l'Adige Questo spazio è dei lettori. Per consentire a tutti di poter intervenire, le lettere non devono essere di lunghezza superiore alle trenta righe, I altrimenti verranno tagliate dalla redazione. Vanno indicati sempre nome, cognome, indirizzo e numero di telefono. Le lettere pubblicate dovranno avere necessariamente la firma per esteso, tranne casi eccezionali. Lettere anonime o siglate con pseudonimi vengono cestinate. mercoledì 7 settembre 2011 R Trento, il centro è lindo Ma la periferia è trascurata evidente l’impegno dell’amministrazione comunale a tenere pulito il centro storico della città, tuttavia, qualche passo oltre, la pulizia latita e, in alcuni casi, il degrado e la sensazione di abbandono prendono il sopravvento. Forse perché in periferia non si pagano o si pagano in misura inferiore le tasse per avere analogo servizio? Altra considerazione. Quasi quotidianamente percorro la stradina che collega la Piazza dei Cappuccini (Cervara) a Via Pontara dove resti di cibo, bottiglie, cocci di vetro, lattine, vasetti di yogurt, pacchetti di biscotti e/o fette biscottate, stracci, cartacce, pacchetti di sigarette ecc. la fanno da padrone. Inoltre, il punto più nascosto della stradina è stato trasformato in un vero e proprio gabinetto a cielo aperto con conseguenze ben immaginabili. Mi pongo allora una domanda: le persone che frequen- È Università e lavoro, la novità Tirocinio retribuito per i nostri ingegneri ANTONIO ARMANI (segue dalla prima pagina) Penso anche che la professione di ingegnere sia una delle più affascinanti e culturalmente appaganti. Sono altrettanto felice che le immatricolazioni alla facoltà di ingegneria di Trento abbiano avuto una impennata. Occorre però fare delle considerazioni pratiche sulle prospettive e le ricadute che la situazione attuale proporrà alla massa di ingegneri che annualmente si riversano e si riverseranno nel mondo del lavoro. Ricordo al lettore che l’Ordine di Trento iscrive annualmente oltre 200 ingegneri al proprio albo, dimostrando al legislatore romano poco informato e attento che siamo già una professione liberalizzata e che non esistono ostacoli nell’intraprendere la professione. Siamo la terza provincia italiana con maggior densità territoriale di ingegneri. Ai miei tempi, si diceva che la facoltà di ingegneria era molto selettiva, che arrivare alla laurea fosse veramente faticoso e il percorso quinquennale era davvero molto selettivo non solo per la durezza delle materie ma anche per la severità dei professori. Diventare ingegnere era quasi garanzia di successo nel lavoro. Oggi le cose sono fondamentalmente cambiate, a iniziare dalla sciagurata idea di introdurre la laurea triennale, e l’Università, in senso lato, si è trasformata in una sorta di liceo superiore. Ovviamente c’è sempre l’ipotesi che i nostri giovani siano molto più intelligenti e brillanti di noi. Il laureato triennale è stato illuso dal legislatore; avrebbe avuto delle competenze ben specifiche, ma come spesso avviene nel nostro amato paese, le leggi creano confusioni e conflitti, anziché certezze. Del triennale oggi, non sono ancora chiare le competenze; è poco più di un geometra e molto meno di un ingegnere quinquennale. Per fortuna a livello nazionale si sta correndo ai ripari riproponendo la laurea quinquennale. Parlando con dei liceali che dovevano scegliere la facoltà ho raccolto con sorpresa che molti si iscrivevano a ingegneria perché tutto sommato, è ritenuta non più insidiosa di altre facoltà. Aggiungiamo che per fortuna la nostra città è veramente vivibile e bella ed ecco serviti i due ingredienti fondamentali per la scelta del futuro di un giovane. I dati nazionali e locali delle facoltà di ingegneria ci indicano che non esiste disoccupazione fra i giovani ingegneri neolaureati; tali dati li accettiamo come dati statistici ma ci chiediamo da quale realtà a questione dei costi della politica ha finito con l’investire anche il sistema delle autonomie comunali trentine sotto il duplice profilo delle indennità degli amministratori e del numero dei Comuni, entrambi da molti ritenuti eccessivi. A tal proposito, pur consapevole di pormi fuori dal coro, dico subito di non condividere tale opinione. In primo luogo, pur consapevole della necessità di non eludere il tema in questione, rilevo come i Comuni non possano essere valutati con un approccio meramente ragionieristico. Essi, infatti, sono anche e soprattutto identità, storia, cultura ed appartenenza: in una parola Comunità, quella vera, ovviamente, quella che ha alle spalle secoli di storia condivisa, e non quella artificiosamente creata da Dellai e soci nel 2006. Tutti valori, questi, che difficilmente possono essere monetizzati, ma la cui importanza per la vita della nostra gente mi pare difficilmente negabile. Ciò non significa che il numero dei Comuni trentini sia intangibile, ma la questione va affrontata cum grano salis, senza cedere alla demagogia. E qui faccio riferimento a chi, da un lato invoca la soppressione di buona parte dei Comuni trentini, dall’altro nulla dice sulle Comunità di valle. Se di costi della politica si vuole (e si deve) parlare, cominciamo in primo luogo dalle Comunità di valle, enti estranei alla nostra storia, rifiutati dai Trentini con livelli clamorosi di diserzione dalle urne, e a tutt’oggi, dopo oltre sei anni, ancora fermi, che altro L arrivino. Se per occupazione intendiamo la precarietà del neolaureato a prestarsi a qualunque lavoro o a qualunque incarico di dottorato allora probabilmente i conti tornano. A me risulta che la maggioranza dei giovani laureati, non trovando sbocchi nel ramo industriale ed essendo bloccate le assunzioni nel pubblico, non trovino altro di meglio che buttarsi nella libera professione. E qui nascono i guai attuali. I giovani, nel panorama normativo attuale, non hanno alcuna possibilità di emergere autonomamente. Non hanno possibilità di farsi un curriculum importante in quanto le leggi, in questo sì, hanno creato un forte sbarramento all’intrapresa dei giovani. Alla fine non rimane loro che occuparsi di sicurezza. All’interno di questo panorama ci siamo quindi sentiti in dovere di incontrare il Preside della facoltà di ingegneria che con molto entusiasmo ha accettato un confronto serio e concreto, per cercare di dare nuove prospettive di lavoro ai giovani laureati ingegneri, che vadano oltre la libera professione e il pubblico impiego. Abbiamo un territorio che è un laboratorio naturale, abbiamo delle strutture di ricerca di eccellenza e strutture pubbliche che potrebbero anche loro unirsi nello sforzo comune di cercare nuovi mercati e creare tecnici ingegneri ad altissima specializzazione in vari settori. Abbiamo inoltre coinvolto gli Ordini provinciali di Bolzano e Verona per proporre assieme, primi in Italia, un tirocinio facoltativo retribuito di un anno, che prepari gli ingegneri al mondo del lavoro staccandoli dalla pura teoria dello studio e preparandoli all’esame di stato che stiamo cercando di rendere non una pura formalità ma uno strumento utile per verificare la preparazione del futuro ingegnere che dovrà operare nel rispetto della salute pubblica. Con soddisfazione, ho riscontrato che le nostre preoccupazioni sono state recepite prontamente anche dal presidente Dellai che ci ha incoraggiati nel perseguire in questa direzione. Speriamo che dalla teoria si riesca a passare velocemente alla pratica. Nei prossimi giorni presenteremo ufficialmente il nostro progetto, assieme al preside di Ingegneria, professor Tubino. Il tutto per cercare di riaffermare il ruolo, forse oggi un po’ sbiadito, dell’ingegnere nella società del futuro . Più ingegneria, meno finanza! Antonio Armani Presidente dell’Ordine degli Ingegneri del Trentino I costi della politica Tagliate le Comunità, non i Comuni RODOLFO BORGA non faranno che aggiungere burocrazia a burocrazia. Il tutto comprimendo fortemente le autonomie comunali, trattenendo nel contempo ben saldo il timone in mano alla Giunta provinciale. Se di tagli dobbiamo parlare, incominciamo con il tagliare le costose Comunità. In tal modo al consistente risparmio ottenuto, si aggiungerebbe il riconoscimento del ruolo degli enti da sempre più vicini ai cittadini. E a chi obietta che i Comuni non sarebbero in grado di fornire servizi adeguati, è facile rispondere che alla gestione associata dei servizi possono provvedere anche le Amministrazioni comunali, così come accade(va) da tempo, ad esempio, in materia di polizia urbana. Peraltro un percorso di unificazione dei Comuni si è già spontaneamente avviato, indicando la strada da perseguire, senza la necessità di inopportune forzature. Venendo ora al problema delle indennità, personalmente ritengo che le indennità di sindaci ed assessori comunali non siano eccessive in considerazione delle responsabilità e dell’impegno che tali ruoli comportano, così come ho avuto modo di apprendere nei miei oltre otto anni da sindaco. E ciò anche per i Comuni di più ridotte dimensioni, di cui molti invocano la soppressione, come se il problema dei problemi fosse quello delle indennità dei relativi amministratori. Prendiamo, dunque, ad esempio proprio questi Comuni e vediamo che l’intera Giunta costa complessivamente 31.464 euro all’anno (con compensi che per il Sindaco sono di 1.140 e per gli assessori di 342 euro al mese lordi). Cifra considerevole qualcuno dice, senza però considerare l’importanza che la presenza di un Comune ha per la relativa Comunità, né, soprattutto, i costi per la collettività trentina di altre brillanti iniziative. A solo titolo d’esempio (si tratta di gocce nell’oceano) mi permetto di ricordare il calendario «glocal» pubblicato lo scorso anno «per celebrare un mondo biodiverso, non uniforme, non omologato» ed il cofanetto contenente un opuscolo ed un dvd, aventi ad oggetto la storia dei musulmani aleviti turchi. Il costo delle simpatiche iniziative, entrambe promosse dalla nostra allegra Provincia, è stato pari a complessivi 32.589, superiore ad un intero anno di quello delle Giunte di uno dei piccoli Comuni trentini. Ed allora, mi chiedo, sapendo che di spese come questa il bilancio provinciale è infarcito, chi è più utile alla Comunità trentina: gli 51 via Missioni Africane, 17 38121 Trento Fax: 0461 - 886263 E-Mail: [email protected] Raccolta differenziata? Meglio partire a monte ispondo a Giorgio Perversi di Tione che sull’Adige del 31 agosto manifesta la sua opinione sulla raccolta differenziata. Ha ragione perché la raccolta differenziata è una di quelle cose fatte «all’italiana», ossia le solite amministrazioni comunali, per farsi belle, decidono di fare cose senza pensare, prima, a quello che fanno, ponderatamente. D’altronde è sempre stato così e la frase celebre «armiamoci e partite» viene sempre applicata dai nostri politici. Dai comuni ai governi. Il rasoio da barba usa e getta è fatto di tre componenti: il manico, la lametta e il coperchietto. Sono tre sostanze differenti per cui, così com’è, il rasoio usato dove lo mettiamo? Nel contenitore per la plastica no perché c’è il metallo. Nel metallo no perché c’è la plastica. Dovrebbe essere smontato e separare il metallo dal manico e dal coperchietto se non sappiamo a quale plastica appartiene ossia se è riciclabile o no. Chi è il colpevole della produzione di questo rifiuto? Il compratore, il venditore o il produttore? Pertanto, prima di iniziare a fare una raccolta caotica e piena di incertezze chiamata differenziata (grazie alle multe i comuni se ne avvantaggiano), sarebbe opportuno che i signori che immettono sui mercati merce da enigmistica, fossero obbligati a produrre oggetti riciclabili totalmente e se non è possibile si accollino, loro, le spese dello smaltimento. Troppo facile? In Italia è più facile far dannare il cittadino. Vero? Massimo Castellari - Lastra a Signa, Firenze I Lettere&Commenti tano ed usufruiscono gratuitamente della mensa allestita presso il Convento dei Frati Cappuccini, godono anche del diritto di lasciare traccia del loro passaggio? Ilario Battisti I Governo irresponsabile, se ne deve andare on abbiamo messo le mani nelle tasche degli italiani». La frase corretta è questa: «Non abbiamo messo le mani nelle tasche degli italiani ricchi». Gli altri se la vedano con i 40 anni di lavoro come requisito minimo per la pensione, da tassare subito. I dilettanti allo sbaraglio della politica italiana continuano a fare danni. In fretta e furia la «solida coesione» registrata a Villa San Martino veniva rimessa in discussione, Calderoli incontrava Sacconi. Il furto è stato scoperto e gli autori riconsegnano la refurtiva ai legittimi proprietari che hanno pagato di tasca propria, fior di milioni, il riscatto degli anni di università e quello per il servizio militare. Le manovre economiche non possono essere oggetto di baratto, si legiferano in Parlamento e non si impongono con il voto di fiducia. Possiamo chiamarla il «porcellum» delle manovre; così come la legge elettorale ha ingabbiato la vita politica italiana, i provvedimenti resi noti alcuni giorni fa rischiano di uccidere qualsiasi stimolo alla crescita. Secondo il ministro Brunetta di una manovra ogni quattro giorni si può anche morire. Difficile, per una volta, dargli torto. Anche se a morire è il Paese e non questo governo. L´ultima manovra è durata meno di un giorno. Dare dei dillettanti a questi politici è un complimento, ma per fortuna la fine di questo ventennio non è lontana. Qualche volta noi italiani abbiamo dimostrato al mondo di avere carattere, senso di appartenenza allo Stato, coraggio e buon senso una di queste il 30 aprile del 1993 quando davanti all’Hotel Raphael di Roma migliaia di persone proclamarono la dipartita di Bettino Craxi. Ricordate bene l’intercettazione della telefonata tra Lavitola e il miglior premier degli ultimi 150 anni (candidato premio nobel nel 2010) «Io... tra qualche mese me ne vado per i c...i miei... da un’altra parte e quindi... vado via da questo paese di merda... di cui... sono nauseato... punto e basta...». In questo momento lo spread è di 351 punti tra i bund tedeschi e Btp italiani. Sveglia. La Bce ci chiede riforme e il rispetto dell’impegno a ridurre il debito pubblico e niente altro. Noto in questi giorni la mancanza di commenti dei «filo B» per la difesa della manovra, hanno vergogna o sono in ferie? Enrico Salvetti «N amministratori di Fierozzo, Sfruz o Bresimo o bizzarre iniziative quali quelle sopra ricordate? Ed ancora mi chiedo, cosa dovremo tagliare prima: i piccoli Comuni o i calendari «glocal» e le opere sui musulmani aleviti turchi? Nel concludere, però, una sintetica annotazione. È ormai del tutto evidente la volontà della Giunta provinciale di trasferire in tempo breve alle Comunità di valle molte (tutte le più importanti) competenze oggi facenti capo ai Comuni: anagrafe, tributi, edilizia privata e pubblica, commercio (a tal riguardo sono chiarissime le recenti dichiarazioni dell’assessore Gilmozzi). E ciò nel silenzio, oltreché del Consiglio delle Autonomie, di molti, troppi, amministratori comunali, evidentemente più preoccupati di rispondere ai propri referenti di Trento, che non delle sorti dei loro Comuni. Se ciò avverrà, allora sì che molti Comuni e relativi amministratori diverranno inutili e che le loro indennità saranno giustamente considerate una spesa ingiustificata. Noi faremo quanto ci è possibile perché ciò non avvenga, ma da soli ben difficilmente riusciremo a fermare il processo in corso. Sugli amministratori comunali trentini grava quindi ora una grande responsabilità: in gioco non sono, infatti, il loro ruolo e le loro indennità, ma stesse le Comunità che i cittadini hanno loro affidato. Con giusto orgoglio rivendicate il vostro ruolo: difendetelo fino in fondo, rigettando le pressioni politiche, perché con esso voi difendete una parte importante della storia della nostra Terra. Rodolfo Borga È consigliere provinciale del Pdl