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EssePiù
Anno XXI • Numero 3 • Marzo - Giugno 2012 • ASA • Associazione Solidarietà Aids • Milano
Coppie di fatto
Nel
prossimo
numero:
Le linee guida
sull’HIV
del Centro
Nazionale
AIDS
È dal 1985 che vivo in mezzo all’Hiv: come medico innanzitutto, come volontario in Asa e nella mia vita privata. Pazienti da
un lato, amici dall’altro. Ho vissuto in mezzo a storie di discriminazione (Hiv e/o omosessualità), ma anche a storie d’amore.
Non ho mai considerato l’ipotesi
di escludere i partner non sposati dal mio rapporto con i pazienti (sempre che i pazienti stessi
fossero d’accordo), così come
non lo fa la stragrande maggioranza dei miei colleghi. Ma la
legge dice altro. In mancanza di
volontà scritta, se il paziente è
in coma, si deve parlare con la
famiglia e non con il partner
con cui vive da anni. Una barbarie. La sofferenza per il compagno che soffre (o che muore) è
uguale, sposati o no, ed è degna
del più assoluto rispetto. Mamme che cambiano la serratura di
casa dopo la morte del figlio, lasciando fuori il compagno. Vi
pare umano?
In Asa, con il gruppo di assistenza domiciliare (umanitaria e sanitaria), abbiamo seguito molte
persone, spesso abbandonate
dalle famiglie e accudite solamente da amici e compagni, dimostrando come la comunità
omosessuale ha reagito con una
forte solidarietà alla tempesta
Aids. Ancora una volta i legami
di amore e affetto hanno sopperito alle discriminazioni e ai
pregiudizi di certe famiglie tradizionali.
Non credo che importi il nome
che vogliamo usare: matrimonio, coppia di fatto, Pacs. L’importante è essere riconosciuti e
avere i diritti delle persone sposate. In Italia.
Massimo Cernuschi
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il rischio di tumore
per le persone affette
da HIV
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Redazione:
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Iscrizione al Registro della Stampa presso il Tribunale di Milano
n.499 del 01.08.1996
Direttore responsabile: Massimo Cernuschi
Redazione: Alessandro Condina, Adriana Faggi, Flavio Angiolini.
Collaboratori esterni: Gianni Bellesi.
Impaginazione: Andrea Porro
La responsabilità delle opinioni espresse in questo bollettino è dell’autore. Le
opinioni qui pubblicate non costituiscono necessariamente una presa di posizione dell’ASA. La posizione dell’ASA è espressa solo negli articoli firmati
con il nome dell’Associazione. Gli articoli qui pubblicati possono essere riprodotti parzialmente o integralmente a patto di citarne la fonte.
EssePiù viene stampato con il contributo di Abbott Italy S.r.l. prodotti chimico
farmaceutici.
(Parte terza)
CANCRO DELLA PELLE
UN ALTRO PERICOLOSO
TUMORE
NON AIDS-CORRELATO
Le persone sieropositive, soprattutto quelle
con carnagione chiara, sono propense a sviluppare vari tipi di tumore della pelle. I carcinomi a cellule basali e squamose sono le
forme più comuni di tumore della pelle che
colpiscono questa fascia della popolazione.
Le persone sieropositive sono inoltre maggiormente soggette al melanoma, il mortale tumore della pelle, forse a causa dell’immunodepressione. Sebbene le attuali relazioni tra l’immunodepressione causata dall’HIV e il tumore della pelle siano ancora
poco chiare, sappiamo che l’esposizione
cronica ai raggi ultravioletti del sole è il fattore di rischio principale dei tumori della
pelle. Usare una crema solare ed evitare
esposizioni prolungate al sole sono ritenute le migliori misure di prevenzione.
IL RUOLO DELLA
SALUTE IMMUNITARIA
Come Eric Engels pone in evidenza nel suo
editoriale AIDS nel 2009, la domanda prin-
cipale è se l’HIV amplifica gli effetti degli
agenti cancerogeni conosciuti (come gli altri virus) fino a causare la comparsa del cancro. Engels ha sottolineato il fatto che il
modo più ovvio con cui l’HIV è in grado di
facilitare lo sviluppo di tumori maligni è
quello di attaccare il sistema immunitario.
Un altro importante quesito che ci si è posti
durante l’era HAART è il seguente: il trattamento antiretrovirale è in grado di inibire
l’HIV e ripristinare il sistema immunitario in
modo da ridurre i potenziali effetti cancerogeni di virus e di altri microbi che altrimenti approfitterebbero della debolezza
immunitaria? Dato che grazie a un’accurata
cura medica e alla terapia HAART è possibile mantenere le persone in salute per molti
anni – o almeno permettere loro di vivere
normalmente – , di conseguenza sorge il
dubbio se le persone sieropositive, invecchiando, abbiano un maggiore rischio di
sviluppare una forma tumorale. Invecchiare
è un fattore di rischio per chiunque, a prescindere dalla presenza o meno dell’HIV.
VECCHIAIA E
INFIAMMAZIONI
Per Gregory Kirk del John Hopkins non è
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sorprendente l’alta frequenza di tumori
tra le persone sieropositive (anche quelle
sotto terapia HAART). Le persone vivono
più a lungo e col passare degli anni si trovano semplicemente a rischio per altri tipi
di tumori non riscontrati precedentemente. Ci sono state molte discussioni riguardo al ruolo dell’attivazione immunitaria
cronica e delle infiammazioni legate alla
patogenesi dell’HIV e il loro legame ai
disturbi non AIDS-correlati come malattie
cardiovascolari e cancro. È possibile che
esistano persone sieropositive, anche sotto terapia HAART, che manifestano il cosiddetto “invecchiamento accelerato” dato che il loro sistema immunitario presenta caratteristiche tipiche delle persone
anziane – come una mancata rigenerazione delle cellule immunitarie e l’invecchiamento dei linfociti T. In che modo l’invecchiamento contribuirà ad accrescere il rischio di sviluppare tumori correlati all’età? Fino a poco tempo fa, questi tumori
non venivano studiati nelle persone sieropositive semplicemente per il fatto che
morivano a causa di cause relative all’AIDS prima di raggiungere l’età senile. A
seguito della pubblicazione della Rivista
ufficiale dell’Istituto nazionale contro il
cancro, Engels e James Goedert hanno
notato che la terapia HAART sta accrescendo la fascia della popolazione sieropositiva mentre «il loro rischio a lungo
termine di tumore rimaneva indeterminato». Questo fatto ha forse decretato il fallimento del trattamento antiretrovirale?
O forse erano coinvolte altre dinamiche?
Engels e Goedert hanno inoltre sottolineato che nessuno conosce «i tipi e la gravità del rischio di cancro dopo 10/20 anni
a seguito di una parziale immuno-ricostituzione grazie alla terapia HAART». Soprattutto in presenza di altri fattori di rischio di tumore, è possibile che l’invecchiamento e una blanda ma prolungata
immunodepressione possano concorrere
ad aumentare l’incidenza dei tumori che
attualmente sono considerati non AIDScorrelati. Secondo Engel «le infiammazioni potrebbero far parte dello sviluppo di
queste tipologie di tumori, specialmente
se parliamo di cancro ai polmoni» dato
che le infiammazioni al sistema respiratorio potrebbero causare ulteriori danni in
concomitanza al fumo delle sigarette. Engels ha inoltre osservato che le persone
sieropositive tendono ad essere maggiormente predisposte all’enfisema, cosa che
potrebbe essere ricollegata alle infiammazioni o all’HIV stesso. Tuttavia secondo
Engels non ci sono prove sul fatto che le
persone sieropositive invecchiano più velocemente: ciò può avvenire per altre cause, ma non sembra che il cancro subisca
delle accelerazioni.
Un’altra tesi contro l’idea che l’HIV da sola velocizzi lo sviluppo di carcinomi in
concomitanza al processo di invecchiamento sostiene che i bambini e gli adolescenti sieropositivi e no sviluppano tumori
con una frequenza paragonabile a quella
degli adulti. I tre quarti dei tumori riscontrati nei bambini sieropositivi erano tumori maligni dei linfonodi. Una volta posta una linea di separazione tra le persone sieropositive giovani e quelle più mature, è possibile affermare che i differenti
tassi di incidenza di neoplasie sono forse
dovuti alle diverse modalità di trasmissione dell’HIV, ai fattori correlati all’età e all’infezione simultanea con altri virus che
sono comunemente riscontrati tra gli
adulti sessualmente attivi. I ricercatori sono sempre più convinti che la “durata” –
ossia il periodo di tempo in cui un individuo vive con un infezione da HIV o con altre coinfezioni – dipenda dal rischio di tumori quanto dalle infiammazioni o dall’invecchiamento. Secondo quanto afferma Michael Silverberg «lo sviluppo di carcinomi può avvenire oltre i 20/30 anni,
tuttavia non credo che nel caso di un’infezione da HIV o di una stato infiammatorio
si sappia in che punto il sistema immunitario verrà colpito».
I RAPPRESENTANTI
DELL’IMMUNITÀ
Per le persone sieropositive, lo sviluppo dei
tumori AIDS-correlati e quelli non AIDScorrelati è legato al numero delle cellule
CD4 e alla carica virale. Coloro che sono
sotto terapia HAART hanno un livello di
linfociti T relativamente alto (o almeno
quasi nella norma) e una bassa o impercettibile carica virale.
IL CONTEGGIO
DELLE CELLULE CD4.
Un sistema immunitario estremamente
danneggiato (quindi una basso livello di
cellule CD4) è il principale fattore di rischio
per lo sviluppo di tumori AIDS-correlati e
quelli non AIDS-correlati. Silverberg ha scoperto che uno scarso numero di cellule CD4
e un’elevata carica virale rappresentano dei
fattori rischio per il cancro cervicale, il Sarcoma di Kaposi, e il linfoma non-Hodgkin –
ossia i tre comuni tumori AIDS-correlati precedenti l’era HAART. Inoltre il rischio di sviluppare un carcinoma anale aumenta nel
caso di persone con un basso conteggio di
cellule CD4 a lungo termine, mentre altri ricercatori hanno rivelato che grazie alla conta delle stesse cellule è possibile prevedere
un cancro polmonare o epatico.
I riceventi di organi sieropositivi che ricevono farmaci immunosoppressori per prevenire il rigetto dei trapianti hanno un elevato
rischio di sviluppare forme tumorali (cancro
anale, cervicale e epatico) causate da virus
oncogeni. Nel momento in cui il livello delle
cellule CD4 diminuisce, il sistema immunitario è meno efficiente nell’eliminazione dell’HPV o dei virus dell’epatite. Engels ha rimarcato il fatto che il ripristino immunitario, risultante dalla terapia HAART, può in
verità innescare lo sviluppo del linfoma di
Hodgkin, dato che «la parziale ricostituzione del sistema immunitario permette il reperimento delle cellule immunitarie e la
manifestazione del carcinoma».
I problemi sorgono anche quando il livello delle cellule CD4 toccano il fondo. Infatti anche a seguito di un recupero ottimale dei linfociti T grazie alla terapia
HAART, le persone che precedentemente
presentavano un basso livello delle cellule
CD4 (soprattutto coloro che sono definiti
come portatori di AIDS, quindi con un
conteggio pari a 200 cellule/mm3) continuano ad avere un rischio maggiore verso
una vasta gamma di disturbi a differenza
delle persone sieronegative. Secondo
quanto sostiene uno studio del 2009 condotto su 52.278 persone sieropositive, coloro che sono affetti dal SK e dal linfoma
non-Hodgkin – i due tipici tumori AIDScorrelati – avevano precedentemente raggiunto un livello minimo di cellule CD4
(fino a 68 cellule/mm3) mentre successivamente ammontava a un numero inferiore
a 200 cellule/mm3. I due terzi dei pazienti
con un tumore non AIDS-correlato presentavano inoltre una bassa conta CD4.
Questi individui hanno vissuto con l’HIV
per molto tempo e hanno trascorso una
media di due anni con una conta CD4 inferiore a 200 cellule/mm3 e un anno con
una carica virale superiore a 100.000 copie/mL.
Nella rivista AIDS del 2009 Engels ha sottolineato il fatto che una bassa conta CD4 è
fortemente associata alle fasi iniziali del
cancro anale provocato dall’HPV. Riscontrare soltanto l’HPV ed eventuali lesioni
precancerose indica che il sistema immunitario è compromesso – quindi non sorprenderebbe una basso livello di cellule CD4.
Tuttavia una bassa conta CD4 non sembra
essere così estremamente correlata al rischio di sviluppare un cancro anale. La terapia HAART può apparire associata ad un
maggiore tasso di cancro anale dato che le
persone sieropositive coinfette dall’HPV
anale vivono più a lungo con l’infezione
da HPV – e di conseguenza hanno bisogno
di essere regolarmente controllate al fine
di trattare e prevenire un’escalation verso
il tumore anale.
LA CARICA VIRALE
Sebbene non conosciamo esattamente
quali fattori inneschino la nascita di tumori maligni (una bassa conta CD4? Infiammazioni?), Michael Silverberg ha osservato
che la carica virale è il riflesso dello stato
immunitario. Generalmente un’alta carica
virale corrisponde ad un sistema immunitario indebolito. Durante la Conferenza su
Retrovirus e Infezioni opportunistiche tenutasi a Boston nel 2009, Alexander Zoufaly del Centro Medico Universitario Hamburg-Eppendorf ha affermato che l’età,
una bassa conta CD4 e un’elevata carica virale presagiscano lo sviluppo di linfomi
AIDS-correlati e, a tal proposito, Zouflay
ha consigliato di ottimizzare la terapia
HAART al fine di ridurre l’incidenza di tali
linfomi. Analogamente, una precedente ricerca svizzera ha rivelato che la terapia
HAART diminuisce della metà il rischio di
contrarre il linfoma non-Hodgkin entro
cinque mesi e di mantenerlo a livelli minimi nei dieci anni successivi. Nella ricerca di
Guiguet risultava che un’alta carica virale
(oltre 100.000 copie/mm3) era collegata a
un maggiore rischio di sviluppare un tumore AIDS-correlato. La terapia HAART è
in grado proteggere l’organismo contro il
cancro, riducendo il rischio di un tumore
cervicale del 50% e, allo stesso tempo, una
conta CD4 più elevata diminuisce significativamente il rischio di sviluppare questo
particolare tipo di tumore.
PREVENZIONE
Come già Guiguet e altri hanno osservato,
la terapia HAART è la chiave per ridurre il
rischio di cancro nelle persone sieropositive. Oltre a mantenere la conta CD4 ad un
livello superiore alle 500 cellule/mm3, la
terapia HAART si orienta sempre più verso
il tentativo di proteggere l’organismo da
una vasta gamma di tumori, soprattutto il
SK e il linfoma non-Hodgkin. Ci sono altri
modi affinché le persone affette da HIV
possano diminuire il rischio di sviluppare
forme tumorali di ogni sorta. Ricevere i
controlli appropriati, i trattamenti per le
coinfezioni virali e i vaccini – e apportare
dei cambiamenti nelle proprie abitudini
come smettere di fumare – può contribuire
in maniera sostanziale ad abbassare il rischio di cancro e migliorare la salute a livello generale.
LA TERAPIA HAART COME
PREVENZIONE E
TRATTAMENTO DEL CANCRO
Silverberg e i suoi colleghi Chun Chao e
Donald Abrams hanno provato che inizialmente la terapia HAART sostiene le funzioni immunitarie e riduce il rischio di malattie cardiovascolari, renali ed epatiche, oltre a diminuire il rischio di tumori non
AIDS-correlati. I ricercatori indicano inoltre
che l’associazione esistente tra tumori non
AIDS-correlati e la conta delle cellule CD4
permette alla HAART di ribaltare il rischio
di sviluppare tumori non AIDS-correlati.
Silverberg ha dimostrato che gli inibitori
della proteasi apportano particolari benefici nella prevenzione e trattamento del
SK. Le persone sieropositive che assumono
inibitori della proteasi sembrano inoltre
presentare meno casi di cancro alla prostata, constatando una diminuzione del tasso
di rischio per quanto concerne questo tumore rispetto al resto della popolazione.
Tuttavia «non è ancora chiaro il motivo;
può trattarsi di una deficienza ormonale,
come il testosterone» ha appuntato Silverberg. Oppure, come opzione alternativa,
gli inibitori della proteasi spesso usati durante la terapia HAART potrebbero di fatto dimostrare l’effetto anticancerogeno riscontrato con altri inibitori naturali della
proteasi come riso, semi e legumi (per
esempio, fagioli, semi di soia e ceci). Silverberg, come altri, sottolinea il fatto che la
terapia HAART è stata ritenuta come una
possibile causa nell’aumentare il rischio di
sviluppare il linfoma di Hodgkin inteso co-
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me parte della Sindrome Infiammatoria da
Immuno-Ricostituzione (IRIS), una malattia
che alcuni individui sieropositivi subiscono
appena il loro sistema immunitario viene
ristabilito grazie al trattamento antiretrovirale. Sebbene alcuni farmaci antiretrovirali possano provocare una tossicità epatica, Engels ha notato che la HAART può effettivamente diminuire il rischio di carcinoma epatico – forse migliorando il controllo immunitario dell’epatite virale. Per
quanto concerne le persone sieropositive
che hanno ricevuto trattamenti per ogni
tipo di tumore, Silverberg ha affermato
che «non è consigliabile arrestare l’assunzione di medicinali antiretrovirali e sostituirla con la chemioterapia» dato che accrescerà la carica virale. La capacità della
HAART di aumentare il livello delle cellule
CD4 rende tale terapia un’alleata essenziale nella prevenzione e nel trattamento del
cancro per la popolazione sieropositiva.
Secondo quanto dice Silverberg, «il sistema immunitario è estremamente collegato al rischio di cancro, di conseguenza a
una bassa conta CD4 è associata alla nascita di neoplasie».
CONTROLLI REGOLARI
È consigliato che tutte le persone sessualmente attive, a prescindere dallo stato di
sieropositività, si sottopongano ad un test
a cadenza regolare al fine di rilevare la
presenza di eventuali nuove infezioni che
potrebbero essersi insediate nell’organismo dopo il loro ultimo esame di controllo
e questo include dei PAP test anali o cervicali. Joel Palefsky ha evidenziato che il tasso di incidenza del cancro anale è in aumento e sottoporsi regolarmente a test
potrebbe quasi eliminare questo tumore,
aggiungendo tuttavia, con rimpianto, che
«tali test non fanno ancora parte della
prassi standard. Anche a San Francisco,
con tutto il lavoro che svolgiamo, vediamo
solo una minima parte delle persone a rischio». È un dovere degli uomini e delle
donne sieropositivi essere proattivi e informarsi e richiedere annualmente – insistendo, se necessario – PAP test anali. Nel momento in cui le persone sieropositive invecchiano, come per tutti gli anziani, è
consigliabile sottoporsi regolarmente a
test in grado di diminuire il rischio di cancro. A tal proposito il Centro Nazionale
americano contro il Cancro ha stabilito
delle linee guida secondo le quali le donne
di età superiore ai 40 anni dovrebbero sottoporsi a mammografie annuali, oltre a
consigliare ad ogni persona oltre i 50 anni
di fare una colonscopia ogni cinque anni.
La procedura attuata è la più efficiente
misura disponibile nel rilevare, prevenire
la progressione delle cellule cancerose e
trattare i sintomi anormali riscontrati nel
colon e nel retto che potrebbero tramutarsi in forme tumorali. L’Associazione
Americana di Urologia raccomanda che gli
uomini ricevano il primo test alla prostata
all’età di 40 anni, seguito da ulteriori esami successivi. La prassi prevede poi di sottoporsi al test della prostata con cadenza
annuale superata la soglia dei 50 anni.
Agli uomini afroamericani o con fattori
ereditari collegati al cancro alla prostata
viene di solito proposto di iniziare i controlli in anticipo rispetto a quanto predisposto dalle linee guida. Sono inoltre raccomandati gli annuali test cutanei dato
l’alto tasso di rischio di tumori alla pelle riscontrato nella popolazione sieropositiva,
specialmente nel caso di gravi complicanze. Attraverso controlli periodici sarà possibile rilevare ogni sintomo anomalo oppure verificare se sono incorsi cambiamenti a livello cutaneo (come nei o macchie) al
fine di stabilire ulteriori esami di controllo.
John-Manuel Andriote, A Glass Half Full:
Cancer Risk for People Living with HIV,
Beta, estate-autunno 2010, traduzione a
cura di Gianni Bellesi
ONU:
a rischio gli obiettivi
fissati per il 2015
Il mondo è in ritardo nel suo impegno a
ridurre le infezioni di HIV e Aids e a migliorare il relativo trattamento, soprattutto nell’Africa sub-sahariana. In una relazione dello scorso aprile, il Segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon ha detto
che ci sono ancora molte sfide e aspetti
critici da superare per tenere fede alle
promesse fatte nel meeting mondiale del
giugno 2011. Secondo il rapporto, i finanziamenti per progetti per contrastare l’HIV/AIDS sono stati inadeguati e, senza un
cambiamento di rotta, non può essere
raggiunto l’obiettivo delle Nazioni Unite
di fermare e invertire la diffusione delle
infezioni entro il 2015.
Nel 2010 circa 15 miliardi di dollari sono
stati destinati a contenere la diffusione
dell’HIV, ma per raggiungere i suddetti
obiettivi saranno necessari circa 22-24 miliardi di dollari. Il Segretario ha quindi
lanciato un appello per sollecitare la partecipazione di fondi pubblici, privati e
umanitari, esortando la comunità internazionale a fare di tutto per rispettare gli
impegni assunti. Ha poi ricordato che oltre 7 milioni di persone in paesi a basso e
medio reddito hanno ricevuto il trattamento antiretrovirale nel 2011 e che l’obiettivo per il 2015 è di raggiungere oltre
15 milioni di individui, più del doppio dello scorso anno.
In questo scenario, i dati restano allarmanti: a fine 2010, erano circa 34 milioni i soggetti che vivevano con l’HIV (metà dei quali donne). L’area sub-sahariana rimane più
pesantemente colpita, con il 68% delle
persone sieropositive totali e il 70% di tutti i nuovi contagiati del 2010. I tassi di mortalità sono diminuiti, come sono diminuite
le nuove infezioni rispetto al picco del
1997, ma molte popolazioni rimangono
vulnerabili.
L’incidenza dell’HIV è in deciso aumento in
Europa orientale, Asia centrale, Medio
Oriente, Nord Africa e in alcuni paesi asiatici. I rapporti sessuali non protetti sembrano essere una delle principali fonti del
contagio in Africa, mentre in Europa
orientale e in Asia centrale il veicolo dell’epidemia sembra essere l’assunzione di droghe per iniezione, ma il rapporto sessuale
tra soggetti maschili continua a rappresentare un fattore di contagio a livello
mondiale.
Gli obiettivi per il 2015, come molti ricorderanno, puntano a ridurre le nuove infezioni da trasmissione sessuale a circa 1 milione all’anno (metà rispetto al 2010) e
quelle da iniezione di stupefacenti a circa
120.000 l’anno. Dovrebbero anche essere
largamente eliminate le infezioni da HIV
tra i bambini (compresi i casi da trasmissione durante la gravidanza), scendendo a
circa 390.000. Ci si chiede se vincerà la coerenza con gli impegni presi o se le difficoltà del sistema economico internazionale indurranno i governi a dilazionare le
tappe di questo importante programma.
foxnews.com
Atene, più casi di
contagio per i tagli
alla sanità
Le ragioni del budget possono giustificare tagli alla Sanità e misure di prevenzione che non rispettano il diritto alla salute
dei cittadini? In Grecia sembra proprio di
sì. Lo afferma un articolo di Lizzy Davies
sul Guardian, che riferisce l’allarme lanciato da Medici senza frontiere (MSF) secondo cui le autorità di Atene stanno
perseguendo una strategia sbagliata e
pericolosa per la salute pubblica, ignorando le cause di insorgenza delle malattie e penalizzando le fasce di popolazione più a rischio.
A confermarlo, secondo la responsabile
della sezione greca di MSF, Reveka Papadopoulou, sono i dati 2011 sui casi di
HIV/Aids nel centro della città, aumentati
del 1450% rispetto al 2010. L’incremento,
a suo parere, è in gran parte dovuto alla
sospensione del programma di fornitura
di siringhe per i tossicodipendenti della
capitale. Inoltre le restrizioni governative
avviate in marzo hanno colpito migliaia
di immigrati clandestini presenti ad Atene, che vivono in condizioni antigieniche
nel cuore della città. In aprile, addirittura, il governo ha annunciato l’intenzione
di tenere in centri detenzione a tempo
indeterminato i clandestini considerati
un rischio per la salute pubblica, con la
giustificazione di voler eseguire i controlli sanitari obbligatori e i trattamenti necessari per l’HIV/Aids e altre patologie
contagiose. In maggio, addirittura, pochi
giorni prima delle elezioni, la polizia ha
arrestato un gruppo di donne sieropositive accusate di prostituirsi con grave danno per i clienti. L’aspetto più critico della
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vicenda è che le autorità hanno rilasciato
ai media le fotografie e l’identità di dodici di queste donne, originarie di Grecia,
Europa orientale e Russia.
Questi provvedimenti, sottolinea Reveka
Papadopoulou, sono contrari a ogni etica
medica e sono pericolosi per la salute
pubblica perché l’approccio poliziesco
verso i possibili trasmettitori della malattia non ha niente a che fare con la mancanza di risorse e, soprattutto, è un approccio sbagliato e inammissibile. La palese violazione dei diritti umani ha generato indignazione e se finora l’atteggiamento dello stato, unito alla mancanza
di capacità e di risorse, ha reso drammatica la situazione del sistema sanitario greco, è possibile che questo scenario possa
continuare anche dopo le elezioni. Le
barriere poste all’accesso alle cure di base (per carenza dei farmaci necessari, tassa di 5 euro per la visita in ospedale e riduzione complessiva del bilancio degli
ospedali pubblici) rischiano di causare un
serio deterioramento dello stato di salute
pubblica, poiché la mancanza di un trattamento medico e farmacologico agli immigrati clandestini si traduce in un aumento di individui malati e privi di cure
che continuano a trasmettere le patologie di cui sono affetti. Ma alle autorità
politiche fa comodo accusare del contagio quelle che in realtà sono le vittima
delle loro scelte sconsiderate.
Fonte: The Guardian, 12/6/2012
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Nuovi passi avanti
della terapia genica
Prima è stata utilizzata contro il cancro e oggi si sta dimostrando efficace anche nel trattamento della sieropositività. Ci riferiamo
alla terapia genica capace di modificare i linfociti T in modo che riconoscano il virus e lo
attacchino. Il tutto senza sviluppare effetti
collaterali, neanche a lungo termine. A dimostrarlo è uno studio pubblicato dai ricercatori dell’Università della Pennsylvania su
Science Translational Medicine. Gli scienziati
hanno dimostrato che le persone sieropositive a cui vengono iniettati linfociti T geneticamente modificati non sviluppano effetti
collaterali almeno fino a 11 anni dall’inizio
della terapia: questo tipo di approccio sembra dunque assolutamente sicuro e potrebbe essere utilizzato in combinazione con altri trattamenti capaci di curare la malattia.
Inizialmente gli studi sulle terapie geniche
suscitavano forti preoccupazioni per paura
che potessero sviluppare forme di leucemia
come effetto collaterale. Il team statunitense ha però dimostrato che questo tipo di
gravi effetti collaterali si sviluppa solo
quando si cerca di agire sulle cellule staminali del sangue, e non quando si lavora con
linfociti T già differenziati.
Nonostante la cautela degli scienziati sulla
terapia, gli studi di lungo periodo sembrano dimostrare una certa sicurezza del trattamento. Finora, come spiega Carl June,
docente di patologia e medicina sperimentale alla Penn, la terapia è stata studiata su
43 pazienti, che oggi sono tutti in perfetta
salute. Quarantuno di questi dimostrano di
avere effetti positivi a lungo termine, ge-
UNA BUONA
OCCASIONE
PER LE AZIENDE
nerati dai linfociti T modificati che sono
stati iniettati nel loro organismo. Il risultato fa sperare che in futuro si possa curare
l’infezione, invece di tenerla semplicemente sotto controllo. Ciò significherebbe eliminare gli effetti collaterali che hanno alcune terapie anti-HIV oggi utilizzate. Inoltre diminuirebbero i costi personali per le
cure e la spesa del sistema sanitario.
Per verificare la sicurezza della terapia, gli
studiosi hanno seguito per un decennio
tutti i pazienti sottoposti a tre diversi trial
dal 1998 al 2002. Ognuno di essi riceveva
una o più iniezioni dei suoi stessi linfociti T
modificati, che avevano un particolare recettore capace di riconoscere la proteina
che circonda e nasconde il virus Hiv e di
agire su di esso. La terapia non ha avuto effetti collaterali né subito dopo l’infusione,
né a lungo termine: nessuno dei pazienti
seguiti fino ad oggi ha sviluppato cancro o
altri problemi. Inoltre, più della metà della
popolazione di linfociti T modificati e iniettati nell’organismo sembra persistere nel
sangue dei pazienti per oltre un decennio.
Ciò vuol dire che le cellule modificate potrebbero essere un ottimo veicolo, capace
di rilasciare per moltissimo tempo terapie
proteiche all’organismo malato.
I ricercatori ora sperano di poter usare le nozioni acquisite con questa ricerca anche per
combattere in modo personalizzato anche
altre patologie.
FONTE: quotidianosanità.it (maggio2012)
Perché tenere FONDI DI
MAGAZZINO o PRODOTTI DI
SECONDA SCELTA ad ammuffire
in deposito?
Meglio destinarli a una buona
causa. Per esempio donandoli ad
ASA che li metterà in vendita nel
Basar, mercatino organizzato
ogni mese come importante
fonte di finanziamento per
l’associazione.
Oltre ad aggiungere un plus
all’immagine aziendale, i
produttori e i commercianti
potranno usufruire delle
detrazioni fiscali previste
dalla legge per le donazioni di
denaro o di prodotti alle onlus.
Come si fa a donare merci e
prodotti? Potete portarli
direttamente in sede, dal lunedì
al venerdì (ore 10-18),
o telefonare al numero
02.58.10.70.84 per organizzare il
ritiro al vostro domicilio.
Europei di calcio 2012
e prostituzione: allarme
delle femministe di Kiev
Kiev (TMNews) - L’ammonimento non è stato lanciato dalle organizzazioni impegnate
nella lotta contro le malattie sessualmente
trasmissibili, bensì dalle scatenate femministe di Femen, gruppo di ragazze ucraine diventate famose per numerose proteste …
in topless. Le agguerrite ragazze di Femen
hanno fatto notizia in diverse occasioni, in
particolare quando hanno manifestato a
seno nudo davanti a una chiesa con una
provocatoria richiesta al Signore: liberare
la Russia dallo “zar” (Putin), o quando, lo
scorso novembre, si sono fatte fotografare
(sempre in topless) mentre esprimevano la
loro soddisfazione per la fine del governo
Berlusconi.
A fine maggio 2012, invece, la singolare
forma di protesta è stata riproposta per attirare l’attenzione sul binomio “calcio e
prostituzione”, denunciando il rischio che
le finali dei campionati europei si trasformassero per molti tifosi del pallone in una
trasferta a sfondo sessuale. In effetti, in vista degli eventi sportivi si erano moltiplicate nel web le offerte a luci rosse da abbinare agli appuntamento sportivi durante il
viaggio in Ucraina.
L’allarme aveva anche un chiaro riferimento alla salute, perché in Ucraina il ritmo di
diffusione del virus HIV è tra i più alti d’Europa. Il rischio di infezione è particolarmente elevato in caso di rapporti non protetti con le lavoratrici del sesso, perché
questa categoria presenta un tasso di con-
tagio da HIV più alto (del 9%) rispetto al
resto della popolazione.
Nelle città dove erano previste le partite di
calcio esistono numerosi locali dove si svolgono approcci e incontri sessuali: sale per
lap dance, case di appuntamento e hotel a
luci rosse. Va poi notato che in Ucraina la
prostituzione, pur non essendo legale, è
considerata un reato amministrativo, quindi punita unicamente con sanzioni. «L’industria del sesso si serve della povertà e della
mancanza di cultura delle ragazze, costrette a vivere con salari inadeguati al costo
della vita, che accettano di venire sfruttate», ha affermato un’attivista di Femen.
Fonte: TMN news, 28/5/012
Notizie dal Mondo
della ricerca
DOLUTEGRAVIR
E’ un inibitore dell’integrasi che entrerà nella pratica clinica in un prossimo futuro. Efficace in prima
linea in monosomministrazione (allo studio combinazione fissa con Kivexa) o a dosaggio più alto
in pazienti multi resistenti. Rispetto all’inibitore
dell’integrasi in commercio, raltegravir, mostra
profilo e soglia di resistenza migliore con tollerabilità sovrapponibile. Rispetto alle terapie di prima linea abituali (Nnrti, Pi) mostra un profilo metabolico nettamente migliore.
IBALIZUMAB
Un anticorpo monoclonale conosciuto come ibalizumab è risultato ben tollerato ed efficace nel ri-
durre HivRna se aggiunto alla terapia in corso di
pazienti già pesantemente pretrattati e con ceppi
di Hiv multi resistenti. L’efficacia è legata al suo
principale meccanismo d’azione: si lega al recettore Cd4 e impedisce ad Hiv l’entrata nella cellula.
Nella fase IIa in corso vengono confrontati due regimi: 800 mg in vena ogni 2 settimane o 2000 mg
ogni 4 settimane.
Può diventare una buona opzione per pazienti
multi resistenti.
BI 224436
E’ un inibitore dell’integrasi in fase di sviluppo
(deve iniziare la fase II), utile anche su ceppi di Hiv
già resistenti a raltegravir.
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Brasile,
oltre un decennio di successi
ha riacceso la speranza
Sono stati superiori a ogni aspettativa i
risultati dei programmi adottati in Brasile
negli ultimi anni per arrestare la diffusione del virus Hiv e dei casi di Aids. Ne sono
convinti i medici intervistati a Rio de Janeiro da un giovanissimo giornalista, il
cui articolo è stato pubblicato sul Lake
Wylie Pilot nel giugno di quest’anno. I
traguardi di oltre un decennio di iniziative con un forte impatto si percepiscono
innanzitutto nell’approccio delle persone
agli ospedali in cui si diagnostica e si cura
l’Aids: mentre in passato una diagnosi di
Aids generava terrore nei soggetti malati, oggi la notizia della malattia e le cure
proposte nelle strutture specializzate
vengono accettate con un sentimento di
speranza. La patologia non viene percepita come “condanna a morte” anche
perché la varietà e la qualità dei trattamenti continuano a migliorare, grazie soprattutto al programma nazionale di
trattamento di prevenzione che prevede
una quasi universale distribuzione di farmaci. A fare il quadro della situazione è
la Dottoressa Anna Cabral, che lavora in
un grande ospedale pubblico e insegna al
Pedro Ernesto University Hospital di Rio
de Janeiro.
Il timore di alcuni esperti, però, è che tale
programma non possa sopravvivere a
lungo, considerando le polemiche sorte
sia perché il governo ha violato le leggi
sui brevetti internazionali (per produrre
in serie i farmaci a costo inferiore), sia
perché sono state reclutate prostitute
per la distribuzione di preservativi. I progressi compiuti finora hanno teso a realizzare un sistema sanitario pubblico ispirato a principi di giustizia sociale e di universalità, ma in questo momento qualcuno avverte aria di crisi e teme che la spesa del governo per il trattamento salvavita aumenterà in modo insostenibile con
l’aumentare dei pazienti che sopravvivono più a lungo rispetto al passato.
In Brasile, dove il primo caso di Aids risale
al 1982 e il numero dei malati si è sviluppato rapidamente, già nel 1991 i responsabili della Sanità hanno cominciato a
distribuire liberamente ai malati di Aids i
trattamenti a base di azidotimidina
(AZT). A metà degli anni 1990, nuove e
più efficaci terapie antiretrovirali hanno
sostituito i trattamenti più datati e nel
1996 il governo ha dichiarato che avrebbe distribuito gratuitamente il trattamento antiretrovirale a tutti i cittadini
affetti da Aids. Una presa di posizione
ancora più dirompente si è avuta nel
2007, quando il presidente Lula ha annunciato che il paese avrebbe importato
una versione a basso costo di uno dei farmaci antiretrovirali e ha firmato una co-
siddetta “licenza obbligatoria” per un
farmaco sviluppato dal gigante statunitense Merck, che il Brasile ha cominciato
a produrre più a buon mercato, nonostante l’irritazione degli alleati del Brasile e delle case farmaceutiche, che hanno presentato ricorso contro l’iniziativa.
Il Brasile ha inoltre sponsorizzato efficaci
iniziative per diffondere la consapevolezza dei problemi di salute sessuale e per
promuovere pratiche di sesso sicuro. Ad
esempio, un opuscolo prodotto dall’Associazione brasiliana interdisciplinare AIDS
ha presentato tre racconti erotici che trasmettevano un’immagine positiva dell’uso del preservativo (senza fare alcun riferimento al virus o all’Aids). E nel 2002 il
Ministero della Sanità brasiliano ha reclutato dei lavoratori del sesso come “partner” nella lotta contro l’HIV e ha fatto
diffondere manifesti, volantini e adesivi
con il personaggio dei cartoon “Maria
Senza Vergogna”, con cui è stata promossa una visione positiva delle donne
nell’industria del sesso. Gli annunci dicevano: «Non avere vergogna, ragazza. Sei
una professionista». Come risultato, nel
2009 il 47% delle lavoratrici del sesso in
Brasile riceveva l’assistenza di un programma di prevenzione dell’AIDS.
Fonte: Lake Wylie Pilot, 12/6/2012
Zimbabwe: Donne rasate
e sporche. Per evitare il contagio?
Niente sapone per lavarsi, testa rasata e
genitali mutilati: questa la proposta avanzata lo scorso maggio dal senatore Morgan Femai, del Movimento per il Cambiamento Democratico dello Zimbabwe, per
arrestare la diffusione dell’Aids. L’obiettivo
è certamente della massima urgenza in un
paese in cui circa il 14% della popolazione
è affetta dalla malattia, ma la sostanza
dell’affermazione, oltre ad essere crudele,
umiliante e scientificamente scorretta, si
basa su un principio sessista che vede il genere femminile come “portatore del contagio”, quasi un moderno “untore” di
manzoniana memoria.
A detta del senatore, se le donne si rendessero poco attraenti o addirittura ripugnanti, non rappresenterebbero una tentazione per gli uomini. E non c’è dubbio che vestirsi male, tagliarsi i capelli a zero, non lavarsi e sottoporsi a infibulazione alzerebbe
una vera barriera “spontanea” tra i sessi.
Singolari anche le precisazioni del senatore per spiegare la sua posizione: «Non dovrebbero farsi il bagno perché è proprio
questo che ha causato il problema […] Le
donne hanno più idratazione negli organi
rispetto agli uomini, perciò dobbiamo capire come rapportarci con questa idratazione perché conduce i batteri. Dovrebbe
esserci un modo per succhiare via questa
umidità».
Paradossalmente l’opinione del senatore
Femai è stata espressa durante una conferenza sull’HIV/Aids in Africa. Mentre gli altri partecipanti al convegno sono rimasti
sorpresi o indignati, i colleghi del suo partito (che ha la maggioranza in parlamento) non hanno rilasciato alcuna dichiarazione a caldo. Solo a distanza di una settimana è stato pubblicato un comunicato
ufficiale del partito in cui si diceva: “La dif-
fusione dell’Hiv-Aids è più rapida laddove
vi sono sostanziali disparità economiche e
sociali, abitazioni poco adeguate e non sicure, dove c’è la disoccupazione e mancano servizi sanitari di base”. Si è poi precisato che “bisogna distinguere tra miti e buone pratiche”. E proprio a favore di queste
ultime si è schierato il partito.
Di diversa natura un’altra notizia arrivata
in giugno dallo Zimbabwe, dove una quarantina di parlamentari ha deciso di farsi
circoncidere in occasione del lancio di una
nuova campagna di prevenzione contro
l’Aids. Il gruppo di deputati si è infatti sottoposto volontariamente all’operazione
sotto anestesia in una clinica mobile attrezzata nel Parlamento, dopo i preliminari esami del sangue. La campagna in questione punta a circoncidere 1,2 milioni di
uomini entro il 2015.
SOSTITUZIONE DI NNRTI O
IP CON MARAVIROC
TRACCE DI VIRUS HIV NEL
“PAZIENTE DI BERLINO”
Un gruppo di clinici spagnoli ha valutato
efficacia e tollerabilità dell’utilizzo di maraviroc al posto di Nnrti o Ip. Lo studio è
stato condotto su un piccolo gruppo di
pazienti, con Hivrna <40, in trattamento
con Truvada più un inibitore non nucleosidico della transcrittasi inversa o inibitore
della proteasi. I pazienti avevano ceppi di
Hiv Ccr5 tropici. Dopo 48 settimane solo
un paziente ha avuto un rebound della viremia, ma si trattava di un ceppo di Hiv
non Ccr5-tropico, mal diagnosticato all’entrata nello studio. Significativamente
ridotti i livelli ematici di colesterolo e trigliceridi. In effetti l’utilizzo di maraviroc
come terzo agente appare molto interessante, ma non ancora inserito nelle linee
guida.
Gli scienziati stanno cercando tracce di
Hiv nell’organismo di Timothy Ray Brown,
il paziente “curato” dall’infezione con un
trapianto di midollo. Questa persone è
stata sottoposta nel 2007/8 a due trapianti di midollo per leucemia. Il midollo apparteneva a un donatore le cui cellule
non avevano i recettori che lasciano entrare Hiv, quindi immuni all’infezione. Sono stati studiati con metodi ultrasensibili
alcuni miliardi di cellule, provenienti da
sangue, linfonodi, intestino, liquido cerebrospinale e alcune tracce di Hiv sono state trovate. Non tutti i ricercatori sono
concordi sul fatto che si tratti di virus del
paziente: potrebbe trattarsi anche di contaminanti presenti nei laboratori dove sono stati condotti gli studi. In ogni caso,
anche se ce ne sono tracce, il “suo” Hiv
non si replica. Brown è destinato a fare da
cavia per tutta la sua vita…
QUAD
Si tratta di una nuova formulazione (da
Gilead) di Haart in una singola compressa:
elvitegravir (inibitore dell’integrasi), cobicistat (un nuovo booster alternativo a ritonavir) e Truvada. Attualmente sono in
corso gli ultimi studi clinici pre-commercializzazione. Rappresenta un’ottima opportunità di semplificazione rispetto ai
trattamenti attuali, specialmente in chi
mal tollera gli altri “primi farmaci”, ovvero gli inibitori della proteasi o i non nucleosidici.
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Scritture
Com’eravamo... anzi, com’erano le associazioni per la lotta all’Aids quando ancora
non esistevano i farmaci o non erano disponibili per i pazienti; quando negli Stati Uniti
montava una psicosi che portava a chiedere
di rendere visibili i malati di Aids, con un segno di riconoscimento o addirittura con un
tatuaggio; quando il presidente Usa Ronald
Reagan non pronunciava neppure la parola
Aids, eppure i morti si contavano in decine
al giorno; quando le compagnie farmaceutiche erano impegnate a calcolare i profitti
che avrebbero potuto fare con farmaci costosissimi e alla portata di pochi cittadini;
quando si arrivò, forse, “a un passo dal deportare i malati di Aids degli Stati Uniti nei
campi di concentramento”, per tentare di
bloccare l’epidemia.
Questo “com’eravamo” mi frullava in testa
mentre ero in sala durante la proiezione
del documentario “United in Anger: A history of Act Up”, il primo tentativo di ricostruire quegli anni terribili e straordinari al
tempo stesso, in cui a New York nel 1987
un gruppo di uomini e donne con l’Aids
cominciarono a riunirsi ogni lunedì per
combattere l’ideologismo e l’inerzia del
governo, l’avidità delle case farmaceutiche, le ingerenze violente e crudeli della
chiesa cattolica, l’incapacità delle agenzie
federali e soprattutto i pregiudizi della società contro i malati. “United in Anger”
(www.unitedinanger.com), realizzato da
Jim Hubbard, è stato proiettato a Milano
all’ultimo Festival Mix di cinema gaylesbico
e queer culture, dove ha ottenuto il riconoscimento come miglior documentario,
perché “È un opera che porta in sé l’importanza del lavoro collettivo e di quello militante. E che racconta di una battaglia difficile come quella contro l’Aids facendone
capire il senso politico e le battaglie per i
diritti ad essa legati. Senza mai cedere a
banali drammatizzazioni. È il film più completo e quello che non ci fa dimenticare
che è anche grazie a persone come quelle
di Act Up che noi oggi siamo qua a sostenere e godere di un festival Lgbtq”.
Non riesco a immaginare parole migliori di
queste per spiegarlo: mentre guardavo
questo documento della nostra storia – nostra in quanto comunità lgbt, in quanto attivisti nella lotta all’Hiv, ma anche in qualità di cittadini e semplicemente esseri umani – ho pensato che davvero dobbiamo essere grati a questi fratelli e queste sorelle,
alcuni ancora vivi, altri non più, per quello
che hanno fatto e per la straordinaria eredità che ci hanno trasmesso, senza considerare i progressi che hanno contribuito a
raggiungere per l’intera società. “United
in Anger” significa “Uniti nella rabbia” e
la rabbia è stata una delle molle che hanno spinto migliaia di persone a costruire
dal niente l’attivismo anti-Aids, a dare vita
a un movimento organizzato con le sue
iniziative e i suoi portavoce, a esporsi in
prima persona con i propri corpi e le proprie esperienze di vita. La rabbia insieme al
desiderio di sentirsi utili, alla voglia di agire e incidere nel proprio destino e nella
storia. Un risultato che, fatta la media tra
vittorie e sconfitte di Act Up, è stato certamente raggiunto.
La sensazione, mentre le immagini scorrono sullo schermo, è quella di condividere
quella rabbia, di desiderare di scendere in
strada, occupare i luoghi delle istituzioni e
manifestare il proprio sdegno, la frustrazione e l’urgenza di reagire ai soprusi e alle discriminazioni. Una lezione di radicalismo politico e civile in piena regola, impartita da un gruppo che ha usato tutte le tecniche della lotta non violenta per i diritti
civili: quei ragazzi, quei giovani non avevano esperienza di lotta politica, ma al Gay
Center di New York si incontrarono con le
lesbiche e le femministe, con i reduci delle
battaglie contro la guerra in Vietnam e
con chi combatteva contro la segregazione
razziale.
La condivisione, la collaborazione è stata
la chiave del successo di un movimento
suddiviso in mille rivoli, alimentato da
gruppuscoli con una propria identità definita e una coesione basata sulla conoscenza e la fiducia. Solo così, spiegano quelli
che c’erano, era possibile rischiare di farsi
arrestare, opporsi fisicamente alla polizia e
prendere d’assalto il palazzo della Food
and drug administration, che tardava a
sperimentare nuovi armaci e a metterli a
disposizione dei malati; e poi infiltrarsi
dentro il palazzo della Borsa a Wall Street
e incatenarsi per protestare contro il prezzo dell’Azt; oppure organizzare una marcia di protesta contro Cosmopolitan e l’articolo in cui uno psichiatra rassicurava le
donne sulla sicurezza dei rapporti eterosessuali, anche non protetti.
Solo grazie alla fiducia e all’unione tra gli
attivisti è stato possibile un evento mai visto prima come “Stop the Church”. Nel
1989 il cardinale cattolico di New York, Joseph O’Connor, aveva pronunciato parole
di condanna contro l’aborto e contro l’uso
del profilattico, proprio quando era chiaro
che il sesso protetto era l’unica forma di
difesa. Dopo una lunga discussione Act Up
decise una protesta clamorosa: a dicembre
di quell’anno più di quattromila attivisti
manifestarono dentro e fuori dalla cattedrale di St. Patrick. Durante l’omelia del
cardinale quelli all’interno si sdraiarono
come morti in mezzo alla navata centrale,
poi altri attivisti cominciarono ad attaccare
O’Connor per le sue affermazione e la responsabilità morale che ricadeva su di lui,
accusato di essere un “assassino”. Ne nacquero polemiche e accuse, ma la chiesa
DOVE FARE IL TEST
Sei tormentato dal dubbio di aver contratto il virus HIV?
C’è un solo modo per saperlo con certezza: fare il test!
Dove? La risposta nel sito semplice e chiaro attivato
da ASA con il contributo
del Comune di Milano - Assessorato alla Salute: www.testami.it.
Si tratta di un mini-portale completamente dedicato
alla somministrazione del test HIV a Milano e Provincia,
che permette di individuare tutte le sedi presenti sul territorio. La pagina
iniziale presenta infatti una mappa della città e della provincia, suddivisa in
zone di diverso colore.
Basta cliccare con il mouse su una di esse per vedere in dettaglio tutte le
strutture presenti in quell’area, sia pubbliche che private, ciascuna con le
informazioni necessarie per accedervi: mappa stradale, orari, documenti
richiesti ed eventuale presenza di un servizio di counselling.
Se hai ancora dubbi, chiamaci: ASA risponde al numero
02/58107084 da lunedì a venerdì (ore 10 - 18).
cattolica non si permise più ingerenze
pubbliche così evidenti e nette: un grande
risultato era stato raggiunto.
Noi saremmo mai capaci di fare altrettanto? riusciremmo oggi a coagulare la stessa
energia di fronte ai soprusi, alle discriminazioni, alla negazione di diritti basilari,
come il lavoro o la salute?
Proprio di questo ho voluto parlare con
Stephen Kent Jusick, del Festival Mix di
New York, arrivato a Milano a presentare “
United in Anger” al posto del regista Jim
Hubbard. Secondo lui grazie ad Act Up “ci
sono stati veri cambiamenti nell’azione del
governo, non solo per i gay o per le persone con l’Hiv, ma per tutti i cittadini”. Quello che possiamo imparare ora è “mobilitarci e agire, non smettere di lottare, anche
se molta gente pensa che dopo l’arrivo dei
farmaci antiretrovirali non ci sia più un’emergenza”; invece “ancora c’è bisogno di
informazione e di educazione: d’altro canto non sappiamo che effetti avranno le cure a lungo termine, per esempio sulle ossa
e sui denti”.
A me, però, ha colpito molto la sicurezza,
forse solo apparente, con cui donne e uomini malati di Aids parlavano della loro
condizione davanti a una telecamera, magari mettendo a rischio il loro lavoro o i
rapporti familiari o i legami sociali. Negli
Stati Uniti, ma anche qui in Italia come
hanno fatto alcuni militanti storici della
lotta all'Aids, fra cui quelli che hanno dato
il loro contributo proprio nella nostra associazione: penso a Enrico Barzaghi, che tra
i primi ha “osato” fare il proprio coming
out come sieropositivo, e a Stefano Marcoaldi, che da presidente dell'Asa non perdeva occasione per combattere contro i
pregiudizi e il silenzio, persino dal palcoscenico del Maurizio Costanzo Show.
Oggi chi sarebbe in grado di fare altrettanto? Se ce ne fosse bisogno, i sieropositivi
saprebbero uscire allo scoperto? Oggi decidere di fare coming out sulla propria sieropositività è sicuramente un fatto molto più
personale che politico, ma è vero che ci sono ancora pregiudizi da affrontare e rifiuti
da mettere in conto. Ma la strada nella lotta per i diritti è stata già segnata da qualcuno prima di noi: dobbiamo solo riuscire
a seguirla.
Alessandro Condina
HIV
A QUATTR’OCCHI
Continua la serie
di incontri informativi sull’HIV rivolti
alle persone sieropositive.
Le serate, tenute da volontari
sieropositivi (non da medici
o psicologi), hanno cadenza mensile e
forniscono informazioni su virus,
terapie e vita quotidiana in un clima
confidenziale e accogliente.
PROSSIMI APPUNTAMENTI:
11 SETTEMBRE,
9 OTTOBRE,
13 NOVEMBRE,
11 DICEMBRE 2012,
ALLE ORE 20.30.
PER INFORMAZIONI
TELEFONARE ALLO
02/58107084
6 • MARZO - GIUGNO 2012 • NUMERO 3 • ANNO XXI • EssePiù
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25-07-2012
17:36
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Pagina 8
Le attività
dell’ASA
• ASA Mobile: servizio di accompagnamento rivolto a persone sieropositive che devono recarsi in
ospedale per visite o cure in day hospital.
• Centralino informativo: 02/58107084, con il coordinamento dell’ISS/Ministero della Salute (progetto
Re.Te.AIDS), dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 18.
• Counselling vis-à-vis e consulenza psicologica per
persone sieropositive, partner e parenti.
• Internet:
oltre
al
sito
istituzionale
www.asamilano.org, visita i nostri siti
www.testami.it, il portale completamente dedicato alla somministrazione del test HIV a Milano
e Provincia; www.schivami.it, il sito di e-learning
per conoscere tutte le regole della prevenzione
dedicato agli studenti (ma non solo); facebook,
per simpatizzare con noi ed essere sempre aggiornati su tutte le nostre iniziative
• Gruppo The Names Project: decorare, ricamare, dipingere una coperta per ricordare un affetto perduto e superare il dolore insieme agli altri. Le coperte sono esposte ogni anno in occasione delle celebrazioni della Giornata Mondiale contro l’AIDS.
• International Aids Candlelight Memorial, fiaccolata commemorativa in memoria delle vittime
dell’Aids, ogni anno a primavera;
• Gruppo carcere: iniziative di informazione e prevenzione nel carcere di San Vittore.
• Banchetti: informazione e prevenzione nei luoghi di aggregazione.
• EssePiù: bimestrale di informazione e riflessione
rivolto a persone sieropositive e a quanti desiderino saperne di più.
• bASAr: mercatino di beneficenza per la raccolta
fondi a sostegno delle attività dell’Associazione:
ogni secondo sabato del mese dalle 10.00 alle
18.00, presso la sede di Via Arena 25 a Milano;
• Asta permanente su eBay: nell'area Aste di beneficenza vendita settimanale di capi di abbigliamento e oggetti dell'Asa per raccogliere fondi a
sostegno di progetti e attività.
• HIV a Quattr’Occhi: serata informativa a cadenza
mensile completamente dedicata a chi ha scoperto
da poco di essere sieropositivo, e vuole saperne di
più (sul virus, sulle terapie, sulla vita di tutti i giorni) ma anche a chi, magari sieropositivo da più
tempo, ha voglia di ricevere informazioni da qualcuno che non sia un infettivologo o uno psicologo.
PER MAGGIORI INFORMAZIONI SULLE NOSTRE
ATTIVITÀ: tel 02/58107084; mail:
[email protected] – facebook: Asa Onlus
Voglia di
scrivere?
Voglia di scrivere?
Chissà quante volte ti sei trovato a
riflettere sulla tua esperienza o su
quella di persone che ti sono vicine.
Pensieri che si insinuano nella mente e
aiutano a scoprire aspetti nascosti e
sorprendenti di sé e degli altri. Se hai
voglia di scrivere e di raccontare,
mandaci un breve articolo da
pubblicare su EssePiù. E non
preoccuparti della forma: se non hai
confidenza con la scrittura, la
redazione può dare... un tocco finale
alle tue riflessioni. Indirizzo e-mail:
[email protected]
Il piacere
di dare
il piacere
di comprare
LE DATE DEL bASAr
15 SETTEMBRE 13 OTTOBRE
10 NOVEMBRE 15 DICEMBRE
DALLE ORE
10,00
ALLE
18,00
Il bASAr è un mercatino dell’usato che viene
organizzato per finanziare l’associazione. Puoi
trovarci un po’ di tutto: libri nuovi e usati, oggetti
per la casa, vestiti usati e nuovi, borse, cappelli,
scarpe a prezzi davvero contenuti. Ma oltre a chi
trova qualcosa di utile da noi, il nostro
mercatino necessita di generosi donatori: non
gettare i libri che non leggi più, gli oggetti che
vorresti sostituire, gli abiti che non metti da
tempo; sostieni invece l’associazione e regalali al
bASAr chiamando
la segreteria allo 02/58.10.70.84
o inviando una mail a [email protected].
Progetto
Externa
‘EXTERNA’ è lo sportello di counselling settimanale, presso l’ospedale
San Raffaele - Centro San Luigi per la
Cura e la Ricerca per le patologie HIV
correlate (Via Stamira D’Ancona 20 –
Milano). Un operatore è a disposizione dei pazienti che desiderino confrontarsi e ricevere supporto.
Per informazioni: 02/58107084
(lunedì-venerdì, ore 10 - 18).
Corsi e attività
ASA
CORSO DI YOGA
Martedì e Giovedì ore 19,00
MASSAGGI SHIATSU
Su appuntamento
PER INFORMAZIONI
lun/ven dalla ore 10 alle ore 18
tel. 02-58.10.70.84
www.asamilano.org [email protected]
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