La conquista del territorio alpino risale al tempo di Augusto. Le Alpi orientali infatti, con i loro passi ed i valichi facilmente transitabili potevano essere facilmente superate dalle truppe, cosa fondamentale durante le campagne di conquista. La valle dell’Adige era stata raggiunta già prima: Tridentum risulta essere un municipium fin dal 49 a.C. La conquista dell’odierno Alto Adige fu invece realizzata nel 15 a.C. da Druso, che si riunì alle truppe comandate da Tiberio nella Valle dell’Inn. Durente questa campagna vennero assoggettati alcune popolazioni retiche tra le quali i Venostes, stanziati a sud del Resia, nell’attuale Val Venosta, i Vindelici e i Norici, che abitavano probabilmente entrambi i versanti delle catene montuose centrali, fra l’odierno Alto-Adige, la Svizzera, la Baviera meridionale e l’Austria e i territori limitrofi ai municipia pedemontani della Regio X Alcune di queste popolazioni sono citate nel Trofeo delle Alpi di La Turbie, fatto erigere dal senato nel 6-7 a.C. per celebrare la sottomissione delle popolazioni alpine. Vi vengono citati ben 45 diversi popoli, tra i quali i Venostes, i Breuni, gli Isarci e i Genaunes L'iscrizione che riportava il monumento è citata da Plinio, Storia naturale III, 136-137 "All’imperatore Cesare Augusto, figlio del divino Cesare, pontefice massimo, acclamato imperatore quattordici volte, nel diciassettesimo anno della sua potestà tribunizia, il Senato e il popolo romano [eressero questo trofeo] poiché, sotto la sua guida e i suoi auspici, tutte le genti alpine che si estendevano dal Mare di Sotto [il Tirreno] fino a quello di Sopra [l'Adriatico] furono ridotte in dominio del popolo romano. Popolazioni alpine sconfitte: Trumplini, Camunni, Venosti, Vennoneti, Isarci, Breuni, Genauni, Focunati, quattro tribù di Vindelici, Consuaneti, Rucinati, Licati, Catenati, Ambisonti, Rugusci, Suaneti, Caluconi, Brixenti, Leponzi, Uberi, Nantuati, Seduni, Varagri, Salassi, Acitavoni, Medulli, Ucenni, Caturigi, Brigiani, Sogionti, Brodionti, Nemaloni, Edenati, Vesubiani, Veamini, Galliti, Trulliati, Ecdini, Vergunni, Egui, Turi, Nematuri, Oratelli, Nerusi, Velauni, Suetri Breuni Genaunes Venostes rci Isa I Venostes abitavano la Val Venosta, i Breuni erano stanziati nella zona del Brennero. Gli Isarci, che ci ricordano il nome del nostro fiume, ne abitavano probabilmente le rive. I Genaunes erano posti dalle fonti antiche insieme ai Breuni all’imboccatura delle Alpi. Forse erano stanziati in Valle Genau o Ridnaun presso Vipiteno. Velleio Patercolo Storie II, 95.1-2 [Augusto] decise di mettere alla prova con la responsabilità di una guerra assai impegnativa Tiberio Nerone, rientrato [dall'Oriente], facendolo coadiuvare dal fratello di costui, Druso Claudio, che Livia aveva generato nella casa di Cesare Augusto. Entrambi, divisisi i compiti, partirono all'attacco di Reti e Vindelici; portati a termine con successo sia la conquista di molte città e centri fortificati, sia anche uno scontro frontale, soggiogarono quelle popolazioni assai ben difese dalla natura dei luoghi, molto difficili da snidare, numericamente imponenti, selvagge e feroci, con enorme spargimento di sangue per loro, esponendo invece l'esercito romano più al rischio che a perdite effettive Dopo la vittoria di Tiberio e Druso, per far sì che le popolazioni alpine non rappresentassero più un problema per i traffici commerciali (i Reti imponevano pedaggi a chi voleva attraversare il territorio alpino) si ricorse a provvedimenti particolarmente duri, tra i quali anche alla loro deportazione, come ci ricordano Strabone e Dione Cassio. Strabone, Geografia IV, 6.6 Al di là [a oriente] di Como, città situata alla radice delle Alpi, sono insediati su di un versante Reti e i Vennoni, volti a est, sull'altro i Leponzi, i Tridentini e gli Stoni e parecchie altre etnie minori che, dedite al brigantaggio e prive di mezzi, nei tempi passati incombevano sull’Italia; adesso invece alcune sono state eliminate, altre così completamente soggiogate che i transiti montani situati presso di loro, da pochi e impervi che erano, ora sono parecchi, sicuri da umane minacce e agevoli da percorrere, per quanto è tecnicamente possibile. (trad, Migliario) Cassio Dione, Storia romana LIV, 22.1-5 1) Nel frattempo [15 a. C.] Druso e Tiberio portarono a compimento le seguenti imprese. I Reti, che abitano a metà fra il Norico e la Gallia, a ridosso delle Alpi Tridentine che sono rivolte dalla parte dell'Italia, cominciarono a fare delle incursioni in molti dei territori della Gallia che confinavano con i loro, e depredavano anche parte dell'Italia; inoltre, danneggiavano i Romani o gli alleati di questi ultimi che passavano per il loro territorio. 2) Non si limitarono però a questi atti, che parevano consueti per popolazioni che non avevano accettato alcun patto, ma uccidevano persino tutti i maschi che c'erano tra i loro prigionieri, non solo quelli già nati, ma anche quelli che si trovavano ancora nel ventre delle donne, scoprendone il sesso in base ai responsi oracolari. […]. 5) [Druso e Tiberio] poiché la loro popolazione offriva abbondanza di maschi e sembrava che progettassero una rivolta, deportarono la maggior parte dei loro elementi più forti, lasciando sul posto un numero di abitanti appena sufficiente per popolare la terra, ma tale da rendere impossibile una rivolta. [Trad. di A. Stroppa ] Il territorio occupato divenne un distretto amministrato da un prefetto con funzioni militari e civili, poi, durante il regno di Claudio (intorno al 47 d.C.) vi venne istituita la provincia della Raetia Nello stesso periodo divenne un provincia romana anche il Noricum, un regno celtico alleato di Roma Il territorio di Tridentum , venne invece compreso (tra il 18 e il 12 a.C.) Regio X, poi chiamata Venetia et Histria. Questa aveva come capoluogo Aquileia e il suo confine passava all’incirca nella zona di Ponte Gardena,,dove era situata una stazione daziaria. VIPIT ENU M SUBLAVIONE PONT E DRUSI ENDIDAE T RIDENT UM SARNIS AD PALAT IUM VENNUM VERONA Nel 46 d.C., sul tracciato aperto da Druso, venne ampliata la via Augusta (che dalla Val d’Adige risaliva verso la Val Venosta e il passo Resia, come testimonia l'iscrizione del miliario di Rablà (CIL V, 8003). Dopo la ristrutturazione voluta da Claudio questa prese il nome di via Claudia Augusta A questa via di transito nel III sec, per ragioni militari, si aggiunse l’importantissima strada che, lungo la Val d’Isarco, portava al Brennero. Entrambi i tronconi stradali conducevano ad Augusta Vindelicum. A Fortezza c’era il raccordo con la via Claudia Augusta Altinate che risaliva da Altino, vicino a Venezia, attraverso la Pusteria Testo originale Ti(berius) Claudius Caesar / Augustus Germ[anicus], / pont(ifex) max(imus), trib(unicia) pot(estate) VI, co(n) s(ul) desig(natus) IIII, imp(erator) XI, p(ater) p(atriae), / [vi]am Claudiam Augustam, / quam Drusus pater Alpibus / bello patefactis derexerat, / munit a flumine Pado at / [f]lumen Danuvium per /[m(ilia)] p(assum) CC […] Traduzione italiana: "Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico, pontefice massimo, fornito della sesta potestà tribunizia, designato console per la quarta volta, acclamato undici volte imperatore, padre della patria, consolidò dal fiume Po al fiume Danubio per la lunghezza di duecento… miglia la via Claudia Augusta, che suo padre Druso aveva tracciato dopo che le Alpi erano state aperte con la guerra [opp.: sulle Alpi da lui aperte con la guerra]" (trad. Migliario) I solchi carrai lungo il tracciato della strada romana che risaliva la Val Isarco nei pressi di Fortezza Ancora i solchi carrai della strada romana a Fortezza Le strade romane erano costruite in questo modo: si scavava la carreggiata, si sovrapponevano i vari strati ed infine si applicavano le pietre del lastricato. La tabula Peutingeriana, appartiene al genere degli itineraria picta, itinerari stradali che rappresentano il terreno, la sua conformazione fisica ed entro certi limiti il reciproco rapporto di posizione fra le varie località collegate fra loro da itinerari stradali. Vepiteno Sublabione Pontedrusi Tra le altre mansiones la Tabula Peutingeriana cita anche Vipitenum, il cui nome dunque è attestato fin dal III-IV secolo. Il toponimo è riportato anche dall’ Itinerarium Antonini, altra guida stradale dell’epoca. Delle stazioni stradali indicate nelle due fonti - Endidae (Egna), Pons Drusi (Bolzano), Sublavione (Colma?), Vipitenum, Sebatum (San Lorenzo), Littamum (San Candido)- abbiamo pochissime tracce, fatta eccezione per Littamum e Sebatum, i cui ritrovamenti ci permettono di ricostruire l’aspetto di questi centri. Questa è la ricostruzione di una mansio, la stazione di posta degli antichi romani. Le mansiones distavano tra loro circa una giornata di viaggio a cavallo; tra l’una e l’altra i viaggiatori potevano riposarsi nelle mutationes, provviste di un certo numero di animali da traino, in media una ventina, e fornite anche di stalle, cucine etc. La palude di Vipiteno in un affresco della Casa della Commenda La mansio di Vipitenum potevaessere situata in corrispondenza del bivio tra la via che proveniva dalla Val d’Isarco e la strada, allora sicuramente non più di una mulattiera, che attraverso il passo Giovo saliva da Maja. Il miliario diVipiteno, fu rinvenuto nel vicolo delle Rondini il 12 ottobre 1979. Misura 1,86 m di altezza, ha una base quadrata alta 40 cm, ed una circonferenza alla base di 160 cm ed in alto di 155 cm. Conservato oggi in un cortile del municipio, il miliario presenta una iscrizione di difficile lettura, in parte perché corrosa dal tempo ed in parte perché danneggiata dalla scavatrice all’atto del ritrovamento. Essa ha comunque permesso di attribuirlo all’età di Settimio Severo. Nel luogo del ritrovamento non è stata trovata alcuna traccia di selciato, il che fa supporre che il miliario non sia stato trovato “in situ”, cioè dove era stato originariamente posto. Il testo dell’iscrizione del miliario di Vipiteno è disposto su 13 righe, come in altri miliarî di Settimio Severo sia nella Rezia che nel Norico. [IMP CAES] L [SEPT] (SEVERV]S PI[US] [PERTINAX A]UG A[RAB] ADIA[B PAR]T[H] [P]ON[T MAX] T[RIB POT] VIIII [IMP XII COS II PP] PROCOS ET [IMP CAES M AVR A[N]TO[NI] NVS PIVS[AV]G [TRIB POT] [IIII PROCO]S [GETA] [VIAS ET PONTES REST] A[B AVG MP] CXXXV Il formulario del miliario è quello tipico di Settimio Severo con i figli Caracalla e Geta. La cifra riportata di 135 milia passuum, equivalente a 199 km, corrisponde alla distanza segnalata per il tratto Vipitenum - Augusta Vindelicum dell’Itinerarium Antonini. Segno della presenza in zona di una guarnigione romana è, tra gli altri, la stele di Mitra rinvenuta a Mules, dove si trovava il confine tra Rezia e Norico. Quello di Mitra era un culto di origine orientale assai diffuso tra i legionari. Considerato che solitamente le steli di Mitra presentano l’iscrizione sole invicto, che in questa però manca, qualcuno ipotizza che non sia stata finita per un improvviso allontanamento della guarnigione militare. Secondo altri studiosi questa sarebbe stata trovata a Monte Neve. Da Mules proviene anche una lapide dedicata nel 200 d.C. da un certo Quartinus alla madre Ruffina. A Vipiteno, nel 1497, durante gli scavi della chiesa Parrocchiale venne ritrovata la lapide di Postumia Vittorina e del cognato Claudio Raeticiano. L’iscrizione, chiaramente leggibile, è VIVA F. POSTUMIA VICTORINA SIBI ET TIBERIO CLAUDIO RAETICIANO GENERO PIISSIMO Accanto alla Parrocchiale doveva dunque esservi un sepolcreto e quindi l’abitato di Vipitenum non doveva essere molto distante. La lapide di Postumia Vittorina ci fa pensare ad un cimitero romano sul quale sarebbe stata costruita una chiesa antichissima, alla quale sarebbe seguita una chiesa romanica e poi la chiesa parrocchiale di Vipiteno. Questo spiegherebbe anche la posizione eccentrica di questa rispetto al centro abitato. I romani avevano infatti l’abitudine di seppellire i loro morti lungo le strade d’uscita dai centri abitati, come ci dimostrano anche le tombe maestose sulla via Appia, la prima delle grandi vie consolari, costruita nel 312 a.C. per volere di Appio Claudio Cieco. Nel giardino della “Dogana”, alla fine del secolo scorso, sono state ritrovate tombe di età altomedievale di persone sepolte senza corredo funebre. Non lontano dalla Dogana passava la strada che, provenendo dal Giovo, si collegava alla via del Brennero. Anche il toponimo Villa ricorda la presenza di un centro abitato, di cui questo sarebbe stato il sobborgo agricolo. Qui sono stati rinvenuti frammenti di terra sigillata, la ceramica tipica del I sec. d.C. Con il termine "terra sigillata" o con quello di "ceramica aretina" si definisce il vasellame da mensa, dal tipico colore rosso brillante, prodotto in Italia a partire dall'età augustea e fino al IV-V sec.d.C. nelle province romane. Tazze, piatti, bicchieri, coppe lisce o decorate con motivi impressi o a rilievo (sigilla), sono le forme più diffuse, prodotte a matrice e recanti il marchio del fabbricante. Ai piedi della collina di Castel Tasso, nel 1995 sono stati rinvenuti alcuni sarcofaghi in tronco d’albero, conservatisi per le particolari condizioni di acidità e umidità del terreno. Questi erano apparentemente privi di corredo, rintracciato però poi dalla scuola di restauro di Berlino (una pallina di ambra, un pezzettino di cuoio, forse del fodero di un pugnale, un pezzettino d’argento, un’asta spezzata con segni di cordonatura nella parte centrale). L’alloggiamento per la testa e una fibula del VI secolo fanno propendere per una loro datazione tra il IV e l’VIII secolo. Forse proprio a Castel Tasso c’era il castellum romano. I Baiuvari si insediano nella alta Val d’Isarco fin dall’890, momento della pace tra Franchi e Longobardi. Il loro arrivo deve essere stato pacifico, come testimoniano l’assenza di saghe guerriere nelle leggende del posto e la continuità di alcune famiglie locali. A tale proposito si può ricordare la cosiddetta Traditio Quartini, una vasta donazione di beni e terre, nella zona di Vipiteno e intorno a Bolzano, che Quartino, un romano che aveva mantenuto la propria posizione di rilievo, decise di destinare alla sua morte alla chiesa. … ego Quarti nationis Noricorum et Pregnariorum dono trado ac perpetualiter transfirmo ad possidendum deo et sancto Candido ad Intiha monasterio propriam hereditatem meam pro remedio anime mee et parentorum meorum, pro quibus debitor sum deo hostias offerre in locis illis, hoc est ad Uuipitina in castello et in ipso vico et in aliis villulis ibidem adiacentibus ad Stilues, Torrentes, Ualones, Zedes, Teines, Tuluares... Zedes- Ceves Ualones - Flaines Tuluares Telves Teines Tunes Vipiteno Pruno = VICUS? Torrentes Campo di Trens Stilues Stilves Rintracciamo su una carta di oggi i toponimi citati nella Traditio Quartini Dov’erano dunque il castellum e il vicus di Vipitenum? Schadelbauer Il fatto che nella Traditio Quartini il castellum e il vicus siano citati individualmente significa che quest’ultimo doveva trovarsi piuttosto lontano dal castellum. Sede del castellum doveva essere, per la posizione favorevole, il Kronbühel- che dalla fine del XIX secolo viene chiamato Colle di Custoza. Questo è rivolto a sud, direttamente sulla palude, e offre una visuale su tutta la valle, oltre ad essere facilmente accessibile da nord. Il vicus di Vipitenum doveva dunque estendersi nella zona di quella che sarebbe stata la Città Vecchia di Sterzing oppure del gruppo di case in Via Frana. A sostegno di questa tesi la costruzione della chiesetta sulla quale fu poi eretta la Parrocchiale, alla fondazione della quale fu scoperta la lapide di Postumia Vittorina. La chiesa stava a protezione del vicino castellum, sul Kronbühel. Intorno al Castellum e al vicus, in circolo, c’erano le villulae, cioè i borghi agricoli di Ceves, Tunes, Telves, Stilves, Trens, Tulves e Flaines. Anselm Sparber In un articolo dedicato alla Traditio Quartini Sparber ipotizza che Vipitenum si estendesse nella zona intorno alla Parrocchiale. Il castellum si trovava, secondo lui, sul colle di Castel Reifenstein (oggi Castel Tasso), di fronte a Pruno. Non ritiene che sulla base delle fonti si possa ritenere certo che Vipitenum si trovasse dove oggi sorge Pruno e che sia stata distrutta da una catastrofe, incendio, alluvione o altro. Sicuramente non poteva sorgere sulla terrazza di Tunes, dal momento che il toponimo è di origine preromana esattamente come quello di Vipitenum. Adrian Egger ritiene che la Vipitenum romana sia stata cancellata da una alluvione provocata dal Rio Faller e che si trovasse dunque a nord della attuale città vecchia. A sostegno della sua ipotesi porta il fatto che sulla collina di Tunes non siano stati fatti ritrovamenti significativi di età romana o preromana QUANDO COMPARE IL TOPONIMO Il primo uso attestato del toponimo, in forma latinizzata, risale al 1180 (...usque ad Stercengum), ma la radice VIP è conservata ancora oggi nel toponimo Wipptal. La tradizione fa risalire il nome “Sterzing” a quello del pellegrino Starzo, rappresentato nello stemma cittadino sotto l’effigie dell’aquila tirolese. La linguistica lo riconduce invece al nome della persona che era a capo della locale comunità bajuvara. Sterzing, come città, è una creatura di Mainardo. Nella politica di Mainardo II del Tirolo la città era • uno strumento per l’espansione e il consolidamento militare del proprio dominio territoriale • un solido punto di riferimento nella rete amministrativa organizzata sull’intero territorio • uno strumento per incrementare gli scambi, il commercio e l’economia e di conseguenza per accrescere anche le entrate del principe Condizione essenziale per assurgere al titolo di città era la costruzione delle mura cittadine. Se la cittadinanza si rifiutava di erigere le mura Mainardo le negava il passaggio di status da borgo a città (questo accadde nel 1282 a Imst). In un resoconto steso il 24 luglio 1280, a Castel Strada, da un non meglio identificato funzionario, si trova scritto tra l’altro: Gebhardo custodi muri per iussum domini mei Si parla di un custode delle mura (che dunque si presume esistessero già): potrebbero essere quelle di un castello della zona, se non fosse che nello stesso conto, sotto la voce computatio defectus, si legge: item dominus meus habet defectum in ortis et in agris in Sterzinga ex valle muri Nel 1280 dunque la costruzione delle mura era già in atto. Che nel 1288 ci fosse una città nuova lo si evince dal fatto che nell’Urbario di Mainardo si trova l’indicazione “nella città vecchia”. Mainardo poi quando costruiva una città la chiamava sempre burgum novum. Non possiamo comunque sapere se Mainardo abbia soltanto cinto di mura Vipiteno o se l’abbia anche pianificata. Ma questa e un'altra storia... Biblio/sitografia e crediti AA.VV., La chiesa parrocchiale di Vipiteno "Nostra Signora della Palude, Vipiteno, 1997, p.7 Albertoni G., Le terre del Vescovo. Potere e società nel Tirolo medievale. Secoli IX-XI, Torino 1996 Außerhofer, Die römischen Weihensteine in Südtirol, Schlern 1976/3, pp. 148 -150 Bischof Josef Gargitter anläßlich der Weltmeisterschaften im Alpinen Skilauf in Gröden, Texte zur Geschichte unserer Heimat Bosio L., Le vie della Venetia et Histria, Bravi F., La lingua dei Reti, Centro di documentazione storica, Bolzano Cartellieri P.W. , Die römischen Alpenstrassen über den Brenner Reschen-Scheideck und Plöckenpass, Leipzig, 1926, SS. 126-128 Conta G., I luoghi dell’arte, vol.2, Bolzano 1991 Dalrì L., Le comunità retiche secondo le fonti classiche, Studi Trentini di Scienze Storiche LI, 1972, fascicolo I Dondio W., Guida allo studio dell’Alto Adige, vol III, Bolzano 1990 Egger A., Prähistoriche und römische Siedlungen im Rienz- und Eisacktal, Brixen, 1943, SS. 43113 Egger A., Vorgeschichtliches vom Sterzinger Talbecken, Schlern 1937/5-6, pp.74-80 GarberJ., Die Reisen des Felix Faber durch Tirol in den Jahren 1483 und 1484, Schlern-Schriften, 1923/3 Heuberger R., Die Grenzen der rätischen Provinz und die Grenzbildung des Mittelalters, SchlernSchriften, 1932/20 Huter F., Vom Werden und Wesen Sterzings im Mittelalter, in Sterzinger Heimatbuch, Innsbruck, 1965, SS. 33-94 Hye F.H., Mehr Klammer als Grenze - Der Brenner und seine Stellung in der Geschichte Tirols, Alpenjahrbuch Berg ‘95 Il sogno di un principe, Mainardo II - La nascita del Tirolo, Innsbruck 1995 Innerebner G., Ur- und Frühzeit im Sterzinger Becken, in Sterzinger Heimatbuch, Innsbruck, 1965, SS. 13-25 Mittermeier-Wild, Vipiteno, Bolzano, 1995 Nothdurfter H, Römerzeitliche Funde um Sterzing, Festschrift zur 700-Jahrfeier der Stadt Sterzing, Sterzing, 1978, SS.51-68 Pauli L., Le Alpi: archeologia e cultura del territorio - Dall’antichità al Medioevo, Bologna Perini L., Itinerari archeologici in Alto Adige, Bolzano 1984, pp.100-104 Römischer Meilenstein gefunden, Dolomiten 16/10/1970 Schadelbauer K., Sterzing bis zum Jahre 1363, Schlern-Schriften, 1927/12 Schadelbauer K., Wo lag das Castellum des Quartinus, das alte Vipitenum?, Schlern 1925/5, SS. 160 f. Scheffel P.H., Die Brennerstrasse zur Römerzeit, Berlin, 1912, pp. 49-65 Sparber A., Die Quartinus Urkunde von 827/28, Schlern-Schriften, 1927/12 Tabarelli G.M., Strade romane nel Trentino e nell'Alto Adige, Trento, 1994 Veneziani Luciana, Un miliario di settimio severo a Vipiteno, Milano 1991, pp. 43-49 Wieser F., Gräberfund bei Sterzing Sono stati utilizzati anche gli appunti del corso di aggiornamento “Vipiteno: la struttura urbana ed il sistema insediativo: Analisi storica dell’intervento dell’uomo sul territorio”, tenuto dal prof. Alberto Perini nell’a.s. 1997/98. Con l’eccezione di quelle sottoindicate, le immagini sono state tratte dai testi riportati in bibliografia. Alcune foto relative alle frazioni di Vipiteno sono state ricavate da opuscoli della locale Azienda Turistica. La foto del Trophaeum Alpium è stata importata dal sito http://www.beyond.fr/sites/trophee.html La ricostruzione della strada romana della diapositiva 9 è tratta da Haywood J., Gli antichi romani,Vallardi I.G., 1996, p.23 La ricostruzione della mansio della diapositiva 12 è tratta da Archeologia viva, n.79, gennaio/febbraio 2000, p.75 Questa presentazione è stata prodotta ad esclusivo uso didattico..