L'Emilia-Romagna è una regione dell'Italia settentrionale di 4.242.517 abitanti, con capoluogo Bologna. È bagnata a est dal Mar Adriatico, confina a nord con il Veneto e la Lombardia, a ovest con il Piemonte e la Liguria, a sud con la Toscana, le Marche nonché la Repubblica di San Marino. Essa è composta dall'unione di due regioni storiche: l'Emilia, che comprende le province di Piacenza, Parma, Reggio, Modena, Ferrara e buona parte della provincia di Bologna, con il capoluogo, e la Romagna, con le rimanenti province di Ravenna, Rimini, Forlì Cesena e la parte orientale della provincia di Bologna (Imola e zone limitrofe). La Romagna storica comprende peraltro piccoli territori nelle Marche e in Toscana. L'Emilia-Romagna è una regione prevalentemente pianeggiante, infatti le pianure occupano il 47,8% del suo territorio. Le colline, il 27,1% del territorio, e le montagne, il 25,1% del territorio, si trovano nel meridione della regione. La pianura emiliano-romagnola è solcata da numerosi fiumi, tutti provenienti dall’Appennino, non sempre navigabili e quasi tutti con un percorso breve. A nord, invece, il Po segna il confine con la Lombardia ed il Veneto. L'Emilia-Romagna è considerata una delle regioni più ricche d'Europa, con tassi d'occupazione che superano il 70% (80% a Modena e Reggio Emilia); il tasso di disoccupazione della regione (2,9%) corrisponde ad un regime di piena occupazione, e il reddito pro-capite è tra i più alti a livello europeo. Questo ha favorito negli ultimi anni un enorme arrivo di immigrati nelle città, solo per fare un esempio Modena e Reggio Emilia sono al vertice come percentuali di immigrati residenti. Con una statistica di giugno 2007 condotta da Unioncamera, Bologna e Modena sono risultate rispettivamente la terza e la quarta città più ricche d'Italia, dietro solo a Milano e Biella. La regione, secondo un'altra indagine svolta da Eurostat nel 2002, è risultata la 23° regione europea per quanto riguarda il PIL pro capite, terza italiana dopo la provincia autonoma di Bolzano e la Lombardia. Come nel resto d'Italia, vi sono numerose piccole aziende a conduzione familiare, con produzioni di vario tipo. Inoltre sono molto diffuse le cooperative, soprattutto nelle zone di Reggio Emilia e Modena e nella Romagna. Il confronto dei dati regionali dei macro settori economici con quelli nazionali, mette in evidenza come nella regione il peso del settore industriale sull'economia regionale, sia superiore al dato nazionale, evidenziando quindi la forte vocazione industriale dell'Emilia-Romagna. Attività economiche in Emilia Romagna Agricoltura, silvicoltura e pesca Industria "convenzionale" Costruzioni Commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni Intermediazione monetaria e finanziaria; attività immobiliari ed imprenditoriali Altre attività di servizi Peraltro, come accade per la regione Veneto questa maggiore incidenza dell'industria, si riflette su un minor peso che ha sull'economia regionale tutto quanto ricade nel settore Altri Servizi, dove essenzialmente sono raggruppati i servizi resi dalla pubblica amministrazione, sanità, servizi sociali ed istruzione pubblica. Nel settore primario, il più importante d'Italia per esportazioni, la regione può contare su un forte sviluppo su tutta la Pianura Padana e in Romagna. Sono molti i prodotti DOP e IGP coltivati in regione, ed è diffuso l'allevamento di bovini e suini. L' Emilia-Romagna, condividendo il territorio della Pianura Padana è regione fertilissima (il rapporto tra raccolto e seminato è tra i più alti d'Italia); questo è il frutto di lavori di bonifica cominciati in epoche anche remote; la rete d'irrigazione e canalizzazione è efficiente e non per caso alcune delle più grandi aziende di macchinari agricoli hanno sede qui. Le colture tipiche sono cerealicole (grano e mais soprattutto), vinicole anche fino a 800 metri in collina ed ortofrutticole (pesche e nettarine, albicocche, fragole, cachi, pere, patate, angurie, asparagi, zucche, meloni, aglio, legumi (fagioli e fave), kiwi (con alcune specie di origine locale), ciliegie, etc…); da ricordare il primato nazionale nella produzione di barbabietola da zucchero. Le maggiori aziende alimentari hanno sede nei distretti di Parma e Modena in Emilia e di Cesena e Ravenna in Romagna. (Parma è stata scelta come sede della istituzione europea nel controllo del settore, l'EFSA). Anche il settore dell'allevamento è molto sviluppato in particolare quelli suino e bovino. Il ministero delle Politiche agricole e alimentari, in collaborazione con la regione Emilia-Romagna, ha riconosciuto 184 prodotti emiliani e romagnoli come "tradizionali" Anche il settore secondario è molto sviluppato: oltre alle già citate industrie alimentari e quella meccanica ad esse connessa (selezione , lavorazione e confezione ortofrutta) possiamo trovare Aziende di informatica (Rimini, ForlìCesena e Bologna), elettronica (Bologna) e meccanica di precisione (Forlì-Cesena, Ravenna e Bologna), industrie tessili (Forlì-Cesena, Ravenna e Modena) e calzaturiere (distretto di San Mauro Pascoli e Savignano sul Rubicone), fabbriche di auto e moto dai marchi famosi in tutto il mondo (Bologna e Modena), aziende chimiche e farmaceutiche (Forlì-Cesena, Ravenna e Bologna), mobilifici, industria e artigianato della ceramica (Ravenna e Modena) e della plastica (Forlì-Cesena) ed imprese di costruzioni di rilevanza mondiale. Molte industrie sono di piccole dimensioni, e sono a conduzione familiare oppure organizzate in cooperative. La regione è seconda in Italia per lavorazione e creazione di prodotti artigianali. Nel ravennate è molto sviluppata l'industria petrolchimica, ed è presente uno dei più importanti porti dell’Adriatico, il maggiore a gestione privata. Il settore terziario è anch'esso sviluppato; la riviera romagnola è centro d'attrazione turistica sia d'estate per la ricca ed organizzatissima ricettività (più di 5000 alberghi) che negli altri periodi dell'anno per i numerosi locali d'intrattenimento giovanile; si stima che durante un anno sono circa 10 milioni i turisti che la popolano; italiani e moltissimi stranieri soprattutto dalla Germania e dall'Olanda. Discreto anche il turismo invernale sulle località sciistiche dell'Appennino, fra cui ricordiamo Sestola e le altre località alle pendici del Monte Cimone, e il Corno alle Scale, nel bolognese. Molto sviluppato il turismo artistico nelle città d'arte (noti in tutto il mondo sono i mosaici di Ravenna), specialmente dall'estero. Altrettanto importanti sono il turismo d’affari (con tre importanti poli fieristici: Parma, Bologna e Rimini), quello termale (Riolo Terme, Castrocaro Terme (sede del festival delle voci nuove), Salsomaggiore (sede di Miss Italia) e Bagno di Romagna) e quello sportivo (in regione si tengono eventi legati alla Formula 1, al ciclismo, al motociclismo, alla vela ed ad altri sport). La regione è il nodo commerciale più importante del paese, Bologna è un nodo ferroviario di primaria importanza nel Nord, la sua stazione merci è la più grande d'Italia come volume di traffico. Altri centri di smistamento merci importanti sono gli interporti di Campogalliano, Parma, Bologna e Cesena ed il Porto di Ravenna. In Emilia confluiscono, poi, alcune tra le principali autostrade del paese (A1, A13, A14, A15, A21 e A22). In regione troviamo anche tre aeroporti civili (Bologna, Forlì e Rimini), di cui uno internazionale, e 3 porti passeggeri (Ravenna, Rimini e Cesenatico). L'identità etno-culturale della Romagna è sempre stata forte mentre per l'Emilia la questione è controversa. Infatti, a partire dal 568 d.C. (anno dell'arrivo dei Longobardi nella Pianura Padana) fino al 1859, questo territorio si è chiamato Lombardia (o Longobardìa, in contrapposizione a Romanìa, l'odierna Romagna); i suoi abitanti erano definiti lombardi. È vero però che questa definizione fu imposta dai Longobardi dopo aver invaso parte del territorio della regione romana composta dalle città di Forum Livii (Forlì), Forum Cornelii (Imola), Faventia (Faenza), Bononia (Bologna), Mutina (Modena), Regium (Reggio Emilia), ovvero l'VIII regione di Augusto, denominata appunto Emilia. Al momento dell'invasione franco-piemontese, per evitare la costituzione di un blocco lombardo troppo potente, la dinastia dei Savoia creò ex-nuovo il concetto di "Emilia" (riesumando per l'occasione il nome dell'antica regione augustea). Questo comportò il cambiamento di diversi toponimi. Ad esempio, Reggio Emilia, prima dell'Unità d'Italia, era chiamata semplicemente Reggio o anche Reggio di Lombardia. Le principali entità statali storiche che hanno caratterizzato il territorio della regione sono il Ducato di Parma e Piacenza, il Ducato di Modena e Reggio e il Ducato di Ferrara; la Romagna è stata parte per diversi secoli dello Stato Pontificio, almeno nominalmente, mentre Bologna è stata per alcuni periodi città di confine tra Longobardìa e Romanìa, ma fra alterne vicende lo Stato Pontificio ha quasi sempre avuto il sopravvento fino al Risorgimento. Le aree che costituiscono la regione attuale sono popolate fin da tempi remotissimi, come ci indicano vari ritrovamenti: il caso più famoso è quello del sito di Monte Poggiolo, presso Forlì, dove sono stati rinvenuti migliaia di reperti datati a circa 800.000 anni fa, a dimostrazione che la zona era già abitata nel Paleolitico. Una prima diversità culturale si ha già nell’era preistorica, quando i gruppi umani si stabilizzarono sul territorio cominciando a praticare l’agricoltura. Il fiume Panaro costituisce lo spartiacque tra le due aree: a ovest di questo, con addensamenti nei territori di Parma e di Modena, durante l’età del Bronzo, si sviluppò la cosiddetta cultura delle terramare, caratterizzata da abitati protetti da argini di terra, da capanne su palafitte e dalla pratica della cremazione dei morti. La zona a oriente del Panaro fu interessata dalla cultura villanoviana, nella quale si registrò la transizione dagli insediamenti sparsi alle forme preurbane e ai primi collegamenti territoriali complessi: il suo nome deriva da un gruppo di tombe rinvenute a Villanova di Castenaso, nei pressi di Bologna. Verso la fine del VI secolo a.C. si irradiarono le influenze etrusche che raggiunsero le protocittà di Fèlsina (l’attuale Bologna), di Spina, centro di scambio commerciale collegato con la Grecia, e di Misa (Marzabotto). Alla metà del IV secolo a.C. l’invasione dei galli boi fece regredire l’organizzazione di impronta etrusca, ma fu ben presto bloccata dall’avanzata romana, che iniziò nel III secolo dopo la vittoria sui galli a Sentino (295 a.C.). Muovendo da Ariminum (Rimini), fondata nel punto terminale della via Flaminia, i romani attuarono una rapida conquista che modificò in breve il territorio, a partire dalla costruzione della strada rettilinea che congiunge Piacenza a Rimini, voluta dal console Marco Emilio Lepido: lungo la via Emilia si organizzò sia la colonizzazione delle campagne sia la crescita del tessuto urbano. Grazie alla fertilità del suolo e alla consistenza demografica, la regione divenne una delle terre più ricche di tutto l’impero romano. Dal punto di vista politico-amministrativo, dopo una fase in cui risultò aggregata in una sola unità militare, all’inizio del III secolo d.C. venne divisa in due aree, la prima a occidente, tra Bologna e Piacenza, la seconda a oriente lungo la strada Flaminia: quest’ultima acquisì importanza con l’imperatore Onorio, il quale, nel 402, trasferì la sede imperiale a Ravenna, la città cresciuta nei pressi dell’antico porto militare di Classe. Sotto la dominazione longobarda (568) si approfondì la frattura tra la Romania, collegata all’impero di Bisanzio, e l’area occidentale della regione connessa alla Longobardia, tra loro separate da un confine mobile che correva tra Bologna e Modena. La successiva dominazione dei franchi comportò per la regione un’ulteriore specificazione tra la zona romagnola, donata da Pipino il Breve a papa Stefano II, e quella occidentale che si strutturò secondo il modello franco delle contee. Il dissolvimento del potere centrale, conseguente alla caduta dell’impero carolingio, determinò il sorgere di molteplici signorie, il cui ambito di sovranità però non andò al di là dei confini locali, con l’eccezione della signoria degli Attoni di Canossa, che ai tempi della marchesa Matilde partecipò allo scontro tra papato e impero. Durante l’età dei Comuni l’Emilia-Romagna fu una delle terre nelle quali il movimento municipalista si manifestò con durevoli conseguenze istituzionali e culturali. Al tramonto del Medioevo la regione vide l’affermarsi di signorie cittadine, che divennero il fulcro del risveglio civile e intellettuale nell’età dell’Umanesimo e del Rinascimento: i Visconti a Parma e a Piacenza, gli Estensi a Ferrara ed i Malatesta ed i Da Polenta in Romagna. Di questo periodo sono la nascita dell’Università di Bologna (988-1188), la più antica del mondo occidentale, e la fondazione della Biblioteca Malatestiana a Cesena (1447-1452), la prima biblioteca civica del mondo (primo bene ad entrare a far parte del Registro UNESCO della memoria del mondo, giunta fino a noi grazie al lavoro di conservazione dei Monaci Benedettini dell’Abbazia della Madonna del Monte). Nel XVI secolo, superate la sfida espansionistica lanciata dalla Repubblica di Venezia e le lotte tra impero e Francia per il controllo del Nord Italia, il quadro della regione si stabilizzò in un equilibrio prettamente rinascimentale, sul quale la Chiesa esercitava una notevole influenza, diretta e indiretta. Frutto della volontà nepotistica di papa Paolo III fu il nuovo stato dei Farnese, che controllava i territori di Parma e Piacenza; la presenza papale si allargò con l’acquisizione di Ferrara nel 1598, unita alle precedenti legazioni pontificie di Bologna e Ravenna. L’equilibrio cinquecentesco rimase inalterato fino a che l’estinzione dei Farnese non creò i presupposti per il passaggio del Ducato di Parma e Piacenza prima agli austriaci e poi, nel 1748, ai Borbone, che ne fecero la base della loro originale politica antiecclesiastica, capace di attivare energie intellettuali reclutate nel mondo dell’illuminismo francese. L’esperienza rivoluzionaria e napoleonica nell’Emilia-Romagna fu il punto di partenza di un attivo movimento giacobino, coinvolto nelle diverse fasi della lotta politica e nelle trasformazioni istituzionali sperimentate nella regione (prima la Repubblica Cispadana, poi la Repubblica Cisalpina, che confluirono entrambe nella Repubblica italiana e quindi nel Regno d’Italia, nel 1805, con l’esclusione di Parma e Piacenza, passate sotto il diretto dominio della Francia). Nel corso del Risorgimento l’Emilia-Romagna fu coinvolta in un’intensa attività patriottica, culminata nei moti del 1831, nelle insurrezioni del 1848 e infine nei plebisciti del 1859, con cui fu sancita l’annessione al Piemonte. Cuore del capitalismo agrario di fine Ottocento, la regione visse le tensioni e i fermenti di quella trasformazione, esemplificati dal radicamento di un associazionismo contadino a base cooperativistica, di impronta ideologica socialista e anarchica, che animò intense lotte sociali nel corso dell’età giolittiana. Durante la seconda guerra mondiale la regione fu l’epicentro dei violenti scontri tra tedeschi e alleati nell’ultima fase del conflitto, culminati nei combattimenti lungo la linea gotica; fu teatro altresì del movimento antifascista, le cui azioni militari furono contrastate dai nazifascisti con ogni mezzo, non ultimo le rappresaglie, delle quali la strage di Marzabotto costituisce l’episodio più drammatico. Nel dopoguerra riprese a vivere la tradizione popolare socialista, a cui i partiti operai, in particolare il Partito comunista, diedero un orientamento riformistico che si espresse nella gestione di molti enti locali, divenuti punto di forza di una regione governata da maggioranze di sinistra.