MENSILE DEL SINDACATO PENSIONATI ITALIANI SPI-CGIL DELL’EMILIA-ROMAGNA L’intervista Vincenzo Colla segretario generale In primo piano C’era una volta la pensione Attualità Il paradigma dell’invisibilità Auser Memoria Per un’estate sicura e serena Slobodan vuol dire libero Argentovivo luglio/agosto 2010 Autorizzazione del tribunale n.4897 del 5 marzo 1981 - Spedizione in abbonamento postale 45% 2 AGOSTO 1980 LE RAGIONI DI UNA STRAGE n.7/8 luglio/agosto 2010 1 In breve Argentovivo luglio/agosto 2010 Stragi, la storia in un libro fotografico 2 La strage dell’Italicus nel 1974, la bomba alla stazione del 2 agosto 1980, la “strage di Natale” del rapido 904 nel 1984. E ancora il 27 giugno 1980 la tragedia di Ustica. Bologna è stata sicuramente la città che ha pagato il tributo più alto agli anni della strategia della tensione, a quella stagione violenta, di trame eversive e attentati alle istituzioni democratiche, che ha insanguinato il Paese e su cui ancora deve essere fatta piena luce. Ora quella drammatica stagione, con il suo carico di dolore e di sgomento, ma anche con la capacità di ferma reazione civile e democratica che in quegli anni seppero dimostrare le istituzioni e i cittadini bolognesi, viene raccontata nel volume di fotografie “Bologna e gli anni delle stragi” realizzato dall’Unione fotografi organizzati (Ufo), edito da Camerachiara e curato da Gilberto Veronesi e Luciano Nadalini con FOTOViva - Casa della Fotografia. Il volume, cui è affiancata una mostra, è stato presentato a Bologna alla presenza tra gli altri della assessore regionale alla Cultura Massimo Mezzetti e dei rappresentanti delle associa- zioni Parenti delle vittime della strage di Ustica e dei Familiari vittime della strage alla Stazione di Bologna. Sono foto scattate “sul campo”, dagli stessi cronisti che in quegli anni lavoravano a Bologna: le crude foto delle vittime, quelle delle cerimonie funebri, le foto delle manifestazioni pubbliche. Ma anche, accanto a queste, le foto dell’ altra Bologna, la Bologna che in quegli anni non rinunciava a vivere e a costruire il suo futuro. “Una lunga e triste stagione ha segnato per sempre un Paese e la coscienza civile di noi tutti – scrive il presidente della Regione, Vasco Errani, nell’introduzione al volume - una coscienza che ancora, a tanti anni di distanza, chiede si faccia finalmente luce. Questo è il nostro dovere, il compito di un Paese democratico… Tutti noi dobbiamo ricordare, soprattutto per chi allora non c’era e spiegare ai giovani cosa sia successo, cosa fu la follia di quegli anni”. I testi sono di: Anna Maria Cancellieri, Vasco Errani, Beatrice Draghetti, Libero Mancuso, Michele Smargiassi, Paolo Bolognesi (Ass. Vittime 2 Agosto) e Daria Bonfietti (Ass. Vittime Ustica). La mostra rimane aperta fino al 20 agosto presso la Sala d’Ercole del Comune di Bologna (Piazza Maggiore). Un’immagine dal libro fotografico di Nadalini e Veronesi Segreteria Cgil ER, confermate Salfi e Bortolotti Il Comitato direttivo della Cgil regionale Emilia-Romagna ha eletto il 26 luglio con voto segreto la nuova segreteria regionale della struttura. Due le conferme rispetto alla segreteria precedente: Anna Salfi e Daniela Bortolotti; tre i nuovi ingressi con Pietro Bellucci, Antonio Mattioli, Cesare Melloni. I nominativi sono stati proposti ad inizio seduta dal segretario generale Cgil Emilia-Romagna Vincenzo Colla, quindi sottoposti alla discussione e alla singola consultazione dei membri del Comitato direttivo da parte del Comitato dei saggi. Il voto segreto ha infine dato questo esito: 143 votanti su 179 aventi diritto, favorevoli 98, contrari 21, astenuti 22, bianche 2. Il profilo dei segretari eletti Daniela Bortolotti, classe ’56, di Modena, laureata in scienze politiche, ha iniziato il percorso sindacale come delegata della sanità, diventando dirigente della Funzione Pubblica Cgil modenese nell’89, per poi passare al dipartimento politiche sociali della Cgil nel ‘97 ed entrare nella segreteria confederale di Modena nel ’99, a capo dello stesso dipartimento. Nel giugno 2007 è stata eletta in segreteria Cgil regionale. Anna Salfi, nata a Bernalda (MT) nel ‘56, laureata in giurisprudenza, in distacco dal Ministero delle Finanze dove ha iniziato il percorso sindacale come delegata nell’85, ha ricoperto incarichi nella segreteria provinciale della FP di Bologna, poi regionale dell’Emilia-Romagna, quindi nazionale; è stata presidente della Federazione europea dei sindacati dei servizi pubblici e componente del Comitato esecutivo della Ces. Rientrata nel 2005 in EmiliaRomagna come responsabile delle politiche di pari opportunità della Cgil regionale, nel giugno 2007 è stata eletta in segreteria Cgil regionale, dove ha seguito il settore dei servizi pubblici locali. Pietro Bellucci, nato a Bagno di Romagna il 21 agosto ’55, ha iniziato il percorso sindacale alla Cgil di Cesena nell’81, dopo un’esperienza come consigliere comunale. è stato dirigente della Filtea e della Federbraccianti, responsabile di zona Cgil della Valle del Savio, segretario generale della Filcea cesenate dal ’90 al ’95, quando è passato in segreteria confederale come responsabile dell’organizzazione. Nel 2001 è stato eletto segretario generale della Camera del lavoro di Cesena, incarico che ha lasciato nel marzo scorso per scadenza di mandato. Antonio Mattioli, nato a Parma nel ’59, diploma di progettista meccanico, entra in fabbrica a vent’anni e si impegna come delegato Fiom, primo passo che lo vede entrare nella segreteria provinciale della categoria nell’84. Dal ’90 dirige la Filtea di Parma come segretario generale entrando poi anche nella segreteria regionale della categoria; nel ’97 viene eletto segretario generale della Flai parmense In breve Crisi economica, un cantiere contro la vulnerabilità Europa, lavoratori protagonisti La crisi economica sta aggravando le condizioni di vita delle persone già in difficoltà e rendendo fragili nuovi ceti. Sempre di più è necessario quindi coniugare gli interventi verso la povertà conclamata con azioni per il riconoscimento precoce e il contrasto ai processi di impoverimento. Per fare questo la Provincia di Bologna ha creato il “Cantiere per il contrasto alla vulnerabilità sociale”, un luogo di governance che riunisce soggetti pubblici e privati che operano nell’ambito del welfare (sindaci, Ausl, Terzo settore, associazioni imprenditoriali, sindacati, fondazioni bancarie, Camera di commercio). Dopo diversi mesi di monitoraggio e analisi della situazione (anche attraverso focus group) si è insediata la cabina di regia del Cantiere. Info: www.provincia.bologna.it Particolarmente significativi i lavori dell’ultima riunione della direzione della Ferpa (Federazione europea dei pensionati) che ha affrontato i problemi della partecipazione all’euromanifestazione promossa dalla Ces per il 29 settembre e dell’esecutivo di fine ottobre. Alla manifestazione che la Ces ha convocato a Bruxelles, in concomitanza con la riunione dei ministri dell’Economia dell’Unione Europea, la Ferpa sarà presente con un suo corteo di trecento pensionate e pensionati provenienti da tutta Europa. Lo SpiCgil nazionale sta a sua volta predisponendo l’organizzazione necessaria per garantire la più ampia presenza dei pensionati italiani, cosciente che oggi in Europa si gioca una partita decisiva sul terreno dei diritti dei lavoratori, che siano attivi o pensionati. Passaparola Il Cavaliere e il punto G Per uomini e donne il punto G rappresenta la fonte del piacere nei rapporti. Ma c’è un uomo in Italia per il quale la G è un’ossessione continua. Per esempio la G di giustizia, la G di giudici, la G di giornalisti. Questa letterina del nostro alfabeto è per lui fonte di dispiaceri e fastidi continui, ai quali reagisce con attacchi violenti e leggi specifiche. Quest’uomo di mestiere fa il Presidente del Consiglio (e dice lui è stato eletto dal popolo). Ma il popolo della gente onesta, corretta, che lavora, che non corrompe, che paga le tasse, non teme i giudici, non ha paura dei giornalisti, vuole essere informato, vuole sapere la verità. Per queste ragioni non accetta il bavaglio di Stato ed è scesa legittimamente nelle piazze per manifestare il proprio dissenso, con la CGIL, per difendere il lavoro e i diritti con la Federazione della stampa per la libertà d’informazione, con l’opposizione parlamentare, con i movimenti e le associazioni per dire ancora una volta “NO, non ci stiamo” con chi vuole un popolo suddito, povero, ignorante e silenzioso. Ravenna, quando il rifiuto cerca affetto Perché buttare gli oggetti che non usiamo più? Si può restituire loro un nuova vita. E magari potranno essere utili a qualcun altro. Il Comune di Ravenna, il gruppo Hera con il supporto di CittA@ttiva, hanno proposto alla cittadinanza e ad alcune scuole la campagna “Rifiuto con affetto”: lo scopo è quello di promuovere la cultura della raccolta differenziata, facendo leva sulla frase “ Mi dispiace buttarlo via “. Il progetto è sperimentale e coinvolgerà tre istituti scolastici: una scuola elementare, una scuola media e un istituto superiore, l’ufficio clienti del gruppo Hera e la sede di CittA@ttiva. In queste sedi verranno posizionati cinque eleganti cassonetti con ante trasparenti dove le persone possono portare le loro cose dismesse ma ancora utilizzabili. Una vetrina dove potranno essere prelevate e -in una sorta di scambio continuo - passare a nuovi proprietari. Un baratto insomma per riutilizzare gli oggetti e ridurre la produzione di rifiuti. L’iniziativa è finanziata dalla Regione Emilia-Romagna anche per promuovere azioni di sensibilizzazione all’ecologia e alla sostenibilità. Argentovivo luglio/agosto 2010 con incarico anche in segreteria regionale di categoria. Infine nel 2006 entra nella segreteria nazionale Flai, dove segue in prima persona vertenze importanti come Parmalat e il rinnovo dei contratti nazionali. Cesare Melloni, nato a Bologna il 13/10/1951, diplomato al liceo scientifico Fermi, dipendente del Comune di Bologna dal 1971, è stato distaccato presso la Cgil bolognese nel 1981 come responsabile confederale della Zona S. Donato. Dopo aver svolto esperienze di contrattazione nell’ambito del mercato del lavoro, diventa segretario generale della Filcams bolognese nel 1988. Nel 1994 è stato eletto nella segreteria della Camera del lavoro, dove ha rivestito l’incarico di responsabile del settore contrattazione, diventando poi segretario generale della struttura nel 2002, incarico che ha lasciato nel giugno scorso a scadenza dei termini statutari. 3 Sommario 2| In breve • Stragi, la storia in un libro fotografico • Segreteria Cgil ER, confermate Salfi e Bortolotti 3| In breve • Crisi economica, un cantiere contro la vulnerabilità • Europa, lavoratori protagonisti • Ravenna, quando il rifiuto cerca affetto • Passaparola 5| L’intervista • Cgil, Vincenzo Colla segretario regionale: “Misure forti per il lavoro” Mayda Guerzoni Argentovivo luglio/agosto 2010 7| In primo piano • Manovra economica c’era una volta la pensione Roberto Battaglia 9| Attualità • Bologna, 2 agosto 1980 schegge contro la democrazia Manfredi Liparoti 11| Attualità • Stragi di donne, serve tornare alla politica Mina Cilloni 12| Attualità • No all’acqua in mano ai privati, il referendum è più vicino R. B. 13| Attualità • Vacanze coi fiocchi, c’è ancora tanto da fare Sara Branchini 15| Attualità • Casa salvi tutti, con la tartaruga della Regione A cura della redazione 16| Attualità • Omofobia e transfobia: il paradigma dell’invisibilità Cathy La Torre 18| Consigli utili • Una vita da cani, rispettando le regole Francesco Scarlino 19| Auser • Per un’estate da vivere sicuri, sereni e informati A cura della redazione 20| Territori e leghe • Cesena, al via l’accordo sui servizi socio-sanitari Marco Morellini 12 5 Cgil, Vincenzo Colla segretario regionale: “Misure forti per il lavoro” 9 Bologna, 2 agosto 1980 schegge contro la democrazia 4 No all’acqua in mano ai privati, il referendum è più vicino 22| Territori e leghe • Modena, insieme per stare più sicuri Luisa Zuffi 23| Territori e leghe • Reggio Emilia, 7 luglio 1960 morti per la libertà Paola Guidetti 24| Territori e leghe • Parma, Patrizia Maestri segretaria generale Cgil A cura della redazione 25| Territori e leghe • Cortemaggiore, nuova sede per lo Spi Piero Bonomini Maria Gozzi Tamer Favali Argentovivo n. 7/8 luglio/agosto 2010 Chiuso in tipografia il 02/08/2010 la tiratura complessiva è di 8.000 copie Direttore responsabile: Mirna Marchini 26| I temi della memoria • Slobodan vuol dire libero Anna Maria Pedretti • Le parole giuste e quelle sbagliate Eva Lindenmayer 23 Reggio Emilia, 7 luglio 1960 morti per la libertà 26 19 Per un’estate da vivere sicuri, sereni e informati La foto di copertina è di Enrico Scuro Slobodan vuol dire libero Le parole giuste e quelle sbagliate Vice direttore: Mauro Sarti In redazione: Roberto Battaglia, Paola Guidetti, Franco Di Giangirolamo Direzione e redazione Via Marconi, 69 - 40122 Bologna tel. 051294799 - fax 051251347 Amministrazione Via Marconi, 69 - 40122 Bologna Abbonamento annuo 22 euro Costo copia 3 euro Costo copia arretrata 5 euro Realizzazione a cura di Agenda www.agendanet.it Progettazione grafica EXPLOIT Bologna - Via Dell’Arcoveggio, 82 Stampa a cura di FUTURA PRESS Proprietà EDITRICE DELLA SICUREZZA SOCIALE srl Associato UNIONE STAMPA PERIODICI ITALIANI L’intervista Mayda Guerzoni sottovalutazione del problema occupazione da parte del sistema della rappresentanza imprenditoriale, al quale chiediamo risposte adeguate, a partire da Confindustria. Pongo qui come priorità assoluta un grande piano del lavoro per l’Emilia-Romagna, in coerenza con il recente congresso nazionale della Cgil, da costruire con il coinvolgimento di tutte le nostre strutture. U n piano straordinario per il lavoro, una nuova stagione di contrattazione, una pratica più avanzata della confederalità in Cgil: sono queste le priorità di mandato del neosegretario generale Cgil Emilia-Romagna Vincenzo Colla, eletto (5 luglio scorso) a pochi giorni dalla grande manifestazione regionale dei centomila a Bologna, per lo sciopero generale del 25 giugno. Comincia proprio da qui la nostra intervista. Colla, cosa ti ha suggerito quella piazza? Innanzitutto mi ha dato una grande emozione sentire attorno alla Cgil ancora una volta tanta fiducia e aspettative: un risultato non scontato. Poi ho avvertito un sentimento diffuso del fatto che il bicchiere è colmo. E’ vero che tutta Europa pone il tema della riduzione della spesa pubblica, ma in molti paesi tassano le rendite finanziarie e i grandi patrimoni, mentre da noi si colpiscono i soliti noti: lavoratori, precari, pensionati, fasce deboli, che già subiscono gli effetti devastanti della crisi. A questo si aggiunge l’attacco ai diritti, il tentativo di spallata alla Costituzione e di bavaglio all’informazione: un mix infernale. Non si governa l’Italia in questo modo. La crisi picchia duro anche sull’EmiliaRomagna. Chi paga di più? I giovani, le donne, gli immigrati e quei lavoratori di aziende in crisi che, pur vicini alla pensione, la vedono slittare in avanti insieme alle finestre di uscita senza certezza di reddito. Per non parlare dei precari dei comparti pubblici, dei settori della conoscenza che perderanno migliaia di posti. Un impatto sociale di portata inedita per la nostra regione. C’è il rischio che l’Emilia-Romagna si adegui alla caduta dei diritti perseguita tenacemente dal governo? Ci opporremo con tutte le nostre forze a una deriva del genere, ma intanto vedo una grave Con quali tappe e quali strumenti? Primo passaggio su questo percorso è il rinnovo del “Patto regionale per attraversare la crisi”, con il rifinanziamento degli ammortizzatori in deroga e misure forti in difesa del lavoro e della base produttiva, che abbia come fulcro il sistema manifatturiero, ancora oggi vero fondamento della nostra ricchezza. Strumento principe la contrattazione e qui credo necessario affinare la nostra conoscenza delle dinamiche del mercato e dell’impresa per entrare più nel merito dei processi e dare risposte adeguate per lo sviluppo e la qualità del lavoro. Dobbiamo rilanciare la sfida della produttività, combattendo in ogni modo le tentazioni alla Pomigliano. Aspetti che richiedono con Cisl e Uil una ripresa di rapporti, che invece segnano il loro punto più basso… Noi presenteremo le nostre piattaforme e un patrimonio di cinquemila accordi unitari con i quali abbiamo salvato finora migliaia di posti di lavoro nell’ambito del Patto Argentovivo luglio/agosto 2010 Cgil, Vincenzo Colla segretario regionale: “Misure forti per il lavoro” 5 L’intervista Argentovivo luglio/agosto 2010 precedente. Partiamo da qui, dal basso, per il confronto e nuove condivisioni possibili. 6 Che messaggio lanci alla Regione? Siamo con voi nello scontro istituzionale con il governo contro i tagli alle risorse, per la salvaguardia dello Stato sociale e dell’autonomia degli enti locali. Ma un modello alternativo a quello prefigurato nella manovra del centro destra richiede scelte precise anche a difesa del lavoro e per una maggiore giustizia sociale. Considero molto importante la presa di posizione del Consiglio regionale che ha condiviso le ragioni dello sciopero del 25 giugno. Chiediamo un segno forte nella lotta all’evasione fiscale, ma anche nel federalismo fiscale e con l’autonomia impositiva, ricercando la strada che sposti il peso della crisi sulle rendite e i grandi patrimoni. Come pensi di ridisegnare la Cgil regionale? Intanto con l’aiuto e il coinvolgimento del gruppo dirigente diffuso della nostra organizzazione, che considero competente e capace: affrontiamo insieme le sfide che ci attendono, per fare massa critica, valorizzare le tematiche territoriali, utilizzare al meglio le risorse, sulla linea decisa dalla conferenza di organizzazione che punta alla centralità del territorio. Dunque penso a una struttura regionale più snella e flessibile, più qualificata, che svolga un ruolo di proposta, di coordinamento e supporto su aspetti quali la contrattazione, come accennavo prima, la formazione dei quadri e dei delegati rsu, la comunicazione. Con qualche novità importante. Per esempio? Penso in particolare a un nuovo Dipartimento strategico, di pensiero lungo, che lavori sulle politiche di sviluppo territoriale e regionale, sull’innovazione e la ricerca, sulla relazione con le istituzioni e il mondo dell’intellettualità, per aprire nuovi canali di confronto e scambio con l’esterno e dare slancio alla nostra elaborazione. Nel bilancio che puoi trarre da otto anni come responsabile dell’organizzazione, qual è il punto più critico? Direi l’idea e la pratica della confederalità: qui non ci siamo. Troppe rigidità da parte delle diverse strutture in difesa delle proprie prerogative, troppi compartimenti stagni. C’è una visione del mondo del lavoro ancora legata al passato, che fa poco i conti con l’estrema frammentazione e complessità di oggi, con i nuovi bisogni e le tante differenze. Su questo serve una discussione impegnata. Il versante interno pone il tema della gestione degli esiti del congresso Cgil svolto su due mozioni, con una buona affermazione della minoranza in EmiliaRomagna. Come la vedi? Il congresso ci ha visti divisi su alcuni aspetti di fondo: il modello contrattuale, la democrazia sindacale, la confederalità. Propongo di riprendere questi terreni di confronto in rapporto alla crisi e alle decisioni concrete che riguardano le relazioni sindacali, la contrattazione e il voto dei lavoratori, i nuovi bisogni del mondo del lavoro, convinto che in Emilia-Romagna abbiamo le condizioni per fare passi avanti. Vincenzo Colla durante una manifestazione sindacale Prima delegato, poi alla Fiom di Piacenza e alla Segreteria La Cgil regionale Emilia-Romagna ha un nuovo segretario generale: è Vincenzo Colla, eletto il 5 luglio scorso dal Comitato direttivo della struttura regionale (voto segreto, 142 votanti su 177 aventi diritto, favorevoli 93, contrari 28, astenuti 21), in sostituzione di Danilo Barbi, promosso nella segreteria nazionale Cgil. Nato ad Alseno di Piacenza l’1 aprile ’62, Colla ha iniziato la propria esperienza sindacale nel 1980 come delegato di una azienda metalmeccanica ed è entrato nella segreteria provinciale Fiom di Piacenza nel 1985. Due anni dopo è stato eletto segretario generale della stessa Fiom e nel ‘96 è diventato segretario generale della Cgil piacentina. Nel 2002 è passato in segreteria Cgil regionale, nella quale ha diretto il Dipartimento organizzazione per otto anni e che ora guiderà come primo responsabile. In primo piano Manovra economica, c’era una volta la pensione Roberto Battaglia Segretario Spi-Cgil Emilia-Romagna Argentovivo luglio/agosto 2010 D al 2015 arriverà per tutti i lavoratori privati e pubblici, anche l’incremento automatico ogni tre anni dell’età pensionabile, in relazione alla crescita della speranza di vita introdotta con la legge 192/2009, facendo salire così a circa 70 anni l’età per accedere alla pensione. Da subito, anche chi ha maturato i quaranta anni di anzianità, dovrà lavorare almeno un anno in più, rispetto ad ora, per percepire il trattamento pensionistico senza però alcun vantaggio, poiché i contributi aggiuntivi finiranno nei bilanci degli enti previdenziali al solo fine di fare cassa con i soldi della previdenza. Dal primo gennaio 2012, le lavoratrici del pubblico impiego a seguito dell’emendamento presentato dal governo, saranno obbligate ad andare in pensione di vecchiaia solo a 65 anni ma, per effetto delle cosiddette finestre a scorrimento, in realtà l’età effettiva per il pensionamento salirà a 66 anni. Per i grandi invalidi sono all’esame criteri restrittivi per la corresponsione dell’indennità di accompagnamento; mentre per gli invalidi civili si stava preparando una grande ingiustizia in quanto persone con gravi patologie rischiavano di rimanere escluse perfino dall’assegno minimo di invalidità di 256,67 euro mensili. Un disegno, questo, in parte respinto grazie alla mobilitazione della Cgil e dello Spi-Cgil nonchè delle associazioni degli invalidi e che hanno organizzato proteste e presidi davanti al Parlamento. Attraverso la manovra economica, ingiusta e sbagliata, il governo sta smantellando nei fatti tutto il sistema previdenziale pubblico. Siamo in presenza di una vera e propria controriforma già avviata nel 2004 con l’allora ministro Maroni che abolì l’accesso flessibile al pensionamento tra i 57 e i 65 anni e che prevedeva rendimenti crescenti in rapporto all’età di uscita al lavoro. Nei mesi scorsi il governo, per bocca dei ministri Sacconi e Tremonti, aveva assicurato che non erano necessari nuovi e ulteriori interventi sulle pensioni in quanto la spesa pensionistica era sostanzialmente stabilizzata e in linea con le previsioni. Infatti il fondo dell’Inps per i lavoratori dipendenti è in attivo di 14,3 miliardi di euro. In realtà il governo intende risanare i conti del bilancio dello Stato facendo pagare i più deboli: lavoratori dipendenti e pensionati, senza chiedere nulla ai grandi patrimoni e alle rendite finanziarie, consentendo vergognosamente un’insostenibile evasione fiscale pari a 132 miliardi di euro annui. 7 Argentovivo luglio/agosto 2010 In primo piano La controriforma sulle pensioni svela le vere intenzioni del governo, per la verità mai nascoste, di ridurre cioè il valore solidaristico e pubblico delle pensioni a vantaggio dei sistemi assicurativi privati oltre a reperire con facilità ingenti risorse per fare cassa con i soldi dei lavoratori e dei pensionati. Occorre garantire, al contrario, un sistema pensionistico stabile e certo, evitando continui stravolgimenti che creano grandi preoccupazioni e incertezze rispetto al futuro della propria condizione lavorativa e di vita. Per noi la controriforma imposta dal ministro Tremonti va respinta e cambiata partendo dalle richieste unitarie presentate al governo: dall’adeguamento delle pensioni al costo della vita, alla riduzione della tassazione sulle pensioni, all’estensione della 14 mensilità anche per le pensioni con oltre 750 euro mensili, fino a ripristinare il diritto volontario di uscita dal lavoro per accedere al pensionamento. Sulla questione delle pensioni è possibile avviare nel paese, una forte iniziativa del sindacato che coinvolga lavoratori e pensionati perché le misure del governo colpiscono tutti, donne e giovani in particolare che, per effetto di carriere lavorative precarie e frammentate, riceveranno pensioni più basse ma lavorando sempre di più. La campanella Dare voce per un minuto all’urlo muto del cuore Ha scritto Adriano Sofri (la Repubblica, 11 luglio), l’unico che se ne “occupò” fin d’allora, che, quindici anni dopo, avremmo potuto fare un minuto di silenzio, durante la coincidente finale di calcio mondiale, per la strage di Srebrenica – 8346 ragazzi, uomini e vecchi massacrati in cinque giorni sotto gli “occhi” dell’Onu e dei governi occidentali, le donne disperse e sistematicamente stuprate, dalle milizie del generale bosniaco Mladic. Si è risposto che era anche il cinquantenario della prigionia di Mandela… e io aggiungo di chissà quante altre “stragi” per le quali si era detto “Mai più!”. “Cartoline dalla fossa” (ed. Biet) è il libro del sopravvissuto Emir Suljagic. Era il 1995: ci riguarda, dov’eravamo? “L’incomprensibile indifferenza del mondo chiama in causa non solo i governi ma anche le opinioni pubbliche europee. Durante l’intera guerra di Bosnia, in Italia, non vi fu una sola manifestazione”. Se la memoria si archivia in un libro, se diviene anniversario e non vive insieme a noi se non si fa inquietudine e responsabilità è fiamma che si spegne. Dalla strage di Bologna, dai suoi 85 massacrati, dai suoi più di duecento feriti e dalle migliaia di feriti nell’animo sono passati trent’anni. Le foto che ho in mente cominciano ad imbiancare come i capelli ma ancora mi urlano dentro: avrei voluto dar loro voce con un lampo di storia ad ognuna. Non ce l’ho fatta, travolta da altri avvenimenti. Ma scrivo qui che quest’anno il mio minuto di silenzio sarà invece un urlo, sia pure muto come quello del dipinto, “cartolina” che manderò ad ogni persona che ho conosciuto, ai giovani, ai bambini capaci di vivere con la piccola Maria, rimasta per sempre bimba di soli due anni. E fra i tanti insegnanti ed educatori che ho conosciuto di certo ci sarà chi “prende su di sé” una di queste vite spezzate per “custodirla” e darle seguito nel grande puzzle della Vita di cui facciamo tutti parte. Non conosciamo il disegno generale ma la “tessera” della nostra vita ha senso solo nell’incastro intorno a noi. Miriam Ridolfi 8 Attualità Bologna, 2 agosto 1980 schegge contro la democrazia Manfredi Liparoti Il sindaco Renato Zangheri e il presidente della Repubblica Sandro Pertini ai funerali di Stato “Volevamo rompere il silenzio ignobile e triste su quello che è stato il più grave attentato nella storia d’Italia - racconta Antonella Beccaria -. Ci siamo accorti che anche per il trentennale non si muoveva praticamente nulla e allora abbiamo pensato a un’autopubblicazione da distribuire il 2 agosto. Poi, grazie all’aiuto dell’ex magistrato Claudio Nunziata, che ha curato la revisione scientifica del nostro lavoro, e al sostegno della casa editrice Socialmente e dello Spi-Cgil di Bologna e dell’Emilia-Romagna, dall’autopubblicazione siamo arrivati al libro. Ma è stata una gran corsa, e anche una gran fatica”. Che cosa si sa di certo della strage di Bologna? “Abbiamo le condanne definitive per gli esecutori materiali e per chi intralciò la giustizia come Licio Gelli. Però sono proprio i depistaggi a spiegare come Fioravanti, Mambro e Ciavardini non fecero tutto da soli, è impossibile che dei ragazzini che allora avevano tra i 18 e i 22 anni, potessero recuperare l’esplosivo senza lasciare tracce e mettere indisturbati la bomba”. Mancano però i nomi dei mandanti e di chi ha tramato nell’ombra né si sa con certezza perché, a undici anni da piazza Fontana e a sei da piazza Loggia e dall’Italicus, si volle rigettare l’Italia nel terrore. Insomma, la verità è ancora tutta da scoprire, tanto che, come dice Paolo Bolognesi presidente dell’Associazione familiari vittime della strage del 2 agosto 1980, per adesso le sentenze definitive sono solo quelle per le vittime e i loro familiari. Cosa servirebbe, allora, per fare piena luce? “Intanto - risponde Antonella Beccaria - andrebbero riletti gli atti raccolti in tutti questi anni di processi, ci sono molti elementi da riprendere e approfondire. Ma credo che vadano sentiti i protagonisti dell’epoca, molti, a partire da Cossiga, potrebbero conoscere la verità, ma continuano a tacere o addirittura a mentire, riproponendo la tesi dell’esplosione accidentale, ritirando in ballo i palestinesi, il terrorismo internazionale, Carlos. E’ un esercizio di fantasia che non regge di fronte agli undici gradi di giudizio attraverso cui sono passati i processi sulla strage di Bologna. Evidentemente alcune cose ancora non si devono sapere”. Argentovivo luglio/agosto 2010 R icollegare con pazienza il filo che unisce nomi, date e luoghi, terroristi e servizi segreti, politici e mafiosi, generali e logge deviate. Ribattere alle fantasiose ricostruzioni che ritornano ancora oggi, a trent’anni esatti da quel 2 agosto 1980, quando alle 10.25 una bomba di 23 chili d’esplosivo, nascosta in una valigia abbandonata nell’affollatissima sala d’aspetto di seconda classe, sconvolse Bologna e una nazione intera, con i suoi 85 morti e oltre 200 feriti. Ma è soprattutto l’esigenza di tenere viva la memoria e di fissare nero su bianco la verità dei fatti, che ha portato Antonella Beccaria e Riccardo Lenzi a scrivere “Schegge contro la democrazia” (Socialmente editore, Bologna 2010), una cronistoria ragionata e documentata che parte da Portella della Ginestra (“la madre di tutte le stragi”), arriva ai giorni nostri e torna indietro fino a quella tragica mattina d’agosto, svelando le ragioni della bomba alla stazione di Bologna alla luce dei più recenti atti giudiziari. 9 Attualità Argentovivo luglio/agosto 2010 6 agosto 1980, la folla in piazza Maggiore per i funerali di Stato 10 Testimonianze e prove arrivano però dalla Corte d’assise di Brescia, dove è in corso il processo per piazza della Loggia. Documenti (di cui il libro è ricchissimo) che raccontano una storia articolata e smontano l’impostazione dello spontaneismo armato, quella secondo cui a mettere le bombe furono solo schegge impazzite dell’estremismo fascista. A Brescia sta infatti emergendo la rete di relazioni tra Nuclei armati rivoluzionari (Nar), Ordine nuovo, pezzi dello stato, massoneria e delinquenza organizzata, dalla mafia in Sicilia alla banda di Renato Vallanzasca a Milano, che venne contattato da un parlamentare di estrema destra (“un ometto col viso squadrato, i capelli a spazzola, gli occhiali grossi e gli occhi piccoli”) che lo voleva coinvolgere proprio per l’attentato in una stazione ferroviaria. Un quadro inquietante, che porta dritto ai giorni nostri, con lo scandalo P3 e la cricca composta da politici, magistrati e imprenditori. “Ma non credo che in Italia ci sia un ‘grande vecchio’ - continua Antonella Beccaria -, ci sono piuttosto grandi interessi che convergono. E poi ci sono faccendieri sulla scena da decenni, sono loro che dimostrano quanto sia attuale oggi il piano di rinascita democratica della P2”. Dello stesso parere Claudio Nunziata, che in qualità di sostituto procuratore ha svolto le prime indagini sulle stragi alla stazione di Bologna, dell’Italicus e del rapido 904. “Il progetto politico di Licio Gelli - scrive nella prefazione - ha trovato attuazione vent’anni dopo”. Sono solo cambiati gli strumenti: prima erano le bombe, “oggi un metodo meno violento, ma più insidioso: il controllo diretto e quasi totale dei mass media”. Il libro “Schegge di democrazia” diventa allora l’antidoto contro l’indottrinamento della tv, come dicono Maurizio Fabbri e Bruno Pizzica, che firmano l’introduzione: “Lo Spi ha tra i suoi principi costitutivi quello di lavorare sulla memoria e il libro di Antonella Beccaria e Riccardo Lenzi ci può aiutare a ricostruire e mettere in fila fatti, documenti, posizioni che ebbero la strage di Bologna come avvenimento centrale, per provare a esercitare e tenere viva, sempre, la ricerca della verità”. In programma in autunno, una serie di incontri con i ragazzi, “quelli a cui spetterà di costruire un Paese migliore negli anni a venire”. “I giovani - conclude Antonella Beccaria - spesso non hanno memoria della strage alla stazione, non sanno che è successo, chi l’abbia messa quella bomba. Ma non è tutta colpa loro, perché non c’è quasi nessuno che glielo spieghi, i programmi scolastici la strategia della tensione non la trattano proprio e anche i pochi centri di documentazione chiudono per mancanza di fondi. E quindi ai giovani che abbiamo pensato, a chi ne vuole sapere di più. Per questo abbiamo impostato il libro concentrandoci non tanto sulla parte narrativa, ma su documenti ufficiali, testimonianze, relazioni parlamentari e carte giudiziarie, per fissare dei punti certi che siano da stimolo per approfondire”. Antonella Beccaria Attualità Mina Cilloni Responsabile Coordinamento Donne Spi- Cgil Emilia-Romagna “S tragi di donne…” – “…ancora vittime..” – “ Bollettino di guerra: ieri altre 3 donne colpite dalla violenza degli ex compagni..” “...vittime di stalking una scia infinita..” “…nove donne uccise in un mese…” E’ una escalation che sembra non avere mai fine, ogni giorno apri il giornale e leggi notizie che riguardano l’uccisione, la persecuzione, le violenze che si perpetuano sulle donne. Quando non si legge di questo si vedono immagini di donne esposte come fossero oggetti. “Cose” senza nessuna utilità se non quella di essere, quando va bene (?) oggetti compiacenti di desideri sessuali e di consumo per uomini ormai incapaci. Uomini incapaci di amare, uomini che rifiutano qualsiasi modalità che li metta in relazione con l’altro. Uomini e le donne? Non nascondo il fatto di come molte donne siano disponibili ad essere “usate”, il fenomeno delle “veline” ormai è diventato un’aspirazione di molte ragazze, di giovani donne (che sono poi le nostre figlie , le nostre nipoti…) ma se questo fosse, per loro, uno “scambio ragionato” e non fosse come noi troppo spesso pensiamo a subalternità o ad un arretramento del nostro pensiero femminile/ femminista? Nel mio pendolarismo, incontro migliaia di giovani donne vestite, truccate come le donne-immagini delle riviste, ma sono, anche, giovani donne che, ancora con gli occhi gonfi di sonno, leggono, studiano, sono pendolari che vanno al lavoro o alla università …eppure non ci penso tanto al fatto che condivido con loro la fatica del quotidiano, diventa prevalente l’immagine che ne ricevo, è più semplice “catalogarle”. Sono davvero l’unica ad avere assunto, nel tempo, l’arroganza dell’età e aver dimenticato che gridavo nei cortei, nelle manifestazioni “ non più puttane, né madonne ma solo donne?”. Mi rendo conto quanto la comunicazione di questi anni – la televisione, i giornali, le pubblicità, la politica compiuta dal governo in questi decenni - hanno modificato e trasformato il mio modo di percepire gli altri. Mi ha resa felice (una si accontenta di poco) la dichiarazione di Rosy Bindi a Berlusconi dopo essere stata nuovamente apostrofata sulla sua non bellezza: “Mi limito con tristezza a prendere atto che tra i tanti segnali della fine dell’impero c’è anche questa ormai logora ripetitività delle sue volgarità”. Mi ha resa felice perché ho pensato che forse ha ragione lei, forse sono segnali della fine di questo impero decadente – ma se è così dobbiamo cominciare nuovamente a fare dentro di noi quella rivoluzione gioiosa di cui parla Dacia Maraini ( da “Donne mie”) , dobbiamo iniziare, oggi, ad avere un sentimento di repulsione per ciò che ogni giorno ci viene presentato. Dobbiamo ritornare alla politica, ad una politica partecipata, dobbiamo risvegliare le coscienze per uscire da questa crisi etica e di cultura. Avere il coraggio di guardare e di non lasciarci più ingannare dalle apparenze è un piccolo passo per cambiare e per decidere che riappropriarci della relazione può salvarci. Allora, in questo clima di rinnovamento culturale anche gli uomini inizieranno a comprendere le ragioni della loro violenza contro di noi e smetteranno di ammazzarci. “ Dovremo amarci l’un l’altro o moriremo”. ( W.H.Auden) Argentovivo luglio/agosto 2010 Stragi di donne, serve tornare alla politica 11 Attualità No all’acqua in mano ai privati, il referendum è più vicino R. B. Argentovivo luglio/agosto 2010 O 12 ltre un milione e 400 mila cittadini hanno firmato, in due mesi, per il referendum in difesa della natura pubblica del servizio idrico; circa 110 mila le firme raccolte solo nella nostra regione. L’acqua è un bene essenziale e i tre quesiti referendari intendono abolire gli articoli di legge che assegnano ai privati la gestione del servizio e considerano l’acqua una merce finalizzata a produrre solo ingenti profitti. Non va dimenticato infatti che il valore complessivo del mercato dell’acqua nel nostro paese è pari a otto miliardi di euro. Il referendum, che dovrebbe tenersi nella primavera prossima, è stato promosso dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua con l’adesione di oltre trecento associazioni laiche, cattoliche, ambientaliste. Lo Spi e la Cgil da subito hanno raccolto l’appello del Forum contribuendo alla raccolta delle firme poiché l’acqua rappresenta una fonte di vita e un diritto universale e per queste ragioni deve rimanere un bene essenziale pubblico sottraendolo dalle mire speculative del mercato privato e finanziario. Ora, insieme alle tante associazioni e al Forum dei movimenti per l’acqua, ci aspetta un compito più impegnativo: arrivare al referendum con un grande consenso popolare tra tutti i cittadini per affermare il valore dell’acqua come bene comune e parte di una battaglia più generale per la gestione pubblica dei servizi essenziali alla persona e per lo sviluppo economico e sociale del paese. I quesiti referendari: 1- si chiede l’abrogazione dell’art. 23 della legge 133 del 2008 che prevede la privatizzazione dei servizi publici locali: acqua-rifiuti, trasporto pubblico locale; 2- si propone la cancellazione dell’art.150 del decreto legge 152 del 3 aprile 2006 che individua le forme di gestione e di affidamento del servizio idrico ai privati; 3- abrogazione dell’art. 154 del decreto legge 152 nella parte in cui si parla dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito per determinare le tariffe. Quale gestione per un bene comune? L’acqua è una risorsa indispensabile, ma nello stesso tempo limitata in natura. Non è distribuita in modo uguale in tutto il pianeta e quella potabile è pari al solo 1% dell’acqua totale. Più di un miliardo di persone, (dati Onu) non hanno accesso all’acqua potabile. Indice di sfruttamento dell’acqua - sotto il 20% dell’acqua disponibile accesso “sicuro” - sopra il 20% dell’acqua disponibile la risorsa è in una situazione critica sotto stress L’Italia, al pari di altri paesi in Europa si trova già ora in una condizione di criticità oltre al 20% Consumi idrici in Italia Nell’industria 37%, nell’agricoltura 45%, e per uso domestico 18% Chi gestisce il servizio idrico In Europa delle 44 città con più di un milione di abitanti nel 36% dei casi, il servizio è gestito da società private. In Italia nella maggior parte dei casi il servizio idrico è affidato a società per azioni a capitale prevalente pubblico. La legislazione attualmente in vigore impone la presenza di un soggetto privato nella gestione del servizio e prevede l’obbligo di affidare la gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica tramite gara europea cedendo almeno il 40% del capitale a nuovi soci privati entro dicembre 2011. Dal 2000 le tariffe sono aumentate del 47%. Le principali cause dell’aumento delle tariffe dell’acqua sono: remunerazione del capitale investito ovvero il profitto per il socio privato azionista della società pari almeno per legge al 7%. Alcuni paesi europei hanno stabilito per legge la gestione pubblica dell’acqua. Il comune di Parigi, dopo 25 anni di gestione privata del servizio, ha deciso di assegnare la gestione ad un proprio ente di diritto pubblico. Altri 30 paesi nel mondo sono ritornati alla gestione pubblica dopo l’esperienza negativa con il settore privato. Attualità Vacanze coi fiocchi, c’è ancora tanto da fare Sara Branchini Centro Antartide Non solo: oltre alla enorme tragedia umana, c’è anche il lato economico, la cosiddetta spesa sociale, un conto salatissimo in termini di costi sanitari e di mancata produttività del lavoro di chi resta coinvolto. Soltanto nel 2007 la somma dei costi umani e di quelli materiali dei disastri stradali superava i 30.000 milioni di euro. Più di un milione di euro in media per ogni persona deceduta, e diverse migliaia di euro per ogni ferito: denaro che di certo, con un po’ più di attenzione da parte di chi si mette al volante, potrebbe essere utilizzato per ben altre opere di utilità sociale. Per queste ragioni torna, con il tradizionale libretto accompagnato da spot radiofonici e televisivi, la campagna Vacanze coi Fiocchi, fortemente sostenuta come ogni anno anche dallo SPI-Cgil: per riportare l’attenzione sulle strade e sulla necessità di guidare con prudenza e sicurezza, specialmente durante i mesi estivi, che sono i più caldi anche dal punto di vista del traffico. Infatti nei mesi di luglio e di agosto sulle strade perdono la vita più di 900 persone e 50.000 rimangono ferite (una cifra equivalente agli abitanti di una città come Campobasso!). La campagna mobilita più di 500 aderenti fra tra istituzioni, associazioni, società autostradali, aziende sanitarie, radio e televisioni, insieme per invitare al rispetto delle regole e al buonsenso, e fare riflettere sui comportamenti che assumiamo quando ci mettiamo alla guida. Naturalmente nell’abituale stile leggero e ironico. Diabolik che rassicura Eva Kant che “certo che ha messo il casco”, e un personaggio di Vauro immortalato in un estremo gesto di sfottò dopo un sorpasso, mentre la sua auto ha ormai rovinosamente colpito un albero accartocciandosi. E ancora Carmen Consoli che invita a percorrere la vita, così come la strada, con calma e senza velocità eccessiva e Giorgio Panariello che mette in guardia dal correre in auto di notte. Tanti i personaggi reali e immaginari che ci hanno messo la faccia per invitare a una guida prudente e sicura: da Piero Angela, storico padrino dell’iniziativa, a Diego Argentovivo luglio/agosto 2010 B uone notizie dalle strade italiane: se nel 2000 le vittime di quelli che impropriamente chiamiamo “incidenti” stradali erano 6649, nel 2008 questa cifra è scesa a 4731. Una riduzione di quasi il 30%, in meno di 10 anni. Ce lo rivela, nelle pagine del libretto della campagna Vacanze coi Fiocchi, Franco Taggi dell’Istituto superiore di sanità: il merito è di tanti, media, forze dell’ordine, governi, associazioni, ma la strada da fare è ancora tanta. Infatti se andiamo ad analizzare le dinamiche delle tragedie che ancora avvengono, ci si trova davanti a responsabilità che tante volte non sono del caso, della fatalità o delle condizioni atmosferiche, ma sono proprio di chi guida e resta poi danneggiato. Un esempio fra tutti, l’uso della cintura di sicurezza: si calcola che se tutti la allacciassero sarebbero risparmiate più di 500 vite ogni anno e si avrebbero sensibili cambiamenti sulla gravità delle lesioni dei feriti coinvolti negli incidenti. Con questo semplice gesto si limiterebbe l’entità di questa tragedia annunciata. 13 Argentovivo luglio/agosto 2010 Attualità 14 Abatantuono, da Paolo Fresu agli attori di “Un posto al sole” Luca Turco e Peppe Zarbo, da Gianrico Carofiglio a Giorgio Diritti. Le taglienti vignette disegnate, oltre che da Vauro, da Gomboli, Giuliano, Bucchi, Jezek, Pillinini, Rebori, Minoggio, Maramotti vanno a completare il tradizionale libretto: con l’auspicio che un sorriso, anche se amaro, possa stimolare alla riflessione e al cambiamento più facilmente di tanti spot shockanti o di slogan urlati. Per quest’anno un’attenzione particolare va anche al tema degli animali domestici, il cui abbandono è un problema che, come quello delle tragedie stradali, ha un picco nei mesi da giugno a settembre. La celebre astrofisica Margherita Hack dice “non abbandonate i vostri animali: sarebbero creature disperate, destinate a una brutta fine. Un augurio di vacanze coi fiocchi a voi e ai vostri amici a quattro zampe”. Con l’auspicio dunque che la responsabilità ed il buonsenso si esprimano anche in questo, nel trovare luoghi di vacanza dove poter portare anche i nostri animali, o nel trovare loro sistemazioni confortevoli nel caso in cui non sia possibile tenerli con noi. L’invito è dunque a farsi “ambasciatori di sicurezza stradale” lasciando sulla propria scia un messaggio di civiltà, tanto nel corso dell’estate quanto durante i mesi a seguire. Rispettando le semplici e poche regole necessarie a non mettere in gioco la propria vita e quella degli altri: rispettare i limiti di velocità, non bere alcolici o assumere medicinali che inducono sonnolenza, evitare sorpassi azzardati e l’uso del cellulare mentre si guida, utilizzare i seggiolini per i bambini, non distrarsi, rispettare le distanze di sicurezza, viaggiare riposati. A Bologna un automobilista su 22 guida mentre parla al cellulare Un’indagine del centro Antartide, che ha osservato il comportamento di più di 3000 automobilisti, rivela, che per le strade di Bologna 1 autista su 22 parla al telefonino mentre guida. È come dire che in media, se passeggiamo a lato di una strada trafficata a due corsie, troveremo un guidatore con il telefonino in mano in poco più di una cinquantina di metri. Il dato è ancora più preoccupante di quello rilevato dalla stessa indagine effettuata nel 2008 che ne osservava 1 su 25. È un’infrazione del codice della strada a alto rischio per chi guida e per gli altri che sono sulla stessa strada, certo. Ma non si tratta solo dell’impedimento delle mani, impegnate a stringere il telefono cellulare: secondo uno studio dell’Università dello Utah, chi parla al telefonino anche con vivavoce o auricolare commette quattro volte più “errori” di chi parla a un passeggero sulla stessa auto. Usando il cellulare ci si distrae, si valutano peggio le distanze, si reagisce meno prontamente a cambiamenti di velocità del veicolo che precede, si tende ad usare meno lo specchietto retrovisore, i tempi di percezione e di reazione all’eventuale pericolo si allungano. Perché allora non spegnere il cellulare quando si accende il motore? Per saperne di più La campagna, che si svolge sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, è promossa a livello nazionale dal Centro Antartide di Bologna con la collaborazione dell’Osservatorio per l’educazione stradale e la sicurezza della Regione Emilia-Romagna. Per ulteriori informazioni: w w w.vacanzecoi fiocchi.it ; mail: [email protected] Attualità Casa salvi tutti, con la tartaruga della Regione A cura della redazione Le iniziative in corso per gli anziani Per gli anziani “fragili” Per gli anziani, uno dei progetti punta a ridurre il rischio di caduta in casa. E’ gestito dai terapisti della riabilitazione delle Aziende Usl ed è rivolto alle persone con più di ottanta anni di età, vittime di una caduta in casa nell’ultimo anno, a cui si offre un programma di attività fisica e fisioterapica, adattato alle esigenze e ai bisogni della singola persona anziana. Per gli ultra65enni Il percorso inizia nei luoghi di aggregazione di persone anziane e pensionati, dove sono organizzati incontri di “educazione alla salute” e di prevenzione del rischio. Alcuni volontari anziani, dopo una fase di formazione specifica, propongono le visite di verifica delle abitazioni di amici e amiche coetanei per individuare insieme a loro le fonti di rischio e indicare soluzioni e semplici accorgimenti utili a scongiurare incidenti domestici. Questo progetto è attivo a Imola, Forlì, Modena, Parma, Piacenza, Bologna, Cesena, Reggio Emilia, Rimini. Argentovivo luglio/agosto 2010 U na casa sicura come il guscio di una tartaruga? Si può fare, e spesso basta solo qualche attenzione in più. è questo il messaggio che la regione Emilia-Romagna vuole dare con lo slogan “Casa salvi tutti” della nuova campagna di prevenzione degli incidenti domestici, che ha come protagonisti divertenti personaggi in plastilina (tra i quali il simbolo della campagna, una tartaruga che esce felice dalla sua casa-guscio). Come è noto, infatti, gli incidenti domestici riguardano moltissime persone, ma quello che forse è ancora poco noto è che chi ha conseguenze più gravi (tanto da finire all’ospedale e non solo) sono in primo luogo bambini e anziani. E’ proprio a loro che sono rivolti gli interventi del piano regionale di prevenzione degli incidenti domestici e la campagna di comunicazione “Casa salvi tutti”, appena partita. Da diversi anni, infatti, la regione Emilia-Romagna e le Aziende USL del territorio sono impegnate in progetti per la prevenzione degli incidenti domestici; dal mese di giugno ai progetti già attivi si sono aggiunti i materiali della campagna di comunicazione regionale, dal titolo “Casa salvi tutti”: opuscoli, locandine, brevi filmati che illustrano come, attraverso semplici precauzioni e semplici adeguamenti, si possano ridurre i fattori di rischio. Tra i materiali, sono stati realizzati filmati di 5/10 minuti che, con ironia e leggerezza, aiutati anche da personaggi animati, illustrano i rischi e indicano cosa fare per garantire la sicurezza dei piccoli e degli anziani. Gli spot sono stati programmati da 17 emittenti locali nel mese di giugno, mentre i filmati sono proiettati negli incontri di discussione e approfondimento, previsti nell’ambito dei progetti di prevenzione, durante i quali sono anche proposte specifiche “check list”, e distribuiti due gadget: un paraspigoli a forma di tartaruga per i bimbi, una lucetta notturna per gli anziani. Tutti i materiali della campagna (video e locandine) sono sul portale del servizio sanitario regionale, Saluter: www.saluter.it/casa. Per saperne di più contatta il numero verde: 800 033 033 La locandina con i rischi più frequenti per la popolazione anziana 15 Attualità Omofobia e transfobia: il paradigma dell’invisibilità Argentovivo luglio/agosto 2010 Cathy La Torre 16 L’ omofobia e la transfobia possono essere definiti come una paura e un’avversione irrazionale nei confronti delle persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, basati sul pregiudizio e analoghe al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo e al sessimo. L’omofobia, altamente diffusa in tutti gli strati della nostra società, consiste per lo più nel giustificare, condonare o scusare atti di violenza, di discriminazione, di marginalizzazione e di persecuzione perpetrati contro una persona in ragione della sua reale o presunta omosessualità. Negli ultimi anni assistiamo in Italia al dilagare di fenomeni di gravi violenze omofobe senza che il gli organi di governo o le autorità pubbliche siano in grado di frenare l’escalation di tali fenomeni. La cosiddetta omofobia sociale è così diffusa che una recente ricerca dell’’Agenzia per i diritti fondamentali (Fra) dell’Unione Europea ha stabilito che l’omofobia danneggia la salute e la carriera di quasi 4 milioni di persone in Europa e che l’Italia è il paese dell’Unione Europea con il maggior tasso di omofobia sociale, politica ed istituzionale. Le cause di questo fenomeno vanno ricercate in una molteplicità di fattori fra cui senz’altro l’eco di neo-fascismi e la deriva a destra che sta riguardando tutta l’Europa ma anche i continui attacchi che la chiesa cattolica sferra alle sessualità altre. Come è noto dai fatti di cronaca, in Italia non esiste alcun reato che punisca i crimini d’odio se commessi in ragione dell’orientamento sessuale della vittima, né esiste una legge che riconosca un’aggravante specifica per i reati commessi in odio a persone omosessuali, bisessuali e transgender. Ciò comporta l’impossibilità di avere una rilevazione statistica attendibile, o di reperire informazioni ufficiali da parte delle forze dell’ordine in merito ai reati di carattere omofobico. Il vuoto di tutela che ne deriva comporta una sorta di invisibilità delle vittime omosessuali e transessuali nonché una sorta di autocensura, che fa sì che moltissimi casi di violenza rilevati dalle reti territoriali delle associazioni rimangano, o per decisione delle vittime o per una giusta delicatezza nei confronti delle stesse, in un ambito di estrema riservatezza. Tuttavia l’Arcigay, la maggiore associazione a tutela delle persone LGBT in Italia, ogni anno stila un report ufficioso sulle violenze omofobe che vengono a nostra conoscenza attraverso gli organi di stampa o le denunce riservate. Nonostante sia solo la punta dell’iceberg i dati che emergono lasciano intravedere un quadro che è al limite dell’emergenza sociale e che così possono riassumersi: da gennaio del 2008 a dicembre del 2009 21 omicidi, 125 aggressioni, 15 estorsioni, 9 episodi di bullismo e 20 episodi di atti vandalici e danneggiamenti. A ciò bisognerebbe aggiungere i casi di discriminazioni sul posto di lavoro per i quali non esiste una statistica neppure ufficiosa ma che dalle segnalazioni anonime che giungono alle maggiori associazioni LGBT, rappresentano un fenomeno in continua ascesa. Per le ragioni suesposte da molti anni il movimento gay, lesbico, bisessuale e transessuale italiano invoca una tutela giuridica specifica contro i crimini commessi in ragione dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere della vittima, consapevole che una trasformazione culturale possa essere “sostenuta” ed “incentivata” dalla previsione legislativa di adeguati strumenti di repressione delle violenze omofobe e transfobiche. Infatti, l’invisibilità di centinaia di migliaia di cittadini LGBT è il sintomo più lampante della negazione del nostro diritto ad avere cittadinanza nonché allo stesso tempo, il segno di una pervicace politica che con grande arroganza mortifica ogni differenza. Argentovivo luglio/agosto 2010 Attualità Dal Mit al Centro europeo sulla discriminazione Cathy La Torre si occupa di diritti civili e di diritti fondamentali e da anni lavora per la diffusione di buone pratiche e del rispetto delle differenze. Nel 2005 diventa responsabile del settore legale del Mit (Movimento identità transessuale) dedicandosi attivamente alla tutela delle persone transessuali e transgender. Viene altresì nominata responsabile dello sportello legale Arcigay nazionale, incarico che ricopre dal 2008. Dal 2007 è vicepresidente del Centro europeo di studi sulla discriminazione e coordina numerosi progetti europei volti alla lotta contro ogni forma di discriminazione. Cathy La Torre 17 Consigli utili Una vita da cani, rispettando le regole Argentovivo luglio/agosto 2010 Francesco Scarlino Segretario nazionale Ficiesse 18 N otizie di maltrattamenti e incuria verso animali sono segnalate di frequente dai mass media e dalle associazioni animalistiche, mentre casi di abbandono di cani aumentano soprattutto in prossimità dell’estate e innumerevoli sono quelli di violenza e addestramento di determinate razze alla lotta per l’alimentazione delle scommesse clandestine. Se avete notizie di maltrattamenti di animali fate una denuncia agli organi di polizia più vicini. Doveri dei proprietari di cani Riportiamo alcune indicazioni generali e suggerimenti utili per i proprietari di cani in merito alla detenzione, all’obbligo di registrazione all’anagrafe canina, e ai comportamenti da tenere in caso di smarrimento degli stessi. E’ consigliabile dotare il cane di un collare con una medaglietta con l’incisione dei dati identificativi e del recapito telefonico del proprietario. Dovete iscrivere il vostro animale all’anagrafe canina gestito dal servizio veterinario dell’Asl competente per territorio. Entro 4 mesi dall’iscrizione è obbligatorio sottoporre l’animale alle operazioni di tatuaggio (o microchip) sempre a cura del Servizio veterinario. Il tatuaggio è obbligatorio per legge, è un segno di riconoscimento indispensabile e garantisce l’immeditata identificazione del cane in caso di smarrimento. Dovete segnalare all’anagrafe canina dove l’animale è registrato, e qualsiasi variazione dovuta a smarrimento, cessione definitiva, cambiamento di residenza o morte. Se tenete il cane all’aperto, è consigliabile destinargli un adeguato ricovero costruito con materiale isolante ed impermeabilizzato in uno spazio di opportuna ampiezza e di condizioni igieniche idonee. Se è indispensabile la detenzione alla catena, per motivi di sicurezza, dovete garantirgli la possibilità di movimento con una fune di una certa lunghezza. Dovete fornirgli un’alimentazione quotidiana adeguata all’età e alle condizioni fisiologiche. Potete effettuare la limitazione di cucciolate indesiderate solo tramite pratiche veterinarie di contenimento delle nascite. Rispettate le aree dove è vietato l’ingresso ai cani, come supermercati, ospedali cinema, etc. I proprietari ed i detentori di cani, analogamente a quanto previsto dal Regolamento di polizia veterinaria, hanno l’obbligo di applicargli la museruola o in alternativa, il guinzaglio, quando si trovano ad uid La g dino tta el ci nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico, la museruola ed il guinzaglio invece se condotti nei locali pubblici e sui pubblici mezzi di trasporto. Ricordate che i regolamenti comunali stabiliscono precise norme di comportamento per provvedere all’immediata rimozione di residui organici (apposita paletta a sacco). Con la pubblicazione della legge 31/7/2004 n.189 è stato inseriti nel codice penale un apposito titolo dove vengono definite delle specifiche condotte illegali. Viene inoltre vietato l’utilizzo di cani e gatti per la produzione e il confezionamento di pelli, pellicce, capi di abbigliamento e articoli di pelletteria costituiti o ottenuti in tutto o in parte dalle pelli o pellicce dei medesimi nonché commercializzare o introdurre le stesse nel territorio nazionale. In caso di smarrimento Trascorsi due o tre giorni dalla scomparsa dovete presentarvi al Servizio veterinario della vostra Asl per compilare un modulo in cui saranno indicati i dati relativi all’animale: tatuaggio (microchip), breve descrizione dell’animale e data della scomparsa. Dopo la denuncia al servizio veterinario è consigliabile presentare una segnalazione anche alla Stazione dei carabinieri più vicino e al Corpo Forestale dello Stato. Auser A cura della redazione P er gli anziani è iniziato il periodo più difficile dell’anno. E’ “l’altra estate”, quella senza spiagge o alberghi in quota: secondo le statistiche, sono circa 10 milioni gli over 65 che rimangono a casa nei mesi estivi e, fra questi, tanti sono non autosufficienti. Inoltre, puntuali come un orologio, arrivano le micidiali ondate di calore africano che rendono l’aria irrespirabile e ogni minima azione difficile e faticosa. Fare la spesa, andare alla posta, recarsi ai controlli medici, diventano così ostacoli insormontabili. Un insieme di problemi che si sommano alla solitudine. Con queste parole Michele Mangano, presidente nazionale dell’Auser, introduce la guida che l’associazione di volontariato ha diffuso per consentire agli anziani di “vivere l’estate sereni, sicuri e informati”. Realizzata in collaborazione con il dottor Marco Ferretti dell’unità di geriatria della Fondazione Irccs “Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena” di Milano, la guida offre consigli utili per affrontare il grande caldo, dando le risposte alle domande più frequenti: che cosa è l’eccesso di calore, come avviene la termoregolazione del corpo, cosa succede nell’organismo quando si fronteggia il caldo. E ancora, che cosa sono lo stress e l’esaurimento da calore, che cosa il colpo di calore e quali i soggetti più a rischio Ma si possono prevenire i problemi legati al gran caldo? A volte bastano semplici precauzioni, che però devono essere adottate sistematicamente. Riguardano la vita di tutti i giorni, dall’abbigliamento da indossare, alle bevande da assumere, all’alimentazione che deve essere ricca di frutta e verdura. E poi la casa, che va tenuta il più fresca possibile, chiudendo le finestre di giorno e aprendole di notte. Ovviamente grande aiuto possono darlo gli impianti di condizionamento. A questo proposito ricordiamo che alcuni Comuni, grazie a una contrattazione con i sindacati dei pensionati, hanno previsto per gli ultrasessantacinquenni in particolari condizioni di reddito delle agevolazioni proprio per l’installazione dei condizionatori. E per rispondere al meglio ai bisogni di aiuto, di compagnia e di informazione degli anziani, l’Auser ha anche messo a punto “E…state con noi”. Un vero “piano di emergenza”, che prevede innanzitutto il potenziamento dei servizi, completamente gratuiti, offerti dal Filo d’Argento con il numero verde 800 995988: basta una telefonata per avere non solo informazioni, ma anche un aiuto pratico per i bisogni di tutti i giorni, dalla consegna della spesa ai farmaci, dalla compagnia al trasporto. Per aiutare nel disbrigo delle pratiche, ma soprattutto per portare un sorriso a chi è solo, nelle principali città ci si può poi rivolgere ai “pony della solidarietà”, centinaia di giovani muniti di scooter o bicicletta, pronti ad aiutare chi ha bisogno. Per tutta l’estate, inoltre, le sedi Auser saranno “aperte per ferie” e proporranno iniziative di svago e di socializzazione, dalla musica ai pranzi in compagnia, utili per contrastare la solitudine di chi le vacanze le passa a casa. Ma un invito finale va ai vicini di casa degli anziani: informatevi per primi se chi abita accanto ha bisogno di aiuto o semplicemente di scambiare quattro chiacchiere e, in caso di necessità, non esitate a contattare i servizi comunali e l’Auser più vicina. Argentovivo luglio/agosto 2010 Per un’estate da vivere sicuri, sereni e informati 19 Territori e leghe Cesena, al via l’accordo sui servizi socio-sanitari Argentovivo luglio/agosto 2010 Marco Morellini Segretario Generale Spi-Cgil Cesena 20 N ei mesi scorsi, i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, insieme ai pensionati e alla Funzione pubblica, dopo un lungo confronto hanno sottoscritto un importante accordo in materia di accreditamento dei servizi socio-sanitari con l’Azienda Usl di Cesena e con i Comuni e l’Azienda di servizi alla persona (Asp) del distretto Cesena Valle Savio. Si tratta di un accordo conseguente alle nuove disposizioni regionali in materia di accreditamento che devono essere applicate in tutti i territori, in particolare rispetto a quanto previsto dalle delibere della giunta regionale n. 514 e n. 2110 del 2009. In premessa si è ritenuto, da parte di tutti i firmatari, che il sistema di accreditamento costituisca un’importante occasione di qualificazione dei servizi e del lavoro di cura, di omogeneizzazione della qualità offerta e delle forme di partecipazione al costo dei servizi da parte dei cittadini. Per ottenere questi risultati, la strada che si intende intraprendere è quella di un innalzamento della capacità gestionale dei soggetti produttori dei servizi, del miglioramento dell’efficienza e della razionalizzazione del sistema di offerta, insieme e congiuntamente al pieno riconoscimento ed alla valorizzazione del lavoro degli operatori. Si è condiviso di superare la frantumazione gestionale dei servizi assistenziali nelle strutture che vedono oggi lavorare insieme operatori delle cooperative sociali e dipendenti con contratto di pubblico impiego, arrivando ad un’unica forma gestionale. Nella più grande struttura di servizio residenziale e semiresidenziale per anziani dell’Asp - il “Nuovo Roverella” che prevede una ricettività di 98 posti in “casa protetta”, di 22 posti in “centro diurno” e di 9 posti per disabili - si arriverà alla gestione diretta superando gli appalti alle cooperative, così come per le strutture residenziali e semiresidenziali gestite dai Comuni di Bagno di Romagna e di Sarsina. Le altre due strutture residenziali e semiresidenziali per anziani dell’Asp presenti a Cesena e Mercato Saraceno, saranno invece oggetto di accreditamento da parte di soggetto privato da individuarsi sulla base di quanto previsto dalle disposizioni regionali vigenti. L’Asp di Cesena Valle Savio e i Comuni di Sarsina e di Bagno di Romagna si sono impegnati a definire, in ambito distrettuale, un successivo protocollo di intesa con le organizzazioni sindacali di categoria della Funzione pubblica. Questo protocollo stabilirà i percorsi di assunzione del personale necessario a garantire la gestione unitaria dei servizi socio-assistenziali, con particolare attenzione alla definizione della dotazione organica e alle possibilità che la normativa vigente offre per la salvaguardia e la valorizzazione delle professionalità degli operatori assistenziali e sanitari e delle cooperative oggi impiegati nei servizi. Così come analogo impegno è stato espresso per gestire eventuali forme di mobilità interna all’Asp e fra le strutture comunali, a seguito della riorganizzazione dei servizi prospettata. Il Comitato di Distretto si è inoltre impegnato a favorire opportune sinergie tra le gestioni pubbliche esistenti sul territorio distrettuale, al fine di favorire processi riorganizzativi attenti alle esigenze dei lavoratori e alla sostenibilità economica del sistema di finanziamento dei servizi. Tutti i soggetti firmatari dell’accordo si impegnano a monitorare i processi riorganizzativi che, a seguito dell’applicazione della normativa sull’accreditamento, si attiveranno nei servizi sociosanitari del Distretto Cesena Valle Savio, affinché siano una concreta opportunità di qualificazione delle professionalità esistenti e di miglioramento delle condizioni lavorative nonché delle opportunità occupazionali. Allo scopo sono previste delle cadenze temporali di verifica. Nell’accordo è prevista anche l’istituzione di un tavolo specifico di confronto con le organizzazioni sindacali dei pensionati per monitorare la sostenibilità economica dei processi riorganizzativi, con particolare attenzione all’impatto di tali processi sulle rette dei cittadini, sulla qualità dei servizi accreditati e in ordine all’utilizzo di quota parte del Frna (Fondo regionale non autosufficienza). Le rette 2010 sono state bloccate e quindi non si procederà a nessun aumento, confronti su eventuali future revisioni delle rette si svilupperanno solo con l’avvio del processo di accreditamento e verificate le conseguenze sulla qualità dei servizi offerti. In conclusione, si può affermare che, rispetto al delicato tema della gestione dei servizi socio-sanitari, si è delineato un quadro chiaro e trasparente, da cui si svilupperà un importante percorso volto a garantire una maggiore stabilità e qualità dei servizi, una maggiore omogeneità e una più forte integrazione territoriale. Il tutto all’interno di un approccio che punta sulla partecipazione. Un percorso che certamente dovrà affrontare molti ostacoli per garantire una piena realizzazione dell’accordo, a partire dai provvedimenti restrittivi in materia di assunzione di personale e di risorse presenti nella iniqua manovra che ha deciso il Governo con il decreto legge n.78 del 31 maggio scorso e che oggi è in discussione nelle aule parlamentari per la sua conversione in legge. Argentovivo luglio/agosto 2010 Territori e leghe 21 Territori e leghe Modena, insieme per stare più sicuri Luisa Zuffi Segretaria Generale Spi-Cgil Modena Argentovivo luglio/agosto 2010 R 22 endere più sicura la vita nei quartieri e anche nelle case, migliorare la mobilità e semplificare l’accesso e la fruizione ai luoghi pubblici e a tutta la rete dei servizi comunali. Per dare risposte concrete ai cittadini e alle cittadine di ogni età e condizione sociale, un importante accordo è stato siglato lo scorso 22 giugno tra le Leghe Spi del Buon Pastore e di Sant’Agnese e una circoscrizione del Comune di Modena, grazie anche al lavoro preparatorio fatto da Franco Zavatti, già segretario generale dello Spi modenese. L’accordo, sottoscritto anche dai sindacati Fnp e Uilp, prevede la partecipazione attiva dello Spi nella realizzazione di corsi di informazione e di formazione finalizzati a preparare volontari e volontarie che saranno in grado di raccogliere le segnalazioni degli abitanti della circoscrizione. I cittadini, infatti, potranno rivolgersi ai volontari per indicare tutto ciò che non va o che può essere fatto per migliorare la vita nel quartiere, dal verde pubblico mal conservato, all’eventuale cantiere non proprio regolare, fino al sospetto di attività malavitose in corso. I sindacati dei pensionati provvederanno inoltre a organizzare assemblee pubbliche con gli anziani, in cui agenti della Polizia municipale ed esperti individuati dalle istituzioni risponderanno a tutte le domande sul tema della sicurezza in ogni suo aspetto: dalla sicurezza sociale a quella economica, dalla tranquillità personale al quieto vivere in comunità, dalla vita dentro e fuori le mura domestiche alla paura e la paura e la solitudine. La Città di Modena lavora da anni sul tema della sicurezza, ma è la prima volta che questo lavoro coinvolge direttamente le organizzazioni sindacali dei pensionati. Certo, sarà importante verificarne l’effettiva attuazione, ma i presupposti per un intervento incisivo ci sono tutti. Per lo Spi, infatti, la strategia per rendere le città più sicure non può che passare attraverso politiche sempre più integrate fra di loro, ma anche attraverso la diffusione della conoscenze, il coinvolgimento dei cittadini e la loro responsabilizzazione. Senza dimenticare la valorizzazione del volontariato civico, che non può sostituire le istituzioni pubbliche ma deve accompagnarle, rimanendo a fianco e al servizio delle cittadine e dei cittadini. E al fianco dei cittadini come sempre ci saranno anche le Leghe Spi, con i loro progetti e i loro interventi per rendere più sicura la vita nei quartieri e nelle comunità e dare una mano per risolvere quei piccoli e grandi problemi su cui il Governo Berlusconi in questi anni ha fatto solo propaganda. Territori e leghe Paola Guidetti Il 7 luglio di cinquant’anni fa, alle 4 del pomeriggio, nella piazza del Teatro municipale a Reggio Emilia c’era molta gente. Lavoratori che volevano partecipare a una manifestazione indetta dalla Cgil a conclusione di uno sciopero di protesta contro le violenze della polizia avvenute il giorno precedente a Roma. Per quella manifestazione era stata concessa la sala Verdi del Teatro Ariosto, una sala che può contenere al massimo 400 persone. In quel periodo, a Reggio Emilia, alle manifestazioni della Cgil partecipavano sempre migliaia di persone. La mattina il Prefetto aveva dato ordine di sciogliere con la forza qualsiasi “assembramento non autorizzato”. Questa espressione significava, per le leggi dell’epoca, una riunione non autorizzata con più di tre persone. Poco prima della manifestazione su questa piazza c’erano almeno duemila persone e prima della manifestazione d’un tratto la polizia ha caricato e poi, inspiegabilmente, si è messa a sparare. Ha ferito sedici persone e ne ha uccisi 5, tutti operai. Cinque operai che non avevano fatto niente. Era il 7 luglio 1960. Governo Tambroni. Presidente della Repubblica Gronchi. Gli operai uccisi si chiamavano Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri e Afro Tondelli. Erano tutti giovani. La Camera del lavoro di Reggio Emilia ha ricordato quest’anno i 50 anni da quel terribile giorno e lo ha fatto con un programma di iniziative che hanno visto la partecipazione dei rappresentanti sindacali e delle istituzioni locali e nazionali. Accanto a loro i lavoratori, i pensionati, i giornalisti, gli storici, le associazioni, ma soprattutto c’erano loro, i giovani. I giovani che oggi hanno l’età di quegli operai quando furono uccisi. I giovani come Jessica Farioli, nipote di Lauro, che oggi ha due anni in meno di quanti ne aveva il nonno quando morì in piazza. Lei, quando si è presentata alla maturità, lo ha fatto con una tesina multimediale sui tragici fatti del Luglio 1960, perchè non vuole che siano dimenticati. Argentovivo luglio/agosto 2010 Reggio Emilia, 7 luglio 1960 morti per la libertà Lauro Farioli 22 anni ucciso dalla polizia La tesina racconta i fatti e li mescola con le emozioni di chi, nipote di un martire, è cresciuta in una famiglia segnata da quei giorni, sia nel dolore che nell’orgoglio. Lo fa con grande equilibrio, con la lucidità e il coraggio che sono propri dei giovani. Di quelli che, oggi come allora, amano la vita. “Il futuro è dei giovani - dice Jessica nelle conclusioni della sua tesi - un futuro, aggiunge, che certo non sarà facile gestire”. Una tesi condivisa anche da filmato realizzato dalla Cgil di Reggio Emilia in questa occasione “Vento di luglio”, filmato curato per la parte giornalistica dal direttore di Telereggio Paolo Bonacini. Mercoledì 7 luglio 2010 al Teatro Ariosto di Reggio Emilia hanno preso parte al convegno sul tema “Lavoro, libertà, democrazia nel 50esimo anniversario del 7 luglio 1960” organizzato dalla Cgil moltissime persone. Tra loro il presidente della regione Emilia-Romagna Vasco Errani e la Segretaria nazionale di Spi-Cgil Carla Cantone. Il programma delle iniziative è stato organizzato dalle Camere del Lavoro di Genova, Reggio Emilia, Palermo, Catania e Roma, in collaborazione con la Fondazione Di Vittorio e l’Anpi, e con il sostegno delle amministrazioni locali. 23 Territori e leghe Parma, Patrizia Maestri segretaria generale Cgil Argentovivo luglio/agosto 2010 A cura della redazione 24 P iù di cento anni sono trascorsi dalla nascita della Camera del Lavoro di Parma, e finalmente, per la prima volta nella sua storia, il nuovo segretario generale di via Casati Confalonieri è una donna. La nuova segretaria generale della Cgil di Parma è Patrizia Maestri. Il Comitato Direttivo l’ha eletta come da regolamento a voto segreto, con il 68% dei voti a favore su 105 presenti (dei 122 componenti il direttivo), 18 contrari, 15 astenuti e una scheda bianca. Patrizia Maestri succede a Paolo Bertoletti, il cui mandato è giunto nei giorni scorsi alla sua naturale scadenza degli 8 anni. Nata a Trecasali di Parma 56 anni fa, sposata, con una figlia anch’essa impegnata nel sindacato, Patrizia Maestri entra come delegata Cgil della UpimRinascente nel 1983. Nel 1987 viene incaricata di riorganizzare il Coordinamento Donne della Cgil di Parma e nel 1988 entra nella segreteria provinciale Filcams, di cui diverrà segretaria generale nel 1995. Da sempre impegnata nell’associazionismo e nelle iniziative di promozione delle pari opportunità, anche all’interno delle istituzioni locali, prosegue la sua attività sindacale divenendo segretaria confederale fin dal 1998. Manterrà tale incarico, a tempo pieno, fino al 2005, occupandosi in particolar modo di mercato del lavoro, sicurezza e politiche educative. Nel 2006 viene eletta segretaria generale del Sindacato pensionati della Cgil di Parma; qui il suo impegno è prevalentemente rivolto alla contrattazione territoriale e sociale, oltre che al coordinamento e alla valorizzazione di una categoria che, nel territorio, conta oltre 40mila iscritti. Nelle prossime settimane si avvierà la discussione che porterà alla elezione della nuova segreteria confederale. “Già i prossimi giorni mi troveranno impegnata – spiega la nuova segretaria – nel proseguire l’attività di monitoraggio e contenimento delle crisi aziendali che stanno interessando ormai da troppi mesi il nostro contesto produttivo, con particolare riferimento al lavoro di confronto con le istituzioni e le organizzazioni datoriali in difesa delle condizioni di lavoratori e pensionati. Non c’è dubbio che l’unica linea attualmente percorribile sia quella della continuità rispetto alle azioni intraprese da chi mi ha preceduto, con l’auspicio di non disattendere le aspettative e la fiducia che hanno permesso la mia elezione”. Territori e leghe Piero Bonomini Segretario Lega Spi-Cgil di Cortemaggiore Maria Gozzi Segretaria territoriale Spi-Cgil Piacenza Tamer Favali Segretario generale Spi-Cgil Piacenza C ortemaggiore è stata per decenni la città del petrolio rappresentata dal cane a 6 zampe del logo Agip e amministrata a lungo dalla sinistra con varie formule. Ora non è più così e in questa bella cittadina della Val d’Arda, ancora ricca di fermenti, crescono quotidianamente precarietà e nuove povertà, nuovi bisogni e insicurezze. Qui il precedente gruppo dirigente dello Spi piacentino ha deciso, saggiamente, di investire per lo sviluppo del sindacato e il nuovo gruppo dirigente, recentemente eletto, ha portato a termine la missione. Venerdì 18 giugno, giorno di mercato, è stata inaugurata la nuova sede Spi-Cgil. Molti i presenti a questo modesto, ma significativo evento. Dirigenti sindacali, rappresentanti dell’amministrazione di destra, dei partiti di sinistra, dell’Anpi, dell’Arci, di Associazioni di impegno sociale e culturale. E, soprattutto, numerosi pensionati, pensionate, Il segretario di lega Piero Bonomini. Sulla sinistra Celestino Sampieri, attivista volontario cittadini curiosi, interessati, soddisfatti. La nuova sede è a pianoterra, adiacente al centro storico, con facilità di parcheggio, anche gratuito. Si compone di due luminose e ampie stanze con vetrine a strada, più una terza adibita ad archivio, oltre ai servizi. Su richiesta particolarmente pressante degli iscritti più attivi, l’ufficio avrà almeno due aperture settimanali ed offrirà il servizio programmato di Caaf e Inca . L’immobile fu acquistato dallo Spi e poi donato alla Confederazione. Negli anni è stato ristrutturato con sacrifici che hanno coinvolto numerose persone, pensionati e non. Cortemaggiore, unitamente ai Comuni di Alseno, Besenzone, San Pietro in Cerro fa parte della lega Spi di Fiorenzuola, sede del distretto socio-sanitario del Levante, uno dei tre sui quali è articolata la Provincia di Piacenza ed è, dopo Fiorenzuola, il Comune più grande con circa 4.000 abitanti. Gli abitanti ultrasessantenni sono circa il 21% della popolazione. è, questa, una zona di pianura con un tasso migratorio interno accentuato a favore di popolazione giovane o relativamente giovane. La lega Spi al 31 dicembre 2009 contava su 2.363 iscritti, la terza come ordine dimensionale delle 12 leghe piacentine. Il segretario della lega, Piero Bonomini, intervenendo ha espresso grande soddisfazione, ringraziato i presenti, sottolineato ruolo e funzione dello Spi nel territorio. In particolare, richiamando la sollecitata, gradita presenza del vicesindaco nonchè assessore ai Servizi sociali del Comune di Cortemaggiore, Ivo Tacchini, l’importanza fondamentale della contrattazione sociale territoriale e di relazioni positive con ogni soggetto che si ponga come obiettivo strategico il benessere di tutti, a partire dai più bisognosi. Il segretario provinciale Spi, Tamer, Favali, assai compiaciuto di questo atto concreto che onora sia chi ha diretto in precedenza lo Spi, sia chi lo sta dirigendo ora, ha voluto ricordare che lo Spi è costituito da persone anziane ricche di memoria e di storia sindacale, di principi e valori che hanno incarnato vite sofferte e laboriose. Da questo punto di vista la presenza attiva dello Spi nel territorio e, in generale di tutta la Cgil che a Piacenza è ancora molto arretrata, è ricchezza da cogliere e va sottolineata con forza la proficuità dei rapporti negoziali con l’amministrazione di destra con la quale si fanno accordi importanti e attuati. Argentovivo luglio/agosto 2010 Cortemaggiore, nuova sede per lo Spi 25 I temi della memoria Slobodan vuol dire libero Vivere l’altrove: storie di migranti nella globalizzazione Argentovivo luglio/agosto 2010 Anna Maria Pedretti 26 L’ intervista a Slobodan Orlic, un ingegnere proveniente dalla ex Yugoslavia che oggi vive a Modena, è stata realizzata all’interno del progetto Memoria dello Spi-Cgil dedicato alla scrittura autobiografica e alla raccolta di testimonianze intrapreso nell’inverno del 2008-2009. Slobodan mi è stato presentato da Francesca Cocozza, funzionaria del Sindacato Pensionati e che ha partecipato insieme a me al corso. La testimonianza è stata raccolta in due momenti tra il 2009 e l’anno in corso. Diversi sono i punti che emergono dal racconto. Innanzi tutto la scelta di non schierarsi nel conflitto che si stava profilando fra croati e serbi. Una scelta pacifista, difficile, perseguita da pochi e pagata duramente. A distanza di anni l’emozione nel rivivere gli episodi dell’incendio della propria casa era molto Wassily Kandinsky: Impressione III pittura con muro giallo intensa ma non accompagnata da risentimento. Un altro aspetto che emerge è la volontà di non disconoscere interamente l’esperienza socialista vissuta in Yugoslavia, anche se rivista nel confronto con il paese di accoglienza, in un periodo in cui la rimozione del passato e la negazione di esperienze e aspirazioni anche condivise appare come la via più comoda e praticata per affrontare il futuro. Altri momenti significativi dell’intervista riguardano l’integrazione nella vita produttiva e sociale I temi della memoria All’inizio del suo racconto Slobodan, nato nel 1946, parla dei suoi luoghi d’origine e della sua famiglia: Vika, una provincia situata tra Fiume e Zara, a circa 80 chilometri da Fiume, i suoi genitori, nati nei primi anni del ‘900, i fratelli e le sorelle. Uno di essi è morto a Sarajevo nel 1957 come soldato dell’esercito e ancora oggi non si conosce il motivo. Poi i genitori nel 1924 si sono trasferiti per problemi di lavoro in Slavonia. La Slavonia è una provincia vicino all’Ungheria compresa tra il fiume Drava e il fiume Sava. “Mio padre prima lavorava come operaio, Mostar, Foto di Mina Cilloni Ho dipinto la pace Avevo una scatola di colori brillanti, decisi, vivi. Avevo una scatola di colori, alcuni caldi, altri molto freddi. Non avevo il rosso per il sangue dei feriti. Non avevo il nero per il pianto degli orfani. Non avevo il bianco per le mani e il volto dei morti. Non avevo il giallo per la sabbia ardente, ma avevo l’arancio per la gioia della vita, e il verde per i germogli e i nidi, e il celeste dei chiari cieli splendenti, e il rosa per i sogni e il riposo. Mi sono seduta e ho dipinto la pace. T. Sorek ma dopo è diventato telefonista e anche durante la seconda guerra mondiale era telefonista dalla parte dei partigiani e ha avuto anche una pensione per questo. Quando è finita la guerra mi ha dato nome Slobodan perché la guerra era finita con la libertà e Slobodan vuol dire libero. Io ho studiato a Zagabria dove sono diventato ingegnere e poi sono andato a lavorare in una grande ditta che produceva mobili nella mia città, a Slatina. Ora sono pensionato e ricevo una pensione dall’Italia perché due anni fa ho avuto la cittadinanza italiana e percepisco anche una pensione dalla Croazia”. Tito “Tito è stato un politico bravo che ha rispettato tutte le minoranze e ha mantenuto anche una fraternità e libertà, non nel senso di Ceausescu o Stalin. Fin da piccolo sapevo queste cose perché ho vissuto anche il 1956 quando c’è stata la rivoluzione in Ungheria. Noi abitavamo vicini, Slatina dista sette chilometri dall’Ungheria, e ho visto tanti ungheresi scappare in Yugoslavia. Con Tito non c’era un partito unico Argentovivo luglio/agosto 2010 di Modena. Slobodan individua caratteristiche importanti del tessuto produttivo modenese quando sottolinea la professionalità e la capacità tecnica dei lavoratori conosciuti nell’esperienza di lavoro. Infine nelle ultime parole si può cogliere l’invito a non dare per scontati aspetti della vita e dell’organizzazione sociale ancora presenti nel nostro paese (anche se, bisogna dirlo, sempre più sotto il mirino dei tagli e delle privatizzazioni) la cui rilevanza “solo uno straniero può capire”. 27 Argentovivo luglio/agosto 2010 I temi della memoria 28 comunista, ma anche un partito socialista, nel senso che il partito socialista guidava il governo slavo. Normalmente i comunisti decidono loro per tutte le cose. Si sa storicamente che lui ha estromesso Stalin e i suoi soldati dalla Yugoslavia e che chi era contro Tito veniva mandato nell’isola di Goli Otok come politico in galera per un paio di anni solo perché aveva detto: Io sono per Stalin. Stalin era un mito per tutti i comunisti slavi, perché aveva liberato mezza Yugoslavia. Nel 1945 ci si è liberati dei tedeschi e degli italiani e dopo in Yugoslavia ci sono stati i soldati russi e io mi ricordo bene che un mio professore mi ha detto che avevano la paga tripla dei nostri soldati e facevano quello che volevano. E Tito ha detto: basta, andate via. Dopo pian piano abbiamo fatto molte cose buone, nel senso che si produceva molto più di prima. Un’altra cosa positiva l’ha fatta nel 1965 quando ha dato la possibilità di avere il passaporto a tutti, quindi quelli che non la pensavano come lui potevano andare via. Tito ha anche introdotto una novità, l’autogestione che ancora adesso dopo tanti anni vissuti là, penso abbia aspetti positivi. Adesso provo a spiegarla. L’autogestione è una cosa che serve per un governo, per produrre di più perché si usano operai più bravi in fabbrica che danno consigli per la produzione e anche per organizzare meglio il lavoro: chi non lavora bene, chi è indisciplinato, eccetera. Così si può contribuire al miglioramento della fabbrica in cui si lavora”. Vivere insieme “Conosco molto bene la situazione dei rapporti inter-etnici nell’epoca di Tito anche perché leggevo i giornali e mio padre aveva l’hobby della politica. Tito è stato molto intelligente nel senso che conosceva bene la situazione del paese perché viaggiava sempre in tutta la Yugoslavia. Conosceva i problemi. Allora, i nemici del comunismo, in Croazia, anche prima di Tito, erano gli Ustascia. Alla metà degli anni ’60, molti di loro sono andati nei paesi dell’ovest (Italia, Germania, Francia, Spagna, Argentina, Australia ecc.) e hanno preparato le cose contro la Yugoslavia, ma non hanno avuto la capacità di fare niente. Tito sapeva queste cose. Lui ha dato ai musulmani di Bosnia la nazionalità, sapete quando un popolo prende la sua nazionalità è contento, anche ieri sera ho visto in TV che a Sarajevo c’è un monumento a Tito e anche in Kosovo, perché anche gli albanesi che sono per il 95% musulmani erano tutelati. Kosovo e la Vojvodina erano provincie quasi indipendenti con una loro lingua, università, scuole. In Croazia dove sono nato io fino agli anni più recenti non si sapeva quasi nulla delle differenze etniche, di chi è serbo o croato, cattolico o ortodosso. Allora c’erano tanti matrimoni misti, ad esempio nella mia famiglia. Non c’era differenza. Poi hanno cominciato a lottare su delle piccole cose, ad esempio per questioni linguistiche. E in questo modo sono cominciate le differenze. Da queste differenze subito si identifica chi è serbo o croato. Queste sono le piccole cose che pian piano sono aumentate. Nel 1980 tutti piangevano, tutta la Yugoslavia piangeva per Tito. Tutta! Abbiamo visto in TV che la gente piangeva perché hanno amato tanto Tito. Poi sono arrivati questi che hanno voluto distruggere il comunismo perché il nostro era un esempio che uno stato si può reggere su un regime comunista. Qui in Italia ho capito che è meglio avere un po’ di opposizione per andare avanti, è meglio anche litigare. Invece prima pensavo che il comunismo basato sull’autogestione potesse vincere, e lo penso ancora oggi”. La religione che divide “Quando se ne è andato Tito pian piano tutti questi che prima erano comunisti sono diventati cristiani che credono in Dio, vanno in chiesa: una cosa incredibile! Papa Wojtila è stato contro il comunismo. È venuto tre volte in Croazia, perché? Io ho saputo le cose che accadevano in quel periodo in Slatina dove il prete diceva: “Uccidete i serbi”. I politici accentuavano le differenze fra la popolazione e usavano anche la religione. La religione divide. Per me questa è stata una guerra di religione. Per prima cosa nessun serbo è stato nell’esercito croato, nessun croato è stato nell’ esercito serbo, nessun musulmano è stato né nell’esercito serbo né in quello croato. Nella seconda guerra mondiale erano partigiani e ad esempio poteva capitare che di due fratelli uno fosse comunista e l’altro cetnico o ustascia. Allora la divisione era politica. Ora no. Adesso nelle scuole si insegna religione, si fanno grandi chiese, ma la gente povera non ha da mangiare. Durante il periodo di Tito non si insegnava la religione. Si spiegava in senso scientifico cosa è la religione. Nelle scuole non c’erano divisioni, nemmeno in Bosnia, solo in Kosovo perché la lingua kosovara è l’albanese. C’erano scuole in albanese per i bambini più piccoli fino all’università, scuole che ora non ci sono più, incredibile. I miei nipoti prima si definivano yugoslavi perché, se il papà è croato e la mamma serba, come ti definisci? Yugoslavo. Ti definisci così per non dare importanza alle differenze etniche. Invece adesso è il contrario. Mio nipote si è sposato in chiesa per non avere problemi e credo abbia ragione. Milosevic e Tudjman, dal ’90 fino al ’95 durante i quattro anni di guerra, si sa che erano in contatto per dividere la Bosnia. All’Aia è andato Milosevic dove si è ammalato ed è morto e Tudjman non è andato perché è morto prima, ma se fosse stato vivo anche lui sarebbe andato all’Aia e sarebbe stato giudicato responsabile degli eccidi e dei crimini di guerra. Perché hanno voluto attaccare la Bosnia? In Bosnia Erzegovina ci sono tre etnie: musulmani croati e serbi. Alla fine della seconda guerra mondiale Tito ha fatto costituire le provincie autonome, ha dato alla Croazia una grande posizione, la Slovenia agli sloveni, invece la Bosnia con tre etnie non si poteva dividere. Milosevic e Tudjdman hanno tentato di dividerla. Il primo voleva una grande Serbia, mentre il secondo voleva annettere l’Erzegovina e formare una grande Croazia. Chi ha avuto più problemi? I serbi di Croazia e i serbi di Bosnia e i musulmani in Bosnia; questi non avevano nessun aiuto se non da altri paesi musulmani che hanno mandato soldi”. I temi della memoria Mostar, Foto di Mina Cilloni è stata una vicenda assai dura. Quando è stata incendiata, la casa era vuota, non c’era più nessuno, è stata una cosa per vendetta perché secondo me chi l’ha incendiata ha pensato che ero andato in montagna per lottare contro di loro. Non hanno capito che ero venuto in Italia. Io avevo deciso di non schierarmi, di non andare in montagna come avevano fatto in tanti perché sono sempre a favore della pace anche perché mio fratello e mia sorella avevano fatto un matrimonio misto e non volevo fare la guerra contro di loro e anche mia moglie è serba. Lei è stata giudice di pace e ha dovuto fare questo lavoro sia contro i serbi sia contro i croati ed era un pericolo per lei. I miei amici erano da tutte e due le parti. Una parte è andata in montagna e una parte è rimasta in città. Questo vuol dire che non erano più miei amici, ma erano nemici perché io ero per la pace mentre loro erano per la guerra”. C’è ancora odio “Sono tornato in Croazia quando c’era ancora la guerra, perché là avevo i miei parenti, sono riuscito ad avere il passaporto nel 1994. Sono tornato più volte e ho visto che ancora oggi la vita è peggiorata rispetto agli anni prima della guerra. I rapporti tra le persone sono peggiorati, c’è ancora odio. Anche perché i serbi sono diventati una minoranza e hanno paura. Tutte le montagne in Slavonia erano serbe, adesso sono tutte vuote, le case distrutte, incendiate. Hanno cercato di cancellare la memoria: nella mia città c’era un monumento a un partigiano, è stato distrutto, altri monumenti distrutti, altre testimonianze della seconda guerra mondiale, antifasciste, hanno distrutto tutto e nessuno ne parla”. Il lavoro in Italia “In Italia sono venuto senza alcun problema. Conoscevo un po’ l’Italia e parlavo anche un po’l’italiano perché avevo avuto Argentovivo luglio/agosto 2010 Per non schierarmi “Sono venuto via dal mio paese il 24 agosto 1991 perché avevo previsto che ci sarebbe stata la guerra fra la Serbia e la Croazia. Sono venuto con mia figlia mentre mia moglie è rimasta a custodire la casa, ma ci ha raggiunti dopo un paio di mesi. Della mia famiglia siamo i soli che ce ne siamo andati, fratelli e sorelle sono rimasti là. La decisione è stata molto difficile, inoltre ho sbagliato le mie previsioni perché pensavo che la guerra in Croazia sarebbe durata poco tempo, solo qualche mese; invece è durata quattro anni. E così sono venuto con le maniche corte pensando di tornare indietro, ma è successo che sono ancora qui. Quando sono partito pensavo che saremmo ritornati a casa, ma a guerra finita non ho più pensato di ritornare a Slatina perché la situazione era molto cambiata. Era sorto un grande odio tra vicini e poi, dopo che mia moglie era venuta in Italia, hanno incendiato più volte la mia casa ed 29 Argentovivo luglio/agosto 2010 I temi della memoria 30 rapporti di lavoro con ditte italiane. La prima volta c’ero stato nel 1965, ero andato a Trieste a Padova e Venezia e mi era piaciuta molto. Anche i miei genitori me ne avevano parlato, l’avevo vista in TV, conoscevo tanti vostri politici, giocatori di calcio, sportivi, mi ricordavo delle Olimpiadi a Roma. Quando sono venuto in Italia, gli italiani mi sono piaciuti e anche oggi sono molto contento, anche perché ho preso la cittadinanza italiana cosi come mia figlia e mia moglie. In Italia era già venuta la sorella di mia moglie che si era trasferita a Modena nel 1972. In un primo tempo pensavo che sarei tornato in Croazia e allora non cercavo lavoro. Sono andato per tre mesi in Francia dove mio cugino aveva una ditta e ho lavorato con lui ma quando sono tornato nel mio paese, dove avevano incendiato la mia casa, ho capito che sarei rimasto in Italia perché la guerra continuava. Presa questa decisione ho contattato un mio conoscente di Trieste con il quale avevo avuto rapporti di lavoro quando ero a Slatina, gli ho chiesto di aiutarmi a trovare lavoro e lui poco dopo mi ha cercato e ha detto: “Chiama questo numero e vai là che ti danno lavoro”. Sono venuto a lavorare a Modena nella zona Torrazzi, in regola, come operaio e ci sono stato quasi due anni”. Slobodan ha poi cambiato vari lavori sempre come operaio ed anche come rappresentante di vendita di macchine per legno. Infine è ritornato nella prima ditta Montale “e li ho lavorato fino a quando hanno chiuso perché l’azienda è stata acquisita da una ditta di Vicenza che dopo due o tre anni ha chiuso la fabbrica di Montale per fare la produzione altrove. Sono andato in cassa integrazione e successivamente ho trovato lavoro in un’azienda meccanica dove ho lavorato circa sei mesi, ma dopo il periodo di prova mi hanno licenziato. Con il licenziamento ho passato un periodo di forte depressione, avevo 59 anni. Mi sono rivolto al mio medico di base che mi ha dato indicazione per andare da uno psichiatra di una struttura pubblica che ancora oggi mi controlla mensilmente. Mi La gabbia del sarchiapone Le parole giuste e quelle sbagliate Nel 2001 il giornalista Giuseppe Faso, acuto osservatore e critico del “Lessico del razzismo democratico”, aveva sferzato i colleghi per l’uso sempre più sconsiderato della parola “etnia” e dei suoi derivati. Mai si sarebbe potuto immaginare quali perle il linguaggio comune avrebbe prodotto appena dieci anni dopo. Ci siamo quasi abituati a neologismi come etnoshopping, etno-look ed etno-musica. Una confezione di cous cous la andiamo a comprare in un “negozio etnico” o nel reparto “cibi etnici” di un grande supermercato. A queste parole trendy si sono successivamente affiancate una marea di nuove creazioni con abbinamenti a volte esilaranti come nel caso degli “sportelli etnici” delle agenzie di viaggio. “Etnia” significa “gruppo umano accomunato da determinati caratteri fisici, linguistici e culturali”. Possiamo perciò parlare di una “minoranza etnica”, cioè di un gruppo linguisticamente o culturalmente diverso rispetto alla nazione nella quale si trova a vivere, ma è ovvio che non ci può essere uno “sportello etnico”, allo stesso modo in cui non ci può essere uno sportello francese o usbeco. C’è chi sostiene che il dilagare delle parole “etnia” e “etnico” sia dovuto all’improponibilità del termine “razza”, interdetto dopo Auschwitz. L’uso di vocaboli più politicamente corretti servirebbe comunque allo stesso scopo, cioè a presentare come caratteristiche “naturali” - e quindi eterne ed invariabili - identità storiche, sociali e culturali per escludere o, nel caso peggiore, eliminare gli individui categorizzati in tal modo. Non a caso l’espressione “pulizia etnica” viene usata per parlare di crimini non molto diversi dal genocidio. Non a caso la facile etichetta di “conflitto interetnico” nasconde quasi sempre inconfessabili interessi politici ed economici. A parte questo bisogna chiedersi se sia lecito dare alle parole il significato che si vuole. “Ciò che è etnico, lo decido io”, sembrano aver detto le compagnie aeree parlando del “traffico etnico” e inventando le “tariffe etniche” (dove un brasiliano è considerato “etnico”, ma uno svizzero no). Idem le compagnie assicuratrici con il loro “rischio etnico” per le tariffe Rc auto (romeni e marocchini pagano un 20% in più, gli statunitensi come gli italiani). E che dire dei grandi gestori della telefonia mobile che si sono buttati sul “mercato etnico” offrendo tariffe a basso costo agli immigrati discriminando i cittadini italiani? E’ come se ci chiedessero di pagare “prezzi etnici” al ristorante, non riferiti a involtini primavera o sushi, ma al passaporto esibito all’ingresso. Morale: a parte le forme di razzismo che si possono praticare sotto la copertura dell’eufemismo “etnico”, è ora di ripristinare il vero significato di una parola che è diventata lo zimbello dei creativi del marketing. Eva Lindenmayer Mostar, Foto di Mina Cilloni sono curato per tanto tempo, mi hanno dato l’invalidità al 100% e sono andato in pensione di invalidità in Italia mentre in Croazia mi daranno la pensione quando compirò 65 anni per il periodo di lavoro svolto là (18 anni). I primi tempi in cui mia moglie è venuta a Modena faceva le pulizie e ha lavorato anche qualche tempo come badante. In seguito è andata a lavorare in un’importante ditta alimentare dove è stata quasi un anno. Successivamente, tramite nostri conoscenti, è stata assunta come portinaia. Avevamo bisogno di soldi per fare studiare nostra figlia che andava all’università. Questo lavoro da portinaia ha molti vantaggi: la retribuzione è relativamente buona, l’affitto non si paga e si può anche risparmiare, così abbiamo potuto mantenere agli studi nostra figlia”. A Modena non c’è alcuna cosa che non mi sia piaciuta “A Modena mi sono trovato molto bene. Non c’è alcuna cosa che non mi sia piaciuta. Per prima cosa mi ha colpito la bellezza della città, il centro storico mi è piaciuto tanto. Il verde, i parchi, sono molto belli. I musei, le gallerie, le biblioteche, i negozi. A Modena c’è la Ferrari, la Maserati, la Lamborghini, c’e la Fiat trattori. Quando vengono dei miei amici o parenti li porto subito a Maranello al Museo della Ferrari. Per voi queste cose sono normali, per me no, è stata una bella sorpresa. Sono stato in Germania e per me i tedeschi sono i più grandi lavoratori al mondo, ma a Modena ho incontrato lavoratori molto abili con capacità di inventiva. Ad esempio il mio capo, quello dove ho avuto il primo impiego, inventava lui il motore e io non riuscivo a crederci. Io ero ingegnere, ma non riuscivo ad inventare una macchina, invece lui riusciva a progettare. Quando c’era da riparare una macchina lui individuava subito il problema e riusciva a risolverlo, per me è stata una cosa incredibile, una sorpresa. Altre cose che vedo per la città sono tante belle strade per le biciclette. Non ho visto queste cose in altri luoghi dove sono stato. Mi è piaciuta la considerazione in cui sono tenuti i bambini, ci sono tanti asili e quando passo vicino ad uno di questi vedo bambini di tanti colori, internazionali. Un’altra cosa che mi ha colpito è la vostra organizzazione della salute. Ho letto tante cose dell’America, Francia, Germania, ma siete organizzati meglio di tutti. L’ho provato sulla mia pelle. Un’altra cosa che vedo sono gli anziani, con badanti, con aiuti sanitari. Vedo questa socializzazione con gli stranieri, un esempio per altri. Non so come sono altre città, ma Modena è proprio cosi. Voi italiani non capite, solo uno straniero può vedere gli aspetti positivi della vostra organizzazione sociale”. Testimonianza raccolta da Werter Malagoli Spi Cgil Modena Argentovivo luglio/agosto 2010 I temi della memoria 31