Direz. e Redaz.: Piazza di Trevi, 86 - 00187 ROMA
ANNO XIX - N. 3 - marzo 1971
Spedizione in abbonamento postale Gruppo 111/70
-
ORGANO
MENSILE DELL'ASSOCIAZIONE
I T A L I A N A PER I L
CONSIGLIO
D E I C O M U N I D'EUROPA
Una nostra intervista
a
Piero Bassetti
Presidente della Regione Lombarda
I ) - Quali sono i problemi più zmportanti
cd urgenti che, a Suo parere, le C o m u n ~ t à
Europee soizo chiamate ad affrotztare per
far progredire il processo d'itztegraziotze politica ed economioa del17Europa?
Tra i problemi essenziali che la Comunità
deve affrontare per far progredire l'integrazione politico.economica dell'Europa, ve ne
sono alcuni che reoentemente hanno ricevuto un notevole impulso e sui quali si
aprono grandi speranze, come l'unione monetaria.
Peraltro, ritengo che otterremmo ancora
un risultato lirnitato se continuassimo a
concepire l'integrazione europea senza una
itrategia di fondo a lungo terimine, che investa non solo gli aspetti finanziari, ma
anche quelli delle basi economico+produttive
dei Paesi membri. Ed in questa prospettiva, si pone in primo luogo il problema
dell'agricoltura, cioè del riequilibrio e della
ristrutturazione del settore: obiettivo che
può venire raggiunto discutendo e approfondendo, nei diversi Paesi e nelle diverse
Regioni, le tematiche aperte dal Piano Mansholt. In Lombardia, le diverse componenti
del settore agricolo, sotto lo stimolo della
Regione, si stanno muovendo appunto in
tale direzione.
Già sotto questo profilo l'importanza delle Regioni è evidente, se non altro per i
poteri che esse, in base alla 'Costituzione,
assumeranno nel settore agrioolo. Ma anche
nei settori produttivi del
secondario » è
necessario che la integrazione industriale
delllEuropa, l'industrializzazione delle aree
arretrate e la diversificazione dei flussi commerciali verso nuove aree venga affrontata
e progressivamente attuata con dacisione.
Ponendoci di fronte con realismo e concretezza ai problemi fondamentali dell'agricoltura e dell'industria, ritengo che si potranno, su scala europea, avviare a soluzione anche i problami del riequilibrio tra
forze di lavoro e occasioni d'impiego; una
questione che interessa particolarmente certe
zone del nostro Paese, cominciando dal
Mezzogiorno, e che è fonte di non poche
preoccupazioni sul terreno politico-sociale
oltre che su quello strettamente economico.
marzo 1971
COMUNI D'EUROPA
E' mia opinione che questo insiemc di
problemi debba venire affrontato con una
prospettiva « diplomatica » globale, che
coordini fra loro le diverse tensioni esistenti
nei confronti dell'anlpliamento della Comunità: vedendo ciot. in forma unitaria il problema dell'adesione delllInghilterra, quello
della « Ostpolitik » tedesca e quello della
espansione verso il Terzo Mondo con particolare riguardo ai Paesi del Nord Africa che
si affacciano sul Mediterraneo.
in tutti i Paesi della Comunità il regionalismo ha lo stesso peso e valore; ma proprio per questo il problema che ì: aperto
tra noi c la Comunità europea è quello di
individuare le linee d'azione per ottenere
una valoriz~a~ioneomogenea delle formc
autonome di gestione politica, che rappresentano uno dei patrimoni più importanti
della storia e dello sviluppo del continente.
Se ciò, com'è augurabile, si verificherà, l'ordinamento regionale italiano, che si muove
ormai decisamente in questo ambito, e la
2 ) - Coine vede il ruolo delle Regioni ita- Comunità europea, potranno essere consideliane, non solo nell'altzbito della comtlnità rati a pieno diritto ienomeni convergenti.
A questo punto, è difficile dire a priori
voaziorzale, nza anche della Comunità europea? I n che senso ed a quali condizioni in quali campi l'azione delle Colmunità eurol'ordinanzento regionale e l'integrazione eu- pee avrà più diretta ripercussione sulla
realtà regionale: si tratta infatti di entità
ropea possono essere considerati fenomeni
convergenti? Più particolarnzente, i n quali che, pur trovandosi a diversi livelli, presentano, e non a caso, una lunga gestazione che
campi l'azione delle Comunità europee potrà
avere più dirette ripercussioni sulla realtà si suo1 definire come « fase costituente D.
La determinazione dei campi dove avverregionale?
ranno reciproche influenze sarà quindi possibile via via che l'attuale fase costitutiva
terminerà e le istituzioni avranno assunto
la loro fisionomia definitiva.
Le Regioni rapprcsentano nell'ordinamento statale italiano un nuovo potere politico,
Indubbiamente però su alcuni problemi,
che in osservanza al dettato costituzionale
come quelli citati precedentemente (indutende a realizzare uno stato decentrato e siria ed agricoltura) è possibile vedere in
autonomista. Noi sappiamo bene che non prospettiva ripercussioni dirette. Purtuttavia, si tratta di problemi così vasti che limitarsi all'attuale grado di approssimazione
Foto in prima pagina:
equivarrebbe ad affermare che il tutto inin alto: il Presidente delllAICCE, Piombino, a fluenza il tutto. Non resta quindi che rimetcolloquio con il Presidente del Senato francese
terci alla nostra attenta vigilanza per indiPoher, in occasione della celebrazione a Parigi
del XX Anniversario del CCE; in basso: il Segre- viduare, via via che i problemi si chiaritario generale delllAICCE, Serafini, illustra al
ranno, le reciproche irilplicazioni tra Regioni
Ministro inglese per gli affari europei, Rippon,
la risoluzione del Consiglio Nazionale dell'AICCE. e Comunità europee.
ISTITUTO
BANCARIO
SAN PAOLO
DI TORINO
3 ) S e le Regioni costitiaiscono urta conzponente essenziale del complesso proceFso
di r i s t r t ~ f f z ~ r a z i o npolifico-nit1i7zinistrativa
e
della socletù etlropca, quali potrebbero e s e re gli struiitenti pii1 idoizei ad assictirarc
u n dialogo coslri~ltivoIra e s e e le istittlzioni cotnunitarze europee e qicclli le procedure di partecipazione delle Regioni stesse
alla realtà comunitaria?
I1 dialogo fra Regioni e Comunità europee
può avvenire, secondo mc, sotto due profili.
Da una parte strutturando, sentiti anche i
governi nazionali, un rapporto fra la programmazione regionale ed i comitati di
programmazione che esistono all'interno
delle Comunità. Dall'altra, intensificando i
rapporti tra assemblee regionali e Consiglio
d'Euro~pae tra esecutivi regionali ed esecutivi comunitari. Sotto questo profilo, ci
sembrerebbe importante stabilire una procedura di consultazione reciproca che, senza
essere formalizzata né scadenzata troppo
rigidamente, prevedesse sin d'ora I'istituzione di canali di contatto. Si potrebbe così
costituire una struttura sufficientemente
elastica che potrebbe avere poi, a seconda
degli sviluppi, elaborazioni successive. Sul
piano immediato, la prima attività sulla
quale sentiamo il bisogno di un continuo
interscambio d'idee ed esperienze è, come
si è detto, l'agricoltura; tuttavia non è certo
la sola attività sulla quale si può prevedere
sia necessario lo sviluppo di un dialogo.
Ci sembra del resto assai rilevante una
immediata apertura del discorso sul com-
Fondi patrimoniali L. 34 miliardi
Depositi fiduciari e cartelle fondiarie
in circolazione: oltre 2.200 miliardi
Direzione generale
TORINO
In Italia 200 filiali
Uffici di rappresentanza a Francoforte,
Londra, Parigi, Zurigo
Banca borsa cambio
Credito fondiario
Delegazioni di Credito Fondiario a Bari,
Catania, Napoli
ISTITUTO DI CREDITO
DI DIRITTO PUBBLICO FONDATO NEL 1563
Credito agrario
Finanziamenti opere pubbliche
DA 400 ANNI LA FIDUCIA DEI RISPARMIATORI
marzo 1971
COMUNI D'EUROPA
plesso problema delle immigrazioni e del
riequilibrio industriale con particolare attenLione al nostro Mc/rogiorno. Non è questo,
intatti, un problema che si esaurisce in un
rapporto ira Regioni e Comunità, ma è
anche un problcina chc poaiula intense rela~ionifra le diverse Regioni. Sarebbe quindi una jattura se questi rapporti fra le Regioni (che cominciano, del resto, a prendere
forma) restassero per così dire senza testa,
e cioè non facessero capo alla massima
espressione politica delle nostre speranze
di europei.
5 ) - I1 Consiglio dei Comuni d'Europa
(CCE) e la sua Sezione italiana (AICCE)
da tempo condt~conouna hatfaglia polifica
per democratizzare sempre più il processo
d'integrazione europea e per rendere più
efficace la presenza dei poteri territoriali,
regionali e locali nel processo stesso. Qual'è
il Suo giudizio sull'azione della nostra Associtazione e come essa dovrebbe a Suo parere
caratterizzarsi nell'attuale congiuntt~raeuropea ed a più lungo termine?
4 ) - Una delle esigenze fondamentali e più
urgenti dell'evoluzione delle attuali Comunità europee verso istituzioni democratiche
di tipo federale è costituita dull'elezione a
suffragzo universale diretto del Parlamento
europao. Qual'è la Sua opinione in proposito e quali connessioni si possono ravvisare
tra u n Parlamelzto Europeo eletto e la realtà
regionale?
Nonostante gli sforzi compiuti, che sono
indubbiamente lodevoli, ritengo, in tutta
franchezza, che il più della strada rimanga
da percorrere. Gli Enti locali, almeno in
Italia, sono nella loro generalità ancora ab-
A mio parere, eleggere a suffragio universale diretto il Parlamento europeo è senz'altro una delle misure essenziali per radicare la vita e l'essenza di questo nuovo istituto nella coscienza dei cittadini. Questo è
uno strumento che aprirebbe fondamentali
prospettive non solo verso un'intesa fra i
popoli ma anche verso una maggiore efficienza dcll'azione di costruzione politica,
economica e sociale delllEuropa. Sarebbe,
inoltre, uno strumento per superare i limiti
degli stati nazionali e per porre di fronte
agli organi deliberanti ed esecutivi delle
due superpotenze mondiali un terzo organo
capace, per prestigio, rappresentanza e visione globale dei problemi che affronta, di
rappresentare gl'interessi più profondi del
nostro continente.
Ma v'è un altro aspetto prettamente h n zionale, ma che nello stesso tempo dà corpo
all'integrazione fra Regioni e Comunità in
questa grande prospettiva. Ed è il fatto che
l'ambiente regionale, organizzato e diretto
a coscienza dalle Regioni, potrebbe rappresentare la guida per proporre in questo
modo ai cittadini d'Europa un metodo nuovo
di scelta dei loro rappresentanti: un metodo basato non più su vecchi stereotipi
o scelte nominali, ma su reali differenziazioni circa il modo di considerare l'avvenire
della nostra società comunitaria. Noi non
vorremmo essere fraintesi: non vogliamo
dire con ciò che le Regioni si potrebbero
porre quasi come « grandi elettori » di una
« Dieta » continentale. Una prospettiva di
questo genere è ben lontana da quello che
noi consideriamo il modo più giusto di costruire il continente. Le Regioni sarebbero
invece, nella nostra visione, il momento unitario in cui, senza dimenticare per nulla
che gli uomini si dividono anche verticalmente, secondo le ideologie, ci si ricordi che
sul piano culturale e politico gli uomini si
stratificano anche orizzontalmente, tenendo
conto delle capacità delle diverse ideologie
a dare un contributo ed a confrontarsi utilmente per la costruzione di un Paese comune: sia esso l'ambito tradizionale, ma
profondamente innovativo, della Regione
italiana, o l'ambito più ampio delllEuropa,
che per tutti noi rappresenta una meta.
Piero Bassetti
bastanza lontani da una x visione europea D
se non in termini di gemellaggi oppure, all'apposto, di problemi drarnmaticamentc
non risolti come si verifica per le migrazioni.
Come andare avanti? Certo, è indispensabile, poiché le autonomie locali sono la
chiave di volta di qualunque processo realmente democratico. Ma è pure indispensabile rompere con i discorsi elitari e scendere ai problemi degli Enti locali, e dare
a questi una dimensione comunitaria, cominciando da quello fondamentale: la circolazione degli uo~mini. Pensiamo infatti
quali effetti potrebbe avere per tanti «uomini delle autonomie » (cioè amministratori
locali, sindaci e via dicendo) un discorso a
livello europeo sul problema delle migrazioni, oppure su quello delle localizzazioni
industriali, della lotta agli squilibri. Non
dimentichiamo, infatti, che l'Europa si fa
anche affrontando, su una visione nuova,
i problemi contro i quali picchiamo la testa
tutti i giorni.
Il Presidente della Regione lombarda ha
voluto rispondere, e gliene siamo vivamente
grati, alla nostra intervista.
Fa piacere rilevare dalle risposte rilasciataci da Piero Bassetti che il Presidente della
Giuntla regionale lombarda f a in realtà suoi
molti degli obiettivi del CCE. Il problema
dell'agricoltuna, per esempio, cioè « del
riequilibrio e della ristrutturazione nel settore D, fu già veduto come fondamentale
in sé e per le Regioni da u n memorabile
Direttivo dell'AICCE, che ha dato luogo a
LLIZ numero monografico di «Comuni d'Europa » ( n . 7-8/1969): ma ha stinzolato anche
un impegno costante sia delllAICCE che di
lutto il CCE, manifestatosi in studi, convegni, richieste politiche formulate ai dovuti
livelli (per esempio i convegni di Grottaferruta, di Bologna, ecc.).
Quanto al
secondario n e le Regioni,
I'AICCE crede di poter dire di essere stata
alla testa di questa particolare battaglia,
culminata nella precisa richiesta, nel manifesto per le elezioni regionali del 1970
( n . 511970 di «Comuni d'Europa ») di dotare le regioni della competenza della politicu industriale, così come avevano richiesto
f i n dai tempi dell'Assemblea Costituente
- inascoltati - Adriano Olivetti e M8assim80
Severo Giannini.
Anche qttella prospettiva « diplomatica »
globale, che - come dzce Bassetti - « coordini fra loro le diverse tensioni esistenti
nei nonfronti dell'ampliamento della Comunità », non è una linea del tutto estranea
allfAICCE, che la vede con piacere sottolineata d8al Presidente lombardo. I n realtà
il costante meridionalismo delllAICCE non
è st~ato mai tenuto disgiunto da u n negoziato globale europeo. Il Segretario geneuale dellJAICCE, al Convegno del dicembre 1966 di Napoli su « I Poteri locali e le
regi'oni periferiche e sottosviluppate del
MEC D, disse esplicitamente che occorreva
far convergere sotto u n unico plano di solidarietù comune i problemi economici e sociali delle zone sottosvzluppate (sud italiano,
~ud-ovestfrancese) e quelli politici, particolari di alcune zone di frontiera verso
l'esterno, come quello di Berlino.
D'altra parte, ancora il Segretario generale dell'AICCE, nel convegno « Il ruolo delle regioni in un'Europa federale » (promosso
dal Consiglio italiano del Movimento Europeo a Napoli nel luglio 1970), aperto da
relazioni di Petrilli, del Segretario generale
aggiunto de1l1AICCE Martini e di Francesco
Compagna e noncluso da Serafini, non ha
disatteso u n legame fra i problemi delle
regioni sottosviluppate, l'allargamento dell'Europa, e il problema di u n commercio
internazionale gestito da tutta la Comunità.
Indubbiamente è nello spirito più genuino
del CCE Bassetti quando, per l'attuazione
del1:ordinamento regionale italiano e per lo
sviluppo della Comunità europea, parla di
fenomeni che potranno essere « considerati
a pieno diritto fenomeni convergenti D. Si
tratta, come è tradizione del CCE, di vedere in maniera concreta l'attuazione del
federalismo integrale. D'altra parte I'AICCE
e il CCE nondividono a priori la preoccupazione di precisione, che sottolinea Bassetti,
onde evitare il generico e fumoso « tutto
che influenza tutto n.
Per quanto riguarda la risposta d i Bassetti alla terza domanda ci lascia u n po'
scettici la sua fede nell'intensificazione dei
rapporti tra le Assemblee regionali e il platonico Consiglio d'Europa - anche se lo
stesso CCE non ha mai trascurato la più
vecchia delle Istituzioni europee, di cui gode
lo Statuto consultivo A -, mentre ci pare più
realistica l'intensificazione fra gli Esecutivi
regionali e l'Esecutivo comunit~urio: inoltre
non capiamo perché il Presidente lombardo
marzo 1971
COMUNI D'EUROPA
4
( s p e ~ i ~ a mche
o non ci si,a s'otto della inaIizi8a,nel qu,ul caso si allari7zerebbe il Presidente del Consiglio regiotzale Coloinho) riserbi le Assemblee regionali ci1 Consiglio
d'Europa e gli Eseczctivi all'Esecutivo di
Bri~xelles. Il CCE h,u dmu tempo premut~o
anche per un rapporto tua le Assenlblee regionali e I'Intergruppo per i problemi regionali e locali del P~aulament~o
Europeo, il quule, per modeste e iiqsufficienti competenze
che abbia, ha ben altro rilievo politico del
Consiglio d'Europa (del resto già membri della Presidenz'a di Consigli region,ali di Regioni
u Siatt~tospeci8ule hanno itztrattenuto e intrattengono rapporti coi? il citato Ilztergruppo: è il cas'o del Consiglio regionale del Trenlino-Alio AdigelTiroler Etschlaild). Quel che
poi aggiunge Bassetti, salvo il problenza di
appfiofondirtze le modalità, ci p'irre molt80
giusto e coincide con il nostro punt'o di
vista, più volte recentetwente espresso.
Altra coitzcidenza: accordo Largo fra quanto dice B8assetti e il nostro petzsic:ro a proposito del probletna delle migrazioni. Qui
vorremm'o ricordare che, integrand'o quanto
dice il Presidente Ion7bard0, noi ci batti,am,o
affinché le Regioni e in generale i Poteri
locali poss,ano f'ar sentire l,a loro voce nell,a
forlnz4l~azione dei programmi comunit~ari a
niedio termine, dove, seoondo una cattiva
abitudine delle Comunità, si as~olt,un~o
troppo, oorporativisticamente, i partners soci8ali
(padroni e sind'ucati privilegiati) e non gli
Enti locali territoriali ('ora, in particolare,
si tratterebbe delle Regioni). Inoltre abbia-
nlo fiduci8a che Bassetti par18and'odegli esecutivi comunitari » (veramente ormai l'Esecutivo comut~it~arioè unico) abbia tenuto
presente atzche quel l'oro strumento burocratico che è la Direzi'one generale per la
politica regionale, assai inviso ai governi
nazionali nla che d'ovrà ottenere lu maggiore
attenzi'one da parte delle Regi'oni, piegandosi a sua volt'a ad ascoltare con la rnassim'a
attenzione quant'o le Regioni chiedono.
Siamo poi contenti che Bassetti colga
l'aspett'o tutt:altro che astnatt'o (non è una
fissnzi,one dei fede1:alisti europei) dell'eleziotze a suffr,agi'o universale e diretto del
Parlamento Europeo, « senz'altro una delle
misure essenziali per radicare la vita e l'essenza di questo nuovo istituto nella noscienza
dei cittladini »: noi vorremmo aggiungere
che se il suffragio è diretto l'istituto s'arà
atzche radicato nei diversi
territori ». Ci
pare poi nz,olto acut'o quanto nell'itzteri~ist,a
si dice .a proposifo delle Regioni come stim'olo per trovare un metad,o tzuovo di scelta
dei ~appresent~atztidemocratici, pur senzu
c'adere in un tzuovo gen'ere di «grandi elettori ».
Franchezza per fratzchezz'a, non C ; pare
che Bassetti sappia m'olto del CCE, se, pur
dandone la colpa ... agli Enti locali, limita
la nostra ijisi80ne europea » ai gemellaggi.
Essend'oci riniboccate le maniche da una
ventina d:anni ed avend'o contattato centinaiu di nligli,aia di amininistrat~ori l'ocali
europei, njon crediat~zo di aggirarci più (se
mai Lo abbiam'o fatto) in discorsi élitari:
(<
sono molti anni che, anche prima dei suggerimenti di B,assetti, ci sforzi~amodi scendere ai problenzi degli Enti locali e di dare
ad essi una dimensione europea e oortiu~zit~ari~a.
Le localizzazioni industriali? N'on è d'a
oggi che ce ne occupian70, si rassictcri I'amico Bassetti, anzi abbiamo dedic,at,o ad essi
uiz'intefia sessi'one dell'a nostra Commissione
sovranazionale per la politica ~egi~onale,
a
Otzenhausetz, nell'autunno 1970.
Concltlsi~one. SiIa?no assai grati a Piero
B,assetti di aver dim'ostrato che le persone
intelligenti e volenterose (ci scusi Bassetti
l'immodesti's) si incontnan'o sempre. Qui ci
preme di ribladire che non c'è posto per
improvvicazi~oni e, appunt,o, per tentativi
élit,ari: ci atcguriam~o che tutte le Regioni
it8alianea st,atuto ordinario ingrossino e migliorino l'organismo del CCE (come già
hanno fatto, del resto, alcune di esse), per
condurre itz n~~aniera
)assai più dura e produltiija, tutti insieme e coerentemente, senza
distinzioni corporative fra diverse categorie
di Enti iocali, l'a lotta unitari,a per l'Europa
democratica delle autononzie 1,ocali e regionali e del Piano s~vranazi~mialeecononlico
e territoriale. I n questo contesto, Io sott'olineiam80'all'aniico Bassetti, potfianno avere
Largo campo le esigenze che egli ha embleinaticamente racchiuso ne1l.o slogan di « rrgione contestatrice ». I n realtà non ci sarà
una vera nu'ovsr Europa senza una bu'ona
dose di conteshazione ( e di coraggio) da
parte dei suoi costruttori.
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marzo 1971
COMUNI D'EUROPA
conclusi con un approfondito documento
I lavori del Consiglio Nazionale de117AICCE
Sotto la presidenza di Giancarlo Piombino ti, man mano che il processo di integrasi sono svolti a Roma il 16 febbraio, in zione europea avanza, a cedere alcune preCampidoglio, i lavori del Consiglio Nazio- rogative di questi organi, purché esse siano
nale delllAICCE. Nel suo saluto Piombino, conferite ad istituzioni sovranazionali deprima di dare la parola al Ministro per i mocratiche e non tecnocratiche.
Infine l'oratore ha esaminato alcuni imrapporti col Parlamento, Carlo Russo, che
teneva la relazione introduttiva, ha sotto- portanti temi di attualità comunitaria, quali
lineato, fra l'altro, la necessità di far com- l'unione monetaria, che può essere consipiere al processo di integrazione europea derata un passo positivo, anche perché stretdecisivi progressi politici puntando su due tamente legata all'unione economica (negaprecisi obiettivi: dare un contenuto sovra- tiva la clausola di prudenza dei tre anni
nazionale a tutti i settori messi in moto iniziali, voluta dalla Germania); il secondo
dal processo integrativo e accelerare il pro- Piano Mansholt. che ha eliminato alcuni
cesso di democratizzazione del Parlamento inconvenienti esistenti nella prima stesura
Europeo, di cui il primo passo è l'elezione - a questo proposito Russo si è complimentato con 1'AICCE per aver tempestivamente
a suffragio universale e diretto.
I1 Ministro Russo, dopo aver ricordato esaminato, discusso ed enucleato alcune prola sua lontana amicizia con i1 Consiglio dei poste concrete in una precedente riunione
Comuni d'Europa - di cui si può conside- della Direzione Nazionale -; il negoziato
rare fra i fondatori, data la sua partecipa- fra la Comunità europea e i Paesi candizione agli Stati generali di Venezia del dati all'adesione (che rappresenta l'ultima
1954 - e la sua doppia veste di uomo di occasione per l'allargamento), sul cui progoverno e amministratore provinciale. ha blema Russo ha ribadito il parere favoreiniziato la sua esnosizione con due premesse vole del Governo italiano. purché non venga
fondamentali: che i risultati economici, vaqato un prezzo politico a vantaggio di
anche se positivi, ottenuti fino ad oggi dal- soluzioni economiche. Infine Russo ha rico1;i Comunità economica europea. non por- nosciuto il ruolo importante dei movimenti
tano automaticamente all'integrazione sovra- federalisti che, con la loro politica necessariamente diversa e più avanzata, devono
nazionale, per la quale è necessaria una
esser
di stimolo al governo, al parlamento
precisa volontà politica; che la politica europea non è solo un aspetto di quella inter- e alla classe politica nazionale.
Il dibattito sulla relazione del Ministro
nazionale, ma è anche e soprattutto il tema
centrale di tutta l'attività governativa. in- Russo è stato aperto dal Presidente della
terna. economica ed estera: infatti tutte le Giunta per pli affari europei del Senato,
riforme attualmente in discussione in Ita- Giraudo, che ha parlato anche come memlia - fiscale, agricola, universitaria, ecc. - bro del Parlamento Europeo. Giraudo ha
implicano una scelta europea, che finora è messo in luce l'importanza di una politica
auasi sempre mancata. Se tutto ciò è vero, del Mediterraneo condotta dalla Comunità
con una precisa dottrina politica e non solo
ha continuato i1 Ministro Russo, il problema
europeo non è di comnetenza esclusiva dei economica e sociale. ed ha affermato la
eoverni. dei narlamenti o delle diplomazie. necessità di una r a ~ i d aattuazione delle polima esso richiede anche l'appoggio dell'oni- tiche industriali ed agricole per i loro rinione pubblica. che trova nell'azione cavil- flessi sociali e soprattutto regionali. vòlti
lare e jnsostituibile del CCE - nresente cioè ad eliminare eli squilibri crescenti sia
nei grandi come nei piccoli Comuni - l'in- nell'àmbito della Comunità, sia nell'àmbito
delle ~egionistesse. L'oratore. infine, dopo
terprete ideale.
Passando ad esaminare più varticolarmen- aver toccato il problema della politica ecote la nolitica europea dopo la conferenza nomica e monetaria della Comunità, ha
definito il vroqetto di leeqe per l'elezione
a1 vertice dellfAia. l'oratore si è soffermato
principalmente sull'azione svolta dai tre Or- unilaterale del Parlamento Europeo elemento
di stimolo e richiamo per l'opinione pub$ani istituzionali previsti dai Trattati di
blica,
necessaria per l'Europa dei popoli.
Roma. criticando. specie nel Consiglio dei
Tartari, Assessore regionale veneto, ha detAilinistri, il prevalere dell'aspetto tecnico su
auello politico: infatti esso si riunisce quasi to che nel momento della tecnologia avansempre ner affrontare problemi settoriali zata si devono dare contenuti diversi e più
invece di avere a1l'o.d.q. problemi s ~ u i s i t a - umani a queste dimensioni. che portano
mente politici ed in più è limitato nella sua all'allontanamento sempre più evidente del
a7ione dal permanere della regola dell'una- cittadino dalle nuove strutture. Tartari ha
nimità: anche la Commissione svolge un anche messo in evidenza come il problema
compito prettamente tecnico e non auello aericolo debba esser rivisto nell'àmbito redi motore politico. indipendente dalla vo- gionale, recentemente attuato in Italia.
I1 rappresentante del Movimento Federalilontà dei governi; infine il Parlamento Europeo ha il suo passaggio obbligato. per dive- sta Europeo, Di Cocco, dopo essersi detto
soddisfatto per l'attenzione con cui il governire un organo democratico, nell'elezione a
suffragio universale che, se risulterà impos- no ha seguito la legge di iniziativa popolare
sibile effettuare secondo il progetto Dehous- in favore del Parlamento europeo, ha presc, dovrà esser fatta unilateralmente attuan- visto per il 1973 una nuova fase della batdo il progetto proposto dal MFE ed at- taglia federalista, ii cui elemento fondamentualmente in Parlamento, e che il Governo tale dovrà essere il controllo democratico
giudica in senso favorevole. A questo pro- delle Istituzioni europee: in particolare il
posito il Ministro Russo ha detto che il MFE, ad una prima tappa di realizzazione
Governo e il Parlamento italiani sono pron- delle elezioni ne farà seguire una seconda
dedicata allo studio di un nuovo parlamentarismo, cioè del problema di una Costituente evolutiva.
11 responsabile della Sezione esteri dclla DC, Bernassola, dopo aver rivolto un
omaggio al sen. Santero che da moltissimi
anni si batte per gli ideali federalisti, ha
fatto un lungo intervento sollevando numcrosi problemi, alcuni più legati alla politica
italiana, altri a quella comunitaria. Fra i primi ha ricordato la nascita delle regioni italiane, che devono essere inserite nel contesto
europeo, secondo quanto egregiamente già
attua il CCE (specialmente attraverso la Direzione generale della politica regionale della
Comunità a Bruxelles) e con uno stretto
collegamento sovrana7ionale; la mancanza
di un coordinamento fra i vari ministeri italiani, che si occupano delle materie europec;
la necessità di sollecitare più concretamcnte
l'opinione pubblica, necessaria per far maturare la coscienza europea; il completadel progetto unilaterale
mento dcll'« iter
di elezioni europee, per il quale è necessaria una ~ r e c i s avolontb politica. Sul piano
europeo, Bernassola ha ribadito il concetto
))
il Presidente della Giunta per gli affari europei
del Senato, Giraudo, con il sen. Santero.
che la politica commerciale internazionale
dei paesi europei non deve avere carattere bilaterale ma essere una vera e propria politica
comune; l'importanza di una politica globalc del Mediterraneo; l'utilità di moltiplicare i contatti con le forze vive inglesi, per
chiarire i vantaggi politici derivanti dalla
adesione alla Comunità europea; infine, la
gravità dell'assenza di un dialogo fra gli
organi comunitari e l'America Latina.
Ruta, membro del direttivo italiano del
CIFE, dopo aver evidenziato la dicotomia
fra gIi incontri o gli accordi al vertice e il
problema di una nuova democrazia a livello
di base, che viene ricercata ovunque in Europa, ha posto in luce la differenza che deve
caratterizzare l'azione dei governi, che partono dai problemi di icri e di oggi, e l'azione
del CCE e dei federalisti, che guardano al
domani.
I1 Presidente della Provincia di Napoli,
Cirillo, che portava anche il saluto del Frcsidente dell'Unione delle Province d'Italia
Ziantoni, elogiata l'opera capillare e di avanguardia svolta dal CCE, ha sostenuto la
necessità di discutere nei consessi locali i
maggiori problemi dell'integrazione europea,
a simiglianza di quanto già viene fatto pcr
altri temi politici.
Il Presidente della Regione della Basilicata, Verrastro, ha detto che se è già stato
definito più o meno il ruolo delle regioni
Fiat 127.
La 900 cm3come ognuno
Le verità di una nuova
automobile sotto i 1000 cm3
cominciano di qui:
u n milione d i persone in Europa
sono interessate a comprare la loro
automobile i n questa categoria (oltre il 6 0 % degli automobilisti in Italia);
possono scegliere tra 8 marche
diverse;
la scelta viene fatta dopo un'attenta valutazione del prezzo, dell'economicità, del confort, delle prestazioni, della spaziosità;
ciò a cui n o n si rinuncia sono
l'affidabilità la sicurezza e perché no,
la simpatia.
Facciamo un po' di storia
Nessuno vorrà negare alla Fiat una
esperienza unica i n questo campo.
Dovendo progettare una nuova
automobile per 5 persone sotto i
1000 cm3 alla Fiat tutte le verità d i
una nuova automobile sotto i 1000
cm3 sono state esaminate con grande attenzione.
Facciamo qualche esempio.
C'era a disposizione u n magnifico
motore da 9 0 0 cm3 supercollaudato,
ottimo (quello della Fiat 8 5 0 Sport
montato anche sulla Autobianchi
A 1 12). Perché non continuare ad
utilizzarlo, trasformandolo in una tra-
zione anteriore diSp0St0 trasversalmente. Quale migliore garanzia d i affidabilità 7 Altro esempio.
C'era i/ problema d i dare più spapiù centimetri per le gambe, per
le ginocchia, per /e braccia, per i
movimenti. Anche q u i le esperienze
preziose fatte in casa con le trazioni
anteriori Autobianchi Primula, Autobianchi A 1 12 e Fiat 128 sono servite a dare le favolose proporzioni
della 127.
Lo stesso si può dire per la sicurezza.
Solo u n esempio: l'irrobustimento
eccezionale del planale è combinato
all'elemento attivo della tenuta d i
strada delle quattro ruote indipendenti (schema Fiat 128). Soluzioni
semplici, con idee chiare. Distribuzione dei vari componenti in modo
I da semplificare ogni necessità d i
intervento o di assistenza. Cambio
separato dal motore, con lubrificazione distinta.
I n conclusione, alla sostanza non si
è rinunciato niente. Nessun compromesso. Nessuna soluzione facile. Questa e sembrata la migliore impostazione per una nuova automobile.
Perché se succede che ogni proprietario si dice: « ciò che h o speso m i
rende bene, dura, rimane, non perde
valore, e lo ritrovo giorno per giorno
ad ogni partenza ad ogni arrivo D,
vuol dire che ciò che ha speso lo
avrà anche guadagnato
Ciò che e utile sapere
della 127
prezzo: L. 920.000 ([.G.E. comprcsa) ;
forma di garanzia: 12 mesi o 15.000 km;
assistenza: circa 7.000 punti di Servizio
Fiat in Italia;
bollo annuale: L. 18.375:
gamma colori: rosso corallo, bianco, giallo
interni: finta pelle nera, rossa, marrone;
a richiesta: antifurto, radio, sedili anteriori
con schienali regolabili ed 'abbattibili, seileria in tessuto con fasce 'laterali in finta
pelle (rosso-nera, marrone-marrone, rossorossa), cristalli laterali posteriori apribili;
prove: Filiali e Concessionarie Fiat sono
a d i s ~ o s i z i o nper
e prove-
Una scheda tecnica
vivace, allegra e sicura
circa 140 k m ora
Motore trasversale di 903 cm3.
47 CV (DIN). Trazione anteriore.
Sospensioni anteriori e posteriori indipendenti.
Piantone guida diviso in tre tronchi con
due giunti cardanici e supporto del volante a resistenza controllata. In caso di
collisioni frontali è attutito l'urto del guidatore contro il volante, di cui si evita
anche I'arretramento.
Freni anteriori a disco, posteriori a
taniburo (comando a circuiti sdoppiati e
indipendenti).
marzo 1971
nel quadro nazionale, non si è giunti ancora
a determinarne il ruolo qualificante nel qua
dro curopeo, in cui va collocato il ndstro
Mezzogiorno: per molti meridionali, infatti,
l'Europa è un rifugio per il lavoro e non
una patria comune.
Hanno preso infine la parola il Segretario
gcncralc Serafini e il Vicepresidente Bonea.
Serafini, dopo aver esprcsso vivo apprezzamento per l'ampia relazione di Russo, ha
illustrato una scrie di punti toccati nella
relazione introduttiva e negli interventi. In
particolare, Serafini si è soffcrmato sull'esigenza di sdiplomatizzare il discorso con
l'Inghilterra, valorizzando gli incontri di
Leggete:
COMUNI D'EUROPA
7
siglio Nazionale all'unanimità, meno un voto,
ha approvato il rinvio del congresso, mentre
la scelta della sede piemontese, con l'offerta di Taranto di ospitare una riunione
del Consiglio Nazionale immediatamente
successiva al Congresso, viene approvata
all'unanimi tà.
problema attuando una circolazione di pensiero e di uomini (professori e studenti):
pcrciò 1'AICCE deve esser presente al tavolo della riforma, perché l'università, così
intesa, è un fatto di base. Così anche per
le regioni, che non devono essere solo strumenti di decentramento, ma elemento basilare della costruzione delllEuropa. E' certo,
ha concluso Bonea, chc le nostre Regioni
non sono a questo livello, pcr cui è necessaria l'azione dell'AICCE per modificarle.
Terminato il dibattito, il Segretario generale aggiunto, Martini, ha illustrato un progetto di documento conclusivo, valido come
indicazione per il testo definitivo, che è stato
affidato al!a Segreteria politica dellJAICCE,
C che pubblichiamo integralmente a pag. 8
e 9 di questo numero.
11 Consiglio Nazionale ha quindi proceduto
all'approvazione dei bilanci consuntivi 1968 e
1969, la relazione finanziaria sul 1970 e le
indicazioni preventive per il 1971, presentati
dal Segretario amministrativo, Dozio, Sindaco di Erve.
'2%
rr ~oNrAhA1~0
d ' Italia
Rivista delllUnione Nazionale
Comuni ed Enti Montani
Roma
-
Viale del Castro Pretorio, 116
Direttore: Enrico Ghio
Condirettore respon.: Giuseppe Piazzoni
Abbonamento annuo L. 2.500
Sostenitore L. 10.000 - Un numero L. 300
C.C.P. n. 1/58086 intestato a:
S.r.l. « Il Montanaro n
Viale del Castro Pretorio, 116 - Roma
base; sul valore del modcllo europeo per
le giovani generazioni: sull'inserimento delle
neo-rcgioni italiane nel quadro europeo, da
o ~ e r a r s isia. attravcrso i contatti diretti fra
gli organi regionali e Bruxelles, sia attraverso i1 lavoro della Commissione delI'AICCE per le regioni: sull'intercsse - ma
anche sui limiti - dei recenti accordi monctari. che nermettono ai federalisti, attraverso la dichiarazione programmatica, di
ax7ere un punto di riferimento per una precica b a t t a ~ l i a sovrana7ionale: sull'appoggio
del Consiqlio dei Comuni d'Europa alla battarrlia ncr l'elezione a suffragio universal~
e diretto del P.E. e ncr I'estcnsione dei suoi
comniti e competenze; sulla necessità di
convincere all'idea europea i piccoli e medi
ouadri politici. nel momento in cui sia i
nopoli che alcuni statisti mcno legati a
intercssi corporativi sembrano appoggiare
la battaglia sovrana7ionale. Infine Serafini,
dopo aver toccato altri tcmi - riforma uni17~1-citai-ia.
circolaziorie dei lavoratori, ecc. di cui ha illl~strato l'azione necessaria,
ha concluso ricordando che un negoziato
qlobale con 1'Inqhiltcrr-a chiarirebbe all'opinione ~ u b b l i c ae alla classc politica di quel
Paese, come Ic eventuali nerdite finanziarie
nel scttore arrricolo potrebbero cssere riequilibrate con sicuri vantaggi dovuti alla sua
suncriorità tecnologica.
Bonea ha richiesto che l'azione del CCE
rin-ianaa eminentemente critica e di stimolo
e non sia finalizzata solo verso l'obiettivo
a
ma si interessi
finale d c l l ' E ~ i r o ~fedcrata.
di tutti quci traguardi intermedi, che spesso
nc compromettono proprio tale soluzione.
Ad escmpio, I'azionc dell'AICCE deve esercitarsi anche sulla riforma universitaria, che
deve essere un modo nuovo di intendere il
Successivan~ente,il Consiglio Nazionale ha
affrontato altri problemi fra i quali la data
di svolgimento del Congresso nazionale, che
è stato suggerito di rinviare al prossimo
autunno, per il concomitante svolgimento
dellc elezioni amministrative in alcuni qrossi
Enti locali, tra i quali la Regione siciliana,
il Comune e la Provincia di Roma, Genova,
Bari, Fogpia, Trieste. Circa il luogo di svolcimento Dotta Rosso, Sindaco di Cuneo,
dopo essersi dichiarato favorevole al rinvio,
rendendosi interpretc del desiderio della Fcderazione regionale piemontese, ha appoggiato caldamente la scelta di una città piemontese quale sede del congresso. Nel senso
di Dotta Rosso, cioè per un rinvio in autunno
del congrcsso e per la scelta di una città
piemontese, si sono espressi l'Assessore regionale campano Caria, e il Presidente della
Provincia di Napoli Cirillo. Messe ai voti
le diie proposte, su richiesta del Consigliere
provinciale di Bcnevento, Facchiano, il Con-
Al termine dei suoi lavori, il Consiglio
nazionale ha toccato altri due argomenti:
l'appoggio, con un manifesto da affiggere
a cura delle amministrazioni locali aderenti,
alla campagna del Movimento Federalista
Europeo per l'elczione unilaterale dei r a p
presentanti italiani al Parlamento Europeo,
tema proposto da Serafini, e l'esame, dal
punto di vista della forma e del contenuto,
della rivista « Comuni d'Europa », tema sollevato da Dotta Rosso e dal Segretario generale della CISPEL, Giacohetto. I1 Prcsidente
Piombino, nel chiudere il dibattito del Consiglio Nazionale, ha proposto il rinvio ad
un prossimo Esecutivo dcl tema riguardante
l'organo ufficiale dellJAICCE, mentre ha ribadito la necessità, sollevata da Dotta Rosso
nel suo precedente intervento, di svolgere
un'azione efficace affinché I'AICCE sia ascoltata dal Governo e dalle autorità regionali
ogniqualvolta vengano messe allo studio decisioni che possono incidere sui rapporti
fra l'integrazione europea C le comunità
locali.
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marzo 1971
COMUNI D'EUROPA
I1 Consiglio Nazionale dell'AICCE (Sezione italiana del Consiglio
dei Comuni d'Europa), riunito in Campidoglio il 16 febbraio 1971,
dopo aver ascoltato una relazione dell'on. Carlo Russo, Ministro
per i rapporti col Parlamento, ha svolto un ampio dibattito, a
conclusione del quale
- vede nel recente accordo, raggiunto in sede comunitaria
in merito alla unione economica e monetaria, non tanto la prima tappa di un processo irreversibile - ché tali garenzie non
danno ancora le modalità dell'accordo - quanto una importante
rinuncia di principio, sul terreno del negoziato intergovernativo,
al cosiddetto pragmatismo in favore di un disegno organico, opportunamente richiesto dal Governo italiano: potrà così esser meglio
chiamata a giudicare, a tempo debito, l'opinione pubblica, potranno
esser meglio mobilitati, a scala europea, le forze democratiche e
i centri decisionali favorevoli alla sovranazionalità politica, in
modo da esercitare la pressione risolutiva per il salto di qualità che
richiede l'attuazione di una autentica politica monetaria europea,
implicante un piano e un governo europei;
-
coerentemente esprime la sua insofferenza per il mancato
consolidamento delle istituzioni comunitarie, previsto a suo tempo
dal vertice dell1Aja, e per il ritardo del processo di democratizzazione della Comunità; in particolare considera indilazionabile la
elezione a suffragio universale e diretto del Parlamento Europeo
e il conferimento ad esso di poteri reali, che gli consentano di
controllare finanziariamente e politicamente l'azione comunitaria;
- insiste sul suffragio universale e diretto perché esso porta
con sé una campagna elettorale, che propone a livello popolare
tutti i problemi scottanti secondo una dimensione sovranazionale;
perohé dà alle forze politiche un punto di riferimento onde organizzarsi a livello sovranazionale e influenzare così, a loro volta,
tutto il processo; perché dà una legittimazione al Parlamento
Europeo, che sarà chiamato quanto prima a pretendere quei poteri
di controllo e di iniziativa che gli vengano per avventura negati;
perché crea fra i parlamentari europei e gli elettori un legame
territoriale, primo passo verso una politica regionale comunitaria
non tecnocratica; perché offre a vasti strati d'opinione l'occasione
di un ripensamento costruttivo della democrazia parlamentare;
perché pone all'ordine del giorno il problema di un modello deme
cratico europeo; perché sullo sfondo dei temi di una grande Comunità continentale - con responsabilità e doveri mondiali - rimette
in discussione la questione storica, che giustamente occupa le
Lotta denioeratic;
Per l'Europa
giovani generazioni, di una non arbitraria rappresentanza politica, da
secondo il CCE - in una Europa di regioni democratiche,
radicarsi
di avanzato autogoverno locale, di programmazione economica connessa strettamente alla pianificazione del territorio e alle esigenze
dell'ambiente umano, di rinnovata democrazia diretta alla base
(nei quartieri urbani e nelle zone rurali);
-
- prende pertanto atto del preciso impegno del Governo
italiano e di una larga maggioranza parlamentare di portare avanti
il progetto (di iniziativa popolare, promosso dal Movimento Federalista Europeo, col concorso dell'AICCE e dei Comitati provinciali per l'Europa del CIME) di elezione a suffragio diretto della
delegazione italiana al Parlamento Europeo, primo anello di una
catena di elezioni unilaterali, che deve condurre alla elezione generalizzata (in tutti i Paesi consociati, come prevedono i Trattati di
Parigi e di Roma);
- giudica men che niente, in sede di progettazione sia pure
gradualista dell'unione politica, le risultanze del Comitato Davignon
(ancora platoniche consultazioni di Ministri e, anche, di alti funzionari), quando già la conclusione dell'unione doganale propone,
con la politica comune del commercio estero, problemi squisitamente politici a livello sovranazionale;
- respinge le ipotesi di nuovi organi, puramente politici, da
affiancare alla Commissione Esecutiva delle Comunità, che ha già
- nel campo economico e sociale - un ruolo politico, cui dovrà
essere permessa una sostanziale integrazione ed evoluzione;
- chiede fermamente che il nuovo progetto, che lo stesso
Comitato Davignon, per la evidente insufficienza delle sue proposte attuali, è stato costretto a prevedere a breve scadenza, non
venga elaborato solo dai Governi e dai loro diplomatici (i legislatori tecnici), ma col concorso continuativo e decisivo della Commissione comunitaria e del Parlamento Europeo;
- ribadisce, sulla linea degli Stati generali di Londra del CCE,
l'importanza fondamentale dell'entrata dell'Inghilterra nel MEC:
ovviamente non in base a un miope negoziato mercantile, ma in
marzo 1971
COMUNI D'EUROPA
e unità d'azione
lelle Regioni
una chiara prospettiva politica, sovranazionale, democratica e nel
quadro di una irreversibilità che - nei tempi lunghi - garentisca
la piena parità dei profitti e delle perdite per tutti; fermo rimanendo che ciò implica la rinuncia da parte delllInghilterra a posizioni e accordi privilegiati con Paesi terzi, mentre conferisce a
tutta la Comunità nuove, decisive responsabilità su piano mondiale;
- richiama, in merito alla politica agricola comune e alle
recenti, aggiornate proposte Mansholt nel settore, gli orientamenti
emersi dal dibattito promosso dalla Direzione nazionale delllAICCE
in data 16 maggio 1969, con particolare riguardo alla indispensabile
regionalizzazione di qualsiasi piano di ristrutturazione e ammodernamento dell'agricoltura comunitaria e, quindi, alla differenziazione degli interventi, ferme restando le linee direttive che informano il piano;
- ricorda che una riforma strutturale dell'agricoltura europea
rende necessaria una globale politica economica comune, in particolare industriale - oggi in fase di elaborazione - e del settore
terziario, vista nel quadro delle insopprimibili esigenze sociali:
essa cioè deve inserirsi nella crescita complessiva della società
europea e costituire elemento di una politica regionale comunitaria che - secondo gli Stati generali di Londra - non sia la
somma delle politiche regionali nazionali, burocratiche, corporative e veda fra i ~rotagonistile Regioni
democratiche e i Poteri
u
locali raggruppati secondo dimensione regionale, preoccupandosi
delle drammatiche esigenze dell'ecosistema e riconducendo la Droduzione al servizio degli uomini;
W
-
- ricorda
ancora che una politica industriale comune richiama
una ~ o l i t i c a di ricerca e tecnologica comune. a finanziamento
sovrahazionale, già proposta in sed'e di commiisione politica agli
Stati generali di Roma del 1964 (Istituto euroDeo delle ricerche):
questa prospettiva, unitamente ai vantaggi di una politica monetaria comune, dovrebbe rendere più agevole la Convenzione finanziaria per l'entrata dellJInghilterra, Paese ad alto sviluppo tecnologico, nel MEC a parte le considerazioni prioritarie di politica
generale.
W
9
I1 Consiglio Nazionale dell'AICCE ritienc assai significativo e
politicamente utile un periodico confronto tra le posizioni complementari del Parlamento e del Governo italiani e di un movimento
federalista altamente rappresentativo quale è I'AICCE;
- constata con soddisfazione che dal dibattito odierno è
emcrsa la centralità del problema europeo, cioè come esso sia
ormai, per noi italiani, non meno un problema di politica interna
che estera, e quindi risulti componente fondamentale di ogni scelta
politica, alla cui elaborazione devono concorrere - pur nella indispensabile distinzione dei rispettivi compiti - parlamentari, membri del Governo, forze politiche nazionali e organismi di base e
federalisti. In questo quadro spetta all'AICCE il compito di stimolo
permanente dell'azione politica europea, tale da consentirle di anticipare le scelte politiche e non semplicemente di commentare gli
avvenimenti, il còmpito di una pressione organizzata e, al limite,
quello irrinunciabile della contestazione;
- chiede al Parlamento di tener conto finalmente di questa
centralità del problema europeo nell'affrontare coerentemente le
riforme decisive per l'avvenire della società italiana (riforma tributaria, università e scuola in generale, ecc.), affermando che la
storica riforma di struttura della società italiana è la costruzione
- sovranazionale e democratica - delllEuropa delle Regioni;
- invita il Governo e le Autorità regionali a consultare I'AICCE
ogniqualvolta, nell'ambito delle rispettive competenze, vengano
preparate decisioni tali da incidere sui rapporti fra l'integrazione.
europea e la vita e le funzioni delle comunità locali;
- impegna tutti gli eletti locali (comunali, provinciali e regionali) aderenti alllAICCE a portare all'esame dei rispettivi Consigli
la presente dichiarazione, sollecitando un dibattito di innegabile
valore per l'informazione e l'orientamento dei quadri democratici
locali;
- impegna gli organi statutari dell'AICCE a reperire i mezzi
per intensificare ulteriormente l'attività di formazione politica e
di « servizio europeo » agli Enti locali italiani;
- rivolge un appello alle Regioni a Statuto ordinario affinché,
unendosi alle consorelle a Statuto speciale già da tempo aderenti
all'AICCE, portino sollecitamente il loro contributo determinante
all'azione unitaria, che il CCE conduce per la partecipazione quotidiana dei Poteri locali alla costruzione della democrazia europea.
(approvata all'unanimità)
COMIJNI D'EUROPA
1O
Per la X V I I I Giornata europea delle scuole
Nazioni e nazionalismo nei processi
di integrazione
a117Ovest e a117Est (*)
a cura di Argo
Nazionalismo e no
« Nazionalismo è un movimento spirituale
e politico, il quale si propone - in contrasto calle tcndcnzc democraticl-ie, inte12
nazionaliste, socialistoidi fino a ieri prevalse
in Italia e tuttora vive, nonostante gli insegnamenti della guerra e del bolscevismo, in
una parte delle classi dirigenti italiane - di
cducare, di sviluppare, di consolidare in
Italia una chiara, seria, vigorosa coscienza
iin?ionnle... La tesi fondamentale del nazionalismo, che pone la dottrina nazionalista
in una situazione singolare di fronte a tutte
le altre dottrine politiche, è che le varie
società esistenti sulla terra sono veri organismi aventi una vita che sorpassa di molto
quella dcgli individui c si perpetua nei secoli e nei millenni ... I n questa conceziolne
l'individuo, il cittadino non è, come c m u nemente si ammette, il fine della vita nazionale e dcll'attività dello Stato, ma ci appare
organo della Nazione, strumento, mezzo dei
fini nazionali ... La dottrina nazionalista concepisce la società come illimitata nel tempo, comprendente cioè tutta la serie indelinita delle ~enerazioni,e limitata nello spazio, comprenclente cioì: solo quella porzione
di tcrritorio su cui ogni n a ~ i o n eè stanziata.
La pluralità delle socictà, la lolro coes~istenza
c la loro concorrenza è una ncccssità logica
e naturalc pcrché solo dov'è diversità e lotta
è organismo e vita ... Questa idea centrale
clcllc necessità superiori della vita nazionale, questa dottrina di sacrificio che il
nazionalismo pone innanzi agli individui e
alle classi, ha un alto valore morale che
diffonde in tutto il movimento nazio~nalista,
come dottrina e come azione, una fulgida
luce di spiritualità ».
Queste tesi sono tolte da un opuscolo
dcl 1922, stampato a Roma a cura del Comitato Centrale dell'Associazione Nazionalista
( K Il Nazionalismo - Principi e azione politica »), e rappresentano l'essenziale del nazionalismo: anche se esso ha avuto espressioni più attenuate e mimetizzate o più
esasperate e apolca!ittiche; e se dalle semplici premesse riportate derivano poi molte
e svariate conseguenze. Colmunque si avverte subito l'antagonismo del nazionalismo
nei ri-guardi del principio di nazionalità
coriie t: stato originariamente
assunto dal
movimento liberale e democratico o come
ha formato opqetto (la questione nazionale)
di appassionati dibattiti in campo marxista.
Agli antipodi è la posizione, infine, di coloro cl-ic non sono disposti, neanche in sode
provvisoria c relativa, a riconoscere una
corrispondente realtà positiva all'idea di
nazione - e tanto meno allo Stato nazionalc unitario, di derivazione giacobina -:
Proudhon e i prwudhoniani, per esempio, i
più coerenti fedcralisti cristiani e cristianosociali, alcuni radicali federalisti di tradi7ione risoi-gi~ncntale italiana, ecc.
Di Proudhon sono famosi alcuni passi
(V. Mario Albertini, « I1 federalismo e lo
( , ) Qucsto saggio, sotto forma di estratto, 2
già stato diffuso nel mese di febbraio.
stato federale - Antologia e definizione P,
Milano 1963, Giuffrè editore): « I1 sentimento nazionale è inversamente proporzionale all'estensione dello Stato. Man mano
che questo incorpora nuovi territori vi è
snaturazione progressiva. Questa sarà una
delle cause della dissoluzione dello Stato.
La nazionalità restringe i sentimenti ed il
genio. L'agglomerazione li allarga. La nazione francese attuale è composta di almeno
venti nazioni distinte e il cui carattepe,
osservato nel popolo e nei contadini, è ancora fortemente definito... Il Francese ì: u n
essere convenzio~nale,non esiste. Quello che
ci piace rappresentare nei r o m a n ~ i , nei
drammi, nelle caricature, sia esso militare
o cuoco, barbiere o commesso viagqiatore,
è uno scherzo. Una nazione così grande non
si regge che con l'aiuto della forza. L'esercito permanente serve soprattutto a questo.
Togliete all'amministrazione ed alla polizia
centrale questo appoggio e la Francia cade
nel f~deralismo.Le attrazioni locali prevalgono n.
Tipica e rigorosa, fra i N cristiani », la
posizione di Costantin Franz (1817-1891 rimesso in luce particolarmente da Henri
Brugmans, nel suo « Panorama del pensiero
federalista n, Milano 1960, edizioni di Comunità, con note e appeildice a cura dell'editore italiano). « Secondo la dottrina cristiana la nazionalità è un fatto esclusivamente naturale», scrive questo grande avversario di Bismarck, « e pertanto essa non
può csscre rivestita di alcun elemento sacro... Ogni paese divinizza se stesso: ecco
la religione del nazional liberalisn-io... Se ...
si predica espressamente alla gente che il
compito più importante e più santo è quello
di mettere in valore la propria nazionalità,
diventa abbastanza facile fanatizzarla i n
modo da far gettare gli uni sugli altri come
bestie. Sì, proprio come bestie, perché la
proclamazione del principio di nazionalità
costituisce in un certo senso una rinuncia
alla ragione, e pone gli uomini sullo stesso
piano delle bestie. Infatti, in ultima analisi,
tutto si riduce al fatto che ci si coniporta
come se le diverse nazionalità attualmente
esistenti fossero dei tipi fissi e stabiliti
dalla natura, come le diverse famiglie di
animali ».
I1 principio di nazionalità
e la rivoluzione liberale
I n effetti, come ricordò in un esemplare
corso di lezioni tenute la prima volta a Milano in anni di fuoco (1943-44) Federico Chabod ( « L'idea di nazione », Bari 1961, editore
Laterza), a dire senso di nazionalità, significa
dire senso di individualità storica. Si giunge
al principio di na~ionalitàin quanto si giunge ad affermare il principio di individualità,
cioh ad affermare, contro tendeme generalizzatrici ed universalizzanti, il principio del
particolare, del singolo... L'imporsi del senso
della "nazione" non è che un particolare
aspetto di un movimento generale il quale,
contro la "ragione" cara agli illuministi,
marzo 1971
rivendica i diritti dclla fantasia e del sentimento, contro il buon senso equilibrato e
contenuto proclama i diritti della passione,
contro le tendenze a livellare tutto, sotto
l'insegna della filosofia, e contro le t e n d e n ~ e
del '700, esalta precisamente l'eroe, il genio,
l'uomo che spezza le catcne del vivere comune, le norme tradizionali care ai filistei
borghesi, e si lancia nell'avventura ».
Tuttavia, osservava il filosofo liberale Guido De Ruggiero, nel secolo XIX il liberalisino e il sentimento nazionale si sono sviluppati insieme e sorretti l'uno con l'altro D:
l'osservava in quella « Storia del liberalisn~o
europeo » che fu pubblicata nel 1925 (come
ci ricorda Eugenio Garin) quando, dopo
il discorso di Mussolini del 3 gennaio, le
leggi " fascistissime " andavano affossando
defini tivamente l'Italia risorgimentale
COmunque De Ruggiero aggiungeva una rifles... I principi della liberi2 e della
sione:
eguaglianza, nell'estendersi dapl'individui alle nazioni, trovano un limite e un arresto.
Al di sopra degli individui v'è uno stato,
che, con la sua forza, garentisce I'eguaglianza giuridica e la libertà di tutti; al di sopra
dellc nazioni, statalinente organizzate, non
v'& nessun più alto presidio. Quindi la libertà che, nel primo caso, si trasforma in
diritto, nel secondo, invece, resta nel suo
stato più immediato e può facilmente, per
la mancanza di ogni superiore sanzione, convertirsi in arbitrio e prepotenza del più
forte. Certamente, la società internazionale,
con le sue convinzioni liberali cd ctiche,
che possono tradursi in pratiche sanzioni,
csercita un freno potente contro gli sconfinailienti clell'arbitrio; tuttavia, la mancanza di un limite e di una autorità espressamente destinata a farlo rispettare, rende
incerti e precari i diritti e affida spesso la
soluzione delle vertenze alla sorte dubbia
clelle armi n.
Poli De Ruggicro scandagliava più a fondo
la questione. « V'è ..., nella personalità delle
nazioni, oualcosa di men definito e di più
quistionabile che non in quella degl'individui. Dov'è la naziolne autoctona e capace
di autonomia, e dov'è l'aggruppamento etnico incapace di vivere una vita propria,
percl-ié spiritualmente esaurito o perché
incapsulato in un altro complesso nazionale,
o perché risultante di elementi eterogenei,
iilestricabilmente confusi insieme?... Il principio di na7ionalità è di quelli che vanno
accettati nelle ~ r a n d i linee e discussi, al
lume della ragione di stato, nrii particolari
Questa verità comincia a farsi strada fin
dal tempo in cui il libcralismo è al suo
zenith, e giova a moderarne i vagheggiamenti utopistici e ad indirizzarlo sul terreno delle quistioni più concrete. I n fondo,
la politica internazionale del liberalismo,
pcr qucl che si compendia nell'idea di una
società delle nazioni, era la negazione di
o;ni politica. Donde, il classico ammonimento: lasciate che i popoli abbiano il maggior numero possibile di rapporti tra loro
e i governi il minor numero. Ma i liberali,
trovandosi al potere C in presenza di casi
controversi, cominciano a sentire la necessità di una politica vcra C propria; e con
la pratica poi si a\rvedosno che le lince dircttive di essa non possono essere clate che
dallo stato, nazionale quanto si voglia, ma
stato. Accadc qui non divcrsamente da quol
che abbiamo osservato nella politica interna
)).
COMUNI D'EUROPA
del libcralismo, dove si comincia col negare qualunque intervento statale, per lasciar libero campo agli individui, C si finisce col riconoscere che, senza lo stato,
questa libertà sfuma nel vuoto. Ma lo stato
h a una sua tradizione propria, una sua " ragione" peculiare, che spesso si sovrapponcono al vago e incerto sentimento nazionale.
Così, anche la politica liberale dei grandi
stati europei, senm ccssare di muoversi nelle grandi lince del principio delle nazionalità, è andata poco a poco riprendendo i
compiti storici dell'etj precedente, e, per
questa via, h a cominciato insensibilmente
l'originario rapporto tra stato
a capo~~olgei-e
e nazione. Mcntre prima era la nazione che
dava il suo indirizzo allo stato, ora invece
lo riccvc, e a sua volta non dà che un più
rioco alimento di energie all'espansione statale. Tuttavia, il capovolgimento di quei rapporti non è stato, né poteva esscre, opera
del liberalismo, che si è arrestato a un
prudente compromesso tra l'antica politica
della ragione di stato C la nuova politica
dcllc nazioni ». E' stato, secondo De Rugsiero, conseguenza di altri fattori: « Lo sviluppo della deinocra7ia ha dato un immenso
iilcrcmento allo statismo e, nello stesso tempo, con la soprni\.alutazione d'ideali internatiorialistici e umanitari, ha ridotto I'imp o r t a n ~ a del principio di nazionalità. Per
via opposta m a coilvergente, la stessa vitalità esuberante dei nuovi stati nazionali ha
reso di più in più insufficienti i loro confini segnati da natura e suscitato in essi
il bisogno di accrescersi anche a spcsc di
altrc na7ioni. Qucsti impulsi a una politica
sopraffattrice si SOIIO esplicati dapprima
indirettainente, attravcrso le lotte commcrciali e lc rivalità coloniali, ma non hanno
tardato a investire direttamente gli stessi
protagonisti ». E dunque: « I1 principio della nazionalità L: stato, così, totalmcnte sovvertito. Lc nazioni si sono chiuse lc une
alle altre con barriere protettive; hanno
dato a tutte le manifestazioni dclla propria
attività un indiriz7o ostile a quello dellc
altre; hanno concepito e posto in atto dci
programmi di mutua distruzione o di asservimcnto. Tale politica ha avuto la sua espressione dottrinale nel così dctto "nazionalismo ", una concezione che, nella sua esplicazione logica, porta all'egeimonia di una
nazionc su tutte le altre, cioè a una doppia
negazione del principio di nazionalità, quella delle nazioni assoggettate e quella della
stcssa nazione conquistatricc, che verrebbc
deformata dall'assorbimcnto di elementi
così etercgenei. E in effetti la designazione
" nazionalismo " si converte in quella, assai
meglio appropriata, di " iinperialismo " che
esprime appunto l'idea dello stato supernazionale ». Come si avverte age~olmcnte,
qui il supernazionale non era certo inteso
da De Ruggiero nel significato recente e
opposto di una « clilatazione dei principi di
libertà e di giustizia dall'ordine interno a
quello internazionale)), nel quadro di un
processo espansivo della democrazia » che
« s i svolge attraverso una lotta fra la natura, che tende a rinserrare gli uomini nelle
societh chiuse, e lo spirito, che aspira a
trascenderle, a trasformarle in aggregazioni
scmprc piìi arnpic C pii1 aperte » (sovraila7ionalità fedcralista), pcr usare le parole di un cattolico democratico, Costantino Mortati, nel commento sulla « Ispirazione democratica della Costituzione » del-
ll
Nel corso della sila visita a Ronia - dove h a a v u t o co1lr:i~iii c o n le inassinze ai~toriiil italiane - il ttiiriistro inglese per gli a f f a r i eltropei, G e o f f r e y Ripporz, 1iu iiolrito incoriti.nre,
il 29 m a r z o , nella sede d i Fontana d i Trevi, i suoi vecchi atnici della Sezione iialiana del
Colisiglio dei Conilini d'Europn; l o h a accolto il Segretario generale, Seralini, che C il decano
del CCE (della ctli Seziorie inglese R i p p o n è Presirlenfe), alla presenza del Vicepresidente, o n . Biilardeci. Rippor? si è (letto lieto d i avere tino scambio (li vedtite cori gli e s l ~ o ~ r c t i dt ii L L I I U organizzazione così rappreseritativa c o m e I'AICCE, a c u i aderiscono E n t i locali bciz <listribi~itisi^ iiltto
il territor-io della Repubblica.
Serafitli h a i l l t ~ s t ~ u tallo
o
statista iiiglese la risoluzioile del Consiglio Nazionale dell'AICCE,
che si era svolto q i ~ a l c h egiortlo prima iri Campidoglio, sottolineando 1~a~iicolurn7ente
i p ~ i l t t i relutivi al q t ~ a d r opolitico, i n c u i s i auspica sia costaizten?erite collocato il negoziaio coi1 I'lngllillerra;
e gli h a anche coninqentato la lunga lista dei par-iecipanii all'nmpio dibattito, nii7ti.iinisiratori coii71~nali, provinciali e regionali.
Il Vicepresideizte Bzilardeci h a poi rilevato c h e le n u o v e Regiotli a statlito ordinario cotnincialio ad as.sociar-si all'AICCE, confcr-endo così ad essa tllteriore ra~~pre.sctitativitÙe tiilove vesporisubilifd.
Gli e.sponenti dell'AICCE lianllo rn(:.s.so i n evideriza, con la esperienza (li dirigrriti (li i ~ n u
i>nsia organizzazione d i base, la simpatia s c h i e f i a che t l i f t i i sinceri (iei:iocraiici, senza alcz~tza
cscli~sione, liunno i n Ttulir~ per I'Tiqghilterru e pcr lrr s t ~ uenti-cctu 17121 MEC. L'evciziziule titnore
italiano è c h e I'eccessii>o proli~ngarsi del negoziato possa portare (i ientazior~i(li accordi bilaierali
fr.arico-inglesi e c h e u n certo scoraggianiento dell'opinione pzibblicn itlglcse possa dure qtlalche
parvenza d i veritic n qtinnio sostengorro riolz rurutneiite i gollisti: o 1'appi.ofondilneriio isiii~izionalc
della Colnirniià o I'ltlghiliei-ra (col t r i o n f o d e l l ' E i ~ r o p adelle patrie).
Rippon h a riba<iiio la ferma ititerizione del Goverlro inglese d i c o n d i ~ r r e solo l?egoziaii a
livello .sovranazionale, ripeterido la s i ~ uconvinzione - (le1 resto espressa anche dril Prcinicr H e a t h
rrgli Srclti generali d i Londru nel Itlglio scorso - c!7e i iiiaggiori legalni ccoliori~ici coiripoi-iano.
ali17eno ragionnii(10 da iriglese, 1111 r a f f o r z a i l ~ e r i i orlell'i.stittito parlatiientcire ciiropeo e , il7 generale, del conti.0110 rlen7ocrntico.
Al t e r m i n e della visita d i Ceolli-ey Rippoii, i rlirigeiiti tlcll'AICCE gli lruiiiio i77o.siraio le pirbhlicazioni fedei.alisie della Sezione, i n particolare q u a n t o è s t a t o scritto per gli S t a t i getierali, d i
Loridra, noricllb la raccolta d i qtintzto è usciio nella stanqpa itrtliaiin s ~ i l l ostorico congresso del
Royal Festiva1 Hall.
marzo l971
COMUNI D'EUROPA
12
la Repubblica italiana (in I1 secondo Risorgimento » di Varii « nel decennale della
Resistenza e del ritorno della democrazia »,
Roma 1955, Istituto Poligrafico dello Stato).
La Storia » di Guido De Ruggiero usciva
nel '25: del 1937 (Londra) è « Eco~non-iic
Planning and International Order » ( « L'economia pianificata e l'ordine internazionaMilano 1948, editore Rizzoli) di Lione1
le
Robbins, quando ci si trova alla vigilia della
nuova, grande tragedia europea. L'economista liberale inglese fa. in un certo senso,
una doppia autocritica del liberalismo. Una
- che scrnbrerebbe una difesa - è che
il liberalismo internazionale non è un piano
che sia stato tentato e che sia fallito: è 'un
piano che non è mai stato messo integralmente in pratica, è iina rivoluzione soffocata dalla reazione prima di aver potuto
offrire un'esauriente prova di sé ( « bisogna
riconoscere che la reazione nazionalista deve
rivendicare a sé la massima responsabilità
uer l'interruzione della rivoluzione liberale »: ma perch6, vien fatto di domandarsi,
i liberali si sono lasciati sconfiggere?). L'altra autocritica è nel senso che i liberali
hanno siudicato all'interno di ciascuna nazione necessario un « potere coercitivo dello Stato per armonizzare, mediante misure
rcstrittive, gli interessi dei vari individui n,
nicntre « t r a le nazioni ... essi contavano sull'evidenza dell'interesse comune e dell'inutilità della violenza n: in altre parole, il loro
punto di vista, qui, non era liberale, ma
implicitamente anarchico D.
La rivoluzione liberale è una rivoluzione
interrotta: « L a storia di questi ultim'i sessant'anni è stata dominata dal pensiero e
dalla politica tedeschi. Non sarà mai sottolineato abbastanza l'influsso che ha esercitato, al centro della wiviltà europea, una
((
)),
Potenza i cui capi e i cui pensatori rifiutavano apertamente il liberalismo e consideravano gli ideali atavici dell'imperialismo
come il solo e unico scopo della politica.
Questa concezione influenzò il pensiero e
le leggi dei paesi in cui il liberalismo persisteva. L'imperialismo britannico è " made
in Germany", mentre il paternalismo del
partito liberale ufficiale di Gran Bretagna
si è modellato sullo "Stato sociale" di
Bismarck. La politica estera ne fu dirminata. Le divisioni nazionali e le alleanze
internazionali si accentuano. Finalmente si
giunse alla Grande Guerra, durante la quale
le istituzioni liberali cominciarono a naufragare. Nell'immediato dopoguerra esse furono spazzate quasi completamente ... ». E
ora, d'accordo, Hitler è alle porte: « E s
kann der Frommste niclzt i n Frieden bleiben
/ W e n n es d e m bosen Nachbar nicht gefallt » (Schiller: ((Anche l'uomo più pio non
può starsene in pace se il cattivo vicino
non glielo consente »). Ma, senza scomo~dare
i marxisti (specie quelli K rivoluzionari D, su
cui ci soffermeremo un momento), Robbins
a parte, appunto,
dovrà convenire che
l'ammessa colpa liberale di non aver combattuto a fondo, con coerenza, quello che
Luigi Einaudi aveva già, a partire dal 1918,
bollato come il « dogma della sovranità
assoluta dello stato imperiale, democratico
o proletario » (v. Junius, « Lettere politiche », Bari 1920, editori Laterza, e poi Luigi
Einaudi, « La guerra e l'unità europea »,
3a ediz., Milano 1953, edizioni di Comunità) - forse ci sono altri aspetti, teorici
e pratici, del liberalismo ovvero dei liberali - quali portatori di una certa ideologia e di certi interessi - che hanno reso
l'uno o gli altri, o entrambe, inevitabilmente
incapaci di resistere alla conservazione, alla
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reazione e, infine, al fascismo. Intanto non
sarà stata soltanto una viltà dei liberali
prussiani l'aver rinunciato a una più dura
opposizione di Bismarck per timore di sviluppi politici « radicali » (l'avvento della
forza operaia, organizzata dai socialdemocratici): liberalismo istituzionale e proprietà
privata sono rimasti ovunque tro,ppo a lungo
strettamente collegati, nella pratica e nella
teoria. La dottrina del « n o n intervento
liberale - politico e ideale - a difesa delle
nazioni libere ( o delle nazioni in cui un
popolo cercava di a liberarsi dallo straniero, dal colonizzatore, dal tiranno interno)
era spesso dovuto a un complesso di motivi, fra i quali una critica non adeguata
della cosiddetta ragion di stato e determinati pregiudizi sull'esigenza della divisione
internazionale del lavoro. Grande e grave
l'influenza del pens'iero e della politica tedes'chi, grandi e gravi le responsabilità di
coloro che se ne sono lasciati influenzare
o addirittura che se ne sono fatti un alibi.
La crisi dello Stato nazionale tedesco. come
si è riflettuta in un grande storico quale
Meinecke, l'autore di « Cosmopolitismo e
Stato nazionale. Studi sulla genesi dello
Stato nazionale tedesco », ci è stata recentemente ripresentata da un giovane studioso, Sergio Pistone ( « Federico Meinecke e
la crisi dello stato nazionale tedesco n, Torino 1969, pubblicazioni dell'Istituto di Scienze politiche dell'Università di Torino, edizioni Giappichelli): ebbene, lo stesso Pistone
ci ricorda ( e cita a questo proposito anche
Norberto Bobbio,
Benedetto Croce e il
liberalismo D in « Politica e cultura », Torino 1955) una certa confusione tra i pensatori liberali italiani, di matrice idealistica,
tra la libertà intesa come ideale morale e
la concreta (empirica) libertà politica, « intesa cofme non impedimento di determinate
azioni nell'ambito dei rapporti interindividuali ».
Insomma quando il socialista liberale Carlo Rosselli. arrivato Hitler al potere, predisse il ritorno della guerra, predicò la
Costituente europea antifascista, si batté
per una politica di « intervento democratico», è noto come fu accolto dalle democrazie liberali (non ci interessa qui I'analisi della incomprensione anche di altre
correnti politiche). Eppure Rosselli cercava
di dare corpo alla parte viva delle istanze
di Einaudi e di Robbins: voleva popolariz7are f r a le masse l'idea della Federazione
democratica sovranazionale, farne una formidabile idea-forza. Ma evidentemente liberalismo e democrazia non erano riusciti
a farsi strada per se stessi quanto piuttosto come elementi subalterni di un assetto economico-sociale, dove lo stesso statopotenza prima che una concezione politica
era lo strumento di determinati ceti, la cui
logica proprio il liberalismo classico non
nvcva motivo di sconfessare. Si poteva allora domandare a Robbins, con qualche
fondamento, s e la rivoluzione liberale, piìi
che interrotta, non fosse per caso mai realmente cominciata.
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Raffaello >,
La questione nazionale
e il marxismo rivoluzionario
Vediamo ora, in breve, le sorti del principio di nazionalità nell'altro campo, nel
campo marxista, anzi nel campo marxista
« rivoluzionario D: anche se sarebbe interes-
COMUNI D'EUROPA
marzo 1971
sante - sia per ragioni teoriche sia per il
contesto storico-geografico in cui si è sviluppato a cavallo della prima guerra inoildiale - dare, in merito, uno sguardo alle
analisi « revisioniste » degli austro-marxisti
(Otto Bauer, Karl Renner, Kudoli Hilferding). A più riprese nell'àmbito dell'austromarxismo, maturato entro una realtà politica multinazionale, si attaccò il dogma della sovranità nazionale, derivato dalla rivoluzione francese, e si espresse il co~nvinciinento che la semplice autonomia nazionale,
in un quadro istituzionale sovranazionale,
avrebbe servito assai meglio l'autentico interesse delle nazioni: ma andrebbero ovviamente esaminati il rapporto, formale e sostanziale, che codesti austro-marxisti intendevano instaurare tra autonomia e sovranazionalità e, più i n generale, le loro idee
sulla formazione del potare politico e sulle
funzioni dello Stato. Limitiamoci dunque
ai marxisti
rivoluzionari ».
Nel camDo marxista
rivoluzionario D la
questione nazionale determinò anzitutto una
dura, famosa polemica tra due dei suoi più
illustri esponenti, Rosa Luxemburg e Lenin,
i quali del resto - anche fuori della polemica - ebbero necessità di misurarsi a
lungo, ripetutamente col problema. Molti
sono gli scritti in oggetto della Luxemburg,
m a è senza dubbio assai utile la lettura
della Prefazione a " la questione polacca
e il movimento socialista " » (V. « Scritti politici », 2.1 dizione, Roma 1970, Editori Riuniti, ove il lettore si può giovare di una
importante nota introduttiva del socialista
Lelio Basso alla « Prefazione »). Di Lenin
conviene consultare le Opere scelte » (Roma 1963, Editori Riuniti) e soffermarsi particolarmente - pensiamo - su « Sul diritto
di autodecisione delle nazioni » (scritto nel
1914), su « Sulla parola d'ordine degli Stati
Uniti d'Europa» (pubblicato nel 1915), sul
« P r i m o abbozzo di tesi sulle questioni nazionale e coloniale » (scritto nel 1920, in
vista del I1 Congresso dellfInternazionale
comunista), sugli « appunti » ( « Sulla questione della nazionalità o della " autonomizzazione " D) del 30 dicembre, 31 dicembre ( I ) e 31 dicembre (11) 1922; oltre a tener
presente « L'imperialismo, fase suprema del
capitalismo » (composto nella prima metà
del 1916).
11 socialista Lelio Basso tende a sdrammatizzare, iil prospettiva storica, la polemica Luxemburg-Lenin. Sotto certi aspetti
le posizioni di Rosa Luxemburg e di Vladimir Ilic Lenin erano obiettivamente complementari. La Luxemburg partiva dalla situazione della Polonia, divisa sotto il dominio rispettivamente della Russia, della
Germania e delllAustria, e negava che per
i sooialisti polaochi la riunificazione della
I'olonia e il suo ritorno a Stato indipendente dovesse essere un compito prioritario:
riteneva ciò un profondo errore, tale da
distogliere la classe operaia dai suoi compiti di classe. «La tesi di Rosa. scrive
Basso « si fondava sull'analisi dello sviluppo economico-sociale della Polonia, che fu
in quegli anni oggetto da parte sua di intense ricerche e formò l'argomento della sua
tesi di dottorato alla Università di Zurigo...
Secondo quest'analisi ... la Polonia aveva avuto fino al 1860, come la Russia, carattere
di paese agricolo, chiuso, semifeudale, senza
rapporti economici con la Russia che offrissero una qualsiasi contropartita alla occu-
pazione, donde la vivacità del sentimento
nazionale e il fiorire dei movimenti separatistici. Ma lo sviluppo del capitalismo
venne succcssivamente creando legami organici Pra i due paesi iacendone un comune
mercato per l'industria sia russa che polacca: anzi la vastità dell'impero russo e le
sue conquiste, la sua stessa politica protezionistica giovavano all'industria polacca,
indebolendo la base sociale delle correnti
separatistiche. Queste, secondo Rosa Luxemburg, rimanevano appannaggio dell'intelligenza piccolo-borghese e in genere dei ceti
precapitalistici che cercavano nell'ideologia
nazionalista un'arma di lotta contro la minaccia dello sviluppo capitalistico, ma non
potevano essere sposate dal proletariato che
doveva porre in primo piano la lotta per
la democrazia e per il socialismo in stretta
unione con il proletariato russo ... ». Lenin
osservava ironicamente ( « Sul diritto di autodecisione delle nazioni »): « Nelle nazioni
oppresse, la separazione del proletariato con
la formazione di un suo partito indipendente conduce talvolta a d una loltta così
accanita contro il nazionalismo della nazione stessa che la prospettiva si deforma
e si dimentica il nazionalismo della nazione
Ragioche opprime ». Commenta Basso:
nando da rivoluzionario russo, Lenin vede
in tutti i nemici dello zarismo degli alleati:
anche il nazionalismo dei paesi oppressi,
fosse pure espressione di piocolo-borghesi,
è un'arma contro lo zarismo. Ragionando
da rivoluzionaria polacca, Rosa Luxemburg
si preoccupa soprattutto di dare al proletariato polacco coscienza di classe... ».
I n realtà, osserva ancora Basso, si commette un errore « cercando delle contraddizioni rigide fra questi due leader della sinistra marxista ». La risoluzione del Con-
gresso internazionale di Londra del 1896
aveva detto: « I1 congresso si dichiara per
il pieno diritto di autodecisione di tutte Ic
n a ~ i o n ied esprime la propria simpatia agli
operai di ogni paese oppresso attualmente
dal giogo militare, nazionale o di un altro
assolutismo; il congresso invita gli operai
coscienti di tutto il mondo, al fine di lottare insieme con essi per abbattere il capitalismo internazionale e per realizzare gli
obiettivi della socialdemocrazia internazionale » (ove per socialdemocrazia s'intendeva, allora, tutto il complesso dei partiti
socialisti, di destra e di sinistra, legati all'Internazionale). La Luxemburg intendeva
restrittivamente quelli« autodecisione », non
necessariamente « libertà di separazione statale » ma al massimo « autonomia nazionale »; Lenin intendeva l'autodecisione come
capacità di raggiungere l'« indipendenza naz i o n a l e ~ : ma si trattava in realtà, osserva
Basso, di posizioni tattiche con un « rivestimento dottrinale assai discutibile ».
Seguiamo Lenin, infatti, in una nuova situazione, dopo la rivoluzione d'ottobre
( « Primo abbozzo di tesi sulle questioni nazionale e coloniale D, del 1920). « Oggi » scrive Lenin non ci si può più limitare a riconoscere o a proclamare puramente e semplicemente l'avvicinamento dai lavoratori
delle varie nazioni, ma è necessario condurre una politica che assicuri l'attuazione
della più stretta alleanza fra tutti i movimenti di liberazione nazionale e coloniale
e la Russia sovietica, determinando le forme di questa alleanza in modo corrispondente al grado di sviluppo del movimento
comunista t r a il proletariato di ciascun
paese o del movimento democratico borghest di liberazione fra gli operai e i con-
Cassino - Zehlendorf
..
.
.
.
pet lo g a r e
e la hatellanra dei C7opoli . . . . .
>
-
--
Conlepevoli delle reciproca appartenenze
elle famiglie delle Genli europee noi quali
rappreienlenli liberamanlg elalli del iuflregio
dei nostri cilladini ilringiamo iolennemenie
un psllo di gemellaggio Ire l e cilih di
CASSINO e BERLINO - ZEHLENDORF.
È noslro comuma desiderio ed inlereise
perionels collivare slrel!i repporli d'amicizia
[re le noiire due Comunilh, perlicolermenle
provala nell'ullime guerre, ilimolara conlelii
Ire i ciiladini delle Comunith slassa e refloizara
il ianlimenlo di reciproca dedizione Iramile
scembi di idee ed esperienze onde (avorire
con lulla le noilre forra le compraniion. Ira
i Popoli, per il bene dcll'Umanilh e per la Pece
nel mondo inleio.
A
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rerruro sin.inrudi
c
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Im Bewussisain dar ~ u ~ e m m e n g e h 6 r i g k a i l
aller euiopaischen Menschen schliessen wtr sii
Ireigewahlle Reprasenienlen unierer
Gemeinden leierlich die Parinerschell rwischen
CASSINO und BERLIN ZEHIENDORF
E i isi uniar gemeiniamer Wunich und unse,
Beilreben. enga Ireundschsllliche 3eriehungen
rwischen unseren baiden Gemeinde , zwei
beiondeis durch den Krieg gezeichncle Sladte
t u pflegen. die Konlakle zwiichen den Btrgern
unserer Gemeinden r u Iordein. dss Geluhl dei
Zuiammengeh6iigkeil durch Ausiausch r a n
Gedanken und Erlahrungen r u slarken, u m
mi1 allen unseren Krallen dei Verilandigunp
zwiichen allen V6lkern r u dienen. r u m Wohie
der Menichheii und Iur den Frmeden ( n der
ganren W a l l
~
~
~
~
~
l
\rhn,,re.
He>i?hhiiiq,.'..."
,i".
Berlin - Zehlendorl. den 28. M a i 1969
Caiiino. 2 Ollobre 1969
Lo spirito europeistico dell'Amministrazione comunale di Cassino, guidata dal Sindaco Antonio
Ferraro, non trascura mai alcuna occasione per manifestarsi, come ha fatto anche con questa
iniziativa: la riproduzione su una cartolina del testo della pergamena relativa al patto di gemellaggio che lega la città laziale con il distretto di Berlino-Zehlendorf.
COMUNI D'EUROPA
Questa tendenza si è già manifestata ncl
tadini dei paesi o delle nazionalità arretrate.
La federazione k una forma transitoria verso modo più chiaro in regime capilalista e
l'unitj coiilplcta dei lavoratori delle diverse avrk incontestabilmentc uno sviluppo ultcnazioni. La Ccclcrazionc ha ~ i àdimo'strato riorc C una completa altuazione in icgimc
in pratica di csserc adatta allo scopo, sia socialista n.
Frattanto ( « appunto » del 30 diccinnelle relazioni tra la Repubblica socialista
icderativa sovietica russa e le altre repub- brc 1922) Lcnin aveva modo di lamentare,
bliche sovietiche (ungherese, finlandese, let- nell'àmbito del sistema « federativo » sovieLone nel passato; arzebaigiana e ucraina al tico in costruzione, la « funzione nefasta »
frettolosità di Stalin » c
presente), sia nel senso stesso della Repub- esercitata dalla
blica socialista fcderativa sovietica russa dalla « sua tendenza ai metodi amministrativi »: Rosa Luxemburg avrebbe potuto riper quanto riguarda le nazionalità che nel
passalo rion avevano n6 esistenza statale cordare a Lenin il suo dissenso sul modo
propria, né autonomia ... I1 compito dell'In- d'intcndere la democrazia socialista c la
ternazionale cwiriunista consiste in questo sua richiesta di garanzie libcrtarie. Gaarcampo nello sviluppare ulteriormente, stu- dare al piano mondiale (o forse, intanto,
diare C controllare l'esperienza di queste al piano europeo: v. la famosa pagina, in
nuove federazioni che sorgono sulla base
Dieci giorni che sconvolsero il mondo »
del regime so\-ietico e del niovirnento so- di John Reed, Roma 1966, Gherardo Casini
vietico. Riconoscencio che la federazione Li editore, su licenza degli Editori Riuniti, ove
una forma transitoria verso l'unità con- - siamo nel 1917 - Trotzki prevede, ad
pleta, è necessario tendere a un'unione fe- opera del proletariato, la costituzione degli
derativa senlpre più stretta, in coilsidcra
Stati Uniti d'Europa, poiché « la autonomia
zione: primo, dell'irnpossibilità di assicurare nazionale non è più sufliciente. L'evoluzione
l'e~~istenzadellc repubblichc sovietiche cii-- economica esige l'abolizione delle frontiere
condate dalle potenze imperialiste di tutto nazionali. Se l'Europa resta spezzettata in
il mondo, incoriiparabilmente più forti dal aggruppamenti nazionali, l'imperialismo ripunto di vista militare, senza la più stretta comincerà la sua azione. Solo la repubunione tra le repubbliche sovietiche; se- blica federale europea darà la pace al moncondo, dclla necessità di una stretta unio'ne do ... ») non doveva tuttavia significare non
ecolnomica tra lc repubbliche sovietiche, garentire subito i lavoratori contro il sociialismo bui-ocratico; doveva significarc
senza la quale non è possibile ricostruire
lc forze pro~duttive distrutte dall'imperia- anche la messa in opera di un'articolazione
lismo e assicurare il benessere dei lavora- interna al sistema sovietico, non Lattica,
tori; terzo, della tendenza alla creazione autenticamente federalista e, quindi, pogdi un'economia mondiale, formante un tutto giata su tutte le garenzie di libertà, se non
unico, sulla base di un piano generale re- si voleva correre i1 rischio che i C metodi
golato dal prolctariato di tutte le nazioni. amministrativi », abbandonati a se stessi,
marzo 1971
tendessero a identificare strategia socialista
internazionale e ragion di Stato sovieti~d
(che poi crano lc ragioni e gli intercssi del
suo incontrollalo ceto dirigente: la i<nuova
classe », come dira molti anni più tardi un
comunista jugoslavo doppiamcnte eretico).
&la Lenin cra ormai malato e prossimo alla
morte e, senza dubbio, l'asscdio delle potenze capitalistiche e la perdurante cmergenza rivoluzionaria rendevano problematica una lotta su tutti i fronti.
Vinta la seconda guerra mondialc e lotto
definitivamente l'assedio delle potcnze capitalistiche, si offrivano all'unionc Sovietica,
nei riguardi dell'Europa e della K questione
nazionale », almeno due possibilità. Come
sarebbe sembrato giusto all'indiano Manvendra Natli Roy, ex capo del Dipartimcnto
orientale del Comintern e ora socialista
eretico u non allineato » ( C Thc Russian Revolution », Calcutta 1949, Rcnaissancc Publishers), presentarsi all'Europa come libcratrice e, senza chiedere un prezzo ma rinforzando l'alleanza con 1'Inghiltcrra laburista, favorire la fondazione di una democratica comunità (Commonwealth) d'Europa, ovviamcnte sganciata dalla logica dell'imperialismo. Oppurc, continuando sulla
linea guardinga delle zone d1iniluen7a (Yalta), portare avanti la costruzione escmplare
della propria zona. Fu seguita la seconda
strada: ma qui i l socialisn1o K amrninistrativo » (che prenderà il nome di stalinismo)
mostrò i suoi guasti e, anche, i suoi vizi
d'origine.
Formalmente all'Est europeo I'URSS ha
riconosciuto - almeno fino alla recente dottrina di Bre7nev - la sovranità nazionalc
delle cosiddette
democrazie popolari »;
sostanzialmente è stata costretta a intervenire continuamente nei fatti interni dei Paesi
dell'Est non solo per la logica della ragion
di Stato sovietica, ma - riconosciamolo anche per le esigenze di un sistema socioeconomico e politico, che non può continuamente sottostare ai particolarismi nazionali.
Ci si sarebbe aspettati un'cvoluzione fcderativa: lo Stato-guida cessa di esscre tale
quando si attenuano e poi si canccllano le
frontiere statuali e si partecipa, tutti insieme, alla gestione del potere. Ciò non è
avvenuto e ne è stata anche combattuta
l'ipotesi; il COMECON ha vissuto e v i ~ c
una vita grama, proprio perché non poggia
su una strategia federalista. Perché tutto ciò?
Problemi dell'Ovest,
problemi delllEst
non è più tempo di "castelli in aria"
la realtà
è
--rg
In questa nota si sono volute propoirc
solo alcune premesse per un discorso critico su «nazioni e nazionalismo nci proccssi di integrazione all'ovest e all'Est ». Aggiungiamo che allJOvest coirie all'Est è in
corso un processo di intcgrazione che da
una parte colpisce soprattutto - indipendentemente dalle sorti della Comunità europea - per la crescita delle società (private) multinazionali ( « L a crescita dellc società multinazionali costituisce uno degli
aspetti più rilevanti dello sviluppo economico del mondo capitalistico dopo la seconda gucrra mondiale e, in particolare, nell'ultimo decennio »: Eugenio Peggio in
« L'Unitk
del 30 gcnnaio 1971); dall'allid
colpisce per il verticismo della burocrazia
COMUNI D'EUROPA
marzo 1971
politica sovietica, che pretende di guidare
come se fosse integrato un blocco, che in
rcalta si vuole che mantenga le divisioni
statuali. Tutto ciò mcntre la rcaltà nazionale ridiventa ovunque popolare solo quando si sospetta o si constata di dover subire
passivamente la ingerenza altrui: là dove si
sarebbe disposti (e le giovani generazioni
lo sono particolarmente) a u n a comune gestione sovranazionale - che sembra la più
logica e la più naturale in u n mondo chiaramente interdipendente - per le cose che
hanno bisogno di una gestione sovranazionale. I n questo dramma si è inserita - anche nell'occidente democratico - la coscienza della crisi del sistema rappresentativo,
per cui si riconosce ragionevole e insieme
si paventa un ancora più distante potere
sovranazionale.
Ma i problemi del proprio tempo non si
possono affrontare a metà o in parte. C'è
dunque il problema di portare il potere
politico comune a livello sovranazionale,
dove forze incontrollate gestiscono il nostro
destino. C'è il problema di evitare un potere politico sovranazionale monolitico, di
fronte al quale qualsiasi opposizione o critica potrebbero restare impotenti (esigenza
di una società sovranazionale federalista).
C'è il problema di rivedere i rapporti fra
la persona umana e il potere, ovvero f r a
i rappresentati e i rappresentanti, dando
un nuovo spazio alla democrazia diretta, al
controllo popolare, alle autonomie.
Ma perché l'Europa e non direttamente
il mondo? Certo, l'Europa è solo u n momento dell'instaurazione dell'ordine federale
infra (articolazione in regioni, ecc.) e sovranazionale: ma agli europei si presenta la
possibilità ed eventualmente il dovere di
cominciare da casa loro. Essi si trovano
sullo spartiacque che divide i due blocchi
(atlantico e sovietico); rapprescntano l'oggetto principale di quclla spartizione i n zone
d'influenza dei cosiddetti « Grandi » (che,
poi, sono rimasti in due, USA e URSS) decisa a Yalta (febbraio 1945), quando la ragion di Stato di coloro che stavano per
vincere la guerra lasciava già intravedere
la loro incapacità di vincere la pace, ossia
di stabilire una autentica Organizzazione
delle Nazioni Unite (non sottoposta m a sovraordinata anclie alle Superpotenze, nonché
alla miriade di particolarismi nazionali; non
soggetta - nella sua composizione e nella
sua gestione - ai fatti compiuti e ai primi
arrivati m a a ~ r i t e r iobiettivi di giustizia
e di rappresentatività universale). Gli europei, d'altra parte, sono stati i padri sia della
rivoluzione liberal-democratica che di quella
marxista, sono in grado di valutarne i limiti, gli errori e le colpe, m a anche di giudicarne per conoscenza diretta i meriti e
soprattutto le virtualità. Infine l'Europa
industrializzata è il continente meno autosufificiente del mondo, dipende dagli altri e
condiziona gli altri; dalla sua politica economica e dal suo orientamento tecnologico
è influenzata la sorte del « terzo mondo »
- cioè dei Paesi del sottosviluppo e della
fame -: donde una grande occasione di
riscattarsi dalle responsabilità del colonialismo e di contribuire a costruire - in antitesi con la logica dei blocchi - una enonomia planetaria di pace e di giustizia. Quindi
gli Stati Uniti d'Europa possom voler dire
iniziativa democratica, federalista, esemplare, pacifica, vòlta alla creazione di un nuovo
ordine (mondiale): un ordine che ristabilisca il primato della politica e della ra-
gione - e dunque delle reali, profonde esigenze della persona umana - siilla logica
del capitale privato o di Stato, sullc pretese
dei ristretti gruppi di potcrc e dcllc burocrazie politiche ed cconon~ichhc, sulle forze
scttoriali che stanno avvclcnando c distruggendo il mare, i pesci, gli alberi, l'acqua,
l'aria e « pianificano » la vita dell'umanità
per piazzare le loro merci e i loro schemi
mentali. Un'Europa sovranazionale, insomma, per mostrare come in una socictà a d
altissima industrializzazione si debba passare dalla monarchia dei consumi e degli
uffici di quelli-che-sanno-tutto alla repubblica degli uomini libcri. Beninteso: in ques t a prospettiva la costruzione europea non
è un fatto diplomatico né di ordinaria amministrazione, né può esser lasciata in mano
a coloro che si vogliono sconfiggcrc. E' una
dura rivoluzione, con le sue scelte e i suoi
costi.
Suggerimenti per altre letture pertilienti
FEDERICO
CHABOD,
Storia dcll'idcu d'Europa, Bari
1961, editori Laterza.
STALIN,
La questione nazionale, Roma 1939, Edizioni Rinascita.
ALTEROSPINELLI,
Dagli Stati soi,ruizi agli Stati
Uniti d'Europa, Firenze 1950, La Nuova Italia
editrice.
FRANCESCO
FCJTO,Storia delle democrazie popolari, Firenze 1955, Vallecchi editore.
ALBERTE~NSTEIN,
Idee e opinioni (traduzione
di Franco Fortini - Torino 1965, Schwarz editore): soprattutto il « Carteggio con i membri
dell'Accademia Russa 8 .
Lettera Enciclica Pacem in Terris D di Papa
Giovanni XXIII, Roma 1968. Edizioni Paolinc.
COMUNI
D'EUROPA
Organo deU'A.1.C.C.E.
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Anche una macchina, come la Olivetti DIVISUMMA 26 GT, che nel suo marchio e nel
suo nome sintetizza una duplice tradizione
di continua inriovazione tecnologica e di primato mondiale nel calcolo meccanico. Ma
chiamarla la " tuttocalcolare" non I'offendera
di certo: non è tanto un attributo scherzoso
quanto, piuttosto, una semplice constatazione
di ciò che q~iestamacchina insostituibile nel
suo genere riesce a fare dovunque nel mondo
si abbia bisogno di un calcolo scritto, immediato, semplice, esatto; dovunque si vogliano
sfruttare le quattro operazioni in tutte le loro
combinazioni infinite.
olivetti Divisumma 26 GT
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