(lvdd) (1/2006) ANNO II - n.1 bollettino trimestrale di informazioni interne per i soci di MSF Italia (le voci di dentro) (english text inside)) pagina 03 lasagne fatte in casa pagina 10 voci dell’ufficio pagina 04 voci del consiglio A tutti i soci di MSF Italia ■ Il board di MSF Italia e il bicchiere mezzo vuoto pagina 12 voci dei terreni Roma 12.04.06 ■ Operation unlimited ■ Essere o non essere a Cité Soleil? ■ Acceso alle cure per gli stranieri: dove va Missione Italia? pagina 07 voci del consiglio e dell’ufficio Pensieri e parole: di ritorno da La Mancha Lasagne fatte in casa pagina 18 voci dell’ufficio Comunicazione umanitaria: dalla confidentialité del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) al témoignage di Me dici Senza Frontiere (MSF) ■ I rifugiati arrivano in città ■ Per chi suona la campana? Fotografia del terreno Italia a marzo 2006 ■ Adeguamento dell’accordo trips in India e sue applicazioni ■ Nuova versione del Kaletra (ABBOTT) disponibile negli USA... e il resto del mondo? ■ Recensioni pagina 26 Parla come mangi summary (1/2006) pagina 27 hand made lasagna pagina 34 voci dell’ufficio pagina 28 voci del consiglio To all members of MSF Italy ■ The board of MSF Italy: the half empty glass pagina 36 voci dei terreni Roma 12.04.06 ■ MSF Operation unlimited ■ To be or not to be in Cité Soleil? ■ Access to care for migrants: what future for Missione Italia? pagina 31 voci del consiglio e dell’ufficio Thoughts and words: back from La Mancha pagina 42 voci dell’ufficio Humanitarian Communication: from the International Committee of the Red Cross (ICRC) confidenti alité to the Médecins Sans Frontières (MSF) témoignage ■ The camp is travelling ■ For who rings the bell? ■ Updating of the trips agreement in India e its applications ■ ABBOTT’s new and improved Kaletra: only in the US... but what about the rest of the world? ■ Book review pagina 50 Ithaca ■ Itaca La sezione italiana di Medici Senza Frontiere dovrebbe fare un altro balzo nel 2006. Questo passo vogliamo che sia fatto di qualità, di innovazioni e di creatività. Le Voci di Dentro (o urla di fuori come lo chiamano alcuni) si vuole dare un nuovo viso, non che quello di prima fosse passato di moda, ma volevamo dargli un nuovo taglio per renderlo più dinamico. Le novità di questo LVDD (da non confondere con i DVD locali…quelli insomma fatti in casa) sono varie. Prima di tutto comporta molti strati (la pasta insomma) ma non voglio svelare nessun segreto. È fatto di tante sezioni e cerca di innovare quando si può (il sugo cambia). Dopodiché è un giornale “fatto in casa”. La formula di prima lottava per ottenere articoli e suggerimenti. Una lotta strenua e faticosa. Ne abbiamo preso atto e abbiamo scelto di prenderlo all’interno dell’esecutivo tentando così di essere più veloci e di minimizzare le richieste. Ciò non toglie che i suggerimenti, le storie, le lettere di tutti e tutte sono più che benvenute. Abbiamo fatto uno sforzo particolare sulla grafica rendendo questo trimestrale ancora più attrattivo. Insomma sul terreno i vari giornali Messages, Contact, e via dicendo fanno parte integrante del quotidiano dei volontari... Diciamo che vogliamo creare un giornalino tutto nostro da leggere durante una pausa pranzo a Roma, Milano o in un punto informativo, la sera sotto la zanzariera, su un aereo che ci riporta in capitale o in un progetto oppure in una latrina sud sudanese. Anzi direi che se arriviamo a quest’ultimo risultato si potrà dire che LVDD è un successo. Questo numero speciale non parlerà di assemblee generale o di politica italiana. Il momento in cui riceverete questo numero i giochi saranno già stati fatti in un caso come nell’altro. Qui si tratta di operazioni, di reclutamento, di un ufficio che come la nave…va, di benevoles e di tante altre cose. Spero che questo numero vi piacerà o perlomeno vi farà discutere di un tema o di un altro. Emmanuel Moncada Direttore della Comunicazione editoriale LVDD 1//2006 Le voci di dentro sommario (1/2006) 3 (A tutti i soci di MSF Italia) Quest’anno ci incontriamo a Frascati dal 28 al 30 aprile per due appuntamenti importanti: l’AG straordinaria per discutere e votare un nuovo statuto della nostra associazione e l’AG ordinaria che ogni anno ci ritrova assieme. L’impegno è sicuramente faticoso, e chiediamo a tutti i soci uno sforzo particolare. Le due Assemblee infatti mettono infatti all’ordine del giorno 3 argomenti di discussione e voto, tutti di notevole significato: di Lussemburgo sta entrando nella fase di elaborazione dei temi portanti per giungere ad alcune posizioni centrali nella vision e attività di MSF nel suo insieme e che richiede all’AG italiana, come a tutte le AG delle sezioni nazionali di MSF, un’approvazione per i passi futuri nel “La Mancha Agreement”; 3. l’elezione di 5 membri del Consiglio Direttivo che avranno il compito, insieme agli altri componenti del CD, di accom1. lo statuto appunto, pagnare ed indirizzare che vogliamo rendere nei prossimi anni MSF più omogeneamente Italia nei processi nevralarticolato per meglio gici in corso La Mancha, definire da un punto di la definitiva implemenvista giuridico MSF tazione del Board Italia (cosa in parte for- dell’OCB (Operational male e procedurale ma Centre Brussels), la defiineludibile); nitiva articolazione di MSF Italia quale sezione 2. la discussione sul con compiti e cultura processo di La Mancha, operazionale. che dopo la conferenza Siamo chiamati dunque a dare segnali che non siano di fumo della nostra vitalità come associazione, integrando al massimo opinioni e origini culturali e di motivazione diverse (e per questo non fonte di divisione ma di arricchimento). intorno a noi alcuni ospiti che ci daranno un contributo di valore, Anneli Eriksson presidente di MSF Svezia, Marilyn Mc Harg direttore delle Operazioni di MSF Svizzera, Rowan Gillies presidente dll’IC, Jean-Marie Kindermans presidente di MSF Questo numero di Voci Belgio, Greg McAnulty di Dentro ospita una presidente di MSF UK, riflessione di Nicoletta, Gorik Ooms Direttore Raffaella e Andrea, che Generale dell’OCB, insieme ad Andrea, Christopher Stokes Kostas e Stefano hanno Direttore delle costituito la nostra Operazioni dell’OCB. delegazione in Lussemburgo. Saranno giorni intensi, chiediamo a tutti noi di Vogliamo dimostrare esserci, dobbiamo esserci! che MSF Italia ha tutte Ne vale la pena? Ne le qualità - umane, cul- vale sempre la pena, turali ed organizzative - sempre. Siamo realisti, per continuare a dare chiediamo l’impossibile un contributo impor(maggio francese, 1968) tante al movimento in questi prossimi anni, Ci vediamo cruciali per l’azione umanitaria in generale e per MSF in particolare. Stefano Vajtho Abbiano coagulato Presidente MSF Italia sue luci e le sue ombre. Ad uno sguardo critico, penso che sia verosimile affermare che le ombre superano le luci malgrado i significativi sforzi fatti da questo board per superare le difficoltà e le incomprensioni dell’anno precedente. Un’eredità non facile, per la quale MSF Italia sta in qualche modo ancora pagando il prezzo. Un’eredità che solo ora sta cominciando a svanire, come uno spiacevole ricordo del passato. Il board di MSF Italia e il bic chiere mezzo vuoto (di Nicoletta Dentico Member of the board) L’ attuale board è il risultato di quelle che all’epoca vennero definite elezioni “bulgare”: nei fatti la sostituzione di un sano processo elettorale con una triste hit parade di cinque candidati per cinque posti. Il segno negativo avrebbe dovuto stimolare un’energica azione di confronto all’interno di MSF Italia nel corso dell’anno. In qualità di membri del board avremmo dovuto saper cogliere l’improrogabile necessità di una strategia per reclutare nuovi associati o per coinvolgere maggiormente e motivare quelli già esistenti. Non è accaduto. Le poche aneddotiche occasioni di incontro con i soci della sezione non sono state esattamente stimolate da una spinta visionaria, da una ricerca specifica per una maggiore partecipazione e per un ruolo più qualificato. Al contrario, il board ha continuato praticamente per un anno ad esaminare documenti gestionali e amministrativi. Non è stato affrontato quasi nessun tema operativo (in modo maturo e strutturato) malgrado l’urgenza di una nuova cultura operativa derivante dalla presenza della cellula. Non abbiamo speso molto tempo ad elaborare la nostra posizione in merito alla difficile fase della Campagna di Accesso ai Farmaci, malgrado il ruolo fondamentale che questa iniziativa ha avuto nel posizionamento di MSF (in Italia e altrove). Una cosa deve essere chiara: non è mia intenzione minimizzare l’importanza di temi come la griglia salariale (molto controversa), la riforma dello statuto, la nuova sede di MSF Italia, tutti temi estremamente seri che un board ha il dovere di affrontare, discutere e in merito ai quali prendere delle decisioni. Ma io sto parlando della necessità di dibattiti incentrati sui contenuti, che vadano ad equilibrare quei temi. Sto sostenendo l’introduzione di discussioni, sia operative che politiche, che possano promuovere la cultura dell’organizzazione e la sua creatività, al di là di un pensiero ortodosso di comodo, per ampliare la capacità di dare un contributo maturo all’interno del movimento e della società nella quale MSF opera. Facendo autocritica e con grande disappunto, devo ammettere che personalmente di tutto questo ho visto ben poco. In quanto entità stra- tegica, il board dovrebbe considerare come suo ruolo primario quello di stimolare riflessioni, provocare argomenti di discussione. La domanda è: noi siamo le persone giuste per farlo? Una conseguenza di questo stato di cose è che le riunioni di board di MSF Italia si svolgono di nuovo a porte aperte, finalmente (dopo anni di porte chiuse) ma la partecipazione alle riunioni di board resta nel migliore dei casi sporadica, con l’eccezione delle riunioni organizzate nei punti informativi del nord Italia. La conseguenza è, e questa è la cosa più importante, che molte cose che MSF Italia dice/non dice nei fora internazionali del movimento finiscono di solito per esprimere il pensiero personale dell’individuo che rappresenta la sezione anziché essere il risultato di un dialogo veramente preparato e condiviso collettivamente tra i membri del board. Dato che La Mancha ha evidenziato in modo serio l’importanza assunta dal ruolo dell’IC per una migliore governance del futuro e anche il concetto di accountability come principio fondamentale che deve guidare le azioni e l’impegno di MSF, ritengo che sia ora di attrezzarci con strumenti nuovi per far sì che queste due condizioni siano rese possibili, a cominciare da casa nostra. La debolezza dello stesso board può essere un fattore decisivo. È vero che i board hanno in qualche modo una difficoltà costituzionale ad essere forti e affidabili, ancor più quando il loro supporto concreto viene richiesto dall’esecutivo. Le competenze sono diverse. La conoscenza dei meccanismi di MSF può variare. Il tempo da dedicare al board può oscillare a livelli incredibili, a dispetto dei molti problemi cui siamo chiamati a rispondere. A questo riguardo io stessa ho sperimentato una progressiva le voci dal consilgio LVDD 1/2006 Le voci di dentro le voci dal consiglio LVDD 0/2006 Le voci di dentro 4 È passato un anno dal rinnovo del board nell’aprile del 2005 ed è arrivato il momento di fare una valutazione onesta del lavoro svolto finora, con le 5 frustrazione. Detto ciò, abbiamo visto per tutto lo scorso anno come la motivazione delle persone a diventare membri del board, e il senso del loro impegno nei confronti di questo incarico una volta “elette”, possano essere diversi e a volte molto discutibili. È una questione che deve essere affrontata prioritariamente perché può dare luogo a sviluppi nella governance davvero indesiderabili. Credo che sia corretto dire che la mancanza di partecipazione dei membri alle attività di board, in modi diversi, abbia molto contribuito a creare un certo senso di isolamento della leadership della sezione. Allo stesso tempo e quasi inevitabilmente questa situazione ha condotto a una distorsione nel funzionamento dello stesso board, per lo più fondato su una serie di consultazioni personali tra il presidente e un numero ristretto di membri, il cui peso ha di fatto cambiato la modalità con cui le decisioni vengono prese. Per quanto comprensibile, questa scorciatoia ha ridotto significativamente la consultazione aperta, un flusso di comunicazione schietto e responsabile tra i membri del board, e anche l’appropriazione di importanti dossier, soprattutto quelli discussi all’IC. Sono del tutto convinta che questo male non affligge soltanto MSF Italia, tuttavia ciò non può essere una scusa per non migliorare. Davanti a noi abbiamo una serie di sfide che, temo, abbiamo finora sottovalutato. Non possiamo Pensieri e parole, di ritorno da La Mancha permetterci questa inerzia ancora per molto. Prima di ogni cosa, la strategia a medio termine. Il board dovrebbe essere molto coinvolto nella pianificazione strategica a medio termine, insieme all’esecutivo. È uno dei suoi compiti principali. È un’opportunità unica per creare un terreno favorevole all’appropriazione e al riconoscimento reciproci, dopo anni di divisioni. Affinché questo processo funzioni, secondo il mio punto di vista, sono assolutamente essenziali due elementi: la qualità dell’informazione e un atteggiamento fermo nel condividere e comunicare in modo positivo al di là della tentazione dei giochi di potere. Cosa sta accadendo oggi? Dove è finita la strategia a medio termine? Malgrado le sue ombre e le sue contraddizioni, il meeting dello scorso novembre a Vitorchiano ha dato a tutti noi dei contributi importanti. Dovremmo utilizzarli velocemente per costruire una strategia preliminare, da rifinire più avanti, ma non mi pare di vedere che ci si stia muovendo in questo senso. Abbiamo detto spesso che Vitorchiano necessitava di ulteriore lavoro, di un processo più mirato per raggiungere gli obietti- vi prefissati. Dove siamo? Chi si è assunto questo compito? E la decisione? Ci tocca un gran lavoro di strategia. Intrappolati dalla gestione, come membri del board rischiamo di perdere di vista la realtà che ci circonda e ci impoveriamo credendo di essere detentori della verità, quella verità inquieta - proveniente dai medici sul terreno, mentre gli altri non hanno nulla, o molto poco, da offrire. Appoggiamo la proposta del 10% di aumento dei finanziamenti privati nei prossimi anni (una linea politica dell’OCB), senza avere nemmeno una perplessità riguardo a questa decisione da multinazionale e alle sue conseguenze culturali, e magari stiamo perdendo opportunità interessanti per ampliare e innovare le nostre azioni di témoignage, in modo coerente con le nostre operazioni, in Italia e altrove. Davanti a noi c’è molto lavoro da fare per far diventare il bicchiere mezzo pieno. Nella fase attuale una salutare autocritica può servire allo scopo. ■ S iamo andati a La Mancha con bonaria curiosità, ma sostanzialmente privi di eccessive aspettative. Il gruppo di MSF Italia era costituito da Stefani Savi, Kostas Moschochoritis e Andrea Accardi (esecutivo), da Andrea Minetti e Raffaella Ravinetto (soci) e da Nicoletta Dentico (socia, membro del board). La scelta di questo gruppo è stata frutto di un processo di selezione concordato dal board (presidente) e dall’esecutivo (direttore generale) che includesse persone di estrazione diversa all’interno di MSF Italia, ed in grado di rappresentare le varie anime della sezione e di esprimere opinioni credibili sui temi previsti nell’agenda di La Mancha. Forse dobbiamo anche ricordare brevemente attraverso quale processo siamo stati identificati e da chi? Non tutti lo sapranno o se lo ricorderanno. Alcuni aspetti di La Mancha sono stati indiscutibilmente positivi, primo fra tutti il fatto che continui ad esistere dentro MSF la consapevolezza di una forte necessità di trovare spazi e momenti di incontro per un dibattito collettivo. Se sviluppata con intelligenza, la duplice dimensione esecutivo/associativo permette, con tutte le sue contraddizioni, degli spazi fondamentali di confronto e di crescita, ciò che favorisce una dinamica apertura al contributo di tutte le possibili esperienze rappresentate in MSF. Inoltre, se MSF è necessariamente un’organizzazione a vocazione gerarchica sul piano operativo, è tuttavia incoraggiante constatare che non abbiamo perso il gusto e la voglia di trovare sedi di riunioni nelle quali almeno formalmente tutti direttori, presidenti, espatriati, staff nazionale, soci - si confrontano su un livello assolutamente paritario. Nella fattispecie, va riconosciuto all’ufficio internazionale una certa dose di coraggio per essersi imbarcato in questa avventura, decisamente picaresca. E ringraziare tutto il team per questo sforzo oneroso, e non ancora concluso. Eppure, La Mancha è stata anche una occasione mancata. Gli obiettivi di fondo di questa grande assemblea non sono emersi con evidenza, e neppure il processo che ha condotto alla elaborazione ed all’utilizzo di documenti sui quali i partecipanti si sono pur dovuti cimentare per ben tre giorni: il riferimento è ai numerosi statements, dichiarazioni talora disparate su cui eravamo chiamati ad esprimere pareri non vincolanti ma con facoltà di emendamento. In questo senso il documento post La Mancha, su cui le Assemblee Generali sono ora chiamate a pronunciarsi, è ispirato alla discussione della tre giorni ’assemblea in Lussemburgodi La Mancha, anche se ovviamente non è esclusivo prodotto della assemblea, ma di un’elaborazione condotta almeno in voci del consilgio e dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro le voci del consiglio LVDD 1/2006 Le voci di dentro 6 (di Nicoletta Dentico • Raffaella Ravinetto • Andrea Minetti) 7 parte in seno all’International Council (l’organo che riunisce i Presidenti di tutte le sezioni). ma non è stato scritto dall’assemblea di La Mancha. La metodologia scelta si è rivelata piuttosto infelice. Ben prima dell’inizio dei lavori il programma suggeriva l’idea di un volo radente – leggero e veloce - su troppe tematiche, senza possibilità alcuna di tuffarsi nella acque delle brucianti questioni che ogni giorno sollecitano, anche con effetti dilanianti, il dibattito nel mondo MSF. Così La Mancha non è stata l’occasione per discutere con la dovuta profondità temi urgenti ed essenziali come, ad esempio, i programmi HIV/AIDS o il futuro della campagna farmaci, l’azione umanitaria a confronto con l’azione politica, l’advocacy in favore dell’accesso alle cure sanitarie di base (che tanto a cuore sta all’OCB) o ancora il “peso” dei gruppi operazionali – OCB, Paris Block, Amsterdam Group, etc. - rispetto al movimento internazionale. I rappresentanti delle sezioni che contano, OCB e Paris block in primis, si sono limitati ad osservare il dibattito, cercando di esporre le proprie legittime posizioni divergenti il meno possibile. La Mancha non è stata neppure il luogo delle sacre scritture, tant’è che il dibattito su i Principi di Chantilly è stato relegato ad un paio d’ore di plenaria in chiusura di conferenza e volutamente escluso dal documento finale. Al tema dei principi di Chantilly, nell’ottica di una loro possibile riformulazione, aveva lavorato un micro-comitato di tre persone, autrici di una bozza presentata in diapositive all’ultimo momento, e mai distribuita ai partecipanti. La Mancha è stata piuttosto un rapido e pacifico scambio d’idee su quasi tutto ciò che ci unisce e la ricerca del minimo comune consenso su tutto ciò che ci divide. A La Mancha il popolo di MSF si è detto in maniera chiara (forse per la prima volta) di essere diverso e variegato dentro MSF, ed ha riconosciuto che questa differenza rappresenta una ricchezza. Ed in effetti, di fronte alle sfide del mondo, una univoca risposta operazionale non può bastare. La storia ci ha insegnato a convivere con le nostre divergenze e contraddizioni e, nota positiva, ad accettare che MSF sia composta da gruppi diversi con filosofie diverse e priorità operazionali diverse. Ciò è un dato di fatto che nessuno mette più in discussione. Non è poco. Occorre coerenza nella diversità, però, e da questa necessità deriva forse anche l’urgenza di un nuovo concetto identificare alla luce delle sfide attuali le componenti irrinunciabili e fondanti dell’di azione medico-umanitaria secondo MSF. La novità sta nella determinazione di voler con più forza regolamentare questa situazione e creare meccanismi di gestione voci del consilgio e dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro voci del consilgio e dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro 8 “La Mancha è stata [...] un rapido e pacifico scambio d’idee su quasi tutto ciò che ci unisce e la ricerca del minimo comune consenso su tutto ciò che ci divide” della complessa macchina MSF. Perciò molto si è detto sui tre veri argomenti all’ordine del giorno: governance, responsabilità (accountability) e trasparenza. La Mancha è stata anche il luogo dove, per la prima volta, si è socializzato il riconoscimento di una “mass discrimination”, una discriminazione di massa nei confronti dello staff locale. I rappresentanti di questa maggioranza esclusa di MSF (una decina di presenti, su oltre 200 persone!) hanno parlato senza fronzoli delle loro molteplici difficoltà, e delle perniciose dinamiche che marcano la loro esclusione sul terreno. Il confronto serrato è servito a far emergere l’esigenza di uscire dalla logica discriminatoria, almeno nelle intenzioni, e l’impegno di lavorare seriamente, nei prossimi anni, per modificare sensibilmente l’imbarazzante scenario attuale, anche alla luce del futuro processo di internazionalizzazione del movimento. Per altri versi, va detto tuttavia che pero, il dibattito si è fermato in superficie ed ha peccato di una certa demagogia: molte parole sono state dette rispetto alla necessità di coinvolgere lo staff nazionale nella vita associativa (dando per scontato che tutti debbano essere interessati e convinti!), mentre nulla di concreto è scaturito, si è detto, per esempio, sulle condizioni di lavoro e sulle garanzie contrattuali. Che cosa ne sappiamo di più, di MSF, dopo La Mancha? E quali sono le possibili proposte concrete post La Mancha per MSF Italia? Pur nella incorreggibile autoreferenzialità di MSF, qualche idea è emersa nella proiezione del movimento nei prossimi 10 anni. Sembra esserci stato accordo sul punto che la Governance interna deve essere ridefinita, rafforzando il ruolo dell’associativo (attraverso una maggiore responsabilità data all’International Council) , IC, che riunisce i Presidenti di tutte le sezioni) e quello del DG19, (l’organo che riunisce i Direttori Generali delle 19 i tutte le sezioni). L’IC ha bisogno di un passaggio come quello di La Mancha per appropriarsi legittimamente del suo ruolo di supervisore e garante delle azioni delle sezioni. Che sia chiaro : non si pretende di influire su scelte o posizioni “dominanti”, nè di avere una voce comune, nè di ridisegnare l’universo MSF secondo logiche che non siano quelle dei gruppi di potere esistenti, nè di imporre a sezioni eventualmente in posizioni minoritarie di rinunciare alle proprie prio- rità. Si tratta di trovare meccanismi di gestione delle differenze, che vuol dire delle maggioranze e delle minoranze. Per questo si è domandato a gran voce unanime un IC più forte. Un IC più competente. Un IC più responsabile. Il documento finale che dovrebbe essere discusso e votato dalle varie AG è solo il passo successivo del processo : si chiede al popolo MSF di dare legittimità ai suoi rappresentanti in sede IC, che a loro volta si impegnano a rafforzare e rendere più fluida e tangibile la propria accountability, la propria responsabilità, rispetto alle rispettive assemblee generali. Per MSF Italia, tutto questo si può tradurre nell’esigenza di rafforzare l’associativo, attraverso il coinvolgimento di tutti i potenziali soci che per varie ragioni ancora non lo sono; nell’esigenza di sottolineare le responsabilità del board, migliorando i meccanismi di accountability all’interno del board stesso e di fronte all’Assemblea Generale, tanto del board come gruppo quanto dei suoi singoli componenti; nell’importanza di rafforzare il coinvolgimento e la responsabilità dell’esecutivo rispetto all’operazionalità della cellula 8 (ad esempio, per una sempre migliore sinergia con la comunicazione di MSF Italia). Sono chiaramente emersi degli orientamenti sostanzialmente diversi fra i grandi blocchi operazionali rispetto ad alcuni temi fondamentali, che possono determinare l’inclusione o l’esclusione di determinati gruppi nei/dai nostri programmi: ruolo del témoignage e dell’advocacy (dove mettiamo la frontiera fra azione medica e azione politica?); obiettivi operazionali nei contesti stabili (ci limitiamo ai “nostri pazienti” o ci proponiamo come obiettivo la ricerca di “soluzioni globali” che vadano al di là dei confini dei programmi MSF)? Per MSF Italia, è giunto il momento che tutto questo si traduca in contenuti da approfondire ed opportunità da cogliere, non solo per definire una posizione italiana, ma soprattutto per sviluppare competenze concrete da mettere al servizio delle nostre operazioni e della nostra advocacy. Delle operazioni e della advocacy di una MSF capace di rispondere con coraggio alle esigenze della realtà contemporanea. ■ 9 inglese che permetterà a MSF Italia di poter essere più visibile a livello internazionale quindi di far sentire le sue idee e le sue opinioni. piuttosto identificare quei momenti, quei fatti, che a mio parere sono stati determinanti e che in qualche modo avranno una ricaduta sul futuro 2. Rafforzamento del manag ement 1. Operazionalità e l’OCB Della nostra operazionalità ho già avuto occasione di scrivere e di aggiornarvi su questo tema ma il dato di fatto oramai certo è che da gennaio 2005 la Cellula 8 si è stabilita a Roma. L’inizio non è stato facile, una mole di lavoro notevole è stata affrontata per prendere in carico le missioni senza far pesare al terreno questo passaggio tra le diverse Cellule, il team della nostra cellula in breve tempo ha dovuto visitare tutte le missioni per prendere in carico i programmi e immediatamente lavorare sull’identificazioni di nuovi progetti. Alla fine del 2005 la totalità dei team di coordinazione sul terreno si sono rinnovati, portando anche una brezza di nuove energie, questo ha determinato, con il sostegno della cellula l’identificazione di nuovi progetti. Altri traguardi sono all’orizzonte della cellula 8 e altri traguardi di operazionalità sono all’orizzonte di MSF Italia, spero di poter continuare a sognare e vedere MSF Italia crescere per competenze e qualità partecipando in modo attivo ai dibattiti operazionali a livello internazionale in modo da contribuire alla crescita e alla riflessione del futuro di MSF. A questo contributo mi auguro che anche la parte associativa possa partecipare attraverso l’OCB board. Sì, anche questa è una novità. Da gennaio 2006 l’OCB Board è una realtà. Dopo un anno trascorso a discuterne, a condivider- Dato il lungo silenzio mi è stato chiesto di riassumere quest’ultimo anno, il 2005. Non voglio annoiarvi con una lunga lista di avvenimenti ma ne la sua composizione e a chiedere all’assemblea generale del 2005 di scegliere il modello che MSF Italia riteneva più adeguato ora tutte le sezioni dell’OCB sono sulla stessa linea. Il nuovo OCB board si riunirà due volte all’anno. Mi auguro che attraverso questa nuova piattaforma la voce dell’associativo possa fare sentire le sue idee e le sue riflessioni in modo più forte. È necessario ora assicurarsi che dibattiti e contenuti operazionali vengano condivisi in modo ancora più capillare per dare ai soci la possibilità di partecipare più attivamente. A livello dell’esecutivo la collaborazione con l’OCB e tutte le sezioni che la compongono va molto bene, tra i 7 Direttori Generali si è creato un buon clima di collaborazione e di lavoro la maggior parte delle decisioni si riescono a prendere sulla base di un consenso generale (dopo dibattiti anche accesi). Il 2005 sicuramente è stato necessario a rinforzare questi legami ma possiamo ancora migliorare e il prossimo obiettivo è esportare questo modus operandi esistente tra i DG anche all’interno di tutti i dipartimenti (Comunicazione, Risorse Umane etc etc). Il 2006 sarà un anno interessante da questo punto di vista., sicuramente ricco di nuovi traguardi. È un tema sicuramente meno interessante o coinvolgente come l’operazionalità ma sicuramente altrettanto importante. Ho trascorso buona parte del primo anno cercando di entrare dentro le dinamiche, i punti di forza ma anche di attrito del modello organizzativo che era in essere al mio arrivo. Alla figura del Direttore Generale era richiesta una presenza decisionale che entrava frequentemente troppo nel dettaglio. Intervenire su una moltitudine di problemi/dossier richiedevano di conseguenza la necessità di entrare più in profondità nella conoscenza dei contenuti del dossier stesso, necessità di studiare e prepararsi su molteplici argomenti, a questo deve essere aggiunto l’aumentato carico di lavoro determinato dall’operazionalità, una maggiore presenza di MSF Italia ad incontri strategici a livello dell’OCB. Si evince da queste prime frasi che non era possibile garantire la qualità della mia presenza in ogni aspetto del mio lavoro. L’esigenza di dedicare le giuste attenzioni ai dipartimenti, la necessità di migliorare la loro coordinazione e la necessità di far avanzare una serie di dossier importanti per MSF Italia, soprattutto nella gestione delle risorse umane, hanno iniziato a evidenziare la necessità di darsi un’altra struttura organizzativa che rispondesse ai reali bisogni di MSF Italia. La conseguenza è stata la creazione delle nuove posizioni di Direttore della Comunicazione e Direttore delle Risorse Umane. Due ruoli fondamentali per dare a MSF Italia gli strumenti necessari a rafforzarsi, due ruoli che permetteranno e che risponderanno al bisogni, come già scritto, di dare ai dipartimenti quella attenzione mancata da troppo tempo oramai ma anche e soprattutto di migliorarne la loro coordinazione, e di assicurare che diversi dossier, fondamentali a migliorare la nostra organizzazione del lavoro come il ROI (Regolamento d’Ordine Interno), la politica salariale, la politica di formazione e molti altri argomenti, possano finalmente trovare una loro finalizzazione in modo da essere operativi al più presto contribuendo, mi auguro, a migliorare la qualità del nostro lavoro. Queste due nuove funzioni direttive sono oggi una realtà, recente, ma una realtà. Sono sicuro che con i tempi naturali di funzioni di questo livello avremo presto importanti risultati. prossimo della nostra sezione. Ne ho identificati tre, uno sul piano interno, uno su quello internazionale ed un ultimo in cui entrambe le 3. La Mancha IL 2005 ha preparato il terreno per poter realizzare a marzo del 2006 la conferenza in Lussemburgo conosciuta come “La Mancha”. A questo incontro rappresentative di tutte le sezioni, con staff proveniente dalle sedi, da molte missioni (staff nazionale ed internazionale) e altre figure dell’universo MSF. Il percorso è iniziato con le interviste passando poi ai contributi scritti sia volontari che “richiesti” a figure esterne a MSF per concludersi con le miniAG che si sono tenute sul terreno ma anche nelle nostre sezioni: Tutto questo sforzo aveva come obiettivo dare al Consiglio Internazionale (IC) indicazioni, strumenti e contenuti che potessero aiutarli nel difficile compito di elaborare un documento che dovrebbe dare a MSF la direzione per i prossimi anni con precisi riferimenti alla nostra azione medica, ai contesti in cui MSF dovrebbe essere maggiormente presente e al modello organizzativo, quindi alla gestione delle responsabilità delle operazioni e delle decisioni ad essa collegate. Grazie ai contributi precedenti la conferenza e alla partecipazione di oltre 200 persone che si sono sedute assieme per cercare di discutere e approfondire dove possibile durante i diversi dibattiti, l’IC ha preparato un primo documento; lo avete ricevuto, spero che la maggior parte tra voi lo abbia anche già componenti sono presenti: 1. L’operazionalità e l’OCB 2. Rafforzamento del management 3. La Mancha (di Stefano Savi DG MSF Italia) letto. È importante che lo leggiate attentamente, prestandoci molta attenzione dato che alla prossima assemblea generale, tra poco tempo, sarete, saremo chiamati tutti, noi soci, ad esprimere e votare il nostro accordo sulla sua struttura e i suoi contenuti. All’assemblea generale tutti i soci avranno la possibilità di potersi esprimere, sarà il momento in cui ciascuno di noi potrà ancora contribuire alla direzione in cui vogliamo vedere andare MSF nel futuro. ■ voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro 10 Cari soci, eccoci qui di nuovo dopo un lungo periodo di silenzio delle Voci di Dentro che ritornano tra noi con delle novità come la traduzione in 11 Roma 12.04.06 Perù. Dopo cinque anni di lavoro nel carcere peruviano di Lurigancho e la pubblicazione dell’opuscolo Lezioni apprese: un’esperienza di lavoro multidisciplinare con le Malattie a Trasmissione Sessuale (STI) e l’HIV/AIDS nel carcere di Lurigancho a Lima, Perù, Medici Senza Frontiere (MSF) ha iniziato a passare le consegne del progetto sull’HIV/AIDS in uno dei carceri più popolati dell’America Latina. La prigione di Lurigancho si trova a Lima, capitale del Perù, e attualmente oltre 8.500 detenuti vivono in uno spazio progettato per 1.500 detenuti. L’approccio multidisciplinare di questa azione che è stata coordinata con il programma di controllo per le Malattie a trasmissione sessuale e l’HIV/AIDS all’interno del carcere, ha reso possibile una serie di cose: ha migliorato la qualità delle cure mediche per le persone che vivono con l’HIV/AIDS, ha formato delle figure professionali sanitarie provenienti da altre aree (psicologia, istruzione, assistenza sociale), ha dato sostegno ai gruppi più deboli e in generale ha dimostrato che anche in contesti complessi come i carceri è possibile offrire cure tempestive e adeguate per le STI e cure mediche complete per le persone affette da HIV/AIDS. La nostra presenza proseguirà, anche se limitata al sostegno tecnico, per tutto il 2006, in modo da garantire una prosecuzione adeguata delle attività. Fine marzo. È stata approvata una proposta di progetto per l’implementazione di supporto tecnico all’INS (National Health Institute) per replicare/ implementare la metodologia alternativa (Dynabeads) per la conta dei CD4 nelle persone affette da HIV/AIDS che vivono in 5 province del Perù. Haiti. Il 16 febbraio l’ex presidente Rene Préval è stato dichiarato vincitore delle elezioni presidenziali di Haiti, tenute il 7 febbraio 2006. Il 19 gennaio si è tenuta una conferenza stampa in tre città (Port-auPrince, Bruxelles, Roma). Nel corso della conferenza incrociata MSF ha fatto appello a tutti i gruppi armati della città affinché rispettassero l’incolumità dei civili e consentissero a coloro che erano rimasti feriti durante gli scontri l’accesso immediato al pronto soccorso medico. Abbiamo inoltre richiesto che venisse rispettata l’incolumità dei soccorritori e degli operatori umanitari. Soltanto nel gennaio 2006, i team medici di Choscal hanno curato 103 vittime di armi da fuoco e 46 vittime di accoltellamenti. Da allora le condizioni di sicurezza sono veramente migliorate, soprattutto dopo l’annuncio della vittoria di Preval. Etiopia. La regione somala dell’Etiopia sta attualmente affrontando una grave siccità che colpisce anche il nord del Kenya e della Somalia. L’ultima stagione delle piogge (da ottobre a novembre) del 2005 ha prodotto pochissime precipitazioni, molto al di sotto della media. Già da novembre si sono viste le conseguenze, con una significativa caduta dei prezzi del bestiame, carenze idriche, esaurimento dei pascoli, perdite massicce di bestiame e migrazione di greggi che si contendono i magri pascoli in Etiopia, ma anche dal Kenya e dalla Somalia. Dopo una serie di verifiche sul terreno è stato deciso, nel corso della riunione di progetto del 27 febbraio, di avviare un’azione nutrizionale di emergenza nei distretti di Cherrati e Bare. Colombia. Nel dipartimento di Quibdo-Choco, a novembre del 2005 MSF ha riorientato un progetto, precedentemente volto alle cure primarie, in un progetto di salute sessuale e riproduttiva (SRH), implementando un pacchetto di aiuti SRH a tre diversi livelli di cura: la comunità, le strutture sani- tarie di primo livello e l’ospedale di secondo livello. Nelle comunità, MSF lavora con un team di volontari sul territorio e con cliniche mobili in 4 diversi barrios di Quibdo dove c’è un’alta concentrazione di popolazione vulnerabile, tra cui molti sfollati. Le cliniche mobili sono coadiuvate da una forte componente IEC (Informazione – Educazione – Comunicazione) che dà alla gente informazioni sui suoi diritti in merito alla SRH e ai servizi disponibili per la SRH. MSF dà sostegno agli ospedali, sia di primo che di secondo livello, offrendo cure EmOC (Cure Ostetriche di Emergenza) di qualità che includono le cure post aborto e le cure per le vittime delle violenze sessuali. Il programma vero proprio, che dà accesso a tutte le componenti del pacchetto SRH ai diversi livelli di cura, non riesce a far fronte alla crescente domanda di servizi SRH offerti a livello della comunità. Per poter soddisfare questo aumento di richieste, verrà implementato un secondo team di volontari sul territorio che saranno operativi in 2 barrios urbani d Quibdò, dove MSF è già presente, e in 2 zone rurali lungo gli assi di accesso principale a est (Pereira) e a sud (Istmina), che si trovano al massimo a un’ora di auto da Quibdò. infuriano le violenze. Kostas Moschochoritis, coordinatore da Roma delle operazioni di MSF Belgio, spiega le ragioni di questa scelta mentre Marie-Noëlle Rodrigue, Programme Manager a New York per la sezione francese, spiega le ragioni del suo dissenso. Operations Unlimited (Kostas Moschochoritis Resp. della cellula 8) S i è parlato molto dei diversi punti di vista sugli approcci operativi delle diverse sezioni di MSF. È vero che queste differenze sono reali, a volte lievi e a volte veramente profonde. È anche vero che vi sono delle differenze perfino nell’efficacia delle diverse operazioni. Anziché fare dei paragoni, in questo articolo vorrei tentare di descrivere brevemente la tipologia operativa di OCB, alcuni risultati dello scorso anno e le prospettive per il 2006. Questa era la tipologia delle nostre operazioni alla fine del 2005: ■ OCB lavorava in 38 paesi, in 4 di questi ha iniziato i lavori nel 2005. ■ Nuovi paesi: Mauritania, Niger, GuineaBissau, Malesia. Una volta terminata la fase di emergenza, le missioni in Mauritania, Niger e Guinea-Bissau sono state chiuse. ■ Negli ultimi dodici mesi sono stati lasciati quattro paesi: Nicaragua, Iraq, Brasile e Serbia. ■ Nuovi importanti progetti lanciati: Cité Soleil Haiti, Mitwaba Congo, Pibor S. Sudan, Mar Rosso N. Sudan, AIDS Mumbai India, senza documenti e migranti Kuala Lumpur Malesia. Interventi di emergenza: Aceh e India meridionale per lo tsunami, Angola per Marburg, gli sfollati di Guradamole in Etiopia, conflitti a Grozny in Cecenia, inondazioni a Mumbai in India, nutrizione a Bor in Sud Sudan, gruppo del Sahel: Mali, Nord Zinder Niger, Nema e Mauritania sud-orientale, N’djamena e Mao Ciad. Campagne di vaccinazioni: morbillo e meningite Ciad. Colera: Nouakchott Mauritania, Conakry Guinea, Monrovia Liberia, Guinea-Bissau, Burkina Faso. È stata effettuata anche un’azione di aiuto continua in RDC attraverso il Pool d’Urgence Congo, peste nella Provincia Orientale. ■ Esplorazioni in nuovi paesi: Libia (migranti), aree tribali pakistane a sud dell’Afghanistan (rifugiati), Lesotho (Aids). ■ In totale sono stati realizzati 148 progetti: 36 per assistere le vittime di guerra, 20 per assistere le vittime in zone post-belliche, 55 progetti hanno affrontato epidemie ed endemie (compreso l’AIDS), 27 progetti hanno fornito l’accesso alle cure alle popolazioni escluse in ■ ambienti stabili (per lo più progetti minori) e 10 progetti hanno assistito le vittime di catastrofi naturali (compresi gli interventi nutrizionali in scenari stabili). Il 60% dei progetti ha avuto luogo in Africa (rappresentando oltre il 70% dei fondi). Gli ambiti di intervento oggi utilizzati per stabilire le priorità nell’assistenza e per classificare i progetti sono: I. Assistenza alle vittime di guerra I.1. Rifugiati e sfollati I.2. Emergenze nutrizionali I.3. Accesso ai servizi sanitari per tutta la popolazione nelle zone di guerra II. Assistanza alle popolazioni vulnerabili in contesti post-bellici II.1. Accesso a servizi sanitari di base per le popolazioni vulnerabili III. Epidemie e endemie III.1. Epidemie voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro 12 Contrariamente alla sezione francese, MSF Belgio ha deciso di avviare un progetto a Cité Soleil, quartiere di Port-au-Prince, dove 13 IV. Accesso alle cure sanitarie per le popolazioni escluse IV.1. Per migranti and richiedenti asilo nei paesi sviluppati IV.2. Per popolazioni escluse dalle cure sanitarie (Pubblicato su Messages Marzo 2006) V. Assistenza per le vittime di catastrofi naturali 1. 2. 3. 4. Igiene mentale Campagna Accesso alle cure Salute della donna Va notato che nel corso del 2005 siamo riusciti a recuperare flessibilità operativa in termini di aumentata capacità di risposta sia dal punto di vista organizzativo che da quello delle risorse, per poter fare di più nelle zone di guerra, per sviluppare assistenza chirurgica in zone di guerra, per rilanciare azioni di vaccinazione, al di fuori delle epidemie laddove necessario, per potenziare la raccolta di dati mentre Marie-Noëlle Rodrigue, Programme Manager a New York per la sezione francese, spiega le ragioni del suo dissenso. Essere o non essere a Cité Soleil? III.2. AIDS, malaria, tubercolosi III.3. Malattie trascurate Le azioni trasversali, che sono ampiamente rappresentate nei progetti e alle quali vogliamo dare risalto, sono: infuriano le violenze. Kostas Moschochoritis, coordinatore da Roma delle operazioni di MSF Belgio, spiega le ragioni di questa scelta medici e aumentare la disponibilità di cure SGBV. Tuttavia vi sono zone di guerra, nei paesi in cui OCB non è presente, che devono essere riesaminate per valutare la possibilità di un intervento di altre missioni, per portare avanti il nostro proposito di ampliare gli aiuti per le vittime di guerra. I maggiori interventi nell’ambito delle emergenze non legate a conflitti sono, ovviamente, stati fatti in Aceh per i superstiti dello tsunami e nel Sahel per gli interventi nutrizionali. Un altro aspetto positivo è stato la spinta a passare alle cure gratuite all’interno di MSF, gran parte di questo positivo cambiamento è stato fatto sul terreno. Oggi le cure gratuite sono presenti in quasi tutti i nostri progetti. Nell’ambito dell’AIDS, a dicembre 2005 avevamo oltre 21.000 pazienti in cura con gli ARV. Per il 2006 intendiamo continuare ad aumentare gradualmente, ma a un ritmo più lento rispetto al 2005, ad accelerare la decentralizzazione all’interno dei progetti di MSF e a velocizzare il passaggio ad altri fornitori di aiuti sanitari. In chiusura penso che valga la pena di accennare al fatto che il 2005 è stato il primo anno in cui le operazioni OCB sono state gestite direttamente anche da Roma. Come tutti gli inizi anche il nostro è stato difficoltoso ma allo stesso tempo promettente. Tutti noi speriamo che tra un anno saranno stati fatti altri passi positivi e aperti altri dibattiti... ■ Kostas Moschochoritis: ICRC e MSF Francia erano caute riguardo alla nostra intenzione di avere una presenza permanente a Cité Soleil. La nostra analisi era diversa e da quando abbiamo avviato le nostre attività, l’ICRC ha cambiato la sua analisi rafforzando le attività nello slum. A giugno 2005, quando il nostro team è riuscito ad andare a Cité Soleil, abbiamo visto un enclave in cui la gente viveva circondata dai carri armati MINUSTAH, in preda alle violenze dei gruppi armati locali. Non c’erano strutture sanitarie funzionanti e anche se ci fossero state la popolazione non avrebbe potuto permettersi di pagare per i servizi sanitari. Inoltre la popolazione era messa di fronte a una situazione bellicosa dovuta agli scontri tra gruppi armati locali e MINUSTAH che, secondo il nostro punto di vista, non stavano prendendo misure sufficienti per evitare vittime tra i civili. Lavorare a distanza, come stava facendo MSF Francia in un ospedale all’interno di una zona sicura fuori Cité Soleil, secondo noi non era la soluzione migliore. Questa scelta infatti tra- smetteva il messaggio che era impossibile lavorare con questa popolazione abbandonata a se stessa, corroborando la natura di enclave di Cité Soleil. Operando a distanza non era possibile coprire tutti i bisogni della popolazione perché non tutti erano in grado di lasciare Cité Soleil. In ultimo, essere presenti a Cité Soleil ci ha messo nelle condizioni di testimoniare le violenze effettuate dai gruppi armati locali e, cosa più importante, dal MINUSTAH. Prima di entrare a Cité Soleil abbiamo discusso con tutte le parti coinvolte, con le quali continuiamo ad avere contatti quotidiani per garantire una conoscenza adeguata di questo contesto, per mantenere il nostro spazio umanitario e garantire la sicurezza dello staff e dei pazienti. Ad esempio succedeva che le vittime di sequestri venissero portate all’ospedale dai sequestratori per essere curate.Questo rappresentava un grosso problema per noi ma, in accordo con lo staff haitiano, abbiamo ottenuto il rilascio delle vittime. Al Choscal Hospital, malgrado sia un ospedale pubblico, abbiamo imposto regole adeguate che, generalmente, vengono rispettate. Alcuni incidenti sono inevitabili ma finora non hanno avuto ripercussioni sulla nostra credibilità o, cosa più importante, sui nostri pazienti. Anche se si fosse trattato di un ospedale di MSF, data la sua ubicazione, ci saremmo trovati ad affrontare gli stessi problemi. L’essenza del nostro intervento è quella di assistere coloro che sono totalmente esclusi dalle cure sanitarie il più vicino possibile al posto in cui si trovano.Anche la copertura mediatica ottenuta dal nostro intervento, sia sui media locali che internazionali, è stata utile per la nostra immagine. Non abbiamo mai negato che operando a Cité Soleil stavamo correndo dei rischi, rischi che ricadono soprattutto sulle spalle del nostro team. Non esistono operazioni prive di rischi in situazioni come quella di Port-au-Prince, tuttavia crediamo che siano rischi che vale la pena di correre. Fino ad oggi, gli eventi hanno dimostrato la validità della nostra analisi. Siamo stati in grado di lavorare in modo coerente, siamo voci definizione del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro definizione LVDD 1/2006 Le voci di dentro 14 Contrariamente alla sezione francese, MSF Belgio ha deciso di avviare un progetto a Cité Soleil, quartiere di Port-au-Prince, dove 15 stati in grado di salvare vite umane, abbiamo visto direttamente com’era vivere a Cité Soleil durante il conflitto. Oggi Cité Soleil è tranquilla ma sappiamo molto bene che la situazione può cambiare repentinamente. Intervista di Alessandra Oglino Marie-Noëlle Rodrigue: Secondo la mia opinione, una presenza permanente ed esclusiva al Sainte-Catherine Hospital (soprannominato Choscal) in questo quartiere di Port-au-Prince pone diversi problemi. Avviare un progetto in una struttura fissa proprio nel cuore di una zona violenta significa esporre a inutili pericoli sia i pazienti che il team. Lo abbiamo visto noi stessi quando i proiettili hanno attraversato un reparto e la stanza del capo missione. In quell’occasione nessuno è rimasto ferito. Ma se succederà qualcosa in futuro saranno compromessi tutti i progetti di MSF a Port-auPrince, a Cité Soleil e altrove. So anche per esperienza che in prima linea non si può offrire una chirurgia di qualità, possiamo stabilizzare i pazienti. Ad esempio non possiamo iniziare interventi lunghi e tecnici quando c’è il rischio che vengano interrotti da colpi di arma da fuoco. Non dovremmo ingannare noi stessi sul- l’impatto che una presenza permanente a Cité Soleil ha sui 300.000 abitanti della zona. Dato il contesto, ho forti dubbi che tutte le persone che abitano a Cité Soleil abbiano libero accesso all’ospedale. I dati relativi alle attività al Choscal (12.000 visite in 6 mesi) confermano che MSF Belgio non copre l’intera popolazione dello slum. Inganniamo noi stessi se pensiamo che il Choscal Hospital sfugga al controllo. I problemi e le alleanze sono al di là delle nostre forze e rischiamo, se non ne siamo consapevoli. Gli scontri tra i gruppi armati da una parte e il Minustah e il PNH (Haiti National Police) dall’altra non devono far dimenticare le aspre battaglie che infuriano all’interno delle diverse zone della città. Inoltre stiamo ingannando noi stessi se pensiamo che tutte le vittime possano accedere all’ospedale. Intervenire in contesti urbani è molto complesso, soprattutto in una città esplosiva come Port-au-Prince. MSF è abituata a negoziare il proprio spazio lavorativo/umanitario con le varie forze in gioco. Tuttavia le cose diventano molto più complicate quando le nostre azioni sono limitate a una città. Qui la concentrazione geografica delle diverse parti in conflitto complica la percezione del nostro lavoro. Diventa estremamente difficile convincere le persone della nostra indipendenza quando ci stabiliamo in un unico posto. Secondo la mia opinione, è sconsiderato correre questi rischi perché esistono altre opzioni. Abbiamo aperto un centro traumatologico al Saint-Joseph hospital nella zona di Turgeau che è vicina a Cité Soleil. È accessibile e vicina alle zone più colpite dalle violenze. Essendo centrale, le vittime delle violenze possono accedervi da qualsiasi parte della città. La Croce Rossa Haitiana manda qui i pazienti quando le condizioni di sicurezza lo permettono e l’ospedale accoglie pazienti da tutte le parti della città, anche da Cité Soleil, anche dopo che MSF Belgio ha aperto il progetto a Choscal. Nella nostra struttura possiamo effettuare interventi chirurgici di qualità (ortopedici, addominali) in condizioni di traquillità. E anche se potessimo e dovessimo aumentare la nostra risposta di fronte a esplosioni di violenza, noi abbiamo la responsabilità di evitare di esporre al pericolo i nostri pazienti e i team. Non considero i nostri team come soldati, mercenari o missionari. Intervista di Rémi Vallet ■ Accesso alle cure per gli stranieri: dove va Missione Italia? L a legge italiana sull’immigrazione, la Bossi-Fini, garantisce il diritto alle cure per tutti gli stranieri presenti sul territorio italiano siano essi regolari e non. Si tratta di una normativa estremamente avanzata, soprattutto rispetto ad altri paesi europei in cui MSF ha deciso di aprire progetti, come la Svezia, dove il diritto alle cure per gli irregolari non è garantito affatto o lo è ma in forme molto limitate. La legge italiana sull’immigrazione è dunque particolarmente interessante rispetto al tema dell’accesso alle cure per un paese che conta al suo interno varie centinaia di migliaia di cittadini irregolarmente presenti che costituiscono una sfida e un’opportunità unica per l’Italia. Lo abbiamo visto in occasione delle ultima pubblicazione del decreto flussi: oltre mezzo milione di persone hanno presentato domanda per poco più di 170mila posti. Sono tutte persone che vivono, lavorano e si ammalano nel nostro paese, come dimostra il nostro progetto di assistenza sanitaria a favore dei cittadini stranieri impiegati come braccianti agricoli e documentata nel rapporto di MSF “I frutti dell’ipocrisia”. Nonostante la legge garantisca questo diritto la realtà dei fatti è tutt’altro che incoraggiante. La legge spesso non viene applicata dalle ASL o viene applicata in maniera approssimativa. Missione Italia lavora dal 2003 per cercare di costruire modelli di good practice sostenibili ovvero in grado di sopravvivere dopo l’uscita di MSF. In questi anni sono stati siglati protocolli di intesa con le ASL locali consentendo a MSF di aprire ambulatori dedicati agli stranieri irregolari. La peculiarità dell’intervento sta nell’approccio a 360 gradi sul territorio. Per questo nei progetti di Missione Italia sono fondamentali le figure degli outreach, operatori sociali che lavorano sul territorio per conoscere, mappare, informare e “condurre” gli stranieri verso l’ambulatorio MSF. Gli immigrati sono infatti i primi a non essere consapevoli del loro diritto o a temere l’approccio al servizio sanitario per timore. Accanto agli outreach lavorano nei progetti anche gli operatori legali che fuori e dentro gli ambulatori offrono assistenza agli stranieri per questioni riguardanti pro- blemi legati al permesso di soggiorno. L’art.35 della Bossi-Fini dice che lo straniero gravemente malato ha diritto ad un permesso di soggiorno “per motivi di salute” nel caso in cui nel suo paese non abbia possibilità di accesso alle cure. Il dipartimento legale di Missione Italia si è prodigato nell’ultimo anno per raccogliere una serie di casi di pazienti affetti da gravi malattie e per portare avanti un’azione di lobbying affinché l’art. 35 garantisca un permesso di soggiorno a quei cittadini stranieri affetti da patologia grave e quindi necessitino di una terapia. Con questo si intende superare un paradosso tutto italiano per cui da un lato si garantisce, sulla carta, l’accesso alle cure, dall’altro però non si garantisce la possibilità di rimanere sul territorio. In questo modo lo straniero gravemente malato ha sì la possibilità di avere accesso ad una terapia salvavita ma nello stesso tempo può essere fermato e rimpatriato dalle forze dell’ordine. Questo di fatto impedisce allo straniero di non continuare la terapia rimpatriandolo verso un paese dove tale terapia non è disponibile. voci dal terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro 16 (di Alessandra Oglino) 17 A tre anni dall’apertura del primo ambulatorio dedicato agli irregolari a Siracusa, Missione Italia ha collezionato una serie di esperienze positive e anche alcune negative: Siracusa, Ragusa e Roma hanno visto il passaggio di consegne al Sistema Sanitario Nazionale e il follow up dimostra che il servizio continua a funzionare. Il progetto bresciano, per vari motivi, ha avuto invece un esito particolarmente deludente. La sfida del 2006 sarà proprio quella di capitalizzare il lavoro svolto finora in un documento che vuole divenire il pilastro della visione di MSF-Missione Italia rispetto al tema dell’accesso alle cure per gli stranieri nel nostro paese. Il 2006 si presenta come un anno cruciale non solo per Missione Italia. Negli ultimi anni Missione Italia ha toccato con mano le diverse fasi del fenomeno migratorio lavorando in prima linea e in prossimità con gli stranieri al momento dello sbarco sulle coste siciliane e a Lampedusa, nei campi del Sud con i lavoratori stagionali, fino ai contesti urbani di varie regioni d’Italia dove la presenza di stranieri è particolarmente significativa. È arrivato il momento di raccogliere in un documento la memoria storica di questo lavoro per cercare di riflettere sul senso della nostra azione in l’Italia e per mettere nero su bianco qual è la visione di MSF relativamente al tema dell’accesso alle cure per gli stranieri. Questo documento dovrà necessariamente divenire la mappa di riferimento della lobbying di MSF-Missione Italia al fine di determinare un vero accesso alle cure per i cittadini stranieri su basi inclusive, con nuove tecniche che favoriscano quindi l’integrazione sanitaria dei nostri pazienti ma anche di coloro ai quali non abbiamo messo e mai metteremo uno stetoscopio sulla schiena. ■ “Sei contento che finalmente potrai parlare, no?”. Questa domanda mi è stata posta molte volte da quando, sei mesi fa, ho iniziato a lavorare per l’ufficio stampa di Medici Senza Frontiere (MSF) Italia. A formulare la domanda, amici e nuovi colleghi consapevoli dei miei due anni e mezzo trascorsi a lavorare con il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), e soprattutto dell’anno e mezzo come Communication Delegate. Sì perché, si sa, o comunque si dice, che il CICR non parla, MSF sì. Anche se quest’affermazione necessita di una serie importante di qualificazioni. MSF, infatti, è “nata per offrire soccorso sanitario alle popolazioni in pericolo e testimoniare delle violazio ni dei diritti umani cui assiste durante le sue missioni”, il famoso témoignage. Che ci distingue, che distingue MSF da un’organizzazione come il CICR, che pure comunica, ma in modo diverso. Dove sta questa differenza? Il CICR comunica principalmente per persuadere quanti partecipano, direttamente o indirettamente, ai conflitti armati a rispettare le norme del diritto umanitario, ovvero quell’insieme di regole nate per proteggere quanti non partecipano (la popolazione civile) o non partecipano più (combattenti feriti o prigionieri) alle ostilità – infatti, il mandato del CICR è quello di offrire protezione e assistenza alle vittime dei conflitti armati e di promuovere la diffusione e il rispetto dei principi umanitari internazionali. Questo era, per inciso, il mio lavoro in quanto Communication Delegate in Burundi: la mia attività di comunicazione era rivolta al 90% a quelli che venivano definiti interlocutori (politici, militari, combattenti). Il restante 10% era rivolta verso l’esterno, vale a dire i mezzi di comunicazione, locali e internazionali. E in quest’ultimo caso, valeva la regola ferrea per cui “il CICR comunica ciò che fa, non ciò che vede”. Potevo raccontare che i nostri delegati visitavano le prigioni, ma non ciò che vedevano all’interno – proprio perché le autorità permettono al CICR di parlare coi prigionieri in assenza di testimoni a condizione che i suoi rapporti siano trasmessi unicamente alle autorità competenti. O potevo lanciare appelli a tutte le parti in conflitto affinché rispettassero i principi umanitari, ma non potevo accusare una o l’altra parte di avere violato i suddetti principi. Ciò viene fatto in maniera confidenziale con le autorità responsabili. Venendo quindi a lavorare con MSF, mi dicevo “Eh vai, adesso posso fare un bel casino!”, perché, per quanto comprendessi le ragioni del silenzio del CICR su alcune questioni, e con- dividendo assolutamente queste ragioni, l’idea di potere finalmente urlare e puntare il dito contro governi, istituzioni e gruppi armati mi solleticava assai. Ma non è vero che MSF urla e punta il dito così tanto – e soprattutto nemmeno adesso posso fare un bel casino! Perché, se è vero che MSF comunica esternamente molto più di quanto non faccia il CICR, non siamo né Amnesty International, il cui scopo è quello di denunciare le violazioni dei diritti umani, né, fortunatamente, Emergency, il cui scopo è… bè, insomma, il cui capo dice la sua su tutto. Anzitutto, MSF testimonia unicamente di ciò che, attraverso i suoi volontari, vede coi propri occhi e ascolta con le proprie orecchie. E MSF comunica sulla situazione umanitaria delle popolazioni cui presta soccorso. E lo fa consapevole dei rischi e delle opportunità che ciò comporta. Sì, perché a volte comunicare è un rischio: quando, il 7 marzo del 2005, alla vigilia della Festa della Donna, MSF decise di pubblicare il rapporto Il peso schiacciante dello stupro sulle violenze sessuali contro la popolazione sfollata nel Darfur, era consapevole dei rischi cui andava incontro. E difatti il governo del Sudan arrestò due mesi dopo il capo missione di MSF in Sudan, accusando lui di crimini contro lo stato e MSF di aver pubblicato un rapporto falso, di mettere in pericolo la società e di spionaggio. Altre volte MSF ha scelto, e continuerà a scegliere, di non comunicare, per evitare di mettere in pericolo la propria azione umanitaria e di danneggiare la popolazione assistita, o perché altri staranno già comunicando e quindi non varrà la pena di mettere a repentaglio la nostra azione umanitaria o la nostra sicurezza – come invece, per quanto riguarda la nostra sicurezza, è stato appunto fatto in Darfur, ma là eravamo gli unici che potevamo testimoniare della dimensione del fenomeno dello stupro. “Insomma, adesso parli o no?”. Certo che parlo. E sebbene non sia Candide, e non credo né di vivere nel migliore dei mondi possibile, né di lavorare nella migliore delle organizzazioni umanitarie possibili – per quanto sicuramente una delle migliori esistenti - nel senso che tutto in MSF è perfettibile, comunicazione compresa, sono soddisfatto di quanto e di come parliamo. E, soprattutto, sono soddisfatto e contento di quanto poco parli io e di quanto faccia parlare chi può farlo con competenza e cognizione di causa, chi le situazioni umanitarie di cui testimonia le vede e le affronta davvero, sul campo: i nostri volontari. Andrea Pontiroli Ufficio Stampa MSF Italia voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro 18 Comunicazione uma nitaria: dalla confidentialité del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) al témoignage di Me dici Senza Frontiere (MSF) 19 I rifugiati arrivano in città… (di Francesca Pispisa Responsabile delle Relazioni) I l campo viaggia, ha attraversato freddo glaciale dove non lo aspettavamo e poi piogge e vento torrenziali dove non era previsto. Arrivando al nord la temperatura si riscalda, anche questo non era previsto ma è decisamente molto apprezzato. L’esperienza sul campo, non terreno ma piazza è appassionante: c’è Andrea che sperimenta l’amministrazione non africana, Giovanni che arriva a gruppi di 35 persone per volta, c’è Elisa che continua a provocare buon umore solo aprendo bocca, Emanuela e poi Nicole che contano e ricontano tutto il materiale, c’è Marta al telefono che corre e rincorre e Michele che sorride, chiacchiera e sgranocchia tutto quello che gli passa a tiro, ci sono tutti loro, i volontari di questo team speciale, questo team che è il campo rifugiati in città. E ci sono i visitatori. Riempiono di emozione i volontari quando sgranano gli occhi di fronte a ciò che non avevano mai visto, mai ascoltato, mai pensato. Uno dei momenti più straordinari è stato forse quello con la Lega del Filo D’Oro, circa venti persone, diverso-abili, diversamente, hanno girato in una domenica mattina napoletana, le nostre installazioni. Seguendo le parole di Annalisa e Alessandra hanno toccato gli oggetti, la bladder, i letti del colera, cercando con le dita fino al buco centrale e hanno assaggiato i BP5. Riuscire a trasmettere le azioni e le storie a chi non può vedere né ascoltare è stata un’esperienza grande, per il gruppo di visitatori e per tutto il team di volontari. E poi gli studenti, a volte così distratti che diventano attenti e segnalano che alla fine gli è rimasto dentro quel viso sorridente su un pannello, un ragazzo senza una gamba per via delle mine. E la scuola materna accompagnata da Antonella, un bambino prova dal punto acqua a riempire una tanica e portarla fino al villaggio. Ci riesce e Antonella gli dice che allora sì, la sua mamma potrà contare su di lui perché aiuti tutta la famiglia. E gli altri bambini allora non possono essere da meno e uno dopo l’altro fanno tutti il tragitto, con la tanica che pesa e il sorriso trionfante. Antonella decide allora che via, devono tutti essere vaccinati e poi tutti misurare il braccio con il MUAC. Le maestre, così preoccu- pate fino al giorno prima, portano via i bambini con gli occhi che brillano. I visitatori vengono, in gruppo, alla spicciolata, studenti di medicina in quantità a Pisa si fermano per ore, bloccando Steo per sapere fino all’ultimo dettaglio come faranno a partire con MSF. E poi i ragazzi delle case-famiglia di Bologna e il club di ciclisti e ancora una vecchina accompagnata da figlia e nipote che vuole assolutamente fare il giro, e Monica trova il modo di farla sedere ad ogni tappa del campo. Il team è fantastico, arricchisce ad ogni giro un racconto che si fa rabbia, si fa storia, si fa emozioni. In queste prime cinque tappe sono stati circa 8000 i visitatori, ognuno di loro ha guardato, assaggiato, letto e soprattutto ha ascoltato e chiesto e pensato e ancora ascoltato e ancora chiesto. Dalla prima occhiata ai questionari di valutazione, alla domanda “pensi di fare qualcosa rispetto alla situazione dei rifugiati e sfollati nel mondo?”, la stragrande maggioranza dice si, ne parlerò intorno a me, cercherò di sensibilizzare, ne scriverò, lo racconterò.Se ognuno degli 8000 lo farà con almeno 10 persone… ■ Per chi suona la campana? Fotografia del terreno Italia a marzo 2006 Ardizzoni Elisa MSF F Kenia Di Piazza Teo MSF CH RDC (Bunja) Pisani Nicola MSF E Colombia Arreghini Guido MSF B Liberia Dongiovanni Mery MSF H Colombia Pizzorni Roberto MSF IT Colombia Baioni Morena MSF CH Myanmar Egidi Ada Maristella MSF B RDC Polese Vincenzo MSF B Haiti Cell. 8 Bergamaschi Lidia MSF B Liberia Faga Elisabetta MSF B Etiopia Porta Ilaria MSF B Angola Bernabei Arianna MSF B Etiopia Figus Giorgio MSF H India Quarenghi Carlo MSF CH Myanmar Berneau Philippe MSF B Cambogia Floritta Martorana Sandro MSF G Nigeria Raddi Freya MSF B Etiopia Borzacchini Andrea MSF H Colombia Forgione Fabio MSF CH Sud Sudan Ricci Maurizio MSF CH Sud Sudan Bruno Maria Rosaria MSF B Ciad Frati Luca MSF H Uganda Rissone Giuseppe MSF F Ciad Busi Alessandro MSF B Sud Sudan Galeotti Massimo MSF CH Sud Sudan Rosa Paola MSF B Burundi Calistri Piergiorgio MSF B Haiti Cell. 8 Galli Mariangela MSF E RDC Rossi Gabriele MSF B Sierra Leone Calligaro Arianna MSF LUX Benin Gianfortuna Fabio MSF E Palestina Rusconi Angelo MSF B Angola Campanella Castrenze MSF E RDC Gramuglia Dario MSF H Costa d’Avorio Sarboraria Marco MSF E Rep. Centro Africana Caprioli Ernani MSF F Costa d’Avorio Lepora Chiara MSF F Liberia Schiavetti Benedetta MSF B Costa d’Avorio Castelli Roberta MSF B Angola Liccardo Maria Norina MSF LUX Mozambico Signori Mara MSF H Colombia Chiappatopi Dario MSF B Darfur Lugli Mariano MSF CH Liberia Staderini Duccio MSF LUX Ciad Chiari Barbara MSF B Burundi Maccagno Barbara MSF CH Mozambico Talarico Luca MSF B Angola Clerici Riccardo MSF B Angola Martello Leonardo MSF B Cambogia Testa Pierluigi Pool emergenza Svizzera Colona Silvia MSF H Haiti Mazzotta Marcello MSF B Angola Tito Caterina MSF H RDC Cremonini Laura MSF CH Liberia Meregalli Raffaella MSF H Colombia Vaccotti Maurizio MSF CH Darfur Crestani Rosa pool emergenza Bruxelles Milioti Roberto MSF CH Guinea Varisco Vittorio MSF H Angola Cristina Alberto MSF B Colombia Mollo Chiara MSF H Angola Verdecchia Maria MSF H Etiopia De Ascaniis Raffaele MSF B Haiti Montaldo Chiara MSF B Cina Villani Jacopo MSF B Etiopia Cell. 8 De Filippi Loris MSF B Haiti Nanni Ivana MSF B Etiopia Cell. 8 Vincenzi Alessandro MSF H Uganda De Tommasi Anglea Anna MSF B Congo Pagliarini Alessio MSF B Kenya Zannini Stefano MSF LUX Ciad De Vecchis Caio Mario MSF B Haiti Cell. 8 Pasquini Alvise MSF NY Nigeria Zuccotti Thea MSF B Sud Sudan Di Mattei Pietro Perlongo Claudia MSF E Uganda MSF CH Mozambico voci dell’ufficio LVDD 1//2006 Le voci di dentro voci dall’uffcio LVDD 1/2006 Le voci di dentro 20 21 in India e sue applicazioni (A cura di Silvia Mancini) L e enormi dimensioni dell’epidemia di AIDS hanno attirato l’attenzione sul fatto che milioni di persone nei Paesi in Via di Sviluppo (Pvs) non hanno accesso ai farmaci necessari per trattare la malattia o alleviare le sofferenze. Ogni giorno quasi ottomila persone muoiono di AIDS nel Sud del mondo. Molte sono le motivazioni alla base della mancanza di accesso ai farmaci essenziali: problemi di rifornimento e immagazzinamento logistico, qualità scadente dei farmaci, scelta non appropriata di medicinali, utilizzo non corretto, produzione inadeguata, prezzi proibitivi e carenza di finanziamenti per l’assistenza medica. Ma nella maggioranza dei casi la principale barriera all’accesso alle terapie essenziali è costituita dai prezzi elevati dei farmaci. Spesso i prezzi proibitivi dei medicinali sono il risultato di una forte protezione della proprietà intellettuale. MSF è testimone degli effetti che i brevetti farmaceutici hanno sui prezzi e sulla disponibilità di medicine, in particolare di nuovi farmaci, e ha documentato le modalità in cui i brevetti sono applicati nei Paesi in cui lavora. Non dovrebbe sorprendere che la protezione dei brevetti abbia quale risultato un incremento dei prezzi dei farmaci: i brevetti creano monopoli e i monopoli portano all’aumento dei prezzi dei farmaci. Non appena il monopolio cessa, i prezzi crollano. Oltre a influenzare i prezzi, i brevetti possono anche rappresentare un ostacolo per lo sviluppo e la disponibilità delle formulazioni raccomandate. Un esempio è il problema dello sviluppo delle combinazioni a dose fissa (es. la pillola “tre in uno” per la terapia dell’AIDS) quando i brevetti dei singoli componenti sono di proprietà di diverse compagnie farmaceutiche. Queste combinazioni a dose fissa sono particolarmente importanti per la terapia anti-AIDS. Alcune combinazioni a dose fissa raccomandate dall’OMS sono oggi disponibili da produttori indiani. In India, infatti, fino al 2005 non potevano essere concessi brevetti per prodotti farmaceutici e pertanto non si è creata una barriera alla formulazione di questi prodotti. Dal 1° gennaio 2005 l’Accordo TRIPS sui brevetti farmaceutici è diventato vincolante anche in India. Ora tutti i nuovi farmaci saranno oggetto di protezione di brevetto per almeno 20 anni in tutti i paesi, esclusi quelli che appartengono alla lista dei circa 50 “least developed countries” (vale a dire i più poveri tra i poveri, che dovranno adeguarsi nel 2016) e i pochi paesi non aderenti all’OMC, quali Somalia, Palestina o Macedonia. L’imposizione di brevetti e monopoli manterranno alti i prezzi e le nuove medicine non saranno accessibili alla maggior parte della popolazione dei Paesi meno sviluppati e di quelli in via di sviluppo. Programmi di lotta all’AIDS riusciti, come quelli in Brasile e Tailandia, hanno avuto successo perché i prodotti farmaceutici chiave non erano protetti da brevetto e potevano essere prodotti localmente a costi molto inferiori. La terapia tripla antiretrovirale (ARV) di prima scelta è oggi disponibile per soli 140 USD per paziente all’anno. Ma l’insorgere di resistenze agli ARV di prima linea è inevitabile, nei paesi poveri come in quelli ricchi. Quando i pazienti hanno bisogno di passare a terapie di seconda linea, si trovano, in assenza di concorrenza, con una terapia quasi 30 volte più costosa della più accessibile terapia di prima linea. In Kenya per esempio, MSF paga 1.400 dollari all’anno per ogni paziente per il trattamento di seconda linea mentre paga solo 200 dollari per il trattamento di prima linea. Si tratta di un prezzo maggiorato di 7 volte. Nei Paesi a medio sviluppo la differenza di prezzo può essere ancora più rilevante. In Guatemala, il trattamento di seconda linea ammonta a 6.500 dollari, 28 volte superiore a un regime di prima linea. In Sudafrica, trattare 58 pazienti con il regime di seconda linea nei programmi MSF costa quanto trattare 550 pazienti con farmaci di prima linea. Naturalmente, l’alto costo della terapia di seconda linea per pochi pazienti può far rapidamente collassare la capacità di pagamento di un programma e/o struttura sanitaria. E il numero di pazienti che necessitano di terapia ARV di seconda linea è destinato ad aumentare. Il 2005 ha dunque segnato un cambiamento fondamentale e potenzialmente drammatico per l’accesso ai farmaci nei Paesi in Via di Sviluppo. Cosa sta succedendo ora in India? Sebbene l’India ed altri Paesi in Via di Sviluppo abbiano avuto il permesso di rimandare l’implementazione dell’accordo TRIPS fino al 2005, essi dovevano creare un sistema di “mailbox” (cassetta postale) per ricevere e registrare le domande di brevetto a partire dal 1995. Da allora ne sono state depositate circa 9.000. In accordo con il TRIPS, ora l’India sta aprendo la cassetta postale per vagliare queste domande in sospeso. Comunque la nuova legge approvata in India introduce alcuni elementi che, almeno nel breve periodo, mitigheranno in parte gli effetti negativi. Per esempio introduce la licenza automatica ovvero permette alle industrie indiane produttrici di generici di proseguire la produzione dei farmaci che già commercializzavano, anche se per essi nel frattempo sarà stato concesso un brevetto. L’impresa indiana, pur dovendo pagare un “ragionevole diritto d’autore” (royalty) al proprietario del brevetto, non potrà essere fermata nella produzione e nella vendita della versione generica del medicinale. E soprattutto è stata inserita la possibilità dell’opposizione preventiva: chiunque vi abbia interesse e sulla base di valide ragioni potrà opporsi alla concessione di un brevetto appena la richiesta viene presentata, senza dover attendere l’effettivo rilascio del brevetto. Lo scorso mese, l’ufficio brevetti indiano ha rifiutato il brevetto su un farmaco anti-cancro (Gleevec) della Novartis in quanto nuova formulazione di una sostanza già nota. Quali farmaci sono nella mailbox in attesa di essere esaminati? Tra i farmaci in attesa di essere esaminati ci sono molti antiretrovirali come il Combivir (AZT/3TC) della Glaxo la cui domanda di brevettabilità è stata depositata nel 1997, il Tenofovir della Gilead, la combinazione lopinavir/ritonavir (Kaletra) della Abbott, l’oseltamir (tamiflu) unico farmaco ad oggi riconosciuto efficace contro l’influenza aviaria. MSF sta supportando i gruppi locali nell’opposizione al rilascio del brevetto sul Combivir, farmaco essenziale nella lotta contro l’HIV/AIDS. I gruppi indiani che si oppongono al rilascio del brevetto argomentano che il Combivir (AZT/3TC) della Glaxo non è una nuova invenzione ma semplicemente la combinazione di due farmaci già esistenti. Inoltre affermano che il rilascio di questo tipo di brevetti rischia di incrementare i costi dei trattamenti antiretrovirali per molte persone affette da HIV/AIDS, rappresentando in tal modo un ulteriore aggravio dell’onere che i Paesi in Via di Sviluppo, già in estrema difficoltà, devono sostenere per curare i propri pazienti. Intanto, tre settimane fa, il paese ha concesso il suo primo brevetto ad un farmaco contro l’epatite C della Roche. Questo farmaco sarà disponibile solo come prodotto di marca a 5.000 dollari per paziente per un trattamento di 6 mesi, un costo che certamente è fuori dalla portata della popolazione dei Paesi in Via di Sviluppo. ■ voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro 22 Adeguamento dell’accordo trips 23 Nuova versione del Kaletra (ABBOTT) disponibile negli USA ...e il resto del mondo? (A cura di Silvia Mancini) N ell’ottobre del 2005 la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha approvato una nuova versione del farmaco della Abbott – una combinazione di lopinavir/ritonavir a dose fissa di seconda linea (LPV/r) - commercializzato col nome di Kaletra. Esso presenta dei vantaggi fondamentali per i pazienti dei paesi in via di sviluppo (Pvs): un numero inferiore di pillole (da sei a quattro pillole al giorno), stoccaggio senza refrigerazione e nessuna restrizione dietetica. Alcuni progetti di MSF hanno urgente bisogno di questo farmaco perché nessun altro inibitore della proteasi potenziato è pratico da usare nei climi torridi dei tanti paesi nei quali la refrigerazione non è facilmente reperibile. Il nuovo LPV/r è disponibile negli USA ma non nei Pvs e non è stato reso noto alcun prezzo o sistema di distribuzione differenziale in questi ultimi. Se questa nuova versione aggiornata di LPV/r fosse resa accessibile, anche sotto il profilo economico, potrebbe offrire importanti benefici a tutti i pazienti che vivono nei Pvs. Nel 2005, circa il sei per cento dei pazienti di MSF in cura da tre anni seguiva una terapia di seconda linea e all’interno di un programma di MSF con accesso al monitoraggio del carico virale, dopo quattro anni di trattamento, il 16% dei pazienti aveva bisogno di una nuova combinazione di farmaci. Questi dati sottolineano la forte e sempre maggiore necessità di accedere a farmaci di seconda linea più nuovi e adattati alle diverse esigenze dei Pvs. Nonostante ciò il nuovo LPV/r resta inaccessibile a MSF e alle altre organizzazioni operanti nei Pvs. Senza questo farmaco, non vi sono soluzioni pratiche per i pazienti che non possono più trarre giovamento dai precedenti farmaci di prima linea. Poiché la Abbot Laboratories è l’unica azienda produttrice del nuovo LPV/r e poiché non esistono versioni generiche riconosciute a livello internazionale, MSF e le altre organizzazioni dipendono dalla volontà dell’azienda per quanto riguarda la disponibilità ampia di questo farmaco estremamente necessario. MSF ha invitato pertanto la Abbott a: 1. registrare la nuova versione di LPV/r nei Pvs e sostituire la vecchia versione con la nuova, come ha già fatto negli USA; 2. fissare, per la nuova formulazione di LPV/r nei Pvs lo stesso prezzo o un prezzo inferiore rispetto alla precedente versione (500 dollari all’anno per paziente); 3. includere tra i paesi beneficiari anche i Paesi a reddito medio; 4. eliminare gli ostacoli legati al brevetto per la produzione di versioni generiche del nuovo LPV/r da utilizzare nei Pvs. ■ Ho lavorato in ambiente medico “ufficiale” per un certo numero di anni e ricordo che le valutazioni (e i pettegolezzi) espresse su colleghi e dirigenti durante le conversazioni private riguardavano in genere aspetti di moralità personale (“quello ruba”, “quelli sono amanti”) o di competenza professionale, perciò sono rimasto sorpreso, positivamente sorpreso, quando ho rilevato che nell’ufficio di MSF un elemento ricorrente di giudizio buona o scarsa “condotta” era proposto in questi termini: Quello è uno che studia.- - Non può funzionare, non studia!- Laddove “studiare” non significa solo sciropparsi il flusso continuo di comunicazioni tecniche che intasa le nostre caselle postali elettroniche, e che dall’ufficio a volte è filtrato e passato all’associativo lungo cinghie “L’identità di un individuo è la propria storia”. Una frase forte, soprattutto se pronunciata durante la mini-AG annuale di MSF in Ruanda. Stavamo introducendo i temi della conferenza de La Mancha, nel febbraio scorso, dodici anni dopo un genocidio giustificato con argomenti identitari che prescindevano dagli individui e dalla storia. Perché la storia è un processo dinamico, capace di ribaltare la dittatura logica di radici ed etnie. MSF ha una storia di 35 anni, che va conosciuta, anche per comprendere certe ipersensibilità, certi irrigidimenti, e per disfarsi di certe mistificazioni. MSF – La biographie, Fayard, Paris 2004. La giornalista Anne Vallaeys va a bussare a tutte le porte, va da Kuchner, Récamier, Malhuret, fino a Pécoul e Bradol, passando per Brauman e il primo gruppo che ha fondato MSF-Belgio, e attraverso le memorie (talvolta ferite) dei protagonisti ci porta in Biafra, in Thailandia, in Afganistan e in Etiopia. È un libro di storia contemporanea, di storia delle medicina, ed è avvincente, emozionante, equilibrato, non agiografico né propagandistico. di trasmissione ancora di natura “tecnica” (da un anno, per esempio, passo mensilmente a un gruppo di volontari “sanitari” i documenti aggiornati dell’Access Campaign, e altri “focal point” fanno la stessa cosa). Studiare è piuttosto un’operazione creativa che chiede una gran dose di fantasia e curiosità oltre che fatica, ed è un’attività “spaziale”, nel senso che spazia oltre la superficie definita della propria sfera di competenza tecnica; ognuno quindi è autorizzato a diffondersi su quanto più crede, ma evidentemente ci sono campi e temi meno affini all’universo umanitario che è il minimo comun denominatore di chi legge queste pagine, quindi meno immediatamente condivisibili (l’architettura dei giardini del settecento inglese, o la musica dodecafonica, o la religiostessa pista intervistando numerosi volontari internazionali partiti con MSF, e visitando i programmi in Angola e in Afghanistan ; ne conclude che è “l’unica organizzazione di ‘smargiassi’ di grande capacità tecnica che si esprime con pari impudenza e sofisticazione”. Ma tranquilli, oltre al momento celebrativo in questo libro c’è sostanza e testimonianza senza zucchero. Quando apparirà un giornalista italiano, serio e motivato, che vorrà raccontare questa storia vista dall’Italia ? mo non condividere le sue posizioni, ma impossibile non riconoscere la portata e la lucidità della sua vision), Rony Brauman, Penser dans l’urgence, Seuil, Paris 2006. Una lettura partigiana e passionale della storia di MSF intimamente mescolata per trent’anni a quella personale. È un libro ancora caldo di forno, a tratti sconcertante e provocatorio, come sono sempre le posizioni di MSF quando evitiamo di annacquarle nel brodino della facile approssimazione (il peccato mortale di chi non si Per gli anglofoni l’alterE a seguire l’immersione dà il tempo di studiare). nativa è il canadese Hope nel “politicamente scor- Un capitolo addirittura si intitola: MSF, una macin Hell, Firefly Books, retto” dell’attuale più 2004, in cui il giornalista eminente maitre à penser china antitotalitaria, e ne Dan Bortolotti, segue la de la maison MSF (possia- ha per tutti, per i governi ne delle popolazioni germaniche nel medioevo). Esistono però questioni che potrebbero risultare suggestive per tutti e spingere a riflettere e approfondire (fornendo argomenti intellettuali) a chi si sente parte di Medici Senza Frontiere. Questa “voce di dentro” ha l’obiettivo di stimolare la voglia di studiare su e intorno a MSF, per cui ci attendiamo da tutti suggerimenti motivati e indicazioni di piste di ricerca perché, quanto meno, ognuno possa rinforzare le fondamenta del proprio senso di appartenenza. Come “prima volta” propongo quattro testi, due per ora malauguratamente solo in francese (ma da lì veniamo…e almeno per uno c’è un’alternativa), uno in inglese e uno in italiano (ma disponibile anche in altre lingue, cercare su Amazon). ma pure per le ideologie “igieniste” e le pratiche di “medicina veterinaria” che fondano le strategie di salute pubblica delle ONG e dell’OMS. La critica dell’umanitario è più credibile quando viene da dentro e da chi non se n’è andato piagnucolando o sbattendo la porta. E per finire uno sguardo a tutto campo sul mondo e sulla storia, anzi sulla storia del mondo “degli ultimi tredicimila anni”: Armi acciaio e malattie, J. Diamond, Einaudi 1998. Me l’ha fatto conoscere un collega d’ufficio che probabilmente non leggerà questa rivista, ma lo ringrazio lo stesso. Alla nostra mini-AG ruandese sul lago Muhazi a febbra- io ci si chiedeva: l’umanitario è una prorogativa occidentale? Ed anche alcuni importanti interventi pubblicati su My sweet La Mancha (il testo che raccoglie i contributi individuali dell’associativo internazionale) aiutano a riflettere su questo interrogativo. Il libro di Diamond analizza le ragioni di questa supremazia economica e apparentemente culturale, demolendo su basi di conoscenza tutte le spiegazioni razziste. Porta il lettore attraverso l’archeologia, la linguistica e la genetica tenendo ben saldi i piedi sulla geografia. Propone interpretazioni affascinanti e seducenti, e nel mio caso convincenti. Buona lettura. voci dell’ufficio LVDD 1//2006 Le voci di dentro 24 voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro recensioni 25 MSF e i suoi acronimi indecifrabili… ma non solo Home made Lasagna Access Campaign. Campagna per l’Accesso ai Farmaci Essenziali. AG. Assemblea Generale. Bladder (letteralmente vescica). Trattasi di contenitore di acqua usato nei campi per permettere l’accesso all’acqua potabile alle popolazioni in stato di precarietà (come per esempio i rifugiati e gli sfollati). Può contenere da 1.500 a 30.000 litri di acqua. BP5. Biscotto iperproteico usato nei progetti di nutrizione. Cellula. Gruppo di persone che gestiscono i progetti dai “quartieri generali” – un responsabile della cellula, un coordinatore medico, un coordinatore logistico, un amministratore, un resp. delle risorse umane. Chantilly. Altro processo di riflessione, revisione a ammodernamento del movimento che ha dato luogo ad una carta di Chantilly, 1997. Contact. giornale interno della sezione belga. DG. Direttore Generale. IC. Consiglio Internazionale. Vi siedono i presidenti di tutte le 19 sezioni per sovrintendere all’adesione del movimento e The Italian Section of MSF will take a leap forward during 2006. We want this to be a leap of quality, innovation and creativity. The “Voci di Dentro” (the Voices from Inside – or the “screams from outside” as some would call it) wants to show a new face, not the old, perhaps out-of-date one, but one that is more dynamic. The novelty of this LVDD (don’t confuse it with local DVD’s, those home-made ones) is that it is varied. First of all it’s composed of many layers (of pasta…) but we’re not letting you into the secret. It is made of many sections and will be innovative when it can (the sauce changes…). After all, it’s a home-made journal. The previous formula fought to obtain articles and suggestions and this was strenuous and tiring. Having realized this we’ve now chosen to take it from inside the executive, thus trying to become quicker and to minimize our requests. But of course it also means that suggestions, stories, and letters are welcome from everybody. We’ve made special efforts with the graphics to make this three-monthly journal more attractive. In the field, various journals (Messages, Contact, and so on) are part of the daily life of our volunteers. Let’s say that we want to create a journal that is all ours, to read during lunchbreak in Rome or Milan or in an Information Point, or in the evening under a mosquito net, on a project, on a plane taking us to the capital, or in a latrine in South-Sudan. Actually, I can say that if we arrive at the latter result we can say that LVDD is a success. This special issue doesn’t talk about the General Assembly or about Italian politics. When you receive this copy the results will be known, one way or another. Here we’re dealing with operations, with recruitment, with office matters – the way things are going, about benevoles, and with many other things. I hope you enjoy this issue or that at least it will provoke discussions about one theme or another. delle sue strategie operazionali alla mission di MSF. ICRC – CICR. International Committe of the Red Cross, Comitato Internazionale della Croce Rossa. La Mancha. Nuovo processo di riflessione, revisione e rinnovamento del movimento internazionale di MSF. Messages. giornale interno della sezione francese. Mini-AG. Assemblee di terreno, si svolgono nei vari paesi di intervento di MSF e inviano mozioni e temi da discutere alle AG. MUAC. Middle Upper Arm Circonference. Screening veloce del grado di malnutrizione dei bambini fra i 5 mesi e i 5 anni attraverso la misurazione della circonferenza del braccio del bambino. OCB. Operational Centre Brussels, Centro Operazionale di Bruxelles. OCB. Board, Consiglio Direttivo dell’OCB, composto da un rappresentante eletto di ogni board per ciascuna delle sezioni partner dell’OCB, quindi Belgio, Danimarca, Hong Kong, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Svezia più eventuali membri cooptati. Paesi in Via di Sviluppo (PVS). Sono definiti paesi in via di sviluppo tutti quei paesi compresi nella parte I della lista stilata dall’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Si tratta di paesi con livelli di sviluppo molto bassi, suddivisi in 5 categorie, in base al livello medio di reddito pro capite: paesi meno sviluppati (meno di un dollaro al giorno); altri paesi a basso livello di reddito (inferiore a 745$ all’anno nel 2001); paesi a basso-medio reddito (tra 746$ e 2975 all’anno); paesi ad un livello di reddito pro capite annuo medio-alto (tra 2976 e 9205$ all’anno) paesi ad alto livello di reddito (più di 9206$ all’anno nel 2001). Tutti questi paesi, viste le loro gravi situazioni di sviluppo, beneficiano di aiuti pubblici allo sviluppo da parte dei paesi industrializzati. SGBV. Sexual Gender Based Violence, Violenza basata sul genere. Emmanuel Moncada Director of Communications editoriale LVDD 1//2006 Le voci di dentro 26 LVDD 0/2006 Le voci di dentro parla come mangi! 27 To all members of MSF Italy This year we meet in Frascati from 28 to 30 April for two important appointments: the Extraordinary Annual General Meeting, where we will discuss and vote the new Statute of our Association, and the Ordinary Annual General Meeting which brings us together every year. The task is certainly laborious, and we ask our Members to make a particular effort. The two assemblies in fact place on the Order of the Day three points for discussion and vote, all of which are of noteworthy significance: 2. the discussion on the La Mancha process that after the Luxembourg Conference is entering into the elaboration phase with important themes to attain some positions central to the vision and activities of MSF as a whole, and that asks the Italian AG (as it asks of all AG’s of national Sections of MSF) for approval of future steps in the La Mancha Agreement; We are therefore called to give a signal that we are a vital association, with fully integrated opinions and cultural origins, and with diverse motivations (and this is not a motive for division, but an enrichment). This issue of Voci di Dentro includes reflections by Nicoletta, Raffaella and Andrea who, together with Andrea, Kostas and Stefano made up our delegation in Luxembourg. We want to demonstrate that MSF Italy has all the qualities – human, cultural and organizational – to continue to make an important contribution to the movement in the coming years, since this is essential for humanitarian action in general and for MSF in particular. 3. the election of five Members of the Board (Consiglio Direttivo) that will have the task, together with other components of the Board, of accompanying 1. the Statute, that we and guiding MSF Italy in wish to render more coming years on its articulate and homoge- crucial processes – La neous, in order to better Mancha, the definitive define MSF Italy from a implementation of the juridical point of view OCB Board, and the final (this is in part formal articulation of MSF Italy and procedural, but as a Section with opera- We have gathered some ineligible; tional tasks and culture. guests around us who will make a valuable contribution: Anneli Eriksson, President of MSF Sweden; Marilyn McHarg, Director of Operations for MSF Switzerland; Rowan Gillies, President of the IC; Jean-Marie Kindermans, President of MSF Belgium; Greg McAnulty, President of MSF UK; Gorik Oooms, Director-General of OCB Brussels; and Christopher Stokes, Director of Operations of the OCB. These will be intense days. We ask you all to be there. We must be there! Will it be worth it? It’s always worth it – always. “We are realists, we ask the impossible” (France, May 1968) See you ! Stefano Vajtho President of MSF Italia far, its shadows and lights. With a critical view, I think it is plausible to say that the former outnumber the latter, despite some significant efforts that this board has been trying to make in order to overcome difficulties and misunderstandings left over from the previous years. Not an easy legacy, the price of which MSF Italy is still paying to some extent. One that is only just starting to fade away as an unpleasant memory of the past. The board of MSF Italy: the half empty glass (di Nicoletta Dentico Member of the board) O ne year has passed since the last renewal of the board, in April 2005, and time has come for an honest evaluation of the work carried out so far, its shadows and lights. With a critical view, I think it is plausible to say that the former outnumber the latter, despite some significant efforts that this board has been trying to make in order to overcome difficulties and misunderstandings left over from the previous years. Not an easy legacy, the price of which MSF Italy is still paying to some extent. One that is only just starting to fade away as an unpleasant memory of the past. The current board is the result of what was called at the time a “Bulgarian” election; in fact, the replacement of a healthy election process with a sad hit parade of five candidates for five positions. The negative sign then should have prompted energetic action vis a vis the association of MSF Italy throughout the year. As board members, we should have captured the urgent need for a strategic design to recruit new associates, or better involve and motivate the existing ones. It did not happen. The few anecdotal instances of encounter with the associate members of the section were not really inspired by a visionary drive, by the specific quest for more participation, and a more qualified role. Instead, the board practically went on for one year discussing managerial and administrative dossiers. Hardly any operational issues (in a mature and structured manner), despite the urge for a new operational culture stemming from the presence of the delocalised cell. We have not spent much time to frame our position in relation to the Access Campaign’s difficult phase, despite the huge role that this initiative has played in the positioning of MSF (in Italy, and elsewhere). One point should be clear: it is not my intention to underplay the relevance of topics such as the (highly controversial) salary grid, the reform of the statute, the new premise for MSF Italy, all extremely serious items that it is the duty of a board to tackle, discuss and decide upon. What I’m hinting at is the need for some content-focussed debates to balance the previ- ous ones. What I have been advocating for is the introduction of discussions – both operational and political – that may promote the culture of the organisation and its creativity, beyond comfortable orthodox thinking, so as to develop the capacity to provide a mature contribution within the movement and in the society where MSF operates. With self-criticism, and great disappointment, I must admit that I have personally not seen much of this at all. As a strategy setting entity, the board should see it as its primary role to encourage reflections, trigger off issues for discussions. The question is: are we the right people to do it? A result of this circumstance is that the MFS Italy board sessions have opened their doors again, finally (after years of closed-doors practise), but attendance to the board meetings remains episodic at best, with the exception of the sessions organised at the information points in the north of Italy. The consequence is – also, and more importantly – that many of the things that MSF Italy says/does not say in the movement’s international fora generally end up being the personal thinking of the individual representing the section rather than the outcome of a really prepared and collective dialogue among board members. Given that La Mancha has seriously underlined the increased role of the IC for a better governance of the future, and the concept of accountability as the pivotal principle to guide MSF actions and commitments, I reckon that it is high time we equipped ourselves with new tools to make both conditions possible, starting from home. The weakness of the board itself may be a crucial factor. It is true that boards have a le voci dal consilgio LVDD 1/2006 Le voci di dentro le voci dal consiglio LVDD 0/2006 Le voci di dentro 28 One year has passed since the last renewal of the board, in April 2005, and time has come for an honest evaluation of the work carried out so 29 somewhat constitutional difficulty in being strong and reliable, much as their concrete support be demanded by the executive. Competences vary. Knowledge of the MSF machinery differs. Time to devote to board membership may fluctuate to unthinkable degrees, in the face of the many issues that we are asked to respond to. I myself have suffered from progressive frustration in this respect. Having said that, we have seen throughout last year that people’s motivation for becoming a member of the board, and their sense of commitment to this mandate once they have been “elected”, can be different and sometimes very arguable. This is a question that needs addressing as a priority, because it leads to governance twists that are not really desirable. I think it fair to say that members’ lack of participation in the board activities has, in various ways, largely contributed to a certain feeling of isolation of the section’s leadership. At the same time, and almost inevitably, this situation has led to a somewhat distorted functioning of the board itself, largely based on a process of personal consultations of the president with a selected number of members, whose weight has de facto changed in the decision making process. However understandable, this shortcut has significantly reduced the open consultation, a true and accountable communication flow among board members, and the appropriation of Thoughts and words, back from La Mancha important dossiers, especially those discussed at the IC. I am quite convinced that such pathology does not affect MSF Italy alone, yet this is no excuse not to improve. We have a series of challenges ahead of us that, I am afraid, we have undervalued so far. We cannot afford such inertia for much longer. First and foremost, the mid-term strategy. The board should be very involved in the midterm strategic planning, together with the executive. It is one of its central tasks. The opportunity is unique to favour the ground of mutual appropriation and recognition, after years of division. For this process to function two ingredients are absolutely essential in my view: the quality of the information, and a determined attitude to share and communicate in a positive manner, beyond the temptation of power play. What is happening today? Where has the mid-term strategy gone? For all its shadows and contradictions, the meeting in Vitorchiano last November provided us all with relevant inputs. We should rapidly be using them to build a preliminary strategy, to refine later on, but I do not seem to see any movement in that direction. We often said that Vitorchiano needed further work, and a more focussed process, to meet its original goals. Where are we? Who is taking the responsibility? And the decision? Yet, there is a lot to strategise. While trapped in management, as board members we risk losing sight of the reality around us, and impoverish ourselves in the belief that we have the truth, the restless truth coming from doctors in the field, and others have nothing – or very little - to offer. While we endorse the proposal of 10% income growth in the coming years (in a concerted OCB policy), without even a perplexity on this multinational-like decision and its cultural consequences, we may be missing interesting opportunities to extend and innovate our actions of temoignage, coherently with our operations, in Italy and elsewhere. There is a lot of work ahead of us, to make the glass half full. Healthy self criticism may serve the purpose at this point in time. ■ W e went to La Mancha with good natured curiosity but without excessive expectations. The group from MSF Italy was comprised of Stefano Savi, Kostas Moschochoritis and Andrea Accardi (from the Executive), Andrea Minetti and Raffaella Ravinetto (Members) and Nicoletta Dentico (Member, and Board Member). The choice of group members was the result of a selection process agreed to by the President of the Board and the Director-General that included a mixed group of MSF Italy’s staff able to represent the Section’s varied personnel and express credible opinions on the themes of La Mancha’s Agenda. Some aspects of La Mancha were undoubtedly positive, first of all the fact that inside MSF it still exists the recognition of a strong necessity to find space and time to meet for a collective debate. If developed with intelligence, the double dimension of executive/associative permits, with all its contradictions, space which is fundamental to confrontation and growth, which favours a dynamic opening for contributions to all possible experiences represented in MSF. In addition to this, if MSF is necessarily an organization with a hierarchical vocation on the operational side, it is nevertheless encouraging to note that we have not lost the pleasure and the will to find meeting places in which at least formally, everyone – directors, presidents, expatriates, national staff, members, meet on an absolutely equal level. In the case in point we have to recognize a certain level of courage at having embarked on this adventure. And thank the whole team for this tough task which is not yet finished. Nevertheless, La Mancha was also a missed opportunity. The objectives at the base of this great assembly did not emerge in an obvious way, and not even the process that led to the elaboration and use of the documents that the participants had to work on for three whole days: I think to the numerous statements, all kinds of declarations that were often disparate and on which we were called upon to express our non-binding opinions, with the possibility for amendment. In this sense the document emanating after La Mancha, which the General Assembly has now to discuss, was inspired by the three-day discussions in Luxembourg, even if it is, obviously, not an exclusive product of the Assembly but an elaboration conducted at least in part by the International Council (the organ that gathers together the Presidents of all the Sections). The methodology chosen revealed itself to be quite unsuitable. Well before the start of the sessions the programme suggested the voci del consilgio e dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro le voci del consiglio LVDD 1/2006 Le voci di dentro 30 (by Nicoletta Dentico • Raffaella Ravinetto • Andrea Minetti) 31 idea of a smooth ride – light and fast – on too many topics, without any possibility to dive into the burning questions that arise each day, with sometimes lacerating effects, in the world of MSF. La Mancha did not give occasions for in-depth discussions on urgent and essential themes such as, for example, the HIV/AIDS Programme or the future of the Campaign on Access to Essential Medicines; humanitarian action versus political action, advocacy in favour of access to basic health care (that is so dear to the OCB), or the “weight” of the operational sections – OCB, the Paris Block, Amsterdam Group, etc. with respect to the international movement. The representatives of the groups that count, OCB and the Paris Block first of all, limited themselves to observing the debate, trying to expose their own legitimate, diverse positions the least possible. La Mancha was not even the place of sacred texts, so that the debate on the Chantilly Principles was relegated to a couple of hours in plenary at the end of the Conference, and was excluded on purpose from the final document. On the Chantilly Principles theme, regarding its possible reformulation, a small committee of three people had worked. They presented a draft set of slides at the last moment which was never distributed to the participants. La Mancha was mostly a rapid and peaceful exchange of ideas on what unites us and the least effort dedicated to what divides us. At La Mancha the MSF population declared itself clearly (perhaps for the first time) that it is diverse and varied inside the association and it recognized that this difference represents a richness. In effect, given the challenges we face in this World, one united operational response cannot be enough. History has taught us to live with our differences and contradictions, and on a positive note, to accept that MSF is composed of different groups with different philosophies and operational priorities. Nobody disputes this, and that’s not a small thing. But given current challenges there has to be coherence in diversity and from this necessity derives the urgent need to identify, the essential components of medicalhumanitarian action according to MSF. The novelty lies in the determination to regulate this situation with more force and to create mechanisms for the management of MSF’s complex machine. Therefore much was said on the three true items: governance, responsibility (accountability) and transparency. La Mancha was also the place where, for the first time, the recognition of a “mass discrimination” was recognized; a mass discrimina- tion of local staff. The majority of those excluded by MSF (around ten of them present out of a total of over 200 people!) spoke freely of their many difficulties, and the pernicious dynamics that mark their exclusion in the field. The confrontation served to signal the necessity to eliminate the discriminatory logic, at least in intent, and take on the task of working seriously in the coming years to modify significantly the embarrassing current situation, especially in the light of the future process of internationalization of the movement. But it has to be said that the debate stayed only on the surface and was guilty of a certain amount of demagogy: many words were said about the necessity to involve national staff in the associative life of MSF, (taking for granted that everyone must be interested and convinced!), while nothing concrete came up, for example, on the conditions of work and contractual guarantees. What have we learned more about MSF after La Mancha? And what are the possibly concrete proposals for MSF after La Mancha ? Notwithstanding the incorrigible self-referential attitude of MSF, some ideas emerged for the projection of the movement in the next ten years. It seems there was agreement that internal governance be redefined to rein- voci del consilgio e dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro voci del consilgio e dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro 32 “La Mancha è stata [...] un rapido e pacifico scambio d’idee su quasi tutto ciò che ci unisce e la ricerca del minimo comune consenso su tutto ciò che ci divide” force the role of the associative (through allocating increased responsibility to the International Council), and that of DG19, the organ that gathers the Directors-General of the 19 Sections. The IC needs a path such as that of La Mancha in order to legitimate its role of supervisor and guarantor for the actions of each Section. Let it be clear: it is not intended to influence choices or “dominant” positions, or to have a common voice, or to redesign the MSF universe with logic that does not follow that of existing groups in power; nor should it impose that Sections that are perhaps in a minor position renounce their own priorities. It means finding mechanisms to manage the differences, both those of the majority and of the minority. For this reason, a stronger IC was unanimously called for. A more competent IC. A more responsible IC.The final document that should be discussed and voted by the various AG’s is only the next step in the process: MSF is asked to give legitimacy to its representatives in the IC, and they in turn will work to reinforce and render more fluid and tangible their own “accountability” and responsibility, with respect to the respective general assemblies. For MSF Italy all this can be translated into the need to reinforce the associative through the involvement of all potential members that for various reasons are still not involved; the need to underline the responsibilities of the Board, bettering the mechanisms for accountability inside the Board itself as well as before the General Assembly, (the Board both as a group and as single components); the importance of reinforcing the involvement and responsibility of the Executive regarding the operationality of Cell 8 (for example, for an improved synergy with the communications of MSF Italy). Substantially different orientations clearly emerged between the large operational blocks regarding some fundamental themes which could determine the inclusion or exclusion of some groups in or of our programmes: the role of testimony and advocacy (where to place the frontier between medical and political actions?); operational objectives in stable contexts (do we limit ourselves to “our patients” or do we propose as an objective the research into “global solutions” that go beyond the confines of MSF’s programme?). For MSF Italy the time has come to translate all this into more depth in our contents as well as opportunities to be grasped, not only to define an Italian position, but above all to develop concrete competence to place at the service of our operations and our advocacy. The Operations and the Advocacy of an MSF capable of responding with courage to the needs of the present-day reality. ■ 33 Here we are again after a long period of silence from the “Voci di Dentro”. It returns with the addition of an English version that will permit MSF Italy to become more visible at international level, and therefore 1. Operationality and the OCB I’ve already written and updated you on this theme, but one fact is now certain – since January 2005, Cell 8 is established in Rome. The beginning was not easy; a mass of work was carried out in order to transfer these missions between Cells without creating pressure on the field. Within a short time our Cell visited all the missions to take on their programmes, and immediately worked on identification of new projects. At the end of 2005 all coordination teams in the field were renewed, bringing them a breath of fresh energy, and this led to identification of new projects, with the help of Cell 8. Other goals are on the horizon for Cell 8, and other possibilities for operationality are in the sights of MSF Italy. I hope to continue to dream that MSF will continue to grow in competence and quality, participating actively in debates concerning operationality at the international level so as to contribute to the growth and reflections on the future of MSF. To this end I also hope that the associate will participate actively through the OCB Board. Yes, this too is a novelty. Since January the OCB Board has become a reality. After a year of discussion, the sharing of its composition and the request to the General Assembly 2005 to choose the model that MSF Italy believes to be most suitable, all the Sections of the OCB are now aligned. The new OCB Board will meet twice a year. I hope that through this new platform the voice of the associative will make its ideas and reflections heard in a more affirmative way. It is now necessary to ensure that debates and operational contents are agreed in a more capillary way, to give members the possibility of participating more actively. At Executive level, collaboration with the OCB and all Sections that comprise it is going very well. Between the seven DirectorsGeneral a good climate of collaboration has been created and the major part of decisions are taken with general consensus (after some heated debates!). The year 2005 served to reinforce these ties but we can also improve them, and the first objective is to spread the “modus operandi” between Directors-General to all Departments ( Communications, Human Resources, etc). The year 2006 will be an interesting one from this point of view and will certainly be rich in new objectives. able to make its ideas and opinions known to a wider audience. Given the long silence I was asked to report on the past year, 2005. I don’t want to bore you with a long list of events, but I will identify those moments and facts that I believe were most important and that in 2. Reinforcement of Manag ement This is certainly less interesting than operationality, but it is just as important. I spent the best part of the first year trying to enter into the dynamics, strong points and also weaknesses in the organizational model that was in force upon my arrival. The DirectorGeneral was called upon to take decisions that frequently went into too much detail. Intervening in a multitude of problems and dossiers required the necessity to enter more deeply into the contents of the dossier itself, the need to study and prepare too many arguments and to this was added the increased workload determined by operationality, and the necessary presence of MSF Italy at strategic meetings at OCB level. You can understand from this that it was not possible to guarantee my presence in each aspect of my work. The necessity of dedicating the right attention to each Department, to better their coordination and also the need to bring on a series of dossiers important for MSF Italy, above all in the management of human resources, showed the necessity to create a different organizational structure that would respond to the real needs of MSF Italy. As a consequence new positions were created: Director of Communications, and Director of Human Resources. Two funda- mental roles which will give MSF Italy the instruments necessary for reinforcement. They will permit us to response to the need, as already stated, to give Departments the attention that they had lacked for too long, but also and above all to better their coordination and to ensure that different dossiers, fundamental to bettering the organization of our work, such as the ROI (internal rules), policy on salaries, training policy, and many other arguments, can finally find their place and become operative as soon as possible and contribute, I hope, to betting the quality of our work. These two new directive functions are today a reality. Recent, but a reality. I’m sure that given time the functions at this level will give important results. some way will have repercussions on the future of our Section. I have identified three, one internal, one international and the third in which 3. La Mancha The year 2005 prepared the ground for March 2006 and the Conference in Luxembourg known as “La Mancha”. The meeting was attended by representatives of all Sections, with staff coming from offices, from many missions (international and national staff) and other people from the MSF universe. The way began with interviews, passing on to written contributions from both volunteers and people outside MSF who were asked to participate, and concluded with the mini-AG’s held in the field as well as in our Section. All these efforts had the objective of giving to the International Council (IC) indications, instruments and texts that could help in the difficult task of elaborating a document that should give MSF its direction for the coming years, with precise reference to our medical actions, to the contexts in which MSF should be increasingly present, and to the organizational model, the management of responsibilities for operations and decisions linked to them. Thanks to contributions provided before the Conference and to the participation of over 200 people gathered together for indepth discussions (wherever possible, during the different debates), the IC prepared a first document. You have already received this both components are present: 1. Operationality and the OCB 2. The reinforcement of management 3. La Mancha (by Stefano Savi DG MSF Italia) and I hope that most of you have also read it. It is important that you read it carefully, giving it a lot of your attention, because at the forthcoming General Assembly we will all be called upon to express and vote our agreement on the structure and its content. At the General Assembly all Members will have the chance to give their opinions. That will be the moment when each of us can still contribute towards the direction in which we want to see MSF move in the future. ■ voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro 34 voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro Dear Members, 35 Roma 12.04.06 Peru. After five years of work in the Peruvian prison of Lurigancho Mèdecins Sans Frontières (MSF), with the publication of the booklet Lessons Learned: a multidisciplinary work experience in STI and HIV/AIDS in Lurigancho prison in Lima, Peru, started handing over the project on HIV/AIDS in one of the most populated prisons of Latin America. Lurigancho prison is located in Lima, Peru’s capital city, and nowadays more than 8,500 inmates live in a space designed for 1,500. The multidisciplinary approach of the joint work with Sexually Transmitted Diseases and HIV/AIDS control program in the prison has made it possible to improve the quality of medical care and treatment of people living with HIV/AIDS to train health professionals from other areas (such as psychology, social, educational), support vulnerable groups and in general show that it is possible to offer timely and adequate care for STI and integral medical attention to people affected by HIV/AIDS in contexts as complex as prisons. Our presence will continue, although limited technical support, throughout 2006 in order to assure an appropriate continuation of the activities. End of March a project proposal was approved regarding the implementation of the technical support to the INS (National Health Institute) to replicate/implement the alternative methodology (Dynabeads) to count CD4 in people leaving with HIV/AIDS in 5 provinces of Peru. Haiti. The 16th of February, former President Rene Preval was declared the winner of Haiti’s presidential elections, held on the 7/2/06. A press conference took place on the 19th of January in three cities (Port-au-Prince, Brussels, Rome). During the intersectional conference MSF called on all armed groups in the city to respect the safety of civilians and allow those wounded during clashes immediate access to emergency medical care. We also called for the safety of rescuers and humanitarian workers to be respected. Only in January 2006, the medical teams at Choscal treated 103 gunshot victims and 46 knifing victims. Since then the security situation has really improved, especially after the announcement of the victory of Preval. Ethiopia. The Somali region of Ethiopia is currently facing a serious drought situation that affects as well the north of Kenya and Somalia. The last rainy season (October to November) of 2005 has produced very few rainfalls much below the normal average. Consequences have been visible since November with a significant fall of market prices for cattle, water shortages, depletion of pastures, massive loss of cattle and migration of herds competing for scarce pastures inside Ethiopia but also from Kenya and Somalia. After a series of assessments it was decided during the project committee held the 27th of February to start an emergency nutritional intervention in Cherrati and Bare districts. Colombia. In Quibdo-Choco department, MSF reoriented the previous Primary Health Care project, to a Sexual & Reproductive Health (SRH) direction in November 2005, implementing a SRH package at 3 different levels of care: the community, the 1st level health structures and the 2nd level hospital. In the communities, MSF is working with an outreach team, mobile clinics, in 4 different barrios of Quibdo, with a high concentration of vulnerable people, lot’s of them are displaced. The mobile clinics are combined with a strong IEC (InformationEducation-Communication) component, informing the population of their rights regarding SRH and the SRH services available. MSF supports both hospitals, 1st and 2nd level, in offering a good quality EmOC care (Emergency Obstetric Care), including post abortion care and care for victims of Sexual Gender Based Violence. The actual programme providing access to all components of the SRH package at the different levels of care can not cope with the increasing demand for the SRH services offered at community level. To respond to this increasing demand, a second outreach team working in 2 urban barrios of Quibdó, where MSF is already active, and 2 rural areas, along the main entry axes east (Pereira) and south (Istmina) at maximum 1 hour distance by car from Quibdó, will be implemented. infuriano le violenze. Kostas Moschochoritis, coordinatore da Roma delle operazioni di MSF Belgio, spiega le ragioni di questa scelta mentre Marie-Noëlle Rodrigue, Programme Manager a New York per la sezione francese, spiega le ragioni del suo dissenso. MSF Operations Unlimited (Kostas Moschochoritis Head of Cell 8) T here has been a lot of talk about the different views on the operational approaches among the different MSF sections. It is true that these differences are real; sometimes slight ones and sometimes really profound. It is also true that there are differences even in the efficacy of the various operations. Instead of doing comparisons, in this article I would try to describe shortly, the operational typology of OCB, some achievements of last year and prospects for 2006. That was the typology of our operations at the end of 2005: ■ OCB was working in 38 countries of which four started in 2005. ■ New countries: Mauritania, Niger, GuineaBissau, Malaysia. Once the emergency phase was over the missions of Mauritania, Niger & Guinea-Bissau were closed. ■ Four countries have been closed over the past twelve months: Nicaragua, Iraq, Brazil and Serbia. ■ Major new projects launched: Cité Soleil Haiti, Mitwaba Congo, Pibor S. Sudan, Red Seas N. Sudan, AIDS Mumbai India, undocumented and migrants Kuala Lumpur Malaysia. ■ Emergency interventions: Aceh and southern India Tsunami response, Marburg Angola, Guradamole displaced Ethiopia, Grozny conflict Chechnya, Mumbai floods India, Bor nutrition South Sudan, Sahel group: Mali, North Zinder Niger, Nema and south-east Mauritania, N’djamena and Mao Chad. Vaccination campaigns: measles and meningitis Chad. Cholera: Nouakchott Mauritania, Conakry Guinea, Monrovia Liberia, GuineaBissau, Burkina Faso. There has also been a continuous emergency response in RDC through the Pool d’Urgence Congo ex: plague in Province Orientale. ■ Explos in new countries: Libya (migrants), Pakistan tribal areas south of Afghanistan (refugees), Lesotho (AIDS). There was a total of 148 projects: 36 assisting victims of conflict, 20 assisting victims in post-conflict settings, 55 projects tackle epidemics and endemics (including AIDS), 27 projects provide access to care to excluded populations in stable environments (mostly small projects), and 10 assistance to victims of natural catastrophes (included the nutrition interventions in stable settings). Sixty percent of projects were in Africa (and they represented typically over 70% of the funds). Gli ambiti di intervento oggi utilizzati per stabilire le priorità nell’assistenza e per classificare i progetti sono: I. Assistenza alle vittime di guerra I.1. Rifugiati e sfollati I.2. Emergenze nutrizionali I.3. Accesso ai servizi sanitari per tutta la popolazione nelle zone di guerra The fields of intervention that are now used to prioritise assistance and classify projects are: ■ I. Assistance for victims of Conflict I.1. Refugees and displaced persons voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro voci dalla terra LVDD 1/2006 Le voci di dentro 36 Contrariamente alla sezione francese, MSF Belgio ha deciso di avviare un progetto a Cité Soleil, quartiere di Port-au-Prince, dove 37 II. Assistance to vulnerable populations in post-conflict Contexts II.1. Access to basic health services for vulnerable populations IV. Access to Health Care for Excluded Populations IV.1. For migrants and asylum seekers in developed countries IV.2. For populations excluded from health care V. Assistance for victims of Natural Catastrophes The transversal actions, actions that are widely represented in the projects and on which we want to place an emphasis are: 1. Mental health 2. Campaign 3. Access to care 4. Women’s health behind this choice whilst MarieNoëlle Rodrigue, Programme Manager in New York for the French section, explains her disagreement. To be or not to be in Cité Soleil? I.2. Nutritional emergencies I.3. Access to health services for the general population in areas of conflict III. Epidemics and Endemics III.1. Epidemics III.2. AIDS, Malaria, Tuberculosis III.3. Neglected diseases where violence rages. The MSF Belgium operations’ coordinator in Rome, Kostas Moschochoritis, explains the reasons (Published in Messages March 2006) It has to be noticed that during 2005 we managed to regain operational flexibility in terms of increased response capacity both from an organisational and resource point of view to do more in conflict settings, develop surgical assistance in conflict settings, relaunch vaccination activities - outside of epidemics - where appropriate, strengthen medical data collection, and increase availability of SGBV care. However there are conflict settings to be reviewed for a possible intervention for new missions in countries where OCB is not present as a continuation of our intention to increase assistance to victims of conflict. The major interventions in the field of non-conflict emergencies have, of course, been in Aceh for the Tsunami survivors and the Sahel nutritional interventions. Another positive point has been the drive to change to free care within MSF; a lot of the positive change in the field was made. Today free care in our projects is nearly universal. In the field of AIDS, in December 2005, we had more than 21.000 patients under ARV treatment. For 2006 we intend to continue scaling up though at a slower rate than 2005, accelerate decentralisation within MSF projects and accelerated scaling-out to other care providers. Closing this article I think it’s worth mentioning that 2005 has been the first year that OCB operations were directly managed from Rome as well. As every beginning, even ours has been a difficult though promising one. In one year time, we all hope, that more positive steps will have been done and more debates opened... ■ Kostas Moschochoritis: ICRC and MSF France were cautious about our intention to have a permanent presence in Cité Soleil. Our analysis was different and since we began our operations ICRC has changed its analysis and reinforced its activities in the slum. In July 2005 when our team managed to visit Cité Soleil we saw an enclave where people live surrounded by MINUSTAH tanks, prey to the violence of local armed groups. There were no functioning health facilities, and even if there were, the population could not afford to pay the fees. In addition the population was faced with a warlike situation due to fighting between local armed groups and MINUSTAH, who were not, in our view, taking enough precautions to prevent civilian victims. Working in remote-control mode, like MSFFrance was doing in a safe zone hospital outside Cité Soleil was not the best solution for us. It was reinforcing the enclave-nature of Cité Soleil by sending a message that it was impossible to work with this abandoned population. By operating in a remote-control mode it was not possible to cover all the pop- ulation’s needs as not everybody was able to leave Cité Soleil. Lastly by being present in Cité Soleil gave us a stronger position to witness violence carried out by local armed groups and, most important, by MINUSTAH. We held discussions with all actors involved before entering Cité Soleil; we continue to be in daily contact with them in order to ensure appropriate understanding of the context, maintain our humanitarian space and guarantee the security of staff and patients. For example, it happened that kidnap victims were brought to the hospital by the kidnappers, for treatment. That was a major problem for us, but, in conjunction with the Haitian staff, we obtained the release of the victims. In Choscal Hospital, regardless of the fact that it is a public hospital we have imposed appropriate rules that, in general terms, are respected. Some incidents are impossible to avoid but so far they have not affected our credibility or, more importantly, our patients. Even if it was a purely MSF hospital we would have faced the same problems due to its location. The essence of our intervention is to assist those who are completely excluded from health care as closely as possible to where they are. The media coverage that our intervention achieved both in the local and the international media also helped our image. We never denied that by operating in Cité Soleil we were taking a risk, a risk that falls mainly on the shoulders of our team. Zero-risk operations do not exist in a situation like Port-au-Prince; however we do believe that these are risks worth taking. Until now, events have proved that our analysis is valid. We have been able to work consistently, we have been able to save lives, we have directly witnessed how it was to live in Cité Soleil during the conflict period. Today, Cité Soleil is calm, but we know very well that the situation can change quickly. Marie-Noëlle Rodrigue: In my opinion, a permanent and exclusive presence in SainteCatherine Hospital (nicknamed Choscal) in this neighbourhood of Port-au-Prince poses voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro 38 Contrary to the French section, MSF Belgium decided to initiate a programme in the Cite Soleil neighbourhood of Port-au-Prince 39 several problems. Setting up a project in a fixed structure right at the heart of a violent zone means unnecessary exposure to danger for both our patients and teams. We saw it for ourselves when bullets passed through one of the wards and the head of mission’s room. No one was hurt on that occasion. But if anything happens in the future, all the MSF projects in Port-au-Prince – in Cité Soleil and elsewhere – will be jeopardised. I also know from experience that we cannot offer quality surgical care on the front line, we can stabilise patients. We cannot start long and technical interventions, for example, when there is a risk that they will be interrupted by gun shots. We should not deceive ourselves on the impact of a permanent presence in Cité Soleil on the 300 000 inhabitants of the neighbourhood. View the context, I have strong doubts that people from all over Cité Soleil have free access to the hospital. The activity data in Choscal (12 000 consultations in 6 months) confirms that MSF Belgium does not cover the entire population of this slum. We are fooling ourselves when we think that Choscal hospital escapes all control. The issues and alliances at hand are beyond us, and we risk not being aware of them at all. The clashes between armed groups on one hand and the Minustah and the PNH (Haiti National Police) on the other must not obscure the bitter battles rag- Access to care for migrants: what future for Missione Italia? T ing within the different zones of the city. We are also fooling ourselves if we think that all the victims can access the hospital. Intervening in urban contexts is very complex, especially in a town as explosive as Portau-Prince. MSF is used to negotiating its working/humanitarian space with different actors. However, things become much more complex when are actions are limited to one town. Here, the geographic concentration of the different participants in the conflict complicates the perception of our work. It becomes extremely difficult to convince people of our independence when we fix ourselves in one place. In my opinion, these risks are ill-advised because other options exist. We have opened a trauma centre in Saint-Joseph hospital in the Turgeau area next to Cité Soleil. It is accessible and close to the zones most affected by the violence. As it central, victims of violence from all over the city can access it. The Haitian Red Cross refers patients here when security conditions allow, with the hospital receiving patients from all over the city, including Cité Soleil – even since the MSF B project in Choscal opened. We can practise specialised, quality surgery (orthopaedic, abdominal etc) in calm conditions in our structure. And even if we could and should improve our response to outbreaks of violence, we have a responsibility to avoid exposing our patients and teams to danger. I do not consider our teams as military personnel, mercenaries or missionaries. ■ he Italian law on migration, the BossiFini law, guarantees access to care for all foreigners, whether regulars or not. It is an extremely advanced set of rules, specially if compared to other EU countries where MSF has decided to open programs, i.e. in Sweden where the right to health care for undocumented migrants is not guaranteed, or it is, but only in limited cases (i.e. for emergencies). The Italian law on migration is particularly interesting regarding the issue of access to care for a country that has hundred of thousands of irregular migrants who present a challenge and a unique opportunity for Italy. during the last public call for the annual quotas we saw more than half a million requests for 170 thousand places. They are all living, working and getting sick in our country, as shown by the project of medical assistance for migrants employed as seasonal farm workers in the South of Italy and well-documented in the report “Fruits of hypocrisy”. Although the law should garantee this right the reality is different. The law is often not applied by the National Health System or it is but in a rough way. Missione Italia has been working since 2003 trying to build up sustainable models of “good practices” which will be able to continue after Missione Italias’ exit strategy. During these years MSF has signed memoranda of understanding with the National Health System at the local level, which permitted MSF to open dedicated clinics for undocumented migrants within the National Health System. The peculiarity of our intervention is on our 360° approach in the field. Therefore essential in the projects of Missione Italia is the outreach component carried out by social workers who work in the field to analyze and map the communities of migrants and to inform beneficiaries about MSF’s services. Actually migrants are often unaware of their rights or they fear approaching the National Health System as they have no documents. Legal advisors work in our projects together with them in and outside the clinics to offer legal assistance for migrants with problems related to the permit to stay. Article 35 of the Bossi-Fini law affirms that a foreigner affected by a serious disease has the right to have a permit to stay “for medical reasons” in case in his own country there’s no possibility to access treatment. The legal department of Missione Italia has been working to collect documentation regarding several cases of patients affected by a serious disease to carry on a lobbying activity in order that article 35 can pledge a permit to stay for those migrants affected by a serious pathology and therefore in need of therapy. With this action the aim is to overcome this Italian paradox for which on the one hand access to care is guaranteed on paper, but on the other hand the possibility to stay on Italian territory is not guaranteed. Thus the seriously sick foreigner has a chance to access a life-saving service, but at the same time he can be stopped by the police and repatriated. This prevents the patient continuing the therapy as he voci dal terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro 40 (by Alessandra Oglino) 41 will be repatriated to a country where the therapy is not available. After three years since the opening of the first clinic for undocumented migrants in Syracuse, Missione Italia has gained several positive experiences and also some negatives: the clinics in Syracuse, Ragusa and Rome have been handed over to the National Health System and the follow up shows that the ser- vice keeps working. Instead the project in Brescia, for various reasons, had a disappointing outcome. The challenge in 2006 will be to capitalize the work done so far in a document that aims to become the pillar of the Missione Italia’s vision regarding on the issue of access to care for foreigners in our country. 2006 starts as a crucial year and not only for Missione Italia. During recent years Missione Italia has touched all the crucial phases of migration working in the front line and in proximity with foreigners at boat landings on the Sicilian coast and on Lampedusa, in the fields of South of Italy with seasonal farm workers, and in the urban settings of various Italian regions where the presence of migrants is significant. It’s now the moment to collect in a document the history of this work to reflect on the sense of our action in Italia and to put black on white what the vision of MSF is regarding the issue of access to care for migrants in Italy. This document will necessarily become the basis for lobbying by MSFMissione Italia to determine real access to health care for migrants on an inclusive basis, with new tools that support medical integration, not only of our patients but also of those that we’ll never reach. ■ “You can talk at last, aren’t you happy?”. Many people have asked this question many times since I began working for MSF press office in Italy six months ago. Old friends and new colleagues asked this question, aware of my two years working with the ICRC, and especially of my last year and a half as Communication Delegate. Because it is renown, or so the story goes, that the ICRC does not talk, and MSF does. Although this affirmation requires a series of qualifications. MSF was born “to provide emergency medical assistance to populations in danger and to act as a witness and speak out, either in private or in public, about the plight of populations in danger for whom MSF works”, i.e. the famous témoignage. This distinguishes us, distinguishes MSF from an organisation like the ICRC, who also communicate, although in a different way. Where’s the difference? The ICRC mainly communicates to persuade those participating, directly or indirectly, in armed conflicts to abide to the rules of humanitarian law, i.e. those rules created to protect those who do not participate (civilians) or do not participate anymore (wounded or prisoners fighters) to the hostilities – in fact, the ICRC mandate is to provide protection and assistance to the victims of armed conflicts and to promote the diffusion and the respect of international humanitarian principles. This was, by the way, my job as a communication delegate in Burundi: my communication activities aimed for 90% at the interlocutors (political actors and arms carriers, whether military or not). The remaining 10% of my time was devoted to communicate externally, i.e. the media, whether local or international, and here the ICRC rule was clear: “the ICRC communicates what it does and not what it sees”. I could say that our delegates visited prisons, but I could not say what they saw inside those prisons – since authorities allow the ICRC to talk to prisoners without witnesses under the condition that its reports are shown to the relevant authorities alone. Or I could launch an appeal to all parties in a conflict for the respect of international humanitarian principles, but I could not accuse any party of violating such principles. This is done, confidentially, with the relevant authorities. When I began working at MSF, I told myself: “Now I can really kick asses around!”, because, although I did understand and approve of the reasons of the ICRC’s silence on certain issues, the idea of finally being able to scream out and finger pointing against governments, institutions and armed groups was very tempting indeed. But MSF does not scream out and finger points that much – and I can’t kick asses either! In fact, true as it is that MSF communicates externally much more than the ICRC, we are neither Amnesty International, whose aim is to denounce human rights violations, nor, luckily, Emergency, whose aim is... well, whose boss expresses his views on everything. To begin with, MSF only acts as a witness and speaks out of what, through its volunteers, see through its own eyes and hears through its own ears. And MSF communicates about the humanitarian situation of the populations it assists. And it does so aware of the risks and the opportunities. Because communicating is sometimes a risk: when, on 7 March 2005, on the eve of Woman’s Day, MSF decided to publish the report “The crushing burden of rape. Sexual violence in Darfur” about sexual violence against displaced people in Darfur, it was well aware of the risks it was running into. And in fact the government of Sudan arrested, two months later, the MSF head of mission in Sudan, accusing him and MSF of crimes against the state, publishing false reports, spying and undermining Sudanese society. Other times MSF chose, and will continue to choose, not to communicate, to avoid endangering its humanitarian action and to damage the population it’s assisting, or because other will be already communicating and it won’t be worthy to put into peril our humanitarian action or our security – as it has instead been done, with regard to our security, in Darfur, but there we were the only ones who could speak out about the dimensions of the rape phenomenon. “So, do you or don’t you talk now?”. Yes I do talk. And although I am not Candide, and I don’t believe that I live in the best world possible, nor that I work for the best humanitarian organization possible – although certainly one of the best existing – meaning that everything in MSF is perfectible, including its communication, I am satisfied with how and how much we talk. And, more important, I am satisfied and happy with how little do I talk and how much I make talk those who can do it with competence and knowledge, those who really see and deal with the humanitarian situations they speak out about, on the field: our volunteers. Andrea Pontiroli Press Office MSF Italy voci dell’ufficio LVDD 1//2006 Le voci di dentro voci del terreno LVDD 1/2006 Le voci di dentro 42 Humanitarian Co mmunication: from the International Committee of the Red Cross (ICRC) confidenti alité to the Médecins Sans Frontières (MSF) témoignage 43 The camp is travelling… (by Francesca Pispisa Responsabile delle Relazioni) T he camp is travelling, it went through a freezing cold when it was not expected and then rain and wind against any prediction. Getting to the North temperatures got milder, and this was unexpected too, but so warmly welcome! The experience in the field, for once not “that” field, but in the square, is passioning: there is Andrea experimenting a non-african administration, Giovanni who gets to 35 people in a row, there is Elisa who keeps bringing good humour only opening her mouth, Emaneuela and Nicole who count and then count again all material around, there is Marta on the phone running and running after something and Michele, smiling and eating anything that he can find, there are all of them, the volunteers of this special team, this team that is the Refugee Camp in the City. And there are the visitors. They fill in with emotions our volunteers when they open their eyes big wide in front of what they’ve never seen, never listnened, never thought. One of the most extraordinary moments was maybe with the Lega del Filo D’Oro, around twenty people, differently-able, in different ways, they toured, on a Napaolitan Sunday morning, our exhibition. Following Annalisa and Antonella they touched the objects, the bladder, the cholera beds, following with their fingers up to the middle hole, and they tried the BP5. Being able to transmit actions and stories to whom cannot see nor hear was a true experience, for the visitors and for the entire team. And there are students, so distracted at times, who get attentive and will note at the end that a smiling face on a pannel got into their skin, the face of a boy without a leg because of a landmine. And the kinden garden class accompanied by Antonella through the camp, a kid tries at the water distribution point to fill a tan and bring it to the village area. He succedes and Antonella tells him that yes, now his mom can count on him to help the family. And the other kids cannot be less than that, they all want to do it and one after the other you see them walking, with the heavy, precious liquid in one hand and a huge smile on their face. Antonella decides that everyone needs vaccination and then everyone has to try out the MUAC. The teachers, so warried up to the day before, take the children away with shining eyes. Visitors come, in groups or by themselves, medicine students in Pisa stay for hours, tracking Steo to know down to the last detail, how they will become a MSF volunteer. And there are the teens of the home-families in Bologna and the bycicle club and then a very old lady, who came with her doughter and her niece. She wants to do the tour absolutely, so Monica takes the three, finding a way to make the old lady sit at every stop. This team is fantastic, it enriches the speach at every tour, and the speach becomes rage, becomes story, becomes emotions. In these first five cities we had about 8000 people coming to visit the camp, each one of them has seen, has savoured, has red, and most of all has listened and asked and listened and asked again. From a first glimpse to the evaluation questionnaires to the question “do you think you will do something about the situation of refugees and IDPs in the world?”, the huge majority answered yes, I will speak about it, I will try to advocate, I will write, I will tell… if each of the 8000 will do this with at least 10 other people... ■ For whom the bell tolls? A picture of Italy field - March 2006 Ardizzoni Elisa MSF F Kenia Di Piazza Teo MSF CH RDC (Bunja) Pisani Nicola MSF E Colombia Arreghini Guido MSF B Liberia Dongiovanni Mery MSF H Colombia Pizzorni Roberto MSF IT Colombia Baioni Morena MSF CH Myanmar Egidi Ada Maristella MSF B RDC Polese Vincenzo MSF B Haiti Cell. 8 Bergamaschi Lidia MSF B Liberia Faga Elisabetta MSF B Etiopia Porta Ilaria MSF B Angola Bernabei Arianna MSF B Etiopia Figus Giorgio MSF H India Quarenghi Carlo MSF CH Myanmar Berneau Philippe MSF B Cambogia Floritta Martorana Sandro MSF G Nigeria Raddi Freya MSF B Etiopia Borzacchini Andrea MSF H Colombia Forgione Fabio MSF CH Sud Sudan Ricci Maurizio MSF CH Sud Sudan Bruno Maria Rosaria MSF B Ciad Frati Luca MSF H Uganda Rissone Giuseppe MSF F Ciad Busi Alessandro MSF B Sud Sudan Galeotti Massimo MSF CH Sud Sudan Rosa Paola MSF B Burundi Calistri Piergiorgio MSF B Haiti Cell. 8 Galli Mariangela MSF E RDC Rossi Gabriele MSF B Sierra Leone Calligaro Arianna MSF LUX Benin Gianfortuna Fabio MSF E Palestina Rusconi Angelo MSF B Angola Campanella Castrenze MSF E RDC Gramuglia Dario MSF H Costa d’Avorio Sarboraria Marco MSF E Rep. Centro Africana Caprioli Ernani MSF F Costa d’Avorio Lepora Chiara MSF F Liberia Schiavetti Benedetta MSF B Costa d’Avorio Castelli Roberta MSF B Angola Liccardo Maria Norina MSF LUX Mozambico Signori Mara MSF H Colombia Chiappatopi Dario MSF B Darfur Lugli Mariano MSF CH Liberia Staderini Duccio MSF LUX Ciad Chiari Barbara MSF B Burundi Maccagno Barbara MSF CH Mozambico Talarico Luca MSF B Angola Clerici Riccardo MSF B Angola Martello Leonardo MSF B Cambogia Testa Pierluigi Pool emergenza Svizzera Colona Silvia MSF H Haiti Mazzotta Marcello MSF B Angola Tito Caterina MSF H RDC Cremonini Laura MSF CH Liberia Meregalli Raffaella MSF H Colombia Vaccotti Maurizio MSF CH Darfur Crestani Rosa pool emergenza Bruxelles Milioti Roberto MSF CH Guinea Varisco Vittorio MSF H Angola Cristina Alberto MSF B Colombia Mollo Chiara MSF H Angola Verdecchia Maria MSF H Etiopia De Ascaniis Raffaele MSF B Haiti Montaldo Chiara MSF B Cina Villani Jacopo MSF B Etiopia Cell. 8 De Filippi Loris MSF B Haiti Nanni Ivana MSF B Etiopia Cell. 8 Vincenzi Alessandro MSF H Uganda De Tommasi Anglea Anna MSF B Congo Pagliarini Alessio MSF B Kenya Zannini Stefano MSF LUX Ciad De Vecchis Caio Mario MSF B Haiti Cell. 8 Pasquini Alvise MSF NY Nigeria Zuccotti Thea MSF B Sud Sudan Di Mattei Pietro Perlongo Claudia MSF E Uganda MSF CH Mozambico voci dell’ufficio LVDD 1//2006 Le voci di dentro voci dall’uffcio LVDD 1/2006 Le voci di dentro 44 45 in India e its applications (A cura di Silvia Mancini) T he enormous dimension of the AIDS epidemic has called attention to the fact that millions of persons in developing countries have no access to medicines essential for treating sickness or alleviating suffering. Each day almost eight thousand people die of AIDS in these countries. There are many motivations at the base of the lack of access to essential medicines: problems of logistic supply and warehousing, the bad quality of some medicines, non-appropriate choice of medicines, incorrect use, inadequate production, prohibitive prices and lack of financing for medical assistance. In most cases, however, the main barrier to access to essential therapies is due to the high price of medicines. Often the prohibitive price is the result of a strong protection of the intellectual property. MSF testifies to the negative effect that pharmaceutical copyrights have on the prices and access to medicines, in particular new medicines, and has documented the way in which copy- rights are applied in countries in which it works. It should come as no surprise that the protection of copyrights causes a rise in price of the medicines: copyrights create a monopoly and monopolies lead to an increase in price. As soon as the monopoly ceases, prices fall. Besides influencing prices, copyrights can also represent an obstacle for the development and availability of recommended formulas. One example is the problem of development and combination of a fixed dosage (e.g. the “three-in-one” pill for AIDS therapy) when the copyright of the single components are the property of different pharmaceutical companies. This fixed-dose combination, recommended by WHO, is now available from Indian producers. In India, in fact, until 2005 no copyright could be issued for pharmaceutical products and therefore there was no barrier to the formulation of these products. From 1 January 2005 the TRIPS Agreement on pharmaceutical copyrights became law also in India. Now all new pharmaceuticals are the subject of protection by copyright for at least 20 years in all countries, excluding those that belong to the list of about 50 “least developed countries” (that is to say the poorest among the poor, who must conform by 2016) and the few countries that do not adhere to WHO, such as Somalia, Palestine and Macedonia. The imposition of copyrights and monopolies keep prices high and the new medicines are not accessible to the greater part of the least developed countries or those which are in the developing phase. Successful anti-AIDS Programmes, such as those in Brazil and Thailand, are successful because the key pharmaceutical products were not protected by copyrights and could be produced locally at significantly inferior cost. The first choice for triple antiretroviral therapy (ARV)is available for only US$140 per patient per year. But the insurgence of resistance to first-line ARV is inevitable, in both rich and poor countries. When patients need to pass on to a second-line therapy, they find themselves, in absence of competition, with a therapy almost thirty times more costly than the most accessible first-line therapy. In Kenya, for example. MSF pays US$1.400 per year per patient for secondline treatment, while it pays only US$200 per patient for first-line treatment. That is a price multiplied seven times. In countries of medium-development the difference in price can be even greater. In Guatemala, secondline treatment costs US$6.500, 28 times more than a first-line regime. In South Africa, treating 58 patients with second-line regime in MSF’s programme costs as much as treating 550 patients with first-line medicines. Naturally, the high cost of second-line therapy for only a few patients can rapidly cause a collapse in the capacity to pay for a programme and/or health structure. And the number of patients that need second-line ARV treatment is destined to increase. The year 2005 therefore signaled a fundamental change with a potentially dramatic scenario for access to medicines in developing countries. register requests for copyrights starting from 1995. From that date about 9.000 have been deposited. In agreement with TRIPS, India is now opening its Mail Box to examine these suspended requests. However, the new law approved in India introduces some elements that, at least in the short term, will mitigate the negative aspects. For example, the introduction of the automatic licence permits Indian producers of generic medicines to carry on producing medicines that they already market, even though for these medicines a copyright will be conceded in the meantime. The Indian company, despite having to pay a “reasonable royalty” to the copyright’s owner, cannot be stopped in the production and sale of the generic version of the medicine. Above all the possibility of preventive opposition has been introduced: whoever is interested and has valid reasons can oppose the concession of a copyright as soon as the request is presented, without having to wait for the effective granting of such copyright. What is happening now in India? Since India and other developing countries had permission to delay the implementation of the TRIPS Agreement until 2005, they had to create a “Mail Box” system to receive and Last month, the Indian Copyright Office refused to grant a copyright to an anti-cancer drug (Gleevec) by Novartis, because it is a new formula of an already existing drug. Which medicines are in the mail box waiting to be examined? Among the medicines waiting to be examined are many antiretrovirals, such as Combivir (AZT/3TC) by Glaxo, for which the request for copyright was deposited in 1997; Tenofovir by Gilead, the combination lopinair/ritonavir (Kaletra) by Abbott, and oseltamir (tamiflu) the only medicine recognized today as efficient against avian ‘flu. MSF is supporting local groups who oppose the granting of copyright for Combivir, a medicine essential in the fight against HIV/AIDS. The Indian groups that oppose the granting of the copyright argue that Combivir (AZT/3TC) by Glaxo is not a new invention but simply the combination of two already-existing medicines. In addition they affirm that the granting of this type of copyright risks increasing the cost of antiretroviral treatment for many people affected with HIV/AIDS, causing in this way an additional burden that developing countries, already in extreme difficulty, would have to bear to cure their own patients. In the meantime, three weeks ago, the country conceded its first copyright for a medicine against Hepatitis-C, by Roche. This medicine will be available only as a brand-product at US$5.000 per patient, for a six-months treatment, a cost that is certainly out of the reach of the populations of developing countries. ■ voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro 46 Updating of the trips agreement 47 ABBOTT’s new and improved Kaletra: only in the US ...but what about the rest of the world? (A cura di Silvia Mancini) T he US Food and Drug Administration (FDA) approved an Abbott’s new version of the second-line fixed dose combination lopinavir/ritonavir – LPV/r, marketed as Kaletra that has critically important advantages for patients in developing countries: lower pill count [down from six to four per day], storage without refrigeration, and no dietary restrictions. Some MSF projects have an urgent need for this drug, as no other boosted protease inhibitors – the cornerstone of second-line therapy - are practical to use in the hot climates of many developing countries, where refrigeration is not readily available. New LPV/r is available in the US, but not in any developing countries and there is no publicized differential price or system of distribution for developing countries. If made accessible and affordable, the new and improved version of LPV/r could offer major benefits to patients across the developing world. MSF and others are dependent on the willingness of the company to make this urgently needed drug widely available. MSF therefore calls on Abbott to: In 2005, approximately six percent of MSF patients that had been on treatment for three years were on second-line drugs, and in one MSF program that has access to viral load monitoring, after four years of treatment, 16% of patients needed a new combination. These data underline the acute and growing need for access to newer, fieldadapted second-line drugs. But new LPV/r remains out of reach to MSF medical professionals and others working in developing countries. Without access to this drug, there is no practical solution for patients who no longer can benefit from older first-line drugs. Because Abbott Laboratories is the sole producer of the new LPV/r and no generic versions have been internationally validated, 1. register the new version of LPV/r in developing countries and replace the old version of LPV/r with the new one, as they have already done in the US; 2. set an affordable differential price for the new formulation of LPV/r in developing countries, at the same level or lower than the price for the previous version ($500 per year per patient); 3. include middle-income countries as beneficiaries of the differential price; and 4. eliminate patent barriers to production of generic versions of new LPV/r for use in developing countries. ■ I’ve worked in “official” medical circles for a certain number of years and I remember that every evaluation (and gossip) expressed about colleagues and directors during private conversations usually touched on personal morals (“he steals”; “they are lovers”) or on technical competence, so I was surprised, positively surprised, when I discovered that in the MSF office the recurring element for good or bad “conduct” was expressed in these terms:- “He/She studies” - “It won’t function, he/she doesn’t study!” . Where “study” doesn’t only dragging up the continuous flow of technical communications that choke up our electronic mail, and that from the office is sometimes filtered to the member of our association along technical lines of transmission (since last year, for exam- ple, once a month I pass to a group of “health” volunteers, updated documents about Access Campaign, and I think is the same for other “focal points”). Study is a rather creative operation that requires a great deal of fantasy and curiosity in addition to hard work, and it’s a spatial activity, in the sense that it moves beyond the space defined by its technical competence; everyone is therefore authorized to expand on whatever they want, but of course there are fields and themes farther from the humanitarian sphere that are the minimum common denominator of those who read these pages, and which are therefore less immediately shared (like the garden architecture in England in eighteenth century, the dodecaphonic music, or the religion of the medieval “The identity of an individual and his story”. A strong phrase, especially if spoken during the annual mini-AG in Rwanda. We were introducing the themes of the “La Mancha” Conference last February, twelve years after a genocide which was justified with issues of identity apart from the individuals and history. Because history is a dynamic process, able to overturn the logic of “roots” and “ethnicity”. Bortolotti follows the same path, interviewing numerous international volunteers on mission with MSF, and visiting programmes in Angola and Afghanistan. He concludes that it is “the only organization that can boast of a great technical capacity and that works with both impudence and sophistication”. But, hold it, apart from the celebrative moment in this book there is substance and testimony without sugar. Fayard, Paris 2004. The journalist Anne Vallaeys knocks on all doors. She goes to Kuchner, Récamier, Malhuret, to Pécoul and Bradol, passing through Brauman and the first group that founded MSF Belgium, and through the memories (sometimes wounds) of the protagonists she takes us to Biafra, to Thailand, to Afghanistan and to Ethiopia. It’s a book of contemporary history and of the history of medicine, and it is fascinating, moving, balanced, neither angiographic nor propagandistic. the current most eminent “maitre à penser de la maison MSF” (we may not agree with his positions, but it’s impossible not to recognize the breadth and lucidity of his vision), Rony Brauman. “Penser dans l’urgence”, Seuil, Paris 2006. A partisan and passionate reading of the story of MSF, mixed intimately for thirty years with his own personal life story. The book is still hot off the press, sometimes disconcerting and provoking, like MSF has a 35-year long MSF’s positions always are history, that should be When will a serious and when we avoid watering known, also to be able to motivated Italian journalist down the soup in easy understand certain hypercome forward, to tell the approximations (the mortal sensitivities, certain rigidi- The alternative for English- tale from an Italian point sin of those who do not ty, and to get rid of a cer- speaking is the Canadian of view? dedicate time for study). tain mystification. “Hope in Hell”, Firefly One chapter is actually Books, 2004, in which To follow the immersion in entitled “MSF, an anti-tota“MSF – La biographie”, the journalist Dan the “politically incorrect” of litarian machine” and he populations of Germany). However, matters exist that can be interesting to all and can push us to reflect and deepen our knowledge (giving intellectual arguments) to those who feel themselves to be part of MSF. This issue of “Voci di Dentro” is aimed at stimulating the wish to study around and about MSF, for which we await motivated suggestions from you all, as well as indications on research paths so that, at least, every one of you can reinforce the foundations of your own sense of belonging. To start with I propose four texts, two of which are unfortunately still only in French (but that’s where they came from…and at least for one there is an alternative); one in English and one in Italian (but available also in other languages – search on Amazon). has it in for all, for governments but also for “hygienist” ideologies and the practices of “veterinarian medicine” that formulate the WHO’s (and NGOs’) public health strategies. The criticism of humanitarian aid is more credible when it comes from within and from someone who didn’t go away whining or slamming the door. Rwandan mini-AG on Lake Muhazi in February we asked: Is humanitarian aid a Western prerogative? And also some important interventions published in “My Sweet La Mancha” (the text that gathers together the individual contributions of the international associative) help in reflecting on this question. Diamond’s book analyses the reasons for this econoLastly, a glance overall of mic supremacy, apparently the world and its story, or cultural, demolishing on rather of the history of the the basis of knowledge all world “from the last thirte- racial explanations. He en thousand years””: takes the reader through “Armi, acciaio e malat- archeology, linguistics and tie”, J. Diamond, Einaudi genetics, keeping his feet 1998. An office colleague on the ground on geograsuggested I read this book phy. It proposes fascina(he probably won’t read ting and seducing interprethis journal, but I thank tations, and in my case, him all the same). At our convincing. Happy reading! voci dell’ufficio LVDD 1//2006 Le voci di dentro 48 voci dell’ufficio LVDD 1/2006 Le voci di dentro book review 49 Ithaca When you set out on your journey to Ithaca, pray that the road is long, full of adventure, full of knowledge. The Lestrygonians and the Cyclops, the angry Poseidon — do not fear them: You will never find such as these on your path, if your thoughts remain lofty, if a fine emotion touches your spirit and your body. The Lestrygonians and the Cyclops, the fierce Poseidon you will never encounter, if you do not carry them within your soul, if your soul does not set them up before you. Pray that the road is long. That the summer mornings are many, when, with such pleasure, with such joy you will enter ports seen for the first time; stop at Phoenician markets, and purchase fine merchandise, mother-of-pearl and coral, amber and ebony, and sensual perfumes of all kinds, as many sensual perfumes as you can; visit many Egyptian cities, to learn and learn from scholars. Costantinos Kavafis Always keep Ithaca in your mind. To arrive there is your ultimate goal. But do not hurry the voyage at all. It is better to let it last for many years; and to anchor at the island when you are old, rich with all you have gained on the way, not expecting that Ithaca will offer you riches. Ithaca has given you the beautiful voyage. Without her you would have never set out on the road. She has nothing more to give you. And if you find her poor, Ithaca has not deceived you. Wise as you have become, with so much experience, you must already have understood what Ithacas mean. Itaca Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga fertile in avventure e in esperienze. I Lestrigoni e i Ciclopi o la furia di Nettuno non temere, non sarà questo il genere d’incontri se il pensiero resta alto e un sentimento fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo. In Ciclopi e Lestrigoni, no certo né nell’irato Nettuno incapperai se non li porti dentro se l’anima non te li mette contro. Devi augurarti che la strada sia lunga. Che i mattini d’estate siano tanti quando nei porti – finalmente, e con che gioia – toccherai terra tu per la prima volta: negli empori fenici indugia e acquista madreperle coralli ebano e ambre tutta merce fina, anche profumi penetranti d’ogni sorta, più profumi inebrianti che puoi, va in molte città egizie impara una quantità di cose dai dotti. Sempre devi avere in mente Itaca – raggiungerla sia il pensiero costante. Soprattutto, non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio metta piede sull’isola, tu, ricco dei tesori accumulati per strada senza aspettarti ricchezze da Itaca. editoriale LVDD 1//2006 Le voci di dentro sommario LVDD 0/2006 Le voci di dentro 50 51 Itaca ti ha dato il bel viaggio, senza di lei mai ti saresti messo in viaggio: che cos’altro ti aspetti? E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare. Costantinos Kavafis www.medicisenzafrontiere.it coordinamento redazionale: Gianfranco De Maio, Luis Encinas, Paola Ferrara, Manu Moncada, Stefano Savi capo redattore: Paola Ferrara redattori: Gianfranco De Maio, Nicoletta Dentico, Silvia Mancini, Andrea Minetti, Manu Moncada, Kostas Moschochoritis, Alessandra Oglino, Francesca Pispisa, Andrea Pontiroli, Raffaella Ravinetto, Stefano Savi, Stefano Vajtho progetto grafico: Giovanna Mathis tipografia: Venturini DMC - Roma