MENSILE DEL SINDACATO PENSIONATI ITALIANI
SPI-CGIL DELL’EMILIA-ROMAGNA
L’intervista
Vincenzo Colla
segretario generale
In primo piano
C’era una volta
la pensione
Attualità
Il paradigma
dell’invisibilità
Auser
Memoria
Per un’estate
sicura e serena
Slobodan
vuol dire libero
Argentovivo luglio/agosto 2010
Autorizzazione del tribunale n.4897 del 5 marzo 1981 - Spedizione in abbonamento postale 45%
2 AGOSTO 1980
LE RAGIONI
DI UNA STRAGE
n.7/8
luglio/agosto 2010
1
In breve
Argentovivo luglio/agosto 2010
Stragi,
la storia in un
libro fotografico
2
La strage dell’Italicus nel 1974,
la bomba alla stazione del 2
agosto 1980, la “strage di Natale” del rapido 904 nel 1984.
E ancora il 27 giugno 1980 la
tragedia di Ustica.
Bologna è stata sicuramente
la città che ha pagato il tributo
più alto agli anni della strategia della tensione, a quella
stagione violenta, di trame
eversive e attentati alle istituzioni democratiche, che ha
insanguinato il Paese e su cui
ancora deve essere fatta piena
luce. Ora quella drammatica
stagione, con il suo carico di
dolore e di sgomento, ma anche
con la capacità di ferma reazione civile e democratica che in
quegli anni seppero dimostrare
le istituzioni e i cittadini bolognesi, viene raccontata nel
volume di fotografie “Bologna e
gli anni delle stragi” realizzato
dall’Unione fotografi organizzati (Ufo), edito da Camerachiara
e curato da Gilberto Veronesi
e Luciano Nadalini con FOTOViva - Casa della Fotografia. Il
volume, cui è affiancata una
mostra, è stato presentato a Bologna alla presenza tra gli altri
della assessore regionale alla
Cultura Massimo Mezzetti e dei
rappresentanti delle associa-
zioni Parenti delle vittime della
strage di Ustica e dei Familiari
vittime della strage alla Stazione di Bologna. Sono foto scattate “sul campo”, dagli stessi
cronisti che in quegli anni
lavoravano a Bologna: le crude
foto delle vittime, quelle delle
cerimonie funebri, le foto delle
manifestazioni pubbliche. Ma
anche, accanto a queste, le foto
dell’ altra Bologna, la Bologna
che in quegli anni non rinunciava a vivere e a costruire il
suo futuro. “Una lunga e triste
stagione ha segnato per sempre
un Paese e la coscienza civile
di noi tutti – scrive il presidente della Regione, Vasco Errani,
nell’introduzione al volume
- una coscienza che ancora, a
tanti anni di distanza, chiede si
faccia finalmente luce. Questo
è il nostro dovere, il compito
di un Paese democratico…
Tutti noi dobbiamo ricordare,
soprattutto per chi allora non
c’era e spiegare ai giovani cosa
sia successo, cosa fu la follia
di quegli anni”. I testi sono di:
Anna Maria Cancellieri, Vasco
Errani, Beatrice Draghetti,
Libero Mancuso, Michele Smargiassi, Paolo Bolognesi (Ass.
Vittime 2 Agosto) e Daria Bonfietti (Ass. Vittime Ustica). La
mostra rimane aperta fino al 20
agosto presso la Sala d’Ercole
del Comune di Bologna (Piazza
Maggiore).
Un’immagine dal libro fotografico di Nadalini e Veronesi
Segreteria Cgil ER,
confermate
Salfi e Bortolotti
Il Comitato direttivo della Cgil
regionale Emilia-Romagna
ha eletto il 26 luglio con voto
segreto la nuova segreteria
regionale della struttura.
Due le conferme rispetto alla
segreteria precedente: Anna
Salfi e Daniela Bortolotti;
tre i nuovi ingressi con Pietro
Bellucci, Antonio Mattioli,
Cesare Melloni.
I nominativi sono stati proposti ad inizio seduta dal segretario generale Cgil Emilia-Romagna Vincenzo Colla, quindi
sottoposti alla discussione e
alla singola consultazione dei
membri del Comitato direttivo
da parte del Comitato dei
saggi. Il voto segreto ha infine
dato questo esito: 143 votanti
su 179 aventi diritto, favorevoli
98, contrari 21, astenuti 22,
bianche 2.
Il profilo dei segretari
eletti
Daniela Bortolotti, classe
’56, di Modena, laureata in
scienze politiche, ha iniziato
il percorso sindacale come
delegata della sanità, diventando dirigente della Funzione Pubblica Cgil modenese
nell’89, per poi passare al dipartimento politiche sociali
della Cgil nel ‘97 ed entrare
nella segreteria confederale
di Modena nel ’99, a capo dello stesso dipartimento. Nel
giugno 2007 è stata eletta in
segreteria Cgil regionale.
Anna Salfi, nata a Bernalda
(MT) nel ‘56, laureata in giurisprudenza, in distacco dal
Ministero delle Finanze dove
ha iniziato il percorso sindacale come delegata nell’85,
ha ricoperto incarichi nella
segreteria provinciale della
FP di Bologna, poi regionale
dell’Emilia-Romagna, quindi
nazionale; è stata presidente
della Federazione europea
dei sindacati dei servizi
pubblici e componente del
Comitato esecutivo della Ces.
Rientrata nel 2005 in EmiliaRomagna come responsabile
delle politiche di pari opportunità della Cgil regionale,
nel giugno 2007 è stata eletta
in segreteria Cgil regionale,
dove ha seguito il settore dei
servizi pubblici locali.
Pietro Bellucci, nato a Bagno di Romagna il 21 agosto
’55, ha iniziato il percorso
sindacale alla Cgil di Cesena
nell’81, dopo un’esperienza
come consigliere comunale. è
stato dirigente della Filtea e
della Federbraccianti, responsabile di zona Cgil della Valle
del Savio, segretario generale
della Filcea cesenate dal ’90
al ’95, quando è passato in
segreteria confederale come
responsabile dell’organizzazione. Nel 2001 è stato eletto
segretario generale della
Camera del lavoro di Cesena,
incarico che ha lasciato nel
marzo scorso per scadenza di
mandato.
Antonio Mattioli, nato a
Parma nel ’59, diploma di
progettista meccanico, entra
in fabbrica a vent’anni e si
impegna come delegato Fiom,
primo passo che lo vede entrare nella segreteria provinciale
della categoria nell’84. Dal ’90
dirige la Filtea di Parma come
segretario generale entrando
poi anche nella segreteria
regionale della categoria; nel
’97 viene eletto segretario
generale della Flai parmense
In breve
Crisi economica,
un cantiere contro
la vulnerabilità
Europa,
lavoratori
protagonisti
La crisi economica sta aggravando le condizioni di vita delle
persone già in difficoltà e rendendo fragili nuovi ceti. Sempre
di più è necessario quindi
coniugare gli interventi verso la
povertà conclamata con azioni
per il riconoscimento precoce e
il contrasto ai processi di impoverimento.
Per fare questo la Provincia di
Bologna ha creato il “Cantiere
per il contrasto alla vulnerabilità sociale”, un luogo
di governance che riunisce
soggetti pubblici e privati
che operano nell’ambito del
welfare (sindaci, Ausl, Terzo
settore, associazioni imprenditoriali, sindacati, fondazioni
bancarie, Camera di commercio). Dopo diversi mesi di
monitoraggio e analisi della
situazione (anche attraverso
focus group) si è insediata la
cabina di regia del Cantiere.
Info: www.provincia.bologna.it
Particolarmente significativi
i lavori dell’ultima riunione
della direzione della Ferpa
(Federazione europea dei
pensionati) che ha affrontato
i problemi della partecipazione all’euromanifestazione
promossa dalla Ces per il 29
settembre e dell’esecutivo di
fine ottobre. Alla manifestazione che la Ces ha convocato
a Bruxelles, in concomitanza
con la riunione dei ministri
dell’Economia dell’Unione Europea, la Ferpa sarà presente
con un suo corteo di trecento
pensionate e pensionati provenienti da tutta Europa. Lo SpiCgil nazionale sta a sua volta
predisponendo l’organizzazione necessaria per garantire la
più ampia presenza dei pensionati italiani, cosciente che
oggi in Europa si gioca una
partita decisiva sul terreno
dei diritti dei lavoratori, che
siano attivi o pensionati.
Passaparola
Il Cavaliere e il punto G
Per uomini e donne il punto G rappresenta la fonte del piacere nei rapporti.
Ma c’è un uomo in Italia per il quale la G è un’ossessione continua.
Per esempio la G di giustizia, la G di giudici, la G di giornalisti.
Questa letterina del nostro alfabeto è per lui fonte di dispiaceri e fastidi continui, ai quali reagisce
con attacchi violenti e leggi specifiche.
Quest’uomo di mestiere fa il Presidente del Consiglio (e dice lui è stato eletto dal popolo).
Ma il popolo della gente onesta, corretta, che lavora, che non corrompe, che paga le tasse, non
teme i giudici, non ha paura dei giornalisti, vuole essere informato, vuole sapere la verità.
Per queste ragioni non accetta il bavaglio di Stato ed è scesa legittimamente nelle piazze per
manifestare il proprio dissenso, con la CGIL, per difendere il lavoro e i diritti con la Federazione
della stampa per la libertà d’informazione, con l’opposizione parlamentare, con i movimenti e
le associazioni per dire ancora una volta “NO, non ci stiamo” con chi vuole un popolo suddito,
povero, ignorante e silenzioso.
Ravenna,
quando il rifiuto
cerca affetto
Perché buttare gli oggetti
che non usiamo più? Si può
restituire loro un nuova vita.
E magari potranno essere
utili a qualcun altro. Il Comune di Ravenna, il gruppo
Hera con il supporto di
CittA@ttiva, hanno proposto
alla cittadinanza e ad alcune
scuole la campagna “Rifiuto
con affetto”: lo scopo è quello di promuovere la cultura
della raccolta differenziata,
facendo leva sulla frase “…Mi
dispiace buttarlo via…“. Il
progetto è sperimentale e
coinvolgerà tre istituti scolastici: una scuola elementare, una scuola media e un
istituto superiore, l’ufficio
clienti del gruppo Hera e la
sede di CittA@ttiva. In queste sedi verranno posizionati
cinque eleganti cassonetti
con ante trasparenti dove
le persone possono portare
le loro cose dismesse ma
ancora utilizzabili. Una vetrina dove potranno essere
prelevate e -in una sorta di
scambio continuo - passare a
nuovi proprietari. Un baratto
insomma per riutilizzare gli
oggetti e ridurre la produzione di rifiuti. L’iniziativa
è finanziata dalla Regione
Emilia-Romagna anche per
promuovere azioni di sensibilizzazione all’ecologia e
alla sostenibilità.
Argentovivo luglio/agosto 2010
con incarico anche in segreteria regionale di categoria.
Infine nel 2006 entra nella
segreteria nazionale Flai,
dove segue in prima persona
vertenze importanti come
Parmalat e il rinnovo dei contratti nazionali.
Cesare Melloni, nato a Bologna il 13/10/1951, diplomato al
liceo scientifico Fermi, dipendente del Comune di Bologna
dal 1971, è stato distaccato
presso la Cgil bolognese nel
1981 come responsabile confederale della Zona S. Donato.
Dopo aver svolto esperienze di
contrattazione nell’ambito del
mercato del lavoro, diventa
segretario generale della Filcams bolognese nel 1988. Nel
1994 è stato eletto nella segreteria della Camera del lavoro,
dove ha rivestito l’incarico
di responsabile del settore
contrattazione, diventando
poi segretario generale della
struttura nel 2002, incarico
che ha lasciato nel giugno
scorso a scadenza dei termini
statutari.
3
Sommario
2| In breve
• Stragi, la storia
in un libro fotografico
• Segreteria Cgil ER,
confermate Salfi e Bortolotti
3| In breve
• Crisi economica, un cantiere
contro la vulnerabilità
• Europa, lavoratori
protagonisti
• Ravenna, quando il rifiuto
cerca affetto
• Passaparola
5| L’intervista
• Cgil, Vincenzo Colla
segretario regionale:
“Misure forti per il lavoro”
Mayda Guerzoni
Argentovivo luglio/agosto 2010
7| In primo piano
• Manovra economica
c’era una volta la pensione
Roberto Battaglia
9| Attualità
• Bologna, 2 agosto 1980
schegge contro la democrazia
Manfredi Liparoti
11| Attualità
• Stragi di donne, serve
tornare alla politica
Mina Cilloni
12| Attualità
• No all’acqua in mano ai privati,
il referendum è più vicino
R. B.
13| Attualità
• Vacanze coi fiocchi,
c’è ancora tanto da fare
Sara Branchini
15| Attualità
• Casa salvi tutti, con la
tartaruga della Regione
A cura della redazione
16| Attualità
• Omofobia e transfobia: il
paradigma dell’invisibilità
Cathy La Torre
18| Consigli utili
• Una vita da cani,
rispettando le regole
Francesco Scarlino
19| Auser
• Per un’estate da vivere
sicuri, sereni e informati
A cura della redazione
20| Territori e leghe
• Cesena, al via l’accordo
sui servizi socio-sanitari
Marco Morellini
12
5
Cgil, Vincenzo Colla
segretario regionale:
“Misure forti
per il lavoro”
9
Bologna, 2 agosto
1980 schegge contro
la democrazia
4
No all’acqua in
mano ai privati, il
referendum è più
vicino
22| Territori e leghe
• Modena, insieme
per stare più sicuri
Luisa Zuffi
23| Territori e leghe
• Reggio Emilia, 7 luglio 1960
morti per la libertà
Paola Guidetti
24| Territori e leghe
• Parma, Patrizia Maestri
segretaria generale Cgil
A cura della redazione
25| Territori e leghe
• Cortemaggiore,
nuova sede per lo Spi
Piero Bonomini
Maria Gozzi
Tamer Favali
Argentovivo n. 7/8
luglio/agosto 2010
Chiuso in tipografia
il 02/08/2010
la tiratura complessiva
è di 8.000 copie
Direttore responsabile:
Mirna Marchini
26| I temi della
memoria
• Slobodan
vuol dire libero
Anna Maria Pedretti
• Le parole giuste
e quelle sbagliate
Eva Lindenmayer
23
Reggio Emilia,
7 luglio 1960 morti
per la libertà
26
19
Per un’estate
da vivere sicuri,
sereni e informati
La foto di copertina è di Enrico Scuro
Slobodan
vuol dire libero
Le parole giuste
e quelle sbagliate
Vice direttore:
Mauro Sarti
In redazione:
Roberto Battaglia,
Paola Guidetti,
Franco Di Giangirolamo
Direzione e redazione
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UNIONE STAMPA
PERIODICI ITALIANI
L’intervista
Mayda Guerzoni
sottovalutazione del problema occupazione
da parte del sistema della rappresentanza
imprenditoriale, al quale chiediamo risposte adeguate, a partire da Confindustria.
Pongo qui come priorità assoluta un grande
piano del lavoro per l’Emilia-Romagna, in
coerenza con il recente congresso nazionale della Cgil, da costruire con il coinvolgimento di tutte le nostre strutture.
U
n piano straordinario per il lavoro,
una nuova stagione di contrattazione, una pratica più avanzata
della confederalità in Cgil: sono queste le
priorità di mandato del neosegretario generale Cgil Emilia-Romagna Vincenzo Colla, eletto (5 luglio scorso) a pochi giorni
dalla grande manifestazione regionale dei
centomila a Bologna, per lo sciopero generale del 25 giugno. Comincia proprio da qui
la nostra intervista.
Colla, cosa ti ha suggerito quella
piazza?
Innanzitutto mi ha dato una grande emozione sentire attorno alla Cgil ancora una
volta tanta fiducia e aspettative: un risultato non scontato. Poi ho avvertito un sentimento diffuso del fatto che il bicchiere
è colmo. E’ vero che tutta Europa pone il
tema della riduzione della spesa pubblica,
ma in molti paesi tassano le rendite finanziarie e i grandi patrimoni, mentre da noi si
colpiscono i soliti noti: lavoratori, precari,
pensionati, fasce deboli, che già subiscono
gli effetti devastanti della crisi. A questo
si aggiunge l’attacco ai diritti, il tentativo
di spallata alla Costituzione e di bavaglio
all’informazione: un mix infernale. Non si
governa l’Italia in questo modo.
La crisi picchia duro anche sull’EmiliaRomagna. Chi paga di più?
I giovani, le donne, gli immigrati e quei lavoratori di aziende in crisi che, pur vicini
alla pensione, la vedono slittare in avanti
insieme alle finestre di uscita senza certezza di reddito. Per non parlare dei precari dei comparti pubblici, dei settori della
conoscenza che perderanno migliaia di
posti. Un impatto sociale di portata inedita per la nostra regione.
C’è il rischio che l’Emilia-Romagna si
adegui alla caduta dei diritti perseguita
tenacemente dal governo?
Ci opporremo con tutte le nostre forze a una
deriva del genere, ma intanto vedo una grave
Con quali tappe e quali strumenti?
Primo passaggio su questo percorso è il
rinnovo del “Patto regionale per attraversare la crisi”, con il rifinanziamento degli
ammortizzatori in deroga e misure forti in
difesa del lavoro e della base produttiva,
che abbia come fulcro il sistema manifatturiero, ancora oggi vero fondamento della
nostra ricchezza. Strumento principe la
contrattazione e qui credo necessario affinare la nostra conoscenza delle dinamiche del mercato e dell’impresa per entrare
più nel merito dei processi e dare risposte
adeguate per lo sviluppo e la qualità del
lavoro. Dobbiamo rilanciare la sfida della
produttività, combattendo in ogni modo le
tentazioni alla Pomigliano.
Aspetti che richiedono con Cisl e Uil una
ripresa di rapporti, che invece segnano
il loro punto più basso…
Noi presenteremo le nostre piattaforme e
un patrimonio di cinquemila accordi unitari con i quali abbiamo salvato finora migliaia di posti di lavoro nell’ambito del Patto
Argentovivo luglio/agosto 2010
Cgil, Vincenzo Colla
segretario regionale:
“Misure forti per il lavoro”
5
L’intervista
Argentovivo luglio/agosto 2010
precedente. Partiamo da qui, dal basso, per
il confronto e nuove condivisioni possibili.
6
Che messaggio lanci alla Regione?
Siamo con voi nello scontro istituzionale
con il governo contro i tagli alle risorse,
per la salvaguardia dello Stato sociale e
dell’autonomia degli enti locali. Ma un modello alternativo a quello prefigurato nella
manovra del centro destra richiede scelte precise anche a difesa del lavoro e per
una maggiore giustizia sociale. Considero
molto importante la presa di posizione del
Consiglio regionale che ha condiviso le ragioni dello sciopero del 25 giugno. Chiediamo un segno forte nella lotta all’evasione
fiscale, ma anche nel federalismo fiscale e
con l’autonomia impositiva, ricercando la
strada che sposti il peso della crisi sulle
rendite e i grandi patrimoni.
Come pensi di ridisegnare la Cgil
regionale?
Intanto con l’aiuto e il coinvolgimento del
gruppo dirigente diffuso della nostra organizzazione, che considero competente e
capace: affrontiamo insieme le sfide che ci
attendono, per fare massa critica, valorizzare le tematiche territoriali, utilizzare al
meglio le risorse, sulla linea decisa dalla
conferenza di organizzazione che punta
alla centralità del territorio. Dunque penso a una struttura regionale più snella e
flessibile, più qualificata, che svolga un
ruolo di proposta, di coordinamento e supporto su aspetti quali la contrattazione,
come accennavo prima, la formazione dei
quadri e dei delegati rsu, la comunicazione. Con qualche novità importante.
Per esempio?
Penso in particolare a un nuovo Dipartimento strategico, di pensiero lungo, che lavori sulle politiche di sviluppo territoriale
e regionale, sull’innovazione e la ricerca,
sulla relazione con le istituzioni e il mondo
dell’intellettualità, per aprire nuovi canali
di confronto e scambio con l’esterno e dare
slancio alla nostra elaborazione.
Nel bilancio che puoi trarre da otto anni
come responsabile dell’organizzazione,
qual è il punto più critico?
Direi l’idea e la pratica della confederalità:
qui non ci siamo. Troppe rigidità da parte
delle diverse strutture in difesa delle proprie
prerogative, troppi compartimenti stagni.
C’è una visione del mondo del lavoro ancora legata al passato, che fa poco i conti con
l’estrema frammentazione e complessità di
oggi, con i nuovi bisogni e le tante differenze.
Su questo serve una discussione impegnata.
Il versante interno pone il tema della
gestione degli esiti del congresso Cgil
svolto su due mozioni, con una buona affermazione della minoranza in EmiliaRomagna. Come la vedi?
Il congresso ci ha visti divisi su alcuni
aspetti di fondo: il modello contrattuale,
la democrazia sindacale, la confederalità. Propongo di riprendere questi terreni di confronto in rapporto alla crisi e
alle decisioni concrete che riguardano
le relazioni sindacali, la contrattazione
e il voto dei lavoratori, i nuovi bisogni
del mondo del lavoro, convinto che in
Emilia-Romagna abbiamo le condizioni
per fare passi avanti.
Vincenzo Colla durante una manifestazione sindacale
Prima delegato, poi alla Fiom di
Piacenza e alla Segreteria
La Cgil regionale Emilia-Romagna ha un nuovo segretario generale: è Vincenzo
Colla, eletto il 5 luglio scorso dal Comitato direttivo della struttura regionale (voto
segreto, 142 votanti su 177 aventi diritto, favorevoli 93, contrari 28, astenuti 21),
in sostituzione di Danilo Barbi, promosso nella segreteria nazionale Cgil.
Nato ad Alseno di Piacenza l’1 aprile ’62, Colla ha iniziato la propria esperienza
sindacale nel 1980 come delegato di una azienda metalmeccanica ed è entrato
nella segreteria provinciale Fiom di Piacenza nel 1985. Due anni dopo è stato
eletto segretario generale della stessa Fiom e nel ‘96 è diventato segretario generale della Cgil piacentina. Nel 2002 è passato in segreteria Cgil regionale, nella
quale ha diretto il Dipartimento organizzazione per otto anni e che ora guiderà
come primo responsabile.
In primo piano
Manovra economica,
c’era una volta la pensione
Roberto Battaglia
Segretario Spi-Cgil
Emilia-Romagna
Argentovivo luglio/agosto 2010
D
al 2015 arriverà per
tutti i lavoratori privati e pubblici, anche
l’incremento automatico ogni
tre anni dell’età pensionabile,
in relazione alla crescita della speranza di vita introdotta
con la legge 192/2009, facendo
salire così a circa 70 anni l’età
per accedere alla pensione. Da
subito, anche chi ha maturato i quaranta anni di anzianità, dovrà lavorare almeno un
anno in più, rispetto ad ora,
per percepire il trattamento
pensionistico senza però alcun vantaggio, poiché i contributi aggiuntivi finiranno nei
bilanci degli enti previdenziali
al solo fine di fare cassa con i
soldi della previdenza.
Dal primo gennaio 2012, le
lavoratrici del pubblico impiego a seguito dell’emendamento presentato dal governo,
saranno obbligate ad andare
in pensione di vecchiaia solo
a 65 anni ma, per effetto delle
cosiddette finestre a scorrimento, in realtà l’età effettiva
per il pensionamento salirà a
66 anni.
Per i grandi invalidi sono
all’esame criteri restrittivi
per la corresponsione dell’indennità di accompagnamento;
mentre per gli invalidi civili si
stava preparando una grande
ingiustizia in quanto persone
con gravi patologie rischiavano di rimanere escluse perfino
dall’assegno minimo di invalidità di 256,67 euro mensili.
Un disegno, questo, in parte
respinto grazie alla mobilitazione della Cgil e dello Spi-Cgil
nonchè delle associazioni degli
invalidi e che hanno organizzato proteste e presidi davanti
al Parlamento.
Attraverso la manovra economica, ingiusta e sbagliata,
il governo sta smantellando
nei fatti tutto il sistema previdenziale pubblico. Siamo
in presenza di una vera e
propria controriforma già
avviata nel 2004 con l’allora
ministro Maroni che abolì
l’accesso flessibile al pensionamento tra i 57 e i 65 anni
e che prevedeva rendimenti
crescenti in rapporto all’età
di uscita al lavoro. Nei mesi
scorsi il governo, per bocca
dei ministri Sacconi e Tremonti, aveva assicurato che
non erano necessari nuovi e
ulteriori interventi sulle pensioni in quanto la spesa pensionistica era sostanzialmente stabilizzata e in linea con
le previsioni. Infatti il fondo
dell’Inps per i lavoratori dipendenti è in attivo di 14,3
miliardi di euro. In realtà il
governo intende risanare i
conti del bilancio dello Stato
facendo pagare i più deboli:
lavoratori dipendenti e pensionati, senza chiedere nulla
ai grandi patrimoni e alle rendite finanziarie, consentendo
vergognosamente un’insostenibile evasione fiscale pari a
132 miliardi di euro annui.
7
Argentovivo luglio/agosto 2010
In primo piano
La controriforma sulle pensioni svela le vere intenzioni del
governo, per la verità mai nascoste, di ridurre cioè il valore
solidaristico e pubblico delle
pensioni a vantaggio dei sistemi assicurativi privati oltre a
reperire con facilità ingenti risorse per fare cassa con i soldi
dei lavoratori e dei pensionati.
Occorre garantire, al contrario, un sistema pensionistico
stabile e certo, evitando continui stravolgimenti che creano
grandi preoccupazioni e incertezze rispetto al futuro della
propria condizione lavorativa
e di vita. Per noi la controriforma imposta dal ministro
Tremonti va respinta e cambiata partendo dalle richieste
unitarie presentate al governo: dall’adeguamento delle
pensioni al costo della vita,
alla riduzione della tassazione
sulle pensioni, all’estensione della 14 mensilità anche
per le pensioni con oltre 750
euro mensili, fino a ripristinare il diritto volontario di
uscita dal lavoro per accedere
al pensionamento.
Sulla questione delle pensioni è possibile avviare nel paese, una forte iniziativa del
sindacato che coinvolga lavoratori e pensionati perché le
misure del governo colpiscono tutti, donne e giovani in
particolare che, per effetto di
carriere lavorative precarie e
frammentate, riceveranno
pensioni più basse ma lavorando sempre di più.
La campanella
Dare voce per un minuto all’urlo muto del cuore
Ha scritto Adriano Sofri (la Repubblica, 11 luglio), l’unico che se ne “occupò” fin d’allora, che, quindici anni dopo,
avremmo potuto fare un minuto di silenzio, durante la coincidente finale di calcio mondiale, per la strage di Srebrenica
– 8346 ragazzi, uomini e vecchi massacrati in cinque giorni sotto gli “occhi” dell’Onu e dei governi occidentali, le
donne disperse e sistematicamente stuprate, dalle milizie del generale bosniaco Mladic. Si è risposto che era anche il
cinquantenario della prigionia di Mandela… e io aggiungo di chissà quante altre “stragi” per le quali si era detto “Mai
più!”. “Cartoline dalla fossa” (ed. Biet) è il libro del sopravvissuto Emir Suljagic. Era il 1995: ci riguarda, dov’eravamo?
“L’incomprensibile indifferenza del mondo chiama in causa non solo i governi ma anche le opinioni pubbliche europee.
Durante l’intera guerra di Bosnia, in Italia, non vi fu una sola manifestazione”. Se la memoria si archivia in un libro,
se diviene anniversario e non vive insieme a noi se non si fa inquietudine e responsabilità è fiamma che si spegne.
Dalla strage di Bologna, dai suoi 85 massacrati, dai suoi più di duecento feriti e dalle migliaia di feriti nell’animo sono
passati trent’anni. Le foto che ho in mente cominciano ad imbiancare come i capelli ma ancora mi urlano dentro: avrei
voluto dar loro voce con un lampo di storia ad ognuna. Non ce l’ho fatta, travolta da altri avvenimenti. Ma scrivo qui
che quest’anno il mio minuto di silenzio sarà invece un urlo, sia pure muto come quello del dipinto, “cartolina” che
manderò ad ogni persona che ho conosciuto, ai giovani, ai bambini capaci di vivere con la piccola Maria, rimasta per
sempre bimba di soli due anni. E fra i tanti insegnanti ed educatori che ho conosciuto di certo ci sarà chi “prende su di
sé” una di queste vite spezzate per “custodirla” e darle seguito nel grande puzzle della Vita di cui facciamo tutti parte.
Non conosciamo il disegno generale ma la “tessera” della nostra vita ha senso solo nell’incastro intorno a noi.
Miriam Ridolfi
8
Attualità
Bologna, 2 agosto 1980
schegge contro la democrazia
Manfredi Liparoti
Il sindaco Renato Zangheri e il presidente della Repubblica Sandro Pertini ai funerali di Stato
“Volevamo rompere il silenzio
ignobile e triste su quello che
è stato il più grave attentato
nella storia d’Italia - racconta
Antonella Beccaria -. Ci siamo
accorti che anche per il trentennale non si muoveva praticamente nulla e allora abbiamo pensato a un’autopubblicazione da distribuire il 2 agosto.
Poi, grazie all’aiuto dell’ex
magistrato Claudio Nunziata, che ha curato la revisione
scientifica del nostro lavoro, e
al sostegno della casa editrice
Socialmente e dello Spi-Cgil di
Bologna e dell’Emilia-Romagna, dall’autopubblicazione
siamo arrivati al libro. Ma è
stata una gran corsa, e anche
una gran fatica”.
Che cosa si sa di certo della
strage di Bologna? “Abbiamo
le condanne definitive per gli
esecutori materiali e per chi
intralciò la giustizia come Licio Gelli. Però sono proprio i
depistaggi a spiegare come
Fioravanti, Mambro e Ciavardini non fecero tutto da soli, è
impossibile che dei ragazzini
che allora avevano tra i 18 e
i 22 anni, potessero recuperare l’esplosivo senza lasciare
tracce e mettere indisturbati
la bomba”.
Mancano però i nomi dei
mandanti e di chi ha tramato
nell’ombra né si sa con certezza perché, a undici anni
da piazza Fontana e a sei da
piazza Loggia e dall’Italicus,
si volle rigettare l’Italia nel
terrore. Insomma, la verità è
ancora tutta da scoprire, tanto
che, come dice Paolo Bolognesi presidente dell’Associazione
familiari vittime della strage
del 2 agosto 1980, per adesso
le sentenze definitive sono
solo quelle per le vittime e i
loro familiari. Cosa servirebbe, allora, per fare piena luce?
“Intanto - risponde Antonella
Beccaria - andrebbero riletti
gli atti raccolti in tutti questi
anni di processi, ci sono molti elementi da riprendere e
approfondire. Ma credo che
vadano sentiti i protagonisti
dell’epoca, molti, a partire da
Cossiga, potrebbero conoscere
la verità, ma continuano a tacere o addirittura a mentire,
riproponendo la tesi dell’esplosione accidentale, ritirando
in ballo i palestinesi, il terrorismo internazionale, Carlos.
E’ un esercizio di fantasia che
non regge di fronte agli undici
gradi di giudizio attraverso cui
sono passati i processi sulla
strage di Bologna. Evidentemente alcune cose ancora non
si devono sapere”.
Argentovivo luglio/agosto 2010
R
icollegare con pazienza
il filo che unisce nomi,
date e luoghi, terroristi e servizi segreti, politici e
mafiosi, generali e logge deviate. Ribattere alle fantasiose ricostruzioni che ritornano
ancora oggi, a trent’anni esatti
da quel 2 agosto 1980, quando
alle 10.25 una bomba di 23 chili d’esplosivo, nascosta in una
valigia abbandonata nell’affollatissima sala d’aspetto di seconda classe, sconvolse Bologna e una nazione intera, con i
suoi 85 morti e oltre 200 feriti.
Ma è soprattutto l’esigenza di
tenere viva la memoria e di
fissare nero su bianco la verità
dei fatti, che ha portato Antonella Beccaria e Riccardo Lenzi a scrivere “Schegge contro
la democrazia” (Socialmente
editore, Bologna 2010), una
cronistoria ragionata e documentata che parte da Portella
della Ginestra (“la madre di
tutte le stragi”), arriva ai giorni nostri e torna indietro fino
a quella tragica mattina d’agosto, svelando le ragioni della
bomba alla stazione di Bologna alla luce dei più recenti
atti giudiziari.
9
Attualità
Argentovivo luglio/agosto 2010
6 agosto 1980, la folla in piazza Maggiore per i funerali di Stato
10
Testimonianze e prove arrivano però dalla Corte d’assise di
Brescia, dove è in corso il processo per piazza della Loggia.
Documenti (di cui il libro è ricchissimo) che raccontano una
storia articolata e smontano
l’impostazione dello spontaneismo armato, quella secondo cui
a mettere le bombe furono solo
schegge impazzite dell’estremismo fascista. A Brescia sta
infatti emergendo la rete di
relazioni tra Nuclei armati rivoluzionari (Nar), Ordine nuovo,
pezzi dello stato, massoneria e
delinquenza organizzata, dalla
mafia in Sicilia alla banda di
Renato Vallanzasca a Milano,
che venne contattato da un parlamentare di estrema destra
(“un ometto col viso squadrato,
i capelli a spazzola, gli occhiali
grossi e gli occhi piccoli”) che
lo voleva coinvolgere proprio
per l’attentato in una stazione
ferroviaria. Un quadro inquietante, che porta dritto ai giorni nostri, con lo scandalo P3 e
la cricca composta da politici,
magistrati e imprenditori. “Ma
non credo che in Italia ci sia
un ‘grande vecchio’ - continua
Antonella Beccaria -, ci sono
piuttosto grandi interessi che
convergono. E poi ci sono faccendieri sulla scena da decenni, sono loro che dimostrano
quanto sia attuale oggi il piano
di rinascita democratica della
P2”.
Dello stesso parere Claudio
Nunziata, che in qualità di sostituto procuratore ha svolto le
prime indagini sulle stragi alla
stazione di Bologna, dell’Italicus e del rapido 904. “Il progetto politico di Licio Gelli - scrive
nella prefazione - ha trovato attuazione vent’anni dopo”. Sono
solo cambiati gli strumenti:
prima erano le bombe, “oggi un
metodo meno violento, ma più
insidioso: il controllo diretto e
quasi totale dei mass media”.
Il libro “Schegge di democrazia” diventa allora l’antidoto
contro l’indottrinamento della
tv, come dicono Maurizio Fabbri e Bruno Pizzica, che firmano l’introduzione: “Lo Spi ha tra
i suoi principi costitutivi quello di lavorare sulla memoria e
il libro di Antonella Beccaria e
Riccardo Lenzi ci può aiutare
a ricostruire e mettere in fila
fatti, documenti, posizioni che
ebbero la strage di Bologna
come avvenimento centrale,
per provare a esercitare e tenere viva, sempre, la ricerca
della verità”. In programma in
autunno, una serie di incontri
con i ragazzi, “quelli a cui spetterà di costruire un Paese migliore negli anni a venire”.
“I giovani - conclude Antonella
Beccaria - spesso non hanno
memoria della strage alla stazione, non sanno che è successo, chi l’abbia messa quella
bomba. Ma non è tutta colpa
loro, perché non c’è quasi nessuno che glielo spieghi, i programmi scolastici la strategia
della tensione non la trattano
proprio e anche i pochi centri
di documentazione chiudono per mancanza di fondi. E
quindi ai giovani che abbiamo
pensato, a chi ne vuole sapere di più. Per questo abbiamo
impostato il libro concentrandoci non tanto sulla parte
narrativa, ma su documenti
ufficiali, testimonianze, relazioni parlamentari e carte giudiziarie, per fissare dei punti
certi che siano da stimolo per
approfondire”.
Antonella Beccaria
Attualità
Mina Cilloni
Responsabile
Coordinamento Donne
Spi- Cgil Emilia-Romagna
“S
tragi di donne…”
– “…ancora vittime..” – “ Bollettino
di guerra: ieri altre 3 donne
colpite dalla violenza degli
ex compagni..” “...vittime di
stalking una scia infinita..”
“…nove donne uccise in un
mese…”
E’ una escalation che sembra
non avere mai fine, ogni giorno
apri il giornale e leggi notizie
che riguardano l’uccisione, la
persecuzione, le violenze che
si perpetuano sulle donne.
Quando non si legge di questo
si vedono immagini di donne
esposte come fossero oggetti.
“Cose” senza nessuna utilità
se non quella di essere, quando va bene (?) oggetti compiacenti di desideri sessuali e
di consumo per uomini ormai
incapaci.
Uomini incapaci di amare,
uomini che rifiutano qualsiasi
modalità che li metta in relazione con l’altro.
Uomini e le donne? Non nascondo il fatto di come molte
donne siano disponibili ad essere “usate”, il fenomeno delle “veline” ormai è diventato
un’aspirazione di molte ragazze, di giovani donne (che sono
poi le nostre figlie , le nostre
nipoti…) ma se questo fosse,
per loro, uno “scambio ragionato” e non fosse come noi troppo
spesso pensiamo a subalternità o ad un arretramento del
nostro pensiero femminile/
femminista?
Nel mio pendolarismo, incontro migliaia di giovani donne vestite, truccate come le
donne-immagini delle riviste,
ma sono, anche, giovani donne
che, ancora con gli occhi gonfi di sonno, leggono, studiano,
sono pendolari che vanno al lavoro o alla università …eppure
non ci penso tanto al fatto che
condivido con loro la fatica del
quotidiano, diventa prevalente
l’immagine che ne ricevo, è più
semplice “catalogarle”.
Sono davvero l’unica ad avere
assunto, nel tempo, l’arroganza dell’età e aver dimenticato
che gridavo nei cortei, nelle
manifestazioni “ non più puttane, né madonne ma solo
donne?”.
Mi rendo conto quanto la comunicazione di questi anni
– la televisione, i giornali, le
pubblicità, la politica compiuta dal governo in questi
decenni - hanno modificato
e trasformato il mio modo di
percepire gli altri. Mi ha resa
felice (una si accontenta di
poco) la dichiarazione di Rosy
Bindi a Berlusconi dopo essere
stata nuovamente apostrofata
sulla sua non bellezza: “Mi limito con tristezza a prendere
atto che tra i tanti segnali della fine dell’impero c’è anche
questa ormai logora ripetitività delle sue volgarità”.
Mi ha resa felice perché ho
pensato che forse ha ragione
lei, forse sono segnali della
fine di questo impero decadente – ma se è così dobbiamo
cominciare nuovamente a fare
dentro di noi quella rivoluzione gioiosa di cui parla Dacia
Maraini ( da “Donne mie”) ,
dobbiamo iniziare, oggi, ad
avere un sentimento di repulsione per ciò che ogni giorno
ci viene presentato. Dobbiamo
ritornare alla politica, ad una
politica partecipata, dobbiamo
risvegliare le coscienze per
uscire da questa crisi etica e
di cultura. Avere il coraggio
di guardare e di non lasciarci
più ingannare dalle apparenze è un piccolo passo per
cambiare e per decidere che
riappropriarci della relazione
può salvarci.
Allora, in questo clima di rinnovamento culturale anche
gli uomini inizieranno a comprendere le ragioni della loro
violenza contro di noi e smetteranno di ammazzarci.
“ Dovremo amarci l’un l’altro o
moriremo”. ( W.H.Auden)
Argentovivo luglio/agosto 2010
Stragi di donne,
serve tornare alla politica
11
Attualità
No all’acqua in mano ai privati,
il referendum è più vicino
R. B.
Argentovivo luglio/agosto 2010
O
12
ltre un milione e 400
mila cittadini hanno firmato, in due mesi, per il
referendum in difesa della natura
pubblica del servizio idrico; circa
110 mila le firme raccolte solo
nella nostra regione. L’acqua è
un bene essenziale e i tre quesiti
referendari intendono abolire gli
articoli di legge che assegnano ai
privati la gestione del servizio e
considerano l’acqua una merce
finalizzata a produrre solo ingenti profitti. Non va dimenticato
infatti che il valore complessivo
del mercato dell’acqua nel nostro paese è pari a otto miliardi
di euro. Il referendum, che dovrebbe tenersi nella primavera
prossima, è stato promosso dal
Forum italiano dei movimenti
per l’acqua con l’adesione di oltre trecento associazioni laiche,
cattoliche, ambientaliste. Lo Spi
e la Cgil da subito hanno raccolto
l’appello del Forum contribuendo
alla raccolta delle firme poiché
l’acqua rappresenta una fonte di
vita e un diritto universale e per
queste ragioni deve rimanere un
bene essenziale pubblico sottraendolo dalle mire speculative del
mercato privato e finanziario.
Ora, insieme alle tante associazioni e al Forum dei movimenti
per l’acqua, ci aspetta un compito
più impegnativo: arrivare al referendum con un grande consenso
popolare tra tutti i cittadini per
affermare il valore dell’acqua
come bene comune e parte di una
battaglia più generale per la gestione pubblica dei servizi essenziali alla persona e per lo sviluppo economico e sociale del paese.
I quesiti referendari:
1- si chiede l’abrogazione
dell’art. 23 della legge 133 del
2008 che prevede la privatizzazione dei servizi publici locali:
acqua-rifiuti, trasporto pubblico locale;
2- si propone la cancellazione
dell’art.150 del decreto legge
152 del 3 aprile 2006 che individua le forme di gestione e di
affidamento del servizio idrico
ai privati;
3- abrogazione dell’art. 154
del decreto legge 152 nella parte in cui si parla dell’adeguatezza della remunerazione del
capitale investito per determinare le tariffe.
Quale gestione per un bene comune?
L’acqua è una risorsa indispensabile, ma nello stesso tempo limitata in natura. Non è distribuita in modo uguale in tutto il pianeta e quella potabile è pari al solo 1% dell’acqua totale.
Più di un miliardo di persone, (dati Onu) non hanno accesso all’acqua potabile.
Indice di sfruttamento dell’acqua
- sotto il 20% dell’acqua disponibile accesso “sicuro”
- sopra il 20% dell’acqua disponibile la risorsa è in una situazione critica sotto stress
L’Italia, al pari di altri paesi in Europa si trova già ora in una condizione di criticità oltre al 20%
Consumi idrici in Italia
Nell’industria 37%, nell’agricoltura 45%, e per uso domestico 18%
Chi gestisce il servizio idrico
In Europa delle 44 città con più di un milione di abitanti nel 36% dei casi, il servizio è
gestito da società private. In Italia nella maggior parte dei casi il servizio idrico è affidato a società per azioni a capitale prevalente pubblico.
La legislazione attualmente in vigore impone la presenza di un soggetto privato nella
gestione del servizio e prevede l’obbligo di affidare la gestione dei servizi pubblici di
rilevanza economica tramite gara europea cedendo almeno il 40% del capitale a nuovi
soci privati entro dicembre 2011.
Dal 2000 le tariffe sono aumentate del 47%. Le principali cause dell’aumento delle tariffe dell’acqua sono: remunerazione del capitale investito ovvero il profitto per il socio
privato azionista della società pari almeno per legge al 7%. Alcuni paesi europei
hanno stabilito per legge la gestione pubblica dell’acqua. Il comune di Parigi, dopo
25 anni di gestione privata del servizio, ha
deciso di assegnare la gestione ad un proprio ente di diritto pubblico. Altri 30 paesi nel mondo sono ritornati alla gestione
pubblica dopo l’esperienza negativa con il
settore privato.
Attualità
Vacanze coi fiocchi,
c’è ancora tanto da fare
Sara Branchini
Centro Antartide
Non solo: oltre alla enorme tragedia umana, c’è anche il lato
economico, la cosiddetta spesa
sociale, un conto salatissimo
in termini di costi sanitari e
di mancata produttività del
lavoro di chi resta coinvolto.
Soltanto nel 2007 la somma
dei costi umani e di quelli materiali dei disastri stradali superava i 30.000 milioni di euro.
Più di un milione di euro in
media per ogni persona deceduta, e diverse migliaia di euro
per ogni ferito: denaro che di
certo, con un po’ più di attenzione da parte di chi si mette
al volante, potrebbe essere utilizzato per ben altre opere di
utilità sociale.
Per queste ragioni torna, con
il tradizionale libretto accompagnato da spot radiofonici
e televisivi, la campagna Vacanze coi Fiocchi, fortemente
sostenuta come ogni anno anche dallo SPI-Cgil: per riportare l’attenzione sulle strade e
sulla necessità di guidare con
prudenza e sicurezza, specialmente durante i mesi estivi,
che sono i più caldi anche dal
punto di vista del traffico. Infatti nei mesi di luglio e di agosto sulle strade perdono la vita
più di 900 persone e 50.000
rimangono ferite (una cifra
equivalente agli abitanti di
una città come Campobasso!).
La campagna mobilita più di
500 aderenti fra tra istituzioni,
associazioni, società autostradali, aziende sanitarie, radio e
televisioni, insieme per invitare al rispetto delle regole e al
buonsenso, e fare riflettere sui
comportamenti che assumiamo quando ci mettiamo alla
guida. Naturalmente nell’abituale stile leggero e ironico.
Diabolik che rassicura Eva
Kant che “certo che ha messo il
casco”, e un personaggio di Vauro immortalato in un estremo
gesto di sfottò dopo un sorpasso, mentre la sua auto ha ormai
rovinosamente colpito un albero accartocciandosi. E ancora
Carmen Consoli che invita a
percorrere la vita, così come la
strada, con calma e senza velocità eccessiva e Giorgio Panariello che mette in guardia dal
correre in auto di notte. Tanti i
personaggi reali e immaginari
che ci hanno messo la faccia per
invitare a una guida prudente e
sicura: da Piero Angela, storico
padrino dell’iniziativa, a Diego
Argentovivo luglio/agosto 2010
B
uone notizie dalle strade italiane: se nel 2000
le vittime di quelli
che impropriamente chiamiamo “incidenti” stradali erano
6649, nel 2008 questa cifra è
scesa a 4731. Una riduzione
di quasi il 30%, in meno di 10
anni. Ce lo rivela, nelle pagine
del libretto della campagna
Vacanze coi Fiocchi, Franco
Taggi dell’Istituto superiore di
sanità: il merito è di tanti, media, forze dell’ordine, governi,
associazioni, ma la strada da
fare è ancora tanta. Infatti
se andiamo ad analizzare le
dinamiche delle tragedie che
ancora avvengono, ci si trova
davanti a responsabilità che
tante volte non sono del caso,
della fatalità o delle condizioni atmosferiche, ma sono proprio di chi guida e resta poi
danneggiato.
Un esempio fra tutti, l’uso della
cintura di sicurezza: si calcola
che se tutti la allacciassero
sarebbero risparmiate più di
500 vite ogni anno e si avrebbero sensibili cambiamenti
sulla gravità delle lesioni dei
feriti coinvolti negli incidenti.
Con questo semplice gesto si
limiterebbe l’entità di questa
tragedia annunciata.
13
Argentovivo luglio/agosto 2010
Attualità
14
Abatantuono, da Paolo Fresu
agli attori di “Un posto al sole”
Luca Turco e Peppe Zarbo, da
Gianrico Carofiglio a Giorgio
Diritti. Le taglienti vignette
disegnate, oltre che da Vauro,
da Gomboli, Giuliano, Bucchi,
Jezek, Pillinini, Rebori, Minoggio, Maramotti vanno a completare il tradizionale libretto: con
l’auspicio che un sorriso, anche
se amaro, possa stimolare alla
riflessione e al cambiamento
più facilmente di tanti spot
shockanti o di slogan urlati.
Per quest’anno un’attenzione
particolare va anche al tema
degli animali domestici, il cui
abbandono è un problema che,
come quello delle tragedie
stradali, ha un picco nei mesi
da giugno a settembre. La celebre astrofisica Margherita
Hack dice “non abbandonate i
vostri animali: sarebbero creature disperate, destinate a
una brutta fine. Un augurio di
vacanze coi fiocchi a voi e ai
vostri amici a quattro zampe”.
Con l’auspicio dunque che la
responsabilità ed il buonsenso
si esprimano anche in questo,
nel trovare luoghi di vacanza
dove poter portare anche i nostri animali, o nel trovare loro
sistemazioni confortevoli nel
caso in cui non sia possibile
tenerli con noi.
L’invito è dunque a farsi “ambasciatori di sicurezza stradale” lasciando sulla propria scia
un messaggio di civiltà, tanto
nel corso dell’estate quanto
durante i mesi a seguire. Rispettando le semplici e poche
regole necessarie a non mettere in gioco la propria vita e
quella degli altri: rispettare i
limiti di velocità, non bere alcolici o assumere medicinali
che inducono sonnolenza, evitare sorpassi azzardati e l’uso
del cellulare mentre si guida,
utilizzare i seggiolini per i
bambini, non distrarsi, rispettare le distanze di sicurezza,
viaggiare riposati.
A Bologna un automobilista
su 22 guida mentre parla al
cellulare
Un’indagine del centro Antartide, che ha osservato il comportamento di più di 3000 automobilisti, rivela, che per le strade
di Bologna 1 autista su 22 parla
al telefonino mentre guida. È
come dire che in media, se passeggiamo a lato di una strada
trafficata a due corsie, troveremo un guidatore con il telefonino in mano in poco più di una
cinquantina di metri. Il dato è
ancora più preoccupante di
quello rilevato dalla stessa indagine effettuata nel 2008 che
ne osservava 1 su 25.
È un’infrazione del codice della strada a alto rischio per chi
guida e per gli altri che sono
sulla stessa strada, certo. Ma
non si tratta solo dell’impedimento delle mani, impegnate a stringere il telefono
cellulare: secondo uno studio
dell’Università dello Utah, chi
parla al telefonino anche con
vivavoce o auricolare commette quattro volte più “errori” di
chi parla a un passeggero sulla
stessa auto. Usando il cellulare
ci si distrae, si valutano peggio
le distanze, si reagisce meno
prontamente a cambiamenti
di velocità del veicolo che precede, si tende ad usare meno
lo specchietto retrovisore, i
tempi di percezione e di reazione all’eventuale pericolo si
allungano. Perché allora non
spegnere il cellulare quando si
accende il motore?
Per saperne di più
La campagna, che si svolge
sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, è promossa a livello nazionale dal
Centro Antartide di Bologna
con la collaborazione dell’Osservatorio per l’educazione
stradale e la sicurezza della
Regione Emilia-Romagna.
Per ulteriori informazioni:
w w w.vacanzecoi fiocchi.it ;
mail: [email protected]
Attualità
Casa salvi tutti, con la
tartaruga della Regione
A cura della redazione
Le iniziative in corso
per gli anziani
Per gli anziani “fragili”
Per gli anziani, uno dei progetti punta a ridurre il rischio di caduta in casa. E’ gestito dai terapisti della riabilitazione delle Aziende Usl ed è rivolto alle persone
con più di ottanta anni di età, vittime di una caduta in
casa nell’ultimo anno, a cui si offre un programma di
attività fisica e fisioterapica, adattato alle esigenze e ai
bisogni della singola persona anziana.
Per gli ultra65enni
Il percorso inizia nei luoghi di aggregazione di persone
anziane e pensionati, dove sono organizzati incontri di
“educazione alla salute” e di prevenzione del rischio.
Alcuni volontari anziani, dopo una fase di formazione
specifica, propongono le visite di verifica delle abitazioni di amici e amiche coetanei per individuare insieme
a loro le fonti di rischio e indicare soluzioni e semplici accorgimenti utili a scongiurare incidenti domestici.
Questo progetto è attivo a Imola, Forlì, Modena, Parma,
Piacenza, Bologna, Cesena, Reggio Emilia, Rimini.
Argentovivo luglio/agosto 2010
U
na casa sicura come
il guscio di una tartaruga? Si può fare,
e spesso basta solo qualche
attenzione in più. è questo
il messaggio che la regione
Emilia-Romagna vuole dare
con lo slogan “Casa salvi tutti” della nuova campagna di
prevenzione degli incidenti
domestici, che ha come protagonisti divertenti personaggi in plastilina (tra i quali il
simbolo della campagna, una
tartaruga che esce felice dalla
sua casa-guscio). Come è noto,
infatti, gli incidenti domestici
riguardano moltissime persone, ma quello che forse è ancora poco noto è che chi ha conseguenze più gravi (tanto da
finire all’ospedale e non solo)
sono in primo luogo bambini e
anziani. E’ proprio a loro che
sono rivolti gli interventi del
piano regionale di prevenzione degli incidenti domestici e
la campagna di comunicazione “Casa salvi tutti”, appena
partita. Da diversi anni, infatti, la regione Emilia-Romagna
e le Aziende USL del territorio
sono impegnate in progetti
per la prevenzione degli incidenti domestici; dal mese di
giugno ai progetti già attivi si
sono aggiunti i materiali della
campagna di comunicazione
regionale, dal titolo “Casa salvi tutti”: opuscoli, locandine,
brevi filmati che illustrano
come, attraverso semplici precauzioni e semplici adeguamenti, si possano ridurre i fattori di rischio. Tra i materiali,
sono stati realizzati filmati di
5/10 minuti che, con ironia e
leggerezza, aiutati anche da
personaggi animati, illustrano i rischi e indicano cosa
fare per garantire la sicurezza
dei piccoli e degli anziani. Gli
spot sono stati programmati
da 17 emittenti locali nel mese
di giugno, mentre i filmati
sono proiettati negli incontri
di discussione e approfondimento, previsti nell’ambito
dei progetti di prevenzione,
durante i quali sono anche
proposte specifiche “check
list”, e distribuiti due gadget:
un paraspigoli a forma di tartaruga per i bimbi, una lucetta
notturna per gli anziani.
Tutti i materiali della campagna (video e locandine)
sono sul portale del servizio
sanitario regionale, Saluter:
www.saluter.it/casa.
Per saperne di più contatta il
numero verde: 800 033 033
La locandina con i rischi più frequenti
per la popolazione anziana
15
Attualità
Omofobia e transfobia:
il paradigma dell’invisibilità
Argentovivo luglio/agosto 2010
Cathy La Torre
16
L’
omofobia e la transfobia possono essere definiti come
una paura e un’avversione
irrazionale nei confronti delle
persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, basati
sul pregiudizio e analoghe
al razzismo, alla xenofobia,
all’antisemitismo e al sessimo. L’omofobia, altamente
diffusa in tutti gli strati della
nostra società, consiste per lo
più nel giustificare, condonare o scusare atti di violenza, di
discriminazione, di marginalizzazione e di persecuzione
perpetrati contro una persona
in ragione della sua reale o
presunta omosessualità. Negli
ultimi anni assistiamo in Italia al dilagare di fenomeni di
gravi violenze omofobe senza
che il gli organi di governo o
le autorità pubbliche siano in
grado di frenare l’escalation
di tali fenomeni. La cosiddetta omofobia sociale è così
diffusa che una recente ricerca dell’’Agenzia per i diritti
fondamentali (Fra) dell’Unione Europea ha stabilito che
l’omofobia danneggia la salute
e la carriera di quasi 4 milioni di persone in Europa e che
l’Italia è il paese dell’Unione
Europea con il maggior tasso
di omofobia sociale, politica
ed istituzionale. Le cause di
questo fenomeno vanno ricercate in una molteplicità di fattori fra cui senz’altro l’eco di
neo-fascismi e la deriva a destra che sta riguardando tutta
l’Europa ma anche i continui
attacchi che la chiesa cattolica sferra alle sessualità altre.
Come è noto dai fatti di cronaca, in Italia non esiste alcun
reato che punisca i crimini
d’odio se commessi in ragione
dell’orientamento sessuale della vittima, né esiste una legge
che riconosca un’aggravante
specifica per i reati commessi
in odio a persone omosessuali, bisessuali e transgender.
Ciò comporta l’impossibilità
di avere una rilevazione statistica attendibile, o di reperire
informazioni ufficiali da parte
delle forze dell’ordine in merito ai reati di carattere omofobico. Il vuoto di tutela che ne
deriva comporta una sorta di
invisibilità delle vittime omosessuali e transessuali nonché una sorta di autocensura,
che fa sì che moltissimi casi
di violenza rilevati dalle reti
territoriali delle associazioni
rimangano, o per decisione
delle vittime o per una giusta
delicatezza nei confronti delle
stesse, in un ambito di estrema riservatezza.
Tuttavia l’Arcigay, la maggiore
associazione a tutela delle persone LGBT in Italia, ogni anno
stila un report ufficioso sulle
violenze omofobe che vengono
a nostra conoscenza attraverso gli organi di stampa o le denunce riservate. Nonostante
sia solo la punta dell’iceberg
i dati che emergono lasciano
intravedere un quadro che è
al limite dell’emergenza sociale e che così possono riassumersi: da gennaio del 2008
a dicembre del 2009 21 omicidi, 125 aggressioni, 15 estorsioni, 9 episodi di bullismo e
20 episodi di atti vandalici e
danneggiamenti.
A ciò bisognerebbe aggiungere i casi di discriminazioni sul
posto di lavoro per i quali non
esiste una statistica neppure
ufficiosa ma che dalle segnalazioni anonime che giungono alle maggiori associazioni
LGBT, rappresentano un fenomeno in continua ascesa.
Per le ragioni suesposte da
molti anni il movimento gay,
lesbico, bisessuale e transessuale italiano invoca una tutela giuridica specifica contro
i crimini commessi in ragione
dell’orientamento sessuale o
dell’identità di genere della
vittima, consapevole che una
trasformazione culturale possa essere “sostenuta” ed “incentivata” dalla previsione legislativa di adeguati strumenti
di repressione delle violenze
omofobe e transfobiche.
Infatti, l’invisibilità di centinaia di migliaia di cittadini LGBT è il sintomo più
lampante della negazione
del nostro diritto ad avere
cittadinanza nonché allo
stesso tempo, il segno di una
pervicace politica che con
grande arroganza mortifica
ogni differenza.
Argentovivo luglio/agosto 2010
Attualità
Dal Mit al Centro europeo
sulla discriminazione
Cathy La Torre si occupa di diritti civili e
di diritti fondamentali e da anni lavora per la diffusione di buone pratiche e
del rispetto delle differenze. Nel 2005
diventa responsabile del settore legale
del Mit (Movimento identità transessuale) dedicandosi attivamente alla tutela
delle persone transessuali e transgender.
Viene altresì nominata responsabile dello
sportello legale Arcigay nazionale, incarico che ricopre dal 2008. Dal 2007 è vicepresidente del Centro europeo di studi
sulla discriminazione e coordina numerosi progetti europei volti alla lotta contro
ogni forma di discriminazione.
Cathy La Torre
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Consigli utili
Una vita da cani,
rispettando le regole
Argentovivo luglio/agosto 2010
Francesco Scarlino
Segretario nazionale
Ficiesse
18
N
otizie di maltrattamenti e incuria verso
animali sono segnalate
di frequente dai mass media e
dalle associazioni animalistiche, mentre casi di abbandono
di cani aumentano soprattutto
in prossimità dell’estate e innumerevoli sono quelli di violenza e addestramento di determinate razze alla lotta per
l’alimentazione delle scommesse clandestine. Se avete
notizie di maltrattamenti di
animali fate una denuncia agli
organi di polizia più vicini.
Doveri dei proprietari di cani
Riportiamo alcune indicazioni
generali e suggerimenti utili
per i proprietari di cani in merito alla detenzione, all’obbligo
di registrazione all’anagrafe
canina, e ai comportamenti da
tenere in caso di smarrimento
degli stessi.
E’ consigliabile dotare il cane
di un collare con una medaglietta con l’incisione dei dati
identificativi e del recapito telefonico del proprietario.
Dovete iscrivere il vostro
animale all’anagrafe canina
gestito dal servizio veterinario
dell’Asl competente per territorio. Entro 4 mesi dall’iscrizione è obbligatorio sottoporre
l’animale alle operazioni di tatuaggio (o microchip) sempre
a cura del Servizio veterinario. Il tatuaggio è obbligatorio
per legge, è un segno di riconoscimento indispensabile e
garantisce l’immeditata identificazione del cane in caso di
smarrimento.
Dovete segnalare all’anagrafe
canina dove l’animale è registrato, e qualsiasi variazione
dovuta a smarrimento, cessione definitiva, cambiamento di
residenza o morte.
Se tenete il cane all’aperto, è
consigliabile destinargli un
adeguato ricovero costruito
con materiale isolante ed impermeabilizzato in uno spazio
di opportuna ampiezza e di
condizioni igieniche idonee.
Se è indispensabile la detenzione alla catena, per motivi
di sicurezza, dovete garantirgli la possibilità di movimento con una fune di una certa
lunghezza.
Dovete fornirgli un’alimentazione quotidiana adeguata all’età e alle condizioni
fisiologiche.
Potete effettuare la limitazione di cucciolate indesiderate
solo tramite pratiche veterinarie di contenimento delle
nascite.
Rispettate le aree dove è vietato l’ingresso ai cani, come
supermercati, ospedali cinema, etc.
I proprietari ed i detentori di
cani, analogamente a quanto previsto dal Regolamento
di polizia veterinaria, hanno l’obbligo di applicargli la
museruola o in alternativa, il
guinzaglio, quando si trovano
ad
uid
La g
dino
tta
el ci
nelle vie o in altro luogo aperto
al pubblico, la museruola ed il
guinzaglio invece se condotti
nei locali pubblici e sui pubblici mezzi di trasporto.
Ricordate che i regolamenti
comunali stabiliscono precise norme di comportamento
per provvedere all’immediata
rimozione di residui organici
(apposita paletta a sacco).
Con la pubblicazione della legge
31/7/2004 n.189 è stato inseriti
nel codice penale un apposito
titolo dove vengono definite delle specifiche condotte illegali.
Viene inoltre vietato l’utilizzo
di cani e gatti per la produzione
e il confezionamento di pelli,
pellicce, capi di abbigliamento
e articoli di pelletteria costituiti o ottenuti in tutto o in parte
dalle pelli o pellicce dei medesimi nonché commercializzare
o introdurre le stesse nel territorio nazionale.
In caso di smarrimento
Trascorsi due o tre giorni dalla scomparsa dovete presentarvi al Servizio veterinario della vostra Asl per
compilare un modulo in cui saranno indicati i dati relativi all’animale: tatuaggio (microchip), breve descrizione dell’animale e data della scomparsa.
Dopo la denuncia al servizio veterinario è consigliabile
presentare una segnalazione anche alla Stazione dei
carabinieri più vicino e al Corpo Forestale dello Stato.
Auser
A cura della redazione
P
er gli anziani è iniziato
il periodo più difficile
dell’anno. E’ “l’altra
estate”, quella senza spiagge
o alberghi in quota: secondo
le statistiche, sono circa 10
milioni gli over 65 che rimangono a casa nei mesi estivi e,
fra questi, tanti sono non autosufficienti. Inoltre, puntuali
come un orologio, arrivano le
micidiali ondate di calore africano che rendono l’aria irrespirabile e ogni minima azione
difficile e faticosa. Fare la spesa, andare alla posta, recarsi
ai controlli medici, diventano
così ostacoli insormontabili.
Un insieme di problemi che si
sommano alla solitudine.
Con queste parole Michele
Mangano, presidente nazionale dell’Auser, introduce la
guida che l’associazione di
volontariato ha diffuso per
consentire agli anziani di “vivere l’estate sereni, sicuri e
informati”.
Realizzata in collaborazione
con il dottor Marco Ferretti
dell’unità di geriatria della
Fondazione Irccs “Ospedale
Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena” di Milano,
la guida offre consigli utili per
affrontare il grande caldo,
dando le risposte alle domande
più frequenti: che cosa è l’eccesso di calore, come avviene
la termoregolazione del corpo,
cosa succede nell’organismo
quando si fronteggia il caldo. E
ancora, che cosa sono lo stress
e l’esaurimento da calore, che
cosa il colpo di calore e quali i
soggetti più a rischio
Ma si possono prevenire i problemi legati al gran caldo? A
volte bastano semplici precauzioni, che però devono essere
adottate sistematicamente.
Riguardano la vita di tutti i
giorni, dall’abbigliamento da
indossare, alle bevande da
assumere, all’alimentazione
che deve essere ricca di frutta
e verdura. E poi la casa, che va
tenuta il più fresca possibile,
chiudendo le finestre di giorno
e aprendole di notte.
Ovviamente grande aiuto
possono darlo gli impianti di
condizionamento. A questo
proposito ricordiamo che alcuni Comuni, grazie a una
contrattazione con i sindacati
dei pensionati, hanno previsto
per gli ultrasessantacinquenni in particolari condizioni
di reddito delle agevolazioni
proprio per l’installazione dei
condizionatori.
E per rispondere al meglio ai
bisogni di aiuto, di compagnia
e di informazione degli anziani, l’Auser ha anche messo a
punto “E…state con noi”. Un
vero “piano di emergenza”, che
prevede innanzitutto il potenziamento dei servizi, completamente gratuiti, offerti dal
Filo d’Argento con il numero
verde 800 995988: basta una
telefonata per avere non solo
informazioni, ma anche un aiuto pratico per i bisogni di tutti
i giorni, dalla consegna della
spesa ai farmaci, dalla compagnia al trasporto. Per aiutare
nel disbrigo delle pratiche, ma
soprattutto per portare un sorriso a chi è solo, nelle principali città ci si può poi rivolgere
ai “pony della solidarietà”,
centinaia di giovani muniti di
scooter o bicicletta, pronti ad
aiutare chi ha bisogno.
Per tutta l’estate, inoltre, le
sedi Auser saranno “aperte per
ferie” e proporranno iniziative
di svago e di socializzazione,
dalla musica ai pranzi in compagnia, utili per contrastare la
solitudine di chi le vacanze le
passa a casa.
Ma un invito finale va ai vicini
di casa degli anziani: informatevi per primi se chi abita
accanto ha bisogno di aiuto o
semplicemente di scambiare
quattro chiacchiere e, in caso
di necessità, non esitate a contattare i servizi comunali e
l’Auser più vicina.
Argentovivo luglio/agosto 2010
Per un’estate da vivere
sicuri, sereni e informati
19
Territori e leghe
Cesena, al via l’accordo
sui servizi socio-sanitari
Argentovivo luglio/agosto 2010
Marco Morellini
Segretario Generale
Spi-Cgil Cesena
20
N
ei mesi scorsi, i sindacati confederali Cgil,
Cisl e Uil, insieme ai
pensionati e alla Funzione
pubblica, dopo un lungo confronto hanno sottoscritto un
importante accordo in materia
di accreditamento dei servizi
socio-sanitari con l’Azienda
Usl di Cesena e con i Comuni e
l’Azienda di servizi alla persona (Asp) del distretto Cesena
Valle Savio.
Si tratta di un accordo conseguente alle nuove disposizioni
regionali in materia di accreditamento che devono essere
applicate in tutti i territori, in
particolare rispetto a quanto
previsto dalle delibere della
giunta regionale n. 514 e n.
2110 del 2009.
In premessa si è ritenuto, da
parte di tutti i firmatari, che
il sistema di accreditamento
costituisca un’importante occasione di qualificazione dei
servizi e del lavoro di cura, di
omogeneizzazione della qualità offerta e delle forme di partecipazione al costo dei servizi
da parte dei cittadini.
Per ottenere questi risultati,
la strada che si intende intraprendere è quella di un innalzamento della capacità gestionale dei soggetti produttori
dei servizi, del miglioramento
dell’efficienza e della razionalizzazione del sistema di offerta, insieme e congiuntamente
al pieno riconoscimento ed
alla valorizzazione del lavoro
degli operatori.
Si è condiviso di superare la
frantumazione gestionale dei
servizi assistenziali nelle strutture che vedono oggi lavorare
insieme operatori delle cooperative sociali e dipendenti con
contratto di pubblico impiego,
arrivando ad un’unica forma
gestionale.
Nella più grande struttura di
servizio residenziale e semiresidenziale per anziani dell’Asp
- il “Nuovo Roverella” che prevede una ricettività di 98 posti
in “casa protetta”, di 22 posti
in “centro diurno” e di 9 posti
per disabili - si arriverà alla
gestione diretta superando gli
appalti alle cooperative, così
come per le strutture residenziali e semiresidenziali gestite
dai Comuni di Bagno di Romagna e di Sarsina.
Le altre due strutture residenziali e semiresidenziali
per anziani dell’Asp presenti
a Cesena e Mercato Saraceno,
saranno invece oggetto di accreditamento da parte di soggetto privato da individuarsi
sulla base di quanto previsto
dalle disposizioni regionali
vigenti.
L’Asp di Cesena Valle Savio e
i Comuni di Sarsina e di Bagno di Romagna si sono impegnati a definire, in ambito
distrettuale, un successivo
protocollo di intesa con le
organizzazioni sindacali di
categoria della Funzione pubblica. Questo protocollo stabilirà i percorsi di assunzione
del personale necessario a
garantire la gestione unitaria
dei servizi socio-assistenziali,
con particolare attenzione
alla definizione della dotazione organica e alle possibilità
che la normativa vigente offre
per la salvaguardia e la valorizzazione delle professionalità degli operatori assistenziali e sanitari e delle cooperative oggi impiegati nei servizi.
Così come analogo impegno
è stato espresso per gestire
eventuali forme di mobilità
interna all’Asp e fra le strutture comunali, a seguito della
riorganizzazione dei servizi
prospettata.
Il Comitato di Distretto si è
inoltre impegnato a favorire
opportune sinergie tra le gestioni pubbliche esistenti sul
territorio distrettuale, al fine
di favorire processi riorganizzativi attenti alle esigenze dei
lavoratori e alla sostenibilità
economica del sistema di finanziamento dei servizi.
Tutti i soggetti firmatari
dell’accordo si impegnano
a monitorare i processi riorganizzativi che, a seguito
dell’applicazione della normativa sull’accreditamento, si
attiveranno nei servizi sociosanitari del Distretto Cesena
Valle Savio, affinché siano una
concreta opportunità di qualificazione delle professionalità
esistenti e di miglioramento
delle condizioni lavorative
nonché delle opportunità occupazionali. Allo scopo sono
previste delle cadenze temporali di verifica.
Nell’accordo è prevista anche l’istituzione di un tavolo
specifico di confronto con le
organizzazioni sindacali dei
pensionati per monitorare la
sostenibilità economica dei
processi riorganizzativi, con
particolare attenzione all’impatto di tali processi sulle
rette dei cittadini, sulla qualità dei servizi accreditati e
in ordine all’utilizzo di quota
parte del Frna (Fondo regionale non autosufficienza). Le
rette 2010 sono state bloccate e quindi non si procederà
a nessun aumento, confronti
su eventuali future revisioni
delle rette si svilupperanno
solo con l’avvio del processo di
accreditamento e verificate le
conseguenze sulla qualità dei
servizi offerti.
In conclusione, si può affermare che, rispetto al delicato
tema della gestione dei servizi
socio-sanitari, si è delineato
un quadro chiaro e trasparente, da cui si svilupperà un importante percorso volto a garantire una maggiore stabilità
e qualità dei servizi, una maggiore omogeneità e una più forte integrazione territoriale. Il
tutto all’interno di un approccio che punta sulla partecipazione. Un percorso che certamente dovrà affrontare molti
ostacoli per garantire una piena realizzazione dell’accordo,
a partire dai provvedimenti
restrittivi in materia di assunzione di personale e di risorse
presenti nella iniqua manovra
che ha deciso il Governo con
il decreto legge n.78 del 31
maggio scorso e che oggi è in
discussione nelle aule parlamentari per la sua conversione
in legge.
Argentovivo luglio/agosto 2010
Territori e leghe
21
Territori e leghe
Modena, insieme
per stare più sicuri
Luisa Zuffi
Segretaria Generale
Spi-Cgil Modena
Argentovivo luglio/agosto 2010
R
22
endere più sicura la
vita nei quartieri e
anche nelle case, migliorare la mobilità e semplificare l’accesso e la fruizione ai
luoghi pubblici e a tutta la rete
dei servizi comunali. Per dare
risposte concrete ai cittadini e
alle cittadine di ogni età e condizione sociale, un importante
accordo è stato siglato lo scorso
22 giugno tra le Leghe Spi del
Buon Pastore e di Sant’Agnese
e una circoscrizione del Comune di Modena, grazie anche al
lavoro preparatorio fatto da
Franco Zavatti, già segretario
generale dello Spi modenese.
L’accordo, sottoscritto anche
dai sindacati Fnp e Uilp, prevede la partecipazione attiva
dello Spi nella realizzazione
di corsi di informazione e di
formazione finalizzati a preparare volontari e volontarie che
saranno in grado di raccogliere
le segnalazioni degli abitanti
della circoscrizione. I cittadini, infatti, potranno rivolgersi
ai volontari per indicare tutto
ciò che non va o che può essere
fatto per migliorare la vita nel
quartiere, dal verde pubblico
mal conservato, all’eventuale
cantiere non proprio regolare,
fino al sospetto di attività malavitose in corso.
I sindacati dei pensionati provvederanno inoltre a organizzare assemblee pubbliche con
gli anziani, in cui agenti della
Polizia municipale ed esperti
individuati dalle istituzioni risponderanno a tutte le domande sul tema della sicurezza in
ogni suo aspetto: dalla sicurezza sociale a quella economica,
dalla tranquillità personale al
quieto vivere in comunità, dalla vita dentro e fuori le mura
domestiche alla paura e la
paura e la solitudine.
La Città di Modena lavora da
anni sul tema della sicurezza,
ma è la prima volta che questo
lavoro coinvolge direttamente
le organizzazioni sindacali dei
pensionati. Certo, sarà importante verificarne l’effettiva attuazione, ma i presupposti per
un intervento incisivo ci sono
tutti.
Per lo Spi, infatti, la strategia
per rendere le città più sicure
non può che passare attraverso
politiche sempre più integrate
fra di loro, ma anche attraverso
la diffusione della conoscenze,
il coinvolgimento dei cittadini
e la loro responsabilizzazione.
Senza dimenticare la valorizzazione del volontariato civico, che non può sostituire le
istituzioni pubbliche ma deve
accompagnarle, rimanendo a
fianco e al servizio delle cittadine e dei cittadini.
E al fianco dei cittadini come
sempre ci saranno anche le
Leghe Spi, con i loro progetti
e i loro interventi per rendere più sicura la vita nei quartieri e nelle comunità e dare
una mano per risolvere quei
piccoli e grandi problemi su
cui il Governo Berlusconi
in questi anni ha fatto solo
propaganda.
Territori e leghe
Paola Guidetti
Il
7 luglio di cinquant’anni fa, alle 4 del pomeriggio, nella piazza del
Teatro municipale a Reggio
Emilia c’era molta gente. Lavoratori che volevano partecipare a una manifestazione
indetta dalla Cgil a conclusione di uno sciopero di protesta
contro le violenze della polizia
avvenute il giorno precedente
a Roma. Per quella manifestazione era stata concessa la
sala Verdi del Teatro Ariosto,
una sala che può contenere al
massimo 400 persone. In quel
periodo, a Reggio Emilia, alle
manifestazioni della Cgil partecipavano sempre migliaia di
persone. La mattina il Prefetto
aveva dato ordine di sciogliere
con la forza qualsiasi “assembramento non autorizzato”.
Questa espressione significava, per le leggi dell’epoca,
una riunione non autorizzata con più di tre persone.
Poco prima della manifestazione su questa piazza c’erano
almeno duemila persone e prima della manifestazione d’un
tratto la polizia ha caricato
e poi, inspiegabilmente, si è
messa a sparare. Ha ferito sedici persone e ne ha uccisi 5,
tutti operai.
Cinque operai che non avevano
fatto niente.
Era il 7 luglio 1960. Governo Tambroni. Presidente
della Repubblica Gronchi.
Gli operai uccisi si chiamavano Lauro Farioli, Ovidio
Franchi, Emilio Reverberi,
Marino Serri e Afro Tondelli. Erano tutti giovani.
La Camera del lavoro di Reggio
Emilia ha ricordato quest’anno i 50 anni da quel terribile
giorno e lo ha fatto con un programma di iniziative che hanno visto la partecipazione dei
rappresentanti sindacali e delle istituzioni locali e nazionali.
Accanto a loro i lavoratori, i
pensionati, i giornalisti, gli storici, le associazioni, ma soprattutto c’erano loro, i giovani. I
giovani che oggi hanno l’età di
quegli operai quando furono
uccisi. I giovani come Jessica
Farioli, nipote di Lauro, che
oggi ha due anni in meno di
quanti ne aveva il nonno quando morì in piazza. Lei, quando
si è presentata alla maturità, lo ha fatto con una tesina
multimediale sui tragici fatti
del Luglio 1960, perchè non
vuole che siano dimenticati.
Argentovivo luglio/agosto 2010
Reggio Emilia, 7 luglio 1960
morti per la libertà
Lauro Farioli 22 anni ucciso dalla polizia
La tesina racconta i fatti e li
mescola con le emozioni di chi,
nipote di un martire, è cresciuta in una famiglia segnata da
quei giorni, sia nel dolore che
nell’orgoglio. Lo fa con grande equilibrio, con la lucidità
e il coraggio che sono propri
dei giovani. Di quelli che, oggi
come allora, amano la vita. “Il
futuro è dei giovani - dice Jessica nelle conclusioni della sua
tesi - un futuro, aggiunge, che
certo non sarà facile gestire”.
Una tesi condivisa anche da
filmato realizzato dalla Cgil
di Reggio Emilia in questa
occasione “Vento di luglio”,
filmato curato per la parte
giornalistica dal direttore di
Telereggio Paolo Bonacini.
Mercoledì 7 luglio 2010 al Teatro Ariosto di Reggio Emilia
hanno preso parte al convegno
sul tema “Lavoro, libertà, democrazia nel 50esimo anniversario del 7 luglio 1960” organizzato dalla Cgil moltissime
persone. Tra loro il presidente
della regione Emilia-Romagna
Vasco Errani e la Segretaria
nazionale di Spi-Cgil Carla
Cantone. Il programma delle
iniziative è stato organizzato
dalle Camere del Lavoro di Genova, Reggio Emilia, Palermo,
Catania e Roma, in collaborazione con la Fondazione Di Vittorio e l’Anpi, e con il sostegno
delle amministrazioni locali.
23
Territori e leghe
Parma, Patrizia Maestri
segretaria generale Cgil
Argentovivo luglio/agosto 2010
A cura della redazione
24
P
iù di cento anni sono
trascorsi dalla nascita della Camera del
Lavoro di Parma, e finalmente, per la prima volta nella
sua storia, il nuovo segretario generale di via Casati
Confalonieri è una donna.
La nuova segretaria generale
della Cgil di Parma è Patrizia
Maestri.
Il Comitato Direttivo l’ha
eletta come da regolamento a voto segreto, con il 68%
dei voti a favore su 105 presenti (dei 122 componenti
il direttivo), 18 contrari, 15
astenuti e una scheda bianca.
Patrizia Maestri succede a Paolo Bertoletti, il cui mandato è
giunto nei giorni scorsi alla sua
naturale scadenza degli 8 anni.
Nata a Trecasali di Parma 56
anni fa, sposata, con una figlia
anch’essa impegnata nel sindacato, Patrizia Maestri entra
come delegata Cgil della UpimRinascente nel 1983. Nel 1987
viene incaricata di riorganizzare il Coordinamento Donne
della Cgil di Parma e nel 1988
entra nella segreteria provinciale Filcams, di cui diverrà
segretaria generale nel 1995.
Da sempre impegnata nell’associazionismo e nelle iniziative di promozione delle pari
opportunità, anche all’interno
delle istituzioni locali, prosegue la sua attività sindacale
divenendo segretaria confederale fin dal 1998. Manterrà tale
incarico, a tempo pieno, fino al
2005, occupandosi in particolar modo di mercato del lavoro,
sicurezza e politiche educative.
Nel 2006 viene eletta segretaria generale del Sindacato
pensionati della Cgil di Parma; qui il suo impegno è
prevalentemente rivolto alla
contrattazione territoriale e
sociale, oltre che al coordinamento e alla valorizzazione di
una categoria che, nel territorio, conta oltre 40mila iscritti.
Nelle prossime settimane si
avvierà la discussione che
porterà alla elezione della
nuova segreteria confederale. “Già i prossimi giorni mi troveranno impegnata – spiega
la nuova segretaria – nel proseguire l’attività di monitoraggio e contenimento delle
crisi aziendali che stanno
interessando ormai da troppi
mesi il nostro contesto produttivo, con particolare riferimento al lavoro di confronto con le istituzioni e le organizzazioni datoriali in difesa
delle condizioni di lavoratori
e pensionati. Non c’è dubbio
che l’unica linea attualmente
percorribile sia quella della
continuità rispetto alle azioni intraprese da chi mi ha
preceduto, con l’auspicio di
non disattendere le aspettative e la fiducia che hanno permesso la mia elezione”.
Territori e leghe
Piero Bonomini
Segretario Lega Spi-Cgil
di Cortemaggiore
Maria Gozzi
Segretaria territoriale
Spi-Cgil Piacenza
Tamer Favali
Segretario generale
Spi-Cgil Piacenza
C
ortemaggiore è stata
per decenni la città
del petrolio rappresentata dal cane a 6 zampe del
logo Agip e amministrata a
lungo dalla sinistra con varie
formule.
Ora non è più così e in questa
bella cittadina della Val d’Arda, ancora ricca di fermenti,
crescono
quotidianamente
precarietà e nuove povertà,
nuovi bisogni e insicurezze.
Qui il precedente gruppo dirigente dello Spi piacentino
ha deciso, saggiamente, di investire per lo sviluppo del sindacato e il nuovo gruppo dirigente, recentemente eletto, ha
portato a termine la missione.
Venerdì 18 giugno, giorno di
mercato, è stata inaugurata la
nuova sede Spi-Cgil.
Molti i presenti a questo modesto, ma significativo evento.
Dirigenti sindacali, rappresentanti dell’amministrazione di
destra, dei partiti di sinistra,
dell’Anpi, dell’Arci, di Associazioni di impegno sociale e
culturale. E, soprattutto, numerosi pensionati, pensionate,
Il segretario di lega Piero Bonomini. Sulla sinistra
Celestino Sampieri, attivista volontario
cittadini curiosi, interessati,
soddisfatti. La nuova sede
è a pianoterra, adiacente al
centro storico, con facilità di
parcheggio, anche gratuito.
Si compone di due luminose
e ampie stanze con vetrine a
strada, più una terza adibita
ad archivio, oltre ai servizi.
Su richiesta particolarmente
pressante degli iscritti più attivi, l’ufficio avrà almeno due
aperture settimanali ed offrirà il servizio programmato di
Caaf e Inca . L’immobile fu acquistato dallo Spi e poi donato alla Confederazione. Negli
anni è stato ristrutturato con
sacrifici che hanno coinvolto
numerose persone, pensionati
e non.
Cortemaggiore, unitamente ai
Comuni di Alseno, Besenzone,
San Pietro in Cerro fa parte
della lega Spi di Fiorenzuola,
sede del distretto socio-sanitario del Levante, uno dei tre sui
quali è articolata la Provincia
di Piacenza ed è, dopo Fiorenzuola, il Comune più grande
con circa 4.000 abitanti. Gli
abitanti ultrasessantenni sono
circa il 21% della popolazione.
è, questa, una zona di pianura
con un tasso migratorio interno accentuato a favore di popolazione giovane o relativamente giovane.
La lega Spi al 31 dicembre 2009
contava su 2.363 iscritti, la terza come ordine dimensionale
delle 12 leghe piacentine. Il
segretario della lega, Piero
Bonomini, intervenendo ha
espresso grande soddisfazione, ringraziato i presenti,
sottolineato ruolo e funzione
dello Spi nel territorio. In particolare, richiamando la sollecitata, gradita presenza del
vicesindaco nonchè assessore
ai Servizi sociali del Comune
di Cortemaggiore, Ivo Tacchini, l’importanza fondamentale
della contrattazione sociale
territoriale e di relazioni positive con ogni soggetto che
si ponga come obiettivo strategico il benessere di tutti,
a partire dai più bisognosi.
Il segretario provinciale Spi,
Tamer, Favali, assai compiaciuto di questo atto concreto
che onora sia chi ha diretto
in precedenza lo Spi, sia chi
lo sta dirigendo ora, ha voluto
ricordare che lo Spi è costituito da persone anziane ricche
di memoria e di storia sindacale, di principi e valori che
hanno incarnato vite sofferte
e laboriose.
Da questo punto di vista la
presenza attiva dello Spi nel
territorio e, in generale di tutta
la Cgil che a Piacenza è ancora
molto arretrata, è ricchezza da
cogliere e va sottolineata con
forza la proficuità dei rapporti
negoziali con l’amministrazione
di destra con la quale si fanno
accordi importanti e attuati.
Argentovivo luglio/agosto 2010
Cortemaggiore,
nuova sede per lo Spi
25
I temi della memoria
Slobodan
vuol dire libero
Vivere l’altrove: storie di migranti nella globalizzazione
Argentovivo luglio/agosto 2010
Anna Maria Pedretti
26
L’
intervista a Slobodan Orlic, un
ingegnere proveniente dalla ex
Yugoslavia che oggi vive a Modena, è stata realizzata all’interno del progetto Memoria dello Spi-Cgil dedicato alla
scrittura autobiografica e alla raccolta di
testimonianze intrapreso nell’inverno del
2008-2009. Slobodan mi è stato presentato
da Francesca Cocozza, funzionaria del
Sindacato Pensionati e che ha partecipato
insieme a me al corso. La testimonianza è
stata raccolta in due momenti tra il 2009
e l’anno in corso. Diversi sono i punti che
emergono dal racconto. Innanzi tutto la
scelta di non schierarsi nel conflitto che
si stava profilando fra croati e serbi. Una
scelta pacifista, difficile, perseguita da
pochi e pagata duramente. A distanza di
anni l’emozione nel rivivere gli episodi
dell’incendio della propria casa era molto
Wassily Kandinsky: Impressione III pittura con muro giallo
intensa ma non accompagnata da risentimento. Un altro aspetto che emerge è la
volontà di non disconoscere interamente
l’esperienza socialista vissuta in Yugoslavia, anche se rivista nel confronto con il
paese di accoglienza, in un periodo in cui
la rimozione del passato e la negazione di
esperienze e aspirazioni anche condivise
appare come la via più comoda e praticata
per affrontare il futuro. Altri momenti significativi dell’intervista riguardano l’integrazione nella vita produttiva e sociale
I temi della memoria
All’inizio del suo racconto Slobodan, nato
nel 1946, parla dei suoi luoghi d’origine e
della sua famiglia: Vika, una provincia situata tra Fiume e Zara, a circa 80 chilometri da Fiume, i suoi genitori, nati nei primi
anni del ‘900, i fratelli e le sorelle. Uno di
essi è morto a Sarajevo nel 1957 come soldato dell’esercito e ancora oggi non si conosce
il motivo. Poi i genitori nel 1924 si sono trasferiti per problemi di lavoro in Slavonia. La
Slavonia è una provincia vicino all’Ungheria
compresa tra il fiume Drava e il fiume Sava.
“Mio padre prima lavorava come operaio,
Mostar, Foto di Mina Cilloni
Ho dipinto la pace
Avevo una scatola di colori
brillanti, decisi, vivi.
Avevo una scatola di colori,
alcuni caldi, altri molto freddi.
Non avevo il rosso
per il sangue dei feriti.
Non avevo il nero
per il pianto degli orfani.
Non avevo il bianco
per le mani e il volto dei morti.
Non avevo il giallo
per la sabbia ardente,
ma avevo l’arancio
per la gioia della vita,
e il verde per i germogli e i nidi,
e il celeste dei chiari cieli splendenti,
e il rosa per i sogni e il riposo.
Mi sono seduta e ho dipinto la pace.
T. Sorek
ma dopo è diventato telefonista e anche durante la seconda guerra mondiale era telefonista dalla parte dei partigiani e ha avuto
anche una pensione per questo. Quando è
finita la guerra mi ha dato nome Slobodan
perché la guerra era finita con la libertà e
Slobodan vuol dire libero. Io ho studiato a
Zagabria dove sono diventato ingegnere e
poi sono andato a lavorare in una grande
ditta che produceva mobili nella mia città,
a Slatina. Ora sono pensionato e ricevo una
pensione dall’Italia perché due anni fa ho
avuto la cittadinanza italiana e percepisco
anche una pensione dalla Croazia”.
Tito
“Tito è stato un politico bravo che ha rispettato tutte le minoranze e ha mantenuto anche una fraternità e libertà, non nel senso
di Ceausescu o Stalin. Fin da piccolo sapevo
queste cose perché ho vissuto anche il 1956
quando c’è stata la rivoluzione in Ungheria.
Noi abitavamo vicini, Slatina dista sette
chilometri dall’Ungheria, e ho visto tanti
ungheresi scappare in Yugoslavia.
Con Tito non c’era un partito unico
Argentovivo luglio/agosto 2010
di Modena. Slobodan individua caratteristiche importanti del tessuto produttivo
modenese quando sottolinea la professionalità e la capacità tecnica dei lavoratori
conosciuti nell’esperienza di lavoro. Infine
nelle ultime parole si può cogliere l’invito
a non dare per scontati aspetti della vita
e dell’organizzazione sociale ancora presenti nel nostro paese (anche se, bisogna
dirlo, sempre più sotto il mirino dei tagli e
delle privatizzazioni) la cui rilevanza “solo
uno straniero può capire”.
27
Argentovivo luglio/agosto 2010
I temi della memoria
28
comunista, ma anche un partito socialista,
nel senso che il partito socialista guidava
il governo slavo. Normalmente i comunisti
decidono loro per tutte le cose. Si sa storicamente che lui ha estromesso Stalin e i suoi
soldati dalla Yugoslavia e che chi era contro
Tito veniva mandato nell’isola di Goli Otok
come politico in galera per un paio di anni
solo perché aveva detto: Io sono per Stalin.
Stalin era un mito per tutti i comunisti slavi, perché aveva liberato mezza Yugoslavia.
Nel 1945 ci si è liberati dei tedeschi e degli
italiani e dopo in Yugoslavia ci sono stati
i soldati russi e io mi ricordo bene che un
mio professore mi ha detto che avevano
la paga tripla dei nostri soldati e facevano
quello che volevano. E Tito ha detto: basta,
andate via. Dopo pian piano abbiamo fatto
molte cose buone, nel senso che si produceva molto più di prima. Un’altra cosa positiva
l’ha fatta nel 1965 quando ha dato la possibilità di avere il passaporto a tutti, quindi
quelli che non la pensavano come lui potevano andare via. Tito ha anche introdotto
una novità, l’autogestione che ancora adesso dopo tanti anni vissuti là, penso abbia
aspetti positivi. Adesso provo a spiegarla.
L’autogestione è una cosa che serve per un
governo, per produrre di più perché si usano operai più bravi in fabbrica che danno
consigli per la produzione e anche per organizzare meglio il lavoro: chi non lavora
bene, chi è indisciplinato, eccetera. Così si
può contribuire al miglioramento della fabbrica in cui si lavora”.
Vivere insieme
“Conosco molto bene la situazione dei rapporti inter-etnici nell’epoca di Tito anche
perché leggevo i giornali e mio padre aveva l’hobby della politica. Tito è stato molto
intelligente nel senso che conosceva bene
la situazione del paese perché viaggiava
sempre in tutta la Yugoslavia. Conosceva i
problemi. Allora, i nemici del comunismo,
in Croazia, anche prima di Tito, erano gli
Ustascia. Alla metà degli anni ’60, molti di
loro sono andati nei paesi dell’ovest (Italia, Germania, Francia, Spagna, Argentina, Australia ecc.) e hanno preparato le
cose contro la Yugoslavia, ma non hanno
avuto la capacità di fare niente. Tito sapeva queste cose. Lui ha dato ai musulmani
di Bosnia la nazionalità, sapete quando
un popolo prende la sua nazionalità è contento, anche ieri sera ho visto in TV che a
Sarajevo c’è un monumento a Tito e anche
in Kosovo, perché anche gli albanesi che
sono per il 95% musulmani erano tutelati. Kosovo e la Vojvodina erano provincie
quasi indipendenti con una loro lingua,
università, scuole.
In Croazia dove sono nato io fino agli anni
più recenti non si sapeva quasi nulla delle
differenze etniche, di chi è serbo o croato,
cattolico o ortodosso. Allora c’erano tanti matrimoni misti, ad esempio nella mia
famiglia. Non c’era differenza. Poi hanno
cominciato a lottare su delle piccole cose,
ad esempio per questioni linguistiche. E in
questo modo sono cominciate le differenze. Da queste differenze subito si identifica
chi è serbo o croato. Queste sono le piccole
cose che pian piano sono aumentate.
Nel 1980 tutti piangevano, tutta la Yugoslavia piangeva per Tito. Tutta! Abbiamo
visto in TV che la gente piangeva perché
hanno amato tanto Tito. Poi sono arrivati
questi che hanno voluto distruggere il comunismo perché il nostro era un esempio
che uno stato si può reggere su un regime
comunista. Qui in Italia ho capito che è
meglio avere un po’ di opposizione per andare avanti, è meglio anche litigare. Invece prima pensavo che il comunismo basato
sull’autogestione potesse vincere, e lo penso ancora oggi”.
La religione che divide
“Quando se ne è andato Tito pian piano
tutti questi che prima erano comunisti
sono diventati cristiani che credono in
Dio, vanno in chiesa: una cosa incredibile!
Papa Wojtila è stato contro il comunismo.
È venuto tre volte in Croazia, perché? Io
ho saputo le cose che accadevano in quel
periodo in Slatina dove il prete diceva:
“Uccidete i serbi”. I politici accentuavano
le differenze fra la popolazione e usavano
anche la religione. La religione divide. Per
me questa è stata una guerra di religione. Per prima cosa nessun serbo è stato
nell’esercito croato, nessun croato è stato
nell’ esercito serbo, nessun musulmano è
stato né nell’esercito serbo né in quello
croato. Nella seconda guerra mondiale
erano partigiani e ad esempio poteva capitare che di due fratelli uno fosse comunista e l’altro cetnico o ustascia. Allora la
divisione era politica. Ora no.
Adesso nelle scuole si insegna religione,
si fanno grandi chiese, ma la gente povera non ha da mangiare. Durante il periodo di Tito non si insegnava la religione. Si
spiegava in senso scientifico cosa è la religione. Nelle scuole non c’erano divisioni,
nemmeno in Bosnia, solo in Kosovo perché
la lingua kosovara è l’albanese. C’erano
scuole in albanese per i bambini più piccoli fino all’università, scuole che ora non
ci sono più, incredibile. I miei nipoti prima
si definivano yugoslavi perché, se il papà
è croato e la mamma serba, come ti definisci? Yugoslavo. Ti definisci così per non
dare importanza alle differenze etniche.
Invece adesso è il contrario. Mio nipote si
è sposato in chiesa per non avere problemi
e credo abbia ragione.
Milosevic e Tudjman, dal ’90 fino al ’95
durante i quattro anni di guerra, si sa che
erano in contatto per dividere la Bosnia.
All’Aia è andato Milosevic dove si è ammalato ed è morto e Tudjman non è andato
perché è morto prima, ma se fosse stato
vivo anche lui sarebbe andato all’Aia e
sarebbe stato giudicato responsabile degli
eccidi e dei crimini di guerra.
Perché hanno voluto attaccare la Bosnia?
In Bosnia Erzegovina ci sono tre etnie:
musulmani croati e serbi. Alla fine della seconda guerra mondiale Tito ha fatto
costituire le provincie autonome, ha dato
alla Croazia una grande posizione, la Slovenia agli sloveni, invece la Bosnia con tre
etnie non si poteva dividere. Milosevic e
Tudjdman hanno tentato di dividerla. Il
primo voleva una grande Serbia, mentre
il secondo voleva annettere l’Erzegovina e
formare una grande Croazia. Chi ha avuto
più problemi? I serbi di Croazia e i serbi di
Bosnia e i musulmani in Bosnia; questi non
avevano nessun aiuto se non da altri paesi
musulmani che hanno mandato soldi”.
I temi della memoria
Mostar, Foto di Mina Cilloni
è stata una vicenda assai dura. Quando è
stata incendiata, la casa era vuota, non
c’era più nessuno, è stata una cosa per vendetta perché secondo me chi l’ha incendiata ha pensato che ero andato in montagna
per lottare contro di loro. Non hanno capito che ero venuto in Italia.
Io avevo deciso di non schierarmi, di non
andare in montagna come avevano fatto
in tanti perché sono sempre a favore della
pace anche perché mio fratello e mia sorella avevano fatto un matrimonio misto e
non volevo fare la guerra contro di loro e
anche mia moglie è serba. Lei è stata giudice di pace e ha dovuto fare questo lavoro
sia contro i serbi sia contro i croati ed era
un pericolo per lei.
I miei amici erano da tutte e due le parti.
Una parte è andata in montagna e una parte è rimasta in città. Questo vuol dire che
non erano più miei amici, ma erano nemici
perché io ero per la pace mentre loro erano per la guerra”.
C’è ancora odio
“Sono tornato in Croazia quando c’era ancora la guerra, perché là avevo i miei parenti, sono riuscito ad avere il passaporto
nel 1994. Sono tornato più volte e ho visto
che ancora oggi la vita è peggiorata rispetto agli anni prima della guerra. I rapporti
tra le persone sono peggiorati, c’è ancora
odio. Anche perché i serbi sono diventati
una minoranza e hanno paura. Tutte le
montagne in Slavonia erano serbe, adesso
sono tutte vuote, le case distrutte, incendiate. Hanno cercato di cancellare la memoria: nella mia città c’era un monumento
a un partigiano, è stato distrutto, altri monumenti distrutti, altre testimonianze della seconda guerra mondiale, antifasciste,
hanno distrutto tutto e nessuno ne parla”.
Il lavoro in Italia
“In Italia sono venuto senza alcun problema. Conoscevo un po’ l’Italia e parlavo
anche un po’l’italiano perché avevo avuto
Argentovivo luglio/agosto 2010
Per non schierarmi
“Sono venuto via dal mio paese il 24 agosto
1991 perché avevo previsto che ci sarebbe
stata la guerra fra la Serbia e la Croazia.
Sono venuto con mia figlia mentre mia moglie è rimasta a custodire la casa, ma ci
ha raggiunti dopo un paio di mesi. Della
mia famiglia siamo i soli che ce ne siamo
andati, fratelli e sorelle sono rimasti là. La
decisione è stata molto difficile, inoltre ho
sbagliato le mie previsioni perché pensavo
che la guerra in Croazia sarebbe durata
poco tempo, solo qualche mese; invece è
durata quattro anni. E così sono venuto
con le maniche corte pensando di tornare
indietro, ma è successo che sono ancora
qui. Quando sono partito pensavo che saremmo ritornati a casa, ma a guerra finita
non ho più pensato di ritornare a Slatina
perché la situazione era molto cambiata.
Era sorto un grande odio tra vicini e poi,
dopo che mia moglie era venuta in Italia,
hanno incendiato più volte la mia casa ed
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Argentovivo luglio/agosto 2010
I temi della memoria
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rapporti di lavoro con ditte italiane. La
prima volta c’ero stato nel 1965, ero andato a Trieste a Padova e Venezia e mi era
piaciuta molto. Anche i miei genitori me ne
avevano parlato, l’avevo vista in TV, conoscevo tanti vostri politici, giocatori di calcio, sportivi, mi ricordavo delle Olimpiadi
a Roma. Quando sono venuto in Italia, gli
italiani mi sono piaciuti e anche oggi sono
molto contento, anche perché ho preso la
cittadinanza italiana cosi come mia figlia
e mia moglie. In Italia era già venuta la sorella di mia moglie che si era trasferita a
Modena nel 1972.
In un primo tempo pensavo che sarei tornato in Croazia e allora non cercavo lavoro. Sono andato per tre mesi in Francia
dove mio cugino aveva una ditta e ho lavorato con lui ma quando sono tornato nel
mio paese, dove avevano incendiato la mia
casa, ho capito che sarei rimasto in Italia
perché la guerra continuava. Presa questa
decisione ho contattato un mio conoscente
di Trieste con il quale avevo avuto rapporti
di lavoro quando ero a Slatina, gli ho chiesto di aiutarmi a trovare lavoro e lui poco
dopo mi ha cercato e ha detto: “Chiama
questo numero e vai là che ti danno lavoro”. Sono venuto a lavorare a Modena nella
zona Torrazzi, in regola, come operaio e ci
sono stato quasi due anni”.
Slobodan ha poi cambiato vari lavori sempre come operaio ed anche come rappresentante di vendita di macchine per legno.
Infine è ritornato nella prima ditta Montale “e li ho lavorato fino a quando hanno
chiuso perché l’azienda è stata acquisita
da una ditta di Vicenza che dopo due o tre
anni ha chiuso la fabbrica di Montale per
fare la produzione altrove. Sono andato in
cassa integrazione e successivamente ho
trovato lavoro in un’azienda meccanica
dove ho lavorato circa sei mesi, ma dopo
il periodo di prova mi hanno licenziato.
Con il licenziamento ho passato un periodo di forte depressione, avevo 59 anni.
Mi sono rivolto al mio medico di base che
mi ha dato indicazione per andare da uno
psichiatra di una struttura pubblica che
ancora oggi mi controlla mensilmente. Mi
La gabbia del sarchiapone
Le parole giuste
e quelle sbagliate
Nel 2001 il giornalista Giuseppe Faso, acuto osservatore e critico del “Lessico del razzismo democratico”, aveva sferzato i colleghi per l’uso sempre
più sconsiderato della parola “etnia” e dei suoi derivati. Mai si sarebbe
potuto immaginare quali perle il linguaggio comune avrebbe prodotto
appena dieci anni dopo. Ci siamo quasi abituati a neologismi come etnoshopping, etno-look ed etno-musica. Una confezione di cous cous la andiamo a comprare in un “negozio etnico” o nel reparto “cibi etnici” di un
grande supermercato. A queste parole trendy si sono successivamente affiancate una marea di nuove creazioni con abbinamenti a volte esilaranti
come nel caso degli “sportelli etnici” delle agenzie di viaggio.
“Etnia” significa “gruppo umano accomunato da determinati caratteri
fisici, linguistici e culturali”. Possiamo perciò parlare di una “minoranza etnica”, cioè di un gruppo linguisticamente o culturalmente diverso
rispetto alla nazione nella quale si trova a vivere, ma è ovvio che non
ci può essere uno “sportello etnico”, allo stesso modo in cui non ci può
essere uno sportello francese o usbeco.
C’è chi sostiene che il dilagare delle parole “etnia” e “etnico” sia dovuto
all’improponibilità del termine “razza”, interdetto dopo Auschwitz. L’uso
di vocaboli più politicamente corretti servirebbe comunque allo stesso
scopo, cioè a presentare come caratteristiche “naturali” - e quindi eterne
ed invariabili - identità storiche, sociali e culturali per escludere o, nel
caso peggiore, eliminare gli individui categorizzati in tal modo. Non a
caso l’espressione “pulizia etnica” viene usata per parlare di crimini non
molto diversi dal genocidio. Non a caso la facile etichetta di “conflitto
interetnico” nasconde quasi sempre inconfessabili interessi politici ed
economici.
A parte questo bisogna chiedersi se sia lecito dare alle parole il significato che si vuole. “Ciò che è etnico, lo decido io”, sembrano aver detto le
compagnie aeree parlando del “traffico etnico” e inventando le “tariffe
etniche” (dove un brasiliano è considerato “etnico”, ma uno svizzero no).
Idem le compagnie assicuratrici con il loro “rischio etnico” per le tariffe
Rc auto (romeni e marocchini pagano un 20% in più, gli statunitensi
come gli italiani). E che dire dei grandi gestori della telefonia mobile che
si sono buttati sul “mercato etnico” offrendo tariffe a basso costo agli
immigrati discriminando i cittadini italiani? E’ come se ci chiedessero di
pagare “prezzi etnici” al ristorante, non riferiti a involtini primavera o
sushi, ma al passaporto esibito all’ingresso.
Morale: a parte le forme di razzismo che si possono praticare sotto la copertura dell’eufemismo “etnico”, è ora di ripristinare il vero significato di
una parola che è diventata lo zimbello dei creativi del marketing.
Eva Lindenmayer
Mostar, Foto di Mina Cilloni
sono curato per tanto tempo, mi hanno
dato l’invalidità al 100% e sono andato in
pensione di invalidità in Italia mentre in
Croazia mi daranno la pensione quando
compirò 65 anni per il periodo di lavoro
svolto là (18 anni).
I primi tempi in cui mia moglie è venuta
a Modena faceva le pulizie e ha lavorato
anche qualche tempo come badante. In
seguito è andata a lavorare in un’importante ditta alimentare dove è stata quasi
un anno. Successivamente, tramite nostri
conoscenti, è stata assunta come portinaia. Avevamo bisogno di soldi per fare studiare nostra figlia che andava all’università. Questo lavoro da portinaia ha molti
vantaggi: la retribuzione è relativamente
buona, l’affitto non si paga e si può anche
risparmiare, così abbiamo potuto mantenere agli studi nostra figlia”.
A Modena non c’è alcuna cosa che non
mi sia piaciuta
“A Modena mi sono trovato molto bene.
Non c’è alcuna cosa che non mi sia piaciuta. Per prima cosa mi ha colpito la bellezza
della città, il centro storico mi è piaciuto
tanto. Il verde, i parchi, sono molto belli.
I musei, le gallerie, le biblioteche, i negozi. A Modena c’è la Ferrari, la Maserati, la
Lamborghini, c’e la Fiat trattori. Quando
vengono dei miei amici o parenti li porto
subito a Maranello al Museo della Ferrari.
Per voi queste cose sono normali, per me
no, è stata una bella sorpresa.
Sono stato in Germania e per me i tedeschi
sono i più grandi lavoratori al mondo, ma
a Modena ho incontrato lavoratori molto
abili con capacità di inventiva. Ad esempio
il mio capo, quello dove ho avuto il primo
impiego, inventava lui il motore e io non riuscivo a crederci. Io ero ingegnere, ma non
riuscivo ad inventare una macchina, invece lui riusciva a progettare. Quando c’era
da riparare una macchina lui individuava
subito il problema e riusciva a risolverlo,
per me è stata una cosa incredibile, una
sorpresa. Altre cose che vedo per la città
sono tante belle strade per le biciclette.
Non ho visto queste cose in altri luoghi
dove sono stato. Mi è piaciuta la considerazione in cui sono tenuti i bambini, ci
sono tanti asili e quando passo vicino ad
uno di questi vedo bambini di tanti colori,
internazionali.
Un’altra cosa che mi ha colpito è la vostra organizzazione della salute. Ho
letto tante cose dell’America, Francia,
Germania, ma siete organizzati meglio
di tutti. L’ho provato sulla mia pelle.
Un’altra cosa che vedo sono gli anziani, con badanti, con aiuti sanitari. Vedo
questa socializzazione con gli stranieri,
un esempio per altri. Non so come sono
altre città, ma Modena è proprio cosi. Voi
italiani non capite, solo uno straniero
può vedere gli aspetti positivi della vostra organizzazione sociale”.
Testimonianza raccolta da
Werter Malagoli
Spi Cgil Modena
Argentovivo luglio/agosto 2010
I temi della memoria
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Argentovivo - luglio-agosto 2010 - SPI CGIL Emilia