CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
Formazione decentrata
27 marzo 2007 BOLOGNA
Bozza provvisoria
MASS MEDIA e (PRE)GIUDIZIO
Edmondo Bruti Liberati
Procuratore della Repubblica aggiunto
Milano
1.Giustizia: pubblicità contro segreto
E’ “un falso e un pregiudizio” l’idea “che la conoscenza sia un bene quanto più è
diffusa … In fondo Bellarmino che cosa rimproverava a Galileo? Non di aver scoperto
delle verità scientifiche, ma di aver usato messi di grande diffusione: perché queste cose
non le hai scritte in latino, come le scrivevano gli scienziati e invece le hai scritte in
italiano così che le possono leggere tutti?” (Gianfranco Miglio)
La storia della evoluzione democratica del processo penale è quella della lotta contro il
segreto in favore della pubblicità. “Pubblici siano i giudizi e pubbliche le prove del
reato” scriveva Beccaria e sottolineava che il segreto è “il più forte scudo della
tirannia” Nella tradizione inquisitoria si ricerca e si accerta la Verità fuori del
contraddittorio e fuori del controllo pubblico. La pubblicità non ha la funzione di
controllo, ma di messaggio sociale sulla esemplarità della pena e della pronunzia della
condanna. Per questo l’istruttoria è rigorosamente segreta mentre la condanna a morte o
a pena corporale è eseguita in pubblico.
Nella tradizione accusatoria vige all’opposto il principio del contraddittorio e della
pubblicità, estesa anche alla fase delle indagini, con limitate eccezioni. “Free press and
fair trial”. Il principio è quello della libertà di informazione: “l’ordinaria
amministrazione della giustizia civile e penale contribuisce più di ogni altra circostanza
ad indurre nella coscienza del popolo affezione, stima e reverenza” (Alexandre
Hamilton, The federalist papers). Ma ci si preoccupa anche della tutela del principio del
fair trial, soprattutto in un processo in cui è centrale il ruolo della giuria popolare.
L’analisi dei problemi posti dalla informazione sul processo penale deve avere un
punto di orientamento, una stella polare: in democrazia la pubblicità del processo ha
la funzione di controllo della pubblica opinione sull’esercizio del potere
giurisdizionale che non conosce forme di responsabilità politica ,pur assumendo un
crescente rilievo nella vita della collettività. ( Pulitanò 1975).
Nella dottrina italiana si usa distinguere tra pubblicità immediata, che consiste nella
tradizionale presenza fisica del pubblico alla udienza, e pubblicità mediata, che porta a
conoscenza di un numero indeterminato di persone lo svolgimento del processo
attraverso i mezzi di comunicazione di massa ( stampa, radio, televisione)
2.La pubblicità immediata
La pubblicità immediata è la forma tradizionale di pubblicità e, a mio avviso, rimane di
centrale attualità: “ è stata un baluardo contro l’esercizio dell’arbitrio in via
giurisdizionale…. ; la battaglia per il processo pubblico è stata, e in parte resta la
battaglia contro un esoterismo processuale volto non già al migliore conseguimento
della giustizia, ma a sottrarre l’ingiustizia dallo sguardo della collettività”
(Giostra,1989 p.13).
Molti progressi devono esser fatti in Italia per combattere il tecnicismo superfluo ed
inutile dei giudici e del Pm e degli stessi avvocati. Avoid Legalise ammoniscono gli
americani; l’esigenza di farsi comprendere è ora accentuata dall’irrompere nella società
del fenomeno dell’immigrazione di massa. Nel processo sempre più vi sono imputati,
vittime e testimoni che parlano altre lingue e provengono da altre tradizioni; oltre alle
strette garanzie processuali sulle traduzioni occorre farsi carico della “comprensione”
del senso globale del processo .
3. La pubblicità mediata.
Si intende per pubblicità mediata quella che porta a conoscenza di un numero
indeterminato di persone lo svolgimento del processo attraverso i mezzi di
comunicazione di massa ( stampa, radio, televisione). Sembra un fenomeno nuovo, ma
esiste da sempre, quello che cambia è solo il mezzo di comunicazione: araldo,
cantastorie, manoscritti, testi a stampa, giornali, radio, foto, Tv Internet. Anche le
deviazioni esistono da tempo: spettacolarizzazione dei cantastorie, sensazionalismo
della cronaca nera nei giornali dell’800.
A proposito dei processi in Tv si è parlato di “gogna elettronica”, ma la “gogna”
storicamente esistita non era meno pesante e neppure il sensazionalismo della cronaca
nera dei giornali.
Gli aspetti di novità sono dunque forse meno radicali di quanto appaia a prima vista.
Ma occorre affrontare i problemi posti dalle nuove tecnologie con riferimenti a valori
perenni come la tutela della dignità della persona e a questioni più nuove come la Tv
spettacolo ed il processo parallelo.
4. TV e processo
La questione è stata disciplinata con il nuovo codice di procedura penale.
Art. 146 disp att. Riprese audiovisive dei dibattimenti
La norma del codice lascia ampia discrezionalità al giudice nel bilanciamento dei
valori in gioco: diritto di cronaca/diritto alla riservatezza, in particolare dei terzi. Ma
forse è più giusto dire che il valore da bilanciare con il diritto di cronaca è
essenzialmente il “ sereno e regolare svolgimento del processo” che comprende la
tutela della dignità della persona. Inoltre il valore della pubblicità del processo non
deve sacrificare, al di la del necessario la riservatezza dei soggetti che intervengono nel
processo.
Il codice distingue per così dire:
- processi ordinari , nei quali per le riprese Tv è necessario il consenso delle parti
- processi in cui vi è un “interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza
del dibattimento”. In questo caso il consenso delle parti non è indispensabile.
Tuttavia il consenso è sempre necessario per la ripresa delle immagini delle persone,
Negli Usa le riprese TV non sono consentite nelle Corti Federali, ma sono ammesse
nella quasi totalità delle Corti statali. Court Tv dal 1991 trasmette via cavo e pagamento
solo processi. Usa camere fisse, con trasmissione integrale “gavel to gavel” i
presentatori sono giornalisti avvocati; se la trasmissione è in diretta vi è comunque un
ritardo di dieci secondi per evitare di trasmettere informazioni relative all’indirizzo dei
testimoni, ai nomi dei giurati e alle conversazioni tra il difensore ed i clienti. Sul sito
internet di Court Tv si trova inoltre dibattito culturale sulla giustizia, ad es, sulla pena di
morte.
Forse per la Tv nel processo occorrerebbe adottare le avvertenze usuali per gli
oggetti fragili o pericolosi “Maneggiare con cautela” ma non mi spingerei fino alla
scritta dei pacchetti di sigarette “Nuoce gravemente alla salute”
Ma prima di affrontare il rischio principale che è quello della spettacolarizzazione e del
processo parallelo occorre elencare gli aspetti positivi:
- Controllo e informazione sul funzionamento della giustizia in generale e sui singoli
casi giudiziari. Gli insabbiamenti divengono più difficili. Il controllo è diretto e non
filtrato da verità ufficiali. La visioni di processi “veri” e di “imputati veri” costringe
ad una attenzione meno distorta di quella dei film americani.
- Controllo/ informazione sulle regole del processo. Un grande spazio viene preso
dalla accusa pubblica, dal pm, ma per la prima volta, almeno nei casi famosi, la
difesa ha un spazio notevole e una possibilità di replica in tempo reale. La disputa
innocentisti/colpevolisti esisteva già sui giornali; ora il contatto diretto con il
processo introduce anche il tema delle garanzie del processo e dei limiti di prova
- Controllo/informazione sugli attori professionali del processo, giudici, pm e
avvocati. Il loro comportamento è oggetto di analisi dal punto di vista della capacità
professionale ed anche della deontologia. La Tv mette a nudo la arroganza di certi
Pm, la capacità o incapacità dei giudici di dirigere il processo, la competenza o la
vacuità degli avvocati. La Tv stimola i chierici ad essere comprensibili.
5. La spettacolarizzazione ed il processo parallelo
La spettacolarizzazione mette in crisi la logica del processo, lo spazio ed il tempo del
processo, il rituale del processo fino a proporre un vero e proprio “processo parallelo”.
Antoine Garapon ( Le gardien des promesses. Justice et démocratie,Parigi, 1996. Trad
it. I custodi dei diritti. Giustizia e democrazia, Milano, Feltrinelli,1997 in particolare pp.
59 ss) ha proposto un approccio fortemente critico che merita riflessione.
“I media, soprattutto la televisione … pretendono di offrire una rappresentazione più
fedele della realtà di quanto non la offrano le finzioni procedurali. I media risvegliano il
sogno della democrazia diretta, il sogno di un accesso alla verità liberata di ogni
mediazione procedurale.” ( Garapon 1997, p.59)
Si esige la VERITA’. “La dimensione convenzionale della verità giudiziaria diviene
insopportabile” ( Garapon 1997, p.70)
La Tv ha un pretesa di obbiettività, che pure tralascia le scelte soggettive della ripresa e
del montaggio.
Rottura della logica e dei tempi del processo.
I mezzi di comunicazione ed i procedimenti giudiziari hanno logiche e tempi diversi. Vi
sono diverse fasi nel processo: dalla indagine preliminare al processo di primo grado
alla decisione definitiva. Come ha sottolineato un giudice belga “la giustizia è un’opera
complessa. Ha bisogno di tempi, di formalismo, di regole di prova (Foulek Ringelheim).
Il processo è un strumento delicato. Occorre distinguere la desacralizzazione che è
apertura al controllo e alla critica, dalla delegittimazione.
Per un caso di scuola in negativo di processo in Tv si veda il caso Cogne come trattato
nella trasmissione “Porta a porta” di Bruno Vespa.
Processo parallelo nei casi di processi a carico di uomini politici.
Il processo parallelo è gestito dagli imputati esponenti politici e dai loro avvocati.
Il punto di partenza è “Homo politicus delinquere non potest”. Tutto è una congiura
mediatico-giudiziaria, ma la replica è gestita tutta sui mezzi di comunicazione di massa,
piuttosto che nel processo.
Prendendo spunto dal processo sul caso degli elicotteri italiani Agusta, che ha visto
inquisiti tre ministeri del Belgio un magistrato belga ha esaminato la vicenda sotto il
profilo del processo parallelo ( Foulek Ringelheim, La justice saisie par l’audiovisuel,
Juger,n. 8-10. 1995 p. 4-16) I Ministri, attorniati dai loro avvocati comunicano ai
telespettatori gli elementi dell’indagine, contestano le testimonianze forniscono alibi,
etc. “La scena giudiziaria è trasferita dal Palazzo di giustizia al parlamento. Agendo in
questo modo gli uomini politici non contribuiscono né alla serenità che essi esigono
dalla giustizia, né al rafforzamento delle istituzioni democratiche. Reclamano, a buon
diritto, il beneficio del segreto istruttorio e della presunzione di innocenza. Ma essi
stessi non rispettano il primo e assoggettano la seconda al plebiscito dei telespettatori.
Eludono l’istanza della giustizia per esercitare i sortilegi della democrazia diretta.
Mentre rivendicano lo statuto di cittadini come gli altri, difendono la loro causa davanti
al tribunale del popolo sovrano. …”
6. Rispetto della persona e presunzione di innocenza
I punti di orientamento
-
-
Rispetto della dignità della persona. Anche se la Tv non è presente, anche nei
processi di criminalità comune, anche nei confronti degli imputati dei crimini più
gravi
Rispetto/educazione alla presunzione di innocenza.
Tenere conto dei tempi, delle fasi del processo e delle regole di prova. Ma nello
stesso tempo distinguere tra responsabilità penale da un lato e dall’altro
responsabilità politica e responsabilità deontologica
Deontologia e professionalità del giornalista. Il dovere del giornalista è di fornire
notizie e informazioni senza tener conto di valutazioni estranee di opportunità.
Nessuna censura o autocensura, ma nel fornire la notizia anche per il giornalista vi
è il rispetto della dignità della persona.
7. Intervento dei giudici nei mezzi di comunicazione. Un decalogo made in Usa
Un approccio realistico sul tema è proposto dall’opuscolo Media Guide a cura di
National Association for Court Managment, National Center for State Courts,
Williamsburg, Virginia.
Si può trarne una specie di decalogo che parte dalla premessa Be Honest and Clear
1. Sii sincero. Di la verità oppure taci
2. Non dire ciò che non vuoi sia riportato
3. Non dire mai “no comment”
4. Non farti ingannare dal “off the records”. E’ una cosa che non esiste
5. Non dire nulla che non vorresti vedere il giorno dopo sui titoli dei giornali
6. Comportati come se un giornalista fosse sempre presente ogni volta che parli in
pubblico
7. Stabilisce le regole e i tempi dell’intervista in anticipo
8. Tieni conto dei tempi di chiusura dei giornali
9. Parla in plain English. Avoid legalise
10. Pensa prima a quello che vuoi dire e preparati a rispondere alla domande prevedibili
In conclusione l’insegnamento non è “ magistrati tacete”, ma piuttosto “ magistrati non
dite sciocchezze”, “dite cose appropriate, nel contesto corretto, in modo argomentato e
comprensibile, con la consapevolezza delle regole del mezzo utilizzato, con fermezza
nei contenuti, con senso di misura nella forma e sempre con rispetto della dignità delle
persone”.
Il giudice nei talk show televisivi
7. Intervento dei giudici nei mezzi di comunicazione. Il dibattito in Italia
Non ritengo utile la burocratizzazione dei canali di comunicazione delle notizie
attraverso uffici- stampa ect.. ( cfr al riguardo G. Giostra, Fa discutere la proposta di
istituire uffici stampa presso le Procure della repubblica, in Diritto penale e processo,
1999,n.3,p.138). L’esperienza insegna che la comunicazione di fatto passa
inevitabilmente attraverso il magistrato che ha responsabile dell’indagine; che alcune
delle dichiarazioni più discusse sono state fornite proprio da capi degli uffici, i quali
magari erano spinti dal desiderio dei mettere in luce il lavoro dell’ufficio, ma spesso
non tenevano in conto tutti gli elementi del caso.
Il rischio di protagonismo del magistrato, soprattutto di quello che conduce le indagini,
è molto forte, ma non può essere eluso. Le proposte di vietare la pubblicazione dei nomi
dei magistrati sono fuori della realtà possibile in un mondo di libertà di informazione.
Occorre piuttosto promuovere la deontologia dei magistrati. Questo ha tentato di fare la
Associazione nazionale di magistrati italiani adottando nel 1994 un “Codice etico” di
cui riportiamo l’art. 6. Rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di comunicazione di
massa:
“Nei contatti con la stampa e con gli altri mezzi di comunicazione il magistrato non
sollecita la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio.
Quando non è tenuto al segreto alla riservatezza su informazioni conosciute per
ragioni del suo ufficio e ritiene di dover fornire notizie sull’attività giudiziaria, al
fine di garantire la corretta informazione dei cittadini e l’esercizio del diritto di
cronaca, ovvero di tutelare l’onore o la reputazione dei cittadini, evita la
costituzione o l’utilizzazione di canali informativi personali riservati o privilegiati.
Fermo il principio di piena libertà di manifestazione del pensiero, il
magistrato si ispira a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare
dichiarazioni ed interviste ai giornali e agli atri mezzi di comunicazione
di massa.”
Una particolare cautela si impone per le dichiarazioni che riguardano casi che il
magistrato sta trattando. Il Codice etico dell’Anm, piuttosto che proporre un divieto
assoluto, irrealistico e spesso ingiustificato, sottolinea come in alcuni casi
l’informazione sia addirittura doverosa e si preoccupa di dettare piuttosto alcune regole
di comportamento.
I magistrati debbono poter godere in quanto cittadini della piena libertà di
manifestazione del pensiero. E’ del tutto naturale che intervengano nel dibattito sul
funzionamento della giustizia e sulle proposte di riforma. Sembra davvero ipocrita la
regola tradizionale che ammetteva gli interventi dei magistrati a condizione che fossero
del tutto privi di risonanza ( articoli sulle riviste giuridiche) e di efficacia. E se si
ammette la legittimità dell’intervento non si può sindacare il contenuto ritenendo leciti
l’adesione alla tradizione e l’ossequio al governo o alle proposte della maggioranza
parlamentare, poiché la ragione della libertà di opinione è proprio nella tutela delle
opinioni dissenzienti.
I procedimenti disciplinari nei confronti di Greco e Colombo
Dante Troisi, Diario di un giudice 1995
8. Legge delega n. 150/2005 sulla riforma dell’ordinamento giudiziario.
Nuovi problemi si aprono ora con la approvazione, in attuazione della Legge delega n.
150/2005 sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, del D.Lgs 23 febbario 2006
n.109, a sua volta modificato, in molti punti significativi dalla l. 24 ottobre 2006, n 269
“Sospensione dell’efficacia nonché modifiche di disposizioni in tema di ordinamento
giudiziario”
Riporto di seguito le norme rilevanti sul tema.
Art.1 Doveri del magistrato
Il magistrato esercita le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza,
laboriosità, riserbo, equilibrio e rispetta la dignità della persona nell’esercizio delle
funzioni
Art. 2 Illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni
Comma 1. Costituiscono illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni :
Lettera v) pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino i soggetti coinvolti negli
affari in corso di trattazione ovvero trattati e non definiti con provvedimento non
soggetto ad impugnazione ordinaria, quando sono dirette a ledere indebitamente i diritti
altrui e la violazione dell’art. 5 comma 2 del d. lgs 20 febbraio 2006 n. 106
NB. D. lgs 20 febbraio 2006 n. 106
Art. 5 Rapporti con gli organi di informazione
1.Il procuratore della Repubblica mantiene personalmente, ovvero tramite un magistrato
dell’ufficio appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione
2.Ogni informazione inerente alle attività della procura della Repubblica deve essere
fornita attribuendola in modo impersonale all’ufficio ed escludendo ogni riferimento ai
magistrati assegnatari del procedimento.
3. E’ fatto divieto ai magistrati della procura della repubblica di rilasciar dichiarazioni o
fornire notizie agli organi di informazione circa la attività giudiziaria dell’ufficio.
4. Il procuratore della Repubblica ha l’obbligo di segnalare al consiglio giudiziario, per
l’esercizio del potere di vigilanza e di sollecitazione dell’azione disciplinae, le condotte
dei magistrati del suo ufficio che siano in contrasto col divieto fissato al comma 3
NB. Mancanza di coordinamento poiché è stata abrogata la lettera z): il tenere rapporti
in relazione alla attività del proprio ufficio con gli organi di informazione al di fuori
delle modalità previste dal decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui
agli articoli 1, comma 1 lettera d) e 2 comma 4 della legge 25 luglio 2005, n.150
Lettera aa) il sollecitare la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio
ovvero il costituire e utilizzare canali informativi personali riservati o privilegiati.
Art. 3 Illeciti disciplinari fuori dell’ esercizio delle funzioni
Comma 1. Costituiscono illeciti disciplinari al di fuori dell’esercizio delle funzioni:
Lettera b)
Il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione trattato dal
magistrato o persona che a questi consta essere stata dichiarata delinquente abituale,
professionale o per tendenza o aver subito condanna per delitti non colposi alla pena
della reclusione superiore a tre anni o essere sottoposto ad una misura di prevenzione,
salvo che sia intervenuta la riabilitazione, ovvero l’intrattenere rapporti consapevoli di
affari con una di tali persone
Lettera h) l’iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici
ovvero il coinvolgimento nelle attività di soggetti operanti nel settore economico o
finanziario che possono condizionare l’esercizio delle funzioni o comunque
compromettere l’immagine del magistrato
Lettera i) l’uso strumentale della qualità, che per la posizione del magistrato o per le
modalità di realizzazione, è diretto a condizionare l’esercizio di funzioni
costituzionalmente previste
NB in precedenza “turbare”; è stata soppressa la lettera l) ogni altro comportamento
tale a compromettere la indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato, anche
sotto il profilo della apparenza
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