Direz. e Redaz.: Piazza di Trevi, 86 - 00187 ROMA ANNO XIX - N. 3 - marzo 1971 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 111/70 - ORGANO MENSILE DELL'ASSOCIAZIONE I T A L I A N A PER I L CONSIGLIO D E I C O M U N I D'EUROPA Una nostra intervista a Piero Bassetti Presidente della Regione Lombarda I ) - Quali sono i problemi più zmportanti cd urgenti che, a Suo parere, le C o m u n ~ t à Europee soizo chiamate ad affrotztare per far progredire il processo d'itztegraziotze politica ed economioa del17Europa? Tra i problemi essenziali che la Comunità deve affrontare per far progredire l'integrazione politico.economica dell'Europa, ve ne sono alcuni che reoentemente hanno ricevuto un notevole impulso e sui quali si aprono grandi speranze, come l'unione monetaria. Peraltro, ritengo che otterremmo ancora un risultato lirnitato se continuassimo a concepire l'integrazione europea senza una itrategia di fondo a lungo terimine, che investa non solo gli aspetti finanziari, ma anche quelli delle basi economico+produttive dei Paesi membri. Ed in questa prospettiva, si pone in primo luogo il problema dell'agricoltura, cioè del riequilibrio e della ristrutturazione del settore: obiettivo che può venire raggiunto discutendo e approfondendo, nei diversi Paesi e nelle diverse Regioni, le tematiche aperte dal Piano Mansholt. In Lombardia, le diverse componenti del settore agricolo, sotto lo stimolo della Regione, si stanno muovendo appunto in tale direzione. Già sotto questo profilo l'importanza delle Regioni è evidente, se non altro per i poteri che esse, in base alla 'Costituzione, assumeranno nel settore agrioolo. Ma anche nei settori produttivi del secondario » è necessario che la integrazione industriale delllEuropa, l'industrializzazione delle aree arretrate e la diversificazione dei flussi commerciali verso nuove aree venga affrontata e progressivamente attuata con dacisione. Ponendoci di fronte con realismo e concretezza ai problemi fondamentali dell'agricoltura e dell'industria, ritengo che si potranno, su scala europea, avviare a soluzione anche i problami del riequilibrio tra forze di lavoro e occasioni d'impiego; una questione che interessa particolarmente certe zone del nostro Paese, cominciando dal Mezzogiorno, e che è fonte di non poche preoccupazioni sul terreno politico-sociale oltre che su quello strettamente economico. marzo 1971 COMUNI D'EUROPA E' mia opinione che questo insiemc di problemi debba venire affrontato con una prospettiva « diplomatica » globale, che coordini fra loro le diverse tensioni esistenti nei confronti dell'anlpliamento della Comunità: vedendo ciot. in forma unitaria il problema dell'adesione delllInghilterra, quello della « Ostpolitik » tedesca e quello della espansione verso il Terzo Mondo con particolare riguardo ai Paesi del Nord Africa che si affacciano sul Mediterraneo. in tutti i Paesi della Comunità il regionalismo ha lo stesso peso e valore; ma proprio per questo il problema che ì: aperto tra noi c la Comunità europea è quello di individuare le linee d'azione per ottenere una valoriz~a~ioneomogenea delle formc autonome di gestione politica, che rappresentano uno dei patrimoni più importanti della storia e dello sviluppo del continente. Se ciò, com'è augurabile, si verificherà, l'ordinamento regionale italiano, che si muove ormai decisamente in questo ambito, e la 2 ) - Coine vede il ruolo delle Regioni ita- Comunità europea, potranno essere consideliane, non solo nell'altzbito della comtlnità rati a pieno diritto ienomeni convergenti. A questo punto, è difficile dire a priori voaziorzale, nza anche della Comunità europea? I n che senso ed a quali condizioni in quali campi l'azione delle Colmunità eurol'ordinanzento regionale e l'integrazione eu- pee avrà più diretta ripercussione sulla realtà regionale: si tratta infatti di entità ropea possono essere considerati fenomeni convergenti? Più particolarnzente, i n quali che, pur trovandosi a diversi livelli, presentano, e non a caso, una lunga gestazione che campi l'azione delle Comunità europee potrà avere più dirette ripercussioni sulla realtà si suo1 definire come « fase costituente D. La determinazione dei campi dove avverregionale? ranno reciproche influenze sarà quindi possibile via via che l'attuale fase costitutiva terminerà e le istituzioni avranno assunto la loro fisionomia definitiva. Le Regioni rapprcsentano nell'ordinamento statale italiano un nuovo potere politico, Indubbiamente però su alcuni problemi, che in osservanza al dettato costituzionale come quelli citati precedentemente (indutende a realizzare uno stato decentrato e siria ed agricoltura) è possibile vedere in autonomista. Noi sappiamo bene che non prospettiva ripercussioni dirette. Purtuttavia, si tratta di problemi così vasti che limitarsi all'attuale grado di approssimazione Foto in prima pagina: equivarrebbe ad affermare che il tutto inin alto: il Presidente delllAICCE, Piombino, a fluenza il tutto. Non resta quindi che rimetcolloquio con il Presidente del Senato francese terci alla nostra attenta vigilanza per indiPoher, in occasione della celebrazione a Parigi del XX Anniversario del CCE; in basso: il Segre- viduare, via via che i problemi si chiaritario generale delllAICCE, Serafini, illustra al ranno, le reciproche irilplicazioni tra Regioni Ministro inglese per gli affari europei, Rippon, la risoluzione del Consiglio Nazionale dell'AICCE. e Comunità europee. ISTITUTO BANCARIO SAN PAOLO DI TORINO 3 ) S e le Regioni costitiaiscono urta conzponente essenziale del complesso proceFso di r i s t r t ~ f f z ~ r a z i o npolifico-nit1i7zinistrativa e della socletù etlropca, quali potrebbero e s e re gli struiitenti pii1 idoizei ad assictirarc u n dialogo coslri~ltivoIra e s e e le istittlzioni cotnunitarze europee e qicclli le procedure di partecipazione delle Regioni stesse alla realtà comunitaria? I1 dialogo fra Regioni e Comunità europee può avvenire, secondo mc, sotto due profili. Da una parte strutturando, sentiti anche i governi nazionali, un rapporto fra la programmazione regionale ed i comitati di programmazione che esistono all'interno delle Comunità. Dall'altra, intensificando i rapporti tra assemblee regionali e Consiglio d'Euro~pae tra esecutivi regionali ed esecutivi comunitari. Sotto questo profilo, ci sembrerebbe importante stabilire una procedura di consultazione reciproca che, senza essere formalizzata né scadenzata troppo rigidamente, prevedesse sin d'ora I'istituzione di canali di contatto. Si potrebbe così costituire una struttura sufficientemente elastica che potrebbe avere poi, a seconda degli sviluppi, elaborazioni successive. Sul piano immediato, la prima attività sulla quale sentiamo il bisogno di un continuo interscambio d'idee ed esperienze è, come si è detto, l'agricoltura; tuttavia non è certo la sola attività sulla quale si può prevedere sia necessario lo sviluppo di un dialogo. Ci sembra del resto assai rilevante una immediata apertura del discorso sul com- Fondi patrimoniali L. 34 miliardi Depositi fiduciari e cartelle fondiarie in circolazione: oltre 2.200 miliardi Direzione generale TORINO In Italia 200 filiali Uffici di rappresentanza a Francoforte, Londra, Parigi, Zurigo Banca borsa cambio Credito fondiario Delegazioni di Credito Fondiario a Bari, Catania, Napoli ISTITUTO DI CREDITO DI DIRITTO PUBBLICO FONDATO NEL 1563 Credito agrario Finanziamenti opere pubbliche DA 400 ANNI LA FIDUCIA DEI RISPARMIATORI marzo 1971 COMUNI D'EUROPA plesso problema delle immigrazioni e del riequilibrio industriale con particolare attenLione al nostro Mc/rogiorno. Non è questo, intatti, un problema che si esaurisce in un rapporto ira Regioni e Comunità, ma è anche un problcina chc poaiula intense rela~ionifra le diverse Regioni. Sarebbe quindi una jattura se questi rapporti fra le Regioni (che cominciano, del resto, a prendere forma) restassero per così dire senza testa, e cioè non facessero capo alla massima espressione politica delle nostre speranze di europei. 5 ) - I1 Consiglio dei Comuni d'Europa (CCE) e la sua Sezione italiana (AICCE) da tempo condt~conouna hatfaglia polifica per democratizzare sempre più il processo d'integrazione europea e per rendere più efficace la presenza dei poteri territoriali, regionali e locali nel processo stesso. Qual'è il Suo giudizio sull'azione della nostra Associtazione e come essa dovrebbe a Suo parere caratterizzarsi nell'attuale congiuntt~raeuropea ed a più lungo termine? 4 ) - Una delle esigenze fondamentali e più urgenti dell'evoluzione delle attuali Comunità europee verso istituzioni democratiche di tipo federale è costituita dull'elezione a suffragzo universale diretto del Parlamento europao. Qual'è la Sua opinione in proposito e quali connessioni si possono ravvisare tra u n Parlamelzto Europeo eletto e la realtà regionale? Nonostante gli sforzi compiuti, che sono indubbiamente lodevoli, ritengo, in tutta franchezza, che il più della strada rimanga da percorrere. Gli Enti locali, almeno in Italia, sono nella loro generalità ancora ab- A mio parere, eleggere a suffragio universale diretto il Parlamento europeo è senz'altro una delle misure essenziali per radicare la vita e l'essenza di questo nuovo istituto nella coscienza dei cittadini. Questo è uno strumento che aprirebbe fondamentali prospettive non solo verso un'intesa fra i popoli ma anche verso una maggiore efficienza dcll'azione di costruzione politica, economica e sociale delllEuropa. Sarebbe, inoltre, uno strumento per superare i limiti degli stati nazionali e per porre di fronte agli organi deliberanti ed esecutivi delle due superpotenze mondiali un terzo organo capace, per prestigio, rappresentanza e visione globale dei problemi che affronta, di rappresentare gl'interessi più profondi del nostro continente. Ma v'è un altro aspetto prettamente h n zionale, ma che nello stesso tempo dà corpo all'integrazione fra Regioni e Comunità in questa grande prospettiva. Ed è il fatto che l'ambiente regionale, organizzato e diretto a coscienza dalle Regioni, potrebbe rappresentare la guida per proporre in questo modo ai cittadini d'Europa un metodo nuovo di scelta dei loro rappresentanti: un metodo basato non più su vecchi stereotipi o scelte nominali, ma su reali differenziazioni circa il modo di considerare l'avvenire della nostra società comunitaria. Noi non vorremmo essere fraintesi: non vogliamo dire con ciò che le Regioni si potrebbero porre quasi come « grandi elettori » di una « Dieta » continentale. Una prospettiva di questo genere è ben lontana da quello che noi consideriamo il modo più giusto di costruire il continente. Le Regioni sarebbero invece, nella nostra visione, il momento unitario in cui, senza dimenticare per nulla che gli uomini si dividono anche verticalmente, secondo le ideologie, ci si ricordi che sul piano culturale e politico gli uomini si stratificano anche orizzontalmente, tenendo conto delle capacità delle diverse ideologie a dare un contributo ed a confrontarsi utilmente per la costruzione di un Paese comune: sia esso l'ambito tradizionale, ma profondamente innovativo, della Regione italiana, o l'ambito più ampio delllEuropa, che per tutti noi rappresenta una meta. Piero Bassetti bastanza lontani da una x visione europea D se non in termini di gemellaggi oppure, all'apposto, di problemi drarnmaticamentc non risolti come si verifica per le migrazioni. Come andare avanti? Certo, è indispensabile, poiché le autonomie locali sono la chiave di volta di qualunque processo realmente democratico. Ma è pure indispensabile rompere con i discorsi elitari e scendere ai problemi degli Enti locali, e dare a questi una dimensione comunitaria, cominciando da quello fondamentale: la circolazione degli uo~mini. Pensiamo infatti quali effetti potrebbe avere per tanti «uomini delle autonomie » (cioè amministratori locali, sindaci e via dicendo) un discorso a livello europeo sul problema delle migrazioni, oppure su quello delle localizzazioni industriali, della lotta agli squilibri. Non dimentichiamo, infatti, che l'Europa si fa anche affrontando, su una visione nuova, i problemi contro i quali picchiamo la testa tutti i giorni. Il Presidente della Regione lombarda ha voluto rispondere, e gliene siamo vivamente grati, alla nostra intervista. Fa piacere rilevare dalle risposte rilasciataci da Piero Bassetti che il Presidente della Giuntla regionale lombarda f a in realtà suoi molti degli obiettivi del CCE. Il problema dell'agricoltuna, per esempio, cioè « del riequilibrio e della ristrutturazione nel settore D, fu già veduto come fondamentale in sé e per le Regioni da u n memorabile Direttivo dell'AICCE, che ha dato luogo a LLIZ numero monografico di «Comuni d'Europa » ( n . 7-8/1969): ma ha stinzolato anche un impegno costante sia delllAICCE che di lutto il CCE, manifestatosi in studi, convegni, richieste politiche formulate ai dovuti livelli (per esempio i convegni di Grottaferruta, di Bologna, ecc.). Quanto al secondario n e le Regioni, I'AICCE crede di poter dire di essere stata alla testa di questa particolare battaglia, culminata nella precisa richiesta, nel manifesto per le elezioni regionali del 1970 ( n . 511970 di «Comuni d'Europa ») di dotare le regioni della competenza della politicu industriale, così come avevano richiesto f i n dai tempi dell'Assemblea Costituente - inascoltati - Adriano Olivetti e M8assim80 Severo Giannini. Anche qttella prospettiva « diplomatica » globale, che - come dzce Bassetti - « coordini fra loro le diverse tensioni esistenti nei nonfronti dell'ampliamento della Comunità », non è una linea del tutto estranea allfAICCE, che la vede con piacere sottolineata d8al Presidente lombardo. I n realtà il costante meridionalismo delllAICCE non è st~ato mai tenuto disgiunto da u n negoziato globale europeo. Il Segretario geneuale dellJAICCE, al Convegno del dicembre 1966 di Napoli su « I Poteri locali e le regi'oni periferiche e sottosviluppate del MEC D, disse esplicitamente che occorreva far convergere sotto u n unico plano di solidarietù comune i problemi economici e sociali delle zone sottosvzluppate (sud italiano, ~ud-ovestfrancese) e quelli politici, particolari di alcune zone di frontiera verso l'esterno, come quello di Berlino. D'altra parte, ancora il Segretario generale dell'AICCE, nel convegno « Il ruolo delle regioni in un'Europa federale » (promosso dal Consiglio italiano del Movimento Europeo a Napoli nel luglio 1970), aperto da relazioni di Petrilli, del Segretario generale aggiunto de1l1AICCE Martini e di Francesco Compagna e noncluso da Serafini, non ha disatteso u n legame fra i problemi delle regioni sottosviluppate, l'allargamento dell'Europa, e il problema di u n commercio internazionale gestito da tutta la Comunità. Indubbiamente è nello spirito più genuino del CCE Bassetti quando, per l'attuazione del1:ordinamento regionale italiano e per lo sviluppo della Comunità europea, parla di fenomeni che potranno essere « considerati a pieno diritto fenomeni convergenti D. Si tratta, come è tradizione del CCE, di vedere in maniera concreta l'attuazione del federalismo integrale. D'altra parte I'AICCE e il CCE nondividono a priori la preoccupazione di precisione, che sottolinea Bassetti, onde evitare il generico e fumoso « tutto che influenza tutto n. Per quanto riguarda la risposta d i Bassetti alla terza domanda ci lascia u n po' scettici la sua fede nell'intensificazione dei rapporti tra le Assemblee regionali e il platonico Consiglio d'Europa - anche se lo stesso CCE non ha mai trascurato la più vecchia delle Istituzioni europee, di cui gode lo Statuto consultivo A -, mentre ci pare più realistica l'intensificazione fra gli Esecutivi regionali e l'Esecutivo comunit~urio: inoltre non capiamo perché il Presidente lombardo marzo 1971 COMUNI D'EUROPA 4 ( s p e ~ i ~ a mche o non ci si,a s'otto della inaIizi8a,nel qu,ul caso si allari7zerebbe il Presidente del Consiglio regiotzale Coloinho) riserbi le Assemblee regionali ci1 Consiglio d'Europa e gli Eseczctivi all'Esecutivo di Bri~xelles. Il CCE h,u dmu tempo premut~o anche per un rapporto tua le Assenlblee regionali e I'Intergruppo per i problemi regionali e locali del P~aulament~o Europeo, il quule, per modeste e iiqsufficienti competenze che abbia, ha ben altro rilievo politico del Consiglio d'Europa (del resto già membri della Presidenz'a di Consigli region,ali di Regioni u Siatt~tospeci8ule hanno itztrattenuto e intrattengono rapporti coi? il citato Ilztergruppo: è il cas'o del Consiglio regionale del Trenlino-Alio AdigelTiroler Etschlaild). Quel che poi aggiunge Bassetti, salvo il problenza di appfiofondirtze le modalità, ci p'irre molt80 giusto e coincide con il nostro punt'o di vista, più volte recentetwente espresso. Altra coitzcidenza: accordo Largo fra quanto dice B8assetti e il nostro petzsic:ro a proposito del probletna delle migrazioni. Qui vorremm'o ricordare che, integrand'o quanto dice il Presidente Ion7bard0, noi ci batti,am,o affinché le Regioni e in generale i Poteri locali poss,ano f'ar sentire l,a loro voce nell,a forlnz4l~azione dei programmi comunit~ari a niedio termine, dove, seoondo una cattiva abitudine delle Comunità, si as~olt,un~o troppo, oorporativisticamente, i partners soci8ali (padroni e sind'ucati privilegiati) e non gli Enti locali territoriali ('ora, in particolare, si tratterebbe delle Regioni). Inoltre abbia- nlo fiduci8a che Bassetti par18and'odegli esecutivi comunitari » (veramente ormai l'Esecutivo comut~it~arioè unico) abbia tenuto presente atzche quel l'oro strumento burocratico che è la Direzi'one generale per la politica regionale, assai inviso ai governi nazionali nla che d'ovrà ottenere lu maggiore attenzi'one da parte delle Regi'oni, piegandosi a sua volt'a ad ascoltare con la rnassim'a attenzione quant'o le Regioni chiedono. Siamo poi contenti che Bassetti colga l'aspett'o tutt:altro che astnatt'o (non è una fissnzi,one dei fede1:alisti europei) dell'eleziotze a suffr,agi'o universale e diretto del Parlamento Europeo, « senz'altro una delle misure essenziali per radicare la vita e l'essenza di questo nuovo istituto nella noscienza dei cittladini »: noi vorremmo aggiungere che se il suffragio è diretto l'istituto s'arà atzche radicato nei diversi territori ». Ci pare poi nz,olto acut'o quanto nell'itzteri~ist,a si dice .a proposifo delle Regioni come stim'olo per trovare un metad,o tzuovo di scelta dei ~appresent~atztidemocratici, pur senzu c'adere in un tzuovo gen'ere di «grandi elettori ». Franchezza per fratzchezz'a, non C ; pare che Bassetti sappia m'olto del CCE, se, pur dandone la colpa ... agli Enti locali, limita la nostra ijisi80ne europea » ai gemellaggi. Essend'oci riniboccate le maniche da una ventina d:anni ed avend'o contattato centinaiu di nligli,aia di amininistrat~ori l'ocali europei, njon crediat~zo di aggirarci più (se mai Lo abbiam'o fatto) in discorsi élitari: (< sono molti anni che, anche prima dei suggerimenti di B,assetti, ci sforzi~amodi scendere ai problenzi degli Enti locali e di dare ad essi una dimensione europea e oortiu~zit~ari~a. Le localizzazioni industriali? N'on è d'a oggi che ce ne occupian70, si rassictcri I'amico Bassetti, anzi abbiamo dedic,at,o ad essi uiz'intefia sessi'one dell'a nostra Commissione sovranazionale per la politica ~egi~onale, a Otzenhausetz, nell'autunno 1970. Concltlsi~one. SiIa?no assai grati a Piero B,assetti di aver dim'ostrato che le persone intelligenti e volenterose (ci scusi Bassetti l'immodesti's) si incontnan'o sempre. Qui ci preme di ribladire che non c'è posto per improvvicazi~oni e, appunt,o, per tentativi élit,ari: ci atcguriam~o che tutte le Regioni it8alianea st,atuto ordinario ingrossino e migliorino l'organismo del CCE (come già hanno fatto, del resto, alcune di esse), per condurre itz n~~aniera )assai più dura e produltiija, tutti insieme e coerentemente, senza distinzioni corporative fra diverse categorie di Enti iocali, l'a lotta unitari,a per l'Europa democratica delle autononzie 1,ocali e regionali e del Piano s~vranazi~mialeecononlico e territoriale. I n questo contesto, Io sott'olineiam80'all'aniico Bassetti, potfianno avere Largo campo le esigenze che egli ha embleinaticamente racchiuso ne1l.o slogan di « rrgione contestatrice ». I n realtà non ci sarà una vera nu'ovsr Europa senza una bu'ona dose di conteshazione ( e di coraggio) da parte dei suoi costruttori. 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Infine l'oratore ha esaminato alcuni imrapporti col Parlamento, Carlo Russo, che teneva la relazione introduttiva, ha sotto- portanti temi di attualità comunitaria, quali lineato, fra l'altro, la necessità di far com- l'unione monetaria, che può essere consipiere al processo di integrazione europea derata un passo positivo, anche perché stretdecisivi progressi politici puntando su due tamente legata all'unione economica (negaprecisi obiettivi: dare un contenuto sovra- tiva la clausola di prudenza dei tre anni nazionale a tutti i settori messi in moto iniziali, voluta dalla Germania); il secondo dal processo integrativo e accelerare il pro- Piano Mansholt. che ha eliminato alcuni cesso di democratizzazione del Parlamento inconvenienti esistenti nella prima stesura Europeo, di cui il primo passo è l'elezione - a questo proposito Russo si è complimentato con 1'AICCE per aver tempestivamente a suffragio universale e diretto. I1 Ministro Russo, dopo aver ricordato esaminato, discusso ed enucleato alcune prola sua lontana amicizia con i1 Consiglio dei poste concrete in una precedente riunione Comuni d'Europa - di cui si può conside- della Direzione Nazionale -; il negoziato rare fra i fondatori, data la sua partecipa- fra la Comunità europea e i Paesi candizione agli Stati generali di Venezia del dati all'adesione (che rappresenta l'ultima 1954 - e la sua doppia veste di uomo di occasione per l'allargamento), sul cui progoverno e amministratore provinciale. ha blema Russo ha ribadito il parere favoreiniziato la sua esnosizione con due premesse vole del Governo italiano. purché non venga fondamentali: che i risultati economici, vaqato un prezzo politico a vantaggio di anche se positivi, ottenuti fino ad oggi dal- soluzioni economiche. Infine Russo ha rico1;i Comunità economica europea. non por- nosciuto il ruolo importante dei movimenti tano automaticamente all'integrazione sovra- federalisti che, con la loro politica necessariamente diversa e più avanzata, devono nazionale, per la quale è necessaria una esser di stimolo al governo, al parlamento precisa volontà politica; che la politica europea non è solo un aspetto di quella inter- e alla classe politica nazionale. Il dibattito sulla relazione del Ministro nazionale, ma è anche e soprattutto il tema centrale di tutta l'attività governativa. in- Russo è stato aperto dal Presidente della terna. economica ed estera: infatti tutte le Giunta per pli affari europei del Senato, riforme attualmente in discussione in Ita- Giraudo, che ha parlato anche come memlia - fiscale, agricola, universitaria, ecc. - bro del Parlamento Europeo. Giraudo ha implicano una scelta europea, che finora è messo in luce l'importanza di una politica auasi sempre mancata. Se tutto ciò è vero, del Mediterraneo condotta dalla Comunità con una precisa dottrina politica e non solo ha continuato i1 Ministro Russo, il problema europeo non è di comnetenza esclusiva dei economica e sociale. ed ha affermato la eoverni. dei narlamenti o delle diplomazie. necessità di una r a ~ i d aattuazione delle polima esso richiede anche l'appoggio dell'oni- tiche industriali ed agricole per i loro rinione pubblica. che trova nell'azione cavil- flessi sociali e soprattutto regionali. vòlti lare e jnsostituibile del CCE - nresente cioè ad eliminare eli squilibri crescenti sia nei grandi come nei piccoli Comuni - l'in- nell'àmbito della Comunità, sia nell'àmbito delle ~egionistesse. L'oratore. infine, dopo terprete ideale. Passando ad esaminare più varticolarmen- aver toccato il problema della politica ecote la nolitica europea dopo la conferenza nomica e monetaria della Comunità, ha definito il vroqetto di leeqe per l'elezione a1 vertice dellfAia. l'oratore si è soffermato principalmente sull'azione svolta dai tre Or- unilaterale del Parlamento Europeo elemento di stimolo e richiamo per l'opinione pub$ani istituzionali previsti dai Trattati di blica, necessaria per l'Europa dei popoli. Roma. criticando. specie nel Consiglio dei Tartari, Assessore regionale veneto, ha detAilinistri, il prevalere dell'aspetto tecnico su auello politico: infatti esso si riunisce quasi to che nel momento della tecnologia avansempre ner affrontare problemi settoriali zata si devono dare contenuti diversi e più invece di avere a1l'o.d.q. problemi s ~ u i s i t a - umani a queste dimensioni. che portano mente politici ed in più è limitato nella sua all'allontanamento sempre più evidente del a7ione dal permanere della regola dell'una- cittadino dalle nuove strutture. Tartari ha nimità: anche la Commissione svolge un anche messo in evidenza come il problema compito prettamente tecnico e non auello aericolo debba esser rivisto nell'àmbito redi motore politico. indipendente dalla vo- gionale, recentemente attuato in Italia. I1 rappresentante del Movimento Federalilontà dei governi; infine il Parlamento Europeo ha il suo passaggio obbligato. per dive- sta Europeo, Di Cocco, dopo essersi detto soddisfatto per l'attenzione con cui il governire un organo democratico, nell'elezione a suffragio universale che, se risulterà impos- no ha seguito la legge di iniziativa popolare sibile effettuare secondo il progetto Dehous- in favore del Parlamento europeo, ha presc, dovrà esser fatta unilateralmente attuan- visto per il 1973 una nuova fase della batdo il progetto proposto dal MFE ed at- taglia federalista, ii cui elemento fondamentualmente in Parlamento, e che il Governo tale dovrà essere il controllo democratico giudica in senso favorevole. A questo pro- delle Istituzioni europee: in particolare il posito il Ministro Russo ha detto che il MFE, ad una prima tappa di realizzazione Governo e il Parlamento italiani sono pron- delle elezioni ne farà seguire una seconda dedicata allo studio di un nuovo parlamentarismo, cioè del problema di una Costituente evolutiva. 11 responsabile della Sezione esteri dclla DC, Bernassola, dopo aver rivolto un omaggio al sen. Santero che da moltissimi anni si batte per gli ideali federalisti, ha fatto un lungo intervento sollevando numcrosi problemi, alcuni più legati alla politica italiana, altri a quella comunitaria. Fra i primi ha ricordato la nascita delle regioni italiane, che devono essere inserite nel contesto europeo, secondo quanto egregiamente già attua il CCE (specialmente attraverso la Direzione generale della politica regionale della Comunità a Bruxelles) e con uno stretto collegamento sovrana7ionale; la mancanza di un coordinamento fra i vari ministeri italiani, che si occupano delle materie europec; la necessità di sollecitare più concretamcnte l'opinione pubblica, necessaria per far maturare la coscienza europea; il completadel progetto unilaterale mento dcll'« iter di elezioni europee, per il quale è necessaria una ~ r e c i s avolontb politica. Sul piano europeo, Bernassola ha ribadito il concetto )) il Presidente della Giunta per gli affari europei del Senato, Giraudo, con il sen. Santero. che la politica commerciale internazionale dei paesi europei non deve avere carattere bilaterale ma essere una vera e propria politica comune; l'importanza di una politica globalc del Mediterraneo; l'utilità di moltiplicare i contatti con le forze vive inglesi, per chiarire i vantaggi politici derivanti dalla adesione alla Comunità europea; infine, la gravità dell'assenza di un dialogo fra gli organi comunitari e l'America Latina. Ruta, membro del direttivo italiano del CIFE, dopo aver evidenziato la dicotomia fra gIi incontri o gli accordi al vertice e il problema di una nuova democrazia a livello di base, che viene ricercata ovunque in Europa, ha posto in luce la differenza che deve caratterizzare l'azione dei governi, che partono dai problemi di icri e di oggi, e l'azione del CCE e dei federalisti, che guardano al domani. I1 Presidente della Provincia di Napoli, Cirillo, che portava anche il saluto del Frcsidente dell'Unione delle Province d'Italia Ziantoni, elogiata l'opera capillare e di avanguardia svolta dal CCE, ha sostenuto la necessità di discutere nei consessi locali i maggiori problemi dell'integrazione europea, a simiglianza di quanto già viene fatto pcr altri temi politici. Il Presidente della Regione della Basilicata, Verrastro, ha detto che se è già stato definito più o meno il ruolo delle regioni Fiat 127. La 900 cm3come ognuno Le verità di una nuova automobile sotto i 1000 cm3 cominciano di qui: u n milione d i persone in Europa sono interessate a comprare la loro automobile i n questa categoria (oltre il 6 0 % degli automobilisti in Italia); possono scegliere tra 8 marche diverse; la scelta viene fatta dopo un'attenta valutazione del prezzo, dell'economicità, del confort, delle prestazioni, della spaziosità; ciò a cui n o n si rinuncia sono l'affidabilità la sicurezza e perché no, la simpatia. Facciamo un po' di storia Nessuno vorrà negare alla Fiat una esperienza unica i n questo campo. Dovendo progettare una nuova automobile per 5 persone sotto i 1000 cm3 alla Fiat tutte le verità d i una nuova automobile sotto i 1000 cm3 sono state esaminate con grande attenzione. Facciamo qualche esempio. C'era a disposizione u n magnifico motore da 9 0 0 cm3 supercollaudato, ottimo (quello della Fiat 8 5 0 Sport montato anche sulla Autobianchi A 1 12). Perché non continuare ad utilizzarlo, trasformandolo in una tra- zione anteriore diSp0St0 trasversalmente. Quale migliore garanzia d i affidabilità 7 Altro esempio. C'era i/ problema d i dare più spapiù centimetri per le gambe, per le ginocchia, per /e braccia, per i movimenti. Anche q u i le esperienze preziose fatte in casa con le trazioni anteriori Autobianchi Primula, Autobianchi A 1 12 e Fiat 128 sono servite a dare le favolose proporzioni della 127. Lo stesso si può dire per la sicurezza. Solo u n esempio: l'irrobustimento eccezionale del planale è combinato all'elemento attivo della tenuta d i strada delle quattro ruote indipendenti (schema Fiat 128). Soluzioni semplici, con idee chiare. Distribuzione dei vari componenti in modo I da semplificare ogni necessità d i intervento o di assistenza. Cambio separato dal motore, con lubrificazione distinta. I n conclusione, alla sostanza non si è rinunciato niente. Nessun compromesso. Nessuna soluzione facile. Questa e sembrata la migliore impostazione per una nuova automobile. Perché se succede che ogni proprietario si dice: « ciò che h o speso m i rende bene, dura, rimane, non perde valore, e lo ritrovo giorno per giorno ad ogni partenza ad ogni arrivo D, vuol dire che ciò che ha speso lo avrà anche guadagnato Ciò che e utile sapere della 127 prezzo: L. 920.000 ([.G.E. comprcsa) ; forma di garanzia: 12 mesi o 15.000 km; assistenza: circa 7.000 punti di Servizio Fiat in Italia; bollo annuale: L. 18.375: gamma colori: rosso corallo, bianco, giallo interni: finta pelle nera, rossa, marrone; a richiesta: antifurto, radio, sedili anteriori con schienali regolabili ed 'abbattibili, seileria in tessuto con fasce 'laterali in finta pelle (rosso-nera, marrone-marrone, rossorossa), cristalli laterali posteriori apribili; prove: Filiali e Concessionarie Fiat sono a d i s ~ o s i z i o nper e prove- Una scheda tecnica vivace, allegra e sicura circa 140 k m ora Motore trasversale di 903 cm3. 47 CV (DIN). Trazione anteriore. Sospensioni anteriori e posteriori indipendenti. Piantone guida diviso in tre tronchi con due giunti cardanici e supporto del volante a resistenza controllata. In caso di collisioni frontali è attutito l'urto del guidatore contro il volante, di cui si evita anche I'arretramento. Freni anteriori a disco, posteriori a taniburo (comando a circuiti sdoppiati e indipendenti). marzo 1971 nel quadro nazionale, non si è giunti ancora a determinarne il ruolo qualificante nel qua dro curopeo, in cui va collocato il ndstro Mezzogiorno: per molti meridionali, infatti, l'Europa è un rifugio per il lavoro e non una patria comune. Hanno preso infine la parola il Segretario gcncralc Serafini e il Vicepresidente Bonea. Serafini, dopo aver esprcsso vivo apprezzamento per l'ampia relazione di Russo, ha illustrato una scrie di punti toccati nella relazione introduttiva e negli interventi. In particolare, Serafini si è soffcrmato sull'esigenza di sdiplomatizzare il discorso con l'Inghilterra, valorizzando gli incontri di Leggete: COMUNI D'EUROPA 7 siglio Nazionale all'unanimità, meno un voto, ha approvato il rinvio del congresso, mentre la scelta della sede piemontese, con l'offerta di Taranto di ospitare una riunione del Consiglio Nazionale immediatamente successiva al Congresso, viene approvata all'unanimi tà. problema attuando una circolazione di pensiero e di uomini (professori e studenti): pcrciò 1'AICCE deve esser presente al tavolo della riforma, perché l'università, così intesa, è un fatto di base. Così anche per le regioni, che non devono essere solo strumenti di decentramento, ma elemento basilare della costruzione delllEuropa. E' certo, ha concluso Bonea, chc le nostre Regioni non sono a questo livello, pcr cui è necessaria l'azione dell'AICCE per modificarle. Terminato il dibattito, il Segretario generale aggiunto, Martini, ha illustrato un progetto di documento conclusivo, valido come indicazione per il testo definitivo, che è stato affidato al!a Segreteria politica dellJAICCE, C che pubblichiamo integralmente a pag. 8 e 9 di questo numero. 11 Consiglio Nazionale ha quindi proceduto all'approvazione dei bilanci consuntivi 1968 e 1969, la relazione finanziaria sul 1970 e le indicazioni preventive per il 1971, presentati dal Segretario amministrativo, Dozio, Sindaco di Erve. '2% rr ~oNrAhA1~0 d ' Italia Rivista delllUnione Nazionale Comuni ed Enti Montani Roma - Viale del Castro Pretorio, 116 Direttore: Enrico Ghio Condirettore respon.: Giuseppe Piazzoni Abbonamento annuo L. 2.500 Sostenitore L. 10.000 - Un numero L. 300 C.C.P. n. 1/58086 intestato a: S.r.l. « Il Montanaro n Viale del Castro Pretorio, 116 - Roma base; sul valore del modcllo europeo per le giovani generazioni: sull'inserimento delle neo-rcgioni italiane nel quadro europeo, da o ~ e r a r s isia. attravcrso i contatti diretti fra gli organi regionali e Bruxelles, sia attraverso i1 lavoro della Commissione delI'AICCE per le regioni: sull'intercsse - ma anche sui limiti - dei recenti accordi monctari. che nermettono ai federalisti, attraverso la dichiarazione programmatica, di ax7ere un punto di riferimento per una precica b a t t a ~ l i a sovrana7ionale: sull'appoggio del Consiqlio dei Comuni d'Europa alla battarrlia ncr l'elezione a suffragio universal~ e diretto del P.E. e ncr I'estcnsione dei suoi comniti e competenze; sulla necessità di convincere all'idea europea i piccoli e medi ouadri politici. nel momento in cui sia i nopoli che alcuni statisti mcno legati a intercssi corporativi sembrano appoggiare la battaglia sovrana7ionale. Infine Serafini, dopo aver toccato altri tcmi - riforma uni17~1-citai-ia. circolaziorie dei lavoratori, ecc. di cui ha illl~strato l'azione necessaria, ha concluso ricordando che un negoziato qlobale con 1'Inqhiltcrr-a chiarirebbe all'opinione ~ u b b l i c ae alla classc politica di quel Paese, come Ic eventuali nerdite finanziarie nel scttore arrricolo potrebbero cssere riequilibrate con sicuri vantaggi dovuti alla sua suncriorità tecnologica. Bonea ha richiesto che l'azione del CCE rin-ianaa eminentemente critica e di stimolo e non sia finalizzata solo verso l'obiettivo a ma si interessi finale d c l l ' E ~ i r o ~fedcrata. di tutti quci traguardi intermedi, che spesso nc compromettono proprio tale soluzione. Ad escmpio, I'azionc dell'AICCE deve esercitarsi anche sulla riforma universitaria, che deve essere un modo nuovo di intendere il Successivan~ente,il Consiglio Nazionale ha affrontato altri problemi fra i quali la data di svolgimento del Congresso nazionale, che è stato suggerito di rinviare al prossimo autunno, per il concomitante svolgimento dellc elezioni amministrative in alcuni qrossi Enti locali, tra i quali la Regione siciliana, il Comune e la Provincia di Roma, Genova, Bari, Fogpia, Trieste. Circa il luogo di svolcimento Dotta Rosso, Sindaco di Cuneo, dopo essersi dichiarato favorevole al rinvio, rendendosi interpretc del desiderio della Fcderazione regionale piemontese, ha appoggiato caldamente la scelta di una città piemontese quale sede del congresso. Nel senso di Dotta Rosso, cioè per un rinvio in autunno del congrcsso e per la scelta di una città piemontese, si sono espressi l'Assessore regionale campano Caria, e il Presidente della Provincia di Napoli Cirillo. Messe ai voti le diie proposte, su richiesta del Consigliere provinciale di Bcnevento, Facchiano, il Con- Al termine dei suoi lavori, il Consiglio nazionale ha toccato altri due argomenti: l'appoggio, con un manifesto da affiggere a cura delle amministrazioni locali aderenti, alla campagna del Movimento Federalista Europeo per l'elczione unilaterale dei r a p presentanti italiani al Parlamento Europeo, tema proposto da Serafini, e l'esame, dal punto di vista della forma e del contenuto, della rivista « Comuni d'Europa », tema sollevato da Dotta Rosso e dal Segretario generale della CISPEL, Giacohetto. I1 Prcsidente Piombino, nel chiudere il dibattito del Consiglio Nazionale, ha proposto il rinvio ad un prossimo Esecutivo dcl tema riguardante l'organo ufficiale dellJAICCE, mentre ha ribadito la necessità, sollevata da Dotta Rosso nel suo precedente intervento, di svolgere un'azione efficace affinché I'AICCE sia ascoltata dal Governo e dalle autorità regionali ogniqualvolta vengano messe allo studio decisioni che possono incidere sui rapporti fra l'integrazione europea C le comunità locali. Amministrazione: Corso Mazzini, 54 Laboratorio: Viale FA EN ZA - Tel. 21.4.08 Marconi, 9 (Ravenna) Lavorazione pregiata di marmi e pietre Specializzata in caminetti, balaustre, altari PREZZI DI CONCORRENZA 8 marzo 1971 COMUNI D'EUROPA I1 Consiglio Nazionale dell'AICCE (Sezione italiana del Consiglio dei Comuni d'Europa), riunito in Campidoglio il 16 febbraio 1971, dopo aver ascoltato una relazione dell'on. Carlo Russo, Ministro per i rapporti col Parlamento, ha svolto un ampio dibattito, a conclusione del quale - vede nel recente accordo, raggiunto in sede comunitaria in merito alla unione economica e monetaria, non tanto la prima tappa di un processo irreversibile - ché tali garenzie non danno ancora le modalità dell'accordo - quanto una importante rinuncia di principio, sul terreno del negoziato intergovernativo, al cosiddetto pragmatismo in favore di un disegno organico, opportunamente richiesto dal Governo italiano: potrà così esser meglio chiamata a giudicare, a tempo debito, l'opinione pubblica, potranno esser meglio mobilitati, a scala europea, le forze democratiche e i centri decisionali favorevoli alla sovranazionalità politica, in modo da esercitare la pressione risolutiva per il salto di qualità che richiede l'attuazione di una autentica politica monetaria europea, implicante un piano e un governo europei; - coerentemente esprime la sua insofferenza per il mancato consolidamento delle istituzioni comunitarie, previsto a suo tempo dal vertice dell1Aja, e per il ritardo del processo di democratizzazione della Comunità; in particolare considera indilazionabile la elezione a suffragio universale e diretto del Parlamento Europeo e il conferimento ad esso di poteri reali, che gli consentano di controllare finanziariamente e politicamente l'azione comunitaria; - insiste sul suffragio universale e diretto perché esso porta con sé una campagna elettorale, che propone a livello popolare tutti i problemi scottanti secondo una dimensione sovranazionale; perohé dà alle forze politiche un punto di riferimento onde organizzarsi a livello sovranazionale e influenzare così, a loro volta, tutto il processo; perché dà una legittimazione al Parlamento Europeo, che sarà chiamato quanto prima a pretendere quei poteri di controllo e di iniziativa che gli vengano per avventura negati; perché crea fra i parlamentari europei e gli elettori un legame territoriale, primo passo verso una politica regionale comunitaria non tecnocratica; perché offre a vasti strati d'opinione l'occasione di un ripensamento costruttivo della democrazia parlamentare; perché pone all'ordine del giorno il problema di un modello deme cratico europeo; perché sullo sfondo dei temi di una grande Comunità continentale - con responsabilità e doveri mondiali - rimette in discussione la questione storica, che giustamente occupa le Lotta denioeratic; Per l'Europa giovani generazioni, di una non arbitraria rappresentanza politica, da secondo il CCE - in una Europa di regioni democratiche, radicarsi di avanzato autogoverno locale, di programmazione economica connessa strettamente alla pianificazione del territorio e alle esigenze dell'ambiente umano, di rinnovata democrazia diretta alla base (nei quartieri urbani e nelle zone rurali); - - prende pertanto atto del preciso impegno del Governo italiano e di una larga maggioranza parlamentare di portare avanti il progetto (di iniziativa popolare, promosso dal Movimento Federalista Europeo, col concorso dell'AICCE e dei Comitati provinciali per l'Europa del CIME) di elezione a suffragio diretto della delegazione italiana al Parlamento Europeo, primo anello di una catena di elezioni unilaterali, che deve condurre alla elezione generalizzata (in tutti i Paesi consociati, come prevedono i Trattati di Parigi e di Roma); - giudica men che niente, in sede di progettazione sia pure gradualista dell'unione politica, le risultanze del Comitato Davignon (ancora platoniche consultazioni di Ministri e, anche, di alti funzionari), quando già la conclusione dell'unione doganale propone, con la politica comune del commercio estero, problemi squisitamente politici a livello sovranazionale; - respinge le ipotesi di nuovi organi, puramente politici, da affiancare alla Commissione Esecutiva delle Comunità, che ha già - nel campo economico e sociale - un ruolo politico, cui dovrà essere permessa una sostanziale integrazione ed evoluzione; - chiede fermamente che il nuovo progetto, che lo stesso Comitato Davignon, per la evidente insufficienza delle sue proposte attuali, è stato costretto a prevedere a breve scadenza, non venga elaborato solo dai Governi e dai loro diplomatici (i legislatori tecnici), ma col concorso continuativo e decisivo della Commissione comunitaria e del Parlamento Europeo; - ribadisce, sulla linea degli Stati generali di Londra del CCE, l'importanza fondamentale dell'entrata dell'Inghilterra nel MEC: ovviamente non in base a un miope negoziato mercantile, ma in marzo 1971 COMUNI D'EUROPA e unità d'azione lelle Regioni una chiara prospettiva politica, sovranazionale, democratica e nel quadro di una irreversibilità che - nei tempi lunghi - garentisca la piena parità dei profitti e delle perdite per tutti; fermo rimanendo che ciò implica la rinuncia da parte delllInghilterra a posizioni e accordi privilegiati con Paesi terzi, mentre conferisce a tutta la Comunità nuove, decisive responsabilità su piano mondiale; - richiama, in merito alla politica agricola comune e alle recenti, aggiornate proposte Mansholt nel settore, gli orientamenti emersi dal dibattito promosso dalla Direzione nazionale delllAICCE in data 16 maggio 1969, con particolare riguardo alla indispensabile regionalizzazione di qualsiasi piano di ristrutturazione e ammodernamento dell'agricoltura comunitaria e, quindi, alla differenziazione degli interventi, ferme restando le linee direttive che informano il piano; - ricorda che una riforma strutturale dell'agricoltura europea rende necessaria una globale politica economica comune, in particolare industriale - oggi in fase di elaborazione - e del settore terziario, vista nel quadro delle insopprimibili esigenze sociali: essa cioè deve inserirsi nella crescita complessiva della società europea e costituire elemento di una politica regionale comunitaria che - secondo gli Stati generali di Londra - non sia la somma delle politiche regionali nazionali, burocratiche, corporative e veda fra i ~rotagonistile Regioni democratiche e i Poteri u locali raggruppati secondo dimensione regionale, preoccupandosi delle drammatiche esigenze dell'ecosistema e riconducendo la Droduzione al servizio degli uomini; W - - ricorda ancora che una politica industriale comune richiama una ~ o l i t i c a di ricerca e tecnologica comune. a finanziamento sovrahazionale, già proposta in sed'e di commiisione politica agli Stati generali di Roma del 1964 (Istituto euroDeo delle ricerche): questa prospettiva, unitamente ai vantaggi di una politica monetaria comune, dovrebbe rendere più agevole la Convenzione finanziaria per l'entrata dellJInghilterra, Paese ad alto sviluppo tecnologico, nel MEC a parte le considerazioni prioritarie di politica generale. W 9 I1 Consiglio Nazionale dell'AICCE ritienc assai significativo e politicamente utile un periodico confronto tra le posizioni complementari del Parlamento e del Governo italiani e di un movimento federalista altamente rappresentativo quale è I'AICCE; - constata con soddisfazione che dal dibattito odierno è emcrsa la centralità del problema europeo, cioè come esso sia ormai, per noi italiani, non meno un problema di politica interna che estera, e quindi risulti componente fondamentale di ogni scelta politica, alla cui elaborazione devono concorrere - pur nella indispensabile distinzione dei rispettivi compiti - parlamentari, membri del Governo, forze politiche nazionali e organismi di base e federalisti. In questo quadro spetta all'AICCE il compito di stimolo permanente dell'azione politica europea, tale da consentirle di anticipare le scelte politiche e non semplicemente di commentare gli avvenimenti, il còmpito di una pressione organizzata e, al limite, quello irrinunciabile della contestazione; - chiede al Parlamento di tener conto finalmente di questa centralità del problema europeo nell'affrontare coerentemente le riforme decisive per l'avvenire della società italiana (riforma tributaria, università e scuola in generale, ecc.), affermando che la storica riforma di struttura della società italiana è la costruzione - sovranazionale e democratica - delllEuropa delle Regioni; - invita il Governo e le Autorità regionali a consultare I'AICCE ogniqualvolta, nell'ambito delle rispettive competenze, vengano preparate decisioni tali da incidere sui rapporti fra l'integrazione. europea e la vita e le funzioni delle comunità locali; - impegna tutti gli eletti locali (comunali, provinciali e regionali) aderenti alllAICCE a portare all'esame dei rispettivi Consigli la presente dichiarazione, sollecitando un dibattito di innegabile valore per l'informazione e l'orientamento dei quadri democratici locali; - impegna gli organi statutari dell'AICCE a reperire i mezzi per intensificare ulteriormente l'attività di formazione politica e di « servizio europeo » agli Enti locali italiani; - rivolge un appello alle Regioni a Statuto ordinario affinché, unendosi alle consorelle a Statuto speciale già da tempo aderenti all'AICCE, portino sollecitamente il loro contributo determinante all'azione unitaria, che il CCE conduce per la partecipazione quotidiana dei Poteri locali alla costruzione della democrazia europea. (approvata all'unanimità) COMIJNI D'EUROPA 1O Per la X V I I I Giornata europea delle scuole Nazioni e nazionalismo nei processi di integrazione a117Ovest e a117Est (*) a cura di Argo Nazionalismo e no « Nazionalismo è un movimento spirituale e politico, il quale si propone - in contrasto calle tcndcnzc democraticl-ie, inte12 nazionaliste, socialistoidi fino a ieri prevalse in Italia e tuttora vive, nonostante gli insegnamenti della guerra e del bolscevismo, in una parte delle classi dirigenti italiane - di cducare, di sviluppare, di consolidare in Italia una chiara, seria, vigorosa coscienza iin?ionnle... La tesi fondamentale del nazionalismo, che pone la dottrina nazionalista in una situazione singolare di fronte a tutte le altre dottrine politiche, è che le varie società esistenti sulla terra sono veri organismi aventi una vita che sorpassa di molto quella dcgli individui c si perpetua nei secoli e nei millenni ... I n questa conceziolne l'individuo, il cittadino non è, come c m u nemente si ammette, il fine della vita nazionale e dcll'attività dello Stato, ma ci appare organo della Nazione, strumento, mezzo dei fini nazionali ... La dottrina nazionalista concepisce la società come illimitata nel tempo, comprendente cioè tutta la serie indelinita delle ~enerazioni,e limitata nello spazio, comprenclente cioì: solo quella porzione di tcrritorio su cui ogni n a ~ i o n eè stanziata. La pluralità delle socictà, la lolro coes~istenza c la loro concorrenza è una ncccssità logica e naturalc pcrché solo dov'è diversità e lotta è organismo e vita ... Questa idea centrale clcllc necessità superiori della vita nazionale, questa dottrina di sacrificio che il nazionalismo pone innanzi agli individui e alle classi, ha un alto valore morale che diffonde in tutto il movimento nazio~nalista, come dottrina e come azione, una fulgida luce di spiritualità ». Queste tesi sono tolte da un opuscolo dcl 1922, stampato a Roma a cura del Comitato Centrale dell'Associazione Nazionalista ( K Il Nazionalismo - Principi e azione politica »), e rappresentano l'essenziale del nazionalismo: anche se esso ha avuto espressioni più attenuate e mimetizzate o più esasperate e apolca!ittiche; e se dalle semplici premesse riportate derivano poi molte e svariate conseguenze. Colmunque si avverte subito l'antagonismo del nazionalismo nei ri-guardi del principio di nazionalità coriie t: stato originariamente assunto dal movimento liberale e democratico o come ha formato opqetto (la questione nazionale) di appassionati dibattiti in campo marxista. Agli antipodi è la posizione, infine, di coloro cl-ic non sono disposti, neanche in sode provvisoria c relativa, a riconoscere una corrispondente realtà positiva all'idea di nazione - e tanto meno allo Stato nazionalc unitario, di derivazione giacobina -: Proudhon e i prwudhoniani, per esempio, i più coerenti fedcralisti cristiani e cristianosociali, alcuni radicali federalisti di tradi7ione risoi-gi~ncntale italiana, ecc. Di Proudhon sono famosi alcuni passi (V. Mario Albertini, « I1 federalismo e lo ( , ) Qucsto saggio, sotto forma di estratto, 2 già stato diffuso nel mese di febbraio. stato federale - Antologia e definizione P, Milano 1963, Giuffrè editore): « I1 sentimento nazionale è inversamente proporzionale all'estensione dello Stato. Man mano che questo incorpora nuovi territori vi è snaturazione progressiva. Questa sarà una delle cause della dissoluzione dello Stato. La nazionalità restringe i sentimenti ed il genio. L'agglomerazione li allarga. La nazione francese attuale è composta di almeno venti nazioni distinte e il cui carattepe, osservato nel popolo e nei contadini, è ancora fortemente definito... Il Francese ì: u n essere convenzio~nale,non esiste. Quello che ci piace rappresentare nei r o m a n ~ i , nei drammi, nelle caricature, sia esso militare o cuoco, barbiere o commesso viagqiatore, è uno scherzo. Una nazione così grande non si regge che con l'aiuto della forza. L'esercito permanente serve soprattutto a questo. Togliete all'amministrazione ed alla polizia centrale questo appoggio e la Francia cade nel f~deralismo.Le attrazioni locali prevalgono n. Tipica e rigorosa, fra i N cristiani », la posizione di Costantin Franz (1817-1891 rimesso in luce particolarmente da Henri Brugmans, nel suo « Panorama del pensiero federalista n, Milano 1960, edizioni di Comunità, con note e appeildice a cura dell'editore italiano). « Secondo la dottrina cristiana la nazionalità è un fatto esclusivamente naturale», scrive questo grande avversario di Bismarck, « e pertanto essa non può csscre rivestita di alcun elemento sacro... Ogni paese divinizza se stesso: ecco la religione del nazional liberalisn-io... Se ... si predica espressamente alla gente che il compito più importante e più santo è quello di mettere in valore la propria nazionalità, diventa abbastanza facile fanatizzarla i n modo da far gettare gli uni sugli altri come bestie. Sì, proprio come bestie, perché la proclamazione del principio di nazionalità costituisce in un certo senso una rinuncia alla ragione, e pone gli uomini sullo stesso piano delle bestie. Infatti, in ultima analisi, tutto si riduce al fatto che ci si coniporta come se le diverse nazionalità attualmente esistenti fossero dei tipi fissi e stabiliti dalla natura, come le diverse famiglie di animali ». I1 principio di nazionalità e la rivoluzione liberale I n effetti, come ricordò in un esemplare corso di lezioni tenute la prima volta a Milano in anni di fuoco (1943-44) Federico Chabod ( « L'idea di nazione », Bari 1961, editore Laterza), a dire senso di nazionalità, significa dire senso di individualità storica. Si giunge al principio di na~ionalitàin quanto si giunge ad affermare il principio di individualità, cioh ad affermare, contro tendeme generalizzatrici ed universalizzanti, il principio del particolare, del singolo... L'imporsi del senso della "nazione" non è che un particolare aspetto di un movimento generale il quale, contro la "ragione" cara agli illuministi, marzo 1971 rivendica i diritti dclla fantasia e del sentimento, contro il buon senso equilibrato e contenuto proclama i diritti della passione, contro le tendenze a livellare tutto, sotto l'insegna della filosofia, e contro le t e n d e n ~ e del '700, esalta precisamente l'eroe, il genio, l'uomo che spezza le catcne del vivere comune, le norme tradizionali care ai filistei borghesi, e si lancia nell'avventura ». Tuttavia, osservava il filosofo liberale Guido De Ruggiero, nel secolo XIX il liberalisino e il sentimento nazionale si sono sviluppati insieme e sorretti l'uno con l'altro D: l'osservava in quella « Storia del liberalisn~o europeo » che fu pubblicata nel 1925 (come ci ricorda Eugenio Garin) quando, dopo il discorso di Mussolini del 3 gennaio, le leggi " fascistissime " andavano affossando defini tivamente l'Italia risorgimentale COmunque De Ruggiero aggiungeva una rifles... I principi della liberi2 e della sione: eguaglianza, nell'estendersi dapl'individui alle nazioni, trovano un limite e un arresto. Al di sopra degli individui v'è uno stato, che, con la sua forza, garentisce I'eguaglianza giuridica e la libertà di tutti; al di sopra dellc nazioni, statalinente organizzate, non v'& nessun più alto presidio. Quindi la libertà che, nel primo caso, si trasforma in diritto, nel secondo, invece, resta nel suo stato più immediato e può facilmente, per la mancanza di ogni superiore sanzione, convertirsi in arbitrio e prepotenza del più forte. Certamente, la società internazionale, con le sue convinzioni liberali cd ctiche, che possono tradursi in pratiche sanzioni, csercita un freno potente contro gli sconfinailienti clell'arbitrio; tuttavia, la mancanza di un limite e di una autorità espressamente destinata a farlo rispettare, rende incerti e precari i diritti e affida spesso la soluzione delle vertenze alla sorte dubbia clelle armi n. Poli De Ruggicro scandagliava più a fondo la questione. « V'è ..., nella personalità delle nazioni, oualcosa di men definito e di più quistionabile che non in quella degl'individui. Dov'è la naziolne autoctona e capace di autonomia, e dov'è l'aggruppamento etnico incapace di vivere una vita propria, percl-ié spiritualmente esaurito o perché incapsulato in un altro complesso nazionale, o perché risultante di elementi eterogenei, iilestricabilmente confusi insieme?... Il principio di na7ionalità è di quelli che vanno accettati nelle ~ r a n d i linee e discussi, al lume della ragione di stato, nrii particolari Questa verità comincia a farsi strada fin dal tempo in cui il libcralismo è al suo zenith, e giova a moderarne i vagheggiamenti utopistici e ad indirizzarlo sul terreno delle quistioni più concrete. I n fondo, la politica internazionale del liberalismo, pcr qucl che si compendia nell'idea di una società delle nazioni, era la negazione di o;ni politica. Donde, il classico ammonimento: lasciate che i popoli abbiano il maggior numero possibile di rapporti tra loro e i governi il minor numero. Ma i liberali, trovandosi al potere C in presenza di casi controversi, cominciano a sentire la necessità di una politica vcra C propria; e con la pratica poi si a\rvedosno che le lince dircttive di essa non possono essere clate che dallo stato, nazionale quanto si voglia, ma stato. Accadc qui non divcrsamente da quol che abbiamo osservato nella politica interna )). COMUNI D'EUROPA del libcralismo, dove si comincia col negare qualunque intervento statale, per lasciar libero campo agli individui, C si finisce col riconoscere che, senza lo stato, questa libertà sfuma nel vuoto. Ma lo stato h a una sua tradizione propria, una sua " ragione" peculiare, che spesso si sovrapponcono al vago e incerto sentimento nazionale. Così, anche la politica liberale dei grandi stati europei, senm ccssare di muoversi nelle grandi lince del principio delle nazionalità, è andata poco a poco riprendendo i compiti storici dell'etj precedente, e, per questa via, h a cominciato insensibilmente l'originario rapporto tra stato a capo~~olgei-e e nazione. Mcntre prima era la nazione che dava il suo indirizzo allo stato, ora invece lo riccvc, e a sua volta non dà che un più rioco alimento di energie all'espansione statale. Tuttavia, il capovolgimento di quei rapporti non è stato, né poteva esscre, opera del liberalismo, che si è arrestato a un prudente compromesso tra l'antica politica della ragione di stato C la nuova politica dcllc nazioni ». E' stato, secondo De Rugsiero, conseguenza di altri fattori: « Lo sviluppo della deinocra7ia ha dato un immenso iilcrcmento allo statismo e, nello stesso tempo, con la soprni\.alutazione d'ideali internatiorialistici e umanitari, ha ridotto I'imp o r t a n ~ a del principio di nazionalità. Per via opposta m a coilvergente, la stessa vitalità esuberante dei nuovi stati nazionali ha reso di più in più insufficienti i loro confini segnati da natura e suscitato in essi il bisogno di accrescersi anche a spcsc di altrc na7ioni. Qucsti impulsi a una politica sopraffattrice si SOIIO esplicati dapprima indirettainente, attravcrso le lotte commcrciali e lc rivalità coloniali, ma non hanno tardato a investire direttamente gli stessi protagonisti ». E dunque: « I1 principio della nazionalità L: stato, così, totalmcnte sovvertito. Lc nazioni si sono chiuse lc une alle altre con barriere protettive; hanno dato a tutte le manifestazioni dclla propria attività un indiriz7o ostile a quello dellc altre; hanno concepito e posto in atto dci programmi di mutua distruzione o di asservimcnto. Tale politica ha avuto la sua espressione dottrinale nel così dctto "nazionalismo ", una concezione che, nella sua esplicazione logica, porta all'egeimonia di una nazionc su tutte le altre, cioè a una doppia negazione del principio di nazionalità, quella delle nazioni assoggettate e quella della stcssa nazione conquistatricc, che verrebbc deformata dall'assorbimcnto di elementi così etercgenei. E in effetti la designazione " nazionalismo " si converte in quella, assai meglio appropriata, di " iinperialismo " che esprime appunto l'idea dello stato supernazionale ». Come si avverte age~olmcnte, qui il supernazionale non era certo inteso da De Ruggiero nel significato recente e opposto di una « clilatazione dei principi di libertà e di giustizia dall'ordine interno a quello internazionale)), nel quadro di un processo espansivo della democrazia » che « s i svolge attraverso una lotta fra la natura, che tende a rinserrare gli uomini nelle societh chiuse, e lo spirito, che aspira a trascenderle, a trasformarle in aggregazioni scmprc piìi arnpic C pii1 aperte » (sovraila7ionalità fedcralista), pcr usare le parole di un cattolico democratico, Costantino Mortati, nel commento sulla « Ispirazione democratica della Costituzione » del- ll Nel corso della sila visita a Ronia - dove h a a v u t o co1lr:i~iii c o n le inassinze ai~toriiil italiane - il ttiiriistro inglese per gli a f f a r i eltropei, G e o f f r e y Ripporz, 1iu iiolrito incoriti.nre, il 29 m a r z o , nella sede d i Fontana d i Trevi, i suoi vecchi atnici della Sezione iialiana del Colisiglio dei Conilini d'Europn; l o h a accolto il Segretario generale, Seralini, che C il decano del CCE (della ctli Seziorie inglese R i p p o n è Presirlenfe), alla presenza del Vicepresidente, o n . Biilardeci. Rippor? si è (letto lieto d i avere tino scambio (li vedtite cori gli e s l ~ o ~ r c t i dt ii L L I I U organizzazione così rappreseritativa c o m e I'AICCE, a c u i aderiscono E n t i locali bciz <listribi~itisi^ iiltto il territor-io della Repubblica. Serafitli h a i l l t ~ s t ~ u tallo o statista iiiglese la risoluzioile del Consiglio Nazionale dell'AICCE, che si era svolto q i ~ a l c h egiortlo prima iri Campidoglio, sottolineando 1~a~iicolurn7ente i p ~ i l t t i relutivi al q t ~ a d r opolitico, i n c u i s i auspica sia costaizten?erite collocato il negoziaio coi1 I'lngllillerra; e gli h a anche coninqentato la lunga lista dei par-iecipanii all'nmpio dibattito, nii7ti.iinisiratori coii71~nali, provinciali e regionali. Il Vicepresideizte Bzilardeci h a poi rilevato c h e le n u o v e Regiotli a statlito ordinario cotnincialio ad as.sociar-si all'AICCE, confcr-endo così ad essa tllteriore ra~~pre.sctitativitÙe tiilove vesporisubilifd. Gli e.sponenti dell'AICCE lianllo rn(:.s.so i n evideriza, con la esperienza (li dirigrriti (li i ~ n u i>nsia organizzazione d i base, la simpatia s c h i e f i a che t l i f t i i sinceri (iei:iocraiici, senza alcz~tza cscli~sione, liunno i n Ttulir~ per I'Tiqghilterru e pcr lrr s t ~ uenti-cctu 17121 MEC. L'evciziziule titnore italiano è c h e I'eccessii>o proli~ngarsi del negoziato possa portare (i ientazior~i(li accordi bilaierali fr.arico-inglesi e c h e u n certo scoraggianiento dell'opinione pzibblicn itlglcse possa dure qtlalche parvenza d i veritic n qtinnio sostengorro riolz rurutneiite i gollisti: o 1'appi.ofondilneriio isiii~izionalc della Colnirniià o I'ltlghiliei-ra (col t r i o n f o d e l l ' E i ~ r o p adelle patrie). Rippon h a riba<iiio la ferma ititerizione del Goverlro inglese d i c o n d i ~ r r e solo l?egoziaii a livello .sovranazionale, ripeterido la s i ~ uconvinzione - (le1 resto espressa anche dril Prcinicr H e a t h rrgli Srclti generali d i Londru nel Itlglio scorso - c!7e i iiiaggiori legalni ccoliori~ici coiripoi-iano. ali17eno ragionnii(10 da iriglese, 1111 r a f f o r z a i l ~ e r i i orlell'i.stittito parlatiientcire ciiropeo e , il7 generale, del conti.0110 rlen7ocrntico. Al t e r m i n e della visita d i Ceolli-ey Rippoii, i rlirigeiiti tlcll'AICCE gli lruiiiio i77o.siraio le pirbhlicazioni fedei.alisie della Sezione, i n particolare q u a n t o è s t a t o scritto per gli S t a t i getierali, d i Loridra, noricllb la raccolta d i qtintzto è usciio nella stanqpa itrtliaiin s ~ i l l ostorico congresso del Royal Festiva1 Hall. marzo l971 COMUNI D'EUROPA 12 la Repubblica italiana (in I1 secondo Risorgimento » di Varii « nel decennale della Resistenza e del ritorno della democrazia », Roma 1955, Istituto Poligrafico dello Stato). La Storia » di Guido De Ruggiero usciva nel '25: del 1937 (Londra) è « Eco~non-iic Planning and International Order » ( « L'economia pianificata e l'ordine internazionaMilano 1948, editore Rizzoli) di Lione1 le Robbins, quando ci si trova alla vigilia della nuova, grande tragedia europea. L'economista liberale inglese fa. in un certo senso, una doppia autocritica del liberalismo. Una - che scrnbrerebbe una difesa - è che il liberalismo internazionale non è un piano che sia stato tentato e che sia fallito: è 'un piano che non è mai stato messo integralmente in pratica, è iina rivoluzione soffocata dalla reazione prima di aver potuto offrire un'esauriente prova di sé ( « bisogna riconoscere che la reazione nazionalista deve rivendicare a sé la massima responsabilità uer l'interruzione della rivoluzione liberale »: ma perch6, vien fatto di domandarsi, i liberali si sono lasciati sconfiggere?). L'altra autocritica è nel senso che i liberali hanno siudicato all'interno di ciascuna nazione necessario un « potere coercitivo dello Stato per armonizzare, mediante misure rcstrittive, gli interessi dei vari individui n, nicntre « t r a le nazioni ... essi contavano sull'evidenza dell'interesse comune e dell'inutilità della violenza n: in altre parole, il loro punto di vista, qui, non era liberale, ma implicitamente anarchico D. La rivoluzione liberale è una rivoluzione interrotta: « L a storia di questi ultim'i sessant'anni è stata dominata dal pensiero e dalla politica tedeschi. Non sarà mai sottolineato abbastanza l'influsso che ha esercitato, al centro della wiviltà europea, una (( )), Potenza i cui capi e i cui pensatori rifiutavano apertamente il liberalismo e consideravano gli ideali atavici dell'imperialismo come il solo e unico scopo della politica. Questa concezione influenzò il pensiero e le leggi dei paesi in cui il liberalismo persisteva. L'imperialismo britannico è " made in Germany", mentre il paternalismo del partito liberale ufficiale di Gran Bretagna si è modellato sullo "Stato sociale" di Bismarck. La politica estera ne fu dirminata. Le divisioni nazionali e le alleanze internazionali si accentuano. Finalmente si giunse alla Grande Guerra, durante la quale le istituzioni liberali cominciarono a naufragare. Nell'immediato dopoguerra esse furono spazzate quasi completamente ... ». E ora, d'accordo, Hitler è alle porte: « E s kann der Frommste niclzt i n Frieden bleiben / W e n n es d e m bosen Nachbar nicht gefallt » (Schiller: ((Anche l'uomo più pio non può starsene in pace se il cattivo vicino non glielo consente »). Ma, senza scomo~dare i marxisti (specie quelli K rivoluzionari D, su cui ci soffermeremo un momento), Robbins a parte, appunto, dovrà convenire che l'ammessa colpa liberale di non aver combattuto a fondo, con coerenza, quello che Luigi Einaudi aveva già, a partire dal 1918, bollato come il « dogma della sovranità assoluta dello stato imperiale, democratico o proletario » (v. Junius, « Lettere politiche », Bari 1920, editori Laterza, e poi Luigi Einaudi, « La guerra e l'unità europea », 3a ediz., Milano 1953, edizioni di Comunità) - forse ci sono altri aspetti, teorici e pratici, del liberalismo ovvero dei liberali - quali portatori di una certa ideologia e di certi interessi - che hanno reso l'uno o gli altri, o entrambe, inevitabilmente incapaci di resistere alla conservazione, alla - BANCO DI NAPOLI Istituto di credito di diritto pubblico Fondato nel 1539 Fondi patrimoniali e iriserve: L. 95.982.829.652 DIREZIONE GENERALE - NAPOLI Tutte le operazioni ed i servizi di banca CREDITO AGRARIO - CREDITO FONDIARIO CREDITO INDUSTRIALE E ALL'ARTIGIANATO MONTE DI CREDITO SU PEGNO 496 FILIALI IN ITALIA ORGANIZZAZIONE ALL'ESTERO Filiali: Buenos Aires - New York Rappresentanze: Bruxelles - Buenos Aires - Francoforte s / M Londra - New York - Parigi - Zurigo reazione e, infine, al fascismo. Intanto non sarà stata soltanto una viltà dei liberali prussiani l'aver rinunciato a una più dura opposizione di Bismarck per timore di sviluppi politici « radicali » (l'avvento della forza operaia, organizzata dai socialdemocratici): liberalismo istituzionale e proprietà privata sono rimasti ovunque tro,ppo a lungo strettamente collegati, nella pratica e nella teoria. La dottrina del « n o n intervento liberale - politico e ideale - a difesa delle nazioni libere ( o delle nazioni in cui un popolo cercava di a liberarsi dallo straniero, dal colonizzatore, dal tiranno interno) era spesso dovuto a un complesso di motivi, fra i quali una critica non adeguata della cosiddetta ragion di stato e determinati pregiudizi sull'esigenza della divisione internazionale del lavoro. Grande e grave l'influenza del pens'iero e della politica tedes'chi, grandi e gravi le responsabilità di coloro che se ne sono lasciati influenzare o addirittura che se ne sono fatti un alibi. La crisi dello Stato nazionale tedesco. come si è riflettuta in un grande storico quale Meinecke, l'autore di « Cosmopolitismo e Stato nazionale. Studi sulla genesi dello Stato nazionale tedesco », ci è stata recentemente ripresentata da un giovane studioso, Sergio Pistone ( « Federico Meinecke e la crisi dello stato nazionale tedesco n, Torino 1969, pubblicazioni dell'Istituto di Scienze politiche dell'Università di Torino, edizioni Giappichelli): ebbene, lo stesso Pistone ci ricorda ( e cita a questo proposito anche Norberto Bobbio, Benedetto Croce e il liberalismo D in « Politica e cultura », Torino 1955) una certa confusione tra i pensatori liberali italiani, di matrice idealistica, tra la libertà intesa come ideale morale e la concreta (empirica) libertà politica, « intesa cofme non impedimento di determinate azioni nell'ambito dei rapporti interindividuali ». Insomma quando il socialista liberale Carlo Rosselli. arrivato Hitler al potere, predisse il ritorno della guerra, predicò la Costituente europea antifascista, si batté per una politica di « intervento democratico», è noto come fu accolto dalle democrazie liberali (non ci interessa qui I'analisi della incomprensione anche di altre correnti politiche). Eppure Rosselli cercava di dare corpo alla parte viva delle istanze di Einaudi e di Robbins: voleva popolariz7are f r a le masse l'idea della Federazione democratica sovranazionale, farne una formidabile idea-forza. Ma evidentemente liberalismo e democrazia non erano riusciti a farsi strada per se stessi quanto piuttosto come elementi subalterni di un assetto economico-sociale, dove lo stesso statopotenza prima che una concezione politica era lo strumento di determinati ceti, la cui logica proprio il liberalismo classico non nvcva motivo di sconfessare. Si poteva allora domandare a Robbins, con qualche fondamento, s e la rivoluzione liberale, piìi che interrotta, non fosse per caso mai realmente cominciata. )) Banca affiliata Banco di Napoli (Ethiopia) Share Co. U f f i c i cambio permanenti a bordo T/N e M / N Giulio Cesare n Corrispondenti in tutto il mondo - Asmara I< Raffaello >, La questione nazionale e il marxismo rivoluzionario Vediamo ora, in breve, le sorti del principio di nazionalità nell'altro campo, nel campo marxista, anzi nel campo marxista « rivoluzionario D: anche se sarebbe interes- COMUNI D'EUROPA marzo 1971 sante - sia per ragioni teoriche sia per il contesto storico-geografico in cui si è sviluppato a cavallo della prima guerra inoildiale - dare, in merito, uno sguardo alle analisi « revisioniste » degli austro-marxisti (Otto Bauer, Karl Renner, Kudoli Hilferding). A più riprese nell'àmbito dell'austromarxismo, maturato entro una realtà politica multinazionale, si attaccò il dogma della sovranità nazionale, derivato dalla rivoluzione francese, e si espresse il co~nvinciinento che la semplice autonomia nazionale, in un quadro istituzionale sovranazionale, avrebbe servito assai meglio l'autentico interesse delle nazioni: ma andrebbero ovviamente esaminati il rapporto, formale e sostanziale, che codesti austro-marxisti intendevano instaurare tra autonomia e sovranazionalità e, più i n generale, le loro idee sulla formazione del potare politico e sulle funzioni dello Stato. Limitiamoci dunque ai marxisti rivoluzionari ». Nel camDo marxista rivoluzionario D la questione nazionale determinò anzitutto una dura, famosa polemica tra due dei suoi più illustri esponenti, Rosa Luxemburg e Lenin, i quali del resto - anche fuori della polemica - ebbero necessità di misurarsi a lungo, ripetutamente col problema. Molti sono gli scritti in oggetto della Luxemburg, m a è senza dubbio assai utile la lettura della Prefazione a " la questione polacca e il movimento socialista " » (V. « Scritti politici », 2.1 dizione, Roma 1970, Editori Riuniti, ove il lettore si può giovare di una importante nota introduttiva del socialista Lelio Basso alla « Prefazione »). Di Lenin conviene consultare le Opere scelte » (Roma 1963, Editori Riuniti) e soffermarsi particolarmente - pensiamo - su « Sul diritto di autodecisione delle nazioni » (scritto nel 1914), su « Sulla parola d'ordine degli Stati Uniti d'Europa» (pubblicato nel 1915), sul « P r i m o abbozzo di tesi sulle questioni nazionale e coloniale » (scritto nel 1920, in vista del I1 Congresso dellfInternazionale comunista), sugli « appunti » ( « Sulla questione della nazionalità o della " autonomizzazione " D) del 30 dicembre, 31 dicembre ( I ) e 31 dicembre (11) 1922; oltre a tener presente « L'imperialismo, fase suprema del capitalismo » (composto nella prima metà del 1916). 11 socialista Lelio Basso tende a sdrammatizzare, iil prospettiva storica, la polemica Luxemburg-Lenin. Sotto certi aspetti le posizioni di Rosa Luxemburg e di Vladimir Ilic Lenin erano obiettivamente complementari. La Luxemburg partiva dalla situazione della Polonia, divisa sotto il dominio rispettivamente della Russia, della Germania e delllAustria, e negava che per i sooialisti polaochi la riunificazione della I'olonia e il suo ritorno a Stato indipendente dovesse essere un compito prioritario: riteneva ciò un profondo errore, tale da distogliere la classe operaia dai suoi compiti di classe. «La tesi di Rosa. scrive Basso « si fondava sull'analisi dello sviluppo economico-sociale della Polonia, che fu in quegli anni oggetto da parte sua di intense ricerche e formò l'argomento della sua tesi di dottorato alla Università di Zurigo... Secondo quest'analisi ... la Polonia aveva avuto fino al 1860, come la Russia, carattere di paese agricolo, chiuso, semifeudale, senza rapporti economici con la Russia che offrissero una qualsiasi contropartita alla occu- pazione, donde la vivacità del sentimento nazionale e il fiorire dei movimenti separatistici. Ma lo sviluppo del capitalismo venne succcssivamente creando legami organici Pra i due paesi iacendone un comune mercato per l'industria sia russa che polacca: anzi la vastità dell'impero russo e le sue conquiste, la sua stessa politica protezionistica giovavano all'industria polacca, indebolendo la base sociale delle correnti separatistiche. Queste, secondo Rosa Luxemburg, rimanevano appannaggio dell'intelligenza piccolo-borghese e in genere dei ceti precapitalistici che cercavano nell'ideologia nazionalista un'arma di lotta contro la minaccia dello sviluppo capitalistico, ma non potevano essere sposate dal proletariato che doveva porre in primo piano la lotta per la democrazia e per il socialismo in stretta unione con il proletariato russo ... ». Lenin osservava ironicamente ( « Sul diritto di autodecisione delle nazioni »): « Nelle nazioni oppresse, la separazione del proletariato con la formazione di un suo partito indipendente conduce talvolta a d una loltta così accanita contro il nazionalismo della nazione stessa che la prospettiva si deforma e si dimentica il nazionalismo della nazione Ragioche opprime ». Commenta Basso: nando da rivoluzionario russo, Lenin vede in tutti i nemici dello zarismo degli alleati: anche il nazionalismo dei paesi oppressi, fosse pure espressione di piocolo-borghesi, è un'arma contro lo zarismo. Ragionando da rivoluzionaria polacca, Rosa Luxemburg si preoccupa soprattutto di dare al proletariato polacco coscienza di classe... ». I n realtà, osserva ancora Basso, si commette un errore « cercando delle contraddizioni rigide fra questi due leader della sinistra marxista ». La risoluzione del Con- gresso internazionale di Londra del 1896 aveva detto: « I1 congresso si dichiara per il pieno diritto di autodecisione di tutte Ic n a ~ i o n ied esprime la propria simpatia agli operai di ogni paese oppresso attualmente dal giogo militare, nazionale o di un altro assolutismo; il congresso invita gli operai coscienti di tutto il mondo, al fine di lottare insieme con essi per abbattere il capitalismo internazionale e per realizzare gli obiettivi della socialdemocrazia internazionale » (ove per socialdemocrazia s'intendeva, allora, tutto il complesso dei partiti socialisti, di destra e di sinistra, legati all'Internazionale). La Luxemburg intendeva restrittivamente quelli« autodecisione », non necessariamente « libertà di separazione statale » ma al massimo « autonomia nazionale »; Lenin intendeva l'autodecisione come capacità di raggiungere l'« indipendenza naz i o n a l e ~ : ma si trattava in realtà, osserva Basso, di posizioni tattiche con un « rivestimento dottrinale assai discutibile ». Seguiamo Lenin, infatti, in una nuova situazione, dopo la rivoluzione d'ottobre ( « Primo abbozzo di tesi sulle questioni nazionale e coloniale D, del 1920). « Oggi » scrive Lenin non ci si può più limitare a riconoscere o a proclamare puramente e semplicemente l'avvicinamento dai lavoratori delle varie nazioni, ma è necessario condurre una politica che assicuri l'attuazione della più stretta alleanza fra tutti i movimenti di liberazione nazionale e coloniale e la Russia sovietica, determinando le forme di questa alleanza in modo corrispondente al grado di sviluppo del movimento comunista t r a il proletariato di ciascun paese o del movimento democratico borghest di liberazione fra gli operai e i con- Cassino - Zehlendorf .. . . . pet lo g a r e e la hatellanra dei C7opoli . . . . . > - -- Conlepevoli delle reciproca appartenenze elle famiglie delle Genli europee noi quali rappreienlenli liberamanlg elalli del iuflregio dei nostri cilladini ilringiamo iolennemenie un psllo di gemellaggio Ire l e cilih di CASSINO e BERLINO - ZEHLENDORF. È noslro comuma desiderio ed inlereise perionels collivare slrel!i repporli d'amicizia [re le noiire due Comunilh, perlicolermenle provala nell'ullime guerre, ilimolara conlelii Ire i ciiladini delle Comunith slassa e refloizara il ianlimenlo di reciproca dedizione Iramile scembi di idee ed esperienze onde (avorire con lulla le noilre forra le compraniion. Ira i Popoli, per il bene dcll'Umanilh e per la Pece nel mondo inleio. A . rerruro sin.inrudi c < ~ Im Bewussisain dar ~ u ~ e m m e n g e h 6 r i g k a i l aller euiopaischen Menschen schliessen wtr sii Ireigewahlle Reprasenienlen unierer Gemeinden leierlich die Parinerschell rwischen CASSINO und BERLIN ZEHIENDORF E i isi uniar gemeiniamer Wunich und unse, Beilreben. enga Ireundschsllliche 3eriehungen rwischen unseren baiden Gemeinde , zwei beiondeis durch den Krieg gezeichncle Sladte t u pflegen. die Konlakle zwiichen den Btrgern unserer Gemeinden r u Iordein. dss Geluhl dei Zuiammengeh6iigkeil durch Ausiausch r a n Gedanken und Erlahrungen r u slarken, u m mi1 allen unseren Krallen dei Verilandigunp zwiichen allen V6lkern r u dienen. r u m Wohie der Menichheii und Iur den Frmeden ( n der ganren W a l l ~ ~ ~ ~ ~ l \rhn,,re. He>i?hhiiiq,.'..." ,i". Berlin - Zehlendorl. den 28. M a i 1969 Caiiino. 2 Ollobre 1969 Lo spirito europeistico dell'Amministrazione comunale di Cassino, guidata dal Sindaco Antonio Ferraro, non trascura mai alcuna occasione per manifestarsi, come ha fatto anche con questa iniziativa: la riproduzione su una cartolina del testo della pergamena relativa al patto di gemellaggio che lega la città laziale con il distretto di Berlino-Zehlendorf. COMUNI D'EUROPA Questa tendenza si è già manifestata ncl tadini dei paesi o delle nazionalità arretrate. La federazione k una forma transitoria verso modo più chiaro in regime capilalista e l'unitj coiilplcta dei lavoratori delle diverse avrk incontestabilmentc uno sviluppo ultcnazioni. La Ccclcrazionc ha ~ i àdimo'strato riorc C una completa altuazione in icgimc in pratica di csserc adatta allo scopo, sia socialista n. Frattanto ( « appunto » del 30 diccinnelle relazioni tra la Repubblica socialista icderativa sovietica russa e le altre repub- brc 1922) Lcnin aveva modo di lamentare, bliche sovietiche (ungherese, finlandese, let- nell'àmbito del sistema « federativo » sovieLone nel passato; arzebaigiana e ucraina al tico in costruzione, la « funzione nefasta » frettolosità di Stalin » c presente), sia nel senso stesso della Repub- esercitata dalla blica socialista fcderativa sovietica russa dalla « sua tendenza ai metodi amministrativi »: Rosa Luxemburg avrebbe potuto riper quanto riguarda le nazionalità che nel passalo rion avevano n6 esistenza statale cordare a Lenin il suo dissenso sul modo propria, né autonomia ... I1 compito dell'In- d'intcndere la democrazia socialista c la ternazionale cwiriunista consiste in questo sua richiesta di garanzie libcrtarie. Gaarcampo nello sviluppare ulteriormente, stu- dare al piano mondiale (o forse, intanto, diare C controllare l'esperienza di queste al piano europeo: v. la famosa pagina, in nuove federazioni che sorgono sulla base Dieci giorni che sconvolsero il mondo » del regime so\-ietico e del niovirnento so- di John Reed, Roma 1966, Gherardo Casini vietico. Riconoscencio che la federazione Li editore, su licenza degli Editori Riuniti, ove una forma transitoria verso l'unità con- - siamo nel 1917 - Trotzki prevede, ad pleta, è necessario tendere a un'unione fe- opera del proletariato, la costituzione degli derativa senlpre più stretta, in coilsidcra Stati Uniti d'Europa, poiché « la autonomia zione: primo, dell'irnpossibilità di assicurare nazionale non è più sufliciente. L'evoluzione l'e~~istenzadellc repubblichc sovietiche cii-- economica esige l'abolizione delle frontiere condate dalle potenze imperialiste di tutto nazionali. Se l'Europa resta spezzettata in il mondo, incoriiparabilmente più forti dal aggruppamenti nazionali, l'imperialismo ripunto di vista militare, senza la più stretta comincerà la sua azione. Solo la repubunione tra le repubbliche sovietiche; se- blica federale europea darà la pace al moncondo, dclla necessità di una stretta unio'ne do ... ») non doveva tuttavia significare non ecolnomica tra lc repubbliche sovietiche, garentire subito i lavoratori contro il sociialismo bui-ocratico; doveva significarc senza la quale non è possibile ricostruire lc forze pro~duttive distrutte dall'imperia- anche la messa in opera di un'articolazione lismo e assicurare il benessere dei lavora- interna al sistema sovietico, non Lattica, tori; terzo, della tendenza alla creazione autenticamente federalista e, quindi, pogdi un'economia mondiale, formante un tutto giata su tutte le garenzie di libertà, se non unico, sulla base di un piano generale re- si voleva correre i1 rischio che i C metodi golato dal prolctariato di tutte le nazioni. amministrativi », abbandonati a se stessi, marzo 1971 tendessero a identificare strategia socialista internazionale e ragion di Stato sovieti~d (che poi crano lc ragioni e gli intercssi del suo incontrollalo ceto dirigente: la i<nuova classe », come dira molti anni più tardi un comunista jugoslavo doppiamcnte eretico). &la Lenin cra ormai malato e prossimo alla morte e, senza dubbio, l'asscdio delle potenze capitalistiche e la perdurante cmergenza rivoluzionaria rendevano problematica una lotta su tutti i fronti. Vinta la seconda guerra mondialc e lotto definitivamente l'assedio delle potcnze capitalistiche, si offrivano all'unionc Sovietica, nei riguardi dell'Europa e della K questione nazionale », almeno due possibilità. Come sarebbe sembrato giusto all'indiano Manvendra Natli Roy, ex capo del Dipartimcnto orientale del Comintern e ora socialista eretico u non allineato » ( C Thc Russian Revolution », Calcutta 1949, Rcnaissancc Publishers), presentarsi all'Europa come libcratrice e, senza chiedere un prezzo ma rinforzando l'alleanza con 1'Inghiltcrra laburista, favorire la fondazione di una democratica comunità (Commonwealth) d'Europa, ovviamcnte sganciata dalla logica dell'imperialismo. Oppurc, continuando sulla linea guardinga delle zone d1iniluen7a (Yalta), portare avanti la costruzione escmplare della propria zona. Fu seguita la seconda strada: ma qui i l socialisn1o K amrninistrativo » (che prenderà il nome di stalinismo) mostrò i suoi guasti e, anche, i suoi vizi d'origine. Formalmente all'Est europeo I'URSS ha riconosciuto - almeno fino alla recente dottrina di Bre7nev - la sovranità nazionalc delle cosiddette democrazie popolari »; sostanzialmente è stata costretta a intervenire continuamente nei fatti interni dei Paesi dell'Est non solo per la logica della ragion di Stato sovietica, ma - riconosciamolo anche per le esigenze di un sistema socioeconomico e politico, che non può continuamente sottostare ai particolarismi nazionali. Ci si sarebbe aspettati un'cvoluzione fcderativa: lo Stato-guida cessa di esscre tale quando si attenuano e poi si canccllano le frontiere statuali e si partecipa, tutti insieme, alla gestione del potere. Ciò non è avvenuto e ne è stata anche combattuta l'ipotesi; il COMECON ha vissuto e v i ~ c una vita grama, proprio perché non poggia su una strategia federalista. Perché tutto ciò? Problemi dell'Ovest, problemi delllEst non è più tempo di "castelli in aria" la realtà è --rg In questa nota si sono volute propoirc solo alcune premesse per un discorso critico su «nazioni e nazionalismo nci proccssi di integrazione all'ovest e all'Est ». Aggiungiamo che allJOvest coirie all'Est è in corso un processo di intcgrazione che da una parte colpisce soprattutto - indipendentemente dalle sorti della Comunità europea - per la crescita delle società (private) multinazionali ( « L a crescita dellc società multinazionali costituisce uno degli aspetti più rilevanti dello sviluppo economico del mondo capitalistico dopo la seconda gucrra mondiale e, in particolare, nell'ultimo decennio »: Eugenio Peggio in « L'Unitk del 30 gcnnaio 1971); dall'allid colpisce per il verticismo della burocrazia COMUNI D'EUROPA marzo 1971 politica sovietica, che pretende di guidare come se fosse integrato un blocco, che in rcalta si vuole che mantenga le divisioni statuali. Tutto ciò mcntre la rcaltà nazionale ridiventa ovunque popolare solo quando si sospetta o si constata di dover subire passivamente la ingerenza altrui: là dove si sarebbe disposti (e le giovani generazioni lo sono particolarmente) a u n a comune gestione sovranazionale - che sembra la più logica e la più naturale in u n mondo chiaramente interdipendente - per le cose che hanno bisogno di una gestione sovranazionale. I n questo dramma si è inserita - anche nell'occidente democratico - la coscienza della crisi del sistema rappresentativo, per cui si riconosce ragionevole e insieme si paventa un ancora più distante potere sovranazionale. Ma i problemi del proprio tempo non si possono affrontare a metà o in parte. C'è dunque il problema di portare il potere politico comune a livello sovranazionale, dove forze incontrollate gestiscono il nostro destino. C'è il problema di evitare un potere politico sovranazionale monolitico, di fronte al quale qualsiasi opposizione o critica potrebbero restare impotenti (esigenza di una società sovranazionale federalista). C'è il problema di rivedere i rapporti fra la persona umana e il potere, ovvero f r a i rappresentati e i rappresentanti, dando un nuovo spazio alla democrazia diretta, al controllo popolare, alle autonomie. Ma perché l'Europa e non direttamente il mondo? Certo, l'Europa è solo u n momento dell'instaurazione dell'ordine federale infra (articolazione in regioni, ecc.) e sovranazionale: ma agli europei si presenta la possibilità ed eventualmente il dovere di cominciare da casa loro. Essi si trovano sullo spartiacque che divide i due blocchi (atlantico e sovietico); rapprescntano l'oggetto principale di quclla spartizione i n zone d'influenza dei cosiddetti « Grandi » (che, poi, sono rimasti in due, USA e URSS) decisa a Yalta (febbraio 1945), quando la ragion di Stato di coloro che stavano per vincere la guerra lasciava già intravedere la loro incapacità di vincere la pace, ossia di stabilire una autentica Organizzazione delle Nazioni Unite (non sottoposta m a sovraordinata anclie alle Superpotenze, nonché alla miriade di particolarismi nazionali; non soggetta - nella sua composizione e nella sua gestione - ai fatti compiuti e ai primi arrivati m a a ~ r i t e r iobiettivi di giustizia e di rappresentatività universale). Gli europei, d'altra parte, sono stati i padri sia della rivoluzione liberal-democratica che di quella marxista, sono in grado di valutarne i limiti, gli errori e le colpe, m a anche di giudicarne per conoscenza diretta i meriti e soprattutto le virtualità. Infine l'Europa industrializzata è il continente meno autosufificiente del mondo, dipende dagli altri e condiziona gli altri; dalla sua politica economica e dal suo orientamento tecnologico è influenzata la sorte del « terzo mondo » - cioè dei Paesi del sottosviluppo e della fame -: donde una grande occasione di riscattarsi dalle responsabilità del colonialismo e di contribuire a costruire - in antitesi con la logica dei blocchi - una enonomia planetaria di pace e di giustizia. Quindi gli Stati Uniti d'Europa possom voler dire iniziativa democratica, federalista, esemplare, pacifica, vòlta alla creazione di un nuovo ordine (mondiale): un ordine che ristabilisca il primato della politica e della ra- gione - e dunque delle reali, profonde esigenze della persona umana - siilla logica del capitale privato o di Stato, sullc pretese dei ristretti gruppi di potcrc e dcllc burocrazie politiche ed cconon~ichhc, sulle forze scttoriali che stanno avvclcnando c distruggendo il mare, i pesci, gli alberi, l'acqua, l'aria e « pianificano » la vita dell'umanità per piazzare le loro merci e i loro schemi mentali. Un'Europa sovranazionale, insomma, per mostrare come in una socictà a d altissima industrializzazione si debba passare dalla monarchia dei consumi e degli uffici di quelli-che-sanno-tutto alla repubblica degli uomini libcri. Beninteso: in ques t a prospettiva la costruzione europea non è un fatto diplomatico né di ordinaria amministrazione, né può esser lasciata in mano a coloro che si vogliono sconfiggcrc. E' una dura rivoluzione, con le sue scelte e i suoi costi. Suggerimenti per altre letture pertilienti FEDERICO CHABOD, Storia dcll'idcu d'Europa, Bari 1961, editori Laterza. STALIN, La questione nazionale, Roma 1939, Edizioni Rinascita. ALTEROSPINELLI, Dagli Stati soi,ruizi agli Stati Uniti d'Europa, Firenze 1950, La Nuova Italia editrice. FRANCESCO FCJTO,Storia delle democrazie popolari, Firenze 1955, Vallecchi editore. ALBERTE~NSTEIN, Idee e opinioni (traduzione di Franco Fortini - Torino 1965, Schwarz editore): soprattutto il « Carteggio con i membri dell'Accademia Russa 8 . Lettera Enciclica Pacem in Terris D di Papa Giovanni XXIII, Roma 1968. Edizioni Paolinc. COMUNI D'EUROPA Organo deU'A.1.C.C.E. CASSA DI RISPARMIO DI FIRENZE Anno XIX - n. 3 - niarzo 1971 Direttore resp.: UMBERTO SERAFINI Redattore capo: EDMONDO PAOLINI dal 1829 alserviziodellaToscana DIREZIONE, REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE Piazza di Trevi, 86 - Roma - tel. 1 \ Indir. telegrafico: Comuneuropa 684,556 687.320 - Roma Abbonamento annuo L. 1.500 - Abbonamento annuo estero L. 2.000 - Abbonamento annuo per Enti L. 5.000 - Una copia L. 200 (arretrata L. 300) - Abbonamento sostenitore L. 150.000 - Abbonamento benemerito L. 300.000. I versameriti debbono essere effettuati sul c / c postale n. 1/33749 intestato a: mensile Piazza di Trevi, 86 - Roma (specif icando la causale del versamento), oppure a mezzo assegno circolare non trasferibile - intestato a « Comuni d'Europa D. « Comuni d'Europa, periodico tutte le operazioni ed i servizi di banca con 1' Italia e con 1' Estero Aut. del Trib. di Roma n. 4696 deii'll-6-1955 Associato all'USPI Unione Stampa Periodica Italiana TIPOGRAFICA CASTALDI -ROMA -1971 INFORMAZIONE PRODUCE PRODUTTIVITA' Di solito i soprannomi non sono graditi, perchè ognuno ha il suo proprio nome proprio. Anche una macchina, come la Olivetti DIVISUMMA 26 GT, che nel suo marchio e nel suo nome sintetizza una duplice tradizione di continua inriovazione tecnologica e di primato mondiale nel calcolo meccanico. Ma chiamarla la " tuttocalcolare" non I'offendera di certo: non è tanto un attributo scherzoso quanto, piuttosto, una semplice constatazione di ciò che q~iestamacchina insostituibile nel suo genere riesce a fare dovunque nel mondo si abbia bisogno di un calcolo scritto, immediato, semplice, esatto; dovunque si vogliano sfruttare le quattro operazioni in tutte le loro combinazioni infinite. olivetti Divisumma 26 GT