In copertina: Ginnasta, pennello su carta
cm. 15,8 x 13 - anni ’70
Dedicato alla Signora Maria Crupi
moglie e compagna impagabile
del Maestro
F.G.
Francesco Giacalone
Domenico Li Muli
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Di
(Capolavori nascosti)
Domenico Li Muli - Disegni ( Capolavori nascosti )
Proprietà letteraria riservata
c Copyright Francesco Giacalone 2007
c 2007 Edizioni E-book - Via delle Oreadi, 51
91100 Trapani
e-mail: [email protected]
Presentazione
Quest'album di disegni del M° Domenico Li
Muli giunge a quattro anni dalla sua scomparsa ed
ha la dichiarata intenzione di svelare un angolo
nascosto della sua nobile personalità artistica.
Chi non lo conosce come scultore? Basterebbe
una sola opera, la fontana del Tritone, per capire
di quanta popolarità ancora gode.
Noti anche i suoi quadri, ad olio o acrilici,
sebbene considerati inferiori alla scultura, oggi,
dopo la sua morte, rivalutati ampiamente.
Chi possiede una scultura o un quadro del M° sa
di possedere opere pregevoli e se le tiene da
conto.
I disegni, invece, non sono conosciuti. Sono
rimasti per molti anni chiusi dentro una grossa
cartella di cartone fino a quando il M° mi
concesse il privilegio di mostrarmeli. Una
autentica rivelazione, il terzo occhio che
l'Artista non aveva mai mostrato per una falsa
valutazione del suo ingegno: per lui non
rappresentavano altro che un esercizio della
propria mano perché concepiti come schizzi,
bozzetti di un'idea e non veri e propri disegni
completi, tranne qualcuno, lasciati lì a dormire e
forse un giorno destinati a scomparire.
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Alla fine degli anni '50 era stato mio insegnante
alle medie e al ginnasio, ma eravamo divenuti
amici molto più tardi dopo l'invito come ospite
alla prima puntata di un programma televisivo,
“Panorama antico”, su Video Sicilia in cui mi
occupavo degli aspetti meno noti della storia e
dell'arte a Trapani. Mi invitò ai suoi incontri
settimanali dei quali iniziai ad essere, da quel
lontano 1991, un assiduo frequentatore.
Dopo alcuni anni in uno di questi incontri affiorò
come argomento di discussione il bisogno o
meno degli scultori e, perché no dei pittori, di un
lavoro preparatorio alle opere. Mi indicò una
cartella: “Lì dentro” mi disse “sono conservati i
miei ultimi settant'anni di schizzi e disegni,
abbozzi… e non mi ricordo più che cosa”.
A colpo d'occhio mi resi subito conto d'aver
avuto l'opportunità di scoprire una raccolta
importante e mentre guardavo mi convincevo
sempre di più della qualità superiore nascosta in
quei semplici pezzi di carta. Possedevano un
quid in più di quanto potessero rivelare semplici
schizzi buttati giù in fretta, come affermava il
Maestro.
Risaltava la rapidità del tratto, la maggior parte
dei lavori erano stati chiaramente realizzati in
pochi minuti, ma il loro fascino stava proprio lì,
nell'immediatezza.
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Oltre trecento fra schizzi, disegni a matita, a
pennarello e penna, bozzetti preparatori;
semplici, monocromi, solo una parte recava
tracce di più colori.
Tenuti in disparte, ritenuti semplici lavori di
esercizio manuale, in realtà esprimevano quanto
di più bello fosse uscito dalla sua anima, dai
segreti della sua interiorità espressiva, grazie
alla spontaneità della loro esecuzione.
Solo alcuni mesi prima era accaduto un fatto
analogo, avevo scoperto le sue poesie anche
queste tenute più o meno segrete.
Aveva permesso solo al suo grande amico e
celebre poeta Nat Scammacca di pubblicarne tre
o quattro sulla terza pagina di Trapani Nuova.
Era piuttosto restio ad esibirle ma in seguito al
mio apprezzamento prese gusto a discuterne e si
lasciò convincere a metterle in stampa con la
presentazione di Scammacca e la prefazione
della felice penna di Franco di Marco.
Come allora le poesie, oggi presento ad un più
vasto pubblico questi disegni raccolti in un
album, perché sento il bisogno e la
responsabilità intellettuale di rendere nota la
limpidezza interiore di un grande Artista del
nostro tempo.
Volendo fare a posteriori una distinzione
schematica dei suoi disegni, bisogna così
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dividerli ed analizzarli:
A – Bozzetti preparatori a sculture poi realizzate
(la maggior parte di questi sono fra quelli di
proprietà della Provincia).
B – Nudi femminili, nella maggioranza, e
maschili, a pennello o a pennarello su carta,
monocromi, altri con leggera tinta acquarellata
ad unico colore; i disegni policromi sono una
minima percentuale.
C – Figure di eroi o di vita agreste a penna o a
pennarello, talvolta con tracce di colore; pochi e
indispensabili tratti che nella confusione
compositiva lasciano intravvedere il
movimento.
D – Paesaggi a matita, a china, a pennarello,
alcuni monocromi ma molti altri colorati con
poche varietà di colore.
E – Disegni astratti, pochi, che nascondono la
dichiarata intenzione di dimostrare la facilità di
accostare figure o particolari di oggetti e di
figure nascoste dal colore.
F – Rare sono le figure e i volti tratteggiati con
attenzione e cura, dove ritorna a galla il
professionista e il conoscitore delle proporzioni
e delle misure anatomiche.
A completamento del punto “E”, devo affrontare
il malcelato piacere del M° quando ci mostrava i
suoi disegni astratti, perché intimamente sentiva
che l'esercizio ludico nel confezionarli lo aveva
in parte tradito e la sua perizia estetica lo aveva
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spinto a comporre piccoli capolavori in un ramo
pittorico esecrato dalla sua stessa razionalità.
Tutti gli altri disegni testimoniano, da una parte,
la sua ottima conoscenza anatomica del corpo
umano, tanto che supera il pedante soffermarsi
sui minimi particolari, facendone
dichiaratamente a meno, e dall'altra parte,
sollecita la priorità artistica di rendere il tratto
plastico il più semplice possibile.
Discorrendo con lui, della facilità
nell'esecuzione di tali disegni,
dell'apprezzamento superficiale suo personale
come autore e ripensando che quando gli facevo
notare che mi sembravano capolavori e lui mi
rispondeva “piccole cose”, ho dovuto notare il
paradosso stilistico tra il prodotto finito e la sua
reale e conscia intenzione.
È stato facile rendermi conto che la volontarietà
tecnica del M° in quei disegni viene
accompagnata dalla inconsapevolezza della
realizzazione. Erano stilisticamente perfetti ma
lui non lo sapeva, anzi lo negava almeno finché
dopo lunga fatica lo convinsi del contrario.
Si trattava di una serie di opere, una specie di
graffiti preistorici disegnati per scopi diversi
dall'Arte ma che, inconsapevolmente dalla
concreta volontà dell'esecutore, per noi
rappresentano realizzazioni genuine dell'animo
artistico di un uomo.
Mentre il M° Li Muli gettava i suoi graffiti su dei
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semplici fogli di carta (la assoluta mancanza di
ricercatezza si può notare anche da questo
particolare e cioè l'assenza del cartoncino da
disegno), spesso carta riciclata ora recuperata da
vecchi spartiti di musica (disegni su carta
musica), ora utilizzata da un piccolo ricettario di
un parente medico (Cav. Dott. Pietro Vaccaro,
marito della sorella grande del Maestro,
Giuseppina) utilizzato per molti piccoli
paesaggi; ora vari altri scarti, non si rendeva
conto di creare.
In quei piccoli scarti di carta, invece, stava
lasciando autentici capolavori, molti dei quali,
rispettando la sua conscia fedeltà alla scultura,
sembrano sollevarsi dal foglio ed emergere:
dalle linee apparentemente incerte si
materializza la figura come fosse un
bassorilievo.
Nati con lo scopo di avere a disposizione idee,
forme e movimenti utili prima o poi alla
trasformazione in plastilina e in argilla, i disegni
lo trascinano in una nuova forma espressiva, a
creare opere complete e uniche e la sua fantasia
lo spingerà a continuare.
Molti ci sono rimasti ma purtroppo, per sua
stessa ammissione, molti altri sono stati gettati o
distrutti, in stragrande maggioranza quelli
preparati lì per lì per lo studio di un'opera di
scultura.
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Desidero riprendere l'appunto sui disegni
astratti. Il M° non amava l'astrattismo in tutte le
sue forme; più volte ebbe ad esprimere le sue
idee in merito, sia a voce sia in diversi articoli
sui giornali. Non considerava l'Astrattismo una
forma artistica, lo paragonava piuttosto a
manifestazioni decorative, come poteva essere
un bel tappeto o uno splendido spettacolo
pirotecnico. “Infatti” aggiungeva “noi diciamo
di un bel tappeto che è un'opera d'arte, se ci piace
molto, così come diciamo che è stato come
assistere ad un'opera d'arte se abbiamo visto
sbalorditivi giochi pirotecnici. Ma non sono
opere d'Arte, come è assurdo che lo sia un cesso
o un barattolo di cacca umana!”
Il perché ci abbia lasciato alcuni disegni astratti,
o dal vago sentore astratto, è stato già spiegato,
secondo le sue stesse affermazioni, e non faccio
altro che ripetermi se ribadisco “per gioco” e per
la reiterata volontà di dimostrare che chiunque
poteva essere definito un astrattista se gli
bastava intingere un pennello (quando si usano i
pennelli!) in un colore preso a caso e sporcare la
superficie bianca di una tela.
Lui, che al contrario, possedeva la capacità
innata di esprimersi con forma e colore, quando
si metteva a comporre artificiosamente, per
divertimento e per sarcasmo questi pochi e
piccoli disegni coloratissimi, si lasciava
prendere la mano dal suo insito senso
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dell'armonia. Non imbrattava ma dipingeva in
modo fantasioso, chiudendo entro figure
geometriche, scorci di oggetti reali o particolari
di una figura umana.
In pratica inventa un misto di corrente metafisica
e astratta e questi disegni bizzarri diventano ora
opere da conservare e collezionare. Tutti i suoi
disegni, indipendentemente dall'intenzione
dell'autore, possiedono la loro specifica
originalità stilistica.
Non è raro riscontrare nella storia umana casi in
cui il mestiere di un Autore cerchi di reprimerne
la genialità e si può verificare che questi abbia
espresso il meglio della sua produzione artistica
o letteraria nelle opere in vita considerate con
ostinazione minori. Chiedendo venia degli
accostamenti, cito il caso del sommo Petrarca,
che non dubitò mai di passare alla storia per le
sue opere in rima in Latino e invece l'Umanità gli
sarà eternamente grata per le rime in volgare del
Canzoniere.
Accadde per il Belli, un gentiluomo della corte
papale, che scrisse opere mediocri per la
maggior parte della sua vita, passato alla storia
per i suoi sonetti tenuti ben nascosti se non per
una stretta cerchia di amici; rime scritte, per
sollazzare la compagnia di nobili e cardinali.
Conan Doyle pensava di diventare famoso per i
suoi romanzi storici, oggi è noto solo come padre
di Sherloch Holmes.
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Il M° Li Muli verso gli ultimi anni della sua vita,
fra il 2000 e il 2001, cominciò a comprendere
che forse avevo ragione riguardo l'importanza
dei disegni e decise di affidarmeli.
“Se li prenda tutti e ne faccia quello che vuole”
mi disse.
La mia promessa fu quella di concordare
insieme la loro sistemazione e mi sembrò
opportuno, per prima cosa, che una buona parte
andasse presso un Ente e per gli altri disegni si
prevedesse una mostra per farli entrare nelle
collezioni di privati cittadini, in modo da
vitalizzare maggiormente la memoria
dell'Autore. La loro diffusione è il sistema
migliore per farne riconoscere il valore e farle
associare, con il tempo, alla parte più geniale di
Domenico Li Muli, non solo scultore.
La mia prima ipotesi si avverò subito. Quando
proposi alla Provincia l'acquisizione di una
parte dei disegni del M°, spiegando la loro
importanza artistica e intrinseca, ricevetti una
risposta entusiasta e immediata.
Ne misi al corrente il M° che mi guardò
sorpreso. Forse intimamente stava rivedendo la
testimonianza della sua produzione artistica e
come, in fondo, anche i disegni ne facessero
parte. Concordammo di scegliere fra i tanti i
bozzetti serviti alla preparazione di alcune
sculture e ne aggiungemmo molti altri fino ad
accumularne circa un centinaio.
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La Provincia organizzò una specifica mostra nel
2002 in occasione dei cent'anni del M°. Con un
magnifico gesto di lungimiranza intellettuale, il
Presidente della Provincia e la Giunta,
intestarono a nome del M° D. Li Muli la stessa
galleria d'Arte dove egli aveva esposto per
lunghi anni. Rarissimo esempio di omaggio ad
un artista ancora in vita.
Eccone la presentazione sull'opuscolo specifico
“Domenico Li Muli – cento anni di artista” di
Giulia Adamo, presidente della Provincia
Regionale di Trapani:
“L'8 luglio si festeggia il 100° compleanno
dell'artista trapanese Domenico Li Muli, illustre
concittadino della nostra provincia che l'ha
onorata profondendo il proprio appassionato
impegno artistico con intelligente e sapiente
esuberanza, in particolare nelle arti figurative
della scultura e del disegno.
Al prof. Li Muli sono riconoscenti la scuola
trapanese e le diverse generazioni che,
ininterrottamente dal 1938 fino al suo
“collocamento a riposo”, ha saputo educare
alla sensibilità verso l'arte con amore paterno,
insegnando disegno alla Scuola Media “Livio
Bassi” e storia dell'arte al Liceo Classico
“Ximenes” e al Liceo Scientifico “Fardella”.
Invero, verso di Lui nutrono sentimenti di
riconoscenza tutti i cittadini dell'intera
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provincia di Trapani i quali gli sono grati per
aver Egli contribuito a valorizzare e rendere
ancora più ricco il patrimonio artistico e
culturale del territorio trapanese con le sue
opere scultoree, tra le quali si distingue per
essere universalmente conosciuta, la “Fontana
del tritone” di Piazza Vittorio Emanuele II di
Trapani.
Vi è poi il sacro gruppo dei misteri “La
sollevazione della Croce”, recentemente
restaurata in un “laboratorio aperto” sistemato
nella Galleria d'arte di Palazzo Riccio di
Morana, sede di rappresentanza della
Presidenza della Provincia Regionale di
Trapani, che è stata meta di numerosi gruppi di
visitatori e di scolaresche che hanno potuto
scoprire ed apprezzare anche gli aspetti
strutturali dell'opera.
In ordine di tempo l'ultima opera, eseguita
dall'artista nel 1986, è il monumento bronzeo
alla signora Asta ed ai suoi due figli vittime
della strage mafiosa di Pizzolungo,
nell'attentato al magistrato Carlo Palermo; tale
opera rappresenta un forte messaggio per
l'educazione alla legalità attraverso la
denuncia della immane crudeltà delle
organizzazioni sia criminali che mafiose.
L'Amministrazione Provinciale di Trapani
vuole rendere onore all'illustre artista e
concittadino prof. Domenico Li Muli
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festeggiando le Sue “cento candeline” con
l'intitolazione della Galleria d'arte di Palazzo
Riccio di Morana e con la pubblicazione di
questo opuscolo”.
Egli era cosciente di passare alla storia della
nostra città per la sua attività di scultore
indiscutibile. Aveva piena ragione, tutti ci
invidiano e ammirano la nostra Fontana del
Tritone. Fosse solo per quest'unica opera di
sicuro conserverà un posto privilegiato nella
futura scribenda storia di Trapani.
Ma non basta. Dobbiamo conoscere e accettare
un altro monumento della sua coscienza di
artista, separato e parallelo alla scultura, ed è
quello che orgogliosamente considero la mia
scoperta: i suoi disegni. Mi auguro di contribuire
ad allargare i confini della sua fama con queste
opere, oltre la nostra città, la nostra provincia, la
nostra regione.
La seconda parte della mia promessa è questa:
far conoscere alla maggior parte possibile di
persone il valore dei suoi disegni attraverso
l'acquisizione privata, che è l'unico modo per
rendere popolare un artista. Così come molte
delle sue sculture sono nelle case di privati, dei
più abbienti di una volta e d'oggi, al contrario i
disegni potrebbero figurare nelle case di
chiunque.
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Negli
ultimi anni della sua vita ormai privo
dell'uso delle gambe, confortato dalle
periodiche visite di tanti amici, come
passatempo teneva una statuina in plastilina che
modificava di continuo e ogni tanto disegnava
qualcosa su fogli di carta da scrivere, per
spiegarmi come fossero sufficienti pochi tratti
per dare ad una raffigurazione il senso del
movimento, solo poche macchie disunite per
formare un volto, una figura.
Trascorse gli ultimi due anni della sua vita
presso la casa di cura Serraino Vulpitta. Fin dai
primi giorni di questo soggiorno mi adoperai per
rendere confortevole a lui e alla moglie la
nuova sistemazione che s'era resa
indispensabile per via delle afflizioni di
entrambi gli anziani coniugi. Mi misi in opera
quindi per trasportare nella loro stanza vari
oggetti di loro proprietà in modo tale da
rallegrarli con la presenza di alcune cose care,
un tavolino, delle sedie, oggetti vari, un frigo,
una piccola libreria molto cara al Professore e
diversi suoi libri d'arte e la cara antologia
italiana; alcune poche sculture e diversi quadri
ed anche alcuni disegni che m'ero apprestato ad
incorniciare, oltre a riempire il corridoio di
quell'ala dell'Istituto con moltissimi quadri di
foto delle sue opere utilizzate in una mostra
retrospettiva di alcuni anni prima.
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Fino all'ultimo istante della sua vita alle soglie
del centunesimo anno conservò (altro dono di
Dio) la sua mente lucida e chiara, capace di
spiegare un'opera d'arte di El Greco, di
Velasquez, pittori particolarmente amati, o di
discutere sull'assoluto, sull'infinitesimale
piccolo e grande.
Mi auguro di aggiungere un altro tassello al
talento e all'operosità di D. Li Muli magari per
renderlo ancora più celebre.
Sarà la mia una presunzione?
È stato grande come scultore, ma ci ha lasciato
un singolarissimo esempio di testimonianza:
l'Arte è capace di raggiungere livelli molto alti
anche utilizzando solo pochi tratti, poche linee,
se è la genialità a guidarne la mano. A volte, la
genialità inconscia.
Francesco Giacalone
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