(lvdd)
(1/2006)
ANNO II - n.1
bollettino trimestrale di informazioni
interne per i soci di MSF Italia
(le voci di dentro)
(english
text
inside))
pagina 03 lasagne fatte in casa
pagina 10 voci dell’ufficio
pagina 04 voci del consiglio
A tutti i soci di MSF Italia ■ Il board di MSF
Italia e il bicchiere mezzo vuoto
pagina 12 voci dei terreni
Roma 12.04.06 ■ Operation unlimited ■
Essere o non essere a Cité Soleil? ■ Acceso
alle cure per gli stranieri: dove va Missione
Italia?
pagina 07 voci del consiglio e dell’ufficio
Pensieri e parole: di ritorno da La Mancha
Lasagne fatte in casa
pagina 18 voci dell’ufficio
Comunicazione umanitaria: dalla confidentialité del Comitato Internazionale della
Croce Rossa (CICR) al témoignage di Me dici
Senza Frontiere (MSF) ■ I rifugiati arrivano
in città ■ Per chi suona la campana?
Fotografia del terreno Italia a marzo 2006
■ Adeguamento dell’accordo trips in India e
sue applicazioni ■ Nuova versione del
Kaletra (ABBOTT) disponibile negli USA... e il
resto del mondo? ■ Recensioni
pagina 26 Parla come mangi
summary (1/2006)
pagina 27 hand made lasagna
pagina 34 voci dell’ufficio
pagina 28 voci del consiglio
To all members of MSF Italy ■ The board of
MSF Italy: the half empty glass
pagina 36 voci dei terreni
Roma 12.04.06 ■ MSF Operation unlimited
■ To be or not to be in Cité Soleil? ■ Access
to care for migrants: what future for
Missione Italia?
pagina 31 voci del consiglio e dell’ufficio
Thoughts and words: back from La
Mancha
pagina 42 voci dell’ufficio
Humanitarian Communication: from the
International Committee of the Red Cross
(ICRC) confidenti alité to the Médecins
Sans Frontières (MSF) témoignage ■ The
camp is travelling ■ For who rings the
bell? ■ Updating of the trips agreement in
India e its applications ■ ABBOTT’s new
and improved Kaletra: only in the US... but
what about the rest of the world? ■ Book
review
pagina 50 Ithaca
■
Itaca
La sezione italiana di Medici Senza Frontiere dovrebbe fare un altro balzo nel 2006.
Questo passo vogliamo che sia fatto di qualità, di innovazioni e di creatività. Le Voci di
Dentro (o urla di fuori come lo chiamano alcuni) si vuole dare un nuovo viso, non che
quello di prima fosse passato di moda, ma volevamo dargli un nuovo taglio per renderlo più dinamico. Le novità di questo LVDD (da non confondere con i DVD
locali…quelli insomma fatti in casa) sono varie. Prima di tutto comporta molti strati (la
pasta insomma) ma non voglio svelare nessun segreto. È fatto di tante sezioni e cerca
di innovare quando si può (il sugo cambia). Dopodiché è un giornale “fatto in casa”. La
formula di prima lottava per ottenere articoli e suggerimenti. Una lotta strenua e faticosa. Ne abbiamo preso atto e abbiamo scelto di prenderlo all’interno dell’esecutivo
tentando così di essere più veloci e di minimizzare le richieste. Ciò non toglie che i suggerimenti, le storie, le lettere di tutti e tutte sono più che benvenute. Abbiamo fatto
uno sforzo particolare sulla grafica rendendo questo trimestrale ancora più attrattivo.
Insomma sul terreno i vari giornali Messages, Contact, e via dicendo fanno parte integrante del quotidiano dei volontari... Diciamo che vogliamo creare un giornalino tutto
nostro da leggere durante una pausa pranzo a Roma, Milano o in un punto informativo, la sera sotto la zanzariera, su un aereo che ci riporta in capitale o in un progetto
oppure in una latrina sud sudanese. Anzi direi che se arriviamo a quest’ultimo risultato si potrà dire che LVDD è un successo. Questo numero speciale non parlerà di assemblee generale o di politica italiana. Il momento in cui riceverete questo numero i giochi saranno già stati fatti in un caso come nell’altro. Qui si tratta di operazioni, di reclutamento, di un ufficio che come la nave…va, di benevoles e di tante altre cose. Spero
che questo numero vi piacerà o perlomeno vi farà discutere di un tema o di un altro.
Emmanuel Moncada
Direttore della Comunicazione
editoriale LVDD 1//2006 Le voci di dentro
sommario (1/2006)
3
(A tutti i soci di MSF Italia)
Quest’anno ci incontriamo a Frascati dal 28 al
30 aprile per due appuntamenti importanti: l’AG
straordinaria per discutere e votare un nuovo
statuto della nostra
associazione e l’AG
ordinaria che ogni anno
ci ritrova assieme.
L’impegno è sicuramente
faticoso, e chiediamo a
tutti i soci uno sforzo
particolare. Le due
Assemblee infatti mettono infatti all’ordine del
giorno 3 argomenti di
discussione e voto, tutti
di notevole significato:
di Lussemburgo sta
entrando nella fase di
elaborazione dei temi
portanti per giungere ad
alcune posizioni centrali
nella vision e attività di
MSF nel suo insieme e
che richiede all’AG italiana, come a tutte le
AG delle sezioni nazionali di MSF, un’approvazione per i passi futuri
nel “La Mancha
Agreement”;
3. l’elezione di 5 membri
del Consiglio Direttivo
che avranno il compito,
insieme agli altri componenti del CD, di accom1. lo statuto appunto,
pagnare ed indirizzare
che vogliamo rendere
nei prossimi anni MSF
più omogeneamente
Italia nei processi nevralarticolato per meglio
gici in corso La Mancha,
definire da un punto di la definitiva implemenvista giuridico MSF
tazione del Board
Italia (cosa in parte for- dell’OCB (Operational
male e procedurale ma Centre Brussels), la defiineludibile);
nitiva articolazione di
MSF Italia quale sezione
2. la discussione sul
con compiti e cultura
processo di La Mancha, operazionale.
che dopo la conferenza Siamo chiamati dunque
a dare segnali che non
siano di fumo della
nostra vitalità come
associazione, integrando
al massimo opinioni e
origini culturali e di
motivazione diverse (e
per questo non fonte di
divisione ma di arricchimento).
intorno a noi alcuni
ospiti che ci daranno un
contributo di valore,
Anneli Eriksson presidente di MSF Svezia,
Marilyn Mc Harg direttore delle Operazioni di
MSF Svizzera, Rowan
Gillies presidente dll’IC,
Jean-Marie Kindermans
presidente di MSF
Questo numero di Voci Belgio, Greg McAnulty
di Dentro ospita una
presidente di MSF UK,
riflessione di Nicoletta, Gorik Ooms Direttore
Raffaella e Andrea, che Generale dell’OCB,
insieme ad Andrea,
Christopher Stokes
Kostas e Stefano hanno Direttore delle
costituito la nostra
Operazioni dell’OCB.
delegazione in
Lussemburgo.
Saranno giorni intensi,
chiediamo a tutti noi di
Vogliamo dimostrare
esserci, dobbiamo esserci!
che MSF Italia ha tutte Ne vale la pena? Ne
le qualità - umane, cul- vale sempre la pena,
turali ed organizzative - sempre. Siamo realisti,
per continuare a dare
chiediamo l’impossibile
un contributo impor(maggio francese, 1968)
tante al movimento in
questi prossimi anni,
Ci vediamo
cruciali per l’azione
umanitaria in generale e
per MSF in particolare.
Stefano Vajtho
Abbiano coagulato
Presidente MSF Italia
sue luci e le sue ombre. Ad uno
sguardo critico, penso che sia
verosimile affermare che le ombre
superano le luci malgrado
i significativi sforzi fatti da questo
board per superare le difficoltà e le
incomprensioni dell’anno precedente.
Un’eredità non facile, per la quale MSF
Italia sta in qualche modo ancora
pagando il prezzo. Un’eredità che solo
ora sta cominciando a svanire, come
uno spiacevole ricordo del passato.
Il board di MSF Italia
e il bic chiere mezzo vuoto
(di Nicoletta Dentico Member of the board)
L’
attuale board è il risultato di quelle che
all’epoca vennero definite elezioni “bulgare”: nei fatti la sostituzione di un sano processo elettorale con una triste hit parade di
cinque candidati per cinque posti. Il segno
negativo avrebbe dovuto stimolare un’energica
azione di confronto all’interno di MSF Italia nel
corso dell’anno. In qualità di membri del board
avremmo dovuto saper cogliere l’improrogabile necessità di una strategia per reclutare nuovi
associati o per coinvolgere maggiormente e
motivare quelli già esistenti. Non è accaduto.
Le poche aneddotiche occasioni di incontro
con i soci della sezione non sono state esattamente stimolate da una spinta visionaria, da
una ricerca specifica per una maggiore partecipazione e per un ruolo più qualificato.
Al contrario, il board ha continuato praticamente per un anno ad esaminare documenti
gestionali e amministrativi. Non è stato affrontato quasi nessun tema operativo (in modo
maturo e strutturato) malgrado l’urgenza di
una nuova cultura operativa derivante dalla
presenza della cellula. Non abbiamo speso
molto tempo ad elaborare la nostra posizione in
merito alla difficile fase della Campagna di
Accesso ai Farmaci, malgrado il ruolo fondamentale che questa iniziativa ha avuto nel posizionamento di MSF (in Italia e altrove).
Una cosa deve essere chiara: non è mia
intenzione minimizzare l’importanza di temi
come la griglia salariale (molto controversa), la
riforma dello statuto, la nuova sede di MSF
Italia, tutti temi estremamente seri che un
board ha il dovere di affrontare, discutere e in
merito ai quali prendere delle decisioni. Ma io
sto parlando della necessità di dibattiti incentrati sui contenuti, che vadano ad equilibrare
quei temi. Sto sostenendo l’introduzione di
discussioni, sia operative che politiche, che possano promuovere la cultura dell’organizzazione
e la sua creatività, al di là di un pensiero ortodosso di comodo, per ampliare la capacità di
dare un contributo maturo all’interno del movimento e della società nella quale MSF opera.
Facendo autocritica e con grande disappunto,
devo ammettere che personalmente di tutto
questo ho visto ben poco. In quanto entità stra-
tegica, il board dovrebbe considerare come suo
ruolo primario quello di stimolare riflessioni,
provocare argomenti di discussione. La domanda è: noi siamo le persone giuste per farlo?
Una conseguenza di questo stato di cose è che
le riunioni di board di MSF Italia si svolgono di
nuovo a porte aperte, finalmente (dopo anni di
porte chiuse) ma la partecipazione alle riunioni
di board resta nel migliore dei casi sporadica, con
l’eccezione delle riunioni organizzate nei punti
informativi del nord Italia. La conseguenza è, e
questa è la cosa più importante, che molte cose
che MSF Italia dice/non dice nei fora internazionali del movimento finiscono di solito per esprimere il pensiero personale dell’individuo che
rappresenta la sezione anziché essere il risultato
di un dialogo veramente preparato e condiviso
collettivamente tra i membri del board. Dato che
La Mancha ha evidenziato in modo serio l’importanza assunta dal ruolo dell’IC per una migliore
governance del futuro e anche il concetto di
accountability come principio fondamentale che
deve guidare le azioni e l’impegno di MSF, ritengo che sia ora di attrezzarci con strumenti nuovi
per far sì che queste due condizioni siano rese
possibili, a cominciare da casa nostra.
La debolezza dello stesso board può essere
un fattore decisivo. È vero che i board hanno in
qualche modo una difficoltà costituzionale ad
essere forti e affidabili, ancor più quando il loro
supporto concreto viene richiesto dall’esecutivo. Le competenze sono diverse. La conoscenza dei meccanismi di MSF può variare. Il tempo
da dedicare al board può oscillare a livelli
incredibili, a dispetto dei molti problemi cui
siamo chiamati a rispondere. A questo riguardo io stessa ho sperimentato una progressiva
le voci dal consilgio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
le voci dal consiglio LVDD 0/2006 Le voci di dentro
4
È passato un anno dal rinnovo del
board nell’aprile del 2005 ed è arrivato
il momento di fare una valutazione
onesta del lavoro svolto finora, con le
5
frustrazione. Detto ciò, abbiamo visto per tutto
lo scorso anno come la motivazione delle persone a diventare membri del board, e il senso
del loro impegno nei confronti di questo incarico una volta “elette”, possano essere diversi e
a volte molto discutibili. È una questione che
deve essere affrontata prioritariamente perché
può dare luogo a sviluppi nella governance
davvero indesiderabili. Credo che sia corretto
dire che la mancanza di partecipazione dei
membri alle attività di board, in modi diversi,
abbia molto contribuito a creare un certo
senso di isolamento della leadership della
sezione. Allo stesso tempo e quasi inevitabilmente questa situazione ha condotto a una
distorsione nel funzionamento dello stesso
board, per lo più fondato su una serie di consultazioni personali tra il presidente e un
numero ristretto di membri, il cui peso ha di
fatto cambiato la modalità con cui le decisioni
vengono prese. Per quanto comprensibile, questa scorciatoia ha ridotto significativamente la
consultazione aperta, un flusso di comunicazione schietto e responsabile tra i membri del
board, e anche l’appropriazione di importanti
dossier, soprattutto quelli discussi all’IC. Sono
del tutto convinta che questo male non affligge soltanto MSF Italia, tuttavia ciò non può
essere una scusa per non migliorare. Davanti a
noi abbiamo una serie di sfide che, temo,
abbiamo finora sottovalutato. Non possiamo
Pensieri e parole,
di ritorno da La Mancha
permetterci questa inerzia ancora per molto.
Prima di ogni cosa, la strategia a medio termine. Il board dovrebbe essere molto coinvolto
nella pianificazione strategica a medio termine,
insieme all’esecutivo. È uno dei suoi compiti
principali. È un’opportunità unica per creare un
terreno favorevole all’appropriazione e al riconoscimento reciproci, dopo anni di divisioni.
Affinché questo processo funzioni, secondo il
mio punto di vista, sono assolutamente essenziali due elementi: la qualità dell’informazione e
un atteggiamento fermo nel condividere e
comunicare in modo positivo al di là della tentazione dei giochi di potere. Cosa sta accadendo
oggi? Dove è finita la strategia a medio termine?
Malgrado le sue ombre e le sue contraddizioni, il
meeting dello scorso novembre a Vitorchiano ha
dato a tutti noi dei contributi importanti.
Dovremmo utilizzarli velocemente per costruire
una strategia preliminare, da rifinire più avanti,
ma non mi pare di vedere che ci si stia muovendo in questo senso. Abbiamo detto spesso che
Vitorchiano necessitava di ulteriore lavoro, di un
processo più mirato per raggiungere gli obietti-
vi prefissati. Dove siamo? Chi si è assunto questo compito? E la decisione?
Ci tocca un gran lavoro di strategia.
Intrappolati dalla gestione, come membri del
board rischiamo di perdere di vista la realtà
che ci circonda e ci impoveriamo credendo di
essere detentori della verità, quella verità
inquieta - proveniente dai medici sul terreno,
mentre gli altri non hanno nulla, o molto
poco, da offrire. Appoggiamo la proposta del
10% di aumento dei finanziamenti privati nei
prossimi anni (una linea politica dell’OCB),
senza avere nemmeno una perplessità riguardo a questa decisione da multinazionale e alle
sue conseguenze culturali, e magari stiamo
perdendo opportunità interessanti per ampliare e innovare le nostre azioni di témoignage,
in modo coerente con le nostre operazioni, in
Italia e altrove.
Davanti a noi c’è molto lavoro da fare per
far diventare il bicchiere mezzo pieno. Nella
fase attuale una salutare autocritica può servire allo scopo. ■
S
iamo andati a La Mancha con bonaria
curiosità, ma sostanzialmente privi di
eccessive aspettative. Il gruppo di MSF Italia
era costituito da Stefani Savi, Kostas
Moschochoritis e Andrea Accardi (esecutivo),
da Andrea Minetti e Raffaella Ravinetto (soci)
e da Nicoletta Dentico (socia, membro del
board). La scelta di questo gruppo è stata frutto di un processo di selezione concordato dal
board (presidente) e dall’esecutivo (direttore
generale) che includesse persone di estrazione
diversa all’interno di MSF Italia, ed in grado di
rappresentare le varie anime della sezione e di
esprimere opinioni credibili sui temi previsti
nell’agenda di La Mancha.
Forse dobbiamo anche ricordare brevemente attraverso quale processo siamo stati identificati e da chi? Non tutti lo sapranno o se lo
ricorderanno.
Alcuni aspetti di La Mancha sono stati indiscutibilmente positivi, primo fra tutti il fatto
che continui ad esistere dentro MSF la consapevolezza di una forte necessità di trovare
spazi e momenti di incontro per un dibattito
collettivo. Se sviluppata con intelligenza, la
duplice dimensione esecutivo/associativo permette, con tutte le sue contraddizioni, degli
spazi fondamentali di confronto e di crescita,
ciò che favorisce una dinamica apertura al
contributo di tutte le possibili esperienze rappresentate in MSF. Inoltre, se MSF è necessariamente un’organizzazione a vocazione
gerarchica sul piano operativo, è tuttavia
incoraggiante constatare che non abbiamo
perso il gusto e la voglia di trovare sedi di riunioni nelle quali almeno formalmente tutti direttori, presidenti, espatriati, staff nazionale,
soci - si confrontano su un livello assolutamente paritario. Nella fattispecie, va riconosciuto all’ufficio internazionale una certa dose
di coraggio per essersi imbarcato in questa
avventura, decisamente picaresca. E ringraziare tutto il team per questo sforzo oneroso, e
non ancora concluso.
Eppure, La Mancha è stata anche una occasione mancata. Gli obiettivi di fondo di questa
grande assemblea non sono emersi con evidenza, e neppure il processo che ha condotto alla
elaborazione ed all’utilizzo di documenti sui
quali i partecipanti si sono pur dovuti cimentare per ben tre giorni: il riferimento è ai numerosi statements, dichiarazioni talora disparate
su cui eravamo chiamati ad esprimere pareri
non vincolanti ma con facoltà di emendamento. In questo senso il documento post La
Mancha, su cui le Assemblee Generali sono ora
chiamate a pronunciarsi, è ispirato alla discussione della tre giorni ’assemblea in
Lussemburgodi La Mancha, anche se ovviamente non è esclusivo prodotto della assemblea, ma di un’elaborazione condotta almeno in
voci del consilgio e dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
le voci del consiglio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
6
(di Nicoletta Dentico • Raffaella Ravinetto • Andrea Minetti)
7
parte in seno all’International Council (l’organo
che riunisce i Presidenti di tutte le sezioni). ma
non è stato scritto dall’assemblea di La Mancha.
La metodologia scelta si è rivelata piuttosto
infelice. Ben prima dell’inizio dei lavori il programma suggeriva l’idea di un volo radente –
leggero e veloce - su troppe tematiche, senza
possibilità alcuna di tuffarsi nella acque delle
brucianti questioni che ogni giorno sollecitano, anche con effetti dilanianti, il dibattito nel
mondo MSF. Così La Mancha non è stata l’occasione per discutere con la dovuta profondità temi urgenti ed essenziali come, ad esempio, i programmi HIV/AIDS o il futuro della
campagna farmaci, l’azione umanitaria a confronto con l’azione politica, l’advocacy in
favore dell’accesso alle cure sanitarie di base
(che tanto a cuore sta all’OCB) o ancora il
“peso” dei gruppi operazionali – OCB, Paris
Block, Amsterdam Group, etc. - rispetto al
movimento internazionale. I rappresentanti
delle sezioni che contano, OCB e Paris block in
primis, si sono limitati ad osservare il dibattito, cercando di esporre le proprie legittime
posizioni divergenti il meno possibile.
La Mancha non è stata neppure il luogo delle
sacre scritture, tant’è che il dibattito su i
Principi di Chantilly è stato relegato ad un paio
d’ore di plenaria in chiusura di conferenza e
volutamente escluso dal documento finale. Al
tema dei principi di Chantilly, nell’ottica di una
loro possibile riformulazione, aveva lavorato un
micro-comitato di tre persone, autrici di una
bozza presentata in diapositive all’ultimo
momento, e mai distribuita ai partecipanti.
La Mancha è stata piuttosto un rapido e
pacifico scambio d’idee su quasi tutto ciò che
ci unisce e la ricerca del minimo comune
consenso su tutto ciò che ci divide. A La
Mancha il popolo di MSF si è detto in maniera chiara (forse per la prima volta) di essere
diverso e variegato dentro MSF, ed ha riconosciuto che questa differenza rappresenta una
ricchezza. Ed in effetti, di fronte alle sfide del
mondo, una univoca risposta operazionale
non può bastare. La storia ci ha insegnato a
convivere con le nostre divergenze e contraddizioni e, nota positiva, ad accettare che
MSF sia composta da gruppi diversi con filosofie diverse e priorità operazionali diverse.
Ciò è un dato di fatto che nessuno mette più
in discussione. Non è poco. Occorre coerenza
nella diversità, però, e da questa necessità
deriva forse anche l’urgenza di un nuovo
concetto identificare alla luce delle sfide
attuali le componenti irrinunciabili e fondanti dell’di azione medico-umanitaria secondo
MSF. La novità sta nella determinazione di
voler con più forza regolamentare questa
situazione e creare meccanismi di gestione
voci del consilgio e dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
voci del consilgio e dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
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“La Mancha è stata [...] un rapido e pacifico scambio d’idee su quasi
tutto ciò che ci unisce e la ricerca del minimo comune consenso su
tutto ciò che ci divide”
della complessa macchina MSF. Perciò molto
si è detto sui tre veri argomenti all’ordine del
giorno: governance, responsabilità (accountability) e trasparenza.
La Mancha è stata anche il luogo dove, per
la prima volta, si è socializzato il riconoscimento di una “mass discrimination”, una
discriminazione di massa nei confronti dello
staff locale. I rappresentanti di questa maggioranza esclusa di MSF (una decina di presenti, su oltre 200 persone!) hanno parlato
senza fronzoli delle loro molteplici difficoltà,
e delle perniciose dinamiche che marcano la
loro esclusione sul terreno. Il confronto serrato è servito a far emergere l’esigenza di uscire dalla logica discriminatoria, almeno nelle
intenzioni, e l’impegno di lavorare seriamente, nei prossimi anni, per modificare sensibilmente l’imbarazzante scenario attuale, anche
alla luce del futuro processo di internazionalizzazione del movimento. Per altri versi, va
detto tuttavia che pero, il dibattito si è fermato in superficie ed ha peccato di una certa
demagogia: molte parole sono state dette
rispetto alla necessità di coinvolgere lo staff
nazionale nella vita associativa (dando per
scontato che tutti debbano essere interessati
e convinti!), mentre nulla di concreto è scaturito, si è detto, per esempio, sulle condizioni di
lavoro e sulle garanzie contrattuali.
Che cosa ne sappiamo di più, di MSF, dopo
La Mancha? E quali sono le possibili proposte
concrete post La Mancha per MSF Italia?
Pur nella incorreggibile autoreferenzialità di
MSF, qualche idea è emersa nella proiezione del
movimento nei prossimi 10 anni. Sembra esserci stato accordo sul punto che la Governance
interna deve essere ridefinita, rafforzando il
ruolo dell’associativo (attraverso una maggiore
responsabilità data all’International Council) ,
IC, che riunisce i Presidenti di tutte le sezioni) e
quello del DG19, (l’organo che riunisce i
Direttori Generali delle 19 i tutte le sezioni).
L’IC ha bisogno di un passaggio come quello
di La Mancha per appropriarsi legittimamente
del suo ruolo di supervisore e garante delle
azioni delle sezioni. Che sia chiaro : non si pretende di influire su scelte o posizioni “dominanti”, nè di avere una voce comune, nè di ridisegnare l’universo MSF secondo logiche che
non siano quelle dei gruppi di potere esistenti,
nè di imporre a sezioni eventualmente in posizioni minoritarie di rinunciare alle proprie prio-
rità. Si tratta di trovare meccanismi di gestione
delle differenze, che vuol dire delle maggioranze e delle minoranze. Per questo si è domandato a gran voce unanime un IC più forte. Un IC
più competente. Un IC più responsabile. Il
documento finale che dovrebbe essere discusso e votato dalle varie AG è solo il passo successivo del processo : si chiede al popolo MSF
di dare legittimità ai suoi rappresentanti in
sede IC, che a loro volta si impegnano a rafforzare e rendere più fluida e tangibile la propria
accountability, la propria responsabilità,
rispetto alle rispettive assemblee generali.
Per MSF Italia, tutto questo si può tradurre
nell’esigenza di rafforzare l’associativo, attraverso il coinvolgimento di tutti i potenziali
soci che per varie ragioni ancora non lo sono;
nell’esigenza di sottolineare le responsabilità
del board, migliorando i meccanismi di
accountability all’interno del board stesso e di
fronte all’Assemblea Generale, tanto del board
come gruppo quanto dei suoi singoli componenti; nell’importanza di rafforzare il coinvolgimento e la responsabilità dell’esecutivo
rispetto all’operazionalità della cellula 8 (ad
esempio, per una sempre migliore sinergia con
la comunicazione di MSF Italia).
Sono chiaramente emersi degli orientamenti sostanzialmente diversi fra i grandi blocchi
operazionali rispetto ad alcuni temi fondamentali, che possono determinare l’inclusione
o l’esclusione di determinati gruppi nei/dai
nostri programmi: ruolo del témoignage e dell’advocacy (dove mettiamo la frontiera fra
azione medica e azione politica?); obiettivi
operazionali nei contesti stabili (ci limitiamo ai
“nostri pazienti” o ci proponiamo come obiettivo la ricerca di “soluzioni globali” che vadano al di là dei confini dei programmi MSF)?
Per MSF Italia, è giunto il momento che tutto
questo si traduca in contenuti da approfondire
ed opportunità da cogliere, non solo per definire una posizione italiana, ma soprattutto per
sviluppare competenze concrete da mettere al
servizio delle nostre operazioni e della nostra
advocacy. Delle operazioni e della advocacy di
una MSF capace di rispondere con coraggio alle
esigenze della realtà contemporanea. ■
9
inglese che permetterà a MSF Italia
di poter essere più visibile a livello
internazionale quindi di far sentire le
sue idee e le sue opinioni.
piuttosto identificare quei momenti,
quei fatti, che a mio parere sono stati
determinanti e che in qualche modo
avranno una ricaduta sul futuro
2.
Rafforzamento del manag ement
1.
Operazionalità e l’OCB
Della nostra operazionalità ho già avuto
occasione di scrivere e di aggiornarvi su questo tema ma il dato di fatto oramai certo è che
da gennaio 2005 la Cellula 8 si è stabilita a
Roma. L’inizio non è stato facile, una mole di
lavoro notevole è stata affrontata per prendere in carico le missioni senza far pesare al terreno questo passaggio tra le diverse Cellule, il
team della nostra cellula in breve tempo ha
dovuto visitare tutte le missioni per prendere
in carico i programmi e immediatamente lavorare sull’identificazioni di nuovi progetti. Alla
fine del 2005 la totalità dei team di coordinazione sul terreno si sono rinnovati, portando
anche una brezza di nuove energie, questo ha
determinato, con il sostegno della cellula
l’identificazione di nuovi progetti.
Altri traguardi sono all’orizzonte della cellula 8 e altri traguardi di operazionalità sono
all’orizzonte di MSF Italia, spero di poter continuare a sognare e vedere MSF Italia crescere
per competenze e qualità partecipando in
modo attivo ai dibattiti operazionali a livello
internazionale in modo da contribuire alla crescita e alla riflessione del futuro di MSF.
A questo contributo mi auguro che anche la
parte associativa possa partecipare attraverso
l’OCB board. Sì, anche questa è una novità. Da
gennaio 2006 l’OCB Board è una realtà. Dopo
un anno trascorso a discuterne, a condivider-
Dato il lungo silenzio mi è stato
chiesto di riassumere quest’ultimo
anno, il 2005. Non voglio annoiarvi
con una lunga lista di avvenimenti ma
ne la sua composizione e a chiedere all’assemblea generale del 2005 di scegliere il modello
che MSF Italia riteneva più adeguato ora tutte
le sezioni dell’OCB sono sulla stessa linea. Il
nuovo OCB board si riunirà due volte all’anno.
Mi auguro che attraverso questa nuova piattaforma la voce dell’associativo possa fare
sentire le sue idee e le sue riflessioni in modo
più forte. È necessario ora assicurarsi che
dibattiti e contenuti operazionali vengano
condivisi in modo ancora più capillare per dare
ai soci la possibilità di partecipare più attivamente.
A livello dell’esecutivo la collaborazione con
l’OCB e tutte le sezioni che la compongono va
molto bene, tra i 7 Direttori Generali si è creato un buon clima di collaborazione e di lavoro
la maggior parte delle decisioni si riescono a
prendere sulla base di un consenso generale
(dopo dibattiti anche accesi). Il 2005 sicuramente è stato necessario a rinforzare questi
legami ma possiamo ancora migliorare e il
prossimo obiettivo è esportare questo modus
operandi esistente tra i DG anche all’interno di
tutti i dipartimenti (Comunicazione, Risorse
Umane etc etc). Il 2006 sarà un anno interessante da questo punto di vista., sicuramente
ricco di nuovi traguardi.
È un tema sicuramente meno interessante o
coinvolgente come l’operazionalità ma sicuramente altrettanto importante.
Ho trascorso buona parte del primo anno
cercando di entrare dentro le dinamiche, i
punti di forza ma anche di attrito del modello
organizzativo che era in essere al mio arrivo.
Alla figura del Direttore Generale era richiesta
una presenza decisionale che entrava frequentemente troppo nel dettaglio. Intervenire
su una moltitudine di problemi/dossier richiedevano di conseguenza la necessità di entrare
più in profondità nella conoscenza dei contenuti del dossier stesso, necessità di studiare e
prepararsi su molteplici argomenti, a questo
deve essere aggiunto l’aumentato carico di
lavoro determinato dall’operazionalità, una
maggiore presenza di MSF Italia ad incontri
strategici a livello dell’OCB.
Si evince da queste prime frasi che non era
possibile garantire la qualità della mia presenza in ogni aspetto del mio lavoro. L’esigenza di
dedicare le giuste attenzioni ai dipartimenti, la
necessità di migliorare la loro coordinazione e
la necessità di far avanzare una serie di dossier
importanti per MSF Italia, soprattutto nella
gestione delle risorse umane, hanno iniziato a
evidenziare la necessità di darsi un’altra struttura organizzativa che rispondesse ai reali
bisogni di MSF Italia.
La conseguenza è stata la creazione delle
nuove posizioni di Direttore della
Comunicazione e Direttore delle Risorse
Umane. Due ruoli fondamentali per dare a
MSF Italia gli strumenti necessari a rafforzarsi, due ruoli che permetteranno e che risponderanno al bisogni, come già scritto, di dare ai
dipartimenti quella attenzione mancata da
troppo tempo oramai ma anche e soprattutto
di migliorarne la loro coordinazione, e di assicurare che diversi dossier, fondamentali a
migliorare la nostra organizzazione del lavoro
come il ROI (Regolamento d’Ordine Interno), la
politica salariale, la politica di formazione e
molti altri argomenti, possano finalmente trovare una loro finalizzazione in modo da essere
operativi al più presto contribuendo, mi auguro, a migliorare la qualità del nostro lavoro.
Queste due nuove funzioni direttive sono oggi
una realtà, recente, ma una realtà. Sono sicuro
che con i tempi naturali di funzioni di questo
livello avremo presto importanti risultati.
prossimo della nostra sezione.
Ne ho identificati tre, uno sul piano
interno, uno su quello internazionale
ed un ultimo in cui entrambe le
3.
La Mancha
IL 2005 ha preparato il terreno per poter
realizzare a marzo del 2006 la conferenza in
Lussemburgo conosciuta come “La Mancha”. A
questo incontro rappresentative di tutte le
sezioni, con staff proveniente dalle sedi, da
molte missioni (staff nazionale ed internazionale) e altre figure dell’universo MSF.
Il percorso è iniziato con le interviste passando poi ai contributi scritti sia volontari che
“richiesti” a figure esterne a MSF per concludersi con le miniAG che si sono tenute sul terreno ma anche nelle nostre sezioni: Tutto questo sforzo aveva come obiettivo dare al
Consiglio Internazionale (IC) indicazioni, strumenti e contenuti che potessero aiutarli nel
difficile compito di elaborare un documento
che dovrebbe dare a MSF la direzione per i
prossimi anni con precisi riferimenti alla
nostra azione medica, ai contesti in cui MSF
dovrebbe essere maggiormente presente e al
modello organizzativo, quindi alla gestione
delle responsabilità delle operazioni e delle
decisioni ad essa collegate.
Grazie ai contributi precedenti la conferenza e alla partecipazione di oltre 200 persone
che si sono sedute assieme per cercare di
discutere e approfondire dove possibile
durante i diversi dibattiti, l’IC ha preparato un
primo documento; lo avete ricevuto, spero che
la maggior parte tra voi lo abbia anche già
componenti sono presenti:
1. L’operazionalità e l’OCB
2. Rafforzamento del management
3. La Mancha
(di Stefano Savi DG MSF Italia)
letto. È importante che lo leggiate attentamente, prestandoci molta attenzione dato che
alla prossima assemblea generale, tra poco
tempo, sarete, saremo chiamati tutti, noi soci,
ad esprimere e votare il nostro accordo sulla
sua struttura e i suoi contenuti.
All’assemblea generale tutti i soci avranno
la possibilità di potersi esprimere, sarà il
momento in cui ciascuno di noi potrà ancora
contribuire alla direzione in cui vogliamo
vedere andare MSF nel futuro. ■
voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
10
Cari soci, eccoci qui di nuovo dopo un
lungo periodo di silenzio delle Voci di
Dentro che ritornano tra noi con
delle novità come la traduzione in
11
Roma 12.04.06
Perù. Dopo cinque anni di lavoro nel
carcere peruviano di Lurigancho e la
pubblicazione dell’opuscolo Lezioni
apprese: un’esperienza di lavoro multidisciplinare con le Malattie a
Trasmissione Sessuale (STI) e l’HIV/AIDS
nel carcere di Lurigancho a Lima, Perù,
Medici Senza Frontiere (MSF) ha iniziato a passare le consegne del progetto sull’HIV/AIDS in uno dei carceri
più popolati dell’America Latina. La
prigione di Lurigancho si trova a Lima,
capitale del Perù, e attualmente oltre
8.500 detenuti vivono in uno spazio
progettato per 1.500 detenuti.
L’approccio multidisciplinare di questa
azione che è stata coordinata con il
programma di controllo per le
Malattie a trasmissione sessuale e
l’HIV/AIDS all’interno del carcere, ha
reso possibile una serie di cose: ha
migliorato la qualità delle cure mediche per le persone che vivono con
l’HIV/AIDS, ha formato delle figure
professionali sanitarie provenienti da
altre aree (psicologia, istruzione, assistenza sociale), ha dato sostegno ai
gruppi più deboli e in generale ha
dimostrato che anche in contesti
complessi come i carceri è possibile
offrire cure tempestive e adeguate per
le STI e cure mediche complete per le
persone affette da HIV/AIDS. La nostra
presenza proseguirà, anche se limitata
al sostegno tecnico, per tutto il 2006,
in modo da garantire una prosecuzione adeguata delle attività. Fine marzo.
È stata approvata una proposta di
progetto per l’implementazione di
supporto tecnico all’INS (National
Health Institute) per replicare/ implementare la metodologia alternativa
(Dynabeads) per la conta dei CD4 nelle
persone affette da HIV/AIDS che vivono in 5 province del Perù.
Haiti. Il 16 febbraio l’ex presidente
Rene Préval è stato dichiarato vincitore delle elezioni presidenziali di Haiti,
tenute il 7 febbraio 2006.
Il 19 gennaio si è tenuta una conferenza stampa in tre città (Port-auPrince, Bruxelles, Roma). Nel corso
della conferenza incrociata MSF ha
fatto appello a tutti i gruppi armati
della città affinché rispettassero l’incolumità dei civili e consentissero a coloro che erano rimasti feriti durante gli
scontri l’accesso immediato al pronto
soccorso medico. Abbiamo inoltre
richiesto che venisse rispettata l’incolumità dei soccorritori e degli operatori
umanitari. Soltanto nel gennaio 2006,
i team medici di Choscal hanno curato
103 vittime di armi da fuoco e 46 vittime di accoltellamenti. Da allora le
condizioni di sicurezza sono veramente migliorate, soprattutto dopo l’annuncio della vittoria di Preval.
Etiopia. La regione somala dell’Etiopia
sta attualmente affrontando una
grave siccità che colpisce anche il nord
del Kenya e della Somalia. L’ultima stagione delle piogge (da ottobre a
novembre) del 2005 ha prodotto
pochissime precipitazioni, molto al di
sotto della media. Già da novembre si
sono viste le conseguenze, con una
significativa caduta dei prezzi del
bestiame, carenze idriche, esaurimento
dei pascoli, perdite massicce di bestiame e migrazione di greggi che si contendono i magri pascoli in Etiopia, ma
anche dal Kenya e dalla Somalia. Dopo
una serie di verifiche sul terreno è
stato deciso, nel corso della riunione di
progetto del 27 febbraio, di avviare
un’azione nutrizionale di emergenza
nei distretti di Cherrati e Bare.
Colombia. Nel dipartimento di
Quibdo-Choco, a novembre del 2005
MSF ha riorientato un progetto, precedentemente volto alle cure primarie, in
un progetto di salute sessuale e riproduttiva (SRH), implementando un pacchetto di aiuti SRH a tre diversi livelli
di cura: la comunità, le strutture sani-
tarie di primo livello e l’ospedale di
secondo livello. Nelle comunità, MSF
lavora con un team di volontari sul
territorio e con cliniche mobili in 4
diversi barrios di Quibdo dove c’è
un’alta concentrazione di popolazione
vulnerabile, tra cui molti sfollati. Le cliniche mobili sono coadiuvate da una
forte componente IEC (Informazione –
Educazione – Comunicazione) che dà
alla gente informazioni sui suoi diritti
in merito alla SRH e ai servizi disponibili per la SRH. MSF dà sostegno agli
ospedali, sia di primo che di secondo
livello, offrendo cure EmOC (Cure
Ostetriche di Emergenza) di qualità
che includono le cure post aborto e le
cure per le vittime delle violenze sessuali. Il programma vero proprio, che
dà accesso a tutte le componenti del
pacchetto SRH ai diversi livelli di cura,
non riesce a far fronte alla crescente
domanda di servizi SRH offerti a livello
della comunità. Per poter soddisfare
questo aumento di richieste, verrà
implementato un secondo team di
volontari sul territorio che saranno
operativi in 2 barrios urbani d Quibdò,
dove MSF è già presente, e in 2 zone
rurali lungo gli assi di accesso principale a est (Pereira) e a sud (Istmina),
che si trovano al massimo a un’ora di
auto da Quibdò.
infuriano le violenze. Kostas
Moschochoritis, coordinatore da
Roma delle operazioni di MSF Belgio,
spiega le ragioni di questa scelta
mentre Marie-Noëlle Rodrigue,
Programme Manager a New York per
la sezione francese, spiega le ragioni
del suo dissenso.
Operations Unlimited
(Kostas Moschochoritis Resp. della cellula 8)
S
i è parlato molto dei diversi punti di vista
sugli approcci operativi delle diverse sezioni di MSF. È vero che queste differenze sono
reali, a volte lievi e a volte veramente profonde.
È anche vero che vi sono delle differenze perfino nell’efficacia delle diverse operazioni.
Anziché fare dei paragoni, in questo articolo
vorrei tentare di descrivere brevemente la tipologia operativa di OCB, alcuni risultati dello
scorso anno e le prospettive per il 2006.
Questa era la tipologia delle nostre operazioni alla fine del 2005:
■ OCB lavorava in 38 paesi, in 4 di questi ha
iniziato i lavori nel 2005.
■ Nuovi paesi: Mauritania, Niger, GuineaBissau, Malesia. Una volta terminata la fase di
emergenza, le missioni in Mauritania, Niger e
Guinea-Bissau sono state chiuse.
■ Negli ultimi dodici mesi sono stati lasciati
quattro paesi: Nicaragua, Iraq, Brasile e Serbia.
■ Nuovi importanti progetti lanciati: Cité Soleil
Haiti, Mitwaba Congo, Pibor S. Sudan, Mar
Rosso N. Sudan, AIDS Mumbai India, senza
documenti e migranti Kuala Lumpur Malesia.
Interventi di emergenza: Aceh e India meridionale per lo tsunami, Angola per Marburg,
gli sfollati di Guradamole in Etiopia, conflitti a
Grozny in Cecenia, inondazioni a Mumbai in
India, nutrizione a Bor in Sud Sudan, gruppo
del Sahel: Mali, Nord Zinder Niger, Nema e
Mauritania sud-orientale, N’djamena e Mao
Ciad. Campagne di vaccinazioni: morbillo e
meningite Ciad. Colera: Nouakchott
Mauritania, Conakry Guinea, Monrovia Liberia,
Guinea-Bissau, Burkina Faso. È stata effettuata anche un’azione di aiuto continua in RDC
attraverso il Pool d’Urgence Congo, peste
nella Provincia Orientale.
■ Esplorazioni in nuovi paesi: Libia (migranti),
aree tribali pakistane a sud dell’Afghanistan
(rifugiati), Lesotho (Aids).
■ In totale sono stati realizzati 148 progetti: 36
per assistere le vittime di guerra, 20 per assistere le vittime in zone post-belliche, 55 progetti hanno affrontato epidemie ed endemie
(compreso l’AIDS), 27 progetti hanno fornito
l’accesso alle cure alle popolazioni escluse in
■
ambienti stabili (per lo più progetti minori) e
10 progetti hanno assistito le vittime di catastrofi naturali (compresi gli interventi nutrizionali in scenari stabili). Il 60% dei progetti
ha avuto luogo in Africa (rappresentando oltre
il 70% dei fondi).
Gli ambiti di intervento oggi utilizzati per
stabilire le priorità nell’assistenza e per classificare i progetti sono:
I. Assistenza alle vittime di guerra
I.1. Rifugiati e sfollati
I.2. Emergenze nutrizionali
I.3. Accesso ai servizi sanitari per tutta la
popolazione nelle zone di guerra
II. Assistanza alle popolazioni vulnerabili in
contesti post-bellici
II.1. Accesso a servizi sanitari di base per le
popolazioni vulnerabili
III. Epidemie e endemie
III.1. Epidemie
voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro
voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro
12
Contrariamente alla sezione
francese, MSF Belgio ha deciso di
avviare un progetto a Cité Soleil,
quartiere di Port-au-Prince, dove
13
IV. Accesso alle cure sanitarie per le popolazioni escluse
IV.1. Per migranti and richiedenti asilo nei
paesi sviluppati
IV.2. Per popolazioni escluse dalle cure sanitarie
(Pubblicato su Messages Marzo 2006)
V. Assistenza per le vittime di catastrofi naturali
1.
2.
3.
4.
Igiene mentale
Campagna
Accesso alle cure
Salute della donna
Va notato che nel corso del 2005 siamo riusciti a recuperare flessibilità operativa in termini di aumentata capacità di risposta sia dal
punto di vista organizzativo che da quello
delle risorse, per poter fare di più nelle zone di
guerra, per sviluppare assistenza chirurgica in
zone di guerra, per rilanciare azioni di vaccinazione, al di fuori delle epidemie laddove
necessario, per potenziare la raccolta di dati
mentre Marie-Noëlle Rodrigue,
Programme Manager a New York per
la sezione francese, spiega le ragioni
del suo dissenso.
Essere o non essere
a Cité Soleil?
III.2. AIDS, malaria, tubercolosi
III.3. Malattie trascurate
Le azioni trasversali, che sono ampiamente
rappresentate nei progetti e alle quali vogliamo dare risalto, sono:
infuriano le violenze. Kostas
Moschochoritis, coordinatore da
Roma delle operazioni di MSF Belgio,
spiega le ragioni di questa scelta
medici e aumentare la disponibilità di cure
SGBV. Tuttavia vi sono zone di guerra, nei
paesi in cui OCB non è presente, che devono
essere riesaminate per valutare la possibilità di
un intervento di altre missioni, per portare
avanti il nostro proposito di ampliare gli aiuti
per le vittime di guerra. I maggiori interventi
nell’ambito delle emergenze non legate a conflitti sono, ovviamente, stati fatti in Aceh per i
superstiti dello tsunami e nel Sahel per gli
interventi nutrizionali. Un altro aspetto positivo è stato la spinta a passare alle cure gratuite all’interno di MSF, gran parte di questo
positivo cambiamento è stato fatto sul terreno. Oggi le cure gratuite sono presenti in quasi
tutti i nostri progetti. Nell’ambito dell’AIDS, a
dicembre 2005 avevamo oltre 21.000 pazienti
in cura con gli ARV. Per il 2006 intendiamo
continuare ad aumentare gradualmente, ma a
un ritmo più lento rispetto al 2005, ad accelerare la decentralizzazione all’interno dei progetti di MSF e a velocizzare il passaggio ad
altri fornitori di aiuti sanitari.
In chiusura penso che valga la pena di
accennare al fatto che il 2005 è stato il primo
anno in cui le operazioni OCB sono state
gestite direttamente anche da Roma. Come
tutti gli inizi anche il nostro è stato difficoltoso ma allo stesso tempo promettente. Tutti noi
speriamo che tra un anno saranno stati fatti
altri passi positivi e aperti altri dibattiti... ■
Kostas Moschochoritis: ICRC e MSF Francia
erano caute riguardo alla nostra intenzione di
avere una presenza permanente a Cité Soleil. La
nostra analisi era diversa e da quando abbiamo
avviato le nostre attività, l’ICRC ha cambiato la
sua analisi rafforzando le attività nello slum. A
giugno 2005, quando il nostro team è riuscito
ad andare a Cité Soleil, abbiamo visto un enclave in cui la gente viveva circondata dai carri
armati MINUSTAH, in preda alle violenze dei
gruppi armati locali. Non c’erano strutture
sanitarie funzionanti e anche se ci fossero state
la popolazione non avrebbe potuto permettersi
di pagare per i servizi sanitari. Inoltre la popolazione era messa di fronte a una situazione
bellicosa dovuta agli scontri tra gruppi armati
locali e MINUSTAH che, secondo il nostro punto
di vista, non stavano prendendo misure sufficienti per evitare vittime tra i civili.
Lavorare a distanza, come stava facendo MSF
Francia in un ospedale all’interno di una zona
sicura fuori Cité Soleil, secondo noi non era la
soluzione migliore. Questa scelta infatti tra-
smetteva il messaggio che era impossibile lavorare con questa popolazione abbandonata a se
stessa, corroborando la natura di enclave di
Cité Soleil. Operando a distanza non era possibile coprire tutti i bisogni della popolazione
perché non tutti erano in grado di lasciare Cité
Soleil. In ultimo, essere presenti a Cité Soleil ci
ha messo nelle condizioni di testimoniare le
violenze effettuate dai gruppi armati locali e,
cosa più importante, dal MINUSTAH.
Prima di entrare a Cité Soleil abbiamo
discusso con tutte le parti coinvolte, con le
quali continuiamo ad avere contatti quotidiani per garantire una conoscenza adeguata di
questo contesto, per mantenere il nostro spazio umanitario e garantire la sicurezza dello
staff e dei pazienti. Ad esempio succedeva che
le vittime di sequestri venissero portate
all’ospedale dai sequestratori per essere curate.Questo rappresentava un grosso problema
per noi ma, in accordo con lo staff haitiano,
abbiamo ottenuto il rilascio delle vittime. Al
Choscal Hospital, malgrado sia un ospedale
pubblico, abbiamo imposto regole adeguate
che, generalmente, vengono rispettate. Alcuni
incidenti sono inevitabili ma finora non hanno
avuto ripercussioni sulla nostra credibilità o,
cosa più importante, sui nostri pazienti. Anche
se si fosse trattato di un ospedale di MSF, data
la sua ubicazione, ci saremmo trovati ad
affrontare gli stessi problemi. L’essenza del
nostro intervento è quella di assistere coloro
che sono totalmente esclusi dalle cure sanitarie il più vicino possibile al posto in cui si trovano.Anche la copertura mediatica ottenuta
dal nostro intervento, sia sui media locali che
internazionali, è stata utile per la nostra
immagine. Non abbiamo mai negato che operando a Cité Soleil stavamo correndo dei
rischi, rischi che ricadono soprattutto sulle
spalle del nostro team. Non esistono operazioni prive di rischi in situazioni come quella di
Port-au-Prince, tuttavia crediamo che siano
rischi che vale la pena di correre.
Fino ad oggi, gli eventi hanno dimostrato la
validità della nostra analisi. Siamo stati in
grado di lavorare in modo coerente, siamo
voci definizione
del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro
definizione LVDD 1/2006 Le voci di dentro
14
Contrariamente alla sezione
francese, MSF Belgio ha deciso di
avviare un progetto a Cité Soleil,
quartiere di Port-au-Prince, dove
15
stati in grado di salvare vite umane, abbiamo
visto direttamente com’era vivere a Cité Soleil
durante il conflitto. Oggi Cité Soleil è tranquilla ma sappiamo molto bene che la situazione
può cambiare repentinamente.
Intervista di Alessandra Oglino
Marie-Noëlle Rodrigue: Secondo la mia opinione, una presenza permanente ed esclusiva
al Sainte-Catherine Hospital (soprannominato
Choscal) in questo quartiere di Port-au-Prince
pone diversi problemi. Avviare un progetto in
una struttura fissa proprio nel cuore di una
zona violenta significa esporre a inutili pericoli sia i pazienti che il team. Lo abbiamo visto
noi stessi quando i proiettili hanno attraversato un reparto e la stanza del capo missione. In
quell’occasione nessuno è rimasto ferito. Ma
se succederà qualcosa in futuro saranno compromessi tutti i progetti di MSF a Port-auPrince, a Cité Soleil e altrove.
So anche per esperienza che in prima linea
non si può offrire una chirurgia di qualità,
possiamo stabilizzare i pazienti. Ad esempio
non possiamo iniziare interventi lunghi e tecnici quando c’è il rischio che vengano interrotti da colpi di arma da fuoco.
Non dovremmo ingannare noi stessi sul-
l’impatto che una presenza permanente a Cité
Soleil ha sui 300.000 abitanti della zona. Dato
il contesto, ho forti dubbi che tutte le persone
che abitano a Cité Soleil abbiano libero accesso all’ospedale. I dati relativi alle attività al
Choscal (12.000 visite in 6 mesi) confermano
che MSF Belgio non copre l’intera popolazione
dello slum. Inganniamo noi stessi se pensiamo
che il Choscal Hospital sfugga al controllo. I
problemi e le alleanze sono al di là delle
nostre forze e rischiamo, se non ne siamo consapevoli. Gli scontri tra i gruppi armati da una
parte e il Minustah e il PNH (Haiti National
Police) dall’altra non devono far dimenticare le
aspre battaglie che infuriano all’interno delle
diverse zone della città. Inoltre stiamo ingannando noi stessi se pensiamo che tutte le vittime possano accedere all’ospedale.
Intervenire in contesti urbani è molto complesso, soprattutto in una città esplosiva come
Port-au-Prince. MSF è abituata a negoziare il
proprio spazio lavorativo/umanitario con le
varie forze in gioco. Tuttavia le cose diventano
molto più complicate quando le nostre azioni
sono limitate a una città. Qui la concentrazione geografica delle diverse parti in conflitto
complica la percezione del nostro lavoro.
Diventa estremamente difficile convincere le
persone della nostra indipendenza quando ci
stabiliamo in un unico posto.
Secondo la mia opinione, è sconsiderato
correre questi rischi perché esistono altre
opzioni. Abbiamo aperto un centro traumatologico al Saint-Joseph hospital nella zona di
Turgeau che è vicina a Cité Soleil. È accessibile e vicina alle zone più colpite dalle violenze.
Essendo centrale, le vittime delle violenze possono accedervi da qualsiasi parte della città. La
Croce Rossa Haitiana manda qui i pazienti
quando le condizioni di sicurezza lo permettono e l’ospedale accoglie pazienti da tutte le
parti della città, anche da Cité Soleil, anche
dopo che MSF Belgio ha aperto il progetto a
Choscal. Nella nostra struttura possiamo effettuare interventi chirurgici di qualità (ortopedici, addominali) in condizioni di traquillità.
E anche se potessimo e dovessimo aumentare la nostra risposta di fronte a esplosioni di
violenza, noi abbiamo la responsabilità di evitare di esporre al pericolo i nostri pazienti e i
team. Non considero i nostri team come soldati, mercenari o missionari.
Intervista di Rémi Vallet ■
Accesso alle cure per gli stranieri:
dove va Missione Italia?
L
a legge italiana sull’immigrazione, la
Bossi-Fini, garantisce il diritto alle cure per
tutti gli stranieri presenti sul territorio italiano
siano essi regolari e non. Si tratta di una normativa estremamente avanzata, soprattutto
rispetto ad altri paesi europei in cui MSF ha
deciso di aprire progetti, come la Svezia, dove il
diritto alle cure per gli irregolari non è garantito affatto o lo è ma in forme molto limitate. La
legge italiana sull’immigrazione è dunque particolarmente interessante rispetto al tema dell’accesso alle cure per un paese che conta al suo
interno varie centinaia di migliaia di cittadini
irregolarmente presenti che costituiscono una
sfida e un’opportunità unica per l’Italia. Lo
abbiamo visto in occasione delle ultima pubblicazione del decreto flussi: oltre mezzo milione
di persone hanno presentato domanda per
poco più di 170mila posti. Sono tutte persone
che vivono, lavorano e si ammalano nel nostro
paese, come dimostra il nostro progetto di assistenza sanitaria a favore dei cittadini stranieri
impiegati come braccianti agricoli e documentata nel rapporto di MSF “I frutti dell’ipocrisia”.
Nonostante la legge garantisca questo diritto la realtà dei fatti è tutt’altro che incoraggiante. La legge spesso non viene applicata
dalle ASL o viene applicata in maniera approssimativa. Missione Italia lavora dal 2003 per
cercare di costruire modelli di good practice
sostenibili ovvero in grado di sopravvivere
dopo l’uscita di MSF. In questi anni sono stati
siglati protocolli di intesa con le ASL locali
consentendo a MSF di aprire ambulatori dedicati agli stranieri irregolari.
La peculiarità dell’intervento sta nell’approccio a 360 gradi sul territorio. Per questo
nei progetti di Missione Italia sono fondamentali le figure degli outreach, operatori sociali
che lavorano sul territorio per conoscere,
mappare, informare e “condurre” gli stranieri
verso l’ambulatorio MSF. Gli immigrati sono
infatti i primi a non essere consapevoli del loro
diritto o a temere l’approccio al servizio sanitario per timore. Accanto agli outreach lavorano nei progetti anche gli operatori legali che
fuori e dentro gli ambulatori offrono assistenza agli stranieri per questioni riguardanti pro-
blemi legati al permesso di soggiorno.
L’art.35 della Bossi-Fini dice che lo straniero
gravemente malato ha diritto ad un permesso
di soggiorno “per motivi di salute” nel caso in
cui nel suo paese non abbia possibilità di
accesso alle cure. Il dipartimento legale di
Missione Italia si è prodigato nell’ultimo anno
per raccogliere una serie di casi di pazienti
affetti da gravi malattie e per portare avanti
un’azione di lobbying affinché l’art. 35 garantisca un permesso di soggiorno a quei cittadini stranieri affetti da patologia grave e quindi
necessitino di una terapia. Con questo si intende superare un paradosso tutto italiano per cui
da un lato si garantisce, sulla carta, l’accesso
alle cure, dall’altro però non si garantisce la
possibilità di rimanere sul territorio. In questo
modo lo straniero gravemente malato ha sì la
possibilità di avere accesso ad una terapia salvavita ma nello stesso tempo può essere fermato e rimpatriato dalle forze dell’ordine.
Questo di fatto impedisce allo straniero di non
continuare la terapia rimpatriandolo verso un
paese dove tale terapia non è disponibile.
voci dal terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro
voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro
16
(di Alessandra Oglino)
17
A tre anni dall’apertura del primo ambulatorio dedicato agli irregolari a Siracusa,
Missione Italia ha collezionato una serie di
esperienze positive e anche alcune negative:
Siracusa, Ragusa e Roma hanno visto il passaggio di consegne al Sistema Sanitario
Nazionale e il follow up dimostra che il servizio continua a funzionare. Il progetto bresciano, per vari motivi, ha avuto invece un esito
particolarmente deludente.
La sfida del 2006 sarà proprio quella di
capitalizzare il lavoro svolto finora in un
documento che vuole divenire il pilastro della
visione di MSF-Missione Italia rispetto al tema
dell’accesso alle cure per gli stranieri nel
nostro paese. Il 2006 si presenta come un
anno cruciale non solo per Missione Italia.
Negli ultimi anni Missione Italia ha toccato con mano le diverse fasi del fenomeno
migratorio lavorando in prima linea e in
prossimità con gli stranieri al momento dello
sbarco sulle coste siciliane e a Lampedusa,
nei campi del Sud con i lavoratori stagionali,
fino ai contesti urbani di varie regioni
d’Italia dove la presenza di stranieri è particolarmente significativa.
È arrivato il momento di raccogliere in un
documento la memoria storica di questo lavoro per cercare di riflettere sul senso della
nostra azione in l’Italia e per mettere nero su
bianco qual è la visione di MSF relativamente
al tema dell’accesso alle cure per gli stranieri.
Questo documento dovrà necessariamente
divenire la mappa di riferimento della lobbying di MSF-Missione Italia al fine di determinare un vero accesso alle cure per i cittadini stranieri su basi inclusive, con nuove tecniche che favoriscano quindi l’integrazione
sanitaria dei nostri pazienti ma anche di coloro ai quali non abbiamo messo e mai metteremo uno stetoscopio sulla schiena. ■
“Sei contento che finalmente potrai
parlare, no?”. Questa domanda mi è
stata posta molte volte da quando,
sei mesi fa, ho iniziato a lavorare per
l’ufficio stampa di Medici Senza
Frontiere (MSF) Italia. A formulare la
domanda, amici e nuovi colleghi
consapevoli dei miei due anni e
mezzo trascorsi a lavorare con il
Comitato Internazionale della Croce
Rossa (CICR), e soprattutto dell’anno
e mezzo come Communication
Delegate.
Sì perché, si sa, o comunque si dice,
che il CICR non parla, MSF sì. Anche
se quest’affermazione necessita di
una serie importante di qualificazioni.
MSF, infatti, è “nata per offrire soccorso sanitario alle popolazioni in
pericolo e testimoniare delle violazio ni dei diritti umani cui assiste durante le sue missioni”, il famoso témoignage. Che ci distingue, che distingue MSF da un’organizzazione come
il CICR, che pure comunica, ma in
modo diverso.
Dove sta questa differenza? Il CICR
comunica principalmente per persuadere quanti partecipano, direttamente o indirettamente, ai conflitti
armati a rispettare le norme del
diritto umanitario, ovvero quell’insieme di regole nate per proteggere
quanti non partecipano (la popolazione civile) o non partecipano più
(combattenti feriti o prigionieri) alle
ostilità – infatti, il mandato del CICR
è quello di offrire protezione e assistenza alle vittime dei conflitti armati e di promuovere la diffusione e il
rispetto dei principi umanitari
internazionali. Questo era, per inciso, il mio lavoro in quanto
Communication Delegate in Burundi:
la mia attività di comunicazione era
rivolta al 90% a quelli che venivano
definiti interlocutori (politici, militari,
combattenti). Il restante 10% era
rivolta verso l’esterno, vale a dire i
mezzi di comunicazione, locali e
internazionali. E in quest’ultimo caso,
valeva la regola ferrea per cui “il
CICR comunica ciò che fa, non ciò che
vede”. Potevo raccontare che i nostri
delegati visitavano le prigioni, ma
non ciò che vedevano all’interno –
proprio perché le autorità permettono al CICR di parlare coi prigionieri
in assenza di testimoni a condizione
che i suoi rapporti siano trasmessi
unicamente alle autorità competenti.
O potevo lanciare appelli a tutte le
parti in conflitto affinché rispettassero i principi umanitari, ma non
potevo accusare una o l’altra parte di
avere violato i suddetti principi. Ciò
viene fatto in maniera confidenziale
con le autorità responsabili.
Venendo quindi a lavorare con MSF,
mi dicevo “Eh vai, adesso posso fare
un bel casino!”, perché, per quanto
comprendessi le ragioni del silenzio
del CICR su alcune questioni, e con-
dividendo assolutamente queste
ragioni, l’idea di potere finalmente
urlare e puntare il dito contro governi, istituzioni e gruppi armati mi solleticava assai.
Ma non è vero che MSF urla e punta il
dito così tanto – e soprattutto nemmeno adesso posso fare un bel casino! Perché, se è vero che MSF comunica esternamente molto più di quanto non faccia il CICR, non siamo né
Amnesty International, il cui scopo è
quello di denunciare le violazioni dei
diritti umani, né, fortunatamente,
Emergency, il cui scopo è… bè, insomma, il cui capo dice la sua su tutto.
Anzitutto, MSF testimonia unicamente di ciò che, attraverso i suoi volontari, vede coi propri occhi e ascolta
con le proprie orecchie. E MSF comunica sulla situazione umanitaria
delle popolazioni cui presta soccorso.
E lo fa consapevole dei rischi e delle
opportunità che ciò comporta. Sì, perché a volte comunicare è un rischio:
quando, il 7 marzo del 2005, alla vigilia della Festa della Donna, MSF decise
di pubblicare il rapporto Il peso
schiacciante dello stupro sulle violenze sessuali contro la popolazione sfollata nel Darfur, era consapevole dei
rischi cui andava incontro. E difatti il
governo del Sudan arrestò due mesi
dopo il capo missione di MSF in
Sudan, accusando lui di crimini contro
lo stato e MSF di aver pubblicato un
rapporto falso, di mettere in pericolo
la società e di spionaggio. Altre volte
MSF ha scelto, e continuerà a scegliere, di non comunicare, per evitare di
mettere in pericolo la propria azione
umanitaria e di danneggiare la popolazione assistita, o perché altri staranno già comunicando e quindi non
varrà la pena di mettere a repentaglio
la nostra azione umanitaria o la
nostra sicurezza – come invece, per
quanto riguarda la nostra sicurezza, è
stato appunto fatto in Darfur, ma là
eravamo gli unici che potevamo testimoniare della dimensione del fenomeno dello stupro.
“Insomma, adesso parli o no?”. Certo
che parlo. E sebbene non sia Candide,
e non credo né di vivere nel migliore
dei mondi possibile, né di lavorare
nella migliore delle organizzazioni
umanitarie possibili – per quanto
sicuramente una delle migliori esistenti - nel senso che tutto in MSF è
perfettibile, comunicazione compresa, sono soddisfatto di quanto e di
come parliamo. E, soprattutto, sono
soddisfatto e contento di quanto
poco parli io e di quanto faccia parlare chi può farlo con competenza e
cognizione di causa, chi le situazioni
umanitarie di cui testimonia le vede
e le affronta davvero, sul campo: i
nostri volontari.
Andrea Pontiroli
Ufficio Stampa MSF Italia
voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro
18
Comunicazione uma nitaria: dalla confidentialité del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR)
al témoignage di Me dici Senza Frontiere (MSF)
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I rifugiati arrivano
in città…
(di Francesca Pispisa Responsabile delle Relazioni)
I
l campo viaggia, ha attraversato freddo glaciale dove non lo aspettavamo e poi piogge
e vento torrenziali dove non era previsto.
Arrivando al nord la temperatura si riscalda,
anche questo non era previsto ma è decisamente molto apprezzato. L’esperienza sul
campo, non terreno ma piazza è appassionante: c’è Andrea che sperimenta l’amministrazione non africana, Giovanni che arriva a gruppi di
35 persone per volta, c’è Elisa che continua a
provocare buon umore solo aprendo bocca,
Emanuela e poi Nicole che contano e ricontano
tutto il materiale, c’è Marta al telefono che
corre e rincorre e Michele che sorride, chiacchiera e sgranocchia tutto quello che gli passa
a tiro, ci sono tutti loro, i volontari di questo
team speciale, questo team che è il campo rifugiati in città.
E ci sono i visitatori. Riempiono di emozione
i volontari quando sgranano gli occhi di fronte
a ciò che non avevano mai visto, mai ascoltato,
mai pensato. Uno dei momenti più straordinari
è stato forse quello con la Lega del Filo D’Oro,
circa venti persone, diverso-abili, diversamente,
hanno girato in una domenica mattina napoletana, le nostre installazioni. Seguendo le parole
di Annalisa e Alessandra hanno toccato gli
oggetti, la bladder, i letti del colera, cercando
con le dita fino al buco centrale e hanno assaggiato i BP5. Riuscire a trasmettere le azioni e le
storie a chi non può vedere né ascoltare è stata
un’esperienza grande, per il gruppo di visitatori
e per tutto il team di volontari. E poi gli studenti, a volte così distratti che diventano attenti e
segnalano che alla fine gli è rimasto dentro
quel viso sorridente su un pannello, un ragazzo
senza una gamba per via delle mine. E la scuola materna accompagnata da Antonella, un
bambino prova dal punto acqua a riempire una
tanica e portarla fino al villaggio. Ci riesce e
Antonella gli dice che allora sì, la sua mamma
potrà contare su di lui perché aiuti tutta la
famiglia. E gli altri bambini allora non possono
essere da meno e uno dopo l’altro fanno tutti il
tragitto, con la tanica che pesa e il sorriso trionfante. Antonella decide allora che via, devono
tutti essere vaccinati e poi tutti misurare il
braccio con il MUAC. Le maestre, così preoccu-
pate fino al giorno prima, portano via i bambini con gli occhi che brillano.
I visitatori vengono, in gruppo, alla spicciolata, studenti di medicina in quantità a Pisa si fermano per ore, bloccando Steo per sapere fino
all’ultimo dettaglio come faranno a partire con
MSF. E poi i ragazzi delle case-famiglia di
Bologna e il club di ciclisti e ancora una vecchina accompagnata da figlia e nipote che vuole
assolutamente fare il giro, e Monica trova il
modo di farla sedere ad ogni tappa del campo. Il
team è fantastico, arricchisce ad ogni giro un
racconto che si fa rabbia, si fa storia, si fa emozioni. In queste prime cinque tappe sono stati
circa 8000 i visitatori, ognuno di loro ha guardato, assaggiato, letto e soprattutto ha ascoltato e chiesto e pensato e ancora ascoltato e
ancora chiesto. Dalla prima occhiata ai questionari di valutazione, alla domanda “pensi di fare
qualcosa rispetto alla situazione dei rifugiati e
sfollati nel mondo?”, la stragrande maggioranza
dice si, ne parlerò intorno a me, cercherò di sensibilizzare, ne scriverò, lo racconterò.Se ognuno
degli 8000 lo farà con almeno 10 persone… ■
Per chi suona la campana? Fotografia del terreno Italia a marzo 2006
Ardizzoni Elisa
MSF F Kenia
Di Piazza Teo
MSF CH RDC (Bunja)
Pisani Nicola
MSF E Colombia
Arreghini Guido
MSF B Liberia
Dongiovanni Mery
MSF H Colombia
Pizzorni Roberto
MSF IT Colombia
Baioni Morena
MSF CH Myanmar
Egidi Ada Maristella
MSF B RDC
Polese Vincenzo
MSF B Haiti Cell. 8
Bergamaschi Lidia
MSF B Liberia
Faga Elisabetta
MSF B Etiopia
Porta Ilaria
MSF B Angola
Bernabei Arianna
MSF B Etiopia
Figus Giorgio
MSF H India
Quarenghi Carlo
MSF CH Myanmar
Berneau Philippe
MSF B Cambogia
Floritta Martorana Sandro MSF G Nigeria
Raddi Freya
MSF B Etiopia
Borzacchini Andrea
MSF H Colombia
Forgione Fabio
MSF CH Sud Sudan
Ricci Maurizio
MSF CH Sud Sudan
Bruno Maria Rosaria
MSF B Ciad
Frati Luca
MSF H Uganda
Rissone Giuseppe
MSF F Ciad
Busi Alessandro
MSF B Sud Sudan
Galeotti Massimo
MSF CH Sud Sudan
Rosa Paola
MSF B Burundi
Calistri Piergiorgio
MSF B Haiti Cell. 8
Galli Mariangela
MSF E RDC
Rossi Gabriele
MSF B Sierra Leone
Calligaro Arianna
MSF LUX Benin
Gianfortuna Fabio
MSF E Palestina
Rusconi Angelo
MSF B Angola
Campanella Castrenze MSF E RDC
Gramuglia Dario
MSF H Costa d’Avorio
Sarboraria Marco
MSF E Rep. Centro Africana
Caprioli Ernani
MSF F Costa d’Avorio
Lepora Chiara
MSF F Liberia
Schiavetti Benedetta
MSF B Costa d’Avorio
Castelli Roberta
MSF B Angola
Liccardo Maria Norina MSF LUX Mozambico
Signori Mara
MSF H Colombia
Chiappatopi Dario
MSF B Darfur
Lugli Mariano
MSF CH Liberia
Staderini Duccio
MSF LUX Ciad
Chiari Barbara
MSF B Burundi
Maccagno Barbara
MSF CH Mozambico
Talarico Luca
MSF B Angola
Clerici Riccardo
MSF B Angola
Martello Leonardo
MSF B Cambogia
Testa Pierluigi
Pool emergenza Svizzera
Colona Silvia
MSF H Haiti
Mazzotta Marcello
MSF B Angola
Tito Caterina
MSF H RDC
Cremonini Laura
MSF CH Liberia
Meregalli Raffaella
MSF H Colombia
Vaccotti Maurizio
MSF CH Darfur
Crestani Rosa
pool emergenza Bruxelles Milioti Roberto
MSF CH Guinea
Varisco Vittorio
MSF H Angola
Cristina Alberto
MSF B Colombia
Mollo Chiara
MSF H Angola
Verdecchia Maria
MSF H Etiopia
De Ascaniis Raffaele
MSF B Haiti
Montaldo Chiara
MSF B Cina
Villani Jacopo
MSF B Etiopia Cell. 8
De Filippi Loris
MSF B Haiti
Nanni Ivana
MSF B Etiopia Cell. 8
Vincenzi Alessandro
MSF H Uganda
De Tommasi Anglea Anna MSF B Congo
Pagliarini Alessio
MSF B Kenya
Zannini Stefano
MSF LUX Ciad
De Vecchis Caio Mario MSF B Haiti Cell. 8
Pasquini Alvise
MSF NY Nigeria
Zuccotti Thea
MSF B Sud Sudan
Di Mattei Pietro
Perlongo Claudia
MSF E Uganda
MSF CH Mozambico
voci dell’ufficio LVDD 1//2006 Le voci di dentro
voci dall’uffcio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
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21
in India e sue applicazioni
(A cura di Silvia Mancini)
L
e enormi dimensioni dell’epidemia di AIDS
hanno attirato l’attenzione sul fatto che
milioni di persone nei Paesi in Via di Sviluppo
(Pvs) non hanno accesso ai farmaci necessari
per trattare la malattia o alleviare le sofferenze. Ogni giorno quasi ottomila persone muoiono di AIDS nel Sud del mondo. Molte sono le
motivazioni alla base della mancanza di accesso ai farmaci essenziali: problemi di rifornimento e immagazzinamento logistico, qualità
scadente dei farmaci, scelta non appropriata di
medicinali, utilizzo non corretto, produzione
inadeguata, prezzi proibitivi e carenza di finanziamenti per l’assistenza medica.
Ma nella maggioranza dei casi la principale
barriera all’accesso alle terapie essenziali è
costituita dai prezzi elevati dei farmaci. Spesso
i prezzi proibitivi dei medicinali sono il risultato di una forte protezione della proprietà intellettuale. MSF è testimone degli effetti che i
brevetti farmaceutici hanno sui prezzi e sulla
disponibilità di medicine, in particolare di
nuovi farmaci, e ha documentato le modalità
in cui i brevetti sono applicati nei Paesi in cui
lavora. Non dovrebbe sorprendere che la protezione dei brevetti abbia quale risultato un
incremento dei prezzi dei farmaci: i brevetti
creano monopoli e i monopoli portano all’aumento dei prezzi dei farmaci. Non appena il
monopolio cessa, i prezzi crollano. Oltre a
influenzare i prezzi, i brevetti possono anche
rappresentare un ostacolo per lo sviluppo e la
disponibilità delle formulazioni raccomandate.
Un esempio è il problema dello sviluppo delle
combinazioni a dose fissa (es. la pillola “tre in
uno” per la terapia dell’AIDS) quando i brevetti dei singoli componenti sono di proprietà di
diverse compagnie farmaceutiche. Queste
combinazioni a dose fissa sono particolarmente importanti per la terapia anti-AIDS.
Alcune combinazioni a dose fissa raccomandate dall’OMS sono oggi disponibili da produttori indiani. In India, infatti, fino al 2005 non
potevano essere concessi brevetti per prodotti farmaceutici e pertanto non si è creata una
barriera alla formulazione di questi prodotti.
Dal 1° gennaio 2005 l’Accordo TRIPS sui
brevetti farmaceutici è diventato vincolante
anche in India. Ora tutti i nuovi farmaci
saranno oggetto di protezione di brevetto per
almeno 20 anni in tutti i paesi, esclusi quelli
che appartengono alla lista dei circa 50 “least
developed countries” (vale a dire i più poveri
tra i poveri, che dovranno adeguarsi nel 2016)
e i pochi paesi non aderenti all’OMC, quali
Somalia, Palestina o Macedonia. L’imposizione
di brevetti e monopoli manterranno alti i
prezzi e le nuove medicine non saranno
accessibili alla maggior parte della popolazione dei Paesi meno sviluppati e di quelli in via
di sviluppo. Programmi di lotta all’AIDS riusciti, come quelli in Brasile e Tailandia, hanno
avuto successo perché i prodotti farmaceutici chiave non erano protetti da brevetto e
potevano essere prodotti localmente a costi
molto inferiori. La terapia tripla antiretrovirale (ARV) di prima scelta è oggi disponibile per
soli 140 USD per paziente all’anno. Ma l’insorgere di resistenze agli ARV di prima linea è
inevitabile, nei paesi poveri come in quelli ricchi. Quando i pazienti hanno bisogno di passare a terapie di seconda linea, si trovano, in
assenza di concorrenza, con una terapia quasi
30 volte più costosa della più accessibile terapia di prima linea. In Kenya per esempio, MSF
paga 1.400 dollari all’anno per ogni paziente
per il trattamento di seconda linea mentre
paga solo 200 dollari per il trattamento di
prima linea. Si tratta di un prezzo maggiorato di 7 volte. Nei Paesi a medio sviluppo la
differenza di prezzo può essere ancora più
rilevante. In Guatemala, il trattamento di
seconda linea ammonta a 6.500 dollari, 28
volte superiore a un regime di prima linea. In
Sudafrica, trattare 58 pazienti con il regime
di seconda linea nei programmi MSF costa
quanto trattare 550 pazienti con farmaci di
prima linea. Naturalmente, l’alto costo della
terapia di seconda linea per pochi pazienti
può far rapidamente collassare la capacità di
pagamento di un programma e/o struttura
sanitaria. E il numero di pazienti che necessitano di terapia ARV di seconda linea è destinato ad aumentare.
Il 2005 ha dunque segnato un cambiamento fondamentale e potenzialmente drammatico per l’accesso ai farmaci nei Paesi in Via di
Sviluppo.
Cosa sta succedendo ora in India?
Sebbene l’India ed altri Paesi in Via di
Sviluppo abbiano avuto il permesso di rimandare l’implementazione dell’accordo TRIPS
fino al 2005, essi dovevano creare un sistema
di “mailbox” (cassetta postale) per ricevere e
registrare le domande di brevetto a partire dal
1995. Da allora ne sono state depositate circa
9.000. In accordo con il TRIPS, ora l’India sta
aprendo la cassetta postale per vagliare queste domande in sospeso.
Comunque la nuova legge approvata in
India introduce alcuni elementi che, almeno
nel breve periodo, mitigheranno in parte gli
effetti negativi. Per esempio introduce la
licenza automatica ovvero permette alle industrie indiane produttrici di generici di proseguire la produzione dei farmaci che già commercializzavano, anche se per essi nel frattempo sarà stato concesso un brevetto.
L’impresa indiana, pur dovendo pagare un
“ragionevole diritto d’autore” (royalty) al proprietario del brevetto, non potrà essere fermata nella produzione e nella vendita della versione generica del medicinale. E soprattutto è
stata inserita la possibilità dell’opposizione
preventiva: chiunque vi abbia interesse e sulla
base di valide ragioni potrà opporsi alla concessione di un brevetto appena la richiesta
viene presentata, senza dover attendere l’effettivo rilascio del brevetto.
Lo scorso mese, l’ufficio brevetti indiano ha
rifiutato il brevetto su un farmaco anti-cancro
(Gleevec) della Novartis in quanto nuova formulazione di una sostanza già nota.
Quali farmaci sono nella mailbox in
attesa di essere esaminati?
Tra i farmaci in attesa di essere esaminati ci
sono molti antiretrovirali come il Combivir
(AZT/3TC) della Glaxo la cui domanda di brevettabilità è stata depositata nel 1997, il Tenofovir
della Gilead, la combinazione lopinavir/ritonavir
(Kaletra) della Abbott, l’oseltamir (tamiflu) unico
farmaco ad oggi riconosciuto efficace contro
l’influenza aviaria. MSF sta supportando i gruppi locali nell’opposizione al rilascio del brevetto
sul Combivir, farmaco essenziale nella lotta contro l’HIV/AIDS. I gruppi indiani che si oppongono al rilascio del brevetto argomentano che il
Combivir (AZT/3TC) della Glaxo non è una nuova
invenzione ma semplicemente la combinazione
di due farmaci già esistenti. Inoltre affermano
che il rilascio di questo tipo di brevetti rischia di
incrementare i costi dei trattamenti antiretrovirali per molte persone affette da HIV/AIDS, rappresentando in tal modo un ulteriore aggravio
dell’onere che i Paesi in Via di Sviluppo, già in
estrema difficoltà, devono sostenere per curare
i propri pazienti. Intanto, tre settimane fa, il
paese ha concesso il suo primo brevetto ad un
farmaco contro l’epatite C della Roche. Questo
farmaco sarà disponibile solo come prodotto di
marca a 5.000 dollari per paziente per un trattamento di 6 mesi, un costo che certamente è
fuori dalla portata della popolazione dei Paesi in
Via di Sviluppo. ■
voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
22
Adeguamento dell’accordo trips
23
Nuova versione del Kaletra (ABBOTT) disponibile negli USA
...e il resto del mondo?
(A cura di Silvia Mancini)
N
ell’ottobre del 2005 la Food and Drug
Administration (FDA) statunitense ha
approvato una nuova versione del farmaco
della Abbott – una combinazione di
lopinavir/ritonavir a dose fissa di seconda
linea (LPV/r) - commercializzato col nome di
Kaletra. Esso presenta dei vantaggi fondamentali per i pazienti dei paesi in via di sviluppo
(Pvs): un numero inferiore di pillole (da sei a
quattro pillole al giorno), stoccaggio senza
refrigerazione e nessuna restrizione dietetica.
Alcuni progetti di MSF hanno urgente bisogno
di questo farmaco perché nessun altro inibitore della proteasi potenziato è
pratico da usare nei climi
torridi dei tanti paesi nei
quali la refrigerazione
non è facilmente
reperibile.
Il
nuovo
LPV/r è disponibile negli
USA ma non
nei Pvs e non è stato reso noto alcun prezzo
o sistema di distribuzione differenziale in
questi ultimi. Se questa nuova versione
aggiornata di LPV/r fosse resa accessibile,
anche sotto il profilo economico, potrebbe
offrire importanti benefici a tutti i pazienti
che vivono nei Pvs.
Nel 2005, circa il sei per cento dei pazienti
di MSF in cura da tre anni seguiva una terapia
di seconda linea e all’interno di un programma
di MSF con accesso al monitoraggio del carico
virale, dopo quattro anni di trattamento, il
16% dei pazienti aveva bisogno di una nuova
combinazione di farmaci. Questi dati sottolineano la forte e sempre maggiore necessità di
accedere a farmaci di seconda linea più nuovi
e adattati alle diverse esigenze dei Pvs.
Nonostante ciò il nuovo LPV/r resta inaccessibile a MSF e alle altre organizzazioni operanti
nei Pvs. Senza questo farmaco, non vi sono
soluzioni pratiche per i pazienti che non possono più trarre giovamento dai precedenti farmaci di prima linea.
Poiché la Abbot Laboratories è l’unica azienda produttrice del nuovo LPV/r e poiché non
esistono versioni generiche riconosciute a
livello internazionale, MSF e le altre organizzazioni dipendono dalla volontà dell’azienda per
quanto riguarda la disponibilità ampia di questo farmaco estremamente necessario.
MSF ha invitato pertanto la Abbott a:
1. registrare la nuova versione di LPV/r nei Pvs
e sostituire la vecchia versione con la nuova,
come ha già fatto negli USA;
2. fissare, per la nuova formulazione di LPV/r
nei Pvs lo stesso prezzo o un prezzo inferiore
rispetto alla precedente versione (500 dollari
all’anno per paziente);
3. includere tra i paesi beneficiari anche i
Paesi a reddito medio;
4. eliminare gli ostacoli legati al brevetto per
la produzione di versioni generiche del nuovo
LPV/r da utilizzare nei Pvs. ■
Ho lavorato in ambiente medico “ufficiale” per
un certo numero di anni e ricordo che le valutazioni (e i pettegolezzi) espresse su colleghi e
dirigenti durante le conversazioni private
riguardavano in genere aspetti di moralità
personale (“quello ruba”, “quelli sono amanti”)
o di competenza professionale, perciò sono
rimasto sorpreso, positivamente sorpreso,
quando ho rilevato che nell’ufficio di MSF un
elemento ricorrente di giudizio buona o scarsa
“condotta” era proposto in questi termini: Quello è uno che studia.- - Non può funzionare, non studia!- Laddove “studiare” non significa solo sciropparsi il flusso continuo di comunicazioni tecniche che intasa le nostre caselle
postali elettroniche, e che dall’ufficio a volte è
filtrato e passato all’associativo lungo cinghie
“L’identità di un individuo
è la propria storia”. Una
frase forte, soprattutto se
pronunciata durante la
mini-AG annuale di MSF
in Ruanda. Stavamo
introducendo i temi della
conferenza de La
Mancha, nel febbraio
scorso, dodici anni dopo
un genocidio giustificato
con argomenti identitari
che prescindevano dagli
individui e dalla storia.
Perché la storia è un processo dinamico, capace di
ribaltare la dittatura logica di radici ed etnie.
MSF ha una storia di 35
anni, che va conosciuta,
anche per comprendere
certe ipersensibilità, certi
irrigidimenti, e per disfarsi di certe mistificazioni.
MSF – La biographie,
Fayard, Paris 2004. La
giornalista Anne Vallaeys
va a bussare a tutte le
porte, va da Kuchner,
Récamier, Malhuret, fino
a Pécoul e Bradol, passando per Brauman e il
primo gruppo che ha
fondato MSF-Belgio, e
attraverso le memorie
(talvolta ferite) dei protagonisti ci porta in Biafra,
in Thailandia, in
Afganistan e in Etiopia. È
un libro di storia contemporanea, di storia delle
medicina, ed è avvincente, emozionante, equilibrato, non agiografico né
propagandistico.
di trasmissione ancora di natura “tecnica” (da
un anno, per esempio, passo mensilmente a un
gruppo di volontari “sanitari” i documenti
aggiornati dell’Access Campaign, e altri “focal
point” fanno la stessa cosa). Studiare è piuttosto un’operazione creativa che chiede una
gran dose di fantasia e curiosità oltre che fatica, ed è un’attività “spaziale”, nel senso che
spazia oltre la superficie definita della propria
sfera di competenza tecnica; ognuno quindi è
autorizzato a diffondersi su quanto più crede,
ma evidentemente ci sono campi e temi meno
affini all’universo umanitario che è il minimo
comun denominatore di chi legge queste pagine, quindi meno immediatamente condivisibili
(l’architettura dei giardini del settecento
inglese, o la musica dodecafonica, o la religiostessa pista intervistando
numerosi volontari internazionali partiti con MSF,
e visitando i programmi
in Angola e in
Afghanistan ; ne conclude che è “l’unica organizzazione di ‘smargiassi’ di
grande capacità tecnica
che si esprime con pari
impudenza e sofisticazione”. Ma tranquilli, oltre al
momento celebrativo in
questo libro c’è sostanza
e testimonianza senza
zucchero. Quando apparirà un giornalista italiano,
serio e motivato, che
vorrà raccontare questa
storia vista dall’Italia ?
mo non condividere le
sue posizioni, ma impossibile non riconoscere la
portata e la lucidità della
sua vision), Rony
Brauman, Penser dans
l’urgence, Seuil, Paris
2006. Una lettura partigiana e passionale della
storia di MSF intimamente mescolata per trent’anni a quella personale.
È un libro ancora caldo di
forno, a tratti sconcertante e provocatorio,
come sono sempre le
posizioni di MSF quando
evitiamo di annacquarle
nel brodino della facile
approssimazione (il peccato mortale di chi non si
Per gli anglofoni l’alterE a seguire l’immersione dà il tempo di studiare).
nativa è il canadese Hope nel “politicamente scor- Un capitolo addirittura si
intitola: MSF, una macin Hell, Firefly Books,
retto” dell’attuale più
2004, in cui il giornalista eminente maitre à penser china antitotalitaria, e ne
Dan Bortolotti, segue la
de la maison MSF (possia- ha per tutti, per i governi
ne delle popolazioni germaniche nel medioevo). Esistono però questioni che potrebbero
risultare suggestive per tutti e spingere a
riflettere e approfondire (fornendo argomenti
intellettuali) a chi si sente parte di Medici
Senza Frontiere. Questa “voce di dentro” ha
l’obiettivo di stimolare la voglia di studiare su
e intorno a MSF, per cui ci attendiamo da tutti
suggerimenti motivati e indicazioni di piste di
ricerca perché, quanto meno, ognuno possa
rinforzare le fondamenta del proprio senso di
appartenenza. Come “prima volta” propongo
quattro testi, due per ora malauguratamente
solo in francese (ma da lì veniamo…e almeno
per uno c’è un’alternativa), uno in inglese e
uno in italiano (ma disponibile anche in altre
lingue, cercare su Amazon).
ma pure per le ideologie
“igieniste” e le pratiche di
“medicina veterinaria”
che fondano le strategie
di salute pubblica delle
ONG e dell’OMS. La critica dell’umanitario è più
credibile quando viene da
dentro e da chi non se
n’è andato piagnucolando o sbattendo la porta.
E per finire uno sguardo a
tutto campo sul mondo e
sulla storia, anzi sulla storia del mondo “degli ultimi tredicimila anni”: Armi
acciaio e malattie, J.
Diamond, Einaudi 1998.
Me l’ha fatto conoscere
un collega d’ufficio che
probabilmente non leggerà questa rivista, ma lo
ringrazio lo stesso. Alla
nostra mini-AG ruandese
sul lago Muhazi a febbra-
io ci si chiedeva: l’umanitario è una prorogativa
occidentale? Ed anche
alcuni importanti interventi pubblicati su My
sweet La Mancha (il testo
che raccoglie i contributi
individuali dell’associativo
internazionale) aiutano a
riflettere su questo interrogativo. Il libro di
Diamond analizza le
ragioni di questa supremazia economica e apparentemente culturale,
demolendo su basi di
conoscenza tutte le spiegazioni razziste. Porta il
lettore attraverso l’archeologia, la linguistica e
la genetica tenendo ben
saldi i piedi sulla geografia. Propone interpretazioni affascinanti e seducenti, e nel mio caso convincenti. Buona lettura.
voci dell’ufficio LVDD 1//2006 Le voci di dentro
24
voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
recensioni
25
MSF e i suoi acronimi indecifrabili… ma non solo
Home made Lasagna
Access Campaign. Campagna per
l’Accesso ai Farmaci Essenziali.
AG. Assemblea Generale.
Bladder (letteralmente vescica).
Trattasi di contenitore di acqua
usato nei campi per permettere
l’accesso all’acqua potabile alle
popolazioni in stato di precarietà
(come per esempio i rifugiati e
gli sfollati). Può contenere da
1.500 a 30.000 litri di acqua.
BP5. Biscotto iperproteico usato
nei progetti di nutrizione.
Cellula. Gruppo di persone che
gestiscono i progetti dai “quartieri generali” – un responsabile
della cellula, un coordinatore
medico, un coordinatore logistico, un amministratore, un resp.
delle risorse umane.
Chantilly. Altro processo di
riflessione, revisione a ammodernamento del movimento che ha
dato luogo ad una carta di
Chantilly, 1997.
Contact. giornale interno della
sezione belga.
DG. Direttore Generale.
IC. Consiglio Internazionale. Vi
siedono i presidenti di tutte le
19 sezioni per sovrintendere
all’adesione del movimento e
The Italian Section of MSF will take a leap forward during 2006. We want this to
be a leap of quality, innovation and creativity. The “Voci di Dentro” (the Voices from
Inside – or the “screams from outside” as some would call it) wants to show a new
face, not the old, perhaps out-of-date one, but one that is more dynamic. The novelty of this LVDD (don’t confuse it with local DVD’s, those home-made ones) is that it
is varied. First of all it’s composed of many layers (of pasta…) but we’re not letting
you into the secret. It is made of many sections and will be innovative when it can
(the sauce changes…). After all, it’s a home-made journal. The previous formula
fought to obtain articles and suggestions and this was strenuous and tiring. Having
realized this we’ve now chosen to take it from inside the executive, thus trying to
become quicker and to minimize our requests. But of course it also means that suggestions, stories, and letters are welcome from everybody. We’ve made special efforts
with the graphics to make this three-monthly journal more attractive. In the field,
various journals (Messages, Contact, and so on) are part of the daily life of our volunteers. Let’s say that we want to create a journal that is all ours, to read during lunchbreak in Rome or Milan or in an Information Point, or in the evening under a mosquito net, on a project, on a plane taking us to the capital, or in a latrine in South-Sudan.
Actually, I can say that if we arrive at the latter result we can say that LVDD is a success. This special issue doesn’t talk about the General Assembly or about Italian politics. When you receive this copy the results will be known, one way or another. Here
we’re dealing with operations, with recruitment, with office matters – the way things
are going, about benevoles, and with many other things. I hope you enjoy this issue
or that at least it will provoke discussions about one theme or another.
delle sue strategie operazionali
alla mission di MSF.
ICRC – CICR. International
Committe of the Red Cross,
Comitato Internazionale della
Croce Rossa.
La Mancha. Nuovo processo di
riflessione, revisione e rinnovamento del movimento internazionale di MSF.
Messages. giornale interno della
sezione francese.
Mini-AG. Assemblee di terreno,
si svolgono nei vari paesi di
intervento di MSF e inviano
mozioni e temi da discutere alle
AG.
MUAC. Middle Upper Arm
Circonference. Screening veloce
del grado di malnutrizione dei
bambini fra i 5 mesi e i 5 anni
attraverso la misurazione della
circonferenza del braccio del
bambino.
OCB. Operational Centre
Brussels, Centro Operazionale di
Bruxelles.
OCB. Board, Consiglio Direttivo
dell’OCB, composto da un rappresentante eletto di ogni board
per ciascuna delle sezioni partner dell’OCB, quindi Belgio,
Danimarca, Hong Kong, Italia,
Lussemburgo, Norvegia, Svezia
più eventuali membri cooptati.
Paesi in Via di Sviluppo (PVS).
Sono definiti paesi in via di sviluppo tutti quei paesi compresi
nella parte I della lista stilata
dall’OCSE, l’Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico. Si tratta di paesi con
livelli di sviluppo molto bassi,
suddivisi in 5 categorie, in base
al livello medio di reddito pro
capite: paesi meno sviluppati
(meno di un dollaro al giorno);
altri paesi a basso livello di reddito (inferiore a 745$ all’anno nel
2001); paesi a basso-medio reddito (tra 746$ e 2975 all’anno);
paesi ad un livello di reddito pro
capite annuo medio-alto (tra
2976 e 9205$ all’anno)
paesi ad alto livello di reddito
(più di 9206$ all’anno nel 2001).
Tutti questi paesi, viste le loro
gravi situazioni di sviluppo,
beneficiano di aiuti pubblici allo
sviluppo da parte dei paesi industrializzati.
SGBV. Sexual Gender Based
Violence, Violenza basata sul
genere.
Emmanuel Moncada
Director of Communications
editoriale LVDD 1//2006 Le voci di dentro
26
LVDD 0/2006 Le voci di dentro
parla come mangi!
27
To all members of MSF Italy
This year we meet in
Frascati from 28 to 30
April for two important
appointments: the
Extraordinary Annual
General Meeting, where
we will discuss and
vote the new Statute of
our Association, and
the Ordinary Annual
General Meeting which
brings us together
every year. The task is
certainly laborious, and
we ask our Members to
make a particular
effort. The two
assemblies in fact place
on the Order of the Day
three points for discussion and vote, all of
which are of noteworthy significance:
2. the discussion on the
La Mancha process that
after the Luxembourg
Conference is entering
into the elaboration
phase with important
themes to attain some
positions central to the
vision and activities of
MSF as a whole, and
that asks the Italian AG
(as it asks of all AG’s of
national Sections of
MSF) for approval of
future steps in the La
Mancha Agreement;
We are therefore called
to give a signal that we
are a vital association,
with fully integrated
opinions and cultural
origins, and with diverse
motivations (and this is
not a motive for division, but an enrichment).
This issue of Voci di
Dentro includes reflections by Nicoletta,
Raffaella and Andrea
who, together with
Andrea, Kostas and
Stefano made up our
delegation in
Luxembourg. We want to
demonstrate that MSF
Italy has all the qualities
– human, cultural and
organizational – to continue to make an important contribution to the
movement in the coming
years, since this is essential for humanitarian
action in general and for
MSF in particular.
3. the election of five
Members of the Board
(Consiglio Direttivo) that
will have the task,
together with other
components of the
Board, of accompanying
1. the Statute, that we and guiding MSF Italy in
wish to render more
coming years on its
articulate and homoge- crucial processes – La
neous, in order to better Mancha, the definitive
define MSF Italy from a implementation of the
juridical point of view
OCB Board, and the final
(this is in part formal
articulation of MSF Italy
and procedural, but
as a Section with opera- We have gathered some
ineligible;
tional tasks and culture. guests around us who
will make a valuable contribution: Anneli
Eriksson, President of
MSF Sweden; Marilyn
McHarg, Director of
Operations for MSF
Switzerland; Rowan
Gillies, President of the
IC; Jean-Marie
Kindermans, President of
MSF Belgium; Greg
McAnulty, President of
MSF UK; Gorik Oooms,
Director-General of OCB
Brussels; and Christopher
Stokes, Director of
Operations of the OCB.
These will be intense
days. We ask you all to
be there. We must be
there!
Will it be worth it?
It’s always worth it –
always.
“We are realists, we ask
the impossible” (France,
May 1968)
See you !
Stefano Vajtho
President of MSF Italia
far, its shadows and lights. With a
critical view, I think it is plausible to
say that the former outnumber the
latter, despite some significant efforts
that this board has been trying to
make in order to overcome difficulties
and misunderstandings left over from
the previous years. Not an easy legacy,
the price of which MSF Italy is still
paying to some extent. One that is
only just starting to fade away as an
unpleasant memory of the past.
The board of MSF Italy:
the half empty glass
(di Nicoletta Dentico Member of the board)
O
ne year has passed since the last renewal
of the board, in April 2005, and time has
come for an honest evaluation of the work carried out so far, its shadows and lights. With a
critical view, I think it is plausible to say that
the former outnumber the latter, despite some
significant efforts that this board has been trying to make in order to overcome difficulties
and misunderstandings left over from the previous years. Not an easy legacy, the price of
which MSF Italy is still paying to some extent.
One that is only just starting to fade away as
an unpleasant memory of the past.
The current board is the result of what was
called at the time a “Bulgarian” election; in
fact, the replacement of a healthy election
process with a sad hit parade of five candidates
for five positions. The negative sign then
should have prompted energetic action vis a
vis the association of MSF Italy throughout the
year. As board members, we should have captured the urgent need for a strategic design to
recruit new associates, or better involve and
motivate the existing ones. It did not happen.
The few anecdotal instances of encounter with
the associate members of the section were not
really inspired by a visionary drive, by the specific quest for more participation, and a more
qualified role.
Instead, the board practically went on for
one year discussing managerial and administrative dossiers. Hardly any operational issues
(in a mature and structured manner), despite
the urge for a new operational culture stemming from the presence of the delocalised cell.
We have not spent much time to frame our
position in relation to the Access Campaign’s
difficult phase, despite the huge role that this
initiative has played in the positioning of MSF
(in Italy, and elsewhere).
One point should be clear: it is not my intention to underplay the relevance of topics such
as the (highly controversial) salary grid, the
reform of the statute, the new premise for MSF
Italy, all extremely serious items that it is the
duty of a board to tackle, discuss and decide
upon. What I’m hinting at is the need for some
content-focussed debates to balance the previ-
ous ones. What I have been advocating for is
the introduction of discussions – both operational and political – that may promote the culture of the organisation and its creativity,
beyond comfortable orthodox thinking, so as to
develop the capacity to provide a mature contribution within the movement and in the society where MSF operates. With self-criticism,
and great disappointment, I must admit that I
have personally not seen much of this at all. As
a strategy setting entity, the board should see it
as its primary role to encourage reflections,
trigger off issues for discussions. The question
is: are we the right people to do it?
A result of this circumstance is that the MFS
Italy board sessions have opened their doors
again, finally (after years of closed-doors practise), but attendance to the board meetings
remains episodic at best, with the exception of
the sessions organised at the information
points in the north of Italy. The consequence is
– also, and more importantly – that many of
the things that MSF Italy says/does not say in
the movement’s international fora generally
end up being the personal thinking of the individual representing the section rather than the
outcome of a really prepared and collective dialogue among board members. Given that La
Mancha has seriously underlined the increased
role of the IC for a better governance of the
future, and the concept of accountability as the
pivotal principle to guide MSF actions and
commitments, I reckon that it is high time we
equipped ourselves with new tools to make
both conditions possible, starting from home.
The weakness of the board itself may be a
crucial factor. It is true that boards have a
le voci dal consilgio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
le voci dal consiglio LVDD 0/2006 Le voci di dentro
28
One year has passed since the last
renewal of the board, in April 2005,
and time has come for an honest
evaluation of the work carried out so
29
somewhat constitutional difficulty in being
strong and reliable, much as their concrete
support be demanded by the executive.
Competences vary. Knowledge of the MSF
machinery differs. Time to devote to board
membership may fluctuate to unthinkable
degrees, in the face of the many issues that we
are asked to respond to. I myself have suffered
from progressive frustration in this respect.
Having said that, we have seen throughout last
year that people’s motivation for becoming a
member of the board, and their sense of commitment to this mandate once they have been
“elected”, can be different and sometimes very
arguable. This is a question that needs addressing as a priority, because it leads to governance
twists that are not really desirable. I think it fair
to say that members’ lack of participation in
the board activities has, in various ways, largely contributed to a certain feeling of isolation
of the section’s leadership. At the same time,
and almost inevitably, this situation has led to a
somewhat distorted functioning of the board
itself, largely based on a process of personal
consultations of the president with a selected
number of members, whose weight has de
facto changed in the decision making process.
However understandable, this shortcut has significantly reduced the open consultation, a true
and accountable communication flow among
board members, and the appropriation of
Thoughts and words,
back from La Mancha
important dossiers, especially those discussed
at the IC. I am quite convinced that such
pathology does not affect MSF Italy alone, yet
this is no excuse not to improve. We have a
series of challenges ahead of us that, I am
afraid, we have undervalued so far. We cannot
afford such inertia for much longer.
First and foremost, the mid-term strategy.
The board should be very involved in the midterm strategic planning, together with the
executive. It is one of its central tasks. The
opportunity is unique to favour the ground of
mutual appropriation and recognition, after
years of division. For this process to function
two ingredients are absolutely essential in my
view: the quality of the information, and a
determined attitude to share and communicate in a positive manner, beyond the temptation of power play. What is happening today?
Where has the mid-term strategy gone? For
all its shadows and contradictions, the meeting in Vitorchiano last November provided us
all with relevant inputs. We should rapidly be
using them to build a preliminary strategy, to
refine later on, but I do not seem to see any
movement in that direction. We often said
that Vitorchiano needed further work, and a
more focussed process, to meet its original
goals. Where are we? Who is taking the
responsibility? And the decision?
Yet, there is a lot to strategise. While
trapped in management, as board members
we risk losing sight of the reality around us,
and impoverish ourselves in the belief that we
have the truth, the restless truth coming from
doctors in the field, and others have nothing –
or very little - to offer. While we endorse the
proposal of 10% income growth in the coming years (in a concerted OCB policy), without
even a perplexity on this multinational-like
decision and its cultural consequences, we
may be missing interesting opportunities to
extend and innovate our actions of
temoignage, coherently with our operations,
in Italy and elsewhere.
There is a lot of work ahead of us, to make
the glass half full. Healthy self criticism may
serve the purpose at this point in time. ■
W
e went to La Mancha with good natured curiosity but without excessive
expectations. The group from MSF Italy was
comprised of Stefano Savi, Kostas
Moschochoritis and Andrea Accardi (from the
Executive), Andrea Minetti and Raffaella
Ravinetto (Members) and Nicoletta Dentico
(Member, and Board Member). The choice of
group members was the result of a selection
process agreed to by the President of the
Board and the Director-General that included
a mixed group of MSF Italy’s staff able to
represent the Section’s varied personnel and
express credible opinions on the themes of La
Mancha’s Agenda.
Some aspects of La Mancha were undoubtedly positive, first of all the fact that inside
MSF it still exists the recognition of a strong
necessity to find space and time to meet for a
collective debate. If developed with intelligence, the double dimension of
executive/associative permits, with all its contradictions, space which is fundamental to
confrontation and growth, which favours a
dynamic opening for contributions to all possible experiences represented in MSF. In addition to this, if MSF is necessarily an organization with a hierarchical vocation on the operational side, it is nevertheless encouraging to
note that we have not lost the pleasure and
the will to find meeting places in which at
least formally, everyone – directors, presidents, expatriates, national staff, members, meet on an absolutely equal level. In the case
in point we have to recognize a certain level
of courage at having embarked on this
adventure. And thank the whole team for this
tough task which is not yet finished.
Nevertheless, La Mancha was also a missed
opportunity. The objectives at the base of this
great assembly did not emerge in an obvious
way, and not even the process that led to the
elaboration and use of the documents that
the participants had to work on for three
whole days: I think to the numerous statements, all kinds of declarations that were
often disparate and on which we were called
upon to express our non-binding opinions,
with the possibility for amendment. In this
sense the document emanating after La
Mancha, which the General Assembly has
now to discuss, was inspired by the three-day
discussions in Luxembourg, even if it is,
obviously, not an exclusive product of the
Assembly but an elaboration conducted at
least in part by the International Council (the
organ that gathers together the Presidents of
all the Sections).
The methodology chosen revealed itself to
be quite unsuitable. Well before the start of
the sessions the programme suggested the
voci del consilgio e dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
le voci del consiglio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
30
(by Nicoletta Dentico • Raffaella Ravinetto • Andrea Minetti)
31
idea of a smooth ride – light and fast – on too
many topics, without any possibility to dive
into the burning questions that arise each day,
with sometimes lacerating effects, in the
world of MSF. La Mancha did not give occasions for in-depth discussions on urgent and
essential themes such as, for example, the
HIV/AIDS Programme or the future of the
Campaign on Access to Essential Medicines;
humanitarian action versus political action,
advocacy in favour of access to basic health
care (that is so dear to the OCB), or the
“weight” of the operational sections – OCB,
the Paris Block, Amsterdam Group, etc. with
respect to the international movement. The
representatives of the groups that count, OCB
and the Paris Block first of all, limited themselves to observing the debate, trying to expose their own legitimate, diverse positions the
least possible.
La Mancha was not even the place of
sacred texts, so that the debate on the
Chantilly Principles was relegated to a couple
of hours in plenary at the end of the
Conference, and was excluded on purpose
from the final document. On the Chantilly
Principles theme, regarding its possible reformulation, a small committee of three people
had worked. They presented a draft set of slides at the last moment which was never
distributed to the participants.
La Mancha was mostly a rapid and peaceful
exchange of ideas on what unites us and the
least effort dedicated to what divides us. At
La Mancha the MSF population declared itself
clearly (perhaps for the first time) that it is
diverse and varied inside the association and it
recognized that this difference represents a
richness. In effect, given the challenges we
face in this World, one united operational
response cannot be enough. History has
taught us to live with our differences and contradictions, and on a positive note, to accept
that MSF is composed of different groups with
different philosophies and operational priorities. Nobody disputes this, and that’s not a
small thing. But given current challenges
there has to be coherence in diversity and from
this necessity derives the urgent need to identify, the essential components of medicalhumanitarian action according to MSF. The
novelty lies in the determination to regulate
this situation with more force and to create
mechanisms for the management of MSF’s
complex machine. Therefore much was said on
the three true items: governance, responsibility (accountability) and transparency.
La Mancha was also the place where, for the
first time, the recognition of a “mass discrimination” was recognized; a mass discrimina-
tion of local staff. The majority of those
excluded by MSF (around ten of them present
out of a total of over 200 people!) spoke freely of their many difficulties, and the pernicious dynamics that mark their exclusion in
the field. The confrontation served to signal
the necessity to eliminate the discriminatory
logic, at least in intent, and take on the task of
working seriously in the coming years to
modify significantly the embarrassing current
situation, especially in the light of the future
process of internationalization of the movement. But it has to be said that the debate
stayed only on the surface and was guilty of a
certain amount of demagogy: many words
were said about the necessity to involve
national staff in the associative life of MSF,
(taking for granted that everyone must be
interested and convinced!), while nothing
concrete came up, for example, on the conditions of work and contractual guarantees.
What have we learned more about MSF
after La Mancha? And what are the possibly
concrete proposals for MSF after La Mancha ?
Notwithstanding the incorrigible self-referential attitude of MSF, some ideas emerged
for the projection of the movement in the
next ten years. It seems there was agreement
that internal governance be redefined to rein-
voci del consilgio e dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
voci del consilgio e dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
32
“La Mancha è stata [...] un rapido e pacifico scambio d’idee su quasi
tutto ciò che ci unisce e la ricerca del minimo comune consenso su
tutto ciò che ci divide”
force the role of the associative (through allocating increased responsibility to the
International Council), and that of DG19, the
organ that gathers the Directors-General of
the 19 Sections.
The IC needs a path such as that of La
Mancha in order to legitimate its role of
supervisor and guarantor for the actions of
each Section. Let it be clear: it is not intended to influence choices or “dominant” positions, or to have a common voice, or to redesign the MSF universe with logic that does
not follow that of existing groups in power;
nor should it impose that Sections that are
perhaps in a minor position renounce their
own priorities. It means finding mechanisms
to manage the differences, both those of the
majority and of the minority. For this reason,
a stronger IC was unanimously called for. A
more competent IC. A more responsible IC.The
final document that should be discussed and
voted by the various AG’s is only the next step
in the process: MSF is asked to give legitimacy to its representatives in the IC, and they in
turn will work to reinforce and render more
fluid and tangible their own “accountability”
and responsibility, with respect to the respective general assemblies.
For MSF Italy all this can be translated into
the need to reinforce the associative through
the involvement of all potential members that
for various reasons are still not involved; the
need to underline the responsibilities of the
Board, bettering the mechanisms for accountability inside the Board itself as well as before the General Assembly, (the Board both as a
group and as single components); the importance of reinforcing the involvement and
responsibility of the Executive regarding the
operationality of Cell 8 (for example, for an
improved synergy with the communications
of MSF Italy).
Substantially different orientations clearly
emerged between the large operational
blocks regarding some fundamental themes
which could determine the inclusion or exclusion of some groups in or of our programmes:
the role of testimony and advocacy (where to
place the frontier between medical and political actions?); operational objectives in stable
contexts (do we limit ourselves to “our
patients” or do we propose as an objective the
research into “global solutions” that go
beyond the confines of MSF’s programme?).
For MSF Italy the time has come to translate all this into more depth in our contents as
well as opportunities to be grasped, not only
to define an Italian position, but above all to
develop concrete competence to place at the
service of our operations and our advocacy.
The Operations and the Advocacy of an MSF
capable of responding with courage to the
needs of the present-day reality. ■
33
Here we are again after a long period
of silence from the “Voci di Dentro”.
It returns with the addition of an
English version that will permit MSF
Italy to become more visible at
international level, and therefore
1.
Operationality and the OCB
I’ve already written and updated you on this
theme, but one fact is now certain – since
January 2005, Cell 8 is established in Rome.
The beginning was not easy; a mass of work
was carried out in order to transfer these missions between Cells without creating pressure
on the field. Within a short time our Cell visited all the missions to take on their programmes, and immediately worked on identification of new projects. At the end of 2005 all
coordination teams in the field were renewed,
bringing them a breath of fresh energy, and
this led to identification of new projects, with
the help of Cell 8.
Other goals are on the horizon for Cell 8,
and other possibilities for operationality are
in the sights of MSF Italy. I hope to continue
to dream that MSF will continue to grow in
competence and quality, participating actively
in debates concerning operationality at the
international level so as to contribute to the
growth and reflections on the future of MSF.
To this end I also hope that the associate
will participate actively through the OCB
Board. Yes, this too is a novelty. Since January
the OCB Board has become a reality. After a
year of discussion, the sharing of its composition and the request to the General
Assembly 2005 to choose the model that MSF
Italy believes to be most suitable, all the
Sections of the OCB are now aligned. The new
OCB Board will meet twice a year. I hope that
through this new platform the voice of the
associative will make its ideas and reflections
heard in a more affirmative way. It is now necessary to ensure that debates and operational
contents are agreed in a more capillary way, to
give members the possibility of participating
more actively.
At Executive level, collaboration with the
OCB and all Sections that comprise it is going
very well. Between the seven DirectorsGeneral a good climate of collaboration has
been created and the major part of decisions
are taken with general consensus (after some
heated debates!). The year 2005 served to
reinforce these ties but we can also improve
them, and the first objective is to spread the
“modus operandi” between Directors-General
to all Departments ( Communications, Human
Resources, etc). The year 2006 will be an
interesting one from this point of view and
will certainly be rich in new objectives.
able to make its ideas and opinions
known to a wider audience.
Given the long silence I was asked to
report on the past year, 2005. I don’t
want to bore you with a long list of
events, but I will identify those
moments and facts that I believe
were most important and that in
2.
Reinforcement of Manag ement
This is certainly less interesting than operationality, but it is just as important. I spent
the best part of the first year trying to enter
into the dynamics, strong points and also
weaknesses in the organizational model that
was in force upon my arrival. The DirectorGeneral was called upon to take decisions
that frequently went into too much detail.
Intervening in a multitude of problems and
dossiers required the necessity to enter more
deeply into the contents of the dossier itself,
the need to study and prepare too many
arguments and to this was added the
increased workload determined by operationality, and the necessary presence of MSF
Italy at strategic meetings at OCB level.
You can understand from this that it was
not possible to guarantee my presence in
each aspect of my work. The necessity of
dedicating the right attention to each
Department, to better their coordination and
also the need to bring on a series of dossiers
important for MSF Italy, above all in the
management of human resources, showed
the necessity to create a different organizational structure that would respond to the
real needs of MSF Italy.
As a consequence new positions were created: Director of Communications, and
Director of Human Resources. Two funda-
mental roles which will give MSF Italy the
instruments necessary for reinforcement.
They will permit us to response to the need,
as already stated, to give Departments the
attention that they had lacked for too long,
but also and above all to better their coordination and to ensure that different dossiers,
fundamental to bettering the organization of
our work, such as the ROI (internal rules),
policy on salaries, training policy, and many
other arguments, can finally find their place
and become operative as soon as possible
and contribute, I hope, to betting the quality
of our work.
These two new directive functions are
today a reality. Recent, but a reality. I’m
sure that given time the functions at this
level will give important results.
some way will have repercussions on
the future of our Section. I have
identified three, one internal, one
international and the third in which
3.
La Mancha
The year 2005 prepared the ground for
March 2006 and the Conference in
Luxembourg known as “La Mancha”. The
meeting was attended by representatives of
all Sections, with staff coming from offices,
from many missions (international and
national staff) and other people from the
MSF universe.
The way began with interviews, passing on
to written contributions from both volunteers and people outside MSF who were
asked to participate, and concluded with the
mini-AG’s held in the field as well as in our
Section. All these efforts had the objective of
giving to the International Council (IC) indications, instruments and texts that could
help in the difficult task of elaborating a document that should give MSF its direction for
the coming years, with precise reference to
our medical actions, to the contexts in which
MSF should be increasingly present, and to
the organizational model, the management
of responsibilities for operations and decisions linked to them.
Thanks to contributions provided before
the Conference and to the participation of
over 200 people gathered together for indepth discussions (wherever possible, during
the different debates), the IC prepared a first
document. You have already received this
both components are present:
1. Operationality and the OCB
2. The reinforcement of management
3. La Mancha
(by Stefano Savi DG MSF Italia)
and I hope that most of you have also read it.
It is important that you read it carefully, giving it a lot of your attention, because at the
forthcoming General Assembly we will all be
called upon to express and vote our agreement on the structure and its content.
At the General Assembly all Members will
have the chance to give their opinions. That
will be the moment when each of us can still
contribute towards the direction in which we
want to see MSF move in the future. ■
voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
34
voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
Dear Members,
35
Roma 12.04.06
Peru. After five years of work in
the Peruvian prison of Lurigancho
Mèdecins Sans Frontières (MSF),
with the publication of the booklet
Lessons Learned: a multidisciplinary
work experience in STI and
HIV/AIDS in Lurigancho prison in
Lima, Peru, started handing over
the project on HIV/AIDS in one of
the most populated prisons of Latin
America. Lurigancho prison is located in Lima, Peru’s capital city, and
nowadays more than 8,500 inmates
live in a space designed for 1,500.
The multidisciplinary approach of
the joint work with Sexually
Transmitted Diseases and HIV/AIDS
control program in the prison has
made it possible to improve the
quality of medical care and treatment of people living with HIV/AIDS
to train health professionals from
other areas (such as psychology,
social, educational), support vulnerable groups and in general show
that it is possible to offer timely
and adequate care for STI and integral medical attention to people
affected by HIV/AIDS in contexts as
complex as prisons. Our presence
will continue, although limited
technical support, throughout 2006
in order to assure an appropriate
continuation of the activities. End
of March a project proposal was
approved regarding the implementation of the technical support to
the INS (National Health Institute)
to replicate/implement the alternative methodology (Dynabeads) to
count CD4 in people leaving with
HIV/AIDS in 5 provinces of Peru.
Haiti. The 16th of February, former President Rene Preval was
declared the winner of Haiti’s presidential elections, held on the
7/2/06. A press conference took
place on the 19th of January in
three cities (Port-au-Prince,
Brussels, Rome). During the intersectional conference MSF called on
all armed groups in the city to
respect the safety of civilians and
allow those wounded during clashes immediate access to emergency
medical care. We also called for the
safety of rescuers and humanitarian workers to be respected. Only in
January 2006, the medical teams
at Choscal treated 103 gunshot
victims and 46 knifing victims.
Since then the security situation
has really improved, especially after
the announcement of the victory
of Preval.
Ethiopia. The Somali region of
Ethiopia is currently facing a serious drought situation that affects
as well the north of Kenya and
Somalia. The last rainy season
(October to November) of 2005 has
produced very few rainfalls much
below the normal average.
Consequences have been visible
since November with a significant
fall of market prices for cattle,
water shortages, depletion of pastures, massive loss of cattle and
migration of herds competing for
scarce pastures inside Ethiopia but
also from Kenya and Somalia.
After a series of assessments it was
decided during the project committee held the 27th of February to
start an emergency nutritional
intervention in Cherrati and Bare
districts.
Colombia. In Quibdo-Choco
department, MSF reoriented the
previous Primary Health Care
project, to a Sexual &
Reproductive Health (SRH) direction in November 2005, implementing a SRH package at 3 different levels of care: the community, the 1st level health structures and the 2nd level hospital.
In the communities, MSF is working with an outreach team,
mobile clinics, in 4 different barrios of Quibdo, with a high concentration of vulnerable people,
lot’s of them are displaced. The
mobile clinics are combined with
a strong IEC (InformationEducation-Communication) component, informing the population
of their rights regarding SRH and
the SRH services available. MSF
supports both hospitals, 1st and
2nd level, in offering a good quality EmOC care (Emergency
Obstetric Care), including post
abortion care and care for victims
of Sexual Gender Based Violence.
The actual programme providing
access to all components of the
SRH package at the different levels of care can not cope with the
increasing demand for the SRH
services offered at community
level. To respond to this increasing demand, a second outreach
team working in 2 urban barrios
of Quibdó, where MSF is already
active, and 2 rural areas, along
the main entry axes east (Pereira)
and south (Istmina) at maximum
1 hour distance by car from
Quibdó, will be implemented.
infuriano le violenze. Kostas
Moschochoritis, coordinatore da
Roma delle operazioni di MSF Belgio,
spiega le ragioni di questa scelta
mentre Marie-Noëlle Rodrigue,
Programme Manager a New York per
la sezione francese, spiega le ragioni
del suo dissenso.
MSF Operations
Unlimited
(Kostas Moschochoritis Head of Cell 8)
T
here has been a lot of talk about the different views on the operational approaches among the different MSF sections. It is
true that these differences are real; sometimes
slight ones and sometimes really profound. It
is also true that there are differences even in
the efficacy of the various operations. Instead
of doing comparisons, in this article I would
try to describe shortly, the operational typology of OCB, some achievements of last year
and prospects for 2006.
That was the typology of our operations at
the end of 2005:
■ OCB was working in 38 countries of which
four started in 2005.
■ New countries: Mauritania, Niger, GuineaBissau, Malaysia. Once the emergency phase
was over the missions of Mauritania, Niger &
Guinea-Bissau were closed.
■ Four countries have been closed over the
past twelve months: Nicaragua, Iraq, Brazil
and Serbia.
■ Major new projects launched: Cité Soleil
Haiti, Mitwaba Congo, Pibor S. Sudan, Red
Seas N. Sudan, AIDS Mumbai India, undocumented and migrants Kuala Lumpur Malaysia.
■ Emergency interventions: Aceh and southern
India Tsunami response, Marburg Angola,
Guradamole displaced Ethiopia, Grozny conflict Chechnya, Mumbai floods India, Bor
nutrition South Sudan, Sahel group: Mali,
North Zinder Niger, Nema and south-east
Mauritania, N’djamena and Mao Chad.
Vaccination campaigns: measles and meningitis Chad. Cholera: Nouakchott Mauritania,
Conakry Guinea, Monrovia Liberia, GuineaBissau, Burkina Faso. There has also been a
continuous emergency response in RDC
through the Pool d’Urgence Congo ex: plague
in Province Orientale.
■ Explos in new countries: Libya (migrants),
Pakistan tribal areas south of Afghanistan
(refugees), Lesotho (AIDS).
There was a total of 148 projects: 36 assisting victims of conflict, 20 assisting victims
in post-conflict settings, 55 projects tackle
epidemics and endemics (including AIDS), 27
projects provide access to care to excluded
populations in stable environments (mostly
small projects), and 10 assistance to victims of
natural catastrophes (included the nutrition
interventions in stable settings). Sixty percent
of projects were in Africa (and they represented typically over 70% of the funds).
Gli ambiti di intervento oggi utilizzati per
stabilire le priorità nell’assistenza e per classificare i progetti sono:
I. Assistenza alle vittime di guerra
I.1. Rifugiati e sfollati
I.2. Emergenze nutrizionali
I.3. Accesso ai servizi sanitari per tutta la
popolazione nelle zone di guerra
The fields of intervention that are now used
to prioritise assistance and classify projects are:
■
I. Assistance for victims of Conflict
I.1. Refugees and displaced persons
voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro
voci dalla terra LVDD 1/2006 Le voci di dentro
36
Contrariamente alla sezione
francese, MSF Belgio ha deciso di
avviare un progetto a Cité Soleil,
quartiere di Port-au-Prince, dove
37
II. Assistance to vulnerable populations in
post-conflict Contexts
II.1. Access to basic health services for vulnerable populations
IV. Access to Health Care for Excluded
Populations
IV.1. For migrants and asylum seekers in
developed countries
IV.2. For populations excluded from health
care
V. Assistance for victims of Natural
Catastrophes
The transversal actions, actions that are
widely represented in the projects and on
which we want to place an emphasis are:
1. Mental health
2. Campaign
3. Access to care
4. Women’s health
behind this choice whilst MarieNoëlle Rodrigue, Programme
Manager in New York for the French
section, explains her disagreement.
To be or not to be
in Cité Soleil?
I.2. Nutritional emergencies
I.3. Access to health services for the general
population in areas of conflict
III. Epidemics and Endemics
III.1. Epidemics
III.2. AIDS, Malaria, Tuberculosis
III.3. Neglected diseases
where violence rages.
The MSF Belgium operations’
coordinator in Rome, Kostas
Moschochoritis, explains the reasons
(Published in Messages March 2006)
It has to be noticed that during 2005 we
managed to regain operational flexibility in
terms of increased response capacity both
from an organisational and resource point of
view to do more in conflict settings, develop
surgical assistance in conflict settings, relaunch vaccination activities - outside of epidemics - where appropriate, strengthen
medical data collection, and increase availability of SGBV care. However there are conflict settings to be reviewed for a possible
intervention for new missions in countries
where OCB is not present as a continuation
of our intention to increase assistance to victims of conflict. The major interventions in
the field of non-conflict emergencies have,
of course, been in Aceh for the Tsunami survivors and the Sahel nutritional interventions. Another positive point has been the
drive to change to free care within MSF; a lot
of the positive change in the field was made.
Today free care in our projects is nearly universal. In the field of AIDS, in December 2005,
we had more than 21.000 patients under ARV
treatment. For 2006 we intend to continue
scaling up though at a slower rate than 2005,
accelerate decentralisation within MSF projects and accelerated scaling-out to other
care providers.
Closing this article I think it’s worth mentioning that 2005 has been the first year that
OCB operations were directly managed from
Rome as well. As every beginning, even ours
has been a difficult though promising one. In
one year time, we all hope, that more positive steps will have been done and more debates opened... ■
Kostas Moschochoritis: ICRC and MSF
France were cautious about our intention to
have a permanent presence in Cité Soleil. Our
analysis was different and since we began our
operations ICRC has changed its analysis and
reinforced its activities in the slum. In July
2005 when our team managed to visit Cité
Soleil we saw an enclave where people live
surrounded by MINUSTAH tanks, prey to the
violence of local armed groups. There were no
functioning health facilities, and even if there
were, the population could not afford to pay
the fees. In addition the population was faced
with a warlike situation due to fighting
between local armed groups and MINUSTAH,
who were not, in our view, taking enough precautions to prevent civilian victims.
Working in remote-control mode, like MSFFrance was doing in a safe zone hospital outside Cité Soleil was not the best solution for
us. It was reinforcing the enclave-nature of
Cité Soleil by sending a message that it was
impossible to work with this abandoned population. By operating in a remote-control
mode it was not possible to cover all the pop-
ulation’s needs as not everybody was able to
leave Cité Soleil. Lastly by being present in Cité
Soleil gave us a stronger position to witness
violence carried out by local armed groups
and, most important, by MINUSTAH.
We held discussions with all actors involved
before entering Cité Soleil; we continue to be
in daily contact with them in order to ensure
appropriate understanding of the context,
maintain our humanitarian space and guarantee the security of staff and patients. For
example, it happened that kidnap victims were
brought to the hospital by the kidnappers, for
treatment. That was a major problem for us,
but, in conjunction with the Haitian staff, we
obtained the release of the victims. In Choscal
Hospital, regardless of the fact that it is a public hospital we have imposed appropriate rules
that, in general terms, are respected. Some
incidents are impossible to avoid but so far
they have not affected our credibility or, more
importantly, our patients. Even if it was a
purely MSF hospital we would have faced the
same problems due to its location. The essence
of our intervention is to assist those who are
completely excluded from health care as
closely as possible to where they are. The
media coverage that our intervention
achieved both in the local and the international media also helped our image. We never
denied that by operating in Cité Soleil we were
taking a risk, a risk that falls mainly on the
shoulders of our team. Zero-risk operations do
not exist in a situation like Port-au-Prince;
however we do believe that these are risks
worth taking.
Until now, events have proved that our
analysis is valid. We have been able to work
consistently, we have been able to save lives,
we have directly witnessed how it was to live
in Cité Soleil during the conflict period. Today,
Cité Soleil is calm, but we know very well that
the situation can change quickly.
Marie-Noëlle Rodrigue: In my opinion, a
permanent and exclusive presence in SainteCatherine Hospital (nicknamed Choscal) in
this neighbourhood of Port-au-Prince poses
voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro
voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro
38
Contrary to the French section,
MSF Belgium decided to initiate a
programme in the Cite Soleil
neighbourhood of Port-au-Prince
39
several problems. Setting up a project in a
fixed structure right at the heart of a violent
zone means unnecessary exposure to danger
for both our patients and teams. We saw it
for ourselves when bullets passed through
one of the wards and the head of mission’s
room. No one was hurt on that occasion. But
if anything happens in the future, all the MSF
projects in Port-au-Prince – in Cité Soleil and
elsewhere – will be jeopardised.
I also know from experience that we cannot
offer quality surgical care on the front line, we
can stabilise patients. We cannot start long
and technical interventions, for example,
when there is a risk that they will be interrupted by gun shots.
We should not deceive ourselves on the
impact of a permanent presence in Cité Soleil
on the 300 000 inhabitants of the neighbourhood. View the context, I have strong doubts
that people from all over Cité Soleil have free
access to the hospital. The activity data in
Choscal (12 000 consultations in 6 months)
confirms that MSF Belgium does not cover the
entire population of this slum. We are fooling
ourselves when we think that Choscal hospital
escapes all control. The issues and alliances at
hand are beyond us, and we risk not being
aware of them at all. The clashes between
armed groups on one hand and the Minustah
and the PNH (Haiti National Police) on the
other must not obscure the bitter battles rag-
Access to care for migrants:
what future for Missione Italia?
T
ing within the different zones of the city. We
are also fooling ourselves if we think that all
the victims can access the hospital.
Intervening in urban contexts is very complex, especially in a town as explosive as Portau-Prince. MSF is used to negotiating its
working/humanitarian space with different
actors. However, things become much more
complex when are actions are limited to one
town. Here, the geographic concentration of
the different participants in the conflict complicates the perception of our work. It
becomes extremely difficult to convince people of our independence when we fix ourselves in one place.
In my opinion, these risks are ill-advised
because other options exist. We have opened
a trauma centre in Saint-Joseph hospital in
the Turgeau area next to Cité Soleil. It is
accessible and close to the zones most
affected by the violence. As it central, victims
of violence from all over the city can access
it. The Haitian Red Cross refers patients here
when security conditions allow, with the
hospital receiving patients from all over the
city, including Cité Soleil – even since the
MSF B project in Choscal opened. We can
practise specialised, quality surgery
(orthopaedic, abdominal etc) in calm conditions in our structure.
And even if we could and should improve
our response to outbreaks of violence, we
have a responsibility to avoid exposing our
patients and teams to danger. I do not consider our teams as military personnel, mercenaries or missionaries. ■
he Italian law on migration, the BossiFini law, guarantees access to care for all
foreigners, whether regulars or not. It is an
extremely advanced set of rules, specially if
compared to other EU countries where MSF
has decided to open programs, i.e. in Sweden
where the right to health care for undocumented migrants is not guaranteed, or it is,
but only in limited cases (i.e. for emergencies).
The Italian law on migration is particularly
interesting regarding the issue of access to
care for a country that has hundred of thousands of irregular migrants who present a
challenge and a unique opportunity for Italy.
during the last public call for the annual quotas we saw more than half a million requests
for 170 thousand places. They are all living,
working and getting sick in our country, as
shown by the project of medical assistance for
migrants employed as seasonal farm workers
in the South of Italy and well-documented in
the report “Fruits of hypocrisy”.
Although the law should garantee this right
the reality is different. The law is often not
applied by the National Health System or it is
but in a rough way. Missione Italia has been
working since 2003 trying to build up sustainable models of “good practices” which will
be able to continue after Missione Italias’ exit
strategy. During these years MSF has signed
memoranda of understanding with the
National Health System at the local level,
which permitted MSF to open dedicated clinics for undocumented migrants within the
National Health System.
The peculiarity of our intervention is on our
360° approach in the field. Therefore essential
in the projects of Missione Italia is the outreach component carried out by social workers
who work in the field to analyze and map the
communities of migrants and to inform beneficiaries about MSF’s services. Actually
migrants are often unaware of their rights or
they fear approaching the National Health
System as they have no documents. Legal
advisors work in our projects together with
them in and outside the clinics to offer legal
assistance for migrants with problems related
to the permit to stay.
Article 35 of the Bossi-Fini law affirms that
a foreigner affected by a serious disease has
the right to have a permit to stay “for medical
reasons” in case in his own country there’s no
possibility to access treatment. The legal
department of Missione Italia has been working to collect documentation regarding several cases of patients affected by a serious
disease to carry on a lobbying activity in order
that article 35 can pledge a permit to stay for
those migrants affected by a serious pathology and therefore in need of therapy. With this
action the aim is to overcome this Italian
paradox for which on the one hand access to
care is guaranteed on paper, but on the other
hand the possibility to stay on Italian territory
is not guaranteed. Thus the seriously sick
foreigner has a chance to access a life-saving
service, but at the same time he can be stopped by the police and repatriated. This prevents the patient continuing the therapy as he
voci dal terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro
voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro
40
(by Alessandra Oglino)
41
will be repatriated to a country where the therapy is not available.
After three years since the opening of the
first clinic for undocumented migrants in
Syracuse, Missione Italia has gained several
positive experiences and also some negatives:
the clinics in Syracuse, Ragusa and Rome have
been handed over to the National Health
System and the follow up shows that the ser-
vice keeps working. Instead the project in
Brescia, for various reasons, had a disappointing outcome.
The challenge in 2006 will be to capitalize
the work done so far in a document that aims
to become the pillar of the Missione Italia’s
vision regarding on the issue of access to care
for foreigners in our country. 2006 starts as a
crucial year and not only for Missione Italia.
During recent years Missione Italia has touched all the crucial phases of migration working in the front line and in proximity with
foreigners at boat landings on the Sicilian
coast and on Lampedusa, in the fields of
South of Italy with seasonal farm workers, and
in the urban settings of various Italian regions
where the presence of migrants is significant.
It’s now the moment to collect in a document the history of this work to reflect on
the sense of our action in Italia and to put
black on white what the vision of MSF is
regarding the issue of access to care for
migrants in Italy. This document will necessarily become the basis for lobbying by MSFMissione Italia to determine real access to
health care for migrants on an inclusive
basis, with new tools that support medical
integration, not only of our patients but also
of those that we’ll never reach. ■
“You can talk at last, aren’t you
happy?”. Many people have asked
this question many times since I
began working for MSF press office
in Italy six months ago. Old friends
and new colleagues asked this question, aware of my two years working
with the ICRC, and especially of my
last year and a half as
Communication Delegate.
Because it is renown, or so the story
goes, that the ICRC does not talk,
and MSF does. Although this affirmation requires a series of qualifications.
MSF was born “to provide emergency medical assistance to populations in danger and to act as a witness and speak out, either in private
or in public, about the plight of populations in danger for whom MSF
works”, i.e. the famous témoignage.
This distinguishes us, distinguishes
MSF from an organisation like the
ICRC, who also communicate,
although in a different way.
Where’s the difference? The ICRC
mainly communicates to persuade
those participating, directly or indirectly, in armed conflicts to abide to
the rules of humanitarian law, i.e.
those rules created to protect those
who do not participate (civilians) or
do not participate anymore (wounded or prisoners fighters) to the hostilities – in fact, the ICRC mandate is
to provide protection and assistance
to the victims of armed conflicts and
to promote the diffusion and the
respect of international humanitarian principles. This was, by the way,
my job as a communication delegate
in Burundi: my communication
activities aimed for 90% at the interlocutors (political actors and arms
carriers, whether military or not). The
remaining 10% of my time was
devoted to communicate externally,
i.e. the media, whether local or international, and here the ICRC rule was
clear: “the ICRC communicates what
it does and not what it sees”. I could
say that our delegates visited prisons, but I could not say what they
saw inside those prisons – since
authorities allow the ICRC to talk to
prisoners without witnesses under
the condition that its reports are
shown to the relevant authorities
alone. Or I could launch an appeal to
all parties in a conflict for the
respect of international humanitarian principles, but I could not accuse
any party of violating such principles. This is done, confidentially, with
the relevant authorities.
When I began working at MSF, I told
myself: “Now I can really kick asses
around!”, because, although I did
understand and approve of the reasons of the ICRC’s silence on certain
issues, the idea of finally being able
to scream out and finger pointing
against governments, institutions
and armed groups was very tempting
indeed.
But MSF does not scream out and
finger points that much – and I can’t
kick asses either! In fact, true as it is
that MSF communicates externally
much more than the ICRC, we are
neither Amnesty International,
whose aim is to denounce human
rights violations, nor, luckily,
Emergency, whose aim is... well,
whose boss expresses his views on
everything.
To begin with, MSF only acts as a
witness and speaks out of what,
through its volunteers, see through
its own eyes and hears through its
own ears. And MSF communicates
about the humanitarian situation of
the populations it assists. And it
does so aware of the risks and the
opportunities. Because communicating is sometimes a risk: when, on
7 March 2005, on the eve of
Woman’s Day, MSF decided to publish the report “The crushing burden
of rape. Sexual violence in Darfur”
about sexual violence against displaced people in Darfur, it was well
aware of the risks it was running
into. And in fact the government of
Sudan arrested, two months later,
the MSF head of mission in Sudan,
accusing him and MSF of crimes
against the state, publishing false
reports, spying and undermining
Sudanese society. Other times MSF
chose, and will continue to choose,
not to communicate, to avoid
endangering its humanitarian action
and to damage the population it’s
assisting, or because other will be
already communicating and it won’t
be worthy to put into peril our
humanitarian action or our security
– as it has instead been done, with
regard to our security, in Darfur, but
there we were the only ones who
could speak out about the dimensions of the rape phenomenon.
“So, do you or don’t you talk now?”.
Yes I do talk. And although I am not
Candide, and I don’t believe that I
live in the best world possible, nor
that I work for the best humanitarian organization possible – although
certainly one of the best existing –
meaning that everything in MSF is
perfectible, including its communication, I am satisfied with how and
how much we talk. And, more
important, I am satisfied and happy
with how little do I talk and how
much I make talk those who can do
it with competence and knowledge,
those who really see and deal with
the humanitarian situations they
speak out about, on the field: our
volunteers.
Andrea Pontiroli
Press Office
MSF Italy
voci dell’ufficio LVDD 1//2006 Le voci di dentro
voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro
42
Humanitarian Co mmunication: from the International Committee of the Red Cross
(ICRC) confidenti alité to the Médecins Sans Frontières (MSF) témoignage
43
The camp
is travelling…
(by Francesca Pispisa Responsabile delle Relazioni)
T
he camp is travelling, it went through a
freezing cold when it was not expected and
then rain and wind against any prediction.
Getting to the North temperatures got milder,
and this was unexpected too, but so warmly
welcome! The experience in the field, for once
not “that” field, but in the square, is passioning:
there is Andrea experimenting a non-african
administration, Giovanni who gets to 35 people
in a row, there is Elisa who keeps bringing good
humour only opening her mouth, Emaneuela
and Nicole who count and then count again all
material around, there is Marta on the phone
running and running after something and
Michele, smiling and eating anything that he can
find, there are all of them, the volunteers of this
special team, this team that is the Refugee Camp
in the City. And there are the visitors. They fill in
with emotions our volunteers when they open
their eyes big wide in front of what they’ve never
seen, never listnened, never thought. One of the
most extraordinary moments was maybe with
the Lega del Filo D’Oro, around twenty people,
differently-able, in different ways, they toured,
on a Napaolitan Sunday morning, our exhibition.
Following Annalisa and Antonella they touched
the objects, the bladder, the cholera beds, following with their fingers up to the middle hole, and
they tried the BP5. Being able to transmit actions
and stories to whom cannot see nor hear was a
true experience, for the visitors and for the entire
team. And there are students, so distracted at
times, who get attentive and will note at the end
that a smiling face on a pannel got into their
skin, the face of a boy without a leg because of
a landmine. And the kinden garden class accompanied by Antonella through the camp, a kid
tries at the water distribution point to fill a tan
and bring it to the village area. He succedes and
Antonella tells him that yes, now his mom can
count on him to help the family. And the other
kids cannot be less than that, they all want to do
it and one after the other you see them walking,
with the heavy, precious liquid in one hand and
a huge smile on their face. Antonella decides
that everyone needs vaccination and then everyone has to try out the MUAC. The teachers, so
warried up to the day before, take the children
away with shining eyes. Visitors come, in groups
or by themselves, medicine students in Pisa stay
for hours, tracking Steo to know down to the last
detail, how they will become a MSF volunteer.
And there are the teens of the home-families in
Bologna and the bycicle club and then a very old
lady, who came with her doughter and her niece.
She wants to do the tour absolutely, so Monica
takes the three, finding a way to make the old
lady sit at every stop. This team is fantastic, it
enriches the speach at every tour, and the
speach becomes rage, becomes story, becomes
emotions. In these first five cities we had about
8000 people coming to visit the camp, each one
of them has seen, has savoured, has red, and
most of all has listened and asked and listened
and asked again. From a first glimpse to the
evaluation questionnaires to the question “do
you think you will do something about the situation of refugees and IDPs in the world?”, the
huge majority answered yes, I will speak about it,
I will try to advocate, I will write, I will tell… if
each of the 8000 will do this with at least 10
other people... ■
For whom the bell tolls? A picture of Italy field - March 2006
Ardizzoni Elisa
MSF F Kenia
Di Piazza Teo
MSF CH RDC (Bunja)
Pisani Nicola
MSF E Colombia
Arreghini Guido
MSF B Liberia
Dongiovanni Mery
MSF H Colombia
Pizzorni Roberto
MSF IT Colombia
Baioni Morena
MSF CH Myanmar
Egidi Ada Maristella
MSF B RDC
Polese Vincenzo
MSF B Haiti Cell. 8
Bergamaschi Lidia
MSF B Liberia
Faga Elisabetta
MSF B Etiopia
Porta Ilaria
MSF B Angola
Bernabei Arianna
MSF B Etiopia
Figus Giorgio
MSF H India
Quarenghi Carlo
MSF CH Myanmar
Berneau Philippe
MSF B Cambogia
Floritta Martorana Sandro MSF G Nigeria
Raddi Freya
MSF B Etiopia
Borzacchini Andrea
MSF H Colombia
Forgione Fabio
MSF CH Sud Sudan
Ricci Maurizio
MSF CH Sud Sudan
Bruno Maria Rosaria
MSF B Ciad
Frati Luca
MSF H Uganda
Rissone Giuseppe
MSF F Ciad
Busi Alessandro
MSF B Sud Sudan
Galeotti Massimo
MSF CH Sud Sudan
Rosa Paola
MSF B Burundi
Calistri Piergiorgio
MSF B Haiti Cell. 8
Galli Mariangela
MSF E RDC
Rossi Gabriele
MSF B Sierra Leone
Calligaro Arianna
MSF LUX Benin
Gianfortuna Fabio
MSF E Palestina
Rusconi Angelo
MSF B Angola
Campanella Castrenze MSF E RDC
Gramuglia Dario
MSF H Costa d’Avorio
Sarboraria Marco
MSF E Rep. Centro Africana
Caprioli Ernani
MSF F Costa d’Avorio
Lepora Chiara
MSF F Liberia
Schiavetti Benedetta
MSF B Costa d’Avorio
Castelli Roberta
MSF B Angola
Liccardo Maria Norina MSF LUX Mozambico
Signori Mara
MSF H Colombia
Chiappatopi Dario
MSF B Darfur
Lugli Mariano
MSF CH Liberia
Staderini Duccio
MSF LUX Ciad
Chiari Barbara
MSF B Burundi
Maccagno Barbara
MSF CH Mozambico
Talarico Luca
MSF B Angola
Clerici Riccardo
MSF B Angola
Martello Leonardo
MSF B Cambogia
Testa Pierluigi
Pool emergenza Svizzera
Colona Silvia
MSF H Haiti
Mazzotta Marcello
MSF B Angola
Tito Caterina
MSF H RDC
Cremonini Laura
MSF CH Liberia
Meregalli Raffaella
MSF H Colombia
Vaccotti Maurizio
MSF CH Darfur
Crestani Rosa
pool emergenza Bruxelles Milioti Roberto
MSF CH Guinea
Varisco Vittorio
MSF H Angola
Cristina Alberto
MSF B Colombia
Mollo Chiara
MSF H Angola
Verdecchia Maria
MSF H Etiopia
De Ascaniis Raffaele
MSF B Haiti
Montaldo Chiara
MSF B Cina
Villani Jacopo
MSF B Etiopia Cell. 8
De Filippi Loris
MSF B Haiti
Nanni Ivana
MSF B Etiopia Cell. 8
Vincenzi Alessandro
MSF H Uganda
De Tommasi Anglea Anna MSF B Congo
Pagliarini Alessio
MSF B Kenya
Zannini Stefano
MSF LUX Ciad
De Vecchis Caio Mario MSF B Haiti Cell. 8
Pasquini Alvise
MSF NY Nigeria
Zuccotti Thea
MSF B Sud Sudan
Di Mattei Pietro
Perlongo Claudia
MSF E Uganda
MSF CH Mozambico
voci dell’ufficio LVDD 1//2006 Le voci di dentro
voci dall’uffcio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
44
45
in India e its applications
(A cura di Silvia Mancini)
T
he enormous dimension of the AIDS
epidemic has called attention to the
fact that millions of persons in developing
countries have no access to medicines essential for treating sickness or alleviating suffering. Each day almost eight thousand people die of AIDS in these countries. There are
many motivations at the base of the lack of
access to essential medicines: problems of
logistic supply and warehousing, the bad
quality of some medicines, non-appropriate
choice of medicines, incorrect use, inadequate production, prohibitive prices and lack of
financing for medical assistance.
In most cases, however, the main barrier to
access to essential therapies is due to the
high price of medicines. Often the prohibitive price is the result of a strong protection
of the intellectual property. MSF testifies to
the negative effect that pharmaceutical
copyrights have on the prices and access to
medicines, in particular new medicines, and
has documented the way in which copy-
rights are applied in countries in which it
works. It should come as no surprise that
the protection of copyrights causes a rise in
price of the medicines: copyrights create a
monopoly and monopolies lead to an increase in price. As soon as the monopoly ceases,
prices fall. Besides influencing prices, copyrights can also represent an obstacle for the
development and availability of recommended formulas. One example is the problem of
development and combination of a fixed
dosage (e.g. the “three-in-one” pill for AIDS
therapy) when the copyright of the single
components are the property of different
pharmaceutical companies. This fixed-dose
combination, recommended by WHO, is now
available from Indian producers. In India, in
fact, until 2005 no copyright could be issued
for pharmaceutical products and therefore
there was no barrier to the formulation of
these products.
From 1 January 2005 the TRIPS Agreement
on pharmaceutical copyrights became law
also in India. Now all new pharmaceuticals
are the subject of protection by copyright for
at least 20 years in all countries, excluding
those that belong to the list of about 50
“least developed countries” (that is to say the
poorest among the poor, who must conform
by 2016) and the few countries that do not
adhere to WHO, such as Somalia, Palestine
and Macedonia. The imposition of copyrights and monopolies keep prices high and
the new medicines are not accessible to the
greater part of the least developed countries
or those which are in the developing phase.
Successful anti-AIDS Programmes, such as
those in Brazil and Thailand, are successful
because the key pharmaceutical products
were not protected by copyrights and could
be produced locally at significantly inferior
cost. The first choice for triple antiretroviral
therapy (ARV)is available for only US$140
per patient per year. But the insurgence of
resistance to first-line ARV is inevitable, in
both rich and poor countries. When patients
need to pass on to a second-line therapy,
they find themselves, in absence of competition, with a therapy almost thirty times more
costly than the most accessible first-line therapy. In Kenya, for example. MSF pays
US$1.400 per year per patient for secondline treatment, while it pays only US$200 per
patient for first-line treatment. That is a
price multiplied seven times. In countries of
medium-development the difference in price
can be even greater. In Guatemala, secondline treatment costs US$6.500, 28 times
more than a first-line regime. In South
Africa, treating 58 patients with second-line
regime in MSF’s programme costs as much as
treating 550 patients with first-line medicines. Naturally, the high cost of second-line
therapy for only a few patients can rapidly
cause a collapse in the capacity to pay for a
programme and/or health structure. And the
number of patients that need second-line
ARV treatment is destined to increase. The
year 2005 therefore signaled a fundamental
change with a potentially dramatic scenario
for access to medicines in developing countries.
register requests for copyrights starting from
1995. From that date about 9.000 have been
deposited. In agreement with TRIPS, India is
now opening its Mail Box to examine these
suspended requests.
However, the new law approved in India
introduces some elements that, at least in
the short term, will mitigate the negative
aspects. For example, the introduction of
the automatic licence permits Indian producers of generic medicines to carry on
producing medicines that they already
market, even though for these medicines a
copyright will be conceded in the meantime. The Indian company, despite having to
pay a “reasonable royalty” to the copyright’s owner, cannot be stopped in the production and sale of the generic version of
the medicine. Above all the possibility of
preventive opposition has been introduced:
whoever is interested and has valid reasons
can oppose the concession of a copyright
as soon as the request is presented, without
having to wait for the effective granting of
such copyright.
What is happening now in India?
Since India and other developing countries
had permission to delay the implementation
of the TRIPS Agreement until 2005, they had
to create a “Mail Box” system to receive and
Last month, the Indian Copyright Office
refused to grant a copyright to an anti-cancer drug (Gleevec) by Novartis, because it is a
new formula of an already existing drug.
Which medicines are in the mail box
waiting to be examined?
Among the medicines waiting to be examined are many antiretrovirals, such as Combivir
(AZT/3TC) by Glaxo, for which the request for
copyright was deposited in 1997; Tenofovir
by Gilead, the combination lopinair/ritonavir
(Kaletra) by Abbott, and oseltamir (tamiflu) the
only medicine recognized today as efficient
against avian ‘flu.
MSF is supporting local groups who oppose
the granting of copyright for Combivir, a medicine essential in the fight against HIV/AIDS.
The Indian groups that oppose the granting of
the copyright argue that Combivir (AZT/3TC) by
Glaxo is not a new invention but simply the
combination of two already-existing medicines.
In addition they affirm that the granting of
this type of copyright risks increasing the cost
of antiretroviral treatment for many people
affected with HIV/AIDS, causing in this way an
additional burden that developing countries,
already in extreme difficulty, would have to
bear to cure their own patients.
In the meantime, three weeks ago, the country conceded its first copyright for a medicine
against Hepatitis-C, by Roche. This medicine
will be available only as a brand-product at
US$5.000 per patient, for a six-months treatment, a cost that is certainly out of the reach of
the populations of developing countries. ■
voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
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Updating of the trips agreement
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ABBOTT’s new and improved Kaletra: only in the US
...but what about the rest of the world?
(A cura di Silvia Mancini)
T
he US Food and Drug Administration
(FDA) approved an Abbott’s new version of the second-line fixed dose combination lopinavir/ritonavir – LPV/r, marketed as
Kaletra that has critically important advantages for patients in developing countries:
lower pill count [down from six to four per
day], storage without refrigeration, and no
dietary restrictions. Some MSF projects
have an urgent need for this drug, as no
other boosted protease inhibitors – the cornerstone of second-line therapy - are practical to use in the hot climates of many
developing countries, where
refrigeration is not readily
available.
New LPV/r is available in the US, but
not in any developing countries
and there is
no publicized
differential
price or system of distribution for developing countries. If made accessible and
affordable, the new and improved version of
LPV/r could offer major benefits to patients
across the developing world.
MSF and others are dependent on the willingness of the company to make this urgently
needed drug widely available.
MSF therefore calls on Abbott to:
In 2005, approximately six percent of MSF
patients that had been on treatment for
three years were on second-line drugs, and in
one MSF program that has access to viral
load monitoring, after four years of treatment, 16% of patients needed a new combination. These data underline the acute and
growing need for access to newer, fieldadapted second-line drugs. But new LPV/r
remains out of reach to MSF medical professionals and others working in developing
countries. Without access to this drug, there
is no practical solution for patients who no
longer can benefit from older first-line drugs.
Because Abbott Laboratories is the sole
producer of the new LPV/r and no generic
versions have been internationally validated,
1. register the new version of LPV/r in developing countries and replace the old version of
LPV/r with the new one, as they have already
done in the US;
2. set an affordable differential price for the
new formulation of LPV/r in developing countries, at the same level or lower than the price
for the previous version ($500 per year per
patient);
3. include middle-income countries as beneficiaries of the differential price; and
4. eliminate patent barriers to production of
generic versions of new LPV/r for use in developing countries. ■
I’ve worked in “official” medical circles for a
certain number of years and I remember that
every evaluation (and gossip) expressed about
colleagues and directors during private conversations usually touched on personal morals
(“he steals”; “they are lovers”) or on technical
competence, so I was surprised, positively surprised, when I discovered that in the MSF office
the recurring element for good or bad “conduct” was expressed in these terms:- “He/She
studies” - “It won’t function, he/she doesn’t
study!” . Where “study” doesn’t only dragging
up the continuous flow of technical communications that choke up our electronic mail, and
that from the office is sometimes filtered to
the member of our association along technical
lines of transmission (since last year, for exam-
ple, once a month I pass to a group of “health”
volunteers, updated documents about Access
Campaign, and I think is the same for other
“focal points”). Study is a rather creative operation that requires a great deal of fantasy and
curiosity in addition to hard work, and it’s a
spatial activity, in the sense that it moves
beyond the space defined by its technical competence; everyone is therefore authorized to
expand on whatever they want, but of course
there are fields and themes farther from the
humanitarian sphere that are the minimum
common denominator of those who read
these pages, and which are therefore less
immediately shared (like the garden architecture in England in eighteenth century, the dodecaphonic music, or the religion of the medieval
“The identity of an individual and his story”. A
strong phrase, especially if
spoken during the annual
mini-AG in Rwanda. We
were introducing the themes of the “La Mancha”
Conference last February,
twelve years after a genocide which was justified
with issues of identity
apart from the individuals
and history. Because history is a dynamic process,
able to overturn the logic
of “roots” and “ethnicity”.
Bortolotti follows the
same path, interviewing
numerous international
volunteers on mission with
MSF, and visiting programmes in Angola and
Afghanistan. He concludes
that it is “the only organization that can boast of a
great technical capacity
and that works with both
impudence and sophistication”. But, hold it, apart
from the celebrative
moment in this book there
is substance and testimony
without sugar.
Fayard, Paris 2004. The
journalist Anne Vallaeys
knocks on all doors. She
goes to Kuchner, Récamier,
Malhuret, to Pécoul and
Bradol, passing through
Brauman and the first
group that founded MSF
Belgium, and through the
memories (sometimes
wounds) of the protagonists she takes us to Biafra,
to Thailand, to Afghanistan
and to Ethiopia. It’s a book
of contemporary history
and of the history of
medicine, and it is fascinating, moving, balanced,
neither angiographic nor
propagandistic.
the current most eminent
“maitre à penser de la maison MSF” (we may not
agree with his positions,
but it’s impossible not to
recognize the breadth and
lucidity of his vision), Rony
Brauman. “Penser dans
l’urgence”, Seuil, Paris
2006. A partisan and
passionate reading of the
story of MSF, mixed intimately for thirty years with
his own personal life story.
The book is still hot off the
press, sometimes disconcerting and provoking, like
MSF has a 35-year long
MSF’s positions always are
history, that should be
When will a serious and
when we avoid watering
known, also to be able to
motivated Italian journalist down the soup in easy
understand certain hypercome forward, to tell the approximations (the mortal
sensitivities, certain rigidi- The alternative for English- tale from an Italian point sin of those who do not
ty, and to get rid of a cer- speaking is the Canadian
of view?
dedicate time for study).
tain mystification.
“Hope in Hell”, Firefly
One chapter is actually
Books, 2004, in which
To follow the immersion in entitled “MSF, an anti-tota“MSF – La biographie”, the journalist Dan
the “politically incorrect” of litarian machine” and he
populations of Germany). However, matters
exist that can be interesting to all and can push
us to reflect and deepen our knowledge (giving
intellectual arguments) to those who feel
themselves to be part of MSF. This issue of “Voci
di Dentro” is aimed at stimulating the wish to
study around and about MSF, for which we
await motivated suggestions from you all, as
well as indications on research paths so that, at
least, every one of you can reinforce the foundations of your own sense of belonging. To
start with I propose four texts, two of which are
unfortunately still only in French (but that’s
where they came from…and at least for one
there is an alternative); one in English and one
in Italian (but available also in other languages
– search on Amazon).
has it in for all, for governments but also for
“hygienist” ideologies and
the practices of “veterinarian medicine” that formulate the WHO’s (and NGOs’)
public health strategies.
The criticism of humanitarian aid is more credible
when it comes from within
and from someone who
didn’t go away whining or
slamming the door.
Rwandan mini-AG on Lake
Muhazi in February we
asked: Is humanitarian aid
a Western prerogative?
And also some important
interventions published in
“My Sweet La Mancha”
(the text that gathers together the individual contributions of the international
associative) help in reflecting on this question.
Diamond’s book analyses
the reasons for this econoLastly, a glance overall of
mic supremacy, apparently
the world and its story, or cultural, demolishing on
rather of the history of the the basis of knowledge all
world “from the last thirte- racial explanations. He
en thousand years””:
takes the reader through
“Armi, acciaio e malat- archeology, linguistics and
tie”, J. Diamond, Einaudi genetics, keeping his feet
1998. An office colleague on the ground on geograsuggested I read this book phy. It proposes fascina(he probably won’t read
ting and seducing interprethis journal, but I thank
tations, and in my case,
him all the same). At our convincing. Happy reading!
voci dell’ufficio LVDD 1//2006 Le voci di dentro
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voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro
book review
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Ithaca
When you set out on your journey to Ithaca,
pray that the road is long,
full of adventure, full of knowledge.
The Lestrygonians and the Cyclops,
the angry Poseidon — do not fear them:
You will never find such as these on your path,
if your thoughts remain lofty, if a fine
emotion touches your spirit and your body.
The Lestrygonians and the Cyclops,
the fierce Poseidon you will never encounter,
if you do not carry them within your soul,
if your soul does not set them up before you.
Pray that the road is long.
That the summer mornings are many, when,
with such pleasure, with such joy
you will enter ports seen for the first time;
stop at Phoenician markets,
and purchase fine merchandise,
mother-of-pearl and coral, amber and ebony,
and sensual perfumes of all kinds,
as many sensual perfumes as you can;
visit many Egyptian cities,
to learn and learn from scholars.
Costantinos Kavafis
Always keep Ithaca in your mind.
To arrive there is your ultimate goal.
But do not hurry the voyage at all.
It is better to let it last for many years;
and to anchor at the island when you are old,
rich with all you have gained on the way,
not expecting that Ithaca will offer you riches.
Ithaca has given you the beautiful voyage.
Without her you would have never set out on the road.
She has nothing more to give you.
And if you find her poor, Ithaca has not deceived you.
Wise as you have become, with so much experience,
you must already have understood what Ithacas mean.
Itaca
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere d’incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo
né nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.
Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti – finalmente, e con che gioia –
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta, più profumi
inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.
Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
editoriale LVDD 1//2006 Le voci di dentro
sommario LVDD 0/2006 Le voci di dentro
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Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: che cos’altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
Costantinos Kavafis
www.medicisenzafrontiere.it
coordinamento redazionale: Gianfranco
De Maio, Luis Encinas, Paola Ferrara,
Manu Moncada, Stefano Savi
capo redattore: Paola Ferrara
redattori: Gianfranco De Maio, Nicoletta
Dentico, Silvia Mancini, Andrea Minetti,
Manu Moncada, Kostas Moschochoritis,
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