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Capitolo I
“Tutte le rivoluzioni entrano nella storia, e la storia non ne trabocca; i fiumi delle rivoluzioni ritornano onde erano scaturiti, per poi scorrere ancora. C'erano sempre stati artisti o poeti capaci di vivere nella violenza [...] il fenomeno che era questa volta assolutamente nuovo, e che ha naturalmente lasciato poche tracce, è che il solo principio ammesso da tutti era appunto che non potevano più esserci né poesia né arte, e che si doveva trovare di meglio”
(Guy Debord, 1993)
Se tutte le rivoluzioni entrano nella storia (come lo stesso Guy Debord ci comunica nel suo Panegirico1) per ricostruire e per capire quelle rivoluzioni, quali e di che entità siano i loro successi ed insuccessi, è essenziale partire dai fatti che compongono la loro storia. E partendo dai fatti, si può dire che l'”Internazionale Situazionista” (I.S.) ha un luogo ed una data di nascita: il 28 luglio 1957 a Cosio d'Arroscia (IP). La nascita viene sancita dall'unione – dopo una convivenza di alcuni mesi – delle sue due componenti essenziali: l'”Internazionale Lettrista” (I.L.) ed il “Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista” (M.I.B.I.). L'”Associazione Psicogeografica di Londra” – costituita per l'occasione in modo da consentire a Ralph Rumney di partecipare al movimento – fa da levatrice. 1 Guy Debord, Panegirico, Castelvecchi, Roma 1996, pag. 20
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Tuttavia per capire cosa sia stata l'I.S. e quali le sue origini, è necessario fare un passo indietro e tracciare una breve storia dei movimenti che l'hanno generata: prima di tutto ciò che sorse dalle ceneri del surrealismo olandese, ovvero il gruppo “COBRA”2 i cui più importanti esponenti (Anton Nieuwenhuys Constant ed Asger Jorn su tutti) confluiranno nel M.I.B.I. e quindi nell'I.S.; in secondo luogo il “Movimento Lettrista” di Isidore Isou, la cui fazione estremista (capeggiata da Guy Debord e Michelle Bernstein) si distaccherà per fondare l'I.L., vero banco di prova per le teorie dei situazionisti. Da questa molteplice composizione appare già chiara l'antinomia fondamentale che connoterà l'evoluzione dell'I.S. e che la porterà ad un’incredibile serie di epurazioni (si pensi che sui 70 membri iniziali, alla fine ne rimarranno soltanto due: Debord e G. Sanguinetti). Questa antinomia è rappresentata dalla convivenza di un'anima prettamente artistica ed un'anima prevalentemente politica e dalla suggestiva illusione di aver risolto l'una nell'altra.
Le ceneri del surrealismo: il “gruppo COBRA” Nel 1948 alcuni artisti sperimentali che operano tra Copenaghen, Bruxelles e Amsterdam fondano l'”Internazionale degli Artisti Sperimentali” (nome ufficiale di quello che diverrà noto come gruppo “COBRA”) condensando le istanze più avanzate 2 Nome ricavato dalle iniziali delle tre città da cui provenivano i suoi artisti: Copenaghen, Bruxelles, Amsterdam. Come si vedrà più avanti, questo era il nome della rivista pubblicata dal gruppo che finirà per identificarlo.
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in Europa della discussione sul ruolo problematico che l'artista deve assumere nella società e nell'ambito politico: lo scopo è quello di riprendere il discorso d'avanguardia sperimentale interrotto dallo scoppio della seconda guerra mondiale, dal fallimento del surrealismo e dall'incancrenirsi dell'arte di ispirazione marxista sugli orizzonti atoni del realismo socialista. La centralità dell'atto di immaginazione, capacità della presa di possesso dell'oggetto desiderato si concretizzerà nell'uso del colore come strumento principale di questo atto immaginativo. Christian Dotremont nel '49 scrive: «La macchia di colore è come un grido nella mano del pittore [...] è come un grido della materia»; gli fa eco Jorn, sempre nello stesso anno: «Il quadro non è più una costruzione di colori e di linee, ma un animale, una notte, un grido, un essere umano o tutto questo insieme.» Dunque un'arte che rimette al centro l'azione e la rappresentazione di una realtà interiore, dell'umano con i suoi incubi o dell'uomo come soggetto, ed un'architettura che sia capace di creare un nuovo ambiente urbano più irrazionale ed umano (tesi con la quale si sposerà il concetto situazionista di Urbanisme Unitarie). Del surrealismo – pur aspramente criticato – il gruppo recupera l'istintualità gestuale, promuovendo l'implicazione del corpo nell'atto del dipingere. Il Manifesto pubblicato sul primo numero di “Reflex” (1948) è una dichiarazione di libertà che gli artisti sperimentali rivendicano in opposizione al vuoto culturale totale in cui si trovano ad operare, vuoto in cui l'influenza storica delle classi dominanti ha sempre più spinto l'arte, fino a farle raggiungere una posizione di dipendenza. L'espressione libera è 4
vietata nella società così costituita: la cultura individualista non offre alcuna possibilità per l'immaginazione ed il desiderio. Tuttavia «una nuova libertà sta per nascere, che permetterà agli uomini di soddisfare il loro bisogno di creare. In questo processo l'artista professionista perderà la sua posizione privilegiata: ciò spiega la resistenza di alcuni artisti attuali3.» I vari gruppi che compongono questa Internazionale4 sono accomunati dal concetto di “libera sperimentazione” e di hasard (casualità nella creazione, contro ogni forma di progettazione), nonché dalla volontà di recuperare la tradizione artistica popolare ed artigianale. Essenziale per questi artisti sperimentali è l'opposizione alle correnti razionaliste di tipo purista e neocostruttivista, ed all'architettura funzionalista: Noël Arnaud, sull'unico numero di “Surréalisme Révolutionnaire”, accusa anche il surrealismo storico (l'ala belga di “COBRA” si era infatti distaccata violentemente dai surrealisti bretoniani), colpevole di idealismo, in contrapposizione ad una nuova adesione alla vita ed alla realtà, messa in atto attraverso un'esplorazione conoscitiva e sperimentale, ed in connessione al marxismo5. Il gruppo prende quindi distanza dai surrealisti che hanno troppo enfatizzato l'importanza dell'inconscio e della psiche ed i suoi artisti rompono con i rispettivi Partiti Comunisti colpevoli di inneggiare al realismo socialista ostile in ogni modo ad ogni arte o teoria sperimentale. 3 Constant, Manifest, in “Reflex”, n.1, Amsterdam 1948
4 Assieme agli autori della rivista danese “Helhesten” (tra i quali milita Constant), quelli della rivista olandese “Reflex” (tra i quali c'è Asger Jorn) ed il “Gruppo surrealista rivoluzionario” (nel quale milita Christian Dotremont).
5 Noël Arnaud, Le Surréalisme en son temps, in “Le Surréalisme Révolutionnaire” n.1, 1948.
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La rivista “Cobra” è la voce del movimento: dalle sue pagine Jorn precisa la specificità del gruppo rispetto alle tendenze coeve, poiché il suo punto di partenza rappresenta «una nuova ottica dell'arte astratta. Si può dire che essa sia un'arte astratta che non crede nell'astrazione6.» Una posizione di rottura con il mondo artistico e con il modo di fare arte dell'epoca, confermata dal primo atto pubblico del gruppo: l'opposizione alla conferenza del “Centro Internazionale per la Documentazione dell'Avanguardia” (alla quale i tre gruppi che componevano “COBRA” erano stati invitati) poiché «l'unica ragione per mantenere un'attività internazionale è la collaborazione organica e sperimentale che evita sterili teorie e dogmatismi.» Nonostante la prolificità degli artisti coinvolti e le tesi rivoluzionarie sul ruolo dell'arte, il gruppo si scioglie nel 1951, a soli tre anni dalla sua fondazione nei quali è stato totalmente ignorato dal mondo dell'arte.
“Fuoco alle polveri dell'avanguardia”: dal “Movimento Lettrista” all'“Internazio­nale Lettrista”.
L'altra componente del connubio che formerà nel 1957 l'I.S., è rappresentata dal gruppo dissidente costituitosi all'interno del “Movimento Lettrista” e riunitisi intorno al foglio settimanale gratuito Potlatch7, denominatosi “Internazionale Lettrista”. 6 Asger Jorn, Pour la Forme­Ébauche d'une méthodologie des arts, Internationale Situationniste, Paris 1958
7 Il potlatch è una forma arcaica di scambio, antecedente al baratto ed al commercio, nella quale figurano due contendenti che si scambiano doni di valore via via sempre crescente in un gioco al rialzo che sovverte completamente il concetto stesso di valore. Tale pratica – in uso presso i nativi Americani – è stata analizzata da Marcel Mauss e poi da George Bataille in La notion de dépens del 1933. Dando questo titolo al proprio bollettino, l'I.L. ne vuole sottolineare l'assoluta 6
Il “Movimento Lettrista” era nato poco dopo la II guerra mondiale ad opera del giovane rumeno Isidore Isou che, vantando la stessa nazionalità di Tristan Tzara, si recò a Parigi nel 1946, con in testa l'idea di rinnovare e stravolgere l'arte poetica: alla base del discorso lettrista c'era infatti la considerazione che qualsiasi arte attraversa due fasi dialettiche, una di espansione ed una di distruzione. Isou riteneva per sé il ruolo di completatore della fase distruttiva della poesia cominciata da Baudelaire, distruggendo le lettere per poi inaugurare una nuova fase di espansione. Per Isou è essenziale, nel processo di distruzione dell'arte poetica, che essa torni al concetto di lettera (da qui l'accezione “lettrista”) ed all'uso della lettera non solo nella composizione poetica, ma anche in quella pittorica ed in quella filmica: in un periodo di crisi dei valori estetici e morali, Isou ed i lettristi si mettono sulle tracce delle provocazioni di Dada in un continuo processo di sovvertimento delle arti, attraverso scandali pubblici e opere in cui la scrittura è ridotta ad ogni sorta di grafema (nella stessa frase sono usati spesso sia i caratteri latini che quelli greci, i geroglifici ed anche la scrittura fonetica!), la pittura è ridotta a poliscrittura, il cinema è privato delle immagini, le pellicole graffiate apposta e proiettate nei luoghi più impensabili (non ultimo la mongolfiera su cui verrà proiettato il “Trattato di bava e d'eternità” di Isou, che varrà al rumeno il premio come miglior film d'avanguardia al festival di Cannes nel 1951). gratuità (infatti la rivista porterà sempre la dicitura “tutti i testi pubblicati possono essere liberamente riprodotti, tradotti o adattati anche senza l'indicazione d'origine”) ed il ruolo di provocazione in cui consiste: esso è infatti un dono “di idee e problemi nuovi” a cui la società deve sentirsi obbligata a rispondere in maniera adeguata. 7
Anche questo Movimento, nonostante la sua radicalità ed originalità non riscuoterà alcun successo fino alla fine degli anni '40 quando Isou comincia a fare proseliti tra i giovani studenti parigini (tra gli altri Guy Debord e Michelle Bernstein) e comincia la pratica degli scandali pubblici: Parigi era percepita al tempo come la capitale mondiale della cultura ed in giro per la città non mancavano mostre, letture di poesie, rappresentazioni teatrali d'avanguardia (o di presunta avanguardia, secondo i lettristi) alle quali Isou e compagni si recavano disturbandone lo svolgimento, leggendo comunicati nei quali inneggiavano alla nuova arte di Isou e deprecavano l'arte vetusta a loro contemporanea. In una delle loro azioni arrivarono ad interrompere la declamazione pubblica di alcune poesie da parte di Tristan Tzara, rivendicando l'azione con la frase «basta con questa robaccia, vogliamo qualcosa di nuovo: Isidore Isou.» L'azione non poté non far scalpore se si considera il fatto che all'epoca Dada era ancora considerata l'avanguardia più esplosiva esistente. Frattanto sulle pagine di “La Dictature Lettriste” Isou continuava il suo lavoro teorico e critico che, nel tentativo di produrre una visione d'insieme di una nuova società, analizza con grande lungimiranza il problema della gioventù e della totale impossibilità dei giovani nel decidere delle proprie vite e sostenendo che un vero movimento rivoluzionario non può che partire dalle giovani generazioni: in questo senso Isou anticipa le posizioni situazioniste sul '68 e le rivendicazioni del Maggio, riconoscendo alla “gioventù” il valore di soggetto politico. Ma i migliori frutti di questo lavoro teorico furono senza dubbio la teoria della deriva ed il détournment 8
(quest'ultimo “inventato” insieme a Debord durante una delle numerose sedute alcoliche al bar Rive Gauche), armi per una critica dell'arte e della vita quotidiana di cui i situazionisti si serviranno cospicuamente.
Il Movimento continuò la sua attività fino alla metà degli anni '60 completamente preda dell'infinita megalomania di Isou che cominciò a considerare il suo ruolo per la poesia «uguale a quello svolto da Gesù nel Giudaismo8.» Da esso si era staccata per tempo una importante costola costituita da Guy­Ernest Debord, Michelle Bernstein, André­Frank Conord, Mohamed Dahou, Gil J. Wolman, ovverosia la sinistra del Movimento. Scriverà più tardi Debord: «L'Internazionale Lettrista era l'organizzazione della “sinistra lettrista” che, nel 1952, impose la scissione nell'avanguardia artistica “lettrista”; e da quel momento la fece scoppiare9.» L'I.L. Si staccò dal “Movimento Lettrista” per un dissidio ideologico sempre crescente, dovuto soprattutto alla visione rigidamente sistematica che i “vecchi” lettristi avevano del processo rivoluzionario: Debord e compagni erano portatori di una «teoria della rivoluzione apparentemente senza teoria», uno spontaneismo adogmatico che cozzava in maniera sempre crescente con il culto della personalità di Isou, imperante nel “Movimento Lettrista”. Così, nel 1952, fu proprio la riverenza che i lettristi tributarono a Charlie Chaplin che causò la rottura, poiché la “sinistra lettrista” irruppe nella sala in cui si teneva una conferenza stampa del regista lanciando “volantini 8 Isidore Isou, Introduzione ad una nuova poesia ed una nuova musica, Gallimard, Parigi 1947
9 Guy­Ernest Debord, Introduzione all'edizione del 1985 per i tipi di Gérard Lebovici, ora in Potlatch, Nautilus, Torino 1999
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ingiuriosi”: l'ala “destra” del Movimento prese le distanze dal gesto a cose fatte ritenendo «che l'opera e la persona di Chaplin dovesse restare in una prospettiva progressista10.» La rottura fu dunque inevitabile e per tutta la durata delle pubblicazioni di Potlatch non vi sarà numero in cui non vengano ripresi e criticati i vecchi compagni. Al di là di queste beghe, la specificità dell'I.L. non tarda a risultare evidente: già nel primo numero di Potlatch è chiaro come la tematica artistica scivoli totalmente in secondo piano rispetto all'analisi politica: contrariamente ai “vecchi” lettristi, Debord e compagni si impegnano ogni settimana nell'analisi dei movimenti rivoluzionari e delle lotte anticoloniali (si parte dal Guatemala, passando per la guerra d'Indocina, fino all'Algeria) e di piccoli fatti di cronaca. Si può dire che la critica artistica sia relegata esclusivamente alle analisi psicogeografiche ed ai resoconti di derive che susciteranno d'altra parte l'interesse di Jorn e Constant nel tracciare un fronte di lavoro comune, che sfocerà nella fondazione dell'I.S. È proprio sulle pagine di Potlatch che comincerà a delinearsi il concetto di situazione e della costruzione di situazioni. La città per i “giovani” lettristi è un complesso meccanismo creato dall'uomo e proprio per questo è in grado di modificare le percezioni. Come la vita, essa deve essere appassionante e dedita al gioco, altrimenti non ha nessun valore, non vale la pena di essere vissuta. Attraverso un'analisi psicogeografica del territorio è possibile capire come sfruttare gli stati d'animo e le condizioni psicologiche che la città crea e ricrearle attraverso la derive, che in questo 10 Guy Debord­Gil J. Wolman, Perché il Lettrismo?, Potlatch n. 22, 9 settembre 1955
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senso ha due ruoli: fornire materiale per l'analisi psicogeografica ed utilizzare quei materiali per produrre spaesamento. Creazione e costruzione: il “Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista”.
Negli anni seguenti alla dissoluzione di “COBRA”, nel 1951, Jorn trascorre due anni in un ospedale svizzero a Villars Chésières a causa della tubercolosi. Nonostante la patologia, egli continua ad intrattenere contatti con gli artisti sperimentali europei, in special modo con i vecchi compagni di “COBRA”. Non solo: egli getta le basi di un nuovo progetto: il “Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista” (M.I.B.I.). L'esigenza di un nuovo Bauhaus che riprendesse il discorso di quello di Klee e Kandinsky era però già stata percepita dalla “Fondazione Geschwister Scholl di Ulm” ed i lavori per la sua realizzazione affidati all'architetto concretista svizzero Max Bill. Nel 1953 cominciò il primo anno di corsi e all'inaugurazione Henry Van de Velde e Walter Gropius (già membri del primo Bauhaus) ne riconobbero subito la legittimità. Ma il Bauhaus di Ulm aveva, secondo Jorn, dei difetti strutturali: non era una scuola per la formazione di artisti, ma in esso si volevano formare industrial designers. Max Bill, infatti riteneva che il ruolo dell'artista nella società capitalista fosse quello di progettare oggetti di design e che compito del suo Bauhaus fosse quello di ricucire il filo che legava l'artista alla produzione industriale, interrottosi con la fine dell'artigianato: un radicalizzarsi delle posizioni che finirono per distruggere – 11
dal punto di vista artistico – il Bauhaus di Weimar sostenuto proprio da Gropius, che non a caso benedirà la fondazione di questo nuovo progetto.
Se il primo Bauhaus aveva sostenuto la separazione tra arti libere ed arti applicate, i suoi due successori avevano intrapreso due strade differenti: il Bauhaus funzionalista di Ulm aveva soppresso le arti libere in virtù dell'industrial design, mentre l'ideale Bauhaus immaginista voleva sovvertire completamente l'applicazione dell'arte al processo industriale, nella convinzione che l'arte come tale sia il trionfo della spontaneità è che suo compito sia realizzare «le macchine come strumento­gioco per gli artisti liberi.»
Jorn, con la sua salda formazione surrealista e la tendenza a dare valore all'impulso irrazionale e vitalistico, dopo un’iniziale corrispondenza con Bill – dovuta al comune interesse per la rinascita del Bauhaus – si distacca immediatamente dal freddo razionalista svizzero e fonda il M.I.B.I., di cui inizialmente è l'unico esponente, ma che presto troverà l'adesione dei vecchi compagni Constant e Christian Dotremont e dell'italiano Enrico Baj del “Movimento Pittura Nucleare” (con cui aveva iniziato una corrispondenza fittissima nel 1953). La polemica di Jorn contro il funzionalismo di Bill è tutta espressa nel testo Immagine e Forma11, prima pubblicazione del M.I.B.I. nel 1954: al concetto di forma “statica” egli contrappone una forma “dinamica” in continua trasformazione sottolineando che l'architettura deve essere una fonte continua di sensazioni per chi osserva, la casa non deve essere una macchina per 11Asger Jorn, Immagine e Forma, in Pour la Forme, Libreria Sileno, Genova 1974
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abitare, ma una macchina per sorprendere ed impressionare, uno strumento d'espressione (qui risultano evidenti i punti di contatto con l'I.L.). I funzionalisti hanno costruito un'estetica per la quale l'oggetto deve riflettere la sua funzione, ma ignorano che l'arte è un modo d'espressione che manifesta il bisogno, l'interesse, il desiderio dell'uomo e non tende in alcun modo alla funzione: la perfezione della forma è sancita dall'uso, non dallo studio che se ne può fare a priori.
Sempre nel 1954 Baj invia a Jorn una copia di Potlatch e l'artista danese rimane entusiasta e sorpreso dall'apprendere la comunanza di temi tra i due movimenti ed invita una delegazione dell'I.L. agli “Incontri Internazionali di Ceramica”, prima manifestazione del M.I.B.I., ad Albissola Marina, nell'estate dello stesso anno e sempre nello stesso anno Jorn si reca al 1° “Congresso Internazionale dell'Industrial Design” della X Triennale di Milano dove replica alla relazione di Max Bill con un intervento dal titolo “Contra le Fonctionnalisme” suscitando scandalo. Nell'estate del 1955 si svolge, sempre ad Albissola Marina, una nuova edizione degli “Incontri Internazionali della Ceramica” a cui partecipa l'artista italiano Giuseppe Pinot­Gallizio il cui incontro con Jorn apre una nuova prospettiva al movimento: studioso di cultura popolare, di archeologia e di chimica, l'ex partigiano era da poco approdato alla pittura grazie all'incontro con Piero Sismondo. Con la sua sperimentazione sfrenata e l'uso di materiali sempre nuovi, dalle resine sintetiche fino a prodotti chimici di sua invenzione, Pinot­Gallizio era proprio il prototipo di artista indipendente che Jorn stava cercando. I loro interessi comuni erano numerosi, dallo 13
studio del nomadismo alla passione per l'archeologia, alla convinzione che i tempi fossero ormai maturi per un decisivo passo in avanti dell'umanità per l'abbattimento dello stato borghese. Nel settembre del 1955 Jorn si reca ad Alba, dove Pinot­Gallizio risiede, ed assieme a Piero Sismondo decidono di fondare il “Laboratorio Sperimentale del Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista”, il cui criteri fondamentali saranno la libertà di sperimentazione, l'esaltazione della capacità di sperimentare su quella di creare e l'annullamento della separazione tra arti libere ed arti applicate a totale vantaggio delle prime. L'attività del Laboratorio, alloggiato nei sotterranei di un ex­convento di proprietà dello stesso Gallizio, è intensissima già da subito e sia Gallizio che Sismondo sperimentano di continuo materiali e supporti di ogni tipo. Nel frattempo Jorn gira l'Europa per tenere i contatti con tutti gli esponenti del Movimento e nel maggio del 1956 propone con successo ai membri dell'I.L. di unirsi al M.I.B.I. Dal 2 all'8 settembre del 1956 ad Alba si svolge il “1° Congresso Mondiale degli Artisti Liberi” a cui partecipano tutti gli aderenti al movimento, che porterà all'adozione finale del programma sull'Urbanisme Unitaire proposto da Gil J. Wolman per conto dell'I.L.. Nelle fasi preliminari del Congresso Wolman chiede ed ottiene l'allontanamento di Enrico Baj e del “Movimento Pittura Nucleare”, dopo che i dissensi lettristi avevano già suscitato la mancata partecipazione di Dotremont. Così Wolman commenta causticamente l'esclusione dei due artisti: «Christian Dotremont, di cui era stata annunciata la presenza nella delegazione belga, ma che da qualche 14
tempo collabora con la redazione della Nouvelle­nouvelle Revue Française, si è astenuto dal comparire ad un'assemblea dove la sua presenza sarebbe stata inaccettabile per la maggioranza [...] Enrico Baj, rappresentante del “Movimento Pittura Nucleare” si è dovuto ritirare il primo giorno; il Congresso ha consacrato la rottura con i nucleari pubblicando il seguente annuncio: “Messo alle strette davanti a fatti precisi, Baj ha lasciato il congresso. Non ha portato via la cassa.”12» Wolman nel suo intervento propone al Congresso le tesi dell'I.L. sull'Urbanisme Unitaire, definito come sintesi di arti e tecniche che concorrono alla costruzione integrale di un ambiente in legame dinamico con esperienze di comportamento: in quest'ottica si sviluppa un'urbanistica rivolta alla vita che punti alla creazione di svaghi ed agi e non di “topaie funzionaliste”, una pratica che studia e crea habitat per l'uomo per costruire le strade e le case della vita reale: non una dottrina dell'urbanistica, ma una sua critica. Alla fine dei lavori il programma dell'I.L. verrà sottoscritto da tutti i partecipanti al Congresso e all'Urbanisme Unitaire verrà riconosciuta «una interdipendenza essenziale con uno stile di vita a venire13» grazie anche al forte interesse dimostrato da Constant che da qualche anno si stava dedicando all'architettura.
Dal Congresso – nonostante le importanti estromissioni – il movimento uscì molto rafforzato: il Laboratorio Sperimentale comincia a focalizzarsi sull'urbanistica preparando la prima manifestazione dell'Urbanisme Unitaire che ha luogo all'Unione 12 Gil J Wolman, La piattaforma di Alba, Potlatch n. 27, 2 settembre 1956
13 Gil J Wolman, La piattaforma di Alba, cit.
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Culturale di Torino nel dicembre del 1956. Constant, nel frattempo, soggiorna ad Alba e comincia a progettare, assieme a Gallizio un piano psicogeografico della città. I due progettano inoltre un edificio a pannelli mobili destinato ad ospitare le carovane di zingari che attraversano la valle del Tanaro: in questo periodo l'attività del movimento si concentra, infatti, oltre che sul potlatch e sul gioco, anche sul nomadismo e sull'architettura mobile. L'intento è quello di allargare l'esperienza a campi e modi di vita che sono al di fuori o marginalizzati dalla società borghese. Con l'Urbanisme Unitaire l'artista esce da una dimensione contemplativa della realtà e dalla produzione dell'oggetto inutile, ma diventa produttore di ambienti promuovendo una autogestione totale di tutti gli aspetti dell'esistenza, promuovendo un superamento dell'arte che rompe con gli ambienti artistici e con i limiti dell'opera. Da queste considerazioni nasce la pittura industriale di Gallizio, nel 1956: su enormi rotoli di diversi materiali l'artista albese applica le sue vernici ed i suoi reagenti producendo una quantità di dipinti immensa (industriale appunto) tanto da poter essere venduta al metro ed a prezzi stracciati con l'intento da un lato di inflazionare il mercato dell'arte, e dall'altro di produrre materiale in grado di rivestire gli ambienti della nuova architettura. Dato questo fortissimo fermento attorno al Laboratorio Sperimentale, all'inizio del 1957 i più importanti membri del M.I.B.I. si ritrovano spesso nell'albese. Basterà un eccesso alcolico a far scoccare la scintilla che darà vita all'Internazionale Situazionista.
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Capitolo II
L'I.S. vive per quindici anni, dal 1957 al suo “scioglimento nel popolo” del 1972. Tra i due estremi vi è almeno un importante cambio di prospettiva teorico: da una iniziale tesi sul superamento dell'arte attraverso l'arte stessa si passa, all'inizio degli anni '60 ad un impegno più decisamente politico che determina la cacciata degli artisti dal gruppo (rapidamente Pinot­Gallizio, Constant e poi Jorn sono invitati od obbligati a lasciare l'I.S.). Il motivo di tale rigorismo, se da una parte è imputabile alla sostanziale diversità delle due anime (quella di provenienza lettrista e quella di provenienza surrealista) di cui quella più decisamente politica prende il sopravvento, è da attribuire in massima parte alla teoria stessa della morte dell'arte e della critica della cultura che i situazionisti elaborano nel corso degli anni sia sulle pagine della rivista Internationale Situationniste, sia in una innumerevole serie di volantini e testi a latere delle loro azioni: questi scritti sono caratterizzati – per altro – da una eccezionale capacità di analisi e da una lungimiranza che a volte sfiora la preveggenza e che fanno dell'I.S. una delle miniere critiche che alimenteranno il Maggio '68 in Francia e che finiranno per incendiare le intelligenze critiche (specie 17
giovanili) di tutto il mondo.
L'arte della morte dell'arte: l'I.S. come avanguardia artistica
Per gli artisti sperimentali che formano il M.I.B.I. il 1957 è un anno ricco di fermento: Gallizio, Constant, Jorn e Debord collaborano strettamente sia ad Alba che a Parigi e viene preparata in febbraio una manifestazione psicogeografica nella galleria Taptoe di Bruxelles nella quale Pinot­Gallizio pone i suoi primi lavori di pittura industriale. Nel frattempo anche l'elaborazione teorica del movimento è in fermento con la pubblicazione di opere di Jorn (Structure et changement14), di Debord (Report sur la costruction des situations15) oltre che di Pinot­Gallizio e di Constant. Punto nodale del discorso di tutti e quattro gli autori (pur con sfumature differenti) è un attacco alla cultura, il cui scopo è quello di ingabbiare e rendere inoffensive le istanze di rinnovamento necessarie perché l'uomo possa esprimere liberamente il proprio desiderio. Jorn considera la cultura come una violazione organizzata dell'uomo contro la natura per assoggettarla ai suoi bisogni, ma che finisce per assoggettare l'uomo stesso: la cultura non può essere usata come criterio di verità in quanto essa non è stata scoperta dall'uomo, ma inventata. L'invenzione è infatti qualcosa di non reale, il contrario della verità, una menzogna: ciò che condiziona l'evoluzione culturale è la capacità dell'uomo di trasformare un'invenzione in realtà, una menzogna in verità. Dunque né la cultura né la tecnica possono essere utilizzate per sancire cosa sia reale, 14 Asger Jorn, Structure et changemen, in Pour la Forme, cit.
15 Guy Debord, Report sur la costruction des situations, Nautilus, Torino 1999
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ma solo per rendere reale ciò che ancora non lo è. Scopo della vita umana è quindi quello di creare nuove realtà: è ciò che prova a fare l'artista creando mondi e visioni del mondo per giungere a cambiare l'uomo. Debord, partendo dalle tesi appena espresse, stabilisce il programma di minima di un'arte che si pretenda sperimentale: in una serrata critica che parte dal futurismo per arrivare al surrealismo ed al realismo socialista, il francese traccia la miseria di una società che ha relegato l'artista da unico uomo libero di esprimersi nella società feudale a semplice impiegato della produzione spettacolare nelle società capitaliste ed in quelle del socialismo reale, mentre in quelle stesse società una classe operaia anestetizzata da partiti e sindacati stalinisti e reazionari compra inutili oggetti di consumo al prezzo della miseria della propria vita. Ribellioni a queste condizioni ci sono state sia da parte degli artisti che da parte del proletariato, ma esse hanno fallito poiché sono tutte state riassorbite dal capitale: gli artisti sono stati comprati poiché il loro rifiuto degli schemi e la creazione di nuove forme ha generato la difesa del capitale con la creazione del mercato artistico, del circuito dei critici d'arte e dei compratori d'arte (non a caso quasi tutti borghesi); gli operai beffati dalle loro organizzazioni che sono ricadute sulle singole rivendicazioni invece che andare oltre, verso una rivendicazione che fosse totale, nei confronti di tutto il sistema. Il ruolo di una nuova avanguardia è la sperimentazione che distrugga finalmente lo schema dell'opera d'arte, segno supremo dell'immobilismo di ogni regime reazionario che prova a bloccare il tempo in istanti eterni ed organizzati gerarchicamente e che si è trasformata in soggetto passivo di “fruizione” da parte 19
degli “spettatori”: la cultura moderna è fondata sullo spettacolo e l'opera d'arte è dunque uno strumento che rende chi la osserva un puro spettatore passivo senza nessuna possibilità di interagire con essa (che pure dovrebbe essere espressione, dunque comunicazione da parte dell'artista). Compito dell'avanguardia sarà quello di spezzare i limiti dell'opera e rendere lo spettatore sempre più attivo, fino ad eliminare la differenza tra autore e spettatore. È necessario per fare questo impadronirsi della cultura dominante e condurla alla sua negazione: «la “cultura” di una società sia rispecchia sia prefigura le possibili modalità, da parte di questa, di organizzazione della vita. La nostra epoca è caratterizzata dal fatto che l'azione politica rivoluzionaria rimane indietro rispetto allo sviluppo di moderne modalità di produzione di cui necessita una migliore organizzazione del mondo.16 » Dunque mentre il capitalismo avanza e combatte con armi sempre più efficaci (gli interventi economici statali, l'estensione del settore consumatore, i regimi fascisti), ad arrancare non è solo il proletariato, ma anche la critica al mondo della cultura i cui presunti intellettuali, anche quelli sedicenti “rivoluzionari”, si mostrano essere null'altro che i cani da guardia di un potere volto al mantenimento dello statu quo. Il compito di una nuova avanguardia artistica, per Debord, è innanzitutto di tagliare i ponti con il passato e proiettarsi verso un futuro possibile, in cui agli uomini sarà data la libertà di esprimersi creando ambienti e momenti di vita in grado di formarli a proprio piacimento, in cui la noia non sarà il 16 Guy Debord, op. cit., pag. 1
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naturale condimento di un'esistenza insignificantemente persa tra l'acquisto di un frigorifero e di un'auto nuova, ma sarà vissuta in un gioco ininterrotto che non comporterà competizione, ma solo gioia. Le strade per ottenere ciò sono da ricercare in una serrata critica alla vita quotidiana, volta al suo rovesciamento, e nell'immettere l'arte nella vita donandole il ruolo di soggetto rivoluzionario (nella mancata realizzazione di questo programma Debord vede il fallimento del surrealismo, che pure era stata la più avanzata avanguardia del secolo). Ciò sarà possibile solo se i futuri artisti rivoluzionari diverranno creatori di situazioni, intese come momenti della vita costruiti deliberatamente. Oltre alla creazione di situazioni altri mezzi saranno quelli della derive e della psicogeografia, che insieme concorrono al programma per un Urbanisme Unitaire. Gli artisti di questa nuova avanguardia dovranno agire su tutta la società, superando qualsiasi condotta settaria e ciò anche a costo di doversi servire, dal punto di vista economico come da quello costruttivo, di specialisti delle tecniche più disparate, anche se ciò comporta dei forti rischi (come dimostrerà di qui a cinque anni l'espulsione dell'ala artistica dalle file dell'I.S.). Altri due testi interessanti vengono dati alle stampe nel 1957 dal M.I.B.I., in vista di quella che doveva essere la terza conferenza del movimento (e che poi si rivelerà essere la conferenza creatrice dell'Internazionale Situazionista): sono Fin de Copenhague17 e Guide psychogéographique de Paris18, entrambi prodotti a quattro mani da Jorn e Debord applicando il détournment a mappe psicogeografiche, scritte e 17 Asger Jorn, Fin de Copenhague, Bauhaus Immaginiste, Copenaghen 1957
18 Guy Debord, Guide psychogéographique de Paris, Bauhaus Immaginiste, Copenaghen 1957
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colature di colore in un collage psicogeografico molto suggestivo che fa da appoggio alla critica della vita quotidiana ed all'Urbanisme Unitaire. Il 28 luglio a Cosio d'Arroscia (Imperia) si svolge la conferenza unificatrice del M.I.B.I. con l'“Internazionale Lettrista”. Ad essa partecipano: (per il M.I.B.I.) Pinot­
Gallizio, Asger Jorn, Walter Olmo, Piero Sismondo, Elena Verrone; (per l'I.L.) Guy Debord e Michèle Bernstein. Ai lavori assiste il girovago Ralph Rumney che, ansioso di partecipare, viene dichiarato delegato per l'inesistente Associazione Psicogeografica di Londra. Alla fine, le votazioni (5 favorevoli, 2 astenuti, 1 contrario) sanciranno l'avvenuta nascita dell'I.S. ed il Laboratorio Sperimentale di Alba diverrà il “Laboratorio Sperimentale dell'Internazionale Situazionista, Sezione Italiana” composta da Pinot­Gallizio e da suo figlio Giors Melanotte. Da subito appaiono chiare i contrasti interni all'I.S. che oppongono Walter Olmo, Piero Sismondo ed Elena Verrone al resto del movimento: l'occasione per la rottura è data dal testo di Olmo Per un concetto di sperimentazione musicale inaccettabile per l'I.S. poiché in esso viene espresso un concetto di sperimentazione che non supera affatto l'arte in quanto tale, ma rimane fermo all'intenzione di formare un'arte sperimentale. In realtà i tre italiani, sono accomunati dall'intendere la sperimentazione in senso scientifico e non orientata in alcun modo alla realizzazione del desiderio o di una critica della vita quotidiana o di un intervento in essa. Le stesse produzioni di Olmo e di Sismondo non tenderanno mai a superare il concetto di opera, né si muoveranno mai nella direzione del superamento del moderno: l'I.S. 22
infatti rifiuta di essere “moderna”, perché l'arte che si definisce “moderna” è evidentemente in ritardo sulla sua epoca. Essa è contemporanea all'epoca. Nel gennaio del 1958 i tre si riterranno dimissionari e l'esclusione verrà sancita nella II Conferenza del movimento, anche se in seguito i situazionisti si serviranno cospicuamente del tereminofono di Olmo, uno strumento che, emettendo suoni a seconda dei campi magnetici che lo circondano e della sua distanza dai corpi, sarà utilissimo nella creazione di ambienti. Come già tra i surrealisti e poi nell'I.L., l'esclusione dei dissidenti o di elementi poco determinati (in marzo verrà espulso Rulph Rumney per non aver consegnato in tempo un rapporto psicogeografico su Venezia poiché la sua ragazza aveva avuto un bambino; in ottobre Walter Korun verrà sbattuto fuori per dei ritardi nelle pubblicazioni in Belgio) sono necessarie all'I.S. per mantenere alto il livello di coesione interno e di coerenza nei confronti dei propri obiettivi. La facilità con cui si poteva essere espulsi non rispondeva all'arbitrio dei quadri dirigenti, poiché l'unico organo decisionale del movimento era rappresentato dalle conferenze in cui le decisioni erano prese a maggioranza semplice, ma dal fatto che i situazionisti si identificavano totalmente con il loro obiettivo, il piano personale collassava completamente su quello politico: «nessuno può considerare la sua appartenenza all'I.S. come una questione di principio: l'attività di tutti i partecipanti deve corrispondere alle prospettive elaborate in comune e alla necessità di un'azione disciplinata.19»
19 Programmed'Amsterdam, Internationale Situationniste n.2, dicembre 1958.
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Nel giugno del 1958 esce il primo numero della nuova rivista di propaganda situazionista Internationale Situationniste20 che – come Potlatch prima di lei – porterà su ogni numero la dicitura “tutti i testi pubblicati possono essere liberamente riprodotti, tradotti o adattati anche senza l'indicazione d'origine”: il primo numero è incentrato su un'aspra critica del surrealismo e della sua sconfitta storica oltre che sulla definizione della terminologia del movimento e su critiche rispondenti all'Urbanisme Unitaire. In esso viene riprodotto il volantino con cui alcuni situazionisti belgi hanno “assaltato” l'“Assemblea dei Critici d'Arte Internazionali”, prima azione ufficiale dell'I.S.: tutti i critici che vi partecipano sono raggiunti dal tract ed attraverso di esso insultati: «ciò che si fa qui sembra a tutti semplicemente noioso [...] Nella misura in cui il pensiero moderno per la cultura si scopre essere rimasto perfettamente stagnante da venticinque anni; nella misura che un'epoca che non ha compreso nulla e nulla cambiato, prende coscienza della sua sconfitta, i suoi responsabili tendono a trasformare le loro attività in istituzioni.21» Mentre l'I.S. si scaglia contro la cultura del tempo ed il suo immobilismo, Pinot­
Gallizio e suo figlio Melanotte mettono a punto la strategia con la quale l'I.S. punta al sovvertimento del sistema artistico, la pittura industriale. Dopo gli iniziali esperimenti nel M.I.B.I., Gallizio migliora sempre di più la capacità produttiva e creativa del suo Laboratorio Sperimentale e nel maggio del 1958 ha luogo nella 20 Della rivista “Internationale Situationniste” usciranno in tutto 12 numeri tra il 1958 ed il 1969: inizialmente essa avrà una periodicità semestrale, in seguito le sue uscite saranno sporadiche.
21 Azione in Belgio contro l'Assemblea dei Critici d'Arte Internazionali, Internationale Situationniste n. 1, pag. 29
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galleria “Notizie” di Torino la prima manifestazione di pittura industriale nell'ambito dell'I.S. con un détournment della consueta forma­mostra: all'entrata un metro da sarto poiché i rotoli di pittura industriale vengono venduti al metro, all'interno l'intera galleria è coperta di rotoli e rotoli di pittura industriale, dal soffitto, alle pareti, al pavimento ed in mezzo alla stanza una modella ne è completamente vestita mentre dietro una parete un tereminofono emana i suoi suoni sempre diversi. La costruzione di un ambiente unitario, certo, ma non di una situazione, poiché l'ambiente scelto è quello di una tradizionale galleria d'arte, anche se détournè. Ciò nonostante Gallizio riesce nel suo intento non solo di superare l'arte “moderna”, ma di ignorare il concetto di opera, creando appunto un ambiente, in accordo con il programma per un Urbanisme Unitaire. L'esperienza verrà ripetuta nell'ottobre del 1958 a Parigi nel locale “La Méthode” dove viene esposto un lungo rotolo di pittura industriale teso alle pareti, seguendo la curvatura dell'ambiente, in modo da poter definitivamente ignorare i canali di diffusione tradizionali dell'arte e procedere verso la costruzione di situazioni.
Nel secondo numero della rivista, nel dicembre del 1958, si fa presente la necessità sempre maggiore di rompere i legami con la cultura moderna, le sue mostre ed il suo concetto di arte, proponendo di rompere definitivamente con la presentazione nelle gallerie d'arte e passando ad una produzione industriale di tele, non più ad una pittura industriale realizzata artigianalmente: Constant nel suo articolo Sui nostri mezzi e sulle nostre prospettive mette in risalto l'importanza della cultura meccanica su quella 25
artigianale ed artistica, che condanna. Per Constant gli artisti devono inventare strumenti di espressione sempre nuovi e quindi abbandonare i vecchi mezzi come la pittura per dedicarsi alla costruzione di situazioni. Il successo commerciale delle opere dei situazionisti non rappresenta che l'ennesimo tentativo del mercato di comprare e rendere inoffensivo ciò che per il sistema può diventare dannoso: la strategia per contrastare questo tentativo sarà quella di quadruplicare il prezzo moltiplicando all'infinito anche l'offerta producendo rotoli più lunghi. Il 1959 si apre con la III Conferenza dell'I.S., a Monaco: ad essa partecipa anche il gruppo tedesco “SPUR” che collaborava all'I.S. ormai da un anno e la cui adesione verrà ora ufficializzata. Da subito la conferenza si complica poiché quello che dovrebbe essere il documento inaugurale, la Discussione su un appello agli intellettuali ed artisti rivoluzionari elaborata dalla sezione francese, viene osteggiato dalla sezione olandese: i francesi sostengono che una rivoluzione culturale è inscindibile da una rivoluzione sociale, mentre Constant e gli olandesi trovano centrale il tema dell'Urbanisme Unitaire quale ruolo peculiare degli artisti nella rivoluzione culturale, tanto da aver creato ad Amsterdam il “Bureau de recherches pour un'Urbanisme Unitaire”. La Conferenza si apre dunque con l'annuncio da parte di Constant della creazione del Bureau e la definizione del suo programma, inteso come programma di minima di tutta l'I.S., ovvero la creazione di ambienti completi ignorando la contrapposizione funzione/espressione e creando nuove forme, svolgere ricerche sul comportamento nello spazio urbano e definirlo, sconfessare 26
definitivamente l'arte individualista e funzionalista e superare il concetto di utilità poiché «la cultura è là dove finisce l'utile.» In seguito alle decisioni della III Conferenza si decide la concentrazione delle forze verso l'Urbanisme Unitaire e subito Gallizio comincia la produzione de La caverna dell'antimateria, un ambiente con ben 145 metri di pittura industriale con i quali ricopre una galleria d'arte a Parigi, mentre Jorn inaugura alla galleria Rive Gauche una sua mostra di quadri realizzati applicando il détournment a delle opere kitsch. Intanto Constant continua nel suo lavoro teorico che lo porterà nella metà degli anni '60 (quando sarà ormai lontano dall'I.S.) alla progettazione di New Babylon: il programma di Constant si avvicina sempre più pericolosamente alla tecnocrazia, privilegiando la creazione di un nuovo tipo di città sospesa nella quale la disposizione degli ambienti sarà decisa da dei “situazionisti di professione” e nella quale ci sarà un livello massiccio di integrazione di un livello artistico unito al progresso tecnoscentifico che per Constant costituisce l'unica strada verso un cambiamento della vita quotidiana. Appare dunque chiaro il motivo per il quale Debord e Jorn decideranno per l'esclusione dell'artista olandese: per essi è illusorio pensare che il cambiamento delle condizioni di vita contemporanee siano scindibili da una rivoluzione sociale e confidare nel progresso tecnologico denota un attendismo che poco ha a che fare con un atteggiamento rivoluzionario. Inoltre l'allusione di Constant a dei “situazionisti di professione” svela una traccia di tecnocratismo dato che per il Report di Debord (fondamento indiscusso del movimento) una situazione è essenzialmente autogestita. Constant è costretto alle 27
dimissioni nei primi mesi del 1960 mentre buona parte della sezione olandese l'aveva preceduto di poco. Nel giro di un anno la rottura con tutta l'ala artistica (“ala destra del movimento” la definirà Debord successivamente) sarà definitivamente sancita. La rottura con Gallizio avviene essenzialmente per il successo commerciale dell'italiano: alla fine del 1959 i situazionisti presero accordi con lo Stedelijk Museum di Amsterdam per una manifestazione che si doveva svolgere il 30 maggio del 1960, con la realizzazione di un lungo tunnel ricoperto di pittura industriale e che avrebbe dato luogo ad una deriva continua utilizzando meccanismi che avrebbero riprodotto situazioni di pioggia, vento, freddo e caldo all'interno del tunnel stesso. Per l'intransigenza dei membri dell'I.S., che non vollero sottostare alle esigenze di sicurezza del museo, il progetto fu abbandonato, ma lo spazio fu concesso a Gallizio, che accettò. Il fatto che lui e Melanotte si fossero «lasciati coinvolgere in contatti e poi collaborazioni con ambienti ideologicamente inaccettabili22» costituisce la necessità di un'espulsione che tuttavia non significherà mai la fine della stima dell'I.S. per lui: tant'è vero che nel 1964, alla morte prematura dell'artista albigese, l'I.S. pubblicherà un Elogio di Pinot­Gallizio scritto dalla Bernstein nel 1957 in occasione della sua mostra a Torino.
Tra maggio e giugno del 1960 esce la Critiquede la politique économique di Jorn, in cui il danese critica fortemente il marxismo dogmatico sovietico e le sue controfigure occidentali incarnate dalle varie socialdemocrazie e dai partiti “sedicenti comunisti”. 22 Internationale Situationniste n.5, pag. 10: nello stesso numero si da annuncio delle dimissioni di Constant.
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Da Jorn viene messo in luce come venga completamente ignorato dagli intellettuali “comunisti” di entrambi i blocchi come Marx sottolineasse che il dominio che la classe borghese esercita sugli individui deriva dalla dalla parcellizzazione della conoscenza, dalla divisione del lavoro e dalla specializzazioni professionali e sociali. La critica della società, dunque, deve mettere abbattere questa parcellizzazione mettendo in luce l'unità profonda dell'esperienza di vita, vita di cui l'essere umano deve riappropriarsi poiché l'uomo deve possedere autonomamente il suo tempo ed il suo spazio: per Jorn questa ri­appropriazione può avvenire attraverso la costruzione di situazioni e di certo non è realizzabile all'interno delle gabbie del blocco socialista, nel quale lo spazio ed il tempo dell'uomo non sono in alcun modo di sua proprietà. Nel finale Jorn dichiara che la futura società comunista sarà la realizzazione dell'arte nella totalità della vita quotidiana, una società che rovescerà il valore economico­
utilitario e gli sostituirà il valore artistico che è il vero valore dell'uomo, non capacità di produrre, ma di creare. Nel quarto numero della rivista si comincia a profilare quello che di lì a poco sarà l'elemento portante dei lavori dei situazionisti: nell'editoriale Sull'uso del tempo libero23 si critica fortemente la tesi esposta da taluni sociologi marxisti secondo i quali l'aumento del tempo libero a disposizione del proletariato segnerebbe un generale miglioramento delle condizioni di vita, preludio di un graduale e progressivo avvicinamento alla realizzazione di una società più giusta e libera. Tali conclusioni 23 Internationale Situationniste n.4, pag. 3
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sono per l'I.S. del tutto inaccettabili: l'aumento del tempo libero è anzi uno strumento che la borghesia utilizza per aumentare il numero di consumatori e per creare nuovi strumenti da soddisfare per poter trarre profitto da nuovi oggetti e mantenere inalterato il suo potere. Inoltre la triste necessità di “impiegare il tempo libero” dunque di doverlo “spendere” non segna altro che la miseria profonda dell'uomo moderno. La critica del tempo libero diverrà di qui a poco una delle armi usate dall'I.S. nella sua critica alla società dello spettacolo. Non a caso in questo periodo i contatti tra l'I.S. ed il gruppo francese di “Socialisme ou Barbarie” sono molto intensi. La rottura definitiva con l'ala artistica maturerà nel settembre del 1960, alla IV Conferenza: i presenti sono invitati a redigere un questionario sul ruolo dell'I.S., poiché alla domanda “in che misura l'I.S. è un movimento politico?” i partecipanti danno risposte piuttosto confuse; al questionario Heimrad Prem della sezione tedesca risponde con una dichiarazione molto lunga esprimendo forti riserve nel ritenere il proletariato contemporaneo un valido soggetto rivoluzionario in grado di sottrarsi al giogo delle burocrazie. Per Prem ed i firmatari del suo documento l'I.S. dovrebbe apprestarsi a realizzare da sola tutto il suo programma, mobilitando gli artisti d'avanguardia, che la società pone in condizioni intollerabili e che non possono contare che su se stessi per impadronirsi delle armi del condizionamento. Debord e Nash (fratello di Jorn e responsabile della sezione scandinava dell'I.S.) rispondono duramente a queste posizioni: il secondo in particolare sostiene che l'I.S. gioca un 30
ruolo chiave nella liberazione del proletariato e che suo strumento d'azione deve essere l'infiltrazione a vari livelli delle sfere di controllo per sabotarle dall''interno. Dopo che anche Jorn (che presiedeva la conferenza) dichiara la sua disapprovazione, i tedeschi ritirano la propria mozione. Viene sancita l'istituzione di un Consiglio Centrale che si incarica della gestione unitaria del movimento al di fuori della conferenza stessa, dal momento che questa poteva riunirsi solo una volta l'anno. La conferenza inoltre decide – data la precedente espulsione di Constant – di affidare il Boreaude recherches pour l'Urbanisme Unitaire ad Attila Kotàniy: il programma di questo ufficio vede completamente annullate le attività di progettazione di ambienti o di città situazioniste, inglobando l'Urbanisme Unitaire nella problematica della critica globale della società. Nell'aprile 1961, una nota del Consiglio Centrale dell'I.S., riunitosi a Monaco di Baviera, annuncia che Asger Jorn ha rassegnato le sue dimissioni dall'I.S. «facendo riferimento a diverse circostanze personali che gli rendevano ormai estremamente difficile la partecipazione all'attività organizzata dell'I.S. con la quale egli ha tenuto ad esprimere per iscritto il suo completo accordo.24» Nel febbraio 1962 a Parigi, una nuova riunione del Consiglio Centrale che comprendeva Debord, Vaneigem, Kotànyi e Lansen decide di escludere gli artisti del gruppo “SPUR” dall'I.S. poichè l'opposizione al resto del movimento si era fatta durissima e le loro posizioni contro il ruolo rivoluzionario del proletariato inaccettabili. Un mese dopo anche Nash e 24 Internationale Situationniste n. 6, pag. 41
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Ansgar­Elde si scindono dall'I.S. e fondano l'effimera Seconda Internazionale Situazionista con l'obiettivo di realizzare un ennesimo Bauhaus, questa volta situazionista. Con queste esclusioni l'ala “artistica” dell'I.S. era stata del tutto eliminata ed elementi dal grande valore artistico e creativo come Jorn (che continuerà a mantenere un ruolo di forte fiancheggiamento – specie economico – fino allo scioglimento), Constant, Nash o Pinot­Gallizio verranno sostituite da personalità dalla grande lungimiranza e capacità di analisi politica quali Roul Vaneigem, Attila Kotànyi, René Viénet o Mustapha Khayati. Il motivo per il quale la scissione matura era già insito nel programma di questa avanguardia: i futuristi, Dada ed i surrealisti avevano fallito la loro missione storica poiché si erano legati all'opera d'arte ed all'arte come qualcosa di separato dalla vita quotidiana, ciò li aveva connessi al mercato e ne aveva disinnescato il potenziale rivoluzionario; l'I.S. si era proposta di non cadere nello stesso errore e per farlo doveva negare l'opera d'arte, anche quella situazionista, per sviluppare un discorso critico unitario che potesse interpretare la teoria rivoluzionaria presente già nella società per poterla rivelare e farla esplodere in una rivoluzione sociale. L'ala artistica – per vari motivi – rimaneva legata invece ai presupposti surrealisti fino a proporre, con il gruppo “SPUR” e poi con Nash, una rivoluzione che partisse proprio dagli artisti sperimentali, mentre per l'I.S. gli artisti – sperimentali o no – dovevano sparire come elemento staccato, come particella della società, e tutti dovevano diventare un po' artisti in qualità di costruzione delle proprie situazioni. 32
Lungi dall'essere una imposizione della sezione francese (come Nash ed i suoi hanno affermato successivamente) l'esclusione dell'ala artistica era la necessaria tappa verso la realizzazione di una teoria rivoluzionaria che aveva superato anche l'arte. E che si proponeva di superare la società spettacolare.
La rivolta e la morte: l'I.S. e l'abbattimento dello stato di cose presenti
Dopo l'espulsione dell'ala artistica il lavoro dei situazionisti e le loro azioni pubbliche si diradano: dalla fine del 1962 fino al 1966 si concentrano sulla pubblicazione della rivista e di alcuni testi teorici e su una spaventosa mole di volantini. Nel 1962 in particolare i due testi “La comune non è morta” e “Banalità di base” (scritto da Vaneigem e pubblicato sui numeri 7 ed 8 di Internationale Situationniste) delineano con maggior forza l'orientamento consiliarista ed antiautoritario dell'I.S., dimostrando una tensione verso una rivoluzione che ignori gli idoli del passato e sappia ricostruire dalle rovine della società che abbatte. Entrambe i testi sono redatti in tesi numerate, come nei trattati e nelle raccolte di massime seicentesche, secondo un uso che si verrà consolidando nei testi situazionisti con l'imporsi dell'orientamento più propriamente politico. Banalità di base è una denuncia del permanere – in ogni società presente, capitalista o anti­capitalista – del fenomeno dell'alienazione: questo si forma secondo Vaneigem nelle società primitive, allorché i gruppi umani cominciano la socializzazione e alienando da sé la natura, creando cioè un sentimento di alienazione naturale; quando questa alienazione viene individuata e combattuta ad essa segue una 33
alienazione sociale, che ha generato un'era tecnocratica che pretende di aver vinto qualunque malessere, ma in realtà ha solo vinto la natura, e con essa il desiderio, provocando un'era in cui «il miracolo non sarebbe tanto di sopprimere la morte, quanto di sopprimere il suicidio e la voglia di morire25.» L'alienazione sociale produce dunque l'emergere del concetto di proprietà, nel processo di individuazione che separa prima i clan gli uni dagli altri, coi rispettivi territori controllati, e poi i soggetti producendo limiti e dunque costrizioni per i non­possidenti, per gli esclusi di cui il soggetto proprietario ha bisogno e che vengono alienati come produttori della sua potenza e sono ridotti, per sopravvivere, all'impossibilità di vivere. In questo sistema, chi agisce meglio è il soggetto che più degli altri diventa proprietà del proprietario, dunque si aliena di più: è in questo quadro che si inscrivono i tutori dell'ordine, i “cani da guardia del potere”. Dunque il lavoro, in un sistema che si regge sull'alienazione e sull'apparenza (è infatti solo un'illusione di superiorità che consente al proprietario di mantenersi tale) viene nobilitato nonostante non sia nient'altro che sottomissione, facendolo passare come un buon prezzo da pagare per rimanere in vita. Per salvaguardare l'alienazione il miglior metodo resta quello di moltiplicare a dismisura i bisogni per celare il fatto ce non se ne può soddisfare alcuno: tra questi bisogni creati ad arte Vaneigem annovera la “paccottiglia tecnocratica” formata dalle automobili, dai televisori, ma anche la religione ed il senso del sacro. È eliminando l'aura di sacralità che circonda i rapporti sociali che si sono sferrati i primi attacchi al 25 Raoul Vaneigem, Banalità di base, Internationale Situationniste n. 7, pag. 33
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sistema, e tuttavia ogni colpo andato a segno contro il potere non ha senso se non è quello definitivo in quanto esso sa riciclarli proficuamente. In questo senso ciò che può abbattere realmente il potere è la definitiva desacralizzazzione del sistema gerarchico che non è altro che l'organizzazione dell'apparenza in cui sono dissimulate le contraddizioni radicali tra le classi, che sono creazioni non della teoria marxista, ma del potere vigente. La svolta rispetto ai testi precedenti è evidente: ad una critica dell'urbanistica e del funzionalismo, per quanto orientate ad una demolizione dei valori e del sistema culturale, si sostituisce un'analisi profonda della lotta di classe e delle sue origini, dal punto di vista teorico. Eppure l'I.S. ha ancora delle perplessità a definirsi un “movimento politico” in quanto l'espressione definisce «l'attività specializzata dei capi di gruppi e di partiti che attingono dalla passività organizzata dei loro militanti la forza oppressiva del loro potere futuro. L'I.S. non vuol avere niente in comune con il potere gerarchizzato, sotto qualunque forma si ponga [...] si propone di essere il più alto grado della coscienza rivoluzionaria internazionale26.» Il testo La comune non è morta sarà plagiato sull'ultimo numero di Arguments(storica rivista della sinistra rivoluzionaria francese) da Henri Lefebvre con cui da alcuni anni Debord aveva una forte affinità teorica: questo plagio, oltre a provocare la rottura tra l'I.S. ed il filosofo francese, darà un grosso successo ai situazionisti con traduzioni dei due testi (quello originale e quello plagiato) in molte lingue e riceverà decine di 26 Le questionnaire, Internationale Situationniste n. 9, pag. 26
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commenti. Nonostante le poche azioni pratiche e la riduzione dei partecipanti, infatti, l'I.S. riceve centinaia di richieste d'adesione, quasi tutte respinte dato l'assoluto rifiuto dei situazionisti di “avere discepoli”, ovvero di trasformare la teoria in una ideologia.
Tra il 1963 ed il 1964 una serie di volantini polemici e sarcastici aumentano ancora il successo dell'I.S.: nel febbraio del 1963 esce il volantone Aux poubelles de l'histoire col quale il Consiglio Centrale dell'I.S. ufficialmente le distanze da Arguments e da Lefebvre; nel giugno dello stesso anno i situazionisti distribuiscono in Danimarca il volantino Danger! Official Secret – R.S.G. 6 che rivela la pianta e la funzione del rifugio antiatomico (“Regional Shelter for Government n°6”) che il governo inglese aveva costruito in caso di guerra atomica, distribuendo inoltre il testo I situazionisti e le nuove forme d'azione nella politica e nell'arte; in dicembre vengono distribuiti agli operai minerari delle Asturie volantini raffiguranti donne nude o seminude che recitano frasi oggetto di détournment dal titolo España en el corazon; all'inizio del 1964, in occasione delle nozze della principessa di Danimarca con il parafascista Costantino II di Grecia, un altro volantino raffigurante una donna nuda viene distribuito su suolo danese, recante la frase “Come dice l'I.S., è molto più onorevole essere una puttana come me piuttosto che la sposa di quel fascista di Costantino”. Queste provocazioni ed altri atti oltraggiosi verso ogni forma di potere, preparano il terreno all'esplosione che seguirà di pochi anni. Il numero 9 della rivista Internationale Situationniste, dell'agosto 1964, si mostra assolutamente autoreferenziale, presentando due questionari (uno interno all'I.S. e 36
l'altro inviato dal “Centro d'arte socio­sperimentale”) ed una lunga serie di articoli nei quali l'I.S. viene criticata o addirittura attaccata apertamente: i situazionisti si divertono nel lasciare al lettore il giudizio sulle mistificazioni ed i palesi fraintendimenti in cui incorrono i critici, dovute alla totale mancanza di letture o ad una conoscenza per sentito dire, quando non ad un'incapacità interpretativa. Nello stesso numero viene comunicata l'espulsione, avvenuta il 23 ottobre 1963, di Attila Kotànyi reo di aver presentato «un testo che richiedeva un nuovo orientamento teorico fondamentale. Questo nuovo orientamento era estremamente retrogrado, fino al misticismo incluso27.» Per arrivare ad un numero successivo, il decimo, si dovrà aspettare più di un anno e mezzo, nel marzo del 1966. L'enorme ritardo fu dovuto essenzialmente alla mancanza di finanziamenti, all'incriminazione dell'I.S. danese da parte della sezione locale del Riarmo morale, oltre che all'enorme impegno che i situazionisti profusero in Algeria: furono pubblicati, tra il luglio ed il dicembre del 1965, il testo Adresse aux revolutionnaire d'Algerie et de tous les pays28 ed il volantone Les lutes de classes en Algerie29. Nell'Adresse viene espressa la differenza – che sarà una delle basi dei testi di Debord – tra spettacolo diffuso e spettacolo concentrato: sia nel mondo capitalista che in quello anticapitalista impera l'alienazione sociale, ma la sua presenza è nascosta da feticci che nel primo sono commerciali e nel secondo ideologici. Il capitalismo giunto allo stadio 27 I mesi più lunghi, Internationale Situationniste n. 9, pag. 36
28 Adresse aux reavolutionnaire d'Algerie et de tous les pays, Internationale Situationniste n. 10, pag. 43
29 Les lutes de classes en Algerie, Internationale Situationniste n. 10, pag. 12
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dell'abbondanza delle merci disperde le sue rappresentazioni della felicità, e quindi della riuscita gerarchica, in un'infinità di oggetti e gadget che esprimono appartenenze a stratificazioni della società consumatrice, oggetti che passano di moda o si consumano e vanno perciò sostituiti secondo le necessità dello smercio di una produzione in costante e necessaria espansione. Nei paesi anticapitalisti si raccolgono nell'ideologia (per quelli comunisti) o in un solo uomo (per quelli “sottosviluppati”) tutte le mirabilia statalmente garantite, che si tratta di applaudire e di consumare passivamente. La mancanza di queste merci tende a ricondurre questo consumo al puro sguardo, all'adorazione dell'immagine del potere, per poter ottenere la felicità. Il fallimento di quelle rivoluzioni sta nell'aver interpretato il mondo in modo parziale, affidando le rivoluzioni a rivoluzionari professionisti che non hanno esitato neanche un minuto a trasformarsi in burocrati: «le prossime rivoluzioni non potranno trovare al mondo nessun aiuto se non attaccando il mondo, nella sua totalità30.» Con grande lungimiranza, nel testo i situazionisti attaccano ferocemente la politica islamista dei Paesi Arabi che, seppure ha avuto dei successi nella lotta anti­colonialista, è favorita dal sistema, in quanto profondamente reazionaria; si nota inoltre come la politica anti­
israeliana degli stessi Stati Arabi è assurda ed utopistica. L'unica speranza per una rivoluzione che sia tale, è in una rivoluzione che sia in grado di comprendere se stessa, che reinventi il proprio linguaggio, si difenda da tutti i tentativi di recupero che si preparano nei suoi confronti: ricollegare fra loro le attuali esperienze di 30 Adresse aux reavolutionnaire d'Algerie et de tous les pays, cit., pag. 47
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contestazione e gli uomini che ne sono portatori. Nei primi mesi del 1965 il situazionista danese J.V. Martin – già incriminato per offese alla Corona – fu protagonista di un caso singolare: in febbraio la popolazione della città danese di Randers, volle rispondere all'entrata di soldati tedeschi in Danimarca per operazioni di cooperazione con l'esercito locale che si sarebbero dovute tenere proprio a Randers; varie organizzazioni autonome organizzarono una manifestazione che vide la partecipazione di buona parte della popolazione (popolazione combattiva, visto che furono distrutti diversi mezzi militari e fu addirittura rubata una Jeep); dopo alcuni giorni una bomba esplose in casa di Martin: il situazionista fu subito arrestato e dipinto come anarchico sovversivo dalla stampa di mezza Europa, e come anti­tedesco dalla stampa tedesca sia all'est che all'ovest, considerato contemporaneamente sia anarchico che stalinista. Solo dopo qualche giorno si seppe che il vero colpevole era un manifestante di nome Kanstrup, già militante nei “Giovani Comunisti” danesi, utilizzato dal KGB per una serie di infiltrazioni tra la Germania Democratica e la Danimarca in ambienti politici piuttosto eterogenei. Nel dicembre del 1965 uscì Il declino e la caduta dell'economia mercantil­
spettacolare31 testo col quale l'I.S. affronta i fatti di Los Angeles dell'agosto dello stesso anno: «è compito di una pubblicazione rivoluzionaria non solo dare ragione agli insorti di Los Angeles, ma anche contribuire a dar loro le ragioni, e spiegare 31 Il declino e la caduta dell'economia mercantil­spettacolare, Internationale Situationniste n. 10, pag. 3
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teoricamente la verità di cui l'azione pratica esprime qui la ricerca.» L'I.S. nota, come al solito, la totale incapacità delle sinistre a prendere posizione su fatti di innegabile sovvertimento dello stato di cose presenti e nota come tutti le organizzazioni – anche rivoluzionarie – si siano affrettate a prendere le distanze da questa insurrezione che rifiutava di essere rappresentata da chiunque, ed esisteva solo per sovvertire la propria grigia quotidianità. Il movimento per i diritti civili, ponendo i problemi dei neri sotto un profilo legale, non ha che successi de iure; de facto la questione ha radici in una contraddizione economico­sociale che non è di competenza delle leggi esistenti. Come già annunciato ad Algeri «la rivoluzione o negherà tutta la società presente o non sarà rivoluzione.»
La VII Conferenza dell'I.S., nel luglio 1966, porta con sé il consueto nugolo di esclusioni, ma soprattutto la richiesta, da parte di un gruppo di studenti dell'università di Strasburgo, di aiutarli a “fare qualcosa”, dal momento che alcuni loro compagni stavano per essere eletti nella direzione dell'Associazione studentesca di quella università (AFGES) senza alcun programma e a dispetto del fatto che fossero notoriamente conosciuti nell'UNEF (il sindacato studentesco francese) come degli estremisti in disaccordo completo con l'organizzazione burocratica. La loro elezione segnava il definitivo disinteresse da parte della base per la propria direzione sindacale. L'I.S. si limitò a consigliare loro la redazione di un testo di critica generale del movimento studentesco e della società, in modo da utilizzare in modo positivo i fondi messi a disposizione dal sindacato. Durante i lavori per la stesura del testo, gli 40
studenti chiesero nuovamente aiuto all'I.S. e così Mustapha Khayati fu inviato in loro soccorso. Ciò che ne risultò fu l'opuscolo Della miseria dell'ambiente studentesco dapprima stampato a spese del AFGES e distribuito gratuitamente all'apertura dell'anno accademico a Strasburgo, in seguito tradotto e diffuso in tutti i Paesi occidentali (ne fu prodotta anche una versione giapponese). Alla base dell'opuscolo c'è la considerazione basilare che lo studente è la figura più misera dell'intera società spettacolare, per svariati motivi. Il primo e più importante è quello di essere fondamentalmente una personalità scissa in una situazione sospesa tra il suo presente di studente ed il suo immediato futuro di lavoratore: «il suo è un ruolo provvisorio che lo prepara al ruolo definitivo di elemento positivo e conservatore nel funzionamento del sistema consumistico.» In secondo luogo, nonostante provenga molto spesso da una famiglia benestante, il suo reddito personale è bassissimo e per quel misero reddito continua ad essere sottoposto alla famiglia d'origine. Del resto allo studente stanno bene quasi tutte le sue miserie, dal suo destino segnato a partecipare dell'economia spettacolare fino alla pochezza imbarazzante dell'insegnamento a cui è sottoposto, utile solo a tirar fuori quadri specializzati, “colletti bianchi” incapaci di analizzare in maniera coerente la società che gli sta intorno. Ma «che l'università sia diventata un'organizzazione dell'ignoranza [...] lo studente lo ignora e continua ad ascoltare rispettosamente i suoi maestri, con la volontà cosciente di perdere ogni spirito critico.» Anche qualora si ponga dal lato della contestazione, non arriva mai alla coscienza della necessità di una critica totale 41
della società e si tuffa a capofitto in tutte le organizzazioni burocratiche esistenti, nella speranza di trovarne una che faccia al caso suo, spesso rimanendo solo imbrigliato in un militantismo senza prospettive. Ma più di tutto, lo studente è misero perché è il più grande consumatore della cultura del mondo contemporaneo e della sua arte «in putrefazione», continuando a partecipare ai cineforum, alle mostre pittoriche, sempre pronto a fiondarsi su qualunque cosa “faccia cultura”, anche a costo di fare la fila: «Ignorante com'è prende per novità “rivoluzionarie” garantite da un'etichetta i più insipidi surrogati di antiche ricerche, effettivamente importanti al loro tempo, edulcorate ai fini del mercato.» Il superamento di questa condizione di miseria, passa ineluttabilmente per un sovvertimento totale della realtà presente e comincia con il rifiuto dei blousons noir, ma con maggiore consapevolezza e determinazione; dalle rivolte provo, ma con l'abbattimento di ogni struttura gerarchica. È necessario ricominciare il processo rivoluzionario, superare quello del primo novecento, che ha segnato il passo ed è fallito con l'ultimo rantolo della soppressa rivoluzione spagnola del 1936: per farlo occorre finalmente creare la situazione che renda impossibile qualsiasi ritorno al passato, affrontando la lotta allo spettacolo non come studenti separati dagli operai, né come fronte “unificato”, ma come fronte unico, sintomo del rifiuto totale della società, da parte di una totalità rivoluzionaria. È evidente che tali posizioni, che nello stile e nei contenuti erano totalmente debitrici all'I.S., non potevano essere accettate dall'UNEF (che tra l'altro ne aveva finanziato 42
inconsapevolmente la pubblicazione) e subito partì una campagna diffamatoria nei confronti dei situazionisti accusandoli di volersi impadronire del sindacato. Il gruppo strasburghese si affrettò a chiarire che nessuno di essi faceva parte dell'I.S., ma che ne avevano chiesto solo un parziale sostegno teorico. Fu subito avviata una repressione giudiziaria che istituì alcuni processi, ma senza risultati. Solo alla fine del 1967 le cose tornarono alla normalità, ma la situazione era ormai fortemente compromessa e l'UNEF fu costretta ad espellere gli studenti responsabili dello scandalo che, all'assemblea generale del sindacato, ne avevano chiesto lo scioglimento immediato ed incondizionato. Nel frattempo, verso la fine del 1967 vedono finalmente la luce – dopo una serie di disguidi editoriali – i due testi capitali del movimento: La società dello spettacolo di Guy Debord (uscito in ottobre) ed il Trattato del saper vivere ad uso delle giovani generazionidi Raoul Vaneigem (uscito in dicembre), usciti giusto in tempo perché le loro tesi fossero trascritte sui muri di Parigi durante le rivolte del maggio successivo. Nei mesi che seguirono l'interesse attorno all'I.S. crebbe in modo spaventoso: oltre alla ripubblicazione degli scritti più celebri, fu richiesta la ripubblicazione di molti volantini e pubblicazioni minori ed i situazionisti furono impegnati in questo enorme lavoro di ristampa. La situazione dell'ambiente studentesco, fotografata nel testo di Khayati e degli studenti di Strasburgo, era sul punto di esplodere: a Nantes, alla fine del 1967, alcuni studenti riuscirono nell'operazione di impadronirsi della sezione locale dell'UNEF, 43
come era accaduto a Strasburgo un anno prima. Ma non solo gli studenti erano in agitazione: la rivolta operaia di Caen, durante la quale i lavoratori scavalcarono le rivendicazioni sindacali e saccheggiarono i negozi, o lo sciopero dei metallurgici della Garnier a Rédon, furono lo specchio di una situazione sull'orlo del rovesciamento. Gli eventi del maggio 1968 vedono molte delle teorie situazionista prendere forma: espressioni, azioni, scritte sui muri e slogan (da “Prendete i vostri desideri per realtà”, “Non lavorate mai”, “Impiccheremo l'ultimo burocrate con le budella dell'ultimo capitalista”, “La noia è contro­rivoluzionaria”) furono inventate o mutuate dalla critica dei situazionisti. Nonostante ciò i situazionisti furono completamente spiazzati dagli avvenimenti e non seppero organizzarsi per prendervi parte attiva. Le proteste, che partirono da Nanterre, ad opera del gruppo degli Arrabbiati, si estesero presto a tutta la Francia, gettando i semi della rivolta in tutta Europa. Gli studenti rivendicavano un mondo nuovo, e non solo loro: la critica della società era totale, priva di qualunque volontà di rappresentanza. Come sintetizzato brillantemente dal testo di René Viénet Arrabbiati e situazionisti nel movimento delle occupazioni32, il '68 francese si mosse verso un orizzonte del tutto consiliarista, rifiutando qualunque forma di burocratismo. Durante i moti i situazionisti insieme agli Arrabbiati fanno parte del Comitato di Occupazione della Sorbona, da cui lanciano appelli per una immediata realizzazione di Consigli Operai in tutta la Francia. 32 René Viénet, Arrabbiati e situazionisti nel movimento delle occupazioni, Banalità di base, Bologna 2002
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Dopo la sconfitta dei moti parigini le richieste di adesione al movimento sono numerosissime, tanto da costringere Debord, nell'ottobre del 1969, a rassegnare le sue dimissioni da editore della rivista. Tantissimi sono gli intellettuali e le persone comuni che desiderano appartenere ad un movimento che oramai non esiste più, le cui pubblicazioni ed azioni sono ormai inesistenti: un gruppo di seguaci che Debord non esita a definire sprezzantemente come pro­situ, persone senza spirito critico che si avvicinano all'I.S. aspettandosi di entrare a far parte di un movimento che non esiste. L'ultimo numero della rivista esce nel settembre del 1969 raccogliendo i cocci e tentando un'analisi coerente del movimento dell'anno precedente e dei suoi sviluppi contemporanei (una piccola parte è dedicata alla situazione in Italia, dove in contemporanea esce l'unico numero di Internazionale Situazionista, organo della sezione italiana dell'I.S.). L'VIII conferenza dell'I.S. si tiene a Venezia nel settembre 1969 ed è invasa da pro­situ e nell'incoerenza generale non si è in grado neanche di stabilire un programma di minima del movimento. Nel novembre del 1970 Debord annuncia di voler rompere con l'I.S. e Vaneigem rassegna le sue dimissioni dichiarando gli ultimi dieci anni di attività come “un fallimento completo”. Una certa attività continuano a mantenere le sezioni italiana (con diversi volantini indirizzati agli operai di Milano e Reggio Calabria) e statunitense (con la pubblicazione dei tre numeri di Situationist International).
La definitiva morte dell'I.S., dopo un 1971 nel quale all'assenza di azioni è corrisposta un'assenza totale di pubblicazioni, viene siglata nel 1972 dagli unici due membri 45
sopravvissuti a quindici anni di espulsioni: Guy Debord e Gianfranco Sanguinetti fanno uscire La veritable scission dans l'Internationale, testo col quale invece che procedere con un'autocritica del movimento e di tirare le somme di ciò che di positivo e negativo esso ha significato, si dichiarano le idee situazioniste ormai diffuse nel popolo e presenti ovunque, in tutte le teste rivoluzionarie. L'I.S. viene “sciolta nel popolo”. 46
Capitolo III
Nei trentaquattro anni che sono seguiti alla Veritable scission, un numero consistente di uomini che si volevano liberi o di sedicenti rivoluzionari si sono richiamati all'I.S., mentre altri si preoccupavano di insabbiare il fenomeno etichettandolo come uno dei tanti “­ismi” che avevano connotato il '68, gli anni di piombo, il '77. Come del resto etichette sono finite per diventare quei momenti: “ho fatto il '68”, “fu coinvolto nelle proteste del '77” e così via, sono accezioni che non si negano a nessuno, neanche a chi ha poi dimostrato le più bieche recrudescenze reazionarie. Ed è in questo che i situazionisti avevano visto giusto: il capitalismo recupera tutto, è il suo modo di difendersi e recupera tutto ciò che può minacciarlo banalizzandolo ed usando il linguaggio che è ormai asservito all'uso dello spettacolo33. Debord e Sanguinetti non avevano torto: le idee dell'I.S. sono nelle teste di tutti: pubblicitari, cineasti, uomini che vivono di cultura, quella stessa cultura che l'I.S. voleva abbattuta. E tuttavia, solo la parte più digeribile della critica situazionista è stata metabolizzata dallo spettatolo poiché l'eredità che testi come La società dello spettacolo o il Trattato del saper vivere lasciano ad un tentativo reale di sovvertimento della società è considerevole e si condensa in un unico precetto: per attuare la rivoluzione non c'è 33 Cfr. All the King's men, Internationale Situationniste n. 8, pag. 33
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bisogno di un atto rivoluzionario, ma di pratiche di vita che siano rivoluzionarie, che attuino la libertà. Portare la rivoluzione nella vita quotidiana di ognuno è già la rivoluzione: in questo senso va abolita la ricerca di un «che fare?» in senso leninista, ma di un «come fare?» che porti a scoprire le pratiche di un vivere libero. E numerose furono le pratiche messe a punto dai situazionisti tra gli anni '50 e gli anni '70, partendo dall'arte che voleva negare l'arte fino al rifiuto del lavoro. «Ne travaillez jamais» tuonava Debord dalle pagine di Potlatch nel 1952, essere liberi significa essere liberati dalle catene del lavoro, che è sempre e comunque lavoro alienato, ed il primo passo per raggiungere l'abolizione dell'alienazione e la realizzazione della felicità, per i situazionisti, fu il riappropriarsi del potere espressivo, distruggendo ciò che lo ingabbiava: la cultura ufficiale e la sua forma d'espressione favorita, l'opera d'arte.
Come abbiamo visto questa strada li condusse a due pratiche essenziali: l'Urbanisme Unitaire e la costruzione di situazioni. Esse erano completate ed intrecciate dall'utilizzo di strumenti quali la derive, la psicogeografia, la pittura industriale ed il détournment. Con l'abbandono dell'obiettivo artistico ad esse si aggiunse la critica della vita quotidiana, che fu parzialmente mutuata dagli studi condotti da Henri Lefebvre34 tra il 1958 ed il 1961, in stretta collaborazione teorica con Debord. La derive è il punto di partenza del lavoro dell'I.L.: come accennato sopra essa è un 34 Henri Lefebvre, Critica della vita quotidiana volume primo, volume secondo, Dedalo libri, Bari 1977. 48
«comportamento sperimentale legato alle condizioni della società urbana35» che consiste nel passaggio rapido in ambienti differenti per sperimentare gli stati d'animo che essi conferiscono. Essa differisce da una semplice passeggiata o dal viaggio perché viene effettuata decidendo il percorso in maniera assolutamente casuale e perché si pone l'attenzione proprio sugli effetti psicologici che essa crea e la durata di una deriva, inoltre, è di una giornata intera: da un lato comporta la rinuncia a mete e tempi prefissati, dall'altro comporta una conoscenza delle proprie variazioni psicologiche in relazione all'ambiente urbano che incide sulla casualità della pratica (in antitesi con la déambulation surrealista), privilegiando quelle architetture che generano maggiore confusione, come il labirinto. Essa è strettamente connessa all'analisi psicogeografica di cui, come già detto, costituisce uno strumento d'analisi: la psicogeografia altro non è che uno «studio degli effetti precisi dell'ambiente geografico disposto coscientemente o meno, che agisce direttamente sul comportamento affettivo degli individui», e dunque un'analisi che precede la derive e ne analizza i risultati. Entrambe le pratiche servono da terreno di coltura per la realizzazione di quella critica dell'urbanistica contemporanea conosciuta come Urbanisme Unitaire, di cui abbiamo già avuto modo di parlare. La costruzione di situazioni si inscrive a metà strada tra il progetto di costruire un ambiente unitario (e quindi collegato all'Urbanisme Unitaire) e la mera realizzazione del desiderio individuale, senza che questa si configuri come un progetto urbanistico organico. I 35 Definitions, Internationale Situationniste n. 1, pag. 13
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situazionisti – nonostante sia da questa pratica che prendono nome – non saranno mai chiari sul significato vero della costruzione di situazioni e lo stesso Debord nel Report sur la costruction des situations è piuttosto vago a proposito; nonostante sia il testo da cui neanche i dissidenti si scosteranno mai per definire il programma di una Internazionale Situazionista, in esso si parlando di situazioni e della loro costruzione solo verso la fine ed in maniera confusa restituendo in maniera chiara solo l'idea che «una situazione è progettata per essere vissuta dal suo costruttore. Il ruolo interpretato da parti passive o secondarie nelle vesti del pubblico devono essere in costante declino, mentre le parti interpretate da coloro che non possono essere chiamati attori, ma piuttosto esseri viventi, secondo una nuova accezione del termine, devono regolarmante aumentare36.» Il nuovo senso che bisogna dare all'accezione essere vivente è evidentemente quella dell'essere dotato della capacità di saper vivere al di là dello spettacolo. Ed è in questa direzione che i situazionisti orientarono le loro pratiche all'indomani della rottura con l'ala artistica, nel 1962.
Saper vivere fu dunque l'obiettivo dei situazionisti e non una rivoluzione nell'arte o una rivoluzione che fosse in realtà un golpe: ciò che l'I.S. vide nei movimenti del maggio '68 fu proprio questo, una liberazione dei desideri degli individui che rompe con qualsiasi costrizione o gerarchia ed afferma l'appropriarsi da parte del proletariato del proprio diritto a vivere come gli pare: in questo senso proletario non è solo il lavoratore salariato, come sostiene l'ideologia marxista (ed entrambi i termini sono 36 Guy Debord, Report sur la costruction des situations, cit., pag. 11
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usati dai situazionisti sempre in senso dispregiativo per chi si definisce “marxista” e mai relativamente all'opera ed al pensiero di Karl Marx), ma chiunque non possa avere libertà di utilizzo del proprio tempo e della propria vita. Ed infatti il nemico dei situazionisti fu sempre e comunque l'alienazione che è lo strumento fondamentale di dominio nella società spettacolare, dominio che impedisce anche a chi potrebbe, di vivere liberamente, imponendo un concetto di ricchezza che si basa sul numero di merci vuote che si possiedono: ciò ovviamente non significa affatto privilegiare una qualche forma di ascetismo, ma anzi implica il disfarsi di inutili e falsi bisogni in virtù di un egualitarismo che è l'affermazione dell'individuo libero. L'individuo libero è tale se gli è consentito di fare uso della propria spontaneità, una spontaneità che non si configura come l'emergere di un dato inconcio già costituito, ma è un processo cosciente di liberazione dai condizionamenti che la psiche ha subito nella sua formazione percependo come necessari le strutture gerarchiche, il lavoro ed i valori della società spettacolare: essere spontanei significa sfondare il limite che separa la soggettività e l'oggettività non relegando la prima all'opera artistica e la seconda all'appropriazione privativa, come fanno i sistemi conservatori: anche in questo senso l'I.S. prende le distanze dal surrealismo e dalla sua concezione “artistica” dell'inconscio. Realizzare realmente ciò che l'uomo immagina è il segno della liberazione dalle catene della costrizione. Altra pratica fortemente usata dai situazionisti è lo scandalo: dal progetto di occupare gli uffici dell'Unesco nei primi anni '60, fino allo scandalo di Strasburgo l'I.S. ricorre 51
ad una serie di azioni dimostrative tese a distruggere il criterio di rappresentanza e le concentrazioni di potere rivendicando una attitudine pubblica che non serve semplicemente a pubblicizzare il movimento o la sua teoria, ma consente al proletariato di capire quanto facile sia distruggere il potere con azioni mirate. All'abbattimento di questo potere poteva corrispondere solo un'immediata formazione di Consigli Operai: questo è per i situazionisti l'unico modo per distruggere il capitalismo e lo stato evitando che la rivoluzione venga fagocitata e strumentalizzata come i soviet dal partito bolscevico. I Consigli infatti sono il luogo della democrazia diretta, la cui partecipazione è libera ed aperta a tutti, eleggono candidati revocabili in ogni momento ed il loro potere non è soggetto ad alcuna forma di gerarchia. La loro formazione implica l'inizio di una lotta a morte contro il sistema esistente, nella quale essi possono solo vincere e mai sopravvivere a lungo, in quanto sono il seme di un rivoluzionamento costante delle condizioni di vita e non una forma di gestione del mondo. Ciò che rimane, dunque, della critica situazionista sono i modi di vita che essa ha saputo inventare e rielaborare, applicando un détournment alle condizioni di vita attuali, aspirando ad un rovesciamento consequenziale del potere costituito. Ed è proprio un détournment – l'arte del prendere pezzi di opere d'arte e modificarle per dissacrarle, questo collage creativo che rivolta le parole, le frasi, le espressioni facendoci giocare e creare cose nuove – ciò che la critica radicale contemporanea può operare sull'opera situazionista: staccarla dal grigiore dei testi ignorati dalla “cultura” 52
(ma forse è meglio così) e fin troppo letti dai detrattori o dai commercializzatori. Ciò a cui può servire la teoria dell'Internazionale Situazionista è non trasformarsi mai in “situazionismo”, essere oggetto di détournment radicale, in modo da essere sempre e comunque radicale.
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Capitolo I