Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Pubblicato da CSeRMEG – Centro Studi e Ricerche in Medicina Generale Monza, Novembre 2002 Redazione e coordinamento editoriale a cura di Maria Milano Sergio Bernabè Segreteria c/o Dr. Piercarlo Caimi Via S. Martino 2, 20052 - Monza (MI) tel. 333.5629238; fax: 039.325789 http://www.csermeg.it e-mail: [email protected] 2 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini CSeRMEG Centro Studi e Ricerche in Medicina Generale INFORMAZIONE ...vuol dire fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 3 Sommario Presentazione Contorni, collocazione e limiti dell’informazione: definizione del problema Calculemus Una questione di nobiltà con qualche pregiudizio Una teoria sull'informazione adatta alla scienza ed alla ragione Riflettere complica Un modello forse più utile Riflettere confonde Informazione ed esseri umani Una formazione globale I mass-media sono cattivi? I diversi sguardi del medico di medicina generale Conclusione Bibliografia utile ed utilizzata Letteratura e sondaggi Premessa Che cosa vogliono sapere i pazienti? Dove si rivolgono i pazienti per avere informazioni? Quali effetti ha l’informazione sui pazienti? Mass media Internet La relazione medico/paziente Conclusione Bibliografia Esperienze di comunicazioni scritte: i leaflets informativi per i pazienti I pazienti vogliono più informazioni I pazienti leggono le informazioni e cambiano i comportamenti Contenuti I medici lo sottoutilizzano Conclusioni Bibliografia Il paziente come fonte di informazioni per il medico Rappresentazione Parole impertinenti senza risposte apparenti Il sogno di Enrico Il pollice verde sui capelli d’argento C’era una volta il sintomo… Il paziente come fonte di informazioni per il medico Alla ricerca dell’autorevolezza perduta Bibliografia L’informazione sui farmaci L'informazione sui farmaci L'oggetto dell'informazione: il farmaco L'informazione veicolata come messaggio 7 9 9 9 10 11 11 11 12 14 14 14 15 15 17 17 18 18 19 19 20 21 22 22 23 23 24 24 25 25 26 29 29 29 34 35 37 40 49 53 55 59 59 60 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini I mezzi di diffusione delle informazioni Le riviste mediche L'informazione diretta al pubblico Le campagne di sensibilizzazione Finanziamento di organizzazioni di malati Gli ISF Promozione o informazione? Pubblicità e informazione: è un problema? Marketing ed etica medica: una convivenza difficile ma non impossibile Bibliografia Informazione, salute e mass media Contratto di partnership tra Medico e Paziente 1. Un percorso di avvicinamento: dal paternalismo alla cooperazione 2. Verità 3. Fiducia 4. Il Patient Physician Paper Partnership: una opportunità Bibliografia Informazione e consenso in Medicina Generale Le basi liberali del consenso informato Quale informazione? Informazione, consenso e scopi del medico e della medicina Il consenso revocabile “Con-sentire” del medico e del paziente nel processo assistenziale La medicina difensiva Il “prodotto” della medicina generale Bibliografia Un esempio in MG: l’informazione sul PSA nello screening dei tumori prostatici I molti consensi della Medicina Generale Due proposte concrete Gli screening L’autorevolezza delle informazioni al paziente Premio Edo Parma Congresso WONCA La medicina generale italiana ed il Congresso WONCA Europa ESGP/FM di Firenze 2006: progetti e proposte Programma del Congresso 6 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 62 62 64 64 65 67 71 75 75 76 79 81 81 88 90 93 95 99 100 100 102 104 105 106 108 112 113 117 121 121 122 125 127 127 131 Presentazione Che rapporto ha il medico di medicina generale con l’Informazione? Per il medico di medicina generale l’informazione rappresenta contemporaneamente molte cose diverse: innanzitutto è ciò di cui ha bisogno per mantenere un livello di conoscenze adeguato a garantire competenza professionale, l’informazione indispensabile professionale da ricercare; poi è uno strumento -da rivisitare e perfezionare- con il quale inevitabilmente si rapporta al paziente e anche, più in generale, all’insieme dei suoi assistiti. Ovviamente è anche il contenuto che il paziente gli sottopone, quello che contribuisce a definire le basi su cui poggia l’azione clinica, e da cui non può prescindere: non solo anamnesi, ma anche richiesta di valutazione, di un parere preciso su un’informazione avuta da altri che si sottopone al proprio medico non necessariamente per ottenere una prestazione, ma per ricavarne almeno strumenti di giudizio ed indicazioni di comportamento, il che avviene soprattutto nel campo della prevenzione. L’informazione è anche prerequisito per il consenso, sia nella pratica che nella ricerca, e il consenso informato ha visto in questi anni il prevalere dell’accento sul consenso anziché sull’informazione e la condivisione, con la conseguenza di spostarne il contenuto dal piano essenziale a quello burocratico, e con le conseguenze medico-legali che oggi si cominciano a percepire sempre più forti. Ma l’informazione è anche -e paradossalmente si potrebbe dire soprattutto- il più moderno ed insidioso ostacolo percepito nel rapporto col paziente, che ha ricevuto passivamente dai mass media messaggi riguardanti la salute e li riporta, filtrati ed alterati attraverso le sue capacità interpretative, al proprio medico. Spesso questi messaggi sono di cattiva qualità in sé, oppure sono concepiti per un pubblico “medio”, indifferenziato, mentre vengono principalmente recepiti da persone che hanno sull’argomento un interesse particolare, magari perché malate, e per le quali quindi un messaggio adatto “alla media” costituisce un’informazione fuorviante se non si hanno strumenti per inquadrarla correttamente. Altre volte l’informazione proveniente dai media pone al medico di medicina generale la necessità di stabilire un rapporto critico diretto con le fonti che l’hanno originata: non sempre e non tanto verso chi gestisce il veicolo di informazione (quotidiani, riviste, televisione, Internet), quanto verso la fonte da cui proviene (gli specialisti, le loro associazioni, persino le Aziende sanitarie o gli enti locali: emblematici i casi dello screening per l’epatite C o quello per il tumore della prostata in Lombardia, che ha costretto le Società di medicina generale a prendere una comune posizione critica di politica sanitaria). In questo campo si assiste da anni ad un’esplosione di lamentele da parte della medicina generale in cui si rischia di fare molta confusione -e vorremmo contribuire ad evitarlo- perché un conto sono le fonti e un conto sono i veicoli dell’informazione, un conto è la critica e un conto sarebbe la censura, un conto è avere i mezzi per esprimere le proprie posizioni e un altro conto è pensare che i medici siano gli unici autorizzati a farlo, e infine un conto è combattere la Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini propaganda camuffata da informazione e un altro conto è pensare che esista un’informazione “oggettiva”, “vera”, e che magari rischia di essere anche buona e giusta solo perché così il medico risolverebbe senza sforzi i suoi problemi di autorevolezza e prestigio, messo a repentaglio dalla molteplicità degli interlocutori con cui non si è capaci di confrontarsi. Questo ultimo punto richiama in definitiva l’idea che il medico di medicina generale viva con disagio la necessità di navigare nella società dell’informazione in cui è immerso assieme ai suoi pazienti: non avendo più un monopolio dell’informazione in ambito sanitario (come era quando non esisteva il profluvio di messaggi che c’è oggi, e lo studio medico era forse l’unica fonte di informazione per le persone) il medico di medicina generale è costretto a mettersi in gioco, e si gioca prestigio, credibilità, soprattutto fiducia. La fiducia è perciò l’altra chiave di lettura della informazione che vorremmo dare al nostro congresso: del resto è sempre stata la parola-chiave su cui si fonda il rapporto medico-paziente, un rapporto basato sulla fiducia, come è chiaramente stabilito anche nella nostra Convenzione, ma come è ovvio ed implicito che sia, laddove esista un rapporto professionale. I pazienti e le persone in generale hanno un grande bisogno di sapere se possono attribuire fiducia ad un’informazione. Chiunque riesca ad agganciare questo valore aggiunto al messaggio che invia, sarà creduto, e quella sarà l’informazione vincente nel mercato dell’informazione. È delicatissimo il modo con cui i medici di medicina generale si rapportano all’informazione, soprattutto a quella che viene loro riferita dai pazienti. Un atteggiamento di sfida è inutile, un atteggiamento di disprezzo è cattiva pratica, un atteggiamento paternalistico rischia addirittura di essere, soprattutto in questo campo, controproducente. Chiarezza di visione complessiva del problema, capacità di costruire modalità alternative, autonome e anche collettive di distribuzione delle informazioni, consapevolezza dei limiti intrinseci dell’informazione al paziente -l’informazione la definisce chi la riceve e non chi la dà- sono i cardini attorno a cui vorremmo far ruotare il Congresso. Non mancano spunti ed esperienze, in parte accumulate e tradizionali, in parte nuove su cui riflettere: dalle modalità di comunicazione basate sulla parola, ai leaflets informativi per i pazienti, dalla bacheca dello studio fino ad esperienze come l’utilizzo di Internet per distribuire informazioni agli assistiti, o come quella ultima di Q-channel. Lo scopo che ci proponiamo con questo Congresso è di riuscire in realtà a definire in che modo possa oggi la medicina generale accrescere la sua credibilità, conservando il proprio ruolo professionale e agganciandoci quel fondamentale valore aggiunto che è la fiducia del paziente. Il Comitato Scientifico V. Caimi, G. Danti, S. Bernabè, P. Longoni, G. Parisi, M. Tombesi 8 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Contorni, collocazione e limiti dell’informazione: definizione del problema Fabrizio Valcanover Via Abba, 14 - 38100 Trento e-mail [email protected] Tel 39 461 916484 Parlare di informazione in medicina vuol dire innanzitutto avere un’idea di cosa stiamo parlando, visto che questo termine non appartiene al bagaglio scientifico classico della medicina. Propongo un percorso attraverso i terreni dell'informazione che mi obbligano a sfiorare discipline che nel presente e nel passato hanno interagito con la medicina e che propongono spunti di riflessione diversi. Il percorso, ma anche tutte le relazioni del Congresso, partono dallo sguardo del medico di medicina generale, che ha proprie specificità e comunque è costretto a cogliere diversi punti di vista, sempre in interazione con un paziente singolare e irripetibile, a volte colto, buon consumatore di media, sempre più attento alla sua singolarità ed ai suoi diritti (giustamente), spesso individualista per scelta o per necessità. Calculemus Leibniz, filosofo e matematico tedesco (1646-1716), inventore di una calcolatrice che con un solo colpo di manovella eseguiva la moltiplicazione, diceva che di fronte ad un dubbio, a conflitti, discussioni, opinioni divergenti, bastava applicare il ragionamento logico formale (calculemus) per giungere ad una conclusione unica e non discutibile. In forma meno semplicistica noi medici siamo contigui a questo razionalismo radicale di fine seicento. Una questione di nobiltà con qualche pregiudizio Questa contiguità si coglie nel fatto che sin da Platone fino ai tempi nostri sia diffusa l'idea che la conoscenza astratta è più nobile di quella che guida il senso comune: "… l'intelligenza che dimostra un teorema sarebbe superiore a quella che riconosce una scena e che ci guida nelle azioni quotidiane.”(Longo 1998). “Tutti noi ci comportiamo in modo intelligente nel mondo pur non avendone una teoria: osservazione di una semplicità disarmante, che urta contro un pregiudizio molto radicato, secondo cui conoscere qualcosa o saper fare qualcosa equivarrebbe ad avere una teoria, cioè una descrizione analitica, rigorosa od esauriente, magari squadernata sotto forma di regole o algoritmi. Questo pregiudizio, di cui si può rintracciare l’origine in uno dei filoni principali della tradizione filosofica greca, è strettamente intrecciato con un altro, secondo il quale l’intelligenza che specula sulla metafisica o che dimostra un teorema matematico sarebbe superiore a quella che ci fa distinguere il volto di un amico da quello di un nemico o che ci fa attraversare una strada piena di traffico”. (Longo 1998) Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Non si tratta di scegliere tra razionalità e spiritualismo metafisico, ma di rendersi conto che, senza disconoscere le conquiste ottenute grazie al metodo scientifico, un eccessivo riduzionismo meccanicistico difficilmente può essere unico ed esaustivo quando vogliamo occuparci globalmente della salute del cittadino. Ancora di più se ci interroghiamo sull’informazione. Una teoria sull'informazione adatta alla scienza ed alla ragione Nell'ambito del filone nobile e superiore si è sviluppata la teoria dell'informazione di Claude Shannon (Shannon C.E. 1971) valente ingegnere e matematico che lavorava negli anni quaranta nei laboratori Bell. L'interesse di Shannon era rivolto soprattutto a trovare un sistema di comunicazione efficace degli impulsi trasmessi via radio, attraverso fili o attraverso la ionosfera. Pose l'attenzione sulla scelta dei messaggi, sul modo di trasmetterli ed offrirli al ricevente in maniera integra. Il modello proposto da Shannon può essere così esemplificato: Origine (codifica) -- Canale -- (decodifica) Destinazione. Dei messaggi vengono scelti da chi li offre all'interno di un repertorio, vengono codificati per renderli trasmissibili senza rovinare la loro integrità, vengono inviati attraverso un canale che deve corromperli il meno possibile, decodificati ed offerti ad un ricevente. Questo modello ebbe molta successo ed utilità nel campo dell'elettronica e delle telecomunicazioni e si concentrò sui metodi per misurare la quantità di informazioni che possono passare all’interno di un canale tra una sorgente ed una destinazione, sul sistema di “codifica” al fine di permettere una trasmissione efficace. Per Shannon l'informazione era una misura quantitativa che definiva l'efficacia dei sistemi di codificazione/decodificazione e dei canali. Questo modello fu anche ripreso da molti autori e ne fu proposto un utilizzo nel campo della comunicazione umana e dell'informazione. Attualmente molti esperti di comunicazione e mass-media, oltre che psicologi ad orientamento cognitivista utilizzano questo metodo in forma più articolata e sofisticata come riferimento principale a qualunque discorso sull’informazione e la comunicazione. I problemi di codifica e decodifica del messaggio, della pulizia del canale di comunicazione, della ricerca di un linguaggio (dizionario) condiviso dall’emittente e dal ricevente costituiscono continui argomenti di discussione e di approfondimento. Questo modello ha molto attratto la medicina scientifica attuale perché isola variabili analizzabili singolarmente e riproducibili e permette un approccio logico-razionale all’informazione ed alla comunicazione. Come afferma uno studente di medicina americano: Una cosa della medicina che apprezzo, è [che] esiste realmente un ideale di chiarezza... e di [presentazione logica]. La diagnosi ideale classifica tutti i fatti a favore, e tutti i fatti contrari, e le conclusioni che si traggono da questi [...] ricavate insieme in una sorta di riassunto di quello che pensi stia succedendo, e poi un piano di attacco. Voglio dire: qualcosa che dà molte soddisfazioni. Naturalmente il mondo reale non si presta così facilmente a questo, bisogna distorcerlo un po' perché si adatti a tale bel modello. (Good B.J. 1999) 10 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Riflettere complica Ma è utile per l'informazione in medicina questo modello che comunque deve “distorcere un po’ la realtà” per essere efficace? Sicuramente una sua utilità ce l’ha, perché l'informazione ha a che fare con codici e codifiche e questo esige rigore. Nel corso del Congresso CSeRMEG sull’informazione viene data un attenzione anche a questo aspetto. Ma esistono alcuni problemi se questo modello viene considerato esaustivo anche se è indubbia la valorizzazione del contesto presente negli approcci attuali. Si può osservare che: • questo modello è unidirezionale ed ipotizza una trasmissione da sorgente a ricevente ignorando come anche alcune leggi della fisica e della termodinamica hanno individuato il concetto di retroazione come modalità del ricevente di influenzare la sorgente; il tutto diventa più articolato se parliamo di esseri viventi e di homo sapiens in particolare; • viene ipotizzata una condivisione ed un accordo sui repertori che vengono codificati • l’analisi è effettuata solo a livello sintattico; vengono cioè esclusi i processi di costruzione del senso e del significato, attività specifiche degli esseri umani dotati di coscienza incarnata, di intenzionalità, di motivazioni e di emotività. Non è strano, quindi, che frequentemente qualora gli obiettivi di cambiamento prospettati dalle strategie informative non abbiano successo si manifesti una deriva moralistica (irrazionale) che solitamente incolpa il soggetto di “pigrizia” “cattiva volontà”, ecc. Un modello forse più utile Un approccio meno semplicistico di quello meccanico è quello proposto da Enrico Coiera (docente alla School of Computer Scienze and Engineering alla Università of New South Wales di Sydney), che propone una distinzione tra dati ed informazioni utilizzata in campo economico organizzativo ed anche in informatica. - Dati: i fatti - Informazione: dati che assumono significato in un contesto - Conoscenza: relazioni generali tra diversi tipi di dato Dati, Informazioni e Conoscenza sono visti in ordine gerarchico di significato: “ciascuno dei livelli si basa su quello inferiore in modo che il significato aumenta risalendo la gerarchia … […] Utilizzando una conoscenza, in un determinato contesto, i dati vengono interpretati per produrre informazione” (Coiera E. 2000) Anche questo punto di vista però non coglie, non valorizza sufficientemente le complesse ed articolate operazioni che compie il ricevente se questo è un essere umano. Riflettere confonde Se parliamo di informazione possiamo (con Longo 1998) distinguere diversi livelli, non strutturati gerarchicamente ma indispensabili per l’emergere dell’informazione: 1. Livello sintattico (messaggio riconosciuto diverso da altri possibili) 2. Livello semantico (il messaggio viene confrontato con altri precedenti e con il contesto per ricavarne il significato) XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 11 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini 3. Livello pragmatico (il messaggio ricevuto ed interpretato viene utilizzato per conseguire i propri fini). Questo livello è collegato strettamente con l’azione. Inoltre - il destinatario rileva differenze in base ad un interesse legato ad obiettivi pragmatici; - gli interlocutori si alternano (possono) nel ruolo sorgente-destinatario; l’alternanza non è definibile a priori; - il dizionario esiste a priori in minima parte e viene arricchito durante la conversazione (aspetto generativo, costruttivo dell’informazione); - non é possibile fornire a priori una statistica dei messaggi elementari o composti; - e’ importante l’ambiente (contesto informazionale) che determina la natura dei messaggi (gioco, comando, finzione, narrazione); Per allargare il nostro orizzonte, di seguito alcune definizioni che riprendono in parte alcune già analizzate e ne propongono altre. • I dati rappresentano una (la) realtà, sono esatti, oggettivi. Le informazioni, sono legate all'utilizzatore (utilizzatori), sono prodotte dall'interazione tra dati ed utilizzatore/i. Possono accrescere la conoscenza, influenzare comportamenti e decisioni. (Battaglia G. 1996) • Le biblioteche non sono l’equivalente della conoscenza scientifica, la conoscenza è nella testa di chi fa scienza e di chi legge i libri. […] L’informazione è il modo in cui si cambia dopo il coinvolgimento con […] qualcuno. (Von Foerster H. 1987) • L’informazione che conta è quella emergente dalle stesse attività cognitive (Morelli U 1999) • Informazione: qualunque differenza che generi differenza… Emmanuel Kant […] già nel Settecento aveva capito che in un pezzetto di gesso vi sono milioni di fatti (Tatsachen), ma pochissimi di essi diventavano attuali: quasi tutti non producono differenza. […] tra le infinite differenze immanenti in questo gessetto pochissime diventano informazioni .. questo gessetto è a Londra e differisce da un altro gessetto che è a New York. Ma questa non è una differenza efficace, che produce una differenza. Non entra in un sistema di elaborazione dell’informazione. (Bateson G 1984) • […] ogni comunicazione ha bisogno di un contesto, […] senza contesto non c’è significato. (Bateson G 1997) • In contrasto con ciò che si verifica nei calcolatori, le configurazioni di risposta del sistema nervoso dipendono dalla storia individuale di ogni sistema, perché è soltanto attraverso le interazioni con il mondo che si selezionano le configurazioni di risposta convenienti (Edelman GM 1993) Informazione ed esseri umani Abbiamo concentrato l'attenzione sul ricevente e, quindi, nello specifico del nostro interesse, sul paziente. Parlando di informazione dobbiamo allargare la nostra indagine, quindi, alle caratteristiche biologiche dell'essere umano ed interrogarci sui meccanismi di apprendimento, sulla memoria, sulla coscienza. Con l'avvento dell'informatica e degli studi sulla cosiddetta Intelligenza Artificiale, il dibattito su questi argomenti è diventato sempre più serrato negli ultimi anni. Uno dei punti fondamentali riguarda quello se esistano delle categorie a-storiche, a-temporali, a priori del corpo dell'uomo e dell'universo materiale in generale. 12 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Ovvero, tornando all'informazione, l'informazione esiste a prescindere dai sistemi viventi? Esistono delle categorie logiche a prescindere degli esseri viventi? Come dicono Edelman e Tononi (2000): che cosa è venuta prima, la biologia o la logica? Alla base del cosiddetto filone funzionalista dell’Intelligenza Artificiale stava il presupposto che manipolando in modo efficace e sofisticato tramite algoritmi dei simboli era possibile riprodurre un’attività mentale. Sarebbe quindi possibile una conoscenza dove il significato è separato ed indipendente da ogni contesto e da ogni supporto materiale. Quindi alla domanda "… il termine informazione può essere usato per descrivere uno stato della natura in assenza totale di un osservatore umano[?]. Informazione può essere un termine esclusivamente oggettivo ?", il funzionalismo rispondeva di sì. Un altro punto di vista, che negli ultimi anni diventa sempre più forte in virtù delle ricerche combinate di neurolinguisti, neuroscienziati, paleontologi e biologi, è che l'informazione, ma anche le attività mentali dell'uomo e fra essi la memoria e la coscienza, non possono esistere senza un supporto materiale. Anzi il supporto materiale, nel nostro caso il corpo biologico, che percepisce, che si evolve mediante la selezione e l'adattamento è indispensabile. Ma allora il supporto dell’essere vivente è diverso da quello della materia non vivente e quello dell’uomo a sua volta diverso da quello di altri esseri viventi. “Se invece l'informazione è definita in modo da richiedere un processo storico, che coinvolge la memoria oppure uno stato ereditabile, allora l'informazione non può che essere nata insieme con la vita" (Edelman Tononi 2000) Entriamo quindi in una dimensione interattiva dove l'informazione, attingendo da dati "oggettivi" è qualcosa che viene costruito all'interno di una relazione tra persone, persone e contesto, persone e storia evolutiva biologica. La capacità di distinguere in un grande repertorio di possibilità costituisce informazione, nel senso puntuale di << riduzione di incertezza>> (Shannon CE 1971). Tuttavia la discriminazione cosciente rappresenta anche informazione che crea differenza. Cioè la presenza di uno stato di coscienza può avere esiti differenti, di pensiero e di azione, dagli esiti che potrebbero derivare da altri stati di coscienza. (Edelman Tononi 2000). Ancora: "Letteralmente i possibili stati di coscienza sono miliardi. Le capacità di distinguerli tutti costituisce informazione, vale a dire riduzione dell’incertezza tra numerose alternative” … “al cuore della teoria dell’informazione … sta l’idea sensata di un osservatore esterno intelligente, che codifica messaggi usando un alfabeto di simboli. Tuttavia le cosiddette concezioni ad elaborazioni sul cervello hanno subito severe critiche. Esse ipotizzano di regola l’esistenza nel mondo di informazione definita a priori (sollevando la domanda che cosa è l’informazione?) e spesso presumendo l’esistenza di precisi codici neurali di cui non esistono prove. (I fondamenti statistici possono comunque essere utilizzate per caratterizzare le proprietà oggettive di qualunque sistema)” Quanto accennato fino ad ora ha alcune conseguenze forti: - informazione vuole dire discriminare ma anche creare una differenza che generi differenza - l'informazione ha aspetti oggettivi (dati), ma è soprattutto una costruzione data dalle relazioni tra gli esseri umani e di questi con il contesto XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 13 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini - - gli esseri umani creano informazione dando significati legati ai loro desideri alle azioni che vogliono intraprendere la dimensione di relazione è quindi rilevante quando si parla di informazioni informare vuole dire quindi anche entrare in relazione con il paziente, accettando e negoziando anche il suo punto di vista di essere biologico e di cittadino con diritti costituzionalmente riconosciuti esiste un problema della soggettività (della singolarità biologica – Di Paola F. 1998) e quindi del percorso individuale della persona che costruisce senso, significato, motivazioni che lo guidano nell’azione e nel prendere decisioni. la manipolazione può esistere in una dimensione complessa all'interno di un legame affettivo. Una formazione globale Ma torniamo alla medicina e alla formazione dei medici. Abbiamo visto che la dimensione informativa è complessa quando parliamo di sistemi biologici e ancor più di esseri umani sia perché il processo di formazione del medico è un processo storico immerso nell'informazione, sia perché possiamo ragionevolmente supporre che nella sua opera di informazione (ed anche educazione, diagnosi e cura del paziente) il professionista, suo malgrado, porti se stesso nella sua globalità, quindi anche la sua formazione emotiva, i suoi valori, i suoi significati e il suo senso di ruolo professionale. L'esempio, forse un po' provocatorio, vuole essere semplicemente uno stimolo alla riflessione. Una studentessa al secondo anno di medicina ad Harvard descrive come percepisce i cambiamenti indotti dal tipo di studio che sta facendo Medicina: è un campo del sapere molto particolare; una esperienza emotiva estrema: manipoliamo cadaveri, esaminiamo in laboratorio le feci - anche le nostre -, visitiamo gli ospedali psichiatrici dove ci "recludono" con pazienti urlanti. Sono esperienze totali, come lo può essere qualcosa di esoterico o magari un campo di addestramento dei marines. [...] non è solo il proseguimento delle scuole superiori. È vero, anche la scuola superiore è stata una esperienza totale, ma la si viveva con minor coinvolgimento pur imparando cose nuove. Qui invece dobbiamo interagire con l'informazione: quando dissezioni un cervello devi interagire con queste cose, e con i tuoi sentimenti. Devi prestare attenzione a ciò che stai facendo. Ho come la sensazione che la mia mente si trasformi ogni giorno che passa, e che si plasmi in un modo particolare, molto particolare. (Da Good B.J. 1999) I mass-media sono cattivi? A questo punto si possono avere sufficienti elementi per valutare il ruolo dei mass-media nell’informazione sulla salute, rivalutando, al di là degli ovvi problemi di interessi economici (ad es. necessità di vendere per legittimare la propria esistenza) quanto la ricerca di senso e significato da parte dei cittadini influenzi la proposta dei mass media. I diversi sguardi del medico di medicina generale Questa comunicazione si muove dal pregiudizio che l’homo sapiens è un essere biologico mirabile, frutto di un processo storico irripetibile, attraverso 14 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini processi selettivi adattativi in interazione con l'ambiente anche sociale che hanno prodotto coscienza, pensiero, qualità artistiche e pensiero logico (Gould J. 1990; Edelmann GM, Tononi D 2000). Da questo punto di vista l’informazione è un prodotto dell’evoluzione biologica, radicalmente “incarnato” nel corpo umano: questo punto di vista è congeniale al medico di medicina generale ed influenza non solo la sua prassi ma anche la sua ottica nella ricerca scientifica. I lavori di questo Congresso spaziano nei diversi significati del termine informazione: li accomuna la necessità di una prassi fondata scientificamente, dove i dati sono importanti e devono essere di buona qualità, ma dove il senso ed il significato sono indispensabili. Nelle relazioni, quindi, si parlerà di dati e qualità di dati, di strumenti di informazione e di mass media, ma anche di relazione, di comunicazione, di conflitto e negoziazione ed anche di diritto e consenso informato, a testimonianza che accettare una definizione complessa ed articolata di informazione porta ad una scelta di parte, forse non semplice, che forse deluderà chi si aspetta ricette e linee guida, ma indispensabile per navigare in un terreno difficile e, a volte, imprevedibile, oltre che avaro di soddisfazioni. Conclusione Abbiamo fatto un’incursione nel mondo dell'informazione, termine molto spesso usato con poco rigore e del quale non si coglie la sottesa complessità. Può sembrare faticoso e dispersivo, ma se abbiamo a che fare con esseri umani, essi stessi soggetti biologici complessi e meravigliosi, non possiamo permetterci superficialità, noi che, come medici, pensiamo, a volte, di essere custodi della vita e della morte. Concludo dicendo che anche la medicina, in tutti i suoi vari aspetti, non è qualcosa di semplice, non è solo aggiustare qualcosa, come il meccanico con la macchina. Ma bisogna tener presente che è ancora diffuso senso comune (e in questo sono coinvolti anche i medici più colti e rigorosi) che il nostro corpo sia una macchina, così come l’idea che i mass-media siano in grado di modificare, controllare ed indirizzare comportamenti e scelte: neanche il diavolo può tanto, visto che in ambito religioso (cattolico) viene comunque riconosciuta al singolo essere umano la libertà di scegliere tra il bene e il male. Trattandosi di un convegno medico mi piace finire questa riflessione con una definizione di medicina presa dall'antropologia medica e più precisamente da Bayron Good, autore che mi ha molto insegnato a riflettere sulla mia professione: La medicina è anche conversazione, danza, ricerca di significati, applicazione di semplici tecniche che salvano vite umane e alleviano il dolore, ed è una complessa concezione tecnologica dell'immortalità; è un bene cercato e per cui si lotta disperatamente, fors'anche un "diritto dell'uomo" fondamentale, essendo una forma fondamentale di rapporto umano . Bibliografia utile ed utilizzata 1. 2. 3. 4. 5. 6. Battaglia G., Cergas SDA L. Bocconi Milano, materiale didattico 1996 Bateson G. Mente e natura; Adelphi Milano 1984 Bateson G. Una sacra unità; Adelphi Milano 1997 Byron J. Good. Narrare la malattia Ed di Comunità Torino 1999 (Medicine, Rationality, and Experience: An antropological Prespective 1994) Brunner J. La cultura dell'educazione. Feltrinelli Milano 1977 Castelfranchi Y. Stock O. Macchine come noi. La scommessa dell’intelligenza artificiale. Gius Laterza & figli, Roma-Bari 2000 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 15 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. Coiera E. Guida all’informatica medica Internet e Telemedicina. Il Pensiero Scientifico Editore Roma 2000 Di Paola F.. Biosingolarità. Preludio a una critica della psichiatria biologica. Aut Aut 1998, 287-288: 139-174 Edeman G.M. Sulla materia della mente. Adelphi ed spa Milano 1993. Edelman G.M. La metafora muta. Arte figurativa e cervello. Micromega 2/98:206-226 Fire. On teh Matter of the Mind.) Edelman GM e Tononi Un universo di coscienza. Gould S.J. La vita meravigliosa. Universale Economica Feltrinelli. Milano 1990 (Tit. or. Wunderful life. The Burgess shale and the nature of History) Longo O. G., Può il computer tradurre un romanzo?, Pluriverso 4/98:85 Longo O. Il nuovo Golem. Come il computer cambia la propria vita. Laterza Bari 1998 Morelli U., Weber C.; Passione e apprendimento; Raffaello Cortina Ed. Milano 1996; 130 Searle J.R. Per una teoria empirica della coscienza. Micromega 2/98:227-236 Shannon CE (a cura di) La teoria matematica delle comunicazioni. Etas spa Milano 1971 Von Foerster H. (1987); Sistemi che osservano; Astrolabio Milano; 45 16 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Letteratura e sondaggi Lino Gambarelli Via Corti, 5 - 42019 Scandiano (RE) e-mail [email protected] Tel + 39 0522 857360 Premessa La nozione di salute intesa come responsabilità individuale si sta affermando ovunque. Nello stesso tempo il paziente si caratterizza sempre più come soggetto “proattivo”, dotato di precisi diritti e più partecipe alle fasi di diagnosi e alle decisioni terapeutiche che lo riguardano. Da tempo la medicina non è più confinata in ambiti esclusivamente scientifici e si confronta con istanze di tipo etico, sociale e politico, sospinta dall’accelerazione provocata dall’innovazione tecnologica 1. L’informazione sanitaria rivolta al pubblico e ai pazienti, fa sempre maggiore ricorso alle nuove tecnologie e fa da supporto al cambiamento in corso. Il numero di persone che hanno accesso al web aumenta vertiginosamente e sempre più diffusi sono i telefonini abilitati a ricevere messaggi SMS o i telefoni mobili collegabili a internet. Esistono tuttavia, da parte dei pazienti, comportamenti diversi: alcuni “vogliono sapere tutto” e intendono esprimere la loro opinione sulle scelte che li riguardano, altri sono più propensi a “non voler conoscere nulla”, lasciando ogni decisione al medico. Sebbene nel corso della consultazione sia necessario considerare le strategie individuali che i pazienti mettono in atto, si possono, in generale, prefigurare alcuni benefici conseguenti al loro coinvolgimento e alla possibilità per questi ultimi di aver accesso a più informazioni. Un effetto potrebbe essere la diminuzione dell’ansia che accompagna certe situazioni, soprattutto se i pazienti o le persone intorno a loro, hanno idee scorrette su ciò che stanno affrontando. Un'altra possibile opportunità potrebbe essere data dalla conoscenza di fattori di rischio, di possibili modi di prevenire o di riconoscere quando una situazione sta peggiorando, portando ad un calo delle malattie, ad una precoce individuazione di esse e ad un più appropriato uso dei servizi. Da ultimo rendere più partecipi i pazienti alle decisioni ha come conseguenza una più adeguata aderenza alla terapia. Tre modalità sono di solito usate per informare il pubblico. La prima consiste in supporti decisionali che forniscono ai singoli pazienti informazioni su sintomi, farmaci o scelte che riguardano la loro malattia. La seconda, rivolta a tutta la popolazione o a gruppi, si attua attraverso campagne pianificate condotte tramite mass media. La terza si rivolge al pubblico con informazioni non coordinate su temi di maggior interesse attraverso vari canali informativi: radio, televisione, giornali e altro. Per molti l’informazione o meglio l’ “iperinformazione” può portare anche ad inconvenienti. Uno di questi potrebbe essere la creazione di una popolazione di “cybercondriaci”, anche se tale possibilità appare per il momento solo un rischio futuro, non si sa se più o meno lontano. Altro timore diffuso è la disumanizzazione della relazione medico-paziente, attraverso lo spostamento da Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini un’informazione ricevuta durante una visita ad un’informazione ricevuta via internet o per telefono. Il prolungamento della consultazione a causa del tempo necessario per entrare in merito alle notizie che il paziente riporta da internet, sembra già essere un problema quotidiano. Da ultimo la manipolazione (da parte di fornitori di informazione) della popolazione a fini personali, pone un serio problema sulla sicurezza e l’affidabilità delle informazioni fornite dai media e soprattutto reperita dal web. Tra le argomentazioni addotte per allontanare questi timori, la più immediata è che la maggior parte dei pazienti con malattie croniche ha direttamente o indirettamente ricevuto informazioni sulla patologia e quindi si aspetta dal medico maggiori dettagli. In più molti pazienti sono perfettamente coscienti che si debba essere scettici sull’attendibilità delle informazioni trovate. Inoltre, il bisogno da parte del paziente di trovare risposte alle emozioni che accompagnano la sua malattia e le informazioni sul proprio stato di salute, può trovare risposta soltanto nel contatto (umano) diretto e nella relazione costruita col proprio medico e non intaccata o compromessa dalla maggior partecipazione del paziente. Esiste un gran desiderio di informazione. In un sondaggio condotto in Inghilterra, l’87% di 2000 pazienti oncologici ha dichiarato di volere il maggior numero di informazioni possibile sulla malattia, buone o cattive che siano, sia sui sintomi e sulla loro natura, sia sulle opportunità terapeutiche. Il maggior desiderio di esprimere opinioni sulle diverse opportunità di cura è espresso dalle donne, da pazienti con meno di 65 anni e da pazienti trattati in modo radicale 2. Che cosa vogliono sapere i pazienti? Un’indagine condotta dal Censis, pubblicata nel marzo 2001, ha fornito dati interessanti. Più del 60% del campione della popolazione italiana intervistato, si è dichiarato desideroso di avere informazioni approfondite per partecipare alle decisioni che riguardano la sua salute 3. Le informazioni che i pazienti vorrebbero sono molto varie, andando dalla più banale alla più seria delle situazioni. A questo proposito analizzando i più frequenti quesiti giunti ad un servizio telefonico (NHSDirect helpline) che il sistema sanitario inglese ha messo a disposizione dei pazienti, emerge che nel 72% dei casi le domande riguardano disturbi o sintomi del paziente, nel 22% diagnosi o malattie, nel 5% prevenzione, screening o accertamenti diagnostici e nell’1% chiarimenti in merito a terapie 4. La rarità di richieste di informazioni inerenti disturbi circolatori conferma l’elemento importante emerso anche nell’indagine CENSIS: la richiesta di avere informazioni specifiche su un particolare sintomo o disturbo che il paziente sta incontrando e lo scarso interesse per nozioni generali, anche per problemi di prevenzione rispetto a malattie assai prevalenti come quelle di origine cardiovascolare. In particolare le domande più frequenti rivolte al servizio telefonico inglese erano inerenti a disturbi digestivi, muscoloschelettrici, dermatologici, respiratori, neurologici e solo nell’1% a disturbi circolatori. Dove si rivolgono i pazienti per avere informazioni? I dati forniti dal Censis mettono in evidenza come oltre l’80% del campione intervistato, quando vuole avere informazioni sulla salute, si rivolge al medico in caso di disturbi gravi, ma anche per problemi meno gravi (più del 60%) o per piccoli disagi. In particolare quasi il 70% consulta solo il medico di famiglia. Un sondaggio condotto su 15.000 persone scelte in modo casuale tra la popolazione inglese ha mostrato che tra il 70% dei rispondenti il 38% aveva 18 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini cercato informazioni di tipo sanitario nelle quattro settimane precedenti; di questi il 17% presso il medico di famiglia, il 12% presso il farmacista e l’11% presso amici o familiari 4. Quali effetti ha l’informazione sui pazienti? Esistono in letteratura dati discordanti a questo proposito. Lo studio Help 5, condotto in cinque paesi europei, tra cui l’Italia, ha dimostrato che le persone intervistate (5013 tra la popolazione generale, 2500 individui ad alto rischio, 1256 con pregresso IMA e 1249 familiari di ex infartuati) hanno una buona conoscenza della malattia coronarica e dei fattori di rischio, soprattutto gli ex infartuati e i loro parenti. Allo stesso tempo c’è una buona dose di indifferenza verso i comportamenti e gli stili di vita corretti, nonostante la consapevolezza dell’importanza che rivestono nel prevenire l’infarto. Questa scarsa osservanza di stili di vita adeguati è diffusa anche tra i pazienti che hanno avuto un infarto. Tuttavia gli intervistati si sono dichiarati soddisfatti delle informazioni ricevute dai medici e da altri professionisti da loro ritenuti molto attendibili. Le campagne condotte dai media hanno al contrario minore impatto sulla popolazione. Uno studio inglese rivela che, se forniti di informazioni scritte sull’assunzione dei farmaci, il doppio dei pazienti dimessi conosce i farmaci che deve assumere e li riporta alla visite di controllo 6. In ogni caso, una revisione sistematica di 13 trials randomizzati, rivela che la sola informazione non migliora l’adesione alle cure, deve far parte di una serie di misure atte a raggiungere lo scopo 7. In alcuni casi l’informazione ai singoli pazienti può essere molto efficace. Un piccolo studio randomizzato condotto in Danimarca ha evidenziato che i pazienti a cui veniva riferito verbalmente che i loro disturbi respiratori cronici erano dovuti al fumo, smettevano di fumare due volte di più rispetto al gruppo di controllo dopo un anno 8. Un altro studio randomizzato inglese ha mostrato come l’uso di leaflet informativi sulla eziologia e sul decorso naturale delle infezioni virali delle alte vie respiratorie, abbia portato alla riduzione del numero delle visite successive per tali problemi 9. Una revisione sistematica pubblicata sul British Medical Journal nel 1999, ha consentito di reperire 17 trials randomizzati riguardanti questo tipo di supporto informativo ai singoli pazienti. In generale, dall’analisi di questi studi, risulta che l’informazione produce una migliore conoscenza delle diverse scelte e dei diversi esiti, abbassa la conflittualità e favorisce una partecipazione più attiva da parte del paziente alle decisioni, senza un aumento dell’ansietà, ma anche senza un aumento nella soddisfazione rispetto alla decisione 10. Mass media Per quanto riguarda i mass media, una revisione sistematica della Cochrane non ha trovato studi clinici randomizzati, ma 17 studi condotti in modo rigoroso sugli effetti dei mass media a proposito dell’utilizzazione dei servizi sanitari 11. Di questi studi 16 erano riportati come positivi, ma un’analisi più accurata ha dimostrato che solo 7 avevano un’evidenza statisticamente significativa. In conclusione l’impatto di 14 campagne pianificate sull’utilizzazione dei servizi sanitari, era di uno spostamento verso la direzione attesa (riduzione dell’uso non appropriato o dell’aumento di servizi sotto utilizzati) del 54%, mentre l’informazione non pianificata fatta dai media era del 24%. L’efficacia variava a seconda del tipo di servizio a cui si mirava: 96% di XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 19 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini aumento delle vaccinazioni, 12% nello screening oncologico, 42% nel test per HIV e del 45% nell’uso di servizi di emergenza in caso di infarto miocardico. Internet Una ricerca condotta in due Paesi Europei (Svezia e Germania)su 250 medici e 1000 pazienti ha valutato l’impatto di internet sul pubblico e sui professionisti in campo sanitario 12. Sono emersi elementi utili ad analizzare le maggiori sfide attuali e future del business e-health in Europa. Ma soprattutto, la ricerca condotta da un’agenzia americana specializzata in indagini di mercato (The Boston Consulting Group), ha gettando nuova luce su come l’e-health dovrà essere organizzata per creare un valore reale. Un dato evidente è che i pazienti “navigatori” non si comportano come i comuni consumatori di internet: “I pazienti tendono ad avere un preciso e profondo interesse solo sulle informazioni che riguardano la loro specifica condizione o malattia. In altre parole i consumatori europei non navigano la rete per informazioni di salute generale”. I pazienti cercano siti con dati specifici e tendono a rimanere scarsamente colpiti da portali di salute di interesse generale. Il 78% dei pazienti intervistati dice di essere più predisposto ad usare internet per avere informazioni mediche approfondite. Nella ricerca d’informazione i pazienti sono consapevoli del pericolo di reperire notizie non sicure e per questo tendono a controllare chi ci sta dietro. La fiducia è riposta maggiormente nei siti di università o associazioni mediche, mentre c’è molto scetticismo su portali commerciali, sponsorizzati da ditte farmaceutiche o assicurazioni. Un altro elemento tenuto in grande considerazione, e che i pazienti temono, riguarda la privacy. La ricettività dei pazienti nei confronti di internet è in relazione al loro senso di coinvolgimento e di responsabilizzazione nelle decisioni di diagnosi e cure prese nei loro confronti: più questa è alta più tendono a ricercare informazioni nella rete. Per quanto riguarda i medici l’atteggiamento è di apertura verso internet, ma rimangono preoccupazione e dubbi sui costi e sul tempo. Trovano interesse verso il web come risorsa per informazioni mediche specialistiche e per consigli, inclusa la possibilità di contattare esperti per discutere casi difficili. Esprimono timore di non avere tempo per imparare ad utilizzare al meglio le risorse della rete e per reperire le notizie, come anche sui costi del servizio e sulla sicurezza dei dati. La maggior parte dei medici si dedicano alla ricerca di informazioni dopo le ore di lavoro, quando non vedono i pazienti. Poiché questo tempo ammonta a circa il 20% del tempo lavorativo, gli autori della ricerca concludono che le imprese e-ealth dovrebbero indirizzarsi verso l’introduzione di servizi che offrano un valore reale durante il tempo di cura. I medici vedono nella rete una reale possibilità per aumentare l’efficienza del prodotto che offrono, oltre che per migliorare e sviluppare le comunicazioni, eliminando ridondanze, riducendo errori, accelerando i tempi decisionali con un aumento della qualità del servizio. La diversità di vedute dei medici rispetto a internet dipende dalla famigliarità più o meno spiccata con la tecnologia e con i computers in generale. 20 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini La relazione medico/paziente Tradizionalmente il medico tende a monopolizzare le informazioni sulla diagnosi, sul trattamento e sulle possibili alternative terapeutiche. Nei casi in cui si ammalano gravemente, i pazienti hanno bisogno di informazioni accompagnate anche da un aiuto dal punto di vista emozionale che idealmente dovrebbe essere fornito dal medico. I sondaggi rivelano un’insoddisfazione da parte dei pazienti, che lamentano la mancanza di tempo a loro concessa durante la visita, il poco tempo dedicato dal medico ad informarli sulla loro malattia 13. Quando pazienti o familiari non ricevono un’adeguata informazione si recano spesso da un altro dottore per un secondo parere. A volte contattano gruppi di malati per la necessità di confrontarsi con altri soggetti con la stessa malattia e sopperire alla mancanza di adeguata informazione da parte dei medici. Secondo la ricerca del BCG (Boston Consulting Group), internet potrebbe portare a cambiare in modo rilevante la relazione medico/paziente. I pazienti vogliono consigli competenti sui loro problemi di salute e possono rivolgersi ad internet per ottenerli. Anche se si conoscono bene i rischi del sovrappeso o del fumo, pochi pazienti cercano informazioni su questi argomenti. Anzi, le persone con molto interesse per la propria salute, non sono spinte a cercare informazioni su problemi generali. Molti, anche di questi ultimi, non cercano un sito di salute se non mossi da una malattia acuta. Tra le spiegazioni addotte a giustificare tale comportamento, molti intervistati hanno riferito di non ritenere che, per l’informazione di carattere generale, il web fornisca migliori opportunità rispetto al fiume di notizie che si trovano su riviste, giornali o in trasmissioni radiofoniche e televisive. Dalla ricerca emerge quindi che un numero sempre maggiore di persone desidera gestire attivamente la propria salute e per questo ricorre ad internet. Incontrare i desideri di questi pazienti per rendere loro soddisfacente l’offerta di informazione sul web non è semplice. La sfida più grande è quella di offrire loro al momento giusto il giusto servizio, avendo ben presente che tale servizio dovrà essere il più possibile collegato al riconoscimento o alla diagnosi di malattie serie. Idealmente potrebbe o dovrebbe essere un medico a consigliare un servizio su misura per il singolo paziente. Se il web aumenta la consapevolezza dei pazienti, in che modo influenzerà la relazione medico paziente? Avrà quest’ultimo più spazio per dire la sua sulle decisioni prese a proposito della sua salute? Userà sempre più frequentemente le informazioni in suo possesso per mettere in discussione le opinioni del suo medico? I ricercatori del BCG non hanno trovato alcun elemento che faccia pensare ad un coinvolgimento tale dei pazienti nelle decisioni, da compromettere la relazione medico/paziente. I medici continueranno ad essere dei punti di riferimento e alla fine continueranno a decidere sulla diagnosi e sul trattamento delle malattie dei loro pazienti pur consentendo loro di essere partecipi nel processo che porta a seguire una strada piuttosto che un’altra. Il paziente con una malattia seria necessita di un aiuto dal punto di vista emozionale che internet non fornirà mai e che sarà quindi sempre ricevuto dal medico, ammesso che quest’ultimo sappia anche fornire al paziente un’informazione adeguata su quello che gli sta succedendo. I pazienti vedono internet come una fonte supplementare di informazione, non come un’alternativa al medico. I consigli del medico hanno ancora molto più peso di qualsiasi informazione trovata su internet. Dalla ricerca risulta che molti pazienti chiedono il parere del medico sulla qualità delle informazioni reperite sulla rete. XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 21 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Conclusione La relazione medico/paziente ha iniziato a cambiare da quando i pazienti hanno iniziato ad avere maggior accesso all’informazione, anche prima di internet. Il web non ha fatto altro che accelerare questo fenomeno. Di conseguenza nel processo di cambiamento nella relazione medico/paziente, i medici che in questo cambiamento crederanno, riusciranno a stabilire una relazione qualitativamente migliore con i pazienti ed un maggior legame con loro. Dove invece il medico rifiuti queste nuove opportunità ed anche il valore delle nuove tecnologie quali internet o altri strumenti, perderà probabilmente la fiducia del paziente e la relazione sarà di conseguenza compromessa. Cambiano gli scenari, soprattutto la relazione medico/paziente. La comunicazione e le nuove tecnologie caratterizzano il cambiamento e il paziente cerca informazioni non generiche ma adatte al suo bisogno specifico. Tuttavia l’informazione da sola non basta, deve essere accompagnata da altre componenti di natura emozionale. I pazienti sono consapevoli del rischio dell’informazione proveniente dai mass media o dal web e cercano fonti affidabili, soprattutto chiedono al medico consigli. La fiducia rimane un elemento fondamentale anche nel nuovo tipo di relazione medico/paziente che emerge dai nuovi scenari. l’impressione dei MMG che i media “giornalistici” li scavalchino non è fondata, potrebbe forse trattarsi di una impressione basata su alcuni casi ritenuti più frequenti di quanto in realtà siano nel “mercato dell’informazione” si può dire che i medici di medicina generale hanno un capitale da amministrare che non deve essere buttato al vento. Bibliografia 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. Wyatt J. Information for patients. J R Soc Med 2000;93:467-471 Jenkins V, Followfield I, Saul J. Information needs of patient with cancer: resulys from large study in UK cancer centers. Br J Cancer 2001;84:48-51 CENSIS Comunicazione e informazione per la salute. Forum per la ricerca biomedica . 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Inoltre, è un mezzo informativo di cui viene documentata l’utilizzazione: ricercando su Medline i lavori su questo argomento utilizzando il termine controllato “Pamphlet” si trovano 1575 riferimenti bibliografici, ma probabilmente se ne potrebbero trovare in maggior numero perché non tutti sono indicizzati con questo temine, e rientrano nelle altre voci del termine gerarchicamente superiore “Publications”. Inoltre, è un mezzo informativo di cui viene anche testata l’efficacia perché vanta almeno 128 trial. Cosa vuol dire distribuire pieghevoli ai pazienti? Quale idea, quale cultura, quale obiettivo ci sta dietro? Cos’è in fondo comunicare per iscritto? Lo vediamo analizzando i trial e analizzando i pamphlet stessi. La revisione di Kenny 5 dà una analisi dell’argomento che ci permette di inquadrarlo attraverso una serie di affermazioni, che portano a pensare il dovere del medico nell’essere venditore di materiale informativo scritto per i pazienti, seguendo la filosofia di Kenny, “a PIL for every ill”. Questa impostazione sembra riduzionista di una complessità che se affrontata può essere fertile terreno di ricerca e stimolo per una riflessione critica sull’argomento dell’informazione al paziente. Si vuole fare un’analisi critica di ognuna di queste affermazioni 2. I pazienti vogliono più informazioni Non è vero che i pazienti vogliono sempre in ogni situazione e in ogni contesto informazioni. Nelle situazioni critiche si affidano ai medici, e comunque ciò che desiderano sapere varia molto a seconda della situazione e dallo stadio della malattia, indipendentemente dalle loro dichiarazioni precedenti, dalle loro conoscenze e dalla loro cultura. Non può esistere un “core information package” che valga per tutti,preconfezionato, come il sistema sanitario inglese sta proponendo. Si debbono semmai scoprire le ragioni per cui i pazienti cercano o resistono alle informazioni. Geraldine Leydon 3, studiando le narrazioni di 17 pazienti affetti da cancro, scopre che la fiducia nel medico, la speranza nei trattamenti, e l’idea che altri stiano peggio, pervade tutti i i discorsi dei soggetti esaminati e preclude il bisogno di ulteriori informazioni. “Questi stampati dicono troppo…” Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini “mi sono messo nelle loro mani...” “è pericoloso guardare e sentire...” Il medico deve essere rispettoso delle strategie di adattamento del paziente alla malattia e non può forzarlo con informazioni prestampate e non personalizzate. I pazienti leggono le informazioni e cambiano i comportamenti Non è un’affermazione generalizzabile: talvolta succede così, come nel caso della richiesta di partecipazione alla compagna di vaccinazione antitetanica 1,6, o dello screening del cancro del colon (solo per gli uomini), ma talvolta non cambiano, come si verifica nei due trial recentemente pubblicati nei quali la frequenza di visita ambulatoriale per infezioni banali non diminuisce dopo somministrazione di un leaflet informativo 4,7. Esistono dei problemi di tipo metodologico: non si può trattare un materiale informativo scritto per i pazienti come se fosse un farmaco: l’effetto è imprevedibile perché la comunicazione è sempre polisemica, sono i lettori che creano il significato dei testi. L’ottica riduzionistica del trial mostra solo una parte dei fenomeni indotti, quelli relativi agli interessi del medico, quelli che il medico isola perché è interessato a registrarli. Inoltre, come richiedere un cambiamento di comportamento di malattia sulla base di informazioni date nel momento in cui il paziente è sano? I cambiamenti di comportamenti su temi complessi in sanità può rispondere a ciò che viene detto degli intenti di diffusione delle linee guida: la maggior parte degli interventi è efficace in determinate circostanze, nessuno è efficace sempre. Contenuti Viene affermato che il materiale informativo scritto è spesso poco leggibile, poco chiaro, poco accurato, non riporta informazioni importanti, riporta informazioni di non provata efficacia,e tutto ciò è però migliorabile. Un’osservazione di metodo: la leggibilità è un criterio di giudizio sul testo da cui il paziente che lo leggerà è escluso, ed è utilizzato in medicina perché è uno strumento di facile utilizzo, ma è stato criticato. Il lettore attivamente costruisce il significato coerente del testo, e non risponde linearmente e passivamente allo stimolo. Andare a cercare la leggibilità come criterio presuppone un insieme di lettori omogeneo e indifferenziato, dove il minimo comun denominatore di leggibilità è per default il più appropriato per tutti. Ciò spiega perché l’età di leggibilità media scelta nei leaflet di lingua inglese è di 12 anni. Si dimentica che il paziente ha risorse che gli permettono di capire, di interpretare e giudicare ciò che è scritto, Sarebbe più appropriato utilizzare i pazienti come giudici del materiale informativo scritto per i pazienti, e superare una concezione istruttiva della comunicazione con il paziente e non “educativa”. Se si utilizzano criteri diversi da quelli della leggibilità, ad esempio quello della presenza di informazioni, si osserva che vengono omesse informazioni importanti, nel caso in cui ci siano affermazioni incerte o zone grigie della medicina, mettendo in luce che alla base sta l’idea del paziente fragile, che non può sopportare certe affermazioni. Ma vengono omesse anche informazioni importanti che possono non favorire gli obiettivi dei medici. Emma Slaytor ha analizzato 58 leaflet sullo screening della mammella e nessuno riportava il rischio di falsa positività 8. Per il bene della collettività, per soddisfare agli obiettivi della medicina (massima partecipazione allo screening) non viene tutelato l’interesse del singolo di essere informato sui rischi della procedura alla quale si richiede che 24 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini sia sottoposto. L’intento di questi leaflet non è quindi di informare, di permettere una decisione sulla base di una corretta informazione, ma di persuadere le donne allo screening. Anche in questo caso si fa evidente il fantasma di una medicina veterinaria in cui l’interesse della persona è superato dall’interessa per la collettività. L’obiettivo non dovrebbe essere il 100% di partecipazione allo screening, ma avere il 100% di coloro la quali accettano, che hanno scelto conoscendo vantaggi e rischi, con cognizione di causa. L’idea è di promuovere la scelta e non il comportamento. Altro problema sulla natura delle informazioni del materiale informativo scritto per i pazienti è il conflitto di interessi: il materiale informativo scritto per i pazienti costa, e nella ricerca tedesca il 90% dei leaflet dati erano sponsorizzati dall’industria farmaceutica. L’impressione è di avere a che fare con un mucchio di carta stampata che è prodotta per interessi e obiettivi che sono altri dall’informare il paziente. I medici lo sottoutilizzano Il 34% dei medici danesi utilizza il materiale informativo scritto per i pazienti quotidianamente, è il problema è capire perché non lo utilizzano ci sono due possibili utilizzi ideali agli estremi di un continuum (tab 1). Il materiale informativo scritto per i pazienti può essere distribuito come risposta ad un bisogno del medico di trasmettere un messaggio a quante più persone possibile, indipendentemente dal fatto che a queste persone il messaggio interessi o no, risponda ad un loro bisogno o no. Il canale di diffusione ideali in questo caso è postale, e il fine è la persuasione. All’altro capo del continuum c’è il materiale informativo scritto per i pazienti come risposta ad un bisogno del paziente di sapere qualcosa che lui chiede: è un sostituto o un complemento dell’intervento verbale del medico, può essere il dono finale della consultazione, la ciliegina sulla torta della relazione. Il fine preminente è colmare un vuoto, ma al tempo stesso “mettere il paziente in grado di” è una questione di empowerment. Nel caso di Trento, i medici di medicina generale avendo a disposizione leaflet da Internet per il paziente oncologico, ma non li utilizzavano. La ricerca sulle domande dei pazienti oncologici ha messo in luce che solo una su 49 raccolte era relativa ad argomenti trattati sul materiale informativo scritto per i pazienti, mentre le altre avevano una valenza etica relazionale a cui nessun MISP (materiale scritto per i pazienti) avrebbe potuto dare risposta 10. “Dottore, quanti giorni ho ancora di vita?” (caso 14). “Continuano ad aumentare gli esami dei tumori e mi dicono che la situazione è buona” (caso 45). “Dottore, quanto tempo durerà ancora? Perché l'infermiera mi ha raccomandato di non lasciare sola mia suocera ad assisterlo, perché può morire da un momento all'altro” (caso 29). È chiaro che nel caso dei medici trentini, i leaflet per i pazienti neoplastici non sono utili, e vale di più l’informazione nell’ambito della modulazione relazionale. Conclusioni Si delineano chiaramente due concettualizzazioni del paziente lontane tra loro. Se il paziente è un bicchiere riempito a metà, una concezione considera la parte di bicchiere mezzo vuoto, vede il paziente come un vuoto da riempire, da istruire, l’altra concezione considera la parte mezza piena, il paziente che ha le sue idee e le sue convinzioni, che deve essere messo in grado di agire (tab. 2). Questa seconda concezione è minoritaria, ma è rispettosa dell’individuo come soggetto della propria vita e della propria salute. XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 25 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Nella tabella 3 si riassumono una serie di considerazioni sulla utilizzazione dei materiale informativo scritto per i pazienti nella pratica della medicina generale. Tabella 1 DUE POSSIBILI UTILIZZI riposta ad un bisogno del medico o della società al maggior numero di persone possibile il fine è la persuasione postali risposta ad una domanda del paziente sostituto o complemento dell’intervento verbale closing gift ciliegina sulla torta della relazione il fine è “mettere il paziente in grado di...” Tabella 2 concettualizzazioni a confronto: il paziente irrazionale non irragionevole passivo attivo dimenticone non compliante ha i suoi interessi incompetente esperto dei propri desideri non affidabile interessi mg e pz non coincidono Tabella 3 utilizzare il MISP: è uno degli strumenti a disposizione del medico partire da un’idea di educazione e non di istruzione avere chiari gli obiettivi studiare il contesto e i desideri dei NOSTRI pz letti e revisionati dai pz prodotti da NOI che sia un closing gift la ricerca: non ridurre, complessizzare! Bibliografia 1. 2. 3. 4. 5. Cates CJ. A handout about tetanus immunization: influence on immunization rate in general practice. BMJ. 1990 Mar 24;300(6727):789-90. Dixon-Woods M. Writing wrongs? An analysis of published discourses about the use of patient information leaflets. Soc Sci Med. 2001 May;52(9):1417-32. Geraldine M Leydon, Mary Boulton, Clare Moynihan, Alison Jones, Jean Mossman, Markella Boudioni, and Klim McPherson. Cancer patients' information needs and information seeking behavior: in depth interview study. BMJ 2000;320 909-913 Heaney D, Wyke S, Wilson P, Elton R, Rutledge P. Assessment of impact of information booklets on use of healthcare services: randomized controlled trial. BMJ. 2001 May 19;322(7296):1218-21. Kenny T, Wilson RG, Purves IN, Clark J Senior, Newton LD, Newton DP and Moseley DV. A PIL for every ill? Patient information Leaflets (PILs): a review of past, present and future use. FamiIy Practice 1998; 15: 471—479 26 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini 6. Labrecque M, Rheault C, Bergeron M, Bergeron S, Paquet F. [Tetanus vaccination. Evaluation of a program of health promotion in a family medicine unit]. Can Fam Physician. 1995 Jan;41:70-5. 7. Little P, Somerville J, Williamson I, Warner G, Moore M, Wiles R, George S, Smith A, Peveler R. Randomized controlled trial of self management leaflets and booklets for minor illness provided by post. BMJ. 2001 May 19;322(7296):1214-6, 1217. 8. Slaytor EK, Ward JE. How risks of breast cancer and benefits of screening are communicated to Australian women: analysis of 58 pamphlets. BMJ 1998; 317: 263-264. 9. Steckelberg A, Balgenorth A, Muhlhauser I. [Analysis of German language consumer information brochures on screening for colorectal cancer]. Z Arztl Fortbild Qualitatssich. 2001 Aug;95(8):535-8. 10. Parisi G. et al. “Continuano ad aumentare gli esami del tumore e mi dicono che la situazione è buona”. Giornale Italiano di Psico Oncologia 2001; vol 3, 1 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 27 Il paziente come fonte di informazioni per il medico Relatore: Silvano Biondani e-mail [email protected] Spunti e suggerimenti: il gruppo CSeRMEG di Verona Gruppo di lavoro: Anna Bellini, Silvano Biondani, Emanuela Bonollo, Tiziana Galopin, Gianni Pettenella Rappresentazione Il relatore funge da anchorman Un gran bel tema: enorme! Ma mi sono fatto aiutare, anzi: ci siamo aiutati. Dapprima raccolti in gruppo, il nostro Gruppo di Verona, abbiamo buttato giù delle idee, per giungere ad una traccia. Alcuni di noi si sono messi a lavorare, ognuno con il proprio stile… Ne è uscito un collage variegato, forse un po’ disomogeneo, proprio come le informazioni, mediche e non mediche, che ci giungono: complesse, caotiche, multiformi. Vediamo di mettere un po’ di ordine. La parte più intrigante dell’informazione tra paziente e medico è stata raccolta in una commedia, buffa se si vuole L’intento è quello di isolare, come provocazione, gli stereotipi del paziente che beve tutto dai mass-media, ne assimila i messaggi, forse li condivide, e li riversa sul suo medico che si difende dall’invasione sulle sue competenze. E reagisce Apre il tema un… Filmato Parole impertinenti senza risposte apparenti Commedia buffa in atto unico. La commedia si svolge nello studio di un medico generico: una scrivania piena di moduli, ricettari, campioni di farmaci, sfigmo, computer… Entra la signora Lionora, il medico fa per alzarsi per accoglierla, tende la mano, ma è subito ‘aggredito’ dalla paziente. M Soggetto e sceneggiatura Anna Bellini e Silvano Biondani. Regia Silvano Biondani. Personaggi ed interpreti: La signora Lionora, 60enne, elegante, abbronzantissima Il dottore della signora Lionora, 50enne, ex sessantottino, pallido e un po’ trasandato, in jeans e maglietta della salute, camice aperto. Buongiorno signora Lionora… P Buongiorno dottore… Che vacanze ECCITANTI! Ho un sacco di novità… Anche per Lei… M Anche per me? P Intanto… la Nimesulide non va, anche se ha insistito tanto… M Ah, ma… Sta ancora male? (Tenta invano di intervenire) P (Sovrastando la domanda del dottore) … i miei dolori, li conosce i miei dolori, vero? Si pensi Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini che al mare sono perfino peggiorati, con la sua cura… Per fortuna è intervenuta la mia vicina d’ombrellone, la signora Carmela, una signora così sensibile, mi ha capito subito e si è impietosita: ha frugato nella borsa e mi ha passato due bustine. Un miracolo! Scomparsi i dolori! Neanche si immagina cos’erano quelle bustine. Sa cos’erano? L’AULON! Proprio quello che Lei mi aveva negato. M Ma è lo stesso farm… P Eh no! Allora Lei non conosce i miei dolori. Ci vuole roba forte! E la roba forte, quella che fa bene, costa! Lo dice sempre il farmacista. Io ho fiducia nel mio farmacista di fiducia! M (Tra sé e sé) Chissà se ha fiducia anche del suo medico di fiducia… P Perché, come le dicevo, la signora Carmela, così sensibile, e ben informata, mi ha anche consigliato le creme solari giuste, che mi sarei scottata, e gli occhiali antiriflesso, il gel antisalsedine, l’acqua oligominerale diuretica che fa scappare… la cistite. Una vera amica. È chiaro che sa scegliere anche il medico di fiducia ideale, disponibile. Infatti il suo non fa storie per l’AULON. M (Cerca di trattenersi, la lascia sfogare) Ma… P Sono tornata dalle ferie ieri e il mio primo pensiero è stato: domani ci vado a dirglielo. Ma non sono venuta solo per questo… M Ah, mi dica allora. P Forse, dottore, non ci ha mai pensato… I dolori, alla mia età, non vengono solo per i dolori. Ci ha pensato la mia amica Carmela, si pensi, mi ha raccontato tutto dell’ostioporosi… M Ostioporosi? Età? Di cosa sta parlando? P M Delle ossa che si mangiano fra di loro! Guardi che continuo a scriverle i cerotti, come prevenzione… P Non bastano, l’ha detto la signora Carmela, così sensibile, e il suo ostioporologo… M Osti! Ehm, osteoporologo, mi intendevo… P …e abbiamo scoperto, che io ciò gli ossi precisi ai suoi, tutti mangiati dai dolori. M Vedo qui in cartella la sua densitometria, è perfetta… P Come fa a dirlo? Me ne ha fatto solo un pezzo! La signora Carmela l’ha fatta intera, anche alle anche, e… nel fondo schiena. M Beh, fondo schiena… Lasci perdere la signora Carmela in che cosa posso esserle utile oggi, qui? (Comincia ad alterarsi) 30 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini P TUTTI LI VOGLIO…: gli esami! Come c’è scritto su ‘Starcosìcosì’ la rivista della Salute. La signora Carmela è abbonata e si è portata al mare gli ultimi numeri, per ripasso. Me li ha prestati, lei, così sensibile. Mi sono aggiornata tutta d’un fiato. Sapesse quante notizie… Lei, dottore, neanche si immagina… M Non mi immagino, no. UN MONDO MALATO… (Con enfasi) E P dobbiamo curarci da soli, passandoci farmaci e notizie, perché voi… M Voi… cioè io! (Perde la calma) Il suo medico, se lo sono ancora… O sono un tappabuchi? Non dei suoi ossi, ma della tresca tra lei e la Carmela, così sensibile, e il suo medicodellacarmela, il farmacista di fiducia, l’ostioporologo e ‘Starcosìcosì’… P Perché se la prende tanto? In fondo le sto fornendo delle notizie utili, essenziali per il suo aggiornamento… M Dunque, dovrei anche ringraziarla… (Ironico) P Ha sentito alla televisione il suo ministro? Mi sembra che abbia insistito anche lui sul vostro ‘disaggiornamento’ collettivo… M Naturalmente tranne il medico della Carmela, così sensibile… P Non conoscete i farmaci che prescrivete, mi sembra di aver capito. Chi mi dice che anche la Nimesulide non mi faccia venire la rabdomiocosa o altre cose peggio? Siete così distratti voi medici…, se non perdete la testa voi, non la perde nessuno… M Altro che testa… Sto perdendo di tutto… (Sussurrando) P Un mondo malato, come dicevo, e noi dobbiamo curarci da soli! Meno male che ci sono le massamedia, con le trasmissioni giuste, dove ci stanno i veri esperti, quelli delle tavole rotonde per capirci, in TV si capisce, ha presente Ceccappete e Bucum del Forum? Se sono arrivati fin lì vuol dire che sono i migliori, i più aggiornati… È evidente che conoscono le cure più buone, quelle non tossiche, che non fanno male come le vostre… M Signora basta, eh? Anch’io ho la mia… dignità. P Scusi, scusi, non volevo offenderla, volevo solo puntualizzare… M Insomma, a cosa devo la sua visita, oggi? P Vede che si è distratto? Gli esami… Sono venuta perché vorrei anch’io fare qualcosa per non ammalarmi. Prevenzione come dite XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 31 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini voi. Ma non si preoccupi, l’ho anticipata. Mi sono tolta una soddisfazione: sono stata da quello che ho visto in TV, che uomo! Sa tutto sulla prevenzione di tutti i malori. Pressione e colesterolo per primi… M Ah, anche quelli e… cosa le ha consigliato? P La pressione non si deve trascurare! Bisogna provarla tutti giorni, per essere sicuri… che la minima non superi la massima. E sempre dalla stessa persona, meglio il medico… di fiducia. E il colesterolo tutti i mesi, che il buono non si trasformi in cattivo, che è quello che tappa le vene, che poi bisogna stapparle se no viene un ICS che manco te lo aspetti, proprio come alla suocera della signora Carmela, così sensibile. Il professore mi ha lasciato anche questa carta per Lei… M Scommetto senza diagnosi. (Sempre sussurrando) P …perché tutta la prevenzione si cura con le medicine, mi ha detto, lui, che è un famoso Professore: è meglio curare che prevenire! M Forse, Signora, ha invertito i termini …… P E no, caro mio! Guardi qua cosa mi ha scritto per Lei che dovrà scrivere : Lipogay e Ticlopidan, mi sembra di leggere…… M Mi faccia vedere… (Strappandole le ricetta di mano) Ah, non solo, qui non manca proprio niente: Trental, che la mutua non passa, mentre gli altri due non glieli passo io… P M Sta scherzando? Spiacente, ma non posso (Con aria sadicocompiaciuta): mai sentito parlare di NOTE? P M Che note? CUF è chiaro, ma sicuramente di queste il Professore non se ne intende… P M Sarebbe a dire? Che questi farmaci bisogna meritarseli. (Sempre più ringalluzzito) P E io, con le mie malattie che Lei sa, non me li meriterei? Colesterolo 240, con la stellina vicina! Forse non ricorda, ma dieci anni fa me lo curava Lei il colesterolo. Che cosa è successo adesso? Si è pentito? M Mi ci hanno costretto, adesso devo fare il calcolo del rischio a 10 anni… P Rischio? Che Rischio, io non ho rischi… Uhm, penserà mica che mi capiti qualcosa nei prossimi 10 anni, vero? Non vorrà mica portarmi scalogna? Lo sa che le disgrazie basta solo nominarle… 32 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini M Si calmi e mi lasci parlare una buona volta… P No, non importa, non voglio sentire altro… Se le cose stanno così rinuncio alle medicine, non voglio che me le ordini per aumentare il mio Rischio, ho già tante malore… Il Rischio non lo voglio proprio…… M Bene, concordo con Lei, mia cara signora Lionora, niente farmaci per “curare la prevenzione”, e per il resto…. P Se si intende gli esami: a quelli non rinuncio! Devo sapere assolutamente se sto bene. Le vengo incontro, quali e quanti lascio che decida lei, che mi pare sappia cose che agli altri sono nascoste. Magari ha dei canali segreti di informazione, segreti anche alla televisione (Ironica) e perfino alla mia amica Carmela, così sensibile…. M (Il medico sorride fra sé, si rilassa sedendosi comodamente, prende distrattamente un pacchetto di sigarette dalla tasca del camice e giochicchia tenendolo sulla scrivania) Nessun esame… Che vuole che sia un esame: TUTTA LA VITA È UN ESAME! Lei è un esame, la Carmela è un esame, sensibile, anch’io sono un esame e mi prescrivo a pazienti come lei pur di salvarvi da ‘Starcosicosi’, Ceccappete e dagli specialisti, dai colesteroli, e dalle acque minerali che fanno scappare la cistite. Un medico generico al giorno leva la mela pubblicitaria di torno… (Estrae una sigaretta, la rigira fra le dita) (Fra sé) Oddio, forse ho esagerato con le P notizie e le mie pretese, il mio medico è malato pure lui… M Niente esami perché, glielo ripeto: IO SONO IL SUO ESAME! (Mette in bocca la sigaretta senza accenderla) P Eh? Dio mio, sta male davvero. Ha bisogno di una cura… M (Riprende tra le dita la sigaretta) IO SONO LA SUA CURA! P Dottore, mi dispiace, ho l’appuntamento con la parrucchiera. Tornerò in un momento migliore… (Si alza allarmata, fugge) M (Rimasto solo, guarda assorto la sigaretta capitatagli fra le dita, si sofferma pensieroso, decide, la getta alle spalle, si volge verso l’ipotetico pubblico) M IO SONO LA PREVENZIONE! FINE XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 33 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini È stata una provocazione, lo sottolineo… Noi non siamo come il medico della signora Lionora. Non dobbiamo essere così, non vorremmo essere così. Però qualche risentimento, qualche arrabbiatura, ci scappa. Poi andiamo a raccontare i nostri conflitti a chi riesce ad ascoltarci: la moglie o il marito, gli amici… Oppure ci troviamo tra noi medici, scambiandoci aneddoti. Qualche volta ci consoliamo raccontandoci storie. Raccontare potrebbe essere il modo più immediato per comunicare tra noi le sensazioni ricevute dal susseguirsi di informazioni, non solo mediche, che ci portano i pazienti. Informazioni come domande senza risposte, quelle che ci mettono a disagio. Quelle che invocano solo comprensione, aiuto, condivisione. Gianni ha scritto alcune storie di pazienti indifesi. Continua il tema con un… Racconto. Il sogno di Enrico Gianni Pettenella Enrico ha trent’anni. Non lavora. È un ragazzone grande e grosso, timido e introverso. Alla scuola elementare lo prendevano in giro perché era un po’ ‘indietro’. Lui si arrabbiava, aveva scatti di ira violenti e così ha cominciato ad essere solo. La miseria ha costretto i suoi a girare vari paesi della provincia e lui non ha fatto in tempo ad ambientarsi da nessuna parte. Da una quindicina sono arrivati in città. Suo padre ha sempre fatto lavoretti precari prima di essere stradino comunale. Adesso è pensionato. La madre, piccoletta e piena di artrosi, fa la donna delle pulizie e mantiene la famiglia. Enrico è stato segnalato ai Servizi Sociali e poi al Servizio Psichiatrico Territoriale. Qualche Cooperativa per le persone con disagio psichico gli ha proposto dei lavori. “Ma - mi dice Enrico - capisco bene che nessuno è interessato a quello che dovrei fare realmente .” Accusa tutti di non aiutarlo e si sente sempre più solo. Sa di non essere ‘produttivo’: si rende conto che i suoi avrebbero bisogno che lui guadagnasse qualcosa, ma si spaventa all’idea di un impegno quotidiano. Mi ha detto che questo è uno dei principali argomenti di discussione con suo papà. Il padre è molto critico verso i servizi: ‘non capiscono niente di Enrico, non gli hanno mai trovato il lavoro giusto…’. Enrico non riesce a mantenere un minimo di impegno nel lavoro: il padre entra in crisi più del figlio. Sono arrivati anche alle mani tra loro perché il papà gli rinfacciava di essere “bon da niente” (come i servizi sociali). Attualmente dovrebbe lavorare 4 ore in una cooperativa agricola, ma non le regge e si deprime. Qualche giorno fa mi ha fatto un complicato discorso: voleva un certificato che lo autorizzava a restare a casa qualche giorno. Ho capito che gli serviva più per farlo vedere al papà che non per il responsabile della cooperativa. Enrico oggi è venuto a sfogarsi da me: “Lo psichiatra, come mio papà, mi dice che non sono capace di fare niente.” Sono riuscito a rispondergli solo: “Mi dispiace che ti dica così.” Enrico non ha un bel rapporto con lo psichiatra del Servizio. Una volta lo ha rimproverato con un ‘so io quel che c’è da fare: io sono il medico e tu sei il malato!’. Enrico si stufa a spiegare allo specialista le sue tante paure, a chiedergli chiarimenti sulle cure. Modifica di sua testa le dosi dei farmaci cercando, magari, un effetto tranquillante immediato. Poi sta ancora peggio e si deprime anche per questo. 34 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Parla un po’ con me. È arrivato a farmi leggere i suoi racconti battuti e stampati su un vecchio PC. Spesso ho fatto fatica a decifrali: sono storie, copiate dai videogames, di guerre stellari, di agenti segreti, di streghe. Ogni tanto butta giù poche righe di una storia diversa: racconta di un ragazzo che sogna di essere forte e invincibile, guida una moto potente, va velocissimo, ma poi muore e, solo dopo, tutti si accorgono di come era buono. Ci sono altre informazioni, non verbali, in apparenza incomprensibili: quelle dei malati che non sanno o non sono più in grado di parlare. Esempi di comunicazione limite. Il medico ha acquisito una capacità di lettura di sintomi e di bisogni fatta di piccoli indizi, ma anche di sensibilità. Usa un linguaggio complesso e semplice insieme, dove la logica delle parole è sostituta dal suono, dal movimento, dallo sguardo, dal tatto. Emanuela porta la sua esperienza. Prosegue il tema con la… Cronaca di un giorno in una casa di riposo. Il pollice verde sui capelli d’argento Emanuela Bonollo Arrivo di primo mattino, con gli occhi in mano. Ho un sonno tremendo. La casa dei nonni senza memoria è nuova: un alto muro la protegge e la esclude. Entro, devo chiudere il cancello, scapperebbero. Stelia dentro un’aiola, si dondola cantando il suo dududu. La sala d’ingresso è come la hall di un lussuoso hotel, c’è perfino una fontana di pietra, l’acqua gorgoglia… stimola: le poltroncine sono segnate da macchie gialle. Un colpo d’occhio verso il corridoio, eccoli i miei nonnetti. Maria piange come sempre. Aldo aggrappato al corrimano trascina la sua gamba meccanica cigolante. Annamaria pizzica il sedere di Raffaella e schiva uno schiaffo. Lidia si avvicina, afferra la mia camicia e chiede ‘Dov’è la mia camera?’. Dalla sala da pranzo provengono voci. Riconosco quelle più vivaci delle assistenti, ma predomina in sottofondo il lamento di Adelina ‘aaa-aaa-aaa’. Cosa vuol dire ‘aaa’? Tutto vuol dire: ‘Sto bene, sto male, ho fame, sono sazia, sono felice, sono disperata’. Raffaella si avvicina a piccoli passi. Mi si incolla addosso piangente: ‘Mi aiuti! Mi aiuti!’ ‘A fare cosa?’ ‘Mi aiuti! Mi aiuti!’. Mi impedirà di lavorare… Raffaella non ha ancora 60 anni, era pediatra. L’accompagno in sala per la colazione, poi verrà con me durante i miei spostamenti. Mi attende il quaderno delle consegne, un affresco della vita pomeridiana e notturna nella casa dei nonni senza memoria. Il signor Roberto nel primo pomeriggio è caduto battendo il sedere: ‘Potrò fidarmi ancora di lasciarlo camminare in libertà?’. Almina al crepuscolo è difficile da controllare. Ha paura dei marziani, quelli vestiti da giardinieri con tute verdi, maschere, cuffie e strane macchine rumorose. Lina, Renato e Teresa calano di peso perché non mangiano a sufficienza. Scorro velocemente le consegne operative: prelievi partiti, medicazioni fatte, terapie somministrate, clisteri eseguiti. Nel diario leggo poi la descrizione triste, assonnata e rassegnata della vita notturna. Maria ha pianto tutto il tempo vagabondando per la casa e ha riposato solo verso mattina su una poltrona del soggiorno. Claudia stanotte si è girata più volte su se stessa, testa-piedi piedi-testa, facendo perno sulla cintura di sicurezza che la lega al letto. Sui fianchi un solco violaceo e profondo. Giglio si è lamentato perché Giuseppe quando ritorna dal bagno sbaglia sempre letto. I restanti ospiti hanno riposato tranquilli. ‘Non è andata tanto male! La situazione sembra sotto controllo.’ XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 35 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini È il momento di vederli. Procedo a piccoli passi tenendo per mano Raffaella mi aiuti mi aiuti. Camminiamo verso le stanze in fondo al corridoio, dove ci sono gli ospiti che non si alzano più. Coperto da un lenzuolo teso, senza una grinza, c’è un mucchietto di piccole ossa rattrappite: la signora Carlotta. Non guarda. Non ammicca. Non sorride. Non parla. Le parlo. Sorrido. La visito. Il sondino della PEG è un cordone ombelicale. I decubiti sono guariti. È così da un anno. ‘Se li tieni puliti e girati, li alimenti e li idrati a sufficienza… non muoiono più’. La signora Natalia sa solo sorridere, mi ricorda Fernandel. Stanotte si è strappata di nuovo il sondino naso-gastrico. ‘Anche lei merita una PEG’. L’enorme piaga sul sacro, eredità dell’ultimo ricovero, migliora a vista d’occhio’. La nipote, affezionata, mi fa osservare: ‘Non può star ferma con le mani. Quando stava bene mi aiutava moltissimo nei lavori di casa. È per questo che si strappa il sondino, tira le lenzuola fino a disfare il letto e sbriciola il pannolino’. Le mani di Natalia afferrano soddisfatte un lenzuolino che ho annodato per farla giocare. Suggerisco alla nipote di portarle in regalo un intreccio di stoffe colorate. Offro il braccio a Raffaella mi aiuti mi aiuti e passo nella sala soggiorno per controllare gli altri ospiti, quelli alzati. Sono seduti a piccoli gruppi. Alcuni fissano in silenzio e senza espressione il televisore, c’è Zorro. Il signor Roberto è diverso dal solito, dopo la caduta. Il viso è più affilato? No, è diversa l’espressione. È irrequieto e malcontento, lui sempre così dolce e sorridente. Risponde di malavoglia alle mie domande ‘Ha dolore? No! Ha dormito bene? Si! Ha mangiato con appetito? Si! Riesce a camminare da solo? Si!’. Lo visito. Non trovo niente. Però non sono tranquilla: ‘Si fa una radiografia del bacino’. Due ore dopo ricevo il referto: ‘Frattura del pube. Si consiglia: immobilità assoluta, calze antitrombo, eparina.’ Aggiungo il materasso antidecubito, Tv e giornali in camera: notizie dal mondo. E idratazione accurata perché fa troppo caldo! A proposito di afa, predispongo di raddoppiare il giro con le bibite: nessuno di loro ha mai sete! Inoltre è meglio togliere la sottoveste alle nonne, lo scafandro di nylon che fa sudare e non lascia traspirare. Aggiusto le terapie: riduco la dose dei diuretici. Li hanno dimessi carichi di medicine. Se sono troppo sedati, cadono e si rompono. Anche gli altri farmaci sono troppi. Io, pian pianino, con piccole variazioni, riduco i dosaggi e poi depenno. Stanno meglio. Raffaella si isola, ferma pesta in un angolo. L’arrivo di suo figlio l’ha turbata. Continuo il giro da sola. Lida e Giuseppe, che belli!, si tengono per mano. Lida è una giovane ottantenne che ha scandalizzato tutti per la sua carica erotica. L’hanno anche sottoposta ad accertamenti ginecologici e ormonali! Tutto a posto. È lei che fa le avances. Giuseppe ci sta, si lascia prendere per mano. Si avviano in camera, ma… passa Annamaria e pizzica il sedere di Giuseppe. Si scatena la gelosia di Lida. Vola uno schiaffo, poi un insulto: ‘tu hai il petto floscio e mica sodo come il mio’. Per salvare Annamaria la prendo per mano, ci allontaniamo insieme. È sempre sola. Sorride, ripete le parole che le rivolgo. Il contatto fisico con pizzicotti e buffetti sulla faccia è tutto ciò che le resta per comunicare. Allora rispondo con gli stessi gesti. Antonietta è arrivata ieri. Vaga senza meta e senza sosta per il corridoio fin giù in giardino, cullando un bambolotto. L’infermiera con delicatezza mi aiuta a toglierle i vestiti per visitarla, ma non c’è verso di convincerla. Per non inquietarla rimando a un’altra occasione. Lei inizia a parlare fitto fitto con spiccato accento napoletano, aiutandosi con gesti e intense espressioni del viso. 36 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Il suo discorso è formato da un’insalata sconnessa di parole ‘Lampadario ieri peccato andrò all’ulivo giusto’. Provo a parlare il suo linguaggio. Non ci riesco. Articoli e aggettivi si associano ai nomi, poi i verbi si mettono in fila e i complementi li seguono. Penso: ‘Chissà se qualche studioso ha individuato tutte le possibili forme di involuzione del linguaggio’. C’è movimento nella hall della fontana. Tutti si avvicinano. Comincia la messa. Cantano in coro. I nonni senza memoria non hanno dimenticato le antiche litanie, e in latino! La mia giornata è finita. La loro è appena cominciata e sarà lunghissima. Mi avvio verso l’uscita. Stelia si dondola ancora nell’aiola. Dietro di me richiami e passi affrettati, è la signora Elena: ‘Per piacere, mi accompagni a casa, le pagherò il disturbo’. Fuori il mondo mi sembrano strano. Passa un trattore, poi un signore in bici. Ci sono operai nei campi e bambini che giocano nei cortili. Ritorniamo alla storia, una storia di medico stavolta: alcuni spunti e riflessioni sull’evolversi delle informazioni, tra paziente e medico, nella mia storia passata e recente, penso simile alla storia di tutti noi medici di medicina generale. C’era una volta il sintomo… Silvano Biondani C’era una volta il SINTOMO, era qualcosa che non andava nel congegno quasi perfetto del corpo e dell’anima di una Persona. Chi aveva un Sintomo il più delle volte aspettava che passasse da solo. Se il Sintomo era insistente, la persona, sospettando di essere malata, prendeva l’importante decisione di andare a raccontarlo al Medico, cioè lo informava. Il medico attendeva la visita e battezzò questa sua attività con il termine di Medicina d’Attesa. Di tempo di attendere ne aveva in quegli anni, all’inizio della Grande Riforma, perché il Nuovo Medico era l’erede naturale del Medico della Mutua, quello con 4.000 mutuati e con altri 4 lavori. Al Nuovo Medico, chiamato per semplificare ‘Medico Generico’, furono affidati solo 1500 ex mutuati, da allora chiamati Assistiti, con un rapporto di lavoro esclusivo con l’USL, o quasi. Il Medico Generico era alle prese con tutti i Sintomi, perché gli venne affidato il compito di selezionare i malati: doveva presentare agli altri medici solo quelli importanti. Molte volte i sintomi erano descritti dagli assistiti in modo strano, poco comprensibile. Alcuni si esprimevano con il classico ‘ho male di’ indicando una parte abbastanza precisa del corpo. In questo caso il medico riusciva spesso a riconoscere la causa: una malattia del corpo, come c’era scritto sui libri. Si stupì della quantità di persone che segnalavano sintomi confusi o esagerati, sparsi per il corpo: nessuno l’aveva avvisato che erano così numerosi i malati con disturbi dell’anima periferica (i cosiddetti somatizzanti). I malati con disturbi dell’anima centrale, abili nel nascondere i sintomi, gli crearono le prime difficoltà. Per mettere ordine si inventò e utilizzò allora l’SOVP: dove l’S non sta per Sintomi, ma per Soggettività, che è anche questa un’informazione sui sintomi, ma come sono vissuti, interpretati e descritti dal malato. Comunque l’OVP spettava a lui, medico osservatore, deduttivo e propositivo. Il malato abituato al medico della mutua scoprì abbastanza presto che al nuovo medico avanzava tempo e trovò il modo di occuparglielo, con pazienza. Si stava trasformando in Paziente. Il Paziente portò nuovi tipi di informazioni: ‘Sono senza lavoro’, ‘mio marito mi ha lasciato’, ‘non trovo nessun che badi ai miei vecchi genitori’… Venne il tempo del PROBLEMA, che era qualcosa di difficile da capire e tanto più da spiegare. Il Paziente con un Problema si riferiva a qualcosa che andava oltre al XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 37 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini corpo e all’anima individuale coinvolgendo la vita di relazione, la vita sociale. Il nuovo medico era stato in parte responsabile nel sollevare i Problemi, curioso di esplorare i Sintomi dell’anima, e un po’ pettegolo. Ben presto si trovò in chiara difficoltà. I Problemi non rientravano in nessun schema. Costretto dalle circostanze cominciò ad improvvisare. Concepì una cartella personalizzata e la chiamò CMOP, la cartella medica orientata per problemi, illuso che orientando i problemi in una cartella medica li potesse risolvere. Si accontentò di tenere scritte informazioni di vario genere, in modo da averle sotto occhio, non si sa mai. Fu un’avventura, le sue Basi Scientifiche davano palesi segni di cedimento e si trovò ben presto a vivere ai margini della Scienza. Giostrava tra sintomi e problemi, lasciando molte cose irrisolte. Imparò ad arrangiarsi, si affidò all’Arte, come capacità sensibile di inventare e di interpretare. Ma l’Arte aiuta a comprendere non a risolvere i Problemi, così i problemi divennero anche suoi. Provò ad interessarsi, a condividerli. Si cominciò a parlare di Medicina Relazionale. Col progredire delle conoscenze mediche il Sintomo fu ridimensionato. Si impose un altro concetto di salute: non bisognava aspettare che il sintomo si manifestasse. La Persona che veniva a trovare il medico poteva essere SANA ma PIENA DI RISCHI o avere una MALATTIA ma SENZA SINTOMI. Era necessario indagare: primo per scoprire i rischi, che senz’altro qualcuno si trova sempre, secondo per anticipare il riconoscimento della malattia, che per fortuna non si trova sempre. La PREVENZIONE fu salutata come una rivincita della Scienza. Dapprima il medico prese quasi per scherzo questa nuova attività, ma vuoi stimolato dagli specialisti o da alcune prove di evidenza, per non far brutta figura, si prese l’incarico di informare i pazienti sulla pressione, le diete ideali, il colesterolo, la glicemia e tutti gli altri esami premonitori. I Pazienti non ancora ammalati, divennero ammalati d’ufficio. La Medicina di Intervento coinvolse un po’ tutti, spaventati da questa vita di rischi. Si spaventarono i pazienti e anche i loro medici, stupiti nel trovare così tanti malati misconosciuti. Sorsero dei sospetti. Qualcuno a fin di bene cercò le Medicine per i rischi, le trovò. Non si sa perché ma progressivamente vennero abbassati i limiti dei rischi e i rischi aumentarono. Non solo, furono divulgati, pubblicizzati, usando veicoli d’informazione i più disparati: ‘Alzi la mano chi non ha ancora detto no al colesterolo…’. Curiosi di saperne di più ben presto i Pazienti presero ad affollare gli ambulatori per chiedere spiegazioni sulla loro salute perduta. Molti invasero il campo d’azione del medico, suggerirono controlli, si dichiararono ammalati sottovalutati, proposero rimedi. Il Medico vide i suoi metodi profanati, l’OVP veniva richiesta dal paziente informato come un atto dovuto. Per un po’ il medico generico pianse per l’autorità perduta, c’è chi piange ancora. Si adattò, il più delle volte con fare paternalistico. Qualcuno si arrese e mise in comune il suo sapere, e i suoi dubbi. Chiese perfino l’approvazione sulle sue decisioni, responsabilizzò i pazienti: si era accorto che erano diventati Esperti. Siamo giunti ai giorni nostri. Visto che in qualche modo si riesce a prevenire quasi tutto, perché non osare di più? I malati mitigati, i non più malati e i non ancora malati, non si accontentano di essere solo sani o quasi sani. Dappertutto vengono divulgati in slogan inni alla salute e alla bellezza. Più sani, più belli. Si è affacciata la Medicina del Benessere, del BELESSERE. La medicina delle palestre per tutte le età, la medicina estetica, la medicina delle vacanze termali. La medicina del superfluo. Il medico generico è in chiara crisi di Identità. Le medicine alternative si impongono come le più autorevoli nel dare risposte alle nuove esigenze. Rifioriscono i fiori di Bach, le fienoterapie, gli oligoelementi, l’aiurvedica, l’urinoterapia, le cineserie… E chi più ne ha più ne metta. E girano 38 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini informazioni, eccome se girano, tante, di tutte le specie, incontrollabili. Siamo entrati nella Medicina della Comunicazione. Il paziente informato su tutto pone Domande, si aspetta Risposte, su tutto, e lui medico della generalità deve essere pronto ad offrire risposte, soddisfacenti. È la legge del mercato: Domanda e Offerta. Il Paziente si è trasformato in Cliente. Risarcibile, anche. Il medico generico stavolta è colto impreparato, è prudente, aumenta l’assicurazione sul rischio professionale e si interessa di Legge, quella legale. Ma c’è qualcos’altro che è venuto a turbare il tran tran del medico generico. Sono ritornati i malati veri. Visto che i sintomi acuti sono facilmente risolvibili, che i disturbi cronici sono attenuati dalle cure, che si trova qualcuno disposto ad ascoltare i problemi, che la prevenzione previene, che la popolazione tutto sommato è più sana… sono state ridimensionate le strutture sanitarie. Chiusi i piccoli ospedali. Ridotti i letti dei grandi ospedali. Degenze brevi. Semmai si potenzi i poliambulatori per la prevenzione e la postvenzione. Niente cronici in ospedale, niente terminali. Niente parcheggi di anziani soli. Case di riposo insufficienti. E allora, tutti a casa, a intrattenere il proprio medico di fiducia, alle prese anche con i più sani più belli. Ora il medico non ha più tempo, ma proprio più. È ritornato a lavorare tanto quanto il suo medico della mutua. Ormai l’ambulatorio è un susseguirsi di persone con sintomi e problemi, con voglie di prevenzione primaria e secondaria, con controlli di malattie che si accumulano, da tenere a bada sperimentando associazioni farmacologiche spericolate. Il pretore è in ansiosa attesa. Si affollano giovani atleti in cerca di potenziamenti, alternati a clienti esigenti con ritagli di giornale in mano. Poi di corsa per le case dei nonni immobili senza memoria, dei dispnoici, dei neoplastici, di chi attende di morire, di chi incita ad abbreviare il dolore. Chi ha più tempo di visitare gli influenzati febbricitanti? Il pretore è sempre più in ansiosa attesa. È cambiato il lavoro del medico generico, ma non è stato un brusco cambiamento. Il medico generico ha acquisito col tempo la capacità di adattarsi all’ambiente. È una selezione della specie medica: medicus genericus totus facientis, sarebbe omnia facentis, ma totus mi torna meglio. È cambiata la visita. Ogni visita porta nuove informazioni. Lo scambio di informazioni nella visita non è più unidirezionale, diviene comunicazione. Comunicare è mettere in comune informazioni, che si sovrappongono, si integrano con le precedenti. Ogni visita è come una pagina di un libro che si sta scrivendo. Il medico c’è l’ha ancora il Diario clinico che non è più clinico, non è mai stato clinico. E anche se lo tiene lui il diario, non è suo, è della Persona che riceve in visita. La notizia portata dal signor A, che sia sintomo o problema o domanda, anche se simile a quella del signor B, non potrà mai essere uguale a quella del signor B, perché dipende, è la conseguenza, di tutte le altre notizie che l’hanno preceduta. Per cui il PROGETTO che il medico fa per il signor A, con il signor A, è unico ed esclusivo. La Scienza medica appresa e aggiornata ci consente di scrivere le pagine di questo libro diario in modo corretto, il ragionamento clinico ci aiuta a disporre le frasi in modo comprensibile, logico. Se si vuole la personalità del medico garantisce uno stile alla scrittura, essenziale o complesso, scarno o profondo, descrittivo o lirico... Ma è la disponibilità all’ascolto, ad accogliere informazioni, anche quelle apparentemente non legate a problemi di salute, che ci permette di scrivere un testo. Se si è distratti da altre cose, il testo risulta incompleto, misero. E se si trasforma la persona che ci parla in una serie di dati, il testo si avvicina di più a un tabulato di numeri, da cui estrapolare frammenti per fare statistiche, magari utili. Che brutto testo ne viene fuori, e credo anche sbagliato, ben lontano dal descrivere la nostra realtà. XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 39 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Poi se ti affezioni ai problemi della Persona, se le sue vicende ti prendono e ci metti del tuo, la cronaca diviene racconto, un bel racconto. E se ascolti ancora più volte e mantieni l’affezione, il racconto evolve in una Storia. Ben presto scopri che l’oggetto della scrittura non è un oggetto, è un soggetto. Il protagonista della scrittura non sei tu, medico, è l’altro, la persona. E tu medico della persona che cambia, apprendi da lei, con una serie continua di adattamenti del tuo sapere, ma anche di improvvisazioni e coinvolgimenti emotivi. Apprendi anche da chi altera il senso delle parole, da chi non ha niente da dire, da chi non sa parlare, da chi ti chiede di sperimentare altri linguaggi per comunicare. L’apprendimento del medico generico è molto cambiato e si è via via diversificato da quello degli altri medici. È un apprendimento continuo che si accumula: tutte le informazioni che intercorrono tra lui e il suo paziente, la comunicazione delle informazioni, anche delle difficoltà, dei disagi, reciproci, le decisioni prese di comune accordo, i progetti fatti insieme, tutto questo costituisce l’evoluzione della sua Scienza. Come il signor A è diverso dal signor B, anche il dottor C è diverso dal dottor D, perché è diverso il loro passato, la cultura, la disponibilità all’ascolto, le aspettative Ogni medico si è costruito il suo modello di conoscenza, di interpretazione. Il suo modello di Scienza. Il patrimonio accumulato è custodito in una specie di Biblioteca. Ogni medico ha la sua biblioteca. La capacità di organizzare del medico costituisce la struttura, ma dentro ci sono loro, i libri: libri di medicina con sintomi e segni, libri di rischi statistici, libri sportivi per i giovani più sani più belli, alcuni libri non scritti (c’è ancora qualcuno che evita accuratamente il mondo della medicina, beato lui). Molti libri sono terminati, e sono sempre di più. Ma la maggior parte dei nostri libri sono romanzi, commedie e poesie, disposti qua e là, confusi, non catalogabili. Credo siano i libri da cui abbiamo appreso e stiamo apprendendo di più, quelli a noi più cari. Informazione dunque… Informazione, in-formare, mettere dentro una forma. Questa nostra società sembra orientata, interessata, a propagandare più le forme, i contenitori. Noi medici generici, abituati a distinguere le cose gravi dalle banali, il malato che ha bisogno dal non malato in cerca di bisogni, conoscendo le vittime delle malattie e le vittime della pubblicità delle malattie, penso che abbiamo un dovere preciso, quello di continuare a valorizzare il contenuto, nostro pari, la Persona., per poter aiutarla a scrivere il suo LIBRO. Chiude il tema Tiziana, che ci riporta al percorso del Centro Studi, come patrimonio culturale di un Gruppo di Medici che si sono posti domande ed hanno cercato risposte. E continuano a porsi domande, per una puntuale interpretazione dei tempi che cambiano. Conclusione Il paziente come fonte di informazioni per il medico Tiziana Galopin Le relazioni precedenti si sono concluse con l'affermazione che i pazienti vedono in Internet un aiuto per migliorare la conoscenza dei loro problemi, ma non escludono mai l’intervento del loro medico per verificare la qualità delle informazioni ricevute. Il paziente ha comunque bisogno della relazione con il medico per poter decidere. Se questo è vero allora “le informazioni” che i pazienti portano al medico non possono essere considerate delle semplici informazioni. 40 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Entriamo a questo punto in quell’ambito ben più complesso che è quello della “comunicazione”. Il termine letterale “COMUNICARE” indica (dal Devoto dizionario etimologico e dal Gabrielli dizionario dei sinonimi): - un percorso per arrivare ad un' azione comune - partecipare alla stessa mensa (dal latino ecclesiastico) - subire un'autorità insieme.(dal latino "cum munis") - avvisare, divulgare, partecipare, trasmettere… Il contrario di comunicazione significa disuguaglianza, disparità, singolarità, distinzione, separazione. Comunicare implica un processo di adesione a ciò che viene trasmesso come informazione, la condivisione di un territorio comune su cui ci si confronta. I pazienti quindi non sono fonte di informazioni semplici ma ci portano i loro problemi nel tentativo di trovare risposte alle loro domande. Quali sono in letteratura le domande più frequenti? Sono stati compiuti una serie di studi qualitativi su alcuni punti critici che spesso si manifestano nel nostro quotidiano, e che possono offrire al medico una opportunità di riflessione e, perché no, di miglioramento della qualità del lavoro. Vediamone insieme alcuni. Quali informazioni in letteratura Un editoriale di Ricerca e Pratica di Daniele Coen del febbraio 2000 1 era intitolato "Scrivi una lettera al tuo medico" e partiva da una riflessione pratica, ma estremamente stimolante, della possibilità di un contatto epistolare tra paziente e medico. Nell'esempio citato la peculiarità era data dal fatto che l'autore della lettera era Andrew Herxheimer, un farmacologo clinico che era stato sottoposto ad un intervento cardiochirurgico. “Ho a lungo pensato che i medici non ricevono un feed-back adeguato dai propri pazienti, e che quando i medici si trovano ad essere pazienti, dovrebbero sforzarsi di farlo. È per questo che dopo ogni episodio clinico rilevante cerco di scrivere una lettera per riassumere allo specialista e al mio medico quello che ho pensato e provato……." …e prosegue con apprezzamenti e con suggerimenti su alcuni aspetti che potrebbero essere migliorati. Negli spazi spesso ristretti di una visita molte cose si riescono a dire, ma forse alcuni pazienti potrebbero trovare più facile raccogliere le proprie idee in forma scritta dopo aver riflettuto nel loro ambiente. Questi scritti potrebbero esserci utili non solo per migliorare il rapporto con il singolo paziente, ma anche per una specie di self-audit. Uno studio del1992 del British Journal of GP 2 basato su questionari proposti ai pazienti indica che non è una variabile importante nella decisione di consultarci la preoccupazione per la salute in generale, o il credere che il problema presentato sia indicativo di una malattia seria. È il bisogno di informazioni la ragione più importante per la quale i pazienti si presentano con i loro problemi. Noi curanti dobbiamo capire che i pazienti possono consultarci per avere maggiori informazioni più che per ricevere un trattamento e che più informazioni sull'effetto di tipi di cura offrono ai pazienti la possibilità di scegliere la cura più appropriata. Altri lavori hanno tentato di dare una risposta al perché i pazienti non aderiscono alle terapie 3,4 e ci invitano a porci alcune domande prima di scrivere una ricetta. Innanzitutto non dobbiamo pensare che i farmaci siano una forma accettabile di trattamento in tutte le situazioni, e in secondo luogo è utile stabilire XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 41 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini l'orientamento dei pazienti verso i farmaci, se prenderli non crea problemi o se ne hanno paura, e da ultimo dobbiamo evidentemente conoscere il contesto sociale e stabilire se l'attività lavorativa o anche la gestione del tempo libero possano interferire con l'adesione. Se ci sono dei timori dovremmo incoraggiare il paziente ad esprimerli e poi discutere l'implicazione dell'adesione alla terapia. Va sempre tenuto presente che la maggior parte dei pazienti non complianti lo sono consapevolmente, per loro precisa scelta, non per ignoranza, errori o cattiva comunicazione. Vari elementi dell'agenda del paziente non vengono nominati durante la consultazione, anche se questa è più lunga e aperta del normale, e proprio questi items non nominati sono legati a problemi specifici come prescrizioni non desiderate e non adesione alla terapia.In medicina generale forse questi items saranno espressi in consultazioni future o lo sono stati nel passato. Un altro momento di riflessione ci viene offerto da una ricerca qualitativa sulle telefonate che avvengono fuori orario 5: i pazienti non osano chiedere la visita ma richiedono informazioni e consigli e preferiscono che questi vengano dati dal medico di cui ci si fida. Un'informazione fornita da chi è depositario di fiducia ha un peso maggiore. Vengono quindi introdotti i concetti di FIDUCIA e di AUTOREVOLEZZA. È difficile quindi definire e comprendere quali siano le aspettative, i diritti e i doveri del paziente e quelli del medico; quanto di educativo ed informativo ci sia in approccio più sociale-assistenziale (del prendersi cura) di quello essenzialmente medico del curare in un rigido contesto di servizio pubblico con rigido regolamento (per esempio l'obbligatorietà della richiesta di visita domiciliari entro le 10 del mattino). I genitori come consulenti esperti Ai genitori dei bambini con febbre alta vengono dedicati un editoriale e due articoli dello stesso numero del BMJ 6,7 ,8. Il titolo dell'editoriale è:"Ascoltare i genitori". Viene messo in evidenza che i genitori sono più efficienti dei professionisti nella diagnosi precoce di una vastità di casi di problemi di salute dei bambini. Bisogna riconoscere ai genitori e ai loro bambini il ruolo di esperti "speciali" dei loro corpi, delle loro vite e del loro ambiente, significa riconoscere "il loro monopolio della conoscenza esperta". Sono l'informazione e l'educazione che rendono i genitori esperti, e negli articoli viene sottolineato il valore di un intervento a bassa tecnologia come può essere l'ascolto. I genitori esprimono la frustrazione di sentirsi ignoranti e si preoccupano di non saper riconoscere un problema serio o di perdere qualcosa di importante, dichiarano il loro bisogno di dividere la responsabilità e di avere informazioni facilmente accessibili. Vengono portati due esempi di informazioni relativi alla febbre e alla tosse: - i genitori possono avere beneficio dall'educazione sul probabile effetto positivo della febbre e dalla conoscenza del centro termostatico regolatore. - la tosse: la caratteristica della tosse è facilmente predittiva di una consultazione con il medico. Può aiutare la conoscenza della fisiologia dell'apparato respiratorio e del ruolo fisiologico della tosse in risposta alle infezioni. Il dato dominante è che i genitori si sentono non competenti quando trattano le malattie acute dei loro bambini. Non trovano un senso nella malattia. 42 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini La loro esperienza di ricerca di consigli da parte di professionisti li può lasciare con un senso di incertezza e disinformazione. La disparità tra le credenze dei genitori e le loro aspettative del comportamento del medico frustra ulteriormente i tentativi dei genitori di capire la malattia dei loro bambini. Questi fattori possono agire come fonte di insoddisfazione e a volte di disarmonia nella relazione fra genitori e medico. La nostra frequente definizione:-"è solo un virus" può provocare ansia e confusione piuttosto che rassicurazione. L'etichetta di virus è troppo vaga, non offre loro il senso di poter controllare ciò che non va nei loro bambini. Alcuni genitori credono che la spiegazione del virus venga data quando non siamo certi della diagnosi. Anche la variabilità, anche se apparente, nelle decisioni sulla prescrizione di antibiotici crea confusione per i genitori,frustrando le loro abilità nel dare un senso alla malattia e imparare per il futuro. La prescrizione degli antibiotici sembra rappresentare qualcosa di più della decisione di un trattamento: è un modo di aiutare i genitori a collaborare ed anche una indicazione che i loro pensieri sono stati da noi considerati seriamente. Alcuni genitori pensano che ci sia stato un cambiamento storico nella prescrizione e i medici prescrivono meno che in passato. Pensano che questo possa essere dovuto al fatto che i medici debbano stare attenti ai costi. I genitori cercano spiegazioni e dettagli specifici e pratici per capire la causa e per giudicare la severità della malattia e sapere quando chiamare aiuto. Hanno bisogno di informazioni accessibili e specifiche per essere supportati nelle loro decisioni e diventa rilevante la fonte di informazioni accessibili (giornali, telenovela, pubblicità). La maggioranza pensa che essere più informati potrebbe ridurre piuttosto che aumentare la loro ansia. Un punto critico è capire se la condivisione dell'incertezza nel processo decisionale possa facilitare l'educazione dei genitori o possa creare ulteriori difficoltà. Quanto è stato detto in relazione ai bisogni dei genitori può essere allargato a tutti i familiari che hanno il ruolo di care-giver in caso di anziani, invalidi, in occasione di familiari con malattie acute o anche solo temporaneamente invalidanti. Il paziente esperto e l’apprendimento dal paziente È necessario riflettere sull’assenza di una formazione del cittadino ad un "sapere critico" da parte della scuola, dei mass-media e degli stessi medici. È un sapere che dovrebbe renderlo più consapevole nel compiere scelte che possano incidere sulla sua salute, attraverso un aumento della coscienza di sé, renderlo capace di partecipare con maggior pertinenza alle elaborazioni che il gruppo sociale compie per raggiungere una propria cultura del corpo e della salute. Sembra pertanto che insegnanti, giornalisti e medici debbano capire meglio che cosa sia conoscenza e come possa avvenire il trasferimento della conoscenza: è un problema di APPRENDIMENTO. I pazienti ci chiedono di apprendere, vogliono saperne di più, sono disponibili ad apprendere, ma c’è un’altra forma di apprendimento da considerare: l’apprendimento DAL PAZIENTE. Se partiamo dall’idea che è il paziente il maggior esperto del suo star male allora il malato diviene l’esperto da interrogare. È suggestivo pensare ad una forma di apprendimento simile alle tre fasi dell'apprendimento infantile su cui concordano molti Autori 11. Il bambino impara comportandosi, in periodi successivi, come tre diversi tipi di scienziato: XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 43 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini 1. il fisico (esplora il mondo naturale con l'ascolto e la visione) 2. lo psicologo (analizza il comportamento delle persone) 3. il linguista Così come lo sviluppo mentale passa da forme di conoscenza di tipo fisico a forme consce, così dalla esperienza del sintomo si passa per mezzo di un processo a due che si sviluppa sotto la guida del colloquio, come in un viaggio per arrivare ad una conoscenza espressa (il medico alla diagnosi e il paziente alla consapevolezza della cura, alla necessità del cambiamento di una abitudine…). Le fasi del processo di conoscenza passano da un inizio puntiforme ad un processo lineare fino ad una dimensione tridimensionale, ampia, sferica, di contesto della vita. Non si possono saltare le tappe. Tutto questo diventa patrimonio comportamentale e genetico: una terapia condotta con queste categorie diventa una modificazione genetica con la costruzione di un apprendimento. La prima condizione per apprendere dal paziente è averne rispetto e non basarsi sulle proprie presunzioni. L'istinto porta a trasferire le proprie credenze negli altri mentre la distinzione tra se e gli altri è un processo di apprendimento. Non è sufficiente l'ascolto ma bisogna razionalmente separare la propria mente da quella degli altri, operazione razionale che non è sempre facile né istintiva, è necessario attribuire agli altri uno stato mentale autonomo. Necessità di empowerment Un termine ricorrente in questi studi è quello di empowerment, termine praticamente intraducibile in italiano, mutuato da un termine molto usato nelle organizzazioni aziendali. In realtà la prima menzione di empowerment ci riguarda da vicino perché scaturisce dalle esperienze di psicologi cognitivisti della fine degli anni 60, i quali dimostrarono come negli animali da esperimento un aumento delle informazioni e della conoscenza migliorava la loro capacità di superare ostacoli e quindi di sopravvivere. L'empowerment è una delle strategie manageriali a più largo respiro, basata sul trasferimento dei poteri decisionali ai diversi livelli operativi della struttura. I collaboratori possono essere coinvolti come singoli, in gruppi operativi o in gruppi rappresentativi, come i sindacati, le associazioni o persone elette nei vari comitati. Perché si possa avviare il processo è necessario fissare obiettivi chiari, condivisi e condivisibili in modo che quanti sono coinvolti: - ricevano il maggior numero di informazioni possibili - comprendano le informazioni, per essere messi in grado di prendere decisioni razionali - siano realmente impegnati a raggiungere gli obiettivi previsti dall'organizzazione Empowerment è quindi la strategia di passare informazioni ai pazienti per renderli maggiormente in grado di prendere decisioni ai fini di collaborare nel progetto terapeutico. L'empowerment diventa allora il sinonimo di passaggio di potere attraverso la condivisione. Un recente report di luglio di quest'anno sul BMJ 9 si intitola: "I pazienti hanno bisogno di essere maggiormente coinvolti nelle decisioni relative alle cure." Diverse strategie devono essere sviluppate per una partnership più equa tra professionisti e paziente: - l'atteggiamento paternalistico deve terminare 44 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini - la capacità di comunicazione professionale deve migliorare il training professionale in abilità speciali deve assicurare un approccio motivato alla decisione condivisa - i pazienti necessitano di supporti che li aiutino a decidere fornendo loro informazioni sulle opzioni terapeutiche e sui risultati relativi ai loro problemi. Questi aiuti potrebbero essere disponibili come video interattivi, programmi di computer, audiocassette e materiale stampato. Purtroppo poco viene detto su chi dovrebbe produrre questa informazione, sulle sue modalità e sui suoi contenuti. Ancora sul BMJ del 20 ottobre10 sono valutati gli effetti sugli outcomes di un approccio positivo e centrato sul paziente. Esistono correlazioni tra buona comunicazione e soddisfazione del paziente e anche tra comunicazione efficace e migliori outcomes. Gli outcomes misurati sono: - salute emotiva - risoluzione dei sintomi - disturbi funzionali - controllo del dolore - misurazione della PA - controllo della glicemia Se noi medico non provvediamo a un approccio positivo, centrato al paziente, questi sarà meno soddisfatto, meno capace di coping, potrà lamentare un maggior numero di sintomi e usare più risorse dei servizi sanitari. Approcci come l'empowerment e l'approccio positivo possono essere ugualmente potenti. Le variabili predittive di soddisfazione sono la percezione del paziente di comunicazione e partnership e un approccio positivo. Quali strumenti per migliorare la comunicazione Ovunque si proclama la necessità di migliorare la comunicazione tra medico e paziente e tra gli stessi medici ma poco viene detto su quali metodi utilizzare a tale scopo. Le maggiori lamentele hanno a che fare con problemi di comunicazione e non di competenza clinica 12. La lamentela più comune dei pazienti è che i medici non li ascoltano. La componente più richiesta è che il medico sia in sintonia con loro, interessato alle loro preoccupazioni e aspettative, e discuta e condivida i problemi, conoscendo il loro contesto. Questo sembra qualcosa come una buona pratica medica di vecchia data, ma: - 1/5 dei pazienti pensa che i medici non siano interessati a loro - meno della metà ha la sensazione che i medici comprendano i loro bisogni emotivi - metà pensano che il loro medico non li conosca bene I medici pensano che sia un problema legato al tempo e il 96% dei GP inglesi pensa che troppo venga richiesto alla medicina generale al momento attuale 13. Che cosa vogliono i pazienti? 14: - più e migliori informazioni sui problemi e sugli outcomes - più informazioni sugli effetti collaterali dei trattamenti - il trattamento del dolore e comprensione dello stress emotivo - consigli su cosa possono fare per la loro salute. Pazienti e medici hanno modi diversi di definire che cos'è una buona ed efficace comunicazione. I pazienti di oggi sono visti come consumatori e come XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 45 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini attivi partecipanti al processo decisionale e i pazienti tendono a lasciare i medici che non li coinvolgono nelle decisioni. Imparare la comunicazione in tempi di cambiamento e incertezza dipende dall'apertura emotiva a se stessi e agli altri. Come superare le difficoltà dei medici ad imparare nuove abilità comunicative? Abbiamo bisogno di strumenti pratici, basati su ricerche che aiutino i clinici ad imparare dai pazienti ed aiutino i pazienti ad imparare dagli esperti 15. Chiedere ai pazienti cosa hanno capito della loro malattia e quanto desiderano essere coinvolti nelle decisioni rispetto il trattamento, può essere un inizio per i medici che cercano un modello di cure informato e collaborativo. Conclusione Per concludere riprendo un passo dell'intervento del prof. Mondella, professore di filosofia della scienza all'università di Milano, dagli atti del congresso CSeRMEG del 1987 sulla comunicazione nell'educazione sanitaria 16. "È necessario ampliare la cultura sanitaria generale non nel senso di una medicalizzazione crescente, ma nel senso di una gestione maggiormente responsabile ed attiva da parte di ciascuno delle proprie condizioni di salute e di malattia. Per tale gestione occorre una cultura sempre più comune a fruitori ed operatori della relazione terapeutica. L'educazione sanitaria può proporsi come meta il raggiungimento di tale cultura che non è necessariamente la cultura tecnica della medicina dispensata in modo autoritario da esperti, ma una cultura dove ciascuno possa dare il proprio contributo derivante dalla propria storia e dalle proprie tradizioni (dalla medicina del silenzio alla medicina del dialogo). Se quindi molte riflessioni sono già datate e i problemi sono ancora così attuali, forse il significato che dobbiamo trarne è che abbiamo ancora molto da fare. Se i pazienti sono cambiati, maturati, se sono diventati più capaci di cercarsi le informazioni che a loro servono, allora noi medici dobbiamo chiederci come possiamo anche noi stare al loro passo. Forse dobbiamo porci alcuni obiettivi a breve e a lunga scadenza: per esempio da domani, al nostro rientro al lavoro, possiamo cercare di migliorare l'ASCOLTO, possiamo cominciare ad APPRENDERE dal paziente, possiamo fare opera di EMPOWERMENT……di certo l'obiettivo più ambizioso sarà quello di migliorare le nostre capacità comunicative. Bibliografia 1. 2. D. Coen.Scrivi una lettera al tuo medico. Ricerca e Pratica 2000;16:1-3 Van Der Kar A. Knottnerus A. Meertens R. Dubois V. Kok G. Why do patients consult the general practitioner? Determinants of their decision. British Journal of General Practice 1992;42:313-316 3. 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Can Med Assoc 1995;152:1423-1433 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 47 Alla ricerca dell’autorevolezza perduta Paolo Longoni Via Grigna 9 – 20155 Milano e-mail [email protected] Tel + 39 02.39308382 Il tema della autorevolezza in medicina generale è già stato affrontato nell’ambito del Centro Studi un paio di anni fa, durante uno dei nostri Seminari di Primavera. In seguito è stato lasciato “sedimentare” a lungo, ma oggi il tema diventa nuovamente importante,e si collega direttamente al tema del nostro congresso. Informazione e fiducia, infatti, sono complementari alla autorevolezza. In questo intervento darò un definizione di autorevolezza, tenterò un aggancio necessario col tema del potere, descriverò i risultati della letteratura sull’argomento e, infine, tenterò di prospettare una nostra ricerca originale, di tipo qualitativo, sul tema della autorevolezza. Per capire meglio il tema di cui stiamo parlando, bisogna prima tentare una operazione fantastica : stendiamo quindi un filo immaginario tra un passato per definizione “autorevole” e un moderno in cui l’autorevolezza sembra più che altro un optional molto costoso e ricercato all’interno della nostra professione. Edward Shorter, nel suo celebre “La tormentata storia del rapporto medico paziente”, non a caso nel capitolo dedicato al paziente post-moderno, ci racconta una storiella edificante. Siamo verso la fine del XIX secolo, in Inghilterra. Un medico e la moglie di Henry, un paziente moribondo, stanno al suo capezzale. Il medico dice : “Marian, Henry è morto”. Ma Henry balza su indignato e dice : “non sono morto, sono vivo !”. E la moglie pronta : “Henry rimettiti giù : vuoi saperne più del dottore ?” Certo la storiella ci fa sorridere, ma ci induce a pensare che c’è stato un tempo in cui i medici erano autorevoli. O meglio, ci piace pensare che ci sa stato un tempo magico in cui i medici sono stati autorevoli. Con un salto fantastico, però, arriviamo ai nostri tempi, e qui troviamo quelle che io definisco le icone del moderno. Sono, a ben vedere, icone di mistificazione. Quelle qui rappresentate (John Kildare, Guido Tersilli, Ernesto Che Guevara, Doug Ross) sono solo quattro raffigurazioni tra le tante possibili : alcune nobili, altre ignobili, ma tutte penetrate in profondità nel cosiddetto immaginario collettivo, fino a determinare nel pubblico diverse (e non troppo vere…) idee di medico. In più, certamente, questi personaggi hanno anche finito per influenzare le nostre scelte professionali. Una definizione di autorevolezza, così come la si può trovare su un dizionario come lo Zingarelli, lascia delusi : “caratteristica di chi è autorevole”, “dotato di autorità”, “che gode di molta considerazione”. Ovviamente siamo di fronte a un che di tautologico, e comunque poco soddisfacente. In medicina generale, oltre a tutto, l’autorevolezza è parte della cura, è ingrediente, è principio attivo. Lo stesso Balint, del resto, più di quaranta anni fa, nella introduzione al suo fondamentale testo “Medico, paziente e malattia” sosteneva che :”…il farmaco di gran lunga più usato in medicina generale è il medico stesso…”. Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Tuttavia, ne siamo ben consci, oggi per il medico di medicina generale l’autorevolezza è inusuale, quasi inconcepibile, quasi una contraddizione in termini. Siamo arrivati alla dis-autorevolezza ? A questo punto è necessario aprire una parentesi sul rapporto indiscutibile tra autorevolezza e potere. Se, come definizione di potere, prendiamo quella che lo descrive come “attribuzione all’interno di un rapporto della possibilità di autodeterminare i propri comportamenti e di influenzale i comportamenti altrui”, la sua relazione con l’autorevolezza ci appare più chiara. Il potere si esercita attraverso il riconoscimento e la accettazione di cinque “fonti del potere” : la legittimazione, la competenza, la coercizione, la connessione, e la identificazione. In medicina, e quindi nel rapporto medico-paziente, noi stabiliamo di volta in volta priorità di espressione diverse di queste cinque risorse, a seconda del tipo di paziente che abbiamo di fronte, del momento della nostra relazione, del tipo di problemi che ci vengono posti, e così via. È un fatto assolutamente dinamico, non certo statico. Il fatto di essere laureati in medicina chirurgia e di indossare un camice bianco ci legittima a esercitare la nostra professione, mentre la competenza su determinati problemi di salute o di malattia ci rende ancora più forti agli occhi del paziente. Raramente esercitiamo il potere coercitivo (si può pensare alle rare occasioni in cui pratichiamo un trattamento sanitario obbligatorio) mentre, molto più frequentemente, ci confrontiamo con i poteri della connessione e della identificazione. Nel primo caso il paziente ci riconosce potere perché è consapevole dei nostri stretti rapporti con altri medici (specialisti, ospedalieri, ricercatori ecc.), nel secondo invece, in maniera talvolta palese, talvolta più nascosta, il paziente riconosce in noi un individuo che ha operato scelte analoghe o affini alle sue, come ad esempio le scelte politiche, o più banalmente quelle sportive. Potere rimanda necessariamente ad autorità, intesa come esercizio legittimato di un quantum di potere. La autorità potrà essere veicolata da due grandi direttrici : una è quella che, attraverso la imposizione, porta direttamente all’autoritarismo, con tutte le accezioni negative immaginabili. L’altra, quella che ci interessa maggiormente, attraverso la ricerca di consenso, l’ascolto, la diagnosi, il coinvolgimento, forse addirittura attraverso l’arte medica, ci porta invece alla autorevolezza. In un rapporto di fiducia, e qui sta la connessione con il tema del nostro Congresso, si assiste ad un bilanciamento costante tra un momento di informazione (la parte più propriamente “hard”) che deve essere necessariamente credibile e professionale, e un momento di comunicazione (la parte invece più “soft”) che deve essere invece integrativa. La miscela ottimale tra queste due parti porta alla realizzazione della fiducia. Nel nostro caso alla realizzazione di un rapporto di fiducia. Per descrivere meglio il concetto di autorevolezza, bisogna necessariamente tornare indietro nel tempo, e cercarne le tracce attraverso la identificazione di parole chiave affini. Si tratta di termini esclusivamente anglosassoni, a volte difficilmente traducibili. E, d’altra parte, la letteratura sull’argomento è quasi esclusivamente inglese o nordamericana. Che cosa ci insegna l’analisi della letteratura? Il primo termine è malpractice. Se ne parla per la prima volta nel 1961, dalle colonne del JAMA. Paradossalmente, i medici che vengono maggiormente accusati di malpractice, sono quelli che hanno un curriculum professionale migliore, forse perché i pazienti si aspettano da loro prestazioni specialistiche, snaturando così l’idea stessa di medicina generale. I general practitioners che conducono visite più brevi e quelli che hanno uno stile di consultazione più freddo e distaccato sembrano essere 50 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini maggiormente colpiti da denunce di malpractrice, mentre quelli che promuovono il cosiddetto “active listening” e che hanno un senso dell’umorismo più sviluppato tendono a non avere mai problemi di mencia per malpractice. Dalla malpractice nasce direttamente la defensive medicine, intesa come pratica che porta alla richiesta inappropriata di test, trattamenti e procedure diagnostiche, allo scopo di difendere il medico piuttosto che diagnosticare o trattare malattie del paziente. Anche i generale practitioners applicano la medicina difensiva, ma talvolta aumentando la parte di tempo speso col paziente per spiegare e comunicare meglio, il che ha ovvie ripercussioni positive. Più spesso, tuttavia, le richieste di accertamenti inappropriati e costosi, portano sia ad un aumento della spesa sanitaria che ad una distorsione delle aspettative del paziente nei confronti della medicina e ad una parallela alterazione del rapporto di fiducia col proprio medico. Anche il low morale si può inserire tra le parole chiave relative al concetto di perdita di autorevolezza. Cause primarie di basso morale tra i general practitioners inglesi sembrano essere specialmente la definitiva vittoria della clinica centrata sulla malattia su quella centrata sul paziente, con le conseguenze che si possono immaginare. Come effetti estremi di questo stato depressivo dilagante, abbiamo un netto aumento del numero dei suicidi tra i GPs inglesi, così come del numero di malattie alcool e droga correlate. Satisfaction e dissatisfaction descrivono stati d’animo che è importante registrare. Almeno un terzo dei family physicians americani si dichiara insoddisfatto, mentre è rilevante la osservazione gli aspetti maggiormente legati alla soddisfazione professionale sono considerati la relazione col paziente e il senso di competenza. Ancora più importante, e davvero specifico della medicina generale, è la constatazione che la soddisfazione professionale può essere maggiormente determinata da processi interpersonali complessi che da l raggiungimento di specifici risultati. In altri termini, non è tanto importante arrivare ad una diagnosi brillante o stabilire una corretta terapia, quanto piuttosto mantenere un legame col paziente, necessariamente con gli alti e bassi tipici di tutte le relazioni durature. Anche il burnout, la sindrome depressiva che sembra colpire in maniera significativa gran parte della popolazione medica, è un elemento interessante da valutare. La mancanza di tempo libero, il difficile recupero del riposo, le visite a domicilio e fuori orario, sembrano essere le cause più frequenti di burnout, mentre per le colleghe di sesso femminile le occupazioni domestiche aggiungono una ulteriore quota di ansia e stress alla loro condizione di medico. Certo è che i medici maggiormente sottoposti a stress lavorativo sono anche quelli che hanno minori capacità di “coping”, inteso come insieme di azioni atte a condurre una ottimale relazione col paziente integrando tutte le competenze tecniche e la disponibilità anche affettiva possibile. Interessante osservare più da vicino l’ultima delle parole chiave ricercata : happiness, eil suo corrispettivo negativo, unhappiness . Il tema della felicità e della infelicità professionale dei medici viene trattata da Richard Smith, editor del British Medical Journal, in un recente articolo di commento ai risultati di un sondaggio di opinione lanciato attraverso la edizione elettronica della rivista su Internet. 1395 erano state risposte, delle quali 36° provenivano da medici di medicina generale, per un totale di 19 paesi testati. I medici dovevano rispondere a quattro domande: 1) quanto sei infelice? 2) perché sei infelice? 3) che tipo di medico sei? 4) in che paese lavori?. I risultati del sondaggio sono abbastanza interessanti. Nel complesso, il 57,7% dei medici si chiara infelice o molto infelice, mentre solo il 20,1% si dichiara felice o molto XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 51 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini felice. I medici di famiglia, tuttavia, sembrano nettamente meno infelici (54,7%) e si dichiarano felici o molto felici nel 24,7% dei casi. Sono ben quindici le motivazioni che vengono addotte per spiegare i motivi della scontentezza professionale. Ai primi tre posti troviamo quelli “classici” : il sovraccarico di lavoro, la bassa retribuzione, lo scarso sostegno. In posizioni più arretrate, ma per noi molto significative data la diretta relazione con una dis-autorevolezza che sembra ormai conclamata, troviamo altre motivazioni che ci colpiscono. I medici hanno sempre meno possibilità di controllare il loro lavoro; sono lasciati soli ad occuparsi di aspetti che la società non sembra più in grado di gestire, come il dolore, la malattia, la morte; l’atteggiamento dei mass media nei loro confronti è pesantemente negativo; il loro status sociale è in crisi; i pazienti sono diventati troppo esigenti; viene loro attribuita troppa responsabilità; si è incrinato il loro stretto rapporto coi pazienti. Anche se le risposte inviate dai medici italiani erano statisticamente troppo poche per essere sicuri del dato, è rilevante notare che il nostro paese si colloca al settimo posto nella scala del grado di infelicità, preceduta Regno Unito, Spegna, Belgio, India, Grecia, Hong Kong. All’ultimo posto come infelicità (e quindi al primo come grado di felicità tra i medici) è la Svizzera. Se il panorama fin qui esplorato può ingenerare qualche legittimo scoramento, è bene ricordare che esistono anche contributi che, in prospettiva, possono stimolare una sperabile ripresa. Ci viene utile il lavoro pubblicato su un recente numero di The Journal of Family Practice da parte di Thom e di un gruppo di una ventina di colleghi californiani denominati Stanford Trust Study Physicians.Nel loro articolo, Thom e colleghi esaminano, attraverso l’analisi delle risposte date alle domande contenute in una serie di questionari somministrati a più di 400 pazienti consecutivi afferenti ai loro studi professionali, quelli che sono i comportamenti del medico che possono predire la fiducia da parte dei pazienti. L’obiettivo principale dello studio, in sostanza, è stato quello di verificare la forza relativa della associazione tra il comportamento professionale del medico e la fiducia del paziente. Per quanto esitano, dal nostro punto di vista, diversi limiti che condizionano i risultati di questo studio (numerosità e qualità del campione dei medici scelti, precedente sensibilizzazione al problema degli stessi medici attraverso la loro partecipazione a focus group specifici) ci sembra notevole osservare come pragmaticamente gli autori abbiano saputo evidenziare elementi preziosi nella gestione del rapporto medico-paziente al fine di migliorare il loro rapporto e, in fin dei conti, di guadagnare in termini di fiducia. I nove comportamenti del medico maggiormente correlati alla fiducia del paziente sembrano essere la capacità di dare conforto e cura (caring and comforting, difficilmente traducibili in italiano), dimostrare competenza, incoraggiare e dare risposta alle domande degli assistiti, spiegare quanto si sta facendo o si intende fare, inviare allo specialista solo se necessario, essere gentili durante la visita, discutere le scelte e chiedere le opinioni al riguardo, guardare negli occhi il paziente, trattare il paziente alla pari. Sono state riscontrate differenze significative nelle priorità e nei desiderata segnalati dai pazienti : per esempio i maschie in genere i più anziani sembrano apprezzare maggiormente il caring and conforting, le femmine e i più giovani la competenza. Anche se questo studio sembra dirci cose relativamente ovvie, la sensazione che ci sia uno jato troppo grande tra il comportamento considerato ottimale da parte dei medici e quello che sarebbe invece desiderato dai pazienti resta molto presente, quasi una spina nel fianco. Dobbiamo chiederci, a questo punto, se valga la pena di affrontare in maniera più sistematica tutta la problematica. Esistono certamente strumenti di analisi 52 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini abbastanza adeguati : un esempio è il recente Patient Experience Questionnaire (PEQ), sviluppato da alcuni autori nordeuropei. Per il momento sarebbe forse ancora più utile un momento di analisi “creativa”, con aspetti che riprendono la metodologia della ricerca qualitativa. Due le domande alle quali rispondere : quando, oggi, ti sei sentito più autorevole ? quando, oggi, ti sei sentito meno autorevole ?. Ne risulterebbe, siamo sicuri, un bel patchwork su come vediamo oggi noi la nostra autorevolezza e, soprattutto, su come la vorremmo vedere domani. Bibliografia 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. Balint M. Medico, paziente e malattia, Feltrinelli Editore, Milano, 1961 Wyckoff RL. The effects of a malpractice suit upon physicians in Connecticut. JAMA 1961;176:1096 – 1101 Grol R, Mokkink H, Smits A. et al. Work satisfaction of general practitioners and the quality of patient care. Family Practice 1985;3:128-135 Shorter E. “La tormentata storia del rapporto medico paziente“ Feltrinelli, Milano, 1986 Cooper GL, Rout U, Faragher B. Mental health, job satisfaction and job stress among general practitioners. BMJ 1989;298:366-70 Tancredi LR, Barondless JA. The problem of defensive medicine. 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L'attuale informazione biomedica possiede caratteristiche peculiari che ne costituiscono insieme una forza e una debolezza. • Cresce in maniera esponenziale: ogni anno vengono pubblicati oltre 2 milioni di nuovi articoli scientifici su 20.000 riviste e di questi circa un quarto vengono indicizzati sul più importante database che raccoglie citazioni bibliografiche (MEDLINE). • Diviene rapidamente obsoleta: il continuo progresso scientifico e tecnologico rende rapidamente vecchie le precedenti conoscenze, anche quando queste non sono state ancora completamente diffuse e applicate in pratica. • Le conoscenze prodotte dalla ricerca sono organizzate in maniera frammentata, articoli che trattano lo stesso argomento possono essere pubblicati su diverse riviste, la stessa informazione può essere contenuta in diverse fonti di informazione (trattati, riviste, linee-guida, protocolli, etc.) • Il costo di trattati aggiornati e di una serie di riviste qualificate è ragguardevole • Una massa sempre maggiore e in continuo divenire dell'informazione biomedica necessita di molto tempo per essere prima letta e poi adeguatamente valutata. • La stragrande maggioranza delle fonti di informazione di qualità è attualmente prodotta e diretta a fruitori di area culturale e linguistica anglosassone. Chi non ha padronanza della lingua inglese almeno scritta è tagliato fuori dalla possibilità di esaminare le fonti originarie delle informazioni e deve passare attraverso la lettura di fonti secondarie con i limiti che possono avere (ritardi di traduzione e pubblicazione, scelte editoriali, etc.) A questi limiti intrinseci della informazione biomedica si aggiungono le difficoltà legate alla gestione dell'informazione: • Limiti della mente umana • Varietà e variabilità delle necessità di informazione • Limiti delle tradizionali forme di aggiornamento • Limiti delle forme tradizionali di accumulazione e recupero delle informazioni La comunicazione di qualsiasi informazione (parole in forma orale o scritta, immagini, suoni) è un processo complesso che prevede la presenza di alcuni elementi distintivi: 1. L'emittente, colui che costituisce la sorgente del messaggio, che si identifica in una o più persone, quasi sempre una vera organizzazione o persona Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini istituzionalizzata che provvedono alla creazione e formulazione del messaggio 2. Il codificatore, in genere è direttamente o indirettamente l'emittente che aggiunge elementi suggestivi complementari al contenuto primario del messaggio (carattere e impaginazione dello scritto, tono e qualità della voce del parlato). 3. Il messaggio è costituito da parole scritte o verbali e/o suoni e/o immagini (visivo, uditivo e audiovisivo). Il messaggio è conformato in modo tale da presentarsi adatto per quei mezzi di diffusione cui viene affidato e da risultare facilmente e rapidamente decifrabile da parte del ricevente il messaggio. 4. Il ricevente (e spesso decodificatore) è il destinatario del messaggio e si compone di una pluralità eterogenea di individui (diversi per età, sesso, provenienza sociale, etc.) che può avere in comune solo la ricezione del messaggio. Nella comunicazione scientifica i gruppi che ricevono determinati messaggi hanno in comune anche altre caratteristiche connettive proprio di un gruppo (medici generici, specialisti, ricercatori, pazienti, etc.) 5. Il canale o mezzo di comunicazione è rappresentato dall'insieme di attività di ordine tecnico e commerciale che vengono esplicate al fine di far pervenire il messaggio all'universo dei riceventi cui è stato destinato. Il mezzo di comunicazione non influisce in alcun modo sul contenuto del messaggio né sulle sue finalità ma ha per scopo fondamentale di facilitare l'iter naturale del messaggio 1. Nel campo specifico della comunicazione di informazioni riguardanti il farmaco gli emittenti che producono informazioni sono sommariamente raggruppabili in 3 categorie omogenee (vedi figura): 1. L'industria farmaceutica che produce e commercializza il prodotto farmaco e che la ha necessità di far conoscere l'esistenza e le caratteristiche del prodotto ad un universo di potenziali fruitori Istituzioni diretti, i pazienti che Industria culturale possono giovarsi dell'assunzione del farmaco, e indiretti, i medici che possono prescrivere il farmaco, i farmacisti che lo possono vendere, i terzi paganti (sistemi sanitari nazionali,mutue, assicurazioni) che possono decidere se il prodotto ha le caratteristiche idonee per efficacia, qualità, prezzo per essere dispensato a loro carico. 2. L'industria culturale rappresentata prevalentemente dagli editori di libri, trattati, riviste che produce informazioni dirette agli utilizzatori indiretti dei farmaci (medici, farmacisti e altre figure professionali interessate a questo tipo di informazioni). 3. Le istituzioni (perlopiù pubbliche e spesso rappresentate dal "terzo pagante") che producono e diffondono informazione sui farmaci sia di tipo prettamente tecnico (caratteristiche farmacologiche e metodologia di Mittente Industria farmaceutica 56 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini impiego) che genericamente culturale (sensibilizzazione all'uso oculato dei farmaci, farmacovigilanza, farmacoeconomia,etc.) Come evidenziato dalla figura, nella realtà esistono sovrapposizioni fra i diversi emittenti, sia per quanto riguarda la produzione e disseminazione delle stesse informazioni, sia come momenti di complementarietà e condivisione o di dissonanza e contrapposizione. È da rimarcare il fatto che la stessa informazione (come dato oggettivo) può quindi essere veicolata sia da più emittenti, ognuno indipendentemente dall'altro e con i mezzi più appropriati, che congiuntamente utilizzando sinergie. Il ricevente le informazioni sul farmaco, per quanto specificatamente interessa, è il medico in generale. Come succintamente schematizzato in figura può essere caratterizzato per tipo di occupazione (generico, specialista, ospedaliero, ricercatore, etc.), per Destinatario: si caratterizza per interessi particolari che Tipo di occupazione possono anche esulare dal Interessi particolari tipo di specializzazione che pratica, per frequenza di Frequenza della patologia che tratta patologia che tratta (per es. Uso del farmaco (già in uso, non un medico di città vedrà più usato, usato in passato e non più bronchiti - da inquinamentoora) di un medico operante in Predisposizione al cambiamento una realtà rurale), per l'uso Fattori psicologici, demografici, che fa di determinati farmaci, economici. per la propensione al cambiamento (medico "innovatore" sempre pronto a introdurre le novità farmacologiche nella pratica o viceversa medico "conservatore" restio alla innovazione) e infine per fattori di vario tipo come fattori psicologici, demografici, economici della popolazione che assiste. È intuitivo e non necessita di ulteriori Comunicazione spiegazioni il fatto che alle diverse Processi e barriere caratteristiche del medico corrispondano sia diverse necessità di informazioni che Contesto soprattutto diverse modalità con cui Rumori di sottofondo queste informazioni gli possono essere Feedback inviate dai diversi emittenti. Sulla Quadro di riferimento caratterizzazione personale (caratteriale, psicologica e comportamentale), socioculturale, ambientale e lavorativa del medico sono "tagliate su misura" diverse strategie di comunicazione. Strategie di comunicazione che si sviluppano come processi comunicativi che devono superare determinate barriere per Contesto in cui opera esplicarsi compiutamente fino a l’informazione raggiungere l'obiettivo propostosi. l'individuo con la sua unicità I produttori e mittenti di fisiopatologica e psicologica informazione non possono (personalità, motivazioni, prescindere da una importante aspettative di salute, ansie e timori barriera alla comunicazione di malattia) rappresentata dal contesto in cui la la cultura sanitaria comunicazione dissemina le il sistema sanitario informazioni, contesto la politica sanitaria rappresentato dai pazienti con le la politica economica XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 57 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini loro unicità di malattia e motivazioni, dalla cultura sanitaria, dal sistema sanitario e la sua politica, fino alla politica economica globale. Non è difficile immaginare come al variare dei contesti possa variare notevolmente sia il tipo di informazione (se non altro legata anche al tipo di patologia prevalente in contesti per esempio di paesi ricchi e industrializzati) che ai mezzi di diffusione delle informazioni. Un'altra barriera alla comunicazione è rappresentata dai rumori di sottofondo che possono mascherare o disturbare la comunicazione. Cosa sia il rumore di sottofondo e come si produce è spesso difficile da definire. Per quanto riguarda l'argomento che ci interessa si potrebbe dire che l'informazione prodotta dalla industria farmaceutica è un rumore di sottofondo (invero assordante) che disturba alquanto la ricezione di informazioni emesse da emittenti più deboli, come ad esempio l'informazione istituzionale o quella dell'industria culturale indipendente. Va a questo punto rilevato come, a differenza delle comunicazioni interindividuali, nelle grandi comunicazioni normalmente non abbia luogo alcun feed-back immediato che possa influire sul messaggio in corso di emissione e che possa spingere l'emittente a continuare oppure a cessare l'emissione di messaggi. Se non è possibile rilevare nell'immediato il tipo di accoglienza che riceve l'informazione proposta è tuttavia facilmente valutabile per taluni emittenti la dimensione del messaggio di ritorno rappresentato da elementi economici come il risultato delle vendite del prodotto oggetto di informazione. Per concludere questa prima esposizione sulle caratteristiche generali della informazione e comunicazione, un breve cenno sul quadro economico entro cui si svolge la comunicazione di informazioni riguardanti il farmaco in Italia. a) Secondo l’IMS la spesa per informazione medico-scientifica è stata nel 1998 di circa 1.090 miliardi di lire Strumenti informativi Spesa 1998 % (miliardi di lire) sulla spesa totale Visite ai medici 888.9 81.6 Campioni 119.5 11..0 Stampati 68.6 6.3 Pagine di periodici 12.7 1.1 Totale 1.089.7 100.0 Le cifre riportate, di fonte indicano Farmindustria 2, come la informazione sul farmaco in Italia rappresenti una "industria" nell'industria, essendo i fatturati nell'ordine delle migliaia di miliardi. Non sono note cifre riguardanti l'impegno in questo campo dell'istituzione (SSN e sue diramazioni territoriali) e il fatturato dell'industria culturale ma non è difficile immaginare quanto possa essere di gran lunga inferiore. 58 b) Secondo la fonte ABACAM - Banca dati Multimedia - la spesa per l’informazione medico-scientifica è risultata invece negli ultimi anni la seguente: Anni Totale Di cui costo visite mediche (1) 1994 1.697 1.346 1995 1.643 1.319 1996 1.792 1.434 1997 1.945 1.483 1998 1.914 1.496 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini L'informazione sui farmaci Le cifre appena riportate testimoniano come in Italia l'industria farmaceutica risulta attualmente il maggior fornitore di informazioni sui farmaci alla classe medica attraverso un complesso di attività che varia da programmi educazionali a pratiche puramente promozionali. Constatazione di fatto che non è peraltro una prerogativa italiana essendo ampiamente presente da anni e in tutto il mondo la massiccia presenza dell'industria come fonte di informazione sui farmaci. Secondo una review degli Archives of Family Medicine" 6 il marketing farmaceutico è attualmente il sistema di informazioni più completo e meglio organizzato per aggiornare i medici sulla disponibilità, efficacia, rischi e modalità d'uso dei farmaci". Sempre secondo lo stesso rapporto “il costo del marketing farmaceutico è molto elevato ma è altresì tipico dell'industria ad alta tecnologia che deve comunicare importanti e complesse informazioni ad un pubblico sofisticato. L'oggetto dell'informazione: il farmaco Il farmaco rappresenta contemporaneamente l'oggetto e il soggetto della informazione: è l'oggetto della necessità di informazioni da parte dei medici ed è il soggetto della attività di informazione da parte degli emittenti interessati a divulgarne i contenuti informativi. Lo schema precedente focalizza il rapporto di Soggetto di promozione dinamicità e di ambivalenza fra farmaco Oggetto di promozione e medico che possono essere entrambi oggetto/soggetto di medico farmaco informazione/promozio ne. Il medico che si pone nei confronti della Oggetto di informazione informazione come mero ricevente e al più come decodificatore dei Soggetto di informazione numerosi messaggi che gli giungono è in una condizione passiva rispetto all'oggetto della informazione, il che pone il farmaco e tutto ciò che gli ruota attorno in termini di comunicazione, al centro del processo comunicativo con tutto ciò che comporta in termini di importanza, rilevanza, obiettività, qualità dell'informazione. In questo dualismo/antitesi di attività/passività ciò che distingue e finalizza lo stato di attività/passività rispetto al bisogno e ricerca di informazioni è lo stadio di modifica comportamentale del medico rispetto all’informazione e al suo oggetto - il farmaco. Ignaro della esistenza del farmaco Rispetto al prodotto oggetto di conoscenza informazione il medico si può → → interesse trovare in uno degli stadi di modifica valutazione comportamentale illustrati dalla → → prova tabella a qui a lato. uso In questo modello teorico di → uso abitudinario cambiamento mutuato dai concetti → XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 59 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini della teoria sociale cognitiva ad ogni fase corrispondono diverse necessità di informazione per cui utilizzando interventi pianificati di comunicazione si possono sollecitare e spesso indurre le fasi del cambiamento fino a raggiungere il cambiamento complessivo pianificato. Brevemente vengono accennati i tratti peculiari della strategia informativa utilizzata complessivamente. Ignoranza → conoscenza In questo stadio l'obiettivo della comunicazione è fornire informazione allo scopo di: Attirare l'attenzione, creare interesse e motivazioni Fornire una succinta informazione sulle caratteristiche del prodotto. Interesse → valutazione Con l'informazione fornita in questa fase si tenterà di: Creare una situazione che incoraggi il medico ad iniziare il processo razionale di analisi. Scoprire i bisogni e le aspettative del medico relativi al prodotto. Tracciare un profilo del medico in base ai "bisogni" ricavati per indirizzare successivi messaggi personalizzati. Valutazione → prova Le informazioni portate in questo passaggio serviranno principalmente a: Identificare chiaramente le opportunità di uso, cioè porre le indicazioni all'uso del farmaco Suggerirne l'uso quando queste indicazioni si presentano. Prova → uso occasionale L'obiettivo della comunicazione in questa fase è quello di mantenere una costante attenzione del medico sul farmaco con informazioni atte a : Fornire costante attenzione di elementi chiave del farmaco come nome commerciale, marchio aziendale, area terapeutica di intervento, vantaggi, etc. Enfatizzare i primi successi ottenuti con il farmaco e la soddisfazione prodotta. Ricordare le opportunità di uso. Citare colleghi o specialisti conosciuti che usano il farmaco. Uso occasionale → uso ripetuto L'obiettivo della comunicazione si semplifica di molto e le informazioni inviate servono a: Mantenere il clima che ha condotto alla soddisfazione del medico Mantenere l'immagine del farmaco e del marchio aziendale Confermare sempre le qualità del prodotto L'informazione veicolata come messaggio I dati oggettivi (il nome del farmaco, il nome del principio attivo, il meccanismo di azione, altre caratteristiche intrinseche del farmaco, etc.) sono veicolati ai riceventi e decodificatori l'informazione sotto forma di messaggi. 60 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini È coscienza comune che in ogni forma di comunicazione esiste un significato latente che trascende quello manifesto, significato che rafforza l'efficacia di un messaggio nella direzione voluta dall'emittente, del quale realizza l'intenzione persuasiva. Questa constatazione riguarda anche la comunicazione scientifica: “Ogni messaggio, ogni creazione pubblicitaria, indipendentemente da come è strutturata, provoca sentimenti e suscita emozioni che trascendono il significato apparente, legato alle parole e agli elementi simbolici della configurazione." 6 Nella attività di comunicazione delle aziende farmaceutiche il messaggio è caratterizzato da una componente scientifica preponderante in cui i significati espliciti sono riconoscibili solo dagli addetti ai lavori, tuttavia non mancano forme di intenzione persuasiva ed elementi simbolici che abilmente sottintesi rendono i messaggi assimilabili alle forme più comuni di messaggio pubblicitario e come tali possono essere "letti" con gli strumenti critici adeguati. Soprattutto nel "non detto", nel "presupposto" si scopre l'ideologia del messaggio, tutto il complesso di idee e di valori sui quali il messaggio è fondato e che il ricevente il messaggio accetta senza verificarlo, spesso, inavvertitamente. Nell'informazione fornita dall'industria farmaceutica una parte di rilievo è costituita dalla presentazione del messaggio, messaggio che avendo un costo economico deve essere costruito in maniera tale da massimizzarne, da un punto di vista economico, l'efficacia. (vedi tabella). La presentazione del messaggio è importante per una persuasione efficace, esistono collaudate tecniche pubblicitarie che hanno ricevuto una ampia validazione Aumenta l'efficacia del messaggio: sul campo e che sono • Usare argomenti forti utilizzate anche nella • Usare domande retoriche comunicazione scientifica. • Aumentare il numero di argomenti da Ovviamente le tecniche, se di sottoporre all'ascoltatore per sono neutre, l'utilizzo che • Ripetizione dello stesso messaggio se fa caratterizza il tipo di • Ripetizione di messaggi simili ma non comunicazione: le stesse identici tecniche possono essere • Fare appello alle convinzioni o utilizzate per "convincere" ad emozioni dell'ascoltatore utilizzare un farmaco ma anche per aiutare a memorizzare informazioni sull'argomento. I messaggi devono avere anche la caratteristica di essere comprensibili per essere persuasivi 7. Sembra una ovvietà ma è meno ovvio di quanto si sia portati a credere. Un ottimo esempio di quanto asserito è rappresentato da due ricerche in cui a medici e pazienti erano presentati diversi scenari di efficacia di un farmaco. - I pazienti che assumono il farmaco A per 5 anni hanno un rischio di avere attacchi cardiaci inferiore del 34% rispetto a chi non assume il farmaco. - Il 2,7% dei pazienti che assume il farmaco B per 5 anni avrà un attacco cardiaco rispetto al 4,1 dei pazienti che non lo assume. - Se 71 pazienti assumono il farmaco C per 5 anni, 1 di essi non avrà attacchi cardiaci, non è possibile sapere però quale paziente sarà beneficiato dalla terapia. Quale proposta è stata recepita come la più efficace? 8,9 Pochi medici e pazienti sono propensi a intraprendere una terapia se i risultati sono presentati come ARR o NNT rispetto alla più appariscente riduzione del rischio relativo, concetto evidentemente più immediatamente e facilmente comprensibile. Non meraviglia pertanto che l'informazione dell'industria farmaceutica usi con una XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 61 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini certa larghezza riportare i risultati come diminuzione del rischio relativo piuttosto che in altre modalità di misura di efficacia. Una revisione effettuata su Mezzi di diffusione delle informazioni - riviste - pubbliche relazioni - direct mailing - gli articoli di stampa - pubblicità redazionale - meeting - informazione diretta al pubblico - congressi - gli informatori scientifici - corsi di aggiornamento - ricerca - associazioni di malati - associazioni od organizzazioni professionali messaggi pubblicitari pubblicati su 38 numeri di riviste mediche canadesi ha esaminato come venivano riportati i risultati degli esiti clinici dei farmaci pubblicizzati. Su 22 pubblicità prese in esame, 11 riportavano i risultati come RRR (riduzione del rischio relativo), 2 riportavano i risultati come riduzione del RR ma presentavano i dati completi per cui il lettore poteva calcolarsi l'ARR e l'NNT, 9 non presentavano nessuna misura di risultato ma solo i dati da cui si potevano calcolare RRR, ARR e NNT. La maggior parte, quindi, delle pubblicità riporta le variazioni dei risultati come RRR e questo bias influenza il modo di prescrivere dei medici. 13 I mezzi di diffusione delle informazioni I messaggi che hanno lo scopo di informare e/o influenzare il pubblico cui sono diretti sono veicolati attraverso diversi mezzi di comunicazione. I mezzi di diffusione più utilizzati sono le riviste, le lettere inviate per posta, la pubblicità redazionale, la pubblicità diretta al pubblico, gli informatori scientifici. Altri mezzi, più sofisticati, meno diffusi, più costosi e di cui non è sempre chiaro chi paga comprendono le pubbliche relazioni, gli articoli di stampa, il finanziamento di meeting, congressi, corsi di aggiornamento, ricerca, associazioni di malati, associazioni od organizzazioni professionali. La scelta di un mezzo piuttosto che un altro o il più delle volte più mezzi contemporaneamente o in sequenza è basata su considerazioni complesse che coinvolgono altrettanto complesse competenze (sociologi, psicologi, analisti finanziari, creativi, etc.) il cui risultato finale è la produzione di una adeguata strategia di informazione. Esaminare nel dettaglio tutte le forme di informazioni citate sarebbe troppo lungo e complesso in questa sede, pertanto verranno esaminate più approfonditamente le due fonti più utilizzate dai medici (le riviste e gli Informatori Scientifici del Farmaco) ed una fonte (l'informazione diretta ai consumatori di farmaci) che pur non fornendo direttamente informazioni ai medici risulta tuttavia interessante quale fonte indiretta di come l'informazione biomedica viene recepita, filtrata, rielaborata e reimmessa in circolo dai consumatori. Le riviste mediche Le riviste mediche sono ancora una delle fonti di informazione più utilizzate dai medici per il proprio aggiornamento. 62 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini La gran parte di riviste che il medico legge sono però del tipo che si riceve gratuitamente e che sono finanziate attraverso la pubblicità. Le riviste di qualità dotate di un processo di peer-review hanno costi complessivamente elevati (soprattutto per un medico pratico che volesse tenersi aggiornato nelle diverse specialità della medicina) ma devono anch'esse la loro sopravvivenza e mantenimento della qualità agli introiti pubblicitari. Una disamina sui rapporti fra linea editoriale della rivista e interessi degli inserzionisti pubblicitari sarebbe troppo lunga in questa sede, tuttavia non si può sottacere il problema, sollevato peraltro in sedi autorevoli come il Lancet e il New England Journal of Medicine. Nel 1993 un editoriale di Lancet 11 ha espresso le prime preoccupazioni sulla possibilità che editoriali di riviste importanti potessero essere scritti da gosthwriters pagati dall’industria farmaceutica e di poco successiva è stata l'esperienza raccontata sul NEJM di un professore di Harvard cui è stato proposto da parte di una agenzia di pubbliche relazioni di scrivere editoriali su commissione (ovviamente remunerati ben più di quanto possa pagare una rivista per ospitare un editorialista autorevole) 12. Dando comunque per scontata l'autorevolezza delle più importanti riviste mediche dotate di processo di peer-reviewing può essere interessante valutare brevemente anche i contenuti informativi della pubblicità ivi contenuta: pubblicità che per sue caratteristiche intrinseche ha la capacità di attirare l'attenzione più di un corposo articolo, anche se dal titolo allettante o dall'autore prestigioso. Il contenuto informativo della pubblicità contenuta nelle riviste mediche è stato abbastanza ben studiato. Uno studio piuttosto datato 13 sulle informazioni contenute in annunci pubblicitari raccolti sulla stampa medica recapitata ad un general practitioner (medico generico inglese) in un trimestre ha raccolto 591 messaggi pubblicitari che pubblicizzavano 316 diversi farmaci. I farmaci introdotti nei due anni precedenti utilizzarono il 23% degli spazi pubblicitari mentre quelli non più vecchi di cinque anni occuparono il 45% dello spazio. Il nome commerciale era più frequentemente usato rispetto al nome generico, i dosaggi raccomandati erano riportati solo nel 14% dei casi e gli effetti collaterali o controindicazioni erano raramente riportati. Lo studio conclude che la maggior parte degli annunci pubblicitari contiene poche informazioni e generalmente non contiene sufficienti informazioni per prendere una decisione consapevole sul suo uso. Da questo studio, ancorché piuttosto vecchio, si rileva quindi che i farmaci più pubblicizzati sono anche i più vecchi e che sono scadenti o mancano i contenuti informativi, la conclusione che si può trarre è che la pubblicità sulla tampa medica serve principalmente per ricordare il nome dei farmaci più anziani, riservando ad altre forme più efficaci il compito di promuovere le novità. Le regole per accedere alla pubblicità sulla stampa variano da paese a paese e sono comprese sia in leggi statali sia in codici di autoregolamentazione che si sono dati sia i pubblicitari che i committenti (industria farmaceutica). Sulla efficacia dei codici di autoregolamentazione che l'industria si è data ci potrebbe essere qualche ragionevole dubbio, non tanto sulla accettazione e adeguamento alle regole, ma piuttosto sulla loro "qualità". Diversi studi australiani hanno invece evidenziato che l'auto-regolamentazione della promozione del farmaco si dimostra efficace nel migliorare gli standard di informazione forniti nella pubblicità sulla stampa medica. Tre indagini sono state effettuate in tempi diversi, dalla prima indagine nel 1986 all'ultima del 1992 sono notevolmente diminuite le pubblicità giudicate chiaramente mistificanti (da 31 al 7%) e sono aumentate le pubblicità tecnicamente accettabili (come tali giudicate da un panel di farmacologi sia in XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 63 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini riferimento all'aderenza delle affermazioni alle caratteristiche del farmaco che al rispetto delle regole del codice di autoregolamentazione pubblicitaria). 14,15 ,16 Infine uno studio di provenienza statunitense 17 ha esaminato 109 annunci pubblicitari provenienti da 10 riviste mediche. Ogni annuncio con gli eventuali riferimenti bibliografici è stato esaminato da 2 esperti dell'area clinica coperta dal farmaco pubblicizzato e da un farmacologo clinico. È stata valutata la rispondenza fra messaggio pubblicitario e criteri adottati dalla Food and Drug Administration sulla pubblicità sanitaria. Queste regole consentono la pubblicità se il messaggio è corretto e bilanciato (benefici ed effetti collaterali e controindicazioni), se è aderente ad evidenze scientifiche e se i grafici e slogan non sono ingannevoli. I risultati di questo studio mostrarono che un equilibrio era presente solo nella metà degli annunci (49% presente, 40% assente). Titolo o sottotitolo del messaggio fu giudicato ingannevole nel 32% dei casi per quanto riguardava l'efficacia e nel 19% per quanto riguardava gli effetti collaterali e controindicazioni. Almeno uno dei criteri della FDA per la corretta promozione farmaceutica furono disattesi nel 92% degli annunci pubblicitari. Secondo i recensori degli annunci solo il 4% degli annunci avrebbe potuto essere pubblicato senza modifiche, del 28% avrebbe dovuto essere rifiutata la pubblicazione, mentre il 35% avrebbe richiesto diverse revisioni e il 35% minime revisioni prima di essere pubblicato. L'informazione diretta al pubblico L'informazione sui farmaci diretta al pubblico non è possibile sotto forma di messaggio pubblicitario in pressoché tutto il mondo ad eccezione degli USA, dove è possibile pubblicizzare il farmaco con il suo nome commerciale attraverso qualsiasi media. Nel resto del mondo è possibile questo genere di informazione solo per i farmaci OTC (da banco). Lo scopo principale della informazione diretta al pubblico non è tuttavia quella di far conoscere le caratteristiche farmacologiche del farmaco (dosaggio, indicazioni, controindicazioni, rischi, etc.) ma quello di far conoscere l'esistenza del farmaco (con un certo nome commerciale nel caso sia possibile la pubblicità) e delle sue indicazioni principali. Laddove non è possibile fare informazione diretta ed esplicita (cioè pubblicità) vengono adottate strategie alternative dirette principalmente a sensibilizzare il pubblico dell'esistenza di patologie e relativi farmaci. Può sembrare una forzatura poiché è ragionevole pensare che un soggetto affetto da una qualche patologia sappia di essere malato (perché ha già consultato un medico che lo ha reso edotto del suo stato). Ma il nuovo eldorado della moderna medicina non è più la malattia intesa come presenza di segni e di sintomi che segnalano la presenza del malfunzionamento di qualche organo o apparato ma la malattia possibile come presenza di fattori di rischio (obesità, fumo, colesterolo, etc), le modificazioni fisiologiche dovute all'età (menopausa, osteoporosi, decadimento organico del grande anziano), le difficoltà e lo stress della vita moderna (relazioni sociali sempre più complesse con il loro carico di ansia e frustrazioni). Non è pertanto illogico che l'industria farmaceutica che dispone di farmaci atti a curare tutta una serie di condizioni attui campagne di informazione e sensibilizzazione dirette al pubblico ignaro delle sue reali condizioni di salute. Le campagne di sensibilizzazione Queste campagne effettuate con vari mezzi (stampa, TV, opuscoli, etc.) sono dirette prevalentemente alla conoscenza delle malattie, alla importanza di una diagnosi precoce o alle misure in grado di prevenirle e sono organizzate e 64 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini patrocinate da enti istituzionali, società scientifiche, organizzazioni di malati e anche direttamente o indirettamente dall'industria farmaceutica. In molti casi, purtroppo, la valenza scientifica e sociale è sopravanzata dal mero interesse commerciale che può essere collegato alla malattia oggetto di campagna informativa: farmaci, test, diagnostici, tecnologia impiegata, valorizzazione di competenze specialistiche. Gli esempi non mancano e non passa anno che qualche malattia, possibilmente cronica o molto diffusa e il più delle volte al confine fra fisiologia e patologia, non venga definita come "il flagello" da combattere con tutte le forze (soprattutto farmacologiche). Se alcune campagne, soprattutto di prevenzione (ad esempio AIDS) sotto l'egida di enti statali ha tutta l'approvazione e il sostegno della classe medica e non, non sono rari i casi di campagne di informazione più opinabili anche sotto un profilo tecnico-scientifico (vedi ad esempio progettate o auspicate campagne per lo screening dell'epatite C o del tumore della prostata). In un campo comunque ancora scivoloso, mancando spesso chiare evidenze scientifiche di un beneficio sulla salute pubblica e sulla salute complessiva dei singoli, si inseriscono in maniera massiccia campagne di informazione gestite direttamente dalla industria farmaceutica su argomenti più funzionali agli interessi commerciali: menopausa e osteoporosi, obesità, impotenza, depressione e disturbi della personalità, demenza. L'uso delle stesse tecniche informative adottate dalle agenzie statali (per esempio attraverso la distribuzione di milioni di opuscoli o poster da appendere nelle sale d'aspetto dei medici) conferisce a queste iniziative un "aspetto" simil-istituzionale che può trarre in inganno e fuorviare il pubblico sulle reali intenzioni veicolate dai messaggi. Spesso le campagne promozionali sulla prevenzione delle malattie presentano cifre allarmanti sui rischi di malattia: una donna su 4 muore di malattie cardiache, una su 9 di cancro al seno: queste cifre sono vere ma fuorvianti. Lo sono non per quanto dicono ma per quanto omettono: a quale età, per esempio le donne (o gli uomini) muoiono di queste patologie: dopotutto di qualcosa dobbiamo morire. La maggior parte della gente probabilmente non prenderebbe nessuna precauzione preventiva per una malattia che iniziasse a fare i suoi danni a 95 anni, se inizia invece a 45 anni il ragionamento sarebbe diverso. Occorre sapere a quale età è più probabile che la malattia colpisca per poter prendere decisioni consapevoli in tema di prevenzione e soprattutto di assunzione di farmaci a scopo preventivo. Finanziamento di organizzazioni di malati L'industria farmaceutica finanzia in maniera più o meno occulta organizzazioni che coinvolgono pazienti affetti da particolari malattie, loro familiari, spesso medici specialisti interessati alla cura della malattia. Le ragioni di questa liberalità sono abbastanza evidenti e sono compendiabili in quattro principali motivazioni: 1. Le associazioni di pazienti possono essere la prima area di interesse ove far conoscere i nuovi farmaci non ancora lanciati sul mercato, ciò aiuta a preparare il mercato ad accettare il nuovo farmaco. 2. L'avallo delle associazioni dei pazienti dato ad un nuovo farmaco fornisce una maggiore credibilità rispetto alle informazioni che provengono solo dall'industria. 3. Le associazioni possono rappresentare un potente mezzo di pressione politica che può aiutare l'industria quando si tratta di richiedere minori o più rapidi controlli nella fase di registrazione di determinati farmaci. XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 65 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini 4. Soprattutto consente all'industria di raggiungere e comunicare direttamente con i pazienti 19. Questa analisi è stata ripresa in un articolo 20 pubblicato su una rivista vicina all'industria farmaceutica che conferma l'attenzione dell'industria verso le associazioni dei malati: “poiché le associazioni di malati sono fortemente interessate a raccogliere e trasmettere informazioni sui farmaci ai loro membri, possono diventare un utile veicolo per le industrie farmaceutiche per disseminare informazioni sui nuovi farmaci in fase di pre-lancio." Nello stesso articolo si afferma che una azienda produttrice di alendronato ha collaborato con la UK National Osteoporosis Society nella fase di pre-marketing del farmaco e un'altra azienda lavora strettamente con associazioni di malati di schizofrenia e asma su "progetti educazionali" in preparazione del lancio di nuovi farmaci 20. Le associazioni di pazienti nascono spesso su base volontaria come organizzazioni locali su piccola scala che raccolgono pazienti che desiderano riunirsi assieme per confrontare esperienze terapeutiche, condividere informazioni e sostenersi psicologicamente. Frequentemente rivendicano migliori cure per la patologia da cui sono affetti e sono in grado di indicare ai loro aderenti i modi più appropriati per ottenere le cure più appropriate. La maggior parte non ha legami con l'industria farmaceutica e si sostiene con i fondi dei soci, di sottoscrizioni di simpatizzanti o con fondi pubblici. Altre, come si è visto, possono avere finanziamenti dall'industria e sostenere campagne di promozione di farmaci. Il problema non è rappresentato dal finanziamento in sé ma dal legame che è spesso non chiaro e può non essere reso noto negli incontri o nel materiale informativo. L'informazione prodotta dalle associazioni di malati non è infatti sottoposta alle stesse regole cui è sottoposta l'informazione di parte. Per esempio una associazione di pazienti può raccomandare l'uso non approvato di un farmaco o richiedere l'utilizzo di un farmaco non ancora in commercio mentre una industria non lo può fare. Ogni associazione di pazienti, istituto o opera pia che ha legami finanziari con l'industria farmaceutica e che diffonde conoscenze su una specifica malattia in modo tale che il pubblico possa richiedere l'uso di determinati trattamenti farmaceutici, sostiene specifici prodotti, presenta positivamente trattamenti farmacologici, nei fatti aiuta la promozione alla vendita dei farmaci. Queste attività sono riconducibili tutte alla definizione di promozione così come indicata dalla WHO: “ogni informazione e attività di persuasione messa in atto dal produttore o venditore il cui effetto è quello di indurre la prescrizione, l'acquisto e l'uso di prodotti farmaceutici" 18. Molte delle attività e dei materiali informativi delle associazioni di malati violano due principi dei criteri etici della WHO “il materiale promozionale non deve essere creato in modo tale da nascondere la sua reale natura" e “le attività scientifiche ed educazionali non dovrebbero essere deliberatamente usate per scopi promozionali" 18. In Italia il caso Di Bella ha tracciato il solco e indicato la strada di come associazioni di malati possano, opportunamente organizzate, indirizzare i loro aderenti e simpatizzanti verso il consumo di determinati farmaci. Nel caso specifico l'industria farmaceutica si è tenuta opportunamente fuori. Non è detto che in altre circostanze non possa viceversa approfittare di opportunità a lei più congeniali. Un modo etico e non strumentalizzabile di acquisire finanziamenti da parte di ogni tipo di eventuali finanziatori (e non necessariamente solo industrie farmaceutiche) è quello di stabilire delle linee-guida di comportamento e di 66 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini pubblicizzarle sia ai soci e sostenitori che al pubblico. Le associazioni di malati dovrebbero pubblicare nel loro materiale informativo le fonti di finanziamento così come gli eventuali rapporti (se esistono) dei componenti i comitati scientifici (se esistono) con l'industria farmaceutica 21,22. Gli intenti di simili campagne di informazione sono evidenti così come sono stati valutati gli effetti in termini di maggiore ricorso alle cure mediche (il 30% di soggetti che avevano visto una pubblicità a farmaci si è recato dal medico e ha chiesto informazioni) 23 e alla assunzione di farmaci. Per esempio l'analisi di una campagna di promozione della salute della donna in Svezia ha evidenziato come questa fosse intesa principalmente a creare una consapevolezza collettiva che la donna ultra-quarantenne necessita di trattamento medico e farmacologico 24. Allo stesso modo il lancio di un nuovo farmaco anti-ulcera è stato sostenuto dalla diffusione di opuscoli diretti al pubblico allo scopo di portare la conoscenza del farmaco e della patologia al grande pubblico e incoraggiarlo a chiedere consigli al proprio medico 25. È importante sottolineare come in questo genere di campagne informative venga spesso se non sempre richiesta o sollecitata la consulenza e la mediazione del proprio curante. In qualche caso infatti esiste una concomitante azione di sensibilizzazione allo stesso problema o farmaco sulla classe medica (campagna di informazione sui problemi della impotenza rivolta al pubblico in contemporanea con campagna di informazione ai medici su un farmaco che dimostra miglioramento della funzione sessuale.) 26. Ma anche se non riceve le sollecitazioni a prescrivere dei pazienti la classe medica è costantemente e incessantemente bombardata di informazioni tendenti a sollecitare la prescrizione di farmaci. Gli ISF Il medico prescrittore di farmaci, in particolare il medico di Medicina Generale, è un soggetto molto interessante per l'industria farmaceutica che investe una considerevole somma di denaro per influenzarne la prescrizione. Il modo più efficace per far conoscere il proprio prodotto e possibilmente introdurlo nella pratica prescrittiva del medico è quello di contattarlo personalmente attraverso propri rappresentanti conosciuti in Inghilterra con il nomignolo di "drug rep", negli USA come "detailers" In Italia si chiamano ufficialmente Informatori Scientifici del Farmaco e vengono più o meno benevolmente chiamati "rappresentanti" o "viaggiatori" dai pazienti con cui dividono l'attesa in sala d'aspetto. Persone che viaggiano abitualmente con capaci valigette piene di "evidenze" a sostegno delle proprie "merci". L'informatore scientifico, (secondo la definizione italiana), è un una persona generalmente laureata in materie scientifiche (biologia, farmacia, tecnologie farmaceutiche) assunta da una azienda farmaceutica per portare capillarmente informazioni scientifiche sui farmaci prodotti dall'azienda allo scopo di incentivarne l'uso, la prescrizione, la vendita. L'informatore scientifico viene generalmente addestrato alla conoscenza dei prodotti e delle patologie correlate all'uso del prodotto. In aggiunta a queste informazioni tecniche riceve anche un addestramento sulle tecniche di comunicazione e di vendita. Un importante obiettivo della prima fase di addestramento è quello di convincere l'ISF della "bontà" dei prodotti da promuovere, infatti se l'ISF crede che il prodotto è migliore di quello della concorrenza e che le informazioni che dovrà fornire ai medici sono affidabili e attendibili potrà lavorare con l'entusiasmo che gli proviene dal credere che il suo lavoro valorizza il prodotto e produce vantaggi per la sua società. XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 67 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Gli informatori scientifici sono più efficaci di altri mezzi promozionali nell'ottenere modificazioni prescrittive perché possono individualizzare il loro approccio al singolo medico. L'approccio individualizzato avviene nell'ambulatorio del medico secondo modalità varie (accesso libero, per appuntamento, misto) decise in genere dal medico che accetta la visita dell'informatore. L'approccio informativo è prevalentemente verbale, spesso sostenuto da "visual aids" che non sono di “aiuto" per la memoria dell'informatore ma per aumentare la ritenzione dei messaggi nella memoria dell'ascoltatore (spesso distratto o anche disinteressato). Le argomentazioni portate a sostegno delle loro tesi dagli ISF devono possedere contemporaneamente tre caratteristiche fondamentali: 1. Tutte le informazioni rilevanti devono essere esposte, e ribaltando il concetto nulla di rilevante deve essere omesso. 2. I dati riportati devono essere non solo veri ma anche pertinenti. 3. Infine una solida argomentazione deve collegare i dati o i fatti alle conclusioni. Se manca anche una sola di queste caratteristiche il ragionamento è viziato alla base e le conclusioni raggiunte possono non essere corrette. Sono stati descritti circa 130 tipi di ragionamenti errati o sofismi, ma al di là del numero e dei nomi (spesso latini) è importante riconoscerli quando nella informazione sui farmaci l'uso inconscio o voluto può portare a conclusioni che potrebbero causare un uso inappropriato o peggio controproducente del farmaco. Un elenco, non esaustivo ma certamente più che sufficiente per valutare l'importanza e l'ampiezza del problema è il seguente 27: • Dichiarazioni false • Opinioni estremistiche (presentare il migliore o peggiore giudizio su un farmaco) • Omissioni (rendere noto un effetto collaterale minore e tacere il maggiore) • Utilizzare caratteri di stampa diversi (lettere piccole per descrivere effetti collaterali, controindicazioni o avvertenze particolari) • Dichiarazioni ambigue • Suggerire ma non affermare false conclusioni • Utilizzare evidenze di scarsa qualità • Esagerare i benefici di un farmaco • Minimizzare i rischi di una terapia • Utilizzare end-points surrogati • Usare la mancanza di evidenze come prova del contrario • Abusare del concetto di diminuzione del rischio relativo • Ampliare le indicazioni di un farmaco • Confrontare un farmaco con competitori non adeguati • Preferire la dizione "statisticamente significativo a clinicamente importante" • Utilizzare citazioni selezionate • Utilizzare citazioni soggette a publication bias • Utilizzare letteratura sponsorizzata dall'industria • Utilizzare grafici ingannevoli • Esagerare la gravità delle malattie • Consigliare l'estremo superiore della gamma delle posologie possibili (di più è meglio) • Rimarcare la novità del farmaco (nuovo è meglio) • Ricordare il costo del farmaco come indice di qualità (più caro è meglio) 68 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Non è necessario portare esempi concreti di come e quanto vengano utilizzate queste argomentazioni ingannevoli perché ognuno di noi si è trovato a sperimentarne qualche esempio, sempre che si sia in grado di coglierne il loro esatto significato. Non c'è dubbio, in base alla letteratura disponibile sull'argomento, che i medici gradiscono la visita degli ISF come fonte privilegiata di informazioni sul farmaco 28 cui tendono anche a riconoscere una certa credibilità 29 anche se questa disponibilità porta conseguenze non sempre positive come influenze sui costi delle prescrizioni 29 prescrizioni irrazionali 30 Più rapida conoscenza, preferenza e prescrizione di nuovi farmaci 31, diminuzione nella prescrizione di farmaci generici 32 A parziale scusante dei medici che adottano gli informatori come principale fonte di informazioni sui farmaci c'è da dire che nel presentare l'informazione sui farmaci vengono spesso utilizzate tecniche di persuasione 33 di cui i medici sono o ignari o si ritengono, evidentemente a torto, immuni .Si riporta al proposito, dalle pagine del Lancet 34 una opinione piuttosto datata ma sempre attuale: "….pochi medici ammettono di essere stati corrotti. La maggior parte crede invece invece di essere assolutamente immune alle seduzioni architettate da chi si occupa del marketing nell'industria farmaceutica e di poter tranquillamente godere della generosità di una ditta, sotto forma di doni e di ospitalità, senza poi prescrivere i prodotti. È veramente straordinario constatare quanto siano capaci di ingannare se stessi questi professionisti che, nel loro complesso, costituiscono una categoria di persone stimate e perbene. Nessuna ditta farmaceutica potrebbe permettersi di distribuire in giro il denaro dei suoi azionisti come gesto di disinteressata generosità." Tecniche di persuasione Una rassegna della letteratura sul marketing farmaceutico ha individuato metodi di influenza usati dagli ISF per incoraggiare particolari comportamenti o atteggiamenti. Sono considerate tecniche ad alto potere condizionante che sfruttano la capacità di innescare risposte automatiche da parte dei soggetti cui sono state sottoposte. Cialdini 35 suggerisce che il loro potere sta nella loro natura euristica quando il loro uso provoca più una risposta automatica piuttosto che una risposta razionale al processo di elaborazione delle informazioni ricevute. Tutte queste tecniche di influenza sono state identificate come norme di comportamento e come tali sono profondamente radicate nell'individuo attraverso l'apprendimento continuo e il reinforzo e influenzano il comportamento. Il medico tende ad usare "scorciatoie mentali" per prendere decisioni rapide quando manca il tempo per valutare con più attenzione i pro e i contro di una decisione. L'uso di scorciatoie mentali è un processo automatico inconscio usato spesso in fase di prescrizione di una terapia quando manca il tempo o le capacità o conoscenze appropriate per fare la scelta migliore. La promozione del farmaco attuata dagli informatori aziendali (ISF) si avvantaggia di queste "scorciatoie mentali" attraverso l'utilizzo di metodiche particolari di influenza e individualizzando i loro metodi secondo la valutazione delle motivazioni del medico prescrittore che visitano. Secondo Robert Cialdini, che da più di 15 anni si dedica all'indagine scientifica dei processi di persuasione, esistono sei modelli fondamentali sottesi a tutte le tattiche persuasive: 1. Reciprocità 2. Impegno e coerenza 3. La riprova sociale 4. Simpatia 5. Autorità XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 69 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini 6. Scarsità Il sistema proposto da Cialdini è scientificamente attendibile: l'uomo è un risparmiatore di energie cognitive, un abile scopritore di euristiche e altre scorciatoie di ragionamento, sa trarre conclusioni da un minimo di informazioni e compiere sintesi fulminee su pochi dati presenti. Se questo è vero dobbiamo stare in guardia doppiamente dai persuasori occulti: probabilmente essi conoscono le nostre abitudini cognitive e soprattutto la necessità "ineliminabile" di procedere in modo "economico", di cogliere segnali parziali e incompleti, informazioni sommarie. Può darsi che siano tentati di colpirci proprio lungo le "scorciatoie" del pensiero per indurci ad azioni e decisioni sbagliate. Quelle scorciatoie a cui non possiamo affatto rinunciare perché ormai il rapporto fra informazioni possibili e capacità di elaborazione mentale è divenuto quasi impossibile. Occorre quindi una particolare attenzione, non indiscriminata o generalizzata ma limitata a coloro che come dice lo stesso Cialdini “falsificano, adulterano o fabbricano di sana pianta quei segnali che naturalmente attivano le nostre risposte automatiche…". 36 Amicizia, simpatia È una delle principali ragioni per cui i medici sono spontaneamente disponibili a ricevere la visita dell'informatore scientifico. 37 Nessuno si meraviglia che di regola preferiamo acconsentire alle richieste delle persone che conosciamo e che si mostrano (e sono) simpatiche. L'impiego diffuso del legame di simpatia esistente fra amici da parte di specialisti della persuasione ci dice molto circa il potere di questo meccanismo. In mancanza di un legame preesistente, la strategia adottata è molto diretta: chi vuole ottenere l'assenso alle sue richieste farà di tutto per ispirare simpatia. Approvazione sociale (appello al conformismo) Gli ISF spesso menzionano il fatto che il loro farmaco è prescritto da specialisti della zona in cui opera il medico, da colleghi influenti, da reparti ospedalieri, da luminari o medici famosi o che è il farmaco più prescritto in qualche nazione ritenuta all'avanguardia in campo sanitario. Le tecniche di marketing che utilizzano questo tipo di approccio approfittano del possibile automatismo che si instaura per emulazione quando all'interno di un gruppo i più (come numero o come influenza) fanno la stessa cosa. Come sottolineato nella teoria cognitivo sociale, il gruppo omogeneo può essere di grande influenza sui comportamenti perché funge da potente modello fornendo informazioni sulle norme comportamentali, nuovi comportamenti e fornisce motivazioni per adottarne di nuovi. Le tecniche promozionali che utilizzano questo approccio includono l'uso di gruppi omogenei di medici (gruppo di specialisti, medici di un reparto ospedaliero, etc.) e l'uso di meeting promozionali. Nel caso del marketing farmaceutico l'appello al conformismo è, come visto, frequente e l'invito a prescrivere secondo modelli diffusi non porta in genere a conseguenze negative dall'azione (prescrivere il farmaco che tutti prescrivono) se non la inconsapevolezza di essere caduto in una trappola che può avere viceversa conseguenze spiacevoli se l'assunto (tutti prescrivono questo farmaco in questa occasione) è falsa. Appello all'Autorità L'uso di una figura autorevole per dare sostegno all'azione promozionale può anch'essa avere una influenza che crea automatismi prescrittivi. Le aziende farmaceutiche utilizzano autorità in materia per sostenere l'azione promozionale e aumentare la loro influenza sul medico. Mentre nel modello di validazione 70 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini sociale si fa appello al conformismo del medico nel seguire i comportamenti di gruppo, nell'appello all'autorevolezza si utilizza comunque una certa propensione conformistica a imitare il personaggio autorevole. L'imitazione ha il vantaggio di apportare credibilità professionale (prescrivo anch'io quello che prescrive il luminare) e non espone a critiche o contestazioni (comunque sono in buona compagnia). Appello all'impegno e alla coerenza Il bisogno e desiderio di apparire coerenti è considerato una regola del comportamento umano. Azioni che incoraggiano l'individuo ad apparire coerente sono con molta probabilità efficaci in modo automatico a causa del proprio autoconvincimento ad essere coerenti. Allo stesso modo una volta che una posizione è stata presa è anche più probabile essere d'accordo con una richiesta di coerenza ad un determinato comportamento che è coerente con quella posizione presa. Atti verbali di impegno o coerenza possono essere anche visti nell'ambito del modello di determinismo reciproco per spiegare la loro influenza sul comportamento. L'impegno verbale può essere visto come comportamento, il comportamento ispira convinzioni e atteggiamenti, che successivamente ispireranno un futuro comportamento. Questa apparentemente complessa tecnica di appello alla coerenza è usata per fare pressioni sui medici attraverso richieste di impegno. Un esempio spiega bene il meccanismo: credi che l'ipertensione sia un problema importante per la salute delle persone? Credi che l'ipertensione debba essere trattata adeguatamente? Credi che gli ace-inibitori siano efficaci nel trattamento dell'ipertensione? Quindi vorresti conoscere meglio il mio nuovo ace-inibitore? Il desiderio di rimanere o apparire coerenti dovrebbe fare in modo che verosimilmente sia data la stessa risposta affermativa a tutte quattro le domande. Dopo l'accettazione di una piccola richiesta, come quella di accettare di sentir parlare del farmaco, è più probabile che una più grande richiesta possa essere accettata (come ad esempio accettare di provare il farmaco). Promozione o informazione? Il farmaco è un prodotto molto diverso da altre merci o servizi, tuttavia i concetti e le attività usate nel marketing farmaceutico sono sostanzialmente simili a quelle usate nella promozione di altri prodotti o servizi. Promuovere il farmaco ai medici ai nostri giorni non è molto diverso dal vendere saponette ai consumatori. Le pratiche promozionali dell'industria farmaceutica Il termine promozione deriva dal latino promovere che significa spingere in avanti. Nella terminologia del marketing, per promozione si intendono tutte le attività messe in atto per incoraggiare la vendita di un prodotto, attività e mezzi a prevalentemente carattere comunicazionale. Una definizione accettabile nel campo farmaceutico può essere la seguente: - tutte quelle attività di informazione e persuasione messe in atto da produttori e distributori il cui effetto è indurre la prescrizione, acquisto e uso di medicinali. Prima di citare la fonte di questa definizione occorre notare come attività di informazione e persuasione siano funzionalmente associate e costituiscano il mezzo col quale indurre la “prescrizione, acquisto e uso di medicinali ". Potrebbe sembrare scontato che tale definizione provenisse da una fonte interna o vicina alla industria farmaceutica o da un trattato di marketing. XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 71 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Sorprende invece che la definizione sia di fonte insospettabile come l'Organizzazione Mondiale della Sanità 38 che per definire i criteri etici della attività promozionale non può fare a meno di considerare appunto l'attività promozionale "in toto", ricomprendendovi quindi anche l'attività di informazione come sottocategoria ancillare e ausiliaria nel più vasto campo dell’attività promozionale. L’informazione scientifica del farmaco da parte dell'industria farmaceutica non è quindi una attività con autonomia propria ma soggiace alle leggi, alle regole e alle esigenze della promozione perché è parte integrante di questa attività. Non esistono tuttavia solo le leggi del marketing ma anche quelle statali che possono autorizzare/adeguare/limitare/controllare attività (indurre la prescrizione, acquisto e uso di medicinali) a potenziale forte impatto sulla salute pubblica ma ….. una ulteriore sorpresa si ha quando andiamo a verificare come la legge italiana regolamenta questa attività. La prima regolamentazione dell'attività di informazione tecnico-scientifica rivolta ai medici risale a circa trent'anni fa e si concretizza in una circolare della Direzione Generale del Servizio Farmaceutico del Ministero della Sanità: “Il materiale informativo inviato ai medici e il materiale di cui si avvale l'informatore tecnico-scientifico nell'esercizio della propria attività deve riferirsi esclusivamente e senza omissioni ai testi degli stampati approvati da questo Ministero e alla documentazione in base alla quale è stata concessa l'autorizzazione (omissis) Non sono consentite affermazioni od elementi grafici che non siano pertinenti, che non abbiano carattere scientifico e che possano condurre a false interpretazioni delle proprietà del medicamento. Pertanto non sono consentite promesse di risultati infallibili o espressioni manifestamente esagerate. Sono peraltro consentiti l'invio e la distribuzione di pubblicazioni scientifiche sull'uso della specialità o comunque pertinenti alla professione medica” Su queste affermazioni di principio c'è molto da dire. Anzitutto si instaura il principio della preventiva autorizzazione da parte del ministero del materiale utilizzato dagli informatori nei loro contatti con i medici. Se da un lato la sottomissione dei depliants al vaglio di una commissione ministeriale impedisce l'utilizzo di materiale smaccatamente pubblicitario come affermazioni od elementi grafici che non siano pertinenti e che possano condurre a false interpretazioni delle proprietà del medicamento, d'altro canto, proprio la autorizzazione ministeriale dà una patente di serietà e di veridicità a materiale che resta pur sempre materiale a valenza prevalentemente pubblicitaria. Quali siano i possibili elementi grafici che non siano pertinenti non è dato sapere, tuttavia, visti i depliants autorizzati e quindi utilizzati dagli informatori viene da pensare che ci si possa riferire quasi esclusivamente ad immagini con richiamo sessuale più o meno esplicito, visto l'ampio e diffuso utilizzo di ogni sorta di immagini (grafiche e fotografiche) che è difficile collegare direttamente o indirettamente con la patologia umana (fiori, farfalle, balene, elefanti, paesaggi, elementi atmosferici,etc.). La precisazione che non sono consentite promesse di risultati infallibili o espressioni manifestamente esagerate appare francamente inquietante e si deve desumere che in precedenza fossero fatte promesse di questo tipo, molto più vicine alla pratica pubblicitaria che non alla informazione scientifica. La necessità di specificare ciò, appare pertanto come la necessità di porre un freno a pratiche a carattere prevalentemente e smaccatamente pubblicitarie. La possibilità di consentire l'invio e la distribuzione di pubblicazioni scientifiche sull'uso della specialità o comunque pertinenti alla professione medica apre tuttavia la strada all'utilizzo di materiale non preventivamente autorizzato e 72 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini quindi non sottoposto ad un esame sulla congruità scientifica e sulla aderenza o meno alle precedenti caratteristiche. 39 L'articolo 31 della legge istitutiva del SSN 40 si sofferma espressamente sulla PUBBLICITA' ED INFORMAZIONE SCIENTIFICA SUI FARMACI. Viene ripreso quanto già affermato nella legge precedente e cioè che: al servizio sanitario nazionale spettano compiti di informazione scientifica sui farmaci e di controllo sull'attività di informazione scientifica delle imprese titolari delle autorizzazioni alla immissione in commercio di farmaci. Come già detto, questo enunciato, per quanto riguarda la parte di informazione a carico del SSN, è stato colpevolmente disatteso. Nel D.L. 180/1981 41 per la prima volta viene affermato che la informazione scientifica deve essere volta ad assicurare il corretto impiego dei farmaci stessi, anche con riferimento all'esigenza del contenimento dei relativi consumi. Altri interessanti commi di legge regolano l'informazione scientifica: a) i dati relativi alle caratteristiche farmacologiche e cliniche del prodotto devono essere riferiti in forma scientificamente documentata, con la citazione delle relative fonti bibliografiche. Particolare evidenza deve essere data alla parte relativa alle controindicazioni, avvertenze ed effetti collaterali, il cui testo deve corrispondere a quello approvato dal Ministero della sanita' per i fogli illustrativi; In questo comma viene imposta la citazione della fonte bibliografica a sostegno delle affermazioni contenute negli stampati utilizzati dagli informatori e viene suggerito di porre in evidenza anche controindicazioni, avvertenze ed effetti collaterali. Che si tratti di un suggerimento il più delle volte disatteso si evince dal fatto che raramente, se non nei casi in cui mette in buona luce il farmaco, questo genere di notizie non è riportato con particolare evidenza. La citazione della bibliografia anche se formalmente presente è spesso poco decifrabile e di poco aiuto per quei pochi che volessero procurarsi il materiale originale. b) i testi dovranno essere conformi (quando vi sia corrispondenza) con le più accreditate monografie internazionali sui farmaci(rapporti O.M.S., P.D.R. e monografie sui generici F.D.A.); Questo comma è regolarmente disatteso, gli stampati promozionali contengono regolarmente citazioni selezionate, scelte dall'industria secondo quanto ritenuto più vantaggioso per promuovere il farmaco. c) i testi non devono riportare alcun elemento grafico(disegni, schemi, figure, etc.) o enunciativo(titoli, dichiarazioni, slogans), che non sia strettamente aderente al contenuto tecnico del prodotto e non corrispondente a simbolismi scientifici. Dovranno in ogni caso essere evitate allegorie dettate da intenti promozionali Sfogliare una raccolta di depliants ricevuti dagli ISF evidenzia in maniera incontrovertibile come questo enunciato sia rimasto lettera morta. La cosa grave è che tale materiale è stato regolarmente autorizzato dal ministero. In particolare appare decisamente inquietante l'invito ad evitare allegorie dettate da intenti promozionali quando sono regolarmente presenti, assieme a disegni, schemi, figure non pertinenti e titoli, dichiarazioni, slogans degni della migliore produzione pubblicitaria, senza poi avere il coraggio di cassare tale materiale e impedire il loro utilizzo, come riferito nell'art. 3 della legge: “Il Ministero della sanità può ordinare la cessazione della distribuzione e della pubblicazione del materiale informativo non conforme alle informazioni e alle documentazioni acquisite agli atti in sede di autorizzazione all'immissione in XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 73 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini commercio della specialità medicinale o successivamente alla sua introduzione in commercio.” Con il decreto 28 LUGLIO 1984 42 viene fatto obbligo alle aziende farmaceutiche di fornire ai sanitari, per tramite degli informatori scientifici di cui si avvalgono, un congruo numero di schede conformi al modello costituente l'allegato A al presente decreto. Si tratta del modello di segnalazione di effetti collaterali o reazioni avverse che è altresì pubblicato dal Ministero della sanità sul bollettino d'informazione sui farmaci. A memoria di chi scrive tale scheda di segnalazione non è mai stata fornita dagli informatori scientifici del farmaco così come non risulta che abbiano ottemperato all'obbligo di ritirare dai medici, anche tramite gli informatori scientifici, le suddette schede. Un nuovo importante comma è aggiunto da questo decreto che per la prima volta puntualizza il rapporto fra indicazioni terapeutiche di un farmaco e relativa prescrivibilità e uso. È sintomatico che venga posta una relazione fra informazione scientifica e aderenza alle indicazioni terapeutiche e che venga esplicitamente affermato che i testi informativi non devono dare peculiare risalto ad una indicazione terapeutica secondaria del prodotto o ad attività e caratteristiche biologiche del farmaco la cui evidenziazione possa indurre il medico a prescrivere la specialità al di fuori dell'ambito delle indicazioni terapeutiche formalmente approvate da questo Ministero. Risulta pertanto evidente che la necessità di puntualizzare quanto sopra discende certamente dalla necessità di contrastare forme di informazione quantomeno fuorvianti. Infine il D.L 541 43 attualmente in vigore regolamenta e definisce non più l'informazione sui farmaci ma la pubblicità, in cui l'informazione è ricompresa. Art. 1.Definizione di pubblicità dei medicinali e ambito di applicazione del decreto. 1. Ai fini del presente decreto s'intende per pubblicità dei medicinali qualsiasi azione d'informazione, di ricerca della clientela o di esortazione, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali. Viene chiarito pertanto in maniera inequivocabile che per "pubblicità" deve intendersi anche l'attività di informazione. Il ricomprendere l'attività di informazione fra le varie attività pubblicitarie, se da un lato pone questo genere di attività sotto la presente legislazione, più stringente rispetto alle precedenti, d'altro canto favorisce, nei limiti che la legge impone, lo sviluppo di una attività promozionale in cui attività informativa propriamente tale e parte prettamente pubblicitaria convivono assieme in un intreccio in cui non è difficile pronosticare la preponderanza della pubblicità e l'asservimento della informazione alle sue tecniche e necessità. In sostanza, la legge che avrebbe dovuto ridurre e regolamentare gli spazi pubblicitari a favore della informazione sul farmaco, di fatto pone sullo stesso piano informazione e pubblicità e sottoponendoli alle stesse regole lascia alle aziende la scelta su quale pilastro poggiare l'attività promozionale a favore dei propri farmaci. Se nel primo comma dell'articolo vi fossero dubbi interpretativi, il terzo comma non lascia alcun dubbio: 3. Agli effetti del presente decreto, è ricompresa nella pubblicità di cui al comma 2, lettera b), l'informazione scientifica svolta, con qualunque mezzo, a cura e con il contributo delle imprese farmaceutiche, le quali devono attenersi alle disposizioni e ai criteri previsti dagli articoli seguenti. È abbastanza evidente che, pur nel rispetto della legge peraltro nelle intenzioni piuttosto restrittiva, equiparare l'informazione scientifica del farmaco alla pubblicità, stravolge fortemente l'attività di informazione sia inquinandola 74 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini con tecniche pubblicitarie, formalmente corrette ma nella sostanza tipiche dell'attività promozionale, sia subordinandola ai modi, tempi, necessità della pubblicità. Che il rischio non fosse del tutto sconosciuto al legislatore si può evincere dalla introduzione nell'art. 15 della figura di Direttore Scientifico all'interno dell'azienda da cui devono dipendere gli ISF dell'azienda stessa. Questa nuova figura dovrebbe, secondo le speranze del legislatore, proteggere gli ISF dalle pressioni del marketing aziendale. Se formalmente gli ISF dipendono da tale direzione scientifica e dalle sue diramazioni sul territorio per quanto riguarda l'attività propriamente scientifica, nei fatti l'intera attività promozionale è gestita dal servizio marketing. La legge non distingue quindi fra informazione e promozione (o pubblicità) diretta al medico da parte dell’industria farmaceutica. Non tutela il ricevente l’informazione e pone a suo carico l’onere di distinguere i diversi stili e i diversi obiettivi comunicativi. Pubblicità e informazione: è un problema? Dopo questa lunga ma necessaria esposizione non sarà certamente sfuggito come il fine della promozione farmaceutica sia la vendita del prodotto. D'altra parte lo scopo principale di una società quotata in borsa (quali sono le maggiori industrie farmaceutiche) è massimizzare i profitti e gli amministratori rispondono del loro operato per prima cosa ai proprietari e azionisti, il miglioramento della salute pubblica è una conseguenza secondaria della attività dell'industria farmaceutica, ma non ha la precedenza sullo scopo primario di ogni società for-profit che è quella di remunerare al massimo il capitale investito. In questa ottica è essenzialmente irrilevante se un farmaco moltiplica le irragionevoli aspettative dei pazienti, costringe i medici a perdere tempo a spiegare e spesso disilludere i pazienti disinformati dalla pubblicità, peggiora e svilisce la relazione medico-paziente perché il medico rifiuta di prescrivere il farmaco pubblicizzato, peggiora la pratica clinica se il medico capitola ai desiderata del paziente e prescrive un farmaco inappropriato, inutile quando non pericoloso. La promozione di un farmaco ha successo se aumentano le vendite senza alcun riguardo per questi effetti. Tuttavia “non crediamo che le società farmaceutiche debbano essere biasimate perché antepongono i loro interessi a quelli della società. Nella nostra società è il comportamento che ci si aspetta da loro. Né i medici dovrebbero aspettarsi che qualcun altro faccia il loro cane da guardia etico. È nostra responsabilità essere avvocati difensori dei nostri pazienti e della salute pubblica. È nostra responsabilità adeguare le conoscenze tecniche sui farmaci che impieghiamo finché gli interessi e le prospettive di salute dei nostri pazienti siano salvaguardati." 44 È tempo di una forte presa di coscienza del pericolo che i medici corrono nel delegare ad altri la gestione indiretta di ciò che è un loro preciso dovere: mantenere un livello di conoscenze adeguato a garantire competenza professionale. La gestione dell'informazione biomedica deve rimanere una prerogativa dei medici con tutto ciò che comporta in termini di onori e soprattutto di oneri: facili scorciatoie o bacchette magiche non esistono. Marketing ed etica medica: una convivenza difficile ma non impossibile “La necessità del marketing industriale e il bisogno dei medici di sapere e di mantenersi informati sono legati da un rapporto di reciproca dipendenza. Le rispettive necessità possono essere soddisfatte lavorando insieme ed interagendo con gli XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 75 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini altri. I singoli medici non devono però farsi allettare in alcun modo per agevolare questo processo.” 45 Per terminare, questo suggerimento è lasciato alla riflessione dei singoli ma anche e soprattutto collettiva: il risultato sarà determinato dall'effetto cumulativo delle decisioni che prenderà in proprio ciascun componente della classe medica. Bibliografia 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. Fabris G (a cura di): Sociologia delle comunicazioni di massa. Franco Angeli ed.1976 Farmindustria fatti e cifre 1999 Gambrill, J., Bridges-Webb, C. Use of sources of therapeutic and prescribing information by general practitioners. Australian Family Physician. Vol. 9. July1980., pp.482-484. Levy R.The role and value of pharmaceutical marketing. Arch Fam Med 1994 Apr;3(4):32732 Lidstone J, Collier T. Marketing planning for the pharmaceutical industry. Aldershot UK. Gower 1987 Fabris G. 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Decreto legislativo 30 DICEMBRE 1992, N. 541.Attuazione della direttiva 92/28/CEE concernente la pubblicità dei medicinali per uso umano 44. Editorials Direct to consumer advertising of prescription drugs BMJ 1999;318:1301-1302 45. Bricker EM Industrial marketing and medical ethic New Eng J Med 1989, 320:1690 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 77 Informazione, salute e mass media Talk show condotto da Sergio Bernabè Via Puccini 23 – 10044 Pianezza (TO) e-mail [email protected] Tel + 39 011 9677599 con la partecipazione di C. DiGiorgio G. Domenighetti R. Massarenti E. Mineso M. Miselli R. Satolli Le Scienze Dip. Opere Sociali Bellinzona AltroConsumo Dialogo sui Farmaci Informazione sui Farmaci L’Espresso Regia e Cameramen P Longoni Si ringrazia Gabriella Gai per la realizzazione grafica e Cesare Gilardi e Luigi Vercellino per la realizzazione digitale Contratto di partnership tra Medico e Paziente Francesco Benincasa Via Zumaglia 7 - 10100 Torino e-mail [email protected] Tel + 39 011 7412557 Una mappa per chi legge Dopo un breve esame dei mutamenti storici verificatisi nel rapporto medicopaziente, descriverò alcuni modelli di tale relazione. Identificato il rapporto di partnership come il più attuale, affermerò la rilevanza di una informazione e di una comunicazione corrette per agevolare al paziente decisioni autonome basate su valori personali. Esaminerò inoltre il concetto di verità nella scienza e nel rapporto medico-paziente, la sua mutevolezza ed il suo nesso con la fiducia nei rapporti terapeutici. Analizzerò in seguito le dinamiche psicologiche attraverso cui si acquisisce la fiducia. Infine, valutati i principali elementi del rapporto condiviso, illustrerò il PPPP, un modello di contratto di partnership di cui vaglierò criticamente alcuni aspetti. Qualche considerazione conclusiva avrà lo scopo di stimolare la discussione. 1. Un percorso di avvicinamento: dal paternalismo alla cooperazione “La responsabilità verso l’altro non ha tanto la funzione di determinare quanto quella di rendere possibile” (Hans Jonas) 1.1 Trasformazioni La dipendenza del paziente dall’autorità professionale del medico fa parte della tradizione. Dai tempi più remoti il dovere del medico è di soccorrere ed il dovere del paziente è accogliere il suo aiuto come provenisse dal ministro di un culto con potere di vita o di morte; egli agisce per procurare un giovamento oggettivo contro il disordine causato dalla malattia, le sue proposte sono vantaggiose per definizione, la sua responsabilità professionale è più religiosa che giuridica, quindi in caso di errore l’impunità gli è praticamente garantita. Il paziente si deve adattare all’autorità del curante e gli deve subordinazione. Il cristianesimo ha promosso l’immagine del medico buon samaritano che guida il paziente verso la guarigione, così medicina e salute restano doni di Dio sganciati dalla vita quotidiana, dalle leggi umane, dal contesto in cui la malattia si inserisce. Tale tradizione culturale implica che il consenso all’atto medico sia implicito e dato una volta per tutte; il paziente non ha quindi alcun mezzo per opporsi alle decisioni del curante; fino al XIX secolo egli viene considerato come un adolescente, maturo per alcune decisioni e non per altre. La clinica resta uno dei campi in cui il soggetto ha un diritto di scelta a sovranità limitata. Con la modernità il paternalismo non è scomparso, ma si è incrinato; scoperto il Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini potere dell’intelletto e l’esistenza di diritti uguali per tutti, l’individuo può disporre di sé e può fare scelte personali 50. I cambiamenti sociali che hanno favorito la trasformazione dal rapporto paternalistico ad una relazione di partnership possono essere riassunti come segue: • I cambiamenti nel rapporto M/P fanno seguito allo sviluppo, in una società laica, pluralistica e democratica, del concetto di libertà e autonomia dell’individuo. Per ogni atto medico è necessario un consenso libero ed informato. • Spinte sociali e storiche hanno modificato la collocazione della medicina; da una scienza d’élite ad un contesto di maggiore democrazia ed uguaglianza. • Il medico ha perso l’autorità di colui il quale assume le decisioni in tutti gli aspetti della cura della salute. • La tecnologia ha aumentato la complessità dei trattamenti e delle scelte da compiere. • L’aspetto economico è sempre più importante nel condizionare le decisioni. È sempre maggiore la responsabilità per un uso appropriato delle risorse, quindi il medico deve bilanciare il suo impegno nei confronti dell’individuo con i doveri verso la società intera. A mano a mano che il singolo rapporto medico-paziente si trasforma nel tempo, nella migliore delle ipotesi avviene una evoluzione dalla dipendenza alla partnership; questo cambiamento è spesso frutto di un lavoro del dottore che incoraggia il paziente ad una maggiore autosufficienza, verso una più matura capacità di assumere responsabilità nei confronti della propria salute e verso un utilizzo accorto delle risorse. Va costituendosi un modello di relazione tra medico e paziente che vede rispettata la persona come soggetto in diritto di fare scelte, avere personali punti di vista ed intraprendere azioni sulla base delle sue credenze; la buona alleanza di lavoro che ne risulta, crea una situazione di reciproco comfort e favorisce comprensione e accettazione reciproche oltre che attenzione alle responsabilità sociali. La difficoltà di tale prospettiva consiste nel mantenere equilibrio tra le conflittuali esigenze del paziente che da una parte cerca l’autonomia e dall’altra sostegno e contenimento. Il clinico stesso non è esente da contraddizioni: da una parte è disposto ad una delega totale di responsabilità, ma dall’altra è allarmato dalla perdita di autorità che ne consegue. 1.2 I modelli Il modello paternalistico: Il medico decide ed il paziente esegue con passiva acquiescenza verso le disposizioni dell’autorità professionale; in questo tipo di rapporto il paziente si comporta come un bambino dipendente dal suo maestro. Il risultato deriverà dalla capacità di persuasione del clinico; egli possiede la conoscenza mentre il malato ne è all’oscuro, l’uno può infliggere sollievo o dolore, ricevere confidenze senza darne, può perfino limitare la libertà fisica dell’altro attraverso un ricovero o varie imposizioni di regole. Questa pressione esercitata sul paziente in modo “naturale” costituisce quella che viene chiamata da Balint “la funzione apostolica del medico”. A questo ruolo se ne affianca uno complementare da parte del paziente che si sente in obbligo di collaborare, fare il bravo, obbedire. Il medico viene quindi gratificato da questa posizione di sottomissione del paziente finendo per sentirsi invincibile ed onnipotente 65. Il modello condiviso: 82 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Il concetto di partnership implica uguaglianza nel potere ma anche nella responsabilità. Secondo questo schema, il paziente deve ricevere una informazione che gli dica qual è i trattamento migliore per lui in maniera che possa essere confrontato con il trattamento che preferirebbe ottenere. È necessario che il clinico usi gentilezza, completezza, buona comunicazione, che cerchi la cooperazione sforzandosi di comprendere qual è il “bene” che il paziente desidera, su quali delle sue considerazioni personali è fondato, in che modo l’obiettivo del trattamento è in armonia con la gerarchia dei suoi valori. In fondo la caratteristica essenziale del modello di partnership è la sua natura interattiva in cui medico e paziente stabiliscono ogni fase del processo di decisione in maniera parallela; entrambi rivelano le loro predilezioni ed entrambi esprimono il loro parere. Perché ciò possa avvenire, bisogna fornire al paziente un ambiente confortevole che gli permetta di esprimere le sue preferenze sul trattamento, compresa l’opzione di stare in attesa senza precipitarsi a fare qualcosa. Il modello informato: Il paziente sceglie da solo dopo che il medico ha esposto le opzioni. La comunicazione è ad una sola via, dal medico al paziente; il malato ottiene informazioni dettagliate riguardo rischi e benefici e poi decide. Il trasferimento di informazioni è visto come l’unico contributo legittimo del medico: egli si limita a fornire indicazioni ed alternative senza esprimere opinioni personali e cercando di non influenzare per nulla le conclusioni dell’interessato. Si tratta di un modello estremo in cui la libertà del paziente è massima ed il medico assume l’esclusivo ruolo di tecnico esecutore. Il modello informato, in cui il paziente sembra poter fare a meno del medico, appare come una direzione inesorabile, come se si trattasse di una evoluzione darwiniana come se il rapporto di partnership costituisse solo la tappa intermedia di una trasformazione inarrestabile, le cui conseguenze nell’ambito medico sarebbero pari se non superiori a quelle introdotte da Internet o dalla nuova genetica. 1.3 La realtà Come è ovvio, nella realtà i modelli sfumano uno nell’altro rendendo il quadro più complesso ed articolato: il modello reale di rapporto con il paziente è intermedio ed ibrido, la flessibilità dei protagonisti è essenziale per poter procedere ad uno scambio che dia risultati pratici accettabili. Per affrontare i piccoli problemi quotidiani non si può pensare a manovre complicate per raggiungere decisioni condivise, mentre invece quando si presenta un problema serio ed esistono diverse opzioni, quando la posta in gioco è alta e non esiste il trattamento giusto, è importante che i valori del paziente siano resi espliciti e considerati con lui nella scelta. Nei casi in cui una decisione può avere conseguenze importanti, il paziente è spesso emozionato, ha bisogno di calma e di tempo, va aiutato a fare emergere la sua capacità di scegliere. Ogni scelta viene condizionata da numerosi fattori: a) le informazioni fornite da altre fonti oltre quelle mediche mettono a disposizione grandi quantità di dati non sempre fruibili da un punto di vista critico. b) le case farmaceutiche si rivolgono direttamente al paziente attraverso i media. c) la maggior parte delle decisioni viene presa a proposito di malattie il più delle volte auto risolutive di cui non si conosce con precisione il decorso e la natura. d) il consumismo medico è aumentato fino al punto da provocare nel paziente aspettative irrealistiche. La psicologia sociale mette in luce come una discrepanza tra le aspettative e la realtà provochi disagio emozionale e come la soddisfazione dipende dal grado di congruenza tra aspettative e realtà. e) l’enfasi posta sul XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 83 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini tumultuoso progresso tecnologico fa credere che la medicina possa fare miracoli provocando aspettative enormi; quando si comunica che nella realtà non è così e che anche malattie banali non hanno soluzione, si provoca una forte delusione dell’utente che finisce per provare rabbia e diffidenza nei confronti delle discipline cliniche e dei medici. Le difficoltà a decidere si sommano ad altri aspetti della realtà che rendono arduo ai malati districarsi nel campo della salute: l’aumento del numero di medici che si occupa di una singola persona (specialisti) determina la frammentazione del paziente; la sua fatica ad instaurare un rapporto di fiducia solido con un singolo curante causa fraintendimenti ed incomprensioni. Nei luoghi di ricovero le cure sono spesso fornite in maniera anonima da sconosciuti che cercano di imporre una autorità ormai messa in discussione anche a livello sociale e che non si dimostra affatto convincente quando è necessario scegliere la migliore tra numerose opzioni terapeutiche o diagnostiche oppure quando è necessaria una informazione corretta ed approfondita in vista di un consenso che non si limiti alla firma di un modulo. Perché un rapporto sia realmente condiviso è necessario che il medico sia disposto a mettere in comune con il paziente non solo le scelte, ma anche le condizioni di dubbio e di ignoranza tenendo sempre a mente che alcune persone messe di fronte all’incertezza vengono incoraggiate a prendere decisioni, mentre altre diventano ansiose ed incapaci di scegliere. 1.4 Le opzioni del paziente: comunicazione, informazione, decisione Bisognerebbe che i medici prescrivessero informazioni oltre che ricette: infatti quando un paziente prende una decisione in seguito ad una informazione completa e dettagliata, gli esiti sono migliori e i costi più bassi. Nell’incontro clinico entrambi i protagonisti sono detentori di abilità che permettono di instaurare un legame di cooperazione ed intersoggettività. Il paziente è un esperto di se stesso, delle circostanze sociali in cui la sua malattia si sviluppa, del suo corpo e della sua personale esperienza di malattia, delle abitudini, dei comportamenti, di valori e preferenze. Nonostante si dedichi molta enfasi alla necessità che scelte, decisioni, informazioni e responsabilità vengano condivise nel rapporto con i medici, molti pazienti non dichiarano le loro preferenze o addirittura giudicano di non prendere parte attivamente alla gestione della propria salute: i giovani sono più critici ed esprimono chiaramente la loro volontà, mentre gli anziani ed i malati più seri preferiscono essere guidati perché sono abituati ad un modello più paternalistico di rapporto con il medico, oppure temono di prendere decisioni sbagliate ed irreparabili quando si trovano in condizioni di necessità. La preferenza del paziente su un tipo di approccio più direttivo o più collaborativo, varia in base all’età, alla condizione sociale, al fatto di essere fumatore o meno (i fumatori vogliono decidere di più) e dal fatto che sia presente un problema fisico o psicologico. Nel caso il paziente ritenga di possedere un buon insight e quando è alle prese con scelte relative a malattie mentali (ad es. depressione) o cambiamento di stile di vita, preferisce contribuire alle scelte ritenendo di saperne di sé più del medico. Se si dedica al paziente un tempo adeguato è possibile distinguere quello che assume un ruolo più attivo da chi sceglie un ruolo inerte; un tempo troppo breve della visita può essere un elemento di strappo nel rapporto, un’ostica terminologia medica pone ostacoli alla comprensione e rappresenta un elemento di potere che impedisce la costituzione di un’atmosfera favorevole alle decisioni consapevoli. In conclusione, al di là delle dichiarazioni solenni e dell’idea attraente che tutti desiderino partecipare alle scelte, non ci sono molte evidenze che i pazienti vogliano davvero collaborare attivamente alle decisioni. Il consumismo ha abituato le persone a voler sapere di più, ma non le ha impegnate ad una 84 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini maggiore attiva responsabilizzazione; è quindi più saggio non generalizzare ed orientarsi ad ogni singolo paziente per capire quale livello di coinvolgimento ciascuno desideri: uno stesso individuo pretenderà maggiore o minore coinvolgimento a seconda del problema che deve affrontare ed in base ai suoi eventi di vita, al momento che attraversa, alle condizioni di contesto. Così accadrà che in uno stesso pomeriggio il clinico si comporti diversamente con ciascuno dei pazienti e che (ad esempio) il più radicale degli assistiti richieda un atteggiamento direttivo in una situazione in cui non è in grado di utilizzare le sue qualità di autosufficienza. In un rapporto di partnership tra medico e paziente, capacità umane, informazioni complete, comunicazione efficace, abilità ad ottenere fiducia, sono elementi che promuovono l’evoluzione del rapporto dalla dipendenza verso la collaborazione facilitando le decisioni, l’espressione delle opinioni, la valutazione dei rischi. Nei paragrafi che seguono vengono esaminate alcune questioni relative a queste tematiche. 1.4.1 Comunicazione Ottimismo: La comunicazione si basa sul rapporto semantico tra enunciazione e realtà in un determinato contesto. (Derrida) Pessimismo: La comunicazione e l’ambizione educativa sono infruttuose quanto l’ambizione terapeutica. (Bezoari-Fiamminghi) Secondo Habermas quando si comunica si hanno pretese di validità universale che riguardano la chiarezza, la veridicità, l’onestà che nella situazione discorsiva dovrebbero essere presenti ed integralmente rispettate. Un tale status non esiste ma dovrebbe esistere come ideale regolativo della realtà dei rapporti 11. I più frequenti schemi di comunicazione utilizzati dalla coppia clinica sono i seguenti: • Rigidamente biomedica: le comunicazioni si limitano ai fatti esclusivamente clinici. • Biomedico allargato: c’è qualche apertura nei confronti di alcuni aspetti di contesto • Biopsicosociale: il medico considera il paziente immerso nel suo contesto sociale ed è disponibile ad accogliere e ad inviare comunicazioni che si riferiscono alla intera vita della persona. • Consumistico: caratterizzato da un uso del medico che deve rispondere alle domande del paziente in termini strettamente limitati alle sue esigenze 70 Quando nel concreto un medico ed un paziente comunicano tra loro, non si trasmettono dei dati asettici, si scambiano anche altri messaggi sotto forma di emozioni, valutazioni sulla relazione in corso tramite comunicazioni implicite, impulsi e pensieri non consci. Ogni azione, perfino ogni movimento fisico assume una funzione di comunicazione; il medico deve esserne consapevole in modo da utilizzare questa risorsa per diventare “Un negoziatore, un consulente, insieme agente del cambiamento e manager della sicurezza” 65. Comunicazioni confuse producono invece mezze verità che affondano le loro radici nel terreno dell’informazione mancante 55. Il paziente ha quindi bisogno di demitizzazione, di comunicazioni chiare, di verità; è necessario renderlo più abile a esprimersi sia prestandogli ascolto, sia suggerendogli maggiore consapevolezza dei suoi modi di narrarsi, sia discutendo con lui il significato delle parole usate per spiegare il malessere. È una nozione banale, eppure non si fa caso al fatto che ci si preoccupa troppo poco degli elementi che favoriscono o inibiscono le persone a chiedere chiarimenti e informazioni; spesso il paziente sente di non XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 85 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini avere a disposizione una situazione ambientale favorevole a porre domande: il tempo è limitato, lo studio affollato, il medico interrompe subito. Tanto vale tacere o assumere le informazioni che con più calma si possono ottenere dai giornali, dalla TV, dal farmacista, dal vicino di casa. 1.4.2 Informazione La struttura delle conversazioni che forniscono informazioni mostra che le persone che stanno dialogando conoscono cose diverse e condividono un argomento comune. Una conversazione efficace implica che siano riconosciute ed affrontate le parti mancanti di una conoscenza e credenza condivise. (Fonagy) Quando il paziente riceve informazioni in maniera adeguata, è più probabile che prenda decisioni autonome, diverse da quelle del medico; nelle spiegazioni fornite al paziente, di solito si sottolineano gli aspetti positivi e si sottostimano i rischi o gli effetti collaterali, oltretutto si tende a dare suggerimenti prescrittivi piuttosto che facilitanti. Si dovrebbero invece dare indicazioni sulla storia naturale della malattia e sui risultati che si possono realisticamente ottenere per modificarne il decorso. Il materiale stampato che si distribuisce negli studi medici è spesso inadeguato: eccessivamente semplicistico e consolatorio o, al contrario, troppo tecnico ed incomprensibile. La tecnologia interattiva e l’ascolto di narrazioni audio sembrano permettere al paziente maggiore coinvolgimento e maggiore identificazione, con conseguente aumento della comprensione del problema; se il soggetto si sente direttamente implicato, gli si riduce il conflitto decisionale e lo si stimola a giocare un ruolo più attivo nel prendere decisioni senza aumentarne l’ansia, così da ridurre l’incertezza nelle scelte e da promuovere maggiore equilibrio tra i suoi orientamenti personali ed i suoi valori. In tempo di Internet le valutazioni dei pazienti hanno molte possibilità di basarsi su dati più certi rispetto al passato; più agevolmente di una volta, possono ottenere una lista dei possibili risultati per agevolare una decisione che tenga conto delle alternative, che mostri ogni possibile esito, positivo o negativo, in termini di fastidio, dolore o vantaggio di una procedura diagnostica o terapeutica. Attraverso Internet il paziente ha accesso diretto alle informazioni ed ha scoperto i trucchi del prestigiatore, le informazioni sono uscite dalla bottiglia come il genio di Aladino. Il medico guarda il paziente come il mago che vede svelati i suoi segreti e come un mago, il medico deve inventare nuovi trucchi, sviluppare nuove abilità; da una navigazione guidata da lui ad una in cui egli abbia un ruolo di messa a punto della posizione. Da timoniere a nostromo: in particolare nelle malattie croniche, il medico deve abbandonare il ruolo di guida per assumere quello di indicatore di un sentiero da percorrere in compagnia. Il curante al paziente informato tramite Internet: “È magnifico che lei abbia consultato Internet, mi faccia vedere cosa ha trovato, così glielo spiego”. 1.4.3 Decisioni, valori, opinioni, rischi Le decisioni si basano su una valutazione dei rischi, sui valori personali, sulle opinioni. In caso il paziente scelga in modo contrario alle convinzioni del medico, è necessario impostare discussioni senza pregiudizi; il soggetto ha filtrato le informazioni attraverso il suo sistema di credenze e ha deciso se ciò che gli viene raccomandato è possibile e desiderabile nel contesto della sua vita quotidiana; è quindi fondamentale che il clinico ne identifichi i valori, i quali possono variare da una volta all’altra di fronte a scelte differenti e si basano su convinzioni individuali assolutamente soggettive. I valori che sembrano guidare le scelte sono i seguenti 86 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Convenienza: quale opzione è più breve e rapida? Sicurezza: Che cosa dà maggiori garanzie di eradicare la malattia? Sopravvivenza: quanto è lunga la sopravvivenza a seconda della decisione? Salute: fino a che punto è possibile tornare alla normalità? Integrità del corpo: quale scelta manterrà al corpo la maggiore integrità? Elemento chiave per prendere una decisione riguardo la salute è la conoscenza di che cosa è più probabile che accada, eppure di fronte ad una decisione importante chi è malato è spesso confuso e di conseguenza incompetente. Se viene coinvolto in una scelta consapevole, è probabile che essa corrisponda meglio ai suoi valori, se si tiene conto del fattore temporale, che è uno dei valori più personali, è probabile che la sua scelta sarà più ponderata. Va da sé che non tutti i casi sono uguali e che non ci possa essere un approccio standardizzato per tutti; in particolare ci sono alcune situazioni in cui è più facile mettere al corrente il paziente e altre in cui è possibile farne a meno. Le situazioni in cui è imperativo rendere esplicite le scelte del paziente 80: - Quando ci sono differenze rilevanti nell’esito della malattia (morte rispetto a disabilità) - Quando ci sono grandi differenze tra le probabilità di complicazioni dei vari trattamenti - Quando la scelta implica compromessi tra gli esiti a breve e a lungo termine - Quando da una delle scelte può derivare una piccola speranza in una grave situazione - Quando l’apparente differenza tra opzioni è marginale - Quando un paziente è particolarmente poco propenso ad assumersi dei rischi - Quando un paziente attribuisce una insolita importanza a certi possibili risultati Il medico è abituato ad un repertorio di valutazioni riproposte sempre uguali sulla base della sua esperienza ed in base al genere di conoscenze che possiede a proposito di un problema. Quando la decisione viene concessa al paziente tutto cambia; si ritiene solitamente che egli non abbia i mezzi per giudicare consapevolmente i fatti, inoltre il modo in cui le varie opzioni gli vengono presentate hanno un’ importanza critica nel determinare la sua scelta. Le decisioni dipendono si dalle indicazioni mediche, ma soprattutto dalle preferenze del soggetto, dal suo giudizio sulla qualità della vita e da circostanze determinate dalle sue credenze sociali e religiose, oltretutto le persone compiono scelte differenziate anche nei vari stadi della malattia, quindi non si può utilizzare un criterio rigido. Per giungere ad una decisione condivisa, anche il paziente deve possedere competenze, deve sapere che tipo di rapporto vuole, essere consapevole di ciò che capita, saper chiedere e sapere cosa vuol sapere. Chi soffre di una malattia cronica spesso impara le malizie del mestiere di malato ed impara a raggiungere l’informazione desiderata attraverso l’esperienza; più che su un piano di conoscenza formale, egli può conseguire questa competenza attraverso quel genere di esperienza della malattia che gli permette di percepire con esattezza i segnali del suo organismo e gli consente quella confidenza tramite la quale chiedere ed ottenere dal medico ciò che la sua conoscenza del corpo reclama. Il malato chiede: “Cosa farebbe lei al posto mio?”. Non si accontenta dell’informazione, vuole anche un’opinione, desidera che il curante sia coinvolto, che gli stia a fianco e lo sostenga nella scelta. Molti clinici pensano di potersi limitare a fornire una informazione corretta senza partecipazione personale, mantenendo un atteggiamento asettico ed estraneo. La presentazione neutrale viene considerata l’ideale rispetto ad una • • • • • XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 87 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini presentazione che enfatizzi i lati positivi o negativi di ogni scelta, ma c’è da chiedersi se esista davvero o sia un miraggio. La neutralità nelle scelte terapeutiche o diagnostiche si abbina da un lato al mito della non direttività come tendenza ad evitare la manipolazione, come sollecitudine ad analizzare ogni influenza esercitata sul paziente e come atteggiamento di rispetto nei confronti suoi e della sua autonomia; dall’altro essa si identifica con la possibilità di assumere una posizione “meta” e di cogliere quanto sta accadendo nella scena terapeutica come continuamente codeterminato da ambedue gli attori 72. Una concreta condivisione migliora i risultati dell’incontro, un atteggiamento di intesoggettività mescola fecondamente lo stile di relazione dei due protagonisti del convegno clinico con la loro abilità di acquisire, elaborare e comprendere le informazioni importanti. Ci sono persone che non intendono correre alcun rischio, altre che accettano di bilanciare rischio e beneficio ed alcune che sono disponibili agli azzardi: la scelta definitiva di fronte ad un dilemma medico può risultare da un negoziato che avviene prima all’interno del nucleo familiare ed in seguito tra un medico partecipe ed un paziente fiducioso. Alcuni medici navigati affermano: “Io spiego tutto, ma metto le cose in modo che alla fine il paziente finisca per fare quello che voglio io”. Spiegazioni su infermità e trattamento vengono presentati in maniera manipolatoria, così che dati apparentemente oggettivi, si rivelino ad una analisi più approfondita, imbeccate caratterizzate dalle personali convinzioni del medico. Il clinico smaliziato è ben consapevole di quanto la forma con cui presenta i fatti possa modificare le valutazioni del paziente e quanto spesso egli debba decidere in una situazione dominata dall’ansia di una notizia inquietante appena ricevuta. In simili condizioni è giocoforza che il malato si affidi a qualcuno che lo sollevi dalla fatica di scegliere proprio nel momento più critico. È necessario evitare sia il percorso della neutralità assoluta sia quello della mistificazione sleale, verso un orientamento in cui vigano onestà intellettuale e partecipe consapevolezza della soggettività. 2. Verità Il medico che ha paura della verità deve imboccare un’altra professione (D.W. Winnicott) 2.1 Verità, Sincerità, Fiducia Per verità si intende solitamente una qualità assoluta, che non prevede sfumature, intenzioni, paragoni (si parla di verità parziale, ma vuol dire che di un fatto costituito da vari elementi, solo alcuni sono veritieri; i singoli elementi non possono essere quasi veri). Ci sono ragioni psicologiche per le quali si dà molta importanza alla verità di un’asserzione: non è affatto indifferente se è vera o se non lo è; cambia tutto se si scopre che non è vera, che chi l'ha riferita ha mentito. Nell'ambito del discorso vero/falso, è determinante l'intenzione di chi parla; sulla dicotomia menzogna/sincerità si costruisce una parte fondamentale del rapporto di fiducia. Per aver fiducia bisogna credere che l’interlocutore dica la verità, quindi il concetto di verità deve essere accostato a quello di sincerità, cioè una definizione di stato si trasforma in una definizione di intenzione, di azione. 2.2 Definizioni ed un breve ripasso filosofico Si può definire la verità secondo due accezioni: una verità è legata alle informazioni scientifiche in possesso del medico ed una è la verità della 88 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini relazione, nella quale oltre le notizie tecniche, deve esistere anche una verità personale tra medico e paziente, una chiarezza che riguardi il sapere ed il non sapere, l’ignoranza e il conosciuto. La verità è il soggettivo dolore, il soggettivo malessere di ogni singolo paziente; l’unica, relativa, irrinunciabile certezza da cui si può partire. Tramontata l'antica nozione di verità come adequatio, corrispondenza tra realtà e proposizioni che la definiscono, s’è venuta affermando una concezione di verità dapprima come coerenza e poi come conformità a regole, una verità quindi senza pretese metafisiche ma con validità limitata ai contesti d'applicazione. Per Nietzche non esistono né verità né falsità, ma solo prospettive differenti sulla realtà. Quando si conosce si valuta, ossia si organizza la realtà secondo il prospettivismo dei valori attraverso i quali ciascun uomo esprime la singolarità della propria esistenza. William James riteneva invece che la verità tendesse a coincidere con l’utilità e, in particolare, con l’utilità dell’individuo. Ogni verità è sempre legata al contesto esistenziale ed ambientale del soggetto conoscente. L’evoluzione più avanzata sul versante filosofico é quella operata dalla scuola di Oxford, i cosiddetti analitici, ed in particolare Strawson che sostiene una interpretazione performativa (dicendo di qualcosa che è vero non si constata niente, esser vero non è una proprietà di qualcosa, ma si afferma o approva un certo senso: si è d’accordo). Horwich, invece dà una concezione minimale di verità: “Ogni proposizione specifica la propria condizione per esser vera”. La condizione risulterebbe la condivisione di una credenza. Sarebbe allora proprio la credenza che connette verità, significato e mondo per una comunità data di parlanti 8. La verità è la momentanea rappresentazione di certe opinioni e concezioni, che sono il risultato del predominio a livello individuale e sociale di precisi criteri, interessi, rapporti di forza. Oggi prevale l’opinione secondo cui non esiste un’unica verità intorno alle cose; esistono tante verità quanti sono i sistemi concettuali con i quali ci si organizza, si descrive e si conosce la realtà. Posto un certo sistema concettuale, la verità e la falsità non dipendono da convenzioni o da scelte arbitrarie, ma dal concetto di verità e dai criteri di verificazione che vigono nell’ambito del sistema e che regolano in modo vincolante le operazioni eseguite al suo interno 11. 2.3 Evoluzione della scienza, evoluzione della verità Tramontato il mito del positivismo ottocentesco di poter definire vera una teoria quando risulta in accordo con i fatti, si può continuare a parlare di verità scientifica? I medici che esprimono dubbi nel corso della visita, tendono a costruire attraverso le parole un rapporto di fiducia maggiore di chi non esprime incertezza e dà al paziente più informazioni; di solito il medico esprime più apertamente le incertezze sue o della scienza con i pazienti che vogliono avere più informazioni e che pongono più domande. Tra la gente ci sono due opposti atteggiamenti nei confronti della scienza: a) la scienza è traditrice, falsa, truffaldina, guasta il mondo e la natura. b) la scienza deve essere in grado di risolvere ogni problema; essa scienza viene da alcuni respinta per affidarsi all’irrazionale mentre altri alla scienza si affacciano come ad una fede con il rischio garantito della delusione. Il concetto di scienza include quello di evoluzione e cambiamento; chi la crede statica, si affida ad un dogma destinato a crollare. Per Kuhn la sua evoluzione avviene con un meccanismo simile all’evoluzione Darwiniana, non un avvicinamento alla Verità, ma una comprensione più raffinata e dettagliata della natura. Il progresso esiste, ma non lo si può intendere come sviluppo conoscitivo verso una Verità assoluta; il sapere procede non verso qualcosa (la XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 89 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Verità) ma a partire da uno stadio di maggiore ignoranza verso una maggiore conoscenza. La Scienza non è la Verità. Scientifico vuol dire soltanto “proceduralmente corretto” quindi, in una visione ristretta, forse “vero” nel senso di es-atto, conseguente, risultante 8. Compito dello scienziato non è trasformare le proprie idee in verità dimostrate, ma considerarle come ipotesi, come congetture sempre falsificabili, cioè considerate valide fino a quando non vengono smentite. Da Cartesio fino all’induttivismo positivista la scienza avrebbe dovuto fondare una conoscenza inoppugnabile, eppure nel corso della sua evoluzione è apparso chiaro che essa non deve competere con le religioni perché costituisce il mondo delle ipotesi che elimina per definizione ogni potenzialità di pervenire alla verità. Per Popper non esiste un criterio di riconoscimento della verità; il suo concetto di conoscenza di sfondo cioè l’insieme di ciò che non viene messo in discussione ogni volta “per ragioni pratiche”, giustifica l’idea che esista un punto di partenza per il progresso conoscitivo. Si tratta di un insieme di teorie e di congetture che provvisoriamente sono da considerare non-problematiche e costituiscono quindi una base di “verità”. Un procedimento analogo avviene nell’ambito della medicina generale dove la conoscenza di sfondo dei pazienti costituisce un solido supporto su cui il singolo medico può fondare la sua base di verità costruita su un contesto sociale e culturale noto. Il concetto di verosimiglianza di Popper sostiene che quando si devono confrontare due verità tra loro (ad esempio l’opinione di medico e paziente, l’opinione di due medici o due scuole) si deve stabilire un criterio secondo cui una è più verosimile dell’altra; l’idea di una verità assoluta ha solo valore regolativo, ma si possono preferire le teorie che si spera possano essere più vere di altre: la medicina basata sulle prove di efficacia (ad esempio) non è la verità, ma rappresenta quanto di più verosimile ci sia in circolazione. La verità scientifica è quindi fluida, transitoria, sempre sull’orlo della confutazione sperimentale, dura il tempo necessario a falsificarla 31. Il pubblico è spesso esposto al pendolo dell’ansia 71: in attesa di verifiche o confutazioni, vengono affermate verità tanto assolute quanto contraddittorie, quindi la gente non sa più a chi credere. Le persone hanno bisogno di fidarsi, possono scegliere la fede in qualcuno che sostenga di possedere la verità, o la fiducia in chi sostenga l’esistenza del dubbio, dell’incertezza e di gradi diversi di certezza in continua evoluzione. Gli utenti si rendano conto del limite del potere medico, facciano i conti con l’incertezza e lo scetticismo, con il fatto che le verità contenute nelle evidenze scientifiche non sono mai neutrali 83, che cercare un secondo parere non regala la verità ma alimenta un sano scetticismo nei confronti del potere della scienza 25. Un accesso più consapevole alle cure può avvenire attraverso maggiore chiarezza, maggiore grado di verità, maggiore consapevolezza dell’incertezza, minore paternalismo. 3. Fiducia 3.1 Definizioni La differenza tra fede e fiducia consiste nel fatto che chi ha fede crede che l’altro sia onnipotente, chi ha fiducia gli si affida dopo essersi interrogato su di lui, sulle aspettative che nutre, dopo aver chiarito i dubbi. Il concetto di fiducia è collegato con l’affidare a qualcuno qualcosa da custodire; al medico viene affidata la salute, ma mentre in passato la consegna era totale ed acritica, al giorno d’oggi il paziente desidera il controllo su ciò che ha lasciato in custodia; si tratta di una fiducia limitata che ha provocato la caduta di un mito della medicina: l’icona del dottore che prende in consegna totale la salute e la volontà 90 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini del malato è tramontata. Si affida la propria salute e ci si fida dell’esperto fare a patto di conoscere le sue strategie e le sue ragioni. La fiducia è un sentimento che dà una qualità particolare ad una relazione e costituisce uno dei fondamenti della struttura sociale; essa viene anche definita come una salda credenza basata sull’esperienza in considerazione di qualità come onestà, veridicità e giustizia 68, è un atteggiamento affettivo diretto verso l’esterno, che implica una sensazione di sostegno, confidenza e tranquillità riguardo il fatto che certi atti e comportamenti si verificheranno o (se spiacevoli) non si verificheranno. È una convinzione stabile che è stata messa in discussione in passato, ma che è stata confermata da esperienze positive ed è probabile che non verrà più messa in dubbio. Tramite la fiducia è quindi possibile abbandonare aspettative irrealistiche e fare previsioni sulla base di un esame di realtà. Al contrario la sfiducia si definisce come assenza di sicurezza e affidabilità e la diffidenza come prudenza sospettosa, scettica e dubbiosa riguardo la possibilità di consegnarsi in cura a qualcuno. La mediazione tra fiducia e scelta è costituita dall’informazione e dalla comunicazione. 3.2 Psicodinamica La fiducia può essere fornita da una persona supportiva, rispettosa, empatica, partecipe, che non se ne approfitta, che incoraggia l’uso della parola per esprimere pensieri e sentimenti e che tenta di trovare il significato della sofferenza del paziente, fornisce l’opportunità di riorganizzare le esperienze e ricercare soluzioni più adattive 33. Perché la fiducia si sviluppi si deve creare anche un complesso di elementi sociali di regolarità, certezza, coerenza, serietà entro cui vengano considerati desideri e bisogni. Come chiunque, il paziente ricerca idealmente un amore incondizionato e perfetto, che offra la possibilità di arrendersi passivamente a cure fidate e attente 3. Per affidarsi, le persone proiettano il loro oggetto buono interno in nuovi oggetti emergenti (ad esempio il medico), creando così la base dell’apprendimento e della conoscenza; alla fiducia è collegata la gratitudine, che si basa sulla sicurezza di godere di una buona fonte di nutrimento fisico o mentale 46. Quando ci si affida a qualcuno, deve esistere la convinzione che non si subiranno tradimenti o aggressioni. Tra fiducia e dipendenza esiste un rapporto che va compreso a fondo; il senso comune attribuisce alla dipendenza una accezione negativa ed in effetti chi è assoggettato viene sottilmente disprezzato, mentre chi viene descritto come “fiducioso negli altri” riceve una connotazione favorevole. Nel corso della vita, molti stati quali l’immaturità, la malattia, la vecchiaia, rendono deboli dal punto di vista fisico o psicologico e quindi dipendenti, tuttavia il malato ambulatoriale ancora padrone delle sue capacità di discernimento, a differenza del malato ricoverato in ospedale mantiene un possesso della sua persona che gli permette di concedere la fiducia conservando la consapevolezza di sé e del proprio stato. La fiducia si concede consapevolmente sotto continuo controllo e perché progredisca deve essere mantenuto un alto livello di informazione e di comunicazione tra le parti: il medico che rende partecipe il paziente, ne aumenta la competenza, la consapevolezza di sé, ne evita la soggezione e ne promuove la capacità di assumere responsabilità nella cura della propria salute. La sicurezza si sviluppa attraverso l’identificazione con persone che ne siano degne attraverso esperienze positive, contiene la percezione e il giudizio sull’altro attraverso una seria e reiterata valutazione delle capacità professionali e relazionali di condividere le decisioni e di assumersi responsabilità. Se un paziente non ha fiducia, non comunica; perché si consegni alla cura, è necessario XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 91 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini che possieda qualche elemento di realtà che gli consenta di paragonare la fiducia fantasticata (incondizionata) alla fiducia che può realisticamente aspettarsi. La differenza tra la fiducia e la dipendenza consiste nella valutazione realistica delle aspettative. Chi prova fiducia è meno ansioso nei confronti dei pericoli perché sa che verso di lui esiste simpatia e compassione e sa rilassarsi se sperimenta sicurezza, anche se è cosciente del fatto che in alcune situazioni è necessario essere diffidenti. Riassumendo, il paziente fiducioso è convinto che il medico comprenda qualcosa dei suoi problemi, spera nel processo terapeutico e pensa che se prenderà parte al processo clinico potrà guarire; è uno che riconosce i limiti del suo interlocutore, non lo considera onnipotente, sviluppa il suo sentimento attraverso un graduale esame dei dubbi, non attraverso una speranza illimitata di effetti portentosi. 3.3 I fattori che creano e mantengono la fiducia L’età, il sesso del paziente, l’aspetto del medico, il fatto che il curante sia stato consigliato da qualcun altro e (negli USA) il modo in cui il medico viene retribuito, sono fattori che influiscono sul grado di sicurezza, mentre all’opposto, la gentilezza durante le visita, la discussione delle opzioni, il contatto di sguardi, un trattamento alla pari, sembrano elementi secondari nell’induzione di fiducia. In un rapporto clinico, gli elementi che favoriscono la fiducia sono gli stessi che facilitano la soddisfazione del paziente. Il senso di affidamento risulta dal grado di reciproca dipendenza tra paziente e medico: l’uno si aspetta che l’altro si faccia suo agente e che quando si devono prendere decisioni che coinvolgono specialisti o medici ospedalieri, si dia da fare per i suoi interessi. Numerosi altri fattori contribuiscono a creare e mantenere la fiducia: la ricerca delle ragioni reali della visita, il rispetto delle opinioni e delle sensazioni, la capacità di prodigarsi e di prendere in carico la persona, la dimostrazione di competenza nella diagnosi e nel trattamento, la abilità di confortare, la attitudine ad incoraggiare a porre domande, la volontà di dare spiegazioni e informazioni, il rispetto per la conoscenza che il soggetto ha di sé, la capacità di accettare l’amore e l’odio del paziente senza intenti vendicativi e senza che si aspetti da lui soddisfazioni emozionali. È scontato che la fiducia sia stimolata dall’affidabilità e dalla chiarezza: quando non c’è risposta a qualche quesito lo si deve rivelare senza timore; il curante che riconosce i limiti della scienza rende il paziente più realista e meno magicamente consegnato ad una illusione di onnipotenza della medicina. L’affidabilità consiste nel proteggere i pazienti dall’imprevedibilità; dietro l’inaffidabilità si nasconde il caos dell’impensabile e quindi la somatizzazione. Ai fini dell’accrescimento della fiducia non è mai tempo perso utilizzare la propria immaginazione con cautela per entrare nelle riflessioni, nelle emozioni, nelle speranze e nei timori dell’altro; è imperativo mantenere il suo senso di identità personale, assicurargli riservatezza e ricordare i vincoli etici della professione 85. 3.4 A cosa serve la fiducia La fiducia non ha uno scopo pratico nel momento in cui nasce, ma se ci si attiene ai fatti e ci si pone in un’ottica pragmatica, ci si accorge che maggiore la fiducia, maggiore la soddisfazione del paziente, la sua compliance e la continuità della cura. In presenza di un paziente fiducioso è possibile che il medico riesca ad impostare un rapporto in cui l’attesa e lo sviluppo dei fatti clinici trovino uno spazio senza la necessità di ricorrere ad esami di laboratorio dal significato esclusivamente difensivo. 92 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini In questo modo si produce un abbattimento dei costi e si favorisce una osservazione della storia naturale della malattia; se si riduce la pretesa di guarire subito o di non ammalare affatto o di non morire mai l’atmosfera diventa meno affannosa. Quando un paziente diffidente non accetta di stare a vedere che il suo malessere prenda una forma comprensibile (non si dimentichi che il 40% dei problemi in MG sono indifferenziati e non classificabili), cercherà altri medici ed altri esami in un doctor shopping che innalzerà i costi ed il malessere di entrambi i protagonisti del rapporto. I pazienti che non ricevono una diagnosi e restano sospettosi, peggiorano la loro ansia temendo di essere affetti da malattie gravi; in queste circostanze, oltre l’aumento della spesa pubblica, esiste il rischio di un danno jatrogenico prodotto da esami superflui. La fiducia aiuta il paziente ad accettare il modo in cui il MG gli spiega le notizie relative alla sua salute e consiste nell’accettare di farsi con-vincere ad una decisione piuttosto che ad un’altra. Un paziente consapevole decide di farsi con-vincere, di fidarsi, di affidarsi; secondo questa accezione la fiducia perde il suo tradizionale carattere istintivo per acquisirne uno consapevole. Consapevolmente si può scegliere di dipendere in parte da un'altra persona senza mai abbandonare la guida di sé in un moto alternato di delega e di deroga, in un processo condiviso ed intersoggettivo. 4. Il Patient Physician Paper Partnership: una opportunità 4.1 Consensi e contratti La nozione del paziente come partner possiede una analogia con la richiesta di consenso informato messa in atto all’inizio di un trial quando si firma un ICD (Informed Consent Document); il contratto di partnership non consiste solo di una evoluzione dettata da una democratica apertura nei confronti dell’utente, ma anche di un cambiamento radicale dettato da esigenze medico legali. Negli Usa, ad esempio, è prassi comune stendere un contratto con i pazienti ai quali vengono prescritti farmaci che possono dare dipendenza: il contratto specifica come e perché il soggetto sta usando quel farmaco e che l’utente non deve chiedere ad altri medici di prescrivergli quel prodotto; se il paziente rompe l’accordo, il medico cesserà di prescrivergli il farmaco. In maniera analoga tra gli psicologi clinici e gli psichiatri ed i loro pazienti a rischio di suicidio, si stipula un accordo secondo cui si chiede di contattare il proprio terapeuta prima di qualunque momento critico. L’efficacia di questi mezzi è tutta da confermare, ma dimostra la tendenza a trasporre anche in ambito clinico i principi che finora venivano riservati alla somministrazione di farmaci in un trial clinico controllato. 4.2 Forma e proprietà del PPPP Il PPPP è un modello concepito da Rosser, medico canadese, per favorire l’intesa con il paziente, fornirgli le informazioni più accreditate riguardanti la sua patologia, mettere per scritto un vero e proprio contratto tramite il quale pianificare i procedimenti diagnostici e terapeutici che verranno seguiti nel corso della malattia. Il modello di Rosser contiene tutti gli elementi che potrebbero trasformare una semplice relazione clinica in un rapporto condiviso; viene messo a disposizione del paziente uno stampato dedicato al problema in questione (ad esempio il mal di schiena) che chiarisce cause e meccanismi fisiopatologici in gioco, propone mezzi diagnostici diversi, descrive la storia naturale della malattia, contempla la possibilità che non si intervenga affatto sul problema, descrive infine le varie opzioni terapeutiche e l’eventuale necessità di XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 93 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini follow up con le scadenze ritenute più idonee al monitoraggio della patologia. Ciascuna delle informazioni fornite deriva da una accurata analisi delle più accreditate evidenze disponibili ed è sottoposta frequentemente ad una revisione in base ai cambiamenti sopravvenuti nel frattempo nelle linee guida. Il paziente porta con sé lo scritto, lo analizza, lo valuta con chi vuole, poi torna dal curante dove il documento viene sottoscritto e conservato da entrambi. 4.3 Commenti conclusivi È innegabile che un modello di contratto come quello presentato da Rosser possieda dei vantaggi, tuttavia la sua utilità può risultare massima qualora venga utilizzato come canovaccio per un dibattito e come base per la realizzazione di strumenti più flessibili che come prototipo da riprodurre. Se ne esaminino alcuni aspetti positivi: 1) le decisioni importanti vengono prese al di fuori da situazioni di forte emotività. 2) il paziente ha la possibilità di portare a casa il materiale illustrativo, ci pensa con calma, condivide con i familiari o con gli amici i pro e i contro di ogni scelta. La valutazione definitiva è il risultato di un negoziato che avviene all’interno del nucleo familiare o della rete sociale prima ancora che tra paziente e medico. 3) al tradizionale bilancio rischiobenefici attuato tramite una rigorosa informazione riguardo le migliori prove di efficacia disponibili, si affianca una valutazione che tiene conto delle caratteristiche, dei valori e delle scelte del singolo paziente. Un insieme di diritti, doveri e aspettative di benefici indirizzati all’individuo. Soppesati gli aspetti vantaggiosi, va detto che sotto altri profili il PPPP appare come una procedura burocratica che ha il solo scopo (peraltro non disprezzabile) di definire la responsabilità del clinico e quella del paziente nell’accingersi ad una terapia; da un ulteriore punto di vista appare un vero e proprio scarico di responsabilità da parte del sanitario. Un ideale contratto di partnership può essere tutto questo e molto di più: se è vero che di fronte a decisioni difficili il paziente deve essere lasciato libero di decidere, è altrettanto vero che un medico accorto deve proporre una opzione alternativa attraverso la quale favorire la crescita della capacità riflessiva e creare le condizioni perché nessuno debba rimpiangere la risoluzione raggiunta, soprattutto nei casi in cui né il buon senso né le evidenze sono sufficienti a prendere decisioni a cuor leggero (ad esempio: idratare o no in fase terminale? Nutrire o no in fase terminale? Quale opzione terapeutica per un minore?). Le informazioni disponibili anche al di fuori del tempo della consultazione devono offrire al paziente elementi di valutazione basati su una riflessione ponderata e dargli la possibilità di districarsi tra le incognite e i vantaggi che gli si prospettano. Le informazioni scritte che aiutano la scelta vanno considerate parte del progresso nelle conoscenze e aggiornate di frequente, a mano a mano che le prove di efficacia evolvono (a mano a mano che la verità cambia). Il paziente che riceve un elenco di tutte le opzioni possibili tenendo conto delle sue circostanze di vita e delle sue preferenze (compresa la possibilità di non intervenire affatto), riduce il conflitto decisionale e raggiunge scelte più consapevoli e responsabili. Un contratto di partnership deve avere anche la funzione di utilizzare in pratica le informazioni ottenute attraverso una valutazione critica della letteratura al fine di dare al paziente il maggiore beneficio possibile; obbliga quindi il clinico ad una continua opera di aggiornamento, nella prospettiva non solo di fornire il meglio, ma anche di fornire ciò che serve o evitare tutto ciò che non è utile. Ogni contratto di partnership dovrebbe concludersi con un piano di azione da formalizzare in svariati modi: da un gradimento espresso verbalmente in modo informale ad un formale contratto scritto e sottoscritto dai due attori. La proposta di Rosser, per quanto stimolante ed innovativa, presenta alcuni intoppi di ordine sia pratico che concettuale; è infatti improponibile formulare 94 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini una scrittura su misura per ogni paziente ed è altrettanto utopico pensare che un accordo formalizzato e standardizzato possa risultare soddisfacente per ciascuna delle persone che si rivolgono al medico o per ciascuna delle situazioni problematiche che gli vengono quotidianamente sottoposte nella maggior parte dei casi autorisolutive. Un ipotetico contratto di partnership non dovrebbe persuadere nessuno nel senso tradizionale di convincere attraverso qualche tipo di retorica: sarebbe auspicabile una totale assenza di ambiguità tra gli attori dell’incontro, ma dato che le decisioni cliniche sono sempre emotivamente connotate, è impossibile sterilizzare il campo come in chirurgia; sarebbe quindi necessario che la coppia fosse in grado di considerare la presenza delle emozioni non come interferenze sgradite, ma come segnali necessari ad orientare le scelte. Al medico il compito di svelare ambiguità, atteggiamenti difensivi, paure, di modo che il paziente possa assumere le proprie responsabilità di decidere con massima consapevolezza, dopo avere riunito i suoi aspetti emotivi e quelli razionali. Per essere veramente innovativo ed utilizzabile, un contratto di partnership non può quindi limitarsi alla somministrazione di una informazione asettica e corretta addossando al paziente una responsabilità totale ed oppressiva, deve anche progettare uno spazio per la condivisione e lo sviluppo dell’intersoggettività in cui si mescolino in maniera creativa lo stile interpretativo di medico e paziente e la reciproca abilità di acquisire, elaborare e comprendere l’uno dall’altro le informazioni e le convinzioni rilevanti. Bibliografia 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. Balint J. The doctor, his patient and the illness Re-visited, Journal of Balint Society, vol 24 1996 Balint M. The doctor, his patient and the illness. London: Tavistock Publications, 1957. Balint M. La regressione, Cortina, Milano, 1983 Bleker, O. P, Crowley, P., Drinkwater, C., Haigh, R., Daoud, R., Hopkins, J S, Watson, A. R, Syme, D., Fleetcroft, R. (2000). Partnership with patients. 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XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 97 Informazione e consenso in Medicina Generale Massimo Tombesi Via Ricci 60 – 62100 Macerata e-mail [email protected] Tel + 39 0733-35868 Sergio Bernabè Via Puccini 23 – 10044 Pianezza (TO) e-mail [email protected] Tel + 39 011 9677599 La necessità per qualsiasi medico di ottenere il consenso del paziente per poter effettuare interventi di tipo diagnostico o terapeutico, è oramai un fatto scontato. Anche se la questione si presenta in modi diversi a seconda delle situazioni, del setting assistenziale e della tipologia degli interventi che dovrebbero essere praticati, la Medicina Generale è interessata e coinvolta al pari di altre categorie professionali. Alcune ovvie differenze non possono comunque essere trascurate: è evidente che il consenso ad un intervento chirurgico o ad un esame diagnostico invasivo abbia dei requisiti – anche formali - per la sua validità, diversi da quelli richiesti per l’effettuazione di interventi da parte del medico di medicina generale. Ciascun setting ha le sue modalità di informazione e consenso. Tuttavia a ben vedere la sostanza è la medesima, mentre la differenza maggiore sta nel tipo di rapporto che si realizza nel setting delle cure primarie rispetto a quello, ad esempio, di una sala operatoria o – per aspetti del tutto opposti - di un reparto di rianimazione o di un pronto soccorso. È evidente che sul paziente del medico di medicina generale è pressoché impossibile effettuare interventi di qualsiasi genere che siano svincolati da un consenso: è il paziente stesso che spedisce in farmacia la ricetta con i farmaci da assumere, che decide di prenderli o meno, che si sottopone agli esami prescritti dal suo medico. Molto più critica diviene invece la questione se si parte dal presupposto che il consenso, per essere valido, deve essere anche informato. L’evoluzione giuridica e culturale del concetto di consenso è sintetizzata nella tabella 1. Principio di beneficenza: “il medico deve fare il bene del paziente” Lo scopo della medicina è implicitamente “buono” Ogni essere umano adulto e capace ha il diritto di determinare cosa debba essere fatto con il suo corpo; un chirurgo che esegue un’operazione senza il consenso del paziente commette violenza privata. Il medico può agire solo dopo che il paziente abbia dato il suo consenso. Non si può forzare il paziente a sottoporsi a trattamenti che rifiuta Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Il medico ha il dovere di comunicare all’interessato ogni fatto che sia necessario a formare la base di un intelligente consenso del paziente al trattamento proposto Il consenso non può essere una “delega in bianco”. Il paziente deve avere gli strumenti per accettare o rifiutare consapevolmente. Tabella 1. Piccola sintesi di storia del consenso informato L’idea che il medico ha per suo intrinseco mandato il dover fare “il bene del paziente”, affonda negli albori della medicina, sicuramente con radici antecedenti alla sua fase moderna che si può far risalire all’incirca agli ultimi 200 anni. La responsabilità professionale del medico è via via cresciuta nel tempo, attraversando fasi in cui si sono dapprima definiti limiti all’arbitrarietà ed all’incompetenza più grossolane, quindi si è affermato il diritto del paziente quantomeno di disporre del suo corpo e di rilasciare al medico una autorizzazione ad operare, fino a giungere all’affermazione del diritto di ottenere le informazioni necessarie a rilasciare il consenso, a pena della sua invalidità. In seguito tale diritto si è ulteriormente sostanziato con l’inclusione dell’obbligo di illustrare, rispetto ad una strategia terapeutica proposta, le alternative disponibili ed i loro possibili esiti. Tutto ciò corrisponde ad una evoluzione ed un ampliamento della sfera del diritto del paziente all’autodeterminazione, che include notoriamente la possibilità di rifiutare cure anche indispensabili, fatta salva la tutela dei minori e degli incapaci. Parallelamente alla crescente considerazione del diritto di autodeterminazione del paziente, si accrescevano i doveri e quindi le responsabilità del medico. Le basi liberali del consenso informato Curarsi fa parte di una visione filosofica e morale di se stessi e del mondo; quindi riconoscere il diritto di scegliere se curarsi o meno, ed in quale modo, coincide con il riconoscere che non esiste nella nostra società una unica visone filosofica e morale della vita, dell’uomo e della salute, ma un pluralismo di visioni che è sinonimo di libertà, anche se possono condurre a risultati diversi. Questo rende conto del grado di violenza ed illiberalità che sarebbe intrinseco ad un sistema che non riconoscesse il diritto all’autodeterminazione in fatto di salute. Ma è altrettanto evidente che l’esercizio di questa libertà, per essere sostanziale, deve implicarne una concezione in termini di possibilità di scelta tra diverse opzioni, la cui natura, scopi, limiti e rischi, siano ben compresi da chi si propone di scegliere. Altrimenti si tratterebbe di una libertà vuota. Da ciò scaturisce la connessione tra consenso ed informazione, intimamente legati e non separabili. Quale informazione? Se l’informazione è un prerequisito del consenso, quale tipo di informazione va data e come? Vi sono diverse risposte possibili, tra le quali va fatta una gradazione di pertinenza e priorità, ma che non si possono intendere in modo alternativo l’una all’altra. Secondo una possibile interpretazione, andrebbe data a tutti l’informazione sullo stato delle conoscenze rispetto al problema che viene affrontato, tenuto conto della corretta prassi professionale. Si tratta di una informazione in certa misura “oggettiva”. A parte i problemi che il concetto di 100 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini oggettività può facilmente evocare (quantomeno dipende dal punto di osservazione e da ciò che è ritenuto pertinente), l’informazione data in tal modo risulta inevitabilmente centrata sulla patologia e sulla prospettiva scientifica del medico. Alcune obiezioni sono immediate: ad esempio, è difficile stabilire in assoluto quale sia la corretta prassi professionale (variabile in base ad orientamenti, scuole, acquisizione di conoscenze più o meno recenti e più o meno considerate come assodate e definitive); non si capisce inoltre fino a che grado di approfondimento il MMG si dovrebbe spingere (atteso che è ovviamente impossibile una assoluta completezza), e soprattutto vi sono difficoltà di comprensione da parte del paziente, in particolare se si considera che in base agli orientamenti attuali, la corretta prassi professionale si fonda sull’acquisizione e l’utilizzo di conoscenze “evidence-based”, che si basano su metodologie di produzione e di analisi spesso di difficile comprensione persino per i medici. Una alternativa è quella di fare riferimento al paziente medio: andrebbe data perciò quell’informa-zione di cui “un paziente ragionevole” ha bisogno per prendere una decisione. In questo caso l’informazione è centrata sul paziente “medio”, il che non evita altri problemi: chi definisce lo standard medio, e come? Come si fa a dire se il paziente che si sta informando è “ragionevole”, e chi lo può decidere, se si parte dal presupposto che esistono e sono parimenti legittime diverse concezioni morali e filosofiche personali sia della malattia, sia della cura? L’unico sistema per superare l’impasse, è ammettere che vada sempre data l’informazione di cui lo specifico paziente ha bisogno per prendere una decisione. Questa risulta perciò centrata sullo specifico paziente, tiene conto del suo livello culturale e dei suoi valori di riferimento. Poiché per il medico può essere impossibile definire a priori un modello di informazione centrata sullo specifico paziente, l’acquisizione del consenso e l’informazione stessa debbono essere necessariamente interattivi e contestualizzati alla consultazione e alla specifica situazione clinica che si sta affrontando. In tal modo, medico e paziente raggiungono una sintonia, stabilendo un canale di comunicazione in cui si progredisce con un linguaggio condiviso. Vengono compresi i rispettivi punti di vista e le esigenze che ciascuno degli interlocutori ritiene più o meno prioritarie rispetto agli esiti da raggiungere e anche rispetto al contesto giuridico ed istituzionale che rende percorribili i diversi interventi che possono essere appropriati per conseguire determinati fini. Non esiste perciò consenso possibile in assenza di informazione calibrata sullo specifico paziente che si ha di fronte, tenuto conto delle sue esigenze, bisogni, livello culturale. E che non si tratti di un mito, lo testimoniano le numerose ricerche da cui emerge costantemente il desiderio dei pazienti di essere informati, al di là del potere contrattuale con cui riescono a rivendicarlo. È chiaro tuttavia che l’informazione calibrata sul paziente non esclude la necessità di informare anche sullo stato delle conoscenze: il paziente che non sa nulla dei possibili esiti della patologia di cui soffre, delle opzioni terapeutiche possibili, dei loro limiti e rischi, non potrà nemmeno rivolgere al medico domande pertinenti a collegare i fatti rispetto al suo problema, e ad esercitare una scelta consapevole. Ugualmente, almeno al momento in cui si affronta per la prima volta una questione importante, lo specifico paziente può non essere in grado di valutare aspetti che dopo attenta ed adeguata riflessione farebbero emergere domande logiche e pertinenti. Perciò anche l’informazione richiesta per il “paziente medio” è del tutto appropriata, e il medico dovrebbe proporla anticipando domande che ritiene possibili, o comunque considerazioni di cui è bene tenere conto. XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 101 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Domenighetti propone al pubblico alcune domande (tabella 2): si potrebbero considerare quelle che il “paziente medio” dovrebbe porre al medico in generale (cioè indipendentemente dal tipo specifico di problema). La semplicità di esse si presta bene ad essere confrontata con la difficoltà a rispondervi. Ma del resto se ci sono difficoltà nel rispondere all’ovvio, sarebbe molto salutare che le medesime domande se le ponessero in anticipo anche i MMG, non solo per saper eventualmente rispondere, ma soprattutto per sviluppare su basi razionali e scientifiche quella “medicina critica” di cui si sente molto il bisogno e che va sottratta, nei limiti del possibile, a concezioni puramente ideologiche, per quanto esse stesse legittime e a volte inevitabili (non esiste nessuna neutralità della scienza, tantomeno in medicina). Tabella 2. – Domande che il paziente dovrebbe porre al medico (Domenighetti, 2000) In generale Per prestazioni diagnostiche e di “screening” Perché questo trattamento (questa procedura) è necessario? Quali sono i benefici attesi e i rischi potenziali? Cosa mi capiterebbe (e con quali probabilità) se questo trattamento non fosse eseguito? Esistono uno o più trattamenti alternativi? Se sì quali sono i rischi ed i benefici in rapporto a quello proposto? Il trattamento (la procedura) è scientificamente fondato (evidence-based)? Al mio posto lei si sarebbe sottoposto al medesimo trattamento? L’avrebbe proposto ai suoi famigliari? Se no per quale motivo? Che malattia lei può diagnosticare con l’esame (il test) che mi propone? Qual è la precisione del test? Qual è la probabilità di avere risultati “falsi positivi” e “falsi Negativi”? La malattia che lei intende diagnosticare potrà poi essere curata? E con quali probabilità di successo? Informazione, consenso e scopi del medico e della medicina Il ruolo del MMG: Ruolo = Compito = Scopo, fine “Non “Nonesiste esistealcun alcunfine finedella dellamedicina medicina che chenon noncrolli crollimiseramente miseramentedi difronte fronteall’ultimo all’ultimo dei deipazienti pazientiche chenon nonlo lofaccia facciasuo” suo” (A. (A.SSANTOSUOSSO, ANTOSUOSSO,1998 1998)) La “mission” del MMG non è perciò quella di realizzare obiettivi clinici predefiniti, ma quella di: rendersi disponibile, come Professionista e non solo come Clinico, rispetto a possibili obiettivi di salute 9 102 Se il medico può agire solo previo consenso informato, e l’informazione è quella necessaria allo specifico paziente per decidere, allora è chiaro che i valori del paziente entrano nel giudizio clinico, inteso come decisione negoziata tra medico e paziente che scaturisce dalla valutazione complessiva del caso. Si ridefiniscono così automaticamente gli scopi della XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini medicina, e si ridimensiona la possibilità di perseguire scopi autodeterminati dalla medicina sulla base di valori coincidenti con gli esiti prescelti (per lo più gli endpoints degli studi clinici). Questo ridimensionamento non va visto con preoccupazione, né come stravolgimento completo: è più che ragionevole pensare che gli obiettivi tradizionali degli studi clinici controllati (in generale riduzione di morbilità, mortalità, miglioramento della qualità della vita), nonché i mezzi idonei a perseguirli, siano di norma condivisi, sulla base di quello che abbiamo in passato definito “buon senso informato”, con una parafrasi che si proponeva di ridimensionare le concezioni formalistiche del consenso, ma senza certo intaccare il dovere di informazione. Diminuire l’accettazione di un intervento di medicina preventiva, come ad esempio uno screening, perché si informa anche sui suoi limiti e rischi, non va considerato uno svantaggio, ma il prezzo obbligatorio da pagare quando l’informazione è corretta e completa: è assolutamente ovvio che gli svantaggi e i rischi intrinseci agli interventi preventivi non possano essere valutati da tutti nello stesso modo. Persuadere a tutti i costi, magari suscitando paure, prospettando rischi mortali, manipolando o mettendo brutalmente le persone di fronte alle proprie contraddizioni, non è un successo: è cattiva pratica. È chiaro che la medicina non è una pura descrizione di eventi biologici naturali, e quindi acquisisce necessariamente elementi soggettivi e valoriali. La stessa definizione di malattia include una prospettiva etica, un riferimento a cosa “è buono” e cosa “è cattivo”; tuttavia si deve evitare che i valori impliciti della medicina (cioè la sua scelta dei fatti) acquistino una dimensione etica autonoma al di là di quanto non sia strettamente necessario. Quindi anche se si deve pur ammettere che la medicina implica certamente dei valori, non ne discende che ciò voglia dire che il medico si occupa del bene e del male in senso etico. La questione dei fondamenti delle decisioni è in realtà inquadrabile da prospettive diverse: una individuale, che si manifesta nel rapporto interpersonale tra medico e paziente, e l’altra collettiva, che si manifesta nei rapporti tra conoscenze scientifiche e scelte politiche. In entrambi i casi entrano in gioco conoscenze, obiettivi da perseguire e quindi valori. Se in ambito collettivo la definizione degli obiettivi deriva necessariamente (o almeno dovrebbe) da legittime e coerenti scelte politiche in un sistema democratico, il problema è sostanzialmente diverso nel rapporto individuale tra medico e paziente. In questo ambito non si può fare una trasposizione diretta tra conoscenze scientifiche (o scelte politiche) e decisioni individuali, la cui condivisione implica la condivisione di obiettivi e metodi, che deve essere raggiunta in un ambito tipicamente negoziale, non essendo né uguale per tutti né data a priori. È logico che - di solito - non si verifichino contrasti tra medico e paziente nella definizione degli obiettivi da perseguire, anche se non di rado ve ne possono essere nella scelta delle strategie più idonee allo scopo. Sollevare questioni di principio su tali argomenti sembrerebbe quindi abbastanza futile: in fin dei conti nessun medico (si spera) sosterrebbe oggi di essere “maestro di vita” per i suoi pazienti, e nessuno pensa di poter fare a meno del consenso imponendo ai pazienti delle decisioni non condivise, siano esse diagnostiche, terapeutiche o di medicina preventiva. Si tratta tuttavia di capire in che modo l’apertura negoziale verso il paziente può determinare effettivamente nel medico la ridefinizione e l’accettazione dei limiti entro i quali si svolge la sua pratica professionale (cioè in che modo essa genera dei valori), e in che misura le conoscenze scientifiche, soprattutto epidemiologiche, offrano a considerare dei valori pertinenti alla sfera individuale. XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 103 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Su quest’ultimo punto, a ben vedere, la risposta può essere abbastanza decisa: se sono sicuramente molto importanti per orientare la pratica clinica gli studi di popolazione, nei quali si possono realisticamente prendere in considerazione solo eventi molto hard come ad esempio differenze di mortalità, o studi nei quali determinati interventi preventivi riescono a prevenire un decesso o una grave malattia a condizione che centinaia di persone li subiscano, è però impensabile poter così definire obiettivi con valenza morale. L’unico risvolto etico che queste conoscenze possono avere sta nel fatto che il medico ha il dovere di proporre gli interventi di provata efficacia nei casi opportuni, o quando sono comunque raccomandati dalla comunità scientifica o dal SSN. Qualsiasi altro atteggiamento rappresenterebbe un ingiustificabile cortocircuito tra scienza, epidemiologia ed etica, che comunque non impegna in alcun modo i diretti interessati, cittadini o pazienti che siano. La vecchia questione della medicina un po’ arte e un po’ scienza non si manifesta solo nella dicotomia tra pratiche e conoscenza, ma anche nella tensione tra diverse concezioni di verità. L’una, quella scientifica, è tale all’interno di un sistema di riferimenti epidemiologici e sperimentali in cui vanno necessariamente sterilizzate le variabili soggettive; l’altra si colloca invece in una dimensione umana e di carattere storico. Per certi versi sembra riproporsi la stessa domanda che si può trovare quando ci si chiede se la Legge, in un sistema democratico, sia una semplice mediazione al ribasso tra visioni etiche diverse, in cui si censurano i contrasti per evitare insanabili e sanguinose contrapposizioni (salvo appellarsi poi all’obiezione di coscienza) limitandosi perciò a dettare le norme che possono essere condivise da tutti e che quindi, se fosse così, dal punto di vista delle proprie concezioni etiche non basterebbero a nessuno. Ma questa visione è riduttiva, perché la democrazia ha un contenuto positivo proprio nel sua aprire la società civile alla più ampia dimensione del possibile. Il fine non giustifica perciò i mezzi: specialmente nella prevenzione: li deve qualificare. Si deve operare in modo da qualificare i rifiuti: non per disinteresse, pigrizia o inconsapevolezza, ma per autonomo e possibilmente ponderato giudizio di ciascuno su obiettivi e proposte importanti. E ovviamente questo significa anche qualificare le adesioni, favorendo l’assunzione di una responsabilità individuale, più che i tassi di adesione. Se per ipotesi la condivisione e l’accettazione di uno screening fosse totale, non resterebbe che interrogarsi su che cosa, in realtà, nell’informazione ha fallito. Dato che l’informazione è molto spesso carente anche su interventi largamente propagandati ed istituzionali, il MMG può legittimamente includere tra i suoi compiti quello di informare in modo critico, senza a sua volta cadere nella tentazione di screditare le proposte più serie, ma con l’obiettivo di rendere più autonome e consapevoli le scelte delle persone. In questa prospettiva, il tasso di adesione a certi interventi preventivi in MG non è di per sé una accettabile misura di qualità della strategia che lo promuove. Il consenso revocabile Specialmente nel trattamento farmacologico delle patologie croniche e nella riduzione del rischio, è ben noto il fenomeno della scarsa compliance. Al di là delle preoccupazioni che suscita e dei sistemi escogitati per ovviare ad esso, la non aderenza del paziente ai trattamenti proposti è considerata nella letteratura della MG espressione di una non condivisone da parte del paziente. Si tratta probabilmente di uno dei modi più comuni nei quali si manifesta il mancato consenso: così come spesso il medico non è esplicito nel richiedere il consenso, 104 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini altrettanto non esplicita può essere la sua negazione da parte del paziente. Sbaglia dunque chi crede che in MG il problema si ponga poco e raramente. Alla radice del fenomeno vi possono essere diverse motivazioni: • mancato “consenso” sulla diagnosi (!) o sulla natura della malattia (ad esempio in termini di cronicità vs. acuzie: si pensi all’asma, al diabete, all’ipertensione arteriosa) • intolleranza per le reazioni avverse • incertezza circa la necessità del trattamento • incertezza sui possibili effetti del trattamento • preferenza per una terapia alternativa a quella proposta È da notare che, nel caso dei farmaci, la non adesione si manifesta in forme diversificate: il paziente può non assumere affatto la terapia, ma più spesso si limita ad effettuare una “autoriduzione”. Se si interpreta questo come non condivisione della proposta del medico, si può concludere quindi che ne esistono gradazioni che vanno dal completo rifiuto all’accettazione parziale. Ovviamente si tratta di un problema non indifferente, sia perché terapie parziali possono essere più dannose che utili (esponendo il paziente a rischio di effetti avversi in assenza di possibili benefici), sia perché implicano uno spreco di risorse. Tuttavia quello che interessa in questa sede, se è vero che la compliance è leggibile in termini di condivisone e quindi di consenso, è il concetto di consenso parziale che ne scaturisce, e la sua incostanza e revocabilità nel tempo. Questa constatazione sottolinea come per il MMG il consenso sia perennemente in discussione, e una volta definita una strategia diagnostica o terapeutica, di comune accordo ed anche dopo una adeguata informazione, il MMG deve sempre essere pronto all’eventualità. Del resto l’informazione che il paziente ha non è solo quella che gli deriva dal MMG, ma anche quella che riceve dai numerosi input provenienti dal contesto in cui vive. Il MMG - inevitabilmente non ha l’esclusiva dell’informazione, né può pretenderla. Perciò è bene considerare le decisioni prese come sempre soggette a possibili revisioni. La reimpostazione delle terapie richiede perciò una rinegoziazione sulla base degli elementi nuovi che si sono aggiunti alle considerazioni del paziente (e non reazioni di sconforto da parte del medico, per quanto comprensibili). “Con-sentire” del medico e del paziente nel processo assistenziale La MG non raccoglie normalmente consensi informati scritti, ma questo atteggiamento non è né sbagliato né imprudente; non è la Un MMG “Professionista” o “Clinico” ? forma che definisce la “… quel disagio decisionale dichiarato dai medici, è generato da una discrepanza tra gli realtà e la validità obiettivi della valutazione medica e le istanze sostanziali del realmente poste dalle persone che richiedono la consultazione” consenso. In MG, si “… il MMG cerca, sulla base delle sue realizza una diversa conoscenze scientifiche e delle sue competenze concezione di consenso professionali, di dare una risposta a coloro i quali si rivolgono a lui per recuperare la informato, pur senza capacità di essere attivi e tornare a vivere nel negarne minimamente modo per loro più adeguato” “… nel far ciò il MMG concepisce l’infermità la rilevanza sostanziale: narrata grazie al recupero di ciò che i medici giuridica, professionale, ospedalieri, specialisti e cliniche universitarie, solitamente gettano nel bidone della spazzatura etica e deontologica. Il della scienza …“ superamento si può realizzare tuttavia solo XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 105 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini in forme che non ne riducano la portata ma anzi la amplifichino. È possibile collocare consenso e informazione all’interno del processo assistenziale complessivo, e non solo nel momento della decisione finale, restituendogli in tal modo anche un significato strutturale e portante dell’agire clinico del MMG, anziché il valore di momento separato, obbligatorio ma sostanzialmente estraneo ad una clinica che persegue suoi scopi e perciò procede indisturbata fino al momento in cui il paziente si limiterà ad accordare una sorta di autorizzazione finale. Ciò si realizza attraverso il raggiungimento di una più complessiva condivisione, tra medico-paziente, di significati, interpretazione e valutazione delle storie cliniche, riportando all’interno del rapporto professionale necessariamente anche informazione, consenso, giudizio clinico e decisione. Questa visione rende centrale la concezione del MMG come professionista, allargando ed includendo la concezione tradizionale di MMG come “clinico”. In questa prospettiva, informazione - bidirezionale - e consenso sono costitutivi del processo assistenziale: non si tratta di sostenere che il MMG non può procedere nel rendere esecutive le sue decisioni senza consenso informato, si tratta di sostenere che in assenza di informazione e consenso non può darsi né comprensione né azione clinica in MG, perché manca la sintonia necessaria a questo particolare tipo di contesto assistenziale, in cui il paziente viene osservato dal medico ad un ingrandimento minore di quanto non avvenga nella clinica specialistica ed ospedaliera. È implicito che ciò riguarda anche le fasi precedenti alla terapia: infatti in Medicina Generale il processo diagnostico non si limita ad avere il fine scientifico di classificare i pazienti attribuendo i disturbi che essi presentano ad una entità nosologica nota. La diagnosi rappresenta in MG un evento sociale e negoziale, che si realizza con l’utilizzo di metodologie diverse e complementari rispetto a quelle della medicina specialistica e ospedaliera. Ha lo scopo di ricongiungere, nella ricostruzione di una storia biologica, la visione della componenti oggettive (disease: patologia) e soggettive (illness: infermità) per definire un piano di lavoro in grado di guidare efficacemente le decisioni terapeutiche, che debbono risultare idealmente finalizzate all’infermità (agli occhi del paziente) oltre che alla patologia (agli occhi del medico). Il processo diagnostico è quindi una manifestazione di facoltà neurofisiologiche (le procedure comunicative, metaforiche, linguistiche, ecc. attraverso le quali ci si intende) messe in atto da entrambi gli attori del processo clinico e un evento sociale negoziale. Il consenso non va quindi visto come momento separato e conclusivo del decision-making: medico e paziente debbono “consentire” nel senso etimologico del termine, stabilendo un canale di comunicazione sul quale si sintonizzano mediante una comprensione la cui reciprocità permette una equa distribuzione delle responsabilità. La sintonia dovrebbe essere pervasiva nel corso del rapporto professionale e realizzarsi in tutte le fasi dell’assistenza. Da qui si ritorna agli scopi della medicina, alla descrizione di un ruolo del MMG, e nel contempo della sua specificità professionale: la visione del paziente ad un “minore ingrandimento” rispetto a quello della clinica. La medicina difensiva Quando i medici sentono parlare di responsabilità, sono preoccupati e assumono in genere atteggiamenti di cosiddetta medicina difensiva, sentendosi sotto tiro. Ma si tratta di una trappola che può dare solo false sicurezze. 106 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Molti medici ritengono di potersi tutelare sottoponendo i loro pazienti ad esami ingiustificati sul piano strettamente clinico, ma che vengono proposti per un presunto “scopo medico-legale”. Gli effetti devastanti dal punto di vista dei costi e della medicalizzazione sono già paventati dai medici più sensibili, ma anche dal punto di vista giuridico non ha alcun senso pensare che un esame non indicato in una data situazione clinica possa offrire una qualsivoglia tutela legale; semmai può anzi configurare un danno per il paziente che non può trarne beneficio (a fronte dei disagi e dei rischi comunque subiti nel sottoporvisi) e per il Servizio Sanitario Nazionale o l’Ente che rimborsale prestazioni (non certo per assicurare al medico una tutela fittizia). Non esiste quindi una indicazione “medico-legale” per esami non altrimenti necessari o almeno utili, la cui effettuazione non rappresenta altro che il deliberato tentativo di precostituirsi una artificiosa difesa, sperando di trarre eventualmente in inganno il giudice. Può anche darsi che finora i giudici (e molti consulenti), si lascino impressionare - favorevolmente nei confronti del medico – da una rispettabile mole di referti, che possono dare l’impressione di scrupolo ed accuratezza. Ma è evidente che, se si assumono come riferimento le normali regole di buona pratica clinica e dell’EBM, non sarà certo il volume degli esami a diminuire la responsabilità di una eventuale cattiva gestione. Va anche detto che, almeno in MG, la medicina difensiva trova in parte una giustificazione più accettabile nel bisogno del MMG di ridurre l’incertezza caratteristica dell’agire clinico nel contesto delle cure primarie, acquisendo modalità operative finora tipiche dell’ospedale. Ma questa non è ovviamente la stessa cosa; è la presa d’atto che il grado di tolleranza dell’incertezza è oggi diminuito. E ovviamente non si può vivere fuori dal mondo e dalla sensibilità diffusa dei pazienti che si assistono. L’essere messi di fronte alle proprie responsabilità viene percepito dai medici quasi come un’ingiustizia, perché si pretenderebbe troppo da loro, senza tenere conto di fatti come: • l’intrinseca difficoltà della medicina • l’incertezza della MG, elemento costitutivo inevitabile delle cure primarie (con cui peraltro si deve necessariamente convivere) • l’effettiva imprevedibilità di alcuni eventi gravi, di cui però si può essere in teoria chiamati a rispondere • l’impossibilità di essere costantemente e completamente aggiornati su tutti gli campi nei quali si è invece costretti ad intervenire • la non disponibilità di indagini strumentali e di laboratorio nello studio del medico, con l’impossibilità di andare a verifiche e documentazioni immediate in ogni caso in cui esista la più piccola possibilità di sbagliare • il minore valore predittivo dei test in un contesto clinico caratterizzato da una più bassa prevalenza di ciascuna patologia indagabile con quel determinato test • il contesto, anche psicologico, nel quale si opera • il fatto di osservare le patologie spesso nelle loro fasi iniziali, quando non presentano le caratteristiche che ne consentirebbero un più facile riconoscimento (e in medicina vale il detto secondo cui “l’ultimo che arriva è il più bravo”) • l’impossibilità di agire mantenendo sempre la massima attenzione a possibili esiti, complicanze o errori di giudizio che configurano le ipotesi potenzialmente più gravi ma che nel contempo sono molto poco probabili • il danno, psicologico ed anche materiale, che deriverebbe ai pazienti se in ogni situazione all’apparenza banale si volessero tenere sempre in considerazione l’insieme delle peggiori evoluzioni possibili XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 107 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Queste obiezioni sono in gran parte pertinenti e ragionevoli, tanto che dovrebbero entrare a far parte delle consapevolezze “diffuse” necessarie per una realistica definizione delle attese delle persone rispetto alla medicina (generale e in generale). Sta di fatto che se sono ragionevoli dovrebbe essere altrettanto ragionevole condividerle, operando con la necessaria prudenza proprio perché se ne è consapevoli. Non si tratta tanto e solo di “fare le cose giuste”, quanto della necessità di condividere le strategie, i limiti e i presupposti con il paziente. La sensazione è che forse si segue persino una strada più complicata e laboriosa di quello che sarebbe necessario e maggiormente efficace. È da notare che i medici sembrano in un certo senso più rincorrere gli eventi che anticipare lo sviluppo di una coerente sensibilità: le obiezioni sopra citate sono molto più pertinenti alle condizioni acute che a quelle croniche. Nelle condizioni acute è facile, almeno in teoria, ricostruire una catena di cause ed effetti stringente, in cui una decisione diversa in un determinato punto (una maggiore tempestività, un invio del paziente, un esame o una visita non effettuati, un controllo omesso, un sintomo sottovalutato) avrebbe potuto modificare il decorso della malattia. Ma cosa si potrebbe opporre se qualcuno venisse a chiedere ai MMG di documentare la loro attività nel campo del diabete, dell’ipertensione, della prevenzione delle malattie cardiovascolari o neoplastiche, dell’asma, della BPCO, della gestione della cronicità grave? Solo il fatto che in questi casi l’evoluzione delle patologie è graduale, ed è perciò molto difficile identificare difetti puntiformi nella gestione dell’assistenza, preserva i medici dal dover rendere conto degli esiti. Ma i dati sul controllo dell’ipertensione, del diabete, o di altre patologie croniche sono lì a dimostrare le insufficienze gestionali, e si può immaginare cosa succederebbe se si dovesse rendere conto di questo (anche solo avendo in mente la dimensione clinica degli esiti, valutati su un piano meramente epidemiologico). Ciò vuol dire che esiste comunque un difetto nella percezione della responsabilità professionale, che riesce ad essere stimolata più dalle accuse di malpractice che ad esempio dal self-audit. Il “prodotto” della medicina generale Nell’enfatizzare il ruolo dell’informazione al paziente e la rilevanza del suo punto di vista, il medico che accetta di definirsi come professionista che “si rende disponibile rispetto a possibili obiettivi di salute” potrebbe sentirsi privo di una reale offerta, se non quella una generica disponibilità povera di contenuti, quasi che una forte attenzione alle istanze del paziente, riduca il suo ruolo a quello di chi deve dare lui il consenso, anziché ottenerlo. Non è questa visione caricaturale che si vuol proporre, anche se la critica ai cosiddetti fini intrinseci della medicina ed un riorientamento della pratica verso la maggiore attenzione al paziente e ai suoi valori impongono una certa ridefinizione dei ruoli e una verifica degli obiettivi sulla base delle diverse verità (e quindi diversi scopi) che si sovrappongono in ciascuna storia di pazienti. In realtà l’asimmetria medicopaziente rimane intatta: il MMG è un professionista con conoscenze indisponibili al paziente, se non – in misura contenuta e personalizzata – dopo la consultazione. Sorgono allora spontanee due domande: • fino a che punto il MMG si può sentire autorizzato a cercare di “persuadere” il paziente? • quale rapporto definire rispetto al committente, cioè il SSN? 108 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Far pressioni sul paziente: un compito professionale Un medico “molto rispettoso” del punto di vista del paziente potrebbe essere portato a ritenere eccessivamente intrusiva qualsiasi insistenza e tentativo di fargli cambiare idea, e di conseguenza rinunciare troppo presto a proporre il proprio punto di vista, anche perché è talvolta molto difficile valutare correttamente le conoscenze cliniche ed epidemiologiche. È stato dimostrato ad esempio che nel trattamento dei pazienti diabetici l’utilizzo di strategie maggiormente orientate al paziente (e quindi meno intrusive, più negoziate e più morbide) implica un peggioramento del suo profilo di rischio. Ma bisogna rifuggire da un concetto di orientamento al paziente tutto ancorato al presente, tattico e non strategico, che rischia di portare ad un appiattimento acritico del MMG sulle richieste del paziente. È evidente che la qualità della vita attuale di un diabetico trattato intensivamente con l’obiettivo di normalizzare il suo profilo metabolico è peggiore di quella di un diabetico controllato in modo molto più soft: c’è una minore intrusività nelle sue abitudini, e una parziale censura sulle necessità imposte dalla terapia di una malattia seria. Ma la qualità della vita di un paziente che incorre nelle tipiche complicanze della malattia, cieco, in dialisi, o amputato ad una gamba, è ancora peggiore, e anche la quantità di vita è minore. Far finta di non essere diabetici può risultare in definitiva una pessima idea, e il medico dovrebbe ricordare sempre, a se stesso e al paziente, che ci sono delle cose che sa sul suo possibile futuro. Il compito del medico è quindi di riuscire a far includere nelle valutazioni del paziente anche elementi di razionalità scientifica. Si impone quindi la ricerca di strategie finalizzate a raggiungere questo risultato, sia pure per consentire una libera decisione che va poi comunque rispettata, una volta stabilito che il paziente si assume delle precise responsabilità. Il medico può sentire legittimamente di aver esaurito il proprio compito professionale di consulente quando è certo dell’assunzione di una responsabilità da parte del suo paziente. È chiaro che per far ciò diviene centrale la capacità di comunicare e di informare, anche se la natura, i requisiti e le modalità dell’informazione (o della cosiddetta “educazione sanitaria”) sembrano finora indagati con troppo poco rigore per poter affermare con certezza che si sa di cosa si stia parlando e non che – semplicemente – si dispone di un buon alibi per disimpegnarsi. “La reazione dei medici è stata spesso quella di far firmare più moduli di consenso informato, ma non quella di affinare le modalità di elaborazione e comunicazione delle informazioni al paziente, in modo da porlo effettivamente in grado di decidere. Insomma, del consenso informato è stata lasciata cadere proprio la parte più caratterizzante, e cioè l’informazione. Presto gli avvocati se ne sono accorti e hanno imparato a inserire, nelle tradizionali cause promosse per responsabilità medica, la violazione del diritto all’informazione. Ed è stato come affondare… un coltello nel burro: le condanne si sono moltiplicate. Come difendersi da ciò, se non migliorando la capacità di informare?” (A. Santosuosso) Le pressioni dei media sul paziente Tuttavia, in linea generale, si tende sempre ad enfatizzare il caso del paziente non-compliante, e il problema sembra perciò ridursi a come convincerlo a non trascurare le proposte del MMG. Passa così in secondo piano il caso opposto, quello del paziente che, lungi dal frapporre ostacoli alle proposte del suo medico, ne ha anzi di proprie ed ulteriori, nella convinzione di tutelare ancor più la sua salute, ridurre altri rischi meno considerati dal medico e che andrebbero prevenuti mediante esami o farmaci. È questa una parte della XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 109 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini pratica medica molto sentita dai MMG, spesso impegnati con pazienti che chiedono interventi considerati inutili, futili o inappropriati. Questa tipologia di pazienti viene solitamente considerata come manipolata dai media se non plagiata. Ma secondo il giornalista inglese Nick Ross, esperto di media e salute, “La credenza nel potere manipolativo dei media è sempre stata esagerata”. Riferendosi ai giornalisti, afferma inoltre: “molto di ciò che noi facciamo consiste in un massaggio delle opinioni dei nostri clienti. Si pensi al nostro giornale preferito. Confronta forse i nostri pregiudizi e ci dice ogni giorno quanto siamo stupidi? No; se lo facesse, lo cambieremmo. Noi solletichiamo i vostri pregiudizi, costruiamo storie che corrispondono al vostro gusto”. Probabilmente i MMG dovrebbero considerare il recepimento dei messaggi dei media come un sintomo (di un timore comprensibile, o di un’insufficiente presa in carico), anziché come la causa della domanda del paziente. Del resto, se non fosse così, ci troveremmo di fronte forse all’unico esempio di logica istruttiva efficace, quando si sa che sono le logiche selettive a prevalere in questi ambiti. Non si vuole con ciò sostenere che la pubblicità sia indifferente, né che un problema di tale portata possa essere liquidato come un semplice malinteso; ma andrebbe più esplorata l’idea che l’informazione dei media si innesti su un terreno che è il campo di intervento del MMG: la decodifica dei sintomi. Senza ricorrere alla sociologia, ma guardando allo specifico paziente che si ha di fronte. È sicuro in ogni caso che i messaggi dei media esauriscono la loro capacità pubblicitaria e persuasiva in un arco di tempo estremamente breve, altrimenti si riuscirebbe con molta facilità anche a convincere le persone a fare tutte le cose ritenute invece utili e sensate, il che purtroppo non è. Rimane comunque una sfida, anche perché quel terreno che seleziona pazienti suscettibili all’informazione di un certo tipo, può essere poco o nulla modificabile. Vi sono differenze tra la realtà italiana e quella di altri Paesi; ad esempio le Istituzioni, ed in particolare il SSN, soffrono da noi di una crisi di credibilità e prestigio (altro che la MMG!) che arriva persino a farle identificare come controparte ai cittadini. Al di là dei pericoli e persino della drammaticità di questo stato di cose, la necessità di intervenire sulle attese delle persone è tuttavia condivisa anche al di fuori dell’Italia. Scrive infatti G. Domenighetti, citando il Direttore del British Medical Journal: “Scrive Smith che oggigiorno la cosa probabilmente più urgente e utile è quella di agire sulle attese, ormai mitiche, che la gente ha verso l'efficacia "a 360 gradi" della medicina, dicendo finalmente all'opinione pubblica anche che (l'ordine è quello indicato dall'Autore): • la morte è inevitabile; • la maggior parte delle malattie gravi non può essere guarita; • gli antibiotici non servono per curare l'influenza; • le protesi artificiali ogni tanto si rompono; • gli ospedali sono luoghi pericolosi; • ogni medicamento ha anche degli effetti secondari; • la maggioranza degli interventi medici danno solo benefici marginali e molti non funzionano affatto; • gli screening producono anche risultati falsi negativi e falsi positivi; • ci sono modi migliori di spendere i soldi che spenderli per acquistare tecnologia medicosanitaria. Un cambiamento di cultura sembra quindi oggi più che mai urgente e indispensabile: tuttavia, affinché i messaggi siano credibili presso l'opinione pubblica, essi devono essere emessi dalla razionalità medica e non da quella economica o da quella politica. E questo è probabilmente il vero problema”. 110 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Evidentemente anche altrove c’è la sensazione che alcuni messaggi sia urgente farli percepire con chiarezza alle persone. Si potrebbero magari considerare come informazioni molto generali, ma a patto però di garantire il rispetto di alcuni requisiti: prima di tutto non lasciarsi sfuggire la sottile ironia britannica di Smith (non sono certo da prendere alla lettera!); quindi porsi obiettivi che non assomiglino neppure lontanamente ad uno sfogo o ad una dichiarazione di guerra ai pazienti, che soprattutto non vanno considerati come degli sciocchi che credono a tutto. Trasmettere il senso più profondo di queste consapevolezze è compito della MG. Per poterlo assolvere deve assicurare la sua visibilità nel contesto istituzionale e sociale, anche a supporto dell’azione dei singoli MMG che dovrebbero sentirsi parte di una collettività scientifica riconosciuta, autorevole, e degna di fiducia Professione del MMG e SSN Consenso e condivisone possono darsi solo tra diversi interlocutori. Se c’è un consenso possibile del paziente, questo avviene sulle proposte del MMG, il quale a sua volta ha i propri riferimenti. In primis di carattere scientifico, come è ovvio che sia, ma poi anche di carattere organizzativo ed istituzionale, come avviene ovunque (anche nell’ambito della professione privata). Non è immaginabile alcun contesto professionale medico in cui esistano solo medico e paziente, salvo il ricorrere ad astrazioni che non hanno nulla a che vedere con la pratica corrente in nessun paese del mondo, vi sia o meno un Servizio sanitario nazionale. Quantomeno il rispetto di compatibilità organizzative ed economiche si genera nel momento in cui il medico curante non può essere nel contempo anche l’erogatore di tutte le prestazioni, né il paziente colui che le paga per intero, ed è necessario l’intervento di altre figure professionali, le cui risorse debbono sottostare a rigidità di carattere quantomeno organizzativo. Ad un livello più alto, i riferimenti giuridici regolano i rapporti tra persone (soggetti di diritto), ed è innegabile che questo introduca delle rigidità nella relazione medico-paziente, che non può appiattirsi né sull’uno né sull’altro senza tener conto del contesto. Scendendo ad uno scalino più basso, subentra il SSN, che introduce le sue rigidità organizzative, strutturali, economiche. Nel complesso, la MG può essere descritta come “sistema”, cioè un’entità che non può essere globalmente compresa se viene scomposta nelle sue singole componenti, la cui interazione ne costituisce la natura. Le parti fondamentali possono essere considerate: • il paziente • la scienza • il contesto sociale ed istituzionale (incluso il SSN) All’interno di questo spazio si trova la MG, che deve mediare tra le diverse compatibilità, alla ricerca della migliore soluzione per ciascuno specifico problema che deve affrontare Se il MMG non si appiattisce sul paziente lo spazio di azione è descrivibile sui due assi della rispondenza alla scienza e al paziente (necessità, bisogni e desideri). Ma se XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 111 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini si introduce il contesto sociale e il SSN, lo spazio diviene tridimensionale e Lo spazio professionale della MG ciascuna decisione è descrivibile in termini di Accettabilità appropriatezza scientifica, SSN 100% gradimento del paziente e compatibilità del SSN Efficacia (economica, giuridica, Clinica 100% politica, ecc.). Nel dover rispondere “non a due, bensì a tre 0% 100% Gradimento del padroni”, il MMG si trova paziente Spinsanti, 1995 perciò ad agire in una realtà notevolmente complessa, ed il tutto senza percepire la mediazione come “caduta”: è anzi una normale connotazione professionale, tra l’altro già ora ben presente a tutti (MMG e pazienti). Spinsanti afferma infatti che “La professione medica, chiamata a conciliare nelle sue scelte esigenze diverse e talora contrastanti, (…) ci appare più che mai un’arte”. Ciò per sottolinearne la difficoltà e l’aspetto di volta in volta quasi “creativo”; la ricerca della soluzione migliore richiede infatti un procedimento troppo articolato per soggiacere a regole o sequenze di tipo computazionale. Ma più che di arte o scienza - o oltre ad esse - viene spontaneo parlare di professione e di “accountability”. Peccato che il termine non abbia nemmeno una esatta traduzione in italiano. 17 Bibliografia 1. “The Goals of Medicine. Setting New Priorities”. Hastings Center Report, vol. 26, n°6, November-December 1996 (Suppl). (Trad. italiana: “Gli scopi della medicina: nuove priorità”. Politeia 1997; anno13, n° 45) 2. Bernabè S, Benincasa F, Danti G. “Il giudizio clinico in medicina generale”. Utet Periodici. Milano, 1998 3. Santosuosso A. “Libertà di cura e libertà di terapia”. Il Pensiero scientifico. Roma, 1998 4. Santosuosso A. (a cura di) “Il consenso informato”. Raffaello Cortina Editore. Milano, 1996 5. Tombesi M., Caimi V. Medicina basata sull’invadenza. La nuova inflazione medica si nasconde nella medicina preventiva. In Geddes M e Berlinguer G. “La salute in Italia. Rapporto 1999”: p. 45-66. Ediesse. Roma, 1999 6. Tombesi M. Medici e pazienti: la strategia del negoziato. Janus 2001; n° 2 (Estate): 28-39 7. Forrow L, Wartman SA, Brock DW. Science, Ethics and the Making of Clinical Decisions. Implications for Risk Factor Intervention. JAMA 1988;259:3161-3167 8. Ross N. Prevenzione ed educazione sanitaria: il ruolo dei mass media. L’Arco di Giano 1998;n°16:137-146 9. Domenighetti G. Per una politica di sanità pubblica centrata sui bisogni della popolazione e non su quelli dei servizi. Punto Omega 2000; 2: 9-22 10. Smith R. The NHS: possibilities for the endgame. BMJ 1999; 318: 209-10 11. Spinsanti S. Allocazione delle risorse e priorità in medicina. In Atti del II Convegno Nazionale sulla V.R.Q. – La Qualità in Medicina tra Etica ed Economia. FNOMCeO 1995 112 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Un esempio in MG: l’informazione sul PSA nello screening dei tumori prostatici Colloquio Paziente: Dottore, per i miei disturbi di prostata, ho saputo che si può fare un’analisi del sangue: che dice, la facciamo? 1. Medico: va bene, gliela prescrivo 2. Medico: sì, è il PSA, però non è un’analisi specifica per i suoi disturbi, lei ha un ingrossamento benigno della prostata, legato all’età. Il PSA serve invece per la prevenzione dei tumori della prostata. 3. Medico: si può fare, ma ci sono dei problemi: può scoprire tumori che rimarrebbero sempre localizzati dentro la prostata senza dare nessun disturbo, oltre che tumori pericolosi. Il PSA non riesce a distinguere sempre bene tra tumori aggressivi e quelli che se ne rimarrebbero buoni nella ghiandola per sempre, e questo è uno svantaggio perché spesso è difficile decidere cosa fare. 1. Paziente: ma c’è qualche esame migliore? 2. Paziente: va bene, poi vediamo, intanto me lo faccia fare 3. Paziente: lei che consiglia? Osservazioni Non viene fornita nessuna informazione. In realtà si tratta di un contesto in cui sono presenti delle conoscenze: il paziente ha saputo che esiste un test, ma probabilmente ne ignora l’uso ed il significato, o quantomeno il medico non se ne accerta ed accetta la richiesta senza entrare nel merito. È difficile vederci dei risvolti giuridici di rilievo, ma sul piano professionale il medico sa che il paziente sta facendo una scelta che potrebbe avere delle conseguenze per lui negative. Informazione minima, neutrale, insufficiente per una decisione consapevole, perché omissiva rispetto alle numerose problematiche sottese Informazione sullo “stato delle conoscenze”, che in questo caso evidenzia subito una impronta critica. È chiaro che la medesima informazione può essere proposta senza enfatizzare gli aspetti critici: non è possibile una informazione del tutto neutrale e le convinzioni del MMG entrano per forza in gioco. La diversificazione delle domande possibili a questo punto, sottolinea la necessaria interattività dell’informazione. Il paziente può chiedere ulteriori informazioni, può essere fermo nella sua opzione (in questo caso probabilmente ha delle informazioni proprie, o più spesso ha avuto indicazioni di cui “si fida” da parte di altri, non necessariamente medici). Oppure può desiderare dal MMG un’informazione assolutamente non neutrale, a cui attribuire un “valore”, cioè un consiglio basato puramente sulla fiducia, anziché informazioni per una decisione autonoma. La risposta del medico in questi casi comporta una diversificazione della responsabilità professionale. Non c’è una risposta “esatta” ed univoca. XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 113 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini 1. Medico: no. Il PSA, assieme alla palpazione rettale della prostata, è il modo migliore di scoprire se c’è un tumore della prostata, e se il PSA è alto bisogna poi fare ulteriori accertamenti. Però anche con altri esami non si riesce sempre a distinguere i tumori aggressivi, e allora si può essere costretti ad intervenire, solo per prudenza. E non è raro che succeda, perché i tumori non aggressivi sono più comuni di quelli gravi. 2. Medico: va bene, se lei è proprio sicuro che lo vuole fare, glielo prescrivo 3. Medico: effettivamente anch’io sarei molto indeciso: anche nella prevenzione ci sono i pro e i contro. Si può scoprire un tumore aggressivo allo stato iniziale, ma anche un tumore non aggressivo che però finisce per essere operato. Ma sono operazioni radicali, non come quella che si fa per il normale ingrossamento della prostata. A volte con conseguenze serie, come impotenza e incontinenza urinaria… I medici sono di opinioni diverse. C’è chi consiglia di fare il PSA perché potrebbe essere utile, e chi lo sconsiglia perché potrebbe invece essere dannoso, portando ad operazioni inutili che riducono la qualità della vita. Medico: Tenga presente che non ci sono ancora 114 Il medico procede con informazioni ancora da considerare basate sullo stato delle conoscenze. Sono neutrali pur se ancora critiche. Non sono infatti esplorate le convinzioni del paziente, non è chiaro se la scelta è “qualificata”, cioè consapevole dei limiti e dei rischi. Chiarire che il PSA ha falsi negativi e falsi positivi può essere impegnativo ed impraticabile in termini di tempo, ma queste sarebbero informazioni che “il paziente medio” richiederebbe. Questa risposta può essere corretta o ancora omissiva: non è chiaro infatti di quali informazioni disponga il paziente. Di fronte ad una persona nota per un forte atteggiamento orientato alla prevenzione, alla salute intesa come assenza di malattia, favorevole ad atteggiamenti preventivi fondati sulle indagini, gli screening e la tecnologia, la consultazione si può legittimamente fermare qui. Se il medico non è sicuro di questo può invece procedere con ulteriori informazioni. Dire “se lei è sicuro” è un modo di sottolineare al paziente che la decisione implica una assunzione di responsabilità. È una affermazione corretta, anche se può essere vista dal paziente come un tentativo del medico di tirarsi indietro dando un “consenso con riserva”, che può risultare fastidioso. È una risposta con la quale il medico restituisce al paziente l’onere della decisione. In pratica una non-risposta, che stimola il paziente a riflettere ulteriormente, e a porre altre domande, ma può anche non essere gradita e intesa come rifiuto. È anche possibile comunque rispondere comunicando le proprie opzioni e motivandole, oppure spiegando direttamente quali sono i pro e quali i contro. Le indicazioni sugli esiti dell’intervento si collocano tra quelle che “il paziente medio” richiederebbe. Nel contesto proposto, a differenza che in previsione di un intervento, sarebbe fuori luogo parlarne più in dettaglio, in assenza di una richiesta specifica. In un contesto di questo genere è difficile XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini ricerche conclusive sull’efficacia del PSA nella prevenzione, e perciò a noi medici si dice continuamente di informare prima le persone dei dubbi che ci sono, perché molti rinunciano a farlo, e comunque tutti debbono sapere che ci sono incertezze e anche dei rischi. Sa, oggi si parla tanto di informazione … è giusto che sia così, no? (…) Facciamo così, io le faccio la prescrizione, ma le do anche un foglio di informazioni più dettagliate: lei se lo legge e decide cosa fare, semmai la prescrizione la può anche buttare. Se invece c’è qualcosa che non è chiaro, me lo faccia sapere… sa, io do sempre questo foglio e vorrei essere sicuro che si capisca tutto, quindi mi interessa il suo parere sulla chiarezza. Non sempre noi medici riusciamo a farci capire bene, e queste cose sono difficili da spiegare, anche perché si pensa sempre che prevenire è meglio che curare, ma le cose a volte non sono così semplici. L’importante è che lei abbia capito che col PSA ci sono delle possibili conseguenze negative, poi se vuole ne riparliamo, oppure se lo fa e vediamo. che il paziente sia in grado di analizzare ulteriormente la decisione da prendere, collegandola alle sue opzioni personali sulla prevenzione o sul rischio di sviluppare un tumore della prostata. Rilasciare un leaflet informativo (informazione per il “paziente medio”) può essere una buona soluzione, anche se non è detto che sarà tenuto in considerazione. Ma il MMG ha realizzato comunque una informazione idonea a rendere qualificata la scelta del paziente, che sicuramente ha capito almeno che il test non è così ovvio e scontato che sia utile, e se lo desidera può ulteriormente informarsi, sia leggendo, sia interpellando il MMG che si è dichiarato disponibile. Del resto l’importanza della decisione può essere considerata in modo diverso dal medico e dal paziente, e non esiste un comportamento in assoluto “giusto”: anche se il MMG è contrario allo screening del cancro della prostata, il suo scopo non può essere quello di non farne fare, ma di considerare sempre “giusta” per definizione la decisione del paziente, purché informato. XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 115 I molti consensi della Medicina Generale Virginio Oddone V. Avogadro 6 – 10121 Torino e-mail [email protected] Guido Danti e-mail [email protected] In questo convegno lo CSERMEG si occupa di un problema ossessivo di tutte le branche mediche e chirurgiche della Medicina, dandogli un taglio nuovo ed una soluzione originale. Non “consenso informato”, con enfasi sul primo, come - con noia indicibile, pari solo alla sterilità dei risultati - ripete la medicina delle istituzioni e dell’ufficialità, e neppure le campagne di informazione sanitaria a fini di “educazione”, ma l’informazione come strumento per creare quella fiducia, che dovrebbe essere l’essenza dello stesso lavoro e ruolo del Medico di Medicina Generale, in quanto “Medico di Famiglia”, per usare l’antica e bella definizione. Ed una proposta di soluzione, quella di Francesco Benincasa, di un “contratto” tra medico e paziente, con definizione anche dei livelli di comunicazione (che il paziente vuole per sé), e di autonomia decisionale del medico. Ma un medico che informa è anche un medico che è stato informato, il che ha condotto gli organizzatori ed i relatori di questo convegno ad esaminare anche le condizioni in cui si realizza questa formazione dell’informatore, con risultati affascinanti anche se angoscianti, sulle distorsioni indotte da aziende farmaceutiche, assenza di controllori e garanti neutrali, e media. Il risultato è stato, almeno per me, l’esplosione di molti convincimenti preesistenti, la conferma di alcune mie critiche e disagi, oltre alla necessità di rivedere molte cose, tra cui anche l’impostazione stessa del mio contributo di oggi. Non sono in grado quindi di fornire un inquadramento saldo, neppure per la parte che mi compete (quella medico legale), ma solo una esplorazione iniziale delle possibili implicazioni e conseguenze per il ruolo del medico in generale, e di quello di Medicina Generale in particolare, e per i loro rapporti con i pazienti. I punti da richiamare sono molti, e li riassumerò per sommi capi, con una premessa: ed è che oggi emerge con ancora maggiore chiarezza la dicotomia che esiste tra quella che ho deciso di chiamare la “Medicina dell’Ufficialità e delle Istituzioni” (MU) - cioè quella degli ospedali e delle ASL, delle Facoltà Universitarie e degli stessi Ordini professionali - e quella che è la Medicina del Rapporto permanente con il paziente, cioè la Medicina Generale. Dicotomia che proprio nel ruolo della informazione trova la sua più nitida manifestazione. La prima e fondamentale differenza, tra quello emerso qui e quello che “passa il convento” della MU, sta nel fatto che voi vedete l’informazione come ongoing process, cioè come un processo in divenire e permanente, un rapporto a più lati, sempre in certa misura problematica ma anche sempre aperto ed operativo, che coinvolge un numero molto esteso di operatori. Questo è un dato molto importante; aggiungo che, a mio avviso, si tratta di un processo aperto ed indefinito nei contenuti e nei confini. Una prima schematizzazione Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini potrebbe essere questa: una serie di attori (Media, Aziende, Ricercatori indipendenti, Riviste scientifiche, Legislatori, Agenzie Regolatrici, Paziente, Medico, Altri Medici) che interagiscono in continuazione tra di loro, con modalità le più diverse, mettendo in comune e scambiando non solo dati oggettivi (il sintomo, i dati sul farmaco, i dati sulla malattia), ma anche bisogni, condizionamenti culturali, impulsi profondi ed altro ancora. Le modalità con cui tutto ciò si intreccia sono ancora in larghissima misura ignote; ad es., nessuno ha mai studiato, che io sappia, i sentimenti più profondi dell’informatore nei confronti del medico e del suo datore di lavoro, e quanto questi - e le relative frustrazioni - possano intervenire a determinare le sue scelte professionali e comportamentali: eppure, si tratta di una variabile non da poco. Rispetto a ciò, la MU propone un modello dell’informazione come: 1. unidirezionale, cioè da un “detentore” ad un “ricevitore”, che a seconda dei casi può essere il paziente, il pubblico, oppure il medico “di basso ruolo”, come il MMG; 2. occasionale, cioè non continuativo, ma che avviene solo in momenti isolati, in specifiche occasioni; 3. condizionante, in quanto finalizzato ad ottenere il consenso attorno ad una scelta precostituita, predefinita in tutti i suoi termini: il “consenso informato” per poter fare un intervento chirurgico od altro atto terapeutico invasivo, oppure per una sperimentazione clinica; la “campagne informative” attorno ad alcune attività diagnostiche di massa. Quindi, in ultima analisi, per la MU l’informazione NON È un valore, e tantomeno un diritto assoluto in capo a ciascun individuo (medico o paziente non importa), ma è solo uno strumento. Ma attenzione: per la civiltà giuridica europea questo è totalmente illegale, perché l’informazione è lo strumento essenziale per la tutela dei diritti, essa è quindi un diritto di ciascuno. La cosa è stata riconosciuta dallo stesso legislatore italiano, ad es. nelle norme sulla trasparenza dei pubblici uffici, od in quelle che della Privacy che prevedono il nostro diritto di accesso alle banche dati che contengono informazioni personali su di noi. Ne deriva quindi che il modello della MU sull’informazione in campo sanitario è illegittimo e, per certi versi, addirittura immorale, soprattutto là dove esso ammetta l’uso condizionante del passaggio di informazioni. Le contraddizioni di tutto ciò diventano particolarmente evidenti nel campo del c.d. consenso informato. Io lo consideravo già come ampiamente obsoleto, per ragioni demografiche e per la realtà della tecnologia sanitaria. Le prime sono rappresentate dall’emergenza di una quota sempre più importante di soggetti incapaci o comunque fragili - anziani (che da soli hanno rappresentato nel 2000 dal 25% al 35% del totale dei ricoveri negli ospedali dei quali sono il consulente medico legale a Torino), ritardati mentali, malati di mente - per i quali il modello della perfetta razionalità di cui sopra non può essere applicato. Le seconde, dal fatto che la complessità della tecnologia sanitaria determina l’inconoscibilità della maggior parte dei dettagli significativi degli strumenti (soprattutto dei loro rischi), da parte di quelli stessi che li utilizzano; men che meno li conoscono i primi attivatori della procedura. Se gli ortopedici non conoscono i dettagli del materiale di cui sono costruite le protesi d’anca, e men che meno quelli relativi alla loro sterilizzazione, ed ai suoi possibili effetti su questo o quel componente, l’ignoranza del medico di base (che è quello che ha inviato il paziente dallo specialista per dei seri problemi di coxartrosi) sarà ancora maggiore. Le risultanze di questo congresso mi inducono, però, ad aggiungere anche altri aspetti, che sono in certa misura antigiuridici, tra i quali primeggia il fatto, che il consenso informato, nella sua forma attuale, non presuppone mai la 118 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini partecipazione del paziente al processo di elaborazione del progetto terapeutico, ma si limita a fornire l’informazione necessaria in relazione alla approvazione della scelta invasiva precostituita. Inoltre, il “consenso informato” presuppone una serie di cose, che invece sono inesistenti, oltre che impossibili a realizzare: 1. la perfetta razionalità dei diversi attori (paziente, medico, eventualmente anche parenti); 2. la perfetta conoscenza da parte del medico di tutti i dati; 3. la perfetta trasmissibilità delle conoscenze del medico al paziente; 4. la perfetta comprensibilità ed utilizzabilità, da parte del paziente, delle conoscenze che gli sono state fornite. Esso quindi non può servire di modello al MMG, anche perché altrimenti si dovrebbe finire in una sorta di sequenze infinita di “consensi”, da quello per l’Ascriptin a quello per la vaccinazione antiinfluenzale, e così via. Mi pare invece utile esplorare le possibilità offerte dalla nozione, presentata da Benincasa, del “contratto di partnership”, il quale però andrà radicato nella realtà sia della medicina di base così come esistente in Italia al momento attuale, sia dei limiti operativi e conoscitivi del MMG. Sotto questo profilo noi dobbiamo tenere conto di alcuni elementi di rischio: 1. A differenza di quel che accade nei Paesi Anglosassoni, il MMG italiano è un ibrido tra funzione pubblica (soprattutto nell’attività prescrittoria) e rapporto terapeutico privato (come persona che, per usare la formulazione del codice penale, “presta assistenza od opera” ad un privato cittadino); egli quindi deve realizzare alcuni obbiettivi fissati dalla Pubblica Amministrazione, ma anche deve realizzare l’interesse personale del singolo cittadino; 2. La funzione pubblica del MMG si va progressivamente restringendo, in conseguenza delle scelte politiche (non di adesso, tra l’altro); 3. La fuzione pubblica del MMG consiste, in questo momento, sempre più nel contrastare il ricorso (peraltro legittimo) del paziente a ricorrere a - ed usare - le risorse pubbliche per la tutela della salute personale. Una situazione caotica e contraddittoria, quindi, che dovrà essere studiata con molta attenzione, anche per evitare scelte che potrebbero diventare ancora più distruttive. Al tempo stesso, però, il MMG ha un diritto particolarmente forte, proprio perché figura pubblica, di esigere lealtà d’informazione ad es. dalle industrie (anzi, mai essa è stato così forte come in questo regime di tagli). Al tempo stesso, la partnership proposta da Benincasa per certi versi può rappresentare la miglior articolazione, a livello di MG, di quel diritto alla solidarietà, che Costituzione e giurisprudenza oramai univoca riconoscono a ciascuno di noi. XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 119 Due proposte concrete Vittorio Caimi Via Aleardi 9 - Monza (MI) e-mail [email protected] Tel + 39 039-365766 Fra i tanti problemi riguardanti il rapporto fra informazione e medicina generale, due sembrano particolarmente critici: quello della corretta informazione da fornire ai potenziali destinatari di uno screening, e l’ “autorevolezza” delle informazioni che il medico rivolge al paziente. L’interesse per le due questioni, oltre a riguardare altri aspetti concettuali relativi al tema dell’informazione, sta principalmente nel fatto che si possono prestare, immaginando le possibili soluzioni, a una presa di posizione unitaria da parte delle organizzazioni scientifiche e culturali della medicina generale italiana. Gli screening È del tutto evidente il divario esistente fra la pletora delle proposte di screening e i pochi casi in cui vi è una documentazione della loro efficacia, per cui questo è uno dei campi in cui il concetto di medicina basata sull’evidenza è più a rischio di trasformarsi in quello molto più preoccupante di medicina basata sull’invadenza. In tale proliferare di proposte la medicina generale più spesso è vittima (nel senso che si trova quantomeno a gestire richieste di informazioni da parte dei pazienti), a volte viene più o meno direttamente coinvolta, in genere più nella esecuzione che dalla fase di progettazione delle singole iniziative. La cosa interessante è invece che, in occasione delle recenti proposte di screening dell’epatite C, dell’esofago di Barrett e del carcinoma polmonare nei fumatori, la medicina generale è stata l’unica a sostenere una posizione “contro”; fino a determinare, in occasione della proposta di screening del tumore alla prostata in Lombardia e mediante una presa di posizione unitaria da parte delle Società scientifiche di medicina generale italiane, il fallimento dell’iniziativa. Queste esperienze hanno ormai dimostrato in modo inoppugnabile che non bastano le evidenze di letteratura, né linee guida autorevoli: è necessario istituire un organismo regolatore in grado di bilanciare i tanti interessi in gioco. Infatti è evidente che tali interessi esisteranno sempre (siano essi rappresentati dai clinici, dall’industria farmaceutica, da istituti di ricerca o altro); il problema non è dunque immaginare utopisticamente che questo non debba esistere ed esprimersi, ma che esista una authority indipendente che analizzi preventivamente ogni proposta di screening: infatti ogni intervento di questo genere, prima di essere applicato, dovrebbe dimostrare di possedere i requisiti minimi necessari ed essere autorizzato. In sintesi l’authority degli screening dovrebbe svolgere i seguenti compiti: • esaminare le singole iniziative • definire lo standard minimo delle informazioni da dare ai destinatari dello screening e i requisiti di qualità delle procedure • approvare o respingere i programmi • sorvegliarne la corretta applicazione sul campo Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini proporre studi-pilota e ricerche Il modello di riferimento di tale organismo è il National Screening Committe (vedi tabella), operante da alcuni anni nel Regno Unito. L’istituzione di un organismo analogo in Italia potrebbe essere promossa inizialmente dalle Società scientifiche di medicina generale ed estesa agli epidemiologi, che sono i due gruppi maggiormente sensibili al problema; per poi coinvolgere altri gruppi e istituzioni interessate a formulare una proposta che dovrebbe essere presentata ufficialmente in sede politica. Nelle fasi iniziali il progetto potrebbe infine essere supportato da un’attività di ricognizione delle diverse proposte di screening (o più in generale di sensibilizzazione della popolazione su problemi sanitari): si tratterebbe in sostanza di un osservatorio nazionale, costituito da medici di medicina generale “sentinella”, con funzioni di raccolta e diffusione di tali iniziative, raccolte mediante monitoraggio della stampa, richiesta alle singole ASL e riferimento di esperienze dirette dei partecipanti alla rete. • L’autorevolezza delle informazioni al paziente Sono diverse le National Screening Committee occasioni in cui il (http://www.doh.gov.uk/nsc/index.htm) medico di medicina generale The UK National Screening Committee (NSC) is chaired si trova a gestire by the Chief Medical Officer for Northern Ireland and advises richieste da parte Ministers, the devolved national Assemblies and the Scottish del paziente che Parliament on all aspects of screening policy. non condivide, o It has two sub-groups dealing with antenatal and che sono child health screening issues. comunque In forming its proposals, the NSC draws on the latest discutibili (“voglio research evidence and the skills of specially convened multifare la MOC”, “mi disciplinary expert groups, which always include patient and hanno detto che il service user representatives. Pap test va fatto The NSC assesses proposed new screening programmes ogni anno”, “mi against a set of internationally recognised criteria covering the prescriva il PSA”, condition, the test, the treatment options and effectiveness and “voglio fare tutti acceptability of the screening programme. Assessing gli esami” o altro); programmes in this way is intended to ensure that they do oppure a more good than harm at a reasonable cost. consigliare In 1996, the NHS was instructed not to introduce strategie (che any new screening programmes until the NSC had comprendono sia il reviewed their effectiveness. “fare qualche cosa” che il “non farlo”, perché non serve, non Tabella 1 - Funzioni e caratteristiche del national conviene) che screening committee lasciano il paziente perplesso. Si tratta di situazioni potenzialmente conflittuali i cui determinanti sono molteplici, e che vanno compresi prima di esprimere un giudizio di appropriatezza o inappropriatezza: l’influenza dello specialista, del vicino di casa, delle esperienze precedenti personali o di altri eccetera. A sua volta i consigli del medico di 122 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini medicina generale hanno alle spalle la propria esperienza, le linee-guida, la conoscenza del paziente o altro ancora. Pur riconoscendo che la composizione di tali conflitti non può che avvenire in ambito negoziale, mediante decisioni concordate col paziente, ci si chiede quali strumenti ha il medico a disposizione per supportare i propri suggerimenti e le proprie indicazioni; in altri termini, se non sia possibile immaginare qualche cosa che, al di là della propria autorevolezza e fiducia, possa essere utilizzato durante la consultazione per documentare le proprie parole, e che sia insieme prodotto ed espressione di appartenenza ad una professione. È evidente che questo ruolo non può essere svolto ad esempio dalle linee-guida o dai leaflets informativi da consegnare al paziente: le prime sono in genere molto complesse, rivolte al medico, ed hanno un’authorship più spesso esterna alla medicina generale; i secondi forniscono invece una informazione sintetica su specifici problemi rivolta al paziente, ma sono più spesso prodotti dall’industria farmaceutica o molto più raramente dal singolo medico. La proposta è dunque quella di elaborare una sorta di position paper su temi rilevanti da parte delle Società scientifiche di medicina generale, come espressione sintetica, da fornire al paziente, del punto di vista unitario e condiviso della medicina generale come comunità professionale di appartenenza del medico; da utilizzare come strumento di dialogo, in grado di legittimare le posizioni del medico stesso. XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 123 IIa edizione anno 2001 Premio Edo Parma per la Ricerca in Medicina Generale CSeRMEG dr. Roberto FERRARI centro studi e ricerche in medicina generale Premio Edo Parma per il lavoro Come vorrei lo studio del mio medico Dr. Roberto Ferrari Via poletti 5 – 54027 Pontremoli (MS) Congresso WONCA La medicina generale italiana ed il Congresso WONCA Europa ESGP/FM di Firenze 2006: progetti e proposte Giorgio Visentin Via Busnelli 1 – 36031 Dueville (VI) e-mail [email protected] Tel + 39 0444 591100 Significato di WONCA Vorrei innanzitutto chiarire che cosa significa il termine WONCA almeno così è stato definito all’inizio. WONCA significa WORLD ORGANIZATION OF NATIONAL COLLEGES, ACADEMIES AND ACADEMIC ASSOCIATIONS OF GENERAL PRACTITIONERS/FAMILY PHYSICIANS come dice il nome si tratta di un’associazione fondata nel 1972 che comprende 58 organizzazioni in rappresentanza di 53 stati attualmente conta circa 150000 medici di famiglia iscritti Italia e WONCA Le organizzazioni italiane che hanno aderito alla WONCA sono lo CSeRMEG (Centro Studi e Ricerche in Medicina Generale) dal 1991 poi l’ ISDE (International Society of Doctors for the Environment che ha la sede della presidenza in Arezzo anche se ha caratteristica internazionale) dal 1993 e dall’ IAFP (Italian Academy of Family Phisician che rappresenta all’estero l’AIMEF) dal 1999 Nel 2001 hanno dimostrato interesse all’iscrizione anche la FIMMG e lo SNAMID. Organizzazioni in relazione di collaborazione con la WONCA La WONCA è in relazione di collaborazione con tre organizzazioni EURACT EQUIP EGPRW che dal congresso del 1999 a Mallorca sono integrate nell’attività della WONCA europea. L’ ESGP/FM è la parte europea della WONCA. Conta più di 30 associazioni di medici in rappresentanza di 45000 medici di famiglia europei. I membri diretti sono più di 400. Dal 1998 la WONCA ha cominciato una relazione con la UEMO che è un’organizzazione sindacale europea nata nel 1966. I congressi ESGP/FM La WONCA organizza congressi mondiali ogni tre anni e regionali (per regione si intende continente, per es. europeo) ogni anno Dal 1995 l’ESGP/FM ha organizzato i congressi di: - 1995 Strasburgo - 1996 Stoccolma - 1997 Praga - 1998 Dublino - 1999 Mallorca - 2000 Vienna - 2001 Tampere Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Ognuno di questi ha sostenuto la partecipazione di 1500 2000 delegati da tutti gli stati europei con centinaia (a Londra saranno 750) nuovi lavori presentati sotto forma di simposi, workshop, posters, ecc. Anche se non è pensabile che tutti i lavori siano di buona qualità un medico di medicina generale che frequenta uno di questi congressi trova certamente qualcosa di suo interesse trattato dal miglior esperto sul campo esistente in Europa e nel mondo. Come è nato il congresso di Firenze 2006? Al congresso mondiale di Dublino del 1998 Van Weel propone un incontro tra l’esecutivo dell’ESGP/FM e i rappresentanti delle società scientifiche italiane. A Mallorca ho avuto l’incarico di invitare a Verona l’esecutivo dell’ESGP/FM e il 10 Marzo 2000 si è tenuto questo incontro congiunto. Durante la riunione della UEMO a Firenze nel giugno del 2000 si è discusso tra società scientifiche italiane sulla possibilità di ospitare in Italia un congresso dell’ESGP/FM e nel congresso mondiale di Durban del 2001 lo CSeRMEG e l’IAFP hanno chiesto e ottenuto l’organizzazione del congresso a Firenze tra il 27 e il 30 agosto 2006. Con questa tavola rotonda durante il congresso CSeRMEG sull’informazione nella quale partecipano rappresentanti di: AIMEF (dr. Giuseppe Maso), ASSCUMI (dr. Ernesto Mola), FIMMG (dr. Giuseppe Greco), SIVRQ (dr. Andrea Gardini), SNAMID (dr.ssa Rita Cambieri), e CSeRMEG (dr. Vittorio Caimi) ci si propone di cominciare l’organizzazione scientifica del congresso. Comitato organizzatore Un primo comitato organizzatore (fatto da me, dal dr. Danti e dr. Parisi) ha preso contatto con alcune PCO (Professional Congress Organizer) per valutare alcuni preventivi di bilancio e dopo il confronto delle proposte ne verrà scelto uno per la gestione organizzativa del congresso. Sono state prenotate fin d’ora la sede congressuale (Fortezza da Basso) e 2500 camere d’albergo. In breve tempo contiamo di avere un comitato ufficiale e di progettare il logo, i volantini e pieghevoli per il primo annuncio. Successivamente si dovrà costruire la pagina web e nella seconda metà del 2002 si penserà al data base per i lavori e le iscrizioni. Poi si presenterà il nostro lavoro nelle occasioni istituzionali della WONCA cioè nei congressi di Lublijana (2003), Amsterdam (2004), Orlando (2004) e Atene (2005). Comitato scientifico Da questa tavola rotonda chiediamo un impegno da parte delle società scientifiche presenti sia nel fornire il nome di un membro li rappresenti nel comitato scientifico sia per cominciare già da oggi lavori che possano essere presentati nel 2006 Ben conoscendo le lotte interne tra varie organizzazioni e il fatto che alcuni nomi possono irritare una organizzazione o l’altra, la scommessa legata a Firenze 2006 è quella di rappresentare la medicina generale italiana “in toto” per cui a tutti i componenti del comitato scientifico viene chiesta la massima apertura verso ogni attività che viene svolta dai medici di medicina generale italiani senza nessuna chiusura a nessuno e il tentativo di coinvolgere anche le sigle non presenti nel comitato scientifico e altri gruppi minori che non sono fortemente rappresentati a livello nazionale dovrà sempre essere mantenuto dal comitato scientifico. Gli altri compiti del comitato scientifico (che si dovrà riunire per la prima volta entro breve) sono la definizione del titolo e sottotitoli del congresso, il lancio di progetti di ampio respiro che possono presentati al congresso, la descrizione dei contenuti della pagina web, e la presentazione scientifica del congresso che avverrà a Lublijana nel 2003. 128 XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 Informazione vuol dire ... fiducia La comunicazione professionale medica, le informazioni e le scelte di salute dei cittadini Quali proposte? Da quanto detto quello che chiedo a ciascuno di voi come membro del WONCA Council, e dello CSeRMEG è che ognuno si senta orgoglioso di lavorare in uno sforzo comune per presentare la medicina nazionale italiana all’Europa e che si sforzi a superare i conflitti tra società scientifiche per un obiettivo comune di dignità della medicina generale italiana che può portare solo maggior guadagno di visibilità scientifica e politica per tutti noi XIV Congresso CSeRMEG - Rimini, 16-18 Novembre 2001 129 Programma del Congresso Venerdi 16 novembre 2001 Informazione vuol dire ... chairman: M. Tombesi 9 00 Registrazione dei Partecipanti Saluto delle Autorità 9 30 Contorni, collocazione e limiti dell'informazione: definizione 10 00 - 10 30 del problema F. Valcanover Letteratura e sondaggi L. Gambarelli 10 30 - 11 00 pausa caffè Esperienze di comunicazioni scritte: i leaflets informativi per i 11 30 - 12 00 pazienti G. Parisi 12 00 - 13 00 discussione Pranzo 00 00 Il paziente come fonte di informazioni per il medico S. Biondani 15 - 16 00 30 Alla ricerca dell’autorevolezza perduta P. Longoni 16 - 16 L’informazione sui Farmaci M. Grassi 16 30 - 17 00 pausa caffè 17 30 - 19 00 discussione Sabato 17 novembre 2001 Informazione, salute e mass media talk show condotto da S. Bernabè C. DiGiorgio - Le Scienze 9 00 G. Domenighetti - Dip. Opere Sociali Bellinzona R. Massarenti - AltroConsumo E. Mineso - Dialogo sui Farmaci M. Miselli - Informazione sui Farmaci R. Satolli - L’Espresso 11 00 pausa caffè 13 00 Pranzo Informazione, verità e Responsabilità chairman: F. Benincasa 15 00 - 16 00 Contratto di Partnership tra Medico e Paziente F. Benincasa 16 00 - 16 30 Informazione e consenso S. Bernabè, M. Tombesi pausa caffè 17 00 - 17 30 I molti consensi della Medicina Generale G. Danti, V. Oddone 17 30- 18 00 Due proposte concrete V. Caimi 18 00 - 19 00 discussione Domenica 18 novembre 2001 Premiazione 9 30 - 9 45 9 45 - 10 00 Premio Edo Parma 2001 per la ricerca in MG Premio Primocriterium UTET Congresso WONCA Europe ESGP/FM Firenze 2006 10 00 - 12 00 12 00 - 13 30 chairman: G. Visentin Progetti e Proposte discussione e conclusioni