MODULO 2: ELEMENTI DI ECONOMIA AZIENDALE 9. L’economicità L’efficienza e i Costi L’analisi C-V-R Corso di Laurea in Biotecnologie – Sede di Fano Insegnamento: Elementi di Economia Aziendale Prof. Del Baldo Mara [email protected] Dipartimento di Economia, Società, Politica Facoltà Economia - Urbino La vita delle aziende si esplica attraverso un sistema di scelte, che permettono la risoluzione di diversi problemi di convenienza Tutta l’attività dell’impresa deve svolgersi ispirandosi al criterio dell’economicità Criterio generale che indirizza il sistema di scelte aziendali, di aziende singole o di economie più vaste la convenienza ad avviare e/o continuare una data attività imprenditoriale o la validità di un progetto di investimento. Equilibrio economico dell’esercizio ECONOMICITA’ Adeguata potenza finanziaria a.a. 2010/2011 2 I GIUDIZI DI ECONOMICITA’ ECONOMICITA’ AZIENDALE AZIENDALE: CONSIDER AL’IMPRESA DA SOLA, SENZA TENER CONTO DEI RAPPORTI CHE LA LEGANO CON LE ALTRE ECONOMIE DI GRUPPO: CONSIDERA L’IMPRESA COME ELEMENTO DEL GRUPPO DI APPARTENENZA ECONOMICITA’ ECONOMICITA’ DI GRUPPO ECONOMICITA’ SUPERAZIENDALE MACROECONOMICITA’ O ECONOMICITA’ COLLETTIVA a.a. 2010/2011 ECONOMICITA’ COLLETTIVA: CONSIDERA L’IMPRESA INSERITA NELL’AMBITO DI UNVA VASTA ECONOMIA TERRITORIALE 3 Equilibrio economico dell’esercizio ECONOMICITA’ Adeguata potenza finanziaria UN’ATTIVITA’ IMPRENDITORIALE E’ ECONOMICA QUANDO: REALIZZA EQUILIBRIO ECONOMICO (o reddituale) = attitudine dell’impresa a remunerare, alle condizioni di mercato, tutti i fattori produttivi, compresi il capitale di prestito e quello di rischio: (remunerare i prestatori di capitale) REALIZZA UN’ADEGUATA POTENZA FINANZIARIA = saper far fronte sempre ai propri impegni (uscite finanziarie) con le entrate derivanti dalla gestione d’impresa a.a. 2010/2011 4 L’ECONOMICITA’ AZIENDALE. L’EQUILIBRIO ECONOMICO L’impresa si trova in equilibrio economico nel momento in cui, alle condizioni di mercato o alle condizioni cui debba ritenersi vincolata, riesce ad ottenere entrate capaci di remunerare, -sia i fattori di produzione in posizione contrattuale (ad es. manodopera) - sia i fattori di produzione i in posizione residuale (ad es. il capitale di rischio). RICAVI = REMUNERAZIONE FATTORI IN POSIZIONE CONTRATTUALE + REMUNERAZIONE FATTORI IN POSIZIONE RESIDUALE oppure RICAVI = COSTI + RISULTATO D’ESERCIZIO CONGRUO il concetto di remunerazione congrua dei fattori due precisazioni: A. identificazione dei fattori produttivi B. quantificazione del livello di profitto che soddisfa tale condizione a.a. 2010/2011 5 A- Identificazione dei fattori produttivi I ricavi devono coprire due tipi di costi: a) i costi dei fattori produttivi in posizione contrattuale costi espliciti relativi all’acquisizione di fattori produttivi la cui remunerazione è: “certa” la loro acquisizione genera un impiego contrattuale; “fissa” già fissata nella stessa sede contrattuale; “prioritaria” deve precedere eventuali altre decisioni di impiego e distribuzione di risorse disponibili. b) i costi dei fattori produttivi in posizione residuale (capitale proprio, lavoro imprenditoriale, beni uso gratuito); oneri figurativi, esprimibili in termini di costo-opportunità, in quanto espressione della rinuncia, effettuata dal soggetto economico, nel momento in cui egli decide di convogliare detti fattori nell’azienda, rinunciando ad altri investimenti alternativi, suscettibili di rendimento, la cui remunerazione è: “incerta” la possibilità di remunerare tali variabili dipende dall’andamento e dai risultati della gestione; “subordinata” tali fattori non possono essere remunerati prima di quelli in posizione contrattuale; “variabile” l’entità della remunerazione dipende dai risultati economici della gestione. a.a. 2010/2011 6 Come fronteggiare il rischio d’impresa? la congruità del reddito LA REMUNERAZIONE E’ CONGRUA QUANDO, TENUTO CONTO DEL RISCHIO E DELL’EVENTUALE LAVORO IMPRENDITORIALE, E’ IN LINEA CON QUELLA RICAVABILE DAI MIGLIORI INVESTIMENTI ALTERNATIVI Il tasso "i" che quantifica questa remunerazione è quindi scomponibile in tre componenti fondamentali: - i1: il compenso per il puro investimento di capitale; i - i2: il compenso per il rischio sopportato; - i3: il lavoro imprenditoriale eventualmente prestato. i >= i1 + i2 + i3 a.a. 2010/2011 7 La condizione di equilibrio economico in relazione al tempo – nel breve periodo (nel corso del singolo esercizio) – nel lungo periodo cause: progresso tecnologico ciclo di vita dei prodotti CICLO DI VITA del PRODOTTO ricavi 4 3 5 1- INTRODUZIONE 2- SVILUPPO 3- MATURITA’ 4- SATURAZIONE 5- DECLINO 2 1 tempo 0 -t1 Tempo in funzione della tecnologia adottata Tali fasi caratterizzano il ciclo di vita di qualunque prodotto ma: variano in ampiezza ed inclinazione --a.a. 2010/2011 8 L’EVOLUZIONE DEI COSTI NEL TEMPO COSTI 100 50 50 30 0 Ricerche di mercato/Ricerca e Sviluppo Terreno/Stabilimento Impianti/Macchine Apparato di distribuzione/amministrativo Costi di gestione 1 2 3 a.a. 2010/2011 4 TEMPO 9 BREAK EVEN POINT E PUNTO DI EQUILIBRIO ECONOMICO – B.E.P. o punto di rottura: Rt =Ct e il reddito di esercizio è nullo – E.E.E. o punto di equilibrio economico: Rt =Ct + Rem. Congrua; remunerati i fattori in posizione contrattuale, i ricavi riescono a produrre una remunerazione congrua dei fattori in posizione residuale area dei profitti Quanto tempo è necessario per raggiungere i due punti? progresso tecnologico ciclo di vita del prodotto a.a. 2010/2011 10 B- Quantificazione del livello di reddito v. slide 5 Quale livello di reddito soddisfa la condizione di equilibrio economico? Equilibrio economico oggettivo Equilibrio economico soggettivo Si ottiene a prescindere da considerazioni personali del soggetto economico e delle sue aspettative di profitto. Si ottiene quando l’azienda riesce a soddisfare le attese/ambizioni del soggetto economico Si identifica nella quantità minima al di sotto della quale l’azienda può perdere l’autonomia economica a.a. 2010/2011 11 LA POTENZA FINANZIARIA L’equilibrio economico può essere esaminato in periodi brevi, medi o lunghi giudizio di autosufficienza economica riferito al breve periodo giudizio di “durevole esistenza”, riferito al lungo periodo. SI HA ADEGUATA POTENZA FINANZIARIA QUANDO L’AZIENDA RIESCE A REPERIRE CAPITALE (DI RISCHIO O DI CREDITO) SUFFICIENTE PER COPRIRE CONTINUAMENTE, PIENAMENTE E CONVENIENTEMENTE IL FABBISOGNO FINANZIARIO derivante dall’eccedenza delle uscite per costi rispetto alle entrate finanziarie per ricavi legati alla gestione Un temporaneo sfavorevole rapporto tra costi e ricavi ed i relativi flussi monetari si risolve in un accresciuto fabbisogno di capitali per rifinanziare le perdite di esercizio. a.a. 2010/2011 12 L’alternanza di E e U per operazioni tipiche d’esercizio crea un DISEQUILIBRIO MONETARIO che viene coperto ricorrendo al capitale proprio o di credito (ASPETTO FINANZIARIO) entrate € uscite F.F. tx t FABBISOGNO FINANZIARIO a.a. 2010/2011 13 Le ENTRATE derivano da: Le USCITE derivano da: • OPERAZIONI D’ESERCIZIO (costi, remunerazione dei fattori in posizione residuale) • INVESTIMENTI IN CREDITI DI FINANZIAMENTO • OPERAZIONI D’ESERCIZIO (ricavi) • DISINVESTIMENTO DI CREDITI DI FINANZIAMENTO (riscossione dei crediti di finanziamento) Per le USCITE si distinguono le FASI: Per le entrate si distinguono le FASI: 1. PREVISIONE 1. PREVISIONE 2. LIQUIDAZIONE ( impegno) 2. 3. PAGAMENTO ACCERTAMENTO (nasce il diritto alla riscossione) 3. RISCOSSIONE a.a. 2010/2011 14 Le operazioni che determinano entrate ed uscite di denaro U uscite E entrate accensione di finanziamenti + capitale proprio + debiti di finanziamento + debiti di funzionamento rimborso di finanziamenti - capitale proprio - debiti di finanziamento - debiti di funzionamento smobilizzo di un investimento + vendita di prodotti con riscossione simultanea o differita (operazioni di esercizio che generano ricavi) + incasso di crediti di funzionamento o di finanziamento + disinvestimento (vendita) di bene pluriennale effettuazione di un investimento – acquisto dei fattori produttivi (es. materie prime) con pagamento simultaneo o differito – erogazione di prestiti ad altri soggetti (+crediti) – investimento (acquisto) di bene ad utilità pluriennale – remunerazione del capitale di rischio a.a. 2010/2011 15 Il FABBISOGNO FINANZIARIO Quindi il fabbisogno finanziario ad un certo tempo "Tx" è calcolabile come F.F. (Tx) = U.tot in liquidaz. – E. tot. in riscoss. Perché SI HA FABBISOGNO FINANZIARIO QUANDO LE USCITE IN FASE DI LIQUIDAZIONE SONO SUPERIORI ALLE ENTRATE IN FASE DI RISCOSSIONE: La potenza finanziaria è quindi adeguata se è superiore al fabbisogno finanziario a.a. 2010/2011 16 La determinazione e copertura del fabbisogno finanziario è un argomento che investe gli aspetti monetario e finanziario della gestione, oltre a quello economico Nell’arco di un esercizio il fabbisogno è variabile, soprattutto in dipendenza del ritmo delle entrate e delle uscite RIFLETTIAMO Un’azienda che, all’inizio dell’anno, rileva uscite per 100 e che, alla fine dell’anno, rileva entrate per 100 avrà: - un fabbisogno finanziario pari a 100 durante tutto l’anno e pari a 0 al 31 dicembre. Se invece le entrate si sono verificate per 50 al 30 giugno e per 50 al 31 dicembre, il fabbisogno finanziario sarebbe: - pari a 100 per i primi sei mesi, pari a 50 per i successivi sei mesi e pari a 0 al 31 dicembre. Legame tra aspetto economico ed aspetto finanziario 1. Gestione aziendale alternarsi di costi e ricavi, dove i costi precedono i ricavi) 4. Costi (oneri di natura finanziaria) genera 2. Fabbisogno finanziario comporta a.a. 2010/2011 3. L’ottenimento di mezzi finanziari 17 In un’impresa equilibrata economicamente: le entrate relative ai ricavi dovrebbero essere sufficienti a coprire le uscite relative ai costi equilibrio che si verifica nel lungo periodo In brevi intervalli di tempo (periodi amministrativi) le uscite relative ai costi non possono essere interamente coperte attraverso le entrate relative ai ricavi ? - i costi (e quindi le uscite) per attuare il processo produttivo, sono sostenuti in anticipo rispetto ai ricavi; - l’impresa acquisisce fattori produttivi di uso durevole impiegati per diversi cicli produttivi i cui costi saranno recuperati solo dopo diversi esercizi attraverso i ricavi di vendita dei prodotti ottenuti anche grazie a tali fattori. In un dato periodo di tempo l’entità di mezzi di pagamento cui l’azienda ha bisogno per finanziare la propria attività produttiva, solo parzialmente può essere soddisfatto attraverso le entrate relative ai ricavi conseguiti nello stesso periodo. La differenza fabbisogno finanziario netto, che l’azienda dovrà acquisire all’esterno capitale proprio o di terzi. livelli diversi a seconda delle modalità in cui si susseguono nel tempo entrate e uscite. a.a. 2010/2011 18 Le sintesi di bilancio come strumento di verifica degli equilibri di azienda Il bilancio di esercizio è composto da: Stato Patrimoniale -come sintesi del capitale di funzionamentoLo S.P. è utile per approfondire l’equilibrio patrimoniale: - Quale efficienza nell’impiego delle risorse investite? (vendite/tot. investimenti) - Quale rischio finanziario? (peso e tipologia dei debiti vs. capitale proprio) - Quale equilibrio tra natura e variabilità di fonti e impieghi? -Conto Economico -come sintesi del reddito prodotto nell’esercizio Il C.E. è utile per valutare l’equilibrio reddituale: - Su quali basi poggia la redditività? (reddito netto/reddito della gestione caratteristica) Dalla rielaborazione di S.P. e C.E. è possibile redigere un documento dominato Rendiconto delle variazioni dei mezzi monetari, finalizzato a sintetizzare i soli movimenti di cassa, con il quale valutare l’equilibrio monetario: - Quale aspetto della gestione assorbe maggiormente risorse monetarie? - Quale attività ha liberato risorse monetarie? a.a. 2010/2011 19 Come determinare in pratica il fabbisogno finanziario? periodo di tempo che si vuole prendere in esame STATO PATRIMONIALE AL TEMPO TX ATTIVITA’ CASSA E BANCA PASSIVITA’ CAPITALE DI CREDITO MUTUI; DEBITI A BREVE; T.F.R.; RATEI PASSIVI K FONDO IMPOSTE E TASSE CREDITI Investi menti in attesa di realizzo FONDI RETTIFICA MATERIE PRIME R FONDO SVALUTAZIONE CREDITI SEMILAVORATI FONDI AMMORTAMENTO PRODOTTI RISCONTI PASSIVI RATEI ATTIVI S IMPIANTI CAPITALE SOCIALE FABBRICATI BREVETTI PARTECIPAZIONI … INVESTIMENTI RISERVE e UTILI non distr. Z FONTI FINANZIAM. * I ratei passivi sono debiti in via di formazione, mentre i risconti sono una rettifica indistinta dell’attivo, gli utili da distribuire sono debiti a.a. 2010/2011 20 LE FONTI DI FINANZIAMENTO Una volta determinato il valore del fabbisogno, sorge la necessità di reperire i capitali necessari alla sua copertura CAPITALE PROPRIO CAPITALE DI CREDITO AUTOFINANZIAMENTO a.a. 2010/2011 21 IL CAPITALE PROPRIO Codice Civile Manuale diritto Commerciale CONSISTE NEI MEZZI CHE IL SINGOLO IMPRENDITORE (impresa individuale) O I SOCI (nelle società) IMMETTONO E RISCHIANO NELL’ATTIVITA’ D’IMPRESA Nelle società per azioni l’insieme del capitale proprio è diviso in azioni Riforma del diritto societario 2003 Esistono differenti tipi di azioni. Ampia libertà ai soci di determinare, attraverso lo statuto, le caratteristiche degli strumenti di partecipazione al capitale. 1) Le azioni ordinarie: diritto di voto, sia nell’assemblea ordinaria, sia in quella straordinaria. diritto al dividendo ed al rimborso del capitale in sede di scioglimento della società. 2) Le azioni speciali, possono dividersi in: azioni privilegiate; di godimento; di risparmio; azioni a favore dei prestatori di lavoro; azioni correlate. 22 a.a. 2010/2011 a) azioni privilegiate: danno diritto di voto, sia nell’assemblea ordinaria, sia in quella straordinaria; l’atto costitutivo può prevedere la loro partecipazione alla sola assemblea straordinaria compensata da un trattamento privilegiato in sede di distribuzione dei dividendi. In sede di liquidazione della società, sono privilegiate nel rimborso del capitale. b) azioni di risparmio: emesse solo da società per azioni quotate in borsa; sono privilegiate in sede di distribuzione dei dividendi e di rimborso del capitale. Non danno diritto di voto, né in assemblea ordinaria, né in assemblea straordinaria. La somma delle azioni privilegiate e di quelle di risparmio non può mai superare il 50% del capitale sociale. c) azioni di godimento: previste dall’articolo 2353 del codice civile; vengono distribuite a quegli azionisti le cui azioni sono state rimborsate (esuberanza del capitale sociale, estrazione a sorte, rimborso al valore nominale). Se nel patrimonio sociale vi sono riserve, il valore effettivo dell’azione è superiore al valore nominale per cui vengono attribuite a compensazione. Non danno diritto di voto e sono postergate negli utili (ripartizione degli utili che residuano dopo il pagamento alle azioni non rimborsate di un dividendo pari almeno all’interesse legale. In caso di liquidazione, sono rimborsate dopo le altre azioni al loro valore nominale. d) azioni a favore dei prestatori di lavoro: sono distribuite ai lavoratori dipendenti come forma di partecipazione agli utili (incentivo alla motivazione). e) azioni correlate: sono previste dall’art. 2350 cod. ed attribuiscono diritti patrimoniali collegati ai risultati aziendali conseguiti per specifici settori di attività. a.a. 2010/2011 Vedi appendice normativa Cap. 23 7 IL CAPITALE DI CREDITO E’ COSTITUITO DA QUEI MEZZI CHE VENGONO IMMESSI NELL’ATTIVITA’ IMPRENDITORIALE DA SOGGETTI NON SOCI CHE NON SOPPORTANO IL RISCHIO IMPRENDITORIALE finanziamenti per i quali l’impresa instaura un rapporto debitorio con soggetti esterni (persone fisiche, altre imprese, istituti di credito ecc....). a) Prestito obbligazionario: si tratta di una raccolta di fondi presso il mercato dei risparmiatori. A fronte delle somme versate vengono rilasciati dei titoli, che certificano il credito vantato dal finanziatore nei confronti della società, detti obbligazioni. b) Credito bancario: mezzi finanziari forniti da un istituto di credito sotto forma di un finanziamento a breve (entro 1 anno), a medio (da 1 a 5 anni) e a lungo termine (oltre 5 anni). c) Credito mercantile: è la dilazione nei pagamenti concessa dai fornitori. Forma di finanziamento celere ed agile ma costosa. d) Credito dei dipendenti: credito diretto (grandi imprese fornite di sportelli aziendali; ritiro di una parte dello stipendio) o credito indiretto (TFR). a.a. 2010/2011 24 Prestito Obbligazionario Sole in società per azioni. delibera assemblea straordinaria; importo non superiore a: doppio del capitale sociale sottoscritto, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato (Art. 2412 cod. civ.). Eccezioni: - le obbligazioni emesse in eccesso sono destinate a investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma di speciali regolamentazioni (idonei a valutare personalmente il rischio della loro sottoscrizione); - le obbligazioni emesse in eccedenza sono garantite da ipoteca su immobili della società (fino a due terzi del valore degli stessi); - sono destinate ad essere quotate in mercati regolamentati; - la società, con provvedimento governativo causato da particolari ragioni economiche nazionali, autorizza il superamento di tale limite. tipi di obbligazioni: – obbligazioni tipiche (tasso di interesse fisso); – obbligazioni ad interesse variabile (interesse agganciato al saggio ufficiale di sconto); – obbligazioni ad interesse variabile (interesse agganciato al tasso dì inflazione); – obbligazioni con valore rimborsabile in valuta estera; – obbligazioni con valore indicizzato (valore nominale legato all’inflazione); – obbligazioni convertibili in azioni (art. 2420 bis cod. civ.) a.a. 2010/2011 25 L’AUTOFINANZIAMENTO CONSISTE NEL REINVESTIMENTO DI QUANTO OTTENUTO MEDIANTE L’ATTIVITA’ SVOLTA NEI PRECEDENTI ESERCIZI. • comporta la rinuncia totale o parziale alla distribuzione dei dividendi; • è un concetto riferito ad un lasso di tempo specifico infatti si misura in termini di variazione/incremento. a.a. 2010/2011 26 Stato patrimoniale anno X+1 Stato patrimoniale anno X Cassa 2000 Fondi rischi 1000 Crediti 2000 Fondi spese future 1000 Merci 2000 Fondo amm.to 1000 Macchine 10000 Debiti 2000 Totale passivo 5000 Capitale sociale 10000 Utile anno X 1000 Totale attivo 16000 Totale Cassa 4000 Fondi rischi 2000 Crediti 4000 Fondi spese future 2000 Merci 4000 Fondo amm.to 2000 Macchine 10000 Debiti 4000 Totale passivo 10000 Capitale sociale 10000 Utile anno X 1000 Utile anno X+1 1000 Totale 22000 16000 Totale attivo a.a. 2010/2011 22000 27 METODI DI CALCOLO DELL’AUTOFINANZIAMENTO Procedimento SINTETICO: A.F. = INVESTIMENTI-DEBITI-APPORTI+RIMBORSI L’autofinanziamento esprime la differenza tra l’incremento degli investimenti ed l’incremento di capitale di credito e capitale proprio, evidenziando la quota parte di investimenti che viene finanziata internamente Procedimento ANALITICO: A.F. = UTILI+F.DO RISCHI+F.DO RISERVA+ F.DO AMM.TI L’autofinanziamento si calcola sommando l’incremento delle singole poste (riserve, utili non da distribuire e rettifiche come fondi rischi e risconti passivi) che non costituiscono capitale di credito, né capitale di rischio a.a. 2010/2011 28 Esempio – metodo sintetico: AF = Investimenti – Debiti – Apporti + Rimborsi Nel nostro esempio avremo: AF = 6000 – 3000 – 0 + 0 = 3000 – metodo analitico: AF = Utili + Fondo rischi + Fondo di riserva + Fondo ammortamenti Nel nostro esempio avremo: AF = 1000 + 1000 + 1000 = 3000 a.a. 2010/2011 29 LA STRUTTURA FINANZIARIA Le tipiche fasi dell’attività di impresa si svolgono attraverso l’acquisizione di fattori produttivi, il loro impiego e trasformazione la vendita di prodotti finiti. fasi terminali: operazioni di scambio con il mercato (approvvigionamento e sbocco) . Effetti economici (costi e ricavi) Effetti numerari (entrate ed uscite) INPUT Risorse investite COSTI TRASFORMAZIONE USCITE OUTPUT Risorse cedute RICAVI ENTRATE a.a. 2010/2011 30 La scelta delle diverse tipologie di finanziamento eventuali limitazioni giuridiche (es. prestito obbligazionario) Costruzione di una è f (•) particolare struttura finanziaria natura degli investimenti PROBLEMA “come adattare economicamente la qualità e la quantità dei finanziamenti alle caratteristiche degli investimenti?” a.a. 2010/2011 31 La risoluzione del problema deve ispirarsi ai seguenti principi: 1) non è possibile istituire relazioni tra i singoli investimenti e le singole fonti di finanziamento (le fonti finanziano l’impresa nel suo complesso e non il singolo investimento ma la scelta delle singole fonti di finanziamento deve tenere conto della natura degli investimenti) 2) occorre sempre soddisfare le esigenze dei finanziatori impostando le scelte in chiave di marketing finanziario; 3) occorre sempre tener presente l’esigenza del soggetto economico di conservare il governo dell’impresa; a.a. 2010/2011 32 4) occorre adattare il finanziamento alle caratteristiche del fabbisogno finanziario; 5) il costo del finanziamento deve essere paragonato con la redditività complessiva dell’impresa (R.O.I.). a.a. 2010/2011 33 4) Individuazione del tipo di finanziamento in f (•) dell’analisi storica del fabbisogno caratteristiche della fascia di fabbisogno modalità di finanziamento più appropriata •capitale proprio •capitale di credito stabile nel t costante β1 variabile crescente nel t β2 variabile fluttuante nel t •capitale proprio •capitale di credito stabile nel t •capitale di credito molto elastico (scoperto bancario, c/c bancario, sconto di cambiali, credito mercantile) a.a. 2010/2011 34 ANALISI STORICA DEL FABBISOGNO Fab.fin 2 1 tempo a.a. 2010/2011 35 5) Confronto tra il costo del finanziamento e la redditività complessiva dell’impresa (R.O.I.) R.O.E. = R.O.I. + (R.O.I. – i) • CC/CP Da questa formula si deduce che: Se R.O.I. > i R.O.E. all’ del quoz. ind. (CC/CP) conviene ricorrere al cap. cred. (CC) Se R.O.I. < i R.O.E. all’ del quoz. ind. (CC/CP) non conviene ricorrere al cap. cred. (CC) a.a. 2010/2011 36 EFFETTO DI LEVERAGE Effetto sulla redditività dei debiti di finanziamento Prima di ricorrere ad un prestito finanziario è opportuno confrontare il costo del capitale di terzi (i) con la redditività dell’impresa (R.O.I.), poiché si rischia di ridurre la redditività dei mezzi propri (R.O.E.). ROI= Reddito operativo/Capitale Investito (Cap Proprio+Cap Credito) ROE=Reddito netto/Capitale Proprio RELAZIONA R.O.E, R.O.I., COSTO DEL FINANZIAMENTO, CAPITALE PROPRIO E CAPITALE DI CREDITO: Rapporto di indebitamento R.O.E.= R.O.I. + (R.O.I.-i) x CC/CP – Se R.O.I> i → all’aumentare dell’indebitamento aumenta la redditività, quindi conviene indebitarsi – Se R.O.I< i → all’aumentare dell’indebitamento la redditività diminuisce, quindi non conviene indebitarsi a.a. 2010/2011 37 GRUPPO insieme di imprese, ciascuna giuridicamente autonoma, legate da un unico soggetto economico dotato di potere volitivo su ciascuna società del gruppo. L’ANALISI DELL’ Vedi slide 3 ECONOMICITA’ PUO’ CONDURRE A DIFFERENTI CONCLUSIONI SECONDO CHE IL GIUDIZIO VENGA FORMULATO CONSIDERANDO L’IMPRESA DA SOLA O ALL’INTERNO DI UN GRUPPO E’ opportuno distinguere l’: ECONOMICITA’ DI GRUPPO ECONOMICITA’ REALIZZABILE NEL GRUPPO in a.a. 2010/2011 ECONOMICITA’ IN FUNZIONE DEL GRUPPO 38 ECONOMICITA’ REALIZZABILE NEL GRUPPO Un’impresa che singolarmente non è in EQUILIBRIO ECONOMICO e non è in grado di produrre un’ADEGUATA POTENZA FINANZIARIA potrebbe invece far registrare dei risultati positivi in una situazione di integrazione con altre imprese. Le cause possono riguardare i seguenti fattori: 1) Organizzazione di alcuni servizi 2) Marketing 3) Produzione 4) Finanza a.a. 2010/2011 39 ECONOMICITA’ IN FUNZIONE DEL GRUPPO Potrebbe accadere che un’impresa, pur all’interno del gruppo, non riesca comunque a raggiungere l’EQUILIBRIO ECONOMICO e a sviluppare un’ADEGUATA POTENZA FINANZIARIA. Anche in questo caso, tuttavia, potrebbe essere conveniente mantenere in vita l’impresa qualora questa svolga nel gruppo un ruolo che contribuisce in modo positivo al risultato globale. In genere la convenienza a mantenere nel gruppo un’impresa viene valutata mediante il confronto tra due bilanci consolidati: uno che esprime l’utile realizzato dal gruppo nel suo complesso, l’altro che analizza lo stesso risultato senza il contributo dell’impresa oggetto di valutazione. a.a. 2010/2011 40 Stato a bassa pressione fiscale (10 %) Stato ad alta pressione fiscale (50 %) Stato a bassa pressione fiscale (10 %) Impresa X Impresa K Impresa Y Ricavi Costi Utile lordo Imposte Utile netto 400 200 200 20 180 Ricavi Costi Utile lordo Imposte Utile netto 400 200 200 100 100 Ricavi Costi Utile lordo Imposte Utile netto 400 200 200 20 180 Utile netto del gruppo 460 Se, mediante trasferimenti interni al gruppo, parte dei ricavi dell’impresa K viene attribuita alle imprese X e Y, e parte dei costi di queste ultime viene attribuita all’impresa K, si potrebbe pervenire alla situazione seguente: a.a. 2010/2011 41 Stato a bassa pressione fiscale (10 %) Stato ad alta pressione fiscale (50 %) Stato a bassa pressione fiscale (10 %) Impresa X Impresa K Impresa Y Ricavi Costi Utile lordo Imposte Utile netto 450 150 300 30 270 Ricavi Costi Utile lordo Imposte Utile netto 300 300 0 0 0 Ricavi Costi Utile lordo Imposte Utile netto 450 150 300 30 270 Utile netto del gruppo 540 Nel secondo caso si ha un utile netto di gruppo superiore di 80 rispetto a quello che si otteneva nella situazione precedente; questo deriva da un risparmio d’imposta di pari ammontare. a.a. 2010/2011 42 APPROFONDIMENTO BIBLIOGRAFICO: “Economicità delle Aziende Pubbliche” La nozione di economicità assume differenti connotazioni se riferita ad un’impresa chetende alla massimizzazione del profitto, o ad una Azienda pubblica che, invece, non tende a tale fine Aziende Pubbliche, quali aziende di erogazione: - rivolte al soddisfacimento dei bisogni pubblici ed ai fini istituzionali, non hanno il mercato come elemento con il quale misurarsi; - il processo produttivo di beni e servizi, quando e se esiste, giustifica il sostenimento di costi/oneri, senza avere necessariamente il ritorno in termini di ricavi/proventi perché il processo non è finalizzato alla vendita; - alcuni proventi sono comuni alla remunerazione di più fattori produttivi e non riguardano uno specifico oggetto. una serie molto eterogenea di aziende, con diverse finalità istituzionali, competenze, dimensioni, organizzazione, patrimonio, benefici….; a.a. 2010/2011 43 scarsa comunicazione tra chi gestisce l’azienda e chi traccia le linee strategiche della stessa. è molto difficile analizzare e controllare l’economicità in termini di efficienza ed efficacia aziendale. La condizione di equilibrio economico perde, in queste aziende, la sua valenza indicativa. L’equazione dell’equilibrio economico va riletta e rivista tenendo conto che i servizi erogati da una azienda pubblica non vengono collocati sul mercato a prezzi remunerativi, ma a prezzi politici fissati tenendo conto dell’utilità sociale e per favorirne l’accesso ad un’ampia gamma di utilizzatori insufficiente capacità dei ricavi alla copertura dei costi dei fattori impiegati è necessario l’intervento di terze economie, disposte ad accollarsi il disavanzo economico corrispondente all’eccedenza dei costi rispetto ai ricavi. La formula dell’equilibrio economico diventa: RICAVI+PROVENTI = COSTI+ONERI I PROVENTI sono i contributi provenienti da terze economie i RICAVI redditi derivanti dal patrimonio o da processi di scambio residuali o strumentali rispetto all’attività istituzionale i COSTI sono spese sostenute per eventuali produzioni di beni e sevizi destinati direttamente o indirettamente all’erogazione gli ONERI, istituzionali o strutturali, spese connesse all’espletamento dell’attività erogativi. La convenienza economica alla gestione delle AP non può essere giudicata solo sull’esistenza dei un equilibrio economico del singolo Ente, ma sempre considerando l’intervento di altre aziende e amministrazioni pubbliche di ordine superiore, a sostegno del disavanzo che si crea per l’acquisto di fattori produttivi. economicità dell’azienda inserita in una più vasta area economico-territoriale al servizio di una collettività (macroeconomicità). 44 a.a. 2010/2011 L’EFFICIENZA E I COSTI Quali condizioni aiutano l’azienda a raggiungere l’equilibrio economico? → L’ Efficienza Un’impresa è efficiente quando riesce a massimizzare l’utilizzo delle risorse limitate a sua disposizione Efficienza Gli indicatori dell’efficienza la condizione che qualifica e misura il grado dell’ economicità aziendale e consente di individuarne le cause determinanti rendimenti fisico-tecnici o produttività fisico-tecnica dei fattori o dei processi produttivi costi “L’economicità varia in ragione diretta dell’efficienza. In generale si può affermare che – a parità di altre condizioni – l’efficienza e quindi l’economicità dell’azienda di produzione è tanto maggiore quanto più alti sono i sopra menzionati rendimenti (P. Onida, 1971, p. 70). a.a. 2010/2011 45 rendimenti fisico-tecnici o produttività fisico-tecnica dei fattori produttivi o dei processi Q.tà beni e servizi prodotti Rdx = Q.tà fattori produttivi utilizzati Quale significato economico hanno per l’impresa le variazioni di questi rendimenti? Confronto tra: rendimenti medi effettivi di successivi periodi di tempo rendimenti medi e “standard” rendimenti medi effettivi di aziende diverse rendimenti di fattori/processi produttivi diversi Tenendo conto di: quantità/prodotti di diversa specie ottenuti congiuntamente con l’impiego di dati fattori/processi produttivi rendimenti dei fattori o dei processi e qualità dei prodotti ottenuti Variazioni che si producono nel sistema economico dell’impresa: in termini di Ricavi, Costi, Reddito Considerazione dei fattori: tempo, spazio, relazione tra fattori produttivi, processi, prodotti a.a. 2010/2011 46 Esempio Unità di tempo di impiego Rendimento= unità di prodotto ottenibile nell’unità di tempo REPARTO A REPARTO B Materie prime 1m stoffa x 1€ 1m stoffa x 1€ Prodotto finito 2 cappelli. 3 cappelli da 30€ cd. Efficienza uso materie prime Q= 2 cappelli =2 1m stoffa € = 60€/ 1€ =60 Q= 3 cappelli =3 1m stoffa € = 90€ / 1€ =90 Personale/ore giornaliere disponibili 1 addetto (8 h al costo di 15€/h) 1 addetto e mezzo (12h al costo di 15€/h) Ore per prodotto 1h x 1 cappello 1h x 1 cappello Efficienza uso ore manodopera Q= 1cappello/1h = 1 € = 30€/1h = 30 Q= 1cappello/1h = 1 € = 30€/1h = 30 a.a. 2010/2011 47 costi concetto di costo Rappresentano la remunerazione dei fattori in posizione contrattuale. A parità di altre condizioni, più sono bassi, maggiore è l’efficienza. L’analisi dei costi della gestione si fonda sulla determinazione del COSTO DI PRODUZIONE: costo sostenuto per l’utilizzo dei fattori impiegati in un processo produttivo o per realizzare un dato prodotto. I costi possono essere RILEVATI e CONTROLLATI in riferimento a vari oggetti OGGETTI DI COSTO - fattori produttivi - procedure - processi …. Quando coincidono con dei CENTRI ORGANIZZATIVI (es: il settore commerciale, una divisione dedicata ad un solo prodotto, un particolare impianto, ecc.) CENTRI DI COSTO a.a. 2010/2011 48 COMPLESSITA’ di calcolo dei costi Criteri utilizzati stime e congetture Diverse configurazioni Il costo di produzione è una quantità ASTRATTA che può assumere diverse configurazioni in relazione ai criteri utilizzati per ripartire i costi comuni tra i vari prodotti e processi produttivi Nell’economia aziendale le quantità possono essere astratte, misura, stimate (P. Onida, 1971, p. 557/558). - “Q.tà misura”: quantità economiche “assolute”; (es.: peso della merce, entrate/uscite di cassa, n. ore di lavoro personale, …) -“Q.ta stimate”: esiste una grandezza unica obiettiva e verificabile che però di fatto non è analiticamente misurata ma solo stimata per motivi di tempo o di economia (es.: presunto valore realizzo crediti o rimanenze, volume future vendite, … n. persone in uno stadio). - “Q.tà astratte”: q.tà che non esprimono una realtà obiettiva e accertabile ma sono variamente configurabili in virtù di ipotesi e congetture soggettive ed esistono quindi più valori in relazioni 49 a.a. 2010/2011 alle stesse (es.: reddito di esercizio, capitale di funzionamento, ..). Come ottenere dall’analisi dei costi un risultato validamente utilizzabile per la valutazione e il controllo delle scelte imprenditoriali? Procedimento per la determinazione dei costi di produzione Ricerca delle componenti elementari dei costi Classificazione dei costi Individuazione del RAPPORTO dei COSTI con L’OGGETTO DI CALCOLO a.a. 2010/2011 50 CLASSIFICAZIONE dei COSTI I costi vengono classificati in base alle caratteristiche fisiche ed economiche dei fattori produttivi Nell’attività di trasformazione fisica si distinguono: • per natura - MP - stipendi al personale - forza motrice - ... Nell’attività amministrativa si distinguono: - stipendi al personale - cancelleria - spese postali e telefoniche - consulenze - ... Nell’attività di distribuzione si distinguono: - stipendi al personale - spese promozionali e di pubblicità - spese di trasporto a.a. 2010/2011 - ... 51 costi capitalizzabili Sono costi aventi un’utilità pluriennale, essendo relativi a fattori produttivi strutturali. Es.: impianti, capannoni. • secondo il periodo di riferimento costi di periodo o di esercizio Sono costi che partecipano alla determinazione del reddito di esercizio come componenti negativi di reddito. Es.: MOD. a.a. 2010/2011 52 costi variabili • secondo la variabilità Sono costi che variano al mutare del volume dell’attività aziendale Es.: materie. costi fissi Sono costi che non sono influenzati dal volume di produzione. Es.: fattori strutturali. Ma nel lungo periodo (al variare di determinate condizioni), costi classificati come fissi nell’ambito di un determinato volume di produzione, possono essere considerati variabili al variare dei volumi produttivi (andamento a “scalini”; costi variabili a scatti) Costi fissi Costo costi semi-variabili/fissi e particolari … Volume di produzione - Sono costi variabili all’ della produzione, rigidi alla della pr. Es.: MOD. a.a. 2010/2011 53 costi diretti o speciali • secondo le modalità di attribuzione all’oggetto di calcolo Sono costi per cui è possibile e conveniente individuare una relazione diretta e misurabile in modo oggettivo tra l’oggetto di costo - processo produttivo/prodotto - e la quantità di fattore impiegata. Es.: materie, MOD. costi indiretti o comuni Sono costi per cui non è possibile o conveniente individuare una relazione diretta e misurabile oggettivamente tra l’oggetto di costo - processo produttivo/prodotto - e la quantità di fattore impiegata. Es.: fattori strutturali. a.a. 2010/2011 54 Esempio di classificazione e attribuzione di componenti di costo per REPARTO DI PRODUZIONE E per SINGOLI STABILIMENTI Lavoro h. 10 x dip. 100 Materie Energia elettrica Kw. 1.000 x n. 1 impianti Direzione produzione Lavoro Materie En. elettrica Direz. produz. h. 600 t. 700 Kw. 600 h. 40 diretti diretti indiretti indiretti = = h. 1.000 t. 1.000 Kw. 1.000 h. 100 Lavoro Materie En. elettrica Direz. produz. a.a. 2010/2011 diretti diretti indiretti indiretti h. 400 t. 300 Kw. 400 h. 60 diretti diretti indiretti indiretti 55 Esempio: la tecnica del coefficiente di riparto La società Norda Spa produce 2 modelli di sedie, sostenendo i seguenti costi Costi diretti di materie prime Costi diretti di manodopera Altri costi diretti industriali Argo 70 70 25 Diana 50 80 35 Totale 120 150 60 Costi indiretti industriali 140 160 300 Ripartizione dei costi indiretti industriali 300/150 = 2 (coefficiente di imputazione) Quota costi indiretti industriali Argo: 2 x 70 = 140 Quota costi indiretti industriali Diana: 2 x 80 = 160 base di riparto totale costi indiretti industriali da ripartire a.a. 2010/2011 56 costi controllabili • secondo la controllabilità Sono costi il cui andamento è influenzabile in modo significativo. costi non controllabili Sono costi non attribuibili alla responsabilità di chi sta a capo di un centro di costo. a.a. 2010/2011 57 CONFIGURAZIONI DI COSTO Quali configurazioni dei costi possono essere assunte dal costo di produzione? Configurazioni di costo complessivo Configurazioni di costo parziale L’individuazione delle configurazioni che possono essere assunte dai costi di produzione permette, mediante il confronto con i ricavi, di acquisire una serie di informazioni utili per le scelte aziendali. a.a. 2010/2011 58 CONFIGURAZIONI DI COSTO COMPLESSIVO - oneri indiretti di natura amm., finanziaria, commerciale , fiscale - oneri figurativi: interessi di computo, compenso per il rischio, salario direzionale + + + Costo primo Costo di produzione Costo complessivo = = = = Costo primo Costo di produzione Costo complessivo Costo econom-tec. - MP - MOD - consumi diretti di altri fatt. produtt. Consente di controllare l’efficienza - costi industriali indiretti Consente di valutare PF o prod. in cs. lav. Consente di valutare la redditività a.a. 2010/2011 Serve come base per determinare i prezzi di vendita 59 CONFIGURAZIONI DI COSTO PARZIALE Quali differenze? Direct costing Variable costing Ricavi Ricavi - Costi variabili diretti - Costi variabili diretti Margine lordo Margine lordo - Costi variabili indiretti Margine di contribuzione specifico - Costi fissi diretti - Costi fissi indiretti Reddito (utile) prodotto A - Costi diretti fissi Margine di contribuzione specifico - Costi indiretti (fissi e variabili) Reddito (utile) prodotto A Da qui in poi risentono di stime e congetture (valutazioni soggettive) Da qui in poi risentono di stime e congetture a.a. 2010/2011 60 (quindi risentono di valutazioni soggettive) Esempio Variable costing Direct costing Ricavi Costi diretti variabili Costi diretti fissi Costi indiretti variabili e fissi REDDITO Prodotto A 1.000 -200 800 -300 500 -300 200 Prodotto A 1.000 -200 800 -300 500 -1.000 -500 3.200 400 600 2.000 200 Ricavi Costi diretti variabili Margine lordo Costi indiretti variabili Margine di contribuzione Costi fissi diretti e indiretti REDDITO Ricavi Costi diretti variabili Margine lordo Costi diretti fissi Margine di contribuzione Costi indiretti variabili e fissi REDDITO a.a. 2010/2011 Prodotto B 2.200 -200 2.000 -300 1.700 -1.700 0 Prodotto B 2.200 -200 2.000 -300 1.700 -1.000 700 61 IL CONTROLLO DEI COSTI Tanto più bassi sono i costi, tanto maggiore è l’efficienza e, a parità di altre condizioni, maggiore è il livello di economicità. Tuttavia, ridurre i costi senza limiti ed incondizionatamente può portare a condizioni di non convenienza. Può avvenire con riferimento a diversi oggetti e diversi livelli aziendali L’oggetto di Costo è un “centro di Costo” se coincide con le singole unità organizzative Prodotti stabilimento 1: no centro di costo; si oggetto di costo a.a. 2010/2011 62 IL CONTROLLO DEI COSTI PER IL SISTEMA AZIENDALE A livello di sistema aziendale il controllo dei costi si svolge mediante la redazione e la lettura di un documento contabile in forma scalare nel quale si confrontano i costi sostenuti e i ricavi ottenuti. Si tratta di un CONTO ECONOMICO a Report Form In esso il costo di prodotti venduti è il risultato dei seguenti elementi: + Rimanenze iniziali (materie prime, semilavorati, prodotti finiti) + Acquisti + Costo del lavoro (settore produzione) + Costi generali industriali (ammortamenti impianti, macchine, ecc.) - Rimanenze finali a.a. 2010/2011 63 Il Report Form secondo la configurazione a costo del venduto + Ricavi - costo dei prodotti venduti UTILE INDUSTRIALE LORDO Gestione Caratteristica - costi di ricerca e sviluppo - costi amministrativi - costi di vendita RISULTATO OPERATIVO Gestione Extracaratteristica - oneri finanziari e/o patrimoniali - proventi finanziari e/o patrimoniali UTILE GESTIONE Gestione Straordinaria - oneri straordinari + proventi straordinari UTILE PRIMA DELLE IMPOSTE - imposte e tasse UTILE NETTO a.a. 2010/2011 400 350 50 10 10 10 20 5 15 10 5 10 5 5 64 GLI INDICI Combinando i valori intermedi di cui al Report Form, si possono ricavare degli indici capaci di fornire una misura sintetica di quanto si è riusciti a realizzare in termini di economicità ed efficienza In particolare: R.O.I. (Return on Investment) R.O.E. (Return on Equity) a.a. 2010/2011 65 R.O.I. (Return on Investment) Serve per dimostrare la redditività del capitale che è stato investito nella gestione a prescindere dalle fonti di finanziamento E’ un indice di redditività aziendale Risultato operativo R.O.I. = Capitale proprio + Capitale di credito a.a. 2010/2011 20 = 200 = 10 % 66 R.O.I. (Return on Investment) Il R.O.I. è ottenibile come combinazione di altri due indici: R.O.I. = Risultato operativo Fatturato Fatturato X Capitale proprio + Capitale di credito R.O.S. Permette di vedere la redditività delle vendite, cioè quanto resta del prezzo di vendita dopo aver coperto i costi dell’area a.a. 2010/2011 caratteristica Capital Turnorver Rappresenta il tasso di rotazione del capitale 67 R.O.E. (Return on Equity) Serve per misurare la redditività del capitale investito nella gestione dall’imprenditore o dai soci. E’ un indice di redditività del capitale “personale” R.O.E. = Reddito netto Capitale proprio 5 = a.a. 2010/2011 100 = 5% 68 IL CONTROLLO DEI COSTI PER OGGETTI PIU’ SPECIFICI IL COMPORTAMENTO DEI COSTI E DEI RICAVI AL VARIARE DEL VOLUME DELL’ATTIVITA’ AZIENDALE Per un controllo dei costi riferito ad oggetti più specifici (uno stabilimento, una filiale, un settore, ecc..) occorre procedere ad un’attenta attività di imputazione dei costi generali. A tal fine, si procede ad una preventiva classificazione dei costi L’analisi più importante è quella che studia l’andamento dei costi al variare del volume di produzione dell’attività aziendale = costi fissi = costi variabili proporzionalmente alla quantità di prodotto = costi variabili più che proporzionalmente alla quantità di prodotto Mettendo in relazione i costi con la quantità di prodotto si hanno: Costi totali; Costi medi; Costi suppletivi. a.a. 2010/2011 69 COSTI SUPPLETIVI Costi suppletivi costi marginali. Rappresentano l’incremento che subisce il costo totale per un aumento della produzione da una quantità “q” ad una quantità “q + ”. incremento che i costi variabili subiscono nel passare dalla quantità di prodotto “q” alla quantità “q + 1”. Forniscono anche il valore minimale che deve essere assunto dal prezzo di vendita. COSTO MEDIO Fornisce indicazioni utili circa l’efficienza con cui vengono impiegati i fattori di produzione al variare della produzione. Costo del fattore produttivo per unità di prodotto Costo del fattore = = Quantità produttiva a.a. 2010/2011 Produttività economica del fattore 70 COSTI TOTALI / COSTI MEDI / COSTI SUPPLETIVI q 0 1 2 3 4 5 beta 10 10 10 10 10 10 alfa gamma Costi totali Costi medi Costi suppletivi 10 1 1 12 12 2 2 2 14 7 2 3 4 17 5,6 3 4 8 22 5,5 5 5 16 31 6,2 9 C Costi totali 25 Costi suppletivi 20 15 Costi medi 10 5 1 2 3 4 5 2010/2011 6 a.a. Q 71 COSTO MEDIO Il costo medio può altresì essere scomposto, calcolandolo per le tre componenti dei: costi fissi (beta), costi variabili proporzionalmente (alfa), costi variabili più che proporzionalmente (gamma). IL comportamento dei costi secondo la variabilità q 1 2 3 4 5 beta q 10 5 3,3 2,5 2 alfa gamma Costi medi q q 1 1 12 1 1 7 1 1,3 5,7 1 2 5,5 1 3,2 6,2 I costi di tipo beta sono detti a produttività economica crescente. I costi di tipo alfa sono detti a produttività economica costante. I costi di tipo gamma sono detti a produttività economica decrescente. a.a. 2010/2011 72 L’ANALISI C-V-R-: ANALISI DEL B.E.P.: UNO STRUMENTO PER L’ANALISI CONGIUNTA DELL’ANDAMENTO DEI COSTI, RICAVI, RISULTATI L’analisi C-V-R è un modello che attraverso l’analisi del comportamento dei costi aziendali permette di conoscere come: Raggiungere il pareggio tra costi e ricavi Ottenere certi obiettivi di profitto variando la quantità di beni prodotti e venduti (Q) Il modello definisce Q come l’unico driver rilevante dei costi e dei ricavi si basa sull’equazione dell’equilibrio economico aziendale: UTILE = RT - CT Quando UTILE= 0 RT = CT -> P x Q = CFT + CVu x Q dove si ipotizza che i costi variabili siano direttamente proporzionali al driver della quantità - DA QUESTA RELAZIONE O EQUAZIONE DI BASE è POSSIBILE DETERMINARE: IL LIVELLO DELLE ATTIVITA’ DI PAREGGIO IL LIVELLO DI ATTIVITA’ CHE CONSENTE DI CONSEGUIRE UN DATO RISULTATO ECONOMICO a.a. 2010/2011 73 BREAK EVEN POINT RAPPRESENTA IL LIVELLO DI PRODUZIONE IN CORRISPONDENZA DEL QUALE I RICAVI TOTALI DI VENDITA EGUAGLIANO I COSTI TOTALI E, DI CONSEGUENZA, IL PROFITTO E’ NULLO. BREAK EVEN POINT ≠ PUNTO DI EQUILIBRIO a.a. 2010/2011 75 Break Even Point e Punto di Equilibrio Economico Il BREAK EVEN POINT corrispondente al punto in cui i ricavi dell’attività d’impresa eguagliano i costi totali non deve essere confuso con il PUNTO DI EQUILIBRIO ECONOMICO corrispondente al momento in cui, remunerati i fattori produttivi in posizione contrattuale (costi totali), i ricavi riescono a produrre una remunerazione congrua anche per i fattori in posizione residuale. a.a. 2010/2011 76 Break Even Point e Punto di Equilibrio Economico Ricavi totali • • C,R Costi totali + Rem. congrue totali Costi totali E.E.E. B.E.P. 0 Tn a.a. 2010/2011 Tempo 77 Le informazioni ottenibili dal modello C-V-R IL MODELLO PERMETTE DI CONOSCERE COME: 1. raggiungere il pareggio tra costi e ricavi 2. ottenere certi obiettivi di profitto 3. cambia il punto di pareggio e il risultato economico agendo sulle singole variabili (Cv, CF,P,Q) a.a. 2010/2011 79 B.E.P.= break even point (o punto di rottura) Area del profitto C,R RT: ricavi totali CT =CFT+CVT Risolvendo l’equazione RT=CT (CF + CV) Margine di contribuzione totale Troviamo la quantità di equilibrio: Q*= CF (p-v) B.E.P. Area di perdita e il fatturato di equilibrio: RT*= CF 1- v/p CVT: costi variabili totali CFT: costi fissi totali Q* Q: quantità di output Dove: (p-v) rappresenta il margine di contribuzione unitario (p-v) x Q rappresenta il margine di contribuzione totale (1-v/p) o anche (1-β) rappresenta l’incidenza del margine di contribuzione sul prezzo, infatti: 1- v = p - v a.a. 2010/2011 p p 80 L’altezza e l’inclinazione delle linee del grafico possono variare in dipendenza di diversi fattori (caratteristiche del mercato, del prodotto od anche dell’impresa stessa). Impresa con molte immobilizzazioni Impresa con poche immobilizzazioni RT RT C.R. CT C.R. BEP CT BEP CF CF q Q. q a.a. 2010/2011 Q. 81 Dal punto di vista algebrico il BEP può essere calcolato • In termini di quantità prodotta q= CF P - CVu La differenza “P - CVu” viene detta Margine Lordo Unitario. • In termini di fatturato F= CF 1 - CVu P a.a. 2010/2011 82 IN TERMINI DI QUANTITA’ PRODOTTA: R–C=0 R – (CF + CV) = 0 P x q - (CF + CV u x q) = 0 P x q – CV u x q = CF (P- CV u) x q = CF Q= CF P – CV u P – CVu VIENE DETTA MARGINE LORDO UNITARIO a.a. 2010/2011 83 IN TERMINI DI FATTURATO: F=Pxq q= F=Px ma sappiamo che: CF P – CVu con l’unica differenza che ora si parla di quantità venduta e non prodotta CF P – CVu F= CF 1 – CVu P a.a. 2010/2011 84 1. COME RAGGIUNGERE IL PAREGGIO TRA COSTI E RICAVI? La società Beppe Spa produce un bene il cui prezzo unitario di mercato è pari a 750 euro. La struttura dei costi della società è così composta: costi fissi per 9.000.000 euro e costi variabili unitari per 450 euro. Determinare quanti pezzi occorre produrre e quanto fatturato realizzare per raggiungere il punto di pareggio. Q*=9.000.000 = 30.000 pezzi 750-450 RT*= 9.000.000 1- 450/750 = 9.000.000 = 9.000.000 = 22.500.000 euro 1-0,60 0,40 a.a. 2010/2011 85 PROBLEMA 1 L’impianto produttivo della società EOX Spa genera i seguenti costi: costi fissi 15.000.000 euro e costi variabili unitari 230.000 euro. Nel caso in cui la società realizzasse un volume produttivo pari a 1.000 unità, calcolare il prezzo di vendita in corrispondenza del quale EOX Spa realizza il BEP. SOLUZIONE 15.000.000+230.000 x 1.000=1.000 x P P= 15.000+230.000 =245.000 euro a.a. 2010/2011 86 PROBLEMA 2 Il punto di rottura (in termini di fatturato) di un’azienda è di 500.000.000 euro. Il costo variabile unitario è pari a euro 600. Il totale dei costi fissi è di euro 200.000.000. Trovare il prezzo di vendita (a). Se invece i costi fissi totali ammontano a 300.000.000 euro, il costo variabile unitario 500 euro e il prezzo di vendita è di 1.000 euro. Qual è la quantità di break even (b)? SOLUZIONE P x Q* = 500.000.000 euro Secondo l’equazione: 5000.000.000= CFT + CVu x Q -> 500.000.000= 200.000.000+ 600 x Q Q=300.000.000/600=500.000 -> P x 500.000= 500.000.000 allora P=1.000 euro (a) 300.000.000 + 500 x Q = 1.000 x Q Q= 300.000.000/500= 600.000 pezzi b) a.a. 2010/2011 87 Esercizio 3 Durante l'esercizio n la società Pitagora S.p.A. ha prodotto e venduto 50.000 unità di prodotto finito, cedute sul mercato al prezzo unitario di € 750. Sapendo che per la produzione delle suddette unità la società ha sostenuto costi fissi pari a € 9.000.000 e costi variabili totali pari a € 22.500.000, calcolare il BreakEven Point ed il margine di sicurezza. Calcolare inoltre la variazione che il Break-Even Point subirebbe nelle due seguenti ipotesi: 1) il prezzo di vendita viene fissato a € 600; 2) i costi fissi sono pari a € 6.000.000. SOLUZIONE q = CF / (P - Cvu) Costo variabile unitario (valori in €) = 22.500.000 / 50.000 = 450 q = 9.000.000/ (750 - 450) = 9.000.000 / 300 = 30.000 unità Margine di sicurezza : Q.tà vendute - Q.tà corrispondenti al BEP = 50.000 - 30.000 = 20.000 unità * Calcolo del Break-Even Point nell'ipotesi di prezzo pari a £ 600 q = 9.000.000 / (600 - 450) = 9.000.000 / 150 = 60.000 unità * Calcolo del Break-Even Point nell'ipotesi di costi fissi pari a £ 6.000.000 q = 6.000.000 / (750 - 450) = 6.000.000 / 300 = 20.000 a.a. 2010/2011 88 2. Le informazioni ottenibili dal modello C-V-R 2. COME OTTENERE UN CERTO LIVELLO DI UTILE NETTO DA DISTRIBUIRE? I soci della Beppe Spa intendono conseguire un utile netto di 36.000 euro. Considerando che P= 750€; CVu= 450€; CFT= 9.000.000 euro e sapendo che l’aliquota fiscale ammonta al 40% del reddito imponibile (utile lordo) determinare il fatturato-obiettivo che permette di realizzare l’utile atteso. Fase 1. Determinazione dell’obiettivo di profitto In questo caso non vogliamo conoscere il punto di pareggio, ma il punto in cui si consegue un profitto. Pertanto l’equazione da risolvere diventa: UOBIETTIVO= RT – CT -> Uo= P x Q – CFT- CVu x Q Tuttavia, dobbiamo considerare che i soci hanno espresso il loro obiettivo in termini di utile netto (UN), cioè al netto delle imposte (t:aliquota fiscale). Pertanto: UN = UL – UL x t -> UN = UL x (1– t) -> UL = UN /(1– t) a.a. 2010/2011 89 Fase 2. Calcolo del fatturato di pareggio Ora possiamo calcolare il fatturato obiettivo andando a sostituire nell’equazione sopra modificata i dati a nostra disposizione. UL= UN /(1– t) = 36.000/(1-0,40) = UL=> 60.000 = P x Q – CFT- CVu x Q 750 x Q –9.000.000–450 x Q 750 x Q –9.000.000–450 x Q Q*= 60.000+9.000.000 = 30.200 pezzi (750-450) (PxQ)*= 30.200 x 750 = 22.650.000 euro a.a. 2010/2011 90 3. Le informazioni ottenibili dal modello C-V-R 3. COME CAMBIA IL PUNTO DI PAREGGIO E IL RISULTATO ECONOMICO AGENDO SULLE SINGOLE VARIABILI (Cv, CF,P,Q)? I manager di una società possono utilizzare il modello per comprendere -in prima approssimazione- le implicazioni che cambiamenti nelle politiche di prezzo e nelle strutture di costo possono generare sul raggiungimento del risultato economico. Se aumento il prezzo del 10%, cosa accade al B.E.P. e al profitto? La retta dei ricavi (RT) aumenta la sua inclinazione => l’azienda raggiunge il B.E.P. producendo una quantità inferiore di beni. Se l’azienda continua a produrre e vendere la medesima quantità del passato (Qv) essa ottiene un profitto addizionale. AUMENTO DEL PREZZO DEL 10% RT1 RT0 C,R BEP1 profitto addizionale CT BEP0 CF Qv Volume attività a.a. 2010/2011 91 3. COME CAMBIA IL PUNTO DI PAREGGIO E IL RISULTATO ECONOMICO AGENDO SULLE SINGOLE VARIABILI (Cv, CF,P,Q)? Se riduco i costi fissi del 10% cosa accade al B.E.P. e al profitto? La retta dei costi totali (CT) si sposta verso il basso (ma la sua inclinazione rimane inalterata) => l’azienda raggiunge il B.E.P. producendo una quantità inferiore di beni Se l’azienda continua a produrre e vendere la medesima quantità del passato (Qv) essa ottiene un profitto addizionale. RIDUZIONE DEI COSTI FISSI DEL 10% RT C,R CT0 CT1 BEP0 profitto addizionale CF0 BEP1 CF1 Qv Volume attività a.a. 2010/2011 92 L’analisi di sensibilità del risultato economico La conoscenza dell’effetto sul R.E. derivante dal cambiamento di singole variabili permette di decidere anche come compensare effetti diversi e opposti in modo da lasciare inalterato il risultato economico. Es. Data una certa struttura di costi, un aumento dei costi fissi del 10% può essere compensato sia da un aumento dei prezzi del 5% che da una diminuzione dei costi variabili del 10%. Sarà poi compito del management verificare quale soluzione è tecnicamente praticabile e più opportuna La sensibilità del risultato operativo alle politiche aziendali viene definita RISCHIO OPERATIVO e viene stimato calcolando il MARGINE DI SICUREZZA: esso esprime in modo sintetico l’impatto delle politiche di prezzo e delle strutture di costo, a parità di livello di attività, sul potenziale reddituale dell’impresa. Più semplicemente esso rappresenta la possibilità di assorbimento di un calo di domanda prima di raggiungere il punto di pareggio ed entrare nella zona di disequilibrio MARGINE DI SICUREZZA= vendite effettive (o di budget)- vendite di pareggio vendite effettive (o di budget) (di solito espresso in termini percentuali: MS%) a.a. 2010/2011 93 Esercizio La società Frigo produce un unico modello di compressori a gas per veicoli frigoriferi. Sapendo che: P= 1.000.000 euro CVu= 600.000 euro CFT annui= 145.000.000 euro calcolare la quantità di pareggio e il fatturato di pareggio. Q* ovvero Q Equ = CF/(p-cvu) = 145.000.000/(1.000.000-600.000)= 362,5 unità (PxQ)* ovvero F Equ = CF/(1-β) = 145.000.000/(1-0,6) = 362.500.000 euro Ricordando che β = 1- cv p Sapendo che la quantità di vendite prevista è di 400 unità calcolare il risultato economico previsto e il margine di sicurezza. R.E. previsto= p x Q – [(cvu x Q) + CF] = 400 x 1.000.000 - [(600.000X400) + 145.000.000]= = 400. 000.000 – 240.000.000- 145.000.000= 15.000.000 euro Calcolabile anche come: RE= (Q prev – Q Equ) x mc = (400- 362,5) x 400.000= 15.000.000 euro Margine di sicurezza = (400.000.00 - 362.500.000)/ 400.000.00= 9,4% (arr. di 9, 375%) a.a. 2010/2011 94 Testi/Parti del Programma di riferimento 1) M. Paoloni, P. Paoloni, Introduzione ed orientamento allo studio delle Aziende, Giappichelli, To, 2009, Cap. 7,8,9. a.a. 2010/2011 95