Anno V - Numero 37 - Sabato 13 febbraio 2016 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Unioni civili Sicurezza Cronaca Tra Chiesa e Renzi aria di... divorzio Sindacati di polizia in pressing su Alfano Acireale, la carica degli assenteisti A pag. 2 Sarra a pag. 8 Fruch a pag. 10 IL CENTRODESTRA UFFICIALE RIFIUTA LE PRIMARIE E VARA LA CANDIDATURA PIÙ CONTROVERSA di Francesco Storace era una volta il centrodestra. Si chiamava casa della libertà, ma avrebbe anche potuto essere semplicemente appellato come Casata, col Regnante unico che dispensava prebende e onori. Il popolo lo acclamava, a Corte ciascuno desiderava essere impalmato da Colui che tutto poteva. Poi, pian pianino, dalla folla si comincio’ a sbadigliare; stanca di sentire da un ventennio sempre le stesse cose, si chiedeva che cosa volesse il Signore di un tempo. E gli voltò le spalle una volta per tutte. Silvio Berlusconi sa che gli voglio bene. Ma sta sbagliando tutto, e glielo dico al posto dei cortigiani che lo adulano con sorrisi sempre più falsi al suo passaggio. A Roma Forza Italia precipiterà e se conquisterà due seggi in Campidoglio sarà grasso che cola, a causa delle scelte scellerate che caratterizzeranno la posizione assunta per le comunali. Dopo i rumors arriva la decisione su Bertolaso, che Berlusconi abbraccia nonostante tutti i sondaggi lo diano soccombente. Persino Piazza Pulita, la trasmissione di Formigli, al termine di una puntata rovente, lo ha scaraventato al terzo posto tra i candidati graditi dagli elettori di centrodestra. Dopo di me, in seconda posizione c’è Alfio C’ dere al nostro popolo - attraverso le primarie - che cosa ne pensi. Per settimane hanno discusso di Meloni, Marchini e Bertolaso. Fanno la scelta che inchioderà Marchini alla sua corsa solitaria, non si azzardino a pretendere alcunché da noi. Vorrà dire che a destra correremo in due, a sinistra saranno altrettanti con Giachetti e Fassina, poi i non più definibili Marchini e il grillino che troverà gloria dal web. Sei candidati, vinca il migliore e tutto potrà succedere. La narrazione dei prossimi cinque anni in Campidoglio non riguarderà certo Bertolaso, che si illude di potersi avventurare in una campagna elettorale come quella per Roma mostrando credenziali che per essere realistiche devono essere suffragate dalla liberazione da ogni sospetto. Che non sta certo in una speranza di prescrizione. Glielo dice l’ultimo presidente della regione ad aver concluso il mandato: questa città va si’ ricostruita, ma soprattutto con l’esempio e offrendo la certezza di non avere padroni da servire. Non abbiamo bisogno di altre ombre sulla Capitale, vorremmo finalmente parlare del domani di Roma evitando di subire l’offensiva di una sinistra che ha bisogno di occultare le proprie responsabilità. Quella favola è finita: ma così facendo, Roma non sarà né felice né contenta. C’ERA UNA VOLTA... Berlusconi punta su Bertolaso, campagna elettorale col codice penale e non col programma Marchini e non l’ex capo della protezione civile, un tempo uomo di Rutelli e oggi del Cavaliere. Provo a immaginare Bertolaso seduto di fronte a Formigli e mi chiedo se al posto del programma L'AUSTRIA SI PREPARA A CHIUDERE IL BRENNERO elettorale l’elettore dovrà consultare il codice penale. Stanno distruggendo ogni speranza di vittoria del centrodestra a Roma, ed è ovvio che Salvini e Meloni (che pure avrebbe avuto una carta da giocare con Rampelli) decidano di starci: già sono proiettati al post elezioni, con tutte le colpe da attribuire a Berlusconi per la sconfitta tenacemente cercata. Per di più, senza nemmeno chie- NESSUNO NE PARLA PIÙ, MA LA GRECIA ORMAI È ALLO STREMO. SCONTRI AD ATENE Il sinistro crepuscolo di Tsipras di Igor Traboni ite la verità: un po’ ci eravamo scordati di Alexis Tsipras, il primo ministro che voleva risollevare la Grecia con le sue teorie sinistrorse. E che invece è finito tra i tipi sinistri, quelli cioè che le economie le affossano. E che non a caso è stato preso a modello anche da certa sinistra italiana, giusto il tempo di accalappiare qualche seggio, di quelli strapagati, all’Europarlamento. Fatto sta che la Grecia va male, sempre peggio, nonostante il bis cui Tsipras ha sottoposto gli ellenici, facendosi rivotare. Il prodotto interno lordo della Grecia è diminuito dello 0,6% nel quarto trimestre 2015 rispetto ai tre mesi precedenti. Rispetto allo stesso periodo del 2014, il crollo raggiunge il 2%. Oramai è recessione, insomma, altro che le scene pur drammatiche delle banche chiuse e delle file davanti agli sportelli di qualche mese fa. E le avvisaglie sono arrivate già ieri, quando nel centro di Atene sono scoppiati violenti scontri tra la polizia in assetto antisommossa e migliaia di agricoltori, provenienti soprattutto D TAGLIATI FUORI Vignola a pag. 4 dall’isola di Creta, per protestare contro l’aumento delle tasse e la riforma delle pensioni. Tra un lancio di verdura e uova e una serie di cariche con i lacrimogeni, quattro manifestanti sono stati arrestati; un bilancio tutto sommato ‘positivo’, anche perché è stato impedito ai trattori di arrivare fin davanti al Parlamento, dove la protesta avrebbe assunto toni ancor più eclatanti. Disagi anche nella periferia della capitale greca, con blocchi stradali lungo l’autostrada che porta all’aeroporto. E dopo questa degli agricoltori, si prevedono altre proteste, coincidenti per l’appunto con i provvedimenti del governo di Alexis Tsipras, chiamato proprio in questi giorni ad approvare una delicatissima riforma delle pensioni, contestata dalla gente ma secondo il premier ellenico indispensabile per cercare di superare la prima revisione del prestito da 86 miliardi di euro ricevuto dai creditori. Tsipras, insomma, è sempre più alle corde. Ma la Grecia, peggio, è oramai allo stremo e i greci disillusi dopo tante promesse. 2 Sabato 13 febbraio 2016 AttuALItA’ IL PREMIER CONTESTA LA RICHIESTA DEL CARD. BAGNASCO SUL DDL CIRINNÀ Renzi prova a zittire pure i vescovi E Grasso e la Boldrini si uniscono al coro: “Sul voto segreto decidiamo solo noi” di Igor Traboni on è andato giù a Matteo Renzi l’ennesimo attacco della Chiesa cattolica nei confronti del suo governo, dopo che il cardinal Bagnasco, presidente della Cei, ieri l’altro ha auspicato il voto segreto, e dunque la libertà di coscienza, sul ddl Cirinnà. Il voto segreto "lo decide il Parlamento, e non la Cei", ha tuonato Matteo Renzi dai microfoni di Radio Anch'io. “Mi piacerebbe molto l'idea che un parlamentare risponda del voto che dà e lo spiega. Dopodichè il regolamento del Parlamento prevede il voto segreto e se ci saranno le condizioni Grasso e non la Cei deciderà. È una legge sacrosanta e finalmente ci siamo. Che paura possono fare due persone che si amano, perché lo Stato deve impedire loro di avere dei diritti? Trovo che il Paese e il Parlamento su questo siano nettamente a favore”. E N sulla stepchild adoption ha aggiunto: “In realtà esiste già in forme stabilite in via giudiziaria, è un punto delicato e aperto ma mi pare fondamentale che in queste ultime ore prima del voto si rispettino le opinioni altrui, si faccia una discussione seria e poi il Parlamento decida". Pollice verso nei confronti di Bagnasco anche da parte del presidnete del senato Piero Grasso, che in realtà lo stesso atteggiamento nei giorni scorso ha avuto anche nei confronti delle richieste dei senatori della minoranza: “Ccè la libertà di espressione. Però sulle procedure penso che ci sia la prerogativa delle istituzioni repubblicane di decidere". Neanche a dirlo, la collega della Camera, Laura Boldrini, è subito arrivata in soccorso del collega e della piega estremamente laicizzata che ha ormai preso questa discussione: “Decidono il presidente della Camera o del Senato in base al regolamento, non lo decide nessun altro. E' una materia tecnica, rego- lamentare che spetta ai presidenti valutare. Credo che qualsiasi suggerimento non sia pertinente", ha detto all’Ansa. Lo stesso Bagnasco ha poi tenuto a precisare che “non avevo certo intenzione di fare considerazioni di carattere tecnico. Con quelle parole - ha detto alla Stampa e al Secolo XIX - ho fatto appello a un principio di ordine morale, antropologico, riguardante la libertà di coscienza, la libertà di ciascuno. Non avevo certo intenzione di fare considerazioni di carattere tecnico”. Ma anche dopo queste parole, il presidente della Conferenza episcopale italiana si è trovato un po’ isolato, anche all’interno della stessa Chiesa: "Vale quello che ho detto l'altro giorno, per rispetto del Parlamento e delle istituzioni preferisco non parlare”, ha detto all’agenzia Ansa il segretario della Cei, mons. Nunzio Galantino. E dire che proprio il fronte politico proCirinnà non è poi cos’ compatto, visto che, dopo la levata di scudi dei senatori catto-dem, anche otto deputati del Pd (Simonetta Rubinato, Tino Iannuzzi, Teresa Piccione, Alfredo Bazoli, Ernesto Preziosi, Mino Taricco, Pier Giorgio Carrescia, Giovanna Palma) hanno chiesto che “non si rinunci a tentare la strada della sintesi più alta anche sul nodo della stepchild adoption con la soluzione più ragionevole, lo stralcio dell'articolo 5 per affrontare la questione all''interno di un'organica riforma degli istituti paragenitoriali, da mettere subito in calendario. Allo stato in cui si è giunti nel dibattito va evitata qualunque forzatura che rischierebbe di lasciare una ferita profonda all''interno del Pd, partito che per sua ambizione deve essere luogo di confronto di culture e ispirazioni diverse". IL GIORNALE CATTOLICO NON FA SCONTI E Avvenire stana i catto-dem: “Coerenza, nessuno cerchi alibi” n’altra stoccata nei confronti di Renzi e del Pd arriva anche da Avvenire, l’autorevole quotidiano (è uno dei pochi che continua a guadagnar copie nella generale crisi della carta stampata italiana) di ispirazione cattolica. “La ferita aperta, ancora oggi, non sono certo gli autorevoli, rispettosi e democratici auspici di un vescovo, ma le disposizioni tese a limitare la libertà di coscienza dei senatori del Pd”, scrive il direttore Marco Tarquinio in un editoriale destinato a lasciare il segno “I cattolici – aggiunge il direttore di Avvenire - si aspettano dagli eletti consapevolezza, coerenza e trasparenza, altri, invece, inclinano agli ordini di scuderia. Qui si tratta di libertà di coscienza, e di buon diritto. Nessuno cerchi U alibi. Nessuno tenti di nascondersi dietro il (presunto) dito “regolamentare” alzato del presidente della Cei. Il cardinal Bagnasco, nella sua Genova, è stato interpellato a proposito del ddl sulle unioni civili e l’adozione omosessuale e ha auspicato che in Parlamento “tutti”, qualunque opinione abbiano, “possano esprimersi”, facendo valere posizioni e obiezioni in assoluta “libertà di coscienza” visto che sono in discussione “temi fondamentali per la vita della società e delle persone”. Un augurio da pastore e da cittadino, che qualche politico, e persino qualche solitamente accorto membro del governo, ha tentato di trasformare in “diktat” su una (presunta) preferenza tecnica per il voto segreto d’aula”, argomenta Tarquinio. OGGI IN TUTTA ITALIA LA MOBILITAZIONE CONTRO IL BLOCCO DEL PROCESSO DI RIFORMA DEGLI STUDI MUSICALI I Conservatori ‘suonano’ la protesta SONDAGGIO SUGLI ITALIANI E IL LAVORO Il posto fisso resta in cima ai desideri, anche dei giovani li italiani continuano a sognare il posto fisso, come rivela il sondaggio di Openjobmetis, agenzia per il lavoro quotata sul segmento Star di Borsa Italiana. Le ambizioni professionali del 54% dei votanti, che si sono espressi sul sito www.openjobmetis.it, sono andate proprio verso la ‘sicurezza’ del posto. In controtendenza c’è invece un 9% che al posto fisso non ci pensa proprio, preferendo maturare esperienze professionali temporanee perché curioso di crescere e conoscere contesti lavorativi differenti. Il desiderio di arricchirsi di esperienze oltreconfine è riscontrabile nel 19% di votanti che vorrebbe trovare un posto di lavoro all’interno di un gruppo internazionale, che G garantisca anche la possibilità di viaggiare e collaborare con colleghi di nazionalità diverse. All’interno di quest’ultimo dato, c’è da dire che un terzo delle preferenze, il 35%, è ascrivibile a donne tra i 18 e i 25 anni. Il desiderio di affermarsi professionalmente e accrescere il proprio know how è stato, invece, espresso dal 13% dei votanti: tra questi, il 48% è uomo e laureato. Solo il 5% - e si tratta per la maggioranza uomini over 40 - mira a trovare un lavoro molto remunerativo. Gli uomini rappresentano la parte più rappresentativa di votanti, oltre il 63% di un panel composto prevalentemente da under 30, a dimostrazione del fatto che il mito del posto fisso rappresenta tutt'oggi un traguardo molto ambito anche dai più giovani. quiparati alle università, come le Accademie di Belle Arti, ma di fatto brutti anatraccoli della pubblica istruzione in Italia, Parliamo dei Conservatori di Musica, che oggi si faranno ‘sentire’ con una giornata di protesta, ma anche di proposta, così come deciso dalle Conferenze nazionali dei Presidenti, dei Direttori e delle Consulte degli studenti dei Conservatori statali e non statali. Nelle scorso settimane è stata espressa “la più grande preoccupazione per la situazione del sistema dei Conservatori statali e non statali italiani e più in generale per la formazione musicale nel nostro Paese. In particolare si lamenta il blocco, in atto ormai da anni, del processo di riforma del sistema avviato dalla Legge 508, cui si accompagna una grave carenza di risorse pubbliche nonché una problematicità costante nella interlocuzione con il livello politico-istituzionale”. E anche con questo governo le cose non sono cambiate, anzi, E viene denunciato “il persistere di un’assenza di progettualità politica e culturale riguardo al sistema formativo musicale, che si colloca nel quadro di una costante sottovalutazione di fatto del valore della musica nel contesto culturale e sociale complessivo del Paese” C’è anche la “ferma contrarietà all’annuncio di norme che favorirebbero le istituzioni private a discapito delle istituzioni pubbliche. Le Conferenze chiedono dunque, non oltre il mese di febbraio 2016, immediate risposte alle istanze poste e azioni concrete, da realizzarsi in tempo utile per garantire l’efficacia delle procedure per l’avvio del prossimo anno accademico. In ragione di questo decidono di proseguire nella propria azione congiunta per incalzare l’attuazione della riforma, con significativi incrementi delle risorse a disposizione del sistema. Ciò anche al fine di provvedere entro il 2016 alla statalizzazione dei Conservatori non statali, che stanno vivendo una condizione di gravissima crisi e rischiano la chiusura delle attività formative”. Ed ecco quindi la protesta odierna, articolata lungo tutto il sistema musicale italiano che comprende per la precisione 77 istituti di alta formazione musicale: 54 Conservatori statali (più 4 sedi staccate), 19 Conservatori non statali (ex Istituti Pareggiati), 4 istituti accreditati. Oltre 50.000 studenti, di cui il 10% stranieri (dato più che doppio rispetto al corrispondente dato delle Università). Oltre 6.000 diplomati all’anno. Settemila eventi complessivamente organizzati sul territorio (soprattutto concerti). Seimila docenti e 1.500 unità di personale amministrativo e ausiliario. Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore Roberto Buonasorte Capo Redattore Igor Traboni Società editrice Amici del Giornale d’Italia Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 3 Sabato 13 febbraio 2016 AttuALItA’ APERTO UFFICIALMENTE IL QUINTO FILONE DEL PROCEDIMENTO DAL PROCURATORE ROSSI, CHE POTREBBE PERDERE IL CASO Etruria, inchiesta partita: ma mancano gli indagati Appaiono scontati gli avvisi di garanzia per l’ex presidente Rosi e i suoi due vice, il vicario Berni e il padre della ministra per le Riforme. Eppure tardano ancora ad arrivare di Marcello Calvo l dato è tratto. La procura di Arezzo, dopo la sentenza del tribunale fallimentare che ha decretato lo stato d’insolvenza della vecchia Banca Etruria, ha aperto il quinto filone d’inchiesta, questa volta per il reato di bancarotta fraudolenta. Appare dunque ormai scontata l’iscrizione nel registro degli indagati per gli ex vertici del gruppo. Come l’ex presidente Lorenzo Rosi e i suoi due vice: il vicario Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, padre del ministro per le Riforme. Scontato, dunque, ma non certo. Perché a quanto pare al momento nel fascicolo aperto dal procuratore Roberto Rossi, non risulterebbero indagati. Questione di attimi, ore, giorni. Probabilmente. Tant’è, il tempo scorre e gli avvisi di garanzia I tardano ad arrivare. E non se ne capisce il motivo. Le indiscrezioni raccontano che il capo dei pm ha creato un pool di quattro magistrati, lui compreso, chiamati ad occuparsi solo ed esclusivamente di questo caso delicatissimo che rischia di provocare un vero e proprio tsunami. Non solo giudiziario, ma pure politico. Top secret sulle mosse della procura, dunque. Che a quanto pare sta già effettuando le prime verifiche sull’attività sospetta del comitato ristretto (che comprendeva anche il “babbo” della Boschi) che diede parere negativo all’offerta – per moti irrinunciabile – di banca popolare di Vicenza. Ma il punto di partenza riguarda l’ultima relazione ispettiva di Bankitalia, in cui sono messe nero su bianco praticamente tutte le spese deliberate dall’ultimo consiglio d’amministrazione, sospettate di aver contribuito al dissesto dell’istituto di credito aretino. L’èquipe dei togati indagherà pure sulla concessione di finanziamenti senza garanzia “agli amici” su interessamento dei consiglieri e diventati crediti deteriorati. Questa, la questione più spinosa. Fari puntati poi sugli incarichi di consu- lenze dorate per oltre 17 milioni di euro per verificare se fossero veramente indispensabili. Tra fidejussioni inconsistenti e presunte malefatte segnalate da Palazzo Koch. Sotto la lente d’ingrandimento, presumibilmente, anche la super liquidazione da 1,1 milioni di euro per l’ex direttore generale Luca Bronchi, erogata a marzo 2014 quando la banca era già in crisi profonda. Davvero un bel da fare per i pm di Arezzo che ancora non è chiaro fino a che punto potranno contare sul loro dominus. Visto che il Csm ha recentemente disposto un’integrazione istruttoria sulla vicenda che riguarda il procuratore Rossi. Che rischia l’estromissione dal caso non solo per quel presunto conflitto d’interessi per via di quell’incarico di consulente per il governo Renzi svolto fino al 31 dicembre scorso. Ma pure e soprattutto per quegli strani “silenzi” sui dieci procedimenti che la procura toscana ha trattato nei confronti dell’avvocato Boschi. Ben quattro di questi, infatti, sono stati curati in prima persona dall’allora pubblico ministero Rossi che per l’illustre indagato (all’epoca dei fatti) ha sempre sollecitato l’archiviazione. I consiglieri del Csm proprio non riescono a capire per quale motivo il togato li abbia tenuto “nascosti”, durante la prima audizione a Palazzo dei Marescialli, dove Rossi ha affermato di “non aver mai avuto a che fare con nessun componente della famiglia Boschi”. Salvo poi correggere il tiro attraverso una lettera inviata successivamente al Consiglio superiore della magistratura. Fatti che non sono certo piaciuti ai componenti della prima commissione del Csm, chiamati ora a prendere posizione sulla vicenda. Si attendono provvedimenti, con l’inchiesta su Banca Etruria che presto potrebbe rimanere “orfana” di quel protagonista che fino a prova contraria dovrebbe rappresentare l’accusa in un eventuale processo contro il vecchio consiglio d’amministrazione. Un paradosso, tutto italiano. PURE UBI SBATTE LA PORTA IN FACCIA A MPS CHE CONTINUA A CROLLARE IN BORSA E RISCHIA IL TRACOLLO La mission impossible del governo: trovare un partner a banca rossa A niente sembrano essere servite le pressioni dell’esecutivo, con la margherita delle pretendenti sfogliata completamente di Marco Zappa eanche le pressioni del governo sembrano essere servite a cambiare le cose. E il fatto è ormai conclamato: il Monte dei Paschi di Siena non lo vuole nessuno. Pure Ubi ha scaricato banca rossa, con N l’amministratore delegato del gruppo bergamasco, Victor Massiah, che ha escluso categoricamente l’ipotesi di una fusione con l’istituto di credito senese precisando che al momento “non sussistono le condizioni necessarie”. Ennesima porta in faccia per la roccaforte della sinistra che non riesce a trovare un partner e continua a pagarne le conseguenze in Borsa. Altro che recupero. Nuova sospensione, ieri, per Mps, in eccesso di ribasso, che fatica a scambiare a Piazza Affari. Per via delle notizie poco rassicuranti che arrivano giornalmente dai presunti gruppi interessati alla partnership che puntualmente si tirano indietro. Ma banca rossa paga pure l’espulsione del titolo dall’indice Msci, dopo la revisione trimestrale del paniere, efficace dalla chiusura del 29 febbraio. Tant’è, vuoi o non vuoi, da un po’ di tempo a questa parte il risultato è sempre lo stesso: una catastrofe. Su tutta la linea. Dopo il “niet” di Poste Italiane le nozze con Ubi, sollecitate con forza dall’esecutivo e dal ministro dell’Economia Padoan, che ha provato in ogni modo a trovare una soluzione che potesse soddisfare tutte le parti in causa, visto anche che il Tesoro continua a possedere il 4,02% delle azioni di Mps, sembravano potessero finalmente riuscire a sistemare le cose. Un passo decisivo, pure per tranquillizzare Francoforte che ha più volte sollecitato l’istituto di credito senese a trovare un partner con cui fondersi per una unione volta a offrire al gruppo un futuro solido. Oltre che per risolvere i problemi strutturali. Ebbene, sembra non esserci niente da fare. Per il Monte dei Paschi la ricerca di un alleato sembra essersi trasformata in una missione impossibile. La margherita delle pretendenti è stata sfogliata del tutto e all’orizzonte, ad oggi, non sembrano esserci altre strade percorribili. Un vero problema per il Pd e quindi per Renzi. Continua la caccia per trovare un “moroso” per la banca (rossa) più antica del mondo. Che nel frattempo affonda in Borsa e rischia il tracollo. Il presidente dell’Abi snobba i risparmiatori beffati Il numero uno della Cassa di Risparmio di Ravenna: “Le vicende del gruppo aretino non ci riguardano” S olo lo scorso dicembre il presidente Abi, Antonio Patuelli, bollò senza mezzi termini il salvataggio delle quattro banche “dissestate e commissariate” (Etruria, Banca delle Marche, CariFerrara e CariChieti) come una “legnata” per gli istituti di credito italiani. Quando l’unica vera e propria mazzata, tra capo e collo, l’hanno presa gli oltre 120mila risparmiatori letteralmente beffati dal discusso decreto salva-banche. Che ancora oggi non possono gridare giustizia. Visto che la restituzione del maltolto tarda ad arrivare pure per via delle giravolte del governo che continua a prendere tempo. All’epoca dei fatti il numero uno della Cassa di Risparmio di Ravenna si mostrò addirittura “imbestialito con l’Europa”, mettendo in risalto le differenze tra l’Italia e la Germania. Con i tedeschi “che per salvare le proprie banche possono usare i soldi pubblici e contare sugli aiuti di Stato, mentre noi no”. Nessun pensiero, appunto, verso quegli ex obbligazionisti privati dei risparmi di una vita. Nemmeno dopo la sentenza del tribunale fallimentare di Arezzo che ha dichiarato lo stato d’insolvenza della vecchia Banca Etruria, con la procura che ora indaga per bancarotta fraudolenta e potrebbe presto mettere sotto inchiesta gli ex vertici dell’istituto di credito aretino. Insomma, per Patuelli “la questione non riguarda Abi ma le autorità pubbliche e istituzionali che hanno funzioni derivanti da leggi anche recenti su cui io tengo un doveroso distante progetto”. Se ne lava praticamente le mani, il numero uno dell’Associazione bancaria italiana, che nonostante il periodaccio vissuto da molti istituti di credito a Piazza Affari sottolinea che “molti gruppi stanno registrando risultati eccellenti”. Visioni certamente ottimistiche. Al pari delle considerazioni offerte sulla situazione economica del Paese. Secondo Patuelli, infatti, “l’estate scorsa s’è accesa la speranza che la lunga fase di recessione fosse superata. Poi lo stato d’animo s’è depresso per ragioni non solo italiane”. Punti di vista, sicuramente. Lontani, stando alle stime recenti, dalla realtà. Sicuramente sprovvisti di umanità. Patuelli, presidente Abi 4 Sabato 13 febbraio 2016 AttuALItA’ LA QUESTIONE MIGRANTI L’Austria pronta a chiudere il Brennero Vienna ha quasi esaurito il limite di rifugati da accogliere, ripristino dei controlli entro poche settimane Intanto l’Europa bastona la Grecia e brucia le tappe verso la sospensione di Schengen in primavera di Robert Vignola n Europa si fanno i fatti, in Italia si assiste. E mentre si favoleggia di un mondo senza confini in cui abbracciare chiunque bussi alle nostre porte senza neanche chiedergli i documenti, le nostre frontiere vengono blindate. Dagli altri. L’Austria, che ha aperto il 2016 annunciando l’intenzione di chiudere Schengen, sta passando dalle parole alle opere, lasciando le omissioni al governo Renzi. Ieri il ministro degli Esteri di Vienna, Sebastian Kurz, nel corso di una visita in Macedonia ha reso noto che il suo Paese ha quasi raggiunto il numero massimo di rifugiati che prevede di accogliere entro l’anno (fissato a 37.500) ed è pronta a chiudere le proprie frontiere a nuovi arrivi. Cosa che avverrà a limite raggiunto, cioè entro un mese. Di lì si metterà in moto una operazione che, in un tempo stimato tra le otto e le dieci settimane, porterà il Tirolo (una delle regioni che confinano con l’Italia, quella dalla quale però c’è la porta principale, cioè il Brennero) a portare a pieno regime la macchina dei controlli. Oltre al Brennero i controlli saranno estesi ovviamente anche ai valichi di val Pusteria e val Venosta, mentre è quanto mai probabile che analoga situazione dovrà affrontare anche la Carinzia per chiudere i passi col Friuli-Venezia Giulia (il Tarvisio innanzitutto, ma anche il Passo Pramollo e il Passo di Monte Croce Carnico). Ma ieri è stata una giornata campale soprattutto per la Grecia, che continua ad essere bastonata dalle istituzioni eurocratiche anche per la questione migranti. Il Consiglio dell’Unione europea ha formalmente adottato le raccomandazioni relative alle valutazioni Schengen della Commissione con cui si chiede alla Grecia di sanare le gravi carenze ri- I scontrate nella gestione delle frontiere esterne, di fronte al massiccio flusso di migranti. Sostanzialmente Atene ha tre mesi di tempo per mettersi in regola, ma il passo compiuto ieri è il terzo dei quattro che bastano a sospendere Schengen attraverso l’articolo 26 del Trattato. Un finale che sembra già scritto e che si vuole raggiungere con una tempistica ben determinata: quella della primavera, quando le condizioni atmosferiche favorevoli faranno esplodere la cosiddetta rotta dei Balcani e dovrà quindi essere tirato su un recinto con la Grecia dentro. E non è un caso che proprio Austria e Germania a metà maggio avranno esaurito il tempo previsto dagli articoli ordinari del Codice Schengen per i controlli ai loro confini. Ma la questione dei cosiddetti “rifugiati” tiene banco anche in Francia, dove il fronte caldo è quello di Calais, la città che si affaccia sulla Manica e dove nei mesi scorsi è sorta una bidonville abitata da circa seimila immigrati, la maggior parte clandestini che tentano ciclicamente l’assalto ai tir diretti all’Eurotunnel per infiltrarsi in Gran Bretagna. Le istituzioni regionali hanno dato il via ad una massiccia operazione di sgombero di parte della “giungla”, come viene chiamata la spianata con tende e capanne costruite con materiale di fortuna dove la polizia non si arrischia ad entrare. Entro una settimana la parte sud dell’insediamento abusivo dovrà essere liberata ed in tal senso il prefetto del Nord-Pas-deCalais, Fabienne Buccio, ha dato a chi la occupa una settimana di tempo per lasciarla. Chiaramente, si temono incidenti, mentre la popolazione continua ad inscenare manifestazioni contro il degrado che vengono vietate dalle autorità e represse dalla polizia. IL CASO Non sa leggere il giuramento: per Alfano è comunque italiano n Italia da vent’anni, non è in grado di leggere il testo del giuramento di chi ottiene la nazionalità italiana. Ma al sindaco che non ha accettato, a quel punto, di conferire a un 48enne nigeriano la cittadinanza, il Viminale manda bacchettate. Riparando immediatamente al “torto” e consentendo quindi all’immigrato di potersi definire (anche se I non si sa in quale lingua) un nostro connazionale. È paradossale ma purtroppo paradigmatica la vicenda che arriva da Brugnera, comune in provincia di Pordenone. Il sindaco Ivo Moras, accorgendosi che l’uomo non era in grado di comprendere il documento di accettazione che gli aveva consegnato, si era rifiutato di dar seguito alla richiesta dell’uomo. In Friuli l’episodio era diventato un caso politico, con Sel schierata contro la decisione presa. Poi la questione è giunta anche alla Camera per effetto dell’interrogazione presentata da Massimiliano Fedriga, capogruppo della Lega, al quale però Angelino Alfano ha detto che sì, il sindaco ha sbagliato e il nigeriano è un italiano. “Premetto che il giuramento di uno straniero che intende acquisire la nazionalità italiana – ha spiegato Alfano – non è una pura formalità, ma esprime in modo solenne la volontà dello straniero di entrare a far parte della comunità nazionale. Una volta concluso l’iter e adottato il decreto di concessione della cittadinanza da parte del presidente della Repubblica, un’ulteriore verifica volta ad affermare quanto già accertato in sede istruttoria non è tecnicamente alla luce della norma ammissibile e sarebbe comunque estranea ai profili e ai principi procedimentali”. Un riferimento questo alla norma che prevede, dopo cinque anni di residenza in Italia, un esame di conoscenza della nostra lingua. Eppure secondo il titolare del Viminale “la posizione presa dal sindaco di Brugnera, che contesta la competenza linguistica dello straniero, intendendo invalidare l’intero procedimento, non appare confortata da disposizioni normative che ne suffraghino in alcun modo la legittimità e potrebbe dare luogo, se reiterata, all'esercizio dei poteri sostitutivi”. Quindi se il nigeriano sa o meno l’italiano non lo decide il sindaco di Brugnera, dice Alfano. Come l’uomo abbia a suo tempo superato il test di conoscenza, e come possa “integrarsi” se non riesce neanche ad esprimersi, sono quisquilie che al ministro non interessano. R. V. FINANZIATO IL PROGETTO, A PAGARE SARÀ LA COMPAGNIA DI SAN PAOLO In Piemonte va in onda il Tg Rom U n tg tutto per loro. Pagato coi soldi della Compagnia di San Paolo. I rom piemontesi avranno insomma uno spazio informativo dedicato a loro. Il progetto ha infatti vinto “Bando Giovani, iniziative a favore della popolazione giovanile”, che si propone di “prospettare ai giovani Rom un processo di cittadinanza attiva e di partecipazione alla vita sociale, di stimolare il senso di responsabilità e sviluppare elementi di innovazione nell’approccio al mondo Rom”. “Da molti anni sosteniamo iniziative - ha spiegato il presidente della Compagnia, Luca Remmert - per contrastare le diverse forme di disagio giovanile e per stimolare la partecipazione attiva dei giovani nella vita delle loro comunità. Il nostro obiettivo è quello di far sì che i giovani siano protagonisti del cambiamento”. Così, tra mini "start-up" guidate per la cura di spazi abbandonati, per il trasporto di anziani e disabili nelle valli montane meno servite, progetti contro il cyberbullismo e molto altro ancora, si è inserito l’inedita proposta dell’associazione torinese IdeaRom, da anni impegnata per i diritti, l’inserimento scolastico dei bambini, il lavoro, il superamento dei campi. “L’idea è di offrire informazione via web con focus specifico sulle comunità rom. Ci sarà - spiega Vesna Vuletic, presidente dell’associazione, mediatrice culturale - una fase di formazione in video-giornalismo per il gruppo di giovani coinvolti, inizialmente una dozzina, autocandidati a partecipare e provenienti da diverse condizioni abitative. Poi si realizzerà un numero zero e infine partirà il tg”. E ancora. “Esperienze di web tv di questo tipo ci sono in vari Paesi europei. L’informazione di tgROM - dice Vuletic avrà l’obiettivo di contrastare il pregiudizio, i conflitti, con notizie provenienti dal mondo rom raccolte dai giovani, facilitando l’autorappresentazione pubblica delle comunità. I contenuti avranno una doppia direzione: rom-territorio e viceversa. Questo servirà a superare la condizione attuale: si fa di tutto sui rom e per i rom, ma senza di loro, senza mai ascoltarli. Dare voce ai rom servirà anche a verificare l’effettiva efficacia delle azioni pianificate per loro”. L’iniziativa è in collaborazione con Nuovasocietà, il direttore responsabile sarà il giornalista Andrea Doi. Il progetto accederà quindi a fondi per 21mila euro, provenienti dal primo socio di Intesa San Paolo. 5 Sabato 13 febbraio 2016 EStERI GUERRA IN SIRIA Cessate il fuoco e aiuti umanitari: i punti chiave della tregua L'accordo, firmato a Monaco, è stato raggiunto grazie alla collaborazione di Mosca e Washington di Cristina Di Giorgi rriva da Monaco la notizia che, sulla guerra in Siria, è stato raggiunto un accordo che prevede un cessate il fuoco parziale entro sette giorni onde consentire la distribuzione di aiuti umanitari alle città assediate. L'intesa, sottoscritta a quanto si apprende dopo sei ore di negoziati, è il frutto della collaborazione delle diciassette potenze mondiali dell'International Syria Support group. A lavorare al documento, in particolare, il segretario di Stato americano John Kerry, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e l'inviato Onu per la Siria Staffan de Mistura, oltre a diversi ministri degli Esteri europei e di Stati del Medio Oriente, tra cui quelli di Iran e Arabia Saudita. Quanto ai contenuti, il capo della diplomazia Usa ha precisato che la distribuzione di aiuti sarà “accelerata ed estesa” già da lunedì. Ed ha poi aggiunto, a proposito della cessazione delle ostilità, che quella concordata è una “pausa” momentanea e non una “pace permanente”. Il piano, che Kerry ha definito “ambizioso”, prevede la creazione di due task force che sovrintendano alle questioni principali (una per gli aiuti umanitari e una per il cessate-il-fuoco, presieduta quest'ultima da Usa e Russia): “abbiamo parole scritte sulla carta – ha dichiarato – e nei prossimi giorni dobbiamo vedere azioni sul terreno”. L'obiettivo resta A comunque quello di raggiungere un accordo di pace definitivo, anche perché “più a lungo dura la guerra, più ne approfittano gli estremisti” ha concluso il segretario di Stato americano. Tale risultato dipende comunque da come andranno i futuri negoziati (che dovrebbero riprendere a Ginevra il 26 febbraio). Il principale problema da affrontare resta, ancora una volta, la reazione delle varie fazioni siriane. E se dal governo di Damasco non è giunto in proposito alcun commento, quanto all'opposizione cosiddetta moderata ha già fatto sapere che rifiuta seccamente l'intesa. “Il progetto di una tregua provvisoria sarà esaminato con le fazioni combattenti dei ribelli siriani e saranno loro a dire l'ultima parola” ha infatti dichiarato un membro della delegazione anti-Assad. Che ha poi aggiunto: “se vedremo sul campo l'applicazione del cessate il fuoco, torneremo presto a Ginevra”. Dalla tregua nei combattimenti sono ovviamente stati esclusi i gruppi terroristici (Isis e al Nusra in primis). Le azioni contro di loro dunque proseguiranno, come ha sottolineato il ministro degli Esteri russo: “continueremo Il presidente Nicolas Maduro ha dichiarato che sono almeno tre le persone morte in seguito a complicazioni insorte a causa del virus zika. Ed ha aggiunto che al momento ci sono 68 ricoveri negli ospedali di tutto il Paese contagiati dalla malattia portata dalle zanzare. In Venezuela sono stati registrati oltre 5000 casi sospetti dal novembre 2015, ma stando a quanto riferito da alcune organizzazioni sanitarie locali, il numero reale è probabilmente molto più alto. Ed intanto, in Australia, una donna in stato interessante rientrata da un viaggio all'estero è risultata positiva al virus: secondo gli esperti – riferiscono le agenzie – il rischio di un'epidemia di zika in loco è molto basso, in quanto il tipo di zanzara portatrice vive solo in un angolo del Paese scarsamente popolato. Perù: forte scossa di terremoto nel sud L'Istituto geofisico statunitense (Usgs) ha riferito di una violenta scossa di terremoto che, alle 5.50 ora locale ha colpito il sud del Perù. Il sisma, di magnitudo 4.6 sulla scala Richter, si è verificato ad una profondità di circa 58.5 chilometri, a 33km a nordnordest di Camana. Al momento non si hanno notizie di vittime o danni. Sud Sudan: il presidente nomina vice il suo rivale Il presidente del Sud Sudan Salva Kiir ha nominato vicepresidente il Karachi, arrestati 97 sospetti terroristi Sventato attacco alla prigione dove è detenuto il killer di Pearl esercito pachistano ha reso noto di aver arrestato 97 sospetti militati islamici nella citta' di Karachi, appartenenti a diverse organizzazioni terroristiche, tra cui Al Qaida e Lashkar-e-Jhangvi. Lo riferisce il servizio stampa L’ delle forze armate Ispr. Nell'operazione e' stato anche sventato un attacco ad una prigione dove e' detenuto Ahmed Omar Saeed Sheikh, sospettato dell'omicidio del giornalista americano Daniel Pearl nel 2002. MESSICO DAL MONDO Venezuela: primi tre morti per zika a combattere i terroristi al fianco del governo siriano” ha detto infatti Lavrov. Che quanto al suo Paese ha aggiunto: “da mesi ci vengono rivolte accuse senza senso. E' solo propaganda. Invece di puntare il dito contro, bisognerebbe dire che abbiamo un nemico comune e trovare soluzioni. Ci aspettiamo quindi che finalmente gli americani cooperino con noi dal punto di vista militare e che questo avvicini l'obiettivo prefissato dal presidente Putin: la creazione di un vero fronte comune nella lotta contro il terrorismo”. Stando ad alcuni analisti, all'accordo di Monaco si è arrivati mediando la posizione di Mosca da un lato, che avrebbe voluto posticiparlo ai primi di marzo, e Washington e il fronte arabo guidato da Riad dall'altro, il cui timore era che l'avanzata delle truppe di Damasco attualmente in atto avrebbe potuto distruggere le formazioni armate non appartenenti all'Isis, impegnate a combattere il governo di Assad. Su questa linea la Germania, che ha ritiene Mosca responsabile del fallimento dei negoziati di pace: “alle parole devono seguire i fatti. E il governo mette prima di tutto la Russia di fronte al suo obbligo a farlo” anche perché “attraverso la sua azione militare dalla parte del regime di Assad – ha affermato Christiane Wirzt, una portavoce dell'esecutivo di Berlino – la Russia ha di recente seriamente compromesso il processo politico. Adesso c'è la possibilità di salvarlo, con l'aspettativa che non ci sia un incremento degli attacchi”. suo rivale Riek Machar. Tale provvedimento, che è parte di un accordo volto a porre fine alla guerra civile che dal 2013 insanguina il Paese e che ha già provocato migliaia di morti e oltre due milioni di sfollati, è dovuto anche alla presa di posizione delle Nazioni Unite. La minaccia di sanzioni aveva infatti spinto le due fazioni a firmare, nell'agosto 2015, un trattato di pace, che è stato nel corso dei mesi però più volte violato. Stando a quanto riferito dalle tv locali, citate dalla Bbc, Machar, che attualmente non si trova nel Paese, ha accolto la mossa del presidente con favore ed ha dichiarato che potrebbe rientrare presto: “Sono ansioso di far tornare in Sud Sudan la pace e la stabilità politica. Credo che siamo in grado di farlo”. Russia: scava un tunnel e ruba 60 bottiglie di vodka Spettacolare furto, nella città di Kiselevsk (circa 3500 km ad est di Mosca), ai danni di un negozio di liquori: il ladro, un trentaduenne di nazionalità russa, ha infatti scavato un tunnel fin sotto i locali dell'esercizio commerciale. Ed è riuscito a rubare sessanta bottiglie di vodka. L'uomo è stato poi identificato ed arrestato dalla polizia, che però è riuscita a recuperare soltanto una minima parte della refurtiva: il rapinatore se l'era infatti già scolata quasi tutta con gli amici (ne erano rimaste soltanto dieci bottiglie). Ora l'uomo rischia fino a cinque anni di carcere. Rivolta carceraria a Monterrey: cinquanta morti Le autorità locali confermano il bilancio Tra le vittime ci sono anche guardie e funzionari della prigione di oltre cinquanta morti il bilancio, ancora non definitivo, della rivolta scoppiata la notte scorsa nel carcere messicano di Monterrey tpo Chico, situato nel nord del Paese. Oltre settanta, stando a quanto riferito ai media locali dal governatore dello Stato, le persone rimaste ferite in seguito all'ammutinamento dei detenuti nella struttura, che si sarebbe poi trasformato in un tentativo di fuga. tra le vittime ci sono reclusi, guardie carcerarie e funzionari. All'esterno della struttura si sono radunati, per avere notizie sulle condizioni dei loro congiunti, numerosi familiari dei detenuti. Momenti di tensione con la polizia, intervenuta in forze a presidiare la struttura. Stando alle prime ricostruzioni, intorno a mezzanotte un gruppo di prigionieri ha preso il controllo di una zona della prigione ed ha appiccato un incendio (dall'esterno si vedono infatti ancora colonne di fumo nero). Sembra inoltre, stando alle dichiarazioni del governatore, che si sia consumato uno È scontro tra detenuti appartenenti a due gruppi rivali, uno dei quali guidato da un membro del noto cartello della droga Zetas. L'ammutinamento di ieri, riferiscono le agenzie, arriva a pochi giorni dall'annunciata visita del pontefice nel carcere messicano della Ciudad Juarez, al confine con il Nuovo Mexico. La situazione delle prigioni messicane resta molto difficile: a riprova di tale affermazione, già nel febbraio del 2012 un'altra rivolta, nel carcere di Apodaca, si era conclusa con la morte di 44 detenuti. E nel 2013 la Commissione nazionale per i diritti umani aveva pubblicato un rapporto sulle strutture più affollate, in cui si sottolineava che ve ne sono 65 controllate dai carcerati e non dalle autorità. CdG 6 Sabato 13 febbraio 2016 StORIA LA POSIZIONE DELL’ITALIA - VITTORIOSA - E DELLA GERMANIA - SCONFITTA - DOPO LA GRANDE GUERRA Da Versailles al secondo conflitto mondiale Le sanzioni comminate al Bel Paese dalla Società delle Nazioni e l’orgoglio dell’autarchia di Emma Moriconi agionavamo ieri della seconda guerra mondiale e esaminavamo una pubblicazione del 1941. Riprendiamo da dove ci siamo fermati: "Noi possiamo - dice ancora l'opuscolo, diffuso al fine di spiegare agli Italiani le ragioni di quel conflitto - delucidare un criterio fondamentale della politica anglosassone. Padrona delle principali risorse del mondo e del dominio dei mari, i problemi degli altri popoli venivano subordinati al generale problema della crescente prosperità delle nazioni britanniche, e si concorreva a risolverli nella misura in cui potevano giovare ad un accrescimento della potenza, della sicurezza, della prosperità del sistema. L'Inghilterra è sempre pronta a discutere su un piede di parità con qualunque potenza : l'Etiopia, l'Italia, la Germania, l'Inghilterra stessa, hanno eguali diritti ed eguali doveri sul piano della convivenza internazionale. Tuttavia, l'Inghilterra si riserva sempre la possibilità di affamare, di soffocare, di strozzare economicamente i popoli che credono di formulare, sul piede di questa R parità, delle rivendicazioni legittime o, peggio, di assumere degli atteggiamenti revisionistici. Per modo che la parità teorica, si risolve in pratica in una dipendenza variabile dal protettorato di fatto (vedi Egitto, Iraq, Grecia), alla permanenza di un regime politico, il parlamentarismo, che garantisce l'accessibilità di tutti i settori della vita nazionale all'influenza dell'economia anglosassone". La vicenda appare ben chiara sin dai tempi delle sanzioni: l'Italia, che era stata maltrattata dopo la grande guerra pur essendo a pino titolo tra i Paesi vincitori del conflitto, era rimasta all'angolo. La Germania, che la guerra l'aveva persa, era stata schiantata: Versailles era stato un colpo mortale, duro, durissimo. E va bene che i Tedeschi avevano mostrato il "lato oscuro" durante il primo conflitto (del resto, anche nel secondo diedero il peggio), e andavano certamente puniti. Ma occorre essere composti, soprattutto quando si è vincitori. Lo aveva detto, Mussolini, e non era stato ascoltato. Lo aveva detto al termine del primo conflitto, raccomandando sobrietà nella vittoria, non fu ascoltato. Lo disse di nuovo quando la guerra si profilava all'orizzonte con la Germania che minacciava (ed era chiaro) tutta l'Europa. E nemmeno allora venne ascoltato. Qualche anno dopo sui libri di storia si troverà scritto che fu tutta colpa di Mussolini... "Nella Pace di Versailles - dice infatti l'opuscolo che stiamo esaminando - non solo non trionfarono questi principi [quelli cioè della liberazione delle nazionalità oppresse, della libertà per tutti i popoli, della libertà dei mari, NdR], ma si disseminarono in tutta l'Europa Centrale, Orientale e Danubiana, dei veri e propri sistemi di minoranze oppresse. Anzi, la situazione si capovolse: in luogo di minoranze soggiacenti ai loro antichi conduttori tedeschi e magiari, si sostituirono minoranze di popoli ad alto tenore civile, oppresse da piccoli e medi Stati incoerenti geograficamente e politicamente". Le sanzioni, dicevamo: "Nel 1935 - dice il nostro opuscolo - l'Inghilterra mosse contro di noi l'art. 16 del Patto e le conseguenti sanzioni economiche. Si vide, in quell'infausto esperimento societario, che la libertà dei mari postulata dagli scopi di guerra del 1914-18, non solo era un mito, ma veniva negata proprio a noi, che per essa avevamo combattuto". La Società delle Nazioni mal digeriva che l'Italia, piccola e "proletaria" si azzardasse a diventare, nel suo piccolo, una potenza coloniale. C'erano già loro, a dominare le terre, e a sfruttarle. L'Italia, invece che sfruttarle, in verità andò a smantellare la schiavitù in Etiopia (e però anni dopo i libri di storia dipingeranno Mussolini e i Fascisti come razzisti...), andò a costruire le opere pubbliche, le fabbriche, le infrastrutture. L'Italia fascista spese moltissimo in opere e organizzazioni, in Africa. Inghilterra, Francia e compagnia bella cosa fecero, invece, dei territori che avevano conquistato? Li sfruttarono, estrassero tutto ciò che potevano estrarre, le condizioni di vita delle popolazioni indigene non sono mai state un loro problema. Ma che l'Italia potesse andare a reclamare sullo scacchiere internazionale ciò che le spettava, non poteva essere tollerato, la prepotenza anglosassone (e non solo) diede il meglio di sé. E quale orgoglio patrio quando gli Italiani risposero con l'autarchia. Ma l'argomento è troppo vasto, e sarà opportuno tornare sul tema in futuro. Certo è che la storia non può essere scritta per opinioni, occorre guardare i fatti, i documenti, la verità. Ed è ciò che facciamo ogni giorno su queste pagine. [email protected] 7 Sabato 13 febbraio 2016 DA ROMA E DAL LAZIO I DEM PRESENTANO I CANDIDATI DELLE PRIMARIE ALL’E NOT E CA RE GIONAL E Il Pd si perde in un bicchiere di vino L’accusa di Storace: “L’uso è offensivo, qualcuno verifichi il rispetto delle leggi” La replica dei dem: “Abbiamo pagato 1000 euro per l’affitto”. “LazioInnova spese centrotrentamila per inaugurare la sede. Chi inganna?”, chiede l’ex governatore l Partito democratico perde il pelo ma non il vizio, verrebbe da dire. Il centrosinistra, senza Sel-Si, ha presentato ieri pomeriggio le candidature alle primarie romane, e lo ha fatto nella sede dell’Enoteca della Regione Lazio Palatium, malgrado abbia a disposizione tantissime strutture pubbliche; come è emerso dallo scandalo affittopoli, a partire da via dei Giubbonari dove il Pd sarebbe moroso per 170mila euro. Erano presenti anche il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti (che ai suoi ha detto: “Non lasciatemi solo come quando ero alla guida della Provincia di Roma”) e il commissario di Arsial Antonio Rosati, una vecchia conoscenza della sinistra romana: attuale esponente romano del Pd, già capogruppo in Campidoglio e assessore alla Provincia di Roma. Una conferenza stampa che ha fatto scattare sulla sedia Francesco Storace, antagonista di Zingaretti alla Regione Lazio e candidato a sindaco di Roma. “È semplicemente offensivo, anche per la storia istituzionale della regione, che il Palatium di via Frattina venga usato da Zingaretti e dall'Arsial per sponsorizzare le primarie del Pd. Una struttura nata per promuovere i prodotti della nostra terra diventa occasione di sponsorizzazione di un’iniziativa politica di parte”, è l’esordio al vetriolo dell’ex governatore del Lazio, secondo cui: “E che il buffet MOBILITÀ Metro C: assicurati i fondi, ma l’incertezza resta orse i cantieri della Metro C torneranno ad aprirsi. Ieri, infatti, il Campidoglio, nel corso di un incontro tra le parti, ha comunicato la definizione di un cronoprogramma che prevede i pagamenti al Consorzio Metro C di tutte le restanti fatture già certificate entro i prossimi 60 giorni, per un importo complessivo di circa 102 milioni. Il Sub Commissario al Bilancio, Lino Castaldi, ha evidenziato come Roma Capitale, al fine di risolvere le criticità lamentate dal Consorzio nel primo incontro del 14 dicembre 2015, in poco più di due mesi abbia erogato allo stesso risorse per circa 43,7 milioni di euro, imprimendo una forte accelerazione alle regolazioni dei debiti ancora non saldati. Lo scenario è mutato? E’ ancora presto per dirlo. Ovviamente il faccia a faccia tra Campidoglio e Consorzio ha dato un’accelerata alla fase di stallo. La scorsa settimana, infatti, i lavoratori e i sindacati avevano manifestato davanti i cancelli del campo base della Metro C, in via dei Gordiani. In occasione dell’ennesima protesta era stato denunciato “il completo fallimento della mobilità capitolina”. “Metro C licenzia tutti! 110 dipendenti del Consorzio Metro C perderanno il posto di lavoro! Oltre 500 operai, che dovrebbero realizzare l’opera, ora sono a casa!”, avevano tuonato le sigle sindacali. Le parti torneranno a vedersi per aggiornare in tempi rapidissimi il quadro economico dell’opera, in costruzione dal 2007, interrotta più volte a causa della mancanza dei fondi e del ritardo dei pagamenti. F I se lo siano pagato poco conta rispetto all’utilizzo di un luogo di tutti per la campagna elettorale di un partito politico”, ha ironizzato. Storace ha poi messo il dito nella piaga, anche alla luce del ritorno dello scandalo sull’immenso patrimonio immobiliare del Comune di Roma, da dove il Pd, per giunta moroso, beneficia di svariate sedi. “Al tempo di affittopoli, il Pd ha già decine e decine di strutture pubbliche - in cui è pure moroso - dove ospitare le sue iniziative”, ha notato il segretario nazionale de La Destra, che ha colto l’occasione per tirare le orecchie all'attuale presidente della Regione: “Con Zingaretti si fanno bandi per far gestire l'enoteca Palatium ai privati ma guarda caso i primi ad approfittarne sono i compagni di partito. Ovviamente, nessuno se ne indignerà. Noi ancora sì”. Infine Storace ha auspicato: “E spero anche qualcuno addetto a verificare il rispetto delle leggi”. La risposta del Pd arriva da Fabio Melilli, segretario regionale del partito: “Con l’amministrazione Zingaretti è stato fatto un bando pubblico per farla gestire da un privato: ha vinto la società Retail Food Srl. E proprio dalla società abbiamo affittato per 1000 euro con fattura una sala della struttura per un paio di ore, come può fare qualsiasi normale cittadino”. Pronta la replica di Storace: “I compagni pagano una sala 1000 euro, dice Melilli. Un evento organizzato da LazioInnova (società della Regione Lazio, ndr) per inaugurare la sede centotrentamila. Chi inganna?”. Giuseppe Sarra 8 Sabato 13 febbraio 2016 DA ROMA E DAL LAZIO L’URLO DEL SAP, COISP E CONSAP CONTRO L’AMMINISTRAZIONE Tutti al Viminale: “Vendesi un poliziotto” Vendesi un poliziotto, in ‘zona Vescovio’, con moglie e figlia a carico. Rivolgersi presso il Ministero dell’Interno per il fallimento dell’attività”. E’ quanto scritto in uno degli striscioni del Sindacato autonomo di polizia, che ieri mattina, insieme alle sigle Coisp e Consap, è tornato a manifestare per i provvedimenti disciplinari contro gli agenti, rei di aver denunciato in tv le criticità del dipartimento: dai giubotti alle volanti, dalle armi ai commissariati. “ Chiaro il riferimento a F.R., in organico presso il commissariato Vescovio di Roma, sospeso per aver, secondo il dipartimento, mostrato lo scorso dicembre equipaggiamenti non più in uso tra i poliziotti in un servizio della trasmissione Ballarò. Con la conseguente denuncia del segretario generale Gianni Tonelli, a digiuno da 24 giorni, al capo della polizia Alessandro Pansa e al questore capitolino Nicolò D’Angelo. Un provvedimento “intollerabile”, sostengono dal Sap che si “basa su presupposti falsi”. Un altro striscione, invece, recita: “Sciopero della fame per la sicurezza della brava gente”. La proposta è sempre la stessa: “Meno tagli, più sicurezza”. Un binomio paradossale per la sicurezza italiana. “La verità non è un reato”, si legge ancora. Non le ha mandate a dire il leader del Sap, che, intervenendo su Mattino 5, ha detto: “Lo faccio per la brava gente di questo Paese - ha commentato Tonelli, motivando lo sciopero della fame - questi tagli lineari stanno ormai portando il nostro sistema al collasso”. La battaglia del Sap dura ormai da diversi anni, nel corso dei quali sono state messe in evidenza le criticità della sicurezza italiana. I riflettori dei media si sono accesi sin da subito, tantissime le inchieste e i servizi anche sul Giornale d’Italia, fino agli attentati terroristici di Parigi, che hanno di fatto correre ai ripari il mondo intero. In Italia però, stando alla denuncia dei sindacati, si è fatto ben poco rispetto alle reali esigenze. Almeno la protesta di ieri ha portato i frutti sperati. I tre segretari generali del Sap, Coisp e Consapa sono stati ricevuti dall’amministrazione, alla quale hanno presentato una serie di proposte. Ora i sindacati attendono la risposta del Viminale. Lo sciopero della fame di Tonelli proseguirà anche la settimana prossima. Il Sap sarà comunque presente con un gazebo dal lunedì al venerdì sempre in piazza Montecitorio. Marco Compagnoni LA DENUNCIA ARRIVA DALL’AVVOCATO SANTAITI, LEGALE DI CHIARA INSIDIOSO, MASSACRATA DI BOTTE DAL FIDANZATO E CONDANNATO A 16 ANNI “Il fondo per le vittime della violenza è solo per stranieri” LATINA “Olive verniciate”, blitz della Forestale ltre 80 tonnellate di olive sequestrate per assenza di etichettatura, scadute o in cattivo stato di conservazione, con la conseguente denuncia di due persone. E’ il bilancio dell’operazione “Olive verniciate” svolta dal Nucleo agroalimentare del comando provinciale del corpo forestale dello Stato di Latina nel corso di una campagna straordinaria di controlli sulle olive verdi da tavola che ha portato al controllo di varie aziende operanti in provincia. Pensando di trovare un maggior favore da parte dei consumatori, alcuni produttori hanno fatto ampio ricorso a due coloranti di origine vegetale, l’E140 e l’E141, a base di clorofilla o di suoi derivati rameici. Per poter eludere tale sorveglianza, recentemente O sono state messe a punto delle nuove tipologie di frodi, per cui, al posto dei coloranti a base di clorofilla, le olive vengono immerse in soluzioni concentrate a base di solfato di rame, ossia vengono “verniciate”, come si dice nel gergo di chi pratica questo tipo di frode, per conferire una colorazione verde intensa, anche in presenza di olive raccolte nell’annata precedente e, dunque, caratterizzate da una colorazione estremamente sbiadita. I presunti responsabili dovranno rispondere di impiego fraudolento di additivi non consentiti, vendita di alimenti non genuini come genuini, detenzione per il commercio, in modo doloso, di sostanze destinate all'alimentazione pericolose per la salute pubblica. “benefici” degli stranieri sono un tema all’ordine del giorno, che corre il rischio di animare una guerra tra poveri. Non accade solo per le assegnazioni delle case popolari, l’accesso agli asili nido e i fondi per i meno abbienti, ma anche per il fondo delle vittime della violenza. “Che in Italia è destinato solo agli stranieri, per gli italiani invece no, siamo all’assurdo”. E’ il grido di rabbia a Radio Cusano Campus dell’avvocato Massimiliano Santaiti, legale di Chiara Insidioso Monda, massacrata di botte a Roma dal fidanzato Maurizio Falcioni e uscita dal coma dopo molti mesi. Com’è noto, Falcioni è stato condannato è stato condannato a 16 anni dalla prima corte d’Appello di Roma, con uno sconto di pena di quattro anni. Una sentenza contestata dai genitori della ragazza e dall’opinione pubblica. L’avvocato ha ricordato come “c’è una direttiva comunitaria del 2004 che impone a tutti gli Stati membri dell’Ue di dotarsi di un fondo di garanzia per le vittime di violenza, che non potevano essere risarcite dai loro carnefici in quanto incapienti”. Così, ha ricostruito, “dopo varie condanne, l’Italia ha recepito questa direttiva solo in parte, ovvero solo per la parte relativa ai reati transfrontalieri”. I Insomma, se un cittadino straniero vittima di una violenza sul suolo italiano, può essere risarcita dallo Stato. Mentre, è il paradosso, “una cittadina italiana no. E’ una vergogna tutta italiana. L’Italia è l’unico Paese in Europa a non aver ancora recepito questa direttiva”, ha tuonato il legale. Secondo Santaiti “è vero che una sentenza pesante può lenire in qualche modo le sofferenze della vittima di un reato e della sua famiglia, ma è altrettanto vero che queste persone poi rimangono abbandonate a loro stesse”. Un fatto, quello di Chiara, “emblematico”, secondo il legale della ragazza. Perché “lei è l’unica donna vittima di violenza che, scampata alla morte, è rimasta in quelle condizioni. Le altre, o sono morte o si sono rifatte una vita. E’ una ragazza di 21 anni che, una volta uscita dall’ospedale, dovrà andare a stare in una sorta di ospizio, insieme ai malati di Alzheimer”. La battaglia è stata comunque portata in Parlamento attraverso un disegno di legge presentato dal parlamentare Luca D’Alessandro, eletto nel Popolo delle libertà. Chiaro l’obiettivo: l’istituzione del fondo a garanzie delle italiane vittime di violenza. M.C. 9 Sabato 13 febbraio 2016 DALL’ItALIA L’INQUIETANTE EPISODIO DI BULLISMO A GALATONE, IN PROVINCIA DI LECCE Bloccato sui binari da quattro “amici” Vittima un ragazzino di 12 anni rimasto in balia di ragazzi più grandi che lo hanno immobilizzato e bersagliato con un fucile ad aria compressa. Rintracciati e indagati per lesioni e minaccie gli aggressori ostretto a stendersi sui binari e fare da bersaglio per dei gommini sparati da alcuni conoscenti. È l’ennesimo preoccupante episodio di bullismo quello accaduto a Galatone, in provincia di Lecce. Vittima un 12enne. I responsabili sarebbero invece quattro suoi “amici”, tutti studenti più grandi di lui di età compresa tra i 13 e i 16 anni. A lanciare l’allarme ai carabinieri sono stati medici del Pronto soccorso dove il ragazzino si era recato con i genitori per farsi medicare. Sull’accaduto la Procura dei minori di Lecce ha aperto un fascicolo d’inchiesta. Secondo quanto emerso al momento il 12enne, con la forza e con l’inganno, è C stato portato dal gruppetto lungo i binari ferroviari che tagliano in due il paese salentino. I bulli lo hanno quindi costretto a stendersi sulle rotaie e in tre lo hanno tenuto con la forza mentre il quarto, imbracciato il fucile ad aria compressa, ha cominciato a sparare decine di gommini. La vittima sarebbe stata bersagliata infatti da diversi colpi. L’azione è andata avanti sino al sopraggiungere di un treno. A quel punto il 12enne è stato liberato e ha potuto fare ritorno a casa, celando ai genitori l’intero accaduto. Sono stati proprio loro poi ad accompagnare il figlio in ospedale “Santa Caterina Novella” di Galatina, preoccupati per la presenza sul corpo del figlio di strani segni, simili a vesciche, comparsi sulle mani e sugli arti. Il personale medico dell’Ospedale si è subito insospettito comprendendo che i segni potevano essere il risultato di una violenza, così sono stati avvertiti i Carabinieri della locale stazione che hanno subito avviato le indagini del caso. Il 12enne avrebbe sminuito l’episodio, mentre a collaborare con le forze dell’ordine sarebbero stati proprio i genitori. Le Forze dell’ordine hanno in poco tempo ricostruito quanto avvenuto ripercorrendo le tappe di una storia drammatica e risalendo ai responsabili. I presunti bulli sono stati iscritti nel registro degli indagato con l’accusa di lesioni aggravate e minacce. Quella avvenuta a Lecce è il secondo grave episodio. Il 5 dicembre scorso a Campi Salentina sono stati arrestati due 21enni per aver sbeffeggiato, deriso e seviziato un disabile 13enne. Continue provocazioni, condite dagli appelli ‘handicappato’ o ‘mongoloide’ che hanno portato al più grave episodio, avvenuto nel mese di novembre del 2014, quando il ragazzino è stato legato con catena e lucchetto per oltre un’ora a un cancello. Il tutto era stato immortalato in un video, divenuto poi virale su Whatsapp tra i giovani della zona. Un fenomeno, quello del bullismo, divenuto ormai allarmante in tutta Italia, come confermano i numeri diramati dal Ministero: nel paese i casi di violenze tra adolescenti son tantissimi e i contesti sono vari. Un bambino su due ne finirebbe vittima. Violenze e soprusi in molti casi amplificati dal web, dove spesso circolano i video di aguzzini senza scrupoli. Barbara Fruch NUORO “Porti sfiga” e viene presa di mira Porti sfiga” le dicevano, in maniera così insistente da spingerla a inventare scuse per non andare a scuola o uscire di casa. Altro grave episodio di bullismo quello avvenuto a Nuoro, in Sardegna. Vittima una ragazzina di 12 anni che è stata perseguitata da centinaia di coetanei iscritti alle quattro scuole medie della città. Una situazione divenuta ormai insostenibile che ha spinto i genitori a consegnare alla polizia e ai dirigenti scolastici un elenco dei nomi dei bulli, di età compresa tra 11 e 15 anni. “Tutto è iniziato circa nove mesi fa – raccontano i genitori della vittima a ‘La Nuova Sardegna’ – A metà anno scolastico, frequentava la prima media, alcune compagne di classe, forse ingelosite dalla bellezza di nostra figlia e dal taglio di capelli all’ultima moda, hanno commentato di fronte a tutta la classe la sua pettinatura, definendola da poco di buono”. Poi le scuse che pareva avessero messo fine alla questione. Ma non è stato così: l’anno successivo gli episodi sono aumentati. “Nostra figlia era di- “ ventata estremamente taciturna e non voleva più uscire di casa, così le abbiamo fatto cambiare scuola – raccontano ancora – Ma non si è risolto nulla”. La ragazzina veniva infatti bersagliata da frasi ingiuriose e gestacci scaramantici legati alla sua presunta fama di “iettatrice”. Al suo passaggio, molti giovani si toccavano i genitali anche senza conoscerla di persona. “Le cantavano canzoncine che fanno rima con la parola sfiga – raccontano ancora i genitori – D’altronde come poter colpire una ragazza bella, con un fisico da modella e una dolcezza infinita se non additandola della maldicenza più temuta, che ha portato al suicidio tantissime persone”. A prenderla di mira infatti sarebbe stato un “esercito” di giovani, centinaia di studenti nuoresi, provenienti dalle quattro scuole medie cittadine. In una in particolare si è persino paventata una sospensione di massa, che ha scatenato anche l’ira di alcuni genitori che accusano la dirigente scolastica di non “accompagnare i figli nel difficile percorso della crescita”. B.F. FIUMICELLO (UDINE) In migliaia all’ultimo saluto al ricercatore Giulio Regeni iente passerelle né bandiere, per volontà della famiglia, all’ultimo saluto a Giulio Regeni, il ricercatore friulano di 28 anni scomparso al Cairo il 25 gennaio e ritrovato morto la sera del 3 febbraio nella periferia della capitale egiziana. Gremita la palestra di Fiumicello (udine) dove si svolgono le esequie, celebrate in parte in inglese per consentire la comprensione agli amici stranieri. Presente anche il sacerdote copto che benedisse la salma all’ospedale de Il Cairo, oltre al sindaco senza fascia tricolore, con lui anche il presidente della Commissione Esteri del Senato Pierferdinando Casini. “Giulio Regeni è entrato nella Resurrezione – ha detto don Luigi Fontanot, parroco di Fiumicello – Grazie per questo compito di testimonianza che ci coinvolge tutti. Grazie, grazie e ancora grazie” ha aggiunto rivolgendosi al suo amico personale Regeni definito “una persona speciale, per l’entusiasmo, per la voglia di conoscere” e ricordando i concetti di libertà e di amicizia che aveva espresso. “Libertà è la possibilità di esprimere te stesso in un certo contesto – ha detto il sacerdote – amicizia è un rapporto incondi- N zionato tra due persone”. una cerimonia strettamente privata, come da volontà di Paola e Claudio Regeni, genitori di Giulio. Nessun vessillo, bandiera e simboli di organizzazioni, così come macchine fotografiche o telecamere. Solo i fiori dell’Ambasciata e dell’università di Cambridge hanno ornato la bara. Particolarmente toccante il messaggio della mamma Paola, letto sull’altare da un ragazzo, ultima di tante testimonianze di affetto durante i funerali. “Grazie Giulio, per avermi insegnato tante cose. Resta nel mio cuore l'energia del tuo pensiero. Il tuo pensiero, per amare, comprendere, costruire tolleranza. Con affetto, la mamma”. A Fiumicello tutti gli esercizi pubblici sono stati chiusi per lutto cittadino ad esclusione di bar e ristoranti, aperti proprio per servire da bere e mangiare a chi è venuto da fuori. Bandiere a mezz’asta invece sugli edifici pubblici del Friuli Venezia Giulia in segno di lutto. In piazza unità d’Italia a trieste sui palazzi di Regione, Comune Prefettura le bandiere sventolano a metà dei pennoni. Anche il sito della Regione FVG è abbrunato e riporta la scritta “Per Giulio Regeni il Friuli Venezia Giulia si raccoglie unito nel cordoglio”. Mentre, per quanto riguarda le indagini, tra le piste si fa strada quella legata all'interesse del dottorando per il movimento sindacale indipendente (l’omicidio sarebbe conseguente a un articolo scritto da Giulio su un sindacato egiziano), Renzi torna a chiedere verità alle autorità egiziane. "È una vicenda drammatica, esprimo alla famiglia di Giulio condoglianza e dico che noi agli egiziani abbiamo detto: l'amicizia è un bene prezioso ed è possibile solo nella verità”, dice il premier a Radio Anch'io. L'Italia ha ottenuto di inviare un team italiano per le indagini, spiega Renzi: “Davanti a tutti gli elementi noi vogliamo essere al tavolo, perché sia fatta verità e siano presi i colpevoli veri”. (Foto Ansa) B.F. 10 Sabato 13 febbraio 2016 DALL’ITALIA ANCORA SCANDALI IN COMUNE Assenteismo a Acireale: sessantadue denunciati I reati ipotizzati sono truffa e falso: i badge venivano strisciati da dipendenti compiacenti in accordo tra loro Per tre “furbetti” sono stati disposti gli arresti domiciliari, per altri dodici l’obbligo di firma S ono state le lamentele dei cittadini che trovavano gli uffici spesso vuoti a fare scattare l’indagine antiassenteismo ad Acireale (Catania) culminata con sessantadue dipendenti denunciati. Secondo l’accusa, risultavano al lavoro nonostante fossero assenti, grazie alla complicità di colleghi che strisciavano per loro il badge. Dopo le lamentele dei cittadini sono state posizionate telecamere nascoste (per ben dodici giorni) che hanno inchiodato i “fannulloni”. Per tre di loro, (il funzionario del’ufficio tributi Orazio Mammino e due dipendenti, Mario Primavera e Venera Lizio) sono scattati gli arresti ai domiciliari, per altri dodici il gip ha imposto l’obbligo di firma; 47 invece gli indagati a piede libero. I reati ipotizzati sono di truffa ai danni di ente pubblico e di falsa attestazione di presenza in servizio sul luogo di lavoro. I “fannulloni” erano molti. L’operazione della Polizia di Stato, coordinata dalla Procura distrettuale di Catania, ha colpito ben uno su quatto dei dipendenti del Comune, che in totale sono 240. Alto il numero di ore non lavorate per un notevole danno all’erario: sul totale delle ore ne avrebbero fatte solo il 50 per cento. C’è chi sarebbe arrivato in ritardo, chi se ne sarebbe andato prima, chi non sarebbe andato a lavorare come nel caso di un dipendente che, nel periodo interessato, non si sarebbe mai recato in ufficio. Ci sarebbe stata una sorta di turnazione tra i dipendenti comunali: di fatto, o timbravano materialmente per altri o erano assenti. Secondo il procuratore Michelangelo Patanè “l'indagine è particolarmente meritoria e apprezzabile poiché in tempi di attuale crisi economica e di difficoltà per molte persone, per tante famiglie che hanno disoccupati in casa, è intollerabile per il cittadino constatare che vi sono dipendenti pubblici che, forti del loro stipendio, del loro posto fisso, hanno questi comportamenti”. Duro il Gip di Catania Giovanni Cariolo che, in particolare sui tre arrestati afferma: “Si sono resi protagonisti di condotte illecite non solo quantitativamente rilevanti, ma anche ‘qualificativamente’ significative di una condotta parassitaria volta sostanzialmente a utilizzare il posto di lavoro quale strumento per foraggiare le proprie risorse economiche”, e quindi percepire “una parte molto rilevante dello stipendio, senza svolgere la corrispondente attività di lavoro”. Venuto a conoscenza dello scandalo il sindaco Roberto Barbagallo ha dichiarato che si costituirà parte civile. “Un sindaco non può cogliere con piacere una simile notizia – afferma il primo cittadino – ma bisogna essere severi nei confronti di coloro che adottano atteggiamenti che vanno contro la pubblica amministrazione. Attenzione a non fare di tutta l’erba un fascio, ciò nel rispetto dei dipendenti del comune di Acireale che giornalmente svolgono il loro dovere. Saremo rigorosi nell’applicare le leggi vigenti di competenza dell’amministrazione comunale previste per questo genere di reati. Ci costituiremo parte civile negli eventuali procedimenti penali - ha aggiunto il sindaco - e confermiamo fin da ora la massima collaborazione con la Procura etnea e le forze dell’ordine, a cui forniremo subito tutti gli atti in nostro possesso necessari per le indagini. Confido nell’azione della magistratura e spero che gli impiegati coinvolti possano trovare ragioni per giustificare i fatti contestati”. Ma l’inchiesta potrebbe non essersi conclusa: la procura di Catania sta valutando se perseguire anche i funzionari che in qualche modo potrebbero essere responsabili delle assenze dei loro dipendenti. Barbara Fruch SULMONA (L’AQUILA) Sfiduciato dai suoi, cade sindaco Pd ulmona (L'Aquila) torna alle urne. Si è conclusa infatti dopo poco più di due anni e mezzo l’avventura per Giuseppe Ranalli, sindaco del Partito Democratico, eletto nel 2013. Nella tarda serata di ieri nove consiglieri comunali si sono presentati al municipio di piazza San Francesco, di fronte al segretario comunale Giampaolo Santapaolo per firmare le proprie dimissioni, sancendo di fatto lo scioglimento del Consiglio comunale. Tra loro anche due della maggioranza iscritti al Pd, Alessio Di Masci e Fabio Ranalli. Contravvenendo alle indicazioni del segretario regionale, Marco Rapino, i due hanno infatti contribuito a far raggiungere il numero necessario a far cadere il primo cittadino. “Il Partito Democratico non sarà la causa della fine dell’attuale amministrazione di centrosinistra a Sulmona e nessuno firmerà le dimissioni – aveva detto Rapino – Chiunque tra gli appartenenti al Partito Democratico deciderà di firmare le dimissioni e decreterà la fine dell’attuale amministrazione lo farà a titolo personale e ne risponderà direttamente al Partito con il quale è stato candidato e con il quale è stato eletto”. Evidentemente ciò non è servito a spaventare i piddini. I loro voti sono stati decisivi. A quelli si sono aggiunti poi i quattro esponenti del gruppo Sulmona al Centro, espressione dell’assessore regionale Andrea Gerosolimo, Gianfranco Di Piero, Alessandro Pantaleo, Daniele Del Monaco e Luigi Santilli. Poi è S stata la volta del capogruppo di Forza Italia, Luigi La Civita e dei consiglieri Mimmo Di Benedetto e il consigliere di Sbic (Sulmona bene in comune), Alessandro Lucci. “Ho fatto tutto quanto era nelle mie possibilità, innanzitutto dal punto di vista istituzionale e poi da quello personale – ha scritto sulla pagina Facebook Andrea Gerosolimo, additato di essere il responsabile della crisi – Ho la coscienza a posto. Nonostante la nostra forza, composta da quattro consiglieri comunali, militasse tra i banchi della minoranza abbiamo fatto di tutto per evitare il quinto commissariamento della Città. Coloro che sono stati ingiustamente definiti ‘gerosolimiani’ hanno mostrato grande responsabilità nei confronti della Città, un alto senso delle istituzioni ma, sopratutto, una loro capacità decisionale”. E ora, per andare alle elezioni in primavera, si apre la corsa contro il tempo. Per votare infatti in queste amministrative entro il 24 febbraio dovrà arrivare il decreto di scioglimento del Consiglio comunale firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. In caso contrario si dovrà affrontare un lungo periodo di commissariamento. E non sarebbe la prima volta. Si tratta infatti del quarto sindaco a cadere negli ultimi 15 anni. “Per la quarta volta consecutiva Sulmona verrà commissariata e travolta – spiega l’ormai ex primo cittadino – La sua classe dirigente perde un’altra opportunità di dimostrarsi diversa e matura”. B.F. Eurosky Tower . L’investimento più solido è puntare in alto. Eurosky Tower è il grattacielo residenziale di 28 piani che sta sorgendo a Roma, nel prestigioso quartiere dell’EUR. Un progetto modernissimo e rivoluzionario che coniuga esclusività e tecnologia, ecosostenibilità ed eleganza. Eurosky Tower è destinato a diventare un simbolo di Roma e soprattutto un grande investimento che si rivaluterà nel tempo. Le residenze sono state progettate per offrire spazi comodi, ma al tempo stesso funzionali, perfettamente rifiniti in ogni dettaglio e con tagli che vanno dai 50 mq fino agli oltre 300 mq. La vicinanza di grandi aziende (italiane e multinazionali) e la posizione assolutamente strategica rispetto agli aeroporti e al centro città garantiscono una elevata richiesta di unità abitative di piccolo/medio taglio in affitto per manager e dirigenti. Al 19° piano, ad oltre 70 metri di altezza, sono state realizzate le prime tre residenze campione, altamente rifinite in ogni singolo dettaglio. Per prenotare la tua visita contatta i nostri consulenti al numero 800 087 087. RE AWARDS Premio Speciale Smart Green Building UFFICIO VENDITE Roma EUR Viale Oceano Pacifico (ang. viale Avignone) Numero Verde 800 087 087 www.euroskyroma.it 11 Sabato 13 febbraio 2016 SOCIEtA’ DA UNA RICERCA TOSCANA EMERGE CHE ORTAGGI, PESCE E FRUTTA ACCENDONO IL DESIDERIO Cibo afrodisiaco: l’asparago! Per rendere magica e passionale una cena a due bisogna mettere in tavola tanta verdura di Chantal Capasso a Festa degli innamorati è vicinissima. Cosa fare per rendere magica e passionale la serata più romantica dell’anno? Gli esperti raccomandano di prendere il proprio partner per la gola. Da chef, nutrizionisti e sessuologi arrivano quindi i consigli per preparare L il perfetto menù di San Valentino e vivere una serata indimenticabile. I cibi afrodisiaci più indicati sono sorprendentemente gli … ortaggi, seguiti da pesce e frutta. Secondo 7 esperti su 10 il segreto per vivere una serata spumeggiante è affidarsi alle proprietà stimolanti dei cibi afrodisiaci inclusi nella dieta mediterranea: ortaggi (68%), pesce (63%) e frutta (59%) sono gli alimenti più indicati da chef, nutrizionisti e sessuologi per San Valentino. Ma non è tutto: le proprietà afrodisiache del cappero sono citate perfino nella Bibbia, mentre Napoleone III reputava gli asparagi indispensabili durante le sue cene private. A trionfare sulle tavole secondo gli esperti di gusto e benessere saranno quindi carciofi (54%), capperi (51%) e cetrioli (44%). Oltre alle proprietà organolettiche (79%), tra le qualità che accendono la passione non vanno dimenticati i profumi (43%), i colori (39%) e la morbidezza al tatto (33%). Questo e altro quello che è emerso da una ricerca promossa dal Polli Cooking Lab, l’Osservatorio sulle tendenze alimentari dell’omonima azienda toscana, condotto mediante metodologia WOA (Web Opinion Analysis) su circa 130 esperti tra nutrizionisti, chef stellati e sessuologi attraverso un monitoraggio online sui principali social network, blog, forum e community per capire come preparare il perfetto menù per far scoppiare la passione a San Valentino. A dimostrazione delle potenzialità afrodisiache degli alimenti presenti nella dieta mediterranea, quali il pesce, la carne, la frutta e la verdura, è stato condotto anche uno studio dell’Università di Napoli, presentato nel 2012 durante il Convegno di Medicina della Riproduzione. L’indagine, che ha raccolto e valutato i dati di oltre un milione e mezzo di persone in vari paesi del mondo seguite fino a un massimo di 18 anni, ha rivelato che la varietà dei cibi e la completezza della dieta mediterranea garantisce proprietà antiossidanti tali da conferire notevoli effetti benefici sulla salute delle arterie e, quindi, sulle prestazioni sessuali. La dieta mediterranea offre un ampio bagaglio di profumi e sapori, ma quali sono gli ingredienti da mettere in tavola a San Valentino per accendere la serata? Oltre agli evergreen rappresentati dai frutti di mare (34%), dal cioccolato (32%) e dalle frago- le(30%), quest’anno gli chef raccomandano un menù afrodisiaco leggero e stimolante a base di ortaggi: carciofi (54%), capperi (51%), cetrioli (44%), cipolle (41%), olive (38%), asparagi (36%) e peperoni (31%) sono perfetti per il menù dedicato alla cena più romantica dell’anno. Per evitare invece un indesiderato effetto inibitore gli alimenti considerati eccessivamente grassi, come le fritture (79%), gli insaccati (66%), le bevande alcoliche (62%),e i formaggi stagionati (57%). Secondo Alberto Caputo, sessuologo dell’Istituto di Evoluzione Sessuale di Milano: “La cucina non è afrodisiaca finché non si vuole che lo diventi. Ogni occasione infatti richiede il suo menù, con la continua ricerca di ingredienti sempre nuovi che stimolino i sensi del proprio partner. Importante è inoltre decidere la location: mangiare seduti sul tappeto o addirittura a letto può essere un’idea intrigante. In ogni caso si dovrà rimanere leggeri e scegliere cibi da servire in piccole porzioni, per evitare che il flusso sanguigno si concentri sullo stomaco. Infine non potrà mancare anche un percorso fatto di tatto, gusto e olfatto, per avvicinarsi al proprio compagno utilizzando tutti i sensi”. UNO STUDIO DALL'UNIVERSITÀ DI LIEGI DIMOSTRA CHE LE FACOLTÀ CEREBRALI VARIANO SE È INVERNO O ESTATE Il cervello si attiva in base alle stagioni In primavera siamo più pigri, mentre la memoria a breve termine raggiunge il suo massimo in autunno U na ricerca belga condotta presso l’università di Liegi ha dimostrato, con tanto di dati scientifici alla mano, che forse la metereopatia esiste veramente, non è una fissazione o una esagerazione. Il nostro cervello agisce e reagisce in modi diversi a seconda del clima e delle stagioni e in particolare si comporta in modo “particolaree” durante i cambi di stagione. In estate e inverno utilizza determinate aree, in primavera e autunno altre ancora. In base alla ricerca sembrerebbe, quindi che il cambio delle stagioni sia in grado di incidere sui nostri processi cognitivi. I ricercatori di uno studio recentemente pubblicato da PNAS, hanno dimostrato che i ritmi biologici annuali legati al ciclo delle stagioni hanno un effetto sulle risorse impiegate dal cervello per svolgere i propri compiti. Christelle Meyer, dell'università di Liegi, ha sottoposto, assieme ai suoi colleghi, 28 volontari a risonanza magnetica funzionale, osservandone l'attività cerebrale mentre questi erano intenti a eseguire diversi test: naturalmente i dati sono stati raccolti in diversi momenti dell'anno. Durante l’estate è stato riscontrato un maggior grado di attenzione, con il picco massimo che sembra raggiungere nel solstizio invernale. Gli equinozi autunnali e primaverili, con le loro durate analoghe delle ore di luce e di buio, sono i momenti dell'anno attorno ai quali si collocano i picchi massimi di attività delle aree cerebrali coinvolte nella raccolta dei dati, nella loro conservazione, nel confronto tra le informazioni; molto meglio la memoria a breve termine autunnale rispetto a quella primaverile. Queste variazioni, tuttavia, sembrano non avere effetti sulle performance finali ma sono riscontrabili solo attraverso l'osservazione dell'attività cerebrale. La differenza consiste nelle risorse attivate per raggiungere gli stessi risultati, probabilmente sulla base di quelle capacità cognitive che risultano più efficienti durante la stagione in corso. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, queste differenze risultano non avere alcuna con- nessione né con gli ormoni, ad esempio la melatonina, né con parametri come, ad esempio, il ciclo sonno-veglia. Questo spiegherebbe che l'influsso delle stagioni sulle funzioni cerebrali potrebbe essere addirittura più intenso maggiore di quanto ipotizzato fino ad ora, con ripercussioni su ciascun specifico processo cognitivo. È sicuramente un ulteriore aspetto misterioso del nostro cervello sul quale poter approfondire. Ch.C. 12 Sabato 13 febbraio 2016 SPEttACOLI NOTE CONTROCORRENTE SULLA KERMESSE CANORA CHE STASERA CHIUDE I BATTENTI E’ il festival la panacea di tutti i mali? a Canzone Italiana risorge come per incanto a febbraio, anticipatrice della primavera. Ma la Canzone Italiana, quanto a vendite di dischi o per la qualità della nuove proposte, è in piena crisi da anni. Le case discografiche, le major, prima si accorpano e poi… “si accoppano”, muoiono una a una come colpite da una malattia contagiosa. Resistono solo in pochissime che, però, tributarie del dominio proveniente d’oltre oceano, non possono che aderire alle strategie di marketing e di vendita internazionali che diversificano la produzione e prescelgono da sempre le canzoni in lingua inglese e la promozione di nomi internazionali sicuri e sperimentati. Come le formiche che escono dalla loro tana, ecco al centro una montagnola che sarebbe Sanremo, o meglio l’Ariston, con tutti i suoi pertugi, sale stampa, camerini, palco e retropalco, sale per conferenze, punti d’incontro come laboriose entità che si occupano, per diletto, per passione o per lavoro della canzone italiana. Ecco i blogger, i giornalisti, gli esperti di settore, i critici, gli organizzatori di molteplici eventi più meno di rilievo e gli artisti, ma non i big che sul palco dell’Ariston si esibiranno, tutti gli altri, a partire da coloro che non ce l’hanno fatta e L che ogni anno ci riprovano imperterriti. Tutti a farsi le foto, scusate i selfie, dinanzi all’ingresso dell’Ariston per poter testimoniare la propria presenza e poter dire: a Sanremo c’ero pure io! Operatori che, a proprie spese, si caricano di fatica e fuoriuscita di denaro per sopravvivere a Sanremo nei cinque giorni del Festival, nella speranza di poter incontrare qualcuno che conta, magari fargli un’intervista e sperare che, da quegli sporadici e occasionali incontri, possa poi scaturire un risultato utile. Non vogliamo parlare male di questo mondo, appena delineato, perché con tutto il rispetto che gli si deve crediamo che in gran parte, e soprattutto da parte degli artisti, si tratti degli ultimi romantici e sognatori che credono ancora che il valore, il lavoro e la qualità possano essere riconosciuti e premiati, magari con una adeguata visibilità e ascolto da parte dei Media Nazionali. Purtroppo non è così perché oggi a chi governa il mondo della comunicazione interessa solo, e unicamente, il risultato cioè l’indice di ascolto. Quell’indice monitorio e giudicante che sta lì a dirti se hai raggiunto o meno l’obbiettivo. Si tenta di raccogliere pubblico anche con polemiche o coinvolgimenti di eventi esterni al mondo della canzone. Si trovano sempre testimonial che parlino “alla pancia del pubblico”, con storie di forte impatto emotivo. Tutto il resto è contorno di uno show che il popolo italiano, evidentemente, vuole e ama perché con tutto quello che accade di brutto ogni giorno dentro e fuori dalla nostre mura, il male deve essere esorcizzato e messo da parte, anche se solo per qualche ora. Al pari delle vittorie della propria squadra di calcio o della nazionale, il Festival di Sanremo, inteso come show, dovrebbe farci rilassare anche se non lo si condivide; di fatto fa parlare di se e quindi riconosciamogli un effetto taumaturgico che tenta di lenire le nostre tensioni. Il tempo delle emozioni, del bel canto e delle liriche indimenticabili che hanno segnato la Canzone Italiana, è passato da un po’ di anni, però noi confidiamo che le centinaia di artisti che ancora credono nelle loro canzoni e nei messaggi che ogni generazione vuole trasmettere al proprio tempo, stiano per tornare. Ma in quale forma? Forse la risposta potrà venire dalla Rete o chissà da quale altra innovativa forma di comunicazione ancora da scoprire. Le prime tre serate della kermesse sanremese si sono concluse con l'esibizione di tutti gli artisti in gara e ognuno di voi avrà di certo maturato un proprio giudizio e fatta una valutazione. In attesa della serata finale, prendendo a prestito la parola di una canzone di Modugno che ha reso all'Italia lustro e notorietà in tutto il mondo, noi vogliamo comunque “Volare” sulle note dei brani del Festival, perché Sanremo dovrebbe essere usato come cassa di risonanza per fare conoscere prima all’Italia e poi al mondo che la ama profondamente, la canzone italiana. SG [email protected] ESORDIENTE PRIMA VINCE, POI VIENE ESCLUSA Un altro pasticcio nel Sanremo tutto nastrini arcobaleno e Cirinnà ince la sfida a due tra gli esordienti, sogna la finale, ma poche ore dopo si ritrova sulla strada di casa, per via dell’ennesimo pasticcio di questo Sanremo, in assoluto tra i più brutti e ‘ideologizzati’ degli ultimi anni. Roba che perfino le conduzioni del duo Fazio-Litizzetto un po’ arrossiscono davanti al… rosso fuoco dell’edizione 2016, la prima – e speriamo l’ultima – dell’era Cirinnà in salsa renziana. Lei è la cantante siciliana Miele, opposta nella sfida al toscano Francesco Gabbani. Dopo il voto, Miele passa alla finale e Carlo Conti la incorona (con aria un po’ mogia, a dire il vero). Ma a metà della stessa serata di giovedì, sempre in diretta, Miele passa alle lacrime di rabbia, quando lo stesso Carlo Conti comunica che in realtà nella votazione c’era stato “un errore tecnico” . Risultato ribaltato: ha vinto Gabbani, con a sua canzone “Amen”, ennesimo manifesto ideologico (“Amen, avanti popolo” è il refrain) del festival. Miele fa ricorso, chiede comunque l’ammissione alla finale, ma la Rai lo boccia: non è prevista una finale a 5. In conferenza stampa, il direttore di Rai 1 Giancarlo Leone si arrampica V Li nastrini sugli specchi: l’errore c’è stato, non tutti i giornalisti della sala stampa hanno potuto votare, dunque bisogna ripetere la votazione, ma la preferenza espressa prima da 25 giornalisti resta (e chi lo dice?). Insomma, la Rai mette sull’ennesimo pasticcio del festiva una pietra tombale. O un nastrino arcobaleno, fate voi. the show must go on. Amen, avanti popolo. Igor Traboni A Saremo so i giorni dei cantanti, c'è r festval de le canzonette, che manco se sa ndo li mette essennone rivati tanti tanti ch'avessero cantato ben'armeno. Su questo è mejo lassà perde ma sur vestito giallo,ner'o verde portaven'er nastrin'arcobbaleno. Mo tutto questo c'ha n siggnificato essenno quello n simmolo notorio che dimo francamente c'ha stancato. Nessuno je po dillo da nun fallo però n zarebbe mejo meritorio annacce prima cor nasrino giallo? GRM