Volume 19 - Numero 12
Dicembre 2006
ISSN 0394-9303
Poste italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale 70% DC Lazio – Roma
Indicatori e modelli di valutazione dell'esito
in sanità pubblica: il progetto europeo EUPHORIC
"Open Access": il nuovo paradigma
della comunicazione scientifica
Un nuovo database
per la sicurezza alimentare: EDID
Inserto BEN
Bollettino Epidemiologico Nazionale
L'esperienza pilota dei Centri Antiveleni lombardi
durante le Olimpiadi invernali 2006
Intossicazioni acute da macromiceti
w w w. i s s . i t
dell’Istituto Superiore
Superiore di
di Sanità
Sanità
dell’Istituto
L’Istituto Superiore di Sanità
SOMMARIO
Gli articoli
Indicatori e modelli di valutazione dell'esito in sanità pubblica:
il progetto europeo EUPHORIC. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
"Open Access": il nuovo paradigma della comunicazione scientifica . . . 7
Un nuovo database per la sicurezza alimentare: EDID Endocrine disrupting chemicals - Diet Interactions Database . . . . . . . . 11
è il principale ente di ricerca italiano
per la tutela della salute pubblica.
È organo tecnico-scientifico
del Servizio Sanitario Nazionale
e svolge attività di ricerca, sperimentazione,
controllo, consulenza, documentazione
e formazione in materia di salute pubblica.
L’organizzazione tecnico-scientifica
dell’Istituto si articola in Dipartimenti,
Centri nazionali e Servizi tecnico-scientifici
Dipartimenti
Le rubriche
Nello specchio della stampa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
Visto... si stampi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
Bollettino Epidemiologico Nazionale (Inserto BEN)
L'esperienza pilota dei Centri Antiveleni lombardi
durante le Olimpiadi invernali 2006 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . i
Intossicazioni acute da macromiceti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . iii
Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria
Biologia Cellulare e Neuroscienze
Ematologia, Oncologia e Medicina Molecolare
Farmaco
Malattie Infettive, Parassitarie
ed Immunomediate
• Sanità Alimentare ed Animale
• Tecnologie e Salute
•
•
•
•
•
Centri nazionali
• AIDS per la Patogenesi e Vaccini
contro HIV/AIDS
• Epidemiologia, Sorveglianza
e Promozione della Salute
• Qualità degli Alimenti e Rischi Alimentari
• Trapianti
Servizi tecnico-scientifici
Il progetto EUPHORIC
intende elaborare modelli
di valutazione dell'esito
per specifiche aree di patologie
pag. 3
Si è svolto all'ISS
un Convegno internazionale
sui vantaggi dell'Open Access,
per l'accesso libero ai risultati
delle ricerche
pag. 7
Una banca dati di abstract
di studi sulle interazioni
tra interferenti endocrini
e nutrienti
pag. 11
• Servizio Biologico e per la Gestione
della Sperimentazione Animale
• Servizio Informatico, Documentazione,
Biblioteca ed Attività Editoriali
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© Istituto Superiore di Sanità 2006
Numero chiuso in redazione il 29 dicembre 2006
Stampa: Tipografia Facciotti s.r.l. Roma
INDICATORI E MODELLI DI VALUTAZIONE
DELL'ESITO IN SANITÀ PUBBLICA:
IL PROGETTO EUROPEO EUPHORIC
Cristina Morciano, Gabriella Badoni, Paola D'Errigo, Fulvia Seccareccia e Marina Torre
Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, ISS
RIASSUNTO - Il progetto EUropean Public Health Outcome Research and Indicators Collection (EUPHORIC),
coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), è un progetto finanziato dalla Comunità Europea nell’ambito del
programma d’azione comunitaria nel campo della sanità pubblica (2003-2008) con lo scopo di elaborare indicatori
e modelli di valutazione di esito. Partecipa al progetto un network di istituzioni, rappresentative di sette Paesi
europei, operanti nel settore della sanità pubblica e con esperienza nell’area dell’outcome research.
Parole chiave: Unione Europea, sanità pubblica, valutazione dell'esito, indicatori dell'esito
SUMMARY (Indicators and outcome assessment models in public health: the European project EUPHORIC) - EUropean
Public Health Outcome Research and Indicators Collection (EUPHORIC) is a project funded by the European Union
through the Programme of Community Action in the Field of Public Health (2003-2008) and coordinated by the
Italian National Institute of Health. The objective of the project is to develop outcome indicators and outcome
assessment models. A network of institutions from seven European countries participates in the study. These
institutions, involved in the area of public health, have particular experience in the outcome research field.
Key words: European Union, public health, outcome assessment, outcome indicators
[email protected]
L’
Istituto Superiore di Sanità (ISS) è coordinatore del progetto EUPHORIC (EUropean
Public Health Outcome Research and
Indicators Collection) finanziato nell’ambito del
nuovo programma di azione comunitaria in materia di sanità pubblica (2003-2008). Si tratta di un
progetto multi-disciplinare che, attraverso un consorzio di Paesi europei, intende elaborare modelli
di valutazione dell’esito per specifiche aree di
patologia. Tali modelli consentiranno la raccolta e
il confronto di informazioni relative agli standard
qualitativi individuati nel settore della sanità pubblica e si propongono alle istituzioni politiche come
strumenti idonei per garantire ai cittadini l’offerta
di una prestazione sanitaria di elevata qualità.
Nel produrre una lista indicatori di esito il progetto EUPHORIC affianca le attività di sviluppo
di indicatori svolte dai progetti ECHI1 (European
Community Health Indicators) ed ECHI2 nell’ambito dell’Health Monitoring Programme
(1997-2002), e di ECHIM (European Community
Health Indicators Monitoring) nell’ambito del programma d’azione comunitaria in materia di sanità
pubblica (2003-2008) (http://www.echim.org/).
Not Ist Super Sanità 2006;19(12):3-6
L’ISS contribuisce al progetto attraverso l’esperienza di studi nel settore della valutazione dell’esito in aree a elevato impatto in sanità pubblica,
quali la cardiochirurgia (progetti BPAC, valutazione degli esiti da ByPass AortoCoronarico (1-3)
e OSCAR per la qualità) e l’ortopedia (progetto
EIPA, Esiti di Interventi di artroProtesi d'Anca
(4) e progetto Registro nazionale interventi di
protesi d’anca) (5, 6).
Al momento partecipano allo studio istituzioni
e organizzazioni di 7 Paesi europei (Italia, Grecia,
Finlandia, Spagna, Svezia, Austria, Bulgaria e
Danimarca); si prevede, tuttavia, che altre saranno incluse successivamente.
EUPHORIC nel contesto del nuovo
programma d’azione comunitaria
in materia di sanità pubblica
(2003-2008)
Negli ultimi trent'anni la Comunità Europea
ha abbandonato con gradualità il ruolo sussidiario di supporto agli Stati Membri nel concepire
obiettivi e strategie coordinate in materia di X
3
C. Morciano, G. Badoni, P. D'Errigo et al.
Il logo del progetto, realizzato dal pittore Andrea
Romanin: rappresenta il fauno, che nell'iconografia dionisiaca partecipa al corteo del dio in euforica allegria
sanità pubblica, per acquisire il compito più
ampio di adottare misure proprie a garanzia di
un livello elevato di protezione della salute per
tutti i cittadini europei; di questo itinerario evolutivo c’è traccia nei documenti legislativi degli
ultimi anni.
Nel 1992 la Comunità pone una base giuridica specifica alle politiche dedicate alla protezione
della salute, introducendo nel trattato sull’Unione
Europea, firmato a Maastricht, un titolo denominato “Sanità pubblica”. Ma è solo nel 1997
che la crescente consapevolezza della necessità di
azioni intraprese a livello sovra-nazionale riguardo la soluzione di alcuni problemi di materia
sanitaria, spinge la Comunità a introdurre nel
trattato di Amsterdam l’articolo 152 (7). Con
questo articolo si dispone che gli Stati Membri
cooperino con l’obiettivo generale di un miglioramento della sanità pubblica, seguendo linee di
azione relative non solo alle malattie ma a tutte
le cause di pericolo per la salute umana. Il ruolo
comunitario diventa perciò “sistemico” al tessuto
europeo: formalizzando la cooperazione degli
Stati Membri si cerca di far fronte ai gravi problemi persistenti, che includono le malattie collegate
al crescente invecchiamento della popolazione e
agli stili di vita, come pure le malattie epidemiche
trasmissibili (come l'HIV/AIDS) e la gestione di
minacce epidemiche tipo la ben nota SARS. Si
pone, inoltre, l’accento sulle discrepanze esistenti
tra gli strati sociali nell’accesso ai trattamenti
sanitari e si evidenziano le crescenti differenze
tra e all’interno degli Stati Membri riguardo alla
situazione sanitaria.
4
A partire da quanto stabilito nell’articolo 152,
la Commissione Europea elabora una strategia
comunitaria (8) e quindi il programma d’azione comunitaria di sanità pubblica (2003-2008)
(9), con l’obiettivo complessivo di contribuire al
conseguimento di un elevato livello di salute e
benessere fisici e mentali e di una maggiore parità
in materia sanitaria nell’intera Comunità, anche
attraverso una strategia integrata e intersettoriale.
Proprio a garanzia della integrazione e delle
intersettorialità delle attività intraprese nel programma è istituito “The Health Systems Working
Party”, una struttura con ruolo di coordinamento
e di consulenza per i diversi progetti partecipanti
al programma, orientato sulle seguenti tre priorità:
• migliorare l’informazione e le conoscenze per
lo sviluppo della sanità pubblica;
• accrescere la capacità di reagire rapidamente e
in modo coordinato alle minacce che incombono sulla salute;
• promuovere la salute e prevenire le malattie
affrontando i determinanti sanitari in tutte le
politiche e attività.
Il progetto EUPHORIC si riferisce alla prima
priorità, fondata sulla necessità di “raccogliere,
elaborare e analizzare i dati a livello comunitario
per realizzare un monitoraggio efficace del settore
della sanità pubblica a livello comunitario e trarne
informazioni oggettive, attendibili, compatibili
e comparabili che si possano scambiare e che
consentano alla Commissione e agli Stati membri
di migliorare l’informazione del pubblico e di
elaborare strategie, politiche e azioni atte a raggiungere un elevato livello di tutela della salute
umana...”(9).
Obiettivi del progetto EUPHORIC
L’obiettivo globale del progetto è quello di elaborare metodologie standardizzate per il calcolo
in diversi Paesi europei di indicatori di esito per
specifiche aree di patologia.
L’approccio scientifico è quello dell’outcome
research, un settore di ricerca volto all’analisi dell’esito di specifici trattamenti o interventi sanitari.
L’esito è valutato misurando le differenze tra lo
stato del paziente prima e dopo l’intervento o la
terapia, attraverso strumenti standardizzati quali
gli indicatori di esito. Per indicatore si intende
“un parametro qualitativo e quantitativo in grado
Il progetto europeo EUPHORIC
di rappresentare una situazione ambientale complessa ed evidenziarne particolari condizioni e
anomalie” (10). L’indicatore di esito è quindi uno
strumento che ha la potenzialità riconosciuta a
livello nazionale e internazionale di guidare verso
il miglioramento della qualità dell’assistenza,
valutando i benefici di un trattamento e ottenendo una valutazione delle prestazioni erogate.
In questo contesto il progetto si propone di
contribuire a:
• raccogliere informazioni dettagliate circa indicatori di esito già presenti in Europa;
• verificare la possibilità di produrre indicatori
di esito comuni;
• fornire alle autorità politiche un set di indicatori oggettivi e affidabili per la misura della
qualità di alcune prestazioni sanitarie.
Il programma di lavoro
Il progetto, iniziato nel 2004, è articolato in 3 fasi operative: 1) Survey 2) Pilot 3)
Dissemination.
Obiettivo della prima fase, che si è già conclusa, era avere una panoramica della tipologia
di database e registri presenti e delle procedure
adottate per il calcolo di indicatori di esito nei
Paesi europei partecipanti. Sulla base di un’analisi della letteratura esistente sull’argomento e
dell’esperienza maturata in Paesi quali il Regno
Unito, il Canada e gli Stati Uniti, sono state
individuate 9 aree di interesse (Cardiovascolare,
Tumori, Malattie infettive, Altre patologie croniche, Ortopedia, Trapianti d’organo, Medicina
di urgenza, Materno-infantile, Miscellanea). Per
ciascuna di queste sono state elencate le patologie
e/o le procedure per le quali fosse possibile calcolare indicatori di esito; è stato quindi elaborato
un questionario inviato a tutti i partner. I risultati
dell’indagine, in corso di elaborazione, saranno
raccolti in un rapporto e visibili anche nel sito
web attualmente in fase di allestimento.
La seconda fase del progetto consiste in uno
studio pilota mirato a mettere a punto metodologie standardizzate per il calcolo di alcuni
indicatori selezionati nelle aree cardiovascolare e
ortopedica, quali ad esempio, la mortalità a 30
giorni dopo l'intervento di by-pass aortocoronarico o di angioplastica, la mortalità a 30 giorni nel
caso di frattura del femore o il tasso di revisione
degli interventi di protesi di anca.
La terza fase riguarda la divulgazione dei
risultati. A tale proposito si deve sottolineare la
strategica importanza di aver scelto, oltre ai canali
informativi comunemente impiegati, quello di
immediato e diffuso accesso quale è il sito web. Tra
le attività del progetto vi è la realizzazione di un
sito web dedicato, user-friendly (www.euphoricproject.eu) con diversi livelli di accesso. Lo scopo
è offrire alle autorità politiche europee, alle istituzioni sanitarie nazionali e ai cittadini europei, una
panoramica su sistemi sanitari, indicatori di esito,
modelli di aggiustamento del rischio, basi di dati,
metodi di raccolta dati e procedure di validazione
adottate nei Paesi partecipanti al progetto. Il sito,
che potrebbe diventare un punto di riferimento
per il reperimento di documenti sul tema della
identificazione e calcolo di indicatori di esito,
fornirà anche alcuni link a istituzioni, associazioni,
società scientifiche e organizzazioni operanti in
ambito di salute pubblica e offrirà l’opportunità di
condividere con altri Paesi i risultati del progetto.
Il sito web indirizzando sia agli operatori sanitari (medici, amministratori, politici e manager)
sia ai cittadini, informazioni di elevata qualità
per grado di validità, trasparenza e accessibilità,
intende collegarsi agli scopi dell’eHealth, piano di
azione comunitario che considera le moderne tecnologie di comunicazione come utile strumento
di promozione e protezione della salute.
Conclusioni
Il progetto presta attenzione alla crescente esigenza di realizzare un efficace sistema di monitoraggio in sanità pubblica a livello comunitario, in
grado di supportare la commissione europea e gli
Stati Membri nella formulazione di appropriate
X
strategie, politiche e azioni.
Il progetto EUPHORIC è finanziato dalla Comunità
Europea nell'ambito del programma d'azione comunitaria nel campo della sanità pubblica (2003-2008)
5
C. Morciano, G. Badoni, P. D'Errigo et al.
Contribuisce, inoltre, a rafforzare la solidarietà e
la coesione nella comunità, integrando tra loro attività svolte finora in relativo isolamento e fornendo
l’opportunità di potenziare lo sviluppo della citizens’
dimension della politica sanitaria europea.
Riferimenti bibliografici
1. Seccareccia F, Perucci CA, D’Errigo P et al. The ‘Italian
CABG Outcome Study’ - Short-term outcomes in
patients with Coronary Artery Bypass Graft Surgery.
Eur J Cardio-Thor Surg 2006;29:56-64.
2. Seccareccia F, D’Errigo P, Rosato Set al. Studio degli esiti
a breve termine degli interventi di bypass aortocoronarico (BPAC) nelle cardiochirurgie italiane. Roma: Istituto
Superiore di Sanità; 2005 (Rapporti ISTISAN 05/33).
3. Seccareccia F, D’Errigo P, Perucci CA et al. Il “Progetto
BPAC” Studio degli esiti a breve termine degli interventi di bypass aortocoronarico nelle cardiochirurgie
italiane. Risultati finali. Giornale Italiano di Cardiologia
2006;7(Suppl. 1).
6. Torre M, Romanini E, Zanoli G et al. Hip arthroplasty
in Italy: towards a national register. Hip international
2006;16(2):159.
7. Unione Europea. Trattato che istituisce la
Comunità Europea Titolo XIII (ex titolo X) Sanità
Pubblica Articolo 152 (consultabile all'indirizzo:
http://europa.eu/eur-lex/it/treaties/selected/
livre235.html).
8. Unione Europea. Nuova strategia comunitaria
europea in materia sanitaria. Comunicazione della
Commissione, del 16 maggio 2000, al Consiglio,
al Parlamento europeo, al Comitato economico
e sociale e al Comitato delle regioni sulla strategia della Comunità europea in materia di sanità
(COM(2000) 285 def.) (consultabile all'indirizzo:
http://europa.eu/scadplus/leg/it/cha/c11563.
htm).
4. Macellari V, Bendandi A, Maroccia Z et al. Progetto
EIPA: valutazione degli esiti di intervento di artroprotesi
di anca. Rapporto finale. Roma: Istituto Superiore di
Sanità; 2005 (Rapporti ISTISAN 05/32).
9. Unione Europea. Programma d’azione comunitaria in materia di sanità pubblica (2003-2008).
Decisione 1786/2002/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 23 settembre 2002, che approva un programma d’azione comunitaria in materia
di salute pubblica (2003-2008). Gazzetta ufficiale
L 271, 09 ottobre 2002 (consultabile all'indirizzo: http://europa.eu/scadplus/leg/it/cha/c11503b.
htm).
5. Torre M (Ed.). Progetto per l’istituzione di un registro
nazionale degli interventi di protesi di anca. Roma: Istituto
Superiore di Sanità; 2005 (Rapporti ISTISAN 05/18).
10. Morosini P. Indicatori in valutazione e miglioramento
della qualità professionale. Roma: Istituto Superiore
di Sanità; 2004 (Rapporti ISTISAN 04/29).
Programma d’azione comunitaria
in materia di sanità pubblica (2003-2008)
Titolo del progetto
European Public Health Outcome Research and Indicators Collection (EUPHORIC)
Area tematica
Migliorare l’informazione e le conoscenze per lo sviluppo della sanità pubblica
Coordinatore
Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute (CNESPS),
Istituto Superiore di Sanità (ISS)
Responsabile scientifico
Marina Torre
Gruppo di lavoro
Fulvia Seccareccia, Gabriella Badoni, Paola D’Errigo, Cristina Morciano, Francesca Romana Meduri
(CNESPS, ISS)
Partner
• Verein zur Unterstützung der Tätigkeit von nationalen Endoprothesenregistern (EFORT/EAR), Austria
• National Center of Public Health Protection (NCPHP), Bulgaria
• Sosiaali-Ja Terveysalan Tutkimus-Jakehittämiskeskus (STAKES), Finlandia
• National and Kapodistrian University of Athens (NKUA), Grecia
• Genetics Research Institute ONLUS (GRI), Italia
• Institut Municipal d’Assistencia Sanitaria (IMAS), Spagna
• ASL RM E, Dipartimento di Epidemiologia, Italia
• Karolinska Institutet, Svezia
6
"OPEN ACCESS": IL NUOVO PARADIGMA
DELLA COMUNICAZIONE SCIENTIFICA
Ricercatori e specialisti dell'informazione
a confronto in un convegno internazionale all'ISS
Paola De Castro
Settore Attività Editoriali, ISS
RIASSUNTO - Le tematiche relative al nuovo modello di comunicazione scientifica reso possibile da Internet
sono state oggetto del Convegno internazionale “Institutional archives for research: experiences and projects
in Open Access” svoltosi presso l’Istituto Superiore di Sanità il 30 novembre e il 1° dicembre 2006. Il Convegno, rivolto a ricercatori e specialisti dell’informazione, ha affrontato da più punti di vista i vantaggi dell’Open
Access, il movimento che promuove l’accesso libero ai risultati della ricerca nelle loro diverse espressioni.
Parole chiave: trasferimento dell’informazione, pubblicazioni scientifiche, archivi istituzionali, Open Access
SUMMARY (“Open Access”, the new paradigm of scientific communication. Scientists and information specialists
meet in an International Conference at the ISS) - The new model of scientific communication provided thanks
to the Internet has been considered under different points of view during the International Conference
“Institutional Archives for research: experiences and projects in Open Access” which took place at the Istituto
Superiore di Sanità on November 30-December 1, 2006. The Conference was addressed to scientists and information specialists who discussed the advantages of Open Access, the movement promoting free access to the
results of research activities in their different forms.
Key words: Information transfer, scientific publications, institutional repositories, Open Access
[email protected]
C
he Internet abbia rivoluzionato i tradizionali modelli di comunicazione scientifica,
legati all’uso della carta stampata e rimasti pressoché immutati per circa tre secoli, è ormai
un fatto assodato; ma quali siano i nuovi modelli
di comunicazione che si stanno oggi affermando
nel mondo è ancora oggetto di acceso dibattito.
Stiamo vivendo un cambiamento epocale in
cui ancora coesistono i vecchi paradigmi basati su un'inevitabile gestione economica delle
informazioni scientifiche da parte di case editrici
commerciali, accanto a nuovi modelli di comunicazione in cui, grazie alle potenzialità della Rete,
è possibile diffondere informazioni anche senza
dover ricorrere all’onerosa intermediazione dei
“publisher”.
Questo è lo schema molto semplificato di
quanto sta accadendo oggi nel settore della diffusione delle informazioni scientifiche: da un
lato sussiste ancora il riconosciuto prestigio delle
grandi riviste commerciali che garantiscono quaNot Ist Super Sanità 2006;19(12):7-10
lità e visibilità agli articoli in esse pubblicati (cosa
assolutamente necessaria alla carriera del ricercatore); dall’altra, si affacciano nuove possibilità di
diffusione diretta delle informazioni mediante gli
archivi digitali, in cui il singolo ricercatore può
depositare i propri lavori rendendoli accessibili
al mondo intero, senza dover pagare per la loro
visibilità e disponibilità.
Naturalmente, accanto a questi due schemi
estremamente semplificati esiste una molteplicità
di altre situazioni in cui le informazioni scientifiche vengono prodotte, “trattate” e diffuse secondo
modelli diversi.
In questo momento di grandi cambiamenti c’è
spesso confusione sulle strategie più opportune da
adottare nella pratica editoriale, a volte associata
al timore del nuovo e più spesso alla mancanza
di conoscenze, soprattutto per quanto riguarda
la gestione dei diritti d’autore. Le grandi riviste
“Open Access”, cioè ad accesso aperto (ad esempio, quelle prodotte da BioMedCentral o da X
7
P. De Castro
PLOS, Public Library of Science), mantengono il
tradizionale processo di “peer review”, la revisione
tra pari che assicura un valore aggiunto alla qualità
del prodotto editoriale. Alcune di esse, nel giro di
pochi anni, hanno anche acquisito elevati valori di
Impact Factor (IF), l’elemento più discriminante
e discusso nella valutazione della ricerca. Tuttavia,
mentre le riviste “Open Access” sono effettivamente “gratuite” per il lettore che ha accesso a
Internet, il ricercatore - o più spesso l’istituzione
nella quale questi lavora - deve pagare onerosi
contributi per avere il proprio articolo pubblicato.
Al contrario, nessun pagamento è richiesto per chi
deposita la propria pubblicazione in un archivio
digitale istituzionale che, nel rispetto delle politiche di copyright di ciascun editore, può ospitare
un lavoro nei diversi stadi del processo editoriale:
pre-print, post-print (articolo dopo il referaggio)
o il documento effettivamente pubblicato. Per
avere un’idea del contesto entro il quale si verifica
il cambiamento, ricordiamo che attualmente le
riviste "Open Access" rappresentano circa il 10%
(2.500) di tutte le riviste “peer reviewed” nel
mondo (25.000), mentre gli archivi digitali, il cui
numero è in costante aumento, sono circa 830
(secondo quanto risulta dal Directory of Open
Access Repositories, DOAR http://www.opendoar.
org) ma il numero dei documenti in essi contenuti
è mediamente piuttosto basso (circa 300).
I nuovi modelli di comunicazione e le loro
diverse implicazioni politiche e gestionali sono stati
oggetto di ampio dibattito nel Convegno internazionale “Institutional archives for research: experiences and projects in Open Access” svoltosi presso
l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) il 30 novembre e
Jean Claude Guédon, durante la sua relazione
introduttiva
8
Un gruppo di relatori, da sinistra: Laura Tallandini,
Paola De Castro, Antonella De Robbio, Paola Gargiulo,
Elisabetta Poltronieri
il 1° dicembre 2006. Il Convegno ha visto la partecipazione di importanti personalità rappresentanti
il mondo accademico e della ricerca, bibliotecari e
specialisti dell’informazione e della comunicazione,
che hanno affrontato i temi associati all’"Open
Access" secondo differenti angolazioni.
Due giornate di stimolanti discussioni sui
nuovi modelli di pubblicazione che ormai non
riguardano più soltanto gli ambiti di interessi specifici di ricercatori e studiosi, ma anche il grande
pubblico poiché l’accesso libero fa sì che tutti
possano informarsi tramite Internet. Nel settore
della biomedicina, in particolare, i malati o i loro
familiari imparano più velocemente di chiunque
altro a cercare informazioni su specifiche patologie stravolgendo così anche il tradizionale rapporto medico-paziente.
L’obiettivo principale del Convegno era quello
rendere consapevoli i ricercatori - autori di pubblicazioni biomediche - circa i vantaggi di pubblicare in riviste “Open Access” e di depositare i loro
lavori negli archivi digitali.
L’impatto dei nuovi modelli di pubblicazione ha suscitato particolare interesse per quanto
riguarda i suoi risvolti sulla valutazione della ricerca, infatti, al di là dell’IF, che per anni ha caratterizzato in modo quasi esclusivo la valutazione
di merito delle pubblicazioni scientifiche, oggi
si dispone di nuovi strumenti che consentono di
misurare l’impatto di una ricerca in termini di
accessi, “download” o citazioni ricevute.
Particolare attenzione è stata giustamente data alla necessità di favorire l’adesione al
modello “Open Access” tramite l’adozione di
"Open Access": il nuovo paradigma della comunicazione scientifica
politiche specifiche da parte di università e
istituzioni di ricerca. Alcuni importanti enti
che finanziano ricerche (US National Institutes
of Health, Wellcome Trust, UK Research
Councils, OECD, per citarne solo alcuni tra
i più importanti) hanno recentemente reso
obbligatorio il fatto di rendere disponibili in
“Open Access” i risultati delle ricerche da loro
finanziate.
La "Berlin Declaration" (http://oa.mpg.de/
openaccess-berlin/berlin_declaration.pdf ), uno
dei più significativi documenti che esprime chiaramente i principi che regolano l’accesso libero
alla letteratura scientifica, è stata più volte citata
nel corso del Convegno in quanto rappresenta
un chiaro punto di riferimento per lo sviluppo
delle politiche istituzionali a favore dell’"Open
Access". La "Berlin Declaration" è stata firmata
da più di 300 istituzioni in tutto il mondo, ivi
incluse molte università ed enti di ricerca italiani,
tra cui l’ISS.
La prima sessione del Convegno ha dato
ampio spazio alle riflessioni da parte della comunità internazionale: Jean Claude Guédon dell’Università di Montreal (Canada), nella sua
relazione d’apertura, ha evidenziato come la
libera diffusione delle informazioni scientifiche
rappresenti una garanzia a favore dello sviluppo
della scienza e della cultura scientifica, conquistando, sin dalle prime battute, l’interesse di tutta
l’audience (circa 130 persone) con una visione
d’ampio respiro di come siano cambiati i modi
di comunicare la scienza a partire dal 17° secolo - quando esisteva un'ideale Repubblica della
Scienza - attraverso la nascita di nuove gerarchie,
non sempre giustificate, fino ad arrivare alla più
recente rivoluzione messa in essere dal libero
accesso alle informazioni.
Valentina Comba, coordinatrice della Prima Sessione
Dopo di lui, Derek Law della University of
Strathclyde (UK) ha chiaramente espresso i vantaggi dell’"Open Access" in termini di visibilità e
citazioni ricevute in rapporto alle più controverse
misurazioni legate all’IF. Francis Andre dell’Institute d'Information Scientifique et Technique
(INIST-CNRS) ha riferito dell’esperienza dell’archivio digitale HAL in Francia e Peter Morgan
della Cambridge University (UK) ha evidenziato i
vantaggi dell’utilizzo del software DSpace (lo stesso usato per l’archivio digitale ISS) come strategia
per catturare tutti i prodotti della ricerca.
La seconda sessione ha ospitato essenzialmente
esperienze e opinioni di appassionati ricercatori
italiani: Enrico Alleva, direttore del Reparto di
Neuroscienze Comportamentali dell’ISS, che ha
messo in evidenza, fra l’altro, l’importanza della
diffusione libera delle informazioni scientifiche
anche per evitare duplicazioni di ricerche costose,
soprattutto se negative o legate a esperimenti che
causano dolore negli animali; Alessandro Giuliani,
un biofisico del Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria dell’ISS, ha espresso in
modo molto originale il ruolo dell’"Open Access"
come antidoto per il carattere autoreferenziale
della scienza. I successivi interventi di bibliotecari
e specialisti dell’informazione (Maurella Della
Seta e Franco Toni, ISS) hanno riportato dati
statistici sull’utilizzo dei periodici "Open Access"
e risultati prodotti da diversi motori di ricerca in
termini di analisi delle citazioni. Valentina Comba
dell’Università di Bologna ha fornito esempi pratici per favorire il deposito dei lavori negli archivi
istituzionali direttamente da parte dei ricercatori,
spesso pigri e timorosi di intraprendere autonomamente la strada dell’auto-archiviazione.
La terza sessione del Convegno ha trattato
le politiche istituzionali per l’"Open Access"
riportando utili esperienze di archivi digitali in
università e istituti di ricerca italiani in cui coesistono vecchi e nuovi modelli di pubblicazione
(Roberto Delle Donne per la Conferenza dei
Rettori delle Università Italiane e Paola De Castro
per l’ISS). Guardando al futuro, Laura Tallandini
dell’Università degli Studi di Padova ha presentato le prospettive di sviluppo dell’"Open Access"
in vista della prossima Conferenza internazionale
“Berlin 5”, che si svolgerà a Padova nel 2007.
In questa sessione è stata anche presentata l’iniziativa Pleiadi (www.openarchives,it/pleiadi), il
portale per la letteratura scientifica elettronica X
9
P. De Castro
italiana e depositi istituzionali (Paola Gargiulo
del CASPUR), ricchissimo di informazioni, dati
e collegamenti.
Durante la quarta sessione è stato analizzato
più direttamente il rapporto fra scienza e società (Adriana Valente, Consiglio Nazionale delle
Ricerche di Roma) e le problematiche relative al
copyright (Antonella De Robbio, Università degli
Studi di Padova) che spesso rappresenta il principale deterrente per un ricercatore che vorrebbe
depositare il proprio lavoro in un archivio digitale, ma non sa se può farlo. A tale proposito si raccomanda la consultazione del sito Sherpa/Romeo
(http://www.sherpa.ac.uk/projects/sherparomeo.
html) che rappresenta un punto di riferimento
per le politiche di copyright e auto-archiviazione
dei principali editori scientifici. Tali politiche
sono in continua evoluzione, dunque solo un
repertorio online può dare la garanzia di trovare
le informazioni più aggiornate. Come è stato citato più volte nel corso del Convegno, oggi sono
sempre più numerosi gli editori che concedono
l’auto-archiviazione dei lavori da parte degli stessi
autori, anche prima dell’avvenuta pubblicazione
(pre-print e post-print). Nell’ambito di quest’ultima sessione del Convegno hanno trovato spazio
numerose esperienze di sviluppo e di gestione
di archivi digitali in Italia (Antonio Fantoni per
l’archivio digitale dell’Università "La Sapienza"
di Roma, Paolo Roazzi per l’archivio digitale
dell’ISS, Maria Rosaria Bacchini per l’Università
"Federico II" di Napoli).
In conclusione, non si può che ribadire come
l’impatto del nuovo modello di pubblicazione
ad accesso aperto reso possibile dalla Rete stia
effettivamente creando una nuova rivoluzione nel
Martino Grandolfo, Dipartimento di Tecnologie e
Salute (ISS), coordinatore della Seconda Sessione
10
Sopra: Antonella De Robbio, Università degli Studi
di Padova, coordinatrice della Terza Sessione;
Sotto: Sylvie Coyaud, giornalista free lance, coordinatrice della Quarta Sessione
campo della diffusione delle informazioni, pur
non dimenticando che esiste sempre un nord e
un sud del mondo dove ancora non è facile avere
collegamenti online. Per contro, cresce il numero
degli editori commerciali che danno il proprio
consenso a depositare i lavori oggetto di pubblicazione negli archivi digitali istituzionali. I vantaggi
offerti dalla libera disseminazione delle informazioni sono ampiamente riconosciuti, ma ancora
c’è molta confusione da parte dei ricercatori che
manifestano una certa resistenza ad abbandonare
gli schemi tradizionali a favore del deposito negli
archivi istituzionali.
Gli atti del Convegno saranno pubblicati nella
serie Rapporti ISTISAN edita dall’ISS e saranno
ovviamente accessibili online nel sito www.iss.it
La maggior parte delle presentazioni PowerPoint
sono state depositate nell’archivio digitale E-lis.
(http://eprints.rclis.org/).
Per approfondimenti sui temi dell’"Open
Access" si rimanda alla ricca e preziosa bibliografia preparata in occasione del convegno da
Elena Giglia dell’Università degli Studi di Torino
(http://hal9000.cisi.unito.it/wf/BIBLIOTECH/
Portale-bi/Open-Access/Bibliograf/index.htm).
Inserto BEN
Inserto BEN
Bollettino Epidemiologico Nazionale
STUDI DAL TERRITORIO
L'ESPERIENZA PILOTA DEI CENTRI ANTIVELENI LOMBARDI
DURANTE LE OLIMPIADI INVERNALI 2006
Laura Settimi1, Franca Davanzo2, Pietro Carbone1, Fabrizio Sesana2, Carlo Locatelli3, Maria Luisa Farina4,
Pietro Maiozzi1, Paolo Roazzi5, Fabio Maccari5, Luigi Macchi6 e Antonio Fanuzzi6
1Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma
2Centro Antiveleni di Milano
3Centro Antiveleni di Pavia
4Centro Antiveleni di Bergamo
5Settore Informatico (SIDBAE), Istituto Superiore di Sanità, Roma
6Direzione Generale Sanità, Regione Lombardia
I
Centri Antiveleni (CAV) sono
strutture con competenze in
tossicologia clinica che operano all’interno del Sistema Sanitario
Nazionale per garantire una corretta gestione delle intossicazioni
acute. Gli eventi presi in esame dai
CAV riguardano una molteplicità di
esposizioni e possono rilevare condizioni di rischio non adeguatamente considerate. Come evidenziato
dall’esperienza condotta negli USA
già a partire dai primi anni ’80, i dati
rilevati dai CAV possono costituire
una base informativa di primaria
importanza per la caratterizzazione
e la prevenzione di fenomeni quali: intossicazioni in età pediatrica;
incidenti domestici, ambientali e
sul lavoro; intossicazioni alimentari;
intossicazioni da farmaci. Altri motivi di particolare interesse derivano
dall’opportunità che questi dati offrono per le verifiche sulla sicurezza
dei prodotti in commercio, l’avvio di
attività di ricerca in ambito clinico e
terapeutico, il miglioramento delle
conoscenze sulla tossicità per l’uomo di agenti specifici. Più recentemente, i dati rilevati dai CAV sono
stati utilizzati anche per la sorveglianza in tempo reale di eventi potenzialmente riconducibili al rilascio
volontario o accidentale di agenti
pericolosi (1, 2).
Not Ist Super Sanità 2006;19(12):i-ii
In considerazione di questi aspetti,
l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in
accordo con il Ministero della Salute-CCM e con la collaborazione della
Direzione Generale (DG) Sanità della
Regione Lombardia, ha recentemente avviato un piano di lavoro per la
messa a punto di un sistema di sorveglianza basato sul contributo dei
CAV. L’attività svolta per la realizzazione di questo progetto è stata inizialmente dedicata alla definizione
di modalità standard per la gestione
e analisi dei dati.
Una prima verifica delle procedure delineate è stata effettuata sulla
casistica trasmessa dai CAV di Milano, Pavia e Bergamo al sistema integrato di sorveglianza attivato nel
corso delle Olimpiadi invernali 2006
(3, 4). Infatti, i tre CAV lombardi nel
periodo 1° febbraio-31 marzo 2006
hanno contribuito a questo sistema
trasmettendo giornalmente alla Regione Piemonte e all’ISS i dati relativi
alle consulenze prestate su richiesta
di utenti piemontesi. Presso l’ISS,
queste informazioni sono state oggetto di revisione sistematica e sono state classificate utilizzando categorie di riferimento confrontabili
con quelle adottate negli USA (2).
La casistica rilevata, oltre a essere
stata esaminata giornalmente e settimanalmente per l’individuazione
di eventuali condizioni anomale, è
stata analizzata nel suo complesso,
con la finalità di rendere disponibile
un esempio di dati italiani in grado
di evidenziare le potenzialità del sistema di sorveglianza proposto. Nel
presente contributo vengono descritti i principali risultati di questa
esperienza pilota.
Nel periodo in esame, i CAV lombardi hanno ricevuto 766 richieste
di consulenza dal Piemonte, pari a
circa il 6% dell’insieme delle consulenze gestite nello stesso periodo (n.
13.760). Circa l’84% delle prestazioni
in esame è stato effettuato a seguito di episodi di esposizione umana,
l’1% per esposizioni animali e circa il
15% è risultato una richiesta di informazione.
Con riferimento alle esposizioni
umane, la maggior parte degli incidenti (circa il 97%) ha coinvolto una
sola persona, mentre gli episodi con
più di un soggetto esposto sono stati
21 e hanno coinvolto 63 persone. In
totale, sono stati rilevati 697 casi di
esposizione umana che hanno comportato una stima di circa 11 casi
per 10.000 residenti presi in esame
annualmente dai CAV lombardi per
la Regione Piemonte.
L’esposizione è risultata di tipo accidentale per il 70% dei soggetti esaminati e volontaria per circa il 27%. X
i
Inserto BEN
Tabella - Principali caratteristiche dei casi di esposizione umana presi in esame dai CAV lombardi su richiesta di utenti piemontesi nei mesi di febbraio e marzo
2006
Categoria di agente
Esposti
n.
%
Detergenti di uso domestico
115 17,0
Fumi/gas/vapori
63 a 9,3
Sedativi/ipnotici/antipsicotici
53 7,9
Cosmetici/cura della persona
36 5,3
Analgesici
32 4,7
Giocattoli/corpi estranei
30 4,4
Alimenti e bevande (esclusi alcolici) 22 3,3
Preparazioni gastrointestinali
15 2,2
Antidepressivi
13 1,9
Colori/cancelleria
13 1,9
Antiepilettici
12 1,8
Cardiovascolari
12 1,8
Parafarmaci
12 1,8
Droghe da strada e stimolanti
10 1,5
Fertilizzanti
10 1,5
Vitamine
9 1,3
Antimicrobici
8 1,2
Prep. per occhi naso e gola
8 1,2
Prep. per tosse e raffreddore
8 1,2
Terapia antiasmatica
8 1,2
Antiparassitari
7 1,0
Colle/adesivi
7 1,0
Piante
7 1,0
Altro
165 24,4
Totale
Sintomi
Assenti/non
associati
n. %
56
19
17
22
27
24
12
10
6
12
8
9
9
1
10
9
7
8
8
8
6
7
6
76
48,7
30,2
32,1
61,1
84,4
80,0
54,5
66,7
46,2
92,3
66,7
75,0
75,0
10,0
100,0
100,0
87,5
100,0
100,0
100,0
85,7
100,0
85,7
46,0
Età (anni)
Presenti
n.
%
59
44
36
14
5
6
10
5
7
1
4
3
3
9
0
0
1
0
0
0
1
0
1
89
51,3
69,8
67,9
38,9
15,6
20,0
45,5
33,3
53,8
7,7
33,3
25,0
25,0
90,0
0,0
0,0
12,5
0,0
0,0
0,0
14,3
0,0
14,3
53,9
675 100,0 377 55,9 298 44,1
<=5
n. %
6--19
n.
%
50 43,5 7 6,1
6 9,5 10 15,9
7 13,2 3 5,7
23 63,9 4 11,1
20 62,5 1 3,1
27 90,0 2 6,7
3 13,6 5 22,7
9 60,0 1 6,7
1 7,7 4 30,8
12 92,3 1 7,7
1 8,3 1 8,3
8 66,7 0 0,0
7 58,3 1 8,3
0 0,0 0 0,0
2 20,0 2 20,0
9 100,0 0 0,0
3 37,5 2 25,0
6 75,0 0 0,0
7 87,5 0 0,0
6 75,0 1 12,5
4 57,1 0 0,0
6 85,7 1 14,3
5 71,4 0 0,0
46 27,9 19 11,5
268 39,7 65
Circostanza dell’esposizione
20+
Non nota Accidentale Intenzionale
n.
%
n. %
53
40
42
8
11
1
13
5
8
0
10
4
3
10
6
0
3
2
1
1
3
0
2
93
46,1
63,5
79,2
22,2
34,4
3,3
59,1
33,3
61,5
0,0
83,3
33,3
25,0
100,0
60,0
0,0
37,5
25,0
12,5
12,5
42,9
0,0
28,6
56,4
n.
%
5 4,3 101 87,8
7 11,1 61 96,8
1 1,9 12 22,6
1 2,8 32 88,9
0 0,0 24 75,0
0 0,0 29 96,7
1 4,5 11 50,0
0 0,0 12 80,0
0 0,0
2 15,4
0 0,0 13 100,0
0 0,0
4 33,3
0 0,0 11 91,7
1 8,3 12 100,0
0 0,0
0
0,0
0 0,0 10 100,0
0 0,0
9 100,0
0 0,0
6 75,0
0 0,0
8 100,0
0 0,0
7 87,5
0 0,0
8 100,0
0 0,0
6 85,7
0 0,0
7 100,0
0 0,0
7 100,0
7 4,2 95 57,6
9,6 319 47,3 23 3,4 487
n.
14
1
39
4
7
1
0
2
11
0
8
1
0
10
0
0
2
0
1
0
1
0
0
66
%
Altro
n.
%
12,2 0 0,0
1,6 1 1,6
73,6 2 b 3,8
11,1 0 0,0
21,9 1 b 3,1
3,3 0 0,0
0,0 11 c 50,0
13,3 1 b 6,7
84,6 0 0,0
0,0 0 0,0
66,7 0 0,0
8,3 0 0,0
0,0 0 0,0
100,0 0 0,0
0,0 0 0,0
0,0 0 0,0
25,0 0 0,0
0,0 0 0,0
12,5 0 0,0
0,0 0 0,0
14,3 0 0,0
0,0 0 0,0
0,0 0 0,0
40,0 4 2,4
72,1 168 24,9 20
2,9
(a) Comprende 38 casi riferiti a monossido di carbonio e 13 casi associati a esposizione a fumi di incendio; (b) un caso di reazione avversa; (c) comprende 4 casi
di intossicazione da alimenti classificati come “sindrome sgombroide” e 6 casi con sospetta esposizione di natura dolosa, verificatisi a seguito di ingestione di
bevande contaminate
Inoltre, sono stati rilevati sei casi con
sospetta esposizione dolosa, quattro con intossicazione alimentare e
tre con reazione avversa a farmaci. Il
luogo dell’esposizione è risultato per
il 93% dei casi l’ambiente domestico,
per il 3% un luogo pubblico e per il 2%
l’ambiente di lavoro. Circa il 38% dei
casi ha presentato un’età inferiore ai 6
anni e circa il 45% dell’intera casistica
ha presentato almeno un segno o un
sintomo associabile all’esposizione.
Gli esposti a farmaci e ad agenti
non farmaceutici hanno costituito,
rispettivamente, il 41% e il 55% della casistica esaminata e il rimanente
3% è stato associato ad ambedue le
tipologie di esposizione. Come mostrato in Tabella, le classi di agenti
con il numero più elevato di esposti
sono state: “detergenti di uso domestico” (115 casi), “fumi/gas/vapori”
(63 casi), “sedativi/ipnotici/antipsicotici” (53 casi), “cosmetici/prodotti
per la cura della persona” (36 casi),
“giocattoli/corpi estranei” (30 casi),
“alimenti e bevande” (22 casi).
Per quanto riguarda i singoli
agenti, è stato evidenziato che più
della metà dei soggetti esposti a
ii
“fumi/gas/vapori” (38 casi) ha subito un’esposizione a monossido di
carbonio. Tra i casi con esposizione
ad “alimenti e bevande”, sei soggetti hanno ingerito acqua minerale in
bottiglia con sospetta contaminazione dolosa e quattro sono risultati
affetti da “sindrome sgombroide” a
seguito di ingestione di pesce.
Sebbene i dati analizzati siano stati riferiti a una sola regione e a soli
due mesi di rilevazione, essi hanno
permesso una prima caratterizzazione della complessità degli eventi
esaminati dai CAV e hanno dato luogo a osservazioni sostanzialmente
confrontabili con quelle basate su
casistiche più ampie (2). Inoltre, le
analisi effettuate hanno offerto l’opportunità di segnalare problematiche emergenti non adeguatamente
considerate, quali le esposizioni accidentali a monossido di carbonio.
L’attività svolta ha anche permesso
di evidenziare la tempestività con
cui i CAV possono segnalare eventi
di sospetta natura dolosa e orientare
indagini mirate. Le procedure definite nel corso di questa esperienza
vengono attualmente utilizzate per
la messa a punto di un sistema di
gestione dei dati rilevati dai CAV in
grado di fornire un supporto informativo di interesse sia a livello regionale che nazionale.
Riferimenti bibliografici
1. Watson AW, Litovitz TL, Bedson
MG et al. The Toxic Exposure Surveillance System (TESS): risk assessment and real-time toxicovigilance
across United States poison control
centers. Toxicol Appl Pharmacol
2005;207:S604-S10.
2. Lai MW, Klein-Schwartz W, Rodgers GC et al. 2005 Annual Report
of the American Association of Poison Control Centers Toxic Exposure Surveillance System. Clin Toxicol
2006;44:803-932.
3. Team di consulenza epidemiologica per le Olimpiadi. La sorveglianza durante le olimpiadi invernali di
Torino 2006. Not Ist Super Sanità
- Inserto BEN 2006;19(2): i-ii.
4. Epidemiological Consultation
Team. Results from the integrated
surveillance system for the 2006
Winter Olympic and Paraolympic
Games in Italy. Eurosurveillance
2006;11(8) August 17.
Inserto BEN
INTOSSICAZIONI ACUTE DA MACROMICETI
Margherita Gulino, Claudio Maggi, Ugo Tanti, Anna Aldrighetti, Carla Avataneo e Marino Balma
Dipartimento di Prevenzione, SCIAN, ASL 8, Chieri (TO)
S
olo una piccola parte delle
numerosissime specie fungine è tossica, pur tuttavia ogni
anno si rilevano in Italia numerosi
casi di intossicazioni, anche mortali
(1). In base al periodo di tempo che
intercorre tra l’ingestione del pasto
di funghi e la comparsa dei primi
sintomi di malattia, le intossicazioni vengono suddivise in “sindromi a
breve latenza” da pochi minuti fino
a un massimo di 4-6 ore e “sindromi a lunga latenza” da 6 a 24 ore od
oltre (2).
Le sindromi a breve latenza sono causate da funghi con modesta tossicità d’organo e quasi nulla
mortalità, con la manifestazione di
una sintomatologia gastroenterica,
caratterizzata da nausea e ripetuti
episodi di vomito e diarrea; ben
diversa è l’intossicazione da funghi
che sono responsabili di sindromi
a lunga latenza, che sono associati
a una più alta incidenza di mortalità. I sintomi delle sindromi a lunga latenza inizialmente possono
simulare una gastroenterite di tipo
influenzale, così che il paziente e lo
stesso medico curante sottovalutano il rischio, tanto che si ricorre all’ospedalizzazione e alla cura tardivamente, compromettendo a volte
in maniera irreparabile, lo stato di
salute (1).
Data la rilevanza e la potenziale
gravità del problema, le linee guida
della Regione Piemonte per l’indagine e sorveglianza delle malattie a
trasmissione alimentare identificano come focolaio epidemico anche
un solo caso di intossicazione da
funghi (3).
Nell’ultima settimana di ottobre
2006 sono pervenute al Servizio
Igiene Alimenti e Nutrizione (SCIAN)
dell’ASL 8 di Chieri (TO) due segnalazioni da parte dell’Ospedale di
Moncalieri (TO) di casi da sospetta
intossicazione da funghi epigei, per
le quali sono state ricoverate 4 persone. A seguito di tali segnalazioni lo
SCIAN si è attivato per l'indagine epidemiologica con l'assistente sanitario in collaborazione con il micologo
per la relativa consulenza.
Not Ist Super Sanità 2006;19(12):iii-iv
Nel primo focolaio sono state coinvolte due persone appartenenti allo
stesso nucleo familiare (madre e figlia) ricoverate presso l’Ospedale di
Moncalieri dopo aver consumato dei
funghi (raccolti da un familiare) la sera precedente il ricovero. L’anamnesi
evidenziava la rapidità dell’insorgenza della sintomatologia caratterizzata da vomito e diarrea dopo circa
due ore dall’ingestione dei funghi
per un soggetto (madre) e dodici ore
per l’altro (figlia); il periodo di tempo
che è intercorso tra l’ingestione del
pasto di funghi e la comparsa dei
primi sintomi di malattia in uno dei
due soggetti è stato breve, configurandosi come una sindrome da intossicazione a breve latenza del tipo
gastrointestinale. Sono stati eseguiti
esami ematochimici e delle urine e il
dosaggio della alfa-amanitina; quest’ultima è risultata 6,3 ng/mL (possibile intossicazione da 1,5 a 10 ng/mL)
e 18,1 ng/mL (intossicazione quando
vengono superati i 10 ng/mL).
In questo caso, dall’indagine epidemiologica e dalla consulenza micologica, resa difficoltosa dall’assenza di
materiale fungino reperibile (nessun
residuo dell’alimento) ma suffragata da una attenta descrizione sia da
parte del raccoglitore (familiare) che
da chi li ha preparati (madre) per la
cottura, oltre che dalla sintomatologia accusata, si è propeso per il sospetto di intossicazione da Agaricus
xanthoderma.
Il raccoglitore, pur sapendo dell’esistenza dell’Ispettorato micologico, servizio offerto gratuitamente
dall’ASL 8, non lo ha consultato, ritenendo commestibili, erroneamente,
i funghi raccolti.
Nel secondo focolaio sono state
coinvolte due persone appartenenti
allo stesso nucleo familiare (moglie e
marito) ricoverati presso l’Ospedale
di Moncalieri (TO) dopo aver consumato dei funghi (raccolti dal marito) la sera precedente al ricovero.
L’anamnesi evidenziava l’improvvisa
insorgenza della sintomatologia caratterizzata da vomito e diarrea dopo
circa sei ore dall’ingestione dei funghi per un soggetto (moglie) e dieci
ore per l’altro (marito); il periodo di
tempo che è intercorso tra l’ingestione del pasto di funghi e la comparsa
dei primi sintomi di malattia è compatibile con una sindrome da intossicazione a lunga latenza. La moglie
è deceduta pochi giorni dopo il ricovero in ospedale. Sono stati eseguiti
esami ematochimici e delle urine e
il dosaggio alfa-amanitina; questa
ultima è risultata 55,6 ng/mL per il
marito e 81,5 ng/mL per la moglie
(intossicazione quando vengono superati i 10 ng/mL).
L’indagine epidemiologica e la
consulenza micologica sono state
difficoltose per l’assenza di materiale
fungino reperibile (nessun residuo
dell’alimento), ma supportate da una
descrizione dettagliata del solo raccoglitore (marito), che asseriva che
dopo aver raccolto una Macrolepiota
procera (mazza di tamburo) aveva notato nelle vicinanze dei piccoli ovetti
bianchi che spuntavano dal terreno;
credendoli commestibili, raccoglieva
anche questi. Alla base della sintomatologia accusata e degli esiti degli
esami specifici praticati agli intossicati, si è propeso per il sospetto di intossicazione da Amanita phalloides.
Anche in questo caso il raccoglitore, pur essendo a conoscenza dell’Ispettorato micologico, non lo ha
consultato.
Entrambi i casi evidenziano due
aspetti importanti, che sono stati
rilevanti nel determinare l’evento intossicazione. Il primo aspetto riguarda la scelta di entrambi i raccoglitori
di affidarsi alle proprie conoscenze.
Tale situazione mette in evidenza la
grave sottovalutazione delle severe
conseguenze a cui il raccoglitore
può esporre se stesso e i familiari,
scegliendo di non consultare l’Ispettorato micologico.
Il secondo aspetto riguarda l’informazione sull’esistenza dell’Ispettorato micologico offerto come
servizio gratuito dall’ASL 8. Nonostante entrambi i raccoglitori lo conoscessero, è significativo che non
abbiano percepito l’importanza di
consultarlo in questa occasione. Tale
aspetto evidenzia come l’obiettivo X
iii
Inserto BEN
di comunicare ai nostri interlocutori
l’esistenza della consulenza gratuita sia stato raggiunto ma, anche,
come tale comunicazione non sia
stata così efficace da garantire l’effettiva consultazione dell’esperto
micologico, nonostante la presenza
di tre punti di consultazione aperti
un giorno a settimana e la disponibilità permanente del micologo, su
appuntamento telefonico, a valutare
i funghi raccolti.
Riferimenti bibliografici
1. Assisi F. Intossicazione da amatossine:
diagnosi e terapia secondo l’esperienza del Centro Antiveleni di Milano”.
Atti del 1° Convegno Internazionale
di Micotossicologia.Roccella Jonica
(RC), 4-5 dicembre 1998. Pagine di
Micologia 1999;1: 61-2.
2. Regione Lombardia Sanità. Manuale per la prevenzione delle intossicazioni da funghi. In: Regione Lom-
bardia, Direzione Generale Sanità,
Unità Organizzativa Prevenzione.
Milano: Regione Lombardia; 2001.
p. 61-72.
3. Regione Piemonte, ASL 7. Linee
guida per l’indagine in casi di tossinfezione alimentare. In: MTA
- Centro di riferimento regionale
per la sorveglianza, la prevenzione e
il controllo delle malattie trasmesse
da alimenti. Torino: Regione Piemonte; 2005. p. 7-8.
L'OFFERTA FORMATIVA DEL CNESPS
Silvia Colitti
Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, ISS, Roma
I
l Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione
della Salute (CNESPS) dell’Istituto Superiore di Sanità, anche per il
2007, offre una serie di corsi di formazione che vogliono rispondere
alla costante richiesta, da parte delle
Regioni e delle Aziende Sanitarie, di
una formazione accreditante e permanente di qualità.
La metodologia didattica di questi
corsi si basa prevalentemente su un
approccio attivo, con lezioni frontali accompagnate da lavori in piccoli gruppi, in modo da calare il partecipante
nel contesto di riferimento (in scenari
costruiti su casi reali appartenenti al
contesto di provenienza degli stessi
partecipanti) e da stimolarne il confronto con esperienze vissute per la
progettazione di nuove idee risolutive.
Lo staff organizzativo dei corsi effettua una selezione dei partecipanti,
tenendo presente la distribuzione
regionale dei partecipanti, il loro curriculum formativo e l’effettiva possibilità di mettere in pratica le nozioni
apprese nel loro contesto lavorativo.
Di seguito, due proposte dall’offerta
formativa del CNESPS che si terranno
nei prossimi mesi. È in corso la stampa
della brochure completa dell’offerta
formativa del CENSPS, che verrà spedita a tutte le ASL e che comunque
potrà essere richiesta inviando una
mail a [email protected], a partire dal 12 febbraio prossimo. Inoltre,
un elenco con una breve descrizione
dei corsi di formazione del 2007 potrà essere consultata sul sito dell’ISS
(http://www.iss.it/esps) o sul sito Epicentro (www.epicentro.iss.it).
iv
19-22 febbraio 2007:“Agire in Salute Pubblica basandosi sulle evidenze (EBPH)”, Roma, aula G.B. Rossi del
CNESPS.
La prevenzione basata su prove scientifiche (Evidence-Based Prevention)
vuole essere una combinazione di attività (azioni ed interventi) scientifiche,
come la ricerca di informazioni mancanti con idonei metodi di indagine, e
pratiche, ad esempio con decisioni per
risolvere problemi emergenti, mutuamente integrative ed esercitate in modo quanto più possibile contestuale. Si
tratta della formula più aggiornata di
praticare le attività di prevenzione di
qualsiasi livello (primaria, secondaria
e terziaria) e di qualsiasi area (singolo individuo, comunità, popolazione).
Questo corso si propone di offrire ai
partecipanti le competenze per inquadrare e mettere a fuoco un determinato problema o questione in termini di
salute, per cercare esaurientemente i
lavori da cui estrarre le evidenze, per
vagliare le evidenze per la loro validità e rilevanza, per incorporare, dopo
averli ricercati, i valori e le preferenze
della comunità/popolazione di riferimento e ancora per valutare l'efficacia
pratica mediante revisioni programmate confrontate a criteri di successo.
7-18 maggio 2007 “Epidemiologia
in azione: utilizzare i dati esistenti
e raccogliere i dati che non esistono per lo sviluppo e il monitoraggio degli interventi efficaci in sanità
pubblica”, Orvieto, presso il Centro
Studi Città di Orvieto.
Con questo corso residenziale, si
vuole offrire ai partecipanti una for-
mazione epidemiologica adeguata
all’uso dei dati di sorveglianza, di
mortalità e delle schede SDO. Inoltre, si vuole formare i partecipanti
in merito alla realizzazione di un’indagine di campo per raccogliere
ulteriori dati con lo scopo di migliorare la pratica della sanità pubblica.
Per questo, il corso offre una vera
e propria full immersion nell’epidemiologia applicata: una serie di
lezioni frontali seguite da esercitazioni pratiche che, durante il corso,
offriranno gli strumenti e le conoscenze necessarie ad una migliore
utilizzazione dei dati disponibili a
livello delle ASL e, durante la seconda settimana, la conduzione di
una vera e propria ricerca sul campo, con l’obiettivo finale non solo di
comunicare i risultati in modo adeguato a differenti tipi di audience,
ma di identificare le modalità per
tradurre i risultati in azioni efficaci
in Sanità Pubblica. Si vuole dotare
i partecipanti delle conoscenze e
abilità per assumere e interpretare
le informazioni epidemiologiche,
necessarie a prendere decisioni rispondenti alle reali esigenze della
popolazione.
Per informazioni rivolgersi a:
[email protected]
Comitato editoriale BEN
Nancy Binkin, Paola De Castro,
Carla Faralli,
Marina Maggini, Stefania Salmaso
e-mail: [email protected]
UN NUOVO DATABASE
PER LA SICUREZZA ALIMENTARE:
EDID - Endocrine disrupting chemicals
- Diet Interactions Database
Francesca Baldi e Alberto Mantovani
Dipartimento di Sanità Alimentare e Animale, ISS
RIASSUNTO - La dieta è una significativa fonte di esposizione a Interferenti Endocrini (IE) quali contaminanti
ambientali e fitosanitari; non si possono escludere rischi per la salute, soprattutto in fasce vulnerabili come
l’infanzia. Nell’ambito della valutazione del rischio in sicurezza alimentare occorre, tuttavia, considerare anche
gli effetti sul sistema endocrino di componenti naturali della dieta come oligoelementi, vitamine e fitoestrogeni. Il nuovo database EDC-Diet Interactions Database (EDID), presente all’interno del sito web dell'Istituto
Superiore di Sanità (ISS) (http://www.iss.it/inte/) intende fornire un contributo per stimolare la ricerca sulle
interazioni IE-nutrienti: una banca dati di abstract sugli studi presenti nella letteratura internazionale e riguardanti sia sistemi sperimentali sia popolazioni animali o l’essere umano, di facile consultazione e aggiornata
periodicamente.
Parole chiave: sicurezza alimentare, dieta, interferenti endocrini
SUMMARY (A new database for food safety: EDID - EDCs Diet Interactions Database) - Diet is a significant
source of exposure to Endocrine Disrupting Chemicals (EDCs) such as environmental pollutants and
agrochemicals; health risks cannot be excluded, in particular long-term effects in vulnerable groups such
as children. However, food safety assessment must also consider the effects of natural food components
modulating the endocrine system, such as trace elements, vitamins and phytoestrogens. The new EDCDiet Interactions Database (EDID) within the ISS EDCs website (http://www.iss.it/inte/) aims to be a contribution for stimulating further research in the field of xenobiotics-nutrients interactions: a database on
international literature’s studies, either on experimental systems and on animal population and humans,
easy to consult and periodically updated.
Key words: food safety, diet, endocrine disrupting chemicals
[email protected]
G
li Interferenti Endocrini (IE, Endocrine
Disrupting Chemicals) sono un eterogeneo gruppo di sostanze in grado
di alterare l’omeostasi endocrina, in particolare
degli ormoni steroidi e della tiroide; pertanto la
salute della riproduzione e dell’età evolutiva sono
i bersagli principali (1). Gli IE interagiscono
con recettori nucleari o con enzimi deputati alla
sintesi o al trasporto di ormoni, e comprendono
contaminanti persistenti (ad esempio, le diossine), composti usati nella filiera agrozootecnica
come alcuni fungicidi e antiparassitari (ad esempio, dicarbossimidi) e composti presenti in prodotti industriali e a uso personale (ad esempio, il
bisfenolo A). Inoltre, numerose sostanze bioattive naturali possono modulare la funzionalità del
sistema endocrino, dagli oligoelementi come lo
iodio al numeroso e ancora non completamente
Not Ist Super Sanità 2006;19(12):11-17
noto gruppo dei “fitoestrogeni”, tra cui ad esempio la genisteina, un isoflavone presente nella
soia (2).
Gli IE destano preoccupazione sia per i potenziali effetti avversi a lungo termine, sia per la esposizione della popolazione generale, associata alla
capacità di bioaccumulo e/o alla vasta diffusione di
diversi composti. L'esposizione agli IE nelle prime
fasi della vita è fortemente sospettata per il deterioramento della salute riproduttiva in numerosi
Paesi sviluppati, pertanto essi sono uno dei problemi di contaminazione chimica che hanno attirato
la massima attenzione della comunità scientifica
e dell’opinione pubblica. Gli IE sono quindi una
delle priorità europee sia per le strategie di prevenzione (3) sia per la ricerca: un esempio è il network
di eccellenza CASCADE sugli IE come contamiX
nanti delle catene alimentari (2).
11
F. Baldi, A. Mantovani
Sulla base di queste considerazioni è stata organizzata l’area tematica “Interferenti Endocrini”
nell’ambito del sito del Dipartimento di Sanità
Alimentare ed Animale dell’ISS (http://www.iss.
it/inte/).
La dieta, in particolare, è una fonte significativa di esposizione; il sospetto di assunzione
di IE nella dieta è una fonte di preoccupazione e di “allarmi” più o meno giustificati per
la salute dei consumatori. Ad esempio, per i
pesticidi i dati ufficiali nazionali (4) indicano
che i limiti massimi di residui stabiliti dalla
normativa sono raramente oltrepassati; tuttavia, non si può escludere un effetto additivo
con altri IE presenti nell’alimentazione, con
l’induzione di effetti che le singole sostanze,
prese isolatamente ai livelli riscontrati negli
alimenti, non riuscirebbero a produrre. Inoltre,
la capacità di bioaccumulo non caratterizza
solo i contaminanti persistenti noti quali gli
organoclorurati, ma si riscontra anche per
altri composti, quali i ritardanti di fiamma
bromurati, i perfluoroottani (http://www.iss.
it/inte/aspe/cont.php?id=10&lang=1&tipo=5)
e gli organostannici (5). Non è tanto il singolo
prodotto alimentare a essere potenzialmente
a rischio, quanto l’assunzione complessiva e
per lunghi periodi di alimenti con residui di
sostanze di cui sono tuttora incompletamente
noti l’impatto sul complessivo carico corporeo
di contaminanti dell’organismo e i possibili
effetti a lungo termine. La popolazione generale presenta inoltre differenti vulnerabilità:
l’infanzia è una tra le fasce più a rischio, in
12
quanto l’assunzione di cibo e acqua è maggiore
rispetto all’adulto in termini di massa corporea, la capacità di metabolizzare xenobiotici è
ancora incompleta nei primi di anni di vita e,
soprattutto, deve ancora compiersi lo sviluppo
funzionale dei sistemi riproduttivo, nervoso e
immunitario (6).
Tuttavia, nella moderna concezione della
tossicologia alimentare l’alimentazione non può
venire considerata solo un “veicolo” di sostanze
esterne nocive. Occorre invece una valutazione
bilanciata dei rischi associati ai contaminanti
e dei benefici nutrizionali associati a oligoelementi, vitamine e altre sostanze bioattive,
nonché dei loro eventuali effetti protettivi nei
confronti di composti tossici. Un primo esempio importante è la valutazione effettuata dalla
European Food Safety Authority (EFSA) nel
2005 sul consumo di pesce, oggetto di numerosi “allarmi” per la contaminazione da IE
persistenti nei Paesi del nord Europa (7). Il
documento dell’EFSA conclude che, sulla base
delle evidenze disponibili, è inopportuno raccomandare una riduzione del consumo di pesce (e
dei benefici nutrizionali associati) a livello europeo; tuttavia, i dati scientifici disponibili sulle
interazioni fra xenobiotici e sostanze “naturali”
presenti negli alimenti sono ancora molto limitati, nonostante il rilievo che questo argomento
può avere nell’ambito della sicurezza alimentare
e della prevenzione. D’altro canto, le sostanze
bioattive “naturali” vanno anch’esse considerate con qualche cautela. Un esempio sono i
fitoestrogeni che accanto a un possibile effetto
EDID: nuovo database per la sicurezza alimentare
Riferimenti bibiliografici
1. Maranghi F, Mantovani A. I contaminanti ambientali
con effetti endocrini: problemi e prospettive. Not Ist
Super Sanità 2003;16(5):3-9.
2. Mantovani A, Maranghi F, Baldi F et al. Valutazione
del rischio nel campo della sicurezza alimentare: attività di formazione italiana nell’ambito del
network Europeo CASCADE. Not Ist Super Sanità
2005;18(12):17-21.
3. Calamandrei G, Mantovani A. SCALE: un’iniziativa
europea per la prevenzione dei rischi per la salute
dei bambini. Il Contributo dell’ISS. Not Ist Super
Sanità 2004;17(11):3-7.
4. Ministero della Salute. Prodotti fitosanitari negli
alimenti di origine vegetale. Risultati in Italia
per l’anno 2005. Disponibile all'indirizzo: http://
www.ministerosalute.it/dettaglio/pdFocus.jsp?area
=alimenti&colore=3&id=393.
protettivo nei confronti di patologie croniche
su base endocrina (osteoporosi, cancro mammario), possono anche avere effetti avversi se
assunti a dosi eccessive o da soggetti particolarmente vulnerabili come i neonati (8). Non
può neppure essere completamente escluso che
elevate dosi di fitoestrogeni possano avere effetti
additivi con contaminanti che abbiano come
bersaglio gli stessi recettori.
Il database EDID (Endocrine disrupting chemicals-Diet Interactions Database) è il primo
specificamente mirato alle interazioni fra IE e
nutrienti. EDID intende fornire un contributo
per stimolare la ricerca in questo settore: una
banca dati di abstract sugli studi presenti nella
letteratura internazionale e riguardanti sia sistemi
sperimentali sia popolazioni animali o l’essere
umano, di facile consultazione e aggiornata periodicamente.
I criteri di ricerca possono essere impostati sia
con keyword quali sostanze, animali, tessuti, organi oppure mediante il nome dell’autore, o la data
o il titolo dell’articolo che si intende ricercare.
EDID è accessibile dal sito web dell'ISS dall’area tematica “Interferenti Endocrini" (http://
www.iss.it/inte/edid/cont.php?id=109&lang=1&
tipo=18).
EDID è stato elaborato nell’ambito del Progetto speciale dell’ISS “Interferenti
Endocrini”, progetto finalizzato essenzialmente
a sviluppare strumenti per la valutazione dei
rischi per la riproduzione e l’età evolutiva, con
particolare riguardo per l’esposizione attraverso
gli alimenti.
5. European Food Safety Authority. Opinion of the
Scientific Panel on Contaminants in the Food Chain on
a request from the Commission to assess the health
risks to consumers associated with exposure to organotins in foodstuffs. EFSA Journal 2004;102:1-119.
6. Maranghi F, Baldi F, Mantovani A. (Eds.). Sicurezza
alimentare e salute dell’infanzia. Roma: Istituto
Superiore di Sanità (Rapporti ISTISAN 05/35).
7. European Food Safety Authority. Opinion of the
Scientific Panel on Contaminants in the food chain
on a request from the European Parliament related
to the safety assessment of wild and farmed fish.
EFSA Journal 2005;236:1-118.
8. UK Food Standards Agency. Committee on Toxicity
of Chemicals in Food, Consumer Products and the
Environment. Report on phytoestrogens and health;
2003. Disponibile all'indirizzo: http://www.food.gov.
uk/science/ouradvisors/toxicity/COTwg/wg_phyto/
Siti web consigliati
www.cascadenet.org
CASCADE - Network europeo di eccellenza
sui contaminanti nella catena alimantare
http://www.efsa.europa.eu/en.html
EFSA - European Food Safety Authority
http://ec.europa.eu/food/index_en.htm
European Commission - DG SANCO
Food Safety - From Farm to Fork
http://ec.europa.eu/research/endocrine/
index_en.html
European Commission Research Endocrine Disrupters
http://ec.europa.eu/environment/health/
index_en.htm
European Environment and Health
13
Le rubriche del Notiziario
Nello specchio della stampa
a cura di Daniela De Vecchis e Franca Romani
Ufficio Stampa, ISS
Tumore del colon: ecco le staminali "colpevoli"
U
na scoperta “rivoluzionaria” è stata fatta nei laboratori dell’Istituto Superiore di Sanità a opera dei
ricercatori del Dipartimento di Ematologia, Oncologia
e Medicina Molecolare guidati da Ruggero De Maria.
Si tratta delle cellule CD133, le staminali capaci di
dare origine al tumore del colon. Lo studio, apparso
su Nature, ha avuto parecchia eco sulla stampa italiana
ed estera. Abbiamo posto a De Maria qualche domanda in merito alla sua ricerca.
Dott. De Maria, da un punto di vista clinico, ossia
dei futuri effetti pratici sui pazienti, cosa significa
questa scoperta?
“Da oggi potrebbe essere più facile valutare la capacità terapeutica dei nuovi farmaci per la terapia del
tumore del colon. Gli studi clinici si basano spesso
su dati sperimentali poco affidabili, in quanto sono
basati sull’impiego di linee cellulari che poco hanno a
che fare con i tumori dei pazienti. Qualora si facessero
degli investimenti adeguati nel settore delle cellule
staminali tumorali, sarebbe possibile accelerare considerevolmente la scoperta di terapie efficaci in quanto
ci sarebbe una selezione a monte che impedirebbe la
sperimentazione clinica dei farmaci poco attivi contro il
tumore. Inoltre, l’analisi molecolare delle cellule responsabili della formazione e della diffusione del tumore del
colon costituisce uno strumento formidabile per trovare delle nuove terapie specifiche ed efficaci”.
Può descriverci cosa avete visto esattamente al
microscopio?
“Abbiamo visto che solo il 2% circa delle cellule tumorali aveva la capacità di proliferare all’infinito, mentre
le altre cellule invecchiavano presto e smettevano di
crescere dopo un paio di settimane”.
È stata una sorpresa scoprire che proprio le cellule
staminali, quelle cioè conosciute per lo più come
Scoperte le staminali che scatenano
il cancro al colon
20 novembre 2006
Identificate le “cellule motore” del cancro del colon. Le
staminali tumorali resistenti alla chemioterapia ed in
grado di riprodursi senza limiti. Sono una minoranza
delle cellule presenti nel tessuto neoplastico (solo il
Not Ist Super Sanità 2006;19(12):14-15
“benefattrici” per le loro potenzialità rigeneratrici di
cellule e tessuti, sono invece all’origine del tumore
del colon?
“Non per noi, eravamo abbastanza convinti che nella
maggior parte dei tumori ci fosse una gerarchia precisa che riproducesse quella dei tessuti sani. È molto
più facile per una cellula staminale diventare tumorale
di quanto non lo sia per una cellula differenziata. Una
cellula staminale ha già la capacità di rigenerarsi e di
proliferare propria delle cellule tumorali. Pertanto le
alterazioni genetiche necessarie per la trasformazione
tumorale sono molto minori”.
Le CD133 rappresentano solo il 2% di tutte le cellule
presenti nel tumore. Ma perché il loro ruolo è determinante nella genesi della neoplasia?
“Perché questa proteina è espressa solo nelle cellule
staminali e progenitrici, quelle cellule cioè che sono la
sorgente del tumore stesso”.
Qual è oggi l’aspettativa di vita di chi soffre di
questa patologia? E quali terapie sono attualmente
disponibili per il cancro al colon?
“L’aspettativa di vita varia a seconda dello stadio della
malattia. Attualmente, circa il 50-60% dei pazienti a cui
viene diagnosticato un tumore al colon nei paesi più
sviluppati riesce a guarire grazie alla chirurgia e alla
terapia medica. Negli ultimi anni la sopravvivenza è
aumentata per due motivi. Da un lato c’è una maggiore
sensibilità dei soggetti a rischio a sottoporsi alla colonscopia, anche se purtroppo in Italia siamo molto indietro rispetto alla media europea, dall’altro sono stati
individuati degli schemi terapeutici più efficaci. Sono
inoltre disponibili da un paio di anni delle nuove molecole che riducono la capacità del tumore di crescere
e di alimentarsi. La strada per combattere il tumore al
colon è tracciata, ma bisogna percorrerla in fretta”.
2%) ma sono proprio quelle che scatenano la malattia,
formano le metastasi e favoriscono la ricomparsa del
male anche a distanza di anni.
Un gruppo di ricerca tutto italiano che lavora all’Istituto superiore di sanità sotto la guida di Ruggero De
Maria ha identificato queste cellule dalla vita quasi
immortale. Il lavoro, pubblicato on line su una delle
riviste scientifiche più prestigiose al Mondo, “Nature”,
apre la strada allo studio di farmaci in grado di colpire e distruggere le principali responsabili della vita
e della proliferazione del tumore del colon. Per arri-
14
Nello specchio della stampa
vare a disegnare il profilo di queste cellule staminali
tumorali è stata utilizzata una proteina, la CD 133,
presente solo raramente nella maggior parte delle
cellule tumorali normali. Solo quelle positive alla
proteina CD 133, dunque, sono in grado di formare
il tumore. È stata così scoperta l’esistenza, nei tessuti
del colon, di due tipi di cellule cancerose: uno che
cresce per circa quindici giorni e poi si ferma e un
altro che, al contrario, prolifera senza limiti. Queste,
appunto, sono le vere “colpevoli” della crescita del
cancro. Ma anche della sua resistenza ad alcuni farmaci e della sua ricomparsa quando si crede di averlo vinto. All’Istituto superiore di sanità da un anno
e mezzo hanno messo in coltura le big killer e, da
allora, non hanno mai smesso di riprodursi. Secondo
obiettivo della ricerca è ora quello di “costruire” armi
in grado di distruggere queste staminali tumorali. «In
un futuro prossimo - spiega Ruggero De Maria - sarà,
dunque, in caso di diagnosi di cancro, possibile letteralmente contare le staminali e, quindi, prevedere
se la crescita del tumore avrà un andamento più o
meno lento. Identificheremo il loro punto debole
e saremo in grado di colpire con estrema precisione». La ricerca ha valso un brindisi nei laboratori
dell’Istituto superiore di sanità perché è interamente
italiana e, soprattutto, perché finanziata da fondi di
ricerca pubblici. «È un successo doppio - commenta
Enrico Garaci presidente dell’Istituto. Il riconoscimento internazionale premia uno sforzo tutto italiano e, possiamo dirlo, apre nuove strade alle terapia
anticancro. Sempre più disegnate a misura di paziente». Da qui la nascita, in tempi brevi, di una banca
di cellule: attraverso la catalogazione sarà possibile
mettere a punto dei test che “guideranno” la preparazione di nuovi farmaci. «Una ricerca - aggiunge
Garaci - che può essere “fotocopiata” su altri tipi di
tumore. Che velocemente riuscirà a passare dal laboratorio alla clinica sul paziente. Fermando, appunto,
il lavoro delle staminali che riproducono il tumore e
portano alla recidiva».
Ecco le staminali motore
del cancro al colon
20 novembre 2006
Sono pochissime, eppure fondamentali, in grado di
moltiplicarsi quasi all’infinito, praticamente immortali. Le cellule staminali tumorali sono solamente il
2 per cento di tutte le cellule presenti nel tumore
al colon, ma sono responsabili della formazione del
cancro. La loro scoperta viene annunciata questa
settimana nell’edizione on line di Nature dal gruppo
italiano dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) guidato
da Ruggero De Maria. Un altro gruppo di ricerca
dell’università canadese di Toronto è arrivato a risultati analoghi, pubblicati nello stesso numero della
rivista. Un lavoro importante, spiegano gli autori
della ricerca, perché queste cellule potranno diventare i principali bersagli di futuri farmaci anticancro,
medicinali “intelligenti”, in grado di colpire esclusivamente le cellule responsabili del tumore. E di grande
rilievo: quello del colon è il secondo tumore killer
dopo quello del polmone. Entrambi i lavori partono
dall’idea che è solo un numero ristretto di cellule a
causare la crescita del tumore e le metastasi. È stato
possibile riconoscerle grazie alla presenza di una
proteina specifica, CD133, presente in tutte le cellule
cancerose ma in grande quantità proprio in quelle
staminali tumorali. L’équipe coordinata da De Maria
ha riscontrato che nel cancro al colon sono presenti
due tipi di cellule, molto diversi fra loro. Coltivando in
vitro tutti e due i tipi di cellule, si è visto che un primo
gruppo, che corrisponde al 98 per cento delle cellule
tumorali, cresce per un periodo massimo di due settimane. L’altro tipo, invece, quello delle staminali, che
ammontano al 2 per cento, cresce praticamente senza
limiti. Ed è particolarmente aggressivo. “Nel nostro
laboratorio sono in coltura da un anno e mezzo e
continuano a espandersi”, ha spiegato De Maria. I
ricercatori hanno iniettato le cellule staminali tumorali isolate in topi con le difese immunitarie ridotte.
E hanno visto che in poco tempo gli animali hanno
sviluppato un tumore con caratteristiche identiche
a quelle del paziente dal quale erano state prelevate
le cellule. “È un risultato eccezionale, che permette
un approccio innovativo al trattamento dei tumori”,
ha commentato il presidente dell’Istituto Superiore
di Sanità Enrico Garaci. E promette novità importanti
anche per la diagnosi della malattia, perché, spiega
ancora Ruggero De Maria, diventa possibile “contare”
le staminali tumorali e, sulla base del loro numero,
prevedere se la crescita del tumore potrà essere più
o meno lenta. Non solo: ora sarà possibile anche
“scoprire i punti deboli e sperimentare nuovi farmaci
che hanno queste cellule come bersaglio”. La ricerca
italiana è stata condotta in collaborazione fra l’ISS e
l’Istituto Oncologico del Mediterraneo di Catania, e
inoltre con il Dipartimento di Patologia e Medicina
di laboratorio dell’ospedale Sant’Andrea di Roma e il
Dipartimento di Discipline Chirurgiche ed oncologiche dell’università di Palermo.
15
Le rubriche del Notiziario
Visto... si stampi
a cura di Paola De Castro
Settore Attività Editoriali, ISS
Presentiamo qui le più recenti pubblicazioni edite da questo Istituto, disponibili online in full-text e su supporto
cartaceo. Per essere direttamente informati, comunicate il vostro indirizzo e-mail a: [email protected].
Gli Annali dell'Istituto Superiore di Sanità
Vol. 42, n. 4, 2006
Sezione I
Issues in Veterinary Public Health
Edited by Agostino Macrì, Adriano Mantovani, Romano
Marabelli and Ivana Purificato
Standardization or tailorization of veterinary vaccines: a
conscious endeavour against infectious diseases of animals
Maria Tollis
Sezione II
Preface
Agostino Macrì, Adriano Mantovani and Romano Marabelli
Research and methodologies/
Ricerche e metodologie
Occupational zoonoses in animal husbandry and related
activities
Giorgio Battelli, Raffaella Baldelli, Massimo Ghinzelli and
Adriano Mantovani
Persistent and toxic substances in the Venice lagoon
biota: an approach for quantitative data analysis for risk
management
Roberto Miniero, Giuseppe Ceretti, Evelina Cherin,
Elena Dellatte, Silvia De Luca, Fabiola Ferri, Igor Fochi,
Anna Rita Fulgenzi, Federico Grim, Nicola Iacovella,
Anna Maria Ingelido, Piero Vio and Alessandro Di Domenico
Multidisciplinary collaboration in veterinary public health
Luca Busani, Alfredo Caprioli, Agostino Macrì, Adriano
Mantovani, Gaia Scavia and Aristarco Seimenis
Laboratory surveillance for prevention and control of
foodborne zoonoses
Luca Busani, Gaia Scavia, Ida Luzzi and
Alfredo Caprioli
Wildlife, environment and (re)-emerging
zoonoses, with special reference to sylvatic tick-borne zoonoses in North-western Italy
Daniele De Meneghi
From environment to food: the case of
PCB
Cinzia La Rocca and Alberto Mantovani
Veterinary medicine in disasters
Marco Leonardi, Renata Borroni and Marta
Di Gennaro
Availability of veterinary medicinal products for food
producing minor animal species in the Mediterranean
area
Agostino Macrì, Ivana Purificato and Maria Tollis
Assessment of feed additives and contaminants: an
essential component of food safety
Alberto Mantovani, Francesca Maranghi, Ivana Purificato
and Agostino Macrì
The challenges for surveillance and control of zoonotic
diseases in urban areas
Giovanni Poglayen
Zoonoses in the Mediterranean Region
Aristarco Seimenis, Daniela Morelli and Adriano
Mantovani
Not Ist Super Sanità 2006;19(12):16-19
Evaluation of carboplatin pharmacokinetics in pediatric
oncology by means of inductively coupled plasma mass
spectrometry
Anna Clerico, Carlo Cappelli, Giuseppina
Ragni, Sergio Caroli, Maria Antonietta
De Ioris, Alessia Sordi, Francesco Petrucci,
Beatrice Bocca and Alessandro Alimonti
Consensus Conference "Sorveglianza sanitaria delle popolazioni esposte a fibre
di tremolite nel territorio della ASL 3 Lagonegro (PZ)"
Marina Musti, Caterina Bruno, Filippo
Cassano, Angelo Caputo, Gabriella Cauzillo,
Domenica Cavone, Luca Convertini, Antonio
De Blasio, Barbara De Mei, Mario Marra,
Giuseppe Montagano, Biagio Schettino,
Amerigo Zona e Pietro Comba
Substance use and related problems a study on the abuse
of recreational and not recreational drugs in Northern Italy
Raimondo Maria Pavarin
Scientific research on human subjects and ethics procedures at the Istituto Superiore di Sanità: a survey of the
articles issued in 2001
Francesco Rosmini, Luigina Ferrigno, Franca D’Angelo and
Elisabetta Poltronieri
Euthanasia of companion animals: a legal and ethical
analysis
Annamaria Passantino, Carmela Fenga, Cristina Morciano,
Chiara Morelli, Maria Russo, Carlotta Di Pietro and Michele
Passantino
16
Visto... si stampi
Rapporti
ISTISAN
06/31
Area tematica
Ambiente e salute
Rischio microbiologico e qualità delle sabbie marine costiere:
due campagne di monitoraggio a confronto.
A cura di Laura Mancini, Stefania Marcheggiani, Elisabetta Cara e Lucia Venturi
2006, iii, 26 p.
I livelli di contaminazione microbiologica delle sabbie sono generalmente più elevati rispetto a
quelli delle acque marine, a causa di fenomeni di accumulo degli inquinanti. Sia gli ambienti delle
sabbie che delle acque possono rappresentare habitat ideali per un vasto numero di microrganismi
come batteri, miceti e virus. Numerose specie, considerate come potenzialmente patogene, possono pertanto rappresentare un fattore di rischio sanitario determinante per la salute pubblica; tale
problematica è particolarmente significativa per le spiagge soggette ad elevate pressioni antropiche. Pochi sono stati gli studi effettuati per valutare questo aspetto e finalizzati allo sviluppo di
linee guida per la prevenzione e il controllo di diverse patologie. Obiettivo del presente lavoro è di
definire la biodiversità microbica in campioni di sabbia e di acqua prelevati nelle spiagge italiane
durante la stagione balneare. Una parte dei dati presi in considerazione sono stati raccolti nel corso
della campagna di monitoraggio delle acque di balneazione (Goletta Verde 1999), mentre l’altra
parte dei dati, presi dal Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria dell’Istituto
Superiore di Sanità, risale al 2001.
[email protected]
Sesto programma nazionale di ricerca sull’AIDS. Piano esecutivo. Rapporti
A cura del Centro Nazionale AIDS per la Patogenesi e Vaccini contro HIV/AIDS
ISTISAN
2006, 103 p.
06/32
Il sesto Programma Nazionale di Ricerca sull’AIDS è articolato in progetti di ricerca extramurale e
intramurale. Il Programma extramurale è suddiviso nei seguenti progetti: 1) Epidemiologia dell’HIV/AIDS; 2) Eziopatogenesi e studi immunologici e virologici dell’HIV/AIDS; 3) Ricerca clinica e
terapia della malattia da HIV; 4) Coinfezioni, infezioni opportunistiche e tumori associati all’AIDS;
5) Sviluppo di vaccini e biotecnologie innovative per la prevenzione e la cura dell’AIDS (Azione
concertata italiana per lo sviluppo di un vaccino contro HIV/AIDS, ICAV); 6) Aspetti psicosociali. Il
Programma intramurale è suddiviso nei seguenti progetti: 1) Epidemiologia dell’HIV/AIDS e aspetti psicosociali; 2) Eziopatogenesi e studi immunologici e virologici dell’HIV/AIDS; 3) Ricerca clinica
e terapia della malattia da HIV; 4) Coinfezioni, infezioni opportunistiche e tumori associati all’AIDS;
5) Sviluppo di vaccini e biotecnologie innovative per la prevenzione e la cura dell’AIDS (Azione
concertata italiana per lo sviluppo di un vaccino contro HIV/AIDS, ICAV).
[email protected]
Rapporti
ISTISAN
06/33
Area tematica
Epidemiologia
e sanità pubblica
Area tematica
Patologie
Scenari di diffusione e controllo di una pandemia influenzale in Italia.
Gruppo di lavoro EPICO: Marta Luisa Ciofi degli Atti, Caterina Rizzo, Antonino Bella, Marco Massari,
Mimmo Iannelli, Antonella Lunelli, Andrea Pugliese, Jordi Ripoll, Piero Manfredi,
Gianpaolo Scalia Tomba, Stefano Merler, Giuseppe Jurman, Cesare Furlanello
2006, 41 p.
Per stimare l’andamento nazionale di una eventuale pandemia influenzale e l’impatto delle possibili misure di controllo, è stato messo a punto un modello matematico di tipo SEIR, con una
componente stocastica di simulazione. È stato assunto un R0 (numero riproduttivo di base) della
influenza pandemica pari ad 1,8 e un tasso di attacco complessivo del 35%. Le misure preventive
considerate hanno incluso la vaccinazione (due dosi di vaccino pandemico, o una dose di un
vaccino antigenicamente simile pre-pandemico seguito da una dose di vaccino pandemico), la
profilassi con antivirali e la riduzione delle distanze sociali attraverso la chiusura di scuole, luoghi
di lavoro, altri luoghi di ritrovo. In assenza di interventi, il picco epidemico verrebbe raggiunto in
Italia dopo circa quattro mesi dalla importazione dei primi casi, estinguendosi nell’arco di circa 7
mesi. Nessun intervento attuato singolarmente è in grado di ridurre il tasso di attacco cumulativo a valori inferiori al 24%. L’uso di vaccino pre-pandemico e pandemico, associato a tutti gli altri
interventi, permette invece di ridurre il tasso di attacco cumulativo al 10% circa. In accordo con
quanto descritto nella letteratura internazionale, tali risultati evidenziano la necessità di mettere
a punto un modello organizzativo per attuare in corso di pandemia gli interventi medici e sociali
necessari a fronteggiare l’emergenza.
[email protected]; [email protected]
17
Le rubriche del Notiziario
Registro Nazionale Malattie Rare: malformazioni congenite e acido folico. Rapporti
A cura di Anna Pierini, Fabrizio Bianchi, Paolo Salerno e Domenica Taruscio
ISTISAN
2006, iv, 114 p.
06/34
Si stima che nel nostro Paese circa il 3% dei nati siano affetti da malformazioni congenite. L’assunzione
di acido folico prima del concepimento e nelle prime fasi della gravidanza ha un effetto preventivo
riguardo ai difetti del tubo neurale, severe anomalie congenite determinate dalla mancata chiusura
del tubo neurale che si completa nella terza-quarta settimana dal concepimento, e di altre malformazioni quali difetti cardiaci congeniti, anomalie congenite del tratto urinario, labio-palatoschisi,
difetti in riduzione degli arti. In diversi Paesi, sono state realizzate iniziative di sanità pubblica con lo
scopo di ridurre queste malformazioni attraverso un adeguato apporto di acido folico alle donne in
età fertile. Il network italiano Promozione Acido Folico, costituitosi nel 2004 e al cui coordinamento
collabora il Centro nazionale malattie rare dell’Istituto Superiore di Sanità, ha elaborato e diffuso una
raccomandazione per la supplementazione peri-concezionale di acido folico: “Si raccomanda che le
donne che programmano una gravidanza, o che non ne escludono attivamente la possibilità, assumano regolarmente almeno 0,4 mg al giorno di acido folico per ridurre il rischio di difetti congeniti.
È fondamentale che l’assunzione inizi almeno un mese prima del concepimento e continui per tutto
il primo trimestre di gravidanza”. Questo lavoro fornisce una revisione delle evidenze scientifiche
disponibili in letteratura sull’efficacia dell’acido folico nella prevenzione di difetti congeniti e possibili
strategie di sanità pubblica.
[email protected]
Rapporti
ISTISAN
06/35
Area tematica
Formazione
e informazione
Area tematica
Epidemiologia
e sanità pubblica
Riflessioni sul Dipartimento di Malattie Infettive,
Parassitarie ed Immunomediate dell’Istituto Superiore di Sanità
nel primo triennio di attività (2003-2005).
Antonio Cassone
2006, 38 p.
In questo rapporto vengono esaminate la attività del Dipartimento di Malattie Infettive
Parassitarie ed Immunomediate nel suo primo triennio di vita. Progressi, problemi, criticità e idee
sul futuro sviluppo e le prospettive del Dipartimento vengono analizzati dal suo Direttore, anche
in vista della pressante necessità di essere preparati alle sfide scientifiche degli anni 2000. Una
particolare sessione è dedicata alle ragioni che spingono il Dipartimento a proporre l’istituzione
di un Centro per i Prodotti Immunobiologici che ci si augura possano venire al più presto accolte
nell’interesse della salute pubblica.
[email protected], [email protected]
Stili di vita e comportamenti delle popolazioni di Taranto, Massafra, Rapporti
Crispiano e Statte ai fini della valutazione dell’esposizione inalatoria ISTISAN
ad inquinamento atmosferico. 06/36
Anna Bastone, Maria Eleonora Soggiu, Caterina Vollono, Giuseppe Viviano,
Mascia Masciocchi, Grazia Rago, Cinzia Sellitri, Stefano Spagnolo, Maria Spartera
2006, 40 p.
Area tematica
Ambiente e salute
Il fenomeno dell’esposizione in popolazioni residenti in aree urbane, caratterizzate dalla presenza di
attività industriali, richiede per la sua analisi l’adozione di una metodologia di indagine in grado di
cogliere la variabilità dei comportamenti e degli stili di vita e individuare in tal modo pattern di comportamento cui si associano maggiori rischi per la salute. Questo approccio richiede la conoscenza
delle variabili che influenzano individualmente l’esposizione umana. La pianificazione di studi atti ad
acquisire informazioni individuali è quindi elemento importante nella valutazione dell’esposizione.
Tali studi si basano su indagini campionarie di popolazione che utilizzano questionari opportunamente disegnati per le specificità del territorio dove esse sono condotte. Si descrive la metodologia
e i risultati di uno studio, condotto nel 2005, riguardante 1066 soggetti residenti nell’area di Taranto,
Statte, Crispiano e Massafra, indirizzato alla rilevazione di dati socio demografici, fisici e di comportamento. I risultati evidenziano le differenze tra gruppi età-sesso per le variabili rilevate e ricostruiscono
i ratei inalatori per tutti i gruppi. I risultati di questo studio sono confrontati con quelli ottenuti da
un’analoga indagine condotta in una città del nord Italia.
[email protected]
18
Visto... si stampi
ISTISAN
Congressi
06/C9
Congresso. Archivi istituzionali per la ricerca: esperienze e progetti
di Open Access. Istituto Superiore di Sanità.
Roma, 30 novembre-1 dicembre 2006. Riassunti.
A cura di Elisabetta Poltronieri, Patrizia Mochi e Egiziana Colletta 2006, v, 37 p. (in English)
Il Convegno si propone di realizzare i seguenti obiettivi: a) sensibilizzare gli autori di pubblicazioni biomediche sui vantaggi offerti dagli archivi aperti digitali e dalle riviste Open Access peerreviewed; b) mostrare le ricadute del nuovo modello di pubblicazione sulla valutazione e l’impatto
della ricerca; c) promuovere lo sviluppo di politiche istituzionali a favore dell’Open Access; d) favorire la collaborazione tra enti e istituzioni di ricerca in Italia e all’estero per la condivisione di risorse
ed esperienze.
[email protected]
XV Seminario Nazionale. La valutazione dell’uso e della sicurezza
dei farmaci: esperienze in Italia. Istituto Superiore di Sanità.
Roma, 11-12 dicembre 2006. Riassunti.
ISTISAN
Congressi
06/C10
A cura Marina Maggini, Paola Ruggeri e Stefania Spila Alegiani 2006, xv, 106 p.
Il Seminario Nazionale di Farmacoepidemiologia quest’anno giunge alla sua 15a edizione e per la
prima volta si svolgerà in due giornate per consentire una più ampia riflessione sui principali temi
della farmacoepidemiologia in Italia. Nel presente volume sono riportati i riassunti degli oltre 80
contributi, che verranno esposti nelle due giornate come poster e delle 25 relazioni orali che saranno
presentate nell’ambito di sette sessioni che riflettono i principali temi di ricerca in Italia. Le prime due
sessioni del Seminario sono dedicate agli studi sull’uso dei farmaci, con la consueta presentazione dei
dati dell’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed) relativi ai primi nove mesi del
2006. La terza sessione è focalizzata sulle terapie oncologiche mentre la quarta affronta il confronto
sul rischio-beneficio dei farmaci antipsicotici (tipici e atipici). Una particolare attenzione è dedicata
all’uso dei farmaci nella popolazione anziana (quinta sessione). Gli aspetti relativi all’appropriatezza
prescrittiva nella pratica clinica e alle problematiche del Sistema Nazionale di Farmacovigilanza sono
discusse nell’ambito delle ultime due sessioni del Seminario.
[email protected]
GenomEUtwin Scientific Meeting. Network europeo dei registri dei gemelli
e coorti MORGAM. Istituto Superiore di Sanità. Roma, 14-15 dicembre 2006.
Riassunti.
ISTISAN
Congressi
06/C11
A cura di Maria Antonietta Stazi e Cristina D’Ippolito 2006, v, 60 p. (in English)
Questo secondo Convegno di GenomEUtwin vuole fornire un aggiornamento sulla ricerca condotta nell’ambito del progetto GenomEUtwin (Analisi genomica di coorti di gemelli e di popolazioni europee per
identificare geni di suscettibilità a malattie comuni) finanziato dalla Commissione Europea nel Quinto
Programma Quadro. Il progetto ha sviluppato e applicato nuove strategie di analisi molecolare e statistica sulle coorti dei gemelli e su quelle MORGAM (MOnica Risk, Genetics, Archiving and Monograph)
per definire e caratterizzare le componenti genetiche, ambientali e relative agli stili di vita in patologie
quali l’obesità, l’emicrania, le malattie cardiovascolari, che costituiscono un rilevante problema di sanità
pubblica in tutto il mondo. Il Workshop costituisce un’occasione di alto valore formativo per gli studenti
ed i giovani ricercatori che sono invitati a presentare il loro lavoro. Vengono presentati i risultati di questo programma quadriennale, relativi ai fenotipi oggetto di indagine e agli ambiti metodologici presi in
considerazione (informatica, statistica, biologia molecolare). Vengono inoltre esaminate le implicazioni
etiche degli studi di epidemiologia genetica. La sessione dedicata ai Poster faciliterà la discussione e il
dibattito tra i ricercatori giovani e senior che hanno lavorato al Progetto.
[email protected]
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Sono stati pubblicati di recente opuscoli sull'attività e struttura dell'ISS, sulla sua Biblioteca e sul Sistema Informativo per la Bioetica in
Linea (SIBIL).
Gli opuscoli, realizzati in lingua italiana e inglese, sono disponibili
online all'indirizzo www.iss.it, sezione Pubblicazioni.
19
Il ritorno della TBC; allarme in Europa
9 giugno 2006, p. 14
Volume 19 - Numero 12
Dicembre 2006
ISSN 0394-9303
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...Ogni anno solo in Europa si hanno 450mila nuovi
casi di contagio. Il dato più preoccupante si riferisce
però ai paesi dell’Europa dell’est: negli ultimi 15 anni
i soggetti colpiti da questa malattia sono infatti raddoppiati (110 e non più solo 50 casi ogni 100mila abitanti). Lo ha sottolineato il rappresentante dell’OMS
M. Ravaglione, durante il convegno organizzato dalla
Croce Rossa Italiana, Amref Italia, la cooperazione allo
sviluppo/MAE, il Ministero della Salute, Stop TB Italia
e Stop TB partnership nella sede della CRI. E in Italia?
Anche qui non c’è da stare tranquilli, ma, fortunatamente il nostro resta “un paese a bassa prevalenza di
TBC”, rassicura il direttore del Dipartimento Malattie
infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, Antonio
Cassone. La fascia d’età più colpita rimane quella degli
over 65, ma “la storia naturale di questa malattia spiega Cassone - è cambiata negli ultimi anni”. Ovvero:
cresce l’incidenza della tubercolosi nei giovani tra i 15
e i 24 anni “spesso immigrato - aggiunge Cassone - o
infetto da HIV”. E i numeri lo dimostrano: in Italia, dal
1999 al 2004, nel 28% dei casi gli affetti da tubercolosi
erano infatti immigrati. Lo scopo del convegno è di
non abbassare mai la guardia. L’OMS infatti ha già
preparato un piano globale 2006/2015: 50 milioni di
pazienti da curare, 14 milioni di vite da salvare, un
nuovo farmaco anti TBC entro il 2010 da produrre e
un vaccino entro il 2015 su cui puntare...
Nei prossimi numeri:
Registro nazionale della procreazione medicalmente assistita
La sindrome di Prader-Willi
Istituto Superiore di Sanità
Presidente: Enrico Garaci
Direttore Generale: Sergio Licheri
Viale Regina Elena, 299 - 00161 Roma
Tel. +39-0649901 Fax +39-0649387118
a cura del Settore Attività Editoriali
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