La gestione degli effluenti zootecnici Progetto INFO(PAC)K: la PAC informa La gestione degli effluenti zootecnici: la produzione di energia, le norme del settore. A cura di Elena Della Botte La gestione degli effluenti zootecnici Sommario La gestione degli effluenti zootecnici......... 3 La produzione di energia............................. 5 Migliorare le performance aziendali integrando il biogas nell’azienda agricola....... 8 Riflessione sul digestato.................... 13 Conclusioni...................... 14 La gestione degli effluenti zootecnici Presentazione L’Umbria si trova al bivio di un futuro per l’Umbria 2007-2013, per fornire non privo di difficoltà per le attività ai protagonisti, ovvero agli allevatori, agricole, ed in particolare per le imprese gli strumenti per sviluppare la propria zootecniche. Tale sfida, alla luce della impresa, per aumentare la propria nuova Politica Agricola Comunitaria, e competitività ma anche per giocare del recente Piano Zootecnico Regionale in modo adeguato il proprio ruolo di può costituire una grande opportunità tutela dell’ambiente e di garanti della per cogliere la quale occorre conoscere qualità dei prodotti agroalimentari. le nuove regole, interpretarle, per fare Siamo certi che questa pubblicazione delle scelte adeguate a far fronte alle costituirà un punto di partenza per sfide della modernità, dello sviluppo e stimolare gli imprenditori e dare loro della sostenibilità ambientale. quel supporto di cui necessitano per una maggiore consapevolezza È con questo intento che la Regione del proprio ruolo e delle proprie Umbria ha promosso azioni di potenzialità. informazione per il settore zootecnico, Fernanda Cecchini nell’ambito della misura 111 – Azione Assessore alle Politiche Agricole e a - del Programma di Sviluppo Rurale Sviluppo Rurale, Regione Umbria Premessa I notevoli cambiamenti che investono al settore zootecnico. La presente il settore agricolo, e in particolare il pubblicazione risponde all’esigenza settore zootecnico, impongono alle di informare gli imprenditori aziende di ripensare il loro modo di agro-zootecnici sulle principali fare impresa e di stare sul mercato, problematiche ed opportunità legate al per essere in linea con gli orientamenti settore, con particolare riferimento alla della PAC, con le richieste del mercato PAC e al Piano Zootecnico Regionale, e dei consumatori e con le esigenze di al fine di favorire il miglioramento delle sostenibilità economica ed ambientale. conoscenze professionali, lo sviluppo Nell’ambito del progetto denominato delle professionalità imprenditoriali, INFO(PAC)K: LA PAC INFORMA, nonché informare gli addetti sui promosso dalla Regione Umbria possibili nuovi orientamenti di mercato attraverso il Programma di Sviluppo e diffondere la conoscenza rispetto a Rurale, il Ce.S.A.R. Centro per lo metodi di produzione e di allevamento Sviluppo Agricolo e Rurale ha messo a compatibili con una gestione frutto la propria pluriennale esperienza sostenibile delle risorse naturali. nella comunicazione sulla PAC e sul sistema agricolo per l’attuazione di azioni di informazione indirizzate Pagina 2 La gestione degli effluenti zootecnici La gestione dei reflui zootecnici è da sempre uno dei problemi più rilevanti per un allevamento. In un momento di grandi difficoltà economiche e congiunturali per la zootecnia italiana come quello attuale, anche la necessità dell’adeguamento normativo alla Direttiva Nitrati va ad aggravare ulteriormente il bilancio annuale delle imprese. Col nome convenzionale di Direttiva Nitrati si va ad indicare la direttiva 91/676/Ce del 12 dicembre 1991, in materia di protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati di origine agricola. Il recepimento in Italia è avvenuto con il Dlgs n. 152 del 11-5-1999 e il DM 7-4-2006. Fulcro della direttiva è l’individuazione delle cosiddette zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola (ZVN), per le quali si è stabilito un tetto massimo annuale di 170 kg/ha di azoto di spargimento dei reflui degli allevamenti. In quelle, invece, non vulnerabili lo spandimento è vietato oltre un limite massimo annuale di 340 kg/ha di azoto. Dal punto di vista gestionale l’utilizzazione agronomica dei reflui zootecnici è regolamentato da ogni Regione: per l’Umbria le disposizioni di riferimento sono rappresentate dal Piano di Tutela delle Acque Delibera n. 357 del 1 dicembre 2009. L’entrata in vigore della normativa ha comportato dei cambiamenti, nonché rilevanti problemi, per quelle aziende zootecniche Angelo Frascarelli Direttore del Ce.S.A.R. Centro per lo Sviluppo Agricolo e Rurale Pagina 3 La gestione degli effluenti zootecnici che si sono trovate ad avere i propri terreni, utilizzati per lo spandimento, nelle condizioni di essere classificate zone vulnerabili. Per adeguarsi alla Direttiva Nitrati le aziende agricole ricadenti in ZVN sono tenute ad adottare una serie di misure, quali: - Distribuzione dei reflui sui terreni; - Investimenti in strutture ed attrezzature; - Reperimento di terreni idonei allo spandimento; - Obblighi burocratici, ovvero la redazione della Comunicazione e del Piano di utilizzazione agronomica (PUA); - Riduzione della produttività delle colture pur con un contenimento dei costi di concimazione. L’adeguamento comporta maggiori costi di gestione per l’azienda, a cui va aggiunto un aggravio di gestione logistica e dei costi di trasporto dei reflui fuori dall’azienda. La Direttiva Nitrati ha definitivamente introdotto nuovi parametri dal punto di vista tecnico per la quantificazione dei volumi e dei quantitativi dell’azoto da gestire, obbligando l’imprenditore alla ricerca di nuove superfici e, quindi, a sostenere un eventuale costo di concessione. Recenti lavori in materia sono arrivati a stimare un costo di adeguamento alla Direttiva Nitrati per tipologia di allevamento, mostrandone le peculiarità, spesso di difficile soluzione. Nel caso del suino adulto da ingrasso, il valore rapportato al peso finale dell’animale, determina una spesa unitaria pari a 0,096 euro/kg di carne, mentre per le scrofe con i suinetti il valore cresce fino a 0,167 euro/kg. La gestione degli effluen- La gestione degli effluenti zootecnici ti zootecnici per i bovini da carne incide 0,12/0,17 euro/kg di carne prodotta (prendendo come riferimento un capo adulto) e circa 1,4 euro/100 kg di latte prodotto . I risultati citati devono servire esclusivamente come dati da cui partire per comprendere l’aggravio economico, perché sono valori suscettibili a variazioni notevoli al variare di due fattori, ovvero il costo di trasporto e di spandimento, nonché al variare dei costi di concessione per affitti o acquisti di terreni. L’aggravio di spesa va mediamente ad incidere del 5% sui ricavi totali. In un periodo in cui altri costi, vedi per i fertilizzanti e concimi chimici, sembrano incomprimibili, diventa, quindi, necessario contenere e, nei casi più virtuosi, valorizzare come ricavo l’impiego degli effluenti zootecnici, trasformandoli, ove possibile, da problema a risorsa. Una di queste proposte è rappresentata dalla filiera del biogas. La produzione di biogas si fonda sul processo di digestione anaerobica delle matrici in entrata che consentirebbe di raggiungere un duplice scopo: ottenere una nuova fonte di reddito all’intera filiera agricola integrativo ottenuto con la vendita di energia che può essere utilizzato per gestire i costi di adeguamento alla Direttiva Nitrati e valorizzare i reflui zootecnici che attualmente rappresentano un costo. Negli ultimi anni si è assistito al delinearsi di un chiaro quadro che vede il coincidere di diverse problematiche, quali l’effetto serra, la valorizzazione dei sottoprodotti agricoli e zootecnici, la richiesta di un maggior contributo di energie rinnovabili, di cui il mondo agricolo può cogliere l’opportunità di rappresentare la soluzione unitaria. 2 Ragazzoni A. et al. (2013) Zootecnia e biogas Incentivi 2013 100 pagine per capire, Ed. L’Informatore agrario. 1 Un metro cubo di liquame ha circa lo 0,35% di azoto totale, valore medio rilevato dalle indicazioni del dm 7 aprile 2006. Pagina 4 3 Ragazzoni A. et al. (2014) Biogas Piccoli impianti Analisi della convenienza economica e tre casi reali di studio, Ed. L’Informatore agrario. 1800 1600 1548 1400 1343 1611 1389 1200 Potenza totale 1000 600 400 200 0 920 819 773 800 378 273 52 2009 Impianti biogas installati 720 508 451 Impianti biogas agricolo 298 110 2010 2011 2012 2013 Figura 1 – Impianti di biogas installati in Italia dal 2009 al 2013 Fonte: Elaborazione propria da Rapporti statistici GSE La produzione di energia Impianti di biogas installati in Italia: pro e contro per una visione di insieme I dati dei rapporti statistici che il Gestore dei Servizi Elettrici (GSE) redige annualmente per disegnare quanto avviene nel settore delle energie rinnovabili ci parlano di un settore ormai consolidato. Gli impianti in aziende agricole per la produzione di energia da biogas continuano a crescere (Fig. 1). Dal 2009 al 2014 c’è stato comunque un trend crescente, seppur in leggero rallentamento, come si evidenzia dalla differente inclinazione dei segmenti che rappresentano la variazione di anno in anno del numero degli impianti. Questo andamento rispecchia inevitabilmente cosa è successo a livello strategico e politico per incentivare le energie rinnovabili. La Tariffa onnicomprensiva per la generazione di elettricità, prevista dal sistema di incentivazione in Italia, fissata a 0,28 c€/kWh prodotto è stata introdotta a partire dal 2010 ed è terminata nel 2013 ed è stata tra le più generose in Europa. La Tariffa ha dato un forte impulso al decollo definitivo del settore. Gli attori economici del settore hanno letto la realtà politica degli anni, compresa l’incertezza normativa, sia a livello nazionale, per il continuo tergiversare sulle norme di incentivazione delle fonti rinnovabili negli anni di passaggio tra un sistema e l’altro (nel biennio del 2012-2013), che a livello regionale, per il delinearsi dell’eterogeneo quadro autorizzativo, che ha determinato un rallenta- Pagina 5 La gestione degli effluenti zootecnici La gestione degli effluenti zootecnici mento notevole degli impianti realizzati. L’utilizzo di biomassa come fonte rinnovabile può essere realizzato nell’ambito del recupero della materia prima residuale (reflui zootecnici, ma anche residui agricoli, industria agroalimentare, gestione forestale e del verde pubblico) e dalla materia prima vegetale prodotta con apposite coltivazioni energetiche (mais, colza, sorgo). La biomassa prodotta, se pianificata all’interno di una gestione aziendale volta a valorizzare tutte le attività (agricole ed extra) elementi nutritivi (azoto, fosforo e potassio), oltre ad un aumento della frazione ammoniacale subito disponibile per le colture. L’utilizzazione agronomica del digestato è un’interessante opportunità. È necessario però affrontare una valutazione economica approfondita perché l’impiego del digestato può determinare processi di trattamento, ovvero separazione della fase liquida e solida, in relazione alle esigenze aziendali e ai limiti imposti dalla Direttiva Nitrati. La separazione delle due fasi ha si- il biometano decreta ulteriormente il ruolo centrale che il settore primario può giocare nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nonché nella diffusione dell’impiego di biocarburante. Ruolo che in ogni caso l’Italia deve ascrivere nel rispetto della strategia clima e energia nei confronti dell’Europa, noto come Pacchetto Clima – Energia 2020, ovvero la riduzione del 20% dei consumi di energia primaria, la riduzione del 20% delle emissioni di gas alterante e l’aumento del 20% rizzare la forza lavoro, creando delle figure professionali specializzate al proprio interno che vadano ad interagire con professionalità esterne di cui l’imprenditore deve avvalersi per la gestione di un impianto (biologo, agronomo, ingegnere), nonché a diventare un fattore di sviluppo per aree marginali, in cui la sola attività agricola zootecnica non garantirebbe più la sussistenza di aziende economicamente sostenibili. È però vero che entrare in questa filiera presenta dei problemi. Sicuramente, l’elevato in essa svolta, può favorire avvicendamenti colturali virtuosi con le tradizionali colture food, ampliando le rotazioni, includendo colture da biomassa e eventuali colture di secondo raccolto, e mantenere così la copertura del suolo per tutto l’anno. È possibile inoltre promuovere la coltivazione di specie con destinazione no food da destinare alla produzione di energia, recuperando la ripresa produttiva di terreni a riposo o a rischio di marginalizzazione. La biomassa residuale costituisce una quota importantissima di risorsa da valorizzare, sia in entrata che in uscita dalla filiera del biogas. In entrata, all’avvio di una filiera energetica nell’azienda consente di valorizzare gli effluenti zootecnici che, stante le norme, costituiscono un costo aggravante la situazione di bilancio. In uscita del processo anaerobico, il digestato presenta un’alta stabilità biologica e un’interessante quantità di curamente il vantaggio di contenere i costi logistici (la parte solida risulterà di più facile trasporto), inoltre per la natura diversa delle due fasi la gestione separata permette di utilizzarne al meglio le potenzialità. La frazione liquida che contiene più elementi nutritivi viene utilizzata come un concime a pronto effetto, mentre la parte solida (quella meno digerita) ha proprietà ammendanti per la struttura del terreno ed è di particolare interesse per le colture ad alta richiesta di materiale organico (vedi ortofrutticole e vivaistiche o nella preparazione dei terreni di semina). A conclusione della filiera anche la produzione di biometano può avere un potenziale interessante dal punto di vista economico e ambientale. Previsto nel sistema di incentivazione, ma nella fase di definizione della procedura tecnica per il riconoscimento dell’incentivo, del consumo di energia da fonti rinnovabili, insieme al consumo del 10% di carburanti da fonti rinnovabili per il trasporto. Questi obiettivi sono stati riformulati e rimodulati di recente verso livelli superiori per una visione a medio periodo: al 2030 si prevede di raggiungere la riduzione del 30% dei consumi di energia, ridurre del 40% le emissioni di gas serra e arrivare al 27% di energia da fonti rinnovabili. L’Italia, come tutti i Paesi europei, si è impegnata nel contribuire per la propria parte al raggiungimento di questi obiettivi ambientali e di decarbonizzazione. La filiera del biogas può incidere notevolmente in questo percorso strategico dettato dalla politica europea e nazionale, soprattutto per il suo collocarsi senza eccessive difficoltà all’interno di realtà produttive già esistenti. Questa integrazione contribuisce a valo- costo di avvio dell’impianto; nonostante si tratti di tecnologie consolidate e ampiamente diffuse, presentano dei costi incomprimibili. Un impianto da 100 kW necessita un investimento iniziale che si aggira tra 1-3 milioni di euro, a cui va ad aggiungersi circa 3-500 mila euro per l’upgrading del biometano dal biogas e 300 – 500 mila euro per un impianto di compostaggio della parte solida del digestato per la produzione di fertilizzante. È, altresì, opportuno approvare con urgenza i provvedimenti per l’utilizzo degli incentivi di cui attualmente si ha solo la prospettiva di breve, anzi brevissimo termine, che è il 2016, troppo ravvicinato per impostare qualsiasi tipologia di business plan sostenibile e valutare la fattività dell’investimento. In materia di strategia politica, i continui cambiamenti mettono in serio rischio le valutazioni da parte di chi ha già investito, Pagina 6 Pagina 7 La gestione degli effluenti zootecnici disincentivando la percezione di stabilità della filiera stessa agli occhi di potenziali investitori. La filiera del biogas vive poi di una reputazione distorta. Visto come un investimento a favore di interessi privati (come qualsiasi opificio del resto), viene però considerato un problema a livello pubblico dal punto di vista sociale e ambientale, andando ad alimentare conflitti locali dovuti all’effetto NIMBY (dall’inglese “not in my back yard”, che tradotto è “non dietro a casa mia”), ovvero quel fenomeno che coinvolge una parte di popolazione, tendenzialmente a favore di azioni rivolte allo sviluppo di energie da La gestione degli effluenti zootecnici fonti rinnovabili, seppur non in prossimità dei (propri) centri abitati. Ecco perché nella fase di realizzazione è opportuno attivare una campagna di informazione presso l’amministrazione, le altre imprese e, nel complesso, la popolazione locale per evitare che la cattiva /assenza di informazioni si trasformi in un ostacolo. In ambito agricolo, definendo opportuni limiti di sostenibilità per l’installazione degli impianti e di tutela del paesaggio, sussistono tutti i presupposti per sviluppare ed integrare la filiera del biogas nelle aziende agricole zootecniche e nel territorio. Migliorare le performance aziendali integrando il biogas nell’azienda agricola Nel Documento della Commissione “La PAC verso il 2020” si affermava che, in previsione della nuova fase programmatica, “la PAC dovrebbe poggiare in futuro su un primo pilastro più verde e più equamente ripartito e su un secondo pilastro maggiormente incentrato sulla competitività e l’innovazione, il cambiamento climatico e l’ambiente”. Nella cornice degli orientamenti comunitari della politica agricola e di una crescita sostenibile di Europa 2020, il Piano zootecnico regionale, in termini di sostenibilità economica, etica ed ambientale della zootecnia umbra, tra i suoi obiettivi strategici ha quello di rispondere ai fabbisogni connessi alla raccolta, gestione, smaltimento e utilizzazione agronomica dei reflui. La filiera agricola-biogas può rappresentare un percorso per una completa valoriz- Pagina 8 zazione e fruizione delle produzioni zootecniche. Un concreto sviluppo delle agroenergie impone una politica di crescita e di incentivo che integri la sostenibilità economica, ambientale e sociale, da un lato, e la convenienza delle imprese agricole, dall’altro. Nelle diverse fasi di gestione degli effluenti che vanno a definire la filiera agricolabiogas vi sono diverse normative che entrano in gioco (Fig. 2). I principali riferimenti normativi nazionali relativi alla gestione degli effluenti di allevamento e del digestato prodotto dagli impianti a biogas sono presenti nel Codice di Buona Pratica Agricola (CBPA), nel DLgs 152/06 e s.m.i. e nel Dm 7 aprile 2006, recanti criteri e norme tecniche generali per la disciplina nazionale e regionale dell’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento. Il Codice di Buona Pratica Agricola (CBPA), approvato con il D.M. 19/04/1999, è stato adottato in attuazione dell’articolo 4 della Direttiva del Consiglio 91/676/CEE del 12 dicembre 1991, nota come “Direttiva Nitrati”, e reca i criteri e le indicazioni per una corretta pratica agricola. Il CBPA prende in considerazione i problemi dell’azoto, ottimizzando la gestione dell’azoto nel sistema suolo/pianta. Esso prevede indicazioni sulla gestione degli allevamenti e sul controllo e il trattamento degli effluenti di origine zootecnica. Il Dm 7 aprile 2006 ha delineato con estrema chiarezza i ruoli e i compiti delle singole Regioni nell’attuazione dei limiti di spandimento, con la soglia di utilizzo di 170 kg N/ ha (inteso come quantitativo medio aziendale) nelle zone vulnerabili da nitrati e 340 kg N/ha in quelle non vulnerabili. Sia che si tratti di effluenti zootecnici tal quali o di digestato, le cui biomasse in ingresso comprendano effluenti, gli adempimenti degli allevatori sono principalmente due: la redazione della Comunicazione e del Piano di utilizzazione agronomica (PUA). È evidente che la definizione di quelle che sono le zone vulnerabili da nitrati o quelle che non vi ricadono va a incidere direttamente sul bilancio di un’azienda zootecnica. Attualmente le zone vulnerabili risultano pari a circa 4 milioni di ettari che si concentrano nelle aree di pianura e rappresentano quasi il 31,8% della superficie agricola. A dicembre 2014 il Ministro dell’Agricoltura si è impegnato affinché il Governo emetta un decreto per la ridefinizione delle zone vulnerabili, dopo il quale le Regioni avranno 30 giorni per disegnare la nuova mappa di gestione degli effluenti da allevamento. L’accordo per la revisione è considerato dunque un passo determinante per gli allevamenti italiani. Relativamente alle singole aziende zootecniche va segnalato il crescente interesse per la tecnologia del biogas. La strategia del PZR indica le agro-energie come un utile strumento di “riduzione” dei possibili impatti ambientali generati dall’attività zootecnica soprattutto quella a carattere intensivo. Un concreto sviluppo delle agroenergie nelle aziende zootecniche umbre è rappresentato dalla produzione di biogas. Ciò è da mettere in relazione al recente sistema di incentivazione dell’energia elettrica prodotta dagli impianti a biogas: se negli ultimi anni il regime in vigore aveva favorito l’installazione di impianti di grandi dimensioni, il nuovo sistema, regolamentato dal D.M. 6 luglio 2012, favorisce la piccola taglia e il riutilizzo dei sottoprodotti, dei reflui zootecnici in particolare. Il biogas, in realtà, è ricompreso dal decreto nel più ampio campo delle rinnovabili non fotovoltaiche, con l’obbligo che il costo Pagina 9 La gestione degli effluenti zootecnici La gestione degli effluenti zootecnici Fig. 2 Riepilogo normativa nella filiera agricola-energetica Fonte: elaborazione propria massimo cumulato di tutte le fonti non superi i 5,8 miliardi di euro l’anno per gli anni 2013-2015. Ritornando al biogas, la normativa stabilisce che gli incentivi più alti spettano agli impianti più piccoli, realizzati da imprese agricole che utilizzano sottoprodotti aziendali. In poche parole, l’incentivo (euro per MWh generati) diminuisce all’aumentare della taglia dell’impianto. Inoltre, le installazioni di potenza fino a 100 kW che impiegano prodotti di origine biologica accedono direttamente agli incentivi; per tutti gli altri impianti, per vedersi assegnare le tariffe, c’è l’obbligo di iscriversi a un Registro. La definizione delle graduatorie del registro è stilata dal Gse, in base a delle priorità stabilite dal decreto: il primo criterio di preferenza è quello relativo agli impianti Pagina 10 di proprietà di aziende agricole, singole o associate, alimentati da biomasse e biogas con prodotti vegetali o sottoprodotti, con potenza non superiore a 600 kW. Gli impianti iscritti al registro saranno incentivati secondo la graduatoria fino all’esaurimento del contingente annuale di potenza, che per il 2014 è pari a 160 MW e per il 2015 è 160 MW. La procedura è ancora più complessa per le installazioni di potenza superiore a 5 MW, che accedono al sistema di incentivazione soltanto a seguito di una partecipazione a procedure competitive di aste al ribasso. In generale, gli incentivi sono riconosciuti per un periodo di 20 anni (anziché i precedenti 15) e possono essere incrementati se si adottano tecnologie atte ad abbattere il contenuto di azoto, se si producono fer- tilizzanti, se si riducono le emissioni di gas serra oppure si sviluppano soluzioni per la cogenerazione ad alto rendimento. I valori in Tabella 2 si riferiscono agli impianti che sono entrati in servizio nell’anno 2013 (per gli anni successivi, i premi sono decurtati del 2% all’anno ). Il sistema di incentivazione introduce anche dei premi aggiuntivi in merito alla cogenerazione ad alto rendimento (CAR), i cui criteri tecnici per il suo riconoscimento sono contenuti nel DM 4 agosto 2011, e nel successivo DM 5 settembre 2011. Nel caso, invece, di impianti di biogas operanti in regime di cogenerazione ad alto rendimento che prevedano il recupero dell’azoto dalle sostanze trattate con la finalità di produrre fertilizzanti, se si ha una rimozione pari al 60% dell’azoto totale in ingresso all’impianto, il premio per l’assetto cogenerativo è incrementato di 30 euro/ MWh. In alternativa al premio per il recupero dell’azoto, solo per impianti alimentati da biogas di potenza fino a 600 kWel, è possibile accedere ad altre due tipologie di premi: (i) 20 euro/MWh nel caso in cui l’im- pianto operi in assetto cogenerativo e sia realizzato, attraverso la produzione di fertilizzante, un recupero del 30% dell’azoto totale in ingresso all’impianto; (ii) 15 euro/ MWh nel caso in cui sia realizzata una rimozione, senza la produzione di fertilizzante, pari al 40% dell’azoto totale in ingresso all’impianto. Le indicazioni che emergono dal decreto, in sostanza, mettono in luce una chiara intenzione da parte del legislatore di incentivare soprattutto impianti di piccola taglia alimentati da sottoprodotti di recupero. Ad oggi il biogas è sfruttato prevalentemente per la produzione di energia elettrica e in sistemi di cogenerazione per la produzione combinata di energia termica e elettrica (CAR) che danno la possibilità di accedere ad un premio aggiuntivo alla tariffa base. La voce che incide maggiormente e che rende l’investimento sicuramente interessante è il ricavo derivante dall’incentivo per la produzione di energia elettrica. Su tutto il versante dell’energia termica prodotta le attese riposte sul sistema di incentivi del conto termico – pur di fronte all’impegno Pagina 11 La gestione degli effluenti zootecnici La gestione degli effluenti zootecnici assunto per decreto di attivare misure di semplificazione – sono ancora deboli. Ciò nonostante, l’energia termica può entrare nel bilancio aziendale come “costo mancato”, se può essere utilizzata per il riscaldamento di utenze limitrofe o per le attività aziendali. Un impiego del biogas aggiuntivo alla valorizzazione energetica è rappresentato dalla produzione di biometano, che può essere immesso e distribuito nella rete locale e nazionale del gas naturale, oppure utilizzato per autotrazione. Il Decreto interministeriale 5 dicembre 2013 ha chiuso il quadro del sistema di incentivazione del biometano, aperto dal Decreto Legislativo 3 marzo 2011, n. 28. Il decreto prevede tre distinti meccanismi di incentivazione a seconda che il metano sia immesso nella rete di trasporto e distri- Matrice in ingresso Prodotti di origine biologica Sottoprodotti di origine biologica di cui alla tabella 1 del decreto (compresi reflui zootecnici) Potenza Tb (€/MWh) buzione del gas naturale, utilizzato come carburante nei trasporti o impiegato nella cogenerazione ad alto rendimento. Tuttavia, deve rilevarsi che, nel breve termine, queste opportunità appaiono ancora limitate da alcuni elementi di criticità. Sicuramente incide il costo per l’introduzione, specie nelle imprese agro-zootecniche di piccole e medie dimensioni, delle tecnologie di up-grading (quelle che permettono di trasformare il biogas in biometano). Se è vero, infatti, che detta spesa sarebbe alternativa a quella del cogeneratore, necessario alla produzione di energia elettrica e per il conseguente accesso agli incentivi previsti dal dm 6 luglio 2012, occorre considerare le difficoltà relative all’accesso alla rete di distribuzione del gas naturale da parte delle imprese agro-zootecniche. CAR (€/MWh) Rimozione 40% N (€/MWh) Recupero N 30% + CAR (€/MWh) To (€/MWh) 1<P≤ 300 180 40 15 20 30 180 -250 300<P≤ 600 160 40 15 20 30 160 -230 600<P≤ 1.000 140 40 - - 30 140 -210 1.000<P≤ 5.000 104 40 - - 30 104 -174 P>5.000 91 40 - - 30 91 -161 1<P≤ 300 236 10 15 20 30 236 -276 300<P≤ 600 206 10 15 20 30 206 -246 600<P≤ 1.000 178 10 - - 30 178 -218 1.000<P≤ 5.000 125 10 - - 30 125 -165 P>5.000 101 10 - - 30 101 -141 Tabella 2 – Tariffe incentivanti la produzione di energia elettrica da biogas, 2013 Fonte: Estrapolazione Tabella 1.1. Allegato I D.m. 6 luglio 2012 Pagina 12 Recupero N + 60% CAR (€/MWh) Riflessione sul digestato Dal Piano Zootecnico Regionale emerge chiaramente che anche il digestato, derivato dalla degradazione anaerobica di biomasse zootecniche e vegetali per la produzione di biogas, va favorito nell’utilizzo agronomico per l’azione migliorativa che svolge sulle caratteristiche chimico-fisiche del terreno. La filiera del recupero e della valorizzazione degli effluenti zootecnici deve essere però completata dal punto di vista normativo. L’art. 52 comma 2-bis del Dl n. 83 del 22 giugno 2012, Dl Sviluppo (convertito in Legge n. 134 del 7 agosto 2012), ha precisato che il digestato può essere considerato un sottoprodotto e non un rifiuto. A fare giurisprudenza in materia ha contribuito il TAR Umbria (23 aprile 2013, n. 245), affermando che laddove il digestato rispetti le quattro condizioni di cui all’art. 184-bis del T.U. Ambiente (Dlgs 152/2006) che definisce la nozione di sottoprodotto, l’operatore non sarà soggetto a tutte le gravosità della normativa rifiuti. È però necessario rendere fattibile il salto a prodotto fertilizzante del digestato. Mentre si scrive si è in attesa del decreto “Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue, nonché per la produzione e utilizzazione agronomica del digestato”, siglato dal Ministero dell’agricoltura e da quello dell’Ambiente, di cui a dicembre 2014 si è dato annuncio della prossima emanazione. In base al decreto distingueremo due tipologie di digesta- to: quello agrozootecnico e quello agroindustriale che potranno fruire dell’equiparazione alla categoria fertilizzanti, anche ai fini dell’applicazione della direttiva nitrati. Il digestato agrozootecnico però non potrà derivare per oltre il 50% da effluenti zootecnici. L’Unione europea ha già riconosciuto il valore agronomico del digestato da biogas per le produzioni biologiche inserendolo nel regolamento di esecuzione UE n. 354/2014, che modifica e rettifica il reg. CE n. 889/2008, nell’Allegato I ovvero l’elenco dei prodotti fertilizzanti impiegabili. Per poter essere utilizzato in Italia il digestato dovrebbe comparire tra i fertilizzanti organici liberamente commercializzabili nell’Allegato 13 del dlgs 75/2010. Attraverso il riconoscimento del vantaggio agronomico dell’impiego del digestato, soprattutto dopo la sua separazione nelle fasi liquida e solida, a livello politico si veicola, di conseguenza, quello economico. Solo così gli operatori economici del settore, gli imprenditori agricoli in primis, potranno investire nella produzione di fertilizzanti organici da sottoprodotti. Pagina 13 La gestione degli effluenti zootecnici Bibliografia Barbetti T. Il biometano non può decollare senza le regole La filiera del biogas rappresenta una opportunità per il mondo agricolo di intercettare tutto il “valore aggiunto” della filiera produttiva, consentendo di valorizzare i sottoprodotti che attualmente vengono gestiti con elevati costi economici ed energetici. Il reddito integrativo ottenuto con la vendita di energia può essere utilizzato per gestire i costi di adeguamento alla Direttiva Nitrati. Attualmente vi è un sistema di incentivazione che premia i piccoli impianti alimentati prevalentemente a reflui zootecnici. A tal proposito è utile fare alcune considerazioni di carattere generale sugli impianti a biogas. L’utile ottenuto dalla produzione di energia permette all’imprenditore zootecnico di superare momenti di crisi di mercato, in cui i prezzi di vendita di carne e latte non sono sufficienti per avere buona marginalità in stalla. Il processo di produzione energetica dei piccoli impianti si integra senza turbative della gestione ordinaria dell’azienda agricola e dell’allevamento, permettendo di ottenere un’interessante liquidità di gestione garantita dall’erogazione per 20 anni delle tariffe incentivanti. L’attenzione principale per l’attivazione di impianti di biogas non dovrebbe essere rivolta solo ed esclusivamente alla redditività economica, ma si dovrebbero tenere in grande considerazione anche gli aspetti ambientali. La normativa inerente alla gestione dei reflui zootecnici, oltre a problematiche economiche (legate a far tornare i conti economici delle aziende), ha di fatto incrementato l’attenzione degli operatori nei confronti del problema ambientale sollevato. L’impatto negativo degli effluenti zootecnici deriva, non tanto dalle loro caratteristiche intrinseche, ma da poco razionali modalità di gestione. In particolare, per le aree vulnerabili e sensibili ai sensi della Direttiva nitrati, incentivare la possibilità di avviare gli effluenti zootecnici agli impianti di biogas è importante perché, senza modifiche all’assetto dell’azienda zootecnica, si ottiene la stabilizzazione della sostanza organica residua che mantiene un elevato valore ammendante e il miglioramento dell’efficienza d’uso dell’azoto, quando utilizzato secondo le buone pratiche agricole. dell’Authority, Terra & vita, n. 17/2014 Bignami D. Reddito agrario e digestato. I fronti aperti per il biogas, Terra & vita. 28/2014 CRPA, Bovini da latte e biogas – Linee guida per la costruzione e la gestione di impianti, 2012 ENAMA, Gli incentivi per la produzione di biometano - una nuova opportunità per la valorizzazione della biomassa agri- • Biogas: miscela gassosa costituita in prevalenza da anidride carbonica (30-40%) e metano (60-70%), prodotta nel corso del processo di digestione anaerobica. • Biometano: ottenuto dal biogas mediante processi di purificazione e upgrading (vedi definizione) • Cogenerazione ad Alto Rendimento (CAR): è la produzione di energia elettrica/meccanica e termica che rispetti precisi vincoli in termini di risparmio energetico. Tali vincoli sono definiti nel Decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20, come integrato dal DM 4 agosto 20 cola, 2014 • Chilowattora (kWh): Unità di misura derivata dell’energia (1 kWh = 3.600.000 J). Mantovani P. Come spandere il digestato rispettando la Di- • Digestione anaerobica: è un processo biologico utilizzato per il trattamento dei reflui organici che si evolve attraverso una prima fase nella quale la sostanza organica viene trasformata in composti semplici (acidi grassi volatili, aldeidi, alcool) da batteri anaerobici facoltativi, in una seconda fase nella quale, a partire dagli acidi grassi volatili, grazie all’azione di batteri anaerobici obbligati, viene prodotto il biogas. La digestione anaerobica consente la stabilizzazione dei materiali organici trattati. I dispositivi nei quali avviene il processo vengono denominati digestori. rettiva Nitrati, Supplemento Informatore agrario n. 9/2012 Mezzadri M. “C’è un futuro per il biogas agricolo?”, Presentazione, 20 ottobre 2014, Perugia. Mipaaf, Piano di settore per le bioenergie – Le filiere bioenergetiche e l’agricoltura italiana, luglio 2014. Nicolai P. Imminente il decreto sull’uso del digestato L’Informatore Agrario n. 33/2014 Piccinini S. Fabbri C. Le tecnologie per la purificazione del biogas: costi e possibilità, Presentazione nel Convegno Bio- • Digestori: reattore nel quale avviene il processo di digestione anaerobica • Energia da Fonti Rinnovabili (FER): “Energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare, aerotermica, geotermica, idrotermica e oceanica, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas” (Decreto Legislativo 28/2011). Piva C. et al Quanto costa alla zootecnia la direttiva nitrati, • Gestore servizi energetici (GSE): è una società per azioni il cui Socio unico è Ministero dell’Economia e delle Finanze. Le attività principali consistono nel garantire agli operatori il sostegno economico che le normative nazionali assicurano per lo sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili L’Informatore agrario, n. 36/2014 • kWe: vedi definizione Watt metano: un’opportunità per le aziende agro-zootecniche 6 marzo 2014 Cremona Ragazzoni A. et al. (2013) Zootecnia e biogas Incentivi 2013 100 pagine per capire, Ed. L’Informatore agrario. Ragazzoni A. et al. (2014) Biogas Piccoli impianti Analisi della convenienza economica e tre casi reali di studio, Ed. L’Informatore agrario. Regione Umbria, La strategia energetico ambientale regionale 2014-2020, presentazione Dott.ssa Ernesta Maria Ranieri, Perugia 20 ottobre 2014 Repetti O., Con gli effluenti suinicoli più biometano e meno nitrati, Terra & vita n. 17/2014 • Potenza installata: si intende la potenza elettrica indicata sulla targa di un utilizzatore • Separazione solido/liquido: tecnica di trattamento dei liquami zootecnici/digestato, che consiste nella separazione più o meno spinta dei solidi sospesi. In funzione della tecnologia adottata si ottengono efficienze di separazione diverse e quindi volumi diversi di solidi, con caratteristiche altrettanto variabili. Possono quindi essere richiesti ulteriori trattamenti per la loro piena valorizzazione agronomica (essiccamento, compostaggio). • Smart grid: nel testo, una rete elettrica che integra e gestisce in modo efficiente il comportamento e le azioni di tutti gli utenti connessi (generatori, punti di prelievo, e punti con presenza di generazione e prelievo), con l’obiettivo di garantire un funzionamento economicamente efficiente del sistema elettrico, con un elevato livello di sicurezza, continuità e qualità della fornitura. Rossi L. Uso del digestato in agricoltura bio, ora tocca al Mi- • Sostanza organica: rappresenta la frazione volatile della sostanza secca (vedi definizione) paaf, L’informatore Agrario n. 27/2014 • Sostanza secca: corrisponde ai solidi totali presenti nel digestato Pagine web • Upgrading: Rimozione di CO2 per raggiungere gli standard qualitativi richiesti dalla rete del gas e gli usi come biocombustibile Centro ricerche produzioni animali CRPA http://www.crpa.it Gestore dei servizi elettrici GSE www.gse.it Ministrero delle politiche agricole MIPAAF www.politicheagricole.it Pagina 14 • Anaerobico, processo attuato da microrganismi anaerobi, che vivono cioè in assenza di ossigeno. I microrganismi anaerobi possono essere anaerobi facoltativi o obbligati a seconda che siano in grado o meno di utilizzare, quando è disponibile, anche l’ossigeno libero. Glossario CONCLUSIONI La gestione degli effluenti zootecnici • Watt (W): Unità di misura della potenza nel Sistema internazionale. Nel campo del biogas si utilizzano i suoi multipli: 1 kW (chilowatt)= 1.000 watt 1 MW (megawatt)= 1.000.000 wattIl We o kWe e il Wt o kWt indicano, rispettivamente, una potenza elettrica e una termica. Pagina 15 La gestione degli effluenti zootecnici Opuscolo realizzato nell’ambito del progetto INFO(PAC)K: la PAC informa, Regione Umbria, Programma di Sviluppo Rurale per l’Umbria 2007-2013, misura 111, azione a) Attività informative: Interventi a favore del settore zootecnico. Via Risorgimento, 3/B - 06051 Casalina di Deruta (PG) - Italia Tel 075.9724274 - Fax 075.973382 e-mail: [email protected] website: www.cesarweb.com Pagina 16