La dottrina della reincarnazione nel contesto post-moderno occidentale
Relazione al Convegno «Cristianesimo e reincarnazione», organizzato
dall’Associazione Culturale Lohengrin, Università La Sapienza, Roma, 29 aprile 2004.
Andrea Menegotto
Ricercatore e Coordinatore per la Lombardia del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni) e membro della SIPR (Società Italiana di Psicologia della Religione)
1. Una premessa di carattere storico
«Trasmigrazione», «metempsicosi», «reincarnazione» o «rinascita» dell’anima1 sono sinonimi che stanno ad indicare il transito dell’anima di un individuo dopo la sua morte da un
corpo a un altro o da una forma di esistenza a un’altra. La credenza nella reincarnazione ha
origini antichissime: si sono trovate tracce nelle religioni dell’Africa e dell’Australia. Oggi
gli egittologi non sono più d’accordo sul fatto che gli antichi Egizi credessero in essa, anche
se autori come Platone (428/427-347 a.C.) ed Erodoto (ca. 484-425 a.C.) non avevano dubbi
in proposito. Dall’Europa sud-orientale e dall’Asia Minore la credenza giunge in Grecia e
qui viene accolta dai seguaci del filosofo e matematico Pitagora (570-490 ca. a.C.) che si
ispira alle dottrine dell’orfismo, secondo le quali il ciclo di reincarnazioni successive conduce l’anima alla purificazione. Attingono alle dottrine orfiche anche Platone e le correnti
filosofiche del neoplatonismo e del neopitagorismo. L’idea della trasmigrazione non viene
mai accolta nell’ebraismo pre-cristiano e nel cristianesimo, mentre penetra in gran parte
nell’ebraismo della diaspora.
Nel pensiero religioso e filosofico orientale la teoria della trasmigrazione appare chiaramente affermata per la prima volta in forma dottrinale nella raccolta di testi filosoficoreligiosi indiani delle Upanisad (VIII-VII sec. a.C.); da allora, le varie opere della tradizione
religiosa orientale parlano della trasmigrazione. Il concetto centrale è quello di karma (in
sanscrito «azioni»), vocabolo utilizzato per indicare l’insieme delle leggi che regola la reincarnazione. Propriamente il karma rappresenta nella filosofia indiana la somma delle azioni
individuali, buone o cattive, unite all’anima nella trasmigrazione: ogni nuova incarnazione e
ogni vicenda sperimentata dal corpo è determinata dal karma precedente. Samsara («pellegrinaggio») è il termine sanscrito che indica la reincarnazione come il ciclo di vite, morti e
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rinascite cui è soggetto ogni essere vivente. Secondo la concezione tradizionale, ancora oggi
valida, si può descrivere la reincarnazione dicendo che la condizione in cui l’anima rinasce è
determinata dalle azioni buone o cattive compiute nelle incarnazioni precedenti; le anime di
coloro che operano il male rinascono in forme inferiori. Sia l’induismo2 che il buddhismo3
auspicano il superamento di questo processo e la liberazione, dal momento che l’esistenza è
una condizione di sofferenza. L’induismo, in particolare, considera il samsara come il vero
e proprio migrare dell’anima individuale  l’atman  da un corpo all’altro fino alla liberazione, il momento in cui ha luogo la sua identità con il brahman, l’anima universale. Questa
liberazione si raggiunge mediante i riti e le varie pratiche, proposte dalle diverse scuole filosofiche e religiose di purificazione, grazie ai quali si cancellano i residui del karma e si rinuncia ai desideri del mondo.
In Europa, dopo che nel Medioevo la teoria della trasmigrazione delle anime quasi scompare, in epoca moderna – e in particolare nel periodo illuminista – le idee sulla reincarnazione ritornano4. La tesi reincarnazionista è ad esempio sostenuta dal filosofo Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781) nella sua opera del 1780 intitolata L’educazione del genere
umano, inoltre centinaia di gruppi e autori, grazie anche al diffuso interesse per l’Oriente
che si sviluppa nel diciottesimo secolo, parlano di essa. Relativamente a questo periodo alcuni rilievi sono senza dubbio importanti da fare: la dottrina reincarnazionista si diffonde in
particolare in ambienti che hanno a che fare con lo spiritismo, la magia e l’occultismo in
genere. Si cerca inoltre di dare una parvenza di scientificità alle affermazioni riguardanti il
ricordo di vite passate, questo è quello che avviene, ad esempio, con la teoria del magnetismo animale di Franz Anton Mesmer (1734-1815) e la sua concreta applicazione ad alcuni
pazienti che – una volta magnetizzati – sarebbero stati in grado di ricordare vite passate.
2. La frammentazione della credenza reincarnazionista in diversi modelli
Nei secoli diciannovesimo e ventesimo, con un processo che continua oggigiorno, si può
chiaramente assistere  come ben mostra Massimo Introvigne5  alla frammentazione della
credenza reincarnazionista in diversi modelli o ambiti.
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a. Si può così individuare un modello spiritico, dove, grazie soprattutto ad Allan Kardec
(1804-1860), autore de Il Libro degli Spiriti, si realizza una stretta unione fra reincarnazione e spiritismo. All’interno dello spiritismo sono allora individuabili due correnti che hanno,
riguardo alla reincarnazione, tesi contrastanti: quella degli spiritisti latini che credono, secondo la teoria codificata da Kardec e ora diffusa soprattutto in America Latina, che le anime dei defunti passano da un corpo all’altro dimenticando le vite precedenti e ricalcando
così la legge karmica tipica di alcune credenze e religioni orientali quali l’induismo ed il
buddhismo, e la corrente degli spiritisti inglesi e statunitensi, che invece, nella loro maggioranza, rifiutano categoricamente ogni concetto di rinascita6.
b. Un secondo modello è quello dell’occultismo e dei nuovi movimenti magici, dove la
credenza nella reincarnazione è diffusa quasi in ogni contesto e in particolare, nell’ambito di
quella che possiamo definire la «magia della vita», cioè quella forma di magia che mira a
vincere la morte e ad assicurarsi la certezza dell’immortalità7. Per alcuni si tratta solo di una
preparazione spirituale a morire, ma vi sono movimenti  come Damanhur8 – che insegnano
a morire e ritengono che si possano programmare le reincarnazioni.
c. Il modello orientale, consiste invece nella propaganda in Occidente di dottrine reincarnazioniste genuinamente legate alle tradizioni religiose orientali da parte di maestri appartenenti a queste stesse tradizioni. L’episodio cardine in questo senso è rappresentato dal Parlamento Mondiale delle Religioni, riunito per celebrare il quarto centenario della scoperta
dell’America nel quadro dell’Esposizione Universale di Chicago del 1893. Questo avvenimento rappresenta per molti occidentali la prima occasione per venire in contatto con alcuni
maestri orientali. In questo contesto si presentano per la prima volta al pubblico occidentale
 grazie anche alla mediazione della Società Teosofica  alcuni autentici maestri orientali,
sia induisti che buddhisti. Fra gli induisti spicca la figura di Swami Vivekananda (18631902), il discepolo prediletto del mistico Sri Ramakrishna (1836-1886), definito dallo scrittore Romain Rolland «la consumazione di duemila anni della vita spirituale di trecento milioni di indù». Dopo il grande successo riscosso in quell’occasione da Vivekananda, spesso
ricordato come «il san Paolo» dell’induismo per il suo incessante lavoro missionario in Occidente, i maestri indiani favorevoli a visitare le terre occidentali a fini missionari si moltiplicheranno notevolmente. Fra i buddhisti spiccano Anagarika Dharmapala (1864-1933) e
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Soyen Shaku (1859-1919), quest’ultimo ha oltretutto un ruolo decisivo per la diffusione dello zen in Occidente. Conformemente a questo modello, oggi un numero rilevante di occidentali incontra per la prima volta la dottrina della reincarnazione quando si trova di fronte
alla letteratura di movimenti religiosi di ispirazione o di origine orientale, che si tratti della
Società Teosofica, degli Hare Krishna o dell’Organizzazione Sathya Sai Baba9. Essi, infatti,
non sono importanti soltanto per le loro dimensioni quantitative (minoritarie ma, anche in
Italia, tutt’altro che irrilevanti), ma per la loro capacità di influenzare cerchie molto più vaste di persone. Un gruppo relativamente piccolo come la ISKCON, popolarmente noto come
Hare Krishna10, ha distribuito milioni di copie dei suoi libri e opuscoli. Il testo sulla reincarnazione più diffuso dagli Hare Krishna11 è diventato popolarissimo in numerosi paesi
dell’Occidente, è spesso citato anche in contesti insospettati ed ha certamente contribuito alla diffusione della moda della reincarnazione anche presso persone che non si sognerebbero
mai di aderire al movimento degli Hare Krishna. In questa prospettiva, le minoranze religiose di derivazione orientale  come pressoché tutte le minoranze religiose  sono interessanti
come punte di un iceberg: fanno emergere in maniera piuttosto evidente un tema spirituale
che è oggetto  più in generale  dell’interesse di molte altre persone che non aderiscono ad
alcun movimento. Nel caso specifico in questione, quello dei movimenti di origine orientale, essi nella stragrande maggioranza  anche se non mancano eccezioni  rimandano appunto al grande interesse «popolare» e diffuso  su cui torneremo  che circonda le teorie
della reincarnazione.
d. La stessa Società Teosofica rappresenta un quarto modello, in cui le dottrine squisitamente orientali vengono ampiamente diffuse, ma anche adattate ad un contesto occidentale e
ad uno sfondo di carattere occultista12. Per quanto le due opere principali della fondatrice
Madame Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891), Iside svelata e La dottrina segreta13, non
siano facili da accostare e propongano un complesso schema cosmologico, in prospettiva di
sintesi possiamo ritenere che, essendo l’uomo composto di sette «corpi» (divino, monadico,
spirituale, intuitivo, mentale, astrale e fisico)  cui corrispondono sette piani di realtà  alla
morte i due ultimi corpi (astrale e fisico) sono abbandonati, in attesa di prenderne di nuovi
in una successiva reincarnazione. Il processo delle reincarnazioni è un processo educativo e,
tramite esso, l’uomo impara a liberarsi dell’attaccamento ai piani più bassi. Indispensabile, a
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questo fine, è l’aiuto dei Maestri, i quali non sono spiriti, ma uomini tanto perfetti da avere
completato il ciclo delle reincarnazioni, che decidono di rimanere nel mondo per aiutare gli
altri. Alcuni Maestri – tra cui Morya, Koot Hoomi, Gesù e il principe ungherese Rakoczy
(identificato con il Conte di Saint Germain, 1710-1784, il leggendario esoterista del Settecento) – hanno avuto un ruolo particolare nella vita dei fondatori della Società Teosofica. I
Maestri operano lungo sette “raggi”, linee di attività che emanano dal centro del mondo per
guidare tutti gli aspetti della vita sulla Terra. Lo scopo principale che molti soci ritengono
essere proprio della Società Teosofica consiste nel tenere aperte «linee di forza» attraverso
cui i Maestri possano guidare l’umanità. Nella vita della Società, questa ambizione si traduce in un’ampia attività di tipo culturale, artistico, umanitario e sociale, che ha dato un contributo decisivo alla conoscenza della spiritualità orientale in Occidente, così come alla presa di coscienza da parte di molti indiani della ricchezza della loro eredità religiosa.
e. Il modello scientifico raggruppa in un insieme le varie esperienze psicologiche e parapsicologiche di coloro che, prese le mosse da Mesmer e dai sostenitori del magnetismo animale, elaborano la pretesa di dare dimostrazioni scientifiche della reincarnazione.
f. Un ultimo modello può essere infine individuato nel tentativo di conciliare reincarnazione e cristianesimo, proponendo diversi argomenti ed in particolare affermando che la
Bibbia stessa e alcuni fonti cristiane dei primi secoli attesterebbero la credenza nella reincarnazione, prospettiva peraltro smentita da autorevoli studi in ambito biblico e sulle fonti
legate Padri e agli scrittori ecclesiastici dei primi secoli dell’era cristiana 14. L’antecedente
storico all’interno di questo modello è costituito dall’opera e dal pensiero di Anna Bonus
Kingsford (1846-1888), fondatrice all’interno della Teosofia di una «Loggia Ermetica della
Società Teosofica», destinata a riunire i teosofi interessati all’«esoterismo cristiano», cioè
ad una presentazione della Teosofia in termini cristianeggianti, che tuttavia, a poco a poco,
si distacca dalla società fondata dalla Blavatsky.
3. La Chiesa di Scientology: una visione di sintesi
A partire dagli anni 1950 si assiste ad una ricomposizione di questi modelli reincarnazionisti in un’unica visione sintetica e unitaria. Il punto di partenza di questa ricomposizione è
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rappresentato dalla dottrina della Chiesa di Scientology15, che presenta la sua visione reincarnazionista davvero in maniera sintetica rispetto i modelli di decomposizione precedenti:
infatti essa si rivela aperta ad apporti orientali, ad influenze della tradizione occultista, ma
anche connotata dalla pretesa di dare indicazioni scientifiche certe e documentate.
In effetti, il fondatore Lafayette Ronald («L. Ron») Hubbard (1911-1986) considera un
risultato essenziale della sua ricerca l’esistenza di vite passate, della cui realtà è convinto di
avere trovato le prove. Tant’è vero che nel luglio 1951, a un seguito di un intenso dibattito
circa la questione delle vite passate e non intendendo rinunciare a questo aspetto per lui peculiare, egli giunge a dimettersi dall’organizzazione che precede la fondazione della Chiesa
di Scientology (la Hubbard Dianetic Research Foundation), che poi trasformerà nella Hubbard Association of Scientologists (1952), fino a giungere alla vera e propria costituzione
della Chiesa di Scientology (febbraio 1954), da parte di alcuni discepoli, che la fondano indipendentemente da Hubbard, ma con la sua benedizione.
4. La vera sintesi dei modelli: la dottrina della reincarnazione nel contesto del New
Age
Tuttavia la Chiesa di Scientology presenta una visione specifica del mondo e dell’uomo
che solo chi accetta tutti i presupposti dottrinali stabiliti dai testi del fondatore può condividere. Il vero terreno di ricomposizione, di diffusione e di sviluppo dei vari modelli reincarnazionisti è allora propriamente il fenomeno New Age, il quale è per sua natura disposto ad
accogliere una pluralità di visioni che possono essere integrate all’interno del clima olistico,
relativistico e sincretistico che lo caratterizza16. In effetti, i temi e le idee ricorrenti nel New
Age sembrano riassumere ed integrare in un unico (anche se multiforme) contesto diversi
ambiti della frammentazione che sono stati presi in considerazione: la ricerca di spiritualità
alternative e il ricorso a tecniche di meditazione – che sfociano di frequente in direzione delle tradizioni orientali – veicolano spesso la dottrina della reincarnazione; occorre ricordare
poi che gli autori del New Age fanno riferimento continuo a questa dottrina e i messaggi
spiritici del channeling con frequenza si rifanno ad una idea reincarnazionista; inoltre il sot-
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tofondo in ambito occultista e le origini che il New Age trova nella Società Teosofica senza
dubbio fanno rientrare fra i temi dominanti anche l’idea della trasmigrazione delle anime.
È tipico però del New Age tentare anche un approccio scientifico al discorso dei ricordi
di vite passate, tuttavia le affermazioni legate al presunto valore scientifico e alla possibilità
di dimostrare empiricamente il valore della teoria della reincarnazione non sono convalidate
dai più rigorosi ambienti scientifici. Se infatti i sostenitori della reincarnazione fanno riferimento come tesi fondamentale all’esperienza delle «regressioni ipnotiche» in cui alcuni pazienti sarebbero messi in condizione di avere ricordi di passate esistenze, validi esperti –
psichiatri e psicologi – qualificano tali esperienze come non significative e comunque attribuiscono loro altre spiegazioni diverse dall’ipotesi reincarnazionista17.
5. Reincarnazione e galassia del believing without belonging
Il New Age, con i suoi presupposti relativisti, non è altro che un’espressione significativa
e di vasta portata del clima post-moderno, caratterizzato più in generale dal fenomeno che la
sociologa anglosassone Grace Davie definisce come «believing without belonging»18, volendo indicare la galassia del «credere senza appartenere», che  nel caso del nostro Paese 
comprende circa la metà della popolazione nazionale che si dichiara più o meno vagamente
«religiosa» o «credente», ma non frequenta con regolarità nessuna religione organizzata. In
Italia, questo popolo del «credo, a modo mio» è composto nella stragrande maggioranza dei
casi di battezzati e quindi  almeno  di «cattolici anagrafici», attratti dai più diversi prodotti che si possono trovare nell’odierno supermarket delle religioni.
Come già abbiamo avuto modo di accennare, le teorie della reincarnazione appaiono come una proposta piuttosto interessante anche per chi non fa la scelta decisiva di aderire ad
un movimento religioso di derivazione orientale, ma  pur magari influenzato dai testi o dalle idee di un movimento  preferisce coltivare la sua fede all’interno della galassia del «credo, a modo mio». Un ruolo importante nella diffusione dell’idea reincarnazionista in Occidente è senza dubbio attribuibile all’interesse diffuso per il buddhismo.
Secondo i dati raccolti dal CESNUR (www.cesnur.org), una stima aggiornata circa la
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presenza buddhista porta a quantificare il totale di aderenti ad organizzazioni buddhiste nel
nostro Paese in 74.000 unità se si considerano i cittadini italiani e in circa 100.000 se si includono gli immigrati non cittadini. Tuttavia, risulta piuttosto evidente come l’influenza del
buddhismo in Occidente e in Italia vada molto al di là della cerchia di chi aderisce formalmente ad un’organizzazione facendo dello stesso buddhismo, a tutti gli effetti, la sua fede
«ufficiale». In Occidente, già negli anni 1960 e 1970, grazie anche agli ambienti della controcultura hippie, si sviluppa a livello popolare un notevole interesse per lo zen (una fra le
molte scuole buddhiste), seguito dal grande successo del buddhismo tibetano a partire dagli
anni 1980. Questo successo passa anche per la letteratura e il cinema, dal Siddhartha (1922)
di Hermann Hesse (1877-1962) a film come Piccolo Buddha, Sette anni in Tibet e Kundun.
Dunque, una buona parte dell’influenza del buddhismo in Occidente, si gioca al di fuori
dell’appartenenza alle associazioni che raggruppano i fedeli buddhisti e si concentra
nell’ambito della galassia del believing without belonging.
Posto che il buddhismo in quanto tale è e rimane una fra le grandi tradizioni religiose
dell’umanità a cui pure la Chiesa cattolica guarda con rispetto19 e con cui intraprende il dialogo interreligioso, occorre però rilevare che alcune idee circa il buddhismo diffuse
all’interno del mondo di chi «crede senza appartenere» corrispondono a visioni poco realistiche rispetto alla vera essenza del buddhismo storico e delle sue attuali incarnazioni in vari
filoni e scuole saldamente radicate alla loro tradizione originaria. Va infatti notato che il
buddhismo (e, peraltro, pure l’induismo) in ultima analisi auspica il superamento e l’uscita
dell’uomo dalla ruota della vita e della morte (samsara) attraverso il cammino delle «quattro nobili verità», vero perno dell’antropologia buddhista. Secondo esse, passando per la
constatazione che (1) la vita è sofferenza (dukka) e (2) la causa della sofferenza è l’azione
(karma); si ammette (3) l’esistenza uno stato al di là della sofferenza cui si accede eliminando la sua causa ultima, l’ignoranza, questo stato è chiamato nirvana (uno stato di vita ultraterrena al di là della sofferenza e della morte, si tratta di uno stato di quiete consistente
nell’eliminazione di ogni realtà concreta in quanto transitoria e dolorosa, sulla sua natura
esistono peraltro controversie fra le varie scuole); per giungere, infine, alla convinzione per
cui (4) è possibile superare l’ignoranza attraverso l’etica, la meditazione e la saggezza. Risulta piuttosto evidente come la dottrina della reincarnazione tipica delle scuole buddhiste
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tradizionali sia molto diversa dalla visione edulcorata diffusa in Occidente sulla scia delle
interpretazioni di sedicenti esperti e mass-media, che pare piuttosto ricalcare la formula del
«Ritenta e sarai più fortunato» di molti concorsi a premi.
6. Reincarnazione, dati statistici e cultura popolare
Seppure la «qualità» della credenza nella reincarnazione  in linea generale e almeno al
livello del «credo, a modo mio»  appare dunque piuttosto scadente, secondo l’Indagine
Europea sui Valori (EVS) del 1999, in Italia, essa rappresenta una credenza condivisa da
«oltre un terzo degli intervistati»20, mentre secondo un’altra interpretazione degli stessi dati
statistici21 si tratterebbe del 15%. In ogni caso, molti di questi sono reincarnazionisti «deboli» in quanto credono, contraddittoriamente, sia nella reincarnazione sia nella resurrezione
della carne.
Una recente ricerca sul pluralismo morale e religioso degli Italiani22 pare in realtà ridurre
a circa il 5% il dato, sostanzialmente in linea con altre ricerche svolte in Italia 23. Occorre rilevare come la discrepanza dei risultati sia anche attribuibile alla differente modalità di
esposizione della domanda (o delle domande) circa la vita dopo la morte, che naturalmente
variano da ricerca a ricerca. In linea generale, pare che tutto sommato siano pochi i reincarnazionisti «duri e puri», ma più la domanda si rivela «aperta»  ovvero lascia la possibilità
di optare sia per il concetto di reincarnazione che per quello di risurrezione della carne  il
numero di chi è disposto a dichiarare la sua fede in questa credenza spuria, dimostrando così
di vivere la confusione e il sincretismo tipici di questo mondo frantumato e post-moderno, è
destinato a crescere. Prova ne è che indagini effettuate in Italia e in altri Paesi 24 mostrano
come la credenza nella reincarnazione sia presente anche fra coloro che frequentano la Messa domenicale, con percentuali solo leggermente minori rispetto a quelle della popolazione
in generale. Se si passa a intervistare cattolici impegnati regolarmente in un gruppo parrocchiale o in un movimento ecclesiale le percentuali scendono in modo molto più significativo, ma – lungi dallo sparire – rimangono.
In ogni caso, il dato statistico appare generalmente in diminuzione, a testimonianza di
una certa «crisi» del New Age25 e dell’influenza che la cultura popolare esercita sulle cre Andrea Menegotto, aprile 2004
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denze dei cittadini. Quest’ultimo elemento non è per nulla trascurabile, poiché i fenomeni
popolari quali libri e film di successo, quando affrontano temi particolari quali quello della
reincarnazione, sono in grado di determinare mutamenti statistici di qualche rilievo in relazione agli indici di riferimento di alcune credenze. Di fatto, dando uno sguardo al panorama
cinematografico e letterario degli ultimi anni da questa prospettiva, non si nota la presenza
significativa di romanzi e di film in grado di influenzare le credenze della popolazione in
tema di reincarnazione.
L’unica eccezione è rappresentata dal film What Dreams May Come, ispirato
all’omonimo romanzo di Richard Matheson (1978), avente come interpreti principali gli attori Robin Williams e Annabella Sciorra, uscito nelle sale cinematografiche nell’ottobre
1998 e in quelle italiane con il titolo Al di là dei sogni. Il numero di febbraio 1999 della rivista Hinduism Today  la quale rappresenta l’ambiente indù nazionalista legato alla Vishwa
Hindu Parishad (VHP), un’associazione internazionale di propaganda dell’induismo alle cui
origini sta la Rashtriya Swayamsevak Sangh (Associazione dei Volontari della Nazione,
RSS)26  pubblica un ampio articolo che rappresenta una lettura della pellicola e, secondo la
prospettiva induista che è propria della rivista, tenta di dare una valutazione del film27. Al
parere sostanzialmente entusiasta di chi ha steso l’articolo (probabilmente l’autrice vede nel
film la possibilità di una diffusione in Occidente delle idee tipiche del New Age, che dalla
stessa sono ricondotte sostanzialmente all’induismo, seppure attraverso la mediazione della
Società Teosofica), si contrappongono i pareri sfavorevoli di alcuni induisti intervistati.
Comunque sia, l’articolo ha senz’altro il pregio di inquadrare bene e giustamente il film e i
suoi produttori in un’atmosfera culturale e spirituale tipicamente New Age. In effetti, in Al
di là dei sogni Oriente e Occidente non di rado si fondono all’insegna del sincretismo, elemento in qualche modo qualificante il New Age. Per limitarci ad un esempio, si può accennare al fatto che ad una scena ambientata in un luogo che ricorda evidentemente l’Inferno
dantesco, ne succede repentinamente un’altra dove appare chiarissimo il messaggio reincarnazionista. Resta da precisare che Richard Matheson è in realtà un romanziere più sofisticato e problematico di quanto si potrebbe dedurre dal film, infatti il suo romanzo di vampiri I
am Legend (1954) con il pretesto dei vampiri, è una riflessione intelligente sul futuro nichilistico dell’umanità ed è giustamente considerato un classico. Per quanto la pellicola abbia
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goduto di una buona distribuzione nelle sale italiane, essa non pare avere rappresentato un
fenomeno di costume in grado di influenzare in maniera significativa le idee degli spettatori
in tema di credenze, come invece accade  per esempio, pur in relazione a contenuti di carattere religioso diversi rispetto alla reincarnazione  con il clamore sviluppatosi intorno al
romanzo di Dan Brown, The Da Vinci Code (2003)28. A spiegarci il motivo del mancato
successo di Al di là dei sogni contribuisce Antonio Monda, docente di sceneggiatura e regia
presso il Film Department della New York University, il quale afferma: «[…] Ma pochi film
hanno raggiunto i picchi di cattivo gusto espressi da Al di là dei sogni, tratto dall’omonimo
romanzo di Richard Matheson, nel quale Vincent Ward racconta a modo suo qual è la vita
che ci attende oltre la morte. Le immagini ricchissime, e in più di un’occasione di straordinaria efficacia visiva (i riferimenti diretti sono a Gustav Dorè e ai romantici inglesi), non
riuscivano a coprire neanche per un attimo il nulla su cui si basava il luttuoso assunto, e la
storia annegava in un sentimentalismo da fotoromanzo»29.
7. Reincarnazione e cristianesimo
La diffusione della dottrina della reincarnazione  qualunque ne sia la forma e la qualità
 se da un lato si pone in opposizione al messaggio escatologico e salvifico cristiano,
dall’altro rappresenta un segnale forte dell’interesse per il destino della persona e per la vita
dopo la morte. Tutto questo richiama le denominazioni cristiane maggioritarie e, nel nostro
Paese, specificamente la Chiesa cattolica ad intraprendere un’opera pastorale che tenga conto della necessità di fornire risposte chiare su «che cosa c’è dopo la morte», sviluppando anche una critica serrata e puntuale della dottrina della reincarnazione, che smentisca tra
l’altro la diffusa (ma falsa) leggenda secondo cui questa dottrina sarebbe stata tollerata nella
Chiesa dei primi secoli.
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Note
1
Sulla reincarnazione in generale e sul suo rapporto con il cristianesimo: cfr. CESNUR (a cura di MASSIMO INTROVILa sfida della reincarnazione, Effedieffe, Milano 1993, ALESSANDRO NANGERONI, La reincarnazione, Xenia,
Milano 1995, PIETRO CANTONI, Cristianesimo e reincarnazione, Elledici, Leumann (Torino) 1997, MONSIGNOR GIUSEPPE CASALE [Arcivescovo emerito di Foggia-Bovino], Nuova religiosità e nuova evangelizzazione. Lettera Pastorale
(6 marzo 1993), Piemme, Casale Monferrato (Alessandria) 1993, in particolare pp. 65-69, MONSIGNOR HANS LUDVIG
MARTENSEN [Vescovo di Copenaghen], Reincarnazione e dottrina cattolica. La Chiesa di fronte alla dottrina della
reincarnazione (1991), tr. it. di don Daniel Adner e collaboratori, Cristianità, Piacenza 1993, COMMISSIONE TEOLOGICA
INTERNAZIONALE, Alcune questioni attuali riguardanti l’escatologia, in La Civiltà Cattolica n. 143\3401 (7 marzo
1992).
GNE),
2
Cfr. REENDER KRANENBORG, L’induismo, Elledici, Leumann (Torino) 2003.
3
DONALD S. LOPEZ JR., Il buddhismo tibetano, Elledici, Leumann (Torino) 2003 e, più in generale (e con particolare
riferimento alle presenze buddhiste in Italia), M. INTROVIGNE - PIERLUIGI ZOCCATELLI - NELLY IPPOLITO MACRINA VERONICA ROLDÀN, Enciclopedia delle Religioni in Italia, Elledici, Leumann (Torino) 2001.
4
Per avere un quadro esauriente sulla comparsa e lo sviluppo della dottrina della reincarnazione in Occidente dal diciottesimo al ventesimo secolo: cfr. M. INTROVIGNE, «Reincarnazione e nuovi movimenti religiosi», in CESNUR (a cura di M. INTROVIGNE), La sfida della reincarnazione, cit., pp. 15-57.
5
Ibid.
6
Sullo spiritismo, in generale, cfr. MICHAEL W. HOMER, Lo spiritismo, Elledici, Leumann (Torino) 1997.
7
Per una classificazione sintetica interna al mondo magico e una schema tipologico delle varie esperienze magiche
cfr. il mio «Magia ed epoca postmoderna», in Credere Oggi, n. 138 (6/2003), novembre-dicembre 2003, pp. 19-30.
8
Cfr. LUIGI BERZANO, Damanhur. Popolo e comunità, Elledici, Leumann (Torino) 1998.
9
Cfr. MARIA LETIZIA VIARENGO, Sathya Sai Baba e il suo movimento, Elledici, Leumann (Torino) 2001.
10
Cfr. EUGENIO FIZZOTTI - FEDERICO SQUARCINI, Gli Hare Krishna, Elledici, Leumann (Torino) 2000.
11
Cfr. BHAKTIVEDANTA S. PRABHUPADA, La reincarnazione: la scienza eterna della vita, trad. it., Edizioni Bhaktivedanta, Firenze 1983.
12
Sulla Società Teosofica cfr. JAMES SANTUCCI, La Società Teosofica, Elledici, Leumann (Torino) 1999
13
Le opere sono disponibili anche in traduzione italiana: Iside svelata. Chiave dei misteri antichi e moderni della
scienza e della teologia, Sirio, Trieste 1958; La Dottrina Segreta. Sintesi di Scienza, Religione e Filosofia, 8 voll., Edizioni Adyar, Settimo Vittone (Torino) 1997;
14
Cfr. P. CANTONI, op. cit.
15
Su cui, cfr. J. GORDON MELTON, La Chiesa di Scientology, Elledici, Leumann (Torino) 1998.
Sul New Age e sulla sua «evoluzione-involuzione» in chiave individualistica, il Next Age, cfr.  per
un’introduzione generale  M. INTROVIGNE, Storia del New Age 1962-1992, Cristianità, Piacenza 1994, la cui 2a ed. riveduta e aggiornata è stata pubblicata con il titolo New Age & Next Age, Piemme, Casale Monferrato (Alessandria)
2000; PIERLUIGI ZOCCATELLI, Il New Age, Elledici, Leumann (Ttrino) 19993; L. BERZANO, New Age, il Mulino, Bologna 1999 e, a mia cura, New Age: «fine» o rinnovamento? Le origini, gli sviluppi, le idee, la crisi, la «fine» del New
Age e la nascita di un nuovo fenomeno: il Next Age. Una nuova sfida per la Chiesa, Sinergie, San Giuliano Milanese
(Milano) 1999.
16
17
Sul punto: cfr. ERMANNO PAVESI, «Reincarnazione e ricordo di vite passate: la posizione dello psichiatra», in CESNUR (a cura di M. INTROVIGNE), La sfida della reincarnazione, cit., pp. 123-158.
18
GRACE DAVIE, Religion in Britain since 1945. Believing without Belonging, Blackwell, Oxford 1994.
19
Cfr. sul punto il n. 2 della Dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra Aetate sulle relazioni della Chiesa con le
religioni non-cristiane, datata 28 ottobre 1965.
20
Cfr. SALVATORE ABBRUZZESE, «Il posto del sacro», in Renzo Gubert (a cura di), La via italiana alla postmodernità.
Verso una nuova architettura dei valori, Franco Angeli, Milano 2000, p. 434.
 Andrea Menegotto, aprile 2004
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La dottrina della reincarnazione nel contesto post-moderno occidentale
21
Ibid.
22
FRANCO GARELLI - ENZO PACE - GUSTAVO GUIZZARDI (a cura di), Un singolare pluralismo. Indagine sul pluralismo
morale e religioso degli italiani, Il Mulino, Bologna 2003.
23
VINCENZO CESAREO - ROBERTO CIPRIANI - FRANCO GARELLI - CLEMENTE LANZETTI - GIANCARLO ROVATI, La religiosità in Italia, Mondadori, Milano 1995.
24
Cfr., per esempio, M. INTROVIGNE - L. BERZANO, Il gigante invisibile. Nuove credenze e minoranze religiose nella
provincia di Foggia, Edizioni N.E.D., Foggia.
25
Cfr. la nota n. 16.
26
Sulla Vishva Hindu Parishad cfr. MANJARI KATJU, Vishva Hindu Parishad and Indian Politics, Orient Longman
Limited, New Delhi (India) 2003.
27
Cfr. ARCHANA DONGRE, «Movie Making’s Next Life», in Hinduism Today, febbraio 1999, pp. 20-23.
28
DAN BROWN, Il Codice Da Vinci, trad. it., Mondadori, Milano 2003. Su cui cfr. M. INTROVIGNE, «Il Codice Da Vinci»: ma la storia è un’ altra cosa, disponibile sul sito Internet del CESNUR all’URL
http://www.cesnur.org/2003/mi_davinci.htm (ultima visita: 28 aprile 2004).
29
ANTONIO MONDA, «Il cinema New Age», in La rivista dei libri, n. 6, giugno 1999.
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 Andrea Menegotto, aprile 2004
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