I
Direz. e Redaz.: Piazza di Trevi, 86 - 00187 Roma
ANNO XXXI N. 10 - Ottobre 1983
Spedizione in abbonamento postale - Gruppo 111170
ORGANO
MENSILE
D E L L ' AICCE.
dal quartiere alla regione
per una Comunità europea federale
1
ASSOCIAZIONE
UNITARIA
DI
COMUNI.
PROVINCE.
REGIONI
Brighton: la risoluzione dei 1000 Comuni europei geniellati
I rappresentanti dei Comuni europei gemellati, amministratori e
membri di Comitati di gemellaggio, si sono riuniti dal 15 al 17 settembre 1983 a Brighton per il loro IV Congresso, organizzato dal Consiglio
dei Comuni d'Europa.
Esaminata l'evoluzione dei gemellaggi e le prospettive sempre più
ampie degli scambi intercomunali e regionali:
Constatano che l'obiettivo principale dei gemellaggi europei, come
dichiarato dal loro iniziatore più di 30 anni fa, resta sempre la partecipazione dei popoli al movimento di unificazione;
che le motivazioni dei gemellaggi, in qualche misura, hanno risentito
dell'evoluzione dei tempi;
che la riconciliazione, prima fase della costruzione europea, ha perso
il suo carattere di priorità, ma è ancora all'origine di molti gemellaggi;
che vi sono comunque nuovi argomenti:
il desiderio di partecipare attivamente alla vita locale,
l'auspicio di ailargare le esperienze individuali, che determinano
le scelte odierne dei gemellaggi, il loro orientamento geografico e il loro
campo di attività;
SOMMARIO
pag.
1 La risoluzione di Brighton
3 Una scelta, finalmente: appello per l'Unione
europea
4 Cronaca deile Istituzioni europee - Necessaria
una politica dei trasporti della CEE,
DASTOLI
di PIERVIRGILIO
5 La sicurezza europea e lo scenario internazionale,
SILVESTRI
di STEFANO
9 Opinioni - I pompieri e gli architetti,
~ ~ J A C QDELORS
UES
11-13 Pensiero e azione dei federalisti europei - Federalismo: partito o movimento?
testi di LUCIANO
BOLISe UMBERTO
SERAFINI
14 A Torino i XV Stati generali del CCE
15 I libri - L'azione politica delle Nazioni Unite,
di GERARDO
ZAMPAGLIONE
16 La bandiera d'Europa aile città italiane
INSERTO: Le conseguenze deila crisi energetica sulla rete
degli assi di comunicazione in Europa,
di VITTORIO
CALDIROLI
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2
COMUNI D'EUROPA
ottobre l983
che molte iniziative, come la «solidarietà negli atti», già prese da alcudi mettere maggiormente in risalto, nell'insegnamento secondario e
ni Comuni europei gemellati per intensificare gli sforzi di solidarietà universitario, la dimensione europea e i risultati tutt'altro che trascuraverso Comuni meno favoriti sia in Europa che fuori, si moltiplicano e di bili fin qui conseguiti per la costruzione europea, soprattutto proponendo l'adozione di manuali di storia e geografia più europei.
questo si felicitano;
che la vita associativa occupa un posto sempre più importante nella
Chiedono inoltre che dei tentativi siano fatti presso gli organismi
società moderna e le attività di gemellaggio tendono a diversificarsi per competenti in materia di trasporti e turismo, per ottenere specifiche ritener conto di questo fenomeno;
duzioni da accordare ai viaggi effettuati nel quadro dei gemellaggi;
che pur rimanendo il gemellaggio sotto la responsabilità della ammiche per risolvere le difficoltà che molte città gemellate ancora inconnistrazione comunale, esso non deve limitarsi alla promozione di scambi trano per il passaggio delle frontiere in occasione dei loro scambi, le Istifra amministratori e notabili ma deve realmente appartenere a tutti i cit- tuzioni europee riescano ad eliminare ogni intralcio doganale;
tadini.
che da parte dei Governi si tenga sempre più conto del ruolo primordiale svolto dai gemellaggi per «ravvicinare l?Europa ai cittadini», come
auspicato dalla Fondazione Europea, sorta di recente;
che sia ratificato rapidamente il Trattato istitutivo della Fondazione
Europea e che questa riconosca l'azione dei gemellaggi, particolarmente
con un adeguato sostegno finanziario.
Brighton: l'on. baronessa Young, sottosegretario, ministro del Commonwealth, apre i lavori del Congresso.
Sottolineano che il Comitato di gemellaggio, sia nella fase preparatoria che nell'organizzazione degli scambi, è strumento indispensabile e
consente a tutte le forze vive del Comune di partecipare alla realizzazione di una stessa impresa;
che per poter garantire la continuità e la vitalità del gemellaggio è necessario definire chiaramente i rapporti fra il Comune e il Comitato di
gemellaggio.
Rendono omaggio ai responsabili dei Comitati di gemellaggio per
l'abnegazione dimostrata nello svolgimento delle attività e per il carattere sempre più volontario della loro collaborazione.
Osservano infine che la crisi economica aggrava i problemi di finanziamento dei gemellaggi, dato che il peso ricade essenzialmente sui Comuni.
Rivolgono un appello alle Istituzioni europee affinché diano il loro sostegno materiale alle attività di gemellaggio, tenuto conto dell'importante contributo che essi danno alla costruzione dell'Europa Unita.
Raccomandano che il gemellaggio intercomunale resti una occasione
privilegiata per il confronto di metodi di gestione e realizzazioni comunali: il personale comunale vi deve essere coinvolto sia per migliorare la
gestione comunale che per rafforzare i legami di gemellaggio;
che i gemellaggi interregionali diano una dimensione nuova a questi
studi comparativi e agli scambi, e facilitino la conclusione di nuovi gemellaggi senza tuttavia mettere in causa i gemellaggi pre-esistenti.
Invitano i Comuni gemeliati a diversificare i loro scambi e a ricercare
nuove forme di cooperazione culturale, socio-economica, professionale e
politica;
a prendere in considerazione, quando cercano nuovi partners, le richieste provenienti da regioni che, solo perché distanti, vengono troppo
spesso accantonate;
a prevedere, dove possibile, il gemellaggio con un Comune del paese
d'origine di eventuali comunità di emigranti presenti sul proprio territorio, anche per assicurare un'atteggiamento che permetta di evitare discriminazioni nei confronti degli immigrati.
Sottolineano l 'importanza degli scambi educativi e chiedono ai pubbliupoteri di realizzare un collegamento migliore tra gli enti regionali e
locali da una parte, e i servizi centrali per l'educazione dall'altra, soprattutto in occasione della conclusione di gemellaggi fra scuole o fra università, al fine di evitare la dispersione generata da scambi fra più città;
di riconoscere che per una migliore comprensione fra i popoli è assolutamente necessario introdurre l'insegnamento precoce e obbligatorio di
almeno altre due lingue, oltre quella materna, e che gli scambi di scolari
facciano parte integrante dei programmi scolastici;
Per quanto riguarda le azioni di solidarietà con i Comuni meno sviluppati, ricordano che queste azioni di solidarietà non solo danno il loro
modesto contributo alla soluzione dei problemi dello sviluppo ma favoriscono un cambiamento di mentalità fra i cittadini e in seno ai Governi
e alle Istituzioni. Questo cambiamento di atteggiamento costituisce un
elemento essenziale per convertire le nostre dichiarazioni in fatti concreti.
Raccomandano di designare un responsabile comunale, di promuovere una campagna di informazione per motivare i cittadini, di stanziare
una somma nel bilancio comunale a questo scopo. È inoltre opportuno
che venga scelto un progetto concreto e conforme al finanziamento disponibile - finanziamento che dovrebbe essere integrato con il concorso dei cittadini -, che sia garantita la destinazione dei fondi per la realizzazione di tali progetti, che ci si assicuri della loro rispondenza ai bisogni più immediati.
I rappresentanti dei Comuni europei gemeliati rinnovano il loro pressante appello agli eletti locali di tutti i Comuni gemellati, ai responsabili
dei Comitati di gemellaggio e delle associazioni che vi partecipano, affinché il gemellaggio stesso sia volutamente realizzato in una prospettiva
di unità europea.
Sottolineano che solo la realizzazione dell'Europa comunitaria, immediatamente allargata a Spagna e Portogallo, può consentire agli europei, coi loro sforzi comuni, di uscire dalla crisi, di rilanciare l'economia,
di assicurare uno sviluppo più equilibrato delle loro regioni, di sconfiggere la disoccupazione.
Ricordano che le Istituzioni europee non debbono comprendere paesi
non democratici.
Affermano con forza che l'azione più concreta per la pace rimane la
lotta per lo sviluppo politico, economico, sociale e culturale del processo
di integrazione europea.
In questo spirito chiedono ai Comuni gemellati di impegnarsi a sostenere attivamente il progetto di Unione Europea proposto dal Parlamento Europeo. Chiedono loro di mobilitarsi per ottenere una massiccia partecipazione dei cittadini alle seconde elezioni del Parlamento Europeo a
suffragio universale e diretto, e di non perdere occasione per manifestare
ai Governi e alle organizzazioni politiche la loro volontà che si realizzino
nuovi progressi sul cammino della costruzione di una Europa Unita.
Proclamano che l'integrazione europea costituisce in effetti la condizione preliminare necessaria:
* per stabilire un nuovo ordine economico internazionale, che consenta di superare insieme i grandi problemi del pianeta, quelli della fame, del disarmo, della ridistribuzione delle risorse mondiali, dell'ambiente, ecc.;
* per lo sviluppo di una organizzazione democratica degli Stati del
mondo, che garantisca le libertà individuali e collettive ma soprattutto
le libertà locali e regionali da una parte, e il libero diritto dei popoli
all'autodeterminazione dall'altra;
* per il rafforzamento e il rispetto dell'interdipendenza di tutti i
paesi del mondo, che è il fine essenziale dell'organizzazione delle Nazioni Unite.
(approvata a larghissima maggioranza, 2 voti contrari e I I astensioni)
COMUNI D'EUROPA
ottobre l983
3
una scelta, finalmente
Appello per l'Unione europea
L'europeismo generico, che non costa niente, è posto finalmente di
fronte a una scelta: continuare a fare le mosche cocchiere di una costruzione intergovernativa, che non riesce ajàre uscire la Comunità europea
dalla sua presente, mortale impasse, o appoggiare con tutte le forze il
progetto istituzionale del Parlamento Europeo - quello, per capirci,
promosso e portato avanti da quelgrande italiano che è Altiero Spinelli
(ma le lodi di quest 'uomo dalla inesorabile coerenza le ha fatte il ((Times)),non la stampa nostrana, salvo eccezioni) -. Si sa: nella patria di
Machiavelli si ha l'orrore di passare per un naif. Passerà il progetto Spinelli? Se sì, lo appoggiamo; altrimenti dobbiamo conservare il buon nome di realisti. Firmare, quindi, l'appello che vi proponiamo è u n rischio. Ci auguriamo che uomini di cultura (quegli «intellettuali» che
hanno molte debolezze da farsiperdonare) e leaders sociali lo firmino a
legioni: vogliamo tuttavia soprattutto confidare che ipizi valorosi colleghiimpegnati nella lotta per le autonomie - coloro che, con fatica quotidiana, guidano le amministrazioni comunali, provinciali, regionali; i
colleghi che combattono con noi la battaglia del Consiglio dei Comuni
d'Europa - lo firmeranno con mano ferma. È l'inizio di u n grosso impegno, che continueràpremendo (aut aut) suiparlamentari nazionali (a
loro spetterà poi la ratifica del nuovo Trattato), partecipando compatti
ai XV Stati generali del CCE, dando la giusta impronta alle prossime
elezioni europee (giugno 1984). Senza retorica: è possibile che non si
provi u n briciolo d i commozione pensando che, ora, la storia europea è
veramente nelle nostre mani?
Le adesionipossono essere inviate presso I'AICCE, piazza Trevi 86 00187 Roma - l'appello, infatti, è in perfetta sintonia col cosiddetto
«documento Hofmann)) approvato aii'unanimità dall'Assemblea dei
Delegati del CCE (anche recentemente, a Brighton, nel Regno Unito, i
rappresentanti d i 1.000 comuni europeigemellati hanno approvato, con
due soli voti contrari e 11 astensioni, il pieno appoggio al progetto del
Parlamento Europeo) - oppure direttamente a Pier Virgilio Dastoli, direttore responsabile d i Crocodile,),via del Tritone 46 - 00 187 Roma.
((
Il Parlamento Europeo ha approvato - nella seduta del 14 settembre
1983 - una proposta politica per un'ampia riforma della Comunità.
Questa proposta ha già raccolto un largo consenso fra le forze politiche
europee, rappresentate neiI1Assemblea, e sarà ora trasformata in un progetto di Trattato d'Unione europea, da sottoporre al voto del Parlamento nel prossimo febbraio 1984, prima che il progetto sia trasmesso ai governi e ai parlamenti dei paesi membri per la successiva ratifica.
L'Assemblea di Strasburgo ha assolto pienamente, con questo voto,
l'impegno assunto nel luglio 1981 di «dare un nuovo slancio all'unione
europea)), elaborando proposte di riforma da inviare direttamente agli
organi costituzionali competenti in ciascuno Stato membro.
L'atto compiuto dal Parlamento Europeo rappresenta - in questo
momento di grave crisi del processo di integrazione comunitaria e alla
vigilia delle prossime elezioni europee - la sola risposta adeguata e ragionevole, a problemi reali, concernenti compiti della Comunità in politica economica, monetaria, della società e delle relazioni internazionali,
e conseguentemente alla necessità di rendere più efficaci e più democratiche le sue istituzioni.
È oggi opinione prevalente che la Comunità europea, nata come
espressione della volontà di ripresa dei nostri popoli e divenuta strumento indispensabile per lo sviluppo economico nei nostri paesi, vive una
drammatica contraddizione fra l'esigenza di una maggiore integrazione
e le risposte, assolutamente inadeguate, che vengono date dalle istituzioni europee. Basti citare i problemi della disoccupazione, della stabilità monetaria, della pace e della sicurezza per mettere in risalto - insieme - l'assenza d'Europa e la necessità di una Comunità con una più alta quota di consenso fra i suoi cittadini.
In questo quadro è nostra convinzione che l'alternativa si pone oggi
fra la realizzazione di un nuovo patto d'unione fra i popoli ed i paesi europei o la dissoluzione della Comunità, con i rischi incalcolabili non solo
per la stabilità economica, ma per le nostre stesse democrazie e per
l'equilibrio internazionale.
In assenza di adeguate risposte comuni, va emergendo in ciascun paese d'Europa la tendenza a ripiegare in politiche nazionali a difesa di interessi particolari, con una visione miope e con soluzioni che l'esperienza ha mostrato essere inefficaci. Questa tendenza è oggi all'origine di
pericolosi processi di involuzione politica ed economica e di una progressiva caduta della solidarietà e della tensione ideale che erano alla base
delle realizzazioni comunitarie.
L'atto compiuto dal Parlamento Europeo appare a noi come I'espressione della tendenza opposta; l'espressione di una consapevolezza dei
problemi europei, maturata nel corso di un fecondo scambio di esperienze e di idee, di cui l'aula di Strasburgo è stata e rimane per sua natura l'insostituibile sede.
L'atto compiuto dal Parlamento Europeo pone le premesse istituzionali perché prenda corpo un'Europa politica, che abbia una visione
unitaria dei suoi problemi, che sia in grado di organizzare ed indirizzare le sue enormi energie, che possa dare al nostro continente una funzione che non sia quella di appendice subalterna nel gioco dei rapporti
internazionali, ma che sia al contrario parte attiva per la ricerca ed il
mantenimento della pace e per lo sviluppo equilibrato di tutti i paesi
del mondo.
11 progetto del Trattato, che sarà approvato dal Parlamento Europeo
nel prossimo febbraio, possiederà già una forte autorità politica, che gli
è attribuita dal fatto di essere l'espressione più alta della sovranità popolare; grazie al suffragio di oltre cento milioni di cittadini che hanno eletto il Parlamento nel giugno 1979. L'autorità politica del governo sarà
tanto più forte, quanto più largo sarà il consenso delle forze politiche
europee rappresentate nel Parlamento.
Affinché il progetto di Trattato d'Unione acquisti anche piena legittimità giuridica e entri in vigore fra i paesi membri della Comunità è però
necessario che in ciascuno Stato siano messe in moto e portate a conclusione le procedure nazionali per la ratifica.
La prima tappa di un processo politico-istituzionale, che sarà lungo e
difficile, sarà rappresentata dalle prossime elezioni europee: grazie al
progetto d'Unione elaborato dal Parlamento, i cittadini saranno chiamati per la prima volta ad esprimersi concretamente sul sistema che
dovrà essere posto alla base delle relazioni fra i popoli ed i paesi d'Europa nei prossimi decenni. In questo quadro è nostra convinzione che elezioni europee e progetto d'Unione costituiscano insieme momenti di alto valore politico e democratico, destinati a coinvolgere tutti i settori
della vita civile nelle nostre società.
Richiamandoci alla tradizione europeista che ha animato, nel corso
della seconda guerra mondiale, gmppi di combattenti contro il fascismo
e contro il nazismo in tutti i paesi d'Europa;
uniti nella convinzione che la battaglia per un'unione dei popoli e
dei paesi d'Europa sia ora entrata nella sua fase decisiva;
mossi dal proposito di estendere e consolidare - attraverso adeguati
stmmenti di iniziativa politica - la rete di collaborazioni che si è intessuta al Parlamento europeo;
noi ci rivolgiamo a tutti i cittadini e alle organizzazioni democratiche
affinché firmino questo appello e diano il loro contributo di idee, di impegno politico, di sostegno attivo, onde - all'indomani del voto di febbraio 1984 - sia awiata in ogni paese la procedura necessaria per la ratifica del progetto di Trattato d'Unione europea.
Gaetano Adé, Paolo Barbi, Enzo Bettiza, Maria Luisa Cassanmagnago,
Domenico Ceravolo, Mauro Ferri, Paola Gaiotti de Biase, Jas Gawronski, Felice Ippolito, Pietro Lezzi, Luigi Macario, 'Sergio Segre, Altiero
Spinelli
COMUNI D'EUROPA
4
Cronaca delle Istituzioni europee
Necessaria una politica dei trasporti della CEE
di Pier Virgilio Dastoli
L'«industria dei trasporti» costituisce una
parte importante della ricchezza nazionale di
ogni paese: si calcola che, nella Comunità, essa
rappresenta circa il 6% del PIL, di poco superiore alla quota attribuita all'agricoltura (5 %).
Nell'ambito di una Comunità di popoli e di
paesi, costituita con l'obiettivo di una crescente convergeriza delle economie e di una progressiva e totale liberalizzazione degli scambi,
un'adeguata politica dei trasporti deve essere
considerata come una delle competenze più
importanti perché questa Comunità possa attuare pienamente i compiti che le sono attribuiti.
È questa una delle ragioni che hanno spinto
i redattori dei Trattati di Roma a fare della politica dei trasporti una delle due competenze
(l'altra è quella agricola) attribuite fin dall'inizio in maniera specifica alla Comunità europea. L'altra ragione era data dalla consapevolezza che, nella Comunità del 1957, forti e pericolosi erano gli squilibri fra le diverse aree regionali nei paesi membri e che uno degli strumenti essenziali per superare questi squilibri
era dato appunto da una politica comune dei
trasporti.
I1 Trattato di Roma costituisce quindi I'indispensabile punto di partenza per l'attuazione
di questa politica: ma - è ormai noto - la
Comunità è rimasta praticamente al punto di
partenza e la politica comune dei trasporti salvo una serie di misure di armonizzazione non è stata ancora awiata.
Le statistiche CEE confermano periodicamente la situazione di squilibri crescenti fra le
diverse regioni della Comunità ed è ormai,
purtroppo, usuale citare il divario - mai colmato - fra la regione più ricca della Comunità
(Amburgo) e la regione meno sviluppata (la
Calabria). In mancanza di adeguati interventi
comunitari, il discorso sul superamento degli
squilibri rischia di divenire un'inutile predicazione domenicale, seguita da un'intera settimana di peccati (di omissione).
Nel quadro di questo problema, un'importanza spesso drammatica e resa ancor più urgente dopo l'adesione della Grecia e, domani
della Spagna e del Portogallo, è data dalla situazione delle regioni periferiche della Comunità.
Il Parlamento Europeo, dopo aver «trascinato» il Consiglio dei ministri della Comunità di-
ABBONATEVI A
nanzi alla Corte di Giustizia per inadempienza
delle disposizioni del Trattato in materia di politica comune dei trasporti, ha ora approvato
un'ampia relazione presentata a nome della
competente commissione parlamentare dalI'on. Umberto Cardia (parlamentare europeo
del gruppo comunista ed apparentati (COM)
[n.d.r.]), sui «problemi dei trasporti nelle regioni periferiche della Comunità europea».
All'origine della proposta del Parlamento vi
sono - oltre ai tradizionali orientamenti
dell' Assemblea in materia di politica regionale
e dei trasporti - quattro proposte di risoluzione presentate, fra il 1981 e il 1982, dagli onn.
Purvis, De Pasquale, Barbarella e Ewing, tutte
centrate sui problemi delle regioni periferiche,
marittime e insulari della Comunità europea.
La proposta dell'on. Barbarella era poi concentrata più particolarmente sui problemi legati
all'attuazione dei programmi mediterranei.
La relazione dell'on. Cardia parte innanzitutto dalla persistente situazione di squilibri
fra le diverse regioni della Comunità, squilibri
che in taluni casi (alla relazione sono allegati
interessanti dati statistici) sono cresciuti in modo particolare nel decennio 1970-1980. I1 relatore constata poi che «le penalizzazioni in materia dei trasporti si traducono per le regioni
periferiche in termini di aggravamento dei costi di produzione e di circolazione; di ritardi
nella circolazione di persone e di merci; di
strozzature nell'offerta di trasporto e di servizi;
con conseguenze estremamente negative per
l'economia regionale,.
«Le cause strutturali di questa situazione prosegue la relazione - sono da ricercarsi nella
insufficienza delle infrastrutture e dei materiali
di trasporto, nella carenza del coordinamento
tra diversi modi di trasporto, nella limitatezza
dei collegamenti tra le stesse regioni periferiche, nell'organizzazione commerciale non soddisfacente dei trasportatori a livello locale
nonché in una certa inadeguatezza della regolamentazione comunitaria in materia di trasporti rispetto ai problemi specifici connessi alla lontananza,.
La relazione presenta alcune proposte di carattere generale e alcune più specifiche per le
regioni insulari, i trasporti ferroviari e la politica tariffaria comune.
Sul piano generale, la relazione afferma che
uil potenziamento quantitativo e qualitativo
dei trasporti deve essere perseguito tenendo
conto.. . del riconoscimento del trasporto come
servizio di pubblica utilità. La nozione di pubblico servizio - continua la relazione - deve
essere ridefinita tenendo conto delle norme del
Trattato, anche sotto il profilo degli obblighi
che ne discendono per la Comunità con
I'obiettivo di rendere tra l'altro possibile una
maggiore trasparenza dei bilanci delle imprese
che godono di sowenzioni pubbliche».
Nel caso specifico delle regioni insulari, il relatore Cardia (la sua origine e la sua vasta esperienza di politico sardo hanno accentuato posi-
ottobre l983
tivamente la sensibilità della proposta in questo settore) afferma che «particolare sostegno
dovrà essere dato anche promuovendo la ricerca scientifica e tecnolo,ica nel settore, alllin-
-
troduzione di nuovi tipi di navi più veloci
(overcrafts ed altri tipi di esperimento) e di
nuovi areomobili adattati al trasporto di massa
di passeggeri e merci sulle medesime distanze;
l'introduzione di nuovi settori marittimi dovrebbe godere - afferma Cardia - dell'intervento delle sezioni in quota e fuori quota del
FESR*.
«In casi eccezionali di regioni insulari penalizzate da condizioni di trasporto particolarmente onerose - propone il relatore - potranno essere introdotte o mantenute, ove già
in atto, tariffe commisurate a distanze virtuali,
calcolate su speciali parametri».
I1 rapporto parlamentare invita infine la
Commissione esecutiva a studiare le modalità
di attuazione delle proposte presentate, per
quanto riguarda in particolare le loro implicazioni finanziarie, tenendo presenti in particolare i dati e le indicazioni emersi dalle indagini
e dalle audizioni condotti dalla commissione
dei trasporti del Parlamento.
È opportuno infatti notare che i lavori della
commissione parlamentare sono stati affiancati
e resi più ricchi innanzitutto dai risultati di
un'indagine, svolta attraverso un questionario
inviato a 36 regioni periferiche della Comunità
(per l'Italia: Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna). In
secondo luogo, la commissione parlamentare
ha organizzato alcune udienze conoscitive, i
cui risultati sono riportati in appendice alla relazione presentata in Assemblea.
È opportuno infine ricordare che l'lntergruppo eletti locali al Parlamento Europeo
(animato dal Consiglio dei Comuni d'Europa e
presieduto dal deputato europeo Travaglini,
membro della commissione di politica regionale) ha già affrontato in diverse riunioni i problemi legati all'attuazione di una politica comune dei trasporti, necessaria per lo sviluppo
equilibrato delle diverse aree regionali della
Comunità.
Torino-Glasgow
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13 aprile Imaggio 1983
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Settimane s«rzzesi a Torino.
f e a t q f Ilm, danza, folk, mostre, s w t , shopping,
1
ottobre 1983
COMUNI D'EUROPA
La sicurezza europea
e lo scenario internazionale
Questo è il piiì recente scenario di Stefano
Silvestri sui problemi della sicurezza internazionale e su quelli della difesa europea, collocati in un mondo multipolare. Lo scenario è
molto articolato e si vale della eccezionale competenza di Silvestri: peraltro uno scenario può
sembre essere messo in discussione sia nei suoi
contenuti che in relazione aììa stessa metodologia in base aììa quale è stato costruito. Pertanto
((Comunid'Europa» aprirà le sue colonne ad
u n eventuale dibattito su di esso; nello stesso
tempo pensiamo che l'z$otesi ((Europa unita))
nel lavoro di Silvestri non sia forse esplorata sino in fondo, sia agli effetti di u n sistema internazionale di sicurezza sia agli effetti di u n progresso effettivo verso l'organizzazione della pace. In economia politica come in strategia militare ci sono fatti nuovi, di enorme portata psicologica, di cui dz&%cilmente si tiene conto in
una analisi logica a priori. In ogni modo ricordiamo ai nostri lettori la relazione della Conferenza d i Brighton su ((1gemellaggi, la Federazione europea e la pace», pubblicata come inserto nel numero della nostra rivista di luglioagosto.
* *
La situazione internazionale si è mantenuta
a lungo in un clima di grave incertezza. L'elezione di Ronald Reagan alla Casa Bianca ha
confermato la «svolta»americana già annunciata dall'ultimo anno della presidenza di Jimmy
Carter: una svolta dura, di pessimistico realismo, caratterizzata da forti programmi di riarmo convenzionale e nucleare e dalla volontà di
contrastare la spinta offensiva dell'URSS in
ogni parte del mondo. Al Cremlino, I'invasione dell'Afghanistan ha ricordato a tutti che a
Mosca esiste da sempre, ed è ancora vivo e vegeto, un partito di «duri»orientati verso la conservazione del potere in Europa e la espansione
in Asia. Oggi si parla degli «afghani» come ai
primi del novecento si parlava dei ucoreani)): i
fautori di una guerra con il Giappone. Con la
differenza che mentre la Russia zarista che si
avventurò nella guerra siberiana era debole e
fatiscente, minata all'interno da gravi rivolte,
la Russia comunista è un impero militare di
prima grandezza capace di trovare con le armi
il successo che cerca. La morte di Leonid Breznev e la rapida successione assicurata da Yuri
Andropov, con il consenso delle massime gerarchie militari e della sicurezza interna sovietiche, sembrano aver imposto al regime una
svolta «dura: è dall'autunno del 1982, quando la successione era ormai già ben definita,
. che l'atteggiamento msso verso l'Europa, il
Giappone, il Medio Oriente e i negoziati sul
controllo degli armamenti si irrigidisce e punta
alla ricerca di successi sostanziali sull'occidente, in campo sia politico che militare.
L'Europa occidentale tenta varie volte di ammansire l'orso russo. Ammorbidisce le sanzioni
sulla Polonia, tiene aperta la porta al dialogo,
contrasta la politica di dure chiusure commerciali proclamata dalla amministrazione Reagan
(in primo luogo sulla questione del gasdotto si-
5
torio nazionale. Ad un certo momento, quando è scoppiata l'ultima crisi del Ciad con I'invasione libica del nord di quel paese, ben 14
dei 30 aerei radar di comando e controllo
di Stefano Silvestri (AWACS) degli USA erano impegnati al di
fuori del territorio nazionale e 5 delle loro i 2
beriano). Ma tutto ciò non ha alcun effetto sul superportaerei erano coinvolte in operazioni di
Cremlino, che invece di coglierè questi gesti di deterrenza e di presenza nei confronti di situaapertura come una occasione di distensione, zioni locali di crisi. Gli USA, malgrado I'impreferisce dialogare (e confrontarsi) diretta- mensa crescita del loro bilancio della difesa, somente con la Casa Bianca, puntando piuttosto no quindi impegnati allo spasimo, al limite
su una spaccatura della Alleanza Atlantica e delle loro capacità, tanto da far sorgere il dubsull'indebolimento dei -noverni e u r o ~ e i ad bio che in caso di crisi maggiore in Europa essi
opera dei movimenti pacifisti. La politica russa
è talmente scoperta e rozza da avere l'effetto
contrario: i governi europei si irrigidiscono anch'essi. Le forze politiche europee più impegnate sul fronte della distensione vengono progressivamente allontanate dal governo perdendo, a volte in modo rovinoso, i successivi confronti elettorali.
Oggi I'URSS è militarmente attiva in Angola, in Cambogia (attraverso il Vietnam), in Afghanistan, in Nicaragua e nel Salvador (attraverso Cuba), in Libia, in Etiopia, nel Medio
Oriente (attraverso la Siria e lo Yemen del sud,
e fornendo di armi ora 1'Irak ora l'Iran), ha
confermato la sua politica repressiva in Polonia, ha moltiplicato le sue provocazioni militari nelle acque territoriali di vari paesi europei
allineati e neutrali (Norvegia, Svezia, Italia),
ha assunto una posizione estremamente dura a
Silvestri
Ginevra al negoziato
degli
"
" euromissili. cercando di cambiare le carte in tavola dall'inizio del
negoziato con l'inclusione nel conteggio dei possano avere l'immediata e piena disponibimissili strategici anglo-francesi, ha sfidato e sfi- lità di tutte le forze predestinate allo scacchiere
da l'opinione pubblica mondiale con il massa- europeo.
Gli USA sono anche impegnati in una concro degli inermi passeggeri del Jumbo sud coreano sui cieli di Sakhalin, ha indurito la sua troffensiva di tipo ideologico nei confronti
posizione diplomatica verso il Giappone. Ha dell'URSS e in una politica di severità per gli
compiuto un'unica apertura, verso la Cina: an- scambi tecnologici e la concessione di crediti ai
ch'essa peraltro è tutta di facciata poiché anche paesi socialisti. Essi sono alla vigilia di una
in questo caso Mosca si guarda bene dall'accet- grande rivoluzione tecnologica nel campo della
tare le richieste di Pechino non solo sul proble- difesa, dalle nuove armi spaziali anti-missile,
ma delle frontiere o sulla politica del Vietnam, ai nuovi missili a testata multipla (MX) e sinma persino sulla prospettiva di una riduzione gola (Midgetman), alle armi convenzionali (ardegli SS-20 schierati in Asia. La vicenda del mi intelligenti). Ma la loro politica richiede, in
Jumbo, in particolare, e le varie conferenze misura sempre crescente, l'adesione e la collastampa tenute a Mosca su questo problema e su borazione attiva dei loro alleati: non vi è politiquello dei negoziati sugli euromissili, congiun- ca commerciale o di blocco tecnologica possibitamente da rappresentanti dell'alta gerarchia le senza l'assenso europeo e giapponese, e la
militare e di quella politica, sembrano confer- complessità e il moltiplicarsi delle crisi locali rimare la forte crescita dell'influenza e del punto chiede il contributo in uomini e in denaro dedi vista dei militari sulle scelte del Cremlino. gli alleati. Gli stessi programmi di riarmo sia
D'altro canto in questi anni si è venuto crean- convenzionali che nucleari si fondano su sforzi
do in URSS un «complesso militare-industria- comuni: gli euromissili devono essere impianle» di ampiezza e forza incommensurabilmente tati in Europa con l'assenso di paesi europei, e
maggiore (nei confronti della società civile) ri- la nuova strategia convenzionale richiede agli
spetto agli analoghi complessi esistenti in Occi- europei un profondo mutamento negli armadente. Il peso della componente militare sul- menti e nella struttura delle loro forze armate e
l'economia è tale (e la sua intoccabilità è così un accrescimento dei loro bilanci della difesa.
Ed è qui che si situa la maggiore contraddiassoluta) da bloccare ogni speranza di riforma
zione della politica americana. Concepita come
economica.
Gli USA hanno reagito con durezza a queste una risposta nazionale all'URSS essa può essere
evoluzioni. Oggi gli Stati Uniti sono militar- gestita ed attuata solo come una risposta colletmente sempre più impegnati nel Medio Orien- tiva, ma le basi politiche ed economiche per il
te, dal Libano all'Egitto, alllArabia Saudita, consenso collettivo dell' Alleanza vengono mialla Somalia, alla nuova flotta presente all'im- nate da altre scelte di Washington.
I1 deficit di bilancio americano, volto a fiboccatura del Golfo Persino e nell'isola di Diego Garcia, in Centro America e in Asia (Paki- nanziare la riscossa tecnologica e militare del
stan, Thailandia). I1 43% delle forze di terra paese, unito alla politica di duro contenimento
americane sono impegnate al di fuori del terri- della base monetaria condotta dalla Federa1
6
Reserve statunitense, rafforzano il valore del
dollaro nei confronti delle monete europee.
Ciò alimenta anche un forte deficit della bilancia commerciale americana, che è però ampiamente compensato dall'afflusso di capitali attirati dalla forza del dollaro e dalle prospettive di
ripresa proprie di quel mercato. Ne deriva che
la bilancia dei pagamenti americana è in attivo
e che questo consente al governo di proseguire
nella sua politica di deficit di bilancio. Gli alleati finiscono quindi col finanziare tale deficit
e tale politica monetaria, con la loro inflazione
e con la debolezza delle loro economie. D'altro
canto gli USA richiedono agli alleati un maggiore impegno che si traduce in maggiori spese
(bilanci della difesa, acquisti di tecnologia per
lo più americana) o in maggiori sacrifici (nel
campo della politica commerciale). Questo avviene in un momento di grave recessione ed
esposizione debitoria di tutto il Terzo Mondo e
in una situazione per cui il rafforzamento del
dollaro non permette neanche di beneficiare
appieno della flessione registrata nei costi
dell'energia. È una chiara contraddizione, un
circolo vizioso, che favorisce spinte protezionistiche e drastici riallineamenti tra i paesi europei, indebolendo la solidarietà internazionale e
riducendo il margine di iniziativa e di libertà
d'azione dei vari governi nazionali, anche
quando essi politicamente condividono I'impostazione americana nei confronti dell'URSS.
Non possiamo peraltro dimenticare che vi è
anche una grave contraddizione sia da parte
europea che da parte giapponese. Essi oggi finanziano il riarmo americano, ma questo non è
che la logica conseguenza di una politica di
continuo rifiuto da parte europea e giapponese
di assumersi le proprie responsabilità nel tarlipo della sicurezzi internazionale. Europa e
Giappone hanno continuamente delegato tale
responsabilità agli USA, preferendo assumersi,
politicamente, il comodo ruolo dei fiancheggiatori a volte critici nonché, economicamente
e militarmente, il meno costoso ruolo di supporto delle forze americane.
Vi sono dunque tutte le premesse per un ripetersi delle tensioni che hanno caratterizzato
la guerra fredda (non a caso alcuni sostengono
che, nella questione degli euromissili, Mosca
ha intravisto la possibilità di «tigiocare»la crisi
di Cuba del 1962, questa volta con qualche
maggiore possibilità di successo). Ma, a differenza del periodo della guerra fredda, questa
volta il sistema occidentale non è monoliticamente aggregato attorno alla superpotenza
americana, se non altro perché, in termini relativi, oggi la superpotenza americana è meno
forte di ieri (o meglio: gli altri attori internazionali, dall'URSS ai paesi europei, al Giappone, ad alcuni paesi del Terzo Mondo, hanno
un maggior peso internazionale).
La guerra fredda potrebbe quindi non vedere la mobilitazione ottimale di tutte le risorse
occidentali, bensì una crescita delle divisioni e
delle divergenze all'interno dell'occidente. Un
simile sviluppo però (visto il tipo «duro»di politica perseguito da Mosca) non avrebbe effetti
positivi. Potrebbe al contrario avere effetti pesantemente negativi, accrescendo il rischio di
una conflagrazione mondiale o di un rapidissimo disgregarsi ed annullarsi del quadro di sicurezza dell'Europa. Si moltiplicherebbero i falsi
COMUNI D'EUROPA
ottobre l983
segnali, i pericoli di fraintendimenti, la possi- impegni diretti americani per la difesa del sibilità di valutazioni false (troppo ottimistiche o stema internazionale (ed eventualmente orientroppo pessimistiche) della situazione, con il tata ad un accordo diretto bilaterale con
rischio di decisioni sbagliate, avventurose, da I'URSS); potrebbe coniugarsi facilmente con
cui poi risulterebbe impossibile tornare indie- una definizione formale di «zone di influentro. Le ultime due guerre mondiali sono scoppiate proprio grazie al moltiplicarsi di simili
C) un approfondimento delle iniziative
falsi segnali e alla sbagliata valutazione delle
multilaterali degli USA, nel senso di un nuovo
reazioni degli attori interessati.
slancio dato agli organismi internazionali, di
Se quindi il nodo del sistema internazionale
una sincera ricerca di forme di partnership rearesta il rapporto USA-URSS, il problema più
le con gli alleati, europei e non europei;
grave da risolvere è in realtà quello di un più
equilibrato e giusto rapporto all'interno delX) una evoluzione integrata dell'Europa ocl'occidente, tra USA, Giappone ed europei. cidentale, in cui allo sviluppo politico ed ecoPer quel che più immediatamente ci riguarda: nomico della Comunità e ad un suo allargail rapporto Europa-USA.
mento e approfondimento, si accompagni an-
che l'assunzione di crescenti responsabilità europee nel campo della sicurezza;
Y) una evoluzione squilibrata della Comunità europea, a più velocità, o anche a più ali: a
più velocità, cioè in cui alcuni paesi si aggregano per compiere iniziative che altri preferiscono tralasciare o non riescono a soddisfare; a più
ali, cioè in cui alcuni paesi sono più sensibili di
altri al richiamo della distensione, di un neoneutralismo e di iniziative regionali, mentre altri si schierano più decisamente con gli USA;
Z) una decisa frammentazione nazionalista
dell'Europa occidentale, con netta prevalenza
delle tendenze neutraliste, del riarmo nucleare, del protezionismo, ecc.
Possiamo così sintetizzare le linee di tendenza esistenti negli USA e nell'Europa occidentale:
A) una evoluzione imperiale della politica
americana, volta ad organizzare gerarchicamente attorno alle sue iniziative politiche e diplomatiche, alle sue forze militari e alla sua
moneta, tutti gli alleati;
B) una evoluzione neoisolazionista negli
USA, fortezza americana, volta a diminuire gli
Naturalmente queste sei linee di tendenza
spesso convivono tra loro. A volte sono così
strettamente interconnesse da non permettere
una facile identificazione. Altre volte sono appoggiate da diverse «ali» dello stesso schieramento di governo. Qui le distinguiamo soprattutto ai fini di semplificazione del modello
teorico che vogliamo costruire.
Quali sono i rapporti tra le tre tendenze
americane (A + B + C) e le tre tendenze europee (X + Y + Z)?
Anche qui, volendo semplificare al massimo, abbiamo il seguente schema:
A) può tranquillamente convivere sia con X
che con Y, anche se evidentemente una Europa
squilibrata è meno tranquilla di una Europa
integrata;
COMLINI D'EUROPA
ottobre 1983
7
B) è di per sé poco interessata al sistema eu- parte americana la scelta neoisolazionista si
ropeo (è piuttosto interessata a venire a patti presenta come la più rischiosa e la meno remucon I'URSS), ma probabilmente provochereb- nerativa e flessibile, da parte europea I'evolube un forte rimescolamento delle carte in Euro- zione integrata è quella che ha la maggiore nepa. Renderebbe impossibile una evoluzione in- cessità di comportamenti consoni da parte
tegrata che ha bisogno, per un lungo periodo, americana. D'altro canto se, su questa base,
di una collaborazione attiva americana, e ren- eliminiamo sia X che B lo schema risulta così
derebbe altresì impossibile una evoluzione semplificato:
squilibrata, che è per sua definizione dipendente da una organizzazione gerarchica del siA - Y
stema attorno ad un centro. È quindi realmente compatibile solo con Z, la frammentazione
C - Y
Z - A
C) è compatibile sia con X che con Y. Una
evoluzione integrata dell'Europa la rende una
opzione più facilmente attuabile. Ma è possibile una qualche delega anche ad alcuni gruppi
di europei e di alleati fidati (anche se con minore efficacia).
A questo punto il modello è praticamente
equilibrato (avendo noi sottratto le scelte più
difficili). L'unica variante è la presenza della
opzione Z (frammentazione dell'Europa), assente dalle scelte americane, ma che, come ab4t
Dal punto di vista delllEuropa:
X) è compatibile solo con C: solo un interesse degli USA verso la partnership e una migliore gestione del sistema internazionale, con
il mantenimento della garanzia nucleare strategica per l'Europa, può consentire una evoluzione di tipo integrato senza provocare nel medio-lungo periodo profonde scissioni sia all'interno dei vari paesi europei, sia dei vari paesi
tra di loro:
Y) è compatibile sia con A che con C: nel
primo caso essa sarà più strettamente oligopolistica e sottoposta a maggiori tensioni antiamericane; nel secondo caso sarà invece meno
drammatica, ma comunque totalmente dipendente dalle scelte americane e probabilmente
di tipo neomercantilista.
2 ) è provocata direttamente da una scelta
neoisolazionista americana (B), come abbiamo
già visto, ma è compatibile anche con una politica imperiale americana (A), come evoluzione
negativa di quelle tensioni che abbiamo indicato nell'ipotesi precedente (cioè come evoluzione negativa della integrazione squilibrata in
Europa).
Schematicamente:
B - Z
Y -
A
C
Come si vede, non vi è perfetta corrispondenza tra il modello visto dal punto di vista
dell'Europa e il modello visto dal punto di vista degli USA. Infatti, dal punto di vista americano, solo B ha un rapporto immediato con
una sola tendenza evolutiva europea, mentre
sia A che C possono variamente accoppiarsi, in
modo positivo, con almeno due linee di tendenza. Dal punto di vista europeo è invece X
ad avere un rapporto esclusivo con una sola
scelta americana (C), mentre sia Y che Z possono convivere con diverse scelte dell'amministrazione USA.
Ciò sembrerebbe suggerire che mentre da
agli USA la libera utilizzazione dei loro depositi e dei loro servizi in Europa. La situazione potrebbe però mutare rapidamente in caso di crisi
reale. L'accettazione europea infatti è comunque subordinata a decisioni politiche, caso per
caso, di ognuno dei paesi alleati, preso singolarmente.
Sul piano politico, il mantenimento formale
dell' Alleanza Atlantica non potrà ovviare alla
persistenza di politiche diverse, specie in campo commerciale, energetico e di cooperazione
economica con l'Est. Da auesto Dunto di vista i
vertici dei paesi più industrializzati non hanno
risolto nessun problema. L'Alleanza quindi,
pur soprawivendo e continuando ad assicurare
il quadro minimo della sicurezza collettiva, rischia di perdere progressivamente di importanza, di spessore politico e di credibilità internazionale.
biamo visto, può derivare da una involuzione
del rapporto oligopolistico instaurato dalle
scelte imperiali americane: è meno probabile e
non è ricercata, ma potrebbe scaturirne. Ne
consegue che l'ipotesi più probabile è quella di
uno sviluppo squilibrato, disarmonico, dell'integrazione europea.
Si può così tracciare nelle sue linee fondamentali il modello che risulta da queste riflessioni.
i . Mantenimento fomale delle alleanze.
Nessuno sembra in realtà intenzionato a metterle in crisi, Alcune proposte in questo senso
sembrano ancora minoritarie. È però possibile
una diminuzione della presenza americana in
Europa, specie se l'opposizione agli euromissili
dovesse impedirne il dispiegamento in.uno dei
paesi chiave, o nei due paesi minori (Belgio e
Olanda). Tale diminuzione potrebbe accelerare il processo di sostanziale disgregazione della
NATO, pur non intaccando la sua formale sopravvivenza.
Nell'ambito di tale sopravvivenza formale,
nuovi problemi potrebbero derivare anche dal
riesame della strategia sia convenzionale che
nucleare. È molto difficile rivedere e razionalizzare i piani operativi della NATO. Essi vengono visti dagli europei più come formule politiche, volte a legare gli USA alla difesa dell'Europa, che come effettivi piani operativi, che
debbano funzionare in caso di conflitto.
Un ulteriore punto di attrito può essere costituito dalla eventuale utilizzazione della forza americana di pronto intervento (RDF), destinata principalmente al Golfo Persico e al
Medio Oriente. I paesi europei (con l'eccezione
della Grecia) hanno accettato in linea di massima l'idea di dare a questa forza la necessaria assistenza logistica e in particolare di permettere
2. Sviluppi divergenti dei vari paesi europei. Le divergenze continueranno a sussistere
in campo economico, ma si approfondiranno
anche in campo politico. Già nella situazione
attuale si possono individuare almeno tre tendenze divergenti, di politica internazionale:
2 . 1 . una tendenza neutral-pacifista, con
forti connotazioni nazionalistiche, un tempo
limitata solo ad alcuni paesi del fianco Nord
dell'Eur,opa e del fronte del Mediterraneo, ma
oggi presente anche in Europa
occidentale;
2 . 2 . una tendenza filo-americana. che
tende a privilegiare, in un momento di crisi,
l'alleanza più stretta con gli USA; anche questa tendenza, in alcuni paesi (vedi Francia e
Gran Bretagna) può avere forti connotazioni
nazionalistiche;
2 . 3 . una tendenza che potremmo chiamare nazional-negoziale, che cerca di monetizzare (o di utilizzare a fini di immediato sfruttamento politico interno) i rapporti del paese con
gli USA e con la Comunità europea, profittando della propria collocazione strategica e della
propria uutilità marginale%nel sistema Est-Ovest (tipico è il comportamento della Grecia,
ma anche altri paesi non sono immuni da questa tendenza).
Spesso tutte e tre queste tendenze sono presenti contemporaneamente nel paese. La loro
caratteristica comune è quella di un più accentuato nazionalismo e di una diminuita fiducia
nell'opera delle organizzazioni e alleanze multilaterali. Facilmente, in campo economico, tali tendenze possono collegarsi con spinte protezionistiche dirette o indirette.
3. Sviluppo disarmonico della integrazione
europea. L'allargamento della Comunità, il
mancato uapprofondimento», la carenza istituzionale della CPE, il mancato completamento
dello SME, il mancato aumento delle risorse
proprie e la mancata riforma della politica agricola comune, il consistente tentativo di «ghettizzarep il Parlamento europeo e i suoi sforzi di
riforma istituzionale: ce n'è più che abbastanza per prevedere una continuazione della crisi
della Comunità.
Si possono individuare almeno due tendenze :
3 . 1 . lo sviluppo di un'Europa a più velocità, in cui cioè alcuni paesi si aggregano per
compiere alcune iniziative che altri paesi prefe-
COMUNI D'EUROPA
8
riscono tralasciare. Ma tale sviluppo continuerà
ad essere legato più ad iniziative ad hoc (come
ad esempio la partecipazione di alcuni paesi
europei alla Forza multinazionale nel Libano)
che ad un piano di integrazione di più largo respiro; ne deriverà quindi una diminuzione della solidarietà europea senza necessariamente
ottenere una maggiore efficacia operativa;
3 . 2 . lo sviluppo di unlEuropa a due ali:
un'ala più strettamente filo-americana e un'ala
più sensibile al richiamo dell'Est o di un gioco
nazionale-neutralista; in tal modo si verrà a
perdere anche quella unitarietà di immagine
internazionale delllEuropa, che in questi anni
ha rappresentato uno dei patrimoni più preziosi per affermare l'esistenza di una «identità europea», occidentale, ma distinta dagli USA.
In questa situazione, e come conseguenza
dei precedenti sviluppi, si può ipotizzare, in
modo più particolare, una evoluzione della
Comunità verso la frammentazione (2)e pertanto:
4 . Accresciuta pressione uegemonicaa americana e neoiso/azionismo. Ne abbiamo già visto
i segni premonitori, come quando, ad esempio, avendo fallito l'obiettivo di ottenere una
riforma della politica agricola comune nell'ambito dei negoziati GATT, gli USA hanno deciso di procedere direttamente, rifinanziando le
loro vendite di cereali all'Egitto. È un tipo di
manovra che potrà essere facilmente ripetuta
più volte, e contro la quale l'Europa è particolarmente male attrezzata (mancando di una
autorità centrale capace di contrarre tempestivamente tali offensive). La crisi della «identità
europea e la esistenza di forti movimenti antiamericani (o giudicati tali) nei paesi europei,
possono facilmente convincere gli USA della
necessità di procedere direttamente nelle loro
scelte, lasciando agli alleati l'onere dell'adattamento ex-post, e individuando i loro interessi
nazionali come gli interessi comuni dell'Occidente.
Ciò potrebbe a sua volta accrescere le divisioni interne all'Europa.
Un tale scenario non solo non soddisfa pienamente le ambizioni europee e la richiesta di
sicurezza (economica, politica, militare) del
vecchio continente, ma accresce i problemi di
integrazione dell'Italia nel sistema, richiedendo una esasperazione di tendenze e scelte neomercantiliste, che finirebbero probabilmente
per rimettere in discussione anche la costante
fondamentale delle scelte dell'Italia di aggancio indiscusso al sistema, che è un elemento
portante anche del suo equilibrio politico interno.
In realtà più che oscillare tra Y e Z (cioè tra
squilibrio e frammentazione), per il buon andamento dell'Italia sarebbe semmai opportuno
che l'Europa oscillasse tra X e Y (cioè tra inte-
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ottobre 1983
grazione e squilibrio). Ma ciò, più che richiedere una positiva assunzione di responsabilità
da parte americana, richiede iniziativa da parte
europea. Abbiamo infatti visto che dal punto
di vista americano sia la politica imperiale (A)
che quella multilaterale (C) sono compatibili
con X (integrazione europea), almeno nel breve periodo. È vero che, dal punto di vista europeo, X ha invece bisogno di una collaborazione
attiva americana, ma questo è più in funzione
delle debolezze stmtturali europee (carenze
del processo di integrazione, carenze nella assunzione di responsabilità dirette nel campo
della sicurezza) che di precisa volontà americana. È anche vero che, nel lungo termine, una
opzione imperiale americana, confrontata con
una forte integrazione europea, dovrebbe venire a patti e dovrebbe necessariamente evolvere
in senso multilaterale, o rassegnarsi a uno scontro frontale: ma si tratta, lo ripetiamo, di qualcosa che ha più senso nel lungo che nel breve o
medio periodo. Di fatto è oggi possibile per gli
USA conciliare una loro prevalenza egemonica
con una maggiore iniziativa e integrazione europea, purché quest'ultima avvenga in modo
non disgregativo delle alleanze tradizionali e
tenda ad assumersi almeno una parte delle responsabilità di sicurezza che gli USA intendono delegargli.
È quindi possibile incamminarsi sul piano
dell'integrazione europea anche senza una immediata collaborazione attiva americana, anche se prima o poi bisognerà arrivare ad una resa dei conti. Ma nulla fa pensare che, in caso
positivo, tale resa dei conti finirebbe con I'assumere toni drammatici. L'opzione egemonica
americana è un portato delle circostanze (debolezza europea inclusa) almeno quanto il fmtto
di una scelta politica determinata, e il mutare
delle circostanze potrebbe facilmente trasformare anche quella scelta.
Ciò richiede però una posizione attiva da
parte dell'Europa (e giustifica quindi una maggiore assunzione di iniziative internazionali da
parte dell'Italia in senso più decisamente europeo).
Una influenza determinante, a questo punto, può giocare anche il resto del Mondo, che
in questo esercizio è stato volutamente tralasciato. I1 Giappone, in primo luogo, può indirizzare diversamente le sue scelte politiche ed
economiche, favorendo una sistemazione gerarchico-imperiale o una evoluzione multilaterale-solidale del mondo occidentale: le recenti
evoluzioni della politica giapponese sembrano
in realtà non escludere quest'ultima ipotesi.
Il Terzo Mondo, e in particolare i paesi
delllOPEC, possono essere un importante fattore scatenante della crisi mondiale, o viceversa
possono contribuire ad un maggiore equilibrio
internazionale. È ormai chiaro come sia difficile astrarre sia i rapporti interni al campo occidentale, sia il quadro di sicurezza globale
dall'andamento del rapporto Nord-Sud.
E I'URSS infine: sempre più attivamente
presente sulla scena internazionale, può facilitare le evoluzioni ad essa più convenienti, in
primo luogo proprio quella frammentazione
europea che ha il doppio vantaggio di accrescere il suo peso sull'Europa stessa e di spingere
gli USA verso il neoisolazionismo e l'accordo
bilaterale con Mosca.
ottobre l983
COMLINI D'EUROPA
XLIX
Le conseguenze della crisi energetica
sulla rete degli assi di comunicazione in Europa
di Vittorio Caldiroli
Consigliere regionale della Lombaràza e membro della
commissione dei problemi regionali e dell'assetto del
tevitono della CPLRE.
L
COMUNI D'EUROPA
ottobre l983
Le conseguenze della crisi energetica
sulla rete degli assi di comunicazione in Europa
Il consigliere regionale della Lombardia, Vittorio Caldiroli, membro della Commissione
dei problemi regionali e dell'assetto del tenitorio della Conferenza permanente dei Poteri locali e regionali d'Europa (CPLRE), organismo
che opera nell'ambito del Consiglio d'Europa,
ha predlrposto su incarico della sessione un
rapporto su uLe conseguenze della crisi energetica sulla rete degli assi di comunicazione in
Europa.
Riteniamo opportuno pubblicarne il testo
precisando che si tratta di una prima stesura di
un pili ampio studio che sarà prossimamente
completato. Tuttavia già i ' testo che pubblichiamo rappresenta un'ampia anahi di una
matenà complessa di grande diretto interesse
per i responsabili delle Regioni e di aitri enti
autonomi e territoriali e che sottolinea correttamente gli stretti rapporti tra politica di trasporto, assetto del tenitotio e svihppo equilibrato
in una prospettiva non pili soltanto nazionale
ma europea. È quindi un contributo che si colbca - lasciamo ovviamente all'autore la responsabilità delle sue opinioni su punti successivi - nella linea sempre seguita daii7AICCEe
tendente a creare una motivata consapevolezza
della insuficienza della dimensione nazionale
per la soluzione di determinati problemi (tra
cui, appunto, quelli degli assi di comunicazione dello sviluppo e del riequilibrio territoriale): ne deriva la logica conseguenza della necessità di uno sviluppo congiunto per creare a livello soprannazionale europeo idonee strutture
ed istituzioni in grado di governare questa
complessa realtà e di prendere k opportune
decisioni: non a caso lo hanno sostenuto iniziative del Parlamento Europeo tendenti a fissare
il quadro politico e normativo di una Unione
europea degna di questo nome e tramite un
nuovo organico Trattato.
Dal rapporto Caldiroli si ricava anche l'esigenza che le Regioni ed aìtri enti territoriali
non siano soltanto gli spettatori o i destinatati
di scelte che le riguardano ma che essi condividano con altre istituzioni ai diversi livelli nazionali ed europei - le responsabilità e
quindi anche i potei per poter infi%ireconcretamente sdlo sviluppo della società, Ringraziamo il collega Caldiroli della sua fatica e ci auguriamo che il suo rapporto sia ilpunto dipartema per ulteriori contri3uti.
1. Il carattere congiunturale e strutturale della
crisi energetica
- le incertezze intrinsiche del passaggio alla fase industriale dei surgeneratori industriali;
- le difficoltà incontrate finora, per realizzare le politiche concordate di risparmio energetico;
- i dubbi connessi a un ritorno su larga scala al carbone, prima di aver risolto i problemi
che questa riconversione pone sul piano ecologico;
- il bisogno crescente di energia petrolifera
dei paesi in via di sviluppo.
'
Le analisi che sono state fatte della crisi degli
anni '70 si riassumono in due interpretazioni
tra loro contrastanti e il prevalere dell'una o
dell'altra determinerà, in futuro, un diverso
orientamento nello sviluppo dei trasporti e delle comunicazioni.
La prima ritiene che la crisi energetica altro
non sia che una fase congiunturale, per cui lo
sviluppo del nucleare e lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi attualmente meno remunerativi dovrebbero limitare il problema dell'energia e quello del suo costo.
In questa ipotesi non vi è la necessità di ripensare il problema economico attuale, basato
sul presupposto di una abbondanza di energia,
essendo sufficienti gli interventi sull'offerta
tendenti a sostituire progressivamente il nucleare al petrolio (come un tempo è avvenuto
per il passaggio dal carbone al petrolio stesso) e
lasciando d'altra parte libera la domanda di
evolvere in funzione del mercato. Alla base del
ragionamento vi è la convinzione che la struttura economica può essere modificata solo marginalmente nei prossimi 30 anni.
La seconda interpretazione parte da alcune
considerazioni, quali:
- il ritardo accumulato nella realizzazione
dei programmi nucleari;
- le vulnerabilità delle tecniche nucleari e i
timori, giustificati o meno, dell'opinione pubblica verso di esse;
Secondo questa interpretazione, le tensioni
sul mercato petrolifero non potranno che aumentare in futuro e quindi sarà prioritario conservare il petrolio, essendo esso destinato a diventare una merce rara e a costi sempre più elevati.
I numerosi studi fatti negli ultimi anni concordano nel ritenere che il rischio di un deficit
assoluto nelle disponibilità petrolifere debba
porsi intorno al 2020-2030.
Essi ritengono però probabile una rottura
degli approvvigionamenti petroliferi nel prossimo decennio, in particolare perché I'aumento lordo delle riserve mondiali di petrolio è,
dagli inizi degli anni '70, inferiore alla curva
della produzione annua e il divario, da allora,
non ha fatto che aumentare.
La tesi del carattere congiunturale della crisi
energetica si contrappone quindi a quella della
natura strutturale (posta dalla rarefazione fisica
dell'energia), con le incognite di un periodo di
transizione quale il nostro, caratterizzato da
grandi cambiamenti nei rapporti mondiali dovuti soprattutto all'esplosione demografìca del
terzo mondo.
2. Dipendenza energetica dei trasporti: un
quadro allarmante
Il settore dei trasporti e delle comunicazioni
riflette in modo trasparente quale è la portata
di questa crisi energetica e lascia prevedere
quali saranno le conseguenze della scelta di
una o dell'altra di queste analisi, in futuro.
Il consumo di energia dei trasporti rappresentava nel 1980, escluso il marittimo, il
24,5% del consumo totale della Comunità.
Con la sola eccezione della trazione ferroviaria,
che offre una possibilità di sostituzione con
l'elettricità di origine non petrolifera (idrica,
nucleare o da carbone), i trasporti dipendono
per il loro funzionamento, al 98%, dal petrolio.
Ancora nel 1980, essi hanno assorbito oltre il
44% del consumo petrolifero della Comunità e
le previsioni per il 1990 indicano che il ricorso
degli altri settori della attività economica a fonti energetiche alternative e le riduzioni programmate delle importazioni globali di petro>io, porteranno a più della metà il consumo petrolifero annuo del trasporto nella Comunità.
Dividendo per settori, la strada rappresenta
oltre 1'84% dei consumi energetici dei trasporti, di cui il 58% per le persone e il 26% per le
merci; i trasporti aerei il 9,9%, le ferrovie il
3,4 % e le vie navigabili il 2,3 % .
I1 problema dell'energia nei trasporti ha
l
SOMMARIO
1. I1 carattere congiunturale e struttura-
le della crisi energetica
2. Dipendenza energetica dei trasporti:
un quadro allarmante
3. L'utilizzazione delle risorse e le scelte
da operare: validità della direttrice
nord-sud
4. I1 quadro economico
5. I consumi d'energia nell'area comunitaria
6. Previsioni di sviluppo della domanda
di trasporti e comunicazioni
7. La politica dei porti
8. La programmazione delle strutture di
trasporto e la normativa europea
9. Conclusioni
ottobre 1983
quindi due caratteristiche particolari: quella di
essere l'unico settore la cui dipendenza dal petrolio è quasi totale e quella di avere un rendimento di trasformazione dell'energia tra i meno favorevoli.
La domanda di energia nei trasporti, diretta
unicamente verso i prodotti petroliferi, è dovuta in gran parte alla espansione continua del
trasporto stradale, i cui consumi sono quasi triplicati fra il 1960 e il 1975, ed in particolare ad
una motorizzazione privata che assorbe oltre il
70% della domanda di energia della strada e
più del 60% della domanda globale di energia
dei trasporti.
Queste cifre indicano chiaramente come il
trasporto, e le grandi vie di comunicazione che
lo favoriscono, siano condizionati dagli orientamenti e dai risultati della politica energetica,
i cui obiettivi essenziali si individuano attualmente nell'ambito della ricerca di una riduzione della dipendenza del petrolio: le energie alternative; il risparmio energetico.
Se ora analizziamo la natura del rapporto fra
il problema energetico e quello dei grandi assi
di comunicazione, comprendiamo come assuma un carattere prioritario il quesito sulle scelte da operare e sul tipo di intervento comunitario da adottare.
L'autunno del 1973 ha infatti segnato il termine di un'èra, quella dell'energia a buon
mercato, e gli avvenimenti che hanno fatto seguito a quella data (prezzi unilateralmente fissati dai paesi produttori, vulnerabilità degli
approwigionamenti, esaurimento delle scorte)
hanno portato quasi tutti i Paesi occidentali e
soprattutto quelli dell'Europa a rimettere in
discussione la politica dei trasporti e delle comunicazioni.
Allo stato attuale le grandi comunicazioni
ed i trasporti in genere giocano, proprio in relazione alla crisi energetica, un duplice ruolo'
economico e sociale:
- quello di fattore della produzione,
perché intervengono nella elaborazione e nello
sviluppo di beni e servizi di tutti i paesi, nella
loro competitività interna ed internazionale;
-- quello di fattore determinante nell'organizzazione del territorio e nel riassorbimento
degli squilibri interregionali.
In funzione di questi due obiettivi vanno
considerate le spese energetiche, che costituiscono da un lato uno dei principali elementi
del costo del trasporto e delle comunicazioni, e
dall'altro lato l'elemento base (la materia prima) per l'economia dei paesi industrializzati e
non.
Ma i progressi nella riduzione delle spese
energetiche non devono essere fatti a danno
degli altri fattori di costo (come I'ammortamento, la manutenzione, la manodopera), né
a danno della qualità dei servizi.
Economizzare nei tempi infatti è importante
come, e talora anche più, del risparmio energetico. Tuttavia le diversità delle azioni condotte
nel settore della fiscalità dei carburanti, dai
paesi membri, costituiscono un importante fattore di distorsione delle condizioni di concorrenza internazionale. A causa di diverse situazioni interne (esistono in Europa occidentale
paesi <fortunati», che dispongono di risorse
proprie, come il petrolio e il carbone e ne esistono altri totalmente, o quasi, dipendenti da
COMUNI D'EUROPA
terzi), non sono ancora stati impostati interventi atti ad attenuare o ad eliminare queste
distorsioni, e a razionalizzare, in funzione della crisi energetica, il sistema delle grandi comunicazioni all'interno del continente. Si tratta
pertanto di prendere decisioni realistiche, atte
a diversificare le risorse, a migliorare le trasformazioni delle energie primarie, per aumentare
la loro produttività e tutelare il territorio.
È questo il parere formulato in un «Awiso»
della Comunità Europea del 18 gennaio 1983
( l ) , secondo il quale nei periodi di forte recessione, le disparità geografiche ed economiche
tendono a rinforzarsi. Esse possono essere eliminate con misure selettive comunitarie, solo
però superando momenti di rovinosa concorrenza.
A questo scopo, si propone l'utilizzazione
razionale dell'energia, soprattutto di quella
derivata da prodotti petroliferi, come pure una
più economica utilizzazione delle risorse pubbliche, nel senso, non di una diminuzione d 6
fondi concessi, berisì in un orientamento delle
spese pubbliche in settori ove il loro effetto sul
miglioramento delle condizioni di produzione
è ottimale.
In particolare le esigenze energetiche, a
fronte dei grandi assi di comunicazione e dei
trasporti, potrebbero essere soddisfatte se:
- gli investimenti d'infrastrutture mirassero alla costruzione di mezzi di trasporto più
grandi, più efficienti e quindi più economici in
energia;
- si incoraggiassero i lavori di ricerca per
mettere a punto sistemi di trasformazione
dell'energia primaria in energia meccanica di
trazione per i veicoli, così che profili e modelli
permettano di economizzare l'energia;
- si incoraggiasse lo sviluppo e l'uso di
mezzi di trasporto utilizzando sorgenti di energia differenziata per essere meno dipendenti
dal petrolio;
- si potenziassero quegli assi di comunicazione più diretti e meno dispendiosi chilometricamente e quelli sottoutilizzati e che insistono su aree non del tutto congestionate, e suscettibili d'ulteriore sviluppo;
- si migliorasse il collegamento in genere
fra i Paesi della Comunità e si ristrutturasse il
territorio.
Ogni scelta in materia d'infrastrutture terrà
quindi conto non solo dei finanziamenti a disposizione, ma anche delle prospettive di sviluppo ed interessi più generali, come la riorganizzazione del flusso di trasporti per frenare o
per fermare il processo ancora in atto di crescita
delle aree a grande concentrazione industriale
(con i conseguenti fenomeni di degrado naturale, urbanizzazioiie indiscriminata, problemi
dei lavoratori e di pendolarismo).
(1) ~ A w i s odel
~ Comitato economico r: sociale della Co-
munità Europea: aLa politica dei trasporti fissa le conciizioni-quadro per i diversi sistemi di trasporto (...). Si può
considerare che questi trasporti si effettuano nelle migliori
condizioni quando, tenuto conto dei loro costi totali, ivi
compresi i costi di infrastrutture, di quelli relativi al territorio e alle copeiture di rischio di incidenti, così come i costi di sicurezza sociale, il settore dei trasporti contribuisce
al massimo bene comune, e alla realizzazione di altre politiche, che possono influire su di esso e sull'utente~.
LI
3. L'utilizzazione deiie risorse e le scelte da
operare: validità deiia direttrice nord-sud
La Conferenza dei Poteri Locali e Regionali
d'Europa ha già fatto propria, a Nantes, e precedentemente il 7 ottobre 1981 a Strasburgo,
la tesi della decentralizzazione e della crescita
di zone periferiche della Comunità, comprese
quelle di montagna.
Ma qui si pongono scelte precise: nel potenziamento delle comunicazioni occorrerà utilizzare le tecniche più avanzate per assicurare alle
differenti regioni europee le medesime possibilità di sviluppo, concedendo priorità ai legami
fra le regioni periferiche, veri e propri capolinea dei grandi assi di comunicazione, al decongestionamento delle più vaste superfici urbanizzate, al rapporto tra le regioni marittime ed
il retroterra.
Misure parallele e tra loro concorrenti, nel
coordinamento degli investimenti per le infrastrutture, appaiono però inutili e costose. Per
l'utilizzazione ottimale di quelle esistenti e per
una estensione di quelle nuove, devono essere
seguiti criteri di superamento degli squilibri
derivanti dalla distorsione del rapporto fra risorse potenziali del territorio europeo e loro
utilizzazione e criteri di qualità di servizi.
La Comunita.rEuropea potrà esercitare il
coordinamento, il controllo e la gestione del
miglioramento delle tecniche tradizionali e soprattutto dell'evoluzione di nuove tecnologie e
di progetti comuni di ricerca.
Come ribadito a Bruxelles nel 1982, si dovranno sviluppare le relazioni est-ovest, nordsud, la navigazione sul Reno, sul Danubio, sul
Rodano e il Po, incentivare il traffico marittimo da e per i porti mediterranei della Comunità, il transito attraverso le Alpi, le relazioni
con organizzazioni internazionali e sovradoganali.
Accanto alla politica dei prezzi ed alla politica fiscale, nonché a quella dell'accesso alle attività di trasporto, vogliamo qui prendere in
considerazione molti interventi correttivi circa i
trasporti a lunga distanza, nei quali vari progetti nazionali hanno da tempo determinato
notevoli distorsioni (2).
Fino a quando infatti le energie alternative,
il nucleare e per certi aspetti il carbone, continueranno a rappresentare una quota marginale
del fabbisogno energetico europeo, gli approvvigionamenti di petrolio delle regioni dell'Africa settentrionale e del vicino Oriente rappresenteranno una percentuale significativa delI'interscambio sud (Paesi Mediterranei) e nord
(Europa). Tale interscambio, compensato in
direzione opposta dall'esportazione di manufatti e prodotti finiti di cui sempre più necessitano i paesi in via di sviluppo, trova nei porti
del Mediterraneo le teste di ponte europee.
Essi sono più vicini alle aree industrializzate
(2) È il caso della proposta avanzata nel convegno
CPLRE diNantes, nello scorso inverno, dall'ex sindaco della città, M. Chenard, secondo il quale la Comunità deve
favorire la costruzione della =strada degli estuari,. quale
più razionale comunicazione fra la penisola danese e i Pirenei, attraverso Germania Occidentale, Benelux, la regione
della Manica e la Costa Atlantica francese. Tale proposta
appare formulata in vista dello sviluppo dei porti e delle
regioni occidentali della Francia, e finisce per oberare di ulteriori quote di traffico i già superaffollatiporti della Manica e del Mare del Nord.
ottobre l983
COMUNI D'EUROPA
del centro del Continente e, tenuto conto della
barriera alpina, permettono di privilegiare il
percorso più economico dal punto di vista del
consumo energetico, perché coperto in buona
parte da rotte marine.
L'attestare i traffici nord-sud ai porti comunitari dell'alto Adriatico, del Tirreno, del Golfo del Leone, anziché a quelli del sistema costiero occidentale e settentrionale della CEE
non significa favorire una scelta regionalistica e
settoriale.
I porti nordici hanno già una essenziale funzione nei confronti delle direttrici atlantiche e
di penetrazione da nord verso il cuore dell'Europa; ma tale funzione non è più espandibile
senza effetti dannosi e squilibri sul territorio,
come awerrebbe con una quota aggiunta di
traffici provenienti dal quadrante europeo meridionale e dalllOriente che più economicamente potrebbe attestarsi ai centri del Mediterraneo.
I1 fabbisogno di energia comunitario, e I'interscarnbio che ne consegue quanto a materie
prime non disponibili in Europa, dimostrano
la validità delle direttrici nord-sud secondo un
ruolo prioritario e non di pura integrazione rispetto alle grandi linee provenienti da settentrione e dall'Atlantico.
Esse offrono molteplici soluzioni economicamente favorevoli sul piano del risparmio energetico; si pensi ai sistemi portuali di Trieste e
Venezia (per le direttrici verso Vienna, Monaco
di Baviera e la Germania centrale), unitamente
a quello di Fiume; a Ravenna, Ancona e Brindisi per i collegamenti con la Grecia; a Livorno,
Carrara, Genova, Savona, per i collegamenti
con la Valpadana, la Svizzera ed ancora 1'Austria e la Baviera, e la Germaniameridionale; a
Nizza, Cannes, Marsiglia, per la Provenza, la
Savoia, 1'Alsazia-Lorena, Lione (anche grazie ai
canali interni) da un lato, e Tolosa-Bordeaux
dall'altro lato.
Sono solo alcune delle tante direttrici interessate ai sistemi autostradali, ferroviari e a vie
d'acqua valide o in via di ulteriori sviluppi e
potenziamenti. (L'autostrada dei Trafori, tra
Voltri e Gravellona Toce-Santhia-Aosta-Monte
Bianco, la superstrada per il traforo del Frejus;
I'autostrada Genova-Milano-Chiasso-S. Gottardo-Basilea ecc., in via di ultimazione nel
Canton Ticino e che utilizza il traforo del S.
Gottardo e il traforo di S. Bernardino; I'autostrada del Brennero fino a Monaco e Amburgo;
I'autostrada Trieste (Venezia)-Udine-Tarvisio,
verso la Baviera e Vienna che ridurrà a 400 Km.
la distanza con Monaco; I'autostrada Genova-Nizza-Marsiglia e la Marsiglia-Lione-Parigi,
con diramazioni per Ginevra e l'Alsazia).
A queste soluzioni su strada faranno seguito
gli adeguamenti ferroviari, verso i quali soprattutto deve rivolgersi l'attenzione della Comunità economica: la direttissiina Firenze-Roma,
il raddoppio della tratta Udine-Tarvisio, I'eliminazione di strozzature sulla Milano-ChiassoBasilea a Monte Olimpino di Como; il raddoppio della linea del Lotschberg in Svizzera, con
la costruzione della nuova stazione doganale a
Beura presso Domodossola; la rettifica e il raddoppio della Genova-Ventimiglia e I'ammordernamento della linea del Brennero; il raddoppio della Torino-Modane; l'apertura dei
primi tratti della linea a grande velocità Parigi-
Digione-Lione e, fra poco, Parigi-Vallorbe-Losanna (tratto della ferrovia del Sempione).
La Comunità ha poi espresso il proprio interessamento per l'apertura di un nuovo percorso
transalpino, da scegliersi tra una nuova galleria
ferroviaria di base sotto il S. Gottardo, il traforo dello Spluga, fra Thusis e Chiavenna (non
San Vittore in Va1 Mesolcina (Svizzera)!) e un
traforo di base del Brennero. Anche i progetti
idroviari, nonostante la presenza della catena
alpina, rappresentano una parte importante,
sia per i minori consumi di carburante ed in genere i minori costi di trasporto, nonché per il
minor impatto ecologico in termini di inquinamento e di rumorosità. Le idovrie sono ancora
sottoutilizzate, cosicché I'awiamento su di esse
di nuove correnti di traffico e il dirottamento
di altre, oggi dirette su strade o ferrovie, rendono superfluo l'ampliamento di queste.
Interessa qui sottolineare l'importanza di
progetti come il canale Rodano-Saone-Reno e
il Reno-Danubio, nonché il potenziamento
della scarsa rete della Va1 Padana.
Si tratta di un movimento che riguarda prevalentemente rinfuse, liquide o solide, che evidenzia convenienze economiche, come dimostra la tabella 1 , quando si svolge su tratte lunghe e che mal sopporta ulteriori tratte di una
certa estensione con un altro modo di trasporto. Non si tratta tanto, però, di aprire nuove
idrovie, per gli elevatissimi costi di costruzione
che le economie europee non sono in grado di
sostenere, quanto piuttosto di ultimare progetti ormai accreditati ed awiati, e di sfruttare le
strutture esistenti; oppure di utilizzare le realizzazioni idroviarie inserite in progetti a più
finalità, quali la produzione dell'energia elettrica. la difesa del territorio ecc.
Tabella n. 1 - Evoluzione del valore delle esporta.zioni mondiali.
Anni
Europa
Unione
S t a t i Uni t i
Giappone
T O ~ ~ I pCa i a i
sviluppati
Totale paesi
T e r z o Hondo
* Cifre molto approssimative.
Fonte: Regione Lombardia assessorato ai traspotti
È questo il caso di alcuni esempi classici, come la sistem?zione della Tennessee Valley negli Stati Uniti, o del Rodano da parte della
Compagnie Nationale, o del Danubio Austriaco della Donau Kraftwerke. Ma l'estensione
della rete va intesa soprattutto come integrazione adeguata dei suoi vari comparti.
Oggi in Europa diverse linee sono avulse dal
grande sistema incentrato sulla navigazione
Renana. L'integrazione di questo sistema,
l'utilizzazione di tecnologie moderne negli impianti e la costruzione di centri intermodali o
di interscambio merci porterà sensibili progressi e risparmi nel traffico, in una visione integrata e globale del problema.
Una risposta decisiva comunque al quesito
energetico connesso con gli assi di comunicazione, stanti le indicazioni suggerite, consiste,
in altri termini, nella individuazione di quelle
direttrici non ancora congestionate e disponibili per un processo di riequilibrio dei transiti, in
una logica volta a privilegiare il mezzo su ferro
rispetto a quello su gomma (e quello su acqua
rispetto a quello su ferro).
ma dell'aumento dei costi d'approwigionamento delle materie prime, non può, a medio
o a lungo termine, non generare assestamenti
positivi fra i rapporti commerciali intercorrenti
fra l'Europa e il resto del mondo.
È opinione accreditata infatti che il costo
delle materie prime non aumenterà ancora in
modo cosi vistoso, come awenuto nel 1973, e
che di conseguenza le economie occidentali riprenderanno il loro ruolo su basi industriali
più sofisticate e di erogazione di servizio, trascinando su questa strada sia i Paesi dell'Est
Europeo, che necessitano di intensificare gli
scambi con l'occidente, sia i Paesi del Terzo
Mondo, i quali però dovranno essere messi in
condizione di risolvere le loro difficili ristrutturazioni, volgendo in positivo il miglioramento
delle ragioni di scambio conseguite attraverso
la rivalutazione del patrimonio e dello sfruttamento delle materie prime che possono fornire
ai Paesi Occidentali.
I valori delle importazioni e delle esportazioni rappresentano rispettivamente il 38% ed il
35% del totale degli scambi internazionali
dell'Europa dei Dieci nel 1980.
Lo squilibrio a favore delle importazioni è
4. Il quadro economico
rappresentato in prevalenza dalle importazioni
Ovunque in Europa sono in atto processi di delle materie prime, in particolare di combuindustrializzazione e di trasformazione socio- stibili minerali, lubrificanti e prodotti connessi
economica; l'attuale crisi, generata dal proble- per i consumi energetici.
COMUNI D'EUROPA
ottobre 1983
Come si legge nella tabella 2 , la bilancia
commerciale delllEuropa Comunitaria è da
considerarsi attiva globalmente, se si sottraggono i valori relativi ai combustibili minerali, lubrificanti e prodotti connessi.
La metà circa del commercio internazionale
dell'EUR 10 si svolge all'interno della Comunità stessa utilizzando in gran parte il trasporto
terrestre. Ma la posizione degli stati membri
nell'ambito degli scambi internazionali, le già
citate tendenze all'espansione e il prossimo
ipotizzabile riassorbimento della crisi energetica, stanno a dimostrare che l'Europa deve tener
conto della necessità di razionalizzare e di incrementare l'uso delle strutture di trasporto a
basso costo e a basso consumo di energia.
In questo contesto acquista particolare rilievo il trasporto su ferro, ad un razionale ed economico uso del quale si oppongono alcune remore quali il permanere di strozzature in alcune parti della rete, o una insufficiente integrazione fra le varie ferrovie nazionali, in particolare in Italia ed in Inghilterra, con le altre reti;
infatti l'indice globale di utilizzo del sistema
ferroviario dei dieci Paesi della Comunità rimane scarso, se lo si confronta con gli indici corrispondenti dell'URSS e degli USA, come è possibile constatare nella tabella 3.
Dai dati che essa fornisce si evince una certa
possibilità di espansione del trafico merci per
ferrovia (aumento dei milioni di tonnellate per
kilometro e dei milioni di tonnellate per kilometrollinea) a favore della Comunità Europea,
a patto di un più razionale sfruttamento coordinato delle linee ferroviarie e stradali esistenti, deflazionando queste ultime (si leggano a
questo proposito le tabelle 4 e J relative ai trasporti ferroviari in EUR 10 nel 1979 e nel
1982).
La medesima necessità di un organico programma di risparmio energetico nei trasporti e
nella organizzazione e razionalizzazione degli
assi di comunicazione, è deducibile inoltre
dall'analisi dei dati sulla produzione e consumo di energia dei 10 Paesi della Comunità nel
1980 (tabella 6) e dall'analisi dei dati relativi
alla domanda di energia primaria nella CEE
dal 1979 al 1" semestre 1982 (tabella 7), e da
quelli sull'andamento della dipendenza petrolifera dall'estero (tabella 8).
Queste cifre rivelano un buon risparmio suscettibile di ulteriori aumenti in vari settori di
utenza di energia, mentre quasi nulli o deludenti sono i risultati nell'ambito del risparmio
nei trasporti.
5 . I consumi d'energia neii'area comunitaria
I1 consumo interno di .energia delllEUR 10
nel 1979, espresso in tonnellate equivalenti di
petrolio è stato di poco inferiore a quello
dell'URSS (95%) e poco più della metà di
quello degli USA (54%): nel complesso circa il
16% del consumo interno mondiale.
Ma il rapporto fra produzione delle fonti
primarie di energia dell'EUR 10 ed il relativo
consumo interno ha sempre presentato uno
sbilancio decisamente negativo che, secondo i
dati del 1980, è pari al 49 % . La tabella 6 sintetizza tale situazione all'interno dei vari paesi
della Comunità. Nella prima colonna sono re-
LI11
Tabeiia n. 2 - Commercio internazionale EUR 10 ed incidenza dei combustibili.
Mi l i o n i d i iirliLà .li
CciiiLo = tCII
I o no
C S P O T A Z
I H P U H T A Z I U N I
I
L
3
4
5
I O N I
6
7
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totali
Ellll 10
478.784
IlFdi Geriiiaitia
136.787
Francia
80. l 5 0
Italia
56.115
I'aebi
53.184
Hdssi
Belgio e
burgo
lussa^
46.459
82.063
Ilegno Urr i to
6.101
Irlaiidò
12.195
Daniiiiarca
Grecia
3.728
Fonte: Piano energetico nazionale, Iralia
Tabeiia n. 3 - Utilizzazione delle reti ferroviarie EUR 10, URSS, USA in relazione alla estensione
e alla popolazione.
Densit.4 p o p o l .
aiijkinq
.
EUII IO
Ilete Ferrov.
i n esercizio
km
kiit r e t e
1000 kinq. sup.
Viago. kia
mi l I o n i
Viago. p e r
knn l i n e a
mi l i o n i
Tonn. kni
mi l i o n i
Tonn. p e r
kni I i n e a
mi l i o n i
163
110.908
66.91
183.082
1.65
188.316
1.70
24
306.603
32,75
18.191
0.06
1.316.983
4.30
USA
Fonte: CEE.
Tabeiia n. 4 - Ferrovie EUR 10 - reti in esercizio - viagg. Km. - tonn. Km.
Lunghezza
della rete
in esercizio
Viaggiatorichi lometro
Tonnel late
ch i l ometro
nette
(chi lometri)
(mi l ioni)
(mi l ioni)
110.908
183.082
188.316
RF d i Germania
28.546
37.466
65.092
Franc i a
34.076
16.072
53.564
70.010
39.678
17.525
Paesi Bassi
2.880
8.514
3.376
Belgio
3.998
270
18.156
6.955
242
32.030
8.535
714
19.893
Irlanda
1.988
i i 13
Danimarca
2.461
l .989
6 29
l . 701
Grec i a
2.461
1. 531
841
EUR
10
Ita l ia
Lussemburgo
Regno Unito
Fonte: CEE.
-
'
gistrati i valori, in milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, delle produzioni delle fonti
primarie di energia, carbone, petrolio, gas,
energia nucleare, elettricità primaria, menue
la seconda colonna reca i dati circa i consumi
interni sempre in milioni di t.e.p. ancora tenendo conto dei consumi delle diverse fonti di
energia fra cui quelle di importazione. La terza
colonna descrive lo sbilancio conseguente e la
quarta il rapporto espresso in percentuale fra
produzione e consumo.
Se il risultato dello sbilancio della quarta colonna viene tradotto in milioni di dollari, moltiplicando la t.e.p. per il costo del barile di petrolio greggio, 32 $ nel 1980, si ottiene nella
quinta colonna, per il totale dei 10 Stati della
CEE e per i singoli paesi componenti, l'equivalente in dollari dei diversi saldi negativi. A
LIV
ottobre 1983
COMUNI D'EUROPA
quel punto è possibile anche, disponendo di Tabella n. 5 - Merci trasportate per ferrovia nel 1982 in Europa.
alcuni dati stimati concernenti il prodotto interno lordo per il 1980, (vedi sesta colonna),
verificare la percentuale di incidenza del saldo
a confronto
Mi l i o n i d i
a confronto
M i l ioni d i
negativo rispetto al prodotto interno lordo di
RETE
c o n i l 1981
t o n n e l ./km
c o n i l 1981
tonnel late
cui alla settima ed ultima colonna.
Fra' i grandi paesi componenti I'EUR 10
5OrO
2, O
F.S.
ITALIA
16.856
1,s
l'Italia è quella che si presenta nelle condizioni
più difficili. Se si prendono poi in consideraS.N.C.F.
FRANCIA
183, l
6,7
60.554
Sto
zione i fatti salienti che hanno caratterizzato
l'economia energetica dell'area comunitaria
278,s
3.8. GERMANIA
8,2
56.513
7,4
nel 1981, essi possono essere così sintetizzati:
F.F.S.
SVIZZERA
7,s
41,8
6.501
8,9
- diminuzione del consumo di energia di
5010
O,6
10.013
2,l
0.8.6. AUSTRIA
tutti i paesi membri per un totale di 36 milioni
di t.e.p. (-3,8%), in un contesto di recessione
S.N.C.B.
BELGIO
-10,4
62,7
6.181
9,8
economica (-0,6% del P.I.L. e -2,1% della
produzione industriale);
R.E.N.F.E.
SPAGNA
30,7
713
10.194
Or7
- flessione dei consumi di petrolio per 44
milioni di tonnellate ed aumento dell'apporto
J.Z. JUGOSLAV IA
8.57
0,3
26.165
+ 1,7
nucleoelettrico per 13 milioni di t.e.p.;
- aumento della produzione interna di
Fonte: Consiglio d'Europa; comitato permanente per i trasporti
fonti primarie per 22 milioni di t.e.p., di cui
11 di petrolio;
- destoccaggio di petrolio e prodotti petroliferi per 17 milioni di tonnellate; di carbone
per 9 milioni di tonnellate e di gas naturale per Tabeiia n. 6 - Produzione e consumo di energia dell'EUR 10 e rapporto con il prodotto interno
lordo.
3 milioni di t.e.p.;
- riduzione delle importazioni nette di
energia per 83 milioni di t.e.p., di cui 80 di
petrolio, e riduzione della dipendenza energeProditrlone
Consumo
B ~ L ~ B
eq8ilvaleiite
prodo~to
tica dall'estero al di sotto del 50% (49.0%
ForttL P r l n a r l e
Interno
Interno
d e l s a l d o (-1
Energla
Energla
lodo
,,eg.?tlVO
contro il 52% del 1980).
nili"i1 $'W
M I I I u ~ > It a p
mlllonl tep
i n m i l i o n i d l $ '80
-
-
-
-
-
-
-
Questi awenimenti ed in particolare la caduta dei consumi sono da attribuirsi essenzialmente alla congiuntura economica negativa,
oltre che al rincaro del costo medio della caloria
importata (per il peggioramento dei rapporti
di cambio con il dollaro), ed agli effetti della
razionalizzazione e conservazione dell'energia
imposte da taluni paesi anche attraverso misure
normative.
L'anno è stato infatti caratterizzato da una
flessione produttiva di alcune industrie di base
nelle quali il consumo di energia per unità prodotta è notevole, quali:
EUR 1 0
I
458.
I
941.
-483.
49
1
111.331
2.72U.960
4.
RP CERYANIA
PAAIICIA
ITALIA
I'AESI OASSI
BELCIO
LUSSEMOUIIGO
REGNO UNITO
IIILANOA
UANIYAIICA
GHICIA
(*) Calcolato sulla base di 328 al barile di petrolio greggio nel 1980. Ogni barile pari a 138,8 Kg.
Fonte: Piano energetico nazionale, Italia.
- industria della prima trasformazione dei
metalli:
-2,0°h
- prodotti minerali non metalliferi: -6,3 % Tabella n. 7 - Domanda di (energiaprimaria nella CEE.
- industria automobilistica:
-5,2Oh
oltre ad altri settori meno aenergy intensi1
l o Sem.
ve,, quali:
- industria dell'abbigliamento e delle cal-8.2 % l
zature:
- tessile:
-6,0%
Combustibili
233,4
235,6
232,7
128,3
sol i d i
Per quanto riguarda il consumo delle singole
172,9
i63,4
Gas n a t u r a 1 e
168,2
86,2
fonti, anche quest'anno il fenomeno di maggior rilievo ha interessato il petrolio (-8,6%), la
224,8
PetroI io
552,8
506,O
462,4
cui flessione si è riflessa essenzialmente negli
Energia idroolii combustibili (-18,0%), nel gasolio (-7,5%)
geoelettr ica
ed in misura minore nella benzina (-2,3N).
(""1
36,4
36,3
38,2
18,3
Per gli olii combustibili va rilevato che la
CEE ne ha consumati ne11'81, per la sola geneEnergia
razione dell'energia elettrica, circa 44 milioni
nucleoelettrica
31,6
36,7
49,2
27,s
di tonnellate di t.e.p. e questa cifra è inferiore
1.027,l
982,8
9459
485, i
TOTALE
di circa 10 milioni di tonnellate a quella del
1980. In flessione anche il consumo di combu(*) Dati prowisori.
stibili solidi (-1,2Oh), e di gas naturale (-2,9%)
(**) Comprende le importazioni nette di elettricità
.,.
&n un consumo di 5 milioni di t.e.p., essenFonte: CEE.
1
1981/80 l o Sem.
%
'82
l o Sem.
'81
Variazioni
-
1,2
+ 2,3
- 2,9
1,9
-
8,6
- 3,4
+5,2
-3,3
+34,1
+12,2
-3,8
-0,9
-
I
1
1
i
ottobre 1983
LV
COMUNI D'EUROPA
zialmente negli impieghi termoelettrici ed in Tabella n. 8 - Alcuni elementi di confronto tra navigazione interna ed altri modi di trasporto.
quelli industriali. In netto aumento invece
l'energia nucleoelettrica ( + 34,1%), che ha
Su r o t a i e
Su strada
potuto usufruire di 9300 MW di nuova potenza installata durante l'anno, dovuta quasi to75 a u t o t r e n i con r i i i i o r c h i o
I n a t a n t e da
67 vago" i F e r r a v i e r i
1 C a p a c i t à d i c a r i c o : p e r tra
talmente alle realizzazioni francesi; l'energia
d a 20 t a n n .
1.350 t o n n .
<la 20 t o n n .
s p o r t a r e 1.300 t o n n .
0CCoP"O"o:
idrogeoelet-trica( + 5,2 % ), ha registrato in effetti un aumento di produzione del solo 2 ,O % , 2 Consuiiio < l i c a r b u r a n t e : c o n 5
I00 Kni
l i t r i d i gaso1 i o s i t r a i p o r 500 Kiii
333 K i i
in quanto la differenza ( + 6000 milioni di
t a I toni,. p e r :
KWh) è costituita dall'importazione netta
3 Potenza d e i mazzi p e r t r a s p o c
350 HP ( I n a t a n t e ) 2.700 HP (67 v a g o n i )
9.000 IIP (75 a u t o t r e n i )
d'elettricità da paesi extra-comunitari convent a r e 1.350 t o n n .
zionalmente imputata a tale fonte.
4 Persoire l e : p e r t r a s p o r t a r e
L20 p e r s o n e
l .350 ' t o n n .
occorrorio:
Nel primo semestre 1982 è continuata la
flessione di consumi di energia (-0,9% ), anche
5 P r o d u t t i v i t h del lavoro: con
I lavor.+tore s i trasportano:
se in misura inferiore all'anno precedente, in
6
C
o s t u d i t r a r i o i i e : c o n 1 IiP
un contesto di ripresa economica debole e con
s i trasportano:
una produzione industriale inferiore del 2,3%
200 ( n a t a n t e )
100 ( t r e n o )
750 ( a u t o t r e n o )
a quella del giugno 198 1.
100 ( n a t a n t e )
250 ( t r o n o )
500 ( a u t o t r e n o )
Come risulta dalla tabeha 7 , la fonte in maggiore flessione è ancora il petrolio (-3,4%)con
9 Indice d i (ioricol i s i t A
100 ( i i a t u n t c )
400 ( t r e n o )
1000 ( a u t o t r e n o )
una riduzione di consumi di circa 7 milioni di 10 I n d i c e d l l Costo d i t r a s p o r t o
100
200
300
tonnellate, di cui circa 4,7 di olii combustibili
Fonte: Rivista rNavigazione interna, maggio '83
pesanti e 2,7 di gasolio e O.C. fluido. Flessioni
minori si rilevano nei consumi di gas naturale
(-1,9 ?h), sia nell'industria che negli impieghi
termoelettrici.
In ripresa contenuta sono invece i consumi Tabeiia n. 9 - Unità territoriali europee attraversate dall'asse geografico nord-sud dello Spluga e
di carbone ( + 3 milioni di t.e.p. pari al contenute in fasce coassiali di ampiezza 100 Km. a ovest e 100 Km. a est.
+ 2 , 3 %) negli usi termoelettrici etc. In notevole aumento infine l'apporto nucleo-elettrico h
SUPERFICIE
DENS ITA'
( + 12,2O h ), che ha fornito nei primi sei mesi
POPOLAZIONE
kmcl
Pop/kmq
13,2 miliardi KWh in più del 1931, per I'entrata in regime di numerose centrali messe in
ASSE SPLUGA
esercizio negli ultimi due anni.
Dan i m a r c a
5.060 .o00
43 .O75
117
La deduzione logica delle constatazioni eseAmbur
go
1.726.000
2.289
754
guite è che l'Europa Comunitaria necessita di
Schleswig-Holstein
2.584.000
15.678
165
divenire più autonoma per le fonti primarie di
Brema
.O00
721
404
l.
785
energia e10 diminuire i consumi senza entrare
Bassa S a s s o n i a
7.252.000
47.430
l53
in crisi per quanto riguarda il proprio sviluppo.
21.113
Assia
5.564.O00
264
I Paesi Bassi e la Gran Bretagna, unici paesi auBaden W u r t t e m b e r g
9.194.000
35.751
257
tosufficienti, non sono capaci da soli di riequiA p p e n z e l l o A R - A p p e n z e l l o IR
librare il deficit dell'intera Comunità, e finché
San Gal l o - G r i g i o n i
610.700
64
9.544
all'interno di essa non si raggiungerà l'unità
Lombard i a
8.813.000
23.850
370
Liguria
1.868.000
politica ognuno dovrà fare i conti con il proprio
5.414
345
bilancio.
TOTA L E
214
I
203 .O13
43.392.700
Però, più si espande il commercio internazionale verso l'esterno ed all'interno della CoOVEST ASSE
munità, più i consumi energetici aumentano,
RENAN IA d e l NORD WESTFALIA:
in particolare quelli del trasporto merci. Ne
Detmo l d - M u n s t e r - A r n s b e r g
21.406
7.967.000
372
consegue la necessità di razionalizzarli in modo
R e n a n i a P a l a t i n o : A s s i a R.P.
1.828.uOO
6.823
268
tale che soprattutto i trasporti di grande capaTurgov ia-Aryov ia-Zur igo-Ur i
cità, come quelli per via terra su ferrovia, e
Sciaffusa-Ticino-Lucerna-Zug
S c h u j z - G l arona-Obwa l d e n quelli marittimo-fluviali, consentano la dimiN i dwa l d e n
2.666.000
12.416
21 5
nuzione dei consumi energetici unitari, utilizP i e m o n t e : N o v a r a - V e r c e l l izando l'energia elettrica anziché l'uso diretto
Ast i-Alessandria
11.666
1.596.450
137
del petrolio e dei suoi derivati, ed operando
adeguate scelte negli assi di comunicazioni,
TOTALE
52.311
14.057.450
269
che facilitino, rendino più brevi e veloci le coEST ASSE
municazioni.
I
,
6 . Previsioni di sviluppo deiia domanda di trasporti e comunicazioni
Le precedenti osservazioni sul problema
energetico si inseriscono a nostro parere correttamente nell'insieme dei dati inviati nel 1981
dai rappresentanti italiani ai parlamentari europei, dati sulla base dei quali essi formularono
il voto del 9 luglio di quell'anno. Nel documento che è qui annesso in allegato si riassumono alcuni calcoli di previsione di sviluppo
della domanda di trasporto merci fra sud e
BAV I ERA : Bassa F r a n c o n i aA l t a Francon ia-Francon i a
C e n t r a l e-SveviaLiechtenstein
Vorarlberg
Em i l i a Romagna: P i acenzaParma-Regg i o Em i l i a
T o s c a n a : Massa C a r r a r a Lucca-Livorno
TOTA LE
TOTALE GENERALE
Fonte. Regione Lombardia assessorato ai trasporti
5.306.000
13.757
301.500
33.015
l57
2.601
i61
88
i16
l.101.256
8.329
132
909.895
7.632.408
4.148
48.250
219
i 58
303.574
214
6j.082.558
1
-.
. r -.
-- .
ottobre l983
COMUNI D'EUROPA
LVI
Tabeiia n. 10 - Percorsi in miglia marittime daiiJAustralia a taluni porti europei.
Lunghezza
in miglia delle r o t t e
M e s i da A p r i l e a O t t o b r e
V i a Suez
V i a Capetown
M e s i da Maggio a S e t t e m b r e
V i a Suez
V i a Capetown
R o t t erdam
9.490
11.075
9.550
11.315
Bordeaux
9.260
10.900
9.320
11.200
Marsiglia/Genova
7.850
10765
7.910
11 .O05
T r ieste/Venez i a
7.630
11.770
7.960
12.010
Od e s s a
7.450
12.240
7.510
1 2.480
OSSERVAZIONI: Nella lunghezza della rotta via Suez sono comprese le 100 miglia disvifup,bo del Canale.
Aijini del costo edanche della durata del trasporto, va computata per le rotte via Suez una maggiorazione virtuale di
percorso dalle SO0 alle 800 miglia dipiù, comspondente al tempo perduto per il transito lungo il Canale, che vana dalle
24 alle 48 ore.
Ilpedaggio del Canale sipuò ritenere sia compensato dal risparmio di energiaper il tempo impiegato nel transito.
Nei mesi estivi (da ottobre adapnle), nell'emisfero australe, le rotte via Capetown si n'ducono di 200-300 miglia, pan'
a circa una giornata di navigazione, potendo le navi avvicinarsial sud e sfnttare le minori dimenrioni della Terra.
Le vane lunghezze indicate in tabella si n~erisconoalle rotte per l'Australia; evidentemente per le relazioni con iporti
asiatici, del Giappone e d in particolare con quelle del litorale orientale africano, del Mar Rosso e del Golfo Mediterraneo
sono assai maggiori
Fonte: Studio prof. Matteo Maternini
CEE, l'Italia manifesta tendenze evolutive per
un interscambio commerciale maggiore, avendo un livello di integrazione economica con il
resto della CEE ancora inferiore alla media comunitaria.
Fatto uguale a 100 il traffico terrestre di merci tra tutti i Paesi CEE, la proiezione porta indice 179 al 1985 ed indice 303 al 2000. La crescita del trasporto internazionale, a seguito di
una più stretta integrazione economica, risulta
superiore di molto alla corrispondente evoluzione della movimentazione di merci all'interno dei Paesi CEE: si passa infatti da indice 100
nel 1974, a 141 nel 1985 e a 175 nel 2000.
I1 grafico, desunto dallo studio CEE, sintetizza i dati globali di un fenomeno futuro che
dimostra che il potenziamento dei transiti, su
ferro e su gomma, attraverso le Alpi Centrali,
corrisponde ad un forte mercato in espansione.
Di qui deriva la concreta possibilità che le
maggiori potenzialità di flusso trovino corrispondenza in un maggior volume di transito.
Nel complesso, soprattutto in Europa, la riconversione produttiva passa oggi, per così dire, sopra la testa della fabbrica storica. La manifattura tradizionale, che cioè non si è rinnovata secondo necessità, è diventata marginale.
Così come sono diventate marginali professionalità e abilità lavorative una volta considerate centrali. La riconversione, pertanto, rispetto alla produzione, così intesa, si presenta come un aumento di capitale per addetto e, perciò, in tempo di crisi, come investimento che
risparmia lavoro.
E tale riconversione è ormai in marcia.
Essa produce, da un lato, occupazione di
forza lavoro decrescente e declino della importanza strategica del momento di fabbrica (della
produzione) e, dall'altro lato, occupazione cre(3) I dati e le osservazioni che seguono sono desunte da: scente e crescente importanza del terziario
aSviluppo del cornrnercio internazionafe e nyessi sui traavanzato, delle produzioni delle più varie tecsportir. Relazione dell'ing. Fabio Semenza, presidente del
Comitato Promotore del Traforo ferroviario dello Spluga, nologie, le quali assumono la caratteristica di
essere l'oggetto principale dello scambio.
Lecco, 8 febbraio 1982.
nord con particolare attenzione al rapporto Italia-Europa del Nord. Per queste previsioni si
tiene conto anche del potenziamento del canale di Suez già in atto e si suppone che l'Italia
(ma il discorso vogliamo allargarlo alla Francia)
sia in grado di catturarne la quota che compete
in relazione alla indispensabile realizzazione
delle strutture terrestri e portuali ed al loro necessario sviluppo, da concretare nei prossimi
anni. Viene scelta per questa relazione l'Italia,
perché anello più debole ma suscettibile di sviluppi favorevole nel potenziamento degli assi
di comunicazione (3).
Rispetto allo scambio di trasporto merci fra
l'Italia e Nord Europa nel 1977, pari a 21 milioni di tonnellate via mare, 2 4 , l milioni di
tonnellate per via ferroviaria, 18,4 milioni di
tonnellatc per via strada, per un totale di 42,5
milioni di tonnellate trasporto per via terra, si
prevede nel 2007 (dopo 30 anni) una domanda
di trasporto globale via terra di 116 milioni di
tonnellate, con una differenza di + 74 milioni
di tonnellate.
Inoltre, per effetto del potenziamento del
Canale di Suez, si avrà un ulteriore aumento
della domanda da 16 a 24 milioni di tonnellate
(per un totale che va da 42,5 milioni di tonnellate nel 1977, ai 132-140 milioni di tonnellate
del 2007). Un incremento superiore al 300%.
Queste tendenze trovano conferma in alcune
recenti proiezioni CEE e pubblicate nei bollettini della Conferenza Europea dei Ministri dei
Trasporti. Per l'Italia le previsioni indicano per
il 2000 un volume di traffici terrestri internazionali pari a 3,45 volte superiore al volume
del 1974.
Dal confronto con la media degli altri paesi
Ma proprio in questo comparto produttivo,
la mobilità delle risorse e l'intensità delle comunicazioni sono condizioni essenziali per le
attività terziarie ancora più di quanto non siano per lo sviluppo industriale.
Non solo, ma trattandosi di un fenomeno in
atto, sta determinando cambiamenti nell'uso
del territorio, che portano tra l'altro ad un uso
più generalizzato e razionale delle aree metropolitane e delle reciproche intensificazioni delle vie di comunicazione e di trasporto in tutta
l'Europa.
Siamo quindi di fronte ad un momento tra i
più importanti per il potenziamento dei grossi
assi di comunicazione da e per il centro Europa.
7. La politica dei porti
È una tematica che non si esaurisce nel contesto dei trasporti terrestri. Tutto un suo spazio
in questo contesto è occupato dalle strutture
portuali, le quali sono ormai considerate parte
di un unico sistema integrato col retroterra,
colle vie d'acqua interne, con i trafori alpini, le
infrastrutture di trasporti stradali e le ferrovie
da e per i complessi industriali.
All'interno della Comunità infatti la situazione dei porti rivela dei forti squilibri, per cui,
quelli che si affacciano sul Mediterraneo (e che
hanno il loro naturale retroterra nell'Italia Settentrionale, la Francia Centrale, la Svizzera,
MittelEuropa), temono l'egemonizzazione dei
mercati da parte dei porti del nord.
Un'interpretazione di parte degli effetti della canalizzazione Reno-Meno-Danubio, opera
il cui completamento avverrà nel prossimo decennio, attribuisce infatti il molo prepondetante, a scapito di criteri di risparmio energetico, ai porti appartenenti al Northern Range,
con Anversa e Rotterdam quali capisaldi, e da
quelli facenti capi agli estuari francesi (Bordeaux-Nantes-LeHavre, ecc.).
Studi recenti evidenziano la grande disparità
fra la quantità di traffico svolto fra i 14 porti
principali del Northern Range (Lubecca, Amburgo, Brenna, Brake, Nordenham, Wilhelmshaven, Rotterdam, Vlissingen, Terneuzen,
Anversa, Gand, Bmges, Dunkerque, Le Havre), 737 milioni di tonnellate complessive nel
1979, e la quantità di traffico svolto fra i 14
porti principali dell'alto Mediterraneo (Marsiglia, Savona, Genova, La Spezia, Marina di
Carrara, Livorno, Ancona, Ravenna, Chioggia,
Venezia, Monfalcone, Trieste, Capodistria,
Fiume) 315 milioni di tonnellate, nei quali il
peso relativo degli olii minerali e derivati, la
più povera delle merci sotto il profilo portuale,
è molto alto, mentre il contrario avviene per altre più pregiate. Analizzando le cause della
scarsa incidenza dei porti meridionali europei
sul traffico continentale si cita, ad esempio, il
caso di un container in partenza da Monaco e
diretto a Jeddah. Spedito dai porti del Nord
costa 200 dollari in più che dai porti del Mediterraneo; tuttavia spesso passa da Amburgo o
Rotterdam perché il trasporto ferroviario è garantito in 36 ore mentre per Venezia o Genova
è apromesso, in 72 ore e perché inoltre le operazioni portuali al nord sono molto più rapide
e le partenze delle linee più frequenti.
La vastità e la potenza degli entroterra a di-
ottobre l983
COMUNI D'EUROPA
LVII
sposizione dei porti del Northern Range è di Grafico - Proiezioni delle evoluzioni dei traffici di merci nazionali ed internazionali (dei paesi
maggiore che per i porti dell'alto Mediterra- deiia CEE).
neo, ma la ucapacitàs di penetrazione terrestre
di un grande porto è funzione dell'ampiezza e
delle possibilità delle comunicazioni. In fin dei
conti i porti dell'alto Tirreno e delllAlto Adriatico, un po' meno quelli del golfo del Leone,
hanno, attualmente, forza di penetrazione
quasi solo nella pianura Padana e nella Provenza, mancando il sufficiente respiro per la rapida (e non lunga) traversata delle Alpi.
I porti del Northern Range hanno poi un
traffico internazionale che supera i 170 milioni
di tonnellate, mentre ad esempio il transito internazionale nei porti italiani, escluso il petrolio, si aggira sui 2 milioni di tonnellate annue.
Per rompere questa situazione d'angustia
che limita l'azione e lo sviluppo dei porti del
Mediterraneo, ed incide sulle spese energetiche
per un maggior costo dei consumi di carburante e delle materie prime trasportate con un percorso più lungo, non basta aprire altre vie di
comunicazione nelle Alpi, ma colla loro costruzione suscitare, anche per effetto di trascinamento, il contemporaneo miglioramento delle
strutture portuali mediterranee e del loro funzionamento per ampliarne l'attitudine internazionale in funzione della conquista di una
maggiore e più economica capacità di penetrazione terrestre.
La crescita rapida del volume di traffici lungo gli attuali percorsi ferroviari rischia di portadi tasso di incremento)
re questi ultimi a saturazione (assai sensibile al
Brennero e al San Gottardo, per esempio).
Questa saturazione trascinerà uno spostaT r a f f i c o i n t e r n a z i o n a l e f r a p a e s i membri (volume)
mento di trafico verso la strada, che è più flessibile quanto a livello di saturazione.
T r a f f i c o n a z i o n a l e : i n s i e m e d e i p a e s i uiembri (volume)
Tale trasferimento non è logicamente auspicabile in ragione dell'elevato consumo di ener- ,,,,,- I p o c e s i d i i n c r e m e n t o d e i p r o d o t t o i n t e r n o l o r d o s u c u i sono
gia e del suo negativo impatto sul territorio, e
basate le proiezioni
si propone pertanto un adeguamento delle vie
d'acqua interne dell'Italia Settentrionale (canale navigabile Venezia-Bellinzona, lungo il
Fonte: Studio dei bisogni di trasporto merci 1979.
Po) e della Francia (fra Marsiglia e la Renania),
secondo i criteri precedentemente citati.
I1 problema della programmazione delle infrastrutture di trasporto non può però rimanere terpretazione della Risoluzione della l b a sesLe moderne infrastrutture di transito attranell'ambito nazionale o dei soli rapporti bila- sione della Conferenza dei Poteri Locali e Re- verso la catena alpina, con le gallerie di base e
terali: il grado di integrazione della economia gionali dell'Europa, n. 124 del 1981 sulla rete in quota, costituiscono già di per sé strutture
tra i Paesi membri della CEE è infatti tale, or- europea dei grandi assi di comunicazione. energicamente vantaggiose, riducendo consumai, da esigere la definizione di un quadro di Questo in particolare per quanto affermato al mi e, se usano il trasporto su rotaia in trazione
riferimento elaborato a livello complessivo e di paragrafo 10.7, C,in cui si chiede alla Commis- elettrica, possono divenire indipendenti dalla
progetti comuni da attuare in tempi medi e sione delle Comunità europee di prendere in fonte petrolifera.
lunghi.
Contemporaneamente, l'attuale orientamenconsiderazione «lo studio di altri problemi nel
settore dei trasporti coinvolgenti i Poteri locali to verso il carbone, quale fonte alternativa di
e regionali, e di presentare dei rapporti sulle più rapida attuazione, data l'ubicazione delle
8. La programmazione deiie strutture di traconseguenze energetiche per i grandi assi di co- nuove località di approvvigionamento, (come
sporto e la normativa europea
l'Australia e il Sud Africa) e le sue modalità di
municazione~.
Si verrebbe così a.d attuare, anche per i tra- impiego per la produzione di energia, implica
La CEE deve essere chiamata a svolgere un
ruolo più attivo, anche se nel tempo breve non sporti e le grandi comunicazioni internaziona- un sensibile aumento dei traffici marittimi e
c'è mai da illudersi sulla possibilità di impor- li, quanto indicato nella Raccomandazione del terrestri, per il suo trasferimento, ed un magtanti gettiti finanziari. Ma almeno per la pro- Consiglio della Comunità Europea, del 28 lu- gior uso della energia elettrica, anche nei tragrammazione di un sistema combinato di tra- glio 1982, circa l'incoraggiamento verso gli in- sporti terrestri, perché la maggior parte del
sporti, che orienti le correnti di traffico in mo- vestimenti nel settore dell'utilizzazione razio- contenuto energetico del carbone verrà distribuito all'utenza sotto forma di energia elettrido razionale ed equilibrato anche dal punto di nale dell'energia (821604 CEE).
L'odierna crisi energetica, comunque venga ca.
vista energetico, è urgente che i vari Governi
Uno dei più considerevoli contributi ai traagiscano a sostegno dell'azione intrapresa dallo risolta, condizionerà sempre i modi di trasporstesso Parlamento Europeo. Esiste tutta una to legati alla fonte petrolifera e imporrà un sporti integrati verrà dalle ferrovie transalpine
letteratura sulla normativa comunitaria in ar- sensibile mutamento dell'attuale distribuzione e della Francia meridionale, ove, secondo le redei traici, in favore dei modi di trasporto centi direttive dell'U.1.C. si consentirà il tragomento.
energeticamente
più economici e di quelli me- sferimento su pianali ferroviari di autocarri delVolendo operare una soluzione, si richiede
le massime dimensioni.
no
legati
alla
fonte
petrolifera.
pertantouna modifica, o una più corretta in-
LVIII
COMUNI D'EUROPA
ottobre 1983
za il fatto che, ad eccezione del porto di Trieste, per il quale il traffico con l'Austria è in
percentuale apprezzabile, delle merci movimentate negli altri porti italiani la percentuale
destinata all'estero è assai modesta ed altrettanto può dirsi per le merci in uscita o in entrata dai valichi alpini, di cui il traffico diretto
proveniente dai porti italiani e in genere mediterranei per l'estero è ancora in percentuale
molto ridotta. Ne segue che la funzione di
transito del nostro Paese, e della Francia Meridionale, dall'area mediterranea al centro Europa, non ha ancora assunto quelle dimensioni
che le spetterebbero per la sua posizione geografica.
me quelli francesi, sono efficienti, non sempre
detta efficienza risulta pienamente sfruttata;
per motivi indipendenti dalle infrastrutture e
dalla loro potenzialità, spesso il traffico internazionale disattende i porti mediterranei.
Rispetto a taluni porti del Nord Europa (ad
esempio Amburgo), il Trattato istitutivo della
Comunità Economica Europea prevede tariffe
di favore sui percorsi ferroviari di accesso, data
la particolare situazione creatasi nel dopoguerra con la divisione delle due Germanie; nulla
invece è mai stato chiesto in proposito dal Governo italiano per i porti dell'alto Adriatico e
in particolare per il porto di Trieste, che praticamente confina con il territorio Iugoslavo.
Diverse strade di valico ordinario e praticamente
ancora tutte quelle ferrate, anche se al9. Conclusioni
quanto migliorate rispetto alla consistenza del
Si possono fare, al riguardo, alcune conside- secolo scorso, sono tuttora carenti e questo incirazioni.
de sul movimento internazionale, che dovrebAnche se le strutture operative dei porti ita- be utilizzare i porti italiani ed i valichi alpini
liani dell'Alto Adriatico e dell'alto Tirreno, co- italiani di accesso, nelle relazioni fra i Paesi
mediterranei ed il Nord Europa.
Infatti, se l'ammodernamento e soprattutto
le nuove grandi infrastrutture di valico nel settore stradale non hanno avuto interferenze di
il più efficace
rilievo da problemi di concorrenza o di prioil più tempestivo
rità, altrettanto non può dirsi per le ferrovie.
Tutte le attuali ferrovie di valico transalpino
collegamento del Parlamento europeo con le Regioni, le Città e il territorio italiano
sono praticamente ancoia quelle costruite nella
seconda metà del secolo scorso e se anche i criil più completo
teri seguiti dai tecnici di allora sono invece,
dobbiamo riconoscerlo, d'avanguardia per I'eil più aggiornato
poca, tuttavia a distanza di un secolo, pur essendo ancora efficienti, operanti ed utilizzatisresoconto delle esigenze e delle attività europee delle Regioni, delle Città e del tersime, esigono un ammodernamento.
ritorio
In sostanza solo la trazione elettrica ha sostituito
su tutte le principali ferrovie di valico la
per il Parlamento europeo
primitiva trazione a vapore; inoltre, per quanè l'Agenzia settimanale
to concerne l'Italia è quasi ultimato il raddoppio della via di accesso alla galleria del Frejus e
da alcuni anni sono iniziati i lavori per un completo rinnovo della Udine-Tarvisio e di un
nuovo scalo a Domodossola; per quanto riguarda la Svizzera, è quasi ultimato il raddoppio
delle rampe di accesso della galleria del Lotagenzia settimanale per gli enti regionali e locali
schberg.
Secondo le previsioni di traffico internazionale,
estrapolate al 2000, che dobbiamo riteneesce tutti i venerdì a cura dell'AICCE
re'per seri motivi attendibili, dovrebbero essere
quasi sature per tale data tutte le linee di valico
transalpine, ammesso che vengano attuati i dici si abbona con sole lire 100.000 sul c/c postale n. 35588003 intestato a Istituto
versi ammodernamenti proposti dai Comitati
Bancario San Paolo di Torino (sede di Roma, Via della Stamperia 64 001 8 7
d'asse; in caso diverso le attuali infrastrutture
sarebbero del tutto insufficienti.
Roma) specificando la causale del versamento
E evidente che per gli inizi del prossimo see si è veramente in condizione di analizzare rapidamente tutto il tessuto comunitacolo tutti i vari interventi dovranno essere atrio che il movimento delle autonomie sta ordendo, e l'azione del Parlamento,
tuati; ulteriore incentivo per l'attuazione dei
eletto da 1 8 0 milioni di europei, nei suoi vari aspetti
sopracitati prowedimenti, come si è detto è la
crisi energetica, che imporrà crescenti trasferimenti di traffico dalla strada alla rotaia, specie
sui percorsi più lunghi e più accidentati, come
l'Agenzia ha corrispondenti presso tutte le Commissioni del Parlamento
I'attraversamento delle Alpi, e soprattutto oeuropeo e presso tutte e venti le Regioni italiane (e le due Province autorienterà la distribuzione del traffico in favore
nome);
della intermodalità.
ha la collaborazione degli uffici stampa delle Giunte e dei Consigli regioA questo aggiungasi le crescenti relazioni di
nali e degli Uffici Europa in via di costituzione nelle diverse Regioni;
traffico fra l'Europa centrale ed i paesi del Mediterraneo meridionale e quelli d'oltre Suez.
è in rapporto con le direzioni generali della Commissione esecutiva di BruNon si dimentichi infine l'eventuale tunnel
xelles, col Comitato economico e sociale della Comunità, coi principali
sotto la Manica, la cui iniziativa, da tempo proIstituti italiani di politica internazionale, economica ed europea.
spettata è ora in corso di riesame; trattasi di infrastruttura di notevole interesse continentale
I1 trasporto su strada diverrà di conseguenza
a sua volta più economico e meno oneroso,
permettendo una migliore utilizzazione del
materiale ferroviario e mantenendo all'autoveicolo la sua insostituibile funzione nella distribuzione capillare.
Nei lavori di potenziamento della UdineTarvisio sono stati già adottati questi criteri; altrettanto è previsto per il nuovo asse ferroviario
dello Spluga per il quale, ai fini del traffico su
gomma, il tratto di valico potrà raggiungere la
potenzialità di una autostrada, senza averne le
dimensioni e gli svantaggi energetici ed ecologici.
Secondo le previsioni di traffico fatte nel
passato e anche secondo quelle di tempi più recenti commisurando i pedaggi al risparmio di
tempo e di energia si possono prospettare proventi, per il solo trasferimento di autoveicoli, sufficienti a giustificare economicamente la
spesa per la galleria di valico.
Le statistiche sul traffico pongono in eviden-
Europa Regioni
-
ottobre l983
che, se realizzata (evenienza tutt'altro che da
escludere), creerà un nuovo trafico tra l'Inghilterra e i porti dell'alto Adriatico, le Regioni sud-orientali della Comunità e la Penisola
Balcanica, attraverso un ponte terrestre di cui i
valichi transalpini, ed in particolare quello dello Spluga, dovranno svolgere un molo importante.
È quindi da ritenersi argomento ormai superato parlare di concorrenza fra le diverse linee
ferroviarie di valico, ciascuna delle quali ha
una sua zona di influenza sufficientemente definita e tale da portarla, anche se ammodernata, alla saturazione per i primi anni del prossi-
COMUNI D'EUROPA
mo secolo.
Pure questione da ritenersi superata è la possibilità di concorrenza fra eventuali nuove infrastrutture stradali di valico alpino e le iniziative ferroviarie, anche se utilizzabili per il trasporto di autoveicoli. Le finalità sono completamente diverse; l'odierno turismo di massa,
tuttora crescente, determina, nei mesi di punta, ai nostri valichi stradali congestioni tali da
giustificare anche provvedimenti nel settore
della viabilità, specie per quanto concerne alcuni trafori intervallivi lombardi di grande utilità. Se anche il complesso diopere per l'ammodernamento di tutte le ferrovie di valico tran-
LIX
salpine italiane, al fine di renderle adeguate alle esigenze dei traffici del 2000 richiederà una
cifra considerevole, questa va distribuita mediamente in almeno una ventina d'anni, per
cui le varie annualità risultano, oltre che differite nel tempo, anche relativamente modeste,
di gran lunga inferiori ad esempio (non trascurerò mai di ripeterlo) al complesso dei disavanzi annui delle Aziende pubbliche di Trasporto Urbano, disavanzi che si potrebbero facilmente ridurre, con un po' di buona volontà da
parte delle forze di lavoro, della dirigenza e
delle Commissioni Amministratrici delle
Aziende stesse.
LX
COMUNI D'EUROPA
Torino sede dei XV Stati generali del CCE
11-14 aprile 1984
La sala dei Iavori: Centro internazionaIe di perfezionamento professionale e tecnico (BIT), Corso Unità d'Italia 125 - Torino.
ottobre l983
ottobre l983
COMUNI D'EUROPA
opinioni vanti ai ministri dei paesi dell'OCSE, la convo-
I pompieri e gli architetti
la riforma del sistema monetario internazionale: articolo del ministro della Repubblica francese
pubblicato da «Le Monde» il 9 settembre 1983
di Jacques Delors
Ministro dell'economia, delle jinanze e del bilancio
Difficile intavolare un dibattito sui problemi
monetari e finanziari mondiali! Come se fosse
solo una questione che riguarda gli specialisti,
da trattare segretamente in gruppi ristretti,
quando i tassi di interesse elevati e le fluttuazioni disordinate delle monete fanno maggiormente sprofondare i paesi in via di sviluppo,
sconvolgono i calcoli economici e rinforzano i
fattori di instabilità politica. Oppure, come se
si trattasse solo di trovare delle scuse alle proprie debolezze, argomento che l'opposizione
utilizza vergognosamente in Francia, dimenticando che negli anni '60, era il nostro paese
che denunciava già le facilità eccessive che il sistema di allora offriva agli Stati Uniti.
Eliminiamo dunque questi preamboli, non
fosse che per ridare ai francesi il gusto della
coesione e del dialogo spassionato tra di loro.
È vero che il nostro paese soffre di una grave malattia, sotto forma di una inflazione da
sempre troppo elevata, in confronto ai suoi vicini. È egualmente esatto che, non avendo aderito, da dieci anni, al nuovo corso economico
mondiale, esso è ostacolato da un commercio
estero strutturalmente squilibrato, non fosse
che per il fatto che i nostri produttori hanno
troppo trascurato il loro proprio mercato e
quello delle altre nazioni industrializzate, cioè
là dove si trova la competizione essenziale in
termini di innovazione e di rapporti qualitàprezzo. L'economia francese è impegnata a far
sparire progressivamente questo doppio svantaggio. Quello che i francesi devono compiere,
nessuno lo farà al posto loro. Ammesso questo,
nessuno può in buona fede negare che il rialzo
eccessivo del dollaro e dei tassi di interesse rende economicamente più difficile e socialmente
più costoso l'indispensabile sforzo di risanamento. Comunque sia, questo sforzo sarà portato a termine: è del resto ben iniziato.
Altri, facendo ricorso al paradosso, lasciano
immaginare le alte grida che leverebbero gli
europei se per awentura si ripetesse lo scenario
del 1978, con un dollaro troppo debole, che
agirebbe da stimolante per l'industria e l'agricoltura americane. Aggiungendo poi: che gli
industriali del Vecchio Continente approfittano del dollaro alto per esportare di più. Certo,
conviene farlo, ma senza dimenticare che questi surplur commerciali, da soli, non permetteranno di dare uno stimolo all'economia (l).
Diciamo semplicemente che l'eccesso in tutto è un difetto. I meccanismi automatici dell'economia di mercato, da soli, non sono in grado
di ristabilire, anche dopo molti sacrifici richiesti del resto sempre agli stessi - i poveri e i po(1) In effetti, le importazioni dagli Stati Uniti
non rappresentano che circa il 12% delle importazioni di prodotti manufatti. Questo è insufficiente
per provocare, con il solo deficit commerciale degli
Stati Uniti, un rilancio del commercio mondiale.
poli poveri - un equilibrio relativamente soddisfacente e una crescita durevole dell'economia mondiale.
cazione di una conferenza monetaria internazionale, il presidente della Repubblica ha solo
ricordato questa esigenza, sottolineando al
tempo stesso quanto il compito era difficile e
quanto sarebbe graduale l'attuazione degli indispensabili correttivi. Questa proposta è stata
accettata dai sette capi di Stato presenti al vertice dei paesi industrializzati di Williamsburg.
Così il metodo è definito. Ogni esperto ha,
nella sua testa, un sistema completo. I1 confronto teorico, da solo, non avrà esito. Bisogna
persuadersi, una volta per tutte, che le sole
probabilità di riuscita risiedono in una iniziativa accettata da tutti, e quindi dagli Stati Uniti.
Questi ultimi dovrebbero però avere di fronte a
Una dimostrazione per assurdo
Quando la Francia, al vertice di Versailles,
ha chiesto e ottenuto la creazione di un gruppo
di lavoro sugli interventi, non mirava a trovare,
di colpo, una soluzione di fondo all'instabilità
dei mercati dei cambi. Più modestamente, essa
si augurava che fosse obbiettivamente esaminata l'opportunità, in determinate circostanze, di
una azione concertata dalle banche centrali.
Un rapporto praticamente esauriente fu stabilito su basi scientifiche indiscutibili. Esso concludeva riconoscendo l'utilità di tale azione,
cosicché i ministri delle finanze dei sette paesi
interessati, e il rappresentante della Comunità
economica europea, adottarono, il 29 aprile
scorso, una linea di condotta i cui termini meritano oggi di essere ricordati:
cNelle attuali circostanze, il ruolo degli interventi non può essere che limitato. Gli interDelors
venti possono essere u t i ' per lottare contro situazioni di dirordine sui mercati e per ridurre a loro dei partriers risoluti e capaci di esprimere
breve scadenza la volatilità. Gli interventi pos- proposte comuni.
sono anche occasionaimente esprimere unapoPiù Europa, ho detto, in reazione alle flutsizione delle autodà riguardo al mercato dei tuazioni del dollaro. La base esiste: il Sistema
cambi.. ..V.
monetario europeo, al quale, da quando è staÈ evidente che siamo, da qualche anno, in to creato, non è stata risparmiata nessuna protale situazione. Sono stati fatti degli interventi, va, ma che ha tuttavia resistito alla meglio, e in
ma non hanno potuto fermare la speculazione. realtà più bene che male. La Comunità ha in
E certi concludono frettolosamente che questa possesso un terzo delle riserve di tutto il monazione coordinata è inutile e intonano un nuo- do, quasi un terzo delle quote del fondo movo inno alle irresistibili forze del mercato.
netario internazionale, quasi la metà delle riserve d'oro dell'universo. Lo Scudo è sempre
La ricetta: più Europa
più utilizzato negli scambi privati dai tesorieri
Questo significa dimenticare un'idea tutta- delle imprese e dagli operatori finanziari. Allo
via comunemente ammessa. I corsi dei cambi sviluppo dello «Scudo privato, bisogna ora agdevono, sul medio periodo, riflettere i dati giungere il ruolo accresciuto dello «Scudo uffifondamentali di ogni economia. Chi potrebbe, ciale»: uno statuto equivalente a quello delle
se non per motivi elettorali, sostenere seria- altre divise, la sua quotazione quotidiana sui
mente che questo è attualmente il caso del dol- mercati dei cambi, la sua utilizzazione piena e
intera da parte delle banche centrali membri
laro?
Questo significa passare sotto silenzio le con- del SME, un allargamento delle possibilità di
dizioni nelle quali gli interventi sono stati rea- azione del FECOM, compresi gli interventi nei
lizzati, in queste ultime settimane. Chi po- confronti di terze monete, come il dollaro e lo
trebbe giustificare il fatto che gli interventi del yen. Si potrebbero in questo modo ritrovare
paese la cui moneta è la più diffissa (il dollaro) nuove ragioni di speranza.
L'obiezione vien presto. L'Europa monetaria
siano stati inferiori, in quantità e in durata, a
quelli effettuati dalle banche centrali d'Euro- può avanzare se l'Europa economica e sociale
ristagna? Certamentc no, ma bisogna pure inpa?
Se si fosse voluto fare una dimostrazione per cominciare da una parte o dall'altra. Oggi, gli
assurdo non si sarebbe fatto altrimenti. In que- avvenimenti ci spingono ad andare presto e più
ste condizioni, rimango convinto che una azio- lontano, in un contesto nel quale ogni paese
ne coordinata è sempre utile, in certe fasi con- membro si impegna a lottare contro l'inflaziogiunturali, per acalmare il gioco» e diminuirc ne e a ristabilire, quando ve ne è bisogno, l'equilibrio dei suoi conti con l'estero.
gli spostamenti disordinati delle monete.
Al di là del dibattito sugli interventi, si poÈ evidente che la cooperazione monetaria rine, da anni, il problema di un minimo di rego- chiede, a sua volta, un rilancio della Comule del gioco e di ordine nelle transazioni mone- nità. Da ciò deriva l'importanza degli studi in
tarie e finanziarie. Quando ha proposto, da- corso, in seguito al vertice di Stoccarda, per ti-
COMUNI D'EUROPA
10
rar fuori l'Europa dal pantano nel quale I'hanno condotta i contenziosi interni sulcontributo
britannico, le difficoltà della politica agricola
comune, il rifiuto di un vero dialogo con le organizzazioni dei lavoratori (il CES), il cattivo
funzionamento delle istituzioni. Da ciò la volontà di superare queste divergenze in un rilancio globale, nel quale gli aspetti industriali e
tecnologici dovrebbero avere una larga parte,
se veramente si vuole che le nazioni europee
siano presenti nel mondo di domani.
Una Comunità che parli con una voce sola,
principale potenza commerciale del mondo, situata - grazie alla sua sensibilità e alla sua politica di aiuti - al centro dei rapporti NordSud, questa è la grande carta che avremmo gravemente torto di disdegnare.
In tal modo, rinforzata e più sicura di se stessa, la Comunità potrebbe porre agli Stati Uniti
e al Giappone le tre domande collegate tra di
loro e dalle cui risposte dipende ogni progresso.
ottobre l983
dal ((Progetto Europa»
((Nonha torto Mitterrand se chiede uno spazio
sociale europeo o una politica industriale comune,
e non hanno torto i tedeschi - e in questo Kohl
non penso a'zfferisca da Schmidt - se respingono
u n protezionismo comunitario, che vada al di là
del tempo, rapido, d i respiro per una nitrutturazione comune e per la realizzazione d i una piena
competitività internazionale; non ha torto il governo italiano se chiede ilpassaggio alla seconda
fase dello SME, se tuttavia è capace d i tenere assai
meglio a bada la sua infizione e d i riorganizzare
la sua amministrazione, statale parastatale e locale
(Massimo Severo Giannini, dove sei tu?), e non ha
torto Papandreu a chiedere di non fare il parente
povero e l'utile sciocco della Comunità, se poi si
rende conto che uno sforzo straordinario - come
membri d i un'unica famiglia - in favore delle
aree deboli o depresse o meno sviluppate è accettabile da parte degii altri partners solo in u n quadro irreversibilmente federalistaw.
«Comuni d'Europa> n. 4, aprile 1983,
che riporta il «Progetto Europa» di
Umberto Serafini.
l
Ridurre l'indebitamento
Prima di tutto, I'indebitamento. Le cifre
parlano da sole. 610 miliardi di dollari. Per i
paesi in via di sviluppo non produttori di petrolio, il solo servizio del debito rappresenta un
quarto dei ricavi dell'esportazione. I1 rialzo del
tasso di interesse costituisce un onere pari al
40% dei loro deficit con l'estero. L'impennata
del dollaro alimenta l'inflazione importata e
rende vani gli sforzi di alcuni di questi paesi
per lottare contro l'aumento dei prezzi.
Di fronte a questa situazione, i paesi ricchi
hanno, in un certo senso, agito come dei pompieri davanti a un incendio che si espande: ac-
2) al di là delle controversie sul livello auspicabile delle liquidità mondiali, sarebbe comunque utile riservare una distribuzione di
DSP (Diritti speciali di prelievo) ai PVS, per
dargli gli strumenti fondamentali per riequilibrare le loro economie. Dobbiamo qui ricordare che, secondo gli statuti modificati del FMI,
si trattava di afare del diritto speciale a'iprelievo lo strumento principale a'i riserva del sistema monetario mondialew. Senza essere così
ambiziosi, possiamo, senza danno, contribuire
all'ampliamento del suo ruolo;
3) i meccanismi di finanziamento dei PVS
devono essere coordinati, prima che soprawengano dei drammi. In questa prospettiva, si potrebbe pensare a dei piani pluriennali di aggiustamento e di sviluppo stabiliti dai responsabili
dei paesi interessati ma con il concorso della
Banca mondiale e del FMI, che terrebbero conto degli aiuti pubblici bilaterali e che inquadrerebbero i crediti privati, in modo da evitare
ogni eccesso. Un tale approccio eviterebbe
senz'altro molti drammi. A questo riguardo,
non si deve trascurare l'avvertimento costituito
dalla
dimissione recente del sig. Carlos Langocrescimenti degli interventi del Fondo monetani,
governatore
della Banca centrale del Brasirio, finanziamenti ponte della Banca dei regole.
Tale
fatto
sottolinea,
mi sembra, le costrilamenti internazionali, coordinamento tra il
zioni
legate
alle
realtà
socio-politiche
dei paesi
Fondo e le banche private, molo sempre utile
indebitati.
Vi
aggiungerei
il
necessario
realidel Club di Parigi per ripartire nuovamente i
smo
che
consiste
nel
trattare
le
cause
stmtturali
debiti contratti con gli Stati. Se si giudica dalle
diverse minacce, i pompieri non hanno termi- delle difficoltà che si sono incontrate, e non sonato la loro opera. Ma ciò che è più grave, è che lo i «grandi equilibri» considerati al di fuori del
niente sia ancora stato fatto per ricostmire un loro contesto.
sistema equo ed efficace. Questo dipende, mi
Bisogna poi dirigersi verso la diversificazione
sembra, da tre orientamenti degni di appro- degli stmmenti di riserva, per non chiedere
fondimento:
troppo al solo dollaro: gli Stati Uniti gli chie1) la crescita economica dei PVS deve ridi- dono troppo, per via dell'importanza del defiventare superiore ai tassi di interesse reali do- cit del bilancio il cui finanziamento pesa, in
minanti (quelli che vengono praticati sul mer- parte, sugli altri paesi e fa salire i tassi di intecato americano). Altrimenti, e tale è il caso da resse. Sono tre anni che i suoi alleati chiedono
due anni, queste nazioni si impoveriscono e a Washington di ridurre il deficit. Invano! Ci
vengono scoraggiate nel loro sforzo di risana- dicono adesso che conviene aspettare fino a dopo le elezioni presidenziali. Ci prendono dunmento.
La chiave del problema risiede in un ribasso que per sorella Anna?
Gli europei devono fin da adesso proporre la
di questi tassi di interesse e nel rilancio del
commercio mondiale, il primo essendo un for- diversificazione degli stmmenti di riserva: il
DSP, lo Scudo, e anche lo yen, dal momento
te stimolo per il secondo;
che i giapponesi sono stati invitati a condividere le responsabilità mondiali, secondo la loro
potenza economica. In questo modo, la pressione esercitata sul dollaro si troverebbe alleggerita.
I tassi di interesse
Infine e sempre, i tassi di interesse. Dato che
certi tempi saranno necessari per abituarsi
all'uso del DSP o dello Scudo, è responsabilità
degli Stati Uniti di agire sin da adesso su i loro
tassi di interesse. Il loro ribasso, anche progressivo e lieve, faciliterebbe la ripresa delle economie europee, le quali alimenterebbero, con le
loro importazioni, il commercio mondiale e gli
incassi dei paesi in via di sviluppo. Perché, contrariamente a una tesi puramente dogmatica e
non verificata nei fatti, non è il protezionismo
che costituisce attualmente il freno principale
al rilancio degli scambi esteri, bensì l'assenza
di una crescita generalizzata a tutti i paesi del
Nord e l'eccesso di indebitamento nei paesi del
Sud. Attaccando l'uno e l'altro di questi problemi, le nazioni industrializzate non farebbero che il loro dovere e impegnerebbero il mondo nel solo cerchio virtuoso valido, quello
dell'espansione economica e della lotta contro
le ineguaglianze, le quali nel Sud si manifestano con la povertà, la malnutrizione.. . e la rivolta.
Ancora una volta, queste non sono che delle
vie aperte. Non sono che delle idee che sono
talvolta state avanzate negli anni passati. Ma
era arrivato il momento di una iniziativa. La
Francia l'ha presa, per voce del suo presidente.
L'Europa la farà sua, quando ne è tempo ancora, per affermare la sua volontà di soprawivenza e il suo senso delle responsabilità mondiali?
Quando la crisi dell'indebitamento non finisce, e corre anche il rischio di aggravarsi, quando il fuoco si riaccende qua e là, i pompieri, bisogna riconoscerlo, agiscono con efficacia. Ma
questo è sufficiente? Non ci sarà un momento
nel quale, di focolaio d'incendio in focolaio
d'incendio, la casa si screpolerà, al punto di
crollare e di rivelare, ahimé troppo tardi, la fragilità delle sue fondamenta? In altre parole,
non è venuto il tempo degli architetti?
COMLINI D'EUROPA
ottobre l983
11
Fissati C O S ~i contorni deil'intervento federalista, restano tuttavia larghi margini per una
discussione che si svolge effettivamente da
tempo con una libertà d'indirizzo e di espressione che trova un limite soltanto nel senso di
responsabilità di ciascuno.
La nostra esperienza quotidiana si costella
continuamente di esperienze negative: perché,
ad esempio, il sen. Petrilli,'che pur è riuscito a
convogliare tanti consensi di parlamentari ita-
Pensiero e azione dei federalisti europei
Federalismo: partito O movimento?
Logica storica e Senso di Una vigilia
di Luciano Bolis
Scrivere di federalismo in questo scorcio di
settembre '83 non ci consente di prescindere
dal voto con cui, il giorno 14, il Parlamento
Europeo ha approvato a larga maggioranza una
risoluzione della sua Commissione istituzionale «sul contenuto del progetto preliminare di
Trattato che istituisce l'Unione europea», sostituendola alle tre attuali, malcerte, comunità,
grazie ad un accrescimento di poteri che darà
necessariamente luogo anche ad. un maggiore
equilibrio tra le diverse istituzioni che le
usciranno owiamente potenziate
pongono.
le istituzioni che già oggi rappresentano, almeno idealmente, la istanza europea (parlamento
e Commissione) con conseguente ridimensionamento di quell*unica,ma ben più agguerrita, istituzione che rappresenta invece gli stati
(cioè il Consiglio).
è certo questa la
per
eriticamente in esame la validità d e progetto,
~
né
per disquisire saputamente sulla scelta dei tempi e dei modi con cui assicurare al progetto
stesso le prescritte ratifiche nazionali.
Sul p;imo punto, quello dell'idoneità del
contenuto, pare allo scrivente ch'esso sufficientemente corrisponda al difficile equilibrio che
s'impone tra due esigenze anch'esse imprescindibili, anche se apparentemente contraddittorie: un minimo di agganci all'impostazione federale, tale da favorire successivi sviluppi in tal
senso, e un minimo di provocazioni per le residue resistenze nazionali, non certo disposte a
trangugiare tutto d'un colpo l'amaro boccone
di un piano inclinato, concepito e strutturato
per infliggere
loro in seguito sempre
più accen-tuate rinunce di sovranità.
Sul secondo punto, quello delle indispensabili ratifiche nazionali, mi limiterò a ricordare
che opportunamente il problema è stato rinviato a quando, il 14 febbraio, il Parlamento Europeo dovrà pronunciarsi non più soltanto sul
fondo del problema (già affrontato e, almeno
in teoria, anche risolto con l'ultima votazione)
ma sulla complessità di un vero e proprio progetto di Trattato, alla cui definitiva redazione
stanno ora lavorando gli esperti (però del Parlamento Europeo e non dei governi).
I1 nostro scopo è invece di considerare la posizione dei federalisti al riguardo: se può essere
soltanto quella, relativamente comoda, di consigliare, e magari anche lodare o condannare,
come potrebbe fare un vecchio maestro col giovane allievo, o non piuttosto quella di rimboccarsi le maniche e assumersi direttamente un
compito: contribuire, nei limiti consentiti dalla pochezza dei mezzi di cui disponiamo, a
preparare l'opinione pubblica a un awenimento di tale portata, dal cui esito largamente dipenderà il nostro stesso avvenire, e insieme impegnare con ogni mezzo le forze politiche a
non lasciarsi sfuggire anche quest'altra occasione storica che, come già si disse per la CED,
potrebbe anche essere l'ultima. Sono passati
infatti trent'anni prima che un'altra occasione
del genere si ripresentasse ora alla coscienza dei
popoli e alla responsabilità degli Stati, grazie a
questo progetto di Trattato che sta predisponendo il Parlamento Europeo.
Una fondazione europea
Giovea? 7 luglio, presso la Casa degli Eustachi, a Pavia, è stata presentata la «Fondazione
europea Luciano Bolis». Dotata dal suo creatore di u n patrimonio iniziale di 400 milioni dt
lire, la Fondazione si propone di raccogliere k sti e documenti - soprattutto d'archivio - e
dipromuovere lo studio delprocesso d i unzficaziOne europea e delfederalismo.
Dopo aver dato lettura dei messaggi di adesione inviati dalMinirtro dell'lnterno, on. Virginio Rognoni, dal sen. Leo Valiani, dal sen.
Giovanni Spadolini, da Norberto Bobbio,
Alessandro Galante Garrone, Luigi Santucci e d
altri esponenti del mondo della politica e della
cultura, Mario Albertini, presidente dell'unione europea dei federalisti, ha illustrato lafigu-
,
il prof. Giulio Guderzo dello stesso A k n e o e
Sergio Pistone dell'università di Torino.
Luciano Bolis pensava a questa iniziativa già
da una decina di anni, m a le sue origini morali
riralgono al tempo della seconda guerra mondiale, quando il problema dell'unità europea
assunse contorni politici ben definiti come il
<Manifesto di Ventotene» redatto nel 1941 da
Altiero Spinelli edErnesto Rossi, confinati nella sperduta isola del Tirreno insieme a d u n folto gruppo di antifascisti. Due annipiiì tardi, il
27-28 agosto 1943, f u fondato a Milano il Movimento federalista europeo che nel dopoguerra costituì u n punto d'incontro d i molti militanti della Resistenza che si battevano ora per
la causa dell'unità europea. Fra questi cifu Lu-
Bolis firma l'atto di costituzione della fondazione che porta il suo nome, dinnanzi al notaio
Rossolillo.
-
ra d i Luciano Bolis, ricordando ilsuo contributo alla Resistenza, la sua militanza federalista,
le sue riflessioni sui fondamenti etici dell'im.pegnopolitico. Ricordando in particolare i testi
che sono alla baie del/'impegno europeo in
questo dopoguerra, Albertini ha detto: «non
possiamo fare a meno di ricordarne uno, in u n
certo senso il maggiore: I1 mio granello di sabbia. . . In senso stretto questo libro non riguarda
la politica federalistica, e tuttavia, moralmente, la fonda. Con la Stessa idea kantiana del dovere che lo sorresse nel carcere nazifascista, sino
al proposito lucido d i u n suicidio razionale,
Luciano Bolis ha rinunciato a svolgere u n ruolo
nella politica nazionale per dedicarsi a l a lotta
per l'Europa, e pur avendo dato u n contributo
essenziale dipensiero e d i azione a questa lotta, non ha mai sentito il bisogno d i farla risultare come una cosapersonale~.
Ha quindi preso la parola il prof. Alberto
Gigli Berzolari, rettore dell'università di Pavia, che ha consegnato a Luciano Bolis la medaglia foscoliana in ricordo degli anni trascorsi
nellJAteneopavese come studente e come militante antzj%scista. Sono in seguito intervenuti il
sen. Arialdo Banfi, che fu tra i fondatori del
Movimento federalista europeo, il prof. Antonio Padoa Schioppa, preside della Facoltà di
Giurispmdenza delllUniversità di Milano, il
prof. Arturo Colombo dellJUniversitàdi Pavia,
ciano Bolis, insignito nel frattempo della medaglia d'argento del MFE accanto a d Altiero
Spinelli.
La vocazione europea non fu per Bolis il risultato di una conversione sulla via di Damasco. Ben piiì profondi erano i fondamenti culturali d i questa scelta; ben piiì tormentato il
suo battesimo democratico. Ilpercorso kantiano che lo portò all'antifascismo, l'eroica militanza nella Resistenza, l'impegno europeo motivato dafl'imperativo di non tradire i valori
uni& della lotta al nazifascismo, costituiscono i tratti piiì originali della personalità di Luciano Bolis e della sila esemplare milizia federalista.
All'impegno attivo di militante e d i studioso
dei problemi dell'Europa, nonche' di fine memoria/sta, Luciano Bolis ha voluto affiancare
la «Fondazione Europea» con il desiderio d i o$
f h e u n punto di incontro fra coloro che vogliono riflettere sulla storia e sulla teoria del federalismo. Nei prossimi mesi Bolis verserà alla
Fondazione il suo ricco archivio personale. Il
nostro auspicio, e d il nostro accorato appello, è
che tutti coloro che possiedono materiale raro
- corrlrpondenza, opuscoli introvabili, documenti, testimonianze - relativo a l a storia
dell'unzficazione europea lo segnalino alla
Fondazione in modo che nulla vada disperso.
Giovanni Vigo
COMUNI D'EUROPA
liani alle sue, alle nostre tesi, non è poi pervenuto anche a tramutare questi stessi consensi in
un'azione puntuale e concreta, così da eliminare il dubbio che si trattasse soltanto di adesioni di comodo, destinate cioè a restare tranquillamente sulla carta, secondo un costume
nazionale ben noto? e perché I'on. Zanone,
dopo aver firmato in giugno coi federalisti un
manifesto elettorale di stile einaudiano che si
esprimeva inequivocabilmente per un governo
europeo, è poi retrocesso da tale posizione, che
si supponeva sincera, fino a ridursi ad osannare
a quello sgorbio lastricato di buone intenzioni
che è la «dichiarazione Genscher-Colombo»,
da cui tutti sanno che non uscirà mai un ragno
dal buco; come già fu per I'UEO, che a suo
tempo i governi ci ammannirono come un valido succedaneo alla CED?
In questo clima di diffusa incertezza, riaffiorano le tentazioni dell'antico massimalismo:
ben note a chi scrive, che però si qstina a considerare il salto nel buio del popol'o europeo degli anni '50 e '60 come una risposta valida, anzi obbligata, alla caduta verticale della CED
impostaci dai governi, con conseguente brusca
interruzione di tutto il processo di unificazione
allora già così felicemente awiato.
Ma oggi non ci troviamo di fronte ad una caduta, bensì ad un'ascesa. Forse un'irresistibile
ascesa. Ci sovrasta infatti il senso di una grande
vigilia, anche se non venderemo la pelle
dell'orso prima di averlo ucciso, pur disponendo di un cacciatore eccezionalmente agguerrito
e scaltrito come Spinelli. Se infinite sono le cose che non vanno, o che ci possono comunque
dispiacere (sopra ne ho citate due) e magari anche indurci ai pessimismo, resta pur sempre
che ci troviamo obiettivamente in una fase storica in cui l'Unione europea (come modestamente si intitola oggi il progetto) risponde a
una logica ben precisa. Si sa benissimo che la
logica della storia segue regole di comportamento particolari, forse perché gioca sui tempi
lunghi. Così, se una generazione casca in un
momento di risacca, cioè nel creux de l'a vague,
può considerarsi già fregata in partenza, quali
che ne siano l'impegno e il valore. Ma bisogna
sempre tentare, perché non ci è dato di sapere
in anticipo in quale fase dell'imprevedibile
evoluzione storica ci ha collocati il destino.
Come poi non tener conto di elementi nuovi
e assolutamente insospettabili anche soltanto
per la generazione dei nostri padri, quali lo sviluppo tecnologico, l'elevazione del livello culturale e sociale, l'emergere di nuovi sistemi aggregativi, e quindi di nuovi equilibri, anche a
livello mondiale; cioè di una trasformazione
del pianeta che postula implicitamente con
crescente evidenza e insistenza anche un nuovo
assetto globale dello scacchiere europeo, in una
ragionevole prospettiva di unità mondiale?
Editore e stampa: STIGRA
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10124 TORINO - Corso S. Maurizio 14
lei. 011188.56.22
Certo l'Europa potrebbe anche non unirsi e
conseguentemente decadere, come già awenne
per un'antichissima civiltà quale la grec-, (e
non mancano preoccupanti segni in tal senso,
dacché il primato della tecnologia avanzata, e
in particolare dell'elettronica, sembra ormai
appartenere definitivamente a Stati Uniti e
Giappone). Certo gli sviluppi della storia sono
imprevedibili; ma non pare azzardato affermare che, nessuno potendoci matematicamente
dimostrare l'assurdità dell'Europa, ma anzi risultando sempre più evidente la sua utilità, nostro primo compito sia quello di adoperarci ad
accelerarne i tempi ed accrescerne le probabilità.
Resta naturalmente il problema del come,
ed è proprio su questo che ci si può ancora
scontrare, anziché incontrare. Ma in ogni caso
non partiamo da zero e non c'è quindi ogni
volta da riscoprire l'ombrello!
I1 voto del 14 settembre costituisce un'indicazione abbastanza precisa della piega che sta
prendendo il processo storico verso l'unione,
che di fatto, pur con immancabili alti e bassi,
avanza da almeno 35 anni, cioè da quando è
emerso dalle ceneri ancora calde dell'ultimo
conflitto mondiale.
Cercando di reagire di volta in volta alle difformi sollecitazioni del momento (talvolta con
i governi, talvolta contro; talvolta in accordo
con il Movimento europeo, ma anche indipendentemente da esso, eccetera) è andata intanto
affermandosi anche in seno ai federalisti una
strategia abbastanza univoca che consiste
nell'attribuirci un ruolo di punta nello schieramento dell'europeismo ufficiale. Ciò comporta
però anche il riconoscimento implicito del ruolo riservato agli altri (le forze politiche, i poteri
pubblici nazionali), che appare per il momento altrettanto insostituibile.
Non si può escludere che domani, quod
Deus avertat, il comportamento di quelle stesse forze e di quei pubblici poteri possa essere
tale da indurre i federalisti a riconsiderare il
patto storico iniziale; quello stesso che, 'all'indomani di Ventotene, ha fatto sì che, auspici
Rossi e Spinelli, il Movimento federalista nascesse non in alternativa ma a complemento
dei partiti, con la vocazione ben precisa che ha
poi sempre presieduto a questi suoi primi quarant'anni di sofferta esistenza e di maturato
impegno. A quel momento tutto potrebbe essere anche radicalmente rivisto, qualora dovesse risultare utile farlo, ma non cinque minuti
prima della fine di un'esperienza che proprio
ora sta forse raggiungendo I'agognato traguardo.
I1 recente scambio di lettere intercorso tra
Ruta e Albertini (vedi «L'unità europea» di luglio-agosto 1983) su questo stesso tema, con la
successiva ponderata annotazione di Serafini
(vedi pagina seguente), affrontano già il problema del che j h e ? con la necessaria ampiezza
e profondità.
Come modesto contributo personale, mi
premeva qui soltanto di far valere tra l'altro
l'esigenza pratica di una perfetta continuità
nell'azione, cui non vedo per ora plausibili
contropartite nell'ipotesi prospettata di un radicale cambiamento di rotta. Anche perché, in
ogni sterzata collettiva, si manifesta sempre
ottobre l983
una certa resistenza di massa (una vischiosità,
direbbero gli economisti) che sterilizza, lasciandole per qualche tempo fuori gioco, le
nuove iniziative, siano esse giuste o sbagliate:
un lusso che, proprio alla vigilia delle elezioni
europee di giugno e delle altre scadenze connesse, non ci possiamo assolutamente permettere, perché ci costerebbe caro. Si pensi, per
convincersene, alla prudenza di un Berlinguer
nel far passare la sua «rivoluzione culturale» in
un ambiente ancora incerto e composito che,
s'egli forzasse la mano, potrebbe farglisi improwisamente ostile, con danno evidente proprio del risultato ch'egli si propone di raggiungere e per il quale si è apparentemente fissati
dei tempi lunghi.
È di questo mese una lettera del presidente
Albertini ai segretari dei partiti italiani, in cui
prospetta loro l'opportunità che le prossime liste elettorali europee facciano il dovuto spazio
a candidature federaliste che costituirebbero il
necessario avallo europeistico per l'opinione
pubblica e, in caso di elezione, arrecherebbero
altresì un valido contributo nell'assolvimento
dei compiti di primaria importanza che il nuovo Parlamento Europeo dovrà certo ancora affrontare. L'esempio di Spinelli insegni.
L'esito che le diverse forze politiche riserveranno a questa avance costituirà un indice
esemplare del loro grado di effettiva permeabilità alle esigenze europee, e se ne dovrà tener
conto nel giudizio che anche noi saremo chiamati a dare. Quanto ai federalisti, candidati o
meno, essi già sanno, e han sempre dimostrato
di sapere, che non è questo o quel posto di
combattimento, né il livello, né il grado che
contano, bensì l'intensità dell'impegno, la comunanza d'intenti e il saper sempre e in ogni
circostanza procedere nella giusta direzione,
che per loro non è l'inserimento nel sistema di
potere già esistente a livello nazionale, bensì la
creazione di un nuovo potere, ancora inesistente, direttamente a livello europeo.
Spinelli ricordava il 27 settembre alla sezione federalista romana: nessuna dispersione di
forze, ma puntare tutto, al momento giusto,
sull'essenziale. Anche Monnet ci ha dato concretamente questa lezione e non credo che la
dovremmo dimenticare. Vorrei tuttavia far
presente che diversa è la funzione di questi
grandi uomini, di questi facitori di storia (penso in particolare a Machiavelli e a Cavour), che
possono collocarsi direttamente in modo soprattutto razionale di fronte agli awenimenti
del tempo, da quella che può essere invece la
funzione di un movimento d'opinione quale
formano i federalisti nel loro complesso. Certe
«scorciatoie>,certe semplificazioni, certi tatticismi (puntare tutto volta a volta su questo o su
quello, identificare il personaggio-chiave da
privilegiare, ecc.), in quanto spogliano un'azione delle motivazioni ideali che ne costituiscono invece necessariamente l'alimento permanente e consustanziale, non sono compresi
da una «base»in cui il fattore sentimentale gioca con maggior vigore della semplice aspirazione al successo considerato in sé e per sé.
Ne conclud~sommessamente non già I'opportunità di avallare «le due morali», come si
esprimevano in altri tempi i teologi, ma semplicemente che si tenga conto anche di questa
naturale, sanissima ed irrinunciabile esigenza
COMUNI D'EUROPA
ottobre l983
di cui sono generalmente portatori proprio gli
elementi più umili ma anche più devoti e fidati di onni
- organizzazione.
Dirigere un movimento non è solo fare aperazioni coi quadri come fosse una partita a scacchi, è anche saper trattare con gli uomini; i
quali hanno sempre i loro condizionamenti
13
culturali e ambientali, ma anche quell'innata
grandezza che, se hanno fede, li fa credere figli
di Dio. Fare politica è, evidentemente, una COsa e l'altra. Di entrambe ha sicuramente bisogno l'Europa e di entrambe deve adeguatamente investirsi anche la dinamica federalista,
che è per definizione pluralista.
una lettera
Movimento federalista, forza federalista,
fronte democratico europeo
Confido che larga parte dei destinatari di queste riflessioni ( l )
abbiano avuto occasione di leggete le lettere di Ruta e di Alhertini
o ne conoscano sommariamente il contenuto: non vorrei nel riassumerle fraintenderle o sforzarle o decapitarle.
In ogni modo Ruta ha iniziato sottolineando che I'MFE ha assunto non occasionalmente, ma da tempo una strategia - che quindi è
per esso .storica, - relativa alla richiesta delle elezioni a suffragio
univesale diretto del Parlamento Europeo, che. legittimato democraticamente in tal modo. avrebbe potuto e dovuto rivendicare un
potere costituente. L'appoggio al Coccodrillo è stato pertanto una
conseguenza scontata. 11 compromesso Bangemann (vedi appresso
Ln.d.r.1) metterebbe in discussione e in crisi questa stessa .storica,,
strategia.
Spinelli. al quale .essenzialmente si deve l'iniziativa costituenter
del Parlamento Europeo. ci offre oggi col progetto di trattato di
Unione l'unico terreno coerente e concreto di azione. Svoltesi le
prime elezioni europee, MFE e forza federalista, a parte alcuni successi parziali o settoriali, non riescono a dare al tentativo costituente
il supporto necessario. Petrilli a sua volta, dopo adesioni platoniche
di parlamentari nazionali, non riesce a trasformare le adesioni formali alle proposte del Movimento europeo in reale appoggio politico.
Di fronre a questi fatti, che - ad awiso di Ruta - caratterizzano l'esperienza di tutto il movimento federalista di fronte alla prima legislatura europea, non si può pensare di continuare a battere
senza svolte sempre la stessa strada. In particolare: a) Spinelli perno dell'operazione costituente - è diventato parlamentare europeo per abilità sua, non per merito dei federalisti, e minaccia di
non ripresentarsi alle seconde elezioni; non si vede come e con quale costrutto si potrebbero presentare (far presentare) candidati federalisti dai partiti; h) minacciare i partiti di presentare una lista federalista alle seconde elezioni europee - se i partiti non sosterranno
le giuste mosse europee - non può essere improwisazione dell'ultima ora.
A questo punto Ruta afferma che dovremmo decidere sorar di
appoggiare il molo costituente del Parlamento Europeo con la nostra partecipazione diretta (federalista) già alle prossime elezioni
europee (1984). riservandoci di rinunciare se i partiti saranno bravi.
La partecipazione dei federalisti alle elezioni europee comporterebbe diversi vantaggi (elevare il livello del dibattito elettorale; recuperare parte dell'astensionismo crescente - evidentemente Ruta
guarda piuttosto all'ltalia -; valorizzare la scelta federalista di
astenersi dalla lotta per il potere nazionale).
11 nucleo federalista potrebbe essere catalizzatore di un più ampio schieramento federalista (la competizione elettorale non escluderebbe successive alleanze parlamentari). così come costringerebbe - con chiarificazione generale - le forze anri-federaliste a uscire allo scoperto. Per vincere non c'è bisogno di soverchianti maggioranze, ma - pare - di una maggioranza anche minima e tuttavia agguerrita.
Il pensiero di fondo diAlber%iniè largamente conosciuto da tutti
noi e, quindi. riassumerò ancora più sbrigativamente (e rozzamente) la sua lettera, cercando di prestare attenzione soprattutto alle risposte puntuali alle valutazioni e alle proposte di Ruta.
Mario inizia affermando che 'noi dobbiamo in ogni caso, anche
quello della sconfitta, batterci fino all'ultimo per la riforma di Spinelli,: ma la riforma di Spinelli passa o non passa a seconda delle
decisioni di Mitterrand (Francia) e di Kohl (Germania occidentale).
per cui sciò che si fa - o si può fare - solo in Italia non serve*. Qui
sta il ptoblemastrategico. Certamente esiste anche il problema. sollevato da Ruta, della presenza federalista al Parlamento Europeo,
soprattutto se Spinelli. purtroppo. non si ripresenterà: ma questo
problema importante quanto specifico non può stravolgere la sttategia generale; il federalismo in Italia deve preoccuparsi anzitutto
dell'orientamento generale vòlto a piegare al nostro disegno (che è
quello dell'affermazione della proposta di Spinelli) Mitterrand e
Kohl.
Quanto al giudizio sulla nostra strategia generale - scorporato il
problema specifico della successione eventuale a Spinelli sul terreno
del Parlamento Europeo è awentato o prematuro affermare che i
fatti l'hanno smentita. Essa è una straregia per definizione difficile.
perché implica la lotta per un potere (e ala politica è la lotta per il
potere.) che non c'è (il potere europeo): essa implica dunque aspetti di anormalità e di eccezionalità, dunque non basta spostare to
-
( l ) R1j7errionirullo scambro à~l e t t e r e f i Ruta (14 gennaio '83)
e Albertini (21 grugno '83) in seguito a un dibattito sorto nelcomi[aro centrale di metà giugno, a Roma. del Mowimenlo fiderali~ta
europeo.
sforzo da un metodo (persuasione, pressione) a un altro (impegno
elettorale diretto, o anche azione violenta. colpo di Stato, ecc.). Si
può dire che, poiché la politica è, sì, lotta per il potere. ma poi5 altresì - o può essere - governo verso gli obiettivi che sembrano
giusti, un elemento della nostra strategia si trova ad essere nella
contraddizione. presente più nei governi nazionali che non nei partiri, di voler difendere il loro potere (nazionale) ma di aver bisogno
poi di soluzioni a livello europeo (dove non c'è il potere), perché a
livello nazionale non si viene più a capo dei problemi. In sostanza i
governi vivono in uno stato contraddittorio. esprimendo tutto ciò
che si è organizzato a scala nazionale ed amministtando la muline
in senso antieuropeo. ma sono *spinti dalle cose verso l'unità europ e a , specie di fronre a tutte le difficoltà eccezionali (e le difficoltà
eccezionali tendono a diventare la regola). Se mai sono i partiti ripete Albertini -, pure macchine nazionali di potere, che frenano.
Quando vengono (o sono venute) a mancare le .circostanze eccezionali,, nelle quali incoraggiare gli statisti a fare il salto di qualità
europeo, e solo allora, si presenta (o si è presentato) più urgente (e
centrale) il compito dei federalisti di operare direttamente nella società e in modo più tipicamente rivoluzionario: il Congresso del Popolo Europeo (nato col *nuovo corso federalistar, cioè dopo il fallimento - estate 1954 - del progetto di Comunità europea di difesa e suoi corollari, che mirava a far scamrire dal riarmo, otmai deciso, della Germania occidentale, la Comunità politica europea) voleva essere - almeno nel pensiero di Albertini, che lo avrebbe voluto spingere fino alla disobbedienza civile - il tentativo *di far
nascere una forza europea. soprattutto giovanile* (e qui Mario rievoca la storia della premamra intermzione o strozzatura dei Congresso del Popolo Europeo (2) e, quindi. del suo fallimento, non
senza richiamare le sue debolezze nella distribuzione territoriale e
nella insufficienza dei leader1 francesi e tedeschi).
In conclusione. replica Albertini a Ruta, non possiamo farci
prendere così, a mezzo della lotta, da una crisi di sfiducia per la
strategia scelta (*bisogna sempre prendere di mira l'obiettivo senza
lasciarsi fuorviare dallo scetticismo.), ma è pur vero che 'non è mai
possibile avere la certezza che una strategia vale al cento per cento.:
ciò in cui dobbiamo riporre, al di là di ogni dubbio, tutta la nostra
fede - ogni ragione di vita e di lotta - è il federalismo. owiamente (.al di là della strategia. c't il MFE come tale. e come sede di sviluppo della forza federalistar). In prospettiva storica il compito di
ognuno di noi è. sviluppare la forza federalista in Europa: comunque 'dobbiamo sempre stare sulla posizione costituzione e costituente, qualunque sia la situazione politicar.
Ciò premesso, schematicamcnte e a 'uso mio., nel senso che
qualsiasi riassunro è viziato necessariamente di soggettivismo e specialmente in casi come questo
è condizionato dalle riflessioni
che frattanto ami bruciano dentro,. ecco quel che non tanto ne
penso occasionalmente io. ma quel che non mi può non accadere di
pensare, continuando un mio ragionamento di venti. anzi trenta
anni (Stati generali di Roma 1964, ma prima assemblea del CCE a
Palermo 1953, articoli vari su .Europa federatar durante I'impostazione e lo svolgimento del .nuovo corso. - che comincia nel settembre 1954 -: cfr. la mia relazione al V congresso nazionale
dell'AlCCE, Ancona settembre 1966, spec. al cap. 111, il fronte democratico europeo. e note). che ha avuto sviluppi anche recenti e
coordinati col lavoro del MFE (cfr. .I1 gruppo di Milano.. in tComuni d'Europar dell'ottobre 1980, sulle premesse dell'elezioni di
Petrilli a presidente internazionale del Movimento europeo), per
non dire sviluppi recentissimi (cfr. .l1 progettoEuropaw - sul apatto sociale europeo, - in <Comunid'Europa dell'aprile 1983).
E allora. tanto per prender le mosse, concordo su tutta la linea
della risposta di Albertini a Ruta, ma nori mi nascondo - come del
resto sottolinea anche Mario - che non si può restar lì: se non è servita per riprendere e approfondire il discorso sulla nostra attuale
strategia federalista e sulla necessità della sua .messa a punto,.
Anch'io ho la sensazione - debbo confessarlo subito - che in uno
-
(2) Sull'imponante iniziativa del CPE. promossa e sostenuta
dall'ala dura dell'unione europea dei federalisti (UEF). a seguito
del fallimento della Comunità europea di difesa (CED). rimandiamo alla nota di Alberto Cabclla, pubblicata nel numero di maggio
1975 di .Comuni d'Europm.
Caduta la CED, i federalisti cambiano radicalmente la loro strategia di lotta (*nuovo corso.), fino ad allora basata quasi esclusivamente sulla azione di pressione sui vertici politici, per coinvolgere
direttamente i cittadini. con l'elezione dei delegati al Congresso
(specie di .primarie europee.) che rivendica al popolo europeo il
potere costituente.
dei momenti *storici. della nostra azione, dei momenti n re visti da
un pezzo dalla riflessione federalista, giuochiamo con una cena ticome si dice in diversi spons
midezza e piurtosro
che qui la nostra posizione è ancora peggiore, poiché agiamo dopo
loro:
ci attaccano. ci
gli ~ ~ e r s a r i . per alno vanno per
ignorano).
sempre stare nella posizione costiruzionale e Costituente, qualunque sia la situazione poiiticar. scrive Alhertini: ritengo che sia ineccepibile. C'è se mai da osservare che la costituente
(europea)
si .
può .
presentare in forma pura o impura, ordinaria o
.
.
straordinaria. L'Assemblea ad hoc. con gli sviluppi che avrebbe potuto avere. era una forma impura. trattandosi di una assemblea
esettoriale~(l'Assemblea comune della CECA). formata di cletti di
secondo grado e integrata - proprio per uscire dal quadro settoriale e affrontare la globalità dei temi politici e istituzionali - con altri eletti di secondo grado: una specie di potere costiniente octmyé
- e qui non mi interessa tanto l'aspetto formale della aconcessione,, che in realtà si fondava su una prospettiva pattizia, quanto
l'animazione che a tutta la vicenda dava il favore attivo di alcuni
degli statisti nazionali coinvolti -, che si accettava e si appoggiava
da parte dei federalisti (anzi era lo stesso Spinelli che aveva consigliato il tmcco a De Gasperi) in quanto sfociasse in esiti analoghi a
quelli che ci si potevano attendere da una costituente pura; ma fermo rimanendo che, fallito il marchingegno, sarebbero rimasti inalienabili i diritti costituenti del popolo federale europeo (e difatti
per questa strada, fallita la CED e conclusa quindi l'esperienza
dell'Assemhlea a d hoc. ci incamminammo col *nuovo corso,: per
quanto mi riguarda, insieme agli amministratori locali federalisti
- militanti nel MFE di stretta osservanza - Centazzo e Brunetri.
riuscii a indurre il CCE, agli inizi del 1955, all' Appello di Esslingen
per l'Assemblea costituente europea, dopo che agli Stati generali di
Venezia. nell'ottohre 1954. avevano fatto passare - nella commissione politica ci dette una mano anche Luciano Bolis - il principio
di elezioni europee a suffragio universale diretto nell'àmhito di una
Comunità politica europea dotata di poteri limitati. ma reali). L'attuale Parlamento Europeo con l'iniziativa del Coccodrillo si awicina assai più alla costituente puta, anzi lo è: non interessa verificare,
infatti. quali competenze. sul terreno del alegittimismo* più vieto,
ad esso spettino quanto, casomai, se fosse implicito o esplicito o almeno sottinteso chiaramente il mandato costituente da parte
dell'elettorato europeo al momento del voto: ma penso che col
.compromesso Bangemannw si opererebbe la rinuncia a una questione di principio, di grande valore ideale e, nel tempo, anche politico - la battaglia di Spinelli può, questa volta. terminare anche
con una sconfitta o un armistizio in perdita, ma non per questo si
dovrà commettere la follia di abbandonare la strategia delle elezioni europee che mirano alla Costituente -, voglio dire la questione
che a un Parlamento Europeo. eletto da decine di milioni di europei a suffragio universale diretto. competa il diritto di fare l'arbitro
democratico tra rissosi governi nazionali, incapaci di rlavotare, su
una dimensione più ampia di quella per cui sono nati. e di atuibuirsi il potere costituente, e a noi federalisti competa il diritto
.storico. di pretendete questa .qualità. costituente dal Parlamento
Europeo. Col <compromesso Bangemann. - oltretutto di scarsissima saggezza tattica. percht rappresenterebbe non il progresso, ma
il regresso verso una Assemblea a d hoc. per di più ingovernabile noi declasseremmo il Parlamento Europeo a un comitato d i esperti
eletto da circa 190 milioni di europei e perderemmo a tempo indeterminato tutta la carica ideale di una strategia. la nortm strategia
~storicaw.Ciò non significa che I'azione di appoggio alla Costituente - di cui parleremo tra un attimo - non richieda accorgimenti
tattici: essa deve anzi evitare qualsiasi massimalismo perseguito più
per .scaricare la coscienzaw - cioè, in definitiva. per opportunismo
- che per rener fermi i riferimenti ideali, ma - non c'è bisogno di
sottolinearlo - c'è la tattica utile e quella inutile o addirittura dannosa e comunque figlia della perdita dei nervi (non lasciarsi .fuorviare dallo scetticismo>. come awerte lo stesso Mario, e - aggiungo
io - non pretendere di compiere solo azioni a colpo sicuro e. insomma, di fare la rivoluzione senza rischi o le riforme senza nemici).
A secondo dei modi in cui si è pervenuti o si prevede di pervenire
al momento costituente, dovrà variare l'azione federalista, ma essa
(con una ripartizione diversadell'enfasi in un campo o nell'altro) si
presenterà in ogni caso come bicefala: a) azione all'interno dell'Assemhlea europea (con la presenza di federalisti o di *convertiti. al
federalismo o di amici del federalismo; con la pressione diretta sui
lavori assembleari e con l'apporto culturale); b) quelle che dovranno entrare in sintonia coi lavori costituenti. E in questo secondo
campo che ci si trova quando Albertini dice che ora bisogna fare i
conti con Mitterrand e Kohl; è per le esigenze permanenti di questo
secondo campo che appare in ogni caso unilaterale e inadeguata la
proposta prevalentemente parlamentare
elettoralistica di Ruta:
ma è soprattutto in questo secondo campo che. a mio awiso. noi federalisti abbiamo la responsabilità di alcune insufficienti riflessioni
di teoria politica e che Petrilli rischia il fallimento della sua presidenza se non riesce a condurre (o a dare una mano discreta a chi
conduce) il Movimento europeo dal pluralismo alla convergenza.
Mi spiego. Mentre il club del Coccodrillo faceva il suo lavoro, noi
federalisti. tutta la forza fedetalista, il Movimento europeo in
quanto ispirar0 dai federalisti abbiamo insieme lanciato la parola
d'ordine del governo europeo. 11 termine .governo europeo* giustamente era a indicare perché volevamo la Federazione sovranazionale, e giusti erano - e sono - i grandi obiettivi da affidare al governo europeo: lotta contro la disoccupazione stmtturale e crescente nella Comunità. contributo attivo a un nuovo ordine economico
e sociale internazionale. iniziativa efficace per una reale organizzazione della pace ... Senonché la risposta politica (dei politici)
all'azione federalista è modesta, svagata, rarefatta: insomma, la nostra parola d'ordine e l'azione relativa sono inadeguate a Cpromuo-
-
COMUNI D'EUROPA
14
vere le iniziative politiche necessarie per sostenere l'opera costituente del Parlamento Europeo,, scrive Ruta. Il quale aggiunge:
emblematica al riguardo è l'esperienza di Petrilli che ha ottenuto
l'adesione di 400 ~arlamentariitaliani all'iniziativa CIME, ma nonostante gli sforzi compiuti, non è riuscito a trasformare tali adesioni formali in quella iniziativa parlamentare che sarebbe ed è necessaria.. Peggiori esiti si constaterebbero. forse, se Ruta si a€facciasse
sui territori ove - riprendendo Albertini - occorre persuadere
Mitterrand e Kohl e10 le forze che possono premere su di essi.
Qui. mi pare, ha ragione Albertini: non si tratta di cambiare linea politica generale o addirittura strategia; ma - dico io - di
concretarle. L'errore, a mio awiso. è che, se la parola d'ordine agoverno europeor deve diventare un punto di riferimento e una molla
non per noi stessi federalisti, ma per i politici e per le forze sociali,
cui i politici sono o possono essere resi sensibili (sindacati. imprenditori, forze vive - di cui parleremo -), essa deve non porre problemi e obiettivi a tempo indeterminato e prescindendo dallo scenario delle forze, politiche e no, che un governo europeo dovrebbe
tenere in conto con una ragionevole e realistica ipotesi di lavoro. Mi
si capisca bene: ciò non è ricadere nella politica dei contenuti né
nella opinabile =sociologiadelle forze., ma è collegare - per i politici e gli altri non aprio~federalisti- il ~filosoficorsalto di qualità
istituzionale e la aprowidenzialità federalistar (che in un tempo
non precisabile risolverà o potrà risolvere i grandi problemi delle
nazioni europee e del mondq) a una precisa scelta tendenziale di alcuni stralci di .governo euiopeor immediatamente realizzazibili e
suscettibili dell'appoggio di uno schieramento democratico c o n creto. sufficientemente ampio e credibile. Le costituzioni democratiche non passano - o hanno vita breve e travagliata - se non hanno alle spalle, nel tempo in cui si varano. un .compromesso storicor
di forze abitualmente conflittuali. uno schieramento democratico
eccezionale (ma non basato solo sulla eccezionalità della muova filosofia.: i politici e tutti i leaders usocialir possono anche, facendosi
veri statisti. sposare una grande idea, ma debbono essere in condizione di legare - senza soluzione di continuità - il generale col
particolare), un .patto sociale~.In questo senso io ho parlato e scritto recentemente (.Progetto Europa., in <Comuni d'Europa. aprile
'83, e ora, in francese, aprojet Europer) di un =patto sociale europeor da favorire alle spalle dell'iniziativa costituente del Parlamento Europeo, patto sociale che - nei suoi aspetti specifici - non
presenterebbe nulla di nuovo per noi federalisti (cfr. gli studi e le
proposte di Alberto Majocchi, Jozzo, Velo, Lucio Levi, Pistone,
i convegni del
Usai, Montani, dello stesso Ruta - cito a caso
Movimento europeo culturalmente guidati dai federalisti. ecc.). ma
che tenderebbe a stabilire una alleanza tra gli imprenditori disposti
(cosa ormai rara) a essere tali e i sindacati aperti a una reale ristmtturazione economica della Comunità europea (a condizione - ecco
il senso della rete coordinata, comunitaria, di Agenzie regionali del
lavoro e di un =patto sociale, - che essa non sia pagata prevalentemente dalle categorie più deboli dei lavoratori e che i due suoi scopi. collegati e inscindibili. siano una sana bilancia europea dei pagamenti e un aumento di decine di milioni di posti di lavoro), lasciando altresì spazio - nella situazione dinamica - ai gmppi
emergenti e nello stesso tempo ora emarginati della società europea. Aggiungo che =patto sociale. può risultare una espressione pericolosa, che va guardata da interpretazioni corporative - anche se
nelle mie intenzioni è esattamente l'opposto - o anche aridamente economistiche: un governo europeo da ipotizzare hic e t nunc
(anche se poi il passaggio del Progetto costituzionale garantirebbe
nel tempo la governabilità europea), solido alle spalle per il .patto
socialer interno, potrebbe e dovrebbe percorrere subito le strade del
nuovo ordine monetario internazionale. del piano Marshall (chiamiamolo pure. prowisoriamente, così: ma può ingenerare equivoci
e dubbi) verso il Terzo-Quarto Mondo - contribuendo simultaneamente a vincere la fame nel mondo, a incrementare la domanda
globale, a eliminare alcune delle cause di guerra -, a prendere una
muova. posizione degli industrializzati verso le ricchezze del fondo
e del sottosuolo degli oceani (cfr. il settore curato da Montani). e,
ora, circa il possesso dell'hntartide (si pensi all'incredibile conferenza del cosiddetto c l u b dei 14r. che si è conclusa nei giorni scorsi
a Bonn), conciliando le velleità terzomondiste di alcuni Stati nazionali europei e la reale esigenza di riordinare il mondo. passato dallo
rtatur bipolare al multipolare, di rilanciare su nuove basi le Nazioni
Unite (qui una fase di federalismo funzionale non è da scartare). di
prendere in mano - è veramente il caso di dire .concretamente, il problema dell'organizzazione della pace.
Ma non voglio dilungarmi sui dettagli, voglio stabilire il concetto. Per non avere le delusioni. che Ruta denuncia, Petrilli deve passare dal semplice federalismo teorico e da chiamare in vita su grandi
problemi di fondo, ma rimanendo olimpicamente alla testa di un
coacervo pluralista che vedrebbe insieme appoggiare una Unione
europea (e la sua Costituzione), gli eurocomunisti italiani e la Tatcher, Rognoni, e il Kohl aderente alla nuova Internazionale conservatrice (e, scusatemi, fascista nel senso più sostanziale del termine),
Mitterrand e gli arii della Deutrche Bank, ecc. ecc.. alla convergenza .straordinaria. delle diverse componenti. Secondo me anche il
discorso di Albenini sulla necessaria persuasione di Kohl e di Mitterrand - che, come risposta polemica a Ruta, approvo - va per
altro analizzato. So bene (per carità!) che il federalismo ha alternato, alterna, alternerà nella storia i momenti della =testimonianza.
(ci verrò) e quelli della apolitica., coi suoi compromessi e le sue
astuzie; so anche che cene occasioni storiche - il rilancio europeo,
buono o cattivo che sia stato. dopo lo smacco di Suez - vanno
spregiudicatamente utilizzate: ma sono sempre rimasto alquanto
scettico nel veder sostimire la rivoluzione. in qualche modo lenta e
coi suoi tempi obbligati. con .filosofia e colpi di mano,. Sì. persuadere Kohl; sì, persuadere Mitterrand, come via obbligata per non
far camminare nelle nuvole la Costituente europea: ma a condizione che, con le buone o con le cattive. cene cose cambino - si sia ca-
-.
ottobre l983
A Torino i XV Stati generali del CCE
I1 Consiglio nazionale deli'AICCE, riunito a Roma il 28 ottobre u.s., ha ratificato
all'unanimità (con due astensioni e una non partecipazione al voto) la scelta definitiva di
Torino quale sede per i XV Stati generali del Consiglio dei Comuni d'Europa, che si terranno dali'll al 14 aprile 1984. I membri del
Constglio nazionale, fra i quali erano presenti numerosi sindaci, presidenti d i A m ministrazioni provinciali e presidenti di
Consigli regionali, dopo aver preso atto dei
tre temi della importantissima manifestazione, che si svolgerà alla vigilia delle seconde elezioni europee, hanno deciso l'immediata formazione di u n Comitato promotore degli Stati generali, composto da rappresentanti del Comune e della Provincia dt problemi); 2 ) il progetto istituzionale del
Torino, della Regione Piemonte e dell'AIC- Parlamento Europeo, il governo della CoCE. I tre temi degli Stati generali verteran- munità e i grandi compiti da adempiere
no su: 1) la crisi dell'economia europea, la (pace, piena occupazione, intervento contro
disoccupazione strutturale e il rapporto fra la fame nel mondo); 3) le carenze dell'inle gestioni locali dell'economia (microeco- formazione europea e le sue cause strutturanomia) e l'economia comunitaria (macro- li e politiche.
paci di farle cambiare - in Kohl e in Mitterrand (e qui il socialismo, la democrazia cristiana, il liberalismo, I'eurocomunismo. o i
contenuti, non c'entrano: c'entra che così come sono Kohl e Mitterrand non li si piega al =patto. europeo, e ancor meno, quindi, alla
Costituzione dell'unione, e che pertanto il nostro compito è difficile e durissimo. non siamo vicini alla vittoria. non ci possiamo contentare del ritornello astratto del .governo europeo, che tutto risolve - forse con questi forse con quelli - in un quadro di irreale politica angelica).
I1 Movimento federalista è ututtor nel momento delle catacombe
e delle crisi gravi agli effetti dell'unità europea, nel momento in cui
si ripropongono tutti gli interrogativi - classici - dell'azione diretta (violenza e non violenza, cultura o azione, ecc.), nel momento
insomma della =testimonianza. e della preparazione (della rivoluzione e dei rivoluzionari): ma non può pretendere di fare la mosca
cocchiera nei momenti del cimento politico, come I'attuale. In
questi ultimi esso deve essere allaleadershz) di un rfronte democratico europeo.. come predico da venti anni e più; di un .fronte= che
richiede un nostro impegno raddoppiato; di un fronte che, ci siamo
domandati a un certo punto, può essere incarnato da un Movimento europeo profondamente trasformato (se no, dovrà nascere e vivere altrimenti). Cos'è il .fronte democratico europeor?
I1 f.d.e. è l'alleanza, guidata dai federalisti, di tutte le forze (in
atto o virtuali) a cui sta stretto lo rtatur quo, il compromesso nazional-corporativo: tutte le forze, tradizionali ma capaci di rinnovarsi
o emergenti, che abbiano almeno un motivo per venire con noi ma
a cui manca il quadro e la prospettiva federalista. Forze dotate di
un dinamismo (per questo. alla buona. sono state talvolta chiamate
.forze viver), che per altro senza la nostra guida o rimane latente o
devia verso obiettivi settoriali e sbagliati: forze politiche (abitano
talora anche negli angoli degli stessi partiti), economiche, sociali,
culturali; movimenti emergenti (verdi. pacifisti, donne...). Un
.fronte> siffatto, certo. richiede un movimento federalista sempre
più forte, capace di mantenere la purezza e la durezza del diamante. ma anche di inviare ragionatamente i suoi .quadri, inpartibur
injidelium, col rischio di sporcarsi le mani (e questo rischio, l'ho accennato, si corre per esempio col .patto sociale europeor). I1 afronte. (ne siamo capaci?) deve saper crescere - io penso veramente alla rivoluzione-, guidato da federalisti che abbiano una straordinaria fiducia in se stessi: il =fronte. deve saper non solo persuadere.
ma minacciare (anche Kohl e Mitterrand). Quando Lucio Levi parla
ai sindacalisti, quando Alberto Majocchi o Jozzo o Velo mettono
con le spalle al muro - in fatto di moneta - certi grandr commir
dello Stato in convegni promossi attraverso il Movimento Europeo.
quando il CCE (meglio: I'AICCE) tenta di trasformare il lamento
corporativo dei sidemrgici assistiti contro la CECA in rivolta (si fa
per dire ...) contro le .partecipazioni statali nazionali. e in critica
consapevole contro il sistema aconfederale~della suddivisione delle
produzioni nazionali in quote (mentre occorre guardare alla ripartizione coordinata di tutta la produzione: ma a ciò si richiede un governo europeo). quando Montani smaschera il terzomondismo di
certi ministri degli Esteri, ecc. ecc., siamo in zona f.d.e., a condizione che tutto ciò sia coordinato in un coraggioso movimento (il
Movimento Europeo?) che cresce, cresce. cresce e non che ci si limita a utilizzare per dare maggiore eco alle nostre risoluzioni federaliste fatte in casa.
In fondo a questo pensavo tra la fine degli anni cinquanta e gli
inizi dei sessanta. quando (dopo essermi battuto col Ministro Martino per l'attuale redazione degli articoli dei Trattati di Roma sulle
elezioni europee: con un sostanziale avanzamento sull'articolo a d
hoc del Trattato di Parigi della CECA) parlavo di fronte democratico europeo. Pensavo a una massificazione, nel bene e nel male.
dell'idea europea; a una immancabile crisi fumra del MEC: a uno
storico scontro tra forze centrifughe (e neo-nazionaliste) e forze
centripete europee, col riferimento di un Parlamento Europeo eletto frattanto a suffragio diretto. Senonché la situazione si fa ancora
più drammatica del previsto e noi ci dobbhmo lavorar dentro. In
realtà le forze (economiche) che sarebbero dovute diventare centripete, perché insofferenti della dimensione nazionale, si stanno sovente alleando alle neo-nazionaliste. con un orribile cocktail di corporativismo e di multinazionali etero-comandate (MontedisonHercules): cioè assistiamo a un totale scollamento tra produzione
(guidata da una finanza apolide) e territorio. Potremo anche su altri terreni (Terzo-Quarto Mondo, sicurezza) mostrare che quel minimo di cogestione, di cui eravamo capaci, va scomparendo. Insomma, il fronte democratico europeo va sempre più diventando anche
l'ultima sponda della democrazia: sta a noi portare avanti questa
battaglia almeno con la dedizione. nei loro campi, dei averdir e dei
apacifiti., che del resto possono essere - se sappiamo illuminarli
(è la parola giusta) - i nostri migliori alleati.
Diverso da quello sul f.d.e. è il discorso sulla forza federalista: la
quale è -deve essere - tutta raccolta intorno al MFE nei momenti
della testimonianza, ma rimanere tutta profondamente federalista,
senza tentennamenti. anche nel momento. politico, dell'azione
più articolata. In questo senso mi sforzai recentemente nel convegno di Teramo (AICCE-AEDE) di parlare della Costituente nella
scuola. In questo senso ho sempre parlato del federalismo rigoroso
del movimento delle autonomie (incarnato con compromessi, di
cui altra volta parleremo, nel CCE). a condizione che Proudhon e
Hamilton si leggessero in un certo modo (Proudhon, tramite Gurvitch, nella versione autonomie + programma di Adriano Olivetti,
ma con la mia correzione - rispetto a quest'ultimo - della visione
dinamica dell'alleanza autonomie-federalismo sovranazionale, nel
senso che quest'ultimo non aspetta quelle, ma crescono entrambi
sinergicamente).
Rimane, dulcti in fundo, il problema - specifico sì. ma problema e grosso - posto da Ruta. Che succederà dopo Altiero? I1 mio
orientamento è che un efficace fronte democratico europeo dovrebbe riuscire a far passare - sotto il ticket di diversi partiti - quakhe
uomo di fiducia dei federalisti nei prossimi Parlamenti Europei.
Certe sono - concordo - due cose: 1) un Parlamento Europeo,
eletto a suffragio diretto, tende ad avere una misura europea
nell'a€frontare le questioni, ma questa tendenza rimane latente
senza un eroe (Spinelli. questa volta) che la scateni; 2) dopo Alessandro Magno (Spinelli) comincerà l'età dei Diadochi: ci dobbiamo
sforzare ad ottenere Diadochi di qualità, amici fra di loro, disciplinati dal Movimento federalista (se no.. . invieremo i nostri killerr).
Concluderò anch'io, come Mario, che non è in uno scritto occasionale che si può o si riesce a dir tutto. Io tuttavia aggiungo che
non sono ancora per molto disposto a sopportare ch? delle mie
chiacchiere non si recepisca niente. Un applauso di simpatia (.quel
vecchio, fedele, tenace Serafini: brav'uomo!,) e poi come se non
avesse parlato: ed io rimango solo con gli infedeli.
Umberto Serafini
Roma, luglio 1983
P.S.- Quando Mario dice, a proposito del Congresso del Popolo
europeo, .io l'avevo concepito come il tentativo di far nascere una
forza europea, soprattutto giovanile. capace d i fare nel campo militare la disobbedienza civile ecc. ecc.,, ha tutta la mia comprensione. lo prima mi vidi bocciata l'idea di praticare l'obiezione di coscienza alla difesa nazionale (e qui siamo al .prologo in cielo,), poi,
in pieno CPE. mi fu censurato. da qualche zelante spinelliano (in
seguito passato al nazionalsocialismo d i Mattei e dell'EN1 il titolo
di un mio articolo. che suonava aGandhi o Spinelli?=.Ma, come di,
guardarsi dagli -ani (spinelliaceva il mio amico B ~ g n e r bisogna
ni. saragatiani, staliniani.. .).
ottobre l983
COMUNI D'EUROPA
15
i libri
Utopia o realtà? - l'azione politica
delle Nazioni Unite
di Gerardo Zampaglione
In un saggio poderoso per informazione e
completezza una politologa eminente esamina
un trentennio di storia mondiale, nell'ottica
delle iniziative prese dalle Nazioni Unite.
Si direbbe che nell'opinione pubblica italiana
ed europea il mito delle Nazioni Unite abbia
perso molto del lustro originario e che ad esse si
guardi con senso di indifferenza, più che di delusione. Quest'ultima reazione dell'animo umano presuppone, a sua volta, l'esistenza a
monte di uno stato di illusione, di cui - per la
verità - non si può oggi più parlare, dato che
è sfumato da tempo. Siamo vissuti - ahimé abbastanza a lungo per vedere il volto dell'ONU sbiadirsi nell'opinione corrente, come
l'immagine del gatto nel celebre «Alice nel
paese delle meraviglie». Di questo però restava
il sorriso, sospeso nell'aria, quasi a testimonianza di un'esistenza effimera quanto a risultati, ma esemplare e paradigmatica quanto ad
obiettivi e finalità sperati.
L'impulso ideologico e la forza carismatica che
aveva accompagnato (o motivato) il sorgere
della organizzazione sono spariti. Il pubblico si
stanca con facilità, trasferisce la sua attenzione
ad altri miti, abbandonando quelli in cui ha
un tempo creduto, al punto di attribuir loro
una ingiustificata carica salvifera. E il destino
delle mitologie, affermatesi inizialmente in
maniera esplosiva, seguendo la curva ascendente di una parabola, inesorabilmente destinata
- per le leggi della geometria e della politica
insieme combinate - a subire una inversione
di direzione e di tendenza. All'entusiasmo fa
seguito un deprimente calo d'interesse che fa
tutto scorgere (e giudicare) in chiave scettica e
liquidatoria. Scomparso il carisma, si diffonde
l'opinione (malsana e dannosa) che l'iniziativa
sia stata vana, abbia perso di utilità e serva a foraggiare un certo numero di dipendenti, i soli
interessati a mantenerla in vita.
Questo processo è, d'altra parte, comune a tutte le iniziative umane emerse da una esplosiva
impostazione ideologica che, a un certo momento della storia, abbia riportato un certo
successo, generando speranze e propositi. C'è
da chiedersi se qualcosa del genere non si stia
verificando anche per le Comunità europee, la
cui nascita susciterà tante speranze. C'è una colorazione melanconica in tutto questo, capace
di tormentare gli animi, spingendoli alla disperazione. Possibile che sogni e speranze debbano sempre risolversi in una disfatta di fronte
alla nuda realtà, fatta di ciniche rinunce e di
inesorabili fatalità? Possibile che ogni certezza
di salvezza e di palingenesi debba sfumare nella miseria della condizione umana e delle sue
esigenze di pragmatismo e praticità? E, per
quanto riguarda le Nazioni Unite, nate poco
meno di quaranta anni fa, per ristabilire e consolidare la pace sul pianeta terra, è proprio
esatto che si siano rivelate inutile e incapaci,
non solo di risolvere i problemi dell'umanità,
ma altresì di additare la strada, lungo la quale
essa possa transitare con sicurezza, guardando
con accresciuta fiducia all'awenire?
È quanto si sente dire da tempo e, come tutti i
luoghi comuni più ripetuti che sottoposti a esame critico, questa operazione va prendendo
forma e sostanza. Fortunatamente non tutti
concordano con tale visione deprimente ed
apocalittica. C'è anche - come in materia di
unità politica europea - chi non demorde dalle proprie convinzioni, cercando di collaudarle
con testimonianze e fatti, intesi a provare che,
lungi dall'essere la deludente esperienza che si
è detto, le Nazioni Unite sono probabilmente
la grande realtà del secolo, il perno intorno al
quale gravita la civiltà umana che in esse ha
trovato incoraggianti fattori di convergenza.
Maria Vi~maraha compiuto un'impresa del
genere, dando alle stampe il primo volume
(suddiviso in due tomi - complessivamente
1616 pagine in ottavo, e d t e dalla CEDAM di
Padova, edizione 1983) di un'opera menumentale dal titolo: d'azione politica delle Nazioni Unite - 1946-1976. Cronache documentarien. Queste ultime due parole fanno pensare
a un saggio di natura quasi.cronistica e giornalistica, mentre, in realtà, si tratta di un'opera
storica di rilievo, che riassume le vicende politiche di un trentennio, alle quali le Nazioni Unite furono sempre in qualche maniera legate.
Maria Vismara tali vicende le conosce a menadit~,:avendoleseguite dagli spalti di Palazzetto
di Venezia, posto di fronte al Campidoglio,
dove ha sede la Società Italiana per l'organizzazione Internazionale (SIOI). L'organismo fu
costituito subito dopo la seconda guerra mondiale, contemporaneamente alla fondazione
delle Nazioni Unite (1945), del cui credo può
considerarsi il massimo depositario ed autentico rappresentante in Italia.
Sono, dunque, quasi quaranta anni che
l'Autrice segue con diligenza e competenza le
vicende dell'ONU. Nessuno è, dunque, meglio di lei qualificato per rievocarne la storia,
attraverso l'esame delle iniziative politiche prese che - essa ci ricorda - debbono essere inquadrate in due categorie: quelle indirette, per
le quali l'organizzazione ha operato sugli stati
membri, per orientarne le scelte in maniera
consona alle norme statutarie e. quelle dirette,
in cui l'iniziativa è stata assunta dalle Nazioni
Unite stesse.
Su questi interventi, così spesso dimenticati,
l'Autrice del saggio si sofferma in dettaglio,
esponendo causali e linee di s v i l u ~ ~Essa
o . rievoca fatti e circostanze che suscitarono, al 1010
tempo, un'enorme notorietà, attirando l'attenzione dei mass media. Adesso soltanto gli
specialisti li ricordano, talvolta appena nelle
grandi linee e senza il conforto della c h ~ m e n tazione completa e degli indispensabili ragguagli.
A questo prowede l'Autrice attraverso una
accurata documentazione, per il momento limitata ai maggiori dossiers: il mantenimento
della pace, il disarmo, l'impiego delle armi di
distruzioni di massa, l'applicazione pacifica
dell'energia nucleare, l'utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, la destinazione dei fondi
e sottofondi marini, la pirateria aerea. Segue
nella parte seconda l'esame di questioni di interesse specifico, ma la cui irradiazione, quanto
a conseguenze ed influenze, si rivelò planetaria. Tali le questioni del Medio Oriente, nei
suoi lunghi e complessi sviluppi, di Cipro, del
Congo ex belga (Zaire), del Guatemala, di Cuba, dei Caraibi, di Panama. Segue la documentazione, non eccessivamente vasta rispetto
al resto dell'opera, ma significativa e valida per
una immediata consultazione.
I problemi, di cui abbiamo fornito una elencazione (i generali quanto i particolari), pur
nella vastità della trattazione, vanno considerati esemplificativi dell'azione svolta dalle Nazioni Unite. Altri ce ne sono - specialmente
Per quanto concerne il continente asiatico che formeranno oggetto di esame nel secondo
volume, attualmente in corso di redazione.
L'intedimento dell' Autrice è stato di Provare,
attraverso un esame minuzioso che, nonostante
le critiche e, peggio, il disinteresse, di cui si è
detto, le Nazioni Unite, rimangono ancora un
cardine essenziale della società umana, intorno
ai quale ruotano le relazioni tra stati e dei cui
successi e fallimenti dipenderanno le vicende
dei prossimi decenni.
Questa certezza emerge dalla trattazione dei
singoli dossiers, sempre compiuta con rigore
scientifico, ma soprattutto dall'introduzione
(pp. 1-103) che riveste da sola un interesse
marcato. Può infatti essere letta come un saggio di letteratura pacifista, intendendo questo
termine, spesso viziato da implicazioni peggiorative e colorazioni utopistiche, nel senso positivo di contributo al consolidamento della pace
e di ricerca dei mezzi idonei per raggiungerla.
Alcuni brani dell'introduzione raggiungono
vertici di enorme forza persuasiva, illustrando
aspetti vitali del nostro tempo, e connotazione
della presenta fase storica. Ci piace ricordare
quello iniziale, nel quale l'Autrice, richiamandosi ad una norma dello statuto, sottolinea come le Nazioni Unite rappresentino il foro, dove si coordinano gli sforzi per il raggiungimento degli obiettivi fissati.
Questo compito è legato alla crescente interdipendenza degli stati e delle loro scelte, determinata dal progresso della tecnica. Giustamente essa ricorda che, se tale realtà è talmente ov-
COMUNI D'EUROPA
16
La bandiera d'Eurooa
alle città italiane
1
BANDIERA D'ONORE
CONSIGLIO D'EUROPA 1982
La Bandiera d'Europa è stata consegnata alle città di Guastalla, Gubbio e Ivrea nel 1982; quest'anno a Trieste (v. n. 7-8 di «Comuni
d'Europax) e Schio. Il riconoscimento, che viene conferito per «meriti
europeisticin, doveva essere consegnato a Trieste nel '76; la manifestazione era stata però rimandata a causa del terremoto del Friuli. La
solenne cerimonia della consegna della Bandiera (foto sopra) si è svolta, pertanto, a Trieste i1 7 maggio scorso.
via e conosciuta, che persino il ricordarla può
apparire banale, non è stata abbastanza approfondita la sua presa di coscienza da parte degli
stati. Non si è ancora affermata la consapevolezza che andare contro di essa non è soltanto
contrario a un preciso indirizzo della storia, ma
è dannoso e controproducente.
Di qui l'implicita necessità di una organizzazione mondiale capace di offrire la cornice,
entro la quale le tensioni ricevono una soluzione adeguata, nella quale interessi diretti possono comporsi, senza ricorso ai conflitti armati.
Raramente questi risolvono le questioni pendenti e, per lo più, determinano reazioni più
perniciose delle stesse azioni, alle quali intendono porre termine in funzione di visioni parziali. E la condanna delle iniziative unilaterali,
poste in essere da un membro, o da un gruppo
di membri, della comunità internazionale,
senza tener conto degli interessi collettivi e planetari. Si obietterà forse che considerazioni del
genere non presentano nulla di nuovo e che
l'obiettivo statutario delle Nazioni Unite è appunto di assicurare la pace, fornendo un meccanismo adeguato per la soluzione delle controversie. D'accordo, ma è appunto quello che
il pubblico tende a dimenticare, giudicando
l'organizzazione soltanto dai risultati conseguiti che non sarebbero così spettacolari e risolutivi, come ci si attendeva.
Innanzi tutto le Nazioni Unite - e non è
merito di scarso rilievo - forniscono il foro
istituzionale, dove questo dibattito può compiersi in una atmosfera di relativa serenità, e
sotto l'egida di un organo posto al di sopra della mischia, quale è il segretario generale. Spe-
cialmente nei paesi di recente indipendenza,
conseguita a seguito del processo di decolonizzazione, il peso morale e il valore giuridico delle sue iniziative, prese nell'esercizio delle funzioni statutarie, sono vivamente sentiti. Non a
torto, d'altronde, dato che le Nazioni Unite
non sono soltanto dotate di prestigio certo,
ma, alla resa dei conti, hanno dimostrato di
possedere fattive capacità di intervento, alle
quali hanno fatto seguito risultati concreti.
Maria Vismara ne cita varie, delle quali soprattutto due appaiono significative: i) l'opera
del segretario generale Hammarskjold, tragicamente deceduto in un incidente aereo, che riuscì a far rientrare la secessione del Katanga
(1960-196l), salvando l'integrità e l'indipendenza del Congo ex belga (oggi Zaire); 2) quella del segretario generale U. Thant durante la
crisi dei Caraibi (1962), prodotta dall'istallazione dei missili sovietici a Cuba, causa di una
pericolosissima tensione tra Superpotenze. In
entrambi i casi l'intervento del segretario generale portò alla soluzione della crisi e alla rimozione di gravi fattori di turbamento.
Furono eventi significativi, troppo presto dimenticati e sui quali l'Autrice richiama la nostra attenzione attraverso una diligente analisi
dei fatti e una critica minuziosa dei documenti. Dobbiamo essergliene grati. Soprattutto
perché, lungi dall'abbandonarsi ad entusiasmi
rapsodici e inutilmente trionfalistici, essa riesce
a diffondere la consapevolezza che la funzione
delle Nazioni Unite non è affatto esaurita e che
da esse ci si debbono attendere ancora vitali risultati, in vista della salvaguardia della pace
del mondo.
COMUNI D'EUROPA
Organo deil'A.1.C.C.E.
ANNO XXXI - N. 10
OTTOBRE 1983
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