L'impressione è che non si cammini più entro i binari della 194, ma li si travalica, al punto che l'interruzione volontaria di gravidanza che emerge dalla relazione è un fenomeno del tutto diverso da quello disciplinato dalla legge. La regola generale, per la 194 è il riconoscimento del valore sociale della Commissione XII maternità e la tutela della vita del bambino, l'aborto è un'eccezione, ogni aborto è una drammatica eccezione: questa logica nella relazione scompare. Si nota la perdita progressiva della dimensione di profonda problematicità sociale dell'aborto, per approdare all'analisi di un fenomeno sociale, al pari di altri. Un esempio: l'articolo 4 della legge, che elenca i casi in cui è consentito il ricorso all'interruzione volontaria di gravidazna, non è mai preso in considerazione il dato - e quindi non è possibile un'indagine sulle cause che conducono alla richiesta di aborto. Un altro esempio: non esiste una traccia sul come sono stati utilizzati i fondi previsti e gli incrementi degli stanziamenti per i consultori, sulle cifre andate a residuo o comunque non utilizzate, ... Il Parlamento quindi si trova di fatto privo degli elementi necessari: a) per verificare l'azione del Governo; b) per indirizzare le politiche legislative come risposte alle cause. Come interpretare ciò ? Probabilmente si tratta di una carenza della relazione, dovuta anche alla mancanza di dati che provengono dagli operatori sul territorio. Ma non è una carenza da poco. Quindi, la prima proposta che fa è quella di inserire nella risoluzione che andremo a votare un passaggio in cui si chiede che il medico lascia traccia dei motivi che hanno condotto airinterruzione volontaria di gravidanza, di modo che possano poi essere rappresentati nella relazione. Il Parlamento ha il diritto-dovere di esigere dal Governo una parte attiva, che renda sostanziale e non solo formale il rispetto della legge. D'altra parte, in precedenza, qualche segnale in questo senso si è già avuto: la relazione per l'anno 1989, per esempio, che riportava una ipotesi di lavoro sulla riorganizzazione dei consultori. Mercoledì 3 marzo 1993 — 90 — È giunto il momento di uscire dalle discussioni teoriche, che troppo spesso ormai diventano sterile contrapposizione di opposte vedute. Il terreno sul quale cominciare a muoversi è quello di affrontare e risolvere un dramma sociale. È certa che sugli interventi concreti non si potrà non trovare concordanza, come è certa che ci sono « chilometri » di politica da percorrere insieme. Crede infatti che siano qui in tante a credere nell'esistenza del bambino e a concepire l'aborto come dramma e non còme diritto. Proposte concrete. Potremmo articolarle su due direttrici: 1) interventi prima del concepimento; 2) interventi dopo il concepimento. 1) Questo è l'unico punto messo in rilievo dalla relazione. Nelle considerazioni finali, si ribadisce la necessità di investire maggiormente sui consultori, potenziandone il numero sul territorio e riqualificandoli secondo le proposte elaborate dal Comitato operativo materno infantile che ha operato presso il Ministero della sanità dal 1987 al 1989. In realtà, le conclusioni cui era pervenuto questo comitato erano già riportate nella parte prepositiva della relazione per l'anno 1989, ma non siu constatano miglioramenti effettivi del servizio. Comunque, al di là dell'accenno ai consultori, la prospettiva entro cui si muove la relazione punta prevalentemente al miglioramento dell'uso dei metodi di regolazione della fertilità. In sostanza, nella relazione, non si pensa ad una rete di cui la contraccezione sia uno dei modi per affrontare il problema: essa rimane la soluzione. È visibilmente semplificativo ridurre la prevenzione dell'aborto al miglioramento dell'uso dei metodi contraccettivi. È convinta che essa passi da quel contesto più ampio, che può essere costi- Commissione XII tuito da una rete con molteplici nodi: dal Dipartimento materno infantile (ipotizzato dal P.S.N.), alle politiche familiari, dall'educazione sessuale nelle scuole ad una più coraggiosa cultura della vita. Nel dipartimento materno infantile trovano risposta varie esigenze: dalla ricerca genetica all'informazione della coppia che si accinge al matrimonio, dal raccordo con le scuole ai servizi per le gestanti in rapporto con i consultori. In questo contesto, anche il consultorio prende la sua fisionomia di nodo di una rete di servizi, punto di osservazione e punto attivo di prevenzione, non solo per la donna, ma rivolto anche alla coppia e alla famiglia. Le politiche familiari (politiche economiche, fiscali, previdenziali, di lavoro, di servizi, abitative, scolastiche...) diventano indispensabili di fronte ad un quadro com'è quello che ci presenta la relazione: nel caso italiano, le donne che abortiscono sono coniugate, di età superiore ai 25 anni, con uno o due figli, con istruzione media. Ci troviamo di fronte a situazioni concrete di famiglie per le quali - data la rigidità del mercato e dei ritmi del lavoro, dati i vincoli delle abitazioni, la mancanza di servizi... - l'arrivo di un terzo figlio diventa un peso difficilmente sostenibile. Secondo studi acreditati esiste in Italia un desiderio di genitorialità insoddisfatto: le politiche familiari, lungi dall'essere un incentivo alla natalità, colmerebbero questo scarto e rimuoverebbero ostacoli all'accoglienza di un altro figlio. Sull'educazione sessuale nelle scuole non occorre spendere ulteriori parole, poiché è una linea su cui già si sono trovate ampie convergenze e che aspettiamo di vedere messa in opera. 2) Dopo il concepimento. Il bambino c'è: questa verità sta scritta nella legge ed è nella coscienza della gente, come ha dimostrato il referendum popolare che ha bocciato la proposta di una disciplina che non teneva conto del bambino. Mercoledì 3 marzo 1993 — 91 — Commissione XII Di questo bambino il maggiore alleato tato in maniera che non condivide, i dati è e resta la madre, occorre mettere la della relazione del Ministro. donna nelle migliori condizioni per poter Il deputato Giuseppe SARETTA (gruppo esprimere la sua connaturale solidarietà della DC) dissente dall'interpretazione del con il figlio. Regolamento data nei precedenti interCosa significa questo in concreto ? venti ed auspica un impegno di tutti sui Non sta parlando della modifica dell'impianto della 194, che le attuali condi- contenuti. zioni parlamentari non permettono, anche Il Presidente Lino ARMELLIN ricorse non c'è bisogno di ripetere come io non dando che la nomina del relatore rientra la condivida. nell'apprezzamento del Presidente, sottoliCrede però che, dentro la 194, ci può nea che la relazione dell'onorevole Fronza essere lo spazio per agire sulle potenzialità Crepaz è solo un punto di partenza della della madre spezzando l'automatismo fra discussione, che ciascun deputato può svimaternità difficile e aborto. luppare senza limitazioni alle iscrizioni a A questo proposito non sono evidente- parlare. mente abbastanza chiare le lettere a), b), c), d), dell'articolo 2. Il deputato Lalla TRUPIA ABATE (grupIn questo senso si muovono, proprio per po del PDS) dopo aver sottolineato l'oprendere più chiara la parte positiva della portunità che la scelta del relatore fosse legge, alcune proposte presentate al parla- decisa collegialmente, entrando nel merito mento, in cui si riconosce. ricorda di aver chiesto la discussione sui Va ricostruita attorno alla maternità la dati della legge n. 194 per un motivo forte, solidarietà la corresponsabilità del partner che è questo: si riaccende con una cadenza ormai prevedibile la discussione, più che e della società. Nella legge si parla di un intervallo di legittima sulla legge 194, discussione che 7 giorni fra la certificazione e l'intervento: fa emergere differenze di valutazione sul è un tempo in cui ancora è aperta la sfida piano etico (cosa anche questa legittima e di tentare ciò che ancora si può tentare per scontata), ma con una ripetitività di argomenti pressoché uguali dal 1978, anno di la vita di quel bambino. approvazione della legge, e nel 1981 anno Riempiamolo, questo tempo, di occadel Referendum, con riferimenti spesso sioni di solidarietà. A cominciare da una più seria conside- inesatti o che ritengono superfluo partire razione del momento del colloquio, fino al dai dati della ricerca scientificamente provata da studi autorevoli e accreditati. coinvilgimento del volontariato. Ora non nega il valore di una riflessioA questo punto vuole fermarsi e mettersi in atteggiamento di ascolto rispetto a ner culturale, e morale attorno al tema chi interverrà, poi solo alla fine presentare della procreazione, della vita e della sua origine non appannaggio di una sola culuna risoluzione. tura, quella cattolica, su dove i confini della libertà (che giustamente la legge Il deputato Roberto CALDEROLI (gruppo della lega nord) fa presente che la affida alla donna) si incontrano con la Commissione avrebbe dovuto procedere responsabilità (anch'essa affidata esclusivaalla nomina del relatore, ai sensi dell'ar- mente alla donna), come libertà e responsabilità debbano trovare un equilibrio tale ticolo 124 del Regolamento. da configurare la esistenza di individui di soggetti pienamente abilitati ad esercitare Il deputato Sergio CASTELLANETA appunto la propria responsabilità e libertà. (gruppo della lega nord) ritiene che sia Resta convinta che questo soggetto esistato incauto assegnare la relazione all'o- sta già e pensa sia la donna e la sua norevole Fronza Crepaz, che ha reinterpre- autodeterminazione. Mercoledì 3 marzo 1993 — Ritiene che il confronto culturale ed etico possa essere fecondo e importante e persino auspicabile in una società e in uomini e donne che hanno il dovere di non smettere di interrogarsi e di interrogare. Ritiene tuttavia con altrettanta forza che non sia qui il compito nostro: del Parlamento, che ha l'obbligo, fatto salve le differenti opzioni culturali e di valore, di partire dalla resiltà, dai dati oggettivi per proporre soluzioni positive e fondate. La razionalità aiuta il dialogo e la costruzione, le crociate hanno quasi sempre prodotto guai e distorsioni, la politica e lo Stato non devono proporre modelli etici (qui ha prodotto grandi tragedie e mostruosità) ma fare le leggi, sorvegliare il buon funzionamento. Allora ha razionalità - la forza delle cose. Ritiene più utile per questo discutere la relazione, cosa che non sempre è stata fatta. Anzi il Parlamento non ha fatto in questo senso sempre il suo dovere. Ricorda che il 5 luglio 1988 fu approvata una risoluzione dalla Camera per svolgere un'indagine conoscitiva in congiunta Commissione Affari sociali e Giustizia sul funzionamento delle leggi n. 194 e n. 405. In seguito a ciò le due Commissioni nel luglio 1989 deliberarono di acquisire preliminarmente (tramite il Servizio Studi) informazioni dall'Istituto superiore della Sanità dal CENSIS, dall'ISTAT, chiedendo loro di predisporre per il 1990 relazioni apposite. L'Istituto superiore della Sanità, non sa gli altri, ha presentato il rapporto: mai discusso e bisognerà farlo. Quali dati oggettivi emergono ? 1) Decremento costante del ricorso dall'I.V.G. negli ultimi anni n. 160.532 I.V.G.; 1991= — 3,3 per cento sul 1990; 1991= — 31,4 per cento sul 1993; 2) il tasso di abortività (n. I.V.G./1000 donnefeconde); = 1 1 per cento e cioè — 3,5 per cento sul 1990 e — 34,9 per cento sul 1983; 92 — Commissione XII 3) è in flessione l'aborto legale, ma anche l'aborto clandestino; ragionevoli stime fatte con 3 modelli matematici tra loro indipendenti osservano: circa 350.000 prima del 1978, n. 60.000 nel 1991, pari al — 17 per cento sul 1990, — 40 per cento sul 1983 e il 70 per cento degli aborti clandestini sono al Sud); 4) le donne che ricorrono all'I.V.G. sono donne coniugate con 1 o più figli mentre nei paesi europei la percentuale più alta riguarda donne senza figli (sono circa il 70 per cento delle donne che abortiscono). Ma la diminuzione di I.V.G. riguarda soprattutto queste fasce di donne. 5) l'I.V.G. modalità: avviene nel pubblico per 1*87,1 per cento dei casi, nella maggioranza dei casi con il metodo Karman o isterosuzione, il 98,9 per cento entro la 12° settimana, il 73,5 per cento con un solo giorno di degenza, il 78,6 per cento con anestesia generale. Prime considerazioni su questi dati che smentiscono clamorosamente le tesi che circolano: 1) La legalizzazione 1978: dell'aborto dal a) non induce un uso progressivo dell'I.V.G. come strumento fondamentale di regolazione delle nascite; b) ha favorito, dove è stata applicata, una maggiore diffusione e un più corretto uso dei metodi per la procreazione responsabile rispetto ai comportamenti precedenti (diminuzione tra le donne coniugate con figli). Comunque il ricorso all'aborto, per una quota preponderante, non costituisce una scelta di elezione, ma l'ultima ratio, conseguenza della incapacità concreta, a fronte di un'attitudine positiva, di regolare la fecondità con metodi alternativi perché o poco conosciuti o perché usati quelli a più alto rischio di fallimento o Mercoledì 3 marzo 1993 — 93 — perché impiegati male, a fronte di una scadente conoscenza della fisiologia della riproduzione. Gli studi rilevano che: oltre il 70 per cento delle donne al momento del concepimento aveva usato un metodo contraccettivo fallito e nell'ultimo anno il 90 per cento. Dunque: il contrario dell'aborto leggero o facile. Quindi la centralità e l'efficacia dell'informazione e della prevenzione. c) ha ridotto drasticamente il fenomeno della clandestinità: ma il 70 per cento è al sud dove è spesso male applicata la legge n. 194. È evidente che se la Campania e la Sicilia che hanno uguale tasso di fecondità hanno metà del tasso di abortività ad esempio della Puglia dove la legge è applicata è chiaro che l'aborto è clandestino. Nell'arco di 10 anni sono stati evitati 500-600.000 aborti clandestini. Le conseguenze: 1) nessuna donna è morta in seguito a pratica abortiva negli anni della legalizzazione; 2) dove funziona la legge n. 194 e la prevenzione, diminuisce l'abortività globale. Allora la considerazione per noi più rilevante è questa: la prevenzione dell'aborto è la strategia che va perseguita con coerenza e con forza perché dove c'è dà risultati. Questo non si è pienamente fatto, nonostante sia stata la volontà ispiratrice della legge n. 194 e poi della legge n. 405: qui misuriamoci davvero. I dati del 1991 sulla previsione dimostrano che il fenomeno abortivo può essere drasticamente ridotto in breve tempo se la prevenzione e la tutela della maternità verranno realizzate: il ruolo dei consultori familiari è centrale. A conforto di questa tesi osserva: 1) la certificazione dell'ivg solo per il 29,3 per cento dei casi viene rilasciata nel consultorio. I consultori non sono i centri di abortività, dove più alta è la presenza dei consultori e dove i consultori maggior- Commissione XII mente rilasciano la certificazione, c'è una tendenza a ridurre di più l'aborto: quindi la certificazione nei consultori è il passo più importante per la prevenzione. Allora: 1) incrementare il ricorso ali'ivg per la certificazione; 2) necessaria integrazione tra servizi ospedalieri e territoriali perché la donna trovi conveniente rivolgersi al consultorio. Lo studio dell'ISS su un consultorio romano che funziona anche come prenotazione dell'interruzione volontaria di gravidanza ci dice che in 3 anni, l'85 per cento delle donne ha chiesto la certificazione in consultorio e di queste il 5 per cento ha proseguito la gravidanza dopo il colloquio e il 70-80 per cento è tornata al consultorio per una delle scelte contraccettive diverse e più efficaci; 3) prevedere un rapporto tra il consultorio se le altre istituzioni: la scuola ad esempio per l'informazione. Lo studio dice che il 50-60 per cento cento delle donne sa e conosce la fisiologia riproduttiva, le altre non conoscono neanche il periodo fertile. Per esempio la scuola: la legge sull'informazione sessuale e i programmi scolastici sono falliti. Ma i consultori visto che l'informazione di massa penetra poco, non aspettano l'utenza, allora si attivino programmi mirati sulla popolazione a bersaglio, sul territorio e sulle persone. Ad esempio negli USA il tasso di abortività è tra le più giovani e in alcune contee hanno fatto uno sforzo combinato verso le scuole con l'informazione. In due anni vi è stata una riduzione del 50 per cento del ricorso all'aborto tra le ragazze. Osserva che in Italia non partiamo da zero. Proposte di riqualificazione dei consultori elaborate già dal Comitato operativo materno infantile (c/o centro studi Ministero della sanità dal 1987 fino al 1989): nei quali si proponeva di completare i consultori, completare gli orga- Mercoledì 3 marzo 1993 — 94 — nici, prevedere corsi di aggiornamento in relazione ai programmi prevenzione, sviluppare il ruolo delle regioni. Invece oggi c e una rottura delle convenzioni SUMAI dal 1° gennaio 1994 che comporterà l'uscita e l'abbandono dei consultori da parte di molti ginecologi. Le proposte del Comitato materno infantile sono 14 fatte proprie dall'ultimo Piano sanitario nazionale dentro il Progetto obiettivo materno infantile. È rimasta lettera morta, tranne un finanziamento per la riqualificazione dei consultori familiari (con deliberazione CIPE del 16 febbraio 1990, in parziale attuazione del Piano sanitario nazionale con un fondo residuo del 1988). La somma stanziata per il Progetto materno infantile è di 40 miliardi di cui ben 25 per i consultori specie nel Sud. Le risulta che solo la Campania ha ottenuto il finanziamento, e le altre regioni ? Allora cosa fare noi qui ? Cambiare la legge n. 194 o farla applicare, producendo atti che facciano davvero della prevenzione dell'aborto, della tutela della maternità e dei minori la scelta strategica del Parlamento ? Il PDS lavorerà in questa seconda direzione. E allora visto che giustamente si parla di prevenzione e tutela della maternità e dei minori riconosciamogli l'urgenza, e dopo AIDS e gli anziani, si stralci e si finanzi il Progetto materno infantile. Vedremo se è la prevenzione, la salute della donna che ci stanno a cuore o se invece ripetiamo un film già visto in cui gli attori sono divisi in due specie: gli abortisti e i non abortisti. Vorrebbe che queste due specie « fasulle » non le riproducessimo visto che forse non esistono: (chi sono gli amanti dell'aborto ?) e riuscissimo, nel confronto, a mettere insieme le ragioni positive della tutela, della prevenzione, del rispetto della libertà delle donne e dei minori facendo il nostro mestiere: che non è quello di lanciare anatemi ma di fare buone leggi. Commissione XII Il Presidente Lino ARMELLIN rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta. La seduta termina alle 17. IN SEDE REFERENTE Mercoledì 3 marzo 1993, ore 17. — Presidenza del Presidente Lino ARMELLIN. Proposte di legge: RENZULLI ed altri: Riforma delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche e di riabilitazione (287). (Parere della I, della II, della V, della VII e della XI Commissione). PIRO: Riforma dell'ordinamento delle scuole di formazione degli esercenti le professioni sanitarie non mediche e del relativo esercizio professionale (612). (Parere della I, della V e della XI Commissione, nonché della II e della VII Commissione ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento). PERINEI ed altri: Riforma delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche e di riabilitazione (829). (Parere della I, della V e della XI Commissione, nonché della II e della VII Commissione ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento). ARMELLIN ed altri: Riforma delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche e di riabilitazione (2173). (Parere della I, della II, della V, della VII, della XI Commissione e della Commissione speciale per le politiche comunitarie). (Seguito dell'esame con costituzione di un Comitato ristretto). Il deputato Mariapia GARAVAGLIA (gruppo della DC) ringraziando il relatore per l'ampia e dettagliata relazione svolta e ricordando come già nella scorsa legislatura il Parlamento non riuscì ad approvare la riforma delle professioni sanitarie non mediche, ritiene più utile costituire un Comitato ristretto all'interno del quale potranno essere approfondite le questioni più rilevanti. Mercoledì 3 marzo 1993 — 95 — I deputati Augusto BATTAGLIA (gruppo del PDS), Danilo POGGIOLINI (gruppo repubblicano), Roberto CALDEROLI (gruppo della lega nord), Maria Grazia SESTERO GIANOTTI (gruppo di rifondazione comunista), Alessandra MUSSOLINI (gruppo del MSI-destra nazionale) e il relatore Gabriele RENZULLI (gruppo del PSI), condividono la proposta di costituire un Comitato ristretto. Nessunn altro chiedendo di parlare, il Presidente Lino ARMELLIN dichiara chiuso Tesarne preliminare e si riserva la nomina del Comitato ristretto sulla base delle indicazioni dei gruppi. Proposta di legge: ARMELLIN ed altri: Nuove norme per la lotta contro il doping e per la tutela sanitaria delle attività sportive (1767). (Parere della I, della II e della V Commissione, nonché della VII Commissione ex articolo 73, comma 1-bis del regolamento). (Seguito delVesame e rinvio). II deputato Francesco CURCI (gruppo del PSI) osserva che il doping per la sua entità e per la sua diffusione pone alla responsabilità del Paese e del Parlamento alcuni inquietanti interrogativi. In primo luogo: l'uomo o l'atleta ? Certamente l'uomo. Lo sport è al servizio dell'uomo e non il contrario. Complessa è sicuramente la definizione di doping. Si intende l'uso di qualsivoglia sostanza o preparazione chimica o farmacologica al di fuori di eventi patologici o di comprovate alterazioni fisiopatologiche tendenti a migliorare la prestazine atletica. Il doping non è solamente la positività di un esame di laboratorio ma anche e soprattutto un reato, contro l'etica sportiva e contro la salute umana. I fenomeni di danno alla salute si caratterizzano nel tempo con lesioni di tipo mutagenetico, cancerogenetico, teratogenetico, soprattutto per le donne in un primo stato di gravidanza. Occore poi far menzione della pratica di emotrasfusione, spesso portatrice di setticimie e trombosi. Commissione XII Il doping non è fenomeno di oggi, è presente in citazioni omeriche, e compare all'inizio del secolo con l'uso della stricnina e più compiutamente nella olimpiade del 1990 con la pratica di supplementazione di ossigeno messa in atto dalla squadra di nuoto del Giappone per aumentare le prestazioni fisiche. Nella guerra di Corea fu fatto poi ampio uso degli steroidi per facilitare il recupero della stanchezza e aumentare l'aggressività dei combattenti. Nelle gare sportive la prima applicazione di doping si verificò nell'Europa dell'Est e successivamente in Occidente. L'uso dei farmaci bioenergetici e stimolanti si è poi diffuso in maniera esponenziale, agevolato dalla mistica della vittoria, dal carrierismo esasperato e dalla esagerata possibilità di guadagno, tanto che l'olimpionico Silvester ebbe a dichiarare che il 101 per cento degli atleti fa uso di sostanze stimolanti. Di qui la necessità di adeguare la normativa e di un coordinamento legislativo a livello internazionale. Ricorda la risoluzione votata all'unanimità in prossimità dei giochi olimpici di Seul in cui venivano indicate le linee di orientamento nella lotta al doping. La nuova legislazione deve procedere alla ridefinizione del doping come reato, in quanto è stata insufficiente la liena repressiva fin qui seguita. La lotta al doping deve essere uno degli obiettivi del Servizio sanitario nazionale, deve essere coinvolto il Ministero della sanità, va promossa una campagna di prevenzione sanitaria rispetto alla salute dei cittadini, va istituito un osservatorio epidemiologico del fenomeno doping, va coinvolto il Ministero della Pubblica istruzione per una campagna di educazione nelle scuole, anche in relazione al corretto uso dei farmaci, va sollecitato il Ministro per l'Università e la Ricerca scientifica per l'introduzione della disciplina « tossicologia delle sostanze dopanti » nei corsi di specializzazione in medicina dello sport e presso l'ISEF, vanno coinvolte le associazioni dei medici dello sport, la Federazione nazionale degli ordini dei medici e l'Ordine dei farmacisti nel controllo dei propri iscritti, vanno appro- Mercoledì 3 marzo 1993 — 96 — vate norme sanzionatorie per atleti e tecnici, medici e farmacisti in relazione alle loro responsabilità. L'atleta ha senza dubbio responsabilità di primo piano, ma, tuttavia, spesso non ha conoscenze biomediche tali da comprendere il significato degli effetti secondari della pratica del doping ed è oltretutto fortemente condizionato dalla mistica della vittoria. Occorre quindi procedere ad una attività di prevenzione e di educazione e ribadire che 10 sport è al servizio dell'uomo. In conclusione, ritiene che il lavoro compiuto nella precedente legislatura e la relazione puntuale del relatore siano un buon punto di partenza per arrivare ad una conclusione positiva in tempi molto brevi. Il deputato Fiorello PROVERA (gruppo della lega nord) osserva che per l'atleta agonista, con buona pace per il barone De Coubertin, l'importante non è partecipare ma vincere; e per ottenere questo risultato qualcuno è disposto anche a barare e a giocare pesante, ricorrendo all'uso di sostanze più o meno lecite pensando di poter migliorare la sua prestazione fisica. L'uso di farmaci nell'atletica è antico; già nel III secolo a.C. in Grecia gli atleti erano soliti ricorrere alla massiccia assunzione di funghi o altri « super alimenti » (in particolar modo l'idromele). Ma è solo dall'inizio del nostro secolo che questa pratica è diventata dilagante e preoccupante: clamoroso fu il caso di Dorando Pietri che alle Olimpiadi di Londra del 1908 si « bombò » con una miscela di stricnina e brandy con il risultato che tutti ricordiamo (stramazzò esausto a terra pochi metri prima di poter tagliare vittorioso 11 traguardo della maratona !). Le principali sostanze doping sono: Commissione XII assuefazione con aumenti progressivi delle dosi. Il più noto di questi farmaci è la simpamina; agiscono a livello del cervello con effetto stimolante; vengono impiegate soprattutto per il loro effetto anti fatica. Discussi e contrastanti sono invece gli effetti diretti sulla prestazione fisica (anche se la maggior parte dei fisiologi è d'accordo nell 'affermare che possano dare miglioramento). I primi a « bombarsi » con la simpamina (allora veniva chiamata pastiglia Goering) furono i piloti della Luftwaffe che, durante la seconda guerra mondiale, erano costretti a turni di servizio massacranti e senza possibilità di adeguato riposo. Tra gli atleti le amfetamine sono state (e forse lo sono ancora) utilizzate doprattutto dai calciatori e dai ciclisti; noto è il caso di Simpson che durante il Tour de France del 1967 cadde a terra morto mentre scalava il Mont Ventoux; la simpamina (come avrebbe poi in seguito confermato l'autopsia) non gli aveva permesso di rendersi conto che la fatica e l'abbondante perdita di liquidi (39-39 gradi all'ombra !) avevano portato il suo organismo ben al di là dei suoi limiti; andrelina efedrina agiscono sul sistema nervoso autonomo innalzaldo la pressione sanguigna e aumentando la forza di contrazione del cuore; aumentano il calibro delle vie respiratorie. Sono farmaci che possono indurre gravi aritmie cardiache e crisi ipertensive; caffeina viene considerata doping se supera concentrazione urinaria di 12 microgrammi per mi (corrispondente ad un numero elevato di tazzine di caffé): a queste dosi ha un effetto abbastanza simile all'efedrina; stimolanti il sistema nervoso centrale (anfetamine, cocaina, efedrina, andrenalina, caffeina): morfina e codeina (metabolita della morfina) hanno effetto analgesico, euforizzante ed anti fatica; i danni sono noti e consistono soprattutto nella assuefazione; in alcuni casi possono poi anche dare depressione dei centri respiratori; anfetamine, cocaina caretteristica comune è quella di innalzare la soglia di percezione dello stato di fatica. Riducono il bisogno di sonno, aumentano l'aggressività e la competitività. Per la cocaina steroidi anabolizzanti: si tratta di ormoni (prodotti anche dal nostro organismo) in grado di accrescere le masse e la forza muscolare; fanno inoltre aumentare il volume dei globuli rossi e la quantità di Mercoledì 3 marzo 1993 — 97 — emoglobina. Vengono anche utilizzati perché danno maggiore resistenza alla fatica e senso di benessere; ne fanno frequentemente uso gli atleti delle specialità di potenza. Sono stati impiegati per anni a dosi generose specie dagli atleti dell'Est (in particolare nuotatori, velocisti, sollevatori di peso, lanciatori). Da quando l'antidoping viene impiegato sistematicamente le possibilità di « farla franca » si sono ridotte notevolmente; sono così scomparsi dalla scena molti atleti (in particolare le possenti nuotatrici dell'Est !) che, privati degli effetti di questi ormoni, sono scaduti a livelli di assoluta mediocrità. Emblematico è anche il caso di Ben Johnson, che dopo aver scontato la squalifica perché « pescato » positivo alle Olimpiadi di Seul (dopo aver vinto a tempo di record i 100 metri piani) è rientrato sulla scena « dimagrito » e con tempi di gran lunga superiori ai 10". A fronte di certi risultati non vanno però dimenticati i rischi dell'impiego di questi ormoni che vanno dall'atrofia testicolare ad effetto virilizzante nella donna, da disturbi epatici alle malattie delle coronarie; e non si può escludere anche un effetto cancerogeno come sembrerebbe suggerire il recente caso dei due sollevatori di pesi di Bolzano morti per neoplasia dello stomaco; somatotropina (ormone della crescita): è prodotta da una ghiandola del cervello ed è ora disponibile anche in commercio; è il doping attualmente più di moda negli atleti delle discipline di potenza; ha un effetto per certi versi analogo a quella degli anabolizzanti, ma, al contrario di questi, è difficilmente rintracciabile nei liquidi organici. Il suo impiego può dare gigantismo (nell'età prepubere) e aspetto acromegaloide e possibile insorgenza di diabete (nell'adulto); cortisone: anche questo è un ormone normalmente prodotto dal nostro organismo; viene impiegato, al pari delle anfetamine, perché fa innalzare la soglia della fatica. Attualmente è scarsamente impiegato: in passato ebbe un momento di « celebrità » quando Merckx fu scoperto positivo al controllo antidoping al giro di Commissione XII Lombardia. Ad alte dosi (specie se protratte) può causare ulcera gastrica, osteoporosi e, una volta sospeso, grave deficit surrenalico; eritropoietina ed autoemotrasfusione: da qualche anno, anche se negata ufficialmente, è invalsa la prassi di sottoporre atleti impegnati in competizioni aerobiche, per lo più di lunga durata, a terapia con eritropoietina o con autoemotrasfusione. Entrambe hanno come scopo finale l'aumento del numero dei globuli rossi e quindi della quantità di ossigeno che può essere trasportata e ceduta dal sangue ai muscoli. L'eritropoietina è un ormone fisiologico (da qualche tempo è disponibile anche la forma sintetica) che stimola il midollo osseo a produrre un maggior numero di globuli rossi. Con l'autoemotrasfusione si iniettano invece dei globuli rossi che sono stati precedentemete sottratti allo stesso individuo e che vengono restituiti quando l'organismo ha ormai provveduto a rimpiazzare la quantià di sangue prelevata (tre quattro settimane più tardi). Nell'uno e nell'altro caso non si deve eccedere con le dosi per non andare incontro ad un aumento della massa ematica (con un maggior carico del cuore) e della viscosità del sangue (con possibilità di fenomeni trombotici). Inoltre la distruzione di un maggior numero di globuli rossi a livello del sistema reticolo-entoteliale può provocare una eccessiva precipitazione di ferro nel fegato, nella milza, nel rene e nel polmone provocando gravi alterazioni (emosiderosi). diuretici: non possono essere considerati doping in senso stretto, anche se vengono utilizzati, oltre che per cercare di rientrare nel peso (prima degli incontri di pugilato, lotta ecc.), per allontanare più velocemente le sostanze proibite; betabloccanti: questi farmaci, impiegati anche nella cura della ipertensione arteriosa e dell'angina pectoris, vengono utilizzati soprattutto degli atleti degli sport di destrezza per sfruttare il loro Mercoledì 3 marzo 1993 — 98 — effetto ansiolitico e anti tremore (per lo stesso motivo sono di sostegno a molti oratori quando devono parlare in pubblico). Si può pertanto affermare che l'uso di farmaci nello sport, se non giustificato dalla presenza di evidente patologia, deve essere bandito sia perché immorale sia perché spesso si associa ad effetti nocivi immediati o tardivi. L'uso irrazionale di farmaci e di particolari procedure è mortificante per l'atleta, per i tecnici e per i medici, per tutto il mondo sportivo; l'era degli stregoni deve finire: solo allenamenti adeguati, l'attuazione di appropriate misure igieniche e alimentari devono permettere di migliorare i record senza spersonalizzare l'uomo-atleta. Dopo aver accennato alle sostanze ed ai metodi doping è legittimo chiedersi: quali le cause ? le proporzioni del fenomeno ? cosa fare ? Cause. Successo a tutti i costi. Grossi interessi economici nello sport. Scarsa conoscenza del problema. Facile reperibilità dei farmaci. Possibilità di usare doping in allenamento senza essere scoperto in gara (l'atleta arriva pulito). Non facile codificazione del doping. Proporzione del fenomeno. Non è assolutamente possibile fornire dei numeri perché: solo alcuni sport e di questi solo alcune gare hanno controlli anti-doping; in particolare i controlli vengono effettuati solo in coincidenza di manifestazioni sportive ad alto livello e mai a « sorpresa »; non tutte le sostanze doping sono evidenziate dalle seppure sofisticate metodiche oggi a disposizione. Cosa fare. a) prevenzione: informazione medicofarmacologica massiccia, costante e capillare mirante a rendere noti tutti i rischi delle sostanze doping: scuola, istruttori (corsi anti-doping), pubblicità-progresso; Commissione XII informazione corretta delle corrette metodiche di allenamento: istruttori, opuscoli « CONI »; b) repressione: intensificare i controlli anti-doping; controlli random a qualsiasi livello: sorteggiare; settimanalmente alcune gare da controllare; controllare non solo i primi classificati ma anche 3-5 atleti a sorteggio; per gli atleti « professionisti » estendere i controlli anche agli allenamenti; aggiornare ed uniformare le liste delle sostanze vietate (ogni nazione ed ogni federazione ha ancora oggi le « sue » sostanze proibite; permettere, per le sostanze più pericolose (anabolizzanti, amfetamine, narcotici) l'analisi in laboratori periferici (attualmente tutti i campioni vengono analizzati presso il laboratorio anti-doping della FMSI di Roma); comminare pesanti sanzioni disciplinari agli atleti « positivi » (specie per i farmaci più pericolosi) ed ai medici e ai farmacisti colpevoli di avere fornito le sostanze vietate. Il Presidente Lino ARMELLIN rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta. Proposte di legge: RENZULLI ed altri: Norme per l'attivazione degli interventi per la tutela della salute mentale (292). (Parere della I, della II, della V, della VII, della Vili e della XI Commissione). GARAVAGLIA ed altri: Nuove norme sulla tutela della salute mentale (1528). (Parere della I, della V, della VII e della XI Commissione). (Seguito dell'esame e rinvio). La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti. Il Presidente Lino ARMELLIN avverte che anche questa mattina ha ribadito la richiesta al Governo di conoscere quando intenda presentare il disegno di legge in materia già approvato in Consiglio dei ministri. Mercoledì 3 marzo 1993 — 99 — Il relatore Mariapia GARAVAGLIA (gruppo della DC) ricorda che la discussione è iniziata alla fine dello scorso anno ed è rimasta aperta per consentire ad alcuni Gruppi di presentare le loro proposte di legge. Non essendo queste ancora presentate, ritiene utile la chiusura della discussione generale e la costituzione di un Comitato ristretto per l'elaborazione di un testo unificato. Il deputato Francesco CURCI (gruppo del PSI) pur concordando sulla necessità di una accelerazione dei tempi, dissente sull'ipotesi di chiudere la discussione generale, avendo anticipato la sua volontà di intervenire e ritenendo utile la presentazione di tutti i progetti di legge al fine del migliore approfondimento della materia. Il deputato Carole BEEBE TARANTELLI (gruppo del PDS) ribadisce che il suo Gruppo ha presentato una proposta di legge, che pertanto sarà assegnata al più presto. Si augura che tale proposta possa essere oggetto di riflessione e ritiene opportuno che la discussione generale rimanga aperta. Il deputato Danilo POGGIOLINI (gruppo repubblicano) ritiene che di fronte alla richiesta di alcuni Gruppi di intervenire nella discussione sia interesse di tutti non procedere alla chiusura della stessa. Ricorda però che è dalla IX legislstura che tale problema viene affrontato ed ora la relazione dell'on. Gara vaglia si può considerare un punto di arrivo, per questo ritiene auspicabile una rapida chiusura della discussione, generale e la costituzione di un Comitato ristretto per elaborare il testo unificato. Il deputato Giuseppe SARETTA (gruppo della DC) ricorda che in realtà la Commissione sta discutendo di un testo elaborato nella IX legislatura, per questo di fronte alla drammaticità della situazione raccomanda l'impegno di tutti i Gruppi. Il deputato Vasco GIANNOTTI (gruppo del PDS) ritiene utile che la materia sia Commissione XII affrontata in tempi rapidi, anche tenuto conto che le tabelle di ripartizione degli 82 mila miliardi previsti dal Fondo sanitario nazionale assegnano scarsi stanziamenti per la psichiatria, soprattutto per i servizi territoriali e la prevenzione. Il deputato Pierluigi PETRINI (gruppo della lega nord) dissente da una dilatazione di tempi, che a suo avviso, deriva da una deviazione ideologica dei gruppi parlamentari. La materia ha gravi risvolti pratici sia per la parte relativa di finanziamenti che per esigenze di ordine sanitario. Il Presidente Lino ARMELLIN ricorda che il Ministro della sanità ha dato assicurazione che 135 miliardi del Fondo sanitario nazionale sono vincolati per la psichiatria. Concorda sull'esigenza di accelerare i lavori, ma anche sull'opportunità di ascoltare i deputati che hanno chiesto di intervenire. Per questo ritiene utile che non si chiuda la discussione generale, che potrà proseguire la prossima settimana per consentire la presentazione di tutti i progetti di legge. Subito dopo il comitato ristretto potrà elaborare il testo unificato. Rinvia pertanto il dibattito ad altra seduta. Proposta di legge: SARETTA ed altri: Disposizioni per la prevenzione e la cura della fibrosi cistica (1899). (Parere della I, della IV, della V, della VII e della XI Commissione). (Esame e rinvio). La Commissione provvedimento. inizia l'esame del Il relatore Giuseppe SARETTA (gruppo della DC) osserva che la fibrosi cistica è la più diffusa malattia genetica a prognosi sfavorevole nella razza bianca. In Italia vi sono stime di circa un malato ogni 2.000 nati vivi, mentre i portatori sani del gene, che possono quindi trasmettere la malattia, sono mediamente Mercoledì 3 marzo 1993 — 100 — uno su 22-25 nella popolazione generale. Si stima quindi che, con l'aspettativa di vita raggiunta negli ultimi anni, i malati di fibrosi cistica siano in Italia tra 7.000 e 10.000, mentre i portatori sani del gene si avvicinano ad una quota complessiva di 2.500.000. Vi è tuttavia una forte carenza di diagnosi e particolarmente di diagnosi pracoce: i malati attualmente censiti non superano i 3.000. Le ricerche degli ultimi anni hanno consentito di conoscere, almeno in parte, il difetto di base (anomalie del trasporto di cloro nelle membrane delle cellule epiteliali) e soprattutto (settembre 1989) hanno portato ad identificare il gene della fibrosi cistica e le sue principali mutazioni. Questa scoperta ha aperto da un lato nuove possibilità per una migliore conoscenza del difetto di base e quindi per ricerche su eventuali terapie causali; dall'altro ha aperto la strada a criteri più avanzati di diagnosi genetica, ed in particolare di diagnosi del portatore, ciò che consentirà, si spera, in un prossimo futuro, di attuare strategie di screening degli eterozigoti, analogamente a quanto avvenuto per la thalassemia in Sardegna e in provincia di Ferrara con successo. La ricerca ha altresì consentito di mettere a punto criteri terapeutici più razionali, anche se ancora non causali ma che hanno portato l'aspettativa media di vita dai 2-3 anni di trenta anni fa agli attuali 28-30 (almeno nelle regioni in cui si attua un'intensa attività diagnostica e terapeutica). A tali risultati ha contribuito in misura determinante l'istituzione di centri e servizi specializzati di cura su base regionale: in Italia si annoverano attualmente 17 centri di cura ed una decina di servizi di supporto specializzati. Attualmente, la cura della malattia si basa essenzialmente su un trattamento nutrizionale intensivo, opoterapia pancreatica, fisioterapia respiratoria intensiva quotidiana, antibiotici mirati a cicli o in continuazione, aerosol e nebulizzazione fluidificante. La terapia si fa più complessa nei casi con complicanze legate alla malattia: in particolare ileo da meconio, equivalenti meconiali, cirrosi epatica e iperten- Commissione XII sione portale, diabete mellito, pneumotorace, emottisi, eccetera. La prognosi risulta migliore nei pazienti diagnosticati precocemente, specie per screening neonatale. Il trattamento è comunque fondato su una assistenza con frequenza e intensità di controlli da parte di centri specializzati e su un forte coinvolgimento delle famiglie che, addestrate presso centri specializzati, continuano a casa terapie che sono quotidiane, talora sofisticate, e che occupano parecchie ore della giornata. A domicilio, vi è tuttavia carenza di supporto dell'assistenza sanitaria pubblica: i medici di base tendono a non farsi carico del malato, manca quasi assolutamente la presenza anche saltuaria di personale infermieristico e riabilitativo. Molti pazienti sono costretti a ripetuti ricoveri ospedalieri, che sono limitanti per la loro attività, creano scompensi sociali e disagi psicologici. Buona parte di tali ricoveri sono evitabili laddove si è realizzato, episodicamente, un buon supporto del medico di base e di qualche servizio di territorio. Le famiglie, in realtà, soffrono il peso di una malattia difficile da curare, e comunque curabile, più di quanto sia ragionevolmente accettabile in una società moderna ben organizzata sotto il profilo sanitario. La partecipazione alla spesa per le cure da parte delle famiglie si è resa sempre più onerosa, superando in gran parte dei casi le possibilità effettive di farvi fronte con i propri mezzi, anche perché l'impegno di cura dei familiari impedisce sempre che uno dei due genitori possa svolgere attività lavorativa. Le leggi in materia finanziaria approvate nel corso del 1992 prospettano rischi gravi per le famiglie e minacciano di rendere praticamente impossibile per loro ogni trattamento farmacologico o nutrizionale se non in regime ospedaliero. Manca quasi completamente, anche sotto il profilo della fornitura dei farmaci e di materiale o apparecchiature sanitarie, una facilitazione al trattamento domiciliare. Vi è inoltre in Italia un forte difetto di conoscenza della popolazione in generale, anche nell'ambito degli operatori sanitari, sulla malattia, sulle modalità di diagnosi, Mercoledì 3 marzo 1993 — 101 — sulle possibilità attuali di prevenzione e di cura dei malati. Vi sono poi non piccoli problemi per l'inserimento dei malati nel lavoro e nelle attività comuni, pur avendo tali pazienti normali facoltà intellettive e, nella maggior parte dei casi, normali o quasi normali attitudini fisiche. Vi è un difetto di organizzazione delle cure e di indirizzi e piani omogenei di diagnosi e di trattamento a livello regionale e sovraregionale, e ciò crea un consistente difetto di diagnosi, specie in alcune aree, un disorientamento nei pazienti, una precarietà di risultati e uno spreco di risorse. È ormai chiaramente dimostrato che la cura di questa malattia risulta più efficace in un centro specializzato, laddove si sono concentrate le risorse e le competenze, e quindi gli indirizzi assistenziali ed i protocolli terapeutici, le competenze per un largo territorio, essendo tale centro il coordinatore delle diverse risorse sociosanitarie territoriali, anche per una efficace assistenza e cura domiciliare. Questo è oggi un problema grave di salute sul quale l'improvvisazione e la parcellizzazione degli interventi, pur sostenuta da una buona volontà, non è più accettabile. Vi è oggi bisogno più che mai di investimenti per la ricerca in questo campo e l'Italia ha non poche possibilità di contribuire in maniera sostanziale alle nuove conoscenze, purché mezzi e risorse non vengano parcellizzati indiscriminatamente anziché concentrati laddove esistano serie opportunità di investimento produttivo. È per l'insieme di queste carenze e di questi bisogni, per il diffuso difetto di sensibilità al problema e per le grosse difformità di comportamento esistenti tra regione e regione verso un problema sanitario che interessa larga parte della popolazione italiana, che si rende necessario un intervento legislativo ad hoc. Commissione XII Esso dovrebbe mirare a: sensibilizzare ed obbligare le regioni a farsi carico più attivo del problema; promuovere interventi di prevenzione più avanzati e più diffusi; sollevare le famiglie, almeno in parte, dal grosso onere assistenziale, attivando servizi socio-sanitari a domicilio, ciò che consentirebbe di contenere il peso delle ospedalizzazioni frequenti; assicurare ai pazienti, senza alcun carico finanziario per loro, farmaci che dovrebbero essere erogati dalle farmacie ospedaliere in regime di ospedalizzazione diurna, alimenti speciali, strumenti e presìdi sanitari necessari per il trattamento a domicilio; facilitare l'inserimento dei pazienti nelle attività lavorative; promuovere la ricerca scientifica; omogeneizzare i comportamenti nelle diverse regioni italiane; razionalizzare nell'ambito nazionale e regionale l'impiego mirato delle risorse tecniche, finanziarie ed umane. L'erogazione dei farmaci, alimenti speciali e presìdi sanitari da parte delle farmacie ospedaliere realizzerebbe un risparmio complessivo di circa il 50 per cento sulla quota attualmente spesa dal servizio sanitario per il trattamento a domicilio di questi pazienti. Auspica, quindi, che al più presto si approvi la proposta in esame, perché le ragioni sono evidenti e propone infine la costituzione di un comitato ristretto. Il Presidente Lino ARMELLIN rinvia il seguito dell'esame alla seduta di domani 4 marzo. La seduta termina alle 18.