F rancesco | Document� 32/2015 sinodo dei vescovi Con l’olio dell’accoglienza e della misericordia In apertura della XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi (4-25.10.2015) «Preghiamo perché il Sinodo che domani si apre sappia ricondurre a un’immagine compiuta di uomo l’esperienza coniugale e familiare». Lo scorso sabato 3 ottobre, in Piazza San Pietro, Francesco è intervenuto alla veglia di preghiera con le famiglie promossa dalla CEI in vista dell’apertura della XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi. Il giorno seguente, domenica 4 ottobre, nella Basilica vaticana, il papa ha presieduto la celebrazione eucaristica con la quale ha aperto ufficialmente il Sinodo, dedicato al tema: «La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo». La Chiesa, ha detto nella sua omelia facendo eco alle parole di Giovanni XXIII in apertura del Concilio, «è chiamata a vivere la sua missione nella carità che non punta il dito per giudicare gli altri, ma – fedele alla sua natura di madre – si sente in dovere di cercare e curare le coppie ferite con l’olio dell’accoglienza e della misericordia». Stampa (5.10.2015) da sito web www.vatican.va. Documenti 32/2015 Unire giustizia e compassione Nella veglia di preghiera con le famiglie Care famiglie, buonasera! A che giova accendere una piccola candela nel buio che ci circonda? Non sarebbe ben altro ciò di cui c’è bisogno per diradare l’oscurità? Ma si possono vincere le tenebre? In certe stagioni della vita – questa vita pur carica di risorse stupende – simili interrogativi si impongono con forza. Di fronte alle esigenze dell’esistenza, la tentazione porta a tirarsi indietro, a disertare e a chiudersi, magari in nome della prudenza e del realismo, fuggendo così la responsabilità di fare fino in fondo la propria parte. 7 CEI: a un mese da Firenze Comunicato finale della sessione autunnale del Consiglio episcopale permanente, che si è svolto a Firenze a un mese dall’apertura del Convegno ecclesiale nazionale. 12 Omosessuali, uno sguardo nuovo? L’intervento del prof. Autiero, emerito di teologia morale a Münster, a una conferenza all’Università di Lubiana su Omosessualità ed etica cristiana. Un clima che cambia? Direttore responsabile: Gianfranco Brunelli Caporedattore per Documenti: p. Marco Bernardoni Segretaria di redazione: Valeria Roncarati Redazione: p. Marco Bernardoni, Gianfranco Brunelli, Alessandra Deoriti, p. Alfio Filippi, Maria Elisabetta Gandolfi, p. Marcello Matté, Guido Mocellin, Marcello Neri, p. Lorenzo Prezzi, Daniela Sala, Paolo Segatti, Piero Stefani, Francesco Strazzari, Antonio Torresin, Mariapia Veladiano Editore: Centro Editoriale Dehoniano, spa Progetto Grafico: Scoutdesign Srl Impaginazione: Omega Graphics Snc - Bologna Stampa: italia tipolitografia s.r.l. - Ferrara Registrazione del Tribunale di Bologna N. 2237 del 24.10.1957. Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana Direzione e redazione: Via Scipione Dal Ferro, 4 40138 Bologna - tel. 051/3941511 segr. 051/3941309 - fax 051/3941399 - www.ilregno.it e-mail: [email protected] Per la pubblicità: Ufficio commerciale CED-EDB e-mail: [email protected] tel. 051/3941206 - fax 051/3941299 Abbonamenti: tel. 051/3941255 - fax 051/3941299 e-mail: [email protected] Quote di abbonamento per l’anno 2015 Il Regno - attualità carta + documenti solo digitale Italia € 65,00; Europa € 90,00; Resto del mondo € 100,00. Il Regno - attualità + documenti edizione digitale Italia € 65,00; Europa € 65,00; Resto del mondo € 65,00. Una copia e arretrati: € 5,00 (CCP 264408 intestato a Centro Editoriale Dehoniano) Anno LX - N. 1218 - 9 ottobre 2015 F rancesco Ricordate l’esperienza di Elia? Il calcolo umano suscita nel profeta la paura che lo spinge a cercare rifugio. Paura. «Elia, impaurito, si alzò e se ne andò per salvarsi (...). Camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb. Là entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: “Che cosa fai qui, Elia?”» (1Re 19,3.8-9). Poi, sull’Oreb, troverà risposta non nel vento impetuoso che scuote le rocce, non nel terremoto e nemmeno nel fuoco. La grazia di Dio non alza la voce; è un mormorio, che raggiunge quanti sono disposti ad ascoltarne la brezza leggera – quel filo di silenzio sonoro –, li esorta a uscire, a tornare nel mondo, testimoni dell’amore di Dio per l’uomo, perché il mondo creda... Con questo respiro, proprio un anno fa, in questa stessa Piazza, abbiamo invocato lo Spirito Santo, chiedendo che – nel mettere a tema la famiglia – i padri sinodali sapessero ascoltare e confrontarsi mantenendo fisso lo sguardo su Gesù, Parola ultima del Padre e criterio di interpretazione di tutto. Questa sera non può essere un’altra la nostra preghiera. Perché, come ricordava il metropolita Ignazio IV Hazim, senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, Cristo rimane nel passato, la Chiesa diventa una semplice organizzazione, l’autorità si trasforma in dominio, la missione in propaganda, il culto in evocazione, l’agire dei cristiani in una morale da schiavi (cf. Discorso alla Conferenza ecumenica di Uppsala, 1968). Preghiamo, dunque, perché il Sinodo che domani si apre sappia ricondurre a un’immagine compiuta di uomo l’esperienza coniugale e familiare; riconosca, valorizzi e proponga quanto in essa c’è di bello, di buono e di santo; abbracci le situazioni di vulnerabilità, che la mettono alla prova: la povertà, la guerra, la malattia, il lutto, le relazioni ferite e sfilacciate da cui sgorgano disagi, risentimenti e rotture; ricordi a queste famiglie, come a tutte le famiglie, che il Vangelo rimane «buona notizia» da cui sempre ripartire. Dal tesoro della viva tradizione i padri sappiano attingere parole di consolazione e orientamenti di speranza per famiglie chiamate in questo tempo a costruire il futuro della comunità ecclesiale e della città dell’uomo. La spiritualità di Nazaret Ogni famiglia, infatti, è sempre una luce, per quanto fioca, nel buio del mondo. La stessa vicenda di Gesù tra gli uomini prende forma nel grembo di una famiglia, all’interno della quale rimarrà per trent’anni. Una famiglia come tante, la sua, collocata in uno sperduto villaggio della periferia dell’impero. Il Regno - documenti 32/2015 Charles de Foucauld, forse come pochi altri, ha intuito la portata della spiritualità che emana da Nazaret. Questo grande esploratore abbandonò in fretta la carriera militare, affascinato dal mistero della santa famiglia, del rapporto quotidiano di Gesù con i genitori e i vicini, del lavoro silenzioso, della preghiera umile. Guardando alla famiglia di Nazaret, fratel Charles avvertì la sterilità della brama di ricchezza e di potere; con l’apostolato della bontà si fece tutto a tutti; lui, attratto dalla vita eremitica, capì che non si cresce nell’amore di Dio evitando la servitù delle relazioni umane. Perché è amando gli altri che si impara ad amare Dio; è curvandosi sul prossimo che ci si eleva a Dio. Attraverso la vicinanza fraterna e solidale ai più poveri e abbandonati, egli comprese che alla fine sono proprio loro a evangelizzare noi, aiutandoci a crescere in umanità. Per comprendere oggi la famiglia, entriamo anche noi – come Charles de Foucauld – nel mistero della famiglia di Nazaret, nella sua vita nascosta, feriale e comune, com’è quella della maggior parte delle nostre famiglie, con le loro pene e le loro semplici gioie; vita intessuta di serena pazienza nelle contrarietà, di rispetto per la condizione di ciascuno, di quell’umiltà che libera e fiorisce nel servizio; vita di fraternità, che sgorga dal sentirsi parte di un unico corpo. È luogo – la famiglia – di santità evangelica, realizzata nelle condizioni più ordinarie. Vi si respira la memoria delle generazioni e si affondano radici che permettono di andare lontano. È luogo del discernimento, dove ci si educa a riconoscere il disegno di Dio sulla propria vita e ad abbracciarlo con fiducia. È luogo di gratuità, di presenza discreta, fraterna e solidale, che insegna a uscire da sé stessi per accogliere l’altro, per perdonare e sentirsi perdonati. Rigenerata nel cuore del Padre Ripartiamo da Nazaret per un Sinodo che, più che parlare di famiglia, sappia mettersi alla sua scuola, nella disponibilità a riconoscerne sempre la dignità, la consistenza e il valore, nonostante le tante fatiche e contraddizioni che possono segnarla. Nella «Galilea delle genti» del nostro tempo ritroveremo lo spessore di una Chiesa che è madre, capace di generare alla vita e attenta a dare continuamente la vita, ad accompagnare con dedizione, tenerezza e forza morale. Perché se non sappiamo unire la compassione alla giustizia, finiamo per essere inutilmente severi e profondamente ingiusti. Una Chiesa che è famiglia sa porsi con la prossimità e l’amore di un padre, che vive la responsa- 2 F rancesco bilità del custode, che protegge senza sostituirsi, che corregge senza umiliare, che educa con l’esempio e la pazienza. A volte, semplicemente con il silenzio di un’attesa orante e aperta. E soprattutto, una Chiesa di figli che si riconoscono fratelli non arriva mai a considerare qualcuno soltanto come un peso, un problema, un costo, una preoccupazione o un rischio: l’altro è essenzialmente un dono, che rimane tale anche quando percorre strade diverse. È casa aperta, la Chiesa, lontana da grandezze esteriori, accogliente nello stile sobrio dei suoi membri e, proprio per questo, accessibile alla speranza di pace che c’è dentro ogni uomo, compresi quanti – provati dalla vita – hanno il cuore ferito e sofferente. Questa Chiesa può rischiarare davvero la notte dell’uomo, additargli con credibilità la meta e condividerne i passi, proprio perché lei per prima vive l’esperienza di essere incessantemente rigenerata nel cuore misericordioso del Padre. Piazza San Pietro, 3 ottobre 2015. Francesco Per una Chiesa fedele alla missione Omelia nella messa di apertura del Sinodo «Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi» (1Gv 4,12). Le letture bibliche di questa domenica sembrano scelte appositamente per l’evento di grazia che la Chiesa sta vivendo, ossia L’Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi sul tema della famiglia, che con questa celebrazione eucaristica viene inaugurata. Esse sono incentrate su tre argomenti: il dramma della solitudine, l’amore tra uomo e donna e la famiglia. La solitudine Adamo, come leggiamo nella prima lettura, viveva nel Paradiso, imponeva i nomi alle altre creature esercitando un dominio che dimostra la sua indiscutibile e incomparabile superiorità, ma nonostante ciò si sentiva solo, perché «non trovò un aiuto che gli corrispondesse» (Gen 2,20) e sperimentò la solitudine. La solitudine, il dramma che ancora oggi affligge tanti uomini e donne. Penso agli anziani abbandoIl Regno - documenti 32/2015 nati perfino dai loro cari e dai propri figli; ai vedovi e alle vedove; ai tanti uomini e donne lasciati dalla propria moglie e dal proprio marito; a tante persone che di fatto si sentono sole, non capite e non ascoltate; ai migranti e ai profughi che scappano da guerre e persecuzioni; e ai tanti giovani vittime della cultura del consumismo, dell’usa e getta e della cultura dello scarto. Oggi si vive il paradosso di un mondo globalizzato dove vediamo tante abitazioni lussuose e grattacieli, ma sempre meno il calore della casa e della famiglia; tanti progetti ambiziosi, ma poco tempo per vivere ciò che è stato realizzato; tanti mezzi sofisticati di divertimento, ma sempre di più un vuoto profondo nel cuore; tanti piaceri, ma poco amore; tanta libertà, ma poca autonomia... Sono sempre in aumento le persone che si sentono sole; ma anche quelle che si chiudono nell’egoismo, nella malinconia, nella violenza distruttiva e nello schiavismo del piacere e del dio denaro. Oggi viviamo, in un certo senso, la stessa esperienza di Adamo: tanta potenza accompagnata da tanta solitudine e vulnerabilità; e la famiglia ne è l’icona. Sempre meno serietà nel portare avanti un rapporto solido e fecondo di amore: nella salute e nella malattia; nella ricchezza e nella povertà; nella buona e nella cattiva sorte. L’amore duraturo, fedele, coscienzioso, stabile, fertile è sempre più deriso e guardato come se fosse roba dell’antichità. Sembrerebbe che le società più avanzate siano proprio quelle che hanno la percentuale più bassa di natalità e la percentuale più alta di aborto, di divorzio, di suicidi e di inquinamento ambientale e sociale. L’amore tra uomo e donna Leggiamo ancora nella prima lettura che il cuore di Dio rimase come addolorato nel vedere la solitudine di Adamo e disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda» (Gen 2,18). Queste parole dimostrano che nulla rende felice il cuore dell’uomo come un cuore che gli assomiglia, che gli corrisponde, che lo ama e che lo toglie dalla solitudine e dal sentirsi solo. Dimostrano anche che Dio non ha creato l’essere umano per vivere in tristezza o per stare solo, ma per la felicità, per condividere il suo cammino con un’altra persona che gli sia complementare; per vivere la stupenda esperienza dell’amore: cioè amare ed essere amato; e per vedere il suo amore fecondo nei figli, come dice il salmo che è stato proclamato oggi (cf. Sal 128). 3 F rancesco Non compromessi, ma apertura allo Spirito L unedì 5 ottobre è iniziata, nell’Aula del Sinodo in Vaticano, la prima Congregazione generale della XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, sul tema: «La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo» (4-25.10.2015). In apertura dei lavori, papa Francesco ha rivolto ai presenti le parole di saluto che pubblichiamo (www.vatican.va). Cari beatitudini, eminenze, eccellenze, fratelli e sorelle, la Chiesa riprende oggi il dialogo iniziato con la convocazione del Sinodo straordinario sulla famiglia – e certamente anche molto prima – per valutare e riflettere insieme sul testo dell’Instrumentum laboris, elaborato a partire dalla Relatio Synodi e dalle risposte delle conferenze episcopali e degli organismi aventi diritto. Il Sinodo, come sappiamo, è un camminare insieme con spirito di collegialità e di sinodalità, adottando coraggiosamente la parresia, lo zelo pastorale e dottrinale, la saggezza, la franchezza, e mettendo sempre davanti ai nostri occhi il bene della Chiesa, delle famiglie e la suprema lex, la salus animarum (cf. CIC can. 1752). Vorrei ricordare che il Sinodo non è un convegno o un «parlatorio», non è un parlamento o un senato, dove ci si mette d’accordo. Il Sinodo, invece, è un’espressione ecclesiale, cioè è la Chiesa che cammina insieme per leggere la realtà con gli occhi della fede e con il cuore di Dio; è la Chiesa che si interroga sulla sua fedeltà al deposito della fede, che per essa non rappresenta un museo da guardare e nemmeno solo da salvaguardare, ma è una fonte viva alla quale la Chiesa si disseta per dissetare e illuminare il deposito della vita. Il Sinodo si muove necessariamente nel seno della Chiesa e dentro il santo popolo di Dio di cui noi facciamo parte in qualità di pastori, ossia servitori. Il Sinodo inoltre è uno spazio protetto ove la Chiesa sperimenta l’azione dello Spirito Santo. Nel Sinodo lo Spirito parla attraverso la lingua di tutte le persone che si lasciano guidare dal Dio che sorprende sempre, dal Dio che rivela ai piccoli ciò che nasconde ai sapienti e agli intelligenti, dal Dio che ha creato la legge e il sabato per l’uomo e non viceversa, dal Dio che lascia le novantanove pecorelle per cercare l’unica pecorella smarrita, dal Dio che è sempre più grande delle nostre logiche e dei nostri calcoli. Coraggio, umiltà, orazione Ricordiamo però che il Sinodo potrà essere uno spazio dell’azione dello Spirito Santo solo se noi partecipanti ci rivestiamo di coraggio apostolico, umiltà evangelica e orazione fiduciosa. Il Regno - documenti 32/2015 Il coraggio apostolico che non si lascia impaurire né di fronte alle seduzioni del mondo, che tendono a spegnere nel cuore degli uomini la luce della verità sostituendola con piccole e temporanee luci, e nemmeno di fronte all’impietrimento di alcuni cuori che – nonostante le buone intenzioni – allontanano le persone da Dio. «Il coraggio apostolico di portare vita e non fare della nostra vita cristiana un museo di ricordi» (Omelia a Santa Marta, 28.4.2015). L’umiltà evangelica che sa svuotarsi dalle proprie convenzioni e pregiudizi per ascoltare i fratelli vescovi e riempirsi di Dio. Umiltà che porta a non puntare il dito contro gli altri per giudicarli, ma a tendere loro la mano per rialzarli senza mai sentirsi superiori ad essi. L’orazione fiduciosa è l’azione del cuore quando si apre a Dio, quando si fanno tacere tutti i nostri umori per ascoltare la soave voce di Dio che parla nel silenzio. Senza ascoltare Dio tutte le nostre parole saranno soltanto «parole» che non saziano e non servono. Senza lasciarci guidare dallo Spirito tutte le nostre decisioni saranno soltanto delle «decorazioni» che invece di esaltare il Vangelo lo ricoprono e lo nascondono. Cari fratelli, come ho detto, il Sinodo non è un parlamento, dove per raggiungere un consenso o un accordo comune si occorre al negoziato, al patteggiamento o ai compromessi, ma l’unico metodo del Sinodo è quello di aprirsi allo Spirito Santo, con coraggio apostolico, con umiltà evangelica e con orazione fiduciosa; affinché sia lui a guidarci, a illuminarci e a farci mettere davanti agli occhi non i nostri pareri personali, ma la fede in Dio, la fedeltà al magistero, il bene della Chiesa e la salus animarum. Infine, vorrei ringraziare di cuore sua eminenza il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, sua eccellenza mons. Fabio Fabene, sottosegretario; il relatore sua eminenza il cardinale Péter Erdő e il segretario speciale sua eccellenza mons. Bruno Forte, i presidenti delegati, gli scrittori, i consultori, i traduttori e tutti coloro che hanno lavorato con vera fedeltà e totale dedizione alla Chiesa: grazie di cuore! Ringrazio ugualmente tutti voi, cari padri sinodali, delegati fraterni, uditori, uditrici e assessori per la vostra partecipazione attiva e fruttuosa. Uno speciale ringraziamento voglio indirizzare ai giornalisti presenti in questo momento e a quelli che ci seguono da lontano. Grazie per la vostra appassionata partecipazione e per la vostra ammirevole attenzione. Iniziamo il nostro cammino, invocando l’aiuto dello Spirito Santo e l’intercessione della santa famiglia: Gesù, Maria e san Giuseppe! Grazie! Aula nuova del Sinodo, 5 ottobre 2015. 4 F rancesco Ecco il sogno di Dio per la sua creatura diletta: vederla realizzata nell’unione di amore tra uomo e donna; felice nel cammino comune, feconda nella donazione reciproca. È lo stesso disegno che Gesù nel Vangelo di oggi riassume con queste parole: «Dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne» (Mc 10,6-8; cf. Gen 1,27; 2,24). Gesù, di fronte alla domanda retorica che gli è stata fatta – probabilmente come un tranello, per farlo diventare all’improvviso antipatico alla folla che lo seguiva e che praticava il divorzio come realtà consolidata e intangibile –, risponde in maniera schietta e inaspettata: riporta tutto all’origine, all’origine della creazione, per insegnarci che Dio benedice l’amore umano, è lui che unisce i cuori di un uomo e una donna che si amano e li unisce nell’unità e nell’indissolubilità. Ciò significa che l’obiettivo della vita coniugale non è solamente vivere insieme per sempre, ma amarsi per sempre! Gesù ristabilisce così l’ordine originario e originante. La famiglia «Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto» (Mc 10,9). È un’esortazione ai credenti a superare ogni forma di individualismo e di legalismo, che nascondono un gretto egoismo e una paura di aderire all’autentico significato della coppia e della sessualità umana nel progetto di Dio. Infatti, solo alla luce della follia della gratuità dell’amore pasquale di Gesù apparirà comprensibile la follia della gratuità di un amore coniugale unico e usque ad mortem. Per Dio il matrimonio non è utopia adolescenziale, ma un sogno senza il quale la sua creatura sarà destinata alla solitudine! Infatti la paura di aderire a questo progetto paralizza il cuore umano. Paradossalmente anche l’uomo di oggi – che spesso ridicolizza questo disegno – rimane attirato e affascinato da ogni amore autentico, da ogni amore solido, da ogni amore fecondo, da ogni amore fedele e perpetuo. Lo vediamo andare dietro agli amori temporanei ma sogna l’amore autentico; corre dietro ai piaceri carnali ma desidera la donazione totale. Infatti, «ora che abbiamo pienamente assaporato le promesse della libertà illimitata, cominciamo a capire di nuovo l’espressione “tristezza di questo mondo”. I piaceri proibiti hanno perso la loro attrattiva appena han cessato di essere proibiti. Anche Il Regno - documenti 32/2015 se vengono spinti all’estremo e vengono rinnovati all’infinito, risultano insipidi perché sono cose finite, e noi, invece, abbiamo sete di infinito» (J. Ratzinger, Auf Christus schauen. Einübung in Glaube, Hoffnung, Liebe, Freiburg 1989, 73). In questo contesto sociale e matrimoniale assai difficile, la Chiesa è chiamata a vivere la sua missione nella fedeltà, nella verità e nella carità. Vivere la sua missione nella fedeltà al suo Maestro come voce che grida nel deserto, per difendere l’amore fedele e incoraggiare le numerosissime famiglie che vivono il loro matrimonio come uno spazio in cui si manifesta l’amore divino; per difendere la sacralità della vita, di ogni vita; per difendere l’unità e l’indissolubilità del vincolo coniugale come segno della grazia di Dio e della capacità dell’uomo di amare seriamente. La Chiesa è chiamata a vivere la sua missione nella verità che non si muta secondo le mode passeggere o le opinioni dominanti. La verità che protegge l’uomo e l’umanità dalle tentazioni dell’autoreferenzialità e dal trasformare l’amore fecondo in egoismo sterile, l’unione fedele in legami temporanei. «Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità» (Benedetto XVI, lett. enc. Caritas in veritate, n. 3; EV 26/683). Non puntando il dito... E la Chiesa è chiamata a vivere la sua missione nella carità che non punta il dito per giudicare gli altri, ma – fedele alla sua natura di madre – si sente in dovere di cercare e curare le coppie ferite con l’olio dell’accoglienza e della misericordia; di essere «ospedale da campo», con le porte aperte ad accogliere chiunque bussa chiedendo aiuto e sostegno; di più, di uscire dal proprio recinto verso gli altri con amore vero, per camminare con l’umanità ferita, per includerla e condurla alla sorgente di salvezza. Una Chiesa che insegna e difende i valori fondamentali, senza dimenticare che «il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato» (Mc 2,27); e che Gesù ha detto anche: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mc 2,17). Una Chiesa che educa all’amore autentico, capace di togliere dalla solitudine, senza dimenticare la sua missione di buon samaritano dell’umanità ferita. 5 F rancesco Erdő: sui divorziati e risposati civilmente N ella sua relazione introduttiva ai lavori, lo scorso lunedì 5 ottobre, il card. Péter Erdő – relatore generale della XIV Assemblea generale ordinaria – ha dedicato un passaggio alla questione dei divorziati risposati, uno dei temi sui quali sono riposte forti attenzioni e attese. Riportiamo di seguito il passaggio (www.vatican.va). «Riguardo ai divorziati e risposati civilmente è doveroso un accompagnamento pastorale misericordioso il quale però non lascia dubbi circa la verità dell’indissolubilità del matrimonio insegnata da Gesù Cristo stesso. La misericordia di Dio offre al peccatore il perdono, ma richiede la conversione. Il peccato di cui può trattarsi in questo caso non è soprattutto il comportamento che può aver provocato il divorzio nel primo matrimonio. Riguardo a quel fatto è possibile che nel fallimento le parti non siano state ugualmente colpevoli, anche se molto spesso entrambe sono in una certa misura responsabili. Non è quindi il naufragio del primo matrimonio, ma la convivenza nel secondo rapporto che impedisce l’accesso all’eucaristia. (...) Ciò che impedisce alcuni aspetti della piena integrazione non consiste in un divieto arbitrario, ma è un’esigenza intrinseca richiesta in varie situazioni e rapporti, nel contesto della testimonianza ecclesiale. Tutto questo richiede, però, un’approfondita riflessione. Per quanto riguarda la così detta via penitenziale, questa espressione si usa in modi diversi (cf. Instrumentum laboris, nn. 122-123). Detti modi necessitano di essere approfonditi e precisati. Questo può essere compreso nel senso della Familiaris consortio di san Giovanni Paolo II (cf. n. 84) e riferirsi a quanti divorziati e risposati, per necessità dei figli o propria non interrompono la vita comune, ma che possono praticare in forza della grazia la continenza vivendo la loro relazione di aiuto reciproco e di amicizia. Questi Ricordo san Giovanni Paolo II quando diceva: «L’errore e il male devono essere sempre condannati e combattuti; ma l’uomo che cade o che sbaglia deve essere compreso e amato (...). Noi dobbiamo amare il nostro tempo e aiutare l’uomo del nostro tempo» (Discorso all’Azione cattolica italiana, 30.12.1978; in Insegnamenti I [1978], 450). E la Chiesa deve cercarlo, accoglierlo e accompagnarlo, perché una Chiesa con le porte chiuse tradisce se stessa e la sua missione, e invece di essere un ponte diventa una barriera: «Infatti, colui che santifica e Il Regno - documenti 32/2015 fedeli potranno accedere anche ai sacramenti della penitenza e dell’eucaristia evitando però di provocare scandalo (...). Tale possibilità è lontana da essere fisicista e non riduce il matrimonio all’esercizio della sessualità, ma riconoscendone la natura e la finalità, l’applica coerentemente nella vita della persona umana. (...) L’integrazione dei divorziati risposati nella vita della comunità ecclesiale può realizzarsi in varie forme, diverse dall’ammissione all’eucaristia, come suggerisce già Familiaris consortio, n. 84. (...) Alla ricerca di soluzioni pastorali per le difficoltà di certi divorziati risposati civilmente, va tenuto presente che la fedeltà all’indissolubilità del matrimonio non può essere coniugata al riconoscimento pratico della bontà di situazioni concrete che vi sono opposte e quindi inconciliabili. Tra il vero e il falso, tra il bene e il male, infatti, non c’è una gradualità, anche se alcune forme di convivenza portano in sé certi aspetti positivi, questo non implica che possano essere presentati come beni. Si distingue però la verità oggettiva del bene morale e la responsabilità soggettiva delle singole persone. Ci può essere differenza tra il disordine, ossia il peccato oggettivo, e il peccato concreto che si realizza in un comportamento determinato che implica anche, ma non soltanto, l’elemento soggettivo. “L’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate dall’ignoranza, dall’inavvertenza, dalla violenza, dal timore, dalle abitudini, dagli affetti smodati e da altri fattori psichici oppure sociali” (CCC 1735). Questo significa che nella verità oggettiva del bene e del male non si dà gradualità (gradualità della legge), mentre a livello soggettivo può avere luogo la legge della gradualità ed è possibile quindi l’educazione della coscienza e dello stesso senso di responsabilità. L’atto umano, infatti, è buono quando lo è sotto ogni aspetto (ex integra causa)». coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli» (Eb 2,11). Con questo spirito chiediamo al Signore di accompagnarci nel Sinodo e di guidare la sua Chiesa per l’intercessione della beata vergine Maria e di san Giuseppe, suo castissimo sposo. Basilica di San Pietro, 4 ottobre 2015. Francesco 6 C hiesa in Italia | conferenza episcopale A un mese da Firenze I Comunicato finale del Consiglio permanente della CEI (Firenze, 30.9-2.10.2015) È stato il magistero di papa Francesco «la trama di fondo su cui si sono appuntati i diversi argomenti affrontati nella sessione autunnale del Consiglio episcopale permanente» (Firenze, 30.9-2.10.2015): dai «contenuti della prolusione alle modalità da offrire alle diocesi italiane circa l’accoglienza dei profughi» alla prospettiva con cui si intende celebrare l’imminente Convegno ecclesiale nazionale di Firenze (9-13.11.2015), città che non a caso è stata scelta come sede dell’incontro. Alla vigilia del Sinodo «il consiglio permanente ha espresso convinta vicinanza alle famiglie, a partire dalla condivisione della loro non facile opera educativa», tema su cui si è soffermato in particolare il card. Bagnasco nella sua prolusione. Uno spazio rilevante dei lavori assembleari è stato occupato dalla proposta di un percorso per le diocesi in vista dell’Assemblea generale di maggio, che sarà dedicata al tema: «La vita e la formazione permanente dei presbiteri»; e al rinnovo delle dodici commissioni episcopali. Tra le comunicazioni, la preparazione al Congresso eucaristico nazionale di Genova (settembre 2016) e le indicazioni della Congregazione dei vescovi «sulla formulazione, a livello di conferenze episcopali regionali, di un progetto di riordino delle diocesi». Stampa (5.10.2015) da sito web www.chiesacattolica.it. Il Regno - documenti 32/2015 l Magistero del Santo Padre – nella sua ricchezza di parola, gesti e incontri – ha costituito la trama di fondo su cui si sono appuntati i diversi argomenti affrontati nella sessione autunnale del Consiglio Episcopale Permanente: dai contenuti della prolusione alle modalità da offrire alle diocesi italiane circa l’accoglienza dei profughi e alla stessa prospettiva con cui si intende celebrare il Convegno Ecclesiale Nazionale di metà decennio (9-13 novembre 2015). Un clima di franca fraternità e di reciproca stima ha caratterizzato le giornate (30 settembre-2 ottobre 2015), volute a Firenze non solo come opportunità per accostare la sede del Convegno, ma anche quale segnale e invito alle Chiese locali a prepararsi all’evento con un supplemento di disponibilità e d’impegno. Riunito alla vigilia della XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (4-25 ottobre 2015) e della preghiera con il Papa – promossa per il 3 ottobre dalla CEI – il Consiglio Permanente ha espresso convinta vicinanza alle famiglie, a partire dalla condivisione della loro non facile opera educativa. Al riguardo, la stessa prolusione con cui il Cardinale Presidente, Angelo Bagnasco, ha aperto i lavori riprende e valorizza i contenuti del recente viaggio di Papa Francesco a Cuba e negli Stati Uniti; in particolare, rivolge ai responsabili della cosa pubblica l’appello a compiere ogni sforzo per consentire a tutti l’accesso alle condizioni essenziali – materiali e spirituali – per formare e mantenere una famiglia. I Vescovi si sono concentrati, quindi, sul percorso proposto a livello diocesano in vista dell’Assemblea Generale del maggio 2016, dedicata ad approfondire «La vita e la formazione permanente dei presbiteri». Il rinnovo delle dodici Commissioni Episcopali è stato l’occasione per un confronto sulle loro modalità operative, sul loro rapporto con gli Uffici della CEI e sulla loro funzione in ordine alla comunione dell’Episcopato italiano. Il Consiglio Permanente ha, inoltre, approvato il Messaggio per la Giornata nazionale per la Vita e ha provveduto ad alcune nomine, fra cui 7 C hiesa in Italia quelle dei membri del Consiglio per gli affari giuridici. Distinte comunicazioni hanno riguardato: le indicazioni della Congregazione dei Vescovi sulla formulazione, a livello di Conferenze Episcopali Regionali, di un progetto di riordino delle diocesi; alcuni aggiornamenti giuridici su temi sociali ed etici; la preparazione al XXVI Congresso Eucaristico Nazionale (Genova, 15-18 settembre 2016). Sono stati, infine, raccolti pareri sulla bozza di documento della Congregazione per la dottrina della fede circa la cremazione dei defunti e sull’erezione di un Esarcato apostolico per i fedeli ucraini di rito bizantino residenti in Italia. Strade da percorrere, obiettivi da perseguire A poco più di un mese dall’evento, il Consiglio Permanente ha fatto il punto sul Convegno Ecclesiale Nazionale e – più in generale – sui primi cinque anni del decennio, che la Chiesa italiana ha dedicato alla responsabilità educativa. Centrale per i Vescovi rimane la questione antropologica, minacciata da una cultura del relativismo che svuota ogni proposta: l’individuo che si concepisce «autonomo» dalla realtà, si priva di fatto dell’apertura alla trascendenza e di relazioni autentiche con il prossimo e, più in generale, con la vita sociale e con il creato; rincorrendo semplicemente se stesso, finisce per mancare l’appuntamento con ciò che qualifica il suo essere persona. Emblematico di tale cultura è lo stesso tentativo di applicare la «teoria del gender», secondo un progetto che pretende di cancellare la differenza sessuale. Di qui la rinnovata volontà dell’Episcopato italiano a mantenersi nel solco della missione educativa, puntando nel prossimo quinquennio a intensificare alleanze collaborative con la società civile e le sue Istituzioni, a partire dalla scuola. La proposta del Convegno – riscoprire in Gesù Cristo la possibilità di un umanesimo vero e pieno – intende, quindi, concretizzarsi in strade da percorrere e obiettivi da perseguire, per un’educazione integrale che torni a dare contenuto a parole come persona e libertà, amore e famiglia, sessualità e generazione. Ne sono parte esperienze e opere di carità, espressione di una comunità che educa con il servizio. In risposta all’appello del Santo Padre Il riconoscimento degli altri come condizione per realizzare se stessi porta a sentirsene responsabili, specie quando hanno il volto del debole e del Il Regno - documenti 32/2015 bisognoso. Di qui l’attenzione che il Consiglio Permanente ha dedicato all’individuazione delle forme migliori con cui promuovere una risposta effettiva ed efficace all’appello del Santo Padre circa l’accoglienza di una famiglia di immigrati in ogni parrocchia, comunità religiosa, santuario o monastero. Una prima ricognizione, compiuta nelle Conferenze Episcopali Regionali, documenta come la Chiesa italiana sia in prima fila in tale servizio, con oltre 22 mila migranti ospitati in circa 1600 strutture di diocesi, parrocchie, comunità religiose e famiglie. Forti di questa esperienza, maturata nel rapporto con le Istituzioni civili, per ampliare la rete ecclesiale dell’accoglienza i Vescovi hanno approntato una bozza di Vademecum con cui accompagnare le diocesi e le parrocchie: vengono indicate forme, luoghi e destinatari, nonché aspetti amministrativi, gestionali, fiscali e assicurativi. Di tale percorso è parte anche la fase di preparazione all’accoglienza, quindi l’informazione – che consente di conoscere chi arriva e le cause dell’immigrazione forzata – e la formazione, volta a preparare chi accoglie (comunità, associazioni, famiglie e realtà del territorio). Il Vademecum, integrato dalle osservazioni dei membri del Consiglio Permanente, sarà inviato a breve a tutti i Vescovi. Presbiteri, due fuochi per una riforma La vita spirituale dei presbiteri e il carico burocratico-amministrativo che spesso grava sulle loro spalle sono i due «fuochi» su cui si è concentrata l’attenzione dei Vescovi, che al tema intendono dedicare l’Assemblea Generale del 2016. Pur nella consapevolezza di non poter giungere a un’unica soluzione che possa dare risposta alle molteplici sfide in campo – e che richiedono, essenzialmente, santità di vita e letizia nel servizio pastorale – i Pastori sono decisi ad avviare processi di riforma che aiutino il sacerdote a un esercizio del ministero all’insegna di una convinta adesione al presbiterio, vissuta nella fraternità, con stile sinodale e missionario. Ne sono condizioni tanto una vita interiore custodita dalla preghiera e alimentata dalla parola di Dio, quanto una formazione permanente dipanata secondo iniziative pianificate, qualificate e diversificate. Parte da qui anche la possibilità di favorire l’introduzione di un diverso e più sostenibile modello organizzativo e amministrativo delle parrocchie, ispirato a più livelli a una maggiore corresponsabilità progettuale dei laici. 8 C hiesa in Italia Nomine Nel corso dei lavori, il Consiglio Episcopale Permanente ha provveduto alla nomina dei membri delle Commissioni Episcopali, i cui Presidenti erano stati eletti nel corso dell’Assemblea Generale tenuta nel maggio 2015. Di ciascuna Commissione Episcopale fa parte un Vescovo emerito, indicato dalla Presidenza. Le Commissioni Episcopali per il quinquennio 2015-2020 risultano così composte: Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi S.E. Mons. Luciano Monari (Brescia), Presidente; S.E. Mons. Mansueto Bianchi (Assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica Italiana); S.E. Mons. Renato Boccardo (Spoleto-Norcia); S.E. Mons. Giuseppe Cavallotto (Cuneo e Fossano); S.E. Mons. Carlo Ghidelli (em. Lanciano-Ortona); S.E. Mons. Carlo Mazza (Fidenza); S.E. Mons. Mauro Maria Morfino (Alghero-Bosa); S.E. Mons. Luigi Negri (Ferrara-Comacchio); S.E. Mons. Orazio Francesco Piazza (Sessa Aurunca); S.E. Mons. Ignazio Sanna (Oristano). Commissione Episcopale per la liturgia S.E. Mons. Claudio Maniago (Castellaneta), Presidente; S.E. Mons. Adriano Caprioli (em. Reggio Emilia-Guastalla); S.E. Mons. Paolo Martinelli (aus. Milano); Dom Mauro Meacci, osb (Subiaco); Dom Donato Ogliari, osb (Montecassino); S.E. Mons. Salvatore Pappalardo (Siracusa); S.E. Mons. Domenico Sorrentino (Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino); S.E. Mons. Vittorio Francesco Viola (Tortona). Commissione Episcopale per il servizio della carità e la salute S.Em. Card. Francesco Montenegro (Agrigento), Presidente; S.E. Mons. Antonio Di Donna (Acerra); S.E. Mons. Domenico Mogavero (Mazara del Vallo); S.E. Mons. Salvatore Nunnari (em. Cosenza-Bisignano); S.E. Mons. Vincenzo Carmine Orofino (Tricarico); S.E. Mons. Corrado Pizziolo (Vittorio Veneto); S.E. Mons. Carlo Roberto Maria Redaelli (Gorizia); S.E. Mons. Benedetto Tuzia (Orvieto-Todi). Commissione Episcopale per il clero e la vita consacrata S.E. Mons. Gualtiero Sigismondi (Foligno), Presidente; S.E. Mons. Arturo Aiello (Teano-Calvi); Il Regno - documenti 32/2015 S.E. Mons. Domenico Cancian (Città di Castello); S.E. Mons. Oscar Cantoni (Crema); S.E. Mons. Mario Delpini (aus. Milano); S.E. Mons. Salvatore Di Cristina (em. Monreale); S.E. Mons. Gianfranco Agostino Gardin (Treviso); S.E. Mons. Andrea Bruno Mazzocato (Udine). Commissione Episcopale per il laicato S.E. Mons. Vito Angiuli (Ugento-Santa Maria di Leuca), Presidente; S.E. Mons. Fernando Filograna (Nardò-Gallipoli); S.E. Mons. Gabriele Mana (Biella); S.E. Mons. Francesco Marino (Avellino); S.E. Mons. Giuseppe Merisi (em. Lodi); S.E. Mons. Beniamino Pizziol (Vicenza); S.E. Mons. Fausto Tardelli (Pistoia); S.E. Mons. Giancarlo Vecerrica (Fabriano-Matelica). Commissione Episcopale per la famiglia, i giovani e la vita S.E. Mons. Pietro Maria Fragnelli (Trapani), Presidente; S.E. Mons. Nicolò Anselmi (aus. Genova); S.E. Mons. Carlo Bresciani (San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto); S.E. Mons. Carmelo Cuttitta (aus. Palermo); S.E. Mons. Mario Paciello (em. Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti); S.E. Mons. Mauro Parmeggiani (Tivoli); S.E. Mons. Pietro Santoro (Avezzano); S.E. Mons. Giuseppe Zenti (Verona). Commissione Episcopale per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese S.E. Mons. Francesco Beschi (Bergamo), Presidente; S.E. Mons. Alfonso Badini Confalonieri (Susa); S.E. Mons. Tommaso Caputo (Pompei); S.E. Mons. Giuseppe Fiorini Morosini (Reggio Calabria-Bova); S.E. Mons. Gervasio Gestori (em. San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto); S.E. Mons. Giuseppe Pellegrini (Concordia-Pordenone); S.E. Mons. Giuseppe Satriano (Rossano-Cariati); S.E. Mons. Gianfranco Todisco (Melfi-Rapolla-Venosa). Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo S.E. Mons. Bruno Forte (Chieti-Vasto), Presidente; S.E. Mons. Rodolfo Cetoloni, ofm (Grosseto); S.E. Mons. Maurizio Malvestiti (Lodi); S.E. Mons. Santo Marcianò (Ordinario Militare per l’Italia); S.E. Mons. Donato Oliverio (Lungro); S.E. Mons. Ambrogio Spreafico (Frosinone-Veroli-Ferentino); S.E. Mons. Rocco Talucci (em. Brindisi-Ostuni); S.E. Mons. Matteo Zuppi (aus. Roma). 9 C hiesa in Italia Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università S.E. Mons. Mariano Crociata (Latina-Terracina-Sezze-Priverno), Presidente; S.E. Mons. Alberto Maria Careggio (em. Ventimiglia-Sanremo); S.E. Mons. Pasquale Cascio (Sant’Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia); E. Mons. Erio Castellucci (Modena- Nonantola); S.E. Mons. Paolo Giulietti (aus. Perugia-Città della Pieve); S.E. Mons. Lorenzo Leuzzi (aus. Roma); S.E. Mons. Lorenzo Loppa (Anagni-Alatri); S.E. Mons. Nazzareno Marconi (Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia); S.E. Mons. Alberto Tanasini (Chiavari); S.E. Mons. Pierantonio Tremolada (aus. Milano). Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace S.E. Mons. Filippo Santoro (Taranto), Presidente; S.E. Mons. Francesco Alfano (Sorrento-Castellammare di Stabia); S.E. Mons. Vincenzo Apicella (Velletri-Segni); S.E. Mons. Marco Arnolfo (Vercelli); S.E. Mons. Claudio Cipolla (el. Padova); S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi (Trieste); S.E. Mons. Maurizio Gervasoni (Vigevano); S.E. Mons. Giovanni Ricchiuti (Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti); S.E. Mons. Gastone Simoni (em. Prato); S.E. Mons. Mario Toso (Faenza-Modigliana). Commissione Episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali S.E. Mons. Antonino Raspanti (Acireale), Presidente; S.E. Mons. Roberto Busti (Mantova); S.E. Mons. Martino Canessa (em. Tortona); S.E. Mons. Giovanni D’Ercole (Ascoli Piceno); S.E. Mons. Filippo Iannone (Vicegerente Roma); S.E. Mons. Francesco Milito (Oppido Mamertina-Palmi); S.E. Mons. Ivo Muser (Bolzano-Bressanone); S.E. Mons. Giuseppe Petrocchi (L’Aquila); S.E. Mons. Domenico Pompili (Rieti); S.E. Mons. Antonio Staglianò (Noto). Commissione Episcopale per le migrazioni S.E. Mons. Guerino Di Tora (aus. Roma), Presidente; S.E. Mons. Franco Maria Giuseppe Agnesi (aus. Milano); S.E. Mons. Franco Agostinelli (Prato); S.E. Mons. Domenico Caliandro (Brindisi-Ostuni); S.E. Mons. Massimo Camisasca (Reggio Emilia-Guastalla); S.E. Mons. Augusto Paolo Lojudice (aus. Roma); S.E. Mons. Alessandro Plotti (em. Pisa); S.E. Mons. Armando Trasarti (Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola). Il Regno - documenti 32/2015 Il Consiglio Episcopale Permanente ha proceduto anche alle seguenti nomine: – Consiglio per gli affari giuridici: S.E. Mons. Vincenzo Pisanello (Oria), Presidente; S.E. Mons. Lorenzo Ghizzoni (Ravenna-Cervia); S.E. Mons. Franco Lovignana (Aosta); S.E. Mons. Francesco Oliva (Locri-Gerace), S.E. Mons. Giovanni Tani (Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado). – Collegio dei revisori dei conti della Conferenza Episcopale Italiana: S.E. Mons. Ernesto Mandara (Sabina-Poggio Mirteto), Presidente; S.E. Mons. Adriano Tessarollo (Chioggia); Dott. Lelio Fornabaio. – Vescovi membri della Presidenza di Caritas Italiana: S.E. Mons. Carlo Roberto Maria Redaelli (Gorizia); S.E. Mons. Vincenzo Carmine Orofino (Tricarico). Il Consiglio Permanente ha altresì provveduto alle seguenti nomine: – Presidente del Centro di Azione Liturgica (CAL): S.E. Mons. Claudio Maniago (Castellaneta). – Presidente della Federazione Italiana Esercizi Spirituali (FIES): S.E. Mons. Giovanni Scanavino (em. Orvieto-Todi). – Sottosegretari della Conferenza Episcopale Italiana: Mons. Giuseppe Baturi (Catania); Don Ivan Maffeis (Trento). – Direttore dell’Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università: Dott. Ernesto Diaco (finora Vice Responsabile del Servizio nazionale per il Progetto culturale). – Responsabile del Servizio Nazionale per l’edilizia di culto, ad interim, a far data dal 15 novembre 2015: Don Valerio Pennasso (Alba). – Assistente ecclesiastico centrale dell’Azione Cattolica Italiana per il settore adulti: Don Emilio Centomo (Vicenza). – Assistente ecclesiastico generale dell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI): Padre Davide Brasca, B. – Assistente ecclesiastico generale della Branca Esploratori/Guide dell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI): Fr. Adriano Appollonio, ofm. – Assistente ecclesiastico generale della Branca Lupetti/Coccinelle dell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI): Don Andrea Della Bianca (Concordia-Pordenone). – Assistente ecclesiastico generale dell’Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici (AIGSEC): Don Paolo La Terra (Ragusa). 10 C hiesa in Italia – Consigliere Spirituale Nazionale dell’Associazione Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS): Don Guido Pietrogrande, sdb. – Consulente ecclesiastico nazionale del Centro Sportivo Italiano (CSI): Don Alessio Albertini (Milano). Il Consiglio Permanente ha accolto la proposta – avanzata dalla Presidenza, a seguito della richiesta pervenuta dal Forum delle Associazioni familiari e dal Movimento per la Vita – di indicare il dott. Vittorio Sozzi (finora Responsabile del Servizio nazionale per il Progetto culturale e Coordinatore degli Uffici e dei Servizi pastorali della Segreteria Generale) come referente degli Enti predetti. Nella riunione del 30 settembre, la Presidenza della CEI ha provveduto alle seguenti nomine: – Membro del Comitato per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica: Don Ivan R1f_Braga:Layout 1 16-07-2015 9:06 Maffeis, Sottosegretario e Direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali. – Membro del Comitato per la valutazione dei progetti di intervento a favore dei beni culturali ecclesiastici: Don Luca Franceschini (Massa Carrara-Pontremoli). La Presidenza provveduto altresì alla seguente conferma: – Consigliere Spirituale del Gruppo di ricerca e informazione socio-religiosa (GRIS): Don Battista Cadei (Bergamo). La Presidenza ha infine concesso il benestare alla nomina di Don Mario Vincoli (Aversa) come Segretario Nazionale della Pontificia Opera della Propagazione della Fede e della Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria. Firenze, 2 ottobre 2015. R1f_Paoli:Layout 1 Pagina 1 MARTINO DI BRAGA 20-07-2015 16:22 Pagina 1 ARTURO PAOLI Contro le superstizioni Chi ha diritto di dirsi cristiano? (De correctione rusticorum) A CURA DI MARIO NALDINI Scritti giovanili A CURA DI SILVIA PETTITI L e pratiche superstiziose di origine pagana penetrate nel costume dei cristiani della «campagna» sono il bersaglio della requisitoria di Martino di Braga, scritta intorno al 573. L’opuscolo ebbe fortuna, anche per il persistere di quelle pratiche superstiziose di cui ancor oggi si segnalano tracce evidenti, e fu ampiamente utilizzato per almeno due secoli. «I CLASSICI» pp. 56 - € 7,50 NOVAZIANO NELLA STESSA COLLANA «FEDE E STORIA» GLI SPETTACOLI A CURA DI ALESSANDRO SAGGIORO Edizioni Dehoniane Bologna L a seconda guerra mondiale, le persecuzioni contro gli ebrei, la lotta partigiana, la fine del fascismo, la scomunica ai comunisti, la Costituzione repubblicana. Si collocano negli anni Quaranta del Novecento gli scritti giovanili di Arturo Paoli (1912-2015), sacerdote lucchese e piccolo fratello di Charles de Foucauld. pp. 208 - € 16,50 pp. 56 - € 7,50 Via Scipione Dal Ferro, 4 - 40138 Bologna Tel. 051 3941511 - Fax 051 3941299 Edizioni Dehoniane Bologna www.dehoniane.it Il Regno - documenti 32/2015 11 Via Scipione Dal Ferro, 4 - 40138 Bologna Tel. 051 3941511 - Fax 051 3941299 www.dehoniane.it S tudi e commenti | teologia morale Omosessualità: uno sguardo nuovo? S Antonio Autiero «Omosessualità ed etica cristiana. Un clima che cambia?». È il titolo dell’intervento che il prof. Antonio Autiero, docente emerito di teologia morale a Münster, ha tenuto il 20 maggio alla conferenza internazionale «View of the Family and Sexuality in the Catholic Church after the Second Vatican Council», presso la Facoltà di teologia dell’Università di Lubiana. Il testo prende le mosse da una tensione che segna il mondo ecclesiale – «quell’intreccio tra volontà di ripensamento sull’atteggiamento comprensivo verso persone omosessuali e bisogno di affermazione della dottrina morale» –, e che il doppio appuntamento sinodale ha riproposto con forza. «Pur mantenendo aperta la tensione», Autiero riconosce «che un cambiamento di clima è certamente in atto», e che esso vada «compreso nelle sue intenzioni e approfondito nelle sue implicazioni». Cinque gli elementi che ridisegnano a suo dire «l’orizzonte di senso della domanda e possono fornire elementi determinanti per uno sguardo nuovo»: la considerazione sociale del fenomeno; il confronto sul tema in ambito ecumenico; il lavoro della teologia morale; una mutata comprensione dei rapporti di genere; uno spostamento di enfasi «da un’etica degli atti singoli alla moralità della persona in relazione». Originale digitale in nostro possesso. Il Regno - documenti 32/2015 aremmo forse rimasti anche noi sorpresi a sentire dalle labbra di papa Francesco, sul volo di ritorno da Rio de Janeiro, quelle parole che hanno fatto, poi, il giro del mondo: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». La nostra sorpresa non sarebbe solo legata allo stile estemporaneo, efficace, autentico del parlare di papa Bergoglio. E neppure si spiegherebbe con la forma interrogativa del «chi sono io?», quasi che con essa venga a destabilizzarsi l’autorevolezza o l’autorità del magistero papale. Essa si nutre piuttosto della scoperta di segnali importanti che qualcosa, anche all’interno della Chiesa, sta cambiando nella valutazione etica dell’omosessualità. Le parole del papa vanno lette sullo sfondo di tutto un processo di ripensamento di questi ultimi tempi, anche in coincidenza con la fase preparatoria delle due sessioni del Sinodo dei vescovi sulla famiglia. Particolarmente in alcuni gruppi di omosessuali cattolici viene svolto un lavoro di riflessione a partire dai Lineamenta del Sinodo,1 cogliendo qualche segno di speranza, ma anche fattori di inquietudine, come attesta il recente documento del Bureau National de David & Jonathan di Parigi.2 Si riscontra, infatti, che, soprattutto nella versione intermedia della relazione del Sinodo straordinario del 2014, «in rottura con i discorsi ufficiali di Roma, (...) venivano citati i doni e le qualità che gli omosessuali possono apportare alle comunità cristiane. Inoltre veniva rilevato che nelle coppie dello stesso sesso, il 1 XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo. Lineamenta; in Regno-doc. 5,2015,8ss. 2 Contributo del movimento David & Jonathan nella fase preparatoria della XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, 6.3.2015; disponibile all’indirizzo: www.davidetjonathan. com/wp-content/uploads/2015/03/Texte-D-J-synode-2-Version-finale.pdf. vescovi, 12 S tudi e commenti sostegno reciproco può costituire un aiuto prezioso per la vita dei partner. Abbandonando una concezione esclusivamente negativa dell’omosessualità, i padri sinodali sembrano allontanarsi da un discorso di totale condanna, anche se i paragrafi di questo testo intermedio, per pochissimi voti, non sono stati pubblicati con gli atti della prima sessione del Sinodo».3 Ho voluto far riferimento a questa vicenda del testo sinodale, perché mi pare che essa possa essere presa a emblema di quell’intreccio tra volontà di ripensamento sull’atteggiamento comprensivo verso persone omosessuali e bisogno di affermazione della dottrina morale che ribadisce che «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia».4 Pur mantenendo aperta la tensione tra questi due aspetti, vorrei tuttavia riconoscere che un cambiamento di clima riguardo alla questione dell’omosessualità è certamente in atto. Esso va compreso nelle sue intenzioni e va approfondito nelle sue implicazioni. Vorrei fare questo, ricorrendo ad alcuni fattori decisivi che fanno da leva, per capire tale mutamento di clima. Mi riferisco a cinque elementi che ridisegnano l’orizzonte di senso della domanda e possono fornire elementi determinanti per uno sguardo nuovo. da questo mutato atteggiamento anche una serie di politiche positive di contrasto all’omofobia. D’altra parte, la possibilità di forme di vita, anche organizzata e rilevante dal punto di vista giuridico tra persone omosessuali porta in molte parti ad adattamenti legislativi che creano nuovi spazi di riconoscimento e magari anche nuove figure giuridiche di vita di coppia e di comunanza di vita familiare, tra persone dello stesso sesso. L’incalzare di questa nuova fenomenologia della prospettiva pubblica dell’omosessualità può produrre forse in tante persone incertezze e irritazioni. Essa ha tuttavia un valore di segno positivo per il cambiamento di sguardo etico e per la maturazione calibrata di un atteggiamento di accoglienza e di apertura che può essere di comune utilità. È difficile dire quanto influsso abbia avuto la visione tradizionale negativa della morale cattolica su una cultura dell’intolleranza e del rifiuto. Come anche è difficile non vedere il condizionamento della posizione tradizionale della morale cattolica sull’autocomprensione di sé delle persone omosessuali.6 Certo è, invece, che proprio da un cambiamento di clima nell’etica cristiana dell’omosessualità si possono liberare risorse positive per politiche di integrazione sociale e per soluzioni legislative ben misurate sui bisogni di riconoscimento collettivo e più rispettose della condizione umana di persone omosessuali. Configurazione sociale Il primo fattore è di carattere prevalentemente descrittivo e si riferisce alla considerazione sociale che generalmente accompagna oggi il fenomeno omosessuale.5 La coscienza critica dell’uomo moderno e la sua vigilanza contro ogni forma di discriminazione sono elementi importanti per una ricollocazione delle persone omosessuali, nello spazio pubblico. Il loro disagio interiore e la loro marginalizzazione sociale trovano occasioni, anche se talvolta solo abbozzate, di superamento da parte di una collettività che si mostra sempre più tollerante e accogliente. La stigmatizzazione della condotta omosessuale come anomalia sociale, come malattia o addirittura come crimine sembra in molte società evolute una cosa appartenente al passato. In molta parte scaturisce 3 Ivi. n. 55; Regno-doc. 5,2015,18. è la considerazione degli sviluppi storici intorno al tema. Si veda a riguardo l’accurata ed estesa monografia di G. Dall’Orto, Tutta un’altra storia. L’omosessualità dall’antichità al secondo dopoguerra, Il Saggiatore, Milano 2015. 4 Lineamenta, 5 Interessante Il Regno - documenti 32/2015 Magistero in stato itinerante Un secondo fattore che descrive un cambio di passo è dato da alcuni elementi intrinseci alle espressioni di insegnamento della Chiesa, riguardo all’omosessualità. Qui si capisce che la nostra attenzione è orientata principalmente alla dottrina cattolica, tuttavia va riconosciuto che l’omosessualità rappresenta una vera e propria pietra di inciampo anche in altre confessioni cristiane e in generale nelle religioni monoteistiche. Nel Catechismo della Chiesa cattolica (1997), agli artt. 2357-2359 troviamo la sintesi della lezione dottrinale del magistero cattolico. Andiamo al testo: «[2357] Appoggiandosi sulla sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni (Gen 19,1-29; Rm 1,24-27; 1Cor 6,10; 1Tm 1,10), la Tradizione ha sempre dichiarato che “gli 6 Cf. D. Dettore et alii, «Religione e omosessualità: uno studio empirico sull’omofobia interiorizzata di persone omosessuali in funzione del grado di religiosità», in https://waysoflove.files.wordpress.com/2014/09/articolo-italiano-conferenza-1.pdf. 13 S tudi e commenti atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati” (Congregazione per la dottrina della fede, Persona humana, n. 8). Essi sono contrari alla legge naturale, poiché precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarietà affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati. [2358] Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali innate. Costoro non scelgono la loro condizione omosessuale; essa costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione. [2359] Le persone omosessuali sono chiamate alla castità». Come si vede il Catechismo distingue tra tendenza omosessuale (innata, quindi non un «peccato» di per sé, ma comunque segno di un’immaturità psicologica) e condotta omosessuale (volontaria, e quindi peccato). Tale distinzione non è irrilevante. Essa costituisce uno stadio piuttosto recente di consapevolezza. «Solo nel secolo scorso maturò la percezione di una categoria di persone che non solo pongono in essere singoli comportamenti omosessuali, ma che sono esclusivamente (o prevalentemente) attratte da persone dello stesso sesso».7 7 E. Chiavacci, «Omosessualità e morale cristiana: cercare ancora», in Vivens homo, 11(2000)2, 423-457, qui 424. La ricerca storica più recente fa chiarezza sul fatto che un’attenzione al fenomeno dell’omosessualità come orientamento dell’identità personale è strettamente congiunta con l’interesse per una comprensione scientifica della sessualità in generale e della condizione delle persone omossessuali in particolare, superando così la valutazione moraleggiante di rifiuto o la medicalizzazione della condotta omosessuale. Cf. a riguardo R. Beachy, Das andere Berlin. Die Erfindung der Homosexualität. Eine deutsche Geschichte 1867 – 1933, Siedler, München 2015. Rilevante è l’apporto del medico Magnus Hirschfeld, che nel 1897 fonda, insieme ad altri, un Wissenschaftlich-humanitäre Komitee (WhK), per la rivendicazione dei diritti e per l’incremento della ricerca scientifica nel campo dell’omosessualità. Da qui nascerà poi nel 1919 l’Institut für Sexualforschung. Anche la cultura giuridica dell’epoca apporta il suo contributo determinante per ripensare la questione della criminalizzazione della condotta omosessuale. Il giurista Karl Heinrich Ulrichs perora, nel 1864, davanti alla conferenza internazionale dei giuristi, una valutazione di tale condotta sulla base di un riconoscimento di una «natura propria» delle persone omosessuali: «Per noi omosessuali quello che è determinante è la nostra propria natura, non la vostra. E proprio secondo questa nostra natura noi chiediamo quindi di essere giudicati» (riportato in Beachy, Das andere Berlin, 25). Il Regno - documenti 32/2015 Accettando la distinzione tra orientamento e comportamento omosessuale (questo viene introdotto per la prima volta in documenti del magistero con la dichiarazione Persona humana, del 1975), e definendo l’ammissibilità dell’una e l’immoralità dell’altro, si viene a porre la base tra quella oscillazione che consente un atteggiamento di vicinanza alla persona omosessuale, ma anche di presa di distanza e quindi di giudizio morale negativo sui suoi atti. Questi vengono giudicati sulla base di elementi ricorrenti e fondativi che sono: la fonte biblica, la tradizione, la legge naturale, una visione di complementarietà di genere. Ma proprio questi elementi fondativi del giudizio morale rivelano anche la loro problematica fragilità, anzi entrano in crisi, quando si va ad approfondirne il senso e la portata. E questo è un compito di cui si fa carico la riflessione teologica. Non risulta privo di interesse il fatto che, quasi contemporaneamente al testo del Catechismo della Chiesa cattolica, altre Chiese e confessioni cristiane si esprimano in maniera organica sul tema dell’omosessualità. È il caso, per esempio, del documento della Chiesa evangelica in Germania (EKD), che nel 1996 pubblica il documento sul tema «omosessualità e Chiesa», dal titolo Mit Spannungen leben (Vivere con le tensioni).8 Prendendo spunto dai risultati delle ricerche nelle scienze umane, comportamentali e sociali e pur ricorrendo alle fonti bibliche e all’esperienza vissuta delle persone, il tema della distinzione tra orientamento e comportamento omosessuale non viene stilizzato in maniera così severa e rigida, ma lo sguardo viene rivolto all’unità della persona, della sua storia, del suo travaglio di equilibrio tra autocoscienza, identità e condotta. Più recentemente, nel 2007, in contesto italiano, il documento congiunto dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (UCEBI) e delle Chiese metodiste e valdesi rilegge il tema dell’omosessualità nel quadro delle espressioni di amore e di relazione tra le persone, le cui forme non possono essere discriminate o gerarchizzate.9 In altre parti del mondo le Chiese del8 Cf. Evangelische Kirche in Deutschland, Mit Spannungen leben. Eine Orientierungshilfe des Rates der EKD zum Thema Homosexualität und Kirche, Heft 57, Hannover 1996. Si veda anche il documento del VELKD, «Orientierungslinien zur ethisch-theologischen Urteilsbildung am Beispiel der strittigen Bewertung von Homosexualität in christlicher Perspektive», Hannover 2014, in www.ekd.de/presse/pm112_2014_ texte_umgang_homosexualitaet_velkd.html. 9 Cf. il documento sull’omosessualità della IV Sessione congiunta dell’Assemblea generale dell’UCEBI e del Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste, 3-4.11.2007, in www.ucebi.it/ pdf/documenti/glom/doc_omosess_as2007.pdf. 14 S tudi e commenti la Riforma si sono espresse con toni e contenuti di uguale segno. Una maggiore sensibilità ecumenica e più dialogo tra le Chiese cristiane potrebbe offrire spunti originali e fruttuosi per comprendere le ragioni e le esigenze di un clima nuovo, anche nella Chiesa cattolica. Ma è il lavoro della teologia – in particolare della teologia morale – a essere maggiormente richiesto. C’è da chiedersi in che modo essa stia aiutando e possa ancora aiutare per un cambiamento di clima nella valutazione etica dell’omosessualità. La discussione teologica Si è visto sopra che i riferimenti fondativi per la dottrina del magistero in tema di omosessualità (e di sessualità più in generale) sono la fonte biblica, la tradizione, la legge naturale e una visione di complementarietà di genere. Questi elementi rimandano all’esegesi biblica, al sapere filosofico-teologico, alla riflessione antropologico-etica e non ultimo alle investigazioni delle scienze sociali, i cui risultati possono essere rilevanti anche per le teorie etiche e la fondazione dei giudizi morali. Si tratta, cioè, di un intreccio pluridisciplinare che percepisce ed elabora la complessità del tema e apre la teologia morale a un doveroso superamento della pretesa di autoreferenzialità, rendendola sensibile all’esercizio di ascolto delle altre discipline, intra ed extra teologiche. Su questa premessa si fonda anche il servizio che la teologia rende al magistero, intercettando il senso del suo messaggio, rilevandone la plausibilità, ma anche mettendo in evidenza i punti di non ritorno nelle acquisizioni di conoscenze esegetiche, filosofiche, teologiche, antropologiche. Ora, se si guarda l’andamento degli sviluppi scientifici della teologia degli ultimi decenni, si rileva un crescente, anche se non unanime, consenso sulla comprensione storicamente segnata delle premesse e delle conclusioni su cui il dettato dottrinale ancora oggi insiste.10 Partendo dall’accostamento ai testi biblici che normalmente vengono impiegati per la condanna del comportamento omosessuale, si vede anzitutto che essi sono molto pochi e che l’interpretazio10 Lo mostra con documentata chiarezza il nuovo contributo di S. Goertz, «Zwischen “himmelschreiender Sünde” und “Geschenk der Liebe”. Konzept und Bewertung der Homosexualität in der Moraltheologie und im römischen Lehramt», in S. Goertz (a cura di), «Wer bin ich, ihn zu verurteilen». Homosexualität und katholische Kirche, Herder, Freiburg i.Br. 2015, 175-236. Il Regno - documenti 32/2015 ne univoca che si faceva di questi testi, fino a un recente passato, oggi è messa in discussione da più parti. S’impone innanzitutto un’onesta consapevolezza del loro reale contenuto. E questo è possibile solo mediante una lettura dei testi sullo sfondo delle condizioni storico-sociali e religioso-rituali dei loro rispettivi contesti. Per fare questo, l’ermeneutica biblica degli ultimi decenni offre opportunità che non possono più essere trascurate.11 Generalmente i testi che si apportano «hanno di mira atti omosessuali di persone eterosessuali. Essi non tengono conto della possibilità di un orientamento permanente di persone adulte che si sentono attratte da persone dello stesso sesso. Altrettanto assente è l’idea che tale attività possa essere espressione e mezzo per l’approfondimento di una relazione tra partner. Ma nell’attuale discussione è proprio di questo gruppo di persone che si tratta, di quelli cioè che percepiscono il loro orientamento omosessuale non come alternativa di libera scelta rispetto all’orientamento eterosessuale».12 Anche il luogo argomentativo più ricorrente dal punto di vista sistematico domanda di essere ripensato, cioè il tema della legge naturale: da cui deriva il carattere di naturalità o di contra-naturalità degli atti sessuali. La visione prevalentemente biologistica della legge naturale, come eredità di una gran parte della tradizione cattolica, è debitrice a convinzioni storicamente segnate e oggi adeguatamente superate. Il criterio dell’adeguatezza di un’azione alla sua finalità resta un valido punto di riferimento, ma richiede costante verifica della comprensione giusta del rapporto tra atto e fine, nella definizione del carattere morale sia dell’azione compiuta sia, soprattutto, del soggetto che agisce. Per il tema della sessualità, la convergenza dei suoi atti con la finalità della riproduzione della vita è espressione di una concezione di sessualità che le scienze sia biologiche sia umane hanno convenientemente chiarito. La visione di segno antropologico porta a comprendere la sessualità in regime di polivalenza e di integrazione tra dimensioni e valori che vanno al di là della semplice finalità riproduttiva. S’impone, quindi, un allargamento semantico dell’orizzonte, per poter 11 Cf., ad esempio, D. Helminiak, What the Bible really says about homosexuality, Alamo Square Press, Estancia (New Mexico) 1994; M. Nissinen, Homoeroticism in the biblical World. A historical Perspective, Fortress Press, Minneapolis 1998; R.A. Gagnon, The Bible and Homosexual Practice: Texts and Hermeneutics, Abingdon, Nashville 2001. 12 K. Hilpert, «Gleichgeschlechtliche Partnerschaften», in K. Hilpert (a cura di), Zukunftshorizonte katholischer Sexualethik, Herder, Freiburg i.Br. 2011, 288-299, 294. 15 S tudi e commenti porre il tema della natura degli atti a partire dalla natura della persona. D’altra parte, il concilio Vaticano II, sebbene nel contesto di una diversa questione di etica sessuale, afferma nella Gaudium et spes, al n. 51, che la dimensione morale della sessualità deriva in definitiva «ex personae eiusdemque actuum natura», dalla natura stessa della persona e dei suoi atti. Che qui si tratti di una grandezza antropologica e non biologica è del tutto chiaro e può essere compreso anche dal fatto che al termine «natura» venga sostituito quello di «dignità», o di «essenza», in alcune traduzioni ufficiali del testo conciliare.13 La riflessione teologica deve qui venire incontro al magistero, facendo cogliere tutta la ricchezza, ma anche per richiamare quella linea di evoluzione che non consente di tornare indietro a prima del Concilio. Il passo fatto è centrale per la comprensione di un modo di vedere la natura umana non come organizzazione di meccanismi e di funzioni, ma come natura della persona, cioè della sua storia, dei suoi ideali, delle sue possibilità e della sua responsabilità. Muovendo dall’impulso di questo mutato paradigma, la riflessione etico-teologica degli ultimi decenni si è presentata più differenziata, meno univoca sulle posizioni assunte rispetto all’omosessualità. In una buona ricostruzione sintetica il teologo cattolico Wunibald Müller indica alcuni raggruppamenti di posizioni che oscillano da un fronte all’altro. C’è chi non riconosce la moralità dell’orientamento omosessuale, e di conseguenza rifiuta anche gli atti omosessuali; c’è chi esprime un sì verso l’orientamento, ma mantiene il suo no ai comportamenti; c’è chi accetta l’orientamento omosessuale, e di conseguenza dice il suo «sì» – più o meno diversificato – anche al comportamento omosessuale.14 Da parte sua l’americano James Keenan, elaborando una presentazione del dibattito negli USA, conclude che «il dibattito aperto è un dibattito esteso e che attraversa tutto il mondo cattolico. Nell’impegnarsi in questo dibattito, i teologi morali non 13 È interessante notare che la traduzione ufficiale della Gaudium et spes in italiano usi il termine «dignità» al posto di «natura»; che quella tedesca usi l’espressione: «Wesen [essenza – ndr] der menschlichen Person und ihrer Akte»; mentre le altre lingue moderne mantengono il termine di «nature of the human person»; «la nature même de la personne et de ses actes», «la naturaleza de la persona y de sus actos». 14 W. Müller, Homosexualität – eine Herausforderung für Theologie und Seelsorge, Matthias Grünewald, Mainz 1986, 60-125. Sulla discussione relativa agli sviluppi teologico-morali negli USA si veda J. Keenan, «The open Debate: Moral Theology and the Lives of gay and lesbian persons», in Theological studies 64(2003), 127-150. Il Regno - documenti 32/2015 convalidano superficialmente stili di vita personali, ma piuttosto propongono una serie di criteri per valutare la moralità del modo in cui le persone gay e lesbiche ordinariamente vivono la loro vita. Il dibattito ci aiuta a vedere che la tradizione cattolica è ricca, umana e capace di aiutare le persone gay e lesbiche a trovare modi morali per vivere adeguatamente la loro vita e le modalità in cui esse sono chiamate ad amare».15 Polarità di genere Tra gli elementi caratterizzanti la visione dottrinale della Chiesa sulla sessualità in generale e l’omosessualità in particolare – lo abbiamo visto sopra – c’è il costante ricorso alla figura bipolare maschile/femminile. Dalla lettura dei racconti di creazione (Gen 1-2), e in una storia piuttosto variegata della loro recezione in contesto teologico, etico, rituale, si è consolidata una determinata visione di rapporto tra maschi e femmine, che più recentemente ha adottato una cifra di ricognizione espressa nella categoria di complementarietà di genere. Alla comprensione dell’evoluzione dei modelli di rapporto tra sfera maschile e sfera femminile hanno contribuito diverse discipline, dalla biologia all’antropologia culturale, dalla filosofia e teologia alle scienze umane e sociali. Non si può negare, tuttavia, che la chiave di lettura predominante, in contesto etico-teologico, sia stata quella della determinazione biologica. Il venire al mondo in un corpo caratterizzato sessualmente al maschile o al femminile segnava anche definitivamente l’appartenenza di genere e fissava le differenze in modo speculare tra di loro, così da comprendere la forma di relazione solo in considerazione della polarità complementare di genere. La dottrina del matrimonio, anche in ambito giuridico e sacramentale vive di questo dato fondamentale. Ora, va tenuto conto anzitutto che una simile visione può accentuare in modo non equilibrato l’ottica della differenza e occultare il dato fondamentale dell’unità dell’essere umano, pur nella diversità delle sue espressioni. Lo dice opportunamente il teologo italiano Giannino Piana, quando scrive che «le differenze tra uomo e donna devono essere collocate all’interno di un’unità originaria e sono, in ogni caso, molto più limitate degli elementi comuni attorno ai quali si realizza la convergenza».16 15 Keenan, «The open Debate», 150. 16 G. Piana, «Ipotesi per una reinterpretazione antropologico-etica dell’omosessualità», in Credere oggi, 116(2000)2, 47-56, qui 49. 16 S tudi e commenti Inoltre, si pone il problema della costruzione di identità di genere, cosa molto più complessa e articolata che non la specificazione del sesso biologico. Gli studi su questi temi – i cosiddetti gender studies – mettono in risalto l’intreccio di fattori diversi che entrano in gioco nella costruzione di tale identità: essi sono l’identificazione del sesso biologico, l’orientamento sessuale, il ruolo sociale assegnato e il comportamento sessuale assunto. L’intreccio di questi elementi, mette in un certo senso in questione una sorta di «metafisica sostanziale» (Substanzmetaphysik – Saskia Wendel) dell’identità personale, presente nella visione tradizionale del magistero.17 Riconoscere l’indole dinamica e complessa della costruzione di identità significa individuare spazi di possibile percezione della propria condizione di soggetti umani e di possibile declinazione del potenziale di relazione all’altro, sia nella forma eterosessuale che in quella omosessuale. Sia nel magistero della Chiesa sia nell’elaborazione teologica questi aspetti sono ancora troppo poco presi in considerazione. Anzi, negli ultimi tempi pare che si stia accentuando un discorso di rifiuto non sempre competentemente argomentato della cosiddetta teoria di genere, vista come la fonte di disordine morale e di pericolo nella convivenza sociale. Questa radicale avversione non aiuta di certo a superare un’ottica di polarità che in definitiva genera contrapposizioni e violenze, di cui molti ambienti omosessuali sentono e denunciano il peso. Il teologo morale deve essere più attento su questo versante del discorso, sia per comprendere le eccedenze di alcune espressioni della prospettiva di genere (quelle radicalmente costruttivistiche di Judith Butler, ad esempio, opportunamente evidenziate da Saskia Wendel18), sia anche nell’individuare gli aspetti positivi di questi elementi di conoscenza e di consapevolezza che toccano anche la condizione omosessuale.19 Spostamento di enfasi nell’etica sessuale Un ultimo elemento per un nuovo clima nella questione omosessuale riguarda più in generale il modo in cui si possano pensare oggi l’etica sessuale, 17 Molto acuto ed equilibrato è lo studio di S. Wendel, «Sexualität und Genderperspektive», in Hilpert (a cura di), Zukunftshorizonte katholischer Sexualethik, 36-56. 18 Cf. ivi, 46-47. 19 Una buona panoramica si ha in P. Guenzi, Sesso/genere, oltre l’alternativa, Cittadella, Assisi 2011; A. Fumagalli, La questione gender. Una sfida antropologica, Queriniana, Brescia 2015; e nello Studio del mese intitolato «Donne e teologia. Dire la differenza senza ideologie», in Regno-att. 1,2015,53-65. Il Regno - documenti 32/2015 in una logica convincente e in un linguaggio plausibile. Da questo si capisce che la questione omosessuale riguarda in definitiva tutti. Nel mutamento di paradigma, da un’ottica monovalente a una prospettiva polivalente della sessualità e, ancor più, nello spostamento di enfasi da un’etica degli atti singoli a una moralità della persona in azione, devono essere ricercati ed elaborati i criteri di valutazione anche della condizione omosessuale.20 Volendo puntare a un’affermazione sintetica ed essenziale, si può dire che il cammino dell’etica sessuale contemporanea, anche nelle diverse formulazioni teologiche, cattoliche e non, registra un mutamento che mette al centro del discorso morale la verità della relazione interpersonale. Gli approcci di un’etica della relazione (Beziehungsethik, come la chiamano Regina Ammicht-Quinn21 o Karl-Wilhelm Merks22) si rivelano fecondi di ispirazione ed esigenti circa la considerazione non relativistica della condotta morale. I soggetti implicati nella relazione affettiva e nella convivenza d’amore sono chiamati a riconoscersi reciprocamente nella loro identità, in quella modulazione di identità che conferisce unità al loro progetto di vita e alla loro consapevolezza di soggetti morali. La qualità della relazione decide della moralità delle persone nel loro reciproco rapportarsi, sostenersi, aiutarsi a vivere in modo autentico. La teologa morale americana Margaret Farley arriva alla conclusione che per le relazioni sessuali, affinché siano «eticamente buone», non gioca un ruolo così decisivo il genere delle persone coinvolte, quanto piuttosto i valori come giustizia, reciprocità di consenso, rispetto vicendevole per la libertà dell’altra persona.23 20 Da diversi decenni questo spostamento di paradigma si va imponendo, anche se la sua recezione non viene tenuta sempre in debito conto. Rinvio a riguardo al mio contributo «Sessualità», in F. Compagnoni, G. Piana, S. Privitera (a cura di), Nuovo dizionario di Teologia morale, San Paolo, Milano 1990, 1222-1236. Più recentemente S. Knauss ha offerto un panorama puntuale e stimolante di ricostruzione degli spostamenti di enfasi nel suo More than a Provocation. Sexuality, Media and Theology, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 2014. Di particolare interesse è la sezione su «New approaches in sexual ethics» (ivi, 83-102). 21 R. Ammicht-Quinn, Körper, Religion und Sexualität. Theologische Reflexionen zur Ethik der Geschlechter, Matthias Grünewald, Mainz 1999 (32004). 22 K.-W. Merks, «Von der Sexual- zur Beziehungsethik», in Hilpert (a cura di), Zukunftshorizonte katholischer Sexualethik, 14-35. 23 M. Farley, Just Love: A Framework for Christian Sexual Ethics, Bloomsbury, New York 2006, 295. 17 S tudi e commenti Conclusione I fattori sopra richiamati sono pensati come aiuto e come occasione favorevole a creare un clima nuovo di comprensione del fenomeno dell’omosessualità e di accoglienza delle persone omosessuali. Molti problemi restano comunque aperti: da una parte c’è da ripensare al rapporto tra dottrina, talvolta ancora rigida, e volontà anche sincera di comprensione pastorale. C’è da chiedersi se una simile divergenza tra dottrina e prassi pastorale possa a lungo reggere e se sia teoreticamente saggio puntare solo su una prassi ammorbidita dal senso di accoglienza, ignorando che comunque gli aspetti dottrinali sono oramai riconosciuti e individuati nei loro punti di fragilità.24 Inoltre, abbiamo bisogno ancora di mettere a tema tutte le implicazioni, anche giuridiche, istitu24 Analogamente a quanto si fa in rapporto al tema dei divorziati risposati, anche per il tema dell’omosessualità il punto di raccordo tra dottrina e prassi pastorale deve essere sempre più chiaramente centrato sulla persona e sulla sua storia. «Nella difficoltà di una pastorale che tenga conto delle situazioni singole, dei cambiamenti e della gradualità, possono giocare un ruolo sotterraneo non trascurabile anche alcuni problemi e alcune resistenze legate a questioni filosofiche di fondo che non sono state ancora approfondite nella tradizione cattolica. La mentalità sottesa ai documenti ecclesiali, rimanendo aderente al realismo tradizionale, dovrebbe fare più spazio al soggetto umano, alla storia, alla varietà e mutevolezza delle situazioni culturali che influiscono sulla formazione della realtà umana» (G.L. Brena, «Misericordia e verità», in La Civiltà cattolica, 166(2015)10, vol. II, n. 3958, 329-338, qui 336. Il Regno - documenti 32/2015 zionali, pubbliche e politiche, derivanti da un nuovo clima che vediamo all’orizzonte. Anche qui c’è da chiedersi, con saggezza e responsabilità, quali possano essere le figure convenienti per favorire il superamento di prassi discriminatorie, offensive della dignità delle persone omosessuali, e assicurare il riconoscimento delle loro forme di vita comune. La sfida per soluzioni adeguate e consapevoli mette in gioco anche gli equilibri della convivenza sociale. E anche di questo le Chiese e le teologie devono saper rispondere. È difficile dire se i tempi siano maturi per cambiamenti significativi, sia di dottrina sia di prassi. E qualcuno dubita anche che le risorse messe in campo dal Sinodo – sia nella sessione straordinaria del 2014 sia in quella ordinaria del 2015 – siano sufficienti per incoraggiare e consentire tali cambiamenti.25 Al teologo morale, tuttavia, non deve mancare la saggezza nell’indicare con coerenza le implicazioni e le prospettive e neppure il coraggio per alimentare in modo realistico e onesto la speranza di un clima nuovo. Antonio Autiero, docente emerito di teologia morale, Università di Münster 25 D. Migliorini, «Sinodo 2015 e omosessualità: è ancora troppo presto?», in Rocca, 74(2015)9, 47-48. Interessante è anche il rimando al libro di B. Brogliato, D. Migliorini, L’amore omosessuale. Saggi di psicoanalisi, teologia e pastorale. In dialogo per una nuova sintesi, Cittadella, Assisi 2014. 18