Coordinato da Cristiano Iurilli Agenzia Adiconsum - anno XXII - n. 66 - 25 novembre 2010 Stampato in proprio in novembre 2010 In questo numero: Speciale conciliazione Speciale conciliazione - Le diverse forme di conciliazione, gli enti bilaterali ed il consumatore - Dall’Alternative Dispute Resolution alla conciliazione obbligatoria: dalla normativa comunitaria al decreto 28/10 - La mediazione civile e commerciale nella normativa nazionale. La mediazione dal decreto 28/10 al regolamento 180/10 Test noi consumatori periodico settimanale di informazione e studi su consumi, servizi, ambiente Registrazione Tribunale di Roma n. 350 del 9.06.88 Iscriz. ROC n. 1887 Speciale conciliazione Le diverse forme di conciliazione, gli enti bilaterali ed il consumatore Di Cristiano Iurilli Profili introduttivi La tradizione giuridica di common law indica con l’acronimo ADR (Alternative Dispute Resolution) i procedimenti di risoluzione alternativa delle controversie. Tali procedimenti, da un lato, si sono storicamente sviluppati in conseguenza della crisi raggiunta dalla giustizia statale e, dall’altro, hanno risentito del sensibile incremento dei processi di internazionalizzazione e di deregulation dei rapporti negoziali. Lo sviluppo del fenomeno della contrattazione c.d. “di massa” e la normativa di settore emanata a tutela del contraente c.d. “debole” inoltre, hanno favorito l’emersione di vaste aree di micro-conflittualità che non possono essere affidate a forme tradizionali di risoluzione delle controversie, dal momento che gli elevati costi e la notevole durata dei procedimenti rischiano di non fornire una risposta adeguata alle molteplici istanze provenienti dai singoli consumatori. Ne consegue che le ADR non debbono essere considerate quali strumenti antitetici e contrapposti al sistema tradizionale, la cui attuale inadeguatezza non appare rispondere alle esigenze sottostanti ad una moderna gestione dei conflitti. I modelli di composizione non contenziosa invece sussistono all’interno del nostro ordinamento non in veste ancillare o “alternativa” rispetto agli strumenti di tutela su base giurisdizionale, bensì rivestono una peculiare funzione “complementare” rispetto a questi ultimi, atteso che consentono alle parti di instaurare un dialogo su basi costruttive e di mantenere una forma di controllo sul relativo procedimento, consentendo alle stesse di adire successivamente, in caso di esito negativo, l’autorità giudiziaria. La funzione teorica di “equivalenti del processo civile” svolta dagli strumenti di composizione non contenziosa, tuttavia, non garantisce un’estensiva applicazione degli stessi sul piano pratico, atteso che i predetti rimedi potranno costituire un reale strumento deflattivo dei procedimenti giudiziali soltanto qualora risultino regolamentati in modo tale da garantire il contraddittorio, l’imparzialità e l’equo trattamento degli interessi di tutte le parti in gioco. Le caratteristiche della conciliazione Il principale vantaggio di tale procedura è di evitare gli inconvenienti di una procedura giudiziaria: una procedura giudiziaria costa cara poiché richiede consultazioni giuridiche, spese di giustizia, spese di consultazione di esperti, ecc…; gli organi extragiudiziari di regolamento delle controversie pertanto offrono un’alternativa interessante. Test noi consumatori La Raccomandazione 98/257/CE riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziaria delle controversie in materia di consumo ha definito sette principi destinati a garantire un trattamento rigoroso, equo ed imparziale delle controversie sottoposte agli organi stragiudiziari: • principio dell’indipendenza: l’organo deve essere neutrale e garantire un’imparziale decisione; • principio della trasparenza: tutta la procedura deve essere chiara e verificabile da ambedue le parti; • principio del contraddittorio: tutte le parti devono avere la possibilità di esporre le proprie ragioni e di difendersi; • principio dell’efficacia: possibilità di agire anche senza un rappresentante, gratuità della procedura, brevità dei termini; • principio della legalità: la decisione dell’organo adito non può mai privare il consumatore della protezione garantita da norme comunitarie o nazionali (la decisione, se contrasta con queste norme, non è efficace); • principio della libertà: la decisione dell’organo è vincolante per le parti solo se queste erano a conoscenza dell’efficacia coercitiva nei loro confronti e se l’hanno accettato; in alternativa, le parti possono adire la giustizia ordinaria; • principio della rappresentanza: il consumatore ha la possibilità di essere assistito da un rappresentante, se lo desidera. Inoltre al fine di garantire un trattamento comparabile a quello della giustizia ordinaria, la Commissione europea ha adottato una raccomandazione (98/257/ CE) che stabilisce alcuni principi da rispettare con gli organi extragiudiziari di regolamento delle controversie. Le diverse forme di conciliazione Ad oggi, esistono diversi modelli di conciliazione aventi tuttavia una caratteristica comune dovuta al fatto che la logica di questo strumento non riposa sull’idea di una soluzione del conflitto bensì su una gestione del medesimo, la quale concretamente si espleta generalmente mediante l’intervento di un terzo indipendente ed imparziale, che mette in relazione i partecipanti sia per confrontare i rispettivi punti di vista che per trovare una soluzione condivisa. Tale definizione appare concordante con la nozione fornitane dall’art. 1, lett. d), D.M. 23.7.2004, n. 222, ove la conciliazione viene testualmente indicata come “il servizio reso da uno o più soggetti, diversi dal giudice o dall’arbitro, in condizioni di imparzialità rispetto agli interessi in conflitto e avente lo scopo di dirimere una lite già insorta o che può insorgere tra le parti, attraverso modalità che comunque ne favoriscono la composizione autonoma”. La prima distinzione da operare concerne la conciliazione giudiziale ed extragiudiziale, la quale si fonda sulla diversa natura dell’organo preposto all’espletamento del relativo tentativo. Un’ulteriore distinzione sussiste tra la conciliazione facoltativa ed obbligatoria: nella prima ipotesi il tentativo è rimesso alla volontà delle parti, mentre nell’altra l’esperimento dello stesso è imposto da una specifica norma di legge. Le parti, qualora siano libere di intraprendere la via conciliativa, potranno operare con le seguenti modalità: a) in osservanza di una specifica clausola Test noi consumatori patrizia, mediante la quale si obbligano ad esperire il tentativo; b) in forma congiunta, nel caso in cui manifestino tale accordo successivamente all’insorgenza della controversia; c) in forma disgiunta, nel caso in cui una soltanto delle parti inviti l’altra a conciliare dinanzi all’organismo preposto. All’interno della conciliazione extragiudiziale un’importante classificazione consiste nella bipartizione tra procedure di tipo facilitativo e valutativo. Nelle prime il terzo assume la funzione di soggetto interposto tra le parti per agevolare il dialogo tra le medesime, al fine di consentire alle medesime il raggiungimento di una composizione negoziata della controversia senza assumere alcuna posizione in ordine al merito delle questioni. Ciò non si verifica nella seconda ipotesi, laddove il terzo propone alle parti un’ipotesi di soluzione della controversia. Ne consegue che, in quest’ultima fattispecie, si verifica un maggior grado di compressione dell’autonomia privata, analoga al fenomeno dell’arbitrato. Per quanto concerne infine le concrete modalità con cui si attuano i procedimenti in oggetto, possiamo distinguere tra conciliazione libera, amministrata e paritetica. Nel primo modello le parti si rivolgono direttamente al conciliatore, al quale affidano il ruolo di soggetto terzo indipendente, neutrale ed imparziale. Nel sistema c.d. amministrato, fra le parti ed il conciliatore si frappone un ulteriore soggetto (c.d. organismo di conciliazione), il quale offre il relativo servizio in condizione di concorrenza paritaria con altri enti similari. Tale modello organizzativo appare più idoneo ad offrire ai consumatori un servizio con costi e tempi prefissati, nonché provvedere alla nomina e formazione dei conciliatori accreditati, dal momento che questi ultimi sembrano offrire maggiori garanzie di competenza, imparzialità e professionalità. Questo modello è quello contenuto nel Codice del Consumo (artt. 140–141). I procedimenti c.d. paritetici (vedi i procedimenti di cui Adiconsum è parte oramai da molti anni, potendo vantare in materia una lunghissima esperienza), infine, risultano assai differenti dal modello sopra delineato i quanto si fondano su accordi bilaterali, sottoscritti da importanti aziende con le associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative. La caratteristica peculiare consiste nel fatto che ognuna delle parti è rappresentata nella procedura da un conciliatore, ciascuno nominato con le modalità stabilite nei rispettivi regolamenti, peraltro liberamente consultabili sui relativi siti internet. Su quest’ultimo aspetto, sono necessari ulteriori e brevi approfondimenti. La conciliazione paritetica e gli enti bilaterali Imprese e consumatori si trovano a vivere un momento storico in cui, al fine di tentare di dare certezza e sostanza ai precetti di legge volti a garantire la tutela di questi ultimi, nonché per assicurare la maggiore efficienza dei mercati, sono sorti, sia in via spontanea che a seguito di previsione legislativa, numerose forme di conciliazione, volte ad evitare l’instaurarsi di annose controversie giudiziarie, le quali inevitabilmente, per costi e tempi, portano gravi disagi per entrambi i soggetti contendenti. Nell’ottica di una più immediata assistenza conciliativa al consumatore, Adiconsum da anni ha sviluppato una propria procedura diretta di conciliazione paritetica. Test noi consumatori Si tratta di un negoziato diretto tra associazione ed impresa che si è dimostrato efficacissimo strumento per risolvere in maniera rapida e non costosa migliaia di contenziosi individuali. Si tratta dunque di un mezzo di risoluzione di controversie improntato al confronto diretto ed immediato tra consumatore ed impresa, per il tramite dei rispettivi rappresentanti, definiti appunto conciliatori, senza che vi sia l’intervento di un terzo, mediante una procedura c.d. “a pari armi”, a cui si può accedere in maniera semplice e diretta, sia on line che rivolgendosi direttamente a tutte le sedi territoriali Adiconsum, mediante il semplice versamento della quota associativa annuale. Negli anni, questo risultato è stato conseguito specialmente a mezzo della formazione congiunta dei conciliatori delle rispettive parti sociali, che avranno frequentato un medesimo corso congiuntamente organizzato tra impresa e consumatore, sulla base di accordi estesi a tutto il territorio nazionale. Tale esperienza conciliativa, che ha avuto la sua prima applicazione con la conciliazione Telecom (con ottimi risultati in materia di servizi non richiesti e errata fatturazione in bolletta), è stata ampliata ad altri settori, quali in particolare quello bancario, dell’energia sino a quello dei trasporti. Tuttavia, l’esperienza conciliativa Adiconsum sta subendo una netta implementazione, in particolare nel campo del credito al consumo, a seguito della costituzione di un “Ente Bilaterale – Ebitec”per tutelare i consumatori in difficoltà nel pagare le rate del credito al consumo. La costituzione di un Ente Bilaterale tra Adiconsum, Associazione difesa consumatori e ambiente e Unirec, Unione nazionale delle imprese di recupero, gestione e informazione del credito, aderente a Confindustria, si sono resi necessari alla luce della pesante situazione economica in cui si trovano e si troveranno ad affrontare nei prossimi mesi le famiglie italiane, gravate dalla difficoltà ad onorare le rate dei finanziamenti del credito al consumo accesi. La costituzione dell’Ente Bilaterale riveste e rivestirà particolare importanza, ponendosi gli obiettivi di: • realizzare un Osservatorio Bilaterale paritetico nazionale per il rilevamento ed il monitoraggio del settore, anche per ciò che riguarda le morosità dei cittadini e delle famiglie; • attivare un numero verde per fornire ai cittadini una corretta informazioni sui diritti/doveri in ordine alle obbligazioni di carattere giuridico-economico • elaborare una Carta dei diritti/doveri del Consumatore; • realizzare uno sportello di ascolto delle problematiche delle famiglie relative ai manati pagamenti; • istituire una Commissione per la conciliazione extragiudiziale paritetica per dare risposte immediate ai consumatori e ai creditori, senza costi e senza intasare i tribunali; • definire di standard di qualità del settore; • realizzare campagne formative e informative ai lavoratori delle aziende che aderiscono ad Unirec sia ai cittadini, in particolare a pensionati e studenti. Infine, scopo prioritario dell’Ente Bilaterale sarà la realizzazione di un Fondo di Solidarietà per le famiglie che si trovino in condizioni particolari di indebitamento. Test noi consumatori Chiaramente, ed alla luce degli ottimi risultati iniziali relativamente alla costituzione di detto importante Ente, nel futuro si prevede la costituzione di nuovi organismi di pari valore, efficacia e finalità. Ulteriori forme diffuse di conciliazione possono così riassumersi: • le conciliazioni (o meglio, nelle negoziazioni paritetiche) presso gli Uffici di conciliazione istituiti da alcune aziende, in cui le parti tentano di raggiungere un accordo, che può anche non esserci, in assenza di un terzo, ma con l’eventuale patrocinio dei rispettivi rappresentanti. L’accordo ha forza contrattuale e se una delle parti non vi adempie, l’altra può adire l’autorità giudiziaria ordinaria per ottenere l’esecuzione • la procedura di conciliazione avanti il Conciliatore presso le Camere di Commercio, ove il terzo conciliatore aiuta le parti a raggiungere un accordo ma non ha alcun potere decisionale; l’accordo, se raggiunto, ha forza contrattuale e se una delle parti non vi adempie, l’altra può adire l’autorità giudiziaria ordinaria per ottenere l’esecuzione; • i procedimenti avanti le Autorità dei Garanti le cui decisioni prese dalle relative Commissione sono vincolanti per le parti ed hanno la stessa efficacia di una sentenza del giudice ordinario. A dette forme di conciliazione si deve aggiungere la neonata conciliazione obbligatoria ex d.lgs 28/2010, e relativi e conseguenti decreti attuativi, la cui analisi viene rimessa ad un separato contributo. Le procedure Le procedure e le modalità seguite da tali organi sono diverse. L’organo al quale viene inviata la domanda verifica, innanzitutto, che l’esame della controversia sia di sua competenza e che la domanda contenga tutti gli elementi necessari. Deciderà, inoltre, circa la sua ammissibilità. Vi sono alcune condizioni che generalmente devono ricorrere affinché la domanda sia ammissibile: • bisogna aver sempre già proposto un reclamo direttamente all’azienda o al singolo venditore, bisogna, cioè, aver già tentato di raggiungere un accordo amichevole (la domanda, che non era ammissibile poiché non il consumatore non aveva già cercato di ottenere un accordo amichevole, diventa ammissibile una volta soddisfatta questa condizione); • l’organo adito deve essere competente: occorre scegliere l’organo adeguato alla controversia; • bisogna rispettare certe procedute tipiche di alcuni procedimenti; • non è possibile riproporre una nuova domanda sullo stesso oggetto, a meno che non vi siano nuovi elementi. Gli uffici di conciliazione presso le aziende Dopo aver proposto un reclamo all’azienda, in caso di risposta negativa o insoddisfacente, ci si può rivolgere agli uffici di conciliazione (per le aziende, ovviamente, che li hanno istituiti, come, ad esempio, le società telefoniche). Occorre compilare l’apposito modulo di reclamo, scaricabile dai siti delle suddette aziende e da quelli delle associazioni a difesa dei diritti dei consumatori Test noi consumatori ed inviarlo tramite raccomandata AR o via fax (seguito dalla AR) agli uffici di conciliazione istituiti presso le aziende. Non vi sarà alcun conciliatore o mediatore, ma le parti tenteranno di raggiungere un accordo, che avrà, se raggiunto, valore contrattuale. Il modulo di reclamo, se correttamente compilato, comprende tutte le informazioni necessarie: le generalità delle parti, il contratto, tutti i documenti e la corrispondenza fino a quel momento intercorsa, i fatti contestati, i diritti che il consumatore ritiene lesi, le motivazioni delle parti, la richiesta del consumatore). La richiesta può essere rivolta ad ottenere un indennizzo, un rimborso, un risarcimento, oppure, più specificamente, che una riparazione sia carico dell’azienda, che venga sostituito un prodotto. Il conciliatore presso le camere di commercio Sempre dopo aver già proposto reclamo al venditore (o fornitore di servizi), in caso di risposta negativa o insoddisfacente, ci si può rivolgere anche al conciliatore istituito presso le Camere di Commercio. Alcune Camere di Commercio hanno predisposto una modulistica che il consumatore può compilare, ma spesso è sufficiente una semplice domanda che contenga, però, l’indicazione delle parti, l’oggetto della lite ed il suo valore economico. Il consumatore può adire il conciliatore anche senza l’accordo preventivo della controparte, alla quale, in genere, conviene partecipare e tentare la conciliazione. Anche in questo caso si potrà raggiungere o meno un accordo, che avrà valore contrattuale tra le parti. Il conciliatore non ha potere decisionale ma può solamente aiutare le parti ad accordarsi. Le autorità garanti Sono istituite per settori particolari (per le telecomunicazioni, per la protezione dei dati personali, per l’energia elettrica ed il gas, per la borsa ed i prodotti finanziari) ed accolgono le segnalazioni e/o i ricorsi dei consumatori che lamentano violazioni nei vari settori di competenza. Vi è una modulistica predisposta da ciascun Garante, scaricabile o visionabile sui rispettivi siti on line. Il consumatore può adire i Garanti anche senza l’accordo preventivo con la controparte che, se citata, ha tutto l’interesse, comunque, a presentarsi ed a difendere le proprie ragioni. Infatti, i Garanti hanno potere decisionale vincolante per le parti (salvo, poi, la facoltà di appellarsi per le vie ordinarie). Attenzione: per ogni tipo di reclamo, domanda di conciliazione, segnalazione o ricorso, occorre sempre indicare tutti gli elementi utili ad individuare le parti, il contratto, le contestazioni, le richieste (cercando, se possibile, di quantificare l’importo che volete vi venga corrisposto a titolo di rimborso o risarcimento), ed allegate tutte le prove a vostro favore (documenti vari, corrispondenza intercorsa tra le parti, fotografie, testimonianze ecc.). 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Test noi consumatori Speciale conciliazione Dall’Alternative Dispute Resolution alla conciliazione obbligatoria: dalla normativa comunitaria al decreto 28/10 Di Raffaella Grisafi Profili introduttivi L’embrione di una politica comunitaria in materia di consumo risale alla metà degli anni 70. Il Trattato di Roma non prevedeva l’instaurazione di tale politica ed è al vertice di Parigi nel 1972 che i Capi di Stato e di Governo hanno manifestato per la prima volta una volontà politica in proposito. Poco dopo, la Commissione ha presentato il primo programma d’azione relativo alla protezione dei consumatori (Gazzetta ufficiale C 92, 25.04.1975). Ma occorrerà attendere l’Atto unico e la prospettiva del grande mercato per constatare un autentico salto di qualità della politica dei consumatori: entrato in vigore il 1° luglio 1987, l’Atto unico ha permesso di introdurre nel Trattato la nozione di consumatore. Tale nozione non è stata oggetto di una definizione precisa, tuttavia ha il merito di gettare le basi per un riconoscimento giuridico della politica dei consumatori: la soppressione delle frontiere e la realizzazione del mercato unico, il 1° gennaio 1993, ha messo in evidenza l’esistenza di un mercato di oltre 340 milioni di consumatori, a cui seguiva la necessità di emanare adeguate norme di accompagnamento. Inoltre, la fiducia dei consumatori è apparsa come un elemento indispensabile al buon funzionamento del mercato: difatti i nuovi programmi d’azione hanno messo l’accento su vari aspetti, quali la rappresentanza dei consumatori e la loro informazione, la sicurezza dei prodotti e le transazioni. Per arrivare alle priorità attuali, la Commissione, con comunicazione del 7 Maggio 2002 “Strategia per la politica dei consumatori 2002-2006”, tenendo conto sia dell’allargamento del mercato interno, sia della esigenza di fornire ai consumatori regole più semplici e uniformi, di applicazione analoga nell’insieme dell’Unione, ha delineato la strategia della politica dei consumatori 2003-2006 basandola su tre obiettivi: un elevato livello di protezione dei consumatori, l’applicazione effettiva delle regole di protezione dei consumatori e la partecipazione delle organizzazioni dei consumatori alle politiche comunitarie. Proprio nel quadro degli obiettivi più recenti, si inserisce l’argomento che qui interessa in merito alla risoluzione extragiudiziaria delle controversie in materia di consumo. Unione Europea: comunicazioni e raccomandazioni sulla risoluzione extra giudiziale delle controversie Quando insorgono controversie transfrontaliere non è sempre possibile né economico per i consumatori e per le imprese adire le tradizionali vie legali. La Test noi consumatori Commissione ha risposto con tutta una serie di iniziative volte a promuovere sistemi semplici, economici ed efficaci di risoluzione delle controversie transfrontaliere, come ad esempio i meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie (ADR). La Commissione ha adottato due raccomandazioni sui principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo (98/257/CE del 30.03.1998 pubblicata in GU L 115 del 17.4.1998) e sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo (2001/310/CE, GU L 109 del 19.4.2001). La raccomandazione del 30.03.1998 e la comunicazione del 04.04.2001 La Raccomandazione della Commissione del 30 Marzo 1998 ha avuto il precipuo fine di agevolare e semplificare la risoluzione delle controversie in materia di consumo, ricordando nel contempo i problemi d’accesso dei singoli consumatori alla giustizia, quali- i costi elevati della consultazione giuridica e della rappresentanza e la lunghezza dei termini prima che si pervenga ad un giudizio. Per ovviare a tali difficoltà, esistono secondo la raccomandazione tre vie complementari: a) La prima riguarderebbe la semplificazione e il miglioramento delle procedure giudiziarie, prevedendo ad esempio la possibilità di presentare l’istanza secondo modalità semplificate, rendendo facoltativo l’intervento di un avvocato e incoraggiando i tentativi di conciliazione dinnanzi a un giudice. Tuttavia, la raccomandazione della Commissione non ha ad oggetto tali procedure giudiziarie e non contiene proposte in questo settore che, riteniamo invece fondamentale; b) miglioramento della comunicazione tra i consumatori ed i professionisti, al fine di aiutare il consumatore a trovare una soluzione amichevole della controversia che l’oppone al professionista; c) la terza via onde ovviare a difficoltà esistenti nella regolazione delle controversia in materia di consumo consisterebbe nella creazione di procedure extragiudiziali quali, la mediazione, la conciliazione o l’arbitraggio. La Commissione altresì raccomanda che qualunque organo competente per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo rispetti i sette principi di seguito sinteticamente enucleati, a seconda che si tratti di una decisione adottata individualmente oppure sia collegiale. Nel caso di decisione individuale, il principio d’indipendenza dovrà essere garantito, in particolare quando la persona designata, oltre a possedere la capacità e le competenze necessarie allo svolgimento delle sue funzioni, gode di un mandato di durata sufficiente a garantire l’indipendenza della sua azione, non avendo svolto attività lavorative, nel corso dei tre anni precedenti la sua entrata in funzione, per l’associazione professionale o l’impresa che la retribuisce o che l’ha nominata per questa funzione. Nei casi invece in cui la decisione da adottare sia collegiale, il principio d’indipendenza è garantito attraverso la rappresentanza paritaria dei consumatori e dei professionisti o attraverso il rispetto dei criteri sopra enunciati. 10 Test noi consumatori Il principio di trasparenza è garantito da varie misure, quali ad esempio la comunicazione a qualunque soggetto che lo richieda di una descrizione dei tipi di controversie che possono essere sottoposte all’organo, delle norme relative alla presentazione del reclamo all’organo e del costo eventuale della procedura per le parti; delle regole sulle quali si fondano le decisioni dell’organo e delle modalità di adozione di decisioni e del loro valore giuridico. Il principio d’efficacia dovrà invece comportare l’accesso del consumatore alla procedura senza essere obbligato a ricorrere al rappresentante legale, la gratuità della procedura o la determinazione di costi moderati, oltre alala fissazione di termini brevi tra la presentazione del reclamo all’organo e l’adozione della decisione. Il principio di legalità, secondo il quale l’organo extragiudiziale non può adottare una decisione che avrebbe come risultato di privare il consumatore della protezione che gli garantiscono le disposizioni imperative della legge dello Stato sul territorio del quale l’organo è stabilito, oltre ai principi del contraddittorio (possibilità per tutte le parti interessate, di far conoscere il proprio punto di vista e di prendere conoscenza di quello della parte avversa), e di libertà (scelta del consumatore di aderire alla procedura extragiudiziale) e di rappresentanza. A seguito della citata raccomandazione, la Comunicazione della Commissione volta ad ampliare l’accesso dei consumatori alla risoluzione alternativa delle controversie (del 04.04.2001), ha anch’essa avuto il fine di cercare soluzioni alternative al sistema giudiziario, ed intese a promuovere l’accesso dei consumatori a soluzioni semplici, rapide, efficaci e poco costose di risoluzione delle controversie. La rete Eej-Net – rete per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo La rete EEJ è stata istituita il 16 ottobre 2001 dal commissario David Byrne e dalla presidenza belga come progetto-pilota della durata di un anno. In considerazione del successo riportato, la Commissione europea ha poi richiesto al Consiglio dei Ministri una proroga di un anno. L’obiettivo è quello di istituire una rete di organi nazionali per la soluzione extragiudiziale delle controversie ai fini di una soluzione rapida ed efficace delle controversie transfrontaliere in materia di consumi, utilizzando i nuovi mezzi di comunicazione, segnatamente Internet. La rete extragiudiziale europea (EEJ-Net), nel coordinare le procedure di composizione extragiudiziale in tutta Europa, fornisce informazioni e un sostegno pratico ai consumatori che scelgano di avvalersi di tali procedure. Tale rete pertanto, avrebbe il compito di coadiuvare i consumatori a risolvere le controversie transfrontaliere che li oppongono alle imprese che forniscono beni o servizi difettosi, dirigendo i consumatori stessi verso dispositivi alternativi di composizione delle controversie (ADR). Le funzioni della rete (per i diversi punti di contatto nazionali o “clearing houses”) consistono nell’informare i consumatori sulle possibilità di utilizzare dispositivi alternativi di soluzione delle controversie, facilitare le denunce transfrontaliere, facilitare la presentazione delle denunce attraverso l’impiego del modello DAR, garantire il controllo degli sviluppi della soluzione delle controversie e delle operazioni svolte con il DAR all’interno della rete. Test noi consumatori 11 La risoluzione alternativa delle controversie La ‘risoluzione alternativa delle controversie’ (o ‘RAC’) copre tutta una varietà di organi extragiudiziali che rappresentano un’alternativa all’iter processuale nei Tribunali. Dette procedure possono comprendere, ma non esclusivamente, l’arbitrato, una valutazione neutrale di prima fase, una valutazione, mediazione e conciliazione ad opera di esperti. Di conseguenza, i meccanismi per risolvere le controversie possono andare da decisioni vincolanti fino a raccomandazioni o ad accordi diretti tra le parti. Anche l’organizzazione e la gestione delle procedure di RAC può variare: esse possono essere organizzate pubblicamente o privatamente ed assumere la forma di sistemi di OMBUSMAN, di commissioni dei reclami nell’interesse dei consumatori, di un mediatore privato, di associazioni di categoria, ecc. Queste diverse procedure hanno caratteristiche diverse e sono più o meno efficaci a seconda delle circostanze. I centri europei dei consumatori (eurosportelli) La rete dei Centri europei dei consumatori (rete CEC) funge da interfaccia tra la Commissione e i consumatori europei per promuovere un miglior uso del mercato interno e far pervenire alla Commissione un feedback sui problemi che emergono sul mercato. I CEC forniscono informazioni sulla legislazione e sulla giurisprudenza sia a livello europeo che a livello di Stati membri. I CEC forniscono altresì, assistenza e consulenza in materia di mediazione, informazioni sulle procedure, una prima assistenza legale ed eventualmente rinviano il problema ad altre autorità. I CEC infine collaborano strettamente nell’ambito della rete e con altre reti europee come ad esempio EEJ-Net e FIN-NET. Il Regolamento CE 2006/2004 Un nuovo strumento di protezione e tutela degli interessi dei consumatori è stato di recente adottato dagli Stati membri per il tramite del Regolamento CE n. 2006/2004 del 27 Ottobre 2004 “Regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori” tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa consumeristica. Tra le motivazioni che hanno determinato il Parlamento Europeo ed il Consiglio alla emanazione di questo regolamento, vi è la considerazione che gli accordi nazionali esistenti relativi all’esecuzione della legislazione che tutela gli interessi dei consumatori non sono stati adattati ai problemi posti dall’esecuzione della normativa nel mercato interno, non essendo attualmente possibile garantire un’efficace ed efficiente cooperazione in materia di esecuzione delle norme. Pertanto la Comunità, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’art. 5 del Trattato, è intervenuta per realizzare la cooperazione ed il coordinamento fra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori. Obiettivo del regolamento è pertanto quello di definire le condizioni in base alle quali le autorità competenti dello Stato membro, designate in quanto responsabili dell’esecuzione della normativa sulla tutela degli interessi dei consumatori, collaborano fra di loro e con la Commissione al fine di garantire il rispetto della citata normativa e il buon funzionamento del mercato interno al fine di migliorare la protezione degli interessi economici dei consumatori. 12 Test noi consumatori Il regolamento definisce per “infrazione intracomunitaria” qualsiasi atto o omissione contrari alle norme sulla protezione degli interessi dei consumatori, che danneggi o possa danneggiare gli interessi collettivi dei consumatori che risiedono in uno o più Stati membri diversi dallo Stato membro in cui hanno avuto origine o si sono verificati l’atto o l’omissione in questione, o in cui è stabilito il venditore o il fornitore responsabile o in cui si riscontrino elementi di prova o beni riconducibili all’atto o all’omissione. Il Regolamento stabilisce che ogni Stato membro designa le autorità competenti e l’ufficio unico di collegamento, responsabili dell’applicazione del regolamento stesso. Ogni Stato membro può, se necessario per adempiere i suoi obblighi previsti dal regolamento, designare altre autorità pubbliche. Ciascuna autorità competente è dotata dei necessari poteri investigativi ed esecutivi per l’applicazione del regolamento e li esercita conformemente alla legislazione nazionale. Il regolamento prevede lo scambio di informazioni su richiesta: l’autorità interpellata fornisce quanto prima, su richiesta di un’autorità richiedente, a norma dell’articolo 4, qualsiasi informazione pertinente necessaria per stabilire se si sia verificata o se vi è il ragionevole sospetto che possa verificarsi un’infrazione intracomunitaria. L’autorità interpellata, se necessario con l’assistenza di altre autorità pubbliche, intraprende le indagini del caso o adotta altre eventuali misure necessarie o appropriate, a norma dell’articolo 4, al fine di raccogliere le informazioni richieste. Tuttavia lo scambio di informazioni può avvenire anche in assenza di richiesta, allorquando un’autorità competente viene a conoscenza di un’infrazione intracomunitaria o ragionevolmente sospetta che detta infrazione potrebbe verificarsi, essa ne informa le autorità competenti degli altri Stati membri e la Commissione fornendo quanto prima tutte le informazioni necessarie. Su richiesta dell’autorità richiedente, un’autorità interpellata adotta tutte le misure necessarie per far cessare o vietare l’infrazione intracomunitaria quanto prima possibile. Per adempiere a questi obblighi, l’autorità interpellata esercita i poteri indicati nel regolamento e qualsiasi altro potere di cui dispone ai sensi della normativa nazionale. L’autorità interpellata, se necessario con l’assistenza di altre autorità pubbliche, determina le misure da adottare per far cessare o vietare l’infrazione intracomunitaria in modo proporzionato, efficiente ed efficace. Pertanto le autorità competenti coordinano le attività di sorveglianza del mercato e di esecuzione e a tal fine si scambiano tutte le informazioni necessarie. Nel caso in cui le autorità competenti vengano a conoscenza di una infrazione intracomunitaria che arrechi pregiudizio agli interessi dei consumatori di più di due Stati membri, le autorità competenti interessate coordinano il loro intervento e chiedono l’assistenza reciproca attraverso l’ufficio unico di collegamento. Le autorità competenti adempiono i loro obblighi ai sensi del regolamento, come se agissero per conto dei consumatori del proprio paese e questo di loro iniziativa o su richiesta di un’altra autorità competente del loro paese. Una condizione importante posta dal regolamento è quella che prevede che gli Stati membri rinunciano a qualsiasi richiesta di rimborso delle spese connesse all’applicazione del presente regolamento. Il regolamento disciplina analiticamente anche i casi in cui una autorità interpellata può rifiutarsi di dare seguito ad una richiesta di misura di esecuzione e Test noi consumatori 13 quelli in cui una autorità interpellata può rifiutarsi di dare seguito ad una richiesta di informazioni. Il regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri e si applica a decorrere dal 29 dicembre 2005. Le disposizioni sull’assistenza reciproca, e le condizioni che la regolano, di cui ai capitoli II e III, si applicano a decorrere dal 29 dicembre 2006. La conciliazione stragiudiziale come metodo di ADR - situazione italiana Negli ultimi decenni si è registrata in occidente una spinta culturale sempre maggiore verso i metodi alternativi di composizione delle controversie rispetto al processo di cognizione dinanzi al giudice statale. Il movimento, partito con forza dagli Stati Uniti, incontra un notevole supporto nelle istituzioni della U.E. (vedi raccomandazioni e Libro Verde prima citati). Fra le cause di questo processo, sicuramente vi è l’incapacità dello Stato di rispondere efficientemente ed adeguatamente alla domanda di giustizia della società civile. L’inefficienza si riflette particolarmente sulle controversie di valore patrimoniale medio-basso, come accade in quelle avviate dai consumatori. Fra i metodi di ADR rientrano istituti tra di loro eterogenei, ma il centro della categoria è occupato dalla conciliazione, intesa come l’accordo con il quale le parti, alla presenza di un terzo, compongono una controversia tra loro insorta. La distinzione fondamentale è quella tra conciliazione dinanzi al giudice statale o ad un terzo da questi designato e conciliazione dinanzi ad un terzo che non è il giudice, né da questi designato. In questi ultimi anni, la spinta verso i metodi di ADR ha portato il legislatore italiano a guardare con crescente favore alla conciliazione amministrata da istituzioni. In questo ruolo spiccano le Camere di Commercio alle quali la legge 580/93 riconosce il potere di promuovere la costituzione di commissioni arbitrali e conciliative per le controversie tra imprese, nonché tra imprese e consumatori. Inoltre, la legge 281/98, sulla disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti, consente alle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale, inserite nell’elenco tenuto presso il Ministero dell’Industria (nonché alle organizzazioni riconosciute in un altro Stato membro) di promuovere, prima dell’azione giudiziale, un tentativo di conciliazione dinanzi alla camera di commercio competente per territorio. Il verbale di riuscita conciliazione sottoscritto, oltre che dalle parti, dal rappresentante della camera di commercio, previo deposito al tribunale e controllo sulla sua regolarità formale, costituisce titolo esecutivo. Rivestono una importanza fondamentale, ovviamente, le tecniche conciliative, avendosi una distinzione fra due modelli: un primo modello, in cui il conciliatore si limita tendenzialmente ad avvicinare le posizioni delle parti oppure, specie quando il tentativo minaccia di fallire, a formulare informalmente una proposta di accordo di cui non rimane traccia (detta conciliazione facilitativa). Con questo metodo, il conciliatore ha di regola una serie di colloqui separati con le parti, senza rivelare alla controparte le informazioni apprese in separata sede. In questo caso le ragioni del mancato accordo non hanno alcun peso nel processo giurisdizionale successivo. 14 Test noi consumatori Un secondo modello di tecnica conciliativa (detta conciliazione valutativa), invece, prevede che il conciliatore, dopo aver acquisito i termini della controversia nel pieno contraddittorio tra le parti, formula una proposta di accordo la quale, sebbene non vincolante, influisce sulla decisione relativa alle spese nell’eventuale processo giurisdizionale, decisione formulata dal giudice in considerazione della posizione assunta dalle parti rispetto alla stessa proposta. La nuova direttiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008 sulla mediazione in materia civile e commerciale Come importante punto di arrivo di un percorso in ambito comunitario teso a promuovere procedure stragiudiziali di composizione delle controversie, in alternativa alla giustizia ordinaria, il 21 maggio 2008 è stata adottata dal Parlamento e dal Consiglio dell’Unione Europea la Direttiva 2008/52/CE relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale (pubblicata nella G.U.C.E. L. 136 del 24 maggio 2008), che dovrà essere recepita dagli Stati membri (ad eccezione della Danimarca) entro il 21 maggio 2011. La finalità della Direttiva è quella di garantire a tutti i cittadini dell’Unione «un accesso più rapido e meno costoso alla giustizia» facilitando il ricorso a procedure di risoluzione alternative delle controversie trasfrontaliere – che favoriscono la composizione amichevole delle medesime – ed incoraggiando il ricorso alla mediazione. In passato, erano stati previsti dal legislatore comunitario strumenti alternativi di risoluzione delle liti con direttive che si occupavano di specifici settori, quali i bonifici transfrontalieri (direttiva 97/5/CE), la tutela dei consumatori nei contratti a distanza (direttiva 97/7/CE), la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori (direttiva 2002/65/CE). La Direttiva in commento, che fa seguito alla pubblicazione di un Libro Verde relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale nonché di un codice europeo di condotta dei mediatori, risulta essere pertanto il primo provvedimento comunitario che preveda la mediazione come strumento generale, in alternativa alla giustizia ordinaria, per la composizione di liti riferite a diritti disponibili in ambito civile e commerciale. Sebbene il provvedimento si applichi alle controversie transfrontaliere (cioè quelle in cui almeno una delle parti è domiciliata o risiede abitualmente in uno Stato membro diverso da quello di qualsiasi altra parte), nulla dovrebbe vietare agli Stati membri di applicare le disposizioni in essa contenute anche ai procedimenti interni, previa specificazione nella legge d’attuazione. Essa non si applica, invece, alle questioni fiscali, doganali o amministrative, né alla responsabilità dello Stato per atti od omissioni nell’esercizio di pubblici poteri. Inoltre, come affermato nel preambolo, la direttiva non dovrebbe applicarsi alle trattative precontrattuali o ai procedimenti di natura arbitrale quali talune forme di conciliazione dinanzi ad un organo giurisdizionale, i reclami dei consumatori, l’arbitrato e la valutazione di periti o i procedimenti gestiti da persone od organismi che emettono una raccomandazione formale, sia essa legalmente vincolante o meno, per la risoluzione della controversia. Risultano essere di notevole importanza le definizioni giuridiche dell’istituto della mediazione, e conseguentemente di mediatore, che compongono un quadro Test noi consumatori 15 normativo “europeo” fino ad ora molto evanescente e mutevole nelle legislazioni dei vari Stati membri. Giova, pertanto, trascrivere integralmente le definizioni enunciate nell’art. 3 della citata Direttiva: a) per “mediazione” si intende un procedimento strutturato, indipendentemente dalla denominazione, dove due o più parti di una controversia tentano esse stesse, su base volontaria, di raggiungere un accordo sulla risoluzione della medesima con l’assistenza di un mediatore. Tale procedimento può essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro. Esso include la mediazione condotta da un giudice che non è responsabile di alcun procedimento giudiziario concernente la controversia in questione. Esso esclude i tentativi messi in atto dall’organo giurisdizionale o dal giudice aditi al fine di giungere ad una composizione della controversia in questione nell’ambito del procedimento giudiziario oggetto della medesima. b) per “mediatore” si intende qualunque terzo cui è chiesto di condurre la mediazione in modo efficace, imparziale e competente, indipendentemente dalla denominazione o dalla professione di questo terzo nello Stato membro interessato e dalle modalità con cui è stato nominato o invitato a condurre la mediazione. Come si può notare, la definizione di mediazione è molto ampia, spaziando dai procedimenti avviati per iniziativa spontanea delle parti a quelli proposti o disposti dal giudice o dalla legge, comprendendo la mediazione facilitativa, nella quale il mediatore si limita soltanto a favorire un accordo, così come la mediazione valutativa, nella quale il mediatore può proporre una soluzione. Nel nostro ordinamento vi è lo strumento della procedura stragiudiziale di conciliazione, che in sostanza è l’equivalente della mediazione delineata nella Direttiva. A tal proposito si precisa che resta comunque salva la possibilità degli Stati membri di imporre alle parti l’esperimento di un tentativo obbligatorio di conciliazione, sia prima che dopo l’inizio della causa giudiziale, come previsto all’art. 5 della Direttiva, ferma restando quindi, in Italia, la previsione del tentativo obbligatorio di conciliazione stabilito nel nostro ordinamento per alcune materie, come ad esempio per quella di lavoro ex art. 410 c.p.c. Nella Direttiva 2008/52/CE si afferma il principio in forza del quale le parti gestiscono esse stesse il procedimento e possono organizzarlo come desiderano e porvi fine in qualsiasi momento. Tale procedimento può essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro, e include la mediazione condotta da un giudice che non è responsabile di alcun procedimento giudiziario concernente la controversia in questione. La Direttiva prevede, infatti, che l’organo giurisdizionale investito di una causa, previa valutazione discrezionale che tenga conto di tutte le circostanze del caso concreto, possa invitare le parti a ricorrere alla mediazione allo scopo di dirimere la controversia. Il medesimo organo può altresì invitare le parti a partecipare ad una sessione informativa sul ricorso alla mediazione, se tali sessioni hanno luogo e sono facilmente accessibili. 16 Test noi consumatori La Direttiva prevede inoltre che il contenuto dell’accordo, raggiunto in sede di mediazione, possa avere efficacia di titolo esecutivo qualora le parti convengano in tal senso (la richiesta deve essere fatta congiuntamente dalle parti o da una di esse con il consenso espresso delle altre). L’esecutività non può tuttavia essere concessa qualora l’accordo sia contrario alla legge dello Stato membro in cui viene presentata la richiesta o se detta legge non ne preveda l’esecutività. Viene altresì precisato che il contenuto dell’accordo potrà essere reso esecutivo in una sentenza, in una decisione o in un atto autentico da un organo giurisdizionale o da un’altra autorità competente in conformità del diritto dello Stato membro in cui è presentata la richiesta. Un ulteriore aspetto da evidenziare in relazione al provvedimento in esame è rappresentato dalla previsione delle c.d. linee guida sulla riservatezza: gli Stati membri sono infatti chiamati a garantire che (salvo diversa decisione delle parti) nè i mediatori nè le parti o gli altri soggetti coinvolti nella gestione del procedimento di mediazione siano obbligati a testimoniare nel procedimento giudiziario o di arbitrato, in merito ad informazioni risultanti da un procedimento di mediazione o connesse con lo stesso. Il vincolo di riservatezza, di carattere generale, non sussiste tuttavia nelle specifiche ipotesi, previste all’art. 7, in cui: “a) sia necessario per superiori considerazioni di ordine pubblico dello Stato membro interessato, in particolare sia necessario per assicurare la protezione degli interessi superiori dei minori o per scongiurare un danno all’integrità fisica o psicologica di una persona; oppure quando: “b) la comunicazione del contenuto dell’accordo risultante dalla conciliazione sia necessaria ai fini dell’applicazione o dell’esecuzione di tale accordo”. Altro aspetto fondamentale affrontato dalla Direttiva è il problema della decorrenza dei termini: al riguardo si specifica, all’art. 8, che gli Stati membri devono provvedere affinché alle parti che scelgono la mediazione non venga successivamente impedito di avviare un procedimento giudiziario o di arbitrato per il fatto che durante il procedimento di mediazione siano scaduti i termini di prescrizione o di decadenza. A tal fine è quindi prevista la sospensione dei termini di decadenza e prescrizione nel corso del procedimento di mediazione; di contro, la Direttiva non ha previsto un termine massimo di durata del periodo di sospensione, ovvero di durata del procedimento di mediazione, che sarebbe stato opportuno prevedere, anche considerando l’interesse ad una rapida conclusione del procedimento. Infine è dato risalto alla questione della qualità dei servizi di mediazione, aspetto fondamentale per la fiducia dei cittadini nello strumento della mediazione, oltre che per la fiducia reciproca tra gli Stati membri nelle rispettive procedure nelle fattispecie a carattere transfrontaliero. In virtù del disposto dell’art. 4 della Direttiva, agli Stati membri viene richiesto, seppur genericamente, di incoraggiare in qualsiasi modo l’elaborazione di codici volontari di condotta da parte dei mediatori e delle organizzazioni che forniscono servizi di mediazione, nonché l’ottemperanza ai medesimi, oltre che qualunque altro efficace meccanismo di controllo della qualità riguardante la fornitura di servizi di mediazione. Test noi consumatori 17 Speciale conciliazione La mediazione civile e commerciale nella normativa nazionale La mediazione dal decreto 28/10 al regolamento 180/10 Di Raffaella Grisafi R isale a poche settimana fa la venuta alla luce di un nuovo attesissimo intervento legislativo in materia di mediazione, il D.M. 180 del 20.10.101 recante i criteri per la determinazione delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, che arricchisce la disciplina della c.d. mediazione civile e commerciale. Il punto di partenza è il d.lgs n.28 del 4 marzo 20102 emanato in forza della delega conferita al Governo con l’art. 60 della l. 69/09 recante le “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di diritto civile” al fine di disegnare un sistema efficiente di conciliazione al contempo sviluppando ed integrando l’omologa disciplina dettata in materia di controversie societarie e intermediazione societaria dal d.lgs 17 gennaio 2003, n. 173. Le importanti novità introdotte attecchiscono in un ordinamento, quello italiano, ove già sono da tempo previste forme di risoluzione stragiudiziale e alternativa della controversia. Dai primi anni novanta infatti diversi testi legislativi vi fanno riferimento: così ad esempio la Legge 11 maggio 1990 n. 108 recante la conciliazione extragiudiziale sulle controversie in materia di diritto del lavoro (sindacali o amministrative) quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale nella disciplina dei licenziamenti; la Legge 29 dicembre 1993, n. 580 concernente l’istituzione di commissioni arbitrali e conciliative presso le Camere di Commercio; la Legge 18 giugno 1998, n. 192 sulla conciliazione e l’arbitrato in materia di subfornitura nelle attività produttive; il d.lgs n.385 del 1993, c.d. TUB all’art. 128 bis in materia bancaria, la l.291/98 in materia di diritti dei consumatori, il citato decreto legislativo 5/2003 i materia di liti societarie, il d.lgs n.70/2003 in materia di commercio elettronico. A ciò si aggiungano tutte le previsioni conciliative all’interno di procedimenti giudiziali come disciplinati dal codice di procedura civile. Il nuovo decreto4 va quindi ad inserirsi in un tessuto normativo che ha già familiarizzato con certi strumenti5 e che, a prescindere dal successo o meno sin ora ottenuto, rende più agile l’adattamento della neonata mediazione la quale così dovrebbe fortemente ridurre il pericolo di crisi di rigetto procedurali. Esso introduce il concetto di mediazione quale attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo 18 Test noi consumatori amichevole per la composizione di una controversia sia per la formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa6. Si crea così un doppio binario che deriva dalla previsione di due diverse modalità di mediazione: una per così dire facilitativa nella quale il mediatore aiuta le parti al raggiungimento di un accordo, e l’altra aggiudicativa che consiste nella formulazione di una proposta di conciliazione da parte del mediatore qualora l’accordo non venga raggiunto. Il risultato della mediazione, ossia l’accordo, assume il nome di conciliazione. I modelli di mediazione Il decreto n.28 prevede tre forme di mediazione: la c.d. mediazione obbligatoria7, la mediazione facoltativa8 e la c.d. mediazione delegata9. In particolare – ed è questa una delle novità di maggiore interesse – all’art. 5 si prevede che nei casi di controversie relative a condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di azienda,risarcimento del danno derivante da responsabilità medica, risarcimento del danno derivante da diffamazione con il mezzo della stampa o altro mezzo di pubblicità e contratti assicurativi, bancari e finanziari10, la mediazione sia condizione di procedibilità della domanda giudiziale11. Significa che in queste materie – dal marzo 2011 data di entrata in vigore dell’art. 5- chiunque voglia adire un giudice dovrà prima esperire un tentativo di mediazione della controversia dinnanzi ad un Organismo di Mediazione e solo successivamente, qualora il tentativo fallisca potrà continuare il normale iter giudiziario. Va osservato come tale previsione abbia destato non pochi dubbi di legittimità da parte di coloro i quali hanno ritenuto che così si violasse il diritto d’azione sancito dall’art.24 Cost. che fa salva la possibilità di ciascuno di ricorrere al giudice per far valere un proprio diritto, che ha tuttavia trovato l’avallo della Corte Costituzionale12 che ha avuto più volte modo di chiarire come, se è vero che la Costituzione afferma solennemente l’effettività della tutela giurisdizionale, è altrettanto vero che “l’ineffettività del modo di tutela può risolversi nella violazione della norma costituzionale, in quanto derivi direttamente dalla legge così come formulata e strutturata e non dalle modalità, più o meno efficaci della sua applicazione”. Né la violazione potrebbe sussistere, a parere della Corte, nell’eventuale ritardo che l’azione innanzi l’Autorità Giudiziaria andrebbe ad accumulare, perché l’art. 24 non garantisce l’immediatezza dell’azione, essendo possibile l’incidenza di oneri ex lege finalizzati alla tutela di interessi superiori13. Interessi che in tal caso si rinvengono nella finalità di imprimere una diminuzione nel numero dei casi di ricorso alla giurisdizione ordinaria (senza peraltro precluderne l’accesso) nonché di contribuire alla diffusione della cultura della risoluzione alternativa delle controversie. Quindi una tale previsione fa della mediazione uno strumento teso non solo ad ampliare l’opportunità di accesso alla giustizia mediante la previsione appunto di procedimenti che salvaguardino l’opportunità della domanda di giustizia grazie a procedimenti più snelli ed economici del processo, bensì anche ad alleggerire il carico processuale italiano, senza peraltro che ciò fosse stato richiesto in sede di recepimento dalla Direttiva 2008/752/CE14. Si aggiunga poi a conferma di una tale lettura che, nelle ipotesi di mediazione obbligatoria, qualora le parti non ne abbiano le possibilità economiche la procedura Test noi consumatori 19 di mediazione è totalmente gratuita in quanto si applica il Testo Unico sulle spese di giustizia in materia di patrocinio a spese dello Stato. Sul punto va osservato come tuttavia la legge abbia trascurato di aggiungere ulteriori indicazioni per cui allo stato non sono chiari quali dovrebbero essere i meccanismi interni idonei a facilitare in tal caso l’attività dell’Organismo di mediazione. Sempre in materia di mediazione obbligatoria si tenga presente che qualora dovessero esserci esigenze d’urgenza è fatta salva la possibilità di rinviare la mediazione come nel caso dei procedimenti d’ingiunzione o per convalida di licenza o sfratto ed in tutti gli altri casi indicati dall’art. 5 ai commi 3 e 4. Accanto a questo modello si prevede la mediazione facoltativa che liberamente scelta dalle parti gode degli stessi benefici fiscali di quella obbligatoria, e quella c.d. delegata, prevista dal comma 2 dell’art.5 in cui è il giudice (in qualunque momento purché prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa) che invita le parti a ricorrere alla mediazione. Va precisato che essa può intervenire anche qualora si sia già provveduto ad esperire un tentativo di mediazione obbligatoria di cui all’art. 5, 1 comma e questo sia fallito, ma il giudice successivamente, in corso di causa, individui comunque nuovi spazi di trattativa tra le parti. Il procedimento Il procedimento di mediazione, che avrà inizio con la presentazione di una domanda presso un Organismo di mediazione, non risente di limiti di competenza territoriale, per cui due litiganti di Palermo possono ad es. incardinare la lite dinnanzi ad un organismo di Milano perché liberi di scegliere il servizio di mediazione che ritengono più idoneo alle loro esigenze, dovrà avere una durata massima di 4 mesi e si concluderà con il raggiungimento di un accordo che se omologato dal giudice, assume tutti i crismi di una sentenza. Per cui costituirà titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale con la stessa forza appunto di una sentenza Va poi ancora osservato che qualora l’accordo invece non si raggiunga, la mediazione potrebbe comunque ancora serbare degli effetti sulla lite, infatti l’art. 13 prevede che qualora il provvedimento che definisce il giudizio corrisponda interamente al contenuto della proposta il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta in sede di conciliazione e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente nonché al versamento di una somma pari a quella dovuta per il contributo unificato. E la probabilità che l’accordo si trovi15, oltre quindi al rischio di vedersi condannati se si rifiuta illegittimamente l’accordo, è ulteriormente rafforzata dal gioco combinato di costi e benefici che il decreto disegna intorno a questo meccanismo per il quale si prevedono non solo l’esenzione dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura per tutti gli atti e documenti della conciliazione, bensì anche la maturazione di un credito di imposta per cui, diversamente da come avviene per esempio per la parcella dell’avvocato che non è certo scaricabile dalla dichiarazione dei redditi, in tal caso potranno detrarsi tutte le cifre spese per la conciliazione. Sul procedimento di mediazione vige l’obbligo di riservatezza di quanto dichiarato sia nei confronti dei terzi sia ne confronti delle pari stesse nel caso 20 Test noi consumatori in cui si tratti di informazioni acquisite in sessioni separate. Dette dichiarazioni non possono poi essere utilizzate nell’eventuale giudizio che dovesse istaurarsi sulla medesima questione neanche in sede di assunzione di testimonianza o di giuramento decisorio. Vi è pertanto, salvo che le parti non decidano diversamente, un altro grado di inutilizzabilità delle informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione che appunto tende a garantirne la riservatezza dando alle parti la possibilità di manifestare liberamente i loro reali interessi. Una volta conclusosi il procedimento se è raggiunto l’accordo il mediatore redige processo verbale contenente la proposta e l’accettazione delle parti e, se previsto dalle parti, l’obbligo del pagamento di una somma di denaro per ogni violazione, inosservanza o ritardo nell’adempimento degli obblighi ivi previsti. C’è poi un ulteriore aspetto degno di nota che riguarda la c.d. clausola di mediazione prevista dall’art. 5 e che disegna una sorta di quarto tipo di procedura per così dire contrattuale che trova appunto la sua fonte non nella legge, come nel caso dell’obbligatoria, né nel giudice, come nel caso della delegata, bensì nell’accordo stesso delle parti che preliminarmente all’insorgere della lite – già in sede di conclusione del contratto - possono statuire l’obbligo per le parti, in caso di controversia, di ricorrere ad un procedimento conciliativo con l’ulteriore previsione che nel caso in cui insorta la lite, non adempiano e si rivolgano direttamente al giudice, questi come nel caso della mediazione obbligatoria, assegnerà alle parti il termine di quindici giorni per presentare la domanda di mediazione, fissando una nuova udienza successiva al tentativo di mediazione. I protagonisti della mediazione Il sistema sin qui delineato, rappresenta sicuramente un elemento di grande novità per il contesto procedurale italiano ed introduce una sorta di piccola rivoluzione copernicana della gestione del conflitto ed in generale del contenzioso inserendo al fianco delle tante novità procedurali anche una serie di nuovi protagonisti: il mediatore, l’organismo di mediazione e l’organismo di formazione. Il mediatore è la persona fisica che svolge l’attività di mediazione al fine di giungere alla conciliazione delle parti, opera attraverso la ricerca di una soluzione soddisfacente per tutte le parti, abbandonando la ricerca delle ragioni di fatto e di diritto tipiche del giudice e piuttosto facendo emergere opportunità così gettando le basi anche per una serena prosecuzione dei rapporti in ambiti peraltro che costituiscono quotidiano terreno di scontro (si pensi ad una lite condominiale piuttosto che ad un sinistro stradale ossia ad una controversia con una banca). Per questa nuova figura professionale non si è prevista l’istituzione di un albo professionale piuttosto preferendosi inserirne la prestazione nell’ambito della organizzazione dell’Organismo di mediazione che si accolla così l’eventuale rischio dell’attività da questi svolta. Per svolgere tale attività è necessario – con il possesso della laurea triennale - aver frequentato un corso base di formazione della durata di almeno 50 ore tenuto da uno degli Organismi di formazione. Il mediatore è inserito all’interno dell’Organismo di mediazione che, anch’esso autorizzato ad hoc dal Ministero previa apposita procedura di accreditamento, si occupa di gestire l’intera procedura di mediazione, dal ricevimento della domanda sino alla formulazione della proposta o al raggiungimento (o fallimento) dell’accordo. Test noi consumatori 21 Sebbene non siano state previste forme di “specializzazione”per i mediatori, sono stati previsti degli elenchi – sempre da tenere presso l’organismo – in cui inserire coloro i quali siano particolarmente competenti in materie di rapporti di consumo o in materia internazionale e a cui gli organismi appunto potranno riservare le materie di queste aree disciplinari. È indubbio quindi che funzione strategica assume, in un tale panorama, la formazione di dette professionalità, affidata anche in tal caso ad Organismi accreditati dal Ministero della Giustizia ed autorizzati appunto a tenere corsi di formazione ed aggiornamento per i mediatori. Il punto di forza è sicuramente rappresentato dalla capacità di diversificare l’offerta formativa e dal livello di formatori per i quali, proprio con il recente regolamento n.180 del 20 ottobre 2010, è stato chiarito il percorso di formazione e soprattutto il bagaglio di requisiti richiesti. Fino all’intervento normativo di Ottobre infatti, il Ministero aveva affidato la definizione dei criteri di individuazione dei formatori – e degli enti di formazione (rectus organismi) alla previsione di due decreti ministeriali del 2004 emanati al fine di disciplinare la conciliazione in materia societaria. Con il decreto n.180 il sistema cambia radicalmente, così se prima un ente di formazione poteva avere anche solo 3 formatori che potevano essere scelti tra coloro i quali avessero frequentato un corso base di 32 ore o in alternativa tra magistrati in quiescenza, professori universitari di ruolo, anche in quiescenza, in materie giuridiche o economiche o iscritti ad albi professionali in materie giuridiche o economiche con anzianità di almeno 15 anni, attualmente è necessario per i docenti dei corsi teorici aver pubblicato almeno tre contributi scientifici in materia di mediazione, conciliazione o risoluzione alternativa delle controversie; per i docenti dei corsi pratici, di aver operato,in qualità di mediatore, presso organismi di mediazione o conciliazione in almeno tre procedure16. Per tutti i docenti, di avere svolto attività di docenza in corsi o seminari in materia di mediazione, conciliazione o risoluzione alternativa delle controversie presso ordini professionali, enti pubblici o loro organi, università pubbliche o private riconosciute, nazionali o straniere, nonché di impegnarsi a partecipare in qualità di discente presso i medesimi enti ad almeno 16 ore di aggiornamento nel corso di un biennio. Si tenga presente che l’obbligo formativo non si ferma ad uno step abilitante iniziale, ma necessita di un biennale aggiornamento, anch’esso affidato agli Organismi di formazione. È indubbio che, tanto i meccanismi di incentivazione fiscale quanto la celerità della procedura contribuiranno allo sviluppo di un meccanismo che risulterebbe un’ancora di salvezza per l’appesantito processo italiano, e per cui risulterà prezioso il contributo degli avvocati i quali peraltro sono stati investiti di precisi obblighi già dal marzo 2010, quando, con l’entrata in vigore del d.lgs n.18/10 si è sancito un preciso obbligo informativo a carico degli avvocati i quali sono ora tenuti ad informare i propri clienti dell’esistenza della mediazione e quindi di tutti i suoi diversi aspetti procedurali. Ciò al comprensibile fine di favorire la diffusione di uno strumento che necessita sì di una familiarizzazione procedurale ma, altresì, di un moto di cambiamento culturale che recepisca questa nuova concezione di gestione della controversia non più tesa a perdersi nei meandri dei lunghi procedimenti giudiziari bensì 22 Test noi consumatori tesa a risolversi nel giro di pochi mesi, con tutte le agevolazioni fiscali previste e soprattutto con la possibilità che, ove il mediatore sia un’abile negoziatore, la conciliazione divenga soprattutto la base di partenza per una nuova ridefinizione pacifica dei rapporti tra gli origini nari litiganti. Note: 1. Decreto 18 ottobre 2010, n. 180 recante il “Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonché l’approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.” Pubblicato in Gazzetta n,258 del 4-11-2010. 2. Pubblicato in Gazzetta Ufficiale 5 marzo 2010, n. 53. 3. Recante la “Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366” pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2003 - Supplemento Ordinario n. 8. 4. Il decreto legislativo 28/2010 prevede che chiunque può accedere alla mediazione per la conciliazione (intendendosi per mediazione il procedimento e per conciliazione l’accordo compositivo della controversia) di una controversia civile e commerciale riguardante diritti disponibili: ne deriva che deve necessariamente trattarsi di liti civili o commerciali aventi ad oggetto diritti disponibili, rimanendo conseguentemente esclusi dalla conciliazione i diritti non Test noi consumatori 23 disponibili come quelli della personalità, i diritti di famiglia, i diritti soggettivi pubblici. 5. A titolo esemplificativo si ricorda in materia di subfornitura la legge n.12 del 18.06.98; l’art. 2, comma 4 della l. n. 580 del 1993 disciplina la conciliazione presso le camere di commercio;la l. 135 del 29.03.01 in tema di turismo; l’art.71 quinquies della l. 633/41 in materia di diritto d’autore; art.46 della l. n.203 del 1982 in materia di contratti agrari; gli artt. 38-40 del d. lgs. n. 5 del 2003 la conciliazione in materia societaria; l. n. 129 del 2004 in materia di franchising, la legge 55 del 2006 in materia di patti di famiglia; il d. lgs. n. 179 del 2007 disciplina la camera di conciliazione e di arbitrato presso la Consob; per le controversie in materia bancaria e creditizia, v. l’art. 128-bis del relativo testo unico (d. lgs. n. 385 del 1993). 6. Sul punto F.P. Luiso “Il sistema dei mezzi negoziali per la risoluzione delle controversie civili” nel corso della relazione tenuta all’incontro di studio su “Autonomia privata e processo”, organizzato dal C.S.M. il 10-12 giugno 2009 osserva come “la giurisdizione non è da concepire solo come una funzione dello Stato moderno diretta all’attuazione del diritto nel caso concreto, ma anche – in primo luogo - come servizio pubblico diretto alla composizione delle controversie secondo giustizia (cioè con l’applicazione di criteri di giudizio oggettivi e predeterminati). La concezione della giustizia civile come servizio pubblico si estende fino a considerare che la composizione delle controversie ad opera di istituzioni (o il tentativo di comporle), quando non si realizza esclusivamente nell’ambito dell’autonomia privata delle parti (o dei relativi enti esponenziali), può essere affi-data non solo agli organi della giurisdizione statale, ma anche, in presenza della volontà concorde delle parti, ad istituzioni diverse dallo Stato (di cui sia assicurata la terzietà, l’imparzialità, nonché l’efficienza), mercé la rinuncia all’applicazione di canoni decisori oggettivi e prederminati.” 7. Cfr. Art. 5,1° comma, Condizione di procedibilità e rapporti con il processo “Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente ad sperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.” 8. Cfr. 5, comma 5, “Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, se il contratto, lo statuto ovvero l’atto costitutivo dell’ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice o l’arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo il giudice o l’arbitro fissa la successiva udienza quando la mediazione o il tentativo di conciliazione sono iniziati, ma non conclusi. La domanda è presentata davanti all’organismo indicato dalla clausola, se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti a un altro organismo iscritto, fermo il 24 Test noi consumatori rispetto del criterio di cui all’articolo 4, comma 1. In ogni caso, le parti possono concordare, successivamente al contratto o allo statuto o all’atto costitutivo, l’individuazione di un diverso organismo iscritto.” 9. Cfr. art.5, 2 comma, “Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può invitare le stesse a procedere alla mediazione. L’invito deve essere rivolto alle parti prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Se le parti aderiscono all’invito, il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.” 10. Nella relazione parlamentare della sezione bilancio al proposito si legge come “nella determinazione delle materie rispetto alle quali la mediazione è condizione di procedibilità sono stati tenuti presenti due criteri guida: sono state prescelte le controversie nelle quali il rapporto tra le parti è destinato a prolungarsi nel tempo e le cause che, oltre a presentare la caratteristica citata, conoscono una diffusione di massa e sono alla base di gran parte del contenzioso in atto. 11. Dittrich L., Il procedimento di mediazione del d.lgs n.28 del 4 marzo 2010, in www. Judiciaum.it afferma che: “La sovrabbondanza ed eterogeneità delle materie sottoposte ad obbligatoria mediazione, lungi dall’ampliare le possibilità di successo dell’istituto, rischiano di condannarlo all’insuccesso: un insuccesso costoso, sia in termini di tempo, sia in termini di esborsi. Molto più ragionevole sarebbe stato, per la prima fase di avvio della nuova normativa, prevedere un numero limitato e possibilmente omogeneo di controversie, indicando anche un tetto massimo di valore.” 12. Cfr. Corte Cost. 24 marzo 2006 n.125, in Giur. Cost., 2006,1186; Corte Cost. 9 luglio 2008 n.296 in Sito uff. Corte Cost., 2008. Parimenti sempre la Corte costituzionale con la sentenza 13 luglio 2000, n. 276, in Foro It., 2000, I, 2752 ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 410, 410 bis e 412 bis c.p.c., per essere, la previsione dell’obbligatorietà del tentativo di conciliazione per le controversie di cui all’art. 409 c.p.c., rispettosa della delega di cui alla l. n. 59/97, come parimenti infondata è stata ritenuta la medesima questione sollevata in quanto il tentativo obbligatorio di conciliazione per le controversie di cui all’art. 409 c.p.c. limiterebbe il diritto d’azione ritardandone l’esercizio e facendo sorgere questioni processuali inutili e contrarie alla finalità deflativa perseguita dal legislatore, in riferimento all’art. 24 Cost. 13. Cfr. Corte cost. 13 luglio 2000, n. 276, cit. 14. La Direttiva 52/2008/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008 pubblicata in G.U.U.E. L.136 del 24 maggio 2008 al considerando n.14 e art.5 par. 2 , fa semplicemente “salva la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario” rendendo la scelta opzionale per i singoli Stati. 15. Diffidano nelle capacità deflattive della mediazione Bove M., La riforma in materia di conciliazione tra delega e decreto legislativo in Rivista di Diritto Processuale 2010, 327 che precisa come “non si può pensare che la conciliazione sia la soluzione alla lentezza della giustizia statale, perché, ci sarà sempre una parte che vuole approfittare di quella lentezza. Inoltre imporre un tentativo di conciliazione non ha molto senso perché esso ha successo solo quando le parti lo scelgono consapevolmente come metodo alternativo ossia come metodo che non giudica dei diritti ma che valuta gli interessi sottostanti.”; Caponi R., La riuscita della legge per ridurre il contenzioso passa per un’adeguata formazione degli operatori, in Il sole 24 ore, 2010, 12, p. 48 a proposito della mediazione obbligatoria del Test noi consumatori 25 d.lgs n.28 “sugli esiti incombe lo spettro dello scarso successo del tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie di lavoro (ove infatti si ritorna al regime di facoltatività).” Nello stesso senso Cuomo Ulloa F., Lo schema di decreto legislativo in materia di mediazione e conciliazione in I contratti, 2010, 209 che richiama i fallimenti dell’obbligatorietà in materia di lavoro o ex art.410 ss c.p.c.; Lombardini I., Considerazioni sulla legge delega in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili commerciali, in Studium Iuris, 1/2010, p.8. Diversamente Marinaro R. (a cura di), La mediazione delle liti civili e commerciali un nuovo strumento al servizio delle imprese, in Inserto a Costo Zero, 2010,3, p.1 :“le esperienze negative vissute per la conciliazione obbligatoria nei rapporti di lavoro non devono e non possono costituire un corretto parametro di paragone in quanto la struttura della riforma dovrebbe consentire un approccio del tutto diverso soprattutto in virtù della professionalità degli organismi e dei mediatori ai quali saranno affidate le procedure”. 16. Cfr. D.M. 180/10Art. 18 Criteri per l’iscrizione nell’elenco. 1. Nell’elenco sono iscritti, a domanda, gli organismi di formazione costituiti da enti pubblici e privati. 2. Il responsabile verifica l’idoneita’ dei richiedenti e, in particolare: la capacita’ finanziaria e organizzativa del richiedente, nonche’ la compatibilita’ dell’attivita’ di formazione con l’oggetto sociale o lo scopo associativo; ai fini della dimostrazione della capacita’ finanziaria, il richiedente deve possedere un capitale non inferiore a quello la cui sottoscrizione e’ necessaria alla costituzione di una societa’ a responsabilita’ limitata; b) i requisiti di onorabilita’ dei soci, associati, amministratori o rappresentanti dei predetti enti, conformi a quelli fissati dall’articolo 13 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58; c) la trasparenza amministrativa e contabile dell’ente, ivi compreso il rapporto giuridico ed economico tra l’organismo e l’ente di cui eventualmente costituisca articolazione interna al fine della dimostrazione della necessaria autonomia finanziaria e funzionale; d) il numero dei formatori, non inferiore a cinque, che svolgono l’attivita’ di formazione presso il richiedente; e) la sede dell’organismo, con l’indicazione delle strutture amministrative e logistiche per lo svolgimento dell’attivita’ didattica; f) la previsione e la istituzione di un percorso formativo, di durata complessiva non inferiore a 50 ore, articolato in corsi teorici e pratici, con un massimo di trenta partecipanti per corso, comprensivi di sessioni simulate partecipate dai discenti, e in una prova finale di valutazione della durata minima di quattro ore, articolata distintamente per la parte teorica e pratica; i corsi teorici e pratici devono avere per oggetto le seguenti materie: normativa nazionale, comunitaria e internazionale in materia di mediazione e conciliazione, metodologia delle procedure facilitative e aggiudicative di negoziazione e di mediazione e relative tecniche di gestione del conflitto e di interazione comunicativa, anche con riferimento alla mediazione demandata dal giudice, efficacia e operativita’ delle clausole contrattuali di mediazione e conciliazione, forma, contenuto ed effetti della domanda di mediazione e dell’accordo di conciliazione, compiti e responsabilita’ del mediatore; g) la previsione e l’istituzione di un distinto percorso di aggiornamento formativo, di durata complessiva non inferiore a 18 ore biennali, articolato in corsi teorici e pratici avanzati, comprensivi di sessioni simulate partecipate dai discenti ovvero, in alternativa, di sessioni di mediazione; i corsi di aggiornamento devono avere per oggetto le materie di cui alla lettera f); h) che l’esistenza, la durata e le caratteristiche dei percorsi di formazione e di aggiornamento formativo di cui alle lettere f) e g) siano rese note, anche mediante la loro pubblicazione sul sito internet dell’ente di formazione; i) l’individuazione, da parte del richiedente, di un responsabile scientifico di chiara fama ed esperienza in materia di mediazione, conciliazione o risoluzione alternativa delle controversie, che attesti la completezza e l’adeguatezza del percorso formativo e di aggiornamento. 3. Il responsabile verifica altresi’: a) i requisiti di qualificazione dei formatori, i quali devono provare l’idoneita’ alla formazione, attestando: per i docenti dei corsi teorici, di aver pubblicato almeno tre contributi scientifici in materia di mediazione, conciliazione o risoluzione alternativa delle controversie; per i docenti dei 26 Test noi consumatori corsi pratici, di aver operato, in qualita’ di mediatore, presso organismi di mediazione o conciliazione in almeno tre procedure; per tutti i docenti, di avere svolto attivita’ di docenza in corsi o seminari in materia di mediazione, conciliazione o risoluzione alternativa delle controversie presso ordini professionali, enti pubblici o loro organi, universita’ pubbliche o private riconosciute, nazionali o straniere, nonche’ di impegnarsi a partecipare in qualita’ di discente presso i medesimi enti ad almeno 16 ore di aggiornamento nel corso di un biennio; b) il possesso, da parte dei formatori, dei requisiti di onorabilita’ previsti dall’articolo 4, comma 3, lettera c). Test noi consumatori 27 www.adiconsum.it Un click e sei in Adiconsum! Online per te tutte le notizie ed i servizi dell’associazione: • • • • • news e attualità dei consumi comunicati stampa eventi (forum, seminari, convegni, corsi) dossier e studi specifici facsimile di reclami, ricorsi, richieste di risarcimento • tutte le pubblicazioni (Test noi consumatori, Guide del consumatore, Adibank, CD Rom ecc.) • iscrizione e consulenza online Partecipa anche tu alla nostra attività di difesa del consumatore: sei il benvenuto tra noi! Adiconsum, dalla parte del consumatore. Direttore: Paolo Landi • Direttore responsabile: Francesco Guzzardi • Comitato di redazione: Riccardo Comini, Pietro Giordano, Fabio Picciolini, Grazia Simone • Amministrazione: Adiconsum, via Francesco Gentile 135, 00173 - Roma • Reg. Trib. Roma n. 350 del 9.06.88 • Iscriz. 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