Piano di Zona Documento di programmazione locale per il triennio 2012 – 2014 Ambito di Chiavenna (approvato dall’Assemblea dei Sindaci del 29/03/2012) 2 INDICE PDZ 2012 2014 PREMESSA La programmazione locale nella nuova fase di welfare 7 CAPITOLO 1 - L’ANALISI DEL CONTESTO 1.1 analisi socio demografica 1.2 il quadro delle risorse finanziarie 13 17 CAPITOLO 2 - LA PROGRAMMAZIONE 2.1 punti cardine per la programmazione triennale 2.2 segretariato sociale 2.3 servizio sociale professionale di base 2.4 area anziani 2.5 area disabili 2.6 area famiglia, minori e giovani 2.7 area adulti 2.8 la conciliazione famiglia-lavoro 2.9 snodi per l’integrazione 27 29 29 30 38 45 52 60 63 CAPITOLO 3 - LA GOVERNANCE 3.1 il modello di gestione nel distretto di Chiavenna 3.2 livello di indirizzo e amministrazione politica 3.3 livello tecnico amministrativo di programmazione e gestione 3.4 la collaborazione con il Terzo Settore 67 67 69 71 CAPITOLO 4 - VALUTAZIONE 4.1 la valutazione 77 CAPITOLO 5 - IL BILANCIO DI PREVISIONE 5.1 il bilancio di previsione per il triennio 2012/2014 85 3 4 PREMESSA 5 6 La programmazione locale nella nuova fase di welfare La programmazione del quarto Piano di Zona si apre a dieci anni dalla prima stesura del 2002. Il modello di gestione associata dei servizi e degli interventi in campo sociale, che la normativa imponeva, era stato adottato da tempo nell’ambito di Chiavenna grazie al ruolo svolto già a partire dagli anni ’70 dalla Comunità Montana della Valchiavenna, che veniva investita di una delega molto ampia da parte dei Comuni. Il Piano di Zona 2002/2004 ha visto i Comuni riappropriarsi della piena titolarità della programmazione delle politiche sociali e avviare, insieme all’Azienda Sanitaria Locale ed al Terzo Settore, la costruzione del sistema integrato di servizi. Le successive programmazioni locali hanno rafforzato il coinvolgimento degli attori del Terzo Settore nella progettazione e realizzazione concertata degli interventi. L’esperienza di programmazione condivisa di questi anni ha portato i Comuni ad una maggiore conoscenza dell’evoluzione dei bisogni del proprio territorio e ad acquisire più consapevolezza nella costruzione di un sistema integrato di servizi che rispondesse ai nuovi bisogni e, tuttavia, fosse sostenibile. Il sistema integrato di servizi, gestito in forma associata, ha consentito di: • superare la frammentazione dei servizi e degli interventi sul territorio; • garantire la copertura su tutto il territorio della Valchiavenna; • razionalizzare l’offerta rispetto alla domanda espressa; • offrire pari opportunità ai cittadini e livelli adeguati di informazione. L'esperienza di questi anni ha consentito di costruire uno staff (UDP) con una grande esperienza e competenza professionale oltre che con una solida capacità organizzativa e gestionale, che ha portato a significative risposte in termini di maggiore efficienza (rapporto costi/servizi erogati) rispetto a precedenti esperienze di gestione delegata ad altri soggetti. L'Ufficio di Piano quindi ha consolidato il proprio ruolo di riferimento nei confronti delle Amministrazioni Comunali e dei Cittadini, che vedono in tale organizzazione il riferimento unico e chiaro per l'accesso alla rete dei servizi. 7 L’ultimo decennio è stato caratterizzato da processi di trasformazione continua, che hanno determinato e determinano anche oggi profondi mutamenti nella struttura sociale, facendo emergere, a fianco dei bisogni sociali e assistenziali tradizionali, nuovi bisogni e nuove emergenze. Oltre alle trasformazioni nella composizione demografica della popolazione (aumento delle famiglie monocomponente, aumento degli anziani e conseguente aumento delle patologie croniche e della non autosufficienza), anche in Valchiavenna ci si comincia a confrontare con gli effetti del fenomeno migratorio, che portano spesso nuove urgenze e bisogni e richiedono risposte anche di tipo innovativo. A ciò si aggiungono oggi le conseguenze provocate dal difficile contesto economico che determinano una delle crisi finanziarie, economiche e sociali più dure degli ultimi decenni; con la diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie riemergono con forza anche i bisogni primari (casa, nutrimento) determinati dalla perdita della posizione sociale (nuove povertà, perdita del lavoro). E’ in questa prospettiva, e in presenza di vincoli di bilancio sempre più pesanti e restrittivi, che è necessario individuare nuovi approcci sistemici alla risoluzione dei problemi, combattendo l’esclusione sociale con un forte investimento nella partecipazione delle famiglie e delle persone, prevedendo una maggiore corresponsabilità e coinvolgimento dei cittadini e dei soggetti pubblici e privati che concorrono alla realizzazione della rete di servizi. Diviene fondamentale saper progettare un sistema di welfare attivo, orientato a promuovere la capacità delle persone di assumere in autonomia la responsabilità del proprio benessere, un welfare che, come indicato dalla Regione Lombardia nelle Linee di indirizzo per la programmazione sociale a livello locale 2012-2014, accentui lo sviluppo delle comunità, che trovi nelle alleanze tra gli attori pubblici e gli attori della società (cittadini, famiglie, organizzazioni private profit o non profit, parti sociali) le energie, le competenze e le risorse per continuare a promuovere opportunità e benessere sociale, rispondendo più adeguatamente all’evoluzione dei bisogni. 8 La Regione Lombardia invita quindi a costruire un sistema di welfare che sappia mettere al centro la famiglia, ne sappia cogliere le esigenze e possa rispondervi in modo trasversale ed integrato, valorizzandone nel contempo capacità e risorse. E’ questa la sfida che deve affrontare la programmazione sociale territoriale per il triennio 2012 – 2014, a partire dalla consapevolezza del nuovo ruolo attribuito agli enti locali ed all’Ufficio di Piano, che dovranno essere attivatori di tutte le risorse locali. Il contributo degli enti locali alla connessione delle reti, molto più del consolidato intervento di offerta di prestazioni, costituisce quindi il meccanismo prioritario per dare vita, attraverso le competenze e la creatività delle parti, a un processo di innovazione sociale che renda sostenibile nel futuro il sistema di welfare. Per gli attori pubblici si tratta infatti sia di riconoscere quelle reti che già operano sul territorio sia di promuoverne nuove in grado di generare valore aggiunto e opportunità di innovazione1. Il presente Piano di Zona, frutto della sinergia tra diversi soggetti istituzionali, terzo settore (volontariato, cooperazione) e organizzazioni sindacali, tiene conto delle priorità regionali, assicurando la coerenza tra la programmazione locale e quella regionale. Il Presidente dell’Assemblea dei Sindaci Luca Della Bitta 1 D.G.R. 2505 del 16.11.2011 “Un welfare della sostenibilità e della conoscenza. Linee di indirizzo per la programmazione sociale a livello locale 2012 – 2014” 9 10 CAPITOLO 1 L’ANALISI DEL CONTESTO 11 12 1.1. analisi socio demografica L’ambito territoriale di Chiavenna comprende 13 Comuni, di diversa estensione, per una popolazione complessiva, al 31/12/2011, pari a 24.883 abitanti (746 unità in più rispetto ai dati del censimento ISTAT 2001, pari al 3,09 %). Il territorio si estende su 576,81 Kmq con una densità di popolazione pari a 43,14, inferiore alla media provinciale (pari a 57,03). Sugli abitanti dell’intero Ambito, la popolazione femminile occupa il 51,09% e la popolazione maschile il 48,91%. Si conferma così, come in linea nazionale, la maggiore presenza di donne nella popolazione. La tabella riportata di seguito permette di valutare le percentuali delle varie fasce di età rispetto alla Provincia di Sondrio ed all’intero territorio regionale (Fonte ISTAT, dati al 31/12/2010). Fasce Ambito di Chiavenna Provincia di Sondrio Lombardia 0-5 1.311 9.860 588.085 % 5,28 5,38 5,93 06-10 1.202 8.547 466.682 % 4,84 4,67 4,71 11-14 968 7.127 355.847 % 3,90 3,89 3,59 15-19 1.272 8.781 434.165 % 5,12 4,79 4,38 20-24 1.281 9.090 457.941 % 5,16 4,96 4,62 25-29 1.400 10.144 536.106 % 5,64 5,54 5,41 30-59 11.091 80.983 4.456.211 % 44,67 44,21 44,93 60-64 1.535 11.721 632.194 % 6,18 6,40 6,37 65 e + 4.766 36.916 1.990.483 % 19,20 20,15 20,07 Totale 24.826 183.169 9.917.714 Popolazione per fasce di età al 31/12/2010 – Fonte ISTAT 13 A livello distrettuale si evidenzia che il 18,12% della popolazione è collocata nella fascia d’età 0-18 anni, il 62,68% nella fascia d’età 19-64 anni, e il rimanente 19,2% oltre i 65 anni; confrontando il dato con il livello provinciale (17,75% fascia d’età 0-18 anni, 62,09% fascia d’età 19-64 anni, 20,15% oltre i 65 anni) ed il livello regionale (17,71% fascia d’età 0-18 anni, 62,22% fascia d’età 19-64 anni, 20,07% oltre i 65 anni) si rileva una popolazione tendenzialmente più giovane rispetto alla media provinciale e regionale. Alcune considerazioni interessanti emergono, inoltre, dall’analisi degli indici demografici. L’indice di vecchiaia dell’Ambito di Chiavenna, che nel 2004 era pari a 114, e nel 2008 era pari a 126, è più basso di quello provinciale e regionale: ogni 100 bambini di età compresa tra 0 e 14 anni sono presenti 137 persone anziane (di età superiore a 65 anni), contro i 145 della media provinciale e i 141 della media regionale. Ambito di Provincia di Chiavenna Sondrio indice di vecchiaia 136,91 144,58 141,11 tasso di vecchiaia 19,20 20,15 20,07 anziani per bambino 3,64 3,74 3,38 indice dipendenza strutturale 49,74 51,73 52,19 indice dipendenza giovanile 21,00 21,15 21,65 indice dipendenza senile 28,75 30,58 30,54 indice di struttura popolazione attiva 121,44 125,24 122,19 Lombardia Il tasso di vecchiaia ricalca il corrispettivo indice: il 19,20% della popolazione valchiavennasca supera i 65 anni, con un risultato leggermente più basso della media provinciale (20,15%) e della media regionale (20,07%). E’ però un valore in costante ascesa: nel 2005 il tasso di vecchiaia era pari al 17,91%, mentre nel 2008 si attestava al 18,22%. Si evidenzia anche un aumento dell’indice di dipendenza, che da 46,91 nel 2004 e da 48,10 nel 2008 raggiunge 49,74. Pur rimanendo sotto la soglia del 50 %, considerata soglia critica, tale indice, che esprime la quota della popolazione, teoricamente fuori dal sistema produttivo, che sul piano economico e sociale "pesa" sulla popolazione che (teoricamente) produce reddito, vi si avvicina progressivamente. 14 Classi d'età 65-76 1.417 10.387 556.559 71,71 67,71 67,32 1.539 11.605 652.759 55,16 53,79 56,09 2.956 21.992 1.209.318 62,02 59,57 60,76 TOTALE FEMMINE MASCHI Distretto Chiavenna Provincia di Sondrio Lombardia Distretto Chiavenna % Provincia di Sondrio % Lombardia % Distretto Chiavenna Provincia di Sondrio Lombardia Distretto Chiavenna % Provincia di Sondrio % Lombardia % Distretto Chiavenna Provincia di Sondrio Lombardia Distretto Chiavenna % Provincia di Sondrio % Lombardia % 77-83 397 3.498 187.551 20,09 22,80 22,69 727 5.584 294.615 26,06 25,88 25,32 1.124 9.082 482.166 23,58 24,60 24,22 84-89 129 1.166 67.482 6,53 7,60 8,16 378 3.128 157.335 13,55 14,50 13,52 507 4.294 224.817 10,64 11,63 11,29 90 e + 33 290 15.157 1,67 1,89 1,83 146 1.258 59.025 5,23 5,83 5,07 179 1.548 74.182 3,76 4,19 3,73 Totale 1.976 15.341 826.749 2.790 21.575 1.163.734 4.766 36.916 1.990.483 Popolazione anziana per sesso e per fasce di età al 31/12/2010 – Fonte ISTAT Comune età compresa dai 65 agli 80 dagli 81 anni e oltre Maschi Femmine Maschi Femmine Campodolcino 12 32 7 24 Chiavenna 276 313 164 237 Gordona 20 37 7 36 Madesimo 10 17 3 13 Menarola 1 0 0 2 Mese 12 34 4 24 Novate Mezzola 21 41 9 49 Piuro 23 43 4 37 Prata Camportaccio 31 63 15 52 S. Giacomo Filippo 8 10 2 12 Samolaco 21 66 5 29 Verceia 11 37 4 24 Villa di Chiavenna 24 31 4 27 470 724 228 566 Anziani che vivono soli per fascia di età e per sesso 15 Pur lontano dal dato della Regione Lombardia, è significativo l’aumento del numero dei cittadini stranieri residenti in Valchiavenna registrato nel trascorso triennio. il confronto con i dati delle precedenti rilevazioni vede un aumento percentuale delle presenze stabili di cittadini stranieri pari a + 72% rispetto al 2005 e + 22% rispetto al 2008. 2005 Comune 2008 2011 stranieri residenti di cui minori stranieri residenti di cui minori stranieri residenti di cui minori 7 0 1 0 8 0 Chiavenna 210 36 319 63 399 78 Gordona 17 4 14 1 13 1 Madesimo 18 3 10 1 14 1 Menarola 1 0 1 0 1 0 Mese 19 3 21 6 28 6 Novate Mezzola 25 4 49 10 73 14 Piuro 15 1 36 2 39 3 Prata Camportaccio 48 9 52 2 89 12 Samolaco 38 11 68 19 58 10 San Giacomo Filippo 1 0 9 2 3 1 Verceia 27 8 42 15 39 6 Villa di Chiavenna 37 9 30 4 33 3 Totale 463 88 652 125 797 135 Campodolcino I cittadini stranieri residenti 900 800 700 600 500 stranieri maggiorenni minori stranieri 400 300 200 100 0 2005 2008 2011 16 1.2. il quadro delle risorse finanziarie Le azioni previste dal Piano di Zona vengono attuate attraverso un sistema di budget unitario, alimentato da risorse derivanti da diverse fonti di finanziamento: risorse autonome dei Comuni, risorse del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (F.N.P.S.), risorse del Fondo per le Non Autosufficienze (FNA), risorse del Fondo Sociale Regionale (ex circolare 4), risorse della Comunità Montana della Valchiavenna ed altre risorse. L’unitarietà del budget trova corrispondenza in un’unitarietà di attuazione della programmazione associata degli interventi e dei servizi sociali, nell’ambito dell’autonomia locale nella gestione delle risorse finanziarie assegnate. Il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali è destinato prioritariamente allo sviluppo di nuovi servizi, al finanziamento delle spese per le gestioni associate e per i titoli sociali. Il Fondo per le Non Autosufficienze ha un utilizzo vincolato e viene impiegato per favorire la permanenza a domicilio di persone non autosufficienti. Le risorse del Fondo Sociale regionale concorrono, unitamente alle altre fonti di finanziamento del Fondo d’Ambito, alla realizzazione della rete integrata delle unità d’offerta sociali e sono finalizzate a contribuire alla riduzione delle rette degli utenti e al sostegno dei bisogni delle famiglie. Il quadro delle risorse finanziarie pubbliche, destinate alla programmazione locale, si è notevolmente modificato rispetto alle precedenti triennalità. Assistiamo negli ultimi anni ad un ridimensionamento progressivo delle risorse trasferite dallo Stato e dalla Regione, con una prospettiva futura di ulteriore riduzione. A partire dal 2007 il Fondo Nazionale Politiche Sociali ha avuto un andamento progressivamente decrescente. In particolare la parte di fondo destinata alle regioni e quindi alle politiche sociali attuate a livello locale è costantemente diminuita, passando dai 745 milioni del 2007 ai 274 milioni del 2011. Per il 2012 si prevede una dotazione di soli 69/70 milioni, per il 2013 di 44/45.2 2 “Disegniamo il welfare di domani”, Convegno 29.09.11, Milano, Istituto per la Ricerca Sociale 17 Anno 2007 2008 2009 2010 2011 Fondo nazionale politiche sociali (esclusa quota ministeriale) Fondo infanzia e adolescenza 745 656 518 374 274 44 44 44 40 39 Fondo inclusione immigrati 50 0 0 0 0 Fondo Non Autosufficienza 100 300 400 400 0 Fondo politiche giovanili 130 130 130 81 13 Fondo politiche della famiglia 220 330 239 174 51 Fondo pari opportunità 50 44 30 3 17 1339 1504 1361 1072 394 TOTALE Andamento dei fondi nazionali politiche sociali – valori in milioni di Euro3 Analogo discorso vale per i trasferimenti regionali: l’analisi dei bilanci regionali degli ultimi anni mostra una crescita dei fondi destinati a sostenere i servizi sociosanitari, passati da 1.445 milioni di euro del 2009 a 1.623 milioni di euro nel 2012, mentre il finanziamento della rete sociale territoriale viene sostanzialmente ridotto. Il sostegno regionale alla rete dei servizi territoriali (milioni di euro) 1800 1600 1400 1200 1000 800 1445 1500 1574 1623 600 400 200 0 87,7 85,2 70 40 2009 2010 2011 2012 Fondo sociale regionale 3 Fondo sociosanitario “Disegniamo il welfare di domani” – I.R.S. – Milano 2011 18 Il bilancio di previsione per il 2012 determina un drastico taglio al Fondo Sociale Regionale. Proseguendo la tendenza con cui negli ultimi anni questo canale è stato progressivamente impoverito, nel 2012 la Regione ha previsto uno finanziamento di soli 40 milioni al Fondo Sociale Regionale, rispetto ad un investimento effettivo del 2011 di 70 milioni. Pur riconoscendo il clima di austerità che ha contrassegnato la manovra finanziaria del 2012, con la Regione che ha dovuto far fronte a tagli dei trasferimenti statali e a tetti del Patto di Stabilità Interno sempre più stringenti, il prezzo che pagheranno le politiche sociali regionali sembra andare oltre il sacrificio affrontato dall’ente. Se infatti è vero che la capacità generale di spesa della Regione si è ridotta del 25% nell’ultimo triennio, il Fondo Sociale Regionale ha subito una decurtazione del 54%, passando dagli 87,7 milioni del 2009 ai 40 del 2012. Se ne deduce che i tagli operati a questo canale hanno ampiamente superato le riduzioni adottate negli altri programmi regionali di spesa (non si è quindi trattato di tagli lineari).4 La seguente tabella evidenzia la contrazione delle risorse assegnate all’Ambito di Chiavenna nel periodo 2008-2012 (il dato relativo al Fondo Sociale Regionale per quest’ultimo anno è ipotizzato sulla base dello stanziamento complessivo previsto dal bilancio regionale). 2008 2009 2010 2011 2012 254.084,45 222.088,54 101.509,98 114.509,00 52.410,00 Fondo Sociale Regionale 246.189,44 238.608,00 231.048,00 189.228,00 108.480,00 Fondo Non Autosufficienze 15.210,00 55.004,00 105.922,00 115.702,00 0 0 23.942,00 47.540,00 0 0 515.483,89 539.642,54 486.019,98 419.439,00 160.890,00 Fondo Nazionale Politiche Sociali Fondo Intesa Famiglie Totale La riduzione delle risorse esterne, passate da 515.500 euro circa nel 2008 a meno di 161.000 nel 2012, con una riduzione che sfiora il 70 %, è evidenziata dal grafico sotto riportato. 4 L. Pelliccia, La manovra finanziaria per il 2012: effetti sulla rete regionale dei servizi – LombardiaSociale.it 17/01/2012 - Istituto per la Ricerca Sociale 19 Le risorse esterne € 300.000,00 Fondo Nazionale Politiche Sociali Fondo Sociale Regionale Fondo Non Autosufficienze Fondo Intesa Famiglie € 250.000,00 € 200.000,00 € 150.000,00 € 100.000,00 € 50.000,00 € 0,00 Anno 2008 Anno 2009 Anno 2010 Anno 2011 Anno 2012 Alla progressiva riduzione delle risorse esterne l’Ambito di Chiavenna ha fatto fronte con un impegno straordinario dei Comuni e della Comunità Montana della Valchiavenna, che hanno aumentato la loro partecipazione economica ponendosi l’obiettivo di mantenere la stessa offerta di servizi a favore della cittadinanza. La copertura della spesa sociale nell'Ambito di Chiavenna 1.800.000,00 1.600.000,00 1.400.000,00 1.200.000,00 Altre entrate Fondo Intesa Famiglie Fondo Non Autosufficienze Fondo Sociale Regionale Fondo Nazionale Politiche Sociali Comunità Montana Valchiavenna Comuni 1.000.000,00 800.000,00 600.000,00 400.000,00 200.000,00 Anno 2008 Anno 2009 Anno 2010 Anno 2011 Anno 2012 20 La seguente tabella riporta le percentuali di copertura della spesa nel periodo 2008-2012: 2008 2009 2010 2011 2012 Comuni 43,3 49,1 55,2 57,0 68,3 Comunità Montana Valchiavenna 2,7 4,8 5,7 6,8 11,0 Fondo Nazionale Politiche Sociali 28,6 15,3 8,4 8,0 4,0 Fondo Sociale Regionale 19,2 15,9 15,1 13,5 7,6 Fondo Non Autosufficienze 0,0 4,5 6,9 5,0 3,2 Fondo Intesa Famiglie 0,0 0,5 0,3 2,8 1,1 Altre entrate 6,1 10,0 8,2 6,9 4,8 21 Il raffronto tra i grafici seguenti mostra l’incremento della quota a carico di Comuni e Comunità Montana: il preventivo di spesa per il 2012, che pure può contare ancora sui residui del Fondo Non Autosufficienze e del Fondo Intesa Famiglie, è sostenuto per circa il 79 % dagli Enti locali. Ripartizione costi - anno 2008 Altre entrate 6% Fondo Sociale Regionale 19% Comuni + Comunità Montana 46% Fondo Nazionale Politiche Sociali 29% Fondo Intesa Famiglie 1% Fondo Non Autosufficienze 3% Altre entrate 5% Ripartizione costi - anno 2012 Fondo Sociale Regionale 8% Fondo Nazionale Politiche Sociali 4% Comuni + Comunità Montana 79% 22 I seguenti grafici mostrano la composizione percentuale della spesa sociale nell’ambito di Chiavenna nel triennio di vigenza del precedente Piano di Zona. In termini di valore percentuale della spesa l’area disabili rappresenta sempre la quota preponderante, seguita dall’area minori e famiglia e dall’area anziani. L’area adulti ha impegnato una quota molto minore di risorse economiche, rappresentando l’area dove si è già reso necessario, per poter dare risposte alle necessità espresse dagli utenti, attivare in modo consistente la rete. UDP + spese generali 6% Anziani 12% Adulti 5% Composizione spesa sociale - anno 2009 Minori 37% Disabili 40% UDP + spese generali 5% Anziani 12% Adulti 5% Composizione spesa sociale - anno 2010 Minori 36% Disabili 42% UDP + spese generali 5% Adulti 4% Anziani 12% Composizione spesa sociale - anno 2011 Minori 33% Disabili 46% 23 24 CAPITOLO 2 DIREZIONI DEL LAVORO 25 26 2.1 - punti cardine per la programmazione triennale Nel nuovo sistema di welfare cambia il ruolo dei comuni e quindi dei piani di zona, ai quali viene riconosciuto il ruolo di impreditori di rete, ovvero la capacità di mettere in relazione attori e risorse del territorio, di negoziare e promuovere sinergia e razionalizzazione: funzione indispensabile, se si tiene conto della continua contrazione delle risorse pubbliche. Risulta quindi necessario attivare e dare impulso alle risorse presenti nel territorio, proseguire il lavoro, iniziato con i precedenti piani di zona, di integrazione tra soggetti istituzionali e di alleanza con il terzo settore. Cercare rapporti collaborativi con altri enti istituzionali e con i soggetti attivi del territorio non solo impedisce la frammentarietà delle risposte (e quindi lo spreco di risorse), ma consente di reperire nuove risorse per lo sviluppo del sistema locale. Partendo da questa premessa i punti cardine su cui si fonda la programmazione di questo documento sono l'integrazione, la co-progettazione, il lavoro di comunità. L'integrazione quale strumento necessario a coordinare gli interventi, a ottimizzare le risorse, a valorizzare le potenzialità dei diversi sistemi; dovrà realizzarsi su più versanti: • integrazione socio-sanitaria da realizzarsi con l’Azienda Sanitaria Locale e l’Azienda Ospedaliera, intesa come sistema di attività teso a garantire percorsi assistenziali integrati costruiti sulla domanda e non stabiliti a priori, a soddisfare bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale; • integrazione con la Provincia per garantire il supporto alle famiglie che organizzano il proprio sistema di cura, ricorrendo a forme di care-giving informale, e per favorire l’integrazione scolastica e socio lavorativa dei soggetti con disabilità; • integrazione con le istituzioni scolastiche e le agenzie educative finalizzata a realizzare, attraverso percorsi individualizzati, un buon inserimento nel contesto scolastico e sociale dei minori disabili e promuovere iniziative specifiche a sostegno delle funzioni genitoriali e dei bisogni di conciliazione delle famiglie. • integrazione con gli Uffici di Piano della provincia per una condivisione di priorità provinciali e individuare strategie comuni di sviluppo. La co-progettazione sociale é una tra le modalità più innovative che l'Ente Pubblico ha oggi a disposizione per creare opportunità di cooperazione con il terzo settore; in questa prospettiva ente pubblico e terzo settore possono condividere progetti di sviluppo, concretizzare azioni, 27 ripartendole responsabilmente secondo gli ambiti di propria competenza e stipulare accordi. In questo triennio la co-progettazione sarà non tanto, o non solo, in termini di predisposizione ed erogazione di servizi ma sarà centrata sulle modalità di azione che devono necessariamente convergere verso una gestione unitaria delle varie attività. Il lavoro di comunità: una buona comunità non soltanto migliora la qualità della vita di chi ne fa parte, ma facilita anche l’erogazione di servizi che, in mancanza di un’adeguata organizzazione comunitaria, non risulterebbero altrettanto efficaci. Il senso di appartenenza ad un gruppo o ad una comunità è una motivazione potente che spinge le persone ad un processo costruttivo di sviluppo personale, che consente l’individuazione di risorse individuali per la soluzioni dei problemi. Il lavoro sociale deve quindi orientarsi a mobilitare la comunità nel processo di presa in carico, a prevedere se necessario un’azione di cura indirizzata alla comunità di cui la persona fa parte. Intervenire nella comunità diventa basilare per promuovere il diritto delle persone di fascia debole ad essere riconosciuti cittadini a tutti gli effetti, con le stesse opportunità degli altri cittadini. L’agire sociale con le fasce deboli non consiste soltanto nella gestione della persona e nel rispondere ai bisogni con servizi e interventi, ma significa tutelare il diritto delle persone a non essere esclusi dalla propria comunità. E’ quindi fondamentale un’azione capace di rimuovere quelle forme di esclusione sociale di cui le persone soffrono nella loro vita quotidiana: essere anziano, presentare delle difficoltà, non significa perdere il diritto di avere relazioni significative con i soggetti della propria comunità. Nella rilettura del lavoro portato avanti a favore di soggetti fragili molto spesso si ha la percezione che i problemi sociali e le fragilità siano di esclusivo interesse dei servizi sociali e dell’ente pubblico. Questa riflessione ha quindi prodotto la consapevolezza che l’agire professionale non può esimere la comunità dal farsi carico del benessere della persona e che lo sforzo che dovrà essere fatto da parte delle istituzioni e degli operatori è quello di superare il modello di intervento centrata sulla relazione operatore/utente a favore di un modello di lavoro di comunità. 28 2.2 - segretariato sociale L’attività del Segretariato Sociale, rivolta ad offrire informazioni e ad orientare il cittadino nel sistema dei Servizi, è stata garantita anche nel triennio 2009-2011 dal personale individuato in ogni Comune. Questa attività è stata maggiormente qualificata e strutturata grazie all’attivazione nel Distretto di ulteriori punti d’accesso: • Punto Unico di Accesso, dove viene garantita, attraverso le assistenti sociali, una prima lettura, una decodifica del bisogno ed un conseguente orientamento o presa in carico del cittadino; • CeAD (Centro di Assistenza Domiciliare), servizio istituito dall’ASL con la collaborazione dell’Ufficio di Piano, rivolto prevalentemente alle persone anziane e disabili in condizioni di non autosufficienza e alle loro famiglie; ha funzioni di filtro e orientamento dell’utenza caratterizzato da snellezza organizzativa, elevata accessibilità e capacità di risposta rapida. 2.3 - servizio sociale professionale di base Gli operatori del Servizio Sociale sono a diretto contatto con l’utenza, hanno il delicato compito di raccoglierne la domanda sociale, analizzarne i bisogni, offrire un supporto ed un aiuto per affrontare e prevenire difficoltà e favorire il maggior benessere possibile del singolo e della comunità. In questi ultimi anni si è assistito ad un rapido cambiamento delle caratteristiche dell’utenza e dei suoi bisogni, che ha costretto il Servizio Sociale ad una flessibilità che non sarebbe possibile mantenere senza una connessione integrata degli interventi con la rete delle risorse formali ed informali del territorio. Il lavoro portato avanti in questo triennio, infatti, ha visto gli operatori del servizio impegnati in un lavoro di costruzione di relazioni e collaborazioni con servizi specialistici e organizzazioni del terzo settore. In particolare, la collaborazione si è concretizzata attraverso azioni ed interventi tesi a promuovere, accompagnare e sostenere i singoli e le famiglie in un processo di aiuto integrato. 29 2.4 - area anziani Questo triennio ha visto l’avvio della gestione associata del Servizio di Assistenza Domiciliare da parte dell’Ufficio di Piano; in passato il servizio veniva coordinato dal personale della Comunità Montana, ma ogni singolo Comune stipulava una convenzione con le cooperative erogatrici. Questa organizzazione presentava degli aspetti negativi, in quanto le convenzioni con i singoli Comuni portavano ad un aumento dei costi orari del servizio, con una ricaduta sulla quota a carico dell’utenza. Inoltre il sistema di recupero sull’utenza era diverso in ciascun comune, provocando delle disparità a discapito di alcune categorie di utenti. La gestione da parte dell’Ufficio di Piano ha comportato anche la revisione dei criteri di partecipazione alla spesa da parte degli utenti: è stato infatti adottato un sistema di recupero unico per tutti gli utenti dei vari Comuni, calcolato sulla base del reddito dichiarato (ICSEE). E’ stata mantenuta l’erogazione dei titoli sociali, buoni sociali a favore di famiglie che si prendono cura direttamente del famigliare fragile, voucher sociali per l’acquisto di prestazioni socio-assistenziali domiciliari, buoni sociali a progetto per situazioni di forte disagio economico, buono assistenti famigliari destinato a soggetti fragili curati a domicilio da assistenti famigliari; sono stati inoltre istituiti dei voucher finalizzati a erogare prestazioni a supporto delle famiglie che si avvalgono della collaborazione di assistenti famigliari, rivolti a sostenere l’inserimento delle assistenti nel nucleo famigliare fornendo prestazioni tese a istruire l’assistente famigliare rispetto ai compiti di cura e assistenza. Per quanto riguarda la domiciliarità si è ormai consolidata la collaborazione con le associazioni di Volontariato Anteas e Auser per il servizio di trasporto ed accompagnamento in favore di soggetti fragili per l’accesso a strutture sanitarie anche fuori provincia. Nel triennio si è consolidata la collaborazione con lo sportello badanti della Provincia di Sondrio per supportare le famiglie nell’individuazione di un assistente famigliare; la stessa collaborazione ha consentito la realizzazione di un percorso informativo/formativo rivolto agli assistenti familiari: il corso ha visto la partecipazione di 24 assistenti familiari. Il corso è stato apprezzato anche dalle famiglie presso le quali lavorano le assistenti. Riguardo al tema assistenti famigliari si è potuta riscontrare nel periodo 2010-2011 una significativa collaborazione con il sindacato CISL, a cui le famiglie si sono rivolte per le modalità 30 di assunzione delle badanti; il sindacato ha collaborato sia con il Servizio sociale di base che con lo sportello badanti della Provincia. E’ proseguito il lavoro di collaborazione con i servizi dell’ASL, in particolare con l’ U.O. Fragilità, per la presa in carico globale delle situazioni più complesse. Dalla fine del 2009 l’ASL ha istituito il CeAD - Centro per l’Assistenza Domiciliare. Il nuovo servizio, che ha lo scopo di garantire l’accesso facilitato alle prestazioni sanitarie e a quelle sociali alle fasce di fragilità sociale tipiche delle condizioni degli anziani non autosufficienti e dei disabili, ha iniziato la sua attività in gennaio 2010. L’attività del Centro per l’Assistenza Domiciliare di Chiavenna, che si caratterizza per la compresenza degli operatori dell’ASL e del Servizio sociale di base, è andata sempre più strutturandosi; si è rilevato un aumento della casistica, una presa in carico integrata da parte di ASL e Servizio sociale di base che ha portato alla stesura di un maggior numero di Piani di Assistenza Individualizzata (PAI). La scelta di inserire l’assistente sociale del Servizio sociale di base all’interno del CeAD per due volte alla settimana, al fine di garantire maggiormente l’integrazione e di assicurare una risposta globale ai bisogni dei soggetti non autosufficienti, ha consentito di ottimizzare gli interventi e di facilitare l’accesso ai servizi da parte delle famiglie. L’attività del CeAD si è spesso integrata con l’attività dell’ADI, attraverso uno scambio di informazioni sulla casistica. All’interno dell’attività del CeAD si è potuto sperimentare lo strumento della Dote INPDAP, fondo destinato a garantire assistenza domiciliare non contemplabile negli interventi erogati dai Comuni e per ricoveri di residenzialità leggera (es. ricoveri in casa famiglia). Per rispondere al bisogno della famiglie che necessitano di un periodo di sollievo dall’assistenza del proprio famigliare è stata confermata la convenzione tra U.d.P., ASL e Fondazione Casa di Riposo “Città di Chiavenna” per la gestione dei ricoveri temporanei. Tale intervento è stato molto apprezzato dalle famiglie perché consente di essere supportati e alleviati dal carico assistenziale in particolari periodi dell’anno. Nel corso del triennio sono riprese le ammissioni di ospiti presso la Casa di Riposo “Istituto Sacra Famiglia” di Mese: ciò ha permesso di dare risposta a molte persone anziane non autosufficienti inserite nella lista di attesa della RSA Casa di Riposo “Città di Chiavenna”. L’analisi del fabbisogno, in prospettiva futura, del territorio potrà quindi tenere conto anche di questa risorsa. 31 In questa area si è registrato un aumento delle situazioni in cui è stato necessario attivare forme di tutela giuridica (nomina di amministratori di sostegno) per anziani soli fragili o anziani con una rete famigliare inadeguata. L’operatore dell’area anziani ha collaborato al progetto provinciale “L’incontro: proteggere. sostenere. dare voce”; le azioni del progetto prevedevano l’avvio di un percorso formativo per amministratori di sostegno e l’individuazione delle procedure per avviare il ricorso per la nomina degli amministratori di sostegno, stabilendo le competenze di ciascun Ente/organizzazione, che sono state in seguito formalizzate con un accordo operativo approvato con apposita delibera dalla Comunità Montana della Valchiavenna. Nel precedente piano di zona era stata individuata come criticità lo scarso utilizzo del CDI da parte della famiglie, nel triennio appena trascorso si è potuto rilevare un notevole incremento degli inserimenti. SPUNTI PER LA PROGRAMMAZIONE DEL NUOVO TRIENNIO La riflessione avviata con i comuni, con l’ASL e con gli altri soggetti sociali del territorio sulle problematiche emergenti ha evidenziato le seguenti criticità e punti di forza su cui concentrare l’attenzione: • aumento dei casi di non autosufficienza e di demenza e conseguente aumento di richieste di ricovero presso la RSA e nel CDI; • presenza di una lista d’attesa per l’inserimento nella RSA; per le ammissioni viene data priorità ai casi più complessi e gravi, lasciando al territorio la gestione delle situazioni di non autosufficienza medio-grave; • fragilità delle famiglie di fronte alla non autosufficienza e alla demenza; • esplosione dell’offerta di cura privata e difficoltà delle famiglie nell’orientarsi all’interno del mercato privato di cura; • indebolimento della famiglia allargata e affievolimento dei valori di solidarietà familiare e responsabilità intergenerazionale, ma anche di solidarietà sociale all’interno del tessuto comunitario • maggiore difficoltà economica da parte degli anziani e delle loro famiglie a sostenere i costi delle rette con un possibile aggravio di spesa per i Comuni; • buono sviluppo dell’assistenza sociosanitaria integrata (ADI); 32 • positività dell’esperienza del CeAD; • necessità di ottimizzazione del raccordo con gli altri soggetti del territorio (patronati, terzo settore, volontariato) • sensibilizzazione della comunità rispetto al tema della solitudine di persone anziane; • informazione e sostegno della cittadinanza al fine di favorire la conoscenza della rete dei servizi; • rafforzamento della rete a sostegno della domiciliarità anche attraverso azioni di contrasto alla solitudine OBIETTIVI DI MANTENIMENTO Priorità 1 - Mantenimento della risposta domiciliare Nell’attuale situazione, che vede un incremento della popolazione anziana che necessita di interventi domiciliare, i comuni, tramite la gestione associata, si impegnano a garantire continuità al servizio domiciliare, attraverso azioni di adeguamento e consolidamento che dovranno tendere: • ad integrare tutte le risorse in campo per ottimizzare le prestazioni e rendere efficace ed efficiente l’investimento economico; • a prevedere priorità d’intervento che terranno in considerazione la gravità della situazione, la rete famigliare di supporto presente, le risorse economiche famigliari disponibili. L’assistenza domiciliare (SAD, Titoli sociali) in questi anni ha consentito di fornire presso il domicilio degli anziani quei servizi e quegli interventi che hanno contribuito al mantenimento del massimo livello di benessere non solo dell’anziano ma anche della sua famiglia. Il servizio domiciliare, integrandosi con i servizi socio sanitari dell’ASL, ha consentito un supporto al pesante carico assistenziale delle famiglie di persone non autosufficienti. Alla risposta del servizio pubblico si affianca la risposta del privato sociale, arricchendo ulteriormente il sistema d’offerta. E’ fondamentale assicurare continuità del supporto domiciliare soprattutto nei casi di maggiore fragilità, incrementando e qualificando ulteriormente un sistema di interventi trasversali ed integrati che possa aiutare le famiglie nell’individuare le risposte più appropriate. 33 Azioni previste • revisione del regolamento degli interventi domiciliari; • ridefinizione dei criteri di accesso ai servizi; • revisione dei criteri di compartecipazione dell’utenza al costo dei servizi, ai sensi della legge regionale n. 2 del 24 febbraio 2012. Priorità 2 - Mantenimento posti di ricovero di sollievo Nell’Ambito di Chiavenna il Servizio di Ricovero Temporaneo è stato attivato dal 2002 presso la RSA Fondazione Casa di Riposo “Città di Chiavenna”; in questi anni il servizio ha permesso di rispondere al bisogno dei familiari che si prendono cura di persone anziane non autosufficienti, offrendo loro l’opportunità di usufruire di periodi di sollievo dal pesante carico assistenziale. Considerata l’utilità del servizio e il positivo riscontro delle famiglie, si ritiene fondamentale mantenere questa offerta anche per il prossimo triennio. OBIETTIVI DI SVILUPPO Priorità 1 - Qualificare/integrare il sistema dell’offerta privata di cura attraverso le assistenti familiari L’aumento degli anziani non autosufficienti e dei soggetti affetti da demenze comporta l’aumento del carico assistenziale, che necessita di una risposta assistenziale continuativa; in queste situazioni chi può fornire un supporto significativo alle famiglie è il sistema dell’offerta di cura privata, in particolare le assistenti famigliari. Benché molto sia stato fatto in questi anni per favorire l’incontro tra domanda e offerta, permangono delle difficoltà da parte delle famiglie nell’individuazione e nella gestione delle soluzioni private di cura. Si è rilevata la difficoltà delle famiglie nel reperire assistenti familiari straniere con referenze, alla luce anche del fatto che lo “Sportello Badanti” presente in Provincia di Sondrio viene utilizzato in modo molto limitato, essendo lontano, per cui le famiglie ricorrono al “passaparola” tra di loro o al patronato, che fornendo il servizio di tenuta delle buste paghe è diventato un punto di 34 riferimento e di conoscenza e monitoraggio del fenomeno, sia per quanto riguarda le situazioni presentate dalle famiglie che per la conoscenza delle badanti. Il ruolo svolto dai servizi pubblici relativo a questo tema è stato quello di sostenere le famiglie attraverso la valutazione della domanda e di agevolare il collegamento con lo sportello provinciale. Si rileva però che le famiglie che scelgono una forma di cura privata non vedono nel servizio una risorsa per individuare una risposta. Le assistenti familiari in Valchiavenna rappresentano un importante mercato della cura domiciliare, un fenomeno da governare e che deve essere oggetto di attenzione per una migliore qualità della risorsa; per questo motivo per il prossimo triennio si intende collaborare con la Provincia di Sondrio per l’attuazione del progetto provinciale “Sviluppo rete della cura a domicilio: assistenti famigliari”; il progetto prevede un maggiore coinvolgimento degli operatori, anche attraverso il CeAD, per la valutazione del bisogno delle famiglie e l’accompagnamento all’individuazione dell’assistente famigliare mediante l’utilizzo del database provinciale. Azioni previste • collaborazione nell’attuazione del progetto provinciale “Sviluppo rete della cura a domicilio: assistenti famigliari” secondo il modello organizzativo previsto dal protocollo operativo. • attuazione in collaborazione con Cooperativa Sociale L’Arca del progetto (in corso di approvazione) “Interventi di sostegno alla famiglia per una nuova domiciliarità, che intende promuovere la riorganizzazione ed il potenziamento dei servizi a sostegno della domiciliarità nel territorio della Valchiavenna per migliorare l’offerta di servizi di supporto e accompagnamento ai caregiver, e in particolare a coloro che assistono a domicilio congiunti malati di Alzheimer e altre demenze. Priorità 2 - Attivazione della comunità solidale e promozione/formazione del volontariato La domiciliarità deve essere intesa nel senso più ampio e completo del termine, non solo quindi come possibilità di vivere nella propria casa, ricevendo adeguati servizi domiciliari di assistenza, ma anche come possibilità di continuare a vivere in modo integrato con il territorio di appartenenza, salvaguardando relazioni significative, occasioni di incontro, di amicizia, di 35 supporto da parte della propria comunità di appartenenza. È evidente come tutto questo significhi responsabilizzazione della comunità rispetto alle persone.5 Le realtà del volontariato, dell’associazionismo e della cooperazione sociale possono costituire il punto da cui partire per orientare lo sviluppo di un modello comunitario; infatti lavorare per coinvolgere il contesto comunitario non deve essere competenza di un solo soggetto ma deve responsabilizzare altre organizzazioni e soggetti sociali. La complessità dei bisogni nel nostro territorio oggi richiede la necessità di lavorare in rete, sia per trovare risposte alle condizioni di fragilità che per promuovere i valori della solidarietà e della sussidiarietà. Le associazioni di volontariato presenti sul territorio, pur condividendo la necessità di attivare la comunità, segnalano la difficoltà ad intercettare nuove risorse, anche per permettere un ricambio generazionale; pertanto si ritiene come azione prioritaria promuovere un volontariato attraverso il coinvolgimento dei giovani come elemento di ricchezza del nostro territorio. Azioni previste • promozione del volontariato attraverso incontri pubblici, incontri tra volontari e giovani con la collaborazione di scuole e oratori; • sperimentazione con associazioni di volontariato di interventi complementari all’attività del SAD pubblico; • collaborazione per l’attuazione del Progetto della Cooperativa l’Arca “Quelli della porta accanto”, vicinato solidale e volontariato a sostegno delle persone fragili e sole. • collaborazione con l’Associazione Auser per lo sviluppo nel territorio di attività rivolte a sostenere la domiciliarità e/o prevenire e contrastare forme di solitudine attraverso tutte le attività gestibili dal Punto d’Ascolto territoriale (la cosiddetta telefonia sociale); • sensibilizzare la comunità sul tema dell’amministratore di sostegno, attivando la collaborazione di chi già svolge tale funzione. 5 Progetto “Quelli della Porta Accanto” - Cooperativa L’Arca 36 Priorità 3 - Sviluppare l’integrazione con il Centro Assistenza Domiciliare (CeAD) L’avvio e lo sviluppo del CeAD hanno costituito un’importante opportunità per garantire una migliore presa in carico dei soggetti non autosufficienti, assicurando, soprattutto nell’ambito della domiciliarità, interventi adeguati. La priorità che si vuole raggiungere nel nuovo triennio è di consolidare/sviluppare il modello operativo istituito nel CeAD, anche attraverso la sperimentazione di un modello di lavoro integrato con l’ADI, anche alla luce delle linee guida regionali di riforma dell’ADI. Lo sviluppo dell’attività del CeAD dovrà evolversi anche nelle modalità operative di gestione della documentazione: compilazione puntuale delle schede di segnalazione, stesura dei PAI con le relative verifiche ed aggiornamenti, rilevazione della customer satisfaction. Azioni previste • incontri con servizio fragilità e servizio cure domiciliari per definire nuove modalità di integrazione; • revisione del documento di funzionamento del CeAD ; • percorsi formativi per gli operatori del CeAD; • adozione del software. Priorità 4 - sperimentare nuove forme di assistenza per soggetti parzialmente non autosufficienti La presenza di una lista d’attesa per l’inserimento nella RSA circoscrive le ammissioni ai casi più complessi e gravi, lasciando al territorio le situazioni di non autosufficienza medio-grave che presentano fragilità sociali non sempre gestibili in ambito domiciliare. Si rileva quindi la necessità di individuare soluzioni residenziali intermedie che, integrate agli interventi domiciliari, consentirebbe di attivare una forma di protezione e di scongiurare il pericolo di deterioramento delle condizioni. In accordo con il terzo settore si sta sviluppando l’opportunità di sperimentare forme di residenzialità leggera che rispondano ai bisogni anche temporanei degli anziani parzialmente non autosufficienti. 37 Azioni previste • collaborazione nella progettazione della struttura di residenzialità leggera; • collaborazione per l’avvio delle procedure necessarie ad intraprendere un percorso di sperimentazione di una Unità di Offerta innovativa. 2.5 – area disabili Nel territorio della Valchiavenna, così come a livello nazionale, non si hanno dati precisi in merito al numero di persone con disabilità, alle tipologie di diagnosi prevalenti e alle loro condizioni di vita. Uno degli obiettivi del precedente Piano di Zona prevedeva di analizzare la situazione della disabilità sul territorio in termini di bisogni e modalità di risposta agli stessi, ma la non disponibilità di informazioni sull’utenza dell’ASL, se non in forma aggregata, non ha consentito di incrociare i dati con quelli in nostro possesso. La conoscenza dell’Ufficio di Piano è quindi riconducibile ai dati relativi agli utenti in carico al Servizio Sociale di Base: • alunni certificati con disabilità seguiti con interventi educativi scolastici nell’anno 2011 n. 43; • minori con disabilità seguiti con intereventi educativi domiciliari nell’anno 2011 n. 26 (di cui n. 17 beneficiano anche dell’intervento educativo scolastico); • persone con disabilità ospiti presso strutture socio-sanitarie accreditate a fine 2011: n. 26 utenti nel Centro Diurno Disabili e n. 5 in struttura residenziale; • inseriti presso il Servizio di Formazione all’Autonomia a fine 2011: n. 8 utenti. • persone con disabilità certificata che beneficiano di un progetto di inserimento lavorativo a scopo socializzante: nell’anno 2011 n. 14; • disabili adulti seguiti con un progetto di intervento domiciliare: nell’anno 2011 n. 8. Analizzando i dati in possesso e gli interventi messi in atto nelle annualità precedenti si rileva un aumento della casistica di disabili minori, con un aumento del 95% degli interventi educativi scolastici ( n. 22 attivati nel 2008 e n. 43 nel 2011) e del 50% degli interventi educativi domiciliari (n. 17 attivati nel 2008 e n. 26 nel 2011). Si segnala, inoltre, un aumento di persone con disabilità, anche grave, inserite nella scuola superiore. 38 Tale situazione ha comportato la stesura di un maggior numero di progetti personalizzati finalizzati all’attivazione di interventi domiciliari e di interventi tesi a favorire la conciliazione tempo lavoro e tempo famiglia. Nell’area disabili adulti si è registrata una maggiore integrazione con il Servizio Fragilità dell’ASL, sia attuando le procedure previste dal Protocollo per la valutazione delle domanda di ammissione in strutture residenziali e semi-residenziali, che collaborando per la valutazione multidimensionale della casistica volta alla definizione di percorsi individualizzati mirati. La collaborazione con il Servizio Fragilità dell’ASL si è rivelata produttiva e funzionale, evitando risposte frammentarie all’utenza e garantendo una presa in carico unitaria, che ha consentito di assicurare continuità e qualità delle risposte. Uno strumento che in questa area si è dimostrato efficace è l’intervento domiciliare, sia educativo che assistenziale, in quanto ha garantito sollievo alle famiglie alleggerendone il carico assistenziale, favorendo una maggiore integrazione sociale e consentendo il raggiungimento di un maggiore livello di autonomia. Un’analisi più articolata è sicuramente necessaria in relazione ai percorsi di integrazione lavorativa dei soggetti disabili. La normativa promuove e sostiene l'inserimento individualizzato nel mondo del lavoro delle persone con disabilità in base ad un'analisi delle capacità lavorative del singolo soggetto e delle caratteristiche del posto di lavoro, incoraggiando un'attivazione di azioni positive di sostegno e prevedendo quindi la rimozione dei problemi ambientali e relazionali che rendono difficile l'inserimento della persona con disabilità nell'attività lavorativa. La tipologia di percorso di integrazione lavorativa maggiormente utilizzato negli anni precedenti è lo strumento della Borsa Lavoro Socio Assistenziale (B.L.S.A.), i cui destinatari sono soggetti per i quali, in base alla condizione personale o ad una ridotta produttività, non è prospettabile un percorso finalizzato all’assunzione, ma un percorso legato ad un progetto individualizzato per il perseguimento di obiettivi socio-assistenziali. La B.L.S.A. rappresenta un’esperienza in ambito lavorativo finalizzata alla socializzazione, all’integrazione e al potenziamento delle capacità, sia cognitive che pratiche. Altro dato significativo è l’aumento delle domande di inserimento in strutture socio-sanitarie semiresidenziali (C.D.D.) e residenziali (R.S.D.) registrato negli ultimi anni. Principalmente le domande presentate per le R.S.D. provengono da utenti del centro diurno disabili i cui genitori sono anziani e intorno ai quali non vi è la presenza di una rete familiare disponibile a farsi carico 39 della persona disabile stessa. Per gli inserimenti nelle strutture di residenzialità definitiva vi è un tempo di attesa medio-lungo in quanto le domande presentate sono superiori al numero di posti accreditati, creando così una lista d’attesa. Una risposta temporanea alle necessità delle famiglie di un supporto e alleggerimento del carico assistenziale in particolari periodi viene fornita dalla “Residenza Quadrifoglio” gestita dall’Associazione “Il Quadrifoglio” e dalla Cooperativa Sociale Nisida. Spunti per la programmazione del nuovo triennio La riflessione avviata con i comuni, con l’ASL e con gli altri soggetti sociali del territorio sulle problematiche emergenti ha evidenziato le seguenti criticità ed esigenze sulle quali concentrare l’attenzione: • assenza di dati esaurienti in merito alle persone con disabilità residenti nel territorio; • frammentarietà della presa in carico del disabile minore; • aumento dei minori disabili inseriti nelle scuole per i quali sono stati attivati interventi educativi scolastici e/o domiciliari; • necessità di un’analisi e di una ridefinizione dei percorsi di integrazione lavorativa dei soggetti disabili; • aumento delle domande di ammissione in strutture socio-sanitarie semiresidenziali (C.D.D.) e residenziali (R.S.D.); • minor ricorso alle strutture socio – assistenziali, utenza SFA sottodimensionata; • presenza sul territorio di una struttura di residenzialità temporanea, rivolta a persone con disabilità (“Residenza Quadrifoglio”); OBIETTIVI DI MANTENIMENTO Priorità 1 - Mantenimento della risposta domiciliare e scolastica Nell’attuale situazione che vede un aumento dei minori disabili inseriti nelle scuole e una sempre maggiore necessità di interventi domiciliari, i comuni, tramite gestione associata, si impegnano a garantire continuità sia al Servizio Educativo di Integrazione Scolastica (SEIS), sia agli interventi domiciliari educativi ed assistenziali. 40 Azioni previste • proseguire nella collaborazione con la Provincia per l’attivazione di interventi di Assistenza alla Comunicazione a favore dei disabili sensoriali; • mantenere i rapporti con la scuola per la programmazione degli interventi annuali; • potenziare i rapporti con il Servizio Specialistico per la progettazione degli interventi; • avviare un’azione congiunta con le Cooperative per promuovere la partecipazione della associazioni di volontariato per interventi complementari all’attività del servizio; • previsione di stesura di un regolamento dove saranno indicate le priorità d’intervento con particolare attenzione alle peculiarità della situazione, la rete familiare di supporto presente, le risorse economiche familiari disponibili. Priorità 2 - integrazione con l’U.O. Fragilità dell’ASL L’esperienza di una sempre maggiore integrazione con il servizio Fragilità dell’ASL sperimentata nell’ultimo triennio ha permesso di individuare modalità di lavoro coordinato tra più soggetti, garantendo alla persona disabile e alle famiglie una presa in carico unitaria. Parlare di Presa in carico unitaria significa porre l’attenzione sui soggetti maggiormente portatori di bisogni e di difficoltà, per promuovere una forte alleanza tra i diversi soggetti della comunità (istituzionali, del privato sociale e dell’informale) coinvolti ed impegnati nel progetto di vita degli stessi. Questo obiettivo è in linea con le priorità individuate nel Piano di Azione Locale dell’ASL, nel quale è prevista la “promozione e/o revisione di accordi e protocolli tra i soggetti parte della rete”, quali “strumenti che mirano a valorizzare le collaborazioni tra le diverse risorse e così accrescere, con la continuità delle prestazioni, la qualità e l’efficacia della risposta”. Azioni previste • prosecuzione nell’attuazione del protocollo operativo tra Azienda Sanitaria Locale, Uffici di Piano e Enti Gestori, per la regolarizzazione delle iniziative di interesse comune nella gestione delle Strutture socio-sanitarie accreditate per disabili. 41 • consolidamento della collaborazione tra Servizio Sociale di Base e U.O. Fragilità dell’ASL per una presa in carico integrata della persona disabile e della famiglia. OBIETTIVI DI SVILUPPO Priorità 1 - Presa in carico unitaria del disabile minore Il tavolo dell’area disabili ha individuato come criticità una presa in carico frammentaria del minore disabile, evidenziando l’esigenza di realizzare, attraverso percorsi individualizzati e mettendo in rete i servizi tra loro, il “progetto di vita del disabile”, il diritto cioè a ricevere un’attenzione particolare volta a stimolare, rafforzare e potenziare le abilità e le competenze sociali e relazionali necessarie al buon inserimento nel contesto sociale. Questo presuppone una condivisione dei presupposti culturali, in riferimento ad alcuni concetti cardine come quelli di presa in carico e riabilitazione sui quali devono essere incentrate per il prossimo triennio le politiche socio-assistenziali, sanitarie, educative, formative ed occupazionali. In armonia con la finalità generale espressa dal Piano di Azione Regionale e da quello locale ASL, nel prossimo triennio si intende promuovere azioni volte a “garantire piena dignità di esistenza a tutti i suoi cittadini promuovendo un ambiente favorevole, alla cui realizzazione collaborano molteplici fattori: l'educazione, il lavoro, il mondo dell'impresa, il terzo settore, gli enti e le istituzioni locali, il settore dei trasporti come quello del tempo libero. Realizzare un ambiente sempre più capace di sostenere concretamente la volontà delle persone con disabilità di perseguire la propria piena realizzazione personale e integrazione sociale”, con particolare riferimento alla presa in carico unitaria e alla continuità assistenziale. L’obiettivo che ci si pone per il prossimo triennio è di realizzare un sistema che comporti un processo unitario di presa in carico dal momento dell’accertamento di disabilità della persona. La presa in carico unitaria sarà finalizzata ad accompagnare la persona disabile nel suo processo di crescita e di inclusione nei diversi contesti di vita: familiare, scolastico, lavorativo e sociale. Ne consegue la necessità di rafforzare l’integrazione con i servizi sanitari preposti, in particolare con Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile e Adolescenza dell’Azienda ospedaliera, individuando e formalizzando modalità collaborazione per una presa in carico integrata. 42 Nel precedente triennio sono state avviate procedure per garantire continuità negli interventi tra i diversi ambiti sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale, con particolare attenzione al delicato passaggio dall’età evolutiva all’età adulta, attraverso la condivisione del protocollo operativo tra Azienda Sanitaria Locale, Azienda Ospedaliera della Valtellina e della Valchiavenna e Uffici di Piano; protocollo che verrà attuato e sperimentato in questo nuovo triennio. Azioni previste • istituzione di un gruppo di lavoro composto da operatori dei servizi pubblici (Servizio Sociale di Base, Neuropsichiatria Infantile, ASL, scuole); • stesura e sperimentazione di un protocollo operativo tra Ufficio di Piano e U.O. di Neuropsichiatria Infantile dell’A.O.V.V.; • sperimentazione del protocollo operativo tra Azienda Sanitaria Locale, Azienda Ospedaliera della Valtellina e della Valchiavenna e Uffici di Piano; • condivisione e realizzazione, in collaborazione con l’Azienda ospedaliera e le scuole, di un protocollo operativo che definisca le modalità di presa in carico precoce dei minori disabili. Priorità 2 - rilevazione dati disabilità La mancanza di dati completi ed esaurienti sulla popolazione disabile residente nel territorio della Valchiavenna non permette di poter avere un panorama reale della condizione di vita delle persone disabili e dei loro bisogni. Come evidenziato nel Piano di azione Locale della Provincia di Sondrio, si ritiene fondamentale la “messa in atto di un sistema di raccolta ed elaborazione dei dati sulla disabilità in provincia di Sondrio finalizzato a facilitare una lettura dei bisogni ed a sostenere una programmazione integrata dei servizi”. Tale azione permetterebbe anche di rispondere alla necessità di analizzare il possibile bisogno di residenzialità negli anni a venire, che permetta di ipotizzare una programmazione futura delle azioni da implementare, in modo tale da poter fare una proiezione delle possibili domande di inserimento negli anni successivi. 43 Al tavolo disabili è stata segnalata l’assenza di una struttura diurna intermedia che possa dare risposta ai bisogni di integrazione sociale dei portatori di handicap medio-grave, per i quali risulta problematico l’inserimento nel mondo della scuola, della formazione, del lavoro ed in generale al di fuori del contesto familiare. Al momento non si è in possesso di dati esaurienti che possano far ipotizzare il numero di persone disabili che potrebbero usufruire di un servizio di questa tipologia. Azioni previste • avviare una collaborazione con l’ASL per la messa in atto di un sistema di raccolta ed elaborazione dei dati sulla disabilità in provincia di Sondrio. Priorità 3 - innovazione e sperimentazione L’Associazione “Il Quadrifoglio” e la Cooperativa Sociale Nisida hanno avviato una sperimentazione di residenzialità temporanea per disabili; dal settembre 2011 è infatti presente sul territorio la “Residenza Quadrifoglio”, con una capienza di quattro posti. Le finalità della struttura sono sostenere la persona disabile e la famiglia in particolari momenti di difficoltà, favorire percorsi propedeutici all’inserimento in strutture residenziali e la sperimentazione di percorsi volti all’autonomia. . Azioni previste • collaborazione per intraprendere le procedure necessarie ad avviare il percorso di sperimentazione di una Unità di Offerta innovativa. Priorità 4 - approfondimento dei percorsi di inserimento lavorativo Una prima analisi della casistica in carico al servizio evidenzia la presenza di persone disabili che posseggono le potenzialità per prevedere l’inserimento in un contesto lavorativo, ma che non trovano spazi occupazionali concreti. 44 In alternativa, l’opportunità individuata ad oggi per permettere alla persona disabile di consolidare le proprie competenze e sperimentarsi in un contesto lavorativo e relazionale è rappresentata dagli inserimenti lavorativi protetti, ed in particolare dallo strumento della Borsa Lavoro Socio Assistenziale. Si ritiene pertanto importante prevedere un’analisi approfondita in merito ai percorsi di integrazione lavorativa. Azioni previste • analisi dello stato dei progetti in attuazione; • individuazione di approcci, processi e strategie innovative nella valutazione del progetto di inserimento lavorativo; • collaborazione con la Provincia di Sondrio per la realizzazione delle Azioni di Sistema nell’ambito del Piano Lavoro Disabili. 2.6 - area famiglia, minori e giovani L’analisi dei dati relativi all’utenza in carico al Servizio Sociale di Base nel triennio ha evidenziato un incremento di cittadini stranieri sul territorio, l’accesso al servizio di nuclei con forme famigliari diverse dalla famiglia tradizionale (monoparentali, ricostituite, ecc), una sempre maggiore necessità di conciliare il tempo lavoro con il tempo famiglia ed una rilevante crescita di bisogni di tipo economico, abitativo ed occupazionale. In questo quadro globale i servizi si trovano a dover affrontare problematiche sempre più complesse ed in continua evoluzione, che necessitano interventi che non si limitino alla sola fornitura di beni e all’erogazione di contributi economici, ma che prevedano azioni a supporto del ruolo genitoriale e che favoriscano il benessere del minore. Gli operatori del Servizio Sociale di Base hanno pertanto previsto interventi volti a rispondere sia a bisogni di tipo economico-occupazionale, attraverso l’erogazione di Buoni Sociali Mirati e l’attivazione di inserimenti lavorativi, sia a bisogni di tipo educativo e pedagogico, con percorsi di sostegno ai genitori e ai minori. 45 Si evidenzia come l’intervento educativo a domicilio sia uno strumento che, integrato con le altre azioni di sostegno alla famiglia, permette di attuare percorsi di supporto al minore, sia nell’ambito dell’apprendimento che relazionale, e ai familiari nel loro ruolo educativo. Negli anni si è costruita e consolidata una collaborazione con gli Istituti scolastici di ogni ordine e grado, che ha permesso di individuare modalità comuni di intervento a sostegno del minore, prevenendo situazioni di disagio o devianza e favorendo l’avvicinamento delle famiglie al servizio. Tale modalità viene percepita positivamente da parte delle famiglie, le quali ne riconoscono l’efficacia e si sentono sostenute nel proprio ruolo educativo. Nel 2010 è stato steso un accordo operativo che prevede una collaborazione tra consultori familiari ASL e Uffici di Piano relativa a minori/famiglie a rischio. Nel distretto di Chiavenna non è stato possibile sperimentare il protocollo in quanto non si sono presentate situazioni familiari per le quali fosse necessario il coinvolgimento del consultorio. Si ritiene che esso sia uno strumento rilevante per la gestione della casistica futura. Analizzando le azioni e le attività extrascolastiche proposte nel corse del triennio 2009-2011 sia dal pubblico che dal privato, emerge che è stata data maggiore attenzione alle fasce di età compresa tra i 3 e gli 11 anni. Tale scelta è stata orientata sia dalla necessità delle famiglie di conciliare tempo lavoro e tempo famiglia, sia dal presupposto che le azioni volte a sostenere processi di prevenzione risultano essere più efficaci se proposti precocemente. Parallelamente nel tavolo minori e famiglia è stato evidenziato che sul territorio vi è una frammentazione delle proposte di attività rivolte agli adolescenti e pre-adolescenti (sportive, culturali, educative e ricreative) e che sarebbe importante ipotizzare azioni volte ad un lavoro unitario e coordinato che coinvolga tutta la rete formale ed informale presente sul territorio (servizi sociali, Terzo settore, scuole, parrocchie, associazioni, ecc.). SERVIZIO TUTELA MINORI E FAMIGLIE Il servizio tutela minori ha come obiettivo generale la promozione del benessere e della tutela dei diritti del minore e della sua famiglia, attraverso la presa in carico di minori e nuclei familiari che hanno un provvedimento dell’autorità giudiziaria. Il servizio, gestito dalla Comunità Montana dal 2007 per conto dei comuni della Valchiavenna, in questi anni ha avuto modo di raggiungere una buona stabilità, grazie anche alla collaborazione nella co-progettazione e gestione da parte della cooperativa Ippogrifo. La stabilità raggiunta e la definizione di un’équipe multidisciplinare ha consentito di costituire le basi per la qualificazione 46 di un équipe capace di intervenire in assenza di una richiesta spontanea di aiuto, di lavorare sulla tendenza alla negazione e di introdurre elementi di cambiamento all’interno di un contesto prescrittivo. Il lavoro condotto dall’èquipe non si è improntato solamente a interventi di protezione del minore ma anche a comprendere meglio il funzionamento delle dinamiche della famiglia, della sua mancata protezione nei confronti del minore, a valutare la possibilità di recupero delle risorse genitoriali e a mettere in atto, laddove possibile, interventi di recupero delle competenze genitoriali. Si conferma la convinzione che il lavoro d’équipe per l’esercizio della funzione di tutela minori sia una modalità operativa efficace e necessaria ai fini della programmazione-progettazione, confronto-condivisione, valutazione-verifica, degli interventi di Tutela Minori. Ed è per questo motivo che si è ritenuto utile mantenere la convenzione con l’ASL per le prestazioni socio sanitarie. Da un confronto tra l’ASL e i cinque Uffici di Piano si è constatata una diversità di modelli di intervento e di gestione dei servizi tutela; pur apprezzando la particolarità e la specificità di ciascun territorio si è evidenziata la necessità di avviare un confronto tra tutti i servizi al fine di individuare linee di lavoro condivise. Per queste ragioni nella convenzione stipulata con l’ASL per l’anno 2012 si è definito l’avvio di un progetto sperimentale di durata triennale per l’elaborazione di linee condivise a livello provinciale sui livelli minimi e uniformi di prestazioni sanitarie e socio sanitarie da garantire agli utenti. Il servizio Tutela Minori si trova molto spesso a trattare situazioni complesse, soprattutto nel caso di famiglie multiproblematiche, che richiedono il coinvolgimento di competenze specialistiche Si è riflettuto quindi sull’opportunità, condivisa anche dagli Uffici di Piano della provincia, di potenziare un maggior raccordo con i servizi specialistici del territorio, in particolare Consultorio Familiare, SerT, CPS e UONPIA. Gli strumenti che il servizio tutela ha avuto a disposizione per realizzare gli interventi a supporto del minore e della famiglia sono stati assistenza domiciliare minori, interventi di spazio neutro, interventi di assistenza domiciliare e interventi socio assistenziali, sostegno economico. Spunti per la programmazione del nuovo triennio: La riflessione avviata con i Comuni, con l’ASL e con gli altri soggetti sociali del territorio sulle problematiche emergenti ha evidenziato le seguenti criticità ed esigenze sulle quali concentrare l’attenzione: 47 • un forte disagio delle famiglie nel proprio ruolo educativo; • frammentarietà delle proposte di attività extrascolastiche; • preoccupazione che gli adolescenti si accostino precocemente all’uso di alcool e sostanze ed al gioco di azzardo; • scarsa adesione da parte delle famiglie alle attività proposte su percorsi di sostegno alla genitorialità; • necessità che anche ad altri adulti di riferimento (quali allenatori, catechisti, gestori di locali pubblici, ecc.) venga riconosciuto un ruolo educativo; • disorganicità/dispersività delle azioni in materia di Politiche Giovanili attive sul territorio. OBIETTIVI DI MANTENIMENTO Priorità 1 - mantenere gli interventi di supporto alle famiglie in difficoltà e di prevenzione nel contesto spontaneo (Servizio Sociale di Base) Gli interventi attuati nel triennio hanno permesso di prevenire forme di esclusione e di favorire la crescita del minore nel proprio ambiente familiare; i Comuni pertanto, tramite gestione associata, si impegnano a garantire continuità ai percorsi di sostegno al minore e ai genitori, al Servizio di Assistenza Domiciliare Minori e agli interventi di sostegno economico. Azioni previste: • attuazione del protocollo di collaborazione tra consultori familiari ASL e Uffici di Piano relativa a minori/famiglie a rischio; • mantenere la collaborazione con le scuole nel fornire un sostegno integrato al minore e alla famiglia; • mantenere la collaborazione con il Centro Multifunzionale Accoglienza Immigrati per la mediazione culturale e linguistica con persone straniere. 48 Priorità 2 - consolidare le azioni dei progetti rivolti a preadolescenti e adolescenti già attivi nel territorio Nel 2010 la co-progettazione tra Terzo Settore, Enti Pubblici e Istituti Scolastici ha prodotto un progetto rivolto a minori nella fascia di età compresa tra gli 11 e i 14 anni con l’obiettivo primario di “educare i soggetti coinvolti alla cittadinanza democratica e alla partecipazione attiva”. Durante la prima annualità sono stati coinvolti minori frequentanti 15 classi degli Istituti Secondari di Primo Grado del distretto, i loro genitori e gli amministratori comunali. Il riscontro avuto alla fine del percorso è stato positivo, vi è stata infatti una partecipazione attiva e da parte di tutti i soggetti coinvolti rispetto alle tematiche e alle attività proposte. Visto l’apprezzamento da parte dei beneficiari e delle Amministrazioni, il progetto è stato finanziato anche per la seconda annualità, che prevede dei laboratori finalizzati a promuovere il territorio della Valchiavenna. Azioni previste: • proseguire l’adesione al progetto “Idee Fuori dal Comune” per la seconda annualità. Priorità 3 - consolidamento Servizio Affidi Nel corso del triennio la gestione del Servizio Affidi provinciale è passata dall’ASL alla Cooperativa sociale Ippogrifo, che ha richiesto e ottenuto il finanziamento dalla Fondazione Cariplo per il progetto “Servizio Affidi Minori e Famiglie: comunità in rete per l’affido”; al progetto hanno aderito, in qualità di partner, tutti gli Uffici di Piano della provincia. Tale progetto ha permesso di sviluppare una rete di attori intorno alla tematica dell’affido familiare, che hanno condiviso la necessità di operare per sostenere azioni specifiche: Cabina di Regia, Gruppo di lavoro provinciale sull’Affido, definizione di percorsi formativi specifici, costituzione dell’équipe multi-professionale, sviluppo di iniziative finalizzate a sostenere le famiglia affidatarie, interventi di promozione e sensibilizzazione del territorio. Il progetto si è rivelato particolarmente efficace, sia sul piano della capacità di coinvolgere nuove famiglie ed implementare la banca dati a disposizione, sia nelle azioni specifiche di sostegno alle 49 famiglie affidatarie e ai servizi di riferimento, rivelandosi valido supporto nella gestione dei progetti di affido familiare. Attualmente le famiglie affidatarie inserite nella Banca Dati del Servizio Affidi sono 48, 27 delle quali sono famiglie nuove reperite negli ultimi due anni. Gli affidi attivi in Provincia sono 67, di cui 39 eterofamigliari. Nel 2011 sono stati attivati 12 nuovi progetti di affido sulla provincia. Il progetto si è concluso nel dicembre 2011; si è pertanto provveduto a stipulare un accordo con la cooperativa Ippogrifo, attraverso convenzione triennale, per la gestione del servizio per il prossimo triennio. Azioni previste: • formalizzazione convenzione; • riunioni di monitoraggio tra responsabili degli Uffici di Piano e la coordinatrice del servizio; • riunioni del Gruppo di lavoro provinciale sull’Affido, al quale partecipano gli operatori del Servizio Tutela; • collaborazione alla realizzazione di azioni di promozione dell’affido nel territorio. Priorità 4 - mantenimento convenzione per servizio di Pronto Intervento per minori Gli Uffici di Piano della provincia da diversi anni hanno in essere una convenzione con la congregazione delle Minime Oblate del Cuore Immacolato di Maria, che consente di riservare dei posti di Pronto Intervento per rispondere alle situazioni di emergenza che convolgono minori/madri in difficoltà. La convenzione definisce le condizioni per l’utilizzo dei posti di emergenza, i requisiti di qualità che la struttura si impegna a garantire nonché le condizioni economiche e i criteri di priorità per l’ingresso. Azioni previste • rinnovo convenzione per il triennio. 50 OBIETTIVI DI SVILUPPO Priorità1: promuovere azioni di supporto alla genitorialità e prevenzione Dal confronto con il Terzo Settore, gli Istituti Scolastici e l’ASL sono emersi elementi che delineano un quadro globale caratterizzato da difficoltà delle famiglie nel proprio ruolo educativo, una frammentazione delle attività extrascolastiche e la carenza di spazi strutturati rivolti alla fascia dei pre-adolescenti e adolescenti. Azioni previste: • promuovere l’avvicinamento delle famiglie al “Punto Genitori” del consultorio ASL; • promuovere e progettare azioni a sostegno della genitorialità; • promuovere e sostenere processi di sensibilizzazione dell’intera comunità in quanto comunità educante; • rilevazione, mappatura e messa in rete delle iniziative rivolte a preadolescenti ed adolescenti; • formulare una proposta unitaria di iniziative sul territorio per le famiglie e i giovani; • promuovere momenti di confronto in tema di devianza giovanile. Priorità 2 – Realizzazione del Progetto Sperimentale teso a costruire linee di lavoro condivise tra tutti i servizi tutela e un maggior raccordo con servizi specialistici, in particolare: Consultorio Familiare, SerT, CPS e UONPIA, definito nella convenzione con ASL – U.O. Famiglia del Dipartimento A.S.S.I. Nell’ambito del confronto e riflessione tra ASL e gli Uffici di Piano è emersa la necessità di un maggiore confronto tra i cinque servizi riguardo alla gestione delle competenze relative alla Tutela Minori, inoltre in tutti gli ambiti si è evidenziata la diversità e difficoltà di collaborazione con i servizi specialistici. Si è pertanto concordato di sviluppare un percorso formativo di approfondimento con la definizione di un “Progetto sperimentale che definisca linee di lavoro condivise da tutti i servizi sia sulle prestazioni sanitarie e socio sanitarie da garantire alla casistica che sulle modalità di raccordo con i servizi specialistici. Azioni previste • avvio confronto tra Uffici di Piano , ASL e formatore; • confronto e condivisione con servizi specialistici; • stesura del progetto provinciale. 51 Priorità 3: Politiche Giovanili: avviare azioni di confronto e riflessioni Il documento Linee di indirizzo per una Governance delle Politiche Giovanili in Lombardia 20122015 definisce le politiche giovanili come il “sistema di obiettivi, interventi ed azioni che hanno la finalità generale di offrire ai giovani opportunità e percorsi verso l’adultità, intesa come condizione di maggiore autonomia, consapevolezza e status di cittadinanza attiva”. In tema di politiche giovanili a livello di ambito si evidenzia una carenza di progettualità tese a offrire opportunità ai giovani per intraprendere un percorso di autonomia e autorealizzazione. Non sono conosciute invece le eventuali azioni attivate da altri soggetti. Pertanto l’obiettivo prioritario del prossimo triennio sarà un lavoro di coinvolgimento, confronto e riflessione dei soggetti del territorio più rappresentativi in materia di Politiche Giovanili. Azioni previste • mantenimento del confronto a livello provinciale nell’ambito dell’Osservatorio Politiche Giovanili istituito dalla Provincia di Sondrio; • favorire momenti di riflessione sulle tematiche delle politiche giovanili, prevedendo anche la possibilità di costituire un Tavolo di confronto con i soggetti pubblici e privati del territorio. 2.7 – area adulti Gli adulti che si sono rivolti al servizio sociale sono continuamente in aumento: il numero di cartelle aperte in questi anni dimostra le numerose e varie difficoltà vissute dalle famiglie dell’Ambito. Dalla stesura dei primi piani di zona, a seguito anche dell’avvio del servizio sociale di base, la situazione ha visto la seguente evoluzione: Anno 2006 Anno 2007 Anno 2008 Anno 2009 Anno 2010 Anno 2011 20 27 48 52 58 83 Servizio sociale adulti: n. cartelle utenti 52 Sono aumentate le persone in condizioni di povertà, assoluta e relativa, di emarginazione, con una scarsa rete familiare di supporto (anche a causa di relazioni deteriorate) che presentano problemi legati alla salute fisica, mentale, di dipendenze, una precarietà socio abitativa ed economica. L’ISTAT dice che nel 2010 in Italia le famiglie in condizione di povertà relativa, cioè quelle con una spesa media mensile inferiore ad una certa soglia (992,46 euro per una famiglia di due componenti) sono il 13,8% della popolazione. Le famiglie classificate come assolutamente povere (quelle con un reddito mensile insufficiente ad acquistare un insieme di beni essenziali) sono il 5,2% dell’intera popolazione Gli adulti in difficoltà che si sono rivolti al servizio sociale presentano problematiche diversificate, per cui necessitano di risposte ed interventi diversi. Gli operatori del servizio sociale di base hanno analizzato l’utenza seguita nel 2011, sintetizzando le problematiche maggiormente significative. 1. Adulti con problematiche socio sanitarie ed assistenziali, che purtroppo negli anni hanno visto una cronicizzazione della condizione di fragilità. Sono perlopiù persone tra i 45 e i 64 anni, con problematiche psichiatriche o di alcol-dipendenza, persone in condizioni di non autosufficienza fisica, con una rete familiare molto fragile, con relazioni amicali o parentali molto limitate. Necessitano perlopiù di interventi a carattere socio-assistenziale che li sostengano nel proprio contesto di vita, li aiutino nella gestione della quotidianità, della cura della persona e dell’ambiente; per categoria di utenti appare estremamente ridotta la probabilità di percorsi rieducativi che possano anche modificare stili di vita. Alcuni vivono con minime entrate economiche quali pensione di invalidità o indennità di accom- pagnamento, spesso il costo degli interventi assistenziali domiciliari è quasi totalmente a carico dell’ente locale. Le condizioni di questi utenti si basano su un equilibrio, faticosamente raggiunto, che potrebbe cambiare notevolmente qualora cambi la condizione di salute. Solo alcune persone potrebbero svolgere un’attività lavorativa, ma con un avvio estremamente graduale e con il supporto dei servizi specialistici. Gli utenti seguiti sono n. 32 di cui: in carico al servizio specialistico interventi domiciliari (socio assistenziali) 16 12 interventi residenziali presenza (R.S.A, casa famiglia) amministratore di sostegno 3 5 attivazione strumenti quali borsa lavoro, tirocini lavorativi, altro 3 53 2. persone che hanno trascorso parte della loro vita senza essere riuscite ad avere un ruolo sociale, un lavoro stabile; alcuni di loro non hanno origini valchiavennasche ma si sono trasferiti in questi ultimi anni dopo aver lavorato, per alcune stagioni, in ambito alberghiero in valle o in Svizzera. Hanno poche competenze professionali, hanno lavorato solo saltuariamente, purtroppo anche accettando alcune esperienze di lavoro “non regolare”, qualcuno abusa di sostanze alcoliche, generalmente la loro scolarizzazione è bassa. Tali persone sono state spesso espulse anche dalla loro famiglia di origine, per cui non hanno nessuna forma di vicinanza e solidarietà affettiva. Esprimono il bisogno di un lavoro, che oggi ancora di più faticheranno a trovare. Vivono in condizioni di povertà assoluta, in quanto non presentando patologie certificate, non hanno nessuna forma di sostegno economico: sono pertanto estremamente vulnerabili. Tali utenti non hanno costruito nel tempo una loro autonomia, personale, sociale, professionale; sono continuamente alla ricerca di soluzioni per pagare bollette, utenze varie, affitti, spesso alcuni “vivono” unicamente con gli interventi economici dell’ente locale (Comune o Ufficio di Piano) o della Caritas, usufruiscono del banco viveri, non riuscendo ad inserirsi nel mercato del lavoro vengono sostenuti con interventi tramite Borse lavoro socioassistenziali. Chi ha un alloggio in locazione fatica a coprire le spese, sono in aumento anche le comunicazioni dell’Azienda Regionale di Edilizia Residenziale pubblica ad alcuni assegnatari di case che hanno elevati debiti e quindi ricevono comunicazioni di sfratto, chi invece ha un mutuo sulla casa fatica ad affrontare l’onere economico. Questa tipologia di utenza tende ad avere un’età sui 40-45 anni, l’intervento del servizio sociale non riesce a costruire con loro un percorso di fuoriuscita dal bisogno, rilevando e segnalando già la tendenza ad una iniziale cronicizzazione della loro condizione di estrema precarietà e di marginalità anche esistenziale. N. utenti 15 Interventi assistenziali economici 12 Borsa lavoro 4 3. persone espulse dal mercato del lavoro a causa delle continue crisi occupazionali o altre motivazioni (ad esempio una malattia che insorge improvvisamente o un’attività lavorativa che non riesce a produrre adeguato reddito). Tale tipologia di utenza ha competenze 54 lavorative, anche se non particolarmente elevate o specialistiche, ma in questa congiuntura economica fatica comunque a ricollocarsi dal punto di vista lavorativo. In questa categoria rientrano anche utenti con riconoscimento della legge 68/99 e, dato più recente e molto preoccupante, anche famiglie che finora non erano rischio di povertà. Per alcuni nuclei la crisi del lavoro accentua anche le tensioni all’interno della famiglia, con conseguente aumento di fragilità, vulnerabilità e spesso anche disgregazione di rapporti familiari. Le persone in difficoltà cercano di utilizzare tutti i possibili canali, fonti, servizi per trovare risposte ai loro bisogni; il servizio sociale per alcuni di questi utenti non ha una vera e propria presa in carico ma svolge più che altro un’attività di informazione, di orientamento e di segretariato sociale. L’incremento della povertà in valle si legge anche attraverso tutti questi continui accessi al servizio da parte di persone che soffrono, che vivono anche con umiliazione il dover chiedere aiuto. L’organizzazione dei trasporti locali in valle, in provincia o nelle zone limitrofe non agevola gli spostamenti di chi è affannosamente al ricerca di un lavoro, sia per i tempi di spostamenti che per i costi; lo stesso utilizzo dell’automobile con i relativi costi per alcuni è ora un lusso che non si possono più permettere. N. utenti In carico al servizio Segretariato sociale Borsa lavoro 18 10 8 3 4. I giovani che hanno avuto contatti con il servizio sociale arrivano da esperienze familiari di disagio, alcuni già risentono dello stigma che la comunità ha verso di loro. Hanno abbandonato la scuola precocemente, si destreggiano tra piccoli lavoretti, con frequenti periodi di inattività. Spesso purtroppo la povertà sembra essere “ereditaria”. Il tema e l’analisi della condizione giovanile in valle è affrontato nell’area famiglia e giovani, viene inserito in numero abbastanza contenuto in questa area (n. 6 giovani) proprio per rimarcare la fatica dei giovani che arrivano da esperienze familiari difficili e la loro maggiore fragilità, rispetto a coetanei più fortunati. 5. Famiglie italiane e straniere con presenza di figli minori, che faticano a condurre una vita dignitosa, soprattutto quando sopraggiunge la perdita di un lavoro. L’aiuto consiste perlopiù in erogazioni economiche, anche inerenti costi vari per la frequenza scolastica dei figli minori. 55 La difficoltà maggiore per le famiglie straniere è la totale assenza di una rete familiare: i loro parenti sono infatti nel paese d’origine oppure in altre regioni, comunque lontani per costituire in qualsiasi modo una risorsa di aiuto. Famiglie italiane Famiglie straniere Totale 9 5 14 Spunti per la programmazione del nuovo triennio L’analisi delle difficoltà e fragilità del mondo adulto che afferisce ai servizi sociali nell’ambito di Chiavenna ha portato i seguenti elementi di riflessione e di criticità utili per la nuova programmazione: • significativo aumento di utenza che necessita di interventi di carattere sociosanitario ed assistenziale, con problematiche psichiatriche e fenomeni di dipendenza (circa il 38% dell’utenza degli adulti fragili nel corso dell’anno 2011); • evoluzione del fenomeno della fragilità dell’adulto che si manifesta con nuovi bisogni e con necessità di risposte più appropriate; • presenza nel territorio del Centro per l’Impiego della Provincia, come punto informativo di orientamento e di accompagnamento al lavoro; • impoverimento delle famiglie, indebolimento delle stessi reti familiari e della solidarietà della comunità civile; • crisi del mercato di lavoro sia sul territorio italiano che svizzero; • precarietà abitativa per le fasce più marginali della popolazione. OBIETTIVI DI MANTENIMENTO Priorità 1 - mantenimento della risposta domiciliare e degli altri strumenti a favore della domiciliarità Alcuni degli interventi domiciliari, sia attraverso le prestazioni di carattere socio-assistenziale che attraverso altre forme di supporto, anche economico (ad. esempio buono sociale mirato, buono 56 sociale) sono effettuate per garantire una buona permanenza al domicilio di adulti in difficoltà non autosufficienti, o di persone in carico ai servizi specialistici dell’Azienda Ospedaliera, soprattutto il servizio di salute mentale, e del Servizio Dipendenze dell’ASL. E’ importante mantenere/migliorare la collaborazione tra operatori appartenenti a servizi, enti e istituzioni diverse, perseguendo una presa in carico integrata. Azioni previste • revisione del regolamento dei servizi domiciliari; • definizione di procedure operative e modalità di collaborazione con i servizi specialistici dell’ASL e dell’Azienda Ospedaliera per l’attivazione di interventi domiciliari, la verifica, la valutazione del progetto d’intervento integrato, il raggiungimento degli obiettivi. Priorità 2 - mantenimento della collaborazione con associazione Caritas, Centro di Ascolto e Banco alimentare per gli interventi di aiuto per rispondere ai bisogni primari Azioni previste • incontri programmati, attraverso il tavolo d’area, per ampliare la rete; • azioni di sensibilizzazione della comunità locale sul tema dell’impoverimento di alcune fasce della popolazione. OBIETTIVI DI SVILUPPO Priorità 1. - Individuare modalità più appropriate per rispondere ai nuovi bisogni degli adulti per promuovere opportunità e benessere sociale, diversificandone la presa in carico La tipologia di utenza descritta nel paragrafo precedente necessita, per i bisogni che presenta, di una presa in carico diversificata, che preveda un maggior coinvolgimento e partecipazione dell’utente stesso alla attuazione del progetto di aiuto. L’esperienza di questi anni porta a credere che per garantire un buon esito del percorso di fuoriuscita del bisogno di questi soggetti l’apporto della comunità sia fondamentale. Il servizio ha già intrapreso il lavoro necessario per costruire 57 relazioni improntate a promuovere maggiore solidarietà nella comunità e proprio questo modello di lavoro si tenderà a portare avanti nel prossimo triennio. Va inoltre maggiormente sviluppato il raccordo con altri soggetti istituzionali che attivano interventi a favore di lavoratori svantaggiati. Azioni previste • attivare maggior raccordo con Centri per l’Impiego della Provincia per collaborare ad attivare tutti i dispositivi per favorire gli inserimenti nel mondo del lavoro dei soggetti svantaggiati; • attivare azioni, anche in collaborazione con terzo settore e organismi di volontariato, per promuovere percorsi formativi nel territorio, che consentano di far acquisire competenze spendibili nella ricerca di un occupazione; • azioni di sensibilizzazione della comunità per contrastare l’esclusione sociale dei soggetti svantaggiati • azioni di sensibilizzazione delle amministrazioni pubbliche per attivare le aziende con le quali operano affinché possano prevedere l’assunzione di soggetti svantaggiati. Priorità 2 - costruzione di relazioni con gli altri interlocutori del territorio significativi sul tema del lavoro La crisi economica che sta attraversando il Paese richiede interventi strutturali in materia di lavoro a cui la pianificazione zonale da sola non può certamente rispondere. Compito del sociale è portare all’attenzione di tutte le componenti del territorio e segnalare con forza la crisi di famiglie che non hanno o perdono il lavoro, che diventano le fasce più deboli e meno protette della popolazione, a cui tutta la comunità deve cercare di rispondere, non solamente con interventi di sostegno economico, ma anche attraverso la costruzione di percorsi lavorativi e professionali. La costruzione di questi percorsi richiede urgentemente ed in modo assolutamente indispensabile e prioritario l’avvio di un lavoro, in collaborazione con il terzo settore e le organizzazioni sindacali, di sensibilizzazione delle associazioni di categoria per individuare forme di collaborazione, di attenzione alla problematica e recupero di una volontà per trovare strategie adeguate ad affrontare questo delicato periodo. 58 Azioni: • incontri con i rappresentanti delle forze sindacali; • incontri con i rappresentanti delle associazioni di categoria; • stesura di un accordo di collaborazione tra organizzazioni, enti e operatori privati per l’implementazione di politiche attive del lavoro e politiche di sostegno del reddito; • incontri pubblici di sensibilizzazione con la popolazione. Priorità 3 - attivare opportunità nel territorio per rispondere alla emergenze abitative (housing sociale) Il tema della casa, ma soprattutto dell’emergenza casa, è una difficoltà che riguarda trasversalmente tutte le aree; le difficoltà legate principalmente all’assenza di reddito, quindi all’incapacità di sostenere i costi del canone d’affitto, non consentono a molti di ottenere alloggi sul mercato privato, e le lunghe liste d’attesa per l’assegnazione di alloggi di edilizia pubblica non consentono di rispondere a tutte le necessità. A tutto ciò si associano le difficoltà per chi invece ha la casa ma fatica a sostenere i costi dell’affitto e delle spese delle varie utenze. Gli interventi attivati per rispondere a questo tipo di problemi sono stati erogati attraverso fondi regionali e comunali e fondi del bilancio della gestione associata. Le emergenze abitative in questi anni hanno trovato risposta grazie alle strutture di prima accoglienza della Caritas e del servizio di Housing sociale della cooperativa Nisida; la particolarità che contraddistingue le due strutture è che non rispondono soltanto all’emergenza abitativa ma utilizzano una metodologia di lavoro che prevede un integrazione costante con i servizi invianti attivando progetti di inclusione lavorativa e sociale. L’esperienza positiva e l’aumento di situazioni con difficoltà abitativa hanno portato a riflettere sull’utilità di ampliare questo tipo di risposta; pertanto nel corso del triennio si valuteranno tutte le opportunità per realizzare almeno un’altra struttura di housing sociale. Azioni previste • individuazione e mappatura di tutti gli immobili inutilizzati (pubblici o parrocchiali) nel territorio della Valchiavenna; 59 • azioni di sensibilizzazione finalizzate alla concessione degli immobili per un utilizzo a scopi sociali; • collaborazione con terzo settore per realizzare nuove risposte di housing. Priorità 4 - attivare interventi per l’inclusione sociale di ex detenuti Il servizio non ha gestito molte situazioni relative a soggetti usciti dal carcere ma quando è stato necessario intervenire si sono evidenziate difficoltà, in quanto in passato non sono state programmate azioni per rispondere a questo tipo di bisogno. Le persone che si sono rivolte al servizio con questo tipo di difficoltà hanno potuto ottenere una risposta appropriata attraverso il progetto “Training di cittadinanza attiva indoor e outdoor” della cooperativa Ippogrifo, realizzato grazie al piano regionale per la promozione e lo sviluppo di una rete a favore delle persone sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria e delle loro famiglie. E’ quindi necessario considerare l’opportunità di prevedere azioni, anche in collaborazione con altri soggetti mirate ad individuare percorsi d’aiuto rivolti a queste categorie di soggetti. 2.8 – la conciliazione famiglia-lavoro Le politiche per la conciliazione hanno la finalità generale di fornire strumenti che rendano compatibili la sfera lavorativa e la responsabilità di cura nella sfera familiare. Sul territorio del distretto di Chiavenna sono state attivate diverse azioni e servizi quali misure di conciliazione. Sono presenti due unità di offerta pubbliche rivolte alla prima infanzia, l’una ubicata a Chiavenna e l’altra a Samolaco: entrambe hanno una capienza di 30 posti autorizzati e accreditati. Vi sono inoltre Scuole dell’Infanzia parificate che rispondono alla necessità delle famiglie di raccordare gli impegni lavorativi con il bisogno di accudimento dei bambini, attraverso il tempo prolungato che consente di mantenere i propri figli presso le scuole dell’infanzia oltre l’orario di apertura, garantendo il tempo prolungato dalle ore 16.00 alle ore 17.00. I comuni garantiscono il servizio di trasporto per gli alunni che frequentano le scuole dell’infanzia e la scuola primaria garantito. Negli Istituti Comprensivi di Chiavenna e Novate Mezzola, grazie 60 al contributo dei Comuni, gli alunni hanno avuto l’opportunità di frequentare sezioni con servizio di refezione scolastica, che consentono l’articolazione di un tempo scuola più ampio ed un servizio alle famiglie di accudimento dei figli dalle 8:00 alle 16:00/16:30. Nel triennio si sono avviate diverse esperienze di collaborazione tra pubblico e privato sociale, volte all’attivazione di iniziative extrascolastiche destinate a minori della scuola dell’infanzia e primaria, che offrono alle famiglie la possibilità di far sperimentare ai propri figli attività ricreative, di tempo libero, di socializzazione nel periodo di vacanza scolastica, che si integrano con le attività dei GREST, gestiti dagli oratori. Per tre anni è stata sperimentata a Chiavenna, Novate Mezzola e Campodolcino l’attività del doposcuola, finalizzata a offrire occasioni ludico ricreative e attività di studio, che si è purtroppo conclusa per carenza di fondi. L’iniziativa è stata accolta positivamente dalle famiglie e tuttora vi è una forte richiesta di servizi pomeridiani che rispondano ai bisogni ricreativi, socializzanti e di aiuto nell’attività di studio, anche da parte delle famiglie con figli che frequentano le scuole medie e i primi anni di scuola superiore. Fra i servizi di supporto alle famiglie per garantire le funzioni di assistenza e cura ai propri congiunti che si trovano in una situazione di fragilità, sono stati attivati: • servizio trasporto per accompagnamento dei soggetti fragili a strutture sanitarie sia in provincia che fuori sottoposti a terapie prolungate. • buoni sociali a sostegno delle famiglie numerose, finalizzati a sostenere l’accesso a servizi per la prima infanzia, a servizi integrativi quali pre e post scuola, a servizi per il periodo delle vacanze scolastiche, per la socializzazione, per attività sportive, ricreative, culturali e del tempo libero; • buono badanti, consistente nell’erogazione di un buono sociale per assistente familiare, erogato con frequenza trimestrale, finalizzato alla regolarizzazione di contratti di lavoro, al sostegno economico alle famiglie per il pagamento degli oneri contributivi e al concorso alle spese per la retribuzione del personale dedicato all’assistenza familiare; • buono sociale, finalizzato a favorire il mantenimento a domicilio di soggetti fragili evitando o ritardando il ricorso a strutture, attraverso prestazioni di assistenza e cura domiciliari prestate da familiari, caregiver informali ed appartenenti alle reti di solidarietà. Nel 2011 l’Azienda Sanitaria Locale ha avviato le procedure per la costituzione della rete territoriale per la conciliazione nel territorio della Provincia, coinvolgendo diversi soggetti, tra cui l’ambito territoriale di Chiavenna. L’ASL ha inoltre costituito un Gruppo di lavoro tecnico con il 61 compito di elaborare la proposta di Piano di Azione Territoriale. Il lavoro di collaborazione ha prodotto il documento “Accordo di collaborazione per la realizzazione della rete territoriale di conciliazione famiglia-lavoro”, che prevede azioni finalizzate a: • avviare un percorso di sensibilizzazione attraverso iniziative di formazione e informazione che portino a considerare la conciliazione come valore per il territorio; • attivare un complesso di azioni e interventi, in una logica integrata, rivolti a donne e uomini di diverse generazioni affinché possano scegliere più liberamente in che modo stare nel mondo del lavoro e nel mondo familiare; • promuovere azioni rivolte al sostegno delle responsabilità genitoriali, alla conciliazione tra maternità e lavoro ed azioni a favore delle donne in difficoltà; • valorizzare e sostenere le buone pratiche sperimentate nelle imprese locali in termini di organizzazione del lavoro rispettosa dei bisogni di conciliazione dei lavoratori. Nel piano d’azione locale si è previsto: • organizzazione di un convegno per la diffusione delle iniziative del Piano, dedicato al mondo del lavoro; • finanziamento, mediante la pubblicazione di specifici bandi, di iniziative sul fronte della mobilità, nell’area dei minori e adolescenti e sul fronte dell’organizzazione che garantiscano l’accesso e la fruibilità dei servizi, sia nell’area minori che della fragilità. Per la azioni previste dal piano è previsto un percorso di monitoraggio e verifica da parte dell’ASL e della Regione Lombardia. Si ritiene che nell’ambito delle politiche per la conciliazione sia necessario mantenere le azioni attive sul territorio, che si sono rilevate funzionali ed efficienti, e contemporaneamente pensare ad una migliore strutturazione delle offerte, definendo una maggiore collaborazione ed un più proficuo coordinamento tra soggetti pubblici e privati. Azioni previste • promuovere azioni di sensibilizzazione della comunità in tema di conciliazione; • raccordo con il Tavolo provinciale per la Conciliazione Famiglia-Lavoro per il sostegno delle sperimentazioni • mantenere le azioni che favoriscono la conciliazione tempo lavoro e tempo famiglia; • avviare modalità di organizzazione e coordinamento dei servizi finalizzati a rispondere ai bisogni di conciliazione delle famiglie. 62 2.9 – snodi per l’integrazione Area famiglia, minori, adolescenti e giovani OBIETTIVI DI MANTENIMENTO garantire continuità alla gestione integrata del Servizio Tutela integrazione tra consultorio familiare e Servizi Sociali di Base OBIETTIVI DI SVILUPPO sviluppare linee guida comuni tra Servizio Tutela e un maggiore raccordo con Servizi Specialistici AZIONI rinnovo convenzione per le prestazioni socio sanitarie SOGGETTI COINVOLTI UdP ASL attivazione di percorsi di presa in carico congiunta SSB Consultorio Familiare stesura del Progetto Provinciale sulla Tutela Minori UdP ASL AOVV promuovere momenti di confronto in tema di devianza giovanile, per approfondire la conoscenza del fenomeno nel territorio confronto tra i diversi attori e avvio di iniziative sperimentali UdP ASL: dipartimenti dipendenze e Consultorio OBIETTIVI DI MANTENIMENTO mantenimento della risposta domiciliare AZIONI attivare interventi domiciliari integrati con l’ADI, condivisione del nuovo modello di ADI stesura di PAI integrati SOGGETTI COINVOLTI SSB ASL: Servizio Cure domiciliari e U.O.Fragilità Soggetti erogatori mantenimento posti di ricovero di sollievo rinnovo convenzione per la gestione dei posti di solievo UdP ASL Ente gestore consolidamento dell’integrazione tra operatori sociali dell’ASL e del SSB stesura di PAI integrati revisione del regolamento del CeAD percorsi formativi per gli operatori del CeAD collaborare alla progettazione di una struttura di residenzialità leggera per anziani attraverso incontri e condivisione del progetto UdP e SSB ASL: Servizio Cure domiciliari e U.O.Fragilità Area anziani e non autosufficienti OBIETTIVI DI SVILUPPO sviluppare l’integrazione con il Centro Assistenza Domiciliare (CeAD) sperimentazione residenzialità leggera per anziani UdP ASL Ente gestore 63 Area adulti fragili OBIETTVI DI MANTENIMENTO mantenimento della risposta domiciliare per l’adulto con patologie diverse (psichiche, di dipendenza) AZIONI consolidare la collaborazione per una presa in carico integrata con i servizi specialistici SOGGETTI COINVOLTI SSB ASL: Servizio dipendenze AOVV - CPS AZIONI prosecuzione nell’attuazione del protocollo operativo tra Azienda Sanitaria Locale, Uffici di Piano e Enti Gestori, per la regolarizzazione delle iniziative di interesse comune nella gestione delle Strutture socio-sanitarie accreditate per disabili; consolidamento della collaborazione tra Servizio Sociale di Base e U.O. Fragilità dell’Asl per una presa in carico integrata della persona disabile e della famiglia. consolidare la collaborazione con il Servizio Specialistico per la progettazione degli interventi SOGGETTI COINVOLTI SSB ASL: U.O. Fragilità Area disabili OBIETTVI DI MANTENIMENTO integrazione con l’U.O. Fragilità dell’ASL mantenimento della risposta domiciliare e scolastica OBIETTIVI DI SVILUPPO presa in carico unitaria del disabile minore Sperimentazione protocollo operativo condivisione delle iniziative e collaborazione l’applicazione del Piano di Azione Locale disabilità per SSB AOVV: NPI istituire un gruppo di lavoro composto da operatori dei servizi pubblici; stesura e sperimentazione di un protocollo operativo; garantire continuità negli interventi tra i diversi ambiti sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale, con particolare attenzione al delicato passaggio dall’età evolutiva all’età adulta, UdP SSB AOVV: NPI UdP SSB AOVV: NPI confronto con gli attori della rete dei servizi interessati avviare una collaborazione per la messa in atto di un sistema di raccolta ed elaborazione dei dati sulla disabilità in provincia di Sondrio UdP SSB ASL: U.O. Fragilità Raccordo con il Tavolo Provinciale per la conciliazione famiglia-lavoro UdP - ASL La conciliazione OBIETTIVI DI SVILUPPO Sviluppare la rete della conciliazione - ASL - Provincia - STER 64 CAPITOLO 3 LA GOVERNANCE 65 66 3.1. il modello di gestione nel distretto di Chiavenna Il presente Piano è approvato dall’Assemblea dei Sindaci ai sensi dell’art. 18 della L.R. 3/2008 e fa riferimento ai compiti attribuiti all’Assemblea dalla L.R. 31/97. L’Accordo di Programma è lo strumento tecnico-giuridico che dà attuazione al Piano di Zona. Lo stesso è sottoscritto da tutti i sindaci dei comuni del Distretto di Chiavenna, dall’A.S.L., dall’Ente gestore e dalla Provincia di Sondrio. E’ prevista l’adesione all’Accordo di Programma da parte degli organismi del terzo settore. I livelli organizzativo/gestionali che concorrono al governo del Piano di Zona sono: • livello di indirizzo e amministrazione politica; • livello tecnico amministrativo di programmazione e gestione; • livello di consultazione e collaborazione con il terzo settore. Gli organismi che concorrono alla gestione del Piano sono: • Assemblea dei Sindaci • Comitato di Presidenza • Ente gestore e Ufficio di Piano Concorrono all’attuazione delle azioni e al raggiungimento degli obiettivi del Piano di Zona gli organismi del Terzo Settore. 3.2 livello di indirizzo e amministrazione politica Assemblea dei Sindaci L’Assemblea dei Sindaci è l’organismo di rappresentanza politica del Piano di Zona ed è costituita da tutti i Sindaci del distretto o dagli assessori delegati e, senza diritto di voto, dal Responsabile dell’Ufficio di Piano, dal Direttore Sociale e di Distretto dell’A.S.L. e dal Presidente dell’Ente gestore o loro delegati. All’Assemblea dei Sindaci possono partecipare a titolo consultivo e su invito altri soggetti, istituzionali e tecnici, a supporto del processo decisionale proprio dell’Assemblea. L’Assemblea dei Sindaci è l'organo di indirizzo e controllo politico-amministrativo per le attività previste nel Piano di Zona ed è elemento di continuità rispetto alla programmazione 67 sociosanitaria e luogo dell’integrazione tra politiche sociali e politiche sanitarie, sostenuto anche attraverso l’attività dell’apposito ufficio istituito dall’A.S.L. ai sensi dell’art.13 comma 3 della L.R. 3/2008. Le attribuzioni e le competenze dell’Assemblea dei Sindaci sono quelle previste dall’art 9 comma 6° della L.R. 11/07/1997 n. 31 e delle direttive approvate con D.G.R. n. 41788/99, nonché quelle previste dal Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali. Per il governo delle attività previste nel presente Piano di Zona, l’Assemblea dei Sindaci è chiamata a deliberare in ordine a: • approvazione del documento di Piano e suoi eventuali aggiornamenti; • verifica annuale dello stato di raggiungimento degli obiettivi di Piano; • aggiornamento delle priorità annuali, coerentemente con la programmazione triennale e le risorse disponibili; • approvazione annuale dei piani economico-finanziari di preventivo e dei rendiconti di consuntivo, nonché dei dati relativi alle rendicontazioni richieste dalla Regione Lombardia per la trasmissione all’A.S.L. ai fini dell’assolvimento dei debiti informativi; • approvazione di eventuali regolamenti per la realizzazione dei servizi in gestione associata; • definizione della disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi a gestione associata. Le deliberazioni in ordine agli argomenti di cui sopra non possono essere adottate in via d'urgenza da altri organi del P.d.Z., salvo quelle attinenti alle variazioni di bilancio e alle rendicontazioni richieste dalla Regione Lombardia, adottate dal Comitato di Presidenza e da sottoporre a ratifica dell’Assemblea. Le decisioni politiche di cui sopra sono assunte a maggioranza dei voti dei sindaci presenti, in ragione dei voti espressi secondo le quote da ciascuno rappresentate. Presidente e Vicepresidente dell’Assemblea dei Sindaci L’Assemblea è presieduta dal Sindaco eletto dall’Assemblea stessa a maggioranza dei presenti e secondo le modalità sopra descritte. L’Assemblea elegge inoltre il Vice Presidente che sostituisce il Presidente nelle funzioni ed attività a lui ascritte in occasione di ogni sua assenza. Il Presidente dell’Assemblea dei Sindaci convoca e presiede l’Assemblea e il Comitato di Presidenza e rappresenta l’Assemblea nei confronti dell’A.S.L.. 68 Comitato di Presidenza L’Assemblea dei Sindaci esprime al suo interno il Comitato di Presidenza, costituito dal Presidente e dal Vice Presidente dell’Assemblea e da n. 2 Sindaci eletti dall’Assemblea con voto unico e ponderato. Il Comitato di Presidenza è integrato dalla partecipazione del Responsabile dell’Ufficio di Piano e dal Direttore Sociale e di Distretto dell’A.S.L. o loro delegati; il Comitato garantisce le funzioni di indirizzo e programmazione del sistema integrato. Compiti principali del Comitato di Presidenza sono: • l’analisi preventiva degli elaborati da sottoporre all’Assemblea dei Sindaci; • l’analisi periodica delle attività svolta dall’Ufficio di Piano; • il raccordo fra l’Assemblea dei Sindaci e l’Ufficio di Piano; • l’attuazione degli indirizzi generali dell’Assemblea dei Sindaci; • la relazione annuale all’Assemblea dei Sindaci sulla propria attività e l’azione propositiva e di impulso nei confronti dello stesso; • l’approvazione, in caso di urgenza, delle variazioni di bilancio e delle rendicontazioni richieste dalla Regione Lombardia che dovranno essere ratificate, pena la decadenza, dall’Assemblea dei Sindaci. Il Comitato di Presidenza collabora e opera attraverso deliberazioni collegiali. 3.4 livello tecnico amministrativo di programmazione e L’Assemblea dei Sindaci ha individuato quale Ente Gestore dell’Ufficio di Piano e dei servizi socio assistenziali la Comunità Montana della Valchiavenna, alla quale competono conseguentemente le attività di gestione e l’organizzazione delle attività tecnico – gestionali conseguenti alle decisioni dell’Assemblea L’Ente gestore assume l’onere di dare esecuzione alle indicazioni del presente Piano di Zona e si configura quindi come Ente strumentale dei Comuni associati del distretto. In particolare l’Ente gestore dovrà organizzare e gestire le strutture tecnico amministrative di programmazione e gestione secondo quanto definito nel presente Piano e nell’Accordo di Programma. 69 La sede delle strutture e organismi tecnico-amministrativi è fissata presso l’Ente gestore. L’Ufficio di Piano svolge la funzione di gestione degli interventi e delle attività previste nel Piano e definite dall’Assemblea dei Sindaci e dal Comitato Presidenza e svolge altresì una funzione di supporto tecnico e di coordinamento dei soggetti che concorrono alla realizzazione del Piano. L’Ufficio di Piano dovrà inoltre presiedere al livello progettuale attivando risorse e strumenti per l’analisi delle attività in corso in campo sociale, provvedendo all’aggiornamento e al monitoraggio delle priorità di intervento, alla progettazione e alla proposta di sperimentazione di nuove prestazioni e servizi da gestire a livello associato. L’Ufficio di Piano deve caratterizzarsi come una struttura stabile ma aperta a collaborazioni mirate e a consulenze specialistiche a partire dalla piena valorizzazione delle risorse presenti sul territorio. Per il funzionamento dell’Ufficio di Piano si applicano le procedure e le responsabilità dei regolamenti degli uffici dell’Ente gestore all’interno del quale è organicamente inserito. Le funzioni dell’Ufficio di Piano si possono sintetizzare in: • presidio e controllo dei processi di programmazione del Piano; • coordinamento e responsabilità gestionale dei fondi assegnati secondo l’indirizzo fornito dall’Assemblea dei Sindaci; • rendicontazione economiche all’A.S.L., alla Regione Lombardia ed ai Comuni; • predisposizione degli atti e della documentazione necessaria per il buon funzionamento del sistema integrato (accordi di programma, protocolli, convenzioni, modulistica….); • attivazione dei gruppi tematici di programmazione e approfondimento per le diverse aree di intervento; • predisposizione delle bozze di regolamenti interni e delle modalità di erogazione delle prestazioni e dei servizi; • aggiornamento dei dati relativi alla domanda e all’offerta; • attività di coordinamento degli interventi e dei progetti sperimentali previsti dal Piano di Zona; • raccolta di informazione sui servizi e sulle attività sociali attuate anche autonomamente dai Comuni del distretto; • avvio, con i soggetti istituzionali preposti, di attività formative e di processi di monitoraggio e valutazione delle attività previste nel presente Piano di Zona; • attività di supporto amministrativo e di segreteria all’Assemblea dei Sindaci e al Comitato di 70 Presidenza. L’Ufficio di Piano dovrà inoltre: • mantenere uno stretto raccordo con i Comuni associati fornendo consulenza, informazione, periodico aggiornamento sull’attività svolta, documentazione utile agli operatori amministrativi che dovranno garantire in ciascun comune un servizio di segretariato sociale e di prima informazione al cittadino; • mantenere uno stretto collegamento con i servizi delegati all’A.S.L. e con i servizi specialistici afferenti all’area sociale e all’area socio-sanitaria; • 3.4 garantire il raccordo e il funzionamento di tutte le attività a gestione associata. la collaborazione con il Terzo Settore Il presente Piano, concretizzando i dettami della legge 3/2008 a cui fa riferimento, promuove e assicura la partecipazione del Terzo Settore attraverso il coinvolgimento nella programmazione, progettazione e realizzazione delle unità di offerta sociali e sociosanitarie. In coerenza con le indicazioni regionali (D.G.R. 7797 del 30 luglio 2008) verrà dato avvio al Tavolo di consultazione del Terzo Settore che prevede la partecipazione dei rappresentanti delle diverse organizzazioni. Al tavolo, che per l’assolvimento dei suoi compiti si darà regole proprie di funzionamento, competerà: • sviluppare la rete delle unità d’offerta sociali; • esprimere, interpretare e tutelare i bisogni sociali dell’ambito territoriale e contribuire alla valorizzazione delle risorse locali; • contribuire alla definizione dei requisiti di accreditamento delle unità di offerta sociali e alla eventuale identificazione di ulteriori livelli di assistenza rispetto a quelli previsti dalla Regione Lombardia; • fornire indicazioni per la determinazione dei parametri prioritari di accesso alle prestazioni sociali; • sviluppare in accordo con gli Uffici di Piano l’attività di segretariato sociale e di informazione al cittadino relativamente alla rete delle unità d’offerta; • contribuire alla promozione e divulgazione dell’istituto dell’amministratore di sostegno in 71 accordo con l’Ufficio di Pubblica Tutela istituito presso l’A.S.L.. Al Tavolo partecipano : • il Presidente dell’Assemblea dei Sindaci o suo delegato che svolge funzioni di presidente; • il Responsabile dell’Ufficio di Piano; • il Direttore Sociale dell’A.S.L. o suo delegato; • il Direttore di Distretto dell’A.S.L. o suo delegato; • i rappresentanti degli organismi del terzo settore operanti nel territorio del Distretto: - 1 rappresentante per le cooperative sociali e gli organismi della cooperazione; - 1 rappresentante organizzazioni di volontariato; - 1 rappresentante per le associazioni e gli enti della promozione sociale; - 1 rappresentante per le fondazioni; - 1 rappresentante per gli enti di patronato; - 1 rappresentante per le associazioni familiari; - 1 rappresentante per gli enti riconosciuti dalle confessioni religiose; - 1 rappresentante per altri soggetti sociali senza fine di lucro. Il Tavolo sarà convocato dal Presidente dell’Assemblea dei Sindaci, con il supporto dell’Ufficio di Piano; nella convocazione saranno indicati gli argomenti all’ordine del giorno. E’ prevista la possibilità di riunioni congiunte dei Tavoli di Rappresentanza del Terzo Settore per l’esame di questioni inerenti sia la rete delle unità d’offerta sociali che quella riguardante le unità d’offerta sociosanitarie, in accordo tra l’A.S.L. e il Presidente dell’Assemblea dei Sindaci. I Tavoli di area, già istituiti nel corso della predisposizione dei precedenti Piani di Zona, proseguiranno la loro attività. I Tavoli di area, con la partecipazione di tutti i soggetti del Terzo Settore, dovranno lavorare in un’ottica di scambio di informazioni tra i partecipanti, finalizzato all’approfondimento dell’analisi dei bisogni di ciascuna area, e dovranno collaborare alla piena realizzazione di quanto previsto dal presente Piano di Zona. Sarà favorita la partecipazione ai Tavoli di Area di tecnici, esperti, referenti di Enti pubblici e privati o di soggetti in genere che possano portare un utile contributo alle tematiche trattate. 72 ORGANIGRAMMA PIANO DI ZONA ASSEMBLEA DEI SINDACI Sindaci dei Comuni della Valchiavenna Presidente Comunità Montana o suo delegato (senza diritto di voto) Direttore sociale e di Distretto dell’ASL o loro delegato (senza diritto di voto) Responsabile dell’Ufficio di Piano (senza diritto di voto) COMITATO DI PRESIDENZA Presidente dell’Assemblea dei Sindaci Vicepresidente dell’Assemblea dei Sindaci 2 Sindaci nominati dall’Assemblea Responsabile dell’Ufficio di Piano Direttore sociale e di Distretto dell’A.S.L. o loro delegati UFFICIO DI PIANO Responsabile Ufficio di Piano Referente amministrativo TAVOLO DEI RAPPRESENTANTI DEL TERZO SETTORE Rappresentanti del Terzo Settore Presidente Assemblea dei Sindaci Responsabile Ufficio di Piano Direttore Sociale A.S.L. o delegato Direttore di Distretto A.S.L. TAVOLI DI AREA Area infanzia, giovani e responsabilità familiari Area adulti Area disabili Area anziani 73 74 CAPITOLO 4 VALUTAZIONE 75 76 4.1 – la valutazione La valutazione delle priorità e degli esiti prodotti dalle azioni previste nel Piano di Zona rappresenta un passaggio importante per migliorare la gestione e la pianificazione delle politiche sociali territoriali. La valutazione non va assimilata ad una semplice azione di controllo ma va ben oltre. Costituisce un momento di verifica e di apprendimento per il miglioramento dei risultati per acquisire suggerimenti per migliorare il proprio operato. Il processo di pianificazione di questo documento, unito anche alla consapevolezza della graduale e costante diminuzione delle risorse pubbliche disponibili, ha prodotto un doveroso ripensamento sul welfare locale originando il convincimento che vada cambiato il campo d’azione su cui sviluppare le azioni programmatiche. E' stata pertanto individuata la strategia da cui partire per sviluppare il nuovo modello di welfare ossia la necessità di creare connessioni con i soggetti istituzionali e del terzo settore per attivare processi di collaborazione per la costruzione delle politiche e del sistema integrato dei servizi. La valutazione sarà quindi orientata a comprendere le modalità di raccordo intraprese tra i diversi attori per la costruzione dell’integrazione, Sviluppiamo di seguito le modalità di valutazione previste : Strategia Attività Indicatore raccordo/interazione sviluppo attività incontri periodici costante con ASL integrate con direzione ASL Soggetti tempi ASL, Comuni, UdP Semestrali incontri periodici ASL, UdP con referente sociale di distretto (verifica realizzazione programmazione prevista dal Piano di Zona e raccordo con programmazione ASL) semestrali 77 revisione e incontri di sviluppo attività definizione delle del CeAD nuove modalità operative Servizio Incontri Fragilità semestrali ASL, UdP, U.O. Cure Domiciliari programmazion verifica strumenti e interventi operativi condivisi domiciliari in raccordo con ADI consolidamento incontri di confronto Servizio Incontri della sulla casistica Fragilità ASL mensili collaborazione dell’area disabili SSB tra Servizio Sociale di Base e U.O. Fragilità dell’ASL attuazione protocollo operativo tra ASL, Azienda Ospedaliera e Uffici di Piano Incontri periodici condividere azioni per la realizzazione Piano d’azione Locale disabili ASL verifica della ASL, U.d.P annuale realizzazione delle Terzo settore azioni in particolare del risultato della raccolta ed elaborazione dati sulla disabilità Tutela minori convenzione per la gestione integrata casistica Elaborazione e realizzazione progetto operatori ASL UONPIA UdP U.O. Fam. Infanzia età evolutiva UdP Provincia semestrali e annuale raccordo con Azioni realizzate nel UdP annuale Dip. territorio dipartimento Dipendenze, per dipendenze Individuazione priorità d’intervento e 78 azioni preventive da attuare nel territorio. Strategia Attività Indicatore Soggetti tempi raccordo/interazione presa in carico incontri con dip. Semestrali Azienda Ospedaliera integrata del Salute mentale AOVV UdP Scuole minore disabile annuale Definizione e stesura protocollo operativo n. minori con presa in carico integrata Strategia Attività raccordo/interazione sviluppo rete con Provincia della cura a domicilio sviluppo azioni di sistema dell’ambito del Piano Lavoro disabili Indicatore Soggetti tempi incontri annuali tra UdP/ Presidente assemblea Provincia dei sindaci e Provincia di Sondrio incontri periodici con servizio politiche sociali della Provincia n. di famiglie abbinate ad assistenti famigliari dello sportello collaborazione n. disabili sensoriali gestione disabili seguiti sensoriali quadrimestrali annuali 79 Strategia Attività Indicatore raccordo/interazione garantire n. progetti di con Scuola integrazione integrazione scolastica del scolastica attivati minore disabile Strategia Partecipazione alla stesura protocollo operativo con UONPIA protocollo consolidamento collaborazione per progetti a sostegno di minori seguiti dal Servizio Tutela e dal SSB n. di minori seguiti n. di incontri di monitoraggio della casistica Soggetti tempi Scuola UONPIA UdP annuale Scuola Servizio Tutela SSB n. progetti realizzati Definizione e realizzazione di interventi di prevenzione UDP Scuola Terzo Settore ASL Attività Soggetti creare opportunità realizzazione di cooperazione con con il terzo settore Cooperativa Sociale di interventi a potenziamento della domiciliarità Indagine sulle strutture inutilizzate del territorio valutazione di ampliamento della risposta di housing sociale Indicatore tempi Modalità di raccordo Cooperativa annuale Arca e programmazione degli interventi SSB Associazioni n. famiglie coinvolte di volontariato n. di interventi realizzati avvio mappatura strutture co-progettazione per a bandi a tema finalizzati a reperire risorse Cooperativa annuale Nisida Associazioni di volontariato 80 coprogettazione e gestione del servizio Tutela Minori n. casi seguiti n. riunioni di programmazione attività e monitoraggio casistica realizzazione del progetto “Idee fuori dal comune” 2° annualità incontri gruppo progetto Cooperativa annuale Ippogrifo Cooperativa annuale Progetto Vita /Nisida produzione opuscolo Scuole UdP di promozione del Associazioni territorio di volontariato avvio gruppo di progettare e lavoro di riflessione realizzare attività rivolte a su politiche giovanili minori e giovani nel territorio Cooperativa annuale Progetto Vita Cooperativa Nisida UdP Cooperativa Ippogrifo Scuole UdP Associazioni di volontariato ASL Strategia Attività Soggetti sviluppo modelli d’intervento comunitari, valorizzando le reti associative territoriali, del terzo settore, realizzazione n. di incontri pubblici iniziative pubbliche per sensibilizzare la comunità su tematiche sociali Comuni UdP annuale Cooperazione Associazioni di volontariato parrocchie promozione di n. azioni attivate iniziative volte n. di comuni coinvolti a valorizzare la comunità come risorsa della rete Comuni UdP Cooperazione Associazioni di volontariato parrocchie Collaborazione n. di anziani soli Comuni Indicatore tempi UdP 81 interagire con il mondo delle imprese in tema occupazione di adulti svantaggiati per l’attuazione del Progetto della cooperativa l’Arca “Quelli della porta accanto” vicinato solidale e volontariato a sostegno delle persone fragili e sole. coinvolti n. di volontari coinvolti n. di comuni coinvolti Cooperazione Associazioni di volontariato parrocchie Promozione del volontariato come esperienza di cittadinanza attiva n. incontri con associazioni di volontariato n. attività di promozione c/o scuole, oratori e altre organizzazioni n. di soggetti disponibili n. incontri/formativi di gruppo Comuni UdP annuale Cooperazione Associazioni di volontariato Parrocchie Oratori e scuole pubblicizzazione c/o le aziende dei servizi di cura presenti nel territorio confronto con i soggetti interessati ad un progetto che lanci nel nostro territorio proposte innovative per affrontare il tema degli adulti svantaggiati n. incontri con associazioni di categoria e organizzazioni sindacali comuni Udp organizzazioni sindacali associazioni categoria titolari aziende 82 CAPITOLO 5 IL BILANCIO DI PREVISIONE 83 84 5.1 – il bilancio di previsione per il triennio 2012/2014 Come ampiamente illustrato nel paragrafo 1.2, il bilancio di previsione per il triennio 2012/2014 deve confrontarsi con la riduzione dei trasferimenti statali e regionali. Il Piano economico del 2012, che può contare ancora sui residui del Fondo Non Autosufficienze e del Fondo Intesa Famiglie, è suscettibile di variazioni, anche di entità considerevole, sulla base dell’effettiva assegnazione del FSR, che avverrà nel corso dell’anno. Vista l’incertezza generale sui trasferimenti a breve e lungo termine, la predisposizione di un bilancio che ricomprenda la programmazione triennale perde di significato. Pertanto si può ipotizzare un ulteriore impegno negli anni 2013-2014 dei Comuni per il mantenimento dei servizi, una ridefinizione degli interventi volta al contenimento e alla razionalizzazione delle uscite, la ricerca attiva di nuove fonti di finanziamento, una partecipazione anche economica crescente degli attori del terzo settore. ANNO 2012 Area Anziani Disabili Minori e famiglia Adulti Ufficio di Piano TOTALE Canale di finanziamento Spesa € 192.756,00 € 594.195,20 € 517.239,46 € 64.584,00 € 82.326,00 € 1.451.100,66 Importo Comuni Comunità Montana € 975.763,16 € 156.000,00 Fondo Sociale Regionale € 108.130,00 Fondo Nazionale per le Politiche Sociali € 55.410,00 Entrate da residui anno precedente € 67.693,50 Altre entrate € 88.104,00 TOTALE € 1.451.100,66 85 ANNO 2013 Area Anziani Disabili Minori e famiglia Adulti Ufficio di Piano TOTALE Spesa € 180.000,00 € 570.000,00 € 500.000,00 € 74.000,00 € 84.000,00 € 1.408.000,00 Canale di finanziamento Importo Comuni Comunità Montana € 995.000,00 € 159.000,00 Fondo Sociale Regionale € 110.000,00 Fondo Nazionale per le Politiche Sociali € 56.000,00 Altre entrate € 88.000,00 TOTALE € 1.408.000,00 ANNO 2014 Area Anziani Disabili Minori e famiglia Adulti Ufficio di Piano TOTALE Canale di finanziamento Comuni Comunità Montana Fondo Sociale Regionale Spesa € 184.000,00 € 570.000,00 € 520.000,00 € 77.000,00 € 85.000,00 € 1.436.000,00 Importo € 1.014.000,00 € 162.000,00 € 112.000,00 Fondo Nazionale per le Politiche Sociali € 58.000,00 Altre entrate € 90.000,00 TOTALE € 1.436.000,00 86 87